Il Piccolo Merlin e il Principe Arthur

di Allyii
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una piccola disavventura ***
Capitolo 2: *** Camelot, Gaius e i Cavalieri ***
Capitolo 3: *** Di capricci, bagnetti caldi e dormite serene ***
Capitolo 4: *** Caccia, Pensieri tristi e... Un nuovo amico! ***
Capitolo 5: *** Avventura sul ghiaccio ***
Capitolo 6: *** Amore Fraterno ***
Capitolo 7: *** La scoperta nella battaglia ***
Capitolo 8: *** Il più potente Stregone mai apparso sulla terra. ***
Capitolo 9: *** Nello Spazio Temporale ***
Capitolo 10: *** Ritorno al passato ***



Capitolo 1
*** Una piccola disavventura ***


Salve popolo di EFP!

Oggi, per onorare il 29° compleanno di Bradley James,  ecco postato il primo capitolo di una piccola long molto leggera e molto soft, adatta soprattutto a chi desidera rilassarsi, con tanta dolcezza e un pizzico di ilarità.

Sono nuova di questo Fandom, e spero tanto che non ci siano storie come la mia qui, nel caso contrario, ciò è un avvenimento casuale!

Spero tanto nel riuscire ad intrattenervi piacevolmente, e spero in un vostro commento, che sia di critiche, di consigli o di complimenti, è tutto ben accetto!

Ecco a voi un piccolo prologo!

 

 

 

 

Gli occhi neri dello stregone lo fissarono maligni, prima di diventare dorati e provocare un’esplosione.

“Arthur!”  sentì chiamare da lontano. Merlin.

Merlin lo stava chiamando, stava andando in suo soccorso.

Ecco, aveva messo in pericolo pure lui. Non bastavano Sir Leon e Sir Parsifal, ora anche Merlin sarebbe stato ferito a causa di quell’insulso attacco contro quegli stregoni che suo padre odiava tanto.

Arthur mosse le labbra, forse per ordinargli di stare indietro, o forse solo per pronunciare il suo nome, ma non ci fu tempo.

Urlando qualcosa che il Principe non capì, Merlin si parò davanti al suo padrone, un istante prima che l’incantesimo lo investisse in pieno.

Per svariati minuti fu tutto buio e silenzioso, ma poi il cavaliere aprì gli occhi, intontito.

Merlin fu il suo primo pensiero.

“Merlin!” chiamò, cercando di rialzarsi dal polveroso pavimento, ora  semidistrutto.
Nessuno gli rispose, ma vide un corpo disteso non molto lontano da lui, nell’oscurità del luogo.
Per un attimo il cuore gli si fermò, ma poi capì che non potevano essere le membra del suo servitore.. erano troppo muscolose. Doveva essere lo Stregone.

Di Merlin, però, non vi era traccia.

“Merlin!” urlò ancora, girando su se stesso.

Un singhiozzo ruppe il silenzio desolante che regnava in quel momento, e Arthur scattò sull’attenti, portando una mano all’elsa.

“Chi è la?” chiese, pronto ad attaccare, con l’arma alzata.

Tutto nella stanza sembrava immobile, ma poi il Principe notò, in un angolo, degli straccetti, sotto ai quali qualcosa si dimenava.

Cautamente, e tenendo la spada tesa davanti a se, si avvicinò al mucchietto di stracci.

I suoi occhi, che  si stavano abituando al buio presente, riconobbero in essi gli abiti del suo servitore. Che si muovevano.

Senza abbassare la guardia, li punzecchiò con la punta della lama, e quelli si spostarono, lanciando un flebile gridolino.

Sempre più sconcertato, l’erede al trono si fece coraggio e alzò le vesta, curioso di sapere cosa vi si nascondesse sotto.

Due occhioni lucidi e blu lo fissarono, terrorizzati.

Arthur, che non se lo spettava, cadde all’indietro, spaventato.

Era un bambino. Nudo.

Ma come diamine ci era arrivato li? E perché si trovava sotto gli abiti di Merlin?

Il piccolo, che non doveva avere più di quattro o cinque anni, tremava come una foglia, e si guardava intorno, con sguardo spaventato.

“Ehi, piccolo. Tranquillo, non voglio farti del male” tentò di rassicurarlo Arthur “vieni qui” gli intimò, allungandogli una mano, ma il bambino non la prese, anzi, tentò di schiacciarsi contro la parete, forse con la speranza di fondercisi e sparire.

“Dai, voglio aiutarti. Per piacere, vieni qui!” ripeté Arthur, col tono più dolce che era riuscito a trovare, tenendo la mano tesa.

Il piccino, dopo qualche attimo di esitazione, afferrò la mano dell’uomo, lasciandosi trascinare al centro della stanza quadrata, dove la luna spuntava dalla finestrella e illuminava pallidamente una porzione di pavimento.

Arthur lo posizionò proprio li, e lo fissò per alcuni istanti.

Poi spalancò gli occhi e la sua mascella si destreggiò nella caduta libera, mentre il piccolo di accucciava su se stesso, impaurito.

Capelli neri.

Occhi blu.

Pelle diafana.

Ossatura sottile e minuta.

E le orecchie.

Furono proprio quelle a confermare i sospetti di Arthur.

Le orecchie erano davvero troppo grandi, quasi sproporzionate rispetto al resto dell’esile corpicino.

Quel bambino era Merlin.

“…Merlin?” chiese, senza troppa convinzione, ma, quando il piccolo lo squadrò meravigliato, capì di averci visto giusto.

“Piccolo, ti chiami Merlin, per caso?” domandò di nuovo, dolcemente, siccome il piccolo sembrava spaurito e restio ad aprir bocca.

La creaturina innanzi a lui annuì.

Arthur sbuffò. DI sicuro era opera dello stregone, ma ora come poteva farlo tornare normale? Non poteva di certo farlo lui, Merlin era stato vittima di un incantesimo e solo un incantesimo avrebbe potuto risolvere quel problema.

Decise, allora, di riportarlo al castello di Camelot, dove forse Gaius avrebbe saputo cosa fare.

“Beh, Merlin, tu ora vieni con me” gli disse, slacciandosi il mantello rosso e coprendo il silenzioso bambino “ora ti porto al mio castello, dove potrai ricevere delle cure appropriate… vieni.”

Il bambino, però non si mosse.

“Io non ci vado con gli sconosciuti” soffiò, a voce bassissima, ma risoluta.

“Beh, credo che in questo caso verrai, con le buone o con le cattive!” borbottò, di rimando, Arthur.

Decisamente, non sapeva parlare ai bambini.

Gli occhioni cerulei di Merlin si inumidirono “Voglio la mia mamma” piagnucolò.

Il principe di Camelot roteò gli occhi. Merlin era un piantagrane da adulto, e lo era anche da bambino.

Anzi, ora lo era maggiormente, siccome non aveva neanche la soddisfazione di poterlo spedire alla gogna.

“Beh, qui la tua mamma non c’è” lo informò, burbero “e tu ora fai quello che ti dico senza frignare, o sarà peggio per te!”

A quelle parole, il piccolo maghetto gonfiò le guance e lo guardò male, con una risolutezza tale che era in perfetto contrasto con i lacrimoni che intanto gli scendevano sugli zigomi.

“Perché devo venire con te? Perché non posso andare dalla mia mamma? Devo aiutarla a raccogliere il grano!” protestò, puntando i piedini in terra.

Ok, Arthur già non lo sopportava più, per cui gli si parò davanti, minaccioso, con le mani sui fianchi.

“Senti, piccoletto” sibilò, cercando di impaurirlo, “ora vieni con me, che tu lo voglia o no. Non posso lasciarti qui da solo, e non ho idea di dove sia la tua mamma."

“No!” si impuntò Merlin “ io non…”

Non fece in tempo a finire la frase che il principe, spazientito, si chinò sul piccolo piantagrane e se lo issò su una spalla, mentre quello si dimenava e scalciava.

“Lasciami!” gridava, mentre Arthur lo ignorava e lo sistemava sulla sella del cavallo bianco, posto al di fuori del monumento ormai distrutto. Poi salì anche lui – dietro al piccolo - e mandò l’equino al galoppo.

Davanti a lui sentiva il bambino piagnucolare, ma fece finta di niente finché egli non si calmò, una mezzoretta più tardi.

“Allora, ti sei quietato un po’, piccolo mostriciattolo?” gli domandò, cercando di mettere un po’ di affetto nella voce, per rassicurarlo. Merlin non gli rispose.

“Andiamo, parlami, dimmi qualcosa” disse il principe “mi piace chiacchierare mentre sono in viaggio.”

“Chi sei tu?” chiese allora Merlin “perché mi hai portato con te? Dove stiamo andando? Dov’è la mia mamma?”

“Ehi, ehi, vacci piano. Una domanda alla volta. A quale vuoi che io rispondi per prima?”

“Chi sei? Cosa vuoi da me?” ripeté Merlin

“Sono Arthur Pendragon” rispose il principe “e…”

“Attù Pendragon?” esclamò Merlin,  meravigliato “il principe di Camelot?”

“Si” confermò Arthur, sorpreso che Merlin già sapesse chi egli era.

“Ma la mamma mi ha detto che eri grande come me!” si stupì il bambino “ma tu sei più grande!”

“Emh… si, è una storia complicata…” tentennò Arthur “te la spiegheremo quando arriveremo a Camelot.”

“Oh, stiamo andando a Camelot!” chiese Merlin, girandosi a guardare il principe, con gli occhi pieni di felicità “ho sempre voluto andare a Camelot!”

“Beh, ora il tuo desiderio è esaudito” disse il principe, contento di avere trovato una distrazione per il bambino.

Merlin, forse per la prima volta, gli sorrise.

Un sorrisone, carico di gioia e ingenuità.

Effettivamente, lo stesso che aveva anche il Merlin adulto. Rifletté Arthur, osservando i piccoli dentini da latte e i tratti del volto non ancora ben definiti.

“Sai, Attù, secondo me tu sei buono” gli rivelò Merlino, così, di punto in bianco, sorprendendo l’erede al trono “hai gli occhi sinceri, e buoni”

“Emh... grazie, piccoletto” disse Arthur, quasi imbarazzato, non sapendo che altro aggiungere.

Merlin gli fece un altro sorrisone, ma poi tornò serio “dov’è la mia mamma?” chiese.

“È a casa tua, a Eldor” rispose Arthur.

“E perché io non sono con lei? Perché sono qui con te?”

Ok, Arthur non sapeva più come rispondergli, non era bravo a dire bugie, specialmente se doveva farlo al momento.

Specialmente se doveva dirle a Merlin.

Così optò per la verità almeno per una parte.

“È stata la magia” gli rivelò “non so se tu sai cos’è, ma sei in questa situazione a causa della magia…”

Merlin si corrucciò “si, lo so cos’è la magia” disse, rabbuiato “e so che tutti pensano che sia una cosa brutta e cattiva… ma secondo me non lo è. Secondo me dipende dalle persone, come per tutte le cose. Se una persona è cattiva, è cattiva anche la magia,  ma se una è buona, è buona anche la magia.”

Arthur si stupì molto nel sentir fare un discorso del genere da un bambino così piccolo, come se a lui interessasse in prima persona, come se Merlin stesso fosse un mago.

“E tu come le sai queste cose?” gli chiese, curioso.

Merlin non sapeva se rispondere o no, ma poi, guardando di nuovo gli occhi azzurri del principe – non troppo diversi dai suoi – decise che poteva fidarsi.

“Oh, lo so perché io sono…”

Un raggio di luce lo colpì in piena faccia, e il maghetto si interruppe per affondare il volto nel petto del principe.
Quando riaprì gli occhi, un enorme castello in pietra occupò il suo campo visivo e Merlin trattenne il respiro.

“Camelot!” esalò, con una nota di venerazione nella voce “come è bella!”

“Ti piace eh, piccoletto?” sorrise Arthur, scompigliando i capelli il giovane compagno.

“Io vivo qui. E pure tu.”

 

 

Note della storia:

-          La storia è ambientata fra la terza e la quarta stagione

-          In questa storia Arthur non è assolutamente innamorato di Gwen e, parallela alla vicenda con il Merlin Bambino, ci saranno alcuni pensieri di Arthur pre-slash, più avanti capirete perché. Ovviamente saranno riferimenti al Merlin adulto.

-          Spesso farò riferimento ad alcuni spunti presi dalla serie, e ogni volta mi premurerò di segnalarveli.

-          La difficoltà di Merlin di pronunciare male il nome di Arthur mi è venuta in mente riferendomi proprio a me, che ho uno zio di nome Arturo e che ho chiamato ‘Attuo’ fino a 6 anni compiuti (di sicuro la mia ‘Erre Moscia’ ha aiutato xD

-          Se siete dei grandi appassionati di Merlin, e se avete Facebook, passate di qui  à http://www.facebook.com/pages/Merlin-the-worlds-most-beautiful-show/220937017927084

 

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Capitolo 2
*** Camelot, Gaius e i Cavalieri ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 17 persone che seguono questa storia, le 4 che la preferiscono e colei che la ricorda. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08, Inu_97, SanjiReachan, chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13

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CAMELOT, GAUIS E I CAVALIERI:

 

 

La Grande piazza era gremita di persone, per lo più donne, avvolte in pesanti vesti per combattere il gelo di Dicembre, che si affaccendavano attorno alle bancarelle, cercando di acquistare la merce migliore.

Il piccolo Merlin guardava incantato quel mondo tanto caotico, ma allo stesso tempo semplice, così diverso dal paesello tranquillo e laborioso in cui viveva.

“Arthur! Maestà, oh, grazie al cielo, state bene!” esclamò una voce maschile, dal tono entusiasta, e Arthur si voltò, incrociando gli sguardi felici dei suoi cavalieri Sir Leon, Sir Parsifal, Sir Lancillotto e Sir Gwaine.

“Leon! Parsifal! Allora state bene!” disse Arthur, scendendo dal suo destriero “pensavo che vi fosse accaduto qualcosa di grave! Non vi ho più trovati alle rovine!”

“Si, sire, siamo rientrati a Camelot stamattina, con l’intenzione di mandare rinforzi. Saremo partiti domani all’alba, ma, per fortuna, non ce ne sarà bisogno!” spiegò Sir Leon, mentre Lancillotto e Gwaine guardavano oltre, come se cercassero qualcuno.

“Dov’è Merlin?” chiese, alla fine, Gwaine “di solito vi è sempre alle calcagna.”

“Emh…” tentennò Arthur, lanciando un’occhiata di sbieco al minuscolo bambino ancora il groppa al suo cavallo.
Ancora una volta, decise di dire la verità.

“Eccolo.” Disse, allungando le braccia verso la sella e facendo scendere il piccolo, che inciampava avvolto nel lungo mantello porpora.

Anche la mascella dei cavalieri diede spettacolo di caduta libera quando videro quella creaturina che, timida, si nascondeva dietro le gambe del principe e li fissava con occhi timorosi.

“Quello è Merlin?” chiese, incredulo, Gwaine, mentre Lancillotto si piegava sulle ginocchia per guardare gli occhi del bimbo.

E li riconobbe.

“Si, è proprio lui.” Confermò, mentre faceva un gran sorrisone a Merlin.

Al bambino venne spontaneo contraccambiarlo, mostrando una fila di dentini bianchi e irregolari, e un buchetto al posto del canino superiore.

“Ma cosa diavolo gli è successo?” chiese ancora, Gwaine, accucciandosi accanto all’amico.

Merlin si nascose un po’ di più. Quelle persone non sembravano cattive, anzi, ma non era abituato ad avere così tanta gente –sconosciuta, per giunta!– intorno.

“Dai, ragazzi, lasciatelo stare.” Intimò Arthur, notando il disagio del piccolo.

“Ma cosa gli è successo?” ripetè Gwaine, alzandosi in piedi.

“Non lo so, ma è opera di magia. Lo stregone mi stava attaccando, mi ha lanciato un incantesimo, e io non ero pronto. Merlin però si è parato davanti… ha urlato.. non lo so di preciso. Ma c’è stata una forte esplosione… ho perso i sensi. Quando mi sono svegliato, lo stregone era morto, e Merlin invece…”

“Ma perché?” chiese ancora Gwaine “perché è rimpicciolito? Che utilità aveva lo stregone a fare ciò?”

“E che ne so io” sbottò Arthur, irritato “non sono pratico di magia, se te ne sei dimenticato. L’ho portato a Camelot, con la speranza che Gaius sappia cosa fare.”

“Ma quanti anni ha?” si interessò Lancillotto, non riuscendo a definire l’età del marmocchietto.

“Non lo so, credo quattro, al massimo cinque…”

I cavalieri annuirono, e si offrirono di scortare il principe nelle sue stanze, ma egli declinò l’offerta, non volendo attirare troppo l’attenzione su di se, e notando che Sir Leon e Sir Parsifal avevano diversi tagli ed escoriazioni su tutto il corpo.

“Andate a riposare” li congedò, mentre prendeva Merlin per mano e proseguivano a piedi verso le Stalle Reali.

“Chi erano quelli? Chi è Gaius?” chiese Merlin, una volta che lui e Arthur furono soli.

“Quei ragazzi erano quattro cavalieri di Camelot: Leon, quello biondo; Parsifal, quello coi capelli rasati; Lancillotto, quello che ti si è avvicinato per primo e…”

“Quello che mi ha fatto quel gran sorriso?”

“Si, lui. Poi c’è Gwaine, un gran chiacchierone, che è l’altro che ti è venuto vicino.”

“Anche lui mi ha sorriso!” disse Merlin, entusiasta “Mi piacciono i tuoi amici!”

“Ne sono felice! Hai visto, non devi avere paura. Perché prima ti nascondevi?” gli chiese allora Arthur, legando il cavallo nella stalla.

“Perché non li conosco…” sussurrò Merlin.

“E perché hai così tanta paura di chi non conosci?”

Il piccolo arricciò le labbra e guardò a terra, ma non rispose.

Ad Arthur sembrava strano quel comportamento, così gli si mise davanti.

“Merlin, ti è successo qualcosa? Qualcuno ti ha fatto male? Perché hai così paura?” gli chiese ancora, cercando di farsi guardare dal piccolo, che sembrava parecchio a disagio.

A salvarlo fu una voce possente che invase prepotentemente le stalle.

“Arthur! Figliolo! Meno male, stai bene!” era Uther.

Preso da un panico improvviso e infondato, Arthur spinse Merlin dietro al cavallo, premendogli un dito sulla bocca.

“Padre!” esclamò, andando ad abbracciare il genitore “si, sto bene, per fortuna. E lo stregone è morto.”

“Me ne compiaccio. Ora è meglio se vai a riposare. Stasera ci sarà una cena in tuo onore.”

“Certo padre, ora mi ritirerò nelle mie stanze per un lungo riposo. Ci vediamo stasera.”

Uther gli diede una pacca sulle spalle e andò via.

Quando Arthur fu certo che suo padre fosse lontano, si piegò per recuperare Merlin, che era rimasto nella precisa posizione in cui lui lo aveva lasciato.

“Vieni” disse, prendendolo per la mano. Merlin pareva terrorizzato

“Quello era il tuo papà?” gli domandò “Era Uther?!”

“Si, Merlin, è mio padre. Perché sei così spaventato?”

“Mamma dice che Uther è cattivo. Dice che fa male alle persone.”

Arthur si stupì di udire quelle parole da un bambino così piccolo, anche se doveva immaginare una cosa del genere, siccome suo padre aveva dato inizio alla Grande Purga quando lui –Arthur- aveva quattro anni, ed era continuata fino al suo settimo compleanno.

“No, Merlin, mio padre non è cattivo. È solo un po’… scontroso…” cercò di mitigare il principe, ma senza ottenere grandi risultati.

“Guarda che lo so che uccide chi ha la magia!” soffiò Merlin, a voce un po’ più alta “per colpa sua, la mamma ha sempre paura!”

Un nuovo sguardo, stavolta arrabbiato e pauroso insieme, si era fatto largo negli occhi umidi del suo ex servitore.

“Perché la tua mamma ha paura? Mio padre non è mai stato a Eldor.”

“Fino a adesso. Ma se ci va ci fa male. È cattivo e io devo scappare.”

“Tranquillo, non verrà mai a Eldor, glielo dirò io di non andarci” cercò di rassicurarlo Arthur, siccome Merlin sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.

“Glielo chiederai davvero?” gli chiese il piccolo, con voce lacrimosa e sporgendo il labbrino in fuori, con aria di supplica “me lo prometti?”

“Te lo prometto” gli assicurò Arthur.

Allora Merlin gli allungò il mignolino.

“Giurin Giuretta?” chiese.

Arthur guardò dubbioso il ditino di Merlin, incerto su cosa fare.

“Emh… cosa devo fare?” domandò, con una punta di imbarazzo.

“Ma come? Non lo sai?” si stupì Merlin “io e la mamma lo facciamo sempre. Mi devi prendere il mignolo con il tuo e dire ‘Giurin Giuretta’. Così, sai, è un vero giuramento, ininfrangibile.”

Arthur strinse il proprio mignolo con quello minuscolo di Merlin.

“Giurin Giuretta” ripetè, pregando che non  lo vedesse nessuno.

Merlin gli sorrise.

“Forza, ora andiamo” disse il principe, incamminandosi a passo svelto fuori dalle stalle.

“Dove andiamo?” chiese Merlin, trottandogli accanto.

“Andiamo da Gaius.”

“E chi è Gaius?”

“Un vecchio amico di famiglia. È il medico di corte.”

“Perché andiamo dal medico? Stai male?”

“Non è per me, ma per te”

“Ma io sto bene!”

“Lo so, ma voglio che ti veda un attimo lo stesso” rispose Arthur. Erano ormai arrivati davanti agli appartamenti del cerusico. “Forza, entra” gli intimò, aprendo la porta.

L’anziano medico era nei suoi appartamenti, in cima a una scala, mentre pendeva un libro in alto nella sua libreria.

Nello stesso momento in cui Merlin lo vide, da dietro le gambe del principe dove si era rifugiato, avvertì una strana sensazione, come se avesse già vissuto una scena simile.

“Gaius!” lo chiamo Arthur.

Il cerusico non si aspettava di udire una voce così all’improvviso,  e quasi cadde dalla scala, ma si riprese appena in tempo.

“Sire!” esalò, non appena lo spavento fu passato e riuscì a tornare a terra sano e salvo.

“Come mai questa visita? Mi avevano detto che non eravate ferit…” il medico si interruppe, quando vide una piccola testa bruna fare capolino tra le gambe dell’erede al trono.

“E questo bambino chi è?” chiese, alzando il suo –famoso- sopracciglio.

“Emh.. Gaius… ti devo dire una cosa” Iniziò a dire Arthur, con cautela “il bambino qui… è Merlin.”

Merlin?!” ripetè, incredulo, Gaius, piegandosi per osservare meglio il bambino aggrappato alle vesta del principe, che si ritrasse un pochetto.

Ma perché non lo lasciavano in pace? Perché lo guardavano tutti con sconcerto e  incredulità? Perché non poteva tornarsene a casa sua?

“Merlin, forza, non fare il piagnucolone” lo schernì Arthur, prendendolo di peso e mettendolo davanti a Gaius. Quasi non riusciva a credere che quel bambino tanto timoroso fosse il suo servo chiacchierone e insolente. “Gaius non ti farà niente, per cui tu cerca di collaborare, va bene?”

“Tu starai qui con me?” chiese Merlin, mentre veniva adagiato sul vecchio tavolo.

“Si, certo, ti starò accanto. Ora però non distrarti e collabora con Gaius.”

Merlin annuì e rivolse la sua attenzione all’anziano davanti a lui, e pensò che il suo sopracciglio fosse proprio buffo.

“Allora. Sei davvero Merlin?” gli chiese Gaius, gentilmente, offrendo al piccolo un po’ di pane e formaggio.

Merlin annuì, assaggiando ciò che il cerusico gli aveva offerto. Ora che ci pensava, aveva davvero fame.

“E quanti anni hai?” domandò ancora Gaius.

Merlin sollevo sei ditina, siccome era maleducazione parlare con la bocca piena.

Arthur ne rimase un attimo sconcertato. Non gli avrebbe mai dato sei anni, ne dimostrava a malapena cinque… era piccolo, minuto, con le orecchie svolazzanti e gli occhi enormi e curiosi.

Gaius gli fece un altro paio di domande, poi gli controllò altezza, peso, temperatura, lingua e gola.

“Sei sano come un pesce” decretò, finita la visita “forse un po’ magrolino… ma forte e sano! Ho visto che ti dondola un dente!”

“Si, è già il secondo!” si inorgoglì Merlin “ e non vedo l’ora che cade , perché quando è caduto il canino la mamma mi ha regalato il miele. Non l’avevo mai mangiato, è buono!”

“Anche qui c’è il miele, quando ti cadrà il dentino dimmelo, che te ne darò un po’ anche io!”

“Oh, grazie!” esalò Merlin, con gli occhi che brillavano “spero che cade presto, allora!”

“Vieni, Merlin, ora andiamo” disse Arthur, che aveva premura di tornare nelle sue stanze. Merlin scese velocemente dal tavolo e lo raggiunse.

“Ciao, Gaius!” urlò, prima che la porta si chiudesse dietro di se.

“Dove andiamo adesso?” chiese, mentre camminava al fianco del suo principe.

“Nelle mie stanze, voglio riposarmi.” Rispose Arthur.

“Ooooh…” si lamentò Merlin, guardandolo con aria supplichevole.

Arthur lo ignorò per un po’, ma poi non ne poté più fare a meno. Era troppo fastidioso da sopportare.

“E adesso cosa c’è?” gli chiese, esasperato.

“Voglio vedere Uther nominare un cavaliere” sentenziò il piccolo.

Oh, cielo. Ci mancava solo questa.

“Merlin, sii ragionevole. Mio padre non nomina Cavalieri tutti i giorni e…”

“Ma oggi si!” lo interruppe Merlin, nel suo solito modo “ho visto prima, nella piazza, che preparavano un uomo per diventarlo cavaliere!”

Touché!!

Era vero, quel giorno suo padre doveva nominare cavaliere Sir Geoffrey. Ma non aveva alcuna voglia di assistere alla cerimonia. Voleva solo andarsi a riposare.

“Merlin, capiscimi, non possiamo entrare e interrompere la cerimonia..”

 “Ma non lo faremo!” lo supplicò Merlin “spiamo dalla porta. Non ci vede nessuno. Cinque minuti, ti prego!

I due discussero un po’, ma alla fine l’ebbe vinta Merlin, con sommo rammarico di Arthur, che già non lo tollerava più.

“Va bene, ma solo cinque minuti!” sussurrò, mentre si acquattavano come ladri dietro la porta, e la aprivano un filino.

Merlin vide il cavaliere inginocchiato davanti a Uther, che aveva la spada levata, e lo guardava con fare minaccioso –almeno, secondo il suo punto di vista-

“…Un cavaliere è votato al coraggio
il suo cuore conosce solo la virtù
la sua spada difende gli inermi,
la sua forza sostiene i deboli,
la sue parole dicono solo la verità,
la sua ira abbatte i malvagi.”

Stava dicendo il cavaliere, con voce provata. Si sentiva che era emozionato.

E anche Merlin lo era.

Mentre stava li, tenendo per mano Arthur, si ripromise che un giorno sarebbe diventato anche lui cavaliere e sarebbe stato sempre vicino al principe

 

 

 

Note Della Storia:

-          Alura… siccome oggi è il mio compleanno.. mi sono detta… perché non aggiornare la storia? Si, perché per me le vostre recensioni sono un meraviglioso regalo.

-          Il registro colloquiale di questa storia è medio-basso, e i capitoli sono corti, proprio perché voglio realizzare una lettura piacevole e non faticosa, ma, se avete qualche obiezione, fatemelo sapere che provvederò ad accontentare tutti.

-          Il linguaggio a volte sgrammaticato di Merlin è voluto, perché vorrei rendere le cose più verosimili possibile (e qui ringrazio KIARA WOLF per avermi fatto notare che Merlin parlava in modo troppo forbito per essere così piccolo)

-          Il discorso che fa il cavaliere durante la sua nomina è preso dal film “Dragonheart”, che, personalmente, adoro.

 

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Capitolo 3
*** Di capricci, bagnetti caldi e dormite serene ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 36 persone che seguono questa storia, le 5 che la preferiscono e i 3 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08, Inu_97, SanjiReachan, chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13, estrelaguida, Morganalastrega, Bakakitsune, valentinamiky e LunaticaLove.

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DI CAPRICCI, BAGNETTI CALDI E DORMITE SERENE

 

Image and video hosting by TinyPic “Dove andiamo adesso? Mi porti al mercato? O nella piazza?” stava chiedendo il piccolo rompiscatole, saltellando qua e la per il corridoio, dopo aver finito di spiare con Arthur attraverso la porta della Sala delle Cerimonie.

“No, Merlin, non ti porterò in giro.” sentenziò Arthur “Siamo appena tornati da una battaglia! Possibile che tu non avverta un minimo di stanchezza?”

“No! Non sono stanco… ti prego, portami in piazza!” lo supplicò il piccolo, mentre i due vagavano per il castello.

“Non pensarci nemmeno! Ora ci recheremo nei miei appartamenti dove io cercherò di riposarmi. E tu con me.” impose ancora il principe di Camelot, con la ferma decisione di non sottostare ad alcun capriccio futuro.

“Dai, per favore! Io voglio da sempre vedere Camelot! Fammela vedere!” chiese ancora Merlin, con tono cantilenante.

“E la vedrai!” replicò Arthur, esasperato da tutte quelle richieste “La vedrai domani. Oggi voglio riposarmi. Hai sentito anche tu che stasera ci sarà una cena importante per festeggiare il mio ritorno a Camelot senza aver riportato ferite. Devo essere in forma.”

“Ma io la voglio vedere adesso!” si impuntò il piccolo.

“No! Merlin, sei una piaga. Ti ho già ribadito che oggi non andremo a passeggio. Se ti comporterai adeguatamente, ti mostrerò Camelot nei giorni futuri. Ora taci.” concluse il principe, in un tono che non ammetteva repliche.

Il bambino si zittì, ma due lacrimoni si insinuarono nelle sue iridi, e Arthur roteò –per l’ennesima volta in poche ore- gli occhi. Merlin da piccolo era un frignone. Si lamentava per tutto. Oh beh, non era per nulla diverso dal Merlin adulto, solo che la sua vocetta di bambino gli dava fastidio. E pure vederlo piangere.

“Dai, Merlin, ti prego. La piazza la vedremo domani, ok?” gli disse, esasperato “Adesso voglio farmi un bagno e dormire per un paio di clessidre.”

“Ma che ora è adesso?” chiede il maghetto.

Arthur guardò oltre una delle finestre del castello. “È da poco passata la Dodicesima Ora.” rispose, leggendo la meridiana del campanile di fronte “Perché me lo chiedi?”

“E a che ora hai la cena importante?” insistette Merlin, ignorando il principe.

“Tardi. Tu non potrai venire, ti avverto.” Rispose Arthur.

“Oh, tanto non ci voglio venire. Non voglio stare con Uther. Mi fa paura.”

“E allora perché mi hai domandato l’ora della cena?”

“Perché, se facciamo presto, possiamo vedere Camelot oggi!” rispose Merlin, entusiasta.

“Ancora insisti!!? Merlin, ti ho già detto che…”

“Dai, andiamo!” lo tirò per la manica Merlin, senza ascoltarlo “Andiamo presto, così vediamo Camelot!”

E fu così che il povero Arthur si ritrovò a correre per i corridori del suo castello, pur di far star zitto il suo mini-valletto. Una volta che furono arrivati nelle sue stanze, fece chiamare un servo e gli ordinò di preparare la tinozza con l’acqua calda.

“Porta la tinozza più grande che riesci a trovare e non scaldare troppo l’acqua” ordinò, mentre quello si inchinava con riverenza, guardandosi i piedi, e spariva a prendere quanto richiesto.

“Perché quell’uomo ha fatto l’inchino? Perché non ti guardava in faccia? Perché la deve prendere lui per te la tinozza?” domandò a raffica Merlin, dopo aver assistito alla scena, seguendo l’erede al trono dietro il paravento.

“Perché io sono il principe” rispose, con tono ovvio, Arthur, mentre si accingeva a spogliarsi.

“E quindi?” chiese ancora Merlin, in un tono che non piacque affatto Arthur.

“E quindi, si da il caso che il principe non si prepari da solo la tinozza. E i servitori, che sono inferiori a lui, devono tenere lo sguardo basso e obbedire.”

O almeno i normali servitori, pensò Arthur, Merlin però non aveva mai fatto tutto ciò. E, a essere sinceri, non gli aveva mai dato fastidio.

Da dietro il paravento si sentì l’ossequioso sguattero tornare e armeggiare con l’acqua, per cui il principe fece per togliere i vestiti anche a Merlin, ma quello si ritirò, con un’espressione offesa in volto.

“Ooooh che cosa brutta cosa hai detto!” lo ammonì “Non lo sai che tutti sono uguali?! La mamma mi dice che dobbiamo rispettare tutti, dai contadini ai Re, tutti uguali!”

Arthur rimase un attimo interdetto da quelle parole, e si fermò con le mani a mezz’aria. Merlin, sostanzialmente, gli aveva appena ripetuto la stessa cosa del loro primo incontro, quando, ormai quattro anni prima, Arthur si era divertito a torturare un po’ il suo ex servitore, facendogli fare da bersaglio mobile.

“Si... tua  mamma ha ragione…” disse allora, cercando di trovare le parole giuste “Ma, vedi Merlin, ci sono cose che possono fare solo i Re e i Principi, come proteggere il regno dalle persone malvagie, e ci sono altre cose, come le pulizie o altre faccende manuali, che possono farle solo i servitori… mi capisci?”

“No.” Rispose Merlin con candore, allontanando le mani di Arthur dalle sue vesta e spogliandosi da solo, come a voler dimostrare che nessuno doveva fare le cose al suo posto “A casa mia tutti proteggono il villaggio dai cattivi, non solo uno, e tutti fanno le pulizie, non solo uno.”

“A Eldor funziona così, mentre a Camelot ci sono altre usanze. È inutile che brontoli, perché non sarai di certo tu a cambiarle.” Sbottò il principe, spazientito.

Eppure, Merlin sarà davvero colui che cambierà le sue abitudini. Sarà davvero l’unica persona che lo tratterà alla pari sin dal primo momento, infischiandosene della loro sostanziale differenza di Rango.

A quelle parole, Merlin si zittì e mise su il muso. Con quel principe non si poteva parlare. Era come un mulo. O meglio, come un asino.

“Forza, entra nella tinozza.” Gli ordinò Arthur, e Merlin obbedì, silenzioso.

Certo che era proprio grande, pensò Merlin. Quella che aveva a casa era molto più piccola. Ed era di pietra, non di ottone come quella.
Inoltre non possedeva tutti i panni di seta e stoffa che erano appesi al muro. Lui, di solito, per lavarsi, usava una pezza ruvida che lo lasciava tutto rosso, e, spesso e volentieri, non aveva il sapone con cui sciacquarsi, e l’acqua era a malapena tiepida.
Quella in cui era immerso in quel momento, al contrario, era piacevolmente calda e saponosa, con tante bollicine.

Dopo aver congedato il valletto, anche Arthur entrò nella vasca, e Merlin distolse lo sguardo.
Aveva deciso di non parlargli più, siccome era così dispettoso.

“Merlin?” chiamò il principe, ma il maghetto non rispose.
“Non dirmi che ti sei offeso!” esclamò  l’asino, cercando di attirare l’attenzione di Merlin che, per tutta risposta, lo ignorò.

“Ah, è così?” disse allora Arthur, punzecchiandolo per le orecchie. “Allora ti faccio una proposta. Puoi scegliere se tenermi il broncio per tutta la serata, oppure di collaborare, e io ti porterò delle cose buone da mangiare dalla cena.”

Le parole del principe fecero il loro effetto, perché Merlin si voltò a guardarlo, ma era dubbioso.

“Non voglio da mangiare. Posso chiederti un’altra cosa?” domandò.

“Dimmi” acconsentì Arthur.

“Posso dormire insieme a te questa notte? Tanto c’è spazio nel letto. Ho paura a dormire da un’altra parte.”

“Io, veramente, ho avvisato Gaius di preparare il letto per te nei suoi appartamenti.” Rispose Arthur, ma quella fu la cosa sbagliata da dire.

Merlin annullò la poca distanza che li separava, nuotando nell’acqua calda, e gli si aggrappò al braccio, guadandolo supplichevole. “Per favore, non voglio dormire con Gaius. Voglio stare con te, ti prego.”

Arthur ci pensò su un attimo, poi disse “Va bene, a patto che ora ti fai lavare e che dopo andrai a dormire subito.”

Merlin, a quelle parole, si rilassò. “Va bene!” acconsentì. “Farò come dici tu.”

“Bravo.” Lo lodò Arthur, scompigliandogli i capelli fradici. “Ora girati, che li lavo la schiena e i capelli, va bene?”

“Oh, si, grazie! Anche la mamma mi lava sempre i capelli e la schiena!” esclamò il piccolo Emrys, voltandosi.

Arthur prese il panno più morbido e lo inumidì, poi ci versò sopra un filo di olio di oliva, e prese a sfregare dolcemente le braccia e la schiena del piccolo, che sembrava quasi fare le fusa a quel tocco.

“Come mi piace.” Mormorò, quasi assopito “così è diverso da come è di solito. È più morbido e più profumato…” fece ricadere indietro la testa, con gli occhi chiusi, quando le mani del principe cominciarono, sempre con la solita delicatezza, a frizionargli le ciocche scure con la cenere.

Tutto ciò era molto rilassante e Merlin non si sarebbe mosso mai da li, al calduccio, pulito e massaggiato, accoccolato al suo nuovo amico.

Purtroppo, però, quel beato oblio, finì.

“Resta ancora un po’ in ammollo, se vuoi, mentre mi lavo anche io.” Disse Arthur, a operazioni terminate.

E fu allora che Merlin ebbe l’idea.

“Posso lavarti io come hai fatto tu con me?” gli chiese e, senza attendere la risposta, prese un altro panno pulito e lo sommerse di olio d’oliva, nuotando dietro il principe e cominciando a sfregarli la schiena con energia.

Arthur lo lasciò fare. Ci era abituato, dopotutto. Il Merlin adulto aveva ripetuto quell’operazione fino a pochi giorni prima.

“Posso lavarti anche i capelli?” gli chiese, dopo pochi minuti.

“Piano, però.” Acconsentì Arthur. “Devi fare come ho fatto io prima.”

Merlin obbedì, e si sentì appagato quando vide il principe rilassarsi sotto le sue manine, mentre cercava di riprodurre fedelmente i movimenti che aveva ricevuto poco prima. Voleva rendere il principe orgoglioso del suo lavoro.

“Perfetto, Merlin, grazie.” Disse Arthur, dopo che il valletto lo ebbe lavato per bene. “Ora usciamo, altrimenti ci verranno le rughe.”

“Le rughe?” ripetè Merlin, stupito, stropicciandosi gli occhi. “Perché ci vengono le rughe?"

“Ci vengono se stiamo troppo tempo nell’acqua.” Spiegò Arthur “Non lo sapevi?”

“No.” Rispose Merlin “Ma io non ci sto mai  tanto nell’acqua. È sempre tanto fredda quella del pozzo.”

Arthur rimase un attimo basito da quelle parole, ma poi comprese che non tutti erano cresciuti nel lusso come lui. Non tutti potevano permettersi l’acqua calda.

I due allora uscirono dalla vasca e si asciugarono in fretta, mentre Arthur mandava una delle  guardie appostate al di fuori della sua stanza ad avvisare Gaius che Merlin avrebbe dormito li.
La sentinella tornò poco dopo, con una minuscola camicia da notte. “La manda Gaius.” Riferì, per poi tornare al proprio lavoro.

Così Arthur preparò il bambino per la notte, che sbadigliava vistosamente. Lo vestì e gli rimboccò le coperte.

“Hai fame?” gli chiese “Vuoi mangiare qualcosa prima di dormire?”

Merlin, con gli occhi semichiusi, negò con la testa, proprio mentre le capane rintoccavano l’inizio della Seconda Ora della Viglia.

“Braccio…” mormorò Merlin, ormai semiaddormentato, allungando le manine e afferrando il braccio di Arthur in una potente morsa.

Il povero principe dovette restare in quella scomoda posizione per mezza clessidra buona, fin quando la presa del piccolo si allentò ed egli potè liberare l’arto.

Camminando con passo felpati per non farsi sentire, Arthur si diresse pian pianino verso la porta, soffiando sulla candela per poter conciliare il sonno del suo piccolo protetto.

 

Note della storia:

-          Mi scuso per il ritardo dell’aggiornamento, ma i professori stanno tramando contro di me per non farmi aggiornare, specie le prof di Chimica Organica, Biochimica e Microbiologia D:

-          Ho cercato di dare un linguaggio più aulico ad Arthur, e uno più infantile a Merlin. Spero di essere riuscita nel mio intento, ma non sono abituata a usare un linguaggio medievale. - Il fatto che Merlin chieda, nel dormiveglia, il braccio di Arthur l'ho presa dalla mia cuginetta di sei anni, che, per l'appunto, non si addormenta se non stringe il braccio a qualcuno

-          Per capire come stimavano il tempo nel Medioevo visitate questa pagina à http://www.casperia.com/orologio.htm

-          Per l’olio di oliva e la cenere usati per il bagno mi sono documentata, e i ricchi usavano questi ingredienti per la propria igiene.

-          Ho modificato il titolo del capitolo precedente in “CAMELOT, GAIUS E I CAVALIERI”.

-          Ringrazio Kiara Wolf per avermi fatto notare, molto cordialmente, un paio di mie sviste riguardanti lo scorso capitolo. (L’aver usato l’esclamazione “Oh, Maria!” nonostante nel Telefilm non sia menzionata la fede cristiana e l’aver messo il Cacao, che, però, a quel tempo non era ancora stato scoperto, e che poi ho sostituito col miele.)

-          Il prossimo aggiornamento, se Dio vuole, è previsto per il 25 Novembre.

-          Spero che la lettura sia stata gradevole. Un bacione <3

 

 

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Capitolo 4
*** Caccia, Pensieri tristi e... Un nuovo amico! ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 53 persone che seguono questa storia, i 10 che la preferiscono e i 4 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08, Inu_97, SanjiReachan, chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13, estrelaguida, Morganalastrega, Bakakitsune, valentinamiky, Aly Zefy, Paffy333, Mellet, Echo85 Harmony89 e LunaticaLove.

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Con sei giorni di ritardo ma… ci sono riuscita!
Per farmi perdonare, ecco a voi un capitolo bello lungo!

 

 

CACCIA, PENSIERI TRISTI E… UN NUOVO AMICO!

 

“Non è possibile!” esclamò Gaius “Come è potuta accadere una cosa del genere?”

Era appena passata l’alba, e l’anziano cerusico aveva trascorso l’intera nottata chino su pesanti tomi, illuminato solo dalla luce lieve  prodotta dalle tre candele posate sul tavolo da lavoro, cercando di capire cosa fosse successo al suo figlioccio e cosa lo avesse ridotto in quello stato.

Finalmente, dopo che ebbe sfogliato metà della sua biblioteca personale, e dopo che la clessidra si fu svuotata e riempita almeno una decina di volte, il medicò trovò la risposta alle sue domande.

Risposta che lo fece rimanere letteralmente – e anche praticamente - a bocca aperta.

Sapeva che Merlin era dotato di grandi e potenti poteri magici, ma, in fondo, era ancora solo un ragazzo inesperto e mai Gaius avrebbe sospettato che potesse compiere una magia di quel calibro.

Quello non ea era un semplice incantesimo di ringiovanimento.

“Merlin… cosa hai fatto?!” mormorò, sconsolato, Gaius, chiudendo il libro e soffiando sulle candele.

**

Intanto, l’oggetto delle preoccupazioni del povero cerusico dormiva beato in un sontuoso letto a baldacchino, rannicchiato in posizione fetale sotto calde coperte rosse e protetto dal corpo possente di Arthur che, nel sonno, si era mosso verso di lui e lo aveva stretto in un mezzo abbraccio.

Merlin non si era mai sentito così bene.
Sino a quel momento, aveva sempre dormito per terra, avvolto solo da una fodera lisa e scolorita, anche se sua madre gli cedeva praticamente ogni notte le proprie lenzuola e lo scaldava amorevolmente cullandolo.

La sensazione che il bambino provava in quel momento era indescrivibile.
Non aveva mai dormito così bene e così profondamente.

Si sentiva protetto da quel corpo accanto al suo esattamente come quando era sua madre ad abbracciarlo.

Avvertiva vagamente il respiro pesante e regolare di Arthur –che aveva la brutta abitudine di dormire con la bocca aperta- sui suoi capelli, e la grande mano che premeva gentilmente sul suo piccolo petto, stringendolo con affetto.

Il principe non era tornato tardi, la sera prima, perché aveva temuto che il piccolo potesse aver avuto paura da solo, nella stanza, ma, fortunatamente, si era sbagliato, e al suo ritorno lo aveva trovato dormiente.

Inoltre, aveva preferito evitare ulteriori indagini da parte di suo padre sul fatto che il suo valletto non fosse presente per servirlo in quella serata di festeggiamenti, e Arthur aveva dovuto inventare su due piedi una scusa che vedeva Merlin ferito lievemente durante la battaglia.
Scusa che aveva anche spiegato l’insolita assenza di Gaius.

Così si era cambiato in fretta –faceva proprio freddo!- e si era infilato sotto le coperte.
Non aveva neanche avuto il tempo di sistemarsi, che Merlin gli aveva agguantato il braccio, muovendosi verso di lui, e ora i due se ne stavano abbracciati e beatamente addormentati.

La città, però, si stava svegliando, ed era arrivato anche il loro turno. Era proprio per questo motivo che una ragazza dai ricci capelli neri e la carnagione olivastra si stava dirigendo, con due vassoi in mano, verso gli appartamenti reali.

“Arthur?” disse, entrando nelle stanze e andando a scostare le tende, che mostrarono un bianco cielo da neve.

“Sire, è ora di svegliarsi.” Sussurrò la giovane, accarezzando delicatamente la guancia dell’erede al trono che, per tutta risposta, strinse ancora di più a se il fagottino che aveva tra le braccia e non diede il minimo accenno a svegliarsi.

Allora quello che mi ha detto Lancillotto è vero pensò la ragazza, andando all’altra testata del letto e piegandosi a osservare il piccolo Merlin, felicemente addormentato tra le braccia di Arthur, e quella visione le fece stringere il cuore.

Non aveva mai visto il principe manifestare tanto affetto. Stringeva quel bambino come se la sua vita dipendesse da quel contatto.

Immersa nei suoi pensieri, l’ancella non si accorse di essere anch’essa osservata.

“Buongiorno, Gwen.” Disse infine, il principe, per attirare la sua attenzione.

“Oh, Sire, buongiorno a voi!” rispose, agitata Gwen, rialzandosi e rassettandosi il vestito color zafferano “Perdonatemi, non mi era resa conto che vi eravate svegliato.” Aggiunse, affrettandosi a recuperare i vassoi della colazione.

“Come mai sei venuta tu a destarmi?” le domandò Arthur, ancora mezzo intontito e restio dall’abbandonare il suo giaciglio caldo.

“Me lo ha chiesto Lancillotto.” Lo informò la serva, mentre si dirigeva verso l’armadio e ne estraeva alcuni vestiti “Ieri sera mi ha raccontato tutto, Sire, e mi ha chiesto di svolgere le mansioni di Merlin, nel frattempo di trovare una soluzione. Sempre che per voi vada ben la cosa.”

“Certo, Gwen, e ti ringrazio per questo.” Rispose il principe “So che sei una persona molto discreta e io non vorrei portare l’attenzione di mio padre su quanto accaduto, se possibile.”

“Naturalmente.” Ribadì Gwen, avvicinandosi al letto, mentre Arthur si accingeva a svegliare Merlin con una scrollatina che lo fece mugugnare contrariato.

“Dove sono?” chiese il piccino, ancora frastornato, guardandosi attorno.

“Nel mio letto!” rispose Arthur, in tono canzonatorio, mentre si alzava e spariva dietro il paravento.

“Gwen, passami i vestiti.” Ordinò, tendendo una mano per afferrare gli indumenti che la ragazza gli porgeva. “Forza, Merlin, alzati! So che è appena l’alba, ma oggi è giorno di caccia e non voglio fare tardi.”

“Giorno di caccia?” ripetè Merlin, in tono non troppo convinto “Ah, io non vengo.” Sentenziò, incrociando le braccia.

“Invece ti dico che verrai.” Replicò Arthur, uscendo da dietro il paravento, e Gwen rimase sinceramente sorpresa del fatto che l’erede al trono sapesse vestirsi da solo, anche se aveva le vesta tutte spiegazzate e la maglia rossa arrotolata sulla schiena, lasciandone scoperta un pezzo.

La ragazza ridacchiò, ma Arthur non ci fece caso.

“Ma a me non piace la caccia.” Piagnucolò il vallettino “ Anche a Will piace andare a caccia, ma io rimango sempre a casa quando lui va con il suo papà, anche se mi chiede sempre di venire con lui.”

“Merlin, non mi interessa, tu verrai con me. Non posso lasciarti qui da solo.”

“Ma non sto da solo! Sto con Gaius! O con Gwaine, o con Lancillotto!” supplicò Merlin, ma Arthur scosse la testa, mentre addentava una mela.

“Gwaine e Lancillotto vengono a caccia con me.” Lo informò, con la bocca ancora mezza piena “E Gaius è un uomo anziano sempre indaffarato a visitare il popolo o preparare rimedi contro i malanni. Non ha tempo per stare dietro a te.”

“Ma io non voglio venire a uccidere gli animali!” strillò Merlin, iniziando a piangere e mandando Arthur nel panico. Aveva faticato anche a convincere il Merlin adulto, la prima volta a caccia, ma lì era bastata una minaccia alla gogna per farlo stare zitto.

Gwen, che sino a quel momento era rimasta in un angolo della stanza a osservare la scena, vedendo il principe in difficoltà decise di andare in suo soccorso, così si sedette sul letto e strinse il piccolo a se.

“Non piangere, Merlin.” Tentò di rassicurarlo, con voce dolce, accarezzandogli i fini capelli neri “Puoi stare con me, se vuoi.”

“Ma tu chi sei?” gli chiese, invece, lui, sciogliendo l’abbraccio e guardando la ragazza negli occhi scuri.

“Mi chiamo Gwenniver, ma quasi tutti mi chiamano Gwen.” Rispose la giovane “E sono una serva del castello. Puoi rimanere con me, se non vuoi andare a caccia. Io devo rimanere dentro le mura per sbrigare alcune faccende.”

Il sorriso di Gwen era così dolce e sincero che Merlin provò un immediato moto di fiducia nei suoi confronti, come se già la conoscesse da tempo, e stava per assentire, quando il principe glielo impedì.

“Merlin, la stessa cosa che ti ho detto riguardo a Gaius vale anche per Gwen.” Disse, pulendosi la bocca con un tovagliolo “Lei deve lavorare e non può badare a te.”

In qualche modo, Arthur si era sentito geloso della fiducia che il valletto aveva riservato così prontamente  all’ancella, mentre con lui non faceva altro che piangere.

Qualcosa dentro di lui, come un istinto, lo teneva legato a quel bambino, come se avesse la sensazione che qualcosa di terribile gli potesse accadere se si fosse allontanato da lui.

Alla fine, dopo pianti, insistenze, suppliche e capricci, il principe prese di peso il servetto e lo trascinò fuori, mentre quello scalciava bellamente, e lo issò sul proprio cavallo, che fece partire al galoppo.

Accanto avvertiva la presenza di Lancillotto e Gwaine, anch’essi in sella ai loro destrieri.

Attraversarono la cittadella e il boschetto cavalcando silenziosamente, e si fermarono nel cuore della foresta coperta di neve, poi scesero tutti e quattro e i cavalieri si armarono di arco e balestra.

“Merlin sempre e ovunque, come ai vecchi tempi, eh!” esclamò Gwaine, guardando il piccolo che si era seduto, imbronciato, ai piedi di un albero spoglio.

“Per forza” rispose Arthur “Non potevo lasciarlo al castello da solo a combinare guai.”

“Io non combino guai…” si sentì una vocina mormorare, e Lancillotto scoppiò a ridere.

“Resta il fatto che non potevo lasciarti da solo.” Replicò il principe, e Merlin lo guardò male.

“Ma potevo stare con Gwen!” rispose, impuntandosi.

“Ti ho già ripetuto che non puoi disturbare le persone mentre lavorano.” Ripetè, laconico, Arthur, alzando la propria balestra “E ora è il momento della caccia. Tu resta qui, mentre noi siamo via, e non muoverti per nessun motivo. Bada ai cavalli e riguardati da farli imbizzarrire.”

Mentre Arthur e Gwaine si allontanavano, Lancillotto si avvicinò al proprio Purosangue ed estrasse una pesante coperta dalla propria saccoccia.

Poi si avvicinò all’amichetto e, premuroso, lo avvolse in essa.
“Ecco.” Disse, dolcemente “Così non prenderai freddo.”
Poi si alzò e gli scompigliò i capelli, accingendosi a seguire il principe.

Merlin, prono ai piedi del maestoso albero, osservava rapito i perfetti cristalli di neve ammassati sui rami, mentre un grosso dubbio lo attanagliava: anche a Eldor era inverno e faceva freddo, ma non aveva nevicato… ne era sicuro.
Eppure, ovunque guardasse, vedeva solo foglie sparse a terra, secche e cristallizzate nella neve.

Il piccolo si strinse ancora di più nella coperta, con gli occhi lucidi.

Arthur era stato cattivo.

Lo aveva portato per forza a caccia, non gli aveva fatto fare colazione, lo aveva lasciato li da solo e, se non fosse stato per la premura di Lancillotto, al freddo, senza nulla con cui coprirsi.

Non era giusto. Lui odiava la caccia, e voleva un abbraccio della sua mamma. Voleva tornare a casa.

L’ultima cosa che si ricordava era che stava raccogliendo la legna con Will e, a un certo punto, si era sentito come risucchiare e si era ritrovato in un bugigattolo, insieme ad Arthur.

All’inizio, passato lo spavento, era stato entusiasta di vedere Camelot, siccome sua madre ne parlava sempre con una nota di invidia, ma, allo stesso tempo aveva sempre una gran paura, siccome era al corrente del fatto che Uther uccidesse chiunque usufruisse di magia.

Arthur, poi, gli rispondeva sempre male, si curava poco di lui e non lo ascoltava quasi mai.

In quel momento, si sentiva particolarmente solo.

“Mamma… Attù… Will…” mormorò, sconsolato, accucciandosi sotto la coperta.

Ad un certo punto, un rumore leggero lo mise in allerta.

Sembrava un fruscio, un battito d’ali, e Merlin volse lo sguardo in su, per individuare la fonte del rumore.

Essa si rivelò provenire da un piccolo gufetto marrone, tutto intirizzito per il freddo e in cerca di una fonte di calore.

Subito, l’animo animalista di Merlin si accese in lui.

“Ehi, cucciolo, vieni qui.” Disse, allungando le manine per accogliervi il pennuto che, con un bubbolio di ringraziamento, vi ci si tuffò e Merlin lo mise sotto la coperta.

“Ciao, piccolo.” Sussurrò, accarezzando la testina piumata “Cosa ci fai qui, tutto solo e con questo freddissimo?”

Il gufetto, per tutta risposta, gli beccò gentilmente le ditina.

“Hai fame?” gli chiese Merlin, e si diresse verso i cavalli che cercavano – inutilmente - di pascolare, alla ricerca di cibo.

Frugò nelle sacche di Gwaine e Lancillotto, ma trovò delle vettovaglie solo in quella di Arthur, che aveva portato con se dei pomodorini, due mele, tre mandarini, un po’ di pane e una borraccia di latte ancora tiepido.

Era la sua colazione di quella mattina, che Merlin non aveva mangiato, in preda ai capricci.
E Arthur l’aveva portata con se, probabilmente – anzi, sicuramente! - per permettergli di sfamarsi più tardi.

Quel silenzioso gesto così premuroso – e così poco da Arthur Pendragon -   scatenò in Merlin un moto di gioia. All’improvviso non si sentiva più così solo.

Con questa nuova gioia nel cuore, il maghetto prese il pane, le mele e il latte, e tornò ai piedi dell’albero spoglio, riavvolgendo se stesso e la creaturina nella coperta e frantumando il pane, in modo che ella potesse beccare le briciole.

Poi mangiò le mele e bevve il latte, saziandosi.

Stava giusto assopendosi, con il gufetto appollaiato docilmente sulla sua spalla, quando il principe, Gwaine e Lancillotto fecero ritorno, a mani vuote.

“Con questo freddo non mi meraviglia che le prede scarseggino.” Stava dicendo Gwaine, mentre mordicchiava un filo d’era congelato.

“Già, tutti gli animali sono in letargo, ormai.” Confermò Lancillotto “Forse è meglio attendere l’arrivo della Primavera prima di organizzare nuovamente una battuta di caccia.”

Gli altri due annuirono, e Arthur si fiondò sul bambino semi addormentato.

“Merlin.” Lo chiamò, scrollandolo un po’ “Merlin, svegliati!”.

L’interessato aprì gli occhi, seccato, mugugnando qualcosa di incomprensibile.

“Non devi mai addormentarti al freddo.” Lo ammonì Arthur “potresti morire, per cui è bene che lo terrai a mente per il futuro.”

Merlin fece un verso in risposta, e il principe si addolcì.

“Ti sei annoiato?” gli chiese, cercando di stringergli meglio la coperta – che era magicamente apparsa dal nulla, da quando ne sapeva lui – sul piccolo, ma si fermò sbalordito, notando una piccola creatura avvinghiata alla spalla del vallettino.

Lo avevano notato anche gli altri due cavalieri.

“Ehi, guardate! Un gufo!” esclamò Gwaine, sputando il filo d’erba e allungando una mano per toccare il pennuto, ma Merlin la intercettò e gliela schiaffò via, svegliandosi di colpo.

“Non lo toccate.” Disse, facendo la voce grossa, nella speranza di sembrare minaccioso. “Lui è mio amico e voi non lo potete uccidere!”

“Tranquillo, Merlin, non lo volevo uccidere.” Lo rassicurò il nobiluomo “Volevo solo accarezzarlo. È davvero molto bello e scommetto che è anche molto soffice.”

“Si, è morbidissimo!” confermò Merlin, ritrovando il buon umore “ Ed è anche simpatico! Prima gli ho dato il pane!”

“Oh, ma che bravo ometto!” lo lodò Gwaine “E adesso cosa farai? Lo porterai a Camelot con te?”

“Oh, posso? Per favore!” pregò Merlin, rivolgendosi ad Arthur, che incenerì quell’idiota di Gwaine con lo sguardo. Non stava mai zitto quell’uomo. Ci mancava solo il gufo.

Ci fu una – l’ennesima – discussione tra principe e servitore, che vide protagoniste tante altre lacrime e una lista lunga fino a Eldor di ‘Per favore’ e ‘Ti prego’ e Arthur, alla fine, dovette cedere, così il gufetto partì con loro, sempre sulla spalla di Merlin.

“Allora, come hai deciso di chiamarlo?” chiese Lancillotto, mentre erano sulla via del ritorno.

Merlin ci pensò un po’ e poi, entusiasta, rispose “Anacleto!”

I cavalieri rimasero senza parole

 

 

 

E Arthur si ritrovò a sorridere ancora una volta delle stramberie del suo valletto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Della Storia:

-          Eccomi qua! Sono ancora viva (almeno credo) e spero tanto che il capitolo vi sia piaiuto!

-          Il fatto della maglia di Arthur alzata sulla schiena l’ho preso da una puntata della serie, che purtroppo non ricordo D:

-          Nonostante abbia usato tutti i nomi originali, mi sono accorta di aver usato Lancillotto anzi che Lancelot… ormai è tardi per correggere tutto il testo… chiedo venia! xD

-          Elogio a “La Spada Nella Roccia!” ricordatevi di Anacleto, sarà importante!

-          Povero il nostro Merlin, eh! Però è da Arthur trascurare gli altri finchè non si trovano in punto di morte… in fondo, non sa badare neanche a se stesso!

-          Will è l’amico di infanzia di Merlin, a Eldor

-          Gwaine ha sempre qualche filo di qualche pianta tra i denti XD

-          Gwen e Arthur, come ho già detto, non si amano, e, nelle mie Fancfiction, mai si ameranno. Sono una Merthur sfegatata e non parteggio affatto per l’Arwen, anche se rispetto i gusti altrui!

In questa Fanfic Gwen è fidanzata con Lancillotto.

-          Ho inserito Gwen nella storia perché mi occorreva una figura femminile, ma il suo carattere sarà come quello nella prima stagione, il migliore, a mio parere!

 

 

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Capitolo 5
*** Avventura sul ghiaccio ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 63 persone che seguono questa storia, i 12 che la preferiscono e i 4 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08, Inu_97, SanjiReachan, chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13, estrelaguida, Morganalastrega, Bakakitsune, valentinamiky, Aly Zefy, Paffy333, Mellet, Echo85, Harmony89, LunaticaLove, Eris666 e Eli pazzoide

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AVVENTURA SUL GHIACCIO

 

Il quartetto stava lentamente avanzando verso Camelot. Gli zoccoli dei cavalli affondavano un poco nella neve gelata, per cui il passo procedeva moderatamente.

I brutti pensieri che avevano tormentato Merlin erano svaniti del tutto e ora il piccolo, comodamente seduto sulla sella davanti ad Arthur, giocava allegramente con Anacleto.

“Ma perché Anacleto, poi?” gli stava chiedendo Arthur, mentre Merlin gli si divincolava davanti, allungando le manine nel tentativo di acchiappare il gufetto che volava fuori dalla sua portata, bubolando canzonatorio “Perché non Marley, Edvige, Rufus… nomi normali, ecco!”

“Mi piace Anacleto.” Rispose il piccolo, voltandosi a guardare il suo principe negli occhi “È un nome che ha inventato la mamma nella storia dell’aereo.”

“La storia dell’aereo? E cosa narra questa storia?” domandò Arthur, giusto per farlo stare tranquillo “Dai, raccontamela e lascia in pace Anacleto. Continui a dimenarti e rischi di far imbizzarrire il cavallo. Vieni, mettiti meglio sotto la coperta” aggiunse, stringendo a se il bambino e avvolgendolo del tutto nel plaid di Lancillotto, sotto al quale erano ora avvolti entrambi.

Merlin si accoccolò felice sul petto del suo principe, alitandosi sulle manine per scaldarle, mentre Anacleto si appollaiava sulla spalla di Gwaine.

Siccome il cavallo procedeva tranquillo al passo, Arthur lasciò le redini e prese le mani di Merlin nelle proprie, cercando di donargli più calore possibile.

“Dai, racconta.” Gli intimò, mentre riscaldava le fragili ditina.

“Noi intanto vi precediamo al castello, va bene?” li interruppe Gwaine “Non so come è messo Lancillotto, ma io ho freddo e fame.”

“Si, anche io.” Confermò Lancillotto “Ci date il permesso di avanzare senza di voi, Sire?”

“Permesso accordato.” Concesse Arthur “Ma, una volta giunti al castello, dite a un Valletto Reale di preparare la tinozza grande nelle mie stanze.”

“Agli ordini, Sire” replicò Lancillotto, lanciando il proprio destriero al galoppo e partendo, con Gwaine al seguito.

Rimasti soli nella radura, il piccolo Merlin cominciò a raccontare.

“La mamma, per farmi dormire, mi ha raccontato la storia di un uomo vecchio, con la barba luuunga e bianca che voleva inventare un qualcosa per fare volare le persone nel cielo! E questa cosa si chiamava aereo.” cominciò, entusiasta, Merlin, con gli occhi che brillavano al ricordo. “E questo signore, che si chiamava come me, aveva un gufo di nome Anacleto per amico!”

“Oh, sembra davvero una bella storia. E l’ha inventata la tua mamma?” chiese Arthur, e Merlin annuì.

“Si, ma, secondo me, un giorno è vero che l’uomo volerà!” disse, orgoglioso.

Anacleto, dalla spalla di Arthur dove si era appollaiato, fece uno strano verso, molto simile a una risata.

Impossibile pensò Arthur, sicuro di stare vaneggiando.

Un attimo dopo, finita quella specie di risatina, il gufetto si alzò in volo e sparì oltre i rami spogli.

“Oh, no! Anacleto! Torna qui!” gridò Merlin, preoccupato. “Attù, dai seguiamolo!”

Arthur ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma non voleva far piangere di nuovo quel bambino così strano –e capriccioso!-, così fece partire il cavallo al galoppo e seguirono il volatile.

Lo trovarono poco dopo, posato tranquillamente su un basso ramo di un albero.

Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era meraviglioso.

Erano capitati in una radura. In mezzo ad essa vi era uno stagno ghiacciato, che brillava, colpito dalla pallidissima luce proveniente da un debole sole.

Gli alberi che circondavano quel meraviglioso specchio d’acqua offrivano un'altra meravigliosa vista; erano ghiacciati e ricoperti di brina, che emanava giocosi luccichii ai raggi del sole.

“Oooh, ma è bellissimo!” esclamò il piccolo, estasiato da quella vista, mentre Arthur si immergeva nei ricordi. Si era quasi dimenticato dell’esistenza di quel posto, eppure c’era, era ancora li, immutato.

Da bambino ci era stato spesso, insieme a Leon, Morgana e Gwen.

Il padre di Gwen, da bravo fabbro quale era, aveva fatto un regalo a ciascuno di loro: prendendo dei vecchi stivali di ognuno, aveva ricoperto le suole con uno spesso strato di cuoio e, con il metallo avanzato forgiando le spade, aveva modellato una specie di lama sottile che aveva poi attaccato alla suola.

Da piccoli, lui, Morgana, Gwen e Lion, quando lo stagno gelava, si divertivano  a stare in equilibrio sul ghiaccio con quelle scarpe con la lama.

“Attù, possiamo  stare qui ancora un po’?” chiese Merlin, facendo tornare il principe alla realtà.

A pensarci bene, quelle scarpe doveva averle ancora da qualche parte.

“Si, Merlin, possiamo.” Acconsentì “Prima, però, torniamo un attimo a Camelot, è a sola mezza clessidra da qui. Voglio mostrarti una cosa.”

Così, partirono al galoppo.

In pochissimo tempo arrivarono al castello, setacciarono la stanza di Arthur, trovarono gli stivali con la lama, Merlin li provò –gli andavano bene, anche se erano un poco grandi per lui. D’altronde, Arthur non era mai stato di corporatura minuta- e ripartirono.

“Ora ci divertiamo un po’.” Disse Arthur, con una gaiezza che mostrava raramente, una volta tornati allo stagno. “Mettiti gli stivali.” Ordinò, e Merlin obbedì, barcollando.

“Vieni.” Gli intimò poi, salendo sulla lastra ghiacciata e tendendo le braccia verso un sospettoso Merlin. “Dai, vieni, ti faccio fare una cosa divertente.”

Con un po’ di riluttanza, il maghetto afferrò le mani di Arthur e si lasciò trascinare sul ghiaccio.

“Ah, Cado! Cado…!” urlò, impaurito, quando, a sorpresa, le sue gambe si divaricarono, in equilibrio su quelle sottili lame, facendogli perdere bruscamente l’equilibrio.

Per fortuna, c’era Arthur con lui.

“No, non cadi.” Lo rassicurò, sorreggendolo. “Ora stai tranquillo. All’inizio anche io ero scettico e avevo paura, ma è divertente, una volta imparato."

Merlin lo guardò, non troppo convinto.

“Ti reggerò io, non temere.” Disse Arthur “Tu non devi fare nulla. Cerca solo di rimanere in equilibrio.”

Il piccolo cercò con tutte le sue forze di mantenere la posizione eretta e le gambe unite, anche se esse tendevano ad andare ai due lati opposti.

“Bravo.” Lo lodò il principe, iniziando a muovere lenti e piccoli passettini all’indietro. “Ora lasciati guidare.”

Ancora sospettoso, Merlin si aggrappò ad Arthur e si fece trascinare da egli su quella sottile lastra di ghiaccio.

Vinta la paura iniziale, il vallettino scoprì il lato divertente della cosa e chiese ad Arthur si farlo andare più veloce.

Anche il principe si stava divertendo. Stava recuperando la gioia e l’innocenza che aveva da bambino, mentre immagini di se stesso che cadeva, sfrecciava sul ghiaccio o si nascondeva dietro le gonne di Morgana perché Leon faceva un po’ il prepotente, -essendo il più bravo a mantenere l’equilibrio- gli passavano davanti agli occhi.

Morgana, a quei tempi, lo difendeva sempre. Gli voleva bene. Lei era cinque anni più grande di Arthur e non si faceva intimorire da nessuno.

Il principe avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare a quei tempi felici e spensierati.

E ora, grazie a Merlin, li stava rivivendo.

“Vuoi provare un po’ da solo?” gli chiese, dopo almeno una clessidra intera passata a guidare Merlin per lo stagnetto. Il principe indossava nei normali stivali, senza alcuna lama sotto, per cui aveva tutti i muscoli delle gambe indolenziti.

“Mmm…” mugugnò, incerto, il bambino, stringendo il braccio dell’erede al trono. “Ho paura da solo…” sussurrò, ma Arthur era davvero stanco. Non era per nulla semplice stare in equilibrio sul ghiaccio con delle calzature nomali.

“Dai, almeno provaci.” Lo pregò “Io torno subito. Ho solo bisogno di sedermi un poco.”

Così Arthur si staccò dal piccolo e avanzò verso la terra.

Merlin, che ormai aveva perfettamente imparato a stare in equilibrio, azzardò un passo, ma inciampò e cadde in avanti, rimanendo con le manine piantate sulla superficie scivolosa e il sedere all’aria.

Arthur scoppiò a ridere.

“Dai, alzati e riprova! Io, alla tua età, ero veloce come un fulmine!” lo sbeffeggiò.

Merlin provò e riprovò, per almeno un’altra clessidra, consumando il ghiaccio sotto di se e cadendo innumerevoli volte. Ma non si dava mai per vinto.

Stava ormai calando il sole, quando Arthur lo chiamò.

“Merlin! Dai, vieni! È ora di tornare al castello!”

L’interpellato si voltò e si diresse verso di lui. Aveva freddo e fame, ed era stanco, per cui voleva fare presto ritorno a Camelot.

Forse a causa della fretta, mise male i piedini e cadde per la milionesima volta.

La volta di troppo.

Appena il suo esile corpicino ebbe cozzato contro la superficie gelata, il ghiaccio intorno lui cominciò a creparsi.

 

 

 

Note Della Storia:

-          Comincio col chiedere perdono per il ritardo. Tra il mio migliore amico che è stato ricoverato in ospedale per dieci giorni (ed ero ogni giorno da lui), tra la scuola, lo sport, gli amici, la famiglia e chi più ne ha più ne metta, ho fatto i salti mortali per aggiornare.

-          Il padre di Gwen ha inventato i pattini! Intelligente quell’uomo! xD

-          Ho cercato di rendere ogni personaggio il più IC possibile, spero di esserci riuscita.

-          Spero che abbiate apprezzato la mia introspezione di Arthur e i suoi pensieri riguardanti Morgana.

-          Avete visto la puntata 5x13? Io si, e mi ha psicologicamente UCCISA ç____ç

-          Spero di riuscire ad aggiornare per l’Epifania, ma non prometto nulla!

-          Ancora un bacione :*

 

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Capitolo 6
*** Amore Fraterno ***


Chiedo ancora scusa per la latitanza, causata da una Real Life piuttosto turbolenta, e ringrazio tutti quei meravigliosi lettori che, nonostante 5 mesi di assenza, ora stanno leggendo queste righe.

Un grazie particolare va, però, a:

-          Sofiacolandrea

-          alessandra92

-          Hamlet_

-          chibisaru81

-          vcullen

-          Morganalastrega

-          Grinpow

-          Garwood

-          Melleth

-          paffy333

-          valentinamiky

-          crazyclever_aveatquevale

-          rekale

-          xlovejhutch

Che, con le loro bellissime recensioni, mi hanno fatto sentire la loro indispensabile presenza e mi hanno animata di una fiamma nuova che mi ha invogliata a scrivere, nonostante gli impegni!
Con la speranza che il capitolo vi piaccia, vi lascio alla lettura! <3

 

Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 88 persone che seguono questa storia, i 14 che la preferiscono e gli 8 che la ricordano. <3

 

 

AMORE FRATERNO

 

Arthur non fece in tempo. D’altronde, come avrebbe potuto? Distanziava dal laghetto di almeno dieci metri e, ovviamente, non poteva di certo aspettarsi che accadesse una cosa del genere.

Merlin pattinava, lui lo aveva chiamato e il servetto era caduto.

Nulla di strano, nel corso dell’ultima ora era scivolato decine di volte.

Quella volta, però, non fece in tempo a rialzarsi.

Il ghiaccio si ruppe.

Si infranse ad una velocità troppo elevata, il tempo di un battito di ciglia, e Merlin sparì in acqua.

Un’acqua gelida, che pungeva il corpo come mille spilli, che mozzava il respiro e impediva i movimenti.

“Attù!” ansimò il piccolo, cercando disperatamente di rimanere a galla.

Sapeva nuotare, ma il corpo non voleva rispondere ai suoi movimenti.

Arthur, però, era anche più agitato di lui. Non possedeva ancora abbastanza sangue freddo per capire che sarebbe caduto anche lui se si fosse gettato su quel ghiaccio troppo debole. Non gli venne in mente che, invece, avrebbe potuto legare una corda al cavallo e gettarla a Merlin, in modo da trascinarlo fuori senza venire anch’egli coinvolto.

No, Arthur si precipitò sul ghiaccio, e vi cadde dentro. Smise di respirare per qualche secondo, in preda a un dolore bruciante che gli invadeva i polmoni e il cervello, ma cercò di riprendersi, e afferrò Merlin per il braccio.

Lo strinse a se per un attimo. Merlin si dimenava ancora per il freddo, ma questa cosa rassicurò il principe, felice dell’energia vitale che animava il corpo di quel bambino e che non intendeva arrendersi a quella situazione.

“Forza, Merlin!” lo incoraggiò. Poi lo prese da sotto le ascelle e lo spinse fuori dalla pozza, sulla riva del piccolo stagno, dove Anacleto volava in tondo, agitato.

“Forza! Levati dal ghiaccio! Vai sulla terra!” urlò il principe, mentre anch’egli tentava di uscire, nonostante le sue dita intorpidite non collaborassero, scivolando sulla lastra fredda e affondando sempre di più.

Il piccolo, aiutato dal gufetto, che lo tirava per una manica, riuscì a raggiungere la riva e vi si accasciò, rimanendo immobile e col respiro corto.

“Merlin! Gridò Arthur, nel panico “Alzati! È un ordine!

Ma a nulla valsero quelle urla disperate, perché il piccolo non si muoveva ormai più.

Con uno sforzo immane, Arthur si issò sui palmi e si tirò su, rischiando di affondare di nuovo, e si precipitò verso Merlin.

“Ehi, ehi, ehi! Non fare scherzi!” balbettò, tremante, nel vedere il suo piccolo amico pallido come un lenzuolo e col respiro mozzo.

Non sapeva cosa fare. Se avesse potuto, lo avrebbe scaldato con il suo corpo, cullandolo tra le braccia per tutto il tempo necessario, ma era perfettamente inutile farlo in quel momento, siccome era bagnato fino al midollo anche lui.

“Merlin, su, apri gli occhi!” gemette, spostandogli dal viso una ciocca bagnata. Merlin li aprì, gli occhi, ma solo per un istante, sprofondando subito in un nuovo stato di incoscienza.

Col panico che lo attanagliava sempre di più e svelto come una lince, Arthur avvolse il bambino nella coperta, lo mise sul cavallo e partirono al galoppo.

Il principe, però, era consapevole che non avrebbe retto ancora per molto; era bagnato fradicio dalla testa ai piedi e l’aria che gli soffiava contro era intollerabilmente fredda e pungente, gli sferzava crudelmente ogni parte del corpo, paralizzandolo.

Fortunatamente, il viaggio fu breve.

Appena arrivati nella piazza del castello, tutte le persone presenti accorsero e Arthur fece appena in tempo a consegnare Merlin a Gwen, prima di cadere svenuto.

**

Sentiva una pezzuola umida sulla fronte, avvertiva il suo corpo tremare nonostante le calde coperte che lo avvolgevano e il sordo scoppiettio del camino acceso.

Una forte debolezza si era impadronita di lui, rendendogli le palpebre pesantissime, ma percepiva il via vai accanto a lui.

Dapprima era stato solo un avanti e indietro frenetico e confuso; lo avevano messo a letto e acceso il camino, poi era venuto Gaius e lo aveva costretto a trangugiare un aberrante decotto alle erbe che lo aveva fatto sentire istantaneamente meglio.

Poi aveva udito Gwen che, piangendo, lo aveva informato che Merlin era fuori pericolo e che ora era a casa sua.

Suo padre era passato solo per una visita veloce e, una volta che ebbe appurato che il figlio fosse in fase di guarigione, si era dileguato per andare a cercare qualcuno a cui dare la colpa.

Aveva notato l’assenza del servitore e la cosa non gli era piaciuta affatto.

Arthur aveva anche sentito la sua diagnosi mentre Gaius la esponeva al re e non sembrava troppo grave; era solo disidratato e, ora, con un bel febbrone.

Merlin, invece, era stato più di là che di qua per un paio di giorni, ma ora si stava velocemente riprendendo.

Il giorno in cui Sua Altezza Reale decise, finalmente, di aprire i suoi regal occhi fu perché costretto da quattro ditina che qualcuno gli ficcò dolcemente nelle orbite, accecandolo momentaneamente.

“Ma che diavolo…!?” imprecò Arthur, portandosi le mani al volto.

“Attù! Svegliati!” lo ammonì una vocetta stridula “Gwen dice che sono tre vespri che dormi! Sono stufo di aspettarti!”

“Merlin!” gioì il principe nel sentire quella voce e, nonostante vedesse ancora a pallini, individuò il valletto e lo strinse forte a se, intimamente sollevato.

“Merlin! Allora stai bene!” decretò il sovrano, una volta recuperata la vista.

“Io si!” rispose il piccolo, vispo “E tu?”

“Io mi sento tutto rotto” si lamentò Arthur “Ma, il peggio ormai è passato.”

“Allora posso restare qui con te?” chiese, supplichevole, il paggetto.

“Non lo so, Merlin, se mio padre ti trovasse qui…”

“Il re al momento non è a palazzo, Sire” lo informò, però, Gwen

“Davvero? E dove è andato?” si meravigliò Arthur. Raramente suo padre lasciava il castello.

“Non lo ha lasciato detto, ma starà via almeno quattro giorni.”

“Allora posso restare!” esclamò Merlin, in quello che sembrava un ordine ben camuffato.

“Va bene, testa di fagiolo, resta pure.” Acconsentì il principe, ma Merlin lo guardò incuriosito.

“Testa di fagiolo?!” ripetè, non troppo convinto.

Arthur non sapeva come spiegare al servetto l'uso di quella strana espressione, che poi era sua, ma Gwen lo salvò.

“Ora che vi siete svegliato, dovete recuperare le forze, Sire. Vado a prendere qualcosa a mangiare per entrambi.”

“Ti ringrazio, Gwen.” Disse Arthur, mentre la ragazza usciva.

“Si, grazie Gweeeeen!” le urlò dietro il piccoletto, uscendo dal lenzuolo sotto al quale di era rifugiato.

Una volta rimasti soli, Arthur si mise a osservare ogni centimetro del corpo di Merlin, per constatare se stesse davvero bene.

“Hai avuto paura, vero?” gli domandò, accarezzandogli un ciuffo di capelli corvini.

La verità era che era stato lui, Arthur, a morire di terrore al solo pensiero di perdere Merlin.

Voleva bene a quell’imbranato del suo valletto, grande o piccolo che fosse, e, anche se faceva di tutto per nasconderlo, il principe era perfettamente consapevole che ogni persona a Camelot era al corrente del forte legame che univa i due.

Nessun uomo  serviva il proprio padrone con tale devozione.

No, ripensandoci, devozione non era il termine adatto, anzi, era oltremodo errato.

Tutti i servi sapevano essere devoti, prolungandosi in ossequiosi inchini a ogni respiro e baciando il pavimento ove camminavano i loro padroni, ma nessuno seguiva il suo signore in battaglia, come, invece, faceva Merlin.

Nessuno gli dava consigli e idee con affetto, come faceva Merlin.

Nessuno avrebbe mai osato far notare quando, come e dove il padrone sbagliava, anche a costo di sembrare irriverenti come, invece, il suo valletto si divertiva a fare in continuazione.

E, dalla parte di Arthur, di tutti i servi leccapiedi che aveva avuto e che lo avevano stufato dopo meno di un mese, egli non aveva mai portato alcuno a caccia con se, o in battaglia, a nessuno aveva mai domandato un parere, un consiglio, nelle decisioni importanti e aveva sempre calpestato tutti.

Di molti non aveva mai ricordato neanche il nome.

Ma, con Merlin, le cose erano diverse. Loro erano amici.

Il moro lo aveva cambiato tantissimo da quando era entrato nella sua vita, Arthur se ne rendeva perfettamente conto. Ormai egli non era più l’arrogante spocchioso che, un Mercoledì di cinque anni prima, aveva combattuto contro quel ragazzo mingherlino che poi, la sera stessa, lo aveva salvato la vita ed era diventato il suo servitore.

E ora anche quel Merlin formato tascabile  lo stava profondamente cambiando nell’intimo.

Per esempio, Arthur aveva sempre detestato la compagnia dei bambini, ma ora non riusciva più a staccarsi da quel piccoletto dagli occhi blu.

“Si, tanta!” pigolò il paggetto, abbracciandolo “Ma è passata un pochino quando ti ho sentito vicino a me, in acqua.”

A quelle parole il cuore di Arthur fece una piccola capriola.

“Ciò non è prudente.” Disse, cercando di apparire tranquillo e saggio “Alla fine, se ben ci pensi, ci conosciamo da pochissimo tempo. Com’è che hai tutta questa fiducia nei miei riguardi?”

“Non lo so.” Ammise Merlin “Ma mi sento come se io e te ci conosciamo da tanto. Per questo non mi hai fatto paura quando ci siamo visti la nella vecchia casa, e quando sono con te non mi manca neanche la mia mamma… anche se prima, quando stavo da Gwen, un po’ mi mancava…” aveva gli occhi lucidi, ora.

Povero, piccolo Merlin. Arthur sapeva perfettamente cosa stava provando; anche lui, quando era piccolo, sentiva spesso la mancata presenza della madre.

Spinto da un moto d’affetto, Arthur lo abbracciò forte, nella speranza di riuscire a scacciargli la tristezza.

Voleva vederlo sempre felice.

Un delicato bussare, però, interruppe troppo presto il loro contatto.

“Mio Signore, la colazione” disse Gwen, entrando nella stanza con un enorme vassoio. Lo posò sulle ginocchia di Arthur che, però, guardò schifato il contenuto delle due ciotole.

“…Brodo?!” esclamò, incredulo “Che razza di colazione è?!”

“Prescrizione di Gaius” si giustificò la serva “per i prossimi giorni sia Voi che Merlin dovrete assumere liquidi.”

“Perché ti lamenti? È buono il brodo!” cinguettò, invece, Merlin, afferrando una delle due tazze e iniziando a bere avidamente. “Mmm! È di carne! Solo ai giorni di festa posso bere il brodo di carne!”

“E a te pare lussuoso questo nutrimento?! Che razza di cibarie avete al villaggio?”

“L’avena e il riso! E a volte il brodo di verdura e il latte della mucca” rispose il valletto, rabbuiandosi un po’.

“Solo questo?!” domandò il Real Babbeo e Gwen lo incenerì con lo sguardo, allorché Arthur ricordò il suo soggiorno a Eldor, ormai quattro anni or sono, e dei loro magri pasti.

Beh, almeno adesso si spiegava la gracilità dell’amico.

“Tieni, bevi anche il mio.” Disse, gentilmente, porgendogli la propria ciotola.

Merlin, con gli occhi enormi, trangugiò anche la sua porzione, felice come una pasqua.

Bastava così poco per renderlo felice e ad Arthur veniva ormai spontaneo volergli bene, in ogni sua forma, sia da grande che da piccolo. Era sempre Merlin.

“Grazie, era buonissimo!” disse Merlin, a pasto terminato, porgendo la tazza a Gwen, che fece un inchino e si dileguò.

“Ho sonno…” aggiunse poi, con voce pesante, accoccolandosi ad Arthur, sotto le lenzuola.

Si addormentò quasi all’istante, stringendo il braccio sinistro del principe, che lo guardava, rapito, e gli spostava delicatamente le ciocche dal viso, sfiorandogli la fronte calda e sudata di febbre.

Gli voleva bene, era inutile negarlo a se stesso, anche se, ogni giorno che passava, desiderava maggiormente la compagnia del Merlin adulto. Gli mancava da morire.

Alla fine, promettendosi che, una volta usciti dalla quarantena, avrebbe trovato un modo per farlo tornare adulto, Arthur strinse a se Merlin e di addormentò anch’egli.

 

 

 

Note Della Storia:

-          Beh, ecco qui il capitolo. Chiedo venia per eventuali errori, ma non ho riletto. Devo finire di studiare Microbiologia, Filosofia, Storia e Organica, e non vi dico che no fatto per aggiornare.

-          Dopo tanto tempo, spero tanto che la qualità dello stile di scrittura non sia calata rispetto agli altri capitoli! Purtroppo è un po’ che non mi alleno, ma la scuola mi ha uccisa

-          Il prossimo capitolo sarà a Giugno, non so di preciso quando. iI 31 Maggio finisco la scuola e il 3 Giugno andrò in Stage all’Ospedale Policlinico di Milano. In base a quanto sarà pesante l’esperienza, aggiornerò prima o poi.

-          Grazie per essere ancora qua, non immaginate neanche cosa significhi questo per me!

 

 

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Capitolo 7
*** La scoperta nella battaglia ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 95 persone che seguono questa storia, i 21 che la preferiscono e gli 8 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08, Inu_97, SanjiReachan, chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13, estrelaguida, Morganalastrega, Bakakitsune, valentinamiky, Aly Zefy, Paffy333, Melleth, Echo85, Harmony89, LunaticaLove, Eris666, Eli pazzoide, Grinpow, Sofiacolandrea, Tigretta95, crazyclever_aveatquevale, Rosso_Pendragon, LadyKnight, Sofia_Ariel e elisabethy92

 

 

 

LA SCOPERTA NELLA BATTAGLIA

 

 

 

Era ormai trascorsa una settimana dall’incidente e Arthur e Merlin si erano completamente ristabiliti.

Era una fortuna che suo padre andasse molto raramente nella sue stanze -pensò Arthur- perché non c’era stato verso di scollare il bambino dai suoi appartamenti, sia durante la convalescenza che adesso che stava bene.

In effetti, Merlin lo seguiva ormai dappertutto e Arthur era sempre più in ansia.

Suo padre, infatti, aveva fatto rientro il giorno prima da chissà dove e non era sembrato troppo felice.

“Arthur, domani devo parlarti.” Gli aveva detto, prima di sparire negli appartamenti reali, così ora il principe si stava recando nella Sala del Consiglio per discutere col genitore.

“Ah, Arthur, vieni, ti stavo aspettando.” Lo accolse Uther, quando entrò.

Non sembrava irato, ma qualcosa nella calma con cui il re aveva parlato faceva rizzare i capelli in testa ad Arthur.

“Volevate parlarmi, padre?” gli domandò il figlio, cercando di misurare bene ogni sillaba che gli usciva dalla bocca.

“Si, Arthur, siediti.” Rispose Uther, indicando la sedia opposta alla sua, all’altro capo del tavolo.

Arthur si sedette, in attesa.

“Come ben sai, figlio mio, io per te ho sempre provveduto per  farti avere il meglio” cominciò a dire il re, sempre con quella calma innaturale “compreso nell’assegnarti servitori leali e capaci.”

Arthur sbuffò. Per quanto potesse essere leale Merlin, egli era tutt’altro che capace.

“E credevo di aver scelto bene” continuò Uther, ignorando le smorfie del figlio “in tutti questi anni di servigi, mi è sembrato che il tuo servo, Merlin, fosse all’altezza. Era sempre con te, anche quando non doveva, ti era incredibilmente leale e desideroso di proteggerti. Vedevo che avevate un rapporto quasi di amicizia e, sebbene in altri casi ne sarei stato alquanto contrariato, questa volta mi stava bene. Sapevo che eri al sicuro se c’era lui, ti ha riportato al castello quasi sempre sano e salvo.”

Uther fece una pausa e Arthur cercava di raccapezzarsi per capire dove il genitore stesse andando a parare, anche se l’orribile olezzo di un sospetto piuttosto atroce si stava diffondendo in lui.

“Però sono diversi giorni che non lo vedo in giro.” Disse Uther, fatale.

La gola di Arthur si seccò all’istante, mentre annaspava alla ricerca di una scusa plausibile. Ci mancava solo che suo padre scoprisse che Merlin era rimpicciolito a causa della magia. Avrebbe subito giustiziato il bambino e messo lui alla gogna.

“Ecco… io…” balbettò, ma il padre lo interruppe.

“All’inizio credevo che fosse indisposto. Con questo freddo non ci sarebbe da meravigliarsi, e Gaius aveva confermato il mio dubbio, ma col passare dei giorni non lo vedevo più in giro, così ho voluto indagare.”

Arthur deglutì, mentre contraeva i pugni e non aveva la forza di aprire bocca.

“Sono andato nelle stante di Gaius, ma erano vuote. Sono andato a Eldor, ma Merlin non era nemmeno li. Quindi ora lo chiedo a te. Dov’è Merlin, Arthur? Perché non è al tuo ser vizio come dovrebbe essere? Perché non sta adempiendo ai suoi doveri di servitore?!”

“Emh.. ecco io… “ balbettò Arthur, nel panico. Non sapeva cosa inventarsi e non voleva mettere nei guai il suo servo, ma un improvviso suono delle campane gli risparmiò quell’agonia.

“Sono le campane dell’allarme! Che diavolo sta succedendo?” sbottò Uther, avviandosi di tutta fretta verso la porta della stanza.

Un boato, accompagnato da una fortissima esplosione, fece saltare il portone e il re venne sbalzato all’indietro.

“Padre!” urlò Arthur, con le braccia alzate a coprire il volto, correndo verso il genitore svenuto. Aveva appena appurato che era ancora vivo, quando una fredda e maligna risata priva di allegria gli giunge alle orecchie.

“Fratellino, ma che bello rivederti.” Disse la voce, con malcelata ironia “e io che ero venuta per vendicarmi nel nostro caro e amato … padre... e invece ti trovo qui! Sembra che la fortuna sia dalla mia parte, non credi?”

Arthur serrò i pugni, furioso.

“Morgana!” urlò, portando la mano all'elsa della spada che portava sempre con se. Non la sfoderò, però. Qualcosa dentro di lui era come se lo bloccasse.

“Sai fratellino, tu sei la sola cosa che mi ostacola il posto sul trono. Ero venuta qui con l’intenzione di uccidere Uther e di pensare a te in futuro ma, già che sei qui..” continuò la ragazza mora, camminando lentamente verso i due uomini nella stanza.

“Completerò oggi il lavoro!” urlò poi, scagliando un muto incantesimo. Arthur si ritrovò scagliato su una parete, mentre potenti catene lo legavano e imprigionavano al muro. Lo stesso stava accadendo a suo padre, ancora supino sul freddo pavimento.

Morgana si avvicinò al fratello e cominciò ad accarezzarlo con fare lento e canzonatorio, e gli sussurrò all'orecchio “Ah, ovviamente, già che ci sono, prima di ucciderti, ti torturerò un po’. Sai, per vendicarmi di aver ucciso Lucius… era un ottimo alleato, mi addolora molto la sua perdita…” la voce melensa della ragazza faceva rabbrividire Arthur.

“Non so di cosa tu stia parlando! Liberami!” gridò il principe, divincolandosi e cercando di liberarsi dalle catene.

“Povero sciocco, non è così che riuscirai a fuggire!” esclamò lei, sprezzante “e sai perfettamente di cosa sto parlando… è successo quasi un mese fa, al tempio dell’Antica Religione, a nord da qui.”

Arthur si fermò di botto, mentre un lampo di comprensione gli attraversava gli occhi cerulei.

Stava parlando dello stregone che aveva ridotto Merlin in quello stato!

“Così era opera tua!” sputò, mentre riprendeva a divincolarsi.

“Certo, di chi credevi che fosse?” rispose lei, sarcastica, mentre si abbassava ad accarezzare il volto di Uther. Gli aprì una palpebra, così, giusto per dispetto. L'iride verde fece capolino, senza che, però, il re si destasse.

Lo stesso verde degli occhi di lei.

“E così, caro padre, la tua vita sta per giungere al termine.” Sussurrò, mentre estraeva un piccolo pugnale elegantemente ricamato, che Arthur riconobbe come l'arma che le regalò lui meno di un anno addietro.

“No, NO!” tuonò il principe, dimenandosi come un forsennato. “Non osare toccarlo! GUARDIE! GUARDIE!”

“Povero sciocco!” ripetè la sorella “secondo te quelle inutili guardie sono ancora vive dopo il mio passaggio? È inutile che chiedi aiuto, nessuno verrà in tuo soccorso questa volta.”

Arthur, però, non la ascoltava “LEON! PARSIFAL! GWAINE! LANCELOT!” continuava a sbraitare, pregando che qualcuno lo sentisse.

Morgana, intanto, non si faceva distrarre dalle urla del fratello. Aveva preso il pugnale e stava procurando dei tagli lunghi e profondi sulle braccia e sul volto di Uther, che si contorceva, ma non si svegliava.

Vederlo soffrire così le dava un immenso, sadico, piacere.

“NO! PADRE!”

“Smettila di sbraitare, inutile patetico! Ancora non hai capito che nessuno verrà ad aiutarti?!”

“Scommetti?!” rispose una voce alle sue spalle.

La ragazza si voltò, indispettita, e vide Sir Lancelot, coi vestiti bruciacchiati e un forte odore di fumo, che correva verso di lei con la spada sguainata.

“Allontanati dal re!” ordinò il cavaliere, puntandole la lama alla gola.

“Tu!” esclamò lei, alzandosi e guardandolo con odio “Dovresti essere morto! Ti ho visto, eri nella stanza che ho fatto esplodere, insieme agli altri cavalieri!”

“Sappi che nessuno di noi è morto, Morgana!” gongolò il giovane “solo tu morirai, e lo farai ora!”

“Com’è possibile?!” sbraitò la ragazza mentre, con un incantesimo, sbatteva al muro anche Lancelot, furiosa “Voi dovete morire tutti!” gridò di nuovo, mentre mandava in frantumi le vetrate della stanza.

Dei frammenti finirono negli occhi di Arthur, ferendoli. Lancelot giaceva, svenuto, in un angolo.

“Basta!” urlò un’altra voce, a sorpresa. Non apparteneva a un uomo, ma non era neanche femminile.

“Stai facendo male a Attù e a Lancelot! Sei cattiva, basta!” continuò la voce, di cui Arthur, con suo sommo orrore, aveva ormai capito a chi appartenesse.

“Merlin, vai via!” strillò, ancora con gli occhi chiusi, pregando che, per una volta, quell’idiota lo ascoltasse.

Una risata isterica si levò da un punto imprecisato della stanza.

“Questo è tutto quel che rimane del tuo valoroso esercito? Sei patetico, fratellino, lasciatelo dire. Oh, ma cosa odono le mie orecchie? Questo pargolo è Merlin? Si, pare proprio lui. Come si è ridotto così? Beh, non mi interessa, ho dei conti in sospeso anche con lui…”

“No, Merlin no!” si dimenò ancora Arthur. I suoi polsi e le sue caviglie cominciarono a sanguinare copiosamente, ma i lacci non cedevano.

Sentì il bambino gridare e il suo cuore si fermò. Anche Morgana gridò, ma il suo non era un urlo di trionfo, al contrario.

Poi udì un tonfo e la voce della strega “EMRYS!” esclamò, con una nota di consapevolezza nella voce.

Emrys… dove aveva già sentito quel nome?

Un altro grido, un altro tonfo, vetri che si infrangevano, odore di fuoco, fumo, bruciato… sangue.

Arthur si sforzò di aprire gli occhi, almeno per capire cosa stesse succedendo.

Con immensa fatica, socchiuse le palpebre di pochi millimetri, e la luce gli colpì le pupille, facendolo lacrimare. Vedeva tutto appannato, ma distingueva le sagome.

E fu con suo immenso stupore che vide Morgana arrancare faticosamente verso Merlin che, urlando a più non posso, la faceva sbalzare per l’ennesima volta contro il muro, senza muoversi da dove di trovava.

 

 

Note Dell’Autrice:

-          Beh, ragazzi, che dire? Il capitolo è un po’ corto, forse, ma molto intenso e FONDAMENTALE, non trovate? Non sono brava a scrivere scene di guerra, anzi, non ne ho mai scritte, per cui se fa tanto schifo chiedo venia.

-          Un bacio speciale a: melleth, Rosso_Pendragon e paffy333. Davvero, quella era soltanto un piccolo avviso per voi, non mi aspettavo proprio che lo avreste recensito, e con tanta simpatia, poi! Grazie mille, mi avete fatta felicissima!

- Ho sudato 7 camice per scrivere questo capitolo, e devo dire di essere abbastanza soddisfatta del mio lavoro, ma ci terrei molto a sapere il vostro parere, soprattutto quello dei lettori che sino ad ora sono stati silenziosi, perché questo è il capitolo a cui tengo di più, insieme al prossimo, già pronto per metà!

 

 

Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni!

Farai felici un mucchio di scrittori!!

 

 

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Capitolo 8
*** Il più potente Stregone mai apparso sulla terra. ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 105 persone che seguono questa storia, i 23 che la preferiscono e gli 8 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito.

 

 

 

Il Più Potente Stregone Mai Apparso Sulla Terra.

 

 

 

Quella era magia.

Ormai Arthur aveva abbastanza familiarità con la cosa, specialmente con quel tipo di incantesimo.

Era quello che morgana usava più spesso. Quello che aveva utilizzato su egli stesso e su Lancelot poco prima.

Finalmente le lacrime ripulirono i suoi occhi dai frammenti e Arthur tornò a vedere nitido.

Morgana era distesa a terra, priva di sensi, così come lo erano Lancelot e Uther.

Merlin era ancor fermo dove lo aveva visto. Tremava, ma non piangeva più.

“Merlin.” Lo chiamò Arthur. “Merlin!”

L’interpellato si voltò verso di lui, ma non si mosse. Pareva terrorizzato.

“Attù, scusa!” gridò, disperato e immobile.

“Merlin, dopo!” esclamò Arthur, divincolandosi. “Ora va’ a chiamare qualcuno!”

Merlin, però, sembrava incapace di muoversi, inchiodato al centro della stanza.

“Aiuto!” urlò allora il principe, pregando perché venisse udito.

Suo padre sanguinava ancora dal volto e dalle braccia, Lancelot non dava segni di vita. Morgana, invece, già si muoveva.

“Qualcuno ci aiuti!” gridò ancora, nel panico.

Per fortuna, senti dei passi affrettati dirigersi verso la loro stanza e tre cavalieri entrarono di corsa, portando con essi un forte odore di bruciato.

Difatti, erano tutti coperti di fuliggine e i loro vestiti erano ridotti a brandelli, ma sembravano stare bene e pronti all’azione.

Dopo un’occhiata circospetta alla sala, Gwaine andò a liberare Arthur, Leon si precipitò su Uther e Parsifal si fiondò su Lancelot.

“Io sto bene! Catturate Morgana!” ordinò invece il principe, così Gwaine fece retro-front e legò mani e piedi alla strega, che già si stava agitando sotto il suo tocco, ancora semi-incosciente.

Anche Lancelot si era ripreso e ora cercava di consolare Merlin, mentre Parsifal slegava Arthur.

“Sire, i suoi polsi…!” esclamò il cavaliere, alla vista del sangue, ma Arthur non vi badò.

“Presto, chiamate Gaius!” ordinò “E portare mio padre nelle sue stanze! È stato ferito da Morgana con un pugnale! E Rinchiudete lei nelle segrete, saprò io poi cosa fare!

Alla vista del principe così arrabbiato, ubbidirono tutti ai suoi comandi, tranne Lancelot, che ancora tentava di confortare il povero Merlin.

Arthur si avvicinò ai due.

“Allora, Sir Lancelot.” Disse, imperioso “Non hai sentito i miei ordini? Vai a chiamare Gaius!” ordinò.

“Ma Sire, Merlin…” tentò di protestare Lancelot, ma qualcosa nello sguardo del principe lo fece ammutolire.

“Merlin è con me ora. Vai!” strepitò, ma Lancelot era ancora titubante.

“Sire, lo so che la magia è bandita ma…”

“E ora cosa c’entra la magia?” domandò, tagliente, Arthur. Quando Merlin era arrivato, lui era già privo di sensi. Non poteva aver visto nulla.

“Merlin mi ha detto che è successo. Non fategli del male. So che è proibito, ma Merlin non è cattivo. Lui usa la sua magia solo e unicamente per voi, per proteggervi. Non ha mai fatto altro e…”

“Un momento…” lo interruppe Arthur, sospettoso. “Da come mi stai parlando, sembra che tu fossi già a conoscenza del fatto che il mio valletto personale facesse uso di magia.”

“Io… Beh… Ecco…” balbettò Lancelot, annaspando per cercare una soluzione al danno che aveva fatto.

“Parla, Sir Lancelot!” ordinò Arthur, assottigliando gli occhi. “Ormai ho abbastanza elementi per capire cosa succede alle mie spalle, negare farà solo aumentare la mia ira!” Lo avvertì.
“Sapevi o no che Merlin fosse uno stregone?”

“Io, emh… si.. ma…”

“Fuori!” gridò Arthur. “Vai a chiamare Gaius e poi sparisci nelle tue stanze! Dopo dobbiamo parlare!”

Lancelot, a malincuore, ubbidì, e sparì dietro la porta, lasciando Merlin solo con il principe.

“Attù…” iniziò a dire Merlin, piangendo “Io… io…” balbettò, non sapendo cosa dire. “Mi dispiace.” Sussurrò solo, con un tono che fece letteralmente sciogliere il cuore di Arthur.

Era arrabbiato nero, e se solo avesse avuto di fronte il Merlin adulto lo avrebbe volentieri strozzato.

Merlin, però, in quel momento aveva sei anni, e Arthur non sapeva che fare.

“Non voglio morire…” disse piano Merlin, terrorizzato, e quella frase fermò i battiti del principe.

Un bambino di sei anni non poteva avere paura di morire. No, era contro natura.

Istintivamente, si inginocchiò, sino ad essere all’ altezza occhi di Merlin, e lo abbracciò.

Sorpreso e grato di quel gesto, il piccolo gli si aggrappò ai vestiti e pianse forte per cinque minuti buoni, mentre Arthur mormorava parole di conforto.

 “Non sono un mostro, vero?” gli chiese il piccolo ad un certo punto, stretto ancora tra le braccia del principe.

Arthur, a quelle parole, gli fece sollevare il viso e i loro occhi chiari si incrociarono in uno sguardo colmo d’affetto e comprensione.

“Questo non devi pensarlo neanche” gli disse, stringendolo ancora più forte, mentre una lacrima solitaria scendeva sulla sua guancia sinistra.

“Sono nato così.” Tentò di spiegare Merlin, la cui vocina usciva soffocata dal petto di Arthur “Non lo so perché, ma io non sono cattivo.”

“Lo so, Merlin, lo so.” Cercò di consolarlo Arthur “Ti conosco meglio di quanto tu creda e so che non esiste al mondo persona più gentile e dolce di te.”

“Allora non mi odi?” chiese Merlin, sciogliendo l’abbraccio per guardare supplichevole il suo principe, che lesse in quello sguardo tanta paura e apprensione.

Avrebbe mai potuto odiarlo? Certo che no.

Non avrebbe mai potuto odiare chi gli salvava la vita un giorno si e l’altro pure.

Non avrebbe mai potuto odiare colui che lo seguiva ovunque, anche se moriva dalla paura ogni volta.

Non avrebbe mai potuto odiare quella persona che lo consigliava, che non lo giudicava e che lo trattava come se fosse un suo pari, e non un reale.

Non avrebbe mai potuto odiare chi mostrava tanta lealtà, tanto coraggio e tanta voglia di donare la propria vita a lui, e non perché era il principe, ma solo perché era Arthur, suo amico.

E Arthur Pendragon non avrebbe mai potuto odiare colui che considerava il suo migliore amico, colui che egli considerava un suo pari, anche se non lo trattava mai come tale.

“No, Merlin.” Si sforzò di dire “Non ti odio. Non potrei mai odiarti.”

“Anche se ti ho detto una bugia?” Volle assicurarsi Merlin “L’ho detta non perché sono cattivo, ma perché avevo paura che poi Uther mi uccideva e che tu non mi volevi più bene.”

“Arthur, a dire la verità, lo capiva benissimo. Comprendeva il suo terrore di morire.

Lui stesso aveva sfiorato la morte innumerevoli volte e più di una volta, ora lo sapeva, non era passato a miglior vita grazie all’intervento di Merlin, proprio come successo poco prima.

“Merlin, calmati, ok?” disse Arthur, mettendo su un tono serio.

“Ascoltami.” Sussurrò “ A me non importa se sei un mago, capito? Io ti voglio bene per quello che sei, non per cosa sei. E tu sei una persona gentile e giusta, hai usato i tuoi poteri per salvarmi la vita, non per attentare ad essa. Io non sono come tuo padre, io capisco le tue ragioni e i tuoi sentimenti. Sei nato così e non hai colpe. E non sei un mostro, anzi, sei speciale, sei la persona più bella e speciale che io abbia avuto la fortuna di incontrare, anche se spesso mi fai perdere la pazienza. Io ti voglio bene, Merlin, almeno tanto quanto tu ne vuoi a me. So che è un discorso difficile e che forse non lo capirai adesso, ma quando sarai più grande ricorda di rimanere sempre così. Non permettere a nessuno di cambiarti, perché tu sei perfetto così come sei.” Arthur concluse il discorso dando un bacio sulla fronte di Merlin.

Era così semplice parlargli adesso che era piccolo e che non poteva comprendere i sentimenti contrastanti che si celavano dietro alle sue parole.

“Non capisco bene cosa vuoi dire.” Confessò Merlin “Però a me interessa che tu non mi odi e che non lo dici a Uther.”

“Ovviamente.” Lo rassicurò Arthur. “Questo sarà il nostro piccolo segreto.”

“Me lo prometti?” lo pregò Merlin, ancora insicuro.

Arthur, allora, fece una cosa che mai si sarebbe aspettato e stupì persino egli stesso: allungò il proprio mignolo e lo intrecciò a quello di Merlin.

“Giurin Giuretta.” Disse, sperando così di tranquillizzare il bambino.

Per fortuna, la cosa funzionò.

“Giurin Giuretta!” ripetè Merlin, entusiasta, stringendo il dito con tutta la forza che aveva in corpo. Bastava così’ poco per accontentarlo.

“Sire.” Li interruppe una voce.

Entrambi alzarono lo sguardo e incrociarono quello di Gwaine.

“Dimmi, Gwaine.”

“Vengo da parte di Gaius. Dice che vostro padre sta bene, ora. Gaius gli ha dato un sonnifero e ora sta dormendo. Gli sfregi sul volto e sulle braccia sono stati medicati e fasciati.”

“Molto bene, grazie, Gwaine. Puoi portarlo da me, adesso, per favore? Gli devo urgentemente parlare. Ah, e porta anche Gwen.” Aggiunse.

“Certo, Sire.” Disse Gwaine, e se ne andò.

Arthur voleva discutere con cerusico a proposito di Merlin. Già Lancelot era a conoscenza della cosa e glielo aveva tenuto segreto.

Sapeva perfettamente che il medico considerava il ragazzo come un figlio  che gli voleva molto bene, ma, allo stesso tempo, sapeva quanto fosse devoto a Uther e il pensiero che gli avesse tenuto nascosto una cosa simile era quasi incredibile.

“Sire, avete fatto chiamare?” l’anziano, arrancando con passo svelto, era entrato nella stanza, con Anacleto appollaiato sulla spalla.

 “Si, Gaius, devo parlarti. Come sta mio padre?”

“Molto meglio ora. Era molto agitato, così l’ho dovuto sedare. Ho medicato con le migliori erbe i tagli sul vito e sulle braccia e ora sta riposando. Non si sveglierà prima di domattina.”

“Bene, ti ringrazio, Gaius. Ora avrei un’altra cosa da chiederti.”

“Dica, Sire.”

“Merlin è uno stregone. Tu lo sapevi?” chiese a bruciapelo.

Gaius restò a bocca aperta, senza riuscire a spiccicare verbo.

“Gaius, ti prego.” Lo supplicò il principe. “Oggi sono vivo grazie a Merlin. Ha usato la magia per proteggermi e, ormai, so che lo fa da tempo. Non sono arrabbiato, ho già chiarito con lui. Voglio sapere, però, se tu eri a conoscenza della cosa.”

Gaius non rispose, ma l’occhiata che lanciò al bambino rintanato dietro le gambe di Arthur fu abbastanza eloquente.

“Lo sapevi.” Disse, abbassando le spalle.

Il vecchio annuì, anche se quella del re non era una domanda.

“Merlin non possiede solo poteri magici.” Spiegò Gaius, indicando il piccolo. “C’è chi dice che sia il più grande stregone mai apparso sulla terra.”

Arthur lo guardò incredulo. “Merlin?” chiese, con una nota di ironia nella voce.

Gaius alzò un sopracciglio. “Si, Merlin.” Confermò e, prima che potesse dire altro, la voce candida del bambino interruppe la conversazione tra i due.

“Quindi sono il più potente del mondo? Posso fare tutto le cose del mondo? Posso dare da mangiare a tutti, uccidere i cattivi, vedere il futuro, leggere il pens-”

“Ah Ah Ah, cala, cala Merlino!*” lo interruppe una voce burbera, che non apparteneva né a Gaius, né ad Arthur.

Sconcertati, i presenti si resero conto che era stato Anacleto a parlare.

“Anacl.. cosa… come… parla… gufo…” Arthur prese a balbettare, indicando il pennuto.

“Si, parlo!” confermò Anacleto, sempre in tono burbero. “Mi manda Taliesin** per fare da guida a Merlin e indirizzarlo, ora che è piccolo.”

Il volto di Arthur era bianco quasi quanto un lenzuolo, Merlin sembrava sorpreso, ma felice.

Gaius, invece, si diede una manata in fronte. “Adesso capisco tutto!” esclamò “Dopo tutti questi anni!”

“Eh, cos’hai capito? Che diavolo sta succedendo?” domandò il principe, smarrito.

“Merlin. Ora capisco tutto. Ecco perché era così preparato. Ecco perché sapeva fare tutte quelle cose senza aver mai avuto un insegnante. Ora… tutto quadra.”

“Eh, tutto quadra? Io non ci sto capendo nulla!” strepitò Arthur, lanciando occhiate di sbieco a Merlin e al gufo, che si erano allontanati per chiacchierare.

“Si, invece! Ora vi spiego, Sire.” Disse Gaius, assumendo il tono da mentore. “Ciò c’entra anche con il motivo per cui Merlin è ridotto così.”

“Cosa? Spiega, allora!” ordinò Arthur.

“Merlin ha usato la magia, quella notte, quando tutto è successo, non è vero?” chiese Gaius.

Arthur chiuse gli occhi e tentò di ricordare.

Gli occhi neri dello stregone lo fissarono maligni, prima di diventare dorati e provocare un’esplosione.

“Arthur!”  sentì chiamare da lontano. Merlin.

Merlin lo stava chiamando, stava andando in suo soccorso.

Urlando qualcosa che il Principe non capì, Merlin si parò davanti al suo padrone, un istante prima che l’incantesimo lo investisse in pieno.

“Credo di si.” Confermò “Quando lo stregone mi ha lanciato contro l’incantesimo, Merlin mi si è parato davanti. Ha urlato cose incomprendibili, ma al momento non me se sono reso conto.”

“Ecco. L’incantesimo di Merlin ha cozzato contro quello del mago oscuro. Ciò ha creato uno spazio temporale e i due sono entrati all’interno di esso. Lo stregone è rimasto intrappolato nel futuro. Probabilmente in quel futuro egli non sarebbe più dovuto esistere, per questo è morto. Merlin, invece, è tornato indietro.  Il Merlin adulto è intrappolato nel limbo dei suoi sei anni, mentre quello di adesso è stato scaraventato in questi anni.”

“Aspetta, aspetta.” Lo interruppe Arthur “Quindi mi stai dicendo che ora esistono due Merlin? Questo e quello adulto?”

“Ognuno di noi esiste nel tempo, sire. E ogni persona ha tantissime se stesse, fino alla morte, per ogni giorno che passa. Il tempo parallelo è un argomento complicato e ancora oscuro. Però ciò mette a posto molti pezzi. Quando Merlin è venuto da me, conosceva già tantissimi incantesimi anche se, teoricamente, essi si apprendono con lo studio e la perseveranza.”

“Quindi Merlin ha appreso gli incantesimi in passato? E da chi?”

“Da Anacleto, naturalmente!”

“Da… un gufo…?” domandò Arthur, sconcertato “Ma per favore…”

“Sire, dovreste esservi accorto che quello non è un gufo qualsiasi! È una sorta di guida, mandata da uno stregone morto secoli fa!”

“Morto secoli fa… non ci capisco nulla.” Biascicò il principe, sconsolato.

“Spazio temporale.” Fu l’unica risposta di Gaius, e Arthur annuì.

“E, come faremo a farlo tornare normale?” chiese allora Arthur, guardando concitato il piccolo valletto che ancora conversava con il gufo.

Decisamente, quella era una giornata bizzarra.

“Bisogna fargli alzare il potenziale della magia. Non è una cosa che tutti posso fare. Ci vogliono impegno, dedizione e costanza.”

“E come facciamo a fare ciò? Merlin ha solo sei anni!”

“Anacleto.” gli ricordò il cerusico, e Arthur si sentì molto stupido.

“E poi? Dopo averlo fatto diventare più potente?” chiese, per nascondere il proprio imbarazzo.

“Si deve trovare un altro stregone potentissimo e fargli riaprire insieme lo spazio temporale. Poi toccherà a voi, o a qualcun altro, recuperare il vero Merlin.

“Fantastico.” Borbottò Arthur.

Decisamente, quella era una giornata davvero molto bizzarra.

 

 

 

 

Note Dell’Autrice.

-          Allora ragazzi, soddisfatti del capitolo? Credo che sia stato quello più arduo da scrivere, ma non volevo lasciarvi a bocca asciutta, siccome tra meno di un’ora partirò per la mia amata Sicilia e non farò ritorno prima di un mese! Spero di lasciarvi soddisfatti!

-          Spero tanto di non essere andata troppo OOC da parte di Arthur come reazione alla scoperta della magia. La mia è una storia fluff e non volevo mettere emozioni forti riguardo a un iniziale rifiuto di Arthur, anche perché ora sta interagendo con un bambino e deve controllarsi!

-          * “Ah. Ah, cala, cala, Merlino!” sinceramente, chi non l’ha letto con la voce di Anacleto? Ahahah, per questo ho lasciato MerlinO, così da non perdere l’intonazione del doppiatore!

-          ** Taliesin, in Merlin, è il mago che mostra la caverna di cristallo a Merlin nella puntata 3x05

-          Ps: Se fate un salto a Patti, Capo D’Orlando o Brolo (Me) fate un fischio! Io alloggerò da quelle parti! :D

 

 

 

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Capitolo 9
*** Nello Spazio Temporale ***


Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 116 persone che seguono questa storia, i 28 che la preferiscono e gli 8 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito.

 

 

 

 

 

Di giornate bizzarre, dopo quella, ce ne furono molte altre. Ventitré, per la precisione.

Iniziando dal fatto che Uther era caduto di nuovo in catalessi, dopo l’attacco della figlia e, sebbene Arthur ne fosse profondamente rammaricato, al momento era quasi sollevato dell’effetto che la battaglia aveva avuto sul genitore. E questo per tre ovvie ragioni: Merlin , Gaius e Anacleto.

Dopo la sconcertante scoperta che Merlin fosse uno stregone, ora ci si metteva anche il cerusico a scoprire innate doti magiche nascoste, mentre le insegnava al valletto e il gufo era semplicemente… sconcertante. Era un maestro ancora più abile di Gaius, anche se un brontolone allucinante e insopportabile. Conosceva milioni di incantesimi e sortilegi.

Difatti, il piccolo doveva aumentare la propria potenza, sino a portarla al livello di se stesso da adulto, per poter riaprire lo spazio temporale.

I primi giorni, Arthur non aveva potuto assistere alle sessioni d’allenamento o, più sinceramente, non ci era riuscito.

Incantesimi potentissimi, studi accurati e ore e ore di prove. Merlin non si lamentava mai, ma si vedeva che era stanco e Arthur non riusciva proprio a vedere in quel visino così innocente tutta quella fatica, ma non poteva fare nulla per alleviargliela.

Ogni sera, però, dopo che, esausto, Merlin si addormentava a metà cena, Arthur lo prendeva tra le braccia, ancora mezzo sveglio, e cercava di cullarlo nel tentativo di conciliare il sonno.

Ogni sera, Merlin si addormentava tra le braccia del suo principe e poi veniva adagiato nel sontuoso letto a baldacchino rosso, confortato dalla solida presenza di Arthur che gli assicurava un lungo e pacifico sonno, mentre lui si avvinghiava al suo braccio e al suo petto.

Ogni giorno, però, si affaticava ore e ore con l’anziano mentore –che aveva anch’egli una notevole resistenza fisica, nonostante l’età!- tanto che, alcune sere, a volte bruciava per la febbre e Arthur passava la notte in bianco per vegliarlo e inumidirgli una pezzuola sulla fronte.

Nonostante ciò, ogni mattina era sveglio e pimpante, pronto per un’altra piena giornata.

I frutti si fecero vedere presto, decretò Arthur. Meno di un mese e Merlin era pronto. Meglio così. Nonostante adorasse quella piccola peste, al principe mancava il suo servitore. E poi, erano cinque settimane che era senza valletto, sebbene Gwen era sempre disposta ad aiutare.

Oh, si. Merlin l’avrebbe pagata, per quello scherzo.

“Sire, ho fatto tutto ciò che potevo. Ogni mia conoscenza delle arti magiche, sebbene limitata, ora è in possesso di Merlin. È pronto.” Gli annunciò Gaius, una sera, con Arthur che ancora aveva tra le braccia il bambino addormentato. “Domani è il gran giorno, è inutile attendere oltre.”

“E cosa dovremo fare?” domandò Arthur, in un sussurro.

“Beh, sire, vi ricordate la Valle Dei Re Caduti?” gli chiese Gaius.

Certo che Arthur la ricordava. L’anno prima ci aveva quasi lasciato le penne, in quel posto, trafitto alla schiena da una freccia.

“Non dirmi che dovremo andare lì, Gaius, spero!” disse Arthur, leggermente allarmato. Quello era l’ultimo posto, assieme all’Isola dei Beati, che volveva visitare.

“E invece si, Sire, dovremo recarci proprio li.” Affermò Gaius in tono grave, alzando un sopracciglio “Perché, c’è  qualche problema?”

“No no, figurati.” Si affrettò a dire Arthur, con tono noncurante “Ma perché dobbiamo andare proprio lì?”

“Sire, vi ricordate quando vi ho detto che per riaprire lo spazio temporale serve un potentissimo stregone? È lo stesso che ha mandato Anacleto a vegliare su Merlin.”

“Ah, si, mi ricordo. Taliesin, giusto?” chiese Arthur, ricordando la conversazione avvenuta proprio in quella stanza il mese prima.

“Esatto, Sire.” Confermò Gaius “È l’unico abbastanza potente da poter riaprire lo spazio temporale e non rimanerne coinvolto.”

“E poi io cos dovrò fare?” domandò il principe “Una vota che lo spazio temporale verrà riaperto.”

“Dovrete essere vicino a Merlin. Lui verrà sbalzato, come è già successo, nella linea temporale. Voi dovrete seguirlo. Se nel limbo è presente una persona che non ha contribuito ad aprirlo, esso non si chiuderà. Voi avrete il tempo per cercare Merlin e riportarlo al presente. Entro un’ora, però. Il libro non può restare aperto per sempre e si chiuderà comunque, intrappolandovi dentro.”

“Oh, beh, questo è molto rassicurante.” Borbottò Arthur, e Gaius sorrise.

“Suvvia, Sire. Dubito che vogliate continuare a fare da baby sitter a questo marmocchietto, sebbene vedo che ormai ci state prendendo gusto.” Disse, stuzzicandolo.

“Io, cosa? No, no, ti sbagli!” disse Arthur, arrossendo. “Domani andremo da questo Taliesin e finalmente riavremo il vero Merlin… ha un bel po’ di lavoro in arretrato!”

Il principe continuò a borbottare insensatezze anche mentre lasciava le stanze di Gaius per tornare nelle proprie e mettere il bambino a letto. Gaius, osservandogli le spalle, fece un sorrisetto furbo e il suo sopracciglio si elevò tanto da toccare quasi la radice dei capelli.

Vivere quasi cento anni dona saggezza e, soprattutto, rende abili nel riconoscere le sottigliezze.

**

“Allora? Dov’è il mago?” chiese Merlin con voce squillante, una volta che furono arrivati davanti a una caverna piena di cristalli.

“È qui, anche se non lo vedi.” Rispose Gaius, e Merlin lo fissò con aria smarrita.

“Prova a chiamarlo.” Gli suggerì il cerusico, indicando l’entrata della grotta.

“Emh… Mago Talisin…” sussurrò il piccolo.

“…Taliesin!” lo corresse Gaius a mezza voce.

“Si, Taliesin. Ecco… ho bisogno di te per tornare grande, puoi venire qui, per favore?”

“Un ‘Per Favore’ apre mille porte.” Disse una voce nel nulla, poi dalla grotta uscì un uomo anziano, coi i corti capelli e la barba bianchi, gli occhi verdi e una tunica marrone.

Merlin pesò che lui era il tipo di persona che incuteva rispetto, ma calma, allo stesso tempo. Gli ispirava fiducia, così usci da dietro le gambe di Arthur dove si era rintanato e gli fece un gran sorriso.

“Ciao, Emrys.” Disse Taliesin, arruffandogli i capelli.

“Emrys? No, io sono Merlin!” lo corresse il piccolo, un po’ imbronciato.

“Sono molti i nomi con cui sei conosciuto ma credo che, per il momento, Merlin andrà bene.” Replicò lo stregone. “Allora, qual buon vento ti porta qui?”

“Mi serve il tuo aiuto per tornare grande.” Spiegò Merlin “se mi fai l’incantesimo e Arthur mi va a prendere nel temporale.”

“Nello Spazio Temporale!” lo corresse nuovamente Gaius, sorridendo.

“Si, li. Per favore, mi aiuti Talisin?”

“Oh Merlin, sei senza speranza.” Disse Gaius bonariamente, ma Taliesin non se l’era presa, e sorrideva anche lui.

“Essia, ti aiuterò.” Concesse, arruffando di nuovo i mori capelli di Merlin.

“Oh, grazie!” gridò Merlin, entusiasta. “Cosa devo fare?”

“Scegli un incantesimo. Uno qualunque, che ti piace di più. Però devi impegnarti e farlo potentissimo. Io lo respingerò, così si aprirà lo spazio temporale. Il resto lo farà il Principe Arthur. Sei pronto?”

“Emh…” tentennò Merlin, e Arthur vide i suoi occhi riempirti di lacrime.

“Ehi, Merlin, che ti prende?” gli chiese, accucciandosi per essere alla sua altezza. Merlin gli gettò le braccia al collo. “Non voglio lasciarti!” pianse, mentre stringeva Arthur.

Il principe avvertì, con un certo fastidio, che anche i suoi occhi pizzicavano, così strinse Merlin e si costrinse a usare la voce ferma.

“Merlin, ma noi non ci lasciamo. Ci rincontreremo, solo che tu sarai più grande. Ma sarai sempre tu, capisci?”

“Si, ma-”

“Niente ma!” lo rimproverò Arthur, staccandosi da  Merlin. “Sapevi che questo giorno sarebbe arrivato, hai lavorato duramente per essere pronto. Ora è giunto il momento. Vai e sii forte!”

“Ma…”

“Merlin! Forza!” Arthur odiava essere così duro, ma rivoleva il vero Merlin, subito.

“Dai, Merlin, sii ragionevole. Il tuo tempo non è in quest’epoca. Devi tornare a casa. Tua madre sarà preoccupata.” Disse Taliesin.

“Mia mamma?”

“Si, sei sparito da tempo, ormai. La tua mamma del passato sarà preoccupata. Non vuoi riabbracciarla?”

“Si…” sussurrò il piccolo, mentre le lacrime iniziavano a rigargli il visino.

“E allora forza, pochi minuti e vi riabbraccerete. Scegli un incantesimo.”

Merlin annuì e chiuse gli occhi, concentrandosi.

Sussurrò una parola che Arthur non udì, sebbene fosse accanto a lui, poi Merlin aprì gli occhi e Arthur li vide dorati.

Taliesin restò in silenzio, ma anche le sue iridi cambiarono colore.

Arthur si aggrappò al piccolo quando vide gli incantesimi cozzare, poi fu sbalzato via, come risucchiato. Chiuse gli occhi a causa della troppa luce.

Quando li riaprì, vide che si trovava in un corridoio spoglio e scuro. Ai due lati, c’erano varie porte, tutte in fila e tutte contrassegnate con un numero.

Alla sua destra, c’era il numero zero , alla sinistra l’uno. Di nuovo alla destra, di fianco allo zero, c’era il due. Sulla sinistra il tre e così via.

Dubbioso, Arthur aprì una porta a caso, quella col numero sei.

Si trovava a Eldor. Un grappolo di gente si era appena riunita e festeggiava. Si avvicinò di più e vide il bambino che aveva appena lasciato tra le braccia di una donna piangente, la madre, mentre tutti gli altri festeggiavano.

Uscì.

Provo con quella dal numero nove e si ritrovò nei campi, mentre Merlin, William e altri uomini zappavano sotto il sole cocente, madidi di sudore. Arthur provò una sensazione di disagio nel vedere un ragazzino di soli nove anni con in mano una zappa più grande di lui. Era così gracile…

Non sopportando oltre la vista, uscì ed entrò al numero undici.

Faceva freddo e la capanna di Merlin era piena di spifferi. Il ragazzino era a letto, con un panno sulla fronte sudata e col respiro irregolare.

Stava male, e aveva solo un lenzuolo a coprirlo.

“Tesoro, ecco, bevi il brodo.” Unith si avvicinava al figlio, con in mano una tazza fumante. Merlin si mise faticosamente a sedere e si portò la scodella alle labbra.

“Ma è brodo di carne!” esclamò, incredulo e debole “Mamma, cosa hai fatto per averlo?”

“Amore, non ti preoccupare. Bevilo e rimettiti in forze, non ce la faccio a fare tutti i lavori da sola. Su…”

“Mamma!”

“Ho… ho venduto una delle galline. Sai, quello è manzo, per cui il frumento non era sufficiente a pagarlo”

“Mamma, non dovevi, le galline ci servono!” protestò Merlin, col respiro affannoso.

Unith gli accarezzò i capelli. “Sssh… zitto. Bevi e dormi. Tu sei più importante di tutto.”

Arthur dovette uscire, perché il magone minacciava di uscire. Ripensò alla conversazione che aveva avuto con Merlin, quando si erano ammalati dopo l’avventura sul ghiaccio.

Un delicato bussare, però, interruppe troppo presto il loro contatto.

“Mio Signore, la colazione” disse Gwen, entrando nella stanza con un enorme vassoio. Lo posò sulle ginocchia di Arthur che, però, guardò schifato il contenuto delle due ciotole.

“…Brodo?!” esclamò, incredulo “Che razza di colazione è?!”

“Prescrizione di Gaius” si giustificò la serva “per i prossimi giorni sia Voi che Merlin dovrete assumere liquidi.”

“Perché ti lamenti? È buono il brodo!” cinguettò, invece, Merlin, afferrando una delle due tazze e iniziando a bere avidamente. “Mmm! È di carne! Solo ai giorni di festa posso bere il brodo di carne!”

“E a te pare lussuoso questo nutrimento?! Che razza di cibarie avete al villaggio?”

“L’avena e il riso! E a volte il brodo di verdura e il latte della mucca” rispose il valletto, rabbuiandosi un po’.

“Solo questo?!” domandò il Real Babbeo e Gwen lo incenerì con lo sguardo, allorché Arthur ricordò il suo soggiorno a Eldor, ormai quattro anni or sono, e dei loro magri pasti.

Col cuore in mano, volle provare un’ultima porta, la quindici.

Ebbe fortuna. Era primavera e le primule erano in boccio. Un Merlin e un William adolescenti -e piuttosto brufolosi- stavano raccogliendo la legna. Ridevano.

“Dai Merlin, sono stanco. Richiama a te i rami con un incantesimo, così potremo riposarci.”

“Non posso, Will, lo sai. L’ultima volta che l’ho fatto mi hai scoperto. Tu sai mantenere un segreto, ma gli altri…”

“Si lo so, gli altri ti metterebbero alla forca. Come non detto. Però il carico più pesante dovresti portarlo tu, così ti fai i muscoli.”

“Sta zitto, Will. Non mi servono i muscoli.”

“Giusto, a che servono i muscoli quando si è uno stregone?”

“Will…”

“Dimmi.”

“Sta zitto.”

“Okok… allora, con Jessie come va, eh?”

Merlin arrossì.

“Beh… ecco… va. Ieri l’ho portata al campo di fiori. Ha detto che si è divertita, dice che sono gentile.”

“Merlin, il gentiluomo… si suona bene.”

I due ragazzi ridevano e Arthur sarebbe rimasto li per sempre. Ma aveva solo un’ora, lo sapeva.

A malincuore uscì, e varcò la porta ventiquattro. L’ultima.

Il paesaggio era… scuro. Non c’era paesaggio. Era tutto vuoto.

“Arthur!” stava chiamando una voce. “Arthur!”

“Merlin, dove sei?!” gridò il principe, cercando di orientarsi.

“Arthur. Sono bloccato qui! Aiutami!”

“Qui dove? Non ti vedo!”

“Davanti a voi!”

Eccolo! Arthur finalmente lo vedeva. Ma perché stava li fermo? Perché non veniva verso di lui?

“Merlin, non fare l’idiota. Vieni subito qui!” sbottò, impaziente, mentre si muoveva verso di lui.

“Non posso!”

“Cosa significa che non p- ahi!” Arthur andò a sbattere contro… contro che cosa? Non c’era nulla tra lui e Merlin, eppure lui aveva appena cozzato contro una superficie liscia e fredda.

“Sono bloccato!” gridò Merlin, tirando pugni al nulla. Qualcosa, però li fermava.

Poi Arthur capì.

Un’invisibile barriera si ergeva tra di loro, impendendo loro di toccarsi.

 

 

 

Note Dell’Autrice:

-          Sia “La valle dei re caduti” che il Mago Taliesin vengono citati nella puntata 3x05: La caverna di cristallo

-          Ragazzi, non mi dilungo troppo, perché devo finire i bagagli! Si, perché domani mattina sarò su un aereo diretto in Inghilterra! Il 15 Settembre, inoltre, visiterò Winchester e andò a vedere la Tavola Rotonda! Che emozione! *-* Ci tenevo ad aggiornare prima della partenza, anche perché il prossimo sarà l’ultimo capitolo! Aggiornamento l’11 Ottobre, non mancate perché mi offendo ahaah Vi penserò durante il mio viaggio! Ciao, bella gente!

 

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Farai felici un mucchio di scrittori!!

 

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Capitolo 10
*** Ritorno al passato ***


Salve popolo di EFP!

Oggi, per onorare il 30° compleanno di Bradley James, ecco postato l’ultimo capitolo della mia fanfiction, che oggi compie 1 anno!

Spero tanto di essere riuscita a intrattenervi piacevolmente durante questi 365 giorni, ora siamo all’epilogo!!

Buona Lettura.

 

“Cos’è questa roba? Come faccio a oltrepassarla?” gridò Arthur, mentre tempestava di pugni l’invisibile barriera.

“È la barriera del tempo. Sono bloccato qui da un mese ormai!” rispose Merlin, con i palmi premuti sulla liscia superficie, in corrispondenza delle mani serrate di Arthur.

“La barriera del tempo? È che cos’è?” chiese lui, smettendo di picchiare e facendo combaciare i loro palmi, scoraggiato. Lo aveva finalmente trovato, era così vicino, eppure così lontano…

“Arthur, il tempo è una cosa complicata. Essendo tornato bambino, io non esistevo più nel tuo presente, così come non potevo esistere nel futuro. Non ci possono essere due forme temporali contemporaneamente. Per questo sono bloccato qui. Vi potevo vedere, sapete? Urlavo e vi chiamavo, ma nulla ha funzionato…”

“Ma ora la tua forma piccola è tornata nella sua epoca! Perché non puoi uscire di qui?”

“Te l’ho detto, io non esisto nel tuo presente. Si è creato come un vuoto temporale. Non posso tornare nel presente dopo un mese, ormai non esisto più…”

“Merlin, smettila di dire sciocchezze! Certo che esisti! Sei qui davanti a me, ti sto parlando. E ora forza, dimmi come fare per fari uscire.”

“Non lo so, Arthur. Ho provato e riprovato. Non c’è modo…”

“Come non c’è modo? Merlin non scherzare…”

“A dire la verità, un modo ci sarebbe.” Disse una voce alle spalle di Arthur, che si girò di scatto.

Era Taliesin.

“Davvero? E come?” chiese Arthur, bramoso di saperne di più.

“Purtroppo, costerà molto.” Aggiunse lo stregone, guardando Arthur in modo grave. “Dovrai rinunciare a tutti i tuoi ricordi dell’ultimo mese.”

“Cosa!? E perché?” gridò Arthur, atterrito alla sola idea. Non voleva dimenticare. Non ora che aveva scoperto il vero Merlin, quella sua parte più genuina e gaia, quella che gli aveva insegnato a non essere superficiale, a non fare per scontato tutto ciò che aveva… Quella che gli aveva aperto gli occhi sulla magia, che non era tutta malvagia come sosteneva suo padre…

Quella piccola parte di Merlin che era riuscita ad accendere l’assopito sentimento che sostava quiescente nel cuore di Arthur.

“Perché l’unica è ritornare indietro nel tempo. Dovrai tornare al mese scorso e impedire che si verifichi l’incantesimo. Solo evitando l’apertura dello spazio temporale Merlin potrà continuare a esistere. Purtroppo, ciò comporterà il non verificarsi del futuro che avete vissuto e i vostri ricordi verranno rimossi per sempre.”

“No! Ci deve essere un altro modo!” urlò Arthur, rifiutandosi di accettare la cosa. Non avrebbe perso tutti quei ricordi così preziosi.

“Arthur Pendragon, mi dispiace dirti che questo è l’unico modo, se vuoi riavere Merlin nel tuo presente. Cerca di essere ragionevole.”

Merlin, dall’altra parte della barriera, osservava la scena.

Anche lui aveva dei ricordi ai quali non voleva rinunciare. Da li aveva visto tutto. aveva notato il cambiamento di sguardi e di emozioni che il se stesso da piccolo e Arthur si scambiavano.

Prima timoroso uno e diffidente l’altro.

Poi gioioso uno e scocciato l’altro.

Poi amore uno –l’amore inteso dai bambini, si intende- e… amore anche l’altro. L’amore che un padre riesce a dare ai suoi figli, o quello di un fratello maggiore… ma a volte c’era di più. C’erano state volte in cui Arthur si metteva a fissare il vuoto e pronunciava il suo nome…

No, Merlin non voleva rinunciare a quei ricordi,  a quei progressi. Ma lui capiva che non c’era altro modo.

“Arthur, ascoltatemi…” iniziò a dire, sperando di convincerlo. Di solito Arthur, pur essendo molto capriccioso e capoccione, lo ascoltava sempre, alla fine.

“No, Merlin, non ti ascolterò, è inutile tentare. Non rinuncerò ai miei ricordi.”

“Arthur, ma è l’unico modo!”

“No. Se ci riflettiamo, sono sicuro che troveremo un altro modo.”

“Arthur, ascoltate. Se Taliesin dice che quello è l’unico modo, significa che non ce ne sono altri. E questo voi lo sapete.”

“Si ma non capisci!” Esplose Arthur, dando un pugno alla barriera. “ È dura. Ci ho messo tutto me stesso, ho scoperto le cose come stanno davvero, ora vedo tutto con occhi diversi, non puoi chiedermi di dimenticare tutto.”

“Arthur, anche a me fa male. Anche io vorrei conservare quei ricordi per sempre. Ma sarebbe ancora peggio se dovessi rimanere intrappolato qui, no? Avremmo i vecchi ricordi, ma non potremmo mai costruirne di nuovi. Ve lo chiedo per favore, non siate testardo.”

“Ma…”

“Ragazzi, il tempo a vostra disposizione è quasi scaduto. Avete solo cinque minuti prima che l’ora scada. Decidetevi.” Li interruppe Taliesin, e Arthur sentì un groppo alla gola.

Rivoleva Merlin con se. Ma, per riaverlo, avrebbe dovuto rinunciare ai suoi ricordi. Non lo avrebbe più guardato con quella consapevolezza. Aveva cinque minuti di tempo prima che tutto venisse dimenticato.

“Arthur, vi prego. Anche se quelle cose verranno dimenticate, ne avremo tante altre da vivere e da costruire. Ora però dovete decidervi.”

Arthur non era pronto, ma non aveva più tempo.

“Va bene. Facciamolo.” Disse, con le lacrime agli occhi. Taliesin fece un cenno di approvazione e giunse le mani.

Arthur si sentì improvvisamente catapultato in una dimensione che sentiva non gli appartenesse, poi si sentì sbattere duramente contro un freddo pavimento, e cadde a terra.

Si trovava in una rovina. Tutto era distrutto e solo due figure si muovevano.

Da quella posizione, vide gli occhi neri dello stregone che lo fissavano maligni, prima di diventare dorati e provocare un’esplosione.

Ora ricordava. Doveva impedire a Merlin di pronunciare l’incantesimo che avrebbe aperto lo spazio temporale.

“Arthur!”  sentì chiamare da lontano. Merlin.

Merlin lo stava chiamando, stava andando in suo soccorso.

“Merlin! Vattene!” gridò invece Arthur, alzandosi di scatto e correndo a sua volta verso il suo servitore.

Gli si buttò addosso, per proteggerlo dall’esplosione provocata dal Mago Oscuro.

Ora o mai più, pensava.

Prima che fosse troppo tardi, posò le sue labbra su quelle di Merlin, mentre entrami rovinavano a terra.

Fecero in tempo a darsi più di un semplice bacio a fior di labbra. Riuscirono ad approfondirlo e a darselo con voglia e passione, ma poi dovettero separarsi, quando sentirono un grido.

Entrambi si voltarono e videro delle macerie, provocate dalla sua stessa esplosione, cadere sullo stregone. Quella era la sua fine.

Arthur e Merlin incrociarono i loro occhi per un attimo, prima di perdere conoscenza entrambi ed essere soccorsi, diverse ore dopo, dai cavalieri che tornavano a cercarli e che li trovarono abbracciati sul pavimento.

**

3 anni dopo…

Merlin correva per il giardino della piazza, urtando almeno una mezza dozzina di cavalieri di passaggio, e si diresse alle cucine per prendere la camicia di Arthur.

“Che cosa ci fai nella mia cucina?” gli chiese, minacciosa, la grassa cuoca, brandendogli contro un mestolo.

“La camicia del re dov’è?” domandò invece Merlin, scansandosi dalla donna, alla ricerca dell’indumento. “… Tieni le tue mani lontane dal cibo, hai capito?” gli strillò dietro la donna, tornando alle sue faccende.

Ah ecco la camicia, appena accanto a delle cosce di pollo che un gancio dal nulla scendeva ad arraffare.

Merlin guardò su e vide, divertito, Gwaine e Parsifal dietro alla grata.

Ridendo, attaccò il gancio al pollo e schizzò via, temendo l’ira della donna, che se ne era già accorta.

Correva troppo veloce, però, e andrò a sbattere contro a un altro servo, che portava del vino, che macchiò la candida real camicia.

Mentre si disperava nel disastro, un voce dietro di lui lo distrasse.

“Si smacchia con il sale.” Era Lancelot.

“Arthur mi ucciderà!” esclamò scocciato.

“Vediamo.” Replicò Lancelot, fingendo di scrutare accigliato la macchia rossa. “Hai affrontato cose peggiori, Merlin.” Concluse, dandogli una pacca sulla spalla. “Se avessi il tuo talento, sistemerei tutto.”

Oh, già, molto furbo Lancelot.

Merlin si guardò attentamente attorno. “Furtuin Wham” sussurrò, e la macchia scomparve.

Lanciando uno sguardo complice all’amico, riprese la sua strada verso le stanze di Arthur.

Arthur era dentro. Vestito.

Merlin se ne stava ancora meravigliando, quando vide che la maglietta era alzata sulla schiena.

Ridacchiò, e si avvicinò al suo principe per poterlo sistemare.

“Sire, avete la maglietta alzata.” Lo canzonò, prima di mettergliela a posto.

“Merlin, non ci sono molti servitori che hanno l’onore di vestire re, sarebbe troppo aspettarsi un grazie?” lo prese in giro Arthur, cingendo le spalle del valletto.

“Grazie, Arthur.” Disse Merlin, con profonda serietà. “Grazie per essere qui, con me. Grazie… di tutto.” poi lo baciò, come soleva fare tutte le mattine da un anno a quella parte.

E, come tutte le mattine da un anno a quella parte, Arthur lo stringeva forte a se, facendolo sentire più amato che mai.

 

The End.

 

 

Note del Capitolo:

-          Scusate se vi ho fatto attendere tanto, ma ci tenevo ad aggiornare oggi, in onore del compleanno di Bradley e primo anniversario di questa storia.

-          La parte finale è uno spezzone dei primi minuti della prima puntata della quarta stagione. Ah, e a questo proposito mi sono sempre chiesta… perché Merlin va a prendere la camicia del principe in cucina? Bah..

 

Note dell’Autrice:

Beh… sinceramente, arrivati qui… non so che dire. È passato esattamente un anno dalla nascita di questa fanfiction, e non avrei mai creduto di arrivare fino a qui.
Questa è stata la mia prima storia su Merlin, ero nuova nel fandom, e mi aspettavo di ricevere al massimo un paio di recensioni a capitolo e una ventina di seguiti.
E invece no.
Mi avete accolta benissimo in tantissimi, mi avete lasciato tante bellissime recensioni, che stanno tutte nel mio cuore, così come state voi.
Si, voi, che in un solo anno mi avete lasciato ben 104 recensioni, voi che mi seguite in ben 120, che mi preferite in 30 e mi ricordate in 9… in totale siete 159.
Troppi per me, sono davvero commossa.
Spero davvero che questo capitolo finale vi sia piaciuto e che sia stato all’altezza, e spero di rivedervi presto in qualche mia futura Fic.

Vi voglio bene, siete nel mio cuore.

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