In principio era Nessuno…

di Ale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto primo ***
Capitolo 2: *** Atto secondo ***
Capitolo 3: *** Atto terzo ***



Capitolo 1
*** Atto primo ***


Salve a tutti

Salve a tutti! ^___^

Ho aspettato molto a pubblicare questa storia, perché non ero molto sicura del risultato, nonostante l’avessi presentata al concorso dell’anno scorso. Ora mi sono decisa e spero che vi piaccia.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Atto primo

- Il mio nome è Nessuno -

 

 

 

 

6.35 a.m.

Sospiro pesantemente. Da quando sono andato a letto non sono ancora riuscito a prendere sonno. Se ripenso al mio esame di Astronomia, mi sento male. Non solo perché sicuramente sarà andato da schifo, visto che sono una frana nel riconoscere le stelle…

Che vigliacca quella Umbridge. Attaccare così nel cuore della notte. Solo perché il professor Hagrid era un semiumano. La McGranitt ha affrontato da sola cinque maghi. Ed è stata Schiantata… chissà se ce la farà? Ha pur sempre i suoi begli annetti

Se mi avesse sentito, mi avrebbe tolto cento punti. Sicuramente.

Un grugnito soffocato si disperde nel silenzio della stanza. Apro un occhio. Dormono tutti. Apro anche l’altro. Beati loro che riescono a dormire.

Si sente un lamento e un rigirarsi tra le lenzuola. È Harry.

Mi appoggio su un gomito per vederlo meglio. Si agita nel letto disfatto. Forse è in ansia per l’esame di domani.

Anch’io sono in ansia. Non so niente di Storia della Magia. Niente di niente.

Troppe date da ricordare. Date importanti. Avvenimenti importanti. Maghi importanti. Come Harry. E non come me.

Lui grugnisce qualcosa e si gira pesantemente dall’altra parte, dandomi la schiena.

Cosa non darei per essere come lui… Insomma, lui è… Harry, che diamine! Il Bambino Sopravvissuto. L’Eroe che ha affrontato Voldemort più volte ed è sempre tornato indietro per raccontarlo. È Harry Potter, appunto.

Non è che io sia invidioso, per carità! Harry è un amico, però ci sono dei momenti in cui mi chiedo cosa vorrebbe dire essere al suo posto.

Sarei coraggioso come lui?

Sarei in gamba come lui?

Sarei sempre al centro dell’attenzione?

Sarei…? Sarei…?

Sono uno sciocco. Ecco cosa sono.

Sarei esattamente come sono ora. Uno stupido imbranato, con una faccia simile ad una luna piena, che non è in grado di camminare decentemente senza inciampare ad ogni passo e che riesce a raggiungere risultati decenti solo in Erbologia.

Lancio uno sguardo alla mia Mimbulus Mimbletonia, posata sul comodino accanto al letto. E un ricordo dal sapore amarognolo mi affiora alla mente.

La mia passione per Erbologia, l’unica cosa che so fare veramente, il mio unico vanto, mi ha portato a diventare complice del falso professor Moody. Io, stupido cieco che non sono altro, ho aiutato quel vile Mangiamorte a tessere la sua tela ai danni di Harry! Non mi ero accorto di nulla! Anzi, mi piaceva come professore. Perché mi… considerava.

Ecco, appunto. Avrei dovuto capirlo: perché avrebbe dovuto degnarmi della sua attenzione, quando nessuno lo fa?

Io, stupido pasticcione, non valgo nulla.

Ma possibile che i miei genitori non mi abbiano lasciato in eredità proprio niente?

La sveglia accanto al comodino di Dean si mette improvvisamente a trillare. Fuori il sole non è ancora sorto. Ieri l’ha puntata presto per ripassare.

Dean, spegni quel maledetto affare!” biascica Seamus, coprendosi la testa con il cuscino.

Dean apre un occhio, assonnato. Cerca di tirarsi su, ma non ce la fa proprio a tenere gli occhi aperti. Ricade all’indietro, affondando la testa nel cuscino morbido.

Non mi stupisce che sia stanco. Ieri abbiamo parlato fino a tardi degli ultimi avvenimenti.

Dean…” Anche Ron si è svegliato. “Spegni immediatamente quell’affare Babbano o dovrai raccattarlo pezzo per pezzo dopo che l’avrò buttato giù dalla finestra!”

Dean mugola qualcosa e si rigira.

La sveglia continua a suonare imperterrita.

“DEAN!” ruggisce Harry, mettendosi a sedere di scatto sul letto.

A giudicare dai suoi occhi, non è più il caso di scherzare. È infuriato. È meglio non tirare la corda quando si trova in quello stato. È terrificante.

Evidentemente Dean stamattina è sprezzante del pericolo: si è girato su un fianco e ha ripreso a russare.

Mi alzo dal letto. Se è possibile, preferisco evitare cataclismi.

Non sono ancora arrivato alla mia meta, che un cuscino tirato a tutta velocità si scontra con la mia faccia. Mi ha fatto male: la cucitura mi ha graffiato parte del viso.

“Oh, Neville, scusa! Ho sbagliato mira: volevo prendere quel deficiente di Dean!” Seamus si alza dal letto e mi viene incontro. “Tutto bene?”

Abbozzo un sorriso. “Sì.” Spengo la sveglia. Catastrofe evitata.

Però non va tutto bene. Affatto.

Anche gli altri si sono alzati. Ron sbuffa che è troppo presto. Seamus mugugna a denti stretti contro Dean, che si è alzato dal letto e fa orecchie da mercante.

Harry è l’unico silenzioso. Sembra perso in altri pensieri.

Li guardo. Non so perché, ma tutti sembrano emanare un’aria di sicurezza che so mancarmi.

Guardo me stesso allo specchio. Vedo solo un ragazzo grassoccio, con le spalle incurvate in avanti come se si volesse riparare da qualcosa.

Solo qualcuno che è Nessuno.

 

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Capitolo 2
*** Atto secondo ***


Atto secondo

Atto secondo

- La compagna di Nessuno -

 

 

 

 

1.45 p.m.

Il tempo è passato in un soffio. Non ho fatto a tempo neanche a ripassare la metà degli appunti. Ed eccomi qui, davanti al mio piatto di porridge.

Per un attimo vorrei annegarci dentro.

La nausea mi assale. Guardo gli altri: mangiano come se domani non dovesse arrivare. Io quasi non ho toccato cibo.

Il mio stomaco rifiuta il nutrimento come il mio cervello rifiuta le informazioni.

Sembra che il mio encefalo galleggi in una dimensione ovattata, totalmente scollegato. Assolutamente vuoto. Come se qualcuno vi avesse passato sopra una spugna.

Affondo svogliato il cucchiaio nel morbido intruglio, senza alcuna intenzione di assaggiarlo.

Vediamo… Cosa aveva fatto Julius Horn nel 1369? Strizzo gli occhi e corrugo la fronte, sforzandomi di ricordare. C’entrava qualcosa con i Draghi… o erano gli Avvincini? No, aspetta, era nel 1369 o nel 1693? Oh, porca miseriaccia…!

Non ricordo più niente!

Il respiro mi si fa più affrettato e i miei occhi cercano disperati un qualcosa che non trovano… Devo assolutamente tornare nella Sala Comune a ripassare!

Mi alzo, mezzo inciampando contro la panca, e mi dirigo verso la porta della Sala Grande con l’unico obiettivo di raggiungere la massa sparpagliata di appunti lasciati in camera e… sbam! sbatto contro qualcosa, finendo a gambe all’aria.

L’orecchio mi pulsa di un dolore sordo e faccio fatica a focalizzare cosa ha arrestato così bruscamente la mia corsa…

“Ehi, dì un po’, Paciock: volevi passare prima di me? Da quando in qua i Grifondoro pulciosi si arrogano il diritto di non lasciare il passo a dei Serpeverde Purosangue come me?” E poi ride, Malfoy, dopo aver sputato con soddisfazione il suo disprezzo per me. “Ottimo lavoro, Tiger. Bisogna ridimensionare questi stupidi Filobabbani!” Tiger e Goyle ridono, forse senza aver capito la metà delle parole usate dal loro “capo”, semplicemente per compiacerlo.

Abbasso gli occhi, tremante.

All’improvviso, piedi che inciampano sul mio corpo e mi rivoltano, faccia a terra. Il dolore acuto al naso mi fa venire le lacrime agli occhi. Rialzo la testa e vedo Lavanda che si sta mettendo di nuovo in piedi, mentre tutti attorno a noi ridono. Anche Calì ridacchia, nascondendosi dietro una mano.

“Io… ehm…” arrossisce, imbarazzata dalla brutta figura. “non ti avevo visto… ehm… Nigel…” balbetta impacciata.

“Neville!” la corregge Calì, sussurrando un po’ troppo forte per non essere sentita dall’intera Sala. Lavanda arrossisce ancora di più.

Malfoy sghignazza senza sosta. “Beh, Paciock, sembra che alla fine il tuo ego non necessiti di un ridimensionamento! Sei così insignificante che nemmeno i tuoi compagni di casata conoscono il tuo nome!” Le sue parole mi colpiscono dentro, mi scuotono, mi rivoltano, mi si riversano contro come onde gelide che prendono a schiaffi la scogliera…

Le risate aumentano di volume, echeggiando senza tregua nella mia testa. Attraverso il velo di lacrime, che non intendo far cadere, vedo masse sfocate di persone che ridono di me e del mio essere Nessuno.

Affranto, sconfitto dalla nuda verità mi rialzo a fatica e, senza alzare lo sguardo, esco dalla Sala Grande. Ma prima di varcare l’agognata soglia, uno sgambetto mi fa incespicare, regalando alla mia incerta camminata una variazione ridicolmente intonata all’intera melodia: l’uscita di scena di Nessuno.

E così mi allontano, seguito dall’affievolirsi dello scherno.

Incredibile come solo cinque minuti fa il mio unico pensiero fosse una data. Ora nella mia testa c’è veramente di tutto.

Mille sensazioni mi avviluppano nel loro soffocante abbraccio, ma la voglia di rompere tutto si erge sopra tutte le altre. Così entro in una classe vuota.

Rimango immobile, stupendomi di quella rabbia estranea, che monta così ferocemente dentro al mio petto. Poi esplodo, prendendomela con tutto quello che mi capita a tiro.

Ormai non c’è più posto per date o maghi importanti. C’è posto solo per me e il mio dolore.

Rovescio banchi, lancio sedie, frantumo oggetti desiderando con tutto me stesso che siano le facce di coloro che mi deridono. Cosa ne sanno loro?

Sto per lanciare un ultimo oggetto al suolo e, invece, mi accascio a terra, improvvisamente sfinito. Il braccio si abbassa privo di energia e mi scivola dalle dita il calamaio che avevo afferrato.

A cosa è servito tutto ciò? Mi sento solo svuotato…

Qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni mi dà fastidio: il galeone finto che mi aveva dato Hermione per le riunioni dell’ES.

Me lo rigiro tra le mani. E pensare che per qualche tempo avevo pensato di poter valere qualcosa. Finalmente riuscivo a fare qualche incantesimo decente e pensavo, soprattutto, di aver trovato degli amici.

Invece, no. Tutto è rimasto come prima.

Stringo tra le mani il galeone, capro espiatorio di tutta quella rabbia che non riesco a gestire. Con un moto di stizza, lo lancio con forza e seguo il suo percorso fatto di rimbalzi tra pareti, banchi e pavimento, finché non scompare dalla mia vista, fuori dalla porta lasciata aperta.

Guardo le mie mani ed è come se non fossero più le mie. Raccolgo le ginocchia al petto e piego la testa, senza sapere cosa fare, senza pensare più a niente, seguendo quasi con sadica soddisfazione i movimenti di quegli ultimi stralci di rabbia che ancora mi vorticano in corpo.

Ma questa parvenza di pace è destinata a durare poco.

“Neville?”

Alzo lo sguardo e la vedo sulla soglia. Luna Lovegood. Lunatica Lovegood. L’unica che sarebbe potuta essere lì. L’unica che mi sarebbe venuta a cercare. I suoi occhi grandi mi guardano con quella solita svagatezza che la contraddistingue. Un moto di rabbia mi scuote, come se qualcuno avesse soffiato su braci quasi spente per riattizzare il fuoco. “Cosa vuoi?” esplodo, con una voce ringhiosa che quasi non riconosco.

Lei, Lunatica Lovegood, sobbalza. Per una volta sembra che qualcosa l’abbia scossa. E io mi sento ferocemente soddisfatto di essere stato io a cancellare quell’aria di imperturbabilità dal suo volto. Il suo sguardo vaga confuso nel caos dell’aula e poi si arresta su di me. Preoccupato. “Ti senti bene?” mi chiede. “Ho trovato il tuo galeone qui fuori… Dovresti averne più cura, se Hermione Granger dovesse chiamarci…” comincia, ma la mia risata amara la interrompe.

“E tu credi veramente che Hermione chiamerebbe noi, Luna? Anzi, Lunatica? Pensi veramente che chiamerebbe due che non valgono niente come me e te? Dimmelo, un po’ tu, Lunatica! Io sono niente! Mi passano accanto senza nemmeno accorgersi che ci sono, neanche fossi trasparente! Non si ricordano il mio nome, se non per prendermi in giro!” le grido addosso, riversandole contro tutta la mia disperazione. “E tu? Chi credi di essere tu? Sei solo una ragazza stramba che se ne va in giro facendo cose strane! Credi che rubare le tue cose sia un segno d’affetto? Beh, svegliati: loro ti stanno prendendo per i fondelli! E lo sai perché? Perché non vali niente!” Mi fermo un secondo per ridere sarcasticamente. “Ma guardaci! Guarda che bella coppia: Nessuno e la sua compagna! Proprio i due che tutti chiamerebbero per combat…!” mi interrompo e la guardo stupito. La guancia arde dello schiaffo che mi ha appena dato. Ma quello che più mi colpisce è lei. E i suoi occhi rabbiosi e umidi.

“È questo che credi?” stavolta è lei ad aggredirmi, sovrastandomi. Quasi non la riconosco. Guardandola da questa prospettiva mi sembra Tutto, più che Nessuno. “E allora sei tu che ti devi svegliare: essere Qualcuno non significa essere popolari. Significa avere il coraggio di essere se stessi.” Il suo sguardo si ingentilisce, mentre si china verso di me, ancora ancorato a terra. “Non possiamo essere tutti come Harry.” La fisso sconvolto: come ha fatto a…? “Però ognuno può dare una mano. Indipendentemente dal fatto che sia considerato Qualcuno o Nessuno. Perché nel momento in cui sceglie di percorrere la strada che il suo cuore gli indica, allora e solo allora diventa Qualcuno.” Mi tende il galeone. “Io sono Qualcuno. Tu chi scegli di essere?”

Ma non aspetta la mia risposta. Con tutta la dignità di questo mondo si rialza e se ne va, lasciandomi solo con il mio finto galeone e il senso di colpa che mi sta mangiando vivo.

 

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Capitolo 3
*** Atto terzo ***


Atto secondo

Atto terzo

- La sola via da seguire -

 

 

 

 

5.30 p.m.

“Il tempo è scaduto, ragazzi. Appoggiate le piume sul banco – ehi, basta scrivere: ormai quello che è fatto è fatto! – A posto? Molto bene. Accio esame G.U.F.O.!

Il foglio si sfila gentilmente dalla presa molle delle mie mani e svolazza via assieme a quelli degli altri. Solo quello di Harry è già nelle mani degli esaminatori.

Chissà che gli è successo? È caduto a terra all’improvviso, tenendosi la testa e gridando… Credo che gli facesse male la cicatrice. Ogni tanto ho sentito che ne parlava con Ron: sembra che non sia un buon segno… Oh, a proposito, ecco Ron. Posso chiederglielo.

“Senti Ron…”

Mi supera senza neanche aver dato segno di avermi sentito. Ignorato, come al solito. Hermione gli corre dietro. “Hermione…?”

“Scusami, Neville: devo proprio scappare!” mi dice, voltandosi appena per guardarmi. Sembra agitata. Sicuramente per Harry. Fugge via veloce.

“Aspetta, vengo…” esclamo inseguendola. “… anch’io. Niente: è già sparita. Nell’ingresso non c’è traccia né di lei né di Ron.

Saranno andati in infermeria. Harry doveva andare lì.

“Ehi, Neville!” È Dean. “Allora, come è andato l’esame?” mi chiede, fermandomi prima che io possa salire le scale.

Sinceramente l’esame è l’ultimo dei miei pensieri al momento. Vorrei solo sincerarmi che Harry stia bene. Ma la buona educazione impone… “Ma, non saprei… Spero bene. E a te?”

“State parlando della domanda 12? Dai, cosa diavolo voleva dire?! Se solo Ruf non fosse già un fantasma lo ucciderei con le mie mani!” sbotta Seamus, arrivato in quell’istante.

“Già…” annuisco, più per cortesia che per reale interessamento. “Io dovrei…” inizio, ma Dean mi ferma appoggiandomi una mano sulla spalla.

“Ascolta, Neville…” mi guarda con uno sguardo strano. “… per quello che è successo in Sala Grande, non ci pensare: Malfoy è un idiota.

“Sì, un assoluto idiota.” conferma Seamus.

E tu non sei insignificante.”

“Assolutamente no.”

Mi guardano aspettandosi una risposta. Non so che rispondere in realtà. Cioè, so cosa rispondere a loro. “Grazie.”

Ma non so cosa rispondere a me. Cosa sono io?

Un insignificante e stupido Filobabbano, direbbe Malfoy. Una delusione, direbbero mia nonna e i miei parenti. E Luna? Cosa direbbe Luna?

Sicuramente che sono un cafone. Ho trattato male l’unica persona che non se lo meritava.

“Beh, io devo andare.”

“Aspetta un attimo! Stiamo organizzando una festa per stasera: ci sarai, vero?”

Sorrido flebilmente, con una strana sensazione. “Certo.” Ma non ne sono convinto.

Guardo in basso, verso i gradini, senza vederli veramente. Non so perché, ma mi vengono in mente le scale che portano alla soffitta di casa della nonna. Dove ci sono i ricordi dei miei. Chissà…? Mi viene voglia di piangere.

Quasi senza accorgermene sono davanti all’infermeria. Busso, esitante come sempre.

Lei mi apre e con cipiglio severo mi chiede: “Che c’è?”

“Volevo sapere se Harry Potter sta bene…” mormoro.

Madama Chips è confusa. “Potter non mi ha detto di non stare bene. Mi ha chiesto solo della professoressa McGranitt…”

“È qui?” la interrompo.

“No, Paciock. Come ho detto a Potter, l’abbiamo dovuta trasferire al San Mungo.

“Al San Mungo?” boccheggio, senza fiato. È davvero così grave?

“Già! Sono stati così vili a colpirla tutti insieme!” si infervora Madama Chips. “Una donna della sua età! Che roba!”

Non la ascolto più. Mi sfugge qualcosa. Dov’è Harry ora?

“Grazie, Madama Chips.” dico, allontanandomi.

Dove sono Hermione e Ron? Nei corridoi c’è tanta gente, ormai l’esame è finito come le lezioni pomeridiane. Ma non vedo nessuno di loro.

Mi aggiro per i corridoi, cercando le loro facce tra quelle degli altri. Una strana urgenza mi assale senza che ne capisca il motivo.

Devo trovarli. Me lo sento.

Vado nella Sala Comune, ma di loro non c’è traccia. Il mio dormitorio è vuoto. Finalmente qualcuno mi dice di aver visto Harry uscire in tutta fretta dal buco del ritratto, ma non mi sanno dire dove era diretto.

Cosa diamine sta succedendo?

Chissà se…? Lo tiro fuori dalla tasca, ma niente: il galeone è freddo e senza nessuna indicazione di ritrovo.

Comincio a girovagare senza una meta, finché non sento voci concitate provenire da un corridoio poco distante. Il cuore accelera i battiti.

“Lasciala stare!” È la voce di Ron.

Comincio a correre e, non appena svolto l’angolo, li vedo. Ron, Ginny e Luna. Contro i numerosi e giganteschi Serpeverde che formano la Squadra di Inquisizione della Umbridge.

Ron sta cercando di allontanare a gomitate la Bulstrode, che ha agguantato Ginny per i capelli. Non appena riesce a spingerla via, Tiger lo colpisce in pieno volto, facendolo finire a gambe all’aria. Rimbalza sul pavimento di pietra come se fosse un fantoccio.

“No!” Non riesco a fermare l’urlo che mi sale alle labbra.

Come nei film, tutti si girano all’unisono verso di me. Deglutisco.

“Oh, ma guarda! L’insignificante Paciock. Che ci fai, qui?” mi chiede Malfoy con la sua voce viscida, sogghignandomi addosso. “Vuoi far parte della festa?” mi chiede, scoppiando a ridere.

Ginny mi guarda stupita. Luna ha uno sguardo indecifrabile, come sempre. Ron comincia a rialzarsi e anche lui mi guarda con stupore, mentre dal labbro inferiore gli esce un rivolo di sangue.

“Lo vuoi un consiglio da amico, Paciock? Vattene! Qui non c’è posto per i tipi come te. aggiunge Malfoy, dandomi le spalle.

Per un attimo ci credo. Ma è solo un attimo. Giusto il tempo di incrociare lo sguardo di Luna e ritrovarvi un po’ di ciò che vi ho visto prima, nell’aula vuota.

Giusto il tempo di vedere Ginny partire alla carica contro Malfoy, per punirlo, e Warrington alzare la bacchetta, per colpirla.

Ed allora il mio cuore parla chiaro: la sola via da seguire è quella che conduce la mia mano ad afferrare la bacchetta e quella che porta la mia bocca a pronunciare a gran voce un “Expelliarmus!” che colpisce in pieno Warrigton.

E quando lui si alza, rosso in viso per la rabbia, mi viene da ridere a dispetto del pericolo. Perché, signore e signori, Neville Paciock ha trovato il coraggio di essere Qualcuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa ne pensate?

Perché non mi lasciate un commentino per farmelo sapere?! ^^

Un abbraccio a tutti

Ale

 

 

 

 

P.S. Se per caso foste interessati, sto finendo di scrivere un’altra ficWhere the snake lies”, con protagonista Draco Malfoy, Theodore Nott e, ovviamente, Harry, Ron, Hermione, Ginny e gli altri. È una AU, ambientata quando i nostri eroi hanno circa 24 anni. Draco Malfoy è uscito da Azkaban e, per cercare di rientrare nella comunità magica, accetta di aiutare gli Auror con i Vampiri, che stanno mettendo a segno diversi attacchi contro la popolazione magica per scoprire l’ubicazione di un antichissimo manufatto magico, l’Anello di Matra. È una storia di avventura, azione ed anche un pizzico di romanticismo… Beh, se ho stuzzicato la vostra curiosità, andate a darci un’occhiatina e fatemi sapere cosa ne pensate.

Un bacione a tutti.

Ale

 

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