KHR! 11^ Famiglia: Vongola no Uta (spin off)

di Lushia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target 1 - La verità ***
Capitolo 2: *** Target 2 - Vongola Decimo ***
Capitolo 3: *** Target 3 - Palpitazioni ***
Capitolo 4: *** Target 4 - Una giornata estrema ***
Capitolo 5: *** Target 5 - L'amore, questo sconosciuto ***
Capitolo 6: *** Target 6 - Una lezione importante ***
Capitolo 7: *** Target 7 - Una torta al cioccolato ***
Capitolo 8: *** Target 8 - I Gemelli ***
Capitolo 9: *** Target 9 - Vento e tempesta ***
Capitolo 10: *** Target 10 - Animi Inquieti ***
Capitolo 11: *** Target 11 - Animi Inquieti (parte 2) ***
Capitolo 12: *** Target 12 - La Promessa ***
Capitolo 13: *** Target 13 - Complotto ***
Capitolo 14: *** Target 14 - La Nebbia ***
Capitolo 15: *** Target 15 - Verso la luce ***



Capitolo 1
*** Target 1 - La verità ***


E' tempo di spin off, dato che per la fic principale devo aspettare un po' di sapere cosa succede in Reborn ufficiale xD proseguirò con calma e intanto... beccatevi questo spin off dal titolo particolare (NO, NON HO ASSOLUTAMENTE COPIATO DAL FUNBARI NO UTA DI SHAMAN KING!)

Target 1 - La Verità

cover

Il pianto dei due bambini risuonava nell'abitazione vuota.
Il papà e la mamma non potevano fare più nulla per loro, i due coniugi giacevano a terra privi di vita, il liquido scarlatto li avvolgeva assieme nel loro infausto destino.
Piangevano senza sosta, cercavano i loro amati genitori che da quando erano nati, da un anno a quella parte, si prendevano amorevolmente cura di loro.

Purtroppo i loro genitori non si sarebbero alzati e non li avrebbero coccolati come al solito.
Non si sarebbero alzati mai più.
Stefano ed Elisa Luccini erano stati uccisi.

“E ora come facciamo?”

Il nonno osservò i due bambini con le lacrime agli occhi. Era troppo stanco per prendersene cura e una coppia di sposi aveva accettato di prendere in adozione il maschietto. Non erano in grado di poterli allevare entrambi, purtroppo.
L'uomo, stanco dalle fatiche di una vita e con la piccola in braccio, arrivò con sguardo pietoso alla residenza della famiglia Vongola, con cui i Luccini erano alleati da molti anni.
Vongola Decimo, l'attuale boss, osservò l'infante con sguardo commosso.

- … Stefano-san ed Elisa-san erano due splendide persone, amici e alleati. Le loro vite sono state stroncate a causa di persone ignobili. Non potrei mai restarmene a guardare sapendo che questa bambina crescerà senza una mamma e un papà. - sorrise, ciò rassicurò molto il signor Luccini che, finalmente, poteva mettersi l'animo in pace.

Pochi anni dopo, l'anziano passò a miglior vita mentre i sue due nipoti crescevano, ognuno nelle loro nuove famiglie.

Se solo sapessi chi... di chi è la colpa...

Eppure alla fine non importava più di tanto. Vendicarsi era stupido, non portava a nulla di buono.
Bisognava andare avanti con la propria vita, crescendo e diventando più forti per impedire che certe tragedie potessero ripetersi in futuro.

 

Quando aprì gli occhi color smeraldo si rese conto di aver pianto, di nuovo.
Possibile che ogni volta doveva sognare quel maledetto giorno? Eppure aveva appena un anno quando accadde.
La sveglia suonò, erano le sette.

LE SETTE?!

La biondina si catapultò giù dal letto e si infilò rapidamente nella doccia per darsi una rinfrescata prima di mettersi la divisa, addentare una fetta di pane con la marmellata e afferrare lo zaino, lasciando l'appartamentino in cui abitava a una velocità impressionante.

Mentre correva per strada si aggiustò il fiocco bianco che decorava i suoi capelli lisci color biondo cenere. Inghiottì l'ultimo boccone di pane, prima di svoltare l'angolo e di incrociare una ragazzina che stava proseguendo nella sua stessa direzione.

- Ah, Sonia! -
La ragazza dai capelli neri, che aveva l'aria di essere un maschiaccio per via del taglio molto corto, del portamento sciatto e del modo con cui teneva il suo zaino, osservò l'amica dall'alto in basso.
- Ma dico, sai che ore sono? -
- Oh per favore, anche tu sei in ritardo, no? -

Risero, mentre percorrevano gli ultimi metri che le separavano dall'istituto privato che frequentavano.

 

La giornata sembrò passare rapidamente, la biondina era come sempre la migliore della classe a causa della sua intelligenza, ma ormai non era più una novità.
Si stiracchiò, al termine delle lezioni, stanca e ancora un po' assonnata, quando venne accerchiata da alcune sue compagne di classe.

- Nee nee Arina, che ne dici di unirti al laboratorio di cucina? - chiese una ragazza dai riccioli nocciola - So che sai fare dei piatti squisiti e vorremmo avere qualche iscritto in più! -
- Ma no, Arina è bravissima a cantare! Perchè non ti iscrivi al laboratorio di canto? - una ragazzina minuta la stava fissando con occhi languidi.

Sonia sbuffò, quasi seccata da tutte quelle richieste.
- Ragazze, per favore! Sapete che Arina c'ha da fare di pomeriggio! -
Deluse, le ragazze si scusarono e la folla si disperse. Arina sapeva che, sicuramente, avrebbero ripreso con le offerte in un secondo momento, poiché era già la quinta volta che si comportavano in quel modo.

Era ormai l'ora di pranzo quando salutò Sonia con un sorriso stanco e si diresse nel suo appartamento. Cucinò rapidamente una minestra che divorò con un po' di pane, tagliò alcune fette di salame e bevve del succo di arancia.
Dopo aver sparecchiato decise di dedicarsi ai compiti, ma non passarono nemmeno cinque minuti che il campanello suonò.
Si alzò, perplessa, ritrovandosi di fronte una ragazza dai capelli corvini legati in due piccole treccine.
Sapeva chi era, sorrise raggiante.

- I-Pin nee-chan! Che meravigliosa sorpresa! -
- Arina! Sono felice che tu stia bene, è da un po' che non ci vediamo! -
La bionda fece accomodare la sua vecchia amica, offrendole del tè come si usava fare in Giappone.
- Come va con la scuola? Quest'anno sei in prima superiore, giusto? -
- Esatto... altri cinque anni di torture e poi libera! - ridacchiò. In realtà non odiava la scuola, anzi, si sentiva a suo agio e le piaceva studiare per imparare nuove cose. Tuttavia, le sembrava divertente imitare i suoi compagni di classe, che consideravano la scuola come un'istituzione inutile e noiosa, quasi come una prigione.
- Immagino! Ma tu sei così intelligente, quando eri piccola già facevi domande che per una bambina della tua età sembravano impossibili... -
- La curiosità e la sete di sapere non mi sono mai mancate!- ridacchiò - Ah, quando ero piccola... che ricordi, eh? - si passò una mano tra i capelli, lisciandoseli.
- Era quasi difficile tenerti, ma alla fine era anche divertente! - la cinesina ridacchiò.
- Tu e Lambo mi avete praticamente cresciuta, eravate i miei fratelloni! -
- Ma sì, dai, che saranno mai tipo dieci anni di differenza? Eravamo i più giovani, dopotutto. -
La bionda sorrise, sorseggiando il suo tè, mentre la cinesina si guardava attorno, curiosa.
- Ma tu... perchè stai ancora in questo appartamentino spoglio? Perchè non torni alla magione? -
La quattordicenne scosse il capo, sicura.
- Ringrazio molto Decimo ma non voglio arrecare ulteriori disturbi. Già si è preso cura di me da quando ero in fasce e non voglio continuare ad essergli tra i piedi... voglio essere autosufficiente, ecco. -

Fissò sottecchi una foto poggiata sul davanzale della finestra dove vi erano rappresentati i coniugi Luccini con in braccio i loro due figli gemelli.
- Per Sawada-san non è affatto un peso, ricordalo! Sei la benvenuta! E poi lui ti stima molto, sei una persona così intelligente e così dolce... -
- Ti ringrazio... -
- Ad ogni modo... non sono passata per dirti questo. - posò la tazza di tè sul tavolo, fissando con serietà la ragazzina dinanzi a lei. - Non dovrei dirtelo ma... ci ho riflettuto su e, secondo il mio modesto parere, tu dovresti sapere. -
- Se non devi dirmelo, non farlo. Non voglio che ti lasci scappare informazioni importanti solo perchè sono io. -
- No, no, tranquilla. Voglio che tu sappia almeno una cosa. -
La biondina restò in ascolto, curiosa.
- Sawada-san ha trovato il colpevole dell'omicidio dei tuoi genitori... provvederanno a fare in modo che sia assicurato alla giustizia. -

Arina arrossì, ascoltando il cuore palpitare rapidamente e il peso che lo opprimeva svaniva pian piano, lasciandolo più leggero. Sembrava quasi che il tormento durato quindici anni fosse svanito all'improvviso.
Quell'uomo, il misterioso assassino, sarebbe stato preso e i suoi genitori avrebbero finalmente potuto riposare in pace.
Sospirò per il sollievo.
- Finalmente. Non che non ci abbia mai pensato, ecco, ma sapere che l'uomo che ha fatto tutto ciò sarà finalmente punito... ecco, mi fa sentire sollevata. Finalmente la memoria di mamma e papà sarà onorata... -
La cinesina sorrise.


- Beh... ad ogni modo ricorda che puoi tornare quando vuoi! - le disse sull'uscio, abbracciando la sua amica.
- Grazie I-Pin, ma davvero, non c'è bisogno! -
- Sei di famiglia, non devi farti problemi! - la ragazza stava per lasciare l'abitazione quando si fermò di scatto e si voltò all'indietro. - Ah... se fosse possibile... tu le hai per caso detto che i tuoi genitori sono stati uccisi? -
- Uh? A lei, dici? No, no. - rispose, perplessa - Ha fatto domande sul come mai vivessi da sola e su come pagavo l'affitto... Mi sono limitata a dirle che avevo preso un appartamento vicino la scuola e che ricevevo dei soldi ogni mese. -
- Santo cielo, è curiosa e intelligente quanto te. -
- Si capiva, no? -
- Adesso capisco perchè Sawada-san te l'ha affidata! Quella monella è intrattenibile! -
- E' solo l'età, è una bambina vivace. Per fortuna è così, insomma, prima era sempre silenziosa e triste, ma da quando ha degli amici si è scatenata.-
- Ad ogni modo... Sawada-san vorrebbe che non la mettessi al corrente della tua situazione... intendo, riguardo i tuoi genitori. -
- Perchè mai? -
- Beh... meglio che non senta parlare di queste cose. -
- Uh... capisco. D'accordo, per me è anche meglio... non che voglia parlarne... -

La mora le sorrise e la salutò, svanendo oltre il cortile, mentre Arina chiudeva la porta di casa tornando ai suoi compiti.

***

Un pallone volò giù dal corridoio esterno dell'edificio dove abitava la biondina e un bambino di circa dieci anni, probabilmente anche lui inquilino del palazzo, si avviò a riprenderlo, passando dalla porta della casa della ragazza.
Aveva i capelli scuri ed era un po' in carne, prese il pallone con i piedi e fece rimbalzare la palla sul ginocchio.

- Uhm... quindi i genitori della signorina Arina... -
Arrossì, mordendosi le labbra e singhiozzando per la triste scoperta.

Si diresse rapidamente verso il parchetto, poco distante da lì, continuando a calciare la palla.

- Ehi ehi ehi ragazziiiiiii~ - urlò, raggiungendo un bambino dai capelli rossicci che si era voltato verso l'amico.
Scese dallo scivolo dove era seduto e intercettò il pallone del bruno, prendendolo e iniziando a palleggiare.
- Claudiooooooooooo, non immagini cosa ho sentito mentre stavo per venire qui! -
- Ehi, calmati Fabio... che succede? Sembra qualcosa di preoccupante... -
- Sì, davvero! Si tratta dei genitori della signorina Arina! Sono stati uccisi! -
La palla con cui stava giocando il rosso cadde a terra e Claudio restò ad osservare l'amico con sguardo disorientato.

- COSA?!- da dietro una giostra spuntò una bambina, che si apprestò a raggiungere rapidamente i due.
La piccola aveva i capelli castani legati in due codine sul capo e si avvicinò a Fabio con sguardo preoccupato, osservandolo a bocca aperta.
- Sul serio, Nozomi! Non sto scherzando! Ho sentito così! -
La piccola sembrò sconvolta, osservò dapprima Fabio e poi Claudio, non sapendo cosa dire e continuando a scuotere il capo, come se non volesse credere a quella storia.
Il rosso si voltò verso la bambina, sconvolto anche lui.
- Nono-chan... sembra vero... cosa facciamo? -
La piccola strinse i pugni, arrabbiata.
- … C'è da chiederlo? Scopriamo chi è stato! Giuro che lo ammazzo! -

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Capitolo 2
*** Target 2 - Vongola Decimo ***


Target 2 - Vongola Decimo

cover

La giovane quattordicenne si stese sul suo lettino, pensierosa. L'idea di ritornare alla magione non era poi così cattiva, dopotutto lei sapeva quanto fosse difficile vivere da sola e doversi sostenere, nonostante Decimo la mantenesse. Eppure, lei desiderava davvero ottenere un'indipendenza, seppur superficiale.
Una volta finiti gli studi, avrebbe potuto trovare un lavoro e, di conseguenza, avrebbe rinunciato al mantenimento per staccarsi del tutto dall'aiuto di terzi.
Voleva essere libera da qualsiasi vincolo, aveva già dato troppe preoccupazioni all'uomo che si era preso cura di lei e sapeva che occuparsi di sua figlia non era abbastanza per ripagare ciò che Decimo aveva fatto.

Si voltò verso il comodino, una lettera scarabocchiata giaceva mal messa sul ripiano. Si allungò e la prese, lasciando passare l'indice sulla carta e portandola al viso.
Profumava.
Ricordava benissimo quell'odore, era quello di Luca.
Suo fratello gemello, separato da lei quando erano solo neonati, continuava assiduamente a scriverle e lei gli rispondeva con entusiasmo.
Lui era l'unico vero membro della sua famiglia ancora in vita ed anche il suo gemello. Si sentiva molto unita a lui ma, nello stesso tempo, così lontana.
Avrebbe voluto abbracciarlo e raccontagli tutto di persona, anziché scrivergli lettere.

Osservò le parole sbiadite sulla carta, pensierosa. Nelle ultime lettere raccontava spesso di quanto i suoi genitori adottivi continuassero a litigare ed erano ormai passati quasi due anni da quando ne aveva iniziato a parlare. Era preoccupata per la sua situazione, a causa di quei due genitori non poteva andare a trovarla e aveva paura che di lì a poco qualcosa sarebbe successo.
Poggiò nuovamente la carta sul comodino e tornò ad osservare il soffitto.

-… Forse dovrei andare io da lui... ma me lo lascerebbero vedere? Che tipo di persone sono quei due? Non gli faranno del male, no? -
All'improvviso sentì le lacrime agli occhi, era davvero preoccupata che qualcosa potesse accadere.
Si issò di scatto, osservando perplessa l'orologio che segnava le cinque.

Quando aprì la porta dell'abitazione notò una donna sulla trentina dai lineamenti duri e dalla chioma bruna, che stava uscendo dall'appartamento affiancata dal suo volpino italiano, un cagnolino bianco e soffice quanto un pellicciotto.
- Signora Renaldi, buona sera. - salutò garbatamente.
La donna, che era impegnata nel cercare qualcosa dentro la sua borsetta, notò solo in quel momento la vicina di casa e la salutò con un sorriso di convenienza.
- Oh, buon giorno a te cara. Stai uscendo anche tu? -
- Sì, anche lei va a fare una passeggiata con Nico? - chiese, osservando il cane.
- Eh sì, deve pur sgranchirsi le zampette questo tesorino. -
La ragazzina sorrise quando la donna le passò davanti con il piccolo Nico, raggiungendo le scale.

- Oh. - la biondina raggiunse la donna, nuovamente preoccupata. - Signora, ha per caso visto Nozomi in giro? -
- Uh? No, mi dispiace. Suppongo sia con mio figlio, è andato a giocare al parco giusto un paio di orette fa. - ipotizzò - Sarà con lei e Claudio. -
La ragazzina ringraziò la donna e decide che dirigersi verso il parco, situato a pochi chilometri dalla loro abitazione, fosse la cosa migliore.

Varcò l'uscio e si lanciò sul marciapiede, svoltando un paio di volte prima di arrivare al piccolo parco della cittadina, oltre il cancelletto di ferro.
Si guardò intorno, notando che il luogo era deserto. Osservò le tre altalene, gli scivoli, la casetta e i cavallini, solitamente preda dei bambini che facevano a gara su chi doveva salirci per primo.
Tuttavia, in quell'epoca moderna e tecnologica era raro trovare dei bambini al parco sulle giostre. Quasi tutti restavano chiusi in casa davanti ai videogiochi o seduti sulle panchine con lo sguardo fisso sulla propria console portatile.
Decise di controllare anche i bagni, scettica, poichè erano come al solito sporchi e maleodoranti. Chiuse rapidamente la porta, chiedendosi perchè il comune non facesse niente per tenere puliti i luoghi pubblici.
Avrebbero dovuto fare ben di più per rendere migliore quel paese ma, alla fine, di cosa si lamentava? Quella era l'Italia.

Diede un altro rapido sguardo al campetto di calcio adiacente, ma non c'era alcuna traccia dei tre.
- … Ma dove sono spariti? Sono le cinque e mezza e Nozo doveva venire a fare i compiti già un'ora fa... - mise su il broncio, quasi seccata. Dopotutto sarebbe stato meglio tornare a casa e mettersi a pulire e riordinare, lasciando perdere quella mocciosetta per dedicarsi un po' a sè stessa. Eppure, non poteva certo lasciare che la bambina mancasse di fare i compiti. Era suo dovere essere di buon esempio.

L'aveva vista nascere, quando Arina era solo una bambina di sette anni. La sentiva piangere ogni notte e, nonostante la piccola dormisse in camera con i genitori, la sua vocina era udibile anche nei corridoi adiacenti, dove si trovava quella che allora era la sua stanzetta alla magione.
L'aveva vista gattonare, doveva stare molto attenta a dove andasse e a cosa mettesse in bocca. Per fortuna c'era anche la madre, Kyoko che, sorridendo, si occupava con amore della figlia, senza mai perdere la pazienza. Era così che Arina voleva diventare, una donna premurosa, calma e gentile ma, allo stesso tempo, severa e sicura.
La biondina era sempre intenta nell'osservare come la donna si imponeva severamente e con fermezza sulla figlia. Arina tentava di imitarla, cercando di educare al meglio la neonata proprio come faceva la donna che ammirava.
All'inizio quasi non la sopportava poichè Nozomi era piccola e lamentosa, si chiedeva come mai I-Pin e Lambo, ma soprattutto Decimo e Kyoko, sapessero esattamente cosa fare per non farla piangere.
Ma, dopotutto, anche lei era abbastanza piccola e poco ne capiva.
Difatti, attualmente, Arina pensava quasi più a Nozomi che a sé stessa.

Quando la sua amica era più piccola la ritrovava sempre immersa nei libri, raramente giocava con i bambini della sua età.
Fortunatamente, però, l'incontro con Claudio cambiò la sua vita e iniziò ad essere più allegra e giocosa. Era finalmente diventata solare e chiassosa nel giro di un anno, nonostante ogni tanto la si potesse ancora ritrovare in biblioteca con un libro in mano.

Arina aveva paura che la piccola si tenesse qualcosa dentro di sé, qualcosa che non aveva rivelato mai a nessuno. Per quel motivo voleva starle accanto.
Voleva scacciare una volta per tutte quella malinconia che ogni tanto offuscava i suoi occhi, i quali a volte vedeva persi nel vuoto.
Non era normale che una bambina di quasi otto anni rimanesse imbambolata ad osservare il cielo con occhi cupi.

Ti chiedo di star vicino a mia figlia" le aveva chiesto Decimo "Io non posso starle molto accanto a causa del mio lavoro e, nonostante mia moglie le stia sempre vicino, ha bisogno di un'altra figura a cui aggrapparsi." le spiegò "Ha bisogno di qualcuno di cui si fidi, a cui si possa aprire. Dopotutto è solo una bambina.

- … Se non è qui è probabile sia a casa... dovrà darmi una buona spiegazione per non essere venuta a studiare, quella scema! -
La ragazzina si voltò e partì in quarta verso la fermata dell'autobus. La casa di Nozomi si trovava in periferia, era impossibile da raggiungere a piedi.

***

La magione Vongola era davvero affollata, uomini in completi scuri si aggiravano attorno al grande palazzo di quattro piani e più in stile classico/ottocentesco, il quale più che ad un palazzo assomigliava ad un castello per via delle tre torri che si mescolavano ai tetti delle diverse ali dell'edificio.
Il rigoglioso e verdeggiante giardino nascondeva le automobili che venivano parcheggiate in uno spazio apposito accanto all'ala est, da dove uscivano altri uomini dalle età più disparate, che con fare serio e risoluto si riversavano nell'abitazione.

Non era la prima volta che i due bambini si avventuravano in quella residenza quasi regale. C'erano già stati un bel po' di volte, a seguito della loro amichetta che viveva proprio lì, tuttavia era la prima volta che si trovavano di fronte a tanto movimento. Quegli uomini sembravano quasi inquietanti rispetto a dei bambini così piccoli.
Fabio tremava un po', osservava sottecchi Claudio e Nozomi che si guardavano attorno mentre, lentamente, attraversavano il cortile per giungere all'interno del palazzo.
Dopo aver superato il primo corridoio, il trio si nascose sotto un tavolino posto tra due corsie, dietro un angolo.
- Ma che ci fa qui tutta questa gente?? - chiese Fabio, con un lieve accento siciliano.
- Ma che ne so, non ho mai visto così tante persone in giro. - rispose Nozomi, confusa.
- C'è qualche festa? - chiese Claudio, curioso.
- Non mi pare, altrimenti mama mi avrebbe detto che stasera dovevo mettere il vestito buono. - rispose lei.
- “Il vestito buono”? - ripeté il rosso.
- ...Quello che si usa quando ci sono cose importanti, no? -
- Oh... ho capito. -
- Ma tu non sei mai stato ad una festa importante? - chiese lei, perplessa.
- Io sono stato alla festa di lara di mia cugina. - raccontò Fabio.
- Lara? Cos'è lara? - chiese Claudio, perplesso.
- Non lo so, so solo che mia cugina ha fatto la festa di lara dopo aver studiato. - spiegò lui.
- ...Oh, forse laura? - Claudio si grattò il capo.
- La laura, sì! Quando finisci gli esami dell'università! - disse Nozomi.
- A me sembrava di lara, non di laura... - Fabio la osservò perplesso.
- Insomma, sempre quella tizia là è. - la bruna scrollò le spalle.
- Comunque io non sono mai stato a nessuna festa... - rivelò Claudio.
La piccola si voltò verso di lui con sguardo sorpreso.
- Allora alla prossima festa importante che facciamo, chiedo a papa di invitarti! -
- Eh?! Davvero?! - lo sguardo del rosso si illuminò.
- Sì, così balliamo insieme! -
- Eh?! Si balla anche?! - chiese Fabio, incredulo.
- Certo, vi insegno io a ballare! So fare il Valzer! -
- Uh? Il Vater? - ripeté Fabio.
- Ah, è quello dove si sta stretti e si gira intorno? - chiese Claudio.
- Si si! - rispose lei.

Il rosso arrossì, alzando lo sguardo verso il soffitto con uno sguardo pensieroso.
- … Ehi, che c'hai? - chiese la bambina.
- Niente, pensavo che sarebbe divertente ballare così con Nono... -
Anche la bruna arrossì, distogliendo lo sguardo da lui e notando un persona in piedi accanto a lei, aveva iniziato a bussare sul tavolino sotto il quale si trovavano i tre.
L'uomo aveva i capelli mossi e lunghi fino a metà collo, con alcune treccine che spuntavano dalla sua chioma scura.
Come tutti gli altri uomini indossava un completo nero.
- Uhm, posso sapere cosa ci fate voi tre qui sotto? A cosa giocate? - chiese Lambo.
La piccola sussultò, non si aspettava di trovarsi qualcuno davanti.
- Uhm... Lambo-nii … ecco... giocavamo a non farci trovare dagli uomini brutti e cattivi. -
L'uomo alzò un sopracciglio, perplesso.
- Se intendi tutta la gente che c'è in giro ti assicuro che non sono cattivi. Forse brutti... -
- Non importa, a noi sembrano brutti, non è vero? - si voltò verso i due che annuirono col capo, dandole corda.
- Oh beh, come volete. Ad ogni modo Nozo-chan, vedi di non fare troppa confusione in giro... anzi, penso che per oggi sia meglio che andiate a giocare altrove... c'è troppa confusione qui e non sarebbe carino se voi mocciosetti correste in giro tra gli ospiti. -
La piccola si grattò il capo e annuì, così che l'uomo abbozzò un sorriso e si allontanò, lasciando il terzetto così come l'aveva trovato.
- ...Allora usciamo? Andiamo a casa mia? - chiese Fabio.
- NO. Andiamo a scoprire chi ha ucciso i genitori di Arina! - ribadì la piccola.
- Ma tu li hai mai visti? Com'erano? - chiese Claudio, curioso.
- … Uhm no... non ho mai visto i suoi genitori... loro le mandavano i soldi per farla studiare, quindi sono li avranno uccisi mentre erano soli e indifesi! - incrociò le braccia, arrabbiata.
- Che crudeli! - Fabio singhiozzò.
- Non ci si può fidare di nessuno! Dobbiamo trovare i colpevoli! - anche Claudio sembrava sicuro.
- Allora seguitemi, dobbiamo arrivare all'ufficio di papa! -
- Ma aspetta, ci saranno tantissimi uomini in giro! Come facciamo? - chiese il rosso.
- Passiamo per i passaggi segreti del castello! Venite! -

La brunetta si lanciò nel corridoio a destra, seguita dai due amici abbastanza confusi e increduli.
Il gruppetto si fermò davanti ad una delle tante porte in legno, entrando con circospezione. Era una piccola stanzetta con un divano classico e ambrato, pieno di librerie e alcuni mobili con ante in vetro, che custodivano oggetti probabilmente di valore.
Nozomi spostò un comò con l'aiuto dei due bambini e rivelarono un'apertura nel muro, nascosta dietro ad un arazzo. Si infilarono rapidamente nel buco, sbucando in un condotto in pietra impolverato con delle piccole scale al suo interno.
- Claudio, hai la torcia che ti ha regalato tuo padre? - chiese lei.
- Ovvio, non si sa mai quando può servire! -
- Eh, ma a noi serve sempre... - disse Fabio, ridacchiando.
I tre bambini, con Nozomi in prima linea che teneva la torcia bene in vista, salirono rapidamente le scale lungo un percorso dritto e totalmente uniforme.
Dopo circa tre minuti di pietre, ragnatele e salite, con un paio di svolte qua e là, giunsero alla fine del percorso che si concludeva in un vicolo cieco.
O, almeno, così sembrava.
- Ehi, ma è chiuso qui! - esclamò Fabio, deluso.
Nozomi e Claudio zittirono rapidamente l'amico, giusto in tempo per udire alcune voci provenire dall'altra parte della parete.
- La voce di qualcuno... - il rosso osservò verso il muro biancastro, in netto contrasto con il corridoio in pietra. La parete sembrava smussata.
- Quella roba lì è un quadro che c'è nell'ufficio di papa! Sta parlando con delle persone... -
- Sono tutti quei tizi che erano giù all'entrata? - chiese Fabio, inquietato.
- Non tutti, saranno una decina... - azzardò Claudio.
- ...Penso che gli altri siano solo i sottoposti, perciò ne vediamo parecchi. - ipotizzò la bambina.
I tre si accovacciarono, restando in ascolto delle voci e cercando di capire cosa stessero dicendo.

- So cosa pensate, ma non possiamo mica esporci così, su due piedi. -
- Mah, di cosa hai paura Gennaro? O forse la tua famiglia è troppo debole per confrontarsi? -
- Scherzi? Ehi, non hai il diritto di offenderci così, voi Elektrica non fate altro che lavorare dietro una facciata, non credo che sia giusto giudicare gli altri. -
- Forse sarebbe meglio evitare questi litigi, siamo tutti alleati del resto. Io penso che Decimo abbia ragione ad essere preoccupato, quel Miles ha qualcosa da nascondere. -
- I Cavallone si spaventano facilmente? Ma dai, un uomo come quello lì ha solo paura che gli soffino il territorio. -
- I Vongola hanno tutto il diritto di cacciarlo via senza dover chiedere spiegazioni. -
- Questa è un buon motivo, Alberto. Ma qui ci sono di mezzo degli omicidi, non dimentichiamocelo. -
- Infatti. Non possiamo dimenticarci di coloro che hanno sofferto a causa della Lhumor. -

La brunetta sussultò.
- Papa! E' la voce di papa! -

- Dobbiamo evitare che una simile tragedia si ripeta. - affermò Decimo.
- Ovviamente, è compito di noi tutti assicurarci che nessuno compia ingiustizie nel nostro territorio. Io sono a favore. -
- Grazie Dino. Vi invito a dare i vostri voti, potete anche astenervi dal partecipare. -
- Sei troppo buono, Tsuna. -
- Decimo è gentile, ma la nostra posizione non ci permette di astenerci se convocati... e anche i Bellucci dovrebbero evitare certe scenate. -
- Eh, ci ho provato. -
- Ah, ah, Gennaro è un vero simpaticone. Ovviamente noi siamo a favore. -
- Quindi Elektrica e Chiaromiele sono a favore. -
- Senza dubbio i Giacinti si uniscono. -
- Anche i Cavallone, i Baldelli e i Verardi. -
- Non c'è bisogno di dire la mia, Decimo sa già cosa scegliamo noi. -
- Anche da noi è un sì. -
- Le nostre famiglie si uniranno senza alcun dubbio. -
- Bene, vi ringrazio tutti per la vostra comprensione. -
- Non è comprensione, Decimo. Come vostri alleati noi abbiamo il dovere di darvi appoggio o la nostra situazione ne risentirebbe così come il nostro onore. Ad ogni modo, il nemico è comune per cui non vedo il perchè di tutta questa confusione. -
- Eh, i Bellucci, sempre loro. -
- ... -
- Ammettilo che hai una fifa blu, Gennaro. -
- Smettetela. -
- Vi prego di calmarvi, signori. Vi ringrazio comunque per la vostra adesione. -
- Se serve a beccare i colpevoli dei tragici eventi di dodici anni fa, volentieri. -
- Dimenticare cosa hanno fatto quelli della Lhumor Corporation sarebbe come dimenticarsi delle morti dei Belfiore, dei Coleandro e dei Luccini. -

I tre bambini sussultarono e si guardarono spaventati per alcuni istanti mentre, in sottofondo, vi erano rumori di passi che lasciavano la stanza adiacente in modo ordinato, suggerendo loro che la discussione si era chiusa.
- Avete sentito? - chiese lei, ancora sconcertata.
- Ho sentito qualcosa riguardo una certa corporazione. - rispose Claudio.
- La Luna Corporeshion! - esclamò Fabio.
- Non era Lumor? - disse Nozomi.
- Ad ogni modo... sono stati loro, no? Erano tutti qui per combatterli! - esclamò Claudio.
- E' vero, che figata! Abbiamo assistito ad una discussione di un piano per combattere dei nemici, come nei film! - Fabio sembrava emozionato.
- Era una vera riunione mafiosa! - anche il rosso era entusiasta.
La bruna rise.
- Ehi, che ridi? - chiese Claudio.
- Nei miei sogni ho visto spesso la Prima Famiglia in discussioni simili! -

Ad un certo punto si zittirono. Alcuni passi sembravano avanzare lentamente verso il quadro, che separava i tre dall'ufficio del boss.
- Via, via! - disse la bambina.
I tre fecero dietro front e fuggirono via con il cuore in gola, ripercorrendo a ritroso il percorso ma, stavolta, con i due bambini davanti e Nozomi dietro.
Dopo altri due minuti Nozomi sbucò dall'apertura, subito dietro i due amici, venendo prontamente afferrata e spaventandosi per la sorpresa.
Riuscì a portare l'attenzione sui due suoi amici, che avevano il capo chino e l'espressione di chi era stato appena colto in flagrante. Alzò lo sguardo per cercare di capire chi era l'uomo che l'aveva afferrata e la stava tenendo sotto al braccio, riuscendo a scorgere dei capelli albini e dagli occhi smeraldo.

- Z-zio Hayato! -
- Guarda qui cosa abbiamo. Una mocciosetta che si intrufola in passaggi segreti e spia le persone. - disse l'uomo con voce seccata.
- Ehi, io non stavo spiando nessuno! - la piccola si offese.
- Ah no? E dove eravate? -
- In giro, ecco. Mostravo a Claudio e Fabio i passaggi segreti del castello! - spiegò.
- In giro in un passaggio segreto che porta unicamente alla stanza di Juudaime? - lo sguardo dell'uomo divenne più severo.
La bambina ebbe un colpo. Com'era possibile che Gokudera Hayato conoscesse quel passaggio e sapesse dove portava?
Era totalmente convinta di essere l'unica ad aver scoperto ogni passaggio segreto della magione.
- Non... non sapevo dove portava. Sono arrivata in un vicolo cieco e siamo tornati indietro... - disse, fingendo di essere sincera.
- Ma siete rimasti lì per almeno dieci minuti. -
- Non è vero! -
L'uomo diede uno schiaffo sul fondo schiena della bambina, facendola agitare ulteriormente.
- Non lo sai che non si dicono bugie, signorina? -

La brunetta riuscì a liberarsi dalla presa dell'uomo e a gettarsi a terra, rotolando e alzandosi verso la porta per scappare via. Tuttavia, urtò contro qualcun altro, il quale aveva un profumo molto familiare.
Alzò il suo sguardo e incrociò quello accigliato di suo padre.
- Spiona e anche bugiarda... chi è che ti ha insegnato queste cose, Nozo-chan? - chiese lui, con voce severa. Era davvero arrabbiato.
La bambina osservò il padre per qualche secondo prima di iniziare a lacrimare, portandosi le mani al viso, singhiozzando.
L'uomo increspò la sua espressione che si addolcì lievemente, si chinò e abbracciò la figlia.
- Nozo-chan. Hai sentito tutta la discussione, non è così? -
La bambina scosse il capo e l'uomo si rivolse ai due giovani.
Fabio era il più spaventato e rivelò tutto ciò che i tre volevano fare, compreso il loro desiderio di scoprire chi aveva ucciso i genitori di Arina.

Nozomi tremò, avrebbe voluto dare uno schiaffo al suo amico per averli fatti scoprire ma, in quel momento, era più preoccupata per la reazione di suo padre.
L'uomo tornò a fissare la figlia.

- E così lo hai saputo. -
- P-però noi volevamo solo sapere chi ha fatto una cosa così brutta! - disse Claudio, avanzando di un passo - Arina è una nostra amica, non possiamo credere che qualcuno ha fatto qualcosa così ai suoi genitori! Sarà stata tristissima! -
L'uomo osservò il rosso.
- ...E' successo quando era una neonata, non ha alcun ricordo dei suoi genitori. - spiegò.
- Eh? Non è vero! - Nozomi era incredula - Lei diceva che i suoi genitori le mandavano i soldi per permetterle... di vivere... da sola... … - concluse lentamente e sottovoce la frase, mentre osservava lo sguardo serio del padre e quasi non le venne di nuovo da piangere. - … era una bugia...? -
- Arina non vuole che tu ti preoccupi. - spiegò lui - Inoltre... non dovresti essere da lei per studiare, adesso? Perchè sei in giro a giocare e non stai facendo il tuo dovere? -
La bambina sussultò, ricordandosi in quel momento che era tardissimo.
- … io... -
- Dimentica questa brutta storia e vai da lei, che si sta già facendo tardi. -
- Ma... i genitori di Arina... -
Tsuna sospirò.
- Ormai non ci sono più da tanto tempo. Se vuoi che Arina non sia triste dovresti stare accanto a lei, non pensi? - l'uomo le arruffò i capelli e le accarezzò il viso, sorridendole con dolcezza e amore.
- … uhm... si... -
- Lascia che al resto ci pensi papà, tu va da Arina. -
Decimo le diede un bacio sulla fronte e poi si rivolse ai due amichetti spaventati, che si trovavano accanto al suo braccio destro.
- Voi due... dovreste tornare a casa. Potete venire a giocare domani pomeriggio, se vi va. -
Nozomi alzò il capo e gli sorrise quando la porta della stanza venne spalancata e vi entrò una Arina tutta scombussolata.

-NOZO! Ti ho cercata ovunque, ma cosa ti era successo?! - Arina era ansimante, sembrava davvero preoccupata e ci mise un po' per riprendere fiato. Doveva aver corso molto. - Dovevi... venire da me... non sei venuta, ero preoccupata! - riuscì a dire, tra un respiro e l'altro.
Nozomi notò lo sguardo pieno d'ansia dell'amica e subito corse ad abbracciarla, sentendosi in colpa per averla fatta preoccupare.
- Scusami!! Io volevo solo... volevo solo... -
La bionda la strinse a sé, finalmente rassicurata, per poi alzare il capo e notare l'uomo che le stava osservando con un sorriso.
- Ah! Decimo! Perdonatemi, so che dovevo assicurarmi che Nozomi venisse a studiare ma... -
- E' tutto a posto. - rispose lui - Mh.. vista l'ora, accompagneresti questi due giovanotti a casa? -
- Uh? Certo ma... poi si farebbe troppo tardi per studiare... -
- Non importa, che ne dici di restare a cena con noi stasera? Potreste studiare dopo. -
L'uomo sorrise e la ragazzina non riuscì proprio a dirgli di no.

Quel sorriso intenso, pieno d'amore e di calore. Era forse quella la grandiosità di Vongola Decimo?
Arina sperava in cuor suo che anche la piccola Nozomi potesse un giorno diventare magnifica quanto lui.

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Capitolo 3
*** Target 3 - Palpitazioni ***


Target 3 - Palpitazioni

cover

Il sole splendeva limpido e la nuova giornata si presentava abbastanza calda.
Arina era alquanto assonnata. Si vestì come suo solito, indossando dei jeans e una magliettina azzurra decorata da scritte biancastre, il solito fiocco tra i capelli e il suo ampio sorriso di chi stava per affrontare una bella giornata.
O, almeno, così voleva far credere, dato che aveva troppo caldo e troppo sonno per essere allegra.

Uscì di casa come suo solito, salutando i vicini con cordialità e raggiungendo il marciapiede, stiracchiandosi.
Si fermò poco più in là, notando un cane che si era fatto male a una zampetta anteriore, probabilmente investito o picchiato da qualche ragazzaccio mascalzone.
Mossa da compassione, parte della grande sensibilità che la contraddistingueva, la giovane si avvicinò alla povera bestiola e legò un fazzoletto alla sua zampa, decidendo fosse meglio portarlo in una clinica veterinaria, fortunatamente a pochi passi da lì.
Felice che i dottori fossero a sua disposizione e potessero rapidamente prestargli le dovute cure, la biondina abbandonò rapidamente la clinica per rimettersi in marcia verso la scuola, stavolta più rapidamente poiché aveva perso tempo e sarebbe giunta in ritardo se non si fosse mossa.

Decise di scavalcare un muretto e di percorrerlo rapidamente da sopra, cercando di non farsi vedere dai passanti per non dare l'impressione di essere una ragazzaccia di strada.
Quando saltò giù, si ritrovò a pochi passi dalla strada che conduceva all'edificio scolastico e la percorse rapidamente, correndo così velocemente che si scontrò contro una persona che aveva appena svoltato l'angolo e che riuscì ad afferrare la bionda prima che lei cascasse all'indietro a causa dell'urto.

- Ehi, tutto a posto? -
Arina alzò il capo, visibilmente imbarazzata, osservando il ragazzo che l'aveva afferrata.
- Scusami, io non- non riuscì a terminare la frase e rimase pietrificata.
Il giovane contro cui era andata a sbattere avrebbe potuto avere un paio di anni più di lei. Era abbastanza alto, sui centosettanta centimetri, aveva i capelli corti violacei ma scuri, sul suo viso spiccavano limpidi occhi celesti e un bel sorriso.
Non era mai stata così vicina ad un ragazzo, prima d'ora. Non riuscì a togliergli gli occhi di dosso e rimase in silenzio, imbarazzata e con il cuore che batteva a mille.
- Ehi... hai perso la parola o sei muta? - chiese
- Ah... perdonami... è che... -
- Tranquilla, l'importante è che tu stia bene... stavi correndo a scuola, giusto? -

Si voltò, l'edificio scolastico era a pochi metri da loro.
- Ecco... sì... anche tu? -
- Oh no, io frequento un istituto professionale dall'altra parte della città, oggi è chiuso causa manifestazione. -
- Ah... capisco... - disse lei, imbarazzata.
- Beh, se stai bene è tutto a posto. Corri a scuola o farai tardi! - ridacchiò, un sorriso radioso che colpì particolarmente la ragazzina.
- A...aspetta! Io... io sono Arina Luccini, piacere! -
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, evidentemente non si aspettava che la giovane si presentasse. Dopo qualche istante, però, tornò sereno.
- Io sono Alessandro. Alessandro Demerito. -
- A-Alessandro... ti ringrazio! -
Il ragazzo salutò con il palmo della mano, lasciando la bionda in una sorta di trance. Il suo sguardo sognante seguì il giovane finchè non sparì oltre l'angolo.
Sospirò.

 

Sonia stava continuando a guardarla con attenzione mentre sospirava, con la testa probabilmente tra le nuvole. Sembrava non aver seguito nemmeno la lezione e il che era strano per una studiosa abbastanza secchiona come lei.
Marianna e Vanessa, che erano sedute nel banco dietro di lei, continuavano a ridacchiare insistentemente, il che fece alquanto arrabbiare Sonia che si voltò rapidamente verso le due.
- Si può sapere cosa avete da ridere voi due? - chiese, innervosita per il loro comportamento.
- Ma sei proprio idiota a non capirlo! Non lo vedi da te? - disse Marianna, indicando Arina con il capo.
- Anche la grande Arina è caduta preda della trappola dell'amore~ - Vanessa era sognante.
- Amore, eh? Beh, suppongo sia normale per noi... - Sonia si grattò il capo, pensierosa.
- Beh, ne parli come se sia una cosa aliena... non è che perchè a te non piacciono i ragazzi non devono piacere anche a noi. - Vanessa sembrò offendersi.
- Non è che non mi piacciano, è che quelli che incontro sono scemi e sembrano tutte scimmie. -
- Ad ogni modo... dovremmo supportare Arina e il suo amore misterioso! - disse Marianna.

L'amica avvicinò il viso a quello di Arina e restò a fissarla finchè lei non se ne accorse.
- ...eh... uh?! Sonia? -
- Sei persa nei meandri del tuo subconscio oppure sei qui con noi? -
- Ah! E-ecco... io... -
- ahahah che carina! - Vanessa rise.
- E' tenerissima! - anche Marianna ridacchiò.
Arina non sapeva cosa dire e arrossì.
- Piantatela, non vedete che è imbarazzata?- disse Sonia, infastidita.

La bionda si accarezzò i capelli con fare nervoso, mentre si chiedeva a sé stessa se si trattava di uno di quei colpi di fulmine di cui tanto si parlava in giro.
Eppure non sapeva chi fosse quell'Alessandro, era la prima volta che lo aveva incontrato e già il suo cuore batteva per lui in modo strano. Si era davvero innamorata di un ragazzo che non aveva mai visto prima ? Com'era possibile?
Ricordò di non aver mai amato un ragazzo prima d'ora, era troppo impegnata con lo studio e a badare a Nozomi per pensare all'amore, di cui aveva solo letto nei libri.

Eppure un pensiero continuava a tormentarla.
No, non era decisamente la prima volta, ma all'epoca aveva all'incirca nove anni, per cui non poteva trattarsi certo di vero amore.
A quell'età seguiva Lambo ovunque, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Lo riteneva affascinante, era anche così divertente e dolce, la sua tranquillità e il suo modo di parlare avevano fatto breccia nel suo cuore di bambina.
Ma, probabilmente fu perchè lui era l'unico ragazzo ad esserle accanto. Forse, se avesse avuto altri amici, non ci avrebbe nemmeno pensato.
Forse aveva scambiato l'amicizia per l'amore.
Eppure fu così triste quando scoprì che I-Pin e Lambo erano ufficialmente impegnati da alcuni anni e una volta li aveva anche visti mentre si baciavano.

Quella volta odiò I-Pin, che era anche la sua migliore amica. Ma, in fondo, aveva capito che loro si amavano davvero e non poteva certo intervenire in quella relazione.
Forse era stata la sua prima delusione amorosa.
O, almeno, di quello che all'epoca riteneva fosse l'amore.

Sarebbe nuovamente accaduto? Cosa sarebbe successo se avesse scoperto che quel misterioso ma affascinante Alessandro era fidanzato? Forse si trattava di un playboy che amava avere tante donne ma, alla fine, non poteva saperlo.
Tutto era possibile, dato che non sapeva nulla di lui.

- Ho deciso! - disse all'improvviso, quasi spaventando le tre compagne che stavano ancora discutendo tra di loro. - Ho assolutamente deciso, voglio saperne di più. - continuò, voltandosi verso Sonia che era la sua migliore amica nonché compagna di banco. - Voglio sapere chi è Alessandro Demerito. -
- … Beh, se vuoi una mano te la darò! -
Sonia c'era sempre quando Arina aveva bisogno di aiuto, così come Arina l'aveva sempre aiutata.
Quest'ultima sorrise raggiante, ormai sicura della sua scelta e di volerne sapere di più sul misterioso ragazzo dal sorriso affascinante che l'aveva incantata.
- Ehi, aspetta! Demerito, dici? Non c'era un supermercato con questo nome vicino al cinema in centro? - chiese Marianna, perplessa.
La bionda, assieme alla compagna, si voltarono verso la ragazzina dietro di loro che si stava aggiustando gli occhiali con fare saccente.
- Ehi, sai che hai ragione? Ci va mia madre a fare la spesa... - rispose Sonia.
- Beh... avete un punto da dove iniziare, no? - Vanessa ammiccò.
- Sicuro! - lo sguardo della quattordicenne sembrò illuminarsi. - Scoprirò se i Demerito del negozio hanno a che fare con lui! -

 

Quando la ragazzina si metteva in testa una cosa era davvero testarda, sapeva infatti di aver trasmesso quella sua stessa natura forte anche alla sua piccola allieva e non se ne era pentita. Per un futuro boss dei Vongola la caparbietà e la forza d'animo erano importanti.
Si appostò quatta fuori dal supermercato, assieme alla sua inseparabile amica del cuore, che si stava guardando intorno anche lei nella speranza di vedere il giovane che aveva rapito il cuore di Arina, tanto da spingerla alla sua disperata ricerca.
- Cosa facciamo? - chiese.
- Uhm... dovremmo cercare di beccarlo in giro? - rispose la bionda.
- Eh, ma se sta tipo a casa? Non è forse meglio chiedere ai commessi? -
- … e non si insospettiranno? -
- Ma di cosa? Potresti benissimo essere una sua compagna di classe... non credo ti facciano il terzo grado, su. -
- M-ma... e se... -
- Ehi, prima arrivi qui tutta gasata e adesso hai paura di chiedere? -
La bionda si nascose dietro il muro, arrossendo.
- Dai, Arina! Non risolverai nulla se aspetti! Vai e cerca la tua preda! - gli occhi di Sonia sembrarono infiammarsi.

L'amica trascinò Arina dentro il supermercato, tra la folla di clienti che uscivano ed entravano rapidamente nel negozio con tante buste e carrelli pieni di acquisti.
Le due si avvicinarono ad un commesso, che stava ponendo delle merendine sugli scaffali.
- Mi scusi, conoscete per caso un certo Alessandro Demerito? -
L'uomo si voltò perplesso verso le due e scosse il capo.
- Sono stato assunto due giorni fa, non conosco molte persone, mi spiace. -

L'euforica energia di Arina era svanita all'improvviso a causa dell'imbarazzo che prendeva il sopravvento, ma venne trascinata a destra e a sinistra dall'amica che continuava a far domande a tutti, sperando in una risposta positiva.
- Sonia, dai... non lo conosceranno di sicuro... -
- Ma non puoi arrenderti così! Siamo venuti qui per trovare indizi su di lui, perciò almeno proviamoci! -
Si rivolse nuovamente ad un cassiere, ponendogli la solita domanda.
- Uh? Alessandro Demerito, dite? Uhm, mi pare sia il figlio della sorella del proprietario. -
- BINGO! - Sonia saltellò.
- Figlio della... sorella del proprietario? - ripeté Arina, confusa.
- Sì, il proprietario di questo locale è Bernardo Demerito. -
- Quindi Alessandro è il nipote? Ma scusa... perchè ha il cognome della madre? - chiese la bruna.
- Oh non ti so dire, probabilmente dopo il divorzio dei genitori ha ripreso il cognome della madre, suppongo. -
- Ah, allora tutto si spiega... - Arina arrossì.

La ragazzina dai capelli corvini trascinò la biondina fuori dal locale, aveva un largo sorriso sulle labbra e un'ampia soddisfazione.
-
Allora, hai visto che abbiamo scoperto chi è? -
La biondina annuì, imbarazzata e felice allo stesso tempo.
- A quanto pare abita in quella palazzina laggiù assieme alla madre... quindi è di questa zona! -
- Sì... ti ringrazio Sonia! -
- E di che? Finalmente sai qualcosa di più sul tuo principe azzurro, no? - ridacchiò e anche Arina rise, mentalmente più sollevata e gioiosa.
Finchè una voce non interruppe la loro allegria.

- Oh, ma tu sei... -
La voce maschile arrivò alle orecchie della biondina come un fulmine che colpisce un albero. Entrambe si voltarono, ritrovandosi ad osservare un ragazzo dai capelli violacei e dallo sguardo affascinante.

O, almeno, così lo descriveva Arina.
- … oh! - Sonia lanciò un'occhiata all'amica.
- Come mai qui? A far spese con l'amica? - chiese lui.
- Ah... ecco... - nuovamente le risultò difficile parlare.
- Sì, sì! Passavamo per caso! Ma tu... conosci i gestori del supermercato? - chiese Sonia, molto più tranquilla della bionda.
- Certo, è mio zio. -
- Che coincidenza! Non è vero, Arina? -
La biondina arrossì e l'amica si voltò di scatto, lanciando un piccolo urletto.
- Che sbadata, ho dimenticato di comprare il latte! Torno subito~ -
Arina quasi non fulminò l'amica che era rientrata nel negozio con rapidità impressionante, lasciandola da sola con il ragazzo che le creava imbarazzo.

- Ah ah, che simpatica! -
Anche la sua risata era affascinante... possibile che Arina non riuscisse a distrarsi da lui e a pensare ad altro? Era solo un ragazzo come tanti altri, dopotutto.
Il giovane avvicinò all'improvviso il suo viso a quello della biondina, con un'espressione curiosa.
Sorrise nuovamente.
- ...Sei davvero molto carina, sai? Ti va di scambiarci gli indirizzi e-mail? -
Il cuore della ragazzina sembrò scoppiare.

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Capitolo 4
*** Target 4 - Una giornata estrema ***


Target 4 - Una giornata Estrema

cover

Era nuovamente una giornata splendida e soleggiata, le persone uscivano per andare a lavoro mentre gli studenti si dirigevano fiacchi verso la scuola.
I bambini delle elementari, invece, giocavano a casa, riempivano i parchi o passeggiavano con i genitori. Il sabato non c'erano lezioni e potevano rilassarsi e passare del tempo con le proprie mamme e i papà.
C'erano davvero tante cose che potevano fare con loro e con gli amici, eppure erano in molti a sbuffare annoiati poiché non sapevano come passare il tempo.

Lo stesso accadeva in una casa in periferia, la quale, più che a una casa, assomigliava ad una reggia del diciottesimo secolo o giu di lì.
In quel palazzo, in una delle indefinite stanze dell'ala ovest, vi era una cameretta arredata con lo stesso stile alquanto antico. Il pavimento in piastrelle chiare e il muro color rame la facevano da padroni nella stanza piena di mobili in legno d'ebano. Al centro vi era un tavolino con delle sedie intarsiate, accanto ad un balcone con lunghe tende bianche e ricamate, che svolazzavano grazie al leggero venticello proveniente dalle ante semi aperte, che rendevano la stanza meno afosa.
Sulla destra vi era un letto posizionato in orizzontale e inserito nella parete, quasi come se il muro fosse stato scavato appositamente per ricavare quello scomparto. A limitare quell'angolo c'erano lunghe tende velate e tinte di un arancio chiaro, le quali circondavano i lunghi bordi del letto. In cima, inciso al centro del muro, c'era un enorme XI, che sembrava pendere in modo serio sulla testolina della bambina, stesa sul suo letto proprio al di sotto dello stemma.
Accanto al letto c'era una porticina semi aperta, che conduceva in quella che sembrava una stanza adibita ad armadio di piccole dimensioni, piena di vestiti e altri articoli di abbigliamento quali scarpe, borsette, cappellini e gioielli. Quella stanza giustificava l'assenza di armadi nella camera, piena solo di scaffali e librerie con tomi e giocattoli.

La bambina restò stesa a pancia in su per qualche secondo, sospirando. Era annoiata e non aveva certo voglia di perdere tempo con i giocattoli noiosi di cui disponeva.
Si voltò verso gli scaffali ripieni di peluche, bambole, scatoli di giochi assemblabili e console.
Ricordava perfettamente la provenienza di ogni gingillo, avrebbe potuto raccontare dove e come aveva ricevuto tutti quei giochi. Un tempo suo padre tornava spesso a casa con dei regali per lei, sopratutto quando era più piccola. Sembrava che a lui piacesse viziarla con ogni gioco e regalo tra i più belli usciti in quel periodo, difatti possedeva un paio di console ottenute al lancio sul mercato, se non prima.
Ma i giochi, le bambole e i videogiochi non duravano molto prima di finire sullo scaffale e di restare lì per anni a impolverarsi. La piccola non aveva voglia di mettersi a giocare e, prima di alcuni anni fa, negava persino di essere una semplice bambina. Lei non voleva giocare, lei voleva combattere, voleva darsi da fare per il suo futuro.
Per quel motivo suo padre decise di farle passare il tempo con I-Pin, che ogni tanto le insegnava anche qualcosa di utile sulle arti marziali, per far si che lei potesse difendersi in caso di problemi.
Saper difendersi, però, non le bastava, voleva diventare più forte. Dopotutto cosa avrebbe mai potuto fare una bambina di soli sette anni se si fosse trovata a fronteggiare degli uomini adulti?
Tuttavia, in quell'afosa giornata quasi estiva aveva altri problemi per la testa. Cosa poteva escogitare per passare il tempo, evitando il caldo micidiale che opprimeva le persone, impedendo a molti di voler realmente alzarsi per fare qualcosa?
Si sentiva molto pigra, ma ciò non le impedì di gettarsi giù dal letto quando Fabio e Claudio varcarono la soglia della stanza, raggiungendo l'amica.

- Nono, buon giorno! - salutò Claudio.
- Chuuu! - Fabio trotterellò nella stanza.
- Ehi, ragazzi! Come state? - la brunetta si avvicinò ai due e, in beffa al caldo tremendo, iniziarono a saltellare, girando in cerchio come degli idioti.
- Allora, cosa facciamo di bello? - chiese il moro.
Claudio si portò l'indice sotto al mento, pensieroso.
- Andiamo al parco? -
- Con questo caldo?! - Fabio smise di saltellare, quasi come se percepisse l'afa sopra il suo corpo.
- Uhm... iniziamo con l'uscire da qui, poi vediamo. - Nozomi annuì con decisione.

Il terzetto saltellò per i corridoi della magione, stavolta meno affollati, dove saltuariamente passavano più camerieri e membri della servitù che mafiosi e uomini in generale.
- Ah! Devo andare ancora a dare il buongiorno! - la bruna sussultò, spaventata, voltandosi e prendendo la rincorsa, inseguita dai due ragazzini che ridacchiavano in modo molto rumoroso.
Raggiunsero rapidamente un corridoio al piano superiore, che i due bambini ricordavano molto bene poiché c'erano già stati molte volte.
Svoltato l'angolo si fermarono, restando in disparte e lasciando che la bambina si avvicinasse all'enorme quadro antico che rappresentava un uomo biondo con un elegante mantello nero.
La bambina si inchinò in modo molto rispettoso e sorrise, congiungendo le mani e osservando il viso dell'uomo, immergendosi nei suoi splendidi occhi color arancio.

- Buon giorno, Primo-sama! Come va? Spero bene. Oggi Nozo-chan è molto felice perchè ha fatto un bel sogno su Primo-sama, perciò spera che anche Primo-sama sia felice come Nozo-chan! -
Anche il rosso e il moro si avvicinarono al ritratto del biondo e si inchinarono, esclamando all'unisono un “Buon giorno Primo-sama!”.
La bambina si voltò verso i due, sorridendo.

- Allora... dove andiamo? Che ne dite di andare a vedere cosa sta facendo papa? -
- Uh...? Decimo-sama? Non vorrai infilarti nuovamente nel passaggio segreto, eh, Nono? - chiese Claudio, osservandola sospettoso.
- Ah no, assolutamente! Bussiamo alla porta principale! -
- Uhm, quand'è così... meglio, eh?- Fabio si sentì sollevato.

Il trio si avventurò tra i corridoi quasi labirintici del castello per poi giungere, dopo all'incirca cinque minuti, davanti alla porta che conduceva allo studio del boss.
La bambina bussò per qualche istante, ma non ottenne nessuna risposta, restando perplessa a fissare il legno intarsiato.
- Uh... non c'è? - chiese Claudio, deluso.
- Uff, è probabile. - aprì comunque la porta, lentamente, osservando la stanza vuota e sospirando, richiudendola infine dietro di lei.
- Ma scusa, non lo sapevi che non c'era? - chiese Fabio.
- Ehi, lui va e viene come se niente fosse, è sempre impegnato e non può mica dirmi ogni volta se esce o meno! -
- E' così impegnato tuo padre?! - Fabio sembrava stupito.
- Ma Fabio, non hai visto l'altra volta in sala con tutta quella gente? E' super importante! - Claudio ridacchiò.
- Più che visto l'ho sentito ma... c'hai ragione, sembra un presidente! - rispose lui.
- Mio padre è un figo, il caso è chiuso! -

Scoppiarono a ridere tutti e tre quando una voce non li sorprese alle spalle, quasi spaventandoli.
- Ehi, guardate che Sawada non c'è! -
I tre si voltarono, incrociando due occhi grigi appartenenti ad un uomo molto alto, albino, il quale indossava un completo con una camicetta giallastra e stava osservando i bambini con uno sguardo perplesso.
- Ah, Nozo-chan! - esclamò Ryohei, afferrando la bambina davanti agli amici e coccolandola con un ampio sorriso stampato sul volto, mentre lei cercava di liberarsi dalla presa dello zio.
- Ma... no.. ferm- … Ryohei-jiichan! -
- E' da molto che non ci becchiamo, mi stavo giusto estremamente chiedendo come stesse la mia nipotina preferita! -
- Uh? Non vi vedete da molto? Ma abitate nella stessa casa! - disse Fabio, sempre più perplesso.
L'uomo lasciò finalmente andare la povera bambina e osservò confuso l'amichetto.
- Eh, anche se abitiamo nella stessa casa... che questo posto non è del tutto una casa, è più un castello, eh... è estremamente grande! Non riusciamo mica a vederci spesso! -
- Oh, lo immaginavamo! - il rosso annuì a sè stesso.
- Non ci avevo pensato, uh. - Fabio si grattò il capo.
La brunetta si aggiustò i capelli spettinati e fissò sottecchi lo zio con curiosità.
- Comunque, se cercate Sawada è uscito un'ora fa, tornerà prima di pranzo... penso. - rivelò l'albino.
- Che sfortuna! - Nozomi incrociò le braccia.
- Eh va beh, sarà meglio cercare altro da fare... - disse Claudio.
- Vi consiglio di non uscire a giocare fuori, però. Fa estremamente caldo per dei bambini come voi! - spiegò l'uomo.

La brunetta si avvicinò allo zio e gli tirò la giacca nera.
- Uh? -
- Nee, nee, Ryohei-jiichan... cosa vuol dire “estremamente”? Lo dici spesso. - chiese lei.
- … Estremamente? Estremamente è qualcosa di ESTREMO! - rispose lui.

L'uomo sembrò colto da un'invisibile fiamma di passione, che pareva ardere dentro il suo cuore. I due bambini lo osservarono quasi spaventati mentre Nozomi, che era ormai abituata a quel comportamento particolare, non si scosse minimanente.
- Dici sempre “Estremo qui, Estremo lì”... ma cosa vuol dire? Cos'è una cosa “estrema”? - chiese ancora, curiosa.
L'uomo portò la mano sinistra sotto al mento con fare pensieroso e poi indicò ai ragazzi di seguirlo.

Scortò il trio in una stanza che non avevamo mai visto, la sala personale del guardiano del sole, dove lui passava il tempo libero allendosi per tenersi in forma.
La sala era piena di lunghi cuscini che pendevano dal soffitto, che dovevano probabilmente essere sacchi da boxe. C'erano anche dei pesi e altri macchinari che solitamente si trovavano nelle palestre e delle strane costruzioni in legno con molte travi. In fondo alla sala si trovava un piccolo frigorifero e degli asciugamani ordinatamente riposti su dei ripiani.
I tre guardarono l'uomo con un'espressione perplessa.

- Allora, ascoltatemi attentamente. Estremo è … questo! - diede un pugno forte ad un sacco, questi si spostò violentemente e lui lo colpì di nuovo, ripetendo il procedimento.
Continuò a colpirlo un po' di volte, facendolo muovere un po' qui e un po' lì a causa della forza. Infine lo bloccò, fermandolo e tornando ad osservare i tre bambini.
- Allora, capito? -
I tre scossero il capo.
- ...mh. Provate a colpirlo voi! -
Ryohei trascinò Claudio accanto a lui e il bambino osservò dapprima il sacco e poi l'uomo. Diede un pugno con tutta la sua forza e questi si spostò di qualche centimetro per poi tornare al suo posto con tranquillità.
- Uhm... no, non è abbastanza estremo!-
L'albino osservò Fabio che si avvicinò ansioso, diede anche lui un pugno con tutta la sua forza, per poi ritrarre la mano rossa e urlare dolorante. Il sacco non si mosse di un centimetro e l'albino sembrava perplesso.
Anche Nozomi si avvicinò al sacco e gli diede un pugno. Questi si spostò e si alzò di più, causando la gioia della bambina, ma tornò indietro e la colpì violentemente, scaraventandola a terra.
- AHHH NOZOOOOO! - urlò l'albino.
L'uomo, dopo essersi accertato che la sua nipotina stesse bene, tornò ad osservare i tre ragazzi e chiese nuovamente loro se avessero capito, ottenendo una risposta negativa.
- Ah. Beh... allora proviamo in un altro modo. -

I tre seguirono l'uomo, che stavolta li condusse nelle enormi cucine della magione. Si avvicinarono a un grande frigorifero e Ryohei estrasse una bottiglia di birra.
La mostrò ai ragazzi e la bevve rapidamente, quasi tutta d'un sorso, sotto gli occhi attoniti e sconvolti dei tre.
Si passò il braccio davanti alle labbra per asciugarsele.
- Qu- … uh-uhm... questo è bere ALL'ESTREMO! -
L'uomo sembrava alquanto disorientato e barcollò per alcuni secondi, prima di far avvicinare i bambini mentre cercava di riempire d'acqua tre grandi boccali di quelli che si usavano per la birra, presi dalla credenza poco più in là.
- Forza, provateci! -
I bambini portarono i boccali alle labbra e iniziarono a bere lentamente.
- No, non così! Dovete farlo in modo più ESTREMO!!! -
Claudio alzò di più il boccale ma cadde all'indietro e si versò dell'acqua addosso, stringendo il boccale al petto mentre riprendeva fiato. Fabio si staccò subito dopo, sputando maggior parte dell'acqua bevuta, mentre Nozomi lo poggiò rapidamente a terra, iniziando a tossire.
- ... -
Il guardiano del sole aiutò i tre a rimettersi in sesto, posò i boccali e trascinò i tre vicino al forno. Prese un panino caldo dallo scaffale di ferro del pane appena sfornato e lo divorò in pochi secondi.
- eh-- uhm-- gnam-- guetto è... chomp... manghiawe … gnam ... all'ettremo! -
I bambini sembravano ancora più perplessi di prima e l'uomo si grattò il capo, osservando le facce sconcertate dei tre.
- mh... avete capito? -
Nozomi, Claudio e Fabio, ovviamente, scossero il capo.
- … Questo è estremamente strano. -

L'albino scortò nuovamente il gruppetto di bambini perplessi lungo i corridoi della residenza, oltre un paio di scalinate, ritrovandosi sulla terrazza nord della magione.
L'uomo alzò le braccia al cielo, urlando “ESTREMO!!” con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Questo è urlare all'estremo! Che ne dite? Avete capito? -
Ottenne nuovamente una risposta negativa.
- … che ne dite di provarci anche voi? -
Stavolta Fabio fu il primo a iniziare, il guardiano lo prese in braccio e lo alzò, invogliandolo ad urlare al cielo.
- ESTREMO! -
Il suo urlo uscì abbastanza sfiatato, Fabio sembrò essere addirittura stanco e senza voce.
- Ma... per così poco? - Ryohei era davvero perplesso.
Toccò a Claudio, il quale urlo fu abbastanza forte e si sentì anche un leggero eco.
- Ehi, sei estremamente bravo! -
Infine, l'uomo prese in braccio la sua nipotina, che seguì l'esempio dei suoi amici, ma la voce di Nozomi era così acuta che quasi non distrusse l'orecchio dello zio. Dell'eco non ci fu nemmeno l'ombra.
L'uomo, poggiò a terra la bambina, ancora un po' frastonato, prima di porre la solita domanda.
- A- avete capito? -
I due scossero nuovamente il capo ma, stavolta, Nozomi scrollò le spalle.

Era un gran passo in avanti e Ryohei sorrise, sentendosi nuovamente motivato e decidendo di portare i bambini in giardino, nonostante il caldo, per spronarli a correre dalla fontana fino alle mura dell'edificio.
Fabio corse con tutto il fiato che gli restava, fermandosi una decina di secondi dopo essere partito.
Claudio continuò per una trentina di secondi in più e Nozomi per quasi un minuto, prima di cadere a terra stanchi e senza forze.

- CORRETE IN MODO ESTREMOOO! -
L'uomo continuò a correre, mostrando la sua energia quasi infinita. Arrivato alle mura, l'albino si voltò soddisfatto, ritrovandosi però ad osservare i tre stesi al suolo e senza energie. Riprese nuovamente a correre ma, stavolta, verso di loro, per andare ad aiutarli e a rimetterli in piedi.
Finalmente, quando si erano rialzati e sembravano alquanto coscienti, Ryohei pose nuovamente la stessa domanda, ottenendo infine una risposta positiva dalla nipotina.
Avvampando di gioia, l'uomo la afferrò e la fece volteggiare, gioioso.
- SI! LO SAPEVO CHE LA MIA NIPOTINA ERA ESTREMA QUANTO ME! -

Si avviarono verso l'ingresso del palazzo, seguendo il guardiano del sole che aveva un'espressione soddisfatta.
Svoltando l'angolo, i quattro si trovarono davanti ad una vettura scura, dalla quale scesero Vongola Decimo e i suoi guardiani della tempesta e della pioggia, che si voltarono ad osservare lo strano quartetto composto dai tre bambini e da Ryohei. Quest'ultimo si avviò a salutare affettuosamente Decimo e i due guardiani.
- Ehilà, che sta succedendo qui? - Tsuna osservò dapprima il cognato e poi i tre bambini.
- Papa!!! - la bambina si lanciò addosso a suo padre, che sorrise appena la vide e la prese rapidamente in braccio, varcando la soglia della magione e dirigendosi verso l'ufficio.

- Ehi, ehi, papa! Sai che ho imparato una nuova cosa, oggi? -
- Uh? E cosa hai imparato? - chiese il bruno, curioso.
- Ryohei-jiichan mi ha insegnato cosa vuol dire “estremo”! -
L'uomo sorrise, arruffando i capelli della figlia.
- E cosa vuol dire? -
- Una cosa è “Estrema” quando fai cose stupide gridando “Estremo”! -
Tsuna scoppiò a ridere, stringendo la bambina in modo affettuoso.

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Capitolo 5
*** Target 5 - L'amore, questo sconosciuto ***


Target 5 - L'amore, questo sconosciuto

cover

Nonostante le nuvole, non si poteva dire che quella non era una bella giornata per Arina.
La bionda continuava ad accarezzarsi i capelli, mentre osservava accanto a lei il ragazzo che la stava accompagnando a fare shopping.
Il giovane dai capelli viola osservava le vetrine con interesse e, ogni tanto, le lanciava uno sguardo curioso, sorridendo con dolcezza.
La ragazzina doveva sempre distogliere l'attenzione per non morire dall'imbarazzo, il suo viso diventava così rosso che le sembrava di prendere fuoco all'istante.
Non era la prima volta che passeggiavano assieme, più volte lui l'aveva invitata a prendere un gelato o le aveva proposto di andare a far compere. Gli piaceva fare shopping, proprio come ad Arina, ed era strano per un ragazzo. Vestiva molto alla moda perciò si ritrovava spesso davanti qualche vetrina, proprio come la quattordicenne che aveva quella piccola passione oltre allo studio.

Più di una volta il giovane l'aveva presa per mano, anche solo per sbaglio, per poi scusarsi.
Ma ad Arina non dispiaceva per nulla, le sarebbe piaciuto se il giovane avesse continuato a stringergliela.

- Ehi Arina, guarda qua! -
Ogni tanto le indicava qualcosa di estremamente carino, sapendo che alla sua compagna di passeggiate le piacevano quelle cose particolari. La giovane osservava l'oggetto in questione quasi come se la stesse bramando e alla fine, in un modo o nell'altro, tornava a casa con un regalo in più.

Si trovavano seduti su una panchina a mangiare un gustoso gelato con una nuvola di panna che marcò le labbra della giovane, strappando un sorriso al ragazzo che si avvicinò di soppiatto a lei, osservandola teneramente.
- Uh... hai un po' di panna qua sopra... - portò un dito sulle sue labbra e gliele pulì delicatamente, lasciando stupita la ragazzina che restò a fissarlo, quasi incantata.
- A... Alessandro... -
Il giovane si allontanò, tornando a mangiare il suo gelato con fare pensieroso.
- Sai, Arina... -
- Uh? -
- ...Sono stato con parecchie ragazze, nella mia vita. Penso … una decina, o qualcosa di più... -
- ehh? Così tante?! - la bionda lo fissò stupita.
- Beh, le mie relazioni duravano si e no qualche mese... una durò persino tre giorni. -
Arina strabuzzò gli occhi, incredula.
- In verità erano tutte noiose, parlavano solo di moda e di cantanti favolosi. -
- Cantanti favolosi? -
- Beh, sai … “ahhh quello lì è uno strafigo! Che voce~ Ma hai comprato suoi cd? Devi comprarli!” … poi compri un suo cd e ti chiedi se la vera musica sia ormai del tutto morta. -
Arina scoppiò a ridere e per poco non fece cadere il gelato.
- Ehi, non scherzo! Io amo il rock, ma i cantanti che ci sono adesso sono osceni. Testi senza senso, musiche elettroniche composte al pc e melodie rumorose e fastidiose, sul serio! -
- E non parlavano d'altro? -
- Alcune parlavano anche di film e libri stupendi, osannandoli a capolavori... ma alla fine erano storielle d'amore improbabili e scontate. -
- Uh, odio quei film. Cioè, mi piacciono le storie romantiche ma quelle sul classico...altrimenti adoro i gialli e i thriller.
- Beh, diciamo che è lo stesso genere che piace a me. - ammiccò. - Dopotutto sono più realistici, no? E' assurdo che possano concepire film dove due ragazzi si innamorano dopo un minuto, non sanno nulla l'uno dell'altro e già inneggiano all'amore eterno. Ovviamente il tutto è condito da scene erotiche messe a casaccio che non hanno nulla a che fare con la trama principale. -
La bionda quasi non cascò dalla panchina per le troppe risate, mentre il giovane la osservava divertito, ridacchiando anche lui.

- Beh, ad ogni modo sei la prima ragazza che incontro a cui non piace nessuna delle suddette cose... sei intelligente e ami studiare, conosci molte cose, non parli solo di moda e cantanti e non ami film smielati e improbabili... sei... fantastica. -
La bionda arrossì, dovette distogliere lo sguardo dal ragazzo per non mostrargli il suo viso color pomodoro e non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi.
- … Quel che sto cercando di dirti è che... ormai saranno due settimane che usciamo, non sarebbe il caso di... metterci insieme? -
L'aveva detto.
La testolina di Arina sembrò quasi andare in fumo, a causa dell'affermazione del ragazzo.
- Qu... quindi... noi... -
- Stiamo insieme, no? Oppure non ti piaccio? -
- No! - la bionda si voltò verso il giovane e lo fissò negli occhi color cielo. - … Err... volevo dire... no che non mi piaci! … no, cioè... non è vero che non mi piaci... cioè... ecco... - iniziò a confondersi, scuotendo il capo cercando di dire qualcosa di sensato, ma non ci riuscì. Il giovane le si avvicinò, poggiando le sue labbra su quelle della bionda, che chiuse gli occhi d'istinto, sentendo la morbidezza e la dolcezza del ragazzo.
Era il suo primo bacio e già si sentiva su di giri, non riuscì a trattenersi e alzò le sue braccia, portandole al collo del ragazzo, stringendosi a lui in quel dolce momento.
Ancora non credeva a ciò che le stava accadendo, aveva trovato un ragazzo meraviglioso che la riteneva una ragazza speciale... e lo stava baciando.
Com'era potuto succedere tutto così in fretta?
Non gliene importava, voleva solo restare stretta tra le sue braccia ancora un altro po'.

***

 

Mentre i due piccioncini amoreggiavano teneramente, tre marmocchi li fissavano sbalorditi da dietro un cespuglio.

- … ma che fanno?! Che schifo! - esclamò Fabio, disgustato e deluso poichè Arina era abbracciata ad un altro ragazzo.
- Uh... però è una cosa bella se lo fai con la persona che vuoi che sta sempre con te... - disse Claudio, arrossendo.
- Uh... baciare Primo-sama... - la piccola portò le mani al volto, imbarazzata.
- Ehi, smettila di pensare al tuo antenato! - il rosso iniziò ad infastidire la brunetta facendole il solletico.
- Beh, in effetti... magari non è così brutto se lo fai con quella che ti piace... - Fabio si immaginò al posto del ragazzo che stava baciando Arina.
- Ehi, dev'essere bellissimo sicuramente! Ma... Claudio, finiscila! -
- Che c'è? Sto solo giocando! … ma tu non vorresti baciare me? - il bambino lo disse con un sorriso sornione stampato sul volto, sotto lo sguardo attonito di Nozomi.
- Ma cosa?! No! Io voglio baciare solo Primo-sama! -
- Uh, e se non ci fosse Primo-sama chi baceresti? - chiese Fabio, curioso.
- Eh? Se non ci fosse...? Uhm... penso... G-san. - rispose lei, annuendo.
- … chi è sto G-san? - chiese il bruno, perplesso.
- Il guardiano della tempesta di Vongola Primo. - rispose Claudio, ormai istruito su quell'argomento.
- Ma è sempre un tizio morto! - Fabio si grattò il capo.
- Ma come “tizio morto”, ma abbi rispetto! - esclamò Nozomi, infastidita. Si voltò, mentre aggirava il cespuglio cercando una visuale migliore per osservare i due che si stavano baciando.

- Mah, sono sicuro che prima o poi riuscirò a baciare Nono. - affermò Claudio, serio.
- Ehi, che dici?! IO bacerò Nono. - rispose Fabio, arrabbiato, dimenticandosi completamente dei pensieri che poco prima aveva fatto su Arina.
- Perchè dovresti? Ti piace Nono? -
- Uhm... boh... è carina... perchè, non posso baciarla? La conosco da più tempo di te! -
- Non puoi baciare una ragazza solo perchè la vuoi baciare! Devi baciarla perchè ti piace! -
- E allora mi piace. - affermò, sicuro.
- Ma non ti piaceva Arina-san? -
Fabio sembrò confuso, lanciò un'occhiata ad Arina e Alessandro e tornò ad osservare Claudio.
- Sì, mi piace molto Arina-san. Ma anche Nono è carina. -
- Ma devi decidere chi ti piace di più! -
- Perchè, non posso averle entrambe? -
- ... Non funziona così, Fabio. - Claudio sembrò stupito - Puoi sceglierne solo una. -
- Oh... va beh, visto che Arina-san ha già baciato quello là, allora io bacerò Nono. -
- Quindi questa è una sfida? -
- Boh... cioè, penso di sì... - il bruno sembrò pensarci su qualche istante - Sì, assolutamente. Vincerò io!-
- Non ti lascerò Nono! - Claudio sembrava determinato.
- E invece sono sicuro che Nono bacerà me! -
- Facciamo così, vince chi bacia Nono per primo! -
- Ok! Mi va bene! -
- Chi vince avrà Nono, chi perde non dovrà più pensare di baciarla! -
- Sono d'accordo! -
I due si strinsero la mano con sicurezza e si guardarono con sguardo serio, mentre annuivano con il capo.

Intanto, la giovane in questione, era appollaiata dietro un cespuglio a fissare la sua amica che baciava il suo nuovo fidanzato.
- Uff... chissà se un giorno potrò baciare anche io Primo-sama... -
Nella sua mente balenò l'immagine dell'uomo biondo, con l'ardente shinuki del cielo sulla fronte, mentre avvicinava il suo viso a quello della bambina e la baciava dolcemente.
Arrossì.
- Ah, Primo-sama... sarebbe bellissimo... -
I sogni della bambina vennero interrotti quando notò che Arina si era accorta di lei e si era voltata a fissarla con rabbia e imbarazzo.
La brunetta si alzò rapidamente e fuggì via verso la strada principale, mentre Arina scuoteva il capo con disappunto.
I due marmocchietti seguirono l'amica per le stradine che davano sulla piazza più a sud, ma si fermarono all'improvviso e con un'espressione incredula.
Un giovane dai capelli scuri camminava mano nella mano con una ragazza dai capelli corvini, che portava due trecce arrotolate sotto le orecchie.
I due stavano passeggiando davanti ad alcune vetrine, parlando animatamente.
- Ehi, quelli non sono... - Fabio strabuzzò gli occhi.
- Sì, sì! Sono Lambo-nii e I-pin-nee! - Nozomi sorrise.
- Che carini, anche loro fanno i fidanzati in giro? - chiese Fabio.
- Sono fidanzati da molto tempo, no? - suppose Claudio.
- Sì! - rispose la bambina.
- Chissà se si sposeranno... - sussurrò Fabio, immerso nei suoi sogni.
- Ma che ti importa? - chiese il rosso, perplesso.
- Dev'essere davvero bello fidanzarsi... -
- Già... -
- Mhhh... - Nozomi intanto era anche lei immersa nelle sue fantasie.

 

***

 


- Uhm... quella è la bambina di cui ti prendi cura, giusto? - chiese Alessandro.
- Uh... oh si, è Nozomi.. scusala, è solo una bambina curiosa... -
Il ragazzo sorrise.
- Tranquilla. Non ha fatto nulla di male, no? … sembrava simpatica. Mi piacerebbe conoscerla, un giorno. -
- Uh... te la farò sicuramente conoscere, ma sta attento! E' una peste! -
- Ahaha non importa, sono sicuro che andremo d'accordo. -

Solo un'ora dopo la porta dell'appartamento della bionda si aprì, e quando vi entrò notò subito che c'era qualcosa di strano.
Accese la luce, sbuffando.
- Ehi, non dovresti entrare in casa d'altri quando i proprietari non ci sono. - chiuse la porta dietro di sé e si avviò verso la camera da letto. Trovò la bambina stesa che muoveva le gambe in modo frenetico mentre leggeva un fumetto.
La bionda si avvicinò alla sua allieva e afferrò il libretto, causando la furia della piccola.
- Ehi!!! Ma lo stavo leggendo! -
- Non mi interessa! Ti ho detto che non si entra in casa d'altri quando non ci sono! Quando lo imparerai? -
- Ma ho le chiavi! Hai detto che questa poteva essere anche casa mia! -
- E ti approfitti così della gentilezza altrui? -
- Eh? - Nozomi non sembrava capire.
- Non mi sono arrabbiata, ma comunque non si fa. - spiegò la bionda - E' anche casa tua, però non è bello entrare di nascosto quando non ci sono, perchè questa è prima di tutto casa mia. -
La brunetta sbuffò.
-
Hai studiato? Avevi dei compiti da fare! -
- Ma è estate!! Che compiti vuoi fare d'estate?! -
- Nozo! Devi studiare! -
- Ma... ma... - la piccola sembrò quasi scoppiare a piangere e la bionda si sedette sul letto accanto a lei, con le gambe incrociate.
- Nee, Nozo... perchè ci stavi spiando, oggi? -
Le porse il fumetto e la bambina lo afferrò subito, stringendolo a sé.
- … Volevo vedere cosa fanno due fidanzati assieme... -
- ...Ma come facevi a sapere che eravamo fidanzati? … ci siamo messi assieme poco fa... -
- Eh? Non lo eravate? Ma se stavate sempre insieme, come i fidanzati... -
- Oh, no... anche gli amici stanno spesso assieme, ed escono a fare compere... -
- Però vi siete baciati! -
Arina arrossì violentemente.
- Ah... ehm... beh... perchè mi ha chiesto... di... mettermi con lui... -
- Oh... quindi sono arrivata proprio al momento giusto... -
- Ah... si... - si grattò il capo, nervosa, quando notò una lettera poggiata sul suo comodino.

-… Nozo ma... questa... -
La bambina alzò lo sguardo e notò la busta bianca, che la bionda prese tra le mani e stava osservando con un ampio sorriso.
- Uhm... era nella tua cassetta della posta... te l'ho messa io lì. -
La bionda aprì la lettera rapidamente e la lesse, con il cuore in gola.
- … E' di tuo fratello, vero? -
Arina stava sorridendo teneramente finchè non si stupì, osservando le parole con incredulità e iniziando a scuotere il capo.
- ...Eh? Che succede? -
La bionda scosse il capo nuovamente, fingendo indifferenza. Si alzò e si diresse in cucina rapidamente, lasciando la bambina perplessa.
Si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo bianco e rilesse nuovamente la lettera, con palpitazione.
- Viene... viene qui... - rise tra sé e sé, all'apice della gioia. - Il mio fratellino viene qui! -

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Capitolo 6
*** Target 6 - Una lezione importante ***


Target 6 - Una lezione importante

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Arina e Nozomi lanciarono per aria le loro borse e iniziarono a correre allegramente, saltellando e ridendo assieme con talmente tanta sincronia che sembravano quasi coordinate.
La bionda si gettò a terra e abbracciò la sabbia con amore, felicissima di essere finalmente libera dalla scuola e dai compiti per potersi dedicare un po' a sé stessa.
Gli altri due bambini raggiunsero rapidamente le due, sulla linea che divideva la spiaggia dal mare limpido, sedendosi accanto a loro a osservarlo quasi rapiti.

- Mare, mareeeee! - urlò Fabio, euforico.

La spiaggia era un piccolo paradiso circondato da scogliere, nascosto e protetto alla vista di occhi indiscreti.
Non era poi così tanto piccola, in realtà era abbastanza grande per poter ospitare i membri più importanti della famiglia Vongola e gli annessi parenti. Quella stessa spiagga veniva frequentemente usata per le vacanze estive del boss e dei suoi guardiani, quando non partivano per crociere o vacanze in giro per l'Italia e all'estero.
La spiaggia era pulita e ben tenuta, il mare era sempre limpido e tenuto continuamente sotto controllo dagli esperti, proprio perchè si trattava della spiaggia privata dei Vongola.

Il rumore degli ombrelloni che venivano aperti fecero quasi sussultare i ragazzi. La bionda si voltò dietro di sé, notando che il guardiano della pioggia di Decimo, Yamamoto Takeshi, ne stava aprendo alcuni, aiutato dal guardiano della tempesta, Gokudera Hayato.
Lambo, aiutato da I-Pin, stava aprendo il suo alla destra dell'entrata, proprio accanto all'ombrellone centrale dove Vongola Decimo, Sawada Tsunayoshi, si stava sfilando la camicetta, aiutato da sua moglie Kyoko.
In un ombrellone poco più a sinistra si era già sistemato Ryohei, il fratello di Kyoko e zio di Nozomi, il quale si era già spogliato e si trovava steso su un asciugamano sotto il sole cocente indossando degli occhiali da sole. Accanto a lui, sua moglie Hana stava spalmando un po' di crema solare sulla spalle del loro figlioletto Kotaro, che giocava con la sabbia.
Sotto un altro ombrellone, poco più in là, si era sistemata una splendida donna dai capelli violacei che indossava un bikini provocante, la quale si stava sistemando i capelli.

Arina osservò tutti con curiosità, quella situazione per lei non era una novità. Tutte le estati passavano un po' del loro tempo libero su quella spiaggetta e sin da quando aveva poco più di un anno, quando venne presa in affidamento da Decimo, aveva vissuto a stretto contatto con loro e aveva assistito regolarmente a scene simili.
Sapeva anche che mancava un guardiano all'appello, Hibari Kyoya. L'uomo in questione era il guardiano della nuvola di Decimo, ma non era con loro e non aveva un rapporto molto aperto con la famiglia. Quando Arina li vedeva assieme, nonostante sembrasse che l'uomo portasse rispetto a Decimo, teneva le dovute distanze, restando abbastanza distaccato e non partecipava mai alle gite e alle vacanze.
Era assai raro incontrarlo alla magione poiché aveva sempre qualcosa da fare, ma quando accadeva era spaventoso. Sembrava emettere un'aura inquietante e soffocante, chiunque lo incontrava si preoccupava della propria incolumità.

Tornò a voltarsi e notò che Nozomi era euforica, aveva iniziato a saltellare come un'ossessa assieme a Claudio e a Fabio. La bionda sapeva che la sua allieva aveva finalmente terminato i compiti delle vacanze che lei le aveva imposto di fare subito, così avrebbe finalmente potuto avere il resto dell'estate completamente libera. Come premio per la sua promozione e per aver svolto correttamente il suo dovere, quel giorno suo padre aveva deciso di portarla a mare assieme a tutta la famiglia.
Arina sapeva che Decimo era molto impegnato ultimamente, perciò quella giornata era davvero un premio speciale che era riuscito a distoglierlo per un po' dai suoi importanti impegni.
Aveva saputo dalla sua amica I-Pin che la famiglia, assieme a molte altri alleati, stava cercando soluzioni per contrastare una compagnia che voleva entrare nel loro territorio per compiere delle malefatte.
Inoltre, Decimo era anche sulle tracce dell'assassino dei suoi genitori.

Sospirò, dopotutto non doveva e non voleva pensarci. Se l'uomo aveva deciso di passare una bella giornata in famiglia al mare significava che quel giorno dovevano svagarsi tutti quanti, nessuno escluso.

Nozomi stava ancora saltellando quando la donna dagli splendidi capelli chiari non si avvicinò a lei e la fermò, ponendole le mani sulle spalle.
- Fermati, tu! Non vorrai buttarti a mare con tutti i vestiti, spero. - Kyoko aveva un'espressione abbastanza seria ma Arina sapeva che stava scherzando e, infatti, il suo sguardo si rasserenò pochi istanti dopo, quando la figlia mise il broncio.
- Ma perchè?! E' divertente!! -
- Su, su, Nozo-chan, perchè non mostri a tutti il tuo bellissimo costumino che la mamma ti ha comprato? -
La donna aiutò la bambina a sfilarsi il suo vestitino bianco, mettendo in mostra il suo costume azzurro infiocchettato. La piccola arrossì.
- Waaa che carina, Nono! - esclamò Claudio.
I due bambini osservarono la brunetta dalla testa ai piedi e il rosso iniziò anche a ridacchiare, mentre la donna piegava il vestitino appena sfilato alla figlia.
Claudio e Fabio si levarono velocemente le magliette e i pantaloncini, buttarono per aria le scarpe e saltellarono verso l'acqua assieme a Nozomi, mentre Arina raccoglieva i vestiti che i due maschietti disordinati avevano lasciato in giro.
- Mi raccomando, non vi allontanate dalla riva! - urlò lei, mentre osservava i tre buttarsi in acqua. Lanciò uno sguardo ad Arina che annuì, sorridendo.
- Ci penso io, Kyoko-san! Se si azzardano ad allontanarsi li picchio. - spiegò Arina, convinta.
La donna rise teneramente.
- Hai il permesso di sculacciare quella peste di mia figlia, se disobbedisce! -
- Con molto piacere! -

La bionda si sfilò il vestitino che copriva il suo bikini color smeraldo, Kyoko lo prese dolcemente dalle sue mani e glielo piegò, riponendolo assieme ai vestiti dei bambini sotto al loro ombrellone, dove Decimo si era già posizionato sull'asciugamano accanto a quello di Kyoko e stava osservando i bambini in acqua che si schizzavano rumorosamente.
- Ma guarda come si divertono, nemmeno il tempo di arrivare. - disse Tsuna.
- Nozo-chan non vedeva l'ora, dopotutto per i bambini l'estate è sacra. - disse lei - Per loro significa mare, sabbia e divertimento. -
- Ah ah, mi ricorda i tempi in cui anche noi andavamo a mare per rilassarci e divertirci. -
- uh, con Gokudera-kun e gli altri? Li ricordo anche io, quei tempi. Ma eravamo più grandi di Nozo-chan. -
Decimo rise.
- Ma in acqua diventavamo tutti dei bambini. -
- Oh, su questo non c'è alcun dubbio! -
La donna prese posto sull'asciugamano rosa accanto a quello del marito, iniziò anche lei a osservare la figlia e gli amichetti che giocavano, ormai raggiunti dalla giovane Arina che aveva iniziato una gara di nuoto. Il gruppetto stava ormai allegramente nuotando da una parte all'altra della spiaggetta.

Erano tutti e quattro abbastanza bravi e si stavano divertendo. Fabio si fermò all'improvviso, restò ad osservare un punto indefinito finchè gli altri tre non si voltarono verso di lui.
- Ehi, che succede? - chiese Claudio.
- Uh, c'è qualcosa tra gli scogli! - indicò il bambino - Laggiù, vedi? -
Arina e Nozomi si fermarono e Claudio raggiunse rapidamente Fabio.
- Non importa, non allontanatevi! Potreste farvi male! - disse Arina.
- Aspetta, voglio solo sapere cos'è! - il bruno sembrava incuriosito.
- No, no! E' troppo pericoloso! - ribatté lei - Ehi, Fabio! -
La bionda, nervosa, lanciò un'occhiata verso la spiaggia. Nessuno sembrava guardare dalla loro parte e gli unici più vicini erano Lambo e I-Pin, che ridevano sulla riva ma senza prestare loro attenzione.
- No, maledizione. -

Il bambino stava avanzando verso lo scoglio, seguito da Claudio e Nozomi. Arina, che fortunatamente era più veloce dei tre, li sorpassò e si fermò dinanzi a loro.
- Fermi, bambini! Ma siete matti?! Se vi avvicinate agli scogli vi potreste far male! -
- Ma... ma... - Fabio la guardò con occhi languidi ma la bionda scosse il capo.
- Lasciate fare a me, voi allontanatevi da qui. -
Con un'espressione delusa, Fabio e Claudio indietreggiarono mentre Nozomi restò ad osservare Arina con un'espressione adirata.
- Nozo... vai indietro. - disse la ragazza.
- No. Perchè vuoi fare sempre tutto tu? Potevamo vedere anche da soli, quella cosa l'ha vista Fabio prima di te, non è giusto! - la piccola si lamentò.
- Non si tratta di giusto o ingiusto, siete troppo piccoli per spingervi laggiù. Se volete, ci arrivo io, altrimenti lasciamo stare e torniamo a giocare. -
- Non siamo piccoli! Per chi mi hai presa, ho sette anni io! -
- Oh, sette anni, certo. Sei davvero adulta a sette anni, sai? - Arina alzò gli occhi al cielo.
- Ma mi prendi in giro?! Non sto scherzando, pensi che sia così da adulti nuotare fin laggiù a vedere cosa diavolo c'è sullo scoglio? E' una cazzata! -
- EHI! Modera i termini, Nozo! Chi ti ha insegnato queste parole? Sei maleducata! -
- Guarda che a scuola quasi tutti parlano così, non è colpa mia! -
- E da quando in qua tu fai quello che fanno gli altri? Non eri diversa? Non eri migliore di loro? -
- L'ho fatto perchè mi hai fatto arrabbiare! -
- Arrabbiare, dici? E ti pare una buona scusa per parlare così?! -
- Smettila, non mi parlare come se fossi una bambina! -
- Tu SEI una bambina. Sei piccola, sei inesperta e non capisci ancora nulla! -
- IO non capisco nulla?! E tu che nemmeno ti sei presa la briga di scoprire chi aveva fatto del male ai tuoi genitori? Tu sei stupida! - sbottò la bambina.

La bionda non osò credere alle sue orecchie, osservò la bambina con rabbia e quasi non volle prenderla e sculacciarla seriamente.
Ogni tanto capitava che le due litigassero, ma non era mai successo che Nozomi dicesse certe cose, né era successo che lei perdesse le staffe in quel modo a causa sua.
- Come diavolo ti permetti di dire queste cose riguardo la mia famiglia?? Dovresti tenere a freno la lingua e stare al tuo posto, non ti intromettere nella mia vita! - Arina era furiosa, ormai non riusciva nemmeno più a controllare le sue grida.
- Non sono io che mi sono intromessa nella tua vita, sei tu che ti sei intromessa nella mia! - ripose a tono.
- Che roba vai dicendo, mocciosa?? Sei tu che ti stai facendo i fatti miei e mi stai giudicando! Te che sei una marmocchia che va ancora alle elementari! Non mi faccio giudicare da una mocciosa, io! -
- Non sono una marmocchia e io giudico chi voglio, chiaro?! Tu ti sei intromessa nella mia vita, ti prendi sempre tutti i meriti da papà quando fai qualcosa di figo, e se io faccio qualcosa di buono i meriti li prendi sempre tu! - Nozomi tremava di rabbia.
- E' ovvio che tuo padre si sia congratulato con me per i tuoi voti, chi pensi che ti abbia seguito per tutto l'anno scolastico, costringendoti a fare i compiti nonostante dovesse studiare anche per sé stessa? -
- Non avevo bisogno di fare quegli inutili compiti, sapevo già tutto! Io so già tutto perchè ho imparato tante cose da Primo-sama! -
- Smettila di parlare di quegli stupidi sogni! Ti stai friggendo il cervello, non parli di altro!! -
- Io parlo di quel che cazzo voglio! -
- Nozo! Piantala o lo dico a tuo padre! -
La bambina sussultò, una lacrima rigò il suo viso e quasi non scoppiò a piangere.
- Perchè... perchè tu sai solo andare da papà a dire le cose!! Se faccio qualcosa di male papà mi sgrida, se faccio qualcosa di buono papà fa i complimenti a te! Papà vuole più bene a te che a me, mi stai portando via il mio papà, ti odio!! -

La bionda non riuscì a controbattere l'ultima affermazione e restò ad osservare la bambina mentre nuotava verso la riva. La brunetta fuggì via in lacrime, raggiungendo l'estremità sinistra della spiaggia.
Arina lasciò perdere l'oggetto misterioso dietro gli scogli e nuotò anche lei verso la riva, sedendocisi pensierosa.
Era davvero quello ciò a cui Nozomi pensava continuamente?
Arina non sapeva cosa volesse dire avere un padre e, in effetti, voleva bene a Decimo come se lo fosse.
Stava per caso rubando il suo affetto a Nozomi? Era vero che Decimo si complimentava con lei quando Nozo aveva voti alti e quando faceva qualcosa di buono, poiché era lei che le insegnava e si occupava di lei come una vera tutrice.
Ma Nozo non riceveva forse anche lei la sua bella dose di complimenti?
Davvero non riusciva a spiegarselo.

Kyoko si sedette accanto a lei. Arina non si smosse, era immersa nei suoi pensieri.
- Avete litigato abbastanza, a quanto pare. -
La bionda si ricordò che la piccola era scappata piangendo e si guardò intorno alla sua ricerca, sperando non si fosse fatta male o non fosse finita in qualche posto pericoloso.
Capì all'istante che, nonostante il litigio e la sua rabbia per l'essere stata giudicata da una bambina, teneva davvero molto a Nozomi e alla sua incolumità.
Era vero che i litigi servivano a comprendere quanto ci si volesse bene, e lei aveva capito che Nozomi aveva frainteso la situazione e credeva erroneamente che Arina volesse portarle via suo padre.
In quel momento si era sentita una stupida per non aver mai compreso qualcosa di così importante. Voleva correre ad abbracciarla per rassicurarla, dicendole che suo padre amava lei e che non doveva temere nulla.
Continuò a cercarla con lo sguardo, preoccupata.

- Tranquilla, c'è Tsu-kun con lei. - la donna aveva compreso perchè la ragazza era così preoccupata e aveva risposto al suo sguardo.
- … Kyoko-san... io penso che Nozomi... si sia fatta un'idea sbagliata... -
- uh? Cosa ti ha detto? -
- Ecco... non capisco... ma dice che Decimo vuole più bene a me che a lei perchè si complimenta con me... ma Decimo fa anche molti regali e si complimenta altrettanto con lei... insomma, non è che la trascuri... ma allora perchè ha detto quelle cose? -
La donna sospirò, osservando il mare.
- Sai, Arina-chan, i bambini hanno molto bisogno dei genitori perchè sono le loro colonne portanti. Nozo-chan ha bisogno di suo padre perchè per lei è “il suo eroe”, e nonostante non la trascuri è gelosa del fatto che condivide il suo affetto anche con te. -
- Ma... ma non è che mi vuole più bene di lei, cioè... -
- Sicuramente no, ma ai suoi occhi tu sei speciale per suo padre così quanto lei, ti vede come una sorta di rivale che vuole approfittarsi dell'affetto del padre e che potrebbe portarlo via... e penso che a sostegno della sua gelosia ci sia la scoperta che tu non hai i genitori. -
- … cosa posso fare? -
- uhm... penso che tu debba farle capire che sei sua amica, una sua preziosa amica, e che può fidarsi di te. -
- Non saprei proprio... adesso è così arrabbiata... -
- ...uh? C'è qualcosa laggiù? - lo sguardo di Kyoko si levò verso gli scogli, dove i ragazzi stavano nuotando poco prima.

Senza pensarci due volte Arina si alzò rapidamente, lasciando la donna per poi gettarsi in mare e nuotare rapidamente verso il punto adocchiato poco prima.
Raggiunse un anfratto e si sporse, notando che vi era appoggiato qualcosa che brillava alla luce del sole.
Una bottiglia di vetro, tappata con un tappo in sughero e con un fogliettino al suo interno, galleggiava incastrata tra le rocce.
Si chinò e la prese, sedendosi sugli scogli e stappandola, cercando di sfilare il pezzo di carta.
- uh...? Questo... -

Sorrise, subito dopo aver ritrovato la serenità che aveva perso, riponendo la pergamena nella bottiglia.
Sapeva di esser stata stupida ad aver litigato con Nozomi che, nonostante ciò che aveva affermato, era solo una bambina.
Era conscia di essersi rivolta a lei in modo crudele riguardo i suoi sogni e non immaginava nemmeno che la vedesse come una possibile rivale. Nozomi amava i suoi genitori, sopratutto suo padre, che vedeva già poco a causa dei suoi impegni, perciò poteva capire quanto avesse bisogno di lui e quanto lo volesse solo per lei. Quello stesso comportamento era tipico nei fratelli maggiori rispetto ai fratelli minori, che solitamente attiravano su di sé tutte le attenzioni dei genitori.

Nuotò fino alla riva e incrociò i due bambini, che stavano osservando la piccola Nozo più in là, seduta su alcuni scogli che delimitavano il perimetro della spiaggia.
Accanto a lei c'era Tsuna, che le stava accarezzando il capo con amore.
La bionda si avvicinò ai due lentamente e attese che la brunetta alzasse lo sguardo e la notasse per mostrarle la bottiglia.
- ...Nozo... ho trovato un messaggio in questa bottiglia. C'è un tesoro, vuoi cercarlo assieme a me? -
La brunetta fissò dapprima la bottiglia e poi lei, senza dir nulla ma con sguardo perplesso.
- Voglio cercare questo tesoro con te, vuoi venire? -
- Sembra divertente, perchè non vai? - le chiese Tsuna, con un tono dolce.
La bambina osservò suo padre, ma non si decise a parlare.
- Ehi, Nozo-chan. Non dovresti aiutare una persona che ti chiede aiuto? - chiese poi.
- ...ah... mh... -
- Vuoi forse lasciare che lo cerchi da sola? Senza il tuo aiuto non andrà molto lontano. -
- Sì, infatti ho bisogno di te! - esclamò Arina - Con le tue intuizioni lo troveremo sicuramente! -
Anche Claudio e Fabio, che avevano assistito alla conversazione, si avvicinarono ai tre.
- Si, dai, Nono-chan! Andiamo a trovare il tesoro tutti assieme! - disse Claudio, tendendole la mano.
Quando la brunetta sentì che avevano bisogno di lei, si asciugò le lacrime e annuì, anche se ancora un po' riluttante, raggiungendo i due con un lieve sorriso.

- Nozo... - Arina la chiamò e la bambina si voltò verso di lei, osservandola. - … scusami. - le porse la bottiglia.
- … senza di te siamo persi, quindi guidaci tu. -
Nozomi prese la bottiglia e osservò dapprima Arina e poi suo padre, che si era alzato e le stava osservando entrambe.
- … no, scusami tu. Grazie per avermelo chiesto... -
- Scherzi?! E come facevamo senza di te? Sei tu il capo della famigliola! -
Ridacchiò, non rendendosi nemmeno conto di ciò che aveva detto. Aveva definito il loro gruppo formato da lei, Nozomi, Claudio e Fabio, come una “famiglia”, proprio come quella di Decimo.
Forse, dopotutto, erano davvero una famiglia. Erano così uniti, nonostante avessero età differenti.
Arina, che era molto più grande, era costretta a star dietro a quella mocciosetta e ai suoi amici, ma non poteva non ammettere di divertirsi in loro compagnia.
Sorrise, alla fin fine voleva loro un gran bene e fu felice che Nozomi si fosse dimenticata del litigio con lei e si era dedicata alla ricerca del tesoro.

Il quartetto vagò senza sosta su e giù per la spiaggia, contando i passi, osservandosi attorno e frugando sotto gli ombrelloni, trovando qualche altro messaggio sotterrato e ridendo assieme come se non fosse successo nulla.
I presenti li stavano osservando con curiosità e così anche Tsuna, che era tornato a stendersi vicino alla moglie.
- Uh, Juudaime... si stanno dando da fare, eh? - l'uomo albino si appoggiò all'ombrellone dei due coniugi, osservando il bizzarro gruppetto.
- Esattamente ciò che volevo, dopotutto. -
- Di questo passo troveranno il tesoro in meno di dieci minuti. -
- Nozo-chan riesce a capire gli indovinelli con molta facilità. -
- … intuizione Vongola, eh? -
- Beh, non è solo quello. E' anche intelligente, la mia bambina. - sorrise.
- Sono felice si sia risolta la faccenda con Arina... - disse Kyoko - per fortuna quella bottiglia era lì proprio nel momento opportuno. -
- Alla fine è andata comunque bene, no? - Tsuna le sorrise.
- L'importante è che si stiano divertendo... e che il loro legame diventi più solido. - spiegò Gokudera.
- … Nozomi ha bisogno di questo affetto, ma ha anche bisogno di sorridere. Lei è nata in questo mondo che non le appartiene... non voglio pensarci adesso, desidero che non rimpianga nulla della sua infanzia e della sua adolescenza. -

Alcuni minuti dopo Arina stessa trovò, con suo stesso stupore, l'ultimo messaggio. Non lo lesse ma decise di porgerlo a Nozomi, che lo osservò stupita.
- Devi leggerlo tu, boss! -
Disse, con un tono divertente. La brunetta sorrise e le prese il foglio di mano, aprendolo e leggendolo.
- Dunque... -

“Se avete trovato questo messaggio significa che siete davvero bravi! I miei complimenti!
Ero già certo della vostra vittoria, ma me ne avete dato ulteriore conferma. Siete un gruppo unito, avete avanzato l'uno al fianco dell'altro senza cedere alla stanchezza e avete continuato gioiosamente, aiutandovi l'un l'altro fino alla fine.
Cosa avete appreso da questa avventura? Il vostro legame si è rafforzato?
Riflettete su ciò, siate consci delle vostre capacità e di quanto la presenza di ognuno sia importante in un gruppo.”

- Eh?! Ma chi è che ha fatto questa roba! - chiese Claudio, perplesso.
La bionda osservò perplessa e stupita la pergamena, mentre Nozomi continuava a leggere.

“Siate complementari, non rinunciate alla vostra unione e non pensate di poter fare le cose da soli.
Siate voi stessi e siate uniti, sempre.
E adesso, Nozo-chan, voltati e vieni ad abbracciare il tuo papà che tanto ti ama ♥”


La brunetta lesse l'ultima frase senza riuscire a trattenere il suo sorriso e il suo imbarazzo.
Appena concluse la lettura lanciò un fugace sguardo ai due amichetti, che le sorrisero ancora increduli e Arina, con la quale aveva litigato solo poco prima, rendendosi probabilmente conto di quanto si siano divertiti in quella mezz'ora di caccia al tesoro e comprendendo quanto fossero in realtà unite.
Le sorrise dolcemente, un sorriso così radioso che rincuorò la sua insegnante, prima di gettare per aria la pergamena e di voltarsi, correndo verso l'ombrellone dove c'era Decimo che la aspettava a braccia aperte.

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Capitolo 7
*** Target 7 - Una torta al cioccolato ***


Target 7 - Una torta al cioccolato

cover

Un dolce profumino si levava dalle cucine della magione Vongola, i cuochi stavano già preparando le pietanze per il pranzo nonostante fossero solo le dieci e mezza.
Le cucine erano sale enormi e c'era un reparto per ogni cosa, da quello per i primi piatti alla sala per i dolci, che confinava con la sala per pane e biscotti.

Una signora dal viso dolce e dalle forme abbastanza generose si accingeva a preparare della buona pasta, che veniva rigorosamente fatta in casa, con un sorriso raggiante stampato sul volto e molta voglia di lavorare. Era intenta a stendere la farina con concentrazione per poi sbattere le uova, pulendosi infine le mani sul grembiule bianco.
La donna dai capelli scuri si avvicinava ogni tanto ad altre aiutanti che stavano già preparando le basi per i piatti del giorno.

La magione era quotidianamente occupata da moltissime persone, tra cui la famiglia del boss, quelle dei guardiani e tutti gli aiutanti e tecnici vari, tenendo conto anche dei membri dello staff come i camerieri, maggiordomi, giardinieri e i cuochi stessi, per cui necessitavano di molti ingredienti e di molta manodopera.
Inoltre i pasti si dividevano in più fasi a seconda di chi doveva mangiare per primo. Il Boss e la sua famiglia aveva sempre la priorità, assieme ai suoi guardiani. A seguire, la tavola veniva preparata nelle sale al primo piano per i membri del supporto tecnico e i sorveglianti. Lo staff consumava i pasti nelle sale apposite al pian terreno, nell'area dedicata allo servitù dove vi erano le cucine, i depositi e le camere personali.

Mentre la donna osservava il lavoro ottimale dei suoi aiutanti le sembrò di notare qualcosa muoversi all'entrata, per cui si voltò rapidamente e osservò con attenzione nei dintorni.
Dora era il capo chef assieme a Fabrizio, suo marito, che si occupava della pasticceria, e odiava che qualcuno esterno entrasse nelle sue cucine
La donna si avvicinò ai tavoli da appoggio che riempivano la sala e li costeggiò pian piano, osservando verso l'entrata in attesa che l'intruso commettesse un passo falso.
Sorrise, quando finalmente fu sicura di aver notato un'ombra e decise di precederla attraversando il ripiano dalla parte opposta e sbucando proprio davanti ad una bambina, che quatta quatta stava gattonando.

- Sawada Nozomi. -
La piccola si fermò, quasi spaventata, alzando il capo e incrociando il volto severo della donna. Tentò di corromperla con uno sguardo carino e dolce, che la piccola metteva su quando voleva far intenerire qualcuno.
La donna sospirò.
- No, non mi incanti. Sai bene che non devi venire qui e puntualmente ti ritrovo a girovagare tra i tavoli. -
- Ma... mi sono lavata le mani! E ho anche i capelli legati! -
- Non mi interessa, signorina. -
La bambina si alzò, ondeggiando un po' su sé stessa.
- Per mangiare dovrai aspettare il pranzo, come tutti. -
- Ehm... non voglio mangiare... -
- Certo, e io non sono qui per cucinare. La Signorina viene sempre nelle cucine per mettere le mani sui contorni e sui dolci. -
- ...ma tanto oggi non ci sono patatine... -
- E certo, le avete mangiate ieri. - alzò gli occhi al cielo - Devo curarmi anche della vostra salute, non potete mica mangiare solo schifezze e fritture! Un cuoco deve cucinare soprattutto cose genuine. -
La bambina lanciò un'occhiataccia a un cuoco, che in lontananza stava girando il mestolo in un pentolone pieno di un liquido verdastro.
- … cose genuine? -
- La verdura fa bene, signorina. Anche Kyoko-san ve lo dice sempre, dovreste dare più ascolto a vostra madre. -
- Però... io sono qui perchè... ecco... -

Ad un certo punto la bambina smise di parlare, chiuse gli occhi e si lasciò trascinare da un profumo inebriante. Si lanciò verso la sala adiacente, annusando l'aria e raggiungendo Fabrizio, il marito di Dora, un uomo anche lui abbastanza robusto e con i capelli brizzolati, il quale era intento nel preparare dei bignè al cioccolato.
La donna, sospirando nuovamente, raggiunse la bambina nella sala del marito.

- Santo cielo, cosa devo fare con questa monella? - portò le mani sui fianchi, rassegnata - Ehi! -

- Oh, ma guarda un po' chi abbiamo qui! -
L'uomo aveva dei baffi molto simpatici e uno sguardo dolce quanto quello della moglie, sorrise teneramente alla bambina che si era fermata ad osservare quei buonissimi dolci con l'acquolina in bocca e sguardo sognante.

- Signorina! Per favore! - Dora si avvicinò alla bambina.
- Ma... sono splendidi e profumosissimi! Come li hai fatti? - chiese la piccola.
- Con tanto amore! -
La piccola sussultò.
- Amore?! Con l'amore si cucina? -
- Con l'amore si fa tutto, piccola! -
La ragazzina sorrise, appoggiandosi al tavolo e osservando quelle prelibatezze.
- Allora io dovrei fare piatti buonissimi con tutto il mio amore! -
- E tu vorresti cucinare? Ci siamo noi per questo~ - la donna ammiccò con passione.
- No, no! Nel sogno di stanotte ho visto Primo-sama che andava al ristorante e mangiava cose buone e sembrava così felice... se facessi dei piatti deliziosi, Primo-sama sarà felice! Perciò ho deciso che voglio fare una torta per Primo-sama! -
- Uh...? Una torta? - chiese Dora, perplessa.
- Sì, una torta gigantosferica e piena del mio amore per Primo-sama! -
- Sarà divertente, vuoi provare? - chiese Fabrizio.
- Fabrizio, dobbiamo lavorare noi! -

- Ci penserò io a lei! -
Una voce femminile sorprese il trio alle loro spalle. Quando la brunetta si voltò, notò che donna dai capelli chiari e dallo sguardo sereno la stava guardando con amore.
- Mamma! -
- Sai Nozo-chan, la tua mamma sa cucinare molto bene! - la donna si inginocchiò, osservando la figliola. - Che ne dici se oggi preparassimo un bel dolce per papà e per i tuoi amici? -
- SI! -

La bambina dagli occhi luccicanti seguì la madre al supermercato dove avrebbero comprato gli ingredienti adatti per fare il loro squisito lavoro.
La donna curiosò tra gli scaffali con sguardo pensieroso, tenendo l'indice sotto le labbra e studiando per bene ogni prodotto.
Nozomi, intanto, aveva iniziato a saltellare in giro e stava curiosando tra i ripiani, quando ritrovò la madre e si avvicinò a lei.
- Questo supermercato lo ricordo! - Nozomi si guardò intorno con interesse.
- Uh, è strano, è lontano da casa. -
- E allora perchè siamo venuti qui? -
- Perchè ha buone offerte. -
- Ma io me lo ricordo comunque. -
- E' strano che tu te lo ricorda, l'ultima volta che sei stata qui avevi circa due anni! -
- Allora non l'ho sognato! -
- Eri con Lambo e I-Pin. Lambo insistette per venire qui, voleva approfittare di un'offerta interessante. -
- Uh? Che offerta? -
- Non ricordo, mi pare che c'era una promozione riguardo dei biglietti di un concerto, che si potevano ottenere scontati se si acquistavano determinati prodotti sponsorizzati... - spiegò la donna, portando un dito sotto al mento.
- Oh, tipico di Lambo-nii. -
- Ad ogni modo dovette rinunciare, sbadatamente ti avevano persa di vista ed eri uscita fuori al negozio... tuo padre era così preoccupato che quando lo seppe si catapultò fuori da casa per andare a cercarti! -
- ... e mi ha trovata? -
- Beh... sei qui, no? - ridacchiò - Ti ha trovata seduta per terra, in un parco a pochi passi dal negozio. Tu stavi benissimo... ma Tsu-kun stava per morire di infarto. -
La piccola arrossì e si voltò, cercando di non ridere. Cercò di immaginare la scena, suo padre che la cercava ovunque con uno sguardo disperato.
- Povero papa... -

Prese una scatola di scaglie di cioccolato e la osservò, pensierosa.
- mhh... cosa facciamo? - chiese la donna.
- Una torta! -
- Torta al cioccolato? -
La piccola saltellò allegramente, annuendo alla madre che stava iniziando a prendere tutti gli ingredienti dagli scaffali e li infilava rapidamente nel carrellino della spesa.

Dopo aver pagato alla cassa, le due uscirono dall'opprimente negozio per poter respirare finalmente un po' di aria fresca.
- Abbiamo tutto! Adesso possiamo andare a fare il nostro bellissimo dolce~ - esclamò Kyoko.
La brunetta, che stava portando la busta con gli ingredienti, alzò il capo all'improvviso e si bloccò, notando alcuni uomini che indossavano una giacca color blu notte con decorazioni argento. Sul tessuto vi erano incise le iniziali L.C. stampate sul petto, che attirarono la sua attenzione.
Non erano persone degne di nota, però la bambina li osservò comunque con insistenza.
Seguì con lo sguardo i tre uomini, che entrarono in un palazzo all'angolo. Si trattava di un edificio abbastanza curato e con delle rigogliose piante all'ingresso, non c'erano insegne e sembrava un normale condominio.

- Nozo? Nozo! Che succede? -
La piccola Vongola si voltò verso la madre e le prese la mano, seguendola verso casa senza disobbedire.

Nell'ora successiva, le due donnine Vongola si barricarono nel reparto pasticceria per preparare la loro torta.
La donna prese il cioccolato a pezzetti e lo mise a bollire con il burro, aspettando che si sciogliesse, mentre la piccola iniziò a setacciare la farina con il cacao per poi mettere tutto in un recipiente.
Subito dopo Kyoko aiutò la figlia a separare i tuorli d'uovo dagli albumi, per poi unirli con lo zucchero ed il latte.
Nozomi amalgamò tutto aggiungendoci la farina e il cacao, che aveva precedentemente setacciato, e Kyoko ci aggiunse il cioccolato con il burro che aveva già fuso.
La donna passò al montaggio degli albumi, mentre la piccola le passava un po' di sale. Subito dopo, aiutata dalla madre, imburrò e infarinò il ruoto, pronto per andare nel forno a centosettanta gradi.

Ormai dovevano solo attendere la cottura del dolce, la piccola osservava il forno con occhi luminosi mentre canticchiava, accanto alla madre che le sorrideva con amore.
- Sarà buonissimo, vedrai! - le disse la madre.
- Papa lo mangerà? -
- Ma certo che lo farà! Non si perderebbe mai una torta squisita preparata dalla sua piccola Nozo! -
- E anche da mamma! -
- Sì, sì, dalle sue donne! -
La piccola tornò a canticchiare più sonoramente quando, poco dopo, l'allarme del forno suonò poiché era passata già mezz'ora e Kyoko estrasse il dolce dal forno bollente, poggiandolo sul tavolo e aiutando Nozomi a spolverarci sopra lo zucchero a velo.

Le due, che portavano il dolce su un vassoio con un po' di succo di arancia, varcarono la soglia della sala riunioni, dove Vongola Decimo e i suoi sei guardiani sedevano attorno ad un lungo tavolo in legno scuro.
- Oh, cosa abbiamo qui? - chiese l'uomo, annusando il buon profumino.
La donna lanciò un'occhiata alla figlia che, sorridendo, si avvicinò a suo padre ponendo sul tavolo la caraffa con il succo.
- torta al cioccolato! -
- Uhm, che bontà! E chi l'ha fatta? -
- Nozo-chan e mama! -
- Ma allora deve essere buonissima! -
Sotto gli sguardi ridacchianti e sorridenti dei guardiani, la donna tagliò la torta e porse a tutti la propria fetta mentre Nozomi versava con cura il succo.
- Ma che profumo, sembra squisita. - disse Yamamoto.
- Una torta fatta dalla mocciosetta? Speriamo non sia avvelenata! - Gokudera la guardò sottecchi.
- Ehi, non sono mica come Bianchi nee-san! -
L'uomo ridacchiò quando la piccola gli lanciò un'occhiata offesa. Non riusciva proprio a sopportarlo, Gokudera si prendeva sempre gioco di lei, anche se lo faceva scherzosamente.
- Uhm, non vedo l'ora di assaggiarla! - Lambo aveva già l'acquolina in bocca.
- La torta fatta da mia sorella e dalla mia nipotina sarà ESTREMAMENTE buona! - Ryohei attendeva con ansia di assaggiare.
- Grazie, la assaggerò volentieri. - disse educatamente Chrome.
- Mah, è solo una normalissima torta. Non serve una laurea per prepararla. - Hibari sembrava abbastanza indifferente, come al solito.

Anche il boss prese il piattino con la sua fetta di torta e, dopo qualche secondo di silenzio, la assaggiò per primo.
Il cuoricino della piccola palpitò forte, restò ad osservare i gesti di suo padre e sperò vivamente che gradisse i suoi sforzi.
Dopo qualche istante, l'uomo sorrise e osservò la figlioletta.
- E' davvero magnifica, complimenti alle cuoche! -
Nozomi saltellò per la gioia, corse ad abbracciare il padre che la strinse a sé, mentre Kyoko sorrise soddisfatta e i guardiani addentavano la loro porzione con gusto.

***

L'ora di pranzo era ormai giunta e la biondina era intenta nel sistemare il suo piccolo appartamento. Stava spazzando nel bagno quando il campanello di casa suonò, facendola sussultare.
Lanciò letteralmente per aria la scopa e corse ad aprire la porta, ritrovandosi di fronte ad un ragazzo biondo dagli occhi smeraldo, totalmente uguale a lei.
- LUCA! -
La ragazzina lo abbracciò e lui la strinse, restando stretti in quel caloroso abbraccio per almeno un minuto.
Un minuto di felicità per due fratelli che non si vedevano dalla nascita.

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Capitolo 8
*** Target 8 - I Gemelli ***


Target 8 - I gemelli

cover

Dopo aver preso una bottiglia di tè al limone dal frigorifero, la biondina si avvicinò al tavolo e ne versò un po' nel bicchiere del fratello, mentre lui si guardava in giro con curiosità.
Lo scrutò sottecchi, ancora molto imbarazzata e felice di averlo finalmente potuto incontrare, dopo anni e anni di lettere e parole sbiadite.
Non si vedevano da quando lui era stato dato in adozione, nonostante abitassero nella stessa regione lui viveva in un paesino più a sud e raramente si spostava, soprattutto a causa dei suoi genitori.
Erano passati così tanti anni e pensava che non l'avrebbe rivisto mai, ma dopo aver ricevuto l'ultima lettera che annunciava il suo arrivo era andata nel panico, tra la felicità e l'ansia di rivederlo.
Il giovane riportò l'attenzione su di lei quando si sedette davanti a lui versandosi un po' di tè che gustò lentamente, sorridendogli, mentre lui faceva altrettanto.

- Davvero... abiti qui tutta sola e non hai nessuno che ti aiuta... ma come fai? -
- Diversamente da te sono abbastanza responsabile. -
- Cosa vuoi dire? Anche io sono responsabile ma non mi piacerebbe vivere da solo. Troppe cose da fare. -
- Mah, alla fin fine è bello avere una propria indipendenza... anche se la mia non è totale... -
- Dipendi ancora economicamente dallo Juudaime. -
- Esatto... - la ragazza sospirò, bevendo un altro sorso, mentre osservava il volto del ragazzo, praticamente uguale al suo. Gli mancava solo un neo sotto le labbra a sinistra e sarebbe stata la sua copia perfetta.
- Cos'hai intenzione di fare dopo la scuola? - chiese lui, curioso.
- Penso farò l'insegnante o la tutrice. -
- La che? Tutrice? Quelle tizie che insegnavano ai figli dei nobili? - Luca inarcò un sopracciglio.
- Tizie...? Ci sono termini migliori per definirle... -
- No, ma... mi ricordano quelle del milleottocento... -
- Pensala in una chiave moderna. - lei ammiccò.
- E' così difficile... ma perchè proprio questo? -
- Mi piace insegnare. -

Il ragazzo portò l'attenzione su una foto appesa in cucina che ritraeva la sorella, più giovane di qualche anno, abbracciata ad una bambina bruna dagli occhi vispi.

- Mh... si tratta di lei? -
La bionda alzò il capo e osservò nella direzione dello sguardo di Luca.
- Nozomi. - sospirò.
- Oh, avevo capito fosse lei, me ne parli sempre. -
- Perchè è sempre tra le scatole! -
Risero, Luca dovette smettere di bere per non sputare tutto il suo tè.
- Sembra davvero solare, sono sicuro che farai un ottimo lavoro. -
- Sembra, lo sai. -
- Le tue lettere sono molto esplicative, sorella. Ma, ripeto, farai un ottimo lavoro. -
- Lo spero per entrambe. -
Luca sorrise, osservando nuovamente la foto.
- Me la farai conoscere? -
La ragazza scosse il capo, con un'espressione più cupa.
- Ha da poco scoperto dei nostri genitori biologici... non voglio metterla a conoscenza di altro su di me, dovrebbe essere spensierata e invece si fa troppi pensieri. -
- Sarà intelligente come la sua tutrice. -
- Lo è, ma non dipende da me. E' tipo un genio, ma... più che altro è a causa dei sogni... - Arina divenne pensierosa.
- Uh? -
- Lascia stare, è complicato. Un giorno te ne parlerò. - si passò una mano tra i capelli biondi, osservando lo sguardo deluso del fratello.

- … Decimo ha scoperto l'assassino dei nostri genitori biologici. -
Luca sussultò, sorpreso per la notizia.
- Davvero? Chi? -
- Non lo so, non me lo diranno e non voglio saperlo. -
- … -
- Luca... non cerco la vendetta, mi fa solo piacere che l'ha scoperto e che si sta muovendo per catturarlo, così almeno i nostri genitori saranno in pace. -
- Ma almeno sapere chi è... -
- Non voglio, potrei non controllarmi. - la ragazza scosse il capo.
- … Avevi detto che non cercavi vendetta. - Luca divenne perplesso.
- Sono comunque un essere umano. Saperlo mi accenderebbe un fuoco di rabbia... dubito che continuerei a farmi i fatti miei per molto. -
- Eh, hai ragione. Se lo sapessi gli infilerei la testa nel gabinetto. -
- Luca! -
Il ragazzino rise, calmando l'animo della sorella che non riusciva ad essere infuriata con lui.
- L'importante... è che Juudaime lo catturi e gli dia ciò che merita. -
- Già, così finalmente anche i nostri animi saranno più tranquilli. -
- E ci butteremo via il passato alle spalle. - il ragazzo sorrise.
- Niente più brutti sogni... -
- anche io a volte faccio brutti sogni... anche tu ricordi quel giorno? - chiese lui.
- Non so se “ricordare” può essere il termine adatto... dopotutto eravamo così piccoli... -
- Ma alla fine sono ricordi... brutti ricordi... -
- Lasciamo stare questo argomento, dai. -
- mh. -

Il ragazzo sospirò, poggiando il bicchiere sul tavolo e giocherellandoci con i palmi delle mani, facendolo ruotare a destra e a sinistra.
- E tu? Stai studiando? - chiese lei.
- Non si può effettivamente chiamare studio. -
- Basta che segui i professori e che tieni alta la tua media... -
- No, sore, lo sai. In quella scuola... se ci sono i professori è già un miracolo. Non è una città come questa, il mio è un paesino abbastanza degradato. -
- Ma lo studio è importante... non puoi trasferirti via? -
- scherzi? Non dopo quello che è successo... però ho notato che mio padre sta considerando l'idea di trasferirsi al nord. -
- Uhm, nell'ultima lettera mi hai accennato dei tuoi... così si sono lasciati? -
- definitivamente, ma me l'aspettavo. Papà è furibondo, penso che la odi. -
- Ma no, non penso... insomma, se si sono sposati si amavano... -
- L'amore è assurdo, non lo capisco. Eppure... - si stiracchiò, osservando il soffitto bianco con un'espressione pensierosa. - Eppure penso che sia meraviglioso... quando troverò una moglie la tratterò con tutto il rispetto, non come papà che continua a infuriarsi con lei... qualsiasi ragione abbia. -
- Ma adesso... cosa farai? -
- Mhhhh... - si raddrizzò, tornando a fissare la sorella con sguardo serio. - dopo che mamma se ne andrà a Bologna, papà ha detto che vorrebbe farmi entrare nell'esercito. -
- ...Eh? Quando? Sei troppo piccolo! Cosa cavolo passa nel cervello di tuo padre?! -
- No, non ora, quando avrò finito la scuola...-
- Sarà comunque difficile … e mi mancherai moltissimo. -
- anche tu, sorella. Ma non c'è nulla che possa fare, almeno per ora. Non mi piace nemmeno dover combattere ma lo farò solo per lui... sarà anche stupido, ma il mio vecchio è una brava persona. -
- … anche dopo quello che ha fatto a tua madre? -
- Ehi, non l'ha mica picchiata! Se le metteva le mani addosso era un uomo morto! -

In quella mattinata di fine Agosto il sole era coperto dalle nuvole e, per fortuna, il caldo era meno torrido. La bionda accompagnò il fratello in città facendogli fare un giro turistico, e si meravigliò nel vedere quanto ne fosse impressionato.
- non sei davvero mai stato in una città così grande? -
- non mi sono mai mosso dal paesino dove abito io, ci sono pochissimi negozi lì. - sorrise, fermandosi davanti la vetrina di un negozio di videogiochi. - Wow, sembra fantastico questo! - indicò la custodia di un gioco, che ritraeva due militari che puntavano i loro fucili verso l'osservatore.
- Ti piacciono i giochi così? -
- Mi aiutano a rilassarmi. Amo gli sparatutto ma anche i gdr. Non sopporto però i giochi di corsa o di calcio. -
- Hai qualche console a casa? -
- Solo una e due giochi, non mi hanno mai voluto comprare molto, anche perchè papà non può permetterseli, costano una cifra. -
- Un giorno te lo regalerò uno io, per il nostro compleanno. -
- E' passato, eh. -
- Già, siamo ad agosto ormai. Tra un mese Nozomi fa otto anni... è cresciuta così tanto... -
- Ecco là. -
- Uh? - la bionda si voltò verso il fratello, che ridacchiò in modo divertente.
- Finisci sempre con il parlare di lei. -
La ragazza fece per aprire la bocca ma la richiuse in fretta, spostando la sua attenzione al suolo.
- mh... è che... dato che ho la sua responsabilità... passo molto tempo con lei... -
- Non devi scusarti, sore. Fai bene il tuo lavoro. -
- Non continuare a parlare di lavoro, non sono ancora una tutrice... sono solo una amica, per ora. -
- Una sua amica di tipo sette anni più di lei che la aiuta a studiare e le insegna nuove cose... sei una futura tutrice, te lo dico io. -
- Se Decimo vorrà che continuo a occuparmi di sua figlia. -
- perchè non dovrebbe volere? -
- Mah, era una supposizione. -

La giornata passò rapidamente, come sempre accadeva quando ci si divertiva e Luca sembrava divertirsi molto.
Arina lo portò a far spese, comprandogli un cellulare di ultima generazione per far sì che potessero tenersi in contatto, qualsiasi cosa accadesse.
Il biondo sembrava estasiato da quell'acquisto, continuava a smanettare con il cellulare da quando erano usciti dal negozio di elettronica.

Ormai il sole aveva deciso di abbandonarli e i due erano rincasati per prendere le borse del giovane.

- … Luca... perchè non resti a dormire da me? -
- No, sore. Devo andare, papà mi aspetta per stasera e non ho alcuna intenzione di farlo arrabbiare. -
- Ma... potremmo non vederci più... per davvero molto tempo. -
- resisteremo, come abbiamo fatto per tutti questi anni. -

Sotto un cielo rossastro, i due raggiunsero la stazione ferroviaria e Luca si intascò il biglietto che aveva preso all'andata, avvicinandosi ai binari e osservando l'orario di arrivo del suo treno.
- Sarà qui a momenti. -
- Doveva già essere qui... -
- Sore, siamo in Italia. Tutto va a caso, qui. -
- Già, tutto. -
I due si fissarono per qualche istante e la ragazza non poté far altro che osservare gli occhi del fratello con insistenza, così come stava facendo lui.

- Sai, sore... ho sempre sentito che mi mancava qualcosa nella vita. In realtà sentivo uno spazio vuoto, qualcosa che non c'era. So che eri tu. -
- Anche io, fratello. Ho sempre avuto un posticino che bramava di essere colmato, ed era riservato a te. -
- E' strano, eh? -
- non del tutto. Essere gemelli... è qualcosa di più che essere fratelli. Noi siamo... un insieme, due metà che si compongono l'un l'altra... cioè, guardiamoci... siamo uguali. -
- Sì, siamo un'unica realtà. -
- … e questa da dove l'hai tirata fuori, Luca? -
Il ragazzo ridacchiò.
- Un film di animazione per bambini... era davvero bello! -

Nonostante il ritardo preannunciato il treno arrivò qualche istante dopo, solcando i binari e fermandosi davanti ai passeggeri, che attendevano l'uscita delle persone arrivate a destinazione per poter prendere posto.
- … devi andare. -
- … devo andare. -
I due continuarono a fissarsi quando una lacrima non solcò il viso di Arina e Luca non si gettò ad abbracciarla, stringendola a sé.
- Sorella... non piangere o farai piangere anche me... -
- Non posso... non voglio che tu vada via, Luca... ho così tanto da dirti... così tanto da mostrarti... -
- Lo so, un giorno lo farai... e mi presenterai anche quel tuo fidanzato, Alessio. -
- … Alessandro. -
- Beh, lui. E se ti fa male, sappi che lo prenderò a pugni e gli infilerò la testa nel- -
- -gabinetto. -
- sì, esatto. -
Si staccarono, osservandosi per un'ultima volta mentre il biondino, con il pollice, asciugava le lacrime della gemella.
- ti voglio bene, sorella mia. -
- Ti voglio immensamente bene, fratello mio. -
- A presto, allora. -

Il biondo si chinò per prendere i suoi bagagli e salì, dandole le spalle, mentre la ragazza lo seguiva dall'esterno con sguardo apprensivo, osservandolo dai finestrini mentre prendeva posto nella carrozza accanto all'entrata.
Poggiò i bagagli e aprì la finestra in alto, appoggiandosi e osservando Arina con sguardo dolce e triste.
- … Luca... -
- ...Arina. -
- Mi raccomando. Studia, fa ciò che ti dicono, non parlare in modo volgare... -
Lui ridacchiò, probabilmente pensando alla sorella come una madre in ansia.
- Sorella, so badare a me stesso. -
Il treno fischiò e, lentamente, si mosse.

- Non voglio... non voglio che vai via! -
Iniziò a correre, seguendo il treno che si muoveva e cercando di non perdere di vista il fratello, ancora appoggiato al finestrino.
- Aspettami, sorella! Tornerò, te lo giuro! -
- Luca! Luca! -
- ti voglio bene, Arina! -
- Luca! Ti voglio bene anche io! Ti voglio tanto bene! -

Continuò ad inseguirlo, con il viso rigato da mille lacrime di tristezza, finchè non giunse al termine della piattaforma, quando Luca era ormai lontanissimo ed il treno aveva lasciato la stazione per sfrecciare velocemente sui binari, che lo conducevano lontano da lei.
Così restò, ferma a fissare l'orizzonte, con un vuoto nuovamente aperto dentro di lei e sentendosi inspiegabilmente sola.

***

Non era sola.
Poco più in là, nascosti dietro un'altra entrata, vi erano accucciati tre bambini, che l'avevano nuovamente seguita. I tre sembravano disorientati, non riuscivano a credere che una donna così forte potesse avere il viso cupo e bagnato dalle lacrime.

Fabio, il più sensibile dei tre, era scoppiato a piangere. Aveva sempre avuto una passione per Arina e non riusciva a vederla in quello stato.
Claudio, invece, la osservava in silenzio, assieme a Nozomi.
- Suo fratello è andato, ormai... -
- Ma... siamo sicuri fosse suo fratello? Potrebbe anche essere un suo parente a caso... suo cugino, forse. -
- Le somiglia davvero troppo per essere suo cugino. -
- sono due gocce d'acqua, è sicuramente suo fratello gemello. -
L'affermazione della bambina risuonava alquanto fredda e i due si sentirono abbastanza a disagio.

Claudio la scrutò attentamente, cercando di comprendere il perchè di quel comportamento.
- Non ce ne ha mai parlato... -
- non mi sorprende, non mi aveva mai detto nulla di nulla di lei... -
- Mi dispiace tanto che deve sopportare questo... -
- Anche a me, tutto per colpa di quelli della Lhumor. -
- La Lhumor Corporation? Pensi ancora a loro? -
La bruna si voltò verso il rosso e lo osservò con sguardo serio.
- pensi che me ne possa dimenticare? -
- Beh... no. -
- Non ho mai smesso di pensarci e... anzi, ho anche dei pensieri. -
- uh? -
- No... non posso lasciare in libertà quelle persone che hanno fatto soffrire così tanto Arina... -

Fabio tirò su col naso, annuendo, mentre osservava la donna che, immobile, scrutava nel tramonto, persa nei suoi pensieri.
Il rosso riuscì a resistere alla tentazione di chiedergli se preferiva Arina a Nozomi, data la scommessa che avevano fatto qualche settimana prima e che vedeva protagonista la piccola amica.
- Ma quindi... cosa vuoi fare? Vuoi ancora vendicarti? -
- … voglio solo non dover vedere Arina piangere così... - si voltò e scese le scale, uscendo della stazione e immergendosi nel caos serale della cittadina.
- Nessuno di noi lo vuole! -
- Allora dobbiamo fare un piano, no? -
- Come nei film? -
- Arina... non si fida di me, perciò non mi ha detto nulla. -
- Uh? -
- Sei sicura? -
La bruna scrollò le spalle.
- Se voglio che si fidi di me... devo trovare quei tizi e vendicare i suoi genitori. -
- … Nono... sono tanti, come facciamo solo noi tre? -
- non ci servono tutti loro. Dietro tanta gente c'è sempre una sola persona, me l'ha insegnato Primo-sama nei miei sogni. -
- uh... -
- Io voglio trovarlo... quel tizio che comanda alla Lhumor... e poi lo darò a papa così sia lui che Arina saranno felici e fieri di me. -

Il sole lasciò spazio ad un nero cielo, illuminato solo dalla luna e dalle luci elettriche della città.

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Capitolo 9
*** Target 9 - Vento e tempesta ***


Target 9 - Vento e Tempesta

cover

La giovane Vongola era decisa a scoprire dove si trovasse il capo della Lhumor e quell'idea iniziò a tormentarla nei giorni che seguirono.

Quella sera, quando vide la sua migliore amica Arina che salutava in lacrime suo fratello gemello, era rimasta colpita e si era resa conto di quanto male avesse fatto quell'uomo che, dall'ombra di un'organizzazione, aveva fatto uccidere i genitori dei due, costringendoli a separarsi e a vivere due vite così difficili.
Nozomi sapeva cosa significava avere un padre e una madre a cui si voleva bene, da cui si poteva andare quando si era tristi o quando si avevano problemi. Sapere che qualcuno poteva non avere due persone così care su cui contare era un pensiero che la rattristava molto.
E pensare che, quasi un mese prima, avevano litigato a causa della sua gelosia nei suoi confronti.

"... Se papa vuole bene anche a lei che non ha più nessuno, Arina non sarà più triste..."
In quel momento, non le importava più che potesse portarle via suo padre, dopotutto Arina era sola mentre lei aveva ancora l'affetto dei genitori. La sua situazione era davvero troppo triste e Nozomi capiva che la cosa migliore da fare era volerle bene e non farla sentire sola.

Quando incrociò gli sguardi di Claudio e Fabio, quella mattinata di settembre, aveva già preso la sua decisione. I due erano da poco giunti a trovarla, in accordo con il suo piano, e stavano in attesa di ascoltare ciò che la piccola aveva ideato per arrivare alla soluzione.
Si trovavano nel cortile interno della magione ad osservare il cielo grigiastro, un cielo poco estivo ma che, nonostante tutto, continuava a trasmettere l'afa stagionale.

- Uhm... tuo padre è in casa? - chiese Claudio.
- Secondo ciò che ho sentito, dovrebbe essere uscito pochi minuti fa. -
- Oh... e noi cosa stiamo facendo, qui? - Fabio si guardava attorno, perplesso.
- Aspettiamo qualche altro minuto prima di andare a fare le nostre ricerche. -
- … Vuoi infilarti nello studio di tuo padre? E se ci beccano? - Il rosso la fissò con preoccupazione, mentre la brunetta si mordeva le labbra.
- I domestici potrebbero beccarci! - esclamò il bruno.
- Non ti preoccupare, loro non potrebbero dirmi nulla. -

Lasciarono trascorrere un altro paio di minuti prima che la piccola si alzasse dal bordo della fontana, dov'era seduta assieme agli altri due.
Si voltò infine verso i suoi amici con sguardo serio.
- … Nono... non essere così. - disse il rosso.
La bambina alzò un sopracciglio, perplessa.
- Così come? -
- Così come sei ora. Sembri... spenta. -
Si portò una mano al petto e poi al viso, pensierosa. Non capiva cosa lui stesse cercando di dirle.
- … è vero, Claudio ha ragione... sei strana, non sei Nono-chan... -
- Non... non è vero... io sono sempre io... -
- Non è che sei una persona diversa, ti stai comportando in un modo diverso... non come fai sempre... -
La piccola scosse il capo, stupita da quelle parole.
- Ma... cosa importa, ora? Dobbiamo trovare quell'uomo e portare giustizia! -
- Sì, lo capisco, ma... Sei troppo nervosa, troppo presa, troppo strana... -
Fabio si guardò i piedi, imbarazzato e non sapendo cosa dire.
Anche Nozomi restò in silenzio per qualche secondo ancora.
- Nono-chan, tu hai qualcosa di bellissimo che però non stai mostrando più da un po' e questo mi rattrista molto... -
- Qualcosa di... bellissimo? -
La bambina sembrò spaesata e il rosso annuì, alzandosi e avvicinandosi a lei.
- Tu hai un bellissimo sorriso, Nono. Io voglio vederlo, sempre. Sei bella quando sorridi, sembra che tutto brilli attorno a te. -
- Come un cielo!- esclamò Fabio.
I due si voltarono verso il ragazzino che aveva appena parlato, perplessi.
- … si, come un cielo, esatto. - Claudio annuì.
La Vongola arrossì, scostando lo sguardo per non incrociare quello dei due amici.
- Pe-però ora è meglio andare. -

I due annuirono e seguirono l'amica nell'edificio gigantesco in cui ancora non si sapevano orientare.
Attraversarono alcuni corridoi all'apparenza tutti uguali, seguendo senza fiatare la giovane che, finalmente, si fermò dinanzi ad una porta in legno che i bambini conoscevano benissimo.
La aprì lentamente, con circospezione.
- Ehi... sei sicura che non ci beccheranno? Tuo padre è uscito, vero? - chiese Fabio.
La bruna si voltò, osservando dapprima Fabio e poi la vetrata che dava sul cortile, di fronte alla porta dello studio del boss.
- Ecco... no... lui è uscito dieci minuti fa, lo so, quindi... è impossibile ci becchi, tranquilli. -
- Sembri essere nervosa... qualcosa ti preoccupa? - Claudio la osservò, perplesso.
- Ma no, solo un pensiero... ma ho detto che è uscito, no? Quindi non ci sono problemi! -
- Però non ne sei sicura... -
- E' solo... un fastidio, ecco. Io so che è uscito, l'ho visto, quindi è stupido pensarci su. Andiamo. -
Claudio e Fabio si guardarono negli occhi, scrollarono le spalle ed entrarono nella stanza.

La stanza era abbastanza grande, piena di scaffali e con tre enormi vetrate che davano all'ingresso della magione. Le pareti erano decorate da enormi dipinti e Claudio pensò che uno di quelli doveva essere il quadro dietro il quale erano finiti mesi prima ad origliare il padre di Nozomi. Alcuni scaffali pieni di libri e documenti decoravano le pareti laterali, mentre due divani rossastri si trovavano appoggiati ai due lati della porta. Al centro vi era un'enorme scrivania in legno scuro piena di documenti e fogli posizionati ai lati e alcuni di fronte alla comoda sedia, dove solitamente si sedeva il boss.
In un angolo della scrivania c'era una fotografia che rappresentava il padre di Nozomi quando era giovane, doveva avere più o meno sedici anni, assieme ai suoi guardiani e a Kyoko. Accanto a quella foto ce n'erano altre due, una raffigurava l'uomo con Kyoko vestita da sposa e nell'altra c'erano i due coniugi con in braccio una piccola Nozomi di poco più che due anni.

- Sbrighiamoci... non mi sento molto bene... -
Il rosso si avvicinò all'amica e la osservò, sembrava pallida e la sua preoccupazione cresceva sempre di più.
- Nono... dovresti dare ascolto al tuo istinto... forse è meglio andare via. -
- No, devo trovare quei documenti. -
Continuò nel suo lavoro, decisa a cercare tra i fogli aprendo cassetti a caso e notando che alcuni erano chiusi a chiave, mentre Fabio e Claudio cercavano tra i fogli sulla scrivania. Più passavano i secondi più la bambina sembrava calmarsi e riacquistare la tranquillità, cercando con più concentrazione e leggendo tra i fogli poggiati sugli scaffali adiacenti.
- Fabio guarda questi, io intanto vedrò se c'è qualcosa in questi block notes. - disse il rosso.
I tre scorrevano rapidamente gli sguardi sui fogli, abbastanza confusi per via dei termini non comprensibili da semplici bambini.
- Transazioni non autorizzate... compravendita di luoghi pubblici... riciclaggio di denaro sporco... - lesse il rosso.
- Uh? Perchè il denaro è sporco? - chiese Fabio, confuso.
- Boh, forse ci hanno fatto cadere sopra qualcosa! -
- Oh... -
All'improvviso Claudio trovò un fascicolo sotto una pila di documenti e chiamò l'amica, indicandoglielo.
- Sono foto... e ci sono degli appunti... - disse lui.
La piccola osservò le foto abbastanza sfocate, che ritraevano persone in lontananza che camminavano o parlavano con altri uomini in luoghi conosciuti della città.
Tra gli appunti spiccavano degli indirizzi, alcuni erano cancellati con una penna blu, altri erano cerchiati di rosso.
La lista era lunga e la bambina distribuì un paio di fogli a testa, cercando di trovare qualche indizio.
Dopo aver esaminato all'incirca tre fogli, Nozomi sentì il bambino bruno sbadigliare.
- Fabio... ma sei ancora al primo? Ma sei lento! - disse la piccola.
- Ehi, non sono bravo a leggere come voi! - replicò lui.
- Ma se sei anche più grande! - esclamò Claudio.
- Cosa centra? - Fabio sospirò.

Ripresero la lettura, mentre la brunetta leggeva con attenzione gli indirizzi e gli appunti accanto a ciascuno di essi.
- Come faremo a sapere qual'è quello giusto? - chiese il rosso.
In effetti nessuno ne aveva idea, potevano solo leggerli tutti e sperare che uno di loro risulti più sospetto degli altri.
O, almeno, lei sperava che andasse così.
- Ehi, che cosa vuol dire "Ob.Id. Consult. F.24"? - chiese Fabio.
- Eh? Dove l'hai letto? - Claudio si sporse verso di lui.
- Qua sopra! -
Il bambino mostrò il foglio ai due amici, indicando il punto in cui aveva letto quella strana nota.
- L'indirizzo... non so dove sia. - Claudio sembrava perplesso.
- Non lo ricordo nemmeno io... - la Vongola prese in mano il foglio e si appoggiò alla scrivania, osservando la nota. - Ob... forse è inglese? Object Id... solitamente lo dicono per indicare un oggetto con un numero unico... -
- Ehi ehi frena! Non ci capisco nulla di inglese... - spoegò Fabio.
- L'inglese è una lingua importante, dovresti studiarla anche tu! - disse lei.
- Ma se a stento sa parlare italiano! - esclamò Claudio.
I due scoppiarono a ridere.
- Ehi... non sono mica intelligente come voi due, eh... -
- Ma non è una questione di intelligenza! - il rosso cercò di calmarlo.
- Consultare F.24. - lesse la bambina, interrompendo i due. - Cos'è un F.24? -
- Un... documento? Una persona? - ipotizzò Claudio.
- Non sembra il nome di una persona. - disse Fabio.
- Un nome in codice? Un indirizzo? - Nozomi sembrò pensarci su.
- Non mi sembra un indirizzo. - il rosso osservò la scrivania per qualche istante. - ... una foto? -
La brunetta si voltò verso il fascicolo e lo riaprì, estraendo le foto che erano allegate. Ne girò una, in basso a destra c'era un numero.
- ... sono numerate... -
- ... vedi se c'è la 24! - le disse lui.

La piccola contò le foto fino alla 23, per poi fermarsi. La ventiquattresima foto ritraeva tre persone accanto ad una vettura nera, che sostava di fronte ad un edificio.
Un condominio con delle rigogliose piante all'ingresso.
- LO SAPEVO! -
I due amici alzarono lo sguardo con curiosità e la bambina mostrò loro la foto.
- Questo è vicino al supermercato dove sono andata con la mamma l'altra volta! -
- … Sai come arrivarci? - chiese Fabio.
- Sì, so esattamente dov'è! Ho visto degli uomini strani che entravano lì! -
- wow, quindi sospettavi che fossero della Lhumor? - Claudio osservò la foto con curiosità.
- Non esattamente... però mi davano fastidio... non so come posso spiegarmi... erano lì e qualcosa mi diceva che dovevo guardarli, perciò li ho osservati... -
- Ad ogni modo sbrighiamoci ad andare! - disse il rosso.
Gli altri due annuirono all'unisono.

I tre iniziarono a rimettere a posto i fogli, per evitare che Decimo scoprisse che avevano curiosato nella sua stanza. Stavano posizionando i fogli e le foto nel fascicolo quando una voce maschile non li interruppe.

- ... cosa state facendo? -
I due bambini sussultarono e si voltarono velocemente verso l'entrata.
Un uomo alto, dalla chioma corvina e con occhi nocciola, li stava fissando con fermezza sull'uscio.
La piccola scese rapidamente dalla sedia e girò attorno alla scrivania, fino a ritrovarsi di fronte all'uomo che la stava fissando.
- … C-ciao, zio Takeshi... -
- Nozo-chan, cosa state facendo qui? -
- … nulla, stavamo solo vedendo una cosa... ma ho rimesso tutto a posto. -
- Lo sai che non puoi entrare, Tsuna te l'aveva detto. -
- Davvero, non ho toccato nulla. Credimi... - la brunetta scostò lo sguardo, imbarazzata per essere stata nuovamente colta in flagrante.
- Anche se non hai toccato nulla, non saresti dovuta entrare qui. Sai che tuo padre si arrabbierà. -
- Ti prego, zio Takeshi, non dire nulla a papa! -
L'uomo scosse il capo con sguardo severo, senza interrompere il contatto visivo con la bambina.
- Lo so che sei un guardiano di papa, non ho il diritto di chiederti nulla... ma ti prego! Fallo per me! Ti prometto che non ho fatto nulla di male!. -
L'uomo si avvicinò alla piccola, che aveva iniziato ad agitarsi, si inginocchiò e si portò di fronte a lei.
- No, Nozo-chan. Anche se sono un guardiano di Tsuna è mio dovere proteggere la famiglia ed ogni suo membro. -
- No... ma io non c'entro nulla, non sono il tuo boss... non hai doveri verso di me... -
- Questo è assolutamente irrilevante poichè, ripeto, anche tu fai parte della famiglia. - spiegò lui - Sei la figlia di Tsuna, Nozo-chan, ma anche se fossi stata una domestica avrei comunque agito in egual modo. Ogni membro della famiglia è prezioso, proprio perchè siamo una famiglia. - abbozzò un sorriso - Per cui non vedo perchè non possa proteggerti, esattamente come proteggiamo tuo padre. -
- Ma... non c'è nessun pericolo, non c'è bisogno che mi proteggi... io davvero non ho fatto nulla... -
- Devo assicurarmi che tu non faccia avventatezze. Non dovevi entrare qui, sai bene che Tsuna si arrabbierà molto e non sarò io a mantenere il segreto. -
- Ti prego! Papa si arrabbierà, non voglio che... -

- Allora non saresti dovuta entrare. -

La bambina alzò lo sguardo oltre quello del guardiano della pioggia e incontrò gli occhi severi e freddi di suo padre, il quale la stava guardando con fermezza.
Il suo cuore sussultò come se fosse successo l'irreparabile. Forse avrebbe davvero dovuto dare ascolto al suo istinto, lasciando perdere il piano.
- … E' stata una fortuna che mi sia dimenticato dei documenti. Non mi sarei mai aspettato che tentassi nuovamente di fare sciocchezze. -
Nozomi deglutì, non riusciva a dire nulla.
- Ti avevo detto di non ficcare il naso nelle cose degli adulti, mi sembrava di essere stato chiaro. -
- … papa... ascoltami... io... non voglio veder soffrire Arina... -
- Così agendo la farai soffrire di più. -
- No! Non è così! Nozo-chan vuole solo fare qualcosa di utile per Arina e per papa! Perchè non posso aiutarti? -
- Perchè sei una bambina. Non c'è bisogno che ti preoccupi di queste cose, te l'avevo già detto, Nozomi. -
- Ma... papa non capisce! Io voglio davvero fare qualcosa! -
- Nozomi, basta. Non aggravare la tua situazione. Ti ho detto che non c'è bisogno che tu faccia nulla, ti avevo vietato di entrare in questa stanza e mi hai disobbedito, di nuovo. -
- Ma... ma io- si morse il labbro inferiore, spaventata. Suo padre l'aveva fulminata con lo sguardo.
Non l'aveva mai visto così arrabbiato.
L'uomo osservò i due amichetti della figlia, alquanto sconvolti e spaventati, per poi voltarsi verso uno dei suoi guardiani che l'aveva appena affiancato. Un uomo dalla chioma scura che i due conoscevano bene.
- Lambo, accompagna Claudio e Fabio a casa. -
- Uff, va bene. -
- Yamamoto, per favore, porta Nozomi nella sua stanza. -
Pronunciò quella frase lentamente e marcando ogni parola.
Takeshi si alzò e portò una mano sulla spalla della bambina spaventata, che stava ancora osservando suo padre.
- Ti è vietato lasciare quest'ala dell'edificio per tutta la prossima settimana. Spero di essere stato chiaro, stavolta. -
La pioggia trascinò via la bambina dallo sguardo sconvolto.


*** 


Dopo la partenza di Luca, avvenuta qualche giorno prima, la bionda ragazzina voleva assolutamente svagarsi un po' per dimenticare la tristezza provocata dalla separazione con il gemello.
Aveva deciso di fare una sorpresa al suo ragazzo, Alessandro, andandolo a trovare a casa sua.
Ricordò che la sua abitazione si trovava nei pressi del supermercato Demerito, che prendeva il nome dalla famiglia di Alessandro. Quello stesso edificio le fu indicato da un commesso e lei se lo ricordava benissimo, perciò si diresse verso il palazzo con passo svelto e con tanta voglia di vedere il ragazzo che amava.
Ridacchiò quando, fermatasi davanti alla vetrina di una pasticceria, decise di prendere dei dolcetti da mangiare con lui. Sapeva che gli piacevano le cose dolci, glielo aveva detto durante uno dei loro appuntamenti.
Uscì dal negozio pochi istanti dopo con una bustina in mano e tanta euforia. Cercava in tutti i modi di non voler apparire triste e desiderava che quella giornata fosse speciale per entrambi.
Sentiva il suo cuore palpitare quando varcò il portone e salì i gradini che portavano al pianerottolo dell'abitazione.
Quando arrivò all'appartamento, bussò.
Attese qualche secondo, poi bussò ancora.
E ancora.

Dopo un paio di minuti si accovacciò sulle scale, sospirando.
Possibile che proprio in quel momento non ci fosse nessuno in casa?
La giovane estrasse il suo cellulare e tentò di contattarlo, non le importava più di fargli una sorpresa purchè fosse riuscita a vederlo.
Purtroppo non riusciva a mettersi in contatto con lui e ogni minuto che provava a chiamarlo si innervosiva sempre di più.
Era ormai afflitta e demotivata e non sapeva più cosa fare.
Attese qualche altro minuto, riprovando a chiamare Alessandro al cellulare, finchè non decise di alzarsi e di incamminarsi lentamente verso casa, osservando il suolo con tristezza e portando ancora in mano la busta con i dolci che aveva acquistato poco prima.

-… dove sei? - alzò lo sguardo e fissò l'orizzonte. Il sole era alto, era quasi ora di pranzo. - … perchè non mi chiami? Perchè hai il cellulare spento? -
Alcuni dubbi e preoccupazioni balenarono nella sua mente, ma tentò di scacciarli scuotendo il capo. Probabilmente era solo fuori con la madre e magari potevano anche essere a casa di parenti. Non poteva spaventarsi per così poco.

Il telefonino squillò e la ragazza sussultò per lo spavento, prendendolo rapidamente e notando, con suo estremo dispiacere, che il nome Sonia lampeggiava con arroganza.
- ...pronto. -
- Arina! Dove sei?!! E' tutto a posto?!! - il tono agitato dell'amica lasciò confusa la bionda.
- … Sonia... certo che sto bene, ma tu cos'hai? -
- come cosa ho?!?!? Ma non lo sai quello che è successo?! -
- … no... cos'è successo? -
- Al telegiornale hanno appena parlato di un'incidente sull'autostrada! Alcune macchine sono state coinvolte in un tamponamento a catena e dicono ci siano feriti gravi!! -
- … Oddio... qui fuori dici? Ma io sto bene... cioè, non ho la patente nè ho una macchina, stai tranquilla... -
- Ma no, scema! Non parlo di te! -
Un dubbio si insinuò dentro di lei e il suo cuore iniziò a palpitare rapidamente.
- Hanno nominato alcune persone importanti ch'erano lì! C'erano i Demerito del supermercato, il proprietario, sua sorella Veronica e il nipote Alessandro!! -

Arina lasciò cadere la busta di dolci per terra, sconvolta.

"NO!"

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Capitolo 10
*** Target 10 - Animi Inquieti ***


Target 10 - Animi Inquieti

cover

L'uomo prese una ventiquattrore e la aprì, sistemando alcuni fascicoli e due penne di riserva.
- Juudaime, l'automobile è arrivata. - affermò il suo braccio destro, lanciando un'occhiata all'orologio da polso e sistemandosi la giacca nera.
Il bruno aveva uno sguardo molto pensieroso, continuava a osservare i documenti riguardanti il caso Lhumor. L'immagine incriminata si trovava esattamente dove l'aveva lasciata, ma era sicuro che la bambina l'avesse vista.
Lanciò un'occhiata alla fotografia che lo ritraeva con la moglie e la figlia, all'epoca molto più piccola.
- Juudaime. - lo chiamò ancora.
- Perdonami, Gokudera-kun. Andiamo. -

Varcò l'uscio della stanza e si voltò verso il lato opposto del corridoio, il suo sguardo era preoccupato e apprensivo.
- Ha nuovamente tentato di fuggire? - chiese.
- Come al solito. - l'albino accese una sigaretta, espirando un po' del fumo - E' una piccola testarda, dopotutto. -
L'uomo sospirò.
- Mi chiedo perchè sia così tormentata. Vorrei che pensasse a giocare come le altre bambine della sua età. - il suo sguardo incrociò quello di Gokudera.
- E' il sangue. - rispose lui, abbozzando un sorriso - Quando c'è da aiutare qualcuno, non vi tirate mai indietro. -
Tsuna chinò il capo e strinse la valigetta, incamminandosi con passo svelto verso l'uscita.
- Non vuoi salutarla? - chiese il suo braccio destro, leggendogli la mente.
- Vorrei... ma per ora è meglio così. - si costrinse a dire, mordendosi il labbro - Deve capire. -
In realtà sarebbe voluto correre da lei. Non riusciva ad essere un padre severo, con la sua piccola era anche fin troppo protettivo e apprensivo, forse molto più di Kyoko.
Si chiese se fosse quel comportamento ad aver avuto una cattiva influenza su Nozomi. Sentendosi in gabbia, la piccola avrà iniziato ad escogitare qualche modo per fuggire e per dimostrare di non essere così debole. Sicuramente non sopportava l'idea di essere costantemente protetta.
Tsuna sapeva benissimo che la bambina desiderava essere un principe guerriero piuttosto che una fragile principessa, ma lui non voleva che lei combattesse. Voleva essere lui a proteggerla, almeno finché lei era ancora una bambina. Un giorno "quel momento" sarebbe arrivato, sperava però che mancasse ancora molto tempo.

L'uomo sapeva che l'uccellino avrebbe spiccato il volo e lei, divenuta adulta, non avrebbe avuto più bisogno delle amorevoli cure dei suoi genitori.
Quanto temeva quel giorno.
L'idea di allontanarla da quel luogo, nata qualche mese prima, iniziava a concretizzarsi nella sua mente. Vivendo lontana dalla mafia e dalle preoccupazioni sarebbe sicuramente cresciuta in modo più sereno e tranquillo.

Salì sull'auto con sicurezza, seguito dal suo migliore amico.
- Mi chiedo se non sia stato io a maledirla. - affermò.
- Penso dipenda dai punti di vista. - Gokudera gli lanciò un'occhiata complice, annuendo con il capo. - Lei lo vede più come un dono. -
Tsuna sospirò, accavallando le gambe.
- E' proprio questo che mi fa paura. - affermò, voltandosi - Non sopporterei di perderla. -


***

Era la quarta volta, da quella mattina, che la bambina tentava di oltrepassare l'entrata principale. Non era sicura di ciò che stava facendo, aveva paura che si potesse nuovamente trovare dinanzi ad un ostacolo. Stavolta, però, non c'erano uomini che parlavano nell'androne né una signora delle pulizie che la guardava male.
Persino uno dei maggiordomi l'aveva beccata, nel suo terzo tentativo, e l'aveva trascinata di peso nella sua stanza.
Nonostante fosse la figlia del boss la sua parola non valeva nulla, tutti erano già a conoscenza della sua punizione e la bambina, per quanti sforzi facesse, veniva trascinata continuamente in camera, senza poter obiettare.
Sua madre, anche lei abbastanza arrabbiata, le aveva imposto di sistemare la camera e di fare i compiti, nonostante li avesse già finiti tutti. Inoltre, studiare era l'ultimo dei suoi problemi.

Scese lentamente le scale ad est, controllandosi attorno per evitare brutte sorprese, quando svoltò l'angolo e osservò il corridoio vuoto che portava al cortile.
Era tutto abbastanza silenzioso, poteva udire il canto degli uccellini e le chiacchiere di uomini in lontananza.

“Ora o mai più.”

Si lanciò rapidamente lungo il corridoio, mancavano pochi passi all'uscita e finalmente avrebbe respirato aria di libertà.
Il suo sesto senso, però, iniziò a tartassarle di nuovo il cervellino.
“Non andare, potrebbe esserci qualcosa!” continuava a dirle. Ma perchè non si stava un po' zitto? Il corridoio era libero e silenzioso, l'entrata era a pochi passi, cosa poteva mai accadere? “Fermati, attenta! E' innaturale che ci sia tutto questo silenzio, è strano che non ci sia nessuno!” continuò ad echeggiare nella testa e la bambina si innervosì. “Vuoi stare un po' zitto? E' la mia occasione!”

Superò l'entrata per il cortile e si accorse piacevolmente che in giro non vi era anima viva.
Aprì le braccia, respirando l'aria pulita e il profumo dei fiori e dell'acqua della fontana, accanto alla quale spesso si sedevano lei e i suoi amici.
All'improvviso ricordò la frase che Claudio le aveva detto: “Tu hai un bellissimo sorriso, Nono. Io voglio vederlo, sempre.”
Il suo cuore sussultò e arrossì senza rendersene conto. Da quando aveva iniziato a sentire quella strana sensazione dentro di lei?
Più o meno da quando lo conosceva.
Il bambino che l'aveva tirata fuori dalla sua solitudine, che nonostante il timore degli altri si era avvicinato a lei e aveva insistito nel diventare suo amico.

"- Ehi, perchè stai sempre sola? Non vuoi giocare con gli altri? - le aveva chiesto il bambino qualche anno prima. - Avanti, gioca con me! -
La bambina non gli rispondeva mai, continuava ad osservarlo con sguardo perplesso.
- Ehi, dai, parla! Il gatto ti ha mangiato la lingua, forse? - chiedeva ancora, insistendo -… ok, continuerò ad insistere finchè non vorrai giocare con me. -
- … Perchè vuoi giocare con me? - decise di chiedere lei.
- Perchè stai sempre sola... non mi piace, è brutto stare soli. -
- … si dice 'essere soli'. - lo corresse.
- Va beh, che importa! Allora, giochiamo? - chiese ancora.
- Non posso giocare, ho delle cose da fare. -
- ...Cosa? Non stai facendo nulla... -
- Non qui... intendo... non ho tempo per giocare, devo crescere e diventare grande. -
- Ma perchè? C'è tempo per diventare grandi, adesso giochiamo! -
- Cosa ci trovi di bello nel giocare? Non pensi al tuo futuro? - chiese lei, confusa.
- Ma il futuro è ancora lontano, perchè non pensi un po' a divertirti? Ecco, giocare vuol dire divertirsi! Non ti piacciono le cose divertenti? -
- … le cose divertenti? - ripeté, non capendo cosa il rosso voleva dire.
- Non hai mai fatto qualcosa di divertente?! Allora vieni a giocare con me! -"

La Vongola restò davvero scioccata se non affascinata dalle parole del bambino che, nonostante le sue risposte fredde e distaccate, continuava a invitarla, a differenza di tutti gli altri bambini.
Cos'era “una cosa divertente”? Non aveva mai pensato a divertirsi, cosa strana per una bambina.
Da piccola forse si divertiva, quando suo padre la prendeva in braccio e la faceva volare, quando sua madre strofinava il nasino contro il suo, quando Arina metteva la musica e ballava assieme a lei, ridendo e senza pensieri.
Quei gesti così semplici erano divertenti, erano belli, erano pieni di calore.
Per questo la bambina, che all'epoca aveva solo sei anni, decise di seguire Claudio e di andare a giocare con lui. Era davvero divertente come lui le aveva raccontato.
Da quel momento era cambiata, era più aperta, meno fredda, più solare. Rideva perchè era lui a farla ridere.
Che cosa le aveva fatto?
In quel momento, era arrossita perchè lui l'aveva fatta arrossire, le sue parole erano penetrate nuovamente nel suo cuore, scavando una piccola fossa e immergendosi dentro.

Sussultò, scaraventata violentemente via dai suoi pensieri nell'istante in cui una mano si poneva sulla sua spalla.
Aveva perso tempo, forse un paio di minuti, a ricordare il passato e questo le era stato fatale.
No, non fu a causa dei due minuti. Era già dietro di lei sin da quando era giunta lì.

Quella che sembrava una lunga stecca di ferro venne fatta scivolare lentamente sotto il suo collo e la piccola spalancò gli occhi, terrorizzata.
Il profumo del metallo, quella sensazione di terrore, la presenza inquietante.

Era lui, l'uomo che più temeva.

La stecca di ferro la costrinse ad indietreggiare ancora, finchè non toccò la parete con la schiena. La bambina terrorizzata stava osservando l'arma, con il viso leggermente alzato per evitare che quell'oggetto premesse sul suo collo.
Alzò lo sguardo e osservò gli occhi gelidi che stavano fissando insistentemente la bambina.
Quei maledetti occhi azzurri, quei capelli corvini, quell'arma di cui ignorava il nome. Un cocktail di puro terrore.

- Ho appena catturato un coniglio, a quanto pare. - affermò lui, con voce fredda.
Tremò, senza distogliere lo sguardo.

Hibari Kyoya era il guardiano della nuvola di suo padre, il più potente fra i guardiani così come il più temibile. Non si sapeva mai cosa gli passasse per la testa, era un ribelle e non seguiva gli ordini di nessuno. A stento arrivava se chiamato da Decimo, spesso contrastava i suoi ordini con noncuranza, sembrava persino annoiarsi.
Era inquietante sapere che, tra le persone più potenti attualmente tra i Vongola, vi era un uomo che sembrava un cavallo indomito pronto a scalciare chiunque gli si avvicinasse.

Si chinò, fissandola negli occhi e sorridendo beffardo. Lui sapeva che Nozomi lo temeva.
- Sbaglio o il tuo paparino ti aveva vietato di uscire? Lo sai che non si disubbidisce? -

Deglutì, senza avere il coraggio di dire nulla.

- Le regole e le punizioni vanno rispettate. -
L'uomo afferrò la bambina per lo stomaco, portandola sotto al braccio come un sacco di patate mentre lei, ancora terrorizzata, non oppose resistenza. La piccola stava già pregando di morire senza alcuna sofferenza.
Non si era nemmeno resa conto di cosa fosse successo che si era ritrovata nella sua camera, al punto di partenza, mentre la porta veniva violentemente sbarrata dall'uomo, che andò via sbadigliando.

Restò qualche istante a fissare la maniglia, sconcertata, prima di riaquistare lucidità.

"Guardiani della nuvola... ma perchè diavolo devono esistere?" pensò singhiozzando "Sono inquietanti, ribelli, non fanno mai quel che gli dici. A cosa servono?"
Ricordò Alaude-san e il suo rapporto con Primo-sama. Almeno lui era più ragionevole e meno terrorizzante di Hibari-san.
Eppure si comportava comunque da guardiano della nuvola.

- Non ho bisogno di loro. Quando sarò un boss non prenderò nessun guardiano della nuvola! -

Strinse i pugni violentemente, arrabbiata e in lacrime, iniziando ad osservarsi intorno e cercando un'altra idea per fuggire da quell'inferno, mentre ricorda le parole di Hibari.
“Regole, come no. Non me ne faccio nulla delle vostre regole, io ho una missione!”

Era più o meno mezzogiorno e si avvicinò alla finestra, singhiozzando. Osservò il cortile sul retro e le mura che incorniciavano la magione come se fosse un castello pieno di ricchezze.
Aprì la finestra e si protese, guardando in basso e poi ai lati della vetrata.
C'era ancora una possibilità.
Aveva letto così tanti libri che ormai la biblioteca dei Vongola non aveva più segreti per lei. Molti di questi li conosceva persino a memoria, cosa che avrebbe stupito qualsiasi altro bambino della sua età, che avrebbe preferito impiegare quel tempo in giochi divertenti e non in noiose letture.
Eppure quei libri potevano aiutarla, le bastò portare il suo sguardo verso il letto e la piccola lodò sia la sua intelligenza che il ricordare a memoria The Adventures of Huckleberry Finn.
Fortunatamente l'armadio era pieno di lenzuola, non le ci volle molto ad assemblarle e a legarle seguendo l'idea che Tom e Hack ebbero nel libro.
Nonostante fosse al terzo piano riuscì a calarsi e a scivolare velocemente, per evitare che il suo peso slegasse le lenzuola unite come una fune. Riuscì a toccare terra e, senza perdere tempo, oltrepassò le mura del cortile, diretta nella foresta adiacente.
Aveva la brutta sensazione di essere stata vista da qualcuno ma, fortunatamente, chiunque fosse stato non era riuscito a prenderla, poichè la piccola era già sparita tra gli alberi.

***

Arina si trovava immobile davanti alla saracinesca chiusa di un negozio di detersivi, appoggiata con la schiena, mentre aveva gli occhi rivolti verso il cielo, leggermente stanchi e gonfi.
La busta con i dolci era stata lasciata cadere a terra e si trovava accanto ai suoi piedi, era anche abbastanza ammaccata e sicuramente i dolci erano andati a male a causa del sole cocente, che nell'ora di punta batteva forte sopra di lei.
Nella mano destra continuava a stringere il suo cellulare come se fosse la cosa più preziosa di questo mondo, anche se in quel momento sembrava abbastanza inutile e la ragazza aveva resistito alla voglia di gettarlo violentemente a terra per la rabbia.
Lo portò all'orecchio, aveva perso il conto di quante volte aveva provato a chiamarlo, ma ogni volta rispondeva la snervante voce che la invitava a riprovare più tardi poiché il numero era irraggiungibile.

Abbassò il braccio e scivolò a terra, tenendosi le ginocchia e osservando dinanzi a sé la strada nel silenzio del primo pomeriggio, rotto solo da alcune auto che passavano di là.
Nonostante fosse seduta su un marciapiedi, sotto una balconata e davanti ad una saracinesca, non aveva per nulla intenzione di spostarsi o di muoversi.
Voleva solo restare lì, accoccolata ai suoi pensieri.

“Dove sei? Perchè non rispondi? Sei davvero... andato via?” i pensieri vorticavano furiosi dentro di lei.
Una lacrima le rigò il viso, terrorizzata al pensiero di aver perso il ragazzo che amava.
“No... non è possibile... non puoi avermi lasciata....”.

Sapeva che la cosa migliore da fare sarebbe stata andare all'ospedale e controllare se fosse lì, eppure non voleva farlo.
Preferiva star lì come una sciocca, tentando di contattarlo con il cellulare nonostante sapesse che se era ferito non poteva di certo risponderle.
Sarebbe stato così facile andare a cercarlo, chiedere alla reception di un certo Alessandro Demerito, per sapere cosa fosse successo e come stava.
La signorina, con lo sguardo sorridente, poteva dirle "Sta bene, solo un po' malconcio" come poteva dirle "E' in Sala operatorio, ma se la caverà."
Ma se le avesse invece detto che era in coma? E se fosse già morto?
No, non poteva andare lì. La sua sanità mentale non glielo voleva permettere.

Si sentiva confusa, spaesata, demoralizzata e inquieta.
Aveva quindici anni ormai, nonostante si sentisse ancora immatura come una bambina. Doveva essere forte ed essere di buon esempio per la piccola di cui si prendeva cura.
Come poteva farlo, se non riusciva a prendersi cura nemmeno di sé stessa?
Doveva crescere, doveva maturare. Aveva ancora una lunga strada davanti a sé e non voleva deludere Decimo e la fiducia in lei riposta. Doveva farlo anche per suo fratello e per il suo futuro.

Ci sarebbe stato anche Alessandro nel suo futuro?

Tremò.
I suoi pensieri erano tutto fuorché positivi, la brutta sensazione che aveva da due ore continuava a gironzolare nel suo cervellino e la testa iniziò a pulsarle in modo violento a causa delle lacrime versate.
La visibilità iniziò ad abbassarsi, alcune nuvole enigmatiche si facevano spazio nel cielo e il calore era diminuito drasticamente.
Era stanca, affaticata, disperata, insicura su cosa avrebbe dovuto fare. Chiuse gli occhi, poggiando la testa sulle ginocchia e singhiozzando ancora, la testa che le doleva e le sue emozioni che prendevano il sopravvento.
Poi, lentamente, scivolò in un baratro oscuro.

***

Iniziò a piovere.
Potevano essere passate all'incirca tre ore da quando si trovava in quella fitta foresta.
Si guardò intorno, spaesata, cercando di recuperare visivamente la posizione del sole, il che era impossibile poichè era nascosto dalle prepotenti nubi che rovesciavano sulla terra l'abbondante pioggia di fine estate.
Era fradicia da capo a piedi e disorientata, non riusciva a recuperare la strada verso la città e si era persa in quella foresta, che si espandeva per chilometri e chilometri sulle colline che circondavano la magione.

Si fermò, osservando dinanzi a sé.
Alberi, foglie, terra, qualche animaletto che fuggiva, l'acqua del cielo piangente che continuava a cadere ma, per fortuna, non sembravano esserci fulmini né c'era abbastanza vento da rendere impossibile l'avanzamento.
Poteva camminare, nonostante la pesantezza dei vestiti bagnati e qualche starnuto.
E se le fosse salita la febbre?
Camminò ancora e ancora in una direzione a caso, non sapendo dire se stesse avanzando o se stesse tornando indietro.

- Non è possibile... non è proprio possibile... -

Alzò nuovamente lo sguardo, ma il cielo era ancora grigio e la pioggia sembrava non voler cessare.
- Ha fatto caldo fino ad oggi... stamattina il sole batteva come se fossimo a ferragosto e ora piove così tanto che il sole è sparito... -

Guardò verso il cielo, costretta a chiudere gli occhi per via delle goccie di pioggia che battevano sul suo viso. Senza il sole a farle da guida, non poteva sapere che direzione doveva prendere. Non aveva nemmeno pensato di portarsi dietro una bussola.
Se solo quelle maledette nuvole si fossero tolte da mezzo...
Era sempre colpa loro. Iniziò quasi ad odiarle.
Le nuvole e i loro guardiani.

Singhiozzò, credendosi ormai perduta nel nulla, senza che nessuno sapesse dove fosse. Dopotutto, suo padre e gli altri pensavano che si trovasse ancora nella sua cameretta, al riparo dalla pioggia e in punizione.

Si appoggiò al tronco di un albero.
Non c'erano ripari, solo alberi e terra.
- No... non c'è limite alla mia sfortuna... -
Portò le mani davanti al viso e iniziò a piangere.

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Capitolo 11
*** Target 11 - Animi Inquieti (parte 2) ***


Target 11 - Animi Inquieti II

cover

La pioggia continuava a cadere in modo incessante e la bambina, completamente bagnata, si era accucciata davanti ad un tronco, stringendosi tra le braccia per riscaldarsi.
Si stropicciò gli occhi, aveva le palpebre pesanti e cercò di restare sveglia. Si portò una mano sulla fronte e si accorse di essere molto calda.

- … Devo avere la febbre... -

Si issò con fatica, decisa a non darla vinta alla pioggia e alla stanchezza, continuando ad avanzare verso un punto indefinito nella folta foresta che la circondava, dove non vi era alcuna strada e senza che potesse orientarsi in alcun modo.
- Devo... arrivare... in città... -
Avanzò, barcollante, per chissà quanto tempo. Sembrava non essere passato nemmeno un minuto eppure stava camminando ormai da molto e le gambe le dolevano abbastanza.
Alzò il capo e spostò lo sguardo sugli alberi, osservandoli uno ad uno alla ricerca di una corteccia ruvida sulla quale potesse arrampicarsi.
Cercò lentamente di scalarne uno ma non sembrò riuscirci, scivolando alle radici ma continuando a tenere stretto il tronco con lo sguardo perso nel vuoto.
In condizioni normali sarebbe stato facilissimo, non era di certo la prima volta che si arrampicava su un albero. Aveva iniziato sin da piccola, supportata dal suo insegnante di auto difesa che apprezzava l'agilità della bambina e la invogliava ad esercitarsi per aumentare la sua resistenza.

- Ma non si farà male? - chiese Tsuna, preoccupato.
- State tranquillo, Decimo! E' perfettamente sicuro e la piccola sa già come fare. - gli rispose l'insegnante.
- Sì ma... ha solo sei anni! E' una bambina! Perchè dovrebbe fare una cosa simile? -
- … tutti abbiamo scavalcato muri e scalato alberi, da piccoli. - affermò lui, ridendo.
- … Ehm. - l'uomo tossì.
- Uh? - l'uomo lo osservò con sguardo perplesso.
- ...non sono sicuro. Io volevo che Nozomi imparasse a difendersi in caso di pericolo, non che scalasse alberi... -
- Scalare alberi è un modo per allenare le sue prestazioni fisiche e la sua agilità. Imparare solo tecniche per difendersi non serve a nulla senza una preparazione fisica. -
- Ma è comunque troppo pericoloso per lei! L'albero è alto, si potrebbe fare mal- NOZO-CHAN! - Tsuna urlò, agitandosi.
- … Decimo, calmatevi... -
- Nozo-chan! Il piede, mettilo di là! - le disse - L'altro.. sì! Girati lentamente verso... NO! Non ti muovere! - si mosse nervosamente, seguendo la figlia con occhi sbarrati - Aggrappati su... AH, FERMA! - urlò, scuotendo il capo - Aspetta, papà viene a prenderti! -
- … E' tutto a posto, non sta cadendo! - si affrettò a dire l'istruttore, tentando di calmare l'uomo che stava per attivare la sua fiamma del cielo.
- Ma rischia di cadere! - obiettò lui, indicando la bambina ferma tra due rami, che stava guardando verso il padre con rassegnazione.
- … papa... è imbarazzante...-



Aprì gli occhi di scatto, sussultando.
"Oh, no!" per quanto aveva dormito? Quando si era addormentata?

Osservò l'albero accanto a sé e ricordò cosa stava cercando di fare.
Alzò il capo, il cielo era ancora grigio ma la pioggia era cessata.
Si issò e notò un barlume di luce tra le nubi grige. Si avviò verso quella direzione, ad est di dove stava andando poco prima.
Avendo perso del tempo prezioso, decise di mettersi subito in marcia e iniziò a correre tra le radici e i cespugli, sperando di imbattersi presto nella via che portava alla città.

- Non deve mancare molto... ce la posso fare... -

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che inciampò in una radice e rotolò giù per un avvallamento, ritrovandosi a pancia in sotto e con il viso sporco di terriccio.
Maledicendosi per la sua goffaggine tentò di tirarsi su, ma un forte dolore alla caviglia sinistra la costrinse a fermarsi.
Non riusciva a stare in piedi, si sentiva abbastanza stanca, era ancora bagnata da capo a piedi e probabilmente aveva la febbre.
Aveva raggiunto l'apice della sfortuna in un paio d'ore e non ricordava libri che spiegassero come uscire fuori da quelle situazioni, poichè tutti i personaggi che avevano condiviso con lei quell'esperienza erano stati miracolosamente tratti in salvo da terzi.
Doveva aspettare che qualcuno riuscisse a trovarla nel bel mezzo del nulla e la traesse in salvo? Era alquanto improbabile, essendosi persa nel mezzo della fitta foresta che attorniava il quartier generale dei Vongola, e che si estendeva per molti chilometri.
Si trascinò sotto l'ammasso di terra che la separava dalla parte alta della foresta e ci si poggiò con la schiena, sospirando, mentre osservava il cielo spento.

- … Forse papa verrà a cercarmi, forse papa mi troverà... papa è forte... - scosse il capo come se si fosse appena svegliata da un sogno. - No! No! Se papa mi viene a salvare, la gente penserà che ho bisogno di essere salvata! - si prese il volto tra le mani, tremando. - Penseranno che sono debole! Che sono una femmina e che devo essere protetta dai maschi! - singhiozzò. - No, io non sono debole! Non voglio essere protetta, sono io che devo proteggere le persone perchè devo diventare un boss! Devo diventare forte come papa e come Primo-sama! Non posso arrendermi! -
Si asciugò le lacrime e tentò nuovamente di alzarsi ma il dolore glielo impedì, perciò si trascinò lentamente per la strada davanti a sé.

- Devo... farcela... da sola... perchè devono amarmi... devono fidarsi … devo essere come il mio papa... - riprese a singhiozzare, stavolta per il dolore alla caviglia e la stanchezza che si trasformava in mal di testa. - Devo essere forte, devo proteggere tutti... così... Primo-sama sarà fiero di me... Primo-sama mi accetterà come boss... tutti mi accetteranno... -

- Nozomi!!-
Una voce maschile sembrò provenire dalla volta celeste.

D'istinto alzò il capo e si perse nel cielo grigiastro, squarciato da una luce arancione e infuocata che rapidamente si spostava.

- Pa-
Si zittì, mordendosi le labbra.
Non poteva farsi trovare, doveva farcela da sola. Farsi salvare da suo padre ecquivaleva a dimostrare la sua debolezza e dar ragione a tutti coloro che avevano sempre parlato male di lei.
Eppure la piccola aveva tanta voglia di urlare per chiamare il suo adorato papà, dopotutto era allo stremo delle forze ed era solo una bambina di otto anni, perciò iniziò a piangere sonoramente, rilasciando tutta la paura e lo stress accumulati.

La fiammeggiante luce arancione parve sentirla poiché discese rapidamente pochi istanti dopo, notando la bambina seduta per terra.
- Nozomi!! -
L'uomo si avvicinò rapidamente alla figlia con sguardo preoccupato e si inginocchiò, portandola tra le sue braccia. Il bruno era leggermente bagnato e ansimava, abbastanza affaticato, probabilmente la stava cercando da un bel po'.
La strinse a sé e la cullò dolcemente mentre la piccola, afflitta tra i vari dolori fisici e mentali, continuava con insistenza nel suo pianto liberatorio.
- Piccola mia, non piangere. Adesso c'è il tuo papà. -
Tsuna la prese in braccio, le stampò un delicato bacio sul capo e lasciò fuoriuscire la fiamma del cielo sulla sua fronte. Si alzò in volo, diretto verso casa mentre, con un abbraccio caloroso e sguardo apprensivo, teneva stretta al petto la sua creatura.


Kyoko poggiò sul comodino una tazza fumante, mentre Tsuna stava accarezzando la figlia che giaceva sotto le coperte del suo lettino.
- Ti ho fatto preparare un po' di cioccolata calda. Ti va? - chiese la donna, con voce calda e armoniosa, osservando la sua bambina con occhi profondi e dolci.
L'uomo aiutò Nozomi a sedersi, sentiva ancora un po' di male alla caviglia ma il dottor Shamal gliela aveva fasciata e si era preso cura di lei, perciò il dolore era diminuito di molto.
La donna le porse la tazza e osservò amorevolmente Nozomi mentre beveva.
- Devo assentarmi per un paio di minuti, torno subito. - l'uomo abbracciò la moglie e la baciò con dolcezza, poi si protese sulla figlia e la strinse a sé, baciandole la fronte. - Piccola, tu riposati. -

- … papa... è arrabbiato con Nozo-chan? -
L'uomo si bloccò, restando in silenzio per qualche istante ad osservare gli occhi della figlia.
Sospirò.
- Papà e Mamma erano molto preoccupati per te, sai? -
La piccola strinse la tazza con immensa tristezza, cercando di non ricominciare a piangere. Dopotutto non aveva pensato all'eventualità di far preoccupare i suoi genitori, lei voleva solamente sfuggire alla punizione per catturare il capo della Lhumor.
Si sentì tremendamente triste.
- Ad ogni modo... Nozo-chan sta bene ed è questo ciò che conta. - l'uomo le sorrise teneramente e la brunetta abbozzò un sorriso in risposta. - Adesso riposati, a giorni ci sarà un evento speciale e Nozo-chan dovrà star bene per allora. -
- … papa vuole fare una festa? -
- Ovviamente. E' l'ottavo compleanno della mia bambina perciò ho organizzato qualcosa di molto speciale. -
La brunetta sembrò illuminarsi e iniziò ad agitarsi, rischiando quasi di far cadere la cioccolata sul letto, ma Kyoko salvò prontamente la tazza e la poggiò sul comodino.
- Oh, un'altra cosa. Ho invitato anche Claudio e Fabio. -
- EH?! DAVVERO?! -
L'entusiasmo della bambina era tangibile e l'uomo lasciò la camera con più serenità, vedendo che la figlia era raggiante e già in forze.

Kyoko restò un altro po' con la piccola, accarezzandole i capelli con dolcezza.
- … non volevo farvi preoccupare... -
- L'importante è che tu stia bene. La mamma è stata così in pensiero... la mia piccola Nozo-chan tutta sola nella foresta, sotto la pioggia... -
Il suo sguardo si rattristò e la bionda abbracciò la piccola, perdendosi nei suoi capelli castani.
- Scusa, mama... -
- Non lo fare più, Nozo-chan. Se hai bisogno di aiuto parla con la mamma o con il papà... oppure con Arina-chan. -
La brunetta sussultò e la madre si staccò da lei, osservandola negli occhi.
- Dovresti chiamarla. Non è la tua migliore amica? Ti è stata accanto dalla nascita, è molto legata a te. -
La bambina non rispose, pensierosa. In effetti si era completamente dimenticata di lei in quegli ultimi giorni, nonostante fosse finita in punizione per tentare di aiutarla.
- Non essere gelosa di lei, tu per lei sei davvero molto importante, Nozo-chan. Lei darebbe la vita per te, perchè ti vuole bene. -
Nozomi chinò lo sguardo, storcendo le labbra. Sapeva già dell'affetto che Arina provava per lei, ma stava agendo in quel modo perchè voleva renderla felice. Eppure, si rese conto di essere stata stupida a voler agire da sola.
Dopotutto lei non era sola, non lo era mai stata.
La donna le porse il suo cellulare e la piccola lo prese tra le mani, pronta a comporre il numero dell'amica.

Quando Tsuna tornò, pochi minuti dopo, Kyoko si era stesa accanto alla bambina addormentata.
L'uomo si accomodò sul letto e si stese dall'altra parte, stringendo la bambina al centro e abbracciando la moglie dall'altra parte.
- Tsu-kun... -
- Kyoko-chan... non voglio che Nozomi viva ciò che ho vissuto io. -
- … Tsu-kun... se tu sei ciò che sei adesso, è perchè hai superato molte avversità. -
- Me ne rendo conto... ma vuoi davvero che la nostra bambina vada incontro a quei pericoli? -
La donna non rispose, osservando il viso assopito della figlia.
- Io voglio che Nozo-chan sia felice, come lo siamo io e te. Noi siamo una famiglia, una famiglia felice. E voglio che anche Nozo-chan possa avere questa felicità. -
L'uomo annuì.
- ...non potremo proteggerla per sempre, Tsu-kun. -
- Lo so... purtroppo... lo so. -
- Ha il tuo animo forte e altruista. Sono sicura che ce la farà. -
L'uomo sorrise e si protrasse per baciare le labbra calde della moglie e per stampare un altro piccolo bacio sulla tempia della bambina.
I tre restarono così stretti ancora per un altro po', come una bella famigliola felice.

***

La donna dai lunghi capelli biondi era immersa nei suoi sogni quando la pioggia era ormai cessata.
Le serrande dei negozi erano ancora abbassate ma l'ora di pranzo era passata già da un pezzo e lei era ancora seduta lì, infreddolita e persa.
Il suo telefonino squillò all'improvviso, svegliandola con così tale violenza che per poco non sbatteva la testa contro la serranda del negozio.
- A... - con mani tremanti afferrò il suo cellulare e lo tirò fuori dalla tasca, lo sguardo fisso sullo schermo. - ...Nozo... -
Chinò lo sguardo, osservando tristemente il suolo mentre si tratteneva dal piangere. Aveva davvero sperato di vedere il nome Alessandro lampeggiare sullo schermo, non poteva nascondere la sua delusione nello scoprire che si trattava della sua piccola allieva.
- No... Non ora Nozo... -
Con il pollice pigiò il tasto rosso, sentendosi in colpa per aver rifiutato la chiamata della bambina.

Camminò lentamente per la stradina desolata, sotto il cielo grigio e spento e con il morale a terra.
Il suo animo era combattuto, voleva richiamare Nozomi per sapere cos'era successo ma voleva anche sapere qualcosa su Alessandro. Inoltre, aveva voglia di scappare via.
Sentiva un turbine di emozioni vorticare nel suo cuore ma, con calma, riuscì comunque a ritornare a casa.

La ragazza salì le scale e si avviò verso il portone della sua abitazione, bloccandosi ad osservare con incredulità la figura davanti alla sua porta.
Il suo cuore sembrò fermarsi.

Gli occhi del ragazzo erano fissi nei suoi e, senza nemmeno aprire bocca, la ragazzina gli si gettò tra le braccia e scoppiò in lacrime.



- Mi dispiace di averti fatto preoccupare, avevo il cellulare scarico... -
La bionda scosse il capo, mentre versava del succo di pesca nel bicchiere del ragazzo.
- I tuoi...? -
- In ospedale... non so come finirà... -
- Dovresti stare con loro... -
- Io ero preoccupato per te. Sapevo che eri in ansia, dopo aver saputo la notizia... -
- Me l'ha detto Sonia per telefono... -
- Ad ogni modo va tutto bene, sono sicuro che i miei si rimetteranno e io ne sono fortunatamente uscito illeso. -
La bionda osservò il ragazzo pensierosa, tuttavia non voleva davvero perdere tempo a rifletterci su, perciò cercò di dedicarsi a lui e di farlo star bene. Immaginava quanto potesse essere in pensiero, nonostante non lo dasse a vedere.

Il ragazzo si alzò e l'abbracciò, cogliendola di sorpresa.
- Alessandro... sono stata una stupida... avevo paura... -
- Tranquilla, è tutto ok. -
La aiutò ad alzarsi e l'accompagnò sul divano, dove si sedette accanto a lei.
- Arina... tornerà tutto come prima. E poi non posso morire, sono il tuo ragazzo, no? -
La ragazzina sorrise dolcemente, accoccolandosi a lui.
- E poi... uhm... non dovevi farmi conoscere la tua allieva? -
Arina si staccò di scatto dal ragazzo e il suo sguardo si rattristì.
- … mi aveva chiamata... non le ho nemmeno risposto. Sono... una persona orribile... -
Il ragazzo scosse il capo.
- Non è vero. Eri disperata... sei una ragazza di quindici anni, questa situazione era troppo caotica anche per te! -
La ragazzina sorrise lievemente.
- Allora, non la chiami? Non vedo l'ora di incontrarla, se ha imparato da te sarà sicuramente una splendida bambina! -
La bionda si morse un labbro, arrossendo, mentre estraeva il cellulare dalla sua tasca.
- Fra qualche giorno è il suo compleanno, quindi non penso potrà venire. Ma per settimana prossima si può fare. - sorrise all'uomo che amava, mentre pigiava il tasto verde e attendeva, con il cuore in gola, la voce squillante della bambina.

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Capitolo 12
*** Target 12 - La Promessa ***


Target 12 - La Promessa

cover

Due donne dall'aria gentile erano impegnate nell'aiutare la bambina a indossare il pesante e ingombrante abito bianco e giallo, con il disappunto della piccola.
Una delle due donne era intenta a chiuderle la cerniera sulla schiena, mentre la seconda le sistemava la gonna ampia a strati.
Era una delle tante cose che le davano fastidio e continuava ad osservarsi allo specchio con ribrezzo, mentre vedeva la metà inferiore del corpo svanire in un tripudio di stoffe e merletti di quella che sembrava essere una mozzarella più che una gonna.
Sua madre si trovava accanto a lei e stava sistemando i due fiocchi che avrebbero ornato il capo della figlia, aveva un'espressione serena e felice.
I suoi capelli biondo scuro cadevano lisci sulle spalle in modo elegante, mentre i suoi occhi ambrati erano colmi d'amore e osservavano i fiocchi che stava preparando.

- Mama... perchè devo indossare questo abito? Non posso mettermi qualcosa di più semplice? - la piccola sembrava molto contrariata mentre, immobile, lasciava che le due donne dal sorriso smagliante le infilassero quelle che sembravano due piccole ali in stoffa rigida.

La madre portò la sua attenzione verso la bambina, notando il suo sguardo abbastanza disgustato. Quasi non le scappò una risatina nel vedere sua figlia in quelle condizioni.
- … mama mi prendi in giro? -
La donna scosse il capo, cercando di ricomporsi.
- Cosa c'è che non va nel vestito, Nozo-chan? -
La bambina allargò le braccia e le lanciò un'espressione da “non lo vedi da sola?”, così che la donna riuscì a stento a trattenere un'altra risata.
- A me sembra perfetto! -
- No, mama! A me sembra che sono uscita da un romanzo francese del settecento! -
- Ci sono molte ragazze che vorrebbero vestirsi così, sai? -
- Io non voglio, è orribile. -
- Ma perchè dici così? Oggi è un giorno speciale e Nozo-chan deve essere bella come una principessa! -
- Principessa? Non sono una principessa e vestita così sembro una mozzarella. -
- Uhm, allora ti mangeremo! - rise con dolcezza e quel sorriso dolce quasi non costrinse la bambina a rassegnarsi.
- No. Non sono mangiabile e non sono venuta dalla Francia del Re Sole, ok? -
- Sei la principessa di mamma e papà. Sai che non vede l'ora di vederti? -
- Ma mamma! Io non voglio essere nessuna principessa!! -
- Non capisco, tutte le bambine sognano di essere principesse! - portò l'indice sotto al mento, perplessa. - Non capisco perchè Nozo-chan non sia felice di essere una principessa con abiti bellissimi e con tanti sudditi che oggi ti festeggeranno. -
Le domestiche la aiutarono a infilarsi i guantini e poi lasciarono la stanza, dopo aver salutato madre e figlia con educazione.

La piccola si voltò verso sua madre.
- Io non sono una principessa, sono solo Nozomi. -

Al massimo sono il futuro boss di una famiglia mafiosa...

Sua madre poggiò le mani sulle spalle e la voltò, costringendola a guardarsi allo specchio mentre decorava i suoi codini con i grandi fiocchi che stava preparando.
- Nozo-chan, guardati, sei bellissima. Sei la nostra principessa, anche se non hai sangue blu. Ogni figlia è una principessa per i propri genitori, un giorno lo capirai. -
Le accarezzò i capelli con una spazzola lilla, il suo sguardo era amorevole e materno.
- Da oggi hai otto anni e il tempo passa sempre più velocemente... Sembrava ieri, quando ero in sala parto aspettando con ansia che arrivassi, o quando avevi un anno e la notte ti svegliavi piangendo nella culla. -
- … il tempo passa, è normale. -
- Ma per la mamma e il papà tu resti la nostra bambina. E' giusto che tu possa vivere degli splendidi momenti finchè sei ancora piccola, perchè poi il tempo ti chiederà di crescere e tutto questo non ci sarà più. -

Io devo crescere già da adesso, mama...

Come se le avesse letto nel pensiero, la donna abbracciò la bambina da dietro e le baciò il capo, osservò i suoi piccoli occhi allo specchio.
- Devi vivere la vita pian piano, senza bruciare le tappe. Una bambina farà cose da bambina, un'adolescente farà cose da adolescente e così via. -
Gli occhi rassegnati si spalancarono e la bambina osservò quelli color ambra di sua madre, che sorrise teneramente. Qualcuno bussò alla porta e la donna invitò ad entrare senza nemmeno chiedere chi fosse.
Dall'uscio fece capolino una Arina emozionata, che appena vide Nozomi si catapultò verso di lei, stringendola.
La bionda aveva un abito bianco in stile imperiale, con la gonna chiusa che arrivava fino alle caviglie e qualche fiocchetto decorativo con delle perline.
La piccola, che era stata colta di sorpresa e stava cercando di mettere a fuoco la situazione, ricambiò la stretta della ragazza, commuovendosi.

- Arina... io... -
- Sei stupenda Nozo! Scusami se sono mancata in questi giorni! -
- No... cioè... non ti preoccupare per quello... il tuo ragazzo... uhm... -
La bionda non seppe cosa dire e le due, che si stavano osservando negli occhi cercando di esternare i propri sentimenti, vennero interrotte dalla donna che si schiarì la voce.
Soltanto quando ebbe la loro attenzione, Kyoko iniziò a parlare.
- Una bambina deve fare cose da bambina, un'adolescente deve fare cose da adolescente. E' il normale corso della vita -.
La bionda scosse il capo.
- No, io avevo una responsabilità e... -
- Tra le esperienze di un'adolescente c'è anche sbagliare e imparare, Arina-chan. Non forzarti, nonostante la tua maturità sei ancora una ragazzina ed è normale che tante volte cadrai, ma allo stesso modo saprai rialzarti e andare avanti. Devi vivere queste esperienze se vuoi passarle a Nozomi. -
Arina arrossì, rilassandosi finalmente dopo chissà quanti giorni di ansia e preoccupazioni.

***

Una scalinata le separava dal salone dov'era in corso il ricevimento e la bambina non poteva che essere sempre più nervosa mentre, ad ogni gradino, sentiva gli sguardi dei presenti su di lei, curiosi e forse molto divertiti.
- … perchè la mamma mi ha fatta vestire così... -
- Nozomi... sei bellissima, di che ti preoccupi? -
La piccola portò il suo sguardo imbarazzato e sconcertato all'amica. Non poteva non notare che, nonostante entrambi gli abiti appartenessero ad uno stile abbastanza antico, quello che indossava Arina era sicuramente più recente e meno fuori luogo. Almeno non aveva una gonna ampia e ingombrante.
- Mi stanno guardando tutti, sono ridicola! -
- Ma no, ti guardano perchè sei la festeggiata! -
- Sì, ma sono ridicola! Tutti vestiti in modo normale e io.... sembra che ho sbagliato epoca! -

Ad interrompere il suo disappunto arrivò un “wow!” che costrinse le due a voltarsi per notare due bambini in giacca e cravatta, che osservavano Nozomi e Arina a bocca aperta.
La bambina sembrò cambiare umore all'istante mentre si gettava verso Claudio e Fabio, abbracciandoli con un ampio sorriso.
- No... davvero... sei bellissima! - disse il rosso, non riuscendo a non guardarla con gli occhi spalancati e luccicanti. La piccola si staccò da loro e arrossì.
- E' la prima volta che siamo ad una festa così... è … strana... - Fabio si guardò attorno, perplesso.
- Beh, sì, nonostante si tratti di un ricevimento per il compleanno di Nozomi la gente è comunque su un altro livello... - spiegò la bionda.

La piccola osservò i tavoli e non potè fare a meno di notare il buffet, pieno di stuzzichini particolari.

Nulla di decente che possa mangiare...

Dopo una decina di minuti in cui il gruppetto si era appartato in un angolo a parlare e ad ascoltare Arina che spiegava ai due cosa era accaduto ad Alessandro, una tenera voce risuonò nel salone e tutti si voltarono verso la sposa di Decimo. Kyoko era vestita di tutto punto con un lungo abito color salmone, fermato in busto da tante perline argentate. I suoi capelli lunghi erano soffici e voluminosi, decorati da alcuni fermagli a forma di fiori bianchi.
- Siamo davvero felici che abbiate deciso di partecipare a questo ricevimento particolare. Che ne dite se rallegrassimo la serata con un po' di musica? -

Se qualcuno avesse dovuto abbinare della musica ad una festa, la prima cosa a cui avrebbe pensato sarebbero stati uno stereo e delle casse.
Tuttavia, non si trattava di una festa ma di un ricevimento mondano, per cui le note che iniziarono a suonare un waltzer appartenevano all'orchestra che, in un angolino, allietava i presenti con la loro bravura.
Fabio li fissò con perplessità, probabilmente anche lui si aspettava uno stereo e delle grandi casse.
Il rosso, invece, tese la mano alla bambina, che lo scrutò curiosa.
- Vuoi ballare con me? -
La brunetta alzò un sopracciglio, perplessa.
- Ma... tu non sai ballare il waltzer... -
Il ragazzino ridacchiò.
- Non sottovalutarmi, so imparare in fretta. -

Quando il rosso la trascinò al centro della sala, la strinse a lui e iniziò a ballare, la piccola si rese davvero conto che aveva imparato a ballare il waltzer e non riuscì a staccare gli occhi dai suoi per tutta la durata della canzone.
Le ci volle un po' per uscir fuori da quel profondo e intenso mare, racchiuso negli occhi del bambino e fu una voce maschile a farla tornare alla realtà.
Quando si voltò notò un uomo dalla chioma castana, vestito di un abito da cerimonia grigio scuro e avvolto in un mantello nero, simile a quello di Primo-sama.
L'uomo si inginocchiò e osservò la piccola con un ampio sorriso, senza perdere la sua aura di maestosità.
- Mi concede questo ballo, vostra altezza? -

Nozomi era abbastanza imbarazzata, gli tese la mano che suo padre baciò con dolcezza per poi spingerla delicatamente a sé, rivolgendosi per un attimo al precedente partner.
- te la rubo solo per alcuni minuti. -
- Oh...ehm... fa con comodo, è sua figlia... -
Claudio sembrò davvero imbarazzato, soprattutto poiché non aveva idea di come rispondere ad una tale affermazione e l'uomo sorrise divertito, mentre si apprestava a iniziare il ballo con la piccola.
Mentre padre e figlia attiravano l'attenzione dei presenti ballando qua e là per la sala, Fabio si era avvicinato ad Arina e aveva cercato di farsi coraggio, imitando l'amico e chiedendole di ballare.
La ragazzina sorrise e, guardandosi attorno imbarazzata, annuì.

Alla fine del ballo, quando la musica aveva finalmente cessato le sue note, al centro della sala apparve un piccolo tavolo su cui era poggiata una grande torta a forma di porta gioie con tanto di gioiellini e peluches, modellati in pasta da zucchero, che la decoravano e le davano un'aspetto prezioso.
Tsuna, divertito, lasciò andare la figlia che si catapultò sorpresa vicino a quella meraviglia di crema e cioccolato colorato, osservandola con la bava alla bocca.
C'erano otto candeline a decorarla, ma poiché la torta era molto alta e la bambina molto bassa, servì l'aiuto di suo padre, il quale la prese in braccio e la aiutò a raggiungere un'altezza adeguata.

La canzoncina, il soffio delle candeline, gli applausi, il taglio della torta, le risate, qualche momento di imbarazzo e nessuno si rendeva più conto di quanto tempo fosse passato dall'inizio della festa.

Claudio si ritrovò fuori la balconata del salone a fissare il cielo quando notò che Nozomi aveva raggiunto il cortile, illuminato solo dalle luci delle finestre, ed era seduta sul bordo della fontana.
La raggiunse rapidamente e con un sorriso, sedendosi accanto a lei.
- Perchè sei venuta qui tutta sola? E' la tua festa, dopotutto. -
- … mi sono ricordata di quando hai detto che ero cambiata... era proprio qui. -
- Ah, quando ti hanno messo in punizione. -
La piccola non rispose, osservò il cielo.
- Sai, stasera eri come al solito. Sono così felice. -
- Come al solito? -
- Sì, sorridente. Non come gli ultimi giorni. Penso che tu ti stia preoccupando troppo e dimentichi le cose importanti. -
- Cosa c'è di importante? -
- Quello che ti rende Nono-chan. Il tuo sorriso e la tua allegria! -
- Ma io non sono così allegra... -
- Anche se pensi di farlo per finta... non è vero. Nono-chan vuole davvero essere felice e se lo vuole allora è un sorriso sincero. -
Per alcuni istanti si udì solo il suono dell'acqua che scorreva e delle risate in lontananza.
- Nee, Nono-chan. Giovedì prossimo inizia la scuola... -
- Sì, lo so. -
- Perchè non ci vediamo, domani? -
- Uh? Beh, se vuoi. Facciamo qualcosa noi tre? Ce ne andiamo in giro? -
Il rosso scosse il capo, osservando il suolo con insistenza.
- No, solo noi due... -
La piccola distolse lo sguardo e guardò altrove.
- Sopra la collina dietro il residence... quello dell'anno scorso. - aggiunse lui.
- Uhm... sì, lo ricordo. -
- Allora... dopo pranzo al residence? Verso... le tre? -
La piccola annuì, agitando i piedi.

All'improvviso sentì qualcosa di caldo e umido sfiorarle la guancia. Il ragazzo si era avvicinato e le aveva dato un tenero bacio.
Si staccò e la osservò, imbarazzato e con un sorriso nervoso.
Nozomi si sfiorò la guancia con la mano, arrossendo e senza riuscire a dire nulla.
Dopo pochi istanti il rosso ridacchiò, spezzando la tensione.
- … Fabio sarà parecchio infastidito perchè ho vinto la sfida... ma tanto a lui piace anche Arina-san, quindi sta bene. -
Sussultarono quando un forte rumore li sorprese. Tanti fuochi d'artificio colorati stavano sbocciando in cielo, proprio sopra di loro, sembravano volessero illuminare e benedire i due bambini sotto quella distesa serena decorata da tante luci colorate.

***

Quando Tsuna aprì la porta dello studio e si ritrovò sua figlia, che indossava una camicia da notte gialla, non era affatto sorpreso.
La piccola era seduta sulla sedia e appoggiata alla scrivania, stava aspettando con ansia suo padre poiché il ricevimento si era protratto fino a tardi e i bambini erano stati mandati già via. Tuttavia, Nozomi non aveva affatto sonno e si era infilata nello studio del boss, attendendo con pazienza e con sguardo nervoso, il viso ancora imbarazzato e la testa altrove.
L'uomo le si avvicinò, incrociando le braccia e osservandola con curiosità.
- Cosa c'è, Nozo-chan? E' successo qualcosa? -

Suo padre aveva sempre cercato di tenere la bambina lontana da quella stanza. Tuttavia, non era raro che ritrovasse la piccola seduta sulla sedia o sul divanetto, quando succedeva qualcosa che la turbava particolarmente.
Perciò, in quel momento, Tsuna era davvero preoccupato per lei.
La bambina scese dalla sedia e si avvinghiò alla mano destra del padre con disperazione.

- Per favore! Per favore! Fammi parlare con Primo-sama, per favore! So che è nell'anello! Devo chiedergli delle cose! Ti prego! -
La piccola sembrava lanciare un grido disperato, era la prima volta che voleva davvero parlare all'uomo da cui era tanto ossessionata, ma suo padre si limitò a guardarla con apprensione e a inginocchiarsi davanti a lei, circondandole il viso con le mani e guardandola negli occhi.
- Non verrà, Nozomi. Non verrà perchè non puoi chiamarlo e non non puoi chiedergli alcun aiuto. -
Alcune lacrime rigarono il suo viso e lo sguardo di Tsuna si intenerì.
- Qualsiasi preoccupazione tu abbia... qualsiasi scelta tu debba fare, devi farlo da sola. Non puoi chiedere aiuto a lui, non è suo dovere aiutarti. -
Poggiò le labbra sulla sua fronte e accompagnò la piccola, frastornata e ancora confusa, nella sua cameretta.

Cosa devo fare? Claudio è... ma Primo-sama... io amo Primo-sama... eppure...

Pensieri e parole, come fossero tante nuvole, si facevano strada nel cielo del suo cuore, scosse rapidamente dal venticello delle sue emozioni mentre lei, inerme, assisteva alla scena stesa su un prato fiorito che rappresentava sé stessa.

Si voltò dall'altra parte e osservò Claudio, anche lui steso sul prato accanto a lei, che si stiracchiava con un sorriso radioso.
- Sai, Nono... sono felice di essere venuto qui, oggi. -
- … è sempre stato un bel posto... -
Si issò, osservandola.
- Nono... -
Per qualche istante, quando anche la ragazza si era messa a sedere, il vento proveniente dal mare poco distante li aveva raggiunti, riempendo i loro polmoni con il profumo dei fiori.
- Nono... ho una cosa per te. -
Il giovane le porse un pacchetto rosa con un fiocco rosso, che la piccola prese e osservò confusa.
Sotto lo sguardo ansioso del rosso, la bruna lo scartò lentamente e notò una bustina bianca che aprì, lasciando che il contenuto scivolasse sul palmo della sua mano.
Un ciondolo a forma di conchiglia, la quale assomigliava a una vongola e ciò la fece sorridere. Sospettò che potesse aprirsi e infatti, pigiando un pulsante, rivelò al suo interno una perla bianca che iniziò a muoversi in cerchio al suono di una musica da carillon.
I suoi occhi brillarono.

- Ma... ma... - la piccola non sapeva cosa dire.
- Quando l'ho vista ho pensato a te... insomma, è una vongola, no? Ha anche la perla! -
- Ehm... le vongole non hanno le perle... però... è bellissimo... -
Il rosso sorrise e tornò a stendersi sull'erba fresca, seguito dalla bambina che poggiò il regalo accanto ai due.
Restarono in ascolto della melodia, osservando il cielo con la brezza che li accarezzava e il suono del mare che li cullava.
- Sarebbe bello potersi gettare in quel mare e nuotare fino ai confini del mondo, verso il nostro destino. - si voltò verso di lei - Assieme, io e te. -
La bruna osservò i suoi occhi limpidi e non potè fare a meno di pensare a quanto fosse confusa.
E all'uomo che amava.

- … ma io... Primo-sama... come farò a dimenticare... -
- Non importa. Te lo farò dimenticare io! -
La bruna arrossì, tornando a fissare il cielo con sguardo pensieroso.
- … dimmi che resterai la Nono di sempre. -
Tornò a voltarsi verso di lui, perplessa.
- dimmi che qualsiasi cosa accada non farai nulla che non faresti tu. -
La piccola annuì.
- … d'accordo, tenterò. -
Il rosso si issò di scatto e la bambina, quasi spaventata e confusa, lo imitò.
- non devi tentare. Tu devi essere Undicesima un giorno, no? E allora devi farcela. -
Nozomi annuì, immergendosi nuovamente negli occhi blu del bambino e arrossendo.
Claudio alzò la mano destra e le mostrò il mignolo.
- uh...? -
- Dammi il tuo. Devo fare una promessa. -
La brunetta alzò la sua mano destra e strinse il mignolo del rosso con il suo.

Il bambino sorrise, perdendosi anche lui negli occhi chiari della ragazzina.
- Prometto solennemente che ti starò accanto e ti proteggerò per sempre. -
- Ed io... cercherò... cioè... riuscirò ad essere sempre me stessa... -
C'erano solo il vento e il cielo terso a fare da testimoni ai loro giuramenti, ma ai due non importava.
Strinsero forte i mignoli come se per loro, quelle parole, rappresentassero una speranza per il futuro.

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Capitolo 13
*** Target 13 - Complotto ***


Target 13 - Complotto

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Quando il sole si levò dall'orizzonte, in quel grigio martedì, la giovane Arina era già in piedi da un bel po', incapace di riuscire a dormire decentemente.
Il suo cuore batteva rapidamente, il sorriso non aveva mai lasciato il suo volto e aveva perso molto tempo sotto l'acqua della doccia, che l'aveva coccolata mentre era immersa nei pensieri.
Si era guardata allo specchio più e più volte, sistemandosi la chioma bionda e osservando gli scintillanti occhi verdi, pieni di euforia.
Erano solo le otto del mattino e la ragazzina si era già agghindata, con un abitino verde sopra una camicia bianca e fermato sotto il busto da una cintura.
Sospirò, osservandosi attorno. Era tempo di mettersi all'opera, perciò indossò un grembiule e prese l'aspirapolvere.

Canticchiò tra sé e sé, mentre lo passava con divertimento sul pavimento della piccola abitazione, spostando con cura le sedie e i mobiletti, pulendo ogni angusto angolo dalla terribile minaccia della polvere.
Dopo aver posato l'aspirapolvere, la ragazzina prese uno straccio e lo fece scivolare rapidamente sul tavolo e sugli scaffali.

- Bene, tutto è bello pulito e profumato! - sorrise, mentre gettava la pezza sporca nel contenitore dei panni da lavare.

Si stiracchiò, avvicinandosi ai fornelli e riflettendo sul da farsi. Voleva preparare qualcosa di buono, un pasto che avrebbe lasciato il ragazzo senza parole.
Annuì a sé stessa, prese un ricettario e fece scorrere l'indice sulla lista delle possibili pietanze. Una volta scelto il menu del giorno, controllò se fosse in possesso di tutti gli ingredienti.
Ovviamente una liceale di quindici anni, che viveva da sola e mantenuta da un tutore esterno, non disponeva di chissà quale grande varietà di ingredienti, perciò era già conscia che sarebbe dovuta andare a fare spese.
Prese il suo zainetto blu e uscì dall'appartamento, dirigendosi verso il supermercato più vicino.

- Dunque... uova, una confezione di besciamella, zucchine... mh -
Appena entrò nel negozio venne invasa da un'aria gelida che per poco non la congelò, nonostante l'estate stesse finendo faceva ancora abbastanza caldo e nei locali era onnipresente l'aria condizionata.
Si guardò attorno con curiosità, controllando gli scaffali e ritrovandosi a prendere prodotti che non servivano ma che, date le vantaggiose offerte, non potevano non essere acquistati subito.
- Uh, quest'olio è buonissimo... ah! Il tonno è in tre per due! Cavolo, questa confezione di fagioli a metà prezzo... -
Una confezione di detersivo e due pacchi di piatti fondi dopo, la ragazzina uscì finalmente dal negozio con un sorriso smagliante e saltellando si avviò verso casa.

Erano già le undici e si rimboccò le maniche, aveva tutta l'intenzione di preparare un pranzo squisito per Alessandro che, di lì a poco, sarebbe arrivato.
Accese l'mp3 che collegò alle casse e iniziò a lavare le zucchine, mentre si dondolava sulle note della canzone di una nota band americana.
Dopo aver fritto il contorno, mise a cuocere dei filetti di carne tenerissima appena comprati e pesò la pasta sulla bilancia, mentre aspettava che il forno raggiungesse una temperatura adeguata.

"Gli piacerà. Deve piacergli!" ridacchiò, canticchiando. "Sarà tutto perfetto."

Alla mezza il campanello suonò.

La giovane si apprestò a spegnere l'mp3 con rapidità e si lanciò alla porta, aprendola e rivelando un giovane dallo sguardo rilassato e sereno che lei abbracciò senza pensieri, tuffandosi sul suo petto e assaporando il suo profumo.

- Ben arrivato~ -
- 'Giorno, Arina. -
La fanciulla invitò il ragazzo ad entrare e Alessandro sembrò quasi stupito dalla tavola ben apparecchiata con stile elegante, il quale cozzava con l'arredamento moderno del piccolo appartamento.
- Wow, hai fatto le cose in grande.
- Perchè? Non ti piace? -
Lo osservò preoccupata ma lui scosse il capo, abbozzando un sorriso.
- Certo che mi piace, che domande. -
Prese subito posto, mentre osservava la fidanzatina che apriva il forno e vi estraeva una teglia con la pasta.
Arina preparò rapidamente due piatti e li portò a tavola, inebriando il ragazzo con il profumo della pasta con la besciamella, preparata con pezzetti di pancetta e piselli.

La ragazzina mangiò con gusto, mentre osservava il giovane fare altrettanto e le sue guance si riempirono di un leggero rossore.
Era felice.

- I tuoi genitori? Come stanno? -
Il ragazzo bevve un sorso d'acqua e mugolò, senza rispondere.
- … le cose non vanno bene? -
- Mh. -
"Non ne vuole parlare... non posso insistere." sospirò, decidendo di lasciar perdere la questione genitori. Non voleva fargli ricordare l'incidente per cui decise di restare in silenzio e continuare a contemplarlo di nascosto.

Quando Alessandro si sedette sul divano, dopo pranzo, accese la televisione e fece un po' di zapping tra i canali. Ogni tanto lanciava un'occhiata alla fidanzata, sembrava osservare il suo fondo schiena con insistenza, mentre lei lavava i piatti imbarazzata.
La giovane sorrise, nonostante tutto non le dispiaceva che il ragazzo le riservasse certe attenzioni.

Dopo qualche istante anche lei lo raggiunse, il giovane stava vedendo un film giallo con concentrazione ma, dopo pochi minuti, sentì le sue mani scivolare sul suo corpo.

Non le ci volle molto a capire le sue intenzioni e lo scostò, imbarazzata.

"No, no. Non ancora. Non posso!" scosse leggermente il capo, completamente rossa e incapace di dire qualsiasi cosa. Non era pronta per un passo così grande dopo così poco tempo che stavano insieme.
Il ragazzo sembrò contrariato, sbuffò e scostò lo sguardo.
La ragazzina si aggiustò la gonna con nervosismo, non riuscendo a trovare un discorso decente che potesse rompere quel momento di imbarazzo.

Alla fine i due optarono per un film horror su una rete privata e l'imbarazzo lasciò spazio alla paura della ragazza e alle risate del giovane.

Il ragazzo dai capelli violacei lanciò uno sguardo all'orologio appeso alla parete. Mosse le gambe e cambiò posizione, appoggiandosi allo schienale del divano.
La bionda staccò l'attenzione dalla televisione e l'osservò con inquietudine.
- … perchè sei così nervoso? -
Il giovane si voltò verso la fanciulla e la guardò con occhi vacui.
- Mi sembra palese. -
La bionda scosse il capo, pensierosa.
- Non capisco... -
- E' pur sempre la tua allieva, no? Se non mi accettasse? Sembra tenere molto a te. -
La ragazza divenne perplessa, se non delusa. Chinò il capo, sospirando.

"Lei." si ritrovò a pensare "Perchè parli di lei in un momento simile? Dovresti pensare a me!"
Ad ogni modo doveva tranquillizzarlo, sembrava davvero abbastanza a disagio.
Ma perchè?

- No, tranquillo... ti ha anche già visto, dopotutto... - arrossì, ricordando il bacio sulla panchina. Il suo primo bacio.
- Tra vedere e conoscere c'è una bella differenza. -

Il telefono squillò all'improvviso e Arina quasi non ebbe un colpo. Si alzò di scatto, afferrò l'aggeggio poggiato sul mobile e rispose velocemente.
Dall'altra parte si sentì una voce squillante e la bionda le parlò quasi con freddezza.
- State arrivando? D'accordo, vi aspettiamo. - concluse la chiamata, infilandosi il cellulare in tasca e sospirando, voltandosi a guardare il giovane che la stava osservando con curiosità. - Sarà qui tra due minuti, preparo un po' di limonata! -
Disse, cercando di sorridere. Non riusciva ad essere felice, non più. Era infastidita, avrebbe voluto dire a Nozomi di non andare, di lasciarli da soli.
All'inizio era felice che Alessandro la conoscesse ma, all'improvviso, iniziò a non sopportare più quell'idea. Come se non bastasse, Alessandro sembrava nervoso e continuava a mettere la bambina in mezzo a discorsi in cui non c'entrava nulla.
La bionda si bloccò davanti al portone d'ingresso, ricordandosi di quanto lui aveva insistito nell'incontrarla.
Inizialmente era sicura che lui volesse entrare di più nella sua vita, che volesse conoscerla meglio. Venuto a conoscenza della sua allieva, avrà pensato che incontrandola si sarebbe sentito finalmente parte della sua famiglia.

Ma, in quel momento, non ne era più sicura.

"... e se preferisse Nozomi a me?"

Scosse il capo, incredula. Come poteva preferire una bambina di otto anni a lei? Era assurdo e stupido, a meno che Alessandro non fosse un pedofilo.
Non voleva nemmeno pensare all'ipotesi che gli piacessero le bambine, dopotutto il giovane era attratto da lei molto prima di sapere dell'esistenza della sua allieva.
Non poteva aver programmato tutto solo per avere la piccola.

Tentò di scacciare quegli orribili pensieri, convincendosi che il suo fidanzato era nervoso soltanto perchè doveva incontrare la sua allieva e non sapeva se lei l'avesse o meno accettato.
Doveva essere così.

Si decise ad aprire il portone d'ingresso, lasciandolo socchiuso, per poi apprestarsi ad estrarre la bibita dal frigorifero.
Versò la limonata nei cinque bicchieri e ne porse uno al ragazzo, mentre lei beveva la sua.

Il giovane si issò dalla poltrona, sorseggiandola, mentre osservava sottecchi la fidanzatina che svuotava il bicchiere in un sol sorso e lo poggiava sul ripiano accanto ai fornelli.
Il viso di Arina era ancora molto confuso, quasi preoccupato.
Ormai era decisa a non pensarci più, voleva solo sperare che quella giornata passasse presto.
Lanciò un'altra occhiata all'orologio, erano le cinque e sei minuti e il ragazzo poggiò il bicchiere accanto a quello della bionda, prima di abbracciarla.
Arina sussultò, arrossendo per quel gesto che non si aspettava.

Ma il suo cuore era spaventato.

- Che peccato... che tu non abbia voluto fare qualcosa, poco fa... -

Spalancò gli occhi, tremando. Sapeva che il ragazzo aveva avuto pensieri indecenti, ma lei non si sentiva affatto pronta per quel passo.
E, in quel momento, era terrorizzata da qualcosa. A stento riuscì a rispondergli.
- ...A … Alessandro... ci sarà tempo per... per queste cose... -
Si sentì avvampare e il suo cuore palpitava rapidamente, mentre assaporava il profumo del ragazzo.
Il profumo che amava.

- Uhm, ma non c'è più tempo. -

Alzò il capo sconcertata, quando sentì qualcosa di freddo sfiorarle il viso.
Rimase immobile, incredula e senza dire nulla, osservando il giovane che si era scostato da lei e reggeva in mano una pistola, che teneva puntata alla tempia della ragazza.
- A... Alessandro...? -
- Perdonami, Arina. Mi sarebbe piaciuto divertirmi un po' con te, ma non mi hai dato questa soddisfazione. Peccato. -

Il suo cuore sobbalzò, nuovamente.
Il terrore, la paura, pensieri che vorticavano nella sua testa e il petto che sembrò bruciare.
- … Ma... cosa... -

Un ghigno si dipinse sul volto del giovane.
- Fra poco la piccola Vongola sarà qui e dovrò occuparmi di lei, quindi il tuo compito è finito. -

"Nozomi."

Tutto era bianco.
Non riusciva quasi più a ragionare, non sapeva cosa dire o come muoversi.
Provava solo un'immenso odio, dentro di lei.

"Nozomi. Sempre tu. E' sempre colpa tua."

Era stata lei a portarle via Alessandro. Le sue paure erano fondate, il ragazzo era interessato più a lei che ad Arina.
Non poteva crederci, non voleva crederci.
Quei mesi passati assieme erano svaniti all'improvviso.
Tutto per colpa di Nozomi?

- Il mio capo ha un conto in sospeso con Vongola Decimo e mi ha ingaggiato per questo lavoro. -
La ragazza scosse leggermente il capo, il freddo metallo che ancora premeva sulla sua tempia.

Frammenti di ricordi apparvero rapidamente davanti ai suoi occhi, tutto ciò che avevano vissuto fino a pochi istanti prima.
Menzogne.

Alessandro era un bugiardo, Alessandro aveva giocato con i suoi sentimenti.
Aveva dato il primo bacio ad una spia, probabilmente ad un assassino.
Si disgustò.

- Alessandro... - balbettò quel nome con disperazione e orrore, ma il ragazzo sembrò seccato.
- Piantala di chiamarmi così. Il mio vero nome è Fabrizio. -

La ragazza si morse le labbra, lacrimando. Il suo cuore finiva in pezzi, osservando l'immagine del ragazzo che si distorceva ai suoi occhi.
- ...dov'è... Alessandro... -
- Il vero Alessandro non l'hai nemmeno mai incontrato, è morto con i suoi parenti nell'incidente dell'altro giorno. Dovevamo liberarci di lui. -

"Dovevate liberarvi di lui?" quelle parole iniziarono ad attivare qualcosa dentro di lei. "...Il suo capo ha un conto in sospesso con Decimo."

Rabbia, odio, frustrazione.
E ancora odio.

Erano loro.

- ...Lhu....Lhumor... -
- Oh, come fai a conoscere...? - si bloccò, perplesso, finchè non sembrò capire la situazione. - Ma certo. Vongola Decimo. -
La ragazzina non parlò, restò ad osservare gli occhi di ghiaccio del ragazzo che non esprimevano emozioni.
Era un assassino, senza cuore, menefreghista e pronto a tutto per compiere la sua missione. Adesso lo vedeva per ciò che era... eppure lo amava.
Il cuore continuava a lottare con il cervello, che reclamava vendetta.

"Lui... lavora per chi ha ucciso i miei genitori." continuava a ripetersi. "Lui... mi ha dato mesi di illusioni e menzogne. Aveva un solo fine."

Arina portò la mano destra verso il petto, tremante, mentre le lacrime rigavano copiose il suo viso.
- Tu... tu non mi hai... -
Il ragazzo sbuffò.
- Mi stai davvero chiedendo qualcosa di così stupido? Per me sei solo un mezzo, non mi interessi per nulla. Certo, mi sarebbe piaciuto almeno abusare di te ma va beh, non si può avere tutto dalla vita. - il giovane scosse il capo, scrollando le spalle. - Dai, il pranzo non era male, ti ringrazierò con una morte rapida e indolore. -

Sentì dei suoni rimbombare all'esterno, provenivano probabilmente dall'androne del palazzo. Forse stavano arrivando, o forse erano altri inquilini che rincasavano.
Alessandro lanciò un'occhiata compiaciuta alla porta d'ingresso, per poi osservare lo sguardo vacuo della bionda.
Alessandro: Non temere, fra poco anche la tua cara allieva ti seguirà.

Il volto della bambina fece capolino tra i suoi ricordi scomposti, mischiati dentro il suo cuore.
La bambina che non voleva vedere per poter passare più tempo con il suo amato.
La bambina che lei pensava essere più importante per il suo ragazzo.
La bambina alla quale aveva attribuito la causa del doppio gioco di Alessandro.

Ma che colpa ne aveva, quella bambina? Di avere Decimo come padre?
Anche Arina era un po' figlia di quell'uomo, poichè l'aveva presa con sé come se l'avesse adottata. Inoltre, vedeva Decimo come una sorta di tutore.
Voleva bene a Decimo, voleva bene a Nozomi.

E l'aveva odiata, perchè la sua colpa è quella di essere figlia di Decimo.
Perchè l'obiettivo di Alessandro era solo Nozomi.

"La vuole uccidere. Vuole ucciderla per far disperare Decimo." la sua razionalità pian piano tornava, nonostante sentisse le budella contorcersi.
"Anche Nozomi è una vittima, proprio come me."

La mano sinistra della giovane scivolò nella tasca.
Li aveva con sé. Non li aveva quasi mai usati eppure fu Reborn a dirle di non separarsene mai, perchè sarebbe giunto il momento in cui avrebbe dovuto usarli.

“Reborn, il tutore di Decimo... voi sapevate che qualcosa di simile sarebbe accaduto?”

Voleva chiedere aiuto ma era sola, con l'indice del giovane che scivolava sul grilletto e una ragazza che presto morirà in un lago scarlatto.
Dopo di lei ci sarebbero state altre tre vittime. Dei bambini innocenti.

Un click risuonò nell'abitazione, ma fortunatamente nessuno era morto. La ragazza si era spostata e il giovane era indietreggiato, con il braccio graffiato e lo sguardo adirato.
- ...TU. -
Arina aveva dei lunghi artigli argentati che emettevano la fiamma verdastra del fulmine.
Stava osservando il ragazzo con sguardo apatico, nonostante i suoi occhi fossero disperati e pieni di suppliche silenziose.

Ma il ragazzo era senza cuore, al ragazzo nulla importava.
Era un maledetto assassino incaricato di uccidere la figlia di Decimo e chiunque gli si parasse davanti.

Il ragazzo non era stupido, si lanciò contro Arina e si abbassò rapidamente, colpendola alle gambe di soppiatto e riuscendo a schivarne gli attacchi solo per poter arrivare dietro di lei.
Arina aveva capito che voleva puntare al collo, perciò riprese l'ecquilibrio e si lanciò in avanti, voltandosi rapidamente e continuando ad attaccare con i suoi artigli, schivando gli spari del silenziatore.
Più d'una volta il giovane venne sfiorato dalle unghie e bestemmiò, arrivò accanto al tavolo e lo spinse violentamente contro di lei.
La ragazzina fece un rapido balzo e vi salì sopra, con lo stupore dell'assassino che, probabilmente, non si aspettava tutta quella agilità.

Lo osservò dall'alto, scrutando il viso spietato e adirato di un assassino.
No, quello non era Alessandro.
Il povero Alessandro non l'aveva mai nemmeno incontrato, era stato ucciso per vendetta.
Chissà quanto era dolce e simpatico quell'Alessandro, se solo lo avesse conosciuto.
Non potrà più sorridere, non potrà più stare con i suoi amici, non avrà mai più una ragazza e non potrà invecchiare con la sua famiglia.
Il povero Alessandro era stato ucciso perchè era una palla al piede, per chi stava utilizzando il suo nome per un piano diabolico.

Alessandro Demerito, così come sua madre e suo zio, erano vittime.
Altre vittime della Lhumor Corporation, assieme ai suoi genitori e ad altre persone uccise negli agguati di quattordici anni prima.
Agguati contro i Vongola, vendette contro Decimo.

Vite spezzate per la crudeltà e l'arroganza delle persone.

Anche lei sarebbe morta per motivi così futili? Si trovava di fronte un certo Fabrizio, un ragazzo che in realtà non conosceva affatto, che voleva ucciderla e teneva una pistola puntata verso di lei.

Lei, che era una vittima come tante altre.

Era una vittima solo perchè era vicina a Nozomi. Forse, se si fosse allontanata da lei e da quella vita, non sarebbe più stata usata da nessuno. Non sarebbe morta come Alessandro.
Ma Nozomi, invece? Non importa cosa avesse fatto per celare la sua identità, sarebbe stata sempre e comunque una vittima e un obiettivo.
Se Arina poteva salvarsi, Nozomi non poteva.
Il suo destino era segnato.

I suoi occhi si riempirono di lacrime amare. Lei, che tutti aiutava e che amava i suoi amici, aveva odiato la bambina perchè l'aveva trascinata nella sua vita.
Non aveva compreso di essere già dentro quel mondo sin da quando Decimo l'aveva presa con sé.
Non poteva più fuggire, così come Nozomi.
Avrebbe dovuto avanzare con lei.

In due potevano aiutarsi e potevano riuscire a vincere gli ostacoli.
In due potevano essere felici.

Il ragazzo sparò ancora e ancora, sfuggendole e riparandosi dietro il tavolo. Ma Arina, ormai, non vedeva più quel ragazzo come il suo amato fidanzato. Lo vedeva come un mero assassino dalla quale doveva difendersi.
Aveva tre bambini da proteggere, piccole vittime dell'odio degli adulti.
Non esitò un istante quando, dopo una finta, arrivò alle sue spalle e lo colpì con violenza, affondando gli artigli nella carne e infierendo ancora e ancora.

Ancora e ancora.

Pianse, mentre si muoveva meccanicamente sul corpo di Fabrizio.
Non conosceva Fabrizio, sapeva soltanto che era un uomo meschino e voleva ucciderla.
Per questo si era difesa, per questo i suoi abiti erano ormai scarlatti e lui era caduto a terra, agonizzante.

Le ferite erano multiple e profonde, sarebbe morto di lì a poco per dissanguamento.
Oppure, probabilmente, lo era già.
Ma non controllò, rimase immobile ad osservare il suo corpo straziato.
Gli unici rumori erano il ticchettio dell'orologio e il respiro affannoso della ragazza, le gocce di sangue che si staccavano dai suoi artigli, colpevoli di quell'atto.

Era diventata un'assassina, ma a causa di chi?
Non poteva odiare Decimo o Nozomi poichè non era colpa loro, ma del marcio che c'era nel mondo.

Si ritrovò ad alzare il capo verso l'ingresso dell'abitazione, immergendosi negli occhi della bambina.

Rabbrividì.

Quegli occhi chiari erano furiosi, fissi su di lei e pieni di odio. Sembrava tremasse e a stento si tratteneva dal piangere.

“No... Nozomi... io non....”

Cosa aveva visto? Cosa stava pensando? L'avrebbe ritenuta un'assassina?
Era buffo che poco prima l'aveva odiata e adesso aveva il terrore del suo giudizio.

- ...N... -
Non riuscì a pronunciare il suo nome, le parole non voleva uscire fuori dalle sue labbra.
Arina: N... U... Undicesima...
Capì che non aveva il coraggio di chiamarla per nome, non dopo che le aveva mostrato quella scena disgustosa.
Non dopo averla odiata dal profondo del suo cuore.

La bambina scosse il capo, quasi incredula.
- ...Lhumor...vero? - disse lei.
- ...eh? - Arina non sembrava aver capito bene, perchè aveva pronunciato quel nome?

Un pensiero le balenò nella testa.
Aveva capito tutto.

- ...prima i tuoi genitori e ora il tuo cuore... no... adesso basta. - la piccola scosse il capo ancora, indietreggiando.

Non la odiava. Non aveva frainteso. Aveva già capito tutto.

“Lei... lei vuole...”

- Undicesima... aspetta... non... - alzò il braccio verso di lei, come se volesse afferrarla, ma la piccola si era voltata ed era fuggita via. Quasi meccanicamente e senza esitazione, Arina si era lanciata al suo inseguimento.

Dov'era andata? Dov'era diretta? Sapeva come arrivare a loro? Stava scappando a caso perchè triste, oppure era diretta in un luogo ben preciso?
Nella sua abitazione c'era un cadavere pieno di sangue e in una delle sue tasche c'erano le armi del delitto. Come poteva andare via così, col rischio che qualcuno notasse gli schizzi di sangue sul suo vestito o trovasse il corpo di Fabrizio a casa sua?
Non sapeva più cosa fare o pensare, in quel momento aveva solo un'idea in testa.
Doveva salvarla. Doveva salvare Nozomi.

Era il suo compito sin dall'inizio.
Ma, in quel momento, iniziava a capire il perchè.
La doveva salvare dallo sbaglio che lei stessa aveva appena commesso, davanti agli occhi innocenti della bambina.
Doveva impedire che anche lei si sporcasse le mani di sangue.
Per odio, per rabbia, per vendetta.

Si fermò appena superato l'androne, osservando spaesata il vialetto. Davanti a lei c'era solo un Fabio sconvolto, che si guardava attorno.
- Nono-chan... è andata di là. Claudio l'ha seguita... - disse il bambino.

La ragazza non sembrò voler attendere un attimo di più, non dopo aver saputo che anche Claudio era stato immischiato in quella faccenda.
Portò automaticamente una mano in una tasca, prendendo il cellulare che aveva con sé e componendo un numero, prima di iniziare a correre più veloce che poteva.
Le gambe le dolevano, gli artigli insanguinati erano ancora riposti nell'altra tasca e i frammenti del suo cuore venivano sparsi lungo la strada che stava percorrendo.

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Capitolo 14
*** Target 14 - La Nebbia ***


Target 14 - La nebbia

cover

Era ormai pomeriggio inoltrato, le nuvole coprivano il sole estivo e le strade erano affollate.
Ragazzini e adulti, indaffarati nelle loro compere, passeggiavano rapidamente su e giù per il marciapiedi, lungo una strada laterale.
Tra i tanti edifici che affacciavano sulla strada ce n'era uno in particolare, all'apparenza simile agli altri. Cinque piani, costruito recentemente con uno stile moderno, con porte in vetro automatizzate e vasi fioriti che adornavano l'ingresso.
Le vetrate si aprivano e chiudevano senza un preciso ritmo, lasciando entrare ed uscire indaffarati impiegati in giacca e cravatta.
Al lato, un cancello verdastro con apertura automatica invitava le macchine ad entrare per giungere al garage sotterraneo e difatti, tra le tante automobili che passavano per quella strada, alcune di loro erano dirette proprio lì.
Assomigliava a un normale ufficio di chissà quale agenzia, eppure loro sapevano che non era così.

Il bambino dai capelli rossi restò in silenzio, non trovando le giuste parole da pronunciare, mentre osservava il volto della sua amichetta, contratto nella rabbia ma silenzioso, con gli occhi di un castano ambrato oscurati da chissà quali nefasti pensieri.
La piccola lasciò scorrere lo sguardo sull'edificio, quasi studiandolo, finchè la sua attenzione non si spostò sul palazzo adiacente, un condominio di sette piani con il portone aperto e due anziane che discorrevano simpaticamente.
La piccola si guardò a destra e a sinistra, attendendo che la strada fosse libera, per poi attraversarla rapidamente seguita dal ragazzo, giungendo infine all'ingresso del palazzo.
Claudio lasciò scorrere la sua attenzione sulle due anziane che si voltarono a fissarli con un ampio sorriso, prima di tornare ai loro discorsi.
Quando si girò nuovamente notò che Nozomi si era spostata più in avanti, verso l'edificio incriminato, osservando in alto.
Non ebbe il tempo di raggiungerla poiché l'amica aveva fatto dietro-front ed era entrata nel condominio.

Non riuscì nuovamente a dir nulla, non sapeva nemmeno cosa dire. Si limitò a seguirla su per le scale, verso il primo piano, e si avvicinò a lei quando aprì la finestra dell'androne e si affacciò, guardando a destra e a sinistra.
Salì sul davanzale e si protese verso il muro dell'altro edificio, salendo sul cornicione e appiattendosi al muro per non cadere.
Il rosso, seppur titubante, la imitò, salendo sul davanzale e allungando il piede per aggrapparsi al cornicione. Seguì rapidamente la bambina che, un passo dopo l'altro e verso sinistra, si dirigeva verso una finestra aperta.

Ha visto quella finestra poco fa e ha pensato di entrarci da qui?" pensò lui, incredulo "Che figo, sembra uno di quei videogiochi dove salti per i tetti...

Il bambino seguì l'amica dentro la stanza, fortunatamente vuota, scendendo dal davanzale e osservandosi attorno. Si trattava palesemente di un ufficio, c'erano scaffali con documenti e carte sparse in giro, una scrivania con un computer di ultima generazione e un macchinario accanto alla porta che, probabilmente, doveva essere una fotocopiatrice.
Non ci diede molta attenzione, dopotutto doveva star dietro i ritmi della bambina.

Ma perchè si trovava lì?
Sapeva di quale edificio si trattasse e sapeva delle intenzioni di Nozomi.

Cos'era successo poco prima?
Quando tutti e tre erano arrivati fuori all'appartamento di Arina-san, avevano sentito dei rumori e sia lui che Fabio erano rimasti indietro, quasi intimoriti per ciò che potevano trovarsi davanti, mentre Nozomi era corsa verso la porta ed era rimasta immobile con uno sguardo preoccupante.
Cos'era successo in quell'appartamento? Cosa aveva visto la bambina?
Arina-san stava sicuramente bene, aveva sentito la sua voce, aveva visto Nozomi parlarle prima di fuggire e di lanciarsi al suo inseguimento.
Non voleva lasciarla sola, non in quello stato.
Aveva sempre affermato che Nozomi stava diventando cupa come quando l'aveva conosciuta, tre anni prima, quando aveva fatto di tutto per vederla sorridente. Odiava vederla da sola in disparte mentre tutti giocavano. Non parlava, non sorrideva, era sempre pensierosa e leggeva libri come se li divorasse.
Dove volava la sua fantasia?
Voleva conoscerla, voleva avvicinarsi a lei, voleva vedere il suo sorriso.
C'era qualcosa di speciale in lei, una strana luce che lo attirava. Voleva starle accanto, voleva non doversi mai separare da lei.
Voleva stare con lei per sempre.
Erano strani pensieri per un bambino di otto anni, eppure era quello che provava.

Si limitò a seguirla, affacciandosi nel corridoio per controllare quante persone ci fossero in giro, aspettando il momento opportuno per spostarsi oltre.
La bambina si lanciò verso l'ufficio più vicino, nella porta alla loro sinistra, aprendola con gran fortuna e infilandosi dentro.
Il rosso diede un'occhiata al suo interno e notò che era esattamente come il primo. Scartoffie, computer, macchinari a caso, una pianta sotto alla finestra, una scrivania disordinata, un telefono e un televisore in alto fissato al muro.
Si voltò verso l'amica, che sembrava rimuginare su qualcosa.
Prese fiato e decise di parlare.

- E ora? - chiese lui.
Non immaginava quale sarebbe stata la reazione della ragazza. Forse non avrebbe risposto, poteva andare avanti nel suo operato senza dargli retta oppure poteva rispondergli in modo freddo.
Sospirò, già conscio che non sarebbero arrivate risposte.
Tuttavia la piccola parlò, alcuni istanti dopo.

- Serve un diversivo. - rispose.
- Per cosa? -
- Lui sarà sicuramente in uno degli ultimi piani. -
- Ne sei sicura? -
- I capi sono sempre nei piani alti, è ovvio. - spiegò lei.
- Potrebbe essere un capo diverso... -
- No, sono sicura che è lì. Ad ogni modo lo scopriremo. -
Il rosso si guardò intorno, storcendo la bocca, quando non gli venne in mente un'idea. Si voltò e osservò la porta bianca dell'ufficio.
- Forse so cosa fare. -
La piccola, ancora abbastanza fredda, portò la sua attenzione su di lui.
- Cosa? -
- Però devi promettermi che non lo ucciderai. - il rosso non distolse lo sguardo da lei e la piccola si limitò ad osservarlo - Non lo fare. Non è una bella cosa. Non si uccidono le persone, saresti anche tu un'assassina. -
- Non te lo prometto, non lo so. -
- Almeno... promettimi che farai di tutto per trovare un altro modo. -
- Forse, sì. Ma dipende... -
- Non penso che Vongola Primo sarebbe felice se tu lo facessi... -
- … Lui... non è un santo. Anche lui ha dovuto prendere decisioni molto brutte. -
- Ma l'avrà fatto perchè è grande e sa cosa fare. - affermò lui - Tu no. Se tu fossi più grande forse potresti pensare in modo diverso. -
- Non importa, è adesso che devo pensarci. - scosse il capo, afflitta - Per Arina... per quello che ha fatto alla mia Arina... -

Il rosso si avvicinò alla bambina e, incredibilmente, l'abbracciò.

- Tu... le vuoi molto bene, eh? Pensavo fossi gelosa... -
- No, non è così. Arina non mi sopportava perchè doveva starmi dietro... - spiegò lei - penso che non riuscisse a capire come doveva trattarmi perchè io sono... strana. Però alla fine è sempre stata con me... non mi ha mai abbandonata, anche se sono stata solo un peso. -
- Tu non sei un peso! - affermò il rosso.
- Se io dovessi prendermi cura di me stessa, mi manderei all'inferno perchè sono insopportabile... perciò la capisco. -

Il bambino rise, staccandosi da lei e osservandola negli occhi.
La piccola arrossì, dondolandosi.
- Non voglio che soffra ancora! Ha già sofferto abbastanza per colpa di quell'uomo! -
- Quell'uomo? Il capo della Lhumor? -
- Miles! Victor Miles! -
- Ma può pensarci tuo padre... -
- No! Devo pensarci io! Mio padre è troppo buono, non gli darebbe la pena che merita! -
- E perchè pensi che tu puoi decidere la pena che merita? -

La piccola sembrò rimanere interdetta, fissò il rosso con sguardo perplesso.
- Promettimelo. -
La bambina scostò lo sguardo, imbarazzata. Gli lanciò fugaci occhiate, rimuginando, per poi annuire con il capo.
- Cercherò... -
Il rosso sorrise, prendendole la mano.
- Mentre attraversavamo il corridoio c'era una cosa di vetro, proprio qui fuori. C'era scritto “premere in caso emergenza”. Forse... se lo premiamo succede qualcosa... -
- Oh? Ah, quel bottone... giusto. -

La piccola si avvicinò ad uno scaffale e afferrò una statuetta grigiastra, un elefante con la proboscide alzata, per poi tornare dall'amico e porgergliela.
Aprirono lentamente la porta, controllando che non passasse nessuno. Attesero trepidanti, mano nella mano, guardando dallo spiraglio per circa un minuto.
Claudio aveva il cuore che batteva rapidamente e, ogni tanto, osservava la sua amica e sorrideva.
Nozomi era nervosa quanto lui, meno fredda e più umana.
Era felice, sapeva che così avrebbe mantenuto la promessa.

Quando la strada fu finalmente libera, Nozomi aprì rapidamente la porta e il rosso raggiunse il riquadro in vetro, rompendolo con la statuetta, per poi premere il pulsante al suo interno.
Nell'infilare la mano si ferì leggermente a causa dei vetri che non si erano frantumati, ma non ci diede peso, piuttosto tornò nella stanza di poco prima proprio mentre suonava un assordante allarme che rimbombava per i corridoi dell'edificio.
I piccoli, che si erano rintanati nell'ufficio, restarono in ascolto e udirono il rumore delle porte delle stanze adiancenti che venivano violentemente spalancate. Seguirono passi e voci confuse, mentre, dall'altoparlante, una donna invitava i dipendenti ad evaquare l'edificio.
Si affacciarono nuovamente verso il corridoio centrale e approfittarono della confusione per sgattaiolare verso l'ascensore alla fine del corridoio, fortunatamente libero poichè tutti si erano lanciati verso le scale.

La brunetta saltò, riuscendo a raggiungere il bottone che raffigurava il numero cinque, l'ultimo piano.
Il rosso era nervoso, tremava, così come la sua amica, che per quanto avesse sognato guerre mafiose e scontri, sicuramente non si era mai trovata a dover vivere una situazione del genere sulla sua pelle.
Le porte dell'ascensore si spalancarono su un corridoio affollato, pieno di uomini dall'aria preoccupata e che parlavano ad alta voce.

- Vai a vedere se è arrivato l'elicottero del capo, doveva essere già su in terrazza! -

Nozomi prese la manica del rosso e iniziò a trascinarlo, lanciandosi per i corridoi e guardandosi attorno.
Stava forse cercando la stanza del capo? Come avrebbe fatto a riconoscerla? Gli uffici erano tutti uguali o, almeno, così sembravano dall'esterno.

- Nono... come lo troviamo? -
- Dobbiamo trovare la terrazza! Non hai sentito quell'uomo? Deve prendere un elicottero. -
- Pensi che sia andato su? -
- Se non è lì, ci arriverà. -

La voce dall'altoparlante invitò tutti i dipendenti a calmarsi, probabilmente dalla sala di controllo avevano già scoperto che non c'era alcuna emergenza.
Ma il danno era fatto, i due bambini stavano sfrecciando nel corridoio, passando tra gli impiegati che li avevano visti.
Claudio giurò di aver sentito uno di loro chiamare le guardie. Ormai la presenza degli intrusi era evidente, perciò dovevano agire in fretta.
Altrimenti qualcosa di brutto potrebbe accadere.
Non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe successo loro se li avessero catturati.
Il suo cuore palpitava velocemente e brividi percorrevano il suo corpo. Sentiva come se stesse per accadere qualcosa.
Strinse d'istinto la mano di Nozomi.
La sua Nozomi.

Cosa ne sarebbe stato di loro? Sarebbero riusciti nel loro intento o avrebbero fatto una brutta fine?

Si bloccò, terminò la sua corsa, lasciando la mano di Nozomi.
Due braccia possenti lo avevano afferrato e sollevato, dall'alto riuscì ad osservare l'amica che si era fermata di scatto, ad un passo dalle scale che, probabilmente, portavano alla terrazza.
La brunetta si era voltata, osservò il bambino e i suoi aguzzini con sguardo confuso e incredulo.

Claudio sapeva di essere tra le mani delle guardie, erano due e stavano osservando i bambini con viso truce.

...Siamo solo dei bambini...

Sentì la voce di un uomo, profonda e fredda, quasi divertita.

- Si tratta proprio della Vongola! - gli sentì dire.
- Prendiamola e portiamola dal capo. - rispose l'uomo che lo stava trattenendo.
Il suo fiato raggiunse il collo del bambino e la mano si mosse rapidamente verso il fianco.

Un rumore metallico.

Claudio osservò il viso di Nozomi, sereno.
Sorrise.

Nono... lo sai che ti amo, vero?

Un rumore, forte.

Nero.


La brunetta osservò la scena con sguardo vacuo, come se la sua anima fosse altrove.
Il suo sguardo era fisso sull'amico, i suoi occhi osservavano il liquido scarlatto che solcava il suo viso.
Era a terra, l'avevano lasciato cadere.
Via.
Per sempre.

- Cla...udio? -

Sangue.
Sangue.
Oscurità, dolore, nebbia.

Nebbia.

Sentì i due avvicinarsi, lentamente.
Non li vedeva, non voleva vederli. Vedeva solo Claudio, solo sangue, solo dolore.
Frammenti di sorrisi, di risate, di cielo.
Via, via per sempre.

E poi buio.

Le frasi disorientate delle guardie sembravano perdersi nei meandri della sua mente.
Perchè quegli uomini erano ancora lì? La stavano intralciando.

E ancora buio.

No, non era buio, era indaco.

“Voglio un'arma, devo cancellarli.”

Si guardò le mani, stringeva davvero una pistola.

“E' perfetto!”

Non bastarono due colpi, ne seguirono altri dieci.

Le guardie erano a terra in un lago di sangue.
Indaco.

Si voltò, salì le scale. Le urla non la tangevano, vorticavano attorno a lei come una soave melodia.

"Urlate, piangete, soffrite, disperate.
La morte che portate vi distruggerà a sua volta."

Senza che se ne fosse resa conto i suoi capelli erano già mossi dal vento. Davanti a lei si muoveva una figura, un uomo sulla quarantina dai capelli biondi tirati indietro e un po' di barba che attorniava il suo viso.
Smosse gli occhiali, stava osservando l'orologio per poi voltarsi disorientato verso di lei.

“E' lui, è lui!”

L'uomo scosse il capo, indietreggiando.
- … tu... sei la figlia di Decimo?! -

“Eccolo, è qui!” sorride, forse per non piangere.

- Aspetta, possiamo parlarne... dai, non prendere decisioni affrettate... -
Indietreggiava, spaventato, osservando la ragazzina con preoccupazione.

“Avanti, avanti!”

L'uomo la scrutò con perplessità, osservando il corpo della bambina.
-
Cos'è... quella cosa bluastra che ti esce dal petto? -

Non capiva, l'uomo parlava in modo incomprensibile.

- Una fiamma? Ma quella del cielo non dovrebbe essere diversa? ... Aspetta... quella fiamma, io l'ho già... -

Avanzò, ancora, e l'uomo indietreggiava.

- Ti prego, fermati. -

“Avanti. Manca poco.”

L'uomo era davvero spaventato e adirato, non sapeva se osservare la strana fiamma indaco o la pistola puntata su di lui.
- Maledetta... tu e tuo padre.... -

“Sparisci, sparisci!”
Un passo ancora e Miles si ritrovò sul cornicione. Non c'erano reti né ringhiere.
- No, aspetta! -

Lei avanzò, ancora.
Ancora e ancora.
Lui portò un piede dietro, perse l'equilibrio e cadde.

Giù dal tetto.

“E' fatta! E' fatta!”

La brunetta corse, voleva vederlo con i suoi occhi, ma una mano la trascinò via prima che potesse osservare in basso. Venne violentemente voltata verso l'entrata, stretta al petto da una donna bionda.
D'istinto lasciò cadere la pistola, che svanì.

Arina stava piangendo, disperata.

“Perchè piangi? L'uomo che ti ha fatto soffrire è caduto giù, è morto!”

- Mi dispiace! Mi dispiace! E' tutta colpa mia! -
Singhiozzava e continuava a stringerla, ma Nozomi non capiva.
Perchè piangeva? Eppure avrebbe dovuto gioire!

La brunetta alzò il capo e incrociò degli intensi ma cupi occhi castani, simili ai suoi.
Sorrise.

- Papa... Nozo-chan ha fatto sparire l'uomo cattivo! Papa è fiero di Nozo-chan, adesso? Nozo-chan è stata una brava bambina? -
L'uomo non rispose, si limitò ad osservarla con tristezza, mentre i suoi uomini si avvicinavano lentamente alle due.

All'improvviso, un pensiero.

- Uh... dov'è Claudio? -

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Capitolo 15
*** Target 15 - Verso la luce ***


Target 15 - Verso la luce

cover

L'uomo si trovava di fronte alla vetrata, osservando l'esterno con sguardo pensieroso.
I suoi pensieri scorrevano veloci agli avvenimenti della settimana prima e a tutto ciò che era successo negli ultimi giorni.
Alzò la mano, poggiandola sul freddo vetro e si ritrovò ad osservare l'anello che portava al dito, un anello d'argento con una pietra bluastra al centro, la scritta “Vongola” era intarsiata attorno al nucleo ed era circondata da raggi color arcobaleno.
Abbozzò un sorriso nostalgico.

Tempo prima ne indossava uno molto più grande, decorato con una catenina, aveva una pietra al centro con il simbolo del decimo.
Soltanto cinque anni fa aveva infine richiamato il mastro fabbro che forgiò Vongola Gear dai frammenti dei Vongola Ring, all'epoca distrutti a causa dei Simon, per chiedergli di riportarli alla loro naturale e legittima forma. Con le tecnologie acquisite in quell'epoca non fu un problema per l'anziano Talbot, anche se ci impiegò ben sette mesi per rimetterli a posto.
L'uomo era davvero affezionato al suo Gear, così come lo erano gli altri membri della famiglia. Purtroppo, però, essi erano plasmati sul loro corpo, tenendo conto delle loro esigenze, perciò dovevano ritornare all'aspetto originale per poter essere indossati da coloro che sarebbero stati i futuri successori.

Si voltò, avvicinandosi alla scrivania e sedendosi sulla sua poltroncina, accavallando le gambe e afferrando dei documenti.
Alzò lo sguardo pochi secondi dopo, notando un uomo che era appena entrato e che si era avvicinato alla scrivania. Indossava un completo scuro e portava un cappello, aveva due curiose basette arricciate.
Sorrise.

- Sei arrivato presto, Reborn. -
L'uomo si accomodò su una sedia accanto alla scrivania e si aggiustò il cappello, abbozzando un sorriso.
- Cosa ti aspettavi, Tsuna? Appena ho saputo mi sono precipitato. Non è una bella situazione. -
Decimo sospirò, tornando a scrutare i documenti. In alcune note c'era un nominativo a lui ben noto: “Neo Vongola Primo”.
Ancora?
Eppure gli sembrava di essere stato chiaro in proposito.

Alzò gli occhi, incrociando lo sguardo dell'uomo seduto davanti a lui.
Se la sua vita era cambiata, se adesso si trovava in quel luogo e se ormai possedeva una famiglia unita era grazie a lui.
Reborn era il suo partner, il suo migliore amico, il suo compagno di avventure. Gli doveva tutto.
Un giorno, dopo un suo ulteriore rifiuto di diventare Decimo, lui era andato via. Temeva di aver perso un amico, di essere tornato alla vita da perdente.
Ma lui si fece nuovamente vivo come suo tutore, per portarlo al comando dei nuovi Vongola con il nome di Neo Vongola Primo.
Era strano, quasi assurdo, seppur divertente. In realtà non gli interessava, bastava che lui fosse tornato nella sua vita per condividere nuove avventure e nuovi momenti preziosi.
Eppure quel titolo buffo, che in fin dei conti poteva anche rispecchiare la sua visione dei Vongola, non gli stava per nulla bene.
I simboli come Decimo riempivano la sua vita, l'X-Burner, gli X-Gloves, i Vongola Gear e il modo in cui Gokudera-kun l'aveva sempre chiamato.
Era stupido cambiare, ormai. Un nome non poteva cambiare il suo animo o le sue intenzioni, né avrebbe influenzato i Vongola in sé per sé.
Lui era Vongola Decimo, volente o nolente, e il resto dipendeva solo dalla sua volontà.
Eppure, talvolta ancora lo chiamavano “Primo” o “Neo Primo”. Era davvero imbarazzante, poiché di Primo ne conosceva già uno e non voleva di certo sostituirlo.
Sospirò.

- Sono già arrivati tutti, ti stanno aspettando. -
- Bene, allora andiamo. -

Decimo si alzò, seguito dal suo ex tutore, avviandosi verso il corridoio e percorrendolo rapidamente, passo dopo passo, giungendo in un'enorme sala con un lungo tavolo in legno scuro, attorniato da sei uomini già seduti.
Il boss si avvicinò ad una estremità del tavolo e si sedette, aspettando che Reborn facesse lo stesso, all'altro capo.

Guardò i presenti con sguardo serio. Alla sua sinistra c'era il suo braccio destro, Gokudera Hayato, che stava spegnendo l'ennesima sigaretta in un posacenere. Yamamoto Takeshi stava riordinando dei fogli in una cartellina verdastra e, accanto a lui, Chrome Dokuro osservava il boss con la stessa serietà degli altri, ma con un velo di preoccupazione. Di fronte a lei c'era, con sorpresa di tutti, Hibari Kyoya. Il suo sguardo non era rivolto a nessuno, aveva gli occhi chiusi e sembrava perso nel suo mondo. Lambo giocherellava con le sue treccioline e non sembrava essere molto attento a ciò che gli accadeva attorno. Alla destra di Tsuna c'era Ryohei, suo cognato, che aveva il mento appoggiato sulle mani congiunte, attendeva l'inizio della riunione con nervosismo.
Reborn, dall'altra estremità del tavolo, osservava i presenti con un'espressione che non lasciava trasparire nulla.
- Gokudera-kun. -
L'albino prese alcuni documenti dalla cartellina che aveva Yamamoto poco prima, posizionandoli sul tavolo con fare meticoloso.
- Io e Yamamoto ci siamo occupati delle informazioni e di tutti i file trovati nel vecchio edificio. -
- Hanno praticamente lasciato tutto nelle nostre mani, prima di fuggire. - spiegò Yamamoto.
- Gli impiegati? - chiese Tsuna.
- Ci ho pensato io, li abbiamo presi tutti. - Ryohei annuì con soddisfazione.
- Anche io ho contribuito, eh... - borbottò Lambo.
- Boss, abbiamo fatto in modo che nessun esterno si accorgesse di quanto fosse accaduto. - disse Chrome.
- Capisco, anche la “riparazione” è andata a buon fine. Per quanto riguarda i collegamenti all'estero? -
- Li ho già azzannati. -
I presenti si voltarono preoccupati verso Hibari.
- … Quindi li hai già trovati tutti. - Tsuna lo osservò con attenzione.
- Abbiamo preso le basi nel Tennessee, in Georgia e nel Connecticut. Inoltre avevano dei contatti con alcune postazioni in Cina e in Svezia. Ovviamente abbiamo preso anche quelle. - spiegò Hibari.
- Perfetto. -
- Manca ancora il corpo. - aggiunse.
Calò un silenzio preoccupante.
- Abbiamo setacciato la zona più volte, ma non c'è l'ombra del cadavere di Miles. - rivelò Gokudera.
- Il sospetto è che qualcuno l'abbia preso. - disse Ryohei.
- Sicuramente, qualcuno che ci è sfuggito. Ma è davvero strano, tutti i dipendenti schedati sono stati presi... - Yamamoto sembrava pensieroso.
- Evidentemente c'era qualcuno di non schedato. - ipotizzò Gokudera.
- Ma almeno è morto, no? - Lambo scrollò le spalle.
- Tsk, stupido erbivoro ignorante. Una persona non è morta finchè non vedi chiaramente il suo corpo esanime. - spiegò Hibari, annoiato.
Il fulmine si zittì, storcendo il naso e appoggiandosi allo schienale della sedia.
- Ciò che ci preoccupa, oltre alla sparizione del corpo del Miles, riguarda gli esatti avventimenti di quel giorno. - disse Yamamoto.
- Secondo l'autopsia dei corpi ritrovati all'ultimo piano, la causa del decesso è da attribuirsi a innumerevoli colpi di pistola. - spiegò Gokudera - Ma c'è un problema ... -
- I proiettili non sono stati ritrovati né sul luogo del delitto né nei cadaveri. - rivelò Yamamoto.
Decimo sospirò.
- Quindi la spiegazione è sola una. - l'albino della tempesta si voltò verso la donna dalla chioma violacea, che incrociò il suo sguardo con l'occhio sinistro, quello non coperto dalla benda.
- Sì, si tratta di illusioni. - disse Chrome.
- Quindi i proiettili erano creati con la fiamma della nebbia? - chiese Reborn.
- E' un'evidenza. - affermò Chrome - L'arma da fuoco, con annessi proiettili, è sicuramente stata creata con la nebbia. -
- Qui la domanda è d'obbligo. E' stata Nozomi a creare quella pistola? Da quando ha la fiamma della nebbia? - chiese Gokudera.
- La cosa lascia perplessa anche me, non avevo avvertito la fiamma in lei e ancora non l'avverto. - disse la donna.
Decimo sospirò nuovamente.
- … E' assurdo. -
- Cosa c'è, Tsuna? - Reborn osservò il suo ex allievo con curiosità.
- Nemmeno io l'ho mai percepita. Nozomi non può avere la fiamma della nebbia, eppure solo lei potrebbe averla usata... ma come? - si chiese il boss.
- Di solito si nasce con hado prestabiliti, non si possono acquisire. - disse Gokudera, perplesso. - Forse era predisposta? -
- Ma Nozo-chan non ne aveva già due? Intendo, oltre quella del cielo ne aveva un'altra... - disse Lambo.
- E' la fiamma del sereno all'estremo!!! - urlò Ryohei.
- Sì, cielo e sole. - disse Tsuna.
- Beh, ha preso tutto dallo zio! … e da Kyoko, anche. - Ryohei ammiccò.
- Non siamo sicuri che Kyoko-chan abbia la fiamma del sole, è solo una supposizione... - disse Chrome.
- questo non è importante, ora. Per favore. - Tsuna sembrava abbastanza nervoso.

Scese nuovamente il silenzio, che durò per alcuni secondi.
- Quindi, possiamo asserire che Nozomi ha tre fiamme, tra cui la nebbia, con la quale ha creato la pistola che ha colpito tre impiegati e due guardie della Lhumor. - spiegò Gokudera.
- No. - rispose Tsuna, scuotendo il capo - Sono sicuro che Nozomi non sia predisposta. Ma se dovessi spiegare come ha fatto... non saprei dirlo. -
- Non è possibile che la fiamma si sia sviluppata rapidamente, fluendo attraverso il suo status mentale e il suo desiderio di ricreare qualcosa che soddisfasse la sua rabbia? - chiese Yamamoto.
- voleva vendicare il suo amico appena ucciso, ma non è possibile. Non riusciamo ancora a percepire la fiamma. - disse Hibari.
- Ah, vero... Claudio-kun è morto... - lo sguardo di Lambo divenne triste.
- … posso capire la sua disperazione. Non avrei mai immaginato che potesse vedere una scena così orribile. … Non così presto, almeno. - Tsuna scosse il capo.
- Prima o poi sarebbe accaduto. - gli disse il braccio destro.
- Avrei preferito il poi. -
- Questo è il mondo in cui vivi, Tsuna. - affermò Reborn -Per questo avresti dovuto prepararla. -
- Nozomi è piccola, ha una vita davanti e voglio che la viva come una normale ragazzina. E' già tanto se ho lasciato che imparasse a difendersi, dopotutto Kyoko-chan ha insistito... si tratta pur sempre di una ragazza e ha bisogno di sapere come proteggersi. -
- Ma ora come sta? E' da un paio di giorni che non passo a salutarla. - disse Yamamoto, con sguardo apprensivo.
- L'ultima volta che l'abbiamo vista non era in buone in condizioni... - Lambo alzò il capo, osservando il soffitto.
- E' distrutta. Shamal dice che ha bisogno di tempo per accettare ciò che è successo. Si sta accusando di quanto è accaduto... E io sto iniziando a pensare di mandarla via di qui. -
- Che intendi dire? - chiese Reborn.
- Ho deciso di mandarla in Giappone da mia madre. Sono sicuro che l'aria di Namimori non potrà che farle bene. -
Gli uomini si voltarono ad osservare Decimo con sorpresa. Reborn stesso alzò un sopracciglio, perplesso.
- Davvero pensi che sia la cosa giusta? Sicuramente Namimori è un luogo più tranquillo, ma non ritengo opportuno separarla così da te e Kyoko. Una bambina ha bisogno dei genitori, ricorda cosa hai provato tu a causa della lontananza di Iemitsu. -
- So cosa significa e non ho certo intenzione di svanire nel nulla come mio padre. Telefono, internet e quant'altro, ormai le comunicazioni a distanza sono agevolate. Cercherò di sentirla spesso, ma l'importante è che non resti qui. -
- E separarla da Kyoko? - il suo tutore lo scrutò attentamente.
- Penso che Kyoko-chan debba andare con lei. -
- Eh?! Ne sei sicuro, Tsuna? - Ryohei sembrava incredulo.
- Una madre deve stare con la propria figlia. Nemmeno io vorrei separarmi da lei, è pur sempre la mia bambina... ma devo pensare anche al suo bene. Non può crescere qui, in mezzo a queste confusioni. -
- Ma lei lo accetterà? Hai pensato alla sua reazione? - chiese Reborn.
- Non importa. Nozomi deve crescere in un posto migliore di questo, lontana dai pericoli. Volente o nolente, si dovrà trasferire. - la sua voce sembrò tremare per un istante, l'uomo aveva preso una decisione sofferta e non aveva intenzione di cambiare idea. Ma quella scelta gli faceva male al cuore.
- Capisco. Quindi vuoi forzare la bambina. -
- Ci farà l'abitudine, è per il suo bene. Non voglio che venga coinvolta in guerre mafiose o che cresca sapendo già cosa le aspetta. Voglio che ne sia conscia il più tardi possibile. Per quanto mi riguarda, non voglio nemmeno darle tutto questo... -
- Ti faccio presente che attualmente tu, Nozomi e Iemitsu siete gli unici ad avere sangue Vongola. -
- … Sai che non mi importa di questo, Reborn. -
- Sì, lo so. Era solo per metterlo in chiaro. -

Decimo fissò l'anello che aveva al medio, giocherellandoci con le dita della mano sinistra.
- Dici tanto di non volerle mostrare questo mondo quando sai benissimo che lei è a conoscenza di molte più cose rispetto a noi. Non sei coerente, Sawada Tsunayoshi. - disse Hibari, con sguardo provocativo.
- ...ti stai riferendo ai sogni? - Gokudera l'osservò dritto negli occhi.
- Ma è stato appurato? Non abbiamo le prove. - Yamamoto era perplesso.
- Non servono ulteriori prove e sappiamo che in nessun documento pubblico sono scritte vicende come quelle che la piccola va narrando. - spiegò Gokudera.
- Già, Hibari-san ha ragione. - Tsuna annuì - Però, anche se questa sua strana capacità l'ha già messa al corrente di ciò che siamo e di tutto ciò che ne comporta, voglio comunque che non sia attorniata dalle guerre e dalle situazioni che sogna, ma da una vita tranquilla e spensierata. Tra sogno e realtà c'è comunque differenza. -
- Bene. Possiamo quindi concludere. - affermò Reborn - Per quanto riguarda Miles, invece? L'allarme c'è ancora. -
- Per lui... -
- Io continuerò a cercarlo. Ho voglia di azzannarlo. - disse Hibari.
- … bene. Sì, proseguite con le ricerche e lasciamo in atto lo stato d'allerta, meglio tenere gli occhi bene aperti per evitare colpi alle spalle. -
- Abbiamo un tempo? - chiese Gokudera.
- … un paio di anni. Se oltre questo limite non riusciamo a venirne a capo e non otteniamo ulteriori indizi, dichiarerò la fine dell'emergenza. - decimo si alzò, prendendo i documenti che aveva portato Gokudera-kun e riordinandoli.
Gli uomini imitarono il loro boss e la riunione fu conclusa.

***

- Tsu-kun, non c'è altro modo...? -
L'uomo, che si trovava accanto alla bambina dagli occhi vacui, annuì deciso.
- … non voglio lasciarti solo. - disse Kyoko.
- Ma Nozo-chan non può stare qui. Non più. -
- … però... -
- Dovete andare a Namimori da mia madre. Devi starle accanto, Kyoko. Sei la madre, ha bisogno di te. -
- Anche di te! - esclamò - Tu sei suo padre! … e anche io ho bisogno di te, Tsu-kun. -
- Anche io, Kyoko... però... è a lei che dobbiamo pensare, ora. -
La donna portò la sua attenzione sulla bambina, stava accarezzando una gattina bianca e nera che faceva le fusa. Il suo viso era impassibile, gli occhi quasi spettrali, non parlava. Non apriva bocca da quel giorno, come se la sua anima fosse sparita.
Si chinò e la abbracciò, accarezzandole i capelli.
- … Nozo... -

Tsuna fissò le due con dolcezza, erano le donne della sua vita. La sua splendida moglie e la loro creatura, le due cose più importanti per lui, ed era suo dovere proteggerle.
- Tsu-kun... l'accompagnerò, però non ho intenzione di restare a Namimori. -
Lo sguardo dell'uomo si incupì.
- Per quale motivo? -
- Saprà crescere bene anche e solo con le cure amorevoli di Nana-san, non c'è bisogno che io resti lì. -
- Ma ha bisogno di sua madre! -
- Come ha bisogno di suo padre! Ha bisogno di entrambi, Tsu-kun. E io non voglio lasciarvi, nessuno dei due. -
- Non sono da solo, ci sono Gokudera-kun e gli altri. -
- Tsu-kun, ci sono anche problemi e lavoro, lavoro e lavoro. L'unica persona con cui puoi parlare di tutto tranne che del lavoro... sono io. E voglio essere qui per alleggerirti il peso dei tuoi doveri. -
L'uomo sospirò, osservando la piccola.
- Starò con lei ogni tanto, ma non voglio trasferirmi a Namimori in modo fisso. Voglio stare accanto a te. - la donna abbozzò un sorriso che il bruno ricambiò, chinandosi verso di lei e lasciando che le sue labbra toccassero quelle della moglie in un tenero bacio. - E poi... Fortuna le farà compagnia, no? E' stato davvero un bel pensiero da parte tua... -
L'uomo osservò la micia che si accoccolava sulle gambe della bambina.
- Già. Ma non voglio che stia solo con lei o potrebbe diventare come una di quelle anziane circondate solo da gatti... -
La donna ridacchiò.
- Sono sicura che avrà anche moltissimi amici. -
- E' quello che spero dal profondo del mio cuore. -
- E comunque... non dimenticarti di Arina-chan! -
- … Arina-chan in questo momento è davvero depressa. Anche lei pensa che la colpa sia sua. -
- Si stanno entrambe dando la colpa di quanto è accaduto. - lo sguardo di Kyoko era triste.
- Nessuna delle due ha colpe, è successo quel che è successo. Entrambe si sono ritrovate di fronte ad una realtà insormontabile e hanno reagito d'istinto. Mi dispiace di aver dato troppe pressioni ad Arina-chan, era troppo anche per lei. -
- No, Tsu-kun. Arina-chan è molto matura, anche se solo per alcuni versi. Ma, dopotutto, ha quindici anni. Sono sicura che crescendo migliorerà molto di più, per Nozo-chan è una delle migliori guide che potesse mai avere, oltre che un'importante amica. E' una tutrice perfetta.
- … una tutrice, eh? - abbozzò un sorriso, ricordando Reborn. - Ad ogni modo andrà con lei. Hanno bisogno entrambe di aria fresca e di un luogo tranquillo. -
- Sono sicura che saprà prendersi cura di lei. -
- Già. -


***



Soltanto il giorno dopo un aereo aveva lasciato l'Italia per dirigersi in Giappone.
Sawada Nana aveva accolto a braccia aperte la sua nipotina, che non vedeva dallo scorso capodanno, sapendo che si sarebbe presa cura di lei per il tempo a venire.
La bambina non sapeva a cosa andava incontro, il suo sguardo restò vacuo ancora per qualche giorno.
Una cosa, però, era certa.
Arina non l'aveva mai abbandonata, nonostante tutto.


Vongola no Uta – END
Continua nella Saga di Clover

Bonus

- Nee, Nozo... ma è vera la storia del boss? - chiese la piccola Arashi.
- Uh? Quella dei Vongola? -
- Sì, che tu diventerai il capo della famiglia! -
- Certo che lo è! Quando papa deciderà, io prenderò il suo posto! - la bambina salì su un muretto, piroettando.
- Forte! Allora sei tipo una principessa che diventerà una regina! -
- Uh... non molto, diciamo che sono una che comanda! - scoppiò a ridere e Arashi la seguì.
- E io posso stare con te, quando sarai una regina? -
La brunetta la scrutò, perplessa.
- Tu puoi stare con me quanto vuoi! -
- Posso fare quella che ti sta sempre vicino? -
- Allora puoi fare il mio braccio destro! -
- Cos'è un braccio destro? -
- E' quello che sta sempre con il boss, il suo migliore amico, che lo protegge sempre... ed è il secondo a comandare! -
- Sì, mi piace! E' tipo un cavaliere, no? -
- Un cavaliere? ... beh, più o meno sì! -
- Bene, è figo! - la rossa sembrò molto soddisfatta.

Due giorni dopo, le bambine uscirono da scuola e percorsero assieme il vialetto verso le rispettive case. Erano sorridenti, camminavano mano nella mano, e avevano appena finito di fare un compito in classe molto diffuso nelle scuole primarie.
- Nee, Nozo. Che cosa hai scritto riguardo il tuo futuro? -
- Oh, io ho detto che diventerò il leader di una grande organizzazione che protegge le persone e realizza i sogni! -
- Ah! Così nessuno capisce cosa sia! -
- E tu? Cosa hai scritto? -
- Mh... segreto! - la rossa saltellò in avanti, voltandosi dietro di sé e ammiccando all'amica. - In realtà, ho scritto che da grande diventerò il cavaliere di Nozomi. -
La piccola arrossì, strabuzzando gli occhi.
- ... davvero? -
- Sì. Ti proteggerò da tutto, ti renderò sempre felice e non ci separeremo mai più. -

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