Ritorno alla Zeus J.H.

di Black_Sky
(/viewuser.php?uid=225671)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doppia sconfitta per la Zeus J.H. ***
Capitolo 2: *** Silver Akiko ***
Capitolo 3: *** La ragazza dagli occhi di ghiaccio ***
Capitolo 4: *** Una scuola insolita, la scuola dei fantasmi ***
Capitolo 5: *** incontri ***
Capitolo 6: *** il ragazzo dai capelli biondi ***
Capitolo 7: *** futuro ***
Capitolo 8: *** storie ***



Capitolo 1
*** Doppia sconfitta per la Zeus J.H. ***


Afuro POV

Avevamo perso, noi eravamo stati battuti.

Noi che avevamo sconfitto la Royal,avevamo perso.

Non soltanto con il punteggio finale, anche nell’animo.

Io mi credevo perfetto, un angelo che non poteva essere sconfitto, invece stavo tornando agli spogliatoi dopo una disfatta incredibile.

Poi vidi Reiji Kageyama che veniva portato via dalla polizia.

Ero arrabbiato con lui ma anche con me stesso.

Ero uno stupido che si era fatto imbrogliare.

Ormai Endo me lo aveva fatto capire.

Lui e la sua passione per il calcio, la sua forza di volontà. Anche quando continuavo a tirargli il pallone e colpirlo con tutta la mia forza lui si rialzava e con lui tutta la sua squadra.

 Poi c’era Yuuto Kido. Un po’ lo invidiavo perché era stato abbastanza furbo da lasciare Reiji Kageyama prima che rovinasse la squadra.

Nessuno parlava dei miei compagni.

Ci cambiammo in silenzio, senza aprire bocca.

E poi…

Gengoroo POV

Corsi per tutto il tempo senza fermarmi, mi bloccai solo quando raggiunsi la mia meta: lo spogliatoio della Zeus J.H.

Aprii la porta e trovai tutti i componenti della squadra, fortunatamente vidi immediatamente Afuro Terumi, il capitano e mi avvicinai a lui.

Avevo ancora il fiatone dalla corsa di qualche minuto prima.

<< Cosa vuole sig. Onigawara?>> mi chiese il biondo con una voce triste ma arrabbiata senza smettere di allacciarsi le scarpe.

In fondo avevano appena perso la finale del FF. Me lo devevo aspettare. Forse non era il caso di dirgli niente su ciò che avevo appena scoperto nelle cantine della Zeus.

No, dovevano sapere. Lui doveva sapere, era lui il capitano.

<< Dovrei mostrarti una cosa molto interessante nelle cantine di questa scuola.>> non dovevo rivelargli nulla davanti a tutti. Era troppo scioccante come notizia e solo lui poteva capire veramente, gli altri si sarebbero solo sentiti male dopo aver visto ciò che avevo scoperto.

Afuro POV

Cos’aveva scoperto di così importante questo ficcanaso?

Presi la mia borsa e lo seguii.

Scendemmo parecchie rampe di scale, passammo molte porte e poi ci fermammo davanti ad una chiusa.

Era in marmo bianco, che si notava in mezzo a tutte le altre che erano scure; era altissima con delle incisioni in greco sui lati.

Il signor Onigawara si girò per la prima volta verso di me e mi guardò negli occhi poi mi fece una domanda insolita: << Voglio mostrarti ciò che è in grado di fare Reiji Kageyama, sei pronto?>>

Annuii con la testa e lo osservai aprire il portone bianco.

La luce mi investì in pieno quando la porta si aprì del tutto.

Entrammo nella luce che pian piano scomparve lasciando il posto ad un corridoio lungo circa una ventina di metri.

Le pareti erano composte da mosaici di creature mitologiche come il Minotauro e le Sirene su degli specchi.

Percorremmo tutto il corridoio fino ad arrivare davanti ad un enorme portone sempre con gli specchi.

Passammo quella porta e ci trovammo in una stanza enorme con computer e macchine di cui non conoscevo né il nome né la funzione.

C’erano cavi colorati che attraversare tutta la parete della stanza fino a scomparire dietro ad una parete a specchio.

Mi avvicinai e guardai il mio riflesso.

<< Entriamo>> Disse Onigawara ed io acconsentii con un cenno del capo.

Passammo quella parete.

Sul mio viso comparve un espressione scioccata quando vidi che sul pavimento di quella piccola stanza era rannicchiata una bambina che doveva avere quattro o cinque anni e che era piena di tagli e lividi. Dai tagli che aveva perdeva sangue e teneva gli occhi chiusi. Mi avvicinai.

Non respirava.

<< È morta, Afuro>>

***

Salve gente!!

Grazie tante a chi ha letto.

Questa come ho già detto è la mia primissima ff e spero vi piaccia.

Il prossimo capitolo sarà più lungo lo prometto

Bacioni

kira

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Silver Akiko ***


??POV
Stavo correndo a più non posso per seminare quei tipi che mi seguivano.
Passai molte case, una scuola ed una piazza piena di bancarelle prima di fermarmi dietro ad una rella piena di kimoni per riposarmi.
Aspettai qualche minuto e poi mi sporsi dal mio nascondiglio per osservare i due uomini che mi avevano seguito fino a quel momento.
Erano alti circa un metro e ottanta, uno magro con la pelle olivastra e uno grasso con degli occhiali da sole che gli coprivano mezza faccia.
La cosa era molto buffa poichè erano le 9.30 di sera e l'unica fonte di luce oltre la luna erano le lanterne e le luci delle bancarelle, però questi erano dettagli.
Rimasi così per un po' ad osservare quei due guardarsi intorno senza riuscire a trovarmi fino a quando si arresero e se ne andarono.
<< Che ci fai qui dietro ragazzina?!>> mi urlò una signora sui cinquant'anni, probabilmente era la proprietaria della bancarella dei kimoni dove mi ero nascosta.
Corsi via in fretta.
Quando arrivai in un vicolo cieco frugai nella tasca dei pantaloni neri che indossavo per cercare il cellulare che però non trovai.
Probabilmente lo avevo perso durante la mia fuga.
Ripresi a correre fino ad arrivare in un parco, dove mi arrampicai su un'albero e mi addormentai.


AFURO POV
è morta.
é morta.
è morta.
Lo sento nella mia testa, rivedo l'immagine di quella bambina dai capelli lunghi e blu nella cantina della Zeus.
Sto passeggiando ormai da molto tempo, pensando a quello che avevo visto.
Sto attraversando una stradina e poi sentouna canzone risuonare nell'aria: è The world , dei Naito, un gruppo musicale Visual kei molto famoso.
Viene da un cellulare, probabilmente qualcuno lo ha perso.
Lo raccolgo e spinto da una forza sconosciuta rispondo.
Una voce da bambina comincia a parlare ma io la fermo subito.
<< Senti io non sono Silver, ho trovato questo cellulare per terra dove lo devo portare?>>
<< ah ok, scusi. Lo porti alla Raimon all'ora dell'uscita, deve chiedere di Silver Akiko.>>
Ed ha attaccato.
Tornai a casa e appoggiai il telefono sul comodino, mi tolsi quegli stupidi vestiti e mi misi il pigiama.
M'infilai sotto le coperte e ripresi in mano il cellulare.
Mi misi a curiosare nelle foto e ne trovai moltissime di bambini mascherati ma nessuna della possibile proprietaria del telefono.
L'unico indizio che potevo avere era la foto dello sfondo: un paio di ali bianche e argento e la canzone della suoneria.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La ragazza dagli occhi di ghiaccio ***


La ragazza dagli occhi di vetro

Afuro pov
La mattina mi sveglio, mi lavo e mi vesto per poi uscire da casa di corsa.
Corro fino alla scuola e mi trovo davanti ad una scena spaventosa: la scuola è a pezzi, crollata su se stessa.
Mi giro e scappo via.
Mentre corro passo davanti a un campo da calcio dove una ragazza e una bambina stanno giocando, così mi fermo e le guardo.
La bambina, che deve avere tra i sei e gli otto anni, ha i capelli blu elettrico lunghi fino a metà schiena e gli occhi neri.
Sta correndo calciando il pallone per lanciarlo alla ragazza in porta.
Quest'ultima ha i capelli bianchi, gli occhi chiarissimi e la pelle diafana. Indossa un maglione arancione di dieci taglie più grande di lei e dei jeans chiari con delle converse nere.
Quando la bambina tira la ragazza fa entrare la palla in porta, la bambina allora comincia a saltellare per tutto il campo felice come una Pasqua.
<< La prossima volta te lo paro Jasmine!>> dice la ragazza divertita. La piccola allora le fa una linguaccia e poi si gira vewrso di me.
quando mi vede va a nascondersi dietro la ragazza che appena mi vede la prende in braccio e scappano.
Le seguo.

Jasmine
<< Arianne, ci sta seguendo>> dico spaventata alla mia compagna che sta correndo con me in braccio alla velocità della luce.
Arriviamo davanti all'orfanotrofio e ci entriamo.
La scuola che ci ospita da ormai molti anni è spaziosa, con una scalinata che sembra quella di Versailles, che quando ci sono i balli è coperta da un tappeto rosso che arriva fino al portone.
Se ci avesse visto? E se fosse in grado di riconoscerci?
Noi siamo morte per gli altri.
Cosa faremo?



Note dell'autrice
Scusatemi per il ritardo ma questo è il capitolo, spero vi piaccia!
Dark_hime

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Una scuola insolita, la scuola dei fantasmi ***


Una scuola insolita, la scuola dei fantasmi


Afuro Pov

Ho seguito la ra ragazza fino a trovarmi davanti ad un cancello in ferro battuto enorme.
Osservo meglio e tra gli alberi del parco che circonda la villa vedo le due correre fino a sparire dietro il portone.
Decido di suonare il campanello.
Aspetto un po' indeciso sul da farsi ma poi suono.
Non mi risponde nessuno così torno a casa a fare delle ricerche.
Arrivo a casa in un tempo record e faccio alcune ricerche su questa "scuola".
Dopo quasi due ore di ricerca trovo qualche informazione sulla scuola.
Leggo quello che sono riuscito a stampare.
"La fondatrice della scuola fu Giulia Bianchi, italiana, venuta nell'estate del 1950 in Giappone con le figlie Sara, di 15 anni, e Matilde,di 10, per lavorare come insegnante di italiano in un liceo linguistico. Dopo la morte della figlia per mano di un ragazzo che l'aveva assassinata in una discoteca durante una festa la donna decise di aprire un riformatorio per impedire altri fatti simili. Dopo quasi un anno di sacrirfici riuscì ad ottenere il permesso per costruire una scuola e la fece realizzare in stile gotico, con un grande parco con un laghetto e ciliegi, circondati da un cancello in ferro battuto lavorato. La figlia minore, Matilde, visse lì fino all'età di 21 anni, per poi andarsene da quel luogo così severo che era il riformatorio della madre. Tornò lì al funerale della madre nel 1990 e prese le redinoi dell'istituto. La nuova direttrice apportò diversi cambiamenti nelle regole dell'istituto irrigidendle e diventando particolarmente severa sulle persone da accettare in Riformatorio. Infatti solo le persone autrici di crimini gravissimi possono entrare in quella scuola e per questo gli ultimi studenti di questa scuola sono usciti di lì nel 2005 lasciando la scuola vuota fatta eccezione della preside, che l'ha abitata per altri due anni prima di morire. La struttura non verrà demolita per volere della direttrice Matilde che nel suo testamento dichiarò di voler lasciare la struttura in onore alla sorella defunta e a tutte le vittime di questi ragazzi violenti."
Finisco di leggere e comincio a sentire la stanchezza di questa giornata particolarmente stressante così vado a letto pensando e ripensando alla ragazza di oggi.
Mi trovo ad ammenttere che era molto bella, ripenso all'espressione terrorizzata della bambina quando mi ha visto e alla velocità con cui sono scappate.
Chi lo sa poi perchè sono andate in quel posto....

Arianne Pov

é un po' che penso a questo pomeriggio, dalle risate di Jass alla corsa per sfuggire a quel ragazzo.
Mi squilla il telefono,non riconosco il numero ma quando sento la voce capisco che è Sil.
<< Cos'è successo?! Dai racconta!>> Mi dice lei curiosissima.
<< Facciamo che ci troviamo domani e te lo racconto.>> Le rispondo.
<< Ok. Vengo lì alle dieci e mezzo??>> Domanda la mia amica dall'altra parte della cornetta.
<< Vieni quando ti pare, gli altri ti vorrebbero rivedere>>

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** incontri ***


Sono le 10.25, Sil sarà qui a momenti.

Esco da quella che da ormai sette anni considero una casa e, cercando di non farmi notare dai passanti, mi nascondo dietro il grande albero vicino al cancello sul retro del vecchio correzionale.

Mentre aspetto la mia amica ripenso a quando entrai a far parte di questo gruppo, quando cominciai a vivere qui.

***

Avevo otto anni, avevo una madre meravigliosa e un padre molto buono.

Tutto andava a gonfie vele, fino al giorno dell’incidente.

Loro non sono morti, lo ero io.

Quel giorno ero andata con i miei a vedere una partita di calcio e stavamo tornando a casa.

Io saltellavo sul sedile posteriore con euforia e mia mamma era accanto a papà che guidava.

Stavamo ridendo a una battuta di papà quando un ragazzo in moto ci è venuto addosso.

Andammo tutti in ospedale, mia madre per una frattura alla gamba, mio padre con un braccio sanguinante, il ragazzo in trauma cranico ed io con un emorragia celebrale.

Il ragazzo aveva sfondato la portiera dove ero seduta io e mi aveva travolto in pieno.

Ero praticamente morta, lo avevano detto i dottori.

Persi i sensi, sentendo mia madre piangere.

Non so per quanto tempo dormii ma al mio risveglio mi ritrovavo in un letto che non era quello dell’ospedale.

Ero circondata da ragazzi strambi e di tutte le età.

Mi avevano raccontato di una bambina che piangeva lacrime d’argento che potevano guarire le ferite più brutte o guarire da qualsiasi malattia. Quella bambina mi aveva salvato ma non sarei più potuta tornare a casa, avrei dovuto vivere come una persona che non esiste.

***

Immersa nei miei pensieri vengo risvegliata dall’arrivo della mia amica.

Cammina lenta, in un vicolo buio, con le mani nelle tasche posteriori dei jeans a sigaretta neri.

Sotto la camicia molto più grande di lei arancioni a quadri rossi molto scolorita, si intravede una canottiera nera.

Guardandola sembra una poco di buono, con il ciuffo di capelli argentati che le ricade sull’occhio destro fino ad arrivare alla spalla, la riga è come sempre spostata molto verso sinistra, mostrano quella parte di testa rasata.

Gli occhi sono come sempre di quel nero intenso che mette tristezza e le labbra leggermente ricurvate verso il basso.

Quando però mi vede sul volto le spunta un gran sorriso, che lascia scoperti i suoi denti perfetti e bianchi come la neve. Anche gli occhi diventano felici.

È da quasi due mesi che non ci vediamo.

Quando arriva al cancello in ferro battuto lo scavalca con facilità, arrampicandosi, dato che è alto quasi due metri.

Si appoggia all’albero con una spalla e cominciamo a parlare.

<< Cosa ti è successo, ieri ti ho visto correre via come una pazza, inseguita da un figo pazzesco! >> esclama lei.

<< Aspetta, ti spiego. Ieri ero con Jass a giocare a calcio nel campetto. >> cerco di spiegare la situazione ma lei mi interrompe << Sì, stavo tornando da un inseguimento e ti ho vista.

Così le spiego in breve tutto quello che ho passato.

<< è un bel problema se ti ha visto venire qui. Se scopre di tutti gli altri? >>

Già, è quello che ho pensato io tutta la notte…

<< Adesso, con gli Alieni che se ne vanno in giro a distruggere le scuole siamo al sicuro. Presto quel ragazzo si preoccuperà degli Alieni, si dimenticherà di noi. >> Aggiunge pensierosa.

Poi mi spiega in breve la storia degli alieni.

Sentiamo dei rumori e corriamo al cancello principale senza farci notare.

Il ragazzo dai capelli biondi è ancora lì.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** il ragazzo dai capelli biondi ***


SI PARTE!!

 Afuro POV

Sono tornato davanti alla scuola, curioso come non mai di scoprire la verità.

Con la storia degli Alieni non avrò molto tempo per risolvere tutti i questi problemi.

Sono davanti al cancello da quasi cinque minuti quando decido di entrare. Non so come fare, il cancello è alto quasi due metri e mi sa che dovrò scavalcarlo.

Poi mi fermo ad osservare l’edificio gotico davanti a me, con quel piccolo boschetto che ormai lo stava facendo sparire.

Quando finalmente sono nel giardino mi sento osservato.

Mi guardo attorno ma non vedo nessuno così vado avanti.

Sono davanti al portone quando mi rendo conto di non sapere più cosa fare o cosa cercare.

Però mi decido a entrare, tanto peggio di così non può andare.

Prendo la maniglia e la tiro verso il basso.

Con mia sorpresa la porta si apre senza problemi, così entro.

Sento delle voci provenienti dal piano di sopra, così salgo lentamente i gradini della grande scalinata davanti a me.

Poi il rumore della porta che si sta aprendo alle mie spalle.

Mi giro e la vedo.

È la stessa ragazza del’altro giorno, quella bellissima ragazza dagli occhi color del cielo e i capelli bianchi.

Mi guarda ed io rimango incantato da quegli occhi di vetro devo avere una faccia alquanto ebete perché lei mi sorride.

Sento improvvisamente molto caldo e rimango a guardarla.

Si avvicina con passo lento e si ferma prima delle scale.

<< Tu chi sei? >> mi chiede a voce bassa lei dopo avermi fissato per qualche secondo.

<< Mi chiamo Terumi >> rispondo io, per poi aggiungere << Chi sei tu? Perché sei scappata l’altro giorno? >>

Lei non sembra molto sicura di voler rispondere però poi dice << Io sono Arianne, ora ti devo parlare. Vieni fuori >>

E detto questo si gira e comincia ad andare verso la porta.

Dopo averla guardata per un po’ comincio a seguirla.

<< Devi andartene. Non t’intromettere. Vattene e non parlarne con nessuno. >>

Sono quasi stupito da queste parole.

Siamo ormai sotto un grande albero dalle foglie verdissime e non riesco a collegare il cervello alla bocca.

<< Perché? Perché dovrei andarmene e non dirlo a nessuno? >> le chiedo dopo un po’ quasi urlando per la rabbia.

<< Ti stai immischiando in una faccenda più grande di te. Non ti conviene stare qui, rishieresti grosso. >> mi risponde determinata agitando le mani.

<< Ma… >> tento di ribattere io ma lei mi blocca << No, niente ma. Non cercarci più. Noi spariremo ma tu stanne fuori. Come ti ho già detto non puoi neppure immaginare ciò che sta succedendo. >>

Detto questo mi accompagna al cancello e lo apre con una chiave attaccata alla sottile catenella argentata che porta al collo. La chiave ha dei motivi a volute sulla parte superiore e piccoli brillantini bianchi la dove i sottili riccioli d’argento s’incontravano, la parte inferiore è invece di vetro.

Quando mi apre il cancello io non so cosa fare ma poi mi arrendo e me ne vado.

La guardo chiudere il cancello, girarsi e tornare nel vecchio edificio.

Sono ormai le tre del pomeriggio, non so cosa fare.

Poi passo davanti alla Raimon e poi torno a casa a pensare.

Dopo un pomeriggio intero a pensare decido di tornare là, di non arrendermi.

Rifaccio la strada fino a trovarmi di fronte all’edificio.

Entro.

Non c’è nessuno nel cortile.

Entro dal portone e mi faccio coraggio salendo le scale.

Dopo quasi un quarto d’ora di perlustrazione esco mortificato: la struttura è completamente vuota, deserta, come se nessuno ci abbia mai abitato.

Arianne Pov

Saluto un’ultima volta quella che ormai chiamo casa.

Non tornerò più in questo luogo tanto triste.

Prendo il mio borsone con quegli oggetti che sono riuscita a collezionare in questi ultimi anni: tre paia di jeans lunghi, un paio corti, un paio di calze di lana e due più leggere e basse, due T-shirt, una canottiera e una camicia. Infilo poi in un sacchetto la biancheria e in un altro un paio di ballerine nere.

Esco dalla mia camera e trovo davanti a me tutti i miei compagni di avventura: Ruka, il ragazzino ai capelli neri e corti con le orecchie a sventola, Andrew, il mio amico con i capelli ricci e castani e gli occhi verde smeraldo. Scendendo le scale trovo Alice, una bambina nuova, la più piccola tra di noi, con i suoi occhioni blu notte.

Arrivo alla porta e do un ultimo saluto alla mia casa.

Poi, seguendo Silver, mi avvio verso il furgoncino che ci porterà lontani da questo luogo.

Sono la prima a salire e osservo tutti i miei compagni seguirmi.

Siamo quindici ragazzi tra i 14 e i 17 anni, ci sono poi Joe,il più grande, di 19 anni e Alice di 10.

Silver si siede in fondo al pullmino, si mette le cuffiette e si isola nel suo mondo di musica.

Io invece mi perdo ad osservare un’ultima volta la scuola, la mia casa.

Continuo a guardarla fino a quando non la vedo sparire dietro l’angolo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** futuro ***


Futuro

AFURO POV

Non è possibile, se ne è andata.

La bellissima ragazza albina è scappata.

Non la rivedrò più e non avrò più le mie spiegazioni.

Corro. Corro come non ho mai corso in vita mia.

Torno a casa.

E dopo tanto tempo piango.

Piango fino a non avere più neanche la forza per continuare.

Il mio è un pianto liberatorio.

Gli Alieni, la bimba morta nelle cantine della Zeus, la ragazza che in questo ultimo periodo mi ha tenuto sveglio la notte, con i suoi occhi di ghiaccio e i capelli color latte.

Troppa tensione, troppi pensieri.

Devo distrarmi.

Digito in fretta il numero di mia madre che in questo momento non c’è.

Non risponde.

Bene.

Vuol dire che partirò senza dirle nulla.

Forse è meglio così.

Prendo il borsone da calcio e comincio ad infilarci dentro cose come vestiti, libri e due bottiglie d’acqua.

Poi mi cambio e mi metto dei vestiti puliti: un paio di jeans chiari e una T-shirt blu scuro.

Prendo la borsa e scendo velocemente le scale.

Mi fermo in cucina e prendo uno di quei post it che la mamma usa per segnare la lista della spesa e ci scarabocchio sopra, con la mia scrittura illeggibile: “Mamma, me ne vado. Non arrabbiarti, sarò al sicuro. Tornerò il prima possibile. Ti voglio tanto bene, salutami papà. Ciao.”

Prendo la giacca, m’infilo le scarpe e mi metto a correre.

Corro dritto.

Poi svolto prima a destra e poi due volte a sinistra, corro dritto e svolto nuovamente.

Corro, svolto e corro di nuovo.

Continuo così per un bel po’ di tempo.

Ormai non so neanche più dove sono.

Il cielo è buio.

Smetto di correre e trovo un bar.

Ci entro e prendo qualcosa da bere con dei soldi presi da casa.

Una coca cola e un panino.

Il locale è praticamente vuoto quando esco.

Non so cosa fare, perché me ne sono andato? E ora dove vado?

La periferia è buia.

Le strade sono piene di drogati, prostitute e senza tetto.

Mando un messaggio a mia madre con scritto che sto bene e di non chiamarmi, che l’avrei chiamata io appena fosse possibile.

È l’una ed io continuo a camminare.

Non so dove andare.

Curvo per un’altra volta.

Ormai sono stanchissimo.

Poi svolto un altro angolo.

Non faccio in tempo a rendermi conto di quello che sta accadendo, sento improvvisamente un colpo fortissimo che spezza il silenzio della notte.

Un rombo fortissimo.

Dei ragazzi più o meno della mia età, uno a terra e uno lì vicino, tenuto fermo da un uomo che sembra un gigante pelato.

Mi avvicino lentamente, cercando di non farmi scoprire dall’uomo preso in una fitta conversazione violenta con il ragazzo.

<< Dimmelo, ragazzo. Dov’è? Dove siete?>> gli urla in faccia.

Il ragazzo nonostante sia sbattuto da tutte le parti rimane in silenzio.

Intanto io mi avvicino lentamente al ragazzo steso per terra.

Ha i capelli di un blu intenso, legati in una lunga coda. Gli occhi sono chiusi e ha una smorfia di dolore dipinta sul viso pallido.

La camicia bianca è sporca di terra e sangue.

Appena me ne accorgo caccio un urlo.

L’uomo si accorge di me, lascia andare il ragazzo e mi prende per le braccia.

Divincolandomi cado.

Pesto la testa e sento qualcosa di caldo bagnarmi le tempie.

Poi diventa tutto sbiadito, l’uomo corre via e poi qualcuno spegne la luce.

 

 

ARIANNE POV

Sono ormai passate quasi cinque ore da quando abbiamo lasciato l’ex riformatorio.

Finalmente, dopo una lunga salita raggiungiamo la nostra meta: la vecchia villa della signora  Bianchi, la sua vecchia residenza estiva.

Scendo dal veicolo e entro.

Aspetto che tutti siano scesi dal pullmino e che mi raggiungano.

Sil è l’ultima come al solito, cammina a passo lento e molleggiato, come a suo solito.

Da quando sono spariti Miku, Andrew e Mirko tutti sono spaventati, tristi.

Ognuno di noi ha un solo borsone, con tutto quello che possedeva al riformatorio.

Ci dividiamo le stanze ed io finisco in camera con Sil, fortunatamente.

La nostra camera è l’attico, così saliamo tre rampe di scale e apriamo la porta della nostra  nuova stanza.

È ampia e impolverata, con le pareti ricoperte con della carta da parati rossa con dei disegni a volute dorate. I mobili sono antichi e scuri e l’unica finestra faceva entrare quegli ultimi raggi di luce del sole al tramonto.

Non ci sono letti, solo una culla da bambina e una moltitudine di cianfrusaglie varie.

Probabilmente la soffitta era usata come ripostiglio.

<< Dobbiamo cominciare a darci da fare >> mi dice Silver ad un certo punto.

<< Sì, hai ragione, ma muoviamoci perché sono stanchissima >> rispondo io prendendo uno scatolone tutto legato con il nastro adesivo.

Ridendo e scherzando, dopo quasi tre ore, riusciamo a mettere tutto in ordine.

È tardi ormai e quando abbiamo finalmente finito, ci buttiamo per terra, Silver sul tappeto persiano ed io sul futon  che abbiamo trovato tra le varie scatole ammassate qui.

<< Hai mai pensato a cosa avresti fatto se fossimo ragazze normali? Se non fossimo qui? >> chiedo io ad un tratto, poco dopo aver spento la candela che illuminava la stanza.

<< Non so, a me piaceva cantare, suonare… se non fossi così mi sarebbe piaciuto andare ogni tanto in spiaggia, in un qualche bowling magari con i miei compagni di scuola. Avere una famiglia… >>

Mi risponde, inaspettatamente.

Famiglia, una cosa viva nei ricordi di tutti quelli come me e così lontano, nel futuro così incerto.

Rimaniamo un po’ in silenzio e poi finalmente, mi addormento.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** storie ***


AFURO POV

Mi sveglio con un grande mal di testa. Mi guardo in giro: sono in una stanza piccola e scura, con un armadio piccolo e verniciato male, una tenda logora non fa passare la luce della mattina che entra da una piccolissima finestra.

Mi alzo dal letto sul quale sono sdraiato e vedo per terra uno dei due ragazzi della sera prima.

Quello con i capelli blu ha una benda sulla testa e una attorno al petto.

Dei passi si avvicinano così mi risdraio sul letto dove ero steso prima di svegliarmi e chiudo gli occhi.

Sono rigidissimo sotto le coperte e ho paura anche di respirare.

<< Sì, sta bene, non sembra avere nulla a parte un bel bernoccolo in testa. Ha perso del sangue però. >> sta dicendo una voce.

Probabilmente è il ragazzo della sera scorsa. Sta parlando al telefono.

<< no, lui sta male. Dovremmo tornare. Non si regge neanche in piedi … sono desolato Aria ma dobbiamo.. si ok… ci vediamo stasera. >>

Ha attaccato. Si sta avvicinando. Apro lentamente gli occhi come se mi svegliassi in questo momento.

Lo vedo: deve avere uno o due anni in più di me, ha i capelli rosso fiamma a caschetto con una frangia lunga e gli occhi blu elettrico.

<< Ciao, ti sei svegliato finalmente..>> mi dice quando mi vede.

<< Chi sei? >>  domando io abbastanza spaventato.

<< io sono Mirko, e tu?>> mi chiede mentre cambia le bende all’amico.

<< Afuro Terumi, chi erano quegli uomini la notte scorsa?>> sono troppo curioso.

<< mhhh.. allora… non so come iniziare. Vabbè quegli uomini sono degli inviati di un uomo che ci vuole morti, non ti devi immischiare se non vuoi rimetterci la pelle. >>

È diretto ma questa cosa mi da fastidio, che nel giro di due giorni è già la seconda volta che mi dicono di farmi i cavoli miei.

<> chiedo. Tanto ormai potrebbero definirmi il ficcanaso di turno.

<< non sono affari tuoi, davvero, lo dico per il tuo bene. Ora cosa pensi di fare? Starai qui o cosa?! >>

Rimango abbastanza stupito poi rispondo << Non so dove potrei andare sono scappato per allontanarmi ma non ho la minima idea di cosa fare. >>

Qualcuno bussa alla porta.

Colpi secchi, pesanti e forti.

Poi una voce.

<< Uscite voi due. Non scapperete ancora per molto, ahahahahahahah>> che risata agghiacciante.

Mirko ha già caricato sulle spalle l’amico e sta cercando una via d’uscita. Smonta una griglia e mi fa entrare in un tubo dell’aria condizionata.  Ci s’infila anche lui  con il ragazzo dai capelli blu sulle spalle e poi rimette la griglia a posto.

<< Vai sempre dritto fino a quando arrivi  al bivio, poi vai sulla destra. >> mi sussurra ed io comincio a gattonare seguendo le istruzioni e lui mi segue.

Dopo aver svoltato a destra mi fermo e aspetto altri ordini. Mi giro e mi trovo Mirko stremato: anche se è muscoloso non deve aver dormito e sulle spalle porta l’amico che non deve essere leggero dopo una notte insonne. Così lo aiuto e mi carico il ragazzo sulle spalle.

Continuiamo a gattonare fino a trovarmi davanti ad un’altra griglia. Lui la smonta e usciamo.

Ci troviamo in un enorme cortile, pieno di piante ed erba alta.

Corro seguendo Mirko fino ad un cancello altissimo in ferro arrugginito.

Intanto delle voci cominciano a raggiungermi e ci nascondiamo dietro ad un albero spoglio ma con il tronco abbastanza grande da coprire tutti e tre.

Arrivano gli uomini della sera precedente e noi aspettiamo.                  

<< Saranno usciti, Capo.>> dice uno.

<< Allora apri quel cancello idiota! >> l’altro.

I due stanno aprendo il cancello e noi scappiamo, dividendo il peso del ragazzo svenuto.

Corriamo il più veloce possibile.

Corriamo soffocando le urla e le grida di paura per non farci scoprire.

Corriamo fino ad arrivare ad un parco.

Ci nascondiamo lì dentro, tra gli alberi e i tanti bambini con i genitori.

Ci fermiamo a prendere fiato vicino ad un laghetto con delle paperelle, dietro ad un cespuglio fiorito.

 

Ci sediamo per terra madidi di sudore.

Quando mi passa il fiatone chiedo: << Cos’avete fatto per spingere qualcuno a volervi morti?! >>

Lui non mi guarda neanche, troppo occupato a sistemare l’amico ancora debole e privo di sensi.

<< Tutto è cominciato con una mia amica. Lei abitava con il padre in una casa bellissima, era trattata bene e lei era felice. Poi suo padre cominciò a fare esperimenti. Noi eravamo piccoli, lei circa sei anni, io otto. Un giorno suo padre venne a scuola a prenderla. Non seppi più nulla di lei per quasi tre anni. Un giorno si presentò alla porta di casa mia una bambina con le braccia bruciate, incise.

Piangeva. Stava chiedendo aiuto e svenne.

La portai in casa, con i miei genitori.

Quando arrivò il medico ci disse che probabilmente no avrebbe superato la notte, con le ferite e i tagli che aveva.

Ma lei non si arrese e combatté con tutta se stessa per vivere.

Durante la notte rimasi al suo fianco, osservandola.

Aveva la pelle ustionata in diversi punti e le braccia erano tutte tagliate. Ma erano messe molto meglio delle gambe, credimi Terumi.

Le gambe erano terribili. La pelle della bimba era cucita. >>

non voglio credere a quello che mi sta dicendo Mirko, non posso.

<< C-come cucite? >>  chiedo con la bocca che tocca a terra.

<< Aveva diverse pelli cucite fra loro come se fossero un collage di diverse etnie. C’era la sua pelle chiara, ma all’altezza del ginocchio questa era legata assieme a dell’altra pelle, molto più scura. C’era della pelle come quella degli occidentali, africani e indiani. Rimasi scioccato da quelle gambe, come del resto i miei genitori. >>

Ha smesso di parlare e ora guarda verso il basso con gli occhi pieni di lacrime.

<< Quando riuscì a parlare mi disse “Come non mi riconosci?”. Era la mia amica ed io non l’avevo nemmeno riconosciuta. Il viso era diverso eppure gli occhi erano i suoi. Mi raccontò di suo padre, che per tre anni fece esperimenti per migliorare le condizioni fisiche e le capacità atletiche su di lei. Mi raccontò della sua fuga. Quella sera degli uomini vennero a casa mia e gli diedero fuoco. I miei genitori morirono. Io e lei riuscimmo a scappare. Tutti i miei amici mi diedero per morto ed io e lei cominciammo a vivere per strada come i barboni. Poi un giorno trovammo una villa abbandonata, forzammo la porta ed entrammo. Ci stabilimmo lì. >>

Ho le lacrime agli occhi.

<< E tu? Perché sei scappato? >> mi chiede lui dopo qualche minuto di silenzio.

<< Non so più chi sono. Devi sapere che io gioco a calcio. Ero il capitano della squadra della mia scuola. Volevo vincere a tutti i costi ed il FF era il mio più grande sogno. Così quando ci proposero di seguire Reiji Kageyama, ex mister della Royal, accettammo di buon grado. Iniziammo a fare allenamenti su allenamenti, bere il Nettare Degli Dei, che potenziava le nostre abilità fisiche.

Arrivammo in finale, contro una squadra della Raimon J.H. e nonostante tutto perdemmo.

Quei ragazzi sono speciali, mi hanno aperto gli occhi. Nei giorni seguenti pensai molto anche grazie a degli strani incontri e da quel momento ho deciso che devo ritrovare me stesso, così sono scappato. >>

Ora che ci penso però io non so neanche dove sto andando.

<< Senti, se vuoi posso accompagnarti dov’è ora la squadra della Raimon, ma poi mi devi giurare che non ci cercherai mai più e che non ne parlerai mai a nessuno. >> dice Mirko serio.

Non è male come idea, infondo mi servirebbe proprio passere un po’ di tempo con Endo Mamoru è gli altri, mi farebbe ragionare.

Intanto anche l’altro ragazzo si riprende pian piano.

<< Affare fatto. >>

 

 

 

 

Alla fine, dopo uomini che ci inseguono, pisolini nei vicoli cechi e tutto il resto, finalmente troviamo la Raimon.

Saluto tristemente i miei due nuovi amici, che non si fanno vedere e scappano alla velocità della luce.

Speriamo solo di non essere di troppo….

Raimon sto arrivando!

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1326237