Il Tempo E' Solo Una Convenzione.

di Lost Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Way You Make Me Feel. ***
Capitolo 2: *** Childhood. ***
Capitolo 3: *** Breaking News. ***
Capitolo 4: *** You Are Not Alone. ***
Capitolo 5: *** Thriller ***
Capitolo 6: *** P.Y.T. (Pretty Young Thing) ***
Capitolo 7: *** Bad. ***
Capitolo 8: *** Rock With You. ***
Capitolo 9: *** Beat It. ***
Capitolo 10: *** Breaking News #2. ***
Capitolo 11: *** She's Out Of My Life. ***
Capitolo 12: *** Smile. ***
Capitolo 13: *** Baby Be Mine. ***
Capitolo 14: *** Dangerous. ***
Capitolo 15: *** Don't Walk Away. ***
Capitolo 16: *** I'll Be There. ***
Capitolo 17: *** Childhood #2 ***
Capitolo 18: *** Human Nature. ***
Capitolo 19: *** Bad World Tour. ***
Capitolo 20: *** Black Or White. ***
Capitolo 21: *** Speechless. ***
Capitolo 22: *** Smooth Criminal. ***
Capitolo 23: *** Remember The Time. ***
Capitolo 24: *** Fall Again. ***
Capitolo 25: *** I Just Can't Stop Loving You ***
Capitolo 26: *** Givin Tree. ***
Capitolo 27: *** Why You Wanna Trip On Me? ***
Capitolo 28: *** Unbreakable. ***
Capitolo 29: *** Much Too Soon. ***
Capitolo 30: *** Keep Your Head Up. ***
Capitolo 31: *** L.O.V.E. ***
Capitolo 32: *** The Lady In My Life. ***
Capitolo 33: *** HIStory - Epilogo. ***



Capitolo 1
*** The Way You Make Me Feel. ***


The Way You Make Me Feel

Stavo cercando spunto per il mio nuovo video, The Way You Make Me Feel. Sapevo di cosa volevo parlare, però mi serviva prendere spunto dalla realtà. Da un po' di giorni frequentavo uno strano gruppo, erano dei ragazzi che fumavano, bevevano... i soliti teppisti. Si riunivano in dei vicoli bui di sera, davanti ai bar, in attesa che passasse una qualche bella ragazza per "giocarci". Io, fortunatamente, a queste scene non avevo mai assistito. Infatti tutta la gang mi accusava di portare sfortuna con le ragazze, che sembrava passassero continuamente prima del mio arrivo. 
Forse fu quella sera la mia maledizione. Non avrei dovuto permettere al mio cuore di fare così.
Passò una ragazza. Aveva i capelli lievemente boccolosi, biondo scuro, lunghi fino alle scapole e indossava felpa e jeans, al contrario di tutte quelle che stavano nei paraggi con vestitini super corti. Si guardava intorno visibilmente terrorizzata e mormorava il nome di una ragazza "Sarah..." Diceva, con la voce vibrante. Era bella, e le ragazze belle erano in pericolo in quella strada. Non avevo mai visto una cosa orribile come lo sguardo che si scambiarono i due boss della banda. Si misero gli occhiali da sole, nonostante fosse notte fonda, e si calcarono in testa i cappucci. Camminavano ondeggiando verso la ragazza, che abbassò la testa e accellerò il passo verso il bar. Ma nella gang eravamo dodici. E i tre fortunati eletti le stavano bloccando la strada. Aveva il viso dolce, da bambina. Si capiva che doveva essere sui diciassette anni solo per le forme che cercava di coprire con la felpa e la tuta larghe. Ovviamente era uno sforzo vano.
La ragazza era stata bloccata e avvicinata al muro. Era finita la mia farsa, non potevo permettere che la... infastidissero, ecco. Finsi un atteggiamento minaccioso, mentre gli altri mi dicevano che non ero io che dovevo divertirmi e che dovevo aspettare il turno. Li ignorai e camminai verso la ragazza che cercava di urlare, ma dalla sua gola uscivano versetti striduli. Agitava le gambe, credo nella speranza di colpire uno dei cinque. Stavano iniziando, come una lenta tortura. Il boss prima la baciò sul collo. Accellerai il passo. Poi la baciò sulla guancia. Il mio cuore accellerò. Sulla fronte. Levai le mani dalle tasche. E le sue labbra andarono a forzarsi su quelle della ragazza, che cercava di scuotere la testa. Ma non sarebbe riuscita a liberarsi dalla mano che gliela teneva immobile. Lanciai un cazzotto al boss. Credo che abbia stretto i denti perché dalla lingua della ragazza iniziò a uscire sangue. Cercai di prendere dall'agitazione la forza, perché non avevo mai fatto a pugni. Rimasero tutti scioccati da quella mia mossa improvvisa, compresa la ragazza. Si ripresero dopo un secondo, ma feci in tempo a mettere fuori gioco quei tre che la bloccavano e a prenderla in braccio. Iniziai a correre verso l'altra parte. La parte dove si entra e dove la ragazza era entrata. Aveva la faccia spaventata persino da me, ma sembrava scrutarmi. Non me ne preoccupai e mi feci minimo 100 metri di corsa. La limousine era lontanissima e non potevo correre ancora. Quindi feci un ultimo sforzo e saltai dentro un bar. A quell'ora, era vuoto. Il barista fece cadere un bicchiere. "Mi.. Mi... Michael..." Provò a dire. Io lo bloccai con un gesto della mano. 
"Si, sono io. Senti, resterei volentieri" sorrisi "Però mi devi fare un favore" Lui mi guardò come se avesse visto un fantasma. Risi. 
"Tutto quello che vuoi... ma prima potresti farmi un autografo? Sai.. mia figlia è una tua fan" Sorrido e gli firmo un pezzo di carta a nome della figlia.
"Dovresti prestarmi un telefono o... qualcosa per chiamare" Dissi, lanciando delle occhiate alla porta. Passò la gang e sbirciò dentro. Abbassai la faccia e feci cenno alla ragazza di imitarmi. Andarono oltre.
Il barista mi passò il telefono del bar, chiamai David, il mio bodyguard. "David, senti, è successo un casino, poi ti spiego. Sono al bar, a metà della strada dove mi hai lasciato prima... no, non mi sono fatto nulla, tranquillo... si, va tutto bene. Vieni qui con la limousine" Sussurrai.
Riagganciai e ringraziai il barista. Mi sedetti ad un tavolo con la ragazza, era visibilmente sconvolta e non sembrava intenzionata a parlare. Si guardava le mani e respirava forte, per tranquillizzarsi. Si passò un dito sulla lingua e sanguinava ancora. Si guardò intorno, non sapeva se chiedere a me o al barista. 
"Ehm... scusi..." Disse. La sua voce non era affatto acuta o dolce. Aveva una voce abbastanza bassa, ma era tenerissima. Ripeto, il suo viso era quello di una bambina.
Sorrisi. Il barista le fece cenno con la testa. "Dimmi pure."
"Potrei... ehm... potrebbe darmi un bicchiere di plastica?" Chiese timidamente. L'uomo rimase un po' spiazzato ma glielo diede. "Il bagno...?" "Di Là".
Era dolcissima. Strinse le maniche della felpa tra le dita e si chiuse la porta del wc alle spalle, lasciandomi un po' scosso. Era tenera, sì... ma come mai non aveva avuto una reazione isterica? Ero a qualche chilometro da Neverland e mi sembrava strano che non mi conoscesse. Conclusi dicendomi che non era vero che ero la più grande star del mondo se nemmeno chi viveva qui a Los Angeles mi conosceva. 
Mi avvicinai al barista. "Puo' darmi due cioccolate calde, per favore?" Chiesi sorridendo, allungandogli i soldi. Lui sorrise. "Regalo della casa".
La ragazza uscì dal bagno e si mise davanti alla cioccolata calda. La guardò per un po', però non la bevve.
"Ehi, come mai non bevi?" Chiesi. Lei sorrise timidamente. "Non.. non mi va." Mormorò. Non le piaceva, ok. Avevo capito. Non era il momento delle domande. 
Un ombra oscurò la porta d'entrata. Un uomo alto e robusto, ma con una faccia bonaria. "David!" Lo salutai. Non ero mai stato così felice di vederlo come quella notte. 
"Lui è la mia guardia del corpo" Lo presentai alla sconosciuta. Lei lo guardò storto per un po'. Ma poi sorrise. Un sorriso sincero, ma evidentemente nervoso. In effetti, era grande e grosso come i due boss di prima. Credo che l'abbia visto immobile e abbia pensato che non fosse un pericolo.
Dopo un po' la ragazza parlò. "Io... io sono Eris" Mormorò, guardandomi un momento negli occhi. *Eris..* pensai. Sembrava più un soprannome che altro, ma aveva un suono così dolce...
"Piacere io sono" "Michael Jackson", completò lei. Però la sua voce si era indurita. Si mise le mani nelle tasche della felpa. "Lo so" Continuò.
Poi mi sorrise. Era particolare, da conoscere. Ero curioso di sapere perché chiamava questa Sarah e perché mi aveva risposto in malo modo. Ma non portavo rancore. Dopo quello che doveva aver provato aveva tutto il diritto di essere nervosa.
"Cos'è successo te lo dico dopo, David. Andiamo" Lo esortai. Mi voltai verso il barista e lo salutai con un cenno della mano.
Uscimmo dal bar e ci infilammo nella limousine. Credo che avrei dovuto comprarmi un auto un po' meno appariscente per girare.
La ragazza guardava tutto con gli occhi pieni di curiosità e mi sembrò veramente che fosse ancora una bambina. Quando fu soddisfatta della sua osservazione si accasciò sul sedile. Guardò un punto fisso davanti a sé e credo stesse pensando a tutto quello che le era accaduto. Si ripassò l'indice sulla lingua e fui contento di sapere che non sanguinava effettivamente più. Si rilassò e chiuse gli occhi. Non sembrava un bel sogno da come corrugava la fronte. Sperai che finisse presto il suo incubo. Guardai fuori dal finestrino e pensai che la canzone The Way You Make Me Feel si sarebbe basato su una gang che amava dare fastidio alle ragazze, ma io mi ribello. Allora un uomo mi dice di essere me stesso. In quel momento passa una ragazza che mi fa innamorare e la corteggio un po', ma lei si innamorerà di me solo alla fine, dopo la danza. Si, era una bella idea. Ma rimasi un po' a pensare. Perché "una ragazza che mi fa innamorare"? Mi ero innamorato? Pensavo di si. Pensai che fosse seriamente stupido innamorarsi di una ragazza dopo averci scambiato due parole al massimo. Pensai che lei doveva vivere la sua vita come amica di questa Sarah e non come amica di Michael Jackson, l'idolo delle folle.
"Just promise, baby, you'll love me forevermore" Canticchiai. Più di per sempre. Come Buzz Light-year. "Verso l'infinito e oltre". Ma con Eris era una cosa dall'incontro di quella sera a mai più. La mattina dopo, l'avrei rimandata a casa, e sarebbe finita così.
Sospirai per la languida bellezza della notte. Il cancello grande si parò davanti a noi. Un arco dorato "Neverland" torreggiava. Poi sulle porte "Once Upon A Time..." e si entra. Inizia la favola come si varcano quei magici cancelli.
Non appena entrammo, mi venne immediatamente in mente Peter Pan, che rapisce Wendy portandola sull'Isola Che Non C'è. Io avevo portato Eris a Neverland. Ma poi Wendy decide di crescere e tornare adulta. Scossi la testa. Credo che se venisse a bussarmi Peter col cavolo che tornerei indietro per crescere. Ma io sono Peter Pan e Dio mi ha chiesto di far ballare e cantare il mondo attraverso la sua musica. Io sono solo un canale. Lui parla attraverso di me, la mia musica, la mia danza.
Sorrisi. Eris anche. Sembrava finito il suo incubo. Parcheggiammo davanti alla residenza e David fece per svegliarla. Scossi la testa. Lui alzò gli occhi al cielo e la prese in braccio. Per lui doveva essere poco più di un peso piuma. 
Scendemmo dalla macchina e entrammo dentro casa. Si presentò il primo problema: il pigiama. Primo: non avevo pigiama femminili. Secondo: Come se lo sarebbe messo? Pensai che per una volta poteva anche dormire con i vestiti e domani avremmo lavato coperte e lenzuola. Ma lei si svegliò con un sobbalzo e sembrò allarmata da tutto quello che aveva intorno. David la fece stendere sul divano e le feci portare un bicchiere d'acqua.
"Chi... che cosa..." Diceva. Posò il bicchiere a terra e sospirò. "Si, si ricordo. Scusami" Disse. Si portò una mano sulla pancia.
"Se mi presti un cellulare chiamo a..." Ma la interruppi. "Puoi dormire qui, se vuoi. Ho tante stanze da letto vuote e una compagnia in più non puo' che farmi piacere" Dissi sorridendo.
Lei si mise seduta e mi squadrò, soppesando la situazione. Sembrava indecisa. Ma non credo che le stavo molto simpatico, anzi...
Alla fine, annuì e si alzò. "Vieni" la invitai.
Al primo piano della villa c'era una stanza proprio di fronte alla mia, con due letti singoli. La feci entrare e sembrava le piacesse. Alzò subito gli occhi e si guardò intorno curiosa: aprì i cassetti, gli armadi, guardò sotto il letto, tastò le pareti e si affacciò alla finestra. Sembrava felice. "Grazie" Disse, senza guardarmi. Poi si avvicinò: ero di poco più alto. "Posso farti una domanda?" Mormorò, inclinando un po' la testa.
Annuii. "Ti piacciono i complimenti?" Restai stupito da quella domanda. Risi. "Sì, ma se non me li fanno non ci resto male" Risposi. Lei arrossì. "Allora sei bello, davvero" Affermò, abbassando gli occhi. Rimasi spiazzato un'altra volta. Il carattere e l'anima non erano di una diciassettenne. Sembrava decisamente più piccola. 
"Grazie..." Non sapevo se ricambiar... "Anche tu".  Stupendo, ora la mia voce agiva da sola, senza consultare il cervello. Rialzò gli occhioni verdi e si allargò in un sorriso felice e sorpreso allo stesso tempo, mi abbracciò un minuto. Ricambiai l'abbraccio e chiusi gli occhi. Quale altra ragazza avrebbe fatto così?
Lei sciolse l'abbraccio e sorrise timidamente. Poi aprì l'armadio e ne tirò fuori una tuta grigia. "Posso usarla?" Chiese. Annuii e sorrisi. Lo sentivo. Era speciale, o diversa. "Buonanotte" Dissi, mentre chiudevo la porta. "'Notte" Rispose lei, guardandosi intorno curiosa, sembrava tutt'altro che stanca. Diedi la buonanotte anche a David, che stava al piano di sotto, e poi andai a dormire anch'io. Era stata una gran bella notte.

*Autricee*
Ma buonassera!!! :3 Sapete, non sono molto favorevole alle ff romantiche su MJ, ma ne ho letta una che mi ha colpito e ho dovuto scriverne una per pura necessità. Sapete, ho pensato a un bambino, per creare Eris. Ma, se siete confusi o siete convinti che lei sia una ragazza-bambina così, per caso, vi sbagliate di grosso. Già dal prossimo capitolo capirete qualcosa di più, credo ;)

Un abbraccio;
Lost Girl.


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Capitolo 2
*** Childhood. ***


Capitolo 2: Childhood.

Quante cose erano successe... che ore erano? Le tre? Si, probabilmente erano le tre. Mi guardavo intorno incuriosita, perché era tutto così stupendo, era una stanza enorme e ogni cassetto celava un segreto. Aprivo, frugavo, scorgevo... non avevo mai visto una così alta concentrazione di oggetti in una stanza sola. Le mie mani vibravano e gli occhi non vedevano l'ora di esplorare l'intera casa, e poi c'era il parco là fuori, quello splendido parco... Dio, quanto avrei pagato per andarci.
Ma ero ancora stanca e abbastanza scombussolata. La lingua aveva smesso di sanguinare, ma il mio cervello continuava a ritornare su quella cavolo di scena. Me la sarei dimenticata prima o poi, no? Mi infilati la tuta e mi misi sotto le coperte, avevo voglia di sognare. Lasciai la finestra spalancata, come sempre. Magari sarebbe entrato qualcuno.

Il sole illuminava l'intero arredo, era molto chiaro. Sul bianc, direi. Ma non era quello ciò che attirò la mia attenzione. Piuttosto, uno sbrilluccichio accanto all'armadio, sembrava verde smeraldo. Mi tirai su dal letto e mi diressi verso quello sbrilluccichio. Avete presente dei ragazzi che si avvicinano a un lupo a terra per vedere se è vivo? Ecco.
Allungai la mano e ne tirai fuori una chiave, con incastonato, appunto, uno smeraldo. Risi felice della mia scoperta e andai alla ricerca della misteriosa serratura. Mi giravo di scatto urlando "Ah!" ma ogni volta non trovavo mai nulla. Alla fine, mi buttai sul letto, offesa per quel gioco a nascondino interminabile. Sotto la mia testa sentii qualcosa di duro che la notte non avevo sentito, forse per la stanchezza. Mi tirai su e guardai sotto il cuscino. Un piccolo baule in legno con una serratura d'oro. Infilai la chiave e girai. 
All'interno c'erano un po' di disegni di Peter Pan, Topolino e bambini. E, in fondo, delle bambole raffiguranti pirati. Misi i disegni sul letto, poi mi buttai per terra a giocare con quelle bambole. 
"Ehi, capitano, c'è un alligatore, liggiù!" "Nostromo Wint, è inutile urlare!" "Capitano c'è un alligatore!" "Ho capito, per l'amor del cielo!" Interpretavo. Ero felicissima. Presi uno della ciurma a caso e lo feci volare. "Ehi, per mille barbe, sto volando, Jack!!" Urlava. Mentre gli facevo fare una piroetta, bussarono alla porta. "Sisi, vieni pure" Dissi, dimenticandomi di far tornare il mio tono normale. Vidi entrare un ragazzo sui trenta, ricciolino, che entrò sorridendo.
"Capitano Jack, a rapporto, signore!" Esordì. Poi ricordai... non ero in un hotel, né a casa mia. 
Ero nella casa di Michael Jackson, e mi mettevo a giocare con le bambole!! Ma a lui non sembrava dispiacere, quindi...
"Oddio, scusa... mi... mi ero dimenticata di essere qua.. a casa tua... io, io non volevo..." Balbettai, saltando in piedi e stringendo il disegno di Peter tra le mani.
Lui mi sorrise e forse era il sorriso più bello del mondo. *Oh, Eris, basta. Ha tredici anni di più, come minimo. STOP!* Pensai, impedendomi di pensare a cose impensabili. Che gioco di parole carinoo!
"Ehi, tranquilla. Nascondevo quel baule perché pensano sempre che i ritratti dei bambini dentro siano... segni di pedofilia, diciamo" Poi mi prese la mano col suo disegno. Me la accarezzò e poi guardò Peter. Non sapeva che io e quel bambino avevamo tanto in comune.
"Sai, ho tantissime cose in comune con lui... e a volta mi sembra così vicino che non capisco perché non mi porti sull'Isola." Mi disse sorridente. Lo fissai sbalordita. Anche lui?
Ebbi un impulso: fidarmi. Non avevo mai avuto un impulso simile, avevo imparato a tenerlo a bada, ma con lui non riuscii a trattenermi. E non seppi se facevo bene, ma gli raccontai qualcosa.
"Anche io" Iniziai. Lui abbassò il disegno e mi guardò negli occhi. Non ne avevo mai visti come i suoi. Sembravano pieni di cose da dire ma che si tenevano per loro. Ma non potevo sostenere quello sguardo, era... troppo bello. "Mamma... mi ha cacciata via di casa a undici anni, perché gli avevano detto che ero malata... e a lei non andava giù questa malattia. Mi adottò una famiglia composta da madre e figlia, un po' più piccola di me. Con loro sto bene, ma voglio sapere perché non è una bella cosa questa malattia. A me piace" Dissi, all'inizio con un po' di malinconia, ma alla fine sorridendo. Era storia passata.
Continuava a guardarmi interrogativo e lo percepivo. Voleva sapere il nome, il nome della malattia.
"Sindrome di Peter Pan" Risposi alla sua... no, aspetta. Perché lo avevamo detto in coro. Alzai gli occhi sorpresa, e lui mi sorrise. Posò il suo disegno sul letto e mi prese le mani.
"Anche a me piace" E mi strizzò l'occhio. Sorrisi.
Si sedette a terra e mi invitò a fare lo stesso.
"Capitano, l'alligatore si sta avvicinando!" Urlò. Io risi e urlai "mi stavi origliando, prima?" 
"Chi? Io?!? Non mi permetterei mai, capitano!" Continuò. 
Giocammo per ore, credo. Ma poi arrivò David.
"Ehmm.. Scusate, mi spiace interrompere... ma, credo sia pronta la colazione, Michael" Lo avvertì, sorridendo sotto ai baffi.
"Vai, io scendo subito" gli dissi. Lui sorrise e andò.
Io mi chiesi quanto ci avrebbe messo Sarah a venirmi a prendere. Sperai che si fossero scordati di dovermi rispedire a casa.  La mattina sola era stata stupenda.
Chiusi gli occhi. Ripensai a quel giorno.
"Signora, oggi sua figlia si è autoconvinta di poter volare." Diceva la professoressa a mia madre. Lei mi lanciò uno sguardo fulminante.
"Ma io so volare!" Tentai di spiegare. Ma poi guardai il mio braccio rotto. In effetti, avevo dimenticato la polvere di fata.
"A scuola c'è un bravo psicologo che..." Continuò la prof senza darmi corda. Mi imbronciai.
"No, grazie mille. Abbiamo un bravo medico di fiducia. La ringrazio ancora, arrivederci" Si alzò e mi tirò per mano fino allo studio dellos strizzacervelli. Non mi piaceva quello studio: era pieno di lauree e di certificati, una noia assoluta.
Mi stesi sul lettino dei pazienti.
"Tu sei Eris, giusto? Quella convinta di saper volare?" Mi chiese, con voce affabile.
"Si, sono Eris. Ma io so volare, glielo posso far..." Ma non mi lasciò finire. Mi disse che non era il caso di farsi male all'altro braccio. Gli tenni il muso tutto il tempo restante.
"Come mai questa convinzione?"
"Io so volare"
"Perché?"
"Perché sono piccola. Voi siete noiosi e non volerete mai"
"Ok, ehm... cosa credi che occorra per volare?"
"Sogni, pensieri felici e polvere di fata. Me l'ero dimenticata, per questo sono caduta"
Rise. "Ah, la polvere di fata. E magari Peter Pan, accompagnato da Sailor Moon"
"No, Sailor Moon no. E Peter Pan accompagna solo me."
"Ah, bene." Ridacchiò.
Mi alzai  e me ne andai con tutta la dignità possibile, mentre il dottore parlava con la mamma. Mi guardò male tutto il tempo che passai con lei da quel momento in poi.
"Sindrome di Peter Pan.. che cosa idiota. Perché tua sorella no, eh?" Mi inveiva. Diceva anche di peggio. Iniziai a piangere. Ma nessuno sembrava minimamente volermi consolare. Mi consegnarono a un orfanotrofio. La mia salvezza fu quando lanciai un pallone fuori dalla recinzione. Aspettai che si girassero gli adulti e sgattaiolai fuori da un buco. Allora incontrai Sarah. Io avevo quattordici anni, lei tredici.
"Che  fai qua?" Mi chiese. Scorbutica, la ragazza. "Voglio riprendermi la palla" dissi. Lei rimase un po' sorpresa, poi si girò e me la diede. 
"Sei dell'orfanotrofio, giusto?" Mi chiese. "Si, ma non ti auguro di venirci a trovare. Ciao!" Sorrisi e me ne tornai dentro. Il giorno dopo, la stessa ragazza e la madre vennero a chiedere di me.
Tutto ciò mi fece collegare con ieri sera.
Sarah era fuori con delle sue amiche, ma c'era appena stata una sparatoria dalle parti dove sarebbe dovuta andare, e Silvya mi aveva mandato a chiamarla. Poi, la storia era quella che era.
Pensai per un orribile momento a "e se non ci fosse stato Michael Jackson?" Sorrisi. Ancora Michael Jackson? Bene, avrei fatto in modo di poterlo chiamare solo Michael.
Perché era Michael l'uomo che volevo conoscere.

***

AUTRIZZZZ

Che dire? Come capitolo mi sembra abbastanza fiacco, però non è ancora il momento di vivere qualche altra avventura.
Allora? Avete capito che cose le è successo? Ma non sembra tanto scossa, vero?
Chissà cosa succederàà!!
Un bacio (specialmente alle due recensitrici :*);

Lost Girl

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Capitolo 3
*** Breaking News. ***


Capitolo 3: Breaking News.

Dopo la colazione fui costretto a dirle di chiamare sua madre per farsi venire a prendere. Non potevo trattenerla qui, anche se non avrei chiesto cosa migliore. 
"Eris, hai chiamato?" Le chiesi. Era la terza volta, e forse le avevo dato l'idea che non vedevo l'ora che se ne andasse. Ma la mia speranza era di sentirmi rispondere "Non voglio andare, voglio conoscerti e rimanere qui", ma ogni volta era "Si, te l'ho già detto. Sta venendo". Aveva la voce un po' fiacca, ed era un colpo basso dopo averla sentita ridere e fare la voce del pirata. Rabbrividii, mentre David mi diede una pacca sulla spalla.
*Non è giusto* Pensai. *Non lo è mai* Rispose una vocina dentro la mia testa. 
La vidi scendere a testa bassa, con la felpa e la tuta della sera prima. Da come scendeva le scale, mi fece immaginare una principessa che va incontro al suo principe durante un ballo, dopo essersi preparata nelle sue stanze. Ridacchiai. Lei diventò rossa.
"Che c'è?" Si allarmò, sottovoce.
"Sembri una principessa" Le risposi. Arrossì ancora di più, ma sorrise. "E in fondo alle scale c'è il principe?" Chiese, accennando a un risolio. "Credo di si" Le strizzai l'occhio.
Continuò a scendere le scale con grazia... no, ok, lo ammetto, iniziò a fare i gradini a due a due e mi saltò letteralmente in braccio. Risi e l'abbracciai. 
"Volete anche il valzer?" Ci interruppe David. Maledetto. No, ora lo odio sul serio. No, dai, è fantastico. Risi e baciai Eris sulla fronte.
"Dai, ti accompagno fino al cancello" Dissi. Non lo dissi a cavolo, credetemi. Ma da casa al cancello c'erano tipo 200 metri da fare. Lei annuì e iniziò a saltellare verso l'uscita, lasciandomi un sorriso sulle labbra. 
"Michael, lo sai che è pericoloso uscire di qui con lei?" Mi mormorò David. Certo che lo sapevo: i paparazzi. Credo che siano appostati. 
"Non uscirò da Neverland" Gli dissi. Non avevo voglia di crucciarmi per certa gente che non capisce nemmeno in significato di "affetto" e lo confonde per "amore" o "pedofilia". Sospirai e mi tolsi dalla testa quel pensiero. Mi aspettavano 200 metri in compagnia.
Uscii zompettando e la vidi con le mani in tasca a prendere a calci un ciottolino. "Andiamo?" Dissi, e la invitai a seguirmi.
Erroneamente andai dalla parte opposta. Lei mi guardò con un sopracciglio alzato e mi indicò la strada giusta. Risi e mi diressi di là.
Diciamo che furono i 200 metri più lunghi della mia vita. Eris si buttava sull'erba, si avvicinava ai giochi, salutava i bambini ospiti nel parco, prendeva i soffioni, accarezzava gli animali che si lasciavano avvicinare... peggio di me, credo. Era curiosa e vivace. E non vedeva l'ora di arrivare alle giraffe. Fece rotolare un macigno fino al recinto, lo fissò a terra e ci salì sopra per accarezzarne una sul collo. Vidi il sasso poco stabile e mi fiondai a prenderla al volo prima che capitombolasse a terra. Divenne rossa per un momento e guardò a terra. Poi risollevò lo sguardo e scoppiammo a ridere. 
Ma le cose belle prima o poi finiscono. E arrivammo al cancello. O meglio, rotolammo fino al cancello. Infatti, poco prima, Eris inciampò su un ramo finito lì probabilmente lanciato da uno dei bambini per gioco, e mi trascinò a terra. Ci rialzammo il meno dignitosamente possibile e scoppiammo a ridere. 
Ma i cancelli erano lì. E sebbene li avevo fatti apposta, in modo che invitassero a non uscire, passò la voglia a tutti e due di farla tornare a casa. Ma aprii i cancelli.
Uscimmo di mezzo passo. Di macchine non ce n'era l'ombra e la guardai interrogativo. Dov'era la madre?
Lei ridacchiò mentre diventava più rossa di un pomodoro. "Io... non l'ho chiamata". Il mio cuore iniziò a battere. Una speranza si accese in fondo al tunnel. Ma non potevo pensare a me. Dovevo pensare a lei, alla sorella e alla madre che probabilmente erano disperate... non potevo permettermi di tenerla con me.
"Non voglio tornare a casa" Disse, incrociando le braccia al petto e facendo il muso. Mi intenerì immensamente. "Perché no? Mi avevi detto che con loro stavi bene, giusto?" Le mormorai, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Cercavo il suo sguardo, ma sembrava terribilmente imbarazzata.
"Si.. si, non è per quello. Ma qui c'è un parco giochi, c'è tanto spazio e ancora tanto da scoprire.. e a casa mia non ci sei tu" Mi confessò. L'ultima frase la aggiunse convinta ma con un tono basso che sembrava tradire la velocità con cui battesse il suo cuore. Ma non poteva immaginare il mio. 
Io?!? E che ci faceva con me dentro casa? Lei aveva una famiglia stupenda, e io non ero che Michael Jackson, una star che le avrebbe dato solo dei problemi e dei flash a cui nascondersi. Sospirai.
"Eris... senti. Mi piacerebbe tanto che tu restassi qua, così faremmo tutti i giorni un giro sulla ruota per vedere come cambia il mondo. Ma dovrei privarti della tua privacy. Non ci guadagni nulla a rimanere qui. Anche il divertimento verrà eliminato da quegli... da quegli stupidi" La mia voce ebbe un tremolio. La guardavo con occhi imploranti di capirmi. Doveva capire che io volevo conoscerla. Doveva capire che non avevo alcun diritto di rovinarle la vita. 
Alzò gli occhi. "Come fanno a toglierti una cosa così?" Chiese. Ancora una volta, negli occhi le si accese un punto interrogativo. E mi ricordò la bellezza di non stare male per addii struggenti.
"Ci riescono e basta, Eris. Scattano una foto mentre stai su un masso per accarezzare la giraffa e dicono in giro che hai problemi mentali; ti fanno una foto mentre giri sul treno di Neverland e dicono che ti sto tenendo prigioniera; ti fai un giro sulla ruota e loro iniziano a inventarsi che starai con il viso spiaccicato al vetro per istinti suicidi e non per curiosità di sapere come si vede da lissù. Capisci?" Le dissi, sorridendole dolcemente. Lei scrociò le braccia e mi guardò negli occhi, facendomi capire che voleva veramente rimanere con me. Quanto avrei voluto anche io che lei restasse.
"Non è giusto" Disse, sbattendo un piede a terra. "Non lo è mai" Sussurrai, guardandola triste. Le accarezzai una guancia. Anche la sua pelle era di una bambina. Non un segno di brufolo o di qualunque altra cosa. 
Avvampò. Infine, vidi una cosa luccicante scorrerle sotto l'occhio destro. L'abbracciai forte. Il suo corpo aveva gli spasmi e li trasmetteva al mio, mentre le sue braccia mi circondavano il bacino. Strinsi forte gli occhi, mentre tenevo la sua testa vicino al mio petto. Momento drammatico.
"Ok, senti. Se vuoi, rimani" Cedetti. Ma il mio cervello mi maledisse. Stavo per permettere a una ragazza di diciannove anni di privarsi della vita. "Ma avverti tua madre". Lei mi guardò negli occhi e spalancò i suoi. "E come glielo spiego?" Risi, sciogliendo l'abbraccio. "Digli che ti adotto per un po'". Le scompigliai i capelli e lei sorrise. Tornammo dentro Neverland e richiusi i cancelli. Come l'avrebbe presa la madre? Se fosse stata una di quelle persone che chiamano la polizia e le dicono "Jackson ha rapito mia figlia"? Sperai col cuore di no. Non tanto per me, tanto di voci ne giravano già tante. Quanto per Eris, che sarebbe stata tormentata dai tabloid.
Ma non sembrava scombussolata. Rideva e giocava con i bambini malati di leucemia o cancro, mentre io mi facevo certe pippe mentali. Scostai quei pensieri come una mosca fastidiosa e andai a giocare con loro. La nostra giornata fu perfetta.
La sera, a cena, mi chiese che canzone stavo pensando di fare. 
"Ne ho fatta una che mi ha ispirato David, ma credo che non la pubblicherò. Piuttosto, ho appena creato una canzone per il prossimo album. Cioè, ho un'idea, domani la registro" Le risposi sorridente.
Sbadigliò e disse che andava a letto. Io la fermai.
"Signorina, abbiamo chiamato a casa?" Le chiesi. 
"Ehm.. no, signor padrone" Rispose nervosamente.
"Ecco, facciamolo perché se no finisco nei guai" Eris sbuffò. Risi. E la accompagnai nella sua stanza, dove ancora non aveva dei vestiti. L'avrei accompagn... no, non avrei potuto. L'avrei fatta accompagnare a comprarne qualcuno il giorno dopo.
"Mamma..." "Eris, per l'amor del cielo, dove sei? E' da ieri sera che provo a chiamarti!" "Si, lo so, scusa.. è che non avevo sentito il cellulare!" "Ok, ok.. ma si puo' sapere che fino hai fatto? Lo sai che non puoi stare fuori troppo tempo da sola, nelle tue condizioni" "Si, lo so, ma.." Non prestai più attenzione. Che voleva dire "nelle tue condizioni"? La Sindrome? Era una condizione o un modo di essere? Rabbia. Eris non poteva stare fuori da sola, per le sue condizioni, e l'aveva mandata alle tre di notte a cercare questa ipotetica Sarah?
"No, ferma, ti prego, aspetta, ti devo spiegare..." "Non mi interessa, Eris. Ti vengo a prendere" "No, mamma. Io non vengo" "E perché? Vuoi un autografo?" "No, voglio divertirmi. Sono al sicuro qui!" "Ma.. ma..." "Ti prego..." "Va bene..." La voce si abbassò e non sentii più nulla. Eris sgranò gli occhi e chiuse la conversazione, lanciando il cellulare sul letto.
"Ha detto di non farmi vedere più..." Riferì, con voce tremolante.
"Ma non  avevi detto di starci bene, insieme?" Chiesi. Mi aveva mentito? Ma perché?
"Si. Insieme io ci stavo bene perché Sarah riusciva a convincere Silvya che ero in grado di cavarmela da sola, nonostante le mie cosiddette condizioni. Ma lei cedeva per poco. Ieri sera aveva provato a darmi fiducia. Ed eccomi qua..." Mi raccontò. Mi sembrava una storia brutta. Ma, francamente, avevo passato di peggio. Alla sua età avevo subito tante cinghiate per ottenere quattordici anni di lavoro alle spalle. 
Non volevo esordire con "te l'avevo detto che non sarei stato nulla di buono..." per cui optai per un: "Mi dispiace... sapevo che ti avrei portato problemi" Ma lei non sembrava abbattuta. Ancora una volta, sorrideva. Si dimenticava in fretta dei problemi. E mi ricordò di nuovo quanto puo' essere bella la vita... If you just Smile!
Era già attirata da un quadro. Un quadro che raffigurava un bar affollato, con gente che rideva in una veranda su un giardino verde con accanto a un lago. Era un quadro di fine primo Ottocento che mi era piaciuto tantissimo.
Allungò un dito verso la tela e la accarezzò. Poi si guardò il polpastrello. "Bello" Concluse dopo la sua attentissima osservazione. Sorrisi. "Mi piace tantissimo" Affermai.
La lasciai e andai a dormire, chiedendomi se quella fosse stata una brutta o una bella giornata, non ebbi risposta.

***

La mattina dopo, fu David a svegliarmi, scuotendomi.
"Devi lasciar andare la ragazza!" Mi disse. Sapevo che non lo diceva per un qualcosa di personale, evidentemente stava succedendo qualcosa.
Mi sventolò sotto il naso un foglio di giornale, la prima pagina.
La foto di Eris che piange, io che la stringo forte e lei che batte il piede a terra. Ovviamente, sembra che lei si stia lamentando e io la stia costringendo a restare.
Vorrei imprecare come un comune mortale sa fare, ma non potevo. Il mio cervello era già impegnato a non cercare di trovare una soluzione per farla restare.

*Autricee*
Allora, gente, che ne dite? Si sono cacciati nei guai, eh? Ma come dire a due bambini che non devono fare come vogliono?
Michael vuole che lei resti e lei vuole restare. Chi puo' dividere chi vuole giocare? 
E poi, come fa Eris a tornare a casa, se Silvya non la vuole più? Tornerà in orfanotrofio? 
Noooo, non voglio nemmeno io v.v
Ma ho intenzione di raccontare ciò che mi ispira e non posso promettervi nulla al momento.
Un bacio enorme a lettori silenziosi e alle mie tre recensitrici preferite!! 
Vi Voglio Bene;

Lost Girl.

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Capitolo 4
*** You Are Not Alone. ***


Capitolo 4: You Are Not Alone.

Ero andata via. Avevo visto il fotografo, ieri mattina, scattava le foto coprendo il flash con le dita. Michael era di spalle. Non potevo andare via, tornare a casa. Non prima di aver visitato il parco.
Quando era ancora notte, presi i vestiti della domestica, e li indossai per scappare. Andai nel parco e mi godetti tutti i giochi. "Godetti", per modo di dire. Ero sola, ed era buio. Sembrava tutto così allegro anche quando le cose andavano male. Spesso ridevo, ma poi mi accorgevo che non c'era nessuno a farmi compagnia, che nessuno era lì a ridere con me. Michael dormiva.
Completai il giro completo, salendo anche su entrambi i treni e andando a salutare gli animali. Infine, rientrai a casa e accarezzai Michael con lo sguardo che dormiva, con i riccioli che gli coprivano il morbido viso. Richiusi la porta alle mie spalle. Uscii da Neverland. Era finita. Gli stavo causando problemi, avevo avuto il mio giro al parco e stop. Ora, sarei andata da Peter Pan.

***

Mi alzai mogio e andai nella sua stanza, ma sentivo che c'era qualcosa che non quadrava. Non c'era il fruscio delle lenzuola, non c'era la sua voce mentre giocava con i pirati. Spalancai la porta per puro istinto. Vuoto. Il letto era disfatto, la finestra spalancata e sul cuscino c'era un biglietto.
Ciao, Michael.
Grazie dell'altra notte, di ieri mattina... di tutto questo tempo. Avevi ragione, ho visto il paparazzo quando era troppo tardi, ieri. Ho fatto finta di nulla perché non capivo quanto sarebbe potuta diventare grave la cosa. Scusami, davvero.
Ho fatto un giro clandestino al parco, oggi. E' stupendo, hai fatto davvero un bel lavoro.
A presto, Principe. Sto andando sull'Isola Che Non C'è.
Baci;
La tua Principessa.

PS: Quando dormi sei meno bello, ma più dolce.


Lo accartocciai e lo buttai sul letto. Ero stato stupido, stupidissimo. Ero uscito da Neverland con lei, e non le avevo detto la pericolosità nell'uscire dopo certe foto. Probabilmente, ora era rincorsa dai paparazzi che vogliono farle delle domande trabocchetto.
Mi maledissi. Ma c'era tanta dolcezza in quel biglietto. Sentivo la sua voce bassa che parlava e mi diceva che ero dolce. Ripensai.
*Ti Piacciono i Complimenti?... Allora Sei Bello, Davvero* Sbattei i pugni sul letto. Mi chiesi che cosa l'abbia spinta a fidarsi di me, quella notte. Perché non era scappata dal bar quando io ero al telefono. Non era giusto.
Mi tornò in mente la frase... andava sull'Isola. Che voleva dire? Non aveva senso.  Peter non era entrato. Me ne sarei accorto. O forse no? Mi guardai intorno in cerca di tracce del suo passaggio, ma non trovai foglie strane né impronte sospettabili.
Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. Già, ma come ci si poteva arrivare senza volare? Sognando? No, non credo. E poi Peter non le avrebbe permesso di lasciare un biglietto.
Respirai profondamente e mi diressi verso la mia stanza. Poi avvenne. Quel momento in cui ti accorgi di sapere da tantissimo tempo qualcosa che non sapevi. Insomma: ti accorgi di sapere qualcosa che non sapevi di sapere. Un lungo giro di parole. A Eris sarebbe piaciuto.
Comunque, sapevo che c'era un motel poco lontano da qui, si chiamava PP, cioè Peter Paper, il nome del proprietario. E sta al secondo incrocio a destra, in fondo alla strada. Mi immaginai la faccetta impegnata di Eris mentre cercava di farmelo capire e scoppiai a ridere. Un po' per la gioia, un po' per il nervosismo. 
Se i tabloid l'avessero trovata anche lì? 
Ma cosa mi interessava saperlo? Non poteva stare con me, doveva tornare a vivere con Silvya e Sarah, lasciandomi nelle mie favole eterne. Lei sarebbe dovuta crescere. Me ne resi conto come se ne rese conto Peter al penultimo capitolo.
Scossi i miei riccioli e pensai che non potevo lasciarla in un motel come non potevo permetterle di venire a vivere con me. 
*Stupido, tu lo sapevi. Era una cosa da una notte e basta. Salvata, ospitata e mandata via. Stop. Non ti deve importare nulla di lei* Pensai. E ricordai la frase di Billie Jean: attento a chi ami.
Ma come poteva non importarmene nulla? Sorrisi, mentre un'idea si faceva strada nel mio cervello, mentre si formava il piano bell'e pronto per i tabloid.
"David, travestiamoci" Lo avvertii, sorridendo.
"Dove hai intenzione di andare? La ragazza..." "Non ti preoccupare, ragazzo." Lo bloccai. Mi sembrai Basil L'Investigatopo.
Ben incappucciato uscii da Neverland e ci dirigemmo a piedi verso PP, mentre immaginavo Eris che camminava a testa alta piena di curiosità verso il motel, senza la minima paura di nulla. Nemmeno di incontrare un'altra banda di teppisti. Scossi la testa sorridendo. Era incredibile.
Entrammo e vidi immediatamente il proprietario, un uomo alto, pelato e coi baffi. Già mi immaginavo la ragazza che si chiedeva come potessero crescere i baffi senza far crescere i capelli.
"Ehm.. salve. Per caso saprebbe dirmi se è qui una ragazza... Eris" Dissi, camuffando la voce. Peter si rizzò e scosse le spalle.
"Oh, beh, è entrata, mi ha dato un'occhiata ai baffi, si è presentata a tutti e se n'è tornata indietro" Mi informò, con voce stridula e femminile. Mi venne l'impulso di ridere. Ma mi chiesi cosa avesse voluto fare presentandosi a tutti.
"Ah, lei è James? Perché ha lasciato un messaggio per un certo James" Mi disse. James??! E chi cavolo era? "Si, sono io" No, no, stupido! No che non sei tu! Ma non potevo permettere che qualcun altro avesse un messaggio che io non potevo avere... di Eris.
"Ecco" e mi porse un bigliettino.
Ciao JaMes, 
sentI, sicCome so cHe verrAi a cErcarmi, volevo lasciarti questo biglietto. Volevo dirti che parte tutto dalla fine, dalla J. Sono sicurA che Capirai. Ovviamente, dopo c'è la K. ma riCordati che Si va al contrario. Quindi la K sarà l'ultima. Parti dalla j e arriva fino alla k. trOppo complicato, priNcipe? Spero di no. Chiedi, e ti sarà risposto. 
Un Bacio;
Principessa.

(Ammetto che ho trovato tutto su un libro di messaggi segreti che ci avevano dato a scuola <3)


Rimasi un attimo abbagliato. Era a dir poco incomprensibile. Le lettere maiuscole... che vuol dire parti dalla J? Poi David ridacchiò e mi indicò tutte le lettere maiuscole. M-I-C-H-A-E-L-J-A-C-K-S-O-N... la ragazza, mica stupida. Risi.
Ma ancora rimaneva il mistero delle lettere e di chiedere... che cosa? A chi? Poi guardai la porta al primo piano. Su una targhetta c'era scritto "a". Allora capii. Dovevo entrare in ogni stanza, a parire dalla J fino alla K al contrario e chiedere di lei. Risi. Un colpo degno di Peter, Pan, veramente.
E allora pensai che non ero mai stato solo, da quando se n'era andato. Non c'era mai stato un momento in cui mi aveva lasciato. Mai. Era sempre stata con me.
"Do you far aport, you're always in my heart" canticchiai. Non avrei mai saputo che sarebbe stata una canzone inserita circa due album dopo Bad.

"Posso dare un'occhiata in giro?" Chiesi, continuando a camuffare la voce. L'omone annuì e mi diressi verso il primo e unico piano. Iniziai proprio dalla J.
"Scusi il disturbo. Lei conosce una certa Eris?" Domandai quando un ragazzo poco più piccolo di me apriva la porta, mentre sul divano era stesa la ragazza con addosso il minimo indispensabile. Non la guardai. Ero concentrato sul ragazzo che mi stava parlando.
"Ah, si... che simpatica, la ragazza. Sa, mi ha detto che mi sarebbe venuto a chiamare un certo... ehi, tu sei James?" Ridacchiai e annuii. "Tieni, ciao! Se la rivedi, salutamela" Mi congedò. Annuii e mi chiesi come sarebbe stata la sua reazione se fossi entrato come Michael Jackson.
Guardai il pezzettino di carta. Era bagnato un po', ma era leggibile. "Nostromo Wint: 3328847439" {Numero totalmente inventato, nda} c'era scritto. Sorrisi. Aveva fatto in modo che nessuno se lo sarebbe preso. Chi avrebbe voluto il numero di un nostromo? Mi misi il fogliettino in una tasca e passai alla I, poi alla H, alla G e così via, fino a tornare alla K.
C'era scritto:
"Nave: Princess
Destinazione: Jackson Street
Partenza: Neverland
Sogno: Prince
Speranza: Peter Pan
A bordo: Disegni e bambole. Una chiave e un baule. Restituirò presto.
Accompagnatori: F, A, N, T, A, S, I, A. S, O, G, N, I. (ok, questo era fin troppo palese)
Significato Partenza: Paura dei tabloid e speranza in Prince
Ritorno: Spero in compagnia."

Sorrisi. Voleva che l'andassi a prendere a Jackson Street? Era la mia vecchia casa, e sebbene fosse un po' doloroso, era sempre piacevole tornarci. Sorrisi a David.
"Preparati, capitano, si parte all'arrembaggio" Gli dissi, salutando Peter e tornandomene a Neverland per prendere l'occorrente per arrivare fino a Gary. Era un viaggio abbastanza lungo. Ma l'avrei fatto. Vidi Eris strizzarmi un occhio e abbracciarmi.
L'avrei abbracciata io, per primo. Che cosa sbagliata, che stavo facendo. Sarebbe stato l'errore più grande della mia vita.


*Autrice*
Ciao :) Si, lo so, un capitolo schifoso... mi spiace avervi delusi, veramente.. 
Ma sono sicura che con il prossimo vi tirerete un po' su... spero!
Ebbene si, lei sa di non dover tornare da Michael... ma sta in crisi d'astinenza (GIUSTAMENTE, aggiungerei xD). E lui pure. E al diavolo i tabloid. Ma c'è chi non la pensa così...
Un bacioooo;

Lost Girl.

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Capitolo 5
*** Thriller ***


Capitolo 5: Thriller.

Seppure non avessero capito il messaggio, sarebbero venuti a prendermi. Era la prima volta che ero in giro da sola. Non avevo incontrato nessun tipo pericoloso, e avevo conosciuto i 3/4 della popolazione di Los Angeles. In autobus si fanno conoscenze molto interessanti.
Avevo conosciuto una ragazza, Krew, che adorava l'hip-hop, ma come me stava viaggiando a sbafo, cioè senza biglietto. Eravamo sedute vicine e guardavamo continuamente a ogni fermata, per vedere se stavano salendo i controllori. Fortunatamente non erano nei paraggi quel giorno, e scesi una fermata dopo quella di Krew, Jackson Street. Si odorava l'aria di città decisamente diversa rispetto a Los Angeles.
C'erano molti ragazzi di colore, ma ognuno si faceva i fatti propri e stavamo apposto così... non riuscivo a capire come faceva la gente a terrorizzarsi di fronte a un ragazzo con un colore della pelle diverso... mica erano tutti come i due dell'altra notte!
Scossi la testa e mi sedetti alla fermata, sperando che scendesse da un autobus il mio principe e, come al solito, il suo bodyguard. Ma perché girava sempre con lui, anche quando era travestito? Non riuscivo a parlarci due minuti che si intrometteva! Come ieri mattina, avevo abbracciato Michael e lui se n'era uscito con una frase, tanto per interromperci.
Ma non mi cambiava certo la vita: una volta insieme, andava bene così. Anche con duemila bodyguard, cinquecento persone e due miliardi di bambini. Mi bastava divertirmi.
Erano già tre ore che aspettavo e non ne potevo più di rimanere ferma lì, la maglietta leggera lasciava trapassare l'arietta fresca e stavo incantevolmente. Mi alzai e iniziai a dare un'occhiata in giro. Le case si assomigliavano un po' tutte e anche le persone: tutti ragazzi scuri che se ne stavano in gruppi. Meglio così. Sbirciavo curiosa tutte le persone che incontravano, e mi guardavano seri, ma con uno sguardo assolutamente simpatico. Mi piaceva quella via, dopo tutto. Di bianchi non ce n'era nessuno, ma mi venne l'idea che forse eravamo proprio noi a sbagliarci nei confronti della razza più scura. E poi, parliamone, Michael è afro-americano ed è uno degli uomini più buoni del mondo!
Dall'alba che mi ero svegliata, il sole era alto nel cielo e doveva essere l'una, credo. Sospirai e iniziai a prendere a calci una lattina di coca cola.
Nella strada passò un furgoncino nero e anonimo, e immediatamente mi si accese il cuore di speranza. Guardai allegra lo sportellone aprirsi, ma non c'era il mio principe. C'era un gruppo di uomini muniti di fotocamere, videocamere e  microfoni. Uno mi indicò. Mi feci prendere dal panico e cominciai a correre, correre, correre... ero sempre stata abbastanza veloce perché non mi ero mai impigrita come succede a molte ragazze verso i quindici anni. Continuavo a correre, ma i giornalisti erano tenaci e vedevo i loro flash scattarmi foto alle spalle. Quando avevo perso le speranza una mano mi tirò da un braccio e mi fece infilare in un vicoletto.
Gli uomini passarono oltre e sentivo ogni singolo passo, ogni battito di cuore e ogni soldo che già vedevano tintinnare nelle loro tasche all'idea di intervistare la ragazza rapita da Michael Jackson. Scossi la testa e sbuffai, poi mi voltai. 
Dietro di me c'era un ragazzo di colore di circa ventitrè anni, con pochi capelli in testa e la faccia simpatica. Uno di quelli che avevo scrutato poco prima.
"Accidenti, si puo' sapere chi sei? Tutti quelli non sono mai venuti qui..." Mi disse sorridendo. Doveva essere una cosa afro-americana il sorriso splendido.
"Nessuno, credo. O meglio, loro pensano che mi abbia rapita Michael Jackson" Il ragazzo sgranò gli occhi e io risi. "Tranquillo, mica è vero" Ma lui rimase comunque con gli occhi sgranati. Alzò un sopracciglio e mi squadrò da capo a piedi, sorridendo. "Aaah, tu sei la famosa Eris" Affermò. Ridacchiai. "Vieni" Mi disse, invitandolo a seguirlo. Sgusciò tra i vicoletti come se fosse la cosa più semplice del mondo, mentre io come svoltavo, mi dimenticavo da dove ero venuta. Camminammo per circa tre minuti, poi entrammo in un altro vicolo un po' più illuminato.
"Ehi, eccola" Avvertì, dandomi una spintarella. Prima mi spaventai e lo guardai torvo, poi sentii un abbraccio e la mia faccia su un petto caldo. Conoscevo quel battito e conoscevo quelle labbra che mi sfioravano i capelli. Feci un sospiro di sollievo.
"Mike..." Mormorai. Lo sentii sorridere. "Dove diavolo eri? Ho girato tutta Gary!" Esclamò lui. L'amico ridacchiò. "Era inseguita dai paparazzi" Affermò tutto sorridente. La mascella di Michael si indurì. "Come... come cavolo...?" Si chiese, sciogliendo l'abbraccio. Io lo guardavo confusa.
"Ah, ma certo. Deve essere stato quello del motel a cui hai dato la destinazione" Sussurrò. Io cercai di ricordarmi.
"Chi, Eric? Ma no, stava solo leggendo il..." Poi mi zittii. Il giornale. E in prima pagina c'ero io. Guardai Michael stringere i pugni e abbassai lo sguardo. "Che cosa faranno, ora?" Chiesi con un fil di voce.
"Non lo so, credo diranno in giro che stavi scappando da me e non da loro" Concluse. Sospirai e mi appoggiai al muro. Dunque era veramente finita la mia vita da ragazza anonima? Era finito il mondo che conoscevo? Quello dove le persone fingevano che non esistessi per la mia malattia? Ora ero diventata lo scoop del momento! La ragazza rapita dall'idolo delle folle! E chissene frega se non è vero. Scossi la testa.
"L'hai mandato tu?" Gli chiesi, guardandomi storto l'amico. Era carino, si, ma il fatto che mi avesse spinta poco prima non mi andava giù.
"Ah, si, scusami. Lui è Gave. E' un amico che conosco sin da piccolo, io non posso muovermi troppo da queste parti, mi riconoscerebbe chiunque. Quindi, ho mandato lui" Sorrise. Mi sciolsi. Anche l'amico sorrideva. Sorrisi. 
"Ora che facciamo?" Chiesi, con un tono leggero della voce. Dopo tutto, l'avventura era appena iniziata, e non vedevo l'ora di scoprire il prossimo guaio in cui ci saremmo cacciati. E poi, correre mi aveva messo adrenalina.
Michael aprì la bocca per rispondere. Ma non ne uscì nessun suono. Dalle sue spalle uscì il gruppo di paparazzi. Misi le mani davanti alla bocca quando vidi come lo assordavano con le domande e lo acciecavano con i flash. Mi guardai intorno: l'amico stava facendo a botte con un fotografo: se lo poteva permettere. Sorrisi. Fischiai per attirare l'attenzione, ma nessuno mi diede retta. 
Baciai Michael su una guancia. Allora i tabloid lo sorpassarono per fotografare me e farmi domande: avevo avuto la Sindrome di Stoccolma? Scossi la testa.
"Se venite ve lo dico" Annuii. Uscii fuori e iniziai a correre per quei vicoletti strettissimi, senza sapere dove andavo. I giornalisti dietro erano tenaci e non mollavano, e io non sapevo quanto mi stessi allontanando da Michael e dall'amico, né dove fossero l'oro. Iniziai a ridere perché quel gioco mi entusiasmava: gli adulti sfiniti mi correvano dietro...  e avevano delle facce buffissime. Corsi non so quanto tempo. Poi avvenne: il vicolo si allargava e terminava. Un vicolo cieco. Mi girai e vidi i flash venirmi incontro. Cercai disperatamente una via d'uscita, ma mi limitai ad accucciarmi in un angolo. Scattavano foto e giravano video.
"Hey!" Urlò una voce dietro di loro. Ci fu silenzio e schioccò le dita. Tutti si voltarono per capire dove fosse Michael, era dietro una piccola nicchia del muro, ma era scuro e non si vedeva. Io notai il suo mocassino lucido. Sgusciai tra le gambe di quegli stolti e iniziai a correre, seguita a ruota da Mike.
Ci divertimmo un mondo. Non appena svoltammo l'angolo, venne con noi anche Gave, che ci condusse verso la macchina che aveva affittato apposta per noi, per permetterci di tornare a casa senza farsi tutte quelle ore stancanti di autobus. Ci fece salire al volo e Michael ingranò la terza, e scattammo via subito dopo aver ringraziato il ragazzo e avergli detto di venire a Neverland quando voleva.
"Michael, quindi posso tornare?" Chiesi con la voce piena di speranza, mentre eravamo ancora entrambi sorridenti per la fuga tipo film. Lui annuì. "Ormai è l'unico posto dove non possono venire a cercarti" Mi rispose.
Frenò di colpo, facendomi stringere la cintura contro il petto e la pancia. Davanti a noi, una massa incredibile di giornalisti. Da casa mancavano ancora parecchi chilometri. "Mettitelo in faccia" Mi ordinò, evidentemente preoccupato, passandomi uno scialle rosa scuro. Obbedii. Ma poi lui scosse la testa. "No, scusa, non fa niente. E' troppo tardi". Me lo levai. Ormai le mie foto erano in circolazione, probabilmente, in tutto il mondo.
Rimanere chiusi in macchina o continuare a correre? Ma non mi porsi questa domanda perché vidi Michael con la faccia sul volante.
"Che hai fatto?"
"E' colpa mia"
"Che cosa?"
"Tutto. Non avrei dovuto permetterti di rimanere"
"Ma io voglio rimanere, Michael"
"Non possiamo rimanere insieme, lo vedi? Continueranno a darti la caccia"
"E dove andrò?"
"Non.. non lo so. Credo che il posto giusto sia tornare a casa tua e non uscire più per un po', giusto il tempo di permettere alla gente di dimenticarti. E tornarai alla tua vecchia vita"
"Ma a me non piace la mia vecchia vita"
"Preferisci vivere così? Perché è cosi che vivrai se resti con me"
"Allora si".
Non seppi quale fu la sua reazione, ma aveva gli occhi lucidi. Non capivo se era perché era commosso o perché mi credeva un caso disperato. Abbassai lo sguardo, capendo che avevo detto qualcosa di spaventosamente inappropriato. Intanto, fuori, i tabloid non demordevano.
"Non ci posso credere, è un incubo. Ma perché?" Riflettei ad alta voce. Lo sentii fare un sospiro e poi lasciarlo in sospeso.
"E'.. è un Thriller... e lo sai che cosa cercano di fare i mortali?" Mi chiese, sorridendo. Risi.
"Scappare?" Chiesi. Lui rise e contò. Al suo tre, aprimmo gli sportelli e ci precitipitammo a correre, mentre lui tirava fuori il cellulare e chiamava David.
Uh, vedi chi mancava?... David! Ma in quel momento volevo che fossi lì come mai lo avrei desiderato. Un armadio come lui sarebbe stato utilissimo. Io rimasi bloccata dai giornalisti che mi tenevano bloccata. "Lasciami... no, fermo... stai fermo... il tuo naso si spaccherà nel giro di... ehi! Piantala!" Urlavo, ma nessuno sembrava darmi retta e Michael ancora non si era accorto di me. Sospirava fuori dalla folla, poi disse qualcosa e si voltò. Si accorse di me solo quando lo chiamai. Divenne rosso, di rabbia.
"Ehi, lasciatela!" Un tipo gli si piazzò davanti "Cosa avete fatto nel soggiorno insieme?" Chiese con sguardo malizioso. "Eris!" Mi chiamò lui, mentre mi facevo largo facendo diventare femmine o castrati tutti a suon di ginocchiate. "Michael, eccomi..." Urlavo di rimando, continuando a farmi largo.
"Stupida, così ci metti due ore" Imprecai sotto voce. Allora iniziai a correre agitando le braccai, fui fiera di poter dire che spaccai il naso ad alcuni di loro. Raggiunsi Michael e corremmo verso la limousine, che stava a pochi metri da noi. Intanto, i giornalisti, avevano iniziato a dire che mi aveva fatto qualcosa al cervello, che ero diventata violenta a causa sua e altre stupidate. Risi. Che idioti!
Salimmo in macchina con un sospiro di sollievo non appena uscimmo da Jackson Street, incrociando un'ultima volta Gave che sorrideva tra i baffi e ci salutò con un cenno della mano. Gli sorrisi e infine guardai Michael. Appoggiò la testa indietro e iniziò a ridere, seguito da me.
Avevamo perso minimo qualche chilo, con tutti quei fuggi-fuggi.
Guardammo allontanarsi tutto quell'incubo, quel Thriller.
"Ci sono ancora dei mortali che riescono a sopravvivere, allora" Risi. Lui mi guardò con uno sguardo dolcissimo e mi accarezzò una guancia, facendomi sorridere.
"Ma noi non siamo mortali. Noi siamo immortali" Scherzò lui, spiangendomi lievemente verso il suo viso e baciandomi la fronte.

*Autrice*
Avete visto? Finalmente un po' di azione, eh? Ancora una volta sono riusciti a cavarsela, i due birbantelli.... carino Gave, eh? L'ho pensato ispirandomi a un paio di film in cui c'è il protagonista e l'amico simpatico xD
E ora? Che cosa aspetta ai giovani ragazzi? Booh! :3
Un bacione (specialmente alle splendide recensitrici <3);

Lost Girl.

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Capitolo 6
*** P.Y.T. (Pretty Young Thing) ***


Capitolo 6: P.Y.T. (Pretty Young Thing)

Era finita. Finalmente!, aggiungerei. Quei giornalisti erano stati seminati da qualche parte di Gary mentre io ed Eris eravamo in limousine. Lei dormiva e sorrideva lievemente, mentre i capelli le ricadevano sottili sulla fronte. Il cuore fece più battiti che in tutti i miei trent'anni di vita. Da un momento all'altro avevo iniziato ad avere il forte desiderio di saperla mia per sempre. Strizzai fortissimo gli occhi e scossi la testa.
*Sai cosa direbbero, Michael. Tredici anni tra te e lei... sono troppi. Sei diventato una pop star, bravissimo. Ma una pop star non è libera* Pensai mentre stringevo i pugni e mi obbligavo a non rivolgere lo sguardo su quel viso candido e innocente. Ero orgoglioso e contento di essere diventato una star perché stare sul palco, cantare, ballare erano diventate neccessità ed erano momenti di pura gioia. Ma non si puo' volere tutto. O la libertà, o il successo. Mi odiai. Mi odiai per il solo fatto di essere entrato in quella strana gang solo per un video. Se non l'avessi fatto, probabilmente di ragazze ne sarebbero passate e non si sarebbero impuntati su una di soli diciannove anni. Ovviamente, questo nel caso in cui portassi veramente sfiga con le ragazze.
Cercai di distogliermi da quei pensieri guardandomi in giro. Ma non ci riuscivo, era più forte di me. Lo sguardo tornava su quegli occhi chiusi che sognavano chissà quale mondo incantato. Mi trattenni e allungai semplicemente una mano verso di lei, accarezzandole teneramente la guancia. Poi mi stupii. Lei me la prese e la strinse tra le sue, più piccole e fredde. Con l'altra mano cercai di riscaldargliele ma poi, per istinto, le toccai il naso. Anche quello era congelato... risi sottovoce. Ce n'erano molte così: mani, piedi e naso freddo. Continuai a scaldarle le mani per tutto il viaggio di ritorno.
Avrei voluto lasciarla dormire, ma una buca la fece sobbalzare e diventare rossa quando guardò le mani. Mi sorrise.
"Avevo un po' di freddo, all'inizio..." Fece vaga. Le sorrisi a mia volta e mi sentii uno stupido per essermi detto che era meglio non incontrarla. Però era vero, e non potevo fare a meno di pensare a quanto ne avrebbe sofferto lei. 
Aperti i cancelli di Neverland, rivissi la scena di qualche notte fa, quando li varcammo per la prima volta. Eris si guardava intorno incuriosita ed estasiata, come se fosse entrata in una specie di Paradiso. 
Parcheggiammo al solito posto, sul retro della casa. Non appena mise piede fuori dalla macchina, una massa di bambini le corse incontro ridendo. Un coro di "Sei tornata!" "Meno male che non sei andata via!" "Già ci mancavi!" le diedero il benvenuto. Dopo la gioia generale, si sporsero verso di me e mi prenderono per mano. Corremmo verso i giochi ed Eris fece il suo primo vero tour di Neverland, e mentre si guardava intorno ridendo i bambini si divertivano a fare le guide turistiche. "Qui una volta Jane..." "E invece qui, Dav.." "Michael, ti ricordi quando Lyns..." "Ah, si! E poi quando quel bambino che ora è guarito, John!". Sembravano talmente contenti di sapere più cose di un'adulta (per loro) che io stesso fingevo di non sapere le cose per veder loro brillare gli occhi dalla gioia.
Il giorno del ritorno, fu passato così da dopo pranzo fino a dopo cena. Poi, arrivò il momento della nanna. 
"Eris, ci leggi una favola?" "No! No! E' meglio che ci legge una storia con le canzoni, così ce le canta Michael!" "Ma io non riesco a dormire se canta!" "Peggio per te" Battibeccavano e pensai che se gli adulti fossero tutti come loro, il mondo sarebbe molto più bello. Alla fine, arrivammo a un compromesso: avremmo letto la Sirenetta, aggiungendo qua e là qualche strofa delle canzoni del famoso cartone animato. Alla fine, erano stati tutti soddisfatti. 
Li lasciammo e ci avviammo verso le nostre camere. "Sono bellissimi" Mi disse sorridendo e sbadigliando. "Già. Li amo davvero tantissimo... voglio essere come loro" Annuii. Il mio cuore tornò a battere a duemila al secondo. Anche Eris doveva stare nelle stesse condizioni visto come si torturava le mani e di come era diventata rossa. "Tu lo sei" Affermò con leggerezza, sorridendo con uno dei suoi sorrisi più belli. Poi guardò un attimo in basso. E successe tutto con estrema velocità. Ovviamente, subito dopo, mi assalirono i sensi di colpa. Dopo che lei abbassò lo sguardo, sentii che era arrivato il momento giusto. Mi avvicinai e le tirai su il viso con due dita. Le sorrisi e le diedi un leggero bacio a fior di labbra, sfuggente come il vento. "Buonanotte" le mormorai. Lei sorrise con il sorriso più raggiante che avessi mai visto e volò letteralmente in camera sua. Io mi accarezzai la nuca e mi avviai lentamente verso la mia camera.
Fu una notte di sogni, fondamentalmente. Un magico mondo dove c'era pace e non esistevano gli adulti, dove le sirene, gli unicorni e gli elfi non erano solo fantasia.
Al mio risveglio, la stanza era illuminata e dovevano essere le nove. Un ricciolo mi copriva la vista dell'occhio destro e lo scostai con un veloce movimento della testa.
Mi sentivo strano, ero come in pace, con l'aria più pulti del mondo nei polmoni e i più bei pensieri che avessi mai avuto. Poi ricordai la sera prima. Rabbrividii. Era stato l'attimo più bello e allo stesso tempo più sbagliato di tutta la mia vita.
D'istinto mi alzai e andai nella stanza di fronte alla mia, dove riposava una bambina di nome Eris. Entrai piano piano e la vidi che dormiva placidamente avvolta nelle coperte. Quando dico involta, intendo proprio involta. Sembrava il bozzolo di una farfalla e dubito che esista un modo facile per uscirne. Sorrisi mentre un raggio di sole illuminava lo specchio alla mia sinistra. 
Sembrava timida e schietta anche mentre dormiva, quando lottava contro i brutti sogni e riusciva ad ottenere quelli belli. Mi sedetti su una poltrona e rimasi a guardarla. I capelli sembravano fili d'oro scuro e la sua pelle era la più candida che avessi mai visto.
Quella fu una delle rarissime mattine in cui non m'importava di cosa avessero scritto i giornali e, per quanto fosse egoista, non me ne preoccupai per niente nemmeno quando il pensiero sfiorò l'anticamera del mio cervello. 
Mi venne in mente la scena del film con Diana Ross, The Wiz. Quando ero appeso a un palo e cantano "You can't win, chile!". Pensai che la sera precedente avevo vinto molto più di un cervello.
Poi mi tornò in mente la canzone del mio album di maggior successo: Thriller. Il brano era P.Y.T. Era una canzone dolce e innamorata. Era proprio il mio stato d'animo di quel momento. Solo, evitando la parte riguardante l'abbassare le luci e farlo, stanotte. No, no. Non ne avevo intenzione. Lei era piccola. Io ero piccolo. E da piccoli non si puo'.

*Autricee*
Scusate la cortezza del capitolo, ma sto morendo dal sonno. Ho trovato lo spunto poco prima di spegnere il pc, e quindi mi sono messa subito a scrivere.
Come vedete, è un po' più profondo e romantico degli altri, e mette in risalto la parte adolescente di Michael.
Un Abbraccio, Buonanotte;

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Capitolo 7
*** Bad. ***


Capitolo 7: Bad.

Quando riaprii lievemente gli occhi, sulla poltrona c'era un ricciolino che mi guardava teneramente. Fu la prima cosa che notai. Poi gli sorrisi. Non m'importava di guardarmi intorno e di curiosare. Ora c'era lui e attirava tutta la mia attenzione. 
Mi guardai e notai che ero letteralmente infilata in un rotolo di coperte. Iniziai a sfilarmi piano piano da quell'involucro quando sentii un botto secco. Il cellulare. Oh, certo era sopravvissuto. Aveva fatto più voli di qualsiasi compagnia di aerei e non era certo una botta da mezzo metro da terra a farlo finire. Mi liberai da quella morsa e raccolsi il cellulare, badando a non alzarmi dal letto. Lo guardai. "Un Nuovo Messaggio" c'era scritto. Rabbrividii. Silvya? Sarah?
Ma non era nessuna delle due. Era Jake. Jake era il mio fratello più grande, quando vivevo ancora con la mia mamma naturale. Avevo lui e una sorella un po' più piccola. Sbuffai e lessi.
"Rapita da Michael Jackson, eh? Mamma è arrabiata nera. Ha detto che devi tornare subito" un messaggio secco e preciso. Dopo otto anni voleva che tornassi da lei? Mai.
"Nemmeno per sogno" Scrissi, e inviai.
Poi tornai su Michael, che intanto si era seduto ai piedi del letto. Mi avvicinai e appoggiai la testa sulla sua spalla.
"Mia madre. Quella vera. Vuole che torni. Crede che tu mi abbia rapito" Lo informai, sospirando rassegnata. "E tu che le hai detto?" 
Lo guardai e sorrisi. "Che restavo con te" Mi alzai di scatto e feci per parlare, quando il telefono vibrò.
"Non è un sogno. Ti sto venendo a prendere. Mamma è furiosa." Diventai isterica nel giro di due secondi, il tempo di leggere. Scrissi a una rapidità assurda e mi sorpresi che i tasti non si fossero rotti per la pressione. "Non ne avete nessun diritto. Tornatevene a casa e fate la vostra vita. Dopo otto anni di puro menefreghismo, non mi interessate più. Andate via" Inviai. 
Mi risedetti sul letto e iniziai a piangere in silenzio. Volevo prendere a calci Jake, mia madre, mia sorella, David, Silvya, Sarah... tutti, porca miseria. Tutti gli adulti, via. Li avrei voluti spezzare come bastoncini. Michael mi mise una mano su una spalla e mi prese il cellulare per leggere. Indurì la mascella come sempre, quando era arrabiato. Mi cinse le spalle con le braccia e mi appoggiò la testa sulla sua spalla. Ringraziai Dio per quell'angelo.
"Io non voglio andare. Non capiscono niente" Dissi, mentre cercavo un modo per piangere senza sembrare troppo drammatica.
"Non ho mai visto un adulto capirci qualcosa" Scherzò. Ridacchiai, ma l'unica cosa che avesse potuto calmarmi era..
"Smile, through you heart is aching. Smile, event through is braking. When there are clouds in the sky, you'll get by, if you Smile" mi cantò. "L'ha detto Charlie Chaplin" Aggiunse, alla fine. Tirai su col naso e mi asciugai le lacrime. Forse domani ti accorgerai che la vita ha ancora un senso. Ma io domani non sapevo nemmeno se sarei stata lì. Rabbrividii al solo pensiero e mi ributtai tra le sue braccia, desiderosa di sentire ancora battere il suo cuore vicino al mio orecchio, di sentire ancora il suo mento sulla mia testa.
Lo strinsi forte forte. Poi il cellulare vibrò di nuovo.
"Chiamiamo la polizia, se non esci. Metteranno in galera quel tipo e tu verrai riaffidata a noi o ai servizi sociali. Esci, siamo qui". La rabbia mi fece diventare viola e mi si annebiò di nuovo la vista dalle lacrime. Non sapevo come sfogarmi.
Non volevo rispondere. Non sapevo come rispondere. Non sapevo se sarei dovuta uscire, se avessero veramente chiamato la polizia, se lo avessero messo in carcere Michael, dove sarei finita io... tutto quello che conoscevo sparì. In una nuvola di fumo.
"Lo faranno veramente...?"  Chiesi. Sperai in un "No, non possono" Ma sentii di nuovo che indurì la mascella. E non era un buon segno. Continuai a stringerlo nell'abbraccio, chiedendomi perché i momenti di gioia duravano di meno di quelli così. Mi chiesi perché quei due si fossero rifatti vivi proprio ora. Il cellulare vibrò di nuovo.
"I giornali dicono che vi siete divertiti, insieme" Non capii la maliziosità di quel messaggio, ma Michael si. E si arrabiò. Non lo avevo mai visto in quello stato. Prese il cellulare e lo mise sotto un cuscino, trattenendosi dal tirarlo di sotto. Continuò ad abbracciarmi e ad asciugarmi le lacrime. Entrò David. "C'e una macchina qui fuori. Vogliono Eris" Avvertì. Non so che cosa fece Michael, ma rimanemmo di nuovo soli. Mi prese il viso dalle mani e mi asciugò il viso con i pollici. 
"Sei stata bene qui?" Non capivo. Ripetè la domanda. "Benissimo" Risposi, mentre continuavo a piangere. Scosse la testa. Aveva gli occhi lucidi anche lui, si morse il labbro inferiore per impedirsi di piangere.
"Ascolta." Scossi la testa. Non volevo sentire nulla. "Ascoltami." Lo guardai negli occhi. Erano tristi, arrabbiati e duri, tutto in una volta. E non mi piaceva. Ma il suo viso era perfetto anche in quello stato. Il mio cuore fece una capriola.  "Ora tornerai alla tua vita di sempre. Io sarò stato solo un brutto sogno. Tutto quello che ti ho fatto passare diventerà un brutto sogno. Tornerai da tua madre e tuo fratello, ti farai dimenticare e finirà così." Mi disse. Ma io continuai a scuotere la testa. Non volevo dimenticarlo, per nulla al mondo lo avrei dimenticato. Fu il gesto più stupido che feci. Lui indurì la voce. "Finisce qui, Eris." Fece. Si alzò e si mise con la schiena appoggiata alla porta. "Che... che vuol dire finisce qui?" "Che non puoi rimanere. Io non posso permetterlo" Non aveva più gli occhi lucidi e sembrava arrabbiato. Io non capivo e mi spaventai. Sentii un clacson e mi rimisi a piangere. "No... no, Eris. Devi affrontarli. Se non è oggi, sarà domani. Vai con loro, andrà bene. Sarò con te." Mi disse, mettendomi le mani sulle spalle.
Perché la scena mi fece pensare a due adulti? Perché? Mi sentivo una... una completa idiota depressa. Tirai su col naso e mi asciugai le lacrime. Sorrisi. La drammaticità era finita, ed era il momento di tornare dalla mamma. Come Wendy. Alla fine, non puo' restare sull'Isola e non la prende male. Come non la prenderò male io, allora.
"Ciao, Michael..." Mormorai in un soffio. Gli accarezzai una guancia e lo guardai teneramente negli occhi, mentre sembrava distrutto. Sorrisi per fargli coraggio. "Smile" Fu l'ultima parola che gli rivolsi. Poi uscii e iniziai a correre. Non mi guardai intorno nemmeno nel parco, per guardarlo un'ultima volta. No. Non sarebbe stata l'ultima volta. L'avrei rivisto, era poco ma sicuro. Non sarei rimasta con... quelli.
Aprii i cancelli, mentre rabbrividivo di rabbia. Vidi mia madre che si fumava una sigaretta davanti al volante e Jake appoggiato alla macchina. Aveva una faccia soddisfatta. Era grande, almeno dieci centimetri più di Michael, e aveva grossi muscoli. Avevano entrambi gli occhi freddi. Ricordai quelli caldi del mio Principe e cercai di non farmi prendere dallo sconforto.
"Sorellina, quanto tempo!" Fece sarcastico. "Non vengo con voi. Non fatevi illusioni. Ma non torno da Michael" "Ci credo, è già un miracolo che quel pedofilo ti abbia permesso di uscire" "Non... chiamarlo così..."  Mormorai. Ma lui mi fece una linguaccia. "E' solo uno indeciso sul suo sesso..." Non ci vidi più. Gli sferrai un calcio dove so io e scappai. Corsi verso il motel di PP. Sapevo che avevo la macchina accanto a me, e presi una scorciatoia che mi aveva consigliato uno dell'edificio. Non l'avevo mai fatta, ma era l'ultimo dei miei pensieri. Corsi e seguii le istruzioni. Mi ritrovai nel retro del locale, entrai. Della macchina, nessuna traccia.
Ma dentro... dentro c'erano loro due. Come cavolo...? Ma non ebbi modo di chiederglielo mai e ancora oggi non so come abbiano fatto.
Mia madre mi prese. "Oh, guarda, la piccola malata crede di essere veloce e furba" Mi tirò per un braccio verso la macchina e mi ci infilò a forza. Tenni il broncio, come otto anni prima. Lei era rimasta la solita adulta stupida. Io la solita Eris.
Mi voltai e quell'armadio di mio fratello se la rideva alla grande. Mi fece innervosire ancora di più. "Che ti ridi? Sei solo uno stupido"
"Io sarei lo stupido? Una che si  fa fotografare col suo grande amore senza dirgli che c'erano i paparazzi che cos'è?"
"Io... io non sapevo che c'erano..."
"Ma per favore! Nella foto in cui abbracci quel pedofilo guardi l'obiettivo!"
Era vero. Ma non gliel'avevo detto solo per.. perché non sembrava importante.
"Non credevo che scatenassero tutto questo"
"Si, come no. Lo sappiamo che non ti è mai piaciuto Michael Jackson! Perché dovresti proteggerlo dalle macchinette fotografiche di quelli?"
"Perché l'ho conosciuto e... non è come credevo"
"Ah no? Non è un pedofilo, gay? No? E allora dimmi, cosa avete fatto insieme?"
"Abbiamo giocato"
"Sì, i giochi sono privati, eh?"
"No, sulla ruota..."
"Si, certo. Quanto ti ha pagata per farsi difendere?"
"Pagata?... Ma..."
"Ti ha drogata allora"
"Droga? No! Gli unici drogati che abbia mai conosciuto siete voi due!"
"Gliel'hai chiesto come mai si è schiarito di pelle in questi ultimi tempi? Eh!??" Non risposi. Non mi interessava.
"Perché avrei dovuto?"
"Perché avresti scoperto chi è!"
"Come se tu lo sapessi!"
"Lo sa tutto il mondo, Eris! I giornali girano. Sappiamo che ti ha rapita, stupida!"
"Ma da dove?!? Perché avrebbe dovuto rapire una stupida malata?"
"Perché anche lui è malato!"
"Lui... non... è... malato" Scandii le parole.
"Sei solo una bambina" Concluse. Feci spallucce.
"Almeno non sono un'idiota"
"Questo lo dici tu!"
"BASTA!!" Ringhiò mia madre. "Eris, tu ora vieni con noi alla polizia e dici come sono andate le cose veramente: ti ha rapita e ha usato le sue mosse da abile pedofilo.."
"Non è andata co..." Mi interruppe. "Non mentire! Lui non è che un verme, Eris. L'hai sempre saputo!!!" 
"No! Non ho mai saputo nulla di tutta la verità... mi ha salvata"
Risero. Una risata senza gioia, pura ironia. L'orgoglio era andato in frantumi e non avevo voglia di continuare. 
Salimmo nella casa che era stata mia otto anni prima. Era rimasta uguale identica, togliendo tutta la mia roba.
Mio fratello mi trascinò nella sua stanza e chiuse la porta a chiave. Mi terrorizzai, come ogni volta che qualcuno di cui non mi fidavo chiudeva a chiave una porta.
"Confessa, ragazzina... non ti è dispiaciuto stare lì, eh?" La sua voce era un ringhio, pieno di rabbia.
"No." Risposi. Non mi scomposi di nuovo. Non ne vedevo il motivo.
"Ci credo..." Rise. "Ma io lo so che non ti ha fatto nulla. Per un semplicissimo motivo. Come ti ha vista, ti ha presa e ti ha portata da lui. Poi ti ha drogata e ti ha fatta innamorare. Ha atteso che fossi stata tu stessa a chiedergli di toccarti" Inventò. Erano le più grosse balle messe insieme. Stavolta mi scomposi. Non ero diventata certo un'idiota in otto anni.
"Credila come vuoi. Sei come i cavalli, con i paraocchi." Mi alzai e feci per andarmene, ma mi strinse un polso e mi girò verso di lui. Lo guardai negli occhi: quell'azzurro penetrante, preso da mamma. Io li avevo presi da mio padre.
"Giurami che non ti ha drogata" Aveva lo sguardo di un pazzo. Un pazzo assetato di sangue. Mi spaventai, ma annuii. "Non mi ha drogata". Lui rimase un attimo spiazzato e lo sguardo folle svanì per un minuto. Poi tornò all'attacco.
"Giurami che non ti sei innamorata di lui". Sarebbero state due facili paroline. *Lo giuro* Pensai. Ma dalla mia bocca non uscì parola, mentre il suo sguardo passava da folle a soddisfatto. Cercai di pronunciare quelle due stupidissime parole, ma appena mi tornava in mente la sera prima la lingua si bloccava. Jake strinse fortissimo il polso per un attimo, per poi lanciarlo via.
"Lo sapevo... stupida." Mormorò rabbioso, per poi trascinarmi verso la cucina, dove mia madre stava iniziando a preparare una cena.
"Indovina un po', mamma..." Disse trionfante. Ma non ne capivo la vergogna... era una brutta cosa innamorarsi di uno come Michael? Poi riflettei sul significato della parola. Innamorarsi, amore... amore?!? Bello, se l'amore era quello che sentivo con Michael era una bellissima cosa. Sorrisi di quei pensieri, ma mia madre mi tirò un ceffone. Uno schiaffo sulla pelle fredda della mia guancia me la fece ustionare. Bruciò come l'attrito tra due legnetti.
La guardai con le lacrime agli occhi, poi passai a Jake. Ma corsi di nuovo. Non andai lontano, mi limitai a chiudermi in bagno con il cellulare. Ringraziando Dio un angioletto chiamato David aveva messo il numero di Mike sul mio telefono. E io che volevo torturarlo per starci sempre in mezzo..
Chiamai, ma attaccai dopo due squilli. Preferii optare per il messaggio.
"Aiutami, per favore. Ho bisogno di Smile, ho bisogno che mi porti via da questi due. Vogliono fare i cattivi con me. Ho paura." Inviai. Sperai con tutto il cuore che lo leggesse e che venisse a salvarmi. Poi mi ricordai BAD, l'ultimo album che aveva composto. Lui non era veramente cattivo. Era l'adulto più buono che avessi mai conosciuto. Forse perché non era veramente un uomo. Stavo per smettere di fare questi assurdi pensieri che sentii delle note forti provenire da sotto casa mia. Jake era sceso per buttare l'immondizia. Già dalle prima strofe iniziai a correre per le scale e correre verso quel bambino che ballava "BAD" davanti agli occhi stupefatti di quello stupido di mio fratello.
Oh, com'ero felice. Era venuto a salvarmi. Mio fratello rimaneva lì davanti come un ebete. Guardai di nuovo quegli occhi così scuri e caldi e non vidi l'ora di riappoggiare la mia testa sul suo cuore.
"WHO'S BAD!!!" Urlai, in preda alla pura gioia. In quel momento vidi negli occhi di Jake la soddisfazione.
"Eris... perché non mi giuri due cose davanti a un testimone?" Mi chiese, non appena finì la canzone. Michael stava per venirmi incontro, ma David lo fermò. Stupido e ingenuo David. O forse era stato un gesto sensato?
Guardai negli occhi Jake.
"Ti ha drogato?" Mi richiese. Capii. Voleva che lo ammettessi... voleva che mi umiliassi. "No" Dissi, abbassando la voce. "Non ho sentito" "NO" Urlai.
"Ti sei innamorata?" Mi voltai verso di Michael che mi guardava in attesa di risposta. Il modo peggiore in cui avrebbe potuto saperlo. Scosse la testa e guardò in basso.
"Più buffa di una persona messa in ridicolo, è una persone a cui è capitato qualcosa di bizzarro ma si rifiuta di ammetterlo per mantenere una certa dignità" Citò. Charlie Chaplin. L'avevo letto in un libro che mi aveva prestato Sarah. Sorrisi.
Guardai mio fratello.
"Perché tu non giuri che quando ebbi la tua prima fidanzatina e vi baciaste, tu la mandai via perché eri terrorizzato dal suo apparecchio per i denti?" Lo sfidai. Quel ragazzo che aveva appena smesso di cantare mi faceva tornare una dannata voglia di vivere.
Mio fratello si allontanò e balbettò, guardando in basso. "Io... non... non è..." Ridemmo. Fregato. 1 a 0 per Michael e Eris.
Presi per mano un ragazzo dalla pelle mulatta e feci la boccaccia a due adulti dagli occhi azzurri.
"La prossima volta, pensateci su due volte prima di farmi andare via per otto anni" Me ne uscii. Mi gasai, sembrava un film romantico e d'azione ed era eccitante. E lo stesso credo valesse per Michael.
"Ah... ricordati the whole world has to answer right now, just to tell you once again... Who's BAD!!" Gli cantò.
Ancora una volta entrammo nella limousine sapendo chiusa un'altra disavventura. Quel gioco cominciava ad eccitarmi. 
"Wow, tipo favola!" Mormorai felice. E lui sorrise.
"Principessa..." Mi baciò sulla guanica. E io sorrisi.

*Autrice*
Ancora una volta vi stresso con capitoli un po' più profondi e innamorati. Anche un po' drammatici, se la mettiamo così. E romanzati. Sì, insomma, capitoli strani frutto di una mente totalmente fuori. xD
Ancora una volta sono usciti fuori da un guaio, ma quanti altri se ne presenteranno alla porta di casa?
Un Abbraccio;

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Capitolo 8
*** Rock With You. ***


Capitolo 8: Rock With You.

Alla fine, tornammo a Neverland. Per la terza volta in quattro giorni, un altro guaio era passato. In quel viaggio, però, Eris non dormì. Rimase tutto il tempo a chiacchierare, quella voce abbastanza bassa e allo stesso tempo allegra mi faceva stare bene. Ascoltavo con attenzione mentre mi diceva di come era la sua famiglia prima che andasse via.
"Beh, si, non ero certo mai stata la preferita dei miei genitori, tra me, mia sorella e mio fratello... certo, ora hanno superato ogni limite, ma comunque ci fu una volta che..." E fiumi di parole e racconti che fluivano da quelle splendide labbra.
Era una giornata nuvolosa, e la pioggia mi dava sempre da pensare. Pensavo a quanto fosse stata una fortuna incontrarla... almeno tanto quanto fosse stata una sfortuna. E poi pensavo ancora al video di The Way You Make Me Feel... a come sarebbe venuto fuori e quanti lo avrebbero guardato e avrebbero pensato "quant'è fatto bene!!" "Stupendo" "Che passi magnifici". Ogni volta che usciva un mio nuovo singolo o un nuovo disco sarei voluto essere nella mente della persona che lo sentiva per la prima volta.
La prima volta che vidi il David di Michelangelo, a Venezia, cercavo di capire come potesse un uomo riuscire a creare un capolavoro del genere, e cosa lo avesse ispirato. Ma cosa pensavano i fan di me? Credevano a tutte le balle che si dicevano sul mio conto?
Eris smise di parlare e guardò fuori dal finestrino... o meglio, iniziò a disegnare sul finestrino appannato. Ridacchiai e cercai di leggere.
"Every moments take me in Paradise" scrisse. Le sorrisi e lei ricambiò raggiante. Infine, passò una mano su tutto il vetro e guardò fuori. Credo che abbiano attirato la sua attenzione un paio di bambine che correvano sotto la pioggia ridendo con uno zaino sulle spalle. Avranno avuto circa quattordici anni e sembravano felici di trovarsi lì in mezzo. Le guardò con occhi sognanti attraverso i vetri scuri e poi le salutò. Con mia grande sorpresa, ricambiarono senza fare una piega. "Le conosci?" Chiesi. Lei rise e scosse la testa.
Di ragazze di quattordici anni ne avevo viste tante, ma felici e semplici come quelle due mai... erano tutte terribilmente isteriche. Come mi vedevano iniziavano ad urlare e a svenire, a strapparsi i capelli, a chiedermi un autografo su un braccio... mi spaventavano. Perché un giorno sarebbero diventate adulte.
Poi guardai di nuovo Eris. Aveva il naso appiccicato al vetro ed era curiosa di guardare qualunque cosa attirasse la sua attenzione. Si rattristò e seguii la linea d'aria del suo sguardo. Una donna di colore, con un vestito lungo, teneva il suo bebè attaccato alla schiena con uno scialle e cercava di coprirlo dalla pioggia con qualunque cosa avesse a disposizione. Mi fece tenerezza. La casa io sapevo che era un diritto. Quanto avrebbe pagato quella donna per un tetto? Tanto. Ma non avrebbe mai abbandonato il suo bambino. A volte sono proprio le persone come lei, che non hanno nulla, a insegnarci cos'è l'umanità. 

Arrivati a Neverland, corremmo verso l'entrata. Ok, io e David corremmo verso l'entrata. Eris si tirò su il cappuccio dell'impermeabile e iniziò a saltare nelle pozzanghere, schizzandosi di fango tutti i jeans. Risi e le corsi incontro. Saltai anche io in una pozzanghera, ignorando i miei lucidissimi mocassini che invocavano pietà. David ci guardò con un sorriso sotto i baffi, sebbene stesse cercando di chiamarci per farci rientrare e non prenderci il raffreddore. Ma Eris non fu contenta finché non ebbe saltato in ogni singola pozzanghera che la divideva dalla porta d'entrata. Alla fine, le prestai una mia tuta grigia per non farla andare in giro vestita di chiazze marroni.
Pranzammo.
Descrizione sommaria del nostro pranzo? Pizza e patatine fritte, con un po' di coca cola. Anche detto menù Spezza Fegato.
Il pomeriggio lo passammo vedendo i cartoni animati della Disney. Da Fantasia al Re Leone, da Dumbo a La Sirenetta, gira che rigira arrivammo a Peter Pan. Inutile dire che sapevo tutte le battute a memoria, mentre Eris mi guardava e scoppiava a ridere quando imitavo un'espressione buffa. L'unica parte che non recitai fu da quando Wendy canta la canzone sulla mamma in poi. Perché decidono di crescere. E non capivo il motivo di andarsene via di lì...
La cena arrivò prima del previsto, nel bel mezzo della Bella e la Bestia. Eravamo arrivati, non si sa come, a spaparanzarci alla grande sul divano, mentre le piume ci ballavano intorno per la recente battaglia coi cuscini. Ci venne a chiamare la cuoca "Mr. Jackson, è pronto" mi chiamò. "Ehi, quante volte te l'ho detto di darmi del tu e chiamarmi Michael?" "Ok, scusa... Michael" sorrise. Era una donna sulla quarantina, senza figli, marito e con un disperato bisogno di lavoro. Quale miglior cosa di una cuoca come lei? Era bravissima, educata e anche simpatica.
Le sorrisi. Misi in pausa la videocassetta (originale, ci terrei a precisare) e ci avviammo verso la tavola apparecchiata ridendo come pazzi. Un pranzo coi fiocchi, direi, un tacchino e un po' di pomodori. Apprezzammo molto, ma dopo nessuno di noi aveva voglia di dormire.
Così, la portai nella mia stanza che si trasformò nel giro di due minuti in una discoteca con tanto di luci stroboscopiche.
"I wanna rock with you, All Night!! Dance you into day, Sunlight!!" Canticchiai, ricordando la canzone di Off The Wall. Sembrava divertirsi un mondo, Eris, mentre ballava. Non era nemmeno niente male. I passi li conosceva, magari era poco sciolta, ma tutto sommato non era male. Misi proprio Rock With You al mega stereo e la invitai a scatenarci insieme. Ok, ovviamente era molto diversa da una vera discoteca. 
Poi vidi che le se illuminava il volto. Mi disse di stoppare la musica e corse verso una cameriera che aiutava a tenere in ordine la casa. Le disse qualcosa all'orecchio e si sorrisero complici. Poco dopo, Eris tornò. Era una principessa. Un cerchietto color argento a mò di tiara, e un vestito proprio regale. Stretto fino alla vita, e poi una gonna tutta vaporosa. Non capivo dove avesse potuto trovare una cosa del genere... poi guardai la cameriera. Ricordo che mi aveva detto di fare la stilista poco prima di lavorare per me, ma aveva mollato perché non guadagnava abbastanza.
Era un vestito azzurro chiaro, la gonna rivestita di tulle... era una vera e propria principessa. Camminava sorridendomi e sapevo che sarebbe stata capace di correre con una grazia di un bisonte, anziché di una principessa. Rimasi a bocca aperta e con gli occhi che mi brillavano, mentre i suoi risplendevano nella luce argentea che sembrava emanare.
Cambiai immediatamente canzone e misi un valzer, poi mi inchinai come facevano i gentiluomini dell'epoca. "Vuole offrirmi questo ballo?" Lei rise e accettò. La cameriera sorrise, poi ci lasciò alle nostre danze, mentre immaginavamo di stare in un immenso castello di un re molto buono che voleva cercare di far conoscere sua figlia a qualcuno. Ma visto che non c'erano uomini affascinanti come me.. no, ok, visto che non c'erano persone che la convincevano aveva provato a ballare con me.
Da fuori, un fascio di luna le fece illuminare i brillantini del vestito. Rise e iniziò a girare su sé stessa per vedersi sbrilluccicare. Poi con le scarpe inciampò in un lembo e finì per ruzzolare quasi a terra. Avete presente quei momenti in cui hai fatto qualcosa in una velocità che ritieni terribilmente disumana, o che fai qualcosa che non avresti mai pensato di fare? Ecco. La presi al volo mettendole una mano sotto la vita. Tipo casqué per capirci.
Fu quel modo in cui mi guardò. Divenne rossa, e abbozzò un sorriso, ma sembrò perdersi in qualcosa che trovò nei miei occhi. E io mi persi nei suoi. Sembravano parlare, dire, curiosare, variare instancabilmente. Il raggio di luna glieli fece brillare ancora di più.
La tirai su e finimmo a meno di un palmo di distanza. Rimanemmo a guardarci mentre una melodia dolce si diffuse nell'aria. Momento romantico. Wow.
Stavolta non potete darmi del colpevole... fu lei. Sorrise raggiante e si avvicinò, esitò un po'... poi mi baciò.
Stavolta il bacio vero, quello delle favole. Il bacio dell'altra sera non mi aveva permesso di sentire bene le sue labbra. Erano morbidi e maledettamente dolci. Fu stupendo, il momento perfetto, il principe che trovava Centerentola, salvava Biancaneve, risvegliava Aurora... o la principessa che trasformava il mostro nel bellissimo principe. 
Mi gettò le braccia al collo e la sentii sorridere, mentre sulle sue guance iniziò a scorrere un liquido caldo. Accennai anche io ad un sorriso, mentre l'abbracciavo. Poi il momento perfetto finì, come al solito. A questo punto, bisognerebbe cambiare inquadratura e sposarsi. Ma io non sono il principe in cerca di moglie e lei non è la ragazza in cerca di guai.
Mi sorrise e non smetteva di piangere. L'abbracciai e le accarezzai la schiena.
"Come nelle favole..." Mormorò, tra le lacrime. Poi mi strinse ancora più forte, tanto da bloccarmi il fiato. Anche se non sono certo che fu quello a farmi smettere di respirare. "Grazie".
Affondai il viso nella sua spalla, mentre chiudevo gli occhi e pensai a una folla gioiosa intorno a noi che ci sorride e ci applaude.
Piano piano riprendemmo a ballare. E così avremmo continuato tutta la notte, ballare con lei, fino all'alba.
Rock With You.

*Autrice*
Ooooh, ma quanto sono smielata, ultimamente, no? :') Scusate il ritardo ma gira che rigira riescono sempre a trovarmi da fare -.-
Finalmente, però, eccovi qui il capitolooo ^_^ Che ne pensate? Second me era ora del tanto atteso bacio fiabesco. 
Trovo che sia però terribilmente pericoloso baciarsi in un luogo dove... Naaah, non voglio rovinarvi la sorpresa v.v Che cattiva, eeeeh? xD
Che poi lei, no, lo ha... nono, sto zitta v.v
Grazie alle tre recensitrici perfette, davvero :') <3
Un Abbraccio;

Lost Girl

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Capitolo 9
*** Beat It. ***


Capitolo 9: Beat It.

Da un po' di giorni, Michael era strano. Dopo quella sera, era stato sempre sorridente e raggiante come, d'altra parte, ero io. Ma dopo un po' di (insolita) assoluta tranquillità, aveva iniziato a comportarsi in modo strano. Era preoccupato, frenetico ed era diventato lunatico. Ogni volta che mi vedeva abbozzava a un sorriso e diceva "Tutto ok?". Più o meno le nostre discussioni le troncava lui con un "Quanto mi piacerebbe restare... ma David mi ha chiesto di aiutarlo a fare una cosa!" Oppure con un "Dio, che bei discorsi e sai quanto mi piaccia farli, però ho visto..." e inventava scuse su scuse. All'inizio mi ero spaventata. Non capivo cos'era che lo preoccupava così tanto, o perché stesse cercando di evitarmi. Ma di certo, aspettando, non avrei risolto nulla. Quindi, immersi nelle nostre chiacchiere, un giorno decisi di corrergli dietro. Cioè, non proprio correre, piuttosto... Pedinarlo. Tipo Super Spie. E la cosa mi eccitava da morire. Quando parlavamo io ero sempre la solita, ma aspettavo che dalla sua bocca uscisse il momento di fine. E quando arrivò, fui più felice del solito. "Ok, tranquillo. Ci vediamo dopo?" Lui annuì contento e si girò. Io feci per girarmene, ma ero troppo curiosa di sapere cosa diavolo era che lo stava facendo innervosire così tanto negli ultimi tempi. Quando David mi avvistò col suo occhio da falco, lo pregai di non dire nulla, e lui annuì col solito sorrisetto divertito. Sembrava prenderlo solo quando parlava con me o mi vedeva fare qualcosa di strano. Il che accadeva spesso. Ad esempio quando mi vide mettere delle luci a intermittenza che simulavano i flash fuori dalla finestra del bagno di Michael mentre si faceva la doccia. Ne uscì infuriato e quando mi vide scoppiò a ridere, mentre si teneva l'asciugamano intorno alla vita.
Oppure quando mi sorprese a cambiare al suo protetto i boxer con un paio di slip rubati di nascosto alla cameriera. Inutile dire che chiamò immediatamente David e lo obbligò a portargli un paio di mutande nuove. Dio, che momenti unici. E in tutti, la guardia del corpo, aveva il suo sorrisetto divertito. Inutile dire che la cameriera si imbarazzò tantissimo quando Michael gli si presentò restituiendoli con un sorriso.
Ma in quel momento, l'unica cosa divertente era il fatto che ero semplicemente orgogliosa mentre mi credevo una Super Spia. Percorse Neverland guardandosi furiosamente intorno, finché arrivato a metà strada iniziò a ridere e si girò verso di me.
"Ucci Ucci, Sento Odor Di Spiucci!" Canticchiò, non riuscendo a smettere di ridere.  Io uscii fuori dal mio nascondiglio (una pianta) ridendo a mia volta. Mi abbracciò e poi mi riaccompagnò fino al cancello di casa, credendo fermamente che me ne sarei tornata in camera.
Non appena fu un po' più lontano, ricominciai a inseguirlo, proprio nell'esatto momento, David stava spostando un vaso. Sembrava il tipico vaso della nonna di trecento generazioni, ma con dipinti estremamente moderni. Comunque, cadde e si ruppe in mille pezzi. 
L'omone mi tirò uno sguardo a metà tra il divertito e l'arrabbiato e poi si mise a recuperare allegramente quei cocci, mentre io lo ringraziavo con il cuore e tornavo al mio pedinaggio. Ma Michael era sparito. Corsi nella direzione che aveva preso e arrivai davanti ad una piscina con il trampolino. Era stupenda. Non l'avevo mai visto un trampolino come quello da vicino. Provai l'ebrezza di salirci sopra, quando una mano mi premette sulla schiena e mi fece precipitare. Sapevo che era stato il cantante. Uscii ridendo come una scema. Ma non c'era Michael lissù. C'era un bambino, che ridacchiava timidamente. Aveva un risolino unico, come il primo che facciamo dopo uno o due mesi.
Sembrava Peter Pan, con ancora tutti i suoi dentini da latte e lo sguardo furbetto. Non fui nelle condizione di correre, per cui quando mi venne incontro lo presi in braccio. Giocai un po' insieme a lui perdendo di vista il mio obiettivo. Ma non era quel giorno che avrei scoperto. Quel pomeriggio lo passai con tutti i bambini di Neverland che si divertivano a svelarmi tutti i percorsi più segreti, e a svelarmi tutti i loro nascondigli. Eccetto, ovviamente, il Nascondiglio Segretissimo. Lì si riunivano tutti insieme nei casi in cui succedevano cose gravi. Per cose gravi intendo che qualcuno aveva rubato un lecca-lecca, oppure si erano lanciati un peluche in un occhio. Ovviamente, quel luogo era precluso ai maggiori di dieci anni e li capii benissimo. Anche io avevo un nascondiglio segreto, da Silvya: un angolino tra il muro e l'armadio. C'entravo solo io perché ero la più esile, e essendo semibuio nessuno mi scopriva mai. Quindi, quando giocavamo a nascondino (se Sarah ne aveva voglia) contava sempre lei.
Ma negli ultimi anni non voleva più giocare, perché aveva il ragazzo e il suo bel gruppo di amiche, che quando venivano parlavano di smalto, capelli, unghie e cose incomprensibili di quel genere.
Comunque, Michael si unì a noi verso l'ora di cena. E proprio quando la cuoca ci venne a chiamare, lui le ordinò di aumentare le porzioni e portarle tutte in giardino per tutti!! Tanto c'erano patatine fritte e pollo. Era una calda sera e non vedevo nemmeno io il perché di cenare dentro casa con tutto quello spazio.
Per quel giorno, dimenticai completamente il problema principale. Ma l'indomani tornai alla carica. Ma raggiunsi il mio risultato. Era una casetta. Mi ci avevano portato i bambini dicendomi che era il Rifugio Primordiale, dove si mettevano quando non avevano voglia di giocare nel parco. Ma era quasi sempre vuoto perché a Neverland è impossibile annoiarsi. Ma quando volevano stare senza adulti tra i piedi andavano lì. Il cantante entrò con aria terribilmente sospetta e non si sentì volare una mosca. Mi appostai silenziosamente sotto le finestre.
"Non puoi!"
"Ma mi prenderanno in giro a vita!"
"Forse sarebbe meglio rovinarsi la reputazione che la faccia, non credi?"
"La faccia si aggiusta"
"Le cicatrici restano, sai!"
"Michael, abbiamo bisogno del tuo appoggio..." Poi abbassarono la voce. Non avevo capito un bel niente. Ok, facciamo il punto della situazione. Dentro quella casetta c'erano due ragazzi. Uno era Michael, l'altro era Non-Si-Sa-Chi. Questo vuole farsi rovinare la faccia perché se no lo prendono in giro. Quindi andrà a fare a botte. Ma Michael non è d'accordo. Fin qui, tutto ok. Ma chi è Non-Si-Sa-Chi? Mi arrischiai a sbirciare dentro la casetta attraverso i vetri puliti. Il ragazzo era un afro, pelato e con un sorriso splendido. Mi tornarono in mente un insieme di ricordi che portarono a un nome. Gave. In tutto ciò, Michael e lui erano venuti dietro di me. Avevano un'espressione severa, ma sorridevano sotto i baffi.
"Tu guarda, una spia" Disse Michael. Finsi di trovarmi nella base dei cattivi, e loro mi avevano scoperta sul più bello.
"Wow! Mike, dì ai bambini di mantenere segreti i nascondigli." Gave.
"Direi proprio di si" Rise. La sua risata cristallina si divise in mille frammenti che mi colpirono la pelle e il cuore facendogli fare una multicapriola.
"Scusate" Risi anche io, ma un po' timidamente. Sapete, farsi beccare con le mani nella marmellata non è una delle più belle sensazioni.
"Va be, la storia l'avrai capita, no?" Sospirò Gave. Finalmente! Fremevo all'idea di poter fare qualche domanda. Sorrisi eccitata. "Perché devi fare a botte?" Chiesi. "E' brutto." Lui rise, un'altra risata cristallina. Mi tirai su, togliendomi dalla posizione origlia bene. Iniziò il racconto. Sembrava quasi una favola.
"Vedi, quando alla mia età, i maschi, vanno in discoteca, si mettono nei casini. In questo caso, l'altro giorno mi hanno offerto una cosa, che ho rifiutato. Mi hanno detto che se non la accetto diranno a tutti che sono una femminuccia. Il punto è che sono capaci di farlo, ma qua, il tuo caro ragazzo, non ci crede" Risi. Michael divenne rosso. "Ma dai, ma non possono farlo!" Affermò.
"Perché no?"
"Perché non possono convincere tutti di quello che vogliono"
"Basta un po' di droga, sai? E tutti quelli che conosco la prendono da lui!"
"Carini i tuoi amici"
"Non sono loro il problema"
Restai terrorizzata. Droga? Era quella la sostanza che c'era in mezzo? Quella roba che brucia il cervello? Corsi ad abbracciare Gave.
"Fai quello che ti pare, ma non prenderla" Mormorai, in preda alla paura. Lui restò un attimo scioccato, poi lo sentii sorridere e mi strinse. "Tranquilla" Ripose.
Vidi Michael sorridere a sua volta. Cosa c'era da sorridere?
"Eris, vedi, per colpa della droga si capita in mezzo ai casini. Io, anche se non la prendo, perdo o la reputazione o la faccia"
"Perché ti preoccupi, Michael? Facile che prima dell'incontro si drogano e li stendi con poco" Borbottai. Avrei assistito davvero a una scena del genere? Davvero qualcuno si sarebbe picchiato davanti ai miei occhi? Gave mi ringraziò e Michael scosse la testa sorridendo. Quel cavolo di sorriso. Dalla prima volta che mi vide non lo aveva mai lasciato andare. E lo adoravo più di quanto adorassi l'ossigeno.
"Eris, il problema è che loro sono una ventina". Ah.
Poi si rivolse di nuovo all'amico.
"Ti prenderanno a calci e a pugni, e poi ti diranno che è giusto, Gave! Perciò scappa. O meglio, non andarci proprio" Gave fece per dire qualcosa. "Ma tu vuoi essere un uomo" Sospirò Michael.
Suonava magnificamente sonante.
Vidi l'amico sorridergli. "Andrà tutto bene" Disse.
"Gave, non voglio vedere sangue, non fare il macho man, per favore." Sembrava implorarlo. Eppure ai miei occhi non sembrava così tremendo. Ma forse non sapevo cosa significava poter vedere un amico di sempre con la faccia rovinata. Non ce l'avevo un amico di sempre.
Ma Gave era irremovibile. Sentii i passi affrettati dei bambini che correvano verso di noi. "Ehi, Michael, Eris..." Iniziarono. Si ammutolirono di fronte a Gave, che aveva assunto un'espressione terribilmente seria. Poi si sciolse in un sorrisone. "Ehi, ragazzi!" Esordì, nel più completo silenzio. I bambini ricominciarono a urlare e a correrci incontro, abbracciandoci e trascinandosi, più felici che mai. Bendarono me e Gave e poi ci portarono da qualche parte nel parco, per poi levarci la benda. Il Nascondiglio Segretissimo. Sorrisi perché non avrei mai saputo come arrivarci, visto che era in una parte nascosta di Neverland. Era un mucchio di cespugli messi dalla natura, in modo da formare un grande incavo, dove c'erano un tavolo e tante piccole sedioline. Appeso a un ramo c'erano tantissimi disengi. Tra i quali me e Michael. Ci tenevamo per mano e ridevamo, circondati da tutti loro. Lo guardai con attenzione e mi piacque da morire.
Ci fecero mettere seduti tutti e tre e intanto borbottavano qualcosa tra loro. Li guardai interrogativi ma si rifiutarono di dirmelo. Aspettammo dieci minuti, poi fu decisa la nostra sorte e ci guardarono. Lynn, una bimba cinese, mi si avvicinò all'orecchio e mormorò. "Siete fidanzati, vero?". Risi e guardai Michael, che mi rivolse uno sguardo col punto di domanda nelle pupille. Mi rivolsi di nuovo a Lynn. "Si". Sorrise raggiante e corse verso gli amichetti, passando la mia risposta che venne accolta con grida di tripudio. Laurence si avvicinò a Michael e gli mormorò qualcosa. Rise e scosse la testa, mentre il bambino tornava mogio mogio dagli altri. Gave ci guardò storti, ma poi Luke gli si avvicinò e gli fce un'altra domanda. Lui rise e rispose "Ci devo riflettere", ma allo sguardo imbronciato degli spettatori scosse la testa. Un sospiro di sollievo si diffuse nel rifiugio. Bendarono di nuovo me e Gave, poi ci riportarono al Rifugio Primordiale dove sparirono come tanti folletti.
Scoprii le domande rivolte agli altri. A Michael avevano chiesto se stavamo per diventare genitori e a Gave se gli piacevo. Risi di gusto. Che carini, già pensavano all'allegra famiglia felice. "Per un po' si giocherà a mamma e figli" Scherzai io. 
Poco dopo, mi tornò la  voglia di parlare della situazione di Gave.
"Ma quindi ci andrai?" Chiesi. Lui sorrise triste e annuì, mentre Michael sospirava rassegnato. "Michael, a noi ragazzi succede..." Provò Gave. "Non vuoi essere un ragazzo, vuoi essere un uomo, ma non è così che si fa. Non andare" Lo interruppe Michael. Sembrava tenerci davvero. Sinceramente non capivo i suoi sentimenti, perché impedirglielo?
"Quand'è?" Chiesi.
"Stasera, nel garage di un supermercato, dopo l'ora di chiusura".
Mi sarebbe piaciuto restare a chiacchierare, ma visto che avevo l'impellente bisogno di trovarmi un attimino da sola col bagno, salutai e me ne tornai a Neverland. Quello che volevo scoprire, l'avevo scoperto. David mi vide tornare di corsa e felice e rifece il famoso sorrisetto divertito. 
Dopo aver fatto i miei bisogni, iniziai a girare per casa alla ricerca di nuove scorciatoie e nascondigli da seguire. Entrai nella camera di Michael, sicura che lì avrei trovato qualcosa. Aprii tutti gli armadi, fino ad arrivare all'ultimo, vuoto. Sulla parte, c'era uno specchio che prendeva dalla testa ai piedi. Era convinto che non sapessi nulla su come nascondere i buchi? Scostai il vetro e vidi, effettivamente, un buco, abbastanza alto sia per lui che per me, ma David non ci sarebbe mai potuto passare perché era troppo sottile. Entrai nella più totale oscurità, chiudendomi alle spalle sia l'armadio, sia lo specchio. Cercai di vedere qualcosa, camminando lentamente verso l'ignoto. Il pavimento finì e mi ritrovai a sciolare sul parquet che sembrava scendere fino al centro della Terra. Risi come una pazza tutto il tragitto. Quandò terminò, fui buttata in una piscina, ma non era più oscuro. Doveva essere nel parco, da qualche parte lontanissimo dal Rifugio, dai giochi o dallo zoo. Uscii fradicia e mi guardai intorno. Un'enorme distesa di prato verde, circondato da un boschetto. Al centro, una botola verniciata come l'erba tutt'intorno. Mi sentii orgogliosa di essere riuscita a scoprire il primo nascondiglio della casa.
Entrai nel buco attraverso una scala a pioli. Alla fine, era tutto di nuovo nella più totale oscurità, e sbuffai cercando un muro e un interruttore. Mi venne l'impulso di fare la pipì, come quello che viene quando si è soli e circondati da un silenzio innaturale.  La trattenni e continuai a strisciarmi contro una parete ruvida, finché toccai un tasto. Si accese la luce e mi ritrovai in un teatro a dimensioni ridotte, con un paio di casse per l'audio, poche sedie sotto il palco, e uno specchio dove avrebbero dovuto esserci le quinte. La più bella sala prove che avessi mai visto, ne rimasi incantata. Iniziai a sfiorare ogni singolo oggetto immagginandomi Michael che lo utilizzasse. Sentii qualcuno che scendeva nella botola e corsi a nascondermi dietro a una cassa audio. Un ricciolino entrò frettoloso, percorse il palco a grandi passi e uscì da una piccola porticina nascosta da una tenda rossa. Contai fino a dieci e lo seguii. Sentivo i suoi passi rimbombare nel più assoluto silenzio, e poi sentii un tintinnio di chiavi, una porta che si apriva e una che si chiudeva. Corsi. Ma arrivai tardi e davanti a me c'era una porta di legno bianco chiusa a chiave. Cercai di spingere, ma sembrava terribilmente pesante per me. Non tornai indietro perché avrebbe voluto dire non scoprire mai quello che sarebbe successo. Sentii un rumore di serrande che si aprivano e tantissimi passi che entravano nella stessa stanza dove un attimo prima era entrato Michael. Poi di nuovo silenzio, interrotto ogni tanto da un lieve brusio. Mi accucciai dietro la porta in attesa per chissà quanto tempo.
So solo che ne ebbi abbastanza per pensare che se non fosse tornato indietro Michael, avrei dovuto rifarmi tutto il percorso a ritroso e riuscire dall'armadio, nella sua camera... e se ci fosse stato, sarebbe caduto in stato catatonico per la mia misteriosa scomparsa, mi avrebbe vista, abbracciata e spinta a non fare mai più una cosa del genere. Riuscii perfino a tornare in sala prove e riprodurre alcuni passi che aveva fatto qualche sera prima proprio nella sua stanza. Ne provai molti, tra cui il moonwalk, senza risultati. Sentii di nuovo qualcuno scendere dalla scala a pioli. Ma non era solo uno, erano in tantissimi. Mi nascosi di nuovo dietro una cassa e vidi Gave con un gruppo numerosissimo di altri ragazzi che entravano frenetici e percorsero la sala fino alla porta, percorsero il corridoio, aprirono con le chiavi la porta e la richiusero. Ma non a chiave. Esultai interiormente e, per sfogare un minimo di adrenalina, corsi verso di essa. La socchiusi e sbirciai. I gruppi all'interno erano due. Ah, ecco il garage del supermercato... ma perché Michael aveva in casa un passaggio segreto per arrivarci? 
Sentii i due capibanda discutere. Poi Gave porse il braccio destro (sperai fosse mancino) e quell'altro porse il braccio sinistro. Uno li legò con una corda e poi tirarono fuori dei coltellini, iniziando a sfidarsi. Mi terrorizzai. Non dovevano fare a botte? Perché si volevano uccidere? Stavo per scoppiare in lacrime: l'altro aveva ferito Gave alla spalla. Feci un passo avanti per intervenire, ma Michael mi anticipò. Fu accompagnato da alcune note rock, sciolse la corda e iniziò a cantare. Rimasi incantata ad ascoltare quella voce cristallina che descriveva la stupidità nel doversi uccidere solo per essere un uomo, i suoi passi... Oh, che bel momento. Il mio cuore batteva a duemila e il mio piede destro batteva il ritmo. Alla fine, Gave e quell'altro si guardarono rabbiosi, ma si strinsero la mano, promettendosi che non avrebbero più avuto niente a che fare l'uno con l'altro.
Michael scompigliò i capelli all'amico e quel gruppo di ragazzi mi venne incontro. Oh, cavoli. Io non avrei dovuto essere lì. Si ammutolirono tutti quando mi videro. Sorrisi nervosamente, poi Gave e Michael scoppiarono a ridere. Mi abbracciarono e tutti tornarono a fare festa, e ci indirizzammo tutti verso la botola. Con mia grande sorpresa, invece di entrare nella piscina e risalire lo scivolo, entrammo nel bosco e lo attraversammo tra chiacchiere e risate, poi ci ritrovammo davanti al Rifugio Primordiale, e da lì accompagnammo la banda ai cancelli. Salutati tutti con un "ciao" generale, ritornammo io e Michael da soli. 
"Immagino che tu ti sia fatta un giro per casa.." Annuii. "E che sia entrata in camera mia convinta che avresti trovato qualcosa" Annuii di nuovo. "E hai trovato lo specchio..." "Avresti dovuto saperlo che non ero stupida" Rise.
"Ma io lo so che non sei stupida". I bambini ci circodarono di nuovo e nella fresca serata ci guardarono con gli occhi che brillarono. Michael rise e mi baciò a stampo. 
Mi fece tornare in mente il bacio dell'altra notte e mi fece battere il cuore a duemila, mentre i piccoli esplodevano in grida di tripudio.

*Autrice*
Ehiiii, sono riuscita a finire il capitolo, contenti?? Spero di sì!! Per una volta tanto, nei guai non erano loro a trovarsi, ma il caro vecchio Gave, e un aiuto a un amico non si rifiuta mai, no?
Michael, da solo, ha dato una lezione di vita a tutti quei ragazzi riuniti solo per uno stupido litigio e pronti ad uccidersi, se necessario.
E la nostra cara Eris non puo' non curiosare in giro, da brava bimba qual è!
Spero che vi sia piaciuto!! ^_^
Un Abbraccio;

Lost Girl


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Capitolo 10
*** Breaking News #2. ***


Capitolo 10: Breaking News #2.

Passato un altro guaio, sembrava tutto troppo calmo. Le canzoni per l'album successivo le trovavo almeno cinque al giorno, e sembrava incredibile. Ma erano soltanto piccoli schizzi di quello che sarebbe stato poi il quadro finale.
Eris si divertiva un mondo, io ero contento e i bambini erano straconvinti che io e lei ci saremmo sposati. Risi. Non sapevano quanto mi sarebbe costato stare con lei. Tredici anni di meno non erano pochi... ma i bambini questo non lo sapevano, e mi piaceva pensare che il nostro mondo fosse quello reale.
Ma ancora una volta, la mia vita da super star rovinò tutto. 

Era dopo pranzo, e sia io che Eris eravamo stesi sul letto a due piazze leggendo ad alta voce i libri con le figure che ci piacevano di più, imitando le voci dei personaggi e ridendo come due pazzi alle facce buffe che facevamo ogni tanto.
In quel momento, il destino fu la prima cosa che odiai. David bussò alla porta e mi chiese di parlare un attimino da soli, mentre il cellulare di Eris vibrò. Questo non prometteva nulla di buono. Appena chiusi la porta, me ne pentii. David sembrava preoccupato e la sentii sbattere il cellulare a terra.
"Michael, te l'ho già detto. Falla andare via" Mi ripetè sotto voce. "I giornali, di nuovo. Non hanno niente di meglio da fare..." Mi porse un giornale con gli occhi bassi, mentre io continuavo a non capire. Cosa avrebbero detto adesso? Cos'altro si erano inventati ancora? Guardai la prima pagina.
Titolo di testa. "Eris, la ragazza rapita, ammette di avere avuto relazioni con Michael Jackson" diceva a caratteri cubitali. Lo sbattei a terra. Sapevo che non era vero. Lei... lei era stata sempre con me e non aveva parlato con nessuno.
"Leggi, Michael. E' importante" Mi incitò David, mentre la sua voce si indurì leggermente, irritandomi i nervi a fior di pelle.
Feci come disse. Aprii la pagina indicata e c'era un immagine sorridente di Jake, il fratello di Eris, continuai a far scorrere gli occhi su quelle parole.
"Jake, fratello della ragazza, afferma: io e lei siamo in rapporti molto stretti e mi ha confidato di aver avuto rapporti con Michael Jackson. Mi ha detto di essere stata drogata, ma di non dirlo a nessuno. Lo ha sempre odiato, sin da quando mamma le aveva parlato di lui. Ora ne è terrorizzata e..." Mi rifiutai di continuare a leggere. Eris non aveva detto quelle cose. Non avevamo avuto rapporti. Non l'avevo drogata. Non mi aveva mai odiato... credo. Strinsi i pugni e tornai di corsa in camera, dove era in lacrime abbracciata a un cuscino, il cellulare ridotto a frantumi sul pavimento.
"Non è vero... io... non ho mai... lo sai... non avrei... non è vero..." Continuava a spiegarmi, singhiozzando e piangendo. La strinsi forte al mio petto, mentre speravo di calmare i suoi sussulti. Le sue braccia mi stringevano, mentre le tenevo la testa sotto il mio collo. Non volevo lasciarla andare.
"Michael.. io.. è ora che vada... Silvya... lei ha detto che... mi avrebbe tenuta ancora.. io... mi dispiace" Continuò. Parlava a vanvera, stava delirando. La abbracciai di nuovo, ma lei si staccò immediatamente. Tirò su col naso e mi guardò. Quegli occhi verdi così pieni di allegria, erano diventati rabbiosi e testardi.
"Michael, io torno a casa" Disse con enorme sforzo, con la voce che le vibrava in gola. Per quanto un uomo come me sarebbe dovuto essere forte, io non lo ero. E quelle parole mi pugnalarono il cuore, fermandomi il respiro. Aveva ragione. Le avevo causato fin troppi guai. Abbassai lo sguardo e guardai il suo cellulare in frantumi.
"Era tuo fratello, vero?" Mormorai. Sì, lo sapevo. Le aveva scritto qualcosa di brutto, qualcosa della serie *guarda il giornale, mu-hahaha*... nei casi meno gravi. 
Annuì, mentre si chinava a raccogliere quel che ne restava. La aiutai e quando ci tirammo su guardai il suo braccio, c'era una scritta a penna. Un nome e un numero. Il mio nome e il mio numero. Risi nella più completa tristezza. Perché più triste di un sorriso triste, c'è la tristezza di non saper sorridere.
Si accarezzò l'avambraccio come se fosse il suo bambino da curare e poi incrociammo di nuovo i nostri sguardi che si fusero in un punto al centro. Per la seconda volta, la colpa fu mia e non lo nego affatto. 
Mi slanciai verso di lei e la spinsi verso di me, mettendole una mano sulla nuca. Non pote fare nulla per trattenermi, perché probabilmente sarebbe stato l'ultimo. Ci misi tutte le sensazioni che provavo. Sentii il sapore amaro delle sue lacrime e sentii la calda tenerezza che aveva di natura nel suo cuore. Le sue labbra erano morbide e calde. Sentii che respirava dal naso con molta forza.
Il magico momento finì e fu allora che mi resi conto che sarebbe dovuta andare via. Non dissi nulla ma scesi al piano di sotto, in attesa che lei si preparasse. Mi accertai che stavolta avesse chiamato Silvya veramente, e poi la accompagnai ai cancelli. Fu un tragitto silenzioso, pieno di rimorsi per non aver fatto questo e quello. E poi, credo che la cosa che le sarebbe mancanta di più erano i bambini. Mi disse di salutarglieli e di mandar loro un bacio enorme da parte sua, ma non ce l'avrebbe fatta a rivederli per dirgli addio e la capii benissimo.
Davanti ai cancelli, era posteggiata un'auto blu e allora realizzai.


*Autricee*
Beh, visto che ho notato che questo capitolo ha avuto successo anche facendolo finire qua, non lo tocco xD
Abbiamo anche una nuova bellissima recensitrice *-*
Bene, avvertenze (che scriverò anche all'inizio del prossimo ;) ):
-Il prossimo capitolo sarà di nuovo dal punto di vista di Michael
-Potrebbe essere altamente deprimente
-Se volete, potete anche non leggerlo... sarà tutto su come si sentirà Michael dopo che Eris sarà andata, non vi interrompe la storia. Ovviamente, spero che lo leggerete, ma potete tranquillamente saltarlo se non avete voglia di deprimervi xD
Un Abbraccio;

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Capitolo 11
*** She's Out Of My Life. ***


Capitolo 11: She's Out Of My Life.

AVVERTENZE:
-Punto di Vista di Michael
-Deprimente
-Se non avete voglia di deprimervi (e vi capisco benissimo xD), potete saltare il capitolo. Descriverà come si sente Michael dopo essere stato lasciato da Eris e non succederà nulla di rilevante. Ecco, magari puo' aiutarvi a conoscerlo un po' meglio. Spero comunque che chi lo leggerà non ne rimarrà deluso.


La vidi salire in macchina, e mi sentii come quando ero al mare e lasciavo andare la sabbia dalle mie dita. Lei era la sabbia. Mi aveva salutato con un abbraccio, poi era montata su ed era partita. Silvya mi aveva guardato male.
Non sapevo se essere più arrabiato con me stesso per essermi lasciato ingannare da un paio di occhi verdi e un carattere stupendo rovinandole la vita, o più triste perché non l'avevo protetta come avrei dovuto.
Mentre risalivo il vialetto per tornare in casa, mi resi conto per la terza volta della situazione e non riuscivo a capacitarmene... quei giorni erano passati volando, e ora sembravano tutti dei sogni, delle fantasie... e forse era meglio che fossero stati veramente sogni. Sentii ogni singolo pezzo del mio cuore appuntirsi e spingere contro il petto, facendomi male. Il mio stomaco si contorse come se avesse le convulsioni e il mio cervello non faceva altro che chiedersi quanto ci avrebbe messo a dimenticarla una volta per tutte. Però io sapevo, sapevo che lei non c'era più e questo mi faceva star male. Sentii cadere una goccia sul brecciolino bianco e abbassai lo sguardo sui miei piedi. Poi lo rialzai e vidi che il cielo era sereno, almeno lui. Ero io che stavo piangendo. Il liquido caldo mi scivolava lungo le guance. Me lo asciugai e mi feci forza, perché piangere? Non sarebbe servito a riportarla indietro. Tirai su col naso un po' di volte, anche se dentro di me sentivo l'incontenibile voglia di piangere. Quanto mi avrebbe aiutato?
Ma non sarei riuscito a reggere a lungo e piansi di nascosto, quando nessuno mi sarebbe venuto a guardare. Poi scossi la testa. "Dai, Michael... qua hai tutto: i bambini, la casa, il parco... lei... lei è stata di passaggio" Mormorai, mentre mi asciugavo di nuovo le lacrime. Respirai profondamente mentre mi dirigevo verso i piccoli, solo loro mi avrebbero fatto tornare il buon umore. Ma poi cambiai idea. Li vidi giocare a nascondino e non avevo voglia di interromperli e di intristirli dicendo loro che Eris era tornata a casa. Erano così felici. Sorrisi.
Poi andai verso la piscina e mi tuffai. Avevo voglia di stare sott'acqua e trattenere il respiro per un po', facendo bloccare il tempo. Restai a mollo a lungo, abbastanza per far venire David preoccupato.
"Michael, eccoti! Non ti trovavo più" Esclamò. Gli sorrisi. Mi ero calmato e mi ero fatto una ragione del fatto che Eris non avrebbe potuto stare con me. Eris... nel tempo in cui ero stato in acqua non avevo ripensato a quello che avevamo passato in quei giorni che era stata lì, ma David me li fece tornare in mente tutti. Tornai immediatamente sott'acqua per tranquillizzarmi un po', il tempo sufficiente per non farmi vedere piangere da David. Io che dicevo sempre che non aveva senso, ritrovato a nascondersi dal farlo. La vita è strana.
Ripensai a quello che disse Uncino a Peter, verso la fine... Wendy sarebbe cresciuta, avrebbe chiuso per sempre la finestra, avrebbe smesso di credere in me e si sarebbe sposata. Ma stavo diventando decisamente troppo drastico. Tornai a galla e mi rivestii, tornando con il mio bodyguard in casa.
"David, non credi che a volte la vita sia strana?" Chiesi all'improvviso. Lui parve spiazzato. "Fino a poco tempo fa ero spesso in casa da solo, quando i bambini non c'erano, e non mi dispiaceva, anzi. Mi riposavo e mi vedevo dei cartoni. Eppure... ora mi sembra così vuota." Dissi, sospirando. Lui mi guardò e mi sorrise. "Dai, Mikey... hai superato tutto. Passerà anche questa" mi disse, dandomi una pacca sulla spalla. Poi se ne andò in salone. Non lo seguii.
Salii le scale e arrivai in camera mia, aprii l'ultimo armadio e spostai lo specchio. Scivolai fino alla piscina (che avevo imparato ad evitare buttandomi a destra un attimo prima del tuffo) e corsi fino alla botola. Scesi. Misi il mio ultimo cd, Bad. Lo inserii e iniziai a ballarlo. Ballare mi aiutava a sfogarmi, a tirare fuori tutto quello che c'era dentro di me. Mi scatenai e mi sfogai, prendendo in seria considerazione di fare un Tour Mondiale di quell'album.. sembrava proprio nato per essere messo in scena in tutto il mondo.
Ma per quanto mi fossi sfogato e divertito, Eris era ancora lontana da me e questo pensiero mi martellava la testa. Una ragazza come lei poteva distruggere un uomo come me? E un uomo come me poteva innamorarsi di una ragazza come lei? Evidentemente sì.
Ripensai alla prima volta che l'avevo vista. In una band, i due boss le si avvicinarono e io la difesi, facendole sanguinare la lingua. La portai in un bar e poi si addormentò, le permisi di rimanere a dormire qui. Il giorno dopo aveva trovato il mio baule e avrebbe iniziato a giocare. Fu quello l'inizio di tutto. Mi aveva colpito il modo in cui aveva stretto il mio ritratto di Peter Pan nel momento in cui entrai, mi colpì la fantasia con cui l'avevo sentita giocare, mi colpì come aveva iniziato subito a curiosare in giro, ancora prima di conoscermi...
Poi sarebbe dovuta tornare a casa. Se lo avesse veramente fatto, probabilmente non sarebbe stato così brutto. Ma non lo fece perché Silvya le aveva detto di non farsi vedere mai più. Allora era scappata, facendosi ritrovare, con l'aiuto di Gave. E poi tutti quei casini, l'articolo di giornale, i giornalisti che ci inseguivano, lei che veniva trascinata via dal fratello la mattina dopo il nostro primo bacio a stampo, poi ero riuscita a riportarla indietro. Poi il ballo... e il bacio fiabesco, quello vero, quello che mi aveva fatto rabbrividire di gioia. Mi aveva dimostrato la sua tenacia e la sua curiosità continuando a impicciarsi di tutto quello che succedeva a me e a Gave. E ora era finita, e lo sapevo. Non avevo saputo proteggerla e mi meritavo tutta la rabbia che mi si stava consumando dentro. Mi meritavo tutto. Lei doveva odiarmi e avrebbe fatto bene. Ma quanto avrebbe potuto odiarmi? Abbastanza da non sapere che le prossime canzoni più belle sarebbero state per lei? 
Mi chiesi se sarebbe mai venuta a un mio concerto, se l'avrei rivista... e scrissi Remember The Time, mi venne così, di getto, senza pensarci. O meglio, la scrissi pensando a cosa le avrei detto se ci fossimo rivisti.
La tenni tra i miei appunti, ma sapevo che non ci saremmo mai rivisti. Non ci saremmo più dovuti vedere, ed era giusto così. Sarebbe stata una ragazza come tante altre, o una fan come tante altre fans. Era così che sarebbero dovute andare le cose, fin dall'inzio.
Perché non l'avevo costretta ad andare via? Perché Neverland era la casa dei bambini.
Avevo sentito il suo cuore da bambina quando mormorava il nome della sorellastra per strada, quella notte. Si capiva che era terrorizzata, ma quei due della banda avevano attaccato lo stesso, ed era stato tremendo il modo in cui si erano guardati.
Tornai nel presente. Stavo piangendo di nuovo, mentre le note continuavano a scorrere come sottofondo dalle casse audio. Ma stavo piangendo bene, proprio alla maniera dei film. Sentii il cuore battere forte, fino a farmi male. Sentii lo stomaco contrarsi, fino a farmi male. Sentii il mio cervello pensare, fino a farmi male. Ogni parte del mio corpo mi faceva male. Mi faceva male perché mi mancava Eris con tutto me stesso, la mia anima era stata ridotta in frantumi solo con una pagina di giornale, il mio cuore era andato in pezzi solo con una ragazza. Ma perché entrambe le cose sembravano avere un potere enorme in confronto a me?
Non potevo fare a meno di pensare a tutti quei momenti in cui aveva curiosato in giro, e per un momento m'immaginai lei che entrava con la sua solita grazia da bisonte e mi corresse incontro abbracciandomi e chiedendomi scusa per una colpa che non aveva e non avrebbe mai avuto. Risi tristemente e mi voltai verso la botola, ma sapevo che non si sarebbe mai aperta perché Silvya non l'avrebbe lasciata uscire di nuovo da sola, e se anche l'avesse lasciata libera lei non sarebbe venuta da me. 
Mi parve di sentire i suoi passi, il suo respiro, la sua pelle, le sue mani... mi parve di sentirla aleggiare intorno a me, come il vento. Ogni cosa riportava il suo nome. Ogni singola cosa. E non potevo resistere ancora molto. Chiusi gli occhi e inspirai. Ricordi, tanti stupidi ricordi. Espirai. Vento. Vento di stupidi ricordi.
Aprii gli occhi. Il mio mondo aveva assunto il suo nome. Ma lei non c'era più e piano piano il mio mondo sarebbe dovuto tornare alla "Michael Jackson Show" e non al "Principe Innamorato". Quale principe avrebbe lasciato scappare così la sua principessa.
Lei era andata via perché io non le avevo dato altra scelta.
Non sarebbe più tornata da me.
Lo Sapevo.
She's Out Of My Life. Lei E' Fuori Dalla Mia Vita.

I don't know whether to laugh or cry,
I don't know whether to live or die,
And it's cute like a knife...
She's Out Of My Life!


*Autrice*
Capitolo deprimente, eh? Però pensate... un uomo come lui, così sensibile e dolce... era stato un crollo totale perdere così la ragazza che amava.
O almeno così pensiamo. E così, in effetti, è. Ma quanto amore puo' provare una bambina verso un uomo di tredici anni più grande? Certo, lui è Michael, direte voi. Ma ad una bambina sapete quanto gliene importa che è Michael? Una bambina si lascia trascinare dalle emozioni perché è curiosa di sapere dove la porteranno. E' amore quello che l'ha spinta a restare con Michael fino a questo estremis in cui è dovuta tornare a casa? Puo' darsi.
Un Abbraccio;

Lost Girl.

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Capitolo 12
*** Smile. ***


Capitolo 12: Smile.

Era una giornata normale. O almeno era quello che pensavo. Michael era a Neverland, e stavolta non sarebbe venuto a cantarmi Bad sotto casa perché non doveva. Silvya mi aveva adottata, non potevo andarmene così, sebbene fossi maggiorenne. In qualsiasi caso, non avrei potuto lasciare Sarah da sola. Come ero salita in macchina mi abbracciò e scoppiò in lacrime, raccontandomi di quanto fosse stata male. Cercavo di calmarla, ma non era lei che aveva incontrato e abbandonato un uomo come Michael.
Da tre giorni... tre giorni che non dormivo perché passavo le notti in bianco a pensare a cosa avevamo fatto a Neverland. Il giorno piangevo di continuo perché avevo un sogno che si era frantumato con un foglio di giornale. Non avrei più potuto giocare a fare la principessa o a fare mamma e figlia con i bambini ospitati. Fortunatamente non frequentavo corsi post-liceo perché non ne avevo intenzione. Volevo essere me stessa, l'anonimissima ragazza con la più bella Sindrome del mondo e nient'altro. Per questo Michael non sarebbe potuto stare con me. Dall'anonima ragazza sarei passata alla Famosissima Ragazza di Michael Jackson. I ricordi divertenti mi facevano ridacchiare, ma quelli felici mi facevano piangere.
Fu quel terzo giorno. Il tre è il numero perfetto. Silvya era andata a fare la spesa in un centro commerciale lontano da dove abitavamo, mentre Sarah era in una festa in discoteca. A casa con me, c'era una tata. Sembrava scocciata e sbuffava se le chiedevo di giocare un po'."No, ho da fare!" Era la sua brontolante risposta. Mi chiusi in camera mia e mi affacciai sulla strada. Non lo facevo quasi mai perché l'incrocio lì sotto mi faceva paura. Rimasi a guardare le macchine tre secondi, poi misi su un teatro di burattini con una scatola di scarpe e due vecchi calzini di lana.
Poi accadde. Uno stridio, un clacson e un botto. Tutto nel  tempo di un nanosecondo. Sobbalzai e si distrusse il mio teatro, mi affacciai: una macchina aveva preso fuoco dopo un brutto incidente con quell'altra. Ma la macchina infuocata la conoscevo. Corsi di sotto fregandomene altamente della tata e andai sull'incrocio. Le fiamme divampavano e un tizio correva intorno all'auto con le mani tra i capelli.
"Che cosa sta aspettando, faccia qualcos!!!" Urlai a squarciagola, ero disperata. Quella macchina era di Sarah. Ormai era quasi notte, ma la strada era illuminata a giorno.
Quell'uomo non mi diede ascolto e feci l'unico gesto disperato che mi venne in mente di fare. Aprii lo sportello con una botta ben assestata ed entrai. Il fuoco iniziò a bruciarmi la pelle e i vestiti, ma Sarah... era in condizioni peggiori. Ringraziando il cielo, non aveva la cintura di sicurezza e fu facile portarla fuori. Era viva, sentivo il suo flebile respiro mentre la prendevo in braccio e la appoggiavo vicino all'auto. Un insieme di ricordi di Michael si infilarono dalla mia mente.
Mi soccorre, fa a botte per me, non mi conosce, è gentile, si presente, mi offre una cioccolata, mi fa divertire, mi fa stare bene...
Scossi la testa per scacciare quei pensieri. Eravamo ancora troppo vicini alla macchina e sentivo la mia pelle bruciare. Urlai di dolore e di disperazione. La presi in braccio e corsi sul marciepiedi. Altri ricordi.
Sei in braccio a lui, lo guardi, sembra determinato, deciso... però ha paura. Lo ha fatto solo per me.
Ci buttammo entrambe sul marciapiede, mentre provavo a soffocare le fiamme sul nostro corpo battendoci la mano destra ormai bruciacchiata sopra. Riuscii a spegnerle tutte, ma sentii la forza abbandonarmi. Poi un insieme di colori sfocati, il nero, il marrone cioccolato... e un ultimo ricordo.
Lui ti salva.
E un pensiero.
Di nuovo.

Mi risvegliai in quello che sembra un ospedale. Un ospedale interamente bianco. Un continuo "tic-tic-tic..." batteva alla mia destra e capii che è quella roba per sentire il battito cardiaco. Alla mia sinistra c'era un altro letto, con una ragazza che doveva avere più o meno un anno meno di me. Lei, però non era sveglia. Non c'era nessun tic-tic-tic vicino a lei e dei medici erano allarmati. La presero e la portarono via.
Sarah... un insieme di flash mi riportò alla sera prima. Avevo un mal di testa atroce e vidi che la mia pelle stava lievemente migliorando... o almeno non bruciava più.
Una dottoressa parlava con un uomo sulla sessantina che mi stava guardando fino a poco prima. Lui scosse la testa, lei insistette, lui spalancò gli occhi e accettò. Un ragazzo sulla trentina entrò.
Sorrise ma aveva la faccia preoccupata.
"Principessa..." Mormorò, facendomi il baciamano. Non potei fare a meno di sorridere. Sempre lui, ogni volta che succedeva qualcosa lui c'era.
Presi un lungo fiato. "Come... come hai fatto a..." Lui mi capì al volo e mi risparmiò altra fatica. Ero evidentemente imbottita di farmaci, e mi sentivo addormentata.
"Gave era da quelle parti, ti aveva riconosciuto e mi ha chiamato. E' intervenuto subito, chiamando un'ambulanza, i vigili del fuoco e cercando di chiamare l'altro tipo che ha fatto il botto. Poi sono arrivato mentre lui si stava avvicinando a te e... Sarah, mi sembra. Vi siamo stati vicini finché non è arrivata l'ambulanza. " Raccontò. Sembrava un racconto così... reale. Troppo reale. Volevo tornare nella mia favola, non avevo intenzione di lasciar prendere alla realtà il sopravvento.
Scoppiai a piangere. Sarah era quasi morta... aveva bevuto prima di guidare?  Non credevo ne fosse il tipo. 
Michael mi si avvicinò e mi strinse la testa contro il suo petto, che era il modo migliore per dire "sono quà".
"Non piangere, Eris. Facciamo un gioco. Questo qui è l'edificio in cui dobbiamo farci visitare per poter entrare sull'Isola Che Non C'è. Noi stiamo un po' qui e finché un tizio in camice non ti dice che puoi uscire, resto a farti compagnia. Sarah è dillà perché è cresciuta troppo in fretta e vogliono farla tornare piccola. Ti piace?" Mi mormorò. Era la storia più bella che avevo mai sentito. E come messaggio aveva
Sorridi.

*Autrice*
Eccoci quaaa!! :3
Finalmente i ragazzi si sono riuniti, dopo essersi divisi l'ennesima volta... eh, che ci volete fare? Certo, si sono trovati, eh? Entrambi affetti dalla Sindrome, entrambi che sono sensibili... Vi lascio... Buonanotte! Un bacio ai recensitoriii!!
Un Abbraccio;

Lost Girl

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Capitolo 13
*** Baby Be Mine. ***


Capitolo 13: Baby Be Mine.

Eccola lì, distesa su un lettino bianco, addormentata. Io ero su una sedia davanti a lei e la guardavo. Di nuovo. Quante volte l'avevo guardata dormire... mi metteva una tale gioia! Il solo pensiero che lei stesse sognando chissà quali mondi mi riempiva di orgoglio. Orgoglio perché ero l'unico che aveva avuto un "ditale" da lei. Wendy... la guardai. Il nome non sarebbe stato tanto appropriato. Wendy era un nome così delicato e femminile... Lei era più la tipa che rompe le regole, che da principessa puo' diventare moschettiera, che da regina puo' diventare zingara... facendosi amare sempre e comunque. Era una ragazza volubile, in senso buono. E Wendy non era un nome da ragazza volubile. Wendy è l'eterna principessa, l'eterna madre... forse lei sarebbe potuta essere la versione femminile di Peter Pan. Io ero quella maschile e lo sapevo. Non ne ero a conoscenza solo io, anche tutti i miei fans. 
Avevano messo Eris in una stanza da sola, in modo che potessi andarla a trovare senza rischiare casini con i fans in altre stanze dove c'erano altre persone malate. A me è sempre piaciuto incontrare i fans, perché mi faceva stare bene sapere che rendevo felici tutte quelle persone. Solo... perché dovevano urlare? Per farmi accorgere di loro? Io li sento che ci sono, anche se non li guardo. Sento il loro amore attraverso la pelle, lo sento. 
Eris gemette nel sonno e io balzai in piedi, pensando che ci fosse qualcosa che non andava. Ma si stiracchiò un po' e poi tornò a dormire placidamente. Tirai un sospiro di sollievo. 
Mi rimisi seduto e aspettai. Aspettai che si sapesse qualcosa di Sarah, che si potesse sapere quando Eris sarebbe potuta uscire... qualunque cosa. E chi altri poteva darmi notizie se non Silvya? Passò in quel momento accanto alla stanza e uscii di corsa.
"Salve" Mormorai. Mi squadrò. "Come sta Sarah?" Abbassò lo sguardo e respirò profondamente. Mi misi seduto su una sedia che stava in corridoio e sperai che non appena si fosse ripresa mi avrebbe raccontato tutto.
Si sedette accanto a me. "Aveva bevuto e c'era anche qualche traccia di droga.. io.. io non sapevo che ne fosse capace... era... era una brava ragazza" mormorò con un fil di voce, guardandosi le mani come se fossero due cadaveri. "Ma è ancora viva...?" Chiesi. Aveva parlato al passato. Lei annuì e tirò su col naso. "Guardi... non è detto che li abbia presi lei. In queste feste puo' succedere che ha preso qualcosa al bar, si è girata un attimo e chissà cosa le hanno messo dentro... so che è una brava ragazza" Cercai di tirarla su. Mi piaceva aiutare le persone, vederle sorridere grazie a me era la cosa più appagante. Sorrisi. Lei mi guardò e sgranò gli occhi, poi sospirò. "Io... io non capisco. Io mi comporto male con te.. lei, scusi..." Disse. Scossi la testa e le sorrisi. "Puo' darmi del tu" annuì e riprese. "Io mi comporto male... male, con lei... con... con Eris... però io cerco... cerco solo di difenderla" Respirò forte. "Ho... ho paura che si faccia male... e non voglio... poi... poi la storia del rapimento... ci... ci ho creduto perché.. avevo paura che Eris... che fosse incappata in lei per pura ingenuità.. e lei... tu, te ne eri approfittato... non lo so... pensieri... pensieri orribili..." Scoppiò in lacrime. Mi diede la netta sensazione che fosse la prima volta che pagava con qualcuno di questo argomento. Per la prima volta mi chiesi quanti anni avesse... ne doveva avere più o meno venti più di me. "Quindi.. quindi le ho detto di non farsi più vedere... perché..." Tirò su col naso "Perché.. credevo le avesse... avessi, scusa, dato... quella specie di anestetico... quello che rende facili da influenzare..." Non potevo averne idea, allora, che un genitore di un bambino di Neverland glielo avrebbe somministrato per estorcermi dei soldi. "E poi... Sarah era diventata strana... ha pianto tantissimo... ci è cresciuta insieme, sai... le mancava tanto.. poi... poi ha iniziato a uscire la sera... ha comprato dei suoi... tuoi, cd... solo.. solo per... bruciarli" Confessò. Mi fece male questa rivelazione. Ero stato io la causa di tutto quel casino.. se non avessi salvato Eris, se non avessi avuto quella stupida idea di unirmi a una gang solo per un video... se non le avessi permesso di restare... Sarah non si sarebbe andata a distruggere, ora non sarebbe in ospedale, Eris non avrebbe la pelle bruciata.
Mi sentii gli occhi lucidi. "Mi dispiace" Dissi. Sentii i suoi occhi su di me, poi la sua mano sulla mia spalla. "No, no... non era questo... non volevo dirti questo... io... non è stata colpa tua... ieri Eris era tornata... non capisco perché si è andata a ubriacarsi anche ieri sera... non... non ne aveva motivo..." Si soffiò il naso in un fazzoletto di carta, poi sospirò. Mi guardò negli occhi e notai che ce li aveva di un verde un po' più scuro di quelli di Eris. "Sei un bravo ragazzo. So che vuoi bene a mia figlia. Se vuoi e se lei è d'accordo, puo' tornare a stare da te..." Mi disse con una voce un po' tremante. Le sorrisi e scossi la testa. "Io non posso... lei ha tredici anni di meno e lo sa... ha visto i titoli del giornale.. sono tutti sporchi... hanno inventato sporche bugie... e ora Eris sarà tormentata dai tabloid... la cosa che posso dirle di fare è di non farsi vedere in giro per qualche tempo... così se la dimenticheranno... io le voglio bene... ma per questo non voglio rovinarle la vita... anche oggi, scommetto, sul giornale e sulla tv ci saranno le foto di lei e la sorella... Sarah sarà oscurata, ovviamente, ma lei no... ci saranno le mie foto vicino a lei e mi diranno che sono il responsabile perché volevo togliermela dai piedi... avendo voluto rimanere coon me ha rifiutato automaticamente la sua privacy..." Cercai di mantenere la voce ferma, ma tutte quelle assurdità mi fecero vibrare il cuore. Perché ero in quell'ospedale? Per permetterle di vedermi di nuovo? Per permetterle di venire di nuovo da me? Per rovinarme di nuovo la vita? Ma non potevo lasciarla lì... volevo vederla. Dovevo vederla. Come ero stato male in quei tre giorni... ma mi immaginai il suo sorriso e la sua voce che diceva "Ehi, che sono questi pensieri contorti? Dov'è Peter Pan?" e smisi di pensare. Volevo avere il suo viso, la sua voce, i suoi occhi, il suo sorriso in testa. Nient'altro.
Silvya mi sorrise tristemente. "Non mi sembra che a lei sia dispiaciuto" Affermò. Ridacchiai, triste. "Perché non se ne rende conto. In questo momento, fuori dall'ospedale, ci saranno fotografi e cameraman in attesa di vederla uscire da qui e chiederle se sapeva che sono stato io a volerla uccidere. Si inventano certe... certe cose..." Strinsi un pugno e strizzai gli occhi per un minuto. Sospirai tremando, in attesa che scendesse la prima lacrima.
Silvya mi sorrise di nuovo, teneramente. "Siete ragazzi. Alla vostra età non è giusto importarvene di quello che pensa la gente. So che tu devi. Tu sei Michael Jackson e devi preoccupartene. Ma ti chiedo solo di far felice Eris. So che sembro cattiva, con lei. Sembro dura. Ma solo perché ho paura. E voglio che sia felice. Michael, se sai che la gente sta dicendo questo, và fuori e dì loro che non è vero" Sospirai. Non era così facile. Nessuno mi avrebbe creduto. E di questo ne ero certo. Mi ricordai cosa aveva scritto Eris sul mio finestrino. "Every moments take me in Paradise". Era veramente così? Stava così bene con me.
"Non posso affrontarli così. Non sono un ragazzo che vuole liberarsi dei giornali scandalistici. Sono un cantante che vorrebbe continuare ad avere il suo successo, ma non vorrebbe essere perseguitato ovunque. Ma, purtroppo, essere una pop star è così. Con pro e contro. Non posso farci nulla" Dissi. Sentii il cuore iniziare abattere forte, come di nuova vita. Sentii nuova aria nei polmoni e sangue pulti che scorreva nelle mie vene. Mi sentivo nuovo, mi sentivo appena nato. Sentivo che avevo appena superato un muro. Off the Wall.
Mi alzai in piedi. "Silvya, io voglio che Eris sia felice. Perché la mia felicità dipende da lei. Ma vorrei che fosse vicina a me." Mi sorrise e mi strizzò l'occhio. Aiutare aiuta. Ne ero sempre stato fermamente convinto e quel giorno ne ebbi la prova. "Portatela a Neverland e divertitevi, Michael. Siete bravi ragazzi." Si alzò e mi salutò. Poi si girò un'altra volta. "E io ho sempre amato la Sindrome di Peter Pan". Le corsi dietro. "Silvya... Sarah starà bene... glielo prometto" Dissi. Lei mi ringraziò e se ne andò con gli occhi lucidi.
Io mi sentivo un bambino appena nato, lei una madre più sicura. Ora c'erano due persone felici in più su questo mondo. Tornai nella stanza di Eris e la guardai. Sarebbe tornata con me a Neverland e avremmo giocato di nuovo. Con il tempo, i tabloid non ci avrebbero fatto più caso alla nostra età, avrebbero semplicemente continuato a chiedersi quando ci saremmo sposati. Risi di quei pensieri. Mi sentivo felice.
Uno spicchio di luce illuminò i miei riccioli neri. Guardai Eris. Si stava stirando ed era sveglia. Las sua pelle migliorava a vista d'occhio. Ma c'era ancora Sarah. Avrei donato dei soldi a quell'ospedale. Avrebbero avuto più fondi per aiutarla.
Eris mi guardava con quegli occhietti verdi e mi sorrise. "Buongiorno" Mugugnò, sorridendo. Risi. "Buongiorno, principessa" Le baciai la mano. 
Solo la mattina precedente si era messa a piangere per Sarah e volevo farla tornare a sorridere, e credo di esserci riuscito.
Mi sovvenne che non avevo capito di come stava Sarah.. ero solo a conoscenza del fatto che fosse ancora viva.

Passarono diversi giorni, e io rimasi lì. A fare compagnia ad Eris e a Silvya, in attesa di ricevere notizie su come stava e se era fuori pericolo. Ogni giorno ci dicevano che la situazione era sempre la stessa e non andava migliorando. Eris piangeva e io e Silvya l'abbracciavamo. Avevo donato un assegno di centomila dollari per quell'ospedale. Era uno dei pochi non pediatrici che avessi mai aiutato.
Un giorno il dottore uscì dalla stanza e ci disse "Sarah si è risvegliata" Ah, perché, era in come? "Siamo riusciti a guarirle le scottature gravi e restano solo quelle superficiali. E' fuori pericolo" Aveva gli occhi che brillavano ed era evidentemente contento. Eris mi abbracciò così forte che mi sentivo stretto in una morsa. Una morsa di pura gioia e mi piacque tanto. Ricambiai l'abbraccio e poi sorrisi a Silvya, che venne poi abbracciata da Eris.
Passarono due settimane, e Sarah potè uscire. Noi la avevamo aspettata sebbene avremmo potuto uscire molto tempo prima.
Come previsto fuori c'erano i tabloid, in attesa. Andai alla reception "Avete uscite di emergenza, sul retro... qualche uscita dove non passa quasi mai nessuno?" Chiesi. La ragazza mi strizzò un occhio e mi indicò un'uscita dalla quale solitamente uscivano le ambulanze e ce ne prestò una a patto che la riportassimo non appena arrivati. Mi prese in disparte.
"Signor Jackson..." Mormorò. Le sorrisi. "Non è che potrebbe aspettare un minuto prima di andare?... Sa, mia figlia sta arrivando... è una sua grande fan.. vorrebbe avere una foto con lei" Disse. Non riuscivo a guardarla negli occhi. Doveva avere poco meno della mia età ed era timida. Come me. Avevo una fretta assoluta, ma non potevo rifiutare. Quella ragazza era la stessa che aveva insistito per farmi entrare nella stanza di Eris il primo giorno e aveva continuato a chiedere di non farmi uscire.
Aspettammo decisamente poco, credevo peggio. Entrò una bambina di cinque anni, bionda come la mamma, che teneva per mano il grande papà. Sembrava un omone spaventoso, ma appena sorrise mi resi conto che doveva essere un padre dolcissimo. Ricambiai il sorriso e poi guardai la piccola. Era chiara di carnagione, aveva gli occhi castani e i capelli legati in due codini in alto ai lati della testa. Mi guardò e diventò rossa.
"E' Michael, Vale..." Le mormorò il padre. Lei annuì e si fece visibilmente coraggio. Alzò lo sguardo sulla madre e lasciò la mano al papà. Strappò un foglio da un'agendina che le aveva porso una ragazza della reception. Prese una penna e venne davanti a me. Mi abbassai per arrivare a essere alto come lei.
"Me lo puoi fare un autografo?" Chiese, con una voce sottile sottile, e guardandomi con occhi imploranti. Era tenerissima. "Certamente" Annuii. Gli occhi le brillarono e sorrise, sdentata. Le feci un autografo e vidi il padre tirare fuori una macchinetta fotografica. Presi in braccio Valentine e le diedi un bacio sulla guancia, mettendoci in posa. Lei mi mise le braccia al collo e mi abbracciò forte. Sorrisi. Il padre scattò. Aveva gli occhi lucidi.
"Grazie signor.." "Michael. Si figuri, grazie a lei" Gli sorrisi. "Ciao Valentine" Le baciai la testa e tornai all'uscita. "Arrivederci e grazie a tutti..." Salutai, evitando di urlare. La ragazza stava piangendo sul petto del marito, e la piccola stava guardando il mio autografo come se fosse una barretta di cioccolato. Mi fece ciaociao con la manina e sorrise. Il sorriso dei bambini è il più bello del mondo, ridono solo se sono felici, non hanno nessuna maschera. Per questo li amo.
Salii sull'ambulanza dove mi aspettavano le tre ragazze. Sarah stava... abbracciando Gave? Sgranai gli occhi e lui mi guardò alla "Eeeeh, che ci vuoi fare, il mio fascino". Mi guardava così ogni volta che lo vedevo con una ragazza. Ma vidi i suoi occhi brillare. Si doveva essere preso una belle sbandata. Sentii Sarah ridere per qualcosa che gli aveva detto.
Mi voltai e vidi Eris seduta, guardando un disegno. Me lo ricordavo benissimo. Era il mio preferito. Era quello che avevano disegnato i bambini di Neverland: io e lei che ci tenevamo per mano e tutti loro intorno. Le sorrisi. "Ladruncola..." Le mormorai.
Si mise i capelli dietro l'orecchio e rise. "Mi piace troppo, non avrei potuto stare senza" Mi disse. La guardai. Di profilo era bellissima. Il suo viso da bambina era ancora più dolce perché si vedevano le guance leggermente gonfie e il nasino un po' all'insù.
Silvya stava intrattenendo una conversazione con il conducente.
"Quando l'hai preso?" Chiesi ad Eris, avvicinandomi un po' di più a lei con la scusa di guardare il disegno.
"Quella mattina. Quando tu eri uscito con David. Ho fatto una corsa tremenda, sono arrivata al Rifugio Segretissimo e l'ho staccato." La guardai stupefatto. "Se ti chiedi come ho fatto a trovarlo, è semplice. Quando ci hanno portato i bambini non lo sapevo. Però è bastata qualche moina a Laurence" Mi strizzò l'occhio. Laurence era un bambino malato di cancro, il più dolce di tutti, e il più umile.
"E come hai fatto a evitare la piscina?" Chiesi con superiorità. Rise. "Non è difficile. Basta volare un po'... a destra" Mi strizzò l'occhio. Era stupefacente.
Poi ricordai che quando ero rientrato, effettivamente, era tutta rossa e in lacrime. Aveva sudato. E piangeva, comunque, per ovvi motivi.
Risi.
Girai il foglio e restai stupito. C'era una scritta a penna, ma non era dei bambini. "Every moment take me in Paradise", c'era scritto. Sentii gli occhi brillarmi.
"Baby be mine" Mormorai. Mi guardai intorno. Gave e Sarah ci davano le spalle e stavano ridendo tra loro, Silvya era seduta accanto al conducente e non sembrava essere attenta a noi.
Di nuovo, la baciai. Non sentii più nessun senso di colpa. La sentii sorridere e ricambiò, accarezzandomi il collo e i riccioli. Avevamo gli occhi chiusi. Immaginai. Una grande festa, nel bel mezzo di un palazzo. Una principessa aveva ritrovato il principe con cui aveva ballato il giorno in cui doveva trovarsi un promettente marito. Nella grande sala non c'erano più tanti uomini gelosi, ma tante donne in festa e qualche uomo che baciava la propria dama. Non ci sarebbero più stati problemi. Ogni singola pagina di giornale sarebbe sta falsa e piena di accuse, lo sapevo e mi faceva male. Ma con il tempo, non ci sarebbe più stato il titolo "Michael Jackson rapisce una ragazza e la narcotizza" "Michael Jackson ha rapporti con la ragazza?" "Michael Jackson e la ragazza non si fanno più vedere insieme: coscienza sporca?". Ora ci sarebbero stati: "Michael Jackson ed Eris, Insieme?" e per una volta tanto, i tabloid non avrebbero sbagliato.
Volai in Paradiso, sentendo quelle dolcissime labbra accarezzare le mie e quelle manine che mi accarezzavano il collo. Fu la prova che l'età non esiste veramente.

*Autricee*
Che dire? Non so come sia venuto questo capitolo perché di solito scrivo di getto e non rileggo prima di pubblicare. Spero comunque che abbia soddisfatto tutti voi, lettori silenziosi e non.
Michael ed Eris si sono ritrovati... ripensare all'inizio fa un certo effetto, eh?
Beh, speriamo che ci sia un lieto fine.
Un Abbraccio e un Grazie;

Lost Girl.

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Capitolo 14
*** Dangerous. ***


Capitolo 14: Dangerous.

Eravamo di nuovo tornati a Neverland. Quanto mi erano mancati quei cancelli, quel prato, quelle montagne, quelle strade, quei giochi... e i bambini? David? Le cameriere? Mi era mancato tanto. Tutto.
Certo, entrarci con un'ambulanza dava decisamente tutto un altro effetto.. però fu stupendo lo stesso. Neverland... anche solo il suono della parola fa sembrare uno scoppio di brillantini, una bacchetta magica, uno strusciare di spade... faceva capire tutta la magia che si celava dietro quei muri.
L'ambulanza aveva portato Silvya e Sarah a casa e dopo aver promesso loro che mi sarei fatta viva e di chiedere se sarebbero venute a Neverland, tornammo a casa. Sì, era quella la mia vera casa. Con lui.
Mi accoccolai su un suo fianco, pregando di trovare traffico in quei dieci metri. Sentivo il suo profumo e mi piaceva. E poi era caldo. Avevo le mani congelate e chiusi tra la mia guancia e il suo fianco, mentre lui mi stringeva ancora di più. Me le prese e le strinse fra le sue. Ebbi un vago deja-vù ma non ricordavo di qualcuno che me lo avesse mai fatto.
Fu il caldo più bello di tutta la mia vita. Fuori era sera, poco più chiara rispetto alla prima notte in cui ero stata in macchina con lui. Strinsi gli occhi cercando di impedire ai brutti pensieri di entrarmi dentro. Brutti pensieri come il fatto che prima di conoscerlo lo odiavo. Credevo a tutto ciò che si diceva su di lui. Credevo che si volesse veramente sbiancare e... strinsi ancora di più gli occhi e mi raggomitolai ancora di più accanto a lui. Volevo ancora quel calore, ora. Il passato non era altro che qualche scheletro nell'armadio, chi non ce l'ha?
Avete presente che vi ho detto che eravamo tornati a Neverland? Ecco. Non vi ho detto chi c'era davanti ai cancelli. Rachel. Dovete sapere, questa qua mi ha sempre perseguitata. Ci ho dovuto convivere all'orfanatrofio e dopo a scuola. Era stata adottata da una famiglia straricca ed era diventata una... una... una di quelle che non lavorano al chiuso. Ma non in senso figurale solo perché si vestiva così o faceva certe cose... si guadagnava da vivere così. E a me aveva sempre fatto una gran pena. 
Era proprio lei, ferma guardando la strada, con una sigaretta in bocca e mezza nuda. La guardai stralunando gli occhi, ma cercai di chiudermi ancora di più a guscio vicino a Michael. Lui mi sorrise e mi accarezzò la testa. "Ehi, che succede?" Mi chiese. Seguì la linea d'area del mio sguardo e la vide. Mi baciò la fronte. "Tranquilla, viene spesso... sai, poverina, viene da una famiglia povera ed è costretta a farlo... alcune volte le do un po' di soldi, per aiutarla" Mi disse. Rabbrividii di rabbia. Lui... lei... si conoscevano? Lei gli aveva fatto credere di essere povera?  Io l'avevo vista, quel giorno. Se ne andava con due attori di teatro famosissimi su una lussuosa limousine... perché cavolo si era inventata quella scusa?
Michael si affacciò al finestrino. "Ehi, Rachel! Come va, oggi? I tuoi litigano di nuovo?" Le chiese. Le partì (o fece partire) il primo bottone della camicetta ultracorta, fece una tiro alla sigaretta e sorrise. Il sorriso più falso del mondo. "Si, continuano a litigare" La sua voce era strana. Me la ricordavo un po' più acuta e femminile, ora sembrava quella di una donna anziana.
Lui fece un cenno di saluto e tornò da me. Lei mi vide mi guardò rabbiosa, una fiamma di rabbia zampillava da ogni suo centimetro di pelle e mi spaventò. Gli strinsi la mano.
"Ehi, ehi, è tutto a posto" Mi sorrise. "Michael.. io.. la conosco" Mormorai. Lui mi guardò abbastanza stranito. "Era con me all'orfanotrofio... è stata adottata da due attori di teatro.." Lo guardai. Pensavo che stava per interrompermi, invece rimase in silenzio. "L'ho vista andare via in limousine mentre io giocavo a palla con gli altri.. Silvya sarebbe venuta a prendermi un anno dopo... l'ho vista, Michael. E' tutto quello che vuoi, ma povera no" Abbassai lo sguardo e guardai le punte dei miei piedi. Lui mi accarezzò il viso.
"Eris.. non avrebbe avuto motivi di mentirmi. Io ti credo, ma... non credi che possa essere stata adottata di nuovo? O i due attori abbiano fallito? Eris, stai tranquilla... non succederà nulla. Te lo prometto." Mi tranquillizzò guardandomi negli occhi. Poi mi baciò sui capelli e mi abbracciò e io non desiderai altro che quel calore.
Ma una terribile verità mi s'insinuò immediatamente nel cervello. Lei era molto più bella di me. Michael la trovava anche simpatica. Era meno timida e decisamente più adrenalinica. Se avessi scelto tra noi due, avrei scelto lei.
Non si vergognava delle forme che aveva, non aveva paura di fare brutte figure e mentiva come se fosse una cosa normalissima come le previsioni meteo. E poi, era sempre stata ammirata da tutti. "Guarda Rachel come canta bene!" "E' proprio brava a ballare!" "Non credi che sia una giocatrice bravissima?" "Oh, che viso adorabile che ha..." Rabbrividii e nemmeno il calore di Michael mi bastò più.
Era solo un ragazzo. E i ragazzi cambiano idea facilmente. Michael Jackson, o solo Michael... era un ragazzo. E ai ragazzi piacciono le belle ragazze. 
Stranamente, i bambini non ci corsero incontro perché credo che fosse decisamente troppo tardi per loro. Entrammo in casa senza indugi.
Dentro riabbracciai tutte le cameriere e salutai David che sfoggiò il suo sorrisetto divertito. Sorrisi. 
Dissi che non avevo fame e che ero stanca. Non mi fermai a salutare Michael e feci un "ciao" generale, poi salii in camera. 
Ripensai a quando ero ancora nell'orfanotrofio e condividevo persino la camera con Rachel. A lei piaceva Michael, da sempre. Aveva le sue foto ovunque. In qualsiasi occasione poteva elencarti tutte le date importanti... e quante volte l'avevo vista sospirare perché aveva tredici anni di meno! Io, invece, la prendevo in giro, le dicevo che quella musica era una schifezza e che non era nemmeno bello. Lei mi rispondeva male e mi diceva che nessuno mi avrebbe mai presa e che sarei rimasta sola per sempre. Quindi la colpa era principalmente mia, che esageravo.
Mi strinsi sotto le coperte, desiderando solo un altro po' di caldo.
Sospirai e mi addormentai tra i miei pensieri agitati. Feci uno strano sogno.
Eravamo io, Rachel e Michael, come si poteva capire. Eravamo in una stanza con un letto al centro e un parco giochi a destra. Loro due se ne stavano sul letto chiacchierando e baciandosi, mentre io ero al parco giochi in sella a un cavallo a dondolo. D'un tratto, questo prende vita, diventa la faccia di Rachel e inizia a dire "soldi, soldi, soldi, soldi" a canzoncina. Prima lui, poi tutti i giochi e infine lo dice lei a Michael. Gli svuota le tasche mentre lo bacia e una volta presi tutti i soldi possibile si volatizza.
Michael si gira ed è felice.

Mi svegliai di soprassalto. Qualcuno stava bussando. "Eris, svegliati! Qualcuno ti vuole incontrare" Diceva la voce di David. Scossi la testa e guardai l'orologio. Erano le dieci. Chi cavolo mi voleva vedere alle dieci? Sbuffai. "Manda via chiunque sia" Mugugnai, alzandomi e iniziando a vestirmi. "Non si puo', lo dice anche Michael" Capii che aveva il suo sorrisetto divertito. E mi sbrigai. Mi lavai e vestii, poi scesi a testa bassa dalle scale. M'immaginai Michael che rideva e mi diceva che ero una principessa. Sorrisi, ma non c'era lui. O meglio, c'era anche lui. Lui e Rachel. Rabbrividii.
"Eris! Buongiorno" Mi sorrise. "Rachel mi ha detto che in effetti già vi conoscevate..." Punto uno: non si fidava già più di me se glielo aveva chiesto. "Ha detto che voleva che tornaste a chiacchierare come i bei vecchi tempi..." Punto due: Era un bellissimo bambino ingenuo. E Rachel se ne stava approfittando "Quindi ora io vado a fare due passi con David e voi parlate un po' di cosa avete fatto tutto questo tempo, che ne dici?" Mi strizzò l'occhio. Punto tre: Non potevo fare a meno di sorridergli... era così... così stupendo. Uscì e rivolsi uno sguardo di fuoco a Rachel. "Cosa diavolo vuoi da me?" Rise della risata più falsa che avessi mai sentito. "Oh, non ti scaldare, piccolè.." Mi aveva sempre chiamata così. All'orfanotrofio avevano tutti la brutta abitudine di chiederti come mai fossi finita lì. E io lo dicevo sempre, mica c'era da vergognarsi. Ma lei mi aveva sempre presa in giro per la Sindrome. Mi trascinò nella mia camera, come se fosse la sua. Si sdraiò sul mio letto, come se fosse il suo. Abbracciò il mio cuscino, come se fosse il suo. E prima stava parlando con il mio Michael, come se fosse suo. 
Sbuffai. 
"Allora... ecco la misteriosa ragazza rapita, eh?" Chiese, accarezzandosi le gambe nude. Per l'occasione aveva messo dei minijeans, con un minitop. Così, non per azzardarsi a fare colpo con Michael, ma solo perché a novembre è normale che una vada in giro così. "Non. Mi. Ha. Rapita." Scandii bene le parole. "Ah, beh... di questo ne sono certa. Ma se TU, qualche tempo fa, avessi letto una cosa del genere sul giornale... ci avresti creduto, eh?" Mi guardò con aria di sfida. Non ressi. Abbassai lo sguardo. Era troppo vero. "Quella Eris non c'è più" mormorai. Rise senza gioia, solo rabbia. "Ah, certo, certo... e quand'è sparita? Quando sei arrivata qui? Wow..." Mi si avvicinò. "Come l'ha presa Michael Jackson di tutto l'odio che provavi prima di arrivare qui?" Aveva quello sguardo da vittima che non avevo mai potuto soffrire. Divenni rossa. "Piantala, Rachel. Lo sappiamo tutte e due che vuoi solo i suoi soldi" Ribattei. Mi accarezzò una guancia con un dito freddo "Non lo nego. Ci sarebbero tanti modi più veloci per ottenerlo. Tipo vendere ai tabloid qualche stronzata su di lui..." Il solo suono della parolaccia mi fece rabbrividire. Non ero abituata a sentirle e sentirmela dire da lei fu una cosa orribile. "Ma mi pagherebbe una volta e finirebbe lì... ma perché, invece, non trovare delle prove? Faremo qualcosa, io e lui, e scatterò di nascosto delle foto. Poi le venderò..." Non capivo come potesse una mente concepire una simile cattiveria. Scattai in avanti e le storsi un polso. "No, tu non lo tocchi" ringhiai. Sì, fa tanto film, eh? E la cosa mi piaceva da morire. Ma dovevo continuare a recitare, se volevo che non facesse nulla a Michael. "Oh, l'eroina della situazione. Piccolina, non interrompermi. Dicevo, venderò tutte le foto e dirò che è stata colpa sua, che io non volevo... ah, e anche che mi aveva costretta, sì. A meno che..." Tirò fuori il suo sguardo malizioso. "Non dovrà pagarmi per sempre. Terrò tutte le foto con me. E lui dovrà fare... una specie di mutuo, capito?" Respirai forte. Una... una persona... una... un ragazzo come lui... il più bravo ragazzo... del.. del mondo.. lei lo voleva distruggere.
"Fallo e sei morta" Sibilai tra i denti. Allungò un'unghia verso di me e mi scostai. "Credi davvero? Invece sai che ti dico? Che se tu non mi lasci campo libero... e se gli dici qualcosa" Un ritratto del mio piano si formò nella mia testa. "Gli dirò che l'hai sempre odiato" Concluse. La mia mente costruì ogni singolo passaggio del mio piano e ebbi una grandissima voglia di riderle addosso... ma il piano iniziava da lì. Feci la faccia arresa. "Io..." Provai. Quando non sapevo che rispondere dicevo sempre così. Lei battè le mani "Brava bambina. Ora io vado da Michael e inizia la prima parte. Fatti da parte, mocciosa" Mi scansò ed uscì. Le sbattei la porta alle spalle, fingendo l'arrabbiata. Mi ritrovai libera di pensare al mio piano.
Avrei detto a Michael ogni singola cosa, e lo avrei scongiurato di mantenere il segreto, poi sarebbe arrivato fino ad un certo punto con lei... e tack! beccata.
Era un piano perfetto. Sospirai di gioia. 
Avevo una voglia immensa di rivedere i bambini, per cui decisi di scendere (di corsa, nda) e andarli a trovare sulla loro giostra preferita.
"Eris!" "Sei tornata!" "Che bello!" "Ci sei mancata!" Mi abbracciarono tutti. Risposi a tutte le domande e poi iniziammo a giocare.
Vedete, a Neverland era tradizione bagnarsi. O con le pistole ad acqua, o in piscina o con i gavettoni, bisogna bagnarsi.
Ognuno si armò di quello che potè e iniziammo a rincorrerci nell'erba. Poi una bambina urlò. "Ma chi è quella?" Tutti si radunarono intorno a lei e guardarono chi indicava il suo ditino. Rachel era in lacrime e Michael l'abbracciava. Sapevo che lui non lo stava facendo per tradirmi. Ma lei lo stava facendo per iniziare il suo piano... lui era così buono, così ingenuo... Ma mi si spezzò il cuore. L'abbracciava come abbracciava me, nello stesso modo.
"Eris..." Abbassai lo sguardo. Luke, un bambino biondo, mi stava guardando triste. "Tu e Testa di Mela vi siete lasciati?" Gli sorrisi e lo baciai sulla fronte. "No, tesoro, no. Lei è.. è solo un'amica" Sembrò ritirarsi su e in men che non si dica la voce si sparse e tornammo ai nostri giochi. Sperai di potermi distrarre, ma quelle immagini mi ritornavano sempre in mente.
"Bambini, se mi portate un libro vi leggo una storia!" Esclamai ad un certo punto, quando eravamo tutti fradici. Arrivammo al Rifugio Primordiale per scaldarci un po' e mi portarono il libro di Peter Pan. "No, questo l'abbiamo già letto" Risi. "Qualcun'altro". I bambini obbedirono sorridenti e mi portarono il Libro della Giungla. No, Peter Pan era Michael. E lui ora era da qualche parte con Rachel avvinghiata.
Iniziai a leggere ed entrai con tutto il mio cuore nella storia. Dovevo averla letta bene, perché vedevo venti e più paia di occhi che mi guardavano attenti e i loro sguardi si accendevano di una nuova emozione a seconda di quella che stesse provando Mowgli.
Terminai il racconto che erano tutti appassionati. Ma era arrivata ora di pranzo. Li salutai e cercai di corsa la prima piscina che mi capitava e mi ci buttai, senza preoccuparmi dei vestiti. 
Stare in acqua mi dava un'enorme sensazione di pace, mi faceva sentire la Sirenetta e diventavamo tutt'uno. Non era più "io e l'acqua", ma "noi". Iniziavo ad ondeggiare con lei, a essere flessibile come lei, a vedere solo la parte bella delle cose come lei.
Ovviamente il tutto venne interrotto da un tuffo. Mi voltai. Ero arrivata dietro un ammasso di scogli. Dall'altro lato, Michael si era appena buttato e si rilassava... di Rachel non ce n'era traccia. Perfetto, momento ottimo.
Sgusciai fuori e gli andai vicino. "Buh" Urlai. Sobbalzò e iniziò a ridere. "Ehi, ciao Eris, dov'eri? Rachel mi ha detto che avete ritrovato la vecchia sintonia" Sorrise genuinamente. "Mica tanto" Mi avvicinai un po' di più a lui e fu in quel momento che mi accorsi che era in costume. Arrossii.
"Michael, ti vuole estorcere i soldi. Vuole... vuole approfittare di te, della tua bontà... ti costringerà a farlo, Michael, e scatterà delle foto... ti farà pagare a vita" Gli mormorai, nella vana assurdità che lei fosse lì intorno. Lui rise e mi prese le mani. Le sue erano ancora calde, nonostante l'acqua era esattamente l'opposto.
"Qualcuno è geloso, eh?" Mi baciò il naso. "Michael, ti giuro! Me lo ha detto lei! Ti giuro! Ti prego, fidati..." Implorai. Lui parve pensarci su. "Ti credo, Eris. Però, se fosse stato solo uno scherzo? Io le resto vicino, se azzarda qualcosa la mando via, ok?" Per quanto vaga, quella risposta mi tirò su. "Gelosona" Mi mormorò all'orecchio e poi mi baciò una tempia.
Andò sotto l'acqua, poi mi trascinò per un piede con lui. Avemmo un contatto visivo. Durò quello che mi parve un'ora. Eravamo sott'acqua e vedevo sfocato, ma i suoi occhi dolci e sorridenti mi perforano la rètina lo stesso. Risi delle mie paure, e lo spinsi via, mentre i suoi riccioli accennavano verso di me. Accennò a un sorriso e mentre tornavo in aria per prendere fiato, lui mi trascinò fuori, mi prese in bracciò e poi ci ributtammo insieme. Sott'acqua ci dividemmo sorridenti. Amavo l'acqua anche perché mi faceva dei capelli stupendi.
Certo, con felpa e jeans era difficile nuotare. Lanciai un'occhiata a quanto ci avrei messo per tornare dentro e raccattare un costume, ma non volevo interrompere quei magici momenti. Per cui mi misi seduta sul bordo e mi tolsi la felpa. Tanto sotto avevo una maglietta nera che sarebbe stat decisamente più leggera. Poi mi rituffai di testa e vidi Michael scendere insieme a me. 
Una volta sotto, lo guardai e lui guardò me. Durò poco perché poi risalii insieme a lui.
"Michael... posso chiederti una cosa?" Chiesi ridendo. Annuì. "Perché ti chiamano Testa di Mela?" Lui mi saltò addosso e mise pressione sulla mia testa, facendomi tornare giù. Mi proibii di ridere per non sprecare ossigeno... quel poco che avevo preso. 
Lui mi sorrise e nuotò verso il fondo, portandomi con sé tenendomi per un braccio. Ringraziando il cielo, ad aphnea ero una delle ragazze più forti e resistenti. Una volta giù, si mise "sdraiato", in un certo senso e guardò su. Lo imitai. Era uno spettacolo stupefacente. I raggi del sole arrivavano sulla superficie, che li faceva danzare e riflettere sui muri. Mi entrò l'acqua nel naso e mi affrettai a tornare su, soffiando come una scema.
Fui percorsa da un brivido. Mi sedetti sul bordo e cercai la felpa. Era un po' più in là e mi piegai per raggiungerla, ma Michael mi abbracciò. Era sbucato in un nanosecondo davanti a me e mi aveva abbracciata. 
Ancora una volta, mi resi conto che il suo calore non poteva essere eguagliato da nient'altro. "Me lo prometti?" Mormorai. "Te lo prometto" Mi baciò in fronte.

Dopo che ci fummo fatti una doccia calda e ci fummo asciugati per bene, ci dividemmo. Per fortuna, aggiungerei. Perché Rachel corse incontro a Michael nell'esatto momento in cui svoltai l'angolo.
Si abbracciarono. Lo so, è da stupidi spiare, ma la situazione era particolare, sapete.
Una manina mi tirò la maglietta. "Sei gelosa" Affermò Annie. "Cosa? Oh, no io..." Lei alzò un sopracciglio. Risi. "Ok, si, mi hai scoperta. Cosa vuoi per non dirglielo?" Mi chinai alla sua altezza. "Un bacetto qui" Si indicò la guancia. La presi in braccio e la baciai. Lei in cambio del suo silenzio voleva un bacio. Rachel un dolore.
Scossi la testa ridendo. "Sei proprio furba, eh?" Rise anche lei e mi appoggiò la fronte sulla mia. "Se vuoi possiamo creare delle battute di spionaggio. Siamo bravi, sai?" Mi informò. "Forte! Posso partecipare anche io?" Lei mi squadrò. "Solo perché stai con Testa di Mela" Annuì. Poi mi ritornò il dubbio. "Come mai lo chiamate così?" Rise. "Perché lui è Testa di Mela". La baciai di nuovo. Capito. Lui era così e basta.
Mi portò al Rifugio Segretissimo senza preoccuparsi di bendarmi, e rappresentò a tutti il mio problema. "Però non dovete dirglielo." Fecero tutti giurin giurello. Presero dei fogli da disegno e delle matite colorate. 
Organizzarono un piano di cui capii solo che io ero con Annie e Laurence dalla porta di casa fino al confine della foresta. Poi c'erano diversi turni. Il pedinamento, però, era solo il pomeriggio. Avremmo iniziato il giorno dopo.

Fu la cosa più divertente e interessante del mondo. I bambini parlavano tra di loro solo la sera, quando ci riunivamo al Rifugio Primordiale per dire tutto quello che facevano insieme.
Lavorammo duro tutti i giorni, finché non finirono i figli da disegno.
"Visto, Eris? Non devi essere gelosa" Mi sorrise Annie. In effetti, il contatto fisico più estremo era un abbraccio. "Grazie, stupendi" Risi. Il gioco finiva lì e anche le mie paure avrebbero dovuto farlo.
Ma dopo poche ore da queste frasi, sentii uno sbattere di porte, Michael che urlava di andare via e i passi pesanti di David. Scattai automaticamente ad aprire la porta della mia stanza. Era notte fonda, porca miseria.
Poi vidi. 
Rachel era tenuta per un braccio da David, aveva i jeans sbottonati e un'espressione di rabbia pura dipinta sul volto. "Piccola smorfiosa! Hai parlato, stronza!" Urlò. Furono le parole più brutte che mi furono mai dette e subii un crollo. Poi vidi Michael. Era senza camicia e senza scarpe, aveva i capelli tutti scompigliati e la paura negli occhi. Teneva una macchinetta in mano.
Ma la paura lasciò il posto alla rabbia. La afferrò per il braccio libero e la costrinse a guardarlo negli occhi. "Non trattarla così" Ringhiò. Furono tre parole che mi fecero perdere tre battiti.
Poi vidi lo sguardo folle nelle pupille di Rachel.
"Ah, i piccioncini dovrebbero dirsi qualcosa" Aveva anche la risata folle. Fu terrorizzante. Mi guardò e si leccò le labbra. Ma poi guardò anche lui.
"Allora, piccola. Cosa avresti pensato se avessi visto un titolo di giornale come quello su di te, qualche tempo fa?" Mi chiese. Strega. "Non ci avresti creduto, vero?" Gli occhi da cucciola bastonata. "Non parlare..." sibilai. Ma avevo una tale voglia di piangere.
La ragazza era cattiva. La ragazza era pericolosa.
"Sai, Michael Jackson, che prima che ti conoscesse, la piccola ti odiava?" Strega, farabutta. Ma non era una bugia. Sospirai forte. "Non è.." "Vero? Ah no?" Mi guardò insistentemente e mi fece tacere. Non sapevo mentire. "Allora? Sapevi chi era, vero?" Scossi la testa. Sentii Michael intristirsi. "Eris..." Mormorò. Era uguale a come avevo chiamato Sarah quella sera. L'inizio di tutto.
"Tu non fare il santo, traditore" Sentii quelle parole a suono amplificato. Scattai (wow, terzo scatto in una giornata) verso di lei e le strinsi il polso libero, fino a farla gemere di dolore. "Non chiamarlo così" La guardai contorcersi per il dolore, finché David non mi spostò da lei.
"Michael... mi.. mi.." Mormorai. Mi dispiace, avrei dovuto dire. Ma di cosa? Di non averglielo detto? Cosa avrebbe potuto sistemare. Restò in silenzio. Il tempo a Rachel di riprendersi.
"Michael, tu cos'hai da dire, invece?? Mi hai mandata via subito, giusto?" Sentii l'eco di quelle parole diffondersi nel mio cervello. Il tempo si fermò. Michael scosse lo sguardo basso a rallentatore. 
Rachel accennò ai suoi jeans sbottonati. "Oh, ma come no? Hai tradito la tua piccola.." Ma David le strinse il braccio. "Basta così". Non avevo mai sentito la sua voce così indurita, così cattiva e arrabbiata. Ma anche delusa. La trascinò fuori da Neverland dicendole non so quale parole. Nulla aveva più senso. Non sapevo più nulla. Un insieme di flashback mi spinsero ad arreggermi contro la porta. La piscina, la promessa, i baci, l'ospedale, il salvataggio, i giochi, Gave, Sarah, la cioccolata calda... Erano stati momenti stupendi e.. e lui li aveva buttati via così. Per la prima volta in tutta la mia vita, la Sindrome indietreggiò, come a volersi scostare dalla caduta di un vecchio palazzo.
Cercai di riflettere. *Michael... è solo ingenuo. Si... si è inventato tutto Rachel... no. Oppure.. oppure è stato un attimo di confusione... si per forza...* Ma lui era solo un ragazzo. E i ragazzi si innamorano delle persone carine come lei. E simpatiche.
"E'... è stato un attimo di confusione, vero?... Tu... tu non hai ceduto... alla sua... sua bellezza, vero..?" Cercai sostegno in quelle parole, in attesa che lui ci mettesse le fondamenta. Ma non rispose.
"Rispondimi" prima lacrima. Silenzio. "Ti piace, vero?" seconda lacrima. "No. Te lo posso giurare... lei... lei non è niente..." Disse con la voce spezzata. "Non.. non hai ceduto... però.. giusto?" Strinsi gli occhi e sentii le lacrime scivolarmi calde sulle guance. Il naso iniziò a colare. Tirai su. Non rispondeva. Perché? Quindi... aveva ceduto. Era solo quella la risposta. "Perché?" Mormorai. "Eris, io... io non volevo, davvero... credevo... è stato solo.. un..." Capii che non trovava una parola adatta. Ero in lacrime e quello che dicevo si capiva a stento. "Hai... hai ragione, Michael... scusami... sarai anche Michael Jackson... però... però sei solo un ragazzo" Mi permisi di piangere più forte, di prendere un respiro e continuare. "E ai... ai ragazzi... piacciono quelle... quelle belle.. e.. simpatiche... false... come lei..." Conclusi. Mi girai e misi una mano sulla maniglia. Non disse una parola e mi lasciò entrare. Niente scene da film d'amore.
Piansi tutta la notte.

*Autrice*
Un capitolo triste, ma anche fondamentale. E' la prima avventura che non si concluderà con un solo capitolo. E' una lotta interiore tra la Eris adulta e quella bambina. Lei ha paura di questo. Quale parte vincerà? E Michael?... Michael ha avuto un attimo di debolezza. Chiunque di noi lo perdona. Ma è difficile da perdonare quando lui è tutto ciò che hai.
Buonanotte, vi voglio un bene immenso e vi ringrazio tantissimo!
Un Abbraccio;

Lost Girl

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Capitolo 15
*** Don't Walk Away. ***


Capitolo 15: Don't Walk Away.

Cavolata Più Grande Della Mia Vita: Fatta. Me lo aveva detto. Mi aveva avvertito. E io... sono uno stupido. Avrei dovuto darle retta. Non ho dormito per tutta la notte, la sentivo piangere... sapere che era colpa mia mi distruggeva. Ero andato davanti alla sua porta mormorando parole di scuse, ma in tono talmente basso che erano impossibili da sentire. Sentivo che prendeva a pugni il cuscino ed era disperata. Un gelo improvviso mi congelò il cuore quando disse "perché?". Già, perché? Era successo tutto così di fretta.
Eravamo saliti perché mi aveva chiesto di farle vedere la mia stanza... come l'ho portata su si era seduta sul letto. Io avevo iniziato ad alzare la guardia mentre lei parlava e rideva contenta. Poi mi aveva baciato. Così, di colpo. Non ebbi il tempo di reazione. Il mio pensiero corse a Eris, nell'altra stanza e mi dissi di smetterla. Ma le mie labbra non mi obbedivano. Mi aveva tolto la camicia e d'istinto mi ero sfilato le scarpe. Ma i jeans, e posso giurarlo, se li era sbottonati da sola. Avevo ceduto a un po' di forme e solo quando iniziò a sedersi sul letto me ne resi conto. La mandai via, la costrinsi. Vidi un flash e la sentii ringhiare. La macchinetta era dietro di noi, la presi. L'aveva nascosta bene. Non appena avevo urlato, salì David che la prese per un braccio e poi uscimmo. E fu allora che la vidi.
Avrei voluto che dormisse, che non si fosse accorta di nulla, che si sarebbe dimenticata tutto, che non avrebbe creduto a una sola parola della... verità.
Lei aveva ammesso di avermi odiato e giudicato. Ma non era nulla. Non avevo mai provato una rabbia come quella che sentii quando Rachel la trattò male. Avevo un istinto protettivo. Sì, bell'istinto. Soprattutto se accompagnato da una buona dose di stupidaggine.
Pianse tutta la notte. La sentii mormorare il nome di Peter Pan, lo supplicava di portarla via. Rimasi tutta la notte davanti alla sua stanza.
La cosa che mi faceva più male era che lei mi aveva avvisato e io non le avevo dato retta. Il mio cuore batteva forte e il mio cervello si automalediceva. La mia anima era corrosa.

Il mattino arrivò, ma non c'erano i raggi di sole che mi illuminavano i riccioli mentre guardavo Eris dormire. C'erano dei piccoli fasci di luce che mi davano un gran fastidio: sembravano gioire. Mi sarebbe piaciuto ricordare com'era essere felici, ma sentirla piangere mi distruggeva.
Sentii i passi di David che saliva le scale... avrei dovuto levarmi da quella porta, avrei dovuto togliermi dalla vita di Eris per sempre. Ma non ne avevo il coraggio. Il mio bodyguard si mise accanto a me, seduto.
"Quella.." Lo bloccai, per non farlo continuare. "Non c'entra niente, David, è colpa mia" Mi alzai e entrai nella mia stanza, sedendomi sul letto. Dovevo essere uno zombie. Come Thriller.
"Michael, non dovresti stare così" Mi disse, chiundendosi la porta alle spalle e mettendosi accanto a me, come potrebbe fare un padre con un figlio. "Come dovrebbe stare un traditore?" Chiesi con il velo di un sorriso triste.
Scosse la testa. "Michael ti conosco da una vita. Non posso permettere che tu stia così giù. Ti ho visto ieri. Ho visto il modo in cui la guardavi e il modo in cui lei guardava te." Mi disse. Ma non avrebbe risollevato le cose. Era quello il problema. Mi voleva bene e io l'avevo delusa.
"Michael, tu mi dici sempre di Sorridere, di non buttarmi giù, di trovare un motivo per non piangere..." Sì, me lo stavo ripetendo anche a me stesso. Ma non riuscivo a capire perché sarei dovuto essere felice. La felicità era l'ultima cosa che mi meritavo. E la mia felicità dipendeva da quella di Eris.
"Peter Pan" Disse, due paroline semplici. Ma lui sapeva che avevano il potere di farmi riflettere. Che cosa avrebbe fatto Peter in quella situazione? Sarebbe corsa ad aiutarla, senz'altro. Se ne sarebbe fregato di quello che avrebbe fatto. Le avrebbe sbattuto in faccia la verità perché era l'unica cosa che sapeva fare. Avrebbe finto indifferenza dopo averlo fatto. E le avrebbe detto che valeva più di venti ragazzi.
"Non sono bravo con le parole..." Mormorai sconsolato. Lui mi diede una pacca sulla spalla e poi rise, forse nel tentativo di tirarmi su il morale. "Infatti. Sei un vero caso disperato. Pensa, hai solo cantato e scritto l'album più venduto di tutti i tempi!" Affermò.
Giusto! Una canzone! Cos'altro poteva piacere a Eris? Da quanto ne sapevo le canzoni che avevamo ballato quella sera le erano piaciute.
Mi rimisi nel luogo in cui ci eravamo dati il primo bacio, davanti alla finestra. Rivissi quella scena attimo dopo attimo e ne assaporai la dolcezza.
Poi presi il primo pezzo di carta che mi capitò sotto mano e iniziai a scrivere, scrivere, scrivere, scrivere... scrissi tutto quello che volevo dirle, su quanto volevo che restasse, su quanto le volevo bene. Buttai tutto sul foglio, scrivendo una piccola anteprima di una canzone e poi trasformandola mano a mano sotto lo sguardo stupito di David.
Scrivevo, cancellavo, buttavo un foglio, prendevo una cassetta e registravo ciò che avevo in mente, immaginai i cori... insomma, venne tutto irrimediabilmente naturale. Avrei aspettato la sera, quell'attimo prima della notte ma già dopo il pomeriggio, in cui gli esseri umani sono più romantici e malinconici.
Non uscì da quella stanza per tutto il giorno. Entravano solo di tanto in tanto le cameriere a portarle da mangiare, da bere o anche solo un consiglio.
Alla fine, non resistetti e chiesi a una "Come sta?" Abbassò lo sguardo. "Male. Non mangia e non beve, continua a piangere... non so cosa fare. Ci sono passata anche io e so quanto puo' far male. Ma so anche quanto puo' far bene un passo in avanti da qualcuno" E se ne andò.
Da quel discorso capii solo che la stavo uccidendo e non lo potevo sopportare. Eris non meritava di soffrire per causa mia. Aspettai la cena come non la avevo mai aspettata in vita mia. Avevo detto che sarei andato a io a portargliela.
Fu il pomeriggio più lento di tutta la mia vita. I bambini mi chiamavano e mi chiedevano come stavo. Volevo giocare con loro, ma purtroppo dovevano occuparsi di una missione super segreta, certamente uno scherzo a qualcuno del personale, come al solito.
Lo passai seduto sul mio letto, con lo sguardo attaccato all'orologio, con la voglia di fare qualcosa senza sapere bene che cosa.
Ma arrivò. Quel momento arrivò. Bussò David. "Il vassoio" Mormorò strizzandomi un occhio. Lo ringraziai con tutta l'anima. Presi un grande respiro e bussai.
"Avanti..." Fece una voce spezzata. Aprii lentamente la porta, mentre lei se ne stava seduta a terra, che mi dava le spalle, abbracciata ad un cuscino.
"Non ho fame. Lascialo lì, per favore" Disse. Non l'avevo mai sentita così e mi sentii il cuore frantumarsi, mentre il coraggio mi diede un'enorme spinta.
"Non ho intenzione di andarmene dopo aver lasciato il vassoio, però" La informai, facendola sobbalzare. Lo lasciai sul comodino e rimasi a guardarla.
Si girò lentamente verso di me. Aveva una bruttissima cera, il viso ancora rigato per tutte quelle lacrime che io le avevo fatto versare. Non appena mi vide mormorò "Vai via". Aveva molto a che fare con la canzone, ma non era ancora il momento.
"Posso spiegarti?" Chiesi, mettendomi seduto davanti alla porta. "N.." "Se anche dici di no, lo spiego lo stesso". La vidi sbuffare e asciugarsi velocemente una lacrima fuggiasca.
"Parto dall'inizio o dalla fine?" Le chiesi. Mi guardò negli occhi, con quel punto interrogativo disegnato nelle pupille. Ma si rigirò "Da dove vuoi, tanto non voglio sentirti". Mi pugnalarono il cuore, queste piccole parole. Cercai di non farmi prendere dal panico.
"Quella notte, era piena di stelle. Dovevo cercare spunto per creare il mio nuovo video e promuovere Bad. Poi sei arrivata tu. Me lo ricordo ancora come mormoravi il nome di Sarah. Ti assicuro che non ti salvai solo perché volevo fare il coraggioso. Una volta vidi una bambina, Elen, ti assomigliava tanto. Aveva i tuoi stessi occhi e giocava spesso al parco sotto il nostro studio di registrazione. Un giorno, mentre la guardavo, mi regalò un fiore e mi disse che quello era il suo preferito. Ce l'ho ancora, da qualche parte. Tu eri pura come quella bambina, eri e sei così... così piccola che ho sentito che non avresti meritato nulla di quello che..." "Nessuno meriterebbe quello che mi avevano fatto..." La voce era rotta. Non volevo che piangesse. "Nessuno. Lo so. Ma tu meno di tutti. Non te l'eri andata a cercare. Non eri passata là per farti notare, come fanno tutte. Tu eri lì per cercare tua sorella" Silenzio. "Quando ti sentii giocare a pirati fu il giorno più bello di tutta la mia vita. Non avevo mai incontrato nessuno di età così vicina alla mia che giocasse con le bambole... e poi ti vidi stringere il ritratto di Peter Pan..." Mi si riempirono gli occhi di lacrime, ma le trattenni. I ricordi facevano male. "Non eri voluta partire, ti ricordi? Ti dissi che eri una principessa e visitasti tutto lo zoo e i bambini. Poi eri rimasta. Ne abbiamo passate tantissime, dalle più gravi alle più divertenti. Sei così curiosa, così divertente... è così facile farti sorridere..." Sospirai per evitare di avere un crollo. "Rachel la conoscevo da tempo. Ma non è mai stata nulla. Io ieri non l'ho toccata" La vidi stringere gli occhi e trattenere un singhiozzo di pianto. Inspirò forte col naso e le lacrime iniziarono a scenderle. "Sì, l'ho baciata. Sono stato così... così stupido. Ma ti assicuro che non le ho slacciato io i jeans. Ha fatto da sola." Mormorai. Lei mi alzò una mano in segno di stop.
"Michael, mi ricordo tutto. Ogni singolo istante. Mi dispiace solo che tu li abbia buttati tutti via così." No, ti prego, non piangere. Fammi spiegare, ti prego... "Non ho buttato via nulla, Eris. Non sono in grado di vivere senza quei momenti. Non butto i ricordi nella tazza e scarico. Specialmente i tuoi. Rachel.. è stato un momento di adolescenza. L'ho baciata solo... solo perché era bella, sì. Ma mi sono fermato perché c'eri tu. Mi sono fermato perché non ho sopportato i nostri ricordi misti a quel bacio stupido. Perché è stato stupido. Sai che per me non è contato nulla." Seguì un lungo periodo di silenzio, spezzato solo dai suoi respiri rotti di pianto. Ogni sua lacrima mi arrivava al cuore come un coltello.
"Non è stato nulla. Ho sbagliato. Sono stato stupido... vorrei solo che.. che mi perdonassi" Mormorai, avvicinandomi a lei di mezzo passo. La sentii ispirare forte.
"Michael, grazie di tutto. Ma voglio andare... voglio... voglio andare via..." Le ultime parole furono un soffio di vento, succedute da un pianto di quelli fatti bene. Quel soffio di vento mi raggiunse le orecchie, mi girò a lungo nel cervello e poi torturò il cuore.
Voleva andare via... Le note iniziarono lentamente a scivolarmi nella testa, poi la lingua seguì le parole. Iniziò la canzone.


 

Don’t walk away                                                   
See I just can’t find the right thing to say
I tried but all my pain gets in the way
Tell me what I have to do so you’ll stay
Should I get down on my knees and pray

And how can I stop losing you
How can I begin to say
When there’s nothing left to do but walk away

I close my eyes
Just to try and see you smile one more time
But it’s been so long now all I do is cry
Can’t we find some love to take this away
‘Cause the pain gets stronger every day

How can I begin again
How am I to understand
When there’s nothing left to du but walk away

See now why
All my dreams been broken
I don’t know where we’re going
Everything we said and all we done now
Don’t let go, I don’t wanna walk away
Now why
All my dreams are broken
Don’t know where we’re going
Everything begins to set us free
Can’t you see, I don’t wanna walk away

If you go, I won’t forget you girl
Can’t you see that you will always be
Even though I had to let you go
There’ nothing left to do
Don’t walk away



Non andare via
Vedi, non riesco a trovare la cosa giusta da dire
Ci ho provato ma il dolore mi blocca
Dimmi cosa devo fare per farti restare
Dovrei deporre le armi e pregare

E come posso smettere di perderti
Come posso iniziare a dirlo
Quando non c'è nient'altro da fare che andare via

Chiudo gli occhi
Solo per provare e vederti sorridere un'altra volta
Ma è passato molto tempo, ora tutto quello che faccio è piangere
Non possiamo trovare un pò d'amore per farla finita
Perchè il dolore diventa ogni giorno più forte 

Come posso ricominciare di nuovo
Come faccio a comprendere
Quando non c'è nient'altro da fare che andare via

Ora vedi perchè
Tutti i miei sogni si sono infranti
Non so dove stiamo andando
Ogni cosa che abbiamo detto e fatto ora
Non lasciarli andare, non voglio andare via
Ora perchè
Tutti i miei sogni sono infranti
Non so dove stiamo andando
Tutto inizia per renderci liberi
Non lo vedi, non voglio andare via

Se te ne vai, non ti dimenticherò ragazza
Non lo vedi che ci sarai sempre
Anche se ho dovuto lasciarti andare
Non c'e nient'altro da fare
Non andare via

Terminai la canzone che ero in lacrime. Sospirai forte e me le asciugai, in attesa di sapere che effetto avevo avuto su Eris.
La vidi accucciata sul letto che piangeva molto più debolmente, ma ancora lacrimava.
"Davvero vuoi che non vada via?" Mi chiese con un fil di voce. Le sorrisi. "Come Peter non vuole che Wendy torni a casa" Le mormorai. Mi avvicinai a lei, stavolta molto di più di mezzo passo. Vidi l'ombra di un sorriso. "L'hai scritta per me, questa?" Mormorò ancora, guardandomi di nuovo negli occhi, come non faceva da quello che mi sembrava un'eternità. Annuii mentre volevo urlare di gioia. 
Colpo di scena. Mi abbracciò. Mi abbracciò come se fosse un tesoro, come se fossi la cosa più bella del mondo. I pensieri brutti erano andati via. Le accarezzai i capelli biondi mentre la sentivo felice, di nuovo. Il suo cuore batteva contro il mio che, finalmente, aveva un motivo per continuare a farlo.
"Sono perdonato?" "Sì... e io?" "Sì". Restammo abbracciati a lungo. Poi, per la gioia, la tirai su e iniziai a fare giravolte. Lei rideva felice, mentre i capelli biondi le accarezzavano il dolcissimo viso. 
Quando la feci tornare coi piedi a terra, lei volò sul letto e si mise seduta, con il viso in fiamme. Mi misi seduto accanto a lei. Un'altra ragazza, probabilmente avrebbe fatto la drastica, mi avrebbe detto che ero imperdonabile e che una canzone non avrebbe sistemato le cose né cancellato nulla. Ma Eris non era un'altra ragazza. Eris era la ragazza più pura e semplice che avessi mai conosciuto.
"Ti va se recitiamo la mia parte preferita di Peter Pan, con una piccolissima variante?" Mi chiese arrossendo e torturandosi le mani.
"Qual è la tua parte preferita?" Chiesi. Era difficile recitare senza sapere cosa.
"Tu vienimi dietro" Mi strizzò l'occhio. Ma c'era la variante. Stavo per chiedere quale sarebbe stata, ma inizio a recitare.
"Mi piacerebbe tanto darti un bacio..." Iniziò lei. Le porsi la mano destra. Nel libro lui non aveva la più pallida idea di cosa fosse e quindi Wendy gli regalava un ditale.
Arrivò la variante. Mise la sua mano sulla mia e poi mi baciò a fior di labbra. Sorrisi e mi avvicinai. Un altro bacio da favola.
Ma stavolta intorno a noi non c'erano dame e cavalieri a festeggiare. C'eravamo solo io, lei e l'universo che ci girava intorno. C'erano le mie mani e le sue mani, le mie labbra e le sue labbra, il mio cuore e il suo cuore. Nient'altro. Perché a noi andava bene così. 
Non sarebbe andata via, sarebbe rimasta.
E io non l'avrei abbandonata.


*Autricee*
Beh, che dire? Finalmente Rachel è stata mandata a calci nel sedere a fare il suo lavoro da qualcun altro e loro si sono finalmente rimessi insieme. Dopo una notte e un giorno d'inferno, il lieto fine ci stava tutto v.v
Ma quando durerà questa pace?
Nel prossimo capitolo, dato che sarà dal Punto di Vista di Eris, scopriremo se la parte che ha prevalso in lei è stata quella adulta o quella da bambina.
Nel frattempo, mando un enorme bacio alle nuove e alle vecchie recensitrici. E un bacio pure ai lettori silenziosi. ;)
Vi Voglio Bene, Grazie di Leggere e Sopportare Le Mie Cavolate Sempre xD
Un Abbraccio;

Lost Girl

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Capitolo 16
*** I'll Be There. ***


Capitolo 16: I'll Be There.

Avevamo risolto, finalmente! Erano stati i due giorni peggiori della mia vita... credo. No, ne ero certa. Ma quando l'avevo visto uscire con Rachel vicino, mi ero sentita proprio male.
Non avevo fatto altro che pensare che non era giusto, che solo perché lei era bella doveva ottenere tutto quello che voleva, che dovevo smetterla di vergognarmi del mio corpo, che quel suo visino attirava veramente di più, che era molto più forte e sapeva mentire.
Mi erano sembrate tutte cose stupende. Ma poi era entrato Michael, mi aveva detto che si era fermato perché c'ero io, che i nostri ricordi erano importanti e non voleva che io andassi via. Furono le più belle parole che mi furono mai dette.
Quindi un bel corpo, un carattere forte e la capacità di mentire non erano importanti? Evidentemente non per Michael, e a me bastava sapere questo. Fu.. il giorno indubbiamente più bello. 
Fino alla fine del liceo, le mie compagne di classe si distruggevano se venivano lasciate, bevevano per dimenticare, volevano rifarsi il seno. Alcune dicevano che la vita era uno schifo.
Io non ero mai stata lasciata, non volevo dimenticare nulla e mi andavo bene così. Infatti, non ero esattamente popolare. Io ero stata distrutta perché ero convinta che Michael fosse un mostro, e invece era il ragazzo più... più stupendo (scusate se è sgrammaticato, ma rende; nda) che io abbia mai conosciuto.
E nemmeno io volevo veramente andare via. Era stato un momento folle, non volevo più innamorarmi di quella voce ogni volta che la sentivo, di quel viso ogni volta che lo vedevo, di quel cuore ogni volta che batteva. Ma lui aveva cantato.
Aveva scritto una canzone solo per me. Durante questa, la mia anima era divisa in due: adulta o bambina? La prima parte mi diceva di non perdonarlo, di girare i tacchi, di non vederlo mai più. Quell'altra rideva e mi diceva che era un gesto bellissimo e che non mi sarebbe mai più ricapitato. E che se mi ero veramente innamorata, non potevo autodsitruggere il mio lieto fine.
Inutile dire quale parte avesse vinto. Mi diedi anche della stupida per essermi fatta venire il dubbio. La mia anima si ricompose, e la parte adulta se ne andò insieme a Rachel.
Quella notte era stellata e non volevamo perdercela. Svegliammo i bambini che ci seguirono entusiasti nel giardino, presi tantissime coperte: alcune per mettercele sotto e altre per coprirci. Eravamo distesi, al caldo, mentre sopra di noi le stelle ammiccavano, come facevano quando stava per arrivare Peter Pan. Ma lui non arrivò, quella notte. Michael li chiamava uno a uno e indicava il cielo.
Gareggiammo a chi trovava la stella più brillante. Vinse lui, ma era decisamente fuori gara. Aveva trovato la seconda a destra. E si sa che brilla più di tutte. I bambini erano d'accordo con me ma Michael non volle sentire ragioni.
Si risolse tutto con un po' di risate.
Fu la notte più bella di tutta la mia vita.

Quando ci risvegliammo, il sole era sorto da due o tre ore, e dormivano tutti. Ma mancava un bambino. Michael.
Mi sfilai da sotto le coperte cercando di non scoprire nessuno, poi corsi per Neverland alla sua ricerca. Lo trovai in costume, tutto bagnato, sul bordo della piscina a piangere. Doveva stare congelando, indubbiamente. Mi sfilai il piumone e glielo poggiai sulle spalle, mi tirai su i pantaloni e mi sedetti accanto a lui con i piedi nell'acqua congelata. Mi accorsi che era quella dove sbucava il passaggio segreto. Appoggiai la testa sulla sua spalla. Tirò su con il naso.
"Come mai non dormi?" Svagò. Si vedeva che era semplicemente per arrivare alla mia domanda, quella che dovevo fare per diritto.
"Mi sono svegliata presto. Tu come mai ti sei svegliato?" Chiesi. Lo sentii sospirare, ma rimase in silenzio. Sentivo il suo corpo tremare e mi avvicinai ancora di più a lui, gli presi una mano. Stavolta, la sua era fredda e la mia era calda. Gli presi anche l'altra e le strinsi tra le mie.
"Avevo un sasso sotto la scapola"
"Doveva farti tanto male, stai piangendo"
Rise. "Perspicace"
"No, dai, che è successo?"
Si strinse il suo piumone sulle spalle. Me lo aveva dato la sera perché avevo freddo nonostante le coperte.
"Promettimi di non dirlo a nessuno, nè ai bambini, nè a David, nè a nessun altro" Mi fece dopo un lungo periodo di riflessioni. Feci giurin giurello tutta contenta. Avrei saputo un segreto.
"Ok, allora.." Mi accoccolai vicino a lui, guardando l'acqua oscillare lenta, tenendogli le mani. "C'è un libro.. un grande libro. Sta scalando le classifiche.. tra i più venduti al mondo" sottolineò queste ultime parole. Il mio cuore iniziò a scalpitare, senza che io ne sapessi il motivo. "Il nome non lo so... ma ho ricevuto telefonate di.. di fans. Dicevano.. che hanno letto questo libro... e.." Vidi una lacrima scendergli sulla guancia e gliel'asciugai con un dito. "C'è scritto.. c'è scritto che l'autore è un mio amico... così, dicono... ma... dice cose orribili.. come che è vero che sono sbiancato.. che ho superato i dieci interventi plastici... cose.. cose orribili" Mormorò. Si coprì il viso con le mani e ricominciò a piangere.
"Ma come ti hanno chiamato?" Chiesi. David era venuto e gli aveva portato il telefono dicendo che era urgente, mi disse. Me lo immaginai che correva con una faccia terrorizzata con il telefono in mano e mi venne voglia di ridere, ma mi trattenni.
"Ma non è la prima volta, no?" Gli dissi, guardandolo con occhi tristi. Lui mi guardò e fece un sospiro divertito, accarezzandomi la guancia destra.
"No, non è la prima volta. Ma dato che l'autore si spaccia per mio amico, gli danno tutti retta. Questi fans mi hanno chiamato per dirmi: è sbagliato sbiancarsi. -Perché ti sei operato? Da bambino eri stupendo.- -Ora sei bello, ma perché operarsi?-" Era evidentemente distrutto. "Nemmeno i miei fans mi credono più..." Ricominciò a piangere.
Non ce la facevo a vederlo così.
Il mio sguardo tornò sull'acqua. Io andavo in aphnea quando avevo bisogno di sfogarmi, perché trattenere il fiato mi faceva formicolare il petto, e mi faceva dimenticare tutto. E poi la danza dell'acqua lava via tutti i problemi. 
Mi infilai oltre quella pellicola trasparente, ignorando il freddo, e mi immersi. Vidi i piedi di Michael agitarsi un po' sott'acqua, poi sbucò la sua testa e i suoi riccioli, seguiti da tutto il corpo. Ritornai in superficie con lui.
"A me l'acqua fa dimenticare tutto" Gli mormorai. "Anche a me" Rispose. Tornammo sott'acqua e nuotammo vicini quanto più possibile. Anche a lui faceva bene l'aphnea, credo.
Non parlammo per molto tempo, entrambi immersi in un pensiero fisso. La stupidità e superficialità della gente era veramente troppa. Come potevano credere ad una cosa scritta da qualcun altro? Ma il mio cervello rispose che ero l'ultima a poter parlare. Una volta ero la prima a affermare quanto fosse sbiancato, drogato, rifatto e malato. Ma ero riuscita a conoscerlo, a entrare in alcune parti del suo cuore che non sarebbero mai state aperte a nessun'altro. Lui, nel mio cuore, ci viveva, ormai.
Poi mi venne un'idea geniale. Una canzone!! Gliela dissi subito. Rise. "Bell'idea, con te ha funzionato" Mi strizzò l'occhio. Ma io sapevo quello che lui non sapeva. Le sue canzoni venivano ascoltate e apprezzate. Ma erano più unici che rari i casi in cui si capiva anche il messaggio. La scartai e gliene rivelai il motivo, ma intristendolo. Non era quello che volevo.
"Ok... tocca trovare qualcos'altro" Mormorò. Restammo in piscina da soli a lungo, ma i bambini ci trovarono immediatamente e si tuffarono.
Impiegammo un'ora per farli uscire dicendo "siete matti? Vi fa male", e loro mettevano il broncio perché noi potevamo e loro no.
"Perché noi possiamo" Scherzai. Allora tutti quelli che erano usciti si ributtavano e sgusciavano via come anguille dalle nostre mani.
Tragedia Numero 1: Laurence sbattè la testa contro un muro e ne uscì una marea di sangue, tutti i bambini uscirono.
Tragedia Numero 2: Michael era in aphnea a lungo e stava per uscire a respirare quando lo vide, e gli nuotò incontro. Ma i polmoni erano vuoti e svenne.
Tragedia Numero 3: Ero rimasta da sola in mezzo ad una piscina insanguinata, con Michael svenuto e un bambino che urlava.
Tirai fuori il bambino dall'acqua e lo feci stendere su una coperta. Feci lo stesso con Michael, ma con il doppio della fatica.
Ero disperata. "Correte, chiamate David, ditegli di chiamare un'ambulanza e di venire subito qui!" Ordinai, mentre Laurence non smetteva di piangere e la sua testa di sanguinare. Michael sembrava morto.
Andai dal piccolo: "Shhh, va tutto bene. Ora arrivano i dottori e ti fanno stare bene, dai, tranquillo, va tutto bene" Mormorai accarezzandogli la fronte. Continuò a piangere, ma almeno non urlò.
Poi presi le gambe di Michael e le tirai su, nella speranza che tornasse tra noi. Accadde dopo poco tempo, ma aveva ancora i polmoni pieni di acqua. Lo aiutai ad alzarsi e chiesi a tre bambini che erano rimasti a fargli sputare l'acqua. Io lo tenni su per la schiena e loro gli spingevano sullo stomaco. Michael sputò tutto e tornò a respirare, mentre i bambini sospiravano di sollievo. Ma c'era Laurence.
David arrivò di corsa, in una tuta da ginnastica. Era sudato, ma si mise in ginocchio vicino al bambino. "Non sembra grave.. puff... " Mormorò. Poi gli sorrise. "Vedrai, guarirai in men che non si dica" E gli strizzò l'occhio.
Ma la ferita doveva fare male e Laurence tornò a piangere e urlare. "Hai chiamato l'ambulanza?" Chiese Michael. David annuì.
Infatti arrivarono poco dopo dei dottori, ma ci rifutammo di farli entrare a Neverland. Prese il bambino in braccio e corse a più non posso. Una volta arrivato, salì in ambulanza con i dottori. Lasciai i bambini al parco con chi se ne occupava e io e David montammo sulla limousine, fino all'ospedale. La gente guardava la macchina con gli occhi sgranati, ma poco me ne importava. Rimase anche abbastanza delusa quando vide uscire me anziché il famoso Michael Jackson.

Una volta dentro, fecero stendere anche Michael perché gli era salita la pressione in una maniera impressionante. 
Si scoprì che la testa è solita a sanguinare molto, ma Laurence non aveva nulla di permanente, una botta allo spigolo della piscina gli sfiorò a malapena il cranio. Si sarebbe ripreso con poco. Sospirai di sollievo.
Michael era ancora preoccupato. Non voleva che nessun bambino stesse male, specialmente a causa sua. Si diede la colpa per aver voluto farli uscire, dicendo che se fossero rimasti dentro si sarebbero solo presi un raffreddore invece di una botta in testa.
"Michael, hai sentito il dottore. Non è niente." Gli mormorai. Era disteso sul lettino ed aveva il battito del cuore accellerato. Lo sentii quando gli portai la mano al petto. "Senti come batte" Dissi ridendo. Non avevo mai sentito un battito più veloce.
Lui ridacchiò e fece qualche respiro profondo, per calmarsi.
Ma mi disse che si sentiva ancora in colpa e non poteva farci niente. Stava male dentro perché era a casa sua che un bambino si era fatto male. Promise che avrebbe fatto arrotondare ogni singolo angolo.
"Michael, non è colpa tua e lo sai. Succede di prendere una botta in testa."
"Lo so, Eris. Ma non posso fare a meno di stare male. Laurence sta qui per colpa mia! Se solo gli avessi permesso di restare in acqua..."
"Se è per quello, è anche colpa mia." Mi guardò con gli occhioni e allo sguardo da cucciolo non seppi resistere. Fui costretta a dargli retta perché da come mi guardava si vedeva che soffriva veramente.
"Per qualunque cosa, ci sarò." I'll be there. Aveva qualcosa di terribilmente familiare. Ah, si, me l'aveva fatta sentire Rachel. Era dei Jackson 5.
Ma quel nome era sparito dalla mia vita. E dalla sua. Dalla nostra vita.

*Autricee*
Ragazzi, lo so... questo capitolo è il più noioso... ma un po' di sana quotidianità (levando il fatto che fanno il bagno in piscina a novembre e che Laurence per una botta perde tanto sangue e Michael si dimentica di respirare... un po' di sana fantasia xD) ogni tanto ci vuole.
Fatto sta che vi prometto assolutamente che al prossimo succederà qualcosa. Scegliete voi cosa si metterà di nuovo in mezzo a loro due:
-Una fan gelosa
-Uno scheletro nell'armadio di uno dei due.

A voi la scelta, così mi aiutate  a farvi piacere ancora la storia :3

Un Abbraccio e scusate la pallosità (?) del capitolo;

Lost Girl


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Capitolo 17
*** Childhood #2 ***


Capitolo 17: Childhood #2

Eravamo stati dimessi dall'ospedale dopo pochi giorni, Laurence se la cavò con poco. Ma tutto finì bene, un'altra volta. Eris non lasciò un attimo la sala, ma ero sempre io a vederla dormire. Io mi svegliavo nel lettino e la vedevo seduta su una sedia, con il collo piegato in modo strano e abbastanza scomodo.
E poi lei si agitava un po' e si svegliava, si stropicciava gli occhi, si rendeva conto di dove era e mi sorrideva. Come al solito.
Finalmente, era tutto finito ed eravamo tornati a Neverland solo da due giorni, quando Eris decise di passare due giorni con Sarah e Silvya. Mi disse che la sorella l'aveva chiamata che aveva bisogno di parlarle e non poteva rifiutarsi. La lasciai andare, ovviamente, tanto sarebbe tornata, ne ero sicuro.
Per cui, lascio narrare la storia a lei...

POV Eris
Come ha già detto Michael, Sarah mi aveva chiamata perché aveva bisogno di parlarmi, mi aveva accennato qualcosa su un tipo ma non ci avevo capito tanto.
Non appena arrivai fui accolta da calorosi abbracci di bentornata, e poi Sarah mi trascinò nella camera che una volta era nostra e ci sedemmo sul letto.
"Dimmi tutto" La incoraggiai sorridendo, mentre bevevo un po' di succo di frutta. Avevo voglia di schifezze, ma erano tutte e due a dieta e non ne avevano dentro casa. Capitemi, dovetti accontentarmi.
"Allora.." Prese un gran respiro, per iniziare. "Sto per dirti una cosa abbastanza brutta, che non ti piacerà per niente" Sentii il cuore sbatacchiare contro il petto. Presi un sospiro. "Tranquilla, dimmi" Mormorai, più per auto-convinzione che per altro.
Lei si alzò e iniziò a sfiorare i dorsi dei libri che stavano sugli scaffali, come sempre quando si sentiva a disagio. Ogni volta che, per esempio, Silvya invitava degli amici a noi sconosciuti che ci chiedevano qualcosa, lei accarezzava i libri. Era come se le dessero coraggio. Sentii il mio stomaco fare i contorsionisti e pregai che Sarah si sbrigasse.
"Non so se sai che è uscito un libro contro Michael... uno di quelli che scrivono baggianate pure..." Mi disse, con l'aria di chi sta cercando di farti ricordare qualcosa. Annuii, mentre il mio cervello si chiedeva cosa sarebbe successo ancora. "Ecco, l'autore..." "Si spaccia per un suo amico, sì, lo so..." Non le feci terminare la frase. Ma lei mi guardò contrariata. "Non stavo per dire questo" Fece l'offesa. Sorrisi. "E cosa?" Chiesi.
Sospirò. "L'autore... tu lo conosci molto, molto bene" Ecco, un altro problema saltato fuori da un mio vecchio ricordo. Il mio passato ultimamente creava guai su guai.
"Oh, mamma, e chi è?" Domandai, alzando gli occhi al cielo.
"Ti ricordi quando eri al terzo, c'era quel tuo amico, Brooke..." Lo so, sembra il nome di una ragazza. Ma questo era maschio. Annuii. "Lui?" Spalancai gli occhi. Lei rise. "No, no, tranquilla. Quell'altro, quello... quello che piaceva ai tre quarti della scuola... che tu odiavi profondamente... oddio, come si chiamava.." Schioccò le dita guardando il pavimento, con aria concentrata. Ma non c'era bisogno di tanto sforzo, io lo ricordavo benissimo. Era un tipo di quelli con gli occhiali e i vestiti fighi, che camminavano come fighi, che tutti erano convinti fosse figo, che faceva il bullo figo, che prendeva solo ragazze fighe (non a caso era un ex di Rachel)... quel tipo là, insomma. Ecco. "Alexander" Dissi. "Ecco!" Esclamò. Quello stupido. Sapeva che odiavo Michael e gli faceva i complimenti solo per vedermi arrabbiata mentre gli urlavo contro cose come... ma non era quello il punto. Il punto era che aveva scritto un libro spacciandosi per un amico di Michael. "E da quando è diventato scrittore?" Chiesi. Lei prese il pc, che era già acceso, e aprì una pagina di Google. Scrisse il suo nome e cognome. "Ha scritto tutti libri sui Beatles, Rolling Stones... si, insomma, questi... ah, no, ha scritto anche un romanzo di guerra." Mi informò. 
L'ultima cosa che avrei mai creduto fosse potuto diventare era proprio uno scrittore. Avrei immaginato più giornalista.
Ma era diventato scrittore. E fece l'ultima cosa che avrebbe potuto fare. Si era messo contro la persona sbagliata. Questa frase faceva tanto film! Ma non mi deconcentrai.
"Sarah, andiamo a fare una passeggiata?" Le strizzai l'occhio e lei rise. "Sei incredibile" Mormorò, mentre prendevamo i giubbotti. Alla fine, Silvya mi lasciò andare senza problemi e mi diede quella sensazione di libertà che avevo provato solo a Neverland.
Prendemmo una metro e arrivammo fino sotto una certa redazione... dove scriveva un certo giornalista... 
Salimmo volentieri e riuscimmo subito ad avere un incontro con lui. Non doveva avere una grande fama. Il suo ufficio era piccolo, con le pareti azzurrine e una scrivania al centro. Ci era piegato sopra un uomo con la gobba, magro, con le mani frenetiche e una penna in mano. Dio, com'era cambiato!
"Alexander?!?" Lo chiamai sbalordita. Lui alzò lo sguardo. Gli occhi verde chiaro erano rimasti. Ne gioii perché era l'unica cosa che mi fosse mai piaciuta di lui.
"Posso aiutarla?"
"Eris... ti ricordi? Liceo insieme, quella che stava in classe con Rachel..."
"Ah, si... sei cambiata" Mi sorrise senza gioia. 
"Wow... anche tu..." 
"Io ho avuto diverse malattie che mi hanno portato a questo punto. Come va?" Chiese, torturandosi le mani, visibilmente a disagio.
"Bene, senti... ultimamente hai pubblicato un libro su Michael Jackson?" Tornò con lo sguardo su di me e gli vidi brillare gli occhi. Sorrise, stavolta felicissimo. "Sì, sì... ho scritto tutto quello che mi avevi detto... ti ricordi? Ogni cosa. Ti è.."
"Piaciuto? Nemmeno un po'. Ho scoperto tante cose da allora e quell'uomo non è lo stesso che hai descritto nel libro" Lui abbassò lo sguardo e si intristì.
"E allora che devo fare?" Mormorò. Corrucciai la fronte.
"Per.. per fare che?"
"Per vendere, Eris, per vendere. Senti, non ho una carriera. Ho scritto un po' di libri e me li hanno pubblicati, ma avranno venduto si e no mille copie. Su Michael Jackson potevo puntare a sperare bene. Il più grande di tutti i tempi! Milioni di copie in tutto il mondo!" Sembrava fantasticare così bene che mi sembrò un peccato interromperlo. Si, va be.
"E hai scritto quelle stupidaggini per vendere?!?" Mi sembrò la cosa più brutta che un uomo potesse fare. Scrivere delle calunnie per vendere un po' di copie... che cosa voleva dire? Se non sapeva che scrivere, cambiava mestiere.
Annuì.
"Senti, o ritiri tutte le copie e riformuli in modo esatto tutto quello che hai scritto, oppure le copie te le brucio io" Mi sentii gli occhi infuocati. Lui mi sfidò con lo sguardo e poi rise, stavolta di malignità.
"Ahahahah, sembra che tu stia parlando del tuo ragazzo" Continuò a ridere, facendomi arrabbiare ancora di più. "Comunque, la gente vende e non vedo perché perdere questo affarone!"
"Perché sono bugie!"
"Perché, di cosa pensi che è fatto il mondo? Bugie, bugie, bugie, le inventano tutti! Persino tu a cinque anni ne avrai dette tante. E se fai finta che non esistano, stai dicendo la più grande" Oddio, che persona drastica che era diventata.
"Senti, io mi ricordo di te. Eri quello superficiale, che piaceva a tutte, che se ne fregava di qualunque cosa non lo riguardasse, che non si preoccupava di cosa pensavano in negativo di lui perché sapeva da solo quanto valeva..." Iniziai ad elencare. Poi tornai tranquilla. "E non eri così drastico".
Restò spiazzato. Poi si alzò e si affacciò alla sua finestra.
"Le malattie non hanno cambiato solo il "me" fuori, sai?" Annuì. "Vedi, quando vedi in faccia la morte, inizi a vivere ogni giorno come fosse l'ul.."
"Wow, quindi se questo fosse il tuo ultimo giorno lo vivresti chiuso quà dentro?" Chiese Sarah disgustata. Non aveva parlato per tutto il tempo, e ora si era intromessa per dire la sua. Sapevo che non voleva dirlo, ma quando non reggeva doveva parlare. E diceva ogni cosa gli passasse per la mente.
"Entusiasmante..." Mormorò ironica. Lui lo guardò. "Mi ricordo di te... eri... eri quella di un anno più piccola, sì..." La indicò. "Comunque, il libro resta dov'è" Sembrava irremovibile e sentii saltare i nervi.
"Se ti piace inventare le cose per fare successo... ma perché non ti trovi una vita? O qualcosa da scrivere? Potresti iniziare a fare un libro politico, tanto sembri bravo in questo campo no?" Sottolineai. Poi continuai, tra i denti. "E lascia stare Michael". Voltai i tacchi e me ne andai. Lo sentii spiazzato.
Il giorno dopo, ancora con Sarah e Silvya, andammo a fare un po' di spese al centro commerciale lì vicino... mi comprò dei vestiti da portare a Neverland, della biancheria e anche due costumi. La abbracciai fortissimo.
Passammo davanti alla libreria e discutemmo un sacco di tempo. Io non avevo intenzione di entrare per l'incolumità di quel libro, loro volevano dare un'occhiata. Restammo fuori tutto il tempo necessario. E secondo me le coincidenze non esistono. Quando si erano arrese, vidi un uomo gobbo all'interno, con un micrfono in una mano e il suo libro nell'altra. Corsi a guardare. Sentii solo dire: "Pagherò le conseguenze delle mie azioni. Ma non voglio diventare famoso sulle spalle di qualcuno. Per cui mi rivolgo a tutti i presenti, specialmente alle telecamere: non comprate questo libro! Sono tutte calunnie!" Fui così felice di sentire uscire quelle parole dalla sua bocca. Poi lo guardai bene. 
Aveva il viso di un diciannovenne, ma il suo fisico scolpito se n'era andato e con lui tutto ciò che aveva di bello che attirava le ragazze. Muscoli su muscoli, me li ricordo. Ora era rimasta l'unica cosa che per me era sempre stata bellissima: i suoi occhi. Li avevo amati e li ho sempre amati, quel verde chiaro... Ma quelli di Michael erano molto più... cioccolatosi e buoni.  
Tornai a Neverland ringraziando enormemente Sarah e Silvya per tutto.
Michael mi abbracciò fortissimo mentre tornavo in casa con il borsone e tutto. Risi. "Pensa, ho addirittura preso un pigiama!" Scherzai. Sì, di solito usavo una sua tuta. Lui rise.
"Ho una bellissima notizia!" Mi strizzò l'occhio. "Lo stesso autore del libro ha rivelato che erano tutte calunnie e di non comprarlo. Ha detto che era stata Billie Jean a fargli capire che le bugie non portano a buon termine" Era così felice. Sentivo che per lui sapere che una sua canzone aveva aiutato qualcuno a migliorare lo faceva star bene.
"Anche Billie Jean, vorrai dire" M'indispettii. Lui mi guardò. "Come?" Risi e gli diedi una pacca sulla spalla. "Ho fatto un buon lavoro?" Chiesi. Lui divenne il sole fatto persona. Il suo sorriso sprigionò luce, e i suoi occhi furono come base di partenza dei tanti raggi.
Mi abbracciò e mi baciò una tempia.
"Buonissimo, direi" Mi mormorò su una guancia.
Arrivò Laurence, con un livido enorme sulla testa. "Eris, Eris, sei tornata!" Urlò. Venne seguito a ruota da Annie e da Luke. Poi un ammasso di capocette mi corsero incontro.
Risi mi venne voglia di prenderli e abbracciarli uno ad uno.
Erano così puri, così innocenti. Non avrebbero mai fatto assolutamente niente per ferire nessuno. Al massimo avrebbero mangiato un lecca-lecca che era per qualcun altro. Risi.
"Allora, chi ha voglia di giocare con me a Cinquecento?" Urlai. Si fece silenzio. "Che cos'è?" Urlò una vocina. Mi sedetti a gambe incrociate.
"Non conoscete il Cinquecento?" Scossero tutti la testa e guardai Michael. "Un punto in meno, Testa di Mela" Annuii. Lui alzò le braccia in segno di resa e si sedette accanto a me.
"E' il gioco in cui chi ha più fantasia, vince. Il Cinquecento è l'anno delle principesse, dei moschettieri, delle veggenti, dei pirati, degli investigatori, dei dottori, dei bambini... di tutto quello che volete"
"Ci sono le fate?" Chiese Annie. "Certo!" Esclamai.
"I pirati? Gli unicorni?" "Nooo, ma quali unicorni! Meglio le ninfee!" "No, io voglio fare il cavaliere" "E io faccio una sirena" "Bene, allora io faccio quella che balla nelle piazze" "Io sarò la principessa" "E allora io faccio il re" "Chi sarà il mio principe?" "Io" Un insieme di voci così e piano a piano, Neverland si ritrovò ad essere un regno dove vivevano un re burbero, una dolce regina, una principessa viziata, un principe svogliato, una serva umile, un servo ribelle, un venditore di lecca-lecca, un inventore di giocattoli, Babbo Natale, bande di ladri, pirati. C'erano immense radure di ninfee e di sirene, poi c'erano dei laghi dove vivevano i tritoni e un altro un po' più piccolo dove giocavano i più piccoli. C'erano le scuole dove si imparava a giocare bene e delle lezioni per chi voleva imparare a volare (sulle spalle di Michael). Io ero diventata una zingara veggente. E c'era la mia fedelissima aiutante: Mrs. Anne. Insomma, fu un gran trambusto ma ci divertimmo moltissimo. Credo che i più buffi furono i venditori porta a porta. Si inventavano di tutto pur di vendere i loro prodotti.
Chi vendeva il pesce urlava "Qui c'è il pesce! Chi lo compra diventa una fata, una strga o uno stregone!" E l'unica valuta era una piccola margherita.
Una margherita era il costo di ogni cosa.
Ci divertimmo un mondo. Michael era il cosiddetto "Volante". I bambini gli salivano sulle spalle e fingevano di volare. Ma si stufò e iniziò a fare un bambino orfano che giocava a pallone sulle strade infangate del piccolo regno.
A noi si unì addirittura David che iniziò ad andare in giro a rapire i bambini e a portarli dietro un albero, dove li lasciava e ne andava a prendere altri. Ma come si allontanava, i piccoli sparivano e lui ricominciava sempre, senza riuscire a spiegarsene il motivo.
Passammo l'intera giornata nel solito trambusto felice che hanno tutti i regni, finché i pirati affiancati dal famelico drago, minacciarono di rapire la principessa!
E allora i moschettieri con i cavalieri si diedero tutti un gran da fare per ruscire a proteggerla, ma erano pochi rispetto a quelli e lei venne rapita allo stesso. E chi la salvò, se non il bel principe? Ma uno stregone le fece un potente incantesimo e...
Ma non posso raccontare tutto, rimarremo qui tutto il giorno, come il tempo che impiegarono loro a giocare. E veniva tutto così naturale che ben presto furono tutti convinti di trovarsi lì e non più a Neverland.

*Autriceee*
L'opzione Scheletro nell'Armadio è stata selezionata. Uno scheletrino debole, sì, ma quanti ce ne puo' avere una ragazza che ha vissuto un po' dai suoi, un po' all'orfanotrofio e un po' da Silvya?
Considerate: dai suoi i guai già ci sono stati, all'orfanotrofio idem perché è tornata Rachel e da Silvya ora. Direi che con gli scheletri di Eris abbiamo finito xD
Ora bisognerebbe vedere Michael.. chissà!
Comunque, che ne pensate del gioco? E' il mio preferito *_* Quando ci gioco, siamo sempre in 4 (io, mia sorella e miei cuginettiiiii:3) e non c'è lo stesso trambusto che ci deve essere stato lì... <3
NB: Il prossimo capitolo sarà POV Michael, visto che questo è stato principalmente di Eris. In poche parole, prossimo Michael, quello dopo Eris, quello dopo ancora Michael..  insomma, solito ritmo ;) 
Un Abbraccio e Grazie A Tuttiiii;

Lost Girl

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Capitolo 18
*** Human Nature. ***


Capitolo 18: Human Nature.

Avevamo passato tutto il giorno a giocare a Cuìinquecento: era piaciuto a tutti! Di solito si giocava a giochi in cui potevi essere solo umano, solo pirata, solo principe... e cose simili. Invece Eris aveva rivoluzionato completamente il nostro mondo, e ci piaceva di più. Quando arrivò sera, eravamo tutti stanchi e sudati, però estremamente felici. Cenammo immediatamente con un pasto delizioso e poi filammo a letto. O meglio, Eris si addormentò ancora vestita sul divano. Aveva detto "mi siedo un attimo e poi vado". Si, come no. Risi mentre David sorrideva divertito e la portava in camera sua, mettendola sul letto e sotto le coperte.
Ma quando stavo per dormire, sentii un bussare pesante sulla porta. Sorrisi e andai ad aprire. Vidi Eris con con il suo nuovo pigiama che mi guardava sorridente. Entrò senza troppi complimenti e si mise seduta, guardando fuori.
Mi sedetti vicino a lei e mi chiesi che cosa stesse macchinando quella sua testa. Incrociò le gambe. "Non riesco a dormire!" Esclamò. Mise su il suo adorabile broncio. Risi. "Come mai?" Mi guardò. "Non lo so, è quello il punto" Sorrise e si mise al centro esatto del letto. Incrociò le gambe e chinò un po' la testa di lato, guardandomi.
"Puo' essere l'adn... l'ap... l'adrn..." Cercò di dire una parola. "Adrenalina?" Annuì forte. "Certo, puo' essere. A me sale sempre tanto dopo i concerti" Mi misi a gambe incrociate di fronte a lei. "E come si cura?" Risi ancora. "Mica è una malattia... comunque o si aspetta o si beve una camomilla o un thè.." Le sorrisi. Fece una faccia schifata. "Aspetteremo".
"Come scusa?"
"Aspetteremo." Ripetè con semplicità.
"TU, aspetterai, vorrai dire" Fece gli occhioni alla Gatto di Shrek.
"Non mi farai compagnia?"
Alzai gli occhi al cielo. "Ok, ok... che ti va di fare?" Chiesi. Il mio sonnellino si andò a far benedire, e ormai ero sveglio. Si alzò e iniziò a passeggiare per la stanza, poi guardò fuori dalla finestra.
"Michael, perché non c'è la luna piena?" Mi chiese, scrutando attentamente in cielo. Restai un attimo spaesato, poi la raggiunsi.
"Evidentemente ha mangiato poco" Scherzai. Rise di gusto, poi ricominciò a passeggiare. "Hai altri passaggi segreti?" Mi chiese guardandosi intorno attentamente.
Se ce n'erano altri? Casa era piena come un uovo di passaggi segreti! Glieli avrei detti tutti, a mio rischio e pericolo, certo. Li avrebbe usati sicuramente.
"Io ti do gli indizi e tu li devi trovare" Incrociai le braccia. Annuì e vidi che gli occhi le brillavano come due stelle. Sorrisi.
"Sorrisetto divertito" Fu il primo indizio. Sapevo che David lo sfoggiava sempre con lei. Lei corse verso la sua camera, fregandosene altamente del fatto che dormisse. Ma non si svegliò. "Poi?" Mormorò. "Tesserino" Risposi. Il tesserino era quello che portava al collo durante i miei concerti, per non essere scambiato per un impostore. Lei mi guardò perplessa, ma poi iniziò a frugare in giro.
Aprì un cassetto, era quello giusto. Frugò e frugò, alla fine tirò fuori una piccola chiave d'oro. La guardò sbrilluccicare sotto un sottile raggio di luna, poi si rivolse a me, speranzosa. Rfilettei bene sulla parola da dire, perché era quella definitiva e doveva essere difficile. "Specchio" Esclamai sottovoce, alla fine. Ma lì non c'erano specchi e Eris se ne accorse. Si mise seduta a terra e iniziò a far lavorare il suo cervello, ogni singolo centimetro che poteva pensare venne sfruttato. Trovò la soluzione dopo pochi minuti. Si alzò e corse al bagno annesso alla stanza, e aprì il rubinetto. Si riempì il lavandino e poi lo attappò, ci si specchiò e guardò attentamente il riflesso, poi guardò in alto: c'era una piccola maniglia. Prese una scala a pioli nascosta dietro la tenda (che trovò immediatamente) e si arrampicò fino a lì, poi aprì la botola e saltò su, la seguii e vidi il suo sguardo incantato. Aveva appena visto la Soffitta dei Balocchi. Era un'altissima stanza unica, con un piccolo tavolo al centro, dei trampoli appoggiati ad una parete e sei tappeti elastici. Poi, una macchina per fare pop-corn e un enorme televisore. Iniziò a fare la prova di tutto e poi si sedette sul tapis roulant colorato. "E  quando ci vieni, qui?" Chiese. "Quando fuori è brutto tempo".
Volle restare lì tutta la notte, dimenticandosi tutti gli altri passaggi segreti che avrei potuto rivelarle. "Il rumore non sveglia David?" Mi chiese. "E' insonorizzata" le strizzai l'occhio. Lanciò una rapida occhiata alle casse e iniziò a girare intorno allo stereo, alla fine premette play e le note di Thriller si espansero nell'aria. Iniziò a ballare e mi costrinse a seguirla. Io ero timidissimo e mi vergognavo come un matto, ma sembrava così divertente che non potei rifiutare. Alla fine del cd era sudatissima. "Mi siedo un attimo qui" E si mise su un tappeto elastico. Frase già sentita e in meno di un secondo, si addormentò. Mi ritrovai di nuovo a guardarla dormire, tutta accovacciata lì sopra, sudata e con un sorriso tenerissimo dipinto sul volto. Si girava e rigirava nel sonno, facendo agitare il tappetino. 
Mi accovacciai su quello accanto a lei, tanto vicini che le nostre mani si sfioravano, facendomi rabbrividire di emozione. Dormimmo così.

La mattina dopo, fummo svegliati da David che aveva dato una capocciata alle scale ancora appoggiate davanti al lavandino, che non doveva aver visto per il sonno. Caddero e fecero un casino assurdo. Eris urlò e io sobbalzai. Ridemmo entrambi e ci sedemmo un attimo per svegliarci bene e rilassarci.
"Buongiorno, principessa" La salutai. Mi sorrise e mi salutò con un cenno della mano "Buongiorno, principe".
Venti minuti dopo eravamo sotto a fare colazione, mentre David ci guardava furente con un bernoccolo in fronte.
"Potevate almeno avvertirmi che salivate..." Continuava a borbottare. Eris se la rideva come una pazza, e io non potevo fare a meno di lanciargli occhiate divertite.
I bambini, ovviamente, vollero sapere cosa era successo alla sua testa, e scoppiarono a ridere: immaginate, un coro di venti bambini che ridono di gusto... un coro angelico.
Dopo pranzo, vidi Eris seduta sul suo letto che guardava con gli occhi che brillavano un album fotografico.
"Sei stato a Roma?" Mi chiese immediatamente, con gli occhi tutti sbrilluccicosi. Scossi la testa, facendo oscillare i riccioli. "No, non ancora.. ma ho intenzione di andarci per il Bad World Tour" Spalancò gli occhioni verdi, mentre una vena le pulsava sul collo.
"Dalle foto sembra stupenda..." Mormorò, mentre continuava a guardare il Colosseo, l'Altare della Patria e tutti gli altri monumenti. "Wow! Guarda questa!" Esclamò, puntando il dito sulla Fontana di Trevi. Era una foto scattata di sera, ed era tutta illuminata. Era veramente stupenda e me ne sorpresi io stesso... perché non avevo mai prestato attenzione a quelle foto?
"Si... è stupenda" Risposi, estasiato. "Ci andrò a fare un giro. Ci andremo a fare un giro" Alzò la testa, facendo scattare i capelli biondi. "Davvero?" Mi chiese. Annuii e mi abbracciò. O meglio, mi saltò addosso, abbracciandomi.
Le accarezzai la schiena, ridendo. 
Poi le salì un dubbio, che in quel momento c'entrava meno di quanto ci fosse entrata l'uva passa. "Michael, cos'è l'amore?" Chiese, in tutta semplicità, come se stesse chiedendo che tempo fosse stato. Sembrava seriamente turbata da quel pensiero. Sgranai gli occhi.
"Oddio, che domanda..." Risi. "Ehm... è quello.. come te lo spiego?... è... è quello che provi per Sarah e Silvya, è quello che cerco di dare ai fans e quello di cui sono fatti i bambini... capito?" Provai a spiegare. Lei rise. "No, non intendevo quello. Intendevo quello per cui la gente si sposa..." Mormorò, continuando a pensarci su.
Colpo al cuore. Chi glielo sapeva spiegare? Non credevo potessero esistere parole esatte per descriverlo...
Ridacchiai nervoso, continuando a chiedermi come dirglielo.
Ecco. "Hai presente Biancaneve... Cenerentola... La bella Addormentata...?" Inizia un lungo elenco che non finii. Annuì. "Ecco, quello che provano per i principi".
Lei continuò a non capire. "Ma come te ne accorgi quando sei... innamorato?" Quell'argomento iniziava a farsi imbarazzante, per me. Ma per lei continuava solo a essere un normale oggetto di chiarimento. Sorrisi.
"Quando senti che lo stomaco ti da fastidio, il cuore batte forte forte e senti il bisogno di respirare forte" Provai a spiegarlo. "Ma quello non è quando hai appena finito di fare sport?" Risi. "Se mi rispondi a questa domanda, io rispondo alle tue" Annuì. "Perché me lo chiedi?" E allora arrossì. Le guance diventarono rosee e i suoi occhi si abbassarono. "Perché ultimamente mi sento strana" Disse con un fil di voce.
La guardò. So che le piace come la guardo. Sorrisi.
Mi venne in quel momento la definizione.
"Natura umana" Dissi. "E' la natura umana" Affermai di nuovo. E le note andarono formandosi nella mia testa. Lei continuava a non capire.
"E' quando senti che tutto ciò che hai è davanti a te, in quel momento, tutto in quella persona" Sentii che iniziavo a prendere sicurezza e mi pareva di essere un po'... pazzo? Nah, un po' esaltato, semmai.
"Capisci che ti innamori quando non riesci a respirare se sai che lui o lei non ci sarà più. Quando  non sai come hai fatto a vivere tanto tempo senza conoscerlo. Quando sai che non puoi più fare a meno di sentirlo parlare. Quando sai di essere ricambiato, ma hai paura che non sia così e ti tiri indietro, quando non sai con chi parlarne perché sei troppo nervoso e felice per riuscire a descriverlo, quando.." Mi fermai. Mi era uscito tutto così naturale, come se stessi descrivendo qualcosa che ho visto con i miei occhi, come se stessi descrivendo un albero, un cespuglio, una persona... ma non era così.
Eris sorrise. Poi si alzò e iniziò a camminare, pensando. Non so a cosa stesse pensando, ma sembrava essere molto importante. Poi si bloccò al centro della stanza e mi guardò. "Mi piace la tua voce." Concluse.
Mi abbracciò forte, poi ci guardammo negli occhi per quello che mi sembrò una vita. Quel verde esprimeva così tante emozioni da non riuscire a capirne nemmeno una, un vortice di sentimenti che probabilmente nemmeno lei riusciva a capire perché terribilmente potenti.. gli stessi che stavo provando io in quel momento. Sapevo che erano gli stessi perché riuscivo a riconoscerli: da quando Eris era entrata nella mia vita li vedevo uguali ogni volta che guardavo i miei occhi allo specchio. Sorrisi.
E fu il momento di un bacio. Anzi, il bacio. Si staccò solo un momento per abbracciarmi e mormorare sulla mia spalla.
"Posso dire di aver provato la Natura Umana per eccellenza, allora" La sentii sorridere, mentre il mio cuore fece un tuffo carpiato, con tre capriole e il finale di testa dentro il mio stomaco; il cervello si appannava e non capivo più niente. Ero felicissimo, come non lo ero mai stato da trent'anni a quella parte. Ringraziai Dio per avermela portata.
"Io già lo sapevo di averla provata" Le risposi. La sentii ridere di gioia pure e la strinsi ancora più forte, non volevo lasciarla andare mai più. Non continuammo il nostro bacio, perché in quel momento avevo solo voglia di sentire il suo cuore battere allo stesso ritmo del mio. Lo sentivo agitarsi contro il mio petto. E fu la sensazione più bella di tutta la mia vita.

*Autrice*
Oooooh, ma come sono romanticaaa!!! *_* Mi sono emozionata anche io per aver scritto tutto ciò, e spero di essere riuscita a passarvi tutto.
Finalmente l'hanno capito, eh? .-. Non lo so, dopo 18 capitoli!! xD
Però, dai, sono tenerissimi, no?
La prossima volta, Eris riuscirà ad avere un'altra grandiosa idea, che però porterà anche abbastanza guai...
Un Abbraccio Grande Come Il Mondo;

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Capitolo 19
*** Bad World Tour. ***


Capitolo 19: Bad World Tour.

Michael passò molte settimane a lavorare su The Way You Make Me Feel, che doveva essere il video che sponsorizzava il suo nuovo album, Bad. Si ispirò, in un certo senso, alla nostra storia, e mi piacque da morire.
La ragazza, però, era molto più bella di me: magra, con i capelli ricci e mori... e un bellissimo viso. Mi fecero assistere alle riprese solo perché l'aveva espressamente chiesto Michael, ma avrei preferito mille volte restarmene fuori senza sapere che cosa stavano facendo. Penso che la gelosia sia uno dei miei tratti peggiori. Sono gelosa di tutti, ogni cosa o persona o animale a cui tengo, è mia e basta. Non ci posso fare nulla.
Quindi, fu un miracolo che non m'impazzii, ma spesso e volentieri mi dovevo girare dall'altra parte per non vederli ridere e scherzare.
Ma la cosa più carina è che conobbi LaToya, che interpretava una delle amiche della protagonista. Era bella, e per alcune cose assomigliava al fratello. Ma era simpatica, durante le pause, Michael parlava col regista di alcune cose, mentre io mi prendevo un caffé con lei.
Si, era simpatica, ma nulla era paragonabile a come ci si divertiva con Michael se non aveva nula di cui discutere col regista.
Ci sedevamo intorno ad un tavolo e lui iniziava a parlare e a fare battute, aveva un senso dell'umorismo simile al mio: bastava fare delle piccole battute che ottenevi delle grandi risate.
Il video, alla fine, venne su molto bene e ci mise poco a finire su MTV o su altre reti di videoclip musicali. Ma noi sapevamo che non era uno come tutti gli altri. Era un cortometraggio, una vera e propria mini storia basata sulla canzone.
Girata la scena dell'abbraccio, andammo a festeggiare a casa di Michael ad Encino, e restammo lì tutta la sera.
Ma non volevo dormire lì... non era come Neverland, e non c'erano i bambini. E poi di mattina amavo guardare i disegni che Michael teneva in quel bauletto, anche se questo non lo sapeva.
Per cui, arrivammo a Neverland alle due e mezza ed era tutto buio. Mi fece tornare in mente quando feci il mio giro clandestino sui giochi prima di scappare, qualche mese prima. Era stato terribilmente noioso, se comparato a quello che feci il giorno dopo con i bambini.
Mi accasciai sul letto ancora vestita, e mi addormentai immediatamente.

La mattina dopo fui svegliata da Michael che mi sgrullava. "Eris, Eris, sveglia!! Dai, per favore!" Mi sussurrava, mentre mi prendeva per le spalle e mi scrollava. Già, forse se fosse stato qualcun altro lo avrei soffocato con un cuscino, ma una visione come la faccia di Michael che gioiva come un raggio di sole mi fece uscire un semplice "Hmmm..." E mi rigirai.
"Eris!" Tornò alla carica. Allora mi tirò un cuscino sul fianco e per riflesso mi tirai immediatamente su, facendo iniziare a girare la testa. La scossi.
"Dimmi..." La mia voce era impastata di sonno e la mia faccia non doveva essere esattamente una delle più belle che avesse mai visto, ma aveva un foglio di giornale in mano. Mi chiesi se dovevo preoccuparmi, ma era così felice che mi si riempì il cuore di gioia.
"Guarda!" Me lo piazzò sotto il naso.
Il titolo diceva "BAD, TORMENTONE PRIMA DELL'USCITA" E diceva che grazie all'annuncio che ne preannunciava l'uscita, l'album era stato prenotato da milioni e milioni di persone in tutto il mondo. E che il video che era uscito durante la notte, aveva già ottenuto dieci milioni di visualizzazioni.
Guardai Michael con gli occhi che mi brillavano.
"Wow!" Esclamai. "Ma.. ma è strabiliante!" 
"Vero? Sono sicuro che venderà più di Thriller" Affermò, convinto di quello che diceva. Io non ci avrei scommesso, quell'album aveva vinto 110 milioni di copie all'attivo solo l'anno della sua pubblicazione. E stimava le 500 milioni di copie l'anno.
Come facevo a sapere tutte queste cose? Da quando avevo conosciuto veramente Michael avevo iniziato a leggere qualunque cosa trovassi su di lui, poi gli chiedevo cosa era vero e cosa no... e lui pazientemente mi spiegava ogni singola cosa.
I giorni si succedettero rapidi, dopo quella mattina. Michael era spesso in studio per registrare e rifinire gli ultimi pezzi delle canzoni, per rendere perfetto l'album. Scattava dei servizi fotografici per decidere la copertina insieme al suo manager e tornava a casa raggiante come un bambino.
Io passavo la maggior parte del tempo con i bambini che volevano essere aggiornati in tempo reale su cosa succedeva a proposito di Bad.
Poi, un pomeriggio, Michael tornò ancora più felice del solito e come arrivò mi prese in braccio e iniziò a ridere.
"Due ottime notizie!" Esclamò, appena mi mise giù.
Io già mi sentivo bene, solo a vederlo così... così gioioso. Ebbi l'improvvisa voglia di ballare, ma prima volevo sapere le notizie.
"Dimmi"
"La prima: Bad è uscito. L'hanno appena messo in commercio e tra un po' mi diranno quanto ha venduto nelle prime due ore"
"Sììì!!"
"Invece, la seconda: Bad andrà in tour!" Risi "Davvero?" "Certo!! World, Tour, precisamente" Fui la persona più felice del mondo. Tutto il mondo da scoprire, insieme... a lui.
"Vengo anche io"
"Certo"
Eravamo così felici, come due bambini. E, a proposito, corremmo a dirlo anche a loro, dicendo che sarebbero potuti venire anche loro.
"Michael, ho un'idea!! Che ne dici se non li fai travestire ognuno come abitante di un Paese diverso e li fai entrare in Man In The Mirror?" Chiesi. I bambini lo guardarono speranzosi, aspettando di sapere il loro destino. Lui parve valutare la situazione, mentre noi lo guardavamo cercando di fare i poveri piccoli cuccioli bastonati. Non poteva resistere a lungo.
"Ok, ok, va bene" Si arrese alla fine, e fu festa.
Avremmo dovuto aspettare poco meno di un anno, però, prima di partire. Saremmo andati a Tokyo il 12 settembre. Ma io già volevo iniziare a girare.
Ma avrei dovuto aspettare, io come tutti gli altri. Il mio cuore faceva le capriole per la gioia, e i miei piedi si staccarono da terra, mi sentii sollevare per la gioia. Avevo l'impressione di poter fare di tutto: costruire una montagna, prosciugare un oceano, prendere a pugni un albero... ogni singola cosa impossibile, per quel momento di estasi parve possibile.
Costrinsi tutti a fare un giro su quella giostra... quella su cui Michael deteneva il record mondiale: 37 minuti di fila. Praticamente erano tante piccole "scatole" rettangolari tutte nere, dove eri legato bene e stavi in piedi. Giravano su sé stesse e nel frattempo attorno al loro centro, come i pianeti. Ma non potevi vedere fuori e dopo un po' faceva venire il voltastomaco.
Io ero nella "cabina" con Annie, che scese dopo il primo giro. Dopo ogni giro scendeva un bambino. Alla fine, restammo a bordo io e lui e ci mettemmo nello stesso coso.
Eravamo entrambi rossi, ma intenzionati a vincere. I piccoli urlavano e applaudivano, alcuni tifavano per me e altre per lui.
Restammo su venti minuti, credo, o comunque minimo un quarto d'ora. Sentii la colazione tornarmi su, il cervello che iniziava ad annebbiarsi, la vista era lenta a mettere a fuoco, lo stomaco era tutto attorcigliato e faceva male. Scesi.
Mi dissero che ero verde. Nemmeno Michael aveva una brutta cera, ma resistette altri due minuti, quelli che bastavano per vincere.
"No, non vale. Tu la fai più spesso e sei abituato" Mi offesi. Quello si chiamava rosicare. Non ero famosa per accettare le sconfitte con dignità. Cercavo sempre un pretesto per dire che non valeva, perché la mia capacità era quelli di trovarli.
"Si, certo" Mi strizzò l'occhio Michael, mentre cercava una bacinella qualunque, o comunque un piccolo contenitore.

I primi problemi arrivarono a Natale. Io sono cattolica, lui no. Lui non festeggia il Natale, mentre a me piace tantissimo. Avrei voluto trascorrerlo con lui più che con chiunque altro, perché gli sarebbe piaciuto quanto me.
Ma non potevo costringerlo, quindi dal 24 fino al 31 restai a casa di Sarah e Silvya. Era tutta addobbata di rosso, e l'abete spiccava al lato del salone, piccolo e ciccione, come piaceva a me. Arrivarono i parenti di questo mondo e quell'altro, che ormai conoscevo benissimo, ma il mio pensiero non poteva fare a meno di tornare a Michael, che probabilmente stava davanti alla tv annoiato, oppure al telefono per sapere del suo album, o a giocare con i bambini. 
Io non volevo rinunciare al Natale, però volevo restare anche vicino a lui.
Mi tornò con violenza il ricordo di come mi aveva spiegato cos'era l'amore. L'amore... non ero mai riuscita a trovargli una definizione. Me l'aveva data perfettamente. 
Tutto ciò che avevo era davanti a me, mentre mi parlava. Tutto quello a cui tenevo veramente era lui. Quindi era amore?
Per me era stato sempre uno sconosciuto... è difficile provare un sentimento così "adulto" quando hai la Sindrome di Peter Pan. Però io l'avevo provato, bambina che ama. Sarei finita indubbiamente sui libri di storia.
"Eris!! Non lo mangi il tacchino?" Mi chiese Sarah, guardando avidamente il mio piatto. Mi scossi dai miei pensieri e lo guardai anche io. Aveva un bell'aspetto, ma lo stomaco si era chiuso, come succedeva spesso quando ero lontana da lui, anche se solo di quella trentina di metri.
"No... è tutto buonissimo, ma sono piena, grazie" Disse la mia bocca, in combutta con la lingua. Ma il mio cervello sapeva bene che non avevo mangiato nulla nemmeno dell'antipasto.
"Eris, puoi venire un attimo?" Mi chiese Sarah, cercando di togliermi dallo sguardo di tutti gli invitati. Annuii e la seguii in cucina.
"Ma che hai?"
"No, nulla... non ho fame"
"Ma è Natale! A Natale hai sempre mangiato!"
"Sì, lo so... però mi sarebbe piaciuto festeggiarlo anche con lui" Mi preoccupai di aggiungere "anche" per non offenderla.
"Anche?" Ahia, sgamata.
"Senti, sono sicura che gli piacerebbe vedere la casa addobbata, tanta gente e tanti regali da scartare..."
"Non lo metto in dubbio. Ma se la sua religione non glielo permette, non puoi farci nulla"
"E' quello il problema.."
"Ok, senti. Se vuoi, festeggi da noi il Natale, e resti fino al venticinque a pranzo. Dopo, puoi tornare da lui" Quello lo avrei fatto anche solo il suo consenso. Ma era proprio il fatto di non poter festeggiare con lui a darmi fastidio.
"Ok.." Mi limitai a dire, mentre tornavamo di là. Cercai di mandare giù qualche boccone. 
La cosa che mi rese più felice di tutto, fu l'arrivo dei miei cugini. Erano piccoli, sei e otto anni. E amavano giocare: due maschi.
Fuori nevicava, per cui optammo di chiuderci in cameretta. 
"Eris, ti va di fare Babbo Natale?" Mi aveva chiesto Silvya prima dell'arrivo degli ospiti. Nemmeno per sogno! Io volevo vederlo, non farlo. Mi rifiutai, e la pregai di non dirmi chi l'avrebbe fatto. Volevo fingere che fosse quello vero.
Il giorno più triste fu quando avevo nove anni. Mia madre (quella naturale) mi aveva presa da parte e mi aveva detto, senza giri di parole, che non esistevano né Babbo Natale né la Befana. Fu un giorno traumatico, perché era come vedersi distruggere il proprio quadro dell'infanzia. Vidi ogni pezzo del quadro dividersi dagli altri in un unico frastuono.
Allla fine, quando scoccò la mezzanotte, accorremmo tutti sul balcone per vedere un uomo vestito di rosso portare sulle spalle un sacco di regali. Lo salutavamo contenti, ma ci rimasi abbastanza male perché quello travestito era troppo magro. Ma alla fine mi dovetti accontenatre e, dopo un po', suonarono alla porta. 
Quando Silvya andò ad aprire, c'erano tutti regali, grandi e piccoli. Mi ci fiondai, letteralmente, e iniziai a frugare.
"Eris" C'era scritto sul pacco più grande. Vidi che era il più grande.
Lo presi e lo buttai sul divano, sedendomi per aprirlo. Strappai la carta e poi lo vidi. Era un enorme foglio di carta rinforzato. Sopra c'era un disegno a matita, colorato con gli acquarelli. C'ero io che sorridevo, uno dei più bei sorrisi fatti da me che avessi mai visto. Avevo due occhioni verdi, i capelli che sembravano fili di seta lievemente arricciati, le guance rosee e un sorriso splendido. In basso a destra vidi la firma. La sua firma.
Quanto avrebbe pagato chiunque altro per quell'autografo? Ma io non lo volevo. Io avevo visto quel quadro, che sembrava il viso di una principessa.
Silvya mi porse un biglietto che era scivolato a terra. Era una bustina piccola e bianca, anonima, solo con una scritta in corsivo sul retro "Per Eris".
Dentro c'era un bigliettino che profumava di lui.
"Per la mia principessa, buon Natale.
Il tuo principe".
La scrittura era elegante, non come quando scriveva frettolosamente le canzoni perché non vedeva l'ora di portarle a registrare. Sembrava una calligrafia di qualche regale, che ha passato anni in una scuola per imparare a scrivere così.
Me la portai al cuore, continuando a guardare il mio quadro.
Suonarono di nuovo alla porta. Era salito uno zio, quello che probabilmente aveva fatto Babbo Natale, visto il suo fisico magrolino. Ma no, dietro di lui c'era proprio un uomo travestito.
Entrò al centro della stanza e in quel momento esplosero le note di Bad nello stereo.
Mi sentii il cuore ingrandirsi, sembrava fin troppo grosso per rimanere al suo posto, quindi mi saltò in gola, facendo salire tutte le lacrime di gioia. Me le asciugai e abbracciai il ragazzo mulatto che mi guardava con un sorriso timido, circondato da tanti occhietti che lo scrutavano ammiccando.
Lo abbracciai fortissimo, mentre pensavo che quello sarebbe stato il più bel Natale di tutta la mia vita. Non potei trattenermi molto, per cui iniziai a lacrimare in silenzio, mentre sentivo il mio petto sbattere contro il suo mentre singhiozzavo. Strinsi forte il suo collo e non desiderai altro, mentre lui mi accarezzava la schiena.
Un applauso si estese intorno a noi. "Vuoi conoscere gli elfi di Babbo Natale?" Mi mormorò, allontanandosi abbastanza per guardarmi negli occhi. I miei iniziarono a brillare.
"Aow!" Urlò. E dalla porta entrarono una miriade di bambini vestiti di verde, con cappelli allegri e scarpe a babbucce. Ognuno aveva in mano un cesto pieno di dolci.
"Ma tu non puoi festeggiare..." Mormorai. Lui rise. "Nessuno ha detto che non posso travestirmi, però" Mi strizzò l'occhio. Giusto. Lui non poteva festeggiare la nascita di Bambin Gesù, però poteva travestirsi da Babbo Natale.
Nessuno parlò più di religione, perché Gesù era nato mentre lui era sotto a giocare con un sacco pieno di doni. Quindi il resto della notte, la passammo a cantare e a ballare il suo ultimo successo, Bad.
Ma fu presto circondato. Tutti erano armati di macchinette fotografiche e di cd da autografare. Ah, era pure programmato! Perché se no non era normale che qualcuno si portasse tutta la sua collezione a casa di qualcuno a Natale. Wow...
La notte fu passata così, ma per fortuna non gli furono sempre appiccicati. I bambini facevano baldoria e stringevano amicizia con i miei cugini, che erano di alcuni più grandi e di qualcuno più piccoli.

Mi svegliai sul divano di casa di Silvya, accoccolata su un fianco di Michael, che mi guardava sorridendo dolcemente. Mi alzai lentamente. "'Giorno..." Mormorai.
Lui ricambiò.
"Ti va di fare un gioco?" Mormorò.
Annuii.
"Secondo te Bad quante copie ha venduto?" Mi chiese. Io ci riflettei un po'.
"Uhm... venti milioni?"
"Trentatré milioni. E due Grammy... e in Inghilterra tredici dischi di platino" Poi mi prese in braccio, sollevandomi. "Sesto disco più venduto di sempre!" Esclamò alla fine. Risi di guto, mentre mi faceva girare e i capelli mi accarezzavano la faccia.
"Che bello! Posso dire di aver contribuito? Ah, a proposito... il video?" Chiesi, ansiosa.
"Quaranta milioni di visualizzazioni e più! Ah, e stiamo girando quello di Smooth Criminal. Stavo pensando di farlo tipo Far West, sai... andrò il prima possibile nell'angolo più sabbioso di Neverland, con il giusto vento, il giusto tempo e il giusto cameraman." Mi informò. Stupendo! Che idea grandiosa!
Tornò a casa quasi subito, poco prima che arrivassero gli ospiti per il pranzo del venticinque. Fu decisamente più piacevole della cena del ventiquattro ed ero molto più allegra.

Dicembre volò.
Tornai a Neverland il due gennaio, dopo Capodanno. E fu il momento di una delle mie idee più grandiose.
Il ritratto me lo appesi in camera, al posto di quello di fine Ottocento che piaceva tanto a Michael.
Uscii nel giardino e richiamai a me tutti i bambini. "Quanti di voi vorrebbero fare una recita?" Chiesi sottovoce, come se ci fosse il pericolo che ci sentisse qualcuno.
"Sì!!" Urlarono tutti. "Shh! Michael non lo deve sapere, ok? Lo faremo... per fine febbraio, si" Informai. Mi guardarono tutti male. "Perché così lontano?"
Mi sedetti in mezzo a loro. "Beh, per fare una recita ci vuole un bel po' di tempo, sapete? Sceneggiature, vestiti... non è facile" Annuii. Furono tutti così felici!
"E cosa metteremo in scena?" Chiese Luke, ansioso.
"Peter Pan" risposi sorridendo.

*Autricee*
Capitolo semplice e carino, che ne dite?
Quest'avventura della recita, avrà il suo epilogo nel prossimo capitolo, penso.
Vi è piaciuto il Michael-Babbo Natale?
E poi, visto che sa disegnare benissimo, ho pensato che sarebbe stata una bella idea quella del ritratto, no? :3
Un Abbraccio Enorme;
Lost Girl

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Capitolo 20
*** Black Or White. ***


Capitolo 20: Black Or White.

Eris era euforica. Era andata fuori di testa non appena le avevo detto che avremmo fatto il Bad Tour. Il Bad WORLD Tour. Voleva girare il mondo e conoscere gente, voleva scoprire cosa c'era oltre i giardini di Neverland per scoprire altre fantasie, e altri mondi in cui viaggiare.
Mi disse che per ogni città che avremmo visitato, avrebbe comprato un libro di favole caratteristiche.
Già mi immaginavo casa piena fino all'orlo di quei libri, di tutte quelle storie di magia, eroismo e gioia. Mi immaginavo Eris stesa sul letto, intenta a guardare le figure dopo aver letto tutto, e poi via, a interpretare ogni cosa.
Era passato da poco il 6 gennaio, quando vidi Eris che, subito dopo pranzo, sgusciava via, fino al Rifugio Segretissimo. Sicuramente, stava architettando qualcosa con i bambini. Immaginavo fosse qualcosa di cui non mi avrebbero quasi certamente parlato, quindi decisi di farmi gli affari miei. Presto o tardi avrei saputo.
In quei giorni, ero impegnatissimo. Bad stava scalando le classifiche e vendeva milioni di copie. Sul mio specchio, attaccai un pezzo di carta con su scritto "100 milioni", quello che avrei voluto vendere. Doveva essere il primo album più venduto, non Thriller. Volevo che Bad lo superasse, che scalasse ogni classifica mondiale.
Il video di The Way You Make Me Feel aveva più di 7 milioni di visualizzazioni, mente quello di Bad lo stavamo girando.
Avevamo provato a farlo nella metropolitana di New York, ma venne letteralmente distrutta dai fans, per cui fummo costretti a a ricostruirla in uno studio.
Sapevo che tutti i fans lo facevano totalmente in buona fede, che non volevano fare del male a niente e a nessuno, ma attacchi come quello che fu fatto alla metropolitana sono pericolosi anche per la mia incolumità.
Comunque, fu immediatamente restaurata e noi girammo in un normalissimo studio.
Volevo fare un vero e proprio cortometraggio, di quindici minuti. Sapevo di cosa avrei parlato e avevo ben in mente che cosa avrei fatto vedere.
Fui aiutato da regista e sceneggiatore, che misero per iscritto tutto quello che intendevo fare io e fu veramente un bello spettacolo.
Avevamo appena finito di girare l'ultima scena, più o meno a fine febbraio, quando Eris mi venne a chiamare accompagnata da tre bambini. Avevano la faccia da cotte, quelle che hanno sempre quando stanno nel bel mezzo di una marachella.
Mi vollero bendare e mi portarono fino al Rifugio Terzo: un enorme sala al chiuso, tutta colorata e addobbata con i dipinti fatti mano a mano da tutti quelli che erano passati per Neverland.
Mi fecero sedere in prima fila e poi corsero dall'altra parte della sala, dove avevano teso un tendone rosso trovato chissà dove.
Immediatamente dopo, le luci si spensero, tranne per una lampadina in fondo che puntava sulla parete bianca.
Entrarono in scena. Eris era vestita con dei lenzuoli bianchi, stretti tra loro con dei nastri blu, Laurence aveva dei vestiti verdi, con delle foglie secche incastrate tra i capelli, e tutti gli altri avevano delle pellicce sintetiche. Peter Pan.
Recitavano benissimo e ci si facevano delle gran risate quando uno dei bambini si perdeva il foglietto che aveva nascosto nella manica e non sapeva cosa dire.
Quando volavano, allargavano le braccia  e correvano con passo leggero in tutta la sala, continuando la loro recita.
Avevo gli occhi lucidi dalla commozione quando, alla fine, Laurence bacia Eris su una guancia e le promette di tornare e lei lo segue con gli occhi allontanarsi, sapendo che non tornerà più se non quando avrà una figlia.
Feci un fragoroso applauso, mentre tutti gli attori facevano un enorme inchino. Esultarono e mi abbracciarono.
"Ti è piaciuto? Ti è piaciuto?" "Siamo stati bravi?" "Eravamo bellissimi?" "E' stata la cameriera di Eris a cucirci i vestiti" "La luce l'ho messa io!" "L'idea della tenda è stata mia", e anche Eris aveva la sua parte "L'abbiamo fatto per te! Sai, Peter Pan piace a tutti!" Mi diceva, esaltata.
Erano tutti così felici che mi misi a ridere dalla gioia, erano stati così belli, tutti insieme, impegnati per regalarmi quei piccoli attimi di gioia pura, si erano impegnati così tanto...
Mi dispiaceva infinitamente non potergli dedicare più tanto tempo, da quando eravamo impegnati con le riprese di Bad, la promozione dell'album e tutto il resto. Loro stavano creando questo spettacolo, mentre io ero impegnato a fare felice tutto il mondo, dimenticandomi di loro. Non sarebbe successo mai più. Mi alzai in piedi e alzai la voce per farmi sentire.
"Sono orgogliosissimo di dirvi che nessuno mi aveva mai fatto emozionare così! Siete stati tutti eccezionali" Mi accolsero grida di gioia e abbracci a non finire. Bastava così poco a farli contenti...
Fu un peccato non aver fatto un video, perché fu uno dei più bei spettacoli che vidi in tutta la mia vita. Insieme a quelli del Cirque Du Soleil.
Durante il week-end, uno dei bambini lasciò Neverland, ormai completamente guarito dalla sua malattia, tornò nella casa famiglia in cui era ospitato perché aveva entrambi i genitori incapaci di tenerlo.
Sarebbe stato bello che restasse con noi, però ci sarebbero state troppe pratiche giudiziarie e non potevo permettermelo. In occasione del suo addio, i bambini gli fecero un disegno ciascuno che evidenziava ogni momento bello vissuto con lui. Pianse tanto e mi distrusse vederlo così.
"Ti prometto che tornerò a trovarti" Lo salutai con un abbraccio.
Eris pianse con lui e lo abbracciò tra i singhiozzi. Lei si era talmente affezionata ad ognuno di loro che quella sera stessa mi confessò con che Franz se n'era andata una parte della sua anima.
Continuò a piangere tutto il pomeriggio, nonostante i bambini cercassero di tirarla su. Solo verso sera si rese conto che a Neverland ci si diverte. E allora tornò in casa saltellando tutta allegra. Era stupefacente.
Quella notte, né io né lei riuscimmo a dormire. Lei per un motivo misterioso, io perché la sentivo accartocciare, tagliare, buttare... stava facendo un casino abissale. Ma non riuscivo a distinguere bene che cosa stesse tentando di fare. Ipotizzai un disegno.
Quella "dolce" melodia mi fece compagnia fino al mattino successivo, quando ero appena riuscito ad addormentarmi che proprio lei venne a bussare fragorosamente alla mia porta.
"Dormiglione!!" Mi urlò. Il mio primo pensiero fu quello di soffocarla con un cuscino, ma il pensiero che stesse sorridendo mi bloccò immediatamente.
*Si, dormiglione, come no..* Elaborò il mio cervello. Mugugnai una risposta tipo "Mmh.." E lei lo prese come un "vieni pure avanti". Entrò di corsa e si buttò di filato a sedere sul letto. Mi guardava con gli occhioni spalancati. Era visibilmente raggiante e le occhiaie passavano in secondo piano.
"Lo sai che stavo notando ieri?" Mi chiese.
"Mentre eri disperata o dopo?" Feci. Mi rispose con una boccaccia sarcastica.
"Simpatico.. comunque, stavo notando che qui a Neverland i bambini sono completamente mischiati.. cioè, sono sia bianchi, sia neri..." Iniziò ad elencare contando sulle dita. Tirò fuori colori come rosso e giallo, che evidentemente attribuiva agli indiani e ai cinesi. Sorrisi.
"Beh, certo. Sono il primo a non fare discriminazioni"
"Appunto"
Ok, la cosa iniziava a diventare contorta. Che voleva dire appunto? Inclinai la testa di lato e corrugai le sopracciglia. "Eh?"
Lei scosse la testa esasperata. Lei, esasperata. Le tirai un cuscino. "Mi vieni a svegliare dopo che mi hai tenuto sveglio tutta la notte e ora fai pure la faccia esasperata?" Le chiesi ridendo. Lei rise con me e mi rilanciò il cuscino. "Ti fa bene non dormire. Ti tiene sveglio il cervello" Provò a dire tra le risate.
Quando fu completamente soddisfatta di quanto avesse riso, si mise seduta a gambe incrociate guardandomi negli occhi. "Intendevo... perché non hai mai provato a far capire alle persone che a te non interessa del colore della pelle?" Questa è una bellissima domanda, c'era da risponderle. "Cioè.. ora stanno uscendo tutte queste voci... queste voci su di te. Quelle che ti staresti sbiancando ed altre robe di questo genere" Non era la prima volta che lo sentivo, però mi faceva sempre male saperlo. Pensare che c'era gente che credeva che io odiassi la gente nera e che volessi diventare bianco... era una completa stupidaggine. Era doloroso. Il mio cuore ebbe un fremito. "Perché non scrivi una canzone dove dici che non ti importa da dove vengono le persone?". Questa era un'altra bellissima domanda.
In effetti, non c'era motivo per il quale io non potessi almeno provare a farglielo capire. Io non volevo fare nessuna distinzione. Io volevo portare l'amore incondizionato in tutto il mondo... perché qualcuno deve essere giudicato solo per una lieve sfumatura di colore?
E' come guardare un enorme disegno. Una foresta. Le foglie non hanno tutte le stesse tonalità di verdi: ci sono quelle più chiare e quelle più scure. Perché dovremmo staccare dai rami tutte quelle che non sono verdi brillanti?
Dopo aver fatto questo ragionamento filosofico, risposi. "Ma si, certo! E' un'ottima idea! Il prossimo album... sìsì, è perfetto!! La canzone sarà..." Mi bloccò "Zut! Il titolo te l'ho già trovato io" Corse alla finestra e la aprì. Fischiò e sentii un sacco di rumore rimbombare lì sotto. Lei si sporgeva un po' e iniziava a dire "un po' più in là... tu più su... ecco, fermo lì.." e indicava. Dopo pochi istanti si voltò sorridente verso di me. "Ecco, guarda" Mi invitò.
Mi fermai vicino a lei e mi sporsi.
C'era un enorme cartellone, con un'enorme scritta. Era in grassetto. BLACK OR WHITE c'era scritto. La prima parola era bianca, la seconda nera e bianca e la terza completamente nera. Sotto quei fogli c'era un continuo movimento di testoline.
"Siete stupendi!!" Urlai per la gioia. Si alzarono delle grida e dei saluti, qualcuno applaudì. Intanto Eris aveva le lacrime agli occhi.
Tornai dentro la camera. "E'... è stupendo" Le dissi. Lei mi sorrise e poi mi abbracciò. "Sono contenta che ti sia piaciuto" Mi esclamò... in un orecchio. Continuando così avrei presto perso l'udito.
Però l'idea funzionava. La prima frase mi venne in mente all'istante, per la canzone "If you thinkin' about my baby, I don't matter if you're black or white!". Se stai pensando di diventare la mia ragazza, non m'importa se sei nera o bianca.
Eris si girò per dirigersi nella sua stanza e vestirsi. "Ah, bellissima l'idea della canzone" Le dissi. Si voltò e le strizzai l'occhio. Sorrise a duecento denti e poi uscì trotterellando.
Era strabiliante.

*Autricee*
Ecco qui il capitolo tanto atteso. La recita è piaciuta a Michael, ma potrebbe portare qualche danno? Speriamo di no.
Ecco un altro spunto su una canzone che ci sarà in Dangerous! Forte, eh? Mi piace immaginare che sia Eris a ispirare Michael.
Un Abbraccio Taaanto Affettuoso;

Lost Girl

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Capitolo 21
*** Speechless. ***


Capitolo 21: Speechless.

Era arrivato! Era arrivato! Era un anno che lo aspettavo! Il mio compleanno! Il 29 Aprile, io compivo vent'anni. Per me non era un segno di avanzare con l'età, semplicemente una grande festa con tanto divertimento!
Gli ultimi compleanni erano stati noiosissimi, in pizzerie, ristoranti... e quella dei diciotto in discoteca. Ma c'era un rumore assordante e la musica era troppo tunz tunz, semplicemente imballabile. Nota positiva: In quella festa creai tre coppie.
Mi svegliai che ero euforica, eccitata, in attesa di scoprire in quanti mi avrebbero fatto gli auguri. Non fu esattamente una cosa carina da parte loro... Michael disse soltanto "Auguri, principessa", David "Auguri". Fu triste... volevo un "Auguri Eris!!!" tutto felice. Invece il primo era dato con affetto e il secondo per pura educazione e con sorrisetto divertito.
Solo i bambini furono adorabili: come li andai a salutare mi assalirono. "Augurii!" "Auguri!" "Tanti auguri a te..." "Quanti anni fai?" "Due" Risposi. Alla fine, era quel numero con un semplicissimo 0 in più. "Davvero?!?!" "No, ma facciamo finta che sia così" Gli strizzai l'occhio. Sembravano soddisfatti e quel giorno lo passarono a farmi cortesie. Mi permisero addirittura di non contare mai a nascondino!!
Quel pomeriggio, visto che avevo una voglia matta di uscire, Michael mi fece accompagnare da Martha, la cameriera/sarta. Era la sua giornata libera e mi disse che avrebbe fatto volentieri una passeggiata con me. Non si rivelò esattamente una grandiosa idea. Appena varcai i cancelli vidi una sfilza di paparazzi iniziare a corrermi incontro. Guardai Martha con la faccia terrorizzata e iniziammo a correre verso la parte opposta.
Io non avevo mai iniziato ad impigrirmi, come fanno molte ragazze nel periodo dell'adolescenza, quindi correvo velocissima, ma Martha era una ragazza poco più grande di me e lei si che si era impigrita... e poi, facendo da cameriera a Michael Jackson, non è che si corra esattamente tutti i giorni.
Corremmo a perdifiato fino ad un vicolo largo e luminoso, con diverse viuzze laterali... aspettai di essere nel raggio oculare di Martha e mi tuffai in quello più stretto e buio. Sentivo i suoi passi e il suo fiatone rimbombarmi alle spalle, mentre le mie gambe correvano mano a mano più veloci. Svoltai in angoli che nemmeno conoscevo e seguivo semplicemente l'istinto, anche se stava sbagliando. Non avevo il tempo di fermarmi a pensare e a scoprire i quattro punti cardinali. Il gioco iniziava ad entusiasmarmi, ma Martha non sembrava esattamente dello stesso parere.
"Possiamo... puff, pant... fermarci un attimino... pant... per favore...?" Implorò tra un respiro e l'altro. Mi fermai controvoglia e mentre lei si appoggiava al muro cercando di riprendere fiato, io ero guardinga. Con quei tipi, meglio non abbassare la guardia. Infatti, pochi minuti dopo, si sentirono dei passi e mi sembrò di ascoltare la musica in crescendo delle scene suspance.
Ricominciai a correre esortandola, mentre la mandria di bufali si avvicinava sempre di più. Ma la fitta rete di vicoli si interruppe e ci trovammo in mezzo a un'autostrada, a cui corremmo parallele. Ero abbastanza stanca, ma non avevo intenzione di mollare. Una macchina mi inchiodò di fianco.
"Serve aiuto, ragazza?" Mi chiese furbetto, con il finestrino abbassato. Gave. "Magari.." Risposi. Aprii al volo lo sportello posteriore e ci buttammo dentro, per poi richiuderlo. A Martha sembrò più un angelo disceso per salvarci che un ragazzo che passava di quà per caso.
"Che ci facevi qua?" Gli chiesi sorridendo. "Venivo a trovare Sarah" Rispose, senza un minimo di imbarazzo.  Ci avrei scommesso un occhio della testa che tra loro c'era feeling. "Wow! Allora, da quant'è che va avanti?" Parve rifletterci, poi la sua voce si afflosciò un po'. "Sai, ci sono stati un po' di tira e molla" Sospirò. "Quindi ora, va avanti da un mese, o tre settimane" Si ritirò su. Tira e molla?!? Come tira e molla? Quando le persone fanno tira e molla vuol dire che non sono sicure... giusto? Ma per evitare di creare problemi, feci silenzio.
"E Michael? Come sta? Tu e lui...?" Domanda sbagliata al momento sbagliato. Io e lui stavamo insieme..? Non credevo. "Tutto bene, sta divinamente in effetti. Però si sarebbe anche potuto sprecare un po' di più per farmi gli auguri stamattina..." Misi il broncio. Lui sgranò gli occhi. "Ah... è il tuo compleanno?... Auguroni, allora!" Mi sorrise raggiante. Lo ringraziai. Però ancora non mi andava bene che mi avesse congedata con un semplicissimo Auguri, Principessa
. Non mi bastava per niente. Volevo un po' più di gioia. Ma comunque, così era andata. Mi dovevo accontentare.
"Che ci facevi tu, a correre lì fuori?" Mi chiese ridendo.
"Diciamo che avere la fama del La Ragazza Rapita Da Michael Jackson non mi garantisce la massima tranquillità" Ironizzai, strizzandogli un occhio.
Martha, che nel frattempo aveva ripreso fiato, guardava me e lui come se stessimo giocando una partita da ping pong.
"Ah, si, scusa. Lui è Gave, un vecchio amico di Michael. Gave, lei è Martha, una cameriera/sarta" Martha sorrise e Gave la salutò con un cenno della mano.
Sembrava un cartone animato.
"Dove vi porto, signore?" Si improvvisò un tassista dell'epoca. "Gave, chiamami come ti pare, ma signora proprio no!" Gli diedi una botta sulla spalla, facendolo ridere. "Comunque, ad un parco.." Mi voltai verso Martha che mi guardò come se avessi detto di andare a farsi un bagno al mare nude. "No, ok, niente... centro commerciale?" Mi sorrise. "Centro commerciale" Affermai. Gave fece una serie di manovre, mentre era sceso un lungo noiosissimo silenzio.
"Se dite qualcosa è meglio"
"E cosa vorresti che dicessimo?"
"Non lo so. Ma non state zitti"
"Ok. Sai, Sarah è incinta e.."
"Che cosa?!?" Lo bloccai. Rise di gusto.
"Ma scherzavo!" Tirai un sospiro di sollievo e sorrisi. "Ah, ecco..." Mormorai. "Direi che stare in silenzio è meglio" Conclusi. Però avevo una tale voglia di parlare. Mi voltai verso di Martha.
"Tu da quant'è che lavori con Michael?" Le chiesi. "Martha, guarda se da qualche parte ha il tasto ON-OFF..." Rise Gave, facendo ridere anche lei. Misi il broncio. "Non sto parlando con te" Lui alzò le mani in segno di resa e rimase in silenzio, come sarebbe dovuto stare.
"Più o meno da poco dopo Thriller. La mia sartoria aveva fallito ed ero in cerca di un lavoro, poi ho visto che lui cercava una cameriera e visto che ero brava con i lavori di casa, ho tentato. Tra tutte le proposte, ero la più piccola e non credevo scegliesse proprio me. Ma mi disse che ero la più simpatica e che le altre erano troppo musone." Risi e anche lei ridacchiò. A me sembrava tanto buffa come cosa.
"Signore..." Lo fulminai "Ok. Ricomincio. Ehm Ehm. Bambine - perdonami Martha ma è colpa di Eris che lo pretende - eccovi arrivate!" Esordì, parcheggiando davanti ad un enorme edificio al chiuso. No, no e no. Non sarei entrata lì dentro. "Questo è un centro commerciale?" Chiesi delusa. "Non è dei più grandi, però.."
"No, intendevo... al chiuso?" Martha mi guardò. "Non.. non sei mai stata in un centro commerciale?" Scossi la testa. Lo guardò per un po', poi parve mollare. "Capito, non fa niente. Tanto ci devo tornare domani con la cuoca che dobbiamo prendere un po' di cose. Gave, ci porti al parco, per favore?" Sorrisi soddisfatta, mentre Gave faceva pazientemente manovra e si dirigeva verso un meraviglioso spiazzo di erba brillante dove giocavano i bambini. Scesi di corsa, seguita anche da loro due. Ah, lui sarebbe rimasto? Meglio così. Vidi un gruppo di ragazzine che giocava a campana. "Posso giocare?" Mi guardarono intimorite e annuirono. Credo che abbiano accettato più per paura che per altro. "Iniziate voi" Sorrisi, mettendomi in fila. Sorrisero e iniziarono a giocare. Prima piano piao, dopo con un po' più di convinzione. Alla fine, quando toccò a me, feci molto meno di tutte loro, quando tirai il sasso. Ridacchiarono timidamente quando mi videro ondeggiare pericolosamente mentre ero su un piede solo e mi chinavo per raccoglierlo. Alla fine, inutile dirlo, ruzzolai a terra, procurandomi le risate delle bambine.
"Ok... ok, ho perso. Che ne dite di giocare a nascondino?" Sorrisi, mentre mi rialzavo. Ci furono grida di gioia, anche da parte dei maschietti che smisero di giocare a pallone. "Facciamo la conta!" Esclamai. Iniziai a toccare il petto di ciascuno per vedere chi usciva. Alla fine, toccò a me, data la mia solita fortuna. Contai fino a trenta, ma quando mi girai c'era solo una miriade di mamme e nonne sedute sulle panchine che mi guardavano sorridendo. Ricambiai i loro sorrisi e iniziai a guardarmi intorno. "Tana per lui!" Urlai, indicando un piccolo, nascosto tra le gambe della mamma. "Non vale, non hai detto il nome!!" Rosicò immediatamente. L-O-U-I-S-E mi fece lo spelling la madre. "Vuoi vedere che faccio una magia e lo indovino?" Gli chiesi. Lui incrociò le braccia al petto. "Fammi vedere". Finsi di concentrarmi. "L... Lu... Louise!" Urlai. Poi toccai l'albero. "Tana per Louise!" Urlai, mentre le donne mi applaudivano e il bimbo mi guardava sbalordito. "Me lo insegni?" Mormorò. Gli strizzai l'occhio. "E' un piccolo segreto..". Gli altri erano un po' ovunque. Chi dietro la giosta, chi dietro la stessa tanta, chi si divertiva a starmi appiccicato come un ombra in modo che io non lo potessi vedere in faccia, chi era entrato nel bar, chi nel bagno... un po' ovunque, insomma. E quando dovevo fare tanta c'era sempre una delle signore che me lo suggeriva. Ma alla fine, tutto il lavoro venne mandato a monte da un certo Franz... quando lo vidi, lo abbracciai forte forte. "Franz!! Hai trovato una famiglia?" Gli chiesi, felicissima per lui. Annuì e mi indico una ragazza che doveva avere pochi anni più di me. Le sorrisi. "Stai bene?" Annuì. "Ho anche un fratellone di otto anni!" Esclamò, fiero. Lui, di anni, ne aveva solo quattro. Martha, intanto, stava intrattenendo una conversazione con una donna anziana. Quel pomeriggio, il parco fremeva di una gioia, di uno strano brivido, che non provava evidentemente da molto tempo. I bambini che non si conoscevano fecero amicizia, idem per le mamme che non dovendo più stare attenti ad ogni passo che facevano i figli, potevano chiacchierare tra di loro. Gave insegnò a dei piccoli campioni come giocare a calcio senza farsi rubare il pallone. Quel piccolo spiazzo ribollì di vita. Come l'Isola Che Non C'è quando arriva Peter Pan. Quel parco ribolliva di vita quando arrivavo io. Perché in quel momento compresi: casa mia era con i bambini.
Tornammo a casa verso le sei del pomeriggio, quando per i piccoli iniziava a fare freddo. Mi abbracciarono tutti quanti, e una mi regalò una margherita raccolta lì. "Così ti ricordi di noi" Mi mormorò. Li salutai tutti con grande affetto: erano stati a dir poco splendidi.
Neverland, era stranamente silenziosa. Quando scesi dalla macchina, non c'era una miriade di testoline a corrermi incontro, in cucina non c'era David che leggeva un libro e su in camera sua non c'era Michael. Il vuoto. Io e Martha sembravamo gli unici esseri viventi. Il silenzio mi faceva sempre emozionare parecchio e di conseguenza mi veniva da andare in bagno. Trattenni l'impulso e corsi fuori, nel parco. Entrai nel Rifugio Primordiale. Vuoto. Rifugio Secondario. Vuoto. Rifugio Terziario. Diverso. Non era un enorme sala piena di sedie. Era un enorme sala con una porta sul retro che non avevo mai notato. Si apriva su un cunicolo stretto e lungo: l'ennesimo passaggio segreto. Martha era rimasta dentro perché doveva sistemare un po' di cose. Ero da sola e proseguivo svelta. Un'ultima porticina e BAM!. Il mio cuore perse un colpo. Mi ritrovavo davanti una parte di Neverland che doveva trovarsi un chilometro più in là, dato quanto ci avevo messo ad arrivarci. Un enorme castello gonfiabile. Alla base c'era un ragazzo vestito da Peter Pan, uno da Pippo, uno dalla Bestia, una da Belle, una da Aurora, una da Cenerentola... poi c'erano i bambini: i sette nani, le fatine, le fate madrine, i cagnolini, le gattine... ogni genere di favola era lì, ai piedi del castello. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e io non sapevo cosa dire. Un cartello era appeso in cima, tra le due torri: Buon Compleanno, Eris!, citava. Era evidentemente stato fatto dai bambini e fu il più bello che vidi mai in vita mia. In quel momento vidi dei fotografi, amici di Michael, scattare delle foto a me e a loro. Peter mi venne incontro.
"Beh, auguri, principessa" ripetè. "Vuoi essere la mia Wendy?" Mi porse la mano. Annuii e gliela strinsi. Avevo gli occhi pieni di lacrime. Aveva... chiamato dei ragazzi per interpretare i personaggi Disney... solo per me, per il mio compleanno. "Posso ringraziarti a modo, Peter?" Gli chiesi. Lui sorrise e annuì. Lo baciai. E l'espressione Bacio Da Favola, stavolta, è decisamente la più appropriata.
Fu il compleanno più bello di tutta la mia vita.

*Autricee*
Chi non vorrebbe un compleanno così?? Dai, ammettetelo.. quanti di voi vorrebbero avere meno vergogna e più coraggio di entrare in un parco e chiedere a tutti di giocare a nascondino?
Io vorrei tanto... però mi vergogno X.X
Ma quando i bambini li conosco gioco decisamente volentieri con loro *-* Voi?
Un Abbraccio e Un Bacio, Buonanottee;

Lost Girl




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Capitolo 22
*** Smooth Criminal. ***


Capitolo 22: Smooth Criminal. [potrebbe impressionarvi ;), nda]

POV Eris (Scusate i continui sconvolgimenti dei POV, colpa dell'ispirazione, nda)

Era passata solo una misera settimana dal mio compleanno, ma quel video l'avevo già visto venticinque volte. I cameraman avevano fatto un ottimo lavoro, e nel dvd che mi avevano regalato c'era anche la sezione delle foto. Quanto era venuto bene! Sembrava un vero film, però senza nessuna trama, con un tema centrale: divertirsi.
Le immagini dimostravano che noi giocavamo senza pensare a nulla, come se le preoccupazioni non esistessero e noi non stessimo vivendo in questo mondo. Ma era così: a Neverland preoccupazione e serietà erano parole assolutamente sconosciute. Per questo stavamo benissimo.
Michael entrò nella mia stanza con due confezioni enormi di pop corn, tutto sorridente e con un disco in mano nell'esatto momento in cui io avevo messo per l'ennesima volta i video del mio compleanno.
"Levalo, per stasera. Si vede un film!" Esclamò, tirando un po' più in su le confezioni, come se non le avessi viste.
"E dai, un minutino..." Lo pregai, continuando a tenere d'occhio lo schermo, mentre quelle immagini di felicità scivolavano leggere.
"No, leva" Ordinò, testardo. Ma lo ero anche io, quindi continuammo il botta e risposta ancora due minuti, ma alla fine l'ebbe vinta usando argomenti che non mi ricordo affatto.
"Che film è?" Chiesi, mentre iniziavo già a mangiare il mio primo pop corn.
"Non lo so, la custodia è nera. Me l'ha regalato una fan, raccomandandomi di vederlo" Mi sorrise, infilando il disco anonimo nel lettore dvd. Gli sorrisi. Se glielo aveva dato ua fan certamente non era nulla di orribile.
Ma fu proprio così che si rivelò.
I video mostravano un gruppo di ragazze che scrivevano sui muri il nome di Michael, urlavano isteriche alla telecamera, si scrivevano sulle guance "MJ", andavano in giro urlando di amarlo, strappando i poster di tutti gli altri cantanti accarezzando freneticamente i suoi. Rimasi scioccata e anche Michael. Ma non potevamo smettere di guardare. Quelle immagini, per quanto raccapriccianti, ci tenevano non si sa in che modo attaccati allo schermo.
Ma poi lui fu costretto a toglierlo, nel preciso istante in cui io mi giravo. Le ragazze si stavano spogliando mostrando la loro biancheria piena di scritte col pennarello indelebile. Ovviamente, la scritta era sempre quella "I Love Mike!!". Prima di vedere altre cose di quel genere, Michael scattò e spense la tv, poi mi guardò con gli occhi spalancati.
"Io... io non credevo..." Balbettò.  I suoi pop corn erano rovesciati sul letto, e i suoi occhi guardavano un punto indefinito del pavimento, le braccia lungo i fianchi in segno di muta rassegnazione.
"Tranquillo..." Mormorai. "Ma perché fanno così?" Chiesi. Il mio cervello andava in tilt perché quei video mi avevano seriamente guastato qualche rotella. Non era normale quello che stavano facendo quelle cinque. Michael sospirò.
"Perché sono Michael Jackson" Rispose, deluso. Michael Jackson. Avevo smesso da tempo di chiamarlo così... mi sembrava un secolo che lo conoscevo... e non era nemmeno un anno. Erano i primi di maggio, e noi eravamo lì, a guardarci. Chissà se anche lui stava ripensando a quando non ci conoscevamo o ci eravamo appena conosciuti. Era stata una nottata stupenda.
"Ti ricordi.." Iniziò. Qualunque cosa fosse, me la ricordavo. Dei nostri ricordi, non avevo buttato nulla. Nemmeno i più brutti. "Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?" Mi sorrise dolcemente. Si rimise seduto sul letto, accanto a me.
Annuii. "Anche se non te l'ho mai detto..." Mi guardò negli occhi, facendomici sprofondare. N0n avevo mai visto occhi più belli. "E' stata la notte più bella della mia vita" Mentre lo diceva, una stella gli illuminò gli occhi. Un attimo di brillio, in tempo per farmi accellerare il cuore.
"A me è piaciuta quella in cui abbiamo ballato" Affermai, ricambiando il sorriso dolce.
"Così?" Mi chiese. Non capivo. Mi prese in braccio e mi tirò su, poi mi rimise a terra sul pavimento e iniziammo a ballare.
Attaccò a una canzone lenta. Non ricordo le parole, ma mi ricordo quello che provai. Mi sentivo una principessa, l'unica. Una piccola principessa che balla con il suo piccolo principe in una grande sala. La festa è finita e gli invitati se ne sono andati, ma i due piccoli non hanno voglia di andare a dormire. Non c'è luce, se non quella della flebile luna che filtra dalle finestre, e ai due va benissimo. Fa ricordare un po' Cenerentola. 
Quando la canzone raggiunge il picco, il piccolo principe prende la piccola principessa per i fianchi, la tira su e fa un giro su sé stesso, facendola sorridere.
Il ballo finisce con una lunga nota dolce, e un casquè. I suoi occhi provano un turbine di emozioni senza nome, le stesse che vedo quando mi guardo allo specchio e penso a lui. Sorrido e faccio anche un risolino, facendolo felice. Mi ritirò su e sospirai.
"Così" Affermai alla fine.
Quella notte mi fece compagnia e dormimmo abbracciati.

Il mattino dopo, sentivo il suo sguardo accarezzarmi il viso. Aprii gli occhi e vidi i suoi che mi guardavano intensamente. "Buongiorno, principessa" Mi sussurrò, alzandosi. Andò davanti allo specchio massaggiandosi il petto, con una piccola smorfia di dolore. Si sfilò la maglietta, appoggiandola sul comodino. Poi si guardò il punto che stava massaggiandosi poco prima. Mi mancò il fiato. Sapevo che non aveva grasso in eccesso, ma non credevo fosse così... perfetto. Mi guardò dallo specchio e mi affrettai a poggiare gli occhi sul suo viso.
"Stanotte mi hai dato una bella gomitata" Rise, guardando un livido che aveva sulla parte destra del petto. Ridacchiai. "Scusa".

"Michael!!" Chiamai, poco prima di pranzo. "Io esco un momento! Mi sembra di aver sentito suonare il cancello!!"
"Manda David!! Lo sai che non mi va che esci da sola!!" Mi urlò dal piano di sopra.
"David si sta facendo la doccia, e..."
"Non c'è mai quando serve" Lo sentii brontolare ad alta voce.
"Comunque, se ti prometto la massima attenzione?"
"No, finisco di scrivere e vado io!" Stava componendo una canzone. Un'ispirazione dell'ultimo secondo.
"Se esci i paparazzi ti uccideranno!!"
"A te no??"
"Dai, Michael!! Voglio uscire! Un secondo solo, ti prego!"
"Eris, ho paura"
"Ti prometto che se succede qualcosa inizio ad urlare! I bambini mi sentiranno! Per favore, fammi andare!"
"Eris.."
"Per favore.."
"..."
In quel momento in casa regnò il silenzio. Volevo vedere se i paparazzi erano veramente appostati, non aveva suonato nessuno. Volevo uscire da sola, così, per provare. Sapevo che sarebbe potuto accadere qualunque cosa. E sarebbe successa, me lo sentivo. Ma volevo sapere cosa. 
"Va bene. Ma urla, qualunque cosa! Anche un gatto che ti soffia!"
"Promesso"
Avrei urlato sicuramente. Urlavo in qualunque situazione.
Ero emozionata, mi sentivo agitata perché sapevo che sarebbe successo qualcosa. Il mio istinto me lo mormorava sommessamente, mentre la mia curiosità mi spingeva ad andare a provare, a correre dritta tra le braccia dell'ignoto.
In quel momento, sentii qualcuno suonare al cancello. Perfetto, almeno la scusa per uscire sarebbe stata vera. Corsi per il vialetto con le gambe che volevano tremare... e l'avrebbero anche fatto, se non le avessi impegnate a correre. Il mio cuore accellerava man mano che vedevo il cancello avvicinarsi. Il parco era immerso in un insolito silenzio... o forse era solo una mia impressione?
Mi fermai per riprendere fiato, praticamente appiccicata al cancello. Respiravo forte, ma in modo impercettibile, e appoggiai l'orecchio.
"Non ci aprirà mai.."
"Ti pare, poi, che viene lui o lei in persona?"
"Come ci vedono, ci cacceranno"
"Fate poco i pessimisti, voi tre, eh?"
Dicevano tre voci roche. Erano vagamente familiari e pensai che appartenessero a qualche ragazzo che avevo conosciuto a Gary, tra un saluto e un altro. Sorrisi e mi calmai con un ultimo sospiro.
Aprii il cancello preparando il più grande sorriso. Avrei sorpreso. Non si sarebbero aspettati che sarei uscita proprio lui.
Appena aprii, il mio sorriso svanì, il mio cuore perse un colpo e fu un miracolo se riuscii a tenermi in piedi. 
Era la banda. Era quella che aveva cercato di... quella da cui Michael mi aveva salvata al nostro primo incontro. I due boss accompagnati da altri due della stessa stazza: più o meno il doppio di me. Rimasi muta.
Io che urlavo se mi facevi "Buh!" alle spalle, ero zitta. Il terrore mi aveva bloccato la gola e non riuscivo a ragionare, o a fare un pensiero compiuto. Cercai di fare un passo indietro ma uno mi bloccò per un polso.
"Guarda guarda un po' chi è venuto ad aprire.."
"Lasciami stare... " Balbettai. Possibile che quella strada tanto trafficata in quel momento fosse vuota??
"Si, come no. Immediatamente guarda" Mi tirò fuori dall'uscio del cancello di Neverland. Tirai fuori un urletto spaventato, ma non dovevo aver urlato tanto. In quel silenzio, era difficile urlare, dovevo aspettare un po' di confusione.
"Tenetela" Comandò il ragazzo, tirandomi per un polso tra le braccia di altri due. L'altro boss gli disse qualcosa, ma lui lo zittì con un cenno della mano. Chiuse il cancello e con lui si chiuse ogni possibilità di essere salvata. Se loro non avessero fatto confusione, l'avrei creata io.
Tirai uno schiaffo al ragazzo con la mano libera, facendo girare tutti. Qualcuno urlò di stare ferma, ma io urlai. Urlai a pieni polmoni, per un breve, brevissimo attimo pensai che la speranza sarebbe potuta essere ancora con me. Ma mi infilarono qualcosa in bocca. Provai a fare dei rumori con la gola, ma quell'oggetto mi faceva venire i conati e non riuscivo ad urlare. Volevo piangere, e forse anche loro avrebbero voluto vedermi farlo. Per cui, resistetti, cercando di liberarmi dalla presa di un ragazzo, che mi bloccava per i gomiti.
"Ferma" Mi ringhiò una voce roca nell'orecchio. Non ammetteva repliche. Mi guardai le gambe: tremevano ma erano libere, e c'era qualcuno che mi teneva. Davanti a me, uno dei boss. Feci appello ai miei pochi addominali e cercai di tirare un calcio in mezzo alle gambe, senza successo. Me le bloccò.
Iniziarono a trascinarmi via, verso uno dei vicoli. Camminarono per quelle che mi parvero ore e il mio cervello non riusciva a trovare una via di fuga: qualsiasi movimento delle braccia o delle gambe non portava a nulla perché erano troppo poco forti per le braccia che le tenevano. La mia bocca non riusciva ad emettere un suono. Sputai il coso che mi avevano infilato in bocca. Il mio cuore batteva all'impazzata, e i miei polmoni sembravano non avere voglia di prendere abbastanza ossigeno. Trassi un respiro profondo, per cercare di far respirare il cervello, con scarsi risultati. Camminavamo in silenzio.
Mi buttarono a terra, vicino ad un muro. Un vicolo cieco e chissà dove.
Mi tirai in piedi alla svelta, cercando di sorreggermi al muro.
"Se è quello che ti preoccupa, non abbiamo intenzione di continuare quello che il tuo amichetto non ci ha fatto finire quella notte..." Mi disse uno dei boss. Se stava cercando di tranquillizzarmi, non ci stava riuscendo per niente, perché il mio battito aumentò. Non sapevo cosa mi avrebbero fatto.
"Ma comunque non rinunciamo a divertirci" Rise di pura cattiveria, seguito dagli altri tre. Sentii ogni mio singolo muscolo abbandonarsi alla paura, compreso il cuore. I miei organi sembravano inutili, come se fossero lì solo per occupare dello spazio che altrimenti sarebbe rimasto vuoto. Il mio stomaco nemmeno si contorceva. Mi stavo sentendo male da paura.
*Michael, dove sei? Gave, David... chiunque... aiuto...* Pensai debolmente, rimanendo appiccicata al muro.
Conclusa la risata glaciale, fece scattare un coltello fuori dalla tasca e, come non si sa, finii accerchiata dai tre, mentre lui era davanti a me.
"Da dove iniziamo?" Mi chiese, ruotando la testa con ironia. Non risposi, sentii il sudore scorrermi tra i capelli e scivolarmi sulla guancia.
"Oh, va bene, sceglierò io..." Come se ne fosse dispiaciuto. Non sentivo la forza e sperai non si sentisse nemmeno il dolore. Mi accarezzò una guancia con quella lama freddissima, e sentii la pelle aprirsi al suo passaggio, poi un liquido caldo scivolò fino a giungere a terra, e la ferita iniziò a bruciare. Ma non cedetti.
"Lasciami andare..." Balbettai. Rise senza gioia.
"Voglio vederti implorare pietà" Ringhiò. Sentivo ogni singola nota di rabbia e frustrazione che usciva da quella boccaccia lurida. Non sapevo cosa fare... dimostrarmi debole per poter scappare subito? No, ne valeva il mio orgoglio. Gonfiai il petto con un sospiro e lo vidi ghignare.
"Che dite, che altro posto scelgo?" Chiese agli altri, pur continuando a guardarmi. Aveva gli occhi scuri e folli. I miei muscoli continuavano a tremare, ma ancora provai a farmi forza, mentre il sangue iniziava ad asciugarsi sulla guancia.
Il coltello accarezzò il mio collo, ma non recò alcuna ferita. La lama scivolò tra il collo e la spalla, e lì ne aprì una. Un altro bruciore si unì a quello sulla guancia che, tanto per farmi male, venne ripassato con il coltello. Faceva malissimo, un dolore come grattarsi una ferita appena aperta. Pensai che fosse arrivato il momento di piangere e mi permisi di far scendere una lacrima. L'uomo me la asciugò con un dito rozzo e poi la buttò a terra sprezzante. "Solo una?" Continuò a guardarmi con follia, poi fece un vero e proprio taglio sul braccio destro. Stavolta non accarezzò, spinse. E mi fece male alla follia. "Ahia.." Gemetti. Il sangue della guancia, della spalla e del braccio continuava a scendere inesorabile. Quel colore rosso macchiava i vestiti e il pavimento.
"Lasciami andare..." Rimormorai. Usai il braccio sinistro per provare a fargli male, ma lui mi strinse il polso e, girando il palmo verso l'alto, me lo squarciò. Si aprì una ferita abbastanza larga, poi lasciò andare la mano. La feci ciondolare al mio fianco, mentre dai miei occhi doveva capirsi tutto il dolore che in quel momento stavo provando.
"Eris..." Si sentì una voce da uno dei cunicoli. La sua voce. In quell'attimo, il dolore sparì e i miei occhi si illuminarono. Ma la bruta realtà tornò violentemente un attimo dopo.
"Bene, sbrighiamoci, eh.." Ringhiò il ragazzo. "I posti li scelgo io".
Si allontanò un pochino per squadrarmi da capo a piedi. "Eris.." Sentii richiamare. Ma i miei occhi cercavano di..
Arrivò una coltellata a taglio, dritta sulla coscia destra. "Ah.." Gemetti, cadendo in ginocchio. Volevo piangere. E me lo permisi, ma in silenzio.
"Ancora niente?" Mi chiese rabbioso. Mi diede un'altra coltellata a taglio, su un fianco. "Ah.." Rigemetti. "Ancora niente??" Urlò. Mi tenevo la gamba destra dritta, mentre vedevo il sangue come ribollire nella ferita. Non avrei ceduto. Michael stava arrivando. Il fianco iniziò a farmi una macchia rossa sulla maglietta, e portai una mano sopra. Continuavo a piangere in silenzio. 
"Ehi, basta" Cercavano di fermarlo gli altri. Ma lui si abbassò e mi chinò la testa in avanti. Pensai che mi avrebbe spezzato l'osso del collo, invece no. Mi mise la punta del coltello sulla nuca e spinse lievemente, poi la fece strusciare fino a metà schiena, tirando indietro il colletto della maglietta.
"Eris!" Si sentì più vicino. Ringhiò. "Non finisce qui" Mi sibilò tra i denti, dando una ripassatina alla ferita appena inflitta. Scapparono, lasciandomi lì.
Sangue, sangue ovunque. La spalla, la mano, il braccio, la guancia, la gamba e il collo. Soffrivo tantissimo e quando non sentii più i loro passi, urlai. Prima non avevo osato, ero terrorizzata. Urlai di tutto: dolore, specialmente. Ma anche esasperazione, paura... un insieme di sentimenti negativi. Iniziai a piangere più forte che potei. Michael era lì, stava arrivando!
Ma sentivo ogni ferita bruciarmi come dieci fuochi. Continuai a piangere urlando. Sentii dei passi e mi avvicinai ancora di più alla parete, anche se non potevo muovermi più di tanto.
Arrivò un ragazzo... ma non era Michael.
"Eris..." Mi guardò terrorizzato. Avevo la vista annebbiata per le lacrime, ma riuscii a riconoscere i suoi occhi. Era lui.
"Michael... Michael, scusa..." Continuai a piangere, abbassando la voce. Mi aveva trovata.
"Shh..." Mi corse incontro e mi guardò. Per prima cosa vide la gamba. "Dai... dai, passa, quello passa..." Poi mi guardò sul viso. Dovevo essere rossa per il pianto, bagnata di lacrime e di sangue. 
"Dio..." Mormorò, accarezzandomi la parte di pelle non ferita della guancia. Poi passò a rassegna ogni singola ferita. "Eris... tranquilla, ok... andrà... andrà tutto bene..." Mormorò. Con l'intento di abbracciarmi, mi mise la mani sulla nuca. "Ahia..." Dissi tra le lacrime, tirando indietro la testa. Lui corrugò la fronte e mi fece girare il corpo lentamente. Mi tenne seduta con una mano sulla parte bassa della schiena, poi guardò il taglio. Cercai di non mettergli tutto il peso sulla mano e di tenermi un po' dritta da sola. Con l'altra mano, mi tirò su i capelli, dandomi un sollievo incredibile...
"Ho paura..." Mormorai. Sentii le lacrime continuare a scorrere, mentre sentivo come tanti pezzi di vetro appuntito infilarmisi nella pelle.
Michael mi fece appoggiare di nuovo con la schiena al muro. Avevo voglia di chiudermi a guscio, stringermi tra le mie stesse braccia e piangere. Ma quel ragazzo aveva neutralizzato ogni singolo arto che mi servisse per mettermi in quella posizione. Sentivo svuotarmi poco a poco: il sangue dalle ferite e l'acqua dal sudore e dalle lacrime. Mi sembrai terribilmente vuota.
"Aiuto.." Mormorai. Davanti ai miei occhi appannati passarono immagini, tante immagini: la prima volta che avevo visto quei due, quello che era successo, le conseguenze... ricordai ogni singolo attimo di quella notte. Nemmeno l'idea che Michael fosse lì e c'era anche quella volta riuscì a risollevarmi.
"Sono qui..." Mi mormorò, baciandomi a lungo la fronte e accarezzandomi i capelli. "Ho paura... aiuto..." Continuai a mormorare. Ma non ero io a comandare la bocca, era il puro dolore che stavo provando a parlare.
"Adesso arriva un'ambulanza" Continuò a sussurrarmi. Ma il dolore non voleva smettere di bruciare. Sentii il cuore tornare a battermi velocemente.
"Fa male" Alzai la voce, e le lacrime mi uscirono sempre con più vigore. "Michael, fa male... aiuto..." Continuavo a delirare. Non capivo più niente. Mi sembrava di essere sospesa nel nulla. Non c'era più un dove, come, chi, quando e perché. C'eravamo io e il dolore. La speranza era andata via e con lei la ragione.
"Torneranno... ho paura... l'hanno detto... il taglio... la gamba... paura... fa male!" Alzavo la voce gradualmente, mentre Michael mi accarezzava i capelli e cercava di appoggiare la mia testa sul suo petto. Sentii la ferita sulla nuca bruciare, ma sentii anche il caldo battito del suo cuore.
"Every moment takes me in Paradise..." Mi mormorò dolcemente. Ma la mia testa era piegata, e questo allargava la ferita, facendola bruciare. Lui mi metteva dolcezza e calore, ma non poteva togliere il dolore. Piansi sul suo petto.
"Fa male, Michael... fa male..." Continuavo a ripetere, abbassando sempre di più la voce. Cercai di concentrarmi su qualche ricordo felice e ce n'erano tantissimi. Così tanti che non riuscivo a pensarne a uno tutto consecutivo: di conseguenza, non riuscivo a non tornare al dolore.
"Fa male..." Mormorai.  Le lacrime continuavano a scendere, come il sangue. Sarei morta dissanguata? No, non credevo. Ma sentivo le forze abbandonarmi.
"Aiuto, Michael..." Lo chiamai. Lui spalancò gli occhi e sentii il suo sguardo posarsi sui miei occhi che non riuscivano a restarmi aperti.
Un breve attimo, sentii le sue labbra sulla mia testa, una sua lacrima calda cadere vicino alle labbra e una frase "Andrà tutto bene, piccola mia...", poi tutto fu nero.

*Autriceee*
Lo so, è un capitolo forte... però capitemi, per lunedì avevo un da leggere un testo che parlava della vivisezione degli animali, con Riproduzione Casuale mi è capitata Smooth Criminal e su letterature sto studiando l'eroe romantico! Un insieme di cose e voilà! ispirazione.
Chiedo scusa a tutti i lettori a cui ho traumatizzato la crescita (nel caso qualcuno volesse davvero crescere v.v).
Cosa succederà alla piccola Eris, ora?
Booh! 
Un Bacioneee;

PS: Il prossimo sarà POV Michael, e così via ;D


Lost Girl

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Capitolo 23
*** Remember The Time. ***


Capitolo 23: Remember The Time.

Erano tre giorni. Tre stupidissimi giorni. Eravamo chiusi dentro quello stupidissimo ospedale. Con quello stupidissimo medico che entrava e usciva. Quello stupidissimo lettino bianco. Quello stupidissimo respiratore. E quello stupidissimo me.
L'avevo lasciata uscire. Non le avevo proibito di varcare quel cancello. Avrei dovuto sapere che non dovevo fidarmi di chi aveva suonato, chiunque esso sarebbe stato. Se non fossero stati quei quattro, sarebbero stati i paparazzi. Ma potevano anche essere dei bambini.
L'avevo lasciata uscire. Lei non aveva urlato. Avrei dovuto immaginarlo. In Thriller lo dico io stesso che il terrore ti blocca il grido che vorresti lanciare. Come avrei potuto anche solo immaginare che in caso di estremo pericolo avrebbe potuto gridare?
Ero stato stupidissimo. E lei era lì per colpa mia. Un ospedale. E lei era in coma. Aveva perso troppo sangue. Mi dissero che fu una fortuna, per lei, che ero arrivato subito. Se fossi arrivato un poco più tardi, le sue situazioni sarebbero state ancora più gravi. Dunque una cosa buona l'avevo fatto.
Maledissi me per tutti e tre quei giorni. Fu il quarto quello che mi colpì dritto come una freccia scagliata da un arciere. Era arrivato quel dottore, un ragazzo poco più grande di me, coi capelli neri come gli occhi.
Mi aveva guardato sospirando. "Siete parte della sua famiglia?" Mi chiese. Annuii senza esitazione. Bugia o realtà, dovevo sapere. "Ecco, vede, ha perso molto sangue, specialmente dal taglio sulla nuca. Questo puo' avergli provocato..." Disse dei termini scientifici che non capii. Quindi tornò a parlare normalmente. "Puo' aver perso la memoria". Il mio cuore si rifiutò di continuare a battere, forse tornò a farlo solo per continuare a far vivere gli organi. Perché io potevo morire benissimo. Eris... lei... io non sarei più stato nessuno per lei. Avrebbe dimenticato tutto... il primo giorno, le risate, i giochi, i passaggi, casa,  i bambini... me. La nostra favola che stava iniziando ad avere una piega dritta. L'unica cosa che mi rincuorava era che avrebbe dimenticato anche tutte le cose brutte.
"Ma temporaneamente... vero?" Il medico abbassò lo sguardo. "C'è l'1% di possibilità che riesca a recuperarla. E la stessa percentuale che non l'abbia persa. Arrivederci" Se ne andò, lasciandomi solo con il mio dolore. Pensai a lungo, non si sa a cosa. Forse a un modo per riuscire a farle tornare la memoria nel caso l'avesse persa, forse pregavo che non l'avesse persa, forse speravo che si risvegliasse con un bacio e tornasse tutto come prima di quel brutto incidente.
Ma non sarebbe stato così. Per la prima volta, mi sovvenne che la vita non era una favola. Fu la prima e unica volta che lo pensai, costretto a farlo. A volte le circostanze ti obbligano a cambiare il tuo modo di pensare perché distruggono le fondamente delle tue idee.
Rimasi lì con lei, nonostante al suo risveglio non si sarebbe ricordata di me. Non mi interessava più di nulla, di niente. Non volevo che ci mettesse troppo a risvegliarsi. Perché si sarebbe risvegliata. Ne ero certo. Anche se il dottore continuava a insistere sul fatto che ci fosse una percentuale del 30% che non ce l'avrebbe fatta. Quelle percentuali iniziavano a darmi i nervi. Lei si sarebbe risvegliata, punto. Sapevo che si sarebbe risvegliata. E l'avrei aspettata, una settimana o due anni. Sarei stato lì, qualunque cosa.
Ogni tanto la venivano a trovare i bambini e portavano un fiorellino o un disegno. Annie, una volta, aveva dipinto con gli acquarelli un muro con sopra scritto "Every moment take me in Paradise" e in basso a destra "M+E". Mi vennero le lacrime agli occhi e la abbracciai fortissimo quando me lo fece vedere.
Dopo una settimana, i dottori dissero ai bambini di portare via almeno un po' di tutto quello, perché l'odore dei fiori era troppo forte. Al termine di due settimane, c'erano solo tantissimi disegni appoggiati sul comodino, vicino al respiratore.
Sembrava dormisse. Quante volte l'avevo vista dormire... quante volte l'avevo accarezzata nel sonno... quante volte avevo desiderato fare come nei sogni, darle un bacio e svegliarla nel bel mezzo di un incubo... quante volte l'avevo profondamente amata?
Tante. E la prospettiva che non si potesse più svegliare nemmeno la consideravo. Ma erano passate tre settimane, e il medico mi disse che la percentuale che si risvegliasse era diminuita. Feci finta di non sentirlo, perché le principesse si svegliano sempre. Stavo impazzendo a vederla immobile sul letto, i capelli biondi le si sporcavano gradualmente, ma lei non accennava a muoversi. Ero in astinenza di un suo sorriso.
Una notte senza luna, entrò in stanza Sarah. "Michael... io... ho paura..." Mi mormorò. Aspettava insieme a me, solo molto meno in ansia. Lei veniva il pomeriggio, restava la notte, e la mattina andava a scuola. Io ero lì a tutte le ore. Poteva risvegliarsi in tutte le ore. E poteva essere deciso il suo destino in tutte le ore.
Quella stessa notte decisi di apportare il lieto fine a quella brutta storia. Provai a ritornare dentro la mia favola. Dentro la mia favola, i baci vincono sempre.
Mi avvicinai al suo viso dolce, che respirava tramite dei tubicini. Le palpebre non si muovevano, come tutto il resto del suo corpo. Mi avvicinai ancora un po' e le accarezzai una guancia con un dito, osservai ogni singola parte del suo viso. Era perfetto. Lei era perfetta. "Andrà tutto bene" Le mormorai, avvicinandomi ancora un po'. "Ti voglio bene" Le soffiai sulle labbra, prima di appoggiarci le mie sopra. Era un bacio a stampo, ma fu il più dolce di sempre. Le sue labbra erano rimaste morbide, e mi dava un sollievo stupefacente toccarle ancora. Erano fredde, ma avrei voluto rimanere così per sempre. Anzi, oltre il per sempre. Forevermore.
Mi allontanai un attimo. Non succedeva niente. Una lacrima uscì dal mio occhio destro, poi la baciai un'altra volta. Iniziai a piangere in silenzio sulle sue labbra. Mi staccai per tirare un singhiozzo, ma vidi la sua testa fare un piccolo movimento in avanti. Aprì gli occhi lentamente e poi fece un sospiro profondo con la bocca. Mi guardò.
Io mi asciugai le lacrime di tristezza, che lasciarono il posto a quelle di gioia. "Eris.." Mormorai, mettendo la mia testa contro il cuscino, vicino alla sua, nell'atto di abbracciarla.
"Chi è Eris..?" Chiese sottovoce. Non ci feci caso, non volevo stare male e finsi di non sentirla. "Va tutto bene, tranquilla..." Le dissi, accarezzandola il viso una sola volta. Mi allontanai di corsa a chiamare il medico. "Si è svegliata..." Lo informai, senza fiato per la gioia. Lui sgranò gli occhi e si diresse a passo di marcia verso la sua stanza. Le fece un sorriso, mi fece uscire e iniziò a fare i vari controlli.
Fuori mi resi conto della tragedia. Aveva perso la memoria. "Quanto dureranno i controlli?"
"Poco più di un'ora" Mi rispose. Nella mia testa, c'erano i cricetino che ballavano l'haola, se ne andassero al diavolo le sue percentuali!
Corsi a casa, passai per il passaggio segreto e presi la canzone che le avevo scritto. Quella che avevo buttato giù quando era andata via, quando era dovuta andare via. Gliel'avevo scritta nel caso ci fossimo ricontrati tanti anni dopo. Ma andava bene anche solo per un colpo di amnesia. Remember The Time.
Non svegliai nessuno per dare la bella notizia, lasciai solo dei segnali che sapevo che i bambini avrebbero capito. Avevo lasciato tre fazzoletti davanti al Rifugio Primordiale, cioè buona notizia. Se i fazzoletti erano due era così così e se era uno era brutta. Semplice, no?
Corsi all'ospedale col testo sottomano, e la vidi che stendeva sul letto ad occhi aperti, incosciente della sua vita, di tutto quello che c'erano stati i precedenti diciannove anni. Presi un respiro profondo e, sotto gli sguardi incoraggianti di Sarah e Silvya, mi feci coraggio. Loro due uscirono dalla stanza, lasciandomi solo con lei.
"Tu sei quello con le idee chiare. Chi sono io?" Sorrisi.
"Sei Eris. Sei la figlia di quella signora lì, e la sorella di quella ragazza là."
"E tu sei mio fratello?"
"No"
"E allora chi sei?" Chi ero per lei?
"Questo me lo dovevi dire tu. Ricominceremo."
"Ma perché non ricordo nulla?"
"Hai perso tanto sangue. Ma ti prometto che sarà tutto come prima che succedesse"
"E com'era prima?" Ero un esperto di entrate in scena, di effetti speciali. E sapevo riconoscere quando era il momento. Le diedi il foglio, e le note scivolarono naturali nella mia mente, come se fosse già incisa da qualche parte. Iniziai a cantare, sottovoce. Le vennero le lacrime agli occhi.
"Nessuno aveva mai scritto una canzone per me, credo.."
"In realtà è già la seconda. E tu stessa me ne hai ispirate tante."
"Davvero? Ti va di cantarmele?" Mi chiese sottovoce.
"Volentieri, principessa" Risposi. Iniziai da Don't Walk Away, Black Or White. Le due che preferivo. Ma sentivo che la prima non era destinata per l'album successivo. Non era parte di quel cd. Sarebbe stato per quello dopo, forse.
Quando finii di cantargliele, ormai albeggiava.
"Grazie... Michael..." Mi disse incerta. Sorrisi.
"Grazie, Michael" Ripetè più sicura. Le sorrisi di nuovo. Poi riflettei: io non le avevo detto il mio nome. Mi sorrise.
Disse: "Every Moment Takes Me In Paradise"


*Autrice*
Pfiuuuuu!!! Finalmente Eris si è svegliata!! Mamma mia, che ansia, eh? Ma torneranno davvero, quei quattro? Possibile, fatto sta che quello è proprio l'ultimo pensiero di Michael. Ora, nella sua mente c'è Eris.
Che ha finalmente recuperato la memoria. <3
Ditemi un numero da 23 a 40. Saranno i capitoli che ci saranno dopo. Se mi dite 24, il prossimo sarà l'ultimo. Se mi dite 40, ne mancheranno ancora parecchi. Non so quanti di voi sarebbero contenti di sorbirsi altri capitoli xD Se continuate a recensirmi solo in 3, andrò a maggioranza. Se ci saranno altri recensitori, chiederò a mia sorella di scegliere un numero xD
Un Abbracciooooo, Vi Amo;

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Capitolo 24
*** Fall Again. ***


Capitolo 24: Fall Again.

Spesso e volentieri avevo dei vuoti di memoria. Succedeva minimo sei volte al giorno ed ero terrorizzata. La testa iniziava a girare e milioni di domande si affollavano davanti a me. Chi ero? Che cosa succedeva? Chi c'era intorno a me? Che giorno era? Dove ero?
Duravani dieci minuti, ed erano interminabili. Non pensavo, non riuscivo a capire nulla, tutto diventava sconosciuto. Ma dopo quel lunghissimo tempo, tornavo sempre la stessa Eris.
Una volta, mentre ero in quello stato, Michael mi aveva vista. Ero sdraiata sul divano, con una faccia che doveva essere confusa, mi guardava e sorrideva.
Chi era quello? Doveva avere tredici anni più di me, ma era bello. Però non lo conoscevo, un totale sconosciuto. Perché sorrideva?
Mi allontanai, cercando di appollaiarmi sul divano.
"Chi sei?"
"Ma... ma come... Eris, sono Michael..."
"Non mi ricordo"
"Dai, Eris... respira profondamente, tranquilla..."
"Perché mi chiami Eris?"
Sembrava preoccupato, mi guardava con gli occhi tristi e aveva paura anche lui. Mi restò accanto tutto il tempo, mi spiegava chi ero, come stavo, perché, chi era lui, dove ero... mi diceva tutto. Poi fui scossa da un fremito e la mia mente tornò a riaprirsi. 
"Michael, ho paura. Ogni tanto la memoria va via e non posso controllarmi" Gli mormorai, accoccolandomi accanto a lui, ascoltando il ritmico battere del suo cuore e il calore che quel corpo emanava.
"Se vuoi torniamo all'ospedale..."
"No, non mi piace l'ospedale"
"Ma Eris, è per il tuo bene..."
"No, Michael. E' triste"
Sospirò. Era evidente che non era papà. Qualsiasi genitore avrebbe saputo che con i bambini bisognava insistere, ma lui no. E la cosa non mi dispiaceva affatto. Sorrisi soddisfatta. Non sarebbe mai più ricapitato, ne ero certa.
Ma i giorni passavano, spesso mi trovavo in mezzo ai bambini mentre succedeva. Non avevo grandi problemi perché con chiunque avesse sotto i dodici anni mi ero sempre trovata straordinariamente, e quando mi chiamavano credevo si stessero chiamando tra di loro. Però si comportaavano come se mi conoscessero e questo mi inquietava un po'. Ma comunque, mi tornava tutto in mente quasi in tempo.

Una mattina, andai a svegliare Michael in lacrime. Avevo fatto un sogno orribile e non ero riuscita a svegliarmi.
"Michael.." Lo svegliai, mentre una lacrima mi scendeva e cadeva sulla sua tempia. Lui alzava una mano e la accarezzò. Mi guardò con una faccia buffa e assonata. Ma poi scattò seduto e mi fece posto davanti a lui, mentre io lo guardavo negli occhi, cercando un motivo per dimenticare l'incubo.
"Che è successo?" Mormorò.
"Ho fatto un incubo" Tirai su col naso e mi asciugai le lacrime col palmo delle mani.
"Ti va di dirmelo? Così ti consolo" Mi sorrise. E fu il sorriso più consolante che avessi mai visto in vita mia.
"Ho sognato... ho sognato che c'eravamo io, te e David. Stavamo camminando per strada, tranquilli, come se tutto fosse normale, come se nessuno ti dovesse saltare addosso perché non eri nessuno. Ad un certo punto, tu e lui entrate in un negozio ed io, non so perché, resto fuori. Mi guardo intorno e rivedo i quattro, quelli della banda, no? Ecco... allora abbasso la testa e iniziò a camminare velocemente verso il negozio, però la porta è chiusa. E' un negozio di giocattoli, tu ridi e scherzi con David mentre la gente vi guarda sorridente. Ma fuori sono sola, e anche se busso non mi sentite. Allora quei quattro si avvicinano tanto, tantissimo... li guardo in faccia e hanno delle machere mostruose... poi mi sono svegliata" Lo abbracciai fortissimo. Avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse che non c'erano problemi, che era tutto ok, che era lì e non se ne sarebbe andato mai.
"Ehi, va tutto bene. Era solo un sogno, ok? Era un film, uno sciocchissimo film dell'orrore, va bene? Senti, oggi vado un po' al centro commerciale, vieni?" Annuii, mentre sentivo gli occhi asciugarsi. Andava tutto bene, me lo aveva detto lui.
Fu una delle esperienze più traumatizzanti. A vent'anni non dovrebbe spaventare, e mi mostrai coraggiosa e forte, ma dentro ero terrorizzata.
Scendemmo dalla limousine scortati da David e altre tre guardie, due per parte. Fu il tempo di far vedere un mocassino nero con un calzino bianco che sbucava fuori e un mucchio di fans urlatrici corsero appiccicate alla macchina. Qualcuno si arrampicò sul cofano, altre prendevano a pizze le schiene dei bodyguard per lasciarci passare. Michael salutò tutti con un cenno e un bacio, poi scesi io. Non mi sentii mai odiata come allora. Vidi i loro sguardi interrogativi e Michael che sorrideva, mi prendeva la mano e continuava a salutare. Le domande si trasformarono in imprecazioni.
"Perché quella sta là? Chi è?"
"Ah, deve essere quella che dicevano che era rapita..."
"Ma non l'aveva lasciata andare?"
"Ma secondo te l'aveva rapita?!?"
"No, ma allora perché sta là?"
"Sarà la ragazza..."
"Avrà vent'anni di meno"
Queste voci si sentivano, ovunque, solo di questo. Michael non sembrava sentirle e continuava a sorridere e salutare, contento. Entrammo, seguiti da questa massa di fans. Ma entrati in un negozio di arredo, riuscimmo a staccarceli di dosso.
"Ma sono matti?"
"Credo di si"
"Prima dicevano delle cose..."
"Lo so, li ho sentiti. Chi lo ha detto, è solo uno stupido"
"Però continuavi a sorridere"
"Non posso smettere" 
Mormorammo, guardandoci intorno. Mi accarezzai la cicatrice sulla guancia. Ce ne avevo molte e sapevo il perché, ma non facevano male.
Poi avvenne. Era arrivato tutto insieme, un mal di testa fenomenale, che mi fece chiudere gli occhi e sbattere con la gamba contro un tavolino, e ruzzolando a terra. Mi rannicchiai in un angolo, aspettando che passasse il dolore, così com'era venuto. Vidi Michael corrermi incontro e chinarsi, ma il dolore alla testa era atroce. Cercai di aprire gli occhi, ma vedevo sfocato. Sentii Michael chiamare David, poi un'insieme di cose. Il bodyguard doveva essersi distratto, le fans attaccavano da tutte le parti, alcune spruzzando puro veleno verso di me. Il mal di testa continuava ad aumentare insieme al rumore, ma David doveva avere una potenza incredibile perché riuscì a far uscire tutte quelle scatenate. Vidi Michael con i capelli scarmigliati e mi venne da ridere.
"Il dottore..." Pausa. "Dice che potrebbe essere una piccola conseguenza ai tagli..." Pausa. "Oltre alle perdite di memoria..." Urlò David, prendendo fiato per rimandare indietro qualche pazza furiosa.
"Piccola?!? Se questa è piccola!! Portiamola all'ospedale, subito!!" Urlò di rimando Michael. Poi sospirai, il dolore era passato, ora la testa girava solo un po'.
"Eccomi, eccomi, ci sono" Mi alzai borbottando. 
Mi avvicinai al suo orecchio. "E' ufficiale, sono matte".

*Autricee*
Nulla di che, in effetti, però era per farvi capire che cosa vive Eris dopo quella specie di trauma. Perché è stato un trauma. Quattro tipi che ti fanno finire in coma, è un trauma. E lei, per quanto sembri forte, è fragile come una foglia secca. 
Mannaggia... chissà se passeranno mai tutti 'sti guai...
Speriamo ;)
Un Abbraccione Enooorme;

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Capitolo 25
*** I Just Can't Stop Loving You ***


Capitolo 25: I Just Can't Stop Loving You.

Come glielo avrei detto? Non avrebbe mai accettato, mai, mai, mai... si sarebbe vergognata. Sicuro... anche io se fossi stato un ragazzo normale mi sarei vergognato. Lei avrebbe di certo lasciato perdere, non sapevo nemmeno se era intonata!! Avrei dovuto certamente fare dei provini, lei non... non so nemmeno io perché no. Forse mi vergognavo semplicemente a chiederglielo. Sì, forse era semplice vergogna. Ma lei non si sarebbe vergognata. Quindi forza e coraggio, mi toccava dirglielo. Per pura informazione. Iniziavo a salire le scale quando me la ritrovai davanti.
"Ehi, Michael!! Ho una notiziona strabilianteee!" Mi salutò, sorridento a trentadue denti. Ricambiai. "Anche io.."
"Oh, tranquillo, la mia notizia è più bella!" Mi strizzò l'occhio.
Mi trascinò letteralmente in camera sua e mi fece sedere sul letto, mi disse di aspettare e si chinò a prendere qualcosa nel cassetto. Sembrava frettolosa, visto il movimento frenetico delle mani. Mi si avvicinò con un sorriso furbetto e le mani dietro la schiena, si sedette vicino a me continuando a nascondere l'oggetto tra le mani.
"Allora, partiamo dal presupposto che basta il pensiero, giusto?" Sorrise timidamente. Annuii.
Chiuse gli occhi e mi diede un pezzo di carta, a quadretti. Guardai il disegno. Erano i miei occhi, il corpo era un po' inclinato verso sinistra, ma le pupille erano rivolte verso l'osservatore. Ero strabiliato... sembrava un dipinto!
"Non mi avevi detto che sapevi disegnare.." Balbettai, veramente ammirato dalla bravura di quella mano paffutella.
"Diciamo che ci ho messo una cosa come un mese... mi venivano sempre due occhi diversi" Rise, di quelle risate dolci che ti fanno ridere perché sono così pure.
"Ora tocca a me..." Iniziai. Ma lei bloccò. "Mica era questa la novità!" Ah, no? C'era dell'altro? Stupendo... considerando che la mia era una cosa che probabilmente avrebbe rifiutato, mi sentivo un verme.
"La novità è che..." Prese fiato, strinse gli occhi e disse tutto di corsa. "hocapitochecosaprovoinquestigiorni", poi aprì un occhio. Potevo sentire il suo cuore battere, ma di quello che aveva detto non avevo capito nulla. "Eh?"
Sospirò.
"Ho. Capito. Quello. Che. Provo. Per. Te." No, non aveva detto questo, prima. Prima finiva con una i la frase. Poi mi tornò in mente. Cosa aveva detto?...
Sorrisi.
"Ti... ti voglio un bene immenso" Mormorò, guardando un punto impreciso vicino alla punta dei suoi piedi, torturandosi le mani e lanciarmi un'occhiata azzardata.
"Anche io. Immenso" La abbracciai forte. Al contrario di lei, io ancora non c'avevo capito tanto di quello che mi succedeva quando stavo con lei.
"Ho paura dei vuoti..." Mi mormorò ad un certo punto. La abbracciai ancora più forte. "Tranquilla, passeranno" Appoggiai il mio mento sulla sua testa. Le volevo bene, questo si... e anche tanto.
"Ora tocca a me" Cercai di ritirarla su. Presi un grande respiro. "Hai presente che faremo il Bad World Tour?" Le chiesi. Annuì raggiante, ma con l'ombra di una brutta notizia. Ma doveva solo che stare tranquilla.
"Ecco, c'è una traccia nell'album.." Presi un altro respiro. "In cui dovrei duettare con... con qualcuno e... vorrei chiederti... se ti andava..." Boccheggiai. Avrebbe rifiutato. Stupido stupido stupido che ero stato.
"Sìììììì!!!" Fu, invece, la felicissima risposta. Mi abbracciò fortissimo e sembrava una pasqua, tanto era felice.
"Il pezzo è... I Just Can't Stop Loving You" Si allontanò e inclinò la testa di lato, valutando la situazione.
"E mi devo imparare il testo?"
"Non tutto"
Sembrò sollevata, e tornò a sorridere. "Ma è difficile?" "No, un po' ti viene naturale" Le strizzai l'occhio.
"Ok... però te lo dico, la mia memoria è un po' così" 
"Tranquilla, è facile imparare le canzoni" Sorrisi. La abbracciai più forte che potei. Non si sarebbe limitata a guardarmi da dietro le quinte. Sarebbe stata vicino a me, anche se solo per quei quattro minuti. Sarebbero stati i più belli del concerto.
E poi ci sarebbero stati i ragazzi. Senza le urlai ai concerti non sarebbe eccitante, i ragazzi ci aiutano semplicemente comportandosi come sono veramente.

*Autricee*
Non so se avete notato o in quanti l'abbiate fatto, però l'ultima frase l'ha detta lo stesso Michael <3
E così, Eris sarà la duettante nel Bad World Tour... ne sarà in grado? Chi lo sa? ;)
Un Abbraccione  A Tutti e Un Grande GRAZIE;

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Capitolo 26
*** Givin Tree. ***


Capitolo 26: Givin Tree.

Provavamo da almeno due mesi. Attraversavamo il passaggio segreto tra risate e scherzi, entravamo nella botola e scivolavamo in sala prove, dove c'era tutto il gruppo delle luci, della musica e tutte le altre cose.
La prima volta che avevo messo il piede lì dentro ero diventata viola e c'erano stati dei problemi... ehm... emotivi, sì. Avevo visto tutti quei ragazzi lì, a chiacchierare e ridere tra loro, tutti sorridenti e mi ispiravano fiducia. Ma quando eravamo saliti sul palco vidi alcuni di questi guardarmi, indicarmi e poi puntare il dito verso qualcosa sullo schermo.
La base era partita, Michael aveva iniziato e io ero lì, vicino a lui, completamente bloccata, con il testo e le mie parti evidenziate in mano. Ci fu il silenzio, solo le note, poi Michael che diceva di fermarsi.
"Ehi, che co.."
"Michael, puoi venire un attimo?" Avevo una certa durezza nella voce, ma il fatto è che non mi è mai piaciuto dimostrare dei sentimenti come la vergogna o la timidezza. Annuì e mi seguì dietro un tendone, dove non ci potevano sentire. Ricominciarono a chiacchierare.
"Non ce la faccio" Mormorai, guardando in basso.
"Dai, tranquilla... cos'è che ti blocca?"
"Mi guardano tutti.." Arrossii violentemente. La sua voce era così dolce, mi fece scatenare un putiferio dalle parti del cuore.
"Se vuoi posso dir loro di non guardarti..."
"Ma non è quello il fatto... è che se mi vergogno di loro, che sono venti, cosa farò quando ci saranno due milioni di persone a fissarmi?" Lo guardai negli occhi, nella speranza di qualche parola tranquillizzante.
"Considera che quando sei sul palco, il pubblico è completamente immerso nell'oscurità, a parte le prime file. Loro pensano che noi ne vediamo ogni viso, ma bisognerebbe sforzare la vita. E poi non riesci a soffermarti su una persona in particolare perché si agitano" Mi strizzò l'occhio e mi accarezzò una guancia con un dito caldo.
"Ma comunque quelli delle prime file mi fisseranno"
"Tu guarda quelli delle ultime" Rise. Provai a seguirlo, ma la vergogna non voleva saperne di lasciarmi in pace.
"E ora, con loro?"
"Loro di cantanti sanno poco. Sanno le note e tutto il resto, ma per quanto riguarda le doti canore ne sanno poco. Possono dire se un cantante è intonato o stonato, ma per il resto ci penso io"
"E se fossi stonata?"
"Sono sicuro che non lo sei" Mi baciò sulla fronte. "Dai, andiamo." Mi prese la mano e si diresse allegramente verso il piccolo palco. Iniziò la base, e lui mi mormorò "Se ti agiti, stringi pure", poi mi diede una lievissima stretta. Sorrisi. Quello sì che era tranquillizzante. E anche per quanto riguardava tutto il resto era stato molto confortante.
Riuscii a cantare e, come previsto, tutti furono così impegnati con luce e volume che non fecero nemmeno caso al cambio di voce. Non è che avessi una chissà quale voce spettacolare, né era minimamente simile alla ragazza che aveva cantato originariamente la canzone. Lei aveva la voce più acuta, io più bassa. Sperai che andasse bene lo stesso.
"Com'è andata?" Mormorai a Michael, mentre uscivamo dalla botola e ci dirigevamo verso lo scivolo, che col tempo diventava facile da ripercorrere al contrario. Riuscimmo dal suo armadio. "Stupendamente. Non sei uguale a Siedah, ma andrà bene, vedrai" Mi sorrise. Poi, ritornò uno dei miei vuoti. La cosa strana fu che prima riuscii a capirlo, a prevederlo. Mi gettai sul letto di Michael stringendomi la tempia con una mano. "Sto per avere un vuoto" Sussurrai, stringendo le palpebre. Il mal di testa sparì e quando riaprii gli occhi era tutto un mondo sconosciuto. Ero davanti un armadio aperto con uno specchio, seduta su un letto morbido, con un riccio seduto vicino che cercava di dirmi di rimanere tranquilla. Ma io non c'entravo niente lì, non ero a conoscenza di nulla. Mi alzai di scatto e indietreggiai verso la finestra, guardando per intero la prima volta la stanza in cui ero rinchiusa. Era bianca, con degli armadi e dei comodini, un letto che sembrava morbido e caldo, e questo ragazzo che mi veniva incontro con lo sguardo terrorizzato. "Vai via" Ordinai, con la voce incredibilmente dura. Non potevo dimostrare di avere paura di quel posto e di lui. Poi un forte mal di testa mi colpì e serrai le palpebre. Dopo cinque secondi, mi ritrovavo nella stanza di Michael, con la schiena appiccicata alla finestra e lui che stava vicino a me e mi teneva la mano.
Scossi la testa. "Qualunque cosa abbia fatto, scusa..." Sospirai. Che cosa avevo appena fatto? Perché era zitto? Di solito, dopo i miei vuoti, era sempre impegnato a dirmi di stare tranquilla, di non farmi prendere dal panico.
"Tranquilla, siediti" Mi sorrise confortante e mi sospinse leggermente verso il letto dove mi misi seduta cercando di riordinare le idee. Quali, non si sa, visto che al momento l'unico problema che avevo era che durante i vuoti non avevo il controllo di me. Oppure lo avevo, però poi mi dimenticavo tutto.
Presi dei lunghi sospiri.
"Ok, ci sono" Sorrisi, felice. Tutto sommato, alla fine era un modo per avere Michael più vicino a me, no? 
"Andiamo a fare una battaglia d'acqua?" Chiesi, con gli occhi che brillavano, guardando il sole che stava lì fuori.
"Temo saremo solo noi due... i bambini oggi tornavano all'orfanotrofio, tornano tra due settimane" Mi confessò.
"Potevi anche dirmelo.." Borbottai, incrociando le braccia al petto. Non li avevo neppure salutati!!
"Il fatto è che mi hanno detto che ti avevano avvisato loro e ci sono rimasti male che li hai salutati con un ciao generale. Credo te l'abbiano detto durante un vuoto" Ridacchiò, e io gli andai dietro. Piccoli, pensa come c'erano rimasti male! Io che li abbracciavo di continuo, li saluto alla svelta quando vanno via per due settimane. Ogni due mesi, tornavano all'orfanotrofio o all'ospedale da dove erano venuti per due settimane.
"Te l'ho mai detto che adoro salire sugli alberi?" Sbarrai gli occhi. Io non ero mai salita su un albero! Ovunque andavo, me lo proibivano! Dicevano che o potevo cadere io, o poteva spezzarsi un ramo. Mi brillarono gli occhi.
"Vieni, ti faccio vedere il mio albero preferito" Mi prese per mano e passeggiavo velocemente, perché io ero a dir poco curiosa di vedere questo albero. Mi mise le mani sugli occhi a metà percorso.
"Voglio che sia una sopresa" Mi soffiò in un oreccho, iniziando a camminare lentamente, visto che io ero a tentoni e terrorizzata all'idea di poter cadere da un momento all'altro.
Un meraviglioso momento, ci fermammo. Sentivo che davanti a me c'era qualcosa, non sapevo cosa, probabilmente un albero, però quanto sarebbe stato grande?
Michael mi lasciò guardare.
C'era un tronco enorme, largo quanto dieci braccia mie e dieci braccia di Michael, altro venti mentri e con rami enormi, la metà del tronco, probabilmente. Mi avvicinai e lo toccai.
"Posso salire...?" Chiesi.
"Chiedilo a lui. Si chiama Givin Tree."
"Givin Tree posso salire?"
Una brezza di vento fece frusciare le foglie verdi tra di loro. "Credo sia un si".
Misi il primo piede su una sporgenza, poi un altro su un'altra e così via. Arrivai al primo ramo e mi voltai: Michael era dietro di me, immobile, in attesa che salissi. Gli sorrisi, mentre cercavo un appiglio per il piede destro. Credevo di averlo trovato, mentre sentii la punta delle scarpe strusciare contro il tronco, mi feci prendere dal panico e tolsi la mano destra dal ramo a cui ero appoggiata, cercandone un altro più basso, come a dover seguire la gamba per non farla staccare. Ma il braccio sinistro non era abbastanza forte per reggere tutto il peso, e scivolò anche lui. Urlai, e scivolai giù. Ma quasi subito, sentii un braccio bloccarmi per la schiena. Azzardai ad aprire un occhio e vidi Michael che se la rideva alla grande, mentre teneva il braccio sinistro dietro di me, con la mano che si reggeva al ramo più vicino.
"Prima regola per arrampicarsi: mai farsi prendere dal panico" Mi disse, tra le risate. Risi con lui.
"Guarda che appena imparo facciamo una gara!!" Mi ripresi un briciolo d'orgoglio e cominciai a salire, di nuovo davanti a lui, con più decisione, ma anche più attenzione. Controllavo bene prima di mettere i piedi e tirai una boccaccia alla sporgenza a cui avevo dato fiducia poco prima. Ci sedemmo sull'ultimo ramo raggiungibile.
"Ah!" Sospirò, mettendosi seduto vicino a me. Le foglie creavano dei magnifici effetti di luce e ombra su di noi, e immaginai quanto sarebbe venuta bella una foto dal basso.
"E' bellissimo qua!" Esclamai. Mi misi a carponi, rivolta verso di lui. "Ma se provo a mettermi in piedi?" Gli chiesi. Mi girai, dirigendomi cautamente verso il tronco. Appoggiai entrambe le mani e iniziai a tirarmi su, guardando il tronco per essere sicura di non cadere o mettere i piedi troppo in pizzo.
"Eris, per favore, non..." Mi mormorò, girandosi lentamente verso di me e allungando le sue braccia nella stessa direzione.
"Shh... mi fai prendere dal panico" Lo zittii, continuando a tenermi e a tirarmi su lentamente. Poi le mie gambe si addrizzarono, mentre continuavo ad abbracciare il tronco. Michael gattonava verso di me. "No, Eris..." Continuò. Scossi la testa e mossi un primo passo, allargando il braccio destro. Vidi che si allontanava un po' per non ricevere un piede su una mano. Mossi il secondo passo, allargando piano piano anche il braccio sinistro. Sospirai, non ero caduta. "Ok, ci sei riuscita. Ora rimettiti giù" Era impaurito. Ma io volevo camminare almeno fino a che il ramo avrebbe retto il mio peso. "No, dai, aspetta" Lo pregai. Lo vidi guardare i miei piedi e abbassai lo sguardo, per vedere che cosa aveva da guardare.
"Eris, non.." Lo sentii gridare. Ma un attimo dopo, il piede destro scivolò e io avevo allungato le mani davanti a me, prima di sentire anche il sinistro scendere dalla stessa parte del destro. Stavolta sarei caduta e sarei morta. Avevo sfidato troppe volte il Givin Tree.
Ma le mie braccia furono prese quasi immediatamente da altre braccia, che riuscirono a tirarmi in piedi sul ramo.
"Regola numero due: Non cercare di fare tutto insieme" Mi ammonì Michael. Era ancora terrorizzato, ma era in piedi davanti a me.
Scesi lentamente fino a rimettermi a carponi, poi feci ciondolare giù le gambe. Il mio cuore era a duemila, e stavo sudando tantissimo. Michael si sedette vicino a me molto più velocemente.
"Mi ha fatto prendere un colpo" Mormorò. Io avevo avuto una paura grande quanto una casa, e ancora la sensazione non mi aveva abbandonata. Non... non avevo mai provato l'emozione della caduta nel vuoto, e mi augurai di non provarla davvero mai più. Ti sembra di avere troppo ossigeno tutto insieme, come se i polmoni volessero prendere più aria e... ma non volevo pensarci. Strusciai sul ramo col sedere, avvicinandomi a Michael. Abbracciai il suo braccio come avevo fatto poco prima col tronco, e poi posai la testa sulla sua spalla.
"Grazie" Mormorai. Mi accarezzò il viso. 
"Di niente".
Rimanemmo così un po' di tempo, giusto quanto bastava per il mio cuore di tornare al battito normale, poi mi misi a cavalcioni.
"Posso provare una cosa?" Gli chiesi. Sembrò ironicamente allarmato e annuì lentamente. 
"Vieni un attimo" Lo feci avvicinare e lo invitai a mettersi anche lui a cavalcioni. Lo guardai un po' negli occhi e quelle sensazioni tornarono a farsi sentire. Ormai avevo capito che cosa provavo quando ero con lui, però mi sembrava una cosa troppo grande, quindi mi limitavo a dire e ad autoconvincermi che gli volevo solo bene... ma sapevo che non era così.
"Fai così" Inclinai la fronte verso di lui, e mi imitò. Si sfiorarono, mi avvicinai un po' di più a lui fino a toccarla completamente.
"Ecco, pensa una foto così" Gli mormorai. Dietro di noi, il sole stava tramontando e mi fece tornare in mente Biancaneve che se ne va verso il castello, con il principe sul cavallo bianco, incontro ad un grande sole arancione. Sorrisi.
"Verrebbe stupenda, in effetti" Affermò. Ma non avevo voglia di staccarmi. Anche se erano solo la nostra fronte e le nostre ginocchia a toccarsi, mi faceva comunque piacere toccarlo.
"Ah, ho una novità" Mi disse, poi, continuando a guardarmi negli occhi. Aveva le stesse sensazioni che avevo visto qualche giorno prima, mentre gli regalavo il disegno.
"Dimmi"
"Anche io ho capito cosa provo con te"
Non ero sicura di volerlo sapere. Se mi avesse detto che mi voleva bene ci sarei rimasta male perché io provavo qualcosa di più, ma se mi avesse detto di amarmi mi sarei spaventata perché era un sentimento a dir poco sconosciuto per me. Cosa sconcertate, per una che ha raggiunto i vent'anni, eh? Però era così. Non sapevo cos'era l'amore, e ora che l'avevo provato mi terrorizzava.
Anche lui sembrò valutare la situazione. Mi guardava, cercando di capire cos'era meglio dirmi, o semplicemente stava creando un po' di suspance. Dopotutto, era esperto di entrate in scena ed effetti speciali.

*Autriceeee*
Eh eh, che perfidia, eh, ragazzi? Sì, in effetti sono alquanto perfida oggi v.v Comunque, voi che dite: risponderà che la ama o che le vuole bene? Difficile da dire, considerando che anche lui trova l'amore un sentimento molto grande, però è quello che prova... un po' come Eris. La Sindrome di Peter Pan ce l'hanno entrambi, non dimenticatelo v.v
Beh, non ci tocca che aspettare ;)
Un Abbraccioneeeee;

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Capitolo 27
*** Why You Wanna Trip On Me? ***


Capitolo 27: Why You Wanna Trip On Me?

C'eravamo. Avevo trovato il momento giusto, quello che aspettavo da tantissimo tempo, da quello che mi sembrava un attimo. Eravamo sul mio ramo preferito del Givin Tree, al tramonto, vicini e felici. Insomma, era una favola. Un momento da favola, lei stav aspettando. Aveva gli occhioni verdi che sembravano vibrare in attesa della mia risposta. Ma ero sicuro di volerglielo dire? Se poi lei mi volesse veramente solo bene e non si sarebbe sentita a suo agio?
"Ti..." Ma non feci in tempo. Ci furono dei clacson, Eris si girò verso destra. C'era una parte della distesa di Neverland, e solo molti chilometri più giù si intravedeva la strada. E, sorpresa, c'erano dei furgoni neri e degli omini, vicino. Porca miseria!! Avrei dovuto sbrigarmi. La vidi guardare rabbiosa in quella direzione.
"Devono sempre rovinare tutto!" Sbottò, girandosi e iniziando a scendere di corsa. No, non poteva fare così... e se fosse caduta? "Eris, ti prego, rallenta" Le dissi, cercando di raggiungerla, in modo da impedirle di cadere. Ero rabbioso con quei cavolo di paparazzi, che probabilmente erano con gli zoom al massimo. Se avessi trovato delle immagini sul giornale di Neverland, li avrei massacrati con le mie mani. Eris era furiosa, camminava con i pugni chiusi e di fretta, diretta verso un treno diretto verso quella direzione.
"Quanto ci mette, per arrivare là?" 
"Poco"
Montò su e mi costrinsi a seguirla. Fu un viaggio silenzioso, apparte i suoi sbuffi e i suoi ringhii. Poi, verso la fine, sclerò. "Perché sono sempre in mezzo? Perché rovinano ogni singolo istante? Perché?" Non sembrava capacitarsene, e si strinse le tempie tra i pugni. Le accarezzai un braccio. Non ero il tipo da arrabiarsi subito. Ma se avessero pubblicato qualche foto...
Il treno arrivò. Era nascosto da qualche cespuglio che avevo messo apposta, in modo che dalla strada non si potesse vedere. Mi voltai e vidi un puntino lontano e alto, il Givin Tree. Non dovevano aver visto molto. 
Eris corse verso i muri che dividevano il parco dalla strada e ci si arrampicò, poi si coprì il viso con un velo nero che aveva in tasca, e iniziò a urlare.
"Avete finito? Vi divertite tanto a rovinare le vite delle persone? Domani vengo a casa di tutti voi e fotografo le vostre figlie sotto la doccia!!" Scese con un salto e tese l'orecchio, in attesa di risposte. Si sentirono dei borbottii e poi i furgoni neri ripartirono. Scoppiammo a ridere.
"Ma da dove ti è uscita quella cosa delle figlie nella doccia?" Chiesi con le lacrime agli occhi, era troppo forte.
"Dicono che i papà sono gelosi delle figlie femmine" Mi rispose, in modo a stento comprensibile, mentre si teneva la pancia con le mani.
Tornammo sul treno mentre lei mi imitava i visi di ogni singolo paparazzo, come se fossero evidentemente sconvolti da quell'apparizione.
Ma la mia mente era altrove. Era sull'Albero, nel momento esatto in cui avevo deciso di dirle cosa provavo, quando avevo perso tutti quegli istanti preziosi.
"Che stavi dicendo sull'albero?" Mi mormorò, avvicinandosi a me, mentre passeggiavamo sotto l'imbrunire. Sentivo la sua spalla sul mio fianco, e la sua testa all'altezza del mio avambraccio. Aveva tredici anni di meno, fu questo il pensiero che mi colpì violentemente subito dopo che mi fece la domanda. Avrei fatto bene a rovinarle la vita coi miei stupidi sentimenti? Pensai che la verità, sarebbe stata sempre la cosa migliore. Andai davanti a lei di due passi e mi voltai a guardarla negli occhi. Lei doveva alzare un po' la testa, tanta la vicinanza. La bellissima vicinanza, direi.
"Sentimi bene" Le dissi, accarezzandole le spalle, e continuando a guardarle i bellissimi occhi verdi. "Io... no, partiamo dalla fine. Abbiamo tredici anni di differenza, e sono troppi. Potrebbero odiarti tutti, come potrebbero amarti tutti. Parleranno male di noi per mesi, ma questo potrebbe fare pubblicità al Tour. Io.." Presi un grande sospiro. Era il momento, e le stelle sembrava fossero spettatrici di quel momento. "Io ti amo, Eris, e l'ho capito. Ma ho paura per te... di quello che potrebbe succederti..." Abbassò lo sguardo. Guardava l'erba che divideva i nostri piedi, e di conseguenza non riuscivo a vedere che espressione stava facendo. Era felice? Era triste?
"Beh, almeno l'hai capito" Mi sorrise, ma non sembrava esattamente esaltata. Doveva dire qualcosa, doveva farmi capire qualunque cosa... mi andava bene. Per fortuna, lo fece.
"Però c'è una cosa che non capisco" Il sorriso scomparve, e nelle sue pupille tornarono ancora dei punti interrogativi, che erano diventati i miei preferiti da quando la conoscevo.
"Perché sono appostati per te? Voglio dire... ci sono così tanti problemi: droga, risse, alcool, fame, senzatetto... e sono qui a sorvegliarti solo perché sei Michael Jackson?" Mi chiese.
Infatti, era quello che dicevo sempre, perché? Sono un essere umano, vivo, mangio, rido, piango e dormo. Che cosa avevo in più di altri problemi?
"Perché preferiscono ignorare quella realtà, non sapendo con cosa distrarre la gente, usano i loro idoli per creare scalpore, inventandosi stupidaggini, e..." Non so cosa fu che mi bloccò. Certamente fu lei, come non si sa, ma fu lei e di questo ne ero semplicemente certo. Fece un passo in avanti, fino a che i nostri corpi si sfiorarono.
"Comunque... è stato il giorno più bello di tutta la mia vita." Mi informò. Era sincera, lo vedevo nei suoi occhi. Mi baciò su una guancia, appoggiandosi sulle mie spalle e mettendosi in punta di piedi.
"Dormiamo fuori, stanotte?" Mi chiese. I suoi occhi brillarono più di tutte le stelle che avevano iniziato ad ammiccare tra di loro, forse chiedendosi cosa fosse successo. La notte era tiepida e con una coperta saremmo stati bene. Detto fatto, due minuti dopo eravamo vicino alla piscina, avvolti in una soffice coperta. Io avevo un braccio intorno alle sue spalle... messo forse per puro istinto, perché quasi non me ne accorsi. Lei si accoccolò sul mio fianco.
"Michael..." Mormorò. 
"Sì?"
"Davvero mi ami?"
"Si" Non ebbi dubbi.
"Anche io" Sentii che faceva sprofondare la testa nella mia maglietta, forse si stava vergognando. Le diedi un bacio sui capelli biondi.
"Ma cosa potrebbero farci?" Chiese.
"Non lo so, per questo ho paura"
"Mi canti una ninna nanna?" Mi chiese ad un certo punto, avvicinandosi ancora di più a me, mentre la notte era immobile intorno a noi. Iniziai a sussurrare una canzone dolce e lenta, che parlava di quanto fosse bello dormire mentre la luna splende nel cielo.
"Sono contenta di averti incontrato" Furono le sue ultime parole dellla notte, si addormentò poco dopo. "Anche io" Le risposi, stringendola ancora di più vicino a me. Ripetei quelle parole mentre chiudevo le palpebre, con il viso appoggiato sulla sua testa. Era dolcissima.
La sentii balbettare la ninna nanna, poi sorrise. Doveva essere un bel sogno.
Tredici anni di meno... erano tanti. Troppi, pensavo. Ma per me e per lei, non aveva importanza. La amavo, e finalmente me ne ero reso conto.

*Autricee*
Ahw, che capitolo dolsheee *-* Ancora una volta, Eris, ha suggerito una canzone a Michael per il disco di Dangerous... ;) E' grandiosa, non trovate?
La parte più bella da descrivere (ma anche la più difficile) è stata quella della notte... è estremamente dolce. <3
Speriamo che abbiano il loro sacrosanto lieto fine.
Un Abbraccio e Una Buonanotte Enorme;

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Capitolo 28
*** Unbreakable. ***


Capitolo 28: Unbreakable.

Mi risvegliai azzardando una pigra occhiata in giro. Il sole non doveva essere molto in alto, perché me lo ritrovai poco più sopra della mia vista frontale. Ero avvolta in una morbida coperta ed ero accovacciata vicino a qualcosa di caldo. La mia testa era appoggiata su qualcosa di solido e morbido. Allungai la mano per capire meglio su cosa mi ero addormentata. Sentii dei muscoli e delle ossa. Ah, giusto, mi ero addormentata con Michael che mi cantava la ninna nanna. Era così dolce quella canzone... non sapevo se era così che fossero le canzoncine della buonanotte che cantano i papà ai bambini, ma ero sicura che la sua era la più bella. Alzai lo sguardo.
Aveva un viso perfetto.... non riuscivo a trovargli un minimo difetto. Forse la fossetta sul mento non mi convinceva tanto, però era così intonata col resto della faccia che non potevi chiamarlo "difetto". I suoi capelli... quella mattina ci entrai in fissa. Quei riccioli neri erano così morbidi, così belli. Gliene scostai uno da davanti il viso, ma così facendo lo svegliai.
"Buongiorno, Principessa" mi salutò come al solito. Levò il braccio che mi avvolgeva e si stirò. Poi mi guardò. "Da quant'è che sei sveglia?"
"Da poco". Per la prima volta, ero stata io a guardarlo dormire e non il contrario.
Sentii dietro di noi il mormorio dell'acqua della piscina e mi alzai in piedi. Corsi sul bordo e guardai giù. L'acqua era spettacolare e la giornata era calda e soleggiata. Guardai Michael che se ne stava ancora sdraiato là sull'erba.
"Michael, facciamo il bagno?" Chiesi con voce innocente.
"Non ci penso nemmeno" Disse, allontanandosi lentamente, ironicamente spaventato.
"E dai..." Lo implorai, con gli occhi da Shrek. Si continuava a rifiutare e allora attivai il mio piano diabolico.
Lo andai a prendere.
Prima lo tirai per un braccio, e dopo tre tentativi e sforzi vani riuscii a tirarlo in piedi. "Ok, vengo..." Disse ridendo, avvicinandosi al bordo. Mossa sbagliata. Gli corsi dietro e provai a spingerlo giù, ma fu più veloce. Mi prese per le braccia e mi tirò in piscina. Ma io ero stata perfida: mi ero tenuta a lui, e mi seguì giù.
Sott'acqua ci fu un'esplosione di bollicine e risi, facendone altre. Poi risalii a galla. Davanti a me c'era Michael che se la rideva alla grande, mentre si levava i capelli dal viso, come me. Ripeto, con quei capelli ci andai in fissa, e bagnati e con un bel sorriso come il suo, mi sembrò proprio un angelo. Questi pensieri mi fecero battere il cuore e tornai giù, a nuotare in aphnea. Quel muscolo non accennava a rallentare e quindi aspettai che i polmoni fossero completamente vuoti e poi restai ancora un po', per fargli capire che doveva andare piano. Ma Michael mi prese per un braccio e mi fece tornare a galla.
"Sembravi morta" si giustificò, mentre si toglieva di nuovo quei riccioli stupendi da davanti le vie respiratorie.
"Vieni" Mormorò, tuffandosi. Lo seguii e nuotò lungo il fondo. Si fermò davanti a uno degli scogli artificiali, si voltò e sorrise, facendomi segno di stare in silenzio... come se lì sotto potessi parlare.
Spostò con poca fatica il masso, scoprendo un buco tutto scuro. Tornai su, e poco dopo mi seguì anche lui.
"Che c'è?" Mi chiese, preoccupato. Io guardai in basso, dove i nostri piedi nudi si agitavano per tenerci a galla.
"E' buio" Borbottai, facendo il muso. Lui rise. "Tranquilla, ti tengo per mano" Me la porse e la strinsi. Non ero esattamente tranquilla, però presi un grande respiro e tornammo entrambi giù, vicini. La sua vicinanza mi faceva stare bene, mi faceva stare tranquilla.
Il buco era grande per una sola persona alla volta, quindi mi attaccai alla sua caviglia, cercando comunque di non dargli anche il mio peso da trasportare.
Nuotammo per quello che mi parve un secolo, mentre rabbrividivo per ogni singola alghetta che mi sfiorava la pelle. Terminò poco più giù, in un'acqua un po' meno pulita. Appena ritornai su, presi un respiro semplicemente enorme, tornando sott'acqua per levarmi i capelli dal viso, mentre Michael continuò ad usare le mani. Mi guardai intorno. Eravamo in una piccola laguna, chiusa ai lati da degli enormi roccioni. L'acqua era pulita, ma non si vedeva il fondo. Ma sentivo che erano rocce.
"Tutto naturale" Disse Michael, guardando i miei occhi innamorati di quel posto.
"Ma... ma è stupenda..." Mormorai. Uscii di corsa e mi diressi verso le rocce. I piedi scivolavano e non riuscii a scavalcare, però il fatto di essere lì, in mezzo alla natura era stupendo.
Lo vidi uscire dall'acqua e venirmi vicino, mentre mi sporgevo per vedere cosa c'era oltre i massi. 
"Los Angeles, la solita caotica Los Angeles. Ma sono riuscito a trovare quest'oasi naturale... infatti oltre queste rocce c'è un fiume che scorre. Poco più giù c'è il ponte." Mi sorrise, sembrava un professore.
Tornai lentamente in acqua, per toccare il fondo. Era tutto rocce e muschio. Quando tornai a galla, Michael mi fece prendere un infarto. Era appiccicato davanti a me.
"Ehi, che spunti così?" Mi chiese, nuotando con uno scatto indietro. Scoppiai a ridere e lui anche. Non c'era nessun motivo preciso, solo il fatto che ci eravamo fatti prendere un colpo a vicenda.
Restammo lì tutto il giorno... giocavamo, scherzavamo, poi ci crogiolammo al sole per poi riuscire ad arrampicarci sulle rocce. Io salii più in alto.
Mi ero arrampicata, mentre i piedi mi ustionavano, alla seconda roccia alta. Mi misi seduta, per dare un po' di sollievo alle parti bruciate. Michael era un po' più in basso, ma solo perché era partito dopo per paura che cadessi nel vuoto come sul Givin Tree. O che mi azzardassi a fare qualcosa che poteva attentare alla mia vita.
Si sedette vicino a me. "Finalmente ti sei fermata" Sorrise. Guardammo la laguna da lì. Era un laghetto abbastanza piccolo, con acque non tanto pulite. Per molti sarebbe potuto essere un luogo come un altro per passarci vicino. Ma per me e per Michael era il nostro angolo segreto.
Riprendemmo a scalare poco dopo, e arrivai io alla roccia più alta, ma non alla punta per non farmi vedere dalle macchine che giravano intorno al fiume. Michael si sedette di nuovo vicino a me e appoggiai la testa sulla sua spalla.
"Secondo te possono farci qualcosa?"
"Chi?"
"Tutti. I tuoi fans, i paparazzi, la gente... chiunque."
"Sì. Ne sarebbero in grado. E avrebbero grandi influenze."
"E... e noi non potremo farci nulla, giusto?"
"Giusto"
"Quindi... quindi come finirà?"
"Non lo so. Aspetto una fata che mi viene a risolvere i problemi da venticinque anni"
Ridacchiai. "Secondo te... noi due... non... non succederà nulla?... tu resterai la pop star e io verrò dimenticata perché non uscirò mai più di qui?"
"Io non voglio tenerti chiusa qui"
"Io resterò perché non voglio andarmene"
"Non finirà così. Dopotutto, nelle favole c'è sempre il lieto fine, no?" Alzai la testa e lo guardai. Sorridemmo e ci scappò il bacio.

"Mi avete fatto prendere un colpo!!! Si puo' sapere diove vi eravate cacciati??" Urlò David non appena ci vide che camminavamo vicini e fradici.
"In piscina" Gli sorrise leggero Michael.
"Ma là non vi ho trovati"
"Giocavamo a nascondino" Affermai, per reggergli il gioco. Evidentemente, non ne sapeva nulla della laguna. Come probabilmente non sapeva delle altre miriadi di passaggi segreti, a parte quello nel suo bagno.
David rimase scioccato con la faccia tipo dei cartoni animati, mentre ci guardava passare tutti sorridenti, come se fossimo andati sui gonfiabili invece che in una laguna.
Alla fine, si, c'eravamo innamorati. E capii che la nostra storia doveva iniziare con un bel "C'era Una Volta...". E doveva finire con un "Vissero Per Sempre Felici e Contenti". Sì, sarebbe stata una vera favola. Avrei scritto un diario su tutto quello che avrei passato.
Mi andai a fare una doccia rapida rapida, cantando a squarciagola le mie strofe di I Just Can't Stop Loving You. Scoprii che Michael l'aveva scritta mentre era steso sul letto.
Le prove andavano avanti, e io man mano acquistavo sempre più sicurezza. Mi avevano convinto che non ero affatto stonata, e che avevo semplicemente le note più basse rispetto a Siedah, ma che sarebbe andata bene lo stesso. 
Imparai bene le mie parti, imparai a muovermi sul palco, imparai ad andare d'accordo coi movimenti di Michael, imparai a non sembrare impacciata e a come posizionarmi. Imparai cose stupende, e imparai che lo spettacolo e la musica erano dei mondi che non avevo mai conosciuto così a fondo. Tutto era pronto, e c'erano soltanto le prove generali, un po' meno frequenti: era estate. Era più o meno fine giugno e il tour sarebbe iniziato il 12 settembre, da Tokyo.
La stessa sera in cui scoprii la laguna, andai di corsa a bussare alla camera di Michael, che stava leggendo il libro di Peter Pan per l'ennesima volta.
Mi stesi accanto a lui e ci guardammo.
"Ho scoperto com'è quello che siamo?"
"Eh?"
"Unbreakable. Indistruttibile"
"Hai ragione. Indistruttibile" Riaffermò, facendo nasino nasino. Anche quella notte dormii con lui, mentre lui leggeva ad alta voce la nostra favola preferita.

*Autricee*
Ebbene sì, un capitolo in cui non succede nulla di nuovo, ma sto aspettando il momento giusto per far accadere il BOOM! che farà un casino tra questi due... si ritroveranno di fronte a problemi che credono essere troppo grandi per loro, piccolini.
{Preso spunto da quello che mi ha detto Giada: "mi sento troppo piccola per tutto questo" <3}
Bene, Buonanotte, Un Abbraccionee;

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Capitolo 29
*** Much Too Soon. ***


Capitolo 29: Much Too Soon.

Non fu esattamente una bella estate, quella. Anzi, non lo fu per niente. Fu semplicemente terribile. E stavolta, la causa fu mia veramente, e nemmeno David avrebbe potuto negarlo, né io avrei potuto dare la colpa a qualcun altro.
Erano i primi di luglio. A Neverland splendeva un caldissimo sole, e le battaglie d'acqua erano all'ordine del giorno. Amo le battaglie d'acqua, sono divertenti.
Un giorno, i bambini non avevano voglia di giocare, ma solo di disegnare un po' per rinnovare i disegni del Rifugio Segretissimo. Quindi, io e Eris eravamo un po' annoiati, perché le battaglie d'acqua in due non ci possono fare. 
"Andiamo a vedere un film?" Mi chiese, mentre eravamo sdraiati all'ombra del Givin Tree. 
"Sì! Cosa ti andrebbe di vedere?" Le risposi, voltandomi verso di lei. Fece lo stesso e ci pensò un po', alzando gli occhi sulle foglie dell'albero.
"Peter Pan l'abbiamo già visto milioni di volte... vediamoci Biancaneve!" Esclamò ad un certo punto, tutta felice. Non era affatto una brutta idea, per cui ci alzammo e lo guardammo dall'inizio alla fine. La mia sala proiezioni era vuota, come al solito quando non venivano anche i piccoli, quindi ci sedemmo ai primi posti. Inserii la videocassetta originale del cartone animato, e spinsi play.
Eris non parlò tutto il tempo, intenta com'era a guardarlo. Solo nella scena in cui Biancaneve scappa nel bosco nascose il suo viso nella mia spalla. Ridacchiai e le accarezzai i capelli, come a proteggerla da quegli aberi. Presto, però, trovò la casetta dei Sette Nani e lì tornò a guardare, tutta contenta.
Alla fine, applaudì. Si rizzò in piedi e applaudì molto forte, come di solito faceva la gente ai miei concerti. Solo che un suo applauso era molto più sincero. 
Poi le venne un'idea mostruosa. "Che ne dici di andare un po' fuori? Scateniamo un po' di casino, poi rientriamo!" Aveva la sua solita voce di quando proponeva qualcosa, così dolce, determinata e quasi implorante. Fu un'enorme fatica dirle di no, ma lei non capiva che cosa significava per me "creare un po' di casino". Non le avevo mai negato di fare nulla, e quindi si offese. Mi dispiacque un sacco, però purtroppo il mondo non è come Neverland.
Andò al Rifugio Segretissimo dai bambini, ma a me non andava di stare al chiuso a disegnare, in una bella giornata come quella. Quindi, mi tuffai in piscina.
Nuotai tranquillamente, in costume, tra quei flussi leggeri. L'acqua era l'unico elemento in cui anche le persone che non sono state cosparse con la polvere di fata possono volare. Ogni volta che andavo sotto, guardavo i miei piedi, perché non toccavano terra, erano sollevati. Ed è così che io vorrei fare, anche fuori dall'acqua. Volare, volare, volare. Scivolare sull'acqua come fanno le piume degli uccelli.
Mi venne in mente Eris. Lei ora era a disegnare qualcosa, io ero in piscina. Era la prima volta che eravamo divisi durante il giorno... di solito succedeva o subito dopo pranzo, oppure dopo cena; altrimenti eravamo sempre insieme, come due gemelli siamesi. Ma in quel momento non era con me, e nuotavo da solo nella mia piscina. Non era la prima volta che mi capitava: prima di conoscerla lo facevo spesso, mentre i bambini erano tornati quelle due settimane all'ospedale o all'orfanotrofio. Ma ora sembrava così vuota, così grande... no, non ce la facevo a restare da solo. Uscii e feci un ultimo tuffo, come se potessi lavare via tutti i pensieri.
*Si è solo offesa, passerà, tranquillo... succede...* mi dicevo. Sembravo uno stupido... si era solo offesa ed io già pensavo che non ci fosse più. Mi tirai fuori dal bordo, diretto in casa per rivestirmi ed andare al Rifugio Segretissimo. Ma avevo la testa bassa e quando sentii qualcosa che mi buttava mi prese un infarto. Sbattei il tallone sullo spigolo, poi scesi sott'acqua senza nemmeno aver preso un minimo di fiato. Aprii gli occhi un po' stordito e vidi un bellissimo viso sorridente pochi millimetri sopra il mio, con dei capelli biondi che ondeggiavano in modo meraviglioso tutt'intorno. Sentii le sue gambe fredde sfiorare le mie, più calde. Ricambiai il sorriso, ma tornai su perché non avevo abbastanza riserve d'aria.
"Ehi" La salutai col fiatone, mentre mi levavo i capelli da davanti agli occhi.
"Ciao" Mi risalutò lei. "Hai visto? Martha mi ha prestato il suo costume!" Mi informò tutta felice. Poi uscì dall'acqua per farmelo vedere. Era rosa, a due pezzi. E le stava divinamente.
"Sei bellissima" le sorrisi. Lei arrossì e si buttò a bomba. Forse anche a lei l'acqua le serviva per eliminare le timidezze.
"Senti, per prima mi dispiace..." Le dissi, timido. Mi era difficile scusarmi non tanto per orgoglio, quanto perché avevo paura che poi tornassimo a discorsi seri. Ma con Eris non era così.
"Fa niente, tranquillo, ti capisco" Mi sorrise. Poi tornò giù. I suoi capelli sott'acqua avevano un colore proprio d'oro, e sembrava la creatura più aggraziata del pianeta. Tornammo alla Laguna, ma prima mi strinse la mano e mi fece andare avanti. Quant'era tenera.
Fu la nostra Laguna delle Sirene. Aveva immaginato tutto un mondo.
Sott'acqua il muschio era il tetto delle stanze segrete delle sirene, sulla roccia più grande c'erano tantissimi animaletti che adoravano dare fastidio, e tutte le mattine sorgeva un arcobaleno. Poi mi raccontò che su uno scoglio si erano conosciuto il Re e la Regina, che ora abitavano nel Palazzo di Corallo, poco più in basso rispetto alle stanze.
E che giocavano a pallavolo con le bollicine che si formavano quando sbattevano sull'acqua le loro code... ma c'era una regola: le bolle non dovevano toccare le rocce, altrimenti era fuori... e gli animali se le sarebbero mangiate, convinti che fossero chissà quale gustoso cibo.
Passammo tutta la mattinata a immaginare storie su storie, racconti su racconti, immagini di vita quotidiana e ogni altra cosa riguardasse gli abitanti di quel posto. Non credevo fosse così popolata, in effetti.
Quando pensammo giustamente che David si stava facendo venire le crisi, visto che non ci trovava, pensammo bene di tornare in casa. Ma il mio bodyguard stava allegramente chiacchierando con un collega.
"Ehi, Michael... mi hanno detto di avvisarti che oggi il pranzo ritarda un po'" Mi disse, per poi tornare a parlare. Ah, poco male. Mi sarei andato a fare una doccia.
"Io vado a farmi la doccia" Informò Eris, dirigendosi verso il bagno. Appunto. Entrai in quell'altro, quello di fronte.
Feci la doccia molto tranquillamente, importandomene poco o niente del mondo che passava. Uscii e mi legai un asciugamano in vita, per poi andare ad asciugarmi i capelli all'altro bagno.
Aprii e vidi Eris che litigava con il phon, con un asciugamano legato all'altezza delle ascelle. Spalancai gli occhi e sbattei praticamente la porta. Oh, cavolo... 
*Tranquillo, l'hai vista in costume, perché fai così se l'hai vista in asciugamano? E' molto più coperta che in piscina, no?* Cercavo di dirmi. Ma la verità era che mi vergognavo come uno scemo perché... in asciugamano è una cosa un po' più intima, no?
"Scusa" Mormorai alla porta. Lei la spalancò.
"Senti, non è che riusciresti a far funzionare questo coso?" Mi chiese mettendo il broncio e porgendomi il phon. Ma allora lo faceva apposta! Era comunque in asciugamano. Presi un grande sospiro e tentai un sorriso. Presi l'asciugacapelli e cercai di capire cosa c'era che non andava. Ma le mani mi tremavano e non riuscivo a capirci nulla, visto com'era di fretta il mio cuore.
"Perché tremi?" Mi chiese, preoccupata. Aveva fatto gli occhioni, ed io non sapevo resistere, non ancora.
"No... niente... usa quell'altro di phon... questo lo butterò..." Balbettai, cercando di guardare l'altro phon invece di lei.
"Ok... ma dopo parliamo!" Affermò convinta, chiudendo poi la porta davanti a me. Sentii che si iniziava ad asciugare i capelli e tirai un sospiro di sollievo. Chissà cosa stava provando lei... possibile che non provasse un minimo senso di pudore? Poi sentii una folata di vento sul petto e abbassai lo sguardo. Parlavo io... anche io ero in asciugamano.
Sentii che iniziava a canticchiare e mi allontanai, andandomi a sedere sul letto, sorridendo delle mie stupide preoccupazioni. Se non si era agitata lei, perché avrei dovuto farlo io? I miei capelli sgocciolavano ancora, quindi me li asciugai alla svelta con un altro asciugamano.
Mi guardai allo specchio. Non ero mai stato molto muscoloso, ma per fortuna non avevo del grasso in eccesso.
Comunque, mi asciugai i capelli anche io, ma Eris si dimenticò completamente di tornare sull'argomento di poco prima.
Pranzammo con uno splendido e buonissimo pasto, mentre ridevamo e scherzavamo. Eris se ne andò un po' prima di tutti perché Sarah l'aveva chiamata al cellulare. Non so quanto tempo ci fossero rimaste, ma fu quella conversazione a rovinare la mia estate. Era stata colpa mia, ma il perché lo vedrete tra poco.
Verso le quattro, Eris mi venne a bussare alla porta della stanza, nel momento esatto in cui stavo provando dei bassi di BAD da mettere in scena durante il tour.
Aprì la porta, e dalla faccia si vedeva che non erano buone notizie. Si mise seduta sul letto... ma non come faceva di solito... aveva camminato lentamente e si era messa in pizzo, con le mani tra le cosce a guardare per terra.
"Michael... ti devo dire una cosa..." Non sembrava esattamente esaltata. Sentivo che era impaurita e mi misi seduto vicino a lei. Pensai che le fosse venuto un vuoto, però era da tanto che non le venivano più e mi sembrava strano che tornassero così.
"Dimmi" Le mormorai, sedendomi accanto a lei, con un po' di distanza tra noi... capivo che non era il momento della dolcezza.
"Vedi... ho parlato con Sarah e..." Mi venne una mezza idea. Si era lasciata con Gave? Sempre nel caso in cui si fossero messi insieme. Ma non parlai. "E mi ha detto che con Gave va tutto alla grande" Accennò ad un sorriso. Ma io non capivo qual era il problema, per cui continuai a stare in silenzio, mentre lo stomaco si contorceva. "Ecco... poi mi ha chiesto di noi due... ha detto se andava tutto bene... se ci amavamo... e quindi io..." Finalmente mi guardò negli occhi. "E' tutto un facciamo-finta, vero?" Mi chiese a bruciapelo. Ma quelle parole mi tagliarono la pelle, mi lacerarono il cuore e fecero finire lo stomaco in fono alle viscere, e mi sentii completamente vuoto. "In... in che senso?" Chiesi, corrucciando un po' la fronte.
"Io e te... sì, ci amiamo... però... niente di serio, giusto...?" Chiese titubante, abbassando lo sguardo. Nulla di serio... ma certo. D'un tratto le parti si erano invertite. Lei era diventata Peter Pan che ha paura dei sentimenti da adulto. E io ero Wendy, che invece li conosceva bene e non si faceva spaventare. Aveva solo vent'anni, porca miseria! Come avevo fatto a pensare.. anche solo per un momento... che io e lei saremmo potuti diventare davvero uniti? Alla sua età, avevo un'esperienza mostruosa col lavoro, ma con i sentimenti poco o nulla. Alla sua età, non mi sarei nemmeno sognato di mettermi con una ragazza; o meglio, sì, ma non avrei voluto nulla di serio. Alla sua età, sapevo che avevo molti altri anni della mia vita da compiere, e avevo i miei successi da raggiungere. Ora... io non volevo crescere e c'ero riuscito bene... ma per quanto riguarda il cuore, decide lui se crescere o no, e per quanto tu non voglia, lui impara da tutto quello che succede, non importa nulla. Quindi, io ero nell'età in cui sognavo una compagna con la quale condividere la mia vita, lei era nell'età in cui non vuoi impegni per una vita che vuoi vivere in completa libertà. Per puro istinto, battei un pugno sulla mia coscia, facendomi male. Mi voltai verso di lei... era spaventata. Da me.
"Sì... sì è tutto un facciamo finta" Mormorai, alzandomi e andando alla finestra. Ero stato così stupido... così stupido. Non avrei dovuto pensare che... che... che lei potesse rimanere con me per sempre.
"Michael io ti amo... ma... ma ho paura... non voglio cose serie, lo sai..." Mi abbracciò. Ma mi feriva solo di più, dicendo così. Stava dicendo che lei non voleva accettare quello che provava per me, oppure stava cercando di consolarmi. E mi faceva morire.
Mi girai lentamente e la staccai delicatamente da me.
"E' tutto un facciamo finta" Mormorai, indurendo la voce. Stavo per piangere... ma non dovevo piangere, non potevo. Ero stato uno stupido, e piangere sul latte versato non serve a nulla. Inspirai con il naso.
Lei abbassò lo sguardo e le vidi scorrere una lacrima dall'occhio destro. Fino a mezzo minuto prima gliel'avrei asciugata e le avrei detto che andava tutto bene. Ma il mio monto si era completamente capovolto, non c'era nulla che andasse come doveva andare. Nemmeno BAD era riuscito a vendere più di Thriller.
E poi il tour... come avrei fatto a cantare e ballare in pieno della mia gioia sapendo che c'era anche lei...?
Alzò un ultima volta gli occhi, e io cercai di darle attraverso i miei tutto l'amore di cui ero capace. Forse lo avevo visto, perché riabbassando lo sguardo sorrise. Ma le lacrime continuarono a sgorgare. L'ultimo suo gesto che vidi per quell'estate, fu la sua testa che scattò indietro e lei che iniziava a correre verso la porta, singhiozzando. Poi lasciò Neverland.
Forse, avevo imparato la lezione Troppo Presto.

*Autricee*
Come sono deprimente, ragazzi T.T Però vi avevo avvisato che sarebbe successo il caos tra questi due. Si sentono entrambi troppo piccoli per gestirlo. Michael non sa come consolare Eris e lei, a sua volta, non sa come far capire a lui che forse questa cosa è passeggera. Cioè che forse non smetterà mai di amarlo, cosa di cui ha paura.
Va be, insomma... è veramente finita?
Un Bacio, Buonanotteee;

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Capitolo 30
*** Keep Your Head Up. ***


Capitolo 30: Keep Your Head Up.

Era ancora il sette luglio. Quel mese non voleva passare, ma io ormai guardavo scorrere i giorni con passiva rassegnazione, come in attesa della fine. Di che cosa? Non lo so, forse di tutto. O forse volevo solo un nuovo inizio.
La notte piangevo perché lui non aveva capito. Credeva che non lo amassi, e invece era la persona più importante per me, una delle poche ragioni che avevo per sorridere. Non aveva capito che io avevo solo paura di essermi chiusa da tutte le parti. Avevo paura che non avrei mai avuto il mio lieto fine, nel quale ci dirigevamo insieme verso un futuro sorridente. Avremmo per sempre avuto i tabloid? Non avremmo mai avuto veramente occasione per andare a fare shopping insieme?? Quei pensieri mi facevano male, perché se ci fossero state delle minime possibilità di fare tutto ciò, l'avevo fatta sfumare.
Sarah diceva che tutto si sarebbe sistemato, ma era difficile crederlo. E mi faceva ancora più male vedere Gave che la veniva a prendere e poi andavano a farsi una passeggiata sulla spiaggia.
Loro erano una coppia normale! Loro prendevano il gelato, andavano alle feste, correvano dietro agli autobus e facevano stupidaggini per strada senza che nessuno avrebbe mai detto nulla. Michael non... non avrebbe mai potuto fare tutto questo. Avremmo vissuto per sempre tra Neverland e concerti.
Diedi un pugno al cuscino, perché ero diventata matta. Perché fino a pochi giorni prima sarei rimasta a quella vita per sempre, e non avrei dato nulla in cambio, mentre ora non mi andava più bene? Forse stavo solo cercando delle scuse per essere andata via.
Mi venne in mente ogni singolo attimo passato insieme, da quando mi aveva salvata la prima volta, fino a quando mi aveva chiesto scusa in piscina, tutti gli episodi si susseguirono con violenza. Avevamo sempre avuto un lieto fine.
Invece, era la fine di tutto. Il mio compleanno, Natale... tutte feste che erano andate divinamente. E ora erano solo ricordi.
Mi andai a fare una doccia, senza che mi preoccupassi minimamente che fossero le quattro di mattina. Ero solita cantare non appena l'acqua iniziava a scendere. 
"I Just Can't Stop Loving You..." Mormorai. Mi zittii e le lacrime si mescolarono con le gocce d'acqua calda. No, non avrei mai smesso di amarlo, ma l'avevo capito tardi, quando lui ormai aveva capito che il mio essere bambina era fin troppo potente. Chissà, magari nemmeno si stava preoccupando di me. Magari era steso sul suo letto a pensare ad un'altra ragazza con la quale condividere il palco.
Uscii dalla doccia legandomi l'asciugamano sotto le braccia e andando a prendere il phon. Attaccai la spina e provai ad accenderlo. Nulla. Riprovai. Ancora nulla. Come qualche giorno prima, solo che fuori dalla porta non c'era Michael a petto nudo che mi diceva di prendere quell'altro.
Lo sbattei a terra e si fracassò, sentii Silvya e Sarah svegliarsi, allungarono il viso verso il corridoio e mi videro uscire dal bagno, in asciugamano e in lacrime, e si rimisero a dormire. Non era la prima notte che non me ne stavo tranquilla nel mio letto.
Mi misi sul balcone. La notte era calda e umida, ma non si muoveva una foglia. Gli alberi del cortile sembravano anche loro immersi in un sonno profondo, e guardai il cielo, cercando qualcosa di più interessante.
Le stelle. Il cielo ne era pieno. Ammiccavano tutte verso di me, come a chiedermi che diamine stavo facendo e perché non ero da Michael. Mi tornarono in mente tutte le notti passate a dormire all'aperto, oppure la notte in cui avevo fatto un giro clandestino su tutte le giostre. Mi scese una lacrima dall'occhio sinistro, ma stavo sorridendo. Il cuore mi si strinse.
Riabbassai gli occhi per evitare di individuare la seconda stella a destra, perché Peter non mi doveva vedere così... triste.
Rientrai in casa e mi asciugai i capelli al volo con un asciugamano, e poi mi misi sul divano, accovacciandomi sul bordo, come se ci fosse Michael di là, pronto a circondarmi con un braccio. Piansi lacrime amare anche quella notte.

Acqua. Tanta acqua. Acqua ovunque. E' la prima cosa che vidi. Mi svegliai dentro l'acqua e non riuscivo a respirare. Sotto di me era tutto di nero, mentre sopra era pieno di luce e mi invitava ad andargli incontro.
Nuotai rapidamente verso la superficie, ma non riuscivo a venirne fuori. Non c'era ghiaccio, né nient'altro che potesse bloccarmi. Semplicemente non riuscivo a uscire.
Ma dall'altra parte c'era Michael seduto a gambe incrociate sull'erba che aveva lo sguardo abbassato, e i capelli sciolti che ondulavano davanti al suo viso.
Dietro di lui c'era David con qualcosa in mano. "Sicuro, Michael?" "Lei non mi ama più. Fallo e facciamola finita" Il bodyguard tirò su con forza un ascia sulla testa di Michael, facendola poi cadere pesantemente.

Mi risvegliai sul divano, in lacrime. Scattai seduta e mi guardai intorno: c'era un bel sole e Silvya si muoveva freneticamente in cucina. A tavola, c'era Sarah che si ingozzava per fare colazione. Io non riuscivo né a sorridere né a parlare, mentre loro mi davano il buongiorno. 
"Io... non..." Mormorai. Sarah si sedette vicino a me e mi abbracciò.
"Tranquilla... passerà." La abbracciai e mi misi a piangere. "E' stato bruttissimo, David era lì e.. e..  lui si suicidava... e..." "Sh.." Mi mormorò, accarezzandomi i capelli. Anche lui lo faceva, quindi mi allontanai immediatamente. Suonarono alla porta e mi allarmai.
"Chi è?" Mormorai a Sarah. Lei abbassò lo sguardo e poi mormorò il nome di Gave. Ah, lui... sarebbero usciti. Cercai di non far vedere quanto la invidiavo per come le stavano andando bene le cose e mi alzai dirigendomi in camera mia, visto che ero ancora in asciugamano.
Lei aprì la porta, mentre io mi stavo vestendo.
"Dov'è Eris?" Chiese. Perché chiedeva di me? Per un brevissimo attimo, immaginai Michael al suo fianco, che veniva per chiarire. Ma non c'era la sua voce cristallina, c'era solo quella di Gave. Non mi interessava vederlo.
"Si sta vestendo" La sentii rispondere.
Ci misi volutamente venti minuti, e non cercavo di origliare la conversazione. Sinceramente, non mi interessavano i loro discorsi. Ma ogni cosa che facevo mi ricordava Neverland. Ogni singolo movimento giornaliero mi riportava da Michael. E questo mi uccideva.
Uscii lentamente dalla stanza per la pura necessità di acqua.
"Eris!" Saltò su Gave appena mi vide. "Mh? Ah, ciao, Gave" Accennai ad un sorriso triste. Sorriso, Smile... quante volte me lo aveva detto Michael? Strinsi gli occhi e sbattei violentemente la porta del frigo, facendo voltare tutti.
"Io... scusate" Indurii la voce, per poi girarmi e andarmene in camera mia.
"No, aspetta!" Mi chiamò Gave. "Sarah... aspetta qui. Ho bisogno di parlare da solo con lei" Le disse. Mi sedetti sul letto chiudendomi in me stessa.
Si sedette vicino a me e sospirò. Non ne aveva il minimo diritto. Lui viveva tanto tranquillo la sua vita e non sapevo nemmeno perché stava spendendo il suo tempo con me. Non avevo intenzione di rovinare altre relazioni.
"Senti... ti ho vista in questi giorni e..." Emisi un grugnito. Sì, immaginavo come mi avesse visto. Come la stupida sorella della sua ragazza che piange solo per un'idiotissima relazione finita. Sì, proprio una bella visione... la verità non la sapeva. Ma non si soffermò sulle mie reazioni. E continuò ad andare avanti.
"Ieri sera sono andato da Michael. Mi ha detto... tutto, credo..." Mi guardò negli occhi. Li aveva anche lui color cioccolato, e abbastanza grandi. Ma nulla a che vedere con i suoi. Presi un grande respiro dal naso e distolsi lo sguardo.
"Vorrei sentire la tua versione" Queste semplici parole mi fecero tornare a galla tre giorni di pura frustazione e tristezza.
"La mia versione? E che cosa risolveresti? Credi di essere l'avvocato? Mi spiace, sei l'avvocato delle cause perse. Lui non avrebbe motivo di mentirti, ti fidi di lui, no? Perché vieni a chiederlo a me? Perché? Non cambierebbe nulla. L'ho perso, è finita. Stavolta per sempre!!" Glielo urlai in faccia e per un attimo ci fu silenzio, come se tutto il mondo si fosse fermato ad ascoltare quello che aveva da rispondermi. Non avevo voglia di piangere. Per cui mi limitai a tirare su col naso e ricacciare indietro le lacrime, mentre avanzava il mal di testa e la velocità del mio cuore.
"Anche se non risolverò niente, posso aiutarvi a capire. Lui mi ha detto che gli hai fatto capire che non vuoi accettare i tuoi sentimenti e che hai paura. Ti chiedo solo: è vero?"
Un pensiero mi sovvenne. Per la prima volta non mi stavo comportando come una bambina e la cosa non mi piaceva per niente. Ma scossi la testa. "Non capisco cosa cambi la mia risposta" Lo sentii sospirare.
Di colpo, mi abbracciò. Mi sembrò di parlare con un fratello maggiore e fu un getto d'istinto a farmi ricambiare l'abbraccio. Feci dei grandi respiri e cercai di non piangere. Sentire il suo cuore tranquillo battere contro il mio petto mi faceva tranquillizzare.
"Allora... in un certo senso è come ha detto lui... solo... io non è che non accetto i miei sentimenti... ho... ho paura di essermi chiusa le strade... cioè... quanto posso aspirare a vivere tranquilla...? E chi... chi me lo dice che un giorno sarà troppo impegnato per pensare... a... a me?" La voce mi tremava.
"Ascoltami bene" Spezzò l'abbraccio, ma tenne le mani sulle mie spalle e mi guardò negli occhi.
"Io conosco Michael da una vita. E' sempre stato impegnato tra concerti, tour, studi, inviti e cose varie. Ma ti assicuro, e te lo giuro su tutto ciò che vuoi, che non ho mai conosciuto nessuno capace di amare quanto lui. E' capace di un amore sconfinato che non risparmia nessuno, ha amato le persone sbagliate, ma non ha mai imparato la lezione. Avrà sempre, e dico sempre, tempo per te. Lui ti ama. E non metterà mai il suo lavoro sopra a te" Rimasi ancora qualche secondo per riflettere. Rielaborai tutto il discorso che disse, e mi colpì come il primo raggio di sole della giornata. Dolce e caldo.
Lo guardai negli occhi, ma non stavo vedendo niente. Cercavo di immaginarmi la scena, ma non riuscivo a credere che fosse veramente così.
"Ma... ma ora come faccio... come faccio a tornare indietro?"
"Verrà naturale. Siete destinati" Mi sorrise, un bel sorriso. Ma nulla a che vedere con quello di Michael. Il suo ricordo non faceva più male. Avevo di nuovo speranza.
"Spero che succeda il prima possibile" Mormorai, abbassando lo sguardo.
"Credo che dovrai aspettare.. vedi.. stava così male.. che è partito per Las Vegas... ci resterà fino al 30 agosto..." Sospirò. Ma io ero felice. Sapevo che sarebbe tornato tutto a posto, e mi bastava. Avrei potuto aspettare anche due anni! No, ok, non esageriamo.
"Grazie, grazie, grazie" Lo abbracciai. Mi sentivo come un fiore a primavera. Tutto sarebbe tornato normale.

*Autriceee*
Un po' depresso, ma alla fine, contento, no??? Ma chissà cosa starà combinando Michael in vacanza, poverino :(
Beh, lo scopriremo nel prossimo capitolo *imita le signorine della pubblicità* xD
Ciaoooo;

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Capitolo 31
*** L.O.V.E. ***


Capitolo 31: L.O.V.E.

Gave mi aveva chiamato qualche giorno prima. Mi aveva detto di aver parlato con Eris e di aver chiarito tutto... ero proprio stato stupido. Non avevo capito nulla. Eppure, era quasi un anno che la conoscevo... ma forse pensavo di conoscerla.
Comunque, anticipai il ritorno a metà agosto. Prima non avrei potuto perché avevo trovato un paio di cosa da fare, perché pensavo mi avrebbero distolto i pensieri da Eris, ma invece... era tutto andato per il meglio. Mi sentivo come un principe che monta sul cavallo bianco e corre incontro all'avventura. Invece ero Michael dentro una limousine bianca, che correva verso la sua principessa.
Ognuno di voi si sarebbe immaginato che io sarei sceso dall'auto, sarei entrato in casa e lei mi sarebbe corsa incontro con le braccia aperte. Invece no. Non feci in tempo a scendere dall'auto.
Aprii lo sportello e vidi che Eris mi correva incontro tutta sorridente. Era tornata a Neverland e mi stava sorridendo. Era il più bel lieto fine che avrei mai potuto immaginare. Uscii alla svelta dall'abitacolo e aspettai che mi travolgesse col suo entusiasmo. Non aspettai molto. Mi abbraccio e sentii che stava ridendo. Dietro di lei, vidi una miriade di testoline.
"Bentornato a casa, Michael" Mi mormorò. Poi si staccò e continuò a sorridere. Da dietro, si innalzò un coro. "E' bella Las Vegas? Cosa hai fatto lì? C'eri già stato prima? A quante stelle era l'hotel?" E via dicendo.
Risposi a ogni singola domanda, mentre dietro di me David sorrideva soddisfatto mentre portava i bagagli dentro casa.
"Aspetta!" Lo bloccai mentre stava prendendo la valigia più grossa. Mi chinai col viso cupo e iniziai a frugare.
"Ragazzi, spero siate attrezzati..." Finsi un tono minaccioso. "Perché io lo sono fino ai denti!!" Esclamai, girandomi e puntando contro tutti una pistola... ad acqua. Tutti iniziarono ad urlare e correre da tutte le parti, mentre andavano a prendere le loro.
Annie, guarda caso, era in preda al puro panico perché non trovava la sua.
"Non la trovo! Non la trovo!" Mi urlava, mentre la schizzavo. Gliene schizzai un po' sul viso e lei inziò a ridere e a correre. Dietro di me, qualcuno mi lanciò un gavettone. Mossa sbagliata. Laurence si ritrovò fradicio dalla testa ai piedi.
Altri bambini erano riusciti a trovare le loro pistole e iniziarono a schizzarmi. Mi ribellai alla grande e iniziai a correre e sparare a tutti quelli che mi capitavano davanti.
"Ahia!" Si sentì un pianto. Accorsi subito a vedere. C'era Luke in piedi e con il broncio, mentre dietro di lui era seduta Ariel, che piangeva massaggiandosi un occhio. Mi chinai e la guardai in viso. Era rossa di pianto, ma non sembrava aver avuto botte. "Che cos'è successo?" Le chiesi, prendendola in braccio e cercando di spostarle la manina per vedere cosa le fosse successo all'occhio. Tirò su col naso. "Luke mi ha spruzzato in un occhio" Mi disse, indicando il bambino con un ditino.
"Ma io non l'ho fatto apposta" Borbottò il piccolo. Sorrisi ad entrambi, poi mi rivolsi ad Ariel.
"Te l'ho mai detto che so fare magie?"
"Davvero?"
"Certo. E credo di poterne usare un po' per guarire il tuo occhietto"
"Bello... come si fa?"
"Allora, leva la manina.. così, brava. Chiudi gli occhi... ooooooh" Le massaggiai la palpebra dell'occhio interessato. "Oplà!" Dissi, levando la mano. Aprii sgranchendo gli occhi poi rise.
"E' vero! E' passato!"
"Visto? Ora fa pace con Luke. Sono sicuro che gli dispiace" Le strizzai l'occhio e la rimisi a terra, e si avvicinò all'amichetto in attesa che le chiedesse scusa. Era piuttosto pignola. Rimase lì finché non feci cenno a Luke di chiederle scusa.
"Ehm... scusa, Ariel" Sembrava che stesse recitando, quindi gli sorrisi per spronarlo. "Non volevo farti male" Borbottò. Non lo aveva detto ad alta voce e lei sembrava soddisfatta. "Ok, ti perdono... ma domani giochi con me!" Poi prese la sua pistola e corse via, dando il via al secondo round. Senza intoppi.
Dov'era finita Eris in tutto ciò?  Era rimasta a tenere compagnia ad un bambino arrivato il giorno prima, che ancora non conosceva nessuno e si vergognava. Era timidissimo, e una come Eris era perfetta per fargli uscire un po' di coraggio per andare da qualcuno per parlare.
La vedevo che lo prendeva per mano e si dirgeva decisa verso di noi, poi lui la bloccava e lei ricominciava a  cercare di convincerlo.
La battaglia durò ore e ore, e saremmo rimasti anche la notte a continuare. Ci stavamo divertendo un mondo, e nessuno voleva fermarsi. Quindi perché farlo?
"Giochiamo a Cinquecento?" Mi chiese Eris, rivolgendosi anche a tutti i bambini. Esultarono. Oddio, che gioco era Cinquecento? Vedendo che ero interdetto, Eris guardò prima i piccoli e poi me.
"Due punti in meno a Testa di Mela perché non si ricorda che gioco è!" Rise. E tutti acconsentirono. Alzai le braccia e si misero a spiegarmi che dovevo fingermi un qualcuno... chiunque! Dai pirati ai principi, dai commercianti a stregoni. Ah, giusto... ci avevo giocato tanto tempo prima.
Fu un allegro trambusto in tutta Neverland. Chi faceva le previoni sul futuro, chi rendeva tutti felici con un colpo di bacchetta, chi si divertiva a derubare la gente del mercato, chi viveva nella grande corte, chi sapeva volare, chi combatteva, chi difendeva la giustizia e chi non la riteneva giusta, chi era uno spirito libero e un ribelle e chi amava la propria famiglia, chi si innamorava della figlia del re e chi riteneva le bambine uno spreco di tempo.
Io feci il pirata insieme ad altri quattro bimbi. Eris faceva la veggente, con la sua fedele assistente Annie, mentre Ariel faceva la sirena. Conosceva la fiaba che portava il suo nome.
Un bel giorno, decidemmo di rapire la principessa Favy che venne prontamente difesa dalle sue guardie e dalla moschettiera intrufolata tra loro. Un enorme drago ruggente cavalcato da Lawrence ci aiutò a portarla via, ma ancora una volta gran parte del popolo oppose resistenza. Allora rapimmo Francy, la figlia di un ricco mercante, e la portammo sulla nave dove rimase come ostaggio per svariati mesi. Dopo questi, era abituata alla dura vita di mare, e non voleva più andare via quando suo padre riuscì finalmente a trovare i soldi del riscatto. La cacciammo noi perché, si sa, avere una donna a bordo porta male. Ma il caso volle che il nostromo si fosse invaghito di lei e fui costretto a lasciare andare anche lui, nonostante fosse un bravissimo e degno pirata.
Una notte d'inverno, un soffio di vento ci portò la notizia che c'era una moschettiera tra le guardie della principessa, intrufolata. Ma dato che nessuno era interessato alla notizia, andammo a girovagare per il paese, oppurtunamente travestiti. Incontrai il rapitore di bambini, il famoso David il Terribile.
In quel momento, mi resi conto della gioia che stavo provando e di quella che avevano anche tutti gli abitanti. Ognuno sfruttava la sua fantasia e viveva delle magiche avventure. C'erano immense praterie destinate a chi imparava a volare, c'erano dei piccoli recinti dove venivano tenuti tutti gli insettini che piacevano alla gente, c'era una fontana dove vivevano dei fenicotteri. C'era chi andava nella Foresta Pericolosa non appena calava il buio per trasformarsi in lupo mannaro, c'era chi decideva di scoprire dei passaggi segreti e chi ne creava. Era tutto magico.
La vicenda si concluse con la mia sconfitta, che dovetti ritirarmi in un'altra nave e in un altro luogo perché c'era stato un ammutinamento. Ogni uomo della ciurma aveva trovato l'amore giù in paese, e mi avevano lasciato solo.
All'ultimo momento, però, salì a bordo Eris, chiedendomi se era veramente la vita del pirata recluso quello che volevo fare. All'inizio feci un po' lo scontroso, ma alla fine riuscì a convincermi. 
E vissero tutti per sempre felici e contenti.

Quello io chiamavo amore. Amore per il divertimento e per la gioia, amore per i bambini e per chi ci è vicini. Amore per chi ci ama, amore per amore. 
Love is the answer.

*Autriceee*
Lo so, lo scorso capitolo ha avuto una sola recensione e credo che sia perché mi sto prolungando troppo. 
Questo era il penultimo capitolo, perché ho già capito come andrà a finire. Ho già pronto l'ultimo capitolo e l'epilogo della vicenda.
Ammetto che un po'... no, va be, il commiato di addio ve lo risparmio per la fine dell'epilogo xD
Un Bacio a Tutti, e Scusate Se Vi Ho Persi;

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Capitolo 32
*** The Lady In My Life. ***


Capitolo 32: The Lady In My Life.

Avevamo passato i primi di settembre a fare prove su prove, e riprendere il ritmo per cominciare il Bad World Tour. Avremmo iniziato da Tokyo e la cosa mi eccitava... non ero mai stata fuori dal Los Angeles. Forse una volta a New York, ma per il resto... il Mondo era tutto da scoprire.
Entravamo nella sala prove sotterranea e iniziava a cantare, a preparare i passi, a dare il meglio di sé. Tutti erano contagiati dal suo modo di fare ed era impossibile non metterci passione. Cantava ogni canzone che aveva aggiunto nella scaletta e quando ne finiva una diceva: "Qui voglio una nube di fumo!" "Qui, voglio che qualcuno faccia questo" "Qui, voglio che prolunghiate un pochino la base" "Il braccio meccanico lo useremo su Beat It!" "In She's Out Of My Life potrei far salire una ragazza della Platea sul palco, che ne dite?" E via dicendo. Ognuno dava la propria opinione, ma erano sempre tutti d'accordo. Alla fine, aveva un talento naturale ed era impossibile che il suo sesto senso fallisse. Aveva programmato ogni singolo attimo che fosse stato sul palco, ma ogni volta improvvisava in qualche parte e ti ipnotizzava. Ma era così naturale per lui, essere schiavo della musica, che non si rendeva conto. Ogni volta riusciva a improvvisare un passo e riusciva a rientrare nei tempi con la coreografia. Come era successo mentre girava il video di Bad. Ed era semplicemente meraviglioso.
Poi arrivava il momento del duetto e mi diceva come muovermi, cosa fare, quando guardare lui e quando il pubblico, come usare le mani, come camminare e tutto il resto. Imparai molto in quei giorni. Poi saltammo su un aereo e partimmo.
Il viaggio fu lungo, ma assolutamente divertente. L'aereo era privato, e parlavamo di tutto. Michael canticchiava qualche strofa e noi facevamo da coro, oppure ci diceva "Ehi, che ne dite se invece di questo, facciamo quello?" E riusciva a sconvolgere completamente il programma di un'intera canzone. Era un genio, e questo lo si capiva. Ogni cosa modificata era migliore di quella precedente, inevitabilmente, nessuna eccezione.
All'aereoporto c'era un ammasso. Era strapieno di gente. Ragazze e ragazzi in lacrime, bambini che puntavano le ditina verso l'aereo e genitori che se li prendevano sulle spalle per farli vedere meglio. Era pieno. Non avrei mai immaginato che fosse possibile trovare così tante persone in un posto solo. Urlavano, salutavano e cantavano. Avevano un guanto bianco, un cappello, cerotti sulle punte delle dita e via dicendo... era incredibile.
Michael uscì salutando tutti, sorridendo e mandando baci. Era scortato da guardie e poliziotti che cercavano di tenere a bada la folla impazzita. Salutai anche io e ricevetti molti sorrisi, ma lui... era il centro. Il centro di tutte le persone presenti. Il significato di qualcosa di immensamente importante. Era lui.
"Me è sempre così?" Gli mormorai, mentre sfilavamo davanti a tutta quella gente. Annuì, senza smettere di sorridere, salutare e mandare baci. Se fossi stata una sua fan così accanita sarei morta. Ma io ero molto più di una fan, e me n'ero resa conto. Presto, per fortuna.
Ci infilammo in una limousine bianca che ci scortò all'hotel. 
Per partire, fu un casino. La gente si arrampicava, si metteva davanti, si sedeva sul cofano e cercava di aprire gli sportelli. Michael fece una cosa che mi sorprese. Abbassò il finestrino e firmò alcuni autografi su alcuni taccuini, magliette... braccia e facce! Era incredibile. Nonostante tutto, riuscimmo a liberarci e a uscire, per dirigerci verso uno dei più grandi hotel di Tokyo.
Aveva preso l'attico e una volta dentro, si tuffò su una poltrona, tutto felice.
"Wow... sono incredibili!" Esclamai, affacciandomi al balcone e vedendo tutta quella gente che lo chiamava a gran voce, con lieve accento giapponese.
"Vero? Li amo" Mi disse, raggiungendomi e salutando la folla.
"I LOVE YOU!!" Gridò, mentre i ragazzi gioirono di tripudio. Qualcuno svenne, qualcun altro urlò e tutti piansero. Aveva detto tre parole, ma sconvolse tutti.
Michael si ritirò e io mi nascosi, continuando comunque a guardare cosa avrebbero fatto i fans. Rimasero ancora un bel po' lì sotto a chiamare, poi capirono che non sarebbe tornato e si guardarono intorno spaesati. Fecero finta di nulla e camminarono verso le loro macchine, con non chalance. Risi.
"Sei... sei strabiliante" Dissi a Michael, mentre mi sedevo sul divano vicino a lui. Rise. "Li hai visti? Voglio dire... sprizzano energia da tutti i pori! Non esisterei se non fosse per loro. Mi aiutano semplicemente comportandosi come sono realmente. Senza le urla ai concerti, non sarebbe eccitante, non trovi?" Mi chiese, sorridendo a trentadue denti. Annuii e guardai cosa stava leggendo. Un libro abbastanza grande, ma sembrava interessante.
"Di che parla?"
"Parla di due ragazzi che si conoscono da giovani e poi si perdono di vista. Quando crescono si ritrovano"
"E si sposano?"
"Non ci sono arrivato"
"Poi dimmelo" Mi alzai e mi diressi nella mia stanza. Mi sembrava così vuota... mi ricordai la prima volta che ero stata a casa di Michael. Avevo trovato la chiave e il baule. Mi ero messa a giocare con le bambole e se le avessi portate, ci avrei giocato in quel momento. Presi due fogli di carta, due matite e dei colori, poi tornai di là e misi tutto sul tavolo.
"Coloriamo?" Sorrisi.
"Ok... che cosa disegnamo?"
"Uhm... non lo so. Io disegno Peter Pan, tu fa quello che vuoi" Mi misi seduta, presi la matita e iniziai a fare gli schizzi del mio idolo che volava.
"Perfetto. Io faccio una caricatura a te e una a me" Stavo per chiedere cosa fosse una caricatura quando prese la matita, strinse le labbra sulla lingua e iniziò a disegnare con mano leggera e rapida. Non volevo rovinarmi la sorpresa, quindi ripresi a fare il mio disegno.
Passò un'ora. Io avevo appena iniziato a colorare mentre lui stava finendo la seconda caricatura. Nonostante ciò, non guardai per evitare di rovinarmi la sorpresa. Che poi, cos'era una caricatura?
Passarono altri dieci minuti e lui guardò soddisfatto il suo disegno e poi aspettò che io facessi lo stesso col mio. Ma non lo feci. Mi limitai a guardarlo con un punto interrogativo... sembrava più un essere umano che dormiva senza letto, che Peter Pan che volava. Sospirai e glielo passai, poi lui mi passò il suo.
Aveva disegnato in basso a sinistro una piccola me, che sorrideva a duemila denti, con le sopracciglia a triangolo e magrolina. Tenevo per mano un uomo vestito da pagliaccio, con gli occhi molto alti, dei capelli riccissimi neri con il labbro inferiore sporgente. Era il più bel disegno che avessi mai visto... solo... perché aveva evidenziato alcune mie caratteristiche? Glielo chiesi.
"Così si fa una caricatura!" Mi sorrise.

Durante il tour facemmo spesso dei disegni che conservo con estrema cura dentro una cartellina. Durante i concerti, Michael si trasformava, diventava spavaldo, indomabile, espressivo... diventava la persona più coraggiosa del mondo. Poi salivo sul palco io e mi veniva da piangere per l'emozione. Le persone mi acclamavano e cantavano con me. Mi faceva solo male vedere le ragazze che svenivano e venivano portate via dopo chissà quanto avevano passato per arrivare fin lì. Mi liberavo totalmente, riuscivo ad essere la Eris che non ero mai stata, perché la musica mi faceva quest'effetto. Mi faceva cantare a ritmo e a muovermi. Ovviamente, quello che faceva Michael era inimitabile. Lui improvvisava e rientrava a tempo. Io eseguivo... meglio che durante le prove, ma seguivo il copione. Perché non credo che nessuno sia capace di fare quello che faceva lui sul palco.
Era, però, stremante. Tornavamo a casa stanchissimi, incapaci di dormire per l'adrenalina accumulata, e allora prendevamo tazze di camomilla per riuscire a dormire. E poi parlavamo, finché riuscivamo ad addormentarci. Spesso dormivamo insieme, perché non mi andava di trascinarmi fino in camera. E poi, tra le sue braccia mi sentivo molto più protetta.
Poi partivamo e ci cambiava la giornata. Tutti fusi orari completamente diversi ed era snervante. Spesso litigavamo perché eravamo troppo nervosi per parlare civilmente, ma poi ci scusavamo a vicenda non appena ci tranquillizzavamo. Ogni volta c'erano nazioni intere di fans che ci salutavano all'arrivo e alla partenza. Ogni volta che atterravamo in un luogo nuovo, andavamo a trovare orfanotrofi e ospedali pediatrici, e Michael diceva "Se la situazione non migliora entro 24h, io non salgo sul palco" e le cose miglioravano sempre. Queste furono le cose che migliorarono la vita dei bambini.

Mi ricordo ancora il luglio del 1988. Era quasi un anno che eravamo in tour e ci saremmo stati fino a gennaio. Ma quel mese eravamo a Roma, la capitale dell'Italia. Ci esibimmo in uno stadio e fu il pienone. Era pieno di gente, munita di tutto quello che occorreva per rendere omaggio al Re del Pop. Lo spettacolo passò e come al solito ci ritrovammo sul suo letto a parlare e a ridere di tutto quello che era successo durante la serata. Parlavamo della ragazza che era salita durante She's Out Of My Life e di come il pubblico aveva reagito quando aveva iniziato a ballare e cantare Billie Jean. Erano meravigliosi.
Io avevo compiuto ventun'anni e Michael il 29 agosto ne avrebbe compiuti trentadue. Insomma, erano passati quasi due anni da quando ci eravamo conosciuti.
D'un tratto si mise una mano in tasca e sorrise, poi mi scusò e andò in bagno prendendo dei lunghissimi sospiri. Io lo guardai chiedendomi cosa ci fosse che non andasse. D'un tratto si librarono nell'aria delle sottili note che conoscevo bene. Non le aveva cantate nel tour, però erano in Thriller ed era una canzone che adoravo. Michael iniziò a cantare sottovoce, avvicinandosi sempre di più. Quando arrivò il ritornello si inginocchiò.

So I Promise You Tonight
That You Will Always Be
The Lady In My Life!


Tirò fuori una scatolina e io iniziai a piangere. Lui la posò sul letto e poi mi abbracciò. Fu un abbraccio caldo, il più caldo di tutta la mia vita. Mi abbracciò e lo sentii sorridere. "Se vuoi posso aspettare" Mormorò. Io continuai a piangere, perché sentivo dentro di me un'esplosione di gioia che non riuscivo a tenermi dentro.
"Io dico che hai aspettato troppo" Risposi tirando su col naso e sorridendo. Mi tirò su e iniziò a rotearmi per la stanza, facendo pochissimo rumore. Forse non poteva immaginarsi la mia felicità. Sarebbe stato mio, mio, mio per sempre. Se me lo avesse chiesto un anno prima, sarei scappata urlando. Ma in quel momento, sentivo che un matrimonio con lui non sarebbe stato nulla di impegnativo. Era come me. Era Peter Pan.
Nulla di terribile, anzi. 
Fu la gioia più grande di tutto il tour.
E chissà... forse ci saremmo ritrovati anziani a ricordare questi anni felici, e giocando ancora a Cinquecento.

Fine.

*Autriceee*
Beh, direi che in questo momento ci sarebbe da urlare di gioia per loro, no? Eccoci qui, giunti alla fine. Nel caso in cui qualcuno si stesse seriamente preoccupando per il finale un po' fiacco, stia tranquillo. Ci sarà un epilogo, e quello ragazzi miei vi assicuro che vi farà piangere. O perlomeno, farò in modo che vi faccia provare delle emozioni.
Voglio ringraziare chi mi ha seguito sin da The Way You Make Me Feel fino ad oggi, e che continuerà a farlo fino all'epilogo.
Ringrazio chi c'è stato all'inizio, ma che poi ha smesso di seguirmi forse perché prolungavo troppo. La verità è che finire questa creatura mi fa male.
Ringrazio chi ha iniziato a seguirmi da metà e poi ha smesso.
Ringrazio i lettori silenziosi. E chi ha messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Ringrazio tutti, davvero. Chiunque abbia letto anche solo una riga di questa fanfiction, che io reputo mia. Ma la verità è che non sarebbe mai esistita senza di voi.

Ringrazio mia sorella, a cui ho impedito di leggere questa storia, e prometto che le darò il permesso di farlo non appena giungerò all'epilogo.

Ringrazio, infine, il co-scrittore. Michael, il mio eterno Peter Pan. E' qui con me e mi suggerisce cosa fare, perché e come, aiutandomi a descriverlo.
Sì, vi ringrazia tutti anche lui per aver letto questa storia che, alla fine, è un po' sua.

Ringrazio chi mi ha sostenuto anche senza finire di leggere tutto ciò. 

Un Abbraccione Enorme A Tutti e Grazie Veramente;

Lost Girl.

PS: I Love You So Much.

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Capitolo 33
*** HIStory - Epilogo. ***


HIStory - Epilogo

Sono passati decisamente molti anni da quando ci siamo sposati. E' stata una piccola cerimonia, giusto con pochissimi scelti che avevano fatto la promessa di non dirlo ai tabloid.
E' uscito il terzo album da quando conosco Michael: HIStory. A me piace da morire. Mi piace tantissimo anche Dangerous perché alcune canzoni gliele avevo ispirate io. Ma se stessi qui ad elencare tutto quello che mi piaceva delle sue creature, non smetterei più.
Neverland rimane il mio posto preferito, perché mi ci diverto tantissimo e gioco ancora con i bimbi che sono ospitati. Non ci sono più Annie e Lawrence perché ormai sono cresciuti e chissà, magari si sono fidanzati con altri ragazzi. Alcuni sono guariti, altri non ce l'hanno fatta. So solo che loro due sono riusciti a venirne fuori. Ora ci sono altre venti testoline sorridenti che corrono per i prati e si tuffano i piscina, spessissimo seguiti da me e Michael. Io non sono cambiata per niente, eccetto qualche ruga in più, mentre Michael era un po' più pallido a causa della vitiligine.
Ogni mattina, Michael mi sveglia con "Buongiorno Principessa" e io, puntualmente, una volta al mese pretendo di uscire da Neverland con lui. E, puntualmente, litighiamo perché lui non puo'. E' seccante, ma va bene. So che riusciremo a vivere anche senza farci scoprire. Perché io non voglio andare via da Neverland.
"Eris! Oggi viene la mia famiglia!" Mi urla, quando si ricorda all'ultimo minuto che avremo la sua famiglia a cena. Sinceramente, non ho legato molto con nessuno in particolare. Sono molto aperti e generosi, eccetto il padre che mi sembra burbero e chiuso. Solo poco tempo fa Michael mi ha raccontato della sua "infanzia"... rubata. Spesso mi trovo sola con Janet e lei mi sorride e mi parla. Potremmo rimanere delle ore. Sì, lei è molto simpatica. Anche le altre sorelle. Con i fratelli non ho instaurato nessun rapporto speciale.
A volte, viene a farci visita qualche amico di Michael, tra cui Liz Taylor. E' entusiasmante vederli ridere così tanto insieme. Lei è una vera forza della natura. All'inizio ero un po' sul chi va là, poi mi sono aperta e ho trovato in lei una grandissima amica. 
Mi ricordo quando ha fatto festeggiare a Michael il suo primo Natale, regalandogli la casa addobbata e un enorme albero, con tante pistole d'acqua in regalo. Oppure quando gli ha regalato un elefante. 
Lo zoo di Michael era stupendo. Ci vado spesso quando lui è impegnato col lavoro, e accarezzo le giraffe salendo su un masso. I tabloid avevano continuato per un pezzo a parlare di me, per poi arrendersi quando vedevano che non interessavo a nessuno.  In compenso, continuano a tirare fuori bugie e calunnie sul conto di Michael, che cercava di tirarsene fuori concedendo interviste per parlare di sé. Nonostante tutto, ci sono ancora persone che preferiscono credere a due pezzi di carta che a lui.
Ma è ancora il Re del Pop e secondo me lo sarà per sempre. Spesso e volentieri mi intrufolo nella sua camera, rubo i suoi vestiti, guanto e cappello e corro verso la sala prove prima di essere beccata. Al mio ritorno, sono tutta sudata e Michael è seduto sul letto ad aspettarmi con un sorriso divertito, chiedendomi che cos'ho imparato.
Un bello, bellissimo giorno, scoprii di essere rimasta incinta. Lui aveva quarant'anni e io ventisette. Mancava poco alla sua nascita, quando iniziammo a pensare al suo nome. Sarebbe stato un maschietto e dovevamo rifletterci bene. Una sera stavo sistemando il mio cassetto. Lo stesso cassetto che avevo avuto da quando avevo diciannove anni. Spesso apro ancora il cofanetto con i disegni e le bambole, mi siedo a terra e inizio a giocare, sempre accompagnata dal fedele Nostromo Wint. Mentre sistemavo il cassetto, comunque, trovai un foglio con tanti pezzettini di carta attaccati sopra, uno sotto l'altro:
"
Nave: Princess
Destinazione: Jackson Street
Partenza: Neverland
Sogno: Prince
Speranza: Peter Pan
A bordo: Disegni e bambole. Una chiave e un baule. Restituirò presto.
Accompagnatori: F, A, N, T, A, S, I, A. S, O, G, N, I. (ok, questo era fin troppo palese)
Significato Partenza: Paura dei tabloid e speranza in Prince
Ritorno: Spero in compagnia."
In quel momento, capii quale sarebbe stato il nome del piccolo. Corsi in camera di Michael ed entrai senza bussare, trovandolo a leggere per l'ennesima volta Peter Pan.
"Ho il nome!" Esclamai buttandomi letteralmente seduta vicino a lui. Mi sorrise e mi guardò. "Quale?" Mi chiese ansioso. Lo tenni un po' sulle spine, poi scoppiai a ridere. "Hai una faccia buffissima!" Mi scusai. Mi spronò a dire il nome.
"Prince. Prince Michael." Dissi solenne. Fu Michael a ridere stavolta. "Addirittura Prince?" Mi chiese. "Guarda!" Esclamai offesa, passandogli il foglio. Guardandolo, fece un sorriso malinconico.
"Vada per Prince Michael".
Partorii due settimane dopo e nacque uno splendido bambino. All'inizio, ci dissero che non respirava bene e Michael cadde in esasperazione nei momenti che seguirono. Per fortuna, tutto andò per il meglio.
Ora sono di nuovo incinta, ma di una bambina. Al giorno della sua nascita, dovremmo essere a Parigi e se sarà puntuale, verrà chiamata Paris.
Prince ha dei bellissimi capelli biondi, ed è innamorato della favola di Biancaneve, ma ha quasi un anno.

Spesso ripenso a parecchi anni prima, quando Sarah era uscita di casa e Silvya mi aveva mandata a cercarla. Ripensai alla banda, che nel frattempo era stata messa al fresco per spaccio, a Michael che mi aveva presa in braccio, al barista, a sua figlia che era una sua grande fan e che probabilmente ora aveva l'età che avevo io quella sera, le giornate in ospedale per qualunque motivo, i piccoli fans che avevo incontrato negli orfanotrofi durante il Bad e il Dangerous Tour... così tante cose. Ripenso anche a Rachel...  chissà se ha trovato un ragazzo che la renda felice. Oppure anche a quando mi ha cantato Bad sotto casa. E ricordo anche molte cose con un sorriso.

Abbiamo tredici anni di differenza, ma non importa più a nessuno. Né a noi, né ai tabloid. I fans ne sono contenti. Lo amano.
I fotografi ci prendono solo di sfuggita e il mio viso non si vede mai.
Ma perché tanto scalpore?
Ci eravamo resi conto di amarci. Qual era il problema? Nessuno dovrebbe prestare attenzione a queste cose. Io lo amo e resterò per sempre al suo fianco.
Ora ti lascio, caro diario. Perché la nostra favola continua.
Ho deciso di riscriverla per metterla un po' in ordine, e farò scrivere qualcosa anche a Michael. Anzi, il primo capitolo sarà suo.
Credo inizierà così:
"C'era una volta,
molti anni fa, un ragazzo. Sì, sono io. A quel tempo, stavo cercando spunto per il mio nuovo video, The Way You Make Me Feel...
"
E io lo finirò così:
"Ora devo andare, caro diario. Perché la nostra favola continua. Andiamo a giocare a Cinquecento con i bambini e poi a fare qualche altro gioco. Sì, anche se siamo grandi. Ma l'età che sta sulle carte d'identità conta poco. E se pure coincidesse con quella mentale, non conterebbe nulla lo stesso.
Perché il Tempo... E' Solo Una Convenzione."


E Vissero Per Sempre Felici e Contenti.


*Autricee*
Siamo arrivati alla fine di questa storia. Vi avverto che spero di avervi regalato qualche emozioni in questi lunghi capitoli.
Nello scorso capitolo ho ringraziato chi ha seguito questa storia.
Ora vorrei ringraziare chi crede ancora in Michael, chi non ha mai smesso di amarlo. Perché lui non muore, ricordatevelo.
Se volete sentirmi, inviatemi un messaggio su EFP che rispondo volentieri. Vi ringrazio di tutto il vostro amore, e vi ricordo che anche io vi amo.
Grazie, e A Presto;

Lost Girl

FINE


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