Sorry But I Love You

di Raheela Orbeli
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ero sdraiata sul letto leggendo gli appunti di scienze che il professore Clinton mi aveva gentilmente prestato, visto che, ieri non ero potuta andare a lezione per risolvere un caso al Centro. Questa storia mi stava seriamente stancando non riuscivo più a conciliare le due cose; i casi aumentavano di giorno in giorno e Mom chiedeva sempre l'intervento mio di Martin e Java. Pensai che accettai il lavoro solo per riuscirmi a pagare la retta per il College perché i miei non avevano grandi possibilità economiche, e ora, potevo cercare un lavoro anche più facile all'interno del campus stesso che non prevedeva la cattura di strani mostri provenienti dallo spazio, vampiri, zombie mutanti e altre cose del genere paranormale che facevano tanto impazzire Martin. Martin il suo solo nome mi fece sentire una strana sensazione allo stomaco: erano forse farfalle?.

Buttai gli appunti per terra e affondai la faccia nel cuscino, non era possibile che non le fosse ancora passata la cotta che avevo per Martin praticamente da una vita. Cercai di capire il perché e giunsi a una soluzione: passavamo sempre tutto il giorno insieme sia a scuola che a lavoro e questo non aiutava minimamente il mio povero cuore.

Forse era arrivato il momento di staccarmi da lui, anche se sapevo sarebbe stato molto difficile fare a meno del proprio migliore amico. Mi sarebbero mancati incredibilmente i suoi atteggiamenti da bambino che lo portava a ricevere sempre un due di picche da tutte le ragazze, mi sarebbero mancati i nostri litigi e i suoi “secchiona” che facevano aumentare la mia ira.

Avrei dovuti rinunciare a tutto questo per stare meglio fino a farmi passare la cotta che avevo per lui. Qualcuno bussò alla porta e riusci a riconoscere che era lui di solito bussava tre volte, come era appena successo proprio ora “avanti” dissi con voce tremolante, e come avevo previsto comparve lui in camera mia bello come il sole: “ehi secchiona ancora a studiare?” disse inarcando il sopracciglio vedendo gli appunti di scienze per terra. Aveva un strano potere su di me cioè quello di farmi arrabbiare con quattro semplici parole “ciao anche a te Martin, sai alcune persone non vogliono rimanere ignoranti a vita come te” dissi lanciandoli uno sguardo sprezzante. Lui rise di gusto “ah Day non cambierai mai, sempre ad insultarmi” si sedette sulla sedia accanto alla scrivania di fronte a me “sai da una vita che mi chiedo come ho fatto a sopportarti per tutti questi anni Martin”recuperai i miei appunti da terra e iniziai a leggere cercando di ignorarlo, però con la coda dell'occhio vidi che mi osservava attentamente, e arrossii di botto.

“Day lo sai che nessuno può resistermi sono troppo bello io, a proposito di bellezza disarmante sai che cosa ha intenzione di fare Jenny domani pomeriggio?” mi chiese con aria seducente. Quelle parole mi fecero morire: pensava solo a Jenny la considerava la più bella ragazza della scuola e faceva il possibile per conquistarla,anche se lei non era minimamente interessata e lui.

Avevo cercato di farli capire, più volte anche, che lei non lo avrebbe mai considerato da quel punto di vista ma lui,ovviamente, mi aveva ignorato “Martin non lo so quello che deve fare Jenny domani pomeriggio ma non penso proprio che avrebbe intenzione di passarlo con te” mi resi conto che la mia voce risultava dura e secca ed evidentemente lui pensava che mi fossi stufata dei suoi monologhi sulla bellezza di Jenny, e infatti subito dopo aggiunse “avevo intenzione di invitarla al cinema stanno facendo un muovo film Zombie mutanti3: il ritorno di Zorak, ma visto che stavi studiando non voglio disturbarti ancora di più ciao secchiona ci vediamo questa sera a cena” mi diede un buffetto sulla guancia e uscì dalla porta silenziosamente.

Rimasi a fissare il punto in cui era sparito per un tempo indefinito mi ridestai dai miei pensieri solo quando guardai l'orologio: erano le sette e mezza di sera e dovevo assolutamente parlare con Mom delle mie dimissioni. Non sapevo esattamente come raggiungere il Centro di solito era Martin che indicava l'ingresso al covo segreto grazie al suo orologio. Il portale si apriva solitamente solo quando bisognava andare per questioni lavorative altrimenti nessuno poteva sapere l'esatta collocazione del Centro.

Sospirai gli avrei parlato in privato dopo la prossima missione, sono sicura di aver preso una giusta decisione dimettendomi dal lavoro; era per il mio bene anche per il suo finalmente avrei potuto dimenticarlo e pensare a cose molto più importanti come lo studio. In questo periodo i miei voti erano calati notevolmente e se avrei perso anche la mia borsa di studio non avrei saputo come fare per permettermi la retta. Era brutto per me trovarmi in questa situazione economica infatti quasi nessuno sapeva i salti mortali che dovevo fare per non gravare troppo sui miei genitori.

Mi alzai pigramente dal letto sistemando il disordine che si era creato, e successivamente decisi di sistemarmi i capelli in una coda alta, ultimamente erano cresciuti parecchio rispetto alla solita lunghezza ma avevo deciso di non tagliarli per cambiare look. Misi anche un vestito corto che non usavo mai per andare in mensa: dovevo ammettere che nel complesso potevo risultare carina. Era sciocco che io sperassi ancora in un suo complimento, lui mi considerava una sorella non mi pensava neanche sotto quel punto di vista non gli era mai passato per la mente che io potessi risultare bella come considera Jenny “il grande amore della sua vita”.

Cercai di pensare ad altro presi un libro, il primo trovai a disposizione e diressi in mensa, almeno avrei trovato un po' di tempo per leggere. I corridoi erano stranamente deserti non c'era nessun ragazzo eppure a quell'ora brulicava di studenti che si scambiavano chiacchere o di innamorati che si baciavano dolcemente sussurrandosi parole affettuose. Regnava uno strano silenzio quasi surreale sembrava che tutti si fossero volatilizzati sospirai sperando che non fosse colpa di qualcosa di paranormale.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE (?)

ciao a tutti! Vi ringrazio per essere passati ^^ , ho deciso di scrivere una storia su questa coppia perché è da sempre la mia preferita, sin da piccola ho sempre scritto storie su di loro e ora ho deciso di pubblicare qualcosa. Fatemi sapere lasciando un commento ci tengo molto al vostro parere per migliorare sempre di più!! un bacione al prossimo capitolo <3 Malandrina97

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Nulla. L'unica compagnia che potevo sperare nella mensa era il silenzio, una quiete che entrava dentro le ossa e che mi rendeva agitata, i miei nervi erano tesi, pronti per rispondere a qualsiasi attacco esterno.
 
Sembrava tanto la scenografia di un fumetto di secondo ordine di cui Martin mi aveva parlato: Malith, la lucertola aliena. Nell'improbabile storia tutti i compagni di scuola della protagonista erano svaniti misteriosamente e lei era l'unica ad essere rimasta nell'imponente struttura.  Tutti i suoi amici, il suo ragazzo, i professori in realtà erano stati uccisi da una lucertola mutante che si nutriva delle anime degli esseri umani per vivere lasciando i cadaveri in uno stato degradante: dei monconi sanguinolenti di carne. Alla fine era stata uccisa anche Michelle e il mondo era caduto nell’oblio, preda della furia omicida di quegli esseri.
 
Basta Diana, non farti influenzare da queste sciocchezze. Le lucertole aliene non esistono. Il  vento gelido che entrava dalla finestra aperta nella mensa scosse le mie membra, mi diede la forza per muovere le gambe, dure come macigni, dall'ingresso ed addentrarmi nei meandri scuri di quel luogo che di solito era allegro e festoso.
 
Non c'erano, come al solito, i giocatori di Football che sedevano al tavolo vicino alla porta parlando delle partite giocate o quelle che si dovevano ancora svolgere e ideando strategie. Non erano presenti le oche starnazzanti che squadravano tutte criticando ogni singolo capo di abbigliamento delle studentesse che non erano nella loro cerchia di ragazze “in” o che accavallavano le gambe facendo roteare i capelli nella speranza che qualcuno le notasse, non c’erano i secchioni muniti di occhiali e vestiti in maniera stramba, parlando di lezioni o di nuove scoperte scientifiche  all’estremità della sala esclusi da tutti. Non era presente neanche Java. Il cavernicolo era sparito insieme a quella folla di studenti al quale di solito non prestavo particolare attenzione e, come capitava molto spesso, odiavo. Il banco della cucina dove di solito lui preparava i suoi ottimi pasti non ospitava la sua figura possente e muscolosa che mi faceva tornare il sorriso.
 
E Martin? Aveva detto che ci saremo visti a cena ma evidentemente non era così. Saranno andati da qualche parte tutti insieme ora chiama Martin e vedrai che ti risponderà dandoti della stupida paurosa. Presi il telefono tremante e composi il suo numero che ormai sapevo a memoria, sperando come non mai di poter sentire la sua voce, la sua risata, mi avrebbe detto che ormai anche io mi ero lasciata influenzare dalle sue storie, che la sua migliore amica secchiona aveva abbandonato progressivamente la razionalità. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Il rumore che il telefono produceva andava di pari passo con il battito del mio cuore.
 
La paura mi strinse nella sua morsa non facendomi capire più nulla, avevo soltanto un libro con me per difendermi da eventuali pericoli. Poteva essere uno dei mostri che io e Martin avevamo catturato tornato per vendicarsi di noi? Un qualche stupido scherzo? O timori infondati?
 
Non potevo rispondere a nessuna di questa domanda o trovare qualcuno che mi aiutasse a trovare una soluzione. Il silenzio, oltre che un quel luogo, aleggiava nei miei pensieri. Di solito in queste situazioni era Martin che mi aiutava, mi salvava sempre da qualsiasi pericolo. In ogni caso che affrontavamo per il Centro, era il mio Angelo Custode, come amavo definirlo della mia mente. Ma senza di lui che cosa potevo fare? Non avevo con me nessuno strumento che potesse recare dolore o qualsiasi altra cosa.
 
Delle lacrime prepotenti si fecero largo sul mio viso, sapevo che quella paura era infondata, che erano solo paranoie e che magari a breve avrei trovato tutti in un altro luogo, ma non potevo smettere. Ero stanca. Stanca di sapere cose che gli altri non sanno, stufa di conoscere l’esistenza di demoni, fantasmi, mostri e non potermi confidare con nessuno. Non potermi sfogare.
 
Dovevo abbandonare al più presto quella vita fatta di indagini e continui pericoli, magari se avessi mollato tutto i guai avrebbero smesso di cercarmi. In quel momento di totale sconforto il telefono squillò, fu come sentire un canto angelico, essere liberati dopo mesi di agonia, rivedere la luce dopo che si è stati per molto tempo ciechi. Vedere il nome sullo schermo mi provocò un moto di felicità, le farfalle persistevano nel loro volo libero. Martin.
 
Presi tremante il cellulare e risposi al telefono “Martin?” la mia voce risultava roca e cupa anche alle mie orecchie, era come se avessi appena partecipato ad una maratona. “Day, dove sei? Ti cerco da mezz’ora ormai.” La sua voce era ricoperta dal caos di altre voci: era insieme agli altri studenti che, evidentemente, non erano stati mangiati da nessuna lucertola aliena. “dove sei tu razza di mongoloide! Sono entrata in mensa e non ho trovato nessuno. Non dovevamo incontrarci lì, rifiuto umano? Cos’hai al posto del cervello? Acqua? E perché non rispondi alle mie chiamate? Sei così cerebroleso da non sapere neanche rispondere al telefono?” dissi infuriata. Non sapevo perché ogni volta lo insultavo in quel modo, forse era la mia maniera di sentirmi protetta: se lo insultavo le cose sarebbero sempre state come prima e lui non avrebbe mai capito i miei sentimenti per lui. Lo sentii sospirare al telefono “Ecco che mi mancava la mia vecchia Day. Non sentivo i tuoi insulti da quasi un’ora e iniziavo a preoccuparmi e a ritenermi un essere pensante. Per fortuna ci sei tu a farmi rimanere con i piedi per terra. Comunque il preside ha indetto una riunione speciale qui in biblioteca. Pensavo lo sapessi, voglio dire, sai sempre tutto tu. Non ti ho risposto prima perché stavo parlando con Jenny: ha accettato il mio invito ad uscire. Ti rendi conto? Dopo anni di corteggiamento asfissiante e a livelli da stalker si è arresa. Ovviamente il mio fascino l’ha abbagliata, fino ad ora si sarà sentita intimorita dalla mia bellezza per accettare…” Interruppi il suo monologo estenuante “Okay, sto arrivando” risposi riattaccando il telefono e non dandogli il tempo di  replicare.
 
Mi sentivo una stupida, una completa imbecille. Io ero preoccupata per lui mentre lui flirtava deliberatamente con Jenny, mi ero vestita in maniera elegante e diversa dal solito per lui. Facevo ogni cosa ormai per Martin. Cosa ne ottenevo? Era come cercare di afferrare l’aria con le mani: ogni sforzo era impossibile. Tutto era inutile, non avevo le doti per conquistare Martin Mystère, evidentemente non ero abbastanza bella e simpatica. Forse la risposta era che non ero Jenny. Solo questo.
 
Mi asciugai gli occhi cercando di farmi forza, come sempre, ripetendo come l’Ave Maria convivi con il dolore, convivi con il dolore. Era diventato il mio motto personale, mi chiedevo per quanto tempo avrei potuto coesistere con questa sofferenza senza scoppiare e mandare tutto a fanculo.
 
Andai sconsolata in biblioteca, come mai il preside convocava una riunione straordinaria? La risposta mi importava poco. Avevo solo paura che Martin mi vedesse vestita in quel modo adesso. Pensandoci avrei preferito affrontare mille Malith a confronto. Avrebbe sicuramente spalancato gli occhi per lo stupore e fatto qualche battuta idiota delle sue. E basta. Non potevo aspettarmi altro. Non da Martin.
 
Arrivata in biblioteca le voci  degli studenti mi riportarono alla realtà, erano tutti ammassati in un angolo su delle sedie che di solito erano dietro ai banconi di lettura. Mi sentivo come nuda: mille persone avevano profanato il mio luogo sacro con parole inutili e vuote in confronto a quelle che racchiudevano i tomi presenti tra gli scaffali.
 
Era impressionante come, tra la marea di occhi presenti nella stanza, ero riuscita ad individuare il suo sguardo. Sentivo che mi stava fissando, magari sorpreso da quella visione: Diana vestita con abiti femminili.
 
 
Finalmente i miei occhi impauriti incontrarono i suoi.
 
 
Angolo Bradipo
 
Mi mancano le parole, davvero. Ho abbandonato questa storia per davvero troppo tempo che mi sento male solo a pensarci, vorrei porgere le mie scuse a chi ha aspettato pazientemente, a chi ha recensito e anche a chi mi ha invitato messaggi privati per chiedermi della storia. Non ho aggiornato prima per diversi motivi: la scuola mi aveva distrutta, in tutti i sensi, privato anche di quella poca vita sociale che avevo e non avevo tempo di continuare. Avevo anche paura di deludere tutti con il secondo capitolo e così ho aspettato, non so neanche bene io cosa. Sfortunatamente il mio computer si è rotto e non ho potuto far nulla in questi due mesi di vacanza, ma ora eccomi qui. Pronta  a continuare la storia, sperando di avere l’appoggio e il sostegno ricevuto nel primo capitolo. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite  seguite, siete fantastici <3
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Finalmente i miei occhi impauriti incontrarono i suoi.
Non potevo credere che mi stesse guardando con quello sguardo che di solito riservava a Jenny o a qualsiasi altra ragazza. Questa era la novità, quella che aspettavo da secoli: Martin si era reso conto che io ero una ragazza come tutte le altre, che ogni tanto, potevo, anch’io essere attraente per il genere maschile. Aveva abbandonato l’idea di una Daina ragazzina che giocava insieme con lui in riva al lago oppure che costruiva castelli di sabbia impiastricciandosi mani e capelli.
Era surreale, da quanto avevo aspettato che lui mi notasse? Perché adesso non volevo che lo facesse? Perché non desideravo altro che i suoi occhi, scuri ma lo stesso così luminosi, non mi fissassero più in quella maniera?
Non accadeva questo da quel memorabile giorno di Natale, durante la missione per il Centro. Allora era lo stesso, ma sapevo che era solo un sogno, una mera illusione dettata dall’incantesimo del Natale, almeno per lui.
Ora era diverso. Lui aveva Jenny, la sua amata Jenny che aveva accettato di uscire con lui. Io dovevo solo restare nell’angolo a osservare telespettatore indesiderato di tutto.  Mi ero sempre preoccupata del fatto che lui non mi avrebbe notato, ma mai che avrebbe trovato una ragazza. Era impensabile. Chi poteva mai trovare affascinante il suo modo di urlare quando qualcosa lo interessava, la sua fissazione per i fumetti fantascientifici o il suo fare il cascamorto con tutte?
Si avvicinò lentamente a me, come se dovesse studiare i movimenti o altrimenti sarei fuggita spaventata come un cervo che nota la presenza del cacciatore. “         Come ti sei vestita? Sai, non siamo alla  fiera dei pagliacci o il circo. È il periodo sbagliato” rise divertito per quella sua brillante uscita.
Rimasi impassibile. Era strano, era come se non provassi nulla, ma ero ben consapevole che in camera, da sola, sarei scoppiata a piangere. Mi faceva illudere, speravo che potesse interessarsi a me, che riuscisse apprezzarmi, per una volta. Era lo stesso che era accaduto quel venticinque dicembre, solo fantasticherie alimentate dal nulla. “Stai zitto.” Riuscii solo a dire, grande uscita per la redattrice del giornale scolastico.
Lo sorpassai ignorandolo, cercando un posto libero tra quell’ammasso studenti che discutevano di problemi banali. Trovai una sedia e vi sprofondai sperando di poter scomparire nel nulla.
Proprio in quel momento il preside prese la parola, picchiettò sul microfono in modo tale da verificarne l’efficienza e iniziò a parlare.
“Allora ragazzi, siamo qui per un motivo abbastanza importante. Ho voluto radunarvi in biblioteca per esporvi un progetto organizzato nel nostro college. Alcuni studenti di altre scuole facoltose, di diversi paesi, verranno in questa per studiare, una specie di scambio culturale, a questi studenti verranno affiancati dei tutor, scelti tra i più bravi ragazzi della scuola per favorire l’integrazione. Ora, diamo il caloroso benvenuto a questi ragazzi!” disse carismatico il preside.
Uno scambio culturale? Perché avrebbe dovuto interessare? Sperai vivamente di non essere scelta, come potevo fare anche da tutor con tutti gli impegni che già avevo?
Ci fu un applauso generale, poco coinvolgente da parte di tutti, sicuramente si aspettavano che ci fosse stata l’apertura di una nuova discoteca, non certo una cosa simile.
I ragazzi entrarono dalla porta laterale, vicino ad una specie di palco organizzato malamente per il preside. I ragazzi erano timidi, intimoriti da quella folla che si rendeva sempre più poco partecipe e meno attiva del previsto.
Un ragazzo attirò la sua attenzione, una zazzera di capelli biondi. Le ricordava qualcuno e, dopo due secondi scarsi, riuscì a ricollegare quell’immagine con quella dei suoi ricordi. Era impossibile, non poteva crederci.
Il ragazzo biondo era Marvin. Quel Marvin, il collega di Martin al Centro. E sorrideva contento nella sua direzione.
Angolo Ritardataria.
Sono imperdonabile, davvero tanto. Sono stata davvero male per questa storia quando la bloccai al primo capitolo e poi al secondo, ma con la scuola non ho avuto il tempo di scrivere, non avevo ispirazione. Spero di continuare, io voglio farlo, per tutte quelle persone pazienti che magari leggeranno ancora, per chi la segue e la aggiunta tra le preferite o lasciato una recensione

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 
Martin.
Coglione. Coglione. Coglione.
Nella mia mente c’era solo quella parola, aveva monopolizzato tutto il resto, mi aveva distratto da altri pensieri che mi assordavano con il loro rumore, che mi paralizzavano in precedenza.
Jenny non esisteva più. Poi chi era Jenny? Poteva dire di conoscerla davvero? Tutte le emozioni che avevo provato fino a quel momento, che erano riuscite a creare un vortice nel mio cuore e stomaco erano completamente sparite. C’era solo il gelo adesso, il freddo assoluto dettato dalla consapevolezza.
Come avevo potuto trattare in quella maniera lei? La mia migliore amica? Come avevo potuto darle del pagliaccio? Qui l’unico ero io, con le mie parole sparate a caso, con i sentimenti incerti e altalenanti.
Ero io il pagliaccio ad aver mentito. Lei era bellissima, dannatamente bella, bella da far male. Dovevo difendermi da lei e quello che sentivo da diverso tempo, era stata semplice autodifesa.
A causa di quelle precauzioni, però, il dolore lo provavo lo stesso, mi abbatteva come non mai. Avevo impresso nella mente ancora la sua immagine: i suoi capelli castani, parevano caramello fuso, i suoi occhi verdi erano come gemme e ti leggevano dentro, e quello che avevo scorto quella sera in quel mare non mi era piaciuto per niente.
Dovevo solo tornare a concentrarmi su Jenny, lei che le aveva dato una possibilità dopo un corteggiamento asfissiante durato anni, come avrebbe reagito scoprendo che lavoravo per il Centro? Sapendo delle mie eroiche imprese? Lo avrebbe amato sicuramente, sarebbe stato il suo eroe. Era quello per cui lottavo da anni. Niente distrazioni.
Il mio pensiero doveva focalizzarsi su di lei, era l’unica cui poteva pensare. Autodifesa.
Ero davvero ironico, il mio comportamento era inutile e rasentava l’assurdo. Non potevo provare niente, era la mia migliore amica, l’avevo vista in tutte le fasi della sua vita, nei momenti più imbarazzanti che avrebbe voluto cancellare. Era mia sorella.
Autodifesa.
In quel momento il preside iniziò a parlare con la sua voce profonda, non capì una sola parola di quello che disse, ero troppo concentrato su altro, anzi, quelle parole erano una dolce litania che mi spingevano verso l’oblio.
Il momento idilliaco durò pochissimo e il battere le mani degli studenti mi riportò alla realtà.
Ero in biblioteca, e degli studenti salivano sul palco. Chi erano? Sembravano davvero intimoriti come se sotto di loro ci fossero delle belve inferocite pronte ad azzannarle appena avrebbero commesso un passo falso. Be’ tutti eccetto uno. Il ragazzo biondo che sorrideva, sembrava sicuro di sé, incurante del resto.
Portava una camicia simile alla sua preferita, occhi scuri  come i suoi e spavaldo. Lo riconobbe dopo un bel po’ perché non poteva crederci, non poteva essere vero. Quel ragazzo non doveva essere Marvin, e la cosa peggiore erano i suoi sguardi ammiccanti nei confronti di Diana. Cosa voleva da lei? Non era stato cacciato dal Centro in posti freddi e inospitali per compiere missioni che sarebbero state inutili al mondo?
Era il suo rivale, una specie di suo alter ego e non poteva essere comparso ancora qui, quando finalmente le cose sembravano girare per il verso giusto, quando il mondo aveva iniziato ad avere l’assetto Martin perfetto.
Jenny gli posò una mano sulla spalla, era arrivata da poco, trafelata per la corsa. “Scusa avevo un impegno e non sapevo di questa riunione speciale, Ma quello non è…?” rimase scioccata anche lei mentre volgeva lo sguardo verso il Narciso più Narciso di lui.
Perfetto. Tutto il mondo sarebbe caduto ai suoi piedi, ci mancava anche che Java gli sarebbe corso incontro scodinzolando come un cagnolino.
Qui ci voleva l’intervento di Zorak, o di qualche ibrido rivoltante che fosse al suo personale comando, avrebbe dovuto chiedere a Billy se si poteva fare qualche eccezione con i “detenuti” del Centro. Si sarebbe divertito un mondo, anche con qualche folletto dispettoso intento a tirare i capelli di Marvin.
“Sì, è quel coglione di Marvin, hai visto che espressione ha sul viso? Sono felice di guardarmi ogni giorno allo specchio e vedere il mio volto, ci sono persone che non hanno queste straordinarie fortune.” Il caro Marvin non doveva essere degno di alcun tipo di preoccupazione.
Jenny alzò gli occhi al cielo “certe cose non cambieranno davvero mai, Martin. Mi chiedo solo che cosa ci faccia qui.”
Disse curiosa. Sicuramente sperava che restasse.
La domanda che mi tormentava era: perché si trovava ancora qui? Una nuova missione per il Centro? Avrebbero dovuto collaborare ancora?
Se fosse stato così avrebbe dato le dimissioni, la collaborazione era impensabile, come vedere un orso grizzly ballare un valzer con un ippopotamo.
Il preside iniziò ad elencare i nomi dei tutor, ma che razza di progetto era? Per fortuna non scorsi alcun nome a me noto in quell’elenco.
I ragazzi tutor si alzarono andando incontro ai loro nuovi amichetti stranieri, Marvin non aveva tutor. Evidentemente era ambientato in maniera ottimale in quella scuola. Molti studenti iniziarono ad alzarsi annoiati ritornando alle loro mansioni abituali ossia non far nulla.
Rimasero in pochi, tra cui Daina che si avvicinò a Marvin che scese dal palco come se fosse un divo della televisione.
Iniziarono a parlare e qualcosa mi ribollì nelle viscere, come se ci fossero mille animali viscidi pronti ad uscire. Dovevo avvicinarmi, fare qualche uscita stupida delle mie e confondere Diana.
Presi la mano di Jenny, mi infondeva sicurezza. Hai visto, Marvin? Anche io ho ottenuto quello che volevo.
Diana era alle sue spalle, non lo avrebbe visto, invece Marvin lo aveva adocchiato e lo fissava con sguardo truce. Jenny aveva ragione: certe cose non cambiano mai.
“Qual buon vento, Marvin? Quello dell’Alaska era troppo forte e ti ha spinto direttamente qui?” dissi con il mio solito tono sfrontato.
Diana sussultò, come se fosse appena stata colpita da una scossa. Si girò verso di me e vide la mia mano stretta a quella di Jenny, aveva gli occhi lucidi.
“Oh, Martin e Jenny! Mentirei se dicessi che è un piacere vederti Martin.” Fece quel suo solito sorriso malandrino.
Sentii Jenny sbuffare “E’ stato un piacere rivederti Marvin, tra cinque minuti ho lezione, ci vediamo in giro.” Jenny lasciò la mia mano e si diresse verso l’uscita, evidentemente era stanca dei battibecchi, il che era decisamente meglio per loro. Avrebbe potuto dire tutto a Marvin chiaramente. “Il Centro ti ha rispedito davvero qui? Devo parlare con Mom della sua mancanza di leadership.”  Incrociai le braccia al petto con aria superiore.
Marvin era impassibile “Sono venuto qui per restare e, sì, Mom mi ha affidato un caso importante. Ma come? Non ti ha detto niente? Non eri il suo migliore agente?”
Rimasi paralizzato. Un caso serio? A lui? E Mom non lo aveva informato? In questa scuola?
Com’era possibile?
Addio momento perfetto. Le cose si sarebbero complicate di brutto.
 
Angolo ritardataria (da oggi mi firmo sempre così, ci sta.)
Allora so che questo capitolo non contiene molto dagli sviluppi di Diana ma volevo dare una versione di Martin a quello che era successo, scrivere un po’ su di lui, magari facendolo conoscere meglio.
Ringrazio sempre le ragazze che hanno recensito, siete tutte favolose ma anche a chi segue questa storia. (Ho aggiornato regolarmente, vedete? U-u)  

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