In my veins.

di _fedss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nothin’ goes as planned. ***
Capitolo 2: *** Everything will break. ***
Capitolo 3: *** People say goodbye, in their own special way. ***
Capitolo 4: *** Everything will change, nothin’ stays the same. ***
Capitolo 5: *** You’re in my veins, and I cannot get you out. ***
Capitolo 6: *** You run away, cause I am not what you found. ***
Capitolo 7: *** Everything is dark. It’s more than you can take. ***
Capitolo 8: *** But you catch a glimpse of sun light, shinin’ down on your face. ***
Capitolo 9: *** You’re all I taste, at night inside of my mouth. ***
Capitolo 10: *** All that you rely on, will leave you in the morning. ***
Capitolo 11: *** …but find you in the day. ***
Capitolo 12: *** You are in my veins. ***



Capitolo 1
*** Nothin’ goes as planned. ***


Onde evitare spiacevoli equivoci, vorrei dire due parole sulla nascita di questa fan fiction.
 
Questa storia è frutto di una notte insonne popolata da numerosi incubi.
Un po’ di tempo fa, dopo aver ormai scritto e finito il primo capitolo, la fantastica Marta mi ha fatto notare l’esistenza di una shot che ha un particolare in comune con la mia FF.
Ora come ora, non svelerò questo particolare ma, capirete presto.
Volevo solamente precisare che non ho voluto rubare l’idea di nessuno, che la mia fantasia ha lavorato da sola per ricavare ciò che leggerete e che non ti intendo essere accusata di plagio.
Se qualcuno ha qualcosa da dire e la pensa diversamente da me, lo faccia sapere subito. Valuterò l’opzione di cancellare questa fan fiction.
Sono una ragazza onesta, scrivo per divertimento. Quindi, sinceramente, non vedo il motivo per cui dovrei “rubare” idee altrui.
In questo fandom ci sono quasi 1000 storie, penso possa capitare che due persone scrivano qualcosa di simile.
 
Grazie a tutti, ora scappo, sono sicura che questa volta Cris mi ucciderà senza farsi molti scrupoli. Oh, per non parlare della Simo. Ahia.
Fede.
 
 

In my veins.

Nothin’ goes as planned. 

 


Correva.
La disperazione si stava impossessando di lui e lo portava a correre sempre più veloce, contro il tempo, contro il destino.
Percorreva le scale di quel dannato palazzo saltando i gradini due alla volta. Forse anche tre, ogni tanto.
In situazioni normali non ci sarebbe mai riuscito.
Ma la situazione non era normale, assolutamente no.
 
Ansimava.
 
«Castle, aspettaci!»
Esposito lo chiamava a gran voce da dietro, provando a raggiungerlo.
Richard non gli prestava attenzione.
 
Le sue orecchie ricevevano i suoni in maniera ovattata.
Le immagini erano sfocate ai suoi occhi, velati di lacrime.
 
Arrivò davanti all’appartamento numero 413 . Aveva il fiato corto, le dita delle mani tremanti.
Come un abile poliziotto, senza prima bussare, sfondò la porta con un colpo di spalla deciso, furioso.
 
Lui, però, non era un poliziotto. Tantomeno un detective.
 
Spesso si dimenticava di essere solo uno scrittore innamorato che aiutava la fidanzata a combattere il crimine, da ormai sei anni.
L’unico distintivo che aveva in casa era quello di plastica regalatogli dalla figlia al suo trentacinquesimo compleanno.
 
Entrò timoroso nell’appartamento della donna, sparita da quasi una settimana.
Il buio lo investì ma non si preoccupò di accendere le luci, conosceva quella casa a memoria.
 
«Kate!»
Dopo aver aspettato una risposta che non arrivò, Castle andò in camera da letto.
«Amore, dove sei?»
La cercò nel bagno, per il corridoio, in salone.
 
Nulla.
 
«Kate, ti prego … »
Un sussurro, niente di più.
 
L’uomo aveva iniziato a pregare un Dio in cui non aveva mai creduto più di tanto.
 
Superò il piano bar che divideva la cucina dal soggiorno e rimase paralizzato davanti ciò che vide, ora che le torce degli altri uomini illuminavano la stanza.
 
Sangue.
Un enorme chiazza di sangue occupava il pavimento.

 
Castle si sentì mancare, le sue gambe si fecero improvvisamente molli e dovette appoggiarsi con una mano al bancone di marmo, per non cadere rovinosamente a terra.
 
Sentì qualcuno che gli scuoteva la spalla mentre le lacrime scendevano copiose sul suo volto.
«Rick, non è detto che sia il suo», sussurrò Ryan dopo aver tirato su con il naso.
Anche l’irlandese non era riuscito a controllare i suoi sentimenti, la paura era visibile nello sguardo di ogni agente.

 
Lo scrittore non rispose, si limitò a prendere un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
 
Poi, tutto accadde velocemente.
 
La macchina di Kate, trovata a tre isolati dal suo vecchio appartamento, anch’essa piena di sangue.
 
Le notti insonne, l’attesa straziante e le ricerche continue.
 
Lanie che usciva dal laboratorio piangendo e che si buttava tra le braccia di Esposito, annuendo e singhiozzando contemporaneamente.
 
Lo scrittore che imprecava prendendo a calci la sedia della sala d’aspetto.
 
La consapevolezza che il sangue trovato era troppo e che la detective non poteva essere ancora in vita.
 
L’archiviazione del caso.
 
 
 
 
Si sveglia di soprassalto, sudato.

Si tira su a sedere e guarda la donna che dorme accanto a lui, rilassata, serena. Le sfiora la spalla nuda dolcemente e poi si passa la mano sul viso stanco, scompigliandosi i capelli.

Si alza dal letto facendo attenzione a non svegliarla, si infila una maglietta lunga ed esce con passo lento dalla stanza. Entra nella camera accanto e si china sul letto blu, accarezza la testolina piena di capelli scuri e ricci prima di abbassarsi ancora di più e lasciare un bacio su quella fronte perfetta. Come quella della madre.

Scende le scale del loft, dopo esser uscito dalla cameretta ed aver richiuso silenziosamente la porta dietro di se.

Una volta davanti alla dispensa della cucina, senza frasi molti scrupoli, apre una delle due ante e prende una bottiglia piena di un liquido ambrato. Scotch.

Si versa un bicchiere e si siede sul divano. Guarda l’orologio: le quattro del mattino, non ne può più.

Pochi minuti e tre bicchieri dopo, si alza e va nel suo studio. Posa l’alcolico sulla scrivania e prende una scatola dallo scaffale più alto. La apre ed inizia a sfogliare le foto che trova al suo interno, lentamente, sorridendo con gli occhi lucidi. Ne prende una in mano e ci si sofferma più del dovuto.

Questa è stata scattata in Francia, sotto la torre Eiffel. Rick e Kate sorridevano felici, abbracciati. Castle aveva portato la detective a Parigi, per il loro primo anno di fidanzamento. Era tutto così perfetto, forse anche troppo.

Il solito senso di rabbia che lo tormenta da qualche anno torna a fargli visita, impossessandosi di lui, mentre si maledice per non essere riuscito a proteggere tutta quella perfezione. Era bastato un niente e tutto era stato distrutto.

Afferra il bicchiere e lo scaglia con collera contro la parete, mandandolo in frantumi e lasciando un profondo segno sul muro.

In quel momento, una donna dai capelli rossi fa il suo ingresso nella stanza, sospirando e guardando il figlio teneramente.

«Richard, ti prego.»

L’uomo non risponde, continua a guardare la foto e a serrare la mascella, portando tutto il dolore del mondo sulle spalle.

«Tesoro, per favore. Smetti di auto lesionarti in questo modo, guardare quelle foto non ti aiuterà a farla passare … »

«Non passerà mai», sussurra lui, interrompendola.

Poi, sempre in silenzio, ripone le pellicole nel cartone e va a sedersi sul divano nero, buttando la testa all’indietro sulla spalliera e lasciandosi andare in un pianto liberatorio, anch’esso silenzioso.
La madre gli si siede accanto, prendendogli le mani fra le sue. Gli accarezza dolcemente una guancia, asciugando quelle lacrime fastidiose.

«Lo hai sognato di nuovo, vero?»

Lo scrittore non risponde.

«Bambino mio, posso confessarti una cosa?»

Castle alza finalmente il capo, annuisce impercettibilmente e guarda la donna negli occhi.

«Mi manca mio figlio, Richard – dice con la voce rotta dall’emozione – mi manca quello scrittore di best seller che rideva sempre, che guardava la vita con occhi diversi da come la stai guardando tu adesso e che respirava sereno. Tu hai smesso di respirare cinque anni fa e trattieni il fiato da allora.»

Si interrompe per scrutare l’espressione sul volto di Rick, che rimane in silenzio, logorandosi dentro dal dolore. Martha prende un altro profondo respiro e continua.

«Fra due mesi ti sposerai ragazzo, alla tua fidanzata non fa bene vederti in questo stato. Torna l’uomo che eri prima e che tutti rivogliamo.»

Castle apre bocca ma la richiude subito dopo. Poi, con tono di voce atono, dice:
«Non la posso dimenticare.»

«Non ti sto chiedendo di dimenticarla, assolutamente. Non ci riuscirei nemmeno io. Vorrei solo che ci mettessi una pietra sopra, per il momento. Lei non ti vorrebbe vedere mentre butti la tua vita così, lo sai bene. Vorrebbe che tu combattessi e che continuassi per la tua strada, prendendoti cura del vostro bambino, con un ricordo di lei felice inciso nel cuore.»

L’uomo, questa volta, annuisce più deciso ma i suoi occhi ancora non brillano. Sono spenti da ormai cinque anni. Stringe la mano della madre, ancora intrecciata alla sua, ed ingabbia la donna tra le sue braccia, dandole un leggero bacio sui capelli.
Si scosta un po’ da lei, guardandola rassegnato.

«Non posso prometterti nulla, madre.»

Martha fa per parlare, ma Rick continua.

«Adesso andrò a letto e, prima di addormentarmi, penserò a lei. Vedrò il suo volto che mi sorride felice, vedrò quella sera, prima che tutto cominciasse, in cui abbiamo fatto l’amore, non consapevoli che sarebbe stata l’ultima volta. I bei ricordi mi annebbieranno il cervello, fino a scomparire quando l’immagine di tutto quel sangue tornerà prepotente nella mia mente e sarà difficile mandarla via. Ma ci proverò. Come ogni notte, proverò a dormire tranquillo, abbracciando una donna che non è lei. Amo Melanie, lo sai. Ma nessuna potrà mai prendere il posto di Kate nel mio cuore.»

Finisce la frase in un sussurro, sorridendo tristemente. Un sorriso spento, come tutti quelli che mostra da un po’.

«Perché non riesci ancora a dormire? »

«Pensavo…»

Lo sguardo interrogativo della madre lo invita a proseguire, ad elencare i suoi pensieri, quelli che lo tormentano da cinque anni.

«A volte… ho come la sensazione che lei sapesse tutto… che stesse solo aspettando quel momento.»

Marta sgrana gli occhi, nel suo sguardo c’è preoccupazione mista a terrore, ma spera che il figlio non se ne accorga.

«Come.. come puoi dire una cosa del genere, Richard? Kate ti amava e…»

«Non sto dubitando del suo amore! Eravamo fidanzati da due anni e non voleva sposarsi! Non ha mai venduto il suo vecchio appartamento, anche vivendo qui e infatti, guarda dove abbiamo trovato il suo sangue!»

Ha alzato il tono della voce e la madre prova a tranquillizzarlo.

«Richard, fermati!»

Vorrebbe dire la verità a suo figlio, ma è costretta a continuare a mentirgli.
Lo deve fare, per il suo bene.

«Se lo avesse saputo sul serio, pensi avrebbe corso il rischio di rimanere incinta? Pensi avrebbe fatto nascere Roy James, pur sapendo che dopo te ne saresti preso cura te, da solo?!»

«No.. hai ragione, io non…»

«Non pensare mai più una cosa del genere Richard… lei ti amava e non… non ti avrebbe mai fatto una cosa del genere.»

Lo scrittore si alza lentamente, sbuffando, e si avvia verso la porta dello studio, con passo stanco.

«Domani saranno cinque anni, Richard» gli dice la madre ancora seduta sul divano.

Lui non si gira, abbassa la testa e serra i pugni, le braccia tese lungo il corpo.

«Cosa farai?»

«Farò quello che faccio ogni anno. Andrò a trovare Jim, dopo esser passato al cimitero. Poi farò un salto al distretto, porterò il solito caffè macchiato freddo e lo lascerò sulla sua scrivania.»

«Questo, in realtà, lo fai ogni giorno … »

«E continuerò a farlo, anche dopo aver sposato Melanie, non voglio sentire obiezioni.»

La donna non risponde, continua a tormentarsi le dita delle mani.

Quell’uomo non è suo figlio. Può essere scambiato per un clone, o definito come un corpo che vaga senza anima da quando è stata portata via la parte più importante di lui.

«Notte» dice semplicemente Castle, prima di scomparire nell’altra stanza.

Il Richard Castle che si conosceva, odiava dire “notte”. Lui era uno scrittore, e gli scrittori augurano sempre una buonanotte o dei sogni d’oro.

Lui, ora, dice semplicemente “notte”, consapevole che la sua non sarebbe stata per niente buona e che i suoi sogni non avrebbero avuto nulla di oro.

Da quando Kate Beckett è morta, non è più l’uomo di una volta.

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Capitolo 2
*** Everything will break. ***


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Everything will break.


 
 
La donna si guarda allo specchio e sospira, passa le dita sul vetro freddo e un brivido le scorre lungo tutto il corpo. Parte dalle orecchie e passa veloce per la sua schiena, prima di finire all’altezza delle caviglie.

Si pettina i capelli con movimenti lenti e precisi, cercando di sistemare quei boccoli che tanto le piacciono, ma che ha smesso di amare, a causa di quella tinta bionda che per lei è una tortura.

E’ costretta, non vede l’ora di tornare al suo colore naturale. Manca poco e tutto finirà.

Esce dal piccolo bagno con la spazzola in mano e va a posarla nella valigia. Tutti i vestiti sono al loro posto nel bagaglio, in un ordine quasi maniacale. Prende le ultime cose poggiate sul letto: due cornici e una collana.

Tiene le foto in mano. Una nella destra e una nella sinistra. Un uomo e un bambino, sorridono verso l’obiettivo in entrambe le cornici. Ne mette prima una nella borsa, per poi posare tutta l’attenzione sull’altra. Sfiora con l’indice  l’uomo raffigurato ed inizia a piangere.

Un pianto doloroso, ma forse, lì in fondo, c’è anche un po’ di gioia.

Lascia un bacio sulla sagoma del bambino e ripone anche questa foto. Poi, sempre molto delicatamente, afferra la collana. Una catenina d’oro fina e lunga, che tiene due ciondoli. Due anelli. Il primo è infilato in quella catenina da sempre. L’altro, è lì solo da cinque anni.

Al suo interno è incisa la parola ‘Sempre’.
 
 
«Papààààà! Io ho fameee!»

Lo scrittore smette di fissare il pentolino che sta sul fuoco, si riprende dallo stato catatonico in cui è caduto e finalmente, spegne il gas. Il latte è pronto.

Si gira verso il figlio che si sta accarezzando il pancino, cercando teatralmente di far capire al padre quanto sia affamato.

«Papààààà, il latte!»

Castle sbuffa, versa velocemente il liquido nel biberon e ci infila anche due grossi biscotti. Va verso il divano e vede suo figlio davanti al televisore, che sta aspettando la sua colazione.

«Ecco, tieni Roy James e smetti di lamentarti!» lo riprende. Gli porge il biberon sedendosi accanto a lui e continua a parlargli, pur essendo a conoscenza che al bambino interessano più i cartoni che le chiacchiere di suo padre. «E poi, basta lagnarti, Roy! Sei grande.»

«Si, grande» mormora il piccolo Castle.

«Oggi starai con la nonna, va bene? Papà ha delle cose da fare e anche Melanie…» Fa per andarsene ma il bambino richiama la sua attenzione, afferrandogli la manica della camicia. Batte la manina sul cuscino, lasciandogli intendere che lo vuole lì vicino, ha qualcosa di importante da dirgli.

«Papà?»

«Dimmi, amore mio.»

«L’altro giorno a scuola, Ben diceva che lui era un errore… La maestra non mi ha detto perché. Perché Ben era un errore? Che vuol dire?»

Castle prende un profondo respiro. «Ben non è un errore, nessun bambino è un errore. Forse pensava solo che i genitori non erano contenti di averlo.. ma sono sicuro che non...»

«Io sono un errore perché la mamma non mi voleva!» afferma Roy convinto, facendo comparire sul suo visino un espressione triste. Anche se è un piccolo attore fantastico, quel broncio è tutto meno che finto.

Rick Castle sente il suo cuore fermarsi all’improvviso.

«Chi ti ha detto questo, Roy?»

Una piccola lacrima si forma all’angolo dell’occhio del bambino e Castle si protende subito per asciugarla con il dito. Lascia scivolare la mano sulla guancia di suo figlio e poi lo stringe a se, facendogli poggiare la testa sul suo petto.

«Me lo ha detto Ben.. perché mamma se ne è andata a lavorare lontano, quindi io sono un errore!»

«Puoi dire a Ben, che tu non sei un errore. Sei la cosa più giusta del mondo e la mamma ti voleva tantissimo. Anzi, più che tantissimo!»

«Tanto così?» chiede il piccolo allargando le braccia dopo essersi scostato dal corpo del padre. Tiene le braccia aperte sulla testa, allungandole il più possibile.

«Oh molto più di così!» afferma Richard che, si protende verso di lui ed inizia a fargli il solletico sulla pancia. Il piccolo ride e quel suono è una pillola di vita che arriva all’orecchio dell’uomo e che lo fa stare un pochino meglio.

Guarda Roy dimenarsi sotto di lui e capisce che quello scricciolo è il motivo per cui riesce ad andare avanti.

«Basta papà, per favore!» sgattaiola via da sotto quelle grosse mani che lo stanno facendo impazzire e si posiziona in piedi, davanti allo scrittore, ancora seduto sul divano.

«Quindi se non sono un errore, la mamma torna.. ma quando torna?»

Richard sospira e pensa che forse è arrivato il momento di dire la verità a quell’ometto. Ha cinque anni compiuti, per quanto ancora la scusa del lavoro sarà credibile per la scomparsa di sua madre?

«Bambino mio…»

«Richard, io sono pronta!»

«Zia Mel!» Il bambino vede la donna e le corre incontro, il biberon sempre stretto nella mano destra. Non da tempo alla mora di realizzare ciò che sta accadendo, che subito le salta in braccio.

«Ciao piccola peste», lo saluta lei affettuosamente, stringendolo forte sotto gli occhi commossi di Rick Castle. Quella donna gli ha salvato la vita. Rimane sempre sorpreso nel vedere quanto si sia affezionata al piccolo Roy, lo tratta come fosse figlio suo.

È alta, mora e veramente bella. Gli occhi scuri da cerbiatto sono la prima cosa che ha visto lo scrittore. È diversa dalle sue ex mogli. È semplice, solare e generosa. Mai trovata una donna che pensa al prossimo più di lei. O forse si, ma in questo momento Castle non ci vuole pensare.

«Amore, ci sei?» La donna richiama l’attenzione del fidanzato, che ha la testa ovunque tranne nel loft. Da quando lo conosce è così, ma lei non se ne preoccupa. Sa a chi sono rivolti i pensieri dell’uomo, ma non le da fastidio. Non vuole assolutamente prendere il posto di Kate Beckett nella sua vita.

«Si, certo», risponde semplicemente. «La nonna è in camera sua, vai da lei così noi usciamo?»

«Va bene!» scende dalle braccia della donna  e si avvicina al papà. Lo invita ad inchinarsi, così da poter raggiungere facilmente il suo orecchio e sussurrargli qualcosa.

«Io so che giorno è, papà… ho una cosa per la mamma, gliela porti?»

Rick, visibilmente commosso, riesce solamente ad annuire.

Il bambino corre su per le scale, per poi ritornare dopo pochissimo con due fogli in mano. Li consegna entrambi al padre, gli dice di darli alla mamma e poi gli lascia un bacio sulla guancia. Saluta anche la zia Mel e corre su per le scale.

«Cosa sono, Richard?»

Castle li guarda e sorride. Sorride per non piangere, serrando poi le mascelle, impedendo alle lacrime di uscire.

«Ha fatto un disegno per la mamma, l’altra penso sia una letterina.»

Melanie va incontro all’uomo e lo fa tirare su. Lo bacia teneramente sulle labbra e gli sistema i capelli. «Non la leggere, mi raccomando. È una cosa fra lui e la madre.»

«Si, lo so. Tranquilla.. Forza, usciamo!»

Passa il braccio intorno alle spalle della donna e si avviano insieme verso la porta di casa, sorridendo, entrambi.

Richard sa di essere felice con Melanie, ma non è questa la felicità che lui aveva intenzione di provare, nel corso della sua vita.

 
 
Attraversa le porte del dodicesimo distretto con una tazza di caffè in mano. Scotta tantissimo, ha un odore così invitante.. Dentro l’ascensore, sicuro di non essere visto da nessuno, sorseggia quella bevanda scura ed è quasi sicuro di riuscire a sentire il suo sapore. Sapeva sempre di caffè. Sempre.

Quando esce dall’abitacolo e attraversa il corridoio della centrale, sente gli occhi di diversi agenti su di se ma, non se ne cura.
Arriva davanti alla solita scrivania, vuota, come è da cinque anni. Posa la tazza di cartone sul tavolo di legno, accanto alla cornice. La foto che sta all’interno è stata scattata in un parco. Rick ha una faccia buffa, mentre Kate sorride serena, con il piccolo Roy di appena un anno in braccio.

I bei tempi..pensa Rick, sospirando. Gli stessi pensieri ogni volta che vede quella maledetta foto.

«Signor Castle!»

Si gira e trova il capitano Victoria Gates appoggiata allo stipite della porta del suo ufficio. Indossa un completo nero, che sembra riflettere il suo umore. Il suo sguardo è serio, ma anche preoccupato.

«Capitano, buongiorno. Scusi il disturbo, ho solo portato il caffè a Kate, adesso vado via.. Volevo salutare Ryan e…»

Victoria sorride teneramente. “Ho portato il caffè a Kate”, quell’uomo non finisce mai di stupirla.

«Ryan ed Esposito sono ad un sopralluogo» lo interrompe lei. «Non si preoccupi per il caffè, è un gesto che apprezziamo tutti. Vorrei scambiare due parole con lei, le dispiace?»

Castle lascia un’ultima carezza sul legno del tavolo, per poi seguire la donna nel suo ufficio. Si richiude la porta alle spalle mentre la Gates si siede sulla sua poltrona. Lui si accomoda sulla sedia di fronte alla scrivania e congiunge le mani davanti a se, in attesa.

«Ha un’aria terribilmente seria, capitano. C’è qualcosa che non va?»

Victoria ignora la domanda e lo scruta meglio, fissandolo intensamente negli occhi, cercando di leggerci dentro le emozioni che attraversano Richard. Non ci riesce.

«Come sta, signor Castle?»

Lo scrittore sospira.

«Sto bene… diciamo. È strano, un attimo prima va tutto bene mentre quello dopo, il mondo sembra precipitarti addosso! Fortunatamente Melanie e Roy mi aiutano… e poi con Alexis lontano da casa è ancora più difficile.»

«Roy come sta?» chiede la Gates, piuttosto interessata. Castle si chiede perché tutte quelle domande su di lui e la sua famiglia.

«Sta bene, ma inizia a chiedermi qualcosa di più sulla madre e io penso che sia arrivato il momento di dirgli la verità. Di dirgli che non rivedrà più la sua mamma.»

L’uomo si rattrista e il capitano deve distogliere lo sguardo, mandandolo a posare sulle scartoffie che ha di fronte a se. Che situazione difficile. Non sarà facile uscirne.

 «Ho saputo che si sta per sposare…»

«Si, fra due mesi… all’inizio non pensavo fosse la cosa giusta, ma adesso…»

«Ma adesso?»

«Adesso che ho realizzato che Kate non tornerà più, sono sicuro sia la cosa giusta da fare. Sa, prima un minimo di speranza c’era, ogni volta che il campanello di casa suonava, speravo fosse lei.. oppure speravo di svegliarmi, speravo che questo fosse tutto un brutto sogno. E invece.. invece no.»

«Capisco… Kate l’amava.» Castle aggrotta la fronte, non capendo il perché di questo colloquio. La Gates si sistema gli occhiali sul naso e, dopo un profondo respiro, dice: «E sono sicura che, ovunque sia adesso, continui ad amarla.»

«Sta dicendo che non sia una cosa giusta da fare, risposarmi?»

«Non sto dicendo niente. La vita è sua, non mia.»

Richard non sa come controbattere, quindi rimane in silenzio.

«Signor Castle, adesso ho molto lavoro da fare. Ma, domani mattina, vorrei parlare con lei in privato, se non è un problema.» Si alza seguita da Castle, che allunga una mano per salutarla.

«No, nessun problema. A domani mattina capitano e.. grazie.»

La donna non risponde, stringe la mano di Rick e lo segue con lo sguardo, fino a quando non scompare fuori dal suo ufficio. Scuote la testa, non in segno di disapprovazione ma sicura che nulla tornerà come prima.

Si risiede e afferra il telefono, compone un numero e attende in linea.

«Pronto?»

«Domani mattina, giù in obitorio. Ci siamo quasi.»

«Sarà difficile?»

«Quasi impossibile, temo.»

Dall’altra parte della cornetta si sente un sospiro e poi la chiamata viene interrotta.

Meno di ventiquattro ore e, forse, questa situazione impossibile da sostenere finirà.
 
 
Angolino di Fede :
Mamma mia che ansia! Sto imparando ad essere sadica grazie a Marta, diciamo che è colpa sua.
“Marta, ma che ci aggiungo qualcosa?”
“No, meglio essere sadici, è divertente!”
Mi ha detto così, quindi prendetevela con lei u.u
Non aggiorno secondo un calendario preciso, aggiorno quando i capitoli sono pronti e non sono molto impegnata. Quindi, abbiate pazienza :’)
Cara Sofi, non è colpa mia se dormi di sabato pomeriggio, ti sei persa l’anteprima.
Grazie a tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, pensavo di ricevere tanti commenti negativi, a causa della morte di Kate ma… non è stato così!
Un bacio, ci vediamo al prossimo.
Fede :)
 
 

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Capitolo 3
*** People say goodbye, in their own special way. ***




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People say goodbye, in their own special way.

 
 
La lapide davanti a lui è fredda, grigia e fredda. Uno degli abbinamenti peggiori che ci possano essere. Nemmeno le decine di fiori appoggiate sopra, rendono quel blocco di pietra un po’ meno triste.
 
Richard sfiora le lettere incise sul marmo, sussurrandole, in modo che nessuno possa sentire.
 
“Avevi ancora molto amore da dare. Continua a vegliare su chi ami, anche da lassù.
Detective Katherine Beckett, madre, compagna, figlia e amica.
Sempre.”
 
Lascia un bacio sulla foto che raffigura Kate e smette di trattenere le lacrime. Scivolano veloci sulle sue guance e finiscono sul prato, scomparendo. È da più di dieci minuti che è inginocchiato davanti a quella tomba.
 
La gente che passa lo guarda, con tenerezza, comprendendo, forse, le pene del povero uomo. Nessuno si ferma a fissarlo. Quello è un momento intimo, nessuno vuole disturbare.
 
Solo una donna, nella penombra di un albero, lo osserva da quando è arrivato. Vorrebbe andare da lui, asciugargli quelle lacrime che non può vedere ma, che sa essere presenti. Vorrebbe farlo rivivere.
 
Manca poco.
 
Guarda lo scrittore poggiare due fogli sulla tomba, fermandoli con un sasso per non farli volare. Lo guarda lasciare un’ultima carezza sulla foto e poi lo vede alzarsi, lentamente. È stanco. Invecchiato più del dovuto. Vorrebbe abbracciarlo, stringerlo. Vorrebbe baciarlo. Non ha dimenticato il sapore di quelle labbra perfette.
 
 
 
 
La Ferrari è parcheggiata davanti al cancello del grosso college.
 
Una ragazza rossa, si affaccia dalla finestra e vede l’uomo appoggiato all’auto. Non riesce a trattenere un gridolino di gioia ed inizia a correre. Giù per le scale, lungo i corridoi, fuori dal portone di pietra.
 
Castle aspetta con un sorriso smagliante aperto sul volto. La ragazza arriva dal padre e si fionda tra le sue braccia. Poggia la testa sul petto dell’uomo e lo stringe forte.
 
«Quanto mi sei mancato… è da più di un mese che non ti fai vedere!» Sembra lo stia sgridando e, invece, continua a sorridere. Poi, si scosta dal corpo di Rick e lo guarda con gli occhi ridotti a fessura.
 
«Papà… un mese! Cosa è successo? Prima ci vedevamo ogni settimana!» gli fa notare triste.
 
L’uomo abbassa lo sguardo, scalcia via un sassolino solo per perdere tempo. È terribilmente mortificato.
«Scusa, Al.. questo periodo è stato piuttosto pieno di impegni, Roy sta crescendo e… ci sono anche delle novità.»
 
«Novità? Di che tipo?»
 
«Facciamo così, andiamo a mangiare insieme e ti racconto tutto con calma. Ti ricordi quel ristorantino che ci piace tanto, a due passi da qui? Scommetto che lasciano ancora libero quel tavolo per lo scrittore Richard Castle!» le dice convinto, pur sapendo che la sua carriera da scrittore è forse finita da un po’ di tempo.
 
Non scrive un romanzo da anni.
 
Alexis annuisce, fa il giro della macchina ed entra nel posto accanto a quello del guidatore, senza attendere il padre.
 
Richard, si guarda intorno. Qualcosa ha attirato la sua attenzione, ma niente sembra sospetto. Fa per salire in macchina, quando nota la figura di una donna che cammina velocemente. È strano, pensa. Non fa molto freddo, eppure è incappucciata e tiene una sciarpa che le copre il volto.
 
È un attimo.
 
La donna si gira e, due occhi verdi, incontrano quelli blu dello scrittore. Persino il tempo sembra fermarsi, i due rimangono a fissarsi per attimi che paiono durare ore. Ma passano solo pochi secondi poi, la donna corre via svoltando l’angolo, sparendo dalla vista di Rick Castle che viene chiamato dalla figlia.
 
«Papà! Papà, andiamo?»
 
«S-si, io…» sale in macchina. Infila le chiavi e accende il motore. Sta per partire quando si gira verso Alexis, che lo sta guardando curiosa.
 
«Al, l’hai... l’hai vista anche tu?» le chiede timoroso.
 
«Visto cosa?»
 
«Quella donna.. sembrava.. sembrava Kate.»
 
Alexis non risponde. Guarda davanti, sussurra un andiamo quasi non udibile e rimane in silenzio per tutto il tragitto. La scomparsa della detective ha sconvolto anche lei. Ha smesso di credere tre anni prima alle teorie assurde del padre, convinto che Kate non fosse realmente morta.
 
 
La giornata, per Richard Castle, non è una delle migliori.
 
Il pranzo con Alexis, non si è concluso come lui sperava. La figlia non ha preso molto bene la notizia dell’imminente matrimonio, Richard non riesce a scacciare dalla sua mente le parole della ragazza.
 
Non commettere lo stesso errore che hai fatto con la mamma. Per quale motivo vuoi sposare Melanie?
Lei… lei mi fa sentire meglio.
Tutto qui? Anche il mio migliore amico mi fa sentire meglio, ma non voglio sposarmelo!
Non è la stessa cosa, Al…
Ah, no? E allora dimmi, la ami?
Al, è complicato…
Va bene papà, ma non venire poi a lamentarti da me.” Si era alzata ed aveva afferrato la sua borsetta. Aveva fatto per andarsene, quando il padre le aveva sussurrato:
Non mi basta più il suo ricordo…
L’aveva guardato dall’alto, con tenerezza. Poi se ne era andata, lasciandolo lì da solo, non prima di avergli detto: “Devi superarla, una volta per tutte.
 
Quell’ultima frase gli rimbomba in testa. Guida nel traffico senza prestare veramente attenzione alle macchine, alla strada che deve prendere. Parcheggia sotto il palazzo senza riflettere, sale le scale senza prima salutare il portiere.
 
Si sente svuotato, anche quelle poche certezze che si era creato in questi difficili cinque anni, lo hanno abbandonato. Non sa più se sposare Melanie sia la cosa giusta da fare. Non sa se, casomai succedesse, avrebbe ancora il sostegno della figlia. È preoccupato.
 
L’indomani avrà un colloquio con la Gates e non sa per quale motivo. Non sa il perché di tutte quelle domande. Non sa perché, dopo tempo che non succedeva, ha pensato di aver visto di nuovo Kate.
 
Non è possibile.
 
Eppure quegli occhi verdi, limpidi, segnati d’oro… erano così uguali a quelli di lei. Ogni sfumatura che ricordava, era al posto giusto.
 
Si fionda nella sua camera e si butta sul letto, a peso morto. A pancia all’aria, con le braccia aperte, lo occupa interamente. Chiude gli occhi per riflettere ma subito viene interrotto da un leggero rumore che proviene da dietro la porta. Non fa in tempo a chiedere chi sia, che una testolina sbuca nella camera.
 
«Ciao papà» dice timidamente.
 
Richard non alza la testa, non si muove minimamente. Rimane sdraiato, con gli occhi chiusi, ma sorride. Batte una mano sul letto e lo invita a mettersi vicino a lui. Roy non si fa aspettare.
 
Salta sul letto e si accoccola accanto al padre, poggiandogli la testa sul petto e la mano sulla pancia. Sta così bene lì, vicino al papà. Manca solo una cosa per rendere il tutto più perfetto. La mamma.
 
«Papà, perché non mi sei venuto a salutare? Ti ho fatto arrabbiare?» chiede il bambino, triste.
 
«No tesoro, non sei tu» gli dice scompigliandogli i capelli pigramente, con una mano. «E’ che papà oggi è stanco e voleva riposarsi prima di cucinare la cena per il nonno!»
 
«Non cucina zia Mel, stasera?»
 
«No, tesoro. Melanie arriva tardi, sta organizzando il matrimonio» gli spiega lui. È così curioso quel bambino. Ha cinque anni e fa un sacco di domande, parla tantissimo e vuole sapere ogni cosa accada intorno a lui. Ma nonostante tutto, è un angioletto.
 
«Papà, zia Mel mi piace tanto! Le voglio tanto bene, cucina benissimo e mi canta delle canzoni fantastiche!» afferma convinto. «Ma… secondo te la mamma non si arrabbia se la sposi? C’è… la maestra mi ha spiegato, sai? Quando ti sposi è per sempre, non puoi stufarti come io con la mia fidanzata…»
 
«Ahh, così tu avresti una fidanzatina?» lo schernisce Rick, divertito e sorpreso da quel discorso allo stesso tempo.
 
«Si papà, ma non cambiare argomento, non siamo qui per parlare di me» dice serio. Si alza dal petto del padre e si mette seduto, a gambe incrociate, sulla pancia dell’uomo che, non trattiene una smorfia di dolore.
 
«Guarda che non sei più leggero come una volta» fa notare a Roy. «Comunque, secondo te la mamma si arrabbia?»
 
«No, non penso si arrabbierà… però quando ritorna potrebbe non essere d’accordo… c’è… vorrebbe sposarsi lei con te, no?»

«Roy, a questo proposito…» finalmente Castle si mette seduto, continuando a tenere il figlio su di se. Gli accarezza i capelli e prende un profondo respiro. «Roy, papà ti deve dire una cosa importante…» lo fissa intensamente negli occhi azzurri, non trova le parole giuste.
 
«Amore mio, ti ricordi quando ti dicevo che la mamma sarebbe tornata presto, che non è qui con noi perché è andata a lavorare lontano?» Roy annuisce e Rick continua. «Beh… non ti dicevo la verità.»
 
Il piccolo si alza lentamente dalle gambe del papà. Rimane in piedi davanti al letto con lo sguardo triste. «In che senso?» chiede.
 
«La mamma non è a lavoro. La mamma è andata in un posto migliore…» il bambino arretra lentamente, sentendo le parole del padre. Non gli piace quella storia che gli sta raccontando. Non vuole più sentire.
 
«La mamma non tornerà più, Roy James.»
 
E’ un attimo. Il piccolo Castle si gira e corre fuori dalla stanza del padre. Si rintana nella sua cameretta, afferra il suo cuscino preferito, quello a forma di distintivo di polizia, e si butta sul letto stringendolo forte. Piange.
 
 
La cena con Jim Beckett è stata tranquilla. Aveva voglia di vedere il nipotino ma, Roy Castle, se ne è stato tutta la sera rinchiuso nella sua stanza.
 
Richard è assente per tutta la sera. Ripensa alla discussione con la figlia, all’espressione delusa del figlio e a quegli occhi verdi. Proprio, non riesce a levarseli dalla testa.
 
Quando Jim se ne va, bussa alla porta della cameretta del suo bambino. Non attende una risposta che sa non arriverà. Entra e si siede sul letto, accanto a Roy, che si è rifugiato sotto le coperte. Gli accarezza la schiena attraverso il piumino e sospira.
 
 «Mi dispiace così tanto, Roy» gli dice.  «Ma vedrai, ce la faremo, insieme. Buonanotte.»
 
Quando capisce che il piccolo non ha intenzione di rispondere, si alza ed esce dalla stanza, sconsolato. Va in cucina ed apre la dispensa. Afferra la bottiglia e si chiude nello studio.
 
 
 
 
«Amore, ti squilla il cellulare.»
 
Lanie da un bacio sulle labbra al marito e si alza dal letto, lo guarda sistemarsi meglio sotto le coperte, assonnato, e poi corre in salone.
 
Afferra il telefono, sul display lampeggia la scritta ‘sconosciuto’. Risponde.
 
«Pronto?»
 
«Lanie…»
 
«Chi parla?» chiede titubante. Quella voce le sembra di conoscerla, eppure…
 
«Lanie, sono… sono Kate.»
 
Il telefono le cade dalla mano, le gambe cedono sotto il suo peso e si inginocchia per terra. Sente i passi dell’uomo raggiungerla, preoccupato. Ha sentito il tonfo del cellulare. Si siede accanto a lei.
 
«Lanie, amore, chi è al telefono?»
 
«Javier… è Kate.»
 
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Ok, è finito “una settimana da Dio” e io posso aggiornare..
Beh, pensavo di aver scritto solo un capitolo di passaggio ma, dopo averlo riletto, l’ho trovato come dire, tosto?
Si, piccolo Castle è più maturo di grande Castle (la prima cosa che ha notato la Martha *-*)!
E… rullo di tamburi, avevate ragione. Ormai si può dire, ha anche chiamato Lanie!
KATE E’ VIVA!
Ma come la prenderà Castle?
Mhhhh, chi lo sa u.u
Buonanotte e alla prossima :)
Fede.

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Capitolo 4
*** Everything will change, nothin’ stays the same. ***


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Everything will change, nothin’ stays the same.
 
 
«Ha avvisato la dottoressa Parish?»
 
Victoria Gates è seduta sulla poltrona del suo salone. Davanti a lei, accomodata sul divano, Kate Beckett si guarda intorno, leggermente spaesata. È in ansia, e il capitano lo riesce a notare bene. È cambiata. 
 
Si tortura le dita delle mani, muove le gambe ritmicamente, come in preda ad un attacco di panico. Si sistema ogni due minuti, il ciuffo di capelli dietro l’orecchio. È spaventata.
 
«Kate!» la chiama quando non riceve risposta. «Per favore, si calmi! Così fa agitare anche me…»
 
Guarda la donna che la sta rimproverando e sospira. È così strano… tornare a New York le ha fatto uno strano effetto e… soprattutto, sentire la migliore amica che piangeva disperata al telefono le ha fatto male. Come la prenderà Rick?
 
«Scusi signore… è che… è tutto così strano!» ammette. «E se non mi perdoneranno? Se non mi accetteranno di nuovo nella loro vita? Sono passati cinque anni… cinque anni sono tanti e…»
 
«Detective, per favore! Non dica sciocchezze! E’ riuscita a sbattere in galera il drago, lo ha rincorso fino alle Bahamas e non ha messo in pericolo nessuno! È riuscita a non far alzare un polverone di notizie, è riuscita a tenere tutto nascosto! Lo ha fatto per una buona causa e… la sua famiglia e i suoi colleghi sono salvi! È stato un gesto eroico, non tutti rinuncerebbero alla loro vita solo per catturare un criminale e proteggere le persone che ha intorno. Sa, io l’ammiro, ha coraggio e forza di volontà.»
 
Kate sta per rispondere, quando qualcuno bussa alla porta. Victoria si alza lentamente, mentre la detective rimane seduta immobile, pietrificata. Non è pronta. Non sa come comportarsi davanti a qualcuno che l’ha creduta morta per cinque anni.
 
La Gates arriva davanti all’entrata e guarda nello spioncino incastrato nel legno. Sorride, dando le spalle a Kate, facendo in modo che non possa vederla. Sempre molto lentamente, apre la porta e finalmente, la detective può vedere chi è l’ospite.
 
Il suo cuore si ferma. 
È Lanie.
 
Beckett si alza, la dottoressa fa un passo in avanti, entrando nell’appartamento. Ha gli occhi sbarrati. Le lacrime pronte ad uscire. Entrambe non parlano, non trovano le parole.
 
È un attimo quello che segue. Le due donne corrono, una incontro all’altra. Iniziano a piangere insieme, all’unisono, mentre si stringono, forte, così tanto da farsi mancare il fiato. Ma non importa. In questo momento, niente può dividerle, nemmeno Javier, che è entrato silenziosamente nella casa e guarda la scena commosso, accanto al suo capitano.
 
Si lasciano cadere per terra, continuandosi ad abbracciare. Lanie si scosta da Kate, solo per poterla guardare bene in volto. Le accarezza la fronte, gli zigomi, le guance. Passa due dita sulle sue labbra e traccia il profilo del naso. È lei.
 
Kate rimane immobile, lasciandola riscoprire ogni suo tratto, ogni sua piccolissima imperfezione. Alla fine, ripreso possesso di se stessa, blocca le mani dell’amica e la fissa intensamente negli occhi.
 
«Katie… sei tu.»
 
Annuisce semplicemente e l’aiuta ad alzarsi, tenendola stretta. Sta per accompagnarla verso il divano, quando sente due mani bloccarle le spalle. È Esposito.
 
Si fionda tra le sue braccia come se fosse l’uomo della sua vita. Si aggrappa alla sua camicia e riprende a singhiozzare, forte. Poggia la testa sul suo petto, sente battere il cuore dell’uomo sotto il suo orecchio. Batte forte, all’impazzata.
 
«Oh, Javi», sussurra. «Mi siete mancati così tanto… scusatemi. Scusatemi. Scusatemi» continua a ripetere finche l’ispanico non la interrompe.
 
«Spiegaci, Kate. Ti prego, spiegaci. Abbiamo bisogno di capire.»
 
 
 
 
 
 
Quella mattina, quando si sveglia, la testa gli fa un male tremendo. E’ nel suo letto, da solo. Si alza lentamente, i suoi movimenti sono calmi, finché non si gira a guardare la sveglia sul comodino. Sono le dieci. È in ritardo.
 
Corre in bagno a farsi la doccia. Si rade la barba velocemente mentre si infila i vestiti. Corre giù per le scale e afferra un cornetto. Entra nella stanza del piccolo e lo trova ancora profondamente addormentato. Gli lascia un bacio sulla testa, gli sussurra un dolce “ti amo” e scappa fuori dall’appartamento. Prende la Ferrari e sfreccia verso il dodicesimo distretto.
 
Non sa il motivo, ma si sente particolarmente bene. Quasi felice.
 
Non sa nemmeno che, fra poco, quella felicità sparirà in un baleno. Lasciandolo sbalordito.
 
 
 
 
«Sei pronta, Kate?» le chiede l’irlandese dolcemente.
 
Anche per lui, non era stato facile superare la morte dell’amica. Quando l’ha rivista, ha perso i sensi. Era convinto fosse una specie di miraggio.
 
La Gates lo aveva convocato nel suo ufficio appena era arrivato quella mattina. Gli aveva parlato, raccontato che il drago era finalmente stato arrestato. Ma lui non capiva. Non capiva chi poteva essere riuscito ad incastrarlo. Non capiva come l'arresto di una persona importante, come presumeva fosse il drago, non avesse creato scalpore.
 
Così, il capitano lo aveva condotto giù in obitorio e lui aveva aperto le porte, trovando Esposito e Lanie che parlavano con una persona, dandogli le spalle.
 
Quando si erano voltati verso di lui, l'aveva vista. Era Kate.
 
Era stato strano, all'inizio, rivederla. Pensava che non sarebbe successo mai più. Aveva i capelli un po' più chiari, ma quasi del suo colore naturale. Evidentemente se li era schiariti per non essere riconosciuta. Era più magra. Ma stava bene. E si vedeva. Sorrideva, contenta, forse, per aver ritrovato i suoi amici.
 
Si erano abbracciati, stretti, avevano pianto. E riso. Un'intera mattinata a parlare di quei cinque anni passati senza di lei. A raccontare il dolore, la tristezza. La crescita di Roy, il matrimonio di Lanie e Javier.
 
Kate aveva confessato che li aveva osservati, come meglio poteva, per tutti e cinque gli anni. Avevano parlato tanto, come ai vecchi tempi.
 
Solo un argomento avevano evitato: Castle. Nessuno lo aveva ancora nominato. Ma tutti sapevano bene che lo scrittore stava per arrivare.
 
 
«Non mi perdonerà, Kevin... mi sono persa la crescita di Roy James, non sono stata con mio figlio quando ha imparato a leggere, a scrivere, a contare. L'ho lasciato che aveva poco più di un anno. Non l'ho visto andare a scuola, andare in bici. È passato troppo tempo, si sarà rifatto una vita... Tu sai qualcosa?»
 
«Ehm, io...»
 
«Ragazzi! Sta arrivando!» esclama il detective ispanico, facendo irruzione nella sala relax, interrompendo i detective.
 
Kevin Ryan ringrazia mentalmente l'amico. Non sapeva cosa rispondere a Kate, non sapeva se dirgli del matrimonio. Quella è una faccenda che devono risolvere i due, da soli.
 
Scendono velocemente nell'obitorio passando per le scale. L'ascensore è occupato, da Richard Castle. Entrano e si chiudono le porte alle spalle. Lanie li stava aspettando, preoccupata.
 
Lei è stata come una spalla per Rick, i primi anni. Ha vissuto in prima persona il dolore dell'uomo. Lo vedeva piangere disperato, asciugava pazientemente le sue lacrime. Lo vedeva ubriacarsi, senza contegno, in preda al panico. Cercava di portargli via quelle bottiglie, con scarso successo. Lo sentiva porre domande a cui non sapeva dare risposta. "Perché proprio lei?", "adesso come farò?", "ce la farò a prendermi cura di lui, da solo?".
 
L'aveva visto annegare nel dolore, per poi riemergere piano piano, lentamente. 
 
E adesso, adesso che forse stava riuscendo ad uscirne del tutto, avrebbe scoperto che la donna della sua vita non era realmente morta.
 
L'avrebbe superata? L'avrebbe perdonata? 
 
Nessuno riesce a rispondersi a queste domande. Sono tutti pensierosi. Kate va a sedersi nello studio di Lanie, nascosta. Gli altri rimangono in attesa, davanti l'entrata.
 
 
«Signor Castle, buongiorno.»
 
«Capitano» saluta lo scrittore. Le porge uno dei due contenitori di caffè che tiene in mano e Victoria lo accetta volentieri, quasi stupita da quel gesto.
 
«Oh grazie signor Castle, ne avevo proprio bisogno. È di buon umore oggi?» gli chiede quasi timorosa di sapere la risposta. Non vuole vedere sparire il sorriso dal volto dell'uomo. Non lo vedeva da tempo così sereno.
 
«Si», risponde lui. «Non so perché, oggi mi sento così...»
 
«Mi segua» lo interrompe. Non vuole sentire altro. 
 
Si fa seguire verso l'obitorio, sentendolo parlare in continuazione. Le fa domande, vuole per forza sapere dove lo sta portando.
 
All'improvviso la Gates si gira di scatto, guardandolo male.
 
«Signor Castle! Per favore, mi sta facendo perdere la pazienza! Mi segua facendo silenzio e senza fare domande! Le devo mostrare una cosa!»
 
Dopo questa strillata, Rick rimane in silenzio, fino a quando non arrivano davanti alle porte bianche. Non è mai frutto di bei ricordi, quel posto.
 
La Gates apre la porta, lascia passare Castle e lo segue. Lui è rimasto un attimo confuso, quando ha visto i suoi amici nella stanza. Tutti quanti.
 
Nella sala non c'è cattivo odore. Non c'è odore di morto. Nessun cadavere sui lettini. Solo uno è occupato da Ryan che ci si è seduto sopra.
 
C'è un'aroma diverso nell'obitorio. Non nuovo. Perché lui questo profumo già lo ha sentito. È familiare. Molto familiare. Troppo. Inizia a preoccuparsi. Gli altri presenti lo guardano allarmati.
 
«R-ragazzi... cosa sta... cosa sta succedendo?» riesce a malapena a chiedere, balbettando.
 
Ha un brutto presentimento.
 
«Rick, siediti» gli consiglia Lanie indicandogli una sedia. Lui fa come è stato detto. Non gli piace questa situazione. «C'è una cosa che dobbiamo mostrarti...»
 
Esposito prende un profondo respiro. 
«Kate!»
 
Kate? 
Cosa c'entra Kate?
Cosa significa tutto questo?
 
Vuole andarsene.
 
Fa per alzarsi ma poi la vede. 
 
Esce timorosamente dallo studio. Si guarda un attimo intorno e poi i suoi occhi incontrano quelli di lui, terrorizzati. 
 
Non fa in tempo a realizzare che l’uomo è lì, davanti a lei, dopo cinque anni, che lo vede accasciarsi sulla sedia. È svenuto.
 
 
 
 
Angolino della Fe :)
 
Ahahhahahahahahha!
Ahahhahahahahahha, ok scusate! Ma proprio non resisto, la visione di lui che sviene mi fa morire dalle risate :')
Ahahahah, ok, sono seria.
 
È tornata! Siete contenti?
Ma adesso?
Mhhh, sento odore di guai u.u
 
Al prossimo, baci,
Fede.

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Capitolo 5
*** You’re in my veins, and I cannot get you out. ***


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You’re in my veins, and I cannot get you out.


 
 
Sangue.
Sangue sul tappeto di casa sua.
Sangue nella sua macchina.
Troppo sangue.
 
È morta.
Se ne è andata.
Ti ha lasciato da solo con Roy James.
È morta.
 
Non la vedrai più.
Non sentirai più il suo odore alle ciliegie.
Non la potrai più toccare.
 
È morta.
Se ne è andata.
Per sempre.
 
 
Tutto quello che riesce a vedere sono due figure sfocate, che lo scuotono, che gli urlano di svegliarsi. È un incubo. Stava per lasciarla andare. Stava per riuscire ad uscirne. Stava per farcela. E adesso, lei è lì. Davanti a lui. Viva.
 
Non è possibile. È un sogno. Non ci crede. Non ci vuole credere. Eppure sembra lei. Sembrava, ora non riesce a vederla. È tutto troppo sfocato, sta piangendo. Deve riuscire a guardare meglio.
 
Sente ancora due paia di mani forti scuoterlo, fino a quando non si allontanano. Riesce a percepire qualcun altro che si è avvicinato a lui. Sbatte le palpebre, cercando di mettere a fuoco. Poi arriva la scossa elettrica. Una mano fredda si è posata sulla sua guancia. È più delicata, più morbida. È… come la ricordava.
 
È lei.
 
Riesce a dare l’impulso ai suoi muscoli e a scostarsi. Si alza di scatto, facendo cadere indietro la sedia. Adesso la vede bene. È più magra, ha i capelli più chiari e sembra abbronzata. Ha gli occhi rossi, forse a causa del pianto. Due grosse occhiaie, è stanca, sia emotivamente che fisicamente.
 
È bellissima.
 
 
Sangue.
È morta.
Se ne è andata.
Ti ha lasciato solo.
 
 
Il cuore di Rick Castle ricomincia a battere. Le ferite dentro di lui si stanno rimarginando. È felice ma… uno strano senso di rabbia si sta impossessando di lui. Ha voglia di spaccare tutto. Ha voglia di urlare, di piangere, di ridere, di abbracciarla. Ha voglia di chiederle perché.
 
Ha voglia di spiegazioni.
 
Sposta gli occhi sui due detective, che lo guardano preoccupati. Su Lanie, che piange. Sulla Gates, che non esprime emozioni. Apre la bocca per parlare ma la deve richiudere subito dopo. Non ha le parole. O forse non le trova. O forse non ha voglia di dire niente, perché è tutto sbagliato. Tutto dannatamente sbagliato.
 
Però vederla, così vicino, viva, gli sta facendo bene. Si sente già meglio. È così potente l’amore? Non si spegne nemmeno dopo cinque anni di lontananza? Impossibile.
 
«Rick…»
 
Quel suono è musica per le sue orecchie. Anche la sua voce, la ricordava perfettamente. Di notte la sognava, sempre così perfetta, così soave. Così dolce. Il suo nome non veniva pronunciato così bene da cinque anni.
 
«Non ci credo» sussurra scuotendo la testa. «Non ci credo» ripete a voce più alta. Si mette la mani davanti al viso ed inizia a piangere. Cos’è quella? Gioia? Disperazione? Incredulità? Sta per diventare matto.
 
O forse già lo è, ecco perché Kate è lì davanti. Viva.
 
Si volta e si appoggia con le mani al muro, le braccia tese. Si guarda i piedi, prima, e chiude gli occhi, poi. Inizia a respirare lentamente, contando tre secondi ogni volta che inspira. Si deve calmare. Si deve svegliare. È un sogno.
 
E poi, di nuovo, una mano delicata si poggia sulla sua spalla. La sente, sussultare, ritmicamente, in sintonia con i suoi singhiozzi.
 
«Vai via, Kate…» sussurra. «Ti prego, non ce la faccio…»
 
Lei non si muove anzi, lo abbraccia da dietro, poggiando la sua testa sulla schiena dell’uomo e cingendogli la vita con le braccia.
 
È dimagrito, pensa. Sa del suo periodo nero. Sa che non mangiava, che beveva. Sa che Lanie si prendeva cura di lui come meglio poteva. Sa che si è fidanzato e che suo figlio adora quella donna. Sa che ha provato, in tutti modi, a dimenticarla. Sa anche che non ci è riuscito.
 
Inizia ad accarezzargli l’addome, i pettorali, rimanendo appiccicata a lui.
 
Gli altri si sentono improvvisamente di troppo, così escono, silenziosamente, lasciandoli da soli. Kate li ringrazia mentalmente. Rick non ci fa caso, troppo occupato a riassaporare la sensazione di avere le sue mani addosso. È passato così tanto.
 
Si gira, finalmente, facendola allontanare da se. Lo guarda preoccupata, mortificata. Piange. È costretta, poi, ad abbassare lo sguardo. Non riesce a sostenere gli occhi di lui. Blu, troppo profondi, troppo tristi, troppo spenti. Quel colore lo ricordava più chiaro, più gioioso, più accesso.
 
«Dimmi solo perché… dimmi solo perché» le dice, supplichevole.
 
«Ho dovuto farlo, Rick» risponde, entrambi continuano a sussurrare. «Il drago, vi avrebbe ucciso.»
 
«E’ servito a qualcosa?» chiede. Kate non risponde, riabbassa il capo dopo averlo alzato per un secondo. Castle le scuote le spalle, non violentemente, non con forza. Solo per invitarla a rispondere. Lei sta per spingerlo via ma i suoi polsi vengono fermati dalle mani dell’uomo.
 
«L’ho preso, Rick. L’ho preso, il drago non c’è più…»
 
«E chi era?» di nuovo non risponde. «Ho già un presentimento e, almeno questo, Kate, me lo devi». Pensa di sapere chi sia. La tragedia che da poco ha segnato la città di New York, non ha lasciato indifferente nessuno, lui compreso.
 
«Il tuo amico sindaco, Rick. L’ex sindaco di New York. C’era lui dietro a tutto. C’è sempre stato lui. Ai telegiornali hanno detto che è morto, non è vero. È in un carcere di massima sicurezza, ha finto la sua morte e…»
 
«Non è stato l’unico» la interrompe bruscamente. È freddo, la guarda con disprezzo, adesso. Come ha potuto? Si allontana da lei, lasciandole i polsi e dirigendosi verso le porte. Non riesce a perdonarla, non riesce a capire che l’ha fatto per salvare lui e il loro bambino. Così Kate glielo ripete.
 
«Rick, l’ho fatto per noi. L’ho fatto per Roy… ti prego…»
 
«Cinque anni, Kate!» urla voltandosi di scatto. «Cinque anni sono tanti, sono troppi! Sai come sono stato? Hai la minima idea di come possa esser stato? All’inizio volevo morire anche io, Kate! Poi ho pensato a Roy ma.. ho iniziato a bere e non sono stato un buon padre… forse solo all’inizio, ma non è stato giusto per lui! Mi sembrava inutile la vita senza di te, ho perso degli amici, non ho scritto più un libro! Sono stato malissimo! Non sono riuscito ad avere una relazione con una donna per tre anni! »
 
La vede rimpicciolire sotto le sue urla. La vede iniziare a piangere, tenendosi una mano sulla pancia come se stesse per sentirsi male. La guarda disperato mentre capisce quello che gli ha fatto passare.
 
«Mi dispiace Kate, io ti amavo e...»
 
«Mi amavi?» gli chiede allarmata. Si asciuga gli occhi con una mano. «Non mi ami più? Non... non sei più innamorato di me?» È terrorizzata. Le gira la testa. Le viene da vomitare. Vorrebbe tornare indietro nel tempo e non fingere di morire. Vorrebbe tornare indietro e accontentarsi di vivere la sua vita con l’uomo che ama senza aver catturato l’assassino di sua madre. Forse non era abbastanza. Ma ne è valsa veramente la pena?
 
«Kate...» prende un profondo respiro. «Sono fidanzato, sto per sposarmi.»
 
Cos’è questo dolore lancinante che la donna sente all’altezza del petto? Cos’è questa lama che la sta lacerando, piano, lentamente, senza fretta? Cos’è questa sensazione che le blocca il respiro, il cuore e i muscoli? Cos’è che le sta facendo venire voglia di piangere ancora? Fa così male essere innamorati?
 
«Ah» riesce solo a rispondere. L’unica cosa sensata che il suo cervello riesce a formulare. «Allora… allora immagino che non ci sia più niente da dire.» Si asciuga finalmente tutte le lacrime che le bagnano il viso e impedisce alle altre di uscire. Maledetto orgoglio femminile.
 
«Vorrei rivedere mio figlio, Castle, appena pensi sia il momento adatto. Ti auguro tutto il bene di questo mondo.»
 
Lo sorpassa, stando molto attenta a non toccarlo. Mette una mano sulla maniglia, sta per aprire ma si blocca. Rimane a fissare il pavimento mentre dice: «Non potevo fare altrimenti. Ci avrebbe ucciso tutti.»
 
Esce lasciando l’uomo dietro di se di nuovo vuoto, di nuovo distrutto. Non la chiama nemmeno, sa che sarebbe inutile. Si riappoggia alla sedia dove prima era svenuto.
 
Lanie e Ryan entrano, silenziosi come quando sono usciti. La dottoressa va ad abbracciare l’uomo e gli accarezza i capelli. Ryan rimane ad una certa distanza, non volendo rovinare quel momento.
 
«Cosa è successo, Rick?»
 
«Le ho detto che mi sto per sposare. L’ho ferita, si. Ma il suo dolore non è nemmeno paragonabile a quello che ho provato io» dice solo prima di alzarsi ed andarsene. Non saluta la Gates ed Esposito. Non vuole parlare con nessuno. Anche loro sapevano e non gli hanno detto.
 
Guida veloce nel traffico, con gli occhi offuscati dalle lacrime. Svolta a destra, poi a sinistra, poi va dritto. Sono passati solo pochi minuti quando ferma la macchina. C’è un grande prato davanti a lui, che si affaccia sull’Hudson. Si sporge sulla ringhiera e guarda l’acqua. Vede il suo volto riflesso ed ecco la rabbia che torna. Va a sdraiarsi sull’erba, chiude gli occhi, per non pensare.
 
 
 
«Richard…»
 
Si passa le mani sul volto, la luce del sole gli da fastidio. Si tira su a sedere di scatto e si guarda intorno. È ancora seduto sulla riva, ma c’è qualcuno inginocchiato accanto a lui.
 
«Lo sapevi, vero?» le chiede con voce roca.
 
Abbassa la testa ed annuisce. La chioma rossa si muove in contemporanea con lei.  «Si, Richard. Lo sapevo… Come ti senti?»
 
Ferito, inutile, confuso, solo, tradito, depresso, ansioso, abbattuto, patetico, col cuore spezzato, schiacciato, rifiutato, vuoto, sconfitto. Come se stessi per cadere. Per morire.
 
«Bene.»
 
«Richard, di la verità a tua madre». Gli accarezza la fronte e manda il ciuffo di capelli indietro. Gli prende le mani fra le sue e se le porta alle labbra. «Ti prego.»
 
L’uomo inizia a piangere, si appoggia con la testa sul petto della donna. «Sto male. Sto malissimo.»
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Io dico, ma come poteva pensare Kate di essere perdonata?
Ha ragione Rick. Cinque anni sono tanti, sono troppi! D:
 
Che dire, ho pubblicato un giorno prima così Martina non mi assilla più! u.u
Voglio ingraziare infinitamente Gabriella per queste immagini stupende, Marta per avermi istruito, *piccole sadiche crescono*, Diletta perché è la mia tr*** preferita e Sofia perché mi fa compagnia durante gli scleri :’)
 
Uh, anche Agata! Spero di non deluderti :)
 
Grazie mille anche per le recensioni, sono tantissime! Piano piano vi risponderò :D
 
Un bacio,
Pom… Fede!

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Capitolo 6
*** You run away, cause I am not what you found. ***


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You run away, cause I am not what you found.

 
 
 
«Eccomi nonna, sono venuta il prima possibile.»
 
Alexis Castle entra nel loft di suo padre e ciò che trova ad attenderla è quasi inquietante. Un silenzio di tomba regna sovrano per la casa. Sua nonna, il suo fratellino e Melanie sono seduti sul divano. Le due donne guardano per terra, tenendo congiunte le mani davanti a loro come in segno di preghiera. Il piccolo stringe il cuscino a forma di distintivo con lo sguardo confuso. Non sa cosa sta succedendo.
 
«Roy James, perché non vai a giocare in camera tua?» gli chiede la nonna teneramente, accarezzandogli i capelli.
 
Il bambino annuisce e, rimanendo in silenzio, sale le scale dirigendosi nella sua cameretta. Voleva parlare con il papà, ma lui si è chiuso nello studio e non vuole uscire.
 
 
«Nonna, cosa sta succedendo?» chiede Alexis allarmata, appoggiando la borsa sul bancone della cucina e rimanendo in piedi al centro del salone. «Dov’è papà?» Sposta lo sguardo su Melanie che piange. Non se ne era accorta fino ad adesso.
 
«Siediti Al, dobbiamo dirti una cosa.» Attende che la nipote si siede sulla poltrona davanti a lei, cerca le parole giuste da usare ed inizia a spiegarle. «Ti ricordi quando pochi mesi fa hanno dato la notizia della morte del sindaco? Beh, non è morto realmente. È in galera, accusato di corruzione, sottrazione indebita e frode, di innumerevoli omicidi e tentati omicidi…» prende una pausa solo per fare un respiro profondo. «E’ accusato dell’omicidio di Johanna Beckett!»
 
Alexis sbianca, si porta una mano davanti alla bocca. Non capisce dove la nonna voglia arrivare. Chi ha finalmente catturato il temuto drago? Quell’indagine era stata chiusa da tempo, chi può essere stato?
 
«Quindi…» riesce finalmente a dire, «quindi anche d-dell’omicidio di… di Kate?»
 
«No!» Alexis sobbalza quando il padre esce dal suo studio sbattendo la porta ed urlando. «Non è stato accusato dell’omicidio di Beckett, perché lei non è morta!»
 
«C- cosa?»
 
«Esatto, ho avuto la stessa reazione anche io! Bello scherzetto, è? Esatto, Kate Beckett non è morta! Ha preferito fingere di morire per catturare il drago piuttosto che rimanere con la sua famiglia!» Sta delirando. Continua ad urlare puntando un dito contro sua madre, quasi fosse colpa sua. Ce l’ha con lei perché non glielo ha detto. Ce l’ha con tutti perché il mondo è stato ingiusto.
 
«Richard ti prego, abbassa la voce… così sentirà anche Roy!» lo prova a calmare Martha. Melanie intanto rimane in silenzio, ha smesso di piangere, si guarda le mani. È preoccupata.
 
«Te ne preoccupi solo adesso, mamma? Cosa gli dirò quando Kate lo vorrà vedere, è? Come gli spiegherò che sua mamma non è morta e che sua nonna sapeva tutto ma non l’ha mai detto?»
 
«Sapevi tutto?» le chiede Alexis sconcertata. Martha annuisce.
 
«Richard, dannazione! Non potevo dirvelo o tutto ciò per cui Kate aveva lottato in cinque anni sarebbe stato inutile! L’ha fatto per tutti noi! Come fai a non capirlo? Il drago aveva minacciato di ucciderci tutti, Roy James compreso! Non si sarebbe fatto scrupoli!»
 
«Questo… questo Kate non me l’ha detto» la interrompe Rick, abbassando finalmente il tono della voce.
 
«Oh certo che no! Conoscendoti, l’avrai aggredita come fosse una ladra! Gli avrai sputato addosso tanto di quella rabbia e di quelle cattiverie che Dio nemmeno sa come ti possano essere uscite! Ti conosco Richard, non le avrai dato nemmeno la possibilità di spiegare. Sbaglio, forse?»
 
«No, non sbagli» ammette con un filo di voce scuotendo la testa. «Ma questo non mi fa passare dalla parte del torto, ha fatto una cosa gravissima!»
 
Rientra nel suo ufficio, richiude con forza la porta dietro di se e si va a sedere sulla sua poltrona. Prende in mano la cornice poggiata sulla scrivania e si ferma a fissarla. Ci sono lui e Roy James, il piccolo addormentato sul petto del padre e, lui, con la testa appoggiata su quella del figlio. Accarezza la figura del bambino ed inizia a piangere. Perché… perché non le era bastato rimanere con loro? L’assassino di sua madre era davvero più importante della sua famiglia? O… oppure era vero. Aveva ricevuto una minaccia e non aveva potuto fare altrimenti.
 
Però questo non cambiava le cose. Avrebbe potuto avvertirlo. Avrebbe potuto coinvolgerlo.
 
 
 
«Kate, per l’amor del cielo! Calmati!»
 
Lanie Parish urla contro la detective Beckett passandogli l’ennesimo bicchiere d’acqua. È da più di un’ora che continua a piangere disperatamente. Kate si asciuga il naso con un fazzoletto ma non riesce a fermare le lacrime.
 
«Non ci riesco Lanie, non ci riesco» singhiozza.
 
«Ti prego, Kate! Magari l’ha presa male solo in un primo momento… magari adesso si calma e riuscirete a chiarire… anzi, ne sono sicura!» afferma convinta.
 
«Si sta per sposare! Sta per rifarsi una vita e io non ne potrò fare parte… si sta per sposare con una donna che non sono io e… fa male, Lanie. Fa tanto male!» scuote la testa continuando a piangere e l’amica corre ad abbracciarla. È contenta che sia tornata ma vederla così fa stare male anche lei.
 
Non ce l’ha con Kate. Non è arrabbiata con lei. Ha capito subito che se ha preso quella decisione ci doveva essere una buona ragione. Non reputa il suo gesto sbagliato, anzi. L’ammira. Anche lei.
 
«Perché non provi a riparlargli? Perché non vai a casa sua?» le consiglia.
 
«Mi odia, non mi lascerebbe neanche entrare…»
 
«Almeno provaci, Kate… meglio che rimanere qui e finirmi la scorta di fazzolettini, no?» Finalmente un sorriso compare sul volto della poliziotta.
 
«Senti Katie, forse ti ha urlato contro, ti ha detto delle brutte parole… ma devi capirlo. Non è stato facile per lui, e tu lo sai. Dopo Alexis, sperava di non dover più crescere un figlio da solo ma così non è stato… i primi ricordi che Roy ha di suo padre sono con una bottiglia! Ma ti ama, Kate… ti ama ancora tanto.. ed è questo ciò che più lo spaventa.»
 
«Si penso… penso che tu abbia ragione» le dice sorridendo finalmente. Si asciuga il viso un’ultima volta prima di afferrare la giacca e la borsa. Si riavvicina all’amica e l’abbraccia forte.
 
«Grazie Lanie, grazie di tutto!»
 
«Figurati Kate, ti voglio bene! E adesso va da Richard Castle e portaci indietro lo scrittore che tutti rivogliamo!» le da una pacca amichevole sul sedere e le apre la porta di casa sua. Quando Beckett esce, si siede sul divano sfinita. Inizia a pregare.
 
 
 
Martha ha portato Roy James a fare una passeggiata. Alexis e Melanie sono uscite insieme, per sbrigare delle commissioni. Rick è solo a casa e non si è mai sentito più stanco di così. O forse sì, quando la sua fidanzata ha finto di essere morta ma, adesso che la sa viva, si sente ancora peggio. Si sente preso in giro.
 
Sfiora tutte le copertine di ogni suo libro che trova in libreria. Fino a soffermarsi su uno in particolare. Heat Wave. È passato così tanto tempo dall’inizio della collaborazione col distretto… un po’ gli manca il vecchio rapporto che aveva con la detective. Ma solo un po’, perché adesso c’è Roy.
 
Sta per prendere l’ultimo libro della saga Heat quando qualcuno bussa al campanello. Spera con tutto il cuore sia il figlio perché ha una gran voglia di stringerlo a se. Corre verso la porta di casa e la apre sorridendo ma, quando vede chi è l’ospite, il sorriso si spegne.
 
Ma il suo cuore comincia a battere all’impazzata.
 
«Beckett… che cosa vuoi?» le chiede freddo. Non la invita ad entrare anche se ha una gran voglia di passare un po’ di tempo insieme a lei. Ha voglia di chiederle come è stata, se le è mancato. Ha voglia di sapere come ha fatto ad arrestare il drago e cosa ha provato quando lo ha sbattuto in galera. Ha voglia di sapere se è ancora innamorata di lui.
 
«Io... io volevo parlarti.»
 
«Ci siamo già detto tutto.»
 
«No, in realtà tu hai parlato!» gli fa notare lei, che inizia ad alterarsi. Non l’ha mai sopportato quando faceva l’orgoglioso. Deve lasciare che gli spieghi. «Posso entrare, Rick? Per favore…»
 
Apre di più la porta invitandola a passare e Kate sorride, ringraziando tacitamente. Quando sfiora l’uomo con il braccio, un brivido attraversa entrambi. Si ritrovano tutti e due a trattenere il fiato. È così potente la magia tra loro, perché ignorarla?
 
Beckett si siede su uno sgabello davanti la cucina e Castle rimane in piedi. Solo il bancone a dividerli. «Io… volevo sapere come stavi.» E’ la donna a prendere la parola per prima. Vuole sapere cosa prova in questo momento l’uomo davanti a lei.
 
«Sto bene» risponde lui, rimanendo impassibile.
 
«Rick, per favore…» allunga la mano sul ripiano di marmo e afferra quella di Castle. È un attimo per lui, non si ricorda nemmeno per quale motivo ce l’ha tanto con lei.
 
«Non sto bene Kate, è ovvio. Ma… tu sei viva. Questo è l’importante. È stato così brutto, così brutto…» comincia a piangere e la donna si alza prontamente. Fa il giro del tavolo e si avvicina a lui. Le chiede il permesso con gli occhi, lui annuisce, così l’abbraccia. Gli fa posare la testa sulla sua spalla, lo lascia sfogare.
 
Castle piange bagnandole la camicia ma, sembra che a Kate non importi. La stringe sempre più forte. Ne ha la prova, adesso. È viva. Non è morta. La sta abbracciando. Lo sta cullando, nell’intento di calmarlo. È viva. E lui è improvvisamente felice.
 
«Ti amo, Rick.» E’ un sussurro quello che esce dalla bocca di Kate. Queste si che sono vere parole. Parole irripetibili, che poche volte si dicono nella vita. Vorrebbe rispondergli. Sta per farlo ma lei si stacca improvvisante dal suo corpo. No. Perché se ne sta andando? Sta per riafferrarla ma la vede che guarda terrorizzata un punto vicino all’ingresso. Si volta anche lui.
 
Melanie.
 
Guarda la scena in silenzio, sentendosi di troppo. In effetti, è di troppo. Guarda Rick che le si avvicina preoccupato. «Melanie… lei è… lei è Kate. Vieni te la presento.»
 
Le due si guardano. Beckett è in imbarazzo. Melanie arrabbiata. Quella donna le sta portando via il suo uomo, ne è sicura. Deve fare qualcosa. Sfoggia il suo tono di voce più dolce per salutare cordialmente. È falsa.
 
«Kate Beckett… ho sentito molto parlare di te.» Le porge la mano che Kate stringe di rimando. La squadra per bene, vuole capire che tipo è.
 
«S-si, anche io ho sentito parlare di te, è un piacere.»
 
Melanie non risponde e Rick interviene all’istante, prima che l’atmosfera si scaldi. «Mel… devo parlare da solo con Kate, riguardo a Roy. Andiamo nello studio, facciamo subito.» Spinge la detective verso la stanza senza aspettare una risposta dalla fidanzata. Melanie li guarda da dietro, sorridendo con cattiveria. Una strana luce attraversa i suoi occhi. Le sta venendo in mente un’idea. Deve riuscire a sposare quell’uomo.
 
 
«E’ carina» dice Kate a Rick, quando sono nel suo studio.
 
«Ehm… si.»
 
«Allora, vi state per sposare? Sei emozionato» gli chiede con una punta di gelosia. Non vuole che sposa un’altra donna. Castle non risponde, così lei tira fuori un foglio dalla tasca. «Rick… l’altro giorno hai poggiato questa sulla mia tomba. L’ho letta ieri sera. È una letterina che mi hai scritto Roy, vuoi che te la lego?»
 
Castle annuisce, riuscendo a malapena a trattenere le lacrime. «Vai» sussurra.
 
Ciao mamma.” Inizia a leggere con la voce incrinata.
La maestra mi sta aiutando a scrivere questa lettera, io non sono tanto bravo. A papà piace tanto scrivere… a me no. Preferisco prendere i cattivi. Papà ha detto che lo facevi anche tu.
Quando finisce il lavoro lontano da casa? Io non vedo l’ora che torni!
Ci manchi così tanto! Papà piange tutte le sere, io lo sento… prima piangeva anche di giorno, ma adesso c’è zia Mel e non lo fa più! E’ simpatica e mi canta delle canzoni bellissime… lo facevi anche tu quando ero piccolo?
Io non ricordo.
Oggi sono cinque anni che sei andata via per lavoro e io sento che stai per tornare. È così? Stai per tornare? Me lo sento.
Ops, te l’ho già detto che me lo sento e la maestra Sofia dice che non si ripetono più volte le parole. Ma a me non importa, sai perché?
Perché ti sto per ripetere delle parole tantissime volte. Vado?
Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene… all’infinito!
Ti aspetto mamma, vorrei che anche tu mi rimboccassi le coperte la sera e non solo papà.
Prometti che lo farai?
Ci vediamo presto.
Ciao!
Roy James.”
 
Finisce di leggere ed entrambi sono un fiume in piena. Si riabbracciano, di nuovo stretti, di nuovo appiccicati. Vogliono recuperare con quei dolci gesti tutto il tempo che hanno perso.
 
Rick si scosta un po’ da Kate, lei fa lo stesso. Sono ancora abbracciati quando gli occhi di lei finiscono sulla bocca di lui. E viceversa. Il tempo sembra fermarsi quando piano piano si avvicinano. Manca così poco. Eppure qualcun altro li interrompe.
 
Sentono la porta di casa che sbatte. Roy James  tornato a casa.
 
Si allontanano velocemente l’uno dall’altro e Castle va verso la porta. «Aspetta qui, ti chiamo io» le dice. Beckett annuisce e rimane immobile. Il cuore che batte all’impazzata.
 
Lo scrittore esce dal suo studio e in un attimo il piccolo si fionda tra le sue braccia. «Ciao papà!» esclama contento.
 
«Ciao campione!» gli accarezza la testa e gli lascia un bacio sulla fronte. Poi lo riappoggia per terra e alza lo sguardo. Martha e Melanie stanno guardando la scena in silenzio.
 
«Roy James» dice Rick, «c’è una persona che ti vuole vedere. Aspetta qui.»
 
Il bambino annuisce e Castle torna verso il suo ufficio. Apre la porta e Beckett esce lentamente dallo studio, timorosa. Guarda il piccolo ed inizia a piangere. «Ciao Roy» riesce a dire.
 
Al bambino brillano gli occhi dalla felicità.
 
«Mamma!»
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Quanta. Dolcezza. Porca. Miseria.
Pure la Marta vorrebbe uccidere Roy per aver interrotto un bacio Caskett ma… dico io, rincontra la mamma dopo cinque anni!
Come si fa ad odiarlo? *-*
Scappo, domani c’è scuola.. scusate se aggiornerò a rilento, ma questi professori vogliono troppo da noi poveri studenti…
Un bacio grosso,
Fede.

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Capitolo 7
*** Everything is dark. It’s more than you can take. ***


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Everything is dark. It’s more than you can take.

 
 
 
La mamma stringe il figlio forte ma delicatamente, come se fosse la cosa più fragile del mondo. Il papà non riesce a guardare la scena quindi si avvicina alla sua fidanzata, in silenzio, per non rovinare quel bel momento.
 
«Mamma... sapevo che saresti tornata! Papà diceva di no, ma io lo sapevo!» le dice il bambino, continuando a baciarle ogni centimetro di pelle del viso. Gli occhi, le guance, gli zigomi... la sta riempendo di baci!
 
«Roy mi fai il solletico!» dice lei ridendo fra le lacrime. Si alza con il bambino in braccio che poggia la sua fronte su quella della madre.
 
«Non andartene mai più, capito?» le dice serio guardandola fissa negli occhi. Lei annuisce e gli stampa un altro bacio sulle labbra, poi lo fa scendere dalle braccia ma lui rimane avvinghiato alla sua gamba.
 
Kate guarda Castle ma lui non accenna a voler incrociare il suo sguardo. Fissa ancora l'altra donna mora, forse a volerle chiedere scusa con gli occhi.
 
«Ciao Martha» dice poi la detective alla donna dai capelli rossi. L'attrice le corre incontro e l'abbraccia forte, Roy stringe anche una gamba della nonna, adesso.
 
«Tesoro... sono così contenta che tu sia tornata...»
 
«Grazie di tutto, Martha. Grazie per avermi aiutato» le dice Beckett, stringendola ancora. Quando si allontanano l'una dall'altra, Kate è in imbarazzo. Tutte le attenzioni sono su di lei e Melanie non la guarda con buon occhio.
 
«Io... io penso di dover andare...» sussurra abbassando la testa e andando a guardare il figlio. Lui stringe la presa più forte, non vuole lasciarla. Lo prende in braccio e gli bacia la fronte.
 
«No mamma» dice lui. «Sei tornata, zia Mel può andare via. Dormiva da noi solo perché non c'eri tu...» Questa frase esce innocentemente dalla bocca dal bambino, ma tutti si gelano sul posto.
 
Rick guarda Melanie, il suo sguardo è di fuoco. Poi Kate, lei non alza gli occhi, è in imbarazzo. Roy ride, pensa di aver detto una cosa divertente. Martha sorride, lei la pensa come Roy James!
 
«Ehm, no Roy James, zia Mel rimane...» Castle si avvicina alla donna e le toglie il bimbo dalle mani, il piccolo lo guarda male. «La mamma va a dormire a casa sua, la vedrai domani, va bene?»
 
Il piccolo Castle mette il muso e assume un'aria da cucciolo bastonato. Se potesse, abbasserebbe anche le orecchie. Kate lo guarda, sposta lo sguardo da lui al padre. Sono due gocce d’acqua. Stessi occhi, stesso colore di capelli, stesse espressioni. Non può resistergli.
 
«Roy, la zia Mel rimane qui per sempre, capito?» Le fa uno strano effetto dover dire queste parole, le fa anche male, ma non può non farlo. Con suo sommo dispiacere, suo figlio deve capire che la mamma e il papà non torneranno più insieme. «Domani andiamo a trovare il nonno insieme, va bene?»
 
A solo il sentire pronunciare nonno, il sorriso torna sul bel faccino di Roy. Si allunga e, dalle braccia del padre, da un bacino sulle labbra della madre. Poi scende giù e corre verso le scale. Prima però, si ferma davanti alla zia Mel.
 
«Scusa zia, sono contento che tu rimani» le dice. Lei sorride compiaciuta. «Ma avrei preferito la mamma!» ammette. Questa volta è Kate a sorridere e Roy James scappa verso la sua camera con un espressione furba stampata sul viso.
 
I bambini sono la bocca della verità.
 
 
Due settimane dopo, le cose sembrano inizino ad andare per il verso giusto. O almeno quasi.
 
Kate Beckett ha ripreso possesso del suo vecchio appartamento, ha ricominciato a lavorare al dodicesimo distretto e la verità sul sindaco di New York, anche chiamato drago, ha fatto in poco tempo il giro del continente. Tutte le persone coinvolte sono state arrestate e giustizia è stata fatta alle povere vittime innocenti, come Johanna Beckett.
 
Richard Castle ha sempre più dubbi sul suo imminente matrimonio ma non lo da a vedere. Un giorno si e uno no, porta suo figlio a casa della madre, giocano insieme e a volte è rimasto anche a cena con loro. Non hanno mai ripreso il discorso lasciato a metà. Rick non le ha ancora chiesto scusa per la sua sfuriata e, soprattutto, non le ha fatto sapere che anche lui la ama, ancora.
 
Roy James non sembra dia peso a questa situazione ma, il suo rapporto con Melanie, è cambiato. Le dimostrazioni di affetto tra lui e la donna sono finite. Tutto d’un tratto, ha capito il motivo per cui il papà e la mamma non possono tornare insieme. È piccolo, ma sveglio.
 
Melanie stessa, invece, è molto infastidita dalla presenza di Kate nella loro vita. Fa trascorrere a Rick il minor tempo possibile con l’ex fidanzata e, raramente, li lascia da soli. Vuole sposare Richard Castle. A tutti i costi.
 
Alexis e Martha, sembrano le uniche che, forse, hanno capito i dubbi che tormentano Castle. Così, quel pomeriggio, portano Melanie a fare shopping, dando l’opportunità allo scrittore di lasciare il bambino dalla mamma e poterle parlare.
 
 
Quando arrivano davanti all’appartamento della casa della detective, Rick si accuccia fino ad arrivare all’altezza di Roy e gli fa segno di avvicinarsi.
 
«Roy James, perché quando entriamo non vai subito a giocare in camera tua? Mamma e papà devono parlare…» Il bambino annuisce tutto contento e abbraccia il padre che ricambia prontamente.
 
«Prima posso darle un bacio?» Questa volta è il grande Castle ad annuire. «Tu e la mamma state per fare pace?» Gli occhi di Richard sbrilluccicano emozionati, lo spera tanto. Non risponde alla domanda, scompiglia i capelli al figlio e si alza. Poi, suona il campanello.
 
La Kate che va ad aprire la porta è in tenuta da casa. Sempre bellissima agli occhi di Castle. Sorride raggiante quando nota che Melanie non è con loro. Roy James le salta in braccio, le stampa un bacio sulla guancia per poi riscendere subito e correre verso la sua cameretta. La donna lo guarda confusa, sorride ancora e si rivolge all’uomo che è rimasto di fronte a lei.
 
«Vuoi entrare?» gli chiede.
 
Lui annuisce e passa accanto a Kate. Il suo solito profumo di ciliegie lo invade. Si sente a casa, quando è con lei. Si dirige in cucina. Si siede su uno sgabello mentre Beckett inizia a preparargli un caffè. Non c’è bisogno di chiederglielo, sa che lo vuole. Sa che quando sono insieme, il caffè è d’obbligo.
 
«Kate…»
 
«Mhh?» risponde distratta. Ha capito che è arrivato il momento di parlare. Ma è così doloroso guardarlo negli occhi con la consapevolezza che non ricambia più i suoi sentimenti… quando sente che lui non accenna a proseguire, prende la parola. «Allora… manca quasi un mese, sei agitato?»
 
«No» scuote la testa. «Ci sono passato già due volte, non ho paura…» Si alza e le si avvicina. Nota che continua a maneggiare la stessa tazzina senza fare realmente nulla, quindi, poggia una mano su quella di lei e le blocca i movimenti. Kate sussulta, non si era accorta della vicinanza dello scrittore.
 
Incrocia le dita con quelle di lui. Guarda le loro mani unite. Non ha mai visto una cosa più perfetta di quella. Quando sente una mano di Rick sul fianco, si volta e lo fissa negli occhi.
«Scusami» riesce solo a sussurrare, lasciando sfuggire una lacrima al suo rigido controllo. Castle gliela asciuga velocemente, non volendola vedere più piangere. Accosta la bocca al suo orecchio e, dopo averle baciato teneramente il lobo, dice:
 
«Scusami tu, Kate. Non dovevo aggredirti così. Ho capito che l’hai fatto per me, per Roy, per noi! Ti amo ancora Kate… ma ho sofferto tanto… sono stato così male… E Melanie mi ha aiutato…» Inizia ad allontanarsi e lei, impaurita, agisce d’impulso.
 
Lo bacia.
 
Gli afferra il viso con le mani e poggia le labbra sulle sue. Non delicatamente. Vorace. Le vorrebbe mangiare. Quando sente che lui non ricambia, gli morde il labbro inferiore, lo tira fino a fargli male. Rick si scosta di scatto e la guarda, lei abbassa il capo mortificata.
 
«Scusa, io non…»
 
Non le da il tempo di finire. Afferrandola per le spalle, la spinge contro la parete. Gli prende il viso con le mani e la bacia con passione, con foga. La costringe ad aprire le labbra con le sue. Quando le loro lingue si incontrano, sente quei brividi che tanto gli erano mancati. Ha così un buon sapore. Proprio come lo ricordava.
 
Scende sul suo collo, le succhia la pelle con avidità. I gemiti di Kate lo spingono a proseguire fino a quando l’immagine del sangue trovato in quello stesso appartamento, si insinua prepotentemente nella sua testa.
Si scosta di scatto passandosi le mani sul viso.
 
«Rick… cosa è successo?» gli chiede lei avvicinandosi. Lui si allontana ancora di più, andando a sbattere contro il frigorifero. Prova ad accarezzargli il viso ma lui continua a scostarsi. «Rick! Ti prego…»
 
«No, Kate… No! Non posso fingere che non sia successo nulla! Io…» Parla mentre si muove a scatti, confuso, agitato. Si passa continuamente le mani sul viso, scompigliandosi i capelli. «Devo andare via… tu mi confondi… I-io… Io mi devo sposare!»
 
Beckett allontana le mani, come avesse preso una bruciatura. Quelle parole le fanno male.
 
«Castle, ti prego! Come fai a non capire che lei non è la donna giusta per te? Avevi detto sempre, Rick... avevi detto sempre!» urla fra le lacrime.
 
«Non rinfacciarmelo, Kate! Non rinfacciarmelo!»
 
I toni di voce si alzano e anche il piccolo Castle può sentire la sfuriata dei suoi genitori dalla cameretta. Non vuole che i suoi litigano, non gli piacciono le persone che urlano e si danno contro, soprattutto se si tratta della mamma e del papà.
 
Si tappa le orecchie fino a quando la porta di casa viene sbattuta così forte che nemmeno le sue manine possono nascondere il suono.
 
Si alza e silenziosamente va in cucina, si avvicina alla mamma che sta piangendo. Rimane in silenzio. Gli piace il silenzio, è di sicuro meglio delle urla.
 
Le poggia una mano sulla schiena, si deve alzare in punta di piedi per arrivarci perché lei è seduta su uno sgabello. Si tiene le mani tra i capelli e continua a singhiozzare fino a quando non sente il tocco innocente del figlio scuoterla.
 
Con la manica si asciuga il naso e gli occhi, si abbassa per prenderlo in braccio. Sempre senza dire una parola, Roy, si accoccola sul petto di Kate. Stringe forte la mamma per trasmetterle un po' di calore.
 
«Ti voglio bene, mamma!» sussurra.
 
 
 
«Ciao Melanie...»
 
«Richard!» la donna urla al telefono. «Che fine hai fatto, questa notte non sei tornato a casa!» È infuriata. È sicura che dietro l'assenza del marito ci sia la bella detective.
 
«Scusami... avevo bisogno di pensare e... scusami» dice sconsolato. «Puoi andare tu a prendere Roy da Kate? Io devo fare delle cose e...»
 
«Certo, nessun problema» sogghigna. «Ma dove sei adesso?» Castle non risponde. «Richard, dove sei?» Il suo tono non ammette il silenzio come risposta, così l'uomo si affretta a parlare. Melanie potrebbe ucciderlo anche attraverso il telefono.
 
«Sono al fiume! Te l'ho detto, avevo bisogno di riflettere e...»
 
«Su cosa stai riflettendo?»
 
«Su... su noi» ammette infine. Si sente così in colpa ma... ma proprio non può sposarla! Ha ragione Kate, lei non è la donna giusta per lui!
 
«E quali sono le tue conclusioni?» continua il discorso la ragazza. Chi la vede potrebbe pensare che sta per avere un infarto. È rossa dalla rabbia, le vene le pulsano sul collo. È tutta colpa di Kate Beckett!
 
«Melanie, siamo al telefono» prova a spiegarle Rick, più calmo. «Ne parliamo a casa. Adesso potresti andare a prendere Roy James, per favore?»
 
«Certo!» Attacca il telefono indignata senza neanche salutarlo.
 
È tutta colpa di Kate Beckett e deve fargliela pagare!
 
Con un ghigno malefico stampato in volto entra nella macchina. Quell'idea perversa che pochi giorni fa le era saltata in mente, ora come ora, non le sembra tanto male. Pensandoci bene, potrebbe anche farla pagare alla detective e allo scrittore. Si, è decisamente quello che ci vuole.
 
Mette in moto e sfreccia. Direzione: casa Beckett.

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Capitolo 8
*** But you catch a glimpse of sun light, shinin’ down on your face. ***


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But you catch a glimpse of sun light, shinin’ down on your face.

 

Al mio drago.
Vaffanculo.
Col cuore <3
 

 
Bussa alla porta guardandosi intorno furtivamente. Attende qualche secondo prima di colpire nuovamente il legno con il pugno. Non le piace aspettare.
 
Chi va ad aprire non è felice di vederla. È sorpresa, quasi irritata. «Cosa ci fai qui?» le chiede osservandola con disprezzo.
 
«Sono venuta a prendere il bambino, mi ha mandato il mio futuro marito
 
Le parole futuro marito e mio le fanno venire un conato di vomito, ma si trattiene. Continua a squadrarla quando la mora davanti a lei perde la pazienza.
 
La vede tirare fuori una siringa dalla borsa e conficcargliela nel collo con violenza. Vede le immagini davanti a lei iniziare a farsi sfocate e lentamente si accascia al suolo. Si sente afferrata per le spalle e trascinata fino alla cucina. Poi il buio.
 
 
Rick Castle suona violentemente il campanello dell'appartamento. Ha provato a chiamarla, non ha risposto a nessun telefono. Ha pensato ce l'avesse con lui ma quando non è riuscito a rintracciare nemmeno Melanie, si è preoccupato.
 
Quando capisce che nessuno andrà ad aprire la porta, decide di sfondarla. L'ansia lo assale. Spera di non ritrovare lo spettacolo di cinque anni prima...
 
«Kate! Kate dove sei?» Si avvia velocemente in cucina e ciò che vede gli fa gelare il sangue e bloccare il respiro.
 
Kate è sdraiata per terra, priva di coscienza. Si avvicina e si inginocchia accanto al corpo. «Kate ti prego, non di nuovo...» sussurra. Le mette due dita sul collo e ascolta il battito.
 
È viva.
 
«Roy James!» Nessuna risposta. Il piccolo Castle non è in casa.
 
La scuote, prima di afferrare il cellulare e chiamare il 911. Mentre la vede aprire gli occhi e richiuderli subito dopo, compone anche il numero di Esposito. L'ispanico risponde subito, dopo due squilli.
 
«Javier, sono a casa di Kate... L'ho trovata per terra in cucina, ma è viva! Ha un buco da siringa sul collo e Roy non è in casa! Correte qui, vi prego...» È disperato. Sente solamente il detective annuire e chiude la telefonata.
 
Continua a scuoterla chiamandola, le lacrime che scendono dai suoi occhi bagnano il viso alla detective. «Ti amo, Kate... ti prego, non lasciarmi, non di nuovo...»
 
Quelle parole servono a farla risvegliare. Apre gli occhi e si guarda un attimo intorno spaesata. Quando vede Rick riesce a sorridere a malapena. «Rick, Mel...»
 
«Shh, Kate, shh... non sforzarti» le dice accarezzandole la fronte teneramente e scansandole i capelli del viso. È così bella, come ha fatto ad avercela con lei... Solo adesso che ha rischiato di perderla nuovamente lo capisce!
 
«No Rick!» prova a mettersi seduta ma Castle la blocca. «Castle! Melanie... ha preso... Roy...»
 
Lo scrittore trattiene il respiro.
 
«Mi ha drogata e... penso abbia preso Roy James...» Castle si alza di scatto e corre nelle altre stanze. Lo cerca per tutta la casa ma del bambino non c'è traccia. Torna in cucina e si inginocchia nuovamente accanto alla donna. Le afferra la mano e ci lascia dei baci sopra. Uno per ogni nocca.
 
«Scusa, Kate, scusa... mi dispiace così tanto!»
 
Beckett scuote la testa continuando a rimanere sdraiata per terra. «No, Rick, è colpa mia! Io non dovevo... non dovevo...» L'emozioni prendono il sopravvento e le lacrime iniziano a scenderle copiose sul volto. Rick gliele asciuga attentamente una per una, cercando di non tralasciarne nemmeno una.
 
«Kate, sono stato stupido, ne abbiamo già parlato. Forse Melanie non è la persona che pensavo fosse. Troveremo presto sia lei che Roy James, stai tranquilla! » sussurra.
 
Kate Beckett non può far altro che annuire e richiudere gli occhi.
 
 
 
«Ho trovato delle informazioni su Melanie grazie ad un ex collega!» esclama Esposito correndo verso l'ambulanza dove è sdraiata Kate. Rick è al suo fianco che le tiene la mano.
 
«Che hai trovato? Magari Melanie non è il suo nome ed è una pazza assassina...» dice Castle ironico, non aspettandosi che ciò che ha ipotizzato sia la verità.
 
Javier e Ryan lo guardano preoccupati. «Rick... Ti ha mai detto che lavoro facesse in passato?»
 
«Ehm... si. Era un dottore ma quando un paziente è morto in sala operatoria ha lasciato il lavoro, troppo turbata per continuare... Mi ha raccontato che hanno fatto di tutto per salvarlo, ma non c'è stato nulla da fare...» racconta lo scrittore. Kate lo guarda teneramente, forse anche questa donna che aveva scelto per la sua vita lo ha tradito. Gli stringe ancora più forte la mano con le poche forze che ha. Si è ripresa, ma è molto preoccupata per Roy James.
 
«In verità..» inizia Kevin, «Melanie ti ha mentito... Melanie non è il suo vero nome e non è per un incidente che ha lasciato il lavoro... Si chiama Agata Blebers, lavorava come medico in un prestigioso ospedale del Canada. Non ha lasciato il lavoro, è scappata. L’operazione che non è andata a buon fine è stata quella di suo marito e… non è stato un incidente».
 
«Cosa?!» Castle spalanca gli occhi incredulo.
 
«Mi dispiace Rick» gli sussurra Kate. Lui la guarda teneramente, ma lei riesce a scorgere un po’ di sofferenza in quegli occhi così blu.
 
«Come hai fatto a scoprire queste informazioni?» chiede lo scrittore al detective ispanico.
 
«E’ stato facile in realtà… Può essere una donna diabolica ma non molto furba. Ha usato la sua vecchia auto, ho dato la targa ad un amico e ha notato che non era segnata sotto il nome di Melanie… così ha cercato notizie su questa Agata e dalle foto ha visto la somiglianza. Ha cambiato il suo aspetto, ma non molto!»
 
Castle scuote la testa, amareggiato. La donna con cui stava per sposarsi è una pericolosa criminale. E adesso ha rapito suo figlio. Deve trovarlo. Prima che sia troppo tardi.
 
«Come facciamo a trovare Roy James?» chiede Beckett in un sussurro catturando l’attenzione di tutti. Con un grande sforzo si tira su a sedere sul lettino dell’ambulanza. Rick continua a stringerle la mano e non accenna a volerla lasciare.
 
«Kate… io direi che tu e Castle dovreste andare a casa.. E’ tardi e la droga che hai assunto non era pesante, ma nemmeno tanto leggera. Noi continueremo a cercare tutta la notte e, mi raccomando, se dovesse chiamare Melanie avvertiteci prima di chiudere la conversazione. Proveremo a rintracciarla e per un eventuale riscatto…»
 
«Non chiederà un riscatto!» interrompe Castle l’irlandese. «Ha preso Roy James per farmi un dispetto, per farmi del male… Stavo per annullare il matrimonio e lei lo deve aver capito… Non penso abbia intenzione di farlo tornare a casa» ammette sconsolato.
 
«Come mai volevi… come mai volevi annullare il matrimonio?» gli chiede la detective che è riuscita ad alzarsi in piedi.
 
«Non è lei la donna che amo» risponde Rick frettolosamente, prima di rivolgere l’attenzione nuovamente ai due detective. «Porto Kate a casa mia, dormirà da me. Vi chiederei una pattuglia sotto il mio appartamento, ma so che già ne avete mandata una. Tenetemi aggiornato. Capito?»
 
L’ispanico e l’irlandese annuiscono. Anche loro sono preoccupati ma, non riescono a trattenere un leggero sorriso sui loro volti. Mamma e papà sono tornati.
 
Li guardano scendere dall’ambulanza e dirigersi insieme verso la Ferrari di Castle. Lui la tiene stretta a se, circondandole le spalle con un braccio. La fa accomodare al posto accanto a quello del guidatore e, prima di entrare dal suo lato, si abbassa, le allaccia la cintura di sicurezza e le lascia un bacio sulla fronte.
 
Poi, fa il giro dell’auto e sale.
 
«Javi, mamma e papà sono tornati!» gioisce l’irlandese felice, scambiandosi con il compagno il loro solito “feed the birds”.
 
 
 
«Kate, devi stare tranquilla.»
 
La donna accetta la tazza che lo scrittore le sta porgendo e sorride a malapena. La stringe tra le mani apprezzandone il calore. Beve un sorso per poi risputarlo subito dopo. Ma che diamine…? «Thè?» gli chiede guardandolo sconcertata.
 
«Si, Kate. Sei già abbastanza agitata e la caffeina non aiuterebbe» le dice. La donna lascia cadere la testa all’indietro sul divano e aspetta che Castle si sieda accanto a lei. Quando lui è abbastanza vicino, appoggia la guancia sulla sua spalla. Un brivido di freddo e paura la fa tremare.
 
«Hai freddo?»
 
«Si…» Lo scrittore la fa avvicinare ancora di più a se e la circonda con entrambe le braccia. «Quant0 sei cambiata, Kate…» Nota lo sguardo confuso della detective così si spiega meglio. «Cinque anni fa non ti saresti mai fatta mandare a casa da Ryan e Esposito… oppure non avresti ammesso di avere freddo. Avresti digrignato i denti impedendogli di battere. O avresti minacciato Javier e Kevin di mandarli a dirigere il traffico se ti avessero obbligato a stare a casa durante un’indagine… Sei così diversa, Kate! »
 
«Non sono diversa. Sono stanca. Sono stanca di combattere, di lottare o di mostrarmi forte e senza punti deboli. Non voglio più apparire come la detective dura di un tempo. Voglio mostrare che sono capace di divertirmi, di staccare la spina… di vivere!»
 
«Io so che ne sei capace» le dice Rick, accarezzandole distrattamente i capelli.
 
Kate solleva il viso e lo guarda. Poi i suoi occhi vanno a finire sulle labbra di lui. Si avvicinano impercettibilmente, lenti. Sono a un soffio di distanza uno dall’altra, quando Castle si scosta e si alza di scatto.
 
«Io, ehm… andiamo a dormire. È meglio» dice guardandola. Nota lo sguardo di lei farsi più triste. I suoi occhi sono di un verde liquido. Sta trattenendo le lacrime, si sente rifiutata.
 
«Ehm, puoi dormire in camera mia, Kate… Io dormirò sul divano e…»
 
«Non dormi con me?» gli chiede, allarmata.
 
Castle la guarda tristemente. «Non mi sembra il caso… E poi, mia madre ed Alexis sono in casa, dopo che le abbiamo dato la notizia di Roy non sono sicuro riusciranno a dormire quindi… non mi sembra carino farsi trovare insieme e…»
 
«Ho capito» dice lei alzandosi e interrompendolo. Si volta dandogli le spalle per non far vedere le lacrime che scorrono sul suo viso. Sale di corsa le scale e sbatte la porta della camera dietro di se.
 
Si lava nel bagno di Rick velocemente, attenta a non usare nessun prodotto dell’uomo. Non può sopportare l’odore di lui sulla sua pelle. Si accorge di non avere un pigiama quindi rimane in biancheria e si infila sotto le calde coperte.
 
Poggia la testa sul cuscino… Eccolo qua, il suo odore. È ovunque. Non riesce a trattenere le lacrime, quindi le lascia scorrere libere, singhiozzando di tanto in tanto. Si rannicchia su un lato continuando a piangere.
 
La sveglia segna le due di notte quando qualcuno si intrufola nella stanza in silenzio. Kate Beckett smette di piangere quando due braccia possenti l’attirano verso di se e due labbra le lasciano leggeri baci sulla spalla nuda.  
 
Si gira e trova due occhi azzurri intenti a fissarla.
 
Sorride.
 
 
 
Angolino della Fe! :)
 
In ritardo  ma non chiedo scusa se no vi incazzate!
Comunque, sul serio, per chi non lo sapesse, non mi è stato possibile scrivere per problemi di salute ma adesso eccomi qui :)
 
Spero che il capitolo vi piaccia, anche se non è veramente niente di che…
Spero a presto,
baci,
Fede.
 

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Capitolo 9
*** You’re all I taste, at night inside of my mouth. ***


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You’re all I taste, at night inside of my mouth.

 

Alle ragazze del Made Of,
grazie di tutto. ♥

 
 
«Voglio andare da mamma!»
 
Piange da circa tre ore. La mora in piedi accanto a lui lo guarda spazientita, non sa più cosa fare. Ha provato a cantargli una canzone, a preparargli da mangiare... Gli ha pure comprato qualche giocattolo per strada!
 
La verità è che il bambino vuole la sua mamma e lei non lo è. Quel bambino non è suo figlio. È il figlio dell'uomo che ama e di un'altra donna.
 
È stata cattiva in passato ma, Richard, l'ha fatta cambiare. Aveva smesso di pensare ai soldi ed aveva cominciato ad amarlo. E Roy James era stato come una ventata d'aria fresca nella sua vita. Era stato il bambino che non avrebbe mai potuto avere.
 
L'aveva accudito come fosse suo. Aveva amato anche lui, immensamente. Il piccolo le regalava gioie che nessun altro riusciva a darle. L'aveva cresciuto quando lo scrittore aveva bisogno di aiuto, l'aveva tranquillizzato quando il padre era ubriaco. L'aveva stretto forte, quando gli mancava la mamma.
 
Se ne rende conto solo adesso. Non è così cattiva da separare Roy James dalla madre. Non lo vuole vedere piangere. L'ha portato via in un momento di rabbia improvvisa, spaventata dal fatto che forse, non avrebbe più potuto vederlo.
 
Forse dovrebbe riportarlo a casa...
 
 
 
 
«Buongiorno Kate» sussurra l'uomo. Le lascia un bacio sul collo mentre lei si stira per bene. Ha sonno, ha dormito male preoccupata per il suo... per il loro bambino!
 
«Rick, hai notizie di Melanie? Roy James?» chiede subito scattando seduta sul letto. Una nota, forse due, di terrore nella voce. Non riesce a stare senza il suo piccolino. Ha sopportato la distanza per cinque anni. Ora basta.
 
«Kate, tranquillizzati. Lo sai anche tu che Ryan ed Esposito stanno facendo di tutto e Melanie, la conosco, non farebbe male ad una mosca, soprattutto a...»
 
«Non la conosci bene» lo interrompe fredda, scostando la mano da quella di lui. «Ovviamente, per rimpiazzarmi, ti sei messo con la prima che hai trovato e...» guarda il dolore passare per gli occhi dell'uomo e si interrompe, pentendosi per essere stata così tagliente e diretta.
 
Rick si alza dal letto, le spalle basse. Rimane in silenzio mentre prende i vestiti dalla sedia e se ne va in bagno, chiudendo la porta dietro di se. L'accosta semplicemente, senza sbatterla e causare tanto rumore.
Kate si batte una mano sulla fronte dandosi della stupida. Castle ha sofferto così tanto... perché dirgli ancora cose cattive?
 
La giornata non è iniziata affatto bene.
 
Scende dal letto anche lei e si infila una maglietta dello scrittore. Lunga e larga, le arriva alle ginocchia. Si avvia verso la cucina dove trova Martha ed Alexis intente a fissare i loro piatti, ancora pieni. Non sembrano aver voglia di mangiare.
 
«Kate!» esclama l'attrice una volta accortasi della presenza della detective. Si alza dallo sgabello facendole posto. Una volta seduta, Beckett si prende la testa fra le mani e sente una mano di Martha sulla sua spalla.
 
«Che bello, sei rimasta a dormire!» le sussurra teneramente, sotto gli occhi assonnati di Alexis. «Questo significa che tu e Richard...»
 
Al solo sentir nominare lo scrittore, un brivido attraversa la schiena di Kate, che rivede davanti a lei la faccia sofferente dell'uomo.
 
«Le cose fra me e Rick», dice tranquillamente, «non vanno molto bene da quando sono tornata. Ma adesso non importa, voglio solamente trovare Roy James».
 
Non importa. Ecco ciò che arriva alle orecchie di Castle che è rimasto sopra le scale ad ascoltare. Un altro tuffo al cuore, l'ennesima pugnalata. Prende un respiro profondo e raggiunge le donne in cucina. Ignora Kate, lanciandole uno sguardo gelido, lascia un bacio sulla fronte di Alexis e accarezza i capelli della madre.
 
Poi, si allontana verso le studio e ci si chiude dentro. Tutto questo sotto gli occhi mortificati di Kate Beckett.
 
«Si, ho notato. Le cose non vanno affatto bene» esclama la donna dai capelli rossi.
 
 
Compone il numero che ormai conosce a memoria e attende. Ha già provato a chiamare durante la notte, una decina di volte. Ora ci riprova, non si da per vinto.
 
Non gli sembra vero ma, al quinto squillo, la donna risponde.
 
«Richard...»
 
«Melanie!» tuona. «Dove cazzo sei?!»
 
«Ti prego, fammi spiegare... io...»
 
«Riporta a casa mio figlio, adesso!» urla nervoso mentre sbatte il pugno sulla scrivania con forza. Sente Melanie che singhiozza dall'altro capo del telefono. Sembra mortificata. «Perché... perché l'hai portato via?» le chiede più calmo.
 
«Richard io... avevo paura che non me l'avresti più fatto vedere! Io so... so che stavi per scegliere lei e... mi sono sentita morire! Roy è come un figlio per me e...»
 
«Questo non cambia le cose! Riportalo a casa... ti prego!» la supplica. Ha bisogno di suo figlio. Ha bisogno di un po' di serenità nella sua vita, rivuole la sua famiglia al completo.
 
«Va bene. I-io... mi arresteranno?»
 
«Temo di si, Mel... mi dispiace, ma se torni al più presto proverò a far cadere qualche accusa» prova a rassicurarla.
 
«Sei sempre buono Richard... ti amo!»
 
«Melanie...» si alza dalla sedia ed inizia a passeggiare per la stanza. La mano che si tortura il mento e la barba incolta.
 
«Si lo so Richard, tu ami Kate, hai sempre amato Kate ed io ero solamente un rimpiazzo... una toppa per coprire il buco che lei aveva lasciato e...»
 
«Non è per Kate» la blocca. «Ero innamorato di te, sul serio! Mi hai fatto stare bene quando nessuno ci riusciva ma adesso...» sente qualcuno che bussa alla porta. «Ma adesso devo capire cosa voglio veramente dalla mia vita e... non sei tu, Melanie, mi dispiace».
 
«Ci vediamo tra poco» sente solo dire prima che la chiamata venga interrotta.
 
Di nuovo qualcuno bussa alla porta e lui alza gli occhi al cielo spazientito.
 
«Avanti!»
 
La porta si apre leggermente e la testa di Kate fa capolino all'interno, timidamente. «Rick...»
 
Lui non risponde. Si rigira fra le mani il primo bicchiere di scotch della giornata. Sono solo le nove del mattino.
 
«Rick, senti...» Beckett entra e accosta la porta dietro di se.
 
«Che vuoi?» Un sorso.
 
«Volevo sapere... ecco, ti ho sentito al telefono e... ci sono notizie?» Sta mentendo. Sa con chi ha parlato e cosa si sono detti. Ha sentito tutto.
 
«Era Melanie», un altro sorso. «Sta riportando Roy James a casa».
 
Kate non può far a meno di sospirare sollevata. «Ora chiamo Javier e Kevin, così l'arresteranno non appena sarà arrivata», continua Castle.
 
«Si, va bene, senti... volevo dirti che mi dispiace per prima e...», gli si avvicina gesticolando animatamente ma lo scrittore la interrompe.
 
«È tutto apposto Kate, hai solo detto quello che pensi di me».
 
«Non è così Rick, lo sai bene!» allunga una mano verso quella dell'uomo ma lui si ritrae in fretta. «Castle, per favore! Non sopporto più questa situazione, io... io voglio tornare ad avere il rapporto che avevamo prima!»
 
«Anche io, Kate, sul serio. Ma non riesco a ragionare quando... quando penso che tutto questo tempo io soffrivo credendoti morta mentre tu, in realtà, eri viva e...» contro il suo volere, qualche lacrima gli sfugge al controllo.
 
«Rick, ti prego... Non è questo e lo so. Se vuoi stare con Melanie, anche dopo quello che ha fatto, se sei veramente innamorato di lei, dopo tutto, puoi andare. Soffrirò ma ti lascerò andare da lei senza darti altre preoccupazioni. In questo momento voglio solo il bene di Roy James».
 
«Non ti importerebbe se... se scegliessi lei?» le chiese titubante.
 
«Cosa?! Stai scherzando, spero. Ovvio che mi importerebbe, ci starei male, soffrirei tanto ma... se questo vuol dire vederti felice...»
 
«Ti amo ancora, Kate. Ti ho sempre amata, non ho smesso un giorno, nemmeno un minuto. Pensavo a te costantemente, sempre». L'afferra per la vita e l'avvicina a se. La stringe forte nascondendo il viso fra i suoi capelli e inalando con forza il suo profumo.
 
«Non lasciarmi mai più, Kate. Ti prego!»
 
«Mai più Rick, te lo prometto», risponde lei in un sussurro stringendolo ancora più forte, e appoggiando la testa sul petto dell'uomo.
 
«Mai più...»
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
 
Buonasera, come ve la passate? *fa finta di niente per non iniziare a scusarsi del ritardo pazzesco*
Ho aggiornato il prima possibile, ho scritto questo capitolo sull’aereo ed eccomi qui!
Non penso sia un granché, ma la dolce Marta pensa il contrario e questo mi rassicura molto :’) Ah, e poi sono sempre la sua allieva sadica preferita, vero?
 
Vi lascio a rimuginare sulla 503 (?) o sul promo della 504 o.. sulle still della 505 o… boh, pensate a quello che vi pare, io vi lascio!
 
Grazie a tuti per l’attenzione, baci, <3
Fede.

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Capitolo 10
*** All that you rely on, will leave you in the morning. ***


All that you rely on, will leave you in the morning.

 
 
 
Si alza di scatto quando il campanello della porta suona. «E’ lei?», chiede allarmata.
 
«Kate, devi stare tranquilla», prova a rassicurarla Rick, lasciandole un bacio sulla fronte dopo essersi alzato a sua volta dal divano. Si dirige verso l’ingresso e guarda un’ultima volta la donna che è rimasta in salone. È in ansia.
 
Si sono cambiati, hanno fatto colazione e aspettato insieme che loro figlio venisse riportato a casa al più presto. Martha ed Alexis sono uscite, provando a distrarsi, non sopportando il silenzio di quella casa senza il piccolo Castle.
 
Apre la porta e osserva gli ospiti. Non è Melanie. Sono Ryan ed Esposito, che entrano senza aspettare un invito.
 
«Abbiamo fatto il prima possibile», dice l’ispanico andando ad abbracciare Kate prima di accomodarsi. L’irlandese lo segue, stringe la detective e si siede a sua volta.
 
«Vi preparo un caffè?», chiede Beckett provando a nascondere le sue paure. I due annuiscono e lei corre via in cucina. Castle la segue con lo sguardo prima di sedersi nuovamente accanto ai suoi amici.
 
«Ci sono delle pattuglie sotto», lo avvisa Javier.
 
«In borghese», precisa Kevin.
 
«Mhh, grazie», risponde distratto Castle. «Melanie è furba e in gamba, bisogna stare attenti a non farsi vedere. Ma non sono sicuro che possa fare del male a Roy, gli vuole bene».
 
«Senti», inizia Esposito dopo aver annuito. «Come vanno le cose fra… fra voi due?»
 
Castle sospira stanco, scompigliandosi i capelli con una mano. «Siamo tesi e preoccupati per Roy James, un attimo prima andiamo d’accordo e… quello dopo litighiamo. È così frustrante questa situazione!»
 
«Capisco», ribatte sempre l’ispanico. Si assicura che Kate non sia nei paraggi, poi continua: «L’ha fatto per voi… per noi! Non farglielo pesare più di tanto, Rick… è stato difficile per lei prendere quella decisione».
 
Lo scrittore annuisce. «Voi… voi lo sapevate?»
 
«Diamine Castle, no!», esclama Ryan. «Ci ha colto di sorpresa e… io sono anche svenuto!», ammette strappando una risata agli altri due. Meglio prenderla sul ridere.
 
«Ho avuto la stessa reazione tua», sghignazza Castle.
 
«Cosa avete da ridere?», domanda Kate tornando con un vassoio in mano. Guarda il sorriso sul volto di Rick e sorride a sua volta. È da tanto che non lo vedeva così. Si sente già meglio.
 
«Niente, amore», risponde lui. «Vieniti a sedere qui». Sbatte la mano accanto a lui e attende la donna. La vede stupita, con una strana espressione in viso.
 
Amore, un’altra cosa che la lascia di stucco. È passato così tanto tempo da quando la chiamava amore. Quanto le è mancato. Quella parola è musica per le sue orecchie.
 
Si siede accanto a lui e si lascia avvolgere da un suo braccio. I due detective li guardano sorridendo, mentre prendono ognuno la sua tazza del caffè. Quella di Castle rimane lì. È troppo impegnato a giocare con le dita della mano di Beckett per ricordarsi di bere.
 
«Allora ragazzi, come vi siete organizzati?» chiede Kate, continuando a lanciare occhiate allo scrittore.
«Come abbiamo già spiegato a Castle, ci sono delle pattuglie in borghese intorno al palazzo… quattro: due sul retro e due ai lati dell’entrata. Io e Ryan ci apposteremo in casa, pronti ad intervenire se dovesse andare storto qualcosa. Non appena Melanie… Agata, avrà lasciato Roy James, l’arresteremo».
 
Kate sospira. «Speriamo bene…»
 
«Andrà tutto bene», prova a rassicurarla Castle. Le sta per lasciare un bacio sui capelli quando il campanello suona.
 
«Deve essere lei», sussurra Ryan. Posano le loro tazze e si alzano, si nascondono dietro le due colonne del salone e aspettano, impugnando le pistole.
 
Beckett tira fuori la sua e attende in piedi, davanti all’ingresso, Castle va ad aprire.
 
Sull’uscio c’è Melanie, che tiene stretto a se Roy James. Il bambino piange, prova a divincolarsi non appena vede i genitori ma la donna non lo lascia andare. Anzi, tira fuori una pistola e gliela punta contro, facendolo immobilizzare.
 
Rick Castle trattiene il fiato.
 
«Allontanatevi», sussurra Melanie, entrando lentamente. Chiude la porta dietro di se con un piede mentre scrittore e detective indietreggiano. Meglio fare come dice e non farla innervosire. Non avevano messo in conto che potesse avere una pistola. Ma soprattutto, Rick non aveva messo in conto che la usasse contro Roy James!
 
«Agata,» dice Beckett con tono fermo. «Lascialo andare!»
 
È un ordine. Ma la mora non ubbidisce. Anzi, sorride malvagiamente.
 
Kate continua a tenerla sotto il mirino della sua pistola mentre lei fa vagare lo sguardo per la casa. Si sofferma sul tavolino dove ci sono tre tazze.
 
«Chi c’era con voi?», chiede subito.
 
Castle segue la traiettoria del suo sguardo e capisce. «Nessuno, Melanie. Ti prego, lascialo andare». Continua a chiamarla con il suo finto nome. Non vuole accettare il fatto di essere stato preso in giro in questo modo.
 
«Non sono stupida, Richard. Avanti, chi c’è in casa?» Insiste.
 
«C’è mia madre. Le ho detto di andare in camera non appena hai suonato il campanello», prova a dire l’uomo. Lei sembra crederci.
 
«Non lascerò andare Roy, finché non mi dici perché hai scelto lei», gli dice. Richard rimane spiazzato. Deve fare una dichiarazione d’amore di fronte alla donna in questione, la sua ex e suo figlio? Bene.
 
«Melanie… per favore!»
 
«Avanti, Richard! Me lo devi, almeno questo… Mi hai usata, continuavi ad amare lei anche credendola morta, volevi solo una spalla al tuo fianco per appoggiarti!» Abbassa il capo e… anche il tono della voce! Sta piangendo. «All’inizio era solo per i soldi, lo ammetto. Ma dopo… dopo mi sono innamorata di te!»
 
«Mel», prova a spiegarle Rick. «Anche io ero innamorato di te». Si interrompre un attimo sentendo su di se lo sguardo di Kate. Si volta impercettibilmente per confermarlo. È vero, lei lo sta guardando. Non arrabbiata, solo… curiosa.
 
«E allora perché… perché lei?»
 
«Perché è la donna della mia vita», dice calmo. «Non ti ho usata, non l’avrei mai fatto. Ho solo cercato di… non di dimenticarla, no, quello mai! Volevo solo tornare ad essere sereno e tu, Melanie, ci sei riuscita. Mi hai fatto tornare a sorridere. Ti devo quattro anni della mia vita, hai salvato me, la mia famiglia, hai salvato Roy James! Sei stata una madre, per lui. Una madre bravissima e… adesso, vuoi togliergli l’opportunità di tornare dai suoi genitori. Ne sei veramente capace, Mel? Io ti conosco. Gli vuoi bene, non gli faresti mai del male».
 
Mentre parlava si è avvicinato. Adesso si trova ad un passo alla donna e dal suo bambino. Ma lei continua a tenere l’arma puntata contro il piccolo. La sta facendo vacillare con questo discorso. Vede, per un momento, la sua sicurezza svanire. Ma in un attimo, la riacquista, rendendosi conto che quelle parole servono solamente a confonderla.
 
«Non è vero, Richard». Sorride. «Tu non mi conosci, affatto!»
 
Punta la pistola contro di lui. «Mi dispiace tanto».
 
Richard sente la pistola di Kate caricarsi dietro di lui. Fa un gesto con la mano, facendole capire che deve aspettare. Lui vuole che aspetti. Non deve finire così.
 
«Non davanti a mio figlio…», la implora.
 
«Chiudi gli occhi, Roy James», sussurra allora Melanie.
 
Tre colpi.
 
Poi il buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
 
Comunicazione di servizio:
Di solito, i titoli dei capitoli, sono presi dalla canzone di Andrew Belle, ‘In My Veins’. Questa volta, però, ho dovuto modificare una frase saltando un pezzo, altrimenti sarebbe venuto troppo lungo. Non è un errore di distrazione :)
 
E’ il momento del panico.
Devo iniziare a correre verso casa di Marta?
Ditemelo voi. Lei mi aspetta con il letto già pronto.
 
Baci <3,
Fede.

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Capitolo 11
*** …but find you in the day. ***


…but find you in the day.

 
 
 
Dio, Kate!
Pensavo avremmo avuto più tempo. Speravo avremmo avuto più tempo. E invece, no. Evidentemente, il destino ce l'ha con noi. Ci siamo trovati dopo quasi cinque anni. Siamo riusciti a passarne insieme solo uno e mezzo. Per altri cinque anni siamo stati lontani e, adesso... adesso sta per finire tutto.
 
Mi fa incredibilmente male il petto, come se migliaia di coltelli mi stiano infilzando tutti insieme. Fa male, Kate. Aiutami tu.
 
Vorrei lottare. Ho tanti motivi per lottare. Ho te, Roy e Alexis, mia madre e i nostri amici. Ce ne sono tantidi motivi per lottare ma... è così invitante quella luce bianca.
 
Mi chiama, sai?
 
La luce. Mi sta dicendo che se la seguissi, non soffrirei più. Non proverei più dolore... ma c'è un prezzo da pagare. E il prezzo è quello di lasciarvi, di non potervi più parlare, toccare, abbracciare! Di non poter più vivere con voi.
 
Sto morendo, amore. Ne sono consapevole. Ti sento che mi dici di stare tranquillo, di resistere. Sento le tue lacrime sul mio viso, le tue mani sul mio corpo. Mi scuoti, mi accarezzi.
 
Vorrei tornare da te, da voi, ma... è così difficile!
 
Sento anche il suono delle ambulanze che si avvicinano. In un attimo la porta di casa viene spalancata e tanti passi mi fanno rabbrividire. Non riesco ad aprire gli occhi ma posso sentire. Capisco quello che sta accadendo intorno a noi.
 
Sento che ti allontani.
 
Vengo sollevato e caricato su una barella. Mi prendi la mano e nessuno riesce a separarci nuovamente.
 
Sento Roy James che piange ma qualcuno lo porta via. Non ho più forze, Kate. Sto per mollare. Sto per...
 
Ti amo.
 
 
 
 
 
 
 
«Parametri di vita?»
 
«Bassi, troppo bassi, maledizione!»
 
«Cristo, non si riprende!» Impreca il dottore. «Forza, Castle! Avanti, fallo per lei!» Le mani gli tremano, riesce a malapena a ricucire il buco sul petto dello scrittore dal quale è stato estratto il proiettile.
 
«Josh, che diamine hai? Concentrati!»
 
«Voglio essere sostituito», sbotta.
 
In un attimo un altro chirurgo è lì e prende il suo posto. Josh Davidson esce dalla sala operatoria sbattendo le porte, attirando così l’attenzione dei presenti. Sente gli sguardi di una decina di persone su di se ma non se ne cura.
 
Si avvia verso l’uscita dell’ospedale, passando davanti alla piccola folla senza rivolgere parola a nessuno. Non risponde alle domande. Sguardo basso e cammina, verso l’aria aperta. Aria, gli serve dell’aria.
 
Sente solo dei passi dietro di lui e sa di chi sono. Li ha riconosciuti. Esce finalmente dall’edificio e si appoggia alla ringhiera. Serra la mascella per non lasciarsi andare in un grido liberatorio.
 
«Josh», una mano si posa sulla sua spalla e quel tocco lo fa improvvisamente tranquillizzare. «E’ morto?»
 
Si volta verso quei due occhioni che lo stanno guardando imploranti. Di nuovo stanchi, segnati. Di nuovo pieni di dolore. Quella donna avrebbe dovuto smettere di soffrire tempo prima.
 
Si gira del tutto e le accarezza il volto. La intrappola tra le sue braccia e la stringe a se. «No, Kate… stiamo… stiamo facendo il possibile», sussurra.
 
Lei si lascia cullare un po’ da quel calore e poi si scosta dall’uomo. «Perché sei qui fuori, Josh? Cosa è accaduto?»
 
Lui prende un profondo respiro. «Ho sentito al telegiornale cosa è successo. Ero in Africa quando tu sei “morta”, mi è arrivata la notizia e... ero disperato. Non puoi capire che gioia, Kate, quando ho poi sentito che eri viva! Ho pensato che finalmente avresti potuto essere felice con il tuo scrittore ma… ma poi, hanno detto in televisione di vostro figlio. Quando Castle è arrivato al pronto soccorso mi sono sentito morire… non volevo che tu soffrissi ancora e temevo il peggio… quindi… quindi non riuscivo a rimanere concentrato e…»
 
Balbetta il dottore mentre parla. Kate lo guarda teneramente. Gli fa poggiare la testa sulla sua spalla quando lo vede scoppiare in lacrime. Gli carezza i capelli fino a quando qualcuno dietro loro si schiarisce la gola. La detective si gira. E’ Esposito.
 
«C’è il dottore», sussurra l’ispanico.
 
La donna corre dentro, senza preoccuparsi del medico e lasciandolo lì con le lacrime agli occhi.
 
«Vuole essere felice con lui. Non metterti in mezzo, Josh. Lasciali in pace».
 
Può solo annuire prima di allontanarsi.
 
 
 
«I parenti del signor Castle?»
 
“Eccoci!” rispondono tutti insieme, facendo sorridere il dottore. Un sorriso stanco, preoccupato. «Il signor Castle è uscito dalla sala operatoria».
 
«Ce la farà?», chiede tra i singhiozzi una ragazza dai capelli rossi che tiene in braccio un bambino che dorme.
 
«Durante l’operazione ha avuto un arresto cardiaco. Abbiamo estratto il proiettile e siamo riusciti a far ripartire il cuore ma… le prossime ore saranno quelle decisive». Guarda le persone davanti a lui che lo osservano tristi.
 
«Essendo in terapia intensiva, può entrare una persona alla volta».
 
Tutti si voltano verso la donna che se ne sta più in disparte, dietro alla folla. Si sta asciugando il naso con un fazzolettino quando sente gli occhi degli amici su di se. «Va bene», annuisce.
 
Segue il dottore fino ad una stanza dalla porta blu. «Adesso sta dormendo, nemmeno una cannonata potrebbe svegliarlo. Mi raccomando, però, gli parli. Quando il sangue non arriva al cervello anche per poco tempo, è sempre rischioso. Speriamo non abbia subito danni celebrali».
 
Kate annuisce di nuovo. Guarda il dottore andarsene e poi prende un profondo respiro. Abbassa la maniglia ed entra nella stanza.
 
Lui è lì. Il classico lenzuolo bianco da ospedale, lo copre fino alla vita. Dorme profondamente, gli occhi chiusi sono incorniciati da evidenti occhiaie violacee. Ha dei punti sulla fronte, si è procurato quel taglio cadendo dopo lo sparo.
 
Si avvicina lentamente e si siede accanto a lui, su quella sedia troppo fredda che la fa sentire a disagio. Gli prende la mano delicatamente, stringendola un po’, come a fargli sentire che lei c’è. È lì. Con lui.
 
Gli accarezza il petto nudo, coperto solo dalle bende. Passa il dito sulla fasciatura, sulle clavicole e poi riscende verso l’ombelico. Facendo molta attenzione, in seguito, gli lascia un bacio all’altezza del cuore, le mani sempre intrecciate.
 
È proprio in quel momento che sente una leggera stretta alle dita. Guarda l’uomo, stupita. Non si è svegliato, no. Si è solo accorto della sua presenza. Non ha avuto bisogno di aprire gli occhi per rendersi conto che la donna che lo sta accarezzando è la donna che ama.
 
Ha riconosciuto il suo tocco delicato, il suo profumo, il rumore del suo respiro.
 

L’ha riconosciuta. Perché conosce a memoria ogni suo dettaglio.

 
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
Solo due paroline..
Non mi sono scordata di darvi delle spiegazioni, tranquille! Nel prossimo capitolo verrà spiegato chi ha sparato i tre colpi, che fine ha fatto Melanie e… boh, vedrete u.u
 
Un’altra cosa: l’ultimo pezzo, quello che Rick riconosce Kate senza svegliarsi… beh, non è frutto della mia fantasia. Ci tenevo a dirlo, è per esperienza personale.
 
Vi lascio, vado da Martaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa <3
Baci,
Fede.

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Capitolo 12
*** You are in my veins. ***


You are in my veins.

 
 
 
Cammina per il corridoio dell'ospedale tenendo le mani in tasca e il capo chino. Avanti e indietro, da più di dieci minuti.
 
«Kate, stai lasciando il buco sul pavimento», dice qualcuno. Lei nemmeno ci fa caso.
 
«Perché ci mettono così tanto?», chiede. Sente una mano sulla spalla e si ferma. Si gira verso l'irlandese che le sta sorridendo dolcemente.
 
«Beckett, è una visita di controllo, devi stare tranquilla. Pensa che poi, appena avranno fatto, sarà sveglio e potrai parlargli».
 
Annuisce e prova a tranquillizzarsi come le è stato detto. Sta per rispondere quando qualcuno apre la porta della camera 56.
 
«La signorina Beckett?», chiede un dottore uscendo dalla stanza di Rick. Kate si fa avanti timidamente ed accenna un sorriso forzato.
 
«Volevo comunicarle che il signor Castle è sveglio, sta bene e la prima cosa che ha chiesto è stata dove fosse 'Beckett'. Penso si riferisca a lei».
 
Kate scuote la testa. Non cambierà mai. «Ci sono state complicazioni?», domanda timorosa.
 
«No», si fa più serio. «Ma per favore, impeditegli di fare attività fisica e lavori duri, movimenti bruschi e non si deve assolutamente affaticare. Quando uscirà da qui, dovrà stare almeno due mesi in riposo. È stato colpito da un proiettile in una zona molto delicata e...»
 
«E riguardo al braccio?», lo interrompe Ryan.
 
«Ci stavo arrivando, ragazzo. La spalla non è stata lesionata come il petto ma per il momento un grosso buco testimonia il secondo proiettile. Purtroppo è quella destra quindi, dato che dovrà evitare ogni movimento con quell'arto, non potrà scrivere per un po'».
 
La detective scuote nuovamente la testa insieme all'ispanico. Non riusciranno mai a tenere fermo lo scrittore. L'uragano Castle non sarà capace di fermarsi di fronte a solamente due proiettili. Ci vuole ben altro per calmarlo.
 
«Perché scuote la testa, signorina? La vede un'impresa difficile, eh?» Ride. «Comunque, ho lasciato una lista di medicinali nella stanza di suo marito. Mi raccomando, ci pensi lei».
 
Saluta i presenti e se ne va. Quella strana famiglia lo sta facendo impazzire in questi giorni. Sono così strani, ma così uniti...
 
Kate non fa nemmeno caso al fatto di esser stata definita moglie dello scrittore. «Io entro ragazzi, dopo venite anche voi?»
 
Si rivolge ai colleghi che si guardano l'un l'altro come a mettersi d'accordo solo attraverso gli sguardi. Sono partner, fanno così.
 
«Aspettiamo Martha, Alexis e Roy James», inizia Javier.
 
«Facciamo entrare tuo figlio e...», continua Kevin.
 
«Dopo entreremo noi!», finisce Esposito. Non riesci a trattenere una risata. Ridi talmente tanto che stai per scoppiare in lacrime.
 
Esposito ti guarda teneramente. «È bello vederti sorridere di nuovo, Kate. Bentornata».
 
 
 
 
«Posso?»
 
Sente la voce della donna che sta aspettando da più di dieci minuti e apre un occhio. Vede la testa della sua musa spuntare dalla porta. «Un angelo, sono in paradiso!», esclama sempre con un occhio chiuso e uno no.
 
Lei ride ancora e finalmente entra nella stanza. Chiude la porta dietro di se e va a sedersi sulla sedia vicino al letto di Castle.
 
Automaticamente le loro dita si intrecciano.
 
«Come stai, Rick?»
 
Lui la guarda spalancando entrambi gli occhi. «E me lo chiedi? Adesso che ci sei tu, sto splendidamente».
 
Gli lascia un pugnetto sulla spalla buona. «Seriamente, come ti sentì?»
 
«Fisicamente, sto meglio. Dentro... ho avuto paura di non potervi più vedere, Kate. Stavo per lasciarvi da soli e... non me lo sarei mai permesso!» Gli occhi gli si fanno lucidi e lei, prontamente, gli passa la mano sulla guancia.
 
«Rick, è tutto passato e... è stato solo un brutto periodo. È tutto finito. Adesso tornerà tutto come prima».
 
Rimangono in silenzio per un po' continuando a torturarsi le dita delle mani. Sembra che lo scrittore si sia tranquillizzato quando, all'improvviso sospira.
 
«Cosa è successo, Kate?»
 
Temeva quella domanda. Avrebbe dovuto sposarla, comunque. Ci teneva a lei. Non vuole dargli l'ennesima pugnalata. Ma è costretta.
 
«Ti ha sparato due colpi. Uno sopra al cuore e uno alla spalla destra. Io non ci ho visto più e... ho urlato a Roy James di scansarsi velocemente ed ho sparato a mia volta».
 
Lo vede deglutire.
 
«Quindi è... è morta?»
 
«No. Aggiungerei purtroppo, ma non sono così cattiva. Ho mirato al braccio ed ho centrato il bersaglio. Ryan ed Esposito non sono intervenuti per paura di colpire Roy. Agata è già uscita dall'ospedale ed è in carcere. Ha ammesso perfino l'omicidio di Mark Felton...»
 
«Mark Felton?», chiede curioso.
 
«Si, il suo ex marito. Agata ha ucciso Mark per soldi e...»
 
«Lo avrebbe fatto anche con me per lo stesso motivo». Abbassa lo sguardo. «Avevi ragione, amore. Come al solito, ho reagito d'impulso, mi sono messo con la prima donna che ho trovato solo per coprire il vuoto che tu avevi lasciato e...»
 
«No», lo interrompe. «So quanto tu sia stato male, Rick. La Gates mi diceva tutto. Mi diceva che portavi il caffè ogni giorno al distretto e lo lasciavi sulla mia scrivania. Mi raccontava che, tutte le sere, quando passava davanti al cimitero, riusciva a vedere nuovi fiori freschi sulla mia tomba. Sei stato vicino a mio padre, a nostro figlio e alla nostra grande famiglia. Ti sei preso cura al meglio di Roy e... hai continuato ad amarmi». Si asciuga le lacrime che non è riuscita a trattenere. «È questa la cosa più importante. Adesso siamo noi e...»
 
La porta si apre piano. Non riescono a vedere nessuno fino a quando non abbassano lo sguardo. È Roy James.
 
«Papà!»
 
Salta in braccio alla madre sulla sedia e si allunga a dare un bacio al padre.
 
«Ti hanno sparato, papà! Che cosa fighissima!», esclama entusiasta.
 
Richard ride ma si deve bloccare per il dolore. Kate lo guarda preoccupata.
 
«Roy James, amore, non facciamo ridere tanto papà, questi giorni. Non sta molto bene...»
 
Lui guarda il padre e annuisce. «Va bene. Deve riposare, è vecchietto», sghignazza.
 
«Io non sono vecchio!»
 
Facendo molta attenzione, il piccolo, riesce ad allungarsi e ad abbracciare i due genitori insieme.
 
«Mamma, papà, mi promettete una cosa?», sussurra. Si scosta un pochino per guardare entrambi negli occhi. «Adesso che siamo tutti e tre insieme, possiamo restarci per sempre?»
 
I genitori annuiscono rapiti dalle parole del figlio.
 
«Sapete, non mi ricordo molto di quando eri ancora con noi, mamma. Papà dice che ti sei persa tante cose belle e… dobbiamo rifarle!», esclama. «Rifacciamo tutto! Vi va?»
 
Come si può dire di no ad una cosa tanto piccola quanto innocente? Non ci si riesce. Infatti, sia Rick Castle, sia Kate Beckett, si trovano d’accordo con loro figlio.
 
«Va bene, Roy James. Ricominciamo!», dice lo scrittore più entusiasta del figlio.
 
Kate lì guarda e sorride, commossa. Eccoli lì, gli uomini della sua vita. Finalmente, di nuovo, insieme a lei. Questa volta, niente li può separare. Non ci sono più draghi, donne ed ex-mogli invidiose a dividerli. Ci sono solo loro. Rick, Kate e… Roy James!
 
 
 
 
 
 
 
Angolino della Fe! :)
 
Ti ricordi, la prima volta che ti ho parlato di questa fan fiction? Oh, si che ti ricordi. Eri così entusiasta… il tuo primo commento è stato: “Ma che rozzata pazzesca mi vuoi creare, Pattt?
Ho riso talmente tanto, adoro quando mi chiami Pat *-*
Comunque, un po’ ti ho deluso, vero? L’idea era figa ma non sono stata così brava a svilupparla… però, oh! Ogni volta che leggi ti brillano gli occhi, quindi…
E non dire che gli occhi ti brillano solo perché ci sono io vicina, mi fai arrossire u.u
 
La seconda cosa che mi hai detto me la ricordo bene. Ti sei fatto più serio e ti sei tolto gli occhiali. Sembravi uno psicologo, lol
“Come farai, Fe? È difficile descrivere dei sentimenti del genere. C’è, lei che muore e torna, ok. Ma i suoi amici, come la prenderanno?”
Non ho dovuto pensare due volte alla risposta.
“Facile. Facilissimo. Penserò a come dovessi sentirmi se lei dovesse tornare. Sarei felice, arrabbiata, delusa, emozionata, distrutta… sarei incazzata nera con lei per non avermi resa partecipe ma… cazzo, vorrebbe dire averla di nuovo al mio fianco. Me ne fregherei dell’assenza. Sarebbe di nuovo con me. Sai cosa darei per poterla anche solo sfiorare…”
“Vai, scrivi e non rompermi più le palle con questo telefilm!”
 
FINE.
 
 
Non avevo previsto questa come fine. Ma ragazze, come sapete, è un periodo difficile. Diciamo che ho scritto quello che sento. Facciamo così. L’happy ending c’è. Lei è viva, lui sta bene, hanno fatto pace. Dategli voi un seguito. Si sposano, finalmente? Avranno un altro figlio? Castle tornerà a scrivere? A voi con la vostra immaginazione!
 
Chiedo scusa, se ho deluso qualcuno. Ho deluso anche il mio Ric, ma lui non me lo vuole dire :(
 
Che altro dire? La stanchezza si fa sentire. I vari dolori, anche. Io vado a dormire!
 
Spero, comunque, che un po’ abbiate apprezzato.
 
Non scrivo i ringraziamenti uno ad uno. Chi sa, sa (?).
 
 
Baci porno,
Fede.

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