May the odds be ever in your favor.

di FrankTheBunny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mietitura. ***
Capitolo 2: *** Goodbye. ***



Capitolo 1
*** La mietitura. ***


Che la fortuna possa essere sempre a vostro favore!”

La prima volta che Kurt sentì questa frase aveva sei mesi e, nonostante non si ricordi nulla, non fa che pensare a ciò che vide in quel momento: sua madre Ellen, quasi diciannovenne, che si dirigeva verso il palco, salendoci, guardando fissa quel neonato tra le braccia di suo marito, Burt, che cercava di trattenere davanti al bambino le lacrime, nonostante gli cadessero copiosamente sul volto. Con gli occhi lucidi abbozzò un sorriso verso quel bambino, troppo piccolo per capire di essere nato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ellen vide il tributo che venne scelto con lei, John, morire il primo giorno degli Hunger Games, mentre cercava di prendere delle armi dalla cornucopia, ucciso da una freccia. Sei giorni dopo sarebbe morta anche lei, per mano di un ragazzo del distretto uno, dopo ore di agonia. Kurt non ricordava tutto ciò, non ricordava il padre che con il suo lavoro da minatore ogni giorno, dopo la morte della moglie, distrutto dal dolore andava in miniera per garantirgli la cena, non ricordava il funerale, con il corpo della madre irriconoscibile all’interno della rudimentale bara di legno.

Per quattro anni lui era riuscito a scampare agli Hunger Games, ogni anno vedendo morire gli amici e i ragazzi che erano cresciuti con lui, ogni anno vedeva spegnersi il fuoco che un tempo aveva animato gli animi della gente del distretto dodici. Il suo nome era inserito all’interno della boccia nella quale vi erano tutti i nomi dei ragazzi 5 volte: suo padre aveva infatti rifiutato di far inserire il suo nome più volte, rinunciando così a razioni in più di cereali e olio.
Effie Trinket, colei che da anni ha la mansione di accompagnare i tributi del distretto dodici agli Hunger Games, senza sosta continua sul palco a ripetere quanto quella cerimonia sia una vera e propria opportunità per i giovani per riuscire ad acquisire gloria e fama in tutta Panem, ovviamente non menzionando le 23 famiglie che alla fine degli Hunger Games si trovano un figlio e nipote da seppellire. Ovviamente il tributo che riesce a vincere può far vivere la propria famiglia nel lusso e negli agi, ma a che prezzo?

“Dunque diamo inizio a questo periodo di festa scoprendo chi sono i due fortunati ragazzi che potranno partecipare agli Hunger Games. Prima le signore!” L’aria si fa più tesa e si iniziano già a sentire pianti sommessi. Senza fretta Effie Trinket infila la sua mano dalle unghie colorate e brillanti all’interno della boccia trasparente in cui sono contenuti i nomi di tutte le ragazze del distretto dodici dai 12 ai 18 anni. Dopo aver pescato un foglietto arrotolato, lo apre e legge con voce squillante “Tina Cohen Chang!”. In mezzo ai sospiri della maggior parte dei genitori una signora sulla cinquantina si accascia a terra dopo un grido disperato iniziando a sussultare tra i singhiozzi; tutti i ragazzi si girano verso una ragazza dagli occhi a mandorla, piuttosto bassa e magra, che con passo stentato si avvicina verso il palco dove una Effie Trinket sorridente la incoraggia a salire. Aiutata da due Pacificatori Tina riesce a salire tremante sul palco.
“E ora passiamo ai giovanotti!” La testa di Kurt si svuota, non sente più nulla, non prova più nulla, solo vuoto e ronzio, vede Effie Trinket prendere un foglio dalla boccia contenente i nomi dei ragazzi ed esclamare un nome, che non sente, ma vede tutta la piazza voltarsi nella sua direzione. Passano secondi interminabili prima che il cervello riesca a connettersi con il resto del suo corpo e sentire la voce entusiasta di Effie Trinket esclamare “Forza, Kurt Hummel, non essere timido!”. Avanza lentamente verso il palco, sentendo tutti gli sguardi su di lui, non ha il coraggio di voltarsi a guardare suo padre, che per la seconda volta si vede portare via la persona che ama più al mondo.
“Ragazzi, su su, stringetevi la mano, non indugiate” Stringe la mano alla ragazza, senza guardarla, la sua mente è vuota, o troppo piena per riuscire a formulare un pensiero; riesce a vedere suo padre, immobile, nel centro della piazza, che lo guarda, come mai lo aveva guardato con terrore. ____________________________________________________________________________________________________________________


Note: Salve! Questo era soltanto una specie di prologo di una fanfiction che spero riuscirà ad avere più di dieci capitoli. E' da tempo che covavo l'idea di scrivere un fanfiction ispirata ad Hunger Games, dunque eccomi qua! Vi avverto già che l'angst vi sommergerà, è ciò che amo più inserire all'interno di una storia. Cercherò di aggiornare una volta a settimana più o meno. E' tutto, fatemi sapere se vi piace, sono ben accetti sia i commenti positivi, che negativi. :)

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Capitolo 2
*** Goodbye. ***


 

A Tina e Kurt è concessa una sola ora per salutare i loro cari prima della partenza.

Kurt si sente svuotato, apatico, è seduto su una poltrona sfondata, all’interno della stanza adibita ai saluti di addio. La stanza è piccola, le pareti rivestite di un’orribile carta da parati rossa, ricoperta da macchie di umidità. Sulla parete di fronte all’entrata vi è un’unica finestra che si affaccia sulla piazza ormai vuota. Alcuni Pacificatori stanno smontando il palco dove pochi minuti prima un’Effie Trinket sorridente aveva segnato per sempre il destino di Kurt. L’anno precedente era entrato in quella stessa stanza per salutare Colin, il suo migliore amico, con cui aveva trascorso l’infanzia, ucciso e selvaggiamente squartato da una ragazza del distretto cinque. Kurt vide tutta la scena alla televisione insieme a suo padre, che goffamente e invano aveva cercato di consolarlo e farlo mangiare nei giorni successivi. La sensazione di apatia, pesantezza e abbandono che aveva provato in quei giorni ora affligge il suo stomaco e il suo petto, fin su, all’incavo della gola, in un blocco di cemento, è incapace di deglutire, pensare, muoversi.
Vede passare davanti alla stanza in una specie di processione i parenti di Tina, alcuni singhiozzanti, altri rassegnati, vedono già Tina come un cadavere; nessuno nel distretto dodici era uscito vivo dagli Hunger Games da vent’anni, quando Will Shuester, al tempo un giovane atletico e di bell’aspetto, all’età di soli quindici anni riuscì a sopraffare tutti gli altri tributi. Ovviamente Kurt non l’aveva visto partecipare agli Hunger Games, ma Burt aveva spesso lodato il valore dimostrato da Will durante i giochi. Will è ritenuto da tutti un personaggio egocentrico e pieno di sé, sprezzante di tutti; il padre gli aveva però assicurato che un tempo era una persona buona e umile, ovviamente prima della sua partecipazione ai giochi, da cui era tornato rabbioso e indomabile. Burt gli era stato molto vicino nei mesi successivi al suo ritorno e spesso trascorreva nella lussuosa casa di Will nel villaggio dei Vincitori giornate intere, cercando di far riemergere nell’amico l’identità di cui gli Hunger Games lo avevano privato. In qualche mese la sua rabbia si trasformò in narcisismo. Un buon risultato rispetto ai vincitori degli altri distretti, caduti nel baratro delle droghe o dell’alcool, ognuno cercando di dimenticare a suo modo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità.

“K-kurt” La voce di Burt rompe il silenzio, Kurt non lo vede, ma sente dalla voce che sta facendo di tutto per non crollare, lo ha sempre ammirato per questo, anche nei momenti più brutti della sua vita non si è mai lasciato andare, ha sempre reagito. Con suo padre si sente al sicuro. Adesso Burt sta avanzando verso di lui, gli cinge le spalle, sedendosi sul bracciolo della poltrona.

Con suo padre può lasciarsi andare.

Il muro di apatia che fino a quel momento lo aveva circondato come una bolla, nel momento in cui la mano del padre incontra il suo braccio si abbatte, il mondo crolla su di lui, si sente addosso la vita e la morte di tutti i tributi esistiti fino a quel momento, scoppia in un pianto dirompente; Burt scivola sul sedile della poltrona, portandosi sulle ginocchia Kurt, che, coprendosi la faccia con le mani, piangeva tremando, inerme, come un bambino. Ad ogni singhiozzo Burt sente il suo cuore pian piano creparsi di più.

Con la faccia ancora tra le mani Kurt sussurra “Papà, io non sono capace di uccidere, io non posso, gli altri tributi hanno una famiglia, una casa, io non posso vedere la vita di una persona spezzarsi tra le mie dita, sarei come il ragazzo che ha ucciso mamma, o come la ragazza che ha ucciso Colin, io non voglio diventare un mostro, non voglio diventare come Will. Io-io non posso farlo. Preferisco morire.”

E’ dunque questo che lo spaventa? Non lo spaventa la morte, la sofferenza, il dolore fisico, la fame? Ciò fa capire a Burt quanto suo figlio sia così tanto speciale e sensibile che Capital City riuscirà a rompere anche lui, come ha fatto con molti altri, come ha fatto con Will, e questo non fa che farlo sprofondare ancora di più nella depressione. No, Kurt è forte, non può arrendersi, non può vedere di nuovo una vita scivolargli tra le mani. “Kurt, no, tu devi farcela, tu devi sopravvivere, devi farlo, fallo per me, ti prego, io so che ce la puoi fare, so che puoi essere un ottimo combattente, Kurt, promettimi, ti prego, promettimi che farai di tutto per tornare da me vivo. Giuramelo.”

Non può abbandonare suo padre.

Dovrà vivere per suo padre.

Dovrà uccidere per suo padre, anche se non vorrà.

Anche se vorrà morire.

“Te lo giuro.”

Due pacificatori entrano dentro la stanza, devono scortare Kurt alla stazione, per prendere il treno per Capital City. Burt fa in tempo ad abbracciarlo e fargli scivolare nel palmo della mano un ciondolo. “Avrei voluto dartelo tra un paio d’anni, Kurt, ma penso che tu ne avrei più bisogno in questa circostanza”.
 Burt da un’ultima occhiata a suo figlio, cercando di imprimere in quel solo sguardo l’amore immenso che prova per lui, per poi voltarsi e andarsene.

Sulla macchina che li conduce alla stazione Kurt e Tina si guardano per la prima volta da quando Effie Trinket ha estratto i loro  nomi. Tina ha uno sguardo vuoto, rassegnato, come quello dei suoi parenti.

 Kurt e Tina erano stati compagni di classe da quando avevano circa otto anni, scambiandosi da quando si erano conosciuti al massimo dieci parole, non perché si detestassero, ma semplicemente non si erano mai trovati interessanti. Tina da piccola era davvero una bambina bellissima ed erano molto i coetanei di Kurt che insistevano per tenerle la mano o starle vicino nel banco di scuola.
Kurt però non era mai stato attirato da Tina, bensì da Darren, che aveva capelli così ricci che da bambino desiderò tanto accarezzarglieli, per far restare le sue dita intrappolate in quei ricci morbidi e vaporosi. Kurt era sempre stato un bambino molto timido, quindi non riuscì mai a stabilire un rapporto di amicizia con Darren.

Darren all’età di dodici anni si fidanzò con Mia.

 Il desiderio infantile mai soddisfatto di Kurt si era tramutato nel tempo in muta ammirazione, come quando passando per l’appezzamento di terra dedicato ai giochi dei bambini vedeva Darren giocare sorridendo con il suo bambino di 4 anni, dagli stessi capelli ricci e bellissimi del padre.

Dopo trenta minuti di viaggio Kurt e Tina arrivano alla stazione, dove alcuni cameraman con grosse telecamere cercano di riprendere i due sventurati tributi del distretto dodici tempestandoli di domande. Effie si fa largo tra i cameraman e aiutata da due assistenti conducono Kurt e Tina verso il treno che li avrebbe condotti a Capital City.
  


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Salve a tutti! Prima di tutto vorrei scusarmi per la brevità dei capitoli, ma dal prossimo saranno decisamente più lunghi! Anche l'angst per un po' di capitoli sarà decisamente minore :))
Beh, per ora è tutto, spero che la fanfiction vi stia incuriosendo. Se avete commenti da fare, sia positivi, ma soprattutto negativi, fatevi avanti!
Buona settimana a tutti (:





 

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