Maybe could be you

di Jill_BSAA
(/viewuser.php?uid=125040)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come il ghiaccio ***
Capitolo 2: *** Perchè t'importa? ***



Capitolo 1
*** Come il ghiaccio ***



Una fioca luce rossastra filtrava dalla finestra, indicando ai presenti che il tramonto era ormai passato da qualche minuto, tuttavia l’ufficio era occupato solamente da un uomo dai capelli biondo platino che controllava alcune scartoffie da dietro la sua scrivania ingombra di fogli, foto e plichi chiusi e sembrava non accorgersi dei minuti che lenti scorrevano scanditi dall’orologio sulla parete.
Jill entrò senza bussare, convinta di essere rimasta l’unica nella struttura data l’ora, ma dovette ravvedersi quando la raggiunse un aroma di caffè appena fatto che si spandeva nell’aria.

 “Oh mi scusi.”
Wesker alzò lentamente gli occhi celati dalle lenti scure degli occhiali per controllare chi avesse disturbato il suo lavoro serale, lievemente sorpreso di trovare qualcuno, che non fosse lui, ancora in giro dopo l’orario di chiusura, di solito gli altri agenti facevano i salti mortali per tornare a casa in tempo per gustarsi le notizie del telegiornale serale, invece a quanto pare, c’è qualcuno che come lui ama attardarsi, approfittando della quiete e del silenzio per approfondire i casi che avevano sottomano.
“Non preoccuparti.”
Non c’era la minima agitazione nella sua voce ma il tono era leggermente freddo, tanto da provocare in Jill una fitta di  imbarazzo che cercò di  ignorare, dirigendosi verso una scrivania libera dove posò alcuni fogli spillati che teneva ancora fra le braccia.
“Devo pregarti per farmi dire il tuo nome?”
La ragazza rizzò la schiena arrossendo violentemente per quella frase che interpretò come un richiamo. Era appena arrivata  e quello era il classico pessimo esempio di come fare conoscenza con qualcuno che probabilmente ha un grado più alto, molto più alto, del tuo, soprattutto se sei una recluta.
 “Jill Valentine”
Girò sui tacchi e si mise davanti all’uomo con la schiena ben dritta, ergendosi in tutta la sua statura, come se quel gesto bastasse per darsi un tono.
 “Sono arrivata oggi e sono stata assegnata alla squadra Alpha”
“Squadra alpha?”

Le fece eco l’uomo alzando il sopracciglio destro con una crescente curiosità ben celata dietro gli occhiali da sole, totalmente inopportuni per l’ora  e per l’ambiente in cui si trovavano ma di questo Jill non ne fece mai parola.
 “Sei nella mia squadra, io sono il capitano Albert Wesker, d’ora in poi sarai ai miei ordini.”
Si presentò senza preoccuparsi minimamente di apparire simpatico o di trovare un modo per mettere l’altra a proprio agio anzi, pronunciò il suo nome con lo stesso tono con cui i giudici condannano dei killer seriali, rendendo la frase quasi ironica e lasciando sottintendere che no, non le avrebbe reso la vita facile.
“Oh.. ehm.. piacere di conoscerla.”
Jill allungò la mano in direzione dell’altro che fissò prima il suo arto poi il suo viso con la chiara intenzione di farle capire che era quel tipo di persona che odia il contatto fisico e che se può, lo evita.
 “Bene allora la lascio solo, non vorrei averla disturbata mentre faceva qualcosa di importante.”
 “In effetti si, lo hai fatto.” Fu la risposta tagliente dell’altro che tornò a chinarsi sulla scrivania, senza curarsi più della ragazza che davanti a lui si stava mortificando per essere stata così invadente e per aver evidentemente cominciato con il piede sbagliato quel rapporto di lavoro.
“Buon lavoro capitano..." La nuova arrivata aprì la porta e la richiuse subito dietro le proprie spalle , muovendo qualche passo nel corridoio, passo che si trasformò subito in una piccola corsa che stoppò all’improvviso, voltandosi per guardare la porta ormai lontana, per qualche strana circostanza il cuore le batteva forte in petto ma attribuì quello strano fenomeno alla corsa e alla stanchezza e spossatezza mentale e fisica e tornò al suo lavoro.
Dopo aver sentito la porta sbattere Wesker posò con calma tutte le carte sul tavolo e si alzò con una lentezza snervante, accostandosi alla finestra. Nel cortile d’ingresso uno sparo tagliò di netto il silenzio dell’intero luogo, e con crescente sorpresa l’uomo individuò la figura di Jill che si stava esercitando con la pistola.
“Mph” Fu l’unico suono che uscì dalle labbra sottili del capitano che con la stessa lentezza snervante tornò al suo tavolo. Per qualche strano motivo quella ragazzina aveva attirato la sua attenzione con i suoi modi nervosi ed impacciati e con la voglia di migliorare che l’avrebbe portata lontano.


______________________________________________________________________________________________________________

*L'autrice si confessa*

Sono una suicida, lo so! Ho iniziato una nuova storia sulla coppia Wesker/Valentine perchè sono tremendamente fissata quindi non fateci troppo caso ç_ç Il mio scopo è quello di raccontare quello che accade prima dell'incidente a villa Spencer ed è proprio in questo contesto che sboccia come un boccio di pesco (si come no XD) l'amore dei due personaggi. Per adesso non aggiungo altro, spero che vi piaccia! 
a presto!
XOXO

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Perchè t'importa? ***


Jill era stanca.  Aveva scaricato tre caricatori interi della Berretta sulla figura sagomata davanti a lei, centrando quasi sempre un punto solo, molto vicino alla testa della figura, anche se non doveva montarsi la testa, il genio della mira nella squadra era Chris e lei non poteva che rimanere l’eterna seconda. Tutto quell’ affaticamento, però, le si era incollato alle membra rendendole pesanti come il marmo e perfino il cervello cominciava a lavorare più lentamente di quanto avrebbe dovuto. Pian piano, con le mani ancora doloranti per aver stretto troppo la pistola, si sedette su una panchina non troppo lontana e scivolò in un sonno quieto.
Il silenzio che la circondava era quasi innaturale, non c’era un solo suono che le sue orecchie catturassero, ne vicino ne lontano.

Tap…tap…tap..

 
“Non posso crederci.” Wesker apparve dall'oscurità creata dall'ombra del palazzo e rimase ritto a qualche metro di distanza con le mani sui fianchi, squadrando, con un pizzico di fastidio la ragazza che dormiva apparentemente tranquilla. L’espressione seccata gli durò solo qualche attimo sul suo viso abbronzato, dopotutto avrebbe dovuto aspettarselo, il profilo psicologico di quella ragazza diceva che era tenace e determinata fino all’inverosimile, e dunque non doveva sorprendersi si le mani le sanguinassero per aver sparato troppo. Per istinto si tolse il pezzo superiore della tuta e lo poggiò sul corpo della ragazza, ridendo di se stesso  e di quel gesto inutile, a volte dimenticava che era ancora capace di provare compassione, ma è compassione la parola adatta? Allontanò quei pensieri con una scrollata del capo, ma gli occhi finirono nuovamente per incrociare la figura della recluta che sembrava non essersi accorta di nulla.
“Sto perdendo tempo qui, piuttosto dovrei tornare a lavorare.”
Fece per andarsene muovendo qualche passo verso il cancello d’uscita ma non poté resistere all’impeto di voltarsi.
“Al diavolo”.
Biascicò sbuffando e tornando con passi veloci e decisi accanto a Jill. La contemplò ancora per qualche secondo, combattuto tra la decisione di lasciarla li o di portarla dentro, alla fine il lato buono che di solito rimaneva sopito all’interno del suo animo, di certo non gentile, lo spinse in avanti e con una facilità immane prese la ragazza tra le braccia, sorreggendola con una mano posata sotto le cosce e l’altra contro la schiena. In risposta, Jill reagì con un mugolio e si strinse contro il petto dell’uomo che poteva sentire il suo odore; sapeva di ammorbidente,  di saponetta e di polvere da sparo. Si trovò a sorridere, forse per una delle prime volte era un sorriso spontaneo senza doppi fini, non un ghigno, non un sorriso di scherno … un semplice sorriso. Non impiegò molto tempo a portare la ragazza di uovo all’interno del palazzo e la posò delicatamente su un materassino per le esercitazioni ginniche nella palestra vuota. Questa volta  Wesker si voltò, deciso ad andarsene a casa , quando qualcosa lo afferrò, trattenendolo. Lentamente voltò il capo e vide che la ragazza lo teneva per il pantalone e lo stava osservando con uno sguardo enigmatico. In realtà nella sua testa regnava una grande confusione data dall’essersi appena svegliata e soprattutto per aver percepito un odore sconosciuto sui vestiti, dopobarba..
“Ti eri addormentata fuori, ti ho portata in un posto dove non saresti morta di freddo…”
Spiegò velocemente come a discolparsi per il suo comportamento e per il suo gesto e rispondendo a tutti gli interrogativi che la recluta aveva in mente “Grazie”
Gli rispose a voce bassa Jill che aveva preso ad esaminare la giacca che le era caduta sulle gambe nel momento in cui si era aggrappata all’uomo
“Quella puoi tenerla, me la ridarai domani. Preferisco avere un agente vivo piuttosto che uno mezzo assiderato.”
Si fermò solo un istante prima di continuare.
“Piuttosto non ce l’hai una casa?” 
Ed eccolo di nuovo quel  tono di scherno che, prepotente, tornò a galla spezzando le speranze che la ragazza si era costruita nella mente, speranze che nemmeno lei sapeva bene da dove venissero, fosse davvero stava confondendo il gesto, dopotutto Wesker era pur sempre un suo superiore e come tale lei doveva imparare a rimanere al suo posto.
“Si”
Rispose solo abbassando gli occhi contrita e quando li rialzò l’uomo era scomparso nel nulla, inutile voltarsi a destra e a manca, era sparito con un velocità e in modo talmente silenzioso che Jill non si era minimamente accorta di nulla ed ora era rimasta a fissare il punto in cui prima c’era l’uomo. Deglutendo un fastidioso groppo di saliva che le era rimasto bloccato in gola si infilò il giaccone della tuta della STARS di Wesker, le stava grande eppure aveva un calore che non avrebbe mai e poi mai attributo al capitano.
“Ti stai sbagliando Valentine”
Mormorò stringendo le gambe contro il petto e circondandole con le braccia
“E' dovere tutto qui.. dopotutto perché dovrebbe importargli di te, sei solo una ragazza insignificante..”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1347902