Demon's Hunter

di Zwart Bloed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - New Partner ***
Capitolo 3: *** New Mission ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

Prologo

 

 

 

Qui Demon Hunter. Missione compiuta, demone ucciso. Ripeto, missione compiuta. Passo.

Aspettai la risposta dall'altra parte dell'auricolare prima di chiudere la chiamata e passarmi una mano tra i capelli.

Abbassai lo sguardo e diedi ancora una volta un calcio al corpo ai miei piedi prima di sparargli per quella che doveva essere la quinta volta. Alla fine divenne polvere, come tutti quelli della sua specie.

Mi incamminai per la via buia da cui ero venuta e rimisi la pistola nella cintura, dalla parte opposta della seconda. Avevo appena ucciso il ventiseiesimo Demone della settimana, un record dalle mie parti, battendo il precedente sempre fatto dalla sottoscritta.

Voltai l'angolo e raggiunsi la mia moto, una Kawasaki nero lucido, la accesi con un rombo e indossai il casco.

Collegai l'auricolare al telefono sulla moto, mi sistemai meglio sulla sella e partii.

Sfrecciavo sulla strada ad alta velocità, con il vento che mi scuoteva i capelli rimasti fuori dal casco. Notai però che la benzina stava finendo, perciò mi fermai in un autogrill a fare il pieno. Mentre mi stavano riempendo il serbatoio entrai nel piccolo bar e mi comprai una bibita.

Sfortunatamente, quando uscii era incominciata la pioggia. Macché pioggia, era un vero e proprio nubifragio.

Sbuffando pagai il benzinaio e me ne andai di nuovo, ricominciando a correre sull'autostrada. Poco dopo mi squillò il telefono e, vedendo il mittente sul display, accettai la chiamata.

Ciao, papà.– dissi con un sorriso. Dall'auricolare mi giunse una profonda voce maschile che mi salutava calorosamente.

Carissima! Com'è andata a Ginevra?– domandò l'uomo.

Devo dire che è andata meglio delle altre volte– risposi io con un certo orgoglio. Poco prima che papà mi potesse rispondere, però, sentii che lo chiamavano.

Mi hai di nuovo telefonato da una riunione?– lo accusai esasperata di quel mio padre così affettuoso. Mi sembrò quasi che sorridesse colpevole, mi aveva di nuovo chiamato in orario di lavoro.

E' una riunione poco importante, ci torno dopo..– cercò di giustificarsi. Risi, ripensando alla sua irresponsabilità.

Cammina papà, torna a lavorare!– lo sgridai bonariamente, anche se con la voce un po' storpiata nell'atto di girare una curva. Lui acconsentì e chiuse la chiamata, facendomi sorridere. Poi però il sorriso si spense a causa di un violento brivido di freddo dovuto all'acqua che mi entrava fin nelle ossa. Ero zuppa.

Per mia sfortuna dovetti viaggiare per altre tre ore. Alla fine, Avvistai all'orizzonte la sagoma nera di una città stendersi contro l'oscuro cielo illuminato dalla luna.

Rallentai una volta entrata nella città, ma continuai ad avanzare verso il centro sempre in moto, per sbrigarmi. Raggiunsi una locanda che sembrava piuttosto spenta e sciupata alla luce del lampione sulla strada. Parcheggiai qualche metro più in là, mi tolsi il casco e raccolsi i capelli nel cappuccio del giubbotto, nonostante entrambi fossero zuppi d'acqua; dopodiché entrai. Abbassai il cappuccio della felpa e con il casco sottobraccio mi diressi al bancone.

Ciao Demon, com'è andata la tua ultima spedizione?– mi chiese l'uomo panciuto e con un occhio bendato dietro il bancone, intento a pulire un bicchiere di vetro. Era Carm, uno dei migliori cacciatori di Demoni di prim'ordine ormai pensionato e migliore amico di mio padre. Fu tra i primi ad entrare nell'Organizzazione per cui lavoro.

Una meraviglia– gli risposi sorridendo. –Con questo fanno ventisei della Quinta Cerchia!– esultai. Un altro ragazzo, poco più grande di me, si voltò nella mia direzione.

Quinta Cerchia? Un nobile?– esclamò sorpreso, come molti nella sala.

Già, Lord Ledsar.

Un mormorio si diffuse nella stanza, e capii che la notizia aveva suscitato non poco scalpore. Purtroppo, non era una cosa positiva: cominciò a levarsi un mormorio sempre più insistente, mentre uomini e donne nella locanda mi si avvicinavano ponendomi domande sul Demone e sulla missione, ammirati. Cominciai ad arretrare, fino ad andare spalle al muro.

Ehi, lasciatela in pace!– li richiamò il barista, salvandomi. Lo ringraziai con lo sguardo, presi una sedia e mi sedetti al bancone.

Cosa ordini? Stasera offre la casa– mi disse Carm facendomi l'occhiolino.

Il solito, una birra fredda. Devo correre da papà, vuole un rapporto dettagliato sulla missione.– risposi io poggiando le braccia, e sopra di esse il mento, sul bancone. L'uomo mi sorrise, preparò la birra e me la consegnò. Io bevvi un sorso, lo salutai e imboccai l'uscita.

Ah, Demon!– mi chiamò di nuovo Carm. Mi voltai.

Sì?

Sei proprio una degna figlia di tuo padre.

Mentre uscivo dalla locanda sentivo le guance farsi calde, segno che ero arrossita.

Mi incamminai verso il centro della città, fino a raggiungere la base della Hunter Organizzation.

Davanti a me si ergeva un enorme edificio a sette piani, completamente nero come quasi tutte le altre costruzioni della città. Entrai nell'edificio e la cosa che notai subito fu l'agitazione tra il personale. Non che fossero nervosi o altro, solo non stavano cinque minuti fermi come al solito. Pensavo che dovevo essermi abituata a tutto quel trambusto, ma ogni volta mi faceva venire un'emicrania.

Che succede qui?– domandai alla receptionist. La donna mi squadrò a lungo prima di riconoscermi.

Oh, signorina Richards, ben tornata.– mi salutò cordiale. Si alzò dalla sedia dietro alla Reception e senza dire altro mi portò dritta all'ufficio di mio padre. Con un inchino se ne andò non appena raggiungemmo la porta.

Bussai tre volte, poi attesi. Dall'altra parte delle voci che parlavano animatamente si interruppero. Qualcuno mi aprì la porta e notai essere mio padre.

Figlia cara!– esclamò non appena mi vide. –Ben tornata!

Io risi.

Papà, non è passato nemmeno un giorno da quando ci siamo sentiti al cellulare!– replicai con un sorriso abbracciandolo. Notai poi un ragazzo dietro di lui, seduto davanti alla sua scrivania. –Stai lavorando?

Lui si separò da me e guardò il ragazzo, il quale si alzò. Aveva i capelli castano chiaro e gli occhi verdi. Mi porse la mano.

Piacere, mi chiamo Axel– disse lui. Io la strinsi e sorrisi.

Io sono..

So già chi sei, tuo padre mi ha parlato molto di te– mi interruppe lui ricambiando il sorriso. Papà arrossì.

Beh, accomodiamoci, ora. E adesso, mio tesoro, raccontami per filo e per segno cosa è successo a Ginevra– disse lui per cambiare discorso. Ci sedemmo tutti e io cominciai a esporre la mia missione in tutti i suoi dettagli.

Mio padre mi guardava concentrato, mentre Axel sembrava ammirato. Quando finii avevo la gola secca per il troppo parlare, ma sorridevo accarezzando distrattamente le mie due pistole.

Suppongo che tu ti voglia riposare, ora, vero angelo mio?– mormorò dolcemente mio padre. Fu il mio turno di arrossire, mentre il moro di fianco a me sorrideva abbassando lo sguardo, probabilmente per trattenere una risatina. Annuii distrattamente, salutai entrambi e me ne andai.

In effetti ero molto stanca, perciò mi diressi a casa mia. Abitavo dentro il grande edificio, ed avevo il penultimo piano più alto tutto per me, come appartamento.

Entrata, buttai il borsone accanto alla porta e mi diressi verso la mia stanza, poi mi buttai direttamente sul letto a braccia aperte. Nel comodino accanto vi era una piccola foto che come sempre ottenne la mia attenzione. Raffigurava tre persone: una donna adulta e due piccole bambine, perfettamente identiche tranne che per il colore dei capelli. Sorrisi malinconica.

La donna era mia madre, bionda e dagli occhi castani, di nome Samantha. Le due bambine eravamo io e mia sorella gemella. Io, con i capelli corvini al vento, sorridevo all'obiettivo, mentre mia sorella Callisto aveva un'espressione timida e chinava lo sguardo permettendo ai suoi capelli biondi di coprirle gli occhi color azzurri come i miei. Eravamo tutti molto uniti, proprio una famiglia bellissima. Penso al passato perché la mamma e Callisto sono morte.

Mi si strinse il cuore a quel ricordo. Le aveva uccise un Demone.

Io e mio padre ne soffrimmo molto, finchè lui non decise di dare una svolta alla nostra vita. Da allora io vivo solo con lui, Michael Richards, presidente e fondatore della Hunters Organizzation, l'Organizzazione segreta che combatteva contro le creature infernali. L'Organizzazione per cui lavoro. Io sono la Presidente del reparto contro i Demoni. Ogni volta che ne uccido uno è pura soddisfazione, perchè mi avvicino sempre più al giorno in cui ucciderò Lucifero in persona, l'assassino della mamma e di Callisto.
Io mi chiamo Calipso Richards. E sono la Demon Hunter.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - New Partner ***


 

 

1. New Partner

Nuovo compagno

 

 

 

Mi svegliai tardi quella mattina.

In realtà sarei rimasta ancora a letto, ma qualcuno bussava alla porta. Era già la quarta volta che bussavano, e quel qualcuno cominciava già a spazientirsi quando decisi di alzarmi.

Andai ad aprire, e vidi che era mio padre.

Ciao papà..– lo salutai. Con un sorriso entrò in casa. Chiusi la porta e andando in cucina gli chiesi se volesse un caffè.

Oh, intanto preparalo, ma aspetteremo un ospite per berlo– mi sorprese.

Che cosa?– esclamai. Papà sorrise di nuovo, ma non mi disse altro. Pensierosa, tornai in camera a cambiarmi dato che ero in canottiera e pantaloncini. Quando tornai in cucina, l'ospite era già lì.

Papà, ma perché qualcuno dovrebbe...– mi bloccai sulla porta. –Oh, ciao Axel.

Il ragazzo mi salutò con un cenno del capo, mentre papà mi fece segno di sedermi. E io che pensavo che quella fosse casa mia.

Presi posto in mezzo ai due uomini.

Allora, a che si deve questa visita?– domandai al castano. Lui indicò mio padre.

Ne so quanto te. Domandalo a lui– mi disse, prima di rivolgersi verso l'uomo personalmente. –Allora, signor Richards..

Chiamami solo Michael– rise lui.

Michael, perchè mi ha fatto venire qui?– finì di domandare. Michael assunse un'espressione leggermente più seria.

Di' a mia figlia chi, o meglio, cosa sei, Axel– gli ordinò soltanto. Aspetta, ma che senso aveva quella domanda? Axel non era forse umano?

Dalla perplessità nel viso del giovane, però, non sembrava proprio così.

Io.. Io sono un Angelo senza Ali– esordì, guardando la tazza di caffè di fronte a lui. Sgranai gli occhi. Un cosa?

Fu esattamente quello che gli chiesi.

Un Angelo senza Ali, cioè un simile dell'Angelo Caduto– mi spiegò. Sgranai gli occhi ancora di più se possibile. Gli Angeli Caduti erano al servizio di Lucifer. Lo guardai truce, ma mio padre non sembrava così all'erta. Che stava succedendo?

Sta calma– mi disse Michael, intuendo la mia reazione. –Non è al servizio del Demonio.

Lo guardai scettica, spostando lo sguardo da lui all'Angelo.

Ah no?– risposi. –Ti sei dimenticato forse chi sono i componenti della Terza Cerchia?

Tra gli Angeli Caduti e gli Angeli senza Ali c'è una differenza essenziale, Calipso.– mi interruppe. Mi alzai da tavolo.

Sì, come no.– replicai scettica.

Papà continuò come se non avessi parlato.

Questa differenza fa sì che scelgano anche la parte da cui schierarsi. Dopo che Dio strappa le ali dagli Angeli e li fa cadere, i primi decidono di accogliere Lucifero come padre, e a loro crescono un nuovo paio d'ali, ma nere. I senz'Ali, invece, decidono di rifiutare il Demonio e non possono più volare. Al posto delle loro ali rimangono solo delle orribili cicatrici rosse. Axel e tre suoi compagni fanno parte di quest'ultima categoria.– spiegò a voce alta.

Oh, sì certo. E lui pensava che a me bastasse quello? Guardai Axel, truce, e notai che dalla sua espressione era profondamente triste e offeso.

Decisi di non insistere oltre riguardo a cosa fosse, ma non certo per bontà. Semplicemente ora mi interessavano altre cose.

Cosa centra che cos'è con il perché si trova qui?– domandai quindi. Michael sospirò, mentre Axel teneva ancora lo sguardo basso, mortificato.

Si da il caso che d'ora in poi sarete Partners.– annunciò dopo un attimo di tensione. Che scoppiò appena quella frase fu pronunciata.

CHE COSA??– urlammo insieme io e Axel. Io ero indignata, lui sorpreso.

Ma cosa ti viene in mente, papà?!– sbottai rossa di collera. Non ricevetti risposta e decisi di uscire a prendere un po' d'aria.

Mi allontanai dal tavolo e presi la mia pistola dalla sedia accanto.

Calipso, dove vai?– mi domandarono.

Via da qui– risposi uscendo e sbattendo la porta violentemente.

 

Me ne andai in terrazza e rimasi ad osservare il paesaggio di quella città perduta. Faceva piuttosto freddo.

Sentii un rumore alle mie spalle e mi voltai di scatto puntando la mia fidata pistola verso il disturbatore. La abbassai subito dopo, era Axel.

Che ci fai qui?– gli domandai aspra. Se volevo stare da sola dovevano lasciarmi in pace. Ma l'angioletto non sembrava intenzionato a farlo. Mi guardava deciso e agitato insieme, quasi come se volessi dirmi qualcosa ma non ci riuscisse.

Risi cinica, prima di dirigermi verso la porta. Fui però fermata da una mano forte che mi afferrò il polso.

Aspetta!– mi bloccò Axel. Guardai prima lui, poi il mio polso che liberai con uno strattone. Non mi piaceva essere toccata da uno sconosciuto. Questo sembrò demoralizzarlo.

Che vuoi?– gli domandai solo. Esitò per svariati minuti, tanto che stavo di nuovo perdendo la pazienza.

Perché mi odi?– riuscì a sussurrare infine. Sembrava ferito, e per la prima volta da chissà quanti anni mi sentii in colpa di odiare uno come lui.

Per quello che sei..– gli risposi, cercando di non far notare la lieve incertezza nella mia voce. In quel momento non mi sembrava la risposta giusta a quella domanda, anche se era così almeno per me. Axel sorrise e si appoggiò alla balaustra di marmo del terrazzo. Nei suoi occhi la tristezza era aumentata.

Per quello che sono..– mormorò, facendo da eco alle mie parole, guardando il cielo. –Nessuno sceglie quello che è..

Era vero in un certo senso. Non si può scegliere quello che si è, ma si può scegliere ciò che si vuole diventare. Io ad esempio avevo scelto di diventare una Cacciatrice di Demoni. Ma era veramente quello che volevo diventare?

Dammi una possibilità– riprese poi all'improvviso, distogliendomi dai miei pensieri. Stavolta mi guardava veramente deciso. Lo guardai sorpresa. Come può qualcuno cambiare così velocemente?

Per cosa?– commentai, non avendo capito le sue intenzioni.

Per quello che ci ha detto Michael. Per il fatto che da oggi sarò il tuo partner.

Per poco non scoppiai a ridere, poi mi accorsi che non faceva ridere. Io non avrei mai avuto un partner, stavo benissimo da sola. Non mi serviva un altro tizio tra i piedi, un Angelo Caduto. O senz'Ali che fosse.

Te lo scordi– replicai. –Io sto bene da sola. Sono arrivata a questo punto esclusivamente da sola. Comprendi, cocco?

Non essere arrogante– mi ammonì lui. Eh, no. Gli rivolsi un'occhiata assassina.

Non sono arrogante. Sono realista.– ribattei. Nessuno poteva rivolgersi così a me; nemmeno mio padre ci provava. Mi avvicinai a lui. –Non osare sfidarmi, angioletto. Non te lo consiglio.

Axel ghignò. Rispose alla mia provocazione sporgendosi verso di me.

Non ti sto sfidando, ragazzina.– rispose sussurrando. Sgranai gli occhi e gli ringhiai contro. Ragazzina? RAGAZZINA??

Brutto...– cercai di contenere la marea di insulti che avrei voluto urlagli e per un attimo sembrai riuscirci, ma Axel assunse un'espressione particolarmente derisoria e io persi le staffe. Gli urlai contro per una buona mezz'ora.

Allora me la concedi o no questa possibilità?– sospirò infine, sorridendo. Rimasi con la mandibola a terra. Non potevo crederci, mi aveva ignorata! Mi prendeva in giro e neanche ascoltava la mia risposta! Ero tentata di dirgli no; anzi probabilmente l'avrei fatto. Ma dovevo mettere che aveva fegato e una grande sfacciataggine.

Prova a rallentarmi, e sei morto.– ordinai infine. Axel sorrise contento e soddisfatto. Suo malgrado se la meritava una chance.

Agli ordini, capo– esultò a modo suo, continuando a sfottermi. Gli lanciai un'occhiata divertita stavolta e proprio mentre stavo per andarmene mi venne in mente una domanda.

Axel..– gli domandai, fermandomi all'entrata. Il ragazzo mi prestò la sua attenzione.

Sì?

Come mai ti hanno strappato le ali?– fu la mia richiesta. Sul suo volto passò un'ombra.

Beh, per essere cacciati da Sopra devi infrangere delle regole. Ad esempio non devi avere rapporti con gli umani, non devi abbandonarti alle loro guerre..– cominciò lui, con sguardo assorto. Lo risvegliai.

Lo so. Intendo, quale di queste regole hai infranto?– lo interruppi, svelta. Arrossì di colpo, lasciandomi perplessa.

Una delle cose più gravi e difficili a cui rimediare.– disse distogliendo lo sguardo da me e sorpassandomi. Si fermò a un passo dalla porta. –Mi sono innamorato della mia protetta.

Detto questo se ne andò, lasciandomi confusa.

 

Neanche due giorni dopo ci spedirono in missione a Como. Ovviamente ci andammo con la mia moto e ovviamente guidavo io.

Arrivammo verso le tre di pomeriggio, e il sole era già alto. Prendemmo una stanza in un hotel per aspettare che calassero le tenebre.

Allora,– mi disse Axel. –Qual'è il piano?

Bevvi un po' d'acqua dalla bottiglietta prima di rispondergli.

I Demoni sono creature oscure, prediligono la notte. Ovviamente, organizzeremo una trappola. Io sarò la solita vittima di quei mostri, tu poi attacchi per primo e io uccido il secondo tizio.– spiegai brevemente lanciandogli la bottiglia. Alzò un sopracciglio in risposta.

Cosa vorresti dire con la solita vittima?– domandò. Sospirai. Fortuna che essendo Angelo doveva sapere tutto perché ci aveva visti da Lassù.

I Demoni hanno un metodo di cacciare particolare. A volte, la loro caccia è relativa al solo sesso, altre al solo sangue, altre ancora relative ad entrambi. In poche parole, i nostri nemici ci proveranno con me e, pensando che io sia una comune umana come fingerò, abbasseranno la guardia quel tanto che ci permetterà di farli fuori.– spiegai ancora. Se mi chiedeva qualcos'altro di ovvio sarei impazzita.

In realtà, Axel si incupì soltanto come se fosse contrariato. Da lì in poi non parlammo molto, eravamo occupati a pensare ai fatti nostri.

Erano le nove di sera quando decisi che era arrivato il momento giusto per attaccare. Feci un cenno all'Angelo e uscii dall'hotel. Avevo solo una borsa con me e feci il giro dei negozi più vicini, dovevo pur passare il tempo, no? Solo verso le dieci, ormai con le vesciche ai piedi ma ancora in forze, conclusi il mio giro e cominciai a vagare per le vie della città. Il mio personaggio era quello della turista persa. Un luccichio cremisi mi fece sobbalzare, e capii che mi stavano seguendo. Dentro di me esultai, avevano abboccato fin troppo facilmente.

Accelerai un poco lanciando delle occhiate preoccupate alle mie spalle. Ogni tanto si vedevano ancora quei luccichii fino a che non comparvero sei ragazzi bellissimi. Sobbalzai rimanendo nel personaggio, ma una volta di spalle aggrottai la fronte. Non erano previsti così tanti Demoni.

Osservai meglio la strada e notai un cunicolo scuro. Quando vi passai accanto notai che vi era un settimo Demone. “Le cose si complicano..” pensai, indietreggiando e cominciando a correre. Lanciai un'occhiata ai tetti sui quali Axel saltava agilmente, e soprattutto silenziosamente, per starmi dietro. Con lo sguardo mi chiese il permesso di intervenire, preoccupato, che io gli negai.

Senza rendermene conto superai di qualche metro il parcheggio dove avevo lasciato la mia moto, e svoltai in un secondo cunicolo. Ma era un vicolo cieco.

Mi bloccai guardando con astio quel muro che mi impediva la via di fuga. Però non era ancora tutto perduto; se non altro i Demoni credevano sul serio di potermi vincere senza difficoltà.

Ehi, piccola..– mormorò il primo Demone biondo, entrando nel cunicolo avanzando verso di me. Dentro di me ghignai: nonostante gli imprevisti la trappola sarebbe continuata e avrei vinto io. Inoltre dovevo aver un'espressione davvero spaventata a giudicare dal bel ghigno sui volti dei sette. Guai a chi mi avesse detto che non sapevo recitare.

Chi s-siete?– balbettai, prendendo a tremare. Il biondo era ormai ad un passo da me. Mi sfiorò la guancia, provocandomi dei brividi di gelo. Cercai di scappare, in realtà lo finsi, e quindi lui mi bloccò con le spalle al muro. Mi sfiorò con le labbra il collo, aumentando la paura.

Tranquilla, piccola, non ti faremo del male...– sussurrò, facendo ridere gli altri, mentre mi posava una mano sulla coscia e stringeva. Fu il momento adatto.

Lanciai un'occhiata ad Axel e puntai di colpo la mia pistola al petto del biondo. Ora non tremavo più.

Io invece sì– dissi prima di sparare. La distanza ravvicinata fece sì che il proiettile trapassasse il suo petto e colpì il Demone dietro di lui, uccidendo entrambi. Ricaricai la pistola e la puntai contro il terzo, sparando due volte, mentre gli altri se la davano a gambe. Axel ne fece fuori due dal tetto su cui stava prima di sparire. Io invece mi misi ad inseguire gli ultimi a piedi.

Sentii il rumore di un motore a me conosciuto e mi voltando continuando a correre. Ghignai divertita e irritata allo stesso tempo. Axel stava guidando la mia moto, probabilmente aveva preso le chiavi in hotel. Quando mi passò accanto saltai sulla sella con lui e cominciammo a inseguirli più velocemente.

Erano molto veloci e ogni tanto davano fuoco ad alcuni cestini per bloccarci, tipico potere dei Demoni.

Fu facile prenderli, però: dopo due curva arrivammo in una piazzetta e con una sbandata di Axel saltai dalla moto rotolando a terra. Mi rialzai su un ginocchio e sparai due soli colpi. Morti, uno preso sulla testa, l'altro sulla schiena.

Che precisione– mi lodò Axel. Sorrisi stizzita, rialzandomi in piedi e spolverandomi i vestiti. Lo spostai dal mio posto e mi sedetti davanti a lui, mettendomi il casco però.

Abbiamo fatto in fretta.

Mi voltai ancora verso di lui, prima di accendere il motore del motorino spento.

Tsk. Spero che tu non consideri questa missione come la tua prova. Era maledettamente facile– gli dissi deridendolo. In realtà non volevo ammettere che mi aveva piuttosto stupito per la sua prontezza. Axel rise e mi afferrò la vita con un braccio per reggersi e non cadere dalla sella. Rise contro i miei capelli mossi dal vento.

Presto dovrai imparare ad avermi tra i piedi, mia cara.– replicò più che deciso, con un tono tra il derisorio e l'amareggiato che mi confuse. Gli rivolsi solo un'ultima domanda a bruciapelo.

Chi era la tua protetta?

All'inizio sembrò stesse per rispondere, ma dovette capire il trucco perchè non me lo disse.

Fatti gli affari tuoi– mi rimproverò bonariamente mentre entravamo in autostrada. Ridemmo insieme. Non glie l'avrei data vinta così facilmente, mi promisi.



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Ebbene sì, eccomi qua con un nuovo capitolo (che sarebbe anche il primo dopo il prologo) Di Demon's Wife.
So che alcuni di voi non hanno capito il titolo, ma fidatevi, non sono pazza. Centra con la trama anche se non sembra.
Lo capirete più avanti u.u adesso godetevi sto capitolo e commentate in tanti mi raccomando!
Un ringraziemento speciale a S_Anonima_E, LailaOsquin, AnnabelletheGhost, Secretly_S e Shikame Nanake per aver recensito il prologo.
Ringrazio inoltre AryaDaughter, LailaOsquin, Secretly_S e Winter Wendy per aver messo la storia tra le seguite.
Vi invito anche a fare un salto a questo bellissimo forum: 
http://fantasygate.forumcommunity.net/
Al prossimo capitolo,
Aredhel Of Dorthonion 

 

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Capitolo 3
*** New Mission ***


 

 

2. New mission

Nuova Missione

 

 

 

Dovetti ammettere però che Axel ci sapeva davvero fare con i combattimenti. Ben presto arrivò la sua prova, contro dei Demoni della Quinta Cerchia, e collaborando come una squadra ne uccidemmo sei in una settimana, insieme a molti altri. Ora dovevo solo comunicargli che era diventato il mio partner, purtroppo.

L'occasione di parlargliene la trovai in uno dei pomeriggi di novembre. Era il nostro giorno libero e lo stavamo passando a casa mia a leggere alcuni rapporti dei miei sottoposti.

Bene,– dissi poggiando i fogli che avevo in mano. –E' ora di parlare un po' della tua chance.

Axel, seduto nello stesso posto sul divano che occupava da due settimane a questa parte -per inciso, non dormiva a casa mia, veniva da me solo quando dovevamo leggere quei fottuti rapporti-, distolse lo sguardo dai fogli bianchi relativi alla nostra ultima missione e mi fissò sorseggiando il suo caffè.

Cosa c'è?– domandò perplesso, ma alzando la guardia. Gli rivolsi uno sguardo eloquente per fargli capire che non c'erano trabocchetti, stavolta. Sì, è vero, non ho saputo resistere. Ogni tanto gli facevo delle domande a bruciapelo per sapere qualcosa in più sulla sua vita da Arcangelo.

Axel, infatti, è stato uno dei principali Arcangeli di Dio il quale si è innamorato della sua protetta e a cui sono state strappate le ali. Ma insisteva a non volermi dire chi diamine era costei.

Hai superato la prova– dissi soltanto, quasi noncurante. Ripresi a leggere un rapporto del ragazzo di circa vent'anni che mi aveva tartassato di domande qualche tempo fa al bar di Carm, fingendomi distratta ma aspettando comunque la sua reazione. Axel sembrò non capire, e rimase perplesso per circa dieci minuti buoni prima di afferrare il senso della frase. Che cretino. Poi improvvisamente capì e i suoi occhi si illuminarono.

Davvero?– chiese. Mi domandai perché ne fosse tanto contento, infondo era solo un posto di lavoro! Mah.

Davvero davvero.

Quando alzai lo sguardo sussultai ritrovandomelo davanti, era più vicino di quanto pensassi. E si era mosso piuttosto in fretta. Deglutii davanti al suo sorriso.

Ora dovrai seriamente imparare ad avermi tra i piedi– scherzò sedendosi al tavolo dov'ero appoggiata. Io mi alzai, mollando i fogli e prendendo un bicchiere d'acqua, Axel mi aveva spaventata. Bevvi tutto in fretta, rischiando quasi di strozzarmi.

Tutto bene?– mi chiese il ragazzo, preoccupandosi. Voltandomi gli feci la linguaccia e tornai a bere. Appena finito poggiai il bicchiere di vetro sul lavandino e mi girai.

Sto benissimo, solo che ho avuto un mancamento quando hai detto che ti avrò tra i piedi. Sarà un'esperienza davvero terribile– scherzai poggiandomi una mano sulla fronte con fare teatrale. Il moro alzò un sopracciglio, scettico, poi entrambi scoppiammo a ridere.

 

Passammo la serata di nuovo sommersi di lavoro, finendo verso le due del mattino entrambi con una tazza di caffè in mano.

Sono a pezzi..– si lamentò il moro passandosi una mano sulla faccia. Lo squadrai. –E non sei il solo– aggiunsi sorseggiando ancora il caffè. Essendo ormai freddo, però, mi alzai e lo versai nel lavandino, poi presi i fogli sul tavolo e li misi dentro la cartella che avrei dovuto consegnare tra circa sei ore a mio padre. Mi buttai sul divano, subito seguita a ruota dal ragazzo.

Ma come fai a sopportare questi orari?– mi chiese con voce incredula. Gli lanciai un'occhiata, sbadigliando. Ghignai, pensando alla risposta ma dicendo tutt'altro.

Hai delle occhiaie oscene– lo sfottei. Mi incenerì con gli occhi, prendendo un cuscino e lanciandomelo in faccia.

Da che pulpito– borbottò incrociando le braccia. Scoppiai a ridere, trattenendo un altro sbadiglio e appoggiai la testa allo schienale del divano. Sbadigliai di nuovo, e pensai che se l'avessi fatto ancora mi si sarebbe slogata la mascella. –Secondo te c'è qualcosa di interessante in TV alle due di notte?

Squadrai Axel con un sopracciglio alzato. –Ma che cazzo dici?– fu la mia risposta. Presi il cuscino che mi era stato lanciato e lo appoggiai ad uno dei braccioli del divano, sdraiandomi in seguito e portando le gambe sopra lo schienale. –Ti pare che c'è qualcosa di interessante a quest'ora?

Scusa, era per chiedere– replicò lui dandomi un pizzico sulla coscia. Lamentandomi gli picchiai il tallone in testa, e lo scalciai via dal divano ridendo. –Sta ferma!– sbottò alla fine il moro, divertito, mentre mi afferrava le caviglie e mi tirava verso di sé. Non appena il suo volto fu sopra il mio, però, si bloccò arrossendo un poco. Anch'io smisi di ridere, colorandomi, e rimasi a fissare i suoi occhi verdi. –Calipso, io...– cominciò, ed ero certa che senza nemmeno rendersene conto si stava avvicinando ancora. Il mio cuore batteva fortissimo, ma all'ultimo mi ritrassi liberandomi le caviglie e mettendomi a sedere. Sospirammo entrambi, e non parlammo più per l'intera serata. Verso le tre di notte mi addormentai, quasi spontaneamente, sul divano in sua compagnia e mi risvegliai alle otto. Aprii gli occhi piano, assonnata e stanchissima.

Fottutissima sveglia– borbottai prendendo un cuscino a lanciandola verso il mio telefono che stava sul comodino. Mi accorsi di essere appoggiata a qualcosa, e che la mia mano sinistra stava appunto stringendo qualcosa. Mi voltai lentamente, capendo di aver dormito con la testa sulla spalla di Axel e che gli stavo tenendo la mano.

Scattai in piedi, sconvolta, e mi presi la testa tra le mani. –Porca miseria, che casino..– mormorai poggiando una mano sul fianco e l'altra sulla fronte. In quel momento anche il moro si svegliò e mi lanciò uno sguardo perplesso.

Che succede?– mi chiese vedendomi un poco agitata. Presi un respiro profondo per tranquillizzarmi e minimizzai la situazione con un gesto della mano. Andai verso il mobiletto della cucina e presi un bicchiere d'acqua svuotandolo in un soffio. Mi ritrovai Axel alle spalle e in quel momento fui seriamente irritata dal modo silenzioso in cui muoveva. –Tutto bene?– domandò con premura. Gli lanciai un'occhiata, schioccando la lingua.

Dobbiamo consegnare i rapporti a mio padre, andiamo– gli ricordai prendendo le mie due pistole e il giacchetto di pelle nero. Lo indossai mentre scendevo le scale e guardai alle mia spalle per vedere se l'Angelo mi stava seguendo. Andammo dritti all'ufficio di mio padre e bussai in fretta come al solito. Dopo un paio di minuti papà venne ad aprirci e ci salutò con un sorriso mentre finiva una telefonata.

Sì, sì, ne riparleremo in Riunione– assicurò alla persona dall'altra parte del cellulare. –Sarà tra cinque giorni esatti, proprio così. No, non la Riunione, la missione! Ci conti, signor Presidente, ci vedremo lì– sospirò infine chiudendo la chiamata e lasciandosi andare sulla poltrona dall'altra parte della scrivania. Ci guardò sorridendo, notando la borsa con i rapporti.

Chi era al telefono?– domandai con curiosità. Michael liquidò l'argomento con un gesto della mano.

Il Presidente degli Stati Uniti– rispose, alzandosi per prendere un libro dalla libreria alla sua destra. –Voleva sapere quando si terrà la Riunione con gli altri capi del Governo mondiale, nulla di importante. Vogliono essere messi al corrente della situazione con le Creature Infernali.

E di quale missione stavi parlando?– intervenne Axel, curioso quanto me. Gli lanciai un'occhiata e lui fece spallucce.

Tra cinque giorni ci sarà un'importantissima spedizione nell'Irlanda del Sud, contro un gruppo di mostri che vi si sono stabiliti– rispose, tornando serio, e sedendosi di nuovo. –Calipso, esigo che entro questi cinque giorni tu insegni ad Axel ogni cosa su i mostri Infernali, in quanto suppongo lui sappia quanto serve solo per i Demoni. Voi due verrete con noi.

Con noi?– ripetei io bloccando una domanda del moro sul nascere.

Ci saranno tutti i presidenti dei vari rami dell'Organizzazione, ed essendo tu responsabile del reparto Demoni devi essere presente. Axel, in quanto tuo partner, sarà costretto a seguirti– rispose, ma dal suo tono mi pareva più un ordine che una normale frase di risposta. Lo guardai strano, e papà guardò me.

Quanto sarà pericoloso?– domandò Axel. Lo ignorammo entrambi, concentrati.

Di quali stiamo parlando?– dissi io, invece, cupa. Michael sospirò, passandomi il libro che aveva preso. Osservai attentamente la copertina, irrigidendo la mascella. Si trattava di Hell scritto dalla nostra Organizzazione per far capire meglio alle Matricole a quale gioco avevano deciso di giocare. Lo passai ad Axel, che sfogliò un paio di pagine, perplesso.

A cosa ci serve?– chiese, scorrendo velocemente l'indice. Sospirai.

Ci saranno tutte le Otto Cerchie– rispose dopo molto tempo l'uomo dall'altra parte della scrivania. Un lungo brivido mi corse lungo la colonna vertebrale. Sapevo che l'Angelo vicino a me era solo confuso, perché probabilmente non capiva la gravità della situazione.

Saremo pronti– feci, alzandomi in piedi. Lasciai la cartella sul tavolo e con un cenno dissi ad Axel di alzarsi anche lui, poi guardai mio padre con decisione. –Tra cinque giorni– ripetei, prendendo un altro respiro profondo. Uscimmo dal suo ufficio e mi fermai in corridoio solo perché il ragazzo mi aveva preso per un polso.

Non ci ho capito un cazzo di questa storia, sai?– esordì con voce seccata. –Puoi concedermi una spiegazione?

Scrollai come mio solito il polso, aggrottando le sopracciglia. –Andiamo, coraggio– dissi, riprendendo a camminare. –Tra cinque giorni andremo nell'Irlanda del Sud a sterminare un gruppo di Demoni che si è stabilita lì. La situazione è molto grave perché ci sono componenti dalla Prima all'Ottava cerchia, e questa è la seconda volta in trentanni che accade– spiegai.

Io sapevo che ce ne fossero nove, di Cerchie Demoniache– mi interruppe.

E' così, infatti, ma nessuno ha mai visto Lucifero di persona, salvo...– stavolta mi interruppi spontaneamente, mentre il cuore mi si stringeva in una morsa di dolore.

Salvo?– mi incoraggiò il ragazzo a continuare. Lo guardai storto.

Nessuno– mi contraddissi. –Non si conosce quale sia il suo reale aspetto, e si pensa che nessuno verrà mai a saperlo, a meno che non muoia subito dopo.

Ci allontanammo di nuovo, ritornando a casa mia, e appena entrati lanciai il libro sul tavolo. Mi sedetti sul divano ed accesi la televisione, mettendomi a girare i canali appena cinque secondi dopo aver visto che programma c'era. Sentii il moro sedersi accanto a me, ma non volli voltarmi.

Mi stai facendo venire mal di testa– disse Axel con voce piccata. Continuai a cambiare canale.

Non mi interessa– gli risposi, seria. Allora, contrariato, cercò di strapparmi il telecomando di mano, ma io di contro opposi resistenza cercando di allontanarlo. Il risultato? I nostri visi furono di nuovo vicinissimi mentre lui cercava di raggiungere il mio polso destro per afferrarlo e prendere possesso del telecomando. –Staccati– ansimai stringendo la mascella. Lui fece schioccare la lingua, stanco, e si sporse di nuovo per riuscire a prenderlo.

Spegni quella televisione!– urlò notando che mentre stavamo lottando io continuavo a cambiare canale. Scossi la testa, voltandomi di schiena per alzarmi dal divano, ma il moro mi prese per i fianchi ributtandomi su di esso. Presa di sorpresa riuscì a strapparmi il telecomando di mano e spense l'apparecchio. –Finalmente!

Gli lanciai un cuscino contro, alzandomi lo stesso e notando che avevo le guance calde. Mi diressi in cucina e aprii il frigorifero, dato che non avevo fatto colazione, e presi un bicchiere di latte. Ne svuotai uno subito, ma ne presi anche un secondo. –Se bevi così veloce ti strozzerai– mi ammonì il ragazzo raggiungendomi, e così avvenne. Mi andò il sorso di traverso e mi piegai in due tossendo.

Idiota– tossii versandogli il resto del latte in faccia. Posai il bicchiere nel lavandino e gli indicai dove fosse il bagno, ma non si mosse.

Ma che hai oggi?– domandò invece, incrociando le braccia.

Nulla che ti interessi– lo zittii. Lo guardai di nuovo, e vederlo con i capelli appiccicati alla fronte dal latte che gli gocciolava sulle guance mi fece scoppiare a ridere di gusto. Crollai su una sedia, ridendo e il moro si finse offeso.

Ehi, che hai da ridere?– chiese, stizzito. Tentai di parlare, ma ridevo troppo, così alla fine presi la bottiglia d'acqua e gliela svuotai in testa per togliergli il latte. Smisi un poco di ridere, appena il necessario per parlare. –Ma sei pazza?!

Sporco di latte eri davvero comico– gli dissi sorridendo con le mani sui fianchi. Lui mi guardò con un'occhiata assassina e indicò la propria maglietta fradicia.

Sono zuppo, cosa cazzo centra– replicò. Scrollai le spalle.

Te l'ho detto dove sta il bagno, vatti a dare una sciacquata, non so– feci, noncurante. Appena se ne fu andato con uno sbuffo mi misi ad asciugare il pavimento che si era bagnato per colpa dell'acqua che gocciolava dal corpo di Axel.

Fatto questo, presi Hell e mi sedetti di nuovo sul divano cominciando a leggere. Sapevo già tutto quello che conteneva, in fondo io stessa avevo un bel po' di capitoli, ma in ogni caso rileggere mi diede una sensazione di nostalgia. Ricordavo che avevo appena tredici anni quando sparai al primo Demone, ed ero vicino a mio padre che mi proteggeva. Gli avevano graffiato una spalla ed era caduto a terra sanguinante, così io avevo preso la sua pistola e avevo premuto il grilletto per puro istinto di sopravvivenza. Da quel giorno mi ha addestrato a combatterli, e sono diventata quella di ora.

Senza rendermene conto passarono due ore, ma Axel era improvvisamente scomparso. “Forse è ancora in bagno” mi dissi, ma nessuno rimaneva così tanto in bagno. Mi alzai dal divano lasciando lì il libro e mi diressi verso il corridoio. Controllai nella mia stanza, in quella degli ospiti e nello sgabuzzino, ma non v'era traccia di lui. Alla fine mi rimase solo la porta bianca del bagno e sospirando bussai.

Axel, sei lì dentro?– feci non sentendo nessun rumore. Sentii il moro che ridacchiava.

No, sono un fantasma– mi prese in giro. Lo insultai mentalmente, pensando che era più bella la prima impressione che avevo avuto di lui, cioè quella di un ragazzo carino e dolce. Non poteva certo piacermi di più ora che lo pensavo come uno un po' stronzo. Sbuffai, scocciata.

Posso entrare?– domandai e lo sentii ridere di nuovo.

Se proprio vuoi– rispose, enigmatico. Mi chiesi cosa diamine volesse dire con quella frase, ma aprii comunque la porta e feci per parlargli, solo che mi bloccai all'istante, sconvolta. Axel era di fronte a me, poggiato al lavandino di schiena, completamente nudo fatta eccezione per l'asciugamano bianco che lo copriva dall'inguine al ginocchio. Paralizzata e con la bocca aperta, percorsi tre volte tutto il suo profilo scolpito prima di annaspare in cerca dell'aria che mi mancava. –Va tutto bene?– mi sfotté lui notando l'effetto che mi aveva fatto. Sentivo le guance in fiamme e il cuore battere all'impazzata, ma non riuscivo a togliere gli occhi di dosso da quel corpo... Angelico.

Presi un bel respiro, poi afferrai la prima cosa che avevo sottomano -lo shampoo- e glielo lanciai contro. Sapevo che aveva i riflessi pronti, ma mi irritò comunque quando afferrò il flaconcino senza farsi nulla e mosse un paio di passi verso di me. –Ti sei fatto la doccia in casa mia?!– sbottai, ancora rossa di vergogna. Ecco perché rideva, quello stronzo.

Mi avevi completamente inzuppato, dovevo pur cambiarmi no? E poi avevo ancora il latte nei capelli, così mi sono fatto una doccia e sto aspettando che si asciughino e i vestiti– ghignò. Strinsi i denti e feci per dargli uno schiaffo, ma mi bloccò il polso. –Aha, non ci provare– mi ammonì, avvicinandosi di più. Con uno strattone mi liberai e richiusi la porta con un tonfo.

Sei un bastardo!– urlai. Axel rise di nuovo.

Ma tu mi stavi mangiando con gli occhi, non negarlo!– replicò. Mi venne voglia di colpirlo ancora, ma non volevo rischiare mio malgrado di rimanere per la seconda volta paralizzata.

Vai a farti fottere!– gridai, dunque. Mi allontanai velocemente dal bagno e tornai in salone, presi le mie due pistole, le misi nella cintura e scrissi un biglietto per quel coglione di Axel. Detto questo lo rilessi, ed uscii. Il biglietto diceva:

 

Caro coglione,

Se mi cerchi sono nella palestra nei sotterranei, nel

reparto per le pistole. Sto sparando a quelle sagome

di cartone immaginando che la testa di ognuna di esse

sia la tua faccia.

A dopo,

Calipso

 

Scesi dunque nei sotterranei, salutando di tanto in tanto qualche collega mio o di mio padre. Ad un certo punto, arrivati al reparto che mi interessava, fui fermata da Carl.

Che ci fai qui?– domandai con un sorriso, sorpresa di vederlo alla base. Lui scrollò le spalle.

Oggi ho chiuso il locale per riposarmi un po' e fare una visita a tuo padre– mi rispose. Poi si guardò intorno come per cercare qualcuno. –Ma dov'è il tuo ragazzo?

Arrossii di nuovo, balbettando. –Il mio.. Il mio ragazzo?! Io non ho un ragazzo!– replicai, scioccata. Carl mi guardò perplesso, poi comprese.

Ah, quindi l'Angioletto non è il tuo ragazzo?– domandò, e io scossi la testa con forza. –Peccato, state bene insieme.

Borbottando un saluto a mezza voce mi allontanai, piccata, e raggiunsi il reparto che mi interessava e presi le cuffie che mi avrebbero protetto i timpani dal rumore degli spari. Registrai le mie due pistole -Eris ed Iris- come ogni giorno e presi posto alla mia fila. Mi comparve davanti la prima sagoma di cartone e sparai tre colpi, staccandogli la testa di netto. La stessa sorte dovette subire la seconda, mentre la terza fu bucata al centro del petto.

Continuai così per un'ora di fila, finché al posto di immaginarmi unicamente la testa dell'Angelo al posto delle sagome non rividi anche il suo petto scolpito. Deglutii togliendomi la visiera e le cuffie ed appoggiandomi al muro. Sentivo di nuovo le guance bollenti e il sudore che mi colava dalla fronte non mi aiutava di certo.

Sentii improvvisamente un brivido sul collo. –Buh– mormorò qualcuno al mio orecchio, facendomi sobbalzare. Mi voltai puntando la pistola di destra, cioè Eris, contro questo qualcuno e caricai il colpo non appena riconobbi Axel con quel suo ghigno derisorio. –Ti ho fatto paura?– domandò fingendosi premuroso ed innocente. Premetti di più la canna sotto il mento del ragazzo, che non si tolse quell'espressione dal viso. Strinsi i denti, reprimendo il desiderio di sparare sul serio sapendo che era solo un capriccio dovuto alla giornata stressante, e lo lasciai andare.

Vaffanculo– mormorai, rimettendo Eris nella cintura e cercando di allontanarmi. Però il ragazzo mi abbracciò da dietro stringendomi i fianchi e gli lanciai un'occhiata inceneritrice. –Mollami.

Hai saputo che secondo alcuni siamo fidanzati?– ghignò lui, invece. Mi baciò la guancia con un sorriso, e sapevo che lo faceva per farmi incazzare, ma comunque non riuscii a trattenermi. Mi voltai spingendolo via con le mani sul petto, e lo feci ridere. –Ehi, partner, mi sembri nervosa oggi.

Ehi, coglione, smettila di sfottere e rimetti i piedi per terra– replicai, acida. –Non so cosa ti prenda oggi, ma prima mi prendi in giro, poi ti fai la doccia in casa mia e nemmeno mi avverti.

Dillo che però t'è piaciuto– mi interruppe.

No, non m'è piaciuto. E come ultimo punto mi blocchi domandandomi se sapevo che per alcuni siamo fidanzati, ma ti sei drogato?– continuai. Lui mi lanciò un'occhiata divertita, ma sembrava lasciar perdere per il momento. Per fortuna. Tornammo a casa mia, anche se mi chiedevo perché mi stesse seguendo, e dato che avevo bellamente saltato il pranzo ed erano circa le sei di sera presi a preparare la cena. –Hai intenzione di andartene o mi perseguiterai anche stasera?– sbottai infine vedendo che mi teneva d'occhio seduto su una sedia. Vederlo mi costava ancora un po' di fatica, perché se incrociavo i suoi occhi mi tornava in mente l'episodio al bagno. Lo sentii sospirai e mi parve che fosse meno divertito di prima.

Sei molto arrabbiata?– domandò, davvero con dolcezza questa volta. Gli lanciai un'occhiata, confusa dal suo continuo mutare comportamento, e annuii.

Anche offesa, dopo il modo in cui mi hai preso in giro tutto il giorno– aggiunsi. Il moro si alzò dal tavolo e mi allontanò con gentilezza dai fornelli.

Allora lascia che mi faccia perdonare– propose. –Oggi cucino io, mentre tu spiegami meglio come sono fatti i Demoni. In fondo devi farlo comunque, dato che te l'ha chiesto Michael.

Lo fissai in silenzio, ma alla fine cedetti. Sbuffando tornai a sedermi e poggiai la guancia sul braccio, cominciano a raccontare mentre lui sorrideva. 

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