Reverse

di aliasNLH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove la situazione non è tanto male... Di più. ***
Capitolo 2: *** Dove tutto sembrava andare così bene ***
Capitolo 3: *** Quando si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver appena chiesto aiuto alla concorrenza ***
Capitolo 4: *** Quando ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il povero, piccolo zio Sev ***
Capitolo 5: *** Quando – finalmente – tutto sembra andare per il meglio ***
Capitolo 6: *** Pace. Finalmente ***
Capitolo 7: *** Dove tutti loro sperano – disperatamente – che tutto stia ancora andando per il meglio ***
Capitolo 8: *** Fuori Controllo ***
Capitolo 9: *** Dove si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro chi ***
Capitolo 10: *** Mai nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri! ***
Capitolo 11: *** Sotto a chi tocca ***
Capitolo 12: *** La piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora c’è qualcuno che non se ne accorge ***
Capitolo 13: *** Dove ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti ***
Capitolo 14: *** Rimedi e Lezioni di Vita ***
Capitolo 15: *** Dove tutto sembra ricominciare da dove si era interrotto. Forse… ***
Capitolo 16: *** Prima pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena. Pirla! ***
Capitolo 17: *** Ad occhi chiusi ***
Capitolo 18: *** La resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Dove si parla di fine, relazioni e morsi ***



Capitolo 1
*** Dove la situazione non è tanto male... Di più. ***



                     Reverse.

 
 
[Dove la situazione non è tanto male… Di più!]
 
    «Così non si può andare avanti, lo capisci vero?» Hermione Granger, Caposcuola e presunta (perché quanto ci sia di vero, nell’affermazione a seguire, è ancora tutto da chiarire) migliore amica del Salvatore del Mondo Magico della loro generazione.
    Altresì definito Harry Potter.
    Ma dal suo punto di vista potete anche dimenticarvi del nome.
    Perché, il sempre sopracitato Potter, si trovava nella condizione di finire a marcire in un angolo del castello sotto forma si spirito vagante. E si sa che gli spiriti vaganti non hanno un nome.
    Solo soprannomi.
    Che ne pensate di Sfregiato? (No, a chiunque se lo chiedesse, non è stata un’idea mia. Un biondino di passaggio me l’ha suggerito in cambio di una piccola proroga della sua comparsa. Povero, non aveva finito i compiti di Pozioni).
    «Non vedo il problema» Harry Potter, stravaccato su una delle poltrone della Sala Comune, stava leggendo una copia del Cavillo che qualcuno – probabilmente Ginny – aveva dimenticato davanti al camino.
    «Non capisci…?»
    Ron si chiese se non fosse il caso di alzarsi dalla comodissima poltrona, che lo ospitava da ormai un paio d’ore – quando quella discussione era cominciata – e andare a pararsi tra quei due. Davvero, non capiva nemmeno lui il problema.
    Chissà cos’aveva tanto da lamentarsi Hermione.
    In fondo Harry aveva solo sfottuto il furetto brillantinato e si erano rotolati per un po’ senza che nessuno li fermasse. E poi il moro aveva rimediato solo un occhio nero e un graffio sulla guancia.
    Il Serpeverde invece aveva qualche ciocca di capelli in meno ed entrambi gli occhi pesti.
    Era una buona azione quotidiana.
    «La Professoressa McGranitt ha tolto duecento punti a Grifondoro. Duecento» ripeté, raggiungendo toni che mai aveva sfiorato prima. Persino Neville, impegnatissimo a leggere l’ultima uscita di Pollice Verde – la Bibbia per chiunque anche solo apprezzasse Erbologia – alzò gli occhi per un nanosecondo.
    «Tanto i punti che perdo li recuperi tu subito» alzò le spalle Harry, deciso a non farsi deconcentrare da tali quisquilie. I Paddelngton United avevano perso un’altra partita, accidenti.
    «Ma ti sembra una cosa su cui contare?» strillò scocciata la mora, altrettanto determinata a non lasciare cadere la questione.
    «Perché? È vero».
    «Ronald! Tu non intrometterti!» Ron decise saggiamente di battere in ritirata. Quando Hermione lo chiamava a quel modo gli ricordava troppo sua madre e lui, povero, troppi traumi infantili non li poteva più sopportare. Doveva tenersi qualcosa per l’adolescenza.
    «Insomma Harry!» esclamò per l’ennesima volta.
    Nessuno ne poteva veramente più.
    Non Neville che aveva alzato nuovamente la testa dal libro per sospirare affranto. Non Ginny, che era tornata a recuperare la propria rivista e aveva sentito quanto era stato detto negli ultimi due secondi, decidendo che ne aveva già abbastanza e che se ne sarebbe tornata in camera. Al diavolo la nuova ricetta per la lozione dei capelli.
    Non Seamus e Dean, che passavano più tempo dietro ai casini che stavano nascendo piuttosto che al loro personale divertimento, e quello non era affatto giusto.
    Né Hermione, che ne aveva fin sopra i capelli, e questo era tutto dire.
    Non Ron, nonostante si divertisse da morire nel vedere il Malfuretto uscirne malconcio.
    Sì, perché non passava giorno che quei due idioti non si mettessero le mani addosso. Sfortunatamente togliendole solo dopo aver lasciato dei souvenir non esattamente graziosi all’altro.
    «Mi spieghi perché?» sbottò alla fine Hermione, dopo un paio di minuti di snervante silenzio, mentre sperava che Harry riflettesse sull’accaduto – quando in realtà stava contando quanti galeoni aveva perso nella scommessa con Seamus, sui Paddelngton –.
    «Perché, cosa?» chiese invece questi distrattamente, sfogliando la rivista fino ad arrivare al capitolo dedicato ad una miracolosa lozione per capelli, si stava giusto chiedendo se avrebbe potuto aiutarlo nel domare il cespuglio – l’ultima battuta di Malfoy l’aveva colpito nel profondo del suo spirito estetico – che si trovava in testa.
    «Non mi dire che non mi stavi ascoltando?» i ricci abitualmente arruffati della ragazza sembrarono diventare ancora più aggrovigliati e selvaggi. Fu solo per forza dell’abitudine che Ron si mise sulla difensiva, chiudendo le gambe e tirandosi indietro.
    «No» ammise ingenuamente, chiedendosi oltretutto di cosa diavolo stesse parlando.
    «Non mi ascoltavi…»
    La catastrofe.
 
***
 
    «Stai decisamente superando il limite, te ne rendi conto, vero?» Pansy Parkinson non è mai stata la pazienza fatta persona, ma quel giorno somigliava più che mai ad una Banshee inferocita dopo che il cantante di turno le ha soffiato la scena al festival della Cultura Musicale del Mondo Magico.
    E tutto per quel decerebrato teppistello biondo che si ostinava a scarrozzarsi dietro da anni con il nomignolo di migliore amico.
Altrimenti detto Draco Malfoy.
    E se ne fregava altamente del suo secondo nome.
    «Non capisco proprio a cosa ti riferisci» fu la serafica risposta che la raggiunse da oltre la spalliera del divano, dove Draco Malfoy se ne stava comodamente sdraiato e apparentemente in pace con il mondo intero.
    Pansy ebbe come l’impressione che i capelli le si sollevassero con la sola forza della rabbia.
    «Non capisci?» strepitò «oggi la McGranitt ci ha tolto duecento punti per la tua bravata ai danni di Potter».
    «Li hanno tolti anche a loro» liquidò la questione con una scrollata di spalle rilassatissima.
    «E così adesso ci troviamo terzi dopo Tassorosso!!»
    «E Grifondoro è quarto. Non va bene?»
    «No che non va bene! Non è una gara solo con i Grifondoro!  Di questo passo rischiamo di non vincere la Coppa delle Case nemmeno quest’anno!!»
    «Tanto i punti che perdo ce li ridà Piton con gli interessi» altra scrollatina di spalle, e per un momento Pansy si chiese da chi avesse imparato un gesto tanto rozzo «non ti preoccupare».
    «Ma ti sembra un ragionamento da fare?»
    «Perché? È vero».
    La mora avrebbe veramente desiderato prendere di peso il biondino e gettarlo nel bel mezzo della foresta proibita senza bacchetta, una candela in testa e con un cartello che diceva “Venite a mangiarmi, sono buono”.
    Daphne e Theo si guardarono per un breve momento prima di tornare ognuno alla propria occupazione: strappare i petali di una margherita carnivora per sapere se il suo amore l’amava o meno (il fatto che lui non ne fosse ancora a conoscenza non importava, i Grifondoro dovevano essere sempre gli ultimi a sapere) e stilare una lista di bevande illegali che sarebbero dovute essere imbucate alla prossima festa clandestina.
    Nessuno dei presenti quindi poteva prestare seriamente orecchio alle lamentele che la ragazza strillacchiava da ormai un’ora. Dove cavolo erano gli stupidi di Serpeverde quando servivano? Tiger e Goyle, tanto per fare un esempio. Quelli sì che sarebbero rimasti ad ascoltare il suo monologo – perché rifiutava di considerare le risposte di Draco come parte della conversazione – come fosse la Madonna di Lourdes.
    «Dove diavolo è quel rincoglionito di Blaise?» sbottò alla fine.
    «Cos’è? Aspetti che io non sia nei paraggi per insultarmi?» eccolo l’altro ingrato migliore amico, che insieme al teppista biondo la facevano dannare un giorno sì e l’altro pure.
    «Dov’eri? Non hai idea di quello che-» cominciò ad alzare la voce la mora, abbandonando per un momento il fianco della piaga numero uno e piazzandosi con le mani sui fianchi davanti alla numero due. Per quel giorno almeno.
    «Lo sai che così somigli proprio alla madre di Weasley?» scosse la testa seriamente, come fosse sinceramente sconcertato dal fatto «E le rughe non è che siano omaggio-»
    «Tappati quella fogna» sibilò, interrompendolo.
    «Ma si può sapere cos’è successo?» chiese finalmente il moro, vedendo lo stato dei capelli di lei e le facce scure dei compagni – eccetto ovviamente il loro ingrato Caposcuola che, nonostante fosse stato eletto grazie al loro appoggio, non faceva un fico secco dalla mattina alla sera – (e dire che Blaise l’aveva detto che sarebbe stato meglio eleggerne un altro, ma no….Silente non da mai ascolto a nessuno).
    «È successo» Pansy sembrava veramente sforzarsi di non gridare qualcosa d’inappropriato per una ragazza di buona famiglia quale era «che quel decerebrato biondo che ci portiamo dietro ci ha appena fatto perdere altri duecento punti. Dico, duecento! E tutto perché non ha saputo resistere al saltare addosso a Potter».
     E poi Blaise si chiedeva perché mai le sfighe non sembrassero venire mai da sole.
    Qualcuno aveva mai provato a chiudere Draco in una stanza e dimenticare accidentalmente la chiave? Avrebbe sicuramente giovato a molti.
    «Draco…» il tono scelto da Blaise era forse l’unica cosa in grado di smuovere il biondino. Più che altro perché gli faceva nascere il desiderio di prenderlo per il collo e rispondergli per le rime «possibile che tu non riesca a stargli lontano? Lo odi a tal punto da volerlo vedere morto e vedere te ad Azkaban? Lo so che adesso che i Dissennatori sono stati rieducati è diventato un luogo più vivibile, ma non credo tu voglia veramente-»
    «Tappati quella fogna, Blaise» sibilò mettendosi a sedere e fulminandolo, gli occhi chiari carichi di promesse che il moro sperò seriamente non sarebbe mai riuscito a mettere in atto.
    «Blay ha ragione» Merlino grazie, Pansy tornò alla ribalta, riportando l’attenzione (e i desideri omicidi) nella sua direzione «questa storia deve finire. O tu ti chiarisci con Potter-»
    «Quello può pure schiattare che io gioirei ballando il tiptap con degli stivali chiodati sulla sua tomba».
    «Wow…» non che Blaise avesse molto altro da dire riguardo alla poetica dell’amico.
    «Lo immaginavo» continuò la ragazza, come se l’interruzione non fosse mai avvenuta «l’alternativa è ignorarlo completamente. Sii superiore e trattalo con aristocratico sdegno, come fai con tutti gli altri».
    Draco mugugnò qualcosa contrariato e tornò a sdraiarsi, posando un braccio sugli occhi. Poggiandolo delicatamente, i lividi stavano cominciando a farsi sentire. Evidentemente avrebbe preferito la seconda opzione, alzò le spalle Blaise, facendo per imboccare il corridoio per le camere.
    Anche Pansy sorrise soddisfatta, accingendosi a riprendere in mano il libro che stava leggendo un attimo prima di venire a conoscenza del disastro.
    Peccato solo Tiger e Goyle avessero deciso di entrare proprio in quel momento in Sala Comune, dopo essere stati a trafugare la dispensa di Piton di pozioni guarenti per il povero principe, confabulando tra loro l’accaduto.
    «…e l’hai sentito quello che ha detto poi, no? Quel Potter».
    «Già, che Malfoy non gli aveva fatto niente».
    «Potter ha detto CHE COSA!?»
    Pansy si unì a Blaise (e ad ogni singolo Serpeverde presente in Sala) in un gemito disperato.
    Decisamente non se ne poteva più.
    E fu la catastrofe.
 
 
Ho appena finito di postare Verrat e già arrivo con una nuova storia su Draco e Harry (che sia una malattia?). Se devo essere sincera non credo che queste due storie possano essere più diverse (se non fosse per il fatto che hanno gli stessi attori, si potrebbe dire che non abbiano praticamente niente in comune), ma ho pensato che – per la mia salute mentale – un po’ di sano romanticismo (?) e del comico facciano più che bene.
Chi leggerà vedrà (se sopravvive).
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 2
*** Dove tutto sembrava andare così bene ***


 
 
                     Reverse.
 
 
 
[Dove tutto sembrava andare così bene]
 
    «C’è qualcosa che vorresti dirmi?»
    Ron alzò gli occhi al cielo reprimendo l’istinto di sbuffare e palesare il suo stato d’animo. Hermione lo avrebbe preso a pugni, come minimo.
    In questo momento infatti, stava curvata sul tavolo della Sala Grande, i capelli semiraccolti ad un niente dalla ciotola di yogurt che campeggiava tra lei e Harry.  Il quale Potter se ne stava seduto con la schiena curvata all’indietro, nel palese quanto infantile tentativo di sfuggire alle richieste, sempre più pressanti, di quella che si avviava a diventare la sua ex migliore amica.
    «No, Hermione, non devo dirti nulla» sillabò azzannando – perché non c’era altro modo di definire la brutale decapitazione di quel povero biscottino in pan di zenzero – quello che gli rimaneva nel piatto il più velocemente possibile, nella speranza di scappare in fretta a lezione.
    Fregandosene del fatto che lo aspettavano niente meno che due ore di Pozioni, seguite poi da altre due di Divinazione e una di Erbologia – giusto per finire in bellezza la mattinata –.
    «Io vado» si affrettò a raccogliere i libri che si erano sparsi per terra quando aveva lasciato cadere la borsa senza alcun garbo, sotto la panca «devo ripassare prima della lezione» e, con uno scatto degno del suo ruolo di Cercatore, si dileguò tra gli studenti che erano appena scesi a mangiare.
    Nella speranza di essere riuscito a distanziare la mora.
    E colpendo qualcuno con la spalla mentre si trovava all’altezza del portone.
    «Ehi!» il ragazzo che aveva accidentalmente colpito lo trattenne per un braccio «Vedi di stare attento quando camini!»
    «Scusa» bofonchiò Harry, raccogliendo i libri che gli erano caduti prima di alzare lo sguardo per guardare in faccia l’altro «non ti avevo visto mi disp-» il moro sgranò gli occhi un momento prima di fare un secco passo indietro – imitato dal ragazzo che gli mollò il braccio con la stessa veemenza – come si fosse scottato.
    Davanti a lui stavano Draco Malfoy, i capelli perfettamente in ordine e l’espressione che diventava man mano più disgustata ogni secondo che passava; Blaise Zabini, attorniato da uno o due paia di ragazzine dei primi anni che lo ammiravano con gli occhi a cuoricino, e Pansy Parkinson, che si era messa sulla punta dei piedi per vedere meglio cosa mai avesse potuto interrompere il solitamente solenne – e continuo – incedere del loro Caposcuola.
    «Ah, sei tu Malfoy» la voce del moro trasudava disprezzo «ad averlo saputo di avrei colpito più forte»
    «Ma tu sentilo questo stronzetto…» sibilò il biondo, arrossendo dall’indignazione «vedi di abbassare a cresta, Sfregiato» l’odio intriso era il medesimo, così come la noia e la preoccupazione dei rispettivi amici – tranne le ragazzine adoranti che non avevano mollato Zabini per un attimo.
    «Granger» salutò il moro Serpeverde vedendola avvicinarsi ad Harry con le sopracciglia aggrottate, seguita da altri Grifondoro, scorta abituale del Ragazzo-che-non-sopravviverà-ad-altre-punizioni-della-McGranitt, imitato dal cenno del capo di Pansy «Weasley, Paciock».
    «Zabini» annuì solennemente questa, imitata in modo meno formale dagli altri due «anche stamattina non ce ne risparmiano una, vero?»
    «Puoi dirlo forte, Granger» Pansy sospirò rassegnata, scuotendo la testa stancamente «come se ieri non fosse stato abbastanza».
    «Io non so se riusciremo a resistere ancora molto a lungo con così pochi punti» Hermione adocchiò alle clessidre, in bella mostra dietro la vetrina dall’altra parte della Sala Grande «di questo passo non riusciremo a racimolare nemmeno i punti sufficienti per mantenere il diritto di rimanere nelle nostre Case».
    «Miseriaccia, mi sembra incredibile credere sia unicamente colpa di questi due» Ronald non sapeva se continuare quella conversazione ricca di inutili constatazioni o avvicinarsi al suo migliore amico e cercare di scollarlo da Malfoy. Non sapeva il perché, ma aveva come l’impressione che da un momento all’altro gli si sarebbe attaccato al collo.
    «Chiedimi scusa prima che ti faccia rinchiudere per oltraggio alla pubblica decenza» Malfoy ringhiò quelle parole ad un niente dal naso del moro.
    «Peter Parker indosserà una calzamaglia rosa shocking prima che io chieda scusa ad uno come te»  ricambiò Harry con altrettanta veemenza, puntando le mani ai fianchi e piegandosi a propria volta per guardarlo negli occhi. Detestava quella parte da quando Malfoy era cresciuto in altezza più di lui.
    «Chi diavolo è Peter Parker?»
    «Una persona troppo importante perché tu la conosca, Mangiamorte».
    Hermione alzò gli occhi al cielo rassegnata al dover nuovamente intervenire mentre gli altri scuotevano la testa desolati. Davvero Ron non riusciva a capire come mai dovessero litigare ogni singola volta. Oltretutto iniziavano a diventare monotoni.
    «Scommetto due galeoni che adesso parla di suo padre» Blaise si chinò leggermente verso Ron, esternando perfettamente la sua stessa linea di pensiero.
    «Mio padre era un Mangiamorte, Potter, e nel caso la cosa ti fosse sfuggita io sono stato scagionato da tutte le accuse» sibilò chiaramente alterato «sottospecie di Grifondoro ritardato. Cerca di pensare prima di aprire quella tua boccaccia».
    «Hai un bel tatuaggio sul braccio, serpe rincoglionita, sempre se tu te ne sia reso conto ovviamente» storse il naso Potter, sorridendo come ad evidenziare l’ovvio.
    «Non trattarmi come un deficiente Potter, non quando devi continuamente ripetere a te stesso che lo sei, tutte le mattine. Cosa fai? Te lo dici davanti allo specchio?»
    «No, Malfoy» rispose sarcastico quello «quello sei tu che baci il tuo riflesso».
    «Questa è pesante» socchiuse gli occhi Blaise serafico, mentre si toglieva un inesistente granello di polvere dalla divisa «colpirlo nell’orgoglio».
    «Il mio riflesso» tremò appena la voce del biondo, osservando il sorrisino di derisione sulla faccia dell’odiato compagno di scuola «il mio… Potter, sei morto» le dita si contrassero come desiderasse stringerle attorno al collo dell’altro. Cosa che effettivamente avrebbe fatto se un lampo verde argento non fosse piombato tra loro strillando.
    «Signor Potter, Signor Malfoy, cosa sta succedendo qui?» Minerva McGranitt sembrava troppo agitata per essere solo le sette e mezza della mattina «Non un’altra delle vostre liti spero».
    «Certo che no, Professoressa» iniziò, con un secondo di troppo di ritardo, Harry adocchiando il biondo al suo fianco «no».
    «Molto bene, signor Potter» annuì seccamente la donna, lanciando occhiate indagatorie tutt’intorno  «allora vi suggerisco di andare a lezione».
    «Subito professoressa, ci scusi» si affrettò a dire Hermione, imitata da una Pansy sempre più scocciata dal comportamento dell’amico che, afferrato anche Blaise, li spinse fuori dalla Sala, ignorando ogni sua protesta e ogni suo: “Ma io non ho ancora fatto colazione”.
    «Andiamo» aggiunse poi Hermione agguantò il proprio, di amico, e lo trascinò con sé seguita a vista da Neville e Ron, tutti diretti alla stessa lezione.
    Pozioni.
 
***
 
    «Mi devi ancora delle scuse».
    «Cruciati, Malfoy».
    «Dopo di te, Potter».
    «Oppure magari preferiresti un bel bagno di sangue, no?»
    «Solo se il tuo».
    «Non ci tengo a condividere qualcosa con te».
    «La morte men che meno».
    «Finalmente d’accordo su qualcosa».
    «Me ne compiaccio» una lenta voce strisciante s’intromise tra le prima due, facendo sobbalzare i loro proprietari e sospirare molte altre all’unisono. Quelle di tutti gli altri studenti del settimo anno di Serpeverde e Grifondoro, per l’esattezza.
    «P-professore».
    «Faccia silenzio, Signor Malfoy, la prego» Severus Piton non avrebbe mai creduto sarebbe mai arrivato il giorno in cui avrebbe desiderato che il suo figlioccio svanisse dalla faccia della terra, almeno il tempo necessario perché il suo mal di testa evaporasse. Si portò due dita a stringersi la radice del naso facendo violenza su sé stesso per evitare di mostrare eccessivo attaccamento alla sua vena sadica. E ad eliminare Potter sotto gli occhi dei ficcanaso senza una vita sociale che lo circondavano. Maledetti studenti.
    «E lei, Signor Potter, se non fosse perché è certo sia colpa sua se la pozione sta prendendo il colore riprovevole che ha ora, darei a lei e al Signor Malfoy un voto tanto basso da far impallidire i risultati ottenuti in Babbanologia da Bellatrix Lestrange».
    «Ma Profess-»
    «Dieci punti in meno per Grifondoro, Signor Potter. Per la tua incapacità di lavorare in gruppo».
    «Prof-»
    «Altri dieci punti» ghignò il professore compiaciuto dalla situazione. Era sempre uno spasso avere quel ragazzo a lezione; ovviamente tolta l’astrusa somiglianza con il padre e il disturbante colore dei suoi occhi «vogliamo andare avanti così, Signor Potter o preferisci che ti sbatta fuori dall'aula e ti mandi diritto dal Preside con una punizione che ti farà rimpiangere il non essere rimasto a perdere punti?»
    Harry strinse i pugni, desiderando poter spaccare la faccia al ragazzo biondo e ghignante accanto a lui. E anche a Piton ovviamente, per averlo messo in coppia con lui per quella stramaledetta Pozione del Controllo.     E anche per fargliela pagare per i punti sottratti, chiaramente. Mica solo per Malfoy. non era certo lui il centro dell'Universo.
    Ah, quanto desiderava potergli spaccare la faccia.
    «Signor Potter, è ancora tra noi?» la voce melliflua dell'uomo lo riscosse dai suoi sogni di vendetta, obbligandolo ad alzare gli occhi su di lui «Desidera forse che le tolga altri punti, Potter?»
    «No, Professore. Mi perdoni».
    «Altri cinque punti, Signor Potter» sibilò l'uomo allontanarsi e tornando a veleggiare per i banchi a terrorizzare altri poveri ignari Grifondoro «per non aver capito che la mia era una domanda retorica. Spero così di aver colmato la sua ignoranza».
    Harry cercò di evitare di saltare addosso al Professore per strappargli tutti quei suoi capelli unti uno per uno. Così come dovette farsi violenza per evitare di saltare addosso al momentaneo collega di lavoro.
    E se avesse sentito nuovamente l'espressione "Signor Potter", avrebbe dato di matto.
 
***
 
    «Signor Potter, sei con noi, caro?»
Reprimendo l'istinto di lanciare qualunque cosa avesse in mano in direzione di quella voce, Harry alzò gli occhi dalla sfera di cristallo - quella che, per l'appunto, teneva mollemente nella mano destra - e volse lo sguardo in direzione dell'insegnante.
    «Mi scusi professoressa» borbottò in direzione di una Cooman meno eterea e mistica del solito, in favore ad un'espressione vagamente accigliata.
    «Che idiota che sei, Potter» un sussurrò da poco più in basso lo costrinse a tornare a fare quello che stava facendo prima di venire richiamato anche da una svampita come quella. fissare in cagnesco al nuca di Malfoy, nel banco al gradino di sotto. Ignorando chiaramente che la sopracitata nuca si voltava verso di lui ogni momento in cui Blaise Zabini - l'elegantone dalla divisa personalizzata, amico sempre della stessa nuca di prima - ridacchiava ad indicare che Potter non lo stava fissando in quel preciso attimo.
    «Cruciati Malfoy» gli sibilò ignorando tutto il resto che non fosse il Principino viziato delle Serpi e le sue parole.
    «Stai diventando monotono, Potter. Vedi di cambiare registro» ghignò in risposta «oppure devo iniziare a credere che tu non sia in grado di fare più di questo?»
    «Scusa se uso la mia capacità intellettiva per altro che non sia tu, Malfoy»
    «Vedi di fare poco lo spiritoso, Potter» sibilò voltando anche il busto, altre che solo il viso, in direzione del Grifondoro «non sei divertente nemmeno la metà di quanto credi».
    «E tu non sei superiore proprio per niente» rispose allo stesso tono il moro «a questo punto mi chiedo perché mai io stia perdendo tempo con uno come te».
    «No, idiota, la domanda la pongo io a te, non certo viceversa» sibilò il biondo alterato.
    «Non sforzare quel tuo cervellino da furetto, Malferret. Non ne caverai nulla di buono se non un mal di testa per l'improvviso sforzo».
    «Ti credi spiritoso, vero?»
    «Anche questa è vecchia. Riaggiornati».
    «Harry, basta, smettila» Ron cercò di arginare la follia divagante con un falso tono serio – perché diavolo Hermione doveva decidere, oramai quattro anni or sono, di mollare proprio Divinazione? Fosse stata lì in quel momento avrebbe saputo cosa dire.
    «Draco» Blaise ammonì l’amico alzando teatralmente gli occhi al cielo e sospirando rassegnato. Se solo Pansy non avesse deciso di fare sega e si fosse presentata alla lezione, ci sarebbe stato qualcuno in grado di tenere il principino viziato sotto controllo. Sia pure con due ceffoni e la promessa di bruciare tutti i libri di vampiri – il cui sopracitato principino aveva collezionato con la speranza di rivenderli a tre volte il loro prezzo.
    «Suicidati, Malfoy. Ti sembra più originale questo?» strinse i pugni Harry, lampeggiando pericolosamente dagli occhi.
    «Tutto qui?» storse il naso Draco, in un chiaro gesto di superiorità.
    «Fottiti, Malfoy!»
    «Spiacente, non mi piace farlo da solo» rise quasi quello, cogliendo anche fin troppo bene il doppio senso.
    «Non ti aspetterai che qualcuno ne abbia veramente voglia e sia lì ad aspettarti, vero?» arrossì furiosamente Harry, gesticolando «Chi mai vorrebbe un frigido stoccafisso come te?»
    «Questo è troppo!» gridò Malfoy, alzandosi all'improvviso e lanciandosi su Harry con le mani protese verso la sua faccia e le dita contratte come a mostrare quanto impellente fosse il desiderio di stringerle attorno a qualunque parte del corpo del moro e strappargli la carne con le unghie.
    Harry rispose con un ghigno e un ringhio analogo a quello che emise Draco nel saltare.
    La professoressa Cooman lanciò uno strillo terrorizzato prima di svenire drammaticamente sul suo tavolino
    «Sturati la bocca quando parli con me, Furetto» stava intanto gridando Harry, le mani sulle braccia di Malfoy mentre rotolavano giù per i gradoni dove erano seduti, tra le urla spaventate di molti Tassi e quelle infuriate di Blaise – perché nella loro rovinosa discesa gli avevano rovesciato la borsa con i suoi indispensabili vestiti di ricambio, ora totalmente imbrattati di inchiostro anti copiatura.
    Nel frattempo i due contendenti avevano raggiunto la fase di stallo – oltre che il pavimento gelido della torre non coperto da pulciosi tappeti – in cui si cerca di soffocare l’avversario, intrecciati peggio che nodi marinari e con numerose estremità punzonate ficcate qua e là.
    «Attento a dove tocchi, idiota» strillò Harry nel sentire una mano anche fin troppo ben identificata scendere – ovviamente nel tentativo di colpirlo – tra le sue gambe.
    «Ma a che diavolo sta pensando il tuo cervello malato, Sfregiato?» rispose soffocato l’altro (perché Harry gli stava tenendo il collo con un braccio) mentre annaspava e arraffava con le mani in luoghi che mai avrebbe voluto toccare – ovviamente – per liberarsi.
    «Se proprio devi pensare ad un cervello, Malfoy, non usare il tuo! Altrimenti ne senti la nostalgia»
    «Vedi di moderare i termini, Potter!»
    «Non darmi ordini, Malfoy!»
    Gridarono in contemporanea. Grido coperto da un altro – decisamente meno maschile e assolutamente più maturo degli strilli da loro prodotti fino a quel momento. Un grido che aveva il sapore dei bei tempi andati – e che se si sarebbe andati avanti così, dei tempi futuri.
    «Cinquanta punti in meno, Signor Potter» Minerva McGranitt, implacabile nella sua tenuta da mago verde e infuriata nelle sue parole «cinquanta anche per lei Signor Malfoy. E ora filate dritti in infermeria a curarvi le vostre ferite. E sappiate» aggiunse con gli occhi lucidi di eccitazione – almeno secondo il modesto e imparziale parere di Draco Malfoy «che quando vi sarete rimessi vi aspetterà una punizione tale da farvi perdere il desiderio di litigare per l’eternità».
 
***
 
    «Così non si può continuare» fu la prima cosa che Hermione – tenendosi la testa tra le mani – disse quando Ron, con il supporto di Blaise e Neville, gli raccontò dell’accaduto alla lezione successiva. In risposta alla legittima domanda di lei sul perché Harry non fosse presente. Se non altro, in ogni caso, la sua reazione fu infinitamente più controllata rispetto a quella di Pansy – che era stata dovuta essere trattenuta da Theodore e Belby per evitare che scappasse in infermeria ed evirasse il presunto migliore amico.
 
 
Benebene, ecco a voi il primo vero capitolo (considerate l’altro un po’ come un prologo, dai…)
La situazione è tutt’altro che rosea e quei due non sembrano prendersi minimamente la briga di capire che con il loro comportamento non arriveranno da nessuna parte (ovvero alla camera da letto invece che in infermeria) ma questo dettaglio teniamocelo per noi, che ne dite?
Un grazie a Rowan936 che è la prima a recensire (vai, continua così) e ci vediamo al prossimo!
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 3
*** Quando si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver appena chiesto aiuto alla concorrenza ***


 
 
                     Reverse.
 
 
[Quando si è messi talmente tanto male che ci si accorge di aver appena chiesto aiuto alla concorrenza]
 
    «De affectuum commutatione potionem» proclamò Hermione sbucando da dietro uno scaffale della libreria, adibita a sala studio, dove una buona parte degli studenti era solita riunirsi per studiare – o meglio, far fiorire un giro di affari illegali, alcolici e nuove conoscenze.
    La ragazza aveva riunito i suoi amici più fidati – quelli che non sarebbero andati a ridacchiare da Harry nel caso il piano che aveva in mente sarebbe andato in porto, vale a dire Ron e Neville – e aveva spedito quest’ultimo alla ricerca dei due Serpeverde che, sempre lei, aveva ritenuto i più adatti a sapere. O i più bisognosi, a seconda dalle interpretazioni.
    Per quel motivo, ad un’ora indecente – nel pomeriggio, alla fine di tutte le lezioni, quando ci si poteva stravaccare sulla poltrona a dire che sì, anche quel giorno si era sopravvissuti – Hermione Granger, Ronald     Weasley, Neville Paciock, Pansy Parkinson e Blaise Zabini si trovavano in biblioteca – dove il sacro the verde delle cinque, il preferito da ogni Serpe di buona famiglia che si rispetti, non era ammesso.
    A dire la verità c’erano anche altri due ragazzi, ma vennero lasciati in disparte a bisticciare come criceti per un seme di girasole.
    E se la quasi totalità degli studenti fissava la scena a bocca aperta, i due unici che avrebbero dovuto veramente preoccuparsi dell’improvvisa situazione si accorgevano a mala pena dell’esistenza della scuola in cui erano.
    «Potter, il nodo della tua cravatta fa orrore».
    «Sarà bello il tuo. Ma l’hai visto? Sembra un vermicello con il gesso».
    «E i tuoi capelli sembrano un nido di un qualche non ben identificato uccello. Allevi picchi, Potter?»
    «Fottiti Malfoy».
    «Sembri un selvaggio. Oppure lo sei diventato perché quel poco che rimaneva del tuo cervello è stato bucato dal tuo simpatico affittuario?»
    «E tu allevi mucche, Furetto?»
    «I miei capelli sono perfetti idiota».
    «Ma io non ho detto nulla sui tuoi capelli. Siamo furetti nervosetti, Malfoy?»
    «Cruciati Potter».
    «Perché invece non stai zitto?»
    «Perché altrimenti mi annoierei a non fare nulla» esclamò come fosse la cosa più naturale del mondo – scassare le scatole al suo acerrimo nemico, perché non aveva null’altro da fare se non cercare di convincere i suoi amici (e dell’acerrimo nemico) a far partire accidentalmente un paio di maledizioni nella loro direzione. In quel periodo gli Avada Kedavra stavano diventando più ordinari che i Lumos (ma chi cazzo mai lo usa il Lumos?).
    Nella speranza – assolutamente giustificata e totalmente inesistente – di ignorare i due ragazzi che si sibilavano gentilezze dall’altra parte dal tavolo, Blaise, Hermione Ronald, Pansy e Neville voltarono loro le spalle, riunendosi di modo da nascondere il libro che la riccia aveva aperto sul piano.
    «De affectuum commutatione potionem» lo rilesse lei come se pronunciandolo nuovamente la pozione si sarebbe animata e preparata da sola davanti ai loro sguardi allucinati e si sarebbe sparsa – accidentalmente – sulle loro croci giornaliere.
    Poiché la biblioteca rimase al suo posto e l’incessante miagolio alle loro spalle non si interruppe che per un momento di respiro – incredibile quanto l’aria fosse necessaria – la ragazza continuò a leggere «è un composto estremamente difficile da preparare non tanto per il procedimento quanto per il reperimento di alcuni ingredienti. Altrimenti denominata Reverse dalla comunità magica, questa pozione permette l’incanalamento di alcuni specifici sentimenti selezionati nella pozione stessa e il ribaltamento dei suddetti, di modo da cambiare antipatia in simpatia, interesse con indifferenza, rabbia con allegria» la ragazza concluse la breve spiegazione soddisfatta, lanciando occhiate allusive agli improvvisati compagni di disavventura – più abbonati che improvvisati a dire il vero.
    «Una pozione che cambia sentimenti?» ripeté Neville insicuro, adocchiando alla lista di ingredienti con colorito terreo. Non aveva mai neanche sentito nominare certi elementi.
    «Ma è un’idea geniale!» esclamò Pansy sorridendo smagliante «Potrebbero diventare amici! Non è fantastico?»
    Ron, che diventare il migliore amico del furetto platinato non rappresentava certo un sogno nel cassetto, storse il naso e adocchiò scettico a Zabini, l’unico che ancora non sembrava essersi pronunciato in alcun modo. In quel momento la bilancia sembrava assolutamente pendere per l’attuazione del piano – con le due donne a favore. Lui e Neville scettici e mancava l’ultimo parere. Totalmente assurdo, si disse in un momento, come il mondo sembrava essersi capovolto: lui che attendeva un Serpeverde.
    «Amici?» disse questo tra sé, a bassa voce come a voler assaporare la parola sulla lingua «Oddio, io non è sprizzi di gioia nel poter condividere le sfighe del ragazzo-che-è-sopravvissuto» e qui a Ron scappò una risatina «ma se è Draco che farà comunella con lui non sarò certo obbligato a seguire il suo esempio. Purché non lo inviti alle serate in sala comune…»
    «Quindi?» sollecitò Hermione picchettando un dito sulla pagina, proprio sotto uno degli ingredienti che Neville non aveva mai sentito nominare – cos’era mai la Rosa Chinensis? E lui che si vantava (tra sé e sé, chiaramente non in giro) di essere bravo in Erbologia.
    «Quindi» ripeté il moro fissandola di sottecchi, aspettando forse qualche secondo di troppo «io dico… Per Salasar sì. Io ci sto!» l’aplomb del ragazzo sembrò svanire per un momento in confronto alla possibilità di mettere a tacere per sempre le due piattole, attaccate l’una all’altra come patelle bisbetiche.
    «Quali sono gli ingredienti?» domandò allora Pansy, che non vedeva l’ora di iniziare e porre fine a tutto.
    «Qui dice che sono necessari, nell’ordine, mezzo litro di acqua piovana lasciata macerare con tre foglie di Mandragora e sei spruzzate di polline di Clochidea selvatica per una mezza giornata. E questo è semplice» iniziò ad elencare la mora Grifondoro, facendo scorrere gli occhi sulla pagina.
    «Me ne posso occupare io» si offrì Blaise togliendosi distrattamente della polvere invisibile dal maglione «è relativamente semplice e ieri notte ha piovuto. Sono certo che Piton ha raccolto acqua sufficiente per tutti i sette anni. Non credo che si accorgerà se ne manca un quarto di calderone».
    «Perfetto» concordò Pansy «e poi se ti dovesse vedere non si insospettirebbe. Puoi sempre dirgli che ti serve per preparare una delle tue creme da notte».
    «Veramente per le creme non sono necessar-» tentò di dire prima che l’amica si sporgesse da sopra la spalla della Granger e continuasse a scorrere la lista di ingredienti, interrompendolo. Blaise scosse la spalle con condiscendenza e tornò a curare la propria bellezza.
    «Ah, questo è facile. Dice di farla bollire a fuoco basso per una notte di luna nuova – guarda caso è domani – mescolando tre volte in senso orario e quattro in antiorario ogni mezz’ora. Dalle ventitré fino alle quattro della mattina successiva» tornò a sedersi soddisfatta «questo lo faccio io. Così poi sarò troppo stanca per la lezione della Cooman».
    «Pan, non puoi saltare così tutte le sue ore» cercò di farla ragionare Blaise, inascoltato peraltro.
    «Allora è deciso» asserì Hermione, che alla prospettiva di sabotare le lezioni della falsa profetessa mandava all’aria ogni proposito di studentessa modello «alla fine della notte, subito dopo l’ultima mescolata, devi aggiungere sedici punte di coda di camaleonte albino e alzare il fuoco. Lasciar bollire per tre ore e poi travasare in una ampolla, precedentemente congelata per sette ore sotto le radici di una Giunchiglia Siberiana di tre secoli».
    «E dove la troviamo?» Pansy rilesse il nome senza che alcuna sua conoscenza venisse in aiuto.
    «Sono certa di aver visto degli esemplari nella serra numero quattro» affermò decisa Hermione, passando oltre «a questo punto va lasciata riposare per un giorno intero e poi rotta l’ampolla, ridotta in polvere e aggiunta al composto. A questo punto la pozione deve aver assunto un colore blu scuro e deve essere dura ma malleabile come argilla morbida».
    «A me sembra un controsenso…» sentirono borbottare Neville. O meglio. Neville lo mormorò, ignorato dai più e osservato con nonchalance da Blaise.
    «Successivamente il composto deve essere fatto riposare in un luogo umido per mezza giornata avvolto in foglie di fico siberiano e infine  immerso in un decotto di Belladonna e Camiglia durante l’ebollizione, attendere quarantasei secondi e poi aggiungere otto fiori di Rosa Chinensis in polvere. Mescolare in senso orario per un minuto e lasciar sobbollire per due ore» Hermione fece una pausa «direi che questo posso farlo io. Dopodiché la pozione va filtrata e lasciata riposare fino a quando il composto non prende un colore chiaro. Giallo o arancio».
    «Quanto impiegheremo in tutto a preparala?» domando Blaise segnandosi il procedimento su un blocchetto.
    «Occhio e croce direi una settimana» Pansy occhieggiò alla pagina «se non ci saranno problemi con gli ingredienti, si intende».
    «Pansy ha ragione» Hermione si morse un labbro nel leggere l’ultima parte della preparazione «sono richiesti venti grammi di DNA delle persone interessate per la pozione, fusi e filtrati in un colino di coda di unicorno, vanno aggiunti alla pozione un’ora prima della somministrazione con polvere d’oro, alito di mangusta acquatica e spine di margherita carnivora» aggrottò le sopracciglia, riflettendo «credo che questi ultimi si troveranno nella dispensa privata del professor Piton».
    «E come farai a prenderli?» domandò Blaise sorridendo sornione «Vuoi che ci pensiamo noi?»
    «No, non è necessario» lo informò distrattamente lei «non sarebbe la prima volta, comunque».
    «Ma guarda» ridacchiò il moro, sogghignando sotto i baffi «ed ecco che gli altarini dei buoni e puri Grifondoro vengono allo scoperto».
    Passarono alcuni minuti in cui la ragazza trascrisse l’intero procedimento su un pezzo di pergamena.
    «E per il DNA?»
    «A Draco ci penso io» asserì Blaise convinto «a costo di strappargli tutti i capelli».
    «Basterà intasare il gabinetto» alzò le spalle Pansy «oppure spiarlo mentre si tira una sega e attirare con la magia quello che esce».
    «Io mi rifiuto» si tirò subito indietro Zabini «non ci penso neanche».
    «Allora faremo un bell’incantesimo per la calvizie» borbottò lei.
    «Basterà dirgli che i suoi capelli sono troppo lunghi e vedrai che mi chiederà di tagliarglieli. Oppure possiamo chiedere a Pierre di tenere i ciuffi che gli toglie».
    «Chi è Pierre?» domandò Hermione.
    «Il suo parrucchiere» risposero in coro le due Serpi.
    La ragazza annuì comprensiva e tornò a scrivere
    «Ron» alla fine si rivolse a lui con efficienza «tu dovrai occuparti di recuperare un barattolo di DNA di Harry. Deve essere pieno, mi raccomando» si prese un attimo per leggere a piè pagina di cosa esattamente avrebbe dovuto occuparsi «vanno bene capelli, pelle, saliva, urina, feci o sperma. Tu vedi un po’ quello che riesci a trovare».
    Il rosso impiegò più di qualche secondo ad elaborare quanto gli era stato detto. Poi rischiò di strozzarsi per aver tentato di lanciare un grido terrorizzato e molto, molto scioccato nel momento esatto in cui riuscì a deglutire.
    «COSA!?»
    «Cielo, Ron. Quanto fai il difficile».
    «Diff- Io faccio il diff-» il rosso faceva fatica a respirare «difficile?»
    «Sì, Weasley» confermò la mora con sufficienza «il difficile. In fondo che ti ha chiesto? Solo di raccogliere un po’ di materiale genetico dello Sfregiato».
    «Pansy ha ragione» confermò la riccia fissandolo da sotto le ciglia «mica ti ho detto di andarci a letto».
    Zabini cercò di ignorare il tonfo alla sua destra per non vedere il colorito verde assunto dalla pelle del rosso – due tonalità orripilanti se accostate e ancora peggio se nella stessa persona.
    «Merlino, Ron, come sei impressionabile».
    Impressionabile o no, al rosso servirono intere manciate di minuti per riprendersi – se non del tutto almeno in parte. Minuti che Hermione avrebbe preferito si allungassero a dismisura perché, non appena il sesto figlio di casa Weasley tornò a sedersi composto, iniziò a strepitare contro quella che ormai era diventata la missione di quell’anno.
    «È… è contro ogni morale, contro ogni regola!» Ron chiuse l’improvvisata filippica – che per motivi di noia non riporterò nella versione integrale – con un verso stridulo, incoraggiato con lo sguardo da Neville «Non puoi fare un maleficio ad Harry! È Harry, Hermione».
    «Non è un maleficio» puntualizzò lei offesa «è un sorso di salutare e assolutamente innocua goccia di una totalmente sicura pozione. Lo facciamo per il bene comune».
    «Per la salvezza dei miei capelli» aggiunse Blaise torcendosi con un dito uno dei serici boccoli scuri, lucenti «sono opachi poveri cari. Ho troppe preoccupazioni per colpa di Draco».
    «È per un bene superiore» ribadì Pansy convinta.
    Ron guardò Neville allucinato, aspettandosi chissà quale uscita da lui – a quel punto si sarebbe aspettato di tutto. Ma il ragazzo scosse tristemente la testa e la incassò nelle spalle, come desiderasse scomparire nella sedia.
    Il rosso sospirò rassegnato e tornò a fronteggiare la furia di una febbrile Hermione, che a quanto pareva non desiderava altro che maledire il suo migliore amico di sempre.
    «Io non ci sto Herm» sussurrò – perché non riusciva a trovare abbastanza fiato per poterlo semplicemente dire «non Harry».
    «Ron!» sbuffò lei contrariata, battendo – con una certa moderazione nonostante il tono usato – i palmi sul tavolo «Non essere testardo!»
    «È per il loro bene» rincarò la dose Pansy.
    «E da quando a voi Serpi interessa il bene di qualcuno?» le chiese scettico.
    «Da quando ne va del nostro di benessere, mi pare chiaro» esalò Zabini come fosse esausto.
    «No» ripeté Ron, ben deciso a preservare la salute dell’amico – si è migliori amici proprio per motivi come questo, per la miseriaccia!
    «Weasley!»
    «Ronald».
    «Hermione» ribatté lui. Lo conosceva quel gioco.
    «Ron».
    «Herm».
    «Potter!!!»
    Ronald aggrottò le sopracciglia confuso. E quello che centrava?
    Non fece in tempo a chiederselo interamente – o a girarsi per trovare l’origine di quella voce infuriata – che un’esplosione lo costrinse, imitato dai presenti, a gettarsi a terra per non rimanere coinvolto o prendere un libro volante – che sbatteva le pagine nel disperato tentativo di fuggire lontano da quello che era stato il suo letto prima che si trasformasse in un ammasso di ceneri traballanti. Molti altri volumi si appollaiarono sulle travi del soffitto, frusciando offesi dal disturbo.
    Tossendo, quando la situazione parve essersi calmata. Blaise alzò la testa alla ricerca di uno specchio con estrema urgenza: se tutta quella polvere gli aveva imbiancato i capelli, qualcuno l’avrebbe pagata. Ancora non sapeva chi, ma qualcuno avrebbe ricevuto la sua ira tra la seconda e la terza vertebra.
    Poi, mentre Hermione toglieva di mezzo la sua voluminosa capigliatura, la scena di fronte a lui diventò chiara e visibile, rendendogli evidente chi fosse il responsabile – i responsabili. Nella fattispecie, Draco Malfoy e Harry Potter, sbucarono doloranti dal mucchio più disastrato di macerie della Biblioteca, capelli arruffati, arti doloranti e bacchette in pugno.
    Alla sua destra – o almeno, a quella che pensava essere la sua sinistra, c’era troppa confusione – Blaise sentì Pansy ringhiare. E la Granger sibilare – che piacevole cambio di prospettiva.
    Ron, d’altro canto, si guardò attorno spaesato, un graffio pulsante sulla tempia. Aveva capito che qualcosa di terribile era successo, ma non era ancora riuscito a rendersi pienamente conto di quanto fosse grave la portata. Meno male che c’era Hermione a colmargli le lacune esistenziali che non riusciva a sistemare da solo.
    «Allora» il tono di Hermione somigliava pericolosamente a quello di mamma Weasley quando Fred e George verniciavano Errol con la magia, oppure quando Ginny faceva entrare animali trasformisti – che puzzavano di mago da tutti i pori – nella sua camera per prendersi cura di loro, a detta sua. O il tipico tono da Hermione quando mostrava qualcosa di straordinariamente semplice (per lei) a qualcuno di straordinariamente stupido (come lui) «ancora del parere che sia un’azione contro ogni morale?»
    Ron deglutì e passò uno sguardo sconfortato sullo scempio che nel frattempo si era creato sotto i suoi occhi. Due scaffali erano stati rovesciati e molti dei libri erano finiti chissà come fuori dalla finestra – anche se forse in questo caso non ci sarebbe stato molto spazio per lo stupore. Madama Pince fumava dalle orecchie – letteralmente. E di un vapore stranamente violaceo che stonava con il maglioncino verde acido indossato quel giorno – e la Professoressa McGranitt fulminava chiunque intralciasse il suo cammino e quello dei due colpevoli.
    Ron studiò il profilo ammaccato del moro, gli occhiali incrinati, un livido sullo zigomo, i capelli bruciacchiati e gli abiti a brandelli. E una gamba zoppicante.
    «Scusa amico, ma lo faccio per il tuo bene» mormorò affranto prima di fare un cenno significativo alla ragazza, mettendo fine all’attesa.
 
 
Non sono sicura se sia il caso di commentare o no.
[Minuto di profonda riflessione in cui risponde a un sms, mangia un pacchetto di fonzie e ma finta di ascoltare i borbottii della nonna]
Credo che non commenterò e lascerò interamente la parola a voi recensori e lettori.
(che stronza che sono!)
Beh, direi che il capitolo si commenta da sé, o no? – interrogativi della vita -.
 
Spero vi siate goduti la lettura e tante grazie!!
 
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 4
*** Quando ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il povero, piccolo zio Sev ***


 
                     Reverse.
 
 
[Quando ci si rende conto di quanto sia effettivamente possibile compatire il povero, piccolo zio Sev]
 
    «Solo una domanda» Neville, che quasi non era stato interpellato e che si era ben guardato dal mostrarlo per paura di Hermione – le doveva la vita, ma era in grado di terrorizzarlo più di tutti i Serpeverde messi assieme, quando le prendevano quei cinque minuti «ma se Harry o Malfoy lo scoprono? Non saranno contenti».
    «E perché dovrebbero scoprirlo?» Hermione era intenta ad immergere la poltiglia color notte nel calderone e stava contando i secondi necessari prima di avvolgerlo in alcune foglie di fico dal sospetto colore azzurrino.
    «Perché prima o poi questa faccenda verrà fuori» cercò di essere ragionevole il ragazzo, gesticolando più di quanto non avrebbe voluto.
    «Non se nessuno di noi parlerà» replicò con ovvietà la ragazza «e nessuno di noi parlerà».
    Evidentemente Neville impiegò qualche secondo di troppo nel scegliere una risposta, perché Hermione si voltò finalmente a guardarlo, l’espressione decisa.
    «Non avrai in mente qualcosa di strano, vero?»
    «Non… io» tentò il ragazzo, preso in contropiede.
    «Non sarebbe da te Neville. A cosa stai pensando?» insistette Hermione alzandosi in piedi e cercando di sovrastarlo per far valere la propria presenza. E se in altezza non era più in grado di farlo, in quanto al resto ci riusciva ancora benissimo.
    «No, io… non ho in mente niente!» fece Neville agitato «Dico solo che è sbagliato!»
    «Non diciamo sciocchezze!» sbuffò lei nel tornare alla pozione «E poi mi eri sembrato d’accorto all’inizio».
    «Ma veramente…» tentò ancora, inascoltato.
    «Ora stammi a sentire, Neville» le ragazza tornò a voltarsi verso di lui, l’indice spianato nella sua direzione e una luce febbrile negli occhi – che lo aveva spaventato ancora più del tono determinato «io sono stanca, mi hai capito? Stufa di esser costretta a sopportare quelle due piattole! Quasi due… furetti rimbalzanti» si stava sinceramente sforzando di descriverli senza usare termini altamente offensivi, bisognava rendergliene merito «svegliarmi ogni mattina non con l’angoscia del loro primo incontro a colazione, farmi venire il fegato acido per i loro siparietti a lezione e gli incontro di boxe nei corridoi! Per non parlare delle continue filippiche che Harry mi fa su Malfoy: “E il mal furetto di qua, Malfoy di là” e tutti i suoi “Sospetto che Malfoy sta tramando qualcosa” quando la Serpe non mangia il solito piatto a cena!»
    Adesso Neville aveva il serio terrore di interromperla.
    «Con questa innocua pozioncina saremo sistemati a vita» si apprestò a concludere, il fiato corto e un’evidente soddisfazione in volto «niente più risse, niente più punti tolti a causa loro e, soprattutto, niente più problemi!»
    «Ma Herm-»
    «Niente ma!» lo interruppe nuovamente, seccata «e non provare ad andare a spiattellare alcunché, ci siamo capiti?»
    L’occhiata che gli rivolse gli fece tornare in mente l’incantesimo della pastoia che si era beccato al primo anno. I foruncoli permanenti su Marietta Edgecombe al quinto, per non parlare della storia con la camera dei segreti in cui era stata coinvolta al secondo, con Black al terzo. La guerra, tutta quella faccenda degli Horcrux e via a seguire con una lista di malefatte e imprese più o meno legali..
    «Non dirò nulla» mormorò ormai rassegnato, ma improvvisamente fermo sulla sua decisione «ma non parteciperò neanche più».
    «Come hai detto?» si sincerò la ragazza, che si era persa le ultime parole per via del tono basso in cui erano state pronunciate.
    «Ho detto che non ci sto» ripeté un po’ più deciso, stringendo i pugni «se volete farlo, fatelo senza di me!»
    «Va bene» si limitò a commentare Hermione, tornando alla pozione.
    «Dico sul serio, non dovremmo farlo» insistette Neville, sentendosi patetico anche da solo «ci sono in ballo troppi fattori. Insomma… stiamo parlando di una pozione del Reparto Proibito, mica di un decotto energizzante!»
    «Quanto la fai lunga. Hai detto che non ci stai e allora non starci, ma smettila di impicciarti!»
    «Non esiste un unico sentimento, ce ne sono a centinaia, con migliaia di sfumature! Cosa faremo se la pozione andasse ad intaccare un’emozione sbagliata?»
    «Questo non potrà mai succedere» replicò la mora convinta «la pozione sta venendo pressoché perfetta».
    «Si tratta di Harry, Hermione, e anche di Malfoy» tentò un’ultima volta Neville implorante «non sapremo come potrebbe andare a finire. Sono troppe poche le informazioni in nostro possesso».
    «Infatti anche io vorrei saperne di più» una nuova voce si aggiunse alla conversazione – fredda, sintetica e tutt’altro che benvenuta.
    Severus Piton, completo di mantello da vampiro e capelli mossi lungo le guance, li scrutava arcigno da sotto le sopracciglia aggrottate.
 
***
 
    «Fatemi capire bene» il tono gelido e il lampo negli occhi del Professore di Pozioni fece tremare Hermione – per non parlare di Neville, improvvisamente nascosto dietro le spalle di Zabini, spuntato da chissà dove mentre la scena era in pieno svolgimento. Il Serpeverde alternò un paio di occhiate tra il Capocasa e il Grifondoro tremante – aggrappato all’orlo del suo maglione come ad un’ancora di salvezza – decidendo che rimanere a seguire il corso degli eventi non sarebbe stato deleterio.
    «Voi state preparando la Pozione di Scambio alla luce del giorno, senza la dovuta autorizzazione, trafugando dalla mia dispensa personale per poi somministrarla – illegalmente – al Signor Malfoy e al Signor Potter?»
    Cos’avrebbero dovuto rispondere? No professore, era tutto uno scherzo?
    «Esatto professore» rispose Hermione, senza sapere dove fosse andato a finire il suo solitamente più che pronto cervello – giungendo alla conclusione fosse finito a fare compagnia al buonsenso di Harry.
    «Capisco» commentò socchiudendo gli occhi e portentosi pollice e indice della mano destra alla radice del naso, inspirando profondamente «capisco…»
    Neville, che invece ci stava capendo poco o niente, si spalmò contro la schiena di uno Zabini sempre meno preoccupato – e quando mai – e divertito ogni secondo che passava in quella stanza.
    «Ancora una cosa signorina Granger, prima che inizi a pensare seriamente a come comportarmi con lei e…» lanciò un’occhiata a Paciock tremante, seminascosto dietro ad un solitamente strafottente Zabini e immaginando che la lista di sospettati dovesse essere allargata anche ad un certo rosso Grifondoro e un'altra piuttosto scontata mora Serpeverde. Ammirevole come avessero iniziato a coesistere.
    Hermione deglutì a fatica.
    «A che punto della preparazione siete?»
    Hermione Granger si sarebbe aspettata molte parole – intere frasi e discorsi che si era vista passare in mente e per cui aveva già elaborato una possibile risposta (compresa quella riguardante le minacce di morte) – ma mai avrebbe immaginato che la prima domanda che il professore gli avrebbe posto sarebbe stata quella.
    In un momento di confusione si chiese se il fatto che fosse proprio un professore di Pozioni centrasse con l’interrogativo inaspettato.
    «Sto per lasciar riposare il composto in foglie di fico siberiano» iniziò a spiegare la ragazza, la voce vagamente tremante, dopo essersi resa conto che Neville non avrebbe aperto bocca e Zabini non avrebbe fatto altro se non stare a guardare la scena con un sorriso stampato sulle labbra.
    «Anche quelle trafugate dalla mia dispensa, immagino» s’intromise il Professore a denti stretti.
    «Veramente le abbiamo comprate» si affrettò a spiegare la ragazza «le sue sono state trattate con polvere di caprifoglio è non sarebbero state adatte».
    «Ma guarda…» sibilò Piton, la voce troppo bassa perché potessero sentirlo «ringraziamo Merlino allora, per questo mio lampo di genio».
    «Più tardi inizierò a preparare il decotto di Belladonna e Camiglia in cui immergere il composto» concluse Hermione, lo sguardo basso.
    «Dove ha lasciato a riposare il composto?» s’informò impassibile.
    «Sotto una Giunchiglia Siberiana».
    «Di tre secoli?»
    «Purtroppo non è stato possibile, la professoressa Sprite possiede solo un esemplare di quattro secoli, ci siamo dovuti adeguare».
    «Immagino abbiate calcolato le tempistiche di congelamento» suppose l’uomo.
    «Non esattamente» precisò Hermione «ma ho immerso la pianta in un estratto di giratempo concentrata» annuì orgogliosa «solo tredici secondi».
    «Capisco…» ripeté Piton.
Il silenzio tornò a scendere nella camera sotterranea prima che il professore sospirasse e sfoggiasse il sorrisetto di superiorità che tanto amava mostrare durante le lezioni dei primo anno di Tassorosso, con conseguanti svenimenti e crisi di panico a seguire.
    «Allora, vediamo…» fece sadico «sono dieci punti per uso improprio di una pozione, per non parlare d’illegalità. Altri dieci per aver trafugato nella mia dispensa, quindici per le sue risposte irriverenti e facciamo altri cinque perché mi sta antipatica».
    Hermione non poteva credere alle proprie orecchie mentre, qualche passo dietro di lei, Blaise stava facendo seriamente fatica a non scoppiare in una risata satanica.
    «Infine» si apprestò a concludere «immagino che a coinvolgere i qui presenti signori Zabini e Paciock – per non parlare degli assenti ma certamente affiliati Weasley (che è sempre in mezzo, anche quando non serve a niente) e la signorina Parkinson, sia stata lei. Esattamente come è stata lei a prendere il libro in cui è contenuta la ricetta di questa pozione dal reparto proibito. Così come è stata lei ad ideare il piano per mettere in atto e farla assumere ai signori Malfoy e Potter» Piton la guardò come in attesa di una risposta, poi voltò i tacchi, soddisfatto dell’espressione terrorizzata comparsa sul volto della giovane. Era un’autentica goduria.
    Il professore attese di essere sulla porta, pronto a varcarla per tornare nelle proprie stanze, prima di riprendere la parola.
    «Sono quaranta punti in più a Grifondoro, signorina Granger. E ora, se volete scusarmi, vado a terminare la pozione per il mal di testa».
 
***
 
    «Ti prego Hermione, dimmi che sto sognando».
    «Stai sognando» ribatté lei, serafica.
    «Hermione!»
    «Cosa?»
    «Non può essere vero, deve essere un sogno!»
    «E io cosa ti ho detto?»
    «Ma hai usato un tono sarcastico, mentre avresti dovuto dire-»
    «Adesso piantala Ronald, altrimenti ti ci mando a forza nel mondo dei sogni!» scattò la ragazza esasperata, i capelli scarmigliati per via della pozione in ebollizione su cui li aveva tenuti negli ultimi quaranta minuti, il sonno residuo e il profondo desiderio di compiere un omicidio e occultarne ogni prova.
    «Ma tu hai detto-» tentò ancora Ron, piagnucolante.
    «So perfettamente cosa ho detto, non serve che tu lo ripeta perché ti entri nella testa. Cerca di farlo in silenzio!»
    «Ma Piton-»
    «Argh!» gemette Hermione, trapassandolo con gli occhi e impugnando la bacchetta, con intenti omicidi parecchio evidenti.
    «Scusa» mormorò Ron.
    Hermione scosse il capo, decisa a togliersi dalla mente quei minuti scioccanti.
    Possibile che Piton fosse favorevole alla loro iniziativa?
    In quel momento Harry entrò nella Sala Comune sbattendo il mantello a terra e buttandosi sulla prima poltrona libera a disposizione, il tutto con furia.
    «Lo sapete cosa ha appena fatto Malfoy?»
    La ragazza si premette le dita alle tempie, desiderando esistesse un pulsante per spegnerlo.
    In effetti Harry – e Malfoy – sapeva essere estremamente pesante.
 
 
Giuro che quando arrivo qui e devo scrivere un commento… la mente diventa completamente bianca.
Ovviamente, non è che sia costretta a scrivere, ma mi dispiace lasciare questo spazio vuoto. Mi sembra incompleto…
Lo so, lo so, mi faccio un casino di fisime mentali – ma, ehi, non prendetevela, se non me le facessi a quest’ora non avrei mai scritto questa fic, né quelle precedenti.
Gioite.
 
Okay, direi che posso smettere e ringraziare chi a letto, recensito e non si è gettato dalla finestra a causa mia. Tanti saluti e alla prossima!
 
 
Un bacio
 
NLH
 

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Capitolo 5
*** Quando – finalmente – tutto sembra andare per il meglio ***


 
 
                     Reverse.
 
 
[Quando – finalmente – tutto sembra andare per il meglio]
 
    Era una mattina come centinaia di migliaia di altre, nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
    Gli studenti – quelli già svegli, non quelli che ancora contribuivano alla cacofonia di russate nei dormitori – stavano scendendo in stato più o meno comatoso diretti in Sala Grande. I professori controllavano che nei corridoi nessuno si fosse addormentato nuovamente, magari poggiato ad una colonna – e tenevano sott’occhio le risse che puntualmente nascevano quando un assonnato Grifondoro dal sangue caldo finiva per sfiorare la spalla di un Serpeverde dalla pressione bassa.
    Una mattina di una giornata qualunque, non fosse stato per il fatto che – per tre certi Grifoni e due particolari Serpi – non rimanessero quasi più nella pelle per vedere se la pozione, che avevano somministrato nei piatti di porridge a cena dei rispettivi amici, avesse dato gli effetti sperati.
    Erano quasi quaranta minuti che Hermione passeggiava avanti e indietro per il corridoio adiacente alla Sala Grande e ancora nessuna traccia di Ron o Zabini.
«Sei sicura che l’abbiano bevuta?» novità della giornata era la presenza di Pansy alle sue spalle, che aspettava in ansia esattamente come lei.
    «Harry l’ha presa tutta» ripeté per l’ennesima volta la Grifondoro.
    «Esattamente come Draco» annuì la Serpeverde «ma perché ci mettono tanto?»
    «Sai come sono fatti i maschi… ci impiegano secoli a svegliarsi. Ho mandato apposta Ron a prendere Harry».
    «Questo però vale solo per Potter!» replicò stizzita Pansy «Draco si alza sempre presto! Piuttosto è Blaise che se ne sta a dormire fino a quando non siamo costretti a sbatterlo giù dal letto».
    «Non lo facevo un tipo pigro» aggrottò le sopracciglia la riccia, distogliendo gli occhi dalla scalinata e puntandoli su Pansy, interrogativa.
    «Oh, ma non lo fa per quello…» la mora fece una smorfia «dice che se non dorme almeno sei ore per notte gli si rovina la pelle».
    «Oh…» Hermione non fece in tempo ad aggiungere altro che un certo biondo varcò la soglia che conduceva dai sotterranei al corridoio principale, l’espressione impassibile e gli occhi socchiusi.
    «Ecco Draco!» sussurrò Pansy indicandolo «Dove diavolo è finito Potter! Sarebbe dovuto essere già qui».
    «Dove è finito Ronald piuttosto!» sibilò Hermione nel tenere d’occhio la situazione «L’ho mandato apposta a svegliarlo».
    «Buongiorno signore» Blaise si era appena materializzato alle loro spalle, un sorriso benevolo ad illuminargli il volto rilassato «possiamo dare inizio allo show?»
    «Potter non è ancor arrivato» si affrettò a comunicargli la compagna di casa, gli occhi fissi su Draco in caso fosse stato necessario bloccarlo nel mezzo del corridoio per impedirgli di proseguire e mandare in fumo il loro piano.
    «Ma insomma…» Blaise scosse la testa «Potter deve fare una cosa sola, perché fa tanto il difficile?»
    Hermione gli lanciò un’occhiata obliqua prima di tornare alle scale. In quel momento Neville scese l’ultimo gradino osservando, come suo solito, timoroso tutto intorno, pronto a scansarsi in caso di possibile contatto ravvicinato con una Serpe appena sveglia.
    Proprio in quel momento intercettò gli occhi di Hermione, che lo fissavano accusatori.
    Sorprendentemente Neville non abbassò i propri, sostenendo quelli castani della compagna e continuando ad avvicinarsi alla Sala Grande.
    «Pare che non abbia cambiato idea» anche Blaise si era accorto di lui «devo dire che non lo facevo tanto deciso»,
    «Tu non l’hai visto il giorno della battaglia qui ad Hogwarts, quando ha sfidato Tu-sai-chi» mormorò automaticamente Hermione.
    «Invece c’ero» rivelò il moro, con un sorriso triste.
    Hermione lo guardò – anche se solo per un momento – con sorpresa. Aveva pensato se ne fosse andato come molti altri Serpeverde. Tuttavia non fece in tempo ad aggiungere altro che, con una mezza imprecazione, Harry si fece vivo.
    Si era appena scontrato – e da qui il primo mezzo insulto della giornata – con una studentessa di Tassorosso, mentre scendeva le scale. Si era aggiustato gli occhiali e aveva saltato due gradini pensando che così avrebbe guadagnato due secondi di colazione in più, visto il già clamoroso ritardo.
    Peccato non avesse calcolato che il gradino, su cui aveva appena posato il piede, fosse il terzo da terra.
    Ed era ovviamente risaputo che quel gradino va saltato perché si diverte a scivolare da sotto il piede di qualunque malcapitato avesse la sfortuna di pestargli il capo.
    A tutti, evidentemente, a parte un certo studente sonnolento della torre Grifondoro.
    Con un volo spettacolare, il ragazzo perse l’equilibrio e urtò con violenza la prima persona che si era trovata a passare proprio davanti a lui, ai piedi della scalinata.
    Il silenzio scese pesante e chiunque – in quel corridoio, compreso il Professor Vitious, che si era trovato a passare per caso – si bloccò nel mezzo di un passo o di uno sbadiglio.
    A pochi passi di distanza, dove erano stati scaraventato nel momento in cui Potter aveva inciampato e travolto Malfoy, i due si guardavano, riconoscendosi.
    Vitious pregò tutti gli dei disponibili di fare sì che la Professoressa McGranitt – o anche Piton, per quanto gli riguardava – si trovasse a passare lì per sbaglio.
    Purtroppo per lui nessuno dei due arrivò in suo soccorso e fu costretto ad assistere alla scena dei due ragazzi che si sbilanciavano e cadevano a terra in un groviglio di gambe e braccia, con un tonfo sordo e delle imprecazioni di dolore – non troppo colorite, fortunatamente.
«Ehi!»
    Harry fu il primo a reagire, mentre ancora il biondo era ad occhi spalancati e increduli. Si districò dal groviglio tirandosi a sedere, massaggiandosi la nuca e ritraendosi da sotto il corpo contro cui era finito, permettendo la nuova circolazione del sangue.
    Draco ci mise solo un attimo di più, ma non appena sentì le gambe venire liberate dalla stretta di alzò sui gomiti per controllare di non essersi rotto nulla. Dopo un veloce check-up decise che in fondo gli era andata anche bene, vestiti spiegazzati a parte, e indirizzò tutta la sua irritazione sul ragazzo colpevole di tanto sfacelo.
    Riconobbe subito quella massa d’indisciplinati capelli neri e occhiali storti.
    Sospirò rassegnato.
    «Potter» disse soltanto nell’aggiustarsi il nodo della cravatta – apparentemente incurante del fatto che fossero ancora a terra.
Harry si aggiustò gli occhiali sul naso – constatando che, per una qualche colpo di fortuna, non si erano rotti o incrinati nell’impatto – e notando di aver travolto un certo biondino nella sua goffaggine.
    «Oh, Malfoy, mi dispiace, non ti avevo visto» si affrettò a scusarsi Harry, alzandosi in piedi e sfregando il palmo della mano sul maglione prima di allungarla verso il nemico di sempre.
    «Questo lo avevo notato anche io, grazie» borbottò Draco in risposta, accettando l’aiuto del Grifondoro. Una volta in piedi gli fece un cenno del capo e si voltò per continuare a camminare verso la Sala Grande.
    «Fai maggiore attenzione a dove metti i piedi la prossima volta, Potter. Non vorrai incappare in Severus, vero?»
    «Non ci tengo molto in effetti, Malfoy, ti ringrazio» rise Harry finendo di sistemarsi gli abiti spiegazzati e, raccogliendo la borsa, seguì il Serpeverde con tutta l’intenzione di sedersi a tavola, brindare con un bicchiere di succo di zucca e augurarsi una buona giornata.
Lasciandosi alle spalle un silenzio attonito e un incantesimo Pastoia Total Body inconsapevolmente lanciato con due parole insolite e molte altre nemmeno pensate.
 
***
 
    Due ore di Pozioni e ancora nessun calderone era scoppiato (per puro miracolo, visto che quasi nessuno stava prestando attenzione agli infusi ribollenti – Piton per primo). Nessun decotto aveva assunto il caratteristico colore rosa antico delle pozioni rigeneranti.
    Nessuna, tranne quelle di Harry Potter e Draco Malfoy.
    I due ragazzi lavoravano chini sui rispettivi calderoni, seguendo le istruzioni del libro e della lavagna – che Piton si era dimenticato di cancellare. Draco stava borbottando qualcosa mentre mescolava in senso orario il suo decotto mentre Harry aggiungeva dei pezzi grandi al fuoco, per farlo bollire più lentamente.
    Da quando era iniziata quella lezione – un’ora e quarantasette minuti prima – i due ragazzi non solo si erano ignorati – arrivando persino a non reagire quando, per sbadataggine, Harry aveva fatto cadere un barattolo accanto ai piedi di Malfoy – ma Malfoy si era persino astenuto dal commentare o dire alcunché quando Harry era riuscito a schizzarsi la camicia con il pus di Butubero.
    Si ignoravano, semplicemente, se non per quelle occasioni in cui rivolgersi la parola non era strettamente necessario. Come chinare il capo in segno di saluto se si incrociavano per i corridoi.
    Non erano diventati amici.
    E, di questo, Ron gioiva come non avrebbe mai creduto di poter fare.
    Esattamente come Zabini, che veleggiava da un lido spensierato ad un altro, mescendo la pozione con una mano e ravviandosi i capelli con l’altra, un sorriso beato in volto.
    Hermione alternava occhiate soddisfatte a sguardi quasi increduli, tra Harry al proprio fianco, Malfoy dall’altra parte del tavolo di lavoro e un Piton che seguiva il suo esempio – e che sbatteva gli occhi a palla ogni qualvolta incrociava lo sguardo della sua studentessa più brillante (ovviamente non lo avrebbe mai ammesso).
    Il professore faceva decisamente fatica a capacitarsi del fatto che il piano della Signorina Granger avesse avuto successo, e non poteva fare a meno di guardarla di tanto in tanto, chiedendosi come mai una mente come la sua non fosse stata smistata a Serpeverde.
    Forse avrebbe dovuto farle un bel trapianto di sangue per ovviare al piccolo problema della purezza.
    Piton scosse la testa esausto. Doveva essere stato proprio male per colpa di Draco e Potter se si trovava a pensare una cosa del genere.
    Pansy, d’altro canto, scuoteva la testa soddisfatta, mettendo in mostra un taglio nuovo di capelli – fatto giusto la sera prima da Pierre, per festeggiare l’occasione – alternando occhiate tra le ex piattole e un certo studente – troppo preso a fissare a bocca aperta i due ex contendenti per rendersi conto di essere oggetto di attenzione da parte della mora.
    Ma, in fondo, difficilmente Seamus sarebbe riuscito a credere che quelle occhiate penetranti fossero in realtà sguardi di ammirazione.
    In ogni caso, in quella stanza piena di fumi colorati – e maleodoranti, considerato il fatto che molte pozioni venivano lasciate a sé stesse – e soffocanti calderoni che ribollivano su fuochi accesi, era scesa finalmente una calma che non si vedeva dal piccolo intervallo di anni che aveva visto Potter Senior e compagnia andarsene e quello in cui Potter Junior e Malfoy Junior si erano presentati in Sala Grande.
    Piton avrebbe voluto sorridere soddisfatto, brindare con sé stesso in compagnia di una tazza di tisana al finocchio e dire ai suoi libri che era finalmente una persona felice, ma preferì aspettare che la torma di insett- ops, voleva dire di studenti, se ne andasse.
    Mancavano ancora dieci minuti alla fine della lezione. Non molto.
    E poi, anche se per una volta si fosse trovato costretto a dare una sufficienza a Potter, avrebbe potuto facilmente rifarsi con tutti gli altri studenti – e una cascata di Troll non gliel’avrebbe tolta nessuno, considerato il disastro che stavano combinando.
    «Il tempo è scaduto» disse maligno, godendo nel vedere le espressioni terrorizzate dei più e – con un certo di dispiacere – il viso sollevato di Potter «mettete un campione delle vostre… pozioni» certo che doveva avere un bel coraggio per chiamare pozioni quegli avanzi di borsch annacquato «nelle fiale davanti a voi e portatemele qui. Per la prossima lezione voglio dieci pollici di pergamena sugli errori che si possono commettere nella preparazione della pozione rigenerante e sulle possibili conseguenze».
    Un gemito collettivo si levò dal silenzio, portando un minimo di sollievo al suo mal di testa.
    Che, per inciso, stava migliorando proporzionalmente al periodo di tempo che passava senza litigi tra Potter e Draco.
    Il primo ad avvicinarsi fu il biondo Serpeverde, che posò con sicurezza un provetta davanti a lui.
    «Molto bene, signor Malfoy» commentò Piton compiaciuto, nel vedere il liquido perfettamente composto nella boccetta che il ragazzo gli aveva depositato sulla cattedra «signor Potter» aggiunse poi a denti stretti, nel notare quanto il preparato del moro fosse simile a quello del suo pupillo.
    Forse per quella volta avrebbe anche potuto assegnargli un voto decente.
    Forse.
    Avrebbe deciso in seguito.
    «Solo un minuto» li richiamò indietro mentre gli studenti se ne andavano dall’aula, borbottando scontenti dai risultati ottenuti – e seguente insufficienza – continuando comunque a osservare con la coda dell’occhio i due.
    «Signor Malfoy, signor Potter» il secondo nome lo sputò con voce secca, ma Harry fece finta di niente, tanto ci era abituato «mi duole informarvi che la professoressa McGranitt ha passato a me il colpito di punirvi per la bravata che avete fatto durante la lezione di divinazione» fece una pausa durante la quale si chiese perché mai si sarebbero dovuti punire degli studenti per aver interrotto una lezione tanto insulsa, ma non lo lasciò trapelare – specie perché uno dei due rispondeva al nome di Harry Potter.
    In ogni caso Draco lo capì lo stesso e cercò di trattenere un risolino, scoccando un’occhiata a Potter.
    Il quale inarcò un sopracciglio confuso, chiedendosi cosa mai ci potesse essere da ridere nell’attesa di essere puniti da Severus Piton – salvo poi ricordarsi che era di un Serpeverde che stava parlando.
    Loro avevano una visione diversa del professore di Pozioni rispetto a quella dei poveri Grifondoro.
    «E per quanto mi dispiaccia che anche lei sia coinvolto, signor Malfoy, vi comunico che sconterete le tre ore di punizione in biblioteca, dove Madama Pince vi troverà un lavoro utile da fare» terminò secco, facendo un gesto con la mano – che poteva essere interpretato sia come un congedo che come un gestaccio, Harry preferì non indagare «sabato, dopo colazione. Puntuali».
 
***
 
    «Harry, potresti passarmi la salsa?» un primino – che il moro non aveva mai visto – allungò una mano nella sua direzione in attesa di ricevere quanto chiesto.     Harry lo accontentò e rimase un attimo a guardare mentre il ragazzino ridacchiava e si vantava con gli amici di aver parlato al grande Harry Potter, con un sopracciglio incurvato verso l’alto, gesto di estrema perplessità.
    Una copia di quello che aveva sfoggiato poche ore prima nei sotterranei.
    «Cosa c’è Harry?» Ron – alzando per un momento la testa dal piatto fumante che aveva davanti – lo guardava ugualmente perplesso dall’altra parte del tavolo.
    «Niente» bofonchiò contrariato «solo non capisco…»
    «Cosa non capisci?» s’intromise Hermione, emergendo da un tomo di Trasfigurazione con la forchetta in bocca e gli occhi vacui – evidentemente colta nell’atto di lettura di un passaggio particolarmente difficile e appassionante «Hai qualche domanda sulla lezione di Storia della Magia?» aggiunse riferendosi alle due ore appena trascorse in compagnia del Professor Ruf e di un insolito blitz – doveva essere una specie di lezione sperimentale – tra la rivolta dei Goblin (che non sembravano aver mai fatto altro in qualunque parte del mondo dalla creazione fino ad oggi) e l’invasione del Libano.
    «Ma veramente…»
    «Non crederò mai che gli israeliani si siano forniti di Goblin per invadere il Libano!» saltò su Dean, convinto, agitando un pugno in aria e rischiando di decapitare Ginny con la forchetta «I Goblin in quel periodo si trovavano impegnati nella rivolta Irlandese! Lo ha detto la settimana scorsa».
    «Ma per favore» sorrise Lavanda accondiscendente «lo sanno tutti che gli irlandesi sono solo dei mangiapatate che non valgono una cacca di doxie. L’hanno pure persa quella rivolta, sono stati tutti idioti a pensare di riuscire a spuntarla».
    «Tu pensi che sia scemo?» saltò su Seamus, sentendosi ferito nel pieno del suo orgoglio patriottico.
    «Ovviamente» scosse la testa Lavanda, chiudendo gli occhi con fare saputo «perché, non lo sapevi?»
    «Che punizione vi ha dato Piton?» chiese Hermione ad Harry, passando a faccende più serie (?) e rifiutandosi di ascoltare oltre.
    «Considerato il fatto che dovrai condividerla con Malfoy immagino non avrà assegnato niente di troppo raccapricciante» rise Seamus – con Lavanda ridotta al silenzio grazie ad uno specchio e una frase buttata innocentemente, sulla linea del: “Ma quello è un brufolo?”, decretando l’ovvia superiorità della sua specie – servendosi del terzo piato di gulasch (gli elfi domestici stavano sperimentando nuovi piatti quella settimana, il giorno prima erano state presentate delle escargot che avevano fatto scappare Ron a gambe levate e una mano alla bocca, di modo da riuscire a resistere fino all’arrivo ai bagni).
    «Come dividere gli organi di una rana» ricordò Dean, rabbrividendo della sua sfortuna, due anni prima.
    «O travasare cuori di drago» scosse la testa Colin, sbucato da chissà dove per partecipare alla conversazione.
    «Allora?» insistette la ragazza brusca, per nulla desiderosa di far degenerare la conversazione su dettagli macabri mentre stava mangiando con tanto gusto.
    «Qualcosa in biblioteca» rispose vago, facendo spallucce «non so cosa. Ha detto solo che la Pince ci troverà da fare».
«Mi sembra strano» socchiuse gli occhi perplessa – un po’ come tutti quella sera «di solito Piton non lascia le punizione ad altri, o al caso. Specie se si tratta di te» fece una pausa che somigliò molto ad una richiesta di scuse.
    «L’ho pensato anche io» borbottò dubbioso, prima di sfoggiare un sorriso felice «per lo meno non dovrò poi dannare per cercare di togliere fibre di cuore di qualche povero animale da sotto le unghie».
    «Quello non sarebbe mai successo se tu non ti fossi scordato di portare i guanti» lo rimproverò dolcemente la ragazza.
    «Ma io mica sapevo che cosa mi avrebbe fatto fare…» ribatté con voce lamentosa, ripetendo una scenetta che era la stessa da tre mesi a quella parte.
    «Si trattava di una punizione di Piton» lo fece ragionare Hermione, pazientemente «possibile che dopo tutti questi anni ancora tu non lo conosca?»
    «Forse hai ragione» pigolò.
    Certo che aveva ragione, ribatté la giovane nella propria testa. Lei era un genio.
    E fu proprio in quel momento – in piena della seconda fase di compiacimento per sé stessa – che un gruppetto Serpeverde si alzò dal tavolo e percorse il corridoio centrale per uscire dalla Sala.
    In testa c’era Pansy, che la salutò con un sorriso – erano diventate più o meno amiche, per via della storia di Harry e Malfoy, e la cosa non dispiaceva proprio per niente: avevano scoperto che, dopo un pomeriggio passato assieme immerse nella preparazione della pozione, era piacevole parlare del più e del meno, sdraiate sul freddo pavimento del bagni di Mirtilla.
    I Serpeverde potevano essere delle persone piacevoli, era questo l’insegnamento che Hermione stava traendo da quella situazione assurda.
    Abbozzò un sorriso nel vedere gli occhi neri di Pansy alzarsi al cielo dopo un commento di Zabini. Anche il moro si era rivelato più piacevole di quanto non avesse mai immaginato: dopo avergli parlato un paio di volte – tra un travaso e l’altro – si era resa conto che non era il ragazzo scostante e unicamente frivolo che pensava fosse. Certo, teneva molto al proprio aspetto ed era quasi sempre seguito da uno stuolo di ragazzine adoranti, ma c’era molto più di questo il lui.
    Oltre ad uno spiccato senso dell’umorismo e una punta di sadismo, tutta Serpeverde.
    Persa in quelle considerazioni, tuttavia, si accorse troppo tardi del fatto che Malfoy, poco dietro Pansy, si era distratto a leggere una lettera – arrivata con la posta quella mattina – e non si rese conto di essersi avvicinato un po’ troppo alla tavolata Grifondoro e alla seduta di un grifone in particolare.
    Istintivamente si irrigidì sulla panca, temendo il peggio.
    Fu un attimo e Malfoy prese dentro la sacca di Harry, malamente nascosta sotto il tavolo, ma abbastanza in vista da costituire un pericolo per i passanti distratti.
    Come al rallentatore lo vide barcollare in avanti e fare qualche passo frettoloso prima di voltarsi e fulminare la sacca, partendo subito alla ricerca dal possessore – presumibilmente per crucizzarlo.
    Tuttavia, non appena i suoi occhi si posarono sulla chioma arruffata di Harry – mai che si prendesse la briga di darsi una sistemata o farsi un taglio decente – l’espressione inviperita venne sostituita da una vacua, indifferente.
    Alzò un sopracciglio e sospirò rassegnato – presumibilmente al disordine del proprietario di quella sacca fedifraga – e scrollò le spalle disinteressato.
    Blaise e Pansy ghignarono, scambiandosi un’occhiata soddisfatta.
    Osservando Malfoy allontanarsi, Hermione non poté fare a meno di gongolare per la genialità del suo piano. Harry continuò a far ruotare il cucchiaio nella minestra, incurante del piccolo dettaglio che riguardava un certo biondo.
    Preoccupato e la fonte aggrottata, tanto da far quasi scomparire la cicatrice.
    «Hermione» la chiamò a bassa voce, quasi pigolando.
    «Cosa?» si distrasse dalla sessione di autocompiacimento per tornare all’amico di sempre.
    «Dici che dovrei portare i guanti anche se vado in biblioteca?»
    La ragazza sembrò rifletterci seriamente prima di guardarlo dritto negli occhi.
    «Sarebbe meglio, almeno non andrai impreparato».
    Harry guaì piano.
 
 
Evviva! La pozione sembra funzionare, nessuno è più costretto a rimediare lividi nel tentativo di dividere i due contendenti e Piton è riuscito ad elargire un’altra delle sue punizioni – vabbé, più o meno.
È bello quando tutto va per il meglio, non è così? Il mondo ci sorride: amen, alleluia and peanuts butter (citazione presa liberamente da Black Lagoon, of course)
Domande?
Hihi
 
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 6
*** Pace. Finalmente ***


 
 
                     Reverse.
 
[Pace. Finalmente]
 
    «Buongiorno Harry, tutto bene stamattina?» cinguettò Hermione premurosa, mentre il ragazzo sedeva a tavola e si appropriava dell’ultima brioche alla nutella – sfilandola da sotto il naso di un sonnolento Seamus, che si trovò a mettere in bocca un tovagliolo.
    «Benissimo» bofonchiò a bocca piena, masticando lentamente.
    «Lo sai che non si parla a bocca piena, vero Potter?» una ben conosciuta voce strascicata li raggiunse dalle spalle, palesando la presenza di un certo gruppo di Serpeverde che si stava dirigendo al loro tavolo per la colazione.
    Malfoy stava lì accanto, le braccia conserte e un’espressione neutra in volto.
    «Non hai tutti i torti, Malfoy» alzò le spalle Harry.
    «Sono semplici regole di cortesia» si limitò a constatare l’altro in risposta «esattamente come quella di attendere a porre una domanda, se l’interlocutore sta mangiando» concluse guardando Hermione con un pizzico di cattiveria, sogghignando malevolo «capito Granger? Sii più educata».
    «Ciao Malfoy» disse Harry prima di riprendere a mangiare, mentre il biondo si allontanava per raggiungere il proprio posto.
    Hermione aprì la bocca un paio di volte, prima di richiuderla definitivamente, per poi tornare a rivolgere la propria attenzione ad Harry – rilassando vistosamente le spalle.
    Ancora faceva fatica ad abituarsi al fatto che quei due non fossero più in guerra e, ad ogni contatto, temeva lo scatenarsi della follia che aveva dilagato fino ad una settimana prima. Eppure – per fortuna – ogni volta si vedeva sorpresa a rilassarsi e farsi i complimenti da sola.
    Eh sì, aveva fatto proprio un bel lavoro.
    Ma che stava dicendo? Un ottimo lavoro!
    «Hermione, va tutto bene? Perché stai sghignazzando?» Harry la costrinse a tornare coi piedi per terra – cominciavano ad essere numerose le volte in cui la ragazza sembrava persa in chissà quali riflessioni, quello strano sorriso sulle labbra, tanto che il ragazzo si chiese, non senza una certa dose di preoccupazione, se la giovane avesse ripreso a fare uso di un giratempo.
    «Nulla Harry, non essere sciocco, certo che va tutto bene» liquidò lei, con un gesto noncurante della mano – convincendolo ben poco, ma tanto non ci avrebbe cavato un ragno dal buco ad insistere, quindi preferì cambiare argomento.
    «Hai sentito di Natalie McDonald? Quella del terzo anno?» disse, contento di avere un argomento con cui distrarre la ragazza dalla strana abitudine che aveva sviluppato negli ultimi giorni – sebbene si trattasse di un pettegolezzo rubato durante un’ora passata a fare origami con le pergamene che avrebbero dovuto tenere il tema sugli effetti del pus di rabarbaro albino usato nella prima fase lunare – pozioni of course.
    Un fruttuoso pomeriggio di dolce far niente in biblioteca.
    «La ragazza che ha piantato Dennis Canon nel bel mezzo della lezione di Divinazione?» completò la ragazza poggiando la forchetta e frugando sotto la panca alla ricerca di un libro nella borsa «Sarebbe stato impossibile in contrario, le grida della Cooman si sono sentite fino ai sotterranei».
    «Ne ha avuto di fegato» ritentò il ragazzo-che-è-sopravvissuto.
    «Non ne dubito» concordò Hermione sempre meno interessata, mentre sfogliava il volume alla ricerca di chissà quale capitolo da ripassare «la Professoressa McGranitt si è infuriata non poco. Credo abbia colto l’occasione per sfogare un po’ della frustrazione che non può più riversare su te e Malfoy».
    «Cosa?» il moro alzò la voce di una mezza ottava, non essendo sicuro su come prendere le sue parole. Era un rimprovero sul non essere più in grado di far sfogare la McGranitt, aveva capito bene? Stava iniziando a sentirsi male…
    «Niente Harry, niente» scrollò le spalle la riccia, immergendosi nello studio e ignorandolo, con sommo sollievo dell’altro.
    Se lo ignorava non doveva intrattenerla – e distrarla. Se lo ignorava, quindi, poteva dirsi libero di far divagare la mente, finalmente tranquillo.
    La scuola era iniziata da pochi mesi e nel giro di tre settimane sarebbero arrivare le vacanze di Natale. Si chiese se per quell’anno non fosse il caso di andarsene dalla scuola, magari con Ron – che in quel periodo non faceva altro che raccontare, a chiunque lo stesse a sentire, che suo fratello Charlie sarebbe tornato dalla Romania.
    Harry sogghignò. Era sempre andato d’accordo con quel particolare fratello. Molto d’accordo. Specie durante l’estate di due anni prima.
    Oppure si sarebbe fatto un viaggio in solitaria. In Italia magari. Aveva sentito dire da Zabini che da quelle parti si festeggiava il Natale in grande stile. E lui doveva saperlo bene, essendo suo padre originario di quelle parti.
    Certo, sarebbe stato un peccato non approfittare della confortevole accoglienza della famiglia Weasley e della deliziosa cena che Molly preparava tutti gli anni.
    Tacchino arrosto e salsa di mele con contorno di patate novelle fatte cuocere sul fuoco. Focaccine dolci di crema e frutta a seguito di torte salate e ogni altro ben di Dio le sarebbe venuto in mente durante le due settimane precedenti.
    Pensare a tante prelibatezze gli fece tornare fame e, involontariamente, si trovò a guardare Neville che mangiava con gusto un bignè alla crema.
    Lo stomaco brontolò una sola volta, facendo sentire la propria opinione.
    Si accorse che il cesto lì vicino – fino a poco prima pieno di scones – conteneva ancora un ultimo solitario ospite.
    Stava quasi per prendere quell’ultima focaccina quando la voce di Hermione lo costrinse a tornare con i piedi a terra.
    Maledetta realtà.
    «Non devi andare alla punizione di Piton?» gli ricordò improvvisamente, dopo aver dato un’occhiata all’orologio. Il ragazzo sperò disperatamente per una breve manciata di secondi che quelle parole non fossero dirette a lui, poi fu costretto ad arrendersi all’evidenza dei fatti. In fondo gli occhi cioccolato dell’amica lo stavano fissando.
    «Giusto…» sibilò a denti stretti.
    Harry gemette – aveva sperato che distrarla con futili chiacchiere l’avrebbe distolta da quel dettaglio, ma evidentemente il suo brillante piano aveva appena preso un bolide il piena pancia.
    Svogliatamente si chinò a raccogliere le sue cose – sbirciando le lancette sul polso della ragazza e rendendosi conto di essere non proprio in orario – e scavalcò la panca, accingendosi a precipitarsi verso la biblioteca. Nessuno meglio di lui sapeva quanto Piton detestasse aspettare.
    «Ci sarà anche Malfoy» si premurò di comunicargli Hermione, acciuffandolo per un pelo, in trepidante attesa di una risposta.
Harry la guardò per un attimo accigliato, poi alzò le spalle in un chiaro gesto di noncuranza.
    «E allora?»
    Se ne andò, lasciandosi alle spalle una Hermione più gongolante che mai.
 
***
 
    Arrivarono in biblioteca quasi contemporaneamente.
    Harry correndo per evitare di far diventare la sua piccola svista un ritardo di mezz’ora, e Draco camminando con passo cadenzato, il maglione sul braccio, l’espressione annoiata in volto e la borsa penzolante da una spalla.
    Una bella borsa in pelle nera dalla chiusure in argento. Rigida e ordinata.
    Non come la sua, di un marrone liso dal troppo utilizzo, sformata e dalla tracolla sbrindellata.
    Forse ne avrebbe comprata un altra, un giorno di quelli.
    Ad attenderli trovarono solo Madama Pince, in piedi accanto alla propria scrivania e le braccia conserte.
    «Dov’è il Pit- il Professor Piton?» ci sorresse in corner Potter, non vedendo la veste plumbea e svolazzante in nessun anfratto polveroso di quel posto.
    «Il Professor Piton» ripeté arcigna la donna, squadrandolo malevola da capo a piedi «non sarà qui quest’oggi. Ha lasciato a me il colpito di decidere della vostra sorte» evidenziò il concetto battendosi un palmo al petto.
    Harry sgranò gli occhi, sperando di non aver affatto capito quello che aveva sentito.
    Per sicurezza lanciò un’occhiata al ragazzo di fianco a lui. Draco non aveva mosso un muscolo e sarebbe potuto sembrare perfettamente calmo e distaccato, non fosse stato per la mascella rigida e gli occhi leggermente socchiusi.
    Chiaro segno di confusione.
    La seguirono per il corridoio principale e si arrestarono di colpo – rischiando di finirle addosso, o meglio, Harry rischiò di finirle addosso, per disattenzione.     Madama pince si voltò a fulminarlo e lui si ritrasse istintivamente di mezzo passo.
    Evidentemente non gli aveva ancora perdonato l’aver fatto saltare in aria la sua preziosissima biblioteca.
    Persino Hermione – quando l’argomento veniva toccato o si trovavano a passare assieme da quelle parti – si premurava di lanciargli un’occhiataccia.
    Donne, chi le capiva era bravo.
    E Piton era una sadico bastardo.
    «Da questa parte signori» disse malefica, indicando con un gesto secco la scrivania al proprio fianco.
    Per un qualche strano motivo il Grifondoro non ebbe bisogno di chiedere ulteriori istruzioni. Conosceva fin troppo bene quel compito.
    «Vado nel mio ufficio» aggiunge la donna un attimo prima di sparire nei meandri di uno dei tanti corridoi «ma non pensate che non continui a tenervi d’occhio» e, con un’ultima fulminata malevola, si ritirò nelle sue stanze.
    Harry si avvicinò di malavoglia ad una delle due sedie e ci buttò sotto la sacca, già infastidito della mattinata che avrebbe dovuto passare. Gli sarebbe venuto un cancro alla mano, avesse trascritto altri di quei disgustosi registri.
    Quante volte gliel’avevano già fatto fare, da quando era arrivato in quella scuola?
    Ovviamente il pensiero che, se non si fosse impegnato così alacremente nel farsi punire, nessuno di quelle torture gli sarebbe stata inflitta, non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello.
    Sperò solo sarebbe riuscito a fare un po’ più in fretta quella volta, visto che non era da solo.
    «Togliti Potter, lì mi siedo io» era la prima volta che Malfoy apriva la bocca.
    «Cosa hai detto?» domandò sorpreso, tenendo la tracolla della borsa ancora in mano.
    Malfoy sbuffò – magari non troppo scocciato, solo annoiato.
    «Togliti. Lì ci sto io?» ripeté lentamente, come stesse cercando di chiarirgli il concetto con parole più semplici – un’ironia tutta Serpeverde a coronare il tutto, facendo sembrare quella seconda affermazione una domanda a prova di idiota.
    «Cosa intendi fare?» sul serio, Harry ce la stava mettendo tutta, ma stava facendo comunque fatica a comprendere cosa diavolo volesse dire quello.
    «Io mi siedo a destra e tu a sinistra, cosa non ti è chiaro?»
    «Ho capito cosa vuoi dire» aggrottò la fronte  il moro «quello che voglio sapere è perché».
    «Perché sei mancino» constatò il Serpeverde non senza una punta di superiorità, posando ordinatamente la propria borsa alla gamba della sedia e sedendosi.
Harry sbatté le palpebre instupidito, sorpreso dal fatto che Malfoy conoscesse quel piccolo dettaglio. Lui nemmeno aveva notato se il biondo era destro o mancino – destro se la memoria non lo ingannava.
    Anche se negli anni gli era capitato di venire a conoscenza di un paio di sue manie: ad esempio quando era nervoso si tirava una ciocca di capelli a lato della frangia, oppure quando si sentiva sotto pressione teneva le spalle contratte, leggermente più alte del normale.
    Aveva notato che quando era pieno posava la forchetta per le punte, invece che per il dorso.
    Conosceva ogni cicatrice lasciata sulla pelle – incredibilmente pallida – dalla guerra, gli incantesimi andati storti, le unghiate di Ippogrifi e quelle che gli aveva lasciato lui stesso con il Sectumsempra.
    Sapeva seguire alla perfezione, come in un disegno mentale, la curva della schiena che s’interrompeva – fin troppo bruscamente – nell’asciugamano legato a fianchi dopo la doccia.
    S’interruppe bruscamente a quell’immagine – preferendo non chiedersi come mai la sua memoria l’avesse tirata in partita. Cosa stava dicendo?, si chiese improvvisamente accaldato.
    «Quindi?» Harry tornò con i piedi per terra, tornando all’affermazione del biondo. Sì, era mancino, quindi? Cosa centrava su dove avesse dovuto sedersi?
    «Sei più lento di quanto pensassi, Potter» nonostante le parole, il tono era rimasto colloquiale; non sembrava nemmeno un insulto «non hai notato quanto la scrivania sia piccola? Tu mancino e io destro, se ci sediamo come vorresti tu, faremo scontrare i gomiti ad ogni riga» chiuse gli occhi come a mostrare un’ovvietà che il moro sembrava non avere colto – cosa effettivamente vera «come dico io, invece, il problema non si porrebbe».
    Il ragionamento non faceva una piega. Si sedette in modo quasi automatico.
    Non aveva mai pensato che Malfoy potesse essere tanto accorto.
    Non pensava sarebbe mai arrivato il giorno in cui Draco Malfoy lo avrebbe stupito. Piacevolmente stupito a dire il vero.
    Dovette essere rimasto a riflettere a riguardo per un tempo maggiore a quello stimato, perché gli occhi grigi dal Serpeverde si spostarono dalla pergamena per puntarli nei suoi – sul fondo una domanda.
    «Che hai da guardare?» sbuffò agitando la mano, quella che teneva la piuma di corvo con cui – lo aveva notato a lezione – ricopiava in bella gli appunti presi frettolosamente dalla normale piuma (quella che avrebbe usato lui, ad esempio), e che stava usando in quel momento «Ho sbavato da qualche parte?» aggiunse poi, controllando le poche righe scritte – constatando che non c‘erano imperfezioni nelle lettere sottili – per poi tornare a squadrarlo.
    Il fatto che uno come Draco Malfoy potesse preoccuparsi per lo stato della propria scrittura lo fece sorridere, ancora una volta piacevolmente impressionato.
    Lentamente un sorriso aperto – di quelli che gli venivano tanto bene – si fece largo nell’espressione sconfortata che aveva accompagnato la maggior parte della sua permanenza nella biblioteca. Dente dopo dente, le labbra scoprirono un sorriso disarmante e un poco divertito.
    Fu solo grazie alla lunga esperienza come bugiardo che il biondo non rispose con un gesto altrettanto sincero.
    Maledetto Salazar, lui non avrebbe mai sorriso a Potter.
    Esattamente come non avrebbe mai pensato che Potter avrebbe potuto sorridere così a lui.
    Qualcosa gli si rivoltò nello stomaco.
    «Inizia a lavorare Potter» disse bruscamente nel tornare al proprio lavoro – un colore vagamente rosato a imporporargli le gote «o sarò costretto ad aspettare che tu abbia finito, prima di andarmene da qui».
    Con un’ultima occhiata perplessa, Harry alzò le spalle e smise di preoccuparsi di Malfoy, cercando di concentrarsi sul compito che gli era stato assegnato e non sul desiderio di strappare quelle stramaledette caramelle da sotto il naso della Pince – per toglierle quello stupido compiacimento che aveva scorto nel vederli sgobbare su una punizione elargita da lei.
    Stupida megera.
 
***
 
    «Granger, abbiamo un problema!»
    Con uno slancio che nessuno degli studenti (presenti o meno) avrebbe mai pensato sarebbe stato in grado di fare, Severus Piton aprì il quadro della Signora Grassa – che si mise a strillare con la sua solita voce spacca timpani – e se lo chiuse alle spalle mozzicando frasi a mezza voce che somigliavano molto a: “Stramaledetta megera, ma vai a fare a chi urla più forte con l’isterica madre del cane”,
    Tutto questo prima rendersi conto che la quasi totalità dei Grifondoro si trovavano nella Sala Comune – con lui improvvisamente apparso al loro centro, borbottando come una vecchia teiera.
    Ricomponendosi, Severus si schiarì la gola e fulminò un paio di ragazzi con una delle sue famose occhiate al vetriolo, condite di sarcasmo e una spolverata di cattiveria.
    In men che non si dica, nella Sala erano rimati i pochi pavidi incapaci di reggersi sulle proprie gambe e il Trio dei Miracoli 2.0.
    Arricciò il naso nel vedere una cioccorana penzolare agonizzante dalla bocca semiaperta di Weasley, così come del naso sporco d’inchiostro di Paciock – che osservava tutto da sotto le ciglia socchiuse, seminascosto da un enorme volume di Erbologia. Per un decimo di secondo Piton squadrò sorpreso la copertina, riconoscendola, e chiedendosi come mai si trovasse nelle mani incapaci di Paciock – liquidando immediatamente la questione, perché c’era qualcosa di decisamente più grave e urgente da riportare, prima.
    Hermione Granger sedeva appallottolata sulla poltrona più vicina al camino, un grembo un volume chiuso e un foglio di pergamena su cui stava scrivendo qualcosa.
    Sembrava una lettera.
    Piton riuscì a scorgerne l’intestazione, ma non fece in tempo a leggere per chi fosse, perché la riccia la ripiegò non appena si accorse di essere osservata.
    «Professor Piton» disse solamente, osservandolo guardinga.
    Che aveva da guardare tanto fissa?, si chiese l’uomo con una punta di fastidio – salvo poi ricordarsi di essere stato lui a precipitarsi nel loro covo.
    Si schiarì nuovamente la voce e tornò ad essere il solito insegnante intransigente e parecchio stronzo.
    Così come parecchio allarmato.
    «Signorina Granger» esordì «Signor Weasley, Signor Paciock» aggiunse sibilando «abbiamo un problema» fece una pausa – che sembrava strozzata «un problema di una certa… gravità».
 
 
Huston, we’ve a problem!
Ma chissà di che problema di tratta? *me fa la gnorri, anche se lo sa benissimo*
Forse una altra rissa scoppiata sotto il naso adunco della Pince – o quello era Piton? Adesso sono confusa.
*me va a rileggere quanto scritto per il capitolo successivo prima di tornare con le idee (un po’ più) chiare*
Bene, dunque…
Ma chissà quale sarà il grave problema!
L’autrice sghignazza sfregandosi le mani e scoppiando in una risata satanica…
 
E poi. Lasciatemelo dire: e bravo Charlie!!
 
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 7
*** Dove tutti loro sperano – disperatamente – che tutto stia ancora andando per il meglio ***


 
 
                     Reverse.
 
 
[Dove tutti loro sperano – disperatamente – che tutto stia ancora andando per il meglio]
 
    Non si dovrebbe correre per i corridoi.
    Terza regola non scritta della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – preceduta solo da “Non avventurarsi nella foresta proibita” e “Non pietrificare Mrs Purr”.
    E, ovviamente, come le due regole precedenti, tranquillamente ignorata e infranta dai nostri protagonisti.
    Se non altro, a variare dalla solita solfa del non-facciamoci-beccare, potevano essere certi di non dover temere l’agguato di un certo professore di pozioni, pronto a togliere punti ed elargire punizioni rivoltanti.
    Infatti, il docente in questione, apriva il piccolo gruppo di corridori, la veste svolazzante attorno alle caviglie e un’espressione tirata in volto.
    Non erano passati che dieci minuti, dal momento in cui Piton si era precipitato nella Sala Comune, che già il piccolo gruppetto si trovava dalle parti della biblioteca, muovendosi con la sicurezza di essere nel giusto e che nessun professore sarebbe sbucato dal nulla per punirli.
    Hermione – incurante del fatto che il libro si fosse rovesciato e il dorso graffiato, così come la pergamena era finita, per un angolo, nel camino – si era alzata in piedi di scatto, portandosi i capelli dietro le orecchie.
    «Cosa succede?» aveva domandato frettolosa – sebbene fosse rimasta sorpresa, non aveva perso la parola come invece era successo a Ronald «Professore» si era anche premurata di aggiungere dopo un attimo, rendendosi conto di essere stata più brusca di quanto avesse voluto. Di quanto credeva lui le avrebbe permesso.
    Alla domanda non era seguita alcuna risposta, se non un sollecito fermo da parte del professore e un’altra occhiata preoccupata.
    Alla ragazza non era servito altro per capire che – avesse voluto fare chiarezza sull’intera faccenda – avrebbe dovuto seguirlo e basta.
    Nemmeno Ron, dopo essersi ripreso dallo sconcerto causato dalla presenza improvvisa di una serpe – sebbene ex da anni – nel suo caldo antro confortevole, ebbe bisogno di ulteriori sollecitazioni.
    Era bastata l’occhiata minacciosa della riccia a convincerlo ad alzarsi e a abbondare il calore e la sicurezza del suo camino.
    Neville non si era nemmeno mosso, ma per un attimo – un breve secondo durante il quale Hermione si era voltata a guardare la pergamena sgualcita a terra chiedendosi confusamente se non sarebbe stato meglio raccoglierla – nel suo sguardo era passato qualcosa. Un fulmine di quello che – Hermione fu costretta a riconoscerlo – sembrava consapevolezza.
    Te l’avevo detto, le stava comunicando.
    Poi si era girata e aveva seguito Ron e Piton fuori dal ritratto, dove avevano trovato ad attenderli Parkinson e Zabini. Piton li aveva raccattati poco prima di muoversi a chiamare loro, allontanandoli a forza delle loro occupazioni del sabato mattina: rifarsi lo smalto e farsi spuntare i capelli.
    Non fu specificato dalle serpi in questione chi stesse facendo uno e chi l’altro.
    Da quel momento – senza una spiegazione più precisa perché il Professore sembrava avere le labbra cucite – si erano affettati a seguirlo.
    Quando arrivarono alla biblioteca, avevano tutti il fiatone.
    E li videro.
    Harry e Malfoy erano seduti alla scrivania della bibliotecaria, dove di solito stava rintanata Mrs Pince a ingozzarsi di caramelle all’arancia babbane e fulminare ogni studente mormorante.
    La scrivania era piccola e stretta, scomoda per via del bancone che la delimitava dal resto della biblioteca, e ogni singolo centimetro disponibile era stato ricoperto di cassettine in legno colme di fogli.
    I registri delle punizioni degli studenti dalla nascita di Matusalemme ad oggi, probabilmente.
    Ronald perse alcune brevi istanti a rabbrividire nel ricordare quando era toccato a lui – sempre in compagnia di Harry, perché certe cose si fanno in coppia – copiare paragrafo per paragrafo, nome per nome e data per data. Interminabili serate spese a starnutire per polvere e prendere in prestito impacchi per il gonfiore alla mano da Piton.
    Hermione aveva pensato avesse imparato a farseli da solo. Certe volte era una credulona.
    Era giusto sul punto di ricordare altri episodi in cui aveva dimostrato di saperne una più della riccia – quella volta a quidditch, magari – quando un sospiro strozzato della suddetta lo costrinse a tornare con i piedi per terra.
    E vedere – sebbene avrebbe preferito farne a meno – cosa avesse scandalizzato il puro e duro Piton.
    I due ragazzi non si erano accorti di essere diventati un’attrazione e continuavano a trascrivere chissà quale abominevole punizione sulla pergamena. Ad intervalli abbastanza regolari s’interrompevano per cambiare foglio, leggere quanto c’era scritto in quello vecchio e intingere le penne nel calamaio.
    Questo nel più assoluto silenzio.
    Non si parlavano – e di conseguenza non erano impegnati in un’impegnata sessione di insulti e complimenti di vario genere – né si guardavano. E questo di per sé sarebbe potuto essere un punto a favore dello sconcerto di Piton. Ops, del Professor Piton, scusassero l’errore.
    Ma grazie alla pozione quella non era più un’opzione praticabile.
    Eppure nel teatrino c’era anche qualcos’altro di insolito. E non si trattava del nuovo dopobarba indossato dal professore, come Hermione aveva constatato nel momento in cui si era trovata ad affrettarsi al suo fianco.
    Il primo a riprendersi fu Blaise, che emise un basso fischio – penetrante – a denti chiusi.
    «Harry» gracchiò allora Ron strozzandosi sulle sillabe, gli occhi fuori dalle orbite. Il sudore freddo gli stava imperlando la fronte e il labbro superiore mentre un rossore molto, ma molto scandalizzato si faceva strada sulle orecchie e il collo.
    Il moro e il biondo alzarono la testa e sussultarono, allontanando le punte delle piume dalle pergamene su cui stavano lavorano – accorgendosi solo in quel momento della presenza dei cinque alle loro spalle. Fecero per voltarsi quando il movimento gli venne impedito.
    Sotto gli sguardi sconvolti – persino dei due protagonisti della faccenda – la mano destra di Harry Potter era inesorabilmente intrecciata alla sinistra di Draco Malfoy, ed entrambe sembravano ben decise a non spostarsi di un solo millimetro.
 
***
 
    “… se le emozioni riverse risultano essere troppo forti o particolarmente radicate, con il passare del tempo l’efficacia della pozione potrebbe venire meno, esprimendo scoppi incontrollati dell’emozione stessa a scapito del volere attuale delle persone cui è stata somministrata. Lo stesso effetto si mostra quando il sentimento scelto per essere imbrigliato risale ad un periodo più lungo di cinque anni ...”
    Più Hermione leggeva e meno riusciva a capire il contatto – perfettamente assurdo – avvenuto tra Harry e Malfoy.
Insomma, quei due di erano odiati per anni – va bene, detestati e tutto il resto – ma mai avevano tentato di toccarsi per un motivo che fosse differente da quello di fare il maggior male possibile all’altro, ad iniziare da quella famosa stretta di mano mai avvenuta, sette anni prima.
    «Non può essere!» sbotto seccata, chiudendo il libro con un tonfo e infilandosi le dita tra i ricci, scompigliandoli più di quanto non fossero già.
    Ovviamente Ron si curò bene dal farglielo notare.
    «Non capisco cosa diavolo vuol dire» sbottò nuovamente la ragazza, lanciando occhiatacce al volume – nuovamente preso in prestito dal Reparto Proibito – come fosse tutta colpa sua.
    «A me sembra chiaro» Blaise – che evidentemente aveva manie suicide – si stava accendendo una sigaretta con la bacchetta, preannunciando uno scoppio di lamentele da parte di Pansy, che non sopportava il fumo.
    Esattamente come non riusciva a capire come avesse potuto un mago come lui entrare in possesso di vizi così bassamente babbani come quello.
    «Cosa ci sarebbe di chiaro?» chiese seccata.
    «Le opzioni sono due e portano entrambe alla stessa conclusione» riprese la parola il moro, l’espressione neutra e modi di fare da guru «la prima è che l’emozione che abbiamo cercato di eliminare – rabbia, odio e tutto il resto – siano talmente forti e radicate da non essere state altro che scalfite dalla pozione. E la seconda – e ben chiaramente più deprecabile – è che abbiamo fatto un errore di calcolo e frainteso il sentimento che provavano – che provano, mi sentirei di dire in effetti. Noi abbiamo supposto che tutto quel litigare e cercare fossero frutto di odio e repulsione, ma ora mi chiedo se sia effettivamente così».
    «Cosa significa?» chiese la riccia, volendo una conclusione.
    «Significa che forse sotto quella superficie di ostilità si stava nascondendo qualcos’altro, che non abbiamo notato. Curiosità, desiderio di accettazione, amicizia forse… attrazione» aggiunse dopo un attimo, molto più piano delle precedenti.
    «Sciocchezze» liquidò il ragionamento con un gesto sprezzante della mano.
    Pansy, seduta lì accanto, decise saggiamente di non intervenire. Poteva trattarsi di un sesto senso da Serpe – o intuito femminile – ma aveva come l’impressione che non sarebbe stata in grado di uscirne tutta intera dallo scambio che stavano mettendo in atto quel due maniaci cervellotici.
    Stavano seduti in biblioteca, defilati rispetto a chiunque altro – ma chi sarebbe mai potuto essere in quel luogo a quell’ora della domenica poi? – coperti da orecchie indiscrete grazie all’incantesimo muffilato, di cui ora sapevano poter ingraziare il professor Piton.
    Per un attimo si era chiesta che uso ne facesse quel tristo professore, ma l’interrogativo si perse bel presto.
    Anche Ronald aveva avuto la sua stessa idea, constatò nel vederlo immerso in chissà quale pensiero, mentre osservava lo scambio come stesse guardando una pluffa che andava da una parte all’altra del campo. Ma forse quello era un riflesso condizionato che lo prendeva ogni volta che Hermione iniziava ad infervorarsi.
    Ora che lo guardava bene, stava seduto anche abbastanza raggomitolato e inclinato all’indietro, il più possibile lontano dalla ragazza.
    «Personalmente penso si tratti della seconda» stava dicendo Blaise, riprendendo il discorso fatto in precedenza.
    «Ovviamente è la prima» gli parlò sopra Hermione decisa.
    Si guardarono per un momento.
    «Cosa vorresti dire?» sibilò lei, gelida.
    «Solo che mi sembra strano che si odino in quel modo da così tanto tempo. Prima non era altro che uno scambiarsi dispetti e piccole rivalità scolastiche, te lo concedo. Ma niente di tanto radicato. Non sarebbe stato in ogni modo naturale, per dei ragazzini di dodici anni».
    «Quindi, secondo il tuo ragionamento, dovrei credere che quei due in realtà volessero fare amicizia?» Hermione storse il naso alla possibilità «E che non fossero capaci di mettere da parte i piccoli dispetti con cui avevano iniziato il loro… chiamiamolo rapporto. Tanti dispetti e inutili sfide per attirare l’attenzione l’uno dell’altro?»
    «In fondo non conoscevano alcun altro modo per relazionarsi».
    «È la cosa più ridicola che abbia mai sentito!» decretò.
    «Sbaglio o è un detto babbano a dire: “Chi disprezza compra”?»
    «Non pensare di insegnarmi la mia cultura!» scattò lei.
    «In fondo cosa sappiamo di come si sentono veramente?» scosse la testa all’espressione scettica di Hermione «Cosa sappiamo di quello che li spingeva a seguirsi scoprire ogni più infimo segreto, tenersi costantemente d’occhio e spostare tutta la propria attenzione sull’altro quando entrava in una stanza – o quando lo ignorava?»
    «Ovviamente il timore di una prima mossa da parte dell’altro» fece la mora pronta «il trovarsi in inferiorità o perdere. Quella era pura competizione e odio viscerale, non c’è nessuna altra spiegazione».
    «Se quello che dici è vero» Blaise sorrise con fare saputo «perché allora non sono diventati amici? Perché hanno iniziato ad ignorarsi e a non considerarsi più di alcun interesse? Non te lo sei chiesta?»
    «Io non-» la ragazza si interruppe. In effetti non ci aveva dato molto peso…
    «È per questo che dico sarebbe il caso di  spendere un po’ più di tempo adesso a capire, per evitare ulteriori complicazioni dopo
    «Cosa vorresti dire?» tornò alla carica Hermione «Che se non troviamo una soluzione si ammazzeranno per via dei “scoppi incontrollati dell’emozione stessa a scapito del volere attuale delle persone cui è stata somministrata”» citò il paragrafo appena letto.
    «Ma, non saprei» sembrava una punta di sarcasmo, quella che coloriva il tono serio del Serpeverde «se per te quel tenersi per mano era il preludio di una scazzottata in piena regola… allora sì, è questo che temo».
    «Perché? ci sarebbe un’altra spiegazione?»
    «Tensione sessuale?» ridacchio il moro, scherzando solo in parte ma non mostrando come il pensiero avesse in realtà iniziato a radicarsi nel suo animo. Non riusciva a trovare alcuna altra spiegazione per quel comportamento.
    O per meglio dire, ora che ci stava riflettendo alla luce di quanto accaduto, nient’altro gli sembrava fornire sufficienti prove a sostegno della tesi.
    «Ma lo sai che il ragionamento di Blaise potrebbe non fare una piega?» s’intromise improvvisamente il rosso con fare pensieroso – probabilmente non rendendosi conto di quanto in effetti stesse per dire «pensa che una volta ho beccato Harry a fissare Malfoy mentre si faceva una doccia negli spogliatoi. All’inizio ho pensato volesse solo lanciargli addosso il suo asciugamano – visto come lo teneva stretto – ma se mi ci fai pensare la sua mano-»
    Per la riccia fu troppo e si gettò a volo d’angelo sul secondo ex migliore amico.
    «Scusa Blay» Pansy si era sporta verso di lui, curiosa, mentre Hermione si apprestava a scorticare vivo Ron e a nasconderne le prove all’intera comunità magica. In fondo il mondo non avrebbe sofferto per un Weasley pel-di-carota in meno.
    «Dimmi Pan» sogghigno nel risponderle, pur continuando a guardare l’opera di metodica distruzione portata avanti da quella che sarebbe dovuta essere la migliore studentessa dell’ultimo mezzo secolo a quella parte.
    «Prima hai detto che entrambi i ragionamenti portavano ad una sola conclusione» tentennò un momento, come non fosse del tutto certa di voler veramente conoscere la risposta.
    «Sì?» la esortò – ben sapendo dove sarebbe andata a parare.
    «Quale…» s’interruppe ancora una volta «quale sarebbe?»
    «Che Paciock ha avuto ragione» si godette ogni secondo dell’espressione scandalizzata della compagna di casa mentre finiva la frase «che non ci saremmo dovuti impicciare e che abbiamo messo mano in qualcosa che non abbiamo compreso pienamente».
 
***
 
    Harry non riusciva a stare fermo.
    Era tutto il pomeriggio che faceva avanti indietro per il castello.
    Un pensiero fisso che non riusciva a togliersi dalla mente.
    I suoi vagabondaggi l’avevano portato fino al settimo piano senza una ragione precisa.
    Ci mise poco a decidersi e a raggiungere l’arazzo di Barnaba il Babbeo.
    La Camera delle necessità era stata una delle più utili scoperte avvenute in quella scuola da quando ci era entrato la prima volta e – quel che era il meglio – non si tirava mai indietro, a totale disposizione di chiunque e per qualunque cosa.
    Pregò di essere lui quel qualcuno.
    Per un breve momento attese che comparisse la solita porta in ferro battuto – che si materializzava quando chiedeva quella pericolare stanza – senza che succedesse nulla.
    Seppe istintivamente che la Camera era in uso e che un altro qualcuno era ancora al suo interno.
    Ma infondo lui non era Harry Potter per nulla
    Il che significava che aveva un buon amico che sapeva cosa fare in casi come quelli.
    E non aspettatevi che venga a rivelarvi in che modo riuscì a far apparire quella fantomatica porta, altrimenti si ritroverebbe tutti voi che vanno a disturbarlo mentre si fa gli affaracci suoi. E magari anche quelli di qualcun altro.
    Quando aprì la porta si ritrovò in uno spazio grande quanto un’aula, pieno di banchi e sedie, senza una cattedra o una lavagna, privo di finestre ma provvista di torce fiammeggianti in abbondanza, da illuminare tutta la zona a giorno.
    Per un attimo il ragazzo si chiese se, nonostante le origini magiche, la camera fosse in grado di riprodurre anche le modernità babbane, come lampade alogene o televisione.
    La sua attenzione, tuttavia, venne ben presto calamitata dall’occupante della stanza, da quel qualcuno che aveva osato frapporsi tra lui e il relax di cui era disperatamente alla ricerca.
    Una familiare testa bionda era profondamente immersa in un tomo dall’aria noiosa – pozioni, possibile? – mentre una mano sottile – familiare anche quella, e che sapeva essere tiepida e fredda solo sulle punte – giocherellava con una piuma d’oca dalle penne superiori di un vivace marrone pino.
    Per un qualche strano motivo l’irritazione di poco prima si sciolse nello stomaco, seguita da un istinto ben poco familiare – nei confronti di quel particolare ragazzo, in verità.
    Una inspiegabile fame. Ebbe l’impressione di stare perdendo il controllo.
    Fu proprio in quel momento che il Malfoy avvertì qualcosa, forse uno spiffero d’aria fredda che non aveva desiderato ricevere sul collo, e si voltò a controllare.
    «Cosa diavolo ci fai qui, Potter?» fu lo strillo – perché non si poteva definire in altro modo quel tono scandalizzato – che lo accolse sulla porta.
    «Ci vivo» alzò le spalle, fraintendendo volutamente.
    «No, non intendevo nel castello, ma qui!» replicò improvvisamente infastidito dalla vaghezza della risposta «Intendevo come hai fatto ad entrare».
    «Devi sapere che Neville ha passato parecchio del suo settimo anno – quello della guerra – qui dentro» sorrise con aria saputa, in automatico, nel vederlo reagire con così tanta sorpresa «e mi ha spiegato un paio di cosette interessanti» il sorriso diventò un ghigno sfrontato «come entrare anche se è utilizzata da qualcuno, ad esempio».
    «Cosa vuoi, Potter?» sibilò bruscamente, sentendosi stranamente in colpa per avergli risposto così rudemente – salvo poi chiedersi confusamente da dove diavolo venisse quel pensiero.
    Era da qualche giorno che si sentiva fiacco, confuso, come se non riuscisse a mettere bene a fuoco qualcosa.
    E la presenza di Potter – come era ovvio – non lo aiutava certo a metterlo nella situazione migliore per tornare a fare chiarezza sulla sua vita.
    «Volevo trovare un posticino tranquillo, visto che la mia sala comune sembra essere stata presa di mira da idioti patentati e primini che fanno finta di conoscermi» fece una pausa carica di significato «e l’unico posto che mi è venuto in mente è stato questo. Peccato fosse già occupato, da te» sottolineò, come se ce ne fosse stato bisogno.
    «Ti è venuto in mente solo questo? Non mi sorprende che il tuo cervello non ci sia arrivato» avrebbe voluto – avrebbe dovuto – sembrare sarcastico, ma in verità si sentiva un blocco alla gola. Proprio sotto il pomo d’Adamo. Non riusciva a respirare agevolmente.
    «Mi pare che anche tu non abbia avuto molte altre brillanti idee» mormorò il moro suadente? senza dare segno di essersela presa per l’insulto più o meno velato.
    «Cosa fai Potter? Prendi in giro?» se non altro, quelle risposte automatiche gli stavano permettendo di non fare la figura del vermicolo fritto, a rimanere a fissarlo per un motivo non ancora del tutto definito.
    Al che, senza degnarlo nuovamente di una risposta, il ragazzo lo fissò dritto negli occhi, costringendolo a guardarlo a propria volta, incapace di distogliersi da quella presenza ingombrante.
    Poi vi fu un lampo verde in quelle iridi seminascoste dalle lenti e Draco iniziò ad avere seri problemi a capire cosa gli stava accadendo attorno.
    La stanza parve restringersi – fisicamente! I muri si avvicinarono fino a diventare non più di quattro metri per lato e l’aria si fece irrespirabile. Soffocante.
    Fu con uno sguardo di sfida che Harry mosse qualche passo nella stanza, staccandosi dallo stipite, e avvicinandosi con fare…
    Draco si sentì improvvisamente a disagio – cioè, voleva dire, non propriamente a suo agio. Giusto un poco in ansia.
    …predatore.
    «Allora» disse, facendo luccicare quei maledetti occhi verdi che si ritrovava «ora che facciamo?»
 
 
Giusto *me deglutisce carica di aspettativa* adesso cosa facciamo?
Voglio dire… sono insieme, da soli, con la pozione che fa bizze e rischia di evaporare sotto i nostri occhi.
Perché cazzo l’autrice si è fermata qui!?
Me si ferma un momento, smettendo di urlare e guardandosi attorno – per scoprire che tutti la stanno guardando – prima di ricordarsi che è lei l’autrice.
Oh, shit…
Ehm.
Vado a scrivere il seguito?
 
Ah, quasi dimenticavo… sto pensando di mettere il rating rosso da adesso in poi (non si sa mai, e mi hanno consigliato in merito) quindi mi dispiace per coloro che non possono più leggerla – sperando non ci sia nessuno! Mi sentirei troppo in colpa...
Gomen
 
Un bacio
 
NLH

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Capitolo 8
*** Fuori Controllo ***


 

 

 

                     Reverse.

 

 

[Fuori Controllo]

 

Avviso:

 

Okay, per prima cosa non allarmatevi: questo non è un post per preannunciare la chiusura anticipata della storia, la mia prematura dipartita o l’avviso di incompiuta.

È un semplice avvertimento riguardo a questo capitolo.

 

Dovere sapere che in origine la storia era stata pensata con rating Arancione – come effettivamente è ora, ma anche che ad un certo punto la trama è diventata differente da come sarebbe dovuta essere in origine.

 

Al che mi sono vista costretta a rivedere il rating da Arancio a Rosso.

 

E non l’ho trovato giusto – visto che ho iniziato il racconto e adesso costringo i lettori minorenni a non sapere come va a finire…

 

Quindi ho trovato un’alternativa. Ho postato il capitolo come storia separata (qui sotto troverete il link) così potrò mantenere la stessa storia e premettere a tutti di continuare a leggere – in fondo senza la lettura di questo specifico capitolo non è che non si capisca qualcosa… devo solo aggiustare un po’ il resto, ma niente di grave J

 

Perciò… divertitevi!

 

 

Reverse - Fuori Controllo

 

 

Un bacio

 

NLH

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Capitolo 9
*** Dove si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro chi ***


Reverse.

[Dove si medita Vendetta – anche se non si sa esattamente contro chi]

    Quella mattina, a colazione, c’erano due posti vuoti che spiccavano come strappi nel tessuto della routine della scuola, come piccole – enormi – bruciature circolari nell’albero genealogico della famiglia Hogwarts.
    Quando erano arrivati in Sala Grande (ovviamente parlo dei cospiratori più un’aggiunta – nella fattispecie trattasi di un certo docente di Pozioni) e non avevano visto i rispettivi compagni di casa, c’era stata la conferma che qualcosa fosse andato storto.
    Blaise, che quando si era svegliato e non aveva visto né Draco né il letto disfatto – cosa alquanto anomala, visto che il principino lottava con le coperte ogni notte – aveva provato un brivido tutt’altro che piacevole. Districandosi dalle lenzuola si era precipitato alle porte del dormitorio femminile e aveva iniziato a bussare con esasperante costanza fino a quando una Daphne assonnata e dalle sopracciglia aggrottate in una smorfia decisamente seccata non gli aveva aperto – borbottando una domanda che poteva essere interpretata con un: “Cosa diavolo vuoi?”
    Senza degnarla di una risposta l’aveva scostata ed era entrato a forza – evidentemente non doveva essere ancora del tutto sveglio e in possesso delle sue solitamente pronte facoltà mentali – riuscendo a fare giusto tre passi prima di essere investito da tre schiantesimi contemporaneamente.
    Daphne, facilmente ripresasi dallo choc e dalla sonnolenza; Astoria, sorella di Daphne e due anni più giovane, che l’aveva seguita nel sentirla alzarsi e con una propensione per gli incantesimi ben piazzati. E infine Pansy, svegliata dal baccano e la camicia da notte arrotolata sulle gambe per combattere meglio.
    Aveva dimenticato quanto le ragazze potessero essere ospitali.
    «Buongiorno» era riuscito a biascicare Blaise, dopo che una delle tre lo aveva caritatevolmente rianimato (dopo averlo trascinato fuori dal loro dormitorio).
    «Per Salazar, Blay» Pansy era di una finezza spaventosa quando veniva svegliata prima dell’orario da lei stabilito «cosa diavolo pensavi di fare? Ti sentivi così tanto solo da non poter resistere al richiamo della natura?»
    «Non dire sciocchezze» seppur con difficoltà il moro era riuscito a mettersi a sedere a far funzionare abbastanza il cervello – il sonno scomparso ma ancora annebbiato dagli strascichi delle maledizioni «sai perfettamente che non ho alcun bisogno di andare a prendere, io».
    Storcendo il naso per il chiaro doppio senso, la ragazza fece oscillare in modo allusivo la bacchetta – ancora accuratamente stretta in mano e puntata non proprio sul pavimento – e gli affibbiò una delle sue occhiate al vetriolo.
    «Mi vuoi spiegare?» chiese nuovamente. Perché proprio non riusciva ad immaginare nessun altro motivo per cui un ragazzo sarebbe potuto entrare nell’ala riservata alle ragazze, in pigiama e all’alba delle cinque di mattina (cosa poi il ragazzo in questione ci facesse sveglio a quell’ora, era un altro mistero).
    Blaise tacque un attimo, come stesse cercando di raccogliere le idee, poi sospirò affranto e puntò un paio di occhi allucinati in quelli sospettosi di Pansy.
    «Draco non è nel suo letto».
    Erano bastati pochi secondi perché la mora Serpeverde collegasse i fatti alla catastrofe, un’altra esigua manciata durante la quale corse a vedere la stanza incriminata e un paio di minuti in cui venne presa la più improbabile delle decisioni.
    Ovviamente se si parlava di tre settimane prima.
***
    Hermione Jane Granger si alzava tutte le mattine alle cinque e dieci per ripassare le materie che avrebbe avuto durante la giornata e bersi una tazza di caffè – opportunamente preparato con la caffettiera che i genitori le avevano regalato dopo essere stati in vacanza in Italia.
    Per questo, quando un gufo bruno dall’aria sospetta – e sconosciuta – aveva iniziato a picchettare alla finestra della sua stanza, non aveva ricevuto il brusco risveglio toccato al proprietario della bestiola.
    Frugando tra le buste nel baule, prese un biscottino da offrire al pennuto e glielo porse, nella speranza che mollasse la lettera che aveva – stranamente – nel becco. Nel beccare il dolce – e graffiarle due dita – lasciò cadere il rotolo di pergamena, che rischiò seriamente di finirle nella tazza.
    Succhiandosi i graffi – e maledicendo l’uccello – lo prese e lo srotolò.
    C’erano scritte poche righe, vergate in una grafia sottile e inclinata verso destra – elegante a modo suo.
Granger,
Draco non è tornato stanotte. Non è normale. Non vorrei che la situazione sia peggiorata. Potter dov’è?
Sto andando alle cucine per vedere se per caso è lì. Vediamoci vicino al quadro delle “Vergini decapitate” al primo piano, tra venti minuti. Portati Weasley se Potter non è in dormitorio.
Pansy
P.s. Aster, il gufo di Blaise, è un pennuto appiccicoso. Non offrirgli niente o non te lo toglierai più di torno.
    Stringendo spasmodicamente la pergamena tra le dita, la ragazza aveva cercato di ignorare un improvvisa pressione che sembrava essere stata felice di accomodarsi sulle sue spalle.
    Esattamente come il gufo – Aster, ricordò – che le si era appollaiato addosso e in quel preciso momento aveva iniziato a tirarle gentilmente un riccio a portata di becco.
    Passò i successivi quindici minuti a riflettere, mentre meccanicamente si preparava per la giornata, ma solo all’ultimo momento si ricordò che avrebbe dovuti fare qualcosa. Infilandosi il mantello e nascondendovi la lettera della Serpeverde tra le pieghe, uscì dalla stanza da Caposcuola e si presentò davanti al dormitorio maschile del settimo anno.
    Nonostante vi fosse abituata, lo spettacolo rimaneva disgustoso.
    Dean e Seamus stavano, fortunatamente nei rispettivi letti, seminascosti dalla tendina tirata malamente, dormendo alla grossa, gli abiti tolti la sera prima accuratamente sparsi per tutto il pavimento in mucchi maleodoranti, comprese le mutande che – dall’improbabile stemma – Hermione scoprì appartenere al primo dei due. Sperò con tutta sé stessa che non si alzasse prima che se ne fosse andata.
    Neville si era già alzato, perché il suo letto era sfatto e di lui non c’era traccia, ma Ron contribuiva ancora alla cacofonia di russate nella stanza.
    Reprimendo il desiderio di invocare un qualche incantesimo, gli si avvicinò e lo scrollò con forza.
    Harry non c’era.
    «Svegliati Ronald, abbiamo un problema» gli sibilò in un orecchio nel vederlo socchiudere gli occhi e ondeggiare la testa verso di lei in stato comatoso – ritenendo di averlo opportunamente svegliato – prima di mollarlo lì e andare ad aspettarlo in Sala Comune.
    Per un qualche miracoloso motivo, il ragazzo la raggiunse in sette minuti netti – sufficientemente vestito da evitarle una sfuriata mattutina.
    Di Harry nessuna traccia.
    Il suo letto era immacolato e in ordine – se vogliamo sorvolare sui libri polverosi ammassati sul cuscino, ovviamente. Non era tornato a dormire.
***
    Quando quella mattina si erano svegliati, era stato fin troppo immediato capire che qualcosa non era al proprio posto.
    Anzi, che il mondo intero si era capovolto senza che nessuno dei due se ne fosse accorto.
    Il primo ad aver ripreso conoscenza era stato Malfoy.
    Probabilmente perché non abituato a tutta quella luce di prima mattina, o forse perché un braccio pesante gli premeva sul fianco, fatto sta che ad un certo punto si era trovato – più o meno lucidamente – a chiedersi per quale motivo si sentisse così tanto spossato. Che la sessione di studio della sera precedente gli fosse stata più deleteria del previsto?
    Mugugnando soddisfatto – perché nonostante un sospetto indolenzimento a tutto il corpo quello era stato uno dei risvegli più piacevoli da qualche mese a quella parte – aveva fatto per voltarsi, deciso a scendere dal letto e godersi una più che meritata doccia bollente, magari seguita da scones e cappuccino.
    Poi – ancora rigorosamente ad occhi chiusi – il suo naso aveva incontrato una resistenza decisamente non prevista. Un ringhio era nato legittimo dal fondo della gola: se Blaise avesse ancora ammassato i suoi abiti sul suo letto mentre dormiva, gli avrebbe bruciato le sopracciglia nel sonno.
    Ci mise qualche lungo secondo a rendersi conto che nessuno di sua conoscenza possedeva un abito rosa – o per lo meno, non di quella tonalità – esattamente come nessuno aveva una fottuta uniforme con sopra stampata la faccia del Golden Boy.
    Nessuno di sua conoscenza ovviamente.
    Reprimendo un grido di puro terrore – trasformandolo in uno strillo molto, ma molto scandalizzato – Draco spinse il petto – su cui si rese conto di essere rimasto appoggiato fino a quel momento – con tutte le proprie forze, gettando il ragazzo giù dal letto.
    «Ehi! Ma che cazz-»
    Cosa cazzo ci faceva a dormire tra le braccia di Potter?
    Il sopracitato Salvatore del Mondo Magico si tirò a sedere, puntellandosi al materasso e massaggiandosi il fianco con espressione dolorante. Con sguardo infuriato si voltò ad osservare il pazzo che lo aveva svegliato tanto bruscamente, pronto a fargliela pagare.
    Cercò inutilmente di mettere a fuoco il volto che torreggiava su di lui, salvo ricordarsi di non avere gli occhiali sul naso. Annaspando, frugò tra le lenzuola a terra – ma aveva lottato quella notte? – nella speranza di trovarli. Fortunatamente li individuò poco distanti e se li calò deciso in faccia.
    Gli occhi spiritati di Draco Lucius Malfoy ricambiarono i suoi.
    Le sopracciglia si aggrottarono quasi inconsciamente.
    Che ci faceva il malfuretto nel suo letto?
    «Malfoy? Ma cosa-»
    «Potter!» lo interruppe l’altro secco «Che cazzo ci fai nel mio letto?»
    «Veramente stavo per chiederti al stessa cosa» ribatté piccato, alzandosi in piedi – lasciare che lo guardasse mezzo raggomitolato per terra gli dava come l’impressione di inferiorità. Non gli stava piacendo proprio per nulla.
Anche se non capì subito per quale motivo il biondo gli avesse gettato addosso un cuscino, strillando scioccato.
    «Mettiti qualcosa addosso, cazzo!»
    Sconvolto, Harry si accorse di essere nudo. Completamente.
    Ad una velocità assurda – da degno Sekeer qual’era – afferrò il cuscino e se lo portò a coprire le parti basse. Anche perché la mattina lui stava… così.
    Notò a malapena che l’improvvisato compagno versava più o meno nelle stesse condizioni.
    «Cosa cazzo ci fai nudo nel mio letto?» riprese a strepitare Malfoy, non appena ebbe appurato che il moro fosse sufficientemente coperto.
    «Che cosa? Questo non è il tuo letto!» ribatté piccato, rosso come un tizzone.
    «Beh, nemmeno il tuo!»
    Si fermarono ansanti, forse accorgendosi per la prima volta di quanto li circondasse effettivamente. Giusto… dove diavolo si trovavano?
    La marea di ricordi – evidentemente i cervelli avevano ripreso a funzionare prima del previsto – li sommerse prima di poter aggiungere altro.
    Harry avvampò più furiosamente di prima mentre il biondo affondò la faccia nel secondo cuscino superstite, soffocando un verso tragicamente simile ad uno squittio.
    Cosa avevano fatto!?
    Cosa cazzo era successo?
    Perché!?
    Si lasciarono un unico sguardo terrorizzato – puro panico, come non era mai successo prima – prima di iniziare a raccattare gli abiti sparsi a terra, mentre la stanza si modificava seguendo i loro desideri.
    Giusto, la Stanza delle Necessità.
    Un paravento comparve tra entrambi e le luci si levarono alte lungo le pareti. Nessuno specchio apparve a mostrare il loro aspetto – chiaramente terrorizzati di guardarsi e scoprire senza più ombra di dubbio che no, non era solo un brutto sogno – ma proprio per quel motivo alcuni dettagli – importanti o meno – non vennero notati.
    Evitarono di guardarsi nell’uscire e rimasero a distanza di sicurezza durante tutto il tragitto per il primo piano.
    Erano talmente turbati che non si accorsero di aver quasi raggiunto al sala grande. Così tanto a disagio che intuirono sono troppo tardi di essere finiti alle spalle dei rispettivi amici, intenti confabulare.
    Istintivamente – sempre senza guardarsi – si nascosero dietro ad una colonna, ben sapendo non sarebbero riusciti a spiegare per quale motivo fossero insieme, con i vestiti spiegazzati e l’aria di chi evidentemente non aveva dormito tutta notte.
    Il povero Ron sarebbe morto sul colpo, si morse il labbro Harry, profondamente a disagio.
    Malfoy invece, si chiese cosa diavolo ci facessero Blaise e Pansy in compagnia dei Grifoni.
    «…da nessuna parte» stava dicendo Hermione allarmata, gesticolando vistosamente «come potrebbe essere successo?»
    «Cosa vuoi che ne sappia?» sentirono Zabini borbottare «So solo che stamattina Draco non era nel suo letto».
    «E nemmeno Harry» ci tenne a precisare Ron, chiaramente torcendosi le mani – se Harry lo conosceva almeno un po’. E lo conosceva.
    «Ora abbiamo una chiara visione dell’ovvio» s’intromise acidamente Pansy.
    «Cosa vorresti dire?» lo sentirono ribattere.
    «Che se devi aprire bocca solo per darle aria, faresti meglio a stare zitto!»
    «Ma come ti permetti, sottospecie di serpe boriosa-»
    «Smettetela» la maestrina li fece smettere imperiosamente, riportando la conversazione al punto in cui era stata interrotta «non abbiamo tempo di stare qui a litigare. In questo momento Harry e Malfoy potrebbero essere dovunque a fare chissà cosa» e qui per un qualche misterioso motivo, i due personaggi citati avvamparono incontrollabilmente «potrebbero starsi massacrando da qualche parte del Castello…»
    «O della Foresta Proibita» ci tenne ad aggiungere Ron, fissato.
    «…oppure uno dei due si sta dando da fare ad occultare il corpo dell’altro» la ragazza proseguì imperterrita, come il commento non fosse mai esistito «e io non credo sia quello che vogliamo, o sbaglio?»
    «Perché sei tanto convinta che loro due siano costantemente sul punto di massacrarsi a morte?» Zabini ovviamente, signore e signori, e chi altri? «Io penso invece che loro ci stiano dando-»
    «Non voglio sentire!» Ron si premette le mani sulle orecchie, in un gesto infantile «Mi rifiuto di crederlo».
    «Ma non eri tu, proprio ieri, ad aver detto che sarebbe potuta essere una ipotesi possibile?» Blaise aggrottò le sopracciglia, seccato dal fatto di essere stato interrotto.
    Quinta regola della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts: mai e dico mai interrompere Blaise Zabini quando sta parlando.
    «Sono affetto da disturbi bipolari» recitò a memoria il ragazzo, ripetendo parola per parola quanto gli era stato inculcato da Hermione, in alternativa allo scorticamento a mani nude «non sapevo quello che stavo dicendo. Mi sto ancora curando».
    Il moro Serpeverde lanciò un’occhiata allucinata – e un poco spaventata – all’espressione soddisfatta della riccia. Era spaventosa.
    Si chiese cosa ci facesse tra i grifoni.
    «In ogni caso» riprese cautamente – più cautamente, in effetti «il problema rimane – qualunque cosa stiano facendo ora. Non sappiamo dove siano».
    «Tutto questo non era nei programmi» da come aveva iniziato a bofonchiare le parole, Pansy si stava quasi sicuramente mordicchiando un’unghia «non era così che doveva andare».
    «Mi sembra ovvio, altrimenti ora non saremmo qui, a chiederci in quale angolo del castello siano ad ammazzarsi di botte» la riccia incrociò le braccia.
    «Non sappiamo se sia veramente così!» ribatté Blaise, stufo di vedere la propria opinione ignorata.
    «Quindi cosa suggerisci di fare?» sbottò la ragazza, sempre più irritata e infastidita dalla piega che quella conversazione stava prendendo – oltre che dal gufetto che le voleggiava attorno tubando felice «Di chiuderli in una stanza e spiarli fino a quando non capiamo quali sono gli effetti collaterali?»
Probabilmente sarebbero andati avanti così ancora per un bel pezzo, se una domanda – posta da una persona purtroppo conosciuta – non li avesse gelati sul posto.
    «Potrei sapere» perché la voce di Harry fosse tanto gentile, Hermione poteva solo immaginarlo, ma ciò non toglieva nulla al fatto che l’aveva appena terrorizzata a morte «di cosa state parlando?»
    Sconcertato, il moro uscì allo scoperto – seguito a ruota dal biondo, strisciando i piedi sulla pietra e palesando vistosamente – e fisicamente – la propria presenza. Il gruppetto che si era voltato allarmato alla sua voce, sbiancò improvvisamente.
    «Hermione…» Harry sembrò sul punto di dire qualcosa d’altro, ma le parole gli si bloccarono da qualche parte nella trachea.
    Tacque, mentre il silenzio scendeva pesante e Ron cercava di non vedere quel sospetto segno rosso che ornava il collo candido di Malfoy, così come evitò volutamente di notare uno stranissimo luccichio negli occhi dell’amico.
    Dopo un attimo, i pugni chiusi e lo sguardo furente, Draco fece un passo avanti.
    «Voglio sapere cosa cazzo ci avete fatto!»
    Il tono non ammetteva repliche.



Ed ecco a vostra caritatevole disposizione i tre bei risvegli!
Mh, pare sia arrivato il momento delle spiegazioni – e noi che sappiamo tutto non diremo nemmeno bé (lasciamo che se li risolvano da soli, i loro problemi!!)
Ci tengo solo a precisare che piacerebbe anche a me svegliarmi abbracciata a qualcuno – anche nudo va bene, sul serio – e che li invidio tantotanto (fosse anche solo per gettare quel fantomatico qualcuno giù dal letto, santo cielo, e poter dire di aver finalmente passato una notte degna di quel nome invece che essere – come al solito – con la sola compagnia del cuscino e un libro…).
E poi, ammettiamolo, chi non vorrebbe avere un qualcuno da buttare giù dalle coperte?
Avete notato che man mano che vado avanti a scrivere, la parlata di Malfoy si fa più scurrile ogni frase che passa? Non riesco a farne a meno…

Un bacio

NLH

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Capitolo 10
*** Mai nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri! ***


Reverse.

[Mai nessuno che si faccia un dannato mazzo di cazzi propri!]

    Adesso, a quelle che sembravano ore o minuti di distanza, si trovavano proprio davanti a quelle persone responsabili. Scioccati, tanto per dirne una.
    Harry fece un passo verso i suoi amici – spiazzato, incredulo e con lo sguardo pieno di tradimento – senza essere in grado di profferire parola. Ron si ritrasse istintivamente, ferito dall’occhiata dell’amico.
    «Come avete potuto farmi questo?» persino la voce gli uscì tormentata. Si sentiva lacerato nel profondo. Non credeva avrebbe mai dovuto provare nuovamente quella sensazione.
    Era già tanto se riusciva a non piangere, ma solo perché era troppo arrabbiato. Troppo deluso, troppo confuso, troppo tutto.
    Evidentemente era arrivato il momento della risposta a tutti i come. Una pozione.
    Come avessero fatto a lasciarsi andare senza inibizioni. Come fossero riusciti ad arrivare nudi su un letto e, soprattutto, come era stato possibile che gli avesse detto che forse lo amava.
    Lui, che non lo aveva detto a nessuno!
    Non ai suoi genitori, perché cazzo, non ne aveva mai avuta l’occasione o il tempo.
    Non a Cho – perché, ammettiamolo, non era mai riuscito a dire granché a parte: perché piangi stamattina/oggi pomeriggio/stasera?
    Non a Ginny, perché lei era stata troppo impegnata a dirlo per tutti e due.
    Non a Charlie, perché non si amavano, ma avevano trovato un ottimo diversivo ai pomeriggi noiosi.
    Non a Ron o Hermione – perché, pur amandoli con tutto sé stesso, avrebbero potuto fraintendere, quindi no, pessima idea. Specie con Ron.
    A nessuno. Mai.
    Fino a quando non lo aveva avuto la brillante idea di spiattellarlo a Draco Malfoy.
    Che qualcuno mi uccida, era stato il pensiero, dopo che i ricordi della sera prima gli erano tornati per la prima volta in mente, alla ribalta con tanto di luci al neon e indicazioni lampeggianti.
    La sera prima.
    E anche le due volte successive, durante il resto della notte.
    Per Godric, aveva tutto stampato a fuoco nel cervello. Non sarebbe più riuscito a guardare una cravatta senza ricordare… o i suoi occhiali, dopo che li aveva messi addosso a Draco, quando era stato lui a…
    «Harry!» ringraziando il cielo, Zeus, Morgana e tutti i vichinghi per l’esistenza di persone come Hermione, i fotogrammi – precisi, precisissimi – della notte appena trascorsa vennero interrotti dalla voce angosciata dell’amica che stava cercando di dirgli qualcosa.
    Salvo poi ricordarsi che lei era una della cause di tutto quello.
    «Niente Harry, Hermione» riprese, lucido «non c’è giustificazione, non c’è scusa di sorta che tenga. Non osare nemmeno dirmi…»
    «Possiamo spiegare!» s’intromise Ron, disperato.
    «…che potete spiegarmi, ecco appunto» concluse il moro, stringendo i pugni.
    Una pozione, per le mutande di Merlino. Una fottutissima pozione che gli aveva mandato a puttane il cervello.
    «Amico, eravate… insopportabili! Dovevamo fare qualcosa» riprese Ron, la voce sempre più angosciata e le orecchio rosse dalla vergogna.
    «Potevate parlarci» nessuno – forse – fece caso al fatto che Harry avesse parlato anche a nome del biondo – che per inciso non era ancora riuscito ad aprire bocca, lasciando nel disagio più profondo i suoi due amici, che rimanevano a fissarlo tesi. Pansy come una corda di violino.
    Zabini sembrava tranquillo, ma con lui non si poteva mai sapere.
    «Non sarebbe servito a niente. Non è mai servito» ripeté con convinzione la ragazza «come quella volta in cui eri convinto che Malfoy fosse un Mangiamorte e stesse architettando qualcosa. Ci abbiamo provato, ma tu non hai voluto sentire ragioni. L’hai seguito, pedinato e spiato per tutto l’anno!»
    Per un qualche strano motivo, Zabini sembrava un po’ troppo interessato a quel lato del moro che non aveva ancora avuto modo di scoprire. Anche Pansy, pur continuando a fissare le spalle immobili di Draco, immerso nella lettura del volume di pozioni, si era spostata leggermente, segno che era rimasta in ascolto.
    «Beh, i fatti hanno dimostrato che avevo ragione, o no?»
    «Te lo concedo» ammise la ragazza «ma non sapevi quando smettere, non ti staccavi da lui. Come sempre».
    «Scusa un attimo» la bloccò irritato – non aveva certo intenzione di far scoprire alle altre due Serpi in ascolto i suoi altarini «ma come siamo arrivati da quello che avete fatto voi a questo?»
    Hermione deglutì. In qualche modo stava iniziando a sembrargli pericoloso, con quel tono e quella espressione. Esattamente come quella volta, durante la guerra…
    «Amico» ritentò il rosso, cercando di tirare un po’ di acqua al suo mulino «dovevamo trovare un modo per-»
    «Certo» lo interruppe Harry gelido, glaciandolo sul posto «e questo implicava farmi- farci assumere» si corresse lanciando una fugace occhiata ad una certa testa bionda, ancora immersa nel volume di pozioni che Hermione gli aveva dato «una pozione dal Reparto Proibito» fosse stato più presente, avrebbe anche iniziato a battere le mani per congratularsi dell’idea più deficiente del secolo «bravi, bel lavoro».
    «Harry» tentò Hermione supplicante.
    «Harry un cazzo» il ragazzo non era volgare – di solito, quando non scopriva essere stato avvelenato dalle persone a cui teneva di più «credevo foste miei amici» s’interruppe un momento, poi riprese, la voce spezzata, tanto che persino sul cuore fermo di Pansy iniziò ad intravedersi qualche crepa «i miei migliori amici».
    Il silenzio scese colpevole e pesante. Detta così, suonava terribilmente brutta.
    Proprio in quel momento, si udì uno sbuffo. Molto più simile ad un ringhio. O ad un sibilo, a pensarci bene.
    Draco riemerse dal tomo con la faccia livida, provando l’esistenza di tinte al di là del pallido.
    «Tu mi hai fatto bere una pozione fatta con fiori babbani!» sibilò piantando un paio di occhi allucinati in quelli blu fiordaliso dell’ex – così aveva deciso – migliore amico.
    Se Blaise si fosse aspettato di vedersi arrivare quel libro pesante – e dagli spigoli dolorosamente rivestiti in metallo – in testa, rimase deluso. E lontano dall’infermeria, per il momento.
    «Non credo che il punto sia questo» cercò di comunicargli, usando quanto più tatto possibile perché con i pazzi non si poteva mai sapere.
    Harry si avvicinò per vedere meglio la lista di ingredienti elencati, trovandosi improvvisamente nel raggio di azione della Serpe, che puntò la mano nella sua direzione, pur continuando ad avadakedavrizzare Zabini con gli occhi.
    «Ho bevuto qualcosa contenente del suo sperma» strillò allora, ficcandogli un indice nella guancia nella foga di sottolineare di chi fosse.
    «Come se stanotte tu non lo avessi fatto» bofonchiò Harry, trovando difficile pronunciare correttamente le parole, con un dito che cercava di penetrargli in bocca attraverso la pelle.
    «Stanotte era diverso, Potter!» continuò a strepitare incurante del fatto che non solo si trovavano in mezzo al corridoio – e non uno qualunque, ma quello che dava sulla Sala Grande – ma anche che le porte erano spalancate e la colazione era appena stata servita ad un’accozzaglia di gente che generalmente rispondeva al nome di studenti e professori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
    «Oh sì?» Harry incrociò le braccia alterato «E in cosa sarebbe stato diverso, sentiamo!»
    «Tanto per cominciare al momento non mi sei sopra, né mi stai tenendo legato alla testata di un letto» precisò il biondo con aria di sufficienza.
    «Chiedo scusa principino, se vuoi ora rimediamo» ribatté sarcasticamente Harry nell’iniziare a sfilarsi la cravatta «adesso vedo di legarti per bene al primo banco che trovo, così ricominciamo da capo e tu la smetterai di aprire bocca per dire cazzate».
    «Scusa tanto se parlo, sfregiato» Draco arricciò il labbro superiore, incrociando a propria volta le braccia con fare polemico.
    «Non serve scusarti, tanto tra poco non potrai fare altro che pregarmi di prendertelo in bocca. Ancora» la smorfia irritata del moro si era rapidamente trasformata in un ghigno che stonava spaventosamente con il suo essere Grifondoro – ma che, come molti in seguito commentarono, sembrava fatto apposta per aleggiare sulle sue labbra.
    «Non dire cazzate, sarai tu ad implorarmi di ficcarmelo nel-» le labbra di Draco Malfoy si bloccarono, socchiuse, ad una decina di centimetri da quelle di Potter. Una sorta di brivido gelato gli percorse la schiena e, per un qualche motivo, rimase immobile, incapace di proseguire oltre.
    Ma forse la causa erano gli occhi spalancati a palla di tutto il corpo studenti e insegnanti.


 
Alor, sa va?
Ma, guardate, non saprei proprio cosa dire (e quando mai?) ma stavolta proprio non saprei.
Meglio stare zitti?
O riempire questo angolo di fesserie?
A qualcuno interessa che stamattina sono scivolata e ho battuto la testa? (e qui chi mi conosce potrebbe solo scuotere la testa rassegnato). Vi assicuro che il cerotto pulsa dolosamente – questo si chiama contrappasso.
Be’, è vero, forse si spiegano molte cose…
Capitolo breve stavolta, non ho avuto molto tempo per lavorarci, è stata una settimana a dir poco allucinante, spero vi siate divertiti ugualmente!

Un bacio

NLH

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Capitolo 11
*** Sotto a chi tocca ***


Reverse.

[Sotto a chi tocca]

«Non dire cazzate, sarai tu ad implorarmi di ficcarmelo nel-» le labbra di Draco Malfoy si bloccarono, socchiuse, ad una decina di centimetri da quelle di Potter. Una sorta di brivido gelato gli percorse la schiena e, per un qualche motivo, rimase immobile, incapace di proseguire oltre.
Ma forse la causa erano gli occhi spalancati a palla di tutto il corpo studenti e insegnanti.

¨¨
    Molti, tra gli studenti e gli insegnanti della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, si erano alzati quella mattina gemendo per le lezioni, disperandosi per i compiti non fatti e lamentandosi per la mancanza di svago – tradotto in computer o televisione dai nati babbani, o più comunemente chiamati mezzosangue, e in battute di caccia al lemure con scope truccate per gli altri. O Quidditch, a pensarci meglio.
    Tanti si erano trascinati stancamente in Sala Grande, con la speranza di riuscire a risvegliare quel poco di cervello che sarebbe servito a riuscire indenni alle prime tre ore di lezione.
    Fiumi di caffè erano stati consumati proprio a questo scopo.
    Ed ora, quegli stessi litri, rischiavano di risalire alla scena inaspettata – e totalmente fuori luogo, per loro, poveri cari – di Harry Potter e Draco Malfoy che si scambiavano gentilezze sulle porte della Sala.
    Peccato solo non fossero le solite cortesie a cui erano abituati – vedi scazzottate, maledizioni e improperi, con i quali sarebbero anche potuti convivere – piuttosto con frammenti di racconti hard seriamente avvenuti sopra le loro teste di ignari studenti dormienti.
    A quel pensiero un ragazzino del primo anno di Grifondoro – probabilmente quello che pochi giorni prima aveva chiesto ad Harry di passargli la salsa – rigettò quanto era riuscito a mangiare per colazione, dritto sui piedi di uno stralunato Dean – che nemmeno se ne accorse.
    Ma c’era chi versava in condizioni peggiori.
    Severus, ad esempio. Seduto per metà sulla sedia – da dove aveva rischiato di scivolare a terra alla comparsa dei nostri due protagonisti – aveva la bocca spalancata, gli occhi fuori dalle orbite ed era talmente tanto chinato in avanti che, si fosse lasciato andare ancora un po’ alla sorpresa – e al disgusto – sarebbe finito dritto dritto nel piatto di porridge della sua esimia collega.
    Ma come aveva osato Draco cadere tanto in basso da mettersi con Potter? Da scopare con lui!
    Per Salazar, si stava sentendo male.
    Neville, seminascosto dietro Cormac McLaggen, era arrossito furiosamente a quelle parole e si era tuffato nel suo caffèlatte con tanta foga da rischiare di strozzarsi. Una trasognata e incredula Calì gli diede alcune pacchette sulla schiena, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
    Motivo per cui rischiò di trovarsi quelle dita unghiate di perfetta manicure dritte in un occhio.
    Hagrid borbottava scioccato.
    La professoressa McGranitt, come gran parte del corpo studenti e insegnanti, fissava attonita la scena.
    Ovviamente ad esclusione della Cooman, che non si era resa conto dello scompiglio, continuando a sorseggiare nella beata ignoranza la sua tazza di tisana alla malva.
    E un numero imprecisato di gente era arrossita in modo incontrollato. Qualcuno fischiò – avrei detto i gemelli Weasley, ma poiché non si trovavano più a scuola da parecchio, mi sarei sbagliata e non di poco. In effetti avrebbe potuto anche essere stato Dobby, forte di contentezza che i suoi due Padroni avessero deciso di darsi una mossa.
    Ma le espressioni più impagabili si ottennero da coloro che si trovavano accidentalmente nel raggio di azione più ravvicinato alla coppia (?)
    Pansy sembrava sul punto di vomitare, tanto teneva in fuori il mento e la carnagione si era fatta del colore dei vermicelli appena nati. Un poco sano verde pallido, per chi fosse interessato all’argomento.
    Ronald, poco distante, avrebbe imitato il suo esempio non si fosse trovato improvvisamente privo di sostegno – le sue gambe avevano ceduto – e si fosse accasciato a terra con un’espressione di puro panico e sconcerto. In effetti, si poteva dire che somigliasse molto a qualcuno che aveva appena smesso di vomitare lumache ed era stato Confuso per far si che non si accorgesse di essere sommerso da quegli esserini striscianti.
    Hermione boccheggiava la stessa frase, che somigliava molto ad un “che cosa” misto a “legato al letto”, “metterlo in…” e molte altre espressioni appena udite e che non riusciva a pronunciare e forse nemmeno pensare. Era arrossita furiosamente, segno che in ogni caso aveva ben compreso quanto era successo. Compreso dannatamente bene, per sua sfortuna.
    Forse solamente Blaise era riuscito a mantenere una parvenza di espressione umana, ma nessuno ci fece caso. In ogni modo si sentì in dovere di far cadere la sua sigaretta – segno di chiaro sconvolgimento. Altrimenti non avrebbe mai osato rischiare di rovinarsi la camicia e il suo aspetto perfetto in favore di un vizio tanto grossolano.
    Nel silenzio e sconcerto generali, due voci dalla stessa identica sfumatura di terrore, esclamarono la stessa parola.
    «Ops…»
***
    «Qui c’è qualcosa che non va».
    Ma che bravo, ecco l’illuminazione della giornata.
    Hermione fulminò Blaise e il suo commento inopportuno, chiarendo specificatamente dove potesse infilarselo.
    Zabini sorrise pigramente a quella occhiata omicida e tornò a soffiare fuori il fumo della boccata precedentemente persa – segno di sconvolgimento, ricordate? – cercando di ignorare un tale Ronald Bilius Weasley che gemeva agonizzante, accasciato sulla sedia accanto alla sua.
    Da quando si era ripreso a sufficienza da potersi alzare in piedi – e si parla almeno di venti minuti dopo la fuga dei due colpevoli – erano riusciti a trascinarlo lontano da sguardi indiscreti, nascondendosi nel bagno di Mirtilla – la quale se ne stava gongolante in cima ad una colonna, senza perdersi una sola sillaba – e iniziare una discussione improntata sul: siam fottuti, che facciamo?
    Hermione, quella che aveva fortunatamente materializzato delle seggiole prima che l’amico di sempre cadesse nuovamente a terra, scoccava al fantasma, di quando in quando, un’occhiata preoccupata. Non sapeva esattamente quanto sapesse a riguardo – della pozione, dei loro errorini e di tutta la faccenda, per non parlare poi di ogni singolo segreto di quella scuola di frustrati adolescenti – e questo la metteva in una posizione scomoda. E fosse andata in giro a raccontare qualcosa?
    Ma in fondo, rifletté in un’ottimistica visione del mondo, se Mirtilla non fosse stata una ragazza (fantasma) discreta per quanto riguardava le loro allegre scorribande più o meno illecite, probabilmente tutti loro si sarebbero già ritrovati davanti al Wizengamot con una decina e più di accuse – a spaziare tutti i sette anni passati in quella scuola.
    Forzandosi comunque di non fare qualcosa potesse scontentarla, tornò a fissare le mani intrecciate sul suo grembo.
    Cercando di ignorare tutti attorno a lei.
    Avevano sospettato fosse successo qualcosa. Sapevano era successo qualcosa, altrimenti i due non sarebbero spariti così. Ma di certo non li aveva nemmeno sfiorati potesse essere la cosa che era effettivamente successa.
    Merlino, nemmeno nei loro sogni più sfrenati avrebbero potuto immaginare che…
    No, non riusciva nemmeno a pensarci.
    Hermione si portò entrambe le mani alle orecchie, come potesse scongiurare qualsiasi dichiarazione politicamente scorretta. Come se Malfoy stesse ancora tutto intento a spiattellare alla scuola intera i trascorsi delle notte precedente.
    Harry e Malfoy assieme a fare…
    «Ancora non riesco a crederci» Pansy, tornata quella di sempre almeno di facciata, camminava incessantemente avanti e indietro per tutta la lunghezza della stanza, battendo rumorosamente i piedi e imprecando di quanto in quanto. La ragazza era forse una delle persone più provate da quella faccenda.
    Ovvio, il primato lo deteneva Ron, ma era stata lei ad iniziare il biondo – ora catalogato come soggetto altamente psicolabile – al sesso, al quinto anno. Insomma, la sua prima volta era stata con lei!
    Va bene, da ubriachi e quando ancora lei pensava che lui fosse il meglio che potesse capitarle nella vita, ma quella è un’altra storia.
    Immaginarsi Draco con Potter… rabbrividì.
    Per Salazar, allucinante.
    «Cosa possiamo fare?» chiese ad Hermione, cercando di interrompere la marcia che stava portando avanti da troppo tempo «Voglio dire, come possiamo rimediare?»
    «Quello che è successo è chiaramente indotto dalla pozione» esordì Hermione con fare sicuro – per nascondere il dubbio celato dietro le sue parole, gentilmente offerto da Zabini, tasse escluse «quello che hanno fatto-» s’interruppe per scacciare dalla memoria le immagini che il racconto frazionato di quei due le erano fiorite in mente «è stato un errore catastrofico, grande quanto Hogwarts».
    «Grande quanto Malfoy Manor» ci tenne a precisare il moro, spazzando dalla gamba una microparticella di polvere.
    «La casa di Malfoy è più grande di Hogwarts?» si riscosse Ron scioccato – troppe per lui quel giorno – iniziando a metabolizzare la notiziona del momento.
    Hermione lo fulminò per quell’interrogativo fuori luogo, pur non riuscendo ad impedire che il rosso intercettasse le sopracciglia sollevate di Zabini ad espressione, in quel minimo movimento, della veridicità della cosa.
    Ronald ricominciò a deprimersi.
    «Dobbiamo fare qualcosa» ripeté la ragazza, tornando a torturarsi i capelli.
    «Sì, ma cosa?» chiese Pansy alzando le braccia al cielo – al soffitto sporco e umido del bagno, dove Mirtilla era tutta intenta a fare finta di nascondersi. Il fantasma sembrava decisamente un po’ troppo elettrizzato da tutto quello.
    «Dobbiamo trovarci un altro posto» borbotto Hermione, troppo piano perché potessero sentirla.
    «Come?» le chiese la mora, che evidentemente ci sentiva benissimo.
    «Ho detto che dobbiamo fare qualcosa» ripeté la riccia sbuffando.
    «Questo l’ho capito» ripose l’altra con ovvietà «non hai fatto che ripeterlo da quando siamo qui».
    «E ci sarà un buon motivo, no?» ribatté piccata.
    «Beh, non mi pare che finora siamo giunti a chissà quale conclusione».
    Per un momento la riccia smise di considerare Zabini come il più irritante tra le Serpi e indirizzo la propria frustrazione verso la mora verdeargento.
    «Ma voi Serpreverde siete tutto così?» sbottò piccata «Così fastidiosamente-»
    «Hermione!» Ron – che sembrava essersi improvvisamente ripreso – si alzò di scatto dalla sedia su cui era rimasto accasciato fino a quel momento, il volto illuminato da una rivelazione.
    «Cosa Ronald?» la ragazza non avrebbe più tollerato errori – glielo si leggeva negli occhi – considerato poi che le avvisaglie di un’emicrania allucinante le si stavano parando all’orizzonte.
    «Possiamo fare qualcosa!» esordì improvvisamente allegro.
    Blaise lo guardò interessato, curioso di conoscere quello che le sue puffole avevano prodotto, a furia di sbattersi contro. Aveva sempre pensato suonasse più elegante di cellule in corso di sinapsi.
    «Possiamo cercare un libro di antidoti! Ci deve per essere! Oppure nel libro stesso» aggiunse indicando il volume che Hermione si stava trascinando dietro da una settimana a quella parte «non è possibile che non sia indicata una formula o una pozione per contrastare gli effetti della Reverse!»
    «Non lo so…» la ragazza adocchiò, improvvisamente dubbiosa, al libro «non mi pare di aver letto niente».
    «Oppure tornare nel Reparto proibito» insistette il rosso «tra le migliaia di libri ce ne sarà pur qualcuno sull’argomento».
    «Non dire sciocchezze Ronald!» lo rimbeccò aspramente nel ricominciare a sfogliare il testo con espressione concentrata – con tutta l’intenzione di scovare qualunque dettaglio le fosse sfuggito in precedenza, e nella fattispecie una certa formula per contrastare un certo tipo di effetti «Non sono certo migliaia, ma milioni!»
    «E credi sul serio che esista qualcuno che conosce la pozione – e che non ci denunci?» Pansy scosse la testa rassegnata, completando la risposta della ragazza, senza accorgersi cha la riccia si era improvvisamente irrigidita, come avesse avuto un’idea.
    «Giusto» Hermione assottigliò gli occhi e si voltò con millimetrica precisione per fare in modo di fissare il migliore amico di sempre negli occhi – inutile dire che lui si sentì in dovere di rabbrividire «qualcuno c’è».
***
    «Piton non si trova!»
    Hermione serrò gli occhi, portandosi le dita alle tempie doloranti e desiderando l’autorizzazione per avadakedavrizzare l’ormai ex amico di sempre. Aveva chiesto una sola e semplice cosa a Ron, e non era stato in grado di fare nemmeno quella. Per un attimo si chiese se la costante vicinanza con le Serpi potesse averla influenzata in qualche modo.
    «Hai provato nell’Aula di pozioni?» mormorò seccamente, lasciando chiaramente trasparire quanto lo trovasse idiota.
    «Certo» borbottò il rosso offeso «e in quella di Difesa, nella Sala Grande, in Aula Professori, in Biblioteca e nelle cucine» per un attimo rabbrividì «sono andato persino a bussare alla porta dei suoi alloggi» alzò un braccio, sbottonandosi il bottone del polsino «guarda, ho ancora la pelle d’oca!»
    Morgana, dammi la forza!
    «E cosa pensi possa farci nelle cucine?» gli chiese lentamente «Era lì ad aspettare te per vedere se conoscevi l’ingresso – che dovrebbe essere segreto a noi studenti – pronto a toglierti una marea di punti?»
    Ron, che non ci aveva pensato minimante, preferì rimanere in silenzio, lanciando un’occhiata di insolita richiesta di complicità in direzione di una seconda ragazza, anche lei seduta a quello stesso tavolo.
    Fortunatamente, per quella volta avevano optato per un’aula vuota piuttosto che la biblioteca – se si fossero presentati ancora una volta tutti insieme Madama Pince li avrebbe gettati in pasto alla Piovra. Per non parlare del giusto sospetto che avrebbe animato la maggior parte degli studenti – per non parlare dei professori. Mentre, al contrario, quegl’unici due che avrebbero dovuto preoccuparsi non sarebbero andati tanto per il sottile.
    Probabilmente avrebbero fatto due più due – ed era anche ora – e avrebbero attuato la loro giusta vendetta sulle loro teste.
    O anche qualcosa più in basso, si trovò improvvisamente a rabbrividire il rosso, lasciando per una volta che il terrore derivante dall’essere il migliore amico del Salvatore del Mondo Magico superasse quello della Migliore Studentessa degli ultimi vent’anni. E del quasi peggior nemico del figlio di uno dei peggiori mangiamorte in circolazione prima che il sopracitato Salvatore non li togliesse di mezzo.
    Come aveva fatto a non mettere in conto questa eventualità?
    Perché non aveva dato ascolto a Neville, quanto ne aveva avuta l’occasione?
    «A cosa stai pensando Ronald?» la voce di Hermione era gelida, e improvvisamente il ragazzo si accorse di non aver sentito una parola di quello che gli aveva detto. Deglutendo la osservò tamburellare le dita sul volume di pozioni che aveva al fianco.
    «Cerca di concentrarti» lo riprese freddamente nel vederlo tentare di tornare sul pezzo «c’è qualcosa che io posso considerare di una qualche rilevanza? Un’informazione che non mi hai ancora detto?»
    In effetti c’era un’altra cosa.
    Hermione, intercettando quel fremito di esitazione nella sua espressione, gli piombò addosso come un falco.
    «C’è qualcos’altro che devi dirmi?» gli ruggì ad un niente dal naso lentigginoso – e qui vediamo un’improbabile compassionevole Pansy Parkinson che si chiede se per caso tra quei due non sia sempre così tra loro. Per un attimo – breve, ma per sempre presente – sentì di provare una punta di compassione per quel Weasley, un minimo di comprensione e anche quel tanto che bastava di beneficio del dubbio.
    Forse non era così sciocco come poteva sembrare ad una prima occhiata. Magari quella era una facciata difensiva per avere una buona scusa ed evitare di vedere la propria faccia usata come lima per unghie dall’amica di sempre.
    Nel contempo, il volto di Ron era impallidito precipitosamente. Ma cos’era quella donna? Una strega?
    In effetti era proprio così, si trovò a constatare nel vedere la massa riccia della compagna circondargli l’intero campo visivo non fosse occupato dal suo viso corrucciato. Era una donna diabolica.
    «Ecco…» esordì schiarendosi rumorosamente la gola, nel cercare le parole adatte «c’è una voce…» s’interruppe nuovamente, tossicchiando a disagio.
    «Che voce?» gli mise pressione la ragazza – che forse non era del tutto sicura di volerlo sapere.
    «Un- un pettegolezzo» precisò, senza tuttavia accennare alcuna intenzione di aggiungere altro.
    «E tu credi che questa affermazione contenga qualcosa in più della precedente?» gli sibilò Hermione afferrandogli il braccio con una mano, come avesse voluto scrollarlo per fargliela sputare fuori «Sapevo che le tue facoltà mentali sono state rovinate da qualche bolide vagante, ma non pensavo a tali livelli di idiozia».
    Ci stava andando giù pesante, come una Serpeverde. Blaise non sapeva se dirsi oltraggiato o ammirato, da quel lato nascosto della Granger.
    Nella fattispecie, il volto della riccia Grifondoro era illuminato – ombreggiato, se si voleva essere del tutto sinceri – da una smorfia seccata, molto simile ad un ghigno, mentre gli occhi erano illuminati da una luce febbrile.
    In due parole: voleva sapere. Di sicuro stavolta.
    Subito.
    Il grande e grosso (e alto) Ron, cercò di reprimere il sempre più pressante desiderio di chiudersi da qualche parte da inveire contro la vita, tentando nel contempo di trovare la parole adatte a dire quanto era venuto a conoscenza.
    Come avrebbe potuto dire che tutta la scuola spettegolava sul fatto che il Golden Boy e il Principe delle Serpi ci davano dentro come ippogrifi in calore!?
    Certo, magari la versione vera a propria non era proprio così – e per loro che conoscevano la verità, sarebbe stato parecchio difficile credere a quelle parole – ma l’effetto sarebbe stato pur sempre devastante.
    Per lui, in primo luogo.
    Ancora una volta, da quando erano spariti dalla circolazione, Ron si chiese che fine potessero avere fatto il suo migliore amico e il Serpeverde.
    Che si fossero buttati dalla torre di astronomia per la vergogna?
    «Quale pettegolezzo?» gli sibilò nuovamente la Caposcuola, scrollandolo con forza e affondandogli le unghie nella pelle.
    Il rosso sobbalzò.
    «Che Harry e Malfoy se la fanno assieme» gli uscì dalle labbra prima di poter riflettere.
    Hermione spalancò lentamente gli occhi, liberandolo dalla presa e allontanandosi leggermente. Ron fece altrettanto, portandosi fuori dal suo raggio di azione e più vicino a Zabini, che sembrava essere l’unico lì in mezzo a possedere una qualche forma di calma e autocontrollo a prova di dissennatore.
    Il sopracitato moro Serpeverde gli lanciò un’occhiata obliqua prima di prendere un’altra boccata dalla sigaretta che teneva tra due dita. Aveva perso il conto, a che numero era salito?
    Il vecchio Lucius, se quella storia fosse giunta alle sue orecchie, avrebbe dato di matto.
    Nel frattempo Hermione aveva portato una mano alla bocca, riflettendo freneticamente.
    «La situazione è anche peggio di quanto mi aspettasti. Provate anche solo ad immaginare se questa storia trapelasse dalle mura della scuola… o peggio, se arrivasse alle orecchie di qualche professore».
    «Ma è già arrivata alle orecchie di qualche professore» Blaise sembrava aver sviluppato un insano divertimento nel cercare di sconvolgerla in ogni occasione, beccandosi l’ennesima occhiataccia «dimentichi che Piton sa».
    «Beh, e allora? È proprio per questo motivo che stiamo cercando lui e non Silente!» gli rispose piccata la riccia «Ma tu dimentichi che Piton non si trova! Se sapesse sul serio non credo che a quest’ora se ne starebbe nascosto in qualche oscuro anfratto, lasciando che il suo pupillo si faccia sbat-» si bloccò fulminea, probabilmente realizzando solo in qual momento quanto era stata sul punto di dire.
    «È vero, hai perfettamente ragione» spesso Pansy si chiedeva perché lasciasse così tante volte la parola a Blaise, questo si chiese nel vederlo rispondere nuovamente per le rime alla riccia; magari, gli avesse tappato la bocca in un’occasione o due, molte delle loro grane non sarebbero mai arrivate a bussare alla porta dei sotterranei «probabilmente si sarà impiccato dalla vergogna di sapere il proprio figlioccio tra le gambe del Bambino-che-è-sopravvissuto, che ora tanto bambino più non è».
    «Ma che finezza» commentò piano la Serpeverde, ignorata dai più e guardata con timore da Ron, che temeva potesse entrare anche lei nel circo senza fine che stava diventando quella conversazione – inizialmente nata come unica possibilità di sistemare le cose.
    «In ogni caso non si trova» ribadì Hermione battendo un piede e incrociando le braccia «quindi? Che facciamo?»
    «Nel libro» Blaise indicò il volume da cui era stata presa la ricetta della pozione somministrata una settimana prima – era veramente solo una settimana? – ai loro amici «non esiste un antidoto?»
    «Se fosse stato segnato credi forse che ora avremmo bisogno del professor Piton?» il tono della ragazza si stava avvicinando pericolosamente a vibrazioni isteriche «E non sono riuscita a trovare niente in Biblioteca! Sembra che non abbiano il volume dedicato agli antidoti!»
    «Non potrebbe essere invece che non l’hai trovato?» s’informò in tono inaspettatamente cortese Pansy, capendo che sarebbe stato il caso di tastare il terreno con tatto.
    «Impossibile» rispose sicura.
    «E chiedere a Madama pince?» Ron s’intromise, dimenticando quanto il proprio candore in quelle situazioni fisse estremamente fuori luogo. Se non altro se ne accorse nel momento in cui Hermione lo guardò come se desiderasse sbranarselo vivo.
    «Ovviamente no, Ronald!» ribatté «A meno che non volessi beccarmi una punizione! Stiamo parlando di un volume del Reparto Proibito! Avrei dovuto giustificare il mio interesse, spiegare a cosa mi servisse e chiedere al professor Silente di firmarmi un permesso per consultarlo, ma che bella idea…»
    «Ma chiedere-» boccheggiò impreparato – per non dire ferito – al tono e all’astio mostrati dalla compagna di casa. Da quanto, esattamente, era diventata tanto bisbetica? Sarebbe morta zitella avesse continuato così.
    «Stessa cosa!» sbuffò di rimando senza dargli l’occasione di concludere la frase «avrei dovuto in ogni caso spiegare il mio interesse per quella pozione».
    «E qualcun altro che-» tentò di pigolare Ron, subito interrotto da una fulminata malevola.
    «Certo» sibilò sarcastica la riccia «perché di esperti in pozioni ne trovi uno ad ogni angolo. Ne è piena così Hogwarts, vero?»
    Blaise emise una breve quanto perfettamente udibile risatina, che fece voltare tutti nella sua direzione.
    «Che hai tanto da sghignazzare?» gli chiese.
    «C’è una persona che potrebbe saperlo, in effetti…»


E chi sarà mai?
*Io mi ostino a fare la gnorri, ma mi chiedo se qualcuno ci creda…*
Oggi, per mancare alla cortezza (so perfettamente che il mio uso di questo termine è discutibilmente improprio, ma sono stanza e reduce da una bevuta e non mi va di pensare a qualcosa di maggiormente appropriato, ‘kay?) ne ho postato uno più lungo!
Vi auguro una buon proseguimento e regalerò un bacio a chi indovina chi sarà quel fantomatico qualcuno!

bye

NLH

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Capitolo 12
*** La piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora c’è qualcuno che non se ne accorge ***


Reverse.

[La piega della vita si fa sempre più strana, ma ancora c’è qualcuno che non se ne accorge]

    Blaise non ebbe bisogno di girare tutto il castello per trovare Paciock.
    Non si diresse in biblioteca, come gli aveva consigliato Hermione – certa che il ragazzo sarebbe stato lì fino a quando non fosse stato in grado di fare, senza l’ausilio di nessuno, un tema di pozioni.
    Hermione era una cara ragazza, ma a volte tendeva a dimenticare di appartenere al genere umano.
    Preferì evitare di seguire l’idea di Weasley e chiedere a Mirtilla Malcontenta – ogni volta che aveva la sfortuna di incrociare quel particolare fantasma, si trovava costretto ad inventare una scusa dietro l’altra per non rivelargli che il suo Draco non sarebbe mai più passato a trovarla, che trasaliva ancora quando sentiva pronunciare il suo nome e che il sopracitato sembrava aver perso interesse per le donne come specie, non preferendo gli uomini in generale, ma uno in particolare.
    E che questo fantomatico uno era niente poco di meno che l’altro suo Potter.
    Non ascoltò neanche Pansy, che gli suggerì di cercare sotto ogni pietra e dentro ogni calderone per vedere dove potesse essersi nascosto.
    Come se Neville fosse ancora il ragazzino grassoccio e terrorizzato del loro primo anno.
    Gli bastò uscire dal portone principale, costeggiare per un pezzo le solide mura ed entrare nella più buia e colma serra della scuola. Aveva notato – per caso, badate, non si era mica messo a pedinarlo! – che capitava spesso che il Grifondoro andasse a rifugiarsi nelle serre quanto aveva bisogno di pensare o nascondersi dal resto del mondo.
    Varcando la soglia – e venendo investito da un mare di odori più o meno piacevoli – storse il naso e allungò il collo alla ricerca di un lembo di stoffa rosso-oro (nella speranza di portare a termine la missione senza essere costretto ad impuzzolentirsi più dello stretto necessario).
    Speranza vana, perché il buio gli permise sì e no di capire che proprio di fronte a lui c’era un esemplare parecchio vivace di Mimbulus Mimbletonia che, dalla dimensione e dal sospetto colore verde mela, doveva avere almeno diciassette anni.
    Non nascose a sé stesso che si chiese, nel girarle attorno cautamente, se per caso quella pianta non potesse essere Neville, trasfiguratosi come giusto contrappasso per amare a tal punto quella materia.
    Certe volte si lasciava andare a voli pindarici del tutto fuori luogo, rifletté nello scorgere una luce fioca e traballante che illuminava a malapena la serra piena zeppa di vegetali più o meno amichevoli.
    Neville era seduto al bancone di lavoro dove di solito la professoressa Sprite nascondeva le sue orride gonne color verde pistacchio e amaranto. Era chino e concentrato su qualcosa e si stava mordendo ossessivamente il labbro inferiore.
    Blaise cercò di cancellare quel dettaglio, concentrandosi su quanto stava facendo.
    Il Grifondoro era tutto intento a scrivere su un pezzo di pergamena sgualcito e pieno di ditate con la sua grafia arrotondata. Teneva gli occhi socchiusi per la concentrazione e si mordeva il labbro inferiore con insistenza.
    Aveva detto di cancellare quel dettaglio!
    Il Serpeverde si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito – tragicamente simile ad una risata – che lo fece voltare dalla sorpresa. Il moro ghignò apertamente nel vederlo riconoscerlo e spalancare ancora di più gli occhi. Due piattini color cioccolato fissi su di lui.
    Neville si sentì un’inguaribile deficiente, nel momento in cui si accorse della presenza dell’altro alle proprie spalle. Non lo sentiva mai arrivare – da brava serpe qual’era, strisciava e si nascondeva a vantaggio – e gli faceva fare delle figure tremende.
    Come, in quel caso, rimanere a fissarlo muto e sconcertato.
    «Ciao Paciock» lo salutò cordiale inclinando brevemente il capo, nella speranza che smettesse di fissarlo come una statua e gli dicesse qualcosa. Per quanto Blaise amasse trovarsi al centro dell’attenzione – specie se si trattava di ammirazione – si sentiva in qualche modo a disagio nell’essere squadrato con tanto sbigottimento. Specie se il soggetto in questione si trovava ad arrossire peggio di un’aragosta «puoi parlare, non mi offendo mica».
    Blaise rise internamente alla fitta di puro panico che si era formata dietro le iridi scure del compagno.
    «Zabini» disse di rimando, arrossendo furiosamente sulle gote e distogliendo lo sguardo per tornare a puntarlo sul piano di lavoro «cosa ci fai qui?»
    Mentire? Spesso il giovane Zabini si poneva a quella domanda quando gli veniva posto un interrogativo – anche solo vagamente personale. Una sorta di abitudine.
    Mentire forse no, ma abbellire la realtà, per volgerla a proprio vantaggio e divertirsi, era un altro conto.
    «Ti stavo cercando» sillabò il più lentamente possibile – ma non troppo, non voleva vederselo svenire a terra sdilinquito (che modestia).
    «Ah sì, aehm… aha?»
    Il moro avrebbe voluto iniziare a gongolare almeno tanto quanto l’altro avrebbe voluto sprofondare in un buco nero. Possibilmente inghiottito da una delle sue adorabili pianticelle.
    «Ti stavo cercando» ripeté sempre lentamente «perché sembra che le cose tra Draco e Potter siano… come dire, cambiate».
    Cambiate, come no…
    «Questo lo so…» lo sentì mormorare mentre con un gesto lento girava la pagina del libro di fronte a sé. C’era anche lui in Sala Grande, quando quei due avevano più o meno allegramente spiattellato tutto.
    «Quindi è per questo motivo che te ne stai rinchiuso qui dentro?» domandò il Serpeverde avvicinandosi e sbirciando da sopra la sua spalla.
    «Non avremmo dovuto- non avrei dovuto permettere che bevessero quella pozione!» adesso la voce del Grifone era più ferma e decisa.
    Il moro preferì non commentare, concentrando lo sguardo su quanto l’altro stava lavorando. Appunti scritti frettolosamente e un libro dalla copertina in rigido cuoio, familiare.
    Rimedi, controindicazioni e fatture sull’uso improprio del fiore Chinensis.
    «Lo sai che la Granger sta cercando questo volume in lungo e in largo per la scuola?» gli sussurrò suadente, facendolo nuovamente arrossire «Hai idea di quello che ti farà nel momento in cui verrà a sapere che ce lo avevi tu?»
    Ma che diavolo gli prendeva a Zabini? Da quando gli stava tanto appiccicato?
    «E-ehm, sì?» ecco che il tono sicuro venne nuovamente sostituito dalla solita voce esitante.
    «Già» confermò tranquillo, portandosi – fortunatamente per il Grifondoro – ad una distanza di sicurezza, incrociando le braccia con eleganza «è diventata isterica».
    Neville non rispose – doveva provare proprio un terrore cieco per quella ragazza, e Blaise non si sentì il cuore di contraddirlo.
    «Vuole sistemare le cose» lo informò candidamente «e le serve quel volume per creare una pozione che annulli, o quantomeno contrasti gli effetti della prima».
    «Non esiste una pozione per quello» lo ragguagliò il ragazzo, voltandosi finalmente a guardarlo, sebbene sulle guancie fosse rimasta una vaga traccia del rossore precedente.
    Zabini inarcò un sopracciglio.
    «Intendo…» si spiegò meglio il Grifondoro, rendendosi conto di non essersi espresso al meglio «non c’è una pozione. Esiste un decotto però» con un cenno sbrigativo indicò le carte sul tavolo «non è troppo difficile prepararlo, ma le piante vanno colte in momenti specifici della fase lunare. Domani notte potrò sfogliare l’ultimo frutto di pianta Gregoriana e poi…» esitò brevemente «iniziare la preparazione. Non ci vorrà molto. Solo un giorno».
    Per la prima volta – cazzata, non era veramente la prima volta – Blaise si sentì quasi in grado di provare una feroce ammirazione per quel grifone tanto goffo e insicuro che proseguiva testardamente nella sua strada nonostante il terrore di aver imboccato quella sbagliata, sebbene i suoi sedicenti amici lo lasciassero indietro. Per un attimo si chiese da quando avesse iniziato a provare qualcosa di diverso dalla totale indifferenza per Paciock.
    E come fosse possibile definire un ragazzo diciassettenne adorabile.
    Come aveva fatto a non accorgersi di lui, prima? E perché aveva così tanta voglia di abbracciarlo e sprofondare in quel suo odore tanto particolare?
    «Come te la cavi con i decotti?» gli chiese invece – sempre ringraziando il cervello pronto, che gli impediva di dire la prima cazzata che vi passava.
    «I decotti non sono come le pozioni» adesso sembrava quasi a proprio agio nel parlargli; forse era come trattare con un animaletto selvatico, nel tentativo di addomesticarlo «non vanno trattate con agenti pericolosi o incendiari, non devono bollire ma sobbollire dolcemente o adagiarsi nella macerazione. Sono totalmente a base di elementi naturali, esfoliati o trattati con cura» aveva persino iniziato a gesticolare entusiasta «è come curare le piante, cullarle in acqua o impacchi liquidi e poi-» s’interruppe improvvisamente, rendendosi forse conto di aver iniziato a parlare a ruota. Si morse la lingua. Ma che stava facendo? A Zabini sicuramente non interessava affatto.
    Nel frattempo Blaise non era stato in grado di staccare lo sguardo da lui, deglutendo con lentezza esasperante.
    Un moscardino entusiasta della sua nuova casa, ma ancora insicuro sul suo padrone.
    E lui gliel’avrebbe fatto vedere, chi era il padrone.
    Cancellando quell’ultimo pensiero come politicamente scorretto e totalmente fuori luogo, Zabini sorrise veramente, socchiudendo gli occhi con una dolcezza che zittì Neville ancora più di quanto non avesse fatto in precedenza. Non aveva idea che il Serpeverde potesse avere anche un’espressione come quella.
    «Credo che tu debba andare dalla Granger» disse alla fine, interrompendo il continuo flusso di pensiero – che per un qualche strano motivo non lo avrebbero portato fuori da lì «è preoccupata oltre che arrabbiata».
    Neville annuì energicamente.
    «Però domani» aggiunse poi timidamente, forse riferendosi al fatto che le piante non sarebbero state pronte prima di quella notte. Oppure per rimandare il momento dello scontro con la Caposcuola.
    Blaise, già raggiunta l’uscita, si voltò indietro per guardarlo.
    Spalle incassate, capelli arruffati, occhi sgranati e guance morbide rosate. Dita lunghe e paffute, unghie spezzate e sporche di terra. La divisa sgualcita e spiegazzata. Scarpe e calze fuori moda. Tracolla in cuoio chiaro, lisa e macchiata d’inchiostro.
    La totale antitesti di tutto quello che lui rappresentava in fatto estetico.
    «Sai Paciock» Zabini attese un attimo, la mano posata sullo stipite della porta della serra e gli occhi ancora socchiusi in un’espressione piacevolmente divertita «penso che tu debba imparare ad avere maggiore cura di te stesso» il sorriso si distese fino a diventare disarmante – spiazzandolo non poco «non vorrai che il primo che passa possa assaggiarti, vero?»
    Neville avvampò – più per il tono malizioso che per una reale comprensione di quanto gli era stato detto – e scosse la testa con forza, cercando di concentrarsi su quanto stava facendo prima che la più improbabile delle visite arrivasse a scombussolargli la giornata.
***
    Per un qualche strano motivo, nel momento in cui Neville iniziò a scegliere gli ingredienti dallo scaffale, Hermione non si mise in mezzo, gridando al pericolo e togliendogli le ampolle delicate dalle mani.
    Ma forse la situazione non era così eccezionale come poteva sembrare.
    Sebbene l’amico non fosse – ancora, nonostante dopo anni di ripetizioni e l’impegno infuso nella materia – una cima in pozioni, per quanto riguardava decotti di altra natura Neville era forse già uno dei migliori della scuola.
    Una decotto a base di Rosa Chinensis stava dolcemente macerando in una bacinella al suo fianco, riempita di acqua piovana, spine di rododendro selvatico posate con aghi d’istrice e alito di cane. Sarebbe dovuta rimanere in posa ancora per dieci minuti e poi immersa in una pozione Coagulante.
    Per una volta il ragazzo era riuscito dove la studentessa più brillante non era stata in grado di arrivare.
    Dopo essersi dissociato dal piano perfetto, non era rimasto con le mani in mano ed era tornato a cercare il volume da cui la pozione era stata tratta e, con una certa difficoltà doveva ammetterlo, era riuscito a fare ricerche su ognuno degli ingredienti utilizzati, nella speranza di individuare quello che avrebbe permesso di creare un corretto rimedio.
    Alla fine era stata la professoressa Sprite – seppur involontariamente – ad indirizzarlo sulla strada giusta.
    L’aveva bloccato durante uno dei suoi momenti di ritiro e solitudine nelle serre. Aveva attaccato a parlare di una non ben identificata pianta babbana – una Clodicachea – che sarebbe stata presto usata per la prima volta in alcuni test, per essere utilizzata come pianta per pozioni. Era semplicemente entusiasta del fatto che si stavano aprendo alle piante babbane!
    Nel bel mezzo della sua arringa aveva nominato la Rosa Chinensis Mutabilis e i suoi usi nelle pozioni e decotti di scambio.
    Mutabilis.
    Non l’aveva mai sentita prima.
    Da lì era stato incredibilmente semplice trovare le varietà di Rosa Chinensis e studiarne i particolari effetti. E scoprire che per contrastare la Mutabilis era necessaria un’altra varietà.
    Rosa Chinensis Viridiflora.
    C’era un intero scaffale dedicato ai rimedi di pozioni, eppure per quella piccola pianticella aveva trovato solo un volumetto sottile di venti, trenta pagine che la ragazza Caposcuola aveva cercato in lungo e in largo.
    E adesso, nella stessa stanza, non sapeva bene cosa dire.
    Neville rimestò il composto granuloso che stava realizzando prima di lasciarlo riposare e prendere in mano la mezzaluna.
    Doveva fare qualcosa. Detestava quella situazione.
    Con un lieve sospiro afferrò alcuni tralicci di Verbenia e lo posizionò paralleli sul tagliere.
    La sentì stringersi nelle braccia e passare il peso da un piede all’altro. La sentiva, la colpa e il disagio nel sapere che lui, Neville, era riuscito e aveva fatto meglio di quanto non avesse fatto lei. Sapeva che Neville aveva avuto più ragione e fegato di loro, di lei.
    Doveva essere proprio uno smacco.
    Il ragazzo alzò per una frazione di secondo gli occhi al cielo.
    Si sentiva estremamente a disagio nel sapere che lei lo stava fissando da dietro le spalle. E aveva bisogno di tutta la sua concentrazione, per non sbagliare.
    «Hermione» la chiamò pacato, senza alzare lo sguardo dalle radici che stava triturando e allungando una mano chiusa a pugno in direzione della ragazza, che si era avvicinata di qualche passo al suono del proprio nome «non è che ti occuperesti della preparazione della pozione di Alghe?» le chiese con tono volutamente indifferente, indicando il calderone con il mestolo che teneva stretto nel palmo.
    Hermione sorrise, raggiante, mentre annuiva.
    «Certamente Neville» gli sussurrò – qualcosa le stava dicendo di non rompere quel nuovo strano equilibrio creatasi tra loro.
    Neville era un ragazzo prevalentemente timido, ma sincero con sé stesso. E quello era il suo modo per dire che la perdonava.
    E anche che, sebbene fosse in grado di lavorare al decotto, per quanto riguardava la pozione in cui avrebbe dovuto riposare per tutta la notte non avrebbe saputo da dove iniziare.
    Blaise, nascosto dietro la porta, sorrise silenziosamente nel vedere i due Grifoni tornare a collaborare.
    Era stato facile trovare Draco, più facile del previsto in effetti.
    Dopo aver diligentemente riportato il cagnolino sperduto alla sua torre – e averlo lasciato nelle mani di Hermione con tanto di libro a seguito – era stato mandato a cercare l’amico di sempre.
    Blaise Zabini aveva la presunzione – e a ragione – di affermare di conoscere Draco come le proprie tasche. Certo, non proprio tutto di lui, ma parecchio.
    Quindi aveva escluso a priori la Sala Comune e la camera da letto – scontati, lo avrebbe trovato chiunque. Esattamente come tutti i rimanenti sotterranei e il Lago Nero (e giardini e Foresta Proibita e Serre e la capanna di Hagrid).
    Non che fossero rimaste poi molte scelte alla fine; solo tutto il resto del Castello.
    Ma Blaise Zabini era lui proprio per un motivo e si diresse tranquillamente verso l’aula che era stata usata come stanza di ritrovo per la Squadra di Inquisizione – o come cavolo si chiamava, lui non ne aveva certo fatto parte – al quinto anno, sotto la supervisione della Umbridge.
    Un luogo dove nessuno sarebbe mai più voluto entrare.
    Lo aveva trovato accasciato sulla sedia, l’espressione impenetrabile – un broncio perenne, con tanto di sopracciglia aggrottate e labbra arricciate – e la testa pesantemente poggiata sulla mano chiusa a pugno, puntata nella guancia.
    «Lo sai che in quel modo ti rimarrà un bel segno in volto?» aveva chiesto con fare saccente, rimanendo sulla soglia e vedendolo reagire alla sua presenza con totale indifferenza, disinteresse e nemmeno un’alzata di spalle.
    Un sorriso, era chiedere troppo?
    A Zabini non piaceva essere ignorato – e in quei giorni stava accadendo un po’ troppo spesso per i suoi gusti, non stava andando affatto bene.
    «Hai intenzione di rimanere lì per tutta la notte?»
    Il biondo fece scrollare le spalle.
    Se non altro, aveva avuto la certezza non fosse morto nella posizione in cui lo stava guardando.
    «Sei sempre stato qui?» aveva domandato poi, facendo intendere di essere stato alla sua ricerca per tutto il pomeriggio – falso, falsissimo.
    Draco annuì.
    «Hai…» si era fermato un momento, forse non del tutto certo di voler sapere certi dettagli «avete fatto veramente quello che hai detto?»
    Le spalle del biondo si erano irrigidite, ma il moro interpretò quel gesto come una conferma. In caso contrario avrebbe parlato, giusto?
    «E ti sei svegliato con lui» non era una domanda, ma Draco aveva annuito nuovamente, accompagnando il movimento del capo con un piegamento degli angoli della bocca.
    «Sai cosa fare ora?»
    Una smorfia disgustata aveva percorso il volto di Malfoy, interpretata più che correttamente dal moro.
    «Non credo sia il caso di obliviarti, potresti trarre un qualche insegnamento da questa tua… particolare reazione a Potter».
    Draco aveva ringhiato in modo piuttosto convincente.
    «Ti prego, non sommergermi con tutti i tuoi discorsi» occhi al cielo «non riesco a seguirti».
    Il biondo aveva ripreso ad ignorarlo bellamente, voltando con maggiore convinzione le spalle, di modo da non guardarlo neanche per errore.
    Blaise aveva sorriso teneramente – c’era così tanto in lui del piccolo Draco con cui scorrazzava per i corridoi, facendo impazzire le loro governanti.
    Ma non erano più bambini, e non avevano appena fatto levitare – in modo estremamente maldestro – uno dei vasi Ming all’ingresso.
    Sospirando, aveva fatto scivolare furtivamente la bacchetta fuori dalla tasca e gli si era portato alle spalle.
    «Scusa amico, ma non posso fare altrimenti se non mi vuoi parlare» aveva mormorato prima di fare un cenno alla ragazza alle proprie spalle.
    Pansy mosse il primo passo nell’aula e sorrise incoraggiante. Sarebbe rimasta lei lì con lui, in attesa che trovassero anche Potter.
    Blaise aveva chiuso gli occhi e puntato la sua dodici pollici e tre quarti tra le scapole dell’amico – che ancora si ostinava a far finta non fosse lì.
    Tasso, con nucleo di corde di cuore di drago. Piuttosto elastica.
    «Incarceramus».



Toh, guardate… qualcuno lo hanno trovato XD (e qualcuno ha riportato me fuori da una qualche landa desolata, direi… considerato il tempo in cui non mi sono fatta sentire! Chissà quanto arriverà la prossima volta…)
In ogni caso..
Non ve l’aspettavate Neville, vero? Muahahaha, quanto mi piace rompere le uova nel paniere.
Dai, in fondo si tratta di trovare un modo per neutralizzare una pianta… chi meglio di lui?
Piton continua ad essere introvabile (e l’autrice sta per dare di matto..). Speriamo vivamente che per la fine torni a farsi vivo…

Giusto, quasi dimenticavo… questo capitolo è tutto per garwood (che ha indovinato XD).

 
Un bacio

NLH

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Capitolo 13
*** Dove ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti ***


Reverse.

[Dove ci si chiede in che mondo parallelo si è finiti]

    Non fu semplice reperire l’esatta ubicazione di Harry Potter invece.
    Ron imprecò allegramente a voce alta – strafregandosene di essere in pieno giorno nel mezzo di uno dei corridoi principali del secondo piano.
    Erano iniziate le vacanze, nessun – o quasi – primino sarebbe rimasto scandalizzato dal suo linguaggio, checché ne dicesse Hermione.
    Ringraziando Merlino e tutti i Grandi, la maggior parte degli studenti era partita per le festività natalizie poche ore dopo quella disastrosa colazione. In quel momento stavano, molto probabilmente, raccontando alle rispettive famiglie il gossip, sottolineando l’eccezionalità della faccenda con richiami ai rapporti dei suddetti nuovi amanti durante tutti gli anni precedenti.
    Ma non potevano andarsene prima, per la miseriaccia!?
    Continuando a pestare il pavimento aprì l’ennesima porta. Un’aula vuota. Ancora.
    Imprecò.
    Sembrava svanito nel nulla. Come Piton.
    Tralasciando il brivido nel vedere delle somiglianze tra il Migliore Amico e il Peggiore Insegnante, Ron infilò la prima scalinata che riuscì a trovare e scese al piano inferiore, nella vana speranza di trovarlo in Sala Grande, magari intento a far finta di magiare e tutto occupato a trattenersi dall’iniziare a tirare fatture sui compagni superstiti che lo fissavano un po’ troppo insistenti.
    «Ancora alla ricerca di Potter, Weasley?»
    Il rosso fece un salto per lo spavento. Blaise Zabini si era appena materializzato alle sue spalle, un sorriso soddisfatto in volto e una luce sorniona negli occhi.
    «Per la miseriaccia, Zabini!» guaì acuto, portandosi istintivamente una mano al petto «Mi hai fatto prendere un colpo».
    «Fosse bastato così poco a farti fuori, Weasley, avremmo adottato questa tecnica molto prima» lo prese in giro, affiancandosi «per metterti fuori gioco durante le partite».
    «Per quello avete già fatto un lavoro più che buono» borbottò in risposta, ricordando i disegni animati di ragni che tutti i giocatori Serpeverde si erano fatti sulle divise.
    Zabini rise bonario.
    «Stai ancora cercando Potter?» chiese nuovamente – aspettando una risposta più che scontata.
    «Non riesco a trovarlo da nessuna parte!» borbottò il rosso scrutando ogni quadro e dietro ed ogni angolo, nella vana speranza che l’amico sbucasse fuori da dietro una casa rupestre o una tenda polverosa «Quando non vuole farsi trovare…» s’interruppe, lanciando un’occhiata timorosa alla Serpe.
    «Non serve essere timidi» lo precedette Blaise «Draco mi ha detto tutto del mantello dell’invisibilità, non stavi per tradire nessun segreto».
    Ron sospirò silenziosamente, ringraziando che il moro non avesse nominato la Mappa del Malandrino – quello che stava per dire lui, tra parentesi.
    «In ogni caso» riprese il moro portandosi le mani alle tasche e gettando la testa all’indietro per guardarlo – era qualche passo aventi a lui, accidenti a quelle gambe lunghe! «Ti si sentiva sin dal terzo piano. Non vorrai certo che la tua dolce metà ti senta e si precipiti qui ad infliggerti la giusta punizione per i tuoi sproloqui».
    Davvero, una cosa che aveva imparato nello stare a stretto contato con Blaise Zabini, era che spesso e volentieri – molto poco volentieri, perché faceva fatica a decidere se lo stesse prendendo in giro o meno – non capiva cosa stesse dicendo. C’erano volte in cui aveva l’impressione di trovarsi in compagnia di un libro parlante – o di Hermione al maschile. Solo più sofisticata, perfida (forse) e con un gusto diverso della moda.
    E dirgli “parla come mangi” non sarebbe stato utile, rifletté in fretta. Il moro mangiava solo roba sofisticata e osservando tutte le regole sconosciute del galateo.
    Ma non è che non capisse proprio tutto.
    «Hermione non è la mia ragazza» disse tranquillamente – decisamente più tranquillamente di quanto avrebbe detto appena l’anno prima, quando ancora sperava di poterla rendere tale. Prima di rendersi conto, in effetti, che il profondo amore che credeva di provare per l’amica di sempre non era altro che l’ultimo strascico di una cotta mai lasciata sviluppare, avvizzita con il tempo.
    Aveva amato Hermione e ancora la amava, ma in un modo molto diverso. Era la sua amica, sua sorella e, a volte troppo spesso, anche una madre.
    Decisamente non la sua ragazza.
    «Avrei detto il contrario» smentì Zabini con un’espressione che non riuscì a decifrare – compiaciuta forse? Bah, con lui non si sapeva mai dire «ho un ricordo piuttosto vivido di una sera al Ballo del Ceppo».
    «Forse in quel periodo» ammise Ron, un po’ rosso in zona orecchie, mentre cercava di sottrarsi all’imbarazzo frugando con lo sguardo un’altra classe «ma l’ho superata».
    «E, che tu sappia» continuò mellifluo il moro, indagando per chissà quale motivo «adesso la dolce Granger è per caso impegnata?»
    Ron lo guardò stranito.
    «Non che io sappia» fece una pausa «ti piace Hermione?» aggiunse a bruciapelo, ormai pronto ad aspettarsi qualunque cosa.
    Dopo Harry e Malfoy…
    «Non esattamente» sorrise enigmatico il Serpeverde, seguendolo giù per le scale.
    «E allora per cosa-» tentò di indagare nuovamente il rosso prima di finire contro una figura più o meno solida, battendo il naso «ehi!»
    «Potter!»
    Ronald aprì gli occhi, chiusi nell’impatto, e scoccò un’occhiata veloce a Blaise prima di cercare la figura incriminata.
    Di fronte a loro, in piedi nel mezzo del corridoio, stava – finalmente – l’oggetto della loro ricerca.
    Harry Potter, dall’alto del suo metro e qualcosa. O meglio: la testa di Harry Potter, che galleggiava a mezz’aria, un’espressione sorpresa – ma non eccessivamente sconvolta – e un paio di occhiaie da far paura.
    Blaise preferì non soffermarsi sui capelli – che era meglio.
    «Miseria, Harry!» aveva iniziato a strepitare il rosso nel rialzarsi e afferrare l’amico per il mantello – dell’Invisibilità ovvio – che scivolò via dalle spalle del Bambino Sopravvissuto.
    Magari avrebbero dovuto trovargli un nuovo soprannome, rifletté il moro distrattamente, nel vedere l’espressione del Grifondoro passare dallo stupore alla pacata convinzione di aver preso una qualche decisione. Non era più un bambino ora.
    «…Hermione impazzita che mi afferrava per le braccia e i suoi occhi!» nel frattempo il rosso non sembrava essere in grado di arginare i pensieri che l’incontro improvviso con la causa di tutti i suoi guai – da interpretazione libera ovvio – gli aveva liberato «Quagli occhi, Harry! Faceva paura! E ti sei perso anche quando sono andato a cercare Piton! Nei suoi alloggi! Per le mutante di merlino!» la mano libera di Ron andò ad artigliare i capelli, arruffandoli inesorabilmente «Piton! E tu che non ti si trovava da nessuna parte! Cosa cazzo hai fatto in questo giorni? Domani è Natale, per la miseria! Te lo immagini passare il Natale con questa faccenda del furetto- argh!».
    «Molto eloquente Weasley» Blaise si decise a farsi avanti. Fossero andati avanti così non avrebbero finito prima di domani «ma adesso credo sia il caso di-»
    «Un paio di palle che è il caso di essere ragionevoli!» lo interruppe – sacrilegio! – Ron «Non voglio essere ragionevole! Lui non lo è stato!»
    «Veramente volevo dire che non è il caso di spiattellare tutto in mezzo ad un corridoio» per un qualche motivo Harry arrossì, stonando non di poco con l’espressione seria che aveva in volto «e che forse sarebbe meglio andare a raggiungere la Granger e Pansy…»
    «Ah» anche Ron arrossì – in zona orecchie – lasciando la presa sull’amico «giusto».
    Anche Harry annuì all’idea, facendo fermare il moro Serpeverde a metà di un passo.
    Blaise Zabini, era risaputo, era tutt’altro che stupido e non fece fatica ad afferrare un certo dettaglio – e non si trattava del succhiotto residuo che si poteva intravedere da dietro il colletto stropicciato della camicia. Aveva occhi per guardare e orecchie per intendere, per non parlare di un più che discreto gusto estetico e un acume straordinario – e un’umiltà radicata, soprattutto (perché non andava certo in giro a vantarsi, a svantaggio di tutte le altre persone che ne erano sprovviste).
    Perciò si pose una certa domanda – prima tra molte.
    Precisamente, cosa ci faceva Potter lì?
    «Perché ti sei fatto trovare, Potter?» chiese, andando direttamente al nocciolo della questione. Non aveva certo intenzione di stare a ripetersi e chiedere: “Ma sei andato sul serio a letto con Draco?” come avrebbe probabilmente fatto qualcun altro. Era ovvio che ci fosse stato.
    Weasley annuì convinto in attesa di una risposta. Anche lui voleva sapere.
    Era stato tutto troppo facile – senza ovviamente considerare i giorni di ricerche infruttuose.
    Perché? Altra bella domanda.
    Harry chinò il capo.
    «Ho pensato… sarebbe stato meglio-» sembrava fare fatica a trovare le parole «voglio fare chiarezza. Ho delle domande».
    «Mi sembra chiaro a questo punto» commentò sarcastico Blaise, incrociando le braccia «ma sapresti dirmi cosa hai fatto fino ad ora?»
    «Mentre noi ti cercavamo?» rincarò Ron con una nota di rimprovero «Non hai idea di quanto fossimo preoccupati!»
    «Beh, ora sono qui» alzò le spalle il moro Grifondoro, con un tono abbastanza freddo, segno che non aveva certo dimenticato come ci fosse arrivato a quel punto.
    Ron incassò la testa tra le spalle e riprese a camminare, facendo guida fino al sesto piano, dove sapevano che un certo Serpeverde si trovava ancora confinato.
°°°
    «Lo avete trovato» Pansy era seduta a gambe incrociate appena poco più in là della porta chiusa, un volume sulle ginocchia e la bacchetta tra i capelli.
    «Non è stato poi tanto difficile» alzò le spalle Zabini, fulminato da Ron.
    «Si è fatto trovare» borbottò poco dopo quest’ultimo, accennando all’amico, ancora alle loro spalle e stranamente silenzioso. Aveva in viso un’espressione vacua, accentuata dagli occhiali, scivolati maldestramente fino alla punta del naso e dimenticati lì dal suo padrone.
    Un’espressione che Pansy non sembrò affatto stupita di vedergli in volto.
    «Tu cosa ci fai qui fuori?» s’informò Ron curioso. L’ultima volta che l’aveva vista era comodamente sdraiata sul divanetto dentro la stanza, intenta a tenere sott’occhio il principe delle Serpi.
    Con un cenno del capo la ragazza indicò la stanza alle proprie spalle.
    «Ha avuto un’altra… crisi, non so come definirla altrimenti» scrollò le spalle prima di segnare con il mento anche il moro Grifondoro «e adesso se ne sta buono buono con quella stessa espressione».
    «Deve essere un effetto della pozione» ragionò Blaise grattandosi distrattamente la radice del naso, soppesando le parole «a quanto pare i danni stanno aumentando».
    «La Granger ha detto che la pozione sta cercando…» la ragazza si portò un dito alle labbra, stuzzicandole come se quel gesto l’avrebbe aiutata a ricordare l’espressione utilizzata dalla Caposcuola «di riprendere il controllo, in un certo senso, sulle emozioni di Draco – e Potter da quanto posso vedere. Il problema è che gli stati di furia e apatia si stanno facendo più frequenti».
    «Cosa… Draco ha detto qualcosa?» domandò Zabini con tono volutamente indifferente, lasciando in ogni caso trasparire un certo grado di preoccupazione per l’amico.
    Pansy lo guardò eloquente di sottecchi.
    «Una specie di mix direi» iniziò lentamente «tutto quello che la pozione gli ha inibito fino allo scoppio. Ha detto-»
    «Cosa Pansy?» sbuffò spazientito dalla sua reticenza. Cosa poteva avere detto il loro principino viziato, in piena crisi da checca isterica? Che il suo nodo della cravatta era volgare? O che il nuovo taglio di capelli della mora lo lasciava scan-da-liz-za-to? Con quel suo modo affettato di scandire le parole quando era alterato.
    Blaise incrociò le braccia, un sospiro perfettamente udibile pronto a far sentire la propria opinione su fatti del genere – in piena crisi.
    «Ha detto di volere Potter».
    «Oh» fu tutto quello che Ron riuscì a dire, mentre il sopracitato moro Grifondoro continuava a tenere la testa china – senza dare segno di aver effettivamente compreso dove si trovasse.
    Zabini deglutì lentamente.
    Va bene, la situazione stata decisamente peggiorando.
    «Ti prego» mugolò Weasley, indicando l’amico apatico alle spalle «dimmi che aveva voglia di spaccargli la faccia e buttarlo giù dalla torre di Astronomia, potrei anche pensare di perdonarlo in questo caso…»
    «Mi pare che questa opzione si da escludere, alla luce dei fatti dell’ultima settimana…» sbottò gelidamente il Serpeverde, agguantando Harry per un braccio e cercando di guardarlo negli occhi «tu cosa ti aspetti dal vederlo? Cosa vuoi?»
    Le iridi verdi del Grifondoro erano vacue da dietro le lenti – che già da loro distorcevano quel contatto – e fissavano senza guardare. Sembrava una bambola inerme – altro che l’eroe del mondo magico – priva di emozioni.
    Serviva forse altro per dare la batosta finale? Avevano sbagliato, su tutta la linea.
    In cuor suo pregò che Neville avesse veramente trovato una cura per il casino che avevano messo in atto (maledetto il giorno in cui aveva pensato che una pozione – maledizione, neanche un incantesimo – avrebbe potuto mettere fine a quella follia dilagante che avevano contribuito a sguinzagliare per la scuola).
    Non aveva alcuna intenzione di mettere un instabile Harry Potter nella stessa stanza del suo amico (sfortunatamente ugualmente ben poco cosciente delle proprie azioni) senza la garanzia di trovarli ancora vivi e vegeti. Lasciarli insieme in un momento come quello era un azzardo, ma non potevano fare altrimenti.
    La McGranitt aveva sicuramente iniziato a sospettare qualcosa. E non tanto per il fatto che fossero tutti rimasti sconvolti da quella scena davanti alla Sala Grande (che di per sé sarebbe potuta costare qualche scoppio di coronaria), né per il fatto che loro tutti fossero rimasti ad Hogwarts per le vacanze di Natale (altro fattore insolito, specie per lui) o perché la Granger sembrava più isterica dal solito.
    No, ad insospettirla erano state le frequenti e ben poco caute riunioni tra loro all’inizio di tutta quella storia.
    Cosa mai avrebbero potuto fare per far sviare i sospetti? Ovvio, concentrare i loro incontri – e riunioni – in un solo posto insospettabile, anche se questo avesse significato costringere i due contendenti in uno spazio ristretto e a portata di voce (e mani). Sperò vivamente non decidessero di saltarsi addosso – a fare cosa esattamente non sapeva – nell’attesa che la Granger e Paciock terminassero il decotto.
    Magari sarebbe potuto andare a vedere come se la stavano cavando, rifletté per un attimo, prima di tornare a concentrarsi sul problema più imminente.
    Come avrebbe reagito il Grifondoro, trovandosi a così breve distanza dal Serpeverde? Strinse inconsciamente le dita un po’ più a fondo nell’avambraccio dell’altro.
    Guardò ancora Harry.
    «Cosa vuoi da Draco?» riprovò Blaise, scuotendolo con meno forza rispetto a prima, cercando in quegli occhi spenti una risposta. Cosa gli faresti?, avrebbe voluto chiedergli in realtà.
    «Harry» anche Ronald gli si era avvicinato, cauto «cosa pensi di Draco Malfoy?»
    Blaise ammiccò. Bene o male la richiesta era la stessa.
    Cosa gli faresti?
    Il salvatore del Mondo Magico, occhiali storti, camicia spiegazzata, mantello appallottolato in mano e ombre di succhiotti lungo tutto il collo, sbatté ripetutamente le ciglia.
    Inclinò la testa curioso, una domanda che aleggiava dietro le iridi spente e sulle labbra socchiuse.
    «Chi è Draco Malfoy?»



Giusto, mi sembra una domanda sensata…
Chi è Draco Malfoy?
Ma ovvio, il ragazzo che ti sei sbattuto per-ouch (arriva la censura da parte di Laura – che non è affatto contenta quanto una certa persona diventa volgare…).
Cioè…
Chi è? Boh… O.o
Sapete dirmelo voi?
Quindi… dopo un secondo ritardo mostruoso che non giustificherò (non saprei proprio come e – secondo finti certe – il: “Non mi sono accorta di essere finita in una macchina del tempo nel finesettimana! Come avrei fatto a postare in tempo?” non funziona più come una volta) spero ci sia qualcuno ancora disposto a darmi il beneficio del dubbio per la puntualità del prossimo capitolo XD

Un bacio

NLH

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Capitolo 14
*** Rimedi e Lezioni di Vita ***


Reverse.

[Rimedi e Lezioni di Vita]

    Quando Hermione e Neville tornarono all’Aula non più tanto in disuso, trovarono Harry e Malfoy seduti ai lati opposti della stanza – a più di sei metri l’uno dall’altro – controllati a vista da Pansy e Ron, che si tenevano alla media distanza tra loro, le bacchette sguainate, anche se tenute lungo il fianco.
    Non che ve ne fosse bisogno a tutti gli effetti: Harry si era presentato di sua spontanea volontà e Draco era ancora legato alla sedia da fili invisibili. Dal suo sguardo si poteva tranquillamente dedurre pene atroci e ritorsioni pesanti.
    Per Zabini, soprattutto.
    Fortunatamente, l’espressione di Potter era ancora vacuamente persa nel vuoto, mentre quella di Draco prevedeva unicamente orride torture in direzione dell’ex migliore amico.
    Per sicurezza erano stati fatti sedere con la faccia rivolta al muro, per evitare anche solo uno sguardo che avrebbe potuto scatenare l’inferno – e Blaise si trovò a rimpiangere amaramente i giorni in cui “Inferno” era sinonimo di scazzottate e maledizioni da dietro le spalle.
    Preferiva non pensare all’eventualità di vederseli rotolarsi sul pavimento, dopo aver schiantato Pansy e Ronald dalla passione.
    Da qui il sospiro di sollievo nel vedere la faccenda ancora vagamente sotto controllo.
    Non che fosse contrario per carità, solo non aveva alcuna intenzione di vederlo.
    In ogni caso – considerate le espressioni vagamente rilassate di Pansy e Lenticchia, poteva dire che niente era successo.
    I due rivali in amore sedevano lontani e del tutto ignari l’uno della presenza dell’altro. Non avrebbero potuto chiedere di meglio.
    Sì in effetti, che tutta quella dannata situazione svanisse nel nulla! Ah, e che Potter e Draco non ricominciassero a prendersi a pugni nei corridoi, grazie.
    «Come andiamo?» la Granger aveva già ripreso il comando del piccolo plotone.
    Pansy scrollò le spalle mettendo via la bacchetta, mentre Ron scosse la testa, lasciandosi cadere sulla poltroncina lì vicino. Adesso che lei era arrivata tutto sarebbe andato per il meglio, vero?
    «Sembrano due vegetali» indicò Malfoy con la faccia ancora rivolta alla parete e Harry, che fissava il pavimento senza veramente vederlo «mi fanno paura. Sembra come in quel film dove tutto succede all’improvviso. Quello che abbiamo visto a durante le vacanze…»
    Hermione si ripromise di non permettere mai più a quei due di guardare L’alba dei morti viventi
    Solo film d’autore, decise. E musical.
    «È uno degli effetti collaterali della pozione» fece Neville, intervenendo inaspettatamente nella conversazione, lasciando le spalle dell’amica a portando due contenitori, uno per mano. Blaise sbirciò da sopra la sua spalla – curandosi di non soffiargli il proprio respiro sul collo, non voleva certo che rovesciasse il frutto del suo lavoro, no? – per sbirciarne il contenuto.
    «Cos’è esattamente?» chiese scettico.
    «Il liquido colato dall’impasto del decotto» disse candidamente, porgendogliene uno e facendo attenzione a non lasciare che ondeggiasse troppo, per evitarne il contatto con la pelle nuda o sprecarne anche solo una goccia «devono berlo tutto».
    «Sembra acqua» commentò nel muovere circolarmente la ciotola, constatandone la consistenza.
    «In effetti nell’aspetto può ricordarlo» ammise il ragazzo a disagio nel parlarne – non era certo Hermione lui «ma il sapore… ehm, è un po’ diverso…»
    «Di cosa sa?» curioso, Blaise guardo il Grifondoro scambiarsi un’occhiata con la riccia prima che lei scrollasse le spalle.
    «Non lo sappiamo» gli comunicò affiancando Ron e lanciando contemporaneamente occhiatacce ai due e facendo un cenno a Pansy – la quale rispose con un sorriso tremulo «secondo il libro dovrebbero sapere “dell’emozione opposta e contraria a quella che si è cercato di mettere sotto legame”, ma secondo me-»
    «Io e Hermione non siamo molto d’accordo su questo punto…» s’intromise timidamente Neville – nel tentativo di arginare la spiegazione scientificamente provata della ragazza «ma questo è influente al successo del decotto».
    «Vorresti dire che se un tuo amico si troverà a bere qualcosa al sapore dei cerume vanigliato, la cosa sarebbe ininfluente?» non riuscì a trattenersi Hermione, le mani già posati sui fianchi, pronta ad avere la meglio sul compagno di Casa.
    Evidentemente la sconfitta le bruciava eccome, nonostante tutta la facciata di brava amica e dei “l’importante è sapere come aiutare Harry, il resto non conta”.
    «Ho solo detto che a noi non serve saperlo» replicò Neville concentrato, allungando la ciotola rimanente verso Ron, facendo attenzione a non inciampare nei suoi stessi piedi «se sei così interessata glielo si potrà sempre chiedere, poi».
    Arrossendo di frustrazione – e imbarazzo per aver insistito a quel modo – Hermione si chiuse in un breve silenzio (che durò il tempo necessario a far avvicinare Zabini all’amico, con la ciotola in mano).
    «In ogni caso» riprese cercando di mostrarsi il più imparziale possibile «la quantità di effetti collaterali ha superato di gran lunga le aspettative».
    «Su questo non ci sono dubbi» borbottò Blaise, concentrato nel tentativo di non far rovesciare nemmeno una goccia di quel prezioso liquido e, nel contempo, intento a schivare le occhiatacce di Malfoy.
    Malfoy che sembrava perfettamente indifferente a qualunque cosa gli stesse accadendo alle spalle.
    «Cosa vorresti dire?» lo apostrofo allora, acida. Non le piaceva sbagliare, certo, ma sopportava ancora meno che qualcuno glielo facesse notare. E quel poco di tolleranza rimastale era stata spazzata via da Neville e il suo discorsetto logico da ragazzo maturo. Maturo, lui!
    «Che Potter si è dimenticato di Draco» infierì invece Blaise – che di istinto di conversazione sembrava non sapesse dove fosse di casa «o che a Draco non importi più niente di Potter, ora, dopo aver passato venti minuti buoni a dire di volerlo! Questo intendevo».
    «Non è che potessi immaginarmi tutto questo, va bene?» scattò allora la ragazza, i pugni serrati e gli occhi socchiusi «Pensavo di fare qualcosa di buono, nel trovare una soluzione! Non certo… questo
    «Non ti sto colpevolizzando, Granger» anche Blaise sembrava sul punto di perdere la calma, pur mantenendo la solita facciata pacata «sto solo dicendo che non ce lo saremmo mai aspettati. Se poi tu hai la coda di paglia…»
    «Okay, adesso basta ragazzi» Pansy – ragionevole e sufficientemente stufa di entrambi da intervenire – alzò le mani a bloccare la discussione «se volete lanciarvi addosso calderoni fatelo più tardi, quando questa faccenda sarà chiusa».
    «Se si chiuderà mai» il borbottio di Ron si perse nel silenzio a seguito dall’affermazione della Serpeverde, ignorato dai più, ma fulminato debitamente dalla mora.
    «Cosa intendi dire?» chiese Hermione, un’altra che non aveva altro da fare nella vita se non mettere i puntini anche dove non avrebbe dovuto.
    «Intendo dire» riprese il rosso alzando la voce di modo da farsi sentire da tutti «che quando avranno ripreso il solito atteggiamento – senza più la pozione a inibirli o scatenarli, come volete – tutto continuerà come prima? Come se niente fosse successo? Riprenderanno ad ammazzarsi di botte per i corridoi?»
    «Io non credo» mormorò Neville, intervenendo a sorpresa.
    Blaise non fu l’unico a guardarlo interrogativo, ma certamente fu il primo.
    «Beh» il Grifondoro arrossì, stringendosi nelle spalle «per quanto confusi, non è detto che i ricordi di quest’ultima settimana svaniscano con gli effetti della pozione. E se loro sono andati a… se hanno fatto quello che pensiamo» il rossore si diffuse fino alle orecchie al pensiero di quello che stava per dire «se lo ricorderanno».
    «Se lo hanno fatto» ci tenne a precisare il rosso, ancora del tutto convinto a non prendere nulla per vero – nonostante le numerose conferme.
    «Che hanno fatto» Pansy, molto meno scrupolosa nel cancellare certe immagini suscitate dalla sua mente nel momento della rivelazione – e dotata di fervida immaginazione – ignorando l’occhiata di accusa e il pallore sul volto dell’altro «non serve a niente far finta di nulla».
    «Quindi ricorderanno?» chiese Blaise, guardando il volto di Paciock farsi via via più tranquillo.
    «È molto probabile» si strinse nelle spalle, preferendo rimanere sul vago e lanciando uno sguardo di sfuggita alla Granger, come aspettandosi una sortita su quanto affermato.
    Blaise cercò di trattenere un sorriso
    «Perciò saranno costretti ad affrontarlo» dal tono sembrava più una riflessione ad alta voce piuttosto che un’affermazione, ma tutti annuirono – sebbene qualcuno con scarsa convinzione «prima o poi».
    «Meglio prima che poi» bofonchiò Pansy, portandosi al centro della stanza ed estraendo la bacchetta, rendendo evidente un dettaglio che agli altri sembrava essere sfuggito «o qui finisce male».
    Harry, che era rimasto appollaiato sulla sedia, aveva alzato al testa e stava guardando la schiena di Malfoy, come imbambolato. Gli occhi, non più nascosti dalle lenti – sequestrate da Ron un imprecisata fetta di tempo prima, allo scopo di prevenire qualunque danno – erano spalancati come non lo erano mai stati da quando era entrato in quella stanza e le pupille dilatate quasi a nascondere il verde delle iridi.
    Pansy conosceva quello sguardo, e non c’erano dubbi su cosa avrebbe seguito quell’ultimo attimo calma.
    Blaise ed Hermione, afferrando al volo le possibili conseguenze, si lanciarono istintivamente verso i rispettivi amici; il primo afferrando con decisione i capelli sulla nuca del biondo, facendogli inclinare la testa all’indietro e poggiandogli la ciotola alle labbra e la seconda gesticolando ampiamente verso Ron.
    «Faglielo bere!» esclamò «Ora!»
    Fortunatamente per tutti, il rosso non si scompose – dimostrando che sì, anche lui era cresciuto e che i riflessi da Quidditch che si vantava di avere erano reali – e, dimostrando una delicatezza che era mancata alla sua controparte Serpeverde, si pose tra gli occhi allucinati del moro e la sua preda, accostandogli il recipiente alla bocca.
    «Su» mormorò nervoso – mostrano quanto in realtà non si sentisse rilassato «tutto in un sorso».
    Non si seppe mai – perché con il senno di poi nessuno se la sentì di indagare a riguardo – se Harry avesse aperto le labbra e accettato quanto gli stava venendo offerto perché aveva sentito l’amico oppure per inerzia, istintivamente.
    Si seppe solo che, quando il liquido scivolò bollente giù per la gola e acido nello stomaco, ebbe un effetto, se non immediato, almeno abbastanza fulmineo da scongiurare il peggio.
    Harry, arricciando il naso e aggrottando le sopracciglia, gli occhi socchiusi dal disgusto – doveva essere decisamente cattiva – sentì un forte peso allo stomaco e un dolore lanciante alla testa. Immagini, colori sfocati e suoni si susseguirono incessantemente per quelli che gli parvero minuti – in realtà pochi secondi – ricomponendogli febbrilmente i fili logici che sapeva essere stati mancanti, di recente.
    Spalancando le palpebre alla consapevolezza delle immani cazzate degli ultimi giorni – quei periodi di non-proprio-lucidità – registrò a malapena la scena nella stanza.
    Ron, proprio davanti a lui, che gli copriva la maggior parte della visuale, una ciotola da una parte e i suoi occhiali dall’altra. Hermione, una mano di poco sollevata sulla sua spalla, come colta nel gesto di conforto che le era tanto solito. Neville, di cui intravedeva solo la chioma arruffata. E la Parkinson, voltata nella direzione opposta, con la bacchetta sguainata.
    Tutto aveva perso importanza alla luce del fatto che era rimasto quasi due settimane in balia delle più infime forme di subdola manipolazione da parte di-
    Cazzo, aveva passato ore intere senza la minima inibizione, senza controllo.
    In un lampo ripercorse giorni interi, una luce di dolorosa consapevolezza dietro le pupille sconvolte e sottili come capocchie di spillo.
    Ricordandone la maggior parte con lancinante precisione.
    Ad una manciata di secondi dall’aver ingerito quel decotto, l’unico pensiero ricorrente che era riuscito ad estrapolare dalla massa aggrovigliata di memorie era stato: “Cosa cazzo ho fatto!?



Bene, ma piacere di rivedervi (presto rispetto all’ultima agognata attesa, non più settimane, ma giorni?).
Non che ci sia molto da dire, ma se non altro hanno finalmente dato il via all’operazione di “sistemare tutto per il bene superiore”. Qualcuno ci crede?
In ogni caso la situazione non è più così tanto di stallo e qualcosa ha iniziato a muoversi per il verso giusto. Ora la domanda è: cosa succederà ai due poveri sfigati lasciati in balia dei loro migliori amici?
Va bene, so che è un capitolo corto e in origine sarebbe dovuto essere ben più lungo, ma non riuscivo a concludere la parte finale, quindi ho deciso di spezzarlo in due. Non me ne vogliate.

Un bacio

NLH

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Capitolo 15
*** Dove tutto sembra ricominciare da dove si era interrotto. Forse… ***


Reverse.

[Dove tutto sembra ricominciare da dove si era interrotto. Forse…]

    Ron, dalla sua posizione di spalle, non poté vedere la reazione sul volto e sulla mente di Draco Malfoy, ma gli fu sufficiente osservare Harry per capire che aveva funzionato.
    Lo aveva visto irrigidirsi – forse a causa della pressione e della mole di informazioni che gli avevano attraversato il cervello – per poi rilassare impercettibilmente le spalle. Aveva osservato la sua espressione farsi prima confusa, poi dolorante, arrabbiata e piena di sconcerto man mano che iniziava a prendere coscienza di sé.
    Aveva visto, finalmente, il loro Harry Potter dietro le iridi verdi, ora tornate normali.
    Solo allora si azzardò a lasciare la vista dell’amico per controllare la situazione.
    Dall’altra parte della stanza un certo biondo Serpeverde aveva preso ad inveire a denti stretti e sibilanti contro Zabini.
    Aveva funzionato eccome!
    Con un sorriso di sollievo misto a pura felicità – il mondo stava finalmente tornando tutto al proprio posto – allungo il contenitore a Neville, che si era avvicinato per osservare, e posò la mano libera sulla spalla dell’amico, togliendosi dalla linea del suo sguardo e chinandosi per guardarlo bene in viso.
    «Lì c’è Malfoy» Ron lo indicò trepidante, mentre lo vedeva tirare fuori la lingua per il disgusto «cosa vorresti fargli adesso
    Harry alzò la testa, facendolo attendere – per Godric, se lo meritava. Anche senza occhiali poteva benissimo distinguere la figura di Draco Malfoy e i suoi capelli dall’inconfondibile colore biondo chiaro.
    Cosa provava per lui ora? Cosa sentiva adesso che era padrone delle sue azioni – di tutte le sue azioni.
    «Sbatterlo contro un muro» fu la riposta, lapidaria, nel sistemarsi istintivamente un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.
    Ron rise di sollievo, dandogli una pacca sonora sulla spalla. Alla quale Harry non rispose.
    «Anche se ora è tutto a posto» fece Harry gelido «non significa che possa perdonare tanto facilmente quello che mi avete fatto».
    Si sentiva estremamente confuso, e irritato; il suo mal di testa – perenne da qualche giorno a quella parte e lanciante fino a poco prima – sembrava fortunatamente meno pressante, ma non per questo gli permetteva di ragionare più lucidamente.
    Aveva ancora solo ricordi frammentari e ben poco in ordine cronologico dell’ultima settimana – con sprazzi di lucidità e immagini estremamente vivide per la metà del tempo – e grossi buchi nelle ultime ventiquattro ore.
    Non ricordava come avesse fatto a finire lì, tanto per dirne una. L’ultimo ricordo che aveva, prima di trovarsi con una ciotola in mano, un sapore tremendo in bocca e la faccia preoccupata di Ron, era di lui, seduto al freddo della guferia, con il mantello malamente gettato sulle spalle, gli occhiali storti e Edwige – formato 2.0 – che lo squadrava interrogativa da sopra il ginocchio su cui si era appollaiata.
    E quello prima riguardava-
    «Potter».
    Una voce anche fin troppo familiare gli esplose da qualche parte da dietro le palpebre socchiuse, costringendolo a tornare alla realtà.
    Realtà dove un certo biondino stava venendo liberato da delle corde invisibili, mezzo seduto su una sedia e l’espressione irosa – più che chiaramente nella sua direzione. Con un gesto distratto raccolse gli occhiali – finiti chissà come in mano al suo migliore amico – e se li infilò deciso.
    Il Serpeverde gli sembrava più slanciato del solito. E con i capelli più lunghi.
    «Malfoy» ribatté con lo stesso tono, incrociando poi le braccia per mostrarsi più minaccioso – se non poteva essere il più alto, almeno sarebbe stato il più grosso.
    «Che dispiacere vederti» riprese la Serpe con un ghigno malevolo sulla labbra.
    «Se proprio ti do fastidio potresti voltarti dall’altra parte. C’è un muro interessantissimo alle tue spalle» ribatté Harry pronto, come sempre quando si trattava di rispondere ad una certa Serpe.
    Serpe che sembrava costantemente impegnata a scassargli le balle e stare in mezzo ai piedi, anche quando non centrava niente.
    «Ti spiacerebbe smettere di guardarmi? Non vorrei che quella tua orrida cicatrice si imprima anche sulla mia pelle».
    «Ripeto» riprese il Grifondoro «girati!»
    «Mi hai appena dato un ordine?» gli occhi del biondo sembravano lanciare scintille, tanta era la furia che si agitava dietro le sue iridi. Sembrava sul punto di saltare ad azzannargli la gola.
    Istintivamente Harry deglutì, carico di chissà quale aspettativa. Da quando, esattamente, l’essere morso era sinonimo di aspettativa?
    «Ti ho appena dato un consiglio» disse alla fine «poi tu sei libero di interpretarlo come meglio riesci».
    «Aveva un punto esclamativo alla fine» ci tenne a precisare la Serpe infastidita «Grifondoro ritardato, era ovviamente un ordine!»
    «Ma che viaggi mentali ti fai? A volte mi chiedo se sei tu a non parlare il linguaggio umano o sono io che non parlo il Malfoyese!» scattò immediatamente Harry.
    «Che vuoi che ne sappia? Non ho mica tempo di badare a quello che il tuo cervello ti dice. Chiedilo a lui, così magari ti fa sognare la risposta».
    «Molto divertente Malfoy, bravo» non fosse stato impegnato a tenere le dita strettamente legate attorno ai propri avambracci, Harry si sarebbe messo ad applaudire.
    «Lo so da solo, la tua imitazione è quella che mi riesce meglio» sibilò sprezzante l’altro, cogliendo perfettamente l’ironia insita in ogni singola sillaba.
    «Non dirlo neanche» continuò Harry sulla stessa onda di sarcasmo congenito «credo ti risulterebbe più semplice quella del vermicolo, con il cuore in culo».
    «Ma che finezza» arricciò il naso l’aristocratico biondo. Ma chi glielo aveva fatto fare di mischiarsi con la plebaglia della risma di Potter e Weasley? – solo in quel momento lo notò, sempre, costantemente, a fianco del ragazzo-che-è-sopravvissuto. O Paciock.
    «E il cervello ti è finito nello stomaco» proseguì ancora l’altro, incurante del fatto che gli occhi grigi del biondo si erano spostati sul resto della gente nella stanza. La Granger? Che cazzo ci faceva lì la mezzosangue-non-più-zannuta?
    «Può darsi. Sempre meglio che in mezzo alle gambe come il tuo» rispose comunque – in automatico – Draco.
    «Certo, solo il mio…»
    «Ovviamente» convenne, facendo finta di non aver sentito il sarcasmo neanche di striscio, tornando al moro, non senza aver gettato una frecciata sprezzante alla mezzosangue «Altrimenti a quest’ora me ne starei a farmi fottere da qualcuno, invece di rimanere ad ascoltare le tue cazzate».
    «Ma certo, principino» ghignò improvvisamente lascivo Harry «dimenticavo che a te piace».
    Il volto pallido del Serpeverde sembrò sbiancare ancora di più, arrivando a pericolose tonalità di gesso. Questo un attimo prima di arrossire vagamente sulle gote e prepararsi a rispondere a tono.
    «Sembri decisamente ben informato» biascicò, strascicando le parole in un finto tono di indifferenza «hai avuto recenti esperienze nel prenderlo?» aggiunse, intendendo esplicitante quello che era ormai passato nella mente di tutti.
    Ricordavano. E bene, quella notte.
    Neville era diventato di un incarnato cadaverico e teneva gli occhi spalancati sui due. Comportamento simile a quello tenuto da Ron e Pansy, anche se quest’ultima in modo decisamente meno evidente. Mentre Hermione seguiva lo scambio come stesse osservando una partita di tennis.
    «Dacci un fottuto taglio, ‘kay?» Harry era tornato ad arrossire furiosamente, dimenticandosi di essere stato lui il primo ad introdurre l’argomento.
    «Solo se mi rispondi» insistette Draco malefico, ben consapevole di aver appena segnato un punto – e non da poco – all’avversario.
    «Ti ho detto di no, you understand?» caricò ancora Harry «No, not, nej, não, nein, нет-»
    «Ne hai ancora per molto?» sbuffò Malfoy, interrompendo la sequela di Potter.
    «A dire il vero sì» ribatté seccato, cercando di resistere al desiderio di disincrociare le braccia e tirargli un cazzotto sul muso – forse «sono fermo al russo».
    «Se hai proprio voglia di far prendere aria alla bocca…»
    «Senti un po’ tu-»
    «Ascolta Sfregiato, sono stanco di starti a sentire» il Serpeverde alzò entrambe le mani in un gesto teatrale «sono rimasto legato ad una sedia e devo farla pagare al mio amico! Quindi, scusami, ma ti devi togliere dai coglioni!».
    «Non chiamarmi Sfregiato, Furetto candeggiato».
    «Non sono un furetto, Potter!»
    «No, è vero. Sembri più un pesce palla, gonfiato e velenoso!»
    «Potter!» Draco fece per alzarsi di scatto, le guance rosate da quello che poteva sembrare rabbia, così come imbarazzo «Chi cazzo sarebbe un pallone gonfiato?»
    Peccato solo che il movimento improvviso non comprendesse anche un’attenta analisi della finestra – sempre presente e sempre aperta alle sua spalle – perché vi sbatté contro con forza, infilzandosi la nuca ben poco dolcemente con lo spigolo in ferro battuto.
    Gemendo in modo teatrale – sua signoria la prima donna mai che riuscisse a controllarsi – si accasciò sulle ginocchia, strizzando gli occhi e afferrandosi la tasta dolorante.
    Istintivamente, Blaise afferrò il polso di Pansy, impedendole di accorrere in soccorso dell’amico. Qualcun altro aveva fatto un altro istintivo scatto in avanti, avvicinandosi di qualche prezioso metro.
    «Brutto colpo» commentò Harry aggrottando la fronte – e abbassando il tono di parecchi decibel.
    «Ma guarda, non me n’ero accorto, grazie» gli occhi serrati, il Serpeverde si stava massaggiando con vigore la nuca, cercando di trattenere delle lacrime di dolore – assolutamente umilianti per il suo onore Malfoy, trasudando acidità da tutti i pori.
    «Dai, fa’ vedere» sospirò il Grifondoro arrivandogli di fronte e posando una mano su quella dell’altro, per toglierla e vedere il punto colpito.
    Con uno scatto, Draco si ritrasse imbufalito.
    «Non provare a toccarmi, idiota!»
    «Non ti mettere a fare la donnicciola adesso» alzò gli occhi al cielo Harry, tornando ad afferrargli il polso e facendo pressione affinché lo allontanasse dalla testa.
    Non appena riuscì ad avere un decente spazio di manovra, depositò la mano del principino sul suo grembo e infilò le dita tra le ciocche, tastando per cercare un bozzo o il bagnato del sangue. Arruffandoli a dovere – sotto gli sguardi scioccati dei più e impaziente di uno in particolare – trovò finalmente il punto incriminato, allungandosi su di lui per vedere meglio.
    «Cerca di essere un po’ più delicato!» piagnucolò il biondo, la testa imprigionata da entrambe le mani del Grifondoro.
    «Beh, non sono stato certamente io a dirti di sbattere contro la finestra» rispose Harry in tono pratico, esaminando con attenzione la pelle arrossata che intravedeva tra le ciocche scostate di capelli lisci «ma sembra tutto a posto. Forse solo qualche conseguenza neurologica?» ridacchiò, scherzando almeno in parte.
    «Se proprio si deve parlare di ritorsioni celebrali perché non ti fai un bel discorsetto allo specchio?» ribatté acido il biondo, parlando direttamente contro la camicia del moro, tanto si era sporto il secondo per controllare la situazione.
    Camicia e petto, che iniziarono a sussultare lievemente, seguendo il ritmo della risata leggera del Grifondoro.
    «Ti assicuro che ogni tanto mi capita».
    Per un qualche imprecisato motivo, a quella affermazione, Draco si sentì in dovere di rispondere in qualche modo, stirando le labbra in un vago sorriso.
    «Mi hai fatto male» soffiò, ricordando e cercando di ignorare di aver usato le stesse parole e lo stesso tono tempo prima, durante una certa notte.
    «Scusa» mormorò Harry in risposta, istintivamente.
    «Non le accetto le tue scuse» ancora uno sorriso lieve – praticamente invisibile – un altro ricordo e un calore improvviso.
    «Allora cosa vuoi che faccia?»
    Malfoy deglutì lentamente e a fatica, mente la lava bollente scendeva da un punto imprecisato del viso fino allo stomaco. E forse più giù.
    Draco gemette senza freni, dimenandosi e strattonando la cravatta che gli impediva di affondare le unghie nella schiena del moro. Dio, quanto avrebbe voluto farlo.
    «Mi hai fatto male» soffiò, il respiro bollente sul suo.
    «Scusa» lo sentì mormorare in risposta, istintivamente.
    «Non le accetto le tue scuse» ancora uno sfioramento, altro calore.
    «Allora cosa vuoi che faccia?»
    «Muoviti» gli sibilò il biondo, più rigido di quanto avesse voluto. Harry si puntellò sui gomiti affondati nel lenzuolo ai lati della testa dell’altro e si tirò indietro, avvertendo con ogni singola cellula lo scorrere della pelle sulla carne. Lentamente, respiro dopo respiro, beandosi dell’espressione del compagno.
    Poi, inspirando profondamente, tornò a-
    «Muoviti» espirò strozzato il biondo, le labbra socchiuse – come in attesa.
    Sarebbe stato difficile, per loro due, definire con esattezza quale fosse stato il momento in cui avessero smesso di essere solo vicini a quando avevano alzato il volto, di modo da potersi guardare dritti negli occhi.
    «E dove vuoi che vada?» fu la risposta sussurrata del moro, perfettamente incurante di una evidente presenza di terzi incomodi – che si erano improvvisamente sentiti tutti di troppo.
    Tutti, che erano rimasti perfettamente immobili, nel tentativo di non mandare per aria la situazione che si era appena venuta a creare, che vedeva come protagonisti i più improbabili tra loro.
    Qualcuno tossicchiò.
    «Ecco, bene, forse è il caso che voi due ne… parliate» per quanto esitante, quella inflessione ben presente nella voce di Blaise era decisamente divertimento.



Ma certo, è perché no? Una bella chiacchierata non ha mai fatto del male a nessuno.
Tranne a Sigfrido in effetti, che si è trovato assassinato perché sua moglie Crimilde ha mostrato un certo anello e una certa cintura alla sorella Brunilde, pensando di farla sfigurare, durante un adorabile têt-a-têt davanti ad una tazza di the.
Peccato solo si sia trovata vedova…
Ma questa è un’altra storia.
Ed ecco a voi la seconda parte – sperando di non aver scontentato nessuno (Crimilde a parte, che non è mai felice quando mi metto a rispolverare vecchi affari di famiglia XD).

Un bacio

NLH

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Capitolo 16
*** Prima pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena. Pirla! ***


Reverse.

[Prima pensa, poi parla, perché parola poco pensata porta pena. Pirla!]


    Parlare.
    Loro due dovevano parlare.
    Il cervello infuriato di Draco continuava a ripetere quelle parole, intrappolate in un ciclo continuo. Quanto avrebbe desiderato potersi spegnare.
    Ma non potevano proporre prima di parlare, invece di piantare un casino che la metà bastava?
    E che gli era costata una notte di fuoco tra le braccia del suo pegg-
    No, per Salazar! Draco di portò i pugni chiusi alle tempie mentre – indesiderati – i ricordi della notte appena trascorsa tornavano a marchiargli il cervello, precisi fotogramma dopo fotogramma. Avvampò.
    Avvertì quasi fisicamente la carezza rude delle mani di Harry che scivolavano sulle sue cosce e il respiro bollente che si infrangeva sulle sue labbra.
    Aveva seriamente pensato che avrebbe voluto bere da quella labbra per sempre. Lo aveva paragonato a Dioniso, cazzo! Avrebbe potuto cadere più in basso?
    Evidentemente sì, perché un altro preciso ricordo della notte gli si conficcò nel cervello.
    Lo aveva guardato negli occhi e biascicato qualcosa sul volerli guardare per sempre.
    E Potter aveva detto che forse lo amava.
    Si portò faticosamente entrambe le mani in grembo – o dei suoi capelli sarebbe rimasto ben poco – desiderando essere solo e quindi del tutto giustificato a scoppiare in lacrime per la figuraccia, l’umiliazione e quant’altro.
    Cazzo! Si era fatto scopare da Potter! E con sommo godimento pure…
    Aveva ringraziato della sua esistenza!
    Suo padre lo avrebbe ammazzato. Minimo.
    Harry, nel frattempo, aveva deciso di sfruttare meglio il tempo concessogli dal silenzio del biondo per chiedersi quanto di vero ci fosse stato quella notte. Quanto di quello che si erano detti o fatti fosse stato frutto di reale desiderio e quanto indotto dalla pozione.
    Lui non era una cima nella materia – ma dai, che novità – ma non era sciocco, come certe persone erano portate a pensare. Non sarebbe riuscito a sconfiggere Voldemort altrimenti – sebbene un’immane botta di culo l’aveva ricevuta.
    Proprio come quando il biondino-
    Si impose di non andare avanti, altrimenti non sarebbe giunto a capo di niente.
    Aveva passato i due giorni precedenti a riflettere (forte che le vacanze di Natale fossero appena iniziate e gli studenti ufficialmente in vacanza). Celato alla vista sotto il Mantello dell’Invisibilità, rifugiato nella Stanza delle Necessità o nascosto in Aule in disuso o nella guferia, aveva pensato, macchinato e sbollito la rabbia e la delusione per lasciare spazio ad un interrogativo – va bene, molti interrogativi, ma quello in particolare.
    Perché lo aveva fatto?
    Per la pozione, era stata la risposta immediata, ma non lo aveva soddisfatto appieno.
    Con la coda dell’occhio sbirciò Malfoy torturarsi le dita e trovò quel gesto estremamente familiare. Esattamente coma la mania di mordersi insistentemente la punta della lingua con i canini, bocca socchiusa, quando era intento a riflettere su qualcosa.
    E alla fine aveva dovuto ammettere che , lo aveva spiato osservato per lungo tempo.
    Ma anche perfettamente giustificato.
    Perché, ammettiamolo, l’erede dei Malfoy era sempre stato una maledetta spina nel fianco sin dal primo giorno. Aveva dovuto tenerlo d’occhio in ogni momento – una costante che non veniva a mancare nemmeno durante le vacanze – avrebbe potuto sempre incontrarlo in giro per Diagon Alley, oppure per Privet Drive – okay, era piuttosto sicuro del fatto che uno della leva risma di Draco Malfoy non avrebbe mai osato avventurarsi nella periferia della Londra babbana, ma capitelo, aveva dovuto essere pronto, sempre. Vigilanza costante.
    Poi, con tutte quelle volte in cui il biondo si era messo in mezzo: al primo anno con la ricordella, il drago e il mancato duello, al secondo con la Camera dei Segreti – e consecutivo uso della Pozione Polisucco, al terzo con Fierobecco e il padre, al quarto con tutte quelle spille idiote e suo padre…
    Per non parlare poi del quinto anno, con la squadra d’Inquisizione e l'attacco dei servitori di Voldemort (sempre suo padre).
    E quando aveva avuto il sospetto – giustamente fondato – di una sua affiliazione ai Mangiamorte? Lo aveva ovviamente pedinato, spiato, seguito e maledetto. E a ragione!
    Aveva tentato di uccidere Silente!
    E lui, Harry, lo aveva salvato dall’essere arso vivo.
    Cosa, esattamente, in tutto quello era sbagliato? Da quando, di preciso, il suo comportamento era passato dalla prudenza nei confronti di un nemico all’attrazione per un amante?
    A quello. Punto.
    Perché era diventata quella la domanda, alla fine. Non come, non perché.
    Ma quando.
    Ricordava ancora con confusa esattezza le riflessioni che lo avevano colto durante i giorni precedenti, dopo il fatto.
    Una sola, semplice, linea di pensiero era stata il risultato:
    Malfoy mi ha insultato.
    Di nuovo.
    Io ho perso le staffe.
    Ancora.
    Non ho tentato di spaccargli il naso.
    Novità.
    Abbiamo fatto sesso nella Stanza delle Necessità per tutta la notte.
    Novità assoluta.
    Lo abbiamo fatto. E più di una volta.
    Ulteriore novità, indiscutibilmente benaccolta sul momento – ma non avrebbe saputo dire a posteriori.
    Gli ho detto che forse lo amo.
    Altra novità, benché relativa alla luce del fatto che avevano fatto sesso.
    Forse lo amo sul serio.
    A quel punto si sarebbe potuto dire fottuto. Letteralmente.
    Harry ricordava anche fin troppo bene della prima – e unica – notte passata tra le lenzuola in compagnia del Serpeverde per eccellenza, quella sera di quasi una settimana prima e poteva dire che certezza che era stata – Merlino, quasi non riusciva a pensarlo – strepitosa. Ora, non che lui fosse un Dio del Sesso o qualcosa del genere – le sue esperienza si erano fermate un po’ di tempo prima - causa Guerra - a Cho (molto pianto e qualche bacio), Ginny (molto baci, qualche palpata, ma niente di più) e Charlie (decisamente di più, per tre fantastiche settimana estive) – o che Malfoy avesse tirato fuori qualche strano giochetto o feticismo – Morgana, avvampava ancora quando ricordava della cravatta – ma era stato intenso. Non poteva certo negarlo.
    E inizialmente aveva pensato tutto fosse stato causa della pozione propinata, ma sfortunatamente questa sua unica spiegazione non si era rivelata del tutto corretta.
    In quel momento non era riuscito a ragionare lucidamente.
    La seconda volta – un’ora dopo la prima – era stata consumata molto meno in fretta, ancora caldi e appagati, si erano lasciati andare ad un languore che era mancato completamente al primo assalto, che li aveva portati ad un piacere lento e bollente, ma altrettanto devastante.
    La terza, quando si erano trascinati sul pavimento, aveva avuto la splendida visione di un Draco Malfoy che prendeva il controllo, si infilava i suoi occhiali e lo bloccava a pancia in giù per restituirgli il favore – parole sue.
    Alla quarta aveva smesso di trovare giustificazioni, perdendosi nel calore che il Serpeverde era riuscito a risvegliare nuovamente, nonostante la stanchezza.
    God, avrebbe voluto sprofondare.
    A quel punto era perfettamente inutile continuare a mentire a sé stessi – da bravo Grifondoro qual’era, si sarebbe dovuto prendere le proprie responsabilità.
    Lui non era – come sempre sostenuto da Hermione – ossessionato da Draco Malfoy.
    Lui ne era innamorato.
    E nel momento stesso in cui quella epifania si faceva largo nella sua mente, in quella del biondino si era fatto spazio un pensiero ben diverso.
    Senza dire una parola, il Serpeverde smise di torturarsi le mani e voltò le spalle al Grifone, dirigendosi verso la porta poco tempo prima chiusasi alle loro spalle.
    «Dove stai andando?» chiese il moro a bruciapelo, cogliendo con la coda dell'occhio non solo la postura rigida del biondo, ma anche l'espressione sull'incazzato andante. O almeno così era riuscito ad interpretare la smorfia corrucciata che aleggiava sulle labbra e sugli occhi del ragazzo in questione.
    Stava dandosi alla fuga? Proprio come quella volta al primo anno, con la punizione assieme ad Hagrid.
    Eccolo, sempre lui.
    Com'era stato possibile non accorgersi di tutto quel desiderio? Insomma, non era certo nato da un giorno all'altro e certo, era pur vero che la pozione e i suoi effetti collaterali avevano aiutato non poco a fargli aprire gli occhi, ma prima di quello. Come aveva fatto ad essere così cieco!?
    Cosa portava a fare gli occhiali se poi al vero momento del bisogno non servivano una beata mazza?
    «Non sono affari tuoi, Potter» sibilò a denti stretti l’altro, voltandosi finalmente a guardarlo - e per un attimo Harry si sentì morire al pensiero di aver desiderato quel contatto visivo prima di desiderare immancabilmente qualcosa di più.
    «Dobbiamo parlare» istintivamente Harry allungò una mano per chiuderla con prepotenza attorno al suo polso sottile «e parleremo» concluse dopo un attimo, il tempo necessario a riprendersi dopo essersi reso conto di stare ancora una volta stringendo la pelle tiepida del biondo tra le dita. Ecco un assaggio di quel di più.
    Ma non era ancora abbastanza.
    «Stronzate» Draco arricciò il naso contrariato, lanciando un’intensa occhiata intrisa di veleno l’arto «io e te non abbiamo niente da dirci».
    «Io non credo proprio» doveva stare calmo, si costrinse a ricacciare indietro qualunque emozione violenta - rabbia, irritazione, desiderio - in favore di un tono più ragionevole.
    Dovevano parlare.
    «Lasciami in pace Sfregiato» alla fine il biondo riuscì a divincolarsi, strappandosi alla presa con uno strattone «vai a salvare la Weasley o qualche altra donnicciola pericolosa- in pericolo volevo dire! Non scassare le balle a me!»
    «Ti ho detto di smetterla di chiamarmi Sfregiato!» le abitudini erano dure a morire, nonostante – o forse soprattutto – le novità di quel giorno.
    «E tu piantala di insistere!»
    «È una cosa che riguarda n- è una cosa che dobbiamo risolvere tutti e due!» si morse un labbro nella fretta – autocensurandosi, perché non era certo il caso di farli diventare un noi; non quando la parte bionda del sopracitato noi era tanto ostile all’idea «Pensavo volessi una risposta a tutto».
    «Beh, guarda caso ora ho cambiato idea!» Draco non aveva proprio iniziato a strepitare, ma poco ci mancava, specie con il tono acuto e l'espressione scandalizzata a fare da contorno alle guance rosse dalla frustrazione - rabbia, imbarazzo, desiderio? Harry non lo sapeva, faticava seriamente a rendersi conto di qualcosa non fosse la sua vicinanza e la disperata urgenza che sentiva di parlare e spiegargli tutto.
    Se non altro, quel familiare botta e risposta aveva avuto il potere di schiarirgli la mente.
    E Malfoy era tornato a voltarsi per uscire e sparire un'altra volta. Era sempre stato un vigliacco - ricordò gli innumerevoli episodi, estremamente vividi nella sua memoria - come cazzo aveva fatto a non accorgersene prima!?
    Un vigliacco, lo sapeva, e un approfittatore, sempre pronto mettere in mezzo terzi pur di non sporcarsi le mani e rimanere scottato in caso di fallimento. Draco era un ragazzo introverso, che lasciava trasparire poco delle sue vere emozioni, e si comportava per la maggior parte del tempo come un presuntuoso viziato, con un umorismo del cazzo - troppo british e macabro - che, tuttavia, riusciva immancabilmente a calamitare la sua attenzione.
    E poi era pallido - una carnagione poco più colorata del bianco, con profonde ombreggiature in corrispondenza degli zigomi sottili e delle dita lunghe - con i capelli biondo chiaro slavati e degli occhi grigi dalle mille e più sfumature. Monocromatico che vestiva nero e verde argento.
    Magro, alto e sottile, l'elemento più femminile che era mai riuscito a trovare il lui era la spiccata mania per i vestiti e i capricci. Nemmeno le mani, per quanto pallide e apparentemente delicate, avevano nulla di femmineo: lunghe e curate, mantenevano sempre una sorta di minaccia alla sua incolumità - come quella volta in cui aveva cercato di strappargli gli occhi dalle orbite, durante la loro ultima lite.
    E, infine ma non ultimo per importanza - aveva un carattere tutt'altro che semplice o accomodante.
    Era pronto a scommettere che al mondo esistessero ben poche cose peggiori allo scoprirsi innamorato di Draco Malfoy.
    Eppure non riusciva più a fare a meno di lui.
    Forse era vero quel detto babbano sui ragazzini pestiferi, le gonne delle bambine e le trecce tirate.
    «Almeno ascoltami» tentò un’ultima carta – perché sentiva, non si sa come non si sa perché – che se Malfoy avesse varcato quella porta prima di sentire tutto quello che aveva da dire, qualcosa si sarebbe rotto definitivamente «poi puoi andartene, ma adesso ascolta. Per favore».
    A quel tono – e a quelle parole – la camminata dell’altro si fermò.
    Il cuore di Harry balzò improvviso nel petto. Era lui il Grifondoro, era lui quello coraggioso ed era sempre lui a dover impedire che la subdola serpe non svicolasse dalle mani. Era dura scoprirsi innamorati di una Serpe, perché non si sapeva mai cosa stesse pensando dietro quella maschera di rigida indifferenza, o quali piani avrebbe messo in atto per sfuggire.
    Era estremamente difficile scoprirsi innamorati di Draco Malfoy in generale, a dire il vero.
    Soprattutto quando ti guardava con un ghigno che avrebbe fatto tremare di terrore chiunque - per il grado di bastardaggine che vi era impresso - e fremere di eccitazione lui.
    Per un attimo Harry chiuse gli occhi, rischiando di perdersi lo scintillio nelle iridi grigie dell'altro quando si decise a parlare.
    «È così che ti ho sempre voluto vedere, Potter. Implorante ai miei piedi» si limitò a frecciare sprezzante il biondo senza accennare ad allontanarsi dalla porta. Che, fortunatamente per le intenzioni del moro, rimase chiusa.
    Per il momento.
    Harry inspirò profondamente e – prendendo quella frase come una (blanda) disposizione ad ascoltarlo – cercò di riordinare le idee.
    Perché, per la prima volta consciamente, si rendeva conto dei motivi che lo avevano portato lì.
    «La prima volta in cui sono rimasto a guardarti senza pensare a come fare in caso di una tua maledizione o a spaccarti il naso è stato al quarto anno. Io stavo aspettando che la mia dama tornasse dal bagno e tu stavi cercando un angolo isolato dove sederti per sfuggire alla ressa. Ti sei seduto sulla poltrona dietro la mia, dandomi le spalle e io avevo gli occhi chiusi-»



Ho come l’impressione di sentire, da qualche parte tra le scapole, la canna di una pistola. Siete voi? *sorriso sbarluccicante e occhioni spalancati al porre la domanda innocente ai lettori/recensori che la stanno per freddare, causa (ennesima) brusca interruzione del capitolo*.
No, no.. non si fa… XD
Lo ammetto, sono un pochino bastarda a finire così, ma capitemi… l’alternativa era aspettare altre 2 settimane che mi decidessi a trovare la giusta ispirazione… dovreste ringraziarmi invece *me fa crocettini dietro la schiena nella speranza che qualcuno le creda ancora…* anzi 4 settimane, visto che andrò in ferie – sempre nel solito buco dimenticato da Dio, come tutti gli anni – e lì internet non c'è. E no, non è una scusa.
Perciò… spero vi siate divertiti (a non uccidermi) XD ci vediamo a settembre

Un bacio

NLH

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Capitolo 17
*** Ad occhi chiusi ***


Reverse.


[Ad occhi chiusi]


    «Non ti eri reso conto fossi io, probabilmente perché vestivo i colori della tua casa, oppure perché non avevo gli occhiali e i capelli erano domati. Non lo so. Magari hai notato la somiglianza con qualche Serpeverde e mi hai raggiunto».
    Per un qualche ignoto motivo, Draco era rimasto ad ascoltarlo. E non si stava neanche chiedendo il perché.
    Non si era propriamente girato nella sua direzione, non si era affatto seduto a guardarlo per concentrare la sua attenzione sulle parole del moro. Semplicemente si era fermato e non aveva detto più niente.
    Forse perché aveva voglia si sentiva costretto ad ascoltare le sue spiegazioni patetiche scuse. Magari perché quella storia gli interessava se la ricordava vagamente.
    O, molto più semplicemente ma sempre parecchio difficile da accettare a livello conscio, perché quando Harry Potter iniziava a parlare, lui si sintonizzava sulle sue onde vocali.
    Capitelo, il moro avrebbe potuto lasciarsi sfuggire qualche dettaglio a lui utile, oppure stralci di chissà quale fantomatico piano per renderlo ridicolo di fronte alla scuola – come aveva già ampiamente fatto.
    Ad esempio quella volta al primo anno, quando lui, Malfoy, aveva rubato la ricordella a Paciock, oppure per quella storia del drago di Hagrid - mai una volta che Potter non centrasse, vero? O non si divertisse a passargli davanti con il solo intento di attirare la sua attenzione (perché si era certamente pentito di aver rifiutato la sua mano) e coinvolgerlo nelle situazioni peggiori.
    Per colpa sua non riusciva nemmeno a ricordarsi quante volte fosse finito in punizione.
    E poi c'era stata quella volta al secondo anno: prima le allusioni sull'Erede di Serpeverde, poi quell'assurda storia della Pozione Polisucco - vabbé, di questa seconda parte era venuto a conoscenza solo dopo, per vie traverse, ma tanto bastava da aggiungerlo alla lista.
    Per l'ennesima volta Potter gli si era avvicinato in cerca di attenzioni informazioni.
    E la lista poteva andare avanti per ore!
    Terzo anno: Potter e il pennuto che per poco non gli ha staccato un braccio di netto. Era più che certo che il moro avesse fatto apposta a provocarlo, attirare la sua attenzione e spingerlo a fare la sciocc- quello che aveva fatto!
    Merda, maledizione a Potter!
    Perché?
    L'espressione impassibile, gli occhi socchiusi dalla derisione e la bocca lievemente piegata in un ghigno strafottente nascondevano la realtà dei fatti, la confusione e le grida che risuonavano nella testa di Draco dal momento stesso in cui erano stati chiusi lì dentro.
    A parlare.
    Perché, stava continuando a domandarsi nel vedere Harry Potter di fronte a lui, intento a parlare; Perché gli aveva sempre prestato così tanta attenzione?
    Da buon Serpeverde, non faceva altro che scappare dalla realtà.
    Maledetto Potter!
    E maledetto Zabini, per le sue sedute psicologiche non richieste!
    «Non ti ho riconosciuto subito, a dire il vero» stava proseguendo intanto il moro «non ti avevo mai sentito parlare in tono normale - senza maledirmi, ghignare, sfottermi o gridare intendo - dal nostro primissimo incontro e la tua voce stava cambiando. Era diversa. Insomma, ti sei limitato a sederti e hai sospirato…»

    «Se stasera Zabini osa tornare in dormitorio con più di una tra le ragazze con cui ha ballato, giuro che gli nascondo l'intera collezione di camicie firmate» aveva esordito il biondo, una lieve risata a colorare il tono impassibile «è una calamita per gli ormoni, quanto c'è lui nelle vicinanze mi sembra di essere invisibile».
    «È un sentimento comune» aveva riso leggero Harry, senza curarsi di voltarsi ad osservare il suo interlocutore perché, insomma, se qualcuno si era preso la briga di parlargli così tranquillamente non poteva essere certo un Serpeverde o qualcosa del genere «anche a me piacerebbe sparire in sua presenza a dire il vero… ma non è possibile».
    «Perché temi possa attaccare bottone cianciando dell'ultima sciarpa alla moda che si è fatto arrivare dall'Italia?»
    «Magari fosse così» ancora una risata nella voce del moro «no, niente del genere».
    «Non sai quanto sei fortunato allora… mi è capitato di assistere a scene del genere e posso assicurarti che venire ignorati è una manna dal cielo» sospirò teatralmente, passandosi una mano guantata sugli occhi chiusi.
    «Pensavo fosse ben voluto, a dire il vero» commentò Harry facendo spallucce.
    «E lo è… anche se nella nostra definizione di amicizia» altra risata leggera, stavolta appartenente al biondo «ma delle volte è decisamente insopportabile. E capisce solo quello che vuole capire. Non ascolta…»
    «Anche io ho un amico così…» aggiunse il moro «beh, più o meno. Senza tutto quel narcisismo».
    «Siamo messi bene allora».
    Ci fu ben più di qualche attimo di silenzio, dove Harry si chiese cosa diavolo stava impedendo a Calì di finire in fretta quello che doveva fare in bagno, liberandolo dal dover rimanere lì ad aspettarla, prima che Malfoy riprendesse parola.
    «Ti capita mai di chiederti cosa non va nella tu vita?»
    Quello fu il momento in cui Harry smise di guardare il nulla e si voltò interrogativo verso il suo interlocutore.
    «Come?»
    Capelli biondi, chiarissimi, tirati indietro da una mano attenta, ma acconciati da tempo sufficiente da far sì che qualche ciuffo sfuggisse alla massa disciplinata, arrivando ad accarezzare distrattamente le orecchie.
    «Intendo» cercò di spiegarsi meglio, riuscendo a sembrare a disagio anche con quella sola parola, come non fosse affatto abituato a certe argomentazioni «come quando ti alzi a mattina, o vai a letto e già tutti gli altri dormono. Non ti chiedi mai cosa ci fai lì? Come mi hai avuto un determinato comportamento con... un certo qualcuno?»
    Pelle chiara, chiarissima, ancora più dei capelli, stranamente rosata in prossimità delle gote, ombreggiate da sottili ciglia biondissime.
    Mascella affilata e non ancora un accenno di barba.
    «Ad esempio quando cerchi di dire una cosa e ne dici un'altra. Non ti chiedi per quale motivo?»
    Labbra sottili e pallide - come tutto il resto - atteggiate in un'espressione pensierosa e il colletto formale della camicia bianca che faceva capolino da dietro il rigoglioso cespuglio di agrifoglio e Christmas' tree.
    «Uno cerca di essere gentile, ma l'altro non fa nulla per comprenderlo. Fraintende e lo prende in giro. Ti è mai capitato?»
    Mentre gli occhi verdi di Harry si spalancavano e la voce veniva meno, quella bassa e quasi adulta dell'altro si levava chiara tra loro due, inascoltata da chiunque altro ma ben compresa da Harry.
    Palpebre chiuse su occhi che sapeva essere grigi.
    «Capisci cosa intendo?»
    Harry si forzò a rispondere.
    «Mah...» esitò parecchio a disagio «più o meno».
    Malfoy annuì.
    «Immaginavo» la linea sottile della bocca si alzò ad un angolo - in una pallida imitazione di un ghigno sarcastico, più nostalgico che altro «Sei bravo ad ascoltare, dovrei farlo più spesso».
    Certo, come no. Harry si sforzò di smettere di guardarlo, tornare a girare la faccia verso la direzione opposta e fare in modo di camuffare la voce - e se Malfoy si fosse accorto di chi fosse in realtà lo studente con cui stava parlando?
    «Ti capita spesso di parlare... così?» certo non se lo figurava a fare certe confidenze. Non calzava affatto con l'immagine di lui che sapeva mostrare al mondo intero.
    Solo un momento di silenzio.
    «Forse solo quando sono ubriaco» ridacchiò, mostrando un bicchiere pieno di sospetto liquido marrone chiaro, molto ambrato alla luce delle candele nella penombra.
    Per un attimo, lo sconcerto di aver scoperto la vera identità dell'improvvisato interlocutore superò l’appena ritrovato senso di sopravvivenza, perché il moro si voltò completamente verso Malfoy e venne meno anche al proposito di camuffare la voce.
    «Quello è alcool! Dove diavolo sei andato a trovarlo? Non ne davano al buffet!»
    «Certo che no sciocco!» lo riprese come se fosse ovvio «Non dirmi che ti sei inimicato Daphne e Theo! Sono loro che dettano legge sugli alcolici».
    «Ma veramente...» tentò di ricomporsi «non è che siamo mai andati troppo...»
    «Dico sul serio» lo interruppe Malfoy, alzando il bicchiere come a brindare - risparmiando fortunatamente Harry dal dire una sciocchezza come quella che gli stava per fuggire dalle labbra «sei messo male! Che hai fatto per alterare la principessa di ghiaccio?» altra risatina - doveva essere proprio brillo, per non dire ubriaco, se riusciva a lasciarsi andare così «gli hai detto che i suoi cocktail sono imbevibili? Oppure hai fregato la pozione lisciacapelli della biondina?»
    Harry attese il tempo necessario per metabolizzare il fatto che Draco Malfoy avesse appena chiamato Theodore Nott principessina e poi tornò a girarsi verso i bagni.
    Ma quanto cavolo di tempo ci stava impiegando Calì? Stava facendo le uova?
    «In ogni caso rallegrati» alzò un'ultima volta il bicchiere prima di scolarselo «almeno più tardi potrai approfittare della festicciola che stanno organizzando per dopo questo mortorio di Ballo. Lì non devi corrompere nessuno per del Firewhiskey d'annata».

    «…poi te ne sei andato, ridacchiando» concluse Harry mestamente, guardando il pavimento a qualche centimetro di distanza dalle scarpe del biondo «mi è venuto in mente ora. Era un casino di tempo che non ripensavo a questo episodio».
    Malfoy non aveva mosso un muscolo, non aveva dato cenni di comprensione né, fortunatamente per i propositi del moro, non lo aveva affatturato per poi uscirsene a passo di marcia dall'Aula.
    Anche se, per gli ultimi due punti, c'era ancora tutto il tempo.
    Incoraggiato dalla sua non-reazione e ormai lanciato - perché ogni buon Grifondoro, una volta imboccata la strada considerata giusta, non lasciava nulla d'intentato o d'incompiuto.
    «Mentre te ne stavi lì a parlare di te - te stesso, non il Malfoy della situazione - eri-» finalmente, il motivo per cui in precedenza a quel pensiero si era trovato a deglutire come se si fosse ficcato un Bezoar in gola, era chiaro. Limpido «Mi sei sembrato quasi tener- carino».
    Che sciocco era stato a non accorgersene prima.
    Con quelle guance rosa e l'espressione quasi innocente era stato reso partecipe di un lato di Draco - Draco, non Malfoy, perché c'era differenza. Ce n'era eccome! - che aveva semplicemente relegato a forza in un angolo della sua mente per dare spazio ad un'assurda faida e una puerile vendetta.
    Possibile che gli fossero occorsi altri tre anni prima di rendersi conto di quella realtà? Il biondo faceva bene a chiamarlo tardo.
    «Non dici niente?» si arrischiò a chiedere quindi l’impavido Grifondoro, deciso ad avere quantomeno una risposta degna di quel nome.
    Per sapere di quale morte morire.
    Senza lasciare trasparire nulla, il biondo gli lanciò un'occhiata in tralice.
    A differenza di quanto molti erano portati a pensare, Draco Malfoy non era del tutto privo di emozioni. Anzi, era un ragazzo come centinaia di altri – ovviamente senza contare la classe innata, il pedigree da concorso internazionale e un'educazione da perfetto gentiluomo (senza tralasciare un'umiltà degna del suo rango) – e come tutti provava qualcosa.
    Anche lui aveva dei sentimenti. E anche lui ricordava la prima volta in cui era rimasto affascinato dal bambino che Harry Potter era stato.
    A differenza di quel beota – che aveva avuto bisogno di un'improvvisa cecità e una mezza ubriacatura degna del Ballo del ceppo per accorgersi della sua eccelsa persona, lui era stato consapevole del moro ben prima di arrivare ad Hogwarts.
    Aveva sentito raccontare di lui, del Grande Harry Potter che da neonato aveva tolto di mezzo il Signore Oscuro, dalle sue bambinaie, che si erano susseguite numerose nella sua infanzia. Sapeva tante di quelle versioni della storia che non era più necessario gliela raccontassero ogni sera per farlo addormentare, ma era lui a declamarla ad alta voce fino a quando non era troppo esausto e crollava addormentato, facendo deliziare le donne che lo accudivano.
    Dicevano, ridendo, che Harry Potter era l'unico in grado di farlo ubbidire.
    Che sciocchezza.
    Questo, il tronfio Grifondoro, non lo avrebbe mai saputo.
    «Cosa dovrei dire?» disse soltanto, vagamente sprezzante, perché lasciar trasparire dello sconcerto non era ceto nelle sue intenzioni.
    «Qualcosa» lo incitò sempre meno deciso il moro «qualunque cosa».
    «Sei un'idiota, Potter» lo insultò, non riuscendo a trovare niente di meglio da dire, cercando di prendere tempo.
    Per Merlino e Morgana, cosa si aspettava di ricevere come riposta, quel tonto Grifondoro?
    Rimasero a lungo senza parlare.
    Cosa avrebbe dovuti dirgli?, se nemmeno lui stesso sapeva cosa pensare…
    «Perché hai parlato di Ginny prima?» domandò infine Harry, apparentemente senza logica.
    Draco alzò un sopracciglio interrogativo, sempre curandosi di non guardarlo direttamente.
    «Parlo di prima, di quando mi hai detto di tornare dalla fanciulla pericolosa, o meglio, in pericolo. Ti riferivi a lei, vero?» insistette l'altro.
    «Cosa ti fa credere che tra tutte le bamboccie da te salvate sia proprio la Weasley?» prese ancora tempo la Serpe, presa in contropiede dalla domanda.
    «Perché Ginny ti ha colpito, al quinto anno. Fattura Orcovolante» gli ricordò, a sproposito, facendo arricciare l'angolo delle labbra del biondo «pericolo, pericolosa» lo citò, come se non fosse già abbastanza chiaro.
    «Grazie per la brillante deduzione Potter. Potevi anche lasciartela scappare, come tutto il resto».
    «Allora, perché?» chiese nuovamente.
    «Non è forse così che funziona?» ribatté allora sprezzante «Tu sei l'eroe delle cause perse – basti guardare con che gente vai in giro - e sono certo che piuttosto che salvare me dalla situazione in cui i tuoi amici mi hanno messo-»
    «I miei amici?» lo interruppe incredulo «I miei? Perché allora non citare pure i tuoi? Non mi pare che i miei abbiano fatto tutto da soli».
    «Ma devi ammettere che la tua Granger ha fatto proprio un buon lavoro» s'intestardì Draco.
    «Beh» ribatté Harry piccato – perché, non importava cosa avessero fatto e quanto meritassero una giusta punizione, erano pure sempre i suoi amici «e il tuo Blaise? Non mi pare che si sia fatto pregare».
    «Mi hai messo nelle mani di Paciock» il Serpeverde non lo stava esattamente ascoltando, ad essere del tutto sinceri «Paciock. Lui e il suo fottutissimo decotto! È un miracolo che ora non sia ricoperto di pustole arancioni!»
    «Io non ti ho messo proprio nelle mani di nessuno!»
    «Tu, è tutta colpa tua» certo, forse quello non era certo il miglior modo di metabolizzare la faccenda, ma Draco era più che certo che alla fine tutto ricadesse su Potter. In fondo era stato lui a cacciarlo in quella situazione, non accettando la sua amicizia, avendo degli amici tanto deficienti e essendoselo portato a letto.
    Potter.
    Sempre e solo colpa di Potter.
    PotterPotterPotter.
    «Vaffanculo!»
    Potter.
    Doveva toglierselo dalla testa!
    «Si può sapere che ti prende!?» Harry – no, sbagliato, sbagliassimo, Potter! – scosse la testa esasperato «Soffri di sdoppiamento di personalità?»
    «Tu non capisci niente!» lo attaccò, senza saper fare di meglio.
    «Io capisco che quello che ti ho detto l'altra notte è vero. Senza alcun forse! Sei tu a non capire un cazzo!»
    «Fottiti!»
    «Dannazione, Malfoy» esalò Harry con tutto il fiato che aveva in corpo, al limite di qualunque umana sopportazione «quale parte del fatto che ti amo non ti risulta chiara!?»
    «Tutte le parti, deficiente!» ribatté Draco, colto alla sprovvista da quella dichiarazione tanto diretta «Perché non vedo come mai dovrebbe importarmene».
    «Allora vattene a fanculo! È portaci tutta quella tua spocchiosa classe da Malfoy stronzo e bastardo, egocentrico, fanatico, sessista e fancazzista, misogino e figlio di puttana che tieni tanto che il mondo veda!» strinse i pugni, esausto
    «Con piacere!»
    Si fermarono entrambi, ansanti, avendo dato fiato a tutta l'aria a disposizione nei loro corpi. Reprimendo un conato causato dall'improvvisa secchezza della gola, Malfoy si sforzò di non notare quanto le guance imporporate di Potter fossero sembrassero tanto carine.
    Aveva detto che lo amava.
    Davvero.
    Senza alcun forse.
    E lui non riusciva a toglierselo dalla mente.
    Sospirò stancamente, passandosi una mano sugli occhi. Non ricordava di essersi mai sentito così stanco, eppure allo stesso tempo così assurdamente vivo.
    «Potter» lo chiamò piano. Cercando di ignorare delle ombre fin troppo lucide agli angoli di quegli occhi verdi – maledetti «Potter» ancora, sempre più con calma «io non sono come te. Io non metto i miei sentimenti in piazza come fai tu, non rischio».
    Harry lo vide espirare ancora una volta, lentamente e con un'espressione stanca.
    «Guardaci. Non siamo capaci di stare per cinque minuti nella stessa stanza senza desiderare di saltarci alla gola. E tu dici di amarmi».
    Senza sapere bene cosa fare, né come replicare, Harry si limitò ad annuire.
    Assecondarlo sembrava essere meno doloroso che cercare ancora una volta di fargli capire.
    «Quindi mi ami» non era una domanda.
    Lo assecondò ancora.
    «E io cosa dovrei fare, secondo te?» attimo di pausa, indeciso se sbilanciarsi o meno «Se, se io… accettassi. Te. Se ti accettassi».
    In fondo, alla fine, non era poi così difficile.
    Accettarlo, intendeva.
    Forse.
    Insomma, era Harry Potter.
    Quindi?
    Lo stesso irrecuperabile deficiente su cui aveva fantasticato da bambino. Lo stesso bambino dagli occhi sgranati del colore della sua Casa che lo aveva colpito quel giorno lontano da Madama McClan, a Diagon Alley.
    Lo stesso che aveva spiato, sfidato e preso in giro per tutti i sette anni successivi.
    Era il ragazzo che aveva finto di non riconoscere durante la guerra, quello che lo aveva salvato dal bruciare vivo.
    Era lo stesso ragazzo con cui aveva desiderato andare a letto.
    Quindi?
    Per la prima volta ammise di non sapere affatto come comportarsi.
    Harry si stava torturando le mani, sfregando le dita nervosamente e rigirandosi l'orlo del maglione come volesse ridurlo in poltiglia o allargare i buchi già presenti.
    «Dimmelo» gli chiese nuovamente il Serpeverde «cosa dovremmo fare?»
    «Potremmo iniziare con poco» tentò lentamente, le sopracitate guance ormai tinte delle sfumature più accese di carminio «studiare insieme, passare del tempo noi due. Andare ad Hogsmeade insieme, se ci va, oppure fare qualche altra cosa. Insieme. Per vedere se mi sopporti o se la cosa non… non è fattibile».
    «Hai detto troppe volte insieme» obiettò il biondo con fare saputo «devi rivedere qualcosa nell'esposizione».
    «La pianti di stressarmi, Malfoy? Che ansia…» alzò gli occhi al cielo, la familiarità di quel botta e risposta che arrivava a spazzare via le nuvole di delusione e dolore che lo avevano coperto, fino a poco prima.
    Era sempre stato così, tra loro.
    «Io» Draco tentennò «tu non mi-dannazione Potter! Non puoi venire qui a dirmi certe cose e aspettare che io ti risponda smielato! Non sono una ragazzetta in piena tempesta ormonale!»
    Il Grifondoro si mosse a disagio.
    «Per te è tutto facile, vero?» rincarò la dose il primo «Tu sei fermo sulla tua scelta, ti sei convinto e quindi ti aspetti che anche io lo sia. Beh, notizia del secolo, a me serve un po' più di tempo».
    Cosa cavolo stava dicendo?
    Il viso di Harry sembrò rianimarsi. Una speranza, era questo che il Serpeverde gli stava dando?
    «Io non sono un'amabile principessa delle fiabe, lo sai questo vero?» perché lo stava avvertendo? Certo che lo sapeva «Sebbene posso capire per quale motivo tu abbia scelto me. Sono sicuramente più affascinante».
    «Lo so» ammise, costringendosi a reprimerne un sorrisino – Draco era molto meglio di una principessa delle favole – e preparandosi a scoprirsi per quella che sperava essere l'ultima volta «allora mi dici cosa pensi?»
    Draco osservò il ragazzo di fronte a lui, guardandolo per bene, per la prima volta da tempo.
    Basso, più di lui, di almeno dieci centimetri. Capelli neri, arruffati e arricciati in posizioni improponibili, cicatrice antiestetica, occhiali rotondi e d'altri tempi, abiti lisi, sbiaditi e scarpe sporche e slacciate. Grifondoro.
    Dita fredde, abili e scattanti, spalle larghe e solide, rassicuranti.
    Fossette assassine agli angoli delle labbra e sorrisi improvvisi che fanno tremare le ginocchia. Umorismo sboccato, sarcastico.
    Occhi grandi, meravigliosi e seducenti.
    Ricordò quegli stessi occhi lucidi di rabbia, scuriti di passione e luminosi di felicità.
    «Penso che ci troveremo a fare tanto, tanto sesso riparatore» scrollò le spalle, reprimendo un ghigno dietro un finto broncio nel vedere il sorriso di Potter allargarsi sempre di più, dente per dente, fino a mostrare quella che era l'universale emanazione di felicità nel mondo.
    Per un attimo – stava succedendo un po' troppo speso, con quello stupido Grifondoro – si trovò a desiderare di potergli rispondere con la stessa intensità.
    Harry, d'altro canto, non riusciva più a pensare lucidamente. Cioè, meno del solito.
    «Quindi… ora che facciamo?» gli occhi che indugiavano sul Serpeverde, brillanti di eccitazione.
    «Non saprei Potter, vedi tu» lo provocò Malfoy – ora che nella sua testolina era tutto sistemato, era diventato decisamente meno difficile cercare di convincerlo «io sono la Serpe tentatrice, sei tu il Grifondoro. Agisci, per la miseria, devo spiegarti proprio tutt-mphf»
    Le dita di Harry affondarono maggiormente della pelle chiara del compagno, stringendo la presa e obbligandolo ad avvicinarsi di più. In fondo glielo aveva detto lui.
    Di agire.
    Lo morse.
    Non gli diede il tempo di ritrattare, finire e colludere il concetto o anche solo cambiare idea. Gli tappò la bocca nel modo migliore che conosceva e leccò via con foga le piccole stille di sangue che erano scivolate dalle labbra secche.
    Si spinse contro di lui con tale violenza da fargli sbattere la testa contro la porta, tanto che Draco fu costretto a reprimere un grugnito di dolore sulla lingua dell'altro. Poi, per vendetta, lo costrinse ad invertire le posizioni, afferrando i ricci scomposti di Potter con una mano e obbligandolo a perdersi nel bacio, il respiro strozzato e i movimenti frenetici dei loro corpi che si strusciavano a stretto contatto.
    Merlino, quello era ancora più fottutamente eccitante dello spaccargli il naso.
    La bocca, esigente, umida e morsa dall'urgenza con cui il biondino aveva risposto a quell'assalto, scivolò decisa sull'altra, altrettanto martoriata. Peccato solo si ritrovò nuovamente spalmato tra il muro e Potter, mentre quest'ultimo riprendeva il controllo della situazione con un sibilo di apprezzamento.
    Era una guerra, lo aveva detto. Lo era sempre stata.
    Ma così era meglio. Molto meglio.
    Quando finalmente gli diede il permesso di respirare, si sentì un tonfo sordo alle loro spalle.
    Senza staccarsi, ma allontanando i volti qual tanto che bastava da poter voltare la testa, i due tornarono a mettere a fuoco la stanza circostante.
    Sulla porta, a terra privo di sensi, stava Ron Weasley – che a quanto pareva era andato lì per scusarsi nuovamente e con maggiore convinzione – azzeccando con precisione il momento migliore.
    O peggiore, dipende dai punti di vista.
    «Tu lo avevi visto, vero?» era stata posta come una domanda, ma Malfoy la interpretò liberamente come affermazione.
    «L’hai detto tu, non io».
    «Sei una merda» commentò solamente Harry, un sorriso leggero sulle labbra e le mani ancora saldamente ancorate su di lui
    «Due minuti fa sembravi pensarla diversamente» fece spallucce. Aveva imparato da Pansy.
    «Il tuo saper baciare con un certo trasporto non significa che io abbia cambiato l’opinione che ho della tua persona».
    «Mi sembra che tu abbia già avuto una più che ampia visione della mia persona, o sbaglio?» il biondo inarcò un sopracciglio con ovvietà «Dovresti esserne innamorato perso a quest’ora».
    «L’hai detto tu, non io».
    «Ma tu guarda che razza di Grifondoro ingrato. Non meriti neanche un centimetro dell’eccelso me» sbottò indignato, ritraendosi impercettibilmente pur continuando a tenere le dita saldamente impegnate sulla camicia stropicciata dell’altro «credo che non ti concederò più niente».
    «Oh, ma non serve che tu mi conceda nulla» ghignò il Grifondoro – mancato Serpeverde – colmando quel poco di distanza che era rimasta, soffiandogli direttamente sulle labbra «posso prendere quello che voglio senza problemi».
    «Certo Potter. Continua così e sta’ pur certo che qualcosa lo prenderai-» strascicò le parole Draco, rispondendo alla provocazione con un’altra.
    «Che finezza».
    «Nel culo» completò maligno «e no, non si tratta di quello che pensi».
    «Una visita laparoscopica?»
    «Credo sia il caso di interrompere qui qualunque tipo di rapporto tra noi, Potter» Draco scosse la testa come sconsolato – sebbene la sua espressione facesse a pugni con il resto «davvero. La situazione è più sfavorevole che altro».
    «Non capisco cosa intendi» continuò a dargli corda, un sorriso che faceva capolino dalla finto espressione innocente del moro. La stessa espressione del gatto che ha appena mangiato il canarino.
    Malfoy sbuffò leggero.
    «Hai degli amici inadeguati» iniziò ad elencare, allungando le dita a tenere il conto di quanto detto «dei parenti del tutto inferiori rispetto ai miei, appartieni ad una casa di deficienti ritardati – quindi lo sei – hai un guardaroba che fa schifo, una scopa più bella della mia, la spiccata propensione a ficcarti nei guai e una cicatrice che ti deturpa la fronte e che non ti sei mai fatto curare» concluse come se fosse tutto perfettamente logico, notando a malapena l’espressione sconcertata del ragazzo ancora tra le sue braccia «mi pare abbastanza per ora».
    «Allora devi essere tu che devi farti curare visto che mi ami» disse infatti Harry non appena riuscì a mettere una parola in fila all’altra – sorvolando sul “Devi farti curare la cicatrice”, in quanto quest’ultima, nonostante i motivi scatenanti, lo aveva salvato più di una volta.
    «Io ho appena fatto svenire uno dei tuoi preziosissimi amici solo perché ti ho baciato» Draco scosse le spalle con fare noncurante, senza preoccuparsi di correggere o smentire il Grifondoro.
    «IO ti ho baciato» alzò un sopracciglio in risposta, concentrato non tentativo di impedire a quel ragazzo di sgusciare via, reprimendo un sorriso compiaciuto. Lo amava. Certo che lo amava.
    Come poteva essere altrimenti?
    «Fa lo stesso, non stare a cercare il pelo nell'uovo Fatto sta che è svenuto!»
    «Se la smetti di fare inutili obiezioni e spegni quel cervello iperattivo che ti ritrovi» espirò Harry, ancora troppo a contatto con il suo corpo per non aver iniziato a fare pensieri poco casti «ti prometto che potrai far svenire Ron ogni volta che vuoi. Non mi arrabbierò».
    Draco sorrise prima di tornare a passare pigramente le proprie labbra contro quelle morbide di Harry, ancora rosse dai baci che si erano scambiati fino a quel momento.
    «Oh, beh. Questo sistema tutto allora».
    Harry non ebbe nemmeno la decenza di trattenere le risate.
    E baciarlo nuovamente. Contro il muro su cui lo aveva sbattuto.
    Non si poteva certo dire che Harry Potter non fosse un uomo di parola.



Anche io voglio essere sbattuta al muro!! Ragazzo – o ragazza, davvero, non faccio la difficile – cercasi!
*Me sbatte gli occhi e sorride speranzosa*
Ovviamente ci tengo a precisare che tutta la scena è stata costruita – sin dalla prima ideazione – con l’intento di far svenite una certo ragazzo. Muhahah povero Ronald, gli faccio sempre fare scene indesiderate.
Dai, prometto che prima o poi scriverò una storia in cui sarà un bravo giovane simpatico, poco sfigato e magari anche non troppo bistrattato.
Che dite? Ce la farò?
Ah, non so se l'avete notato, ma per farmi perdonare dell'ennesimo ritardo, ne ho postato uno bello lungo!

Un bacio

NLH

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Capitolo 18
*** La resa dei conti ***


 
                     Reverse.
 
[La resa dei conti]
 
    Sapevano sarebbe finita così.
    Avevano sperato che i ritrovi clandestini, gli ingredienti trafugati e le strane vicinanze Grifondoro-Serpeverde sarebbero rimasti inosservati, ma Hogwarts non sarebbe stata la stessa senza i pettegoli, i quadri e Mrs Purr.
    Forse fu per quello che, quando la mattina successiva – la mattina della Vigilia, allo scandaloso orario delle otto e un quarto – una coppia di leziosi gufi bruni aveva raggiunto le sale comuni degli interessati, recando una lettera di comparizione per il Signor Potter, il Signor Weasley, la Signorina Granger, il Signor Malfoy, il Signor Zabini e la Signorina Parkinson, non si stupirono più di tanto.
    In quel momento, quindi, si trovavano allineati davanti alla scrivania del Preside, con una McGranitt che camminava rigidamente avanti e indietro, un Professor Vitious placidamente accomodato su una poltroncina a lato della stanza e un Professor Silente comodamente appoggiato alla sopracitata scrivania con i gomiti, le mani intrecciate davanti alla bocca.
    Che Blaise sospettava essere piegata in un sorrisetto compiaciuto. E ben informato, temeva.
    Chissà come mai, ma Neville non era stato convocato.
    Fosse per il fatto che nemmeno la McGranitt – che pure lo aveva visto all’opera contro l’Oscuro Signore – si era immaginata un suo coinvolgimento (pecca tremenda, a ripensarci, visto che tale Paciock aveva fatto parte dell’ES ed era stato l’ideatore del rifugio anti-Carrow nella Stanza delle Necessità). Oppure perché, nel momento in cui avevano fatto le famose riunioni d’emergenza, lui non c’era.
    Blaise soppresse un lieve sorriso – ancora.
    «Signori» prese finalmente la parola la Vicepreside «immagino siate a conoscenza del motivo per cui vi trovate qui oggi».
    Sei paia d'occhi innocentemente sgranati dalla curiosità risposero al suo sguardo truce.
    «Negli ultimi giorni sono state registrate delle- ci sono stati degli scambi e degli incontri sospett- insoliti» la Professoressa sembrava seriamente in difficoltà nella scelta delle parole «e, aggiungo, in concomitanza di una serie di fatti ancora da chiarire».
    Altre occhiate innocenti, facce di bronzo e interrogativi irrisolti.
    Certo che la McGranitt sembrava proprio furibonda.
    Sembrò pensarlo anche il Preside, perché alzò una mano per attirare l’attenzione e si stampò in faccia il miglior sorriso accondiscendente del suo repertorio.
    «Alla luce degli avvenimenti che hanno seguito la guerra, la vostra amicizia» pausa, in attesa di venire smentito, cosa che non avvenne, perché i ragazzi rimasero impassibili tranne – forse – un sopracciglio alzato da parte di Draco «mi fa solo piacere. Il fatto che vi frequentiate è solo motivo di gioia per me».
    «Tuttavia» la Professoressa McGranitt intervenne nuovamente – e se a Silente la cosa non fece piacere, non è dato saperlo «sono successe… cose- avvenimenti strani. Molto strani. E come vostri docenti non possiamo fare finta di nulla. Sì, signor Zabini?»
    «Per “avvenimenti strani” esattamente, cosa intende?» domandò pacatamente il ragazzo, sempre più curioso di sapere cosa in realtà fosse stato scoperto.
    «Incontri fuori dall’orario di lezione, riunioni, lasciatemelo dire, segrete in biblioteca, uso improprio dei bagni del secondo piano – parlo per voi, signor Zabini e signor Weasley. Bagni delle donne» sembrò pensarci un attimo prima di aggiungere l’ultima voce della lista «e una scena assolutamente fuori luogo di fronte all’intera scolaresca, signori Potter e Malfoy!»
    I due interessati non ebbero nemmeno il buon costume di arrossire; forse solo Harry si mosse a disagio, ma non diede cenno di abbassare lo sguardo né sottrarsi all'esame dell'insegnante.
    Dopo alcuni imbarazzanti minuti di silenzio, Hermione sospirò – ben conscia che, seguendo quella linea di pensiero, non sarebbero arrivati da nessuna parte – e si mosse leggermente in avanti, attirando l'attenzione su di sé.
    «Ecco, riguardo a quello-»
    «Riguardo a quello» s’intromise Harry, coraggiosamente a suo parere e incoscientemente secondo quello di altrui Serpi  «a riguardo… Io» fece un respiro profondo «Io e Malfoy abbiamo avuto un certo-»
    «La verità» lo interruppe Malfoy di slancio, le guance stranamente rosse – che non mancarono di far sollevare un sopracciglio all'intransigente insegnate, stupita dalla piega che stava prendendo la situazione «la verità che è io e Po- Harry» altra breve pausa – come se la McGranitt si sarebbe persa l'uso del nome «abbiamo iniziato a comportarci-»
    Harry aggrottò le sopracciglia. Davvero, Malfoy si stava comportando in modo strano.
    «Quello che sto cercando di dire…» sembrò tentare nuovamente Malfoy, pestando con discrezione il piede a Harry nel tentativo di comunicargli un qualche arcano messaggio «è che- ecco, che noi…»
    Blaise, sempre di un passo avanti, spalancò gli occhi dalla comprensione e si costrinse a sopprimere un ghigno estremamente divertito.
    «Quello che vuole dire» intervenne Hermione – illuminata «è che li abbiamo visti in una situazione che creava forte disagio ad entrambi e a noi. E abbiamo deciso di aiutarli. Per questo motivo ci siamo trovati tanto spesso».
    «Temo di non capire» se la McGranitt prima era spazientita, adesso mostrava chiaramente la sua irritazione per quei continui cambi di parola e interruzioni a metà frase «Se lei e il signor Malfoy avete ancora avuto da ridire o tenuto comportamenti sconvenienti – sebbene la scenetta irrispettosa in Sala Grande sia da collocare nella vostra ampia gamma di atteggiamenti affatto consoni a questa struttura scolastica – sarete debitamente puniti. E se in tutto questo centrano pozioni o incantesimi-»
    «Pozioni, Minerva?»
    Blaise vide il sorriso del Preside allargarsi ulteriormente e iniziò seriamente a sudare freddo.
    «Sì, Albus, pozioni» iniziava veramente a stancarsi di venire interrotta continuamente «se questi ragazzi – come so per certo essere già successo – hanno messo in atto un altro dei loro-»
    «Io e Potter abbiamo iniziato ad uscire assieme e loro ci hanno scoperti mentre stavamo facendo sesso. Per questo, la scena in Sala Grande» sparò fuori di getto il biondo Serpeverde, ammutolendo i presenti e gelando l'atmosfera «per questo non ne volevamo parlare. Avremmo preferito mantenere il segreto ancora per un po’».
    Silente aveva finalmente abbandonato il sorrisino pacato in favore di una smorfia incredula.
    «Come-» la McGranitt deglutì con estrema difficoltà «potrebbe ripetere, signor Malfoy?»
    «Io e Potter» ripeté il Serpeverde godendosi ogni secondo e miscroespressione passare sui volti della maggior parte dei presenti «usciamo. Stiamo insieme. Fottiam
    «Moderi i termini, signor Malfoy, o sarò costretta a trattenerla per- per…» la professoressa si gettò con foga sulla frase del ragazzo, gesticolando agitata, le guance rosse dall'imbarazzo.
    Draco represse l'ennesimo ghigno.
    Oh sì, che si stava divertendo.
    Il Professor Vitious, che non aveva aperto bocca per tutta la durata dell'interrogatorio, l'aveva spalancata di getto, fissando imbambolato i ragazzi che avevano avuto l’ardire di sfidare così apertamente. O meglio, il giovane che aveva avuto il fegato di parlare di sesso di fronte alla Professoressa McGranitt.
    Professoressa che, continuando a tenere gli occhi spalancati e l'espressione inorridita, boccheggiava, annaspando disperatamente alla ricerca di una replica, una spiegazione logica o anche solo di un buco in cui sotterrarsi.
    Hermione sembrava la meno scioccata – in effetti, sembrava non avere la minima espressione in volto – risultando stranamente simile ad una delle statue gargoyle fuori dalla porta della Presidenza. Sarebbe potuta sembrare tranquillamente pietrificata, non fosse stato per l'insistente tic all'occhio.
    A seguire veniva Blaise, le labbra socchiuse dalla sorpresa, imitato da Pansy – che se ne era rimasta calma e tranquilla nel suo angolino fino a quel momento, preferendo intervenire il meno possibile considerati i precedenti – che non riusciva a capacitarsi di quello che aveva sentito. Ma che si era fumato?
    Tuttavia, quello messo peggio era indubbiamente Ron.
    Il povero ragazzo – che ancora non si era messo il cuore in pace al fatto che il suo Migliore Amico si fosse concesso – non innamorato, quello era ancora un concetto troppo astratto per essere concepito – al suo Peggior Nemico.
    Osservava pallido e irrigidito i due amanti studenti, la mascella contratta e l'espressione implorante – dedicata d Harry – affinché smentisse tutta quella selva di boiate.
    E Harry decise, all'ultima vista dello stato catatonico dell'amico, che forse era il caso di prendere in mano le redini della conversazione. Per spiegare.
    «Io e Draco» esordì pacatamente, arrossendo al pensiero di quello che il semplice binomio riportava alla memoria – riuscendo persino a sembrare un verginello innamorato agli occhi dei più «abbiamo iniziato ad… avvicinarci, dopo la guerra per prenderci a pugni più apertamente e questo ha permesso di conoscerci. Ci è capitato spesso di stare assieme, nella stessa stanza per via delle punizioni assegnateci e di trovarci a parlare per insultarci.
«Insomma… abbiamo imparato a conoscere i punti migliori dell'altro per colpirlo dove fa più male e poi, una cosa tira l'altra» Harry chiuse gli occhi – probabilmente per nascondere il lampo verde che era passato sulle iridi – sospirando pacato «ci siamo scoperti… compatibili a letto. Più di quanto avessimo mai immaginato. E questo ci ha portato a riflettere e a capire che in tutto questo c'entravano certamente quei ficcanaso dei nostri compagni e una pozione proibita.
    «Alla fine non ce l'abbiamo più fatta a stare lontani. Non dopo esserci scoperti…» il ragazzo deglutì pesantemente, riuscendo a mostrarsi ancora più impacciato ed innocente – maledetto Grifondoro – e cercando con lo sguardo appena socchiuso, nascosto da sotto le ciglia, quello di Draco, come alla ricerca di una conferma «innamorati».
    Ad Hermione si strinse il cuore, intenerita. Blaise a Pansy sogghignarono soddisfatti, forse un po' addolciti pure loro. Ron temette di vomitare.
    Malfoy afferrò di scatto la mano del moro, stringendola d'istinto per stritolargliela.
    Non avrebbe saputo dire se per l'imbarazzo in cui Potter lo aveva messo – e vergogna, perché dichiararsi apertamente di fronte al tuo Preside e ai gufacci rompipalle di altri Professori era ben diverso dallo scandalizzarli per vendetta nei confronti delle angherie subite da parte di tutti i presenti – o per l'emozione che gli aveva serrato la gola a quelle parole.
    Non era ancora abituato, maledettissimo Grifondoro.
    «Ma proprio perché si trattava di noi avremmo preferito mantenere tutto segreto» il moro scosse la testa, aggiungendo enfasi al racconto e sentendo la lingua impastarsi per tutto il lecchinaggio «ma come vede, non è stato possibile».
    Ovviamente la McGranitt si sciolse dalla commozione alle parole accorate del suo Studente Preferito. Malfoy si vide costretto a trattenere una smorfia disgustata.
    «Mi dispiace avervi costretti a spiegare… la situazione» la donna si mosse a disagio – troppo sconvolta per rendersi conto di essere stata raggirata «ma dovete capire che la faccenda richiede un certo grado di- dobbiamo chiarire i fatti, e voi siete certamente i primi con cui mi scuso per il disagio».
    I presenti – studenti – trassero un più che breve sospiro di sollievo. Persino Draco fu costretto a lanciare al Bambino-nuovamente-sopravvissuto un'occhiata ammirata per l'aplomb con cui era riuscito a spiegare il tutto – senza effettivamente mentire platealmente, giusto dimenticando qualche dettaglio.
    Silente agitò una mano per aria con fare noncurante.
    «Ma tornando alla faccenda iniziale…»
    «Sì, giusto. Sono stati trafugati degli ingredienti dalla dispensa privata del Professor Piton» Minerva, a discapito dell’espressione vagamente scandalizzata, rossa sulle guance e la spiccata sensazione di aver appena abusato del proprio ruolo – alzando un polverone inutile e mettendo a nudo dei sentimenti che i diretti interessati non avrebbero voluto rendere pubblici «quindi ho pensato…»
    Blaise tentò di resistere dallo scoppiare a ridere nuovamente all’espressione di colpa scavata sul volto della Vicepreside. Gli altri ragazzi rimasero in attesa, trincerati dietro le collaudate maschere di candida indifferenza.
    «Perché lo state dicendo a noi?» chiese Hermione, alzando un sopracciglio confusa, prendendosi l'onere di fare da portavoce a quell'ultima accusa.
    «Perché, signorina Granger» la McGranitt sembrava aver ritrovato la solita verve, superando lo sconcerto e l'imbarazzo iniziali «per quanto io possa considerarvi degli studenti meritevoli, so anche che avete compiuto delle azioni non esattamente conformi alle regole» le labbra si assottigliarono al ricordo «spesso con conseguenze pericolose».
    «Non posso contraddirla» si limitò a incassare Hermione con stile, abbassando gli occhi con espressione contrita «ma sono certa che capirà che questa volta si tratta di una situazione del tutto diversa».
    Una stoccata ben congegnata, perché la Vicepreside sembrò esitare ancora un momento, dopo aver lanciato un'occhiata rapidissima ad una certa coppia che stava proprio lì accanto.
    «È certamente differente» confermò allora la donna stirando le labbra in una riga sottile «ma deve convenire con me, signorina Granger, che le particolari circostanze mi hanno indotta a chiedermi se per caso non ne foste a conoscenza».
    «Sa perfettamente, Professoressa» davvero, poche volte Hermione era stata altrettanto seria come in quel momento «che le volte precedenti, i nostri… le nostre contravvenzioni al regolamento scolastico sono state conseguenti alla Guerra e a lei-sa-ch e a Voldemort» fece un respiro profondo – sebbene fosse passato del tempo, era sempre difficile chiamarlo per nome «sa che non useremmo mai le nostre conoscenze per qualcosa di frivolo o privo di fondamento. La guerra è finita… sono certa che può capirci».
    Pansy scelse proprio quell'istante per soffocare una risata con un colpo di tosse.
    La McGranitt la guardò di traverso.
    «Tutto bene, signorina Parkinson?»
    «Certo, Professoressa» gracchiò lei cercando di controllarsi. Era stata accanto ad Hermione per le due settimane precedenti e mai si era accorta – così apertamente – di quanto fosse diabolica quella ragazza. Quanto tempo sprecato – a cercare di combatterla, negli anni precedenti – invece di sfruttare il suo potenziale e la sua intelligenza.
    Ma avrebbe recuperato il tempo perduto.
    Poco ma sicuro.
    Cercando di darsi un contegno prese un paio di respiri profondi, accorgendosi di stare lacrimando. Le era costato parecchio non ridere apertamente.
    «Tieni» Ron le allungò un fazzoletto stropicciato, ma indubbiamente pulito, con un mezzo sorriso divertito. Pansy sorrise appena in ringraziamento, usandolo per tamponarsi delicatamente gli angoli degli occhi.
    La scena venne – ovviamente – seguita con interesse dal Preside.
    «In ogni caso posso affermare per certo che il o i colpevoli non sono tra noi» concluse con fermezza Hermione, scuotendo il capo con esercitata serietà e incredulità, come se l'interruzione non fosse mai avvenuta – che fece riconsiderare ancora una volta la sua appartenenza al Casato Grifondoro da parte di certi Serpeverde.
    Ma in fondo non c’era nemmeno poi tanto da stupirsi; altrimenti come avrebbero fatto i tanto puri RossoOro a cavarsela durante i loro precedenti anni in quella scuola senza essere accusati e gettati ad Azkaban?
    E poi non era esattamente una bugia. In fondo gli ingredienti incriminati erano stati trafugati da Neville durante una delle sue immancabili punizioni nei sotterranei.
    «Dov’è il professor Piton?» domandò Zabini, nella forma curiosamente garbata che gli era solita – quando voleva prendere per i fondelli qualcuno.
    «Non è tra noi» rispose sbrigativa la Professoressa, facendo sorridere più d’uno dietro i baffi.
Vitious ridacchio più apertamente.
    «Ve lo chiederò un'ultima volta» il Professor Silente si spinse appena sulla scrivania per guardare bene i ragazzi negli occhi «siete stati voi a trafugare gli ingredienti dalla dispensa di Severus?»
    «No» non risposero in coro, ma poco ci mancava, sostenendo lo sguardo azzurro del Preside, forti del fatto che fosse la verità.
    L'uomo si riaccomodò sulla poltrona, soddisfatto.
    «Molto bene, non vi tratterrò oltre» sorrise calmo, sfilandosi i famosi occhiali a mezzaluna per pulirli con cura «anche perché so che stamattina ci sarà un ricco rinfresco per gli studenti che si sono fermati per il Natale. Per festeggiare la Vigilia. Fossi in voi non me lo perderei».
    «Silente» lo ammonì Vitious, alzandosi dalla poltrona ed evitando accuratamente di guardare i suoi studenti. Lui si trovava lì solo per sostituire Severus come terzo Professore per l'interrogatorio e – lo giurò a sé stesso – non avrebbe mai e poi mai più accettato una cosa del genere. Se Piton avesse deciso di darsi nuovamente alla macchia, avrebbe proposto la Professoressa Sinistra, al suo posto.
    Oppure la Cooman.
    I ragazzi si mossero a disagio, insicuri se quello del Preside fosse un congedo o il preludio di una nuova discussione. Poi Ron prese il coraggio e voltò le spalle ai professori, seguito dai compagni senza essere più fermati.
    Draco si mosse prima di Harry e, avendo ancora la mano stretta a quella di lui, se lo trascinò dietro, attirando una certa attenzione.
    «E lei, signor Malfoy» ora che l'imbarazzo era svanito e la questione stata chiarita (?), la professoressa McGranitt sembrava tornata  quella di sempre, con alla mente solo il comportamento sconveniente tenuto dal ragazzo durante quella piccola riunione «la prego di moderarsi ed evitare di ripetere a cuor leggero certe cose».
    «Cosa, Professoressa?» davvero, Harry si stava seriamente chiedendo cosa diavolo fosse preso a Draco «Che io e Potter fott
    «Malfoy! Punizione!»
 
°°°
 
    Ad aspettarli, dietro l’angolo, c'era forse l'ultimo ragazzo che si sarebbero aspettati di trovare dalle parti della presidenza, in una situazione come quella.
    Blaise fu il primo a notarlo - come stava succedendo sempre più di frequente - e si prese un attimo, necessario a riempire ancora una volta i suoi sensi di quell'immagine di inconsapevole sensuale innocenza che Paciock emanava ad ogni respiro.
    Per un momento si chiese come fosse stato possibile non averlo notato prima. E ringraziò chiunque in ascolto che nessun altro sembrava essersene reso conto. Oltre al fatto che Malfoy fosse troppo impegnato a fare gli occhi dolci al suo piccione RossoOro per prestare attenzione ai suoi pensieri, mandando letteralmente a far fottere la sua immagine di Blaise Zabini.
    Neville non stava guardando nella loro direzione, ma sembrava piuttosto impegnato a fissarsi le scarpe – mocassini logori, come sempre. I capelli, sempre troppo lunghi, sembravano essere stati domati e pettinati all'indietro, disciplinati contro la loro volontà a giudicare dai sottili ciuffi che sfuggivano a sfiorare la fronte, lievemente ondulati. Con lo sguardo seguì una di quelle ciocche fino alle guance piene e rosate.
    Socchiuse le palpebre per vedere meglio nella penombra del corridoio. Più rosse, in effetti.
    Ma cosa…
    «Neville!»
    Zabini represse un moto di fastidio nel sentire la voce squillante di Harry Potter squarciare la sua concentrazione. Ma non poteva aspettare a notarlo?
    Neville si staccò dal muro, sorridendo con espressione mesta, stirando le labbra secche. Blaise non poté fare a meno di notare il tendersi della pelle e una lieve spaccatura rosea su di esse.
    «Ciao ragazzi» disse titubante, osservando ugualmente i Grifoni così come le Serpi «come è andata?»
    «Come vuoi che sia andata-» iniziò Ron deciso a raccontare la sua versione dei fatti, per come si erano svolti all'interno della Presidenza, prima di venire interrotto da Hermione.
    «Non credo sia il caso di parlarne qui, non trovate?» obiettò con un cenno affermativo al'espressione contrariata di Ron «potrebbero essere benissimo sentire e poi» occhiataccia ai quadri che si sporgevano interessati e senza ritegno dalle cornici «anche i muri hanno orecchie».
    E, seguiti da uno sciame di voci arrabbiate e scandalizzate, si spostarono in un luogo più consono e al riparo da orecchie indiscrete.
    Ma fu soltanto quando Ron si chiuse la porta della stanza delle Necessità alle spalle che Hermione si rese conto della mancanza dei due piccioncini, di Zabini e Neville.
    Con Ron e Pansy, si guardarono confusi.
    «E quindi?»
 
°°°
 
    A Zabini era servito poco per staccarsi dal gruppo e convincere Neville a fare lo stesso.
    Stavano percorrendo il corridoio – miracolosamente deserto – del secondo piano quando aveva visto Draco afferrare da dietro il gomito di Potter e portare il petto ad aderire alla schiena del moretto. Ovviamente Blaise non aveva sentito quello che gli aveva sussurrato nell'orecchio, ma aveva potuto immaginarlo senza problemi.
    Un attimo dopo i due erano spariti dietro un arazzo – che presumibilmente nascondeva chissà quale passaggio segreto – e lui si era ritrovato senza più nessuno che lo dividesse da Neville.
    Il ragazzo era accodato al gruppetto di testa – Ron e Pansy stavano scambiando qualche parola ed Hermione guidava il gruppo con passo marziale – e si stava insistentemente torturando il gomito sinistro con la mano destra.
    Era un movimento ipnotizzante.
    Senza più fermarsi a riflettere – aveva capito che spesso, con i Grifondoro, la tattica migliore era quella di non avere tattiche, buttandosi d'istinto – lo aveva raggiunto con due falcate e, trattenendo il respiro perché quella situazione era nuova per lui, gli sfiorò la mano con la punta delle dita.
    Lo sentì irrigidirsi immediatamente, ma non si ritrasse. Neville, dopo essersi immobilizzato in mezzo al corridoio, si voltò lentamente, lo sguardo sgranato e gli zigomi rosati. Blaise poté giurare di sentire la mano diventare più calda in confronto alle proprie dita fredde.
    Il moro di costrinse a non saltargli addosso.
    Ma come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse delizioso, prima?
    Erano veramente dovuti servire quello stupido piano e quella ancora più stupida pozione per accorgersi di Paciock?
    «Senti» chiuse gli occhi per tornare a riflettere lucidamente «se restiamo con loro finirà come al solito, con un casino più grande dell'altro. Se vuoi ti spiego io tutto. Da soli».
    Grande, Blaise, adesso si mette e strillare, dandoti del maniaco. Almeno staccati!
    La mano, che precedentemente aveva fermato il Grifondoro, era ancora saldamente ancorata si di lui e il pollice, traditore, stava vagando inconsapevole del pericolo sul polso scoperto di Neville.
    Da soli.
    Neville arrossì maggiormente.
    Poi annuì.
 
 
Va bene, direi che siamo alla resa dei conti (insomma, all'epilogo, ormai non manca poi molto alla fine di tutto…). Mi dispiace, come sempre quando termino di scrivere un racconto… perché mi sono affezionata da morire ai personaggi a cui do vita e alla storia da raccontare, esattamente come a voi lettori e recensori – che mi seguite nonostante le mie innumerevoli mancanze ecc…
 
Nonostante le incazzature per i miei ritardi XD e ovviamente la mia bastardaggine!
 
Perciò, giusto perché se non mi dimostro almeno un po' approfittatrice (e in questo cap sono stata anche sin troppo buona) mi servo di questo spazio per pubblicizzare il mio prossimo progetto (dovrei postare il primo capitolo a breve, questione di due o tre settimane).
Si tratta di un'originale (altra Slash, ovviamente) di rating arancione – non sesso esplicito, ma assaggi nei limiti consentiti XD promesso stavolta, niente ripensamenti.
 
Il titolo è "I'm not a murderer" e, nonostante le premesse, non è un thriller! È una storia d'amore (sempre rispetto ai miei standard, ovviamente, non aspettatevi rose e fiori e dolci frasi melense, ma incazzature, fraintendimenti e amici ficcanaso che, personalmente, adoro - specie un certo Bach) tra un rampollo di ricca famiglia, genio e un tantino eccentrico e un atleta, nuotatore, che si ritrova suo malgrado tra le grinfie del primo.
Chissà se sono riuscita ad incuriosirvi un po', o abbastanza da andare a darci almeno un'occhiata *soliti occhi sbarluccicosi di una innocente richiesta*.
 
Un grande bacio a chi mi ha seguito e vi do appuntamento all'ultimo capitolo!!! Sperando di riuscire ad essere puntuale, almeno per questa volta!
Ah, avverto già subito che non posterò prima del 25 Settembre (così siete pronti XD)
 
NLH

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Capitolo 19
*** Dove si parla di fine, relazioni e morsi ***


 
 
                     Reverse.
 
 
[Dove si parla di fine, relazioni e morsi]
Ma c’è ancora chi si ostina a chiamarlo Epilogo.
 
 
    Alla fine, tutta quell’assurda faccenda, sembrava essere esplosa come una bolla d’aria.
    Una stramaledetta sfera che conteneva quanto ancora non era stato liberato da Pandora.
    Le voci – sempre presenti, sempre pronte ad essere gonfiate – si erano rincorse per tutta la giornata in quel nido di pettegoli che era la migliore scuola di magia e stregoneria del Nord della Union, ingigantendosi fino a raggiungere dimensioni spropositate.
    Tutti sapevano, ma in realtà nessuno era a conoscenza di un bel niente.
    Da quella famosa mattina passata ad agonizzare nell’ufficio della Preside, la notizia ufficiale che ne era trapelata era che i seguaci di Colui-che-non-deve-essere-nominato-e-quindi-ne-parliamo-sempre e una torma di folletti, che riuscivano a mettere guerra sempre e ovunque, si erano introdotti furtivamente – ma come si fa a fare una guerra furtivamente? – nei confini del castello e avevano dato fondo alle scorte di Piton – motivo per cui era sparito dalla circolazione – per creare il Filtro Finale, che avrebbe permesso la riconquista del castello da parte dei Mangiamorte. Il piano consisteva inoltre nel recuperare il corpo del Bambino-che-è-sopravvissuto con l’utilizzo di quello del rampollo Malfoy e la suddetta pozione – per poi utilizzarlo a piacimento.
    Perciò il pettegolezzo più succulento dell’ultimo anno – Potter e Malfoy – era presto diventato uno sfondo sul nuovo piano di riconquista dell’ormai definitivamente defunto ex Signore Oscuro, pronto a tornare alla ribalta sfruttando il corpo dell’erede dei Malfoy come veicolo per un potente incantesimo oscuro, di modo da farlo entrare in contatto con Potter e trasmettere la sopracitata sconosciuta e malvagia fattura sul ragazzo-sopravvissuto-anche-troppe-volte.
    E ora potete pure respirare.
    Ovviamente, l’ipotesi di sincero affetto interesse tra i due non fu nemmeno sfiorata.
    Tra l'altro, ad essere del tutto limpidi, non si era certi dell’esatta dinamica degli eventi – chi per primo avesse messo in giro quella diceria, chi l’avesse ingrossata a dismisura e chi, nella fattispecie, avesse avuto la brillante idea di spiattellarla a Draco Malfoy.
    Secondo voci di corridoio – non ben confermate – pare che il suddetto Malfoy non ne fosse stato molto felice e che, il sempre fantomatico qualcuno, si fosse visto costretto a sigillare il quadro posto all’ingresso della Sala Comune Serpeverde – costringendo non pochi studenti a trovarsi un letto alternativo – Daphne ne aveva requisito uno dall’infermeria, imitata da alcune sue amiche, in compagnia di una merendina marinara –; dormire in corridoio – Tiger e Goyle, perché non trovavano giusto allontanarsi troppo dal loro Principe (e dalle scorte non troppo segrete di Bolle Bollenti) –; lanciare epiteti, maledizioni e caricare imbufaliti il povero Harper (che non centrava nulla, reo unicamente di non essere in grado di spezzare la fattura del fantomatico studente) per poi andarsene con un diavolo per capello e requisire la Stanza delle Necessità – Pansy – oppure semplicemente scomparire dalla circolazione nel letto di qualcun altro – Theo, tanto per fare un altro esempio.
    Fantomatico studente che era rimasto chiuso dentro a sorbirsi le lagne del principino.
    Persona che – incurante dello occhiate al vetriolo della Grifondoro – continuava imperterrita a sistemarsi un riccio ribelle (accidenti a lui a quando aveva lasciato lo specchio in Sala Comune – in balia della furia del biondo, che lo aveva lanciato contro una parete) dietro l’orecchio, l’espressione beata di chi sa di non avere altro problema se non quello di scegliere tra un tortino al limone o un krapfen alla mandorla vanigliata dal buffet
    All’ennesimo sbuffo, da parte di Hermione, ed ennesimo sorriso compiaciuto da parte del moro Serpeverde – che non la stava affatto guardando, ma sapeva esattamente di avere i suoi occhi piantati addosso – un movimento inconsulto iniziò a prendere il largo dal capo visivo della ragazza, mentre gli studenti, compagni di casa, si allontanavano sempre meno impercettibilmente.
    I Grifondoro, molto meno stupidi di quanto le loro controparti verdeargento potessero pensare, avevano già da tempo imparato a catalogare i vari soffi spazientiti della loro Caposqualo-aehm, Caposcuola. C’era il soffio breve e stanco di quando si rendeva conto di aver sorpassato di parecchio l’orario per andare a letto, troppo presa dalla lettura di un libro o da una ricerca. C’era quello per i ritardi degli studenti, per i loro errori ripetuti sullo stesso incantesimo e per i compiti dimenticati.
    Poi c’era quello sconsolato di quando perdeva il posto in biblioteca, qualcuno le soffiava un particolare volume da sotto il naso e i compagni di casa si dimostravano estremamente stupidi riguardo al Quidditch.
    C’era il flebile respiro dell’attesa e quello ansioso degli esami.
    E poi quello.
    Dedicato ad Harry al sesto anno – in occasione dell’utilizzo del libro del Principe Mezzosangue – e per ogni volta in cui lui e il suo degno compare finivano in punizione – il più delle volte immersi fino al gomito in disgustosi agglomerati di intestini di animali magici, destinati alle pozioni.
    Ognuno dei quali richiedeva l’allontanamento immediato da parte di chiunque nei primi casi e una fuga precipitosa nell’ultimo.
    Perciò, non furono in pochi ad allontanarsi dal tavolino accanto cui era ancorata la ragazza, un piattino colmo di prelibatezze incapaci di addolcire il suo umore nero.
    Ron aveva saggiamente deciso di darsi alla macchia molto prima. Lo si poteva vedere ai margini opposti dell’improvvisata pista da ballo, un bicchiere di sangria in mano e lo sguardo perso tra le dame – come alla ricerca di qualcuno.
    Hermione lo fulminò con lo sguardo per la sua codardia – e lungimiranza, che le stavano impedendo di sfogarsi come Morgana comandava – e strinse con maggiore forza la presa sul bicchiere.
    «Dovrebbe darsi un contegno, signorina Granger, oppure nessuno la inviterà a ballare questa sera» una voce calma e colorata solo da una punta di acido naturale si fece largo nel ronzio che erano diventate le orecchie della ragazza, portandola a smettere di cercare di frantumare il bicchiere e far evanescere Ron e Zabini a turno.
    Se era rimasta sorpresa di trovarsi Severus Piton, arrivatole di soppiatto alle spalle, durante la celebrazione del Natale, in una stanza piena di studenti testimoni, Hermione non lo diede a vedere.
    «Non accetterei comunque» disse invece, continuando a fissare torvamente l'altra parte della sala «il livello dei ballerini di questo posto è penoso, non ne varrebbe la pena. In più a questo tavolo servono le migliori prelibatezze della Sala».
    Tavolo, peraltro, rimasto vuoto e sguarnito dalla maggior parte degli studenti – con una sola ovvia eccezione.
    «Vorrà dire che ci faremo buona compagnia quindi» glissò il Professore, affiancandola, accompagnato unicamente da un calice pieno di quella che sembrava acqua «siamo d’accordo su qualcosa, me ne stupisco».
    «Anche lei ha una predilezione per le focaccine dolci?»
    Il ghigno tirato di Piton si distese fino a diventare quasi un sorriso.
    «Anche io non desidero concludere la serata con i piedi doloranti a causa dei tacchi insulsi delle ballerine imbranate che hanno il coraggio di chiamare il loro muoversi ballare».
    «È solito danzare con le studentesse?» s’informò Hermione un pizzico più rilassata, osservando le coppie volteggiare più o meno – meno, molto meno – aggraziatamente per la pista.
    Con la coda dell’occhio vide il Professor Silente e la Professoressa McGranitt farsi strada nella ressa per tornare a sedersi e abbandonare la nuova canzone suonata, vivace e allegra, in favore alle più nuove generazioni.
    «Forse le sfugge che non ci sono studentesse disposte a concedermi un ballo» stava dicendo intanto Piton «Minerva è la migliore ballerina con cui abbia mai rischiato di fare un giro di valzer, ma negli ultimi trent'anni  è diventata esclusiva del Preside».
    Per un qualche motivo la ragazza preferì non indagare oltre.
    «Posso chiederle dove è stato?» chiese invece, lasciando cadere la domanda con fare casuale, rigirandosi il bicchiere ancora mezzo pieno tra le dita, indecisa se lasciarlo sul tavolo o berne il contenuto.
    «No, non può» sul volto dell’insegnante si disegnò una seconda ombra di espressione non ostile. Nell’occhiata che si arrischiò di lanciargli, Hermione ebbe la netta sensazione che la stesse prendendo in giro.
    «Capisco» si limitò a dire.
    «Non può» rincarò la dose il professore, con ben più di una punta di esasperazione nella voce pacata «perché non verrò certo a raccontarle di come il Preside mi abbia biecamente allontanato dalla scuola con la patetica scusa di un Mangiamorte redivivo e di una possibile ritorsione contro Hogwarts solo per lasciarvela cavare da soli e vedere come le cose si sarebbero evolute».
    Le dita della ragazza si strinsero impercettibilmente sullo stelo del calice.
    «Facendomi perdere tempo e pazienza» concluse il professore, guardandola di sbieco, gli occhi neri contenenti un più che chiaro messaggio.
    Hermione socchiuse gli occhi, scuotendo lievemente il capo, rassegnata.
    Silente sapeva. Aveva sempre saputo.
    Ovviamente.
    Rimasero in silenzio a guardare studenti e insegnanti che si univano alla mischia quando, cambiata la musica e tornata la melodia lenta di un valzer a fare da padrona, il professor Vitious fece volteggiare una delle sue studentesse tra le coppie, guadagnandosi una cascata di fischi di apprezzamento per lo stile impeccabile.
    Piton li osservò più a lungo di quanto avesse voluto prima di voltarsi verso Hermione e notare il suo sguardo fisso sulle coppie e il piedino, calzato da comode scarpe dal tacco basso, che batteva lievemente a ritmo di musica.
    In fondo, pensò, che male poteva fare un giro di valzer?
    «Vuole ballare, signorina Granger?» le domandò garbatamente, chinandosi leggermente in avanti in quello che poteva essere l’imitazione beffarda di un inchino, gli occhi fissi in quelli della giovane.
    Se Hermione fosse rimasta stupita dalla richiesta dell'uomo, non lo diede a vedere.
    «No, non voglio» sorrise lei posando il bicchiere e posando la propria mano su quella tesa del Professore, avvicinandosi per mettersi in posizione.
    E, con una mano sulla spalla dell’insegnante e l’altra intrecciata alle dita lunghe del pozionista, Hermione si trovò a constatare che Piton l’aveva presa in giro ancora una volta.
    Lui non era capace di ballare.
    Lui era un eccellente ballerino.
    «Si vede che è Natale!» il commento di Dean, munito di cioccolatini ripieni di salsa al ribes attirò l’attenzione dell’immancabile compagno di scorribande, Seamus, e di un Neville seduto poco distante, apparentemente impegnato a fissare il vuoto, le guance più rosse del solito.
    E un bicchiere vuoto in mano.
    «Cosa?» domandò meccanicamente, posandolo con attenzione.
    «Perché?» aggiunse ingenuamente Seamus, scrutando tutt'intorno alla ricerca di chissà quale segno.
    «Perché sono tutti più buoni» rispose il primo, senza aggiungere alcunché alle conoscenze base della festa. E probabilmente se ne accorse, perché le occhiate impassibili dei due lo convinsero a proseguire.
    «Ma non avete visto?» cercò di spiegarsi, indicando la pista da ballo «Vitious e Leanne, Silente con la McGranitt. Piton con Hermione!» pausa necessaria all'assorbimento di tale informazione scioccante «Persino Harry e Malfoy… ormai più nulla può essere in grado di sconvolgermi!»
    «Nulla?» Finnegan si fermò un attimo a scrutare con attenzione l'amico «Nulla, sul serio?»
    «Seam?» sembrava allarmato dal tono calmo con cui gli aveva posto la domanda. Dagli occhi seri e l'espressione decisa «Tutto bene?»
    «Bene» annuì il biondo, voltandosi in direzione della pista da ballo «benissimo, grazie».
    «Seamus?» lo chiamò interrogativo Dean, vedendolo allontanarsi «Dove stai andando?»
    Ignorando quale fosse stata la risposta, perché ancora troppo impegnato a scrutare un certo gruppetto Serpeverde, Neville sospirò per l'ennesima volta.
    La mente rivolta a quanto successo la mattina precedente.
 
    Quando Blaise aveva chiuso la porta di quella stanza in disuso, Neville si era chiesto se fosse stato saggio, seguire quella Serpe in particolare. Poi, dopo pochi minuti passati lì dentro, si era chiesto se effettivamente fosse il caso di sottrarsi al suo abbraccio – nato mentre faceva finta di ascoltare il resoconto di quanto successo in presidenza.
    Alla fine, dopo un buono quarto d'ora, risolse dicendosi – con quel poco che riuscì a racimolare della sua lucidità – che forse la cosa migliore che avesse deciso di fare fosse stato accettare il bacio di Blaise e rispondere a propria volta.
 
    Blaise rispose allo sguardo fisso del Grifondoro con un lieve sorriso, appena accennato, del tutto dimentico del famoso ricciolo ribelle e della gente lì attorno.
    Ignorò tranquillamente Tiger e sorrise apertamente alzandosi per raggiungere un certo ragazzo, realizzando che forse quella era la situazione migliore potesse capitargli: Natale, un ballo e un principio di innamoramento.
 
    Un imprecisato lasso di tempo dopo, il giovane Zabini si ritrovò – ancora con tutti i vestiti addosso, fatto più unico che raro, prova forse di quanto stava effettivamente accadendo con Neville e che non era successo con altri – a guardarlo andare il Sala Grande, sorridendo come un ebete.
    Poi, mentre ancora se ne stava fermo al centro della stanza, Neville si voltò un'ultima volta verso di lui, sorridendogli timidamente. Un sorriso appena accennato, nascosto da un forte rossore non più così innocente e dall'ombra di due profonde fossette.
    Merlino, se le adorava.
    Blaise non ce la fece più e lo afferrò repentinamente per un braccio, tornando a chiudere la porta alle loro spalle.
 
    «Neville» Ginny era ferma alle loro spalle e non si accorsero di lei fino a quando non palesò la propria presenza afferrando l’amico per una spalla e costringendolo a voltarsi «quello che hai sul collo è il segno di un morso?»

°°°

 
    «Vuoi assaggiare?» bofonchiò Goyle porgendogli una fetta di torta al cioccolato e sputacchiando i pochi rimasugli della propria, investendo in pieno Astoria – che aveva avuto la sfortuna di sedersi davanti a lui e al suo ingordo compare.
    Astoria che, dopo essersi guardata la manica rovinata – con un’espressione di palese disgusto sul viso sottile – fece scivolare la bacchetta dal mantello e, dando prova di grande maestria e notevole buonsenso, schiantò l’energumeno fino alla tavolata dei Tassorosso – provocando un’ondata di panico tra le povere e innocenti creature.
    Qualcuno applaudì tra le grida di terrore.
    «Non penso ne mangerò mai più in vita mia» declinò Blaise il modo disgustato, come se tutta quella confusione non esistesse «se quella è la fine che fanno nella sua bocca».
    «Concordo» assentì Draco, spalmando con tutta calma il cioccolato fuso sulla sua fetta di pancake «assolutamente disgustoso».
    «Ma fanno sempre così?»
    Giusto, si erano dimenticati di un dettaglio non trascurabile – Pansy e Blaise si fissarono per un momento prima di voltarsi verso il proprietario della voce.
    Pochi giorni da quando tutto il pasticcio della pozione Reverse e ovvie conseguenze – compresa la sessione di chiarimento – e quei due si comportavano come se non avessero mai fatto altro nella vita se non stare assieme.
    Cosa, effettivamente, vera, da un certo punto di vista.
    Ora era frequente vederli insieme – la maggior parte delle volte impegnati in discussioni senza capo né coda o, più raramente, soli in silenzio a studiare. Ed erano due notti che Harry non rientrava nel dormitorio Grifondoro per stare nella più spaziosa camera del loro Caposcuola. Nella fattispecie, in quel preciso momento, in giovane Golden Boy era seduto alla tavola da loro requisita, la testa posata placidamente alla spalla del suo ragazzo – come suonava bene – e la mano sempre pronta a rubare uno o due pasticcini dal piatto gelosamente custodito dal sopracitato ragazzo.
    «Sì, Potter, fanno sempre così» confermo Draco, con appena una punta di acido «è il loro modo per esprimere l’irrefrenabile passione che li accomuna».
    «Una travolgente storia d’amore travagliata e contrastata dai genitori di lui?» s’informò educatamente Harry, per nulla toccato dal tono del compagno, con pari sarcasmo.
    Pansy sbuffò divertita.
    Quei due erano così tragicamente simili da farsi chiedere come avessero fatto a non accorgersene prima!
    «Magari potrei chiedere a Weasley di farmi ballare» esordì alla fine, distratta, lanciando quelle che le era sembrata un’occhiata puramente annoiata in direzione del sopracitato ragazzo, che stava effettivamente adocchiando nella loro direzione «sembra non sia in grado di trovare una dama adeguata».
    Le sopracciglia di Blaise si alzarono di colpo, interessate.
    «Considerata la figuraccia al Ballo del Ceppo la cosa non mi stupisce» arricciò il naso sdegnato il principino «non so se l’avete notato, ma ha passato la metà del tempo del Ballo del Ceppo a guardare male chiunque e l’altra metà a far finta di essere un umano con addosso quella sottospecie di-»
    «Malfoy!» Harry raddrizzò la schiena, interrompendo il contatto con il biondo, girandosi a guardarlo seccato «Smettila di insultare i miei amici!»
    «Amici tuoi per l’appunto» confermò l’altro serafico «sbaglio o abbiamo già fatto questo discorso?»
    «Per l’appunto» affermò Harry, imitando il tono saccente dell'altro «e se non ricordo male avevi detto che ci avresti convissuto».
    «Beh, se la tua memoria fa tanto schifo sono certo di non esserne responsabile in alcun modo!»
    «Malfoy!»
    «Potter!»
    «Ma guardatevi» s’intromise Pansy con un sorriso da mamma chioccia degno dell’Oscar «sembrate proprio una coppietta di vecchietti in pensione».
    Draco la fulminò nell’immediato, regalando una gomitata ad un certo grifone ridacchiante.
    «Quindi perché vuoi andare a ballare con lui?» chiese – sorvolando con garbo tipico della nobiltà quale apparteneva – insistendo.
    «Magari è migliorato» alzo le spalle la mora, rimanendo volutamente vaga.
    «In effetti ha preso qualche lezione per il matrimonio di suo fratello» confermò Harry, un sorriso nascosto sotto i baffi (che non aveva).
    «E tu lo sai perché?» indagò immediatamente Malfoy.
    «Perché gli ho insegnato io» ammise innocentemente Harry alzando le spalle.
    «Tu non sai ballare» lo smentì duramente l’altro «e poi cosa significa che gli hai insegnato tu? Hai fatto la parte della donna con la… donnola?»
    «Non chiamare Ron in quel modo» lo rimbeccò stringendo i pugni.
    «Non è certo colpa mia se Weasley è un weasel» insistette Malfoy incrociando le braccia «ma non è certo questa la parte importante! Cosa diavolo vuol dire che gli hai insegnato tu?»
    «Io so ballare! Sei tu che-»
    «Hai fatto ballare la donnola? L’hai abbracciato?» la voce del principe aveva raggiunto preoccupanti toni acuti mentre con una mano era corso a spazzolarsi invisibili granelli di polvere plebea dalla camicia «Potresti avermi infettato!»
    «Piantala di fare il cretino!»
    «Hai abbracciato weasel! Mi pare un giustificazione più che buona!»
    «Malfoy!» alzò gli occhi al cielo Harry, al limite della sopportazione.
    «E quella specie di… quel Weasley» sputò fuori il nome del Grifondoro come avrebbe fatto con quello di una piattola particolarmente ripugnante trovata a nascondersi tra le sue cravatte «ti ha abbracciato?»
    «Che domande! Non sai come si balla?»
    «Certo che lo so» ringhiò Draco arrabbiato, immaginando il traditore del suo sangue mettere quelle sue sudice mani sul suo Harry «è proprio per questo che deve pagare».
    «Per Merlino, sei geloso!» rise di gusto il suo Harry, centrando finalmente il punto della situazione.
    «Non dire idiozie Potter! Il tuo cervello ha subito troppi colpi, vai a fartelo revisionare!»
    «Malfoy!»
    «Da quando sei così generosa?» Blaise preferì sorvolare sui due – inascoltabili ora più di prima – riportando l’attenzione al filo principale della discussione.
    Pansy, se non altro, ebbe il buon gusto di arrossire almeno un filo, in zona orecchie. Premurosamente coperte dai capelli scuri, s’intende.
    «Beh» tentennò, cercando di non mostrare un minino di disagio «perché non ne posso più di stare qui a fare tappezzeria. Non lo faccio per lui, lo faccio per me ovviamente!»
    Altro sopracciglio sollevato di Zabini.
    «E poi non posso certo chiederlo a Finnegan» aggiunse lievemente imbronciata, indicando quella che era stata la recente passione del mese «non più».
    Seamus, ignaro come sempre delle occhiate lanciate nella sua direzione dalla mora, si trovava in una certa difficoltà – notarono. Aveva, evidentemente, lasciato la sua posizione contro il muro dall'altra parte della Sala e si era piazzato davanti a un certo studente, chiedendo con voce decisa - rosso come un pomodoro - un ballo.
    Draco cercò di ignorare i lampi di pura felicità che poteva intravedere da dietro l’aplomb di Theo – tipico dei Nott – alla richiesta del Grifondoro. In fondo era risaputo a tutti che il moro Serpeverde avesse intrapreso una relazione, curandosi di nasconderne l'identità.
    In fondo, nonostante le precauzioni, tutta la Casa Serpeverde sapeva che il fantomatico amante doveva per forza essere un Grifondoro - altrimenti perché tenerlo nascosto? - esattamente come sapevano che quei due non vedevano l'ora di uscire finalmente allo scoperto.
    E quale occasione migliore del coming out di Potter e Malfoy?
    Il biondo intercettò lo sguardo neutro dell'amica.
    Pansy alzo le spalle.
    «Avrei dovuto capirlo, credo» ammise.
    Blaise ammiccò. Certo, come no…
    «Io sospettavo di Dean Thomas» ci tenne a far sapere Daphne, spuntata da chissà dove «in fondo gli lanciava di quelle occhiate…»
    «Probabilmente perché temeva potesse portargli via il suo Grifondoro» si limitò a commentare Zabini, guardando i due allontanarsi dal gruppo e posizionarsi per la danza. Tiger, attirato dalla voce vicina del compagno, alzò la testa dal piattino ricolmo di dolci e pasticci per cercare la figura del ragazzo.
    «Blaise, vuoi-» tentò di allungargli una fetta di millefoglie, perché se il moro aveva tanto tempo per parlare, allora avrebbe dovuto impiegarlo meglio. Mangiando, magari.
    Il moro alzò una mano, prevenendo qualsiasi spettacolo di dubbio gusto.
    «Ho assaggiato da poco una pietanza deliziosa» ammiccò, passandosi allusivamente la lingua sulle labbra piene «non penso la coprirò con altro cibo per il momento».
    «La zuppa inglese?» domandò ingenuamente, sputacchiando tutto intorno.
    Il sorriso di Zabini rimase impietrito mentre una briciola di indistinguibile miscuglio di dolci rischiava di macchiargli l'abito. Fortunatamente cadde poco distante, sfiorando le scarpe firmate - italiane.
    Per un momento tutti si chiesero che fine avessero fatto Astoria e le sue pesanti fatture.
    «Credo che andrò da Weasley» Pansy arricciò il naso disgustata «o qui rischio di dare di stomaco».
    Dopo una manciata interminabile di secondi, Blaise la imitò, posando con grazia il tovagliolo sul tavolo.
    «E tu dove stai andando?» s’informò Draco, sospettoso, vedendolo dirigersi non verso l'uscita - come aveva immaginato inizialmente - ma preparandosi a fendere la folla di ballerini.
    «A prenderne ancora» fu la risposta – piena di sottointesi – che ricevette prima di vederlo sparire nella massa danzante, diretto chissà dove.
    «Non hai impressione che Blaise ci stia nascondendo qualcosa?» Pansy, che non si era ancora allontanata a sufficienza per evitare di ascoltare la risposta sibillina dell'amico, tornò indietro e si piazzò discreta accanto ad Harry «Questo suo fare il vago e quella strana ossessione che sembra avere per quel rammollito di Paciock…»
    Draco la fissò sconcertato, gli occhi spalancati, mentre il moro Grifondoro sembrava scosso da un lieve tremito, che il compagno interpretò come disgusto e assoluta incredulità.
    «Ma cosa dici?» liquidò la questione il biondo «Figurati».
    Harry non resistette più e scoppiò a ridere, gli occhi socchiusi e il timbro alto di una risata genuina e i denti scoperti. Malfoy lo squadrò per un momento, registrando a livello conscio le guance rosate, le sottili righe di espressione attorno agli occhi, uno sbaffo di zucchero a velo sul labbro superiore e il capo gettato indietro, lasciando scoperto il collo, con il pomo d’Adamo che vibrava voluttuoso (almeno secondo il modesto parere del Serpeverde) al ritmo delle risa.
    Draco non perse tempo a chiedergli perché stesse ridendo. Si limitò ad affondargli una mano tra i riccioli arruffati della nuca e a tappargli la bocca con un bacio.
 
 
È finita.
Oddio, non riesco a crederci…
Attimo di silenzio e cordoglio.
Ho adorato questi personaggi, sul serio – sì, lo so che lo dico tutte le volte, ma è vero!
 
In ogni caso sono più che certa che non ce l'avrei fatta a finirla senza di voi (che mi venivate a cercare per dirmi di darmi una mossa… vero animelover?). Ringrazio inoltre il fatto che questa fic mi abbia permesso di incontrare la mia beta! (notare la possessione).
 
Un grande bacio a 3ragon che si è accollata l'incarico di aiutarmi con I'm not a Murderer – e successivi, se riuscirò a non farla scappare a gambe levate!
 
Baci e ringraziamenti a tutti i lettori, quelli che l'hanno messa tra i preferiti, da ricordare e da seguire/recensire. Tutti insomma. Nessuno escluso!!!
E un grazie spaziale a mamma Rowling che ha creato questi adorabili personaggi, giornalmente vittima delle nostre torture XD
 
Spero di vedervi presto, anzi… prestissimo!!!!
 
Un bacio
 
AliasNLH
 

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