Dead Letters

di Butler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** To Fall And To Sink ***
Capitolo 2: *** Let It Snow ***
Capitolo 3: *** Let It Snow [2] ***
Capitolo 4: *** Alegria ***



Capitolo 1
*** To Fall And To Sink ***


Note dell’autrice: buonsalve. Sono secoli e secoli che non pubblico °-° ma la mia ispirazione, che durante i periodi in cui potrei scrivere si da alla macchia e latita, è tornata proprio ora che dovrei dare gli esami all’università e io non ho abbastanza spina dorsale per resistergli.
Un paio di precisazioni su questa raccolta e poi su questo capitolo: qui troverete tutte quelle scene/storie/missing moments che io volevo assolutamente scrivere e non ho mai trovato il tempo/voglia/ispirazione per riuscire a farlo davvero.
Non avranno trame incredibili ed è probabile che non siano nemmeno troppo articolate. Questo perché nascevano come idee per lavori mooolto più lunghi, che probabilmente non realizzerò mai.
Si accettano critiche/consigli e richieste (non assicuro nulla °-°) ma avverto già che non troverete romanticismo in questa raccolta. Faccio schifo in questo genere di cose XD
Questo capitolo in particolare, non è né lungo né originale, ma, a grandi linee, gli elementi sono una folla inferocita di innocenti cittadini e Zoro che rimane indietro per permettere agli altri di scappare, tentando di non uccidere nessuno, cortesia che non gli è assolutamente resa. Direi che il rating potrebbe essere un giallino chiaro chiaro °-°
Fatemi sapere cosa ne pensate =D

Disclaimer:One Piece, e tutti i suoi personaggi, appartengono a Oda e, purtroppo?, non a me nella maniera più assoluta. Io mi limito a bistrattarli un po' XD


Non era stata proprio una buona idea, ma non aveva avuto molta alternativa.
L’aria gli fischiava nelle orecchie, mentre cadeva a testa in giù dalla scogliera.
Il sangue sgorgava dalle ferite e la testa gli girava; sperava solo che ad attenderlo non ci fossero degli scogli.
Difficile che la sua giornata potesse peggiorare ancora, ma sapeva per esperienza che la sua fortuna era una gran baldracca, e nemmeno di quelle troppo costose. La nausea gli fece contrarre lo stomaco.
Il violento impatto non fece molto per migliorare la situazione e, per un attimo, mentre il silenzio dell’oceano premeva sulle sue orecchie e il peso delle spade lo trascinava verso il fondo, si ritrovò totalmente disorientato.
Poi l’acqua gelida e il bruciore del sale a contatto con le ferite gli resero quel po’ di lucidità necessaria a permettergli di riconoscere il sopra dal sotto e a nuotare verso la superficie.
Poco lontano, gli altri lo stavano aspettando, pronti a dirigersi verso la Thousand Sunny.
Nami teneva a galla Robin, mentre Usopp e Sanji si stavano occupando rispettivamente di Rufy e Brook; Chopper, saldamente ancorato alla testa di Franky (Zoro, che conosceva benissimo la sensazione, provò un po’ di compassione per il cyborg), faceva di tutto per tenersi lontano dall’acqua del mare.
Lo spadaccino nuotò verso di loro, fermandosi a riprendere fiato una volta che li ebbe raggiunti. Il piccolo dottore annusò l’aria per qualche secondo per poi guardarlo con aria preoccupata, ma lui non ci fece neppure caso: il bruciore era diventato lancinante e la testa aveva ricominciato a girargli, mentre le spade e i vestiti fradici minacciavano di trascinarlo a fondo ancora una volta.
L’attenzione di Chopper fu distolta da una pioggia di proiettili che li raggiunsero fischiando, mancandoli di qualche metro, cosa che diede a tutti il segnale per riprendere a nuotare verso la nave.
C’erano quasi, bastava resistere qualche altra bracciata, a quel punto il loro dottore gli avrebbe dato il colpo di grazia, per poi rimetterlo a nuovo.
Le macchie nere che avevano cominciato a comparire ai lati della sua visuale minacciavano di far fallire miseramente il suo piano.
Usopp, che stava nuotando più avanti con un Rufy semicosciente appeso al collo, si fermò improvvisamente, tendendo le orecchie.
- Cosa? – chiese.
- Ho detto – disse il capitano, facendo uno sforzo immane per farsi sentire da tutti nonostante la debolezza causata dall’acqua del mare – che qualcuno lo prenda.
Nella confusione generale, Franky fece appena in tempo ad afferrare lo spadaccino, prima che scomparisse completamente sotto la superficie dell’oceano.
Tenendolo per un braccio, cercò di piazzarselo il più delicatamente possibile su una spalla, operazione che non era certo resa facile da Chopper, che nel frattempo stava chiamando istericamente un dottore.
- Chopper… - la voce di Zoro, per quanto flebile, riuscì a raggiungere le orecchie della piccola renna – sei tu il nostro dannatissimo dottore…
- Oh. Giusto.
Sarebbe andato tutto bene, alla fine. Forse… Con un po’ di fortuna. Chissà qual’era la sua tariffa, quel giorno.




TO BE CONTINUED
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*corre a nascondersi dietro ai suoi 5 gatti e scoppia dal caldo*

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Capitolo 2
*** Let It Snow ***


Note dell’autrice: prima di essere lapidata, una piccola precisazione… Robin avrà gli occhi castani… Oda la disegna così, se non mi credete, guardate la copertina del volume 24 °3°
Fine della precisazione *schiva una pietra*.
E poi una piccola nota. I fumetti, questo in particolare, ci insegnano che: non importa affatto quanto tu sia sfigato, con tanto impegno, buona volontà e un po’ di aiuto, puoi diventare qualsiasi cosa tu voglia.
Oggi stavo andando a dare un esame universitario e sono passata davanti al Galeone, quello al porto di Genova.
È un po’ il mio portafortuna. Ma c’è anche da dire che mi ricorda, ogni secondo, che non importa quanto io mi impegni. Non importa quanto sia buona la mia volontà. Nonostante tutto… la realtà spesso è così limitata da risultare frustrante.
Ma, se non altro, la realtà non è tutto. O no?
Scusate per questo sbrodolamento triste XD.
Godetevi il capitolo!



Correva nel bosco innevato, cercando di non pensare a cosa avrebbe fatto nel momento in cui l’ avesse trovata.
Non pensava di essere (e non voleva assolutamente essere) una persona facile da scandalizzare, ma, nel momento in cui Robin, che in quell’istante gli arrivava poco sopra il ginocchio, aveva posato lo sguardo sulle sue spade e poi su di lui… nel momento in cui gli occhi della bambina si erano spalancati e si erano riempiti di terrore, nel suo stomaco era comparso qualcosa di gelido e pieno di spine.
Poi lei si era messa a correre verso gli alberi, con addosso un vestito decisamente troppo grande e dei calzini dannatamente troppo lunghi. Il cappotto, pesante ed enorme, giaceva abbandonato in mezzo alla neve.
Per qualche secondo, nessuno aveva battuto ciglio. Nessuno riusciva a capire cosa fosse successo.
Aveva incontrato lo sguardo di Rufy, aveva strappato di mano ad Usopp uno dei razzi di segnalazione che il cecchino aveva comprato per la Thousand Sunny, ed era partito all’inseguimento.
Non importava cosa fosse successo o come, Rufy avrebbe risolto tutto, lui doveva trovare Robin. Ad ognuno il suo lavoro.
Qualche minuto dopo il suo ingresso nel bosco, aveva cominciato a nevicare come se non ci fosse stato uno stramaledetto domani.
E lui si era perso, ma, questa volta, si poteva dare la colpa alla neve.



-------------------------------------------------------------]Let It Snow[---------------------------------------------------------



Usopp stava guardando con aria confusa la mano in cui fino a qualche secondo prima si trovava il razzo di segnalazione.
Fu scosso dalle urla di Nami che si era scagliata addosso alla vecchia strega, gettandola a terra.
Era piuttosto ovvio che, qualsiasi cosa fosse successa, fosse colpa di quella vecchina dall’aria totalmente innocente. Prima che tutto quel casino scoppiasse, aveva detto qualcosa su Ohara.
- Riportala normale.
- Non ci penso nemmeno… - la vecchietta non sembrava per niente scossa dalla reazione della rossa. Si limitava a non opporre resistenza, standosene sdraiata nella neve.
Nami era senza parole: lo sguardo terrorizzato della piccola Robin ancora bene impresso nella mente. Sembrava quasi che la bambina volesse sedersi e piangere, che volesse lasciarsi catturare, ma che quello fosse un lusso che non poteva permettersi.
Lei aveva un’idea piuttosto precisa di quale fosse la sensazione.
Si alzò e si allontanò, tremando violentemente.
Guardando il bosco, trasse un profondo respiro, tentando inutilmente di calmarsi, mentre Sanji la guardava preoccupato; stringeva la sigaretta tra i denti così forte che il filtro si spezzò, e quella cadde a terra.
Mentre i primi fiocchi di neve cominciavano a cadere, la rossa prese nota, nel caso Zoro avesse combinato qualche disastro, di venderlo al miglior offerente, fino all’ultimo globulo rosso.
Rufy, nel frattempo si era avvicinato alla vecchia, silenzioso come una tomba e serio come una condanna a morte.
- Robin è salva. Non morirà in quel bosco. Quindi – mise una mano sulla spalla della strega, impedendole di rialzarsi – ora mi dirai come guarirla. O io raderò al suolo l’intero villaggio.
Per dare un appoggio concreto alla sua minaccia, fece partire un pugno verso la costruzione di fianco a lui, aprendo nel muro un buco delle dimensioni di una persona.
La vecchia chiuse gli occhi per la sorpresa.
- Al mio tre. – disse il ragazzo, senza nemmeno alzare la voce – Uno…
- Mio marito è morto ad Ohara!
- DUE.
La vecchia cercò di divincolarsi, inutilmente.
- Tr…-
- VA BENE! Va bene, ve lo dirò. Vi dirò tutto…
Il volto di Rufy si rilassò e un sorriso abnorme si stampò sulla sua faccia. Sedendosi a gambe incrociate sulla neve, disse:
- Bene! Comincia pure!



--------------------------------------------------------------]Let It Snow[----------------------------------------------------------



Zoro avanzava lentamente, senza riuscire a vedere a un palmo dal naso.
Tendeva le orecchie, alla ricerca di un qualsiasi rumore che potesse rivelargli la presenza di Robin.
Sapeva di non essersi allontanato troppo da lei. Anche se non aveva la più pallida idea di come facesse a saperlo.
Ad un certo punto, un fruscìo accanto ai suoi piedi lo prese di sorpresa.
Ed eccola lì, Robin, accasciata ai piedi dell’albero di fianco a lui, che lo guardava con i suoi occhi color nocciola pieni di terrore.
Zoro fece un balzo all’indietro con le mani alzate e in bella vista.
Poi, bene attento a non fare movimenti bruschi, le avvicinò alle spade.
Robin, con le labbra blu dal freddo, si spinse con la schiena contro il tronco, quasi questo potesse offrirle un qualche tipo di protezione.
Ma lo strano tizio armato non la attaccò. Si limitò a sfilare le spade dalla cintura del cappotto e ad appoggiarle con cura a terra.
Poi la guardò negli occhi, cominciando a sbottonarsi la giacca.
Una volta che ebbe finito, si avvicinò lentamente e gliela appoggiò davanti, per poi allontanarsi di nuovo senza fare movimenti improvvisi, sedendosi infine a qualche metro di distanza, sotto la neve, con l’espressione di uno che sta maneggiando una bomba pronta ad esplodere senza aver mai nemmeno preso in mano un fiammifero spento.
La bambina guardò il cappotto, poi lui, poi di nuovo il cappotto. Non era sicuro. Avrebbe impacciato i suoi movimenti, nel caso il ragazzo la avesse attaccata. Poteva essere una trappola.
Però, se davvero avesse voluto farle del male, che senso avrebbe avuto tutta quella scena?
E a cosa sarebbe servito scappare? Aveva i piedi fradici e insensibili: non sarebbe mai riuscita a sopravvivere in quel bosco.
Avrebbe approfittato del cappotto e poi, alla prima occasione, se la sarebbe data a gambe.
Prese il cappotto e ci si avvolse. Il calore le fece quasi salire le lacrime agli occhi.
Dopo qualche secondo, decise di rompere il silenzio:
- Sei in maniche corte – fece notare allo spadaccino, che annuì convinto. – Non hai freddo? Il ragazzo scosse la testa.
Robin era interdetta: quel tizio era armato fino ai denti (in modo piuttosto letterale, tra l’altro), ma sembrava aver paura di lei.
Improvvisamente, lo spadaccino starnutì, facendola sobbalzare, per poi assumere l’espressione di uno che avesse appena dato un calcio alla suddetta bomba, e Robin capì che ciò di cui il ragazzo aveva paura era di spaventarla. La cosa, nonostante tutto, la fece ridacchiare.
Stando attenta a non aprire il bozzolo della giacca, si tolse i calzini fradici; le mani le si stavano riscaldando in fretta e le bruciavano.
Zoro ebbe un brivido, che a metà strada si trasformò in uno sbuffo di sollievo, per poi svoltare verso un sospiro. Forse la bomba era stata disinnescata; ma rimaneva il fatto che la sua capacità di interazione con i bambini non fosse mai stata tanto buona nemmeno ai tempi in cui era stato uno di loro, ed era abbastanza sicuro di non essere migliorato crescendo… inoltre, Robin non era esattamento ciò che si potesse definire una bambina normale.
Lo fissava, tra il divertito e il preoccupato, analizzandolo.
Bene, ora non restava altro che raccontarle che, in realtà, lei aveva ventotto anni ed era l’archeologa della loro ciurma di pirati.
E che il capitano era fatto di gomma…
Il dottore una renna parlante…
Per non dimenticare il carpentiere, che era un cyborg.
Dulcis in fundo, il loro musicista era morto, ma la cosa non sembrava preoccuparlo più di tanto, anzi.
Sarebbe stata una passeggiata. In quel momento, sotto la neve, con Robin che lo scrutava e la temperatura sotto lo zero, faceva fatica a crederci persino lui.



TO BE CONTINUED
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E finisce così. No. In realtà non finisce così XD ma non so sinceramente come farla finire. E non è vero nemmeno questo, un’idea ce la avrei… anche due, Ma ho deciso di far decidere a voi. Può andare tutto liscio: Zoro accende il razzo, Robin decide di credergli e torna a casa sana e salvai, Sanji gli prepara una cioccolata calda, Nami ci aggiunge la panna e si trova una soluzione a tutto. Zoro si prende un raffreddore. Fine.
Oppure succede qualche casino, un po’ di azione, Zoro finisce per perdere un po’ di sangue, e la piccola Robin alla fine magari la cioccolata con panna la ottiene lo stesso. E se insistete posso anche mantenere il raffreddore XD
Che dite?
Secondo il numero di votazioni, sceglierò cosa scrivere °3°
E intanto grazie per le recensioni. E grazie a chi l’ha messa tra le seguite o tra le preferite. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto un po’ più del precedente.
Il mio grazie va soprattutto a Lady_Yuna, che, da giustiziera silenziosa, si è sorbita i miei patemi su questo capitolo e ha avuto la pazienza di leggerlo in anteprima e correggerlo ç_ç grazie tesoro.

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Capitolo 3
*** Let It Snow [2] ***


Note dell'Autrice: innanzitutto chiedo venia per il ritardo ç_ç però a mia discolpa (senza tediarvi con gli avvenimenti recenti della mia vita) posso dire che effettivamente questa raccolta, proprio per come nasce e per quello che si propone di fare, è e sarà sempre soggetta ad improvvisi abbandoni...
però viene aggiornata XD ed è già qualcosa, no?
intanto grazie a chi mi ha scritto dei messaggi per ricordarmi i miei doveri ç_ç senza la vostra motivazione non ce l'avrei mai fatta a finire e pubblicare questo capitolo, che chiude la storia iniziata in quello precedente.
non è stata betareaderata °-° il che è piuttosto insolito, visto che usualmente propino i malati parti della mia mente a chiunque abbia la pazienza di leggerli XD ma avevo troppa fretta di finire questa storia, per potermi dedicare ad altre idee che si sono affollate nel mio cervello.
quasi dimenticavo... scusate per la storia della mucca... verso la fine, il mio cervello ha sbandato un po' e io non sono riuscita a rimetterlo in carreggiata...
Disclaimer: One Piece e tutti i suoi personaggi non mi appartengono, e se scrivo fanfiction è solo perchè sono troppo pigra/priva di talento per inventarmi una storia originale come dio comandi. nessuno scopo di lucro, giurin giurello XD

 


A Robin non piaceva la neve. Le ricordava il ghiaccio che si era mangiato il suo amico Sauro.
Guardò lo spadaccino, che piano piano si stava ricoprendo di neve e, con un paio di mani sbucate dal nulla, lo ripulì.
Zoro non disse nulla, cosa che alla bambina provocò un’ondata di sollievo con una punta di delusione. Di solito la gente andava nel panico al vederla usare i poteri per la prima volta.
Anche se, a credere alle parole del ragazzo, quella non sarebbe stata affatto la prima volta.
Robin si reputava una bambina intelligente, e il racconto dello spadaccino non la convinceva nemmeno un po’. Anche se le sarebbe davvero piaciuto che fosse tutto vero; una parte di lei quasi ci sperava.
Soprattutto la parte riguardante lo scheletro musicista.
I piedi avevano smesso di bruciarle e il cappotto era bello caldo. Continuava a nevicare, ma il ragazzo non sembrava avere intenzione di chiederglielo indietro e lei aveva la netta sensazione che si sarebbe lasciato morire di freddo piuttosto che privarla del suo riparo.
La cosa la irritò e la riempì di orgoglio allo stesso tempo, senza che lei riuscisse a spiegarsi il perché.
Robin sbadigliò, sentendosi improvvisamente molto stanca, ora che la scarica di adrenalina iniziale si era esaurita. La logica le diceva che addormentarsi e abbassare la guardia fosse l’ultima delle buone idee, ma l’istinto le assicurava che non sarebbe stata più al sicuro nemmeno se ci fosse stato un esercito a proteggerla.
Le si stavano già chiudendo gli occhi quando, tra gli alberi a poca distanza da loro, qualcosa emise un ruggito sordo e minaccioso.
Zoro, con le gambe e le braccia intorpidite dal freddo, si lasciò scappare un paio di parole non adatte alle orecchie di una bambina di otto anni e, facendole segno di non muoversi, si avvicinò lentamente alle katane.

-----------------------------------------------------------[Let it Snow]----------------------------------------------------

- Ancora nulla… - disse Usopp fissando il bosco con i suoi occhiali da cecchino.
Era passata più di un’ora, in cui la vecchietta aveva ripetuto sempre la stessa frase: mio marito è morto a Ohara.
Lo disse ancora una volta.
Rufy, che non era mai stato un campione di pazienza e, nonostante non fosse preoccupato per i suoi due compagni, stava cominciando ad averne piene le tasche di starsene lì con le mani in mano, decise di mettere fine al discorso.
- Robin aveva otto anni.
La vecchia lo guardò. Come se lo vedesse per la prima volta. Non c’era più traccia della sprezzante fiducia che aveva dimostrato poco prima. Alla dimostrazione di forza di Rufy, era crollata come un castello di carte.
- Robin. – ripeté lui cupo – la nostra compagna. Aveva solo otto anni. - Per un attimo si chiese se non fosse il caso di abbattere qualche altro muro.
- Inoltre, - aggiunse Nami, con la voce roca e la gola che le bruciava – è stata la marina a distruggere Ohara. Ha presente? Uniformi pulite, ideali vuoti, incapaci di trovarsi il culo usando una bussola… Il governo ha deciso di far saltare in aria l’isola con TUTTI i presenti, civili o militari che fossero.
- Ma lei… lei è sopravvissuta! – la voce della donna era spezzata.
- Ed è una colpa terrificante, vero? – Sanji era ufficialmente sull’orlo di una crisi di nervi: un’ora prima, nel momento in cui aveva intercettato lo scambio di sguardi tra il capitano e lo (stupido) spadaccino e aveva visto gli occhi dell’idiota in questione posarsi sui razzi di segnalazione, aveva avuto la presenza di spirito di infilargli l’accendino in tasca. La cosa aveva avuto il non trascurabile effetto collaterale di lasciarlo senza nulla con cui accendersi una sigaretta. Se non altro, sperava, ne sarebbe valsa la pena.
Nami si sedette a terra, vicino alla vecchia e fissandola duramente le domandò:
- Per l’ultima volta: che cosa le hai fatto. Quella bambina ha sofferto le pene dell’inferno, non ha bisogno che tu ci aggiunga del tuo.
La vecchia sembrò illuminarsi:
- Se lo è meritato.- Tirò fuori dalla tasca della giacca un’ampolla in cui si muoveva del fumo viola – Eccoli qui. Sono gli anni che le ho rubato. Ma se davvero ha sofferto così tanto, meglio che glieli renda tutti.
Fece per gettare a terra la bottiglietta, ma si accorse di non averla più in mano.
Incredula fissò Rufy, che si stava passando l’oggetto da una mano all’altra, osservandolo con interesse.
- Quindi – disse il capitano – per lei tutta questa roba non è ancora successa…
Lanciò l’ampolla a Sanji, che per la seconda volta quel giorno dovette congratularsi con se stesso per la sua prontezza di riflessi.
- Io dico,  - concluse Rufy, ignorando lo sguardo assassino del cuoco e quello esterrefatto della vecchia – che potrà scegliere da sola se riprenderseli o meno.
Detto questo, si infilò un dito nel naso.
Nami si chiese, per l’ennesima volta nella sua vita, come Rufy facesse ad essere così sensibile e al tempo stesso così privo di tatto (e buone maniere).
Improvvisamente, da una direzione completamente diversa da quella in cui Zoro e Robin si erano inoltrati nel bosco, la luce del razzo segnalatore spuntò all’orizzonte.


--------------------------------------------------------------------[Let it Snow]----------------------------------------------------------

Zoro sfoderò una delle tre katane, che, con gesti lenti e calcolati aveva appeso al loro posto.
In quel momento, dalla boscaglia uscì la fonte del ringhio che aveva udito poco prima: un grosso orso marrone.
DUE grossi orsi marroni. Non che la cosa facesse molta differenza.
Zoro stava già per sferrare il colpo, quando sentì Robin urlare:
- Fermo!
Un braccio spuntato dalla sua spalla indicò un punto poco dietro le due bestie: cuccioli. Tre orsacchiotti li stavano fissando incuriositi, mentre un quarto era intento ad arrampicarsi su di loro.
Zoro valutò rapidamente le opzioni e, cercando di evitare qualsiasi movimento brusco, rinfoderò la katana.
Il ringhio si fece più forte. Successe tutto in una manciata di secondi.
Zoro fece scivolare una gamba all’indietro, lasciando un solco nella neve.
L’orso si acquattò, ogni muscolo pronto a scattare.
Lo spadaccino inspirò profondamente e, nello stesso istante in cui la belva balzava, si girò e si mise a correre.
Robin era terrorizzata. Il tizio stava scappando: la avrebbe lasciata a morire. Quella parte di lei che non era pietrificata dal terrore le fece gentilmente notare che il “tizio” stava correndo esattamente verso di lei.
Zoro agguantò il fagotto contenente Robin e, facendo uno sforzo immane  per non perdere l’equilibrio, ricominciò a correre tra gli alberi in una direzione, ovviamente, totalmente casuale. Poteva sentire l’orso dietro di lui, le sue zampe atterravano con tonfi pesanti nella neve fresca.
Doveva farsi venire in mente qualcosa, alla svelta.
Robin emise un urlo strozzato e lui ebbe la prontezza di riflessi di gettarsi di lato, evitando così per un soffio di essere travolto. Senza perdere un secondo, si alzò e si mise a correre.
Dopo un altro minuto, che per i suoi polmoni era sembrato un secolo, fu costretto a fermarsi, con una mezza imprecazione.
Fine della strada: davanti a lui si apriva un abisso di una ventina di metri.
Si girò verso il bosco e vide l’orso avanzare lentamente verso di loro.
Non c’era astio nel portamento dell’animale. Fissava Zoro come a dire: non è colpa tua, amico.  Quelli sono i miei cuccioli e tu sei pericoloso. Niente di personale.
Zoro azzardò un mezzo passo all’indietro, un po’ di neve e qualche sasso caddero nel burrone dietro di lui.
Non poteva essere peggio della torre dell’orologio di Arabasta, giusto?
- Sei ben coperta? – la voce dello spadaccino raggiunse Robin come se quello gli avesse parlato da centinaia di metri di distanza.
- Si?- fu l’unica cosa che le riuscì di rispondere. Sarebbero stati sbranati da un orso, ma per lo meno lei non avrebbe preso freddo… la bambina non riusciva a trovare la cosa molto consolante.
- Tieniti forte, allora.
Robin, con la sensazione che il suo stomaco stesse per ribaltarsi, sentì le braccia del ragazzo stringerla in una morsa ferrea.
- Nella tasca ci sono dei razzi di segnalazione.
E il mondo si capovolse.
Zoro si lasciò cadere all’indietro e, per un attimo, gli parve che cielo e terra si fossero invertiti; poi, con quella che gli sembrò una lentezza esasperante, la forza di gravità si accorse di loro e, prima di potersene anche solo rendere conto, l’atterraggio sulla neve fresca lo lasciò senza luce e senza respiro.
Da qualche parte, probabilmente sopra di lui, Robin lo stava insultando.
Il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi fu che una bambina di otto anni non dovrebbe conoscere parole del genere.


Robin guardò con orrore lo spadaccino perdere conoscenza.
Sentì le lacrime che gli facevano pizzicare il naso, salendo verso i suoi occhi. Stringendosi nel cappotto appoggiò un orecchio sul petto del ragazzo e tirò su con il naso: il suo cuore batteva regolarmente.
Cercò nella tasca i razzi di segnalazione e, con le dita un po’ intorpidite dal freddo, li accese con un accendino trovato nella tasca opposta.
Con un fischio assordante, un’accecante luce rossa salì verso il cielo.
Era rischioso: i compagni dello spadaccino avrebbero potuto incolpare lei dell’accaduto, avrebbero potuto farle del male.
Chiunque altro se la sarebbe data a gambe, ma Robin non era una codarda e, soprattutto, era intelligente: i compagni di un tizio che si era preso la briga di andarla a cercare in mezzo ad una tormenta, dandogli il suo cappotto, e che piuttosto che traumatizzarla lasciando orfani degli orsacchiotti aveva preferito buttarsi in un burrone (traumatizzandola comunque, ma meno gravemente), non potevano essere poi così terribili.
E poi voleva vedere se davvero il loro musicista fosse uno scheletro.
Dopo una decina di minuti di snervante silenzio, in cui aveva controllato quasi ossessivamente le condizioni del ragazzo svenuto (che contro ogni logica stava RUSSANDO e sembrava stare meglio di quando si erano incontrati), sentì dei tonfi nella neve.
Il suo cuore perse un battito all’idea che l’orso potesse averli seguiti, ma si alzò comunque in piedi, assumendo quella che avrebbe potuto anche passare per una posa minacciosa, se lei non avesse avuto otto anni, gli occhi lucidi e non avesse avuto addosso un cappotto quattro o cinque volte più grande di lei.
Con sua enorme sorpresa, vide una renna galoppare verso di loro. L’animale si fermò all’improvviso e cominciò ad avvicinarsi più lentamente. Quando fu vicino a lei, Robin notò che indossava un cappello rosa e dei pantaloncini rossi, mentre legato alla sua schiena c’era uno zainetto gonfio.
La renna guardò l’altura da cui erano caduti, per poi spostare lo sguardo sullo spadaccino disteso nella neve.
- Perché la cosa non mi sorprende affatto? – disse.
Robin urlò: non si era aspettata che la renna parlasse. Chopper, preso alla sprovvista, rimpicciolì e urlò a sua volta.
Con un grido, quattro figure piovvero dal cielo, rimbalzando su un enorme pallone rosa che si era gonfiato improvvisamente.
Robin urlò di nuovo, ma questa volta con meno convinzione; quando si accorse che nessuno le stava prestando la minima attenzione, chiuse la bocca e decise di far finta di non aver urlato affatto.
Nami stava cercando di disincastrare Usopp da un cumulo di neve, con scarsissimi risultati; Brook (Era vero! Era vero davvero!!)  stava commentando quanto si stessero gelando i glutei che non aveva (Skull Joke yohohohoho!) e Sanji, dopo aver preso a calci il pallone rosa (che si era rivelato essere un ragazzo, ora piuttosto malconcio), si stava avvicinando lentamente alla bambina.
Inginocchiandosi davanti a lei e abbozzando un mezzo inchino, le chiese:
- Posso avere quell’accendino?
Lei glielo porse titubante e il cuoco, dopo averle messo in mano un termos pieno fino all’orlo di cioccolata calda, si accese una sigaretta, assumendo l’espressione di uno che ha appena visto la luce in fondo al tunnel e ha scoperto che, nonostante tutto, non si tratta di un treno ma dell’uscita.
Dietro di loro Zoro si tirò a sedere e, massaggiandosi le tempie con una mano, chiese cosa lo avesse investito e se qualcuno si fosse preso la briga di prendere il numero della targa. Chopper lo stava aiutando ad indossare un cappotto le cui tasche erano piene di borse dell’acqua calda.
Robin li guardò.
Prese un sorso di cioccolata, bruciandosi leggermente la lingua, e poi li guardò di nuovo.
Rufy, ripresosi dal pestaggio, le stava sorridendo, come se avesse capito esattamente cosa lei stesse pensando. La bambina si sedette accanto a lui, bene attenta a tenere i piedi all’interno del cappotto, e gli offrì un sorso di cioccolata. Il capitano ebbe la presenza di spirito di non vuotarle il bicchiere. ( A migliaia di chilometri di distanza in risposta a questo evento assolutamente unico, a una mucca spuntò improvvisamente un fondoschiena di riserva.)
Se lo spadaccino gli aveva detto la verità, e a questo punto lei ci credeva fermamente (e VOLEVA crederci fermamente), tutto quello era suo.
A un primo sguardo poteva non sembrare molto, ma lei sapeva riconoscere un tesoro quando ne vedeva uno.
Rufy le porse l’ampolla contenente il fumo viola e, diventando improvvisamente serio, disse:
- Questi sono tuoi. Sono gli anni che la nonnetta ti ha rubato.
Robin prese la bottiglietta e, tenendola a debita distanza, la studiò attentamente.
- La decisione è tua.
La bambina lo guardò per qualche secondo, poi chiese:
- Siamo dei pirati?
Rufy annuì sorridendo:
- Assolutamente.
- È pericoloso…
- Ci penseremo noi a proteggerti.
A qualche metro di distanza da loro, lo spadaccino starnutì rumorosamente.
Robin guardò il punto da cui erano precipitati e mise una mano sul tappo:
- Si, - disse mentre lo tirava – ma chi proteggerà voi?

 


THE END (for now °-°)
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aaaallora. vi avevo avvertiti, il finale è un po' così così...
Robin è un personaggio abbastanza difficile e automaticamente rende difficili tutti gli altri XD
Dovrei smetterla di far cadere Zoro dalle scogliere °-°
coooomunque, ho già pronto il prossimo capitolo... che se tutto va bene (si, quando mi fisso non c'è niente da fare) avrà, tra gli altri personaggi, di nuovo una Robin in versione bimba, anche se per motivi e una situazione completamente diversa XD ditemi in anticipo se volete leggerlo XD così, se proprio non volete, passo oltre.

Ricordate, le recensioni sono il miglior modo per tenere uno scrittore attivo e funzionante, è un po' lo stesso principio che lega Rufy e la Carne XD

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Capitolo 4
*** Alegria ***


Note Dell’Autrice: scuse per il mio ritardo ne avrei tante, ma non so quanto valgano XD
Mi sono laureata (finalmente!) e dopo ho passato il mio tempo libero ad allattare due gattine che sono state buttate in un cassonetto all’età di un giorno… quindi tra sonno arretrato e varie preoccupazioni l’ultimo periodo non è stato molto prolifico dal punto di vista della scrittura °-° spero che comprenderete XD *schiva un sasso*
il titolo è dovuto alla canzone ascoltata durante la stesura XD  
 
Al risveglio era stato il panico.
Qualcosa dentro di lui gli urlava di alzarsi, muoversi prima che fosse troppo tardi.
Troppo tardi per cosa?
Le orecchie gli fischiavano, che fosse dannato se riusciva a ricordarsi il perché.
Era sdraiato su qualcosa di rigido, il cielo sopra di lui era azzurro e silenzioso.
Dov’erano gli altri?
Fece uno forzo enorme per rimettere insieme gli ultimi avvenimenti.
Le ombre erano tornate, il sole era sorto. E poi?
Il gelo gli attanagliò il petto mentre la realtà lo investiva come una frana.
Rufy.
Il tizio della flotta dei sette aveva detto di volere la sua testa, poi aveva fatto esplodere una specie di bomba.
RUFY.
Si alzò a sedere troppo velocemente: il mondo si fece sfocato e ogni singolo muscolo del suo corpo si contrasse per il dolore. Lottò per non perdere di nuovo i sensi, macchie nere minacciarono di ingoiare il mondo che si trovava davanti ai suoi occhi.
Non poteva essere davvero troppo tardi.
Il cuore gli martellava nel petto, rendendo doloroso ogni respiro, ma si costrinse ad alzarsi in piedi mentre le gambe gli tremavano per lo sforzo.
Dio se aveva bisogno di dormire.
Il sollievo fu tanto ed improvviso che rischiò di lasciarsi cadere a terra.
Rufy era lì, ad una manciata di metri di distanza, privo di sensi ma ancora tutto intero.
Il panico lo attanagliò di nuovo quando il suo cervello registrò l’enorme figura di Kuma incombere sul suo capitano.
Mise una mano sulla spada e raccolse le forze che gli erano rimaste.
Poteva sentire i suoi compagni intorno a lui, il loro respiro riempiva le sue orecchie, sovrastando anche i battiti del suo cuore.
Kuma allungò una mano enorme, Zoro chiuse gli occhi e inspirò profondamente, ignorando il dolore ai polmoni. Doveva concentrarsi, darsi un obiettivo e raggiungerlo.
Rufy non poteva essere portato via. Era il loro capitano.
Strinse l’elsa della spada.
Rufy era il simbolo dei loro sogni il legame indissolubile che li legava gli uni agli altri. Ciò che teneva insieme la loro strana e disfunzionale famiglia.
Aprì di nuovo gli occhi e focalizzò l’obiettivo.
Al diavolo, Rufy era loro e loro soltanto.
Scattò.
 
 
 
Al risveglio era stato il panico.
Era buio, lui era ancora sdraiato su qualcosa di orribilmente rigido e, per un secondo, credette di aver sognato tutto, di essere rimasto privo di sensi mentre il suo capitano veniva ucciso.
Si mise seduto e si costrinse ad inspirare ed espirare regolarmente: il cuore sembrava essersi trasferito definitivamente nella sua gola.
Qualcuno si mise a russare.
Rufy dormiva profondamente ai piedi del letto che era stato ricavato da un detrito un po’più piatto degli altri. Tra le braccia stringeva Chopper, evidentemente esausto per i festeggiamenti e le cure mediche che aveva dovuto somministrare.
Zoro si guardò intorno: erano tutti lì.
Robin e Nami erano sedute in un angolo una con la testa sulla spalla dell’altra e coperte da un piumino; a poca distanza, Sanji, Usopp e Franky erano sdraiati a terra, in posizioni più o meno ridicole.
Zoro si stese di nuovo, lasciandosi scappare un sospiro di sollievo.  In pochi secondi, il suo respiro rallentò fino ad adattarsi a quello dei suoi compagni e lui dormiva profondamente.
 
Brook aveva fissato la scena in completo silenzio, cercando di comprendere a fondo l’enormità della situazione in cui si era cacciato.
Aveva visto il corpo dello spadaccino irrigidirsi al risveglio, il panico nei suoi occhi quando si era tirato a sedere e le sue spalle rilassarsi una volta resosi conto che tutti i suoi compagni (o meglio, tutti quelli che lui in quel momento sapeva essere suoi compagni), sani e salvi, stavano dormendo intorno a lui.
Avrebbe voluto spiegargli il perché: dirgli che, siccome il piccolo dottore aveva detto che non dovevano assolutamente muoverlo, Rufy e gli altri avevano deciso di dormire lì con lui anche loro.
Non avevano voluto lasciarlo solo nemmeno per un istante.
Ma, così come aveva deciso di non raccontare a nessuno di cosa Zoro avesse fatto il giorno prima, era rimasto zitto. Non voleva rovinare la scena che si stava svolgendo  davanti ai suoi occhi, sentendosi allo stesso modo elettrizzato e terrorizzato.
Aveva osservato lo spadaccino contarli inconsciamente e cercare qualche segno di sofferenza, soffermandosi un po’ più a lungo sul capitano.
A quel punto, con un sorriso che nemmeno lui sapeva di avere, Zoro si era rimesso a dormire e Brook si era chiesto, per la prima volta nella sua lunga vita, se sarebbe stato all’altezza.
Dopo quello che aveva visto negli ultimi due giorni, decise che non poteva farne davvero a meno.
Sarebbe stato all’altezza o sarebbe morto provandoci.
Anche se lui era già morto.
[Yohohohohoho!]
 
THE END
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Aaaaand that’s all folks.
Ultimamente non riesco a scrivere seriamente (come si può notare da questo capitolo -.-) e la cosa mi deprime.
Quindi, al posto di dire come al solito “cercherò di produrre qualcosa di decente presto!”, sarò sincera e dirò “non so quando riuscirò a produrre qualcosa di decente -.-“
Quindi entro ufficialmente in blocco dello scrittore…
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
See ya!

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