Ever fancied someone you know you shouldn't?

di Serena_Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un arrivo movimentato. ***
Capitolo 2: *** Strane conversazioni. ***
Capitolo 3: *** Consigli per James Potter. ***
Capitolo 4: *** Ronde e legami. ***



Capitolo 1
*** Un arrivo movimentato. ***


Un arrivo movimentato.


 

«Pensa come la prenderà la Evans quando vedrà il tuo adorato distintivo»
Sirius riusciva già ad immaginare l’urlo disumano vagamente somigliante ad un “NO!” con cui la loro Prefettina preferita li avrebbe deliziati giusto qualche minuto dopo. Tuttavia James non sembrava molto allettato all’idea, e Sirius riusciva anche a capire perché: avevano subito così tante ramanzine dalla Evans che avrebbero potuto superare per numero quelle della McGranitt.
Il binario 9 e ¾ era estremamente affollato, come ogni anno. Il vapore usciva dalla locomotiva dell’Hogwarts Express, urla e schiamazzi invadevano il luogo e, come ogni anno, un’infinità di ragazze salutavano James e Sirius con espressioni così smielate che entrambi si aspettavano di veder comparire dei cuoricini sui loro occhi e temevano seriamente di aver l’immediato bisogno di una dose d’insulina.
Ma d’altronde, per loro era comprensibile: insomma, chi non si sarebbe innamorato di due tali bellezze? Quale ragazza non sarebbe caduta ai loro piedi al primo sguardo? Quale essere umano sarebbe riuscito a non essere attratto da loro? Il loro egocentrismo elaborava simili elucubrazioni mentali di continuo, senza sosta.
«Oh Merlino! Non.. non vorrai dire che la Evans è l’altro Caposcuola?!»
« James, e io che ne so? Sto solo supponendo»
A Sirius sfuggì un ghigno davanti all’espressione terrorizzata del suo migliore amico. Avrebbero solo dovuto aspettare l’arrivo della Evans, che non si fece attendere molto. Una cascata di capelli rosso rubino si intravide da lontano e lei in pochi secondi fu davanti a loro, gli occhi di un verde che assomigliava vagamente al colore dell’Avada Kedavra. Spostò lo sguardo da Sirius a James e viceversa con un espressione sconcertata, come se non volesse credere a qualcosa che le era stato raccontato.
« Potter, dimmi che quello che mi ha appena detto Alice non è vero. Dimmi che Silente non è impazzito e non ha deciso di condannare la scuola ad un anno di totale follia per causa tua e dei tuoi amici. Dimmi, per favore, dimmelo, che non sei Caposcuola!»
La situazione avrebbe potuto essere per alcuni versi veramente preoccupante senza neanche considerare il tono minaccioso di Lily Evans e il fatto che i suoi capelli rosso fuoco sembravano volteggiarle intorno in una perfetta dimostrazione del proverbio “ha un diavolo per capello”, quindi se i due ragazzi avessero preso in considerazione anche questi due futili dettagli, probabilmente la situazione non sarebbe stata solo preoccupante, ma una vera catastrofe.
Tuttavia, il fatto che Silente avesse deciso di fare l’alternativo e gettare Hogwarts proprio nel mezzo di un tornado di nome “Malandrini” non era affatto colpa loro.
« Effettivamente, Evans, non credo di poterti dare questo dispiacere.. sono Caposcuola, sì, come puoi felicemente notare da questo magnifico distintivo »
Sirius ghignò, deciso a non perdersi lo spettacolo di un’altra delle sfuriate Evans VS Potter, probabilmente una delle migliori.
Ma nonostante i due ragazzi fossero d’accordo che l’orgoglio Grifondoro e Malandrino fosse una delle cose più importanti da preservare nella vita, entrambi in quel momento, davanti  all’espressione furiosa e pronta all’esplosione della Evans, capirono che se avessero voluto essere ancora vivi e vegeti una manciata di minuti dopo, avrebbero dovuto lasciar da parte l’orgoglio per un po’.
«COME TI E’ VENUTO IN MENTE DI ACCETTARE?! COME HAI ANCHE SOLO POTUTO PENSARE DI POTER ESSERE UN BRAVO CAPOSCUOLA?! TU SEI SEMPRE STATO UN PROBLEMA VIVENTE PER ME, ED ORA DOVREMO ANCHE LAVORARE INSIEME!»
Sirius sgranò impercettibilmente gli occhi, resosi conto della pesantezza delle parole della Evans, proprio mentre James sobbalzava appena, preso alla sprovvista.
«Quindi ti avverto, James Potter, prova solo ad ostacolare il mio lavoro di Caposcuola, o ad infastidirmi, o ad importunarmi o recare disturbo a me o a qualunque altra creatura vivente e giuro che questa volta riuscirò ad appenderti alla Torre di Astronomia, costi quel che costi!», concluse, e si fece strada tra la piccola folla attirata dalle sue urla, senza dare il tempo a James di replicare. In ogni caso il ragazzo non ne avrebbe avuto la forza, a giudicare dall’espressione abbattuta. Sirius se ne rese subito conto e gli passò un braccio attorno alle spalle, soffermandosi però per qualche secondo a cercare con lo sguardo la chioma rossa.
«Prenditi una camomilla, Evans!» urlò dietro alla ragazza, dirigendosi con James a passo svelto sul treno e poi alla ricerca di uno scompartimento vuoto, ringhiando contro chiunque osasse posare lo sguardo sul suo migliore amico: non voleva pettegolezzi sul suo stato d’animo ancora prima di arrivare a scuola.
Una volta trovato uno scompartimento, Sirius aprì la porta scorrevole e James entrò come un fulmine, improvvisamente ogni traccia di tristezza sparita, sostituita da un’enorme dose di rabbia repressa.
«Si può sapere che accidenti ti ha preso, Jam?» sbottò Felpato, senza un minimo di delicatezza, chiudendo la porta ed appoggiandocisi con la schiena, proprio mentre James tirava un pugno al finestrino che tremò, sul punto di rompersi.
« Non capisco che accidenti le prende, diamine! Non è colpa mia se Silente mi ha nominato Caposcuola!» sibilò, furioso. Sirius aggrottò la fronte, confuso: di solito era lui quello soggetto ad attacchi di rabbia, James era sempre stato troppo solare, allegro ed ottimista per prendersela con un povero finestrino indifeso e sfogare la rabbia contro di esso.
« Andiamo Ramoso, è una donna, anche lei ha i suoi momenti no» commentò con noncuranza, come a dare poca importanza alla questione. « A te non interessa nulla di lei, o sbaglio? » aggiunse poi, inarcando un sopracciglio con fare scettico.
James restò in silenzio per qualche secondo, appoggiandosi con la schiena al finestrino ed osservando Sirius, davanti a lui, con espressione quasi confusa. Quest’ultimo aspettava con una buona dose di ansia mista a scetticismo la risposta, che tardava ad arrivare.
« Assolutamente nulla, figurati» concluse infine James, scrollando le spalle.
Sirius si concesse un sospiro di sollievo e si stravaccò comodamente su un intero sedile, subito imitato da James che non ebbe però il tempo di rilassarsi a causa di un Remus estremamente agitato che entrò come una furia nello scompartimento e lo prese per un braccio, rischiando di farlo cadere e sbraitando senza cercare neanche di contenersi.
«Devi andare nella carrozza dei Prefetti, MUOVITI!»
Ramoso aveva l’aria vagamente terrorizzata mentre cercava di aggrapparsi alla porta mimando un “NOOO” muto con le labbra, mentre Remus lo trascinava via. Peter, arrivato nello scompartimento insieme a Remus, osservò per qualche secondo i due ragazzi che correvano via, verso la carrozza dei Prefetti, poi si voltò verso Sirius, che rotolava dalle risate, quasi con le lacrime agli occhi.
«Sai che la Evans e Ramoso si uccideranno a vicenda, vero?» esordì Peter, sedendosi con aria sconsolata sul sedile. Sirius si bloccò improvvisamente e sgranò gli occhi, fissando Peter che inizialmente temette che l’amico avesse subito un grave shock.
« Grandioso, dovrò spiegare a Dorea e Charlus che una pazzoide ha ucciso loro figlio.. Pet, non è che ti andrebbe di farlo al posto mio?»
 
 
 
« Moony, per Merlino, ma devo partecipare per forza? «domandò per quella che immaginò essere la trentacinquesima volta, poiché Remus aveva appena sussurrato il suddetto numero.
« Sì James, devi per forza. » rispose ormai al limite della sopportazione, e James sbuffò, mentre Remus lo trascinava senza alcuna delicatezza nella carrozza dei Prefetti.
Nell’esatto momento in cui Ramoso mise piede lì dentro, poté notare diverse reazioni.
Le ragazze presenti nella carrozza esalarono sospiri senza staccare gli occhi da lui, che non poté fare a meno di passarsi la mano tra i capelli ed ammiccare loro.
Una Corvonero gli andò incontro e gli stampò un bacio sulla guancia, lasciando cadere qualcosa nella tasca dei suoi pantaloni. James le sorrise gentilmente, seguendo Remus lungo la carrozza e cercando di ricordare se avesse mai notato, conosciuto o considerato quella ragazza.
Un’altra reazione che non gli sfuggì fu lo sbuffo stizzito della Evans, in piedi a qualche metro da lui, le braccia incrociate al petto e l’espressione omicida. Evidentemente ce l’aveva ancora col ragazzo per aver commesso l’imperdonabile errore di aver ricevuto l’incarico di Caposcuola.
«Salve Evans!» la salutò tranquillamente, con un sorriso a trentadue denti, pienamente consapevole del fatto che questo l’avrebbe fatta infuriare ancora di più.
Come da copione, lei gli lanciò un’occhiata fulminante.
«E’ sempre un dispiacere vederti, Potter» sibilò con voce così carica d’odio che sembrava poter sputare veleno.
«Per me è sempre un piacere, invece»  commentò lui, sorridendo tranquillamente, per poi voltarsi dall’altra parte ed osservare, senza realmente vederle, tutte le persone presenti in quella carrozza. Non poteva assolutamente farle notare di essere ancora lievemente turbato per l’avvenimento di poco prima.
La Evans distribuì dei fogli a tutte le persone presenti, premurandosi di non degnare James di uno sguardo mentre gli consegnava il suo. A Ramoso sfuggì un lieve sorriso, perché nonostante non riuscisse assolutamente a capirla e nonostante lei lo odiasse con tutto il suo cuore, non poteva negare a se stesso che durante l’estate gli era mancata molto, ed a provarlo c’erano le molteplici lettere che le aveva spedito e a cui, puntualmente, non aveva ricevuto risposta.
«Allora, buongiorno a tutti. La professoressa McGranitt non è presente, ed ha incaricato me di svolgere il discorso iniziale. Bene, sta iniziando un nuovo anno scolastico e come sapete il lavoro dei Caposcuola e dei Prefetti quest’anno sarà impegnativo proprio come negli anni precedenti. Ci sono ovviamente due nuovi Prefetti e due nuovi Caposcuola per ogni Casata, quindi ora li presenterò» iniziò Lily, con voce pratica e sbrigativa. Prese un foglio dalla pila che teneva in mano e cominciò a leggere. «I nuovi Prefetti di Grifondoro sono Colton Walker e Amanda Pieterse», un ragazzino biondo si alzò in piedi e sorrise a tutti, presto imitato da Amanda, della quale si notava solo la cascata di capelli castani, ricci e lunghissimi. «Julia Garfield e Robert Jackson sono i nuovi Prefetti di Tassorosso», questa volta ad alzarsi furono due ragazzini pel di carota che si assomigliavano moltissimo. «I Prefetti di Corvonero sono Emily Wright e Justin Brown», Justin salutò velocemente tutti, visibilmente in imbarazzo, mentre Emily si alzò senza fretta e rivolse un sorriso smagliante e provocatorio a tutti i presenti. Lily, dopo averla guardata con fare scettico, riprese la lettura. «Infine, i Prefetti di Serpeverde sono Margarita Parkinson e Julian Nott», gli ultimi due ragazzi chiamati si alzano in piedi di malavoglia, senza accennare nessun sorriso.
«Bene, ed ora passiamo ai nuovi Caposcuola. Per Grifondoro saremo io e James Potter» pronunciò quest’ultimo nome a denti stretti, come se le costasse una fatica incredibile. James sorrise smagliante a tutti, ignorando il brusio contrariato che si alzò dai Serpeverde.
«Per Tassorosso, Helen Cox e Alan Smith» proseguì Lily, sorridendo ad Alan che aveva conosciuto lo scorso anno. I due salutarono gentilmente i presenti, poi si sedettero.
«Per Corvonero, Hannah Green e David Scott». Si alzarono due ragazzi dall’aria gentile e discreta, salutarono con un sorriso e tornarono al loro posto.
«Per Serpeverde invece, Eveline Greengrass  e Rabastan Lestrange» Lily lesse quest’ultimo nome con un sentimento di stupore malcelato, poi alzò gli occhi a guardare le due Serpi che si alzavano a loro volta per salutare tutti gli altri. Lestrange rivolse uno sguardo arrogante a tutti, mentre Eveline ghignò con fare superiore. Lily sentì James emettere un verso di disgusto e non poté fare a meno di sentirsi d’accordo con lui, quella volta. Lo sguardo le cadde sulla sagoma scura di Severus Piton, che guardava Rabastan Lestrange con un certo risentimento. Distolse lo sguardo e si schiarì la voce, riacquistando l’attenzione dei presenti.
«Bene, ora Potter si renderà finalmente utile e distribuirà gli orari delle ronde ad ognuno di voi, mentre io illustrerò qualche regola che la McGranitt si è raccomanda di ricordarvi» s’interruppe per posare tra le braccia di James diversi fogli, ciascuno contrassegnato con il nome del ragazzo o della ragazza a cui erano indirizzati. Il giovane Grifondoro fece il giro della stanza, dovendo molto spesso chiedere ad alta voce chi fosse chi, non conoscendo personalmente tutte le persone presenti nello scompartimento. Consegnò l’ultimo a Lily e tornò al proprio posto.
«Bene, come sapete il nostro incarico è quello di mantenere la calma nella scuola e di far rispettare le regole a tutti gli studenti, ciò significa che noi in primis dobbiamo seguirle alla lettera» lanciò un’occhiata ammonitrice a James che ridacchiò sottovoce. «Immagino che otto studenti per ogni Casata possano bastare per mantenere l’ordine a scuola, e sono sicura che collaboreremo tutti quanti» sorrise incoraggiante verso la gran parte delle persone nello scompartimento, ma si tradì gettando uno sguardo preoccupato ai nuovi Caposcuola di Serpeverde e anche a Piton. «Quindi, la professoressa McGranitt si raccomanda di svolgere al meglio il nostro lavoro. Ora, per quanto riguarda le riunioni, durante ognuna di esse comunicheremo il giorno della successiva, e per quanto riguarda le ronde se notate qualcosa di strano durante il vostro turno siete pregati di avvertire la professoressa McGranitt. Ci sono domande?»
Il Prefetto di Tassorosso del sesto anno alzò la mano e la Evans gli fece un cenno per incoraggiarlo a parlare.
«Come facciamo ad essere sicuri che l’odio tra te e James Potter non interferirà con il lavoro?»
James credé di poter vedere del fumo uscire dalle orecchie di Lily Evans e constatò che sarebbe stato discretamente preoccupante visto il colore dei capelli che sembrava mandarle a fuoco la testa.
«Sono abbastanza intelligente da capire che non si devono mai mischiare gli affari personali con il lavoro, se era questo a preoccuparti, oltre al fatto che Potter non è neanche un affare personale, quindi puoi stare tranquillo, niente interferirà col mio lavoro di Caposcuola, Macmillan!» sbottò la Evans, lasciando di stucco tutti i presenti nella carrozza ad eccezione di Remus Lupin che ormai ci era abituato.
Il giovane Tassorosso rimase in silenzio, incapace di proferire parola davanti alla mezza sfuriata della Evans.
«Sì Macmillan, mai dubitare della professionalità della Evans, o potresti ritrovarti in situazioni spiacevoli» commentò James con aria preoccupata, gettando un’occhiata a Lily Evans che non volle assolutamente raccogliere la sfida, così da dimostrare ciò che aveva appena detto al Tassorosso.
«Se non ci sono altre domande, potete andare. Ricordate di controllare il treno, i turni sono scritti sul foglio. Buon lavoro! » concluse la Evans, la cui voce sembrava a stento riuscire a controllare la rabbia che provava, che traboccava da ogni sillaba.
«A te, Liluccia!» esclamò James, senza altro scopo che quello di farla arrabbiare, mentre si avviava a passo svelto verso lo scompartimento dove Sirius e Peter stavano aspettando lui e Remus.
«Non chiamarmi Liluccia, Potter!» urlò lei e Ramoso scoppiò a ridere.
«Non credi che sarebbe ora che la finissi con queste provocazioni da bambini?» domandò con voce dura Remus, tornando allo scompartimento. James lo guardò con un sopracciglio inarcato, scrollando le spalle con fare indifferente.
«Se la lasciassi stare non uscirebbe mai con me» spiegò ingenuamente, senza quasi rendersi conto delle parole che pronunciava. Nella sua voce si distingueva a malapena un pizzico d’insicurezza e Remus credé di sentirlo sospirare quasi impercettibilmente, sconsolato.
«È  qui che sbagli, Jam. Sarebbe più probabile che lei uscisse con te se tu dimostrassi di essere maturo, invece di continuare ad assillarla» commentò con calma Moony, osservando James con la fronte lievemente aggrottata.
«Assolutamente vero, tranne per la minuscola sottigliezza che se lui maturasse un minimo io potrei smettere di detestarlo, ma sarebbe comunque lontano anni luce dal conquistarmi » s’intromise una voce da dietro di loro, e James sobbalzò, osservando la Evans superare entrambi a passo svelto.
«Per quanto ti ostini a negare l’evidenza, Evans, lo sappiamo tutti che muori dalla voglia di uscire con me!» esclamò dopo qualche secondo, ma lei non ribatté nulla, anzi entrò nel suo scompartimento senza degnarlo di uno sguardo.
James dopo un secondo d’esitazione scrollò le spalle ed entrò con Remus nel loro, dove Felpato e Codaliscia si stavano abbuffando dei dolci portati dalla Signora del Carrello. Nessuno dei quattro ragazzi riusciva a capacitarsi del fatto che dopo sei anni passati a fare avanti e indietro su quel treno, spendendo ogni volta galeoni su galeoni per dolci di tutti i tipi, non sapevano ancora come si chiamasse quella benedetta Signora del Carrello.
Con un sospiro melodrammatico Ramoso si buttò su Sirius che stava ancora stravaccato su un sedile intero, provocando le sue urla e imprecazioni.
«Porca Pluffa, James togliti!» esclamò scrollandosi il ragazzo di dosso e facendolo cadere a terra, dove rimase sdraiato per qualche secondo a ridere.
«Dai Sirius, ammettilo che ami quando ti abbraccio!» ghignò James alzandosi con un balzo agile ed afferrando una Gelatina Tuttigusti+1 dal pacchetto di Peter, che quasi non se ne accorse per via delle risate.
«Quelli non sono abbracci, ma tentativi di stupro!» ribatté l’altro, corrucciato.
«Che acidità, sembri la Evans!» sbuffò Ramoso, facendosi spazio tra Remus e Peter.
«L’acidità della Evans non ha paragoni, James, dovresti saperlo» fece Sirius con fare saggio.
«Sai una cosa? Forse hai ragione. Il che sarebbe davvero strano, considerando le dimensioni del tuo cervellino!» insinuò James, ghignando.
Sirius sgranò gli occhi, inizialmente offesissimo dall’insulto, ma pochi secondi dopo si buttò a peso morto su James, trascinandolo a terra e dando inizio ad una delle loro lotte quotidiane, precisamente la prima del loro ultimo anno scolastico.
Quando gli occhiali di James volarono attraverso lo scompartimento andando ad infilarsi nel pacchetto di Zuccotti di Zucca di Peter, Remus decise che era arrivato il momento di metter fine a quella sceneggiata.
«James, c’è Lily che ti sta guardando da dieci minuti. Non hai fatto una grande impressione su di lei» disse svogliatamente, attendendo la reazione di James che non tardò ad arrivare.
Il giovane si alzò di scatto – Remus non riuscì a capire come, essendo così intricato tra i vestiti di Sirius da non riuscire più a capire quali capelli fossero di chi – , recuperò gli occhiali, li inforcò e si girò come un fulmine verso la porta dello scompartimento, presupponendo di trovarla aperta su una Evans disgustata.
Il Licantropo del gruppo non poté far a meno di scoppiare a ridere davanti all’espressione mortificata che lasciava il posto ad una confusa ed infine ad una arrabbiata.
«Si può sapere perché ci casco sempre? Sono sette anni che mi freghi sempre con la stessa frase, diamine!» sbottò contrariato, lasciandosi cadere sul sedile di fronte a quello di Peter.
Sirius, che nel frattempo si era alzato da terra e ridacchiava senza ritegno, si sedette accanto a James e gli diede un giocoso pugno sulla spalla.
«Fratello, ti stai rammollendo! Questa fissazione per la Evans ti fa male, ed inoltre non mi hai fatto neanche un graffio!»
James si voltò verso di lui e un sorriso divertito si dipinse sul suo volto.
«Vorrei farti notare il livido enorme che ti ritrovi sullo zigomo, ma sfortunatamente non ho uno specchio»
Proprio in quel momento, evitando così a Sirius la possibilità di avventarsi nuovamente su James, Frank Paciock entrò nello scompartimento seguito dalla piccola Alice Prewett, sua fidanzata ormai da due lunghi anni.
«Ci si rivede, finalmente!» esclamò Frank con un grande sorriso, andando a sedersi accanto a Remus. Alice si sedette sulle sue gambe, rivolgendo ai ragazzi un sorriso dolce e forse un po’ timido.
«Frank, Alice!» esclamarono James e Sirius quasi all’unisono, mentre Remus li salutò con meno esuberanza e Peter rivolse loro solo un timido cenno e un sorriso gentile.
«Come state?» domandò Alice gentilmente, spostando lo sguardo su ognuno dei Malandrini.
«Non posso lamentarmi, dopo un’intera estate di relax» rispose Sirius, stiracchiando le braccia come a dimostrazione delle sue parole.
«Sì, alla grande!» aggiunse James, con il suo solito sorriso smagliante.
«Non c’è male, già» rispose poi Remus, che aveva un’aria piuttosto sana nonostante l’ultima Luna Piena fosse passata da poco.
«E tu, Peter?» chiese Alice rivolgendosi al più timido dei Malandrini, che arrossì di botto e lasciò vagare lo sguardo nello scompartimento, per non incrociarlo con quello della ragazza.
«Io sto.. sto bene, sì, grazie» rispose, accennando un sorrisetto nervoso.
«Il buon vecchio Frank come ha passato le vacanze, eh?» domandò James, allungandosi sul sedile per dare una pacca sulla spalla all’amico.
«Io ed Alice siamo stati al mare, ad agosto»
La ragazza sorrise dolcemente ed annuì. «Sì, siamo stati davvero bene. Augusta ci ha messo a disposizione una casetta davvero molto carina al mare e siamo rimasti lì per un mese, è stato rilassante» annuì lanciando uno sguardo amorevole a Frank. Sirius riuscì con un certo sforzo a trattenere una smorfia davanti a quelle dimostrazioni d’affetto.
Alice era la ragazza più dolce che conoscessero, e probabilmente aveva il carattere più diverso da quello di Sirius di chiunque altro al mondo.
«E bravi! Quindi la cara Augusta non ti ha terrorizzato troppo quest’anno, eh, Al?» chiese Remus, che aveva conosciuto la mamma di Frank due estati prima.
Alice scoppiò a ridere e scosse la testa.
«No, è stata davvero molto carina! A modo suo, è ovvio» aggiunse poi, osservando Frank di sottecchi forse temendo che si fosse offeso, ma il ragazzo pareva essere totalmente d’accordo.
«Senti Al, non è che hai parlato con la Evans, prima?» domandò James ad un tratto, fingendo indifferenza, ma nei suoi occhi si leggeva trepidazione.
Alice lo guardò comprensiva ed annuì.
«Ha.. detto qualcosa di me? Tipo, che so.. qualcosa oltre ai soliti insulti» scrollò le spalle, sconsolato, mentre Sirius accanto a lui sbuffava ripetutamente, rimediando diverse occhiatacce da parte di Remus.
«No James, mi spiace.. più che altro ha ripetuto che ti comporti da buffone» ammise, stringendosi nelle spalle, un po’ in difficoltà. Le dispiaceva davvero tanto di dover comunicare a James notizie che l’avrebbero fatto star male, nonostante non lo desse poi molto a vedere. Gli unici che non si erano accorti della cotta che James aveva per Lily Evans erano solo la stessa Lily e Sirius, mentre Ramoso si limitava a negarlo persino a sé stesso.
Dopo qualche secondo di silenzio Sirius si premurò di portare la conversazione su argomenti meno pesanti, e l’allegria tornò ad occupare lo scompartimento.
Tuttavia, negli occhi di James, si poteva ancora notare un’ombra di tristezza.
 
 
Per Remus era sempre una gioia incredibile vedere le mura e le torri del castello che tutti lì amavano incondizionatamente, e quasi non riusciva a credere di aver passato sei anni ad Hogwarts quando non avrebbe mai creduto di poterla neanche guardare da lontano. Sarebbe stato eternamente grato a Silente per avergli concesso il magnifico privilegio di studiare ad Hogwarts, e non credeva che sarebbe mai riuscito a mostrargli tutta la sua riconoscenza.
Ma la cosa che lo rendeva più felice di ogni altra era guardare i suoi migliori amici ridere, scherzare e divertirsi dentro quella carrozza che li stava conducendo verso l’ultimo anno ad Hogwarts e rendersi conto che loro ci sarebbero stati per sempre, quando non credeva che nessuno sarebbe rimasto accanto a lui, soprattutto conoscendo la maledizione che lo tormentava da quando aveva solamente otto anni.
«Moony, ti sei addormentato?»
La risata di James esplose, risvegliando il ragazzo dai suoi pensieri. Alice era salita nella carrozza con le sue amiche, ed ora anche Sirius e Peter scoppiarono a ridere a causa di una battuta di Frank.
«No, figurati.. stavo pensando.. secondo voi ci sarà la torta al cioccolato al banchetto?» domandò Remus, inventando la prima scusa plausibile. Si affrettò a scendere dalla carrozza quando quest’ultima si fermò dolcemente e si avviò con gli amici verso la scuola, tra la folla che correva sotto una leggera pioggia.
«Naturale! Credo di amare quegli Elfi» commentò Sirius, probabilmente già pregustando il banchetto.
«Siamo in due» gli diede manforte James, con un sorrisone.
La pioggia si fece sempre più fitta e i cinque si affrettarono ad entrare nella Sala d’Ingresso, accalcandosi alle porte della Sala Grande con la massa di studenti.
Quando la porta centrale si aprì, tutti si diressero, più o meno tranquillamente, ai tavoli delle rispettive Casate di appartenenza. L’ingresso di James e Sirius venne accolto in diversi modi: praticamente tutte le ragazze presenti in Sala emisero urletti striduli e presero a sussurrare tra di loro, mentre i ragazzi che conoscevano i due egocentrici li salutarono agitando le braccia. Notando che il percorso verso il tavolo di Grifondoro sembrava durare più del previsto, Remus li spinse poco delicatamente verso di esso, mentre Peter li seguiva da dietro. Si sedettero agli ultimi posti rimasti, a un paio di metri di distanza da Lily e le sue amiche. Inutile dire che la Rossa, non appena notò di non essere a distanza di sicurezza da James, si irritò subito moltissimo. Remus, per l’ennesima volta, riuscì a capirla.
Dopo qualche minuto fece la sua entrata in scena la McGranitt, con al seguito un gruppo di bambini dall’aria confusa, che si guardavano intorno e sgranavano gli occhi meravigliati dalla magnificenza della Sala. La professoressa salì i gradini che portavano alla tavolata dei professori e si posizionò dietro lo sgabello di legno, sul quale era posizionato il Cappello Parlante, e spiegò ai nuovi arrivati in cosa consistesse la fantasmagorica prova dello Smistamento che quasi tutti avevano immaginato diversa da quella reale.
Dopodiché srotolò una lunga lista e cominciò a leggere i nomi.
<< Smith Anne >> chiamò la McGranitt, e una bambina dall’aria spaventata si sedette sullo sgabello. La professoressa le posò il Cappello Parlante in testa e quello scivolò a coprirle gli occhi. Pochi secondi dopo, lo squarcio nella stoffa si aprì.
<< TASSOROSSO! >>
Dal tavolo dei Tassorosso si levarono urla di felicità e applausi, poi di nuovo il silenzio e la scena si ripeté per tutti gli altri bambini.
A fine Smistamento, Grifondoro aveva ottenuto diciotto bambini, tra maschi e femmine, tutti dall’aria felice.
«Andiamo, sto morendo di fame!» borbottò James, lanciando occhiate verso il tavolo dei professori.
Silente si alzò e allargò le braccia come a stringerli tutti in un grande abbraccio.
«Benvenuti tutti a questo nuovo anno ad Hogwarts. So bene che siete affamati, quindi vi lascio al banchetto. Buon appetito!» esclamò bonariamente, sedendosi mentre tutta la Sala scoppiava in un applauso scrosciante.
I tavoli si riempirono di cibo e il chiacchiericcio nella Sala aumentò di volume.
«Ehi! Ehi, Evans!» urlò James, sbracciandosi in direzione di Lily ed attirando l’attenzione dei bambini del primo anno. Tutti gli altri erano ormai abituati ai tentativi del baldo giovane di attaccare bottone con la Evans.
Lei alzò svogliatamente lo sguardo, inarcando un sopracciglio.
«Che vuoi?!»
«Esci con me?»
«Sogna!»
«Tu sei il mio sogno, amore mio!»
Fu decisamente un miracolo che gli occhi di Lily non avessero mandato lampi e non avessero incenerito James all’istante, perché la ragazza sembrava decisamente sul punto di prendere la bacchetta e ridurre il ragazzo ad un mucchietto di polvere.
«Amore mio?! Potter, non azzardarti mai più a chiamarmi così, o giuro che ti Schianto!»
La minaccia sembrò avere l’effetto desiderato, perché James si limitò a ridacchiare e a farle l’occhiolino, il che fu un netto miglioramento. I bambini spostavano lo sguardo da Lily e James e viceversa, spaventati da lei e confusi dallo strano scambio di battute.
«State insieme?» domandò una ragazzina dai capelli biondi, indicando i due ragazzi in questione. Lily quasi si strozzò con le patate al forno, mentre James trattenne a stento una risata.
«Non ancora piccolina!» commentò quindi, lanciando un’occhiata a Lily che lo fulminò con lo sguardo.
«No cara, non stiamo insieme, anzi, non staremo mai insieme» sbottò senza alcuna delicatezza verso la bambina che preferì restare in silenzio davanti all’irritabilità della Evans.
«Tu la ami?» domandò invece un bambino riccio, dai profondi occhi neri. James tossì convulsamente, e Remus e Peter si affrettarono a battergli qualche colpo sulla schiena. Sirius scoppiò a ridere rumorosamente, accasciandosi sul tavolo in preda a forti convulsioni dovuti alle risa e alla tosse.
«N-no, cioè.. no, non credo.. no, no» il borbottio sconnesso del ragazzo si spense ben presto, e James non osò alzare lo sguardo verso Sirius che si era bloccato nel bel mezzo della risata, nel sentire il titubanza del migliore amico, che invece cercò lo sguardo di Lily, nervosamente. Lei aveva lo sguardo fisso sul piatto, mentre le amiche attorno a lei se la ridevano bellamente.
Una volta finiti i dolci i resti di cibo sparirono improvvisamente e i piatti tornarono brillanti. Silente si alzò e il chiacchiericcio si spense immediatamente, mentre la scolaresca si voltava verso il Preside, che guardò tutti con espressione seria, così seria che fu impossibile fraintendere l’argomento del discorso che stava per tenere.
«Come sapete tutti, nel mondo magico infuria una guerra che peggiora di giorno in giorno. Mi rincresce dirlo ma temo che nessun posto, neanche Hogwarts, sia più sicuro. Dobbiamo restare tutti uniti per fronteggiare la più grande guerra magica a memoria d’uomo. Se resteremo uniti, nulla potrà sconfiggerci» disse con tono serio, e i Malandrini si scambiarono un’occhiata e un mezzo sorriso. Niente li avrebbe mai divisi, quella era una delle poche certezze che avevano nella loro vita.
«Non ho intenzione di tediarvi e di spaventarvi con discorsi eccessivamente pesanti, non ce n’è bisogno. Auguro a tutti voi una buona notte e un buon anno scolastico!»
Detto questo, Silente si voltò e la Sala si riempì del grattare delle panche, mentre una massa indefinita di studenti si riversò fuori dalla Sala Grande, diretta verso i dormitori.
«Da questa parte, voi del primo anno!» esclamò Lily attirando l’attenzione di James che stava per andarsene con gli amici. La osservò per qualche secondo, titubante, poi si voltò verso gli altri.
«Vi raggiungo fra poco, il dovere mi chiama» esclamò ridendo. Loro annuirono e risero a loro volta, dirigendosi fuori dalla Sala Grande. James raggiunse in pochi secondi Lily, e la affiancò davanti alla fila ordinata di studenti.
«Ehi Evans» esordì, passandosi una mano tra i capelli.
«Potter» disse lei, secca, lanciandogli un’occhiataccia. I due bambini, la biondina e il ricciolino, li osservavano interessati.
«Come te la passi?» domandò James, osservandola con la coda dell’occhio.
«Magnificamente, grazie» commentò Lily con un pizzico di sarcasmo, aumentando il passo e facendo un cenno agli studenti dietro di lei. «Seguitemi, prego, veloci!» esclamò, accompagnando l’ordine con un sorriso gentile, in modo da non spaventarli prematuramente.
«A questo punto è buona educazione porre a tua volta la domanda» disse James, lanciandole un’occhiata penetrante.
«Non vedo il motivo, visto che non mi interessa affatto sapere come te la passi» ribatté Lily acidamente e James per il resto del percorso fino alla Sala Comune rimase in silenzio, troppo demoralizzato per aggiungere alcunché, provocando un grande stupore nella Evans che ogni tanto gli lanciò occhiate quasi confuse.
Una volta oltrepassato il buco del ritratto, Lily, James e i primini si fecero spazio tra la folla che si era fermata a chiacchierare nella Sala, arrivando ai piedi delle scale a chiocciola che conducevano ai Dormitori.
«Ragazze, il vostro Dormitorio è la prima porta a destra, per i ragazzi la prima a sinistra!» esclamò Lily, indicando prima il dormitorio femminile e poi quello maschile. I bambini annuirono, impegnati nell’osservare la stravagante Sala interamente in rosso ed oro che li circondava.
«Piccoli, direi che è ora di andare a dormire, domani sarà una giornata faticosa, ve lo assicuro! Buonanotte a tutti!» concluse James con voce gentile e con un gran sorriso, dopo aver notato un paio di bambine che sbadigliavano, probabilmente provate dal lungo viaggio. I bambini diedero la buonanotte ai due Capiscuola e si diressero verso i rispettivi dormitori, chiacchierando concitati tra di loro.
Lily rivolse una breve occhiata a James, indecisa se dire qualcosa o meno. Infine decise di rimanere in silenzio e si diresse a passo svelto verso le sue amiche, che si erano sedute sulle poltrone davanti al camino. Ramoso aprì la bocca per chiamarla ma lei era già sparita tra la piccola folla, lasciandolo solo e anche parecchio deluso.
 
Quella sera stessa, nel dormitorio dei Malandrini regnava il caos. L’arrivo ad Hogwarts era sempre accompagnato dalla consueta confusione della sistemazione della stanza e dei bagagli.
Il perfetto ordine che avevano trovato i quattro una volta entrati nel dormitorio – e che piaceva tanto a Remus – pochi minuti dopo era solo un ricordo.
I bauli si trovavano già ai piedi dei quattro letti. Sopra quello di James era posata con estrema cura la scopa da corsa del giovane, una nuovissima e splendente Nimbus 1000, la migliore sul mercato. Gli Elfi che l’avevano portata nel dormitorio assieme al baule conoscevano la passione di James per il Quidditch e la sua scopa, così se ne prendevano cura tutti gli anni come fosse un tesoro di inestimabile valore.
«Ah, bentornati a casa Malandrini!» esclamò Remus entrando nella stanza ed inspirando profondamente, come a voler imprimersi nella memoria l’odore accogliente dei dormitori.
«Lunastorta, hai ancora qualche Cioccorana?» chiese Peter, che si era fiondato sul suo baule, l’aveva aperto e ne aveva estratto la busta dei dolci, che aveva trovato tristemente vuota.
«Sì, ma non esagerare» lo avvertì Lupin con fare minaccioso, estraendo dal suo vecchio baule la propria busta dei dolci e posandola con delicatezza sul letto di Peter.
«Allora, amici! L’ultimo anno sta per iniziare!» esordì James, togliendosi le scarpe e lanciandole in aria senza alcuna delicatezza, incurante di chi o cosa avrebbero potuto colpire. «Dobbiamo lasciare il segno! Tutti si ricorderanno dei Malandrini e le nostre imprese verranno tramandate da padre in figlio!» esclamò, dopo essere salito sul letto. Si aggrappò con un braccio ad un’asta del letto a baldacchino, e Remus pensò fosse una pessima imitazione del cartone animato babbano Tarzan. «Resteremo nella storia! Chi è con me?» alzò progressivamente il tono di voce, arrivando a concludere la frase urlando a squarciagola.
Sirius si alzò con uno scatto dal letto su quale si era gettato a peso morto, alzò il pugno in aria ed urlò a sua volta «Io ci sto!» e batté il cinque a James, che saltò nuovamente a terra e passò un braccio sulla spalla di Sirius.
«E voi? Ci state?» chiese agli altri due.
Peter si alzò dal letto e ingoiò la Cioccorana che stava masticando, prima di trotterellare dagli amici e battere loro il cinque. «Certo che ci sto!» esclamò, sorridendo felice. Gli brillavano gli occhi, ancora una volta non riusciva a credere di essere in compagnia dei tre ragazzi più ammirati della scuola, e per giunta di essere il loro migliore amico.
Tutti e tre alzarono lo sguardo su Remus, in piedi davanti a loro, che sembrava combattere una battaglia interiore tra il Prefetto e Lunastorta.
Dopo diversi secondi di tensione, durante i quali James, Sirius e Peter lo fissavano con tanto d’occhi, pregando che la sua parte irrazionale prendesse il sopravvento, Remus annuì.
«Sì, ci sto. Ovvio che ci sto!» esclamò, mandando mentalmente al diavolo il buonsenso ed andando ad unirsi all’abbraccio di gruppo a cui avevano dato inizio James e Sirius, urlando e ridendo.
«Hogwarts si ricorderà di noi, amici miei!» urlò Sirius, e gli altri si mostrarono rumorosamente d’accordo.
Per diversi minuti giocarono come bambini, spintonandosi e ridendo, le menti più confuse ed inebriate di felicità di quanto avrebbero potuto essere dopo una bottiglia di Whisky Incendiario.
La loro ilarità si placò un po’ quando un gufo venne a picchiettare alla loro finestra. Proveniva dalla torre dei dormitori femminili, che si scorgeva appena nel buio.
James andò ad aprire e il gufo ripartì subito dopo aver lasciato cadere a terra la lettera, alla volta della Guferia. Il giovane si chinò a raccoglierla. Sul retro c’era scritto, in una calligrafia disordinata ma evidentemente femminile, «per i Malandrini». James la girò e urlò agli altri, che avevano ripreso a giocare tra di loro, di starlo a sentire.
«È passata la mezzanotte, scalmanati, state disturbando la quiete pubblica! James, Lily minaccia di ucciderti domani se non la lasciate dormire, e non chiedermi perché se la prende solo con te. Remus, ti credevamo più responsabile, ci hai molto deluse, sì!
Andate a dormire! Bacino della buonanotte a tutti!
Marlene.
» lesse James con qualche difficoltà, a causa delle risate che lo bloccavano ad ogni frase.
Anche gli altri tre scoppiarono a ridere rumorosamente, poi James ricordò la minaccia di Lily e zittì tutti, terrorizzato.
«Meglio se andiamo a dormire» sghignazzò Sirius, sfilandosi la divisa.
Gli altri furono d’accordo e lo imitarono. Cinque minuti dopo erano sotto le coperte, e l’unica luce accesa era quella sul comodino di James.
«Dite che Lily mi ucciderebbe sul serio?» domandò quest’ultimo dopo qualche attimo di silenzio.
La reazione fu immediata. Tre cuscini lo raggiunsero da tre parti diverse della stanza e James si protesse con le braccia, ridendo. «Okay, ho afferrato! Buonanotte!» concluse e spense la lampada con un colpo di bacchetta, mentre tutti gli altri mugugnavano a loro volta la buonanotte.


Angolo Autrice:
Okay, questa è la rivisitazione di Ever fancied someone you know you shouldn't?, e spero vi piaccia.
Ho deciso di attenermi ancor di più alla storia, immettendo personaggi già presentati dalla Rowling ma dei quali non si conosce ad esempio l'età, la Casa di appartenenza eccetera.
Ovvero: Marlene McKinnon. Rivestirà un ruolo fondamentale nella storia, probabilmente sarà la sostituta di Lisbeth Jenson e Sophie Ranson, che ho deciso di eliminare. Per quanto riguarda Sophie, credo che prima o poi pubblicherò una fanfiction su lei e Sirius, ma non ne sono ancora sicura. Di certo pubblicherò una one-shot con il flashback che nella versione precedente di questa storia aveva vissuto, quello della morte della madre raccontata a Sirius.
Poi c'è Hestia Jones, che ho deciso di mettere tra i Tassorosso. Non so se sarà molto presente finché frequenteranno Hogwarts, ma dopo avrà sicuramente un ruolo più importante.
Amelia Bones, che ho inserito tra i Corvonero, avrà probabilmente un ruolo marginale.
Dorcas Meadowes: una delle Grifondoro per eccellenza, avrà un ruolo importante.
Kingsley Shacklebolt: ho deciso che frequenterà il sesto anno in Grifondoro. Avrà un ruolo marginale, probabilmente verrà solo citato inizialmente, ma una volta uscito da Hogwarts avrà un ruolo più importante.
Ci saranno anche le sorelle Black, Molly e Arthur, tutti già usciti da Hogwarts.
In ogni caso per quanto riguarda l'importanza che avrà ognuno dei nuovi personaggi, non assicuro che sarà esattamente come ho appena scritto, magari cambierò qualcosa.
Spero di riuscire a correggere il prossimo capitolo entro domenica prossima, durante la quale spero di pubblicarlo!
Un bacio a tutti e spero che questo primo capitolo vi piaccia!
Con affetto,

Serena_Potter.


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Capitolo 2
*** Strane conversazioni. ***



Strane conversazioni










«SVEGLIA!»
L’armoniosa voce di Dorcas invase il dormitorio, provocando un’unica reazione generale, ovvero quattro cuscini lanciati verso la ragazza da diverse parti della camera.
Lei si abbassò e li evitò tutti, e rispose facendo una linguaccia alle quattro amiche.
Il dormitorio femminile del settimo anno di Grifondoro era occupato da tre stanze. Una di queste ospitava cinque ragazze che, involontariamente, si erano fatte conoscere in tutta la scuola per diverse motivazioni.
Per quanto Lily Evans ed Alice Prewett si considerassero delle studentesse modello ligie alle regole, non erano mancate le occasioni in cui le avevano infrante.
Le altre tre ragazze, invece, erano consapevoli di non essere affatto studentesse modello e i loro precedenti sei anni erano stati pieni zeppi di punizioni scontate nell’ufficio di qualche insegnante o in compagnia del custode, Gazza. Marlene McKinnon, Dorcas Meadowes e Mary McDonald erano le scalmanate della scuola.
«Andiamo dormiglione, non vorrete arrivare tardi il primo giorno!»
«Vacci tu a lezione, Meadowes» borbottò Mary, gentile e amorevole come ogni mattina, tirandosi le coperte fin sopra la testa.
Dorcas sospirò rassegnata e borbottò qualcosa di incomprensibile prima di chiudersi in bagno per una buona mezz’ora, dimentica dell’orario e totalmente indifferente alle urla delle altre che poco dopo furono costrette ad alzarsi e che avrebbero gradito utilizzare il bagno.
«Dor, vuoi uscire da lì?» esclamò Lily, esasperata e divertita al contempo. Aveva dormito benissimo, il ritorno ad Hogwarts la rallegrava come nient’altro, e la gioia di trovarsi di nuovo tra quelle mura protettive non sarebbe stata scalfita neanche dall’amore morboso di Dorcas per il bagno.
Dall’altra parte della porta provenne un’imprecazione soffocata e pochi secondi dopo Dorcas fece capolino dal bagno, sbuffando.
«Ho i miei tempi, lo sapete bene» si lamentò, andando a pettinarsi davanti allo specchio a grandezza naturale che lei stessa, sei anni prima, aveva posizionato nel dormitorio. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di rimuoverlo, Elfi Domestici compresi, ed era diventato parte integrante del mobilio.
«Altroché se lo sappiamo» borbottò contrariata Marlene infilandosi in bagno, più veloce della luce.
Nonostante Dorcas potesse apparire come la classica ragazza totalmente concentrata sull’aspetto esteriore, lei era molto più di questo. Sapeva essere la più seria tra le cinque amiche, aveva ottimi voti in quasi tutte le materie ed era un’eccellente duellante.
Ma soprattutto, era consapevole della guerra che si stava abbattendo sul mondo magico in quegli anni. La madre di Dorcas era stata uccisa dai Mangiamorte quando lei era appena dodicenne, e quel tragico avvenimento aveva temprato il suo carattere, spingendola a migliorarsi sempre di più nella Difesa Contro le Arti Oscure per poter vendicare la madre una volta uscita da Hogwarts, quando si sarebbero trovati tutti nel cupo mondo reale.
Tutti nella scuola erano a conoscenza della morte di Arianne Meadowes, abilissima strega che lavorava come Guaritrice al San Mungo e ammiravano la figlia Dorcas per la forza con cui aveva affrontato quella perdita. Nella scuola non c’era persona, ad esclusione di alcuni Serpeverde, che non provasse per la Grifondoro un profondo rispetto.
Tuttavia, solo Lily e le altre conoscevano davvero il profondo dolore che Dorcas aveva dovuto superare e che ancora allora, a distanza di cinque anni, tornava a tormentarla nel cuore della notte.
«Chi ha fatto smettere di urlare i Malandrini, ieri sera?» domandò Alice che aveva usato il bagno subito dopo Marlene, entrambe più veloci della luce.
«Io, ovviamente!» esclamò la sopracitata Marlene, alzando un braccio nel bel mezzo di una complicata operazione versa ad infilare le calze della divisa scolastica. Il gesto le fece perdere la concentrazione e l’equilibrio, spingendola a compiere qualche saltello su un piede solo per non finire distesa a terra. Dorcas intervenne appena in tempo e la sostenne.
«Dopotutto l’unica persona a cui James e Sirius danno retta sei te» commentò Mary appena prima di entrare in bagno.
Marlene sghignazzò soddisfatta, annuendo.
«Vero. Ma Sirius ascolta anche Dorcas, qualche volta!» aggiunse, passandosi una mano tra i capelli per sistemarli. La lunga chioma bionda ricadde dolcemente sulle sue spalle e Marlene assunse un’espressione soddisfatta.
«Giusto qualche volta, e solo perché al quarto anno ho minacciato di tagliargli i capelli. Ci sono quasi riuscita, poi però è intervenuto James» sospirò Dorcas, sconsolata.
«Ovviamente sentiva suo il dolore di Sirius. Entrambi hanno una fissazione maniacale per i capelli» aggiunse Alice, sistemandosi il maglioncino nero.
«A proposito di James, sono certa che se smetteste di litigare darebbe ascolto anche a te, Lily. È terrorizzato dai tuoi Schiantesimi fin dal quinto anno» ridacchiò Marlene, e Lily le lanciò un’occhiata a metà tra lo scocciato e il soddisfatto.
«Di certo non smetteremo mai di litigare, e proprio per questo dovrebbe darmi ascolto. Avrebbe molto meno da temere dai miei Schiantesimi» sogghignò e tutte nella stanza scoppiarono a ridere.








L’orario della colazione ad Hogwarts era sempre stato le sette e trenta di mattina, ma i Malandrini non si erano mai trovati d’accordo con questa regola. A detta loro, era un attentato – uno dei tanti – alla salute degli studenti, e avevano tentato più volte di convincere la McGranitt a proporre a Silente l’idea di spostare l’orario della colazione ad un più comodo momento della mattinata, come le undici. Su quell’argomento, Remus si trovava stranamente d’accordo con gli altri tre.
Quella mattina, la prima del loro ultimo anno ad Hogwarts, non era diversa da quelle dei precedenti sei anni, e i Malandrini, a mezz’ora dall’inizio delle lezioni, si trovavano ancora seppelliti sotto le coperte rosso rubino e non davano segni di vita. Dalle scale del dormitorio provennero passi rumorosi che solo Remus percepì in lontananza. Qualcuno bussò insistentemente alla loro porta, ma il tentativo di svegliare i quattro bradipi in letargo che abitavano quel dormitorio passò totalmente inosservato.
«E’ per il vostro bene, credetemi» esclamò una voce dalle scale, seguita da uno scroscio di risa. Qualcosa di piccolo e tondo rotolò sotto la porta. Proprio in quel momento, il viso paffuto ed insonnolito di Peter fece capolino dalla massa di lenzuola. Gli occhi acquosi del Grifondoro misero a fuoco la pallina e un attimo dopo si sgranarono in un’espressione di puro terrore.
«Ragazzi!» urlò come avvertimento, prima di tuffarsi in tutta velocità sotto le lenzuola, ma il suo avvertimento non sortì l’effetto desiderato. I tre amici scattarono contemporaneamente con la testa fuori dalle lenzuola; la pallina intanto stava assumendo una forma strana, come se qualcosa premesse da dentro e la gonfiasse.
James, Sirius e Remus si guardarono freneticamente attorno, stravolti dal sonno – il primo non vedendoci assolutamente nulla – e proprio in quel momento la pallina esplose.
Un denso e puzzolente fumo nero invase la stanza insieme alle urla, imprecazioni e colpi di tosse di tre dei quattro abitanti del dormitorio.
«Porca Pluffa!» esclamò Sirius più forte di tutti gli altri. I tre, tossendo ancora convulsamente, agitarono le braccia per disperdere il fumo che ben presto svanì, lasciando uno strato di polvere nera su ogni superficie della stanza ed un tanfo insopportabile.
«Paciock..» borbottò James tra i denti, ricadendo pesantemente sul cuscino, nero quanto la sua faccia.
«Giuro che stavolta lo ammazzo sul serio» ringhiò Sirius, che stava scavando sotto l’intrico di coperte e lenzuola.
«Glielo avevamo chiesto noi al terzo anno, di svegliarci» sospirò Remus, alzandosi con una mano premuta su bocca e naso. Con la mano libera aprì la finestra e scostò le tende, lasciando entrare luce ed aria pulita nella stanza. Nemmeno Sirius si lamentò della troppa luce, estremamente impegnato nel tentativo di districarsi dal groviglio che gli aveva intrappolato le gambe.
Frank Paciock aveva accettato di buon grado la richiesta dei Malandrini di svegliarli ogni mattina, disperati dopo esser finiti in punizione un numero spropositato di volte per aver fatto tardi a lezione. Era stato così felice di svolgere quel compito perché col passare del tempo, lui che passava parecchio tempo con i sovrani delle malefatte, aveva imparato qualche trucchetto con i quali si divertiva a svegliare, più o meno tranquillamente, i quattro amici.
«Magari con più delicatezza» borbottò Peter, riemergendo dai meandri del letto e guardandosi intorno con circospezione. James ridacchiò.
«Ramoso, verresti ad aiutarmi? Giuro che se tutta questa robaccia mi ha sporcato le mutande, ucciderò Paciock dopo atroci sofferenze» ringhiò, in una perfetta imitazione del Sirius canino.
James scoppiò a ridere, seguito a ruota dagli altri due, poi rotolò giù dal letto trascinandosi dietro le coperte. Si rialzò elegantemente in piedi, stiracchiandosi con lentezza, sul viso un’espressione beata. I pantaloncini del pigiama rosso-oro erano storti, e la maglia era probabilmente persa nelle profondità del letto. Una volta aver indossato gli occhiali squadrati, anch’essi un po’ storti, il suo aspetto assunse un non so che di ridicolo e divertente.
«POTTER!» urlò Sirius, fulminandolo con lo sguardo, e James si riprese dallo stato di catalessi.
«Arrivo, tranquillo!» ridacchiò sommessamente e si piazzò ai piedi del letto di Sirius. «Al tre!» avvertì, afferrando saldamente i lembi delle coperte, e Felpato annuì con fermezza, pronto a ciò che stava per accadere. «Uno.. due.. TRE!» urlò infine, e Sirius fece appena in tempo ad aggrapparsi alle aste del baldacchino mentre James tirava via con uno strattone le coperte e le lenzuola. Purtroppo però la forza che aveva usato nel tirarle via era un tantino eccessiva: si ritrovò spinto all’indietro e perse l’equilibrio, precipitando a terra con un sonoro tonfo.
Inutile dire che le risate non tardarono ad arrivare. Remus, che intanto si era appropriato del bagno, socchiuse la porta per capire cosa diamine stesse accadendo e gli scrosci di risa coinvolsero anche lui, non appena vide James a terra e la sua espressione dolorante.
«E’ da immortalare!» urlò Sirius e si catapultò verso il comodino di James dov’era poggiata una macchina fotografica magica. Scattò la foto che subito uscì dalla macchina e la ripose con cura nel proprio cassetto, chiuso a chiave con la magia. «Questa andrà a finire ovunque, sappilo» sghignazzò, e James gli rivolse un’occhiata furiosa che tentava di nascondere comunque un certo divertimento.
«Probabilmente sono sexy anche così» commentò rialzandosi agilmente da terra e massaggiandosi la schiena.
Sirius soffocò un altro accesso di risa per poi catapultarsi in bagno non appena Remus uscì, con i capelli ancora gocciolanti.
«Questo sarà un grande anno, ragazzi» lo sentirono urlare.
Ridacchiarono divertiti, ma quando il melodioso suono della sua voce li raggiunse nuovamente stava cantando una canzone del nuovo gruppo rock, le Sorelle Stravagarie, e per i loro apparati uditivi non fu affatto una buona cosa.










«Incantesimi alla prima ora, non male» commentò Sirius, con in mano l’orario che stava scorrendo velocemente con lo sguardo.
«Già, ma siamo in ritardo» esclamò Remus, sbuffando, ormai abituato a non arrivare in orario a nessuna lezione.
«Come sempre, ormai ci hanno fatto l’abitudine» rispose quindi James sbadigliando vistosamente, senza accennare minimamente ad aumentare il passo.
«L’ultima volta la McGranitt ci ha dato una punizione di un mese» borbottò Peter.
«Ci hanno fatto l’abitudine tutti tranne la McGranitt, ovviamente» corresse allora Sirius, e gli altri tre scoppiarono a ridere.
Pochi minuti dopo giunsero a destinazione, e una leggera ansia li sorprese prima di bussare alla porta e spalancarla.
«Buongiorno professore, scusi il ritardo, stavamo, ehm.. ripassando! E non ci siamo accorti del tempo che passava, e..»esclamò James bloccandosi a metà, probabilmente consapevole dell’inverosimiglianza della sua affermazione. Tirò fuori il libro di Incantesimi dalla borsa come fosse una prova, con un sorriso imbarazzato.
Vitious li osservò per qualche secondo con un sopracciglio inarcato, poco convinto dalla scusa che Ramoso aveva dovuto improvvisare sul momento, poi però sospirò e annuì con rassegnazione.
«Va bene ragazzi, sedetevi, prego» esclamò, con la sua tipica voce acuta.
I quattro sospirarono di sollievo ed entrarono in classe. Peter chiuse la porta e andò a sedersi insieme a Remus al banco in seconda fila. Sirius si guardò rapidamente intorno e notò un banco libero in ultima fila, e strattonò la manica di James per indurlo a seguirlo, ma quest’ultimo era tutto intento a salutare Marlene McKinnon.
«Ciao Marley!» esclamò, probabilmente dimentico di trovarsi in un’aula, al cospetto di un insegnante che stava spiegando, e nel silenzio più totale.
Marlene si girò di scatto, presa alla sprovvista. Ridacchiò sommessamente nel vedere James che le faceva un occhiolino e alzò la mano per salutarlo a sua volta, proprio mentre la squillante voce di Vitious, ora irritata, richiamava tutti all’attenzione.
«Signor Potter! Non solo è arrivato in netto ritardo, ma si permette anche di disturbare gli altri studenti! Venga alla lavagna, venga. Ha detto che stava ripassando, giusto?» esclamò, fissando il giovane Potter a metà tra l’irritato e lo sconfitto. Sapeva già che nonostante l’interrogazione fosse a sorpresa, James se la sarebbe cavata egregiamente. Lo sapeva anche Lily Evans, seduta accanto a Marlene, e sbuffò tra sé e sé per quel motivo.
«Esattamente, stavo proprio ripassando» mentì James annuendo, senza la minima traccia di imbarazzo. Intanto si avvicinò alla cattedra del professore e si fermò accanto ad essa. Lanciò un ghigno a Sirius, furtivamente, che rispose con un pollice alzato.
«Perfetto! Allora saprà dirmi la definizione esatta dell’incantesimo di Rabbocco» disse il piccolo professore dalla folta barba scura, scrutando James da sopra gli occhiali tondi.
«L’incantesimo di Rabbocco serve a riempire un recipiente del cui contenuto è rimasto ben poco» snocciolò senza alcuna difficoltà e con elegante distacco.
«Bene.. e sarebbe in grado di eseguirlo su quest’ampolla?» domandò Vitious, mettendo davanti a James un’ampolla contenente un liquido viola quasi finito.
«Senza dubbio» James lanciò un sorriso smagliante al professore e estrasse la lunga bacchetta dalla tasca della divisa. La agitò con eleganza senza pronunciare una sola parola dell’incantesimo in direzione dell’ampolla, che immediatamente si riempì.
Vitious annuì soddisfatto e appuntò una E sul proprio registro. James riuscì a scorgere la lettera e ghignò con una certa soddisfazione, per poi tornare immediatamente serio e tossicchiare appena.
«Posso andare al posto, professore?» chiese educatamente.
«Sì, certo, vai, Potter» lo congedò Vitious e James si diresse all’ultimo banco con la sua solita camminata che trasudava arroganza e soddisfazione.
Sirius gli batté il cinque quando arrivò al banco e si avvicinò al suo orecchio per sussurrargli qualcosa.
«Sbaglio o l’incantesimo di Rabbocco ti era abbastanza familiare?» domandò sogghignando e James dovette reprimere una risata trasformandola in un colpo di tosse.
«Non sbagli, amico» rispose sottovoce, sorridendo divertito.
Il professore riprese il suo monologo incentrandolo ora sulla Meteofattura Recanto.
Sirius cominciò a scarabocchiare su pezzi di pergamena e James prese a guardarsi intorno. I Grifondoro seguivano la lezione con i Tassorosso, e tra loro gli erano davvero familiari – di molti altri conosceva solo il nome, o probabilmente loro conoscevano il suo – solamente due ragazze.
La prima, Bertha Jorkins, si era presa una cotta per lui durante il loro quinto anno e per mesi interi l’aveva assillato per avere un appuntamento. Sfortunatamente per lei, proprio in quel periodo James aveva iniziato a vedere Lily non più solo come un divertimento e non aveva preso neanche in considerazione la povera Bertha. Era una ragazza estremamente sbadata e persa tra le nuvole, ma oltre a questo dava anche l’impressione di mancare d’intelligenza, e contrariamente a come sembrava, a James non piacevano per niente le ragazze stupide.
La seconda Tassorosso familiare a Ramoso, era Angelica Thompson. Il giovane Potter la considerava la ragazza più dolce del pianeta e probabilmente aveva ragione. Era gentile e disponibile con tutti, poco portata per la Difesa Contro le Arti Oscure perché pensava che l’utilizzo di fatture e controfatture sia per  difendersi che per attaccare fosse infinitamente violento. Era una Nata Babbana, orfana di padre, e la madre le aveva trasmesso l’amore per la tranquillità e l’odio per la violenza. James chiacchierava spesso e volentieri con lei, che gli parlava del movimento hippie avvenuto nel mondo Babbano negli anni precedenti. Il Grifondoro non aveva ben capito tutti i termini Babbani che Angelica usava, ma era arrivato ad amare quello stile di vita di cui gli aveva tanto parlato.
Quindi spesso aveva tentato di portare Sirius con sé quando passava tempo con Angie – Remus e Peter conoscevano già, a grandi linee, il movimento hippie, avendo entrambi un genitore Babbano – ma il ragazzo considerava Angelica noiosa e James aveva presto rinunciato.
Proprio in quel momento, Angie si voltò verso di lui e gli sorrise. James ricambiò il saluto con un occhiolino, poi lasciò vagare lo sguardo sul resto della classe e, inspiegabilmente, si ritrovò ad osservare Lily Evans con un certo interesse.
Stava diligentemente prendendo appunti, nonostante sapesse eseguire alla perfezione l’incantesimo già l’anno precedente. In quel momento spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sbuffò, annoiata, alzando lo sguardo su Marlene. La bionda si stiracchiò lentamente ma tornò composta dopo un’occhiataccia di Vitious e Lily ridacchiò sommessamente.
James restò a guardarla per altri cinque minuti buoni, in cui lei fissò il vuoto, finché il professore non agitò la bacchetta e sulle teste di tutti gli studenti non apparvero nuvole scure e tempestose che non preannunciavano niente di buono. Prima che qualcuno potesse ben rendersi conto di ciò che stava per accadere, le nuvole cominciarono a riversare sugli studenti una pioggia scrosciante.
«Avanti ragazzi, fermate la pioggia!»
James, a causa dell’improvvisa dose non indifferente d’acqua che arrivò a bagnarlo completamente, perse l’equilibrio sulla sedia e cadde rovinosamente a terra.
La risata simile ad un latrato di Sirius riempì l’aula, presto seguita da molte altre, mentre Ramoso si rialzava tranquillamente, massaggiandosi la nuca e ridendo assieme agli altri. Nel frattempo tutti gli alunni erano totalmente fradici.
Improvvisamente James sentì uno sguardo penetrante posarsi su di lui e, istintivamente, si voltò verso la Evans che lo squadrava con aria di disapprovazione. Nel contesto tuttavia non era molto credibile, con la pioggia che le si riversava addosso e ciocche di capelli appiccicate sul volto. James le rivolse un sorriso sornione e Lily si girò sbuffando, provvedendo finalmente a far cessare la pioggia dalla sua nuvola.
Marlene, che nel frattempo stava ancora soffocando dalle risate, si beccò un’occhiataccia da parte dell’amica che tuttavia fece smettere di piovere anche sopra di lei.
«Ho come l’impressione che fare la figura dell’idiota non ti aiuterà a conquistarla» commentò Sirius all’orecchio di James, sghignazzando.
«Non l’ho fatto apposta» rispose lui, imbronciato, recuperando la bacchetta e agitandola in direzione della nuvola. La pioggia cessò e la nuvola scomparve.
«Perfetto signor Potter, perfetto! Cinque punti a Grifondoro!»esclamò Vitious dietro di lui.
Sirius sbuffò e borbottò qualcosa a proposito di ‘fortuna sfacciata’, affrettandosi far cessare la pioggia anche dalla sua nuvola. Si voltò poi verso Vitious che però era impegnato a spegnere un piccolo incendio scoppiato al banco di Peter – per motivi ignoti – per notare il perfetto incantesimo non verbale di Felpato, che s’imbronciò e incrociò le braccia al petto, appoggiando i piedi al banco e assumendo un’espressione da cane bastonato – che, anche a causa dei capelli gocciolanti, gli riuscì piuttosto bene – che provocò a James risa convulse e fece sospirare un paio di ragazze sedute dietro di loro.











«Andiamo Lils, non hai visto come ti fissava James? Era letteralmente in contemplazione!» esclamò Alice, tamburellando distrattamente sul tavolo di legno della biblioteca. In realtà anche lei era piuttosto sorpresa da quello che aveva detto, in quanto James Potter non aveva mai contemplato nessuno, e quello era quindi un avvenimento più unico che raro.
«Piantala Cice, non mi interessa >> sbottò Lily scontrosamente, pentendosi subito dopo del tono poco garbato. Riprese a scrivere il tema che la McGranitt non aveva perso tempo ad assegnare, nonostante fosse solo il primo giorno di lezione.
Gli occhi chiari della ragazza vagarono sulla pergamena, poi fece spallucce.
«Sono d’accordo con James, sei maledettamente testarda» commentò Alice, non ottenendo altro che un ostile silenzio.
I minuti si susseguirono silenziosi, e lei si accorse che la conversazione non era in procinto di assumere toni interessanti. Sospirando, lasciò un bacio sulla guancia a Lily e uscì dalla Biblioteca, delusa.
Eliminato il problema ‘discorsi su Potter’, la pace invase la stanza, completamente vuota se non fosse stato per Lily.
Con un sospiro soddisfatto la ragazza si dedicò totalmente al completamento del tema sulla Trasfigurazione Umana, la concentrazione aiutata dal fruscio della piuma sulla pergamena e dal silenzio circostante.
Sussultò appena quando una voce spezzò il silenzio magico calato sulla Biblioteca, e alzò il volto dal libro che stava consultando.
«Ehi Evans».
Potter si sedette davanti a lei, sorridendole tranquillamente.
Con uno scatto fulmineo Lily chiuse il libro e l’astuccio, pronta ad andarsene senza degnarlo di una sola parola.
Così, lo stupore puro la riempì quando una mano si serrò attorno al suo polso, impedendole di scappare. Si voltò di scatto, sgranando impercettibilmente gli occhi davanti al sorriso sincero di Potter che era scattato in piedi per impedire la sua fuga.
«Andiamo Evans, resta qui» esordì, facendo un cenno del capo verso la sedia da cui si era appena alzata.
Lei liberò il polso con uno strattone, afferrando la pergamena abbandonata sul tavolo, senza indugiare troppo ad osservare l’espressione sorpresa di Potter.
«Non ho voglia di discutere. Lasciami in pace.» disse seccamente, uscendo velocemente dalla Biblioteca. Appena fuori, si fermò per qualche secondo per buttare il materiale su cui stava studiando dentro la borsa a tracolla. Dopodiché si diresse a passo svelto verso la Sala Comune, tentando di non far caso ai passi leggeri che si avvicinavano sempre di più. D’un tratto pero, per la seconda volta in pochi minuti, qualcuno la fermò tenendola per il polso, così si girò ad osservare con un sopracciglio inarcato un James Potter con una strana espressione.
«Ci hai preso l’abitudine?» domandò sarcasticamente accennando al suo polso stretto dalla mano del ragazzo. Lui abbassò lo sguardo con le sopracciglia aggrottate, quasi sorpreso dall’inopportuna vicinanza delle loro mani, non accennando a volerla lasciare, poi tornò a fissarla con sguardo quasi doloroso.
«Per Merlino, Evans perché fai così?» domandò all’improvviso, il tono a metà tra ferito e aggressivo. Lily aggrottò la fronte, confusa e turbata da quel suo atteggiamento.
«Così come?» domandò a sua volta, quasi titubante.
Lui abbassò lo sguardo per un momento, lasciando la presa dal suo polso. Le diede così la possibilità di correre via, ma le gambe di Lily non accennavano a volersi muovere.
«Così.. scappi quando mi vedi arrivare, sputi veleno ogni volta che ci scambiamo qualche frase!» disse velocemente, come se dire quella frase gli costasse un sacrificio enorme. Appoggiò la schiena al muro, alzando lo sguardo che aveva riacquistato una parvenza della solita arroganza. Lei strinse le labbra, muovendo quasi involontariamente un passo verso di lui, movimento che, sfortunatamente, non gli sfuggì.
«Sai già perché ti odio» disse senza alcuna delicatezza, pentendosene subito dopo. L’espressione di James si fece, di nuovo, più dolorosa di quanto lei avrebbe osato immaginare, divenendo quasi insopportabile.
«Quindi mi odi davvero» disse quasi in un sussurro, fissando la giovane negli occhi. È solo in quel momento che Lily si rese conto di quanto fossero profondi i suoi.
Boccheggiò per qualche secondo, inspiegabilmente, poi riuscì a riacquistare la facoltà di parola.
«Non so Potter, tu adoreresti qualcuno che ti ha assillato per sei anni?» chiese infine, con un certo sarcasmo.
Nonostante riuscisse a sopportare la situazione con distacco, il suo cinismo era stato intaccato dalla sensazione che aveva provato davanti all’espressione quasi stanca di James. Ma più di tutto era quel brillio negli occhi nocciola a mettere a dura prova la sua resistenza, e credeva seriamente di non farcela a reggere il suo sguardo ancora per molto. Quel momento di debolezza la spaventò moltissimo e per un momento fu sul punto di urlargli contro di smetterla di fingere che gli importasse qualcosa di lei, delle persone, dei sentimenti, di tutto.
In totale silenzio, James si staccò di scatto dal muro con una spinta leggera e le si avvicinò, serio. Si fermò  così vicino a lei che poté sentire un’ondata di profumo dolce invaderla, e credé di sentire l’odore del legno fresco e un vago profumo di menta. Quasi inebriata da quell’essenza, si voltò di scatto verso di lui, senza neanche capire perché.
«Avrei cercato di capire il motivo della sua insistenza» soffiò James, quasi con disprezzo, e Lily sgranò gli occhi, spiazzata, senza sapere cosa dire.
Neanche lui aveva idea di cosa stesse dicendo, e neanche lui aveva mai cercato di capire il motivo della propria insistenza. Era qualcosa di naturale, alzarsi dal letto la mattina con l’idea fissa di scambiare quattro parole con lei, o scompigliarle i capelli in modo da farle irritare, o solo chiederle di uscire e schivare la conseguente fattura.
«Probabilmente non c’è alcun motivo alla sua insistenza» borbottò Lily senza vera convinzione, e James storse la bocca, esasperato.
«Come pare a te, Evans» sbuffò, affondò le mani nelle tasche e si incamminò lungo il corridoio, senza voltarsi neanche una volta.
Lily rimase a fissare il punto in cui James Potter aveva svoltato l’angolo, confusa dal turbine di sentimenti contrastanti che le stavano poco gentilmente danzando nello stomaco.
«Lils?» una voce incredula la raggiunse da luoghi remoti, risvegliandola dalle sue riflessioni di dubbio senso e utilità. Si voltò verso Emmeline, che si stava frettolosamente sistemando il maglioncino della divisa.
«Da dove vieni?» domandò Lily, sospettosamente, con un sopracciglio inarcato.
«Beh, sono nata in Bulgaria, ma i miei sono di Londra!» rispose Emmeline con un sorriso smagliante.
«Seriamente, Lin».
«Mai stata più seria» commentò, facendo sparire il sorriso dal volto ed assumendo un’espressione che lei avrebbe definito ‘seria e pacata’. Lily la guardò con un sopracciglio inarcato, reprimendo un sorrisetto ironico. Lei rimase in silenzio per un po’, dondolandosi avanti e indietro sui talloni, poi rivolse un piccolo sguardo alla ragazza e scoppiò a ridere, provocando di conseguenza anche le risate di Lily.
«Ero nel dormitorio di Anthony» ammise alla fine, dandole una piccola spinta quando la vide ghignare.
«Tu invece che ci facevi immobile nel corridoio a fissare il nulla? Ti hanno soggiogata con l’Imperius? » scattò, allarmata, prendendo a scuotere l’amica per le spalle.
«No, Lin, ehi, non sono soggiogata! Stavo.. parlando con Potter» farfugliò Lily, frettolosamente, evitando deliberatamente lo sguardo di Emmeline, che la fissò ad occhi sgranati.
«Non farti strane idee, sul serio» commentò la Evans dopo un paio di minuti di silenzio, in cui poté quasi sentire il cervello della ragazza lavorare senza sosta per capire quale inimmaginabile discorso poteva esserci stato tra lei e James Potter.
Emmeline sbuffò, scrollando le spalle.
«Dai, raccontami!» sbottò con tono autoritario.
«Non c’è niente da-..» cominciò l’altra, bloccandosi per qualche istante all’occhiata di fuoco della dolce Emmeline Vance. «Non c’è niente da dire. Abbiamo.. parlato della ronda di mercoledì» inventò sul momento, cercando di nascondere l’incertezza nella voce. Lei la guardò, non pienamente convinta, senza però aggiungere altro.
«Allora.. Anthony?» domandò quindi Lily, nel tentativo di sviare la conversazione su argomenti meno pericolosi, e sorrise trionfante quando la vide arrossire leggermente.
Durante la mezz’ora successiva rimase in silenzio, ad ascoltare i discorsi di Emmeline su quanto fosse adorabile Anthony, senza particolare attenzione.
Si limitò ad annuire e a mugolare qualche ‘mhmh’ per concordare alle domande di Lin, anche se non sapeva bene se fossero dirette a lei o meno, mentre non riusciva, inspiegabilmente, a togliersi dalla mente lo sguardo doloroso e penetrante di James Potter.
«Sì, certo..» borbottò senza realmente aver capito l’ennesima domanda dell’amica, che sospirò teatralmente.
«Vado a fare una doccia, ci vediamo davanti la Sala Grande!» esclamò Emmeline sorridendo ed incamminandosi verso la Sala Comune dei Corvonero.
«D’accordo, a dopo allora» borbottò Lily distrattamente, prima di avviarsi nella parte opposta, ancora totalmente presa dalle sue riflessioni.









«James?»
Sirius osservò con sguardo penetrante il suo migliore amico, che se ne stava seduto senza dire niente da troppo tempo, lo sguardo perso e l’espressione vuota, stuzzicando svogliatamente la carne che aveva nel piatto. Il richiamo del giovane Black passò inosservato, e il silenzio calò anche tra Remus e Peter che diressero lo sguardo verso Ramoso.
«Jamie, che hai?» domandò nuovamente Sirius, cercando un approccio delicato considerata la strana situazione. Lui parve riscuotersi dal suo stato di totale apatia, e alzò lo sguardo su Sirius con un piccolo sorriso che non gli illuminò gli occhi.
«Io? Niente, figurati, sono solo un po’ stanco» rispose con tono di voce noncurante, fingendo maldestramente uno sbadiglio.
«Andiamo Ramoso, non hai fatto niente per tutto il giorno» s’inserì Moony, con la sua classica espressione calma e pacata, sebbene nel suo tono ci fosse una vaga se non impercettibile nota d’accusa. Tuttavia sembrava essersi rassegnato alla nullafacenza dei suoi amici e i suoi richiami contro quest’ultima erano sempre più rari.
« James, in effetti non hai una bella cera» aggiunse Peter, le sopracciglia aggrottate in un’espressione preoccupata.
Lo sguardo di Sirius si posò nuovamente su James che sembrava ormai rassegnato a raccontare qualcosa di cui probabilmente nessuno nel mondo era a conoscenza e sembrava turbarlo nel profondo, facendolo sprofondare in uno stato di inguaribile tristezza che non era assolutamente da lui.
«Evans» sussurrò solamente, ora con espressione rabbiosa. Improvvisamente sembrò esserci una scintilla di furia nei suoi occhi e in quel momento Sirius ebbe l’impressione che fosse spaventosamente simile a lui, in quelle veloci variazioni del suo stato d’animo.
Inspiegabilmente, quel cognome tanto conosciuto provocò in lui un moto d’irritazione senza eguali. Quello era solamente il primo giorno di scuola e Lily Evans sembrava aver sconvolto l’animo di James già un paio di volte, e probabilmente non ne aveva il minimo rimorso.
«Devi smetterla di starle dietro» sbottò Pad, improvvisamente, infilzando senza alcuna delicatezza una patata al forno e cacciandosela in bocca con movimenti irritati.
Dalla sua destra provenne un verso d’esasperazione.
«Ero convinto che non m’importasse» borbottò Ramoso imprecando poi sottovoce. Si passò una mano tra i capelli in un gesto che, almeno quella volta, non volle essere provocatorio ma solo esasperato.
«C-cosa vuoi dire? Ti importa?» domandò Sirius, sconcertato, fissando il suo migliore amico con gli occhi sgranati e non facendo minimamente caso a Remus che scuoteva la testa, disperato di fronte a cotanta idiozia. Naturalmente non riusciva a capacitarsi del fatto che Sirius non si fosse ancora accorto del sentimento che James provava nei confronti di Lily.
«No.. Non lo so.. Non credo!» farfugliò Ramoso, nonché persona più idiota di questo universo a parere di Remus che fu sul punto di prendere a battere la testa contro il tavolo.
«Provare qualcosa per la Evans è puro masochismo, nel tuo caso» esclamò Sirius a voce notevolmente alta, rendendosi subito dopo conto del suo errore.
James gli mollò una botta sulla nuca e Felpato accusò il colpo con un mugolio.
«Metti i cartelloni in giro a questo punto, no?!» sbottò Ramoso sottovoce con una piccola dose di sarcasmo, ritrovando però il buonumore una volta che Peter e Remus ebbero preso a sghignazzare.
Sirius ridacchiò, tornando a concentrarsi sul contenuto del suo piatto.
«James, se potesse interessarti, lei è proprio lì» aggiunse Remus sottovoce, indicando un punto discretamente lontano del tavolo di Grifondoro. James alzò il capo verso la direzione indicata da Remus, da dove si scorgeva perfettamente una chioma rossa.
Sospirò di sollievo, sorridendo.
«Almeno lei non ti ha sentito, al contrario del resto del mondo» commentò fingendosi irritato contro Sirius, che assunse un’espressione innocente. Lui scoppiò a ridere, e l’ilarità si spanse attorno a loro, mentre l’atmosfera tornava a farsi leggera.







Angolo Autrice:
Okay, questo capitolo era già stato pubblicato ieri ma EFP è andato un po' in tilt, quindi rieccomi!
Sono decisamente in ritardo ma come vedete il capitolo è stato rivisto COMPLETAMENTE. Mi ci è voluto un secolo per tagliare lì, aggiungere la e fare le scelte giuste per l'andamento che voglio che prenda la storia. 
Però ci sono riuscita! La parte più importante, ovvero la conversazione tra Lily e James, è stata decisamente rivista perché nella precedente versione velocizzava troppo le cose.
Per quanto riguarda Angelica Thompson, non so bene cosa fare di lei. Non so se avrà un ruolo importante o se è stata solo una mini apparizione, si vedrà!
Bene, ho concluso! Grazie mille alle due persone che hanno messo la storia tra i Preferiti, graaazie davvero! *^*
Un bacio,

Serena_Potter.


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Capitolo 3
*** Consigli per James Potter. ***


Consigli per James Potter











Remus alzò gli occhi quando centinaia di gufi planarono dalle alte finestre della Sala Grande, lasciando cadere nelle mani dei proprietari pacchetti e giornali.
La voce di James invase la Sala Grande deliziando tutti i presenti con una delicatissima imprecazione, tanto delicata che lo sbuffo stizzito della McGranitt si sentì fin lì. Remus abbassò lo sguardo su di lui con un sopracciglio inarcato, pronto all’ennesima ramanzina sull’educazione che ci voleva nei posti pubblici, soprattutto quando erano presenti persone importanti, ma le risa bloccarono sul nascere il nobile proposito, quando vide il gufo reale di James tuffare ripetutamente il becco nel suo calice di succo di zucca e frugare nel suo piatto.
«Direi che è affamato» farfugliò Lunastorta tra le risate cercando di riprendere fiato, cosa che sarebbe stata d’aiuto a Peter che rischiava di collassare, soffocato dalle eccessive risa.
James borbottò qualcosa, contrariato, arruffando le piume del gufo dei Potter, che gli becchettò affettuosamente il dito prima di levarsi in volo e sparire fuori dalle finestre.
«Cosa ti ha portato?» domandò Codaliscia, ripresosi dall’attacco di risa convulse ma ancora rosso in viso.
James prese una busta in carta pregiata, la aprì e ne tirò fuori una pergamena piegata in tre parti. Dopo averla dispiegata, scorse lo sguardo sulle parole scritte dalla calligrafia elegante di Dorea Potter. Poi scrollò le spalle.
«I soliti saluti di mamma, e dice di avvertire Sirius che ha dimenticato il libro di Storia della Magia.. come se fosse importante» aggiunse alzando lo sguardo sul ragazzo di fronte a sé, che aveva la testa affondata tra le braccia e russava lievemente.
«Sveglia, Felpato!» esclamò Peter dandogli un colpo sulla nuca, dopo aver ingoiato un’abbondante dose di porridge.
James e Remus scoppiarono a ridere quando Sirius fece scattare la testa all’insù, guardandosi intorno come se non sapesse dove si trovava. Batté un paio di volte gli occhi impastati di sonno e sbadigliò rumorosamente.
«Buongiorno» borbottò tranquillamente, incurante delle risate degli amici.
All’improvviso però una cascata di capelli biondi invase la visuale di James.
«Jamie!» esclamò l’esuberante, sorridente, sarcastica e bellissima Marlene McKinnon. I lunghi capelli solleticarono il viso di James quando lei gli si gettò addosso abbracciandolo da dietro. Gli scoccò un rumoroso bacio sulla guancia.
James scoppiò a ridere, voltandosi ed abbracciando la giovane.
«Marley, luce dei miei occhi!» sussurrò al suo orecchio ridacchiando e scompigliandole amabilmente i capelli. Lei sciolse l’abbraccio e s’infilo tra James e Remus, dando un bacio anche a quest’ultimo, seppur meno rumorosamente.
«Buongiorno Malandrini!» sorrise dolcemente, rubando un toast imburrato dal piatto di James ed addentandolo. Subito dopo fece una smorfia schifata. «Ma cosa mi fai mangiare, Potter?!»
Lui scoppiò nuovamente a ridere, seguito a ruota dagli altri tre.
«Non ci ho ancora messo la marmellata».
«E cosa aspettavi?!».
«Forse sarebbe meglio se guardassi cosa stai per mangiare, prima di farlo» scherzò Sirius e Marlene gli lanciò un’occhiataccia, sminuendo l’effetto con una linguaccia giocosa.
Prese un coltello e spalmò una dose abbondante di marmellata d’arance sul toast, addentandone poi un morso. Si guardò distrattamente intorno, masticando con lentezza. Poi, all’improvviso si alzò – rischiando di far cadere Remus dalla panca – e sventolò un braccio in direzione di qualcuno.
«Devo lasciarvi, ci si vede a lezione!» posò il toast mangiato per metà nel piatto di James e mandò un bacio volante a tutti e quattro, prima di dirigersi verso le sue compagne di dormitorio.
Sirius la seguì con lo sguardo, sghignazzando sottovoce. James gli rivolse un’occhiata interrogativa e al contempo divertita, ma lasciò cadere l’argomento senza dire niente.
«Chi abbiamo alla prima ora?» domandò Peter, ancora rosso in viso probabilmente a causa di Marlene.
«Trasfigurazione» rispose Remus scorrendo l’orario settimanale, e James davanti a lui sospirò soddisfatto.
«Sono un mito in Trasfigurazione!» esclamò senza alcuna modestia, passandosi una mano tra i capelli, per l’ennesima volta.
«Non sarai mai bravo quanto me» s’intromise Sirius con nonchalance.
«Starai scherzando, spero».
«Affatto, avevo una E lo scorso anno!» farfugliò Sirius, con la bocca piena di pane tostato e marmellata.
«Anche io!»
«Non è possibile!»
«Non potreste essere semplicemente allo stesso livello?» s’intromise Peter, esasperato.
«Potremmo, ma..» iniziò James, lanciando un’occhiata complice a Sirius.
«Duello in classe?» propose quello, esaltato alla prospettiva.
«Espulsione immediata?» commentò Remus con lo stesso tono di Sirius. Quest’ultimo cercò lo sguardo di James, si fissarono per qualche momento, poi scrollarono le spalle ed assunsero un’espressione da «non m’interessa». James alzò il pugno chiuso e Sirius batté contro il suo, poi scoppiarono in una risata fragorosa.
Dopo averli fissati per qualche secondo, con sguardo che variava dall’incredulo al rassegnato, Remus prese a sbattere ripetutamente la testa contro il legno duro del tavolo, ripetendosi mentalmente, come ad auto-incoraggiarsi, che la loro idiozia non era inguaribile, e che ci doveva essere sicuramente un modo, una terapia intensiva, qualsiasi cosa che facesse loro recuperare l’ormai perduta sanità mentale.
Peter si limitò a spostare lo sguardo dai due che ridevano a Remus che rischiava di fracassarsi il cranio, senza sapere bene cosa fare. Nel dubbio, ridacchiò un po’ e portò la sua attenzione di nuovo sul bacon nel piatto.
 
 




 
«La McGranitt vi ucciderà» li avvertì Peter, lanciando ai due Animaghi un’occhiata preoccupata. Sia James che Sirius passarono un braccio attorno alle spalle di Peter, più basso di loro di una spanna. Sirius attirò a sé anche Remus.
«Non preoccuparti, Coda» minimizzò James, sorridente e tranquillo.
«Al massimo finiremo in punizione» Sirius scrollò le spalle, noncurante.
«Sì, a vita» aggiunse infine Remus, lanciando loro un’occhiataccia.
Entrambi scoppiarono a ridere, seguiti a ruota da Peter. L’ilarità contagiò presto anche Remus, che si limitò a sorridere. Intanto constatò mentalmente che sarebbe stato meglio per lui e Peter sedersi il più distante possibile dagli altri due, così da non finire nei pasticci a causa loro.
Nell’aula di Trasfigurazione c’era tramestio sia da una parte che dall’altra. I Grifondoro, raggruppati attorno alle finestre dell’aula, ridevano e schiamazzavano ed ogni tanto rispondevano alle occhiate in cagnesco che i Serpeverde, dalla loro parte di aula, indirizzavano loro.
James e Sirius, seduti su due banchi, erano i più rumorosi. Intorno a loro volavano piume e risate. Persino Lily Evans sorrise di sfuggita nel vedere James rischiare di cadere dal banco. Remus lo notò, ma non fu sicuro che fosse una buona cosa, così decise di evitare di riferirlo a James.
«… E quindi Alan ha fatto esplodere il calderone» stava raccontando Marlene, tra una risata e l’altra. «Mamma si è arrabbiata tantissimo, i residui della pozione sono andati a finire dappertutto».
«Le ripetizioni che ho dato ad Alan lo scorso anno non sono servite a molto, allora» scherzò Lily, ridendo di gusto.
Prima che Marlene potesse replicare la McGranitt fece il suo ingresso nell’aula e un improvviso silenzio scese su tutti i ragazzi, che diedero il buongiorno alla professoressa ed andarono a sedersi.
Lily e Marlene si sedettero al penultimo banco e scoprirono – la prima con enorme fastidio, la seconda con entusiasmo – di essere sedute davanti a James Potter e Sirius Black.
«Ehi ragazze» sussurrò loro Sirius, attento a non farsi vedere dalla professoressa.
«Che c’è?» mormorò in risposta Marlene, mentre Lily rimase in un ostinato silenzio, decisa a non rivolgere neanche una parola ai due ragazzi dietro di sé.
«Vedrete uno spettacolo entusiasmante, avete fatto bene a sedervi qui» le informò James, divertito. Poi, come se si fosse appena reso conto che la ragazza seduta accanto a Marlene era proprio Lily Evans, si sedette composto sulla sedia, premuto contro lo schienale come se volesse starle il più lontano possibile o non volesse farle notare la sua presenza.
Sia Marlene che Sirius gli rivolsero uno sguardo interrogativo e lui scosse quasi impercettibilmente la testa, il viso solitamente sorridente attraversato da un’ombra di distacco freddo che forse voleva coprire un sentimento più profondo. Più doloroso.
«Oggi continuerò la spiegazione della Trasfigurazione Umana» iniziò la professoressa McGranitt, il tono di voce asciutto e sbrigativo come sempre. «Ma prima devo ritirare i temi assegnati ieri» e detto questo, con un colpo di bacchetta appellò a sé una trentina di temi che andarono ad impilarsi in perfetto ordine proprio davanti a lei.
«Niente duello, amico» borbottò Sirius che a quel sussurro ricevette un’occhiataccia dalla McGranitt. Aspettò che avesse distolto lo sguardo, poi aggiunse verso James, coprendosi la bocca con una mano: «Si rimanda, o Minnie ci fa fuori». Un sorrisetto solcò il suo viso e si affrettò a distanziarsi da James quando la professoressa gli rivolse un’altra occhiata fulminante.
James non ebbe nessuna grande reazione. Non mostrò sollievo – ma comunque non sarebbe stato possibile – ma neanche un accenno di scocciatura. Fece un lieve cenno con la testa e restò immobile, le braccia incrociate al petto e lo sguardo torvo fisso sulla nuca di Lily Evans.
Sirius, dal canto suo, si chiese se non avesse subito un grave trauma che l’aveva rimbambito completamente. Poi però, notando i movimenti nervosi di Lily che ticchettava con le dita sul banco producendo un rumore che, a lungo andare, diventava davvero fastidioso, comprese che la faccenda poteva essere decisamente più seria.
«Devi dirmi qualcosa?» borbottò in direzione di James, che si voltò verso di lui, sorpreso, distraendosi finalmente dall’osservazione dei capelli di Lily.
«Cos..» iniziò, ma la professoressa McGranitt non gli diede il tempo di proseguire.
«Potter, Black! Un’altra parola e sarete in punizione per una settimana!» esclamò, le narici dilatate nella sua solita espressione di furia mal controllata.
«Scusi, professoressa» disse James, e Sirius annuì con convinzione.
«Dopo» sillabò Sirius e James annuì impercettibilmente.







 
Quel pomeriggio la pioggia arrivò a rendere il paesaggio attorno ad Hogwarts meno accogliente di quanto in realtà non fosse. Anche il castello risentì di quell’improvviso temporale, e spifferi di vento gelido s’infiltrarono tra le imposte delle alte finestre, costringendo gli studenti a girare per i corridoi con le sciarpe avvolte strette attorno al collo. Gli studenti di Grifondoro del settimo anno avevano l’ultima ora buca, e ne approfittarono per rifugiarsi al caldo nella Sala Comune.
«Merlino, odio la pioggia» si lamentò Marlene per l’ennesima volta. Gli unici momenti in cui la sua solita felicità divagante cedeva il posto ad un più ombroso disappunto si verificavano quando la pioggia cadeva imperterrita. Considerato il tempo non propriamente caldo e soleggiato di quel punto della Scozia, si poteva dire che l’umore di Marlene tendeva a cambiare molto spesso.
«Lene, te ne stai lamentando da ore» sbuffò Alice, ormai quasi al limite della sopportazione. 
«Già, perché non giochi e basta?» aggiunse Dorcas, che quel giorno era decisamente poco incline alla pazienza, tamburellando con le dita sul tavolo attorno al quale erano sedute. La partita a scacchi magici che aveva intrapreso contro Marlene non accennava a velocizzarsi, visti i continui lamenti di quest’ultima.
«Va bene, scusa» borbottò, spazientita, aggiungendo qualcosa di poco comprensibile sulla scarsa pazienza dell’amica. Fece la sua mossa, senza stare a pensarci troppo e tornò a guardare fuori dalla finestra, sbuffando ripetutamente.
«Scacco matto» proclamò Dorcas senza particolare entusiasmo. Marlene quasi non se ne accorse, Lily continuò a leggere senza distrarsi neanche per un secondo e solo Alice rivolse un sorrisone a Dorcas.
«Brava Cas» si complimentò, gentile come al solito. Dorcas le rivolse un sorriso, poi sbadigliò e si stiracchiò, guardandosi distrattamente intorno tra le amiche.
«Dov’è Mary?» domandò quindi, confusa. Non vedeva l’amica dalla fine della lezione precedente.
«Laggiù, a lucidare la scopa con James» rispose Alice, indicando un punto della Sala Comune verso i divanetti rossi, sfondati ma lo stesso comodissimi. Lily si mosse appena sulla sedia al nome di James, sul suo volto comparve una smorfia ma per il resto non diede segno di star seguendo, almeno in parte, la loro conversazione.
Marlene, invece, che da quando pochi secondi prima aveva perso la partita con Dorcas si stava girando i pollici, osservandoli con concentrazione, si riscosse dal suo stato di catalessi e si voltò a guardare Mary e il resto dei Malandrini.
«A quanto vedo vuole rubarmi il ragazzo» scherzò con un sorrisetto sul volto, e Alice e Dorcas scoppiarono a ridere. Persino sul volto di Lily comparve l’ombra di un sorriso, ma nessuna delle tre se ne accorse.
«Quando Mary si renderà conto di essere una ragazza..» iniziò Alice.
«E di attirare i ragazzi come l’oro attira uno Snaso» aggiunse Dorcas, che aveva già capito dove voleva andare a parare Alice.
«..allora potrai preoccuparti che possa rubarti il ragazzo, Lene. Ma non credo succederà mai, conoscendola» concluse la biondina, lanciando un’occhiata rammaricata a Mary che in quel momento stava ridendo rumorosamente di una battuta di James.
Neanche Alice metteva troppo in evidenza la sua femminilità, anzi, era più occupata a preoccuparsi di ciò che succedeva nel mondo magico per cercare d’attirare l’attenzione dei ragazzi, ma non era neanche un maschiaccio come Mary McDonald. E oltretutto, il suo cuore apparteneva ad un ragazzo già da molto tempo, e l’amore infinito che provava per lui la rendeva totalmente indifferente a tutti gli esseri umani di genere maschile di quella scuola. O almeno quasi tutti.
«James farebbe capitolare anche lei» sbuffò Marlene, incrociando le braccia al petto in una finta espressione scocciata, quando in realtà si stava divertendo.
«Conto più su Black per questo» buttò lì Alice, osservandosi distrattamente le unghie.
«Black e Mary, una coppia? Ancora più inverosimile di Mary con Potter. Io punto tutto su Remus» s’intromise Lily che da qualche secondo, abbandonata la lettura, osservava l’amica lanciare sguardi a Lupin, di tanto in tanto.
Dorcas annuì con convinzione e puntò un indice verso Lily.
«Questa ragazza ha buona capacità d’osservazione» disse annuendo e tutte le altre scoppiarono a ridere.
«Quindi il problema è ancora più grande» osservò Alice, poco dopo.
«Perché?» chiese Marlene, confusa.
«Perché Remus, in fatto di amore, è ancora più ottuso di Mary!» spiegò la biondina con ovvietà, sospirando sconsolata.
Lily ridacchiò appena, poi scrollò le spalle. «Se Mary non vuole impegnarsi è una sua decisione» osservò, spostando lo sguardo sulle amiche come a chiedere una conferma.
Tutte e tre annuirono con convinzione.
«Certo, tanto ci sei tu a tenerle compagnia, no?» commentò Dorcas, scuotendo lentamente la testa.
«Finché James non riuscirà finalmente nel suo intento» concluse Marlene, ricevendo l’approvazione di Alice. Dorcas le batté il cinque. Lily alzò gli occhi al cielo, irritata ed al contempo infastidita da una strana sensazione allo stomaco che le riportò alla mente spezzoni della conversazione avuta con James due giorni prima.
«Dubito accadrà» commentò categorica, riaprendo il libro e nascondendocisi dietro con decisione.
Marlene mosse le labbra a dire «accadrà, accadrà» e Alice e Dorcas dovettero trattenersi dallo scoppiare a ridere forte.
Lily, troppo impegnata a fingersi irritata con loro, non si accorse di niente. Fissava senza in realtà vederlo il libro aperto davanti a sé, ma sulla pagina, al posto delle righe, sembravano apparire ricordi.
«Avrei cercato di capire il motivo della sua insistenza»
Questa era la frase che più spesso faceva capolino tra i suoi pensieri, sconvolgendole per qualche secondo la mente e lasciandola spiazzata. Non sapeva cosa pensare, perché era vero: non aveva mai cercato di capire il motivo dell’insistenza di James, poiché lo dava per scontato. Potter era solo un arrogante pallone gonfiato che per infastidirla la stuzzicava e la invitava ad uscire solo per aggiungere il suo nome alla lista dei trofei conquistati.
O forse no? Ma l’alternativa era semplicemente troppo inverosimile per essere presa in considerazione.
 
 





 
Era davvero inverosimile quell’alternativa? James Potter se lo chiedeva ininterrottamente da due giorni interi, senza trovare una risposta. Era stato distratto, poco incline alla conversazione e a volte scontroso anche con i suoi tre migliori amici, senza quasi rendersene conto.
Quel mercoledì, però, aveva deciso di smettere di torturarsi con quelle paranoie. Gli serviva l’aiuto di un amico e a quel punto c’era solo l’imbarazzo della scelta.
La prima persona a cui pensò di raccontare tutto fu Sirius, naturalmente, ma si rese conto che non era il più adatto a quel tipo di conversazioni, considerata anche la sua antipatia per Lily Evans. Ciò non tolse che James si ripromise di parlargliene al più presto, perché certe cose non si possono tenere nascoste al proprio fratello.
Poi c’erano Remus e Marlene, che gli sarebbero stati sicuramente d’aiuto, ma erano i migliori amici di Lily e ciò bloccava James, che non voleva correre il rischio che la ragazza venisse a sapere qualcosa di quella storia dalla quale lui non riusciva a districarsi.
In quel momento, la persona che probabilmente sarebbe stata meno adatta di Peter a quel genere di cose, gli sembrò la scelta giusta.
Mary McDonald era assolutamente perfetta. James la conosceva bene da anni, precisamente da quando erano entrati nella squadra di Quidditch al secondo anno. Sul campo erano affiatati, e nella vita fuori dallo sport tenevano l’uno all’altra, sebbene non se lo fossero mai detti. James era sicuro che non si sarebbe fatta scappare niente con Lily. Rimuginò per un po’ su questa decisione, usando la lucidatura della scopa come scusa per estraniarsi dalla conversazione, e finalmente giunse ad una conclusione.
«Mary, verresti un attimo con me? Devo chiederti una cosa» le chiese d’un tratto, sorridendole. Lei si bloccò a metà di una risata e annuì, un po’ spiazzata.
«Certo, figurati» rispose, sbrigandosi a posare con delicatezza la scopa a terra, vicino ai piedi di Remus, che come Sirius e Peter guardava James senza capirci niente.
James era già scattato in piedi e Mary lo seguì fuori dal buco del ritratto.
«Uhm, sediamoci allora» borbottò James con tutta l’aria di dover intraprendere un discorso importante, sedendosi sul primo gradino della scalinata. Mary lo imitò, osservandolo ora con un po’ di preoccupazione.
«Cosa c’è che non va, Jimmy?» chiese con delicatezza, utilizzando il diminutivo che gli aveva dato al terzo anno. Inclinò la testa di lato per guardare verso di lui. I grandi occhi scuri lo scrutavano con attenzione.
«Nulla, è solo che.. beh, io e Evans abbiamo parlato, l’altra sera. E, ecco, non è stata una delle solite conversazioni» iniziò, titubante. Indugiò per un momento a fissarsi la punta delle scarpe, poi le raccontò tutto quello che era successo, a partire da quando si erano incontrati in biblioteca fin quando non se ne era andato, infuriato per la testardaggine di Lily che non voleva saperne di capire, ma confuso perché neanche lui capiva.
Fu sorpreso di ricordare tutti i dettagli con precisione estrema, ma pensò fosse perché erano passati solo due giorni. Tuttavia l’espressione spiazzata e confusa di Evans non voleva saperne di abbandonare la sua mente.
Mary si prese qualche secondo per rimuginare sul racconto, scrutando davanti a sé con concentrazione.
«Da quanto tempo chiedi a Lily di uscire, James?» chiese ad un tratto.
James, spiazzato, si passò una mano tra i capelli e fece un rapido calcolo.
«Dal quarto anno, se non sbaglio» rispose, inizialmente non convinto, poi annuì per confermare le sue parole.
«Dal quarto anno le chiedi di uscire ottenendo solo no come risposta» osservò Mary, passandosi la lingua sulle labbra per inumidirle. «E questo perché ti approcci male con lei. È per questo che lei non ha mai pensato che ci fosse qualcosa dietro».
James la fissò sgranando gli occhi. «Qualcosa dietro? Ma di che parli, Mar?» chiese, spiazzato.
Lei ipotizzò per un momento di prenderlo a schiaffi finché la parte attualmente spenta del suo cervello si decidesse a funzionare, poi però si convinse che alla consapevolezza di un sentimento forte come quello doveva arrivarci da solo, e comunque lei non era la persona adatta per farglielo scoprire.
«Quindi neanche tu pensi ci sia un motivo dietro a questi tre anni di continue richieste?» domandò con finta ingenuità e James scosse la testa, senza troppa convinzione.
«Non credo.. insomma, lo avrei capito, giusto? Non si ama una persona senza accorgersene» borbottò, confuso fino all’inverosimile. Non appena pronunciò il verbo “ama”, lo stomaco si attorcigliò dolorosamente e Mary si congratulò mentalmente con lui; forse non ci avrebbe messo poi tanto a capire.
«Non lo so, James, ci sono tante persone che amano senza saperlo» buttò lì come se niente fosse, scrollando le spalle.
«Cosa pensi che debba fare?» domandò lui, se possibile ancor più confuso di prima, ma con una nuova consapevolezza che aveva aperto una breccia in tutta quell’intrico di sensazioni, non mostrandosi però ancora totalmente.
«Cerca di capire se tieni a lei. Dalla conclusione a cui giungerai, capirai se lasciarla stare o provarci ancora» rispose pratica Mary, voltandosi verso di lui. «Anche se ti consiglio un diverso approccio, davvero» aggiunse con convinzione, annuendo per accentuare il concetto. James rise, sentendo finalmente il suo petto liberarsi da un peso enorme.
«Grazie Mar» sorrise, attirandola a sé e stringendola in un abbraccio che lei ricambiò con allegria e affetto.
«Figurati» sussurrò al suo orecchio, prima di scostarsi con delicatezza dalla stretta. «Ora torniamo dentro, o penseranno che ci siamo persi» aggiunse poi, alzandosi agilmente.
James ridacchiò appena, imitandola. «Questo lo vedo difficile» borbottò divertito, pensando alla Mappa del Malandrino al sicuro nella tasca dei pantaloni. Mary gli lanciò uno sguardo interrogativo e lui fece un gesto come a dire «lascia stare». Rientrarono insieme nella Sala Comune e si diressero verso i Malandrini. Né James né Mary notarono la fugace occhiata che Lily Evans rivolse loro.
«Cos’avete combinato là fuori?» chiese maliziosamente Sirius quando i due si sedettero nuovamente su uno dei divanetti.
«Segreto» rispose James, ghignando e strizzando l’occhio a Mary, che scoppiò a ridere.
Lo stomaco di Peter brontolò e Remus gettò un’occhiata all’orologio da polso. «E’ quasi ora di cena, scendiamo?» chiese, alzando lo sguardo sugli altri.
«Assolutamente» esclamò subito Peter, provocando le risate degli amici. Arrossì appena, ma sorrise anche lui.
«Vado a posare la scopa, non azzardatevi a scendere senza di me!» minacciò James puntando l’indice a turno sui tre Malandrini. Sirius ridacchiò e Remus alzò il pollice verso James, che salì le scale che portavano ai dormitori a due a due.
«Vado anch’io, poi scendo con le ragazze. Ci vediamo in Sala Grande, Malandrini» salutò Mary, alzandosi e dirigendosi anche lei verso i dormitori con la scopa in spalla.
Sirius le mandò un bacio volante come saluto, poi si stiracchiò pigramente. «Mary è fantastica» commentò con un sorriso rilassato sul viso, distendendosi sul divanetto e portando le mani dietro la nuca.
Peter annuì, d’accordo con lui, e Remus accennò un sorriso vagamente imbarazzato.
 
 
 






Quella sera, dopo cena, i Malandrini si stavano rilassando attorno al caminetto acceso della Sala Comune, vuota per metà. Era già tardi e quasi tutti gli studenti si erano ritirati nei dormitori, tranne quelli frequentanti il quinto e il settimo anno. La scuola era iniziata da pochi giorni e il carico di compiti si faceva già sentire.
Sirius, sdraiato comodamente su un divanetto, aveva lo sguardo fisso fuori dalla finestra, vacuo, a guardare la pioggia che ancora non voleva saperne di smettere di cadere. Remus leggeva, scompostamente accasciato su una poltrona. Cambiava posizione ad intervalli regolari, senza tuttavia staccare gli occhi dalle pagine. Peter, seduto a terra, era impegnato in una partita a Gobbiglie con Frank Paciock, che era stato perdonato dai Malandrini dopo il brusco risveglio del primo giorno di scuola.
James, invece, seduto al contrario su una poltrona – letteralmente al contrario, con le gambe distese sullo schienale – giocherellava con il Boccino d’Oro. Lo lasciò andare per l’ennesima volta, aspettò qualche secondo e lo riacchiappò svogliatamente. Sfortunatamente nessuno vide la straordinaria presa e James non ricevette complimenti neanche da Peter, troppo impegnato con le Gobbiglie per accorgersi di cosa accadesse attorno a lui. Tuttavia, a James Potter non importava più di essere ammirato e lodato, o almeno non come prima.
Per l’ennesima volta lanciò un’occhiata di sottecchi a Lily Evans, per l’ennesima volta Sirius lo notò e alzò gli occhi al cielo. Per l’ennesima volta James sentì una strana sensazione allo stomaco e sospirò.
Stava seguendo il consiglio che Mary McDonald gli aveva dato nel tardo pomeriggio, ovvero cercare di capire se tenesse davvero a Lily Evans, ma la faccenda si era rivelata molto complicata. I pensieri s’ingarbugliavano e non era ancora giunto ad una conclusione, nonostante stesse pensando all’argomento da diverse ore.
«James, ti stai facendo scappare il Boccino» lo avvertì una voce e per poco non cadde dalla poltrona, nel tentativo di riacciuffare il Boccino e contemporaneamente voltarsi verso colei che aveva parlato.
«Porco Salaz..» sbottò sottovoce, assumendo una posizione naturale. Alzò gli occhi ad incontrare quelli di Marlene, che lo guardavano con una scintilla di divertimento.
«Vieni qui» la invitò James, spalancando le braccia e lei si sedette compiaciuta sulle sue gambe.
«Come mai i Malandrini sono così tranquilli, stasera?» domandò sottovoce, accennando agli altri con un movimento del capo. James ridacchiò appena, scrollando le spalle.
«Ci stiamo rilassando prima del grande botto, baby» rispose scherzosamente, strizzandole l’occhio.
«Il botto lo farai tu se Lily vi becca» lo avvertì lei, ma sminuì l’effetto con un occhiolino.
«Okay, scherzavo! Anche noi abbiamo bisogno di tranquillità» spiegò scrollando le spalle e Marlene annuì appena, sedendosi meglio su di lui. Appoggiò la testa sulla sua spalla e si dedicò alla contemplazione di una ciocca di capelli particolarmente scuri.
Qualche secondo dopo Remus si alzò dalla poltrona, sbadigliando rumorosamente.
«Io v-vado a d-dormire» borbottò, dimenticando addirittura di coprirsi la bocca con la mano. James ridacchiò appena. «Cercate di non svegliarmi, quando verrete su» detto ciò diede la buonanotte a Marlene e si avviò verso il dormitorio. Prima di salire le scale si fermò a salutare Lily e le sue amiche. La giovane gli diede la buonanotte con un bacio sulla guancia e James, che li stava fissando insistentemente, provò un moto di gelosia che inizialmente gli sembrò ingiustificato.
«Smetti di fissarla, Jamie, diventa imbarazzante» borbottò Marlene, afferrandogli il viso con una mano e facendolo voltare delicatamente.
Lui tossicchiò appena.
«Si nota?» domandò, sconsolato.
«Scherzi? Non fai altro».
James sospirò, rassegnato. Quelle poche parole servirono solo a confondergli ancor di più le idee, provocandogli anche un lieve mal di testa. Aveva bisogno di riposare, e magari dopo una bella dormita tutta quella situazione gli sarebbe parsa più chiara e comprensibile.
«Vado a dormire anch’io, Lene – buonanotte» borbottò, lievemente abbattuto. Le posò un bacio tra i capelli e si avviò verso il dormitorio, senza degnare di uno sguardo nessuno dei pochi ragazzi ancora presenti nella Sala Comune.
Si trascinò su per le scale e dopo quella che gli sembrò essere una salita infinita giunse davanti alla porta del dormitorio.
Girò il pomello ed entrò con la massima delicatezza nella camera. Remus non dormiva ancora, ma era sdraiato sotto le coperte con lo sguardo rivolto alla falce di luna che s’intravedeva attraverso le nuvole.
«A che pensi?» domandò curioso James, spogliandosi ed infilando velocemente il pigiama rosso-oro, scosso da brividi di freddo.
Remus spostò lo sguardo su di lui e fece spallucce.
«Niente in particolare. Tutto bene, Ramoso? Hai una pessima cera» commentò mettendosi seduto più comodo.
James scrollò le spalle, infilandosi sotto le coperte. «Sarà la stanchezza! Ho davv-v-vero» e sbadigliò rumorosamente, «bisogno di dormire.»
Remus ridacchiò appena, sdraiandosi nuovamente e tirandosi le coperte fin sopra la testa.
«Spera che Sirius e Peter non facciano il solito casino quando verranno su» gli augurò, afferrando la bacchetta e spegnendo la lanterna sul suo comodino.
La risata di James giunse sommessa da sotto le coperte. «Buonanotte, Remmie» borbottò, sbadigliando nuovamente.
«Buonanotte Jamie» rispose l’altro, chiudendo gli occhi.
Ben presto – per non dire in un batter d’occhio – entrambi caddero tra le braccia di Morfeo. Quando Sirius e Peter entrarono in camera li trovarono addormentati a russare con la bocca aperta. Nessuno dei due si premurò di fare silenzio – Peter andò a sbattere rumorosamente contro un’asta del letto a baldacchino e Sirius non trattenne le risate – ma né James né Remus avevano il sonno leggero. 








Angolo Autrice:
Okay, il finale di capitolo è orribile e sembra che abbia tagliato una frase a metà, ma mi sono scervellata per trovare una frase differente senza concludere assolutamente niente ed ora, alle due della notte, ho rinunciato.
Questo è un capitolo piuttosto statico - è stravolto rispetto a quello "originale", me ne rendo conto. Più che una revisione della vecchia, questa storia sta prendendo una piega totalmente diversa.
Quindi, l'unica cosa davvero importante è il consiglio che Mary (persona meno adatta non c'è) da a James riguardo Lily. Avrebbe potuto scegliere chiunque, è vero, per farsi dare un semplice consiglio, e non ci sarebbe voluto un genio per dirgli ciò che gli ha detto Mary, ma la scelta di questa ragazza è stata ponderata a lungo, e penso che questo ponga le basi per una solida amicizia tra James e Mary, che prima erano stati solo compagni di squadra e "amici" per modo di dire.
Ora. Mi sorgono dubbi su dubbi per quanto riguarda Marlene McKinnon. Questa ragazza non mi darà mai pace per due ragioni.
Uno: non riesco a capire che aspetto abbia (e quindi che "prestavolto" assegnarle), ed è importante sotto certi punti di vista, specialmente per il punto due.
Due: non so se far nascere qualcosa tra lei e Sirius. Per esserne certa dovrei trovare la ragazza ideale dal punto di vista fisico, ma comunque ora CHIUNQUE mi sembra sbagliata per Sirius perché sono troppo influenzata da un'altra fanfiction e non riesco a vedere Black con nessun personaggio all'infuori della tipa di cui è innamorato in quella fanfiction. 
Sono una complessata.
Il succo è: per favore, consigliatemi una ragazza-volto per Marlene o credo che potrei ricominciare la storia per la terza volta cancellandola definitivamente (non so se lo farei sul serio, ma conoscendomi ne sarei capace).

Beh, ho concluso!
Grazie a chi ha letto i capitoli precedenti!
Un bacio,

Serena_Potter.

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Capitolo 4
*** Ronde e legami. ***


Ronde e legami.










Si dice che i sogni mostrino ciò che vogliamo davvero. James Potter ne era totalmente all’oscuro.
Aveva sognato Lily Evans così tante volte da perdere il conto; a volte sognava di baciarla, altre volte di riuscire a strapparle un sì alle sue continue richieste di uscire. Ma il più delle volte sognava solo il suo viso.
Quella notte i suoi sogni erano stati tormentati e confusi – si era svegliato due volte a causa di Lily, che gli aveva tirato un vasetto di marmellata in testa e poi gli aveva urlato contro parole incomprensibili.
Si svegliò la mattina con un grido strozzato, mentre l’immagine di Sirius che faceva il giocoliere con il corpo di Lily Evans sfumava nel nulla.
Per tutta la mattina riservò occhiate truci all’amico, finché quest’ultimo, stanco dello strano comportamento di James non minacciò di prenderlo a pugni se non l’avesse finita.
In Sala Grande Remus e Peter tentarono di intavolare una conversazione ma gli altri due – Sirius ancora troppo addormentato per proferire parola e James troppo perso nei suoi pensieri per accorgersi di quello che gli accadeva attorno – non ci fecero assolutamente caso e quell’atmosfera pesante non passò inosservata. Molti degli studenti si voltarono presto a guardare i Malandrini e presero a bisbigliare tra di loro su cosa potesse essere successo di tanto grave da zittire i quattro casinisti di Hogwarts.
James non se ne accorse neanche, mentre gli altri tre, totalmente indifferenti alla situazione, continuarono imperterriti a mangiare le uova e il bacon che avevano nel piatto.
A qualche metro di distanza da loro, cinque ragazze borbottavano tra di loro, turbate dal comportamento dei Malandrini.
«Cosa credete che abbiano?» domandò Dorcas, lanciando occhiate preoccupate ai quattro in questione.
«Forse hanno litigato» suppose Alice, ma era troppo strano per essere vero. Agitò la mano come a cancellare ciò che aveva appena detto.
«James era strano già ieri sera» riferì sottovoce Marlene, osservando preoccupata il suo migliore amico. Non sapeva cosa fare, ma voleva assolutamente parlargli. L’avrebbe fatto in privato, al sicuro da tutti quegli occhi indiscreti.
Mary, che conosceva il motivo dell’umore nero di James, non proferì parole e rimase a testa bassa, concentrata sul contenuto del suo piatto, sperando che nessuna delle amiche le chiedesse alcunché.
Lily, che quando si parlava di James Potter e dei Malandrini in generale – con la sola eccezione di Remus – cadeva in un ostinato silenzio forse a dimostrazione della sua totale indifferenza verso l’argomento, distolse lo sguardo dalle amiche, portandolo inconsciamente proprio su James. Per un momento finse persino con se stessa di essere irritata da quella strana coincidenza.
Aggrottò leggermente la fronte nell’osservare l’arrogante, insopportabile, pallone gonfiato, tronfio ragazzo che aveva passato sei anni della sua vita ad infastidirla e che, qualche giorno prima, l’aveva messa con le spalle al muro, incapace di rispondere alle sue domande.
Lily si aspettava che James avrebbe utilizzato quello strano incontro ravvicinato per passare più tempo con lei, mentre invece in quei due giorni non aveva fatto alcuna allusione alla discussione che avevano avuto, anzi, sembrava averla totalmente dimenticata. Incredibilmente, non le aveva più rivolto la parola.
Era proprio questo a metterla a disagio, perché quella sera ci sarebbe stata la ronda e Lily non sapeva proprio cosa aspettarsi da lui, mentre sapeva benissimo che avrebbe dato qualsiasi cosa per evitare le maledettissime tre ore che avrebbe dovuto passare in sua compagnia.
«Lily? Lily, mi stai ascoltando?!» una voce la raggiunse da chilometri di distanza, mentre Mary le sventolava una mano davanti al viso.
«Eh? Sì, sì certo!» esclamò annuendo freneticamente, abbassando lo sguardo sulla fetta di pane tostato ancora intatta nel piatto.
«Allora dimmi, di cosa stavamo parlando?» domandò la mora, inarcando pericolosamente un sopracciglio. Lily si mordicchiò il labbro, colta alla sprovvista.
«Ehm.. Non stavate parlando di Potter?» domandò, assumendo un’espressione titubante.
Mary scosse la testa, rassegnata, mentre Emmeline scoppiava a ridere ed Alice la fissava con uno strano sorriso.
«Stavamo parlando della prossima uscita ad Hogsmeade, cara, ma tu sembravi troppo occupata a pensare ad altro» commentò con voce leggera, marcando però sulla parola altro. Lily storse le labbra, sospirando.
«Se per altro intendi cercare un modo per suicidarmi prima di stasera, allora sì, pensavo ad altro»specificò con un’espressione sconsolata in viso, bevendo un sorso abbondante di caffè amaro. Se mentire a se stessi è da stupidi, pensò, mentire agli altri lo è decisamente meno.
Si sentì comunque molto in colpa, finché non tentò di convincersi che quella piccola bugia non aveva alcun valore. Erano solo riflessioni senza senso, quelle che stava facendo.
«Andiamo Lily, James è fantastico! Solo tu ti ostini a non volerlo capire» sbuffò Marlene, lanciando una vaga occhiata al ragazzo in questione.
«Lene ha ragione, James è davvero un bravo ragazzo» s’inserì Emmeline, che conosceva Potter fin da piccola per via delle parentele tra famiglie Purosangue. Non erano mai stati tanto legati, ma sicuramente in buoni rapporti.
«E poi è davvero simpatico, anche se un po’.. ossessivo riguardo al Quidditch, ecco». Mary storse le labbra, imbronciandosi e allo stesso tempo sperando intensamente che quel tentativo di far cambiare idea a Lily funzionasse almeno un po’. Lily ridacchiò appena nel ricordare le condizioni dell’amica una volta tornata dal campo di Quidditch dopo un doppio allenamento sotto la pioggia scrosciante, poi scosse la testa e tornò seria, decisa a non darla loro vinta. Era convinta che Potter non fosse affatto un bravo ragazzo, checché loro ne dicessero.
«Resta il fatto che è poco affidabile, questo è certo» osservò Alice sporgendo lievemente il labbro inferiore. Lily le sorrise, riconoscente. «Ma quest’anno mi sembra migliorato, e poi è anche un bel ragazzo, non trovi?» aggiunse poi. Non aveva dimenticato il breve scambio di battute avuto con James sul treno per Hogwarts, dove le aveva chiesto se Lily avesse parlato di lui e Alice era stata costretta a riferirgli la dolorosa verità.
Il sorriso dal volto di Lily sparì veloce com’era arrivato.
«Non mi interessa quanto di bell’aspetto possa essere, resta un pallone gonfiato» sbottò, incrociando le braccia al petto.
«Dovresti aggiornare il vocabolario di insulti, Lils, sul serio >> sospirò Dorcas, e le altre scoppiarono a ridere di gusto.
Marlene però non rise. Guardava Lily con una strana espressione, forse seccata.
«Ci hai mai parlato davvero?» le chiese, dura.
Lily restò spiazzata e per un attimo valutò l’idea di dirle della conversazione che avevano avuto.
«N-no.. cosa vuoi dire?» chiese di rimando, confusa più dalla sua espressione che dalla domanda.
«James non è solo il tronfio arrogante che sembra, e per conoscerlo davvero dovresti rivolgergli la parola» sbottò, acida. «Non solo sparare giudizi senza sapere di cosa stai parlando».
«Credo di sapere di cosa sto parlando, dopo tutto quello che mi ha fatto passare» rispose Lily, piccata, senza davvero pensare a ciò che stava dicendo.
«Erano scherzi innocenti, Lily. Non ha mai fatto niente, a te» le fece notare, con voce che sembrò improvvisamente stanca.
«Non è vero – non ricordi quando al terzo anno mi ha tinto i capelli di verde? Potrei elencartene migliaia di fatti del genere» si difese Lily con convinzione.
«E tu non ti sei sempre difesa bene? Ho perso il conto di tutte le volte che l’hai affatturato» sbottò Marlene, alzando gli occhi al cielo in un’espressione esasperata.
«Dai, basta.. andiamo, o faremo tardi» s’intromise Mary con cautela, alzandosi e recuperando la borsa, subito imitata da Alice e Dorcas che volevano metter fine a quella discussione spinosa.
Lily, che non credeva vero di star litigando con la sua migliore amica, si affrettò ad annuire, nascondendo il viso sotto la cascata di capelli rossi per raccogliere la borsa da terra, ma soprattutto per non far notare l’espressione ferita da tutte quelle parole che non avevano fatto altro che confonderle i pensieri.
Marlene al contrario di Lily non credeva che si trattasse di una vera discussione. Era nato tutto dal suo desiderio di difendere James e aveva detto solamente ciò che pensava da tanto tempo.
«Ora c’è.. Non ci credo! Pozioni! Non in prima ora, per favore!» esclamò Alice dopo aver fatto mente locale, lanciando occhiate disperate a cui le amiche risposero con una risata collettiva, un po’ stentata da parte di Lily.
«Coraggio Cece, puoi superare anche questa» commentò Dorcas ridendo, mentre si avviavano fuori dalla Sala Grande, già vuota per metà.
«Il mio istinto di sopravvivenza non è abbastanza forte per resistere a Lumacorno! Finirò per avvelenarmi e morire lì sotto, ne sono certa» fece lei con tono sconsolato, affondando il viso tra le mani e rischiando di sbattere contro uno studente di Tassorosso. «Oh Merlino, scusami!» esclamò, tutta rossa in viso. Quello fece un cenno della mano come a dire di non preoccuparsi.
Alice, imbarazzatissima, distolse lo sguardo mentre le altre ridacchiavano sommessamente.
«Non lamentarti, almeno non sei la sua ‘Lily adorata’» aggiunse Mary, ridendo.
Alice, Marlene e Dorcas scoppiarono a ridere, mentre Lily s’imbronciava.
«Ehi, Evans!» esclamò una voce allegra e cauta al contempo. Pareva che James Potter avesse superato il momento di crisi – forse per merito del pugno che aveva rischiato di beccarsi da Sirius.
La diretta interessata sospirò lentamente, invocando una grazia, magari divina, che la aiutasse a scomparire dalla faccia della Terra. Non si sentiva ancora pronta ad affrontare un nuovo periodo di prese in giro, litigi e richieste. Non dopo quello che ormai aveva soprannominato l’incontro tabù.
«Evans.. tutto okay?»
Fu assolutamente evidente che Merlino, Morgana e qualsiasi altro mago morto, si fossero messi d’accordo per non esaudire il desiderio della povera ragazza, perché la fastidiosa voce di James Potter continuava a risuonare proprio alla sua destra.
«Ragazze, scusate.. sapete dirmi cosa le prende?» domandò con una gentilezza che a detta di Lily non gli si addiceva affatto. Fu convinta che si stesse comportando in quel modo per farsi notare da lei.
«Fossi in te non insisterei molto, ora» sussurrò Mary lanciandogli un’occhiata complice e preoccupata al contempo.
Per una buona dose di secondi Lily rimase a fissare di fronte a sé senza smettere di camminare verso i sotterranei, assolutamente decisa a non dargli retta. Era ovvio che avrebbe ricominciato a fare l’idiota, non doveva aspettarsi nient’altro ed ora non avrebbe dovuto far altro che stare in silenzio mentre lui faceva la battuta del giorno. Inutile dire che non ci riuscì.
«Non mi prende assolutamente niente Potter, grazie» sbottò sarcastica, aumentando il ritmo della marcia sempre più precipitosa verso l’aula.
«Ehm, sì, già.. Evans aspetta, dove corri?!» esclamò affrettandosi a seguirla.
Lei lanciò una vaga occhiata dietro di sé e strinse gli occhi nel guardare le sue presunte amiche che avevano preso a camminare con infinita lentezza. Marlene aveva addirittura rinunciato alle attenzioni di James per dargli l’opportunità di parlare tranquillamente con Lily, e non era cosa da tutti i giorni.
«Ti interessa?» sbottò acidamente senza degnarlo di uno sguardo.
James sembrò rabbuiarsi e rallentò il passo, restando in silenzio per qualche secondo.
«Volevo solo..» iniziò, schiarendosi la voce, «volevo solo sapere a che ora ci sarà la ronda stasera.. nient’altro» concluse tranquillamente. Represse un sospiro di sollievo per aver trovato la scusa giusta al momento giusto. Lily non pensò neanche che James aveva il foglio con gli orari delle ronde.
Le lanciò una vaga occhiata titubante che lei finse di non aver notato.
«Dalle nove a mezzanotte» rispose seccamente, nonostante non fosse più irritata come poco prima. Velocizzò il passo quando intravide l’aula di Pozioni, ormai distante pochi passi.
«Perfetto.. Evans, se non ti va, insomma.. Posso occuparmene io» borbottò il Cacciatore, passandosi una mano sulla nuca, e Lily alzò lo sguardo ad incontrare il suo, sinceramente colpita.
Valutò che le opzioni erano due: o la odiava così tanto da non voler passare tre ore del suo tempo con lei, o un improvviso slancio di galanteria l’aveva spinto ad offrirle di lasciare a lui tutto il lavoro, rinunciando così ad una serata in sua compagnia. Verosimilmente, trovava la prima opzione alquanto improbabile considerato il tempo della sua vita che aveva sprecato nel gridarle dietro battute e richieste di uscite, quindi avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che Potter, proprio lui, avesse compreso la sua sofferenza nel dover affrontare tre lunghissime ore in sua compagnia senza altri contatti umani, e avesse così deciso di alleviarle il dolore.
«Ma no, figurati.. Non c’è problema» borbottò Lily contro ogni previsione, e accolse come una manna dal cielo la porta dell’aula di Pozioni a cui erano giunti proprio in quel momento.
Tentando in tutti i modi di non far caso all’espressione piacevolmente sorpresa di James e di mettere a tacere la valanga di domande che le si riversarono nella mente, Lily si diresse a tutta velocità verso il primo banco, affrettandosi a tirare fuori dalla borsa la bacchetta e il libro. Impaziente di allontanarsi da James tentò in tutti i modi di convincersi che avesse declinato la sua offerta perché era suo dovere svolgere le ronde, e non poteva affidare tutto il lavoro ad una sola persona.
«Allora a stasera, Evans» sussurrò James, spiazzato. Era ancora in piedi sulla soglia, lo sguardo fisso sulla nuca di Lily, totalmente inconsapevole di star bloccando il passaggio a tre o quattro persone.
Lily colse a malapena il suono della sua voce e rimase in silenzio, fingendo d’immergersi nella lettura degli effetti di una pozione piuttosto particolare.
In pochi minuti la stanza si riempì – quando James si decise a spostarsi dall’uscio – ed Alice andò a sedersi accanto all’amica, al primo banco. Marlene, Mary e Dorcas si riservarono, come al solito, i posti più lontani dalla cattedra e di conseguenza da Lumacorno.
«Si può sapere cosa vi è saltato in mente a lasciarmi sola con lui?!» sbottò Lily improvvisamente, chiudendo di colpo il libro con un tonfo non indifferente.
«Perché, è successo qualcosa?» domandò Alice, improvvisamente interessata.
«Assolutamente no, mi irrita!» esclamò l’altra, scandalizzata, incrociando le braccia al petto senza curarsi del professore che era appena entrato nella classe dando il buongiorno agli studenti. Sentì il suo stomaco appesantirsi sotto quella piccola bugia, ma ad Alice non servì molto per smascherarla.
«Non si direbbe da come ti brillano gli occhi» il sorriso di Alice si allargò pericolosamente e Lily perse per un attimo il controllo.
«I miei occhi non brillano quando sto con lui, non dire idiozie!» sbottò in un sibilo piuttosto rumoroso, fulminandola con lo sguardo e stringendo i pugni quasi convulsamente.
«Signorina Evans, si calmi per favore» esclamò Lumacorno, stupefatto, ed lei si voltò lentamente a guardarlo, sgranando gli occhi.
«L’hai detto un po’ troppo forte» sussurrò Alice con un pizzico d’ironia, trattenendo con scarsi risultati le risate. Intanto, Marlene e Dorcas erano accasciate sul banco in preda a convulse risate silenziose, mentre Mary era tutta intenta a lanciare occhiate d’avvertimento a James, ma anche lei tratteneva le risa. Sirius sghignazzò apertamente e diede un pugno giocoso sulla spalla di James che fissava Lily ad occhi sgranati, con un accenno di sorriso ad illuminargli il volto.
Tra i Serpeverde regnava l’indifferenza, ma uno di loro sembrava essere interessato. Severus guardò Lily, sofferente, per un solo istante.
«Mi scusi, non.. non succederà più» borbottò Lily in direzione del professore.
«Non preoccuparti Lily cara! Ah, l’amore..» canticchiò a bassa voce Lumacorno, rimediandosi un’occhiataccia che fortunatamente passò inosservata.
«Te lo do io l’amore» borbottò Lily incomprensibilmente, incrociando le braccia al petto, mentre il professore iniziava a spiegare la pozione del giorno.
Ignorando le continue occhiatine di Alice, si accinse a cercare la pagina per la preparazione del Distillato della Morte Vivente, mordendosi quasi con violenza il labbro inferiore nel tentativo di distrarsi dal pensiero di quello che, probabilmente, stava passando per la mente di James Potter in quel momento.
Lily non stava assolutamente mentendo nel dire che i suoi occhi non brillavano quando stava con lui. L’unico problema era che non poteva esserne sicura, non potendo vedere la propria espressione, e ciò che la confondeva più di tutto erano le continue insistenze delle sue amiche sul presunto carattere indescrivibilmente maturo e bello di James, che, secondo la loro opinione, aveva subito un cambiamento radicale nel corso di due mesi. A parer di Lily, l’inverosimiglianza di quell’affermazione rasentava il ridicolo, considerati i sedici anni di vita che James Potter aveva passato a combinare casini.
«Lils?» il sussurro di Alice giunse inaspettato e la fece sussultare involontariamente.
«Che c’è?» bisbigliò fingendo di scrivere qualche appunto.
«Ti sta fissando da circa dieci minuti» mormorò Alice con tono vagamente malizioso e Lily non poté fare a meno di voltarsi velocemente, solo il tempo di accertarsi che fosse veramente così: ed, inaspettatamente, il suo sguardo incontrò di sfuggita quello di Potter, così velocemente che non riuscì neanche a distinguere bene il suo viso. Si voltò di nuovo verso il professore, arricciando le labbra in un’espressione irritata.
Non si chiese perché aveva pensato immediatamente a lui, quando Alice non aveva fatto alcun nome.
«Cos’è quell’espressione?» sbottò Alice sottovoce, lanciandole una delle sue rare occhiatacce.
«Non deve fissarmi, mi da fastidio» bisbigliò Lily incrociando le braccia al petto, torva.
«Ma se non te ne eri neanche accorta!» sbuffò l’altra, chinando poi il viso sul foglio ad un’occhiata ammonitrice di Lumacorno.
«… Ed ora tocca a voi! Avete un’ora e mezza per preparare la pozione!» esclamò il professore battendo le mani una sola volta, per poi mettersi seduto dietro la cattedra.
Nell’aula calò un silenzio carico di tensione a causa della difficoltà di preparazione della pozione, ma presto tutti si misero al lavoro.
Mordicchiandosi un labbro, improvvisamente concentrata solo sugli ingredienti davanti a sé, Lily prese un’ampolla piena d’Infuso d’Artemisia e la versò nel calderone, poi accese il fuoco con un colpo di bacchetta e lo regolò in modo da tenerlo basso.
«Merlino, non ci capirò mai niente!» si lamentò Alice al suo fianco, i corti capelli biondi già arricciati dal lieve vapore che saliva dai calderoni. Lily ridacchiò appena, prendendo a tagliuzzare le radici di valeriana, per poi versarle nel calderone. La pozione prese la sfumatura color ribes nero descritta nel libro. Annuì tra sé e sé, chinandosi sulla borsa per recuperare il coltello d’argento.
Una volta riemersa dai meandri della borsa schiacciò velocemente il Fagiolo Sopoforoso con il piatto del pugnale, sorridendo soddisfatta quando ne scaturì una buona quantità di succo: la versò nel calderone e il liquido si colorò immediatamente di lilla.
«Si può sapere come fai?!» sbottò Alice sottovoce, mormorando qualche imprecazione e gonfiando una guancia, irritabile come al solito quando c’erano di mezzo calderoni e pozioni.
«Mettici più radici» ordinò Lily velocemente, cominciando a mescolare la pozione in senso antiorario. Il liquido pian piano assunse una sfumatura molto chiara, quasi trasparente, tuttavia non perfetta.
L’abile pozionista lanciò un’occhiata alla goccia di succo di Fagiolo rimasto e, con un certo timore, la vuotò nel calderone: la pozione diventò immediatamente limpida come l’acqua. Lily sorrise trionfante ed alzò lo sguardo sull’orologio al muro: mancavano cinque minuti allo scadere del tempo. Si affrettò quindi a riempire un’ampolla con la pozione e ad attaccare al tappo un pezzo di pergamena con scritto il suo nome. Dopodiché lanciò un’occhiata alla pozione di Alice e una lieve smorfia comparve sul suo volto alla vista del liquido viola maleodorante.
Si affrettò quindi a mormorarle di schiacciare il Fagiolo con il piatto del pugnale ed Alice si mise all’opera velocemente, riuscendo a far diventare la sua pozione di un bel lilla chiaro.
«Tempo scaduto ragazzi, smettete di mescolare! Portate qui un’ampolla con la vostra pozione e il vostro nome, prego!» ordinò Lumacorno con tono bonario. Subito dopo storse la bocca alla vista della pozione nerastra che un Serpeverde grosso come un armadio gli presentò orgogliosamente.
Lily si alzò velocemente e andò a posare la sua ampolla sulla cattedra, ricambiando senza particolare entusiasmo il sorriso a trentadue denti che il professore le rivolse. Voltandosi per tornare al posto a prendere la borsa, la ragazza sgranò gli occhi nel sbattere addosso ad un James Potter decisamente sorpreso, con un’ampolla piena di pozione rosata in una mano e l’altra posata dietro la nuca.
James aprì la bocca per dire qualcosa, ma non fece in tempo a produrre alcun suono. 
«Scusami – non ti avevo visto» borbottò Lily, girandogli intorno per tornare a posto. Dopo aver recuperato la borsa raggiunse Marlene e le altre fuori dall’aula, ancora con una certa confusione in testa.
«Andiamo a pranzo?» domandò con un sorriso appena accennato, scostando una ciocca di capelli dal viso. Le altre annuirono e si incamminarono verso la Sala Grande. Fecero in tempo solo ad uscire dai sotterranei, che una voce le bloccò.
«Ti è esploso qualcosa in testa, Prewett?» esclamò Nott rumorosamente, scoppiando nella sua risata gutturale. Stava indicando il cespuglio di capelli di Alice: diventavano irrimediabilmente crespi ad ogni lezione di Pozioni.
«A te è esploso qualcosa nel cervello, invece» si intromise Sirius Black provocando le risa dei Malandrini e delle cinque ragazze. Marlene e Lily sembravano molto stupite da quell’intervento volto a difendere Alice.
«Osi rivolgermi la parola, traditore del tuo sangue?» sibilò il Serpeverde. Attorno a lui i suoi compagni cominciarono a scrocchiarsi le nocche con fare minaccioso.
«E tu sai addirittura parlare?» si sorprese James, fingendo un’espressione stupita. Gli amici scoppiarono a ridere e gli diedero un cinque.
«Vi pentirete della vostra lingua lunga» sbottò Nott sfoderando la bacchetta, subito imitato da tutti i Serpeverde intorno a lui. L’atmosfera si fece di botto molto più pesante e anche i Malandrini estrassero le loro – Peter Minus con qualche titubanza.
«Non credo potrebbe succedere» disse Sirius, probabilmente per smorzare la tensione. Tuttavia era evidente che anche lui era prontissimo ad uno scontro che sembrava impossibile da evitare. James rise sommessamente.
«Ricordami di darti un cinque, quando non ne avremo quindici addosso» borbottò a mezza voce, e Sirius gli spedì un occhiolino divertito.
«Cosa state borbottando, eh?» esclamò Avery, con quella che probabilmente riteneva un’espressione cattiva ed inquietante.
«Ci stiamo mettendo d’accordo sul posto migliore per farvi spuntare dei deliziosi bubboni» rispose prontamente James, fingendosi serio. Sirius rise, gettando la testa all’indietro e perdendo per un attimo il controllo della situazione. Mulciber ne approfittò per alzare la bacchetta e fece per lanciare un incantesimo; Lily fu più veloce.
La bacchetta di Mulciber volò a una decina di metri da lui.
«Cos’è successo? Chi è stato?» urlò stupidamente.
Nessuno si diede pena di rispondergli. Tutti i Serpeverde presenti al momento alzarono le bacchette contro i Malandrini, ed ora anche contro le ragazze. Lily, Dorcas e Marlene avevano già estratto le loro. Alice e Mary si affrettarono a fare lo stesso.
Il corridoio era totalmente vuoto a parte loro, ma i professori sarebbero arrivati a momenti; quel piccolo problema non era sicuramente passato inosservato.
«Davvero coraggioso, approfittare quando l’avversario non guarda» commentò Remus con pesante sarcasmo e James l’appoggiò immediatamente.
«Già, complimenti» esclamò. Il suo tono era sarcastico ma non lasciava trapelare la rabbia, al contrario dei suoi occhi. Dal consueto e dolce marrone nocciola sembravano essersi scuriti ed erano pieni di furia. Lily gli lanciò un’occhiata e se ne accorse immediatamente. Ne fu un po’ spaventata.
«Zitto, Potter! Imped..» iniziò Avery. James fece per difendersi ma l’intervento di Marlene arrivò prima. Anche la bacchetta di Avery volò lontano.
«Basta! Smettetela tutti» esclamò Lily, bloccando per un braccio James che aveva già alzato la bacchetta, «sta fermo» gli ordinò sottovoce, tentando di apparire perentoria ma dal suo tono sembrò più una specie di supplica, o una richiesta.
James rimase spiazzato e confuso dal brillio che animava gli occhi di Lily e restò immobile per un momento, poi abbassò lentamente il braccio. La giovane invitò gli altri Grifondoro a fare lo stesso, con una sola occhiata. Loro abbassarono il braccio alzato ma non riposero le bacchette.
«Togliti di mezzo, schifosa Mezzosangue» sibilò Nott, che aveva recuperato le bacchette di Avery e Mulciber e le aveva restituite loro.
Lily non s’irrigidì minimamente, né parve turbata da quell’insulto. «Non era la battuta di Piton, questa?» domandò invece, fingendosi interessata. Sirius ghignò e James, che era già pronto a prendere a pugni Nott, la osservò con un misto di divertimento e ammirazione. Quella ragazza lo stupiva sempre di più.
Intanto Piton, rimasto in disparte fino a quel momento, aveva gli occhi di tutti addosso. I Serpeverde che gli stavano davanti, al suono del suo nome si erano ritratti senza neanche pensarci, lasciando un corridoio libero davanti a lui, che si concludeva proprio dinnanzi a Lily, ancora con una mano serrata attorno alla manica della divisa di James.
«Lily..» iniziò, tentennante, ricevendo immediatamente numerose occhiatacce da parte dei compagni di Casa. I Grifondoro, tutti al corrente del fatto accaduto al quinto anno, gli riservarono occhiate schifate. Quella di Sirius era la peggiore. James, invece, quasi gli ringhiò contro e si liberò con uno strattone dalla presa di Lily.
«Non osare rivolgerti a lei!» ruggì, arrabbiato come non lo era mai stato. Tutta quell’ira parve irrazionale persino a lui stesso.
Lily gli rivolse un’occhiata scioccata e confusa, prima di affrettarsi a richiamarlo. Aveva la bacchetta già alzata e quella volta sembrava che nessuno potesse fermarlo.
«Potter, no!» urlò anche lei, invano. L’incantesimo era già stato scagliato e i risultati erano evidenti: Sirius scoppiò a ridere a crepapelle davanti ad un Piton appeso per l’ennesima volta a testa in giù.
La reazione dei Serpeverde fu immediata: Avery puntò la bacchetta contro James ed eseguì un incantesimo non verbale che mandò il giovane a cozzare contro la parete alle sue spalle. La bacchetta gli cadde di mano ma fu lesto a recuperarla; nel frattempo Piton era precipitato a terra. Quando James era già in piedi lui si stava ancora rialzando.
Remus ci pensò un attimo di troppo e fu Sirius a reagire per primo. Infuriato – nessuno poteva toccare James, suo fratello – alzò la bacchetta contro Avery e un lampo di luce rossa lo colpì in pieno, facendogli perdere i sensi.
Il giovane Black sorrise soddisfatto.
«Basta! Basta, o finiremo tutti espulsi!» gridò Lily specialmente in direzione dei Malandrini. Ora anche Remus, dimentico della sua carica di Prefetto e del suo carattere calmo e pacifico, aveva la bacchetta puntata contro Mulciber. Lily strattonò nuovamente James e acciuffò contemporaneamente la manica della divisa di Sirius, costringendoli a stare fermi.
Ben presto anche le altre giunsero a darle una mano. Marlene abbassò con la forza il braccio armato di Sirius, liberando Lily di uno dei suoi “prigionieri” ed Alice andò a tranquillizzare Peter che tremava come una foglia due passi dietro gli amici, tutto rosso in volto specialmente a causa dei Serpeverde che in quel momento li stavano deridendo.
Dorcas si fermò esattamente davanti a Remus, dando coraggiosamente le spalle agli avversari che tuttavia non sembravano più molto interessati allo scontro. Gli posò una mano sulla spalla e premette l’altra sull’avambraccio alzato, fissando lo sguardo nel suo.
«Remus, sii razionale» disse decisa, e lui sembrò riprendere l’innata calma. Si concesse addirittura una risata quando lei aggiunse «almeno tu!» ed entrambi andarono ad occuparsi degli amici.
Piton, scosso dalla totale indifferenza di Lily nei suoi confronti – pareva preferire occuparsi di Potter, e lui non poteva crederci – eseguì il contro incantesimo su Avery che riprese i sensi.
«Andatevene se non volete finire tutti dalla McGranitt» minacciò Remus, con tono fermo e deciso.
«Ci finireste anche voi» rispose altezzosamente Julia Parkinson. «Avete aggredito Avery».
«A chi pensi che crederebbe?» sibilò Marlene, pur sapendo che la professoressa non avrebbe creduto a nessuno e li avrebbe messi tutti in punizione, senza distinzioni.  
«Non finisce qui! Sono finiti i tempi di pace, ricordatevelo» avvertì Nott, prima di scomparire con gli altri al seguito alla volta della Sala Grande.
Alice tirò un sospiro di sollievo e sorrise a Peter che parve essersi tranquillizzato. In quel momento arrivò Frank Paciock, con un’espressione confusa e una mano ad indicare dietro di sé.
«Che avevano le Serpi? Sembravano volermi uccidere – più del solito» commentò, provocando le risa di tutti i presenti. Poi rivolse tutta la sua attenzione ad Alice, con cui era fidanzato già da un anno.
James intanto fissava intensamente il punto in cui la mano di Lily stringeva ancora il suo braccio. Lei se ne accorse e lo lasciò andare, per metà imbarazzata e per metà infuriata.
«Perché l’hai aggredito? Non avevi il diritto di farlo» protestò senza particolare enfasi.
«Stava tentando di giustificarsi! Ancora!» esclamò James, chiedendosi distrattamente perché lei non lo stesse ringraziando ma se la fosse addirittura presa.
«E tu l’hai aggredito» ribadì lei, incrociando le braccia al petto, «non ti pare un po’ eccessivo?».
James distolse per un momento lo sguardo, irritato.
«Non ha tentato di difenderti, Evans» sussurrò in modo che nessun altro potesse cogliere il loro discorso, «Avery ti aveva appena chiamata una tu-sai-come, e lui ha pensato solo a giustificarsi».
Lily abbassò lo sguardo per qualche secondo sotto il peso delle sue parole, poi lo rialzò per fissarlo in quello di James.
«In ogni caso a te cosa importa?» sbottò, incrociando le braccia al petto.
Mary, poco lontano, lanciò loro un’occhiata preoccupata. Lily non se ne accorse, ma James sì. Fu quello sguardo a spingerlo a dire ciò che pensava da molto, molto tempo.
«Mi importa. Ti ho difesa due anni fa e l’ho rifatto oggi» precisò, come se volesse farglielo notare. Lei ne era perfettamente consapevole e questo la metteva in difficoltà. «Anche se mi odi, a me importa» calcò sull’ultima parola così da sottolineare il concetto. Non si rese conto di averla afferrata per un braccio finché non gli ci cadde l’occhio, e si affrettò a lasciarla andare.
Lei era spiazzata, quasi sconvolta. Restò con gli occhi fissi nei suoi per diversi secondi senza che un solo pensiero attraversasse la sua mente, e James credé che volesse baciarlo o che avesse subito un grave trauma.
«Io..» iniziò, ma non ebbe modo di proseguire quando – con sollievo di entrambi – Sirius richiamò James, che cominciava a sentirsi decisamente in imbarazzo.
«Ramoso, stiamo andando, vieni?» domandò, già all’estremità del corridoio insieme a tutti gli altri.
«Sì, arrivo» rispose James, voltandosi poi nuovamente verso Lily. «Tu vieni?» domandò, titubante.
Lei annuì frettolosamente e lo seguì alla volta della Sala Grande, restando un passo indietro così da non fargli notare la sua espressione. Ancora stentava a credere a ciò che aveva sentito. E ciò che la confondeva di più era che non era stata in grado di rispondere, si era sentita in imbarazzo e appesantita da quella rivelazione. Aveva sentito una lieve stretta allo stomaco quando lui aveva precisato che ci teneva nonostante lei lo odiasse.
La parola odio l’aveva confusa più di qualunque altra, perché non la sentiva. Non credeva di provare un sentimento così definitivo ed orribile nei confronti di James. In quel momento capì che probabilmente non l’aveva mai provato, ma non ebbe ancora la forza di dirglielo. Avevano raggiunto gli altri e quello non era il momento adatto, anche se dubitava ci fosse un momento giusto per confessare qualcosa di così importante.
«Alice, i tuoi capelli sono davvero diventati un cespuglio» la voce di Mary parve raggiungere Lily da miglia di distanza, tentando di scherzare sull’avvenimento di poco prima. Non suscitò particolare ilarità.
«Lo so, e non è per niente piacevole!» sbottò Alice con espressione abbattuta, cercando di domare con le dita il cespuglio di capelli ricci.
«Tranquilla Prewett, James avrà sicuramente uno shampoo adatto nella sua collezione» scherzò Sirius, e finalmente riuscirono tutti a ridere, leggeri. James, nonostante stesse ridendo anche lui, si avventò contro il suo migliore amico, dandogli un forte pugno sul braccio. Sirius rise ancora più forte.
Alice, comunque, una volta smesso di ridere si rivolse a James con un sorriso dolcissimo.
«Davvero hai qualcosa per me?» domandò speranzosa, gli occhi brillanti.
James rise di nuovo e le passò un braccio attorno alle spalle, rimediando un’occhiataccia giocosa da parte di Frank.
«Sfortunatamente no, a meno che tu non voglia provare Lo Shampoo per i Capelli più Malandrini del Pianeta» rispose, con un sorriso divertito stampato sul volto, e quando le ragazze scoppiarono a ridere – persino Lily – sgranò gli occhi, stupito. «Non sto scherzando, si chiama davvero così!».
«Ammettilo, hai corrotto la ditta che produce shampoo per dargli questo nome» disse Mary puntandogli un giocoso dito accusatorio contro. James scoppiò a ridere insieme a tutti gli altri.
«Giuro che non l’ho fatto! E proprio per questo è stato divertente scoprire che esiste» affermò annuendo, per poi rivolgersi nuovamente ad Alice che nonostante stesse ridendo sembrava un po’ sconsolata. «Ma possiamo comprarne uno insieme, sono un asso a scegliere quello giusto» le offrì, passandosi una mano tra i capelli con fare vanitoso, ma il tono di voce era chiaramente gentile e disponibile.
Gli occhi di Alice si illuminarono e un enorme sorriso comparve sul suo volto.
«Oh Merlino, grazie James!» esultò, alzandosi sulle punte per scoccargli un rumoroso bacio sulla guancia, come ringraziamento.
Le proteste di Frank non tardarono a farsi sentire.
«Ehi! Senza esagerare» borbottò con tono ammonitore, facendo ridere tutti.
Alice si staccò da James rivolgendogli un enorme sorriso ed andò ad abbracciare Frank, che sorrise soddisfatto e lanciò un occhiolino all’amico.

 



Quella sera stessa si sarebbe svolto l’evento più importante dell’ultimo millennio. O almeno così diceva James.
I Malandrini stavano entrando nella Sala Comune di Grifondoro dopo aver cenato e quello che tutti consideravano il leader del gruppo – ma che in realtà non aveva mai pensato di esserlo – si stava lamentando da almeno un’ora.
«E se cambia idea?» mugolò per l’ennesima volta, arrampicandosi nel buco del ritratto e sbucando dall’altra parte con una certa agilità. Aiutò Peter ad uscire dal piccolo passaggio senza che finisse lungo disteso a terra e poi si rivolse nuovamente a tutti e tre i suoi amici, con aria supplichevole. Loro non ne potevano davvero più.
«Non cambierà idea, James» ripeté per la quarantaseiesima volta Remus, sospirando e passandosi le mani sul viso.
«È troppo responsabile per farlo» aggiunse Sirius, annoiato, precedendo tutti gli altri verso un divanetto e due poltrone, riuniti attorno ad un tavolino basso esattamente davanti al caminetto. Il divanetto era occupato da tre bambini del primo anno, che non appena videro Sirius si alzarono terrorizzati e si dileguarono in pochi secondi.
Sirius li squadrò, meravigliato, poi si voltò verso gli amici.
«Mi fanno sentire un Black facendo così!» sbottò, mettendo particolare enfasi nel nome Black. Il suo tono risultò davvero schifato.
I tre risero e gli diedero pacche consolatorie sulle spalle, prima di stravaccarsi sulle poltrone. James occupò mezzo divanetto e Sirius si lasciò cadere al suo fianco, ancora irritato.
 Remus aveva appena aperto la bocca per ricordare agli altri tre che dovevano finire il tema di Incantesimi per il giorno dopo, quando James scattò in piedi fissando terrorizzato il proprio vestiario.
«Per Godric, faccio schifo! Non posso presentarmi alla ronda con Lily in queste condizioni» sbottò, isterico. In realtà la sua divisa non aveva niente che non andava, anzi, era perfettamente stirata e pulita.
«Amico, sei sicuro di essere maschio, sì?» domandò sarcasticamente Sirius, osservandolo con un vago cipiglio scettico. James gli lanciò un’occhiata fulminante.
«Molto più di te» affermò, prima di dirigersi velocemente verso i dormitori, sia per sistemarsi sia per fuggire da Sirius che aveva una strana luce omicida negli occhi.
«Lo vedremo!» gli urlò dietro quest’ultimo, prima di stravaccarsi comodamente occupando l’intero divano. Sistemò le mani incrociate dietro la nuca e allungò le gambe sul bracciolo del divano, che era comunque maledettamente corto e riusciva ad ospitare Sirius solo fino alle ginocchia.
«Prima che James m’interrompesse, stavo per dirvi che dovete finire il tema di Incantesimi» annunciò Remus. Peter, che se ne stava tranquillo ad osservare con sguardo vacuo il fuoco scoppiettante, ebbe un sussulto e guardò Remus terrorizzato.
«Non vuoi farcelo copiare?» domandò quasi balbettando e Sirius scoppiò a ridere, allungando un braccio verso di lui per battergli il pugno. Peter lo assecondò felicemente, gli occhi brillanti di ammirazione e affetto. Remus guardò entrambi con cipiglio scettico e severo.
«No, non ve lo farò copiare. È semplicissimo, mettetevi al lavoro» ordinò perentorio, sfilando dalla borsa un grosso libro. Poggiò i piedi sul tavolino davanti a lui, li accavallò, aprì il libro e si immerse nella lettura. Pareva che niente potesse disturbarlo e Sirius e Peter sapevano che chiunque avesse avuto il coraggio di farlo ne avrebbe subito le gravi conseguenze. Così, rassegnati, estrassero dalle loro borse libri, piume e pergamene e si misero al lavoro, stravaccati a terra attorno al tavolino.
Nel frattempo nel dormitorio di Grifondoro del settimo anno non era in corso nessuna battaglia per tentare di far stare giù i capelli ribelli di James, che al contrario se ne stava sdraiato sul letto con lo sguardo fisso sopra di sé e la sveglia magica pronta a suonare alle nove meno cinque.
Il giovane non l’avrebbe mai ammesso, ma era scappato di proposito dai Malandrini perché aveva bisogno di stare da solo a pensare. Non si sentiva ancora pronto a condividere con loro ciò che sentiva per Lily Evans, ma pensava di sapere come avrebbero reagito. Peter avrebbe sorriso e gli avrebbe detto che presto sarebbe riuscito ad uscire con lei. Remus non avrebbe detto nulla di invadente ma avrebbe affermato di saperlo già da tempo.
Non aveva invece la minima idea di come avrebbe reagito Sirius. A lui Lily non era mai stata simpatica e le cose erano peggiorate quando James aveva iniziato a darle più importanza e di conseguenza a soffrire di più.
Appunto per questo era convinto che dovesse lasciar passare del tempo per schiarirsi le idee, prima di parlarne con gli altri tre.
Al momento non sapeva cosa pensare. Quella stessa mattina, durante il breve scontro con i Serpeverde, Lily aveva tentato di tenerlo a bada diverse volte, e ogni volta che aveva cercato di trattenerlo per il braccio James aveva sentito una piccola scarica elettrica partire dal punto in cui lei lo aveva toccato. E poi quella piccola discussione avuta dopo l’avvenimento lo aveva scosso e contemporaneamente gli aveva schiarito almeno un po’ le idee. Quello che le aveva detto era vero, era sentito. Tuttavia non erano parole pronunciate volontariamente, erano venute fuori da sole, dal profondo, e James si era reso conto di tenere a lei nel momento esatto in cui glielo aveva confessato.
Questo lo aveva anche un po’ spaventato, a dire il vero, perché temeva che sarebbe stato sempre così.
«Magari tra due mesi le dirò che la amo e finalmente lo saprò anch’io» borbottò tra sé e sé, frustrato.
E quella stessa frase, sussurrata con fastidio nella penombra della stanza, gli mandò completamente in tilt il cervello per diversi secondi a venire.
James Potter non aveva mai amato nessuno e il sentimento gli era totalmente sconosciuto. Poteva dire di aver provato un forte, profondo ed infinito sentimento di amore fraterno per Sirius, ma l’amore inteso nell’altro modo, quello che infondo lo spaventava tanto, non l’aveva mai provato.
James amava un sacco di cose al mondo. Il Quidditch, Sirius, i suoi amici, la primavera, il rosso, i suoi genitori, Marlene, la Trasfigurazione, la magia erano le cose che amava di più.
Però gli piaceva anche attirare l’attenzione di Lily, il modo in cui lei scostava le ciocche di capelli dal viso, il suo sorriso e il brillio negli occhi verde smeraldo.
Gli piaceva da matti.
Merlino,pensò, sono nei casini.
Nonostante sentisse di essere davvero nei casini, in quel momento un sorriso dolce, grande e sincero gli illuminò il volto senza che se ne rendesse nemmeno conto e scacciò tutte le preoccupazioni, tutti i problemi e sentì di essere totalmente felice ed in pace col mondo. Avrebbe avuto la forza di gridarglielo in faccia, di prenderla tra le braccia, farla volteggiare e baciarla, e per un momento nella sua testa tutto ciò accadde davvero, ma la reazione di Lily arrivò realistica e immediata e in sincrono con la sveglia.
James spalancò gli occhi riemergendo dalla fantasticheria con la sensazione di dolore pulsante sulla guancia maledettamente realistica e un forte fastidio dovuto al trillare assordante della sveglia che si affrettò a spegnere con un colpo di bacchetta.
«Maledizione, Evans, sei manesca pure nella mia testa» borbottò vagamente infastidito ma con il sorriso ancora ad illuminargli il volto. Si alzò di slancio dal letto e si fermò per pochi secondi davanti allo specchio del bagno. Si passò una mano tra i capelli senza neanche accorgersene, euforico, felice e sorridente e uscì dal dormitorio. Scese i gradini a due a due e in un batter d’occhio si ritrovò nella Sala Comune.
Andò con lo sguardo alle poltrone dove erano seduti prima i suoi amici e individuò Remus e la testa di Sirius, che si scorgeva tra il divanetto e una poltrona. Si avvicinò a loro con passo svelto e constatò con allegria che sul divano erano sedute Marlene e Mary, mentre Alice occupava la poltrona dove era seduto prima Peter – ancora stravaccato a terra alle prese con il tema –.
Di Dorcas e Lily non c’era traccia.
«Dove sono Dorcas e la Evans?» domandò James con un sorriso smagliante, fermandosi dietro il divanetto. Si chinò su di esso per donare a Mary e Marlene un bacio sulla guancia e ne lanciò uno ad Alice che rise e lo prese al volo.
James era sempre stato così, dolce ed esuberante ed anche un po’ infantile, a volte. Le ragazze lo adoravano per questo e gli amici – nonostante sostenessero che si comportasse da ragazzina – non avrebbero mai voluto un James diverso da così.
«Lily ha avuto un paio di problemi, prima, e.. Dorcas è rimasta con lei in Dormitorio» spiegò titubante Marlene, «non è niente di importante, scenderanno tra poco» aggiunse davanti all’espressione improvvisamente preoccupata di James.
Mary, Alice e i Malandrini rimasero in un ostinato e un po’ imbarazzato silenzio, avendo parlato dei problemi di Lily giusto poco prima.
James, che si fidava di Marlene ed era sicuro che non fosse nulla di preoccupante, annuì con un sorriso e andò a sedersi sul bracciolo della poltrona di Alice. «D’accordo, allora aspetto!».
Per qualche minuto calò il silenzio, interrotto solamente dai borbottii di Sirius che sfogliava le pagine del libro alla ricerca di incantesimi e definizioni. Peter, che ormai aveva rinunciato, si limitava a leggere il tema di Sirius e a rielaborare svogliatamente qualche frase.
«Questi sono gli Incantesimi Rallegranti, non il Tarantallegra» mormorò Marlene, seduta dietro Sirius, chinandosi sulla sua spalla ed indicandogli l’errore. Lui corresse sbadigliando.
«Grazie McKinnon», le lanciò un sorriso accattivante e lei alzò appena gli occhi al cielo. «Mi dai una mano?» le domandò poi, d’un tratto senza traccia di arroganza. Lei sospirò e – chiedendosi perché mai lo stesse facendo – acconsentì un po’ controvoglia. Si sedette sul bordo del divano e si chinò sul tema, iniziando a leggerlo in silenzio.
Sirius si stiracchiò lanciando con poca forza la piuma sul tavolo. Marlene si affrettò a prenderla per correggere qualche frase. Sirius appoggiò la schiena al divano e lasciò vagare lo sguardo sul profilo del suo viso. In un batter d’occhio gli sovvennero ricordi degli anni passati. Mentre osservava il profilo della fronte coperta da una ciocca di capelli scuri ricordò quando, al terzo anno, avevano avuto il loro primo vero litigio, scatenato da un motivo futile – anche se lei non riteneva futile ritrovarsi delle rane nella borsa. Scorrendo lo sguardo sul profilo del naso ricordò quando era incappata in uno scherzo architettato per i Serpeverde e si era beccata una secchiata d’acqua gelida in testa. Aveva avuto il raffreddore per un mese e gli aveva urlato contro come un’ossessa quando lui era scoppiato a ridere nel vederla completamente fradicia.
Si soffermò sulla curva delle labbra carnose e delicate e ricordò con un brivido quando, l’anno prima, aveva provato a baciarla sotto il vischio. Si era rimediato uno schiaffo ma aveva provato una sensazione potente, stando vicino a quelle labbra, oggetto di desiderio di tanti ragazzi. Ricordava nitidamente ciò che aveva sentito ancora ad un anno di distanza. Quella feroce stretta allo stomaco, quell’impellente bisogno di baciarla davvero, di sentire le sue labbra sulle proprie e di stringerla forte a sé.
«Siete sicure che Lily stia bene?» domandò ad un tratto James, a voce alta. Sirius riemerse con un sussulto dalle sue fantasticherie e si rese conto solo in quel momento di star fissando Marlene da troppo tempo. Si passò lentamente una mano tra i lunghi capelli, mentre la lieve stretta allo stomaco si allentava gradualmente, e si voltò verso Alice e James.
La prima era in difficoltà e non sapeva proprio cosa rispondergli.
«Beh.. sì, certo.. sì, sta bene» rispose, evasiva, per poi voltarsi verso Mary ed intavolare una conversazione sull’ex Capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, diplomatosi l’anno precedente.
James lasciò cadere l’argomento e poco dopo arrivò un ragazzino del quarto anno con una pergamena tra le mani.
«Ciao, J-James» balbettò, tutto tremante. James, che era da sempre socievole e disponibile nei confronti degli studenti più piccoli, gli rivolse un sorriso sincero.
«Ciao!» lo salutò a sua volta, sperando che l’altro si sbloccasse. Remus li guardava con un misto di orgoglio nei confronti di James e di divertimento. Il piccolo Grifondoro però rimase con la bocca un po’ aperta e non disse niente, così James si affrettò a facilitargli il compito. «E’ per me quella?» domandò indicando con tranquillità la pergamena stropicciata stretta tra le mani del ragazzino.
«Oh, sì, sì! È la lista dei ragazzi del quarto anno che vogliono entrare in squadra, l’abbiamo scritta p-per renderti le c-cose più facili» si affrettò a spiegare, porgendola a James con gesti nervosi.
Il Capitano si aprì in un sorriso smagliante e lanciò un occhiolino al compagno più piccolo.
«Grazie! Allora ci vediamo alle Selezioni, ehm..» e assunse un’espressione smarrita.
«Mi chiamo Ben, Ben Taylor» si presentò frettolosamente, porgendo con uno scatto la mano a James.
Sirius ridacchiò non proprio a bassa voce e Remus gli tirò uno dei morbidi cuscini scarlatti. Il malcapitato non riuscì a schivarlo ed accusò il colpo, lanciando un’occhiata rammaricata all’amico.
James intanto si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere per la scena tra Sirius e Remus, e si affrettò a stringere la mano al ragazzino.
«Beh, piacere, Ben!» e si passò l’altra mano tra i capelli. Ben sorrise smagliante e balbettò qualcosa che suonò come un vediamo selezioni e James annuì, confuso. Poi lo guardò correre via verso i suoi amici, tutto rosso.
«Hai fatto colpo» borbottò Peter con un mezzo sorrisetto e James gli tirò uno scappellotto sulla nuca, nonostante stesse ridacchiando anche lui.
Sirius scoppiò a ridere rumorosamente, tenendosi la pancia con le braccia e sarebbe finito disteso a terra, se non ci fossero state le gambe di Marlene ad impedirglielo. Lei gli lanciò un’occhiataccia ma non fece altro, a parte lanciare il tema corretto sul tavolo e gli permise silenziosamente – con grande stupore di Mary ed Alice – di rimanere appoggiato alle sue gambe. Sirius era così impegnato a sganasciarsi che quasi non se ne accorse.
Dieci minuti dopo Lily non era ancora scesa e il nervosismo di James andava aumentando di secondo in secondo. Ad un tratto pensò che non sarebbe venuta e lo sconforto s’impadronì di lui, finché non razionalizzò la situazione: non era un appuntamento ma una ronda scolastica, e quella stessa mattina gli aveva assicurato che ci sarebbe stata. Prese un respiro profondo e si appoggiò con la schiena al muro, osservando i ragazzi che studiavano o chiacchieravano ai tavoli o davanti al fuoco scoppiettante. Si era allontanato dagli amici qualche minuto prima, silenziosamente. Se ne erano accorti tutti ma nessuno gli aveva chiesto il motivo, e questo aveva abbattuto James più del ritardo di Lily. Affondò le mani nelle tasche e pian piano riuscì a tranquillizzarsi, almeno finché un uragano dai capelli scuri non lo travolse in pieno.
«James, ascoltami, ho poco tempo! Questa sera è come un passaggio, capisci?» sbottò Dorcas, appena apparsa dal dormitorio femminile.
«Un passaggio, dici?» ripeté James sgranando gli occhi, confuso. Non capiva dove volesse andare a parare.
«Sì, un passaggio, un passaggio!» confermò lei, spazientita e nervosa. Aveva i capelli scompigliati come se ci avesse passato le mani troppe volte e i suoi gesti erano nervosi. «Devi fare bella figura con Lily, okay? Niente battute e nessun giochetto o scherzo, capito?».
Lui scosse appena la testa ad occhi chiusi, un gesto che faceva sempre quando le persone lo confondevano, poi li riaprì e annuì velocemente.
«Tutto chiaro, Cas» si affrettò ad affermare, passandosi la mano tra i capelli. «Lily quando scende?».
«Eccola» sussurrò frettolosamente lei e gli strinse la mano per un momento come incoraggiamento, per poi correre dalle amiche.
James si ritrovò a pensare che fossero tutti diventati matti per prendere così sul serio una stupida ronda, ma il primo a tenerci particolarmente era lui. Dorcas aveva ragione, quella ronda era un passaggio. Poteva compiere il passo avanti tanto agognato, o indietreggiare e perdere definitivamente qualsiasi speranza.
Era come un’uscita, a dirla tutta.
Il Grifondoro alzò gli occhi sulle scale che conducevano al dormitorio femminile e un dolce ed inaspettato sorriso gli solcò il volto, nel guardare la ragazza dai capelli rossi scendere le scale.
«Scusa il ritardo» borbottò una volta davanti a lui, evitando il suo sguardo.
«Non preoccuparti!» minimizzò lui, tutto il nervosismo di poco prima scomparso nel nulla, «andiamo?».
Lily annuì e si avviò a passo svelto verso il buco del ritratto e poi fuori, nel corridoio. James la seguì e una volta fuori dal buco del ritratto si soffermò ad osservarla un secondo più del necessario, ma lei si voltò di scatto, senza nemmeno tentare di forzare un sorriso: aveva seriamente l’aria di qualcuno che avrebbe preferito essere da qualunque altra parte, e questo provocò a James un improvviso ed inaspettato momento di rassegnazione.
«Solo perché stamattina ti ho detto che avrei fatto la ronda con te non significa che ne abbia veramente voglia, capito?» chiarì Lily, fredda.
James si lasciò sfuggire un ghigno, annuendo.
«Assolutamente, Evans» rispose, senza celare quel sorrisetto divertito.
S’incamminò poi lungo il corridoio, estraendo la bacchetta dalla tasca del mantello, senza aggiungere altro. Lily lo osservò per qualche secondo, sorpresa, poi si affrettò a seguirlo.
Restarono entrambi in silenzio per una buona dose di tempo. Si sentiva solo il rumore dei loro passi e dei loro respiri.
«Evans?» esordì ad un tratto James, portando una mano dietro la nuca. Sembrava imbarazzato, e Lily lo notò subito.
«Cosa?» rispose, senza guardarlo. Stava ancora pensando a quanto lo aveva fatto aspettare e a cosa potesse pensare di lei, ora. Non si sarebbe mai tirata indietro da un dovere scolastico, ma quella sera ci era arrivata pericolosamente vicina; da quando erano salite in dormitorio dopo cena, l’idea di dover passare tre ore in compagnia di James Potter si era fatta improvvisamente vicina, terribile e quasi tangibile, tanto da indurla a infilarsi sotto le coperte ed a rifiutarsi di alzarsi, intestardita. Marlene, Mary ed Alice avevano rinunciato ed erano scese di sotto per dare una spiegazione a James e non farlo preoccupare, e Dorcas si era presa il compito di buttarla giù dal letto, con le buone o con le cattive. Dopo varie peripezie, pericoli di fatture e convincimenti lacrimosi, ce l’aveva fatta.
«Passare tre ore nel più totale silenzio non mi sembra una grande idea» borbottò James che di stare zitto non aveva la minima intenzione, nonostante fosse determinato ad intraprendere un discorso intelligente e ad evitare battute, come aveva promesso a Dorcas.
Lily rise sommessamente, attirando l’attenzione del ragazzo che la osservò, stupito.
«Perché ridi?» chiese, gli occhi sgranati.
«Sembra che tu non sia capace di stare zitto, è proprio contro natura per te» commentò lei una volta smesso di ridere ma ancora con un lieve sorriso divertito sulle labbra. James si massaggiò la nuca, sorridendo colpevole.
«Già, me lo ripetono spesso i Malandrini» confessò.
Lily sorrise ma non disse altro, così James si affrettò a portare avanti la conversazione. Non era mai successo che Lily Evans gli sorridesse, e si disse che non si sarebbe fatto scappare quell’ottima occasione. Voleva solo parlare, riuscire ad avere una conversazione civile con lei.
«Fino all’anno scorso non stavo mai zitto ma raramente dicevo qualcosa di serio, e me ne sono accorto solo ora» ammise, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. Lanciò un’occhiata a Lily e vide che sorrideva ancora.
«E’ una tattica? Fingere di accorgersi della propria immaturità?» commentò ironicamente, svoltando l’angolo verso un nuovo corridoio. Lui rise.
«No Evans, nessuna tattica. Sei proprio malfidata» asserì, osservando la ragazza con la coda dell’occhio. Non l’aveva detto con serietà, infatti stava sorridendo.
«Insopportabile» borbottò lei, distogliendo lo sguardo ed aumentando appena il passo. James sentì una lieve morsa di delusione allo stomaco e la affiancò nuovamente.
«Lo pensi davvero?» domandò sottovoce, come temesse di disturbarla.
Lily scrollò le spalle e ci rifletté su prima di rispondere.
«Dipende dai momenti» sentenziò infine, convinta. James sospirò di sollievo, attirando l’attenzione della ragazza che lo guardò, interrogativa.
«Se avessi detto di sì ci sarei rimasto male» spiegò lui, facendo spallucce.
Lily sorrise.
«Quando non appendi le persone a testa in giù, non fai l’arrogante e non mi chiedi di uscire allora sei persino una buona compagnia» ammise, scostando una ciocca di capelli che le era caduta sul viso.
James si bloccò sul posto, sgranò gli occhi e rimase a fissare la ragazza che proseguì per qualche secondo prima di accorgersi di non averlo più al suo fianco. Si voltò e lo vide intento a fissarla, sconvolto, gli occhi che brillavano di felicità.
Davanti a quella buffa ed inaspettata reazione Lily scoppiò a ridere, risvegliando James dal suo stato di catalessi.
«Lo hai detto sul.. sul serio?» domandò, fissando Lily che non aveva ancora smesso di ridere.
Lei annuì, tossendo appena per soffocare le risa.
«Non farmene pentire» lo avvertì, lanciandogli un’occhiata ammonitrice che non sortì l’effetto desiderato a causa del sorriso che ancora le solcava il volto.
E James in quel momento glielo promise. Non l’avrebbe mai più delusa e lei non si sarebbe mai pentita di ciò che aveva detto. Sarebbe stato tutto perfetto.
Il giovane sorrise a trentadue denti e si affrettò a raggiungerla, riprendendo la loro camminata lungo i corridoi deserti. Si sentiva leggero come non lo era mai stato.
Lily si accorse in quel momento che quella non sembrava tanto una ronda scolastica quanto una chiacchierata tra amici, e se ne stupì profondamente.
Non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo. In sei anni non aveva mai preso in considerazione l’idea che James Potter potesse essere qualcos’altro, e non solo l’arrogante e tronfio ragazzino che girava per i corridoi lanciando incantesimi su chiunque gli capitasse a tiro.
Adesso, sentire le sue battute e la sua risata sincera la rendeva allegra, non la infastidiva più.
Gli lanciò occhiate ad intermittenza, incuriosita dalla sua espressione, da come guardava attorno a sé con occhi grandi e brillanti, come se vedesse Hogwarts per la prima volta. Lui notò le occhiate frequenti e assunse un’espressione interrogativa. Lily arrossì appena e tentò di nascondere l’imbarazzo con una mezza risata trattenuta.
«Di nuovo? Diamine, sono così buffo?» chiese James guardandola fintamente male, mentre un sorriso sincero compariva sul suo volto.
«Quando metti il broncio sì, sei.. tenero»
Si pentì quasi subito di averlo detto. Era esattamente quello che pensava, ma quando si trattava di James Potter – per quanto potesse essere cambiato e maturato, anche se Lily ancora stentava a crederlo – aveva sempre una grande paura di dire ciò che le passava per la mente, perché molte volte non era ciò che considerava giusto.
Per lei non era giusto pensare che James Potter fosse tenero, quando lo aveva sempre considerato arrogante.
Non era giusto prendere in considerazione che fosse maturato sul serio quando lo aveva sempre ritenuto un ragazzino.
Non era giusto sentirsi bene in sua compagnia quando lo aveva sempre evitato come la peste.
Distolse lo sguardo dal volto di James che si era illuminato di un gran sorriso.
La consapevolezza di essere lei a comportarsi da bambina immatura, ora, la colpì duramente e si sentì molto in colpa, ma cambiare opinione su qualcuno le era sempre venuto molto difficile: ad esempio, le era servito molto tempo per capire che Severus non era più il bambino docile e disponibile che aveva conosciuto a dieci anni. Ora cambiare opinione sul carattere di James Potter risultava quasi impossibile.
James si accorse del suo cambio d’umore e sospirò, un po’ deluso.
«Non preoccuparti, non andrò in giro a vantarmi di ciò che hai detto» la rassicurò, con un vago sorriso.
Lei non poté fare a meno di sentirsi sollevata, ma allo stesso tempo l’ennesima dimostrazione del cambiamento di James le si riversò addosso, facendole desiderare soltanto che tornasse ad essere il ragazzino che aveva sempre odiato.
«Sì, ecco.. grazie» borbottò solamente, aumentando il passo come se servisse a portarla in salvo da quella spinosa situazione.
James la affiancò senza fatica e ripresero entrambi a camminare lentamente, ora in silenzio.
Nessuno dei due sentiva il bisogno di dire qualcosa ed erano entrambi sollevati di avere un momento da utilizzare per riflettere su ciò che stava accadendo quella sera.
Ma si accorsero presto che in realtà non c’era nulla su cui riflettere.
James, che era ormai rassegnato all’idea di avere un futuro di litigi con Lily era felice anche solo di parlarci, gli bastava e in quel momento non avrebbe chiesto nulla di meglio.
D’altra parte, Lily si era resa conto che quel rapporto che si stava creando tra di loro le piaceva: era semplice parlare con lui, e dopotutto non era mai stata contraria a costruire delle amicizie con chi la faceva stare bene. Si accorse infatti che James era una di quelle persone che con una sola parola riescono a far splendere il sole anche nel più buio dei momenti.
Anche lei era sempre stata una persona solare e gentile, ma sentì che non sarebbe mai riuscita a portare allegria con solo un sorriso; quella era una caratteristica che solo e soltanto James possedeva.
Si scambiarono uno sguardo veloce, sembravano trattenersi dal dire qualcosa.
Si bloccarono sul posto nello stesso momento, come se una barriera invisibile li avesse fermati, e scoppiarono a ridere contemporaneamente, senza un apparente motivo.
Le loro risate invasero tutto il corridoio e non accennarono a spegnersi. Ridevano guardandosi a fatica negli occhi, perché entrambi avevano capito che quel teatrino durato sei anni stava ormai per concludersi.
Sentirono un enorme peso abbandonarli e risero anche per quello.
Risero perché tutta Hogwarts, senza la prospettiva di quei litigi, sembrava assumere una luce nuova.
Risero finché un paio di quadri non intimarono loro di fare silenzio, perché lì c’era qualcuno che cercava di dormire.
Soffocarono le risa con qualche difficoltà, correndo verso un corridoio privo di quadri dal sonno leggero.
Svoltarono a destra e si fermarono, James si appoggiò al muro tentando di riprendere fiato e Lily si massaggiò la pancia, gli occhi ancora lucidi di risate.
«Tregua, Evans?» domandò James dopo un po’, porgendole la mano.
Lily fece vagare lo sguardo dal viso alla mano del ragazzo, sorridente, poi annuì e la strinse con la propria.
«Tregua, Potter!» ripeté quindi, annuendo. «Ma non farmene pentire» aggiunse poi, riprendendo quel cipiglio minaccioso che lo fece ridere di nuovo.
Ritrasse la mano dopo alcuni secondi e ripresero a controllare i corridoi scuri, in cerca di ragazzi fuori dal letto o di qualche anomalia che sembrava non esserci. La scuola era tranquilla quella sera e loro erano sollevati, perché non avevano alcuna voglia di occuparsi di studenti ribelli.
Quando, a mezzanotte in punto, tornarono nella Sala Comune, nessuno dei due aveva idea di cosa dire. Era stato facile parlare per quelle tre ore, ma ora la consapevolezza di ciò che era successo sembrava più vera e tangibile ed entrambi si sentivano in imbarazzo, estranei a quella nuova sensazione.
Fu James a rompere il silenzio. Erano davanti alle scale a chiocciola che portavano ai dormitori ed entrambi si dondolavano sui piedi, aspettando che fosse l’altro a parlare per primo.
«Evans, ecco.. so che era solo una ronda, ma.. sono stato bene con te. Davvero» annuì, sincero come sempre.
Lily sorrise, cercando le parole giuste per replicare.
«Sì.. sono stata bene anch’io, già» fu la risposta sincera, e James sorrise apertamente.
«Ci vediamo domani, allora» si passò una mano tra i capelli, senza quasi rendersene conto. Era un gesto che compiva molto spesso inconsapevolmente, tranne quando doveva ottenere qualcosa o far colpo su qualcuno, ma quest’ultimo non era più il suo obbiettivo.
«Buonanotte» sorrise nuovamente Lily e gli sfiorò il braccio in un gesto dolce ed allo stesso tempo contenuto, prima di salire le scale che portavano al dormitorio femminile.
Quel gesto era il massimo che riuscisse a compiere, dopo sei anni di odio e un’improvvisa tregua da tutto, ma a James era sufficiente. Quello sfiorarsi appena accennato gli aveva trasmesso tutto il calore di Lily e l’aveva fatto sentire a casa, davvero a casa.
«Buonanotte» sussurrò, guardandola salire le scale, per poi dirigersi verso il proprio dormitorio, da cui provenivano ancora dei rumori.
Aprì la porta lanciando una vaga occhiata al cartello che avevano appeso su di essa, e trovò il dormitorio piuttosto tranquillo.
Peter era steso sul suo letto e masticava Cioccorane, Remus leggeva seduto su una poltrona con le gambe appoggiate al baldacchino di James, e Sirius, seduto a terra con la schiena appoggiata al letto, sfogliava pigramente una rivista di motociclette Babbane.
Quando James entrò nella stanza tre paia di occhi si alzarono su di lui contemporaneamente, interessati.
«Allora?» chiese Remus, chiudendo il libro. Vedeva dall’espressione di James che qualcosa doveva essere successo.
«Sembri una ragazzina innamorata, sai?» commentò Sirius, inarcando un sopracciglio.
James gli lanciò un cuscino, che lui prontamente respinse.
«Ci siamo.. concessi una tregua» disse James, senza premurarsi di spiegare con precisione ciò che intendeva.
«Come sarebbe a dire una tregua?» domandò subito Sirius, sgranando gli occhi.
«Sì, una tregua da tutto» asserì, enigmatico.
«Tutto..?» s’intromise Peter, confuso, mangiucchiando una zampa di Cioccorana.
«Tutti i litigi, le incomprensioni, tutto» spiegò infine James, buttandosi a peso morto sul letto, un sorriso ebete impresso sul volto.
«Stai scherzando?» sbottò Remus, incredulo.
Nessuno dei tre ragazzi pensava che quel momento sarebbe mai arrivato, al contrario erano certi che James li stesse prendendo in giro.
«No, affatto! Abbiamo passato tutta la sera a parlare tranquillamente, del più e del meno, come fossimo sempre stati amici!» raccontò James, mettendosi a sedere sul letto, improvvisamente entusiasta di narrare tutto ai suoi migliori amici. Neanche lui riusciva a credere alle proprie parole, ed era così euforico che lo stomaco aveva iniziato a fargli male.
«Andiamo James, non ci caschiamo!» ridacchiò Sirius, riaprendo la rivista che aveva abbandonato poco prima.
«Non sto scherzando, cane malfidato!» borbottò James, lanciandogli un’occhiataccia.
«Vuoi raccontarci cos’è successo o no?» sbottò Remus, impaziente.
James scattò in piedi, annuendo freneticamente e preparandosi a raccontare tutti gli strani avvenimenti della serata con il suo solito fare pomposo ed esagerato.
«Quando sono sceso in Sala Comune ero letteralmente terrorizzato, credetemi» iniziò, catturando anche l’attenzione di Peter. «Cercavo di non darlo a vedere ma lo ero davvero! Poi è scesa Dorcas poco prima di Lily e mi ha consigliato cosa fare. Io le ho promesso che non avrei combinato niente di male, poi è scesa Lily e siamo usciti dalla Sala, e lei sembrava scontrosa e probabilmente non aveva nessuna voglia di fare quella ronda, ma.. >> e lasciò volontariamente la frase in sospeso per qualche secondo, sorridendo soddisfatto quando vide Sirius alzare lo sguardo dalla rivista, forse vagamente interessato al racconto del suo migliore amico. Utilizzò quella piccola pausa per riprendere fiato dal frettoloso ed esaltato monologo di poco prima.
«Ma?» lo esortò Peter, addentando l’ennesima Cioccorana.
«Beh, ad un tratto lei ha fatto una battuta sulla mia incapacità di stare in silenzio, e..»
Ma venne interrotto da Sirius che tossì convulsamente, come si fosse strozzato con la sua stessa saliva.
«La Evans ha fatto una battuta?!» domandò una volta essersi ripreso dall’eccesso di tosse.
James accennò un sorriso, comprensivo.
«Non me lo sarei mai aspettato neanche io, ma è davvero simpatica» commentò con gli occhi sgranati, stupefatto dalle proprie stesse parole.
«Se mi aveste ascoltato in tutti questi anni lo sapreste già da un pezzo..» commentò Remus, sospirando sconsolato.
«In ogni caso, da quel momento non abbiamo quasi mai smesso di parlare, le parole venivano spontanee! Quasi non riuscivo a crederci, e poi ha detto che quando non faccio l’arrogante e non appendo le persone a testa in giù sono una buona compagnia» concluse con orgoglio, il sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, felice come era stato poche volte nella sua vita.
«E il buon vecchio Ramoso ha fatto finalmente colpo!» esclamò dopo qualche secondo di silenzio Sirius, scattando in piedi e gettandosi letteralmente su James, che non se l’aspettava e cadde rovinosamente a terra assieme all’amico, ridendo.
«Non credo, ma in ogni caso è un passo avanti» esclamò sorridendo. Nel frattempo Sirius era rotolato al suo fianco, un sorriso sul volto ma lo sguardo perso ad osservare il soffitto. James lo notò ma fece finta di niente: sapeva che se Sirius avesse avuto qualcosa che non andava ne avrebbe parlato solo se avesse voluto. Era fatto così e lui lo accettava, anche se molto spesso, quando vedeva che stava realmente male, lo costringeva a raccontargli cosa non andasse. James era sempre stato l’unico con cui Sirius fosse riuscito ad aprirsi totalmente. Anche con Remus e Peter trovava delle difficoltà, sicuramente piccole, ma ne trovava.
«Andiamo, è tardi e domani alla prima ora c’è Difesa e dovremmo provare a dare una buona impressione al nuovo professore, per esempio evitando di arrivare tardi» fece Remus, alzandosi dalla poltrona per mettersi a letto.
Peter si ficcò in bocca l’ultima Cioccorana e imitò l’amico.
«Buonanotte» bofonchiò con la bocca piena e sparì sotto le coperte.
James e Sirius si alzarono da terra e si prepararono per andare a dormire. Il primo s’infilò il pigiama con lo stemma di Grifondoro e il secondo si limitò a sfilarsi la divisa.
Si misero a letto entrambi e James spense le lampade alimentate dalla magia. La stanza piombò nel buio, inframmezzato solo dai raggi della luna che filtravano dalla finestra chiusa.
Passarono i minuti nel più totale silenzio finché non sopraggiunse il russare leggero di Peter e il respiro regolare e lento di Remus, segno che entrambi si erano addormentati.
Dal letto di Sirius provenivano ancora dei leggeri rumori. Il ragazzo si rigirava tra le lenzuola senza trovare pace, e il suo respiro era pesante, come se qualcosa lo preoccupasse e non lo lasciasse dormire tranquillamente.
James, che stava fissando il baldacchino senza in realtà vederlo, complici il buio e il fatto che fosse praticamente cieco, sospirò rumorosamente attirando l’attenzione dell’amico che abbandonò la lotta con le lenzuola che gli si erano arrotolate attorno.
Restarono entrambi in silenzio per qualche secondo, poi James si decise a parlare.
«Fratello, che succede?» domandò sottovoce, e in quel fratello mise tutto l’affetto che provava per lui, che era davvero tanto. Sirius se ne accorse e si sentì improvvisamente in colpa per ciò che lo disturbava.
«Niente, Ramoso..» borbottò Sirius, consapevole di non essere affatto convincente. A James non sapeva mentire.
«Sputa il rospo, canide» sbottò.
Sirius sospirò e per un momento si udirono solo i loro respiri che si sovrapponevano.
«La Evans ti porterà via da noi.. da me» disse poi, in un sussurro quasi inudibile, tanto che James all’inizio temette di aver capito male. Lo disse con voce dura, senza far trasparire alcuna emozione, ma James percepì una marea di sentimenti straripare dalle parole di Sirius.
«Cosa accidenti dici? Perché dovrebbe?» domandò, confuso dalle parole del fratello nonostante sentisse un vago dolore allo stomaco per quello che stava provando l’altro.
«Succederà. Quando si renderà conto che la ami e capirà di ricambiarti, lei diventerà tutto il tuo mondo» sbottò e questa volta non trasparì alcuna emozione, solo rabbia repressa.
Non era un gesto di egoismo che si preoccupasse solo per sé stesso. Il fatto era che sapeva di non potercela fare senza James, lui gli aveva insegnato a vivere.
Gli aveva mostrato il mondo visto con occhi diversi da quelli freddi e pieni di pregiudizi della sua famiglia. Gli aveva fatto capire che non importava da quale gabbia di maghi matti e con manie di sangue puro provenisse, lui era chi sceglieva di essere. Gli aveva preso la mano quando non c’era nessun altro.
Sapeva di non poter vivere con James lontano. Avrebbe potuto solo sopravvivere. E la sola prospettiva di passare in secondo piano per lui lo spaventava a morte, anche se probabilmente non l’avrebbe mai ammesso.
Nei momenti in cui questi pensieri passavano per la testa di Sirius, James non aprì bocca.
Era rimasto colpito dalla frase del fratello, da ogni sua sillaba, ogni lettera.
Innanzitutto lui non aveva mai pensato di poter amare Lily, ma su questo avrebbe riflettuto in seguito, ora la questione era un’altra ed era ben più importante.
«Io per te ci sarò sempre, sempre. Se pensi che per una ragazza, per quanto importante possa essere, metterei te in secondo piano, beh, sei proprio fuori strada. Sei mio fratello, Sirius, diamine! Niente e nessuno si metterà mai tra di noi» disse accorato, ancora incredulo che Sirius potesse pensare una cosa del genere e che non avesse capito che il rapporto che li legava non si sarebbe mai sciolto.
Era una sorta di giuramento che avevano fatto quando erano solo bambini. Probabilmente ancor prima di conoscersi, entrambi sapevano già che c’era qualcuno che sarebbe diventato la persona più importante della loro vita, e quando si erano incontrati qualcosa era scattato nella loro mente e nel loro cuore. Era un’amicizia che andava aldilà dei litigi, della distanza e delle diversità. E nonostante ben presto qualcuno sarebbe riuscito a far breccia nel cuore di entrambi, la loro amicizia avrebbe prevalso anche su quell’imprevisto, si sarebbe affiancata a quell’imprevisto e sarebbe andata oltre tutto.
«Non ti lascerò come hanno fatto loro» aggiunse James dopo qualche secondo di silenzio, duro, determinato, ma al contempo delicato. Sirius sentì il proprio cuore perdere un battito e una parte del suo cervello si stupì che anche quella volta James avesse capito il vero nocciolo della questione. Sapeva che il loro legame non si sarebbe mai spezzato, ma la paura di essere abbandonato nuovamente, di ritrovarsi solo, sperduto in un mondo dove per un periodo non aveva trovato posto, lo attanagliava ogni giorno, nascosta nei meandri della sua mente, certo, ma c’era e non lo lasciava mai.
Restò in silenzio per diversi secondi, probabilmente per prendersi il tempo di assimilare le parole e comprendere il sentimento profondo dietro di esse.
«Lo so» sussurrò infine, e capì di averlo sempre saputo.
Entrambi sorrisero bel buio.
Non ci fu bisogno di ulteriori parole. L’aria sembrava più leggera, più fresca alla luce – o al buio – di ciò che i due si erano appena promessi silenziosamente. Era come se ciò che li legava si fosse fortificato ancora di più, raggiungendo un livello di forza indistruttibile ed infinita.
E quel legame non sarebbe scomparso mai.

 












Angolo Autrice:
Eccomi di nuovo qua! Questo capitolo è chilometrico, sì, e ho dovuto anche dividerlo o sarei impazzita! 
Succedono diverse cose, sì. Prima e più importante -secondo il mio modesto punto di vista- è il piccolo scontro Grifondoro vs Serpeverde, con incluso il diverbio tra Lily, James e Piton. 
James è ancora più astioso nei confronti di Piton perché i suoi sentimenti per Lily si stanno pian piano (okay, non proprio pian piano) ampliando e sa che lei ha sofferto davvero tanto per colpa del Serpeverde.
Lily, dal canto suo, è decisamente meno emotiva nei confronti di Piton rispetto a due anni prima perché: 1) ci ha fatto l'abitudine, 2) si è resa conto (e ne parlerò in uno dei prossimi capitoli, probabilmente) della vera indole di Piton.
Piton invece è totalmente inutile e non ha ancora capito che i suoi tentativi di scuse/giustificazioni non serviranno proprio a nulla. Non sarò molto magnanima nei suoi confronti in questa FF perché lo odio a morte (da sempre: prima, durante e dopo ciò che si scopre nel settimo libro e l'ho odiato ancor di più per ciò che provava per Lily perché in qualche modo ha tentato di mettersi tra lei e James, NE SONO CERTA). In ogni caso.. beh, lasciamo da parte l'argomento "odio Piton" o non smetto più di parlare! xD
Passando oltre.. beh, la ronda. C'è poco da dire, finalmente Lily fa un piccolo -minuscolo, invisible ed insignificante- passo avanti che porta alla benedetta tregua. Ora, non significa che non ci saranno più diverbi tra lei e James, ma saranno sicuramente più tranquilli rispetto a prima!
La parte che ho odiato di più scrivere (solo perché temevo di risultare sdolcinata e in effetti lo sono stata), è stato il dialogo notturno tra James e Sirius.
Sembra una James/Sirius, lo so! Ma che ci volete fare, sono il mio OTP (Jily è quasi sullo stesso piano) e nonostante questa sia una James/Lily non posso trattenermi dal descrivere che tipo di magnifico, divino, dolcissimo rapporto avevano quei due. Secondo me si amavano, che posso dirvi! çwç Forse non proprio come amanti, ma sono certa che il loro legame non fosse neanche quello tra due fratelli ma DI PIU'.
Okay, stop alle elucubrazioni mentali, via ai ringraziamenti! (Prima che le note diventino più lunghe del capitolo, anche se lo vedo difficile).
Dopo il terzo capitolo le recensioni sono aumentate decisamente e io vi amo per questo! *-* 
Grazie mille a chi ha recensito gli scorsi capitoli, alle otto persone che hanno messo la FF tra le seguite e ai tre che l'hanno inserita tra i Preferiti! *^* IO VI AMO, LO GIURO.
Bene, direi che mi ritiro!
Grazie mille di nuovo e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
Un bacione a tutti,

Serena_Potter.

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