Milady

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Assisto ad un omicidio nel bosco. ***
Capitolo 3: *** Faccio la conoscenza della vampira più viziata del pianeta. ***
Capitolo 4: *** Milady si dimostra più odiosa del previsto ***
Capitolo 5: *** Comincia il Corso di Buone Maniere ***
Capitolo 6: *** Scopro qualcosa sulla donna che mi assomiglia tanto ***
Capitolo 7: *** Mi faccio un giro nel Labirinto ***
Capitolo 8: *** Visito la Biblioteca più bella del mondo ***
Capitolo 9: *** Milady fa un nuovo tentativo ***
Capitolo 10: *** Aro fa trattative con una svitata dai capelli rossi ***
Capitolo 11: *** Il ritorno a casa si mostra un po' troppo difficile ***
Capitolo 12: *** Prendo la decisione più difficile della mia vita ***
Capitolo 13: *** Ricevo una profezia oscura ***
Capitolo 14: *** Scopro che certe profezie non vanno mai sottovalutate ***
Capitolo 15: *** Rifletto sui lati positivi dei limiti ***
Capitolo 16: *** Pattino sul ghiaccio in piena estate ***
Capitolo 17: *** Scopro verità inquietanti... e divento parte della famiglia ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  
Prologo.
 
Fin da quando venni al mondo, il Destino pensò subito di mettere in chiaro quanto poco mi avesse in simpatia.
Mia madre morì dandomi alla luce, il 5 Luglio 1824, e mio padre, Tenente nell’esercito inglese, cadde in battaglia alcuni mesi dopo, durante la Prima Guerra Anglo-Burmese.
Mia nonna, nonché la mia unica parente stretta rimasta in vita, si ritrovò presto in ristrettezze economiche, così, dando fondo ai suoi ultimi risparmi, decise di trasferirsi in Italia, dove mi affidò  alle cure di una sua vecchia amica, Miss Collins, direttrice dell’Orfanatrofio di Volterra.
Mi lasciò dentro un cestino, davanti alla porta d’ingresso, con due biglietti scritti di proprio pugno.
Uno era la richiesta di affidamento rivolta a Miss Collins, con dentro del denaro ed alcuni oggetti di valore, l’altro era per me, in modo che, non appena fossi stata in grado, potessi leggerlo e capire il motivo per cui avesse scelto di farmi crescere da un’altra donna.
Ricordo ancora cosa c’era scritto:
 
“Mia adorata Emma. Con immenso dolore, sono costretta a separarmi da te, unica gioia della mia miserabile vita.
 Ti prego di comprendere le mie motivazioni: sono vecchia, sono sola, e non possiedo abbastanza denaro per mantenere entrambe.
Tuo padre, Victor, era l’unico sostegno economico rimasto alla famiglia. Ora se n’è andato, e, con lui, la speranza di darti un futuro dignitoso.
Ho provato a risparmiare il più possibile, ma non c’è stato nulla da fare.
Ti giuro, Emma, che, se ho fatto quello che ho fatto, è stato solo per amor tuo, per poterti dare una vita migliore di quella che avresti avuto se fossi rimasta con me.
Non riuscivo più a vederti patire la fame, mi sentivo inutile, impotente, ed era davvero straziante.
Sono sicura che Miss Collins sarà buona con te, anche in nome dell’amicizia che ci unisce.
Ora ti saluto, con la speranza che la Vita sia più clemente nei tuoi confronti.
Addio, Emma. Forse, un giorno, saremo di nuovo vicine. Ti voglio bene e te ne vorrò per sempre.
Con affetto, nonna Isobelle.” 
 
Non rividi mai più mia nonna, infatti morì di colera nell’Ottobre del 1829, facendo di me l’unica superstite della famiglia Bennett.
Miss Collins, fortunatamente, era una donna di buon cuore e decise di prendersi cura di me alla pari degli altri suoi orfanelli, in cambio di qualche piccolo aiuto nelle faccende domestiche.
Mi insegnò a leggere e a scrivere, dandomi modo di sviluppare un amore quasi ossessivo per i libri.
Mentre le altre bambine, al proprio compleanno, si facevano regalare un vestito o un accessorio elegante, io ricevevo sempre un libro nuovo, che custodivo con eccessiva cura, come se fosse stato mio figlio.
Vissi per diciannove anni nell’Orfanatrofio di Volterra, senza alcuna preoccupazione, fino al 1843.
Che cosa accadde dopo? Ebbene, per farla breve, posso dire che quello fu l’anno in cui la mia vita cambiò radicalmente, al punto che dovetti lasciarmi tutto alle spalle, compresa la donna che mi aveva allevata con amore per tanto tempo.
Era il 23 Settembre 1843, una data che non dimenticherò mai…
 
***
Angolo dell’Autrice: Questa è la primissima fanfiction che scrivo sulla saga di Twilight. Premetto che non ho letto tutti i libri, quindi mi baserò principalmente sui film per la descrizione fisica dei personaggi. Di sicuro ci saranno alcune imprecisioni riguardo i contenuti della storia, casomai potete segnarmele, in modo che possa correggere.
Naturalmente, so bene che nessuno dei Volturi ha figli, quindi il personaggio che presenterò nel prossimo capitolo è frutto dell’immaginazione mia e di una mia amica.
Che posso aggiungere?
Beh, se questo “allegrissimo” prologo vi è piaciuto, cercherò di mettere il primo capitolo in fretta, in modo da entrare subito nel vivo della storia.
Grazie a tutti quelli che leggeranno, siate clementi :)
Baci.

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Capitolo 2
*** Assisto ad un omicidio nel bosco. ***


 Era una tranquilla mattinata di fine Settembre.
Come tutti i giorni, mi alzai presto e, dopo aver indossato il mio vestito azzurro, scesi al piano inferiore, dove Miss Collins stava spazzando il vecchio pavimento di legno rovinato.
Non potevamo permetterci di assumere degli addetti alle pulizie, così, eravamo noi ragazze più grandi, insieme alla direttrice, a tenere in ordine l’orfanatrofio.
Era una costruzione vecchia, un po’ cadente, ma io l’adoravo lo stesso. In fondo, era la mia casa.
Miss Collins mi guardò e sorrise, senza smettere di spolverare.
Era una donna anziana e minuta, con i capelli grigi tagliati molto corti e con gli occhi scuri che facevano trasparire la sua indole gentile.
- Buongiorno, Miss – la salutai – Serve una mano, per caso?
Lei scosse la testa: - Oh, no, grazie cara, ormai ho quasi finito. Sarò vecchia ma ce la faccio ancora a mantenere l’ordine. Tra un po’ la signora Donati vi servirà la colazione, intanto che aspetti puoi fare due passi in giardino… è una mattinata così tranquilla!
Le sorrisi, guardandola con tenerezza, e la salutai con una piccola riverenza: - A dopo, Miss.
Indossai la mia mantellina verde smeraldo, lo stesso colore dei miei occhi, ed uscii in cortile, venendo accolta da una piacevole brezza mattutina.
Il giardino dell’orfanatrofio era abbastanza spazioso, non grande come quelli dei palazzi reali, ma, comunque, sufficientemente esteso da permettere a trenta orfanelli di scorrazzare liberi.
Una stradina di sassi portava al cancello e tagliava in due un ampio prato.
C’erano delle panchine sparse qua e là, una fontanella con un Cupido scolpito in cima, un piccolo pozzo, qualche albero ed un roseto al quale Miss Collins teneva tantissimo.
Mi sedetti su una panchina, quella accanto alla fontanella, e, mentre guardavo l’acqua scorrere, pensai che, in fondo, non mi era andata poi così male.
Vero, non avevo una famiglia biologica, ma ne avevo trovata un’altra altrettanto accogliente.
Tirai fuori da una tasca del grembiule il bigliettino della nonna, rigirandomelo distrattamente tra le dita, e, come facevo spesso, iniziai ad immaginare le vicende di vita della mia famiglia prima della mia nascita.  
Miss Collins mi aveva parlato spesso di mia nonna e dei miei genitori, così, in qualche modo, sapevo di aver preso i capelli castani da mia madre, gli occhi verdi da mio padre e l’amore per i libri dalla nonna.
L’unica cosa che non mi accomunava a nessuno di loro era un’abilità particolare che mi aveva reso famosa in tutto l’orfanatrofio: riuscivo a riprodurre qualsiasi voce femminile dopo averla ascoltata una sola volta.
Restai a fantasticare per alcuni minuti, fino a quando non mi vennero a chiamare per la colazione.
Mentre mi sedevo alla grande tavolata dell’orfanatrofio, circondata dai miei compagni, dalla mia famiglia, pensavo che quello sarebbe stato un giorno come tanti. Non sapevo quanto mi sbagliavo.
 
In tarda mattinata, Miss Collins mi chiese di recarmi in città per una commissione.
Mi tirai su il cappuccio della mantella, per ripararmi dal vento che iniziava a soffiare, e, come al solito, imboccai il sentiero che attraversava il bosco.
Era la via più breve per arrivare in città e, nonostante fosse un po’ inquietante, non si era mai sentito parlare di aggressioni nel bosco in pieno giorno.
Mi trovavo circa a metà strada, quando, all’improvviso, un rumore sospetto mi fece bloccare.
Mi voltai, senza vedere nulla, eppure sentivo che qualcosa stava arrivando.
Improvvisamente, vidi qualcuno avanzare rapidamente verso di me.
Feci per spostarmi dalla strada, ma restai piuttosto scioccata non appena la strana figura si illuminò quando passò attraverso un raggio di sole filtrato attraverso gli alberi.
Sbattei le palpebre, cercando di mettere a fuoco: non c’erano dubbi, quello strano essere brillava.
Con uno strano senso di inquietudine, cercai con lo sguardo un nascondiglio sicuro, quando sentii una mano fredda e pesante afferrarmi un braccio.
Mi voltai di scatto e… trattenni a stento un grido.
La creatura che avevo visto era un uomo sulla trentina, dai capelli scuri e dalla carnagione incredibilmente pallida.
Come aveva fatto a raggiungermi così in fretta?
- Lasciatemi!- gridai – Che cosa volete da me?
La morsa sul mio braccio si strinse, mentre l’uomo si guardava attorno con aria circospetta.
Ero sul punto di tirargli un calcio nei testicoli – di solito funzionava sempre – ma mi bloccai non appena i suoi occhi incontrarono i miei.
Repressi un gemito, terrorizzata da quelle orribili iridi color rosso sangue.
Che accidenti di mostro era?
Si guardò di nuovo attorno, con movimenti rapidi e quasi convulsivi della testa, poi tornò a fissarmi con aria folle.
Iniziai a divincolarmi, senza risultato, finchè, dandogli una seconda occhiata, capii che il suo sguardo non esprimeva malvagità, ma paura.
La stessa paura che si leggeva negli occhi degli animali braccati.
Lo strano uomo ansimò, venendo scosso da una serie di tic nervosi: - Stanno arrivando a prendermi… mi sono alle calcagna… sono qui, stanno arrivando!
- Chi?- gridai, sempre più terrorizzata – Chi è che sta arrivando?
- Vattene via, umana!- sbottò, all’improvviso – Loro non devono trovarmi!
- Di chi state parlando?
 In tutta risposta, il tipo mi spinse da parte, facendomi rotolare dietro un cespuglio.
Cercai di rialzarmi, piuttosto ammaccata, ma, d’istinto, mi bloccai non appena sentii uno strano vento sul viso, come se qualcuno mi fosse appena sfrecciato davanti.
Una voce maschile, piuttosto untuosa e viscida, iniziò a parlare in tono irrisorio.
- Ma bene, ecco il nostro fuggitivo! Pensavi forse di scappare?
Avanzai strisciando, sporgendomi un po’ dal mio nascondiglio, in modo da poter vedere cosa stesse succedendo attraverso i rami intricati del cespuglio.
L’uomo – o qualunque cosa fosse -  che avevo visto prima, stava appiattito contro il tronco di un albero, gettando qua e là occhiate vitree e folli.
Sei figure, coperte da delle eleganti cappe scure, lo circondarono, sogghignando.
Uno di loro, un tipo dai lunghi capelli neri e lucidi, gli si avvicinò mellifluo, serrandogli una mano attorno al collo.
Il malcapitato gli lanciò uno sguardo vacuo: ormai, non sembrava più in grado di ragionare.
Che cosa potevano avergli fatto per ridurlo in quello stato?
L’uomo dai capelli neri lo fissò con un falso sorriso: - Immagino tu sappia che le nostre regole non sono state create per divertimento, ma per proteggere la nostra razza. Pensi che sia una cosa piacevole, per me, il compito di far rispettare questo semplicissimo regolamento, quando, poi, c’è gente come te che si diverte ad infrangerlo?
Un ragazzo dai capelli biondi, che affiancava Mister Falsità, sogghignò compiaciuto: - C’è solo un modo per farla pagare a quelli come te. Felix!
Una specie di scimmione, alto più di due metri, fece un passo avanti, con un sorriso sadico stampato in faccia.
Alla vista di quell’energumeno, il tizio braccato sembrò recuperare un po’ di lucidità, infatti, ebbe una specie di sussulto, iniziando a dimenarsi selvaggiamente: - No! Stammi lontano! Stammi lontano, maledetto!
L’uomo dai capelli neri si voltò verso un ragazzino moro, che se n’era rimasto fermo immobile per tutto quel tempo, e gli fece un gesto con la mano, come per invitarlo a fare qualcosa.
- Alec, procedi pure.
Il giovanotto annuì e tese i palmi delle mani verso il tipo, che non la smetteva di divincolarsi dalla stretta del suo aguzzino dal sorriso falso.
Una specie di nebbia perlacea iniziò a fuoriuscire dalle mani del ragazzo, dirigendosi lentamente verso la vittima, come un serpente pronto a catturare la preda.
Il cosiddetto fuggiasco venne, per un attimo, completamente avvolto da quel fumo grigiastro, che iniziò a diradarsi non appena egli smise di divincolarsi.
Trattenni a stento un grido di stupore: quegli esseri non erano umani, erano dei mostri!
Riuscii a tapparmi la bocca con entrambe le mani, appena in tempo per soffocare un altro urlo, non appena lo scimmione di nome Felix strappò con un solo colpo le braccia dal tronco del malcapitato, ormai inerme. Non uscì una sola goccia di sangue.
Volevo fare qualcosa, ma i miei muscoli erano come paralizzati dal terrore.
Assistetti sconvolta alla mutilazione del pover’uomo, o povero mostro, che si concluse con lo staccamento della testa ad opera del bestione.
Il ragazzo dai capelli biondi tirò fuori una stranissima arma, una specie di pistola, e, non appena premette il grilletto, una vampata di fuoco incendiò i miseri resti del giustiziato, facendo guizzare scintille incandescenti sul sentiero.
Un forte senso di nausea mi pervase, seguito da un tremendo capogiro.
Era impossibile. Era assurdo. Era… assolutamente innaturale.
I sei giustizieri ammirarono soddisfatti la propria opera, commentando qualcosa sull’esempio da dare e sulla giustizia, quando, all’improvviso, uno di loro si girò, iniziando a guardarsi intorno con aria sospettosa, come se stesse cercando qualcosa.
Era un ragazzo abbastanza giovane, più o meno della mia età, con i capelli castano-rossicci, corti e  un po’ arruffati, ed i lineamenti del viso assolutamente stupendi. La sua carnagione era pallidissima, come quella dei suoi compagni, ed aveva una corporatura asciutta ma muscolosa.
Richiamò l’attenzione di Felix, battendogli la mano sulla spalla, e gli sussurrò qualcosa.
Il bestione si voltò si scatto, guardandosi intorno a sua volta, ed osservò il compagno che si avvicinava pericolosamente al mio cespuglio, con lo sguardo che vagava qua e là.
Cercai di appiattirmi il più possibile contro il suolo, tenendo d’occhio il ragazzo, sempre più vicino, senza accorgermi che il suo amico  nerboruto era improvvisamente scomparso.
Mi immobilizzai, non osando schiodare il mento da terra, quando, all’improvviso, sentii una morsa potente serrarsi attorno alle mie braccia, e, pochi secondi dopo, venni tirata su di peso, ritrovandomi coi piedi a parecchi centimetri da terra.
Gli occhi rossi del giovane, che prima mi stava cercando, si spalancarono, mentre la voce dello scimmione Felix tuonò dietro di me, facendomi quasi saltare i timpani: - Guarda cosa c’è qui!
- Un’umana!- esclamò l’altro, con un’espressione sorpresa sul volto.
Il ragazzo biondo, quello con la pistola lanciafiamme, lo affiancò, squadrandomi con le sue iridi vermiglie: - Maledizione, ci stava spiando!
- Facciamola fuori! – gridò Felix, stringendo di più la morsa attorno alle mie braccia e facendomi gridare – Berrò il suo sangue fino all’ultima goccia!
Le sue orride fauci si spalancarono, arrivando a pochi centimetri dal mio collo, quando, all’improvviso, lanciò un urlo di disgusto: - Bleah! Sentite che roba! Mai sentito un odore più disgustoso! E’ rivoltante!
- Che cosa? – risposi, con la voce ormai ridotta ad uno squittio – Sarai tu ad essere rivoltante!
- Si può sapere che succede?
L’uomo dai lunghi capelli neri si avvicinò lentamente a noi, seguito dal ragazzino “manipolatore di nebbia”.
Il biondo mi puntò un dito contro: - Questa umana era nascosta dietro a quel cespuglio ed ha assistito all’esecuzione! Bisogna eliminarla!
- E che cosa state aspettando, allora? – domando calmo l’altro, gettando uno sguardo interrogativo allo scimmione che mi stava stritolando.
Felix mollò la presa, facendomi cadere in ginocchio, e rispose: - Il suo sangue ha un odore nauseabondo! Provate ad annusare!
Il ragazzo dai capelli castano-ramati si sporse un po’ verso di me, tirando su col naso. Un brivido lo scosse ed indietreggiò di alcuni passi: - E’ vero, è un odore fortissimo. Io non mi arrischierei a berlo.
- Allora rompiamole il collo e facciamola finita qui – propose il tipo dai capelli biondi, facendo un gesto a Felix, che mi serrò una mano attorno alla gola, costringendomi ad alzare la testa.
Notai un lieve stupore negli occhi del ragazzino più giovane: - Aro, guarda!
L’uomo dai capelli neri mi gettò un’occhiata distratta e, dopo avermi osservata, spalancò gli occhi rossi: - Oh, cielo…-
Felix mollò la presa, permettendo al suo capo di alzarmi il mento con le dita, in modo che potesse guardarmi negli occhi. Le sue labbra si serrarono in una smorfia: - In effetti, noto una certa somiglianza… ed ha pure gli occhi verdi… anche mia sorella li aveva, quand’era ancora umana…- guardò i propri compagni con aria quasi nervosa, poi si rivolse allo scimmione – Felix, fai in fretta prima che Marcus la veda…
- Che cos’è che non devo vedere?- disse una voce maschile, piuttosto pacata, alle spalle di Aro.
Il viscido essere si voltò lentamente, mentre veniva affiancato da un uomo molto alto di mezza età, con i capelli lunghi e castani e l’espressione un po’ cupa.
Come tutti gli altri, aveva gli occhi rossi, ma, per una strana ragione, non mi faceva più di tanta impressione. Anzi, oserei dire che il suo sguardo era quasi rassicurante.
- Questa umana ci stava spiando, Marcus- gli spiegò Aro, con una nota di nervosismo – Ci stavamo accingendo ad eliminarla.
- Devo essermi perso qualche passaggio- replicò lui, in tono calmo – Ero distratto dalle fiamme…
Mi gettò un’occhiata annoiata, ma, per un istante, mi sembrò che il suo volto si fosse illuminato.
Mi si avvicinò, portandomi una mano sotto il mento, e mi osservò a lungo, senza dire una parola.
Il ragazzo biondo fremette: - Marcus, stiamo perdendo tempo! Uccidiamo l’umana e andiamo via!
L’uomo non rispose, ma si limitò a commentare: - C’è una lieve somiglianza… e gli occhi sono gli stessi…
- Marcus!
Sentendo la voce dell’uomo chiamato Aro, Marcus si voltò con flemma: - Sì?
- Piantala di fare il tenero! Lasciamo che Felix le rompa il collo e poi bruciamola. Vuoi forse mettere a repentaglio la nostra sicurezza?
Marcus alzò le spalle: - Pensavo che, magari, si potesse trovare una soluzione alternativa…
- Non esistono “soluzioni alternative”, Marcus – sbottò il tipo biondo, perdendo la pazienza – Noi non diamo seconde opportunità!
- Io credo che, per una volta, si potrebbe fare un’eccezione- replicò con calma Marcus – Didyme la risparmierebbe… ha i suoi stessi occhi da umana… secondo me, potremmo portarla con noi.
- E perché dovremmo, quando è mille volte più facile e sicuro ucciderla?- protestò il biondino, che mi stava sempre meno simpatico – Basta con queste sciocchezze, Marcus, mi sto stancando!
- Non è, oggi, il ventitré Settembre?- domandò all’improvviso Marcus, ignorando le proteste dell’altro – Non è, oggi, il compleanno di Rowena?
- E questo che cosa centra?- domandò il biondo, incrociando le braccia con aria impaziente.
Marcus alzò le spalle: - Il fatto è che temo di essermi scordato di farle un regalo…
- Che cosa?
Il ragazzo biondo spalancò gli occhi rossi: - Sei pazzo? Come hai potuto dimenticarti una cosa del genere? Hai idea di come reagirà, non appena lo saprà?
L’uomo chiamato Aro alzò gli occhi al cielo: - Oh, andiamo, Caius, sono secoli, ormai, che è un vampiro! A che cosa serve farle, ogni anno, una festa e riempirla di regali?
“Un vampiro?” pensai allarmata “Che idiota, come ho fatto a non pensarci? Ecco perché lo scimmione voleva bere il mio sangue!”
Il ragazzo di nome Caius scosse la testa, guardando il compagno con un certo nervosismo: - Pensi che a Rowena interessino le tue ragioni? Hai forse dimenticato cosa succede, quando si arrabbia?
Aro represse una smorfia, diventando serio all’istante: - No, certo che no…- si rivolse a Marcus, con un sospiro – Vuoi regalare un’umana a Rowena?
Il vampiro annuì: - Se non sbaglio, non ha mai ricevuto un regalo così… di certo le farebbe piacere.
- Hey, un momento!- sbottai – Io non sono una bambola! Non ho alcuna intenzione di venire con voi e diventare il giocattolino personale di una bimba viziata!
- Zitta! – ruggì Felix, stringendomi un braccio – Non hai il permesso di parlare!
Strinsi i denti, guardandolo con odio: - Mi stupisce che tu sappia parlare senza emettere strani versi, troglodita di uno scimmione!
I suoi compagni trattennero a stento una risatina, mentre lui mi fulminò con lo sguardo: - Come osi!
Mi afferrò i capelli da dietro con forza, stringendomi una mano attorno al collo, quando il ragazzo dai capelli rossicci lo fermò: - Felix!
Il gorilla guardò il compagno con aria sorpresa: - Hai sentito quello che ha detto, Demetri?  
- Ho sentito- replicò calmo l’altro – Ma a Rowena non farà piacere ricevere un regalo rotto…
Felix sbuffò e mi lasciò andare, mentre il ragazzino di nome Alec mi lanciò uno sguardo dubbioso: -Allora è proprio deciso? La porteremo al castello con noi? Non sono molto convinto della tua idea, Marcus…
Il vampiro dai capelli castani non rispose, ma quello di nome Caius guardò Alec severamente: - L’idea non piace neanche a me, ma preferisco evitare che mia figlia si arrabbi. Anche perché – aggiunse con uno sguardo sadico – C’è soltanto una cosa che Rowena non ha ancora ricevuto, oltre ad un’umana da compagnia…
- E… sarebbe? – domandò il ragazzino con una certa esitazione.
Caius sogghignò: - Tu. Impacchettato, legato, imbavagliato e infiocchettato. E, oh, dimenticavo – la sua voce assunse un tono malefico – Nudo.
Alec trasalì leggermente, mordendosi le labbra, poi sospirò: - E va bene, mi rimetto al vostro giudizio. Considerate, però, che un’umana ha bisogno di mangiare, bere, dormire…
- Me ne occuperò io personalmente – rispose Marcus senza battere ciglio, così Aro annuì, con aria rassegnata: - E sia. Adesso muoviamoci, abbiamo perso anche fin troppo tempo.
Felix mi afferrò la mantella con forza, probabilmente pensando di trascinarmi fino al loro castello, ma Caius lo fermò: - Aspetta, tu sei troppo indelicato. Non vogliamo che si perdano dei pezzi in giro…
“Pezzi? Siamo a posto…” pensai, deglutendo.
Lo scimmione fece per protestare, ma Caius lo zittì con un’occhiataccia, rivolgendosi poi al vampiro dai capelli ramati: - Demetri, fallo tu.
Lui annuì e si avvicinò a me con aria cortese: - Col Vostro permesso…
Mi caricò sulla propria schiena senza alcuna fatica e, non appena si sentì sicuro della propria presa, fece un cenno agli altri: - Va bene, possiamo partire.
Prima che riuscissi a protestare, Demetri mi sussurrò: - Vi consiglio di tenervi forte…
Per un attimo, mi sembrò di venire risucchiata dentro una strana dimensione.
Un vento fortissimo mi colpì il viso, costringendomi a chiudere gli occhi, mentre, intorno a me, il bosco scorreva alla velocità della luce.
Persi completamente la concezione dello spazio e del tempo, le uniche cose che riuscivo ad avvertire erano le mani fredde del vampiro, che mi tenevano saldamente, ed il suo collo congelato premuto contro la mia guancia.
I miei pensieri turbinavano disordinatamente nella mia testa.
Avevo assistito all’assassinio di un vampiro, stavo per diventare l’animaletto da compagnia di una mocciosa millenaria viziata e gli unici punti a mio favore erano il fatto di avere un sangue nauseabondo e di assomigliare ad una certa Didyme.
Stavo incominciando a perdere i sensi, quando, all’improvviso, ci fermammo.
Aprii gli occhi, con un po’ di esitazione, e mi guardai intorno.
Ci trovavamo nei pressi dell’antico castello di Volterra.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ebbene, ecco qua il primo capitolo. Che ve ne pare?
Spero che i Volturi siano abbastanza azzeccati caratterialmente, devo ancora entrare bene nella psicologia dei personaggi. Forse Marcus è un po’ troppo “tenero”, ma mi ha fatto una buona impressione come personaggio, quindi ho preferito renderlo così.
Si sarà sicuramente capito che Felix non mi sta molto simpatico…
Per le descrizioni fisiche, mi sono attenuta al film, perchè mi piacevano di più rispetto a quelle del libro.
Bene, tornando a noi, nel prossimo capitolo Emma farà la conoscenza della sua nuova padroncina, che avrà molte occasioni per dimostrarsi antipatica e viziata.
Appariranno, naturalmente, anche Jane e le mogli dei tre capi.
Ok, chiudo qui il mio papiro e ringrazio caldamente chi leggerà.
A presto :)

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Capitolo 3
*** Faccio la conoscenza della vampira più viziata del pianeta. ***


 Mi guardai attorno con gli occhi sbarrati, mentre, innanzi a noi, si ergeva una maestosa costruzione in pietra, con le mura parzialmente ricoperte da piante rampicanti.
Conoscevo quel castello da tanti anni, eppure, non avrei mai immaginato che, in realtà, fosse un covo di vampiri.
Demetri mi fece scendere dalla propria schiena con garbo, accennò un lieve inchino ed affiancò il suo compagno scimmione.
Aro mi guardò con un mezzo sorrisetto e mi ordinò: - Seguici.
Attraversammo l’immenso giardino del palazzo a passo spedito, mentre continuavo a gettare occhiate qua e là, chiedendomi come mai nessuno si fosse accorto della vera natura di quegli esseri.
Non appena giungemmo alle porte del palazzo, quelle si aprirono come per magia.
Esitai, cercando di pensare ad un modo per allontanarmi, ma Marcus si voltò verso di me e mi tese la mano con fare gentile: - Su, vieni.
Lo fissai un po’ incerta, ma appoggiai comunque la mia mano sulla sua, fredda come il ghiaccio, e mi lasciai condurre all’interno del castello.
Dovevo ammettere che, per essere dei mostri succhiasangue, avevano gusti parecchio raffinati.
L’interno del palazzo era riccamente decorato, pulito e ordinato.
Giganteschi candelabri illuminavano l’ambiente, i pavimenti di marmo risplendevano come specchi ed ogni singolo particolare sembrava in armonia con lo spazio circostante, a partire dal colore delle tende abbinato a quello dei tappeti.
Una ragazzina dai capelli biondi, che assomigliava molto ad Alec, scese lentamente da una delle scalinate laterali, che portavano ai piani superiori, e ci raggiunse con un mezzo sorriso.
Accennò un saluto ad Aro e agli altri, ma, non appena si accorse di me, diventò subito ostile.
Fissò Alec con severità e commentò acida: - Da quando in qua si fanno prigionieri?
Il ragazzino alzò le mani in segno di resa: - Domandalo a Marcus, Jane, io non centro.
- Marcus?
La biondina girò lo sguardo verso il mio accompagnatore: - Potresti illuminarmi riguardo a tal decisione? I Volturi non hanno mai fatto una cosa del… oh, che orrore!- gridò all’improvviso, gettandomi un’occhiata di disgusto – E’ pure umana! E il suo sangue ha un odore così… bleah!
Mi morsi la lingua per non rispondere, mentre Marcus la fissò impassibile: - E’ il mio regalo per Rowena. Le farà piacere essere il primo vampiro ad avere un’umana da compagnia.
- Tsk, se lo dici tu… - borbottò Jane, squadrandomi con un’espressione schifata.
- Adesso non è il momento di discutere – disse Caius, con aria annoiata – Dobbiamo prima darle una sistemata.
Aro ci guidò attraverso un lungo corridoio, che terminava nei pressi di due immensi portoni bianchi.
Due vampiri, abbigliati come camerieri, attendevano immobili sulla soglia e, non appena il loro capo fece un gesto con la mano, aprirono le porte senza emettere un cenno.
Entrammo in una grande sala dal pavimento bianco, dove, circondate da alcune ancelle, due donne dalla pelle chiarissima stavano chiacchierando tra loro.
Una era una bella donna tra i venticinque e i trent’anni. Aveva i capelli scuri e ondulati, raccolti parzialmente dietro la testa con un elegante fermaglio nero, ed indossava un abito lungo e attillato del colore della notte, che si chiudeva attorno al suo collo con una rete di pizzo semi-trasparente.
La seconda, invece, era una biondina poco più che ventenne dai capelli arricciati, ancora più pallida della compagna, ed indossava un abito, sempre nero, volutamente scollato e composto da un attillato corsetto unito ad un’ampia gonna di seta.
Non appena entrammo, le due interruppero la conversazione e si illuminarono.
Aro fece una riverenza molto teatrale: - Ebbene, siamo tornati!
- Mio amato!- sospirò la donna dai capelli scuri, facendosi baciare la mano dal viscido vampiro – Come è andata? Stavo iniziando a preoccuparmi!
Lui sorrise lievemente: - Non ne avevi ragione, mia cara Sulpicia. Nessuno può sconfiggerci!
- Hai ragione, perdonami- rispose la vampira, sorridendo compostamente.
La ragazza bionda si avvicinò, sorridendo, a Caius, e gli appoggiò le mani sulle spalle, sussurrando con dolcezza: - Mi sei mancato…
Lui annuì, dandole un rapidissimo bacio sulle labbra, in modo quasi distaccato: - Sì, anche tu, Athenodora…
- Ma che romanticone…- mormorai tra me, facendo sorridere Marcus per un breve istante.
Tuttavia, non appena diede una seconda occhiata ai due compagni felicemente sposati, un velo di tristezza cadde nuovamente sui suoi occhi.
Fui tentata di domandargli che cosa gli prendesse, quando, all’improvviso, la donna di nome Sulpicia arricciò il naso: - Ma che cos’è questo strano odore?
Alec, Jane, Demetri e Felix indicarono Marcus, come per dire “Colpa sua!”
Le due vampire sgranarono gli occhi, non appena si accorsero di me, e la biondina domandò: - Che cosa ci fa qui, un’umana?
Caius alzò gli occhi al cielo: - E’ il regalo di Marcus per Rowena.
- Oh!- esclamarono in coro le due donne – E perché il suo sangue ha un aroma così poco invitante?- domandò Sulpicia, disgustata – Non lo berrei per nulla al mondo!
- Secondo me ha una qualche strana malattia- commentò l’altra, guardandomi con aria leggermente snob, facendomi altrettanto leggermente saltare i nervi: - Hey! Io non ho nessuna malattia! Sto benissimo!
- Oh, beh, se lo dici tu…
Athenodora si avvicinò con un’espressione curiosa: - Me la faresti vedere meglio, Marcus?
Il vampiro annuì, sospingendomi lievemente verso di lei ed abbassandomi il cappuccio della mantella, in modo da scoprire completamente il mio viso.
La bionda serrò le labbra con aria poco convinta e commentò: - E’ tutta sporca di foglie e terra! Ti sei, forse, rotolata nel bosco, umana?
- Di certo non intenzionalmente… – borbottai, restando sulle mie.
Athenodora scosse la testa e si rivolse al compagno: - Weenie non può ricevere un regalo così poco presentabile. Bisogna darle una ripulita immediatamente!
- Naturalmente – rispose lui – Per questo l’abbiamo portata qui.
- Potreste occuparvene voi, mia cara?- domandò Aro alla moglie, la quale sorrise apertamente: - Ma certo! Sarà un vero piacere occuparci di lei, mio amato!
- Allora ve la lasciamo- mormorò Marcus – Siate delicate.
Le due si scambiarono uno sguardo d’intesa e sorrisero: - Non ti preoccupare. Verrà fuori ancora più bella di quanto possiate immaginare.
I tre vampiri annuirono, poi fecero un cenno agli altri quattro, rimasti immobili a guardare, ed uscirono compostamente dalla stanza.
Le vampire mi girarono attorno, studiandomi con interesse. Un accenno di stupore si dipinse nei loro volti non appena mi guardarono meglio il viso.
- Hai notato, Dora? Non trovi che somigli tantissimo a…
- Sì, l’ho pensato anch’io…
- Che combinazione! E gli occhi, poi, gli stessi…
- Anche i capelli sono molto simili… certo, Didy li aveva molto più curati…
- Scusatemi?- le interruppi – Avete intenzione di fare altri commenti su quanto sia disgustosa? No, perché allora mi preparo…
Loro si guardarono, per poi ridacchiare compostamente.
- Va bene, iniziamo pure a darti una ripulita. Questa va lavata!- sentenziò Sulpicia, sfilandomi la mantella verde e dandola ad una delle sue ancelle.
- E pure questo!- stabilì Athenodora, indicando il mio vestito.
Mi presero per le mani e mi invitarono a seguirle verso una scalinata che si trovava dalla parte opposta della sala.
- Com’è che ti chiami, umana?
- Emma.
- Vieni con noi, allora, Emma.
 
Mi ritrovai, presto, immersa in una tinozza piena d’acqua, con tre ancelle vampire che mi strofinavano la pelle con delle spazzole da bagno.
Avevo cercato di protestare, dicendo che me la sarei cavata benissimo da sola, ma Sulpicia e Athenodora non avevano voluto sentire ragioni.
Mi lavarono i capelli, togliendo tutte le foglie rimaste intrappolate nella mia chioma, e mi cosparsero di oli profumati, per “camuffare un po’ l’odore disgustoso del mio sangue”.
Non appena mi fui asciugata, Athenodora iniziò a pettinarmi, interrogandosi su quale acconciatura mi sarebbe stata meglio.
Decise, infine, di farmi dei boccoli simili ai suoi e, non appena finì, prese due ciuffi ai lati della mia testa, legandomeli dietro la nuca. Domandò, poi, che le fosse portato un fiocco.
- Un fiocco?- domandai sorpresa – Non sono mica una bambina! Sono anni che non uso i fioc…
Mi tappò la bocca con le dita, lanciandomi uno sguardo di ammonimento.
Alzai gli occhi al cielo, lasciandomi annodare i capelli con un nastro di seta azzurra.
Fui sollevata, invece, quando mi dissero che potevo indossare il mio vestito. In compenso, mi furono date delle calze bianche nuove ed un paio di scarpe celesti rialzate, con una fibbia d’oro che brillava davanti.
Mi truccarono appena e, per concludere, mi circondarono il busto con un nastro rosa, che passava sotto il braccio destro e si annodava in un fiocco all’altezza della spalla sinistra.
Alzai un sopracciglio con aria annoiata: - E’ necessario?
Le due donne annuirono: - Un regalo che si rispetti ha sempre il fiocco. A Rowena piace così.
Sospirai, mentre qualcuno entrava nella stanza a passo deciso.
Caius mi diede una rapida occhiata, per poi rivolgersi alla moglie: - E’ pronta?
Athenodora gli sorrise: - Pronta.
Il vampiro annuì e mi prese per un braccio: - Seguimi.
 
Fui condotta al terzo piano del palazzo, in modo sufficientemente delicato, fino a quando non ci fermammo davanti ad una porta in legno color rosa pallido.
Caius bussò cordialmente: - Rowena? Posso entrare?
Una vocetta femminile, piuttosto acuta, trillò dall’altra parte del muro: - Sei tu, padre? Vieni!
Il vampiro biondo abbassò la maniglia d’oro e spalancò la porta con un’insolita grazia.
- Lo zio Marcus ti manda in anticipo il suo regalo.
Mi guardai attorno meravigliata: la stanza in cui eravamo appena entrati era grande quasi quando la mensa dell’orfanatrofio.
I muri color bianco panna erano così immacolati che quasi risplendevano.
I mobili che adornavano la camera erano tutti in legno e verniciati con una pallidissima tinta rosa perlato, mentre, sopra di essi, c’era la più grande collezione di bambole che avessi mai visto.
Un gigantesco armadio, in tinta con il resto del mobilio, occupava quasi tutta la parete destra della stanza e, appesi ai muri, c’erano decine di specchi lucidi e splendenti.
Una figura esile ed aggraziata si voltò di scattò verso di noi, con il sorriso stampato sulle labbra.
Era una ragazza sui diciotto anni, molto simile alla vampira di nome Athenodora, solo che mille volte ancora più bella – cosa che, credetemi, sembrava quasi impossibile-.
Aveva i capelli lunghi e biondi, che ricadevano sulle spalle in tanti delicatissimi riccioli, e, in testa, portava una sottile coroncina d’argento.
I lineamenti stupendi si potevano facilmente comparare a quelli di una divinità greca, tanto che, per un istante, fui quasi abbagliata non appena mostrò il suo volto.
Vestiva con un ampio abito color pesca, formato da corsetto, gonna e maniche corte che lasciavano scoperte le spalle. Una fascia di seta era legata attorno alla sua vita sottile e si chiudeva di lato in un fiocco a forma di rosa.
Era appena più bassa di me e perfetta in tutte le sue proporzioni.
Notai con stupore che i suoi occhi, invece che rossi, erano di un chiarissimo colore grigio-azzurro, lo stesso colore del ghiaccio.
Caius le sorrise apertamente e le consegnò un bigliettino: - Per te.
La ragazzina lo prese con aria deliziata e lesse ad alta voce: - Felice genetliaco Rowena, con affetto, Marcus.
Emise una risatina quasi isterica ed iniziò a saltellare: - Ho il regalo in anticipo! Ho il regalo in anticipo! Dov’è il regalo, papi?
Caius mi diede una spintarella verso di lei: - Eccolo qua.
Rowena mi fissò ad occhi sbarrati, con un ghigno folle sul volto: - E’ un’umana!
“Ma và?” pensai con fare ironico, mentre la ragazzina iniziava a studiarmi, girandomi attorno con fare convulsivo.
Mi toccò praticamente dappertutto, poi, soddisfatta, slegò il nastro rosa con cui mi avevano avvolta e mi guardò in faccia, sorridendo con aria inquietante: - Ho un’umana per me!
Mi prese una mano, in modo decisamente troppo veemente, e passò il naso sul mio polso, ritirandosi all’improvviso: - Perché il suo sangue puzza così?
Alzai gli occhi al cielo, mentre sentivo Caius rispondere: - Non ne abbiamo idea.
La vampira si morse un labbro, dubbiosa: - Beh, non sarai di certo il mio spuntino, allora…
Guardò poi il padre con curiosità infantile: - E che cosa devo farci con un’umana, papi?
Caius sogghignò sadicamente, mentre usciva dalla stanza: - Tutto quello che vuoi.
Non mi piacque affatto quella risposta, soprattutto quando vidi il lampo luciferino che brillò negli occhi di Rowena.
La porta si chiuse, mentre il vampiro biondo sussurrava: - Vi lascio sole…
Mi sentii parecchio a disagio.
Rowena mi fece un altro giro attorno, con un’espressione sadica sul volto.
Infine, dopo alcuni istanti di snervante silenzio, parlò con la sua vocetta infantile: - Bene, umana. Ora sei mia! Vediamo, per prima cosa, che posso fare con te?
Mi misi le mani sui fianchi con aria severa: - Primo, non mi chiamo “umana”, il mio nome è Emma. Secondo, io non sono tua, io non appartengo a nessuno, se non a me stessa. Ci terrei che lo avessi presente, anche se mi trovo qui come regalo di compleanno.
Lei mi diede un’occhiata annoiata, dandomi l’impressione di non aver ascoltato una sola parola di quello che le avevo detto, e stabilì con aria decisa: - Bene, dato che non posso bere il tuo sangue, ho deciso che sarai la mia serva. Farai tutto quello che ti dirò, pulirai la mia stanza, giocherai con me quando te lo chiederò, mi terrai compagnia, leggerai per me, pettinerai le mie bambole, canterai per me, se ne sei capace… sei capace di cantare?
- Sì- risposi leggermente scocciata – Ma ci terrei a precisare che…
- Poi mi accompagnerai a fare delle passeggiate in città, mi aiuterai a vestirmi, assisterai ai miei cambi d’abito per dirmi quanto sto bene, mi racconterai delle storie, mi farai un sacco di complimenti e, per finire, mi accontenterai in ogni mia singola, pazza e sconsiderata richiesta!
Sorrise con fare infantile, mostrandomi tutti i suoi denti bianchi, mentre io cercavo di riprendermi da tutti quei progetti allucinanti: - Senti, ragazzina, almeno il tempo per respirare lo avrò?
Lei aggrottò le sopracciglia dorate: - Hey! Non puoi rivolgerti a me così! Devi darmi del Voi e chiamarmi Milady o Lady Rowena. Sono maggiorenne e sono la tua signora!
- Ma davvero?- replicai con aria di sfida – Eppure, mi sembra che diciotto anni li dimostri solo fisicamente…
- Infatti ne ho di più!- trillò lei, non capendo la mia sottile allusione – Comunque, smettila di parlarmi così e chiamami Milady!
- Come preferite, Milady- risposi sarcastica – Tanto non starò qui a lungo. Troverò un modo per tornare all’orfanatrofio, di questo potete starne certa.
Rowena spalancò gli occhi e strinse i pugni: - No! Tu non te ne andrai mai da qui, ora sei mia! Ti assicuro che, se te ne andrai, raderemo al suolo il tuo stupido orfanatrofio e uccideremo chiunque tenti di sbarrarci la strada! – socchiuse gli occhi minacciosa – Non hai idea di cosa possiamo fare noi Volturi…
Ripensai improvvisamente al vampiro che era stato fatto a pezzi e gettato nelle fiamme, e mi resi conto di non avere scampo.
Di sicuro, quei mostri non ci avrebbero messo molto a distruggere l’orfanatrofio e dissanguare i miei compagni che, di certo, non avevano la fortuna di possedere un sangue dall’odore nauseabondo per i vampiri.
Guardai Rowena negli occhi, quei suoi grandi e bellissimi occhi grigi, che, in certi momenti, sembravano quasi cambiare colore, diventando azzurri intensi.
Non stava scherzando.
Mi bastò uno sguardo per capire, non so come, che quella ragazzina dal carattere infantile era capace di compiere delle vere atrocità, magari sfruttando proprio quella sua aria innocente.
Sospirai, abbassando la testa, e strinsi i pugni: - Va bene. Resterò qui. Ma non fate del male a Miss Collins e ai miei compagni.
Rowena sogghignò, assumendo la stessa espressione sadica di suo padre: - Fai la brava, e vedrai che non accadrà niente.
Si voltò poi verso uno degli specchi appesi alle pareti, ammirandosi soddisfatta.
Pensavo che i vampiri non fossero in grado di specchiarsi, ma, a quanto pareva, era solo una diceria.
Rowena si sistemò un ciuffo di capelli, poi mi guardò con aria entusiasta: - Bene, umana o… come ti chiami…
-Emma.
Lei fece un gesto scocciato con la mano: - Sì, quello che è. Il tuo primo compito inizierà tra pochissimo. Stasera, ci sarà la mia festa di compleanno, e tu dovrai assistere alla mia preparazione. Mi sembri abbastanza schietta, quindi mi darai consigli sull’abbigliamento.Naturalmente, però, sarò io a decidere, alla fine.
Vedi di essere presentabile, perché mi accompagnerai quando sarò nel salone. Voglio far vedere a tutti che io, Rowena Freya Volturi, possiedo un’umana da compagnia! E anche lì, poi, avrai un lavoretto da fare…
Alzai un sopracciglio con aria rassegnata: - Di cosa si tratta?
Mi guardò con aria furba, sorridendo diabolicamente. I suoi occhi sembravano due sottili fessure argentate: - Ti assicuro che ci divertiremo, mia cara, vedrai…
 
***
Angolo dell’Autrice: Emma è giunta al castello dei Volturi e ha fatto la conoscenza della sua padroncina. Sembra si prospettino tempi duri per lei.
Rowena, naturalmente, non è un vampiro normale e, presto, spiegherò perché non ha gli occhi rossi.
Bene, come vi è sembrato il capitolo? Carino? Noioso? Orrendo?
Se vi va, fatemi sapere, magari, se avete dei consigli da darmi su come migliorare, saranno ben accetti.
Detto questo, vi saluto, grazie mille per aver letto.
Al prossimo capitolo, con la festa di Rowena!
Ciao :)

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Capitolo 4
*** Milady si dimostra più odiosa del previsto ***


 - Allora, servetta, sei pronta?
Alzai gli occhi al cielo, mentre mi davo un’ultima sistemata ai capelli: - Sono pronta.
- Bene.
Rowena mi attendeva sulla soglia della camera, con le mani appoggiate sui fianchi.
I suoi capelli biondi erano raccolti in un’elegante acconciatura e decorati con piccoli fermagli di diamante a forma di fiore.
Indossava un abito blu scuro, con il corsetto scollato e pieno di brillanti, la gonna molto ampia e con le maniche abbassate, in modo da scoprire le spalle bianche.
In testa, portava una corona d’argento, molto simile a quella che aveva prima, solo che più grande e più decorata.
Era davvero bella, se non fosse stato per l’aria arrogante e impaziente con cui mi guardava.
Le rivolsi un sorriso molto forzato e cercai di essere il più cordiale possibile: - Eccomi qui, Milady.
Rowena mi squadrò dall’alto al basso e mi lanciò un’occhiata severa: - Hai tolto il fiocco?
Mi passai una mano tra i capelli, con aria un po’ colpevole: - Sì, ma… ho diciannove anni, non cinque… non vedo perché dovrei tenere un fiocco in testa…
- Perché ti fa più carina!- rispose lei, piuttosto scocciata, rivolgendosi poi a due ancelle – Mettetele subito il fiocco che aveva prima!
- Ma così sembrerò una bambola!- protestai, mentre le ancelle vampire obbedivano all’ordine della padroncina.
Rowena sorrise in modo inquietante: - Infatti! Sei la mia bambolina, adesso!
Mi morsi la lingua per non risponderle indietro e, una volta pronta, dovetti accompagnarla al secondo piano, dove, dalla cima dello scalone che vi conduceva, potevo vedere un’enorme sala addobbata, piena di invitati elegantemente vestiti.
Rowena sorrise compiaciuta, poi mi indicò un gruppo di vampiri, leggermente spostati dal resto degli invitati, che parlavano tra loro. Riconobbi all’istante Aro, accompagnato dalla moglie, insieme ai genitori di Rowena e a Marcus, che sembrava poco propenso ad unirsi ai festeggiamenti.
- Raggiungili usando una delle scalinate secondarie- mi disse, facendomi notare diverse rampe di scale che, dal piano in cui ci trovavamo noi, conducevano alla sala – Poi aspettami.
- Non possiamo scendere insieme?- le domandai irritata.
Rowena spalancò gli occhi di ghiaccio: - Assolutamente no! E’ tradizione che la festeggiata, cioè io, giunga nel salone da sola, senza condividere il suo spazio con nessun altro! E’ la mia “Entrata Trionfale”, sono secoli che si fa così, e non la cambierò di certo ora. Scendi da una di quelle rampe e aspettami giù.
Strinsi le labbra, sbuffando dentro di me, ed obbedii.
Diverse occhiate curiose accompagnarono il mio attraversamento della sala, ma la maggior parte degli invitati mi ignorò, continuando delle conversazioni che preferirei non riportare.
Aro mi rivolse un ampio sorriso falso, non appena mi vide, ed esclamò: - Oh! Ecco qui la nostra umana! Come hai detto di chiamarti?
- Si chiama Emma- gli rispose Sulpicia, e lui si finse ammaliato: - Emma… che nome incantevole!
- Grazie- borbottai poco convinta, mentre Marcus mi accennava un lieve sorriso.
Caius mi fissò con aria di sufficienza e domandò imperioso: - Mia figlia a che punto è?
- Credo che stia per scendere- risposi a denti stretti, cercando di non far trasparire troppo l’antipatia che provavo per lui, la sua marmocchia viziata e la maggior parte dei suoi compagni.
Delle trombe squillarono, assordandomi, e, pochi istanti dopo, un araldo vampiro – manco fossimo nel Medioevo – annunciò con aria solenne: - Ecco a voi Lady Rowena Freya Volturi!
Athenodora fissò estasiata la figlia che scendeva con aria pomposa la grande scalinata di marmo.
Ci fu un applauso generale, poi l’orchestra iniziò a suonare una marcia piuttosto allegra, mentre la dolce rampolla distribuiva sorrisini e cenni di mano ai presenti.
Notai che il suo sguardo era fisso sul giovane Alec, il quale tentava in tutti i modi di eclissarsi in mezzo alla folla.
Quando i regali piedi di Rowena toccarono il tappeto rosso, posto sul pavimento della stanza, Caius la raggiunse in un batter d’occhio, sorridendole ed offrendole il braccio.
Fece poi un cenno alla moglie, che mi mise tra le mani a tradimento un cestino pieno di petali di rosa: - Mettiti davanti a loro e spargi i petali lungo il tappeto.
Trattenni i commenti poco simpatici che volevano a tutti i costi uscire dalle mie labbra e preferii obbedire.
Notai che la folla si spostò ai lati del tappeto rosso, in modo da formare una stradina che portava dritta ad un gigantesco trono di cristallo, elevato su tre gradini.
- Datti una mossa!- mi ordinò Caius, mentre prendevo le distanze da lui e la sua mocciosa, e, cercando di mantenere un’espressione neutrale, avanzai compostamente, spargendo i petali di rosa lungo il tragitto.
Una lieve malinconia si impadronì di me, non appena pensai al roseto di Miss Collins.
Salii i tre gradini che portavano al trono e mi fermai a lato di esso, notando un grosso rotolo di pergamena arrotolato sul sedile.
Rowena, invece, dopo aver lasciato il braccio del padre, si mise in piedi davanti al trono ed annunciò in modo teatrale: - Benvenuti, cari amici! E’ una gioia per me festeggiare il compleanno assieme a voi! Mi rallegrate con la vostra presenza. Prima di cominciare con la Cerimonia dei Regali, vorrei ringraziare lo zio Aro, che ha reso disponibile il salone per la mia festa; i miei genitori, per aver organizzato l’evento e, per finire, lo zio Marcus, che mi ha fatto un bellissimo dono: questa umana, che, da oggi in poi, sarà la mia dama di compagnia! Grazie di cuore, a tutti voi!-
Uno scroscio di applausi seguì il discorso strappalacrime della vampira, mentre, io cercavo di sopportare le occhiate insistenti che mi lanciavano gli invitati.
Non appena l’applauso finì, Rowena si esibì in uno dei suoi migliori sorrisi e proclamò ad alta voce: - Inizi pure la Cerimonia dei Regali!
Si sedette compostamente sul trono, mettendomi in mano il grande rotolo di pergamena, mentre gli invitati si disponevano in una fila ordinata davanti a noi.
La fissai con aria interrogativa, notando che, incastrata nel fiocco rosso che chiudeva la pergamena, c’era una penna d’oca piena di inchiostro: - E con questo, cosa dovrei farci?
Rowena sorrise furbescamente: - Aprila.
Slegai il nastro e, un istante dopo, una specie di lunghissimo elenco scese fino ai miei piedi.
Lessi alcune righe, ad occhi sbarrati, poi mi rivolsi a Milady con aria allucinata: - Non saranno mica…
- Esatto!- esclamò lei, trionfante – Sono i regali che ho chiesto! Ora, mano a mano che aprirò i pacchetti, tu cancellerai dalla lista quello che avrò ricevuto.
- Ci vorranno delle ore!- protestai sconvolta, ma Rowena mi fissò con malizia: - Direi che la notte è lunga… abbiamo tutto il tempo che ci serve!
Mi sedetti per terra e mi preparai psicologicamente a restare sveglia fino al mattino seguente.
I primi a portare il regalo furono, ovviamente, Aro e sua moglie, che presentarono un costosissimo collier di diamanti da abbinare alla corona che Rowena portava.
Cancellai con un sospiro il collier dalla lista, pensando che, con tutto quello sfarzo, avrebbero potuto benissimo sfamare tutte le famiglie povere di Volterra.
Fu la volta di Caius e Athenodora, che diedero alla figlia un pacco gigantesco, contenente uno stupendo abito da sera rosso e oro.
Dopo di loro, arrivarono Demetri e Felix. Lo scimmione sorrideva con aria deficiente, mentre il suo compagno teneva in mano una scatolina infiocchettata.
Per un attimo, lo sguardo di Demetri incontrò il mio.
Ci guardammo per qualche istante, senza alcun apparente motivo.
Poi si scosse, e consegnò il regalo nelle mani della vampirella in attesa: - Buon compleanno, Rowena.
Con un gridolino di gioia, Milady tirò fuori un braccialetto d’oro tempestato di rubini, indossandolo all’istante: - Grazie, Deme, grazie Felix. E’ bellissimo! Come me! Hahaha!
Quando i due se ne furono andati, giunsero al trono Alec e Jane e, alla vista del ragazzo, Rowena si illuminò.
- Alec!- trillò, sporgendo il labbro con aria lievemente delusa – Oh, che peccato, perché neanche quest’anno sei impacchettato?
Lui distolse lo sguardo, anche se era evidente che avrebbe preferito essere ovunque tranne che lì, ma Jane gli diede un’occhiatina maliziosa: - Già, Alec. Perché neanche quest’anno sei impacchettato?
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre la biondina porgeva un pacchetto ad una agitatissima Milady: - Questo è il mio regalo.
Milady allargò il sorriso, mentre estraeva due orecchini d’oro, e, dopo averli indossati, guardò Alec con una faccia da cucciolo impaziente.
Jane diede una gomitata al fratello, che consegnò a Rowena una scatolina molto piccola, con un movimento del braccio quasi meccanico: - Buon Compleanno, Rowena- disse in tono piatto, come se stesse recitando una frase a memoria.
Naturalmente, sarebbe scontato dire che Milady per poco non svenne, quando estrasse un anello d’oro bianco con al centro un grosso zaffiro.
Mentre cancellavo dalla lista, diedi un’occhiata ai due gemelli che si allontanavano, intuendo che Jane avesse fatto apposta a farle consegnare l’anello d’oro dal fratello.
Era chiaro come il sole che Alec non apprezzava le attenzioni di Rowena.
Passarono diverse ore, durante le quali ebbi modo di “conoscere” alcuni membri della guardia dei Volturi, tra i quali uno scimmione dalla pelle scura di nome Santiago, molto simile a Felix, una vampira dai capelli castani di nome Chelsea, il suo compagno Afton ed una vampira italiana di nome Renata, che scoprii essere lo “Scudo Personale” di Aro.
Quella che mi piacque di meno, però, fu una affascinante vampira sui venticinque anni, di nome Heidi, la quale, dopo aver consegnato il proprio regalo a Rowena, mi lanciò uno sguardo piuttosto inquietante.
Quando cancellai l’ultimo regalo dalla lista, tirai un sospiro di sollievo, anche se sapevo che la festa era appena iniziata.
Alle mie spalle, c’era una montagna di doni talmente costosi che, se li avessi rivenduti, avrei potuto comprare una reggia a Miss Collins e non solo.
Rowena si alzò con aria raggiante ed attirò l’attenzione su di sé: - Bene! La Cerimonia si è conclusa! Ringrazio tutti quanti per i meravigliosi regali, sono belli quasi quanto me! Ora non perdete tempo, perché la festa è appena cominciata! Ognuno si scelga la propria dama, diamo inizio alle danze! Musica!
L’orchestra ripartì a suonare con un ritmo più sostenuto, facendomi sentire un poco rintronata.
Rowena mi alzò in piedi con forza e mi sospinse verso i gradini che portavano al trono: - Muoviti, non startene lì impalata! Ti concedo qualche minuto per ballare, poi vedrò quale altro incarico affidarti.
Strinsi i pugni e passai in mezzo alla folla, cercando un posto tranquillo dove passare il resto della nottata.
Avevo capito fin dall’inizio che non sarei riuscita a dormire, ma ero talmente irritata dalla megalomania di Milady che non mi sentivo neanche un po’ assonnata.
In compenso, il mio stomaco brontolava non poco, dato che il mio ultimo pasto risaliva alla colazione in Orfanatrofio.
Mi avvicinai ad una lunga tavola apparecchiata, notando con disappunto che, oltre alle decorazioni, erano presenti solamente bicchieri di cristallo riempiti di sangue.
Sospirai sconsolata, pensando seriamente di scegliere un muro contro cui sbattere la testa, quando una mano fredda ma gentile mi si posò sulla spalla.
Mi voltai di scatto, ritrovandomi di fronte Marcus, che sorrideva leggermente.
- Buonasera Emma.
- Buonasera- risposi un po’ incerta - Vi state divertendo?
Il vampiro scosse la testa, dando un’occhiata triste alla folla di ballerini: - No. Non amo molto questo tipo di celebrazioni… è da parecchio tempo che non ho più voglia di festeggiare nulla…
I suoi occhi si velarono di malinconia, ma si scosse non appena gli domandai: - Tutto bene?
- Ehm…- abbassò lo sguardo, per poi mostrarmi un cestino coperto da una tovaglietta bianca – Sì, certo…- scoprì il contenuto – pensavo… che avessi fame…
Non potei trattenere un sorriso alla vista di una pagnotta con dell’affettato ed una mela.
Marcus mi diede il cestino e osservò attentamente la mia espressione: - Sono anni che non mangio cibo umano, quindi non ero proprio sicuro… e non conosco i tuoi gusti…
Gli sorrisi con riconoscenza: - Va bene così, grazie.
Lui annuì e mi accompagnò fuori dalla sala, facendomi sedere su un divanetto a pochi metri dalla soglia: - Qui potrai mangiare in pace. Se avrai voglia di unirti alle danze, non dovrai far altro che rientrare.
- Va bene, vi ringrazio, Marcus.
Il vampiro abbozzò un lieve sorriso e rientrò a passo a stanco nella sala affollata.
Non ne capivo il motivo, eppure mi sembrava che, ogni volta che mi guardava negli occhi, sembrava vagare con la mente nel passato, affogando in ricordi dolorosi.
Mentre mangiavo in fretta, mi domandai se, per caso, quei ricordi non centrassero con la donna chiamata Didyme.
Non appena ebbi terminato, posai il cestino sotto il divanetto e, dandomi un po’ di contegno, rientrai in sala, sentendomi decisamente meglio.
Mi appoggiai con la schiena contro il muro, osservando i vampiri invitati che si cimentavano in un elegante ballo di coppia.
Caius e Athenodora erano senza dubbio quelli più portati per la danza, in parte grazie ai movimenti armoniosi di lei, ma anche Aro e Sulpicia se la cavavano piuttosto bene.
Rowena stava letteralmente pedinando Alec, il quale, sebbene cercasse di mescolarsi tra la folla, sarebbe stato presto raggiunto e costretto a ballare controvoglia.
Jane chiacchierava tranquillamente con Marcus, senza badare ai gesti disperati del fratello, mentre Felix ci provava alla grande con una giovanissima vampira straniera che, dall’abbigliamento, capii essere figlia di un personaggio di alto rango, come un conte.
Mentre facevo scorrere lo sguardo tra gli invitati, notai Demetri che, dopo aver concluso il ballo con una delle ragazze, si voltò dalla mia parte, fissandomi con una strana espressione.
Senza rendermene conto, mi sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre lui mi si avvicinava con aria cortese.
Si fermò a qualche passo da me, esibendosi in un lieve inchino: - Voi non ballate, Milady?
Mi fece uno strano effetto sentirmi chiamare così, in particolar modo sentendo il tono con cui si era rivolto a me.
Era caldo, invitante, quasi… sensuale.
Alzai le spalle, scuotendo la testa: - Non credo che il mio odore sia gradito agli uomini qui presenti…
Demetri sorrise alzando un angolo della bocca, in modo quasi malizioso: - Basta non farci caso…
Mi tese una mano con aria galante: - Mi concedereste l’onore?
Restai un attimo interdetta, tuttavia, appoggiai la mano sulla sua e tentai di non arrossire: - Sì, va bene.
Mi portò in mezzo alla folla e, assunte le posizioni, iniziammo a volteggiare a tempo di musica.
Dentro di me, ringraziai Miss Collins per aver dato a noi ragazze delle lezioni di ballo, e mi limitai a seguire i movimenti del vampiro, cercando di non guardarlo dritto negli occhi.
Per un istante, mentre passavamo davanti ad un gruppo di signorine dall’aria distinta, mi parve di notare la vampira di nome Heidi che mi lanciò una brutta occhiataccia.
Sentii una risatina acuta dietro di me e, voltandomi, vidi Milady che danzava felicemente con il giovane Alec, il quale aveva uno sguardo disperato.
Scossi la testa, mentre Demetri sorrise: - Ormai sono secoli che la vostra padrona gli corre dietro. E lui non fa altro che scappare.
- L’ho notato- commentai, arrossendo non appena incontrai i suoi occhi – Ma… perché mi dai del Voi?
Demetri alzò le spalle: - Perché siete una signorina ed è buona educazione.
- Oh – risposi, un po’ incerta – Beh, puoi pure chiamarmi Emma.
Lui mi sorrise e sentii la sua mano destra allargarsi in modo piacevole sulla mia schiena.
Non appena la musica cessò, il cuore mi batteva all’impazzata.
Ci fermammo, restando in silenzio, poi, Demetri mi baciò una mano e si inchinò: - E’ stato un piacere, Emma.
Avvertii un piacevole brivido attraversarmi il corpo, non appena pronunciò il mio nome, e mi affrettai a replicare: - Anche per me.
Mi sorrise, poi, raggiunse il suo amico Felix che si stava scolando un sacco di bicchierini di sangue.
Sospirai, cercando di riprendermi dallo stato di trance in cui stavo per cadere, quando una vocetta acuta mi fece sobbalzare: - Oh, eccoti qua!
Mi voltai, fissando Rowena con aria annoiata: - Che cosa posso fare per Voi?
Milady si portò un dito alle labbra, con aria pensierosa, poi si illuminò: - Hey! Ci sono! Se non sbaglio, tu sei l’unica a non avermi ancora fatto un regalo!
- Un regalo?- ripetei sarcastica – Beh, sapete com’è, non avevo previsto questo piacevole soggiorno nel vostro castello!
Lei incrociò le braccia, leggermente risentita, poi, però, spalancò gli occhi: - E questo cos’è?
Toccò con curiosità la catenina d’oro che portavo al collo e tirò fuori il pendaglio che si era nascosto nella mia scollatura: - Non l’avevo notata questa, prima!
- E’ un regalo di Miss Collins- risposi, sentendomi un po’ a disagio per il fatto che la toccasse – La porto fin da quando ero bambina…
- Fammela vedere!
Con un po’ di esitazione, sganciai la catenina e lasciai che la prendesse.
Osservò con interesse la pietra blu che era incastonata nel pendaglio e sorrise: - Problema risolto!
- Come?
La guardai a bocca aperta, mentre si metteva al collo il mio ciondolo: - Questo sarà il tuo regalo di compleanno per me!
- No!
Feci un passo avanti per riprendere la catenina, ma lei mi bloccò il polso: - Non puoi presentarti alla mia festa senza regali!
- Quel pendaglio è mio!- protestai con forza, divincolandomi dalla sua presa – Non potete averlo, ci sono affezionata! Che cosa ve ne fate? Siete piena di collane più belle e la pietra è pure finta!
Lei mi diede le spalle, rimirandola con aria infantile: - Non mi importa, mi piace e adesso è mia.
- Neanche per sogno!
Cercai di saltarle addosso, ma lei mi afferrò entrambi i polsi e mi fermò senza sforzo: - La voglio io! Devi regalarmela, altrimenti ridurrò in cenere il tuo amato orfanatrofio!
Strinsi i pugni, liberandomi con uno strattone, e cercai invano di trattenere le lacrime: - Molto bene.
Prima ancora che lei potesse replicare, mi voltai di scatto e scappai via, uscendo da una delle grandi vetrate aperte che portavano ad un’immensa terrazza.
Mi affacciai al davanzale, piangendo, mentre le luci del giardino del castello creavano lunghe ombre impresse nel prato.
Battei con forza il pugno sul balcone, pensando con nostalgia a Miss Collins ed alla mia famiglia, che non avrei rivisto mai più.
Adesso che il loro unico ricordo, l’unico oggetto che mi legasse ancora a Miss Collins, era stato portato via, mi sentivo completamente sola e abbandonata.
Era ingiusto. Era tremendamente ingiusto.
- Emma…
Mi voltai lentamente, riconoscendo la voce di Marcus, ma, questa volta, non gli risposi.
Il vampiro appoggiò le mani al davanzale, sospirando: - Sei triste, Emma?
- Triste?- lo fissai quasi con risentimento – Sono stata strappata alla mia famiglia, portata in un covo di vampiri e ridotta in schiavitù da una bambina viziata e insopportabile, che, se voleva rovinarmi la vita, c’è riuscita benissimo! Non ho, forse, dei buoni motivi per essere triste?
Lui abbassò lo sguardo, con aria afflitta: - So cosa significa perdere qualcuno che ami…
- E allora perchè mi avete fatta portare qui?- domandai tra le lacrime – Perché mi avete fatta diventare il giocattolino personale di quella orribile ragazzina?
Marcus mi guardò seriamente: - Mi dispiace, ma non c’era altro modo… ti avrebbero uccisa…
- E’ stato un atto di compassione?
Lui annuì: - Sì, diciamo che è così…
Mi asciugai le lacrime: - Perché?
Il vampiro sospirò tristemente. Sembrava, di nuovo, vagare all’indietro nel tempo con la mente.
- Perché tu mi ricordi tanto… una persona…
- Didyme?- domandai, un po’ incerta.
Lui annuì debolmente: - Era mia moglie…
Sembrò chiudersi in sé stesso, con un’espressione dolorosa sul volto.
Decisi di lasciar perdere l’argomento e lanciai uno sguardo alla sala che si apriva alle mie spalle: - Perché quella ragazzina fa così? Perché si comporta in quel modo insopportabile?
Marcus alzò le spalle: - Perché non ha avuto un’educazione adeguata. Quando venne al mondo, Caius e Athenodora erano soltanto dei ragazzini. Io… non penso che sia facile ritrovarsi a fare i genitori, quando si ha ancora l’età per divertirsi e vivere spensieratamente. Alcuni ci riescono, altri, come nel loro caso, no. E così, hanno ottenuto una figlia infantile e viziata.
Alzai un sopracciglio annuendo: - Posso immaginare…
Strinsi i pugni, alzando lo sguardo verso il cielo, poi, animata da un insolito furore, sorrisi in modo quasi sadico: - Sapete Marcus- sogghignai, assaporando già il dolce sapore della vendetta - io credo che per Milady sia arrivata l’ora di ricevere una bella lezione di Buona Educazione all’Inglese!
 
***
Angolo dell’Autrice: Ed eccoci qui con un nuovo capitolo.
Milady si sta mostrando insopportabile, ma Emma non si perderà di certo d’animo e farà di tutto per riuscire a farsi rispettare.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto! :)

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Capitolo 5
*** Comincia il Corso di Buone Maniere ***


 La mattina seguente, Milady mi fece svegliare alle sette perché l’aiutassi a cambiarsi d’abito.
Avevo dormito poco più di un’ora, su uno scomodo divanetto in camera della viziata, ma ero talmente ansiosa di poter procedere con il mio corso di Buone Maniere che non sentivo nemmeno la stanchezza.
La prima parte della lezione era la mia preferita: avrei svolto i miei doveri in assoluto silenzio. L’avrei ignorata completamente, limitandomi ad obbedire alle sue richieste, in particolar modo a quelle più stupide, e non le avrei rivolto la parola fino a quando non avesse capito il suo errore.
- Sguattera! Vieni!
Senza battere ciglio, la raggiunsi dietro il paravento dov’era solita cambiarsi ed attesi istruzioni.
Si levò la vestaglia azzurra, aiutata da un’ancella, e mi fissò con un ghigno.
Era completamente nuda: indossava soltanto il ciondolo che mi aveva sottratto ed i suoi capelli sciolti ricadevano in tante onde dorate davanti alle spalle.
Con quella pelle candida e quel corpo assolutamente perfetto, mi ricordava moltissimo la dea Afrodite.
- Sei pronta per la tua prima giornata di lavoro?- sogghignò, mentre l’ancella vampiro le porgeva la biancheria intima.
Non risposi e mi limitai a prendere il corsetto che si trovava sulla sedia accanto a me.
La osservai pazientemente, mentre indossava l’intimo con una lentezza quasi provocante, come se stesse mettendo alla prova il mio senso del pudore.
Probabilmente, si aspettava che distogliessi lo sguardo per l’imbarazzo, o che facessi qualche commento, ma non le avrei mai dato quella soddisfazione.
Una volta infilate le mutande, sorrise sadicamente, alla stessa maniera di suo padre, e si scostò la massa di capelli che le copriva parzialmente il seno, con un gesto quasi teatrale.
Un leggero lampo di delusione attraverso i suoi occhi di ghiaccio, notando che non avevo lasciato trasparire alcuna emozione.
Infilò la camiciola bianca, con un’espressione quasi indispettita, e mi ordino: - Mettimi il corsetto.
Obbedii senza fiatare, chiedendomi quanto ci avrebbe messo a rendersi conto del mio silenzio.
L’ancella che mi aiutava portò, poi, un ampio abito rosso, con decorazioni nere di gusto gotico, e, mentre lo facevamo indossare a Milady, notai che la piccola psicopatica mi lanciava, di tanto in tanto, delle occhiate confuse.
Fu la volta dell’acconciatura.
Rowena si sedette davanti ad un grande specchio e mi ordinò di sistemarle i capelli, giocherellando insistentemente con il mio medaglione.
Trattenni l’impulso di raparla a zero e, dopo averle spazzolato i capelli, glieli acconciai secondo la moda del momento, esattamente come mi aveva ordinato.
Mentre sistemavo con cura le sue lunghe ciocche, Rowena iniziò a parlottare, per passare il tempo: - E’ stata una bella festa, ieri, non credi? Di sicuro, da dove vieni tu, nessuno organizza degli eventi così spettacolari… ma, d'altronde, tu hai vissuto per anni tra i plebei, una cerimonia così, penso che neanche potevi permetterti di sognarla, hahaha!
Le tirai una ciocca un po’ più forte del solito, ma lei non parve accorgersene: - Dovresti ritenerti fortunata, sai? Una pezzente come te ad un ballo così importante! Non capita di certo tutti i giorni… e, pensa un po’, non sarà di certo l’unico a cui parteciperai! Certo, a meno che non ti rinchiuda in una stanza…
Si lasciò sfuggire una risatina malvagia, ma non le diedi corda.
Rowena mi fissò con aria divertita dal riflesso dello specchio: - Oh, andiamo, stavo scherzando! Non posso chiuderti in una stanza, sennò non avrei un’accompagnatrice! Dovresti scioglierti un po’, sei una musona di prima categoria!
Presi un fermaglio con i rubini e le fissai la pettinatura.
- Ora passami il ventaglio rosso… perché sei così silenziosa?
Mi voltai e andai ad aprire il cassetto con i ventagli.
- Allora? Che ti prende?
Frugai un po’, fino a quando non trovai quello rosso, e glielo consegnai con un’espressione marmorea. Milady lo prese con una certa esitazione: - Certo che sei proprio strana… comunque, ora è il momento dei gioielli, quindi apri il mio portagioie, quello bianco, e portamelo qui.
Obbedii, chiedendomi che cosa se ne facesse di dieci scrigni, tutti dal colore diverso, e lo posai sul tavolino davanti a lei.
Milady prese la maggior parte dei gioielli ricevuti alla festa, senza togliersi la mia catenina, e, dopo essersi appuntata un’elegante spilla a forma di rosa sul vestito, chiuse lo scrigno e si alzò in piedi: - Bene, possiamo andare giù, ora. Ho chiesto allo zio Aro di fare un brindisi per il successo della festa di ieri. In teoria, Marcus dovrebbe averti preso delle cose da mangiare… su, sbrigati, non voglio restare qua tutta la mattina!
 
Scendemmo le scale ed entrammo in quella che, una volta, doveva essere stata la sala da pranzo.
Un enorme tavolo di legno era stato coperto con una tovaglia di seta bianchissima e, sopra di esso, c’era una decina di bicchieri di cristallo riempiti fino a metà di sangue.
Aro e Caius stavano discutendo a bassa voce chissà di cosa, con le mogli al loro fianco, mentre Marcus fissava la tovaglia con aria assorta.
Felix e Demetri parlottavano tra loro, facendo commenti sulla festa ed, infine, Jane e Alec ascoltavano in silenzio la conversazione di Aro e Caius.
Rowena avanzò imperiosa all’interno della sala, ricevendo sorrisi e saluti da parte di genitori e “zii”.
Jane diede una piccola gomitata ad Alec, il quale alzò lo sguardo al soffitto.
Aro spalancò le braccia in modo teatrale: - Cara Rowena! Ecco il brindisi che mi avevi chiesto! Suppongo che la festa sia stata di tuo gradimento…
- Certamente, zio Aro!- rispose lei con un sorriso, prendendo uno dei bicchieri di cristallo – Per questo siamo qui, no?
- Non mancava nulla di quello che avevi chiesto, vero?- si preoccupò Caius, il quale mutava immediatamente atteggiamento quando parlava con la figlia. 
Milady scosse la testa: - No, c’era tutto… a parte Alec in un pacco, ma sarà per un’altra volta.
Strizzò l’occhio al ragazzo, il quale si finse improvvisamente interessato alla punta delle proprie scarpe.
Nessuno si accorse della mia presenza, fino a quando Marcus mi salutò: - Buongiorno, Emma.
- Buongiorno – gli risposi con un sorriso, mentre Aro si fingeva estasiato, come al solito: - Oh, Emma! Ma quale piacere! Devo ancora abituarmi alla tua incantevole presenza, ma non ti preoccupare, imparerò in fretta…
- Vi ringrazio- risposi senza battere ciglio.
Demetri mi sorrise, facendomi avvertire una leggera stretta allo stomaco, e Felix avanzò verso di me con un vassoio in mano: - Tieni, questo è tuo.
Tolsi il coperchio e mi ritrovai davanti ad una grossa fetta di torta Sacher, una novità austriaca nata all’inizio degli anni Trenta. L’avevo assaggiata solo una volta e mi era piaciuta molto.
Marcus mi indicò un bicchiere vuoto, messo in mezzo agli altri, e mi invitò a prenderlo.
Poi, fece entrare un servitore vampiro, che teneva in mano una brocca piena d’acqua. Riempì il mio bicchiere, poi riposò la caraffa su tavolo.
Sorrisi al malinconico vampiro, mentre Aro mi propose: - Perché non brindi insieme a noi, Emma?
Annuii, tenendo il mio bicchiere d’acqua bene stretto tra le dita, ed il capo dei Volturi proclamò: - Brindiamo al successo di ieri sera, alla nostra bellissima Rowena e alle feste che verranno!
Milady sembrava molto soddisfatta di ricevere tutte quelle attenzioni e, mentre bevevo, osservai come si atteggiasse da nobildonna quando parlava con i suoi familiari.
Sembrava proprio una bambina desiderosa di apparire grande, senza rendersi conto di apparire ancora più infantile e ridicola di quanto non fosse già.
Athenodora, infatti, diede uno sguardo leggermente contrariato alla scollatura della figlia: - Tesoro, non credi che il tuo abito sia un pochino troppo… osè? E’ un po’ tanto scollato per la tua età…
Milady la fulminò con un’occhiataccia: - Ma che vuoi, tu? Stà zitta, che i tuoi vestiti sono ancora peggio! Anche adesso ti si vede tutto!
- Rowena…- cercò di intervenire Caius, con un’insicurezza davvero sorprendente.
Lei lo guardò con aria di sfida: - Che c’è? L’hai sentita, no? Mi critica, quando lei per prima si veste come una prostituta!
- Oh, insomma, Rowena!- intervenne Sulpicia, con un po’ più di polso – Non parlare così di tua madre!
- Io parlo come voglio di chi voglio, e mi vesto come mi pare e piace!- rispose lei, con aria arrogante – E non accetto prediche da parte tua, zietta. Non sei mia madre, anche se non ti ascolterei comunque nemmeno se lo fossi!
Gettò uno sguardo trionfante verso Athenodora, la quale sospirò, con aria visibilmente ferita.
Aro fece uno dei suoi soliti sorrisini falsi: - Oh, suvvia, suvvia! Siamo qui per brindare, non per litigare o discutere! Un po’ di entusiasmo, miei cari!
- Appunto!- lo interruppe, boriosamente, Rowena – Un po’ di entusiasmo!
Quando terminammo il brindisi, Rowena mi annunciò che, quel pomeriggio, saremmo uscite a fare una passeggiata in giardino, ma anche che, prima di andare, avrei dovuto pulirle la stanza.
Ringraziai Marcus per il dolce e, seppur a malincuore, anche Aro, per avermi concesso l’onore di brindare assieme a loro, e seguii la viziata fino in camera, senza dire una parola.
Mi faceva schifo, mi faceva veramente schifo per il modo in cui aveva trattato sua madre e per come aveva risposto a Sulpicia, ma quella rabbia mi rese ancora più motivata a continuare la mia lezione.
 
- Sono indecisa se portare il parasole rosso oppure quello nero… non saprei quale scegliere… secondo te quale si intona meglio al mio vestito?
Era da quando avevo iniziato a pulire la camera che Milady non aveva smesso di blaterare un secondo, riguardo a sé stessa, ai suoi abiti e a qualunque cosa che c'entrasse con la sua stupenda persona. E, naturalmente, in tutto quel tempo, io non avevo proferito parola.
- Hey, tu! Mi stai ascoltando?
Presi uno dei tappetini che coprivano il pavimento e aprii la finestra per sbatterlo fuori.
- Sguattera?
Riposi il tappeto a terra con cura e ne presi un altro.
- Dico a te, sei diventata sorda?
Dentro di me sorrisi e, come se niente fosse, iniziai a spolverare un comodino.
Rowena era chiaramente sorpresa: - Hey, perché non parli più?
Con la coda dell’occhio la vidi aggrottare le sopracciglia. Ma non pareva intenzionata ad arrendersi.
Mi mise immediatamente alla prova: - Passami subito quella bambola, quella col vestito rosa.
Obbedii senza fiatare e tornai alle mie faccende.
- Ah, ma allora ci senti!- Milady posò la bambola su un divanetto e incrociò le braccia con aria di sfida: - Vediamo un po’: ti ordino di metterti quello straccio in testa!
Senza battere ciglio, smisi subito di spolverare e mi misi lo straccio in testa, senza nemmeno guardarla. Riuscivo, però, a percepire il suo sgomento.
- Oh, andiamo!- esclamò in tono quasi scherzoso – Il gatto ti ha mangiato la lingua? O forse l’ha fatto – la sua voce assunse un tono inquisitorio – Demetri?
Avvertii uno strano senso di bruciore allo stomaco, ma cercai di mantenere la calma.
Rowena mi si avvicinò con aria maliziosa: - Ho visto che avete ballato insieme, ieri sera… e, dopo un po’, ti ho persa di vista… magari vi siete… appartati?
Avevo le guance in fiamme, senza capirne il motivo: dopo aver ballato, io e lui non ci eravamo nemmeno più rivolti la parola! Perché mi sentivo in imbarazzo, allora?
Sentii le braccia di Milady cingermi la vita e, pochi istanti dopo, mi stava letteralmente abbracciando da dietro, con aria civettuola: - Eppure, oggi, durante il brindisi, hai parlato… perché a gli altri parli e a me no?
Presi una scopa e, con lei attaccata alla mia schiena, iniziai a spolverare il pavimento.
Rowena si staccò di scatto, visibilmente nervosa: - Allora? Si può sapere perché non mi parli? Hey? Rispondimi!
Mi girai dall’altra parte, sempre continuando a spazzare.
Milady iniziava a perdere la pazienza: - Non puoi non parlarmi…- la sua voce incominciò a tremare – non puoi ignorarmi… rispondimi…
Appoggiai la scopa al muro ed iniziai a lucidare uno specchio. La stavo facendo impazzire.
- RISPONDIMI!
La sua vocetta acuta si sentì, probabilmente, fino ai piani inferiori del castello.
Avevo un timpano leggermente danneggiato, ma cercai di non farci caso.
Mi era bastato veramente poco per capire che, se c’era qualcosa che Milady non sopportava, era proprio l’essere ignorata.
Per una che amava stare al centro dell’attenzione, era davvero una cosa insopportabile.
Le gettai un’occhiata furtiva, giusto in tempo per vedere la sua espressione furibonda e confusa.
Sembrava quasi che stesse per esplodere.
- Tu non puoi ignorarmi!- la sua voce diventò minacciosa – TU NON PUOI IGNORARMI COSI’!
Pestò con forza un piede a terra, facendo tremare il pavimento.
- Parlami…-
Buttai uno straccio in acqua e ripresi in mano la scopa.
- Maledizione, ho detto PARLAMI!
Prese un secchio pieno d’acqua e lo rovesciò sul pavimento: - Ecco fatto! Scommetto che ora avrai qualcosa da ridire!
Senza batter ciglio, presi uno straccio e lo passai sulla chiazza d’acqua, che iniziava ad allargarsi.
Rowena incominciò a tremare: - Ah, fai la dura, eh? Mettiamola così: se non mi parli, io brucerò il tuo maledetto orfanatrofio!
Non replicai. Se avessi ceduto, avrebbe usato per sempre questo argomento per ricattarmi.
Milady spalancò gli occhi celesti, ormai fuori di sé. Mi puntò il dito contro e indietreggiò verso la porta: - I-io chiamo mio padre… ora chiamo mio padre e, ti assicuro, te la farà pagare cara!
Scossi la testa sospirando, mentre mi chinavo per asciugare completamente il pavimento.
Rowena aprì la porta e mise un piede fuori: - Sto andando… lo faccio davvero, sto andando…
Mi guardò, per vedere se cedevo, ma non ottenne altro che un’alzata di spalle.
Rientrò in camera e sbatté violentemente la porta, con un urlo disumano: - UFFA, PARLAMIII!
I suoi capelli, prima perfettamente pettinati, iniziavano a ribellarsi ai fermagli che li tenevano a posto, facendo spuntare, qua e là, dei ciuffi ribelli sulla sua testa.
Milady sembrava sul punto di piangere.
Non sapevo se i vampiri potessero farlo, ma, a vederla, pareva quasi di sì.
Ansimava come un toro infuriato, fulminandomi letteralmente con lo sguardo: - Perché non mi parli?
Si guardò intorno, forse alla ricerca di qualcosa da tirarmi dietro, quando poi sembrò illuminarsi: - Oh, ho capito cosa vuoi…- continuava a tremare ed ansimare, tanto che la sua voce andava quasi a scatti – Tu rivuoi il medaglione… è così? Tu sei arrabbiata con me perché rivuoi il tuo stramaledetto medaglione!
Se lo tolse, mi raggiunse velocemente e me lo mise in mano: - Ecco. Ora hai il tuo medaglione. Sei contenta? Adesso, ti comporterai meglio?
Restai per un attimo a fissare il ciondolo, passando il polpastrello del pollice sulla pietra blu.
Da un lato, non mi dispiaceva riaverlo tra le mani, ma, dall’altro, capii che, se gliel’avessi data vinta così facilmente, di sicuro, una volta che avessi ripreso a parlarle, avrebbe ricominciato a comportarsi da bambina insopportabile.
La guardai negli occhi, quei suo grandi occhi che, per una misteriosa ragione, non erano rossi come quelli degli altri, e assunsi l’espressione più severa che riuscissi a fare.
Credo che mi riuscì bene, perché, in quel momento, avevo la sua più completa attenzione.
Le rimisi il ciondolo in mano e, con voce ferma, replicai: - No, a me non serve. Sapete perché? Perché io non ho bisogno di indossare gioielli o abiti costosi, per sentirmi più bella. O più matura.
Io sono una persona educata e rispettosa, a cui hanno insegnato dei sani valori, e mi piaccio così come sono. A differenza Vostra, non ho bisogno di accessori estetici per sentirmi migliore, né di essere sempre al centro dell’attenzione. Sono soddisfatta di me stessa, al contrario di Voi e di tutte quelle ragazze che nascondono la propria insicurezza dietro un carattere prepotente e capriccioso e quintali di trucco! Continuate pure con le vostre angherie, Milady, continuate a trattare come una pezza da scarpe me e i vostri compagni! Io vi compatisco. Credete di apparire forte, in realtà mostrate solo una grande debolezza. Siete soltanto una bambina antipatica, viziata e arrogante! Tenete pure Voi, il mio medaglione. Ne avete molto più bisogno di me. – raccolsi la scopa ed i secchi e, sempre con un’espressione severa, conclusi con – Adesso, se non vi dispiace, devo andare a mettere via questi attrezzi.
Feci un breve inchino, studiandomi la sua espressione confusa, e mi avviai a passo spedito verso l’uscita.
Avevo fatto centro. Il suo sguardo non lasciava trasparire alcun dubbio.
Ma, ora che avevo ottenuto la sua attenzione, dovevo continuare a battere sul ferro ancora caldo.
Rientrai in camera, trovandola inginocchiata sul pavimento.
Fissava il mio medaglione con aria incredibilmente assorta, quasi come se si trovasse in una specie di trance.
I ciuffi di capelli le ricadevano scompostamente davanti al volto.
Mi inginocchiai accanto a lei, mettendole a posto le ciocche ribelli e la osservai per un po’.
Aveva la stessa espressione di un bambino piccolo a cui avevano appena inflitto una severa punizione.
Forse le avevo aperto gli occhi in un modo troppo brusco, ma quello era l’unico modo per essere ascoltati da una zuccona simile.
Misi a posto gli oggetti che avevo spostato per spolverare, quando Milady si alzò in piedi e, preso il parasole rosso, mi guardò con aria cupa: - Andiamo- mormorò, con un tono decisamente diverso da solito – E’ ora della nostra passeggiata in giardino.
 
***
Angolo dell’Autrice: Eccomi qui con un nuovo capitolo.
Emma ha dato un assaggio a Milady del proprio metodo “civilizzante”, ma, di sicuro, la strada per educare la viziata è ancora lunga.
Come vi è sembrata questa parte? Spero vi sia piaciuta.
Cercherò di aggiornare il più presto possibile.
Ciaooo! :)
 

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Capitolo 6
*** Scopro qualcosa sulla donna che mi assomiglia tanto ***


 Il giardino del palazzo, visto con calma e per intero, era, devo ammetterlo, bello oltre ogni immaginazione.
I sentieri sassosi che lo attraversavano erano circondati da piccole siepi, curatissime, sulle quali, di tanto in tanto, si vedeva spuntare qualche piccola bacca rossa.
C’erano ampi prati, completamente privi di qualsiasi genere di erbaccia, alberi antichissimi ma ancora vigorosi, fontane dalle forme aggraziate, antichi pozzi di pietra e, addirittura, uno stupendo labirinto di siepi, al centro del quale, svettava una piccola torre, la cui cima era la base di un minuscolo ma elegante gazebo.
Lo fissai con aria rapita, ripensando a tutti i significati attribuiti alla figura del labirinto e della torre centrale: - Mi piace molto questa costruzione, Milady- commentai, mentre ci passavamo accanto – Ho letto un sacco di cose, riguardo all’argomento. So che i labirinti delle ville sono sia un riferimento alla cultura mitologica greca, sia una rappresentazione del desiderio inconscio di perdersi e ritrovarsi…  li ho sempre trovati affascinanti… la torre veniva usata, immagino, per il gioco tra dame e cavalieri, quello in cui lei attende mascherata nel gazebo…
Rowena gettò un’occhiata di sufficienza alla torre ed alzò le spalle: - Una volta sì… adesso, diciamo, è diventata il luogo di svago dei miei genitori…
- Luogo di svago?- ripetei, un po’ a disagio – Intendete…
- Sì, intendo quello- rispose, piuttosto distaccata – A volte lo usano anche gli altri, se hanno una dama con cui divertirsi, ma, di solito, sono mio padre e mia madre a passarci le nottate… o qualunque momento della giornata in cui non riescono a trattenere i propri istinti…
- Ah, bene- mormorai, leggermente risentita per il fatto che una costruzione tanto affascinante venisse usata solamente per fini erotici – Immagino, quindi, che non abbiano una camera da letto, che sarebbe più indicata per certe cose… voi vampiri, in fondo, non dormite…
Milady alzò le spalle, senza tradire il suo atteggiamento stranamente distaccato: - La camera ce l’hanno e usano pure quella… ma si divertono di più nel gazebo.
- Ah.
Cercai di cambiare argomento, poiché iniziavo a sentirmi parecchio in imbarazzo, quando notai che il volto di Milady era cupo e imbronciato, completamente privo dell’espressione folle che, di solito, lo caratterizzava.
- Qualcosa non va, Milady?
Lei alzò le spalle, senza rispondermi né guardarmi, e continuò a camminare lentamente.
Aggrottai le sopracciglia, pensando ai motivi per cui una mocciosa viziata potesse essere triste, quando mi venne in mente la conversazione avuta con lei pochi minuti prima.
- Siete offesa per quello che vi ho detto?
Lei abbassò lo sguardo, giocherellando distrattamente con il ciondolo di Miss Collins, ma restò muta.
Sospirai, cercando di assumere un tono scherzoso: - Oh, andiamo, adesso non starete usando la Tecnica del Silenzio su di me, Milady?
Rowena scosse la testa, serrando la mano sul manico del parasole rosso.
Mi sentii un po’ dispiaciuta, sulle prime, perché, in fondo, c’ero andata giù abbastanza pesante, ma non avrei potuto fare altrimenti.
Se nessuno dei suoi familiari aveva mai avuto il coraggio di dirle la verità, era giusto che lo facesse qualcun altro.
- Milady- sospirai – Mi dispiace essere stata così brusca con Voi, ma dovete capire che non potete continuare a comportarvi in quel modo capriccioso! Siete una ragazza, Milady, non una bambina! Non so quanti anni avete in realtà, ma, fisicamente, ne avete diciotto, siete una signorina, e quegli atteggiamenti non sono degni di una persona del vostro rango. Mi capite, vero?
Rowena mi gettò una rapida occhiata, visibilmente cupa: - Pensi davvero quello che mi hai detto prima?
Annuii, senza esitare: - Sì, Milady, lo penso. Magari ve l’ho messa giù in modo indelicato, ma non voglio mentirvi, rimangiandomi le mie stesse parole. Perderei credibilità.
- Mi hai ferita.
- Lo so e mi rincresce- risposi, con tono calmo – Ma, allo stesso modo, Voi avete ferito vostra madre, stamattina, e immagino che non sia la prima volta che vi rivolgete a lei in quel modo… sono certa che trattate così i vostri familiari ogni giorno…
Milady mi guardò, spalancando gli occhi grigi: - Io avrei ferito mia madre?
La fissai, incredula: - State scherzando? Non vi ha mai nemmeno sfiorata quest’idea? Almeno, vi siete ascoltata, mentre le davate della sgualdrina, solo perché aveva fatto un commento, tra l’altro giusto, sul vostro modo di vestire?
Rowena scosse la testa: - Oh, andiamo! Dovrebbe esserci abituata, no?
- E’ vostra madre, Milady!- esclamai, perdendo appena il tono calmo – Avete idea di cosa significhi, per una madre, venir trattata con disprezzo dalla figlia? Credo che una coltellata farebbe meno male.
Milady sembrò piuttosto perplessa: - Ma lei non mi ha mai fatto intendere una cosa del genere…
- Non credete che dovreste arrivarci da sola, Milady?- borbottai, un po’ sarcastica – E poi, cosa dovrebbe dire? Non vi è bastato vedere la sua espressione, dopo che l’avete insultata?
Rowena abbassò lo sguardo timidamente: - Io… io non l’ho guardata in faccia…
Alzai gli occhi al cielo: - Ecco, questo è uno dei tanti problemi che avete: non guardate in faccia nessuno, considerate tutti quanti al di sotto del vostro livello. Ma non avete mai notato come si comportano gli altri con Voi? Aro vi tratta con i guanti, come se avesse paura di farvi arrabbiare; vostro padre, che è una persona cinica e spietata, quand’è con Voi si comporta da idiota sottomesso; vostra madre non replica alle vostre offese… pensate che sia la normalità, questo?
Milady alzò le spalle: - Io… sono stata abituata a pensarla così.
- Beh, direi che è ora di cambiare- stabilii decisa – Avete la fortuna di avere dei genitori che vi amano, che farebbero di tutto per Voi e che resteranno sempre al vostro fianco. Io non ho avuto questa fortuna. E vedere Voi sputare sopra a qualcosa che avrei tanto voluto mi fa imbestialire.
- Tu non hai i genitori?- mi domandò, sorpresa.
- No- risposi – Sono morti entrambi quando ero piccola, non li ho mai conosciuti. Perché pensate che abbia vissuto in orfanatrofio per diciannove anni?
Milady diede un’alzata di spalle: - Pensavo che ti avessero abbandonata perché non avevano soldi per mantenerti.
- E credete che, forse, sarebbe cambiato qualcosa?
Sospirai, cercando di non perdere la pazienza: - Milady, quello che voglio dirvi è che dovreste apprezzare molto di più ciò che avete, invece che desiderare in continuazione gioielli e vestiti nuovi.
- Ma a me piace ricevere vestiti e gioielli!- protestò lei- E poi, in che modo dovrei “apprezzare” di più quello che ho? Mi stai dicendo di andare da miei genitori e dire: oh, che bello, vi apprezzo?
- Vi sto dicendo che, per cominciare, potreste andare da vostra madre e chiederle scusa…
- Scusa?
- Esatto. Scusarvi per come vi siete comportata e dire che ne siete dispiaciuta.
Milady si morse il labbro, visibilmente nervosa: - No, non credo che funzionerà… non so come si fa a chiedere scusa…
- Guardate che non ci vuole molto…
Milady finse di ricordarsi improvvisamente qualcosa e cambiò argomento: - Oh, senti, stasera cenerai nel salone del primo piano alle otto. Lo zio Marcus ti farà compagnia e, forse, ci saranno un paio di guardie. Ti conviene metterti un vestito migliore… se vai da zia Sulpicia, lei ti darà qualcosa di carino da indossare …
- Va bene – risposi, mentre giungevamo all’entrata del castello – Ma Voi dovreste comunque chiedere scusa a vostra madre.
- Ehm… ci penserò- mormorò lei, sospingendomi verso una delle scalinate all’ingresso – Sali al secondo piano e poi bussa alla seconda porta a destra.
- Milady- la interruppi, salendo qualche gradino – Pensate bene a ciò che vi ho detto.
Le diventò seria e, girati i tacchi, mi ordinò: - Ti aspetto alle nove nella Sala da Ballo. Sii puntuale.
 
Raggiunsi il salone per la cena alle otto precise.
Sarei arrivata prima, se Sulpicia non avesse insistito per sistemarmi anche capelli e trucco.
Varcai la soglia un po’ timidamente, stringendo i lembi del mio nuovo vestito.
Era molto carino, lo ammetto, e mi stava alla perfezione.
Mi lasciava le spalle scoperte, aveva la gonna non troppo ampia ed era di un bel colore verde chiaro, che, secondo Sulpicia, si intonava benissimo ai miei occhi.
Il salone era ampio e ordinato.
Un tavolo di legno, lungo circa tre metri, era stato apparecchiato con cura e coperto da una tovaglia bianca e rossa.
C’erano due grandi sedie ai lati opposti di esso: la mia era quella che dava le spalle alla porta, sull’altra, invece, sedeva compostamente Marcus. Accanto a lui, Felix stava in piedi e immobile, con lo sguardo fisso avanti a sé.
Il vampiro dall’aria cupa alzò lo sguardo, non appena udì il ticchettare delle mie scarpe sul pavimento, e mi accolse con un debole sorriso.
Mi inchinai educatamente, cercando di sembrare il più cortese possibile: - Buonasera, Marcus.
- Buonasera- mi rispose lui, alzandosi in piedi – Prego, accomodati. Felix ci farà da guardia, stasera.
- Oh- mormorai, sedendomi – Va bene.
- Di solito le guardie sono almeno due- mi informò Marcus, con voce spenta – Ma stasera va così.
- Demetri non c’è?- mi lasciai sfuggire, arrossendo un po’, subito dopo essermi resa conto della domanda idiota – Cioè… l’altra guardia… lui o chi per lui…
Marcus scosse la testa con flemma: - No, oggi Demetri è impegnato. Deve dare la caccia ad un nostro simile che si è esposto troppo agli occhi degli umani. Sai, lui è un Segugio. Non sarà qui, stasera a cena.
- Oh- risposi, sentendomi, non so perché, leggermente delusa – Capisco.
- Ma non dovete preoccuparvi- mi rassicurò Felix che, chissà come mai, aveva iniziato a guardarmi in modo diverso dalla sera prima – Se qualcuno verrà a disturbare, io lo sbatterò fuori subito.
- Ehm, bene, grazie- borbottai, fissando con aria assorta il grande coperchio che copriva il mio piatto.
Marcus fece un cenno allo scimmione, che si avvicinò a me e rimosse il coperchio d’argento, scoprendo un bel pezzo di arrosto circondato da patate.
Fece poi per prendere la brocca dell’acqua, per versarmela nel bicchiere, ma gli rimase il manico in mano.
Lo guardò stupito, mentre io, prendendo la caraffa con entrambe le mani, lo fermai: - Grazie, Felix, faccio da sola… torna pure al tuo posto.
Lui annuì, visibilmente sollevato di disertare dal suo impegno di cameriere, e tornò a fare la guardia accanto a Marcus.
Il vampiro bevette un sorso di sangue dal proprio bicchiere di cristallo e mi osservò con curiosità, mentre mangiavo la carne nel modo più educato possibile: - Mi sono quasi dimenticato il sapore di tali pietanze…
Alzai lo sguardo, vedendolo assorto nei propri pensieri: - E’ da molto tempo che siete un vampiro?
- Molto più di quanto immagini- mormorò, con la sua voce rauca – Il clan dei Volturi è uno dei più antichi del mondo… forse il più antico in assoluto… ed io c’ero, quando Aro decise di crearlo.
Avvenne circa un millennio prima della nascita di Cristo, quando incontrai lui e la sua bellissima sorella…- un velo di tristezza offuscò i suoi occhi – Era la creatura più dolce e graziosa che avessi mai visto… chiunque le si avvicinasse, veniva avvolto da un alone di felicità, che lo faceva sentire in pace con sè stesso. Lei dava gioia e sicurezza a chiunque incontrasse, anche prima di venire trasformata. Aveva un qualcosa nel suo sorriso che contagiava… accanto a lei, io mi sentivo bene.
- State parlando di…- esitai un secondo, incerta se pronunciare quel nome - … Didyme?
Marcus annuì debolmente: - La mia amata Didiyme. Perdendo lei, io ho perso ogni ragione di vita. Sai, da un lato- abbozzò un timido sorriso – il fatto che tu sia qui, mi dà un po’ di sollievo. Me la ricordi tanto… soprattutto ora, che indossi il suo vestito…
Per poco non mi strozzai con l’acqua che stavo bevendo: - Co-cosa?
- Quel vestito- disse, indicandolo con un cenno – Era suo. Si intonava perfettamente al colore dei suoi occhi…
Mi asciugai le labbra con un tovagliolo, sentendomi decisamente a disagio: - Oh, Marcus, perdonatemi, io non ne avevo idea… pensavo che fosse di Sulpicia, io non intendevo offendervi…
Il vampiro scosse la testa: - Non mi hai offeso. Mi va bene che sia tu a portarlo, perché le assomigli. E ti sta molto bene addosso.
Abbassai lo sguardo, arrossendo un po’: - Beh, vi ringrazio, allora…
Finii di mangiare in fretta e, mentre sistemavo le posate d’argento sul piatto, Marcus mi domandò: - A che ora devi tornare da Rowena?
- Alle nove- risposi – In Sala da Ballo.
Il vampiro guardò il grande orologio a pendolo attaccato alla parete e commentò: - Sono le otto e mezza… se vuoi, posso accompagnarti a fare una passeggiata per il castello, prima di andare in Sala da Ballo… naturalmente, se ti fa piacere…
- Certamente- risposi, sorridendo – Ne sarei onorata.
- Bene.
Marcus ordinò a Felix di chiamare i camerieri per sparecchiare, poi mi raggiunse, offrendomi il braccio: - Vorrei mostrarti alcune cose. Immagino che avrai ancora molte domande da porre…
 
Camminammo a lungo nei corridoi del primo piano, mentre lui mi spiegava parecchie cose interessanti sulle statue, sui quadri e, in generale, sugli oggetti artistici che incontravamo.
Mi parlò un po’ dei membri della loro guardia, soffermandosi sui loro poteri particolari, e mi svelò alcuni misteri sulla vita dei vampiri.
Scoprii che potevano nutrirsi sia di sangue umano sia di sangue animale, il che influiva sulla colorazione dei loro occhi; che brillavano alla luce del sole e che l’unico modo per ucciderli era farli a pezzi e bruciarne i resti, come avevano fatto con lo sventurato nel bosco.
- Le regole per la nostra sicurezza sono severissime- mi disse, mentre passavamo accanto ad un quadro raffigurante una guerra tra licantropi e vampiri – Se un umano viene a conoscenza del nostro segreto, bisogna subito eliminarlo o trasformarlo. La nostra specie è potente, ma voi umani avete iniziato a possedere delle armi pericolose, che potrebbero annientarci. Capisci che, se si diffondesse la voce delle nostra esistenza, il mondo precipiterebbe nel caos. Partirebbe una caccia spietata, che durerebbe fino a quando una delle due razze non avrà sterminato l’altra… ecco perché non possiamo permetterci dei fuorilegge- diede un’occhiata al dipinto di un’esecuzione e passò avanti – Non che io gradisca assistere all’uccisione di un compagno… ma, purtroppo, è inevitabile.
Annuii, gettando un’occhiata distratta al quadro di una vampira, quando, all’improvviso, un brivido mi attraversò la schiena: - Non ditemi che…
Marcus guardò il dipinto, annuendo tristemente: - Sì, è Lei.
Si fermò, permettendomi di osservare meglio i lineamenti della donna.
Era molto carina, aveva i capelli lunghi e neri, delicatamente arricciati, e grandi occhi verdi. Le sue labbra erano piegate in un dolce sorriso e, chissà perché, il solo guardarla mi infondeva un piacevole senso di coraggio e felicità, seppur molto lieve.
Marcus guardò con aria adorante la tela, sfiorando la cornice con la mano: - L’ho dipinta praticamente uguale a com’era… che bei ricordi… a quel tempo, era già una vampira, ma mi chiese di dipingerle gli occhi del loro colore originario…
- Siete stato Voi a dipingerla?- esclamai sorpresa – E’… stupefacente… cioè, il disegno è precisissimo! E dà una sensazione simile a quella che mi avevate descritto poco fa!
Marcus alzò le spalle, sorridendo timidamente: - Sono sempre stato portato per il disegno… ne ho fatti altri, anche se sono, per la maggior parte, nella sua stanza…
Abbassò nuovamente lo sguardo, sospirando tristemente: - Chi l’avrebbe mai detto che se ne sarebbe andata via così?
- Che cosa è successo?- domandai – Cioè, se vi va di raccontarmelo…
Marcus annuì debolmente: - Credo che, ormai, sia giusto che tu sappia qualcosa su di lei… vedi, poco prima della guerra contro il Clan di Romania, io e Didyme avevamo deciso di abbandonare il Clan dei Volturi, per vivere una vita insieme, solo noi due… avevamo già pianificato tutto: saremmo partiti dopo la guerra. Tuttavia, proprio durante la battaglia finale, Didyme fu uccisa, mentre io ero impegnato a combattere da un’altra parte, e, quando la cercai, vidi Aro venire verso di me, portandomi la sua fede nuziale... disse di essere riuscito a strapparla dalle mani degli assassini di mia moglie, ma di non aver fatto in tempo a salvare anche lei… era piuttosto sconvolto, dopotutto, era sua sorella… ma credo che il suo dolore non fu nemmeno paragonabile al mio…- strinse le labbra in una smorfia dolorosa – Io la amavo più della mia stessa vita. E, se non mi sono ancora ucciso, è per via di una promessa che c’eravamo scambiati poco prima della battaglia: qualunque cosa fosse accaduta, dovevamo andare avanti. Forse sapeva già che sarebbe stata uccisa… e, comunque, Aro mi avrebbe impedito con tutte le sue forze di togliermi la vita… lui ha bisogno di me, ha bisogno del mio potere…
- Il vostro potere?- domandai curiosa.
Marcus annuì: - Io riesco a percepire i legami che corrono tra le persone. Capirai che, in fatto di politica, è piuttosto utile sapere se colui che hai davanti è fedele a te o a qualcun altro… dato che non possediamo ancora un membro della guardia in grado di leggere nel pensiero, la mia capacità è fondamentale per scoprire eventuali traditori. Per questo, Aro non può sopportare di perdermi…
- Però, è un cognato davvero affettuoso e gentile…- borbottai sarcasticamente, e Marcus sorrise leggermente: - E’ fatto così. Ma non gliene faccio una colpa, il ruolo che ricopre dà certamente molti pensieri… e, ormai, la mia vita è questa qui… senza aspirazioni… e senza amore…
Abbassai lo sguardo, sentendomi dispiaciuta per lui, quando, all’improvviso, mi annunciò: - Eccoci alla Sala da Ballo. Sei un po’ in anticipo, ma credo che a Rowena non dispiacerà…
- Beh, credo di no- mormorai sovrappensiero – Vi ringrazio per avermi accompagnata, Marcus… e… credetemi, sono davvero dispiaciuta per quello che avete passato… la vostra Didyme era, senza dubbio, una donna straordinaria… mi sarebbe piaciuto molto conoscerla.
- Oh, credo che anche a lei sarebbe piaciuto conoscere te…- rispose, cercando di abbozzare un sorriso rugoso – Se vuoi, un giorno ti mostrerò la sua stanza… magari, se ti piace leggere, potresti trovare interessante qualcuno dei suoi libri…
Mi illuminai all’istante: - Io amo leggere! Mi farebbe piacere dare un’occhiata!
- Davvero?
Marcus sembrò, per un attimo, pensieroso: - Allora, dovrò mostrarti a tutti i costi anche la nostra Biblioteca… credo che sia una tra le più grandi biblioteche italiane.
- Sarebbe magnifico! Ve ne sarei molto grata!
- Allora è deciso- rispose, allargando il sorriso – Non appena avrai un po’ di tempo libero, vieni pure da me. Ti accompagnerò lì. Anche Didyme passava ore in biblioteca… sai, credo che sei io e lei avessimo avuto una figlia sarebbe stata proprio come…
Stava per aggiungere altro, quando, all’improvviso, guardò fuori dalla finestra: - Oh, ma guarda… Demetri è già di ritorno…
Mi affacciai immediatamente, osservando a lungo il giovane vampiro che stava rientrando a palazzo, parlando tranquillamente con Alec e Jane.
Strinsi forte un lembo della tenda rossa che copriva parzialmente la finestra, quando lui alzò lo sguardo e, non so come, riuscì a vedermi.
Mi salutò con un sorriso, facendomi arrossire visibilmente e, mentre rispondevo al saluto con un timido cenno della mano, notai che Marcus soffocava una risatina silenziosa.
Lo guardai con aria interrogativa, ma lui, dopo avermi sorriso, mi diede un leggero colpetto sulla spalla col palmo della mano, con aria comprensiva, e si avviò lentamente verso l’uscita.
Restai in silenzio a lisciarmi nervosamente le pieghe del vestito, arrossendo un sacco non appena ripensai al sorriso di Demetri, quando udii la vocetta acuta di Milady giungere alle mie orecchie come una fucilata: - Servettaaaa! Ci sei?
Con un sospiro, passai la mano sulla tenda, avvertendo con piacere la consistenza della seta tra le mie dita, e raggiunsi la soglia della sala, dalla quale Milady entrò con un’espressione tronfia, facendomi intendere che non ce l’aveva più con me per via del rimprovero di quella mattina.
A giudicare dalla sua faccia, capii che, probabilmente, aveva in mente qualche richiesta assurda che mi avrebbe tenuta sveglia fino a tardi, così, mi rassegnai ed attesi nuovi ordini.
 
***
Angolo dell’Autrice: Con un po’ di fatica, sono riuscita a postare un nuovo capitolo.
Qui ho cercato di concentrarmi un po’ anche sul personaggio di Marcus, grazie al suggerimento di Flamx, per non restare fossilizzata soltanto sulle due protagoniste.
Ho anche provato a parlare un po’ di Didyme, che, sebbene non appaia fisicamente nella saga, mi affascina molto. Non so perché, mi viene da immaginarla come una persona dolce e intelligente e, di sicuro, nei prossimi capitoli le dedicherò altro spazio, svelando, magari, anche il perché della sua somiglianza con Emma.
Per quanto riguarda Milady, sembra quasi che il discorso di Emma non sia stato proprio inutile, anche se, come ha dimostrato nelle ultime righe, la strada per diventare una persona migliore è ancora lunga. Chissà se riuscirà a diventare una vera signorina?
Cercherò di pubblicare a breve il prossimo capitolo, a partire da quale, avranno un ruolo maggiore anche gli altri personaggi.
Grazie per aver letto, un bacio :)

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Capitolo 7
*** Mi faccio un giro nel Labirinto ***


 Dopo una settimana esatta di servizio agli ordini di Milady, pensavo, ormai, di essere in grado di non stupirmi più di nulla.
Quando mi chiese di farle da modella per la creazione di un vestito da donna per uno dei suoi maggiordomi, all’una di notte, perché non aveva niente di meglio da fare, credetti che avesse superato sé stessa, in quanto a richieste assurde.
Mi sbagliavo.
Un sabato mattina, sentii qualcuno saltare sul mio letto, togliermi la coperta, e gettarsi di peso sopra di me.
Sussultai, avvertendo una “leggera” fitta alla schiena, e, mentre cercavo di capire cosa stesse succedendo, Milady iniziò a strillarmi nelle orecchie: - Svegliaaaaaaa!!!
Diedi un’occhiata infastidita all’orologio, che segnava le cinque di mattina, e bofonchiai mezza assonnata: - Che cosa c’è, Milady? Il maggiordomo non vuole indossare il vestito da donna che gli avete dato giovedì?
Lei si sedette sulla mia schiena, scuotendomi per le spalle: - Devi alzarti, servetta! Oggi è una giornata importante!
- Perché, che c’è?- borbottai annoiata, per nulla intenzionata ad alzarmi dal letto.
Sentii la sua guancia fredda appoggiarsi sulla mia, facendomi avvertire un brivido: - Oggi è la giornata del Nascondino!
- Che cosa?- squittii – Non siete un po’ grandicella, per giocare a Nascondino, Milady?
- E’ una tradizione!- sussurrò lei, mordicchiandomi un’orecchia – Ogni sabato mattina, almeno cinque membri della Guardia giocano con me a Nascondino.  Ho già quattro volontari, manca solo il quinto, e cioè tu…
- Milady…
-Sì?
Affondai la faccia nel cuscino: - Perché mi state facendo delle avances sessuali?
Esitò un attimo, rendendosi conto della posizione decisamente poco decorosa in cui ci trovavamo, poi, come se niente fosse, mormorò in tono lamentoso: - Perché cambi discorso? Devi giocare con me a Nascondino, si può sapere che cos’hai contro questo gioco?
- Sinceramente, non credo di essere portata per questo genere di cose… non conosco bene il giardino e non ho voglia di correre… non preferireste che faccia qualcos’altro, che so, tipo pulirvi la stanza?
- La mia stanza è già pulita e non ho bisogno di niente, al momento- si avvinghiò a me come un koala e iniziò a strofinare il viso nei miei capelli- Daaai, alzati! Tanto, finchè non mi dici di sì, io continuerò ad insistere!
- Milady, questo è un atteggiamento da bambina viziata.
- Ti preeego!
Sospirai e, dato che aveva iniziato a strusciarsi su di me in modo abbastanza equivoco, preferii accontentarla: - Va bene. Datemi il tempo per vestirmi e mangiare qualcosa.
 
Quando scesi in giardino, trovai Milady intenta a discutere animatamente con le sue quattro “vittime”, cioè Alec, Jane, Felix e Demetri.
Mi specchiai furtivamente nel vetro di una finestra, controllando se i capelli erano in ordine, e li raggiunsi, cercando di mantenere un contegno adeguato.
- Oh, eccoti qua, finalmente!- trillò Rowena, spalancando i suoi occhioni grigi – Mi stavo giusto domandando dove fossi finita, stiamo per decidere i ruoli!
Jane mi lanciò un’occhiata piuttosto fredda, mentre Alec e Felix mi salutarono con un breve cenno.
Demetri, invece, mi guardò con il suo solito sorriso, che gli faceva sollevare soltanto un angolo della bocca e gli conferiva un’espressione a metà tra il furbo e il malizioso: - Ciao, Emma.
- Ciao- risposi, piuttosto nervosa, mentre le mie guance si coloravano vivacemente.
Perché arrossivo sempre come una cretina, quando c’era lui?
Milady non sembrò notare il mio disagio e annunciò felice: - Bene, ora che siamo tutti, possiamo iniziare! Iniziamo a stabilire le parti… Demetri non conta!- sibilò minacciosa rivolta al vampiro, che trattenne un sorriso a stento.
Li fissai con aria interrogativa e Rowena mi spiegò: - Quando iniziò a lavorare per noi, io non sapevo ancora del suo potere, infatti, non capivo come facesse a trovarmi sempre, quando giocavamo a Nascondino! Fino a quando mio padre non mi informò del fatto che fosse un Segugio, anzi, il Miglior Segugio del mondo… Dèi, mi sentii una tale allocca…
Demetri abbassò lo sguardo, cercando di nascondere una risata, e perfino Alec, senza farsi vedere dalla sorella, accennò un lieve sorriso.
Felix diede una pacca sulle spalle all’amico e propose allegramente: - Che dite, conto io?
- Va bene!- trillò Milady – Io mi nascondo con Alec!
Il giovane vampiro alzò gli occhi al cielo, ma non osò ribattere, nemmeno quando Rowena lo prese sottobraccio.
Jane diede un’alzata di spalle e drizzò la schiena con aria altezzosa: - Io mi nascondo da sola, allora.
Avvertii una forte morsa allo stomaco, rendendomi conto della situazione.
Demetri mi strizzò l’occhio: - Quindi, io e te ci nasconderemo insieme…
Annuii velocemente, con le guance che sembravano prendere fuoco, mentre Felix, dopo aver fatto un rapido conto mentale, appoggiò la mano sul tronco di una grande quercia: - Va bene, inizio a contare. Cercate di nascondervi in posti interessanti.
- Cominciamo!- strillò Milady, e subito, dopo aver preso la mano di Alec, si allontanò alla velocità della luce.
Jane sospirò e fece lo stesso, mentre Demetri mi caricò sulla propria schiena, esattamente come la prima volta che lo incontrai.
- Ci risiamo, eh?- borbottai ironica, aggrappandomi alle sue spalle- Sta diventando un’abitudine…
Lui mi strizzò l’occhio: - Tieniti forte!
Sfrecciammo ad una velocità impressionante attraverso il giardino, fino a quando non giungemmo nei pressi del labirinto.
Demetri si fermò, dando un’occhiata interessata all’enorme groviglio di siepi: - Geniale…
Mi posò a terra, mentre gli domandavo ingenuamente: - Vuoi nasconderti qui dentro?
- Naturalmente- mi sorrise furbescamente – Sei mai entrata nel Labirinto?
- No, l’ho solo visto da fuori…
Mi prese per mano e mi condusse verso l’entrata: - Felix non ci troverà mai. Non ha i miei poteri e le siepi impediranno al vento di portare il tuo odore in giro…
- Fantastico- mormorai poco convinta, senza mollare la presa sulla sua mano fredda – Non è che, per caso, intendevi “l’odore disgustoso del mio sangue”?
Demetri alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, e continuò a guidarmi attraverso quegli interminabili corridoio verdi.
Gli gettai una rapida occhiata, senza trattenere un sorriso.
Aveva dei lineamenti davvero stupendi, un naso perfettamente dritto e gli occhi sempre illuminati da una luce maliziosa, che lo rendeva ancora più affascinante di quanto già non fosse.
Indossava un lungo cappotto nero, abbastanza attillato da mettere in evidenza il suo fisico mozzafiato, in particolare, le maniche erano visibilmente più strette nella zona dei bicipiti.
Lui mi guardò, ed io, arrossendo, distolsi immediatamente lo sguardo.
Mi finsi interessata alle siepi che ci circondavano, commentando con noncuranza: - Ehm… immagino ci sia un trucco, per non perdersi…
Demetri sorrise, con l’aria di chi la sa lunga: - Basta tenere la mano sinistra appoggiata alla siepe… io, di solito, faccio così, quando voglio raggiungere il centro…
- Già…
Mi bloccai, quando ci trovammo davanti alla torre con il gazebo.
Demetri mi guardò con aria interrogativa, notando la mia espressione dubbiosa: - Qualcosa non va?
- Ehm- arrossii visibilmente – Il fatto è che… preferirei non aggirarmi per quella zona là… sai, non vorrei mai ritrovarmi davanti i genitori di Rowena che si accoppiano allegramente dentro il gazebo… Milady ha detto che lo usano spesso per questo fine…
Il vampiro mi fissò un secondo, poi scoppiò a ridere: - Tranquilla, non c’è nessuno… altrimenti lo saprei, giusto?
- Ah- abbassai lo sguardo – Sì, è vero, che stupida…
Demetri sorrise, per poi guardarsi attorno: - Felix ha già trovato Alec e Rowena… non sta venendo in questa direzione, possiamo prendercela comoda. Passeggiamo un po’?
- D’accordo…- mormorai.
Camminammo in silenzio per alcuni minuti, mentre cercavo di non pensare che quella era la prima volta in cui ci ritrovavamo soli io e lui.
Ogni tanto ci scambiavamo qualche sguardo, ma senza andare più in là di un sorriso o un commento.
Controllai parecchie volte se il mio vestito avesse qualche imperfezione, ma, in realtà sapevo bene che quello era solo un modo per mascherare l’imbarazzo.
Come potevo comportarmi, altrimenti? Volevo rompere quell’imbarazzante silenzio che si era creato, ma avevo paura di farmi sfuggire qualche commento stupido.
Non so perché, ma il suo giudizio, per me, contava moltissimo.
Strinsi più forte la sua mano, rendendomi conto che, in fondo, non era poi così fredda, e sospirai profondamente.
Quando mi trovavo accanto a lui, nasceva in me un sentimento tutto nuovo, qualcosa che non avevo mai provato prima.
Mi sentivo male e mi sentivo bene contemporaneamente e, quando eravamo separati, pensavo spesso a lui, reprimendo a stento il desiderio di averlo vicino.
Solo i capricci di Milady mi distraevano da tali pensieri.
Finalmente, Demetri si decise a rompere il ghiaccio: - Come ti trovi qui, allora?
Alzai le spalle:- In realtà, pensavo che sarei stata peggio. Voglio dire, mi manca la mia famiglia e Milady, spesso, mi dà i nervi, però ci sono anche dei lati positivi. Ad esempio, mi trovo bene con Marcus. E’ una persona molto gentile e si preoccupa per me… sai, a volte, mi viene da pensare a lui come…- mi bloccai, rendendomi conto dell’idiozia che stavo per dire.
Demetri alzò un sopracciglio, con aria curiosa: - Come…?
- Nulla- mi strinsi nelle spalle – E’ una cosa stupida… non so nemmeno perché l’ho pensata.
- Ah, va bene - rispose lui, guardando per aria – Tranquilla, non sai a quante cose stupide pensiamo io e Felix, ogni giorno…- sorrise leggermente, poi, all’improvviso, ebbe una specie di fremito – Felix!
- Cosa?- domandai allarmata.
Demetri serrò le labbra in una smorfia: - E’ abbastanza vicino… dobbiamo spostarci subito da qui, potrebbe sentire il tuo odore a questa distanza… vieni…
Prima che potessi fare qualcosa, mi prese in braccio e si spostò rapidamente, giungendo dalla parte opposta del labirinto.
Si fermò, concentrando i propri sensi, infine si rilassò: - Perfetto, non si è accorto di nulla…
- Prendete piuttosto sul serio questo gioco…- commentai, mentre mi posava a terra.
Lui alzò le spalle: - Io lo vedo un po’ come una sfida. Anche perché abbiamo fatto una scommessa che non intendo perdere.
- Ah.
Sorrisi, pensando che, in fondo, non erano poi così diversi dagli esseri umani normali, e domandai: - Siete amici da molto tempo, tu e Felix?
Demetri annuì: - Sì, più o meno da qualche secolo… lavoriamo spesso in squadra e, col tempo, ho imparato a fidarmi di lui e a considerarlo come un fratello- mi guardò con aria maliziosa – A te non piace molto, vero?
Mi strinsi nelle spalle: - Beh, non è che mi abbia fatto una buona impressione al nostro primo incontro… insomma, ha cercato di stritolarmi e di dissanguarmi, e poi non mi piacciono i ragazzi grossi e maneschi- repressi una smorfia – Mi sanno tanto da “Scimmione senza cervello”… io detesto le persone stupide…
Il vampiro trattenne una risata: - Sì, lo immaginavo… la tua, è la tipica mente da sapientona riflessiva, non penso che voi due andreste molto d’accordo… però, se proprio vuoi saperlo, non ti trova più così antipatica, come all’inizio…
- Buono a sapersi- commentai poco convinta.
Demetri fece per aggiungere qualcosa, quando alzò lo sguardo di scatto, con aria allarmata: - Maledizione!
Aprii la bocca per domandargli cosa stesse succedendo, ma lui, istintivamente, mi strinse a sé, appoggiandosi con la schiena contro la siepe.
Udii un rumore davvero poco rassicurante e, pochi istanti dopo, il pezzo di siepe a cui eravamo appoggiati sparì nel terreno, abbassandosi di colpo.
Perdemmo l’equilibrio e, prima ancora di rendermene conto, mi ritrovai a terra, con la faccia premuta contro qualcosa di stoffa.
Aprii gli occhi, alzando il viso e feci per guardarmi attorno, quando realizzai la situazione.
Mi trovavo con il naso ad un centimetro dalla spalla di Demetri, con i pugni chiusi sul suo cappotto nero e con il seno premuto contro il suo petto resistente.
Le sue braccia erano ancora serrate attorno alla mia vita.
Ci guardammo negli occhi, e lui, dopo avermi sorriso in modo malizioso, mi sussurrò: - Ciao…
- Ah…
Arrossii di brutto, senza trovare la forza di rialzarmi: - Io… ecco, io, cioè, non…
Demetri mi sorrise, questa volta in modo dolce, e mi accarezzò la schiena: - Avevo dimenticato le uscite segrete… che stupido…
- Oh, no, non c’è problema ma…- mi diedi una rapida occhiata intorno – siamo in una posizione piuttosto equivoca…
Il vampiro appoggiò la nuca a terra, creando un curioso contrasto tra il verde del prato ed i suoi capelli ramati, e sospirò: - Lo so… ma è piacevole averti addosso…
Le mie guance presero fuoco, mentre il respiro mi si bloccava per un attimo.
Spalancai gli occhi guardandolo incredula: aveva davvero detto una cosa del genere?
Demetri mi fissò a lungo, senza la minima intenzione di rialzarsi: - Ma lo sai che sei proprio carina, quando arrossisci?
A quel punto, avevo lo stomaco in fiamme.
La testa mi girava un po’, le gambe mi tremavano. Volevo alzarmi, ma, allo stesso tempo, non volevo.
Il suo sguardo, la sua voce… avevano per me un qualcosa di ipnotico, un qualcosa che mi faceva sentire completamente senza difese.
Improvvisamente, Demetri diventò serio e, un secondo dopo, alzò gli occhi al cielo: - Oh, no…
- Heylààààà!!!
Una vocetta acuta giunse alle mie orecchie, facendomi sussultare: - Oh, Cristo!
Alzai lo sguardo, vedendo Milady e Alec che ci fissavano ad occhi sbarrati.
- Che diavolo state facendo?- domandò Alec, sconvolto.
Milady si morse il labbro, apparentemente impassibile: - Guardate che il gazebo è libero, se non riuscite a trattenervi potete andare là…
- Oh, no!- gridai, rossissima, mentre mi alzavo di scatto – La siepe, cioè, insomma, è andata giù e noi siamo caduti…
- Demetri!- esclamò Felix, apparendo da chissà dove – Non riesci proprio a fare a meno di approfittarne, a quanto vedo…
Il vampiro sorrise, per nulla imbarazzato: - Piantala, scemo, è stato un incidente.
Felix alzò le spalle: - Come ti pare. Comunque, la scommessa l’ho vinta io!
Demetri alzò gli occhi al cielo, ma preferì non commentare.
Una folata di vento mi scompigliò i capelli e, un istante dopo, apparve Jane, con la sua solita espressione neutra: - Bene, sembra che ho vinto io…
Alec incrociò le braccia: - Sai che novità… comunque, la prossima volta mi nascondo con te.
- No, Alec!- strillò Milady – Io e te, ormai, siamo una coppia fissa a Nascondino! Jane sta molto meglio da sola.
- E’ vero- replicò fredda l’altra.
Alec sospirò rassegnato, così cercai di salvare la situazione: - Ehm , Milady, credo che tra un po’ sia ora di pranzo… non credete che sia meglio andare a cambiarsi?
Rowena diede un’occhiata alle proprie vesti: - E’ vero, Heidi starà già tornando… bene, ragazzi, la partita si chiude qui, ne rifaremo una sabato prossimo, alla stessa ora. Ci vediamo tra poco a pranzo… muoviti, servetta!
Strizzò l’occhio ad Alec e si avviò a testa alta verso il castello.
Mi voltai un secondo verso Demetri, che mi strizzò l’occhio con un sorriso.
Cercai di ricambiare il sorriso e mormorai semplicemente: - Ciao, Demetri…
- Ciao- rispose lui – Emma.
Entrai nel castello, con il cuore che batteva a mille, e non ascoltai quasi nulla del discorso che mi stava facendo Rowena.
- Servetta!
Il suo tono severo mi fece sobbalzare.
Mi guardò, leggermente scocciata, con le mani posate sui fianchi: - Mi stai ascoltando o no?
- Io…- tentai di giustificarmi, ma lei sbuffò: - Uffa, ma dove hai la testa? Io ti sto dicendo una cosa importante, che riguarda il mio adorato Alec, e tu neanche mi presti attenzione?
Sospirai, cercando di mantenere la calma: - Scusate, ma stavo pensando ad altro… avrò il permesso di pensare un po’ ai fatti miei, no?
Milady sporse il labbro, con aria infantile, così feci un profondo respiro: - E va bene, che stavate dicendo?
Le sue labbra si piegarono in un sorriso di trionfo: - Stavo dicendo che è un amore e che vorrei tanto spupazzarlo! Ci sono quasi riuscita, oggi, ma, non appena l’ho abbracciato, si è irrigidito di colpo e mi ha neutralizzata con la nebbia… non capisco perché faccia così, insomma, io sono irresistibile!
- Milady- replicai, mentre salivamo le scale – Non vi è mai passato per la testa il fatto che Alec sia un tantino giovane, per Voi, fisicamente? Oppure che, magari, potreste provare ad approcciarlo in un modo diverso?
- Io sono perfetta!- protestò – Non ha motivo di fare così!
Mi morsi la lingua, per non rispondere in modo sgarbato, e provai a metterla giù in un modo più dolce: - Vedete, Alec, nonostante abbia l’aspetto di un ragazzino, ho notato che fa discorsi molto maturi ed ha una mentalità adulta. Voi, invece, senza offesa, vi comportate ancora come una bambina, e questo vi fa perdere parecchi punti con lui. Potrebbe anche essere attratto dal vostro aspetto, non dico di no, ma il vostro atteggiamento infantile, senza dubbio, lo blocca. Forse, se Voi cambiaste un pochino, Alec vi vedrebbe sotto una luce diversa…
- Cambiare?
Milady mi guardò, come per capire se fossi seria o meno, e, quando si rese conto che non stavo scherzando, assunse un’aria confusa: - Ma io credevo che… io sono perfetta…
Scossi la testa: - Nessuno è perfetto, Milady. Però, potreste avvicinarvi alla perfezione se iniziaste a comportavi meglio. Ad esempio, avete chiesto scusa a vostra madre, per averle dato della sgualdrina?
Rowena abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra: - Io non…
- E’ passata quasi una settimana!- esclamai – Cielo, Milady, possibile che siate sempre così cocciuta? Siete un caso disperato!
Lei mi fulminò con lo sguardo, spingendomi dentro la sua camera: - Preparami i vestiti e, quando avrai finito, chiamami.
Sospirai, andando a tirare fuori dall’armadio il suo abito da pranzo, e, dopo aver scelto con cura anche i gioielli, uscii dalla stanza e scesi al piano di sotto.
- Milady!
Ero a metà scalinata, quando mi bloccai all’improvviso.
Non credevo ai miei occhi: Rowena stava abbracciando sua madre, parlandole a bassa voce.
Non sentii nulla della conversazione, ma mi bastò vedere Athenodora che, dopo un attimo di sorpresa, sorrise e strinse forte a sé la figlia, accarezzandole i capelli biondi.
Mi appoggiai al corrimano, con un sorriso, pensando che, forse, Milady non era poi così irrecuperabile.
In fondo, era appena riuscita a stupire una sapientona riflessiva con la lingua troppo lunga!
 
***
Angolo dell’Autrice: Eccomi qui, scusate il ritardo.
Ho un po’ di storie in sospeso, quindi sono riuscita a scrivere questo capitolo solo oggi.
Bene, che ve ne pare?
Spero non faccia proprio schifo, in caso, se avete consigli, sono ben accetti, come al solito.
Diciamo che, in generale, un commentino fa sempre piacere.
Un bacio, e grazie per aver letto.
Tinkerbell92

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Capitolo 8
*** Visito la Biblioteca più bella del mondo ***


 Iniziavo davvero a pensare che Milady fosse leggermente migliorata.
Insomma, aveva compiuto una buona azione nei confronti di sua madre, cosa che, di sicuro, non le era mai passata per la testa prima.
Così, mentre mi trovavo nella sua stanza, intenta a pettinare le bambole, decisi di esprimere il mio apprezzamento per il suo gesto.
Non l’avessi mai fatto…                   
- Devo ammettere che mi avete sorpresa, Milady.
Rowena, tutta intenta a rimirarsi davanti allo specchio più grande della camera, si voltò distrattamente: - Come?
Posai sul comodino la bambola a cui avevo appena finito di pettinare i capelli e abbozzai un sorriso: - Stamattina, poco prima di pranzo, ho visto che siete andata a parlare con vostra madre. Avete fatto bene, sul serio, non me l’aspettavo.
Milady alzò le spalle: - Non pensavo che le avrebbe fatto così piacere. Credevo che si fosse già dimenticata del mio insulto…
- Questo mi sa che è un po’ difficile- commentai severamente – Anche se finge di non farci caso, vostra madre soffre molto per l’atteggiamento che avete con lei di solito. Ovvio, non vuole farvelo pesare, ma, dentro di sé, sicuramente ci sta male.
Rowena continuò a specchiarsi, anche se era chiaro che fosse interessata al mio discorso: - Non mi è mai passato per la testa un simile pensiero.
- Lo so bene- risposi, prendendo un’altra bambola – Perché Voi non fate attenzione ai sentimenti altrui. Siete abituata a pensare che il mondo giri attorno a Voi e che tutto sia in vostra funzione. Purtroppo, ci sono anche gli altri…
- Ma davvero?- borbottò lei – Peccato che Alec non ci fosse, quando ho chiesto scusa a mia madre…
- Che cosa?
La fissai allibita: - Non ditemi che l’avete fatto solo per farvi notare da Alec!
Milday mi guardò dal riflesso dello specchio: - Non avevi detto tu stessa che lui apprezzerebbe un comportamento più maturo da parte mia? Chiedere scusa a mia madre mi è sembrata una cosa matura, ma speravo in una ricompensa più consistente…
- Aver reso felice vostra madre non è stata già una ricompensa?- domandai, cercando di non alzare la voce – Che cosa speravate, che tutti vi rendessero omaggio e che Alec si fidanzasse con Voi?
Milady alzò le spalle: - Forse…
- Siete incredibile!
Posai la bambola sul comodino, per evitare la tentazione di lanciargliela contro: - Trattate tutti quanti come pezze da scarpe, insultate vostra madre gratuitamente, siete prepotente, viziata e arrogante e, proprio quando iniziavo a pensare che foste un po’ cambiata, Voi venite a dirmi che avete fatto una cosa buona solo per interesse? Non ho davvero parole, Milady!
Lei si sistemò un ciuffo, con un gesto di stizza: - Ti consiglio di fare attenzione a come parli con me. Ricordati che, anche se non berrei il tuo sangue neanche sotto tortura, posso farti lo stesso rimpiangere il giorno in cui sei nata…
- Oh, che brava!- commentai sarcastica – Vedo che non sapete fare altro che mettere a tacere tutto quello che vi infastidisce con i capricci e le minacce. Bel modo di affrontare le cose, eh?
Milady si voltò di scatto, mettendosi le mani sui fianchi: - Mi stai forse dando dell’egocentrica vigliacca senza cuore?
Alzai un sopracciglio: - Non è quello che siete?
Si avvicinò a me in modo minaccioso: - Tu hai la lingua un po’ troppo lunga…
Mi alzai dalla sedia, fronteggiandola: - Cosa c’è, la verità fa male? Vi dà fastidio sapere quello che penso?
I suoi occhi grigi lampeggiarono pericolosamente: - Mi dà fastidio che tu pensi sempre di sapere tutto di me e degli altri! Io sarò un’egoista viziata arrogante, ma tu sei una sapientona perfettina e insopportabile! Invece che giocare alla psicologa tutto il giorno, dovresti, prima di tutto, guardare te stessa e risolvere i tuoi di problemi!
- I miei problemi?- ripetei, sarcastica – Adesso chi è che gioca a fare la psicologa, eh?
- Oh, non prendermi in giro!- sbottò lei – Tu non hai idea di cosa ho passato io, in questi anni! Credi di essere l’unica ad avere sofferto? Ti piace tanto fare la povera eroina incompresa? L’orfanella costretta a vivere con un mostro? Fai tanto la martire coraggiosa, quando poi non sai nemmeno mostrare i tuoi sentimenti!
Spalancai gli occhi per la sorpresa: - Prego? Spero che stiate scherzando…
- Non scherzo affatto!- ringhiò lei – Per quanto ti possa sembrare difficile, anche io ho dei motivi per essere infelice!
- E quali sarebbero, sentiamo?- replicai, in tono di sfida.
Milady socchiuse gli occhi in modo minaccioso: - Non sono affari tuoi- sibilò – Pensa, piuttosto, a superare i tuoi assurdi tabù amorosi, che ti rendono solo ridicola!
- Ma questo che cosa c’entra?- gridai, furibonda.
Lei mi fulminò: - La verità, è che tu fai tanto la “Perfettina So-tutto-io” solo perché è una valida scusa per nascondere il fatto che sei una repressa impedita! Ti ho osservata, sai? Sei tanto sicura di te, quando si tratta di farmi osservazione, poi, basta solo che un uomo carino ti sfiori che diventi subito rossa e impacciata! Sei veramente penosa…
- Io non arrossisco affatto se un uomo mi tocca!- sbottai, furiosa – Siete Voi ad essere penosa! All’improvviso, scoprite la vostra vena inquisitrice e iniziate a blaterare assurdità solo per nascondere il fatto che avete un carattere pessimo!
- IO NON SONO PENOSA!- gridò, pestando un piede a terra- E, comunque- aggiunse con aria sadica – Io non mi riferivo ad un uomo in generale… più che un uomo, direi un ragazzo, con i capelli ramati, che, a momenti, ti saresti scopata in giardino, se non fossimo arrivati io e Alec!
Fu come ricevere una pugnalata allo stomaco.
Strinsi forte i pugni, fino a far diventare le nocche bianche: - COME DIAVOLO VI PERMETTETE DI INSINUARE UNA COSA DEL GENERE? VOI, STUPIDA BAMBINA VIZIATA E INSOPPORTABILE! NON SAPETE PROPRIO NULLA DI ME!
- COME TU NON SAI NULLA DI ME!- gridò lei di rimando, afferrando con forza un lembo del mio abito – SAPIENTONA INSOPPORTABILE!
- MOCCIOSA ARROGANTE!
Mi liberai dalla sue presa con un gesto brusco: - Ne ho davvero abbastanza di voi!
- Bene!- rispose lei- Allora vattene!
- Con piacere!
Uscii dalla camera sbattendo la porta e mi diressi a falcate verso il corridoio.
Non sapevo bene dove stavo andando, l’importante era trovarmi il più lontano possibile da lei.
Nessuno mi aveva mai fatta arrabbiare così tanto.
Ero talmente furibonda che, per poco, non andai a sbattere contro qualcuno.
- Oh, scusate…- borbottai, sovrappensiero, poi, però, alzai lo sguardo sorpresa – Marcus?
Il vampiro abbozzò un debole sorriso: - Ciao, Emma. Come mai da questa parti?
Lanciai un’occhiata torva in direzione della camera di Milady: - La signorina mi ha fatta esasperare, così mi sono presa qualche ora di permesso. Cose che capitano…
- Ti vedo piuttosto arrabbiata- notò con flemma – Non ti avevo mai vista così…
- Di solito mi trattengo- brontolai a bassa voce – Ma oggi ha davvero passato il segno… e dire che ero partita con le migliori intenzioni…
Marcus annuì, senza tradire alcuna emozione, poi sembrò ricordarsi qualcosa all’improvviso: - Beh, dato che non sei impegnata, potresti venire con me in Biblioteca… non mi pare tu abbia ancora avuto il tempo di visitarla…
- No infatti!- mi illuminai – Sarebbe un piacere, per me, accompagnarvi là!
- Allora vieni- sorrise lui, offrendomi il braccio.
Mi portò al quinto piano del palazzo, preoccupandosi di continuo che non mi stancassi a fare le scale.
In realtà non mi sentivo affatto stanca, anzi.
Ero talmente entusiasta del fatto che avrei visto una delle più grandi biblioteche italiane che, a poco a poco, riuscii a sbollire un po’ la rabbia.
E mi faceva piacere ascoltare i racconti del vampiro. Aveva una voce così profonda e pacata che mi infondeva sempre una grande tranquillità solamente ascoltandola.
Giungemmo davanti a due grandi portoni d’oro, decorati con incisioni raffinate e scritte in lingua antica.
Marcus tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, ne scelse una d’argento dalla forma affusolata e la infilò nella serratura.
Si spostò, poi, da una parte, spingendo una delle porte e facendomi passare: - Prego.
Devo ammettere che il respiro mi si bloccò per alcuni secondi.
Con un semplice piccolo passo, ero entrata in un luogo al di fuori di ogni immaginazione.
Su un immenso pavimento in marmo dorato, poggiava la più bella e grande biblioteca che avessi mai visto.
Due eleganti scalinate a chiocciola portavano ad una specie di balcone circolare, che circondava tutto il perimetro della sala e si affacciava su di essa, e, al centro esatto del soffitto, c’era un imponente lampadario di cristallo.
Ma, naturalmente, la cosa più bella da vedere erano le centinaia, anzi, migliaia di libri riposti ordinatamente su enormi scaffali.
Ero letteralmente circondata da volumi e pergamene, alcuni dei quali sembravano  avere più di mille anni.
Spalancai la bocca per la sorpresa, sentendomi, per un bel po’ di tempo, incapace di muovermi.
Sentii la mano di Marcus posarsi sulla mia spalla, mentre la voce profonda del vampiro mi riportò lentamente alla realtà: - Che cosa ne pensi?
Cercai di rispondere, ma mi uscì solo un debole sussurro: - E’… bellissima…
Marcus emise un debole sorriso: - Sono contento che ti piaccia… che cosa vorresti leggere?
- C’è l’imbarazzo della scelta- mormorai incredula – Non saprei davvero da dove cominciare…
Il vampiro annuì con un sorriso: - Beh, abbiamo tempo… se vuoi, puoi fare un giro qua intorno, così, magari, vedi le sezioni che ti interessano di più… sono tutte in ordine alfabetico…
- Sì, d’accordo- risposi entusiasta – Grazie, Marcus!
Mi aggirai per parecchi minuti tra gli scaffali, prendendo, di tanto in tanto, un volume che mi sembrava interessante.
Salii al piano superiore, su quella specie di terrazzo interno, dove fu immediatamente attirata dalla sezione dedicata ai vampiri.
Guardai in basso, cercando di non perdere per strada la pila di libri che tenevo tra le braccia, e vidi Marcus seduto al tavolino in legno della “Zona Lettura”.
A parte a lui, non c’era nessun altro che si aggirava da quelle parti. O almeno, così credevo.
Mi voltai di scatto, quando udii un fruscio alle mie spalle.
Una donna, una vampira, piuttosto giovane e con i capelli color mogano, mi fissava con un inquietante ghigno sul volto.
Aveva un libro aperto in mano, dalla copertina rossa, ed i suoi occhi cremisi erano puntati su di me con una scintilla di malizia.
- Ciao- mi disse, con un tono mielosamente falso.
- Ehm, ciao- risposi, cercando di non lasciar trasparire alcun segno di nervosismo- Tu sei Heidi, giusto?
Le sue labbra rosso sangue si distesero in un sorriso tirato: - Che ragazza sveglia… tu, invece, sei Emma, l’umana… il giocattolo di Rowena…
- In realtà- la corressi, dando un’occhiata dubbiosa al corsetto succinto che indossava – sono la sua dama di compagnia.
- Ma davvero?
Sbattè le ciglia con aria civettuola: - Che cosa tenera… mi chiedo come mai non le sia ancora venuta la tentazione di assaggiare il tuo sangue…
Strinsi la presa sulla mia pila di libri: - Beh, sai com’è, per una misteriosa ragione il mio sangue ha un odore insopportabile per voi vampiri…
- Mmh…
Heidi si avvicinò a me, tirando su col naso. Una smorfia di disgusto si dipinse sui suoi lineamenti da bambola, ma cercò di mantenere il suo atteggiamento mellifluo: - Beh, io credo che basti trattenere il respiro…
- Io, invece, credo che anche il sapore sia disgustoso- borbottai, indietreggiando di un passo – Non lo consiglierei a nessuno…
- Oh, lo immagino- cinguettò lei, assumendo, all’improvviso, un’aria misteriosa – Posso dirti un segreto?
Alzai un sopracciglio, mentre lei si sporgeva verso di me: - Sai, a proposito di questo… credo che tra te e Demetri, come si dice? Corra buon sangue?- Sorrise perfidamente, mentre cercavo di non arrossire – Siete molto in amicizia, tu e lui?
- Ehm… no, cioè… ci conosciamo da una settimana appena…
- Oh- mormorò lei, stringendosi nelle spalle – Capisco.
Strinsi le labbra, cercando di non mostrare il mio nervosismo: - Perché ti interessa? Tu e lui avete un legame particolare, per caso?
Heidi scoppiò a ridere: - Oh, ma che dolce che sei! Sono affari miei, questi, lo sai?
Si diede, con nonchalance, una sistematina al corsetto, in modo che il suo generoso “davanzale” fosse in bella vista.
Restai piuttosto sconvolta, mentre lei sogghignava: - Eh, già. Non si riesce a non guardare, vero? Nemmeno Athenodora riesce a superarmi, in quanto a dimensioni…
Trattenni l’istinto di colpirle la fronte con il libro più grosso che avevo e mi limitai a voltarmi di scatto: - Buon per te.
Scesi le scale a chiocciola senza girarmi, sentendo il suo sguardo furente fisso su di me.
Ma non mi fece né caldo né freddo.
Se c’era una cosa che non sopportavo, erano le ragazze stupide e frivole che si vantavano in continuazione dei loro pregi esteriori.
E poi, il fatto che avesse accennato a Demetri per farmi intendere che, in qualche modo, era legato a lei, anche se non volevo ammetterlo, mi faceva imbestialire.
Raggiunsi la Zona Lettura e posai i libri sul tavolino a cui sedeva Marcus.
Il vampiro alzò gli occhi dal volume che stava leggendo e diede un’occhiata al mio bottino: - Vedo che hai trovato parecchie cose interessanti…
Mi sedetti davanti a lui, cercando di nascondere il mio nervosismo: - Sì, avete delle sezioni stupende… ci sono addirittura delle opere che non sono mai riuscita a trovare…
Presi il libro che si trovava in cima agli altri e lo aprii distrattamente.
Marcus alzò un sopracciglio: - Qualcosa non va?
Lo guardai, leggermente sorpresa: - Come fate a… beh, non importa, ho solo avuto una discussione poco piacevole con una delle vostre guardie…
- Fammi indovinare…- mormorò lui – Hai incontrato Heidi, giusto?
Spalancai gli occhi: - Sì… ma… Voi leggete nel pensiero, per caso?
Marcus emise una roca risata: - No, cara, certo che no… però conosco bene le mie guardie e, più o meno, conosco te. E so che tra te e Heidi non potrà mai correre buon sangue… avete due caratteri troppo incompatibili.
- Potete dirlo forte- commentai acida – Voglio dire, vi sembra normale che una persona, con cui non avete mai parlato, vi venga all’improvviso a parlare, vantandosi delle proprie misure? Tra l’altro, dopo aver fantasticato sul gusto del vostro sangue e impicciandosi degli affari vostri?
Marcus sorrise, scuotendo la testa: - No, certamente… non badare a lei, è fatta così. Non ha altro, oltre la sua bellezza, per questo è capace di parlare solo del proprio aspetto esteriore. Non farci caso, tanto, le persone come lei si ritroveranno sempre sole o circondate da idioti…
Annuii convinta: - Sì avete ragione… non devo farci caso. Non intendo rovinarmi il resto della giornata a causa di una vanitosa egocentrica… ci pensa già Milady a questo. Spero solo che le vostre guardie non siano tutti idioti…
Mi pentii un po’ dell’ultimo commento, ma Marcus sorrise, appoggiando la mano sulla mia: - Non ti preoccupare. Lui non è un idiota.
Abbassai lo sguardo sul mio libro, intuendo chi fosse il Lui a cui si era riferito Marcus, e iniziai a leggere qualche riga con aria assorta.
Il vampiro diede una sbirciata con aria curiosa: - Che stai leggendo?
- Ehm…- arrivai al punto e aggrottai la fronte sorpresa – E’ un libro sui vampiri… sì, che stupida, è l’ultimo che ho preso prima di venire giù… non me n’ero accorta…
Marcus assunse un’espressione interessata: - Ti interessa saperne di più su di noi?
Arrossii un po’: - Beh, dato che, ormai, è una settimana che conviviamo, sono curiosa di scoprire il vostro mondo… Voi mi avete già accennato qualcosa, come il discorso dei poteri speciali… Non capita a tutti di acquisirne, vero?
Il vampiro scosse la testa: - No. Il fatto che quasi tutti noi Volturi possediamo delle facoltà speciali è perché Aro ama circondarsi di compagni talentuosi. Anche lui ha un potere: riesce a scoprire i segreti più oscuri di una persona con un semplice tocco.
- Inquietante- commentai, facendolo sorridere – Qui c’è scritto che, affinchè un vampiro abbia dei poteri speciali, è necessario che anche da umano possieda delle particolari caratteristiche. Tipo, un vampiro che legge nel pensiero, da umano doveva essere capace di intuire in modo abbastanza preciso i pensieri altrui…
- Esattamente- rispose Marcus – Io ho sempre avuto occhio per le relazioni tra le persone, prima di venire trasformato.
- Quanti anni avevate, quando successe?- domandai, senza smettere di leggere.
- Quarantacinque- rispose lui, senza battere ciglio – Infatti, non ho l’aspetto radioso e giovanile che, di solito, caratterizza noi vampiri…
- Oh, non dite così- lo rimproverai – Anche Voi avete il vostro fascino. Se devo essere sincera, dovessi scegliere tra Aro, Caius e Voi, sceglierei Voi senza esitare. Siete una persona sincera, intelligente e di buon cuore. Credo che queste qualità siano molto più importanti, rispetto alla bellezza esteriore.
Marcus allargò il sorriso: - Lo sai? Ogni secondo che passa, assomigli sempre di più alla mia Didyme. La tua presenza, qui, mi dà un po’ di sollievo dal mio dolore. Sono davvero contento di averti incontrata, Emma…
Si accorse che lo stavo fissando in modo strano, così cercò di correggersi: - Ah, lascia perdere… sono solo i discorsi di un vecchio lupo solitario…
Gli sorrisi apertamente: - Invece mi fa piacere sapere queste cose. Sono contenta di alleviare un pochino la vostra sofferenza. E, se la cosa può farvi sentire meglio, anche io sono felice di avervi incontrato. Certo, devo subirmi le angherie di Milady, però, grazie a Voi, ho iniziato a farmi un’idea di come possa essere avere…- mi interruppi subito – Oh, scusate, stavo per dire un’idiozia…
Lui mi fissò curioso, ma io gettai l’occhio sul libro, leggendo alcune righe: - Qui si parla anche del colore di occhi dei vampiri… mi avevate accennato qualcosa a riguardo...
- Ah, sì, quello è piuttosto interessante- commentò lui.
- Se vi nutrite di sangue umano, i vostri occhi sono rossi. Se vi nutrite di sangue animale, allora assumono una colorazione ambrata. Per un neonato vampiro, il colore iniziale è sempre rosso… quindi, a seconda della dieta, si può sapere se cambierà o resterà così?
- Esattamente- rispose Marcus – Di solito è così.
- Affascinante- mormorai, leggendo avidamente- Invece qui… oh, cielo! Qui si parla addirittura di Mezzosangue? E’ possibile che un vampiro generi un figlio con un’umana?
Marcus serrò le labbra in una smorfia contratta: - In realtà, questa è solo una leggenda… non ho mai sentito parlare di incroci tra umani e vampiri… si trovano delle testimonianze di queste creature in pergamene appartenenti all’epoca antica, ma, finora, nessun libro ha mai fornito delle prove certe…
- Oh, capisco- mormorai un po’ delusa – Sarebbe stato interessante, per me, studiare un fenomeno simile… anche perché, qui c’è scritto che potrebbero nutrirsi di cibo umano e sangue senza problemi ed avrebbero un colore di occhi normale… senza contare il sangue che circolerebbe nel loro corpo…- alzai gli occhi dal libro- Invece, tra vampiri, è possibile generare figli?
Marcus scosse la testa: - No, purtroppo no. Ci sono alcuni pazzi che sostengono il contrario, ma, scientificamente, è impossibile. A me e Didyme sarebbe piaciuto molto, però il corpo di una vampira non è adatto a queste cose. C’è più di un prezzo da pagare, per la nostra immortalità, e la sterilità femminile è uno di questi.
- Non potete nemmeno esporvi al sole…- commentai, continuando a leggere – Altrimenti iniziereste a brillare e gli umani vi scoprirebbero…
- Precisamente- rispose lui – E l’unico modo per ucciderci è farci a pezzi e bruciare i nostri resti. Tutte le credenze sulle croci, l’acqua santa ed i paletti di frassino sono, a quanto pare, solo dicerie. Ma questo, credo di avertelo già detto.
- Sì, ma è incredibile lo stesso- mormorai.
Passò qualche ora ed io iniziavo sempre di più a trovare i vampiri delle creature affascinanti.
Marcus mi parlò a lungo dei loro segreti, del dolorosissimo metodo di trasformazione e delle varie eccezioni che aveva incontrato durante la sua lunga vita.
Mi rivelò, addirittura, di un clan di vampiri americani che riuscivano, in qualche modo, a saziare la propria sete con della semplice acqua.
Era bello starlo ad ascoltare e, man mano che il tempo passava, mi sembrava che il suo volto depresso avesse assunto un’aria più serena. Sembrava quasi un’altra persona.
E, mentre lo guardavo sorridendo, mi capitò più volte di domandarmi se mio padre fosse stato almeno un po’ simile a lui.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ecco qua, sono riuscita finalmente a postare un altro capitolo.
So che forse non è granchè, purtroppo non mi sentivo molto ispirata.
Cercherò di rendere il prossimo più interessante.
Grazie per aver letto, intanto, e, se magari lascerete qualche commento, non potrò che esserne felice.
Un bacio a tutti :)

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Capitolo 9
*** Milady fa un nuovo tentativo ***


Quando Marcus mi riaccompagnò nella stanza di Milady, poco prima di cena, mi resi conto di essermi del tutto scordata della lite che avevamo avuto prima io e la viziata.
Indugiai, con la mano serrata attorno alla maniglia d’oro, e strinsi le labbra in una smorfia: - Beh… si ritorna alla dura realtà.
Marcus sorrise – con un sorriso molto più spontaneo del solito- e mi diede una leggera pacca di incoraggiamento sulla spalla: - Preferisci che venga dentro con te? Aro non mi farà storie se ritardo di qualche minuto…
- Oh, no, tranquillo- risposi frettolosa – Non voglio crearvi alcun tipo di problema. Sono stata bene con Voi e vi ringrazio per avermi fatta distrarre. Ma questa è una faccenda che devo sbrigare da sola.
- D’accordo- sorrise lui – Ci vediamo a cena.
- Certo- risposi, ricambiando il sorriso – A dopo.
Lo guardai allontanarsi lentamente, poi, con un sospiro, abbassai la maniglia ed entrai.
Fui piuttosto sorpresa da quello che vidi.
Milady sedeva sul mio letto con lo sguardo rivolto verso la finestra.
Portava i capelli biondi sciolti e in disordine, ed aveva un abbigliamento piuttosto discinto, formato da corsetto e sottogonna bianca.
Non portava nemmeno le calze.
Entrai cautamente, rimanendo un po’ abbagliata dal modo in cui splendeva la sua pelle diafana, ed assunsi un tono piuttosto distaccato: - Milady.
Lei voltò lentamente la testa verso di me, con uno sguardo vacuo: - Ah, sei qui…
Cercai di mantenere un atteggiamento neutrale: - Perché non siete vestita?
Milady alzò le spalle nude con aria infantile: - Mi andava così.
Sospirai, sedendomi accanto a lei: - Ma Voi fate sempre così, quando litigate con qualcuno?
- Io non ho mai litigato con nessuno qui, a parte che con Jane – rispose, con lo sguardo fisso sul pavimento – Tu sei la prima persona con cui litigo veramente, da quando sono un vampiro…
- E quando litigate con Jane vi deprimete sempre in questo modo?
Mi fissò storto: - Jane non mi dice le cose che dici tu- sibilò – Lei non colpisce così a fondo.
Alzai un sopracciglio: - Forse lei non deve sopportarvi ventiquattro ore al giorno…
- Grazie per la puntualizzazione, Sapientona, come al solito…- ringhiò con aria offesa, socchiudendo gli occhi di ghiaccio – Tu sì che sai come parlare alle persone…
- Beh- replicai ironica – Voi siete capricciosa e viziata, io sono saccente e insensibile… se chiudessero qualcuno in stanza con noi, credo che ne uscirebbe pazzo…
- Puoi dirlo forte- borbottò lei abbassando lo sguardo, anche se non abbastanza in fretta da nascondere il sorriso che aveva appena abbozzato.
- Tutto a posto?- le domandai.
Lei scosse le spalle: - Stavo… stavo solo immaginando lo zio Aro chiuso in stanza con noi… credo che perderebbe in fretta tutto il suo viscidume- un altro sorriso si disegnò sulle sue labbra.
- Altroché – risposi, figurandomi la scena – Inizierebbe a strillare come una femminuccia, strappandosi i suoi capelli unti ciocca per ciocca…
Restammo un attimo in silenzio, poi, all’improvviso, una risatina sorse spontanea ad entrambe.
Mi ero resa conto che, in effetti, l’idea era piuttosto divertente. 
- E che dire di Jane?- aggiunsi sorridendo – Credo che ci sopporti ancora meno…
Milady annuì divertita: - Lei non sopporta nessuno.
- L’ho notato- commentai, imitando la voce della ragazzina vampiro – Una viziata insopportabile ed una sporca umana saccente! La mia sopportazione ha raggiunto il limite!
Mi voltai verso Milady, restando un po’ interdetta dalla sua espressione meravigliata.
- Che… che cosa c’è?
Rowena socchiuse gli occhi grigi con fare curioso: - Fallo ancora…
- Cosa?
- Imita la voce di Jane.
Restai un po’ spiazzata dalla richiesta, ma mi schiarii la voce ed obbedii: - Siete davvero insopportabili!
Una risatina acuta uscì dalle lebbra della ragazza: - Dèi, ma sei uguale! Come hai fatto?
Arrossii leggermente: - Io… non lo so, mi viene naturale…
Il volto di Milady si accese all’improvviso, facendola sembrare quasi irriconoscibile. In un istante, l’espressione arrogante che la caratterizzava si era trasformata in un sorriso spontaneo e un po’ ingenuo, come quello di una bambina che ha appena scartato un bel regalo.
Mi sembrava così diversa, così… tenera. Quasi mi dimenticai del nostro acceso litigio.
- Sai fare anche altre voci?- domandò, quasi ansimando per l’agitazione.
Ci pensai un po’: - Mmmh…. in genere mi riescono tutte le voci femminili…
- Fai quella di mia madre!
Memorizzai bene la voce di Athenodora e cercai di riprodurla nel modo più preciso possibile: - Mio marito è la persona meno romantica che conosca.
Milady emise un’altra risatina acuta: - E ora… fai Sulpicia!
- Mmmh- ci pensai un po’ su, poi eseguii – Mi piace vestirmi di nero.
La vampira sembrava sempre più eccitata dal mio talento: - E adesso fai me!
Mi lasciai sfuggire un ghigno e la imitai: - Servetta, fai questo! Servetta, fai quello! Servetta, perché sei così lenta?
Ormai rideva così tanto che le orecchie mi fischiavano un po’ per via del suo timbro di voce acuto.
Sospirò, riprendendo fiato, poi mi guardò sorridendo: - Non sapevo di questa tua abilità. Se fossi un vampiro, Aro ti vorrebbe nella sua Guardia sicuramente…
- Guardate, ne faccio volentieri a meno- replicai, con un brivido – Non ci terrei proprio a farmi comandare a bacchetta anche da Aro. E poi preferisco restare umana. Senza offesa, ma non credo che la vita del vampiro faccia per me.
- Oh, ma fai bene- replicò calma lei – Cioè, almeno per il fatto di essere nella Guardia. Non è piacevole essere sfruttati per il fatto di avere un potere particolare…
- A proposito di poteri e cose particolari - mi intromisi, illuminandomi – Ho notato che i vostri occhi, a differenza di quelli degli altri, non sono rossi, ma grigi. Anzi, addirittura, a volte cambiano colore, diventando azzurri. Ora, le ipotesi sono due: o siete una Mezzosangue o avete un potere particolare. Quale delle due?
Rowena sorrise leggermente, abbassando lo sguardo: - La seconda.
Mi fissò di nuovo, facendomi restare a bocca aperta: i suoi occhi grigi erano diventati all’improvviso di un bel colore rosa perlato.
Sbattè le ciglia, e le iridi cambiarono nuovamente, diventando viola, poi marroni, poi verdi ed infine rosse.
Ora che i suoi occhi avevano assunto la tonalità cremisi tipica della sua razza, notai quanto effettivamente assomigliasse ad Athenodora. La differenza era minima.
- Cambiate il colore degli occhi?- domandai con un filo di voce.
Milady sorrise apertamente: - Non solo!
La sua pelle bianca cominciò a scurirsi, fino a diventare ambrata. I suoi capelli si tinsero di nero.
- Non ci credo…- mormorai.
- E non hai ancora visto tutto!
I lineamenti stupendi di Milady iniziarono a cambiare rapidamente, diventando più duri. La pelle ridiventò bianca, mentre i capelli neri assunsero una tonalità più chiara, simile a quella del cioccolato. Le labbra si tinsero di porpora e gli occhi rossi cambiarono forma, diventando simili a quelli di un gatto.
In un attimo, mi ritrovai davanti al volto marmoreo di Sulpicia.
Per un attimo, mi dimenticai di respirare: - E’… è incredibile!
La vampira sogghignò: - Lo so. E non mi limito solamente al viso. Osserva con attenzione.
I capelli scuri tornarono biondi, mentre il volto di Sulpicia lasciava il posto a quello di Athenodora.
Milady si alzò in piedi, mentre le forme del suo corpo mutavano notevolmente.
Le sue spalle diventarono più gracili, il suo seno aumentò di volume, la curva dei fianchi si accentuò ed il bacino divenne leggermente più largo.
Mi fissò trionfante, con un sorriso a trentadue denti: - Visto? Sono precisamente identica a mia madre. Se non fosse per la voce, penso che nemmeno mio padre si accorgerebbe della differenza.
In effetti, avevo notato che, nonostante il fisico ed il viso fossero uguali a quelli di Athenodora, la vocetta acuta di Milady era rimasta la stessa, il che faceva un effetto davvero strano.
Mi ripresi lentamente dallo shock, mormorando stupita: - Ma come fate?
Milady sorrise, alzando le spalle: - Sono un Mutaforma.
Fece una giravolta su sé stessa, felice di essere al centro dell’attenzione, e diede un’occhiata al fisico di sua madre: - Sono capace di diventare identica a chiunque abbia incontrato, basta che sia una persona. Grazie a questa capacità, sono riuscita a mantenere il mio colore di occhi originario. Il rosso non mi piaceva.
Annuii: - In effetti, state molto meglio con il vostro colore. Comunque, la vostra è un’abilità molto utile.
- Altrochè. Anche se, a volte, le nuove misure, per me, sono un po’ un dramma- cercò di sistemarsi il corsetto, che conteneva a malapena il seno voluminoso di sua madre – Nessuno possiede le mie forme perfette – si diede un’occhiata furtiva al didietro – Mia madre, poi, ha un culone enorme…
- Non siate esagerata!- la rimproverai, senza nascondere un sorriso – E’ vero che il vostro corpo è pressoché perfetto, ma anche vostra madre è una bella donna… beh, una bella ragazza…- mi corressi, ricordando che, in fondo, Athenodora dimostrava pochi anni più di me.
- Già, ragazza…- mormorò Milady, tornando al suo aspetto originario.
Un velo di tristezza scese sui suoi occhi.
La fissai stupita, inclinando la testa di lato: - C’è qualcosa che non va?
La vampira scosse la testa: - Non proprio… cioè, niente di importante.
Si sedette per terra, con lo sguardo fisso sul pavimento, così mi sedetti accanto a lei: - Se Vi fa star male vuol dire che è importante. Allora, perché Vi siete incupita quando mi sono corretta?
La ragazza alzò le spalle: - Hai presente quando ti ho detto che perfino io ho dei motivi per essere infelice?
- Sì?- risposi, un po’ incerta.
Milady sospirò: - Ecco, uno di questi riguarda i miei genitori- si strinse le ginocchia al petto con fare protettivo – Loro… insomma, non posso lamentarmi per come mi trattano. Il fatto è che, come avrai notato, sono decisamente…- prese fiato, emettendo un doloroso sospiro – giovani.
Alzai un sopracciglio confusa: - E dove sarebbe il problema? Magari sarà un po’ strano, lo ammetto, ma è pur sempre meglio di non averli, no?
- Non è questo il punto- rispose lei, senza alzare lo sguardo – Io sono felice di averli, davvero. E voglio bene ad entrambi, anche se non lo dimostro. Però, vedi, il fatto di dimostrare poco meno della loro età, mentre all’interno del castello è una cosa irrilevante, fuori dalle mura diventa un bel problema. Insomma, io sono ferma a diciotto anni, non posso chiamare “mamma” e “papà” due ragazzi che hanno poco più di vent’anni. Risulterebbe… sospetto.
Iniziai a capire il suo disagio: - Quindi, quando uscite da di qua, dovete comportarvi in modo diverso dal solito?
Milady annuì tristemente: - Di solito mi presento come la sorella minore di mia madre, oppure come una cugina. Fisicamente assomiglio di più a lei, a parte per il sorriso… quindi, il legame più credibile è quello che fingo di avere con lei.
Evitai di farle notare che quello che aveva ereditato dal padre, invece che sorriso, si chiamava “ghigno” e giocherellai distrattamente con una mia ciocca di capelli: - Immagino che sia una cosa poco sopportabile per Voi…
Milady annuì: - Non sai nemmeno quanto. Già è stato difficile vederli fermarsi con l’età quando ero piccola…
- Immagino- borbottai – Già la situazione che avevate prima delle trasformazioni doveva essere insolita…
Rowena piegò le labbra in un sorriso amaro: - In effetti è così. Sai, quando sono nata io, i miei genitori avevano sedici anni. Mio padre proveniva da una famiglia di guerrieri, mia madre era figlia di un mercante. Si conobbero quando i miei nonni paterni si trasferirono da Sparta ad Atene, dove abitava mia madre, e si piacquero all’istante. Furono amici per un po’ di tempo, poi trovarono il coraggio di dichiararsi, incontrandosi di nascosto in un posto bellissimo sulla sommità di una collina. Lì, c’era un vecchio tempio dedicato ad Afrodite, ormai inutilizzabile, le cui rovine giacevano in un ampio e bellissimo giardino, pieno di fiori ed alberi d’ulivo. Dall’altro lato della collina c’era una scogliera altissima, che si affacciava sul mare.
Io fui concepita in quel luogo.
Naturalmente, la gravidanza di mia madre, quando venne scoperta, non fu ben vista, soprattutto per il fatto che tra i miei nonni non correva buon sangue. Ateniesi e Spartani in una stessa stanza sono pericolosi quasi quanto me e te- abbozzò un sorriso – Comunque, i miei genitori scapparono di casa e si rifugiarono da un’amica. Credo che mamma passò dei mesi infernali, quando era incinta. Dopotutto, era ancora una ragazzina, che doveva prepararsi ad affrontare la maternità all’improvviso, girando con un pancione ingombrante, mentre le sue compagne si divertivano giocando a palla sulla spiaggia. Credo che sarebbe crollata, se non avesse avuto papà al suo fianco.
Poteva scegliere di interrompere la gravidanza, come le avevano consigliato, ma lei si rifiutò.
Non lo so perché, ma decise di tenermi.
Quando i miei nonni si degnarono di trovare un compromesso con mio padre, io ero già nata.
Da quel momento le cose furono abbastanza semplici: i miei genitori mi adoravano e mi crebbero come una principessa. D’altra parte- scosse i capelli con aria vezzosa – chi non potrebbe venerarmi? Secondo una leggenda, io e mia madre discendiamo dalla dea Afrodite…
Alzai un sopracciglio, desiderosa che continuasse il suo racconto: - Queste sono credenze diffuse nell’Antica Grecia…
- Ma io sono nata nell’Antica Grecia!- trillò lei, con un lampo compiaciuto negli occhi.
Corrugai la fronte, cercando di riprendere fiato: - Aspettate… in che anno siete nata, se posso saperlo?
Milady drizzò la schiena con aria altezzosa: - Nel Milletrecentoventi- si godette la mia espressione stupita, aggiungendo con un sogghigno degno di suo padre – Avanti Cristo.
 Per poco non caddi con la faccia sul pavimento: - Non… ci posso… credere…
Un’espressione tronfia si dipinse sul volto di Milady: - Cosa credi? La nostra è la famiglia di vampiri più antica del mondo!
Cercai di riprendermi dallo stupore e mormorai: - Quindi, siete un vampiro dal… Milletrecentodue Avanti Cristo circa?
- Esattamente- trillò lei – Mio padre mi ha trasformata il giorno del mio diciottesimo compleanno. L’avrebbe fatto prima, ma Aro ha detto che era troppo pericoloso. Secondo lui ero ancora troppo immatura per subire una simile trasformazione.
- E da quanto i vostri genitori sono dei vampiri?
Milady ci pensò su: - Quando successe, avevo sette anni. Papà, quando fu trasformato, aveva appena compiuto ventitré anni. Trasformò la mamma poche settimane dopo, quando lei i ventitré doveva ancora compierli. Per undici anni, furono costretti a resistere alla tentazione di bere il mio sangue. Per mamma fu meno difficile, ma per papà fu una vera tortura.
Intanto, io crescevo, e vedevo i miei genitori sempre uguali. Temevo che li avrei superati con l’età, un giorno. Fortunatamente, Aro fu attratto subito dalla mia particolare abilità nel cambiare il colore degli occhi e nell’imitare le espressioni facciali e i movimenti degli altri. Sapeva che quello significava poteri speciali da vampiro, quindi decise che sarei diventata una di loro.
Se non avessi le mie abilità, penso che non mi terrebbe nemmeno con sé e mi avrebbe fatta fuori alla prima occasione. Gli sono utile e non vuole litigare con mio padre. Questi sono gli unici motivi per cui faccio ancora parte della famiglia.
Mi guardò con un sorriso amaro: - Ecco, ora capisci che nemmeno la mia vita è perfetta? Cosa credi, sarò infantile ma le cose le capisco.
Annuii seriamente: - Mi dispiace per questo, Milady. Non immaginavo che, dietro la vostra vita da principessa si celassero delle macchie tanto oscure. Comunque, il fatto che ne abbiate parlato mi ha fatto piacere. Almeno, ho avuto modo di conoscervi meglio e vedervi sotto un’altra luce.
- Non credo che le cose cambieranno molto tra di noi- commentò abbassando lo sguardo – Io non sono il tipo di persona che piace a te.
- Questo non è detto- risposi risoluta – Io credo che siate ancora in tempo per migliorare. Siete una persona interessante, molto più di quanto credessi. Vi servirebbe solo un po’ di aiuto. Se riusciste a tirare fuori il vostro lato maturo, quello che vi ha permesso di aprirvi a me adesso, sono sicura che gli altri lo apprezzerebbero molto. Chissà, anche Alec…
I suoi occhi si illuminarono: - Dici sul serio?
- Certamente – risposi convinta – Certo, non dovreste fare del bene solo per piacere a lui, ma, magari, potrebbe essere una motivazione per iniziare a comportarsi meglio, questa volta sul serio. Ve la sentireste di riprovare, Milady?
Lei ci pensò su: - Non so come fare…
- Vi aiuterò io!- mi sentii leggermente vanitosa – Insomma, ho avuto una buona educazione, penso che saprei insegnarvi qualcosina. Dobbiamo solo metterci d’accordo sul come fare. Ma, prima di tutto, devo avere la certezza che Voi ne siate convinta.
Milady sospirò, poi annuì: - Sì, ci voglio provare. In fondo, non sei poi così male come credevo, forse potremmo trovare il modo di convivere senza scannarci ogni tre secondi…
Le tesi la mano con aria professionale: - Allora, affare fatto?
Lei mi guardò, poi me la strinse con un mezzo sorriso: - D’accordo.
Sentimmo qualcuno bussare alla porta, poi, la voce di una ancella chiamò la padroncina: - Milady, tra mezz’ora la signorina Emma deve cenare. E’ il vostro turno di far compagnia a lei e il signor Marcus!
- Diamine, ha ragione… - borbottò lei, dando un’occhiata al proprio abbigliamento poco presentabile – Devo vestirmi.
- Vi serve una mano?- le domandai cortese.
Lei ci pensò un attimo: - Forse solo per i capelli. Credo di sapermi arrangiare da sola…
Evidentemente voleva stupirmi, così, mi limitai a sorridere e a sedere sul letto.
Mezz’ora dopo eravamo quasi pronte ad uscire, quando udimmo di nuovo qualcuno bussare.
Rowena si mise un fermaglio tra i capelli e mi guardò con un sorriso: - Tu và avanti, io ti raggiungo più tardi.
- Siete sicura?- domandai, andando ad aprire la porta.
Non so perché, mi sembrò di notare un lampo malizioso nei suoi occhi: - Sì sì, và pure. Ci vediamo tra un po’, Emma.
Mi bloccai un istante.
Avevo sentito bene?
Mi voltai, guardandola sorpresa, quando mi resi conto che non c’erano dubbi: per la prima volta, mi aveva chiamata per nome.
“Spero di non starmi per illudere una seconda volta” pensai, mentre abbassavo la maniglia.
Aprii la porta e, mentre stavo per fare un passo avanti, il cuore fece una capriola dentro il mio petto.
Demetri mi fissava sorridendo, abbigliato nella solita maniera elegante e sexy allo stesso tempo.
- Ciao, Emma.
In risposta, emisi uno squittio acuto.
Mi voltai verso Milady, che mi strizzò l’occhio, poi Guardai di nuovo lui: - Ehm… ciao, Demetri…
Il vampiro sorrise, come al solito, alzando l’angolo destro della bocca: - Posso scortarti fino alla Sala da Pranzo?
Mi attaccai al suo braccio, cercando di mantenere il respiro regolare, e mormorai arrossendo: - Ti ringrazio…
Camminammo a braccetto per i corridoi del castello, scambiandoci, di tanto in tanto, qualche parola.
“Da non credere” pensai, leggermente scocciata “La più grande Saccentona Perfettina della Storia che si trova a corto di parole… diamine, perché mi fa quest’effetto?”
- Come vanno le cose con Milady?- mi domandò, con la sua voce giovane e sensuale.
Cercai di non balbettare: - Beh, credo meglio… cioè, stamattina ci siamo scannate, poi, poco fa, abbiamo iniziato a dialogare civilmente. Penso che ci sia speranza ancora, per lei…
- Capisco- commentò lui, irrigidendosi d’un colpo.
Lo fissai con aria interrogativa, quando udii dei passi aggraziati e femminili venire avanti verso di noi.
Quasi un istante dopo, Heidi incrociò il nostro cammino, avanzando con aria imperiosa.
I suoi capelli color mogano si muovevano come onde sinuose a ritmo dei suoi passi.
Non appena ci notò – non appena notò Demetri- drizzò le spalle, gonfiando il petto, in modo che il suo davanzale prorompente fosse in bella mostra.
Più che bella e raffinata, secondo me, sembrava più una volgare prostituta da sobborghi con il corsetto semi-aperto che stava per esplodere.
- Ciao, Demetri- sibilò suadente, mentre una luce rabbiosa attraverso il suo sguardo non appena mi vide.
- Ciao, Heidi- rispose lui, con il suo solito sorriso furbo, anche se il suo stato di allarme era evidente.
La vampira socchiuse gli occhi con fare pericoloso: - Divertitevi…
Non so a cosa alludesse o cosa le fosse passato per la testa, ma restai piuttosto stupita quando Demetri mi afferrò d’istinto la mano, non appena Heidi passò vicino a noi.
Per un attimo, sembrò volermi proteggere con il proprio corpo da un eventuale attacco della vampira.
Heidi, tuttavia, passò avanti dritta, non prima di aver strizzato l’occhio a lui ed aver fulminato con lo sguardo me.
Ricambiai l’occhiataccia con piacere, mentre avvertivo una certa tensione nella mano fredda di Demetri, stretta nella mia.
Lo fissai con ari interrogativa, quando lui, dopo essersi reso conto della situazione, sorrise, leggermente impacciato, e mollò la presa: - Scampato pericolo.
Gli sorrisi a mia volta, anche se piuttosto nervosamente, e non parlammo più fino a quando non giungemmo sulla soglia della Sala da Pranzo, dove, come al solito, Marcus mi attendeva seduto al capo opposto della tavola.
Una sedia, accanto alla sua, era già stata preparata per Milady.
Demetri mi strizzò l’occhio, recuperando tutta la sua educata spavalderia e mi posò una mano sulla spalla: - Prego, dopo di te.
Arrossii visibilmente, avvertendo con piacere il palmo della sua mano che sfiorava delicatamente la mia schiena ed entrai nella sala cercando di respirare correttamente.
Marcus, dopo averci osservati un po’, sorrise benevolmente.
 
***
Angolo dell’Autrice: Con immenso ritardo, finalmente riesco a pubblicare anche questo capitolo.
La Pausa-Natalizia è stata più lunga del previsto.
Comunque, si è finalmente scoperto il segreto di Milady e un po’ della sua storia.
Spero non sia risultata noiosa, a me piace inventare le storie dei personaggi.
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio :)

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Capitolo 10
*** Aro fa trattative con una svitata dai capelli rossi ***


Per la prima volta, da quando ero arrivata al castello, potevo dire che Milady si stava impegnando per davvero.
Le avevo insegnato che cosa significava mancare di rispetto, fare capricci inutili, che non mi chiamavo “Servetta”, e i comportamenti che si addicevano ad una ragazza della sua età.
Per facilitarle il compito, ci eravamo addirittura inventate dei segnali, all’apparenza innocui, per avvertirla in caso iniziasse a comportarsi male.
L’unica cosa che non ero ancora riuscita ad ottenere, era evitare che tormentasse il povero Alec, ma, d’altronde, era meglio andare per gradi.
Un paio di settimane dopo la nostra ultima riappacificazione, io e Rowena sedevamo sul pavimento della sua stanza, intente a sistemare le bambole, quando, all’improvviso, se ne uscì con un commento che mi lasciò parecchio sorpresa: - Sai, Emma… dato che ormai siamo in… confidenza… stavo pensando che potremmo parlare un po’…
- Parlare di cosa?- domandai, alzando gli occhi dalla bambola che stavo pettinando.
Milady alzò le spalle: - Non ho mai avuto nessuno a cui raccontare dei segreti sugli altri… le mie ancelle mi ascoltano sì e no e non commentano… il fatto è che, a volte… mi sento un po’… sola…
Sorrisi, riprendendo a pettinare la bambola: - In pratica, avete bisogno di un’amica…
Lei abbassò lo sguardo, il carattere orgoglioso ereditato dal padre la faceva chiaramente sentire un po’ in imbarazzo di fronte ad un’affermazione simile: - Beh, sono l’unica diciottenne qui… Aro pensava che Jane potesse essere una buona compagna per me, ma non andiamo molto d’accordo… Chelsea mi ascolterebbe volentieri, ma non si scolla mai da Afton l’Inutile; Renata ha in testa solo il lavoro e non bada mai a nessuno, Heidi degna di attenzione solo i ragazzi carini, Corinne mi fa venire la depressione solo a vederla… l’unica con cui spettegolavo un po’ era Didyme, ma poi se n’è andata…- si morse il labbro, assumendo un’espressione stranamente triste.
- Mi sembra un po’ strano che Corinne vi faccia venire la depressione, dato il suo potere speciale- osservai- Comunque, mi dispiace non aver conosciuto Didyme… dev’essere stato un brutto colpo per voi.
Rowena annuì tristemente: - Lei piaceva a tutti. Era così buona e altruista… io la ammiravo. Ogni volta che avevo bisogno di qualcuno, lei era sempre disponibile, anche durante gli anni in cui ero ancora umana. Ma preferirei non parlare di lei… mi manca ancora tanto e fa male…
- Va bene- risposi tranquillamente – Volete spettegolare un po’?
Milady si illuminò all’istante: - Oh, sì! E poi tu sai fare dei commenti davvero taglienti, nessuno riesce a trovare degli insulti migliori! Su chi spettegoliamo? Sui miei parenti?
Risi un po’, prendendo un’altra bambola: - Spettegolare non è proprio una cosa da signorina educata, ma dato che non avete nessuno con cui farlo…
- Parliamo dei miei genitori!- propose lei, piena di entusiasmo – Avrai sicuramente qualcosa da dire, su di loro…
Ci pensai un attimo: - Beh, in effetti, mi è sembrato che abbiano uno strano rapporto… cioè, dato l’aspetto giovane, mi aspettavo che fossero un po’ più… uniti? Non mi sembrano molto affiatati, come coppia, almeno, vostro padre mi è parso parecchio freddo e anti-romantico…
Rowena sorrise sotto i baffi: - Oh, no, loro fanno così in pubblico, in realtà, quando sono da soli, ne combinano di porcherie…- fece una smorfia disgustata – Una volta li ho pure visti… è stato davvero orribile.
- Immagino- replicai con un brivido – Quindi il loro distacco è tutta apparenza.
- Papà non vuole ridursi come Marcus in caso dovesse perdere la mamma- rispose lei, diventando seria all’improvviso – Per questo cerca di mostrarsi orgoglioso e freddo.
- Immagino che per Aro e Sulpicia sia lo stesso…
Milady ci pensò un attimo: - No, non proprio. I miei zii hanno un rapporto diverso, più… all’Antica. Preferiscono il dialogo romantico al contatto fisico… non so se mi spiego…
Annuii con un sorriso: - Fisicamente sono entrambi adulti, quindi credo che sia normale… anche se- trattenni a stento una risata – Mi è appena venuta in mente l’immagine di Aro in calzamaglia che fa una serenata a Sulpicia sotto la finestra…
Milady scoppiò in una risatina acuta: - Oh, cielo, sarebbe orribile! Certo che ne hai di fantasia…
Alzai le spalle: - E’ più forte di me… comunque, che cosa sapete dirmi degli altri membri del castello? Voglio dire, le guardie, la servitù…
Rowena mi guardò con aria maliziosa: - Ti interessano tutte le guardie o una guardia in particolare?
Arrossii fino alle orecchie e provai a fare la Gnorri: - Beh, mi è sembrato che Demetri fosse molto popolare tra le donne… immagino che su di lui ci saranno un po’ di pettegolezzi…
Milady alzò gli occhi al cielo, ma preferì non commentare: - Sì, Demetri è uno davvero richiesto. Credo che si sia fatto almeno la metà delle donne che abitano il castello…
- Oh- risposi un po’ infastidita – Anche… Heidi? Cioè, cosa significa per lui?
Rowena aggrottò la fronte: - Boh, so che sono andati a letto insieme qualche volta, ma non credo che a lui interessi molto… cioè, è uno che accetta subito le avances delle donne, ma non si è ancora legato a nessuna stabilmente.
- E’ una concubina, quindi…- osservai, senza fare a meno di sentirmi delusa.
Milady scosse la testa: - Naaah, credo che in realtà stia ancora cercando la donna giusta. A proposito, sai che, una volta, noi donne del castello abbiamo fatto un gioco, cioè eleggere il membro più sexy della famiglia Volturi… indovina chi è stato scelto?
- Demetri?- domandai, con un filo di voce.
Lei annuì: - Non c’è nulla di male a trovarlo attraente. E’ davvero sexy ed ha un bel modo. Credo che, se non mi piacesse Alec, potrei essere interessata a lui. Non so perché ti vergogni ad ammetterlo…
- Cosa?- squittii, immediatamente sulla difensiva – Io non…
Mi bloccai di colpo, non appena Milady iniziò a cambiare forma, facendomi ritrovare davanti ad un ammiccante e sensuale Demetri: - Ciao, Emma. Non sono focoso?
Le mie guance diventarono paonazze: - Milady! Per favore, siete inquietante! Avete ancora la vostra voce e i vostri abiti addosso!
Lei scoppiò a ridere, riprendendo la forma originale: - Dovrò farlo mentre mi stai vestendo…
- Non ci provate- sibilai minacciosa.
Qualcuno bussò alla porta e, un istante dopo, una voce maschile, che riconobbi all’istante, ci chiamò: - E’ permesso?
Non riuscii a trattenere un sorriso, mentre Milady rispondeva: - Vieni, zietto!
Marcus fece capolino dalla porta socchiusa: - Scusate se vi disturbo, ma Aro vorrebbe che veniste al salone principale. E’ arrivata.
- Chi?- domandai confusa – Chi è arrivata?
Milady sogghignò furbescamente: - Lo vedrai. Credo che ne rimarrai sorpresa.
Marcus ci sorrise e mormorò: - Vi aspettiamo là, allora.
- Tra qualche istante saremo da voi!
 
Mi stavo ancora interrogando su chi fosse la misteriosa “Lei” appena giunta al castello, mentre scendevamo le scale che ci avrebbero condotto al salone.
Gettai un rapido sguardo fuori dalla finestra e la mia attenzione fu catturata da un qualcosa di rosso che si trovava nel cortile.
Mi fermai, cercando di osservare meglio, e vidi due donne, due vampire, che parlavano tra loro.
Avevano entrambe i capelli rossi, con la differenza che la chioma di una era liscia e ben pettinata, quella dell’altra era crespa e quasi selvaggia.
- Milady…
Rowena si voltò, raggiungendomi all’istante: - Che cosa c’è?
Indicai con il dito le due ragazze: - Chi sono?
Lei le osservò, poi rispose indicandomi la tipa coi capelli crespi: - Lei è Victoria. Era un’amica di Heidi, prima che lei si unisse alla nostra famiglia. E’ davvero brava a nascondersi e far perdere le proprie tracce, anche se è civile come un Uomo delle Caverne… credo di non aver mai visto una ragazza così rozza… comunque, quella che ci interessa è l’altra. Si chiama Mary Anne ed il suo è un talento davvero speciale…
Osservai per un po’ le due donne, intente a parlarsi di chissà cosa, poi, quella chiamata Victoria fece una specie di carezza sulla testa dell’altra, baciandola su una guancia.
Notai Felix uscire dal portone, e subito Victoria, dopo averlo squadrato dall’alto al basso, fece dietrofront e partì rapida verso l’uscita del giardino.
Milady mi prese per mano, tirandomi verso di sé: - Andiamo, non voglio perdermi la sua entrata!
Raggiungemmo il salone quasi di corsa, trovando la maggior parte della famiglia Volturi già radunata.
Un tavolino rettangolare, coperto da una tovaglia candida, era stato posto al centro della sala, ed aveva una sedia posta ad ogni estremità.
Feci scorrere lo sguardo sui presenti, arrossendo non poco quando Demetri mi strizzò l’occhio.
Milady si fermò a scambiare due parole con Chelsea, facendomi cenno di proseguire.
Affiancai immediatamente Marcus, che mi sorrise: - Adesso sono certo che perfino tu resterai sorpresa.
- Da quella tipa che si chiama Mary Anne?- sussurrai, guardando con la coda dell’occhio Aro che prendeva posto ad una estremità del tavolino – Che cos’ha di tanto speciale?
Marcus aprì la bocca per rispondere, quando la vampira misteriosa entrò nella stanza, accompagnata da Felix.
Tutti i presenti si zittirono all’istante.
D’istinto, mi aggrappai al braccio di Marcus, osservando attentamente la nostra nuova ospite.
Era una ragazza sui venticinque anni piuttosto alta, con un fisico asciutto e un po’ spigoloso e lunghi capelli colore del rame.
Sotto le sottili sopracciglia arcuate, brillavano come fiamme i suoi stupendi occhi felini, che, in qualche modo, accentuavano ancora di più la sua bellezza.
Una lunga giacca nera, incredibilmente attillata, fasciava perfettamente il suo corpo, creando un incredibile contrasto con la sua pelle di marmo e, appeso alla cintura scura, portava un lungo pugnale d’argento.
Un ciondolo di ametista appeso al suo collo brillava di una luce sinistra sotto i raggi del lampadario.
Aro si alzò in piedi, esclamando con aria deliziata: - Cara Mary Anne! Che piacere rivederti! Non immagini nemmeno quanto sia lieto di averti qui con noi!
La ragazza annuì con aria educata, raggiungendo una delle due sedie attaccate al tavolino.
Prontamente, Sulpicia le fece cenno di accomodarsi: - Prego, Mary Anne, siediti.
La rossa permise a Felix di tirarle indietro la sedia, poi, si sedette con una grazia incredibile.
Guardai Marcus con aria interrogativa e lui mi rispose sottovoce: - E’ una Medium…
Prima che potessi trovare modo di replicare, Mary Anne voltò la testa verso di me e mi squadrò attentamente.
Un brivido mi corse lungo la schiena.
- Adesso ospitate anche gli umani, Aro?- domandò un po’ stupita.
Il vampiro sorrise con aria sbrigativa: - E’ una lunga storia. Piuttosto, noi due abbiamo un sacco di cose da raccontarci, vero?
Notai con la coda dell’occhio che molti vampiri avevano iniziato ad abbandonare la stanza.
Marcus mi mise una mano sulla spalla e mi fece cenno di incamminarmi verso l’uscita con lui.
Diedi un ultimo sguardo a Mary Anne, che mi stava dando le spalle, quando, all’improvviso, lei si girò, fissandomi con una strana espressione.
Distolsi immediatamente lo sguardo e mi strinsi più forte a Marcus.
Quando fummo usciti tutti, eccetto Aro, la sua ospite, Sulpicia e i genitori di Rowena, guardai con un sopracciglio alzato i portoni che si chiudevano.
- Scusa ma, a cosa è servito venire tutti in salone, se poi, dopo due secondi, siamo dovuti uscire?
Milady si voltò verso di me, lasciando perdere Alec – con somma gioia di quest’ultimo – ed alzò le spalle: - Ad Aro piace ricevere gli ospiti speciali in questo modo. Vuole far vedere a Mary Anne che tutto il castello si mobilita solo per darle il benvenuto. E’ una delle sue tante strategie.
- Strategie?- ripetei a mezza voce – A che cosa gli servono le “strategie”?
Marcus sfiorò con la mano la maniglia di una delle grandi porte: - In realtà, è da parecchi anni che siamo in trattative con Mary Anne. Lei sarebbe davvero una preziosa alleata per noi. Oltre ad essere una Medium, è anche una scienziata eccellente. Ha lavorato per parecchio tempo insieme a Carlisle Cullen, avendo modo di mischiare le sue estese conoscenze scientifiche con quelle mediche di lui. Si dice che Mary Anne sia capace di fare molte cose incredibili.
- Ad esempio?- domandai curiosa.
- Creare un metallo in grado di uccidere sia i licantropi sia i vampiri- rispose Demetri, che era rimasto fuori dalla porta con noi – Il suo pugnale è fatto di un argento speciale. Se trafigge uno di noi, potrebbe ucciderlo all’istante.
- Oh- mormorai colpita – Ha molti nemici, per caso?
Marcus trattenne a stento un sorriso: - Diciamo che ha una storia particolare alle spalle, che l’ha portata a diventare diffidente.
- Oh.
Avrei voluto saperne di più, ma Milady si ricordò improvvisamente di una cosa e mi prese per mano: - Emma, è l’ora della passeggiata! Ci sono parecchie nuvole in cielo, è il tempo ideale per uscire!
- Ehm, va bene- risposi un po’ incerta, guardando Marcus con aria impaziente. Il vampiro sorrise e mi fece un cenno con la testa: - Non ti preoccupare, ne parleremo più tardi.
Annuii, ricambiando il sorriso, e feci una leggera riverenza.
Milady si attaccò al mio braccio e ci incamminammo verso le scale che portavano al piano di sotto.
Incrociai per un momento lo sguardo di Demetri, che mi sorrise nel suo solito modo sensuale.
Con il cuore che batteva a mille, stavo per ricambiare goffamente il sorriso, quando mi sorse uno spiacevole pensiero in testa: non è che, magari, si comportava così con tutte?
Mi tornarono improvvisamente in testa le parole di Milady: “Sì, Demetri è uno davvero richiesto. Credo che si sia fatto almeno la metà delle donne che abitano il castello…”
Per la prima volta, la mia parte razionale, che si annullava sempre quando ero con lui, prese il sopravvento: lui era un playboy professionista, che si era passato la maggior parte delle ragazze presenti nel castello. Chi mi assicurava che, una volta che mi fossi decisa a lasciarmi andare, lui non mi avrebbe considerata al pari delle altre? Che non si sarebbe limitato a venire a letto con me e basta? Che non mi avrebbe spezzato il cuore, magari senza neppure volerlo, facendosi sorprendere a baciare un’altra in un corridoio del castello?
Serrai forte la mano attorno a quella di Milady, cercando di sciogliere il nodo che mi opprimeva la gola e, con un filo di voce, mormorai semplicemente: - Ciao, Demetri.
Mi fissò un po’ stranito, senza però perdere la sua baldanza, e mi strizzò l’occhio.
Parte razionale o meno, non potei fare a meno di arrossire.
 
Finita la passeggiata, io e Milady tornammo velocemente in camera, per il consueto cambio d’abito della sera.
Mary Anne si era allontanata dal castello ormai da mezz’ora, anche se Aro aveva detto che sarebbe tornata dopo tre giorni.
Milady si morse un labbro con aria seccata, mentre la aiutavo a slacciarsi il bustino: - Vorrei tanto sapere che cosa si sono detti zio Aro e Mary Anne. Ogni volta che viene qui, quella donna combina sempre qualcosa di strano. E’ un genio, senza alcun dubbio, ma non mi sembra del tutto sana di mente. Insomma, una che parla con gli spiriti e passa il resto della propria vita ad inventare cose assurde e badare al fratello… bah, mi sembra un tantino svitata.
- Marcus ha detto che quella ragazza ha una storia particolare- mormorai, posando il bustino sulla sedia – Voi ne sapete qualcosa?
Milady alzò le spalle nude con indifferenza: - Più o meno. So che era il leader del Clan di Glasgow, formato da lei, suo fratello ed il suo compagno. Poi, un giorno, il suo compagno è stato ucciso dai Cacciatori di Vampiri e lei ha dato un po’ di matto. Per questo si è messa a sfidare le leggi della Natura con le sue trovate allucinanti. Pensati che ha pure fatto da assistente per un po’ ad un certo Victor von Frankenstein solo perché quel tizio sosteneva di poter riportare in vita i morti. Ridicolo, no? Ma, d’altronde, tra svitati ci si intende…
- Vorrebbe riportare in vita il suo compagno?- domandai, prendendo l’abito da sera.
Milady ci pensò un attimo: - Nah, non credo, penso che se la sia messa via da un po’. Ma, comunque, non la smette mai di fare cose strane.
- Ho notato che sembrava piuttosto legata alla vampira di nome Victoria- osservai, ricordandomi del gesto affettuoso che avevo visto.
- Oh, sì!- rispose Rowena, sistemandosi i capelli – Vedi, lei è…
La porta della stanza si spalancò di scatto.
Mi sporsi dal paravento dietro il quale stavo vestendo Milady e fissai con aria interrogativa Athenodora e Sulpicia che stavano in piedi sul tappeto con una strana espressione.
- Milday sarà presentabile tra un attimo- annunciai, cercando di accelerare i tempi, ma Sulpicia mi bloccò con voce ferma: - No, Emma, in realtà volevamo parlare con te.
Aggrottai la fronte, spostandomi dal paravento e fermandomi di fronte a loro: - C’è qualche problema?
Le due vampire si guardarono per un istante, con aria incerta, poi Athenodora parlò: - Vedi, cara… oggi pomeriggio Renata è scesa in paese per una commissione urgente ed ha sentito delle notizie piuttosto… spiacevoli…
Milady si sporse un po’, per ascoltare la conversazione.
Sentii una strana ansia crescere dentro di me: - Che genere di notizie spiacevoli?
Athenodora guardò Sulpicia con aria implorante, così, la donna più vecchia sospirò, prendendo le mie mani tra le sue, fredde come il ghiaccio: - Hanno parlato del tuo Orfanatrofio, Emma. Mi è un po’ difficile parlartene, ma hai il diritto di sapere.
- Cosa?-  strillai, con il cuore in gola – Che cosa è successo?
Athenodora fissò il pavimento con aria afflitta, mentre Sulpicia sospirò e rispose: - La Direttrice, Miss Collins… lei… è gravemente malata.
 
***
Angolo dell’Autrice: Dopo un mostruoso ritardo, finalmente pubblico il capitolo.
Forse non è granchè, ma il prossimo sarà sicuramente più interessante, anche perché Emma sarà messa davanti ad una scelta decisiva.
E succederà qualcosa di molto bello :)
Cercherò di sbrigarmi ad aggiornare, grazie per aver letto.
Un bacio :)

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Capitolo 11
*** Il ritorno a casa si mostra un po' troppo difficile ***


Per un attimo, sentii il mondo crollarmi addosso.
Miss Collins? La donna che mi aveva allevata come una figlia era in pericolo di vita?
Dovetti sedermi per riprendermi un po’ dallo shock e per non crollare a terra.
Milady uscì allo scoperto da dietro il paravento, ancora mezza nuda, e disse qualcosa alla madre che però non riuscii a capire.
Una fredda mano si posò sulla mia e, alzando lo sguardo, mi ritrovai a fissare gli occhi felini di Suplicia, stupendamente accesi nella loro tinta cremisi.
- Emma, potresti venire con me al salone principale? Marcus ha convinto Aro a organizzare una riunione straordinaria per te…
Annuii, alzandomi meccanicamente dalla sedia e seguendo silenziosamente Sulpicia senza lasciarle la mano gelida.
Athenodora fece una carezza sulla guancia alla figlia e le sussurrò semplicemente: - Aspetta qui.
Gli occhi grigi della mia dama mi seguirono fino a quando non uscii dalla sua stanza.
Per tutto il tragitto che percorsi dalla stanza di Milady alla sala principale, percorso che ormai conoscevo a memoria, tenni gli occhi fissi suoi capelli neri di Sulpicia, che riflettevano mille riflessi quando venivano colpiti dalla luce dei lampadari.
Non riuscivo a muovere la testa, né a distogliere lo sguardo: concentrarmi su un’unica cosa mi sembrava la soluzione migliore per tenere sotto controllo l’ansia che mi attanagliava.
Aro e i suoi compagni ci attendevano già nel salone.
Caius osservava distrattamente qualcosa fuori dalla finestra, mentre Marcus teneva lo sguardo fisso sul pavimento.
Aro stava passeggiando su e giù per la sala, ma si fermò non appena ci vide: - Oh, eccovi, finalmente…
La sua voce, di solito molto untuosa e falsa, mi sembrò all’improvviso molto più seria e incerta, come se qualcosa lo preoccupasse.
Feci scorrere lo sguardo lungo il perimetro della stanza: oltre ai tre capi Volturi, c’erano alcuni membri della guardia disposti qua e là, immobili e impassibili.
Incontrai per un attimo gli occhi di Demetri, bello e statuario come al solito, il quale mi fece l’occhiolino, sorridendo nel suo solito modo malizioso.
Cercai di mantenere il controllo della respirazione e di arrossire il meno possibile, anche perché Aro mi rivolse immediatamente la parola con fermezza: - Sai perché sei qui, Emma?
Gettai un rapido sguardo a Marcus, che mi sorrise, poi scossi la testa: - So che avete organizzato questa riunione per me… credo… credo che c’entri con la direttrice dell’Orfanatrofio…
La mia voce divenne quasi un sussurro, mentre cercavo di trattenere le lacrime al pensiero di Miss Collins.
Aro piegò le labbra in un sorriso un po’ volpino: - Bene, Emma, in effetti il problema è proprio questo: Marcus crede che strapparti alla tua famiglia sia stato un gesto riprovevole… anche se, spero tu capisca, dettato dalla nostra legge…- mi limitai ad annuire – Ebbene, mia cara, abbiamo pensato… Marcu ha pensato…- si corresse – che, per una volta, potresti avere il permesso di uscire dal castello e andare a trovare la donna inferma… immagino che, in caso le cose finissero nel peggiore dei modi, preferiresti essere accanto a colei che ti ha cresciuta almeno per un’ultima volta…
Devo ammettere che quella rivelazione fu piuttosto inaspettata.
Guardai Marcus, con gli occhi spalancati, poi di nuovo Aro: si sarebbero davvero fidati a lasciarmi andare da Miss Collins? Potevo davvero tornare a casa?
Un pensiero improvviso, però bloccò il mio entusiasmo: sarebbe di certo stata una cosa momentanea, loro avrebbero potuto venire a riprendermi in qualsiasi momento.
Marcus si schiarì la voce e fece un passo in avanti: - Abbiamo messo la cosa ai voti, Emma. Se vorrai, sarai libera di partire…
- Io, naturalmente, sarei contrario- precisò Caius – Per me, sguinzagliarti in città dopo tutto quello che hai visto sarebbe una grandissima…
- Caius!- lo zittì Athenodora, con una severità tale che perfino lui la fissò sorpreso – Non fare sempre il bastiancontrario, la ragazza ha il diritto di decidere se tornare all’Orfanatrofio o no!
La mano della vampira si posò sulla mia spalla e, dopo essermi ripresa dallo stupore, pensai che, se avesse usato quella fermezza anche con Milady, di sicuro si sarebbe risparmiata centinaia d’anni di problemi.
Mi aspettai che Caius reagisse in malo modo, rispondendole a tono, invece si limitò ad abbassare lo sguardo con aria pensierosa.
Aro venne verso di me e mi fece cenno di dargli la mano: - Posso, cara?
Piuttosto riluttante, lasciai che le sue dita fredde si serrassero attorno alla mia mano, senza realizzare immediatamente il motivo di tale richiesta.
Il suo sorriso si allargò in modo poco rassicurante: - Bene, figlia di un militare, vedo… venuta dall’Inghilterra assieme alla nonna… oh, una lettera! Che cosa carina…
Spalancai gli occhi incredula, mentre lui continuava a sproloquiare sul mio passato: - Ti piacciono i libri… sei piena di sani valori morali… oh! Ecco come mai Rowena è cambiata… ingegnoso…
Improvvisamente, mi ricordai delle parole di Marcus riguardo il potere speciale di Aro: “Lui può leggere qualsiasi tuo segreto attraverso un semplice tocco…”
Una sensazione piuttosto sgradevole si impadronì di me e sentii la mia mano irrigidirsi automaticamente.
Aro continuò imperterrito: - Bene, non ci giudichi male come pensavo e… oh! Mi sembra di vedere dei sentimenti… per qualcuno di noi… pare quasi che tu sia…
- Basta!
Ritrassi la mano all’improvviso, rossa di vergogna, sentendomi quasi nuda di fronte a lui.
Aveva curiosato troppo a fondo nella mia anima e la cosa non mi andava.
Aro non perse la sua aria sorridente e si limitò ad alzare le spalle: - Pazienza, almeno so quello che voglio: non metterai a rischio il nostro segreto.
Tutto qui? Aveva denudato i miei pensieri in modo così fastidioso solo per sapere se ero in grado o no di mantenere il loro stupidissimo segreto?
Stavo per aprire la bocca e dirgliene quattro, quando le mani di Marcus si serrarono sulle mie spalle dolcemente, il suo sorriso stanco sottolineava maggiormente le rughe del suo viso: - Sei libera, Emma. Puoi tornare a casa.
 
Quello che provavo era davvero indescrivibile. Nel senso che nemmeno io riuscivo a capire i miei stessi sentimenti.
Varcai la soglia della camera di Milady ancora mezza in trance, con le orecchie che mi ronzavano un po’.
Che cosa mi succedeva?
Stavo per tornare da Miss Collins, a casa mia! Avrei dovuto fare i salti di gioia!
Tuttavia, anche la più flebile voglia di far salti di gioia svanì completamente quando trovai Milady affacciata alla finestra, i lunghi capelli biondi scendevano armoniosi lungo la sua schiena.
Una grande borsa da viaggio giaceva sul letto, ancora semi-aperta, potevo scorgere alcuni libri al suo interno.
Feci un passo avanti, incerta, quando Milady mi parlò, senza voltarsi: - Allora te ne vai…
Mi morsi un labbro, abbassando lo sguardo: - E’ per Miss Collins. Se dovesse morire, non mi perdonerei mai di non averla assistita almeno un’ultima volta.
- Certo.
Restammo per alcuni istanti in silenzio, poi Milady si voltò: - Beh? Cosa fai lì impalata? Devi prendere le tue cose, no?
- Oh… giusto…
Chiusi bene la borsa da viaggio e presi la mia mantella verde, infilandola con il cappuccio abbassato.
Milady mi fissò con le braccia incrociate, poi, venne verso di me con qualcosa in mano: - Tieni. Credo che questo sia tuo…
La guardai stupita, mentre mi faceva serrare le dita attorno al ciondolo che mi aveva preso la sera del mio arrivo.
Specchiai i miei occhi nei suoi, con aria interrogativa, e lei rispose dando un’alzata di spalle: - La pietra è finta, no?
Un sorriso affiorò spontaneo sulle mie labbra, e, prima che potesse aggiungere altro, mormorai semplicemente: - Grazie.
Le ci volle un po’ per lasciare la mia mano, poi, se ne tornò silenziosa alla propria finestra, dandomi le spalle: - Spero tu abbia tutto ciò che ti serve nella borsa… insomma, ti toccherebbe tornare di nuovo… no, non abbiamo intenzione di darti un limite di tempo- aggiunse, prima che potessi aprire bocca – Sarai tu a decidere quando tornare.
Mi sistemai la borsa sulla spalla e mormorai un po’ indecisa: - Non pensate che così potrei anche non tornare mai più?
Milady alzò le spalle, voltandosi appena per farmi intravedere il sorriso amaro che si era dipinto sulle sue labbra: - In effetti… io non penso che tornerai…
Stavo per rispondere qualcosa, ma lei mi interruppe con un sorriso molto forzato: - Addio, Emma.
La voce le tremava un po’e i suoi occhi erano leggermente umidi.
Avrei voluto dire qualcosa di memorabile, qualcosa che nascondesse il mio stato d’animo, ma il groppo alla gola che mi tormentava era troppo forte.
Così, mi limitai semplicemente a drizzare le spalle e rispondere con tono piatto: - Addio, Milady.
Mi allontanai dalla camera più in fretta possibile, cercando di alleviare il senso d’angoscia che mi gravava sul petto. Ma fu tutto inutile.
Incredibile o meno, mi sarebbe mancata molto quella ragazzina.
Circa a metà corridoio, incontrai Demetri, che sembrava passare di là per caso.
Ma che astuto!
Per un attimo fui tentata di ignorarlo, poi, però, non resistetti alla tentazione e mi fermai di fronte a lui.
I suoi occhi cremisi si specchiarono nei miei, provocandomi un piacevole bruciore allo stomaco.
- Ebbene, sei in partenza- osservò, cercando di mantenere il suo solito atteggiamento malizioso – Mi aspettavo che saresti rimasta di più…
Scossi la testa con un sorriso: - Tanto, se decidessi di non tornare, tu verresti a cercarmi…
- Oh, sarebbe una tentazione- ammise – Ma non lo farò.
- Come?
- Mi è stato proibito di farlo. E, anche se così non fosse, sarebbe egoista da parte mia strapparti di nuovo al tuo mondo. Non ti preoccupare: sei veramente libera, Emma. La scelta è solo tua.
Restai in silenzio, un po’ scioccata da quelle parole, così Demetri parlò di nuovo: - Immagino, dunque, che questo sia un addio – il suo volto si accese di malizia – Non ti va neanche di salutarmi come si deve?
Sorrisi, abbassando lo sguardo, poi mi alzai sulle punte dei piedi e gli diedi un bacio sulla guancia: - Ciao, Demetri.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso spontaneo e meraviglioso.
Raggiunsi l’ingresso del castello, dove trovai buona parte della famiglia Volturi pronta a salutarmi.
La maggior parte di loro si limitò ad un piccolo cenno, tra questi, Jane e Caius.
Alec, invece, ebbe almeno il coraggio di stringermi la mano, augurandomi buon viaggio, e così fece anche Sulpicia. Credo che anche Aro avrebbe desiderato farlo, ma mi guardai bene dal farmi toccare di nuovo da lui, tenendo con nonchalance le mani dietro alla schiena.
Athenodora mi abbracciò, confessandomi che lei sarei mancata.
Heidi aveva un’espressione trionfante, ma decisi di ignorarla, anche perché si avvicinava l’ultimo dei momenti che temevo di più: dire addio a Marcus.
Dopo Rowena e Demetri toccava a lui.
Non riuscii subito a guardarlo negli occhi, mi sentivo in colpa perché avevo come l’impressione di stare per abbandonarlo. Di farlo sprofondare di nuovo in quel tremendo baratro oscuro, dal quale sembrava essere affiorato lo stesso istante in cui posò lo sguardo su di me per la prima volta.
Aprii la bocca per parlare, ma dalla mie labbra uscì appena un debole squittio. Gli occhi mi si inumidirono.
Marcus mi alzò delicatamente il mento con le sue dita fredde, facendomi specchiare nei suoi tristi ma benevoli occhi rossi. Le sue labbra si piegarono appena in quel sorriso stanco e tirato che lo caratterizzava sempre: - Allora, addio, Emma. Ti auguro ogni bene di questo mondo.
- Non dev’essere per forza un addio- sussurrai – Posso sempre ritornare… posso sempre…
Marcus scosse la testa: - Non devi sentirti obbligata, Emma, né triste. Il tuo mondo è là fuori. Non tra queste quattro mura. La tua vita dev’essere felice e libera, non ha senso restare rinchiusa qui dentro a badare ad una ragazzina e a un vecchio lupo solitario. Non voglio che tu abbia vincoli…
- Mi mancherete, Marcus- mormorai tra le lacrime – E non voglio abbandonarVi… non è giusto…
- Emma- mi interruppe – Tu mi hai ridato una speranza che era morta molto tempo fa. Mi hai donato un sollievo che non provavo più da anni. Io non avrei potuto chiedere di meglio. Tu mi hai fatto rivivere, anche se per poco. Ti sarò riconoscente a vita per questo.
Mentre cercavo invano di trattenere le lacrime, Marcus si chinò e mi posò un bacio sulla fronte: - Addio, Emma, e grazie.
Risposi con un sorriso tirato, poi qualcuno mi posò una mano sulla spalla: - Dobbiamo andare. Ti accompagnerò io.
Lanciai una rapida occhiata a Felix, che mi fissava in modo abbastanza impassibile e annuii.
Cercai di non voltarmi quando varcai la porta d’ingresso, sapevo che avrebbe fatto male.
Ma non resistetti una volta arrivata al cancello.
Girai la testa per un secondo e vidi Marcus fermo sulla soglia, imponente e statuario. Fu peggio di ricevere un pugno nello stomaco: non potevo pensare di non vederlo mai più, ma, d’altra parte, chi mi avrebbe assicurato che, una volta all’Orfanatrofio, avrei avuto il coraggio di partire di nuovo?
Alzai per un secondo lo sguardo verso la finestra della camera in cui avevo passato buona parte del tempo in quell’ultimo mese e, per un attimo, il respiro mi si bloccò.
Affacciata al limpido vetro, c’era Milady che mi fissava triste.
 
Era una strana sensazione.
Le stradine diventavano sempre più familiari, potevo tornare all’Orfanatrofio ormai ad occhi chiusi.
Eppure, per certi versi, mi sembrava di non essere mai stata in quei luoghi. Almeno, una parte di me, una parte nascosta della quale nemmeno io ero a conoscenza, non riconosceva quei sentieri, né quelle file di alberi che avevo sorpassato tante volte, né il cancello di ferro ormai rovinato dal tempo che mi apriva la strada per casa.
Mi fermai proprio sulla soglia, incerta, poi mi voltai verso Felix, cercando di trovare qualcosa da dire: - Beh… grazie per avermi accompagnata… io…
Lo scimmione diede un’occhiata pensierosa all’Orfanatrofio, poi mi guardò di nuovo: - Sai, Emma… noi due non siamo partiti con il piede giusto…
- Beh, direi di no- commentai sarcasticamente – Considerando che hai tentato di dissanguarmi…
Lui annuì, sorridendo leggermente: - Sì, lo so… però devo confessarti che mi sono un po’ ricreduto su di te… insomma, non sei insopportabile come pensavo…
- E tu non sei poi così stupido- sospirai – Hai il pregio di essere un buon amico… so che per Demetri conta molto la tua amicizia…
- Se per quello- mi interruppe, con un insolito sorriso – Anche tu conti molto per lui…
Distolsi lo sguardo immediatamente, sapendo di essere arrossita, e sospirai: - Beh, direi che è ora di salutarci. Grazie di tutto, Felix, mi mancherete molto tutti quanti…
- La cosa incredibile è che anche tu mancherai a noi.
Mi voltai per rispondere, ma lui era già sparito. E con lui, l’ultima cosa che mi legava ai Volturi.
Il primo passo verso casa fu piuttosto pesante, molto più di quanto pensassi.
Avrei indugiato ancora a lungo, ma il pensiero di Miss Collins malata mi spinse ad accelerare.
Il familiare pavimento di legno rovinato, con il suo solito scricchiolio, mi riportò indietro nel tempo.
Fui piuttosto elusiva con i miei compagni ritrovati, non ascoltai nemmeno le loro domande.
Mi limitai a raggiungere Miss Mitchell, la nostra cuoca, e, prima ancora di lasciarle il tempo di sorprendersi del mio arrivo, domandai con apprensione: - Dov’è Miss Collins?
La donna si limitò ad annuire, prendendo la mia mano tra le sue, morbide e paffute, e mi portò al secondo piano, conducendomi fino alla stanza da letto di Miss Collins.
La porta chiusa si aprì senza darmi tempo di bussare ed un uomo biondo dal volto pallido uscì con un’espressione seria.
Lo fissai con aria interrogativa, non lo avevo mai visto prima d’ora, ma Miss Mitchell gli disse con tono preoccupato: - Ci sono novità, Dottor Cullen?
L’uomo, il sui nome mi suonava stranamente familiare, chiuse la propria grande borsa marrone e sospirò: - Per ora la situazione è stabile. Non ha dato segni di peggioramento, ma neanche di miglioramento. Comunque, penso che, se passerà anche questa notte, si potrà incominciare a sperare. Volete farle visita?
- Sì- risposi immediatamente, fissandolo con un certo sospetto – E’ possibile?
Il Dottor Cullen mi fece cenno di entrare, raccomandandosi con tono quasi paterno: - Evitate, però, di starle troppo vicino, Miss.
I suoi occhi ambrati scintillarono di una luce benevola, ma non riuscii a ricambiare il sorriso.
Con un nodo alla gola, entrai piano nella stanza, dirigendomi verso il piccolo letto a baldacchino dalla tende bianche.
Miss Collins stava adagiata su due cuscini, con gli occhi chiusi, stringeva un rosario nella mano.
Il suo volto era pallido, di una brutta tonalità quasi grigiastra.
Mi sedetti sul letto, prendendo la sua mano fredda tra le mie e, improvvisamente, lei aprì gli occhi.
Sbatté le palpebre più volte, cercando di mettermi a fuoco, poi mormorò con voce rauca: - Emma?
L’emozione che provai sentendole pronunciare il mio nome, mi fece dimenticare per un attimo il dispiacere per esser andata via dal castello dei Volturi.
Una lacrima scese lentamente lungo la mia guancia, poi un’altra, e un’altra ancora.
Provai a rispondere, ma le parole mi si bloccarono in gola, così che riuscii a mormorare semplicemente: - Sì, sono qui, Miss…
La donna allargò le labbra in un debole sorriso e sospirò: - Sei tornata…
Improvvisamente, mi ricordai che non avevo una scusa pronta per spiegarle la mia assenza, ma, prima ancora che potessi inventarmi qualcosa, Miss Collins sorrise nuovamente e disse semplicemente: - E’ bello che tu sia qui.
 
***
Angolo dell’Autrice: Perdonate il ritardo, sono stata impegnata con gli esami e ho avuto pochissimo tempo per scrivere.
Immagino che mi starete imprecando dietro con delle pietre in mano e avete perfettamente ragione, ma, adesso che ho finito, posso provare ad essere più puntuale con gli aggiornamenti.
Scusate ancora e grazie per aver letto.
Un bacio
Tinkerbell92

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Capitolo 12
*** Prendo la decisione più difficile della mia vita ***


Il dottor Cullen restò piuttosto vago circa la malattia di Miss Collins, ma io capii quasi subito che si trattava di Polmonite.
Passai tre giorni da incubo, alternando continuamente le visite all’inferma con le altre ragazze più grandi, temendo ogni secondo di vederla morire.
Era cosciente sempre meno spesso, tossiva di continuo e a volte delirava per via della febbre.
Non sapevo per quanto avrei resistito a vederla così.
Nei tre giorni successivi le acque sembrarono calmarsi, anche se la tosse non smetteva.
Fino alla sera del sesto giorno, la situazione resto invariabile, cambiando solo verso mezzanotte.
Strano ma vero, fu proprio quel cambiamento a determinare la mia vita futura.
Ero seduta sul letto di Miss Collins, bagnandole la fronte con uno straccio bagnato, e stavo per spegnere la candela sul suo comodino, quando lei, improvvisamente, mi prese per mano.
Sulle prime non ci feci caso, pensando che fosse ancora sotto l’effetto dei deliri della febbre, ma ebbi un tuffo al cuore quando la sentii pronunciare il mio nome: - Emma…
La guardai ad occhi spalancati, per accertarmi che fosse effettivamente cosciente.
Il suo sguardo era spento, i suoi occhi lucidi e rovinati dalle occhiaie, ma l’espressione che aveva sul volto non sembrava affatto quella di una donna delirante.
- Miss?
Lei mi guardò, sorridendo leggermente: - Allora non ho sognato… sei tornata davvero per me…
- Sì, Miss.
Trattenni a stento le lacrime, mentre lei si mosse leggermente: - Mi sistemeresti un po’ il cuscino, per favore?
- Certamente, Miss.
- Grazie.
Eseguii la richiesta con una stretta al cuore, e lei, una volta che mi fui riseduta, mi guardò con curiosità: - Allora, com’è il nuovo lavoro, Emma?
- Nuovo lavoro?
Aggrottai la fronte perplessa, ma lei allargò il sorriso: - Sono felice che tu sia riuscita a farti assumere. Il signore alto che è venuto a dirmi della tua nuova sistemazione mi è sembrato una persona molto gentile, anche se il suo sguardo era triste… sembrava che non sorridesse da anni…
Mi lasciai sfuggire un sorriso, ripensando con un po’ di nostalgia a Marcus: - Sì, ho capito di chi parlate. E’ un uomo buono, ma ha perso la moglie, che amava al di sopra di ogni cosa, per questo è triste.
- Oh, ecco- mormorò Miss Collins – Beh, se dici che è una brava persona, allora mi sento tranquilla. Mi è dispiaciuto che tu non abbia avuto il tempo di salutarci, ma, d’altra parte, so quanto detesti gli addii…
- Io… vi chiedo scusa…
- Non importa.
Gli occhi di Miss Collins si illuminarono di una luce curiosa: - Allora, ti va di raccontarmi un po’ com’è il tuo lavoro? Quando hai intenzione di tornare?
Io restai un attimo perplessa, poi risposi: -Io… non penso che ritornerò… voglio dire, sono qui per assistervi, Miss, e aiutare le mie compagne e Miss Mitchell… c’è più bisogno di me qui che altrove.
Miss Collins aggrottò la fronte: - Siamo in tanti qua, Emma… se hai una lavoro, è meglio che torni.
- No, Miss, davvero. Preferisco restare qui.
- Raccontami un po’ di loro- mi interruppe – Sei stata assunta in una famiglia importante, no? Ci saranno di sicuro molte persone interessanti all’interno…
Annuii, figurandomi mentalmente la famiglia dei Volturi: - Beh, ci sono tre capifamiglia. Uno di questi è Marcus, l’uomo che è venuto a farvi visita il mese scorso- sorrisi non appena il volto del vampiro comparve nella mia mente – E’ una persona gentile e colta. Mi ha fatto visitare la Biblioteca e ci siamo ritrovati spesso lì a leggere. Oh, dovreste vedere che biblioteca enorme hanno, Miss! La più grande, ricca e bella biblioteca che abbia mai visto! Oltre a questo, Marcus è anche bravo a dipingere, mi ha mostrato alcuni suoi dipinti, tra cui quello che fece alla moglie tempo fa.
E’ stato difficile dirgli addio. Dovreste vederlo quando prova a sorridere! Gli costa molto, eppure, quando è con me, lo fa spesso – cercai di trattenere una lacrima, ma mi risultò piuttosto difficile.
Miss Collins sorrise, invitandomi a continuare.
- Poi, ci sono le mogli degli altri due capi, una trentina di guardie e parecchi servitori. Oh, e poi c’è Milady, la figlia del leader più giovane. Si chiama Rowena ed io sono la sua dama di compagnia.
- E com’è questa ragazzina?- domandò curiosa Miss Collins.
Sorrisi, mentre la vocetta acuta di Milady mi risuonava nella testa: - Ha diciotto anni, anche se a volte si comporta come se ne avesse meno. All’inizio era viziata e insopportabile, ma poi è migliorata molto. In fondo, non era colpa sua, nessuno l’aveva educata correttamente.
- E ci hai pensato tu, giusto?- sorrise Miss Collins.
Annuii, trattenendo una risata: - E’ stata dura, ma le ho insegnato un po’ di buone maniere.
Miss Collins rise: - Posso immaginare.
- E’ anche grazie all’educazione che mi avete dato voi che ci sono riuscita- affermai, leggendo un lieve moto d’orgoglio nei suoi occhi – E poi, oltre ad un’educatrice le serviva un’amica. Milady è una ragazza bellissima, che ottiene sempre tutto quello che vuole, però non ha mai avuto nessuno che l’ascoltasse quando ne aveva bisogno.
Miss Collins annuì, poi domandò: - Hai fatto amicizia con altri membri della famiglia? Se non sbaglio, hai detto che hanno molti servitori e guardie…
- Oh, certo!- affermai con entusiasmo – I servitori sono educatissimi e pazienti. Esaudiscono ogni richiesta dei padroni senza batter ciglio. E le guardie sono incredibilmente efficaci. Nessuno oserebbe mai attaccare i tre leader. Se la vedrebbero con persone tipo Felix. E’ un energumeno gigantesco, perfino più alto di Marcus. Ha una forza incredibile. Poi ci sono Jane e Alec, i due gemelli. Sono giovanissimi, ma non bisogna lasciarsi ingannare dall’aspetto: sono davvero tremendi. E poi, c’è Demetri…- a quel punto arrossii, ma cercai di nasconderlo – Lui è… beh, è molto bravo a scovare chiunque possa essere considerato un pericolo per la famiglia e ha parecchio successo con le donne.
Passò circa un’ora, durante la quale raccontai a Miss Collins del mio soggiorno nel castello di Volterra, e lei, incredibilmente, rimase cosciente per tutto quel tempo.
Ascoltò pazientemente, senza mai interrompermi, poi, quand’ebbi terminato, una strana espressione, che ricordava molto quella dei grandi saggi, si dipinse sul suo volto stanco.
Stavo per chiederle se desiderasse dormire, ma le parole mi morirono in gola non appena incontrai il suo sguardo.
- Emma- mi disse, con un tono decisamente insolito – Mi sembra che tu sia stata ben inserita all’interno di questa famiglia. Io credo proprio che dovresti tornare.
- No, Miss!- mi allarmai – Voi avete bisogno di me! Mi sentirei in colpa se me ne andassi proprio in questo momento. Siete voi la mia famiglia.
Lei sorrise, annuendo: - Lo so. Io ti ho cresciuta e sono orgogliosa della donna che sei diventata. Questa sarà per sempre la tua casa, Emma, e noi saremo sempre la tua famiglia. Ma, come in ogni famiglia, è inevitabile che i figli se ne vadano per seguire la propria strada. E’ la vita, Emma.
Io sono dispiaciuta ogni volta che uno di voi se ne va, ma d’altra parte mi sento felice per voi, perché finalmente siete in grado di cavarvela da soli, con le vostre forze.
Io non sono sola: ho Miss Mitchell qui con me, e i tuoi compagni. Non sentirti sempre responsabile per tutto, Emma. Per me è stata una gioia rivederti, credimi, mi ha fatto davvero bene vedere che mi sei affezionata al punto di lasciare il lavoro e la tua nuova famiglia.
Però, sono del parere che tu debba tornare. A quanto ho sentito, hanno molto più bisogno loro di te rispetto a noi. Quell’uomo, Marcus, hai detto che da quando sei arrivata ha ripreso un po’ a vivere. E la ragazza di nome Rowena aveva finalmente trovato in te l’amica che non ha mai avuto. Non ti sembra che queste siano buone ragioni per tornare?
E non sono solo loro ad aver bisogno di te: tu stessa, nel profondo del tuo cuore, desideri tornare. E non negare, Emma, è evidente: te l’ho letto nello sguardo nel momento in cui mi parlavi di loro. Vuoi bene a quella ragazzina, così come agli altri. Sorridevi di continuo non appena nominavi Marcus e mi sembra che anche quel giovanotto di nome Demetri fosse molto importante per te… oh, dai, Emma- sorrise, non appena vide il mio sguardo sorpreso – Ti conosco bene. Non puoi nascondere a tutti i tuoi sentimenti, per me è evidente. Ti sei illuminata non appena hai pronunciato il suo nome. Che c’è di male? So che all’inizio certe cose possono spaventare, ma fanno sempre parte della nostra vita.
Tossì leggermente, facendomi allarmare, ma riprese subito a parlare: - Io ti ringrazio per tutto, Emma. Ti ringrazio per essere tornata a salutarmi e per aver imparato tante cose da me. Ora è il momento di mettere a frutto i miei insegnamenti. So che ce la puoi fare. Torna da loro, fai le valigie e recati subito al castello. E, se ogni tanto vorrai passare qui per un saluto, sappi che sarai sempre la benvenuta.
A quel punto, piangevo.
Non sapevo cosa dire: da un lato, mi sentivo in obbligo a restare, a prendermi cura di lei, ma, dall’altro, sapevo che aveva dannatamente ragione.
Io volevo tornare. Volevo rivedere il castello. Volevo sentire di nuovo la risata acuta di Milady, volevo arrossire davanti al sorriso furbo di Demetri, volevo passeggiare di nuovo per quei lunghi corridoi, giocare a nascondino nel giardino, passare ore in biblioteca. Volevo rivedere Marcus.
Miss Collins posò la mano sulla mia, facendomi alzare lo sguardo: - Miss… che cosa farò se Voi…
- Emma- mi interruppe – Hai già fatto tanto per me. Vuoi esaudire l’ultimo desiderio di una vecchia malata?
Annuii, senza soffocare le lacrime.
- Domani mattina il giardiniere si recherà in città alle sette in punto. Prendi la valigia e và con lui. Ti scorterà fino al castello.
- Ma Miss- protestai – Io vorrei esservi vicina… insomma, in caso Voi…
- Il mio desiderio è questo- continuò – Lo so che vorresti tenermi la mano, in caso dovessi morire. Ma io preferirei che tu non mi vedessi in una simile situazione. Voglio che mi ricordi così come sono: viva e incredibilmente fiera di te e dei tuoi compagni. Questa è l’ultima cosa che ti chiedo, nel caso le cose andassero male. Esaudirai il mio desiderio?
Avrei voluto protestare, ma il modo in cui mi guardò mi fece capire il suo punto di vista.
Così, abbassai la testa e mormorai: - Sì, Miss. D’accordo.
Lei sorrise, ma prima che potesse dire altro, mi sfilai il braccialetto d’oro che tenevo legato al polso sinistro – un accessorio che faceva parte del mio abbigliamento da dama di compagnia – e glielo misi in mano: - In caso le cose andassero male, voglio che abbiate almeno questo con Voi. Forse non è molto, ma così avrete qualcosa di me, che magari vi faccia sentire che vi sono vicina… e Miss Mitchell potrà venderlo, se non servirà più… non saprei che altro darvi, Miss…
Lei sorrise e serrò le dita attorno al bracciale: - E’ molto più di quanto chiedessi. Ora và, Emma. Prepara le valigie e dormi, che domani dovrai alzarti presto.
Annuii, senza trattenere le lacrime, e strinsi la sua mano nella mia: - Grazie di tutto, Miss.
- Grazie a te- mormorò, chiudendo gli occhi – E arrivederci, Emma.
- A-Arrivederci.
Sì, forse “Addio” non era la parola giusta.
Le baciai la fronte e, senza fare rumore, mi allontanai, con le lacrime che scendevano copiose lungo le mie guance.
 
Sembrava quasi uno strano sogno.
Camminavo, con la mia borsa da viaggio caricata in spalla, ma mi sembrava quasi di essere immersa in una densa e fitta nebbia, che mi rallentava i movimenti.
Mi voltai indietro solo una volta, giusto per dare un ultimo sguardo a ciò che stavo per lasciare.
Il giardiniere, un uomo anziano ma dall’aria robusta, mi domandò se preferivo lasciare la borsa a lui, ma aveva già due grossi sacchi da portare, sarebbe stato scorretto da parte mia sovraccaricarlo.
E poi, la borsa, stranamente, non mi pesava così tanto. Almeno, non tanto quanto l’ultima volta che l’avevo portata in spalla, prima di partire dal castello dei Volturi.
In realtà, man mano che ci avvicinavamo a Volterra, la borsa mi appariva sempre più leggera.
Arrivammo alla piazza centrale della città e, a quel punto, decisi di proseguire da sola.
Ringraziai il giardiniere per avermi accompagnata e, con uno stranissimo raggiante sorriso, mi incamminai verso il castello a passo sempre più spedito, fino a ritrovarmi a correre come non avevo mai fatto in vita mia.
Era una sensazione indescrivibile.
Come se mi avessero appena tolto delle pesanti catene dalle gambe, come se mi fossi appena liberata di un grosso vincolo. Come se mi fossero appena spuntate le ali.
E, finalmente, lo vidi. Il grande cancello spalancato.
Mi fermai un secondo, con il cuore che batteva a mille, ammirando per alcuni istanti quel luogo che sentivo di amare più di me stessa.
Ripresi all’istante la corsa, attraversando come un fulmine il lungo viale d’ingresso.
Davanti alle porte, c’era Felix, che stava rientrando proprio in quel momento.
Si voltò di scatto, spalancando gli occhi cremisi: - Emma? Che cosa ci fai qui, hai dimenticato qualcosa?
- No!- gridai, mentre lo raggiungevo – Sono qui per restare!
L’euforia che provavo era tale che lo abbracciai non appena fui abbastanza vicina, lasciandolo perplesso: - Sono tornata! Forza, Felix, apri le porte!
Il vampiro eseguì, ancora sconvolto, e, non appena varcai la soglia, il cuore riprese a battere ancora più velocemente.
- Emma?
Un sorriso affiorò sulle mie labbra, non appena vidi Sulpicia avanzare verso di me: - Che cosa significa? Ti abbiamo sentita arrivare ma non pensavamo che…
- Che cosa ci fai tu qui?
Caius ci raggiunse in meno di un secondo e mi squadrò stupito: - Non eri partita?
- Sì, infatti- risposi, senza ammettere che, in fondo, ero contenta di rivedere anche lui.
Athenodora arrivò subito dopo, con un sorriso di sorpresa sul volto: - E’ tornata davvero!
- Sì, io…
Mi bloccai, restando un po’ sorpresa nel vedere arrivare, un po’ alla volta, quasi tutta la famiglia Volturi.
Chelsea, Renata e Corinne mi salutarono con un sorriso, e perfino Alec abbozzò un timido saluto.
C’era anche Heidi, che fumava di rabbia.
Ma fu quando udii una vocetta acuta pronunciare il mio nome che mi illuminai.
- Emma?
Milady scese le scale rapidamente, e, prima che riuscissi a dire qualcosa, mi sorprese di brutto abbracciandomi.
Nonostante avessimo passato quasi un mese assieme, non ci eravamo mai abbracciate prima di allora.
- Oh, Emma! Che cosa ci fai qui?- i suoi grandi occhi grigi si specchiarono nei miei – Cos’hai dimenticato? Ah, giusto, hai lasciato qui uno dei tuoi libri, quello delle cinque sorelle che ne combinano una per colore e alla fine la seconda si sposa con il tipo ricco e snob che all’inizio detestava… vado a prendertelo…
- No, Milady- la fermai, con un sorriso – Non sono qui per Orgoglio e Pregiudizio. Sono tornata per restare…
I suoi occhi si spalancarono: - Restare?
Aprii la bocca per rispondere, quando una voce mielosa e familiare mi interruppe: - Dunque è tornata… quale incredibile gioia…
Alzai gli occhi al cielo, ma abbozzai comunque un sorriso: - Salve, Aro.
Il vampiro avanzò verso di me con il sorriso stampato: - Ti confesso che è una sorpresa per me trovarti qui. Così come per tutti gli altri… e hai davvero intenzione di intrattenerti?
- Sì- risposi convinta – A meno che non vogliate rispedirmi all’Orfanatrofio, resterò qui.
- Beh, sarebbe stupido da parte nostra- brontolò Caius – Insomma, sei comunque una pericolosa umana che sa troppe cose e… ouch!- si interruppe non appena Athenodora, dopo averlo fulminato con lo sguardo, gli diede una gomitata abbastanza fissa nelle costole – E… e anche perché noi… beh, forse ci eravamo un po’ affezionati a te.
Athenodora sorrise, baciandolo sulla guancia, e lui abbassò lo sguardo, per non tradire emozioni.
Annuii, sapendo che era già tanto che avesse ammesso una cosa del genere, e stavo per domandare a Milady dove fossero tutti gli altri, quando un movimento sulle scale attirò la mia attenzione.
Il cuore mi si fermò per un istante.
La folla di Volturi si aprì lentamente, per lasciarmi libero il passaggio, anche se sulle prime non riuscii a muovermi.
Con i suoi occhi spenti, il volto solcato da diverse rughe e le labbra perennemente curvate verso il basso, Marcus mi guardava fermo a metà scalinata, con l’espressione stupita di chi non riesce a credere ai propri occhi.
- Emma?
Spalancai gli occhi a mia volta, riuscendo appena a mormorare a fatica: - Marcus…
Lui provò a riprendersi, ma non ci riuscì, così, con molta fatica, decisi di fare un passo in avanti, poi un altro, fino a quando non mi ritrovai a correre su per la scalinata.
Lui scese alcuni gradini, ma io fui più veloce.
Mi gettai tra le sue braccia in lacrime, gridando il suo nome, mentre lui faceva quasi fatica a parlare.
- Emma… sei… tornata?
- Sì!- risposi, tra le lacrime.
- Perché?
Gettai un rapido sguardo ai vampiri che ci osservavano dal piano inferiore, poi lo guardai negli occhi, senza smettere di singhiozzare: - Mi sono resa conto che mi mancavate… questo posto, Milady … mi mancavate Voi, Marcus!- mi strinsi più forte a lui – Sono qui per restare! Siete voi la mia famiglia, ora! E vi prometto che non vi lascerò più!
Nei suoi occhi tristi e spenti comparve una luce di speranza, la stessa che aveva quando mi guardava, e, col respiro un po’ corto, mi abbracciò delicatamente: - Non sai che gioia mi dà questa notizia…
Risi tra le lacrime, mormorando le parole che avevo sempre voluto dirgli, ma senza mai avere l’occasione: - Vi voglio bene, Marcus.
Lui, sulle prime, sembrò sorpreso, poi, appoggiò la fronte fredda sulla mia testa: - E io ne voglio a te. Tanto.
Non appena trovammo il coraggio di scendere le scale, fummo immediatamente circondati di nuovo dagli altri membri della famiglia.
Feci scorrere rapidamente lo sguardo, ma non individuai chi cercavo.
Milady se ne accorse e disse con un sorriso: - Adesso è fuori. Arriverà nel pomeriggio.
Annuii, arrossendo un po’, ma nessuno se ne accorse, anche perché Caius disse in modo spiccio: - Beh, credo che sia meglio che vai a sistemare le tue cose. Non possiamo stare qui tutto il giorno…
- Caius ha ragione- intervenne Aro – Però vorrei festeggiare il ritorno di Emma stasera. Faremo un brindisi, per darti il bentornato.
- Grazie- risposi, asciugandomi le lacrime.
Jane mi si avvicinò, mentre gli altri tornavano alle proprie faccende e, dopo avermi squadrata per alcuni istanti, disse in tono piatto: - Che fossi pazza lo sapevo. Ma mai mi sarei aspettata di vederti tornare. Devo ammetterlo: mi hai sorpresa. Sei più coraggiosa di quanto pensassi e trovo il tuo gesto, sebbene insolito, abbastanza ammirevole.
- Ehm… grazie, Jane.
La vampira annuì, poi, senza dire altro, si allontanò insieme al fratello.
Milady mi mise il braccio attorno alle spalle e mormorò: - Andiamo di sopra, Emma, la mia camera aspetta solo di essere riempita di nuovo dei tuoi noiosi libri-mattone.
Mi lasciai sfuggire una risata e, insieme, salimmo la scalinata che portava alla stanza.
 
Erano ormai le cinque del pomeriggio.
Milady aveva deciso di lasciarmi la giornata libera, così, dopo aver passato ore in biblioteca assieme a Marcus, decisi di fare una passeggiata per il castello.
Scesi al piano terra, entrando nella Sala della Luce, chiamata così per via delle gigantesche finestre che lasciavano filtrare i raggi del sole attraverso delle tende colorate, e mi affacciai.
Da dove mi trovavo, si poteva intravedere appena il labirinto, con il suo gazebo in cima alla torre.
Improvvisamente, dei passi leggeri alle mie spalle mi fecero voltare, mentre una voce maschile, piuttosto nota, giunse alle mie orecchie: - E così sei tornata.
Mi lasciai sfuggire un sorriso, mentre Demetri avanzava lentamente verso di me.
- Sì- risposi, cercando di mantenere un atteggiamento neutrale – Mi sono resa conto che era tutto più noioso, senza i capricci di Milady, e così…
Lui piegò un angolo della bocca verso l’alto, in quel sorriso che tanto amavo e che tanto lo caratterizzava, e mi fissò con aria maliziosa: - Beh, tanto meglio…
Aprii la bocca per replicare con una battuta scherzosa, ma mi bloccai non appena la sua mano fredda sfiorò la mia guancia.
Ci guardammo per un secondo, poi, lui avvicinò il viso al mio e mi baciò.
Ebbi un istante di sorpresa e panico: era la prima volta che baciavo qualcuno!
Le sue labbra fredde sulle mie mi fecero un po’ rabbrividire, ma poi, qualcosa mi spinse a ricambiare il bacio, senza più pensare a nulla.
Non durò molto, ma fu davvero stupendo.
Demetri staccò lentamente le labbra dalle mie e mi guardò con un sorriso scaltro ma sincero.
Io cercai di mantenere il contegno, anche se risultò parecchio difficile, e mormorai un po’ tremante: - E… questo cosa sarebbe?
Lui trattenne una risatina, rispondendomi con tono furbo: - Diciamo che è un modo per dirti “Bentornata”.
Arrossii parecchio, ma riuscii a non fare la figura dell’idiota: - Beh- sussurrai con fare malizioso – Allora dovrò allontanarmi più spesso dal castello…
Lui rise insieme a me, poi, mi rivolse uno sguardo incredibilmente diverso dal solito. Dolce, pieno di gioia, forse un po’ commosso.
La sua voce si incrinò un po’ per l’emozione e, con un po’ di fatica, sussurrò: - Sono felice che tu sia tornata, Emma…
Gli sorrisi, con il cuore che batteva forte, poi, senza dire niente, Demetri si allontanò silenzioso, cercando di mantenere la sua aria spavalda.
Accarezzai una delle tende colorate della sala e, con un sorriso, mormorai semplicemente: - Sì, lo sono anch’io…
 
***
Angolo dell’Autrice: Ebbene, Emma ha fatto la sua scelta ed è tornata a Volterra.
Io credo che abbia fatto la scelta migliore, dopotutto, ormai quella era diventata la sua nuova casa e, per di più, ha ottenuto un bacio da Demetri! XD
Tutti sembrano felici del suo ritorno, però questo non significa che le cose saranno facili per lei.
Heidi è sempre in agguato e la misteriosa vampira medium di nome Mary Anne farà presto la sua comparsa, portando con sé segreti abbastanza pericolosi.
Grazie per aver letto, ci vediamo con il prossimo capitolo! ;)
Un bacio
Tinkerbell92

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Capitolo 13
*** Ricevo una profezia oscura ***


Era strano trovarsi di nuovo in quella stanza, di nuovo sommersa dalle bambole e dagli abiti costosi. Ma mi andava benissimo così.
Non opposi nemmeno resistenza quando Milady mi mostrò l’abito che avrei indossato per la festa, cosa che di solito avrei fatto.
Il vestito era stupendo: color acquamarina scuro, composto da corsetto decorato con gemme e pietruzze, gonna ampia leggermente arricciata e privo di maniche.
In altre occasioni, la scollatura e l’ampiezza della gonna mi avrebbero bloccata, ma ero così felice di essere tornata a casa che mi lasciai vestire e agghindare senza aprir bocca.
Le ancelle completarono l’opera con un collier d’argento con smeraldi e zaffiri incastonati, orecchini abbinati e facendomi indossare un paio di guanti del colore dell’abito.
Mi raccolsero i capelli sulla nuca, lasciando libero solo un ciuffo arricciato che ricadesse davanti l’orecchio destro e, per fissare il tutto, mi sistemarono sulla chioma una coroncina d’argento con gli smeraldi.
Mi portarono davanti allo specchio e, lo ammetto, restai parecchio sorpresa nel vedermi così agghindata. E, cosa ancor più sorprendente, mi piaceva.
Milady mi affiancò, rimirandosi a lungo, poi mi guardò maliziosa: - Allora, che ne dici?
Mi lasciai sfuggire un sorriso: come al solito, era bellissima nel suo elegante abito color argento e non mi sembrava ci fosse il bisogno di confermarlo: - State benissimo, Milady, come sempre.
- Oh, io non mi riferivo a me!- rise lei, sospingendomi leggermente verso lo specchio, in modo che potessi guardarmi meglio – La domanda era per te: ti piaci?
Sorrisi leggermente, arrossendo un po’: - Sì, moltissimo.
Una luce vittoriosa illuminò i suoi occhi grigi: - Lo sapevo! Visto? Non è sbagliato curare un po’ di più il proprio aspetto!
Annuii, senza staccare gli occhi dalla mia immagine riflessa: - Suppongo che abbiate ragione…
Qualcuno bussò alla porta e, pochi istanti dopo, Felix fece capolino dalla porta: - Milady, gli invitati sono tutti presenti, potete scendere.
- D’accordo!- rispose allegra lei, prendendomi per mano – Forza, Emma, è il momento di stenderli tutti!
 
Vedere la sala affollata dall’alto del grande scalone non mi aveva mai fatto uno strano effetto, se non la prima volta. Ma sapere che tutta quella gente era lì per me, beh, un pochino mi rendeva nervosa.
Mi appoggiai con un sospiro al corrimano, cercando di ignorare i leggeri capogiri, e chiusi gli occhi per qualche secondo. Milady mi posò una mano sulla spalla: - Fa un’impressione diversa essere al centro dell’attenzione, eh?
- Non me ne parlate- risposi, cercando di mostrarmi allegra, senza grandi risultati.
Diedi una seconda occhiata al piano inferiore e vidi Marcus che saliva lentamente le scale venendo verso di me.
- Buonasera, Emma - mormorò con un mezzo sorriso quando mi raggiunse – Tutto a posto?
Aprii la bocca per rispondere, ma Milady mi precedette: - E’ nervosa per via della folla.
- Oh- rispose impassibile il vampiro – Beh, neanche a me piacciono molto le stanze affollate, ma basta solo non farci caso. Vieni, ti accompagno io giù.
Mi porse il braccio e, non appena lo afferrai, un po’ della tensione cominciò a svanire, tanto che riuscii perfino a muovere le gambe e scendere le scale fino alla fine senza inciampare.
Non appena giungemmo al piano inferiore, Aro mi venne incontro con aria deliziata: - Oh, cara Emma! Sei davvero magnifica questa sera!
- Grazie- borbottai, guardandomi nervosamente attorno – E… ehm… grazie per avermi organizzato la festa… davvero, non era il caso…
Marcus si lasciò sfuggire un sorriso, mentre il leader dei Volturi si esibì in un teatrale inchino: - Un evento del genere merita perlomeno un brindisi! Non era mai capitato che qualcuno tornasse da noi dopo essersi allontanato… insomma, non è mai capitato che qualcuno tornasse vivo
Risposi con un sorriso tirato: - Oh, bene… buono a sapersi…- gettai un’occhiata alla folla – Solo… per favore, sarebbe possibile evitare annunci troppo teatrali? Insomma, non mi piace essere al centro dell’attenzione…
Aro sorrise mielosamente: - Cercheremo di… contenerci.
- Grazie.
Marcus mi diede dei colpetti rassicuranti sulla mano e indicò con un cenno il gruppo poco distante da noi: - Vieni, ti va di salutare gli altri prima che inizino le danze?
Annuii più convinta e mi lasciai condurre senza proferir parola.
Athenodora fu la prima ad accorgersi di noi e si illuminò non appena mi vide: - Emma! Sei una favola, tesoro!
- Oh, sì, ti dona davvero molto quell’abito- continuò Sulpicia, prendendomi per mano – Fa’ una piroetta, così che possiamo vederti tutta.
Mi sentii un po’ a disagio, ma obbedii, ruotando su me stessa sotto il suo braccio. Fortuna che Sulpicia era una donna abbastanza alta, altrimenti avrei fatto la figura della goffa se avessi anche dovuto abbassarmi.
Caius mi salutò con una specie di cordiale grugnito, mentre Alec face un leggere inchino, così come Felix, e Jane si limitò a fissarmi. Inutile dire che arrossii di brutto non appena Demetri mi strizzò l’occhio.
Milady ci raggiunse saltellando, appoggiando le mani alle mie spalle: - Quando si inizia a ballare?
- Suppongo…- iniziò Athenodora, venendo interrotta dall’orchestra – … adesso!
Mi guardai attorno, osservando le coppie che iniziavano a formarsi, e gettai un’occhiata nervosa a Marcus. Lui annuì, come per incoraggiarmi, così, respirai a fondo e trovai il coraggio di incrociare lo sguardo con Demetri.
Il vampiro attese che il gruppo si separasse, poi, avanzò verso di me, fermandosi a distanza di cortesia. Fece un inchino e domandò: - Mi concederesti l’onore di questo ballo?
Non trattenni un sorriso e mi inchinai a mia volta: - Con piacere.
Afferrai il suo braccio, lanciando un ultimo sguardo a Marcus, e lui sorrise: - Divertitevi.
Mi fece uno strano effetto il passaggio dal braccio di Marcus a quello di Demetri. Probabilmente mi stavo facendo fin troppe fantasie mentali, ma non riuscii a fare a meno di notare quando assomigliasse al passaggio dal braccio del padre a quello dello sposo.
Demetri mi condusse in mezzo alla pista da ballo, afferrandomi delicatamente il fianco con la sua mano fredda. Io appoggiai la mia alla sua spalla e, per un istante, ci limitammo a star fermi in quella posizione, guardandoci negli occhi.
Accanto a noi, passarono volteggiando Felix e Milady, il che mi fece alzare un sopracciglio: - Devo sapere qualcosa?
Demetri rise e scosse la testa: - In realtà no. Credo sia più una strategia.
- Strategia?- domandai confusa – E per cosa?
Demetri mi indicò con un cenno della testa un punto alla mia sinistra. Mi voltai e vidi Alec, appoggiato al muro della sala, che fissava la coppia con fare leggermente accigliato.
Mi lasciai sfuggire una risatina: - Ma allora non disdegna più di tanto le attenzioni di Milady…
- Più che altro direi che si sta rendendo conto che lei è più distaccata. Da quando sei… andata via- un’ombra attraversò il suo sguardo per un secondo- Rowena ha iniziato ad assumere un atteggiamento diverso nei confronti di Alec. E’ più… indifferente. Non gli sta più addosso come una volta, anzi, spesso lo ignora completamente e a lui la cosa non piace. Di sicuro non lo ammetterà mai, ma penso si sia accorto di provare qualcosa…
- Oh, capisco…
- Ti va di iniziare a ballare oppure preferisci stare ferma qua per tutta la sera?- domandò lui con fare divertito.
Io sorrisi arrossendo un po’: - Direi che possiamo iniziare a ballare.
Iniziammo a muoverci lentamente lungo il perimetro della sala, aumentando man mano l’andatura. Non riuscii a guardarlo negli occhi per un bel po’, fino a quando non mi sussurrò all’orecchio: - Per quanto ancora dovremo sentirci in imbarazzo ripensando al bacio?
Diedi un’alzata di spalle: - Non lo so… devo dire che mi hai piuttosto… sorpresa… non mi aspettavo una cosa del genere…
- Non ti è piaciuto?- domandò lui, con un tono leggermente preoccupato.
Scossi la testa sorridendo: - Al contrario. E’ solo che… sai, è stato il primo per me… nessun uomo mi aveva mai fatto una cosa simile prima d’ora…
- Cosa?- si stupì lui – Non avevi davvero mai baciato nessuno prima di me?
- No- mormorai – Insomma, non tutti qui hanno mille anni e un sacco di avventure alle spalle. Io ho vissuto diciannove anni in Orfanatrofio, tutti i miei compagni maschi li consideravo dei fratelli…
- Che cosa triste- commentò Demetri con una smorfia – Insomma, mai avuto un ragazzo in vita tua?
- Beh, forse per uno con la tua reputazione è strano, possa capirlo- mi lasciai sfuggire, mordendomi il labbro non appena mi fissò con aria interrogativa: - La mia reputazione?
Arrossii, leggermente imbarazzata: - La tua… reputazione di…
Demetri alzò un sopracciglio arcuato con un leggero sorriso: - Donnaiolo?
- Non era la parola che volevo dire ma…
Il vampiro mi studiò per un secondo, poi scoppiò a ridere.
- Insomma!- protestai – Cosa c’è di tanto divertente?
Demetri scosse la testa, cercando di trattenere le risate: - Niente è che… sei così buffa quando ti imbarazzi…
-Buono a sapersi- borbottai, guardandomi attorno.
Alec ronzava attorno a Milady con aria noncurante, visibilmente incerto se domandarle di ballare o meno, mentre lei chiacchierava allegramente con alcune invitate.
Spostai lo sguardo un po’ più a sinistra, dove quella simpaticona di Heidi mi lanciava occhiatacce. Penso che ormai non sapesse fare altro.
Demetri mi si avvicinò col viso e mi sussurrò all’orecchio: - Comunque sei bellissima stasera.
Arrossii parecchio e abbassai lo sguardo, sussurrando semplicemente un: - Grazie.
La musica rallentò e ci trovammo a volteggiare vicini al terrazzo, un po’ scostati dal resto della folla. L’aria che entrava dalla grande finestra aperta mi accarezzò dolcemente le spalle nude, provocandomi dei brividi. Demetri mi osservò e curvò il lato destro della bocca verso l’alto, esibendosi nel sorriso che preferivo: - Ha la pelle d’oca. Sono io a farti questo effetto?
- Che egocentrico- mormorai con un sorriso – Adesso tutte le mie sensazioni devono essere merito tuo?
Demetri alzò un sopracciglio con aria sensuale ed avvicinò la bocca al mio collo: - Non è così?
Le sue labbra fredde accarezzarono la mia pelle lentamente, provocandomi un brivido piuttosto violento.
- Adesso sì che hai i brividi per causa mia…- sussurrò contro il mio collo, con voce velata di malizia e soddisfazione.
- Ci credo- risposi, con la voce un po’ rotta – Sei un vampiro… e hai le labbra congelate…
- Solo per quello?
Lo fissai dritto nei suoi occhi cremisi e assunsi un’aria di finta arroganza: - Sì, solo per quello.
Demetri mi fissò per qualche secondo, poi iniziò a ridere: - Sei davvero unica…
- Unica nel mio modo di essere antipatica?- domandai, mentre iniziavamo a rallentare l’andatura.
- No- sussurrò, avvicinandosi col viso al mio – Unica nel tuo modo di farmi impazzire.
Non mi lasciai cogliere impreparata come la prima volta. Gli andai incontro, fino a quando non mi ritrovai di nuovo con le labbra premute contro le sue.
Non so se qualcuno se ne accorse. Ci separammo solo quando Aro richiamò l’attenzione facendo cessare la musica e dando dei leggeri colpetti ad un calice con un cucchiaino: - Gentili ospiti, posso avere l’onore della vostra attenzione per un momento?
Tutti gli invitati si fermarono, con gli occhi fissi su di lui.
- Vorrei fare un brindisi alla festeggiata. Di sicuro vi ricorderete dell’umana che ha iniziato a vivere con noi dal mese scorso. Ebbene, dopo una settimana di assenza, la nostra giovane amica ha scelto di tornare al castello, nonostante fosse libera di restare nell’Orfanatrofio in cui è cresciuta. Una scelta a dir poco coraggiosa, che ci rende onore, perché significa che la ragazza si è affezionata alla nostra bella famiglia. Alziamo perciò i calici in onore della nostra Emma!
- A Emma!- risposero in coro i vampiri presenti, alzando calici d’oro e cristallo colmi di sangue.
Notai Marcus dalla parte opposta della sala che mi sorrise e, poco distante da lui, Milady che agitò la mano in cenno di saluto.
Demetri si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: - Vado a brindare anch’io un po’. Hai voglia di aspettarmi?
- Dipende… se non si presenta un altro affascinante vampiro a farmi la corte…- risposi con aria maliziosa.
Lui si lasciò sfuggire una risatina e mi posò un bacio sulla tempia: - Torno subito.
Lo guardai muoversi alle velocità della luce tra la folla, raggiungendo Felix che gli aveva tenuto da parte un calice. Afton e Santiago gli dissero qualcosa, facendolo voltare verso Heidi, che se ne stava imbronciata in disparte, e Demetri, dopo averle dato uno sguardo, trattenne a fatica una risata.
Scossi la testa, domandandomi se fosse possibile che una vampira adulta riuscisse ad essere più infantile di Milady ai tempi d’oro, e, mentre ero assorta nei miei pensieri, gli occhi rossi di Heidi incrociarono per un attimo i miei.
Si trovava distante da me, eppure sapevo che riusciva a vedermi benissimo. La sua espressione piena di odio non lasciava alcun dubbio.
Sostenni lo sguardo con fare altezzoso e lei, dopo aver digrignato i denti, sparì in un secondo.
Non riuscii a capire dove fosse andata, ma ammetto che sobbalzai non appena una mano fredda mi si posò sulla spalla.
Mi voltai di scatto, aspettandomi di trovare lo sguardo assassino della vampira a pochi centimetri dal mio viso, invece restai piuttosto sorpresa non appena vidi di chi si trattava.
Alta, spigolosa, capelli rossi lasciati sciolti sulle spalle bianche e vestito da sera nero e viola.
- La… Medium?- balbettai, leggermente scioccata da quell’incontro.
Mary Anne mi fissò in silenzio per qualche secondo, poi annuì: - E tu sei l’Umana, Emma. Posso scambiare due parole con te?
Esitai un attimo, ma poi, vedendo che Demetri stava parlando con i suoi amici, annuii lentamente: - Va bene.
La Medium mi condusse in terrazza, affacciandosi distrattamente sul grande giardino. Il suo sguardo sembrava perdersi nell’infinito.
Diedi una rapida occhiata al giardino sotto di noi, poi domandai: - Che cosa devi dirmi?
Mary Anne restò un attimo in silenzio, poi volse i suoi occhi cremisi verso di me: - La tua anima mi sembra pulita. Sei una brava ragazza con un cervello davvero ammirevole. Per questo vorrei metterti in guardia. Io credo che… certe macchie oscure nel tuo Futuro debbano essere evitate.
- Nel mio Futuro?- la fissai come se avesse appena delirato – Cioè tu… puoi vedere il Futuro?
- Non io- rispose tranquilla Mary Anne – I miei spiriti. Non sai che quando un’anima si separa dal proprio corpo mortale ottiene il potere della Preveggenza?
Storsi le labbra con aria dubbiosa: - In realtà non avevo mai considerato l’ipotesi dell’esistenza di spiriti e cose varie. Insomma, non credevo nemmeno che esistessero veramente i vampiri…
- Quindi non sei Credente?- mi domandò, senza scomporsi.
Diedi un’alzata di spalle: - Io mi considererei più… agnostica. Non do mai nulla per scontato. Non ho prove per confermare l’esistenza di Dio, ma non ne ho nemmeno per negarlo. Dunque, perché indagare su qualcosa di cui non si hanno conoscenze concrete?
La vampira batté le palpebre lentamente: - Basi proprio tutto sul cervello… hai iniziato da poco a scioglierti un po’ e provare a far spazio anche ai sentimenti…- notò che ero arrossita, così continuò – Comunque, non è di questo che dobbiamo parlare, giusto?
Un brivido mi attraversò la schiena e lei piegò leggermente la labbra in un flebile sorriso: - Non temere. I miei spiriti possono sfiorarti ma non farti del male.
- Uno spirito mi ha appena sfiorata?- domandai, con un filo di voce.
Lei annuì e guardò distrattamente il giardino: - Scegliendo di tornare dai Volturi hai compiuto un gesto notevole, soprattutto perché, per la prima volta, hai preferito il cuore al cervello. Hai messo da parte la razionalità per seguire i tuoi sentimenti. Ma, ora che sei qui, dovrai fare attenzione. Ci sono delle ombre che incombono. Hai una nemica da non sottovalutare e non dovrai mai dare per scontato che l’odore del tuo sangue possa salvarti. Basterebbe semplicemente tapparsi il naso per riuscire a berlo.
Un altro brivido mi percorse la schiena, mentre i miei pensieri andavano direttamente ad Heidi.
- Ma non è la sola cosa che ti minaccia- continuò Mary Anne, come se avesse intuito i miei pensieri – Dovrai prepararti ad affrontare delle dure verità. Ci sono cose che non ti sono ancora state svelate, cose che potrebbero inorridirti e portarti a dubitare della tua scelta. In questo castello sono rinchiusi segreti troppo oscuri per poter essere rivelati. Ricordi troppo amari. Le delusioni sono dietro l’angolo, gli orrori nascosti nell’ombra. Non abbassare mai la guardia, fino a che non sarai completamente in grado di affrontarli..
Avvertii un fastidioso capogiro, mentre uno strano senso di inquietudine mi pervadeva.
Sospirai, parlando un po’ a fatica: - Perché mi stai dicendo questo?
I suoi occhi lasciarono trasparire un velo di severità: - Perché non vorrei mai vederti dubitare dell’unica scelta che hai preso da sola. Non trovo giusto che tu rimpianga la tua prima decisione dettata dai sentimenti. Non hai avuto una vita facile, Emma, e se non sarai preparata ad affrontare certe cose, la delusione sarà così grande da portarti a rinchiuderti in te stessa, diventando una persona completamente diversa. Sei una ragazza sveglia, dalla mente brillante. Sarebbe un peccato vederti trasformata in una statua senz’anima.
Dovevo avere un’espressione a dir poco sconvolta, infatti Mary Anne addolcì leggermente il tono: - So che le mie parole ti turbano e spero di non averti rovinato la serata. Ma non trovo giusto tenerti all’oscuro di qualcosa che ti riguarda, sarebbe egoista da parte mia. Spero che i miei avvertimenti ti tornino utili al momento giusto.
Una specie di macchia rossa comparve all’improvviso nel giardino e, guardando meglio, capii che si trattava della vampira che aveva accompagnato Mary Anne al castello la prima volta che l’avevo vista.
La Medium guardò in basso e mormorò: - Oh, è arrivata Victoria. Temo di doverti lasciare, Emma. Porta i miei saluti ad Aro.
- Aspetta un secondo- la bloccai afferrandola per un braccio, nel momento in cui posava un piede sul balcone – Posso almeno sapere il vero motivo per cui mi vuoi aiutare? Dubito che tu l’abbia fatto solo per via della mia intelligenza…
Mary Anne mi fissò in silenzio per alcuni secondi, poi sorrise leggermente: - Un giorno capirai.
Si diede lo slanciò e balzò giù dal terrazzo, atterrando con eleganza accanto alla vampira di nome Victoria.
Mi diede un ultimo sguardo, poi, partì alla velocità della luce verso il cancello, a fianco della compagna.
- Emma!
Mi voltai lentamente, mentre Milady mi raggiungeva: - Cosa fai qua fuori? La festa è per te, abbiamo ricominciato a ballare!
Le permisi di prendermi per mano e la seguii fin dentro al salone: - Sì, avete ragione…
Nel momento in cui varcavo la soglia, la voce di Mary Anne risuonò per un attimo nel mio cervello.
- A parte le ombre oscure, ci saranno anche buone cose nel tuo Futuro…
 
***
Angolo dell’Autrice: Ok, da quanto non aggiornavo? Sì, più di un mese, sono imperdonabile.
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per aver letto e scusate.
ps: ecco due immagini delle protagoniste come le immagino io :)

Emma:
Image and video hosting by TinyPic
Milady:
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Prestavolti:

Emma: Emilie De Ravine (Belle di Once Upon a Time)
Rowena: Tiffany Thornton

A presto! :)

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Capitolo 14
*** Scopro che certe profezie non vanno mai sottovalutate ***


Le cose al castello non potevano andare meglio.
Io e Milady non litigavamo da giorni, i miei rapporti con i membri della famiglia diventavano sempre più stretti, avevo due ore libere al pomeriggio da passare in biblioteca con Marcus e alla sera avevo preso l’abitudine di fare un giro per la città di Volterra, per conoscere meglio la mia nuova città. In più, mi era giunta notizia che Miss Collins stava molto meglio e che presto avrei potuto andarla a trovare.
Era passato un mese e mezzo dal mio ritorno in famiglia e mi sembrava di vivere in un bel sogno, in cui l’unica nota cattiva era la continua ostilità di Heidi.
La Medium Mary Anne non si era più fatta viva e così dimenticai per un po’ la Profezia che mi aveva rivelato. Cosa che non avrei mai dovuto fare…

Erano le tre del pomeriggio, mancava circa mezz’ora all’inizio del mio turno di lavoro.
Terminai il mio libro sui Vampiri Orientali e lo posai sulla pila di volumi alla mia sinistra. Stavo per prendere Il Mercante di Venezia di Shakespeare, quando un movimento sospetto fuori dalla sala attirò la mia attenzione.
Marcus alzò lo sguardo da Le Metamorfosi di Ovidio e mi fissò con aria interrogativa: - Tutto bene, Emma?
- Ehm… sì- risposi in maniera vaga – Vado a controllare una cosa, aspettatemi pure qui.
Uscii dalla biblioteca silenziosamente, cercando di aguzzare il più possibile la vista. Forse avevo visto male, anche se il modo in cui il volto di Heidi aveva fatto capolino dalla soglia della Sala Lettura era piuttosto sospetto.
Feci per tornare in biblioteca, quando una folata di vento, entrata da una finestra aperta, mi investì, trasportando con sé un odore piuttosto strano.
Sulle prime non riuscii a capire di cosa potesse trattarsi, poi, però, ebbi un’illuminazione: sangue. Era odore di sangue.
Forse non avrei dovuto stupirmi, dato che mi trovavo in un castello abitato da vampiri, ma una seconda folata portò un altro odore molto sgradevole, misto a quello del sangue.
- Ma che cos’è?- mormorai tra me, cercando di seguire la scia – Sembra che abbiano aperto tutte le bare di Volterra ed abbiano bagnato i cadaveri col sangue!
Mi venne il voltastomaco al pensiero di una simile immagine, così cercai di concentrarmi su altre cose, trattenendo di tanto in tanto un conato ogni volta che l’odore si faceva più insistente.
Arrivai fino alle porte socchiuse della sala del trono, che, stranamente era buia e incustodita. L’olezzo rivoltante proveniva da lì.
Esitai un secondo, mentre sfioravo la maniglia fredda con le dita, e mi domandai perché nessuna guardia fosse nei paraggi. Poi, spinsi il portone e per poco non persi i sensi a causa dell’intensità dell’odore.
Cercai di tenermi sveglia e armeggiai alla ricerca di una delle candele appese alle pareti, ma non ce ne fu bisogno.
Una folata di vento entrò da una delle finestre, facendo scostare le tende con un movimento brusco. Distinsi per un attimo una specie di montagnola al centro della sala, una montagnola di materiale indefinito e privo di forma logica.
Trattenendo il respiro entrai lentamente nella sala, diretta verso il misterioso ammasso maleodorante, sperando che il vento scostasse nuovamente le tende.
Improvvisamente, un’orrenda sensazione si impadronì di me, mentre mi inginocchiavo davanti all’inquietante cumulo. Allungai una mano esitante, fino a quando non toccai la superficie familiare di un tessuto piuttosto grezzo.
- Un ammasso di vestiti?- mi domandai, cercando di identificare col tatto ciò che avevo davanti.
Ebbi un brivido non appena il tessuto sparì, portando le mie dita su un materiale freddo e rigido.
- Che strano- mormorai – Sembra quasi… sembra quasi un collo…
Avvertii un paio di buchi in quella superficie gelida e, quando ritrassi la mano, notai che la mia pelle era macchiata di una strana sostanza scura.
Esitante, portai le dita al naso, rabbrividendo non appena ebbi conferma di ciò che pensavo. Sangue.
Sangue umano. Non molto fresco, a giudicare dalla consistenza.
Mi sentii come inghiottire da un vortice oscuro, mentre iniziavo a realizzare cosa si trovasse davanti a me. Ma una parte del mio cervello mi impediva di accettare la cosa.
“Non è possibile” pensai “Ci dev’essere un errore... magari sto tirando conclusioni affrettate…”
Il vento scostò di nuovo le tende, facendo entrare un fascio di luce solare all’interno della stanza. Tremante, aguzzai un po’ la vista, quando i raggi illuminarono improvvisamente una parte del mucchio, quella che si trovava proprio davanti a me.
Un volto immobile e pallido mi fissò, gli occhi vitrei e la bocca spalancata, bloccata nel bel mezzo di un urlo. Un cadavere. Un cadavere dissanguato.
E non era il solo: in quella stanza, in quella stanza così immensa ed elegante, una ventina di corpi pallidi giacevano ammassati sul pavimento di marmo, le espressioni contratte in un silenzioso grido di terrore.
La testa mi girò, mentre la stanza si faceva di nuovo buia, e, per qualche secondo, non riuscii nemmeno a respirare. Le labbra mi tremavano, così come le mani e tutto il resto del corpo. Le gambe mi si informicolarono. Se non fossi stata già in ginocchio credo che sarei crollata.
Inspirai un po’ a fatica, ma l’odore dei cadaveri mi stordì ancora di più, provocandomi un fortissimo conato. Fu un miracolo se riuscii a non vomitare.
Le tende si spostarono di nuovo e la luce entrò violenta nella stanza, mostrandomi ogni minimo dettaglio della macabra visione. A quel punto, credo di aver gridato. Sentivo le guance bagnate ed il respiro era irregolare e interrotto da prepotenti singhiozzi.
Mi voltai mettendomi carponi e strisciai a fatica verso le porte. Fu un viaggio penoso e quasi eterno.
Non appena arrivai, mi appoggiai tremando alla soglia e mi alzai in piedi lentamente. Appoggiai la schiena contro la porta di destra e la chiusi.
Tremavo come una foglia e continuavo ad avere la visione di quei volti impressa nella testa.
- Oh cielo…
Alzai lo sguardo, ritrovandomi davanti ad Aro, il quale aveva un’espressione piuttosto imbarazzata sul volto. Accanto a lui c’erano Sulpicia, Athenodora e Caius. Alle loro spalle, Marcus.
- Emma?- mormorò incerta la vampira bionda – Va… tutto bene?
Era evidente che non andava tutto bene, le mie labbra avevano dei fremiti continui e non riuscivo a parlare.
Sussultai non appena una folata di vento mi raggiunse. Mi aspettai di nuovo l’odore del sangue e dei cadaveri, ma, per fortuna, era stato l’arrivo di Felix e Demetri a causarlo.
- Abbiamo sentito urlare- disse la gigantesca guardia – Cos’è successo?
Aro spostò le pupille rosse verso di me, evidentemente incerto: - Temo che abbia visto…
Demetri gettò l’occhio attraverso la fessura della porta e sussultò: - Perché non è stata ripulita?
- Perché mancano ancora dieci minuti all’arrivo dell’addetto alle pulizie- rispose Caius impassibile, tenendo lo sguardo fisso a terra.
Restammo in silenzio per alcuni minuti, poi il nodo alla gola si sciolse: - Allora… è questo che fate…
I vampiri mi fissarono con aria imbarazzata, senza riuscire a rispondere qualcosa. Perfino Aro sembrava a corto di parole.
- E’ questo che significa “Heidi porta il pranzo”… questo è il vostro modo di nutrirvi…- il peso che mi opprimeva il petto esplose all’improvviso, trasformandosi in una rabbia cieca – LE FATE CONDURRE QUI LE PERSONE CON L’INGANNO E POI LE UCCIDETE!
- Emma…- tentò di farmi ragionare Aro – Noi siamo vampiri… in che altro modo dovremmo…
- CI SONO ANCHE DEI BAMBINI LA’ IN MEZZO!- urlai con quanto fiato avevo in corpo – SIETE COSI’ VIGLIACCHI DA UCCIDERE ANCHE DEI BAMBINI?
A quel punto nessuno osava più incrociare il mio sguardo. Demetri fece un passo verso di me: - Emma…
- NO!- mi scostai con un gesto di stizza – Non voglio avere più niente a che fare con voi! E dire che ho lasciato la mia casa per venire qui! Hanno ragione quelli che vi danno la caccia perché non siete altro che… mostri! Sì, siete solo dei mostri!
Mi voltai ed iniziai a correre, senza sapere dove stavo andando. Le lacrime scendevano copiose sul mio viso. Lacrime di rabbia, delusione, frustrazione.
D’accordo, erano vampiri, sapevo che si nutrivano di sangue umano. Ma sapere o immaginare era un conto. Vedere era tutt’altra cosa.
Ero stata una stupida a non accorgermi di quello che succedeva nel castello in quei mesi. Come avevo fatto a non sentire le grida delle vittime? Come avevo fatto a non avvertire mai l’odore di sangue e cadaveri che veniva dalla sala del trono?
Continuai a scendere intere rampe di scale, senza nemmeno guardare dove stavo andando, fino a quando non mi resi conto di essere arrivata nei sotterranei del castello.
L’aria era ferma e fredda e odorava di umidità e chiuso.
Mi fermai ansimante, appoggiandomi ad una parete di pietra, ed osservai la mia ombra proiettata sul muro dal fuoco delle torce.
Mi ci volle un po’ prima di riprendermi dalla corsa e dalla terribile esperienza.
Riuscii lentamente a regolarizzare il respiro, anche se non ero del tutto sicura di volermi staccare dalla parete. Avevo paura di cadere senza quel sostegno.
Emisi un profondo sospiro, poi, lentamente, iniziai ad allontanarmi dal muro, quando una seconda ombra affiancò la mia.
Mi voltai, ritrovandomi faccia a faccia con Heidi. Un ghigno era dipinto sul suo volto.
- Non ti facevo così impressionabile, umana- sibilò, con aria decisamente soddisfatta – Hai visto che bel lavoretto mi è toccato? La bellezza è un dono prezioso, che può essere usato per qualsiasi fine. Non hai idea di quanto mi ecciti sentire quelli della tua razza gridare, mentre li dissanguiamo lentamente…
Mi morsi la lingua, cercando di trattenermi, e sostenni il suo sguardo: - Dì pure quello che vuoi, tanto non resterò qui a lungo. Me ne torno all'orfanatrofio, da Miss Collins, così finalmente avrai quello che desideri.
- Quello che desidero?- gli occhi di Heidi scintillarono pericolosamente – Io non desidero affatto che tu te ne vada! Forse una volta mi sarei accontentata di vederti andare via, ma adesso è diverso. Tutti quanti si sono inspiegabilmente affezionati a te. Se te ne andrai, di sicuro dovrò sorbirmi di nuovo quei piagnistei tediosi e quelle lamentele inutili su quanto sia diverso il castello senza di te. Di sicuro, prima o poi, ti raggiungeranno, anche solo per vederti. Devi essere cancellata definitivamente dalla faccia della Terra.
- Lo sai- replicai duramente – E’ esattamente quello che penso della gente come te. Con la differenza che, se sparissi, non credo mancheresti a molti…
- Fai la spiritosa, vedo- soffiò la vampira – Ma se pensi di ferirmi ti sbagli di grosso. Io, invece, posso ferire te come e quando voglio. Mi basterebbe raccontarti di come inganno i poveri contadini e bimbi della città per poi assassinarli… di come quegli insulsi mocciosi frignano, mentre vengono dissanguati sotto gli occhi dei loro famigliari… o - i suoi occhi si socchiusero in maniera pericolosa- di come io e Demetri amavamo divertirci quando ancora lui non ti conosceva. Immagino non ti abbia raccontato del nostro primo incontro, vero? L’avevano mandato a scovare il mio clan in Germania, ma io lo sedussi e permisi alle mie sorelle di guadagnare tempo. Pensa un po’: l’ho convinto a venire a letto con me dopo pochi minuti di conoscenza. Cosa credi, posso riprendermelo quando voglio, lo sai? Sarai anche una tipa arrogante e sicura di te, Emma, ma non puoi cambiare l’ordine delle cose: io sono una meravigliosa vampira e tu un’insulsa umana. Accettalo e stà al tuo posto.
Avevo così tante cose da dirle che non sarebbe bastata l’eternità per finire il discorso. Ma c’era una piccola semplice frase che riassumeva più o meno ogni cosa.
Feci un passo verso di lei e, fissandola dritta negli occhi, sibilai velenosa: - Tu sei soltanto una sciacquetta ignorante.
Riuscii appena a leggere la rabbia cieca nel suo sguardo, poi venni sbalzata con violenza contro una parete. L’urto mi provocò un forte colpo di tosse, che venne soffocato dalla morsa fredda che mi si serrò attorno alla gola, impedendomi di cadere a terra.
Le labbra fredde della vampira si appoggiarono al mio orecchio: - Cosa credi… che solo perché hai un sangue maleodorante non abbia il coraggio di berlo?- la sua voce trasudava veleno – Io ti ucciderò, umana. Ti farò a pezzi e poi berrò il tuo sangue a costo di vomitarlo. Hai finito di fare l’arrogante.
Provai a divincolarmi, ma sapevo di non avere scampo. Umano contro vampiro non era mai stata una lotta alla pari.
Strinsi i denti e decisi di non emettere nemmeno un grido, qualunque fosse stato il tipo di tortura a cui mi avrebbe sottoposta. Mai e poi mai le avrei dato la soddisfazione di vedermi soffrire o supplicare.
All’improvviso, la stretta di Heidi su di me si allentò, facendomi cadere in ginocchio sul pavimento freddo e polveroso. Udii un sibilo inferocito e, alzando lo sguardo, vidi Demetri piazzato tra me e Heidi, trattenuta dalla presa di Felix.
Provai ad alzarmi, ma un forte capogiro mi costrinse ad appoggiarmi al muro. Lottai contro la nausea che mi stava tormentando e cercai di afferrare i discorsi dei tre vampiri.
La voce di Demetri esprimeva sdegno e incredulità: - Sei diventata matta o cosa? Cosa pensavi di risolvere uccidendola?
Heidi si dimenò e ruggì: - Mi sono stancata di quella mocciosa! Si può sapere cosa ci trovi in lei? E’ un’umana, Demetri! Non ti può dare neanche la metà di quello che posso darti io!
- Quindi la tua è una questione di gelosia- replicò calmo lui – Dèi, Heidi, pensavo che fossi più matura! Sei fisicamente più vecchia di me ma hai ancora il cervello di un neonato.
- Perché mi parli così?- si sdegnò lei, senza smettere di agitarsi – L’amore che c’era tra noi non ha più significato per te?
Demetri sospirò e adottò un tono più calmo: - Heidi… sesso e amore non coincidono per forza e tu lo sai. E nemmeno tu mi hai mai amato: per te ero solo un possedimento, un giocattolino erotico. Lo sai benissimo, smettila di comportarti da fidanzatina ferita.
- Ah, la metti così?
Percepii un tono decisamente pericoloso nella voce di Heidi, ma, mentre cercavo di rimettermi in piedi, udii un fortissimo ringhio, seguito da un’imprecazione ed una specie di schianto, come se due montagne fossero appena cozzate l’una contro l’altra.
Alzai lo sguardo, vedendo la vampira che avanzava rapidamente verso di me, poi udii un secondo schianto. Demetri e Heidi iniziarono a lottare alla velocità della luce: lei cercava di avvicinarsi a me, lui di tenermela lontana. Non riuscivo a vedere Felix.
Qualcosa mi colpì alla testa, facendomi quasi svenire.
Improvvisamente, una voce acuta e familiare tuonò minacciosa: - COSA SUCCEDE QUI?
Mi alzai a fatica, cercando di mettermi in ginocchio, mentre Milady avanzava lentamente. Si fermò al centro esatto della stanza, squadrando tutti quanti con aria severa. Vista così, faceva quasi paura.
- Milady…- mormorò Felix – Credo che Heidi e Emma abbiano avuto un piccolo diverbio…
- Sono stanca di lei, Milady!- si lamentò la vampira, dimenandosi dalla presa di Demetri – Credo sarebbe un bene per tutti se sparisse.
- Che cosa?- sibilò Milady, socchiudendo gli occhi grigi con fare assassino.
- Ha cercato di ucciderla- ansimò Demetri, con un tono leggermente sofferente – Non… non riesce ad accettarla…
- Perché dovrebbe restare qui con noi?- piagnucolò Heidi- E’ un’umana! Noi dovremmo nutrirci del suo sangue, non farla sentire un membro della famiglia!
Sembrava essersi calmata, ma, non appena Demetri si distrasse un secondo, con un guizzo fulmineo si lanciò di nuovo contro di me, le zanne puntate verso la mia gola.
Fu a quel punto che successe il peggio.
Milady la intercettò con uno scatto, gettandola a terra con un tremendo ceffone: - NON OSARE TOCCARLA!- la sua voce aveva ormai raggiunto tonalità impressionanti e quasi insostenibili – HAI CAPITO? NON TOCCARLA MAI PIU’!
Il suo piede pestò con forza il pavimento, aprendo una lunga crepa. Il castello cominciò a tremare.
- Milady, fermatevi!- gridò Felix – Vi prego o succederà come l’ultima volta!
Le sue preghiere, però, non servirono a nulla. Quando Milady si arrabbiava sul serio era difficile fermarla. Marcus mi aveva raccontato cosa accadeva ogni volta che la vampira perdeva il controllo.
Per una qualche strana ragione, non riuscii a sostenere altre visioni orribili e chiusi gli occhi, coprendoli anche con le mani, sperando che tutto finisse presto.
Sentivo il pavimento tremare sotto di me, mentre rumori agghiaccianti giungevano alle mie orecchie. Non sapevo cosa stava succedendo e non lo volevo neanche sapere.
Tutto quello che sapevo era che, forse, avrei dovuto far più attenzione alle profezie di Mary Anne.
Per un momento, avvertii il peso del mondo crollarmi addosso. E poi, tutto si fermò.

***
Angolo dell’Autrice: Ehm… lo so, ci ho messo anni ad aggiornare. Penso che le scuse non bastino più.
Cercherò di aggiornare in fretta anche le altre storie ora che ho un po’ di tempo. L’unica cosa è che sarò via questa settimana, quindi spero di trovare un modo per connettermi.
Grazie a chi ha ancora voglia di seguirmi e scusatemi tanto!

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Capitolo 15
*** Rifletto sui lati positivi dei limiti ***


Non riuscivo ad aprire gli occhi.
Per la prima volta la mia curiosità si trovava surclassata, messa in secondo piano rispetto ad un fastidioso senso di angoscia e rifiuto.  
Non volevo vedere, non avevo il coraggio di dare nemmeno una sbirciata. Temevo che non avrei retto altri spettacoli devastanti.
Sussultai non appena un paio di mani fredde si serrarono attorno ai miei polsi.
- Emma…
Scossi la testa con forza, senza aprire gli occhi: - No! Lasciatemi stare, non voglio vedere altro!
Cercai di divincolarmi, ma la presa del vampiro – chiunque egli fosse – si allentò all’improvviso ed un palmo gelido si posò sulla mia guancia: - Va tutto bene, Emma… è tutto finito…
Quel tono rassicurante poteva appartenere ad una persona soltanto.
Con uno sforzo immane riuscii ad aprire gli occhi, trovandomi dinnanzi al volto stanco e sofferente di Marcus.
In un primo momento pensai di scappare via, poi, però, riuscii a guardarmi attorno: la stanza sotterranea non era messa male come pensavo. C’era qualche crepa qua e là, principalmente sul pavimento di pietra, ma, tutto sommato, mi sentivo quasi rassicurata.
Niente macerie, niente pezzi di vampiro sparsi per terra…
Marcus aprì la bocca per dire qualcosa ma io, senza preavviso, mi strinsi a lui, singhiozzando.
- Ho paura- mormorai, affondando il viso nella sua camicia di seta – Ho paura di impazzire…
Il vampiro, dopo un attimo d’incertezza, serrò delicatamente le braccia attorno a me, coprendomi con i lembi del suo mantello scuro: - Stai tranquilla… va tutto bene. Mi dispiace per quello che hai appena passato…
Ci volle un po’ prima che mi calmassi del tutto. Marcus mi accarezzava la testa con una mano, senza dire nulla, mentre con l’altra teneva il mantello avvolto attorno a me.
Non appena riuscii a regolarizzare il respiro, alzai lo sguardo verso l’anziano vampiro. Ci mancò poco che lo chiamassi “padre”.
- Marcus- sussurrai – Cosa… cos’è successo qui? Dove sono… gli altri?
Lui sospirò gravemente: - Siamo andati molto vicini alla distruzione del castello, fortuna che Rowena è riuscita a riacquistare la ragione in tempo. Ci sono stati dei feriti ma tutto sommato…
- Feriti?- ripetei sgranando gli occhi – Chi?
- Felix, Demetri e Heidi- rispose, affrettandosi a terminare il discorso non appena vide il mio volto sbiancare – Comunque nulla di grave, tranquilla.
Gli permisi di darmi una mano a rialzarmi, aggrappandomi al suo braccio non appena avvertii un lieve capogiro: - Voglio… voglio tornare di sopra… non riesco a sopportare la vista di questo sotterraneo.
Marcus annuì, aiutandomi a camminare. Fu piuttosto dura affrontare i gradini che conducevano al piano superiore, ma mi sforzai di ignorare il tremolio alle gambe. Non mi andava di fare nuovamente la figura della debole.
- Mi dispiace- sussurrò Marcus all’improvviso –Per quanto hai visto… per quello che hai saputo… immaginavo che prima o poi l’avresti scoperto, ma in questo modo…
- Non mi va di parlarne- risposi spiccia, scacciando a fatica le immagini tremende del massacro – Mi viene la nausea a pensarci. Ma… mi dispiace averVi dato del mostro…
- Forse hai ragione- mormorò afflitto lui – Anzi, hai ragione sicuramente. Io sono un mostro. Anche se cerco di non farci caso io…
- Marcus- lo interruppi scuotendo la testa – Definire Voi “mostro” è un’esagerazione. Siete molto più umano di quanto pensiate… anche se i vostri pasti sono tutt’altro che apprezzabili…
- Non ci muoviamo dal castello da anni ormai- sospirò – E, anche se girassimo per la città di notte, di sicuro desteremo dei sospetti maggiori tra la gente di Volterra. E’ l’unico modo che abbiamo per nutrirci e non ne vado fiero, specialmente adesso che l’hai scoperto. Mi spiace che tu ci sia rimasta così male…
Alzai lo sguardo verso di lui, sorridendo leggermente: - Questi non sono discorsi da mostro.
Anche se per poco, una flebile luce di sollievo illuminò il viso del vampiro, che piegò appena le labbra verso l’alto: - Ti ringrazio.
Raggiungemmo il salone principale, dove venni quasi stritolata dall’abbraccio di Milady: - Emma! Credevo che ti saresti barricata nel sotterraneo per sempre!
- Non ci penso nemmeno – biascicai, dando un’occhiata oltre le sue spalle.
Chelsea e Renata mi fissavano in piedi e immobili, accanto ad una poltrona sulla quale sedeva Felix. Rimasi piuttosto sorpresa quando vidi che la metà sinistra della testa del vampiro era completamente bendata.
- Che ti è successo?- esclamai stupita, staccandomi dal braccio di Marcus – Credevo che voi vampiri non…
- Mi ha fermata mentre mi trovavo al culmine dell’ira- spiegò Milady, leggermente imbarazzata – E… senza volerlo gli ho rotto la testa…
Alla mia espressione confusa, Felix si alzò dalla poltrona sorridendo e si tolse le bende con un gesto fulmineo. Emisi un gemito di sorpresa e disgusto: una crepa profonda partiva dalla fronte ed arrivava fino al mento, solcandogli tempia, zigomo e mascella. Somigliava molto ai crateri che dividono in due rocce e montagne.
Niente sangue, naturalmente, né organi visibili. Solo un gigantesco solco grigiastro.
- Ti piace?- chiese il gigante con aria allegra – Credo che un tuo dito ci passerebbe senza problemi in mezzo…
- No, grazie, non voglio nemmeno provare – mi affrettai a rispondere – Coprilo pure.
Felix scoppiò a ridere, permettendo a Renata di sistemargli nuovamente la benda.
Mi voltai verso Marcus, che sorrise appena: - Tranquilla, non resterà così per sempre. In un paio di giorni tornerà come prima.
- Giusto… voi guarite in fretta – osservai, dandomi un’occhiata attorno.
Milady mi prese sottobraccio e mi strizzò l’occhio: - A Heidi è andata peggio. Le ho staccato un braccio, il naso e mezza gamba e c’è mancato poco che le staccassi anche la testa. Credo che ci penserà due volte prima di attaccarti, d’ora in poi…
- Le è quasi venuta una crisi isterica – ridacchiò Renata – Non è abituata a farsi “rompere”. Abbiamo dovuto chiuderla nella sua stanza con Corinne per calmarla.
- Non so perché, ma non mi sento molto dispiaciuta – replicai sarcastica, ricordandomi improvvisamente di una cosa – E… Demetri?
- Oh, lui sta bene – sorrise Rowena, sbattendo le lunghe ciglia illuminate da una curiosa polverina d’oro – Vuoi vedere di persona?
Mi voltai verso Marcus, che annuì, poi sospirai: - Sì, lo voglio vedere.
Milady mi condusse al secondo piano, attraversando una decina di corridoi illuminati da una timida luce solare. Nonostante i raggi fossero piuttosto deboli, la pelle della vampira brillava come un diamante.
Giungemmo davanti ad un grande portone di legno, che Rowena socchiuse appena, spingendolo con una sola mano: - Benvenuta nella Palestra! Naturalmente, nessuno di noi ha veramente bisogno di fare esercizio fisico, però rappresenta un ottima fonte di svago, in particolare per le Guardie. Entra pure, vi lascio da soli.
Avanzai cautamente, quasi intimorita, mentre Milady mi teneva la porta. Tempo di varcare la soglia che la biondina se n’era già andata. Con un sospiro, mi guardai attorno.
Non avevo mai visto tante attrezzature ginniche in vita mia: aste sospese, reti, anelli, pesi… sicuramente una persona sportiva si sarebbe trovata in Paradiso.
A qualche metro da me, Demetri si stava esercitando a praticare delle curiose mosse di combattimento, che rendevano i suoi movimenti molto simili ad una coreografia di ballo.
Mi schiarii la voce, sistemandomi un ciuffo ribelle ed avvicinandomi con passo un po’ incerto. Lui mi guardò e sorrise, interrompendo la strana danza. Indossava dei pantaloni morbidi ed una maglia scura che lasciava scoperte le braccia. Attorno al destro, poco sotto la spalla, era stata avvolta una benda biancastra.
- Ehi! – mi salutò allegro, gettandosi di schiena sul materassone più vicino.
- Ehi – risposi, sedendomi accanto a lui – Giornataccia, eh?
- Naaah, ne ho passate di peggiori – affermò convinto, senza smettere di sorridere – Tu stai un po’ meglio?
- Un po’ – sospirai, indicando poi con un cenno la fasciatura avvolta attorno al suo braccio – Anche tu hai rischiato di spaccarti?
Demetri si sollevò sui gomiti, forse facendo un po’ apposta a flettere i bicipiti: - In realtà è andata un po’ diversamente: nel trambusto, Heidi mi ha morso.
- Cosa?
Spalancai gli occhi incredula, mentre lui, srotolando le bende, mi mostrò l’inconfondibile segno di denti affilati impresso sulla sua pelle, come una sorta di tatuaggio livido tendente al bluastro.
- I morsi degli altri vampiri vi fanno questo effetto? Non ricordo di aver letto nulla al riguardo…
- Non resterà così per sempre – rispose lui, cercando di risistemare la fasciatura – Questione di poco tempo, poi diventerà grigio chiaro e, se il morso non è profondo, sparirà. Comunque sì, il veleno dei nostri simili può ferirci ed essere anche piuttosto doloroso. Non penso, però, che Heidi mirasse a me…
- No, di sicuro puntava me. Aspetta, ti aiuto io…
Avvolsi rapidamente i lembi della benda attorno al suo braccio, per poi fissarli in un nodo. Demetri mi fissò, quasi sogghignando, poi si sporse verso di me, stampandomi un rapido bacio sulle labbra. Mi venne spontaneo sorridere.
- Allora non sei più arrabbiata con noi, eh? – osservò con aria furba, scompigliandosi distrattamente i capelli color rame.
Mi strinsi nelle spalle, reprimendo un brivido: - Senti, preferirei non ricordare quello che è successo poco fa. Parliamo d’altro, per favore.
- Altro?
I suoi occhi cremisi si socchiusero in modo malizioso: - Di cos’altro potremmo parlare?
Mi guardai attorno, cercando di trovare un argomento di conversazione che mi distraesse dai pensieri inquietanti sui cadaveri dissanguati, poi m’illuminai: - Come sei diventato un vampiro?
Demetri assunse improvvisamente un’aria più attenta e interessata, come se non si aspettasse una domanda del genere. Poi, le sue labbra si piegarono in un sorrisetto compiaciuto: - Non ti ho ancora raccontato la mia storia, quindi…
Si sdraiò di nuovo sul materasso, vagando con la mente nei meandri del tempo passato: - Dunque, nacqui a Corinto nel 1181… dopo Cristo, naturalmente. Mia madre era una donna molto debole e malaticcia, non si riprese mai dal parto. Morì quando avevo appena due anni, spegnendosi su quel letto dal quale non si alzava mai.
Mio padre era un uomo ricco ed impegnato, un aristocratico che gestiva buona parte del denaro della città. Una sorta di banchiere, diciamo. Durante la mia infanzia non passammo molto tempo insieme, infatti fui cresciuto dalla sua concubina, Zanthe. Sai, Emma, credo che ti sarebbe piaciuta molto, era una donna incredibilmente forte, intelligente, severa ma generosa. Ho un ricordo molto vivido di lei: era robusta, dava una grande soddisfazione abbracciarla senza aver il timore di stringere troppo forte. Aveva i capelli neri e profumava di pane alle olive.
Lei e mio padre avevano avuto tre figli illegittimi, due gemelli, Tecla e Agapios, nati due anni prima di me, e il piccolo Nerses, venuto al mondo otto anni dopo i fratelli, gracile e smunto.
Non ebbi particolari problemi durante l’infanzia e l’adolescenza: andavo d’accordo con i miei fratellastri e la mia tutrice, nessuno di noi aveva bisogno di altro rispetto a ciò che possedeva. E con “altro”… sì, mi sto riferendo anche a mio padre. Non lo odiavo e penso che nemmeno il resto della famiglia lo odiasse, semplicemente ci limitavamo ad accettare le sue assenze e le sue presenze in egual modo. Per quasi una ventina d’anni, mio padre fu poco più consistente di un fantasma.
In caso te lo stessi chiedendo… sì, il mio cosiddetto potere era già attivo quand’ero un bambino, anche se, naturalmente, in maniera molto più lieve rispetto ad ora. Scontato dire che, quando io e i miei fratelli giocavamo a nasconderci in giardino, io ero sempre quello avvantaggiato.
Tuttavia, le gioie infantili e le avventure dell’adolescenza erano destinate a svanire: il giorno del mio diciassettesimo compleanno, mio padre tornò al palazzo di corsa, di punto in bianco, senza preavviso. E, sempre senza preavviso, annunciò che io e i miei due fratelli maschi avremmo dovuto intraprendere la carriera militare. Soltanto l’anno dopo scoprimmo che gli era giunta voce di un appello lanciato dal nuovo Papa affinché venisse combattuta una Quarta Crociata. Per un motivo che non scoprii mai, mio padre era intenzionato a combattere sotto il vessillo dell’Impero Bizantino e noi tre figli avremmo dovuto seguirlo.
Come di certo saprai, passarono circa quattro anni dall’enciclica papale all’effettiva partenza dei crociati: nel 1202, mentre la città di Zara cadeva dopo due settimane d’assedio, io, mio padre e i miei fratelli ci preparavamo a partire alla volta della Terrasanta. Nel frattempo, il principe bizantino Alessio IV strinse un’alleanza con i crociati per riprendere in mano l’impero usurpato dal fratello Alessio III. Tutto ciò che mi venne riferito è che avrei combattuto in favore del primo.
Il viaggio che affrontai, destinato a terminare a Costantinopoli, segnò in modo definitivo la mia visione del mondo, così come il rapporto con mio padre.
La mia avversione nei suoi confronti cominciò a manifestarsi quando Nerses, sempre fragile e cagionevole, morì di febbre durante il tragitto. In un primo momento, accusai mentalmente nostro padre per la morte del mio fratellastro, tuttavia, non mi sentivo ancora pronto a giudicare in modo drastico quell’uomo che conoscevo appena, non ero pronto a odiarlo.
Il primo assedio di Costantinopoli durò poco meno di un mese e si risolse con la vittoria dell’alleanza crociato-bizantina. La mia famiglia ebbe un ruolo piuttosto marginale durante le battaglie, probabilmente fu per questo che riuscimmo tutti e tre a sopravvivere
Tuttavia, il successo dell’impresa si rivelò decisamente inutile, visto che le ostilità tra il nuovo re, Alessio V, e i nostri ex alleati cristiani portarono, nel 1204, ad un secondo assedio della città.
Mio padre si era rifiutato di rimpatriare dopo la vittoria, stregato dalle ricchezze imperiali, così, quando i crociati attaccarono, fummo costretti a combattere di nuovo, questa volta contro coloro che avevamo affiancato soltanto l’anno prima. Perché, alla fine, è questo il lato tragico dell’essere un soldato: devi limitarti a seguire gli ordini dei superiori, senza badare ai tuoi sentimenti e valori morali.
Mio fratello Agapios aveva fatto amicizia con un ragazzo crociato di nome Friederik, durante il primo assedio: di punto in bianco, quel giovane svevo con cui aveva riso e scherzato non poteva considerarsi diversamente da uno qualsiasi dei soldati nemici che cercavano di far breccia nelle mura della città, reclamando le nostre teste.
Il Nove Aprile, quando l’assedio cominciò, fui convocato da uno dei comandanti, un misterioso uomo dall’accento egiziano, affinché pattugliassi i confini delle mura alla ricerca di eventuali nemici nascosti. Mio padre, non so come, era venuto a conoscenza del mio dono e, sperando forse di attirare l’attenzione dei piani alti, pensò bene di sfruttarmi. Cominciai a capire che, per lui, io e mio fratello non rappresentavamo altro che semplici strumenti, utili soltanto alla realizzazione dei suoi scopi personali.
Tre giorni dopo, i crociati riuscirono a penetrare in città, dando luogo ad uno dei massacri più devastanti della storia. Fortunatamente, non ho molti ricordi di quel micidiale spargimento di sangue: fui ferito mortalmente e persi i sensi mentre cercavo di raggiungere mio fratello dalla parte opposta della città.
Per un breve lasso di tempo restai sospeso in un piacevole oblio oscuro, attendendo semplicemente di morire, lasciandomi alle spalle ogni cosa. E poi, improvvisamente, qualcosa di affilato mi serrò la gola, soffocandomi. Sulle prime pensai che qualche crociato avesse pensato di finirmi, ma cambiai idea immediatamente non appena un dolore insopportabile cominciò a diffondersi in tutto il mio corpo, provocandomi spasmi e urla involontarie.
Mi domandai chi potesse divertirsi a torturare in quel modo orribile un uomo già morto. Mi sentii trafiggere da mille aghi e poi avvolgere dalle fiamme dell’Inferno. E continuavo a domandarmi perché la Morte tardasse tanto a sopraggiungere.
Quando il dolore cessò, ripresi lentamente i sensi e fu come risvegliarsi in un altro mondo. Ma mi resi presto conto che il mondo era sempre lo stesso, ero io ad essere diverso.
L’uomo, o meglio, il vampiro che mi salvò si chiamava Amun. Lo riconobbi immediatamente come il comandante che mi aveva convocato per affidarmi il pattugliamento dei confini cittadini: mi aveva tenuto d’occhio dopo aver saputo della mia abilità, sapendo che avrebbe comportato l’acquisizione di un dono speciale dopo la trasformazione.
Prima che potesse spiegarmi la situazione, provai d’istinto ad individuare la presenza di mio fratello, ma con scarsi risultati. Capii che doveva essere caduto in battaglia insieme a mio padre.
Amun si presentò come uno dei vampiri più anziani della Terra, mi spiegò cosa comportasse appartenere alla sua specie e si offrì di farmi da mentore per affinare al meglio il mio potere.
Accettai di affidarmi alla sua guida, alla condizione di poter vedere un’ultima volta le donne delle mia famiglia. Egli acconsentì, così, non appena la mia sete si fu leggermente placata, tornai a Corinto insieme a lui. Tuttavia, una brutta sorpresa mi attendeva: Zanthe, provata da una lunga malattia che ci aveva tenuto nascosta per anni, era morta l’ anno prima, mentre Tecla aveva abbandonato la città in compagnia di un ragazzo sconosciuto, facendo perdere le proprie tracce. Suppongo fosse morta anche lei in quel periodo, visto che non riuscii mai a ritrovarla.
La mia famiglia era stata spazzata via nel giro di pochi anni, Amun era tutto ciò che mi rimaneva. Mi affezionai a lui e gli fui grato per tutto ciò che fece per me, eppure… eppure la mia nuova vita non mi impedì di dimenticarmi di quella vecchia, né tantomeno mi impedì di realizzare da che razza di mostro si era fatta ingravidare la mia povera madre.  
Mio padre era la causa di tutto: se avesse continuato ad occuparsi del proprio mestiere, senza farsi ammaliare dal fascino dell’ambizione, le persone che amavo non sarebbero scomparse prematuramente. Se fosse rimasto il semplice egoista che era, la mia vita non sarebbe stata sconvolta in quel modo; diventando un egoista ambizioso, si macchiò le mani del sangue dei propri figli. Capii che non erano state le malattie o i soldati crociati ad ucciderci tutti: era stato lui.
E sì, Emma, fu allora che cominciai a odiarlo. E, nonostante sia piuttosto inutile, io lo odio ancora e non lo perdonerò mai per quello che mi ha fatto.

Attesi che proseguisse con il racconto, ma lui si limitò a voltare il viso verso di me, sorridendo furbescamente: - Non siamo solo noi vampiri ad essere dei mostri, non credi?
- So benissimo di cosa sono capaci gli esseri umani – replicai, stendendomi su un fianco accanto a lui – E so benissimo che non è la razza ma il comportamento a rendere qualcuno un mostro. Può capitare di esprimersi male quando si è sconvolti.
- Sto solo cercando di punzecchiarti – sogghignò lui, avvicinando il viso al mio – E’ divertente perché ci caschi sempre.
Sospirai, senza trattenere un sorriso, e mi sporsi in avanti, baciandolo. Cominciavo a non fare più troppo caso alla temperatura delle sue labbra.
- Posso farti una domanda? – sussurrai non appena ci scostammo – Come mai fai parte dei Volturi, ora? E’ successo qualcosa ad Amun?
Mi pentii all’istante di avergli chiesto una cosa simile, vedendo l’espressione dolorosa che si dipinse sul suo volto.
- Io… beh, Aro desiderava che facessi parte della sua Guardia. Ha mandato Chelsea a spezzare il legame che mi univa ad Amun per indirizzare la mia lealtà verso la famiglia Volturi. Però – mi interruppe, non appena spalancai la bocca, sconvolta – in realtà per lei fu meno difficile del previsto. Voglio dire, Amun era importante per me, lo vedevo quasi come… come un padre, piuttosto che un mentore. Eppure, da un po’ di tempo, avevo la sensazione che cominciasse a considerarmi un possedimento. Era tremendamente geloso di me, probabilmente avrebbe preferito che gli portassero via Kebi, la sua compagna priva di poteri, al posto mio. Avevo paura che… che diventasse egoista e avido, come il mio padre biologico, avevo paura che cominciasse ad “usarmi”. E’ soprattutto per quello che me ne sono andato.
- Anche Aro mi sembra piuttosto possessivo – osservai – E non si fa problemi ad usare i sottoposti come pedine.
- Questo lo so – replicò lui, strizzandomi l’occhio – Ma non provo alcun legame affettivo nei confronti di Aro, tesoro mio. Lui non può deludermi o ferirmi.
- Perché le persone che amiamo tengono in mano il nostro cuore – conclusi con un sussurro – E a loro… basta molto poco per distruggerlo.
- Esattamente – rispose lui, baciandomi la fronte.  
Restai in silenzio per qualche secondo, mordendomi il labbro distrattamente. Un pensiero poco piacevole si fece strada nella mia testa.
- Anche noi due potremmo ferirci facilmente.
Mi sentii improvvisamente stringere lo stomaco in una morsa, realizzando che le mie parole suonavano in maniera piuttosto esplicita come una confessione.
Demetri ebbe probabilmente la stessa impressione, infatti, ruotò sul fianco destro, ritrovandosi col corpo premuto contro il mio. Mi strinse a sé nel modo più delicato possibile e, poggiando le labbra sul mio orecchio, sussurrò semplicemente: - Sì. Potremmo sul serio.
- Da parte mia, cercherò di evitarlo – promisi, scostandomi per guardarlo negli occhi – Finché avrò vita farò il possibile per non far più soffrire te, Marcus, Milady…
- Finché avrai vita? – ripeté lui a bassa voce, aggrottando la fronte un po’ confuso.
- Beh, non vivrò per sempre, dopotutto – spiegai, cercando di sorridere – Non sono immortale come voi.
Il silenzio che seguì la mia affermazione provocò una spiacevole sensazione di angoscia che mi attanagliò il petto. Sensazione che si accentuò non appena Demetri pronunciò la domanda che tanto temevo.
- Quindi… non vuoi diventare una di noi?
Dovetti lottare per diversi istanti contro l’impulso di alzarmi e scappare via. La possibilità di ferirlo mi sembrò immediatamente più tangibile.
- Non mi fraintendere – mormorai, scegliendo con cura le parole – Voi vampiri mi piacete, sul serio, nonostante non approvi le vostre abitudini alimentari. E l’idea di passare con voi l’eternità è allettante. Insomma, chi non vorrebbe restare giovane per sempre?
- Ma c’è un “però”, giusto?
Presi un profondo respiro, trovando il coraggio di fissarlo dritto negli occhi: - Però… l’essere umana è parte di me. Sono debole, ai vostri occhi, e magari piena di difetti. Ma, se devo essere sincera, questa cosa non mi dispiace, perché… beh, questa sono io. Sono nata così e non me la sento di perdere la mia umanità per avere in cambio una vita immortale.  Chi mi assicura che, una volta trasformata, non diventi un’altra persona? Essere mortale ti fa apprezzare, anche indirettamente, ogni minuto passato su questa Terra, perché sai di essere soltanto un segmento finito nell’immensa linea del tempo. Un condannato a morte cerca di assaporare ogni momento, di notare ogni minimo dettaglio, di vivere nel modo più completo possibile il tempo che gli rimane. Io… penso che essere mortale sia in realtà l’unico modo per sentirsi veramente… vivi. E non sono sicura che l’immortalità possa darti lo stesso.
Demetri batté le palpebre un paio di volte, restando in completo silenzio. In quel momento, l’attesa del suo verdetto, qualunque fosse, mi sembrò interminabile.
Aprii la bocca per aggiungere qualcosa, per rompere quell’imbarazzante silenzio, ma lui, dopo aver sorriso, si mise a sedere facendomi la linguaccia: - Non so darti una risposta, in realtà, comunque capisco il tuo punto di vista. Ma, se mi permetti – aggiunse con un ghigno furbo - io continuerò a sperare che, prima o poi, tu possa cambiare idea.  

***
Angolo dell’Autrice: Dopo SECOLI finalmente riesco ad aggiornare la storia. Mi dispiace avervi fatto attendere tanto, spero che il capitolo non sia risultato deludente.
Colgo l’occasione per fare una piccola pubblicità all’autrice Ska e alla sua ff “Il Crociato e la Strega”. Mi è venuto in mente che anche nella sua storia Demetri (che ne è il protagonista) ha partecipato alle crociate, anche se, dal quello che ricordo, lui era dalla parte dei cristiani invece che dei bizantini. Ho vaghe rimembranze perché l’ho letta molto tempo fa, comunque ricordo che mi piacevano le sue storie, quindi vi consiglio un salto nel suo profilo ^_^  
Il discorso di Emma sull’immortalità è leggermente ispirato al dialogo tra Achille e Briseide nel film Troy.
Ok, credo sia tutto XD
Grazie ancora a chi ha voglia di seguirmi!

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Capitolo 16
*** Pattino sul ghiaccio in piena estate ***


Trascorsero mesi dal mio dialogo con Demetri, i giorni scivolarono via senza che accadesse nulla di insolito o spiacevole: Heidi pareva essersi finalmente messa in testa di starmi alla larga, mentre io evitavo di bazzicare dalle parti della sala del trono durante i pasti della famiglia Volturi.
Certo, mi sentivo triste per tutte quelle persone che non avevano la fortuna di possedere un sangue dall’odore sgradevole per i vampiri, ma non potevo far nulla per salvarle, così mandavo giù a fatica il senso di colpa, impegnandomi a fondo nel lavoro.
Dopo un gelido inverno e una mite primavera arrivò finalmente l’estate e, con essa, il mio compleanno.
Naturalmente, avrei preferito si evitassero grossi festeggiamenti ma, approfittando del fatto che il genetliaco di Marcus avesse luogo proprio il giorno successivo, Aro pensò bene di organizzare un grande ricevimento per celebrare entrambi.
Avvolta in uno sfarzoso abito blu, mi aggiravo per il salone, scambiando, di tanto in tanto, dei convenevoli con gli invitati.
Nel momento in cui terminai di ballare con un giovane conte vampiro, una mano gelida mi si posò sulla spalla, costringendomi a voltarmi.
Mi lasciai sfuggire un sorriso: - Dite la verità, preferireste essere ovunque tranne che qui.
Marcus emise una risatina che somigliava più a un colpo di tosse e lanciò un’occhiata in direzione di Aro, tutto intento a discutere di chissà cosa con degli illustri ospiti: - È così. Ma ormai ho imparato a farci l’abitudine: ad Aro queste manifestazioni servono per trovare nuovi alleati e rafforzare i legami con coloro che già si trovano in accordi con lui. Comunque… ti sono piaciuti i regali che hai ricevuto?
- Sì, certamente!
La maggior parte degli omaggi portati dagli invitati era destinata a Marcus, ma i Volturi avevano pensato anche a me, regalandomi qualche libro e dei gioielli costosi.
Milady stava ancora aspettando per darmi il suo dono: era stata piuttosto vaga e misteriosa, ma aveva assicurato che sarei rimasta a bocca aperta.
- Manca ancora il mio – disse l’anziano vampiro, estraendo un pacchetto incartato dalle pieghe della veste. – Buon compleanno, Emma.
Senza perdere tempo, liberai il presente dal suo involucro color cobalto, trattenendo a fatica uno strillo per l’emozione.
- A Vindication of the Rights of Woman e Frankenstein! – esclamai, ammirando le copertine delle due opere. – Entrambi in lingua originale!
- Il primo mi avevi detto di volerlo leggere da tempo – spiegò lui. – Frankenstein invece l’hai già letto, ma dubito tu abbia mai avuto tra le mani una delle prime edizioni…
- Sono meravigliosi – mormorai, abbracciandolo. – Non vedo l’ora di darVi il mio regalo.
- Oh, non avresti dovuto disturbarti – sorrise lui, mentre mi scostavo lentamente. – A dire il vero, mi sarebbe bastato anche un semplice ballo…  
- E allora balliamo – risposi, andando a posare i due libri accanto al resto dei doni.
Raggiungemmo quindi il centro del salone e, senza badare a ciò che ci circondava, cominciammo a volteggiare sulla melodia suonata dall’orchestra.
Incrociai per un istante lo sguardo di Demetri che, a pochi passi da me, ballava insieme a un’affascinante duchessa: senza che la vampira se ne accorgesse, mi rivolse un sorrisetto furbo, al quale replicai con una linguaccia.
Aveva sicuramente notato che portavo al dito l’anello che lui stesso mi aveva regalato per il compleanno: nulla di troppo appariscente o impegnativo, un grazioso gioiellino d’argento con tre piccoli zaffiri incastonati.
Il suo dono non suonava come una proposta di matrimonio (la mia natura umana avrebbe complicato parecchio le cose, a partire dalla luna di miele) ma serviva comunque ad ammettere pubblicamente il fatto di provare dei sentimenti l’uno per l’altra.
Dopo un paio di canzoni, Milady mi raggiunse saltellando, prendendomi per mano e invitandomi a seguirla.
- Spero non ti dispiaccia se te la rubo un secondo, zietto – disse, rivolta a Marcus. – Voglio darle il mio regalo prima di mezzanotte.
Il vampiro sorrise benevolo, mentre la biondina mi trascinava in disparte: indossava un ampio abito color argento e portava i capelli raccolti con un grande fermaglio a forma di cigno.
- Mi auguro che tu sia curiosa – cinguettò, porgendomi un grosso pacco elegantemente confezionato. – Perché credo non riuscirai mai a indovinare cosa ci sia qua dentro.
- Curiosa è il mio secondo nome, ormai si sa – replicai, sedendomi su uno sgabello posto accanto alla lunga tavolata imbandita di calici colmi di sangue e cominciando a scartare il dono con attenzione (ho sempre detestato rompere la carta).
Esitai per qualche istante non appena mi ritrovai tra le mani una semplice scatola chiusa. La agitai leggermente, cercando indizi riguardo il contenuto: a giudicare dal rumore, intuii ci dovessero essere più cose là dentro.
- Che aspetti, aprila! – squittì Milady. – Mi stai tenendo sulle spine!
Mi lasciai sfuggire un sorriso mentre assecondavo la sua richiesta, per poi restare a bocca aperta non appena scoprii di cosa si trattasse il misterioso regalo.
Fui costretta ad ammettere che aveva ragione: non mi sarei mai aspettata di ricevere qualcosa di simile.
- Allora? Che te ne pare?
Afferrai una delle eleganti calzature adagiate nella scatola e l’ammirai stupita per diversi secondi: il cuoio era color beige e finemente lavorato e, da sotto la suola, sbucava una lunga lama che in punta curvava verso l’alto.
- Sono dei pattini! – esclamai quasi senza fiato. – Pattini da ghiaccio!
- Tempo fa mi hai raccontato che la tua direttrice portava te e gli altri ragazzi a pattinare una volta all’anno, in occasione del Solstizio d’Inverno. Ho pensato che, visto che ti sei persa l’ultimo solstizio, magari ti avrebbe fatto piacere recuperare in un’altra occasione…
- Quindi ascoltate quando Vi parlo, incredibile!
- Già, a volte mi sorprendo da sola.
Mi lasciai sfuggire un sorrisino: - Eviterò di sottovalutarVi d’ora in poi. Comunque – ripresi, addolcendo il tono. – Sono bellissimi, davvero. Vi ringrazio, Milady, non vedo l’ora di poterli provare tra qualche mese.
- Tra qualche mese?
La sua espressione assunse connotati maliziosi: - Perché non subito?
Aggrottai la fronte, perplessa: - Beh, nel caso non l’aveste notato, siamo a Luglio, dubito ci siano laghi gelati nelle vicinanze.
Il suo ghigno color pesca si ampliò: - Vedremo, vedremo. Appuntamento al laghetto a mezzanotte e mezza.
Aprii la bocca per replicare, ma lei girò i tacchi e si allontanò, sfarfallando in direzione di Alec che, ignaro del pericolo, confabulava con la sorella con fare misterioso.
Scossi la testa sorridendo e raggiunsi Demetri, che si era appena congedato dalla compagna di ballo.
Si era tolto la lunga giacca scura che indossava a ricevimento iniziato e si era arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti.
- Non pensavo che voi vampiri soffriste il caldo – commentai, ironica.
- Preferisco stare comodo – replicò lui, afferrandomi delicatamente una mano. – A meno che alla festeggiata non dispiaccia il mio abbigliamento meno formale.
Lo abbracciai, poggiando il mento contro la sua spalla: - Piantala, idiota.
Lo sentii ridacchiare, poi mi posò un bacio sulla guancia, ricambiando l’abbraccio: - Buon compleanno, tesoro.
Abbracciare un vampiro in piena estate, dentro un salone enorme ma affollato, provocava una sensazione piuttosto piacevole. Mi sentivo fortunata per il fatto che gli invitati trovassero il mio sangue nauseabondo, ma non mi entusiasmava affatto l’idea che il mio corpo potesse puzzare di sudore.
Senza quasi rendermene conto, cominciai a ondeggiare lentamente, fino a permettere al ritmo della musica di coinvolgermi appieno. Nonostante avesse ballato per tutta la serata, Demetri, da bravo vampiro instancabile, non dette cenno di affaticamento, anzi, non appena l’orchestra si esibì in una melodia più allegra, mi portò al centro della pista, insegnandomi nuovi passi.
Eravamo ormai giunti al termine della seconda canzone quando i dodici rintocchi provenienti dalla torre campanaria annunciarono l’inizio di un nuovo giorno, con conseguente cambio di festeggiato.
Mi lasciai sfuggire una risatina alla vista dell’espressione poco convinta di Marcus, ben conscio di non poter sfuggire alle attenzioni della marea di invitati che stava convergendo verso di lui.
Mi lanciò uno sguardo rassegnato, al quale replicai mormorando: - Buon compleanno, Marcus.
Sapevo mi avrebbe sentita, non c’era bisogno di sbracciarmi o sgomitare per raggiungerlo: avremmo parlato tranquillamente più tardi, in disparte, e in quel momento gli avrei dato il mio regalo.
Con un po’ di fortuna, forse saremmo anche riusciti a sgattaiolare in biblioteca per qualche ora, per tornare poco prima del termine del ricevimento: avevamo preso l’abitudine di concederci questo piccolo lusso ormai da qualche mese.
- Avete un’intesa davvero particolare, voi due – osservò Demetri con un sorrisetto. – Mi domando perché ti ostini a dargli del Voi, non ti sembra di mantenere le distanze in questo modo?
Incrociai le braccia, ricambiando il suo ghigno con un’espressione a metà tra il severo e il divertito: - La mia educazione mi impedisce di dare del Tu alle persone se sono molto più anziane di me o se lavoro per loro, come nel caso di Milady. E poi, ormai mi sono abituata così, non mi sento distaccata nei confronti di nessuno dei due.
- Beh, fortuna allora che fisicamente sono giovane e non ho nulla a che fare col tuo lavoro – commentò il vampiro dai capelli color rame. – Nonostante la società imponga un certo tipo di etichetta, ho sempre preferito evitare le forme di cortesia con i miei interessi amorosi. Voglio dire, pensa a due che vanno a letto insieme e che si danno del Voi: “Tesoro, siete sublime!” “Vi prego, caro, non Vi fermate!”
Lo osservai in silenzio per qualche secondo, poi scoppiai a ridere: - Sai, se io e te avessimo rapporti sessuali, ammetto che non mi dispiacerebbe provare a darti del Voi durante l’amplesso, giusto per vedere chi dei due resisterebbe di più senza farsi venire un attacco di ridarella.
- Sembra divertente – ammise, poggiando la fronte contro la mia. – È un vero peccato non poter provare.
Sorrisi, accarezzando con la mano destra la sua guancia marmorea e baciando l’angolo sinistro delle sue labbra.
Provai poi a rispondere qualcosa, ma Milady mi abbracciò da dietro, sibilandomi all’orecchio con fare entusiasta: - Che ne dici di iniziare a prepararti? Non sarà comodo pattinare con quell’abito addosso!
- Giusto! – esclamò Demetri, gettandosi un’occhiata attorno: - Vado a chiamare Felix, ci vediamo tra poco!
- Quindi anche tu sei coinvolto in queste losche trame – osservai, fingendomi sospettosa.
Lui mi strizzò l’occhio con fare malizioso, per poi raggiungere l’amico zigzagando tra gli invitati alla velocità della luce.
Con un sospiro, afferrai la mano di Milady e la seguii fuori dal salone; per un attimo, avvertii uno strano brivido correre lungo la mia spina dorsale, ma fu questione di pochi secondi.



Gettai un’occhiata scettica a Rowena, mentre stavo in piedi e immobile di fronte al laghetto del castello, in equilibrio sulle lame dei pattini che affondavano nell’erba fresca.
Demetri, Felix, Alec, Athenodora e Corinne parlottavano tranquillamente tra loro, per nulla straniti dall’insolito appuntamento: come me, indossavano dei pattini da ghiaccio di diversi colori.
- È appena suonato il tocco della mezz’ora. Per sapere, il laghetto è magico e si congelerà da solo oppure…
- Donna di malafede – mi apostrofò Milady con un ghigno, illuminandosi non appena intravide qualcuno avvicinarsi al gruppetto con fare svogliato.
- Eccola! – esclamò emozionata. – Vieni, Clary, siamo qui!
La nuova arrivata era una vampira dallo sguardo gelido e distaccato, abbigliata con un lungo abito scuro. Mi superava in altezza di almeno cinque centimetri, i suoi capelli corvini scendevano dritti e ordinati fino alla vita e i due ciuffi laterali erano stati raccolti dietro la nuca, mettendo ben in evidenza un volto dai lineamenti quasi elfici.
Demetri mi si avvicinò, portando le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio: - Clarice faceva parte del nostro clan, una volta. Si è allontanata per ragioni personali, ma ad Aro la cosa non è andata giù, infatti continua a mantenere contatti con lei, sperando che cambi idea e decida di tornare. Le sta letteralmente facendo una corte spietata…
- Suppongo possieda un potere speciale interessante, se non ha ancora cercato di eliminarla – osservai. – È una delle tue tresche amorose del passato?
- Direi proprio di no – replicò lui, soffocando a stento una risata.
Clarice mi gettò uno sguardo di sufficienza, poi, senza emettere un fiato, sfilò il guanto che le celava la mano destra e si inginocchiò sulle sponde del lago, toccando l’acqua col dito indice.
Nel giro di qualche istante, la superficie cominciò a solidificarsi, trasformandosi in una scintillante lastra di ghiaccio.
Milady emise un gridolino di gioia, saltellando e battendo le mani come una bambina davanti a un meraviglioso giocattolo nuovo.
- Fantastico, bravissima Clary!
L’ex membro dei Volturi rispose con un semplice cenno della testa, poi si infilò nuovamente il guanto e, silenziosa come era arrivata, si allontanò, visibilmente ansiosa di togliersi d’impiccio.
- Non è mai stata una ragazza di molte parole – commentò Demetri con un sorrisetto. – Forse è anche per questo che i capi la apprezzavano tanto: poche chiacchiere e molti fatti.
- Cosa che dovremmo mettere in pratica anche noi – s’intromise Rowena, prendendomi per mano e trascinandomi verso il laghetto gelato. – Avanti, Emma, fai una prova con il mio regalo!
Era passato più di un anno dall’ultima volta che avevo pattinato, tempo che mi sembrava ormai paragonabile all’eternità: Miss Collins, i miei compagni avvolti in pesanti sciarpe e con i nasi arrossati, le risa, le lame che scivolavano rapide sul ghiaccio…
Impiegai qualche minuto per riprendere confidenza con andatura ed equilibrio, mentre, attorno a me, i vampiri volteggiavano sicuri ed eleganti come libellule. Persino Felix, nonostante la stazza, si muoveva con una grazia inaspettata.
- Sei fuori allenamento, Emma? – rise Milady, sfrecciandomi accanto eseguendo una serie di piroette.
- Non arriverò mai al vostro livello – replicai. – Ma sto già riprendendo confidenza.
La vampira mi afferrò entrambe le mani e, con cautela, mi invitò a compiere con lei una semplice coreografia.
Dopo qualche minuto, Athenodora prese il suo posto, mentre Demetri e gli altri davano inizio a un dinamico gioco del tutto simile ad Acchiapparella.
Sembravano divertirsi un mondo e, per un attimo, provai una fitta di invidia.
- Va tutto bene? – domandò la moglie di Caius, notando la mia espressione un po’ incupita.
Mi limitai ad annuire, rivolgendole un sorriso per rassicurarla. Ogni tanto, in quei mesi, mi era capitato di sentirmi limitata rispetto alle straordinarie capacità dei vampiri, ma non avevo intenzione di cedere rispetto alla mia posizione sull’argomento: io ero un essere umano e, con difetti e limiti, sarei rimasta tale fino a quando avessi avuto respiro.
- La lastra è sottile e frastagliata in prossimità delle sponde – mi ricordò la bella immortale, scuotendomi dai miei pensieri. – Clary l’ha lasciata così per via dei pesci che nuotano qua sotto. Cerca di non pattinare da quelle parti.
- D’accordo.  
Non appena Athenodora si allontanò per raggiungere la figlia, decisi di fare un giretto per conto mio, anche se la mia solitudine non durò a lungo, poiché Demetri mi raggiunse, cingendomi la vita da dietro e compiendo un paio di giri su sé stesso.
- Pattinaggio su ghiaccio a Luglio. Ammettilo, non te lo saresti mai aspettata, eh?
- Sto imparando a capire che il concetto di impossibile può essere esteso ben oltre la mia immaginazione – ammisi. – Siamo sicuri che il caldo non scioglierà questa lastra?
- Oh, non preoccuparti – sorrise lui, alzandomi il mento con le dita gelide. – Questo ghiaccio asseconda la volontà di Clary: non appena finiremo di pattinare lei farà tornare il laghetto come prima.
Scambiai con lui un rapido bacio, giusto pochi istanti prima che Felix gli passasse accanto, toccandogli la spalla e gridando: - Tua!
Demetri si lasciò sfuggire un ringhio divertito, partendo rapido all’inseguimento del gigantesco compagno. Le loro risa, unite a quelle di Corinne, echeggiavano limpide nell’aria notturna.
Cominciai a scivolare qua e là, cercando di evitare i vampiri scalmanati e perdendomi in pensieri e ricordi di una vita che mi appariva ormai troppo distante e diversa.  
Conclusi che in settimana avrei potuto approfittare della giornata libera per andare a trovare Miss Collins e gli altri: la direttrice ormai si era ripresa del tutto, di certo le avrebbe fatto molto piacere ricevere una mia visita.
Volsi distrattamente lo sguardo verso il boschetto che stanziava a pochi metri dal lago e… rallentai l’andatura di colpo. C’era qualcosa, anzi, qualcuno seminascosto dietro il tronco di un grosso sempreverde.
Provai ad aguzzare la vista, senza però avvicinarmi troppo: la figura era pallida, quasi evanescente, abbigliata con una leggera tunica bianca.  
L’unica nota scura in mezzo a quel trionfo di candore erano i capelli neri e ondulati, che, lasciati sciolti, arrivavano a lambirle i fianchi.
Si trattava senza dubbio di una ragazza, forse anche più giovane di me, i cui lineamenti avevano un che di stranamente famigliare.
Fu nell’istante in cui tese il dito indice, pallido e scarno, verso di me che mi colse un’illuminazione: quella ragazza somigliava a me. O meglio, quella ragazza somigliava a…
- Attenta!
Un inquietante rumore, simile a quello di una frana di massi, giunse al mio orecchio con l’intensità di un colpo di pistola, ma, prima che avessi il tempo di voltarmi, qualcosa di enorme e duro mi colpì, scaraventandomi a diversi metri di distanza.
Un dolore sordo e intenso si propagò dalla tempia fino a tutta la metà destra del viso, udii un inquietante scricchiolio proveniente da più punti del mio stesso corpo; atterrai sulla lastra gelida mordendomi involontariamente la lingua e rotolai stordita fino a quando qualcosa sotto di me non cedette. Prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai immersa in un liquido scuro e freddo, troppo confusa per via della botta in testa per reagire con sufficiente lucidità.
Cadendo nel laghetto, avevo cercato di prendere una boccata d’aria, con il risultato però di inghiottire un sorso d’acqua dolciastra.
Annaspai, cercando di tornare in superficie, ma una serie di lancinanti fitte alle costole rendeva difficile qualsiasi mio tentativo di nuotare correttamente.
All’improvviso, una mano mi afferrò il polso destro, tirandomi verso l’alto. Mi ritrovai presto distesa sul ghiaccio, tossendo fiotti di acqua di lago e sangue, mentre una serie di facce pallide e preoccupate si chinavano su di me.
Non riuscivo ad afferrare bene le loro parole né a mettere a fuoco i loro volti, la mia vista era offuscata da migliaia di puntini cremisi.
- Sta perdendo sangue all’interno! – disse una voce femminile (Corinne?). – La testa è rotta…
- Dobbiamo farle sputare l’acqua!
- Felix, no!
Due enormi mani premettero con forza contro il mio sterno. Con troppa forza: le costole cedettero all’istante sotto la tremenda pressione, provocandomi una scarica di dolore così intensa da farmi perdere conoscenza per qualche secondo.
Mentre diverse voci imprecavano rabbiose e disperate, tra un’allucinazione e l’altra cominciai a prendere una certa consapevolezza: stavo morendo.
- … salvarla! – strillò una voce acuta, del cui discorso afferrai soltanto l’ultima parola.
- Lei non vuole – replicò una seconda voce, giovane e maschile. – Forse dovremo rispettare la sua volontà… forse…
- Non mi importa di cosa vuole o non vuole!
- Non puoi scegliere per lei…
- Emma!
Anche se un velo oscuro era calato sui miei occhi, riuscii a riconoscere la persona che mi stava chiamando, premendo le mani fredde sui miei zigomi.
- Emma, tu non vuoi morire! Tu non vuoi morire, vero? Vuoi che ti salviamo! Tu vuoi…
- Se ne sta andando…
- Emma, rispondi se mi senti, ti prego!
- Emma!
- Emma!
Non ero più padrona del mio corpo, l’emorragia interna mi stava facendo spegnere lentamente.
Immagini confuse vorticavano nella mia mente, permettendomi di recuperare lucidità a sprazzi e con intervalli di tempo sempre più brevi.
Che cosa volevo? Cosa sarebbe successo? Come dovevo rispondere?
Provai a sussurrare qualche parola, ma emisi soltanto un rantolo strozzato.
- Che cosa ha detto?
- Non ha detto niente, non ha risposto! Non possiamo scegliere per lei, non vuole… non ha mai voluto essere una di noi…
Le voci cominciarono ad accavallarsi sempre più frenetiche, ma il mio udito peggiorava rapidamente, mescolando i suoni con martellanti sibili.
“Peccato” pensai, delirante. “Non sono nemmeno riuscita… a dare il mio regalo a Marcus…”
Mentre mi lasciavo lentamente andare, della mani piccole ma forti si serrarono attorno alle mie spalle, strappandomi un rantolo.
- Non ho intenzione di lasciarla!
- Non farlo, lei non vorrebbe…
- No! Non lo accetto!
- La decisione non è tua!
- Io non la lascerò morire!
- Rowena!
Tante piccole lame appuntite mi trapassarono la gola all’improvviso, dando inizio a un tormento ancora peggiore.
Il mio corpo venne scosso da violenti spasmi, la mia carne fu data in pasto a fiamme incandescenti, facendomi recuperare in qualche modo la forza di gridare.
“Perché non mi uccidete e basta?” pensai disperata, mentre il fuoco mi consumava lentamente. “Perché mi torturate così?”
Senza preavviso, la mia mente dilaniata richiamò l’ultima immagine nitida che avevo catturato prima del tremendo scontro: il volto della ragazza eterea dai capelli neri, la sua mano bianca tesa verso di me.
“Didyme”
Le fiamme mi strapparono un altro grido.




***
Angolo dell’Autrice: Finalmente mi sono decisa ad aggiornare questa storia.
Come si sarà notato, impaginazione e stile sono molto più decenti rispetto ai capitoli precedenti.
Siamo giunti a un punto importante della storia perché… mancano soltanto un capitolo e un epilogo alla conclusione.
Fa un effetto piuttosto strano.
Ma, se qualcuno ha ancora voglia di seguirmi, non si preoccupi: sto per cominciare un'altra storia in cui Emma avrà un ruolo importante, pur non tornando in veste di protagonista.
Grazie a chiunque abbia letto il capitolo e l’intera vicenda.
Tinkerbell92

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Capitolo 17
*** Scopro verità inquietanti... e divento parte della famiglia ***


Nulla può tornare come prima quando attraversi l’Inferno.
Per giorni avevo camminato nuda tra le fiamme del tormento, gridando e contorcendomi senza che nessuno potesse sentirmi. O almeno così credevo.
Col tempo acquisii la consapevolezza di non stare per morire, bensì di essere in procinto di mutare, trasformarmi in qualcosa di eterno e quasi invincibile.
Il dolore cominciò a svanire lentamente, il fuoco si concentrò in un unico punto, una palla incandescente attorno al mio cuore che batteva sempre più rapido.
Nell’istante in cui credetti che il petto mi si sarebbe squarciato, la sfera infuocata si consumò, portando via con sé il mio ultimo battito.
Aprii gli occhi, trovandomi in un mondo completamente diverso da quello che ricordavo: riuscivo a vedere i minuscoli granelli di polvere che fluttuavano nell’aria, udivo suoni che un normale orecchio umano non sarebbe mai riuscito a percepire.
Serrai le mani a pugno, emettendo un grugnito stizzoso: ero legata per polsi e caviglie a una tavola di legno inclinata a circa settanta gradi, in una piccola stanza umida che ricordava vagamente il deposito di un sotterraneo.
Marcus e Rowena erano in piedi di fronte a me e mi fissavano carichi di aspettativa, mentre Aro sedeva composto su una poltroncina dall’aria antica.
Non appena incrociai i loro sguardi, un enorme sorriso si dipinse sul volto di Milady, che mi piombò addosso, abbracciandomi: - Emma! Ti sei svegliata finalmente!
Il contatto con la sua pelle non mi fece rabbrividire: le nostre temperature corporee ormai si equiparavano.
- Come ti senti? – domandò Marcus, lasciando trasparire una nota apprensiva nella voce sgranata.
Mi presi qualche secondo per riordinare le idee, poi risposi con sicurezza: - Bene. Mi sento bene.
- Meraviglioso! – miagolò Aro, alzandosi in piedi deliziato. – Non vedo l’ora di testare le tue abilità!
- Che cos’è successo? – domandai, senza prestargli troppa attenzione. – Perché sono legata?
I tre vampiri si scambiarono uno sguardo eloquente, poi Milady mi rivolse un sorriso amaro: - I ragazzi si sono lasciati prendere un po’ troppo dal gioco, mentre pattinavamo. Felix stava scappando da Corinne, si è dato uno slancio esagerato e non si è accorto che tu fossi proprio in mezzo alla sua traiettoria. Non sono abituati a giocare in quel modo con… umani nelle vicinanze. Ha provato a rimediare facendoti sputare l’acqua che avevi bevuto ma…
- Mi ha sbriciolato le costole – continuai. – Questo me lo ricordo.
La bionda annuì: - Stavi morendo e… non sapevamo se ti avrebbe fatto piacere essere salvata o meno. Tu hai sempre detto di non voler diventare un vampiro, solo che… non ce l’ho fatta, non volevo che mi lasciassi. E quindi ti ho morsa… spero che tu non ce l’abbia con me per questo.
Sospirai, scuotendo la testa: - No, non ce l’ho con Voi. A dire il vero… non so ancora come sentirmi riguardo a tutto questo…
- Noi speriamo che tu voglia unirti alla famiglia – s’intromise Marcus con fare esitante. – In modo… ufficiale. Permanente.
La sua voce mi provocò una sensazione di tranquillità. Gli sorrisi, rilassando le mani che tenevo ancora strette a pugno: - Devo ancora darVi il mio regalo…
Il vampiro si lasciò sfuggire una timida risata, accarezzandomi la testa: - Non preoccuparti, figliola. Né io né il tuo regalo scapperemo via. Me lo darai non appena sarà tutto… sistemato.
- Tutto cosa? – domandai, lanciando un’occhiata sospettosa ad Aro che mi si era avvicinato.
Il capo dei Volturi mi rivolse uno dei suoi soliti untosi sorrisini: - Emma cara, ti dispiacerebbe conferire con me in privato per qualche minuto? Sono sicuro che tu abbia molte domande da farmi…
- Ci vediamo tra poco – salutò Milady uscendo dalla stanza, seguita a ruota da Marcus che si limitò a farmi un piccolo cenno con la testa.
Non appena la porta fu chiusa, Aro afferrò la mia mano destra, domandando cortesemente: - Permetti?
Alzai gli occhi al soffitto, ma annuii. Poteva pure frugarmi nella testa, in quel momento ero talmente confusa che dubitavo avrebbe capito qualcosa.
I suoi occhi cremisi, velati da una patina lattiginosa, si illuminarono: - Certo! Come immaginavo! Non vedo l’ora di vederti all’opera mentre utilizzi il tuo dono… e…
Intuii piuttosto rapidamente quale mio ricordo l’avesse lasciato tanto stranito.
Mi schiarii la voce, muovendo le dita per ritrarmi dalla sua stretta: - L’hai vista, vero? Tua sorella Didyme, nel boschetto vicino al lago. Io non credo sia stata un’allucinazione…
- Questo non saprei dirtelo con certezza – ammise, sedendosi nuovamente sulla poltroncina. – Ma hai commesso un comprensibile errore: la fanciulla che hai visto, o che pensi di aver visto, non è chi credi. Vedi, Emma, suppongo tu possa conoscere tutta la verità, ora che sei a tutti gli effetti una di noi. Devi sapere che Didyme non era la mia unica sorella: lei aveva una gemella quasi identica, che purtroppo ci lasciò prima che potessi trasformarla. Il suo nome era Roxane. Morì dando alla luce la sua unica figlia, senza che io potessi confortarla nei suoi ultimi momenti su questa terra: non sarebbe stato piacevole se la mia sete mi avesse spinto a bere il sangue della sua dolce bambina. Non che fossi privo di autocontrollo, naturalmente, ma preferii non correre il rischio.
- Il sangue della bambina? – domandai con un lieve presentimento. – E… quello di tua sorella? Non ti avrebbe indotto egualmente in tentazione?
Un ghigno soddisfatto si dipinse sul volto del leader dei Volturi: - È proprio adesso che arriva il bello, mia cara Emma: il sangue di Roxane aveva un odore nauseabondo per noi vampiri, esattamente come te.
La sua ultima affermazione fu seguita da alcuni istanti di silenzio. La mia mente aveva cominciato a posizionare correttamente molti tasselli mancanti di un puzzle che fino ad allora mi era sembrato troppo complicato da costruire.
Eppure, c’erano ancora molte cose che mi risultavano poco chiare: - Che cosa significa questa faccenda del sangue maleodorante?
- Ecco – Aro esitò, cercando le parole giuste. – Si tratta di una malattia piuttosto rara che la medicina umana non ha mai diagnosticato per varie ragioni; innanzitutto, l’unico sintomo riconoscibile è proprio l’odore  del sangue, che però soltanto i vampiri e i licantropi riescono a percepire. Per venti, trenta o anche quarant’anni, la malattia evita di manifestarsi, senza però interrompere il proprio corso e indebolendo il fisico dell’infermo in maniera quasi impercettibile. Giunti a un certo punto, la persona affetta si ritrova completamente vulnerabile senza saperlo, fino a quando non contrae altre malattie già note, come polmonite o tubercolosi, che vengono registrate come causa della successiva morte del malato. Un altro motivo per cui gli umani non conoscono questo morbo mortale riguarda il suo essere estremamente raro: nel corso di millenni, soltanto una decina di persone, tutte appartenenti alla mia famiglia, sono venute al mondo ereditando la malattia del sangue chiamata Silentium Vermiculus.
- Silenzio… cremisi? – tradussi, scioccata dalla rivelazione. – Quindi… ero malata…
- Ti ho tenuta all’oscuro perché non mi sembrava il caso di aggravarti con un simile fardello – si giustificò, senza smettere di sorridere. – Ma ora è tutto diverso: sei fuori pericolo, Emma, e potrai vivere con noi per l’eternità.
- E perché tenere all’oscuro le persone che ne soffrono? – ringhiai. – Gli esseri umani non conoscono questa malattia: non sarebbe il caso di avvisarli? Quanto vive in media una persona afflitta dal Silentium Vermiculus? Non c’è una cura?
- Rivelarne l’esistenza potrebbe metterci in pericolo – spiegò pazientemente. – A dire il vero, nemmeno la maggior parte dei vampiri ne è a conoscenza, siamo io e pochi altri a sapere. Purtroppo non è ancora stata trovata una cura: l’aspettativa media di vita si aggira intorno ai trenta o quarant’anni, ma, in ogni caso, non mi preoccuperei troppo: le persone che la contraggono sono rarissime, probabilmente tu sei stata l’unica a soffrirne, nel corso di questo secolo. E in caso dovessero essercene altre in futuro, sarà chi possiede le competenze a occuparsene, se ne avrà voglia.
- Quanti, oltre a noi, sanno qualcosa?
Aro rifletté per un istante: - I miei due fratelli, il dottor Cullen, Mary Anne e un paio di altri fidati vampiri che non hai avuto il piacere di incontrare. Mi auguro non te la prenderai con loro per averti tenuta all’oscuro, sono stato io a impedire di rivelarti questo piccolo segreto, per il tuo bene e quello della mia… beh, nostra razza.
Cercai di replicare qualcosa, quando una forte fitta alla gola mi strappò un rantolo rabbioso: un istinto feroce e animalesco si impadronì di me, portandomi a contorcere gli arti per scaricare (invano) quell’improvvisa ondata di nervosismo.
- Ho sete – ringhiai, strappando con uno strattone le manette di ferro che mi tenevano inchiodata alla tavola. – Ho bisogno di bere…
- Ma certo – mi interruppe il vampiro, alzandosi in piedi e indicandomi la porta con fare mellifluo. – Vai pure a dissetarti, mia cara. Ti abbiamo portato un regalino che siamo certi apprezzerai: vai a prenderlo.
Non avevo torto: lo stanzino in cui ero stata rinchiusa si trovava proprio nel sotterraneo.
Salii le scale alla velocità della luce, guidata da un impulso violento e accecante: la scia di un odore invitante mi attirava a sé come il canto di una sirena.
Ora che la mia sete di curiosità era stata sufficientemente appagata, un altro tipo di sete spingeva il mio corpo verso i piani superiori del grande castello, una sete che mai mi sarei aspettata di provare.
Sangue. Volevo sangue.
Ero talmente impegnata a fiutare la fonte di quel profumo delizioso che per poco non mi scontrai con Demetri nel corridoio che conduceva alla sala del trono.
Mi fissò per qualche istante, incredulo, poi si lasciò sfuggire un sorriso: - Mi hanno appena detto che ti sei svegliata. Sei bellissima.
Anche se l’arsura mi stava tormentando la gola, risposi sorridendo a mia volta, osservando ogni dettaglio della sua persona con i miei nuovi occhi.
- Questo non te lo so dire – replicai. – Non mi sono ancora vista.
- Allora devi rimediare – disse lui, sfiorandomi la guancia con le dita pallide.
Accettai il contatto di buon grado, scuotendo però la testa: - Non adesso. Ho bisogno di bere.
- Giusto!
Il suo sorriso si trasformò in un ghigno: - Il tuo pasto ti sta aspettando.
Senza indugiare oltre, ricominciai a fiutare, seguita a distanza dal mio… beh, compagno.
L’odore si concentrava esattamente nello stesso luogo in cui, mesi prima, ero rimasta sconvolta alla vista dei cadaveri dissanguati.
Con fare bramoso spinsi uno dei portoni socchiusi e scivolai all’interno della grande stanza, che in quel momento era illuminata dai flebili raggi solari che filtravano attraverso le spesse tende grigio perla.
Due individui dall’aria grezza mi fissarono stupiti: erano corpulenti, accigliati e sporchi, ma emanavano un aroma sublime.
Umani. Umani pieni di sangue. Due. Tutti per me.
Inspirai a fondo e mi lasciai sfuggire un ringhio soddisfatto. Uno di loro avanzò verso di me con aria minacciosa: - Ehi tu, puttana! Si può sapere dove cazzo mi trovo?
- Secondo me si tratta di uno scherzo del Grosso – replicò l’altro, sputando per terra. – La porta è aperta e non mi pare ci sia più nessuno là fuori. Pestiamo questa troia e andiamocene.
- Un momento – ghignò l’umano più vicino, allungando una mano. – Prima voglio divertirmi un po’. Sei pronta a gridare, dolcezza?
Nell’istante in cui le sue turpi dita si serrarono attorno al mio collo, scattai in avanti, affondando i denti nella sua gola.
Bevvi avidamente, lasciando che il meraviglioso elisir placasse un po’ il bruciore che mi tormentava il cavo orale, poi, quando ebbi svuotato del tutto quel corpo flaccido e inerte, mi avventai sul secondo umano prima che egli avesse il tempo di reagire.
Dopo le ultime lunghe sorsate mi sentii decisamente meglio.
Demetri mi raggiunse nell’istante in cui mi alzai in piedi: tirò un fazzoletto di seta pulito fuori dalla tasca dei pantaloni e me lo passò sulle labbra.
- Che te ne pare?
Trassi un profondo sospiro: - Erano deliziosi. Da come parlavano, suppongo fossero dei criminali…
- Assassini, ladri e stupratori – annuì. – Abbiamo pensato che per te sarebbe stato più facile uccidere qualcuno della loro risma… essendo la tua prima volta…
- Ora che la mia sete si è placata e sono di nuovo lucida, apprezzo il vostro gesto – risposi, afferrando le sue mani con le mie, pallide e fredde.
Sapevo che si sarebbero prospettati tempi duri: la mia innata razionalità doveva lottare contro l’istinto di vampira neonata violenta e assetata di sangue. Sperai che la mia nuova famiglia mi fornisse tutto l’aiuto di cui avevo bisogno fino a quando non fossi stata in grado di controllarmi, tornando la persona ponderata e coscienziosa che ero.
- Ce l’hai con noi per averti resa immortale? Vedi… io non ero sicuro che Milady facesse bene a salvarti… egoisticamente ho avuto l’impulso di trasformarti nel momento in cui ti ho tirata fuori dall’acqua, ma mi ha frenato l’idea di prendere una simile decisione al tuo posto… è stato davvero orribile…
Il discorso del mio compagno mi risvegliò dalle riflessioni in cui la mia mente andava perdendosi. Alzai lo sguardo, guardandolo dritto negli occhi: - Tu… saresti stato disposto a perdermi… per evitare di andare contro il mio volere?
- Beh, naturalmente – rispose. – Non sapevamo cosa fare… forse avresti preferito morire piuttosto che diventare una creatura sanguinaria e fredda…
Ponderai a fondo prima di rispondere.
- Ammetto che è un po’ strano – sospirai infine. – Però… in fondo sono contenta di essere ancora viva, di essere ancora qui, con voi, con te…
Un sorriso mi affiorò spontaneo: - Sì, ti toccherà sopportarmi per un bel po’ di tempo, temo.
Gli occhi cremisi del vampiro si illuminarono, pur mantenendo un velo di malizia: - Sarà un vero piacere.
Senza aggiungere altro, strinsi le braccia attorno al suo collo, baciandogli le labbra con foga.
Niente più limiti, niente più esitazioni.
Sì, tutto sommato non ero scontenta della mia nuova natura.



Esitai per qualche istante prima di portarmi davanti allo specchio della stanza di Milady: sì, come previsto, ero più attraente rispetto alla mia forma mortale; i miei capelli castani non erano mai stati tanto lucidi e la mia pelle aveva un aspetto incantevole ed etereo.
Le mie iridi, prima verdi, erano tinte di rosso acceso e, in qualche modo, si intonavano bene all’ombretto sfumato che mi era stato applicato mentre ero ancora incosciente.
Nonostante tutto, però, sospirai di sollievo dentro di me: ero più bella, più forte, più avvenente, eppure ero sempre io, non vedevo un’estranea attraverso il riflesso.
Indossavo un abito attillato color verde scuro e la mia chioma era stata parzialmente raccolta sulla nuca con un fermaglio a forma di fiore.
Rowena mi affiancò, poggiando il mento sulla mia spalla: - Ti piace quello che vedi?
- Credo di sì – replicai distrattamente.
La bionda sorrise in modo enigmatico, restando in silenzio per un po’, quasi stesse riflettendo su un’importante questione.
- Senti, Emma… adesso che sei diventata una di noi… pensavo che forse potremmo rivedere la tua posizione all’interno della famiglia…
La fissai con aria interrogativa, così si affrettò a spiagare: - Quello che intendo è… ci ho pensato a lungo e sono arrivata a una conclusione: a me non serve una serva o una dama di compagnia, c’è tanta gente qui che può provvedere a me. Quello che desidero, quello di cui ho veramente bisogno è un’amica, una sorella… o anche una cugina… avevo riflettuto su questa cosa quando eri ancora umana, ma penso che adesso potremmo seriamente metterla in pratica…
- Mi state licenziando? – scherzai, voltandomi per trovarmi faccia a faccia con lei.
La vampira abbassò lo sguardo, sorridendo appena: - Voglio… vorrei che tu fossi mia amica. Vorrei che la smettessi di darmi del Voi, di servirmi.. vorrei che mi chiamassi con il mio nome invece che Milady… vorrei che tu facessi parte della mia vita in modo diverso.
Non risposi, non emisi un fiato. Mi limitai ad abbracciarla, sorridendo non appena avvertii le sue esili braccia serrarsi a loro volta attorno al mio corpo.
- Non stringere troppo – si raccomandò. – Al momento sei la più forte. Dovrai fare attenzione a non farci male.
Mi lasciai sfuggire una risatina, sciogliendo l’abbraccio e permettendole di prendermi per mano.
- Mi sa che dobbiamo andare, ora – dissi. – Aro ci sta aspettando.
Ci avviammo insieme fuori dalla stanza, dirette verso la sala del trono che era stata ripulita in tempo record. Nonostante fossimo ancora distanti, riuscivo a percepire il parlottio dei membri della famiglia che si stavano radunando al cospetto dei tre capi.
Restai piuttosto sorpresa quando, giunte dinnanzi ai due grandi portoni, mi trovai faccia a faccia con Heidi che, appoggiata alla parete con le mani nascoste dietro la schiena, si guardava attorno, aspettando chissà chi.
Non appena si accorse di noi, mi squadrò dall’alto al basso con fare impassibile.
- Ah, siete già arrivate. Hai gradito il pasto?
- Ho gradito – replicai senza battere ciglio. – L’hai procurato tu?
- È il mio lavoro -  disse, con un’alzata di spalle.
C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento: ogni traccia di odio o disprezzo nei miei confronti sembrava svanita, lasciando il posto a una cortese indifferenza.
- Io vado dentro, intanto – avvisò Milady, varcando rapida la soglia della grande sala.
Osservai a lungo la vampira dai capelli color mogano senza emettere un suono, fino a quando lei non incrociò le braccia, socchiudendo appena gli occhi dalle lunghe ciglia.
- Ti aspetti che ti attacchi di nuovo? Adesso che sei un vampiro non ho più motivo di farlo.
- Quindi il tuo unico problema riguardava il mio essere umana? – domandai scettica. – Tutto qui? Niente gelosia nei confronti di Demetri? Niente “grande amore” ostacolato da una stupida mortale?
- Di Demetri mi importa poco o niente, da quel punto di vista – ammise, sistemandosi la scollatura. – Mi sono finta una povera ex fidanzata ferita solo per darti fastidio. È più forte di me, voglio vedere ogni singolo umano soffrire in tutti i modi possibili. Puoi immaginare quanto poco potessi tollerare la presenza di una di loro al castello. Ma ora non provo più sentimenti di alcun tipo nei tuoi confronti: puoi tenerti Demetri e fare tutto ciò che ti pare.
Non ero ancora sicura di potermi fidare di lei, ma mi parve sincera.
- Quindi tutto risolto? Divento una di voi e le tue ostilità cessano all’improvviso?
- Dubito fortemente diventeremo amiche – mormorò stoica. – Ma, come ho appena detto, la tua presenza non mi crea più alcun problema.
- Avessi saputo prima che sarebbe bastato questo per evitare quei tuoi attacchi isterici, mi sarei fatta trasformare subito - feci eco in tono sarcastico.
Heidi alzò gli occhi al soffitto: - Tu non hai idea di quello che mi hanno fatto passare gli umani quand’ero ancora una di loro. Puoi chiedere a Milady o a chiunque di raccontarti la mia storia. Puoi chiedere direttamente anche a me, a dire il vero: di certo, una volta che avrai saputo ogni cosa, capirai il motivo del mio odio.
Lo ammetto, ero piuttosto curiosa, ma proprio mentre stavo per domandare qualche dettaglio in più, Rowena si affaccio sulla soglia, chiamandomi con fare spiccio.
La raggiunsi all’istante, entrando in sala a passo un po’ incerto: tutti i membri della famiglia, avvolti in eleganti abiti scuri, erano radunate al cospetto dei tre capi. Marcus e Caius sedevano sui rispettivi scranni, mentre Aro stanziava al centro della stanza, tutto intento a parlottare con una vampira dall’aria famigliare.
Dietro di lui, Renata posava una mano sulla sua spalla con fare protettivo.
- Oh, Emma! – mi salutò il viscidone, non appena si accorse della mia presenza. – Solo un minuto e sarò da te! – promise, tendendo poi la mano verso la giovane immortale dai lunghi capelli neri.
- Mostrami ciò che sai, Clarice.
Il silenzio regnò sovrano all’interno delle quattro mura, obbiettato solo dai commenti frammentati del sommo leader.
- Oh, capisco… bene, bene, così è questa la loro decisione… mi fa molto piacere e… oh, vedo che con la tua amica speciale non è andata come speravi…
- Questi non sono affari tuoi! – sbottò Clarice, ritraendo la mano con un guizzo fulmineo. – Ti ho fatto un favore solo perché me l’ha chiesto Ninì, la mia vita privata non ti riguarda.
- Oh, ma certo, ti chiedo di perdonarmi: il flusso dei pensieri non ha un ordine preciso, quindi può capitare che legga anche qualcosa di estremamente intimo e personale.
Il sorriso untuoso del vampiro si allargò: - Ti assicuro che non era mia intenzione infastidirti, anche perché mi hai fornito informazioni utilissime. Sei sempre stata così efficiente, mia cara Clarice…
- Non farti illusioni, comunque. Si è trattato soltanto di un caso isolato. Tutto qui.
- Come desideri.
La ragazza fece un passo indietro, eseguendo un piccolo inchino, poi si voltò, esitando per un momento quando Renata la chiamò, tradendo un tono sofferente e apprensivo.
- Clary…
Gli occhi cremisi della misteriosa fanciulla parvero velarsi di tristezza, ma fu solo questione di pochi attimi: a passo svelto uscì dalla sala, facendo ticchettare le suole degli stivali sul pavimento.
Nel momento in cui osservai più attentamente la guardia del corpo di Aro, notai diverse somiglianze tra le due vampire: Renata portava i capelli corti e dimostrava qualche anno in più, tuttavia, la chioma corvina e i lineamenti del volto si avvicinavano molto a quelli di Clarice.
Ebbi conferma del mio sospetto non appena il capo dei Volturi si rivolse alla propria protettrice: - Questa volta ho letto un accenno di dubbio nella mente di tua sorella. Che ne dici di andare a salutarla prima che parta? Prova a parlare un po’ con lei…
Renata annuì, attraversando la sala come un fulmine per raggiungere l’asociale consanguinea.
- Vieni, cara Emma! – mi chiamò Aro, scuotendomi dai miei pensieri.
Afferrai la mano che il Sommo Anziano mi stava porgendo, scambiando d’istinto un’occhiata con Marcus.
Lui mi sorrise debolmente.
- Molto bene – sentenziò Mister Viscidone. – Vedo… vedo la possibilità di un grande talento.
I suoi occhi color sangue si specchiarono nei miei, lasciando trasparire un guizzo di entusiasmo.
- Vediamo se funziona… ti dispiacerebbe imitare la mia voce?
Esitai: non avevo mai provato a riprodurre una voce maschile prima di allora, eppure percepii una, seppur flebile, forza nuova dentro di me, una forza che lavorava sulle mie corde vocali e sulla mia capacità di memorizzazione del suono.
- Ti dispiacerebbe… imitare la mia voce?
Non ero sicura del risultato, ma capii di aver svolto un lavoro discreto non appena il volto pallido di Aro si illuminò, mentre una risatina acuta usciva dalle sue labbra cineree.
- Straordinario! Ti prego, fallo ancora!
- Anche la risata?
- Sì, sì! Anche la risata!
Obbedii. Il capofamiglia dal sorriso untuoso era letteralmente in brodo di giuggiole.
- Ora imita Caius!
- Ora imita Caius! – dissi con la voce del vampiro biondo, il quale contrasse il viso in una smorfia.
- E ora Marcus!
Guardai alla mia sinistra, dove l’anziano immortale sedeva svogliatamente sul proprio trono.
- E ora… Marcus.
Ci scambiammo un piccolo sorriso, ignorando i sibili eccitati di Aro che ormai pareva sull’orlo del collasso.
Fosse stato umano, ero sicura che se la sarebbe fatta addosso per l’emozione.
Mi chiese di imitare ancora un paio di membri della famiglia, poi, soddisfatto, lascio andare la mia mano, congiungendo le proprie davanti alle labbra con fare estasiato.
- Straordinario! Il tuo dono può rivelarsi estremamente utile… per ironia della sorte, pare quasi complementare a quello di Rowena…
Annuii, mentre la vampira bionda mi strizzava l’occhio.
Il leader dei Volturi inclinò leggermente la testa di lato, osservandomi con aria sognante: - Oh, mia giovane e preziosissima Emma… mi piacerebbe rendere le cose ufficiali qui e ora. Ti andrebbe di darmi la tua risposta definitiva? Vorremmo sapere se desideri unirti a noi anche in questa nuova forma, entrando a far parte della più potente e antica famiglia di immortali esistente al mondo.
Non mi servì rifletterci troppo: i Volturi erano l’unica famiglia che avevo conosciuto dopo Miss Collins e i miei compagni dell’orfanatrofio.
Era chiaro che non potessi tornare indietro, senza contare il fatto che, all’interno del ricco clan dei Volturi, avrei potuto offrire anonimamente un sostegno economico alla donna che mi aveva cresciuta.  
Sospirai a fondo, nonostante non avessi realmente bisogno di ossigeno, poi risposi in tono deciso: - Sì, lo desidero.
- Bene! – esclamò il mio interlocutore, in visibilio. – È un vero piacere per noi poterti accogliere… di nuovo.
Marcus si alzò lentamente dal proprio scranno, afferrò una piccola scatola che Alec gli stava porgendo e avanzò verso di me, estraendo un medaglione dall’aria preziosa.
Osservando meglio, capii che il ciondolo appeso alla sottile catenina era la riproduzione in oro dello stemma della famiglia Volturi.
Gli permisi di allacciarlo al mio candido collo, trattenendo a stento l’impulso di abbracciarlo, e sfiorai con le dita il prezioso cimelio.
- Diamo il benvenuto a Emma Alexandra Bennett! – annunciò Aro, invitando i presenti a festeggiare con un applauso.
Feci scorrere lo sguardo ovunque per incontrare i volti di coloro con cui avevo trascorso gli ultimi mesi: Caius, Jane, Alec e Heidi rimasero impassibili, Athenodora mi rivolse un’occhiata intenerita, Sulpicia annuì con fierezza, Felix alzò il pollice verso l’alto, Demetri mi strizzò l’occhio, Marcus mi sorrise affettuosamente, mentre Rowena, mandando a quel paese qualsiasi etichetta, mi corse incontro, abbracciandomi.
Gli occhi di Aro erano illuminati da una luce avida ed entusiasta, ma non ci detti troppo peso.
Non appena i presenti distolsero l’attenzione da me, ne approfittai per sgattaiolare fuori dalla stanza, affacciandomi a una delle grandi vetrate che davano sul giardino: sotto di me, Renata e Clarice stavano ancora parlando tra loro.
Non avevo intenzione di origliare, ma facevo un po’ fatica a controllare i miei sensi super sviluppati, così afferrai buona parte dei loro discorsi.
- Se non vuoi farlo per loro… fallo per me – supplicò la maggiore. – Mi manchi, Clary. Da quando te ne sei andata abbiamo avuto pochissime occasioni per vederci…
- Lo sai che non mi piace essere sfruttata. Il mio dono e le mie abilità voglio da sola, non sono nata per servire. Tanto meno per servire quell’impiccione…
- Sai che è fatto così… - sospirò Renata, sfiorando con una carezza la guancia della sorella non appena cambiò discorso. – Quindi è andata male con lei…
- Dovrei ringraziare Aro per aver spiattellato davanti a tutti la mia vita privata – ringhiò stizzita la minore. – Che poi hai sentito come l’ha chiamata? “La tua amica speciale”. Adesso è così che si dice? Sono sicura che a lui non farebbe piacere se qualcuno definisse Sulpicia  “la sua amica speciale”.
- Non voleva offenderti…
Clarice abbassò lo sguardo, perdendosi in dolorosi ricordi: - Comunque sì, è andata male. Le nostre differenze erano troppo… inconciliabili. A partire da quella stronzata del nutrirsi con sangue animale… non che gli occhi color ambra non le donassero, però…
Per un attimo avrei giurato che l’ex guardia dei Volturi avesse sorriso, per tornare, però, cupa e risentita all’istante.
- Certo, la questione della dieta è soltanto uno dei tanti motivi per cui è finita. Ero disposta a sopportarlo, così come lei provava a sopportare il fatto che preferissi continuare a bere sangue umano… almeno fino a quando quella cretina di sua sorella non cominciava a frignare e farmi osservazione, intromettendosi. In parte credo sia anche colpa sua, è sempre stata una palla al piede.
- Anche l’altra sorella creava problemi?
- No.
Clarice incrociò le braccia, stringendosi nelle spalle: - No, Kat a dire il vero provava a farci ragionare quando discutevamo.
- È stata… lei a lasciarti?
- Lei… in un certo senso sì. Abbiamo deciso in comune accordo ma è stata lei a tirar fuori il discorso per prima…
Seguì qualche istante di silenzio, interrotto poi dalla maggiore delle due, che serrò l’altra in un abbraccio: - Mi dispiace, Clary. Quando sarai pronta mi racconterai tutto con calma. El come sta? Si trova bene con loro?
- Sì, lui sta bene. Ha trovato il tipo di vita che stava cercando. Se Aro ha poche possibilità con me, figuriamoci con lui…
Una mano sulla spalla mi fece sobbalzare, interrompendo il mio piccolo momento da impicciona: Mary Anne sorrideva con il suo solito fare sinistro.
- Ciao – la salutai, un po’ incerta. – Quando sei arrivata?
- Giusto un momento fa – rispose senza scomporsi. – Ma non mi intratterrò a lungo, Victoria mi sta aspettando fuori dal cancello. Devo ammettere che l’immortalità ti dona, Emma. Come ti senti a riguardo?
Diedi un’alzata di spalle, sorridendo appena: - Devo ancora abituarmi, ma non è male.
La vampira ricambiò il sorriso e fece per congedarsi, ma un barlume di curiosità mi portò ad afferrarle un braccio, fermandola.
- Aspetta, vorrei chiederti una cosa che mi frulla in testa da tempo. Se… se non hai troppa fretta…
- Cosa desideri sapere?
Qualcosa di leggero e sibilante mi sfiorò la nuca, ma non ci feci caso: ormai ero preparata al contatto con i suoi spiriti.
- Tu e quella donna, Victoria… in che tipo di relazione siete? All’inizio sospettavo foste sorelle ma, osservandovi meglio, mi sono resa conto che non vi somigliate affatto, se non per il colore dei capelli…
La medium emise una lieve risatina: - Non puoi fare a meno di sapere sempre tutto…  Victoria non è mia sorella, naturalmente. Mi pare tu sappia già qualcosa sul mio compagno, Tomàs…
- Quello che è stato ucciso dai cacciatori di vampiri? – domandai, mordendomi la lingua all’istante. Per un secondo temetti di averla offesa, ma lei si limitò ad annuire.
- Esatto. Tomàs era il figlio biologico dell’attuale compagno di Victoria. James lo concepì quand’era ancora umano, con una prostituta francese, per poi trasformarlo lui stesso ventun anni dopo.  Visto che Tomàs non interferiva in alcun modo con la loro relazione, Victoria intrattenne sempre rapporti amichevoli con lui e, di conseguenza, con me quando ci conoscemmo. Unendosi al mio clan, Tom le aveva addirittura fatto un favore, visto che… beh, le dava modo di rimanere sola con James. Il resto… lo sai.
Mi limitai ad annuire, mentre lei sorrise, indicando la sala del trono: - Aro mi sta aspettando. Avremo occasione di parlare spesso in futuro, noi due.
- In senso letterale… un’eternità di tempo – risposi, mentre lei mi strizzava l’occhio, allontanandosi.
Mi ricordai improvvisamente di una cosa, così, rapida come il vento, mi recai nella stanza di Rowena, afferrai il pacchetto incartato che tenevo nascosto nel guardaroba e tornai altrettanto rapidamente nei pressi del grande salone, fermandomi giusto in tempo per evitare di scontrarmi con Demetri.
Il giovane vampiro si lasciò sfuggire una piccola risata: - Ammettilo, questa cosa dello spostarsi a velocità sovraumana ti diverte.
- Puoi biasimarmi? – replicai ironica, per poi fare un passo indietro. – Sei in partenza?
- Ho una piccola missione, ma tornerò presto – disse, sfiorandomi la guancia con una carezza.
Portai istintivamente la mano sul medaglione donatomi dai tre capi e sogghignai: - Guai a te se osi approfittare della faccenda dell’immortalità per sparire nel nulla.
Ridacchiammo assieme, poi lui si chinò su di me, mi baciò e disse semplicemente: - Non lo farò. Promesso.
Lo guardai allontanarsi lungo il corridoio, con le labbra piegate in un sorriso, poi varcai la soglia della sala del trono, cercando Marcus in mezzo ai presenti. Non mi ci volle molto tempo per individuarlo: se ne stava in disparte appoggiato a una parete, assorto in chissà quali pensieri.
Lo raggiunsi in meno di un secondo, porgendogli il pacco che avevo appena recuperato.
- Scusate il ritardo – mormorai.
L’anziano vampiro sorrise benevolo, scartando il mio dono con cautela. La sua espressione si rilassò ulteriormente non appena si ritrovò tra le mani una spilla d’argento di forma ovale, con su incisa una piccola dedica.
“Family by choice. Forever.”
 - Sul retro, in piccolo, ho fatto incidere il mio nome – spiegai. – Non avevo idea che quel “per sempre” sarebbe rimasto effettivamente tale. Volevo che Vi ricordaste di me anche quando… me ne fossi andata.
- Emma…
La voce di Marcus sgranò appena: - Io… non ho parole per tutto questo, se non una… proposta. Rowena mi ha detto che d’ora in poi smetterai di darle del Voi e chiamarla Milady… non pretendo che tu cominci a chiamarmi nel modo che desidero di più, ma mi piacerebbe che cominciassi a rivolgerti a me in modo informale… tu… tu sei come una figlia per me…
- E Voi… tu – mi corressi. – Tu sei senza dubbio come un padre per me, Marcus…
Lo abbraccia, senza preavviso, e sorrisi non appena avvertii le sue braccia serrarsi attorno al mio corpo di neonata.
- Padre – sussurrai.
- Figlia- rispose.
Mi scostai dopo diversi secondi, permettendogli di posarmi un bacio sulla fronte, voltandomi poi verso Rowena che, a qualche metro da me, stava chiacchierando allegramente con Corinne, Afton e Chelsea.
Ripercorsi mentalmente l’insieme di istanti trascorsi assieme, dal primo incontro: ricordai l’odio iniziale per una ragazzina viziata e prepotente che si era gradualmente trasformato in qualcosa di diverso, qualcosa che aveva spinto quella stessa ragazzina ad azzannarmi la gola per salvarmi la vita.
Milady.
Padrona. Amica. Ora cugina.
Sì, in fin dei conti ero contenta che avesse preso quella difficile decisione al mio posto.
Non appena avvertì il mio sguardo su di sé, Rowena si voltò, unendo in due lunghe linee immaginarie i suoi occhi color ghiaccio con i miei, rossi come il fuoco.
Entrambe sorridemmo.



***
Angolo dell’Autrice: Ed ecco qua il capitolo conclusivo della storia, ufficialmente l’ultimo prima dell’epilogo.
Molti misteri sono stati svelati, spero di non aver deluso le aspettative di nessuno o reso qualche vicenda poco credibile.
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto e, se vorrete, ci rileggeremo nell’epilogo e poi nella nuova storia.
Un bacio,

Tinkerbell92

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo.



- Questa volta l’hanno combinata davvero grossa.
Rowena fissa l’acconciatura con un paio di forcine, osservando il proprio riflesso nello specchio con aria contrariata.
- Passi la faccenda dell’umana ma… addirittura un bambino immortale?
Si prende qualche secondo per ammirare soddisfatta la propria opera, ritoccando poi le labbra con il rossetto color pesca.
- Quei Cullen ci stanno portando soltanto un sacco di guai, ultimamente…
- Mi domando cosa possa averli spinti a una simile azione – replico distrattamente, coprendo la mia folta chioma castana con il cappuccio della cappa scura che ho appena indossato. – Il giovane Edward non mi è mai parso particolarmente sveglio e razionale, già da quando ha cercato di suicidarsi in quel modo stupido avevo capito che qualcosa non andava nella sua testa… ma, se esiste una persona corretta e affidabile a questo mondo, quella persona è Carlisle… possibile che non sia stato in grado di impedire che quella bambina venisse trasformata?
- Forse, Edward, o chiunque abbia commesso il crimine, l’ha fatto a sua insaputa – commenta la vampira bionda, mentre usciamo dalla stanza avviandoci insieme lungo il corridoio che porta alla scalinata principale.
Mi mordo le labbra, dubbiosa: - Forse non sono particolarmente brillanti, ma mi sono sembrati uniti come famiglia… Marcus mi ha detto che tra i Cullen corre un legame affettivo fortissimo… perché uno di loro avrebbe messo gli altri in pericolo in questo modo? Mi viene da pensare che l’artefice più plausibile del delitto sia la moglie di Edward: potrebbe essere stata ignara della legge riguardo i bambini immortali, o magari venir spinta da un atto di compassione, in caso avesse trovato la piccola ferita e sofferente… la cosa però stonerebbe con la sua natura di neonata, io stessa, appena trasformata, sarei stata incapace di controllarmi di fronte a un essere umano sanguinante, che fosse un bambino o meno…
- In qualunque modo siano andate le cose, mi auguro per loro che abbiano un’eccellente spiegazione.
Raggiungiamo i portoni d’ingresso, dove i tre capi attendono assieme ad Alec, Jane e alle due mogli.
Rowena si getta all’istante tra le braccia della madre, senza degnare gli altri di un saluto: da quando Aro ha deciso di segregare le adorate consorti nella torre, permettendo loro di uscire in rare occasioni, talvolta capita che passino giorni o settimane prima che Athenodora riesca a vedere la figlia.
Le solite “misure di precauzione” che al leader dei Volturi stanno tanto a cuore, molto più degli affetti famigliari.
Afferro il braccio di Marcus, scambiando con lui un’occhiata eloquente.
- A te non suona strana questa faccenda, papà? – domando, mentre i portoni si spalancano. – Che cosa sarà saltato in mente a quei pazzi?
L’anziano vampiro piega le labbra in un sorriso amaro: - Penso che tra poco lo scopriremo.
Le guardie sono già schierate ordinatamente in giardino e attendono il nostro passaggio prima di affiancarci formando una specie di scudo semicircolare.
Dovremo sbrigare un po’ di faccende prima di raggiungere Forks, Aro ha deciso di dare la caccia a chiunque cerchi di schierarsi con Carlisle.
- Mi auguro anch’io abbiate una buona spiegazione, Cullen – mormoro tra me, accelerando gradualmente l’andatura.
Protetti dal silenzio della notte, avanziamo rapidi, letali, instancabili, volti a scoprire la verità e riportare ordine e giustizia per proteggere la nostra razza.
L’ombra ci avvolge con un materno abbraccio.
Siamo pronti.





***
Angolo dell’autrice: Ecco qua l’epilogo della storia, raccontato al presente e collegato in modo diretto alla saga originale. Spero di non aver deluso nessuno.
Per la terza volta (ormai sono ripetitiva) annuncio, per chiunque sia interessato, che presto arriverà un’altra storia, che si legherà a questa in modo particolare.
Il titolo sarà “Silver lights” e avrà per protagonisti i miei personaggi preferiti dell’intera saga (indizi? luci argentate, ululati alla luna… mi sa che si è capito XD)
Ringrazio tantissimo tutti coloro che mi hanno seguita, leggendo e recensendo, mi avete dato enormi soddisfazioni.
Vi mando un grande abbraccio e vi do’ appuntamento, se vorrete, alla prossima.

Tinkerbell92

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