Prima di iniziare il
secondo capitolo vorrei dire giusto un paio di cosette:
- innanzitutto grazie
mille a tutti coloro che hanno recensito, sono la mia gioia e la mia
motivazione a proseguire! Spero che questo mio esperimento continui a piacervi!
- in secondo piano,
vorrei porre una questione: ho notato spulciando nel mio profilo che questa ff è tra i preferiti di ben undici persone (felicità!)…
eppure solo due di esse hanno recensito.
Allora io non intendo
assolutamente fare polemica, anzi! Ringrazio infinitamente quelle undici
persone che hanno dimostrato di apprezzare così tanto ciò che ho scritto…
vorrei solo sapere però il perché ciò che ho scritto è apprezzato. E’ ciò che
mi dà la carica per proseguire e lo spunto per migliorarmi. ^^
Grazie dell’attenzione!
Un bacio,
Dolceamara
Harry mi guarda, poi sospira e
riabbassa lo sguardo.
Non pensavo ci sarebbe stato tanto male, dice, non pensavo
davvero. E’ così da parecchio? chiede, e io rispondo
sì, Potter, sì. Dal fottuto giorno in cui l’hai
mollato con due parole e una pacca sulla spalla.
Sguardo a terra su una scarpa da ginnastica portata da
troppo tempo.
Mi dispiace, fa lui, poi tace.
In questo momento mi viene in mente una sera di qualche anno
fa, quando in un attacco di bontà spudorata dissi a Dobby
(è tornato al nostro servizio) di piantarla che cazzo
di fracassarsi la sua dannata testa contro ogni soprammobile ci fosse in casa., che l’avrei buttato fuori se avesse continuato.
Lui abbassò gli enormi occhi acquosi e disse la stessa
identica cosa: mi dispiace.
Solo che lui di seguito vi aggiunse un “padrone”, e non che
l’idea di Potter mio schiavo non mi allettasse, ma non mi pareva quello il modo
in cui avrebbe dovuto scusarsi con me.
Smettila Potter, dico. Non dovresti dirlo certo a me.
Lui mi guarda e si appoggia al muro dietro di sé. Blaise sa che mi dispiace, mormora.
Ah sì?, faccio io. Allora a quanto pare non gli basta.
Do uno sguardo fuori dal vicolo,
dove Blaise è ancora seduto sul marciapiede, la
signora a cui l’ho affidato che gli sta dietro e lo abbraccia, passandogli
grosse mani tozze sulla fronte sudata.
Lo so, ma non so che altro fare, dice lui.
Potresti iniziare col spiegargli il
perché di questa tua assurda decisione, dico io.
Non è così semplice.
Sì che lo è.
Perché, hai esperienza? mi chiede
puntando dritti dritti gli occhi su di me.
Non dico niente, e lui sorride.
Avanti Malfoy, inizia, sicuro lo
sai cosa vuol dire non provare più niente per una persona. Sempre che tu abbia mai provato qualcosa per qualcuno, aggiunge.
Si passa una mano tra i capelli e poi incrocia le braccia
sul petto. Inclina la testa e questo mi dà l’impressione che si aspetti di
avermi fregato in qualche modo con questa sua affermazione, e non ho affatto
intenzione d dargliela vinta.
Non perdo troppo tempo a rispondere. Oh, ( voglio sembrare
divertito ) immagino che la mia fama di cuore di ghiaccio ti abbia raggiunto
fin qui, Potter. Deve essere stato duro per le ragazzine di questo paese sapere
che non potrò mai amare nessuna di loro.
Lui sospira.
Non solo per le ragazzine a quanto dicono le voci, dice
guardandomi, non solo loro a quanto pare.
Io sorrido e scuoto il capo. Già, non solo loro a quanto pare, rispondo, e mi avvicino a lui.
Credi che io (mi punto il dito contro il petto) sarei mai venuto in un locale chiaramente omosessuale se non
lo fossi?
Bugia, per Blaise l’avrei fatto.
Ma ad ogni modo è divertente ribadire la propria sessualità a
questo modo.
Già, risponde lui e ghigna appena. Forse no.
Anche se non avrei mai pensato tu fossi gay, biondino
platinato.
Io rido. Nemmeno mio padre se te
lo sei mai chiesto, rispondo.
Già.. Lucius
all’epoca non la prese molto bene quando mi vide addormentato nel letto con ben
pochi abiti addosso e abbracciato ad una schiena maschile.
Non la prese bene affatto.
Potter cambia immediatamente espressione e si stacca dal
muro dietro di sé.
Mi si avvicina un poco, ed io mi appoggio al muro dietro di
me.
Me lo sono chiesto, sussurra. I suoi occhi brillano al buio.
Rimane fermo in piedi, le mani abbandonate sui fianchi e il
collo della maglia troppo larga che gli cade sulle clavicole.
Quando apre le labbra e parla mi sembrano trascorsi anni.
Ti… fece qualcosa?
Io ricambio il suo sguardo fisso.
Intendi picchiarmi? dico.
Lui annuisce, lentamente.
Sorrido, e mentre sorrido penso che potrei anche mettermi a
ridere.
No, Potter, no! esordisco, ancora
sorridendo. Non so perché, ma tutti avete l’assurda convinzione che mio padre
trascorra le proprie giornate ad incatenarmi ai muri di casa e divertirsi a
colpi di frusta. Cazzo, no Potter, no!
Sto sorridendo così ampiamente che mi bruciano gli occhi.
Potter invece è ancora impietrito al suo posto, il respiro che entra ed esce
dalle sue labbra più tranquillamente di prima
E’ che tuo padre, dice, è tuo padre. Non ha una bella fama.
Lo so.
Dunque la prese bene? dice lui.
Non esattamente, rispondo, e torno a sorridere. Mi chiuse in
camera con Pansy per una settimana intera, dando a
lei precise istruzioni su quanti tentativi di sedurmi dovesse
fare!
Potter mi guarda incredulo, poi si mette a ridere.
In effetti la cosa in sé è
abbastanza ridicola. Rido anche io.
Accidenti, fa lui. Non credevo che avrei mai reputato tuo
padre buffo un giorno.
Alzo le spalle, ancora appoggiato al muro. Capita.
Cazzo, è surreale, dice lui dopo
poco, ancora ridendo.
Cosa? chiedo io.
Io e te, qui.
Cosa c’è di surreale in questo? gli
chiedo di nuovo.
Stiamo ancora parlando di Blaise, Draco? risponde lui, inclinando la
testa.
Lo guardo mentre si infila
ghignante le mani in tasca ed alza lo sguardo sul mio viso.
Mi appoggio il palmo della mano sulla fronte e scuoto il
capo.
Cazzo, hai ragione, dico.
Già, risponde. Ad ogni modo mi dispiace davvero per lui,
devi credermi.
Sospiro, e lo guardo.
Lo so che ti dispiace, gli rispondo, arreso.
Lui mi guarda sorpreso.
Io mi infilo le mani in tasca e mi appoggio più che posso al
muro.
Lo sai chi è stato il mio primo ragazzo, Potter? gli chiedo.
Un cenno del suo capo, ed io continuo.
Blaise, dico.
Potter mi pianta gli occhi sui miei come fossero
chiodi.
Sei stato con Blaise? mormora, volgendo lo sguardo fuori dal vicolo, dove la
signora col vestito a fiori abbracciata a Blaise
comincia a guardarsi intorno, cercandoci.
Io annuisco.
E perché vi siete lasciati?
Potter ora mi scruta come fossi una
specie rara di un qualche strano animale.
Perché per me era poco più di un amico, gli rispondo.
Lo è anche per me, dice lui.
Lo so, dico io.
Allora perché siamo qui?
A dire il vero non so proprio come rispondergli a questa
domanda. L’ho trascinato qui con tutti i miei propositi al loro posto, convinto
di stare agendo per difendere un amico e soprattutto di star facendo la cosa
giusta.
Ma lo sguardo di Potter mi lascia un nonsochè
di acuminato, e a me fa venire una gran voglia di pungermi.
Perché, sospiro e inizio a parlare, non voglio che Blaise soffra ancora.
Lui inclina il capo, verso il basso però stavolta.
Cazzo, continuo io, l’hai visto
com’è ridotto! Voglio dire… ubriacarsi per locali babbani…
non è da lui.
Potter annuisce. Lo so, risponde.
La signora che sostiene Blaise
adesso ha iniziato a chiamarci, pur continuando ad accarezzare il povero
malcapitato con le sue manacce tozze.
Ragazzi! strilla. Ragazzi! Mio marito mi aspetta!
Harry l’ascolta e ridacchia.
E’ carino quando ridacchia, anche
quando ride.
Che dici, andiamo? chiedo io con un
certo senso di mancanza nello stomaco.
Lui sbuffa. Iniziava a piacermi questo cubicolo, dice
sorridendo appena.
Io sorrido di rimando e mi viene in mente quella volta in
cui ho attirato Pansy in un sottoscala del maniero e ce l’ho chiusa dentro senza farla uscire finchè
non ha promesso di aiutarmi con il compito di incantesimi.
Potter adesso è tornato ad appoggiarsi al muro, contro un
manifesto babbano che annuncia che il diciotto di luglio si terrà un concerto
di un tizio con uno strano nome, la cui fine è nascosta dalla spalla di Harry.
Sospiro, lo guardo e prendo a camminare per uscire dal
vicolo.
Lui si stacca immediatamente dal muro e mi afferra un
braccio.
Aspetta, dice.
I suoi occhi brillano al buio.
Devi dare a Blaise una cosa da parte
mia, continua.
Io lo guardo scettico e incrocio le
braccia sul petto, aspettando.
Lui si morde le labbra, poi mi mette le mani sulle spalle.
Avvicina il suo volto al mio: mi bacia.
La sua bocca tocca la mia, la mia tocca la sua e credo che
si chiami proprio bacio.
Poi la sua mano accarezza la mia guancia, e non sono sicuro
di saperne il nome.
Quando la sua lingua va oltre le mie labbra non penso esista
un nome.
Prendo un respiro dentro la sua bocca e dopo poco lui si
allontana.
Sospira, mi guarda, sospira.
Non è vero, mormora, questo non darlo a Blaise.
E mentre lui si allontana scomparendo nel buio del vicolo io
rimango immobile, l’aria che entra ed esce dalle mie labbra e le orecchie piene
di un’eco silenziosa, macchiata qua e là dalla voce della signora col suo
vestito a fiori, che adesso strilla un po’ più forte.
Rimango immobile e confuso, respirando.
Fine seconda parte.