Kurai koi - Amore oscuro di Aoimoku_kitsune (/viewuser.php?uid=131537)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1-parte prima ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Amore oscuro
Prologo
A volte la fiamma che dalle ossa lambisce la pelle si placa.
È la sua fiamma. In un recesso della sua mente, in cui era
ancora in grado di ragionare in modo razionale, ne era convinto.
La fiamma che aveva alimentato per secoli con il suo corpo martoriato e
la mente in rovina.
Tempo prima - e chissà quanto ne era passato -
l’orda del vampiri lo aveva intrappolato nelle catacombe
sotto Parigi. Incatenato a una roccia, arti e collo immobilizzati.
Davanti a lui, l’ingresso degli inferi che sputava fiamme.
È lì che lui attende e soffre, gettato in pasto a
una colonna di fuoco che può indebolirsi, ma che non ha
fine, non ha fine proprio come la sua vita. La sua esistenza nel
bruciare fino alla morte, ripetutamente, per poi ritornare in vita
grazie all’ostinatezza della propria immortalità.
A condurlo fin lì erano state le sue ambiziose illusioni di
una ricompensa; tutto ciò che gli rimaneva era curare la
rabbia che si celava nel suo corpo, prima che arrivasse lui.
Durante i secoli gli era successo di sentire strane cose nuove
lassù nelle strade, di tanto in tanto avvertiva il cambio di
stagione a Parigi. Ma ora aveva fiutato lui, il suo Compagno, il
Compagno destinato a lui, solo lui.
Il ragazzo che aveva cercato senza sosta per un millennio, fino al
giorno della sua cattura.
Le fiamme si erano abbassate.
In quel momento, lui indugiava lassù da qualche parte.
Fu sufficiente.
Un braccio fa per spezzare le catene finché lo spesso
metallo incide la sua pelle. Il sangue prima sgocciola poi si riversa
con più intensità. Tutti i muscoli del corpo
esanime lottano all’unisono, per ottenere ciò che
non è riuscito a fare per un’eternità.
Per lui può farlo, deve.
Quando si libera da due catene, le urla diventano una tosse soffocata.
Non ha tempo per dubitare di ciò che ha fatto.
Lui è così vicino che può quasi
sentirlo.
Ho bisogno di lui.
Un altro arto libero.
Con entrambe le mani stringe il metallo in cui lo aveva immobilizzato.
Le due estremità sono conficcate a un metro di
profondità, lo sa, ma in quel momento, in
quell’attimo, non ci vuole pensare.
Le forze lo stanno abbandonando, ma niente potrebbe fermarlo con lui
così vicino.
In un’ondata di pietre e polvere, il metallo si stacca, il
rinculo scaglia lui lungo quello spazio cavernoso.
Tira la catena legata attorno alla coscia.
La spezza e si libera la caviglia, poi si dà da fare con le
ultime due che bloccano l’altra gamba. Senza nemmeno
abbassare lo sguardo tira, l’immagine della fuga nella sua
mente.
Nulla.
La confusione dipinta sul suo volto.
Riprova.
Si sforza, urla di disperazione.
Nulla.
L’odore di lui svanisce poco a poco.
Non c’è tempo.
Osserva con spietatezza la gamba intrappolata.
Immagina come potrebbe immergersi in lui e dimentica il dolore, stringe
le mani sopra al ginocchio.
Desiderando di perdersi in lui, tenta di spezzasi l’osso.
Ci prova sei volte a causa della sua debolezza.
Gli artigli tagliano la pelle e il muscolo, ma il nervo lungo il femore
è teso come una corda di pianoforte.
Quando ci si avvicina, un dolore inimmaginabile lo invade ed esplode
nella parte superiore del suo corpo, facendogli perdere i sensi.
Troppo debole, troppo sangue.
Presto le fiamme saranno di nuovo alte.
I vampiri ritornano periodicamente.
L’avrebbe perso proprio ora che l’aveva trovato?
-Mai.
Dice con voce seccata.
Si arrende alla bestia che si cela dentro di lui, la bestia che si
libererà con le proprie zanne, che berrà
l’acqua dai canali di scolo, e che frugherà nei
rifiuti per sopravvivere.
Osserva l’amputazione disperata come fosse testimone di una
sofferenza lontana.
Strisciando via da quella tortura, abbandonando la propria gamba, si
nasconde nell’ombra delle catacombe umide finché
non scorge un passaggio.
Sempre attento ai nemici, avanza furtivamente sulle ossa che ricoprono
il suolo.
Non ha idea di quanto sia lontana l’uscita, ma seguendo
l’odore di lui trova la strada e la forza.
Si rammarica del dolore che gli infliggerà.
Sarà così legato a lui da sentire quella
sofferenza e quell’orrore come propri.
Non si può evitare.
Lui sta scappando, sta facendo la sua parte.
Potrà lui salvarlo dai ricordi se la pelle brucia ancora?
Finalmente sbuca in superficie, in un vicolo buio. L’odore di
lui sta svanendo.
Il destino glielo aveva offerto quando lui ne aveva più
bisogno, e che dio aiutasse lui - e quella città - se non
fosse riuscito a trovarlo.
La sua brutalità era stata leggendaria, e per il suo
Compagno l’avrebbe scatenata senza limiti.
Combatte per sedersi appoggiandosi a un muro.
Tenta di calmare il respiro affannoso per sentire
l’odore di lui ancora una volta. Lungo la strada di mattoni
si possono vedere impronte profonde di artigli.
Ho bisogno di lui. Di
immergermi in lui. Ho aspettato tanto…
L’odore è sparito.
Il corpo fu attraversato da violente scosse per la perdita e gli occhi
divennero lucidi.
Un ruggito di dolore fece tremare la città.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1-parte prima ***
Capitolo 1
- parte prima
In ciascuno individuo, anche in
alcuni di noi
che sembrano
molto equilibrati,
c’è
una specie di desiderio pericoloso,
selvaggio e
sfrenato,
il quale si
manifesta appunto nei sogni.
Una settimana dopo…
Su un’isola del Giappone, i cittadini di Sopporo
partecipavano alla rappresentazione che aveva come sfondo notturno un
tempio senza tempo. Naruto Uzumaki camminò in mezzo a
mangiafuoco e scippatori.
Vagabondò tra i gruppi di persone vestite di bianco e rosso
che si accalcavano davanti al tempio come se fosse la nave madre che li
richiamava a casa.
Nonostante questo, lui attirava l’attenzione.
Quando gli passava davanti, i maschi umani si voltavano lentamente,
l’espressione accigliata, avvertivano qualcosa, ma non ne
erano certi.
Forse si trattava di ricordi molto vecchi ereditari, che lo indicavano
come la loro più sfrenata fantasia o il loro peggiore incubo.
Naruto non era niente di tutto questo.
Era uno studente - laureato da poco - tutto solo e affamato a Sopporo.
Stanco per l’ennesima ricerca infruttuosa di sangue,
crollò su una rozza panchina sotto un castagno, gli occhi
inchiodati sulla cameriera che serviva un espresso al bar.
Perché non poteva essere così semplice anche con
il sangue?
Sì, se fosse arrivato caldo e intenso da un rubinetto senza
fondo, allora il suo stomaco non si sarebbe lamentato.
Morire di fame a Sopporo.
E senza amici.
Si era mai trovato così nei guai?
Le coppie che si tenevano per mano lungo il vialetto di ghiaia
sembravano prendersi gioco della sua solitudine.
Era solo la sua impressione o sembravano adorarsi più che
nelle altre città? Specialmente in primavera.
Crepate, bastardi, pensò.
Sospirò. Non era colpa loro se erano dei bastardi che
dovevano crepare.
Era stato spronato a entrare in quella lotta dalla prospettiva sella
sua stanza d’albergo che riecheggiava e dall’idea
di poter trovare un altro spacciatore di sangue nella città.
Il suo vecchio aggancio era andato verso sud, letteralmente, un volo da
Giappone - Australia.
Aveva dato qualche spiegazione sul perché lasciava il
lavoro, dicendo che con l’arrivo
del re risorto un po’ di importante merda epica
stava ribollendo nella gay
Paree.
Qualunque cosa volesse dire.
Essendo un vampiro, faceva parte di quel gruppo di creature che avevano
convinto gli umani della loro esistenza solo
nell’immaginazione.
Anche se la setta di cui faceva parte aveva esteso un gran strato in
quella città, Naruto non riusciva a rimpiazzare il suo
pusher.
Tutti quelli che avvicinava per chiedere una dosa, fuggivano da lui
soltanto perché era un vampiro. La gente accelerava il passo
senza sapere che era un mezzosangue, né che Naruto era un
fifone che non aveva mai morso nessun essere vivente. Come amavano dire
le sue zie adottive -
Naruto si mette a piangere se spezza le ali di una farfalla.-
Durante il viaggio che aveva voluto affrontare con insistenza, Naruto
non aveva ottenuto nulla.
La sua missione per recuperare informazioni riguardo i genitori defunti
- la madre kitsune e lo sconosciuto vampiro - era stata un fallimento.
Un fallimento culminato con la telefonata alle zie nella quale chiedeva
si essere portato a casa, poiché non riusciva a sfamarsi da
solo.
Pietoso.
Sospirò.
Sarebbe stato deriso per altri settant’anni.
Sentì un improvviso rumore, poi un altro, e prima che
potesse dispiacersi per la cameriera, un terzo.
Inclinò la testa incuriosito, proprio quando un ombrellone
da tavolo dall’altra parte del viale venne scaraventato a
quattro metri e mezzo d’altezza, verso il cielo, in volo
verso il fiume.
Un’imbarcazione da crociera suonò il clacson e poi
ci fu una serie di imprecazioni in giapponese.
Illuminato per metà dalla luce delle torce, un uomo
imponente girò verso i tavoli del bar, i cavalletti degli
artisti e gli stand dei libri del secolo prima.
I turisti gridarono e fuggirono in preda al panico. Naruto si
alzò di scatto, ansimante, sistemandosi la borsa a tracolla.
L’uomo si fece strada verso di lui trascinandosi il trench
nero.
La sua mole e movimenti fluidi e innaturali gli fecero dubitare della
sua stessa natura umana. I capelli folti e lunghi, nascondevano
metà del volto.
Lo indicò con mano tremante.
-Tu.
Ringhiò.
Naruto si voltò da una parte e dall’altra alla
ricerca di quello sfortunato tu al quale si era rivolto
l’uomo. Era lui. Merda, quel pazzo aveva preso di mira lui.
L’uomo girò il palmo e gli fece cenno di
avvicinarsi, convinto che lui lo avrebbe assecondato.
-Uh, i... io non ti conosco.
Disse lui spaventato, cercando di mettersi in salvo, ma le sue gambe
finirono ben presto contro la panchina.
L’uomo continuò ad avvicinarsi a lui, ignorando i
tavoli che li dividevano, gettandolo via come giocattoli
anziché cambiare direzione.
Negli occhi grigio scuro ardeva un proposito furioso.
Naruto poteva avvertire la rabbia ma mano che lui si avvicinava.
Era stizzito perché i suoi simili erano sempre considerati
predatori della notte, mai le vittime, e perché, in fondo,
era un codardo.
-Vieni qui.
Pronunciò quelle parole come se fosse in
difficoltà e gli fece nuovamente un cenno.
Naruto scosse la testa, gli occhi spalancati, poi balzò
all’indietro sulla panchina, volteggiando per aria.
Atterrò si spalle a lui e iniziò a correre lungo
il molo.
Era debole, più di due giorni senza sangue, ma il terrore
gli mise le ali ai piedi mentre attraversava il ponte per uscire.
Tre… quattro isolati superati.
Corse il rischio di voltarsi. Non lo vide. Lo aveva perso? Una
musichetta improvvisa e una luce dalla sua borsa lo fecero urlare.
Chi diavolo gli aveva messo quella orribile suoneria sul cellulare?
Gli occhi si ridussero a due fessure. Zia Ino, l’immortale
più immatura sulla faccia della terra, che sembrava una
sirena ma si comportava come il membro di una confraternita
all’università.
Nella loro congrega, i cellulari erano solo per emergenza.
Le suonerie potevano disturbare la loro caccia nei vicoli di Konoha, e
perfino la vibrazione sarebbe stata sufficiente a catturare
l’attenzione di una creatura inferiore.
Lo aprì.
Quando si parla del diavolo… era Ino.
-Ora sono occupato.
Disse Naruto con tono seccato, guardando nuovamente con la coda
dell’occhio.
-Lascia perdere la tua roba. Non perdere tempo a impacchettarla.
Tsunade ti vuole subito in aeroporto. Sei in pericolo.
-Ma va?
Click. Non
era un avvertimento, era la realtà.
Una volta sull’aereo avrebbe chiesto i particolari. Come se
avesse avuto bisogno di un motivo per tornare a casa.
Bastava accennare un pericolo perché ritornasse a gambe
levate alla congrega, dalle sue zie volpi che avrebbero ucciso chiunque
avesse avuto brutte intenzioni nei suoi confronti o lo avrebbero messo
alle strette.
Mentre cercava di ricordarsi la strada per l’aeroporto nel
quale era atterrato, iniziò a piovere, una pioggia leggera e
calda all’inizio che divenne fitta e gelida.
Giunse a un viale affollato, si sentiva al sicuro camminare in mezzo al
traffico. Schivò le macchine che andavano a tutta forza,
tergicristalli e clacson sempre in azione. Non vide il suo inseguitore.
Con la sola borsa a tracolla, camminò alla svelta, le miglia
scorrevano sotto i piedi prima di scorgere un parco e un aeroporto
proprio al di là.
Riusciva a vedere l’aria attorno ai motori accessi degli
aerei, le ombre delle tendine tirate su tutti i finestrini.
Era quasi arrivato.
Naruto si convinse di averlo perso, lui era veloce.
Era anche esperto nel convincersi di cose che potevano anche non essere
vere, era bravo a fingere. Poteva fingere di frequentare le scuole
serali per scelta, e che arrossire non gli faceva venir sete.
Un ringhio feroce.
Spalancò gli occhi, ma non si girò, si
limitò a correre attraverso il campo.
Sentì degli artigli che affondavano nella sua caviglia un
secondo prima di essere trascinato nel fango e messo di schiena.
Una mano gli coprì la bocca, anche se lui era stato
addestrato a non urlare.
-Non scappare mai da uno come me.
Il suo aggressore non sembrava umano.
-Non fuggirai. E ci piacerà.
La voce era gutturale come quella di una bestia.
Quando lui lo osservò attraverso la pioggia, Sasuke lo
esaminò con occhi che un primo momento erano rossi e che poi
divennero di un nero inquietante.
No, non era un umano.
Da vicino, Naruto riuscì a notare che i suoi lineamenti
erano regolari, maschili. Mento e mascella pronunciati completavano un
viso i cui tratti sembravano scolpiti.
Era bello, così tanto da fargli credere che potesse essere
un angelo caduto dal cielo.
Possibile, come poteva escludere qualcosa?
La mano che gli aveva coperto la bocca gli afferrò con forza
il mento. L’uomo socchiuse gli occhi, concentrandosi sulle
labbra, sulle zanne appena visibili di lui.
-No.
Disse sconvolto.
-Non è possibile…
Gli mosse la testa con violenza da una parte all’altra,
spostando la propria sotto il collo di lui per sentirne
l’odore, e poi ringhiò accecato dalla furia.
-Maledetto.
Quando i suoi occhi divennero rossi, Naruto gridò, il
respiro sembrava abbandonarlo.
-Sei in grado di smaterializzarti?
Disse con voce roca come se avesse problemi a parlare.
-Rispondimi!
Naruto scosse il capo, non capiva. Quello di smaterializzarsi era il
modo in cui i vampiri si teletrasportavano, scomparendo e riapparendo
nell’aria rarefatta.
Sa che sono un vampiro?
-Puoi?
-N… no.
Non era mai stato abbastanza forte o allenato.
-Per favore.
Disse sbattendo le palpebre sotto la pioggia, gli occhi supplicanti.
-Hai sbagliato persona.
-Credo di conoscerti. Se insisti farò una prova.
Sollevò una mano.
Per toccarlo? Per colpirlo?
Naruto si dimenò, gemendo disperato.
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Ciao a tutte.
L'altra volta ho pubblicato il primo capitolo senza srivere note o
altro.
Questa storia, sfortunatamente, non è farina del mio sacco.
E' praticamente stata ispirata, la storia, dal romanzo di Kresley Cole
- Dark Love. Questo romanzo è il primo libro della serie GLI
IMMORTALI che io consiglio come lettura, perchè l'autrice ha
creato una serie fantastica.
In questo romanzo i personaggi principali sono Emma o Emmaline, che
è un mezzo vampiro e mezza valchiria, e Lachlain, un Lykae.
Io li ho semplicemente cambiati in Naruto e Sasuke (ultimamento vedo
yaoi dove non dovrei vederlo... sono da ricovero) e ho cambiato lo
sfondo dei luoghi per praticità.
Per cambiare, cambierò qualcosa, ma non penso più
di tanto.
Bhe! Non aggiungo altro, e spero che vi piaccia come storia, e che vi
venga voglia di leggere il romanzo, perchè, ripeto,
è veramente bellissimo.
Un bacio a tutte.
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