New Born - La mia rinascita

di LaDamaLuthien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE ***
Capitolo 2: *** Se il leone perde di vista il suo agnello, la volpe ha via libera. ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO TERZO E QUARTO: Se avesse saputo cosa fare, sarebbe già corso a farlo/ Rebirth-Rinascita ***
Capitolo 4: *** Noi non lasciamo nulla dietro di noi, nemmeno una tomba vuota ***
Capitolo 5: *** cap.5: Doni dimostrazioni e precipizi. ***
Capitolo 6: *** Cap.6: Il mondo non gira intorno ad Aro ***
Capitolo 7: *** I volti dei leader. ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 e Cap. 9 prima parte. ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono: seconda parte. ***
Capitolo 10: *** cap.10 e 11 ***
Capitolo 11: *** 12, 13, 14 ***
Capitolo 12: *** Capitolo quindicesimo. ***
Capitolo 13: *** 15 e 16 ***
Capitolo 14: *** 18: Il piano perfetto. ***
Capitolo 15: *** Capitolo extra: Edward POV prima parte. ***
Capitolo 16: *** Un distillato di odio puro. ***
Capitolo 17: *** 19...special chapter ***
Capitolo 18: *** 20... ***
Capitolo 19: *** 21 + fine prima parte ***
Capitolo 20: *** 22 + inizio seconda parte ***
Capitolo 21: *** Capitolo 23 - Il Giglio Rosso ***



Capitolo 1
*** INTRODUZIONE ***


Disclaimer: I personaggi di questa serie sono stati creati da Stephenie Meyer…se fossero miei, Bella sarebbe un vampiro già da Twilight ed ora vivrebbe momenti felici con Edward…non essendo così, si dovrebbe capire che i diritti sono tutti suoi, ecco.

Questa fic parte dalla fine di New Moon. E’ già stata pubblicata in un forum dove ha ottenuto un buon successo e ve la propongo anche qui. BUONA LETTURA!

INTRODUZIONE

“New BornLa Mia Rinascita

(§°Deidre°§)

“Guarda il muro

Ammira la tua ombra

Sei troppo giovane

Per essere nata di nuovo?

La tua nascita è diversa

Il tuo aspetto è cambiato un po’

Dentro di te il tempo rinasce

Ed ogni minuto che passa

Lo senti scorrere nelle vene

Come un veleno

Che pian piano si spande

E brucia

E non ti puoi salvare

Ormai è troppo tardi

Vattene

Vattene creatura nuova

Perché ormai sei rinata

Ed il passato è morto dietro di te

Quindi nascondi cioè che eri

E come una nuova nascita

Vieni nel mondo nuovo

Perché sei giovane

Ma non più neonata

E come una nuova nascita

Vieni nel mondo nuovo

Nel mondo a te nuovo

Gloria alla tua morte

Ode alla tua vita

Sei rinata”

PROLOGO

“Il piacevole dolore”

(§°Deidre°§)

Una bella giornata di primavera. Il sole entra timido dalle vetrate accarezzando la mia pelle e facendo brillare quella dei vampiri che sono seduti al mio fianco. Guardano la televisione, interessati ad un film.

Eppure non presto loro attenzione.

Senza che se ne accorgano mi alzo piano, scostandomi dall’abbraccio di Edward. Eppure nessuno di loro sembra aver notato nulla.

La mia mente passa oltre quell’informazione, ignora quel campanello dall’arme e mi volto, come se ci fosse qualcosa di più importante ora.

Mi avvicino piano alle enormi vetrate, affascinata da un’inspiegabile attrazione.

E lì lo vedo.

Di fianco a me, torreggiante e magnifico, mi fissa.

Mi volto di scatto, impaurita da quell’espressione così divina ma…crudele.

Ma dietro di me non c’è nessuno. Mi volto di nuovo e lui è ancora lì, il suo riflesso vicino al mio.

Scruto i suoi occhi magnetici, il suo sguardo inespressivo.

Sento il suo respiro avvicinarsi alla mia pelle, i suoi denti appuntiti mi solleticano la spalla.

Dentro di me avverto il desiderio, non ho più paura, è ciò che voglio, ciò che più desidero.

Vedo riflessa nel mio volto la grande aspettativa.

Tutto tace per un secondo, un silenzio sordo che cancella dalla mia mente il rumore della televisione e la presenza degli altri Cullen.

Poi il dolore, delizioso quanto forte.

Il mio respiro si blocca per un momento e la mia spalla comincia a bruciare.

E allora urlo, di gioia e di dolore.

-Bella, Bella tesoro, svegliati.-

Aprii gli occhi, confusa.

Davanti a me, riconobbi il volto del mio angelo che mi guardava preoccupato.

-Edward.-

-Ti fa male?-

Per un secondo non capii.

Poi mi accorsi del dolore pulsante alla spalla, che si faceva sempre più vivo.

Spalancai gli occhi, felicemente sorpresa. Possibile che…?

Edward si accigliò, scorgendo la mia strana espressione.

-Hai battuto anche la testa?-

Lo guardai, confusa.

-Co..come scusa?-

Pian piano misi a fuoco anche la stanza e mi accorsi di essere in camera mia.

Ero distesa a terra di fianco al letto. Edward mi prese in braccio, cauto, e mi poggiò sul letto.

-Stavi sognando, ti sei rivoltata, hai battuto la spalla cadendo dal letto e hai urlato.-

Scosse la testa, sorridendo tranquillizzato.

-Sei impossibile. Per un momento ho pensato che ti fossi rotta la clavicola o qualcosa di simile.-

Sospirai rassegnata. Lui tornò ad accigliarsi, sorpreso dalla mia reazione.

-Cosa c’è?-

Per qualche strano motivo avevo pensato di essere diventata una vampira, ma forse avevo solo sognato, anche se ora non riuscivo a ricordare nulla del sogno.

Cercai di assemblare i pochi frammenti che ancora ricordavo, casa Cullen, una vetrata, la sensazione di un morso alla spalla. Ma più ci pensavo, più mi sfuggivano.

Poi vidi l’espressione preoccupata di Edward e dimenticai tutto. Sorrisi, rassicurandolo.

-No, è che la botta che ho preso mi fa un po’ male.-

Ricambiò il sorriso, ma poi tornò serio.

-Scusa.-

I suoi occhi erano grandi, lucenti di colpa.

Lo guardai sorpresa.

-Per cosa?-

-Per non averti salvata.-

Il mio cuore accelerò all’improvviso, e l’immagine del sogno mi balenò per un momento davanti agli occhi.

I Cullen tranquilli ed ignari alle mie spalle, il mio riflesso sulla vetrata e dietro di me…

-Stavo pensando, ero in una sorta di…catalessi. Tu eri tranquilla, di fianco a me. Il tuo respiro era regolare, il tuo battito pure. Poi, di colpo, ti sei girata urlando e prima che me ne rendessi conto eri già per terra.-

Respirai profondamente, cercando di allontanare quelle immagini dalla mia testa.

-Non preoccuparti Edward, non è niente. Non mi fa più nemmeno male.-

Mi alzai con un salto dal letto e gli presi le mani, ridendo allegra.

-Che si fa oggi?-

-Non saprei, ti va di venire a casa mia?-

Il suo tono sembrava casuale, ma vidi che c’era qualcosa sotto.

-Cos’hai architettato?-

Mi mozzò il respiro con il suo sorriso sghembo.

-Vedrai.-

A domani il prossimo capitolo. BACI!

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Capitolo 2
*** Se il leone perde di vista il suo agnello, la volpe ha via libera. ***


Allora, allora….tengo molto a questa fic e sono contenta che qualcuno l’abbia letta!!!! Vi prometto che con l’andare dei capitoli si farà più interessante. Ma ora vi lascio al capitolo….cos’è successo a Bella??? Eh, eh…sono graditi i commentino e le supposizioni.

 

Intanto Grazie a:

 

Elychan: Grazie! Sono contenta che il mio stile ti piaccia, spero che tu continua a seguirmi. CIAO!

 

Loner: Grazie!! XDXD Una mia fan eh? Sono contenta che le mie storie ti piacciano…SMAK!

 

Missy16: Si, Bella è sempre maldestra! Spero che anche questo capitolo ti piaccia, Kiss…

 

Amy89: Sono stata abbastanza lampo? XDXD Si, Edward è stato davvero dolce e per il sogno…io non credo che sia tanto lontano da…ma che faccio, spoiler? XDXD KISSES!

 

 

 

 

 

Il prossimo capitolo questo pomeriggio! Baci!

 

 

 

 

CAPITOLO PRIMO

 

“Se il leone perde di vista il suo agnello, la volpe ha via libera”

(§°Deidre°§)

 

 

Era passata ormai qualche settimana dalla mia ultima avventura in Italia.

Dopo quell’ultimo scontro con Jacob non avevo più rivisto ne lui ne nessun altro dei Quileutes.

Non avevo nemmeno più provato a chiamarlo. Sapevo che non avevamo altro da dirci. Non adesso.

 

Amavo immensamente Edward, forse più di prima, ma non potevo dimenticare che mentre lui non c’era Jacob mi aveva consolata, mi aveva dato una ragione per continuare a vivere.

Non potevo negare, però, che la cosa che in questo momento desideravo di più era stare con Edward per sempre.

Non mi importava se la mia anima sarebbe stata dannata in eterno, come nei peggiori incubi di Edward, non mi importava se avrei dovuto abbandonare i miei genitori, la mia vita, forse non mi importava nemmeno se avrei perso il mio migliore amico. Probabilmente una volta diventata vampira avrei avuto dei rimorsi, certo, ma accanto a me ci sarebbe stato Edward e per l’eternità.

 

Non chiedevo altro.

 

Dall’ultima chiacchierata con i Cullen non avevo più accennato al fatto che di lì ad un anno sarei diventata immortale, ma dentro di me contavo incessantemente le ore che mi separavano dalla felicità eterna con il mio angelo.

Comunque questo non era l’unico problema a tormentarmi, a volte provavo a scavare nella profondità della mia mente cercando un qualsiasi spiraglio di ragione che avrebbe convinto Edward a mordermi lui stesso. Ma ancora di più, e questo è più difficile ammetterlo, cercavo una ragione plausibile per me stessa che spiegasse il mio quasi rifiuto alla sua proposta di matrimonio.

 

Lui non mi chiedeva una risposta ed io non accennavo al fatto che presto, come nelle sue peggiori paure, la mia anima sarebbe stata persa per sempre.

 

Sembrava che avessimo stretto una sorta di tacito accordo.

 

Come dicevo, a parte queste lotte interiori la mia vita era tornata alla normalità.

 

Charlie, comunque, era ancora arrabbiato per il fatto della motocicletta e non mi lasciava uscire se non per andare a scuola e a lavoro.

Non che me ne importasse, non c’era niente che potesse fermare Edward. Non un semplice essere umano almeno e poi, perché avrei dovuto desiderare di uscire quando potevo starmene comodamente sdraiata tra le braccia del mio ragazzo?

 

A volte Charlie, sotto lo sguardo ammaliatore di Alice o Carlisle, acconsentiva anche a farmi uscire con loro per qualche ora.

 

Un paio di volte assistetti alle famose partite di baseball dei Cullen, anche se questa volta non si presentò nessun vampiro assetato a reclamarmi.

 

Il mio legame con i Cullen si rafforzava sempre di più, ormai ero quasi “normale” per loro. Certo, bastava fare attenzione a piccole cose come la loro sete ed il pulsare del mio sangue caldo, ma la situazione sembrava essere gestibile per alcune ore.

 

Nemmeno la minaccia dei Volturi non sfiorò la mia mente, se non un paio di volte.

 

 

 

 

Quel pomeriggio mi trovavo nel soggiorno di casa Cullen, intenta ad ammirare le precise pennellate di Esme che ricopiava un quadro di Degas. Perfino un esperto l’avrebbe scambiato per l’originale.

 

Intanto Edward, Emmett e Jasper erano in cortile a “rimettere in sesto il pick up”.

Non sapevo precisamente a cosa si riferissero, ma il ghigno di Emmett non prometteva nulla di buono. In fondo però non avevo poi così tanta paura, Edward non mi avrebbe mai fatto del male.

Non volontariamente e non così.

 

L’unica cosa che mi avrebbe fatta soffrire sarebbe stata la sua partenza. Non avrei sopportato nessun’altra separazione, sarei morta di dolore, ne ero sicura.

Mi fidavo di Edward e avevo capito che lui mi amava proprio come lo amavo io ma a volte, fissando il suo volto perfetto o i suoi occhi color topazio, non potevo fare a meno di pensare a quanto dolore avrei provato se non avessi più potuto vederlo, se Edward, per salvarmi, se ne fosse andato di nuovo.

 

Non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello che un giorno sarei potuta essere io a lasciarlo. Era impossibile. Lo sapevo, sapevo che sarei morta se non l’avessi più rivisto.

 

 

Alice se ne stava stesa sul divano, leggendo concentrata alcuni fogli ingialliti pieni di date e nomi. Le uniche tracce del suo passato e della sua unica parente rimasta in vita.

Anche Carlisle era a casa, ma si era scusato per poi sparire nel suo studio.

 

Esme mescolò un altro po’ di bianco con il rosa per renderlo più pallido prima di stenderlo sulla tela in una perfetta copia della carnagione delle ballerine.

In quel momento Rosalie apparve dalla porta e si avvicinò silenziosa ad ammirare il lavoro di Esme.

 

Quando vide il quadro fece una smorfia, come per riconoscere la noiosità e l’inutilità che per lei aveva quella tela. Poi alzò il capo e fece un cenno di saluto. Cercai di ricambiare sorridendo un pochino.

 

Tra me e Rose non c’era ancora un vero legame come tra gli altri Cullen, ma entrambe facevamo del nostro meglio. Rose, dopo l’avventura in Italia in cui avevo salvato suo fratello, sembrava intenzionata a fare del suo meglio per accettarmi come membro della famiglia.

 

 

Quasi caddi dallo sgabello quando Edward si materializzò improvvisamente di fianco a me, afferrandomi prima che scivolassi a terra.

Il mio cuore batteva forte per lo spavento e cercai i suoi occhi rassicuranti, ma il suo sguardo duro e serio era puntato verso Alice.

Mi accorsi che anche gli altri Cullen erano apparsi nella stanza e tutti gli occhi erano puntati in una sola direzione.

 

-Quanto è lontana?-

 

La vampira si concentrò socchiudendo appena gli occhi. Una persona qualunque avrebbe pensato che Alice fosse incantata a fissare il pavimento, ma noi tutti sapevamo che nella sua mente si susseguivano le immagini di una visione.

 

-Poco lontano da Forks, sulle montagne. Sarà qui in meno di tre ore.-

 

Sentii i muscoli di Edward tendersi, la sua mascella serrarsi, ferrea.

 

Carlisle fissò i due per qualche frazione di secondo, poi alzò un sopracciglio.

 

-Victoria?-

 

Alice fece un piccolo cenno affermativo.

La paura mi invase improvvisamente e sarei crollata a terra se Edward non mi avesse sorretta.

 

-Non preoccuparti Bella, non vivrà ancora per molto.-

 

Il suo sguardo fisso nel mio bastò a farmi riprendere, ma le mie paure non erano ancora del tutto svanite. Non mi andava l’idea che Edward andasse ad uccidere Victoria, ma non avevo dimenticato le parole di Laurent poco prima che morisse per mani dei lupi mannari.

Lei voleva vendetta.

Voleva me.

E non si sarebbe accontentata di finirmi e basta.

 

In un batter d’occhio ogni membro dei Cullen era in posizione. Probabilmente persa nelle mie riflessioni non li avevo sentiti mentre prendevano le loro decisioni.

Carlisle, Rosalie, Emmett, Alice ed Edward erano pronti a partire. Jasper ed Esme confabulavano in disparte.

Edward tornò da me abbracciandomi. Non mi ero nemmeno accorta che si fosse allontanato.

 

-Andrà tutto bene. Questa volta la prenderemo e sarà tutto finito. Qui a Forks rimarranno Esme e Jasper e se ci saranno problemi ti porteranno via subito. Sei al sicuro.-

 

-Charlie?-

 

-Se ne occuperà Rose.-

 

Guardò il mio volto ansioso e cercò di rassicurarmi.

 

-Bella, lei è sola e noi siamo in numero maggiore. Saremo di ritorno domani mattina, forse questa notte stessa. Non succederà nulla di brutto, vedrai.-

 

Mi persi un momento in quegli occhi di caramello. Aveva appena cacciato e il suo sguardo era miele puro. Il mio cuore tornò a battere leggero, rassicurato.

 

-Torna presto-

 

Edward sorrise e mi baciò.

 

-Farò più in fretta che posso. Ho promesso che non ti lascerò mai più, e lo farò.-

 

Mi alzai in punta dei piedi e gli diedi un ultimo bacio. In un attimo sparì dalla stanza.

 

Esme mi si avvicinò piano.

 

-Ti accompagno a casa.-

 

-Grazie, ma posso andare da sola. Non c’è problema.-

 

Mi fissò ansiosa un istante, ma Jasper le fece segno di non preoccuparsi prima di avvicinarsi cauto per porgermi le chiavi del Pick up. Forse aveva avvertito che le mie paure si erano placate.

 

Prima che l’ansia riprendesse il sopravvento, però, e che Jasper la sentisse, afferrai le chiavi e il giubbotto mi avviai verso il Pick up.

 

Sembrava quello di sempre ma quando misi in moto non partì nessun ruggito.

 

Forse era rotto. Poi mi accorsi che le luci si erano accese. E che la mia auto era in moto.

Sorrisi, c’entravano di sicuro quei tre. Cercai sulla nuova autoradio la mia stazione preferita e presto, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai sulla strada verso Forks.

Strano, era presto, troppo presto.

Guardai il contachilometri e quasi mi venne un colpo.

Senza accorgermene avevo raggiunto i novanta!

Dovevano aver cambiato il motore, o una cosa del genere. Appena fosse tornato avrei rimproverato Edward a dovere. Sapeva che non volevo che spendesse troppi soldi per me. Non finché non sarei diventata un vero membro della famiglia e avrei potuto contribuire.

 

Charlie non era ancora tornato, ma non mancava molto al suo rientro. Se avesse scoperto che non ero in casa, avrebbe prolungato la mia punizione a vita. Mi affrettai a rientrare in casa quando sentii il telefono squillare. Sapevo che era un po’ improbabile, ma il mio primo pensiero fu per Edward.

 

-Pronto, casa Swan.-

 

-Bella?-

 

-Papà? Dove sei?-

 

-A lavoro. Ho alcune cose da sbrigare, una brutta faccenda, penso farò tardi.-

 

-Va bene, ti metto la cena da parte.-

 

-Senti Bella, c’è una cosa che vorrei chiederti.-

 

Questo atteggiamento non era da Charlie. Esitava e sembrava nervoso. Che avesse scoperto che prima non era in casa?

 

-Lo farei io, se non fosse che mi hanno incastrato qui con il lavoro, ma vedi, tua madre sta venendo a Forks.-

 

Oh no. Questa non se l’aspettava. Perché sua madre aveva scelto proprio quel momento per farle visita? E perché aveva avvertito Charlie e non lei?

 

-Che cosa? Perchè?-

 

La sua voce era salita di un’ottava buona.

 

-Tua madre sta venendo a prenderti. Vuole passare un po’ di tempo con  te. Il fatto è che qualcuno deve andare a prenderla in aeroporto ed io non posso.-

 

Sospirò, rassegnata. Ormai sua madre era già lì, non poteva lasciarla in un aeroporto.

 

-Non preoccuparti, ci vado io.-

 

-Sicura? Non è troppa strada?-

 

-Stai tranquillo papà. Parto ora così  vado con calma.-

 

-Vai da sola?-

 

Sapeva dove voleva arrivare suo padre.

 

-Edward e i Cullen sono fuori città. Vado da sola, so già la strada.-

 

-Bene, stai attenta però.-

 

-A dopo papà.-

 

-A dopo Bells.-

 

Prese la sua borsa e si mise un maglione più pesante, prima di tornare alla guida verso l’aeroporto di Atlanta.

 

Durante tutto il tragitto i suoi pensieri oscillarono tra Edward e sua madre, inconscia di cosa realmente la stava aspettando.

 

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO TERZO E QUARTO: Se avesse saputo cosa fare, sarebbe già corso a farlo/ Rebirth-Rinascita ***


Siccome mi sento buona oggi…eccovi due capitoli di seguito…BUONA LETTURA!

 

 

 

Grazie per le recensioni a:

 

Aras: Grazie mille!! Sono molto contenta che ti piaccia la mia storia. Un Kiss anche a te….

 

Missy16: Ehi, grazie! Chissà se questi due capitoli sono ciò che ti aspettavi….

 

Loner: Eccoti due capitoli…ho postato abbastanza in fretta? Spero che ti piacciano…

 

Selene89: Ah, sicura delle tue supposizioni? Hi, Hi. Comunque hai ragione…Bella non ne verrebbe mai fuori incolume…^^’

 

Larya: WOW, grazie per la definizione “Signora fan fiction” XD! Mi fa molto piacere…Spero che questi capitoli ne siano all’altezza…

 

Buffy1229: Magnetico? Evviva, grazie per il bellissimo complimento…è vero, Bella è ingenua…ma forse non succederà ciò che ti aspettavi. Grazie, un kiss!

 

Amy89: CIAO!!!!!! Sul fatto che Renè non c’è ci hai azzeccato, però Victoria è veramente dall’altra parte del paese…sconvolta? Eh, eh…Ho postato velocemente, contenta? KISSES!!!

 

 

 

 

 

 

STIMOLIAMO LA MEMORIA A LUNGO TERMINE (ovvero piccolo minisunto): Victoria è tornata ed Edward la considera una minaccia troppo grande per lasciarla in vita. Per questo i Cullen partono per andarle in contro e distruggerla definitivamente. Bella, rimasta a Forks, riceve una telefonata di suo padre che le chiede di andare a prendere sua madre all’aeroporto. Ignara del motivo per cui sua madre si presenti lì proprio in quel momento, Bella, alla guida del suo pick up rimesso a nuovo, parte verso l’aeroporto di Atlanta ignorando ciò che in realtà la aspetta.

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

“Se avesse saputo cosa fare, sarebbe già corso a farlo”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

Camminava avanti e indietro, frustrato. Era assalito da un tremore nervoso, che non riusciva a trattenere.

 

Alice sembrava sul punto di piangere, anche se non poteva.

 

Da quando erano dei vampiri, ai Cullen non era mai successo di trovarsi di fronte al nulla totale.

 

E questo spaventava tutti, Edward in particolare. Era una situazione così assurda da sperare che fosse tutto un sogno.

 

Non erano nemmeno arrivati a Victoria, Esme aveva telefonato disperata dicendo che Bella non era a casa e lei, Rosalie e Jasper non riuscivano a trovarla.

 

Charlie poi, era la sorpresa più assurda.

 

Ne lui, ne nessun altro cittadino di Forks aveva mai sentito parlare di Isabella Swan.

Era disarmante vedere la convinzione di Charlie nell’affermare che non aveva nessuna figlia.

 

Come se Bella non fosse mai esistita, come se gli ultimi due anni che Bella aveva passato a Forks fossero stati cancellati.

 

Non c’era traccia di lei nei registri della scuola e nemmeno nei ricordi di quei comuni mortali. L’unica conferma del fatto che Bella non fosse frutto di una sua immaginazione era il fatto che anche il resto dei Cullen si ricordava perfettamente della sua esistenza.

 

La cosa che rendeva ancora più inconcepibile quella situazione era che Alice non riusciva più a vederla. Ogni volta che provava a cercare Bella riceveva immagini troppo confuse ed offuscate per poterne capire qualcosa.

 

Si fermò e si volse a guardare la sua famiglia. Carlisle era in piedi di fianco al divano, mentre tutti gli altri erano seduti, chi sul tavolino, chi sul divano.

 

Alice era raggomitolata sulla poltrona in preda ad un grande sconforto. Non era nemmeno riuscita a vedere che Bella era in pericolo, concentrata com’era su Victoria. Nessuno aveva avvertito il pericolo finché Rose, non trovando Bella al rientro di Charlie, aveva capito che qualcosa non andava.

 

Esme si morse il labbro nervosa.

 

-Che facciamo?

 

Edward non rispose, se avesse saputo cosa fare sarebbe già corso a farlo.

Fu Carlisle a prendere in mano la situazione.

 

-L’unica soluzione è seguire le sue tracce.

 

Edward strinse i denti, ancora più frustrato. Solo poche settimane prima aveva dimostrato a se stesso di essere un pessimo segugio.

 

Carlisle parve interpretare i suoi pensieri.

 

-Non pensare che ti lasceremo solo.

 

Emmett alzò la testa di scatto.

 

-No di certo, io vengo con te.

 

-Ci andremo tutti, Bella è parte della famiglia ormai.

 

La fissarono tutti per qualche secondo, sapevano quanta fatica era costata a Rosalie per dire quelle parole.

Edward la fissò addolcito per un secondo. Sapeva che ciò che la sorella pensava era esattamente ciò che aveva detto.

 

-Rose…grazie.

 

La vampira ghignò mostrando i denti.

 

Esme si alzò in piedi.

 

-Bene, è deciso. Muoviamoci a sistemare le cose, dobbiamo partire subito o sbaglio?

 

Non era un problema per i Cullen mollare tutto e partire. Ci erano passati molte volte e in meno di un’ora erano pronti.

 

Carlisle chiuse l’ultima inferriata della villa, poi si voltò.

 

-Prima tappa: casa Swan. Speriamo solo che prima di sparire Bella sia tornata a casa. In caso contrario, setacceremo tutte le strade. Il primo che trova una traccia, avverte gli altri.-

 

Jasper sospirò, rassegnato.

 

-Edward, non hai qualche oggetto di Bella? Sai, per il suo odore…

 

Jasper era l’ultimo arrivato nella famiglia Cullen e faceva ancora molta fatica a riconoscere gli odori.

 

Sconcertato, Edward si accorse di non avere nulla che appartenesse a Bella. Tutte le cose della sua ragazza erano scomparse con lei e lui non aveva nulla che le appartenesse.

Poi si ricordò di una cosa. Non era di Bella, ma lui non l’aveva più indossata da quella volta…forse…forse il suo odore era rimasto impregnato nella sua giacca.

 

Corse a prenderla e tornò un secondo dopo.

 

Jasper l’annusò ed annuì. Edward strinse la giacca tra le mani e respirò a fondo. L’odore di Bella gli invase le narici, proprio come se lei fosse lì a pochi metri...con le sue guance arrossate ed i capelli scompigliati.

 

La ripose velocemente nel suo zaino e raggiunse gli altri.

 

 

 

-Si ferma qui.

 

Erano le tre del mattino del secondo giorno dalla sparizione di Bella, ed Emmett era fermo in mezzo al parcheggio dell’aeroporto di Atlanta.

 

-Non è possibile.

 

Si avvicinarono tutti, per controllare.

Era proprio in mezzo al marciapiede, la traccia si fermava lì. Non c’era un muretto in cui si potesse essere arrampicata, ne c’era traccia di un mezzo su cui potesse essere salita.

 

Buio totale.

 

La traccia si fermava al centro del marciapiede.

 

Jasper guardò Carlisle.

 

-Beh, almeno che non se ne sia andata volando…deve esserci una spiegazione.

 

Emmett guardò il cielo.

 

-In effetti è un aeroporto.

 

Alice ringhiò minacciosa. Non le sembrava il momento di scherzare.

 

-Dubito che un Jet sia passata a prenderla nel parcheggio.

 

Edward guardò Alice, disperato.

 

-Non vedi nulla?

 

Alice provò a concentrarsi, gli sguardi di tutti erano puntati su di lei. Scosse il capo, triste.

 

Ringhiò frustrato, mentre Esme cercava di consolarlo.

 

Stava per andarsene, quando Rosalie parlò.

 

-Alice!

 

La vampira aveva lo sguardo abbassato e teneva una mano sulla fronte. Edward si avvicinò e la prese per le spalle.

 

-E’ Bella?

 

Lei aprì gli occhi, ma subito fu presa da un’altra visione. Aspettò impaziente che finisse.

 

-Allora? Come sta?

 

Alice sembrava scossa.

 

-Non è Bella, Edward.

 

Il vampiro la lasciò andare, disperato. Carlisle le si avvicinò.

 

-Cos’è Alice?

 

-Victoria ci sta cercando, ha scoperto che Bella non è a Forks e sta inseguendo la nostra pista. Ma non è la sola.

 

-Che cosa vuoi dire?

 

Ma non fu Alice a rispondere, Edward fissava immobilizzato la porta laterale che del parcheggio dell’aeroporto. Li sentiva.

 

-Sono loro. I Volturi. Sono venuti per Bella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccovi il terzo capitolo…mi dispiace ragazze, ma non è Victoria come avevate supposto….

 

 

CAPITOLO TERZO

 

Rebirth - rinascita”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Chiusi a chiave il Pick Up: non si sa mai, potevano rubarmi la nuova autoradio.

 

Camminavo sul marciapiede quando nell’atto di mettere le chiavi in borsa sentii all’improvviso la voce di Edward nella mia mente, come non accadeva da alcuni mesi. Era allarmata, rabbiosa, preoccupata.

 

-Bella voltati!

 

Qualcosa mi colpì alla testa e non vidi più nulla.

 

 

 

La prima volta che ripresi conoscenza devo aver sognato di essere sospesa nel cielo, perché intorno a me splendevano mari di stelle e vedevo i boschi scorrere sotto di me.

 

 

 

La seconda volta invece ero sicura di essere sveglia.

 

Ricordo che per prima cosa ho notato un odore dolce, come di vaniglia. Era buono.

Poi mi sono accorta di tremare. Mi sembrava di essere stesa su una lastra di ghiaccio. Tastai con una mano, era marmo o cemento liscio. Il profumo si fece ad un tratto più intenso e qualcuno mi alzò appena il busto. Cercai di aprire gli occhi ma subito li richiusi perché un dolore lancinante mi trafisse la spalla.

 

Sentii la mia carne lacerarsi come sotto tante piccole lame, poi sentii il sangue caldo colare sui miei vestiti, sul mio braccio, sulla schiena.

 

Piansi riconoscendo quel dolore familiare. Quel bruciore che tanto desideravo.

 

E questa volta nessun Edward succhiò via il veleno o mi risvegliò dal sogno.

 

Il mio sangue cominciò a bruciare.

 

Ero all’inferno.

 

Ed ero contenta.

 

Poi solo il buio.

 

 

Sbattei gli occhi.

 

Che strano.

 

Era come se pian piano qualcuno mi stesse iniettando fuoco nelle vene.

 

Come se mi stessero facendo una trasfusione di ammoniaca.

 

Sapevo solo che il giorno prima mi ero svegliata con un dolore lancinante alla spalla, mentre durante la notte il dolore si era diffuso su tutto il braccio ed infine su tutto il corpo.

 

Provai a parlare, ma non ci riuscii. Ero come intontita dal troppo bruciore che invadeva ogni minima parte del mio corpo.

I miei occhi lacrimavano e prudevano, le ossa scricchiolavano piano, i miei denti sfrigolavano, la mia carne e la mia pelle erano gelide, eppure bruciavano anche loro.

 

Ogni tanto sentivo qualcosa che mi tamponava la fronte e il collo, asciugando il sudore.

 

Provai ad aprire gli occhi, ma la mia vista era completamente appannata. Il panico mi invase quando sentii un battito nel petto.

 

Aspettai col fiato sospeso. Dopo un minuto un altro battito.

 

Era il mio cuore.

 

Più precisamente, il mio cuore che stava morendo.

 

Non so descrivere cosa provai in quel momento. Un misto di orrore per la consapevolezza che stavo assistendo alla mia stessa morte ed una sensazione di eccitazione per ciò che credevo sarei diventata.

 

All’improvviso smisi di respirare, tutto divenne buio, ma ero ancora cosciente. Sentii il mio cuore fermarsi del tutto, l’aria mancarmi dai polmoni, le mie labbra dischiudersi in un sospiro e il mio corpo abbandonarsi sul pavimento.

 

Rimasi alcuni minuti in quello stato, poi mi accorsi che pian piano il dolore si affievoliva, il tremore cessava.

 

 

Provai a ricordare cosa ci facevo lì. Niente.

Chi ero. Nulla.

Come mi chiamavo. Nemmeno quello.

 

 

Provai a dischiudere di nuovo gli occhi.

 

-Aspetta.

 

Sentii qualcosa di freddo bagnarmi le palpebre, poi le labbra. Infine riuscii ad aprire gli occhi abbastanza per guardarmi intorno.

 

Ero stesa sul pavimento logoro di qualche casa abbandonata. Lo deducevo dai mobili rotti e dallo strato di polvere; inoltre le finestre erano sfasciate.

 

Quello che però attirò subito la mia attenzione era il ragazzo steso di fianco a me. Era steso di lato, poggiato sul gomito e mi fissava.

 

Ghignò.

 

-Proprio come speravo. Sei uscita proprio bene.

 

Sembrava parlasse più per compiacere se stesso, che per informarmi. Poi mi guardò di nuovo.

 

-Buongiorno. Come va?- Non risposi. Ero troppo concentrata a guardarne l’aspetto. Mi ricordava qualcosa di importante che aveva a che fare con la mia vita da umana, ma non ricordavo cosa. Però ero certa di averlo già incontrato.

 

Notai che era bello. Avete presente gli angeli, quelli dipinti negli affreschi con grandi ali bianche? Toglietegli le ali ed eccolo qui.

Bello, biondo, occhi azzurri, fisico forte ma asciutto, lineamenti dolci.

 

E poi, profumava di dolce.

 

Di vaniglia.

 

-Sono….morta?

 

Alzò le sopracciglia, poi rise.

 

-Se così si può dire. Diciamo che eri morta, ma sei rinata.

 

Corrugai le sopracciglia, confusa. Non riuscivo ad afferrare il senso di quelle parole.

 

-Sono…un vampiro?

 

Faccia d’angelo mi guardò infastidito, contrariato.

 

-Scherzi vero? Ed io avrei fatto tutta questa fatica per farti diventare un semplice ed inutile vampiro?

 

Mi alzai a sedere di scatto.

 

-Che cosa…? Ma tu chi sei?

 

-Kristopher, chiamami pure Kris. Ma immagino tu intendessi chiedermi cosa sono.

 

Attesi che continuasse, senza rispondere.

 

-Vedi io sono, anzi siamo, l’evoluzione.

 

Ero ancora più confusa di prima. Lo notò.

 

-Ah, immagino che dovremo iniziare dal principio.

 

 

 

 

 

 

Che ve ne pare? La lasciate una piccola recensione, eh?

 

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Capitolo 4
*** Noi non lasciamo nulla dietro di noi, nemmeno una tomba vuota ***


Penso che da oggi in poi aggiornerò ogni due giorni, perché è una fic piuttosto lunga (Sono quasi al ventesimo capitolo e deve ancora finire…). Ma non spaventatevi vi prego!!!!

 

Eccovi il quarto capitolo, se fate le brave e vedo taaaaante recensioni posto anche domani…XD

 

 

 

CAPITOLO QUARTO

 

“Noi non lasciamo nulla dietro di noi, nemmeno una tomba vuota”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Mi alzai a sedere di scatto.

 

-Che cosa…? Ma tu chi sei?

 

-Kristopher, chiamami pure Kris. Ma immagino tu intendessi chiedermi cosa sono.

 

Attesi che continuasse, senza rispondere.

 

-Vedi io sono, anzi siamo, l’evoluzione.

 

Ero ancora più confusa di prima. Lo notò.

 

-Ah, immagino che dovremo iniziare dal principio.

 

 

 

 

 

La testa iniziò a girarmi e caddi di nuovo sul pavimento, gemendo.

 

-Attenta, la tua trasformazione non è ancora completa.

 

Infatti. Il dolore si era affievolito, ma non era ancora scomparso.

 

Cercai di respirare a fondo.

 

Grandissimo sbaglio.

 

Fino a quel momento non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro.

I polmoni si riempirono d’ aria per la prima volta dopo la trasformazione e cominciarono a bruciare, insieme alla mia gola.

 

Tossii più volte. Era come se avessi inghiottito acqua di mare.

 

Nella mia mente balenò un altro sprazzo di ricordo: una scogliera, il mare in tempesta, acqua dappertutto, improvvisamente qualcuno che mi portava in una grotta. E lo stesso dolore alla gola.

 

-Ehi, ci sei?

 

Faccia d’angelo (eh eh, che nomignolo idiota n.d.a.) mi si avvicinò di nuovo.

 

Fu questione di un attimo.

 

Il suo odore dolce mi riempì le narici, più forte e violento di prima.

 

Istintivamente allungai le braccia poggiando le mani sul petto marmoreo e lo spinsi, capovolgendolo. Ora ero sopra di lui, con i suoi polsi stretti tra le mani. Non aspettai nemmeno un secondo, gli azzannai la gola.

 

Feci appena in tempo a bagnarmi le labbra di sangue tiepido, poi lui mi prese per la gola e mi spinse indietro.

 

Mollai la presa, inerme contro la vigorosa forza di Kris.

 

Anche lui allentò un po’ la morsa.

 

-Datti una calmata piccola.

 

Gemetti, il mio corpo iniziò a tremare quando il dolore tornò ad invaderlo.

 

Lui mi lasciò andare, posandomi delicatamente sul pavimento.

 

-Sei in grado di darti una controllata, per favore?

 

Annuii, inerme.

 

-Bene. Mi hai colto alla sprovvista, non credevo che i tuoi istinti si sarebbero risvegliati così presto, ma questo conferma la mia teoria.

 

-La tu..tua teor..

 

-Non sforzarti di parlare. Si, la mia teoria. Se hai un po’ di pazienza ti racconto tutto, basta che non mi assali come prima.

 

-‘Kay…

 

Ero frastornata. Il dolore stava ricominciando a crescere, e pulsava.

 

-Bene. Riesci a dirmi solo che cosa ricordi della tua vita umana?

 

Ci pensai un momento. Ricordavo un grande salotto con enormi vetrate, una scena in cui stavo per affogare, avevo anche la sensazione di aver avuto dei familiari che mi volevano bene, ricordavo la presenza di una madre nella mia vita, ma ancora di più avevo l’impressione di conoscere molte cose su vampiri e lupi mannari, come se ci avessi sempre vissuto assieme.

 

-Non…ricord-o nessun volto- sospirai, affaticata- ma so che…esistono strane creature…che ci vivevo assieme.

 

Lui annuì, pensieroso.

 

-Beh, ricordi anche troppo. E’ normale, la memoria tornerà col tempo, anche se forse non tutta.

 

Ci fu un minuto di silenzio in cui Kris sembrò riordinare le idee.

 

-In effetti, tu eri un’umana, ma in qualche modo eri invischiata negli affari dei vampiri…- mi stavo immaginando il disprezzo con cui pronunciava quella parola? -…anche se non so perché e non mi interessa.-

 

Fece un’altra pausa. Poi riprese.

 

-E’ stato qualche mese fa. Mi trovavo a Volterra, presso un’illustre famiglia di vampiri, i Volturi. Dovevo svolgere alcuni compiti, sondare il terreno, raccogliere informazioni. Naturalmente quelli mi hanno scambiato per uno di loro. Sai, per loro è difficile distinguerci dagli altri vampiri se non ci conoscono.

Ci scambiano per vampiri dotati, come alcuni di loro.

 

-Comunque è stato meglio così, dovevo passare inosservato e ci sono riuscito. Svolgevo il mio compito di spionaggio quel giorno. Ero seduto assieme ad altri vampiri nel grande salone del palazzo, impegnato a memorizzare ogni dettaglio utile. Ero lì per svolgere un compito preciso e nient’altro.

 

-Per questo quando siete entrati non mi sono nemmeno disturbato di guardare. Avevo avvertito una semplice umana e due vampiri qualunque; certo, entrambi avevano potenzialità non comuni ai soliti vampiri, ma insufficienti per servire a me o agli altri come noi.

 

-Noi ricerchiamo solo il meglio, i più particolari tra le particolarità, anche se a volte è troppo tardi. Sai, una volta che sono vampiri da alcuni anni, non si può più fare nulla. Devono essere freschi per riuscire ad influenzarli. Ma tu eri ancora un’umana, con voi non c’è problema: trasmettere le particolarità della nostra razza è più facile ed ha più effetto.

 

 

Io non risposi, persa nel bruciore accecante cercavo di sorbire tutte quelle parole.

Erano assurde, quella situazione era assurda, ma se mi sforzavo di ascoltare, se mi perdevo nel suo racconto, avevo una possibilità in meno di perdermi in quel tormento di sofferenza, di impazzire.

 

Mi lanciò un’occhiata critica, come per studiarmi.

 

-Non manca molto. Ormai la trasformazione si sta completando. Cosa dicevo?- fissò per un momento il pavimento- si. Ho avvertito subito che qualcosa non andava e mi sono distratto.

Prestai più interesse e mi accorsi che c’era qualcosa in quel buffo gruppetto che attirava la mia attenzione.

Il vampiro era forte, per la sua razza. Anche la vampira aveva un dono non indifferente, ma niente altro di particolare.

Due vampiri comuni, infondo.

 

-L’umana invece…tu, sembravi così normale, ma poi hai respinto tutti i loro tentativi verso di te.

Ed è questo che mi ha incuriosito. Non ti avrei prestato la minima attenzione se non avessi notato ciò che stava succedendo.

Ho avvertito la confusione e l’incredulità di Aro e poi la rabbia di Jane. Eri immune ad ogni loro dono.

 

-Così mi sono detto che forse era il caso di controllare, giusto per verificare di non perdere una buona occasione. E che occasione, pensa se ti avessi lasciato perdere!

 

-Tu non hai idea di quanto sia indispensabile per noi quello che sai fare, quello che saprai fare.

In mezzo alla fragilità che ostentavi c’era un immenso patrimonio assopito. Come se il destino avesse già scritto per te un’esistenza non umana. Come se fossi nata apposta per diventare uno di noi. La tua mente ha delle potenzialità che nemmeno ti immagini.

 

 

Gemetti, ogni parte del mio corpo aveva ricominciato ad andare a fuoco.

 

Però, un momento dopo, colsi il senso delle sue parole.

Parlava di me.

Si.

Improvvisamente ricordai ogni volta che avevo colto delle differenze tra il mio modo di pensare e quello delle persone normali, ripensai alla scena di cui Kris mi aveva appena parlato: ricordavo come i tentativi di quei vampiri -di cui non riuscivo a ricordare il volto o il nome- erano stati nulli.

E poi una voce tra le mie memorie.

 

 -Come se i tuoi pensieri fossero sintonizzati su AM e io ricevessi solo su FM.

 

Cercai di parlare, ma non ci riuscii. Lui prese una pezza e mi asciugò la fronte.

 

-Resisti, finirà presto.

 

Nella mia mente riecheggiavano speranzose le sue parole.

 

Presto, presto, presto.

 

-Rispetto all’eternità, tre giorni non sono che il tempo di un flash.

 

Presto, presto, presto.

 

-E poi, è un prezzo equo da pagare.

 

Presto, presto, presto.

 

-Detta così, sembra che il prezzo dell’eternità sia anche troppo basso…

 

Presto, presto, presto.

 

-Fidati. Cerca di resistere.

 

Fece per andarsene, ma lo afferrai per il braccio. Non mi importava che fosse stato lui a farmi questo, se se ne fosse andato io sarei stata persa. Avevo bisogno di un appiglio con la realtà per non annegare nell’inferno.

 

-R..rest..a..

 

Mi fissò negli occhi per un secondo, poi alzò la mano.

 

-Voglio solo appoggiare questa e prenderne una nuova. Non credere che ti perderò mai d’occhio…non per altri dieci anni almeno…

 

Esausta lasciai la presa. O forse era stato lui a strapparmi il braccio di mano.

Probabile, dato che lui era un milione di volte più forte di quello che io ero normalmente. Figuriamoci in quella condizione.

 

 

 

 

 

 

 

 

Non parlammo per alcune ore.

 

Poi il dolore prese a diminuire di nuovo e questa volta non tornò.

 

Era l’alba del terzo giorno. Lo ricordo ancora.

 

Ero distesa, pensavo a tutto ciò che mi aveva raccontato Kris poche ore prima. Cercavo di rimettere insieme i pezzi.

 

-Però…

 

Sentendomi parlare Kris si riscosse dalla sorta di apatia in cui era caduto.

Mi fissò in silenzio, invitandomi a continuare.

 

-…non mi hai ancora detto cosa sono.

 

Alzò un sopracciglio.

 

-Allora stavi ascoltando!

 

Gli feci la linguaccia e lui rise.

 

-Alcuni ci chiamano demoni, altri angeli, dipende dall’origine della nostra natura. In verità non siamo ne’ l’uno ne’ l’altro, è solo una denominazione impropria che ci portiamo dietro dall’alba dei tempi. Ma il nome con cui veniamo chiamati più comunemente e con cui ci identifichiamo è Guardiani.

 

-Guardiani?

 

-Si. E all’interno ci sono vari tipi di Guardiani, quelli chiamati appunto Demoni di natura malvagia, gli Angeli di natura benevola, gli Eruditi che si occupano soprattutto della conoscenza e delle arti a noi concesse e poi ci siamo noi…

 

-Noi…

 

-Si, i Cacciatori.

 

-Cacciatori?

 

Non potevo fare a meno di ripetere quelle parole. Sembravo una bambina che impara a parlare, che per la prima volta sperimenta l’uso della parola.

E in un certo senso per me era una cosa nuova. E mi piaceva il suono della mia voce, più melodioso, acuto e veloce di quello che ricordavo.

 

-I Cacciatori si occupano di mantenere l’ordine tra le varie razze. Completiamo il cerchio.

 

-In che senso?

 

-Beh, ricordi dell’esistenza di vampiri e licantropi?

 

-Si.

 

-Ecco. I vampiri cacciano gli umani, e i lupi mannari i vampiri. Noi stiamo attenti che le loro guerre non facciano troppi danni. Noi sorvegliamo le creature come loro e facciamo in modo che il loro numero non aumenti troppo.

 

-Cioè? Li uccidiamo?

 

-Se necessario. Pensa a cosa accadrebbe se non rimanessero più umani, se morissero o venissero trasformati tutti in vampiri. Noi non potremmo più riprodurci, te l’ho detto anche prima. E’ più facile convertire un umano che una creatura già contaminata.

 

-Già. Quindi, questo è il nostro scopo?

 

-Non l’unico. E’ quello originale.

 

-Ma che differenza c’è tra noi e loro?

 

Kris ci pensò un momento.

 

-Beh, per alcuni versi siamo simili a loro. Per esempio per convertire un essere umano lo mordiamo per trasmettere il nostro veleno, che è diverso dal loro.

Ma siamo più forti. Loro sono cacciatori di prede, noi i predatori dei cacciatori.

 

Mi ricordai le sue parole.

 

-Siamo l’evoluzione- sussurrai.

 

-Esatto. Noi non cacciamo gli umani e non ci nutriamo nemmeno di sangue.

 

Ripensai al mio atteggiamento di prima, quando avevo provato a morderlo. Ero confusa.

 

-Ah no?

 

Scosse il capo. –Non siamo attratti dal sangue, ma dal veleno.

 

-Vuoi dire che ci nutriamo di vampiri e licantropi?

 

-No, non proprio. Noi non ci nutriamo di loro, almeno che non siamo feriti o deboli, allora ricerchiamo il veleno come fonte di energia. Solo in quel caso attacchiamo le altre creature per il veleno.

 

-Quindi prima…io…

 

Fissai il suo collo e lui capì.

 

-Esatto. La trasformazione ti aveva tolto le energie. Ma ora sei abbastanza in forze.

 

-Per cosa?

 

-Dobbiamo spostarci, non possiamo rimanere qui per molto.

 

-Perché, chi ci cerca?

 

-Nessuno spero, ma è nostra abitudine non rimanere in un posto estraneo troppo a lungo. Preferiamo tornare ai nostri rifugi.

 

-Perché?

 

-Noi non siamo soliti confermare la nostra esistenza. Molte creature ci credono leggenda. Noi non diamo segno della nostra esistenza, se non raramente. Per questo la nostra prima regola è questa: noi non ricerchiamo mai il nostro passato. Ciò che è stato non ci interessa. Proprio come se fossimo morti e rinati. La nostra nuova nascita è il punto di partenza.

Ricorda bene le mie parole: noi non lasciamo nulla dietro di noi, nemmeno una tomba vuota.

 

A quel tempo non feci caso alle sue parole. Ancora non mi dicevano nulla.

 

Kris si alzò e io seguii il suo esempio. Mi stupii per la facilità e velocità con cui mi ero alzata.

Seguii faccia d’angelo fuori dalla cascina, dove il sole splendeva  fioco, ancora troppo basso per rifulgere di luce.

 

Per un momento rimasi paralizzata.

 

Vidi la pelle di Kris e la mia risplendere come oro, come ricoperta d’ambra lucente. Sembravamo essere dotati di luce propria. Ma non fu quello a fermarmi. Fu il ricordo che apparve nella mia mente a immobilizzarmi.

 

Come in un film, vidi l’immagine di un grande prato verde, poi un’ombra che si muoveva di fianco a me e subito dopo l’immagine di un petto iridescente mi tornò alla mente. E le mani, e le braccia. Splendevano, ma in un modo diverso dalla me. Quel ragazzo sembrava avere diamanti nella pelle pallida, che quasi accecavano chi lo guardava. Cercai di prolungare quel ricordo, di focalizzare il volto di quel ragazzo, ma la visione scivolò dalla mia mente e tornai alla realtà.

 

Rassegnata, ripresi a seguire Kris.

 

-Non ti ho ancora detto che io sono il tuo maestro. E’ a me che devi dare ascolto.

 

-Il mio maestro?

 

-Esatto, devi imparare ancora un’infinità di cose ed è mia responsabilità istruirti.

 

-Perché tu mi hai morso?

 

-No, perché io ti ho scelta. E comunque si, ogni nuovo nato è di proprietà di chi l’ha morso e servirà la sua famiglia finchè il maestro non lo riterrà pronto.

 

-Scelta? Per cosa?

 

-Capirai più avanti. Ora guarda qui.

 

Mi avvicinai a lui, era fermo davanti ad una pozza d’acqua. Mi fece cenno di guardare e mi avvicinai di più.

 

Ora, non avevo un ricordo preciso di com’ero prima della mia rinascita, come diceva Kris, ma in qualche modo ero consapevole di essere cambiata un po’.

 

Percepivo di essere appena più alta e se possibile più…candida. La mia pelle era bianca quasi come una statua di marmo, con appena una sfumatura rosea. I miei capelli erano più lunghi e scuri di come li ricordavo e si arricciavano in grandi boccoli verso la fine.

 

La mia figura sembrava anche più…felina.

 

E poi i miei occhi erano magnetici, in qualche modo più profondi e…

 

-BLU!

 

-Cambieranno. Dipende dalle situazioni. I tuoi occhi erano scuri, quindi tali rimarranno, ma possono assumere varie sfumature.

 

Mentre Kris parlava, altre immagini mi riaffiorarono alla mente.

 

Occhi color topazio, occhi di caramello, quegli occhi che erano comunque gli stessi.

 

-Dimmelo- ordinò infine, dopo che i tentativi di persuasione erano falliti; e fallivano solo perché stavo ben attenta a non incrociare il suo sguardo.

-E’ il colore dei tuoi occhi, oggi- sospirai, senza distogliermi dalle mani che giocherellavano con una ciocca di capelli . –Dovessi chiedermelo tra due settimane ti risponderei che è onice.

 

 

Quella voce, suonava come una ninna nanna. A quel pensiero seguì subito un altro ricordo.

 

 

Prima di te, Bella, la mia vita era una notte senza luna.

 

 

-Bella- sussurrai appena, ma Kris mi sentì.

 

-Come?

 

-Bella, il mio nome è Bella.

 

Kris alzò le spalle. Forse per lui questo non contava nulla.

 

Mi persi nel ricordo di quell’unica frase, cullata da quella voce che mi faceva sentire strana.

Poi, altri ricordi.

 

 

-Beh, non sarei mai riuscito a vivere senza di te.

 

Lui che lo fa sembrare ovvio. Io che mi arrabbio.

 

 

-Adess,o penso di capirti…un po’- ammise. –Ma cosa farei io senza di te?-

 

-Quello che facevi prima che arrivassi a complicarti l’esistenza.

 

Sospirò –Per te è tutto così facile.

 

 

 

Provai una fitta al petto. Di chi era quella voce? Ero legata a lui? In che modo?

 

 

-Se ci fosse solo una maniera per farti capire che non posso lasciarti- sussurrò.

 

 

 

 

Un rumore mi riscosse dai miei pensieri.

 

Alzai gli occhi e vidi Kris che mi guardava in modo strano. Anche la sua voce non era normale quando parlò.

 

Mi fissava, immobile, in una posizione d’attacco.

 

Ghignò.

 

-Ed ora vediamo se sei in grado di fare ciò che credevo…

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco qui il quarto capitolo. Prossimamente scopriremo cos’è successo ai Cullen, ai Volturi e a Victoria. Naturalmente, vedremo come se la caverà Bella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed ora un ringraziamento a chi mi segue e a:

 

Greta91: Grazie!!! Sono contenta che ti piaccia tanto!!!

 

Missy16: No esatto…Victoria e i Volturi non centrano per ora…Presto si scoprirà chi è Kris, non preoccuparti che c’è tutta la fic per scoprirlo…Evviva…un’altra fan!!!!!! Sono contenta del mio seguito…BWABWA (*si monta la testa*)….spero che questo capitolo sia di tuo gradimento…

 

Selene89: XDXD Mi devo ricordare di “Oh Santa madre” fa un bell’effetto!!! XDXD Si, Bella non ricorda chi è Edward…Aggiornerò presto, non preoccuparti!!!

 

Amy89: GRAZIEEEEEE!!!!!!!!!!!!!In effetti mi piace la suspance…ma tu non morirmi…non ad inizio fic!! Spero che il concetto di evoluzione ti sia ora chiaro…e spero avrai capito perché proprio lei….CIAO!!!

 

Baby_bunny: Spero che ora tu sia un po’ meno confusa…Grazie mille per i complimenti!!!

 

Elychan: Come ho detto a Missy16 c’è tutta la fic per scoprire chi è kris…XD.Non penserai mica che abbia cancellato proprio tutto di Edward, vero? XDXD (*si tira un pugno in testa* Smettila di confonderla…). Alla prossima!!!!!!

 

Giuggiolina: Certo, mi piacciono le storie intricate!!! Grazie, un kiss!

 

Aras: va un po’ meglio con questo cap? Non preoccuparti che andando avanti le cose si chiariranno…(BWA). Grazie per la recensione!!! Smak!

 

Loner: Visto che buona a mettere due capitoli?? XDXD Grazie per la valanga di complimenti, mi alleviano la giornata! Ci saranno altri risvolti comunque…spero ti gustino….XD

 

Glo91: Visto che sorpresa? In effetti nessuno si aspettava questo risvolto credo…Continua a seguirmi!!!

 

Kiakkina: Salve amica k! (Che soprannome insulso…mi dispiace ^.^’) No, è la trasformazione a cancellare i ricordi…non Kris…Victoria per un po’ se ne starà buona…per un po’…

 

Valem: Heilà!!! Ci ritroviamo anche qui…ti appassionano proprio le mie storie, eh? XDXD Sono contenta!!! Non preoccuparti per Bella…per un po’ starà bene…più o meno…

 

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Capitolo 5
*** cap.5: Doni dimostrazioni e precipizi. ***


CAPITOLO QUINTO

 

“Doni, dimostrazioni e precipizi.”

(LaDamaLuthien)

 

 

Alzai gli occhi e vidi Kris che mi guardava in modo strano. Anche la sua voce non era normale quando parlò.

 

Mi fissava, immobile, in una posizione d’attacco.

 

Ghignò.

 

-Ed ora vediamo se sei in grado di fare ciò che credevo…

 

 

 

 

 

 

In un attimo si lanciò su di me, ma lo schivai. Senza aspettare un secondo di più mi lanciai verso la foresta.

 

Correvo. All’inizio non mi resi conto della velocità con cui sfrecciavo attraverso i rami e i cespugli. Il terreno scivolava sotto i miei piedi, come se volassi a rasoterra.

 

In effetti più che correre procedevo a grandi falcate.

 

Ero così concentrata nel sperimentare le mie nuove possibilità di movimento che non mi resi conto di Kris, che si era volatilizzato davanti a me.

 

Allungò una mano e io caddi a terra, lunga e distesa.

 

Kris sorrise, poi alzò la camicia e sfoderò un pugnale.

 

Rimasi immobile mentre lo prendeva per il manico con due dita e lo sospendeva sopra il mio petto, esattamente all’altezza del cuore.

 

-Sei impazzito?

 

In tutta risposta lasciò cadere il pugnale.

 

Istintivamente chiusi gli occhi, aspettando il colpo.

 

Ma quello non venne.

 

Azzardai un’occhiata, poi spalancai completamente gli occhi.

 

Kris annuiva soddisfatto.

 

Deglutii, un residuo dei miei istinti umani, non ancora del tutto scomparsi.

 

Il pugnale era sospeso a pochi centimetri dal mio petto. Lo afferrai e mi alzai di scatto, adirata.

 

-Cosa ti salta in mente?

 

-Dovevo provocarti in qualche modo, per stimolare una tua reazione.

 

-Volevi uccidermi?

 

-Stupida. Non ti avrebbe uccisa. Il motore della tua esistenza non è più il tuo cuore.

 

Gli epiteti che volevo lanciargli mi morirono in gola. Che stupida, non ero più umana.

 

-Ma come hai fatto a fermare il pugnale?

 

Sorrise. -Non sono stato io.

 

 

Ero interdetta, un’altra volta.

 

 

-L’avevo avvertito sai, quel giorno a Volterra. Le tue capacità sono esattamente ciò di cui avevo bisogno.

 

-Le mie capacità?

 

-Con il tempo imparerai ad usarle, a conoscerle, ad ampliarle e spingerle al limite.

 

All’inizio non risposi. Kris mi lasciò il tempo di ragionare.

 

-Quindi, io posso bloccare gli oggetti?

 

-No, non limitare così il tuo potere. Tu puoi fare cento volte tanto. Tu, Bella, sei in grado di agire sulle cose e sugli eventi, cambiarli a piacimento solo con la forza della tua mente. Naturalmente, il limite è legato alla tua forza e alla tua volontà.

 

-Tipo la telecinesi.

 

-In parte si.

 

-Caspita.

 

-Inoltre possiedi anche delle capacità comuni ad altri individui della nostra specie che condividono doni legati alla psiche. Per esempio non puoi essere intercettata dalle altre creature, puoi percepire le potenzialità di chi ti sta intorno, puoi anche captare i loro pensieri se ti alleni, anche se quest’ultima capacità è molto rara e richiede tempo ed esercizio.

 

Lo fissavo, emozionata.

 

-E tu? Quali sono le tue capacità?

 

Kris ghignò.

 

-Il mio è un dono unico quanto sottile. Io posso confondere le persone, posso fargli credere che ciò che stanno vedendo o sentendo sia quello che vogliono. Posso manipolare la loro mente e fargli credere, pensare, fare, dire tutto ciò che voglio.

 

Rimasi a bocca aperta. Senz’altro, quello era un dono molto potente.

 

-Wow.

 

Kris ghignò soddisfatto.

 

-Per esempio, ora quella lepre vuole avvicinarsi a me e balzarmi tra le braccia.

 

Dal cespuglio, comparve una lepre selvatica, che fece esattamente ciò che aveva predetto Kris.

 

I miei occhi si allargarono per lo stupore.

 

-Ed ora, uccidila.- sussurrò, la voce tenue, attraente.

 

Spostai gli occhi da Kris alla lepre che mi porgeva, più volte. Non volevo uccidere quella creatura.

 

-N-non posso, è così…- Le mie intenzioni cominciarono a vacillare. Davvero non volevo?

 

-Tu la vuoi uccidere.- Il suo tono era irresistibile.

 

Caddi completamente nelle sue mani.

Le sue parole erano così…vere.

Non era ciò che lui voleva, era ciò che io stessa desideravo. Io volevo uccidere quella creatura.

 

Allungai le mani e presi la lepre, l’afferrai per il collo, pronta a spezzarlo.

 

 

-Cosa fai, Bella?- Rabbrividii. Di chi era quella voce nella mia mente?

 

 

Guardai la lepre. Qualcosa negli occhi di quel animale insinuò il seme del dubbio tra i miei pensieri.

 

Era veramente ciò che desideravo?

 

-Uccidila, Bella.

 

 

-No, tu non vuoi Bella. Perché devi farlo?

 

 

-Tu vuoi ucciderla.

 

 

-Opponiti, tu non sei il suo burattino.

 

 

-No.

 

-C-come?- Kris rimase interdetto.

 

Riacquistai convinzione.

 

-Non è vero, non la voglio uccidere.

 

-Si invece, tu lo vuoi eccome!- Il suo tono era brusco, aveva perso la nota ammaliatrice.

 

-No che non lo voglio.

 

Era spiazzato. Rimase a guardarmi a bocca aperta per qualche secondo, disarmato.

 

Ovviamente non se l’aspettava.

 

-Tu..- si ricompose e ci riprovò. -Ah, sei più potente di ciò che pensavo. Nessuno aveva mai opposto resistenza.

 

Un sorriso mi scappò dalle labbra.

 

-Per te deve essere un colpo basso.

 

Mi stupii io stessa della mia ilarità.

 

-Ora non essere così piena di te, sono comunque più potente ed esperto. Scommetto che se ci mettessi più convinzione ti batterei, è solo che questa volta mi hai preso in contropiede.

 

Rispondere mi venne naturale.

 

-Davvero?- Dissi maliziosa –Proviamo di nuovo?

 

Sorrisi quando notai il suo sguardo infastidito. Scoprii che mi piaceva stuzzicarlo.

 

Sentivo che pian piano la mia nuova personalità andava formandosi.

 

-Non è il momento, abbiamo perso fin troppo tempo, gli altri mi staranno cercando.

 

-Gli altri?

 

-Muoviti, siamo in ritardo.

 

-Dove andiamo?

 

-Tu seguimi - E cominciò a correre attraverso i boschi.

 

Lo raggiunsi senza alcuna difficoltà. Arrivato ad un pendio si fermò e lo imitai.

 

Molti metri più sotto scorreva un ruscello che tagliava in due la valle.

 

Kris mi prese tra le braccia.

 

-Che fai?

 

Per tutta risposta lui si buttò.

 

Precipitavamo, veloci quasi come nelle nostre corse.

 

Un gridolino mi sfuggì dalle labbra, ma subito si spense quando vidi con stupore che ci eravamo fermati. Guardai verso il basso e la mia testa girò quando constatai che eravamo sospesi in aria.

 

Poi le notai.

 

Due grandi ali di piume bianche, spruzzate di nero.

 

-Sono tue?

 

Scosse la testa. -E di chi, sennò?

 

-Anche io…?

 

-No, certo che no.- Mi interruppe. -Tu prima eri umana, quindi sei una guardiana pura.

 

Rimanemmo in silenzio per un po’. Le montagne scorrevano sotto di noi, mentre Kris volava sfruttando le correnti.

 

-E tu?

 

-Come scusa?

 

-Tu non sei un guardiano puro?

 

-No

 

Lo guardai, in attesa che continuasse. Ma non lo fece.

 

-Sei una specie di ibrido?

 

-Sono comunque un guardiano, se è questo che intendi. Solo che ho mantenuto alcune caratteristiche di ciò che ero.

 

-E cos’eri?

 

-Non credo che ti interessi. E poi te l’ho detto, noi ci lasciamo il passato alle spalle- C’era una nota malinconica nella sua voce, o me la stavo immaginando? Guardai il suo volto, ma era impassibile come sempre. -Ora taci un po’, che mi devo concentrare.

 

Per tutto il resto del viaggio rimanemmo in silenzio.

 

Io mi godetti per un po’ il paesaggio, riordinando mentalmente tutte le informazioni ricevute in quegli ultimi tre giorni. Poi però mi stancai e cercai di distrarmi.

 

Giocai un po’ con i miei capelli, che svolazzavano di qua e di là a seconda delle correnti.

 

Anche stavolta mi annoiai quasi subito. Presi a fissare le enormi ali bianche e nere, che si abbassavano ed alzavano solo per riprendere quota. Provai ad accarezzarne una.

 

Era piacevole al tatto, morbida e tiepida. Studiai il volto di Kris, per scorgerne qualche reazione, ma era impassibile.

 

Ridacchiai pensando a quanto fosse serio e soprattutto a quanto era bello stuzzicarlo.

 

-La pianti di fare la scema?

 

-Scusi maestro.

 

-E non chiamarmi maestro, mi fa sentire decrepito.

 

Ridacchiai di nuovo. -Non lo sei?

 

Non rispose. Si limitò a guardare avanti, seccato.

 

Di nuovo, non sapevo cosa fare. Poggiai la testa sulla sua spalla. Le mie narici si riempirono di quel dolce profumo di vaniglia.

Dentro di me, un brivido di eccitazione mi percorse lungo la schiena.

Mi dimenai appena.

 

-Che c’è?

 

-Il tuo odore è buono. Sa di dolce, di vaniglia.

 

Si limitò ad alzare un sopracciglio, di nuovo contrariato.

 

Risalii con la punta del naso dall’incavo della spalla al collo, respirando profondamente. Fu Kris a rabbrividire questa volta.

 

Un ringhio infastidito attraversò la mia mente.

 

Poi Kris mi pizzicò una coscia.

 

-Ahi!

 

-Così impari a trattenerti. Non puoi andare a strusciarti su chiunque abbia un buon odore.

 

-Non mi stavo strusciando.- Sbuffai.

 

Non rispose.

 

-Siamo arrivati?

 

-Quasi.

 

Non passò nemmeno un minuto.

 

-Ora?

 

-Manca poco.

 

-Quanto poco?

 

Alzò gli occhi al cielo.

 

-Ho capito che sei appena rinata, ma non occorre che ricominci dall’infanzia.

 

-Ah, ah. Spiritoso. E’ che mi annoio.

 

-Trova qualcosa da fare.

 

-Non so che fare.- poi mi venne un colpo di genio.-Ehi, perché non mi parli un po’ di te?

 

-Scusa, perché dovrei?

 

-Beh, tu sai tutto di me, io no. E poi, visto che dovremmo passare anni insieme, mi sembra giusto…

 

Un altro ringhio attraversò la mia mente. Ma cos’era…?

 

-Non se ne parla.

 

-Vuoi che ricominci a strusciarmi?- Ribattei scherzosamente.

 

Sbuffò, esasperato. Poi il suo sguardo si illuminò e i suoi lineamenti si distesero in un’espressione sollevata.

 

-Non ce ne sarà bisogno, siamo arrivati.

 

 

 

 

 

 

 

Ora non uccidetemi…. Prossimo aggiornamento tra due giorni…

 

Intanto voglio ringraziare:

 

Giuggiolina: Sono contenta che il riaffiorare dei ricordi abbia sortito l’effetto voluto. Grazie mille della recensione, sono contenta che continui a seguirmi!!

 

Greta91: Ciao! Grazie per i complimenti!!! Spero che ti piaccia anche questo capitolo…

 

Missy16: In effetti il primo impatto di Kris (anche in questo capitolo) è un po’ antipatico...Già, Bella ricorda Edward, anche se non sa chi è….come potrebbe averlo dimenticato del tutto? Nel prossimo capitolo scopriremo che fine hanno fatto i Cullen…Kisses!!!

 

Aras: Si, Kris è affascinante, forse perché misterioso…spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto…GRAZIE!!!

 

Baby_bunny: Beh, non hai visto nell’altro capitolo e in questo che qualcosa Bella ricorda? Abbi fiducia in lei…XDXD e in me…CIAO!!!!! Al prossimo cap!!!

 

Kiakkina: Come fa Edward a saperlo? Beh, cosa succederà ai Cullen lo scopriremo nel prossimo capitolo…A PRESTO!!!

 

Amy89: Ho postato….così ho spento le tue vecchie ansie e ne ho accese di nuove…XDXD. GRAZIEEEEEEEEEEEE per i complimenti, le tue recensioni mi entusiasmano dandomi la voglia di postare!!! Al prossimo cap!!!

 

Loner: Wow, grazie mille per la recensione super favorevole!! Sono contenta che la trama ti piaccia e spero che saprò continuare in modo altrettanto eccitante per voi lettori!! Col tempo vedrai tutte le peculiarità della nuova razza e soprattutto scopriremo qualcosa di più dei ricordi…KISS!

 

Killer: Grazie! Spero che il capitolo sia stato di tuo gradimento!! Continua a seguirmi!!!

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Capitolo 6
*** Cap.6: Il mondo non gira intorno ad Aro ***


Capitolo corto, perlopiù in ritardo, quindi per farmi perdonare posterò anche domani…

 

 

 

 

CAPITOLO SESTO

 

“Il mondo non gira intorno ad Aro”

(§°Deidre°§)

 

 

-Cos’è Alice?

 

-Victoria ci sta cercando, ha scoperto che Bella non è a Forks e sta inseguendo la nostra pista. Ma non è la sola.

 

-Che cosa vuoi dire?

 

Ma non fu Alice a rispondere, Edward fissava immobilizzato la porta laterale che del parcheggio dell’aeroporto. Li sentiva.

 

-Sono loro. I Volturi. Sono venuti per Bella.

 

 

 

 

 

 

Due secondi dopo, tre figure emersero dalla porta laterale, dirette verso di loro.

 

Emmett parve rallegrarsi della loro inferiorità numerica, ma Edward troncò sul nascere i suoi piani.

 

-Non sono soli- sussurrò al fratello.

 

Jane si fermò a pochi passi da loro, seguita da Heidi e Demetri.

 

-Ma guarda un po’, che coincidenza. Cercavamo proprio voi.

 

Edward ringhiò.

 

-Jane, qual buon vento?

 

Dimetri ghignò.

 

-Lo sai no, siamo venuti per verificare che la tua amica Alice abbia rispettato la sua promessa.

 

Alice alzò un sopracciglio, falsamente sorpresa.

 

-Non vi aspettavamo così presto.

 

-Mi sbaglio o avevamo un patto?

 

-Non era incluso nessun termine di tempo.

 

 

Edward ghignò soddisfatto, Alice era la migliore in queste cose. Dimetri sembrava furioso, ma fu Heidi a parlare, intervenendo per la prima volta.

 

-Beh, immagino che Aro ne sarà molto contrariato.

 

Carlisle sorrise.

 

-Capirà. Aro sa essere paziente.

 

-Ma come ben sai, Carlisle, il mondo non gira intorno ad Aro.

 

-Temo che comunque sia un problema che non possiamo risolvere. La ragazza non è con noi e non sappiamo dove trovarla.

 

-Menti- sorrise Jane.

 

-No, non mente. Vedo la verità, nei suoi occhi.- Da dietro apparvero Alec e Felix, seguiti da un vampiro che i Cullen non avevano mai visto, tranne Carlisle. -E’ un piacere rivederti.

 

-Vorrei poter dire lo stesso,Vidhar -rispose Carlisle.

 

-Quanto astio.- Ridacchiò quest’ultimo.

 

Jane intanto era visibilmente irritata.

 

-Si può sapere dov’è la ragazzina? Abbiamo ordini precisi.

 

-Di nuovo, non lo sappiamo.

 

Jane grugnì, scettica.

 

Felix prese in mano la situazione.

 

-Allora credo non ci sia altra soluzione. Mi dispiace, ma in questo caso Aro vorrà vedervi.

 

-Lo vedremo.- Ringhiò Emmett, scattando in posizione d’attacco.

 

Rose si mosse per fermarlo, ma Carlisle intervenne per primo.

 

-Emmett…no.

 

Vidhar ghignò. –Ragionevole come sempre, Carlisle.

 

Lui lo guardò freddamente.

 

-Abbiamo scelta?

 

Il ghigno di Vidhar si allargò ancora di più mentre passava in rassegna Jane, Heidi, Demetri ed infine i Cullen.

 

-No, direi di no.

 

 

 

 

 

 

-Un buco?

 

-Una grotta…

 

-Si ma è sempre un buco…- lo stuzzicai.

 

-Ma si chiama grotta…- mi accorsi con disappunto di non averlo infastidito abbastanza.

 

-Ma quando hai parlato del “posto sicuro” in cui vi rifugiate credevo fosse una sorta di megavilla, una comunità, un cerchio di capanne…

 

-Vuoi entrare si o no?

 

Lo guardai scettica, poi mi incamminai all’interno della piccola grotta.

 

Non esattamente piccola. Man mano che ci addentravamo diventava sempre più larga e alta.

 

-Guarda!- Con il dito puntai l’estremità della grotta, dove da dietro le foglie di un’enorme felce filtrava la luce del sole.

 

Emozionata accelerai il passo.

 

 

Un bosco, rumore di erba e rami calpestati.

 

La mia voce che stuzzica la presenza dietro di me. –Non siamo ancora arrivati?

 

-Quasi-  Quella voce indulgente, ormai a me così familiare. -Vedi che laggiù c’è più luce?

 

 

Scostai le felci, trattenendo il respiro. Davanti a me si apriva un giardino immenso e all’orizzonte, un lago in cui si rifletteva una roccaforte.

 

-Allora, ti piace?- Ridacchiò Kris.

 

-Si…- fu la mia fievole risposta.

 

 

 

Vorrei ringraziare (velocemente purtroppo) chi ha recensito:

 

Loner

Aras

Missy16

Kiakkina

Bells (in verità, anche se HP mi piace molto non ho preso proprio spunto da lì, se (credo di si) ti riferisci alle lezioni di occlumanzia, quello che succede a Bella non è proprio uguale, quindi no, non mi sono ispirata da lì).

Amy89

Ale^^

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Capitolo 7
*** I volti dei leader. ***


Eccomi qui a postare come promesso…

 

Qui la storia comincia a delinearsi, i nuovi personaggi sono molti, ma pian piano ve li farò ricordare anche se non volete e prenderete familiarità…

 

 

 

CAPITOLO SETTIMO

 

“I volti dei leader”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

Scostai le felci, trattenendo il respiro. Davanti a me si apriva un giardino immenso e all’orizzonte, un lago in cui si rifletteva una roccaforte.

 

-Allora, ti piace?- Ridacchiò Kris.

 

-Si…- fu la mia fievole risposta.

 

 

 

 

 

 

 

Avvertii un fruscio alla mia destra e mi voltai spaventata.

 

Kris guardava nella mia stessa direzione, lo sguardo puntato tra gli alberi. Eppure non c’era nessuno.

 

-Tutto a posto.- Sussurrò, ma non sono sicura che si stesse rivolgendo a me.

 

In silenzio mi si avvicinò, prendendomi di nuovo tra le sue braccia.

 

-Vedi di non approfittarne troppo.

 

-Te la vuoi fare a piedi?- fece per mettermi giù.

 

-No, no- mi affrettai a rispondere. Rise.

 

 

Volammo di nuovo, fino al castello.

 

Grandi scalinate bianche portavano al portone principale.

 

-Non ci sono guardie? Sentinelle? Non è protetto?- lo guardai, curiosa.

 

Un ghigno si allargò tra le sue labbra.

 

-Non hai visto, prima?

 

Scossi la testa. Lui scrollò le spalle.

 

-Ci sono sentinelle su tutto il perimetro. Le vedi le mura?

 

Alzai il volto. All’orizzonte si potevano ammirare grandi mura di pietra rossa, a tratti ricoperte d’edera, a tratti nascoste dalla foresta.

 

Annuii. –Dove siamo?

 

-Scozia.

 

Allargai gli occhi dalla sorpresa.

 

-Come? E dove eravamo prima?

 

-America.

 

-Tu mi prendi in giro.

 

Kris aggrottò la fronte.

 

-No, certo che no.

 

-Come hai fatto a volare qui in poche ore?

 

-Te l’ho detto, ho ereditato alcune capacità dalla mia vecchia esistenza. E poi, un aereo ci avrebbe messo solo un paio d’ore in più.- Aggiunse.

 

Non risposi, ero ancora stupita.

 

-Ora per favore, puoi venire a conoscere nostro padre?

 

-Padre?

 

-Si, beh. Lo chiamiamo così per abitudine, in realtà all’inizio era per prenderlo in giro. Ma lui è una sorta di leader, di guida per il nostro gruppo.

 

Chissà perché nella mia mente balenò il primo volto che avessi mai ricordato fin’ora. Alle parole di Kris, tra i miei pensieri si insinuò un ricordo sfocato di un medico biondo, giovane e …bellissimo.

 

-E allora, signorina Swan- disse quello –come andiamo?-

 

Cercai di mettere a fuoco anche la figura che stava di fianco, ma per quanto mi sforzassi non ci riuscii e il ricordo scivolò via.

 

La testa mi girò appena. Kris stava aprendo il portone. Lo seguii nell’enorme androne illuminato da immensi lampadari di cristallo.

 

-E’ un castello medioevale- mi spiegò Kris –ma solo alcune stanze sono rimaste come quelle originali e sono tutte al piano terra e nelle cantine. I piani superiori sono stati tutti restaurati e modernizzati a nostro piacimento. Will l’ha comprato diversi secoli fa. Per non attirare dei sospetti a volte lo fa visitare ad alcuni turisti, ma per il resto siamo ben isolati.

 

-Chi è Will?

 

-Il guardiano più vecchio della nostra famiglia.

 

Alla parola nostra alzai sorpresa gli occhi verso Kris.

 

Lui alzò gli occhi al cielo.

 

-Sei dei nostri ora e finché sarò il tuo maestro sarai fedele alla mia famiglia.

 

-Per quanto?

 

-Dipende tutto da te.

 

Avrei voluto maggiori chiarimenti, ma Kris cominciò a salire le scale ed io lo seguii in silenzio attraverso i corridoi, affascinata da arazzi, dipinti ed altri oggetti provenienti da svariate epoche.

 

Guardai Kris, puntava deciso verso la fine del corridoio dove si trovava una porta di massiccio ciliegio.

 

Arrivati davanti, quella si aprì con un piccolo scatto ancor prima che Kris la sfiorasse.

 

La voce che proveniva dall’interno era profonda e indubbiamente maschile.

 

-Ti aspettavo.

 

Kris mi precedette ed io lo seguii.

 

La stanza era molto probabilmente uno studio sui cui scaffali erano riuniti i più vari tipi di oggetti; libri, mappe, strani arnesi, penne, fogli,…

 

Dietro la scrivania, provvista del più moderno computer, sedeva un giovane uomo dall’aria stanca.

 

Aveva i capelli di un castano chiaro, raccolti in una coda. Dietro le occhiaie e il colorito spento si poteva intravedere l’ombra dei dolci lineamenti che caratterizzano i giovani uomini appena entrati nell’età adulta.

 

Gli occhi verdi splendevano fiochi, come mitigati dalla stanchezza.

 

Eppure, dietro quella figura affaticata, non era così difficile scorgere il riflesso di una sana bellezza.

 

Vedendomi i suoi occhi si allargarono un attimo per la sorpresa. Poi si alzò e fece il giro della scrivania fino a fermarsi ad alcuni centimetri da me.

Mi studiò per qualche secondo, soffermandosi a fissarmi negli occhi. La sensazione che stesse studiando la mia mente era vivida. Senza accorgermene aggrottai le sopracciglia, concentrandomi cercai di allontanare quella sensazione.

 

-Ah- sospirò l’uomo, mentre quel senso di violazione svaniva dalla mia mente. -Notevole. Devo dire che hai trovato un’accolita molto interessante.

 

Nel dirlo si era voltato verso Kris, che si limitò a rivolgergli uno sguardo vittorioso, come se quella conferma gli avesse dato una nuova certezza.

Tornò a guardarmi, sorridendo gentile.

 

-Io sono William, ma puoi chiamarmi Will.

 

-B-buongiorno- incerta, strinsi la mano che mi porgeva. Guardai verso Kris, che mi rivolse uno sguardo incoraggiante. –Io sono Bella.

 

-Bella sta per?

 

 

-Co…come fai a conoscere il mio nome- balbettai. Una risata leggera e abbagliante catturò la mia attenzione. Ancora quella voce.

-Oh, penso che tutti sappiano come ti chiami. La città intera ti stava aspettando.

-No intendevo, come mai mi hai chiamato Bella?

-Preferisci che ti chiami Isabella?

-No, Bella mi piace.

 

 

-Isabella credo, ma preferisco Bella.

 

-Allora benvenuta nella famiglia Meth’renai, Bella. Qui usano trattarmi come un padre, ma sentiti libera di considerarmi come più ti pare. Qui sei la benvenuta. Vieni, ti mostro il resto di noi.

 

Uscimmo dallo studio e ci incamminammo di nuovo lungo i corridoi, per niente familiari. Arrivati alla rampa di scale, cominciammo a salire. Io camminavo pochi metri dietro i due uomini, riflettendo sulle parole di Will.

 

Ma poi mi concentrai sulla loro conversazione.

 

-Beh, interessante. I suoi poteri sono senz’altro molto utili, hai visto bene su questo.

 

-Però?- chiese Kris, come se avesse intuito che c’era qualcos’altro.

 

-Non mi sembra giusto che tu l’abbia tolta così dalla sua vita. Mi è sembrato di capire che non fosse sola al mondo.

 

-Se è questo che ti preoccupa è tutto sistemato, nessuno si ricorda di lei.

 

Aggrottai le sopracciglia, prestando più attenzione. Parlavano di me?

 

Will abbassò la voce, ma udii lo stesso.

 

-Un giorno scoprirà ciò che hai fatto.

 

Anche Kris abbassò la voce, dopo aver sbirciato verso di me. Feci finta di guardarmi attorno, incuriosita.

 

-Quando quel giorno arriverà, sarà troppo tardi per tornare indietro. Mi perdonerà.

 

-Spero che la tua fiducia ti porti fortuna.- rispose, poi alzò la voce. –Eccoci qui, sono tutti in biblioteca.-

 

Mi fece segno di avvicinarmi e io gli andai accanto. Cauto, mi circondò con un braccio e mi sospinse all’interno della stanza.

 

Sei figure piazzate sui divani davanti al caminetto alzarono di colpo la testa.

 

Will puntò con le dita la donna coi capelli scuri, seduta su una poltrona.

 

-Lei è Clinide.-

 

La ragazza storse la bocca.

 

-Non presentarci coi nomi ufficiali, fanno schifo. Chiamami Sari.

 

Will spostò la mano verso il ragazzo seduto sul divano.

 

-Lui è Ragnar, ma tutti noi lo chiamiamo Frey.

 

-Loro sono Dionis, Pico che si fa chiamare Mark e Sansenuy detto Ren.

 

Due ragazzi mori ed uno biondo mi fecero un cenno di saluto.

 

-Infine lei è …

 

-Kaljka, ma tutti mi chiamano Ka’- Una ragazza bassina, coi capelli biodo cenere e gli occhi scuri mi sorrise elettrizzata. Era minuta, ma molto carina.

 

-Lei è Isabella, ma vuol essere chiamata Bella- Mi presentò Will. -Da oggi farà parte della nostra famiglia.

 

Alcuni parvero sorpresi, la ragazza dai capelli scuri rimase indifferente. La ragazzina bionda invece si alzò con un balzo e saltellando andò ad abbracciare Will.

 

-Evviva!- sembrava davvero felice, mi rivolse un sorriso più ampio del precedente. –Ovviamente tu sarai la mia migliore amica.

 

La guardai imbarazzata.

 

Uno dei due ragazzi mori sbuffò.

 

-Smettila scema, che la spaventi fin da subito.

 

La ragazza lo ignorò.

 

-Bella è il tuo nuovo nome?

 

La guardai, confusa. Fu Kris a venirmi in aiuto.

 

-No, quello è il suo nome, quello nuovo è ancora da decidere.

 

La ragazza batté le mani, entusiasta.

 

-Che bello! Che aspettiamo?

 

Mi prese per le mani e mi fece accomodare accanto a lei. Anche Will e Kris presero posto.

Quando il silenzio calò, Kaljka iniziò a parlare.

 

-E’ tradizione che quando un nuovo guardiano entra in una famiglia, quella, a discapito del suo nome proprio, gliene assegni uno che gli conferisca l’appartenenza alla casata.

 

Tutti ascoltavano, pazienti, guardando verso di noi. Sicuramente avevano già sentito quella storia, ma sembravano prendere la faccenda molto sul serio.

 

-Tu hai già un nome proprio, Bella, e così ti chiameremo per rivolgerci a te. Ma all’infuori di questa casa tu sarai…-

 

Lasciò la frase in sospeso, guardando verso gli altri. Ci fu un mormorio generale. Per una buona mezzora discussero tutti sul mio nome, suggerendo appellativi che non mi ricordavo di aver mai sentito.

 

Alla fine optarono per un diminutivo di Andromeda.

 

-Allora è deciso.- Gli occhi di Ka’ brillarono di gioia. – Tu sarai Isabella Andromis Meth’renai, da tutti noi chiamata Bella.

 

Alcuni applaudirono divertiti. Sentii le mie guance arrossarsi.

 

-Vieni Bella, ti mosto la tua stanza, è di fianco alla mia.- Ka’ mi prese le mani tirandomi letteralmente su dal diano e mi guidò al piano superiore.

 

 

 

Ringrazio tutte le persone che continuano a seguirmi con tanto affetto:

 

 

Aras

 

Missy16

 

Kiakkina

 

Amy89

 

Selene89 (grazie per il privilegio del ‘Oh santa madre’ XDXD)

 

Ale^^

 

AllegraRagazzaMorta (Oddio, oddio….il tuo nick è troppo bello!!!!!)

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Capitolo 8
*** Cap. 8 e Cap. 9 prima parte. ***


Vi ho fatto aspettare molto, quindi eccovi anche questa volta due capitoli in uno ^.^

 

 

CAPITOLO OTTAVO

 

“Il beneficio del dubbio”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Sono sicura che nella mia nuova camera ci potesse stare tranquillamente un appartamento.

 

Il letto era a baldacchino, ma al posto delle solite tende pesanti e scure c’erano due o tre stati di veli blu e azzurri come la stanza.

 

Avevo un enorme bagno privato e un camerino vicino ad esso che fungeva da armadio ma sembrava una sorta di passerella da sfilata di moda.

 

Nella camera c’erano un piano, una libreria, una grande scrivania completa di tutto l’occorrente possibile, uno stereo con molti cd, un divano ed una tv completa di lettore dvd.

 

-Caspita.

 

Ka’ sorrise compiaciuta. -L’ho arredata io, è simile alla mia.

 

-Si, ma…credo che sia un po’ troppo per me. Non ho bisogno di tutte queste cose.

 

Ka’ alzò le spalle, per niente demoralizzata. –Se non ti servono lasciale lì.

 

Mi sembrava scortese ribattere, quindi lasciai perdere.

 

Notai che su un lato c’erano due enormi vetrate che lasciavano passare la luce del sole e davano su un terrazzo molto grande.

 

Uscii e rimasi senza fiato. Il panorama era fantastico, da lì potevo vedere l’intero lato est e potevo scorgere i campi colorati aldilà della foresta.

 

-Frumento, papaveri, lavanda e erba.- elencò Ka’. –E’ bellissimo guardarli in questa stagione. A volte ci andiamo a correre o giocare, sono nostri sai?

 

Annuii, affascinata dalle colorazioni che il paesaggio prendeva con la luce del tramonto.

 

-Che dici, andiamo a mangiare?

 

Strabuzzai gli occhi.

 

-Credevo che noi non ci nutrissimo.

 

-Beh, non frequentemente come umani o altre creature, un paio di volte al mese sono sufficienti.

 

-E di che strani esseri ci nutriamo?

 

Ka’ scoppiò a ridere di gusto.

 

-Ma no, sciocchina. Di che esseri parli?

 

-Non capisco. Non ci nutriamo di veleno?

 

-Solo in caso di bisogno. Cioè quando siamo feriti, morenti, menomati, ammalati, deboli,…

 

Avrebbe continuato l’elenco per sempre se dalla porta-finestra non fosse sbucato il biondino.

 

-Posso?

 

-Ormai.- Si limitò a rispondere Ka’, un po’ piccata dall’interruzione del fratello.

 

Ridacchiai in silenzio.

 

Il biondino sorrise e si avvicinò. Si rivolse a me.

 

-Sono venuto a salvarti, se fosse per Ka’ probabilmente arrivereste in tempo per la cena…della prossima settimana.

 

A quel punto Ka’ gli tirò un pugno sulla spalla e se ne andò offesa. Prima di sparire oltre la porta lanciò un’occhiata furente al fratello, poi un sorriso a me.

 

-Noi ci vediamo dopo.

 

E se ne andò balzellando con il mento alto e le guance gonfie in un atteggiamento offeso da perfetta bambina di sei anni.

 

-Non preoccuparti. E’ fatta così, ha frequenti sbalzi d’umore e la sua personalità è un po’…beh…eccentrica. Ma imparerai a volerle bene.

 

-Non sono spaventata.

 

Calò il silenzio. Non uno di quelli imbarazzanti, in cui nessuno sa cosa dire. Era un silenzio naturale, entrambi eravamo concentrati sui nostri pensieri.

 

-S-scusa se te lo chiedo, però…eh…- Non sapevo come chiederglielo. Se chiederglielo.

 

Ridacchiò.

 

-Io sono Dionis.

 

-Ah, ecco. Dionis e…

 

-E basta. Non ricordavo il mio nome quando sono arrivato, così ho solo quello che mi hanno dato.

 

Tacqui. Avevo tante domande da fare, Troppe. E non sapevo nemmeno se potevo rivolgermi a lui.

 

-Puoi chiedermi ciò che vuoi.- Mi precedette di nuovo.

 

Lo guardai, vigile. Sembrava che mi leggesse nel pensiero, anche se non avvertivo la sua intrusione.

 

Un ringhio basso e minaccioso attraversò la mia mente, facendomi venire la pelle d’oca.

 

Dionis mi fissava palesemente preoccupato.

 

-Ho detto qualcosa…

 

-Tu puoi leggermi nel pensiero.- Sussurrai, cauta. Non era una domanda.

 

-No.- La semplicità con cui pronunciò quella sillaba mi lasciò interdetta.

 

-Non leggo nel pensiero, non preoccuparti. Sono solo intuitivo.

 

-Intuitivo?- Era un invito a spiegarsi. Capì.

 

-Diciamo che il mio dono gioca sulle probabilità. E’ come, come se potessi capire cosa sta per succedere o cosa una persona sta per dire. Mi viene spontaneo capire chiunque mi sta davanti. Registro i suoi movimenti, le sue espressioni ed intuisco cosa farà. A volte sbaglio, naturalmente non c’è mai una certezza.

 

-Vedi il futuro?

 

-No, non proprio. Lo sento. Percepisco qualche secondo prima cosa sta per accadere. E’ difficile che il mio dono spazi per più di qualche ora.

 

-Mmm. Però dovrebbe essere abbastanza utile lo stesso.

 

-Esatto. Per esempio so, che se non scendiamo, cominceranno a chiedersi dove ci siamo cacciati.

 

-E cosa stiamo facendo.- Mi sfuggì, non avevo pensato al lato malizioso della frase.

 

Dionis non ne fu turbato, scrollò le spalle e sorrise.

 

-Credo sia meglio lasciar loro il beneficio del dubbio. E’ più divertente.

 

Ridacchiai anch’io e scesi con lui, a mangiare…beh…non sapevo nemmeno io cosa.

 

 

 

 

 

 

Il prossimo capitolo è la prima parte del nono. Ci sono particolari importanti che forse coglierete…o forse no….ma la storia va verso il suo vero centro….

 

 

CAPITOLO NONO (Prima parte)

 

“Contro ogni legge della natura”

(LaDamaLuthien)



Partecipare al banchetto fu la cosa più divertente di tutte. E per la prima volta mi sentii come una della famiglia.

Quando arrivai con Dionis erano già tutti seduti ad aspettarci. Tutti tranne Ka’, che comparve un secondo più tardi vestita in un modo assurdo.
Indossava un vestito fatto di vari strati di tulle di tutti i gialli possibili. Nastrini gialli scendevano dappertutto, dai capelli, dalla gonna, dal bustino, dalle braccia…

Uno dei due ragazzi mori scoppiò a ridere.

-E’ già arrivato l’uovo di Pasqua?

L’altro ghignò.

-Ma che hai capito, si è arrotolata in un campo di girasoli.

Ridemmo tutti e, si, anche lei. Ma per poco, poi riacquistò la sua dignità e mi fece sedere vicino a lei. Dionis occupò il posto alla mia sinistra.

Il grande tavolo rotondo era ricolmo delle più squisite leccornie….umane. Rimasi un po’ perplessa.

La ragazza, o meglio quasi la donna, coi capelli scuri sorrise della mia ignoranza.

-Ma guarda, qui nessuno ti ha ancora spiegato niente.

Aggrottai le sopracciglia. Sembrava gongolasse di questa scoperta.

Fu Dionis salvarmi. Si avvicinò per sussurrarmi all’orecchio.

-Quella è Clinide, ma ti conviene chiamarla Sari o si rifiuterà di parlarti. Le piace un sacco studiare e ogni volta che c’è qualcosa che qualcuno non conosce e lei si, diventa euforica.

Non uno normale in questa famiglia? Avrei voluto rispondere, ma mi trattenni.

Will sorrise verso Sari.

-Vuoi spiegare tu a Bella prima di iniziare a mangiare?

Sari sorrise dolcemente. Ne era lusingata, si notava lontano un chilometro. Il bello di quel tavolo era che potevi osservare e parlare con chiunque vi stesse seduto. Mi piaceva, mi faceva sentire parte di loro.

-Sebbene la ragione della nostra esistenza non sia più il cuore ma il veleno, quello continua a battere.- Cominciò lei. Prestai maggiore attenzione. –Naturalmente batte molto, molto più lentamente. Allo stesso modo noi necessitiamo ancora di dormire ogni tanto, e soprattutto abbiamo bisogno di cibarci saltuariamente.-

Fece una pausa, per darmi il tempo di immagazzinare quelle informazioni sconcertanti.

-Tutto questo non serve alla nostra sopravvivenza, perché vivremmo anche senza. Ma ha un ben preciso scopo.

-Due.- Intervenì Ka’, seria come non l’avevo mai vista.

Sari alzò gli occhi al cielo.

-Due scopi, solo che uno è completamente futile.

Ka’ scattò, come se se lo aspettasse.

-Non è vero, pensa a quando dobbiamo mescolarci agli umani…

-Il problema è proprio che non dovremmo mescolar…

-Allora perché lo fai?

-Lo sai perché.- Sibilò minacciosa la donna.

-No che non lo so. Tu non..

-Ragazze, per favore.- Alle parole di Will si zittirono.

Dopo un secondo Sari riprese.

-Il primo e secondo il mio parere, il più importante, è che la nostra trasformazione è semi-reversibile. Soprattutto all’inizio.

-Vuoi dire che potrei tornare…umana?

-No, ma se una creatura qualsiasi ti mordesse potresti diventare in parte come lei.

Lo sguardo di tutti si spostò istintivamente sui due ragazzi mori e poi su Ka’. Io aspettai, perplessa. Ma Sari non continuò la sua spiegazione. Furono i due ragazzi a parlare per primi.

-Io e Ren eravamo gemelli.- Li guardai meglio e notai una certa somiglianza. Ma se non me lo avessero detto non l’avrei mai immaginato. Forse fratelli, ma non sembravano gemelli.
-I nostri genitori erano Guardiani. Con idee troppo pericolose per alcune famiglie, soprattutto per una.- Ci fu un irrigidimento generale. –Quella famiglia era convinta che per fermare i nostri genitori sarebbe stato efficace portare via i loro figli.-

-Per noi guardiani è molto difficile avere dei figli, non capita spesso.- Intervenne Will.

-Capisco. Quindi, vi rapirono?-

Ren annuì. –Si, presero me e Mark. Ma i nostri genitori non si fermarono. Allora decisero di colpirli più a fondo. Se il rapimento dei loro figli non aveva funzionato, forse un loro cambiamento li avrebbe sconvolti.-

Si interruppe un momento. La rabbia nella sua voce era palpabile.

-Avevamo cinque anni e non capimmo subito cosa stava succedendo. Ci divisero. E…beh ci misero impegno perché scelsero due creature davvero incompatibili. Non bastava cambiare i loro figli in mostri per l’eternità, volevano fare le cose in grande, così ci fecero mordere da due creature diverse, nella speranza che io e mio fratello saremmo stati divisi per sempre. Mark fu morso da un lupo, un lupo mannaro.

Indovinai immediatamente da chi era stato morso Ren. L’orrore mi immobilizzò.


Un ragazzino sui quindici mi guardava seduto poco lontano da me. Non l’avevo mai visto, ma sapevo di conoscerlo.
-I licantropi hanno nemici?- chiesi io, nel mio ricordo.
-Solo uno.- Confermò lui.



-Io fui morso da un vampiro.

-N-non è…possibile. Vampiri e licantropi si odiano, come…come fate a stare così vicini, come potete sopportare un qualsiasi contatto?

-E’ stato difficile, ma ce l’abbiamo fatta. Non senza sacrifici. Io e mio fratello però abbiamo continuato a crescere assieme e tutto grazie a Will. Se non ci avesse cresciuti lui probabilmente ora saremo in mano loro, separati. Forse ci odieremmo perfino a morte.

Sorrisi tristemente. Non doveva essere facile convivere con una situazione simile. Eppure era stato possibile. Due creature così diverse che coesistevano contro ogni legge della natura solo grazie al loro affetto.

Un nodo mi strinse il petto, forte. C’era qualcosa di familiare, qualcosa che avrei dovuto ricordare.


-Come puoi starle così vicino?
-Non è senza sacrificio- rispose calma la voce. La sua voce.

Poi ancora, una voce che non conoscevo, scettica. -Un prezzo molto alto.
-E’ un costo appropriato.
-Se non l’avessi odorata attraverso i tuoi ricordi, non avrei mai creduto che l’appello del sangue di qualcuno potesse essere così forte. Io stesso non ho mai sentito niente del genere.



-Non crucciarti così Bella, è tutto a posto ora. Sono felici lo stesso qui con noi.

Probabilmente Ka’ aveva scambiato la mia espressione in dispiacere per la storia dei fratelli.

-Sto bene.- Mi ricordai di come prima avessero fissato anche lei. -Anche tu…?

Ka’ non rispose, si limitò a fissare la tavola. Poi sorrise, prese un bicchiere d’acqua e mi guardò negli occhi per vedere se prestavo attenzione.

La guardai attentamente.

Lei alzò la mano e vi versò l’acqua.

Non capii subito. Sembrava la stessa di sempre. Poi notai che la lucidità della sua pelle non era dovuta all’effetto della pelle bagnata. Avvicinai gli occhi, affascinata. Al posto della pelle la sua mano era ricoperta di tante piccole squame lucenti.

Istintivamente le accarezzai con un dito. Erano lisce come il vetro, limpide come il cristallo.

Ka’ ridacchiò.

-Sirena- disse solo.

Allargai gli occhi, sorpresa. Sari tossicchiò, attirando l’attenzione di tutti.

-La seconda è che facendo ciò noi manteniamo sembianze umane. E ci viene più facile essere scambiati da altri esseri come alcuni di loro.

Mi ci volle qualche secondo per rientrare nell’argomento, poi mi venne spontaneo rispondere.

-E se non lo facciamo? Cambiamo aspetto?

-Diciamo che assomiglieremo di più ad esseri ultraterreni. Pochi decidono di non nutrirsi, perché così facendo si perdono molte facoltà che ci portiamo dietro dagli stadi precedenti come il calore, l’odore, le sensazioni tattili, olfattive, gustative e tante altre cose.
Si diventa creature di luce e potere, che cresce a dismisura. E lo scopo della propria esistenza diventa più alto e fondamentale.

-Cioè?

Ka’ scosse la testa. –Non perdiamo tempo a filosofare. La verità è che si diventa un branco di idioti convinti di sapere tutto sul mondo. Vivono in simbiosi con la natura. Sciocchezze.
Sono esseri che tagliano ogni contatto terreno, tutti luccicanti e trasparenti. Hai notato come splendiamo quando non mangiamo, no?

Annuii. Sari riprese a parlare.

-Il fatto è che sono tutti convinti che i guardiani siano quelli. Noi che siamo di aspetto, diciamo normale, non veniamo riconosciuti spesso. Gli umani ci scambiano per alcuni di loro. Gli altri esseri anche.

-Come i Volturi hanno scambiato Kris per un vampiro?

Non avrei mai immaginato che la mia domanda avrebbe scatenato un pandemonio.

Si voltarono tutti verso Kris e cominciarono a fare domande contemporaneamente.

Ma la voce tonante di Will li zittì tutti. Se non l’avessi visto con i miei occhi non avrei mai pensato che Will potesse arrabbiarsi così.

Il suo volto era duro, la stanchezza era svanita lasciando spazio ad un’aria irata e minacciosa.
Tremavo come una foglia.

-Che significa?- Tuonò, rivolto a Kris.

 

 

 

 

 

 

 

 

Piaciuti? Spero di si!!!

 

Grazie a tutte per i commenti,soprattutto:

 

Missy16: XDXD Sono contenta che si noti la futura rivalità tra Edward e Kris….ma avrai più ragioni per odiarlo in futuro.

 

Kiakkina: Si incontreranno tra poco. Cmq Ka’ può sembrare Alice, ora come ora….ma scoprirete delle differenze più avanti…

 

Selene89: Edward e Bella si rincontreranno non temere, ma chi salverà chi? XDXD Certo che conta qualcosa che si ricordino di lei….

 

Loner: Presto Edward spunterà più spesso…Cmq hai ragione….la storia comincia a prendere corpo…

 

Aras: Non preoccuparti…i Cullen sono vivi…non era quello il senso della frase…lo scoprirai…

 

Amy89: Edward che gioca a canasta coi Volturi? XDXDXD Questa me la segno…Kaljka si legge esattamente come si scrive…diciamo calica, senza accento finale o cose simili…^.^

 

AllegraRagazzaMorta: Edward arriva tra un po’….non preoccuparti…^.^

 

Ale^^: Eccoti due capitoli, contenta? Sei la prima abbonata allora…XDXD Mi piace l’idea dell’abbonamento alle recensioni…XDXD

 

Dafne_’90: Grazie mille, sono contenta che la storia ti piaccia. Io penso che Bella sarà un vampiro alquanto anomalo…chissà se in Eclipse…(uff *me vuole Eclipse*)

 

Mew Pam: Wow, che recensione!!!! Anche a me piace leggere tanti capitoli in una volta…(ora ne ho messi due, visto XDXD)…perché poi è come se ti sentissi piena….XDXD Vabbè…però tranquilla…il finale per te dovrebbe essere bello….vedremo (a me piacciono i finali enigmatici, belli ma tristi, però non tutte le mie storie sono così….infatti questa è un po’ diversa…)

 

GRAZIE A TUTTI!!!

 

 Ci vediamo prestissimo!!!!! SMAK!!

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Capitolo 9
*** Capitolo nono: seconda parte. ***


Grazie a tutti per i commenti, sono splendidi e mi fanno molto piacere. Spero che la storia continui a piacervi!!! Davvero!!!

 

Ringrazio:

 

Amy89, Kiakkina, Aras, Hermyone (Wow, grazie…nessuno mi aveva mai detto che la mia fic era ben incastrata…XDXD Cmq per la prima e terza persona, si, siccome scrivere in prima persona a me personalmente risulta difficile, a volte involontariamente passo alla terza persona, quindi scusami. A volte invece la scena si descrive meglio con la terza, per questo la usa. Grazie ancora!!), Musa93 (Ahn, hai cambiato nick…ora capisco…), Dafne_'90 e Loner.

 

 

 

Ok, ora vi lascio leggere…

 

 


CAPITOLO NONO (Seconda parte)

 

“Che tempo fa su Plutone.”

(LaDamaLuthien)

 

Ka’ scosse la testa. –Non perdiamo tempo a filosofare. La verità è che si diventa un branco di idioti convinti di sapere tutto sul mondo. Vivono in simbiosi con la natura. Sciocchezze.
Sono esseri che tagliano ogni contatto terreno, tutti luccicanti e trasparenti. Hai notato come splendiamo quando non mangiamo, no?

Annuii. Sari riprese a parlare.

-Il fatto è che sono tutti convinti che i guardiani siano quelli. Noi che siamo di aspetto, diciamo normale, non veniamo riconosciuti spesso. Gli umani ci scambiano per alcuni di loro. Gli altri esseri anche.

-Come i Volturi hanno scambiato Kris per un vampiro?

Non avrei mai immaginato che la mia domanda avrebbe scatenato un pandemonio.

Si voltarono tutti verso Kris e cominciarono a fare domande contemporaneamente.

Ma la voce tonante di Will li zittì tutti. Se non l’avessi visto con i miei occhi non avrei mai pensato che Will potesse arrabbiarsi così.

Il suo volto era duro, la stanchezza era svanita lasciando spazio ad un’aria irata e minacciosa.
Tremavo come una foglia.

-Che significa?- Tuonò, rivolto a Kris.

 



 

 

 

 

Kris sciolse la sua posa rigida e parlò con voce molto, molto suadente.

 

-Nulla. Sono capitato lì per caso, non ho fatto nulla di compromettente.

 

Will non ne era del tutto convinto. Lo guardò, scettico.

 

-Davvero, ero solo passato a dare un’occhiata, per vedere se passava qualcuno di interessante. Non mi hanno nemmeno riconosciuto. E’ lì che ho incontrato Bella.

 

I suoi occhi ardevano di convinzione, di innocenza.

 

Eppure non ne rimasi abbagliata come gli altri. E nemmeno Will, che sembrava saperla lunga su qualcosa riguardo Kris e questi Volturi.

 

Ka’ si girò a guardarmi con i suoi grandi occhi pieni di curiosità.

 

-E che ci facevi in mezzo ai vampiri?

 

Alzai le spalle. - Non lo so, non me lo ricordo…

 

Ka’ arricciò le labbra, comprensiva. – Dimmelo però, se mai te lo ricorderai.

 

Sari alzò gli occhi al cielo.

 

-Saranno affari suoi, no…

 

Questa scena mi ricordava qualcosa…due ragazze che avevo conosciuto chissà quando nella mia precedente vita. Erano umane, le prime umane di cui avevo un vago ricordo.

 

Il banchetto procedette senza altri intoppi, in chiacchiere e risate. Presto, con l’aiuto di Dionis, imparai tutti i nomi senza sbagliare.

 

Il cibo era buonissimo e mi divertii ad assaggiare di tutto, riscoprendo nuovi sapori. Assaggiavo e relazionavo il sapore all’ingrediente, come se il mio cervello stesse ricollegando tutti i fili perduti.

 

-Secondo te Dionis, quante possibilità ci sono che riesca a mangiare l’ultima fetta di torta ai mirtilli?- Per la prima volta sentii la voce di Frey, il ragazzo che se ne stava sempre tranquillo, in disparte. Era pacata, calcolata, come se non volesse usare un tono più alto del necessario. Prestai attenzione, curiosa.

 

Dionis sorrise. –Uno scarso 2%...

 

In quel momento Mark, il gemello lupo, afferrò la fetta e la trangugiò in un solo boccone. Sari storse la bocca.

 

-Mi dici come fai a sentire il sapore se la ingoi in quella maniera?

 

-Che?- Mark si era già lanciato all’attacco dell’insalata di pollo.

 

Ridacchiai e con me tutti quelli che avevano assistito alla scena.

 

-Oltre a Dionis, cos’è che sapete fare voi?- Li guardai curiosa.

 

Ka’ si entusiasmò, mollando di colpo la caraffa che aveva tra le mani. Si frantumò sulla tovaglia e la macchiò di rosso, ma non ci fece caso. –Vestiti! Te ne sto preparando uno che…-

 

Ren la interruppe, troncando la sua euforia sul nascere. –Penso si riferisse ai nostri poteri, scema.

 

Will intervenne, autoritario proprio come se fosse il loro vero padre. –Ren, non offendere tua sorella.

 

Quello alzò gli occhi al cielo e appena Will si rivolse a me, fece una linguaccia a Ka’ che ricambiò.

Cercai di non ridere e prestai attenzione a quello che Will aveva da dire.

 

-Sai già in che modo Kris può influenzare le persone e come Dionis possa vedere le probabilità. Io posso comunicare con il pensiero, se l’altro me lo concede.

 

Ricordai il senso che avevo provato al nostro primo incontro, come se qualcosa stesse violando la mia mente.

 

-Ka’ riesce a cambiare l’aspetto di piccole cose…

 

Corrugai la fronte, non mi era del tutto chiaro…finché Kaljka non mi diede una dimostrazione pratica.

 

Prese in mano un pezzettino di pane avanzato e nemmeno un secondo dopo, mi offrì una fragola.

 

-Vuoi?

 

Risero tutti della mia espressione. Ero rimasta a bocca aperta. Erano tutti così dotati? Poi ricordai le parole di Kris “Noi ricerchiamo solo il meglio, i più particolari tra le particolarità”. Quindi forse era impossibile trovare un cacciatore senza doti straordinarie.

 

Per curiosità assaggiai la fragola. Aveva lo stesso sapore delle altre, senza nulla di stano. Era esattamente una fragola.

 

-Ren e Mark sono telepatici. Possono sentire qualsiasi cosa uno dell’altro.

 

Osservai colpita i due gemelli. Will continuò.

 

-Sari è dotata di una straordinaria memoria. Illimitata e permanente. Tutto ciò che legge, anche per una sola volta, lo ricorda perfettamente.

 

-Attualmente ti sa recitare a memoria 4300 libri- disse sarcastico Ren.

 

-4397.- Precisò Sari. –Senza contare il resto.

 

-Giusto, come hai fatto a dimenticartelo Ren?- Scherzò Mark.

 

Will scosse la testa rassegnato e continuò prima che Sari o Ren potessero controbattere.

 

-Infine Frey ha una vista molto sviluppata.

 

Fissai il ragazzetto gracile coi capelli neri. All’inizio mi chiedevo il senso di vista. Non avrebbe mai avuto bisogno di cannocchiali o poteva vedere nel futuro?

A quel punto lui alzò lo sguardo verso di me e capii. Centrava con gli occhi. Erano di un colore assurdo, chiarissimi. Un lilla quasi bianco, sembrava cieco.

 

Cercai di non fissarlo troppo per paura che si offendesse.

 

-E in cosa consiste di preciso il tuo potere?- Chiesi azzardando un’occhiata.

 

Di nuovo, la sua voce misurata era al limite consentito dal mio udito di cacciatrice.

 

-Beh, vedo attraverso le cose, posso mettere a fuoco immagini lontane chilometri.

 

Ne parlò come se fosse una cosetta da niente.

 

-Se vuoi sapere che tempo fa su Plutone è più veloce e preciso della Nasa.- Mi assicurò Mark.

 

Sorrisi. –Grazie, mi sarà utile, se mai ci farò un viaggetto.

 

-Tu che fai?- L’espressione di Kaljka era esageratamente interessata, al limite dell’educazione.

 

-Ehm…beh.- Guardai Kris in cerca di aiuto. Non sapevo come spiegare.

 

-Fa più cose di te e i gemelli messi assieme.

 

Mi guardarono curiosi. Forse non avevano colto la frecciatina beffarda che Kris gli aveva lanciato.

 

-Controlla le cose con la forza del pensiero.- Concluse Kris, come se spiegasse tutto.

 

A loro, non spiegava niente. Sentii a malapena la voce di Frey.

 

-Dai, facci vedere qualcosa.

 

Andai nel panico per un secondo. Non sapevo cosa fare. Come si innescava il mio potere?

 

Intanto gli altri mi fissavano tutti, in attesa che succedesse qualcosa.

Respirai a fondo e mi concentrai. Vidi i frammenti della caraffa sparsi sulla macchia rossa.

 

E se?

 

Mi concentrai sui pezzettini di vetro, con la mente potevo sfiorarne il bordo tagliente. Più li fissavo, più la mia mente si collegava a loro, attirandoli. Pensai intensamente alla loro forma originaria e in un attimo si ricomposero, al loro posto.

 

La brocca era intatta. Sentii un fremito d’eccitazione. Mark fischiò, alcune voci mi parlavano, ma non vi prestai attenzione. Ero desiderosa di sperimentare qualcos’altro, così osai di più.

 

Fissai intensamente la macchia rossa di vino sulla tovaglia, sentii le particelle umide fremere al contatto con la mia forza di volontà. Pian piano, trasferii con il pensiero la loro essenza nella brocca. Quella tornò piena in un secondo e la tovaglia bianca ed immacolata.

 

-Cacchio. Meglio di qualsiasi detersivo.- Scherzò debolmente Dionis. Era colpito.

 

Avrei voluto provare qualcos’altro, ma la mia mente vacillò e persi la concentrazione.

 

Will mi squadrò severo. – Per oggi direi che può bast

 

-Ma dai!! Ripari le cose!

 

Ka’ rideva ed applaudiva esaltata. Kris sembrò offeso dalla limitazione che Ka’ dava ai miei poteri.

 

-Non ripara solo le cose, le può muovere e cambiare a suo piacimento.- Sembrava che fosse essenziale per lui affermare che i miei poteri erano importanti. Forse voleva dimostrare che era merito suo l’aver trovato un degno membro, utile soprattutto.

 

-E da quanto ho capito è anche immune ai poteri di Kris.- Continuò Will.

 

Sari restò a bocca letteralmente spalancata.

 

-Non ci credo.- Strillò - Kris, falle fare qualcosa.

 

Io e Kris ci guardammo, nervosi. Eravamo entrambi insicuri di ciò che sarebbe successo. In fondo, ci aveva provato solo una volta ed io avrei potuto cedere alla sua volontà.

 

Mi guardò incerto. Per lui doveva essere frustrante farsi battere da una novellina ed ammettere di non essere infallibile.

 

-Dai, muoviti.- insistette Ren spezzando l’intimità dei nostri sguardi.

 

Ci guardavano tutti, spostando gli occhi da me a lui. Un tuono risuonò in lontananza.

 

Improvvisamente lo sguardo di Kris si aggrottò e subito dopo il suo volto arse di nuova sicurezza. Cercai di concentrarmi, ma già mi sentivo cedere sotto il suo sguardo.

 

-Alzati e vai ad aprire la finestra.- Mi ordinò.

 

Le mie gambe ebbero un piccolo spasmo, come se volessero alzarsi, ma non mi mossi.

 

Mi fissò con più intensità, i miei occhi erano calamitati ai suoi.

 

-E’ ciò che vuoi.- Mi assicurò.

 

-Secondo me cede. Guarda i suoi occhi. E’ già in suo potere.- Sussurrò Mark.

 

Probabilmente era ciò che pensavano tutti in quel momento, compresa io. Ma un secondo dopo l’odore di Kris mi entrò nelle narici, risvegliando i miei sensi.

Respirai a fondo. Forse era quella la chiave. Il profumo di Kris avrebbe mandato in estasi chiunque altro, ma su di me aveva tutt’altro effetto.

 

Sorrisi maliziosa.

 

-Puoi ripetere?- Chiesi in tono educato.

 

Kris vacillò. –V-vai ad aprire la finestra.

 

Era nelle mie mani.

 

-Perché non ci vai tu?

 

-No, sei tu che vuoi andare.- Calcò la parola vuoi, come per convincermene. Stava riacquistando sicurezza, dovevo stroncarla una volta per tutte.

 

-No che non voglio. E poi sta arrivando un temporale, non vorrai innaffiare l’intera sala da pranzo.

 

-GRAN-DE- Sillabò Mark. –Fantastica. Ci sei riuscita!

 

-Notevole.- Concordò Frey.

 

Sari era ancora sconvolta. Forse non aveva mai dubitato dell’infallibilità del fratello.

 

Sorrisi lusingata.

 

Il resto della notte passò tranquillo. Alla fine del banchetto Ka’ accese la musica e tutti si misero a ballare. C’erano le musiche più svariate, tra cui antiche ballate celtiche di cui mi divertii ad imparare i passi.

 

Ero la più goffa, perché non sapevo ancora i passi, ma mi divertii lo stesso. Mi sembrava di essere una dama del medioevo e alla fine anche Kris lasciò da parte il suo orgoglio ferito e si unì a noi.

 

 

La festa continuò fino al mattino e ciò che mi diede più sollievo fu il fatto che nessun ricordo tornò a complicarmi l’esistenza. Era il primo momento sereno dalla mia rinascita e me lo godetti tutto.

 

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Capitolo 10
*** cap.10 e 11 ***


Siccome il capitolo dieci è corto, vi metto anche l’undici. Contente? Due capitoli!

 

 

 

 

CAPITOLO DECIMO

 

“Tutte le vie portano a Volterra…”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

Le ore in aereo passarono lente. Ognuno di noi cercava invano un modo per scappare, lo leggevo nella mente della mia intera famiglia. A volte Alice cercava di sondare il futuro ma, lo vedevo nelle sue visioni, non c’era salvezza. In un modo o nell’altro saremmo finiti a Volterra. Di nuovo.

Ma avevo l’impressione che questa volta non ne saremo usciti così facilmente.

 

Frustrato mi abbandonai sul sedile e chiusi gli occhi.

Sentivo gli sguardi degli altri vampiri su di me, ma non me ne curai.

Abbandonai la mente, schermai i loro pensieri e mi concentrai sulla mia unica ragione di vita.

 

Bella dove sei? Dove sei Bella?

 

La mia mente rimase vuota. Senza risposta.

Ma cosa mi aspettavo? Non ero mai riuscito a leggere nella sua mente, come speravo di trovarla?

 

Se solo fossi stato un buon segugio, se solo non fossi così incapace nel seguire le tracce.

 

Ora Bella era in balia di chissà che cosa, dispersa senza l’aiuto di nessuno.

 

Lei, così fragile, così testarda, così…dannatamente umana.

Lei me lo aveva chiesto, mi aveva implorato di renderla come me. E se l’avessi fatto? Forse ora non ci sarebbero più problemi, ora saremmo abbracciati l’uno all’altra e soprattutto saremmo insieme, per l’eternità.

 

Questo pensiero mi cullò per un momento prima che i miei sensi di colpa offuscassero quel dolce sogno. Chi ero io per pensare una cosa simile? Come potevo condannare Bella ad un’esistenza così, così tetra?

 

Il pensiero di Bella fredda, bianca, con gli occhi rossi di sete mi fece rabbrividire. Cosa quasi impossibile per un vampiro.

 

Ma il pensiero di non vederla più arrossire, di non cullarla più mentre dorme, di non sentire più il suo calore sulla mia pelle o essere colpito dal suo profumo quando muove i capelli…

 

-Edward.

 

Esme mi prese la mano. Aprii gli occhi.

 

-Andrà tutto bene. La ritroveremo e sarà al tuo fianco per sempre.

 

Esme sorrideva, fiduciosa.

 

-Lo so.

 

Mi voltai verso il finestrino, senza dire altro.

 

Dove sei, amore mio?

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO UNDICESIMO

 

“…o meglio, tutti gli scopi portano ai Volturi.”

(§°Deidre°§)

 

 

 

 

-Perché siamo qui?

 

Avevo seguito Kris fino ai margini dei nostri territori, attraversando campi di lavanda, frumento e quant’altro.

 

-Ti devo parlare. Senza orecchie che ci ascoltano.

 

-Certo. E’ quello che mi hai detto prima.

 

Restai in attesa della sua brillante spiegazione, ma quella non venne, così sospirai e mi sedetti accanto a lui, sull’erba fresca di rugiada.

 

Il sole non era ancora sorto, ma un chiarore in lontananza annunciava la sua venuta.

 

Non avevo mai visto Kris così in difficoltà, così…vulnerabile. Sentii crescere in me un senso di affetto e protezione. Gli presi la mano, ignorando il ringhio basso e indistinto che ronzava nelle mie orecchie.

 

Mi guardò torvo, tornando per un momento nel suo abituale e burbero modo di fare.

 

-Che fai?

 

Sbuffai.

 

-Ti consolo. Ti sto vicina. Sembravi un condannato a morte, per modo di dire, ovvio.

 

Mi lanciò un’occhiataccia, ma non ritrasse la mano. La strinsi dolcemente e gli sorrisi, invitandolo ad iniziare.

 

-Non dovrai dire a nessuno ciò che sto per rivelarti.

 

Mi fissò negli occhi, come a convincermi che io non volessi dirlo a nessuno.

 

-Guarda che con me i tuoi giochetti non funzionano.- Gli ricordai.

 

Il suo sguardo era irritato, urgente. - Bella, è una cosa seria. Molto seria.

 

Stupita, annuii. Questa fragilità in Kris mi era nuova ed era in un certo senso incompatibile con l’idea che mi ero fatta di lui. Con l’idea che tutti avevano di lui.

 

-Da dove cominciare?

 

Avrei voluto rispondere “se non lo sai tu…” ma lasciai perdere. Non sapevo se poter scherzare con questo nuovo lato di Kris.

 

-Tempo fa, non so nemmeno quanti anni, ero solo un angelo, di quelli veri con le ali e tutto.

 

-Intendi un guardiano?

 

-No, no proprio un angelo. Le hai viste le ali, no? Ti ho spiegato che quel tipo di guardiani vengono chiamati così impropriamente.

 

Annuii.

 

-Non mi ricordo molto della mia vita precedente, ma so che già nella mia vecchia vita conoscevo Will. Will e sua figlia. La creatura più deliziosa che potesse esistere al mondo.

 

I suoi occhi guardavano lontano, riesumando immagini che non avrei mai visto.

 

-Era bella, solare. Me ne innamorai. Nessuno ci ostacolò, anche se eravamo giovani e pazzi d’amore. Ci amavamo alla follia, come solo il primo amore sa fare. Così, per starle più vicino decisi…decidemmo…

 

Sospirò. Il dolore gli si leggeva nel viso.

 

-…mi morse. Diventai un membro della loro famiglia. Quello che non avevamo calcolato erano le conseguenze. Come il fatto che per i primi tempi la memoria scompare, senza garanzie di ritorno.

 

-Non l’hai riconosciuta?

 

-Non all’inizio. Poi si, ora si. Ma è troppo tardi.

 

Gli strinsi dolcemente la mano. Anche lui premette piano le dita sul mio dorso.

 

-A quel tempo, come ti abbiamo accennato al banchetto, c’era una guerra tra le varie famiglie. Soprattutto una.

 

-Quella che prese i gemelli?

 

-Si. Loro. Fionnehn, così si chiamano. Sono cacciatori.

 

-Come noi? Allora perché combattevate con loro?

 

-Attenta ai paragoni, piccola. Non sono come noi, hanno idee diverse, sono malvagi. Lottano per la supremazia, voglio governarci tutti. Quel che li rende così ripugnanti è il fatto che per il potere farebbero di tutto. Guarda i gemelli, guarda Will, guarda la mia Caoliin.

 

-Cosa? Cosa hanno fatto a Will?

 

-Non hai visto Will? Si riprende solo quando beve veleno.

 

Ripensai a quando l’avevo riconosciuto a come la sua bellezza sembrasse offuscata da un’aria malaticcia, trascurata.

 

-Se non beve muore. E così per tutta la vita. Una volta al mese si deve procurare il veleno. Ciò gli procura dolore, molto. Ma come me, ha giurato vendetta e finché non sarà compiuta continuerà ad odiare se stesso.

 

Un brivido mi percorse la schiena. Conoscevo la mia nuova famiglia da pochi giorni, eppure mi sentivo legata a loro, li amavo in qualche modo. Forse era il loro sangue che mi scorreva nelle vene a incatenarmi a loro in quel modo, oppure era semplicemente il fatto che mi avessero accolta con così tanto affetto…

 

-E Caoliin?

 

-E’ stata tutta colpa mia. Non ricordavo nulla di lei, eppure mi restava accanto, devota e protettiva come è sempre stata. La catturarono e tutto per un mio errore. Quando mi tornarono alla mente i suoi ricordi, era troppo tardi. Non l’ho più rivista, mai, se non in quei stupidi flashback.

 

-L’hanno uccisa?

 

-Oh, no. No Bella. Caoliin è attualmente dispersa per il mondo. Non è viva, non è morta. Il suo corpo giace in una stanza del castello dei Fionnehn insieme a tanti altri corpi, anche dei loro famigliari. Mentre la sua anima, la sua anima vaga da non so quanti anni, senza pace.

 

-Una specie di…fantasma?

 

-No Bella. Un fantasma si potrebbe comunque vedere, potrebbe comunicare. La sua essenza, la sua anima è dispersa nel nulla. Ed è qui che entri in gioco tu.

 

-Io? Come?

 

-Io devo liberarla, Bella. Devo lasciar andare mia moglie, perchè sono convinto che paradiso o inferno siano meglio del nulla. Mi va bene anche che cessi di esistere, perché non sono sicuro che ci sia qualcosa dopo la morte. Ma devo salvarla, devo liberarla dal tormento eterno in cui è imprigionata. Ma non potevo farlo da solo. Per questo mi serve qualcuno che mi aiuti.

 

-E cosa vorresti fare? Entrare in quella stanza e prendere il corpo?

 

-Dopo. Prima dobbiamo recuperare la chiave.

 

-Chiave?

 

-Si. Tutti la cercano, metà delle vittime della guerra è rinchiusa lì dentro, compresi i Fionnehn. Ma la chiave è stata astutamente rubata.

 

-Da chi?

 

-Dai Volturi, Bella. La nascondono loro, lo so. Finalmente ho capito e ho intenzione di andarla a riprendere.

 

-Non capisco. Come mai ce l’hanno loro?

 

-Beh, tu forse non lo sai Bella, ma i Fionnehn avevano quasi vinto la guerra. Te l’ho detto, no? Volevano avere la supremazia su tutte le famiglie dei guardiani e soprattutto volevano sterminare buona parte delle altre specie, riducendo i superstiti in schiavi utili solo in caso di sostentamento. E probabilmente questo ai Volturi non andava bene.

Così hanno rubato ai Fionnehn la chiave del loro successo, rovinando la loro ascesa.

 

-Successo?

 

-Oh, si. Questa è la parte peggiore. Per assicurarsi la fedeltà delle altre famiglie rapivano alcuni dei loro membri. I loro figli, le loro mogli, i fratelli e via dicendo e li tenevano momentaneamente imprigionati senz’anima in quell’orribile stanza.

 

-Ma hai detto che anche alcuni di loro si trovano lì.

 

-Bella, i ribelli esistono ovunque, soprattutto in una famiglia che non ammette repliche dai più giovani. Chiunque di loro si opponesse era visto come un pericolo da sopprimere.

 

-Sicuro che la chiave sia dai Volturi?

 

-E’ la probabilità più quotata. Ma non posso affrontarli da soli, per questo ti ho creata.

 

Sentii un nodo allo stomaco. Potevo rifiutare qualcosa al fratello che mi aveva donato un’esistenza così felice? Che mi aveva portato in una famiglia che mi aveva accolto a braccia aperte, amandomi fin da subito?

 

-Va bene, ti aiuterò.

 

Sorrise un momento.

 

Passammo alcuni minuti in silenzio, riflettendo sui propri pensieri.

 

Ma ciò che successe dopo stupì anche me stessa.

 

Non avrei dovuto reagire così, in fondo lo sapevo. Ma trattenersi era impossibile.

 

L’odore di Kris sembrava essersi fatto più dolce e il tepore del sole che si affacciava nel cielo non faceva altro che stuzzicare la mia pelle, risvegliando tutti i miei sensi.

 

Respirai a fondo e il suo odore mi entrò nelle narici, invadendo la mia gola, i miei polmoni. Poco importa che avesse appena parlato del suo grande amore, di quello che forse non si incontra nemmeno una volta nella vita. Non seppi trattenermi e lo abbracciai, il mio corpo aderente al suo, e cominciai ad accarezzargli i capelli.

 

A differenza di ciò che mi aspettavo, Kris si lasciò cullare dalle mie braccia. Intonai una ninna nanna che in qualche modo sapevo provenire dal mio passato.

 

Dove sei, amore mio?

 

Trasalii. Di nuovo quella voce.

 

Il mio improvviso irrigidimento riportò Kris alla realtà. Si scostò, burbero.

 

-Grazie.

 

Cercai di riprendermi dall’angoscia che i pensieri che avevo sentito nella mia mente avevano appena fatto rinascere. Sdrammatizzai, sia io che lui ne avevamo bisogno.

 

-Di nulla. Vedrai come rideranno gli altri quando sapranno che ti sei fatto abbracciare.

 

-Non oserai…

 

Era indignato, ma anche un filino preoccupato. L’avevo già umiliato davanti alla sua famiglia la sera prima, non credo volesse ripetere l’esperienza.

 

Risi e gli feci una linguaccia. –Non ti fidi di me maestro?- Tornai seria.- Non dirò niente a nessuno, però…

 

Un’idea mi balenò davanti all’improvviso.

 

-…però anche tu mi aiuterai, per quanto possibile.

 

Aggrottò le sopracciglia.

 

-Cioè?

 

-Aiutami a ritrovare il mio passato. Aiutami a ritrovare la persona che sto cercando.

 

-Lo sai, non possiamo per nessun motivo pensare o interferire con il nostro passato.

 

-Già. Però da quel che ho capito nemmeno tu dovresti fare quello che mi hai chiesto di fare.

 

Lo guardai, trionfante.

 

-Vuoi il mio aiuto, no?- Incalzai. -Io aiuto te, tu aiuti me e nessuno saprà niente. Tu pensaci e sappimi dire. Prenditi tutto il tempo che vuoi.

 

Non rispose.

 

Mi distesi sull’erba e mi lasciai pervadere pian piano da uno strano torpore. Non si poteva dire che stessi dormendo, ma ero caduta in una sorta di apatia.

 

Non pensai a nulla, la mia mente era deliziosamente vuota, cosa che rendeva la situazione alquanto riposante. Poi, di colpo tornai in me.

 

Cercai Kris con lo sguardo. Guardava il cielo, più precisamente fissava il crescere del sole, ancora troppo basso e assonnato per riscaldarci.

 

Tutto sommato non avevo “dormicchiato” molto.

 

Mentre aspettavo accarezzai la mia pelle fredda. Non era propriamente ghiacciata, ma non trasmetteva calore. Puntuale, come sempre, mi balenò nella mente un frammento del mio passato, giusto per complicarmi un po’ di più l’esistenza.

 

-Isabella.- Di nuovo quella voce, sempre dolce, sempre piena di…affetto. -Bella, arriverei ad odiare me stesso, se dovessi farti del male. Non hai idea di che tormento sia stato- la voce più cauta, esitante –il pensiero di te immobile, bianca, fredda…di non vederti più avvampare di rossore…-

 

Respirai rumorosamente, riempiendomi i polmoni come se fino a poco prima stessi soffocando. Un dolore lancinante nel petto pulsava. Non sapevo nemmeno se quel ricordo era mio, non sapevo di chi era la voce che mi perseguitava, ma sapevo che quelle parole mi avevano fatto male, molto male.

 

Quindi anche se l’avessi trovato, non mi avrebbe voluta. Ero diventata ciò che lui temeva, mi avrebbe voluta lo stesso?

 

-Bella? Tutto a posto?

 

Alzai gli occhi verso Kris ed annuii. Cercai di darmi una calmata e respirai a fondo.

 

Poi, a tradimento, la sua voce attraversò i miei pensieri.

 

Bella dove sei? Dove sei Bella?

 

Trasalii. Non era il solito ricordo, sfocato e quasi lontano. Questa era la sua voce, chiara, forte, implorante, che attraversava la mia mente così chiaramente da farmi pensare che fosse lì a pochi metri da me.

 

Mi guardai attorno, confusa.

 

-Cosa c’è Bella? Sei irrequieta.

 

Delusa di non aver trovato nulla, scrollai le spalle.

 

-Nulla, mi sembrava di aver sentito un rumore.

 

Non diede peso alla cosa, probabilmente mi aveva creduto.

 

-Sai, ho deciso di accettare. Il tuo aiuto mi serve, però non pensare che riusciremo a ritrovare la persona che cerchi. D'altronde nessuno si ricorda di te.

 

Dove sei, amore mio?

 

Qui, sono qui urlai nella mia mente. Ma la sua voce non tornò più.

 

All’improvviso una nuova convinzione si fece largo dentro di me. Forse non mi avrebbe più amata, ma questo sarebbe successo solo dopo che mi avesse trovata. E doveva trovarmi, perché volevo spegnere la sua sofferenza, volevo dargli una ragione che potesse estinguere il suo dolore.

 

-Non importa, voglio cercarlo lo stesso.

 

Mi strinse la mano ed io strinsi la sua.

 

Per la prima volta il ringhio che risuonò nella mia mente era soddisfatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Passiamo ora ai ringraziamenti, sono contenta che ci sia ancora qualcuno che segue la mia fic:

 

TheBestLady: Che figo, nessuna mi aveva mai chiamata Dama!! XDXD Mi piace…Purtroppo non posso rispondere alle tue domande o ti svelerei l’intera storia…Grazie mille per i complimenti ^_^ mi hanno fatto piacere!!! A presto!!

 

Aras: XDXD Ti sconvolgo così tanto con i miei capitoli? Non preoccuparti, non noti che Bella inizia a ricordare? Kiss.

 

Kiakkina: Hai visto dov’è Edward? Ma non preoccuparti. Certo, sono separati da migliaia di miglia, lui è ostaggio dei Volturi e lei non si ricorda di lui….XDXDXD….ma vedrai che in un  modo o nell’altro si rincontreranno. (Mi sento sadica…BWA).

 

Loner: Vero? Averli poteri così….Sono contenta che la mia fic continui a piacerti, tanto contenta!!! Baci e continua a seguirmi!!!

 

Musa93: La mia abbonata preferita!!! XDXD Cavoli, sei la prima che mi dice che gli piace Kris…evviva, almeno una che ama il mio personaggio….pensò che non durerà per molto…ma sono contenta!! Grazie per aver recensito puntualmente, ormai le tue recensioni sono fondamentali.

 

Sally: Davvero?? Sono contenta che ti sia piaciuta, mi fa sempre piacere avere nuove lettrici….spero tanto che continuerai a seguirmi e commentare, perché mi fa molto piacere…

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Capitolo 11
*** 12, 13, 14 ***


Scusate il ritardo, sono stati giorni difficili. Oggi leggerete la bellezza di tre capitoli…visto che erano un po’ corti.

 

Prima però voglio ringraziare le persone che continuano a seguirmi e che hanno commentato la mia storia. Sono i vostri commenti a darmi la forza per continuare la storia!!!

 

TheBestLady: Beh, il fatto che si cerchino senza mai trovarsi è una bella idea…chissà, magari me la tengo buona per il futuro…però i l capitolo in questione l’ho già scritto…quindi nada. Beh, cosa stanno facendo i Cullen ed i Volturi lo scoprirai prestissimo. Grazie e alla prossima!!

 

Kiakkina: Si incontrano, si incontrano…non preoccuparti. Non è proprio che Bella percepisca i pensieri di Edward….sono più sensazioni e ricordi. Grazie per la recensione. SMAK!

 

Amy89: Non preoccuparti ^.^ alla fine sono contenta però che tu sia tornata a leggere la mia storia. Per capire quanto è penosa la storia di Will e la sua famiglia ci sarà un capitolo lunghissimo tra un po’. Grazie e baci!!!

 

Peccatrix17: Innanzi tutto grazie per i complimenti, sono contenta che tu abbia deciso di commentare. Se la fic fosse completata posterei più in fretta, ma così non è quindi preferisco diluire i tempi in modo da stare sicura di riuscire a postare almeno alcuni capitoli a settimana. Quindi per ora ti dovrai accontentare. Grazie e CIAO!!!!!!!!!!!!

 

Valem: Wow anche tu una scout? Divertita in vacanza e al campo? Immagino un casino!! Credo che Bella si ricorderà molto presto del suo amato…XP Ciao ciao e grazie!

 

SunsetMoon: Grazie, soprattutto per il commento dell’attinenza. In effetti è una storia che si svolge in un universo completamente diverso da quello di Twilight però ciò non toglie che ci tengo a rispettare ciò che la Meyer ha creato. Di solito mi piace curare i particolari e lasciarli immutati rispetto all’originale. Grazie ancora e un bacio!

 

Mew Pam: Sono contenta che le mie parole ti abbiano tranquillizzata ^.^ Però prima di arrivare al finale mi sa che giocherò un po’ con sti personaggi….XDXD So che i personaggi nuovi sono molti, ma ho strutturato la fic in modo da non far perdere il lettore. Spero che sarà una strategia efficiente. Grazie, 1000Kisses!!

 

 

 

CAPITOLO DODICESIMO

 

“Mancava qualcosa. E non sapeva neanche cosa..”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

-Jacob?

 

Sospirai, riconoscendo la voce. –Entra Embry.

 

-Che hai? E’ da quando se ne sono andati i succhiasangue che sei così. Eppure dovresti essere contento.

 

Si sedette accanto a me, per terra. Mi passai una mano sugli occhi.

 

-Non lo so Embry, è come se si fossero portati via qualcosa. Qualcosa di importante che non riesco a ricordare.

 

-Se fosse stata così importante, te la ricorderesti. No?

 

Cercai di sorridere.

 

-Hai ragione Embry.

 

Quello parve rincuorato di avermi tirato su il morale. Si alzò di scatto.

 

-Vieni giù alla spiaggia? Ci sono tutti. Festeggiamo la scomparsa della femmina coi capelli rossi. Secondo Sam li ha seguiti, quindi non ci darà più fastidio.

 

-Vi raggiungo, ok?

 

-Perfetto. Hey, non metterci troppo.

 

Uscì.

 

Per un minuto rimasi a fissare la porta, vuota.

 

Se fosse stata così importante, te lo ricorderesti.

 

No, non ne ero molto sicuro. Quello che mi mancava era talmente importante da avermi svuotato da ogni emozione.

 

Che fossero stati loro, con i loro trucchetti, a togliermene il ricordo?

 

Mi alzai sospirando.

 

Mancava qualcosa. E non sapevo neanche cosa.

 

 

 

 

 

 

Chiuse la porta di casa e si guardò attorno. Era buio ed il turno alla centrale era stato uno dei più duri. C’era una certa confusione nella cittadina di Forks.

 

Guardò il piccolo salotto.

 

Vuoto.

 

Si sentì stringere il petto.

 

Per quasi diciassette anni, da quando la sua ex moglie l’aveva lasciato, era sempre vissuto da solo.

 

Eppure ora…

 

Si sentiva come se gli mancasse qualcosa.

 

Sentiva un senso di vuoto.

 

Un sordo silenzio che regnava in quella casa.

 

Ed era così sbagliato.

 

Mancava qualcosa. E non sapeva neanche cosa.

 

 

 

 

 

 

-Allora, hai deciso cosa vuoi farci di quella stanza?

 

Alzai gli occhi dal giornale e guardai mio marito.

 

-Come Phil?

 

Era disteso sul divano di fianco alla mia poltrona e guardava distratto la tv. Il campionato era in pausa ed aveva un mucchio di tempo libero.

 

-La stanza in fondo al corridoio, di sopra. E’ vuota, pensavo che potremmo trasformarla in qualcosa.

 

Uno strano senso di vuoto mi strinse il petto.

 

-Non saprei.

 

-Magari una stanza per gli ospiti.

 

No. Quella stanza non poteva…non doveva…

 

-Phil, sarebbe solo uno spreco di soldi. Non abbiamo mai ospiti.

 

-Beh, magari possiamo trovare un altro modo per riempirla.

 

Spense il televisore e mi guardò malizioso.

 

Sorrisi, mentre mi baciava il collo.

 

Ma subito dopo sentii le lacrime salirmi agli occhi.

 

Dio, quanto mi mancava!

 

Ma non sapevo cosa….non lo sapevo.

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO TREDICESIMO

 

“Una donna…con cattive intenzioni.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Mi accorsi che la ragazza aveva aumentato il passo.

 

Sorrisi. Forse si era accorta di me.

 

Non feci una piega, tanto all’angolo c’era solo un vicolo cieco.

 

Abbassai il cappuccio, pronta ad attaccare appena la ragazzina si fosse fermata.

 

Svoltai.

 

Eccola lì, immobile e terrorizzata.

 

Si voltò a guardarmi e nel suo sguardo comparve il sollievo.

 

Probabilmente credeva che fossi un uomo con cattive intenzioni.

 

E infatti si sbagliava.

 

Io ero una donna…con cattive intenzioni.

 

Prima ancora che si rendesse conto di cosa stesse succedendo le spezzai il collo ed affondai i denti nella sua giugulare.

 

Di solito non mi piaceva giocare con le mie prede.

 

Ma quella che rincorrevo da mesi…

 

Con quella avrei giocato fino allo sfinimento.

 

Era per lei che mi trovavo in Italia. Avevo seguito la famigliola di vegetariani.

 

Probabilmente volevano proteggerla.

 

Ma io sapevo aspettare.

 

Appena fossero spuntati fuori da quel covo a Volterra, avrei compiuto la mia vendetta.

 

Non vedevo l’ora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una piccola introduzione a questo capitolo, che potrebbe risultarvi pressoché inutile. Ma non è così.

 

Spero comunque che vi piaccia perché io ci ho messo il cuore nella ballata che ho scritto.

Parla d’amore, ma è triste. Per questo mi piace.

 

Volevo far notare che è passato un mese dall’ultima volta che abbiamo visto Bella…cosa sarà successo ad Edward? XDXD

 

 

 

 

CAPITOLO QUATTORDICESIMO

 

“La ballata.”

(LaDamaLuthien)

 

 

-Andromis?

 

Storsi il naso.

 

-Bella. Chiamami Bella, Frey.

 

Sorrise, colpevole.

 

-Scusa.

 

Eravamo seduti in biblioteca, in una delle poche lezioni non pratiche. A dir la verità, studiavo da sola perché il mio maestro si era assentato “un momento” dopo avermi incaricata di leggere un libro dall’aria alquanto vecchia e dalla mole non certo rassicurante.

 

-Cosa volevi dirmi?- Lo guardai speranzosa, felice di avere una distrazione a quel libro che narrava storie e guerre sui Guardiani. Mi stavo annoiando a morte.

 

-Nulla. Eri così triste e straziata che mi stavo preoccupando.

 

Sospirai. Il suo occhio non vedeva solo attraverso le cose, ma anche dentro l’animo.

 

La verità era che i ricordi balenavano improvvisi e confusi in ogni momento da un mese a questa parte. Ma quello che più mi rendeva triste era l’idea che la persona che mi stava cercando e che mi amava così tanto non sapeva che i suoi timori erano diventati realtà. Che ero diventata un mostro, come nel peggiore dei suoi incubi.

 

Mi rattristai ancora. Era passato un mese e ormai il giorno in cui avevo sentito la sua voce nella mia mente sembrava un sogno.

 

Notò il mio sguardo tetro e cambiò argomento.

 

-Non ti piace il tuo nome?

 

-No, no, mi piace…

 

Non lo convinsi.

 

-E’ solo un po’…strano.

 

-Io lo trovo meraviglioso. Ma forse sono di parte.- Aggiunse pensieroso. Teneva in mano un libro molto più leggero del mio, ma era scritto in strani simboli. Giapponese, forse cinese.

 

-Di parte?

 

Sorrise. –Si, Andromeda è la protagonista della mia ballata preferita.

 

-Parla del mito?

 

-No, non il mito greco.- Chiuse il libro con un colpo secco, facendomi sobbalzare. –La vuoi sentire?

 

Mi guardava sorridendo, era visibilmente felice. Allegro come non l’avevo mai visto.

Ero sorpresa, perché di solito Frey era il più riservato e taciturno, quello con cui avevo legato di meno data la sua natura introversa.

 

Non avevo idea di cosa mi stesse proponendo, ma non volevo deluderlo proprio ora che stava cominciando ad aprirsi.

 

Il suo sorriso si incrinò davanti alla mia incertezza. Mi affrettai a rispondere.

 

-Per me va bene.

 

Sorrisi, cercando di essere convincente. Ricambiò più contento di prima e si alzò.

Andò verso uno degli armadi e ne tirò fuori una specie di chitarra. Si accomodò sul tappeto davanti al camino spento e io mi sedetti davanti a lui, con la schiena poggiata sulla poltrona ed il libro abbandonato nel tavolo.

 

Il sorriso svanì, lasciando spazio ad un’espressione concentrata. Accordò la chitarra ed io aspettai pazientemente. Mentre lavorava, fissavo il suo viso e mi accorgevo che ciò che avevo pensato finora di lui era tutto sbagliato.

 

Il suo sguardo, che mi era parso tetro, quasi ostile nascosto dai suoi capelli, era di una perfezione statuaria. Non possedeva rotondità angeliche anzi, il suo viso era affusolato, il naso dritto. Ma tutto ciò era addolcito dalla forma tondeggiante degli occhi allungata verso la fine e dalla pienezza di guance e labbra. Nonostante questi tratti così contrastanti era sconvolgente scoprire che insieme dessero l’idea della giusta proporzione.

 

Kris aveva ragione. I poteri, l’aspetto. Solo chi possedeva in qualche modo il riflesso della perfezione diveniva Cacciatore.

 

Mi accorsi quindi che l’atteggiamento che tanto mi sembrava diffidente era in realtà uno sguardo riflessivo e concentrato.

 

Prestava attenzione ai movimenti, rendendoli precisi, e nei suoi occhi c’era una grande dolcezza come se l’accuratezza dei suoi movimenti fosse dovuta al rispetto verso ciò che stava facendo.

 

Mi diedi della stupida per non averlo capito prima, mi sarei risparmiata molte paranoie.

 

Ora che avevo capito di non stargli antipatica, mi sentivo molto più disponibile. Mi accomodai meglio contro la soffice poltrona.

 

Finalmente Frey alzò gli occhi e di nuovo sorrise, prima di intonare una dolce melodia.

 

Di solito la sua voce era calcolata, al limite dell’udibile, come se non volesse sprecare il fiato. Ma ora era forte e sicura, intonata e struggente. Ne rimasi affascinata.

 

 

 

E come nella fiabe

Racconterò la storia

Della fanciulla e del suo cuore

Che solo un giovine poteva amar

 

Andromeda era il suo nome

Di stelle e Dea portava il segno

Non sapevan i genitori

Di averle dato un triste fato

 

Com’era cara, com’era bella

Lei buona, lei stella

Com’era alto, com’era biondo

Lui che apparteneva ad un altro mondo

 

Il loro amore sbocciava ancora

Che già venne la primavera

E con lei arrivò l’esercito

A reclamare i suoi soldati

 

Ed era giovane, ed era bello

Ma non bastò a salvarlo

Dalle sue braccia lo vide svanire

Lo portarono via ad arruolare

 

A voce alta gridò il suo nome

Torna Sirius, torna amore

E il ragazzetto tra le braccia forti

Cantò per lei una canzone

 

Torneremo, torneremo a casa

Ci rincontreremo, dispersi nell’aria

Moriremo, moriremo

E solo aria diventeremo

 

Brucia l’anima, brucia il corpo

E’ il mio addio, se non ritorno

Volan le ceneri, le ceneri nell’aria

Mi raggiungerai un giorno, Andromeda cara

 

Brucia nel vento i tuoi resti di carne

Come brucian i morti delle battaglie

E vedendo io, che è arrivato il tuo tempo

 Ti chiamerò, cantando nel vento:

 

“Torna amore, amore perduto

Io che per fato, ti ho smarrito

Unisciti a me nell’eterno vagare

Staremo insieme fino a svanire”

 

 

Passaron inverni, passaron le guerre

Le notti eran fredde, senza le stelle

E pensando che il suo amore fosse ormai morto

Lei si gettò nel rogo in un orto.

 

 

Brucia l’anima, brucia il corpo

E’ il mio addio, se non ritorno

Volan le ceneri, le ceneri nell’aria

Mi raggiungerai un giorno, Andromeda cara

 

 

Bruciava la carne, i vestiti, i capelli

Gli urli eran pochi, senza lamenti

E invece lei prese a cantare

Presto dimenticò perfino il dolore

 

 

Brucia nel vento i tuoi resti di carne

Come brucian i morti delle battaglie

E vedendo io, che è arrivato il tuo tempo

 Ti chiamerò, cantando nel vento:

 

 

Passarono i giorni, passarono gli anni,

E il ragazzo tornò dalle armi

Nella sua faccia barba di uomo

Tornava felice, tornava cantando:

 

 

“Torna amore, amore perduto

Io che per fato, ti ho smarrito

Unisciti a me nell’eterno vagare

Staremo insieme fino a svanire”

 

 

Scoperta la fine del suo grande amore

Colse risoluto un mucchio di frasche

Voleva gettarsi, bruciarsi nel fuoco

Accese la fiamma, ci mise poco

 

 

Brucia l’anima, brucia il corpo

E’ il mio addio, se non ritorno

Volan le ceneri, le ceneri nell’aria

Mi raggiungerai un giorno, Andromeda cara

 

 

Ma il contadino, buon cacciatore

Vide da lontano le sue terre bruciare

Così arrabbiato, impugnato il fucile

Sparò tre colpi, lo fece morire.

 

 

Brucia nel vento i tuoi resti di carne

Come brucian i morti delle battaglie

E vedendo io, che è arrivato il tuo tempo

 Ti chiamerò, cantando nel vento:

 

 

E ancora oggi, se ascolti nel vento

Sentirai Andromeda ed il suo canto

Aspetta da sempre, aspetta il suo amore

Ma lui ahimè non potrà più tornare.

 

 

“Torna amore, amore perduto

Io che per fato, ti ho smarrito

Unisciti a me nell’eterno vagare

Staremo insieme fino a svanire”

 

 

 

Quando smise di cantare rimasi imbambolata per un minuto buono a fissare fuori dalla finestra.

Fu quando sbattei le palpebre che mi accorsi di aver versato una sola lacrima, cosa alquanto rara in noi Guardiani le cui reazioni umane, sebbene ancora in parte possibili, erano rare.

 

-Ti è piaciuta?

 

Provai a parlare, ma non emisi suono. Chiusi la bocca, respirai profondamente e ritentai.

 

-Ti prego, ti prego insegnamela.

 

Si stupì dell’ardore della mia richiesta, ma fece spallucce e cominciò la lezione.

 

Non so perché per me era di così vitale importanza imparare quella canzone, sapevo solo che se non l’avessi fatto avrei abbandonato con essa una parte di me.

 

 

 

 

 

 

Fine dei capitoli.

 

 

 

 

Volevo comunque avvisarvi che il prossimo capitolo è quello cruciale, cioè quello che molte lettrici aspettano dall’inizio delle fic: il ricongiungimento di Bella ed Edward. Sarà come ve lo immaginate? Bah…vedremo.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo quindicesimo. ***


Ecco il famoso capitolo. Di certo non è quello che vi aspetterete. Non sarà dolce e nemmeno così eclatante. (Ma non sarà sempre così…nei prossimi vi concederò la giusta dose di glucosio…XD)

 

 

Grazie a:

 

Sybelle: Spero di poterti stupire abbastanza. Grazie per i complimenti….Mmmm, mi devo adeguare a questa nuova moda di cambio nick…XDXD

 

TheBestLady:Si, in effetti anche i personaggi secondari stanno facendo qualcosa nel frattempo…XDXD Grazie per i complimenti, significa molto il fatto che ti sia piaciuta la ballata. Grazie Vale, Kiss.

 

LoRtFrOg: Ciao!!!! Che nostalgia…tu eri una mia lettrice accanita, me lo ricordo. Cara, cara mia che bello rivederti! Sono contenta che questa storia ti piaccia e grazie mille per i complimenti! Come vedi il mio stile di scrittura rimane lo stesso…ma forse in qualcosa riuscirò a migliorarmi ^^ Un bacio.

 

Selly: Ma figurati!! Anzi sono contenta che tu sia tornata a leggere la mia storia *.* In questo capitolo vedremo il loro primo incontro dopo la trasformazione di lei…anche se…Beh, ti lascio leggere.

 

Kiakkina: Ciao amica K, posso chiamarti così? XD Invece lei lo riconoscerà eccome…solo che…beh, leggi ^.^

 

Amy89: Grazie tesssoro!!! I tuoi complimenti sono davvero dolcissimi. Spero che i prossimi capitoli siano all’altezza. Kisses!

 

Valem: Oddio, artista non me l’avevano ancora detto XDXD Cmq grazie, mi fa piacere. Io sono già passata dal reparto, quindi ti capisco. I miei anni in Alta sono stati i migliori, davvero indimenticabili. Ti auguro bellissime esperienze. Un bacio.

 

Glo91: ^.^ Certo che l’ho inventata io, odio il plagio e gli scopiazza menti vari. Grazie per la recensione, Kiss.

 

Kabubi: Davvero? Allora sono veramente contenta che si sia capito. Grazie mille!!!

 

SunsetMoon: Oddio, grazie. Il tuo commento mi ha fatto arrossire, le tue lodi mi hanno fatto piacere O//////O In effetti non sarà un capitolo romantico e strappalacrime. XDXD Spero ti piaccia lo stesso.

 

Peccatrix17: Tra tutti i nick che mi incuriosiscono e mi attirano, questo è uno dei migliori. Posso chiederti perché peccatrix? Waaa…e poi il 17 è il mio numero preferito. XDXD Detto questo, (non prendermi per una pazza maniaca) Ti ringrazio moltissimo per la tua recensione ed i tuoi complimenti. ^//^

 

 

CAPITOLO QUINDICESIMO

 

“Un paltò color porpora.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

Canticchiavo mentre preparavo il mio bagaglio.

 

Era passato un mese e mezzo dal mio unico e ultimo banchetto e la fame cominciava a farsi sentire, anche se sapevo che avrei dovuto aspettare qualche giorno.

 

Stranamente non ero spaventata da ciò che mi aspettava anzi, sapere che la mia famiglia sarebbe stata lì con me e che ufficialmente sarei diventata parte di loro mi rallegrava.

 

Eravamo diretti a Venezia dove si sarebbe tenuto un banchetto da una delle famiglie di Cacciatori più influenti, nonché alleata dei Meth’renai da secoli. Lì sarei stata presentata per la prima volta come nuovo membro della famiglia e riconosciuta tale dalla società dei Guardiani.

 

L’idea del viaggio mi attirava, anche se cercavo di allontanare l’ansia che ogni tanto incrinava il mio buon umore.

 

Ansia, dovuta ad una certa deviazione che io e il mio fratello maggiore avremmo casualmente preso durante il viaggio di andata.

 

Non credevo di essere pronta, ma Kris non aveva sentito ragioni e aveva deciso di partire per Volterra subito, prima del banchetto.

 

Non dovevo dirlo a nessuno e non lo feci.

 

Ma era un peso ed un pensiero che mi turbava.

 

Allontanai quell’idea dalla mente pensando che dopo quel difficile giorno mi aspettava una magnifica festa con un ballo in mio onore.

 

Per un’intera settimana non avevo fatto altro che passare tra le braccia dei gemelli o di Will, unici disposti a quel tipo di tortura, cercando di imparare a ballare e, non senza alcuni intoppi, c’ero finalmente riuscita.

 

Chiusi il mio trolley e mi guardai allo specchio.

 

Notai le piccole occhiaie sotto gli occhi e mi sentii improvvisamente stanca. In quel momento ricordai che i Guardiani, anche se a distanza di mesi, dormivano per recuperare le forze.

 

Istintivamente mi distesi sul letto e chiusi gli occhi.

 

Era comodo e soffice.

 

Il vento intanto entrava dalle porte finestre accarezzandomi la pelle dolcemente.

 

Presto caddi nell’incoscienza e il sonno mi avvolse.

 

 

Fluttuavo nel nulla quando il sogno cominciò.

 

Mi trovavo in una foresta vagamente familiare, le felci umide si intravedevano appena al chiarore della luna.

Camminai fino ad arrivare ad una radura, familiare anch’essa. Era la radura del ricordo, quella del ragazzo con il braccio scintillante.

Avanzai di qualche passo e la luna illuminò fiocamente la mia pelle. Alzai gli occhi e mi guardai in giro distratta.

 

 

Fu allora che li vidi.

 

 

All’orizzonte, tra i primi alberi dall’altro capo della radura, c’era un ragazzo smilzo nascosto nell’ombra.

 

Davanti a lui un lupo, enorme, il pelo rossiccio.

 

Non so perché ebbi un fremito di paura guardando quella scena, ma poi mi accorsi di un particolare.

 

Le orecchie del lupo erano basse, la coda abbassata. Inoffensivo.

 

Il ragazzo guardava il cielo, la schiena poggiata ad un albero. Inerme.

 

Non erano in posizione d’attacco. L’odio che mi aspettavo era offuscato da qualcos’altro. Erano talmente tristi, talmente provati…

 

Non potevo vederli così, mi faceva…male.

 

Mossi un passo verso di loro, uscendo nella radura. Fu allora che la luce lunare rischiarò la mia pelle facendola brillare come se fosse ricoperta d’oro.

 

Corsi verso di loro, urlando per farmi notare. Sentivo che stavo per svegliarmi.

 

Il bagliore dell’aura che mi circondava e il richiamo della mia voce attirò la loro attenzione.

 

 

Voltarono la testa di scatto verso di me.

 

 

Ma non feci a tempo a cogliere i loro volti, la loro fisionomia.

 

Mi ritrovai ad urlare nel mio letto, la mano tesa davanti a me, il respiro corto.

 

 

Mi alzai in piedi e guardai l’orologio.

 

Era ora di partire, sicuramente la mia famiglia mi stava aspettando all’entrata.

 

Infilai il mio nuovo cappotto.

 

Era un paltò color porpora molto particolare, con un largo cappuccio che copriva metà viso e lo stemma della nostra famiglia ricamato sul colletto. I bottoni erano in madreperla, come a sottolineare l’alto lignaggio d’appartenenza.

 

Scesi e vidi che tutti indossavano lo stesso cappotto, che era una sorta di segno di riconoscimento per quelli come noi. Lo stesso era per i vestiti; quando erano in viaggio infatti, escluse le missioni o i viaggi di piacere, i guardiani usavano indossare abiti particolari che individuassero la casta di appartenenza.

 

I Cacciatori vestivano la porpora.

 

Ka’ sorrise e mi prese sotto braccio guidandomi verso la nostra macchina. Avremmo viaggiato fino all’aeroporto con i gemelli, poi l’intera famiglia si sarebbe diretta a Parigi per fare compere.

 

Come se avesse captato quel pensiero Kris mi lanciò un’occhiata eloquente.

 

Tutti tranne noi due, che avremmo intenzionalmente perso l’aereo e subito dopo ci saremmo diretti direttamente in Italia, delegando ai nostri fratelli il compito di procurarci abiti adatti.

 

Sospirai e, malgrado non fossi pienamente convinta, feci l’occhiolino a Kris con aria cospiratrice.

 

Alzò gli occhi al cielo, esasperato dai miei giocosi modi di fare e io ridacchiai facendogli la linguaccia. Il nostro giochino finì quando Ka’ mi trascinò nell’auto.

 

Ovviamente, una volta arrivati in Italia avremmo dovuto agire con velocità e discrezione.

 

 

 

 

 

 

 

 

-Ma l’aereo non è ancora partito…

 

Sentivo l’indignazione di Ka’ provenire dal cellulare che Kris teneva all’orecchio.

 

-Ma sta per partire, l’imbarco è chiuso. Prendiamo il prossimo e se non ci sono posti andiamo direttamente a Venezia e ci vediamo lì.

 

-Come l’imbarco è chiuso, chiamo un’hostess aspetta…

 

-NO!

 

Alcune persone si girarono a guardarci ed io feci segno a Kris di abbassare la voce.

 

-Perché?- Ora era Ren ad impugnare la cornetta -Che succede Kris?

 

-Niente, è solo che abbiamo già restituito i biglietti, stiamo prenotando quelli per Venezia.

 

Ci fu un momento di silenzio dall’altra parte della cornetta poi la voce di Will risuonò chiara e calma.

 

-Perché non avete provato a chiedere di essere imbarcati? Forse avrebbero aperto il portellone, non è ancora iniziato il decollo.

 

-Era già chiuso- Mentì Kris con voce sicura e calcolata. Come se si fosse ripetuto quella frase per ore ed ore nella mente. Toppò, la sua voce era troppo disinvolta per combaciare con il suo solito modo di fare e Will se ne accorse.

 

-Mi puoi passare Bella?

 

Sulla mia faccia si trasfigurò il panico. Perché voleva parlare con me?

 

Anche Kris sembrava nervoso, ma dopo alcuni secondi di esitazione mi allungò il cellulare, rassegnato.

 

-Bella?

 

-S-si?

 

Mi morsi la lingua. Ero troppo imbarazzata, dovevo controllarmi. Anche Kris me lo fece notare, lanciandomi un’occhiataccia.

 

Ricambiai.

 

-Avete davvero perso l’aereo?

 

-Si, Kris non voleva muoversi e alla fine abbiamo fatto tardi. Si è fermato davanti ad un negozio a fissare una vetrina per tre ore, come un cretino.

 

Kris mi lanciò un’occhiata carica d’odio. Sorrisi, contenta della mia vendetta.

 

-Ah, e non ci sono voli per Parigi?

 

-Non prima di domattina, ma a quel punto abbiamo pensato che sia più sensato dirigerci direttamente in Italia.

 

Fece una pausa, come per valutare le mie parole. Alla fine sembrò abbastanza convinto.

 

-Va bene, ma non mettetevi nei guai.

 

-Va bene….papà.

 

Chiusi la comunicazione. Alla fine, anch’io avevo preso l’abitudine di chiamare Will papà, come i miei fratelli. Era ancora strano pronunciare quella parola pensando a lui, ma mi faceva sentire bene pensare di avere una famiglia, una vera famiglia e di farne parte.

 

Un senso di nostalgia mi strinse il cuore. Ma non sapevo da dove nascesse quel sentimento.

 

-L’ hai convinto?

 

-Sembra di si.

 

-Bene, ora andiamo o il nostro aereo lo perderemo davvero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le ultime luci del sole ci lasciarono quando varcammo in volo la porta principale di Volterra.

 

Eravamo arrivati in aereo fino a Genova e poi avevamo proseguito in volo grazie alle ali di Kris, veloci quanto un jet privato.

 

Atterrammo davanti alla porta, le strade deserte alle prime ore del mattino.

 

Varcare l’antica porta della città mi fece venire i brividi alla schiena.

 

Mi colse una sensazione strana e di colpo il cielo diventò grigio opaco, le vie scure, come se fosse sera. Qualcosa mi sosteneva stringendomi i fianchi, qualcosa di duro e freddo. Intorno, persone festanti vestite di nero parlavano e ridevano, godendosi la vista della città.

 

 -Copriti e tira giù il cappuccio. Nessuno deve vedere i nostri volti.

 

La voce di Kris mi riportò alla realtà.

 

Allacciai il primo bottone del paltò, prima slacciato e tirai il cappuccio fino agli occhi. Era un po’ scomodo vedere solo la metà inferiore delle cose ma sapevo di poter contare sugli altri sensi, innaturalmente sviluppati…per un semplice umano, almeno.

 

I vicoli tornarono vuoti, il cielo azzurro. La porta di pietra era ancora lì, la grata di ferro ancora sospesa lasciandoci liberi di passare.

 

Eppure, quando superai l’arcata scura la sensazione che due braccia forti mi sorreggessero era più vivida di prima.

 

Incrociai le braccia intorno alla mia vita ed affrettai il passo, raggiungendo Kris.

 

Sgusciavamo veloci tra le varie viette del paese quando ad un certo punto il suo passo rallentò, i suoi movimenti si fecero più cauti.

 

Mi accostai a lui, sussurrando piano.

 

-Ci hanno visti?

 

La risposta di Kris era al limite dell’udibile. –Si, ma non attaccheranno. Non sanno ancora chi siamo, sono confusi.

 

-In che senso?

 

-Abbassa la voce. Tempo fa ti dissi che spesso le varie creature ci scambiano per alcuni di loro.

 

Annuii. –Si, è così che ti sei intrufolato tra i Volturi quando mi hai vista.

 

-Già. Per questo sono confusi, finché non ci vedranno non sapranno se siamo umani o vampiri.- Quasi lo sentii sorridere sotto il cappuccio. –Peccato che noi non siamo ne’ l’uno ne’ l’altro.

 

Non replicai. Nella mia mente si stava facendo strada un’altra consapevolezza.

 

-Quindi…forse...potrebbero riconoscermi.

 

Mio fratello non rispose subito, sembrò ponderare la risposta.

 

-Forse, ma ricorda che il tuo aspetto è cambiato e anche la tua voce.

 

-Non molto…

 

-Forse è vero, ma non so se collegheranno te con la fragile umana che hanno conosciuto un tempo. Da quel che ho capito ti hanno vista solo una volta, probabilmente non ti riconosceranno.

 

Mi morsi il labbro, delusa. Se non mi conoscevano da umana allora non avrei potuto ricavare nessuna informazione utile.

 

Kris parve avvertire, non so come, il mio cambiamento d’umore.

 

-Ascolta, ti ho promesso che se mi aiuterai potrai andare in cerca di informazioni sul tuo passato. Non ti basta?

 

Sospirai, ma non risposi.

 

 

Poco dopo arrivammo davanti ad un edificio con l’ingresso che dava sulla strada. Alzai per un momento gli occhi e vidi un’alta torre di pietra che dominava la città.

 

Era deserta eppure mi parve di vedere l’ombra di quattro figure affacciate alla balconata più alta.

 

Un dipinto, di nuovo la sua voce che raccontava.

-Francesco Solimena fu molto ispirato dagli amici di Carlisle. Li raffigurava spesso come dèi.

 

Kris poggiò la mano guantata sulla porta e mi fece segno di passare.

 

Contenta che non potesse vedere il mio volto pieno d’eccitazione lo precedetti dentro una stanza molto lussuosa.

 

Ci dirigemmo all’ascensore e Kris premette il secondo piano; prima che le porte si chiudessero vidi due figure scure avvicinarsi, ma non fecero a tempo ad entrare.

 

-Lascia parlare me.- Mi disse Kris. –Appena riesco a convincerli a dirmi dov’è la chiave tu comincia a cercarla.

 

Annuii, mentre dentro di me un mare di emozioni vorticavano frenetiche. Avevo un nome, Carlisle. Mai prima d’ora avevo ottenuto un indizio così prezioso da uno di quei stupidi ricordi.

Cercai di riportare la mia attenzione alla nostra missione e riordinai velocemente le parole di Kris nella mia mente.

 

-Ma come faremo se opporranno resistenza? Noi siamo più forti, ma se tu sarai impegnato a far cantare uno di loro rimarrò io contro tutti gli altri.

 

-Lo so, cercherò di convincerli a stare fermi…

 

-Tutti?

 

Mi guardò in modo strano e le parole di protesta mi morirono in gola.

 

-Ormai siamo qui- sussurrò. -So quello che faccio Bella, lo programmo da anni.

 

Non risposi, le porte dell’ascensore si aprirono ed uscimmo. La stanza in cui ci ritrovammo sembrava una sala d’attesa di qualche ricco hotel a cinque stelle.

 

-Posso aiutarvi?

 

Una donna giovane si alzò dalla scrivania e ci venne incontro. Avrei dovuto esserne sorpresa, ma in qualche modo me l’aspettavo. Da una porta uscirono due vampiri che le si affiancarono.

 

-Signori?- Incalzò il vampiro alto, con i capelli neri e la carnagione stranamente olivastra.

 

Sentii Kris abbassare il cappuccio, ma non lo imitai. Da quel che avevo capito lui era l’unico a doversi esporre. Ed all’inizio ero decisa a seguire il piano.

 

Sollevai appena la testa e vidi i due vampiri alzare sorpresi le sopracciglia.

 

-Kristopher? Non credevo saresti tornato a trovarci così presto.

 

-Volevo parlare con i vostri signori.

 

Uno dei vampiri ci fece strada verso una porta in fondo al corridoio dove attendeva un’altra guardia. Ci fece passare senza degnarci di uno sguardo.

 

-Giono Felix.-

 

-Alec.-

 

Altro corridoio, altre porte già viste.

 

Sentii un altro brivido. La testa mi girava, come se tutte quelle cose familiari cercassero di essere ricordate contemporaneamente, creandomi una gran confusione in testa.

 

Anche la stanza circolare in cui entrammo era familiare.

 

Intravidi un gruppo di vampiri in mezzo alla stanza. Discutevano, quando Felix li interruppe.

 

-E’ ridicolo! Siamo qui da più di un mese, dovete lasciarci…-

 

-Perdonatemi, ma abbiamo visite.

 

La ragazza coi capelli neri si bloccò e si voltò, seguita dagli altri.

 

Cauta, mentre Kris si faceva avanti ed io lo seguivo, abbassai il cappuccio il più possibile memore degli ordini fiscali di mio fratello. Nel farlo mi cadde fuori un boccolo scuro, ma non potevo rimetterlo a posto. Tanto i miei capelli erano cambiati, non avrebbero destato nessun sospetto.

 

Sorpresa, mentre ci avvicinavamo, sentii dei profumi familiari, buoni come li ricordavo. Chissà…

 

-Buongiorno Caius, Aro, Marcus. Sono venuto per parlarvi.- Si rivolse ai tre vampiri dall’aria molto antica seduti vicino alla pareti di pietra.

 

-Kristopher? Che sorpresa inaspettata. E chi c’è con te?

 

La voce contenta di quel vampiro mi mise in ansia, distraendomi dai ricordi di quegli odori che sembravano provenire da alcuni vampiri che non riuscivo ad intravedere bene e portando la mia mente ad altre sensazioni, come se avessi già sentito anche quella.

 

-Lei è mia sorella Andromis, Aro, ed è qui per accompagnarmi.

 

-Sorella?  Ah, ah, ah. Che strano, molto strano. Venite avanti, venite pure.

 

Seguii Kris e ci avvicinammo, stando a pochi metri da loro. Mentre Kris parlava, qualche passo davanti a me, cercai di guardarmi attorno.

 

Intercettai lo sguardo di Aro, che mi guardò curioso.

 

-Puoi togliere il cappotto, mia cara. Qui sei protetta.

 

-Sto bene così, grazie.

 

Vidi alcuni di loro fare una faccia strana e sentii la vampira più vicina a me cercare di scrutare il mio viso.

 

Abbassai il volto ed i miei capelli caddero in avanti, creando un’ulteriore barriera alla loro vista.

 

Ma non sembrò abbastanza, il mio odore dovette colpirli più forte di prima, perché alcuni sembravano inquieti ed increduli. Soprattutto il gruppetto alla mia destra.

 

All’inizio, attribuii quel comportamento al fatto che il mio odore di Cacciatrice, per loro, doveva risultare molto attraente.

 

La verità, come scoprii più tardi, era che il mio odore era molto simile a quello che avevo da umana,  solo più accentuato e piacevole.

 

Ma in quel momento non sapevo ancora nulla, così non vi badai ed ascoltai Kris, in attesa del segnale.

 

-Dici che è tua sorella- parlò un altro dei tre vampiri più antichi- ma come è possibile?

 

-Forse per voi potrà risultare insolito questo fatto, ma è così.

 

-Ah, ah, ah.- La risata di Aro riecheggiò fragorosa nella stanza. -Carlisle, amico mio, hai trovato un degno compare che la pensa come te. Ah, ah, ah.

 

 

Sussultai, il cuore cominciò a battere più velocemente. Carlisle, Carlisle, Carlisle. Sembrava battere a tempo. Mi lasciai sfuggire un lamento.

 

 

Kris mi strinse la mano, preoccupato dalla mia reazione, ma la risata di Aro coprì il rumore.

 

 

Era una coincidenza? Quanti vampiri di nome Carlisle potevano esistere?

 

 

Per paura che mi scoprissero tenni il capo abbassato, ma in realtà fremevo dalla voglia di guardare chi era Carlisle, per vedere se il suo volto mi ricordava qualcosa.

 

Elaborai mentalmente il mio piano, pronta a sbirciare appena l’attenzione si fosse spostata da Kris e me.

 

 

Una voce calma molto famigliare parlò. –Sono molto contento di questo, ma non credo che segua anche le mie restrizioni.- Era biondo. Si, era lui.

 

-E’ così?- chiese Aro.

 

-Di cosa parlate?- Chiese Kris, educatamente confuso.

 

-Ah, ah. Che rude, che maleducato! Vedi, Carlisle e la sua famiglia di vampiri rifiutano la loro natura bevendo sangue animale invece che umano. Mi chiedevo, se anche tu e tua sorella la pensaste come loro.

 

Sentii Kris sogghignare e mi preparai. Il vero gioco stava per iniziare.

 

-Noi non abbiamo di questi problemi. Il sangue non è necessario se non nelle emergenze. Prediligiamo il cibo umano, molto più utile.

 

Il terzo vampiro dall’aria antica si sporse dalla sedia, interdetto.

 

-Come sarebbe? Che razza di vampiri siete?

 

Fu il turno di Kris di ridere. -Ma noi non siamo vampiri.

 

Rimasero di stucco, increduli ed indecisi se credergli.

 

Anche io sorrisi quando intravidi i loro volti.

 

-Ah, ah, ah.-rise Aro, anche se meno convinto di prima.- Stai scherzando. Sei stato qui con noi per un piccolo periodo, poco tempo fa e hai prestato servizio come nostra guardia. Certo che sei un vampiro!

 

-Io non ho mai detto di essere un vampiro, siete voi che avete tratto una conclusione sbagliata. Io ho solo sfruttato l’occasione.

 

Le guardie che finora aspettavano vicino alle pareti, si avvicinarono al cerchio, indecise sul da farsi.

 

Kris rise di nuovo. –Però non sono qui per parlare di questo.

 

Nessuno di loro sembrava convinto e nei loro volti si leggevano molte domande, ma la voce di Aro rimase amichevole.

 

-E di cosa, allora?

 

-Niente di personale contro di voi, non per ora- Checché dicesse, ancora adesso sono convinta che Kris abbia sempre avuto un’avversione innata contro i vampiri, infatti il suo tono di voce dichiarava tutto il contrario. –Mi serve solo la chiave che avete non so come rubato ai Fionnehn.

 

Il clima della stanza cambiò repentinamente.

Di colpo, le guardie si portarono vicino ai tre vampiri, che nel frattempo erano scattati in piedi, avvicinandosi di qualche passo.

 

Mi avvicinai anche io, portandomi di fianco a Kris, pronta a difenderlo.

 

-Guardiani.- Sibilò Aro. Notai che la sua voce aveva perso ogni tono di gaiezza e cortesia.

 

-Più precisamente Cacciatori.- ridacchiò Kris.

 

-Visto che ci sei, rivelagli anche dove viviamo e cosa hai mangiato lo scorso mese…- sbottai. Sembrava che la sete di vendetta gli avesse tolto ogni senso di cautela, facendomi sentire vulnerabile. Come se i ruoli tra noi si fossero scambiati.

 

-Tranquilla.- Sussurrò. Poi si rivolse di nuovo ai vampiri. –Sapete dirmi dov’è? O devo prendermela con la forza?

 

Aro rise, sprezzante.

 

-Con la forza? Avete notato che i numeri non giocano a vostro favore?

 

-I numeri non sono importanti, per quello che valgono creaturine come voi, noi due siamo in discreto vantaggio.

 

Nessuno di loro sembrò convinto. Non lo ero nemmeno io. Ma evidentemente quei vampiri sembravano essere arroganti come Kris.

 

-Lo vedremo. Jane, cara.

 

La vampira accanto a loro non fece a tempo a muoversi che volò sbattendo sul muro al levarsi della mia mano. Mio malgrado, sorrisi soddisfatta.

 

Loro serrarono i ranghi, più consapevoli del pericolo, ora. Solo il gruppetto dei sette vampiri rimaneva in disparte.

 

-Non ve la daremo mai.- Disse uno dei vecchi. –Non riuscirete a trovarla.

 

-Davvero? Io credo di si, ma voglio darvi un’opportunità. Parliamone, che ci fate voi di una chiave senza valore? Siete disposti a sacrificare la vostra esistenza per un pezzo di metallo?

 

-Non siamo stupidi, sappiamo benissimo a cosa serve quella chiave. Se iniziasse un’altra guerra saremo tutti spacciati per colpa dei vostri capricci.

 

-Non vogliamo iniziare una guerra. Mi serve per altri scopi.

 

-Ammesso che voglia crederti, cosa accadrebbe se cadesse in mani sbagliate?

 

Mentre la discussione continuava su quella via, sentii di nuovo quegli odori familiari solleticarmi le narici. Voltai il capo verso il gruppetto di vampiri in disparte.

 

Il tempo sembrò fermarsi. C’erano due donne dai capelli biondi che sicuramente avevo già visto e di fianco a loro Carlisle ed uno dai capelli neri dall’aria enorme. Poco più in là un altro ragazzo coi capelli biondi, una ragazza dai capelli corvini e…lui.

Il ragazzo del sogno, quello fermo davanti al lupo. Aveva i capelli ramati ed era bello, bello come un dio.

Il mio cuore cominciò a martellare frenetico, come se fosse tornato del tutto in vita, come se il veleno che mi circolava in corpo non riuscisse più ad inibire il suo battito.

 

Mi sentii come mancare. Li conoscevo, li conoscevo tutti ma non ricordavo chi…cercai di frenare la quantità di immagini che mi vorticavano nella mente, ma non ci riuscii.

 

 

E mentre Aro e Kris continuavano a parlare con toni sempre più accesi, vidi la ragazza dai capelli neri vacillare e coprirsi gli occhi con la mano.

 

Gli altri sei le si avvicinarono e si girarono a guardarmi sospettosi, in posizione d’allerta. Forse pensavano che le stessi facendo del male.

 

Ma lei li fermò e si raddrizzò guardandomi con occhi increduli, spaventati, insicuri, speranzosi… non riuscivo a seguire il corso delle sue emozioni, era già difficile capire le mie.

 

-Non è possibile- sussurrò.

 

L’uomo biondo, Carlisle, le si avvicinò.

 

-Cosa Alice, cosa hai visto?

 

-Bella.

 

Lanciai un lamento a metà tra il sorpreso e il disperato. Sentii la stanza girare. Qualcuno mi prese tra le sue braccia, ma non era Kris.

 

Riaprii gli occhi e misi a fuoco il volto di…

 

-Frey?

 

-Stai bene Bella?- Mi guardò ansioso, poi si rivolse a Kris.

 

-Che cosa pensavi di fare?

 

-Volete muovervi?- La voce di Ren risuonò arrabbiata nella stanza.

 

-Frey, che ci fate qui?

 

-Vi abbiamo seguiti, io e i gemelli. Quando papà ha visto che siete atterrati a Genova senza prendere un altro aereo si è insospettito e ha fatto bene.

 

Kris lo interruppe.

 

-Non usciamo senza la chiave.

 

-Quale chiave?- Ringhiò Frey.

 

Mi ricomposi in fretta, la mia mente aveva appena ricominciato a girare.

 

Vidi i Volturi cercare di riorganizzarsi, sfruttando la nostra distrazione.

 

Anche i gemelli se ne accorsero e si avvicinarono minacciosi, in posizione d’attacco.

 

I Volturi si fermarono di colpo.

 

La mia voce risuonò più autoritaria di quanto mi aspettassi io stessa.

 

-Kris, convincili a starsene buoni, voi gemelli aiutate Kris e fate il palo, se ne arrivano altri alle nostre spalle potremmo non accorgercene in tempo, Frey cerca in tutta la stanza, l’edificio, la città se devi, e trova la chiave che apre la stanza segreta dei Fionnehn.

 

Mi guardarono con occhi sgranati, ma gli rispedii un’occhiata che non ammetteva repliche.

 

Fecero quello che gli dissi.

 

Frey si concentrò e le sue pupille diventarono quasi bianche. Distolsi lo sguardo ed alzai un po’ il cappuccio.

 

Kris stava già esercitando il suo potere, ne sentivo l’odore, infatti uno dopo l’altro sembrarono cadere in uno stato di confusione. I più colpiti erano quelli più giovani, i quali le gambe li reggevano a stento. Aro, Marcus e Caius sembravano più lucidi, ma non erano in grado di attaccare.

 

Vidi Ren e Mark dirigersi verso Carlisle e gli altri, ma li fermai facendogli segno di no con la testa. Mi guardarono come se fossi matta.

 

-Bella?

 

Mi voltai, Frey mi guardava intensamente.

 

-L’hai trovata?

 

Annuì. –Dimmi che non sei una spia dei Fionnehn.

 

Lo guardai stupita. La sua espressione esprimeva dolore e pena.

 

-Certo che no! Frey, sono tua sorella, non posso tradire la famiglia che mi ha riportata in vita, che mi ha accolta con così tanto amore. E’ per Caoliin, capisci?

 

Sul suo volto apparve il sollievo, ma permase l’incertezza.

 

Non sembrava contento di rivelarmi quell’informazione.

 

-Caius, quello con i capelli bianchi. Ce l’ha al collo.

 

Mi avvicinai ai Volturi con cautela. Non sapevo quanto il potere di Kris li avesse resi innocui.

Mi concentrai e mi liberai delle guardie in un battito di ciglia. Caddero di lato, in una sorta di coma catatonico indotto dal mio fratello maggiore.

 

-Dammi la chiave.- Scandii chiaro a Caius.

 

Mi guardarono tutti e tre, confusi.

 

Aro aggrottò le sopracciglia. Si sporse verso di me, sorpreso.

 

–Sei tu, Bella, l’umana di Edw

 

-Stai lontano da mia sorella. Muoviti Bella, prendi quella chiave, andiamocene.

 

Ren mi era accanto, la voce urgente. Se solo l’ avesse interrotto un attimo dopo! L’umana di chi?

 

Ci volle tutta la mia forza di volontà per voltarmi verso Caius e mormorare –Chiave.

 

In un bagliore, mi ritrovai sul palmo della mano una grossa chiave d’oro, decorata da tanti ghirigori e simboli a me sconosciuti.

 

-E’ questa?- La mostrai a Kris.

 

-Si. Possiamo andare.

 

Erano già tutti e quattro alla porta, quando li fermai.

 

-Aspetta.

 

Si voltarono a guardarmi, ma io guardavo i sette vampiri dall’altra parte della stanza.

 

-Siete prigionieri?

 

Carlisle mi guardò. –Si.

 

Mi voltai verso Kris.

 

-Liberali.

 

-Come? Sei impazzita?

 

-Abbiamo un patto: la chiave, per il mio passato.

 

Kris vacillò, esitante.

 

Frey e i gemelli ci guardavano a bocca aperta. –Che cavolo…?

 

-Non ora Bella, non li conosci nemmeno. E poi ormai la chiave è nostra, penserai dopo al tuo passato.

 

Spostai lo sguardo dai vampiri ai miei fratelli, più volte. Il mio cervello lavorava febbrilmente.

 

-Allora darò la chiave a Will e te la vedrai con lui.

 

-COSA?

 

Colpito nel segno.

 

-Libera loro o non onorerò il mio patto. Hai promesso, Kris.

 

Ci guardammo per alcuni istanti, senza badare alle parole d’urgenza dei nostri fratelli.

 

-E sia.- Guardò verso i sette vampiri. –Preferite essere prigionieri dei Volturi o nostri?

 

-Kris!- Urlai indignata.

 

Non vi badò.

 

Carlisle guardò rapido gli altri, poi rispose.

 

-Vostri.

 

-Allora seguiteci, senza fare passi falsi.- Li guardò negli occhi. -Voi ci seguirete senza fare storie finché non ve lo dirò io.

 

Parvero vacillare anche loro sotto il suo sguardo. Vidi che i Volturi si stavano riprendendo.

 

-Muoviamoci adesso.

 

-E’ da un’ora che lo ripeto!- Protestò Ren. –Papà vi ucciderà. Anzi no, ci ucciderà tutti.

 

Corremmo fuori e poi giù verso la porta della città.

 

-Papà non saprà nulla.- disse Kris. -Non dovete dire una parola.

 

-Si, certo. Come se i Volturi appena svegli non spargessero la notizia che un certo Kris e sua sorella hanno rubato la chiave. Sarà il finimondo, la cercheranno tutti.

 

-Non preoccuparti, non ricorderanno ne’ i nostri volti, ne’ i nostri nomi.- Rispose sicuro Kris.

 

Arrivati fuori dalla porta virammo verso la campagna e continuammo a correre. Voltai la testa e vidi che gli altri sette ci seguivano.

 

Ci fermammo dopo mezz’ora.

 

-Tenete.- Mark cominciò a distribuire alcuni paltò e lunghi giubbotti ai prigionieri da una valigia che si portava dietro. Il sole splendeva ed i loro vestiti lasciavano intravedere troppa pelle luccicante. Per fortuna era inverno. –Per fortuna in famiglia siamo in tanti, ce n’è per tutti.- Aggiunse lui.

 

Intravidi qualcosa di rosso in mezzo ai campi. Una macchia.

 

-Cos’è?- Chiesi a Frey.

 

Lui aggrottò le sopracciglia, aguzzando lo sguardo.

 

-E’ una donna. Un vampiro, sembra che ci stia seguendo.

 

-Credi sia una dei Volturi, sono già sulle nostre tracce?

 

-Non lo so.

 

-E’ sola?- Anche Kris si avvicinò.

 

-Si, sembra di si. Non vedo nessun altro nel giro di chilometri.

 

Guardai la vampira avvicinarsi sempre di più, mi avvolse una strana sensazione. In qualche modo, sapevo che cercava me.

 

-Vado io.

 

Protestarono. Kris era il più ostinato.

 

-Non puoi andare da sola, ti accompagno.

 

-No, tu devi badare a loro.- Indicai i vampiri, ancora scossi dall’incantesimo di Kris.

 

-Vado io con lei.- Si fece avanti Mark, il gemello mezzo licantropo. -Sono il più indicato, non può percepirmi. Penserà che Bella sia sola. Vi raggiungeremo più tardi.

 

Ci volle un po’ per convincerli, ma alla fine ci dividemmo. Dieci da una parte, due dall’altra.

 

 

 

 

 

 

 

Non ci mise molto a trovarci. Avevamo virato verso est, correndo fino a raggiungere una piccola foresta di alberi secchi e fini, ma abbastanza alti da coprirci a sguardi indiscreti di umani, vampiri o qualunque altra cosa.

 

Raggiunse la foresta poco dopo.

 

Era una femmina, i capelli rossi come il fuoco che ricadevano lunghi e spettinati lungo la schiena.

 

I suoi abiti erano trasandati, come se non li cambiasse da mesi.

 

I suoi denti rilucevano alla luce del sole, la sua pelle splendeva come diamanti.

 

Mark era nascosto poco più in là, accucciato dietro un cespuglio di rovi, pronto a prenderla di spalle.

 

Lo vidi puntare la femmina con gli occhi, ma poi subito voltare il capo dietro di se.

 

-Maledizione!- Sibilò.

 

La donna si guardò attorno.

 

Mi acquattai e raggiunsi Mark senza farmi vedere.

 

-Che c’è?- Gli sussurrai in un orecchio.

 

-Non è sola.- Si guardò di nuovo alle spalle.

 

-Ce ne sono altri.

 

-No, non è un vampiro, maledizione! E’ peggio, è uno di noi.

 

-Forse è Kris…

 

-No. Non è della nostra famiglia.- Mi guardò negli occhi. –Sei capace di badare a quella? Non dovrebbe essere troppo difficile.

 

-E tu?

 

-Ci vediamo tra poco.

 

Scattò, lasciandomi sola. La femmina se ne accorse, ma prima che iniziasse a seguirlo mi parai di fronte a lei.

 

-Ferma lì, non ti muovere.- Minacciai.

 

Mi guardò sorpresa, poi sogghignò. Mi accorsi di non avere più il cappuccio.

 

-Ti ho trovata.- Mi squadrò dalla testa ai piedi.- Così alla fine ti ha cambiata, ma non centra nulla. La mia vendetta sarà ancora più crudele. Crede di averti per l’eternità e invece ridurrò le sue speranze in un mucchio di cenere.

 

-Non capisco.

 

-Niente di personale, ragazzina. Occhio per occhio…

 

-Di cosa stai parlando? Ci conosciamo, allora!

 

-Non essere stupida. Come puoi non ricordare? Il tuo fidanzato ha ucciso il mio! Ed ora io ucciderò te!

 

Balzò verso di me, ma la scansai. Mostrò i denti e cominciò ad attaccarmi, senza darmi tregua.

 

-Ma…che…fai?

 

Persi la pazienza, la gettai a terra e la bloccai. Non era facile tenerla ferma con la sola forza del pensiero, si dimenava tutta. Tolsi il paltò e lo appesi ad un ramo, non volevo sporcarlo in caso di lotta.

 

-Che diavolo dici? Mi vuoi dire di che stai parlando?

 

-SCHERZI O COSA?- Sbraitò lei. – Il tuo caro vampiro ha ucciso il mio fidanzato ed è tutta colpa tua. Voglio la mia vendetta, TU SEI LA MIA VENDETTA STUPIDA…-

 

Si liberò e venni sbalzata all’indietro. Mi prese per il collo e strinse le dita. Ero stordita, anche se la mancanza d’aria mi provocava solo fastidio. Probabilmente a causa del colpo appena subito.

 

-Gli sbatterò davanti il tuo corpo ridotto a brandelli e ti brucerò fino a farti diventare meno di cenere. E poi, se non sarà già morto di dolore, ucciderò anche lui.

 

Il suo sguardo riluceva di una folle rabbia. Mostrò i denti e prese ad azzannarmi.

 

Mi morse la spalla e il collo, il ventre, il braccio,…

 

Ma quello che non sapeva era che così facendo non faceva altro che nutrirmi.

 

Sentii il suo veleno entrarmi in circolo e ad un tratto la mia sete si risvegliò.

 

Le diedi un cacio e mi portai sopra di lei, capovolgendo la situazione. Tutto ciò che pensavo, tutta la mia buona volontà, tutte le informazioni che volevo ottenere da lei sul mio fidanzato scomparvero dalla mia mente.

 

Avevo sete, nient’altro. Sentivo il mio sangue misto al suo e al mio veleno pulsare e colare giù per il mio petto e le mie braccia, imbrattandomi i vestiti e cadendo sul suo corpo.

 

Sentii il bisogno di bere il suo sangue, così affondai i denti nella sua carne dura e fredda come il ghiaccio.

 

Strappai, succhiai, sgretolai ogni sua parte con le mie dita e bevvi tutto ciò che potevo.

 

La sentii dimenarsi sempre meno, fino a diventare immobile come una statua. Intanto la mia pelle si ricostruiva, il sangue smetteva di scorrere. Mi staccai e mi toccai la spalla risalendo il collo.

 

Le ferite si erano rimarginate, rimanevano solo delle cicatrici arrossate e qualche crosta di sangue.

 

D’istinto, senza pensare, mi alzai e guardai intensamente il corpo della vampira, ormai a pezzi.

 

Sentii il sangue fluire dentro di me e desiderai che ogni particella del suo corpo si trasformasse in fuoco.

 

Così fu. La sua pelle diventò dapprima molto rossa, poi assomigliò a delle braci accese, infine si sgretolò in un mucchio di cenere.

 

Stanca, caddi seduta a terra. Ero sporca di sangue dappertutto, ero stanca per i troppi ricordi e le emozioni provate ed ero traumatizzata da ciò che avevo appena fatto senza nemmeno rendermene conto. Avevo ucciso un vampiro in meno di due minuti, l’avevo ridotto a pezzi e mi ero nutrita senza ritegno per due graffi di cui ora rimaneva soltanto un’ombra rossa.

 

Mi sentivo un mostro.

 

Se prima dubitavo che il ragazzo dei miei ricordi mi avrebbe accettata, ora ne ero sicura. Come poteva volere un mostro? Come poteva accettare che l’umana di cui era innamorato un tempo fosse diventata una creatura immonda senza cuore?

 

Sentii delle gocce cadermi tra le mani e i accorsi che avevo iniziato a piangere. Singhiozzai senza ritegno e come se non bastasse iniziò anche a piovere.

 

Ad un certo punto sentii dei ringhi e delle urla e il pensiero che mio fratello era ancora lì da qualche parte mi tornò alla mente. Scattai in piedi ed infilai il paltò color porpora.

 

Proprio in quel momento lo vidi precipitarsi giù per il pendio.

 

-BELLA!

 

Senza nemmeno rendermene conto, mi prese e cominciò a correre tirandomi per il gomito.

 

-Corri più veloce che puoi, corri Bella.

 

Il tono della sua voce mi spaventò, facendomi dimenticare per un momento la pena e la stanchezza che provavo.

 

Vedevo solo il suo volto spaventato e sentivo il bisogno di salvarlo, di fare qualcosa almeno per lui.

 

Così corsi, tenendo il suo passo, sforzandomi al massimo di non cadere o rallentarlo in qualunque modo.

 

-Chi ci segue?

 

-Sono loro Bella. I Fionnehn.

 

-Com’è possibile? Hanno già saputo la notizia?

 

-No, è Vidhar, si era infiltrato tra i Volturi anche lui, da anni, l’ho scoperto poco fa mentre combattevo. Accidenti a Kris, avrebbe dovuto riconoscerlo!

 

-Forse non si sono incrociati.

 

-Non ne ho idea, ma non lo scopriremo mai se non arriviamo a casa vivi.

 

-E’ così forte? Noi siamo in due.- Gli feci notare.

 

-Bella, non hai idea della potenza dei suoi poteri- scostò la mano dal suo addome in cui fino ad ora-non me ne ero nemmeno accorta-l’aveva tenuta premuta. Sanguinava, un misto di rosso e nero-blu imbrattava la sua camicia.

 

-Oh no! Sei ferito!

 

-Non è nulla, non possiamo fermarci ora, ci ucciderà. Dobbiamo raggiungere gli altri e pregare di riuscire a scappare il prima possibile. Ho già contattato Ren, ci aspettano all’aeroporto, non manca molto.

 

Mi ero dimenticata che loro due erano telepatici, non ne avevo mai visto una grande utilità, fino ad ora.

 

Quando arrivammo Ren porse in fretta il suo cappotto al fratello ed io alzai colletto e cappuccio, infilando le mani in tasca per non far vedere le macchie di sangue.

 

Per fortuna il paltò era color porpora…

 

Un minuto dopo eravamo tutti imbarcati, mi appollaiai su un sedile e per tutto il tempo guardai fuori dal finestrino. Sentivo molte paia di occhi che mi fissavano. Mi ero dimenticata che eravamo così tanti. Ma non vi badai, la mia curiosità rispetto al mio passato era scemata in un attimo lasciando spazio ad una nuova terribile consapevolezza.

 

Ero un mostro.

 

Tutto ciò che prima mi sembrava bello, divertente, forte si era tramutato in un incubo.

 

Le immagini di ciò che era successo nella foresta, l’odore del sangue e del veleno che ancora portavo addosso, il pulsare delle cicatrici mi ricordarono ogni secondo ciò che ero diventata.

 

Strinsi talmente forte il mio avambraccio da riaprire una ferita. Un liquido rosso scuro, quasi nero, cominciò a colare confondendosi con la manica del cappotto. Ora capivo perché i Cacciatori indossavano la porpora.

 

Non ho molti ricordi del viaggio, sembrò durare un attimo ed una volta arrivati mi infilai in una macchina a caso tra le nostre. Sentivo che qualcuno mi parlava ma feci scena muta. Guardavo fuori dal finestrino, ripensando e rivivendo sempre le stesse cose, come se non fosse abbastanza il ribrezzo che provavo per me stessa.

 

Una volta arrivati a casa mi precipitai dentro e buttai il cappotto nell’entrata. Stavo salendo le scale, diretta in camera mia, quando mi sentii afferrare il braccio e mi voltai.

 

-Aspetta, prima voglio sapere che diavolo è successo, tutti in biblioteca.

 

Vidi Will che mi parlava, ma non riuscivo a seguirne le parole. Era come se fossi diventata improvvisamente sorda.

 

Guardai giù e vidi Ka’ ai piedi delle scale guardarmi con occhi sbarrati e poi urlare indicandomi.

 

Abbassai lo sguardo e vidi la mia camicia bianca ricoperta di sangue. Mi sentii male, ricordandomi ancora una volta ciò che avevo fatto.

 

La guardai, avrei voluto spiegarle che non era mio, che ero un mostro, che avevo fatto una cosa abominevole ma non spiccicai parola.

 

Poi li vidi, loro sette, mi fissavano. Vidi il ragazzo con i capelli rossi cercare di avvicinarsi a me, ma Dionis lo teneva.

 

-Edward, EDWARD!- Urlai, feci alcuni passi avanti, volevo raggiungerlo, dovevo perché era una cosa di vitale importanza, ma non so come mi ritrovai con la guancia sul pianerottolo delle scale mentre una miriade di voci urlava e chiamava il mio nome.

 

Sentii la stanchezza di tutti quegli avvenimenti invadermi in un colpo.

 

E venne il buio.

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qui. Edward e Bella si sono finalmente rivisti, ma il loro faccia a faccia non è ancora avvenuto. Come reagiranno? Cmq ho già pronti i capitoli con il punto di vista di Edward, che verranno postati dopo la loro vera riconciliazione. Alla prossima, recensite presto così io posto prima incitata dai vostri commenti!!

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Capitolo 13
*** 15 e 16 ***


Un ringraziamento speciale a chi continua a recensire. Alle lettrici che continuano a seguirmi e alle nuove che hanno deciso di avventurarsi in questa storia. Vi voglio un mondo di bene.

Spero che ognuna di voi deciderà di continuare a commentare la mia storia, mi piace leggere i vostri commenti, le vostre paure, le supposizioni. Siete fantastiche, esilaranti e assolutamente fantasiose, vale per tutte. (Questa volta non rispondo approfonditamente alle recensioni, e mi scuso vivamente, per dedicarmi più sotto ad una cosa importante per me).

 

 

 

Vaniglia (Mi fa davvero piacere che ti piaccia la mia storia, continua a seguirmi)

 

gypsy_rose90 (Grazie, grazie di cuore. Non sai quanto le tue parole mi abbiano risollevata.)

 

___MiRiEl___ (Grazie, che piacere vederti anche qui! Sono contenta che sia uno dei tuoi capitoli preferiti, anche a me piace.)

 

Amy89 (Oddio XDXD Che Kris è un ebete non me l’avevano mai detto…XDXD Ed il fatto di legarlo e sedarlo mi attizza…non vorrei però che poi qualche fan gli saltasse addosso e si approfittasse di lui…uhm. Però, seriamente, grazie per i complimenti, spero siano meritati.)

 

Valem (Si, guardavo Veronica Mars e mi piaceva moltissimo. Però, non sono la ragazza perfetta. Ci hai azzeccato sul fatto che sono un mostro, quindi eviterei la statua o molti si spaventerebbero…XDXD Smak!)

 

Mione14 (Grazie mille, evviva una nuova lettrice! Non importa se partirai, spero solo che tu decida, una volta tornata, di continuare a leggere la mia storia. Buone vacanze e divertiti!!!)

 

Musa93 (Evviva, la mia abbonata!!! Mi sei mancata…Cmq sei scusata, sei scusata…^.^ Ciauz!)

 

Kiakkina (Il faccia a faccia lo troverai in questo capitolo. Ciao amica K)

 

Selly (Eccoti servita, qui potrai leggere finalmente sul loro incontro. ^.^ Goditelo!)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Però ora due cose le devo dire e mi starete ad ascoltare, grazie, perché ho bisogno di chiarire due punti.

 

 

Vorrei fare una precisazione importante, perché continua ad essermi detto. La fan fiction non è finita. Sono alcuni capitoli avanti rispetto a qui, è vero, ma non per questo li posterò tutti in una volta o più velocemente. Primo, per dare tempo a tutti i lettori di leggere la storia, secondo perché non voglio arrivare a dover postare dieci capitoli in 5 giorni e poi lasciarvi un mese senza aggiornamenti (cosa che potrebbe succedere benissimo, perché scrivo quando ho l’ispirazione e perché ho altre storie da mandare avanti e sono molte, per mia scelta). Quindi non chiedetemi di velocizzare i tempi di aggiornamento (anche perché trovo che due capitoli a settimana siano sufficienti).

 

Quindi, per favore, rispettate i miei tempi di scrittura. Se volete dei capitoli buttati lì alla c**** di cane, leggete un’altra fic. Mi dispiace, ma io credo nel valore dei buoni capitoli, con pochi errori, molta fantasia e coerenza, e soprattutto in capitoli scritti con il cuore, che i lettori possano gustare dalla prima all’ultima parola (e spero di saperlo fare). [Non mi sto riferendo a chi mi scrive posta presto, ci mancherebbe, anche io lo faccio. Parlo con chi usa toni più sostenuti, non fatevi paranoie ^.^]

 

Altra cosa. Otto pagine di Word non mi sembrano un capitolo così corto. Certo, in questa fic ci sono e saranno capitoli che raggiungono le 30 pagine, questo non vuol dire che lo standard sia quello. Che poi, ci sono fan fiction in cui non si raggiunge nemmeno una pagina. Lamentatevi con quelle, grazie. Perché qui è così, ci saranno capitoli lunghi e sfiancanti e capitoli leggeri, che rispecchiano il ritmo della storia. Quindi rinnovo il mio invito.

 

Efp è un sito libero, nessuno vi costringe a leggere la mia fan fiction. Perché la vedete quella croce bianca su sfondo rosso in alto a destra? Se la cliccate tutto questo supplizio può finire, credetemi.

 

(Comunque non mi sto arrabbiando, è solo che più persone me l’hanno detto e volevo chiarire. Ammetto che in questo ultimo periodo sono nervosa, saranno le mie cose? XDXD Scherzo, era per alleggerire.)

 

Detto ciò, buona lettura a chi non si è offeso e ha deciso di continuare a leggere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comunque, parlando in toni molto più leggeri e scherzosi…sapevo che mi avreste uccisa se non avessi fatto incontrare Bella ed Edward nemmeno in questo capitolo, così ho deciso di essere nuovamente buona e di postare due capitoli….XDXD. Fatemi un monumento, eh??

 

 

CAPITOLO SEDICESIMO

 

“In bilico tra la veglia e l’incoscienza.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

Sedevo nel buio, le gambe incrociate e lo sguardo puntato nel nulla. Ogni tanto compariva un ricordo, come un film, ed io me ne stavo seduta a guardarlo.

 

Il suo volto, finalmente nitido nella mia mente.

In questo ricordo sghignazzava.

-Se te l’avessi chiesto io, avresti scaricato anche me?

-Probabilmente no, ma all’ultimo momento avrei cancellato l’invito…avrei finto una malattia o una caviglia slogata.

-E perché mai?

 

 

Un letto di ospedale, mia madre accanto a me.

-Bella, ero così agitata!

-Mi dispiace mamma. Adesso è tutto a posto, tutto okay.

-Sono contenta di vedere che apri gli occhi, finalmente.

Quanto amore, mi strinse il cuore.

 

 

La luna ed io che lo guardo, come se non volessi mai più dimenticarlo, come se dalla vista del suo viso dipendesse la mia stessa vita.

-Bella- mi sfiorava le labbra- starò sempre con te, non ti basta?-

 

Mio padre. Quello vero. Correvo ad abbracciarlo.

-Mi dispiace tanto per Harry, papà.

-Mi mancherà sul serio.

-Ehm, papà?Non indovinerai mai chi è venuto a trovarci.

 

 

Jake. Il suo sguardo da ragazzo, il suo sorriso che tanto mi mancava. A quel tempo eravamo ancora felici, ancora amici.

-Okay, ma se proprio vuoi fare la difficile, allora devi anche considerare le nostre dimensioni. Tu sei così piccola che dal conteggio totale dovrei togliere dieci anni.

-Un metro e sessanta è perfettamente nella media. Non è colpa mia se tu sei un fenomeno da baraccone.

E giù a ridere.

 

 

Il mio cuore a pezzi.

-Sei incredibile.- Il suo volto a pochi cm dal mio, il suo profumo che mi torna alla mente. -Cosa devo fare per convincerti? Non stai dormendo e non sei nemmeno morta. Sono qui e ti amo. Ti ho amata sempre e sempre ti amerò…

 

 

-Ah

-Bella?

-Si. Ecco, ho capito.

-La tua rivelazione?

-Tu mi ami.

 

-A che si gioca?

-Calcio, vi prego, vi prego.

-Ma sì, accontentiamo   per una volta…

-Cos’è il calcio?

-Non hai mai giocato, Bella?

-Mhm, non credo.

-Devi calciare la palla.

-Molto chiaro, Ren.

-E allora spiegaglielo tu, principessa della perfezione.

 

Sari che mi spiegava ogni cosa, interi pomeriggi passati a giocare, scherzare, gli incidenti col pallone.

 

-Se continui così Bella, finisce che non ci rimangono più campi buoni per giocare.

 

Io e Ka’ che rincorriamo i gemelli, le loro battute. Dionis che mi prende sulle spalle, le gare, le corse, le giornate passate a studiare ed imparare nuove cose sui Guardiani.

 

-E Sophia O’Connor si è sposata con?

-Un Yahng Shu?

Frey che ridacchia. –Non sapevo si fosse sposata con suo suocero.

-Uffa, ma a cosa serve?

-A riconoscere i nostri amici, i nostri nemici e a sapere la nostra storia. Chi è la madre di Stanley Brash?

 

Le piccole liti, le danze, i canti intorno al tavolo dei banchetti, i libri ammassati sul mio comodino in attesa di essere imparati a memoria, le serate tra sorelle.

 

-Questo?

Kajka e la sua passione per i ragazzi.

-Se vuoi sembrare una mongolfiera…

-Grazie Sari, sei d’aiuto sai?

-Prego, mi piace rendermi utile…

Il suo armadio pieno di vestiti.

-Perché non metti la gonna rossa?

-Grazie Bella, buona idea.

 

Le notti di pioggia in cui Ka’ si infilava nella mia stanza.

 

-Non vedo l’ora che arrivi il giorno della festa, sarai un incanto.

-No grazie, voglio un vestito semplice.

-Ma Bella! Come farai a farti notare da tutti quei predatori?

-P-predatori?

-Ma sì, una stanza immensa piena di giovani e avvenenti ragazzi che hanno occhi solo per te.

-Non credo che mi interessi.

-Come, non dirmi che ti sei innamorata di uno dei nostri fratelli.

Rise, io risposi indignata.

-Ma che dici! Solo…solo, non so, è come se io amassi già…

-Qualcun altro?

Annuii. Il suo volto si fece serio, i suoi occhi guardavano lontano.

-Come se il tuo cuore appartenesse a qualcuno che non ricordi, a qualcuno che sai di amare, ma che non ricordi chi è...-sussurrò

-Come fai a…

-Saperlo? Sono figlia naturale di Will, sua moglie, mia madre, morì dandomi alla luce. Purtroppo un giorno mentre stavamo facendo un viaggio mi persi per le vie della città ed un uomo mi rapì. Mi vendette come sguattera al capitano di una nave. Si affezionò a me e mi adottò come sua figlia. Vissi come una semplice umana fino ai diciannove anni, quando diventai una vera Cacciatrice e tornai a casa.

 

-Mi sentivo anch’io come te, non ricordavo nulla del mio passato, ma sapevo che l’uomo che amavo era lì fuori, da qualche parte.

Poi i ricordi vennero, uno alla volta. Ricordai di essere sposata da appena un anno, ricordai anche che mio marito partì per la guerra poco prima che mi trasformassi e da allora non lo avevo più rivisto. Erano passati quarant’anni.

 

-Decisi comunque di infrangere le regole e di nascosto, una sera, andai a trovarlo. Si era risposato, lo capii dal fatto che c’erano dei giocattoli in giro per casa. Dovevano essere dei suoi nipotini.

Però notai che al collo portava ancora il medaglione con le nostre foto. Glielo avevo donato prima di partire. Eppure ero felice che fosse andato avanti, che si fosse rifatto una vita.

Vederlo lì, zoppo ed addormentato nella poltrona mi fece provare una gran pena e molto affetto.

 

-Ma nient’altro. Scoprii che l’amore che avevo provato non esisteva più, che il ricordo di lui mi procurava solo affetto per ciò che era stato.

 

Rimanemmo in silenzio.

 

-Vuoi dire che anche i nostri sentimenti cambiano con noi?

 

-No, non saprei. Però, Bella, probabilmente quando i tuoi ricordi torneranno lui sarà già vecchio, forse si sarà rifatto una famiglia. Non puoi pretendere che ti aspetti in eterno, è solo un uomo e lui ha solo una vita a disposizione.

Quello che voglio dirti è prova a metterti in gioco. Non puoi vivere nei ricordi, trova il modo di dimenticare.

 

 

 

Il mio inconscio che si ribella, mi stavo svegliando. Un ultimo ricordo, in bilico tra la veglia e l’incoscienza.

 

-Non che mi importi granché. Se ci sei tu, non ho bisogno del paradiso.

Il mio viso tra le sue mani.

-Per sempre.

Un giuramento così solenne…

-Non chiedo altro.

 

 

Mi alzai di colpo, la testa che vorticava.

 

-BELLA!!

 

Come se non mi avesse perseguitato già troppo in sogno, mi ritrovai le braccia di Ka’ al collo.

 

-Ti sei svegliata finalmente.

 

Ero ancora confusa dal sogno. Tutti quei ricordi, ma erano veri?

Mi guardai attorno. Ero nella mia stanza, la valigia ancora chiusa accanto al letto.

Mi stropicciai gli occhi. Allora eravamo ancora a casa? Forse avevo sognato tutto, era tutto un incubo.

 

-La festa?

 

-Che peccato, vero? L’hanno rimandata e papà è stato chiamato per una riunione d’urgenza del Consiglio.

 

Allora era vero, mi ero inventata tutto. Avrei dovuto essere contenta per il fatto di non aver fatto tutte quelle cose orribili, ma mi sentivo triste perché voleva anche dire che Edward e i Cullen erano frutto della mia immaginazione.

 

Balzai giù dal letto e presi il primo vestito che capitava dall’armadio.

Era bianco, con delle piccole roselline rosse disegnate ovunque. Era un abito estivo, ma era pratico da indossare. Mi sedetti davanti allo specchi e Ka’ mi raggiunse. Prese i miei capelli e cominciò ad intrecciarli in un’unica treccia.

 

-Oggi facciamo un banchetto veloce, perché la prossima settimana abbiamo deciso di spostare la festa qui.

 

-Verranno tutti qui?

 

-Sembra di si, sempre che non sia successo qualcosa di grave. Papà aveva una certa fretta. Siete stati fortunati, avrete più tempo per mettervi d’accordo. A proposito, mi vuoi dire cos’è successo?

 

-C-come?

 

La mia voce vacillò, il mio ragionamento di prima non quadrava.

 

-Quello che avete fatto in Italia, gli altri hanno tutti la bocca cuci…DOVE VAI?

 

Non la ascoltai nemmeno, mi precipitai giù. Controllai in ogni stanza, non erano da nessuna parte. Puntai verso la biblioteca spalancando le porte di colpo.

 

Si voltarono tutti a guardarmi, ma il mio unico pensiero era per le persone sedute sulle poltroncine.

 

Erano loro, i Cullen. E a pochi passi da me c’era anche il mio Edward.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccolo appunto al capitolo.

Grazie per il vostro sostegno, però d’ora in poi credo che vorrete uccidermi. Dopo questo cap le cose andranno come devono andare…intanto però godetevelo…è abbastanza smielato (bah, è che mi sentivo magnanima).

 Quindi, fan del colesterolo…dedicato a voi!

 

 

 

 

 

CAPITOLO DICIASETTESIMO

 

“Agli sgoccioli.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

-Bella!

 

-Edward!

 

Volevo andargli incontro ma qualcosa di duro mi fermò e fermò anche lui. Sentivo il corpo di Ren che mi tratteneva, ma mi dimenavo.

 

Vedevo Edward fare lo stesso mentre lottava con le braccia di Dionis.

 

-No, no, no! Ren, lasciami andare.

 

-Nemmeno per sogno, tu…

 

-Bella!- Il mio angelo urlava, il mio amore mi chiamava ed io ero bloccata da quello stupido.

 

-Lasciami Ren o te ne pentirai.

 

Per tutta risposta mi strinse ancora più forte ed io mi preparai a contrastarlo con il mio potere ma Sari urlò, riportando l’ordine.

 

-BASTA! Bella, fila in camera.- Non mi mossi, ostinata e rabbiosa. -Portatela in camera.- Aggiunse quando capì che non mi sarei mossa.

 

Mi preparai a scagliarmi contro Ren ma Kris si materializzò al mio fianco e mi mise una mano sulla spalla.

 

Non so perché, ma le mie volontà caddero in un solo secondo. Eppure non mi aveva obbligata, non aveva usato il suo potere.

 

-Ti prego Bella, prima dobbiamo parlare.

 

Lanciai un’ultima occhiata ai Cullen e ad Edward e poi seguii i miei fratelli. Mentre uscivo sentii la voce di Sari.

 

-Vi pregherei di rimanere qui, mentre noi discutiamo. Non allontanatevi, non servirebbe.

 

-Non ce ne andremo.- Rispose pacato Carlisle.

 

Mi rincuorai. In qualche modo li avrei incontrati. In qualche modo l’avrei rivisto.

 

Mi sedetti sul mio letto, seguita da Ren, Mark e Kris. Ka’ si sedette a terra con Frey, mentre Dionis e Sari presero posto sulle poltroncine di fronte al letto.

 

Fu Dionis a prendere la parola.

 

-Non so cosa sia successo, ma esigo una spiegazione. Quei vampiri ti conoscono Bella, ti conoscono da quando eri umana. Non va bene, non può essere.

 

Si voltò verso Kris.

 

-Avevi detto che era sola al mondo. Lo sai che è vietato trasformare le persone che hanno una vita vera, che hanno una famiglia, un lavoro, uno scopo.

 

Kris mi guardò stranamente, come chiedendomi di stare al gioco.

 

-Era sola, infatti. Quei sette non sono la sua famiglia, lei era umana, non era un vampiro. E non aveva amici anche se andava a scuola. Non avevo notato nessun legame con quei vampiri, mi dispiace.

 

Il mio cuore prese a battere leggermente più forte. Non era vero, non era vero niente. Io avevo un padre, una madre, degli amici. Avevo i Cullen, avevo lui…

 

-Sta di fatto- ribattè Dionis voltandosi a guardarmi- che noi non possiamo avere contatti con il nostro passato, Bella. Lo sai da tempo, non è possibile.

 

-Ma loro…non mi accadrà nulla, loro…

 

-Non devi pensare solo a te stessa, Bella. C’è in gioco la sicurezza della nostra famiglia. Se il Consiglio lo venisse a sapere Will sarebbe nei guai, verremmo uccisi Bella. E’ una cosa seria questa, la nostra segretezza non viene mantenuta a parole.

 

Le lacrime mi salirono agli occhi, ma le bloccai risoluta, non mi avrebbero vista piangere. Percepivo la loro pena per me, ma in qualche modo ora li odiavo, e odiavo ancora di più ciò che ero. Eppure ci doveva essere un modo.

 

Sentii la mano di Ka’ stringere debolmente la mia. La guardai e vidi così tanta compassione nei suoi occhi….distolsi lo sguardo.

 

Sari si schiarì la gola, attirando l’attenzione.

 

-Cos’è successo in Italia?

 

-Chiedilo a Kris.- Sibilai. Mi guardarono tutti, sorpresi dall’odio nella mia voce.- E lasciatemi in pace, non posso vederli? Bene…ma andatevene. Non voglio parlare con nessuno.

 

Si alzarono in silenzio. Dionis si voltò.

 

-Non cercarli più, Bella. Loro non lo faranno. Kris provvederà a cancellare in loro i tuoi ricordi.

 

Uscirono, solo Kris non osò muovere un passo.

 

-Non osare.- Sussurrai.

 

-Bella…non…

 

-Non osare, mi hai già tradita abbastanza per i tuoi scopi, ti chiedo solo una cosa: non farlo Kris. Tu sai cosa vuol dire, sai come ci si sente, per favore.

 

Rimase qualche secondo in silenzio, poi si avvicinò e mi abbracciò. Non ricambiai, ma lasciai che mi carezzasse i capelli.

 

-Io…penso che Dionis abbia ragione ma….ma ritarderò il più possibile. Però, Bella, non farti scoprire, trova il modo per dargli un ultimo addio, poi dovrò farlo.

 

Se ne andò anche lui, chiudendo silenziosamente la porta.

 

Mi buttai di schiena sul letto e mi lasciai andare. Non riuscivo più a trattenere le lacrime.

 

Mi sentivo tradita, sconfortata, con il cuore spezzato. Dovevo reagire, trovare un piano, ma non ne avevo la forza.

 

 

Dopo una buona mezzora chiusi gli occhi ed inspirai.

 

E l’aria era così buona e così…si, profumata.

 

Espirai ed inspirai ancora, confusa dalla piacevole fragranza che mi carezzava la gola.

 

Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi la guancia, poi il suo fiato sul mio collo.

 

-Perché piangi, ora che finalmente ti ho trovata?

 

Non aprii immediatamente gli occhi, non volevo che quel sogno finisse.

 

-Edward

 

-Sono qui, guardami Bella.

 

Aprii gli occhi e lui era lì, come sempre nei miei ricordi.

 

Senza accorgermene ricominciai a piangere silenziosamente, mentre con una mano sfioravo il suo viso, lo imprimevo nella mia nuova memoria, ne studiavo i dettagli, nuovi quanto risaputi.

 

-Ti ammazzano se ti trovano qui.

 

Rise e mi sentii improvvisamente bene.

 

-Quale morte più bella? E poi, da quel che ho capito, ucciderebbero anche te.

 

-Allora urla e facciamoci scoprire.

 

-E la nostra eternità insieme?

 

-La passeremo in un altro mondo.

 

-Non esiste il paradiso per me.

 

-Per me si, il mio paradiso è ovunque ci sei tu, fossero anche le terre dell’inferno.

 

-Hai ragione, per me è lo stesso.

 

-Davvero?- L’ansia trafisse quel tenero momento di riappacificazione. Edward se ne accorse.

 

- Io ti amo, Bella.- Mi ricordò.

 

-Ne sei sicuro? Mi ami anche ora?

 

Aggrottò le sopracciglia. – Cosa intendi dire?

 

-Mi ami anche se non sono più umana, anche se sono una Cacciatrice, anche se quando starò male succhierò il tuo veleno? Anche se non sono più calda come un tempo, anche se non arrossisco più così facilmente come ti piaceva una volta?

 

-Bella, Bella, basta. Shh.- Mi prese il volto tra le mani e mi accarezzò le guance con i pollici. – Io ti amo Bella, ti amerei anche se fossi il peggiore dei demoni, perché sei sempre tu. Sei cambiata meno di ciò che pensi, dentro di te, nei tuoi occhi, io vedo ancora la mia Bella.

 

-Oh, Edward. Ti amo, ti amo anche io, perdonami!

 

-Perdonarti per cosa?

 

-Per non averti riconosciuto subito, per essermi dimenticata di te.

 

-Non è stata colpa tua.

 

-Però te lo giuro, io ti amo ancora, ti amo Edward. Anche se non ricordo tutto, non ancora. Ma ti giuro che un giorno i miei ricordi torneranno.

 

-Non importano i ricordi.- Scosse la testa dolcemente.-Mi importa solo che tu senta ancora di amarmi.

 

-Si Edward, ti amo, lo sento. Lo sento ancora.

 

Ed era così. Cosa avesse provato Ka’ nel rivedere suo marito, non lo sapevo. Ma ero sicura che non fosse la stessa cosa. Nel rivedere Edward avevo sentito rinascere tutto il bisogno, l’affetto, l’amore che provavo per lui.

 

Un po’ della rabbia per Kris svanì, in fondo lui mi aveva tradita per il suo amore, per Caoliin. Potevo capirlo, anche se non perdonarlo. Ma ora avevo cose più urgenti a cui pensare.

 

-Edward, dovete scappare.

 

-E tu vieni con noi.

 

-No, non capisci! Ci troverebbero, ti cancellerebbero la memoria e tu non sapresti nemmeno chi sono. Ti prego Edward, ti prego scappa. Io li terrò occupati in qualche modo.

 

-Come facciamo a scappare da qui? E’ circondato di sentinelle. Voi Cacciatori siete più forti di quanto potessi immaginare.

 

Sentii un rumore provenire dal corridoi ed una voce soffocata.

 

-Bella? Bella, fammi entrare.

 

Sgranai gli occhi.

 

-Oh no- sussurrai il più piano possibile- è Ka’, mia sorella. Devi andare Edward.

 

-No, vieni con me Bella, in qualche modo…

 

-Vai Edward, vai subito e dì agli altri di stare pronti, in qualche modo vi tirerò fuori di qui.

 

Mi prese la mano.

 

-E tu verrai con me.

 

 

-Bella? Ti prego Bella, devo dirti una cosa importantissima.

 

 

-Non voglio parlare con nessuno.- Urlai.

 

 

-No, Bella apri! Ti prego, io sono dalla tua parte. E devo dirti cosa hanno appena deciso, il più vecchio dei tuoi amici ha parlato con Dionis, aspetteranno il ritorno di Will prima di agire. Fammi entrare, in qualche modo ti giuro che ti aiuterò ad incontrarli.

 

 

-Arrivi tardi Ka’.- sussurrai mentre Edward mi avvicinava a se e mi baciava. Un bacio travolgente, urgente, un bacio che aspettavamo da tempo, il nostro bacio preferito per ricongiungerci o separarci.

 

Mormorammo i nostri nomi.

 

 

-Come?- Domandò la voce aldilà della porta.

 

-Arrivo Ka’, arrivo.

 

Mi voltai verso Edward, che mi guardava dalla finestra.

 

-Ti amo.

 

-Anche io, amore mio.

 

Andai alla porta, Edward sparì un secondo prima che Kaljka entrasse nella mia camera.

 

-Bella, lo so che sei arrabbiata. Ma…

 

Si bloccò, nel vedermi sorridente e serena. Si guardò attorno.

 

-Non..lui, è stato qui?

 

-Shh, non urlare.

 

Gli occhi di Ka’ si illuminarono. Mi trascinò sul letto.

 

-Come ha fatto?

 

Scossi la testa. –Non ne ho idea, ma ci è riuscito.

 

Ci fu una piccola pausa in cui lei mi fissò intensamente.

 

-Lo ami ancora?

 

Annuii. Se possibile, i suoi occhi si allargarono ancora di più.

 

-E lui ti ama?

 

Sorrisi.

 

-Oh, Bella! Raccontami tutto, racconta dall’inizio.

 

-Cosa vuoi sapere?

 

-Tutto, Kris non la racconta giusta, l’ho capito dal tuo sguardo, prima.

 

-E’ così.- Sospirai.

 

-Parla. Dimmi tutto, io sono dalla tua parte Bella, io sono tua sorella.

 

Sorrisi di gioia e le lanciai uno sguardo di gratitudine.

 

-Posso unirmi a voi?

 

La voce fuori dalla porta ci fece sussultare. Con il cuore in gola andai ad aprire.

 

Frey entrò tranquillamente, come se niente fosse. Richiuse la porta e si buttò disteso sul letto accanto a Ka’, sconcertata quanto me.

 

-Hai sentito…-cominciò lei, ma lui scrollò le spalle e la interruppe.

 

-Anche io sono suo fratello, no? E poi Bella è una novellina e tu un’imbranata. Per fare un piano avete bisogno della mente.- Sorrise e si picchiettò la fronte.

 

Sorrisi anch’io, rilassata. –E  la mente saresti tu?

 

Ammiccò verso di me.- Sono comunque indispensabile. Avete bisogno di qualcuno che riesca a vedere se si avvicina gente indesiderata, no?

 

Giusto, la sua vista smisurata.

 

Saltai sul letto e mi distesi tra loro.

 

-Grazie.- Probabilmente non avevo mai pronunciato un ringraziamento con più emozione.

 

-Prego, ora spara. Tutto e dall’inizio.

 

Ridacchiai. –Allora, il mio primo ricordo risale ai tre anni d’età. Era il primo giorno d’asilo quando…

 

-Ok, ok. Non proprio dall’inizio…-ribattè esasperato Frey.

 

-Ah, d’accordo. Allora,- tornai seria -mi ero appena trasferita a Forks da mio padre, quando incontrai la famiglia di Edward. Frequentavano la mia scuola…

 

Ascoltavano attenti, senza fermarmi. Raccontai tutto ciò che mi ricordavo e nel racconto molti particolari mi riaffiorarono alla mente.

 

 

-Prima sposami.-

-Okay. E’ uno scherzo.

Edward che sospira, io scettica e…confusa.

-Così mi ferisci, Bella. Ti chiedo di sposarmi e la metti sul ridere.

 

 

-Oh, non è possibile.

 

-Bella?

 

Tornai alla realtà.

 

-Cosa non è possibile?

 

-No, nulla.- E ripresi a raccontare, tutto, anche il piano di Kris. Non avrei dovuto, ma anche lui aveva tradito me. E se lui aveva fatto di tutto per Caoliin, anche io dovevo fare di tutto per i Cullen e per Edward.

 

La notte ci sorprese quando ancora non avevamo elaborato un piano. Il tempo era poco, si accorciava velocemente in vista del prossimo ritorno di Will.

 

Eravamo agli sgoccioli.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eh, eh. Colpo di scena. Che succederà ora? Ma è davvero la sua stessa famiglia il pericolo più grande per Bella??

 

BWABWABWABWAHAHAHAHAHA.

 

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Capitolo 14
*** 18: Il piano perfetto. ***


Eccomi qui, sono tornata. Scusate il ritardo, complici prima l’uscita di Eclipse, poi un piccolo incidente.

 

A causa di un problema al polso (è rotto) non posso battere molto al pc, quindi mi dispiace ma per questa volta non risponderò ai recensori…

 

Vi ringrazio comunque con tutto il cuore e spero che continuerete a seguire la mia fic.

 

Il capitolo…

 

 

 

 

CAPITOLO DICIOTTESIMO

 

“Il piano perfetto”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Indossai i pantaloni di pelle nera ed il bustino sopra la camicia porpora. Tolsi tutti gli stemmi della famiglia Meth’Renai.

 

Strinsi per bene le stringhe degli stivali alti fino al ginocchio, dove vi avevo infilato i pantaloni.

 

Mi specchiai, nella mia nuova tenuta da Cacciatrice.

 

Legai i capelli in una treccia che partiva dall’alto della mia nuca si allungava intrecciata a nastri rossi per buona parte della schiena.

 

Fuori era notte inoltrata e soffiava un vento gelido e umido. Tra qualche ora avrebbe iniziato a piovere.

 

Uscii dal guardaroba e Frey mi porse il mantello color porpora, privato di qualsiasi riconoscimento familiare.

 

Il piano elaborato era perfetto, anche troppo. Un minimo sbaglio e sarebbe crollato tutto.

 

Porsi a Ka’ il biglietto da consegnare ai Cullen. Erano poche parole:

 

Fidatevi di me, non fate o dite nulla su ciò che sta per succedere. Frey o Kaljka vi spiegheranno tutto appena possibile. Distruggete il biglietto, subito. Ci vediamo presto,

Bella.

 

-Mi mancherai.- Singhiozzò.

 

-Questo non è un addio, sorellina.

 

Rimase abbracciata a me per alcuni minuti e dopo essersi ricomposta si allontanò con il biglietto, silenziosa e furtiva.

 

Guardai Frey.

 

-Grazie di tutto.

 

-Figurati, tanto ci rivedremo tra poco.

 

-Si.

 

-Hai capito dove devi aspettarmi?

 

Annuii.

 

Mi aiutò ad indossare il mantello poi presi una piccola borsa a tracolla con le poche cose che mi sarei portata appresso.

 

-Frey?

 

-Si?

 

-Saluterai gli altri da parte mia? Gli dirai che gli voglio bene?

 

-Lo farò. Ma non preoccuparti, si sistemerà tutto e potrai dirglielo tu stessa.

 

Lo speravo. Loro mi avevano dato tutto ciò di cui avevo bisogno e in più il loro amore. Ed io stavo per rinnegarli.

 

Sospirai. Dopotutto era l’unico modo per stare con Edward.

 

C’erano volute delle ore per elaborare il piano, ma alla fine eravamo riusciti a trovare una scappatoia.

 

Io avrei rinnegato la mia famiglia, grazie al torto subito da Kris, e sarei andata (in teoria) in cerca di una nuova casata pronta ad accettarmi.

Comunque me la sarei presa comoda, abbastanza comoda da dare il tempo ai Cullen di essere liberati vista la cessata pericolosità della loro presenza. A quel punto, li avrei casualmente incontrati in una cascina abbandonata poco più a nord e, memore della proposta di matrimonio di Edward quando ancora ero umana, saremmo corsi nella prima chiesa per farci unire in matrimonio.

A quel punto Will sarebbe già tornato a casa ed avrebbe ascoltato le suppliche di Frey e Kaljka per propormi di rientrare nella loro famiglia.

Io, improvvisamente comprensiva verso lo sbaglio di Kris, avrei accettato tornando ad avere la protezione dei Meth’Renai. A quel punto però, essendomi sposata con lui, Edward ed io avremmo avuto tutti i diritti per stare insieme, per sempre. E la stessa cosa valeva per la sua famiglia.

 

Un piano perfetto quanto intricato ed instabile.

 

Sospirai di nuovo e mi preparai ad affrontare la battaglia.

 

-Ricordati- mi sussurrò Frey –decisa e spietata.

 

Mi precedette ed uscì.

 

Io mi fermai un momento a guardare la mia camera un’ultima volta.

 

L’avrei davvero rivista? Will avrebbe accettato la proposta di un mio ritorno?

 

Non dubitavo di Will, ma avevo un sesto senso che mi faceva salire i brividi.

 

Scrollai le spalle e feci per uscire, ma un pensiero mi bloccò.

 

Corsi verso il letto, mi inginocchiai e sollevai una delle assi mobili del pavimento. Presi il fardellino di stoffa e l’aprii.

 

La chiave, ce l’avevo ancora io.

 

Non avevo molto tempo, dovevo scendere e dare inizio al piano.

 

Richiusi l’asse e decisi in due secondi.

 

Non potevo ridarla a Kris, sarebbe corso dai Fionnehn anche senza di me e non potevo permetterlo. Si sarebbe fatto ammazzare ed io in fondo non ce l’avevo così tanto con lui da desiderarne la morte.

 

L’infilai in tasca.

 

 

 

 

 

-Come?

 

Eravamo in biblioteca e sette paia di occhi, già informati di un qualche avvenimento a cui stare al gioco, mi guardavano sorpresi. Ka’ e Frey apparivano educatamente meravigliati, anche se in verità erano le menti del piano.

Il resto dei miei fratelli era sinceramente sconcertato.

 

Sari riprese il controllo per prima e mi guardò.

 

-Non puoi ripudiare la tua famiglia.- Disse tranquilla. -E’ vero, non hai ancora partecipato al banchetto del giuramento ma finché il tuo maestro, in questo caso Kris, non ti lascia libera non puoi andartene.

 

Si voltarono tutti verso Kris, che scosse la testa.

 

-Non te ne andrai, Bella.

 

Mi aspettavo già quella risposta, quindi ribattei prontamente.

 

-E invece si. E’ previsto dal Consiglio dei Guardiani che in caso di tradimento il guardiano possa sciogliere il patto che lo lega alla famiglia o al tutore.

 

Kris si mostrò improvvisamente preoccupato, doveva aver intuito qual’era il mio piano.

 

Frey si fece avanti, era ora di iniziare la messa in scena.

 

Si schiarì la voce. -In che modo ti avremmo tradita?

 

-E’ stato Kris. L’avete detto anche voi, non si può trasformare una persona che abbia legami con altri umani o che abbia una famiglia. Io avevo sia un padre che una madre, per non parlare del fatto che frequentavo una scuola dove avevo degli amici e che tutta la cittadina di Forks conosceva mio padre e me.

 

Kaljka sillabò muta un suggerimento.

 

-Oh, per non dimenticare un’intera riserva di vecchi amici di famiglia giù a LaPush.

 

Feci tempo a scorgere l’occhiolino soddisfatto di Kaljka.

 

Gli altri intanto erano tutti voltati verso Kris.

 

-E’ vero?- La voce di Dionis era calma, ma in qualche modo se ne avvertiva la durezza.

 

Kris mi guardò per pochi secondi, poi si arrese. –Si, è vero.

 

Seguì un silenzio carico di incredulità da una parte, quella dei miei ormai ex fratelli, e di incertezza dall’altra, dove i Cullen se ne stavano in disparte senza sapere che fare.

 

Pregai perché non dicessero nulla ed infatti nessuno di loro fiatò.

 

Nello stesso silenzio, afferrai la mia borsa e me ne andai senza badare alle voci che venivano dalla stanza.

 

Spalancai il grande portone e corsi fino ai confini.

 

La sentinella mi guardò per un millesimo di secondo, poi mi lasciò varcare il confine.

 

Ero fuori. La prima parte del piano era andata come doveva.

 

Ora però avrei dovuto aspettare Frey.

 

Sapevo che non mi avrebbe raggiunto subito o avrebbe destato dei sospetti.

 

Però non potevo rimanere vicina al confine o qualcuno della mia famiglia avrebbe potuto trovarmi e riportarmi indietro per farmi ragionare.

 

Corsi verso nord, sarei tornata più tardi nel posto dove avrei dovuto incontrare Frey e magari gli stessi Cullen.

 

Mentre correvo ripensavo a loro. Ma soprattutto ad Edward. Cercavo di focalizzare l’attenzione sul mio passato alla ricerca di tutti i ricordi possibili. Probabilmente se non li avessi rivisti dai Volturi non mi sarei mai ricordata di loro così presto. Forse non me ne sarei mai ricordata.

 

Mi fermai dopo alcune ore e mi accorsi di essere andata abbastanza lontano. Mi sedetti su una grande radice di quercia e chiusi gli occhi.

 

Con la mente, ripercorsi il volto di Edward. La sue palpebre fini, le sue labbra lisce, il suo profilo perfetto. Improvvisamente il volto che accarezzavo con la mente cambiò, trasformandosi in quello di Kris.

 

E vidi l’amore e la tristezza, la malinconia nei suoi occhi. Sentii nei miei ricordi il suo racconto, la sua pena per Caoliin e provai una profonda inquietudine.

 

Mi aveva tolto dalla mia vita, mentendo a me e agli altri, eppure non mi sentivo in collera verso di lui.

Anzi, lo amavo più di tutti gli altri. Più di Will, Frey o Sari. Più di Kaljka o i gemelli.

 

Allora ricordai ciò che avevo imparato qualche settimana prima, durante il mio apprendimento.

 

 

-No Kris, non ucciderlo.

 

-Bella, è solo un falco mezzo cieco, quando tornerà a casa lo uccideranno lo stesso.

 

-E se invece non fosse così? Potrebbero volerlo curare…

 

Kris scosse la testa.

 

-Non hai visto la medaglietta che porta al collo?Ai Fionnehn non serve a nulla un falco cieco. E ciò che non gli serve viene eliminato.

 

-Possiamo tenerlo noi…

 

-Certo, per farci accusare di qualcos’altro? Tra di noi c’è una faida Bella, non ci servono altre scuse per litigare.

 

 

 

Alcune ore dopo la passeggiata, lei e Kris si erano seduti tra l’erba, vicino a casa.

 

 

 

-Sei imbronciata…pensi ancora a quel falco?

 

-Non proprio. E’ che mi dispiace. Perché Kris, perché sento sempre questo senso di tristezza ed inquietudine quando qualcuno sta male?

 

-Ti succede spesso?

 

-Beh, a volte, con alcune persone più spesso. Anche con te.

 

Mi lanciò un’occhiata in tralice, poi guardò lontano, verso il cielo.

 

-E’ la nostra natura. Fin dalle nostre origini noi eravamo i protettori di tutte le creature di questa terra, per questo permane in te questo senso di amore per tutte le cose, soprattutto verso le persone a cui sei più legata.  E’ una buona cosa. Non tutti possiedono ancora questa capacità. Guarda i Fionnehn.

 

-Mmm, la smetti di screditarli? E poi, come primo esempio avrei preso te.

 

Rise. -Anche io all’inizio mi sentivo come te. Un innato senso d’amore per la mia famiglia, per le altre creature. Perfino per i demoni. Poi, con il tempo, quel senso è passato. L’ho perso. C’è troppo odio in questo mondo.

 

La sua voce era diventata un sussurro.

 

Quindi era per questo che si sentiva così legata a Kris?

 

 

 

Un fruscio sospetto mi riportò alla realtà.

 

Non era stato il vento, lo sentivo. Mi alzai, guardandomi intorno nervosa, ma non vidi nulla.

 

Mi avviai sulla strada del ritorno o non trovandomi, Frey si sarebbe preoccupato.

 

Correvo da poco quando l’istinto mi disse che qualcuno mi stava seguendo.

 

Mi bloccai e schivai appena in tempo il mio avversario.

 

Non feci in tempo a girarmi che mi colpì e finii con la schiena addosso ad un albero. Mi avrebbe colpita di nuovo se Frey non fosse apparso in quel momento.

 

Li sentii lottare mentre cercavo di riprendermi. Mi ero accasciata a terra e la mia testa non smetteva di girare. Sentivo un forte dolore alle costole anche se sapevo che non erano rotte.

 

Quando alzai lo sguardo notai che il mio aggressore era sparso a terra, letteralmente fatto a pezzi. Con mio grande sgomento vidi Frey piegato in due dal dolore. Si accasciò con un lamento.

 

-Frey.

 

Mi precipitai e lo presi tra le braccia. Il mio cuore cominciò a battere più forte del solito e le mie guance ripresero colore. Sentivo le orecchie fischiare e l’agitazione mi bloccava i pensieri. Cercai di calmarmi. Ne sentivo altri, in pochi minuti mi avrebbero raggiunta, ma Frey aveva una brutta cera e un liquido porpora, un misto di veleno e sangue, colava lungo il suo corpo.

 

Decisi all’istante. Corsi fino al confine ed abbandonai Frey enl territorio dei MethRenai.

Senza aspettare un momento di più tornai indietro e mi misi a correre il più lontano possibile. Dovevo fare in modo che seguissero me, non lui.

 

Dopo pochi minuti il primo mi era alle costole. Caspita, erano molto più rapidi di me.

 

Tentai di accelerare ma in quel momento uno di loro mi colse da davanti.

 

Provai a contrattaccare e con tutta la forza del pensiero lo feci volare verso un pino. Ne spezzò tre prima di fermarsi. Ma si rialzò subito.

 

Senza pensarci due volte ricominciai a correre, il mio cervello cercava disperatamente un modo per uscire da quella situazione.

 

Non me ne resi subito conto.

 

Ad un certo punto mi accorsi che non stavo più correndo ed il secondo dopo sentii il mio fianco lacerarsi.

 

Non feci in tempo ad urlare dal dolore. Al secondo colpo persi i sensi.

 

 

 

 

Bene, bene. Chissà che fine farà Bella. Di certo il capitolo in cui lo scoprirete sarà un po’ macabro. Spero che vi piaccia un po’ il sangue e le torture, non eccederò comunque.

 

I prossimi due capitoli sono degli extra, cioè gli ultimi avvenimenti (da quando bella ha rivisto i Cullen) visti dalla parte di Edward.

 

Quindi vi consiglio di godervi questi ultimi dolci capitoli…BWABWABWAHAHAHAHAHA!!!

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Capitolo 15
*** Capitolo extra: Edward POV prima parte. ***


Ok, le cose sono due: o vi ho rotto le scatole con la mia storia…(probabile ^^’) o non vi piace più….o vi ho spaventate…XDXDXD

 

GRAZIE mille alle superstiti che hanno deciso di recensire!!! Per le mie eroine:

 

Peccatrix17: Sto bene, grazie ^.^ Beh, non preoccuparti New Born non finirà tanto presto (perché avevo in mente un seguito…eh, eh…dovrete sopportarmi BWABWABWAHAHAHA) Comunque posterò un’altra fic di Edward e Bella presto…molto romantica.  Si, mi riferivo all’uscita di Eclipse in inglese. ODDIOOOO. Non dico altro…Ciao ciao, goditi il capitolo!!!

 

Sybelle: Grazie!! Beh, se ti piacciono le torture ti piacerà ciò che ho scritto per i prossimi capitoli…XDXD Per ora però i toni rimangono calmi per l’Edward Pov

 

Gypsy_rose90: Ehià! Ecco i capitoli…ti prego, rimani sana almeno tu…già io sono fuori di testa…

 

Rosalie Lillian Hale: Wow, quanti complimenti!! Sono felice, davvero, che la mia storia ti piaccia così tanto ^.^ Evviva, un’altra fan…XDXD Goditi questi cap pucciosi dal punto di vista di Edward…

 

 

 

 

 

 

 

Ed ora….l’attesissimo (ma dove? N.d.lettori) (lasciatemi ai miei trip mentali, per favore…n.d.a.)

 

EDWARD POV!

 

 

 

Volevo fare un piccolo appunto. E’ stata un’esperienza unica scrivere i fatti dalla parte di Edward ma soprattutto è stato interessantissimo creare la visione dei vampiri verso i cacciatori. Questi due capitoli sono stati un esperimento che mi è davvero piaciuto, per ora godetevi il primo (Sono ben 11 pagine di Word…spero vi basti un pochino…).

 

 

 

 

Avrei voluto che la tua mano,

 

               che in quel momento strinsi senza neanche accorgermene,

 

                                          fosse rimasta saldamente nella mia…

 

                                                                         …per molto tempo ancora…

 

                                                                                                …per tutta l’eternità.

 

                                                                                                                                    Nana -Ai Yazawa

 

 

 

CAPITOLO SECONDARIO – PRIMO

 

Ora il nulla non era più un luogo sicuro, ma un’odiata prigione.

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Da più di un mese tentavamo di scappare.

 

Da più di un mese ogni nostro piano falliva.

 

Per i Volturi il gioco era bello se durava poco, ma il loro concetto di “poco” non era uguale al mio e soprattutto non era uguale a quello della mia Bella, dispersa da qualche parte lì fuori.

 

Ringhiai e diedi un pungo alla dura pietra della torre in cui eravamo prigionieri.

 

Alice parlava con Aro per l’ennesima volta, cercando di convincerlo a lasciarci andare. Il problema non era Aro in se, ma il resto dei Volturi che non voleva che scappassimo di nuovo.

 

Era già tanto che non ci avessero uccisi. Non ancora.

 

Una strana sensazione si impossessò di me. I miei pensieri tornarono a Bella.

 

Le avevo promesso che non l’avrei mai lasciata, che sarei stato sempre con lei.

 

Il pensiero che lei fosse lì fuori da sola, il pensiero di tutto ciò che le era accaduto l’ultima volta che l’avevo lasciata…se non l’avesse uccisa qualcuno si sarebbe ammazzata da sola, era un genio nell’attirare sventure.

 

Mi passai una mano sugli occhi mentre pensavo a Bella: fragile, sola, umana.

 

Resisti amore mio, verrò a prenderti, ovunque tu sia.

 

Con rinnovata decisione, raggiunsi Alice che discuteva animatamente con Aro e Caius.

 

-E’ ridicolo! Siamo qui da più di un mese, dovete lasciarci…-

 

La porta si spalancò e Felix entrò seguito da due figure incappucciate.

-Perdonatemi, ma abbiamo visite.

Mentre I Volturi si voltavano incuriositi guardai i miei famigliari. Ci scambiammo un’occhiata d’intesa.

 

Una visita inaspettata poteva rivelarsi un’utile distrazione, appena i Volturi ci avessero perso di vista per parlare con i nuovi venuti.

 

Vidi l’ammonimento di Carlisle verso tutti noi: pazienza diceva la sua espressione.

 

Tutto questo si svolse nel giro di un secondo.

 

Il momento dopo ci irrigidimmo tutti e sette voltandoci verso la porta da dove uno spiffero d’aria aveva portato il profumo degli sconosciuti.

 

Entrambe le fragranze mi risalirono le narici risvegliando i miei sensi. Non provavo nessun senso di sete, ma il loro odore era così affascinante, così magnetico…veniva voglia di avvicinarsi a loro solo per godere della loro fragranza.

 

Il primo odore era molto dolce, ma non per questo stomachevole. Tuttavia fu il secondo aroma quello che attirò la mia attenzione.

 

Ed anche quella del resto della mia famiglia.

 

Era una fragranza leggera e dissetante che ci incantò tutti. Non era identica, eppure percepii come un’ombra del profumo di Bella.

Guardammo incantati la figura più alta, il maschio, dirigersi verso il nostro gruppo seguito dalla figura più minuta che, a disagio, cercò di abbassare il cappuccio che già ricopriva la maggior parte del volto. Nel farlo, le cadde un ricciolo scuro che non osò rimettere a posto.

 

In quel momento le mie speranze svanirono, sgonfiandosi insieme alla mia posa rigida.

 

Non era Bella.

 

E come mi ero potuto illudere? Bella poteva avere un profumo simile ed essere così timida da nascondersi dietro un cappuccio, ma quelle due figure erano troppo affascinanti, troppo aggraziate ed agili per essere umane. Per essere la mia Bella, impacciata ed esuberante.

 

Si fermarono a pochi passi da noi, sconvolgendoci non poco.

 

Avevano l’aria di essere vampiri, eppure erano così affascinanti. Non solo io -lo lessi nella mente di tutti i presenti- sentivo il desiderio di toccare quelle creature, di avvicinarmi. Ma il mio istinto conservatore diceva al mio inconscio di non muovermi, bloccandomi le gambe.

 

Era strano sentirsi in quel modo.

 

Io ero sempre stato il predatore, io ero sempre stato quello che incantava la preda sino a renderla immobile.

 

In questo caso era l’opposto e non riuscivo a spiegarmi il perché. Non erano forse semplici vampiri come me?

 

Improvvisamente, mi resi conto di una cosa sconcertante.

 

Non potevo leggere la mente di nessuno dei due. Sentivo un ronzio strano mentre analizzavo quella del maschio, come se la ricezione fosse disturbata.

Quando invece analizzai la mente della femmina sentii un vuoto di tomba. Nessun ronzio, nessun segno che fosse lì. Invisibile.

 

Non era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere, però ne rimasi ugualmente scioccato.

 

-Buongiorno Caius, Aro, Marcus. Sono venuto per parlarvi.

 

Colsi l’occasione per bisbigliare in modo impercettibile la novità al mio gruppo. Mi guardarono perplessi e ci voltammo tutti a fissare la figura più piccola che cercava in tutti i modi di non farsi notare. La vidi sbirciare verso di noi, ma ci rinunciò per timore di mostrarsi.

 

-Kristopher? Che sorpresa inaspettata. E chi c’è con te?- Anche Aro sembrava interessato dalla nuova presenza.

 

-Lei è mia sorella Andromis, Aro, ed è qui per accompagnarmi.

 

-Sorella?  Ah, ah, ah. Che strano, molto strano. Venite avanti, venite pure.

 

I due si avvicinarono di pochi passi verso i Volturi. La femmina osò alzare lo sguardo verso di loro ed Aro non si lasciò sfuggire quel particolare. Non era abituato a tanta reticenza e la curiosità che provava verso la nuova venuta era palese.

 

-Puoi togliere il cappotto, mia cara. Qui sei protetta.

 

-Sto bene così, grazie.

 

Sentii i brividi salirmi alla schiena quando la sua voce, musicale e cristallina, mi raggiunse. Eppure  era inspiegabilmente familiare.

 

Alice si sporse un po’ per cercare di vedere in volto la donna, ma quella abbassò il capo ed i capelli le caddero in avanti, come una barriera.

 

Non so perché, in quel momento mi tornò alla mente quel vizio di Bella di portarsi i capelli in avanti sulle spalle, come protezione.

 

Con lo spostamento d’aria il suo odore ci raggiunse di nuovo, stordendoci. Emmett sgranò gli occhi, Esme fiutava l’aria incredula.

 

Troppe coincidenze, continuavo a ripetermi.

 

Eppure com’era possibile che fosse lei?

 

Guardai i capelli scuri e curvi che ricadevano dal mantello scarlatto e scossi la testa, cercando di ricondurre la ragione. Quei capelli non erano di Bella, i capelli erano caduti per sbaglio, non era un vizio (e se lo fosse stato molte persone potrebbero averlo condiviso), inoltre il suo odore non era uguale a quello di Bella. Si, gli somigliava molto, anche troppo, ma c’erano alcune sottili differenze.

 

Fu così che mi ricomposi, più deciso e per questo rilassato.

 

Quella Andromis non era la mia Bella.

 

-Dici che è tua sorella- Marcus si fece avanti, improvvisamente incuriosito - ma come è possibile?

 

-Forse per voi potrà risultare insolito questo fatto, ma è così.- La cadenza della voce del maschio assomigliava a quella della femmina.

 

Avevano un modo di parlare surreale, più di qualsiasi vampiro che avessi mai conosciuto e le parole, anche quelle più anonime, sembravano intrecci poetici. Come se invece di discorrere normalmente stessero recitando una poesia.

 

-Ah, ah, ah.- La risata di Aro riecheggiò fragorosa nella stanza. -Carlisle, amico mio, hai trovato un degno compare che la pensa come te. Ah, ah, ah.

 

La ragazza, al nome di Carlisle, sussultò impercettibilmente ma a quel punto la scena si spostò su di noi che smettemmo prontamente di fissare i nuovi venuti. Quando parlò, Carlisle ostentava un tono normale ed amichevole.

 

Tuttavia non potei fare a meno di notare di sottecchi la scena che si svolgeva a pochi metri da me.

 

La femmina sembrava tremare e mentre Aro rideva lanciò un piccolo lamento. Il maschio le si fece vicino, afferrandole la mano.

 

Percepivo la sua tentazione a guardare verso Carlisle, ma tenne ostinatamente il capo rivolto verso il basso. Che reazione insolita, perché si comportava così? Cosa nascondeva?

 

Sentii una strana sensazione di sospetto e curiosità mischiarsi ad un’apprensione che non sapevo da cosa fosse dovuta.

 

Il mio sesto senso cercava di suggerirmi qualcosa, ma non capivo cosa.

 

Frustrato mi distolsi da loro prestando attenzione alla conversazione.

 

–Sono molto contento di questo, ma non credo che segua anche le mie restrizioni.- Rispose pacato Carlisle. In effetti, eravamo in pochi noi “vegetariani”.

 

-E’ così?- chiese Aro a quel Kristopher.

 

-Di cosa parlate?- Chiese lui. Probabilmente non conosceva quelli come noi.

Eppure qualcosa nei suoi occhi scuri –si era tolto il cappuccio poco prima- mi diceva che non erano così perché era assetato…erano troppo pacati e calcolatori, non possedevano il fremito della fame, il luccicante desiderio del sangue.

 

-Ah, ah. Che rude, che maleducato! Vedi, Carlisle e la sua famiglia di vampiri rifiutano la loro natura bevendo sangue animale invece che umano. Mi chiedevo, se anche tu e tua sorella la pensaste come loro.

 

Fui sorpreso nel vederlo sogghignare. Anche la figuretta al suo fianco si raddrizzò, come per prepararsi a qualcosa.

 

Mi misi all’erta, intuivo che avevano qualcosa in mente.

 

-Noi non abbiamo di questi problemi. Il sangue non è necessario se non nelle emergenze. Prediligiamo il cibo umano, molto più utile.

 

Questa, poi!

 

Caius si sporse dalla sedia in cui era rimasto seduto per tutto il tempo, interdetto.

 

-Come sarebbe? Che razza di vampiri siete?

 

Kristopher, il maschio, rise di gusto per alcuni istanti, forse si divertiva a prenderci in giro. -Ma noi non siamo vampiri.

 

Nessuno parve credergli, eppure eravamo tutti un po’ scioccati.

 

Vidi la donna alzare la testa e dal bordo del cappuccio spuntarono due labbra rosse incurvate verso l’alto. Sorrideva delle nostre reazioni? Eppure quelle labbra…

 

-Ah, ah, ah.- Rise Aro, anche se meno convinto di prima.- Stai scherzando. Sei stato qui con noi per un piccolo periodo, poco tempo fa e hai prestato servizio come nostra guardia. Certo che sei un vampiro!

 

Qualcosa mi balenò alla mente, un ricordo sfuggevole, come la sensazione di averlo già visto. Forse l’estate prima l’avevo intravisto tra le guardie dei Volturi.

 

-Io non ho mai detto di essere un vampiro, siete voi che avete tratto una conclusione sbagliata. Io ho solo sfruttato l’occasione.

 

Era una situazione molto strana, di solito i Volturi sceglievano le proprie sentinelle con cura e ne conoscevano ogni sfaccettatura o segreto.

 

Le guardie che finora aspettavano vicino alle pareti, si avvicinarono al cerchio, indecise sul da farsi.

 

Kris rise di nuovo. –Però non sono qui per parlare di questo.

 

Aro non sembrava molto turbato e rimase amichevole, d'altronde era nella sua natura e comunque pareva crederlo un pazzo e quindi non dava peso alle sue parole.

 

-E di cosa, allora?

 

-Niente di personale contro di voi, non per ora. Mi serve solo la chiave che avete non so come rubato ai Fionnehn.

 

Il clima della stanza cambiò repentinamente.

Di colpo, le guardie si portarono vicino ai tre vampiri, che nel frattempo erano scattati in piedi, avvicinandosi di qualche passo.

 

La femmina scattò con un movimento fluido, felino, di fianco a Kris. Quella movenza e il suo odore m’infatuarono per alcuni secondi. Scossi la testa cercando di risvegliarmi dal torpore. Forse dicevano il vero…nessun vampiro era affascinante come loro.

 

-Guardiani.- Sibilò Aro, la voce dura ed accusatoria. Mi stupii, non avevo mai visto Aro così e dal suo sguardo, nemmeno Carlisle. E poi, cos’era un guardiano?

 

-Più precisamente Cacciatori.- ridacchiò Kris.

 

-Visto che ci sei, rivelagli anche dove viviamo e cosa hai mangiato lo scorso mese…- sbottò sua sorella, ammonendolo.

 

-Tranquilla.- Le sussurrò; feci quasi fatica a comprendere la sua parola. Poi si rivolse di nuovo ai Volturi. –Sapete dirmi dov’è? O devo prendermela con la forza?

 

Aro rise, sprezzante.

 

Di che chiave stavano parlando? Comunque quella questione non mi incuriosiva abbastanza, il mio istinto premeva e mi suggeriva di ragionare. Guardai la ragazza ma ero troppo distratto e non riuscivo a capire su cosa dovessi ragionare.

 

-Con la forza? Avete notato che i numeri non giocano a vostro favore?

 

-I numeri non sono importanti, per quello che valgono creaturine come voi, noi due siamo in discreto vantaggio.

 

L’ostentata sicurezza di quel Kristopher mi stupì. Non aveva notato il numero  di guardie nella stanza, nel palazzo e nell’intera città?

 

-Lo vedremo. Jane, cara.

 

Jane non fece nemmeno in tempo a sorridere deliziata perché la femmina, Andromis l’aveva chiamata, alzò una mano e Jane volò lungo la stanza prima di sbattere sul muro ed accasciarsi a terra tra frammenti e la polvere.

 

Notevole, che altro sapevano fare questi Cacciatori?

 

Le guardie intanto serrarono i ranghi, più consapevoli del pericolo, ora. Guardai la mia famiglia. Carlisle mi lanciò un’occhiata significativa e lessi nella sua mente un avvertimento: non intervenire, non conosciamo il nemico.

 

Non che dovesse preoccuparsi, non avrei mai aiutato coloro che mi avevo portato via da Bella. Tornai a fissare il teatrino, chiedendomi cosa sarebbe successo.

 

-Non ve la daremo mai.- Disse Caius. –Non riuscirete a trovarla.

 

-Davvero? Io credo di si, ma voglio darvi un’opportunità. Parliamone, che ci fate voi di una chiave senza valore? Siete disposti a sacrificare la vostra esistenza per un pezzo di metallo?

 

-Non siamo stupidi, sappiamo benissimo a cosa serve quella chiave. Se iniziasse un’altra guerra saremo tutti spacciati per colpa dei vostri capricci.

 

Una guerra? Guardai Carlisle, che ora pareva molto concentrato ed interessato alla scena. Non sapevo che ci fossero mai state delle guerre contro i Volturi, nessuno oltre ad un pazzo li avrebbe sfidati.

 

-Non vogliamo iniziare una guerra. Mi serve per altri scopi.

 

E chi erano queste strane creature? Non eravamo soli, allora, noi vampiri e licantropi? Erano una sottospecie di vampiri o qualcos’altro?

 

-Ammesso che voglia crederti, cosa accadrebbe se cadesse in mani sbagliate?

 

In quel momento, la ragazza si voltò a guardarci ed alzò appena il volto, squadrandoci.

Riconobbi la familiare linea del naso, ma il cappuccio celava gli occhi. Era pallida ma le guance erano leggermente rosate, sembravano di ceramica tanto erano perfette.

I capelli di un marrone molto scuro, l’unica cosa che non mi ricordava nulla, le accarezzavano gli zigomi arricciandosi morbidamente sulle spalle e sul collo.

 

Quel collo…

 

La vidi vacillare e spostare lo sguardo su Alice che in quel momento sembrò svenire e si coprì gli occhi con la mano.

 

Sembrava stesse avendo una visione, ma non era mai successo in un modo così violento. Ci avvicinammo tutti a lei e poi squadrammo sospettosi la ragazza che continuava a fissarla.

 

Che fosse lei a farle del male?

 

Jasper ringhiò e fece per scattare ma Alice lo fermò con una mano. Si raddrizzò e guardò la ragazza in un modo….non posso descriverlo. Non avevo mai visto Alice così sgomenta, così incredula ed insicura allo stesso tempo. Alice non era mai insicura, mai!

 

-Non è possibile- sussurrò.

 

Carlisle le si avvicinò, la voce rassicurante tradiva un certo nervosismo.

 

-Cosa Alice, cosa hai visto?

 

-Bella.

 

A quel punto sentii un forte lamento, come di dolore. Vidi la ragazza accasciarsi tra le braccia di un ragazzino appena comparso nella stanza.

 

Oh, non l’avevo nemmeno visto. Non sapevo nemmeno chi era, volevo solo sapere perché Alice aveva pronunciato il nome di Bella e perché quella Andromis aveva reagito così.

 

Che la conoscesse?

 

Di nuovo, il mio istinto cercava di suggerirmi qualcosa di ovvio, ma ero troppo inebetito per capirlo. Per volerlo capire.

 

In verità avevo paura di dare voce alle mie speranze.

 

-Frey?

 

-Stai bene Bella?- Il ragazzino la guardò con una certa ansia ed io pure. Come l’aveva chiamata?

 

-Che cosa pensavi di fare?

 

-Volete muovervi?- La voce di un altro di loro risuonò arrabbiata nella stanza.

 

-Frey, che ci fate qui?

 

Eppure quella voce…scossi la testa. Non era possibile, era solo il mio inconscio che mi faceva sentire ciò che volevo udire.

 

-Vi abbiamo seguiti, io e i gemelli. Quando papà ha visto che siete atterrati a Genova senza prendere un altro aereo si è insospettito e ha fatto bene.

 

Ecco! Charlie non aveva altri figli, quindi quella non era Bella e ciò che avevo sentito era frutto della mia immaginazione. Alice non sembrava pensarla come me. Sentivo distrattamente i suoi pensieri e la vedevo seguire scioccata ogni movimento della femmina.

 

-Non è possibile che sia lei.- Le sussurrai.

 

I nuovi venuti intanto discutevano tra loro.

 

-Non usciamo senza la chiave.

 

-Quale chiave?- Ringhiò il ragazzino con ancora la ragazza tra le braccia. Quella si riprese, ricomponendosi in fretta mentre guardava i Volturi riorganizzarsi.

 

A quel punto se ne avvicinarono altri due. Avevano qualcosa di simile, eppure…

 

Guardando il più basso m’investì la sensazione che fosse un vampiro. Certo, aveva qualcosa di strano, ma in lui percepivo le familiarità della mia specie.

Quello più alto e massiccio invece, non aveva niente a che fare con noi. Il suo odore era terribile ed il suo corpo….caldo. Non come un umano, ma percepivo il calore anomalo. Licantropo.

Eppure non potei stabilirlo con sicurezza, era comunque troppo controllato, troppo pallido e freddo per un comune licantropo.

 

Chissà perché, con tutte le differenze tra loro, permaneva la sensazione che fossero simili.

 

I Volturi si fermarono di colpo.

 

Poi la ragazza parlò, autoritaria e dura.

 

-Kris, convincili a starsene buoni, voi gemelli aiutate Kris e fate il palo, se ne arrivano altri alle nostre spalle potremmo non accorgercene in tempo, Frey cerca in tutta la stanza, l’edificio, la città se devi, e trova la chiave che apre la stanza segreta dei Fionnehn.

 

Si mossero in silenzio, senza replicare.

 

Il ragazzetto guardò fisso davanti a se e vidi le sue pupille diventare bianche.

Che razza di esseri potevano essere?

 

Ma non vi badai più perché la ragazza distolse lo sguardo ed alzò il cappuccio tanto da mostrare il volto.

 

Giuro che se il mio cuore fosse stato vivo avrei sicuramente avuto un infarto.

 

 

Estremamente perfetti e raffinati, i lineamenti di Bella spiccavano marmorei nella sua espressione determinata.

 

 

Mi sentii come scoppiare e l’avrei raggiunta in sole due falcate se un senso di spossatezza accompagnato da l’odore più ipnotico e dolce che avessi mai sentito non mi avessero tolto le forze.

 

In quel momento dimenticai ogni cosa. Non c’era più nessuna Bella, ne i miei famigliari. Non avvertivo più nessun pensiero. La mia mente galleggiava nel nulla.

 

Mi rilassai.

 

Non c’era fretta, non c’era irrequietezza.

 

Stavo bene, nel mio oblio.

 

Galleggiavo in uno stato di stasi quando sentii i miei sensi risvegliarsi appena ed una voce gentile ed angelica.

 

-Siete prigionieri?

 

-Si.- Riconobbi a stento la voce di Carlisle.

 

Carlisle, mio padre.

 

Carlisle, vampiro.

 

Che stava succedendo? La mia mente cercava di rimettere insieme i pezzi, di elaborare le informazioni, ma era troppo lenta…qualcosa la bloccava.

 

Cosa?

 

Poi un’altra sferzata di lucidità, come una boccata d’aria fresca.

 

E un’altra voce sublime, anche se più profonda e severa.

 

-Preferite essere prigionieri dei Volturi o nostri?

 

E di nuovo Carlisle. -Vostri.

 

-Allora seguiteci, senza fare passi falsi. Voi ci seguirete senza fare storie finchè non ve lo dirò io.

 

E l’avremmo fatto. Perché no? Io volevo farlo. Sentii il mio corpo attratto da una strana forza, come una calamita, mentre seguivo il resto della mia famiglia e quell’essere. La mia mente tornò nell’oblio e non capii più nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi ritrovai un giubbotto nero e lungo tra le mani. Lo indossai automaticamente.

 

Una macchia rossa in lontananza attraversò il mio campo visivo. Sentii come un impulso, una pulsione feroce riaffiorare ma il torpore che mi pervadeva riuscì a placarla.

 

Un altro periodo di stasi ed ero seduto su un aereo. Davanti a me vedevo dei vampiri. Li fissai per alcuni minuti prima di rendermi conto che erano Alice, Jasper e Rosalie.

 

Avevano gli occhi vitrei e guardavano distaccati alla loro sinistra, senza alcuna emozione. Sembravano incantati.

 

Voltai la testa e guardai la bella ragazza rannicchiata nei sedili di fianco a noi. Anche le creature che la circondavano la guardavano preoccupati.

 

Mi scoprii preoccupato anche io.

 

Perché il suo sguardo era così tormentato?

 

Perché i suoi occhi sembravano gemere di dolore?

 

E perché le sue membra tremavano inquiete?

 

Non volevo, non volevo che quella ragazza provasse dolore.

 

Volevo avvicinarla e prenderla tra le braccia, e cullarla, e baciarla.

 

Provai ad allungare un braccio per raggiungerla, pian piano.

 

Non potevo tollerare la vista del suo dolore, anche se non capivo  il perché.

 

Una Hostess mi guardò accigliata e fece per avvicinarsi. Vidi il volto di una delle altre creature guardarmi adirata, poi uno strano odore giunse alle mie narici ed i miei pensieri si offuscarono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non so cosa successe dopo. Quando mi risvegliai per l’ennesima volta io e la mia famiglia scendevamo da un taxi. Salii automaticamente le grandi scalinate d’entrata dell’enorme villa come se fosse casa nostra. Entrai in quello che doveva essere l’androne principale.

 

Un lampo rosso mi passò affianco ed il suo odore mi risvegliò ulteriormente.

 

Dove mi trovavo?

 

La ragazza si tolse in fretta il giubbotto e salì le scale principali. Era lei, la ragazza addolorata.

 

Azzardai qualche passo verso di lei senza sapere perché ma mi bloccai quando un uomo la raggiunse e la fermò dicendole di seguirlo.

 

Ma lei abbassò lo sguardo su un’altra ragazzina che urlò indicandola.

 

E come la ragazza abbassò lo sguardo sul suo vestito mi accorsi che era zuppo di sangue.

 

La fissai col cuore in gola. No, lei no.

 

Non poteva stare male, lei no.

 

Il suo odore familiare.

 

Il suo viso.

 

Mi fissò.

 

-Edward, EDWARD!-

 

Edward?

 

Ragionai un momento, io ero Edward.

 

Svenne.

 

Oddio.

 

Bella!

 

La mia Bella!

 

Questa volta la spossatezza non riuscì a vincermi facilmente.

 

Lottai, mentre la mia mente affogava in quel maledetto oblio.

 

Ora il nulla non era più un luogo sicuro, ma un’odiata prigione.

 

 

 

-FINE PRIMA PARTE-

 

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Capitolo 16
*** Un distillato di odio puro. ***


Eccomi di ritorno dalle vacanze ed ecco a voi il secondo capitolo dell’Edward POV con cui siamo tornate un attimo indietro negli avvenimenti della fic.

 

Ma prima, rispondo alle care lettrici che ancora una volta hanno commentato la mia fic.

 

Kiakkina: Ed ecco qui il capitolo che aspettavi. Se ti è piaciuto il primo sono sicura che questo ti piacerà ancora di più…buona lettura!!!!

 

Gypsy_rose90: Si, Edward e Bella sono sfigati…però un po’ meno sfigati di coppie come Romeo e Giulietta o Cathy e Heathcliff o Tristano e Isotta o Lancillotto e Ginevra…ok, mi fermo. Comunque, la sfiga gira, come la fortuna del resto. Speriamo solo che giri prima di fare troppi danni alla povera Bella… Thanks! Kisses

 

Sybelle: Ahah, ti ho lasciata a bocca asciutta ehhhh????? *Si ricompone* Grazie per il commento, l’ho apprezzato, mi piace lasciare i miei lettori senza parole. Ed ora…beccati questo capitolo!!!

 

Valem: Davvero hai trattenuto il respiro fino alla fine? Devi aver battuto il record di apnea…XDXD Vero, solo io potevo farmi male durante le vacanze (è successo anche quando mi sono rotta tutto il braccio e quando mi sono ustionata le gambe…sempre in estate… =.=’).

Comunque hai ragione, niente mi impedisce di scrivere e di tormentarvi con le mie storie assurde…BWABWABWABWAHAHAHAHAHAH! Dicevo? Ah si, grazie per la recensione.

 

Amy89: XDXD Sono contenta che ti sia piaciuto così tanto. Immagino allora che questo ti piacerà ancora di più….il perché sarà ovvio. No, no…non ti voglio morta…per carità! Quindi corri a leggere…Un bacio, alla prossima!

 

Musa93: Figurati, sei perdonata all’istante! Le vacanze sono vacanze (non come quelle che ho passato io) quindi goditele al massimo! Grazie per i complimenti ^.^ se la mia storia va avanti è per recensori come te! Smak, a presto!

 

Peccatrix17: Wow, è una dichiarazione? XDXD Scherzo. Grazie per i complimenti, sono contenta che tu abbia deciso di seguire le mie fic future. Davvero senti i nostri gusti affini? Tu che libri leggi? Quali sono i tuoi preferiti? (Scusa la mia invadenza, puoi avvalerti della facoltà di non rispondere…).

 

Selly: Beh, se Bella e Edward riescono a liberarsi lo scoprirai tra due capitoli, ma credo che si capisca dal capitolo prima dell’Edward POV come andranno le cose per un po’…

 

Mew Pam: Grazie mille per i complimenti, sono contenta di essere riuscita ad interpretare un Edward convincente. XDXD Le tue supposizioni sui Fionnehn mi ispirano molto…mi sa proprio che sei una lettrice perspicace. La riconciliazione tra Edward e Bella c’è stata e verrà rivista da Edward proprio in questo capitolo. Lo so che non è stata lunga, ma le storie d’amore sono spesso travagliate e piene di imprevisti. Non ho assolutamente intenzione, come credevo di aver scritto, di rivelare alcun particolare di Eclipse in questa fic…quindi non preoccuparti. No, in effetti io frequento il forum di Edward&Bella, ma qui New Born è postata meglio perché la rileggo e la correggo, aggiungo pezzi, ne risistemo altri... Ora ti saluto! SAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

 

 

“…e dalle tue labbra ha ottenuto l’Alleluia,

 

                                                                      Alleluia,

 

                                                                                    Alleluia,

 

                                                                                                 Alleluia,

 

                                                                                                               Alleluia.”

 

 

(“…and from your lips she drew the Hallulujah.”  Jeff BuckleyHallelujah)

 

 

 

 

 

 CAPITOLO SECONDARIO – SECONDO

 

“Un distillato di odio puro.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

-Voglio vedere Bella.- Mi scagliai con forza verso la porta, ma Carlisle ed Emmett mi trattennero.

 

-Ottima mossa.- Commentò Kristopher.

 

I suoi capelli biondi elegantemente spettinati ricadevano sulla fronte ed i suoi occhi azzurri rilucevano divertiti.

 

Ricordai con una fitta al cuore che era stato lui ad accompagnare Bella. Che tra loro…?

 

-Voglio vedere Bella.

 

-Temo che non sia possibile in questo momento, sta dormendo in camera sua.- William, quello che avevo capito essere il capo di quegli strani esseri, parlò per la prima volta. -E forse nemmeno in futuro. Sedetevi e parliamo.

 

Quell’ultima frase mi diede sui nervi, ma Alice mi lanciò un’occhiataccia e mi sedetti cercando di recuperare la calma.

 

Il salotto era molto ampio e possedeva poltrone e divani in gran numero. Certo, non che fossero in pochi.

 

Avevo contato una decina di guardie solo al primo piano, per non parlare del fatto che oltre a quel Kristopher, i due che sembravano in qualche modo fratelli ed il ragazzino che erano venuti a salvarci c’erano quel William, una donna ed una ragazzina.

 

Soprattutto la ragazzina bionda mi guardava insistentemente, scrutandomi con occhi indagatori.

Mi dava sui nervi.

Tutta quella situazione mi dava sui nervi.

 

Dopo più di un mese ero riuscito a trovare Bella, per di più trasformata in una qualche creatura e dopo aver quasi dormito per tutto il viaggio senza poter reagire, mi veniva imposto di starmene seduto a discutere come se stessimo prendendo il tè.

 

-Così, voi eravate prigionieri dei Volturi.- Cominciò William.

 

-Si.- Confermò asciutto Carlisle.

 

-Capisco ed i miei figli, Andromis e Kristopher vi hanno liberati?

 

-Credo di si.

 

-Crede?

 

-Non eravamo del tutto coscienti. Mi è stato chiesto se preferivo essere prigioniero dei Volturi o vostro ed io ho risposto.

 

Appena l’uomo ebbe lanciato un’occhiata dura e penetrante al biondino che tanto mi dava ai nervi, tornò a Carlisle.

 

-E perché avete scelto noi?

 

-Mi fido di Bella.

 

Will arricciò le labbra in un sorriso amaro.

 

-Già, Bella. Conoscete la mia Isabella da quel che ho capito.

 

Un attimo, da quando era la SUA Isabella?

 

-La conosciamo da molto tempo, da quando è venuta a For

 

-Mi dispiace interrompervi, signor William.

 

Una guardia entrò in quel momento con un foglio bianco tra le mani.

 

-Non avrei voluto interrompervi, ma è arrivato adesso dal Consiglio. E’ urgente.

 

William si alzò e tese la mano.

 

La guardia aspettò che lo leggesse, in attesa di ordini.

 

-Prepara subito le mie cose, partirò tra cinque minuti.

 

-Solo lei signore?

 

-Solo io.

 

Guardò per un istante il paesaggio fuori dalla finestra, meditabondo, poi si girò verso Kristopher.

 

-Spero per te che ciò per cui mi hanno convocato non centri nulla con te.

 

Il biondino tossicchiò a disagio.

 

-Per cosa…

 

-Una certo cimelio di estrema pericolosità sembra scomparso.

 

Il silenzio che scese era assordante.

 

-Non te lo perdonerò mai Kris se hai immischiato tua sorella, nonché tua protetta, in una cosa così grave.

 

Kris si ricompose in un’espressione seria.

 

-Hai così poca fiducia in me?

 

William non rispose. Scosse il capo e si voltò verso di noi.

 

-Abbiamo regole molto rigide, che dovrete rispettare anche voi. Non potrete parlare con mia figlia fino al mio ritorno, quando farò luce sulla cosa. Sarete trattati nel migliore dei modi, ma non vi sarà permesso uscire dalle vostre camere, tranne la sala da pranzo e questo salotto.

Se avete qualcosa da chiedere, ditelo a Dionis.

 

Notai che tutti i suoi figli rimasero pietrificati, soprattutto Kris, che uscì dalla stanza senza dire una parola.

 

-Dionis?

 

-Sarà fatto.- Rispose l’altro ragazzo con i capelli biondi e gli occhi scuri.

 

-Allora arrivederci a tutti.

 

E prima che potessimo ribattere, sparì oltre la porta.

 

Non che fossi preoccupato di tutta quella scena. Non mi interessavano quegli intrighi familiari.

 

Il mio obiettivo era solo uno.

 

Sapevo che se avessi opposto resistenza all’imposizione di non poter parlare con Bella avrebbero prestato più attenzione su di me, così me ne stetti buono mentre rimuginavo sul mio piano.

 

Se ci erano state assegnate delle stanze, sarei potuto rimanere solo per un tempo abbastanza lungo da permettermi di sgusciare da Bella.

 

Ma dov’era la sua stanza?

 

La cercai con lo sguardo.

 

Alice.

 

Lei era già voltata verso di me. Ovviamente, sapeva già che l’avrei cercata.

 

 

Sillabai con le labbra il nome di Bella e lessi nei suoi pensieri.

 

-Bella?

 

Annuii impercettibilmente.

 

-Cosa vuoi sapere?

 

 

-Volete qualcosa da bere?- Nella stanza era rimasto uno dei due fratelli mori, quello che assomigliava più di tutti ad uno di noi, Dionis e la donna, che parlavano piano tra di loro. –Non avete una bella cera, sembra che non cacciate da un bel po’.

 

Vedendo le nostre espressioni indecise sorrise. -E’ sangue freddo di volpe.- Ne bevve un sorso da un calice di cristallo. –Non è il massimo, ma è l’unica cosa che abbiamo per ora. Domani vi accompagnerò a caccia, abbiamo una riserva su a nord dove c’è una grande varietà di animali selvatici. Di solito ci caccio solo io, ma sarò felice di avere compagnia per una volta.

 

Distribuì i calici e feci finta di sorseggiare. Mentre parlava continuai a comunicare con Alice, sollevato che non prestasse attenzione a noi due.

 

 

La guardai di sottecchi e mimai con le mani una persona che dorme.

 

-Vuoi sapere se sta dormendo?

 

Guardai prima i quadri sulla destra, poi spostai lo sguardo sulla finestra a sinistra, come ammirando la parete.

 

-Cosa allora?

 

 

-Anche tu ti nutri di sangue? Sangue di animali?

 

-Esattamente, ma sono l’unico della mia famiglia. Io sono per metà vampiro ed ogni tanto devo nutrire anche quella parte della mia personalità. Molto tempo fa in Asia minore conobbi un clan che si nutriva di animali, fui molto felice di imitarli anch’io. Ne ho visti altri di vampiri come voi per questo vi ho riconosciuti subito.

 

 

-Dov’è la riserva?- Chiesi fintamente interessato, cercando di sottolineare la prima parola.

 

Alice si illuminò.

 

-Vuoi sapere dov’è Bella!

 

-A nord, ve la farò vedere.

 

Annuii ed Alice comprese che era rivolto più a lei che al mezzo vampiro.

 

Vidi nella sua mente la mappa dei corridoi, le scale ed infine la porta che conduceva alla camera di Bella.

 

Fissai insistentemente la finestra ed anche questa volta Alice capì.

 

In pochi minuti memorizzai le vie esterne ed interne per arrivare alla camera di Bella.

 

-Che cosa hai intenzione di fare Edward?

 

Sorrisi innocentemente per alcuni secondi.

 

-Non farmi pentire di averti fatto vedere quello che mi hai chiesto.

 

Scossi le spalle.

 

 

In quel momento mi accorsi che erano rientrati tutti, tranne la ragazzina.

 

-Papà è partito, andava di fretta.

 

Dionis annuì meditabondo, poi si voltò verso di noi.

 

-Tra poco le vostre stanze saranno pronte e domani mio fratello vi accompagnerà a caccia.

 

Ci fissò per qualche secondo, aggrottando la fronte.

 

-E non provate a scappare o gironzolare, avrete visto che la casa è circondata da guardie e sentinelle. Credetemi, non esiteranno ad agire.

 

Alice mi lanciò un’occhiata di sottecchi, che feci finta di non notare.

 

In quel momento le porte si spalancarono di colpo, come se una folata di vento le avesse aperte violentemente.

 

Dopo alcuni secondi si precipitò dentro.

 

Bella.

 

La mia Bella.

 

Mi cercò con lo sguardo.

 

-Bella!

 

-Edward!

 

Sentirle pronunciare il mio nome mi fece dimenticare ogni cosa.

 

Corsi verso di lei per abbracciarla, ma qualcosa di duro mi fermò.

 

Maledizione, quel Dionis era più forte di me.

 

Sentivo Bella lottare con un altro dei suoi fratelli.

 

-No, no, no! Ren, lasciami andare.

 

-Nemmeno per sogno, tu…

 

-Bella!- Urlai cercando di liberarmi, ma era troppo forte. Emmett venne in mio soccorso, ma di nuovo quella sorta di odore ci imbambolò giusto il necessario per non farci reagire. Guardavo Bella pieno d’angoscia ma allo stesso tempo mi beavo della sua visione, del suo odore. La mia Bella, infine non era poi così diversa da un tempo.

 

-Lasciami Ren o te ne pentirai.

 

-BASTA! Bella, fila in camera.- Urlò la donna con i capelli scuri, ma Bella non si mosse di un centimetro. Rimaneva immobile, risoluta. -Portatela in camera.- La vidi tremare di rabbia ma Kris le mise una mano sulla spalla e si calmò.

 

-Ti prego Bella, prima dobbiamo parlare.

 

Vidi Bella fissarmi serena, lo sguardo pieno di fiducia e promesse. Poi si voltò e seguì i suoi fratelli.

 

La rabbia mi montò dentro, violenta. Quello che provavo era più di una forte gelosia, un distillato di odio puro. Come osava toccare la mia Bella? E perché lei si fidava ciecamente di lui?

 

-Vi pregherei di rimanere qui, mentre noi discutiamo. Non allontanatevi, non servirebbe.

 

-Non ce ne andremo.- Rispose pacato Carlisle.

 

 

 

 

 

 

 

Una guardia ricomparve dopo nemmeno mezzora.

 

-I signorini si scusano, ma si sono ritirati nelle rispettive stanze. Se volete seguirmi vi mostrerò le vostre.

 

In silenzio ci alzammo e lo seguimmo su per le scalinate in un labirinto di corridoi e porte.

 

Era quello il momento di agire.

 

Mi portai fin da subito in fondo al gruppo e pian piano misi sempre più distanza tra di me e gli altri.

 

Alice si voltò a guardarmi incerta, ma io le feci l’occhiolino e lei stette al gioco. Si girò e fece finta di nulla.

 

-Quando hai finito ti faccio vedere dove ci hanno sistemati.

 

Voltarono l’angolo ma io non li seguii.

 

Cauto, sgusciai fuori da una finestra del corridoio e mi arrampicai sul balcone.

 

Era il lato giusto e con un po’ di fortuna nessuno mi avrebbe notato.

 

Controllai in giro e non notai nessun movimento.

 

Con un salto fui sul cornicione ed iniziai a correre.

 

Sgusciavo verso la sua finestra quando mi resi conto che qualcosa seguiva i miei movimenti dietro alla finestra.

 

Mi fermai, impietrendomi su un colpo.

 

Dall’altro lato del vetro Kristopher mi guardava sbalordito, come se non credesse ai propri occhi.

 

Era la fine.

 

Pensai di scappare, ma le sentinelle mi avrebbero notato e comunque con tutte le guardie che c’erano in quella villa non sarei andato lontano.

 

Guardai rassegnato l’uomo in attesa della sua prossima mossa, ma quello sembrava indeciso.

 

Guardò la porta in fondo al corridoio da cui era uscito, poi guardò di nuovo me, infine ancora la porta.

 

Non mi guardò più. Posò lo sguardo a terra e mi fece segno di procedere.

 

Se ne andò per la sua strada come se niente fosse.

 

Aveva fatto finta di non vedermi.

 

Perché?

 

Ripensai a Bella, agli sguardi che si erano scambiati non solo quella mattina, ma anche a Volterra.

 

C’era qualcosa che li legava, qualcosa che mi dava immensamente fastidio.

 

Ma quello non era il momento di farsi prendere da strane paranoie.

 

 

Scivolai lungo il muro, più cauto di prima e mi arrampicai sulla veranda giusto in tempo per evitare una sentinella.

 

Due vetrate erano aperte, le tende oscillavano dentro e fuori, scosse dal vento.

 

Mi avvicinai e sbirciai dentro.

 

Fu allora che mi colpì la visione più bella della mia vita.

 

 

Lei, la mia Bella, era distesa tra le lenzuola candide, gli occhi chiusi, la pelle di porcellana, i capelli sparsi sui cuscini.

 

Respirava molto lentamente e si lasciava accarezzare dal vento.

 

L’aria era intrisa del suo odore, che mi bruciava prepotente la gola, risvegliando ogni parte del mio corpo e della mia mente.

 

Fu come rinascere, come tornare ad essere vivo, in un certo senso.

 

Ero ancora in piedi tra le vetrate quando una folata di vento portò il mio odore nella stanza.

 

Temevo che il mio aroma l’avrebbe svegliata, ma la vidi sorridere impercettibilmente e respirare ed inspirare profondamente.

 

Non resistetti più, mi avvicinai, sdraiandomi accanto a lei, proprio  come facevo ogni sera quando era umana.

 

Accarezzai la perfezione del suo corpo con i miei occhi e quando la vidi piangere mi sorpresi.

 

Mi si mozzò il respiro ed imprigionai quelle gocce d’acqua fredda tra le mie dita.

 

Al mio tocco la sentii trattenere il fiato. Mi avvicinai per baciarle il collo, il suo odore mi inebriava pericolosamente. La sua pelle era più fredda di quando era umana, ma in qualche modo avvertivo un fievole calore rassicurare la mia pelle di ghiaccio.

 

-Perché piangi, ora che finalmente ti ho trovata?

 

Non aprì gli occhi, ma vidi le sue palpebre tremare.

 

-Edward

 

La sua voce tremante, quasi implorante, mi provocò una fitta al cuore, spento da anni.

 

-Sono qui, guardami Bella.

 

Finalmente riaprì gli occhi ed io mi persi in quei due pozzi scuri e mi ritrovai a pensare che, nonostante avessero assunto una deliziosa sfumatura blu scuro, fossero gli stessi di sempre.

 

Come le stesse erano le sue morbide mani, che presero ad accarezzarmi il volto in un modo che la mia pelle aveva dimenticato. Sentii il fievole battito del suo cuore, quasi impercettibile e mi assalì il desiderio di unirmi al suo pianto di gioia, se solo avessi potuto.

 

-Ti ammazzano se ti trovano qui.

 

Risi di gusto. Davvero si preoccupava di questo? Sarei stato il vampiro più felice del mondo, perché sarei morto con il suo volto davanti agli occhi.

 

-Quale morte più bella? E poi, da quel che ho capito, ucciderebbero anche te.

 

-Allora urla e facciamoci scoprire.

 

La dolcezza della sua voce mi regalò una sensazione di calore che da tempo non sentivo.

 

Lei era veramente lì, tra le mie braccia.

 

-E la nostra eternità insieme?

 

-La passeremo in un altro mondo.- Sussurrò accarezzandomi la guancia. Le sue parole apparivano così invitanti che la cosa mi sembrò al momento una prospettiva molto allettante.

 

-Non esiste il paradiso per me.- Le ricordai sfiorandole il mento con le labbra.

 

-Per me si, il mio paradiso è ovunque ci sei tu, fossero anche le terre dell’inferno.

 

-Hai ragione, per me è lo stesso.- Non ce la facevo più. Catturai le sue labbra con le mie, sfiorandole per alcuni istanti.

 

-Davvero?- L’ansia nella sua voce mi riportò alla realtà.

 

- Io ti amo, Bella.- Non ero mai stato così sincero ma vidi l’ombra del dubbio aleggiarle nello sguardo.

 

-Ne sei sicuro? Mi ami anche ora?

 

Non capivo, perché dubitava così del mio amore? Avevo fatto qualcosa di sbagliato, mi rimproverava di non averla salvata prima?

 

– Cosa intendi dire?

 

-Mi ami anche se non sono più umana, anche se sono una Cacciatrice, anche se quando starò male succhierò il tuo veleno? Anche se non sono più calda come un tempo, anche se non arrossisco più così facilmente come ti piaceva una volta?

 

Era quello che la turbava? Oh, Bella! Come se cambiasse qualcosa.

 

Le presi il volto tra le mani e la guardai dritto negli occhi.

 

-Bella, Bella, basta. Shh. Io ti amo Bella, ti amerei anche se fossi il peggiore dei demoni, perché sei sempre tu. Sei cambiata meno di ciò che pensi, dentro di te, nei tuoi occhi, io vedo ancora la mia Bella.

 

Ed era vero. In ogni cambiamento vedevo riflesso il vero aspetto della mia Bella, come se il cambiamento che aveva subito fosse una conseguenza naturale, come se l’avessi da sempre immaginata così.

 

-Oh, Edward. Ti amo, ti amo anche io, perdonami!

 

La guardai accigliato. Perché ora mi chiedeva perdono?

 

-Perdonarti per cosa?

 

-Per non averti riconosciuto subito, per essermi dimenticata di te.

 

-Non è stata colpa tua.

 

-Però te lo giuro, io ti amo ancora, ti amo Edward. Anche se non ricordo tutto, non ancora. Ma ti giuro che un giorno i miei ricordi torneranno.

 

Era la cosa più bella che avesse mai potuto dirmi. Sentii il mio cuore rilassarsi, la mia mente svuotarsi da tutte le ansie e le paure inconsce che avevo avuto fino a quel momento.

 

-Non importano i ricordi. Mi importa solo che tu senta ancora di amarmi.

 

-Si Edward, ti amo, lo sento. Lo sento ancora.

 

La trassi a me, cullandola tra le braccia. Non c’era nulla di più importante ora, nulla nella mia vita che fosse più importante di lei.

 

-Edward, dovete scappare.

 

-E tu vieni con noi.

 

Non era una proposta, ma un dato di fatto.

 

-No, non capisci! Ci troverebbero, ti cancellerebbero la memoria e tu non sapresti nemmeno chi sono. Ti prego Edward, ti prego scappa. Io li terrò occupati in qualche modo.

 

Non potevo, non volevo lasciarla, era un pensiero impossibile. Mi scostai un po’ da lei, mentre cercavo ogni scusa plausibile.

 

-Come facciamo a scappare da qui? E’ circondato da sentinelle. Voi Cacciatori siete più forti di quanto potessi immaginare.

 

Un sussurro interruppe la discussione.

 

-Bella? Bella, fammi entrare.

 

La sentii irrigidirsi in un istante. Ci alzammo entrambi in piedi.

 

-Oh no è Ka’, mia sorella. Devi andare Edward.

 

Ricordai vagamente la ragazzina irritante che mi fissava insistentemente. Mi rifiutavo di ascoltarla. L’avevo appena ritrovata, non potevo e non volevo lasciarla di nuovo.

 

-No, vieni con me Bella, in qualche modo…

 

-Vai Edward, vai subito e dì agli altri di stare pronti, in qualche modo vi tirerò fuori di qui.

 

Le presi la mano e la strinsi dolcemente. Mi fidavo di lei, ma non sopportavo di dover spezzare il contatto con la sua pelle morbida, tiepida, profumata.

 

-E tu verrai con me.

 

-Bella? Ti prego Bella, devo dirti una cosa importantissima.- Se non fossi stato così bramoso della mia Bella, sarei corso a darle una capocciata. Cominciava a darmi sui nervi, la ragazzetta.

 

-Non voglio parlare con nessuno.- Urlò lei alla porta, ma non irritata quanto me.

 

-No, Bella apri! Ti prego, io sono dalla tua parte. E devo dirti cosa hanno appena deciso, il più vecchio dei tuoi amici ha parlato con Dionis, aspetteranno il ritorno di Will prima di agire. Fammi entrare, in qualche modo ti giuro che ti aiuterò ad incontrarli.

 

Non sprecai tempo ad ascoltare ciò che aveva da dire. Guardai di nuovo Bella e non resistetti.

 

L’attirai a me.

 

-Arrivi tardi Ka’.- sussurrò mentre si abbandonava inerme tra le mie braccia.

 

Non era cambiato nulla, era sempre lei, constatai ancora una volta. E la baciai, dimenticandomi di ogni cosa.

 

Per troppo tempo le mie labbra erano state separate dalle sue, per troppo tempo le mie dita non avevano accarezzato la sua pelle.

 

Cercai di imprimere quel momento per non dimenticarlo mai più.

 

Mormorai il suo nome e lei il mio. La baciai di nuovo e poi ancora.

 

-Come?- La voce dietro la porta era sempre più urgente. Dovevo andare, non c’era scelta. Non potevo farmi scoprire lì.

 

-Arrivo Ka’, arrivo.- Bella mi riacciuffò, baciandomi di nuovo ed infilando le sue dita tra i miei capelli. La lasciai fare per un po’, poi le presi la vita e l’allontanai dolcemente.

 

 

Le accarezzai la schiena, risalendo poi il collo e posando le dita sulle sue labbra, piene e rosse.

 

Prima che la tentazione di baciarla mille volte ancora si riappropriasse della mia ragione, raggiunsi la finestra.

 

-Ti amo.

 

-Anche io, amore mio.-

 

Non saprei dire quale fosse la voce più intrisa di tristezza, eppure eravamo entrambi fiduciosi.

 

Sparii dalla sua vista, ma mi fermai qualche istante sul cornicione.

 

-Bella, lo so che sei arrabbiata. Ma…

 

La voce si bloccò.

 

-Non..lui, è stato qui?

 

-Shh, non urlare.

 

Scattai nervoso. Mi aveva scoperto? Perché Bella non aveva negato?

 

-Come ha fatto?

 

Stupida ragazzina rompiscatole.

 

–Non ne ho idea, ma ci è riuscito.- Sussurrò Bella. Sarei rimasto ad ascoltare la sua voce per sempre.

 

-Lo ami ancora?

 

Non sentii la sua risposta, ma avvertii l’eccitazione nella voce della ragazzina.

 

-E lui ti ama?

 

Percepii dei passi sul selciato e mi affrettai a tornare nella mia stanza.

 

Sorrisi per tutto il tragitto e per tutta la sera e per tutta la notte…

 

L’alba sorprese gli angoli delle mie labbra ancora tesi verso l’alto.

 

 

 

 

 

 

Dunque, con questo finiamo i capitoli dell’Edward POV. Il prossimo capitolo sarà molto lungo, ma particolare. Spero vi piaccia. Dopo il prossimo capitolo, torneremo alla storia e scopriremo che fine ha fatto Bella.

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Capitolo 17
*** 19...special chapter ***


 

Scusate l'ora indecente del mattino, ma ho veramente poco tempo ultimamente. Spero che qualcuno si accorga che ho aggiorato.Un ringraziamento va a:

 

Rosalie Lillian Hale: scusa se non ti ho risposto nell’altro capitolo, ma hai recensito mentre io lo postavo…grazie moltissime per i complimenti ^^

 

Sybelle: No, in questo c’è un po’ di storia, nel prossimo c’è un assaggio di torture…Davvero? Io adoro nana…WAAAAAA!!!

 

Amy89: Kris si è riscattato eh? Bene, buon per lui…Grazie per i complimenti, sono contenta che il capitolo ti sia piciuto ^:^ Eccoti il capitolo, spero ti piacerà anche questo…

 

Kiakkina: Sfornare? XDXD Grazie! Ciao amica k!

 

Peccatrix17: Uno dei tuoi preferiti? Oh, non l’avrei mai detto. Per il tuo dubbio…non so cosa si sono detti con precisione romeo e giulietta, ma può essere si, del resto sono tutte e due coppie separate dal destino e molto, molto mielose. Si, probabile. Lo sai che io leggo le stesse cose che leggi tu? Avevi ragione ^o^!!! Se vuoi farmi leggere qualcosa….io sono qui!! Mi farebbe molto, molto piacere (e non lo dico per gentilezza ma perché ci tengo).

 

___MiRiEl___: Grazie! Mi fa davvero piacere che tu rilegga anche qui la mia storia…davvero!

 

Gypsy_rose90: Lo so, edward e bella sono un po’ sfigatelli…ma che fic sarebbe se fossero sempre insieme e contenti? Devo pur creare suspance, seminare terrore tra i lettori, arrivare al climax e gettare disperazione nelle vostre menti, MUAHAHAHAHAH. Cioè, vedrai che andrà tutto bene.

Oddio…XDXD kris un tronky….ora le ho sentite tutte. Sei una GRANDE!!! Eccoti posteggiato (XD) il capitolo…

 

TheBestLady: Ciaooooo!!! Mi chiedevo appunto ove tu fossi finita. Credevo di averti persa per la mia noiosa fic…Invece c’era sotto un complotto del pc. Lo so io, queste macchine infernali sono tremende…(come scusa? N.d.pc) (Ma noooo, niente…*grattatina dietro le casse*) (^v^ *fusa* n.d.pc). Grazie per i complimenti!! Smak!

 

Jessica rock girl: Oh, cara!!!! Intervistiamo noi…che bei ricordi, eppure mi hanno anche insultata perché dicevano che faceva schifo. Ma io mi vendicherò, se ti piaceva sappi che finita new bornposterò lo spin off di quella fic, ovvero: La morte in diretta. Ti prenoto un posto (riparato) tra il pubblico! Oh, mi fai arrossire. Il tuo mito…waaaa, grazie ^//^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN AVVISO: Il capitolo potrebbe non essere di vostro gradimento. E’ lungo e non va avanti con la storia. Nonostante ciò, gradirei che lo leggeste perché è importante per capire meglio personaggi e futuri eventi. Spero non vi demoralizzerete alle prime righe, ogni riga è importante. Sappiate che comunque ci ho messo molto impegno, sia per le date, sia per ricostruire gli eventi e i luoghi.

Questo capitolo parla di molte persone, ma soprattutto die meth’renay e della grande guerra e alla fine, si alla fine c’è anche qualcosa di inedito su Bella. Non so se odierete Kris o l’amerete ancora di più, ma il giudizio finale…riservatelo all’epilogo.

 

Un capitolo un po’ diverso dal solito, quindi. Dal prossimo si ritornerà a dove ci eravamo lasciati e troverete risposta alla domanda cruciale: Dov’è Bella?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO DICIANNOVESIMO

 

“Memorie. Dalle fonti del Grande Consiglio e dei sopravvissuti.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

Ottobre 899 d.C.,  324° Sede decennale del Grande Consiglio.

 

 

 

-E vuoi tu, Milena  Fionnehn, davanti alla rappresentanza del Grande Consiglio, prendere come tuo marito William Meth’Renai, fino alla fine dei tuoi giorni su questa terra, nel rispetto della tua vecchia e nuova famiglia?

 

-Si, lo voglio.

 

La senatrice fece un cenno d’assenso con il capo, mentre un piccolo sorriso le sfuggiva dalle labbra, rompendo per un secondo il rigido protocollo.

 

-Per il potere che mi è stato conferito dal Consiglio, dichiaro che da oggi Milena Fionnehn appartiene alla casata dei Meth’Renai, per servire il marito e la famiglia, su volontà e benevolenza dei suoi consanguinei.

 

La giovane sposa si voltò a sorridere raggiante al padre, prima di baciare il consorte.

 

 

La madre dello sposo alzò gli occhi al cielo mentre congiungeva le mani in grembo.

 

-Se c’è un dio, che ci aiuti!

 

-Sta buona, donna.- La zittì il marito. –Dovresti gioire del grande destino che abbiamo donato a nostro figlio. I Fionnehn sono da sempre nostri grandi alleati.

 

-Lo sono stati, si.- Sussurrò la donna. –Da quando gli abbiamo assicurato terre e prosperità.

 

Ma il marito si era già diretto a baciare la nuora ed il figlio.

 

 

 

 

 

 

Estate 1105 d.C., Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

-Mi sa tanto che anche  questa volta è femmina.

 

Will le sorrise mentre le sedeva accanto e le porgeva un calice di succo fresco.

 

-A me andrà bene lo stesso.

 

-Si, ma sarebbe bello avere un maschietto. Sarei una madre equa. Un maschio ed una femmina.

 

-Beh, abbiamo Dionis.

 

Il marito le sorrise poi tornò a guardare i suoi figli che giocavano nel prato davanti casa.

 

La primogenita, Caoliin, gli rivolse un sorriso estasiato che lui ricambiò.

Aveva appena compiuto dodici anni e per regalo le avevano donato un Pony.

 

Dionis, che avevano trovato solo due anni prima ed aveva raggiunto la sua quarta estate di vita, guardava Caoliin dal limitare dello steccato, affascinato dal Pony ma troppo impaurito per avvicinarsi.

 

Era un bambino molto tranquillo e spesso le cose più grandi di lui lo impaurivano. Will si chiedeva spesso cosa avesse passato quel povero bimbo nella sua prima infanzia.

 

Sorrise di nuovo. Lo faceva spesso ultimamente, ma non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse fortunato.

 

Sebbene il suo matrimonio fosse stato combinato, provava un tenero affetto per la bella moglie. Inoltre gli aveva donato una bambina adorabile ed aveva accettato di adottare Dionis come loro figlio. Ed ora sarebbe diventato di nuovo padre.

 

Adorava i suoi bambini, incondizionatamente e senza predilezioni.

E di riflesso, amava anche la moglie, artefice di quelle magnifiche creature.

 

-Mio padre verrà a cena da noi, domani sera. Credo che si fermerà per qualche giorno.

 

-Vuoi che avverta la governante?

 

-Già fatto, sta preparando il banchetto. Volevo solo avvertirti.

 

Le prese la mano. –Ogni nostro parente  sarà sempre ben accetto in casa nostra.

 

Milena annuì, ma la bocca si tirò involontariamente in una smorfia. Non è che la madre di Will fosse molto favorevole nei suoi confronti.

 

Eliantha non aveva mai approvato in pieno il matrimonio del figlio, perché dubitava della famiglia di lei. Ma in molti le avevano fatto notare che un’alleanza tra Meth’Renai e Fionnehn, le famiglie più potenti tra i Cacciatori, avrebbe certo giovato alla pace della loro razza.

 

Così credevano tutti e la donna accettò, donando al figlio quello che si prospettava un futuro di lussi e privilegi.

 

In verità, quello fu l’errore più grande di tutta la loro storia. Ma l’unica a supporlo, era stata Eliantha.

 

 

 

 

 

 

1202 d. C., Moschea di Cordova (Andalusia – Spagna), circa 130 km a nord est di Siviglia.

 

 

 

A quell’ora non c’erano mai molti fedeli.

 

Solo tre persone erano inginocchiate a pregare verso la qibla, l’unica al mondo che fosse orientata a sud e non verso La Mecca.

 

La verità era che non era stata costruita dai vampiri pellegrini per essere una moschea, ma gli storici e i fedeli non lo seppero mai.

 

L’infinità di colonne li copriva alla loro vista mentre percorrevano il lato est e si accostavano in un angolo.

 

Le loro voci non erano udibili a nessun altro.

 

-La situazione non è favorevole, nemmeno per voi vampiri.

 

-E proprio un demone viene a darmi consiglio? Proprio voi, che ci uccidete per il vostro sostentamento e divertimento?

 

 L’anziano vampiro parlava come un predicatore, abituato ad anni e anni di finti sermoni.

 

La voce del demone invece, nascondeva una disperata urgenza e forse una punta di irritazione per l’incapacità di convincere il suo interlocutore.

 

-Non capisci Vidhar. Dovete venire con noi ora  ed allearvi al nostro esercito.

 

Il vampiro sorrise tranquillo mentre raccoglieva le offerte da un cesto.

 

-Tra trentaquattro anni la Moschea sarà conquistata dai Castigliani, per quel momento noi ce ne saremmo andati da qui. Ma possiamo godere ancora di qualche anno di pace nel nostro rifugio.

 

-Vecchio, i Castigliani non metteranno mai piede qui se non interverrete, perché non esisterà più nessun rifugio o meglio nessun Castigliano. Tutti gli umani saranno uccisi entro un paio d’anni, poi toccherà a megere, chimere, licantropi e anche a voi vampiri.

 

-Che visione apocalittica.- Commentò il vampiro scuotendo la testa.

 

Il demone, spazientito, scattò verso di lui e lo prese per il colletto della tunica, sbattendolo in una colonna.

 

-E’ la mia ultima proposta. Se non vi decidete ad aprire gli occhi e ad unirvi a noi, non venite a piangere quando l’intera Andalusia verrà sterminata e non saprete più come bere.

 

-Vuoi spaventare i miei fedeli?

 

Con un  cenno portò l’attenzione del suo assalitore ai fedeli che si erano alzati e guardavano spaventati la scena.

 

Il demone lo lasciò andare e si voltò.

 

-Tu non sai quel che fai, vampiro. Arriverà il giorno in cui rimpiangerai di non avermi ascoltato. Ma soprattutto, se non accetti è sicuro che non vedrai l’alba del tuo terzo secolo.

 

Si avvolse nel mantello marrone e camminò velocemente verso l’uscita, mentre il vecchio vampiro lo fissava con il volto trasfigurato dall’orrore.

 

Sarebbe davvero venuta la fine anche per lui, essere non così immortale?

 

-Aspetta! –In pochi passi gli fu accanto. -Cosa ti porta a pensare che ci sia un così grande ed imminente pericolo?

 

Il demone si voltò a guardarlo.

 

-Non ti sei mai chiesto di chi siano opera le recenti sparizioni tra umani e genti della tua razza?

 

-Pensavamo che foste voi, ad esservi spinti nelle nostre terre in grande numero.

 

-In effetti è colpa della mia specie, da una parte. Ma non si sono spinti fin qui per nutrirsi. Vi vogliono estinguere.

 

-Perché? Ammetti dunque che siete voi Guardiani a minacciarci?

 

-Esistono vari tipi di Guardiani, come tu ben sai. Ma non tutti la pensano allo stesso modo, nemmeno tra gli stessi gruppi. La vostra minaccia sta in quei Guardiani che credono nella superiorità della loro razza.

 

-Se è per questo, non conosco demone che non creda di essere superiore a tutto.- Lo svilì Vidhar.

 

-E’ diverso.- Lo rimbeccò seriamente il demone. –Questi guardiani, che devi sapere si sono autodefiniti “I Puri”, si credono superiori a tutti e non tollerano le imperfezioni o chi li contraddice. Compresi tu e i tuoi fratelli, qui.

 

Vidhar scoppiò a ridere.

 

-Non vorrai farmi credere che stermineranno tutti gli esseri viventi solo perché credono che siano indegni?

 

-Oh, no. Non tutti. Se sarai fortunato,anche se non so se ti definirai tale,  ti terranno in vita per utilizzarti come loro sostentamento.

 

-E cosa potremmo fare noi, piccola comunità di vampiri, contro “I Puri”.

 

-Insieme alla nostra resistenza, potreste aiutarci a combattere contro le loro comunità di vampiri.

 

Vidhar strabuzzò gli occhi.

 

-Ci sono vampiri che aiutano quei pazzoidi?

 

-Non hanno altra scelta. O combattono contro i loro stessi simili con la speranza di vivere poi come schiavi o finiscono nella Stanza del Nulla, dove passeranno l’eternità come belle statuine.

 

Detto questo si inchinò brevemente in segno di saluto e varcò l’uscita.

 

Vidhar rimase a guardare il portone richiudersi a bocca aperta. Poi si ricompose e più in fretta che poté, scese nelle cripte.

 

 

 

 

 

 

Alba del 1203, Volterra, Italia.

 

 

 

-Mi chiamo Vidhar, signori. Vengo per chiedere udienza.

 

Il tono di Caius era disinteressato.

 

-Parla.

 

-Ho una cosa importante da riferire.

 

La notizia non sembrò sconvolgere i vampiri, che continuarono a guardarlo annoiati.

 

-Spiegati.

 

Vidhar si guardò intorno, nervoso.

 

-Un demone è venuto a trovarmi, chiedendomi come capo della comunità dei vampiri di Andalusia, di unirmi alla resistenza.

 

Ora i tre vampiri si fecero più attenti.

 

Marcus aggrottò le sopracciglia.

 

-Cosa hai detto?

 

Vidhar respirò a fondo. Se doveva scegliere tra l’essere fedele ad un demone ed esserlo verso i protettori della loro specie, preferiva i Volturi.

 

-Riguarda la guerra che sta per scoppiare. E un gruppo di Guardiani chiamati “I Puri” che tenta di sterminarci tutti, compresi gli umani.

 

-Inaudito!- Gridò Aro.

 

-Eppure, alcuni di noi sono costretti ad aiutarli.

 

Ora Vidhar era certo di avere la totale ed incondizionata attenzione di tutti e tre i capi dei Volturi.

 

E non era cosa da poco.

 

 

 

 

 

 

Estate del 1306, una delle residenze  dei Meth’renai,  Nord-ovest dell’Irlanda.

 

 

 

Caoliin portava i lunghi capelli chiari raccolti in una fitta treccia, le gonne arrotolate per non bagnarle mentre con i piedi sguazzava nell’acqua fredda del lago.

 

Era seduta sulla riva, con le gambe immerse fino alle ginocchia e rimirava la sua immagine.

 

Aveva appena compiuto 293 anni, ma ne dimostrava appena diciannove, l’età in cui era diventata a tutti gli effetti una Cacciatrice.

 

Ricordava che un giorno, mentre leggeva tranquilla nella biblioteca di casa, era stata colta da una fitta e subito le era salita la febbre.

 

Si era accasciata sul pavimento tremando, eppure tutti gli adulti intorno a lei si affannavano felici.

A quel tempo non aveva capito cosa c’era di felice nel vederla soffrire. Ma ora sapeva che gioivano per il fatto che finalmente stava diventando immortale e che nulla avrebbe più potuto scalfirla.

 

I Guardiani, aveva capito con gli anni, erano molto protettivi con i bambini perché paragonabili a piccoli umani. Potevano morire, ammalarsi, essere contagiati da altre creature. E se il loro sangue veniva contaminato perdeva purezza, ma soprattutto, perdeva potere e creava Guardiani più deboli di altri.

 

Proprio per questo esistevano delle caste naturali tra i Guardiani di ogni tipo, c’erano Demoni più forti ed altri più deboli, c’erano Eruditi più dotati ed altri meno.

Ma  fino a pochi secoli prima nessuno aveva dato importanza alla cosa.

 

In quegli anni invece, nascevano discussioni e guerriglie ogni dove.

 

Persone come suo nonno, pensavano che il loro veleno  fosse sacro ed andasse preservato.

Le loro famiglie, per esempio, erano molto potenti perché il loro sangue proveniva da Guardiani puri e quello di Caoliin ed i suoi fratelli era ancora più potente, perché discendeva dalle due famiglie più forti tra i Cacciatori.

 

Persone come suo padre ed i suoi zii paterni, invece, riconoscevano la purezza del sangue, ma non combattevano per ottenerla. Suo padre era un uomo di natura bonaria e spesso si dilettava negli studi e nei colloqui con altre creature. Lui credeva nel sapere e nella condivisione di esperienze come ricchezza per tutte le razze. Sua zia e suo marito, invece, erano veri e prorpi sostenitori della resistenza.

 

Caoliin credeva che fossero tutti dei fanatici. Suo nonno a voler eliminare due terzi della popolazione mondiale, i suoi zii a cercare di fermarlo e suo padre a interessarsi dei pensieri dei suoi parenti ed  intrattenersi all’occasione anche con bizzarre creature.

 

Il pensiero di questo tumulto in famiglia la faceva spesso sorridere, perché non pensava che la situazione fosse in realtà seria e drastica. Non se ne era resa conto.

 

La verità era che non le interessava.

 

Ma gli eventi che si misero in moto quel giorno l’avrebbero portata a cambiare idea per sempre.

 

 

Lo specchio d’acqua le rimandava l’immagine di una deliziosa ragazzina dal volto sereno e gli occhi brillanti. Si erano scuriti un po’, con la trasformazione, ma erano rimasti lo stesso di un verde splendente.

 

Arricciò il naso per il solletico quando un pesce le sfiorò il polpaccio.

 

Guardò il cielo e si rese conto che era ora di tornare a casa. Era passato un giorno da quando si era allontanata dalla loro villa estiva per “gironzolare tra i boschi”.

 

Si alzò trattenendo le gonne per non inzupparle, non voleva che si appiccicassero alle gambe bagnate.

 

Ma quando si voltò per avviarsi verso il sentiero le caddero di mano.

 

Un ragazzo, che fin’ora la fissava con aria rapita, scattò nervoso distogliendo lo sguardo.

 

Caoliin lo fissò con più rabbia che curiosità.

 

Gli si avvicinò furiosa e quello non ebbe il tempo di ritrarsi.

 

Sciaf!

 

Caoliin ritrasse la mano dalla guancia del giovane che ostentava una faccia a dir poco sorpresa.

 

-Sei impazzita? Perché mi hai colpito?- Era ancora sconvolto.

 

-Mi stavi spiando, razza di maniaco!

 

Il ragazzino si ricompose, ora arrabbiato quasi quanto lei.

 

-Ragazzetta impertinente, ero appena arrivato.

 

-E allora perché te ne stavi lì impalato a guardarmi?

 

-Perché…-scandì lentamente il ragazzo-…queste sono le mie terre e non avevo mai incontrato nessuno vicino al mio lago.

 

Caoliin sentì una strana sensazione di calore alle guance. Non le era mai capitato.

 

Il ragazzo rise. - Ma dai, mai visto un Guardiano arrossire.

 

A quelle parole l’imbarazzo di Caoliin cedette il posto al sospetto.

 

-Tu sai che sono un Guardiano?

 

Quello alzò le spalle. -Certo.

 

-E tu cosa sei?

 

-Un angelo.

 

Caoliin lo fissò dalla testa ai piedi, scettica.

 

-Non assomigli a nessun tipo di Guardiano esistente.

 

-Perché non sono un Guardiano.- Spiego pazientemente lui.

 

L’ira si riaccese negli occhi di Caoliin.

 

-Ma se hai appena detto di essere un angelo!

 

-Qui, nelle mie terre, gli angeli sono cosa differente dai Guardiani Angelo.

 

La ragazza strabuzzò gli occhi.

 

-Vuoi…dire che… che sei un vero angelo?

 

Lui annuì.

 

-No ma, uno vero vero?

 

-No guarda, uno vero falso.- Ribatté lui esasperato.

 

-Non ci credo.- In verità, non voleva dargli ragione per non ammettere a se stessa di essere stata scortese ed impertinente.

 

Il ragazzino non fece una piega. Le concesse un’occhiata di sufficienza.

 

-Senti bambina, vuoi che ti riaccompagni a casa? Conosco tutte le zone nei dintorni.

 

-Non mi sono persa.- La sua voce era gelida.

 

-Allora perché non te ne vai?- Rimbeccò lui malizioso.

 

Offesa nel suo orgoglio, Caoliin afferrò le gonne e si inoltrò velocemente lungo il sentiero, riempiendo di epiteti il ragazzino.

 

Solo dopo alcuni istanti, si rese conto che la stava seguendo.

 

-Che c’è?- Si voltò a guardarlo irritata. -Scusa se non me ne sto andando abbastanza in fretta.

 

-No, che dici. Sono io che mi devo scusare. Sono stato molto scortese.

 

Lei gli rifilò un’occhiata in tralice, ma un po’ della sua rabbia era già sbollita.

 

-Puoi venire al lago, quando vuoi. Ti do il permesso.

 

-Sono costretta a rifiutare, ma grazie.

 

-Davvero, guarda, non sarò più così scortese e poi io non ci vengo spesso.- Mentiva, ci andava tutti i giorni.

 

-Grazie, angelo. Ma domani io e la mia famiglia partiamo, torniamo a casa.

 

-Beh, ma se tornerete un giorno, puoi venire a sguazzarci quanto vuoi.

 

-Lo sapevo.- Sibilò la ragazza. –Mi stavi spiando!

 

Afferrò le gonne e cominciò a correre.

 

-Grazie per la gentilezza signore, ma ti puoi tenere il tuo stupido laghetto.- Urlò.

 

-EHI! Aspetta, come ti chiami?

 

Il ragazzo le stava correndo dietro, così aumentò l’andatura.

 

-Non sono affari tuoi!

 

Lo vide rallentare, ma non prima di averle urlato di rimando.

 

-Io mi chiamo Kristopher! Ma chiamami Kris la prossima volta che ci vediamo, bella bambina!

 

A quelle parole la tentazione di tornare sui suoi passi e prenderlo a botte era molta, ma era in ritardo e si affrettò verso casa.

 

Negli anni, si dimenticò di quel ragazzino impertinente, ma l’idea che c’erano un sacco di creature che non conosceva cominciava a smuovere qualcosa dentro di lei.

 

Tuttavia non ci pensò più. Non fino al 1321.

 

 

 

 

 

 

Una sera d’inverno del 1321, residenza solitamente estiva dei Meth’renai a Nord-ovest dell’Irlanda.

 

 

 

-Caoliin, vieni a giocare con noi nel laghetto a sud? Possiamo andare a pattinare.

 

Caoliin alzò pigramente gli occhi dal libro e vide sua sorella e suo fratello guardarla speranzosi.

 

-In quella pozzanghera? No grazie, andate pure.

 

-E dai! Allora giochiamo alle palle di neve.- Si lamentò Sari.

 

Caoliin li guardò seccata, prima Sari poi Dionis.

 

-Non siete un po’ cresciutelli per giocare? Comunque voglio finire questo libro, quindi no, non mi unirò a voi.

 

Sari sbuffò e trascinò fuori il fratello.

 

Di solito era molto affettuosa con i suoi fratelli, ma in quel periodo tutto la rendeva nervosa e non aveva più molta pazienza con loro.

 

La colpa era tutta di sua madre, di nuovo incinta dopo tanti anni. Questo rendeva la donna irascibile, instabile moralmente (scoppiava spesso a piangere o a ridere, cosa che la sconvolgeva profondamente) e molto, molto isterica.

 

Oltre a questo c’era il fatto che suo padre li aveva costretti tutti a trasferirsi, d’inverno, in quella remota regione dell’Irlanda del Nord, nella residenza che più sapientemente era solita essere ESTIVA.

Tutto perché la madre doveva rimanere tranquilla e quindi lontana da guerre o litigi.

 

-Che ci fai chiusa qui? Non sei andata fuori con i tuoi fratelli?

 

La madre entrò nella stanza, accomodandosi nella poltrona davanti a lei.

 

Caoliin azzardò un’occhiata fuori dalla finestra, poi al caminetto.

 

-Fuori si gela.

 

-Embè? Non sei più una fragile bambina, ora sei una Cacciatrice, non soffri il freddo.

 

Caoliin arricciò il naso, come faceva spesso quando era infastidita o concentrata o quando le facevano il solletico. Qui si parla del primo caso.

 Era vero, non soffriva il freddo, ma questo non voleva dire che non apprezzasse il calore. Anzi, il tepore del fuoco d’inverno le donava un completo rilassamento alla mente e al corpo.

 

-Che aspetti, vai a farti una passeggiata.

 

-Mamma, sto leggendo, non vedi?

 

-Leggi fuori. Vederti qui a sbuffare mi da i nervi e poi è da tanto che non esci, un po’ d’aria fresca ti ridonerà colore alla pelle.

 

Caoliin la guardò come se fosse impazzita, ma la donna non ammise repliche.

 

Rassegnata, prese il libro, se lo infilò nella tasca del grembiule ed afferrò il mantello.

 

Uscì sbattendo la porta.

 

Il freddo le sferzava il viso, già gelido di suo e il nevischio nell’aria le inumidiva i capelli.

 

Si guardò attorno, scocciata, in cerca di una direzione. I suoi fratelli erano andati a sud, così lei puntò dritta verso nord, nella foresta.

 

Voleva trovare un posto tranquillo dove nessuno la disturbasse, magari anche riparato dal vento.

 

Ben presto però, si ritrovò su un sentiero famigliare. Ricordò che portava ad un delizioso laghetto e decise di seguirlo. Il lago, ricordò, era circondato da splendidi alberi secolari, forse  si sarebbe potuta sedere tra le loro radici.

 

Scoprì che la strada era più lunga di ciò che si ricordava, ma non ci mise molto ad arrivare.

 

Rimirò deliziata per alcuni minuti lo scintillio dell’acqua ghiacciata. Era affascinante. Aveva visto molte volte la sua pelle scintillare come oro, ma quello spettacolo era nuovo. Il ghiaccio brillava d’argento, anzi no, erano piccoli riflessi trasparenti, polvere di fata, brina mattutina.

 

In quel momento lo sentì. Un gemito che si trasformò in un lamento.

 

Si guardò attorno, spaventata.

 

 

Lo sentì un’altra volta.

 

 

Cercò di capire da dove venisse quel rumore e mosse alcuni passi.

Allora vide delle macchie rosso vivo, quasi arancioni, imbrattare la neve.

 

Qualcosa, no qualcuno, era ferito.

 

Seguì le tracce, finché lo spettacolo che le si parò davanti non le mozzò il respiro, bloccandola.

 

Un uomo a torso nudo se ne stava sdraiato agonizzante sulla neve, ma non era quello a sconcertarla.

 

L’uomo possedeva infatti due ali bianche brizzolate di puntini neri, di cui una prendeva un’angolazione strana. Accanto a lui, si allargava una pozza cremisi.

 

Rimase a fissarlo scioccata, finché un altro gemito non la riscosse. Allora si avvicinò, lentamente, fino al ferito.

 

-Stai bene?

 

L’uomo sussultò ed alzò appena il capo per guardarla.

 

-A-aiuto.

 

Caoliin si lasciò cadere sulle ginocchia mentre sfilava il mantello e  cercava di avvolgervi l’uomo.

 

Era sdraiato su un fianco e per adagiarlo sul mantello avrebbe dovuto farlo rotolare. Ma le ali impedivano la procedura.

 

-Non puoi ritirare le ali in qualche modo?

 

-Potrei…ah-  gemette -ma una è rotta e non riesco a muoverla.

 

Caoliin vide che l’uomo  ripiegava l’ala destra, ma la sinistra si muoveva appena.

 

Si rimboccò le maniche del vestito, protendendosi verso l’uomo.

 

-Aspetta, ti aiuto a piegarla.

 

L’operazione richiese alcuni minuti ed alcuni gemiti all’uomo, ma alla fine ci riuscì e le ali scomparvero.

 

Le fissò sparire a bocca aperta, poi si ricordò delle condizioni del ferito e l’aiutò ad adagiarsi sul mantello.

 

A quel punto lo rimboccò per bene, coprendolo.

 

Si morse il labbro.

 

-Per ora è tutto quello che posso fare, non so curare quelle ferite, immagino che dovrò portarti da qualche parte. Non so, come guarite voi?

 

L’uomo non rispose, la fissava sorpreso, come se non credesse ai suoi occhi.

 

Anche lei lo fissò di rimando. Accarezzò con gli occhi i suoi capelli biondi dall’aria morbida ed i due zaffiri lucenti che la guardavano. Nel contorno delle labbra rivide qualcosa di familiare, così si concentrò con più attenzione sul volto dell’uomo.

 

Le ci volle qualche minuto per riconoscere in quel viso il ragazzino di alcuni anni prima.

 

-Kristopher?- Sussurrò incredula. Quel nome le era appena venuto in mente, ma non ricordava se fosse giusto.

 

-Ti avevo detto di chiamarmi Kris, quando ci saremmo rivisti.- Ridacchiò a fatica l’angelo.

 

-Ma, che ti è successo?

 

Quello alzò le spalle, ma si bloccò subito e gemette.

 

Caoliin saltò nervosa e gli si avvicinò.

 

Era turbata dallo strano effetto che le faceva quell’incontro. Fin’ora non si era mai ricordata di quel ragazzino incontrato molti anni prima, ma ora lo vedeva sotto una luce nuova e non capiva perché.

 

Sentiva qualcosa dentro, nel petto e la pena che provava le era nuova.

 

Gli si sedette accanto e l’aiutò ad alzare la testa per appoggiarla sulle sue gambe.

 

Qualcosa in lei sbloccò la diffidenza che di solito riservava agli estranei e d’istinto prese ad accarezzargli il volto con una mano.

 

Non ricordava che fosse così bello, anzi non ne aveva mai fatto caso. L’ultima volta era troppo presa a difendere il suo orgoglio ferito, mentre ora l’espressione dolorante dell’uomo le metteva ansia.

 

-Chi ti ha ridotto così?

 

Kris arricciò le labbra in una smorfia. -C’è una guerra la fuori, non lo sai? C’è gente che cerca di sterminare quelli come me.

 

Caoliin lo guardò inorridita, ripensando ai discorsi del nonno a sua madre.

 

-Dei Guardiani ti hanno fatto questo?

 

-Sembri sorpresa. Erano dei Cacciatori insieme ad alcune chimere e qualche Demone.

 

Caoliin impietrì e tutte le chiacchiere ed i discorsi sulla razza e la guerra le piombarono davanti in tutto il suo orrore.

 

-E’ tutto vero?

 

L’angelo sorrise mesto, ma continuava a guardarla teneramente.

 

Oh, capì Caoliin, lui non sapeva il suo nome e nemmeno da chi discendeva. Non sapeva che lei era una Cacciatrice, magari credeva fosse un’innocua Erudita.

 

-Ora mi dici come ti chiami? Almeno saprò a chi devo la mia salvezza.

 

Caoliin lo guadò negli occhi, triste e combattuta.

 

-Mi chiamo Caoliin, Caoliin Meth’renai. E sono…una Cacciatrice.

 

Lui le sorrise.

 

-Caoliin, è un nome che ti si addice. E’ celtico vero? E’ originario di qui allora.

 

Lei lo guardò aggrottando le sopracciglia.

 

-Non hai capito? Sono una di loro, una Cacciatrice.

 

-Ma non sei stata tu a farmi questo.

 

-E se io li conoscessi? Se fossi imparentata con i tuoi aggressori?- Ribatté Caoliin disperata. Non voleva lasciarlo, non voleva nemmeno che lui la odiasse, ma sentiva il bisogno di avvertirlo. E forse di avvertire anche se stessa.

 

-Te l’ho già detto, -rispose lui dolcemente- non sei stata tu ad aggredirmi. Anzi, mi stai tenendo tra le tue braccia.

 

Non aggiunse altro e lei lo guardò disperata.

 

-Davvero.- Le assicurò lui. –Non sei sulla mia lista nera, lo giuro.

 

Le strappò un sorriso.

 

-Senti Kris, non ti posso lasciare qui. C’è un posto dove posso portarti? Dove ti puoi curare?

 

-Aiutami ad alzarti, qui vicino c’è la mia casa. Le ferite guariranno in un paio di giorni.

 

 

 

***

 

 

 

-Papà, che mi sai dire degli angeli?

 

Aveva aspettato quell’occasione per tutto il giorno ed infine era riuscita a trovare suo padre da solo. L’aveva seguito appena era sgusciato verso la biblioteca, molto meno fornita di quella che avevano al castello, ma comunque valida.

 

-Non molto, ma ho dei libri che potranno soddisfare le tue curiosità.

 

Caoliin annuì stringendo le labbra e lanciando un’occhiata agli scaffali.

 

Il padre, ancora meravigliato dalla richiesta insolita della figlia, estrasse dei volumi e li impilò nel tavolino vicino alle poltrone da lettura.

 

-Questi dovrebbero bastare come inizio.

 

-Grazie.- Caoliin si sedette ed afferrò il primo volume, lo aprì ed iniziò a leggere.

 

Dopo alcuni minuti, suo padre tossicchiò, attirando la sua attenzione.

 

-Si, papà?

 

-Posso chiederti cos’è che ha acceso in te la curiosità….sugli angeli?

 

Caoliin arrossì, cosa che fece impensierire ancora di più il padre. Sua figlia non si era mai comportata in quel modo!

 

-In verità, questa cosa della guerra mi ha reso curiosa.

 

Suo padre ne rimase piacevolmente colpito.

 

-E a che conclusione sei arrivata?

 

-Non saprei,- rispose lei cauta –non so ancora nulla sugli altri esseri, ma non mi sembra che siano una minaccia da sterminare.

 

Il padre sorrise ed alzandosi si sporse per accarezzarle la testa.

 

-Ti lascio alle tue letture, se hai dei dubbi, chiedi pure.- esitò un momento prima di uscire. –Ma Caoliin, preferirei che non parlassi di questa tua nuova curiosità alla mamma, non è molto indulgente al momento sull’argomento.

 

Caoliin annuì e si immerse nella lettura.

 

 

 

***

 

 

-Come va oggi?

 

Caoliin passava a trovare Kris ogni mattina e restava con lui per alcune ore a fargli compagnia.

 

Tra i due era nata una tenera complicità che li metteva a loro agio nella reciproca presenza.

 

-Molto meglio, grazie alle tue cure.

 

Caoliin sorrise e prese a cambiargli le bende. Passò piano il dito sulle cicatrici.

 

-Sono quasi rimarginate ormai.

 

Si sorrisero.

 

Caoliin si lavò le mani poi prese un fagottino da cui ne trasse un’ampolla di cristallo contenente un liquido viola.

 

-Distillato di viole, so che voi angeli ne andate pazzi.

 

Kris sorrise, sorpreso.

 

-E tu come lo sai?

 

Alzò le spalle. –Mi sono informata.

 

E dopo avergli fatto una linguaccia, peraltro ricambiata, prese dalla sporgenza di marmo della parete due ciotole per versarne il liquido trasparente.

 

Kris, come aveva scoperto il giorno in cui l’aveva trovato moribondo vicino al lago, abitava in un piccolo tempio in rovina, nei meandri della foresta.

 

Dapprima ne era rimasta sorpresa, ma ora il tempio le era famigliare ed ammetteva che quel fascino mistico un po’ l’ammaliava.

 

-Alla tua salute.- Disse alzando la ciotola verso l’alto.

 

-E al nostro incontro.- Suggerì Kris.

 

 

 

 

 

 

1337 d.C., Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

-E’ arrivata posta per te.- Mi urlò Sari dal corridoio.

 

Come disse “posta” ero già corsa fuori per scendere le scale il più velocemente possibile.

 

Nei pochi mesi in cui non andavo a rilassarmi nella “mia preferita” delle residenze estive, intrattenevo una fitta corrispondenza con il mio “amico” Kris.

 

A volte andavo da sola, altre volte mi accompagnavano i miei fratelli. Era successo due anni dopo il nostro secondo incontro, Dionis e Sari mi avevano seguita ed avevano scoperto tutto.

 

Naturalmente erano obbligati dalla sottoscritta a starsene zitti. Non ero ancora pronta a condividere la cosa con i miei genitori, non quando metà della mia famiglia disprezzava qualsiasi creatura in cui non scorresse sangue puro.

 

Così Sari e Dionis, erano gli unici a conoscere il mio segreto più grande, perché ne erano stati testimoni.

 

L’anello che portavo al collo era una promessa che io e Kris avevamo recitato solo tre anni prima davanti ad una piccola sede locale di rappresentanza del Grande Consiglio. Non era stato facile organizzare tutto segretamente, ma c’eravamo riusciti ed ora eravamo felicemente sposati.

 

Peccato che ciò non comportasse la possibilità di stare sempre insieme.

 

In quegli anni, il tempo che non passavo in Irlanda, lo trascorrevo ad aiutare i miei zii. Da quindici anni infatti, avevo cominciato ad interessarmi alle vicende relative alla guerra ed ora non era inusuale che prendessi parte alle missioni più importanti della resistenza.

 

Naturalmente nessuno della mia famiglia ne era al corrente, o mi avrebbero ammazzata.

 

Così, il tempo che passavo a casa era metà destinato a subire le ramanzine di mio nonno sul sangue puro e metà lo passavo a dar manforte alla resistenza.

 

Mi sembrava di vivere una doppia vita. Ma non quando tornavo nel mio luogo sicuro.

 

In quei periodi sia io che Kris ci tagliavamo fuori dal mondo e vivevamo come una coppia di innamorati, dispersi nei boschi settentrionali del mondo. Se era vero che da una parte eravamo disposti a combattere (Kris per una questione personale, io per la persona che amavo), dall’altra eravamo anche due giovani innamorati e non trovavamo obiezioni ad abbandonare il campo di battaglia per vivere le nostre vite. Era giusto così.

 

Furono i periodi più belli della mia vita. Con gli anni però, cominciammo a passare sempre meno tempo assieme, perché la situazione peggiorava visibilmente e noi eravamo in enorme svantaggio.

 

I miei genitori presero a litigare e mi dispiace dirlo, ma fu tutta colpa dei miei nonni.

 

Da una parte il mio nonno materno e la casata dei Fionnehn, cercava di convincere i miei genitori a schierarsi dalla loro parte e noi (io e i miei fratelli) con loro.

 

Dall’altra la mia nonna materna cercava di fare altrettanto, convertendoci alla resistenza.

 

Sono sicura che se fosse stato per i miei genitori non avrebbero scelto ne l’una ne l’altra. Amavano troppo la tranquillità ed amavano tanto anche noi ragazzi, per trascinarci tutti in una guerra.

 

Ma le pressioni con gli anni si fecero sempre più insistenti, ed i due cominciarono a litigare in modo sempre più concitato, ognuno pronto a difendere e giustificare la propria famiglia d’origine.

 

La verità era che mio nonno stava dalla parte più forte ed avrebbe anche potuto vincere la causa perché mio padre, in fondo, aveva imparato ad amare mia madre e provava per lei un grande affetto e non gioiva affatto nel vederla contrariata, anzi dopo il matrimonio aveva sempre cercato di farla felice.

 

Ma mia madre, sposando Will, era di diritto diventata una Meth’renai ed era suo dovere, come le ricordava spesso mia nonna Eliantha, servire la casata.

 

Un equilibro piuttosto instabile, a mio parere. Ma l’unica cosa che mi importava, a quei tempi, era scappare da quella casa che era diventata un inferno e rifugiarmi nei boschi con Kris.

 

Purtroppo non era possibile farlo per tutto l’anno, quindi eccomi qui, con una lettera in mano in mezzo al tumulto.

 

Mi rinchiusi in camera mia e mi nascosi nell’armadio, cercando di ignorare le urla che provenivano dal soggiorno, ed aprii il sigillo.

 

Sorrisi ai tre fogli riempiti dalla scrittura piccola e fitta di Kris.

 

Almeno per qualche ora, avrei trovato un po’ di paradiso in quell’inferno.

 

 

 

 

 

 

1338, Nord del Galles, dimora di Sarah Meth’renai e Benjamin O’Connor.

 

 

 

Due bimbi di cinque anni giocano in giardino. Hanno i capelli mori e gli occhi brillanti e vivaci di due bambini cresciuti all’aria aperta, circondati da affetto ed attenzioni in gran quantità.

 

Sono due gemelli e non c’è giorno, nei cinque inverni che possono vantare, che non abbiano passato assieme.

 

Fuori è una giornata primaverile come tante, eppure anche alla luce del sole si compiono crudeltà di ogni tipo.

 

-Reeeen, ridammi la palla, è mia.

 

-Nooo, è mia.

 

-No!

 

-Si!

 

-No!

 

-Si!

 

Giocano soli in giardino, eppure ad un certo punto la madre corre nell’aia.

 

-Mark, Ren, scappate!

 

 

La donna corre disperatamente nella loro direzione, urla, ma inciampa.

 

Solo allora, scioccato, Ren si rende conto che il volto della madre ed il vestito sono tutti sporchi.

 

Anche Mark lo nota, ma proprio i due bimbi non capiscono perché la mamma si sia dipinta di rosso.

 

La vedono rialzarsi e gridare contro di loro, ma non si muovono, non ascoltano quello che la donna cerca disperatamente di fargli capire.

 

-La mamma è arrabbiata.- Sussurra Ren a Mark.

 

Lui gli risponde con il pensiero, come fanno di solito quando non vogliono far sapere agli altri le loro marachelle.

 

< Non è che è inciampata nella tempera con cui abbiamo colorato ieri mattina? >

 

< Non lo so, io non l’ho rimessa a posto…tu? >

 

Ma quei pensieri si perdono in vista di un nuovo sviluppo.

 

Un uomo afferra i capelli della loro madre e la sbatte a terra, colpendola con calci violenti.

 

-Mamma…

 

-Reeeeeenn…- La voce di suo fratello lo fa voltare.

 

Ren vede un uomo molto grosso che afferra suo fratello e lo lega. Il ricordo della madre svanisce per far posto alla vista di suo fratello che viene colpito più volte.

 

E a quel punto, mentre impaurito guarda la scena, sente qualcosa di duro colpirgli la testa e poi un gran dolore che lo stordisce fino a fargli perdere i sensi.

 

 

***

 

Ren si risveglia dolorante.

 

Geme e posa una manina sul punto della testa che gli pulsa.

 

Sente con la mano una grossa protuberanza ed allo stesso tempo si accorge che calde lacrime gli solcano il viso.

 

Si guarda intorno e si accorge di essere  steso su un pavimento lurido e freddo. Poco più in là, due uomini con le spalle grosse discutono seduti davanti ad un rozzo tavolo di legno.

 

Ren non riesce a trattenersi e singhiozza rumorosamente per tutto il tempo. I due non gli prestano attenzione.

 

-Dov’è la mia mamma?

 

Uno dei due tira gli lancia un’occhiata di sbieco, poi si rivolge al complice.

 

-L’altro se lo sono presi?

 

-Jack l’ha portato via, li aspettano al confine. Non sarà facile.

 

L’uomo rise.  –Nemmeno per questo mocciosetto sarà una passeggiata. Ma quando si rincontreranno, ahhhh, allora voglio proprio vederli.

 

-Dov’è mio fratello?

 

Ma non gli rispondono, sembra quasi che non esista. Così Ren cerca il fratello con la mente, ma non lo trova, non risponde.

 

E continua a piangere.

 

-Non credo che potremmo assistere alla scena. Da quel che ho capito, una volta trasformati li dobbiamo mollare ai loro genitori.

 

Entrambi scoppiano a ridere, ma questa volta con meno convinzione.

 

-Che schifo di vita che gli aspetta.

 

-Tanto tra un po’ quelli come loro saranno tutti morti.

 

Qualcuno bussa e l’uomo coi capelli grigi si alza per andare ad aprire.

 

-E’ lì - dice verso l’uscio.

 

In men che non si dica, qualcuno lo issa in spalla e due secondi dopo corrono già per la foresta.

 

Ren prova a dimenarsi, ma la stretta del suo rapitore è forte e fredda.

 

Non ci mettono molto a fermarsi. A quel punto Ren riesce a vedere solo due occhi rossi come il sangue, prima di portarsi entrambe le mani alla gola.

 

Qualcosa lo sta mordendo.

 

Fa male.

 

E tutto brucia.

 

 

***

 

 

Non sente più freddo, Ren.

 

Da quando ha smesso di bruciare ed urlare, tutto è diventato strano.

 

Ricorda solo un grande dolore, non sa dire quanto è durato, sa solo che si sente spaventato e vuole tornare a casa.

 

Ha le mani ghiacciate, eppure non gli da fastidio. Forse però è raffreddato, perché sente degli odori stranissimi.

 

Deve essere malato anche alle orecchie, perché tutti i suoni sono diventati più forti e gli ronzano e rimbombano.

 

Sa di conoscere quella strada, ma ha paura, non capisce perché l’abbiano lasciato proprio lì.

 

Si guarda intorno, poi comincia a correre. E prima che se ne accorga è già davanti a casa.

 

Come ha fatto ad essere così veloce?

 

Poi lo avverte, la cosa più raccapricciante che abbia mai sentito.

 

L’aria che respira comincia a bruciare e soffia forte con il naso.

 

Dalla bocca gli esce un ringhio. E lo vede.

 

Il suo riflesso, ma non gli piace perché lo odia.

 

Così si avventa su di lui, deciso a rompere quello specchio.

 

Ma non è uno specchio.

 

Lotta furiosamente e ringhia anche lui.

 

 

Entrambi si azzuffano, in una lotta tra denti ed artigli.

 

Poi un ricordo fa breccia nella mente di entrambi e la lotta si spegne.

 

I due si allontanano?

 

 

< Mark? >

 

 

 

Eppure Ren  non riesce proprio a non odiare suo fratello.

 

 

 

 

 

 

1345, Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

Caoliin corre, corre verso il limitare dei campi.

 

Le sentinelle le hanno riferito che c’è un uomo ferito che la cerca. Le hanno detto che è arrivato volando.

 

Arriva al confine in una manciata di minuti e lo trova lì, mezzo dissanguato.

 

-Oddio, Kris.

 

Non le risponde. La sentinella la guarda nervoso.

 

-Ha perso conoscenza, credo. Non è ridotto tanto bene. Ed è pieno di quella roba arancione.

 

-E’ il suo sangue, stupido- Ed è l’unica attenzione che riserva alla sentinella.

 

Caoliin guarda Kris, gli accarezza il volto e non sa decidersi.

 

Ma quando lo vede come scomparire nella luce del sole, lo morde d’istinto.

 

Il suo sangue è buono, buono come il suo profumo. E’ molto dolce, le ricorda il miele, lo zabaione, la vaniglia.

 

La sentinella la guarda con gli occhi fuori dalle orbite, ma non la ferma.

 

Non può, lei è la sua signora.

 

Kris inizia a gridare e Caoliin  si stacca.

 

E decide che è arrivato il momento di dire tutto ai suoi genitori. Dovessero decidere di bandirla dalla loro casa, a lei non importa più nulla.

 

Con lei c’è suo marito e presto sarà come lei. Poi potranno vendicarsi con i Fionnehn.

 

 

 

 

1347, Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

La situazione al castello è insostenibile.

 

Caoliin si è rifugiata in Irlanda con il suo nuovo compagno, che però sembra essere molto confuso.

 

Il poveretto non ricorda più nulla di Caoliin e secondo Milena suo padre ha ragione. Avrebbero dovuto far fuori quell’ibrido prima che avesse il tempo di riaffezionarsi a sua figlia.

 

Ma Caoliin è scappata nella casa estiva e lei, di nuovo gravida, non ha il tempo per inseguire una figlia ribelle per un paese intero.

 

Suo marito Will  poi, non aveva opposto resistenza e l’aveva lasciata fare. Non alzava mai un dito contro i suoi figli, lui.

 

Era solo lei quella che lui contraddiceva, lei e la sua famiglia.

 

Sbuffò quando il bambino calciò.

 

Non le piaceva rimanere seduta tutto il giorno, ma di camminare non le riusciva quasi  più. Era di certo la gravidanza più difficile che avesse mai affrontato.

 

Suo padre prese un respiro e guardò Frey con sguardo serio.

 

-Puoi lasciarmi solo con tua madre, ragazzo?

 

Suo figlio guardò lei, poi il nonno ed infine uscì dalla stanza. Ora erano soli.

 

-Milena, è giunto il momento.

 

Strabuzzò gli occhi e fissò il padre, quest’affermazione non se l’aspettava.

 

-Per cosa?

 

-Per farla finita. La situazione è insostenibile. Ma se tutto andrà bene, presto tu e i tuoi figli sarete di nuovo dei Fionnehn e Will non ci darà più fastidio.

 

Non rispose. Ultimamente litigavano spesso, ma provava un po’ d’affetto per quel marito che l’amava.

 

-E’ troppo, Milena. Dionis va bene, è un bravo ragazzo e sono quasi sicuro che il suo sangue sia di puro Guardiano, ma i due gemelli che ti ha costretto ad adottare? Sono ibridi.

 

-Ma sei tu che li hai resi tali.

 

-Si, per fermare i loro genitori. Ma ora cheloro  sono morti, quei due ragazzi devono essere eliminati.

 

Caoliin non si oppose a quelle parole. Era soprattutto Sari ad occuparsi dei due e non era mai stata una buona zia per loro, figuriamoci una brava madre adottiva. Non li amava come amava i suoi figli.

 

-E parliamo di Caoliin. Dobbiamo farle passare l’infatuazione per quel sudicio ibrido. Sarebbe stato accettabile se lui prima fosse stato umano, perché allora in lui scorrerebbe puro veleno di Cacciatore. Ma, per dio, è mezzo angelo Milena! Come puoi lasciare che tua figlia lo sposi?

 

-Non lo sposerà. Lei non….

 

-Che ne sai, tu? L’ha trasformato davanti ai tuoi occhi e ti è scappata da sotto il naso, potrebbe già essere troppo tardi. E tuo marito non fa nulla per impedirlo. Questa situazione deve finire, devi ritornare con i tuoi veri figli da noi.

 

-Come?

 

Il padre la guardò negli occhi, ma non rispose.

 

-Vuoi che divorzi da mio marito?

 

-No, non ce ne sarà bisogno.

 

 

***

 

 

Le tremavano le mani mentre si avvicinava al marito, addormentato nel loro letto nuziale.

 

Era lì che avevano consumato la loro prima notte di nozze, era lì che avevano concepito i loro figli e lì li avevano cullati quando erano piccoli.

 

Milena voleva bene a suo marito perché era sempre stato buono con lei. Eppure amava di più suo padre e non osava disubbidirgli.

 

Così afferrò la boccetta dalla tasca del vestito e l’aprì.

 

Fece un respiro profondo, baciò sulle labbra William, poi versò un po’ di liquido dentro alla bocca dell’uomo.

 

Non era nemmeno a metà, quando Will cominciò a tossire e rantolare dal dolore e alla scena del suo amato compagno che si contorceva in preda agli spasmi lasciò cadere a terra la boccetta, che si infranse.

 

-Mi-milen…-L’uomo si era svegliato e la guardava implorante.

 

Distolse lo sguardo, sicura che se non l’avesse fatto avrebbe mandato tutto a monte.

 

Convinta che quella quantità l’avrebbe ucciso, afferrò il mantello e corse fuori.

 

Doveva recarsi al confine il prima possibile, ma non era un compito facile per una donna agli ultimi giorni di gravidanza.

 

Fu quando si diresse in giardino che si accorse di avere tutte le gonne bagnate.

 

-Oh no, no, no.

 

Cercò di affrettare il passo, ma nei pressi del lago mise un piede in fallo e si accasciò in una pozza.

Non aveva la forza di muoversi e sentiva che qualcosa non andava.

 

Aveva già partorito tre figli, ma quella volta era diverso.

 

 

***

 

 

Tre ore dopo nessuno l’aveva ancora trovata. Pensò che tutto il castello fosse sconvolto per la morte di William, se l’avevano già trovato.

 

Nessuno sapeva che lei era lì fuori, sola a patire il freddo, nel bel mezzo di un travaglio.

 

 

***

 

 

Urlava ed aveva paura.

 

Stava sprofondando sempre di più nell’acqua e nel fango, ma non riusciva a muoversi perché il parto era già ad uno stadio avanzato.

 

Sentiva il corpo del neonato tra le sue gambe e cercava disperatamente di trattenerlo.

 

Sarebbe affogato, perché lei non sarebbe stata in grado di riprenderlo.

 

Tuttavia, l’istinto fece il suo corso e con un urlo ed un’ultima spinta il neonato uscì.

 

Non sentì il pianto. E come poteva, se quella creaturina era immersa nell’acqua?

 

Cercò di tirarsi su, di prenderla, ma le forze la stavano abbandonando.

 

Vedeva tutto offuscato e le sembrava di avere un banco di nebbia nella testa. L’acqua era una chiazza rosso scuro.

 

L’unica cosa che la teneva aggrappata alla realtà era il suo bambino.

 

-E’ una femmina.- Esordì una voce melodiosa ma stranissima.

 

-Vuoi che muoia?- Continuò quella.

 

-No, no non voglio, salvala, salvala ti prego.

 

Riuscì a girare la testa e vide una creatura emergere dall’acqua. Non capiva se era maschio o femmina. Allora comprese.

 

Una sirena.

 

-E tu cosa mi darai in cambio?

 

I secondi passavano e la bambina era ancora sott’acqua.

 

-Quello che vuoi…ti…ti prego.

 

-La tua vita.

 

Il silenzio che seguì durò alcuni secondi.

 

-La mia vita?

 

-Dammela e salverò la piccola

 

Un altro momento di silenzio, in cui Milena ebbe appena il tempo di farsi un esame di coscienza. Ma c’era poco da rimpiangere ormai.

 

-La riporterai ai miei figli? La riporterai ai Guardiani di questa casa dicendo che è la mia bambina?

 

L’essere annuì.

 

-Va bene. Ma la bambina si chiama Kaljka. Diglielo.

 

E nell’attimo in cui spirò, sentì il primo vagito di sua figlia.

 

 

 

 

 

 

1350, Castello della famiglia Fionnehn,  Alta Scozia.

 

 

 

-Mio signore,una tragedia!

 

L’uomo si voltò verso il suo servitore e lo guardò con ira.

 

-Spero tu abbia una buona motivazione per venire a disturbarmi ora.

 

-Mio signore, voi mi avete mandato a prelevare i prigionieri.

 

-Questo lo so, razza di stupido. E ti ho detto di fare in fretta, perché dobbiamo riconsegnarli alle loro famiglie, come premio per la loro ubbidienza.

 

-Lo so signore, ma temo che non sia possibile.

 

L’uomo lo guardò duramente.

 

-Cosa hai detto?

 

-La chiave signore, non si trova.

 

 

 

 

 

 

1350, Alcuni giorni dopo, Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

-Will, sei tornato.

 

Kris sorrise all’uomo, ma tornò serio appena vide la sua faccia.

 

Tutti i suoi figli gli si radunarono intorno e Kris si sentì di troppo.

 

Viveva con quella famiglia da alcuni anni, era la famiglia di Caoliin, una ragazza simpatica che l’aveva accudito fin da quando si era risvegliato, cinque anni prima.

 

Ogni volta che la guardava, che lei lo toccava o lo curava con la più completa dedizione, capiva che c’era qualcosa che avrebbe dovuto ricordare di quella ragazza, ma non gli veniva in mente.

 

I suoi ricordi cominciavano cinque anni prima. Del suo passato non ricordava nulla.

 

La ragazza era talmente dedita a lui che gli aveva regalato anche un anello in cambio della promessa che non l’avrebbe mai tolto.

 

Lui aveva accettato, perché doveva rifiutare qualcosa a quella bella fanciulla?

 

E poi sembrava così provata da qualcosa. Il suo volto era sempre triste e abbattuto.

 

Tornava spesso a casa, ma la maggior parte del tempo la passava a combattere. Quando glielo chiedeva diceva che doveva vendicare il suo amato e lo fissava con uno sguardo pieno d’amore e tristezza. E lui pensava ogni volta a quanto Caoliin dovesse amare quell’uomo, per soffrire così.

 

-Papà, che è successo?

 

-La guerra è finita.- Rispose stancamente l’uomo. Gli avevano raccontato che era stato salvato in extremis da sua figlia Sari, pochi anni prima, l’unica a riconoscere il veleno che lo stava uccidendo. Si era salvato solo perché la dose ingerita era poca, ma da quel giorno ogni mese doveva cibarsi di veleno fresco.

 

Nella stanza intanto era calato il silenzio. Nessuno esultava, si capiva che la notizia ricevuta era quella buona.

 

Così stavano zitti, in attesa di quella cattiva.

 

-La chiave della Stanza del Nulla è stata rubata.

 

-Da chi?

 

-Non lo sappiamo. I Fionnehn se la sono lasciati sfuggire da sotto il naso.

 

-Ed ora?- Frey guardava il padre con aria interdetta. –Che ne sarà di tutte le persone rinchiuse lì dentro?

 

L’uomo scosse la testa e si coprì il volto con una mano. Distolsi lo sguardo, mentre nella stanza calava il dispiacere.

 

Ma Will non si riscosse. Dopo alcuni minuti notai le lacrime bagnargli le guance. Ero sconvolto quanto i suoi figli.

 

-Papà pange.- Sussurrò Kaljka, la più piccola dei figli di Will. Aveva appena tre anni ed era la pupattola dei gemelli.

 

-Papà- il volto di Dionis, mi accorsi allora, era trasfigurato dal terrore. -Do-dov’è Caoliin?

 

L’uomo si alzò, posò una mano sulla spalla del figlio maggiore, poi uscì.

 

Non capii subito, poi Sari scoppiò in un pianto disperato.

 

-No, no, nella stanza no. Dimmi che non è in quella stanza!

 

Nessuno le rispose.

 

Sentii la testa girare, un mare di immagini si sovrapposero nello stesso istante.

 

 

Una ragazza assorta seduta in riva al lago. La stessa bellissima donna china su di me a curarmi le ferite.

 

Lei vestita di bianco, lei nuda nel mio letto.

 

Lei che mi bacia, lei che mi morde.

 

Lei che mi sorride quando le chiedo chi era il suo amato e non risponde.

 

Lei che mi fa giurare di non togliere mai l’anello.

 

 

Lanciai un urlo disumano e mi presi la testa tra le mani mentre mi accasciavo a terra.

 

 

La mia Caoliin, chi mi aveva tolto la mia Caoliin?

 

 

 

 

 

 

Dicembre 2005, Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

-Dove vai?

 

Si voltò e vide Dionis e Kaljka seduti sul suo letto.

 

-Me ne vado per un po’.

 

-Quanto stai via?

 

Ka’, la minore dei suoi fratelli acquisiti, lo guardava dispiaciuta, mordendosi il labbro inferiore.

 

Alzò gli occhi al cielo. – Starò via circa un anno o due, non preoccuparti.

 

Alzò le spalle e corse ad abbracciarlo.

 

-Beh, mi mancherai.- E gli sorrise prima di uscire dalla sua camera.

 

Kris non si sorprese, era abituato ai suoi sbalzi d’umore. Kaljka era tutta particolare.

 

Chiuse lo zaino ma il fratello glielo tolse dalle mani.

 

-Ti accompagno fino al confine.- Si offrì lui. Kris sorrise, accettando la proposta. –Tanto lo sai che prima devi passare a salutare tutti gli altri.

 

Sospirò e lo seguì. Amava la sua famiglia, ma non era mai riuscito a darsi pace, quindi era raro che trascorresse molto tempo a casa.

 Preferiva cercare una stupida chiave in ogni angolo del mondo, almeno così  la sua vita aveva uno scopo.

 

La verità era che non aveva mai perdonato se stesso, mai.

 

Sospirò di nuovo quando ripensò che questa volta, dopo secoli, c’era molto vicino. Sarebbe andato in Italia, da un gruppo di Vampiri che si faceva chiamare Volturi.

 

 

 

 

 

 

Estate 2006, 21 giorni dalla trasformazione di Bella,  Castello della famiglia Meth’Renai, Alta Scozia.

 

 

 

Lui e Bella erano distesi tra l’erba, aspettavano l’alba.

 

Aveva appena passato tutta la notte nella foresta per addestrare la sua nuova sorella e migliorare i suoi riflessi nell’oscurità.

 

Non si lamentava di Bella, era un’allieva dotata.

 

L’unica pecca era l’atteggiamento che gli riservava. Non aveva paura di scherzare con lui, anzi gli lanciava delle frecciatine davvero…ah!

 

Nessuno l’aveva mai trattato così, a parte una persona. E forse un po’ capiva il perché.

 

La verità era che tutti l‘avevano sempre trattato in un certo modo perché era stato lui, per primo, a farsi vedere calcolatore, impassibile, senza mai esprimere i propri sentimenti davanti agli altri.

 

Ma con Bella non era possibile. Quella ragazza sfondava ogni sua difesa, penetrando la maschera che si era sapientemente creato in secoli e secoli.

 

Era piombata nella sua vita perché l’aveva voluto lui, ma non avrebbe mai creduto che l’avrebbe sconvolto a tal punto.

 

Come se inconsciamente avesse captato i suoi pensieri, la ragazza si voltò a guardarlo e sorrise.

 

Prima che potesse bloccare i suoi muscoli, ricambiò.

 

Maledizione! Perché Bella riusciva sempre a disarmarlo in quel modo?

Non voleva essere spontaneo, preferiva mantenere una solida e sicura facciata dietro cui nascondersi.

 

Perché nessuno poteva capire cosa ci nascondeva dietro, nessuno poteva contaminarlo.

Lui aveva le sue colpe, i suoi rimorsi, nessuno poteva porvi rimedio, nessuno doveva farlo. Perché lui voleva così. Era la sua condanna per ciò che aveva fatto e se la sarebbe portata appresso finché non avesse liberato l’anima di Caoliin.

 

 

-Perché sei triste?

 

Sospirò, perché non si faceva mai gli affari suoi quella bambina?

 

-Cosa ti fa pensare che sia triste?

 

-Tutto, basta guardarti.

 

In quel momento qualcosa scattò dentro di lui. Allungò la mano fino ad accarezzare la guancia fredda della ragazza.

 

Caoliin. Per un momento pensò che fosse lei. Poi tornò alla realtà.

 

Cosa stava facendo? Quella ragazza non assomigliava nemmeno lontanamente a Caoliin.

 

 

Stava per scusarsi, ma vide che Bella era in una sorta di coma.

 

-Bella?

 

Provò a scuoterla, ma non rispose.

 

A volte capitava che chiudesse gli occhi per qualche secondo e si estraniasse dal mondo. L’aveva notato spesso.

 

Forse qualche fantasma del suo passato la tormentava.

 

C’erano momenti in cui Kris avrebbe voluto mollare tutto e riportarla a casa. Ma poi ricordava il suo scopo e tutti i suoi rimorsi per averla strappata dalla sua vita sparivano.

 

Lui provava un dolore più grande da secoli e una sciocca ragazzina sentimentale non l’avrebbe fermato.

 

Eppure dentro di se si sentiva in colpa. Molto.

 

La prese per le spalle, scrollandola piano.  Al secondo tentativo si riscosse.

 

-Che ti è preso?

 

-N-nulla.- Si alzò a sedere, confusa. I suoi occhi non brillavano come al solito. C’era un’ombra che li offuscava.

 

Rise. –Non siamo proprio capaci di mentirci a vicenda, eh?

 

-No.- Ammise lei. E risero, senza sapere perché.

 

Ognuno con i  suoi pensieri, ognuno con le sue croci.

 

Chissà quali erano le sue.

 

 

 

 

 

 

Vi è piaciuto il capitolo?

Spero non vi abbia annoiato troppo.

 

Prendo l’occasione per accennarvi ad un nuovo forum di Scritura originale, fanFictin e Giornalismo. E’ appena nato e servono utenti, lettori e scrittori. Se volete farci un salto potete cliccare sul bannerino qui sotto. Magari vi piace!

 

 

.:°*°:.

 

WritingInTheMoonlight

 

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Capitolo 18
*** 20... ***


Sono assolutamente contenta che il capitolo vi sia piaciuto….Ma sono ancora più euforica perché HO SUPERATO L’ESAME TEORICO!!!! EVVAIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!

 

Devo correre a festeggiare, come al solito ringrazio i benedetti lettori che hanno recensito, VI ADORO!!! Avete lasciato tutti delle recensioni molto belle, a cui risponderò però nel prossimo capitolo, scusate…intanto però potrete commentare anche questo, che dite?

 

 

 

 

Eccovi qui il capitolo, avevamo lasciato Bella in un bosco seguita da strani individui…in effetti per lei non inizia un bel momento, il suo martirio psicologico e fisico non è che appena iniziato….MUAHAHAHAHAHAHAHAHAAHA! Ehm, prego potete leggere…

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO VENTESIMO

 

“Voglio tornare umana.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

[Piccolo promemoria, ripresa del capitolo 18…]

 

-Frey.

 

Mi precipitai e lo presi tra le braccia. Il mio cuore cominciò a battere più forte del solito e le mie guance ripresero colore. Sentivo le orecchie fischiare e l’agitazione mi bloccava i pensieri. Cercai di calmarmi. Ne sentivo altri, in pochi minuti mi avrebbero raggiunta, ma Frey aveva una brutta cera e un liquido porpora, un misto di veleno e sangue, colava lungo il suo corpo.

 

Decisi all’istante. Corsi fino al confine ed abbandonai Frey. Senza aspettare un momento di più tornai indietro e mi misi a correre il più lontano possibile. Dovevo fare in modo che seguissero me, non lui.

 

Dopo pochi minuti il primo mi era alle costole. Caspita, erano molto più rapidi di me.

 

Tentai di accelerare ma in quel momento uno di loro mi colse da davanti.

 

Provai a contrattaccare e con tutta la forza del pensiero lo feci volare verso un pino. Ne spezzò tre prima di fermarsi. Ma si rialzò subito.

 

Senza pensarci due volte ricominciai a correre, il mio cervello cercava disperatamente un modo per uscire da quella situazione.

 

Non me ne resi subito conto.

 

Ad un certo punto mi accorsi che non stavo più correndo ed il secondo dopo sentii il mio fianco lacerarsi.

 

Non feci in tempo ad urlare dal dolore. Al secondo colpo persi i sensi.

 

[…fine capitolo 18.]

 

 

 

 

 

 

 

Mi risvegliai in una pozza di liquido appiccicoso, che intuii essere il mio stesso sangue.

 

Si era raggrumato nei miei vestiti, nelle mani e tra i capelli.

 

Cercai di aprire gli occhi ma dopo qualche secondo capii che lo erano già.

 

Mi sembrava di essere rinchiusa in una scatola, percepivo quel nero premere intorno al mio corpo, come se il nulla mi schiacciasse.

 

L’unica cosa concreta che sentivo era la pietra fredda sotto di me.

 

A fatica mi alzai e rimasi seduta per un po’, stordita.

 

La testa mi doleva atrocemente.

 

Emicrania, ora sapevo cosa voleva dire.

 

A tentoni cercai di definire i confini del luogo in cui mi trovavo.

 

Allungai le braccia in avanti, ma avvertivo solo aria, così aprii le braccia ed entrambe le mie mani toccarono le pareti.

 

Erano più friabili del pavimento, ma ugualmente fredde.

 

Strisciai in avanti e poi indietro fino a disegnare mentalmente l’ampiezza del luogo in cui mi trovavo.

 

Non era molto grande, a malapena poteva essere lunga due metri e larga uno.

 

Non c’erano spifferi, quindi probabilmente nessuna apertura. E non ero riuscita a trovare nemmeno nessuna sporgenza che delineasse una porta o una qualche uscita.

 

Non avevo bisogno di respirare, ma l’aria mi mancava comunque.

 

Il soffitto era bassissimo, non riuscivo nemmeno a stare in piedi dritta, solo accucciata sulle ginocchia.

 

Mi prese un’altra fitta ed un dolore al fianco, così mi rannicchiai sul pavimento.

 

L’aria era intrisa dall’odore del sangue, del mio stesso sangue e di quello di Frey.

 

Tremavo, la testa mi girava e il terribile incubo di essere stata murata viva mi perseguitava.

 

 

Edward, dove sei?

 

 

Non so per quanto continuò quell’agonia. Dormivo o ero sveglia? Non sapevo nemmeno dirlo.

 

Il buio era così impenetrabile da non lasciarmelo capire.

 

Ero stanca ed affamata perché a digiuno da più di un mese. (nota: non è che Bella sia rinchiusa da un mese, è che non mangia da un mese e mezzo)

 

Sapevo che un Cacciatore poteva resistere fino a sei mesi senza cibo, ma ferita com’ero mi sentivo debilitata ed inoltre ero una novellina, non avevo abbastanza forza per non accusare la fame e continuavo ad indebolirmi.

 

Era impossibile dire se fossero passati minuti, ore, giorni, secondi…

 

Provai a contare ma più volte mi persi nell’oblio. E tutto ricominciava.

 

Forse avrei potuto usare il mio potere per far saltare in aria qualcuna della pareti, ma non riuscivo nemmeno a tirarmi su a sedere, quindi rimasi distesa in una sorta di apatia.

 

Nemmeno il senso di isteria che mi tempestava all’interno riusciva a riscuotermi.

 

L’unico rumore che percepivo ogni tanto era un ticchettio nel soffitto.

 

Forse pioveva.

 

No, non era la pioggia. Erano passi.

 

Mi riscossi un pochino.

 

Qualcuno camminava sul tetto?

 

Prestai più attenzione.

 

Erano passi di marcia, decisi e svelti.

 

E ne sentii altri. Alcuni più lenti e strascicati, alcuni sconnessi, altri pesanti. A volte coglievo anche uno scalpiccio più leggero.

 

Ed allora cominciai a ragionare.

 

Pian piano, mi tirai a sedere ed alzai le mani tastando il soffitto.

 

E la trovai, la botola.

 

Cominciai a spingerla con tutta la forza che mi era rimasta, la forza della disperazione, ma era chiusa.

 

Presi un respiro, cosa inutile dato che mancava l’aria, e cominciai a battere con i pugni sulla botola. All’inizio erano fievoli colpi ma con l’aumentare della speranza, crebbe la foga ed i pugni si fecero sempre più forti e veloci. Iniziai ad urlare, per quanto lo permettesse la voce, fino a farmi male la gola.

 

E quando allo stremo delle forze stavo quasi per rinunciare, la botola si aprì, accecandomi.

 

-Cosa credi di fare?- Una voce roca arrivava da qualche parte dalla luce, era arrabbiata e spazientita.

 

Senza riuscire a parlare, mi spinsi con le gambe verso l’alto ed afferrai i bordi dell’uscita.

 

-Tiratemi fuori- riuscii solo a dire, la voce impastata, resa roca dallo sforzo e dal prolungato silenzio.

 

Poi urlai di nuovo, questa volta dal dolore, quando l’uomo mi schiacciò le dita, probabilmente con le scarpe, e fui costretta a mollare la presa.

 

-Ma guarda questa.

 

Un tonfo e la botola si richiuse, facendomi ripiombare nel buio.

 

Mi veniva da piangere, un po’ per le dita delle mani, frantumate in un migliaio di schegge a causa del colpo dell’uomo, un po’ per la disperazione di essere ripiombata nel buio.

 

La mia vista era annebbiata da tante macchie di luce, che si spostavano velocemente nel buio.

 

Chiusi gli occhi e istintivamente tentai di massaggiarmeli con le dita ma urlai quando una fitta mi ricordò che erano rotte.

 

Il respiro si fece affannoso e rare lacrime fredde come il ghiaccio cominciarono a scendermi sulle guance. Dovevo sforzarmi perfino per piangere.

 

Sentivo le dita pulsare, i frammenti delle ossa che mi si conficcavano nella carne e deformavano le mie mani. La fitta sul fianco, l’emicrania.

 

Mi stesi a terra e rimasi così per altri infiniti attimi di buio.

 

E ancora, e ancora.

 

Desideravo solo di poter morire.

 

Voglio tornare umana.

 

 

 

 

Interminabili minuti di buio.

 

 

 

 

Sussultai, ogni tanto mi svegliavo da quella sorta di torpore in cui ero caduta. Non erano bei momenti.

 

-...Non hai idea di che tormento sia stato il pensiero di te immobile, bianca, fredda…di non vederti più avvampare di rossore…-

 

Che sciocca, davvero mi ero lasciata convincere del fatto che Edward mi avrebbe accettata lo stesso? Lui aveva parlato con l’ardore del momento, con il ricordo del suo amore per me da umana ancora vivido nella sua mente, cosa che lo rendeva cieco.

 

Lui non sapeva qual’era la mia vera natura, ora.

 

Voglio tornare umana.

 

 

 

 

Infinite ore di buio.

 

 

 

 

Un raggio di luce filtrò per qualche secondo dalla botola, destandomi.

 

Sentii qualcosa di piccolo e duro cadermi addosso e rotolare sul pavimento, poi tutto tornò buio. Strisciai piano e alla fine riuscii a rotolare di lato sul fianco sano.

 

La mia testa girò per alcuni secondi.

 

Tenevo le braccia incrociate al petto, le mani inermi posate sulle spalle. Quasi non riuscivo più ad utilizzarle, però c’era una cosa positiva in quella sorta di insensibilità: non pulsavano più. Non sentivo più gli scricchiolii delle schegge o il dolore della carne tagliata. Era come se mi fossero state amputate.

 

Allungai la testa verso il punto in cui avevo sentito cadere la cosa. Lo trovai quando lo sentii strusciare sulla punta del mio naso.

 

Pane.

 

Quasi non ci credevo. Sciolsi la posa rigida delle mie braccia e cercai di intrappolare il tozzo di pane tra i polsi.

 

Non fu facile, ma ci riuscii. Tentai di alzarmi un pochino ed alla fine mi sedetti e tirai su le ginocchia, dove appoggiai il pezzo di pane.

 

Fu un’operazione lunga e dolorosa. Ma la fame mi diede una forza di volontà che non avrei mai creduto di possedere.

 

Avvicinai la bocca alle ginocchia e morsi il pane mentre con i polsi lo tenevo il più fermo possibile, in modo da staccarne un boccone.

 

 

Il primo istinto fu quello di sputarlo.

 

Perché la prima cosa che avvertii fu il sapore di sangue. Il pane, realizzai, doveva essere caduto nella pozza di liquido sul pavimento.

 

Sentire il sapore di mio fratello nella bocca mi diede il voltastomaco.

 

Nonostante ciò, non lo sputai.

 

Con le lacrime agli occhi masticai il boccone, cercando di avvertire il gusto del pane.

 

Ma non lo sentii. Mi sembrava di masticare carne cruda, cosa che mi riportò a galla brutti ricordi.

 

Mi sentivo un mostro, ma la fame prese il sopravvento e lo mangiai tutto con avidità mentre cercavo di non badare al sapore.

 

Voglio tornare umana.

 

 

 

 

Indefinito tempo di buio.

 

 

 

 

 

Il bisogno urgente del suo sangue.

 

I miei denti che affondavano nella sua carne dura e fredda.

 

Il suo veleno che mi bruciava la gola, freddo e tagliente.

 

E buono.

 

Spesso, tra un attimo e l’altro di oblio rivivevo il momento in cui mi ero resa conto di essere una creatura orribile.

 

Strappavo, succhiavo, sgretolavo quel corpo mentre Victoria si muoveva sempre meno.

 

E sapevo che presto mi sarei staccata da lei, esausta ed avrei visto le mie mani e i miei vestiti inzuppati mentre la consapevolezza di essere un mostro si sarebbe impadronita di me.

 

Ma quando alzai gli occhi, al posto del corpo straziato di Victoria davanti a me vidi un bellissimo ragazzo, i capelli inzuppati di sangue, il petto straziato, le guance graffiate.

 

Era morto.

 

Aveva gli occhi sbarrati e vuoti ma mi guardava con estrema dolcezza.

 

Avrei voluto urlare perché non sopportavo che mi guardasse così.

 

Prima che potessi fare qualsiasi cosa diventò cenere.

 

 

Era Edward.

 

 

Ti prego, oh Dio ti prego. Voglio tornare umana, ti prego.

 

 

 

 

Deliravo dalla febbre quando la botola si aprì.

 

Due braccia possenti mi tirarono fuori con facilità.

 

-Cavoli, è messa proprio male. Ha la febbre.

 

-La febbre?- Una voce più giovane, sconcertata. In effetti non doveva essere comune tra i Cacciatori la febbre, noi eravamo esseri in parte ancora umani è vero, ma raramente venivamo colpiti da malattie.

 

Quando uno di loro mi prese per i fianchi gemetti e vomitai il pane che avevo mangiato chissà quanto tempo prima.

 

-Chissà che non crepi prima di arrivare dal padrone, ci ucciderebbe.

 

Mi lasciai trasportare senza dare il minimo contributo.

Ero troppo occupata a riabituarmi alla vista della luce e a cercare di non svenire.

 

Avrei davvero voluto capire qualcosa della situazione, ma il mio cervello era in panne, non riuscivo a capire nulla che andasse al di fuori del dolore fisico e psicologico che provavo.

 

E poi i miei pensieri erano fissi su un’unica immagine.

 

Edward.

 

Morto.

 

 

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Capitolo 19
*** 21 + fine prima parte ***


Eccomi qui ragazze, scusate l’attesa. Ormai abbiamo raggiunto i capitoli che ho scritto di questa storia e per eleborarli ci vorrà un po’. Comunque ho preso la patente….CHE BRAVAAAAAAAA!!!!!!!!! Vabbè, questo capitolo ha bisogno di una piccola introduzione.

 

 

C’è un punto in questo capitolo che potrebbe farvi un po’ schifo.

 

Molto schifo.

 

Io l’ho sognato così com’è descritto e faceva davvero IMPRESSIONE!!!

 

Quindi se vi fa impressione il sangue o l’autolesionismo NON LEGGETE!!!

 

 

Bene, il mio dovere l’ho fatto. Ed ora vi lascio al 21° capitolo (per qualche strana ragione credevo di averlo già postato, sennò l’avrei fatto prima…SCUSATEMI!!!!)

 

Grazie a chi come sempre ha recensito e alle nuove lettrici, non vi rispondo o non posso scrivere il prossimo capitolo (misuro il tempo con il contagocce ormai).

 

RECENSITE QUANTO VOLETE CHE MI FA PIACERE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Ok, adesso basta, vi lascio al capitolo.

 

 

 

ATTENZIONE: alla fine ci sarà un altro piccolo capitolo che concluderà la prima parte della fic. Ci vediamo in settimana per l’inizio della seconda, a prestissimo!!!!

 

 

 

 

 

CAPITOLO VENTUNESIMO

 

La più pericolosa e potente arma di vittoria.

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

Venni trascinata per molti corridoi e per due rampe di scale.

 

A peso morto, mi lasciavo portare dai due uomini.

 

Fu quando entrammo in una stanza molto grande e luminosa che mi riscossi.

 

Avvertii una ventata di odori molto diversi tra loro, ma tutti buonissimi.

 

Venni deposta nel centro della stanza, davanti ad un grande tavolo di legno massiccio. Il suo stemma mi fece sussultare.

 

Quando le guardie mi lasciarono, caddi in ginocchio.

 

-Nome?- Chiese una voce annoiata. Alzai lo sguardo e vidi un uomo seduto aldilà del tavolo, i piedi poggiato sul bordo, la schiena sul poggiolo della sedia.

 

Lo valutai. Non poteva essere più di un cacciatore ordinario, troppo inferiore per essere alle dirette dipendenze dei suoi padroni. Ma comunque, sembrava soddisfatto del suo lavoro.

 

Focalizzai dunque lo sguardo sulle due guardie che gli stavano affianco, ritte in piedi ai lati del suo piccolo insulso trono.

 

Riconobbi all’istante ciò che erano. L’avevo imparato durante il mio corto ma intenso addestramento. Esseri animaleschi in forma umana. Movenze selvagge, occhi non umani. Istinti primitivi.

 

Quindi i Fionnehn, dall’alto della loro intolleranza verso il sangue sporco, permettevano alle Chimere(*) di lavorare per loro?

 

-Ebbene?

 

Oh, realizzai. Parlava con me.

 

Mi guardai attorno e vidi che la stanza era piena di guardie e alle pareti, su dure panche di legno, sedevano vari individui incappucciati o vestiti di stracci. Alcuni erano incatenati al muro, altri ancora rimanevano seduti immobili, i loro occhi spenti, vuoti. A differenza dei primi non si lamentavano.

 

Una bambina dalla pelle scura piangeva incatenata alla parete mentre cercava di rimanere in piedi per non portare il peso sui polsi, lacerati dal duro ferro.

 

Vidi le sue gambe tremare, poi cadde a peso morto. Urlò e dimenò i polsi, sulle sue braccia scesero nuove scie di liquido fresco. Il mio stomaco si contrasse, affamato di veleno.

 

-Parla forse?- Mi voltai verso l’uomo che ora parlava alle guardie che mi avevano portata lì.

 

-Non…- La guardia, che ricordai essere l’uomo che mi aveva distrutto le dita, mi guardò incerto, corrugando le sopracciglia -Si credo di si..

 

-Parlo.- Risposi atona, la voce roca.

 

-E allora, di grazia, rispondi alla mia domanda. Nome?

 

Un ometto gracile, seduto poco più a destra, poggiò la penna sul foglio, pronto a trascrivere.

 

Rimasi un attimo interdetta. Che nome avrei dovuto usare? Ero appena stata ripudiata, quindi non ero più…E comunque, dovevo forse esporre i Meth’renai dicendo che ero scappata?

 

-La mia pazienza è finita. Portatela via e sopprimetela.- Mi liquidò annoiato l’uomo.

 

Fu allora, che il mio istinto di sopravvivenza ebbe la meglio. Le due guardie fecero per avvicinarsi ed io giocai il tutto per tutto.

 

-Il mio nome era Andromis Isabella Meth’renai.

 

L’uomo si tirò a sedere lentamente fermando le guardie con un cenno, e mi guardò freddamente negli occhi.

 

-Come?

 

Ripetei la mia risposta, adagio e senza distogliere lo sguardo dal suo.

 

-Era? La tua famiglia ti ha forse ripudiata?

 

-No, sono stata io a ripudiarla.- Non so perché stavo dicendo tutta la verità. Avrei dovuto stare zitta, eppure stavo agendo senza pensare.

 

Calò il silenzio.

 

-Menti. Sono passati secoli da quando è stato presentato l’ultimo membro della famiglia Meth’renai e non esiste nessuna Andromis.- Sibilò lui.

 

-No, non mento. Non ero ancora stata presentata in società.- Pensai che dovevo finirla. Stavo mettendo a repentaglio tutto ciò che amavo. Avrebbero potuto usarmi come esca, come spia, avrebbero potuto estorcermi informazioni.

 

Ma non mi importava. La mia mente era vuota e gli incubi tornarono a farmi visita, riempiendomi di disgusto verso me stessa.

 

-Lo sai, cosa succede a chi mente?

 

-La stessa cosa che succede a chi dice la verità, immagino che li uccidiate in egual modo.- Risposi gelida.

 

 

Probabilmente insultandoli avrei solo affrettato la mia fine. Beh, era forse una cosa così brutta da desiderare?

 

Ma il volto di Kris comparve nei miei pensieri. In volto l’espressione di dolcezza e tristezza che assumeva quando parlava di sua moglie. E poi vidi Edward, morto per mano mia. E ricordai che c’era ancora una cosa che dovevo fare prima della mia fine.

 

 

Alla mia risposta, però, l’uomo non si arrabbiò, anzi rise.

 

-Educata come una vera Meth’renai. Beh, lo vedremo, se dici la verità…Portatela dal nostro Signore e dategli questo.

 

Porse un foglio alle guardie e sul suo volto si dipinse un sorriso maligno.

 

-Ci vedremo presto, piccola Andromis. Ogni condannato viene processato da me, sarà un piacere presenziare la tua esecuzione.

 

E venni di nuovo trascinata dalle guardie. Questa volta riuscii a collaborare un pochino nel camminare, l’adrenalina sembrava avermi donato un po’ di forza. Cercai di trattenere i respiri affannosi e di ragionare.

 

Ero nel pieno covo dei Fionnehn ed avevo appena confessato informazioni molto pericolose ai miei nemici mortali.

 

C’erano solo due conclusioni alla mia prossima udienza. E capii che potevo giocare una sola carta: la verità. O almeno parte di essa.

 

Raccontando tutto quello che mi era successo i Fionnnehn avrebbero avuto due alternative.

 

La prima, ascoltare le informazioni e poi uccidermi e sventolare il mio corpo come ennesima vittoria sui loro più grandi oppositori.

In quel caso, tutto sarebbe stato perduto. Tutti gli sforzi di Kris sarebbero svaniti con la mia morte, perché io stessa possedevo la chiave in quel momento.

E peggio, se l’avessero trovata sul mio corpo esanime, sarei stata responsabile di aver riportato ai Fionnehn la più pericolosa e potente arma di vittoria.

 

La seconda opportunità, era la più pericolosa ed infame via di salvezza. Perché i Fionnehn avrebbero potuto decidere di usarmi, usare le mie informazioni, il mio potere, la mia presunta “ira” verso la famiglia che tanto dolore mi avevano creato.

E a quel punto sarei stata salva, ma prigioniera della volontà di quella famiglia che tanto odiavo. E se avessi fallito nel fingere, la situazione si sarebbe svolta come nella prima opzione.

 

 

Risi di me, della situazione che io stessa avevo creato. Per assolvere i suoi peccati, Will viveva nel rimorso, nella sofferenza continua che veniva rinnovata ogni mese.

Kris aveva fatto della vendetta il suo unico scopo, annientando se stesso.

I gemelli, sfidavano costantemente la natura, consci di poter distruggere l’equilibrio in ogni momento.

 

Ed io? Il mio modo di espiare le mie colpe doveva essere di certo quello. Morire in un covo di infami, lottando per le loro idee solo per riuscire a fare l’ultima cosa buona nella mia vita: aiutare colui che mi aveva creata.

 

Fui portata in un’altra grande stanza circolare. Questa era decorata in oro e rosso scuro, semplice nella sua sfarzosità. I lampadari di cristallo rilucevano di mille colori.

 

Non c’erano dubbi, quella era la stanza riservata alla famiglia e gli ospiti importanti.

 

Seduto su uno spiazzo rialzato dal pavimento, c’era un uomo che conoscevo molto bene, sebbene non l’avessi mai visto di persona. Secondo la genealogia, quello era stato mio nonno.

 

La guardia gli si avvicinò con il foglio e glielo porse.

 

-Condannata per direttissima mio signore. E’ troppo pericolosa.

 

L’uomo non badò alle sue parole, lesse il foglio e sorrise.

 

-Rodar, procedi.

 

Un Cacciatore dall’aria possente mi si avvicinò, alzando entrambi le mani verso il mio viso.

 

Istintivamente chiusi gli occhi, ma poi mi accorsi che non voleva colpirmi. Appoggiò gli indici alle mie tempie, guardandomi negli occhi.

 

Alcuni ricordi sfocati cominciarono a scivolarmi davanti agli occhi, ma automaticamente schermai la mia mente.

 

Rodar mi guardò sorpreso, poi lanciò un’occhiata all’uomo che mi fissò duramente.

 

-Sarai uccisa all’istante, se non ci lasci controllare la tua mente.

 

Esitai qualche secondo, poi sentii la chiave nella mia tasca e tornai a guardare Rodar negli occhi.

 

Non potevo fare altrimenti, così lasciai che esaminasse la mia mente. Non sarebbe stato così difficile ingannarlo, mi bastava riportare a galla solo i ricordi che mi avevano perseguita come fantasmi negli ultimi giorni.

 

La paura del rifiuto di Edward, il tradimento di Kris. La mia delusione, la mia rabbia.

 

Perché quando siamo in difficoltà è più facile ricordare le cose che fanno male?

 

L’ordine di Dionis di non rivedere i Cullen, il mio ripudio della famiglia Meth’Renay, i loro sguardi traditi.

 

Mi scivolavano nella mente come il fluire dell’acqua.

 

 L’uccisione di Victoria, la consapevolezza di essere un mostro.

 

Lo sapevo, sapevo di non aver nulla da perdere.

 

Il volto di Edward…morto.

 

Sembrò bastare, perché il mio supervisore si voltò verso l’uomo e fece la stessa cosa che aveva fatto con me. Capii che gli stava mostrando cosa aveva visto nella mia mente.

 

-Davvero interessante. Portatela in infermeria in modo che curino le sue ferite, datele una ripulita e portatela qui all’ora di cena. Sarai affamata mia cara.- Si rivolse poi a me in tono gentile.

 

-S-si. Molto.- Balbettai, sorpresa da quel nuovo tono di gentilezza ed affetto.

 

-Bene, allora questa sera banchetterai con noi.- Si rivolse a due donne in piedi vicino alla parete.-Datele la stanza a sud ovest. Quella al secondo piano.

 

Tutti nella stanza lo guardarono sgomenti, ma non fiatarono.

 

Mi si avvicinarono due donne, che con garbo mi sostennero lungo il tragitto.

 

Ero sorpresa dall’improvvisa cordialità. Cosa si aspettava da me?

 

Mi lasciarono in una stanza molto bella. Sembrava appartenesse ad una ragazza, date le grandi quantità d’abiti negli armadi e profumi nel comodino dal grande specchio.

 

Sulla parete davanti al letto c’era il ritratto di una bellissima ragazzina con due occhi verdi molto grandi e la carnagione molto pallida. I suoi capelli, di un castano molto chiaro, erano ordinatamente legati sul capo.

 

Sorrideva felice. Sulla cornice era appesa una targhetta con il nome.

 

Milena Martha Fionnehn

 

Quel nome mi ricordava qualcosa, ma ero troppo spossata per ragionare.

 

Nel bagno era stata preparata una vasca d’acqua calda e sul letto c’erano dei vestiti puliti. Rosso porpora, e come sennò?

 

Qualcuno bussò e pochi secondi dopo entrò un ragazzo dall’aria stanca. Scoprii, mentre mi medicava le ferite, che era un Erudito, cioè un Guardiano dedito al sapere.

 

-Può farsi un bagno prima che ritorni il guaritore a fasciarvi le ferite, signorina.

 

Mi disse una delle due donne prima di lasciarmi sola.

 

Ancora frastornata da quell’improvvisa gentilezza mi trascinai nel bagno e chiusi la porta, accasciandomi a terra.

 

Qualcosa mi diceva che quello sarebbe stato uno degli ultimi momenti in cui sarei stata lasciata sola e senza sorveglianza.

 

Misi la mano in tasca e strinsi la chiave tra le dita. Una strana elettricità mi percorse partendo dalla mano, come se la chiave fremesse.

 

Cercai di ragionare. Non potevo nasconderla nella stanza, se mi fosse capitato qualcosa o se qualcuno di loro avesse frugato lì dentro, l’avrebbero scoperta. Ma non potevo nemmeno tenerla addosso, perché niente mi garantiva che non mi avrebbero perquisita o che qualcuno di loro, con qualche strano potere, non la trovasse. O che non mi cadesse dalla tasca.

 

Sospirai e mi immersi nell’acqua calda. Le ferite mi bruciarono un po’, ma il mio corpo si rilassò sollevato dal tenue calore e dalla morbidezza della schiuma profumata.

 

Sguazzai nell’acqua per una decina di minuti, poi mi costrinsi a venire fuori. Dopo quel piccolo momento di riposo, avrei dovuto ragionare meglio. Ma ancora non capivo, mentre mi avvolgevo nel telo bianco per asciugarmi, dove avrei potuto nascondere la chiave.

 

E poi lo vidi.

 

Nel grande specchio a muro davanti a me, vidi la mia immagine riflessa e sul mio fianco una lunga e profonda linea rossa verticale.

 

Mi venne un groppo in gola.

 

Sentii delle lacrime salirmi agli occhi, ma le scacciai. Non era il momento di farsi prendere dal panico. Era l’unica soluzione.

 

Tastai il taglio sul mio fianco e gemetti. I lembi si erano già leggermente rimarginati, ma non del tutto.

 

Mi precipitai agli armadietti che c’erano lì in bagno cercando disperatamente qualcosa che potesse aiutarmi.

 

La trovai. Una lametta luccicante ancora abbastanza affilata.

 

Presi la chiave e mi riportai davanti allo specchio, girandomi di lato per vedermi.

 

Portai la punta all’estremità superiore della ferita e ne seguii il segno premendo più che potevo.

 

Tremavo dalla testa ai piedi, mentre riaprivo il taglio ed il liquido rosso scuro, quasi nero, colava sulla mia gamba.

 

Buttai a terra la lametta e respirai a fondo chiudendo gli occhi. Cercavo di non pensare al dolore, ma in quel momento mi venne in mente la mia immagine che massacrava un corpo e ne beveva il veleno. E quando apparve il volto di Edward riaprii gli occhi.

 

Avevo il respiro affannoso. Cercai di calmarmi, dovevo essere calma e concentrata per concludere l’operazione prima che mi scoprissero.

 

Deglutii, focalizzai il mio sguardo sullo specchio e procedetti.

 

Infilai due dita nella ferita e quasi urlando cercai di aprirla il più possibile. Evitando di svenire per il senso di repulsione ed il dolore, mi costrinsi a guardare ciò che stavo facendo.

 

Con l’altra mano presi la chiave, mettendola nella giusta posizione vicino alla ferita e di colpo spinsi.

 

Mi accasciai a terra nell’intento ma non mi diedi per vinta. Ancora distesa mi girai verso lo specchio e spinsi la chiave più a fondo, mentre un senso di nausea si impossessava di me.

 

Spinsi ancora e ancora, finché la chiave non sparì abbastanza profondamente nella ferita.

 

A quel punto rimasi singhiozzante a braccia aperte sul pavimento per qualche minuto.

 

Il dolore al fianco pulsava, era atroce. Sentivo benissimo la posizione di quel ferro che dentro la mia carne sembrava rovente.

 

Furono dei rumori nella stanza a riscuotermi. Dovevano essere le due donne che si affaccendavano nella camera lì affianco.

 

Tremante, si rimise in piedi cercando di non badare al dolore. Concentrandosi sulla pozza scura che imbrattava il pavimento, spostai ogni particella di sangue e veleno fino al tubo del lavandino.

Con una mano aprii il rubinetto e feci scorrere l’acqua fredda.

 

Lavai la lama con scrupolosità, senza lasciare tracce e la rimisi al suo posto.

 

Non c’era niente da fare, però, per la ferita che continuava a sanguinare.

 

Così mi avvolsi nel telo e tornai nella camera, dove il guaritore e le due serve mi attendevano.

 

-Mi si è riaperta la ferita sul fianco mentre uscivo dalla vasca.- Avvertii.

 

In poco tempo l’uomo riuscì a ricucirne i lembi. Ero serena. Il mio corpo non umano non avrebbe fatto infezione. Avrei solo dovuto stare attenta a non fare movimenti bruschi per i primi tempi.

 

Repressi un brivido quando pensai a come l’avrei tirata fuori.

 

Mi bendò tutte le ferite e mi somministrò un liquido per accelerare la rimarginazione dei tagli. Mi sentii fisicamente meglio, anche se sapevo benissimo che sapore aveva quel liquido. Era veleno, aveva lo stesso sapore di quello di Victoria. Cercai di non riportare alla mente ricordi scomodi e mi lasciai vestire e pettinare dalle due donne.

 

Mentre loro si prendevano cura di me, chiusi gli occhi ed immaginai di essere a casa, mentre le mani di Kaljka mi accarezzavano soffici la testa mentre mi intrecciavano i capelli e quelle di Sari mi sfioravano nell’atto di riassettarmi il vestito.

 

Quando aprii gli occhi fissai per qualche secondo la figura pulita ed elegante che mi osservava di rimando.

 

Stava ricominciando, un’altra vita, un’altra esistenza.

 

Dovevo essere forte, in fondo fingere non poteva essere così difficile, vero?

 

 

 

 

 

(*)Chimere: ci sono molte leggende sulle chimere, le più quotate le ritraggono come mostri dalla testa di leone, corpo di capra e coda di drago (esiste la variante con la coda di serpente o le tre teste). Tuttavia in questa Fan Fiction le Chimere sono esseri metà umani, metà animali, che possono mutare il loro aspetto nelle due forme, a piacimento. Un po’ come le chimere del manga FullMetal Alchemist, se qualcuno ha presente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MIA RINASCITA:

 

“Fine.”

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

Così, ero rinata.

 

Non era passato molto tempo da quel giorno, ma ancora mi sembra di essere stata una Cacciatrice per tutta la vita.

 

Con l’angoscia nel cuore, mi preparai a lasciare quella che per me era stata la mia unica famiglia.

 

Ero nata, cresciuta ed ora era il momento di andare per la mia strada.

 

Le facce dei miei fratelli, di Kris, riaffiorano tuttora nei miei incubi, nei miei ricordi.

 

Ma quel giorno non ebbi coraggio di guardare i volti dei Cullen e nemmeno il suo.

 

Un po’ perché speravo che li avrei rivisti presto, un po’ perché sapevo che se li avessi guardati, se avessi guardato Edward, non avrei mai avuto il coraggio di partire.

 

Se solo l’avessi guardato, se solo fossi rimasta.

 

Ora, ne sono sicura, sarebbe tutto risolto ed io sarei con tutti loro.

 

E loro sarebbero con me.

 

E loro sarebbero vivi.

 

 

 

 

 

 

 

New Born (Prima Parte) ~ La mia Rinascita

 

Fine.

 

 

 

Avete letto bene. Con questo capitolo si conclude la prima parte della fic. E’ un po’ un riassunto degli ultimi avvenimenti ed a parlare è Bella, sono i suoi pensieri a distanza di qualche tempo, quando questa fic finirà. Cosa ne deducete? Che almeno lei rimane viva, no??? XDXP

 

 

INDICE DEI CAPITOLI:

 

 

PROLOGO: “New Born – La Mia Rinascita

 

INTRODUZIONE: “Il piacevole dolore”

 

CAPITOLO PRIMO: “Se il lupo perde di vista il suo agnello, la volpe ha via libera”

 

CAPITOLO SECONDO: “Se avesse saputo cosa fare, sarebbe già corso a farlo”

 

CAPITOLO TERZO: “Rebirth - Rinascita”

 

CAPITOLO QUARTO: “Noi non lasciamo nulla dietro di noi, nemmeno una tomba vuota”

 

CAPITOLO QUINTO: “Doni, dimostrazioni e precipizi.”

 

CAPITOLO SESTO:  “Il mondo non gira intorno ad Aro.”

 

CAPITOLO SETTIMO: “I volti dei leader”

 

CAPITOLO OTTAVO: “Il beneficio del dubbio.”

 

CAPITOLO NONO (Prima parte): “Contro ogni legge della natura”

 

CAPITOLO NONO (Seconda parte): “Che tempo fa su Plutone.”

 

CAPITOLO DECIMO: “Tutte le vie portano a Volterra…”

 

CAPITOLO UNDICESIMO: “…o meglio, tutti gli scopi portano ai Volturi.”

 

CAPITOLO DODICESIMO: “Mancava qualcosa. E non sapeva neanche cosa.

 

CAPITOLO TREDICESIMO: “Una donna…con cattive intenzioni.”

 

CAPITOLO QUATTORDICESIMO: “La ballata.”

 

CAPITOLO QUINDICESIMO: “Un paltò color porpora.”

 

CAPITOLO SEDICESIMO: “In bilico tra la veglia e l’incoscienza.”

 

CAPITOLO DICIASETTESIMO: “Agli sgoccioli.”

 

CAPITOLO DICIOTTESIMO: “Il piano perfetto”

 

CAPITOLO SECONDARIO – Prima parte: “Ora il nulla non era più un luogo sicuro, ma un’odiata prigione.”

 

CAPITOLO SECONDARIO – Seconda parte: “Un distillato di odio puro.”

 

CAPITOLO DICIANNOVESIMO: “Memorie. Dalle fonti del Grande Consiglio e dei sopravvissuti.”

 

CAPITOLO VENTESIMO: “Voglio tornare umana.”

 

CAPITOLO VENTUNESIMO: “La più pericolosa e potente arma di vittoria.”

 

LA MIA RINASCITA: Fine.

 

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Capitolo 20
*** 22 + inizio seconda parte ***


Con il capitolo scorso abbiamo messo fine alla prima parte di New Bon ~ La mia Rinascita.

 

Con questo capitolo, inizia la seconda parte della storia.

 

 

 

 

 

Seconda parte:

 

 

New Born ~ I end with you

 

(Io finisco con te)

 

 

 

Se sono qui a raccontare, vuol dire che ancora esisto in questo mondo.

 

Ora, se la vostra spiccata fantasia, se il vostro buon senso, se la vostra innata ostinazione vi dice che c’è sempre un lieto fine, che tutto si risolve nel migliore dei modi, che la vittoria non si ottiene senza sacrifici…allora fatemi il piacere, e fatelo a voi stessi, di smettere immediatamente di leggere slittando direttamente alla fine e pensando che tutto si sia risolto nel migliore dei modi.

 

Ecco, la fine suonerebbe esattamente così:

 

Tutto finì per il meglio. I miei fratelli, mio padre ed i Cullen, forti della loro alleanza e del loro amore per me, vennero a liberarmi e mi riportarono a casa.

Uno dopo l’altro, i Fionnehn vennero distrutti fino a diventare innocui e la faida finì.

Abbracciai Will, che mi riprese nella sua famiglia come sua figlia, abbracciai Kris, che tra tutti è il mio fratello preferito e che dopo essersi vendicato uccidendo i Fionnehn, si mise il cuore in pace. Abbracciai Esme e Carlisle, Alice e Jasper, Emmett e Rosalie, quando in una bellissima giornata d’estate sposai Edward, mio unico e solo amore. Insieme, nella grande villa di famiglia, vivemmo felici per molti anni. Ed ancora oggi ogni Natale, Pasqua ed estate, ci ritroviamo tutti insieme per festeggiare. Fine.

 

 

 

 

Se invece volete sapere cosa capitò quando varcai il portone della sala da pranzo dei Fionnehn, mentre pulita, curata ed elegantemente vestita andavo incontro al mio destino, sappiate che nella vita si fanno molte scelte che, giuste o meno, sono comunque e solo una nostra responsabilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

Oh, e dopo un sacco di incomprensioni che spero abbiamo risolto finalmente arriviamo alla parte di fic che mi piace di più, quella in cui Bella passa al lato oscuro…BWABWABWAHAHAHAHAHA. No, ok, non preoccupatevi. Bella è buona, però ciò non le eviterà di fare un po’ di disastri, com’è nella sua natura. In effetti sappiamo tutti che la nostra protagonista sembra essere perseguitata dalla nuvoletta sella sfiga, quindi per rimanere in linea con il personaggio, mica potevo fare che andasse tutto bene, no?

 

Beh, preparatevi per l’ultima serie di capitoli che porteranno alla conclusione della fic. Non voglio comunque affrettare l’arrivo di quel momento, manca ancora un po’. Siamo all’inizio della fine, ecco.

 

Di certo, in ballo ci sono molti, molti personaggi rispetto a quelli che rimarranno alla fine. Capirete quindi, che da qui in poi, si deve iniziare a sfoltire il cast…MUAHAHAHAHAHAHAH!!

 

Devo dire che nell’introduzione di questo capitolo, in cui parla Bella, ho dato tutta me stessa e (sadicamente) mi piace. MUAHAHAHAHAHAH!

E’ così che dichiaro in questa giornata freddissima (almeno qui da me): FUORI UNO!!

 

CAPITOLO VENTIDUESIMO

 

Non avrei potuto trovare una sposa migliore.

(LaDamaLuthien)

 

 

 

 

 

Il vento soffiava leggero in quel pomeriggio di sole, sussurrando parole troppo lievi anche per le mie orecchie. Tutto attorno a noi era così incredibilmente bello…

 

Mi viene da ridere.

 

Alcuni la definirebbero la scena più tenera del mondo.

 

Quella in cui una madre tiene la testa del figlioletto sul grembo, accarezzandogli dolcemente i capelli e cantandogli la ninna nanna mentre si addormenta.

 

 

Un po’ come me. Che lo tenevo tra le mie braccia, accarezzandogli i capelli insanguinati e cantandogli piano la ninna nanna mortale che l’avrebbe accompagnato per sempre.

 

Il vento che soffia leggero nel pomeriggio assolato sembra ridere di quella scena. Tutto attorno a noi è così spietatamente bello…

 

La mia risata isterica.

 

Credete ancora, che sia una scena molto tenera?

 

 

 

 

 

 

 

Mi avventai sul cibo, affamata, senza curarmi dell’abito elegante che portavo o della persona che mi fissava sorridendo dall’altra parte della tavolata.

 

-Cielo, dovevi essere affamata bambina.- Ridacchiò l’uomo quando mi accasciai sui cuscini dietro di me. -Hai gradito il banchetto?

 

-Si, grazie.

 

Sospirai e mi guardai intorno cercando di non pensare a quando il vecchio Fionnehn sarebbe venuto al dunque.

 

Sul muro rivolto a nord, esattamente al centro, un grandissimo ritratto di famiglia ricopriva l’intera parete. Molti volti bellissimi, con il mento alto e le guance pallide, sorridevano austeri.

 

Ma la mia attenzione ricadde sul centro del dipinto, dove l’uomo che mi stava davanti sedeva in una poltrona con una mano posata sul capo di una ragazzina aggrappata alle sue ginocchia.

 

Era la stessa ragazzina che avevo visto nel ritratto in camera mia.

 

Trattenni un respiro, troppo stupita per controllarmi. Ma certo! Come avevo potuto non capire? Quella era Milena Fionnehn, la figlia prediletta di Donuil Fionnehn che in quello stesso momento mi osservava attentamente seguendo ogni mio piccolo movimento.

 

Milena, la moglie di Will, morta in circostanze misteriose molti, molti anni prima.

 

Nessuno dei Meth’renay mi aveva spiegato la verità su quella storia ed io non ebbi mai il coraggio, vedendo i loro volti, di chiedere come andò veramente.

 

Ma quello che mi sconcertava di più era che Donuil, sapendo chi ero o almeno chi ero stata, mi avesse dato la stanza di sua figlia e, realizzai in quel momento, i suoi abiti.

 

-Credo di capire- disse quello dopo alcuni minuti – ciò che ti sta passando nella mente.

 

Mi voltai a fissarlo. Si era avvicinato ed ora mi sedeva affianco. Non staccava gli occhi dai miei ed io non potevo distogliere lo sguardo.

 

Deglutendo, cercai di ricordare come si bloccava la mente. Eppure non mi sentivo minacciata, nei miei pensieri non c’era traccia di intrusione e fu questo, inconsciamente, a darmi un filo di fiducia.

 

Quello non fu il mio primo errore, che invece era stato lasciare la mia vera famiglia, ma di certo fu uno dei più grandi. Perché tutto si poteva dire di Donuil, tranne che non fosse affabile e di piacevole compagnia quando lo desiderava.

Mi affascinò fin da subito, con i suoi modi gentili e benevoli, il volto fine e gli occhi scuri come l’inchiostro. Ero troppo scombussolata e inesperta per capire in quale trappola psicologica mi stava conducendo.

 

Con mia grandissima sorpresa, mi disse di volermi accogliere come membro della sua famiglia. Disse che nel mio sangue scorreva anche il suo e sarebbe stato lieto di accogliermi nella sua casata.

 

Non mi passò nemmeno per la mente che potesse avere altri piani. Donuil aveva avuto solo quattro figli nella sua vita e la moglie era morta molti secoli prima insieme al figlio più piccolo. Durante la grande guerra, aveva perso anche la figlia prediletta, Milena ed il figlio Boris, che aveva fatto rinchiudere nella Stanza del Nulla per tradimento verso la sua famiglia e giaceva lì, insieme a tutte le povere vittime che si erano ribellate, insieme a Caoliin.

 

Non fu quindi difficile spiegarmi l’atteggiamento dell’uomo. Con un solo ed unico figlio, era rischioso mantenere una casata così grande e potente. Inoltre, io avevo ereditato il sangue da Kris, che a sua volta l’aveva avuto da Caoliin, primogenita di sua figlia Milena.

 

Non ci pensai due volte ed annuii. Se entravo a far parte della famiglia dei Fionnehn avrei potuto vagare per la villa senza dare conto a nessuno e senza dover inventare giustificazioni.

 

Non mi ero chiesta che parte avrei avuto nella famiglia, mi sembrava scontato che mi avrebbe accolta come sua figlia…

 

 

 

Per le settimane a venire ricominciò tutto da capo. Mi sembrava di essere rinata un’altra volta. L’addestramento che mi era stato dato dai Meth’Renay e da Kris non era lontanamente simile a quello che ricevetti in quei giorni, inoltre appresi che questo sarebbe durato un intero anno.

 

Ora, comunque, capivo veramente perché la mia vera famiglia, insieme a molte altre, odiasse i Fionnehn. Uccidevano per divertimento, agivano per il potere. Erano spietati con chiunque fosse pochi gradini al di sotto del loro rango. Allo stesso modo, però, erano estremamente generosi ed affabili con familiari ed amici.

 

Non fu facile adattarmi e comportarmi come loro. Non fu facile nemmeno tenere fuori dalla mente Edward, I Cullen, Kris, i Meth’renay, soprattutto quando rimanevo sola nella mia stanza.

Mi chiedevo come stessero. Che Frey gli avesse raccontato cos’era successo? Che mi stessero cercando? O Kris aveva già cancellato le memorie dei Cullen? Ed Edward, Edward era vivo?

Stava bene? Mi amava? Credeva che l’avessi abbandonato?

 

Incontravo Donuil una volta al giorno, raramente due. Si informava spesso dei miei progressi e di come stavo.

 

Sembrava così gentile, ma sapevo che nella villa aveva mille occhi che mi tenevano d’occhio. Ogni mio movimento, ogni mia parola gli veniva riferita, ne ero sicura.

Per questo non mi avventurai a cercare la Stanza del Nulla. Invece, per non destare sospetti, mi immersi nell’addestramento.

 

Immagazzinare informazioni, nomi, strategie, allenare i miei riflessi, affinare le mie tecniche erano tutte cose che mi tenevano occupata la mente e non lasciavano spazio ai miei ricordi.

Inutile dire che Donuil era entusiasta delle mie capacità ed io non facevo nulla per ricadere nel suo disappunto.

 

Se volevo conquistare la sua fiducia dovevo essere cauta.

 

 

 

Il risvolto avvenne dopo tre settimane, quando improvvisamente successero molte cose tutte negli stessi giorni.

 

Quella mattina ricevetti un messaggio di convocazione da parte di Donuil.

 

La mia cameriera personale, una Cacciatrice di quinta categoria di nome Lizzy, mi aiutò a scegliere l’abito. Mi disse che c’era una visita importante e quindi scegliemmo un abito non troppo vistoso, ma nemmeno troppo sobrio. Nei primi giorni la poverina non mi aveva quasi mai parlato, abituata com’era ai trattamenti riservati lì a quelli come lei, ma senza sbilanciarmi troppo avevo cercato di avvicinarmi a lei ed ora quando eravamo sole mi parlava tranquillamente.

Erano proprio i servitori che cercavo di farmi amici. Avevo bisogno di alcuni alleati lì dentro, non potevo fare tutto da sola e di certo non potevo farmi alleati tra la famiglia dei Fionnehn; non avevo dimenticato cosa aveva fatto Donuil a suo figlio per essersi ribellato. E lui, era il figlio naturale.

 

La notizia di una visita mi rese impaziente. Non avevo più ricevuto una sola notizia di quello che accadeva fuori dalla tenuta ed ero smaniosa di accogliere anche la più piccola nuova sui Meth’renay e i Cullen. Di certo, con una faida in atto, i Fionnehn dovevano in qualche modo procurarsi informazioni sui loro nemici, no?

 

Non lasciai il tempo a Lizzy di acconciarmi i capelli, li ravvivai semplicemente con una spazzola e sistemai i riccioli con le dita, prima di sbrigarmi verso il salone.

 

Donuil attendeva seduto sulla sua grande sedia, al centro del soppalco. Accanto a lui c’era Rodar, il Cacciatore che lo seguiva come se fosse la sua ombra, quello che il giorno del mio arrivo aveva letto la mia mente. Stavo molto attenta a Rodar, avevo l’impressione che spesso vedesse più di quanto potesse sembrare.

 

Si alzò e mi sorrise mentre mi protendeva la mano per afferrare la mia e condurmi a sedere vicino a lui. Senza smettere di sorridere compiaciuto mi rivolse i suoi saluti, che ricambiai.

 

-Dal confine mi hanno annunciato l’arrivo di Mael. Oggi conoscerai l’unico figlio che mi è rimasto.- Annunciò.

 

Mentre aspettavamo il suo arrivo, Donuil mi riferì il mio nuovo nome.

 

-Mi chiedevo, cara, se il nome Mairenn ti piace. (La pronuncia sembra essere meirin per le interessate).

 

Sbattei le ciglia, confusa. – E’ di certo un bel nome, Donuil.- Spesso, mi aveva intimato di chiamarlo per nome e non gli avevo negato questo favore.

 

-Mia sorella si chiamava così e sono contento che ti piaccia, perché pensavo potesse essere il tuo.

 

Rimasi a bocca aperta. –Il mio? Io ho già un nome.

 

Rise. –Non penserai certo che possiamo chiamarti con il nome che quei sudici Meth’renay ti hanno dato, non è vero?

 

Rodar si voltò a fissarmi ed io cercai di controllare le mie reazioni. Dopo un secondo di esitazione, dipinsi sul mio volto una credibilissima smorfia di sdegno.

 

-No di certo, hai ragione.

 

-Bene, il tuo nome da oggi in poi sarà Mairenn Isabella Fionnehn.

 

-Isabella? Continuerete dunque a chiamarmi Bella?

 

Sorrise di nuovo. -Rodar mi ha detto che Isabella era il tuo vero nome. Credevo volessi preservarlo.

 

Annuii. E quando distolse lo sguardo mi morsi il labbro inferiore. Come pensavo, Rodar aveva visto molte più cose di quanto avessi pensato. Anche ora, sentivo che mi fissava con la coda dell’occhio, sempre pronto a scorgere qualche reazione da riferire in privato a Donuil.

 

Sorrisi involontariamente. Donuil. Era stata una mossa molto astuta la sua finta preoccupazione verso il mio vero nome. Voleva di certo dimostrarmi che lui teneva a me ed aveva a cuore il rammarico che avevo per il mio passato. Voleva dimostrare di essere migliore di Kris, migliore dei Meth’renay. Alimentai le sue speranze voltandomi di nuovo verso di lui con un volto pieno di commozione e gratitudine.

 

-Ti devo ringraziare, Donuil, per avermi permesso di mantenere il mio nome.

 

Vidi la vittoria lampeggiargli negli occhi per qualche istante. –Di nulla, mia cara. Noi ci teniamo a te.

 

 

 

 

Meal era un giovane davvero attraente, dovetti ammetterlo. La sua figura era alta e slanciata, i lisci capelli mori, non troppo lunghi, rispendevano come seta e si spostavano ad ogni movimento come mossi dal vento. Gli occhi erano di un verde scuro splendente.

Avrebbe potuto assomigliare ad un bellissimo angelo se non fosse stato per la sua espressione che di angelico non aveva nulla.

 

Al contrario dei suoi lineamenti dolci, tutto in lui emanava un’aura di supremazia e potenza che avrebbero fatto arretrare un esercito.

 

La durezza del suo volto, la sicurezza nei suoi splendidi occhi, rendeva la sua bellezza impossibile e spietata.

 

-Papà.- Esordì entrando poi spostò lo sguardo su di me ed alzò un sopracciglio.

 

-Mael, bentornato. Vieni, siediti a tavola, ti ho fatto preparare un banchetto, dovrai essere stanchissimo.

 

Il giovane storse l’angolo della bocca verso l’alto in quello che doveva essere un sorriso di ringraziamento, ma non staccò gli occhi da me.

 

Mi schiarii la voce. – Piacere di conoscerti, Mael.- Cominciai incerta. Lui sussultò quando lo chiamai per nome. Beh, in effetti lui non sapeva ancora che sarei diventata presto sua sorella.

 

-Piacere mio signora.- Rispose lui formalmente.

 

Grazie al cielo, Donuil mi venne in soccorso.

 

-Andiamo tutti a sederci al tavolo e mentre mangerai ti racconteremo l’affascinante storia della nostra Bella.

 

 

 

 

Dei modi affabili e gentili di Donuil, Mael non aveva ereditato nulla. Per tutto il racconto, mentre Donuil riferiva la mia storia, Mael ingerì il pranzo senza fare commenti, lanciandomi qualche occhiata impenetrabile ogni qualvolta il padre si voltava a parlare con Rodar per cercare altri particolari da aggiungere.

 

-E tu le credi?- Chiese alla fine, puntando la forchetta verso di me.

 

Me l’aspettavo. Avevo la scenata pronta già per Donuil, il quale però non aveva mai dubitato di me dopo aver visto i miei ricordi.

 

-Voi credete- la mia voce era talmente fredda e tagliente da gelare l’intera stanza –che dopo quello che hanno fatto, dopo quello che mi ha fatto quel…Kristopher- che strana sensazione pronunciare il suo nome per intero –io debba riconoscenza a quella famiglia? Credete che dopo avermi tolta dalla mia famiglia, dalla mia vita, privandomi delle persone che amavo solo per fare i suoi comodi, io voglia ancora avere a che fare con quel Meth’renay? Con qualunque Meth’renay?

 

Donuil posò la mano sul mio avambraccio, per rassicurarmi, ma Mael non si lasciò persuadere dalla mia scenetta.

 

-E allora dicci, mia cara, quali sono gli affari per cui Kristopher Meth’renay ti ha trasformata?

 

Nella stanza calò il silenzio ed anche Donuil e Rodar ora mi guardavano con curiosità, aspettando la mia risposta.

 

Abbassai lo sguardo sulle mie mani. –Non lo so.

 

-Menti.- Sussurrò Mael.

 

-No, è così.

 

-Non ci credo.- Continuò convinto lui. –Un tipetto come te non farebbe mai niente senza sapere il perché.

 

Lo fissai, torva. –E’ così, ti dico. Non mi ha mai detto perché.- Non potevo rivelare la verità o avrei lasciato intendere che conoscevo la storia di Caoliin ed avrebbero sospettato di me.

 

-Mi vorresti dire che senza nemmeno sapere il perché, tu hai eseguito gli ordini di una persona che conoscevi da pochi giorni, ciecamente? Anche quando hai scoperto cosa ti aveva fatto, anche quando l’odiavi?

 

Mi bagnai le labbra con la lingua. Avevo un solo asso da giocare, ovvero la verità. Anzi, una parte di verità.

 

-Lui, mi aveva promesso una cosa.- Sussurrai abbassando lo sguardo.

 

-Cosa, cara?- Chiese gentile Donuil.

 

Li guardai di sottecchi, incerta, stando attenta a non ridere per come li stavo abbindolando.

 

-Non sapevo quali erano le regole. Non lo sapevo ancora, Kristopher non me le aveva spiegate.

 

-Ma certo tesoro.- Mi rassicurò Donuil. – Non te ne faremo una colpa, puoi dirci tutto.

 

-Beh, fin da subito, fin dai primi giorni dopo la mia trasformazione cominciai a ricordare. Ogni giorno che passava, ricordavo sempre di più la mia vita precedente. Sapevo che c’erano persone a cui volevo bene che mi cercavano disperatamente e volevo ritrovarle. Così lui, Kristopher, mi promise che se l’avessi aiutato lui…mi avrebbe aiutata a sua volta a ritrovare quelle persone.

 

-Un Meth’renay che disobbedisce ad una regola così importante? Menti.- Disse Mael di nuovo.

 

-No.- Donuil scosse la testa. – Quel ragazzo, Kristopher, non è mai stato così ligio alle nostre regole. E’ la vendetta a guidarlo, non la ragione. Sono sicuro che la ragazza dice la verità.

 

-Si,- confermò Rodar –è così, l’ho visto.

 

-E poi,- infierii io, la voce colma di rabbia –quando lo vennero a sapere gli altri, dissero che Kris gli avrebbe dovuto cancellare la memoria e lui acconsentì senza nemmeno pensare a me. E’ stato in quel momento che l’ho odiato con tutta me stessa. Lui non poteva farmi questo dopo che io l’avevo aiutato, dopo che avevo messo al suo servizio i miei poteri.

 

Alzai lo sguardo su Mael, che mi fissò a sua volta, indeciso. –Io li odio.- Sussurrai.

 

Per un minuto nessuno dei due distolse lo sguardo, poi lui annuì.

 

-Si, penso di crederti, ora.

 

Sussultai, quando Donuil cominciò a ridere fragorosamente.

 

-Ah, che bello. E’ un bene che finalmente Meal ti abbia accettata nella nostra famiglia, non voglio discordie tra voi.

 

-Hmm, quindi Bella farà parte della famiglia?

 

Donuil annuì. –Ha già iniziato l’addestramento ed il suo nome è Mairenn Isabella Fionnehn.

 

-Adorabile.- Commentò Mael sorridendomi ed alzando il calice verso di me prima di bere. Quel sorriso mi fece salire i brividi lungo la schiena.

 

-Bene, se c’è un matrimonio da preparare è meglio avvisare al più presto i domestici, avranno un bel da fare.- Ponderò Mael.

 

Mi acciglia a quelle parole. Matrimonio?

 

-In verità pensavo che dopodomani potremmo organizzare un ballo per il fidanzamento, ho già spedito alcuni inviti.- Sorrise maliziosamente Donuil. –Credo che dovremmo invitare anche i nostri vicini, saranno lieti di sapere che la loro pupilla ha deciso di prendere parte ad una casata migliore.

 

Mael rise di gusto. Il mio cuore invece aveva quasi smesso di battere.

 

Ero stordita, troppe informazioni giravano nella mia mente.

 

Un matrimonio.

 

Un ballo di fidanzamento.

 

I Meth’renay invitati dai Fionnehn.

 

Tra due giorni li avrei rivisti e loro avrebbero visto…me. Mi avrebbero creduta una traditrice ed io, per salvare la mia vita e la loro, non avrei potuto fare altro che lasciarglielo credere.

Potevo solo sperare di far capire a Kris cosa stava succedendo, se mai fosse venuto.

 

Scossi la testa e mi voltai verso Donuil, confusa.

 

-Qualcuno si sposa?

 

Risero.

 

-Ma certo cara. Tu ti sposi.

 

-I-io? Come? Con chi?

 

-Beh, credevo che volessi anche tu fare parte della famiglia.

 

-Si, certo ma credevo…credevo che mi avresti adottata, una volta terminato l’addestramento.

 

Donuil schioccò la lingua e mi guardò, incerto. –Vedi, avrai notato che la mia casata è alquanto…scarna di discendenti.- Indicò Mael con una mano.

 

-Se ti prendessi come figlia mi assicurerei una discendente in più, ma se invece tu sposassi uno di noi due, un giorno i discendenti potrebbero aumentare. Per non parlare del fatto che tu hai parte del nostro sangue e, per quanto mi rammarica dirlo, hai anche il sangue dei Meth’renay che insieme a noi sono una delle casate più potenti tra i Cacciatori. Quindi sei perfetta.

 

Non fiatai. Nella mia mente risuonavano le sue parole, più e più volte.

 

Se invece tu sposassi uno di noi due. Sposare. Uno di loro. Il padre o il figlio. Un Fionnehn.

 

-Tutto bene?- Mi chiese accigliato Mael.

 

Ma non riuscii a rispondere. Mi sentii mancare e chiusi gli occhi.

 

-Deve essere l’emozione per il matrimonio, le donne sono sempre così emozionabili verso queste cose.- Sentenziò Donuil.

 

-Lasciala a me, la porto io nella sua camera.

 

In qualche modo fui conscia delle braccia di Mael che mi prendevano in braccio e dei suoi lunghi passi che risuonavano sul pavimento di marmo.

 

La mia mente, però, lottava con gli incubi che riaffioravano dal mio inconscio.

 

 

La prima cosa che mi ronzò nelle orecchie furono le parole di Edward, sussurrate in un ricordo lontano che sembrava appartenere ad un’altra vita.

 

-Prima sposami.

 

-Prima sposami.

 

-Prima sposami.

 

-Prima sposami.

 

 

Edward, oh Edward!

 

 

-Bella?

 

Il volto di Frey che mi guarda intensamente, l’espressione intrisa dal dolore e la pena.

 

–Dimmi che non sei una spia dei Fionnehn.

 

 

No, no, non lo sono, non pensarlo, no.

 

 

-Mi chiedi perché li voglio morti? Perché non muoverei un dito per aiutare i Fionnehn se dovessero essere in pericolo?Io amavo Caoliin, Bella, l’amavo e l’amo più di ogni cosa al mondo e loro, nonostante lei fosse sangue del loro sangue, nonostante non stesse facendo del male a loro ma stesse solo salvando delle creature senza badare al loro sangue, le hanno riservato il destino più crudele di questo mondo. Non posso perdonarli Bella. Non voglio. Preferirei morire piuttosto che mangiare alla loro tavola.

 

 

Kris. Io lo faccio per te. Lo stavo facendo per te.

Perché mai sto facendo tutto questo? Mi odierai? Non puoi odiarmi.

 

 

I miei denti che affondavano nella sua carne dura e fredda.

 

Il suo veleno che mi brucia la gola, freddo e tagliente. Così buono!

 

Strappavo, succhiavo, sgretolavo quel corpo mentre si muoveva sempre meno.

 

 

Cercai di tornare a galla, sapevo come sarebbe finito quell’incubo e non volevo vedere Edward morto.

 

 

Nessuno ascoltò le mie preghiere.

 

 

Senza poterlo evitare, alzai gli occhi e vidi i suoi capelli inzuppati di sangue, il petto straziato, le guance graffiate.

 

Era morto. Era morto. Basta, basta!

 

Quegli occhi sbarrati e vuoti continuavano a fissarmi.

 

E poi, sgomenta, vidi gli occhi di Edward, ancora vuoti e morti, muoversi sul mio volto mentre dalle sue labbra uscivano parole straziate dal dolore.

 

-Mi hai tradito, Bella? Non mi ami?

 

Non riuscii a rispondere, sforzavo dolorosamente la mia gola ma non riuscivo ad emettere suono.

 

-Lo sai che è colpa tua, sai cosa hai fatto. Mi hai ucciso, Bella.

 

E diventò cenere.

 

 

 

-Vuoi per favore smetterla di urlare?

 

L’urlo mi morì in gola, quando mi riscossi tra le braccia di Mael, tremante.

 

-Cosa, dove..

 

Sospirò e mi riprese in braccio. Mi resi conto che mi aveva posata sul pavimento.

 

-Non la smettevi di dimenarti, così ti ho messa giù.- Spiegò lui. –Ecco la tua stanza.

 

L’aprì senza mai lasciarmi e la richiuse dietro di se mentre si dirigeva verso il letto.

 

-Dovresti stenderti un po’, hai l’aria di una che non si reggerebbe in piedi.

 

-No grazie, puoi mettermi giù.

 

Ero ancora sconvolta e la sua sola presenza nella stanza non mi rassicurava.

 

-Sicura?- Mi sussurrò all’orecchio mentre mi posava sulle coperte. –Io credo,- con il mio completo orrore si distese sopra di me, bloccandomi i polsi dietro la schiena con una sola mano –che tu non riusciresti a stare in piedi e ti perderesti tutto il divertimento.- Cominciò a baciarmi con foga, la bocca, il collo, con l’altra mano cercò l’apertura del vestito.

 

Mi dimenai ed urlai, gli morsi anche il labbro ma quello sembrò eccitarlo ulteriormente. In un momento di lucidità, riuscii a concentrarmi e desiderare con tutta la mia forza di togliermelo di dosso.

 

Così fu. Preso alla sprovvista dal mio potere, Mael volò addosso la porta del bagno, che si spalancò.

 

Mi alzai, riparandomi dietro alla poltroncina mentre lui tornava a passi lenti nella stanza.

 

Con la lingua, leccò il sangue dal labbro e rise.

 

-Non avrei potuto trovare una sposa migliore. Dirò a mio padre che sarò io a sposarti. Vedrai, ci divertiremo io e te.

 

Se ne andò prima che il portagioie che gli avevo lanciato lo raggiungesse.

 

Mi accasciai a terra, piangendo disperata.

 

Il volto di Edward era pronto a riaffiorare ogni qualvolta chiudevo gli occhi.

 

 

Volevo tornare a casa.

 

Volevo tornare umana.

 

Volevo tornare da Edward.

 

Volevo Kris.

 

 

Sussultai al mio ultimo pensiero. Eppure, avrei dato qualsiasi cosa perché Kris comparisse in quel momento alla finestra per riportarmi a casa da Edward.

 

 

 

 

 

 

 

Uscii dalla mia camera il pomeriggio seguente, dopo aver accettato il mio destino.

 

Non mi rimaneva altro che continuare a persistere con il mio piano originario.

 

I Meth’renay mi avrebbero creduto una traditrice, Edward non mi avrebbe più amata anzi, mi avrebbe odiata. Anche Kris l’avrebbe fatto.

 

Ma almeno avrei provato a liberare Caoliin e tutte le altre vittime e se avessi fallito, beh, in quel caso sarei morta. Non era forse la cosa migliore?

 

Preferivo morire piuttosto che sposare Mael.

 

Perlustrai il castello da cima a fondo, attenta a non farmi vedere. Non fu difficile, tutti i domestici e i Cacciatori erano intenti a preparare il salone grande per il ballo ed il resto della villa era deserta.

 

La notte mi sorprese quando ancora perlustravo l’ultimo piano.

 

Niente.

 

Non una piccola fessura, non una mattonella fuori posto. Nessun passaggio dietro quadri od arazzi, nessuna crepa sospetta, nessuna botola.

 

Nessuna porta chiusa a chiave.

 

Eppure l’entrata della stanza doveva essere in un posto da cui i Fionnehn potevano tenerlo sotto stretto controllo.

 

Guardai fuori dalla finestra, dove ettari di terreni e foreste si estendevano a vista d’occhio.

 

Forse non era così, forse la casa era troppo vulnerabile. Sarebbe stato il primo posto in cui i nemici avrebbero colpito, per non parlare del fatto che gli ospiti o i domestici ci si sarebbero potuti incappare per sbaglio.

 

Decisi che avrei perlustrato il parco ed andai in camera mia per indossare dei pratici pantaloni di pelle, una camicia con corsetto e degli stivali alti.

 

Non presi il mantello, non volevo dare nell’occhio.

 

Uscii dall’entrata posteriore, di solito poco frequentata, ma per mia grande sfortuna mi imbattei nell’ultima persona che avrei mai voluto vedere.

 

Attorno a lui, tre sentinelle parlavano animatamente.

 

-Non sappiamo come abbia fatto ad entrare, ma è ferito, una chimera ha sentito l’odore del sangue.

 

Feci per tornarmene indietro, ma Mael mi vide e mi raggiunse.

 

-Quanta fretta.

 

-Vattene.- Sussurrai.

 

Mi schiaffeggiò. Non me l’aspettavo quindi non parai il colpo.

 

-Non rivolgerti così a me, Bella. Sono sempre il figlio del capo dei Fionnehn, nonché il tuo fidanzato.

 

-Sai, credo che chiederò a Donuil di essere la sua sposa.- Ribattei freddamente.

 

-Troppo tardi, mio padre mi ha già concesso la tua mano. Ieri sera.

 

Rimasi spiazzata. –Questo…questo è tutto da vedere, vado a parlargli.

 

-Non c’è. E’ andato incontro ai miei zii, che si stanno recando qui per il ballo di questa sera.- Il suo ghigno si allargò.

 

-In questo caso, vado a prepararmi se non ti dispiace.- Feci per tornare dentro alla casa, ma mi bloccò con un braccio.

 

-Quanta fretta. Prima hai una missione da compiere. Ci sono ancora molte ore prima del ballo.

 

Mi voltai a guardarlo e vidi che le tre sentinelle ci avevano raggiunti.

 

-E’ giunta proprio ora dal confine la notizia che un Cacciatore nemico ha appena varcato i nostri confini e si dirige verso est. Crediamo voglia raggirare la casa prima di avvicinarsi.

 

Aggrottai le sopracciglia mentre lo stavo a sentire.

 

-Hai cominciato il nostro addestramento e sai come si uccide un Cacciatore.- Mi porse il suo coltello, estraendolo dal fodero che portava alla cintola. –Trovalo ed uccidilo. Naturalmente voglio le prove.

 

Si picchiettò la testa e capii che si riferiva a Rodar.

 

Non presi il coltello. –Perché devo farlo io? Il territorio è disseminato di guardie e sentinelle, saranno loro ad uccidere l’intruso.

 

-Oh, no.- Sorrise malignamente, guardandomi divertito. –Non muoveranno un dito, sanno già come comportarsi in queste occasioni. Vedi Isabella, amore mio, siamo noi personalmente a prenderci cura dei nostri più grandi nemici.

 

A quelle parole, una grande consapevolezza si fece strada verso di me.

 

-E poi, pensavo che uccidere uno di loro potesse essere il modo migliore, per esaudire la tua vendetta intendo.

 

Cercando di non tremare, con estrema difficoltà, levai la mano per afferrare il coltello.

 

Era gelido e sembrava fremere dalla voglia di colpire qualcuno.

 

Rabbrividii. Quello era proprio il coltello di Mael, non c’erano dubbi.

 

Senza una parola, corsi verso il bosco.

 

Dietro di me sentii le due sentinelle che Mael doveva aver mandato per assicurarsi che io portassi a termine il mio compito e nel caso in cui non ci fossi riuscita, l’avrebbero sicuramente fatto loro per me.

 

Accelerai il passo e le lasciai indietro.

 

Se davvero c’era uno dei Meth’renay lì, da qualche parte nella foresta, dovevo raggiungerlo al più presto.

 

In due, scappare sarebbe stato più facile.

 

Commossa dalla speranza che forse avrei potuto tirarmi fuori da tutta quella situazione e sarei potuta ritornare dalla mia vera famiglia, mi affannai nella ricerca.

 

Dentro di me, quasi inconsciamente, speravo ardentemente che quel Cacciatore fosse lui.

 

Kris era l’unico ad avere motivo di entrare nel territorio dei Fionnehn ed io non volevo altro che essere al sicuro tra le sue braccia. Era lui quello che mi aveva sempre protetta dopo avermi trasformata. Era lui la mia guida, il mio creatore. Ed era lui quello che volevo adesso.

 

Immaginavo come gli sarei corsa incontro, come lui mi avrebbe afferrata prima di aprire le sue enormi ali volando via sopra le cime degli alberi verso sud, dove alla villa dei Meth’renay mi aspettavano Edward, i Cullen, Kaljka, Will, Sari, i gemelli, Frey, Dionis.

 

 

Ma la scia che incontrai poco dopo mi rivelò ben altra verità.

 

Cosa diavolo ci faceva lì? E ferito in quel modo poi?

 

Corsi il più veloce possibile, cercando di raggiungerlo prima delle sentinelle.

 

Lo vidi poco dopo, quando arrivai in una radura davanti ad una grotta. Lui era lì, appoggiato sulla parete di roccia e guardava nella mia direzione con gli occhi sgranati.

 

-B-Bella? Sei tu?

 

Lo presi al volo, mentre si accasciava su se stesso.

 

Gli accarezzai il volto, disperata, cercando di togliergli il sangue che dalla fronte gli colava sugli occhi.

 

-Cosa ci fai qui, cosa sei venuto a fare? Sei pazzo?

 

-Bella, tu cosa ci fai qui?

 

-Mi hanno rapita il giorno in cui sono scappata.- Sussurrai in fretta. Le sentinelle si stavano avvicinando, non c’era tempo da perdere.

 

-Bella, ascolta.- Mi afferrò il polso con una mano. –Lo so che ce l’hai ancora tu, la chiave. E’ questa Bella.- Indicò con un cenno del capo la grotta alla sua destra.

 

-Cosa? Vuoi dire che questa è la stanza..

 

-Si, ma ascolta, ti prego Bella. Devi liberarle, liberale per me. Libera la mia Soana.

 

-Che stai farfugliando? Chi è Soana? Alzati, muoviti devi alzarti, non c’è tempo.- Sussurrai disperata, ma non mi ascoltava.

 

Continuava a ripetere le stesse parole mentre cercavo di rimetterlo in piedi.

 

-La mia Soana, la mia piccola Soana. E’ così bella con i capelli biondi e gli occhi azzurro chiaro, quasi grigi.

 

-Alzati, alzati ti prego!

 

-E la sua voce è bellissima, canta come un usignolo anche se è così piccola. Gliel’ho insegnata, lo sai Bella? La sa a memoria e mi piace tanto la sua voce, mi piace come la canta.

 

-Maledizione, la vuoi smettere! Tieniti alla parete mentre cerco di prenderti in spalla e portarti via di qui!

 

Ma mentre cercavo di tenergli le spalle dritte, mi accorsi che non eravamo soli.

 

Accadde tutto in un attimo.

 

Mi accorsi troppo tardi della presenza alle mie spalle e del coltello avvelenato che volava a pochi millimetri dal mio braccio prima di conficcarsi tra le costole di mio fratello.

 

E mentre i suoi occhi si allargavano di stupore ed un rantolo gli saliva alle labbra, persi la ragione.

 

L’ultima cosa che ricordo, prima di essermi avventata sulla sentinella, è la consapevolezza che avevo ancora il coltello di Mael stretto nella mano sinistra.

 

Non rimase nulla dello scempio che ne feci. Distrussi ogni singola parte di quella stupida sentinella in meno di trenta secondi, non prima di aver mutilato il suo corpo con tutta la rabbia che avevo in corpo.

 

Quando finalmente ritornai in me, avevo il fiatone ed ero coperta di sangue.

 

Mi voltai e raggiunsi mio fratello.

 

Non sapevo cosa fare.

 

Presi il coltello e mi recisi l’interno del polso sinistro, portandoglielo alle labbra.

 

-Bevi, devi bere, il veleno ti farà guarire.

 

-Maria, Maria sei tu? Non sei morta? Sei venuta a prendermi?

 

-Bevi, dannazione!

 

-No, Maria, non serve amore mio. Queste ferite non si possono guarire.

 

Aprì un lembo della camicia e notai alcune vecchie ferite che avevano assunto un colore violaceo e spurgavano veleno e sangue.

 

-Bevi, bevi…tieni, apri la bocca.

 

-No, non sprecare il tuo sangue, Maria. Prendi Soana, prendi Soana e scappa amore.

 

-Oddio, non sono Maria! E non c’è nessuna Soana qui. Sono Bella, Bella!

 

-Maria, la mia piccola Soana.

 

Piangendo, mi accasciai a terra di fianco a lui, posai la schiena alla parete di roccia e lo alzai appena appoggiandogli il capo sulle mie ginocchia.

 

-Soana.

 

-No, sono Bella.- Singhiozzai.

 

-Shhhh, non piangere Maria. Non è colpa tua. Sono io che ho sbagliato tutto, fin dall’inizio. Dovevo portarti con me, dovevo portarti a casa mia Maria, a te non rimprovero nulla, non dopo che mi hai dato la mia piccola Soana.

 

In quel momento il vento soffiò leggero, scompigliandomi i capelli. Alzai gli occhi e scorsi il sole risplendere da sopra le cime degli alberi.

 

Mi accorsi che tutto intorno a noi risplendeva, riprendendo vita dopo la notte buia.

 

Il vento ci accarezzava, giocando con i miei capelli, quasi stesse ridendo.

 

Il prato intorno a noi riluceva, così spietatamente bello nei suoi colori cangianti.

 

Il sole così fulgido e tiepido.

 

 

Ridevano forse tutti delle mie disgrazie?

 

 

Tenendolo tra le braccia, gli accarezzai i capelli insanguinati.

 

-Maria, dov’è Soana? Vorrei tanto sentire la sua voce. Dille che canti per me, Maria, chiama Soana a cantare per me.

 

E, senza sapere come, dalle mie labbra cominciò a sgorgare una triste canzone.

 

La sua preferita.

 

E come nella fiabe

Racconterò la storia

Della fanciulla e del suo cuore

Che solo un giovine poteva amar

 

Andromeda era il suo nome

Di stelle e Dea portava il segno

Non sapevan i genitori

Di averle dato un triste fato

 

Com’era cara, com’era bella

Lei buona, lei stella

Com’era alto, com’era biondo

Lui che apparteneva ad un altro mondo

 

Il loro amore sbocciava ancora

Che già venne la primavera

E con lei arrivò l’esercito

A reclamare i suoi soldati…”

 

 

-Soana, la mia Soana. Come canta bene, la senti Maria?

 

-Shhh.- Gli accarezzai la guancia con la mano sinistra, nella destra impugnavo ancora il coltello.

 

-Dormi Frey, dormi.

 

-Maria, ti amo.- Spirò.

 

 

 

 

Lo so, io mi prendo sempre all’ultimo, quindi nemmeno questa volta rispondo alle recensioni perché devo partire di corsa e non so quando tornerò. Non ho nemmeno rivisto il capitolo perché volevo postare prima di partire, spero non ci siano molti errori. Quindi grazie e buon anno nuovo a tutti!!! Vi adoro.

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Capitolo 21
*** Capitolo 23 - Il Giglio Rosso ***


Ecco il cortissimo capitolo 23, ma prima…

 

 

 

Dove eravamo rimasti?

 

***

 

-Dal confine mi hanno annunciato l’arrivo di Mael. Oggi conoscerai l’unico figlio che mi è rimasto.- Annunciò.

 

***

 

-Mi chiedevo, cara, se il nome Mairenn ti piace.

 

Sbattei le ciglia, confusa. – E’ di certo un bel nome, Donuil.- Spesso, mi aveva intimato di chiamarlo per nome e non gli avevo negato questo favore.

 

-Mia sorella si chiamava così e sono contento che ti piaccia, perché pensavo potesse essere il tuo.

 

Rimasi a bocca aperta. –Il mio? Io ho già un nome.

 

Rise. –Non penserai certo che possiamo chiamarti con il nome che quei sudici Meth’renay ti hanno dato, non è vero?

 

-No di certo, hai ragione.

 

-Bene, il tuo nome da oggi in poi sarà Mairenn Isabella Fionnehn.

 

***

 

-Bene, se c’è un matrimonio da preparare è meglio avvisare al più presto i domestici, avranno un bel po’ da fare.- Ponderò Mael.

 

Mi acciglia a quelle parole. Matrimonio?

 

-In verità pensavo che dopodomani potremmo organizzare un ballo per il fidanzamento, ho già spedito alcuni inviti.- Sorrise maliziosamente Donuil. -Credo che dovremmo invitare anche i nostri vicini, saranno lieti di sapere che la loro pupilla ha deciso di prendere parte ad una casata migliore.

 

Mael rise di gusto.

 

***

 

-Qualcuno si sposa?

 

Risero.

 

-Ma certo cara. Tu ti sposi.

 

***

 

Donuil schioccò la lingua e mi guardò, incerto. –Vedi, avrai notato che la mia casata è alquanto…scarna di discendenti.- Indicò Mael con una mano.

 

-Se ti prendessi come figlia mi assicurerei una discendente in più, ma se invece tu sposassi uno di noi due, un giorno i discendenti potrebbero aumentare. Per non parlare del fatto che tu hai parte del nostro sangue e, per quanto mi rammarica dirlo, hai anche il sangue dei Meth’renay che insieme a noi sono una delle casate più potenti tra i Cacciatori. Quindi sei perfetta.

 

***

 

Preso alla sprovvista dal mio potere, Mael volò addosso la porta del bagno, che si spalancò.

 

Mi alzai, riparandomi dietro alla poltroncina mentre lui tornava a passi lenti nella stanza.

 

Con la lingua, leccò il sangue dal labbro e rise.

 

-Non avrei potuto trovare una sposa migliore. Dirò a mio padre che sarò io a sposarti. Vedrai, ci divertiremo io e te.

 

***

 

-Non sappiamo come abbia fatto ad entrare ma è ferito, una chimera ha sentito l’odore del sangue.

 

Feci per tornarmene indietro, ma Mael mi vide e mi raggiunse.

 

-Quanta fretta.

 

-Vattene.- Sussurrai.

 

 

-E’ giunta proprio ora dal confine la notizia che un Cacciatore nemico ha appena varcato i nostri confini e si dirige verso est. Crediamo voglia raggirare la casa prima di avvicinarsi.

 

Aggrottai le sopracciglia mentre lo stavo a sentire.

 

-Hai cominciato il nostro addestramento e sai come si uccide un Cacciatore.- Mi porse il suo coltello, estraendolo dal fodero che portava alla cintola. –Trovalo e uccidilo. Naturalmente voglio le prove.

 

Si picchiettò la testa e capii che si riferiva a Rodar.

 

Non presi il coltello. –Perché devo farlo io? Il territorio è disseminato di guardie e sentinelle, saranno loro ad uccidere l’intruso.

 

-Oh, no.- Sorrise malignamente, guardandomi divertito. –Non muoveranno un dito, sanno già come comportarsi in queste occasioni. Vedi Isabella, amore mio, siamo noi personalmente a prenderci cura dei nostri più grandi nemici.

 

A quelle parole, una grande consapevolezza si fece strada verso di me.

 

-E poi, pensavo che uccidere uno di loro potesse essere il modo migliore, per esaudire la tua vendetta intendo.

 

Cercando di non tremare, con estrema difficoltà, levai la mano per afferrare il coltello.

 

 

***

 

 

-B-Bella? Sei tu?

 

Lo presi al volo, mentre si accasciava su se stesso.

 

Gli accarezzai il volto, disperata, cercando di togliergli il sangue che dalla fronte gli colava sugli occhi.

 

-Cosa ci fai qui, cosa sei venuto a fare? Sei pazzo?

 

-Bella, tu cosa ci fai qui?

 

-Mi hanno rapita il giorno in cui sono scappata.- Sussurrai in fretta. Le sentinelle si stavano avvicinando, non c’era tempo da perdere.

 

-Bella, ascolta.- Mi afferrò il polso con una mano. –Lo so che ce l’hai ancora tu, la chiave. E’ questa Bella.- Indicò con un cenno del capo la grotta alla sua destra.

 

-Cosa? Vuoi dire che questa è la stanza..

 

-Si, ma ascolta, ti prego Bella. Devi liberarle, liberale per me. Libera la mia Soana.

 

***

 

Accadde tutto in un attimo.

 

Mi accorsi troppo tardi della presenza alle mie spalle e del coltello avvelenato che volava a pochi millimetri dal mio braccio prima di conficcarsi tra le costole di mio fratello.

 

E mentre i suoi occhi si allargavano di stupore ed un rantolo gli saliva alle labbra, persi la ragione.

 

L’ultima cosa che ricordo, prima di essermi avventata sulla sentinella, è la consapevolezza che avevo ancora il coltello di Mael stretto nella mano sinistra.

 

Non rimase nulla dello scempio che ne feci. Distrussi ogni singola parte di quella stupida sentinella in meno di trenta secondi, non prima di aver mutilato il suo corpo con tutta la rabbia che avevo in corpo.

 

***

 

Presi il coltello e mi recisi l’interno del polso sinistro, portandoglielo alle labbra.

 

-Bevi, devi bere, il veleno ti farà guarire.

 

-Maria, Maria sei tu? Non sei morta? Sei venuta a prendermi?

 

-Bevi, dannazione!

 

-No, Maria, non serve amore mio. Queste ferite non si possono guarire.

 

Aprì un lembo della camicia e notai alcune vecchie ferite che avevano assunto un colore violaceo e spurgavano veleno e sangue.

 

***

 

-Shhh.- Gli accarezzai la guancia con la mano sinistra, nella destra impugnavo ancora il coltello.

 

-Dormi Frey, dormi.

 

-Maria, ti amo.- Spirò.

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO VENTITRESIMO

 

“Il giglio rosso.

(LaDamaLuthien)

 

 

 

Pochi secondi dopo essere spirato, il corpo di Frey iniziò a diventare sempre più trasparente e inconsistente, scomparendo man mano alla mia vista.

 

Avevo letto in molti libri la descrizione della morte di un Guardiano  ma ora mi sentivo così inorridita, così impotente davanti a quella scena che non riuscii a muovere un muscolo.

 

Nell’attesa piangevo silenziosamente lacrime d’aria.

 

Poi, in un momento indefinito della mia veglia, sentii un rumore provenire dal bosco. Posai il corpo di Frey sull’erba, alzandomi lentamente, il pugnale ancora nella mia mano. A quel punto apparve la seconda sentinella che esaminava la scena. Seguii i suoi occhi nell’analisi di ogni dettaglio.

Sapevo che se volevo scappare, se volevo uscire viva da lì, avrei dovuto agire alla svelta ma il mio cervello si rifiutava di lasciare lì il corpo di Frey, si rifiutava di tornare a casa e rivedere le facce della mia vera famiglia. Ero bloccata, ma non dal panico. Mio fratello era morto ed io non ero riuscita a muovere un dito, cosa mi importava se avevo appena ucciso una sentinella davanti all’entrata della Stanza del Nulla? Cosa importava in quel momento che sarei stata giustiziata di lì a poche ore?

 

Rassegnata al mio destino di morte, in cui vedevo la mia unica liberazione, alzai gli occhi verso la sentinella ma con mia grande sorpresa non vi lessi minaccia. Anzi, si avvicinò senza timore, occhieggiando per un momento ancora i resti di polvere del suo compagno, il corpo scempiato di Frey che pian piano scompariva ed il mio pugnale zuppo di sangue e veleno. Alla fine incontrò i miei occhi e un momento dopo si inchinò rispettosamente davanti a me.

 

-Ci siete riuscita, signora. Siete ferita?

 

Non risposi. Il mio cervello sembrava bloccato irreversibilmente. Guardai prima la sentinella che mi stava davanti, poi i resti di quella che avevo personalmente sbriciolato, infine il corpo di mio fratello, che in quel momento svanì per sempre, lasciando tra l’erba una piccola rosa di cristallo rosso. Lo chiamavano il cuore dei Guardiani, perché era l’unica cosa che rimaneva di loro dopo la morte, ed era rosso come il loro sangue.

La sentinella lo prese, intascandolo con cura. Ma non vi badai, alla vista di quel vuoto sull’erba il mio cuore cominciò a dilaniarsi dal dolore, la mia vista divenne appannata e sentii il terreno mancarmi sotto ai piedi.

Ero parzialmente cosciente delle braccia che mi prendevano e del fruscio prodotto dalla corsa nella foresta. Sentivo vagamente l’aria scompigliarmi i capelli che frustavano la mia faccia, come nel tentativo di svegliarmi. Ma io ero persa nel mio limbo di dolore e tristezza, amarezza, rimpianto…

 

Nonostante ciò un grande vociare, che si contrappose improvvisamente all’assoluto silenzio, mi destò dallo stato vegetativo in cui ero caduta rendendomi capace di capire cosa stavano dicendo.

 

-Oh cielo!- Esclamò toccata una voce femminile.

 

-Cosa è successo?- Riconobbi immediatamente il tono profondo di Donuil.

 

-Ha ucciso l’intruso.- Spiegò pacata la sentinella.- Era il più giovane dei Meth’Renay, ha fatto fuori una sentinella. Quando sono arrivato lui stava morendo e lei aveva il pugnale in mano, lo guardava. Ma quando mi sono avvicinato è svenuta, credo sia ferita.

 

-L’ha ucciso?- La voce di Mael era rauca, quasi sorpresa ed eccitata assieme.

 

Cercavo di tornare a galla ma non ci riuscivo. Quello che stavano dicendo non aveva una logica, io non avevo ucciso Frey, era stata la sentinella! Quella che aveva ammazzato mio fratello…

 

-L’ho visto dissolversi sotto i miei occhi.- Confermò intanto la sentinella.

 

-Rodar.- Chiamò secca la voce di Donuil. Ci fu qualche secondo di silenzio, in cui avvertii i muscoli della sentinella tendersi ed il respiro accelerare. Immaginai Rodar esaminare con occhi ardenti quelli della sentinella, penetrandoli con la durezza del suo sguardo manipolandone i ricordi fino a trovare ciò che cercava.

 

Poi il verdetto. -Dice la vertà, signore, controllate voi stesso.

 

-Molto bene.- Donuil sembrava contento, euforico quasi. –E’ davvero una degna erede, non mi deluderà.- Sentii una mano accarezzarmi i capelli e quasi ebbi l’istinto di rabbrividire ma ero ancora semi-incosciente e fui in grado di comprendere poche parole ancora. Era la donna. –Povera piccola, portiamola dentro.

 

 

 

 

C’era confusione nella mia mente, conversazioni passate andavano e venivano come i volti che apparivano ogni tanto nella nebbia grigia in cui ero intrappolata. Cercai più volte di venirne fuori e ci furono dei momenti (in cui ero quasi cosciente di mani che mi lavavano, bendavano, vestivano) nella quale riuscii quasi a tornare a galla. E quando quasi c’ero riuscita, qualcuno mi aprì le labbra introducendovi un liquido tiepido e profumato che mi riportò nel fondo dell’incoscienza. Da quel momento fu tutto nero e non ebbi più tormenti se non l’oscurità assoluta, mia unica prigione.

 

Mi risvegliai dopo quella che mi era parsa un’eternità. I miei occhi erano pesti e sentivo un sordo ronzio nella testa. Mi sedetti con cautela sul letto portandomi una mano alla nuca. Sicuramente la pozione che mi avevano fatto bere era troppo forte e avevo dormito troppo.

Sbattei ripetutamente gli occhi, che pizzicarono fastidiosamente, e mi guardai attorno. Ero nella mia stanza e potevo scorgere il sole del pomeriggio che entrava tiepido dalle finestre.

Il mio corpo era tiepido anch’esso e profumava di pulito, avvolto in una morbidissima tunica da notte bianca che trattenva deliziosamente il calore. Istintivamente portai una mano al ventre e mi scappò una smorfia quando le mie dita premettero un momento sul rigonfiamento nel fianco. La chiave, per fortuna, si trovava ancora al suo posto.

Anche i miei capelli erano profumati e puliti, raccolti in una grossa treccia che scendeva sulla mia spalla destra. Esaminavo le fasciature sui polsi e sul resto del corpo cercando di ricordare come me le fossi procurate quando mi accorsi che il ronzio non proveniva dalla mia testa ma dal pianterreno del castello. Mi resi lentamente conto delle numerose voci che risuonavano dal salone, troppe per essere le normali chiacchere che si udivano giornalmente nella tenuta.

In quel momento mi tornò alla memoria la conversazione fatta qualche tempo prima, in cui avevo conosciuto Mael e con odio mi tornò alla mente la scena svoltasi in quella stessa camera, in cui mi aveva spinta sul letto. Allora capii che era arrivato il giorno del Banchetto di fidanzamento, solo non mi capacitavo di come potesse essere giunto così in fretta. C’era qualcosa che doveva essere ricordato, qualcosa di importante che mi sfuggiva senza darmi nessun indizio, senza cenno alcuno.

 

Ma il filo dei miei pensieri fu interrotto dall’entrata di due cameriere seguite da una donna che non avevo mai visto. Ella era elegantemente vestita di un abito d’oro, decorato con molte pietruzze di tutti i colori che ne arricchivano lo sfarzo. Aveva i capelli color mogano e due occhi acuti e lucenti in cui riconobbi quelli di Donuil. Tuttavia lo sguardo austero era l’unico altro elemento che l’accomunava al fratello (ormai l’avevo riconosciuta grazie al ritratto nel grande salone). Il viso fino e lungo si arrotondava nella zona delle guance, che erano tonde e rosate, costantemente alzate da un vispo sorriso. Eppure il volto non appariva sgraziato, anzi, si accumunava alle fattezzze del suo corpo, fino e snello eppure tondeggiante nelle forme. Il tutto risultava in una figuretta gaia e furba che sembrava incutere fiducia fin dalla prima occhiata, ma qualcosa mi avvertì che non erano doti da far ammirare, bensì trappole con cui ammaliare le sue ingenue prede.

Tuttavia, sebbene non mi fidassi, mi sentii assicurata dal tenero sorriso che mi rivolse mentre si sedeva delicatamente sul mio letto.

 

-Finalmente posso vedere la bella Cacciatrice che prenderà il posto di Milena.- Annunciò con voce squlllante, esaminando ogni particolare del mio volto con occhi attenti ed eccitati.

 

Non risposi, in realtà non sapevo bene cosa dire e cominciavo a sentirmi a disagio sotto quello sguardo indagatore e curioso. Lei parve intuire immediatamente la mia difficoltà, infatti si riscosse dai suo pensieri e tornò a rivolgermi un dolce sorriso.

 

-Perdonami tesoro, non mi sono nemmeno presentata. Io sono Ciara, unica sorella superstite di Donuil, e quindi tua zia mia cara.- Con un gesto fluido, mi accarezzò il capo, passandomi dolcemente le dita tra i capelli. Quel contatto mi fece rabbrividire, un po’ dal piacere, un po’ dalla paura. Per un istante mi parve di vedere uno strano scintillio nei suoi occhi ma un secondo dopo era già sparito ed erano così gai e sinceri che mi convinsi di averlo immaginato.

 

-Non sarai mica muta?- Mi domandò allora lei.

 

Scossi la testa e istintivamente mi sfuggì un piccolo sorriso. Sembrò soddisfatta.

 

-Quindi, mia piccola Mairenn, sei finalmente pronta per alzarti? Tra poco inizierà il ballo e manchi solo tu.- Si alzò dal letto facendo alcuni cenni alle cameriere che si indaffararono per la stanza. –Per fortuna la sarta ha già preso le tue misure e ha completato il vestito in tempo.- Mi confessò sollevata Ciara.

Una delle due cameriere prese un lembo delle coperte e lo tenne alzato, permettendomi di scendere. Feci scivolate le gambe giù dal letto e l’altra serva mi infilò morbide babbucce ai piedi.

Le due mi afferrarono con delicatezza i polsi e mi guidarono verso la poltroncina davanti al grande mobile con lo specchio. Lì mi adagiarono sui soffici cuscini e cominciarono a sciogliermi la treccia e lavarmi il viso con panni imbevuti di acqua tiepida dal profumo di camomilla. Sospirai di sollievo quando mi pulirono delicatamente gli occhi gonfi di sonno, rinvigorendoli.

Intanto sentii la porta aprirsi e chiudersi ed avvertii il profumo di un’altra persona che, quando aprii gli occhi, constatai essere la sarta con il vestito tra le bracia.

Lo depose sul letto e si congedò con un inchino prima di uscire dalla stanza da cui entrarono subito dopo due strane ragazze dalla carnagione olivastra. Avevano lunghe ciglia che accentuavano gli angoli allungati degli occhi e lunghe trecce marroni che toccavano quasi terra. Entrambe portavano tra le braccia due valigette di legno e in testa avevano delle fini coroncine di rami d’edera. Trattenni il fiato sbalordita quando notai la forma delle orecchie a punta: gli elfi erano creature quasi estinte ed era davvero raro poterli vedere.

Ciara mi ammiccò sorridendo. –Sono le mie truccatrici personali, le ho trovate molti anni fa durante un viaggio. Sono bravissime, ti renderanno bellissima come nessuna dama lo è mai stata.

 

Repressi una smorfia di indignazione quando compresi che quelle due ragazze erano state strappate dalla loro terra per lavorare alle dipendenze di una Fionnen come se fosse una cosa naturale, dato che il loro sangue non era che inutile agli occhi di una nobilissima famiglia purosangue.

Sentii il mio stomaco rivoltarsi e mi chiesi mille volte perché li stavo assecondando, perché mi trovavo lì a prepararmi per un matrimonio che non volevo, che nessun essere dotato di sentimenti avrebbe voluto.

Allora mi tornarono alla mente il volto di Kris, quello di Edward, quello di Esme, Alice, Kaljka…

Lo dovevo fare per loro. Dovevo aprire quella stanza, salvare il corpo e l’anima di Caoliin per poi passare il resto della mia vita con Edward, felice e serena, per l’eternità.

Eppure…eppure c’era qualcos’altro che spingeva al massimo la mia motivazione, qualcosa che galleggiava all’angolo del mio inconscio, un ricordo pressante che chiedeva di riaffiorare.

Sentii la mano fredda di un’elfa posarsi sulla mia guancia, facendo una lieve e dolce pressione per chiedermi di alzare il viso. Obbedii, puntando gli occhi verso l’apice dello specchio.

L’odore della loro pelle era strano ma in qualche modo piacevole. Odoravano di bosco, ma fiocamente, come se la lontananza dal loro ambiente le avesse inibite.

Con mani leggere e veloci, passarono in rassegna il mio volto, studiandolo più con il tatto che con la vista, come se fossero cieche. Poi, con mio grande stupore, passarono ai polsi, alle spalle, alla schiena tracciando segni invisibili lungo la mia colonna vertebrale.

Rimasi immobile mentre vedevo il volto pieno di aspettativa di Ciara riflesso nel grande specchio. Dopo qualche minuto, una delle due andò vicino alla sua padrona, sussurrandole qualcosa all’orecchio.

 

-Magnifico, stupendo!!- Esclamò Ciara eccitatissima. –Si intonerà perfettamente col fiore, forza, forza, muovetevi!

 

 

Due ore dopo ero una creatura quasi irriconoscibile. La mia pelle era stata ammorbidita con una mistura ambrata ed ora risplendeva soffusa ad ogni fonte di luce. Le mie ciglia erano state allungate, le palpebre definite con una sorta di inchiostro nero. Pietre preziose disegnavano sul mio volto deliziosi ghirigori di brillanti, facendomi assomigliare a qualche mascherina veneziana.

I miei capelli erano stati spazzolati e divisi ciocca per ciocca, poi raccolti boccolo per boccolo con piccole farfalline di cristallo. L’abito era qualcosa di magnifo e imbarazzante allo stesso tempo. Si allacciava solo dietro al collo, in modo che la schiena rimanesse totalmente scoperta fino al fondo: poi capii perchè. Era di una stoffa rossa luccicante, dello stesso colore del mio sangue e mi fasciava i fianchi fino a metà cosce, dove si apriva in un lungo strascico. Tra i capelli mi posarono un cerchietto con un velo rosso semitrasparente; non capivo perché tutto quel lavoro sui capelli se poi dovevano coprirli con un velo ma non obiettai e mi protesi verso il tavolino poggiando i gomiti, come mi aveva chiesto una delle truccatrici.

Sussultai quando sentii qualcosa di freddo solleticarmi la schiena. Mi voltai e vidi che le due tenevano in mano dei pennelli e delle tavolozze. Una di loro, la più vecchia, mi lanciò uno sguardo di ammonimento per il mio movimento così tornai alla mia posizione ed aspettai paziente.

Quando ormai il sole stava calando dietro le cime più lontane della foresta, sentii Ciara darmi un colpettino sulla nuca e mi alzai stiracchiandomi. Fu allora che notai il suo sguardo, fisso nel mio, ammaliante. Le sue pupille erano dilatate, tutta la sua attenzione era per il mio volto. Solo in un secondo momento notai che la sua mano era protesa verso di me.

La fissai. Il suo pugno era stretto in una morsa di ferro ma dalle dita pendeva una finissima catenina d’oro. Mi avvicinai, allungando la mano per prenderla.

 

Quello che vidi mi affascinò immensamente e nello stesso momento mi provocò un’ondata di sentimenti contrastanti. Sentii le tempie dolere, qualcosa premeva nei miei ricordi, ma quell’oggetto era troppo affascinante e attirava tutta la mia concentrazione.

Pian piano, rigirai tra le dita il leggerissimo fiore di cristallo, un giglio per la precisione, mentre la luce della lampada filtrava fino al suo centro e rifletteva sulla mia mano creando piccole fiammelle rosse.

 

 

 

 

 

Bene, devo concludere qui. Lo so che volete ammazzarmi ma il prossimo pezzo è davvero importante, credo sia uno dei punti salienti di questa fic e va fatto con calma. Nel prossimo capitolo Bella verrà data in sposa a…e alla festa di fidanzamento ci saranno…e vadrà il suo…

 

Completate pure come vi pare ^^ eh eh (MUAHAHAHAHAH mi sento sadica come un tempo!)

 

 

 

 

 

Rispondiamo a…:

 

Kabubi: Grazie.Mille.Del.Tuo.Commento. XDXD Comunque è davvero così quel personaggio, Mael. E’ proprio un classico, almeno finchè…beh vedrai…XDXD Grazie per il sama, ma mi fai sentire vecchia XP

 

 

Rika! : Mi piace quella frase, è proprio quello che spero di fare,anche se poi alcune cose sono scontate ^^’ La tua analisi è micidiale, mi hai uccisa dalle risatine XD Purtroppo non posso rispondere alle tue domande, ti dico solo: fidati di me (no, aspetta, metti giù quelle lamette…non suicidarti per così poco!!!!!!)

 

 

___MiRiEl___ : Ciao cara, che è quella faccia? Su col morale!!! Ok ho ucciso Frey, ma trattieni un po’ di lacrime per gli altri…Pat pat.

 

 

Roby88:  Grazie per i complimenti. Si lo so, Frey era pucciosissimo, per questo è stato il primo a morire. Forse è stato meglio così, visto quello che spetta agli altri…

 

 

Silvy49: Non mi avevi offesa, vai tranquillissima (ma non troppo che mi cadi in coma). Comunque vediamo se ti posso rispondere…si dai, ti do una speranzuccia…si rincontreranno…ma non ti posso dire come.

 

 

Roo cullen: Eh già, povero caro. Comunque si, era un sogno…Edward non è ancora morto…

 

 

Ary: Ti ringrazio moltissimo, è sempre bello ricevere apprezzamenti dopo che ti impegni molto nel cercare di scrivere decentemente ^^  Dunque, alla prima curiosità non ti posso rispondere, devi capirlo…Per quanto riguarda i nomi sono tutti celtiti, mi sono ispirata a quel magnifico popolo.

 

 

Peccatrix17: Tremendamente grazie!!!

 

 

Crazypanda92: Woa, che complimenti, grazie mille!! Spero che la continuazione ti piaccia ^^

 

 

Sybelle: Quindi sei nelle mie mani…muahahahah XDXD Scherzo. Comunque, sono felice di essere riuscita a trasmetterti quella tensione, quell’angoscia e quel dolore…

 

 

Only_a_Illusion: i dispiace che non sia il tuo genere allora, ma mi fa piacere che un po’ ti piaccia e se vuoi continuare a suguirmi sei la benvenuta nel club!! XD

 

 

FrAnCy160: G.R.A.Z.I.E. Il seguito? Eccolo qui!! Scusa il ritardo!

 

 

Alex90: Intrippato?? XDXD Questo mi mancava, ti ringrazio ^^ Edward sarà presto bello e servito quindi a presto ^^

 

 

Momob: Penso che a molti, compresa me, rompa il fatto che forse a Bella piaccia Kris…ma forse non è a Kris he piace Bella? Boh, vedremo…Comunque si, mi duole, ma Frey è morto…

 

 

 

 

 

Alla prossima!

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