Amor Non Omnia Vincit.

di PioggiaGrigia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A Simple Begin. ***
Capitolo 2: *** Something About We First Met. ***
Capitolo 3: *** How It Hurt. ***
Capitolo 4: *** Reborn. ***
Capitolo 5: *** If We Could Only Turn Back Time. ***
Capitolo 6: *** Kiss You. ***



Capitolo 1
*** A Simple Begin. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT


     How I feel     






-La gente grida il tuo nome, le ragazze piangono non appena ti vedono, la tua autostima sale e ti senti semplicemente il padrone del mondo, l’essere vivente più desiderato ed adorato del globo- proferì mentre i suoi occhi non riflettevano altro che tristezza.

Il suo sguardo lucido ed appannato rimaneva fisso sulle mani dell’intervistatrice.

Osservavo ogni suo minimo movimento raggomitolata nella scomodità del mio vuoto e logoro divano, studiavo, amareggiata, ogni suo piccolo e perfetto dettaglio non più cullata fra le sue braccia calde, non più assaporando il suo sapore, non più annusando come un gatto curioso il dolce profumo dei suoi capelli, non più coccolata da quelle mani così grandi ma anche così ingenue.

Quel suo piccolo delirio d’onnipotenza mi fece sorridere compassionevolmente, le persone si sarebbero a mano a mano dimenticate di lui non appena la sua fantasia ubriaca dalle lodi del successo avrebbe fatto cilecca ed un nuovo personaggio l’avrebbe spazzato via come l’aria fresca caccia quella posticcia.

Avrebbe capito solo allora il mio dolore, si sarebbe accorto di aver perso la possibilità di amare veramente per uno stupido capriccio,  avrebbe anche compreso che non sarebbe bastato un semplice mazzo di rose con un bigliettino di scuse perché l’amore della tua vita non ti attende per sempre, i treni non ripassano mai due volte, scioperano, talvolta sono in ritardo, certe invece vengono soppressi.

Nel frattempo la mia vita sarebbe trascorsa tranquillamente, qualora fossi stata pronta avrei sposato un pacifico e mite uomo senza troppe pretese, senza troppo amore, senza troppa sofferenza.

Sospirai sprofondando nell’attesa e nei ricordi ancora ben impressi  nella mente
 









      

ANGOLO DELLA SCRITTRICE:

Salve gente! Sono graditi suggerimenti e commenti! Spero vi piaccia. Per ora siamo ad una morta introduzione e dopo aver letto il prossimo capitolo penserete di aver capito a chi la protagonista rivolge la sua invettiva ma... vi dico solo, COLPO DI SCENA! Au revoir :)        

  

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Capitolo 2
*** Something About We First Met. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT

              


             How we met          

                                                                  
Iniziò tutto così burrascosamente e velocemente che fatico a ricordare precisamente la sequela di azioni che mi portò a vivere così intensamente e profondamente quella vicenda tanto brillante e florida quanto buia e morente.

Fissai il paesaggio al di là del finestrino un po’ appannato a causa dello sbalzo termico provocato dal riscaldamento nella carrozza numero 5 del treno diretto a Dublino e il rigido freddo tipico di quella terra così meravigliosa.

Con il palmo della mano snebbiai un angolo del vetro per godermi la vista del nevischio che andava depositandosi su ogni cosa rendendo l’atmosfera realmente natalizia.

Guardai le mie mani tremanti posate delicatamente sulle ginocchia, quasi sembravo innocua e spaventata rannicchiata nell’immenso sedile marroncino.

Sospirai stremata, tutto ciò che volevo era arrivare il prima possibile, riabbracciare mio padre e trascorrere le mie vacanze invernali pacificamente in un luogo così lontano e diverso che non mi avrebbe permesso di pensare a tutto ciò che mi ero appena buttata dietro le spalle.

I miei piani furono bruscamente interrotti dall’entrata un po’ maldestra di una custodia di chitarra rigida grigia ed un tonfo buffo causato da quest’ultima.

Sorrisi sorpresa e divertita dal piccolo spettacolo.

-Mi scusi, mi scusi! Scusa … - un accento solare e tipicamente irlandese mi colpì,

-Non c’è nessun problema- mi affrettai a rispondere quando da dietro quell’enorme sagoma scura intravidi una capigliatura spettinata bionda.       

-Niall! Fai più attenzione- lo rimproverò una voce femminile matura.

Lui sbuffò e mugugnò incomprensibilmente, poi lasciò entrare nello scompartimento quella che doveva essere sua madre, una donna di normale corporatura con i capelli color miele ed un grugno severo.

Continuò a condurre la lotta con lo strumento musicale ancora per qualche secondo sinché sfiduciato non la depositò nel corridoio, intralciando lo scarso flusso dei passeggeri e si sedette rapidamente di fronte a me.

Mi ignorò per qualche attimo durante nel quale lo osservai furtivamente.

Aveva un bel viso sereno ed occhi blu, tratti tipici anglosassoni ed un risolino risoluto.

Puntò lo sguardo rapido su di me e mi resi conto che cercare di sfuggire e dissimulare mi sarebbe ormai stato impossibile così spiegai un lato del labbro al fine di creare un’espressione meno seria ed imbarazzata.

Ad interrompere quella situazione glaciale e silenziosa giunse in soccorso l’urlo di un soprano canterino alquanto goffo.

Tutti e tre scoppiammo in una risata fragorosa.

-Così ci si prepara ad X Factor!- infierì la madre del ragazzo,                                      

-Direi che ha la vittoria in pugno- mormorai prendendo aria.                                               

-Anche tu sei un’aspirante concorrente?- mi domandò l’Irlandese.                                            

-Oh no! Non avevo neanche idea ci fossero i provini in questi giorni! E poi io preferisco esibirmi nello sfrenato e stonato canto solitario sotto la doccia- cercai di ironizzare sulla mia lirica stonata.

Missione compiuta, entrambi mi fissavano con una nota di ilarità nei volti.                                                                                                

-Lui invece sarà il nuovo vincitore del programma!- fu subito contraddetta dal figlio con una smorfia ed uno schiarimento di gola irritato,                                                    

-Si spera!- si corresse allora la donna.

Cercai di toglierlo dal disagio in cui la madre lo stava seppellendo idolatrandolo nuovamente con una battuta,

-Allora sentirò parlare di … - porsi la mano e lui non attardò a stringerla,                                  

-Niall Horan- replicò scuotendomi il polso.

La sua pelle fresca mi refrigerò leggermente.

Dopo qualche scambio di opinione e due chiacchiere restammo un po’ in silenzio.

Eravamo quasi giunti a destinazione quando la madre di Niall di recò alla toeletta.

Lui ne approfittò per riallacciare un discorso,                                                             

-Tu invece dall’accento non sei della zona- io annuii,                                                     

-Sono qui per le vacanze di Natale. Mio padre lavora ed abita da molti anni a Ballsbridge, io e mia madre viviamo invece in Italia- gli spiegai sinteticamente.                                        

-Non sei Italiana però, vero? Parli la lingua fluentemente- io sorrisi,                                                

-Esatto, i genitori di mia madre lo sono e perciò dopo il divorzio…- una faccia sconcertata mi frenò,                                                                                                           
-Ti chiedo scusa, non era mia intenzione farti un interrogatorio degno di un investigatore privato! E’ che sono sempre troppo curioso e chiacchierone, ecco ora inizio a dire cose insensate e non la finisco più…-borbottò muovendo le mani angosciosamente.                                                                                                              

-Non preoccuparti!- cercai di rassicurarlo con un sorriso,                                                                                                               
- Forse è anche colpa mia, non mi sono presentata! Sono Tara Stoner- la voce robotica del capotreno annunciò la mia fermata e così, mi alzai tanto velocemente quanto distrattamente.

In preda al panico del momento anche Niall si levò dal sedile e cominciò a sfregarsi i palmi delle mani sui fianchi.

Presi la pesante borsa e mi voltai a riguardarlo ancora per poco.                                                                                                 
-E’ stato un piacere Tara- esordì in conclusione seppur apparisse immerso in chissà quale pensiero.                                                                                                                             

-In bocca al lupo! Sono convinta che ti vedrò tra qualche mese sul palco- allungai il braccio sperando che cogliesse la mia mano e non impiegò molto a sfiorarmi le dita.                                           

-Aspetta! Facebook! Cioè voglio dire, se ti va, aggiungimi ai contatti, ecco se hai bisogno di qualcuno per un city tour, io sono disponibile!- annuii,                                           

-Allora ci sentiamo- mormorai stranita e piacevolmente sorpresa.                                                            

-Ci sentiamo Tara-.                                                                       

 

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Capitolo 3
*** How It Hurt. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT

 


                                                Fucking Feelings___



I primi giorni trascorsero tranquillamente, quel magnifico posto mi permise di fare chiarezza in me con estrema precisione.

La mia parte razionale sembrava triplicata, mio padre con il quale avevo quasi perso ogni rapporto nei precedenti anni, i più duri per la formazione di un’adolescente in piena pubertà, pareva voler recuperare tutto il tempo perso ed in quei giorni vi riuscì sin troppo bene.

Tutto andava talmente per il verso giusto che la fiducia in me andava lievitando quanto la pasta del pane che mia nonna preparava sino quasi a farla scoppiare sotto i mille strofinacci per custodirla al caldo.

Approfittai della mia alta autostima per decidere di affrontare un cambiamento radicale, non solo mi presi più cura di me stessa, sia interiormente che esteriormente, ma cercai di utilizzare quel minimo di coraggio e sfrontatezza che tenevo sempre ben celato partendo dalla proposta indecente dell’Irlandese buffo incontrato in treno.

Non impiegammo molti messaggi prima di organizzarci per rivederci.

La prima impressione positiva venne riconfermata al volo sino a che diventò amicizia e non ci volle molto di più a mutarla in affetto, dunque voglia di stare l’una con l’altro, bisogno di sfiorarsi, necessità di baciarsi, infine possedersi.

Andava tutto così splendidamente che tutti i sorrisi e le risate di cuore del giorno di notte si trasformavano in pianti e riflessioni sul fatto che ogni ora trascorsa in quel letto erano sessanta minuti sprecati i quali mi
avrebbero inesorabilmente portata a dover tornare a casa.

Sì ma quella “casa” lontana chilometri, quella “casa” non più mia, quella “casa” triste che mi addolorava al solo pensiero di un possibile ritorno, quella casa dove ogni mia recente gioia si annullava a causa di una distanza aspra e crudele.

Ormai una gran parte di me era visceralmente ancorata in quell’isola e nulla mi avrebbe potuto far cambiare opinione.

Le preghiere appese alla cornetta erano vane, non trovavo modo di convincere mia madre a prolungare quei due mesi.

Ciò che mi ripeteva a non finire è che tutto il mio mondo non era dove stavo vivendo, che la felicità si sarebbe conclusa e che non potevo permettermi di perdere il reale e tutti i suoi conseguenti obblighi per inseguire una vita evanescente e provvisoria.

Come ovvio che fosse dovetti troncare ogni cosa ed ogni dove, ci riuscii grazie a tutto quel veleno che avrei voluto spargere sul posto dove invece ero destinata a riconfinarmi per chissà quale altro interminabile tempo.

Ma vi era una cosa, un piccolo dettaglio a cui proprio non ero in grado di rinunciare.

Niall.

Il suo sorriso.

I suoi occhi.

Le sue espressioni divertenti.

La sua dolcezza.

Piansi lacrime di dolore, straziate, calde ed ininterrotte.

Entrambi credevamo che quell’addio non dovesse mai arrivare ma purtroppo arrivò, arrivò troppo presto e noi fummo decisamente impreparati.

Con gli sguardi arrossati, le bocche asciutte a secco di parole, le facce smunte, le gote pallide, i cuori a pezzi e le mani gelide.

Piansi, pianse, piangemmo tanto che le pupille urlavano dal dolore, con lo stomaco contrito in un misto di rabbia ed uno strano sentimento incomprensibile, con il respiro spezzato tra un sospiro ed un singhiozzo perché a vicenda ci stavamo portando via la possibilità di essere ciò che volevamo essere.

Lo sapevamo che sarebbe tutto passato con il tempo, lo avremmo immaginato dopo qualche tempo, a mente fredda, a cuore spento.

D’altronde eravamo ancora due ragazzini nel pieno dell’esistenza che ancora devono comprendere i veri desideri, i veri sentimenti, il vero amore.

Ed infatti le telefonate dapprima frequenti divennero rade, le e-mail rare, i messaggi inesistenti, il dolore sopportabile ed i ricordi offuscati dall’ombra del futuro imminente.

Ma questa non fu che la fine del primo capitolo nel grande libro delle mia minuscola vita.         

 







 

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Capitolo 4
*** Reborn. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT




            The second chance_____





E quasi due anni trascorsero come se quel periodo fosse stato un semplice, bellissimo, indimenticabile ma sin troppo breve sogno.

Tutta l’amarezza si mutò in volontà di portare a termine gli studi per poi essere definitivamente libera e volare via.

Lontano, lontanissimo.
 
Non avevo più voluto raggiungere mio padre perché sapevo che immatura ed instabile com’ero non sarei riuscita a ricomporre il mio cuore a pezzi una seconda volta.
 
Tuttavia il mondo non voleva tenermi troppo nascosto quello che era stato il fantastico destino di Niall.

Dopo il provino era, per idea di un quale giudice, stato accorpato ad altri quattro ragazzi e da ciò ne era scaturito un gruppo niente male, degno di conquistare orde immense di giovani adolescenti.

Sarei bugiarda ad ammettere che ero poco interessata all’esito della gara ma a tutela mia scelsi di seguire quel concorso televisivo il meno possibile, imponendomi con brutale violenza altri orribili programmi.

Ringraziai però di trovarmi in un’altra nazione poiché la mia fuga dai media risultava alquanto più semplice.

I miei nuovi studi non erano poi così impegnativi e da mesi cercavo disperatamente un occasione per trasferirmi con un qualsiasi pretesto a Londra.

Esatto, quella città caotica e grigia così carica di sfumature.

Il tempo correva e nulla si smuoveva di una virgola.

 Arrivò però il giorno del cambiamento, la mia vita non voleva più saperne di dispiegarsi così banalmente senza emozioni o scossoni ed il destino, di cui si può dire tutto tranne che l’uomo ne è padrone, decise di far impazzire mia madre totalmente.

Il mio regalo di Natale fu un biglietto di andata per la capitale del Regno Unito, io l’avrei chiamato più di ritorno, in quel posto di cui già mi sentivo una minuscola ed invisibile ma pur sempre presente parte.

–Ormai sei grande, non crederti che non mi sia accorta di come hai passato questi ultimi tempi, la tua testa è sempre stata da un’altra parte ed ora che sei autonoma puoi prendere la decisione che ti spetta, parti e realizzi i tuoi sogni o finisci con l’essere infelice ed avere rimorsi?- sapevamo bene che la risposta era ben ovvia.

Così la abbracciai, la abbracciai come se non lo avessi fatto per anni, sinceramente, calorosamente, ringraziandola di quell’opportunità, ringraziandola per aver capito che ero pronta a spiccare le ali da sola, a rischiare anch’io, per cercare di essere felice, per poi dire riguardandomi indietro “ci sono riuscita”.

Un mese esatto mi distanziava dalla realizzazione di quel fantastico ed improbabile futuro.

Fu un misto di sentimenti contrastanti: eccitazione, gioia, paura, timore dell’ignoto, infinite paranoie e felicità.

Raccolsi più cose che potevo, mi misi a raccattare annunci affidabili riguardo a condivisione di appartamenti o affitti solitari inizialmente con scarsi riscontri.

Allorché fui aiutata ulteriormente da chissà quale essere superiormente abile.

Una ragazza che frequentava il mio stesso corso di studi era all’irrefrenabile e disperata ricerca di una compagna d’avventura.

Michelle era una persona di normale altezza e corporatura, capelli scuri ed occhi grandi.

Si confondeva abbastanza nella massa, era socievole ma timida e di una dolcezza unica.

Aveva già trovato casa in un bel quartiere, aveva già un buon numero di conoscenze le quali si erano messe in azione al fine di trovarle un lavoretto e non appena subentrai in quel folle piano lo fecero anche per me.

Ovviamente appena arrivata li avrei dedicato delle statue o simulacri giganteschi.

Tutto si sistemò in fretta, non ci rimaneva che affrontare la partenza, il distacco dalle famiglie ed il tuffo in quella nebbiosa e delirante città.

Ma non è questo ciò su cui mi voglio dilungare perché certe sensazioni sono a tutti familiari o per lo meno sono più comprensibili.

Arrivammo in preda all’agitazione più totale e all’aeroporto ci attendevamo da diversi minuti tre ragazzi all’incirca della nostra età.

Jack era molto carino ed era anche il più burlone aveva due occhi profondi di uno splendido castano intenso, poi veniva David, il classico biondo effetto very british ed infine Chantal, originaria dell’Iran che Michelle aveva conosciuto durante uno scambio culturale.

Le due si strinsero emettendo urletto che mi turbò alquanto.

Sorrisi imbarazzata e mi misi silenziosamente a scrutare qualsiasi orizzonte al mio fianco a me.

Era andato tutto così liscio che la sfortuna aveva voluto intromettersi.

Una gigantografia degli incredibili “One Direction” mi capitò a cinque millimetri dalla punta del naso.

Grazie destino per questa beffa.

Sbuffai scocciata e lo sguardo indagatore di Chantal si catapultò con irruenza su di me.

–Non ami i 1D, vero?- 1D? Ma che diav, wooo, si erano fatti molto più carini i ragazzi.

–Non sono esattamente una loro fan ma non mi urtano il sistema nervoso come altri- inclinai il capo studiando le sagome velocemente.

–Io li adoro- affermò sicura la mia compagna di università.

Rimasi spiazzata, questo non era un bene dato che ci trovavamo proprio nella città dove loro lavoravano maggiormente.

Lasciai cadere il discorso cominciando a bofonchiare inutili fandonie, missione compiuta.

Ma la pace non durò così a lungo come credetti.

Trascorso il primo mese, spariti definitivamente disordine e cartoni ingombranti, trovato impiego lavorativo ed iniziato lo studio, Michelle rientrò una sera con un volto sospetto.

–Tara, stasera usciamo con i ragazzi a cena! E’ il compleanno di Tony!- aggrottai le sopracciglia,

-Chi?- la seguii sino a camera sua mentre passava dubbiosa in rassegna ogni suo abito,

-Il fratello maggiore di Jack! Bisogna vestirsi bene, sai pare ci sia anche, oh a te non interessa. Comunque sarà una cena in uno dei locali più top! Non sto nella pelle! Hai qualche vestito che ti sta largo da prestarmi? Sono in crisi!- imbambolata dal fiume di parole mi diressi confusa nella mia stanza e stesi sul letto ogni cosa che avevo.

Optai per un look non troppo appariscente un vestitino attillato nero corto con le maniche a tre quarti in pizzo proveniente dalla boutique costosa nella quale lavoravo.

Il tutto accompagnato da un immancabile tacco dodici.

Michelle che di sobrietà proprio non ne voleva sapere si infilò un completo verde brillante avvolta da un’ampia stola di altrettanta tonalità.

Si dedicò poi al mio trucco ed alla mia acconciatura di cui mi fece stupire.

Il risultato era incriticabile, lo stesso replicò per sé.

Con il solito ritardo ci fiondammo in auto ed inizia ad esibirmi nella spericolata guida a destra, ancora inusuale.

Parcheggiai così lontano che i piedi urlavano pietà, d’altronde io e Mich non eravamo ancora le ragazze più pratiche di quel luogo magnifico.

Una folla di persone si muoveva rumorosamente su quasi tutto il marciapiede.

Sbarrai lo sguardo non appena mi accorsi di trovarmi proprio davanti al mio incubo.

La mia cara amica mi percosse il braccio e urlò qualcosa.

Tutti i rumori assordanti intorno a me si racchiusero in una bolla di sapone che volò via lasciandomi sola con la mia coscienza dinanzi alla mia paura più grande.

Bene, perfetto, ora lui non si ricorderà neanche come ti chiami, non starti a fare illusioni, non ti riconoscerà, è famoso adesso.

Il respiro mi si accorciò ma il cuore non batteva all’impazzata, ero cosciente del fatto che non ne fossi più, o forse mai stata innamorata, tuttavia fui colta da un imbarazzo disarmante.

Cercai di sfuggire e rifugiarmi distrattamente dietro la schiena di qualche altro invitato ma purtroppo mi resi conto che alla cena avrebbe partecipato anche lui in quanto conosceva, come un altro componente della band presente, Tony.


Ancora una volta grazie destino.

  

 

















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Capitolo 5
*** If We Could Only Turn Back Time. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT






                 That's you again              

 

Il freddo cominciò ad entrarmi nella ossa cosicché degli scossoni allucinanti mi rendevano una postura stabile alquanto difficoltosa da mantenere.
 
–Michelle, ho bisogno del tuo aiuto- lei mi guardò confusa,

-O meglio, devo raccontarti una cosa, ma ho bisogno che tu mi creda- mi corressi.

Si ammutolì e mi ascoltò a bocca semi aperta mentre io le riassumevo in sussurri tutte le emozioni vissute.

–Perché non me l’hai detto prima? Ed ora? Ti ignorerà?- sospirai,

-Non ne ho idea, non mi importa, sono solo a disagio e avevo bisogno di condividerlo con qualcuno-.

La sua espressione sorpresa ed incredula continuava a turbarmi,

-Sei bellissima, lo eri e lo sarai quindi non preoccuparti, lo farai schiattare, si mangerà i gomiti- strillò dirigendosi verso l’entrata.

La mandria selvaggia cominciò a disporsi pacatamente lungo l’immensa candida tavolata poiché anche gli ultimi tre cantanti erano arrivati.

La maggior parte dei partecipanti era di sesso maschile e non vi furono poi così tante fan deliranti all’interno di quel posto piacevole ed elegantissimo.

Il mio pensiero principale era quello di sedermi il più lontano possibile da loro, quello di Michelle e Chantal, la quale ci aveva raggiunto ed era in completa adorazione dei cinque ragazzi, l’esatto opposto.

Tony si sedette capotavola, al suo fianco Jack e quello che doveva essere Louis.

David, al fianco del fratello del festeggiato, aveva di fronte Niall, a scalare io, Mich e l’Iraniana, sul lato opposto un ragazzo con capelli e pellame scuro cioè Zayn ed uno rasato, Liam.

L’altro problema era quell’adorabile personcina per cui il mondo impazziva che concludeva la fila dei One Direction.

Tamburellava le dita sui fianchi scambiando parole sfuggenti con il suo amico e mi fissava sbieco con quei due smeraldi che si ritrovava incastonati nelle pupille.

Aveva una pelle bianchissima ed un’espressione seria che talvolta si tramutava in un sorriso da svenimento.
Riconoscevo il suo fascino ma pareva non esserci molta simpatia tra noi.

Non feci in tempo a sedermi ed alzare lievemente lo sguardo che l’Irlandese mi rallegrò con uno dei suoi fantastici ghigni immutati.

Ciao Tara- mormorò nervoso mentre il resto del gruppetto mi studiò sconcertato.

Mich mi tirò una gomitata prepotente sul fianco sinistro che accusai silenziosamente.

Ciao Niall- replicai nascondendo l’entusiasmo scatenato da quelle due brevi e banali parole.

–Vi conoscete?- borbottò stupito ed infastidito Jack. Io mi accarezzai il braccio sperando di non dover rispondere.

–Si conoscono- intervenì Louis,

-Mai ascoltata l’ultima traccia del nostro secondo disco?- il tavolo fece un tonfo e Louis indietreggiò con la sedia schivando quello che doveva essere un calcio del biondo.

–Stavo scherzando, stavo scherzando!- cominciò a ridere fragorosamente.

Una vampata di calore mi si arrampicò al collo colorandomi le guance.

Cercai di non destare alcuna attenzione e stetti in silenzio per la maggior parte della serata.

Ascoltavo, sorridevo e abbassavo gli occhi sulle portate che ci venivano poste dinanzi.

Il tempo non passava, sgocciolava faticosamente come una goccia di un rubinetto mal chiuso prima di cadere rimane appesa e gioca a far l’equilibrista.

Fui interpellata parecchie volte e ogni singolo momento, ad ogni singola sillaba mi sentivo messa sotto analisi.

–Hai un accento così … strano- spinse il mento avanti indicandomi Harry impegnato a ruotare il bicchiere tra le dita.

–Non sono della zona- risposta scontata.

–Sei Irlandese?- continuò lui,

-Diciamo per metà- smossi nuovamente sinché la voce non si decise più ad uscire dalla bocca.

Lui continuò ad annuire puntando quelle porzioni di mare limpido su di me.

Insistentemente.

Troppo.

Senza farmi notare troppo mi alzai, -Dove vai?- biascicò Michelle in agitazione.

Beccata.

 –Mi fumo una sigaretta, da sola- mormorai cercando di scandire l’ultima parte.

–Ne sei sicura?- ribatté lei poco convinta.

Io mi allontanai a passetti mentre le voci confuse andavano sminuendo.

Uscii dal locale e presi un respiro a pieni polmoni.

Stetti appoggiata al davanzale di una vetrata cercando di schiarirmi la testa.

Silenzio.

Chiusi gli occhi, -Mi sono sempre chiesto dove fossi finita-.

Troppo breve.

Niall era davanti a me, -A risistemare le cose, sai, la scuola, la famiglia, ritornare alla vita di tutti i giorni. Tu invece, hai cambiato radicalmente tutto. Sono contenta per te Nio- entrambi sussultammo all’udito di quel nomignolo il quale mi era sfuggito così involontariamente che non riconobbi me stessa.

–Sei ancora così diversa, non ti interessa quello che sono diventato- non capii bene se stava delineando un mio difetto o esaltando un mio pregio.

–Forse perché tu sei rimasto tale e quale. Diversi abiti forse, diverso denaro in tasca, stesso viso, stessa voce, stesso sguardo- mi accarezzò un avambraccio ritraendosi velocemente,

-Quindi ora vivi qui?- cambiò brusco il tono mieloso,

-Già-

-E non andrai via per un bel pezzo- aggrottò le arcate sopraccigliari,

-Teoricamente … - lui sorrise cauto e si appropinquò all’ingresso,

-Buono a sapersi- scoperchiò l’uscio,

-Comunque la canzone più adatta a te non è quella detta da Louis- sbarrai le pupille.

-Said I never leave her … - canticchiò pacificamente sparendo poi oltre la soglia.

Bene Tara, forse avresti dovuto fare i compiti a casa ed ascoltarti qualche loro traccia!

Cercai mi imprimermi nella mente quella melodia appena accennata, la frase, direi che risultava alquanto indimenticabile.

Mi bruciai la punta dell’indice con il filtro ormai consumato.

Senza fretta mi avviai al tavolo.

Ed ecco di nuovo quella marea di volti puntati verso di me.

Avevo forse il trucco goffamente zampillato per tutta la faccia? Il vestito con una macchia enorme? Mi controllai impercettibilmente.

Tutto era al posto giusto, stomaco escluso.

Mich attese qualche secondo che la situazione abituale riprese, -Che ti ha detto?- sibilò,

-Ti racconto dopo- conclusi frettolosamente sentendomi controllata dalle perle di Niall.

Grazie al cielo il gruppo dovette rinunciare al proseguimento della serata causa impegni lavorativi della mattina seguente.

Dopo quella conversazione mi sarei aspettata dall’Irlandese una banale richiesta del tipo “numero di telefono”.

Le mie stupide ed idiote aspettative rimasero alquanto deluse. Salutammo i ragazzi che si congedarono gentilmente.
Sospirai ed in un batter di ciglia loro non c’erano più.

Chantal e Michelle cominciarono a strillare e commentare ogni singolo e minuscolo dettaglio sotto gli occhi increduli di Tony, Jack e David.

Il secondo però sembrò particolarmente interessato alla mia reazione del tutto assente. Mascherai i miei sentimenti confusi e mischiati per il resto della nottata.

Ad un’ora improponibile giungemmo, finalmente a casa.

Inutile dire che la mia coinquilina mi inondò di domande.

Replicai pacata colpita dalla stanchezza, quasi disinteressata sinché la lampadina magica non si illuminò.

MICHELLE!- strillai dal bagno mentre mi strofinavo con cura lo spazzolino.

Lei si catapultò a vedere che succedeva.

–Di che canzone diceva Louis?- con trentadue denti in bella mostra.

 –Parlava di “Summer Love”! La vuoi ascoltare?-

-No no- mi affrettai,

-Mi interessa sentire quella che fa … - intonai malamente il motivo.

Lei rifletté dubbiosa qualche secondo. Sparì dalla mia vista e dopo alcuni attimi ritornò trionfante.

–Che stupida! E’ “Over Again”, tieni- mi allungò l’i-pod.
Inserii le cuffiette e l’analizzai.

Mi sedetti a terra, -Non mi hai detto tutto vero?- rimpettì lei,

-Ora ti spiego, voglio solo sentirla un’altra volta-.                     









 

Writer's Corner: Ci tengo a ringraziare di cuore tutte coloro che mi seguono :) Spero di non deludere mai le vostre aspettative! A presto.




 






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Capitolo 6
*** Kiss You. ***


AMOR NON OMNIA VINCIT



_____Your Lips_____ 










Il telefono cominciò a vibrare vigorosamente sul comodino quasi volesse buttarsi a terra.

Lo bloccai a tastoni credendo fosse la sveglia.

Un numero sconosciuto apparì sul display.

–Pronto?- risposi con voce decisamente abbattuta dal sonno.

Tara?- quella pronuncia del mio nome non mi era del tutto nuova.

–Sì?- replicai alzandomi di scatto dal materasso barcollando sino alla porta.

–Ti ho svegliata vero? Sono Niall- la mia mano aveva appena raggiunto il pomello gelido.

–Ehi! Si, cioè, non importa- bisbigliai con cali di tono continui.

Era trascorsa quasi una settimana dalla cena ed avevo perso ogni speranza di risentirlo –Sai, è stato complicato avere il tuo numero. Spero non ti dispiaccia. Hai programmi questa
mattina? Potremmo vederci per una tazza di caffè se ti va- proferì rapidamente e nervosamente.

Io e te?- domandai stupidamente.

–Si- continuò lui turbato.

Attesi qualche secondo, -Perché no?- ringraziai la mia gola di aver liberato un assenso decente.

–Ottimo! Hai presente gli studi dove registriamo?- strabuzzai gli occhi.

–In realtà no- ammisi sincera.

Lui rise dolcemente.

–Il quartiere di Brixton?- rovistai velocemente nella mia mente ancora rimbambita dal sonno.

Mi spiegò la strada dettagliatamente.

–Facciamo lì per le dieci?-

-Perfetto-

-A dopo Tar- concluse lui.

Balzai fuori da camera mia in cerca di Michelle la quale paciosa sorseggiava tè e mangiucchiava biscotti.

–Alle dieci ho appuntamento con Niall- urlai in preda alla gioia e sconcertata.

Lei posò la tazza e mi guardò come se fosse il ritratto impressionista del panico,

-Dove?- mi chiese,

-A Brixton- si toccò le guance incredula,

-E’ dall’altra parte di Londra! Datti una mossa!- mi buttò sotto la doccia quasi vestita,

-Che ore sono?- mi impaurii,

-Quasi le nove!-.

Perfetto.

Di tutta fretta mi lavai ed asciugai i capelli, Mich mi aveva preparato i vestiti che infilai mentre mi fiondavo davanti allo specchio sistemando trucco e parrucco aiutata dalla mia cara amica
la quale al posto di tranquillizzarmi mi mandava ancora più in acido. Respirai affondo, presi il piumino nero e me lo misi tranquilla, aggiustando jeans, sciarpa e stivali.

Solo allora mi accorsi che ogni anello, era abbinato alla perfezione con il resto delle cose, borsa e ombretto compresi.

Abbracciai Mich e la ringraziai fiondandomi in macchina.

Il traffico fortunatamente era poco intenso ed io arrivai dove prestabilito con non più di qualche minuto legittimo di ritardo.

L’Irlandese mi aspettava saltellando pacifico sul marciapiede.

La sua espressione distesa si increspò non poco appena mi scorse in lontananza.

Ci facevamo forse ancora lo stesso effetto.

–Buongiorno- borbottai, mi baciò delicatamente una guancia lievemente anestetizzata dal freddo londinese.

–Entriamo?- annuii e mi misi dietro le sue spalle ossute.

Ci sedemmo, io ordinai un caffè con qualche richiesta da abitudinaria mezza Italiana.

 Niall dal canto suo non aveva modificato il suo incontenibile appetito presente a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno e richiese qualche pancake inzuppato in salsa d’acero.

Chiacchierammo come se tutto quel vasto margine temporale si fosse di punto in bianco ricucito.

Ma presto mi accorsi che tutti i miei pensieri erano solo illusioni, nulla era banale come prima.

Quattro ragazzine munite dei rispettivi cellulari ed emozionatissime si avvicinarono a noi.

La più spavalda si attaccò al bordo della tavola e iniziò a torturarla nervosamente –Niall! Niall! Oddio non posso crederci! Sei il mio idolo! Dove sono Harry e Zayn? Posso fare una foto con te?- sbarrai le pupille non poco turbata.

Probabilmente avrei fatto la stessa cosa davanti a Johnny Deep, probabilmente no dato che ero una delle persone più vergognose del pianeta.

Con un’allucinante meccanicità lui sorrise e cominciò la solita messa in scena.

La tirò un po’ a sé.

Scattarono diverse foto, gli fecero qualche domanda e si allontanarono.

Solo allora la loro attenzione si concentrò su di me.

Lui sospirò, -Ecco ora andranno a scrivere sul loro blog che sono in compagnia di una misteriosa mora che non è Demi- ancora più confusa mi zittii,

-Demi?- mormorai più chiusa nelle mie riflessioni che nel presente.

–Sì, Demi Lovato-

-Oh, voi vi frequentate- conclusi mentre l’unica cosa che avrei voluto fare era creare un clone per potermi tirare testate da sola.

–Ci siamo frequentati, è complicato-.

Non sapevo quante volte avevo sentito quella frase in bocca di altri uomini i quali semplicemente mi avevano illusa, ferita e maltrattata.

La mia parte razionale mi aveva messo in guardia, eppure tra le sue labbra quell’affermazione mi aveva abbastanza convinto.

–A proposito di te invece, mi è stato così difficile avere il tuo numero per colpa di Jack che, immagino ci sia qualcosa tra voi- alzai le spalle,

-Immagini male- nonostante ciò la sua rivelazione mi rese dubbiosa.

Mi prese una mano, -Sempre gelide- sibilò strofinandomi il palmo teneramente.

Non riuscivo ne a tirare indietro l’arto, ne a sorridere.

–Che fai sabato prossimo?- tuonò.

–Credo niente- risposi sinceramente.

–Ottimo, ora hai qualcosa da fare- aggrottai le sopracciglia,

-Cioè?- replicai,

-Sorpresa! Metti qualcosa di pratico. Ora devo andare- cincischiò alzandosi e sventolando qualche banconota tra le dita.

–Aspetta- cercai di partecipare,

-La prossima la offri tu, okay?- Sorrisi.

Bene, c’era un altro incontro, o meglio due.

 –Lo studio è a due passi, ti va una visita veloce? Così evito il rimprovero ma sto con te ancora per qualche minuto- le ginocchia mi tremarono non poco, respira.

 –Certo!- strillai entusiasta.

Una comitiva di adolescenti urlanti ci corse quasi incontro.

Lui sereno sventolò il braccio per salutare e mi strinse la mano.

Istintivamente, calorosamente, inaspettatamente.

Un omone si catapultò davanti a noi e ci scortò sino al cancello mentre Niall lanciava baci goffamente.

Io risi piano.

Si voltò e mi scrutò,

-Smettila- mi ammonì,

-Di fare che?- ironizzai io sentendomi in realtà piccola piccola.

Di rendere ogni tuo gesto così adorabile o sarò costretto a baciarti molto presto- il sangue mi raggiunse gli zigomi colorandoli velocemente come un bimbo pasticcia con il pastello
della tonalità preferita il proprio schizzo.

Lui sbuffò,

-Ecco, l’hai fatto di nuovo- sussurrò, posò le mani sul colletto della mia giacca e mi attirò alla sua bocca color fragola.

Percepii il suo respiro e poi quelle labbra dolci.

Lo stomaco si contrise, quell’attimo finì anche troppo presto.

Riaprii gli occhi e scontrai la sua guancia con la punta del naso mentre mi teneva abbracciata a sé.

Quanto ti ho voluta- proferì con un filo di voce.

–Vieni- mi trascinò all’interno degli edifici con un sorrisone stampato sulla faccia.

In dieci minuti mi fece vedere ogni parte di quel posto sinché non giungemmo in una saletta più isolata dove un tecnico munito di cuffie armeggiava su un milione di tastini e leve
colorate mentre Liam e Zayn cantavano al di là del vetro.

Louis era seduto, quasi sdraiato su un divano alle spalle della console immensa.

 –Niall- gridò distraendo dal suo lavoro l’uomo incarognito.

–Allora è una cosa seria, è un piacere rivederti cara- scherzò su di me.

Io sorrisi e risposi cortesemente con una punta di ironia.

 –Tra poco tocca a te- irruppe un tono alquanto serio e disagiato alle nostre spalle.

Sulla soglia Harry se ne stava appoggiato a sorseggiare del caffè.

Aveva i soliti smeraldi luccicanti puntanti su di me, io abbassai il capo imbarazzata mentre i palmi divennero sempre più umidi e tremanti.

La gola quisquigliava, non sapevo più come mettere le braccia e il respiro si accorciò molto.

La sua presenza mi innervosiva maledettamente, il suo atteggiamento, la maniera con la quale di porgeva nei miei confronti non mi piaceva affatto.

Niall sbuffò, -Cinque minuti, accompagno Tara- lui annuì come se dettasse legge all’interno di quelle mura.

–Ciao ragazzi- accennai intimidita cercando di apparire il meno invasiva possibile.

Loro risposero di buon grado, ovviamente tutti tranne uno.

Ringraziai Niall per la mattinata e ben attenta a celarmi da occhi indiscreti lo baciai velocemente.

Lui mi guardò quasi accigliato,

-Torna qui- disse mentre io ero a pochi passi dall’auto.

Mi voltai e mi travolse accoccolandomi ancora una volta tra le sue braccia.

–Ora puoi andare. Ti chiamo- io risi,

-Questa l’ho già sentita- feci riferimento a qualche anno prima, lui mi ignorò

–Ci sentiamo Tara- ribatté.

Salii sulla macchina ed accesi il motore.

Lui si allontanò piano, sorridente e tranquillo.

Io al contrario guidai turbata e piena di dubbi.

Era stato davvero tutto così meravigliosamente semplice da sistemare?

Dov’era andato ad annullarsi il mio dolore?

Perché non ero in grado di godermi il momento ed accontentarmi?

Per quale motivo non ero felice?   





WRITER'S CORNER: Eccomiiiiii! Scusate per l'attesa ma in questo periodo ho avuto qualche problemino :D Spero ne sia valsa la pena! Vi ringrazio del supporto <3

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