Lost souls in the ocean

di leyda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Lost souls in the ocean

 

  

 

 

La nebbia si spandeva bassa e densa sul pontile, occultando parzialmente le due figure che camminavano vicine, avvolte nei mantelli per proteggersi dal clima umido e freddo di inizio autunno. Nessuna delle due figure parlava o dava segni di preoccupazione, benché il porto a quell’ora, non fosse il posto migliore in cui trovarsi. Proseguirono senza voltarsi per qualche decina di metri ancora, prima che una delle due ombre, la più minuta, svoltasse in una stradina stretta e sporca, che dal molo si inerpicava su per la città, immettendosi poi nella via principale, e proseguendo fino a fuori città, tra i boschi. Nessuna delle due persone, comunque, aveva intenzione di spingersi così lontano e, dopo aver percorso qualche altro centinaio di metri, si fermarono davanti all’entrata di una taverna dall’aria malandata.

Prima di entrare si assicurarono di essere nel posto giusto, dando un’occhiata all’insegna, penzolante da un cardine solo, raffigurante una rozza freccia, dalla vernice scrostata dalla salsedine. Appurato che il posto era quello giusto, varcarono la porta, ritrovandosi in un locale pregno dell’odore di fumo e sudore, pieno, nonostante l’ora tarda e rumoroso. Storcendo il naso, ma senza dare segno di volersi privare delle loro protezioni, i due nuovi ospiti si guardarono intorno, prima di prendere posto a un tavolo dall’aria più solida degli altri, posto nell’angolo più vicino all’entrata, sebbene abbastanza in ombra. Probabilmente quella bettola aveva visto giorni migliori, e di sicuro, ora era luogo abituale di ritrovo per ubriaconi e disperati, che non avevano nulla da perdere, e nessun altro modo di sfogare la propria insoddisfazione, se non bevendo e facendo a botte, coinvolgendo il mobilio nelle loro risse.

Guardandoli da dietro il bancone con aria torva, il proprietario si apprestò a servire un altro cliente, ormai quasi totalmente sbronzo, mentre il più massiccio dei due individui, si alzava e raggiungeva il taverniere, sotto lo sguardo attento e celato dell’altro. Ritornò al tavolo isolato poco dopo, con una bottiglia di vino, probabilmente rosso, e tre bicchieri con l’aria di aver avuto momenti migliori. Finalmente, entrambi si liberarono dall’ingombro dei mantelli, rivelandosi come due giovani, decisamente fuori posto, in un locale malfamato come quello in cui si trovavano.

«Perché hai preso del Porto? Lo sai che non mi piace.» si lamentò il più piccolo, facendo roteare il liquido nel suo bicchiere, prima di mandarlo giù e aggiungere «Almeno potevi ordinare qualcosa da mangiare.»

«A quest’ora? Se hai così fame, va a parlarci tu con quello lì.» rispose l’altro, indicando dietro di sé con un cenno della testa, versandosi il vino.

Il primo scosse le spalle, lasciando cadere l’argomento «Tanto non avremmo tempo, ugualmente. Fra poco Allison dovrebbe arrivare. Spero che non abbia avuto contrattempi e che non sia stato un viaggio a vuoto.»

«Perché hai scelto un posto così per incontrarla?» domandò, con un’occhiata critica all’ambiente circostante e agli altri, rumorosi, clienti.

«Non sono stato io a decidere. Di sicuro l’ultimo luogo dove avrei proposto sarebbe stato un locale chiamato “Silver Arrow”. Mio Dio, “Silver Arrow”, Danny! Tanto valeva mandare una lettera spiegando anche perché siamo qui. Perlomeno è vicino al porto. Allison è stata previdente in questo, benché abbia una pessimo gusto per i nomi, oppure un pessimo senso dell’umorismo. Non saprei… » scosse la testa, con aria turbata.

«Stiles, ti prego. Non è il momento adatto per queste divagazioni.» sospirò Danny, guardandosi intorno circospetto, abbassando poi il tono di voce «Perché non hai voluto farti accompagnare da Scott?» domandò.

«Danny, hai presente dove siamo e con che cosa potremmo avere a che fare? Preferirei lasciare tutti i nostri problematici amici il più lontano possibile da questo posto. E comunque, sanno cosa fare e dove andare se non tornassimo per dopodomani all’alba.» assicurò.

«E pensi che ti ascolteranno? Non mi stupirei se avessero attraccato adesso con una scialuppa.»

«In effetti neanch’io. Ma non lo faranno, stavolta. Sanno cosa c’è in gioco e che non possiamo rischiare.» commentò versandosi altro vino, guardando verso la porta, in attesa.

«Avresti dovuto venire con qualcun altro, oltre me, comunque. È rischioso per te.» disse, osservando il ragazzo seduto di fronte a lui con aria critica, per poi aggiungere «O almeno non vestirti così. Se volevi far sapere che sei qui, avresti potuto presentarti alla caserma, direttamente.»

Stiles abbassò lo sguardo sui propri vestiti, guardandoli come se li vedesse per la prima volta, sbattendo le palpebre un paio di volte, prima di corrucciare la fronte e riportare lo sguardo sul compagno. «Perché, cos’hanno i miei vestiti che non vanno? Mi sono cambiato prima di scendere.» rivelò, non capendo il problema, o fingendo di farlo.

Danny sospirò forte, e prima di rispondere, buttò giù il suo secondo bicchiere. Era meglio che Allison si facesse vedere alla svelta, o quando fosse arrivata li avrebbe trovati entrambi brilli, e poco reattivi. «Hai una camicia rossa. Rossa! Che ti passa per la testa?» sbottò poi, afflosciandosi sulla sedia, mentre l’altro ridacchiava divertito. «E comunque spero che ti ascoltino stavolta. Scott è andato decisamente fuori di testa quando ha saputo le tue intenzioni. Spero siano riusciti a calmarlo o quando torneremo la nave sarà a pezzi.»

«Non preoccuparti. Saranno riusciti a controllarlo. Altrimenti l’avranno buttato a mare, e un bel bagno lo calma sempre.» sghignazzò, imitato dal compagno.

«Si, soprattutto perché ci mette almeno un’ora a tornare a bordo.» considerò Danny.

 

A qualche strada di distanza, Allison continuava a guardarsi le spalle, per assicurarsi di non essere seguita. Era certa di essersi comportata in modo da non destare sospetti, negli ultimi giorni, ma considerando con chi aveva avuto a che fare, la prudenza non era mai troppa. Con un ultima occhiata alla strada malridotta e deserta dietro le sue spalle, si infilò in un vicolo cieco, entrando poi in una porta nascosta dalle ombre, rimanendo in attesa. Dopo qualche minuto, sentì un rumore di passi sulle pietre dell’acciottolato. A giudicare dal passo, pesante e cadenzato, dovevano essere almeno due, probabilmente guardie, o forse novellini appena usciti dalla caserma e reclutati dalla sua famiglia. In ogni caso, non poteva rischiare di uscire nuovamente in strada. Se voleva raggiungere Stiles e Danny, senza farsi scoprire, avrebbe dovuto usare una via alternativa.

Prestando attenzione all’interno dell’abitazione in cui si era infilata, attese di essersi abituata all’oscurità, e fu rassicurata dal russare che le arrivava alle orecchie, già al piano inferiore, in cui si trovava. Sfruttando la lama di luce che filtrava da alcune persiane malamente accostate, individuò le scale che portavano di sopra e, facendo attenzione a non fare rumore e a non inciampare da nessuna parte, salì, raggiungendo un piccolo lucernario che dava sul tetto. Per riuscire ad aprirlo dovette forzarlo un po’, temendo così di svegliare il proprietario dell’abitazione. Fortunatamente sembrava che l’uomo avesse il sonno pesante e, sebbene un po’ a fatica, riuscì a issarsi su, ritrovandosi sul tetto piatto.

Tenendosi bassa, ne raggiunse il bordo esterno per guardare in strada, certa che le guardie, o quello che erano, fossero ancora lì, o comunque a portata d’orecchio. Le sentì chiacchierare, più a destra rispetto a dove si trovava, e parlavano di bussare a qualche abitazione per cercarla. Silenziosamente tornò indietro, richiudendo la finestra da cui era appena uscita. Dopodiché, cercando di fare meno rumore possibile, e grata del fatto che in prossimità del porto le case fossero tutte ammassate le une alle altre, passò di tetto in tetto, senza correre il rischio di cadere di sotto, ma procedendo comunque con una certa accortezza, per non attirare nessuna occhiata indiscreta o far scattare alcun allarme. In poco tempo si lasciò alle spalle i suoi inseguitori, e giunse in prossimità del locale con cui aveva appuntamento con Stiles e Danny. Per tornare in strada, cercò il punto più buio della via, non fidandosi della sua apparente desolazione. Infatti, fece appena a tempo a raggiungere il locale, che delle voci le giunsero alle orecchie.

Entrò velocemente, frugando il posto con lo sguardo, finché non fu la voce di Danny a richiamare la sua attenzione. Tirando un sospiro di sollievo, si avvicinò ai due, sedendosi e accettando il bicchiere che Stiles le porgeva.

«Spero che il Porto ti piaccia.» esclamò, storcendo il naso.

«Non è il mio preferito, ma può andare.» ammise.

«Tutto bene? Sembri affannata.» domandò il ragazzo, alternando lo sguardo tra lei e l’entrata, aspettandosi forse, che un drappello di guardie entrasse, da un momento all’altro.

La ragazza annuì, assaggiando il vino. «Voi avete avuto problemi?» s’informò a sua volta, sistemandosi meglio sulla sedia.

Stavolta fu Danny a risponderle, sorridendo divertito «Sulla nave, molti. Qui per fortuna, a parte una divergenza sui vini, no. E non c’è bisogno che ti dica chi, ha creato problemi.»

«Scott?» fu la retorica risposta, accolta con uno sconsolato cenno d’assenso da entrambi. «Stiles… ma come sei vestito?» esclamò osservando attentamente, alla scarsa luce del locale, l’indumento rosso che portava.

«Oh mio Dio. Anche tu. Ma cos’ha che non va la mia camicia?» gemette sconfortato. Mentre gli altri due si scambiavano un’occhiata esasperata.

«È rossa. Perché non hai messo qualcosa di un altro colore? Lo sai che…» tentò, vendendo interrotta.

«In ogni caso» iniziò Stiles, incrociando le braccia sul tavolo e sporgendosi verso entrambi «cos’hai scoperto?» chiese, fissandola seriamente, pur mantenendo il sorriso sulle labbra, a beneficio di chi li avrebbe potuti osservare da lontano.

«Sarebbe meglio parlarne in un altro posto. Prima avevo due guardie che mi seguivano e potrebbero arrivare da un momento all’altro.» disse Allison, alzandosi e dirigendosi fuori, insieme a Stiles, che manteneva la sua aria scanzonata, nonostante gli occhi fossero mortalmente seri. Danny, intanto, chiamò il taverniere, che non aveva smesso un solo attimo di osservarli da dietro il bancone, ed estrasse due monete d’oro, che porse all’uomo che le fissava avido. Prima di consegnargliele, però, mostrò anche un corto pugnale.

«Queste sono per il disturbo. Questo invece, se ti capiterà di raccontare a qualcuno di aver visto qualcosa.» lo minacciò serio, prima di alzarsi e raggiungere i due compagni che lo attendevano in strada.

Infagottandosi nuovamente nei mantelli, si avviarono verso la banchina e oltre, fino al faro. Silenziosamente entrarono e salirono fino in cima, assicurandosi prima, che nessuno li avesse seguiti o li stesse spiando. Quando furono assolutamente certi di essere soli, Stiles le ripose la domanda.

«Allora, cos’hai scoperto?»

Allison si prese qualche secondo, passeggiando avanti e indietro per la piccola stanza, sotto lo sguardo attento del ragazzo, e di Danny, appoggiato alla porta. «È come pensavamo. Questa dovrebbe essere l’ultima nave prima dell’inverno. Le altre arriveranno con la prossima primavera. A quanto pare devono essere su questa, perché mio padre vuole occuparsene di persona. Purtroppo non sono riuscita a scoprire né quando, né da dove dovrebbe arrivare. So solo che sarà presto e che sarà ben sorvegliata. Probabilmente si aspettano qualche genere di sorpresa.» espose seria, mentre Stiles annuiva, di tanto in tanto, riflettendo.

«Abbiamo solo domani per scoprirlo, dopodiché dovremo tornare alla nave e sperare di riuscire a intercettarla anche senza informazioni… Danny, quanto manca alla prossima?» chiese volgendosi verso il ragazzo, aspettando una risposta.

«Una settimana e mezza soltanto.»

«Questo vuol dire che possiamo già restringere il campo d’attesa. Sono sicuro che cercheranno di concludere la faccenda prima dello scadere di due settimane. Ora dobbiamo riuscire a sapere da dove arriveranno, come hanno intenzione di difendere la nave, che tipo di nave sarà e quanti uomini avranno a bordo. Una sciocchezza, eh?» ironizzò, con un sospiro, passeggiando avanti e indietro, umettandosi le labbra di tanto in tanto.

«Come pensi di riuscire a venire a sapere tutte queste cose in un giorno soltanto?» domandò stupita Allison.

Stiles sorrise furbo, ignorando il borbottio di Danny riguardo al fatto che la sua fosse una pessima idea, e rispose «Per quale motivo credi che sia venuto da solo con Danny? Domani mattina ci porterai a casa tua, e ci presenterai come due volontari. In questo modo, riusciremo almeno a scoprire la data d’arrivo. Se saremo abbastanza scaltri, potremmo avere tutte le informazioni che ci servono e la via di fuga sgombra, prima che ci scoprano.»

«Se saremo abbastanza fortunati, riusciremo a scappare all’ultimo momento, vorrai dire. È un pessimo piano. È una pessima linea d’azione, tu lo sai, ma sei il tipo più testardo che abbia mai conosciuto, e probabilmente hai un grottesco istinto suicida. E non capisco perché ti sto dando ascolto e appoggio.» snocciolò Danny, scuotendo il capo, facendo ridere l’altro ragazzo.

«Stiles, anch’io penso sia una cattiva idea. È la cosa più rischiosa e scapestrata che tu abbia mai pensato di fare. Se non funzionasse, che succederebbe?» domandò preoccupata la mora.

«Se non funzionasse, abbiamo un piano di riserva. Ma per ora, faremo così. E non siate così pessimisti voi due, dopotutto mi avete visto fare cose più stupide e me la sono sempre cavata, no?» sorrise, aprendo la porta e iniziando a scendere le scale, al buio più completo, rischiando di cadere, cosa che infatti avvenne fortunatamente, quando ormai mancavano pochi gradini. Atterrò con un tonfo e un’imprecazione soffocata, mentre gli altri due lo raggiungevano di corsa, per accertarsi delle sue condizioni. Rimproverandolo, Danny lo tirò in piedi, assicurandosi che fosse stabile e illeso, mentre Allison teneva la porta aperta.

Appena fuori, con il vento che soffiava più forte, e le onde che s’infrangevano rabbiose sugli scogli, coprendo le parole a possibili orecchie indiscrete, si accordarono sugli ultimi particolari per il giorno successivo e, prima di rientrare a casa sua, la ragazza fece un’ultima raccomandazione.

«Mi raccomando, Stiles. Cambiati la camicia, o scordati il mio aiuto.»

«Oh, mio Dio! Ma si può sapere cos’avete contro i miei vestiti? ...E va bene, a domani alle nove.» capitolò, mentre lui e Danny tornavano al porto. Una volta giunti, salirono sulla barca con cui erano arrivati, sistemandosi alla meglio, per passare le ultime ore prima del sorgere del sole, nella maniera più confortante possibile.

Sotto una corda arrotolata, Stiles trovò un fagotto con un biglietto allegato, vergato con una calligrafia tondeggiante.

Perché sei il solito testardo, e non ti aiuteranno se non cedi. La prossima volta però te la cavi da solo. Lydia

Ridendo sottovoce, aprì i lembi del pacchetto, trovando al suo interno una maglia bianca, che indossò con un sospiro sconfitto. Davvero non capiva la fissazione che avevano tutti per il colore dei suoi vestiti. Avrebbe dovuto fare una ricerca approfondita in merito.

«Ah, ti sei deciso ad ascoltarci. Meno male che Lydia ti conosce bene, almeno non ci faremo uccidere subito, domani.» affermò scuotendo la testa, prima di sistemarsi meglio nel mantello e trovare una posizione sufficientemente comoda, che gli permettesse di dormire qualche ora.

Stiles invece, rimase sveglio ancora a lungo, steso sul fondo dell’imbarcazione, osservando il cielo parzialmente velato, mentre la sua mente creava e disfaceva piani per l’indomani, perdendosi poi dietro ad altri pensieri, più futili, finché il sonno non vinse anche lui.

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

Benvenuti a bordo, topi di sentina!

Uhm, ok-ok, la smetto immediatamente, scusate.

Allora…

Che ne pensate di questo inizio? Devo fermarmi? Posso continuare? Fatemi sapere e vedrò un po’ come muovermi. Dato che è un esperimento ci terrei davvero ad avere molti pareri, in modo da farmi un idea sul fatto se vi piace o meno.

Premetto che, in ogni caso, non sono mai stata un pirata (ma va? Bella scoperta!–_–;) né un marinaio di alcun genere, insomma, per farla breve di barche e simili non né so molto, eccetto quello che ho scoperto leggendo i libri di Salgari, e spulciando su internet e libri vari, perciò è probabile che ci siano inesattezze, ma non credo che un qualche pirata di quel tempo leggerà mai questa cosa, quindi penso di poter stare al sicuro da eventuali assalti, no?

A parte ciò, cosa ne dite di questa coppia? O di questo trio? E Danny vi sembra IC? Cavolo spero tanto di si, anche se non è che si possa dire molto su di lui, viste le poche comparsate in TW.

Comunque, se ancora non l’avevate capito, questa storia è ovviamente una AU, anche perché io non ho mai visto uno dei nostri amati lupetti su una nave… per ora. E… ci saranno alcuni cambiamenti rispetto a ciò che è solito aspettarsi, ma non vi anticipo nulla… sempre perché sono cattiva e perché sennò che leggete a fare?^^

È probabile che alla fine dei capitoli, quando necessario, metterò un mini-glossario dove spiego i termini usati, così se vi và, potreste darci un’occhiata per capire meglio.

E sto sproloquiando un sacco, vero? Scusate.

Non so quando aggiornerò con questa long, perché si, sarà una long, rassegnatevi se volete seguirla, ma cercherò di essere abbastanza regolare, ok?

E con questo concludo!

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Lost souls in the ocean

 

 

Capitolo 2

 

Furono le campane della chiesa vicina a svegliarli, dopo solo qualche ora di sonno, passata al freddo e all’umido. Muovendosi piano e con attenzione, per sciogliere i muscoli contratti e irrigiditi, scesero dalla barca e, sbadigliando, si diressero alla stessa taverna del giorno prima, sperando di avere abbastanza tempo per mettere qualcosa sotto i denti, prima che Allison andasse a recuperarli. Incredibilmente sembrava che la preoccupazione avesse alla fine raggiunto anche Stiles, zittendolo, ma Danny non confidava molto in quell’ipotesi. Era più probabile che fino a quando non avesse messo nulla nello stomaco, il compagno si sarebbe rifiutato di parlare più del necessario, il ché significava che si sarebbe limitato alla loquacità di una persona normale. Stavolta fecero la strada con più tranquillità, perdendo tempo a guardarsi intorno, osservando le barche dei pescatori prendere il largo o rientrare dopo una notte di pesca, per qualcuno proficua, per altri no. Prestarono attenzione, soprattutto, alla frequenza con cui la guardia cittadina passava a pattugliare le strade e il percorso che compiva, memorizzandolo, per permettersi una buona via di fuga.

Quando arrivarono al “Silver Arrow” erano ormai quasi le otto. Entrarono, ritrovandosi a respirare nuovamente quell’aria satura di fumo, sudore e liquore, occupando lo stesso tavolo della sera prima, aspettando che fosse il proprietario questa volta, memore delle parole di Danny, a venire da loro. Invece a presentarsi fu una ragazza, con un sorriso cordiale, nonostante l’aria stanca e triste, che elencò loro quello che avevano a disposizione, e in verità non era molto. Prima di congedarla e aspettare, Stiles fece scivolare un sacchettino pieno di monete nella tasca del grembiule, stando attento a non farsi notare da nessuno. La ragazza, li osservò confusa, ricevendo un sorriso incoraggiante in risposta, prima di voltarsi e preparare loro quello che avevano ordinato. Proprio un attimo dopo che era scomparsa dietro una porta, probabilmente della cucina, comparve il proprietario, il quale non appena li vide, sbiancò, mostrando di ricordare la minaccia neanche troppo velata di poche ore prima.

In realtà, Danny avrebbe voluto evitare di comportarsi in quella maniera il giorno precedente, in quanto di solito era una persona decisamente pacifica, tranne quando la situazione richiedeva altrimenti, ma era stato necessario, per la sicurezza sua e di Stiles, e anche per quella di Allison, ricorrere all’intimidazione. In ogni caso, sembrava aver ottenuto il risultato voluto, se a causa della paura o dell’avidità, non avrebbe saputo dirlo, ma scommetteva più sulla seconda. Cominciava a capire perché fosse andato lui con Stiles. Nonostante la sua evidente aria da brava persona, la sua mole metteva comunque in soggezione, e questo probabilmente, si sarebbe rivelato un valido aiuto nel luogo in cui dovevano recarsi presto.

«Ehi, Danny? A che pensi?» lo strappò alle sue riflessioni il ragazzo di fronte a lui «Preoccupato?» chiese sorridendo.

«Mi chiedo come tu non riesca ad esserlo.» rispose, scuotendo il capo. «Sarà perché sei un incosciente.» aggiunse con sguardo preoccupato, facendo solo ridere il compagno.

«Se continui a pensare che andrà male, lo farà.» espose, ringraziando la ragazza, tornata con la loro colazione. Decisamente non era qualcosa che avrebbe mangiato a quell’ora del giorno, ma non potevano permettersi di fare troppe storie, anche tenendo conto del fatto che non toccavano cibo dalla mattina del giorno prima.

«Quello che hai detto non ha alcun senso. Se andrà male, sarà perché non avevamo considerato tutti i possibili particolari che potrebbero andare storti.» ribatté, rifiutandosi di smuoversi dalla sua posizione.

Alzando gli occhi al soffitto, anch’esso rovinato, Stiles decise di non insistere oltre, capendo che avrebbe solo fatto intestardire di più l’amico. Per questo si dedicò alla sua colazione, senza più fare parola su nulla che potesse ricondurlo su quel sentiero pericoloso, risolvendosi di aspettare, nuovamente, l’arrivo di Allison.

«Allora, vuoi spiegarmi il tuo piano?» proruppe dopo un po’, spingendo da parte il piatto, ancora mezzo pieno. «Prima che arrivi Allison…»

«Adesso? Non posso finire la mia colazione?» piagnucolò Stiles, costretto a capitolare dall’occhiata severa rivoltagli da sopra il tavolo. «Oh mio Dio! Va bene. Quando Allison arriverà, mi porterà a casa sua, e mi presenterà come un aiutante, inviato da qualche proprietario locale. Nel frattempo, tu cercherai di scoprire qualcosa andando all’ufficio portuale. Se c’è una nave in arrivo, lì troverai di sicuro qualcosa. Quindi… oh, Allison.» esclamò, richiamando l’attenzione della ragazza, che si avvicinò velocemente.

«Cos’è successo?» domandò Stiles, vedendo lo sguardo allarmato sul suo viso, mentre Danny si alzava per sbirciare dalla finestra.

«Stiles, dovete andarvene subito.» sussurrò preoccupata, lo sguardo che saettava continuamente tra lui e la porta. «Non so cosa sia successo, ma la guardia cittadina è in fermento.»

«Non è possibile. Come possono averlo saputo?» esclamò saltando su, guardandosi in giro.

A rispondere alla domanda fu Danny, improvvisamente consapevole della reazione del proprietario. «Lo so io. Da dove possiamo uscire? Se ci sbrighiamo riusciamo ad arrivare al porto e a fuggire.»

«Non se ne parla. Però dobbiamo toglierci di qui.» convenne Stiles, mentre la ragazza che li aveva serviti prima si avvicinava.

«Scusate, ma non ho potuto fare a meno di sentirvi. Seguitemi. So io come farvi uscire di qui senza farvi scoprire.» disse, senza però riuscire a guardarli negli occhi. I tre si scambiarono un occhiata al di sopra della sua testa china, prima di annuire.

«Allison, ci vediamo vicino alla chiesa. Se non arriviamo entro un ora, vattene.» decise il castano, prima di rivolgersi alla locandiera «Ti seguiamo, facci strada.»

Velocemente, approfittando dell’assenza di altre persone nella stanza, attraversarono la sala diretti verso le scale del piano superiore, mentre Allison, con un ultima occhiata preoccupata, infilava la porta e spariva nella strada affollata di mercanti e pescatori, diretta alla piazza. I due fuggitivi si ritrovarono in una piccola stanza dal soffitto basso, malamente ammobiliata, con solo un letto malandato posto in un angolo e una cassetta di legno con un moncone di candela e qualche fiammifero. Guardandosi intorno, non videro nessuna possibile via di fuga, ma seguirono lo stesso la loro misteriosa salvatrice, attraverso un’altra porticina, posta dall’altra parte della stanza, e semi-invisibile nell’oscurità dell’ambiente, privo di alcuna fonte di luce naturale.

La nuova stanza era decisamente più vivibile, probabilmente era la camera del proprietario, dedussero, e aveva una larga finestra che dava su un piccolo balconcino. Senza perdere tempo, sentendo già i rumori e le urla, annunciatrici di guai, provenire dalla strada, i due si accostarono alla loro prossima via d’uscita. Danny spalancò le ante, gettando un’occhiata in basso, dove le persone, troppo affaccendate, non avevano tempo di alzare lo sguardo e notare due possibili fuggitivi, e poi in alto, costruendo mentalmente il percorso da seguire.

«Ti siamo davvero grati dell’aiuto. Se mai ci ricapiterà di passare da qui, e ti servisse aiuto… beh, in qualche modo riusciremmo a saperlo, e verremo sicuramente ad aiutarti.» sorrise

«Sbrigatevi a fuggire e non pensateci. Mi avete già aiutata molto.» li rassicurò, guardando la porta alle sue spalle, tendendo l’orecchio per eventuali rumori sospetti.

«Stiles, muoviti!» sibilò Danny, già fuori dalla finestra.

«Stiles?! Voi…» esclamò stupefatta, squadrando da capo a piedi il ragazzo di fronte a lei.

«Già. Apprezzerei che non ne facciate parola con nessuno. Sono ancora giovane, e ho un sacco di avventure ancora davanti a me.» ridacchiò, preoccupato. «Posso contare sulla vostra discrezione… »

«Certamente. Io sono…»

Stiles la fermò, posandole le mani sulle spalle, facendo una smorfia «Non ditemelo. Se ci rincontreremo sarò felice di sapere il vostro nome, perché vorrà dire che era destino, ma per ora tenetelo per voi. Addio, allora.» si congedò, raggiungendo Danny, già arrivato sul tetto, intento a guardarsi intorno. «Hai visto che alla fine la mia camicia non sarebbe stata un problema?» disse, non riuscendo a evitare di lanciargli una frecciatina, accolta con uno sbuffo. «Beh, da che parte?» chiese poi.

«La chiesa è di là, se vuoi ancora fare di testa tua. Secondo me è una pessima idea, ora più di prima.»

«Bene. Allora ci vediamo alla barca al tramonto. Cerca di non farti arrestare all’ufficio portuale, Danny. E non cedere alle bellezze marinare.» lo salutò, prima di voltarsi e iniziare a correre in direzione della piazza, cercando al contempo un modo di scendere da lì.

«Cerca di non farti arrestare tu.» borbottò Danny, seguendo poi l’esempio, e filando in direzione opposta, verso la costa poco distante.

Stiles corse tra i tetti, tenendosi basso e lontano dai margini esterni, per evitare di essere scorto, scrutando le varie finestre, alla ricerca di una aperta. Il problema principale che gli si poneva davanti era che, più si allontanava dal porto in direzione del centro della città, più le case si allontanavano e mutavano struttura, rendendogli più difficoltoso procedere. Tuttavia non poteva fare altrimenti; a quanto aveva capito, la guardia era stata allertata da quel locandiere, quindi era probabile che si stesse riunendo al porto, lasciando parzialmente incustodita la città. Se fosse riuscito a trovare il modo di scendere da lì, non avrebbe avuto grandi difficoltà a mischiarsi alla folla, fingendosi un normale abitante. In realtà quello che si trovava maggiormente nei guai al momento, era Danny, obbligato a rimanere nei pressi del porto per tutta la giornata, aspettando il suo ritorno. Oltre a ciò, se non fossero riusciti a tornare a bordo della loro nave entro il giorno dopo, avrebbero avuto altri guai da risolvere, e l’ultima cosa che volevano era mettere ancora più in allarme la città e chi vi abitava. Per questo motivo continuava a inoltrarsi sempre più, sfruttando l’agilità di anni passati tra il sartiame e la coffa della nave. Finalmente gli parve di scorgere un modo per scendere.

Si avvicinò con cautela a una finestra aperta, probabilmente per far entrare la brezza, dato che già lì, nonostante fossero ancora vicini all’acqua, il caldo fosse soffocante. Prima di infilarsi in quella che sembrava una stanza maschile, diede un’occhiata all’interno, e lo sguardo gli cadde su una divisa, decisamente una divisa militare. Frustrato, stava per volgersi e proseguire, non avendo intenzione di farsi trovare in casa di un soldato, non importava che grado fosse, considerata la situazione in cui si trovava già, quando, per un incredibile colpo di fortuna, che stava, però, per essere di incommensurabile sfortuna, il proprietario della divisa entrò frettolosamente, vestendosi velocemente e uscendo poi di casa. Stiles, che aveva fatto appena a tempo ad abbassarsi oltre il bordo inferiore della finestra, lo seguì con lo sguardo, finché non svoltò l’angolo. Dopodiché, sfruttando l’occasione, entrò e scese al piano inferiore, trovando però la porta chiusa.

«Oh mio Dio! Non posso crederci! Sono a tanto così, e devo essere fermato da uno stupido pezzo di legno… estremamente resistente, direi! Oh, che male!» esclamò, tenendosi la mano dopo aver dato un rabbioso pugno alla porta. «Basta non perdersi d’animo. Coraggio Stiles, ci sarà un modo di uscire. Un’altra porta, una finestra che da su un vicolo, un qualcosa per aprire questa dannata porta, qualcosa ci deve essere!» esclamò iniziando a girovagare per il piano inferiore. Dopo un’attenta analisi, le uniche possibilità che aveva di uscire erano una finestra piccola, dalla quale passava a malapena, che dava effettivamente su un viottolo, e la porta di casa, ancora chiusa, ma non difficile da scassinare. Purtroppo, lui non era in grado di fare una cosa del genere, quindi si risolse a passare nuovamente da una finestra, sperando che nessuno lo vedesse e lo scambiasse per un ladro.

Dopo una faticosa contorsione, e un doloroso atterraggio frontale, finalmente si trovava a livello della strada e, se non ricordava male, ma le grida che giungevano fino a lui, l’inducevano a pensare che fosse sulla buona strada, la piazza, e quindi la chiesa, erano a poche strade di distanza. Tutto stava nel fare in fretta, prima che Allison seguisse le sue istruzioni e se ne andasse. Con uno sbuffo seccato ricominciò a correre, avendo cura, stavolta, di schivare anche le persone che spuntavano all’improvviso. Riuscì a raggiungere la ragazza proprio quando la campana iniziava a rintoccare, cogliendola di sorpresa alle spalle.

«Stiles! Mi hai fatto prendere un colpo.» lo rimproverò, prima di notare che era solo. «Dov’è Danny? Perché vi siete divisi?»

«Non preoccuparti, è in salvo anche lui, per ora. Sta andando all’ufficio portuale per cercare informazioni anche lì. Facciamo lo stesso anche noi.» ansimò, tenendosi un fianco per la corsa fatta. «E chiamami in un altro modo d’ora in poi. Almeno finché non saremo al sicuro. Sai, non è una buona idea usare il mio nome per ora. In effetti non lo è quasi mai. Cavolo, spero che Danny abbia avuto l’accortezza di usare anche lui un nome falso. Pensi che dovrei cambiare nome definitivamente?» chiese, guardando finalmente Allison negli occhi.

«È una cosa a cui vuoi pensare adesso?» domandò esterrefatta.

«No, certo che no. È una scelta importante e…» ricominciò.

La mora alzò una mano per interromperlo. «Ho capito. Come ti devo chiamare allora?»

«Non saprei… che ne dici di Rupert Ashwell?» propose, grattandosi la punta del naso.

«Per me va bene, se pensi di ricordartelo. Adesso però è meglio se ci sbrighiamo. Meno tempo rimaniamo in città, meglio è.» concluse, abbandonando l’ombra della chiesa, per mischiarsi alla folla che occupava le strade, diretta verso una villa, quasi ai confini della città.

***

Nel frattempo, Danny aveva raggiunto la sede dell’ufficio portuale, affiancato alla sede della marina locale, sperando di trovarvi il minor numero possibile di soldati. A quanto pareva, qualunque fosse stata la notizia che aveva raggiunto le orecchie del più alto ufficiale in grado in quel luogo, doveva avergli messo addosso una certa ansia, perché effettivamente, nel suo muoversi in quella direzione, non aveva potuto fare a meno di notare quanti –non credeva ce ne fossero così tanti, in effetti– soldati, erano in giro per le strade del porto a cercare lui e Stiles. A rigor di logica quindi, a meno che gli armadi della caserma non fossero stati pieni di marinai di riserva, avrebbe dovuto essere praticamente quasi deserta.

Avvicinandosi con passo tranquillo, sperando che oltre alla soffiata non fossero state diramate anche le loro descrizioni, entrò, trovando il locale momentaneamente deserto. Indeciso se sfruttare quell’inaspettata assenza, o chiamare qualcuno, ne approfittò per avvicinarsi al tavolo ingombro di carte e registri, cercando con lo sguardo quello che interessava a lui, non trovandolo. A quanto vedeva, c’erano solo registri riguardanti le barche da pesca del porto, arrivate e partite quella mattina, e qualcosa riguardo a qualche altra grossa nave in arrivo con il suo carico, con cifre e appunti, di fianco; poteva vedere anche qualche foglio sparso e scarabocchiato, probabilmente con cose di poco, ma non c’era assolutamente nulla di rilevante per quello che concerneva la sua ricerca, al momento. E dire che di informazioni interessanti ce n’erano eccome. Se non fossero stati così impegnati con altro, ne avrebbe certamente approfittato per il futuro.

Storcendo il naso, fece il giro della scrivania, avvicinandosi al grosso scaffale posto dietro di essa, contente tutti i diari di bordo, e un grosso tomo rilegato pesantemente, probabilmente riportante le prossime navi in arrivo. Danny non era sicuro che la nave che cercavano, potesse essere menzionata lì, considerando il suo carico, ma fare un tentativo non sarebbe stata una cattiva idea. Prima di apprestarsi a consultarlo, si guardò nuovamente intorno, ascoltando anche i rumori provenienti da tutt’intorno ma, a parte le urla dei pescatori che cercavano di vendere il pesce fresco della giornata, e lo scalpiccio affrettato proprio fuori dalla porta, all’interno era tutto silenzioso. Rassicurato, ma rimanendo comunque all’erta, sfogliò il più velocemente possibile le pagine, che sembravano frusciare in un modo insopportabilmente rumoroso, fino ad arrivare alle due settimane successive. Ovviamente le indicazioni riportate erano molto indicative, ma proprio come aveva ipotizzato, anche lì non si menzionava la Sentinel in alcun modo. Aveva appenda rimesso a posto il volume che sentì la porta alle sue spalle aprirsi.

«Cerca qualcosa?» domandò la persona alle sue spalle, il tono sospettoso e cauto.

Prendendo un respiro, e pensando velocemente a una scusa valida, lo sguardo gli cadde su una grossa e dettagliata cartina, proprio sopra lo scaffale. Espirando piano, per il sollievo, parlò senza voltarsi, sperando di risultare comunque credibile.

«Aspettavo che arrivasse qualcuno, in verità. Sono stato mandato qui dalla famiglia Argent.» disse, chiudendo gli occhi e sperando per il meglio. A quanto pareva, aveva detto la cosa giusta, perché sentì i tonfi degli stivali sulle pietre del pavimento, avvicinarsi a lui. Senza mostrare fretta si allontanò dalla scrivania, tornando a trovarvisi di fronte. Danny sapeva che più tempo avesse concesso all’uomo di fronte a lui, per elaborare le sue parole, più probabilità c’erano che venisse smascherato. «Devo sapere se qualche nave arrivata in questi giorni ha riferito di tempeste che potrebbero rallentare l’arrivo della Sentinel. O se vi è giunta voce di un possibile naufragio.» disse, tentando di mantenersi il più serio possibile.

L’uomo rovistò tra le carte che affollavano il tavolo, recuperando un libretto di pelle, prendendo a consultarlo febbrilmente, sotto lo sguardo attento di Danny. Infine riportò lo sguardo sull’ospite inatteso e borbottò che non aveva avuto notizia di alcun ritardo o agente atmosferico avverso, da alcuna delle navi arrivate, motivo per cui la Sentinel avrebbe dovuto essere attraccata al porto in non più di una settimana, sempre che qualche imprevisto precedente non l’avesse rallentata prima, o fatta naufragare nella traversata. Soddisfatto, e conscio di non poter ottenere altro senza rischiare troppo, ringraziò velocemente e lasciò l’ufficio, rimanendo comunque nei paraggi per tenere sotto controllo eventuali messaggeri con richieste di chiarimenti, ma non avvenne nulla di insolito per tutta la giornata.

Tuttavia, più il tramonto si avvicinava, più temeva per il mancato ricongiungimento con Stiles.

***

Allison e Stiles, dopo aver attraversato quasi tutta la città, sotto il sole cocente, chiacchierando brevemente, giunsero a una villa, circondata da una cancellata di ferro battuto, dietro la quale si trovava un lussureggiante giardino, tipicamente tropicale per via del clima del luogo. Nonostante l’aria scanzonata mostrata fino a quel momento, Stiles sentiva l’agitazione iniziare a montare, palesandosi nel modo nervoso in cui apriva e chiudeva le mani e come continuava a sbattere le palpebre.

Allison si era accorta del nervosismo del compagno, ma non sapeva come fare per calmarlo. Stiles era, a volte, totalmente inaccessibile per chiunque, nonostante si mostrasse sempre socievole e disponibile. Mentre attraversavano il vialetto in terra battuta, si fermò, con la scusa di fargli ammirare un particolare tipo di pianta. Non sapeva perché, ma era certa che qualcuno, dalla casa, li stesse osservando. E per quello che avevano in mente di portare a termine, non potevano assolutamente mostrarsi agitati.

«Stiles, va tutto bene?» sussurrò, dando le spalle all’abitazione.

«Certo. Non sono agitato, sto solo andando a incontrare qualcuno che, con l’autorità che ha in questa città, se mi riconoscesse potrebbe farmi sparire dalla circolazione in mezza giornata, ma non sono nervoso.» borbottò, mantenendo il sorriso, a beneficio di chi osservava. «Ci stanno spiando, vero? Oh mio… spero che vada tutto bene….»

«Sei ancora sicuro? Se non te la senti più possiamo…»

«Scherzi? Con tutta la fatica e il marasma che è successo in città? No, andiamo fino in fondo con questa storia.» decise, raddrizzando la schiena e annuendo deciso, aspettando che fosse Allison a fare strada. «Sono contento che ci sia tu ad aiutarmi. Fai strada, io ti seguo.» aggiunse.

Piegandosi al volere del ragazzo, lo accompagnò in casa, mandando a chiamare il padre mentre loro due si spostavano in un salotto per gli ospiti, arredato con particolare gusto. Nell’attesa, si avvicinarono a una finestra e, con la scusa di guardare fuori, parlottarono ancora, definendo gli ultimi dettagli e, quando sentirono i passi di due persone avvicinarsi, Stiles le sussurrò, aspettando un cenno d’assenso «Ora, cerca di assecondarmi, va bene?»

Allison gli strinse il braccio, in segno di comprensione, prima di voltarsi e andare a salutare il padre, lasciando al ragazzo ancora qualche istante per raccogliere le idee. Si voltò quando sentì la sua voce presentarlo, come avevano stabilito in precedenza, e sottostò allo sguardo indagatore di Chris Argent. Fortunatamente, pensò, l’uomo non era come la maggior parte dei suoi compagni, altrimenti sarebbe già stato fregato da una miriade di piccoli gesti involontari. Ma nonostante ciò, gli pareva lo stesso di essere messo sotto esame da quegli occhi chiari e freddi. Per un istante pensò che l’uomo in piedi di fronte a lui l’avesse riconosciuto, ma poi la sua mente gli ricordò che era assolutamente impossibile una cosa del genere, perché non era mai stato ritratto da nessuno, in nessuna occasione, e questo riuscì a rilassarlo leggermente.

Alla fine, parve aver superato l’esame o qualunque cosa fosse stata, e il padrone di casa gli porse la mano, sorridendo. Stiles la strinse, sorridendo di rimando, cercando di non mostrarsi troppo nervoso, e a giudicare dall’espressione più rilassata sul volto di Allison ci stava riuscendo. I tre si accomodarono sui divani, mentre un ragazzo portava loro un vassoio con sopra tre bicchieri e una caraffa.

«Non credo di avervi mai conosciuto prima… »

«Ashwell. No, sono arrivato da poco in città. Da questa mattina, in effetti, e non ho potuto fare a meno di notare una certa agitazione di cui nessuno ha saputo spiegarmi il motivo.» espose, sperando di sviare l’attenzione da sé e, al contempo, avere conferma dei motivi d’agitazione della marina.

«Pare che un noto pirata sia in città. La marina ci tiene particolarmente a catturarlo.» spiegò l’uomo, riportando poi l’attenzione sull’ospite. «Mi stavate dicendo che siete nuovo di queste parti. Posso chiedervi da dove venite e quali sono i vostri affari?»

«Capisco. Per quanto mi riguarda, ho saputo che è in arrivo una nave con un carico… particolare, se così possiamo dire. E sarei interessato ad assistere alla sorte di questo carico. Per questo motivo sono giunto qui, cercando qualcuno che potesse introdurmi alla vostra presenza, e la fortuna mi ha assistito, perché stamane al mercato ho incontrato vostra figlia, che ha acconsentito molto gentilmente a farmi questa cortesia. Spero che questa mia richiesta non vi arrechi disturbo, nel caso ne sono profondamente dispiaciuto.» dichiarò Stiles, non distogliendo lo sguardo da quello di Chris.

Allison era stupefatta dalla maestria dell’amico, che sembrava totalmente diverso dal ragazzo con cui era abituata a interagire di solito. Si chiese quale fosse il vero Stiles, se quello con cui parlava spesso, anche se a dire il vero, era lui a monopolizzare i discorsi, o questo, composto e serio, che sembrava privo di tutta l’agitazione che lo caratterizzava normalmente. Sembrava, nonostante le sue parole e il suo comportamento precedenti,  di non avere alcun bisogno di supporto o aiuto; e anzi, temeva che se avesse provato a intromettersi, tutta la copertura che si era sapientemente costruito, sarebbe saltata in un attimo, mettendolo in pericolo. Per il momento, non le restava che seguire il discorso, intervenendo solo in caso di assoluta necessità.

«Si direbbe proprio che siate stato molto fortunato. Per quanto riguarda la natura della vostra visita, non sono certo di poter accogliere la vostra richiesta.»

La risposta parve abbattere momentaneamente il ragazzo, che bevve un sorso della bevanda fruttata portata precedentemente, pensando a come superare l’ostacolo che gli si profilava di fronte.

«Potrei chiedervi di spiegarmi i motivi del vostro rifiuto?» domandò seriamente, sperando di trovare così un modo per far mutare idea all’uomo.

«È molto semplice, in realtà. Per poter soddisfare il vostro desiderio, dovreste prima aver compiuto un certo tipo di preparazione, cosa che non credo sia avvenuta.» precisò, occhieggiando il fisico apparentemente magro del giovane.

Stiles colse al volo la scappatoia che involontariamente gli era stata offerta e si pronunciò «Temo che mi abbiate frainteso. Io non vi chiesto di partecipare attivamente alle operazioni riguardanti il carico, ma solo di assistervi per avere un’idea di ciò che potrei trovarmi costretto a fare in un futuro che, mi auguro, sia il più remoto possibile.»

«In tal caso, è possibile accontentarvi.» concesse il padrone di casa, incuriosito dalle parole dell’ospite «Questa volta sono io a chiedervi delucidazioni. Cosa intendevate con le vostre parole?»

Prima che avesse la possibilità di rispondere, il ragazzo che aveva portato loro da bere si presentò nuovamente, dichiarando che il pranzo era pronto. I tre, non si erano minimamente accorti che fosse già trascorso così tanto tempo, in particolare Stiles e Allison, troppo preoccupati da quello che stavano facendo per prestare attenzione ad altro. Mentre Chris ascoltava quello che il servitore aveva da riferire, i due ragazzi si scambiarono un’occhiata d’intesa e Stiles, per alleggerire l’atmosfera, fece finta di farsi aria con una mano, facendo sorridere Allison, tornando entrambi seri un attimo prima che l’Argent congedasse il ragazzo, invitando Stiles a pranzare con loro, essendo incuriosito dalle sue motivazioni. Questo era un inaspettato colpo di fortuna, in quanto il giovane aveva temuto di essere congedato, dovendo lasciare alla ragazza l’onere di ottenere le informazioni che gli mancavano, e costringendola a rischiare di farsi scoprire per riferirgliele.

Seguendo il padrone di casa in un’altra sala, ne approfittò per guardarsi intorno, cogliendo particolari che rivelavano la vera natura degli affari che gli abitanti di quella casa intrattenevano. Quando si sedettero, era più che mai persuaso ad ottenere le indicazioni che voleva, nonostante esternamente non trapelasse nulla di diverso da quanto visto fino a quel momento. Sperò di riuscire a concludere la giornata con successo, e ancor più, di andarsene presto da quella casa con le risposte che voleva.

Chris riprese a interrogarlo, mentre si dedicava ad affettare la carne che aveva nel piatto «Poc’anzi vi stavo chiedendo spiegazioni, se vi è possibile accontentare la mia curiosità, ovviamente.»

«Certamente.» acconsentì Stiles, assaggiando quanto aveva davanti, prima di parlare «A quanto pare, questa piaga è giunta, o almeno così credo, fino al mio paese natale. Ed è mia intenzione sapere come affrontarla nel modo migliore possibile. Per questo motivo, mi interesserebbe sapere come vi comportate per trasportare fino a qui questo particolare tipo di carico. Che tipo di imbarcazioni utilizzate di norma? E quanti uomini sono necessari per compiere nel modo più sicuro possibile, una traversata di questo genere?» domandò pregando che l’uomo di fronte a lui non s’insospettisse per quelle domande. Gli sembrava di averle poste in modo che non destassero strani sospetti, ma considerato con chi stava interagendo, non poteva essere sicuro finché non si fosse trovato fuori di lì, possibilmente in mare aperto.

Entrambi, anche Allison sentiva la tensione del momento, trattennero il fiato, aspettando la risposta rivelatrice. Chris Argent sorrise comprensivo, prendendosi qualche momento per ingoiare il boccone, dopodiché si decise a parlare.

«Di solito usiamo navi di una certa portata, ma che siano comunque veloci e maneggevoli, in modo da passare in mare meno tempo possibile. Tuttavia devono essere ben difendibili e consentire il trasporto di almeno una trentina di uomini. Normalmente usiamo una fregata, per questo tipo di operazioni, o vascelli simili. Preferiamo non utilizzare navi più grosse, come i galeoni a causa della dimensione, che va a scapito della celerità, essenziale.»

«Comprendo perfettamente, e sono totalmente d’accordo con voi.» disse, rilasciando piano il respiro e nascondendo l’affanno in un sorso di vino, mentre anche Allison alla sua destra, dalla parte opposta del tavolo, faceva la stessa cosa.

Dopo di ciò, il pranzo trascorse più tranquillo e, al momento di congedarsi, Chris gli chiese dove avesse preso alloggio. Alla domanda Stiles sbiancò, non avendo minimamente considerato che una domanda del genere potesse essergli posta. Fortunatamente per lui, Allison ebbe la prontezza di intervenire, spiegando al genitore che essendo nuovo della città, non aveva avuto ancora modo di occuparsi di quella formalità e, alla proposta di farsi ospitare lì, sempre lei, rispose che non era possibile, inventando una qualche scusa che fu accolta senza riserve.

Finalmente libero di allontanarsi, dopo aver percorso un buon tratto di strada a passo tranquillo, cercando di scoprire se era stato seguito, si mise a correre a perdifiato, consapevole che ormai al tramonto mancava poco; se era andato tutto bene, Danny avrebbe dovuto essere relativamente al sicuro al molo, ad aspettarlo, pronto a rimproverarlo per averci messo così tanto e anche per aver pranzato.

 

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

Salve a tutti!

Aggiornamento veloce, eh? Che ne pensate di questo capitolo?^^

Chissà quanti di voi hanno già capito che ruoli hanno Stiles, Danny e Allison? E per cosa stanno facendo questa rischiosa ricerca? Sono curiosa di sapere che ne pensate! Quindi aspetto ipotesi e supposizioni! Vediamo quanti Sherlock ci sono tra voi!

Stavamo dicendo? Ah si, la storia!

Immagino anche vogliate sapere quando entrano in scena gli altri, e in particolare Derek, vero? Mwahahah!! Ma io sono sadica e non ve lo dico!XP Vabbé, un’anticipazione piccola: alcuni compariranno già dal prossimo capitolo…

E adesso… una cosa che non c’entra assolutamente nulla, ma… quanti di voi hanno notato che nella 1x09 Stiles ha uno scheletro fucsia appeso in camera?! purtroppo non riesco a mettere il link della foto, accidenti.

 

Precisazioni/Glossario:

Sartiame: (o sartie)  insieme di funi che formano parte del cordame fisso, che sostengono l’albero maestro o di gabbia.

Coffa:  una piattaforma semicircolare che si trova quasi sulla sommità di ogni albero dei velieri a vele quadre, con la parte rotonda rivolta verso prua

Fregata: Durante il periodo della propulsione a vela, si usava per indicare una nave più piccola e più veloce di una nave da battaglia, adibita a lavori di pattuglia e di scorta piuttosto che ad azioni militari.

Rupert: perché ho scelto questo nome? Eheh, perché per chi non ha mai visto il Teen Wolf, con Michael J Fox, è il nome di Stiles nel film. E chissà quanti di voi hanno anche capito perché quel cognome?^^

 

E infine:

Grazie a chi ha recensito il precedente capitolo, spero che questo vi sia piaciuto altrettanto. Grazie anche a chi prefe-segue-ricorda il capitolo prima. E infine grazie ai lettori silenziosi, a cui mi sento in dovere di dirvi: se ne avete voglia, recensite, anche se vi sembra di non saperlo fare. Perchè non è così, e fa un sacco piacere!^^ E vi prometto che i pirati/lupetti di Teen Wolf non vi morderanno, nè tortureranno... a meno di esplicite richieste.

Al prossimo capitolo…

Ah, mi stavo dimenticando: non so quanto saranno lunghi i capitoli, potrebbero essere eterni come questo, o più corti o anche più lunghi, vedremo…

Baci!!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Lost soul in the ocean

 

 

Capitolo 3

 

Proprio come aveva immaginato, quando arrivò al porto, completamente senza fiato, Danny era decisamente preoccupato. Appena arrivato, nella calca di persone che si muovevano dirette verso le proprie imbarcazioni o al contrario, lontano dal molo, verso le taverne e le case, per passare la serata, non riuscì a individuarlo subito. Sentì l’apprensione cominciare a serpeggiare sottopelle, quando una mano salda gli si posò sulla spalla, spaventandolo. Si voltò teso, rilassandosi quando riconobbe l’amico, che lo trascinò verso un angolo riparato.

«Si può sapere perché ci hai messo tanto?» fu il rimprovero che lo raggiunse immediatamente.

«Ehi, ho avuto a che fare con un Argent, non il primo fesso ubriacone che incontri per strada. Probabilmente è già un miracolo che sia riuscito ad arrivare fino a qui ancora vivo. E comunque come mai sei così di cattivo umore?» rispose, mentre entrambi si scrutavano, alla ricerca di possibili ferite.

«Ti sto aspettando da tutto il pomeriggio. Stavo cominciando a pensare che sarei dovuto venire a salvarti. Mi vuoi spiegare cos’hai fatto tutto il giorno?» domandò nuovamente, nascondendo il compagno al passaggio di alcune guardie. «E come mai le strade sono così pattugliate? Cercano…?» lasciò la domanda in sospeso, certo che l’altro avesse colto.

«A quanto pare sanno che ci sono dei noti pirati in città. Temo che lasciare il porto stasera, sarà più complicato del previsto.» commentò, puntando lo sguardo su un ufficiale che controllava tutte le imbarcazioni in procinto di allontanarsi.

«Quindi cosa facciamo?»

Prima di parlare, Stiles osservò entrambi, vagliano varie ipotesi nella sua mente, mentre Danny aspettava in silenzio, sorvegliando i dintorni. «Potremmo provare a fingerci pescatori.» sospirò infine, ricevendo un’occhiata critica.

«Non abbiamo neanche le reti. Come pensi di pescare senza l’attrezzatura, scusa?» sussurrò irritato da quell’uscita stupida.

«Uff, non lo so ci sto… guarda là!» esclamò, indicando un uomo che passava poco lontano da lì, tra le mani una rete che necessitava di essere aggiustata.

«Quindi? Pensi di rubargliela?» propose Danny, seguendo il suo sguardo.

Stiles sbuffò infastidito «Non essere ridicolo. La compreremo. Andiamo.» rispose, seguendo il pescatore.

Accodandosi, Danny non poté fare a meno di replicare contrariato «Certo, la compreremo. Come hai fatto a non pensarci, Danny?», facendo ridacchiare Stiles, davanti a lui. Camminarono silenziosi per qualche metro e, appena l’uomo ebbe svoltato un angolo, si affrettarono a bloccarlo. Stiles, con un’occhiata eloquente, indicò a Danny che toccava a lui fingersi acquirente.

Alzando gli occhi al cielo color indaco, si apprestò a fare quanto suggerito. «Ehi voi.» iniziò, fingendosi brusco e indurendo lo sguardo, per sembrare più minaccioso.

Il pescatore, chiamato in causa, si voltò esitante, squadrandoli intimorito, soprattutto dal ragazzo che apparentemente gli aveva rivolto la parola. «Cosa volete?» chiese guardingo, pronto a chiamare aiuto al primo cenno di pericolo.

Danny si avvicinò di poco, mentre Stiles rimaneva indietro, e parlò nuovamente, sempre con tono spiccio «Ho visto che avete una rete, e che deve essere riparata.»

«Infatti, ma a voi cosa importa?» fu la sospettosa risposta.

«Quanto volete per vendermela?»

«Perché la volete? Come avete detto voi, è da riparare. Non ci pescherete niente con questa.» commentò sorpreso.

Il ragazzo notò che in ogni caso non aveva opposto un rifiuto deciso, quindi era probabile che, con la giusta persuasione, ovvero il denaro sonante, avrebbe ceduto e, se avesse sborsato abbastanza, non avrebbe raccontato nulla a nessuno della loro transazione. «Che vi importa cosa ne devo fare? Allora, volete vendermela o no?» ribatté spiccio, tentando di concludere alla svelta, temendo qualche arrivo indesiderato in uniforme.

L’uomo annuì, ancora poco convinto, e Danny, sollevato dalla rapida resa, si avvicinò, estraendo un paio di monete, ovviamente d’oro. Mentre le consegnava all’uomo, aggiungendone qualcuna in più e  accompagnandola con una raccomandazione, si chiese perplesso perché fossero partiti portandosi dietro solo dell’oro. Non destava troppo l’attenzione pagare in quel modo? In ogni caso, l’affare sembrava essere andato a buon fine, ragion per cui non gli parve il caso di stare lì a sottilizzare su certi particolari. Ne avrebbe discusso quando fossero stati nuovamente al sicuro, in mare aperto, meglio ancora se sulla loro nave.

Soddisfatti dell’avvenuta transazione, i due ragazzi si allontanarono rapidamente con il loro nuovo acquisto, trasportato da Stiles. Quando ritornarono al molo salirono sulla loro barca , un normale canotto a remi, privo di vele e si apprestarono a sistemare le reti appena comprate, in attesa che l’ufficiale incaricato desse loro il benestare per abbandonare il porto.

«Stiles, fai sparire quella camicia, dannazione!» sbottò, afferrando l’indumento rosso e, prima che l’altro potesse fare alcunché per fermarlo, la legò a un peso e la gettò in acqua.

«Danny, che diamine! Era proprio necessario?» esclamò, incrociando le braccia, con fare offeso.

Il ragazzo evitò di rispondere alla domanda, preferendo spronarlo per farsi aiutare, in modo da essere pronti ad allontanarsi quando fosse stato il momento. Continuarono a parlottare ancora per un po’, in attesa, finché non videro un ragazzo, che Stiles riconobbe come il servitore degli Argent, correre a rotta di collo verso di loro. Preoccupati che qualcosa potesse essere andato storto, si guardarono, gettando anche un’occhiata al molo, su cui l’ufficiale proseguiva verso di loro, con andatura tranquilla. Parzialmente rassicurati, attesero che il giovane li raggiungesse e spiegasse loro il motivo della sua fretta.

Senza fiato, il servo si arrestò davanti alla loro barca, e porse a Stiles una busta sigillata e un foglio di carta ripiegato, rimanendo poi in attesa. Velocemente Stiles li prese, aprendo per primo il foglio ripiegato. Riconobbe immediatamente la calligrafia elegante e frettolosa di Allison.

 

Rupert

Spero che il messo sia riuscito a raggiungerti.

La busta sigillata contiene un lasciapassare firmato da me, ma è comunque sufficiente a permettervi di lasciare il porto stasera. Ho saputo da mio padre che senza di questo, stanotte sarebbe stato impossibile lasciare la città.

Non so se sarò in grado di raggiungervi, ma se potete, aspettatemi ancora per mezz’ora dopo l’arrivo del mio messo. Se non riuscissi a raggiungervi entro questo lasso di tempo partite senza di me, senza indugiare oltre.

Se ancora mi volete a bordo con voi, ma non riuscissi a imbarcarmi stasera, ti prego di lasciare detto a questo ragazzo come e dove posso incontrarvi. È un tipo fidato, e manterrà il segreto.

Credo che mio padre non sospetti ancora nulla, ma è meglio per voi essere prudenti, quindi ti scongiuro, se non arrivo in tempo, parti! Fai quello che devi, non rischiare di mandare tutto all’aria a causa mia.

Sperando di essere con voi a breve, vi saluto.

Allison A.

Ps. Spero che Danny sia lì con te, sano e salvo. Saluta tutti da parte mia, quando arrivate sulla nave.

 

Stiles, dopo aver letto quelle righe, notando che verso la fine il tono si faceva quasi implorante, spostò lo sguardo prima sulla busta sigillata, poi sul ragazzo che aspettava ancora, e infine sulla strada di fronte. Danny nel frattempo si era fatto consegnare la missiva, leggendola a sua volta.

«Cos’hai intenzione di fare?» domandò, conclusa la lettura.

«Aspettiamo, no?»

«Hai capito cosa intendevo. Dovremmo fare come dice Allison. Se non arriva dobbiamo andarcene, finché ancora possiamo farlo.» replicò, indicando l’uomo che si avvicinava.

Improvvisamente, dalla strada di fronte a loro, comparve una figura lontana che correva nella loro direzione; sollevati, i due ragazzi aspettarono che li raggiungesse, approfittandone per porgere all’ufficiale il lasciapassare recapitato loro in modo così tempestivo. Il marinaio stracciò il sigillo di ceralacca rossa, con impressa una A, ed estrasse il foglio, aggrottando la fronte e strizzando gli occhi per riuscire a leggerlo. Probabilmente era la scarsa luminosità a impedirglielo, o forse, dedussero entrambi, l’uomo era leggermente miope, a giudicare dal modo in cui continuava a strizzare gli occhi per guardarli in faccia. Alla fine, restituì il foglio a Danny, e diede loro il permesso di allontanarsi.

«Stiamo aspettando una persona, se per voi è lo stesso.» disse, indicando la ragazza che si avvicinava.

«Va bene, ma che si sbrighi. Passata la mezzanotte non si può più lasciare il porto, per nessun motivo. Con o senza lasciapassare.» sentenziò, prima di allontanarsi. Stiles si scambiò un’occhiata preoccupata con l’amico, prima di sbuffare seccato: sarebbe toccato remare come dei forsennati se volevano farcela. Per fortuna potevano sfruttare la marea.

Pochi minuti ancora, e anche Allison fu davanti a loro, anche lei ugualmente senza fiato. Con un sorriso, Danny le porse la mano per aiutarla a salire a bordo, mentre la ragazza congedava il servitore, intimandogli il silenzio totale sull’intera faccenda. Dopodiché, Stiles e Danny si misero ai remi, consentendole di riprendere fiato intanto ché si allontanavano. Remarono in silenzio per quasi mezzo’ora, prendendo immediatamente il ritmo giusto e ponendo Allison al timone.

Quando furono fuori dall’insenatura che circondava la baia, perché di baia si trattava, la ragazza non poté evitare di chiedere in che modo avevano intenzione di ritrovare la loro nave. Sbuffando per la fatica, e fermandosi un attimo per liberarsi della camicia ormai zuppa di sudore e diventata fastidiosa, imitato da Danny, Stiles le rispose «Dobbiamo aggirare la scogliera, arrivare fino al faro e da li proseguire verso il mare aperto, finché non scorgiamo delle luci verdi e rosse. Ora direi di darci da fare, se vogliamo arrivare prima dell’alba, eh Danny?»

L’altro ragazzo si limitò ad annuire, grato al fatto che almeno la fatica avrebbe impedito al compagno di chiacchierare come al solito. Remarono instancabilmente per un ora e più, non seppero dirlo con certezza, con Stiles che ogni tanto chiacchierava con Allison, e con qualche sporadico intervento di Danny che, più saggiamente, sceglieva di conservare il fiato. Ogni tanto capitava che la ragazza si offrisse di dare il cambio a uno dei due, ma entrambi rifiutavano, non perché non si fidassero delle sue capacità, ma perché se si fossero fermati a riposare non avrebbero più ricominciato.

Ormai avevano superato il faro da un pezzo, o almeno così sembrava, e di luci sul mare, a parte le stelle che si riflettevano a migliaia e la luna al suo secondo quarto, non ne scorgevano altre, la distesa nera e lucida sotto di loro si muoveva placida, al ritmo delle onde. D’un tratto, la ragazza gettò un grido, facendo voltare gli altri due. Per qualche momento rimasero tutti fermi, a scrutare quel mare che pareva fatto d’inchiostro senza riuscire a scorgere nulla poi, un minuscolo e lontano bagliore rosso sfarfallò per un attimo davanti a loro, ancora lontano, ma sicuramente raggiungibile in breve tempo. Rincuorati da quella visione, ma comunque cauti per l’oscurità che non permetteva loro di identificare esattamente la nave come quella che effettivamente cercavano, vogarono in quella direzione, improvvisamente rinvigoriti dalla probabile fine delle loro fatiche. Man mano che si avvicinavano, Allison, che era voltata verso il mare aperto, scorgeva altre luci rosse vibrare sull’acqua scura, accompagnate ogni tanto, da qualche altra luce verde. Più si avvicinavano, più la luce diventava intensa, e in breve furono avvistati e una voce autoritaria intimò loro di farsi riconoscere, a meno che non volessero essere affondati.

Sospirando di sollievo, Stiles si schiarì la voce, anticipato un attimo prima di parlare da Danny «Scott, facci salire. Siamo noi.»

«Ehi. Volevo dirlo io!» recriminò il compagno ad alta voce, sentendo poi delle risate sopra le loro teste. Immediatamente, si accostarono alla brigantino, dal quale furono calate delle funi e una scala di corda. Mentre i due assicuravano le cime al canotto usato fin lì, e ritiravano i remi, Allison cominciò a salire, seguita poi da Danny, e infine da Stiles, che ne approfittò anche per recuperare la rete, acquistata precedentemente e rimpiangere la sua camicia rossa.

«Stiles, ancora? Era solo un pezzo di stoffa.» borbottò il ragazzo, qualche spanna più in alto, mentre Allison veniva aiutata a scavalcare la murata della nave, trovandosi in piedi sul ponte di coperta, circondata da un paio di marinai tra i quali uno, con in mano una lanterna.

«Perfetto, allora che ne dici se buttassi a mare tutti i tuoi “pezzi di stoffa”, eh Danny?» propose.

«Che me ne farei prestare altri.» esclamò, issandosi anche lui sul ponte, e aiutando l’ultimo componente del trio a fare altrettanto.

Appena furono tutti a bordo, e mentre alcuni marinai si davano da fare per sistemare il canotto, una figura scura si staccò dal gruppo per buttarsi addosso a Stiles, se con l’intento di abbracciarlo o stritolarlo non era molto chiaro.

«La prossima volta che mi fai uno scherzo del genere, ti uccido con le mie mani, idiota incosciente che non sei altro!» strepitò Scott, stringendolo in un abbraccio soffocante, dal quale Stiles si districò qualche secondo dopo, non senza una certa difficoltà.

«Dai Scott, mi farai la ramanzina un’altra volta.» smozzicò, ancora senza fiato, sondando con lo sguardo le persone intorno a lui, e notando Jackson stringere la spalla di Danny in segno di bentornato. Sospirando esausto, s’incamminò verso la cabina illuminata, nel castello di poppa, seguito dagli altri. Ancora prima di entrare, sentì Peter discutere con Lydia, i quali evidentemente non avevano sentito le urla di Scott. Quando la rossa lo vide però, non poté fare a meno di sospirare sollevata, andandogli incontro.

Stiles la strinse brevemente in un abbraccio «Ehilà! Siamo tornati sani e salvi! Di cosa stavate parlando? Ci sono stati problemi? Spero di no, perché io e Danny siamo stanchi morti e vorremmo riposarci per bene, prima di lanciarci in una folle avventura.» salutò, mentre anche il resto delle persone che li aveva accolti sul ponte si riversava all’interno della cabina, calda e accogliente, riempiendola.

Immediatamente cominciarono tutti con le domande, e in breve la stanza venne invasa dal fracasso provocato dalle voci, che cercavano di sovrastarsi l’una con l’altra. Stiles e Danny si scambiarono uno sguardo stanco, lasciandosi cadere, uno sulla sedia di fronte all’elegante scrivania posta in fondo alla stanza, l’altro sullo scranno posto dietro di essa, poggiando i gomiti sul piano e immergendo la testa tra le mani. Si prospettava una discussione coi fiocchi, a meno che qualcuno non fosse intervenuto a sedare tutti quanti, permettendo loro di spiegare quello che avevano scoperto e pianificare nel modo migliore possibile le mosse da attuare. Fortunatamente l’arrivo del dottore parve riportare la calma sul gruppo, consentendo a tutti di rivolgere la loro attenzione sulle questioni più urgenti. Allison, seduta sull’altra sedia libera di fronte alla scrivania, osservava tutti, sentendosi leggermente fuori posto.

Lydia alternò lo sguardo sui tre nuovi arrivati, aspettando che qualcuno si decidesse a prendere la parola, ma nessuno sembrava intenzionato a farlo. Esasperata, in parte per l’ora improponibile in cui erano arrivati, in parte per la preoccupazione accumulata in quei due giorni, scoppiò con voce più acuta del solito, stordendo tutti i presenti. «Allora, si può sapere cosa avete combinato in un giorno e mezzo a terra?» esclamò. Vicino a lei, Scott e Jackson si portarono una mano all’orecchio, con una smorfia di dolore.

Stiles li osservò tutti da dietro le dita, per poi alzare il capo e parlare con voce sicura, impartendo ordini «Prima di tutto allontaniamoci da qui. Lydia, traccia una rotta da seguire, direzione Nord-NordEst. Jackson, và a controllare che nessuno ci abbia seguiti o che non stiamo per essere attaccati di sorpresa. Peter dà ordine di spegnere tutte le luci di segnalazione e di schermare le lanterne. Scott, dimmi che c’è qualcosa da mangiare per noi, siamo esausti.» concluse strofinandosi la fronte con una mano, mentre tutti quelli chiamati in causa si affrettavano a eseguire quanto detto.

«Agli ordini, capitano.» rise il ragazzo, prima di allontanarsi e scendere sottocoperta, nella cucina, a cercare qualcosa di commestibile.

Rimasti relativamente soli, con la sola compagnia di Deaton, Stiles si afflosciò sulla scrivania, mentre Danny si lasciava andare a un laconico «Pace e silenzio, finalmente.» scatenando una risata trattenuta degli altri.

«Bene, prima di affrontare la questione come merita, direi che possiamo prenderci qualche momento per darci una sistemata. Che ne dici, Danny? Allison… ovviamente condividerai la cabina di Lydia,  e credo sia meglio che ti vada a cambiare anche tu. Quei vestiti non sono molto pratici sulla mia cara Revenge. Dottore, se tornano avvisali e tienili a bada, per favore.» propose, spingendo indietro la sedia e tirandosi su, prima di uscire dall’ufficio per scendere anche lui sottocoperta, imitato dagli altri due.

I due ragazzi si muovevano con passo pesante, per via della stanchezza accumulata nelle ultime ore, e della tensione che abbandonava il corpo, lasciandoli spossati. Nonostante questo, non potevano ancora concedersi il riposo che desideravano. Nella sua cabina –quanto gli era mancata si disse, recuperando delle vesti pulite– Stiles si lasciò cadere sul letto per qualche istante, raccogliendo le idee e la forza di volontà necessaria per affrontare la sua ciurma. Con uno scatto di reni si rimise in piedi, prima che il rollio della nave lo trasportasse nel mondo dei sogni, e iniziò a cambiarsi velocemente, indossando, e ora che era a bordo della sua nave nessuno avrebbe più potuto obbiettare nulla, abiti quasi completamente rossi: pantaloni rossi, stretti sulla vita da una larga fascia, camicia di seta blu e sopra di essa, una lunga giacca nuovamente rossa, con alamari dorati. L’unica cosa, eccezion fatta per la camicia, a essere di un colore diverso, erano gli stivali a tromba neri, alti fino ai polpacci. Uscendo dalla cabina, afferrò il cappello di feltro anch’esso rosso, con una piuma ovviamente rossa che gli scendeva sulle spalle.

Di solito non si abbigliava in quel modo, tranne che in rare occasioni, preferendo abiti più semplici e pratici, ma quei due giorni a terra, con tutte quelle recriminazioni sul suo modo di vestire, gli avevano fatto venire una gran voglia di provocare i suoi compagni. E quando si ripresentò nell’ufficio, per ultimo neanche a farlo apposta, tutti lo fissarono attraversare la stanza e prendere il suo posto dietro la scrivania, mentre Lydia e Danny sospiravano sconfitti, scuotendo la testa.

Alla vista del piatto che lo aspettava, non poté fare a meno di lasciarsi scappare un «meno male», iniziando a mangiare di gusto, ascoltando il resoconto di Peter su quello che era accaduto sulla Revenge in loro assenza, permettendogli così di finire il suo pasto. Appena si fu rifocillato, il silenzio calò nella stanza e Stiles chiese a Danny di raccontare cosa aveva scoperto, per poi avviarsi verso lo scaffale posto a un lato della cabina, iniziando a rovistare tra i rotoli di mappe che conteneva. Mentre Danny ancora esponeva il suo resoconto, dispiegò una mappa del tratto di mare in cui si trovavano sulla scrivania, fermandone gli angoli con i primi oggetti che gli capitarono a portata di mano.

Il silenzio era calato sul gruppo, tutti stavano memorizzando le informazioni e cercando di farsi un’idea il più precisa possibile di quello che avrebbero dovuto far. Stiles segnò il punto in cui si trovavano in quel momento con un piccolo spillo dalla capocchia rossa «Bene, noi ora siamo qui.» disse, mentre Lydia concordava, mordicchiandosi un’unghia.

«Sappiamo che, a meno che non ci siano state tempeste, la nave dovrebbe essere in porto in meno di due settimane. Sappiamo anche che è una buona nave, una fregata probabilmente, o un brigantino, quindi viaggia velocemente, ed è ben difesa, almeno da una trentina di uomini, ma non sappiamo di quanti cannoni disponga. Quindi questa volta potrebbe non essere facile.» riassunse quello che aveva scoperto, Allison che annuiva silenziosamente con un espressione preoccupata.

«Quello che non sappiamo» continuò Stiles «ma che è di ben più vitale importanza, è la rotta che sta percorrendo la Sentinel, quindi dovremo essere molto fortunati per riuscire a intercettarla. Lydia, tu che rotta pensi stia seguendo?» domandò rivolgendosi alla rossa, che strinse gli occhi, restando in silenzio qualche minuto, pensierosa.

Infine tracciò una linea a matita lungo la costa rappresentata sulla cartina. «È molto probabile che non siano in mare aperto, ma neanche che si avvicinino troppo alla costa. Ritengo che la scelta più logica, se fossi il capitano della Sentinel, e stessi trasportando qualcosa di tanto pericoloso, sia di tenermi a qualche miglio dalla costa, in modo da poter sbarcare velocemente se necessario. Sappiamo però se ci saranno navi di scorta?»

Stavolta fu Allison a rispondere, scuotendo la testa «Non per questi carichi. Sarebbe troppo rischioso.»

«Perfetto, quindi si tratta di una sola nave, piena di uomini addestrati. È fattibile, che ne pensate?» domandò Stiles, guardandoli uno a uno e vedendoli annuire convinti. «Allora non ci resta che trovarla. Lydia, pensi di riuscire a compiere un miracolo del genere?» s’informò il ragazzo fissando lo sguardo in quello verde della ragazza, che senza esitazione alcuna ribatté

«Certamente. Avrò bisogno della tua collaborazione però.»

«Assolutamente.» confermò, sbadigliando.

A quello spettacolo, la voce serena del dottore si fece sentire, consigliando ai tre di andare a riposarsi almeno per qualche ora, considerando che con il buio della notte non avrebbero potuto fare altro che allontanarsi dalla città. Accogliendo il suggerimento, i tre fuggiaschi si alzarono e attraversarono il ponte di coperta, imboccando le scale e raggiungendo infine gli alloggi per una notte di meritato sonno, o almeno quella che ne rimaneva.

Prima di ritirarsi, Stiles si era rivolto a Scott, lasciandogli il comando fino alla mattina. Il ragazzo annuì, commentando che comunque non ci sarebbe stato molto da fare, ora che erano rientrati tutti.

***

Non furono sonni tranquilli quelli che popolarono il riposo di Stiles, impedendogli così di trarre totale beneficio da quelle poche ore di sonno che si era meritatamente concesso, tuttavia ormai vi era abituato. Vestendosi, guardò il mare placido e la scia bianca lasciata dalla nave, e la sua mente formulò immediatamente una domanda: di quanto si erano allontanati durante la notte?

Aggiustandosi la spada alla cintura, si recò sul ponte, accolto dagli ultimi tiepidi del sole, dallo scricchiolio del legno, e dal suono delle onde che s’infrangevano sulle fiancate della nave, sollevando alti spruzzi. Decisamente quello in cui si trovavano non era un buon tratto di mare in cui navigare in inverno. Respirando a pieni polmoni l’aria salmastra entrò nel quadro, dove Lydia lo aspettava già, intenta a studiare delle carte nautiche e a borbottare tra sé e sé.

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

Allora, allora, allora… che dire?

Sono triste! T^T Possibile che questa storia sia così brutta?! Ditemelo ora, perchè così smetto di scriverla.

Partiamo dal logorroico capitano eh? Se vi interessa, mi sono ispirata a questa foto. nel senso, la base è questa, immaginatevela un pò modificata.

Immagino che ormai ve lo stiate chiedendo tutti: Ma Derek dov’è?! Mi dispiace annunciarvi che per l’entrata in scena del caro sourwolf dovrete pazientare ancora un capitolo. *schiva lanci di oggetti contundenti* si, arriverà nel quinto chap, pazientate, please!^^;

Va bene, detto questo, vi lascio al glossario, se vi interessa e beh... ringrazio chi ha preferito, seguito e ricordato, visto che non ho nessuno da ringraziare per le recensioni.

sperando che per il prossimo capitolo vada diversamente, ci sentiamo fra una decina di giorni!

a presto e BUONE FESTE!!

 

glossario/precisazioni:

  • Brigantino: vascello a due alberi, abbastanza veloce e con una buona capienza e sufficiente spazio per trasportare le merci/bottini.
  • Castello di poppa: “dentro” il castello di poppa, si trova l’ufficio del comandante, dove vengono riuniti gli ufficiali per prendere le decisioni. Sopra si trova il ponte di ponte con il timone, da cui comandante e ufficiali dirigono la nave.
  • Per chi non lo sapesse, di solito sulle navi è il comandante che, appunto come suggerisce il nome, comanda. Subito dopo viene il capitano. Ma siccome qui non siamo tra marinai normali, ma tra pirati, il comandante è anche il capitano. O almeno, in questa mia fic è così.^^; Se ho sbagliato, mi dispiace.
  • Stivali a tromba: sono stivali con il risvolto all’infuori.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Lost souls in the ocean

 

 

 

Capitolo 4

 

Appena Stiles ebbe messo piede nel quadro, capì che quello che gli si prospettava dinanzi era un compito arduo, sia per Lydia, che assistita da Peter, si occupava di tracciare un tentativo di rotta per rintracciare la Sentinel, sia per lui, che avrebbe dovuto aiutarla nell’indirizzarla nella giusta direzione.

«Ehilà. Come procede il lavoro?» esclamò allegro, attirando su di sé gli sguardi di entrambi.

Peter, accarezzandosi il mento, coperto di un corto pizzetto, con fare pensoso, rispose guardando la mappa «Stiamo ancora calcolando. Se hai altro da fare, ti chiameremo quando avremo qualcosa di concreto, altrimenti puoi darci una mano.»

Arricciando il naso, al pensiero di avere a che fare con entrambi mentre discutevano di rotte da seguire e da tracciare, Stiles afferrò le maniglie dietro la sua schiena e borbottò qualcosa, prima di uscire precipitosamente.

Decise, prima ancora di cercare Scott, di mettere qualcosa nello stomaco. Con quest’idea, scese sottocoperta fino alla cucina, dove incrociò Jackson, di evidente malumore. Sospirando sconfitto, perché ormai l’aveva visto e sentito e quindi non poteva più andarsene, si prese qualcosa da buttare giù velocemente. E che, possibilmente, non gli andasse di traverso.

«Allora, che succede? Hai la luna storta?» iniziò, sedendosi di fronte al compagno che lo guardò inarcando un sopracciglio. Invece di rispondergli, scrollò le spalle e staccò un morso dalla mela che aveva in mano.

Stiles sbuffò e seppellì la testa tra le braccia incrociate sul tavolo. Se Jackson non aveva voglia di parlare, non l’avrebbe costretto né tantomeno, incredibile a dirsi per uno come lui, l’avrebbe subissato di parole. In effetti, non era molto in vena quella mattina. Probabilmente, non appena avesse finito si sarebbe rintanato sulla coffa con Scott, a scrutare l’immensa distesa d’acqua fino a che qualcuno non l’avesse richiamato ai suoi doveri da capitano. Pochi minuti dopo il biondo si alzò e se ne andò senza rivolgergli una parola. Non che Stiles si fosse aspettato qualcosa di molto diverso.

Nonostante la carica che ricopriva, tutti lo trattavano esattamente come avevano sempre fatto, tranne quando si trattava di prendere decisioni di una certa importanza; in quel caso si riunivano a discuterne, ovviamente, ma alla fine chi prendeva la decisione finale era lui, e tutti lo seguivano, fidando nel suo giudizio. Doveva ammettere che questa fiducia che riponevano in lui, a volte, molto spesso a dir la verità, lo spaventava e lo caricava di una pressione non indifferente, benché poi subentrasse l’orgoglio della consapevolezza di avere l’ultima parola.

Sospirando si alzò dalla panca per fare un giro sul ponte. Si sentiva stranamente malinconico da quando si era svegliato, nonostante lo stesse nascondendo dietro il solito sorriso. Oltre a ciò, dalla notte prima, un’ansia non indifferente si stava facendo strada sottopelle, ma pareva che nessuno se ne fosse accorto, e questo, tutto sommato, era decisamente un’ottima cosa. Nonostante tutto era lui che li guidava, quindi toccava a lui mantenere i nervi saldi.

Accarezzato dalla brezza si aggirò sul ponte raggiungendo l’albero maestro, e guardando in su vide Scott, con le braccia appoggiate alla piccola ringhiera, intento a osservare l’oceano intorno a loro. Sorridendo, si arrampicò anche lui, con l’intento di cercare di spaventare l’amico, apparentemente perso nei suoi pensieri. Purtroppo il suo tentativo andò a vuoto, quando si lasciò sfuggire una bassa risata, portata dal vento fino alle orecchie sensibili del ragazzo sovrastante, che abbassò lo sguardo su di lui.

Esalando un «Uffa!» contrariato, si issò al suo fianco, appoggiando la schiena all’alberatura.

«Che ci fai qui?» domandò Scott, guardandolo incuriosito «Non hai qualche dovere da capitano da portare a termine?»

«Non per ora. Sto aspettando che Lydia e Peter individuino la più probabile rotta percorribile. Fino ad allora non ho nulla da fare e posso godermi un po’ di pace.» spiegò, alzando lo sguardo al cielo di un azzurro limpidissimo.

 «Tu non sei mai in pace.» sbottò Scott ridacchiando.

Al che Stiles non poté fare a meno di assentire, ridendo a sua volta. «Che ne dici di andare a parlare con Allison?» domandò poi, individuando la ragazza sul ponte, parecchi metri più giù.

L’amico si fece serio, ed evitando di guardarlo si espresse «Non penso che sia una buona idea, sai…»

«Ho capito, siete ancora ai ferri corti.» sospirò, dandogli una consolatoria pacca sulla spalla.

«Non siamo ai ferri corti.» protestò immediatamente l’altro prima di afflosciarsi nuovamente e bofonchiare «siamo in una fase di stallo, ecco.»

Stiles si mise a ridere, scatenando la reazione indignata di Scott. «Scusa, scusa. Va bene, una fase di stallo. Si, capisco. State considerando le varie opzioni, ecco. Ho capito sul serio.» snocciolò, con gli ultimi strascichi di risa nella voce, e lo sguardo arrabbiato di Scott addosso «Sto seriamente pensando di buttarti giù.» minacciò.

«Nah, non lo faresti mai. Che fareste poi, senza di me?» minimizzò Stiles.

«Navigheremmo senza battute sarcastiche.»

«Oh-oh. Siamo caustici stamattina.» esclamò il capitano con un sorriso, inarcando un sopracciglio. «Va bene, è meglio se accantono l’argomento Allison, per ora.»

«Che vuol dire per ora?»

«Lascia perdere, ne parleremo un’altra volta. Piuttosto, pensi che ce la faremo?» domandò, mostrando parte dell’insicurezza che lo attanagliava.

«Certo che si.» lo rassicurò tirandoselo contro in un maldestro abbraccio «Quando mai abbiamo fallito? Solo perché tu dai poca importanza ai dettagli, non significa che non elabori buoni piani. E poi è per questo che c’è Peter, no?» continuò.

«Ah-ah! Come siamo spiritosi oggi. Meglio che me ne vada o non riuscirei più a trattenere le risate.» esclamò, lasciandogli un pizzicotto sul fianco. Scott stava per ribattere nuovamente qualcosa, ma la voce di Jackson richiamò Stiles sul ponte.

«Cos’ha Jackson stamattina? È più esasperante del solito.» sbottò Stiles, apprestandosi a ridiscendere.

«Penso sia solo preoccupato.» rispose l’amico con un’alzata di spalle.

«Oh mio Dio! E siamo praticamente appena partiti. Vuoi dirmi che peggiorerà di giorno in giorno? Forse è il caso di buttarlo a mare, che ne dici?» propose fingendosi esasperato.

«Sei tu il capitano.» fu il laconico commento che ricevette.

«Oh, quindi mi stai dando il tuo benestare? Lo terrò presente.» esclamò prima che delle urla infastidite giungessero fin lassù.

«Stiles, ti vuoi muovere? C’è chi ha i suoi compiti da svolgere.» sbraitò il ragazzo ai piedi dell’albero maestro, il viso rivolto verso di loro e un’espressione minacciosa.

«Sai, in effetti potrei farlo.» si accomiatò Stiles, scendendo il più velocemente possibile per raggiungere il biondo.

«Era ora. Sei diventato sordo, stando a terra?» l’apostrofò Jackson appena mise piede sul ponte di coperta, indirizzandolo poi verso il quadro, mentre lui si dirigeva altrove. Prima che scomparisse, Stiles non riuscì a evitare di esternare il suo disappunto «Mi chiedo come tu riesca a stare su questa nave.» gli urlò dietro, prima di entrare nell’ufficio in cui Lydia e Peter avevano finito le loro discussioni, e sembravano aspettare solo lui.

«Stiles, ancora a battibeccare con Jackson?» lo riprese l’uomo, appena entrò, bloccandolo sul posto.

Incassando la testa tra le spalle, mise un piccolo broncio e domandò se era di quello che dovevano parlagli.

«Veramente no. Abbiamo una rotta.» intervenne Lydia, posando una mano sul braccio dell’uomo di fianco a lei, in segno di ammonimento.

«Ottimo, cosa aspettiamo allora?» fu l’ovvia risposta di Stiles.

«Che tu ci dia una conferma. Andiamo di sopra.» ordinò la rossa, superandolo e uscendo dal quadro, imboccando le scale subito li affianco, e salendo sul cassero.

Aspettò che gli altri due la raggiungessero e, dopo aver spiegato la carta nautica su cui erano tracciati dei segni in rosso, prese una bussola e la consultò. Quando Stiles le fu di fianco, gl’indicò un punto a Nord.

«Di là?» domandò scrutando la linea d’orizzonte che si fondeva con il cielo. Rimase in silenzio per una manciata di minuti, prima di trarre un grosso sospiro e annuire. «Si, da quella parte. Ottimo lavoro, come al solito.» si congratulò, mentre Peter si metteva al timone e iniziava a dare ordini per aggiustare la rotta.

«Bene, ora dobbiamo sperare per il meglio e prepararci. Potremmo incrociare la Sentinel in qualunque momento da qui alle prossime due settimane.» riassunse Lydia.

Pochi secondi dopo, Allison li raggiunse sul cassero, incuriosita dal cambio di direzione. A darle le dovute spiegazioni fu la rossa, mentre Stiles, con un cenno di saluto e un’ultima occhiata all’oceano, raggiungeva il ponte di coperta e imboccava le scale che portavano sottocoperta, per raggiungere la cucina.

In mancanza del cuoco, di solito era lui a occuparsi di quest’incombenza, considerando le scarse doti culinarie degli altri membri dell’equipaggio. Non era del tutto sicuro che non sapessero cucinare, perché in effetti, era più probabile che non ne avessero voglia. Ma dopotutto a lui non dispiaceva svolgere quest’incarico, che gli permetteva anche di pensare in tutta tranquillità. Solitamente, il primo pensiero che gli balzava alla mente con chiarezza sconcertante, riguardava la composizione della ciurma: era certo, infatti, che la loro fosse la più atipica ad aver mai solcato il mare.

Inoltre, non che conoscesse chissà quante altre flotte pirata, ma era abbastanza certo che, sulle altre navi, il capitano godesse di un grado di rispetto continuo e non, come nel suo caso, solo in caso di bisogno. Gli piaceva essere un membro come un altro dell’equipaggio, ma a volte i battibecchi con Jackson, e il dover tenere a bada Scott quando succedeva, lo sfiancava un po’.

Immerso in questo genere di considerazioni, rovistò tra quello che aveva a disposizione per cucinare il pranzo, e dovette optare per una zuppa. Almeno, considerò, non l’avrebbe tenuto chissà quanto occupato, permettendogli di iniziare a elaborare una strategia.

«Che stai cucinando?»

La voce di Danny lo fece saltare dalla sedia su cui si era seduto, strappandogli uno strozzato “Oh mio…” che lo fece ridere.

«Stiles, siamo sulla nave. Potresti anche smetterla di saltare ad ogni minima cosa.» lo riprese il ragazzo, spostando una sedia e prendendo posto di fronte a lui.

«Certo, se qualcuno non mi comparisse davanti all’improvviso.» fu il rimprovero, che rimase inascoltato «Zuppa, comunque.» rispose poi, imbronciandosi.

«Dall’odore promette d’esser buona.»

«Già… che cos’ha Jackson? Ti prego Danny, non dirmi che andrà aveanti così per tutto il tempo, perché sennò lo faccio rinchiudere nella stiva o lo metto di vedetta per tutta la traversata.» lo scongiurò il ragazzo, con sguardo implorante.

Danny lo guardò stranito, ignaro di quello di cui parlava, e la sua espressione dovette essere una rappresentazione abbastanza precisa della sua confusione, perché Stiles sbuffò e agitò le mani in aria, borbottando. «Oh, quindi sono io a godere di un trattamento di favore?» esclamò, girando la zuppa.

«Può darsi…» ironizzò Danny, incrociando le braccia sul tavolo, ridacchiando.

«Fantastico.» sibilò il ragazzo, prima di accantonare l’argomento “Jackson” in favore di altro.

Più o meno mezz’ora dopo, tutti i membri dell’equipaggio che non erano impegnati a governare la nave, erano seduti intorno al tavolo, rumorosi e allegri come sempre, sebbene si potesse notare una certa tensione ora, dovuta probabilmente al fatto che ormai mancavano pochi giorni e avrebbero dovuto ingaggiare battaglia. Fortunatamente avevano ancora tempo per prepararsi a dovere, e ognuno confidava nelle capacità sue e degli altri per portare a termine l’operazione e per guardarsi le spalle.

Durante il pasto, Stiles rimase stranamente in disparte, osservando i suoi compagni e chiedendosi se non li stesse mettendo inutilmente in pericolo. Probabilmente però, se avesse osato dire qualcosa del genere, sarebbe stato subissato di lamentele e invettive, riguardo al fatto che erano comunque dei pirati, che sapevano badare a loro stessi, e che certamente non viaggiavano con lui perché non sapevano cosa fare delle loro vite. Era consapevole che avevano ragione, ma non riusciva a evitare di sentirsi responsabile di ognuno di loro, per questo ogni volta che dovevano fare qualcosa, si rompeva la testa a furia di ricerche, anche riguardo alla minuzia più insignificante. 

«Ehi, tutto bene?» chiese Allison, seduta di fianco a lui, guardandolo preoccupata.

«Certo, perché?»

A rispondere al posto della mora, fu Jackson «Sei silenzioso, ecco perché. Ti si è seccata la lingua?»

«Vuoi controllare?» ribatté Stiles, facendogli una smorfia «A te invece si è seccato il cervello?»

Prima che iniziassero una discussione, finendo poi per coinvolgere anche Scott e, a ruota, tutto il resto del tavolo, sulla porta apparve la figura del dottore, che ebbe il magico potere di sedare qualunque chiacchiera. Sospirando, sollevata di poter finire il suo pranzo, Lydia guardò male i due ragazzi, che distolsero lo sguardo, concentrandosi sui piatti. Sorridendo mite, il medico si servì a sua volta, informando i presenti che Peter voleva il cambio. Grato di poter evitare una ramanzina, Stiles balzò in piedi e corse via, seguito dal borbottio arrabbiato di Jackson.

«Jackson, devi proprio stuzzicarlo tutte le volte? Sembrate due bambini.» lo rimproverò Lydia, appena non sentirono più i passi sulle assi di legno.

Il biondo si imbronciò ancora di più, ma decise di non risponderle, lasciando cadere l’argomento, ma fu Scott a iniziarne un altro, che concentrò immediatamente l’attenzione di tutti, abbassando anche il livello di allegria.

«Secondo voi Stiles si sente bene?» chiese con aria contrita.

«Che razza di domanda stupida Scott» fu l’immediata risposta, data con il solito tono saccente, da Jackson «Certo che no» aggiunse, prima che ci fossero altri interventi che lo accusassero di essere insensibile. In realtà non era per niente così, era solo che aveva grossi problemi a esternare quello che provava senza ricorrere a quel metodo, che lo rendeva antipatico a tutti.

«Cosa possiamo fare?»

«Scott, cosa pensi che possiamo fare? Nulla. Lo sai com’è testardo Stiles. L’unica cosa ce possiamo fare è evitare di farci ammazzare quando sarà il momento.» rispose Lydia, con un alzata di spalle, finendo il suo pasto.

Sul ponte, Stiles era andato a dare il cambio a Peter. L’uomo lo osservò bene, prima di allontanarsi, riservandogli una di quelle occhiate che, fino a non molto tempo prima, lo raggelavano per la loro capacità di indovinare quello che pensava. Fortunatamente, ora, la sua capacità di celare i propri pensieri era aumentata, o non si sarebbe mai trovato nella stessa nave con lui.

«Sai, dovresti dormire di più. O meglio.» gli disse, spostandosi dal timone e lasciandogli il posto.

«Magari fra un po’ ci riuscirò. Ti conviene sbrigarti se vuoi trovare ancora qualcosa.» lo congedò con un sorriso.

Sospirando, Peter si diresse ai gradini per scendere sul ponte «Dovresti parlare, Stiles.» disse prima di andarsene. Rimasto solo, Stiles si appoggiò alla barra del timone, guardando il mare di fronte a sé. L’ultima frase di Peter poteva sembrare inopportuna, se rivolta a uno come lui, ma in realtà aveva capito benissimo il senso. Era passato parecchio dall’ultima volta che aveva parlato realmente con qualcuno, e a volte ne sentiva il bisogno, come se lo stesse logorando, ma non poteva farlo con nessuno di quelli presenti su quella nave, per svariati motivi, primo fra tutti perché era una sua decisione.

Lo sapevano anche loro, solo che non si rassegnavano a questo fatto, e tentavano in continuazione. Lo facevano, un po’ per divertirsi, durante quelle eterne traversate, senz’altro svago che un mazzo di carte o qualche altro gioco simile, un po’ perché erano davvero preoccupati per lui, e se i segni ormai cominciavano a vedersi anche all’esterno, ne aveva davvero necessità. Magari, al prossimo scalo avrebbe fatto ubriacare qualcuno e avrebbe parlato per ore, fino a stordire il suo ascoltatore con parole e alcool, certo che al mattino i ricordi sarebbero stati offuscati dal dolore del dopo-sbronza.

Fino a quel momento però, doveva rimanere concentrato sul compito che dovevano portare a termine. Sperava, scioccamente, che magari tutto si sarebbe risolto senza spargimenti di sangue e senza attirare ulteriormente l’attenzione sulla loro ciurma, ma non ci credeva più di quanto potesse credere che improvvisamente la nave avrebbe cominciato a volare, anziché navigare. Di sicuro sarebbe stato comodo e interessante, ma non molto possibile, quindi era bene che tenesse i piedi ben piantati sulle assi, e la mente concentrata  e sgombra di distrazioni.

La navigazione procedette tranquilla, e il mare si mantenne calmo per tutto il giorno. Quando necessario aggiustavano la rotta, e Scott e Danny, temporaneamente di vedetta entrambi, scrutavano il mare incessantemente.

Stiles volle mantenersi al timone, anche quando Peter o Lydia, entrambi più riposati di lui, cercarono di dargli il cambio, assicurandogli che qualsiasi cambiamento, sarebbe giunto alle sue orecchie immediatamente. Intestardito come al solito, il capitano si rifiutò di cedere alle loro richieste, ignorando anche tutte le motivazioni più che logiche che avallavano le loro parole. In questo modo, mentre tutti sulla nave svolgevano il loro lavoro e i loro turni, solo Stiles rimase al suo posto, tentando di ignorare la fatica.

Resistette per tutto il giorno successivo e la notte ancora dopo. A portargli cena e pranzo fu Scott, che rimase a chiacchierare a lungo con lui, e Peter che tentò nuovamente di convincerlo a riposarsi.

Sottocoperta, preoccupata per la situazione, Allison era andata a chiedere aiuto al dottore, probabilmente l’unico su tutta la nave che avrebbe potuto indurre Stiles alla resa, anche in virtù della carica  che ricopriva e che gli permetteva di scavalcare quella di Stiles, quando lo riteneva necessario.

«Allison, non stare sulla soglia.» l’accolse gentilmente, invitandola a entrare con un sorriso e un cenno cortese.

La ragazza annuì nervosa, facendo qualche passo all’interno del piccolo ambiente. Si torse un po’ le mani, indecisa se stesse o meno facendo la cosa giusta, ma la preoccupazione la indusse a parlare «Dottore, penso che dovrebbe fare qualcosa per Stiles.» iniziò.

«Perché pensi che ne sia in grado?»

«Perché lei è il medico di bordo e Stiles ha bisogno di aiuto.» rispose

«Su questo sono pienamente d’accordo, ma di nuovo, perché pensi che sia io a dover fare qualcosa? Sarebbe meglio che fosse Scott a farlo.» rispose serafico, invitandola a sedersi.

Allison si accomodò sul brodo di una sedia, aggrottando la fronte, pensosa «Probabilmente ha ragione, ma non penso che Scott al momento sia in grado di fare qualcosa di concreto. Probabilmente solo lei può.»

Deaton stava per rispondere, quando la porta si aprì nuovamente, stavolta senza che nessuno avesse bussato, e il ragazzo appena chiamato in causa vi si stagliò contro. «Dottore, deve fare qualcosa per Stiles.» esordì, accorgendosi poi in un secondo momento della presenza della ragazza.

Il dottore sorrise accomodante e sospirando si alzò «A quanto pare, credete tutti che ne sia in grado. E va bene, vediamo di far ragionare un capitano troppo testardo. Ma non vi assicuro niente, ragazzi.»

Pochi minuti dopo, erano tutti e tre sul ponte, Allison e Scott rimasero ai piedi delle scale che portavano al cassero, mentre Deaton si avvicinò a Stiles, trovandolo quasi addormentato. Con un cenno fece segno a Scott di salire e, dopo aver posato una mano sulla spalla del ragazzo e averlo visto sobbalzare per la sorpresa, gli aveva intimato di andare a riposarsi. Il capitano aveva provato a fare resistenza, ma il medico era stato irremovibile e Scott, dopo essersi passato un braccio dell’amico dietro la spalla, l’aveva condotto nella sua cabina, facendolo stendere.

Nel frattempo Allison, dietro richiesta di Deaton era andata a chiamare Peter per informarlo della resa. Prontamente l’uomo aveva preso il suo posto dietro il timone e aveva magistralmente governato la nave per l’intera giornata.

La mattina dopo, più riposato e lucido, Stiles salì sul ponte senza neanche essersi preoccupato di fare colazione ed era andato a informarsi da Peter e Lydia circa la rotta che stavano tenendo. Dopo aver ricevuto le risposte che voleva, era andato in cerca di Jackson, trovandolo sottocoperta, nella stiva insieme a Danny, intenti a parlare mentre si occupavano della manutenzione di alcune botti che perdevano. Ovviamente sentirono Stiles, ma non parvero curarsene troppo, rivolgendogli solo un cenno di saluto.

«Jackson, ho bisogno che ti occupi della manutenzione di tutte i cannoni, delle armi e delle scorte di polvere da sparo, da oggi fino a che non avremo incrociato la Sentinel. È chiaro?» domandò fermandosi di fronte a lui. Il ragazzo alzò lo sguardo pronto a ribattere che sapeva quali erano i suoi compiti, e che comunque se ne era già occupato qualche giorno prima, ma lo sguardo di Stiles cambiò immediatamente la sua risposta.

«Me ne occupo appena abbiamo richiuso questa.» assicurò dando un colpetto al barile al suo fianco.

Il capitano annuì e si rivolse a Danny, pronto a dare ordini anche a lui. «Danny, tu occupati delle riparazioni che la nave potrebbe ottenere in mare e prendi nota di quelle che necessitano di manutenzione accurata. Ce ne occuperemo al più presto. Se avete bisogno non esitate a chiedere.» concluse, uscendo di nuovo sul ponte.

Per i tre giorni successivi, la nave fu tutta un fermento: Scott era stato mandato ad aiutare prima Jackson, ma passarono più tempo a litigare che altro, e infine Danny, venendo sostituito nella sua attività di vedetta da Matt; Allison aveva fatto del suo meglio e, dato che nessuno aveva voluto affidarle lavori pesanti, si divideva tra l’aiuto a Jackson e il ruolo di cuoco di bordo; Stiles si rendeva disponibile tra chiunque avesse bisogno, e lunghe chiacchierate strategiche con il dottor Deaton;

Poco dopo l’alba del quarto giorno, avvistarono in lontananza una nave di medie dimensioni, che filava veloce sulle onde. Appena riuscirono ad avvicinarsi abbastanza da distinguerne qualcosa di più che la sola sagoma nera sull’acqua, Matt lanciò il grido che tanto attendevano.

«È la Sentinel.» e iniziò il fermento.

 

 

 

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

Accidenti, è passato un sacco da quando ho aggiornato questa storia!

Però non mi sembra che stia riscuotendo molto successo, e questo mi dispiace molto.

Ormai ci siamo: dal prossimo capitolo è battaglia! E io ho un po’ di fifa, perché spero di riuscire a renderla. E finalmente il caro Sourwolf farà la sua entrata in scena! Mi piacerebbe sapere come ve la aspettate, e scoprire se qualcuno riuscirà a indovinare la mia versione!^^

E in queste ultime righe è comparso anche Matt, che si, è sempre stato a bordo.

Ringrazio chi ha recensito il precedente capitolo, ovvero: SpitfulAngel, Savani_Unico e Ale2357, oltre a chi ha messo la storia tra le ricordate, seguite e preferite!

Allora… al prossimo capitolo, sperando di riuscire a postarlo in tempi più rapidi!^^;

Bacioni a tutte/i e commentate per favore!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Lost souls in the ocean

 

 

Capitolo 5

 

«È la Sentinel.» il grido di Matt riecheggiò per tutti e due i ponti, dando il via a un fermento covato per giorni.

Immediatamente Lydia, che in quel momento era al timone, aggiustò la rotta con una virata, mentre Stiles correva sottocoperta urlando a Jackson e Danny e chiunque si trovasse sotto con loro di preparare tutti i pezzi d’artiglieria a loro disposizione e portare sul ponte moschetti e polvere da sparo. Dopo aver fatto ciò, il capitano era corso in cabina a indossare i suoi abiti rossi. Quelli che lo rendevano immediatamente riconoscibile a qualunque nave attaccasse, dandogli il vantaggio della sorpresa. Lo rendevano anche un bersaglio più facile nelle mischie, ma Stiles si fidava ciecamente di Scott, sempre pronto a guardargli le spalle, oltreché di chiunque sulla sua nave.

Uscì di corsa dalla cabina, andando ad aiutare Jackson e Danny, mentre Scott faceva la spola tra la stiva e i due ponti trasportando i fucili e i rifornimenti di polvere. All’ennesimo passaggio, Stiles lo bloccò per un braccio, poco prima che uscisse all’aria aperta. «Questi basteranno Scott, non siamo così tanti. Raduna tutti nella quadro, ho bisogno di parlarvi.» dopo aver detto ciò lo lasciò libero, tornando a prestare attenzione a Jackson e Danny, che si erano scambiati uno sguardo preoccupato.

«Hai intenzione di farti ammazzare?» domandò il biondo, indicando i vestiti rossi. «Ti vesti così solo quando ti butti in azioni suicide. O quasi. Non riusciremo a proteggerti sempre Stiles.» lo rimproverò.

Stiles sorrise. Nonostante Jackson fosse quello con cui litigava più spesso e volentieri, era consapevole che alla fine erano affezionati l’uno all’altro. Questo gli faceva piacere e lo intristiva contemporaneamente. «E perdermi la possibilità di sentire le tue frasi saccenti e zittirti? Tranquillo, non ho intenzione di farmi uccidere, né catturare.» scherzò, sistemando l’ultimo cannone e indicando con un cenno le scale poco lontane. «Non abbiamo tempo per discutere ora, ma quando ci saremo ripresi ciò che è nostro sarò più che felice di zittirti sagacemente tutte le volte che vorrai, Jackson.»

Sbuffando seccato, il ragazzo lo seguì sul ponte mentre Danny scuoteva la testa, esasperato. Appena entrarono nel quadro, il vociare si zittì e tutti trattennero il fiato alla vista di Stiles. ovviamente il silenzio durò solo qualche secondo, prima che Scott iniziasse a strepitare.

«Perché ti sei vestito così? Tu non verrai su quella nave Stiles!»

Stiles camminò in silenzio, raggiungendo il suo posto dietro la scrivania, e riservò all’amico uno sguardo granitico. Quando parlò, nonostante il viso avesse sempre la solita dolcezza dei tratti, lo sguardo era fermo, così come la voce. «Non sarai tu a dirmi dove non andrò Scott. E non siamo qui per parlare di questo.»

«E di cosa allora?» chiese legittimamente Danny.

«Siamo qui per chiarire immediatamente come si svolgerà la battaglia sulla Sentinel. Non voglio che ci siano uccisioni, a meno che non se ne possa fare a meno, né prigionieri di alcun genere. Il nostro scopo non è uccidere chi si trova su quella nave, quindi, chi pensa di non essere in grado di controllarsi una volta dato l’assalto, rimanga qui a occuparsi della Revenge, insieme a Lydia, Allison e pochi altri, evitando che la nostra, di nave, venga catturata. Sono stato chiaro? Non ci saranno trasformazioni prive di controllo sulla Sentinel e io sarò lì con voi.» chiarì Stiles, appoggiandosi al ripiano e guardando negli occhi ognuno dei presenti finché non assentirono tutti, senza alcuna eccezione.

«Chi rimarrà sulla nave?» chiese Jackson, tentando di frenare il disappunto per la decisione di Stiles di essere in prima linea.

«Lydia, e Allison, ovviamente. Non potrebbe combattere contro la sua stessa famiglia. Il dottore, visto che ci serve qui. E chiunque pensi di non essere in grado di rispettare le mie direttive. A costo di assaltare quella nave da solo, farete come vi ho detto. Preferirei che Peter rimanesse qui, ma lascio a te la scelta.» concluse voltandosi verso l’uomo.

«Trovo anch’io che sia una buona idea. Sono d’accordo. Potrei essere il primo a perdere il controllo.» sorrise l’uomo, uscendo dalla stanza e raggiungendo la rossa al timone per informarla.

«Quindi ricapitolando le tue disposizioni» iniziò Jackson, con il tono che andava alzandosi di parola in parola, e iniziando a elencare sulle dita. «ci stai impedendo di uccidere, di catturare e di trasformarci per combattere, contro dei cacciatori? E in più tu sarai lì pronto a farti ammazzare? È questo il tuo brillante piano, Stiles?! Si può sapere perché non possiamo trasformarci?» sbraitò sbattendo i pugni sulla scrivania che scricchiolò pericolosamente.

Stiles inarcò un sopracciglio perplesso. «Quando esattamente ho detto che non potete trasformarvi? Io ho parlato di trasformazioni senza controllo. Ho parlato di uccisioni immotivate, non di impedirvi di farlo per salvarvi, se fosse necessario. Ed è ovvio che una volta preso il controllo della nave, prenderemo tutto quello che ci serve. E solo allora, li lasceremo andare, con una piccola precauzione ovviamente.» ribatté calmando Jackson. «Ora andate a fare quello che fate di solito per prepararvi.» li congedò con un gesto, fissando poi Scott negli occhi.

Dopo aver annuito, l’amico uscì lasciando soli Stiles e Allison, trattenuta dalla voce nuovamente gentile di Stiles, sistemandosi fuori dalla porta, facendo attenzione a quello che avveniva intorno a sé. Jackson era sceso a controllare un’ultima volta che tutti i cannoni fossero pronti e funzionanti, Danny aveva provato a seguirlo, ma era stato allontanato e ora sedeva di fianco a Matt, e parlavano tesi di quello che li aspettava. Lydia e Peter, sopra la sua testa stavano discutendo dell’incoscienza del capitano nel volersi gettare in prima linea. In effetti, era la rossa che sbraitava inviperita, celando la sua preoccupazione dietro parole caustiche, mentre Peter la lasciava sfogare, impedendole però di raggiungere Stiles.

Scott scivolò silenziosamente dietro la porta, ritrovandosi nuovamente nella cabina. Stiles non diede segno di averlo visto, anche se si era accorto di lui, mentre Allison non l’aveva sentito. Ad ogni modo, rimase in disparte, aspettando che Stiles lo chiamasse. Sapeva cosa stava facendo, e nonostante gli dispiacesse per quello che la ragazza avrebbe dovuto fare, era consapevole che non si poteva fare altrimenti. In effetti, mentre lui e Danny erano a terra, avevano discusso a lungo tutti assieme della possibilità che Allison entrasse effettivamente nella ciurma. Il dubbio non riguardava lei, ma più che altro il fatto che fosse un Argent. Sarebbe riuscita a essere veramente parte del loro gruppo, o no? Probabilmente questo pensiero aveva continuato ad ossessionare anche Stiles, che ora si era deciso a scoprirlo, mettendola alla prova.

Anche se non ne avevano mai fatto cenno l’uno con l’altro, né con nessun’altro della ciurma, era scontato il fatto che ad aiutare Stiles, sarebbe stato Scott. Spostando l’attenzione sui due, percepì la fermezza di Stiles, come se fosse fatta di pura roccia. Era vero che di solito si comportava in modo molto diverso, ma quando si trattava di accertarsi della sicurezza di chiunque si trovasse sulla nave, sembrava totalmente un’altra persona, e ogni volta Scott si stupiva di questo cambiamento che poteva sparire nel giro di un battito di ciglia. Anche Allison sembrava aver intuito che la situazione era delicata, ma Scott sospettava che non sapesse ancora quanto.

«Se ho deciso di non farti partecipare c’è un motivo, Allison.» ripeté stancamente Stiles.

Scott sperò che dopo che avessero portato a termine il loro scopo, l’amico avesse tempo di riposarsi e recuperare le forze perché, anche se cercava di non darlo a vedere, era così teso che aveva paura che da un momento all’altro si spezzasse e cedesse. Probabilmente avrebbe dovuto notarlo prima, anche in considerazione del fatto che si conoscevano da sempre, ma come spesso gli avevano detto per prenderlo in giro, non brillava certo per l’essere un grande osservatore.

«Ho capito che non è solo per quello che hai detto davanti a tutti.» rispose Allison, cercando di mantenere un’aria sicura, nonostante tutto.

«C’è dell’altro in effetti. Se si fosse trattato di un’altra nave o di un’altra missione non avrei avuto nessun problema a lasciarti decidere liberamente, ma purtroppo non è questo il caso. Oltre al fatto che probabilmente conosci qualcuna delle persone su quella nave, e sarebbe difficile per te riuscire a fare quello che è necessario...» Stiles tentennò per un momento, indeciso su come andare avanti.

«Stai dicendo che non ti fidi di me? Anche dopo quello che vi ho aiutato a fare? Stiles mi sono messa contro la mia stessa famiglia, per te. Vi ho passato informazioni che non avrei dovuto nemmeno conoscere, rischiando di farmi scoprire, perché sono dalla vostra parte e voglio aiutarvi. E…» le recriminazioni di Allison furono interrotte dal pugnale che Stiles aveva posato sulla scrivania, in mezzo a loro.

Guardandola dritta negli occhi, parlò senza più esitazione. «Io mi fido delle tue buone intenzioni, Allison. Ma ancora non posso fidarmi totalmente di te. È diverso. Ho bisogno di esserne totalmente sicuro, altrimenti non potrò farti rimanere su questa nave. C’è troppo in gioco perché possa permettere una cosa del genere. Mi capisci?» domandò, spostando per un secondo lo sguardo verso Scott, che si avvicinò silenzioso, e con aria mesta. Era preoccupato per il fatto che se Allison non avesse superato la prova di Stiles, avrebbero dovuto riportarla a terra, e si sarebbe ritrovata ad affrontare la sua famiglia.

«Cosa dovrei fare?» sussurrò spaventata.

Stiles prese un respiro, fissandola intensamente impedendole di distogliere lo sguardo. «Uccidi Scott, Allison.» disse avvicinandole il pugnale.

Vide il terrore e la pena negli occhi castani dell’amica, ma non poteva ritrattare fino a che non avesse avuto le sue certezze. Era sicuro che anche Scott, che nel frattempo li aveva raggiunti, ne era consapevole e l’appoggiava nella sua decisione. C’era un motivo ben preciso se aveva scelto proprio l’amico, e riguardava la relazione che avevano avuto in passato. Era indubbio che la persona a cui Allison tenesse di più sulla nave era Scott, ancora ora che la loro storia era finita.

Stiles la osservava in silenzio, lo sguardo triste ma deciso, mentre Allison non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua mano che, con un tremore innaturale, si avvicinava sempre più alla lama abbandonata sul ripiano in legno. Quando la afferrò, lo sguardo guizzò verso Scott, che poté vedere il velo di lacrime che le offuscava lo sguardo. Si era resa conto che il suo corpo non le obbediva quasi più, e questo la terrorizzava perché non voleva in nessun modo fare quello che Stiles le aveva ordinato, ma ignorando il suo volere, sbatté Scott contro la scrivania, e piantò il pugnale nel legno di fianco alla sua testa, mentre un rivolo di sangue colava dalla guancia.

«Ti prego Stiles.» singhiozzò, mentre la mano si sollevava nuovamente senza che riuscisse a impedirlo.

Il corpo era completamente scosso da tremori che neanche il freddo più intenso o la febbre più alta avrebbe potuto provocare, e Allison era dolorosamente consapevole che se non l’avessero fermata, lei da sola non ci sarebbe riuscita e avrebbe pugnalato Scott dritto al cuore. Già prima, riuscire a deviare il colpo le era costato uno sforzo enorme. Il braccio sollevato sopra la sua testa ebbe un moto convulso, ma un attimo prima che calasse, la voce di Stiles le arrivò alle orecchie, come un balsamo, impedendole di vibrare il colpo.

«Allison, fermati.» appena pronunciò quelle parole, il corpo di Allison si afflosciò su Scott, e il tremore diminuì considerevolmente, provocato stavolta, da singhiozzi trattenuti.

Scott alzò lo sguardo su Stiles, abbracciandola e aiutandola a sedersi, mentre anche il capitano faceva lo stesso, leggermente ansante. Non era ancora sicuro di quello che avrebbe deciso Stiles, ma aveva fiducia in lui e avrebbe accettato la sua scelta, o almeno ci avrebbe provato. Così come avrebbero fatto anche tutti gli altri.

«Mi spiace di averti chiesto una cosa del genere Allison. Ma era l’unico modo per essere totalmente sicuro.» sospirò.

«Sicuro di cosa?» ribatté immediatamente, alzando lo sguardo lucido su di lui, la voce alta e strozzata che faticava ad abbandonare la sua gola.

«Sicuro di te. Non so se Scott ti ha mai raccontato il vero motivo per cui sono io il capitano, ma adesso non c’è tempo per farlo. Per ora posso dirti che hai superato la mia prova, ma che questa è l’ultima possibilità che hai per tirarti indietro da tutta questa storia. Dopo non potrai più farlo neanche se vorrai. Sei al limite, ma puoi ancora decidere. Ne riparleremo dopo che avremo concluso l’attacco alla Sentinel, e cercherò di spiegarti tutto.» disse, facendo un segno con il capo a Scott perché la accompagnasse fuori per aiutarla a riprendersi.

Rimasto solo, Stiles sospirò pesantemente e si lasciò scivolare un po’ più in giù sullo scranno, respirando piano per cercare di recuperare il fiato. Era una fortuna che sulla Revenge fossero tutti amici e si fidassero reciprocamente, nonostante gli screzi quotidiani, perché ogni volta quel trucchetto gli portava via un sacco di energie, e proprio ora che non avrebbe dovuto farlo, visto l’avvicinarsi dell’attacco, non aveva potuto farne a meno. Magari avrebbe potuto trascinarsi fino dal dottore per farsi dare qualcosa che l’aiutasse a recuperare in fretta. Stava ancora indugiando in questa decisione, quando la porta si aprì ed entrò proprio il medico, con il suo sorriso mite e una bottiglietta dall’aspetto poco rassicurante in mano.

«Doc, io non so come faccia tutte le volte, ma sono felicissimo che lei sia a bordo con noi.» rise Stiles.

«Coraggio Stiles, ci sarà bisogno di te sul ponte tra un po’.»

«Quanto siamo vicini?» domandò, buttando giù l’intruglio che gli veniva porto, con una smorfia di disgusto.

«Nel pomeriggio dovremmo riuscire a essere sufficientemente vicini da attaccare.» rispose, riprendendosi il contenitore ormai vuoto.

«Ottimo, lo faremo quando la luce inizierà a calare e ce ne andremo col favore del buio. Può comunicarlo lei a Lydia?»

«Certamente» annuì, uscendo per fare quanto gli era stato chiesto.

Stiles comparve sul ponte al primo colpo di cannone sparato da Jackson, in avvertimento. Si avvicinò a Lydia, che stava manovrando in modo da trovarsi speculare all’altra nave, e che si distrasse quel tanto che fu sufficiente a sibilargli contro un «Allora sei proprio deciso! Sei un incosciente Stiles.» che lo fece sorridere debolmente.

Si appoggiò alla balconata che dava sul ponte di coperta e richiamò l’attenzione di tutti quelli che vi erano indaffarati sopra. «Ormai ci siamo. Ricordatevi: niente uccisioni ingiustificate. Matt, Danny, venite su.» urlò, ritirandosi nuovamente vicino a Lydia. «Dov’è Peter?»

«Sottocoperta a dare il cambio a Jackson.» rispose la rossa, girando la barra del timone, mentre anche dalla Sentinel giungevano i primi colpi di cannone. «Eccolo.»

«Che succede Stiles?» chiese Danny, salendo di corsa le scale insieme a Matt.

«Preferirei che rimaneste anche voi qui. Andrò io con gli altri.» sentenziò, ricevendo immediatamente lamentele contrariate dai due e anche da Lydia, che nel frattempo era riuscita a portare la nave sufficientemente vicina all’altra.

«Non se ne parla! Non puoi attaccare una nave piena di cacciatori con solo Scott e Jackson a farti da supporto. Noi veniamo con te e non ci faremo ammazzare. E stavolta non ci piegheremo ai tuoi capricci per tenerci qui al sicuro.» ribatté Danny.

«Cerca di ragionare: vuoi combattere una trentina di uomini con il solo supporto di due licantropi? È un suicidio bello e buono. E come se non bastasse hai anche intenzione di far rimanere qui Peter.» rincarò Matt, inarcando un sopracciglio scettico.

Nonostante la sua riluttanza a permettere loro una cosa del genere, alla fine Stiles acconsentì, non senza una buona dose di preoccupazione. Avrebbe incaricato gli altri due di guardar loro le spalle.

Improvvisamente, una prima bordata partì dal fianco della Revenge, avvolgendo il ponte di fumo bianco, e sfruttando la risposta della Sentinel e la conseguente nebbia bianca che vi si spanse attorno, Stiles ordinò di dare l’assalto e, immediatamente, Scott e Jackson, già pronti da un po’, balzarono sul ponte dell’altra nave, facendo salire in breve urla di dolore e rumore di ferro che cozzava. Con un cenno d’assenso, anche Stiles, Danny e Matt passarono sull’altra nave, grazie alla tavola che Peter aveva appena disposto a collegamento e che venne subito ritirata, lasciando i cinque ragazzi isolati e soli a combattere.

Sulla Revenge tutti quelli rimasti si diedero immediatamente da fare per supportare come potevano i loro compagni, con bordate calcolate a riportare danni alla nave, impedendole così di inseguirli quando l’avrebbero abbandonata, ma non abbastanza da impedirle di navigare. Peter, di fianco a Lydia cercava di capire l’andamento dello scontro e, al contempo rassicurava la ragazza che erano ancora tutti in condizioni di combattere.

«Lydia, dobbiamo allontanarci o rischiamo anche noi di non poter scappare dopo.» le ingiunse Peter, prendendo il timone a manovrandolo.

«Non possiamo…» protestò, ma dall’altro ponte giunse il comando di Stiles di andarsene. Senza attendere oltre, l’uomo girò completamente la nave e sfruttando il vento si portò fuori gittata.

 

Appena erano balzati sul ponte, semi-nascosti dal fumo bianco, Scott e Jackson, si erano divisi, tentando di prendere il controllo del ponte e aspettando l’arrivo di Stiles, Matt e Danny per scendere sottocoperta. La bordata della Sentinel era stata una vera fortuna, ed erano evidentemente riusciti a sfruttarla appieno perché, prima che qualcuno potesse dare l’allarme, avevano già sistemato almeno quattro persone a testa. Appena Jackson si accorse che l’area era più sgombra, e che Scott riusciva a tenere a bada i pochi rimasti in piedi, si era spostato verso il passaggio che portava di sotto, occupandosi di chiunque ne uscisse.

Pochi minuti ancora e vennero raggiunti anche da Stiles, Matt e Danny, che si divisero per dare manforte agli altri due. La vista di Stiles, avvolto nei suoi riconoscibilissimi vestiti rossi, aveva effettivamente consentito loro altri attimi di prezioso stupore da sfruttare per diminuire il numero degli attaccanti. Quando il vento della sera soffiò, liberando il ponte dal fumo che ancora vi permaneva, si accorsero che erano già riusciti a prendere parzialmente il controllo della nave e che, dei trenta uomini previsti, dovevano rimanerne ormai, circa la metà o poco meno.

«Jackson, Matt. Legateli all’albero maestro e scendete sottocoperta passando dal quadro. Danny, rimani qui. Scott, noi andiamo.» ordinò sbrigativamente Stiles, deciso a sfruttare fino all’ultimo il tempo che avevano a disposizione, prima che i cacciatori rimasti si riorganizzassero e attaccassero, catturandoli.

Senza dare ulteriori disposizioni, si avviò verso la porta che conduceva ai piani inferiori della nave, sperando di non trovare ad attenderli sorprese indesiderate e potenzialmente letali. Anche se indugiare in questi pensieri, mentre in cinque davano l’assalto a una nave carica non era propriamente sensato. Appena passarono di fronte a una delle cabine, la porta di quest’ultima si aprì e ne saltò fuori un uomo robusto che cercò di attaccare Stiles, ma con un salto Scott lo atterrò, facendolo afflosciare contro una parete per il colpo ricevuto.

«Wow, grazie Scott.» rantolò Stiles.

«Fa andare me davanti, che ne dici?» propose, tergendosi il sudore dalla fronte.

Con un sorriso ironico e un gesto della mano, Stiles gli fece cenno di procedere, e continuarono a muoversi circospetti esaminando ogni luogo. Quando erano ormai vicini alla botola che conduceva alla stiva, sentirono una serie di tonfi e grida soffocate e, prima che riuscisse a fermarlo, Stiles si era già lanciato di sotto, venendo nuovamente aggredito da un altro cacciatore posto di guardia di fronte ad alcune porte. Probabilmente l’uomo pensava di aver facilmente ragione di Stiles ma, nonostante le sue capacità in battaglia non eguagliassero quelle dei suoi compagni, anche lui se la cavava discretamente e riuscì a sistemarlo prima dell’arrivo di Scott, momentaneamente impegnato contro due avversari contemporaneamente.

Avanzando cauto aprì una delle due porte e con un rantolo strozzato, vide quello che avevano disperatamente cercato in quei giorni. Incatenati al muro e svenuti c’erano Erica e Isaac, i vestiti laceri e pregni di sangue rappreso, innumerevoli ferite e contusioni su ogni parte raggiungibile con lo sguardo, che faticavano a rimarginarsi e guarire e le fronti imperlate di sudore. A quanto pareva però, non erano completamente privi di sensi, perché si mossero debolmente, facendo tintinnare le catene, quando sentirono la porta aprirsi con un cigolio.

Deglutendo a fatica, Isaac sollevò leggermente il capo e fissò Stiles, senza riuscire a metterlo a fuoco, o almeno così parve. Ammutolito, il ragazzo si avvicinò lentamente, fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza e, lentamente, avvicinò la mano alla guancia gonfia dell’altro ragazzo, che trasalì spaventato tentando di ritrarsi, prima che una scintilla di comprensione tornasse nel suo sguardo addolorato e ferito e lo riconoscesse.

«Stiles» riuscì a sibilare, riaprendo delle piccole ferite sul labbro, che riprese a sanguinare.

«Sta zitto, ora vi libero.» sussurrò spostando lo sguardo in alto, ma si accorse che Isaac stava cercando nuovamente di parlare, per cui lasciò momentaneamente perdere per cercare di capire, ma una mano possente si strinse sulla sua spalla scaraventandolo indietro e facendogli sbattere il capo, offuscandogli momentaneamente la vista. Sarebbe certamente morto se un ringhio improvviso da dietro le spalle del cacciatore non ne avesse distolto l’attenzione, permettendo a Stiles di sguainare la spada e trafiggerlo al ventre.

Solitamente avrebbe cercato di metterlo solo fuori combattimento, ma la rabbia cieca e il dolore per le condizioni dei due ragazzi avevano completamente offuscato la sua capacita di raziocinio. Scavalcando il corpo rantolante ai suoi piedi, si avvicinò a Erica, mettendo a tacere momentaneamente il senso di colpa che stava iniziando a divorargli le viscere. Non aveva tempo per farsi prendere da crisi di panico e isterismo, finché fossero rimasti sulla Sentinel. Senza dubbio, una volta in viaggio con la ciurma nuovamente al completo, si sarebbe chiuso nella sua cabina a farsi divorare dal senso di nausea verso sé stesso e il gesto che aveva compiuto.

Con le mani che tremavano, liberò i due ragazzi, adagiandoli sulle assi del pavimento con quanta più delicatezza poteva. Nuovamente, Isaac tentò di comunicargli qualcosa, e Stiles dovette avvicinare l’orecchio alle sue labbra martoriate, per interpretare il sibilo che vi fuoriusciva e tradurlo in parole.

«Altra… porta…» era tutto quello che era riuscito a cogliere.

Indeciso se lasciare da soli i due feriti, occhieggiò il corridoio che riusciva a scorgere, scattando in piedi quando udì una serie di tonfi. Si avvicinò alla porta con la spada ancora insanguinata in una mano che tremava lievemente. Preferiva non pensare se per il nervosismo o la furia. Appena vide un ombra fermarsi nello specchio della porta, in procinto di entrare, menò un fendente all’altezza di quella che supponeva essere la gola dell’aggressore. Una mano si chiuse fulminea sul suo polso, fermando il colpo e la figura di Scott entrò, con qualche ferita a spezzare l’aria sollevata che aveva in viso per averlo ritrovato.

Lo sguardo del nuovo arrivato si oscurò, e Stiles giurò di aver sentito i denti e le ossa scricchiolare, per la forza con cui li stava stringendo, alla vista delle condizioni di Isaac e Erica.

«Scott» sentì la voce di Stiles richiamarlo indietro dallo stato di rabbia a cui si stava abbandonando. Con enorme fatica volse lo sguardo, ancora rilucente d’oro, verso il suo capitano. «Va a chiamare Danny e mandalo qui, ordina a Peter di riaccostare alla nave. Poi va dal dottor Deaton e digli di tenersi pronto. Mi hai capito? Scott!» lo scosse per la spalla, aspettando un cenno d’assenso che tardò un po’ ad arrivare, prima che Scott si decidesse a eseguire gli ordini assegnatigli.

Rimasto solo, Stiles rinfoderò la spada, quando un urlo dall’altra parte delle assi lo mise nuovamente in allarme. Umettandosi le labbra, e dopo aver lanciato un ultimo sguardo ad Isaac, che ricambiò, si avviò silenziosamente fuori dalla cella, spostandosi verso quella adiacente, da cui aveva sentito provenire il suono. Inspirando profondamente, aprì la porta della stanza e mosse qualche cauto passo al suo interno, prima che un colpo dietro la nuca lo facesse cadere in ginocchio con un gemito. Scuotendo la testa per snebbiarla, udì una serie di passi concitati e un rumore come di un corpo che cadeva in acqua.

Quando si rialzò si accorse che, anch’esso incatenato al muro, vi era un altro prigioniero. E, se possibile, versava in condizioni addirittura peggiori dei due membri del suo equipaggio appena ritrovati. Cautamente gli si avvicinò, intenzionato a liberarlo anche se non lo conosceva, ma un grugnito lo fermò con le mani a metà strada tra il suo corpo e le catene.

«Non ho intenzione di ucciderti, quindi puoi anche smetterla di ringhiare.» borbottò, alzando lo sguardo dal petto martoriato e dal sangue, per incrociare il suo sguardo diffidente, mentre le mani raggiungevano finalmente le catene e, munitosi di un piccolo coltello, riuscì a forzarle e ad aprirle.

Se aveva sperato che, vista la ben più muscolosa corporatura, quel misterioso e scontroso ragazzo sarebbe riuscito a tenersi in piedi una volta liberato, con enorme disappunto, Stiles si accorse di essersi sbagliato enormemente perché, appena non ci fu più la costrizione delle catene a sostenerlo, lo sconosciuto si accasciò completamente sulle spalle del ragazzo rosso vestito, perdendo del tutto conoscenza. A fatica, il capitano riuscì a stenderlo per terra, esaminando velocemente l’entità e la pericolosità delle ferite che gli costellavano il viso pallido e il torace scoperto di qualsiasi stoffa, giudicandole potenzialmente letali.

Uscì nel piccolo corridoio, aspettando che Danny arrivasse e ascoltando il silenzio che ora regnava sulla nave. A quanto pareva erano riusciti nel loro intento, con un minimo spargimento di sangue. Non si sarebbe sorpreso di scoprire che, probabilmente, l’unico uomo ucciso, sarebbe stato il suo durante quel raptus di rabbia.

Pochi secondi ancora, e riconobbe Danny scendere le scale che portavano la sotto e avvistarlo, il sollievo immediatamente visibile sul volto. Coprendo gli ultimi metri di corsa, si avvicinò a Stiles, aspettando.

«Com’è la situazione di sopra?» s’informò immediatamente il capitano, osservandolo in cerca di ferite che fortunatamente non trovò.

«La nave è nostra e tutti gli uomini sono di sopra, legati all’albero maestro, come avevi ordinato.» fu la pronta risposta, che portò conforto a Stiles.

«Non tutti purtroppo. Qualcuno è riuscito a fuggire. Comunque dobbiamo occuparci di Erica e Isaac. E anche di un misterioso sconosciuto. Portiamoli sulla Revenge, hanno tutti bisogno di cure immediate. Jackson e Matt dove sono?» spiegò Stiles, conducendolo dai feriti.

«Sei sicuro di volerlo portare a bordo?» domandò Danny, occhieggiando preoccupato il ragazzo svenuto.

«Non lo lasceremo qui a morire, Danny. Chiunque sia, verrà con noi, per ora.» sentenziò sicuro.

 

 

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

Salve!!^^

Oh finalmente! Attendevo con ansia questo capitolo e spero che vi sia piaciuto!^^

Immagino che abbiate capito tutti chi è il misterioso sconosciuto, che ad ogni modo riprenderà conoscenza nel prossimo capitolo. Non ho resistito a prendere spunto dal telefilm, in cui Erica e Boyd erano appesi al soffitto con dei fili elettrici, e prima ancora di loro, lo era Derek. Spero che mi perdonerete per questo tocco crudo, ma dopotutto sono pirati.

Spero che i personaggi, Stiles in particolare, non vi sembri troppo OOC, ma considerate questo: sono tutti più grandi di età rispetto alla serie (non molto, ma comunque lo sono), e non si trovano nel solito contesto scolastico, bensì in un epoca e in una situazione in cui o si è più duri o si rischia di venire uccisi. Ad ogni modo, dal prossimo capitolo Stiles sarà un po' più lo Stiles che conosciamo, anche perché c’è la prima interazione con il caro Sourwolf!^^ Saranno subito scintille? Vedremo, vedremo…

Spero che per ora la storia vi piaccia, e vi invito a commentare.

Al prossimo capitolo!

Baci a tutti/e

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Lost soul in the ocean

 

 

Capitolo 6

 

Avevano abbandonato la Sentinel alla deriva, lasciando la possibilità a chi vi si trovava a bordo di liberarsi. Non subito e non facilmente, ma in questo modo avrebbero potuto allontanarsi indisturbati e mettersi al sicuro.

Appena rimesso piede sulla Revenge, Erica, Isaac e il nuovo ragazzo, erano stati portati in una cabina, e sottoposti a una prima analisi da parte del dottore, che era rimasto pensieroso per tutto il tempo della visita. Fuori dalla porta, Stiles stava cercando di tenere a freno Scott, che continuava a passeggiare avanti e indietro, puntando di tanto in tanto la porta chiusa.

«Scott ti prego! È assurdo che io stia per dire una cosa del genere, ma mi stai facendo venire il mal di mare. Ti puoi calmare? O devo spedirti di nuovo di vedetta? Stai calmo, li abbiamo trovati, ora sono qui e sono al sicuro. E poi lo sai che il dottor Deaton farebbe l’impossibile per salvarli. E comunque non erano messi così male, era tutta apparenza. Vedrai che tra due giorni saranno di nuovo in piedi a farmi diventare matto, e io dovrò di nuovo venire a ripescare te e Isaac da qualche parte per costringervi a lavorare.»

Da quando erano risaliti a bordo, Stiles sembrava aver ritrovato tutta la sua parlantina e Scott ringraziava di questo, ma le condizioni dei suoi due compagni gli avevano fatto ghiacciare il sangue. Soprattutto quelle di Isaac, che sembrava ridotto peggio. Anche se il più malmesso era quello sconosciuto che, gli aveva detto Danny, quindi doveva essere vero, Stiles aveva deciso di portare a bordo. Su qualsiasi altra nave, nave pirata ad essere precisi, un fatto del genere non sarebbe parso strano, ma sulla loro era davvero un anomalia. Soprattutto perché non aveva consultato nessuno di loro, come invece faceva sempre per questioni di quella natura.

Non che a Scott o a qualcun altro di loro dispiacesse particolarmente, ma erano solo sorpresi. Cogliendo un rumore alle sue spalle, Scott si voltò di scatto e, complice il nervosismo e l’adrenalina ancora in circolo, quasi attaccò Jackson, venuto a controllare anche lui il procedere della situazione. Per quanto antipatico e irritante fosse, anche lui era preoccupato come tutti gli altri.

«Ehi-ehi! Scott calmati, che ne dici? Deaton non ha già abbastanza feriti di cui occuparsi?» disse Stiles, posandogli una mano sul braccio «Dovremmo calmarci tutti, anzi. Voi due andate a riposarvi un po’, resto io qui, e quando il dottore avrà finito vi chiamo. Prometto.»

Ignorando le sue parole, i due si lasciarono scivolare lungo la parete di legno, sedendosi per terra e ostruendo il passaggio con le gambe. Alzando gli occhi al cielo, ma non sentendosela di mandarli davvero via, Stiles li imitò, e aspettarono in un silenzio intervallato dagli sporadici commenti del capitano.

«Quanto erano gravi, Stiles?» borbottò Jackson, intervallando le occhiate alla porta a quelle al viso tirato del ragazzo.

«Non lo so.» ammise con un sospiro, strofinandosi i palmi sugli occhi, per non dover vedere nei loro occhi la sua stessa preoccupazione. Oltre a questa, in lui si aggiungeva il rimorso, per aver dato loro, quasi tre mesi prima, il consenso per quell’assurdità. Se non li avessero salvati in tempo –ma ci erano riusciti? Erano così indeboliti quando li aveva trovati– probabilmente il senso di colpa l’avrebbe schiacciato. Più di quanto già non facesse.

«Stiles!» la voce irritata di Lydia lo fece saltare sul posto, scivolando scompostamente lungo le assi. Premendosi una mano sul petto, circondato dalle risate di Scott e Jackson, si alzò chiedendo alla ragazza cosa avesse.

«Ti sto chiamando da un po’, sfaticato. Dove dobbiamo andare?» domandò, incrociando le braccia sotto al seno.

«Non lo so. A riposare?» tentò, scatenando nuove risa dai due ragazzi e uno sbuffo seccato da parte di Lydia.

«Non sono in vena di spiritosaggini, Stiles. Che rotta dobbiamo seguire?» ripeté.

Stiles parve avere un’illuminazione, e sgranò gli occhi. «Oh! Oh, quel dove andare, certo. Beh, non saprei. Fate voi, l’importante è che sia sicuro. Vi raggiungo appena ho notizie su quei tre.» assicurò, rimettendosi seduto sul pavimento.

Lydia annuì alzando gli occhi al cielo, prima di ritornare sui suoi passi e lasciarli nuovamente da soli.

«Accidenti, ho una fame… ehi Sti…» si lamentò Jackson dopo un po’, non sopportando più i brontolii del suo stomaco.

«Se stai per chiedermi di andare a cucinare qualcosa, immagino tu sappia già la risposta. Ha solo due lettere ed è una negazione. A cui aggiungerei un sentito: hai le mani e le capacità, datti da fare per tutti, per una volta.» rispose immediatamente Stiles, bloccando la frase del ragazzo, e sogghignando quando si alzò per eseguire.

Rimasto solo con Scott, Stiles si chiuse in un anomalo mutismo, che insospettì l’amico. Sicuramente era qualcosa legato a quello che era successo sulla Sentinel, ma conosceva Stiles e nonostante questo, anzi soprattutto per questo, non sapeva come invitarlo a parlare senza farlo trincerare dietro a un muro di sarcasmo e finta leggerezza. Forse la cosa migliore sarebbe stata lasciargli il tempo di rifletterci su e analizzare la cosa, ma alla fine non avrebbe saputo nulla ugualmente.

«Scott, sulla Sentinel» inaspettatamente fu proprio Stiles a rompere il silenzio pesante che si era creato. Scott immaginò che l’amico fosse troppo stanco per riuscire a elaborare da solo quello che lo assillava, e in realtà aveva solo bisogno di parlare senza per forza ricevere risposte. Per questo stette in silenzio, aspettando che continuasse. Lo fece dopo qualche secondo, e dopo essersi leccato le labbra «su quella nave io… io ho ucciso un uomo.» gemette, buttando la testa all’indietro e premendo i polsi sugli occhi serrati.

«Stiles» Scott non aveva assolutamente idea di cosa dire per alleggerire il rimorso che sapeva stesse provando, ma qualcosa doveva essere detto, e toccava a lui. «Non puoi esserne sicuro. Quando sono andato a chiamare Danny era ancora vivo.» tentò.

«Lo era anche quando abbiamo portato via Erica, Isaac e quella montagna di muscoli sconosciuta, ma pensi che se la sia cavata? Lo abbiamo lasciato lì senza neanche dargli un minimo di soccorso. E comunque non è questo il punto della questione, anche se è un peso terrificante. Quello che mi preoccupa è» si interruppe, osservandosi le mani posate in grembo, scorgendo il sangue sui suoi vestiti. «Quello che mi fa paura, è la facilità con cui sono stato in grado di ferire quell’uomo. Forse l’avrei ucciso, e solo per sfogare su di lui la rabbia per quello che hanno fatto loro. Ti rendi conto? Che razza di persona sono Scott?» si chiese con un brivido di ribrezzo, senza guardare l’amico negli occhi castani.

«Stiles, è stato un cedimento, dopo tutto l’ansia di queste ultime settimane. Non l’avresti mai fatto, altrimenti, credimi.» lo rassicurò Scott, posandogli una mano sulla spalla, cercando di rassicurarlo.

Rimasero così, in silenzio e pensierosi, quando all’improvviso la porta davanti a loro iniziò ad aprirsi. Immediatamente scattarono in piedi,  e quando la figura rassicurante del dottor Deaton fece capolino, erano già pronti a lanciarsi all’interno.

«Allora?» incalzò Scott, impaziente di conoscere il responso del medico.

Al cenno d’assenso che fece, quasi si sentirono svenire di sollievo, ma prima volevano conoscere dettagliatamente le condizioni in cui versavano i loro amici. «Staranno bene. Ne hanno subite tante, ma si riprenderanno completamente. Riprenderanno conoscenza tra qualche ora, ho dato loro un sonnifero e qualcosa che accelererà la guarigione, quindi entro domani saranno nuovamente in forma.» spiegò, sorridendo prima a Scott, che appena saputo ciò corse fuori per avvertire tutti, e poi a Stiles, che rilasciò un sospiro liberatorio.

«E per quanto riguarda l’altro ferito?» domandò poi.

«È gravemente ferito. Non so se ce la farà senza un aiuto particolare.» rispose sibillino, ma tanto bastò a far impallidire il ragazzo, che indietreggiò di un passo, scuotendo energicamente il capo.

«No. Non se ne parla. Si rimetterà e lo sbarcheremo da qualche parte. Dico, ma l’ha visto? Sembra praticamente indistruttibile, non morirà certo per...» tentò Stiles, rifiutandosi di contemplare l’ipotesi proposta dal dottore, che continuava a guardarlo, immobile come una roccia, mentre dentro di lui il panico cominciava a montare. «Quanto è grave?» capitolò infine,  le spalle, abbassando le spalle, sconsolato.

Deaton si voltò a osservare la porta, soppesando la risposta da dargli. «Abbastanza grave, e non sta migliorando. Non capisco cosa abbiano usato per ridurlo in quello stato. Se non riusciamo a trovare una cura, un paio di giorni, tre al massimo, e sarà troppo tardi per qualunque cosa, temo.»

Stiles sospirò, osservò il dottore, impassibile come al solito, poi la porta, sperando forse che lo sconosciuto vi comparisse magicamente guarito, infine sospirò di nuovo, annuendo lentamente. «D’accordo, ne parlerò con gli altri immediatamente. Lei mi avverta se ci sono cambiamenti.» disse, imboccando il corridoio e sentendo la porta di legno chiudersi dietro il medico.

Prima di entrare nel quadro, immaginando di trovarvi Scott, insieme a Lydia e Allison, Stiles passò dalla cucina, per chiamare Jackson, incrociando anche Danny e mandandolo a recuperare Matt. Tempo una decina di minuti, e tutta la ciurma era ancora una volta riunita nella lussuosa stanza dove di solito prendevano le decisioni importanti. Immediatamente scoppiò un putiferio, in quanto tutti pensavano fosse successo qualcosa di grave ai loro compagni.

Stiles faticò non poco a ristabilire abbastanza silenzio da permettergli di spiegare la situazione.

«Erica e Isaac staranno bene! Non sono loro il problema, Deaton ha detto che sono già in via di guarigione.»

Appena s’interruppe per riprendere fiato, e organizzare le parole, Jackson s’intromise. «Si può sapere che accidenti succede allora?» domandò, con il tono supponente che tanto irritava il ragazzo. Con la coda dell’occhio vide Scott già pronto a rispondergli per le rime, e quindi iniziò a parlare per scongiurare l’eventualità. «Vi ho fatto venire qui per l’altro prigioniero che era a bordo della Sentinel. Quello che io e Danny ci siamo impegnati a trasportare, rischiando di finire più volte a mollo, perché qualcuno non poteva aiutarci. E questa è una cosa che non trovo affatto giusta, perché insomma, il capitano sono io, non dovrei fare queste… comunque, il dottore ha detto che potrebbe non farcela.»

«Era così grave?» chiese Allison, con una punta di rimorso nello sguardo.

«Non so quanto sia effettivamente grave, ma già quando l’ho liberato era moribondo. Il problema è che non guarisce. Né velocemente come un lupo mannaro, né lentamente come un essere umano, anzi continua a peggiorare.» li informò Stiles, appoggiandosi pesantemente alla scrivania, le tempie che pulsavano a un ritmo forsennato, amplificando ogni minimo rumore e rendendogli fastidiosa anche la luce calda della cabina.

«Quindi perché siamo qui, ora? Cosa ci stai dicendo? O chiedendo?» prese la parola Lydia.

Stiles alzò su di lei uno sguardo stanco, pesante, la lingua che si rifiutava di lasciar uscire le parole riguardanti la sua proposta. Solitamente ci avrebbe girato attorno, ma era così stanco, fisicamente e mentalmente, che preferì andare immediatamente al nocciolo della questione.

«Insomma, secondo Deaton c’è un solo modo per permettergli di sopravvivere. Ma…» s’interruppe certo che anche tutti gli altri avessero già capito, e internamente si sentiva spaccato a metà. Da una parte avrebbe voluto salvare quel tizio sconosciuto, ma non imponendogli un tale prezzo da pagare a sua insaputa. Dall’altra avrebbe preferito non averlo mai incontrato, non aver mai dato il permesso a Erica e Isaac e non aver mai dovuto essere costretto a salvarli.

«Sei sicuro che sia davvero l’unico modo?» chiese Peter, facendo un passo avanti, verso di lui. Stiles si lasciò cadere sulla poltrona alle sue spalle, annuendo mesto. «Allora sono d’accordo con il dottore, Stiles.»

Man mano tutti, più o meno velocemente, e con più o meno parole, si dichiararono d’accordo. «Se va bene anche a voi, allora lo farò. Ma non senza aver avuto l’occasione di spiegare a quel tipo in cosa potrebbe andare a cacciarsi. Non sono sicuro che accetterà, alla fine.» accondiscese il capitano, alzandosi e raggiungendo la porta con passo lento e pesante, e ritornando nella cabina del dottore.

*

«Pensate che sia stata una buona idea dargli il nostro consenso? Non ne sembrava affatto contento.» esclamò Scott, appena rimasero tutti soli. Lydia sbuffò esasperata.

«Ti sorprende? Se potessi scegliere senza conoscere Stiles, ma sapendo quello a cui andresti incontro, tu accetteresti?» chiese, portandosi i capelli dietro la schiena con un gesto di stizza.

«Probabilmente no, ma se fosse l’unico modo per salvarmi…» tentò ancora Scott, sempre più insicuro delle sue stesse parole.

Stavolta fu Matt a rispondergli. «Io non conoscevo Stiles all’inizio, e se ti ricordi i primi tempi l’ho odiato profondamente. Se avessi potuto scegliere, probabilmente avrei rifiutato. Anche a costo di morire.». Con quest’ultimo commento, tutti tornarono ai loro compiti.

«Eccome se me lo ricordo…» borbottò Scott, seguendoli fuori, mentre Danny ridacchiava, dandogli una pacca sulla spalla.

*

Lentamente, immerso nei suoi pensieri, Stiles riguadagnò nuovamente la porta dell’infermeria improvvisata. Bussò una volta sola e poi rimase in attesa. Dall’interno sentì provenire un rumore di legno che strisciava su altro legno, e intuì che il medico doveva essere seduto al capezzale di uno dei tre feriti. Pochi secondi ancora, e la porta venne aperta, permettendogli di entrare.

«Allora, capitano, qual è il responso della ciurma?» chiese, già certo di conoscere la risposta.

«Quegli incoscienti sono tutti d’accordo, quindi lo farò, ma solo dopo che sarò riuscito a informare questo tipo di quello che gli succederà. La decisione finale sarà la sua, io non lo coinvolgerò autonomamente in questa faccenda.» dichiarò Stiles, strofinandosi le mani sulle cosce.

Deaton sorrise serafico, invitandolo a sedersi con un cenno della mano. «Sono d’accordo con te, ma pensi di avere tutto questo tempo a disposizione? Se non dovesse riprendere conoscenza…»

«Dottore, se non riprenderà conoscenza e non mi dirà il suo nome, anche volendo non potrei intervenire in alcun caso. E lei lo sa bene questo, quindi perché mi fa di queste domande assurde? E poi è ovvio che riprenderà conoscenza, lo ha visto bene? Non credo che la sua sia tutta apparenza, anzi sono abbastanza sicuro che, se accetterà, mi caccerò in un bel guaio. Già a vederlo così malridotto sembra un tipo parecchio autoritaro e indisponente, figuriamoci quando sarà guarito.» gesticolò, indicandolo di tanto in tanto. «A proposito, è umano? O è un licantropo anche lui? Perché quando l’ho visto incatenato mi ha ringhiato contro, ma sembrava tanto un suono rauco e prodotto da gola umana.»

«Non lo sappiamo ancora, ma se era su quella nave è probabile che sia un lupo. O potrebbe essere qualcuno di strettamente collegato a essi. Probabilmente se gli Argent riuscissero a catturare te, ti tratterebbero alla stessa maniera, non credi? E tornando al discorso precedente, ci sono altri modi per venire a conoscenza del nome di una persona.»

Stiles si umettò le labbra, prima di parlare. «Lo so, ma ho detto che voglio il suo consenso. Non farò nulla senza.»

«Come vuoi tu, Stiles. Ti posso lasciare da solo con loro, quindi?» domandò accennando a un sorriso.

Il capitano annuì, sedendosi sulla sedia in mezzo ai letti di Isaac e dello sconosciuto, pregando il dottore di avvisare gli altri che avrebbero dovuto occuparsi della nave da soli, fino a che non avesse concluso quella faccenda, in un modo o nell’altro.

Rimasto solo, Stiles passò in rassegna i due compagni, trovando che le loro ferite erano praticamente guarite, e intuì che di lì a breve avrebbero ripreso conoscenza. Spostando lo sguardo alla sua destra invece, si lasciò sfuggire un sospiro. Il torace dello sconosciuto era stato medicato, ma non fasciato, e Stiles intuì che probabilmente le bende avrebbero costituito più un ostacolo alla guarigione, per ora nulla, che altro.

Passò i minuti successivi a osservare minuziosamente e a prendere nota di ogni colpo inferto, finché un debole colpo di tosse, dato più per attirare la sua attenzione che altro, lo fece voltare repentinamente verso la sua fonte: Erica. La ragazza si era svegliata e si era faticosamente tirata a sedere, e chissà da quanto lo stava osservando. E ora gli stava dedicando un sorriso tirato sul viso pallido.

«Erica!» esclamò balzando in piedi e raggiungendo il suo letto, per coinvolgerla in un abbraccio ricambiato. Fece giusto in tempo, prima che la porta si spalancasse, e vi entrasse Jackson, a passo di carica e sguardo sollevato, che si mutò in uno infastidito.

«Ehi Stiles! Lascia spazio anche a noi.» berciò, afferrandolo per il colletto della camicia rossa e spostandolo di peso, mentre la bionda sorrideva divertita.

Pochi minuti dopo, anche gli altri entrarono a turno, per salutare la ragazza, e in mezzo a quel trambusto anche Isaac si ridestò ,con un mugugno e uno sguardo spaesato. Stiles abbracciò anche lui, lasciandolo andare giusto un momento prima che Scott facesse la sua comparsa. Sorridendo tornò a sedersi sulla sedia, trovandola occupata da dei vestiti puliti. Frugò gli altri occupanti della stanza, alla ricerca dell’autore di quella gentilezza, trovando il sorriso dolce di Allison e quello più furbo di Lydia.

Dopo aver fatto uscire tutti quei nuovi e chiassosi visitatori, Deaton si accertò nuovamente delle condizioni dei due, assicurando loro che avrebbero potuto andarsene nuovamente in giro per la nave entro una manciata di ore, e che sarebbero rientrati in pieno possesso di tutte le loro facoltà, entro il giorno dopo al massimo. Stiles era uscito con tutti gli altri, rimanendo nello spazio tra la cabina occupata e il corridoio, e aveva indossato i vestiti puliti.

Aprendo la porta pensò di chiedere anche ai due il loro consenso e magari qualche informazione circa lo sconosciuto, ma erano di nuovo addormentati. Raggrumando le labbra, tornò a sedersi e spostò lo sguardo sul viso del terzo ospite. Quasi saltò giù dalla sedia quando si accorse che era sveglio, nonostante non gli sembrasse completamente in sé. Lo sguardo era sfocato, come se non riuscisse a mettere a fuoco nulla, eppure minaccioso e guardingo.

«Come ti senti?» domandò lentamente Stiles, sperando che quel tipo non cercasse di scendere dal letto per andarsene in giro. Fortunatamente rimase immobile, tranne che per il cipiglio che assunse e lo sguardo che si spostò nella sua direzione. «Ti abbiamo portato via dalla Sentinel, ma sei gravemente ferito. Deaton… voglio dire, il dottore che ti ha visitato ha detto che non riesce a capire cosa ti hanno fatto e perché non guarisci. Come mai eri su quella nave? Ehi, mi senti o sei troppo debole per capirmi? Se mi senti fammi un cenno di qualunque tipo, ma cerca di non far aprire ancora di più le ferite, con la fatica fatta per richiuderle almeno un po’.»

In mezzo a tutte le sue chiacchiere e ai suoi gesti, Stiles non aveva fatto caso allo sguardo, ora più vigile, che gli veniva rivolto. Almeno fino a quando non si fermò a riprendere fiato. Si sporse un po’ in avanti sulla sedia, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, decidendo di parlare più lentamente e chiaramente, per quanto l’agitazione glielo permettesse. L’idea che forse avrebbe dovuto lasciarlo sulla nave, iniziò a serpeggiare su per la sua schiena, insieme alla sensazione agghiacciante di quello sguardo.

«Ho bisogno di sapere se capisci quello che ti sto dicendo. Fammi un cenno d’assenso, chiudi gli occhi, qualcosa.» ritentò osservandolo attentamente.

Nonostante le ferite gravi, sentiva una irritante sensazione di pericolo aggrovigliarsi ai pensieri che affollavano la sua testa. E non avrebbe dovuto, perché quella era la sua nave, e lì aveva pieno controllo, ci aveva sempre creduto e non era mai stato deluso, e ora bastavano un paio di fissi occhi verdi per farlo vacillare? Assurdo.

Lo sconosciuto sbatté una volta le palpebre, e Stiles decise di prenderlo come un cenno d’assenso. Stava ancora ordinando il fiume di parole pronto a uscirgli dalla bocca, quando si accorse che avrebbe parlato da solo, per via del sonno che aveva nuovamente colto l’altro. «Dannazione» sibilò frustrato, lasciandosi andare contro lo schienale.

Almeno avrebbe avuto tempo di organizzarsi un discorso sensato, rimuginò, alzando gli occhi al soffitto.

Nemmeno un’ora dopo, Isaac si svegliò e lo sorprese di trovarlo ancora lì. «Stiles, guarda che stiamo bene, puoi anche smetterla di controllarci a vista.» scherzò, mettendosi a sedere.

«Lo so che state bene, il dottor Deaton è l’uomo dei miracoli, dopotutto. E inoltre vorrei ben vedere, con tutto quello che abbiamo passato per ritrovarvi! Alla fine ci siamo portati via anche qualcuno in più. Voi lo conoscete? Come facevi a sapere che c’era anche lui a bordo? Ah già, immagino che l’abbiano torturato, ma chi è?» chiese, indicando con un cenno del capo il soggetto di tutte quelle domande.

Isaac si stirò i muscoli, finalmente libero di muoverli liberamente, e si voltò, poggiando i piedi sul pavimento, pensieroso. «Non sappiamo chi sia, ma ti assicuro che quello che hanno fatto a noi era niente in confronto a quello che doveva subire lui. Ci sono stati momenti in cui ho desiderato diventare sordo per non dover più sentirlo urlare.» confessò rabbrividendo.

Stiles spostò lo sguardo sul ragazzo addormentato, aggrottando la fronte. «Capisco. Almeno credo. Comunque vedo che stai decisamente meglio. Che ne dici di andare a cambiarti e riprendere le tue mansioni da cuoco? Prima che Jackson dia fuoco a tutta la nave, magari.» propose, battendogli una mano sul ginocchio.

Annuendo fintamente spaventato, Isaac si alzò e uscì dalla stanza, accogliendo il suggerimento con un sorriso. Rimasto ancora una volta da solo con i suoi pensieri, Stiles cercò di immaginare che genere di torture avessero inflitto allo sconosciuto, ma desisteva dopo poco, quando un senso di nausea gli stringeva la gola.

«Stiles… perché non mi hai mai guardato così?» mugugnò Erica, inducendolo a voltarsi.

«Cos-cosa?»

Dal letto più lontano Erica sorrise, poggiandosi su un gomito. «Potrei esserne gelosa, sai?»

«Gelosa di cosa? Non stavo guardando nessuno in nessun modo, e poi, signorina, lo so bene che non è da me che vuoi ricevere certi sguardi. Quindi mi spiace, ma non funziona. Piuttosto, come ti senti?»

Scendendo dal letto si avvicinò a lui, andando a sederglisi di fianco. «Ora sto bene. Ero sicura che ci avreste trovato. Sei preoccupato?»

«Ora che è qui, e finché non se ne andrà, è una mia responsabilità, quindi si. Abbastanza.» ammise scrollando le spalle. Trascorso qualche momento, Stiles spedì anche lei a cambiarsi e a rimettersi al lavoro, rimanendo di nuovo solo. «Ehi, se mi senti, ti devo parlare. Quindi se tu potessi svegliarti e non morire qui, mi sarebbe d’aiuto.» borbottò dopo un po’.

Fu quasi a metà pomeriggio, dopo che Isaac era passato per portargli qualcosa da mangiare e gli aveva tenuto un po’ di compagnia, che finalmente poté rivedere gli occhi grigioverde che lo intimidivano immotivatamente e, notò con un filo d’ansia, risaltavano ancor più il pallore mortale della pelle.

«Oh meno male» rantolò quando se ne accorse «Stai morendo, ma immagino che tu già lo abbia intuito. Il dottore ha detto che ti resta davvero poco tempo, ormai solo una manciata di ore, probabilmente a meno che tu non ti faccia aiutare.» snocciolò velocemente, torcendosi le mani.

Gli sembrava di parlare a un oggetto inanimato, tante erano le reazioni di risposta che riceveva. Non perdendosi d’animo, continuò. «C’è un modo per salvarti, ma il prezzo da pagare è davvero alto. Vuoi sapere di che si tratta?»

Ancora una volta, prese come invito a continuare, il battito di ciglia che vide. «Io posso aiutarti, ma in cambio dovrò legarti a me. Ciò vuol dire che dovrai diventare membro di questa ciurma, ubbidire ai miei ordini, e…» s’interruppe, inumidendosi le labbra, combattuto riguardo al rivelargli la parte più importante. Ma aveva deciso di aiutarlo, nonostante non fosse proprio convinto che quello fosse un aiuto, e quindi doveva metterlo a parte di ogni cosa, almeno in modo generale.

Riportando lo sguardo su di lui, notò ancora una volta come fosse pallido, quasi quanto le lenzuola che lo ospitavano, e madido di sudore. «e aiutarmi a impedire un massacro, che coinvolgerà anche me e la mia ciurma, uccidendoci, a meno che non lo impediamo. Se accetti fammi un segno, o magari parlami. Così giusto per sapere che puoi farlo.»

Passarono i minuti e Stiles si muoveva agitato sulla sedia. Alla fine, innervosito, avvicinò una mano al braccio posato sopra le coperte per scuoterlo, e quasi saltò indietro per il brontolio minaccioso che ricevette. «Ascoltami bene! Io ti tirato fuori da quella stiva, ti ho portato qui, ti ho fatto curare e sto ancora cercando di salvarti la vita. Quindi il minimo che puoi fare è degnarmi di una risposta: vuoi che ti aiuti o no?» esclamò indignato, socchiudendo gli occhi nocciola.

Andando oltre all’ansia che quello sguardo gli trasmetteva, Stiles si accorse che era combattuto, e riusciva a scorgere lo stesso sentimento che vedeva riflesso nei suoi occhi quando era da solo: rimorso. Probabilmente stava valutando se valeva la pena accettare il suo aiuto, o lasciarsi morire e smetterla di soffrire. «Continuerai a provare tormento anche in punto di morte.» si fece scappare, inducendo quello sguardo indagatore a spostarsi su di lui.

Alla fine, quando credeva che non avrebbe avuto risposta di alcun genere, ricevette un breve cenno d’assenso. Stupito, e sconfitto, sorrise mesto. «Come vuoi, allora. Dimmi il tuo nome.» gli ordinò, registrando la nota minacciosa nelle iridi dell’altro. «Devo saperlo» lo esortò nuovamente Stiles, ma il malato continuava a guardarlo torvo. «Dimmi il tuo nome. Stai morendo.» ribadì, apparentemente impassibile, ma qualcosa nel suo tono, indusse l’altro a voltarsi e indagarlo con lo sguardo.

Si fissarono per un lasso di tempo indefinito, prima che le labbra esangui si aprissero, per la prima volta da che l’avevano salvato, per pronunciare qualcosa che non fosse un suono di minaccioso avvertimento. «Derek.»

«Derek» ripeté annuendo, prima di fissarlo negli occhi. «Bene, Derek. Io sono Stiles, e con il tuo nome ti lego a me, da questo momento sei sotto il mio comando e la mia protezione» sentenziò deciso, ignorando la minaccia che era comparsa per un attimo, al suono delle sue parole.

Stiles si sentiva male per quello che aveva appena fatto, l’aveva salvato ma non in modo permanente. Ad ogni modo, aveva acconsentito alle richieste dei suoi compagni e si era piegato al desiderio di sopravvivere di Derek, legandolo a sé e invischiandolo in una faccenda di proporzioni immani. Ora avrebbe dovuto spiegargli per bene in cosa si era andato a cacciare, ma prima avrebbe dovuto rimettersi in sesto.

Barcollando un po’, per l’essere nuovamente stato costretto a ricorrere al suo personale trucchetto, si spostò sul letto prima occupato da Isaac, e in pochi minuti crollò addormentato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deliri di fine capitolo:

MI DISPIACE!!!

Scusatemi tanto se aggiorno dopo questo tempo interminabile, ma sto avendo difficoltà a scrivere in quanto il tempo ormai è veramente poco, visto che ho trovato un lavoro che mi impegna tutto il giorno!ç_ç

Anyway!

Finalmente il sourwolf ha detto una parola! Che ne pensate di questo capitolo? Sono curioosaaaa!!

Lo so, mi rendo conto che per ora la storia procede un po’ lenta, ma presto inizieremo a ingranare. Intanto, nel prossimo capitolo finalmente Derek se ne andrà in giro per la nave, iniziando ad ambientarsi… eheh…

E poi… non so che altro dirvi, a parte che il Glossario è momentaneamente sospeso perché mancano termini nautici da spiegarvi, quindi non mi sembrava il caso di metterlo e lasciarlo vuoto.

Grazie a chi ha lasciato un commento, e chi segue/preferisce/ricorda, la storia, sono contenta!^^

Al prossimo capitolo!

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