Find Me

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Leila - Mia madre mi dona una nuova speranza ***
Capitolo 3: *** Nico - Una vecchia conoscenza mi si presenta in sogno ***
Capitolo 4: *** Leila - Maggie riceve un messaggio da Ade ***
Capitolo 5: *** Nico - Arriviamo a Las Vegas con un medaglione magico ***
Capitolo 6: *** Leila - Il passato torna a perseguitarmi ***
Capitolo 7: *** Nico - Una ragazzina ci salva dall'attacco di un gigante ***
Capitolo 8: *** Leila - Ritrovo il mio Idiota ancora più idiota di prima ***
Capitolo 9: *** Nico - Mi improvviso ladro di ciondoli ***
Capitolo 10: *** Leila - La mia pazienza viene messa duramente alla prova ***
Capitolo 11: *** Nico - Vengo quasi sbranato vivo ***
Capitolo 12: *** Leila - Rovescio del punch addosso a un miliardario ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


  Piccolo avvertimento: La storia è ambientata dopo le vicende del quinto libro, ossia "Lo scontro finale", quindi, per chi non l'avesse ancora letto, potrebbero esserci degli spoiler.

Un raggio di sole si posò sulla mia guancia, facendomi svegliare lentamente.
Aprii piano gli occhi, sbattendo varie volte le palpebre per abituarmi alla luce del giorno.
Il silenzio mi circondava, la calma che regnava nella stanza era assoluta.
Mi girai sul fianco sinistro, guardando con amore colui che dormiva accanto a me.
I raggi che filtravano dalla finestra riempivano di riflessi i suoi capelli biondi, e accarezzavano dolcemente i suoi lineamenti stupendi, alterati solo da una sottile cicatrice che correva lungo la guancia sinistra.
Il mio Luke.
Nonostante fossimo, ormai, cresciuti entrambi, non potevo fare a meno di ripensare, di tanto in tanto, a quel ragazzino dispettoso – e arrapato- che passava le giornate a farmi arrabbiare, tenendo, come trofeo di guerra, un mio reggiseno appeso sopra il proprio letto.
Sorrisi, pensando a come si era evoluta la nostra relazione in quegli anni passati al Campo Mezzosangue, e lo baciai su una guancia, liscia e morbida per via della recente rasatura.
Luke si mosse appena, senza svegliarsi, ed io appoggiai la testa sul suo petto nudo, ascoltando il piacevole suono dei battiti del suo cuore.
Era una delle sensazioni più belle che si potessero provare.
Restai così per alcuni minuti, fino a quando Luke non si mosse una seconda volta.
Mi strinse a sé con il braccio destro, mente si portava l’altro davanti agli occhi, forse per via della luce che lo infastidiva.
Si stiracchiò  un po’, sospirando, poi mi guardò sorridendo: - Ciao, Baby.
- Ciao- gli risposi, specchiandomi nelle sue iridi azzurre – Ben svegliato, amore mio.
Luke si spostò un po’ verso i piedi del letto, ritrovandosi con la fronte all’altezza della mia: - E’ da tanto che sei sveglia?
- Un po’- mormorai, stringendomi di più contro di lui – Sei il migliore cuscino del mondo, lo sai?
- Davvero?- sorrise lui, malizioso – Peccato, però, che con un cuscino non puoi passare una notte stupenda come quella che hai appena passato con me…
- Hai ragione- sussurrai, baciandolo – E’ stata la notte più bella della mia vita.
- Eh già. Non ringrazierò mai abbastanza chi ha inventato la “Nottata sotto le stelle”… l’unico evento che fa svuotare la Casa di Ermes per una notte intera…
Luke mi abbracciò più forte, appoggiando la guancia sulla mia fronte: - E dire, che una volta, ti vergognavi anche solo di farti vedere da me in costume da bagno…
- Era colpa delle occhiate che mi lanciavi!- protestai, senza trattenere un sorriso – Sembrava che volessi saltarmi addosso da un momento all’altro…
- Infatti, lo volevo- rise lui, accarezzandomi la schiena – Come si poteva resistere ad una tale visione?
Arrossii leggermente, sfiorandogli il braccio con una carezza, avvertendo con piacere sotto le dita il suo bicipite sviluppato.
Lo guardai negli occhi un’altra volta, venendo attratta dalle sue labbra come una calamita.
Continuammo a baciarci per parecchi minuti, fino a quando non udimmo un leggero vociare che veniva da fuori.
Luke sospirò, staccandosi a malincuore dalle mie labbra: - I ragazzi si stanno svegliando… mi sa che ci conviene alzarci…
- Mi sa di sì- mormorai, pensando che sarebbe stato un tantino pericoloso farmi ritrovare nella Cabina Undici coperta solo da un lenzuolo.
Cercammo i nostri vestiti, sparpagliati sul pavimento, e, dopo averli indossati, ci avviammo per mano verso il Padiglione della Mensa.
 
Verso il primo pomeriggio, andai ad allenarmi nell’Arena che, di solito, a quell’ora era vuota.
Luke aveva un impegno non precisato, che l’avrebbe tenuto occupato fino a sera, ma dalle otto in poi, aveva promesso che sarebbe stato tutto per me.
Sorrisi, al pensiero del tempo che avrei passato con lui, e già stavo progettando qualche attività da svolgere insieme, come un giretto in canoa sotto le stelle, quando un fascio di luce mi colpì alle spalle all’improvviso.
Mi voltai, allentando la presa sull’elsa della spada, e mi ritrovai davanti ad una giovane donna dai capelli ramati, vestita con un’elegante armatura greca oro e argento.
Una piccola tiara brillava sulla sua fronte alta, convergendo la maggior parte della luce in un piccolo diamante su cui era incisa una mezzaluna, mentre, in spalla, portava un arco sottile finemente decorato.
La fissai piuttosto sorpresa, mentre lei si guardava intorno con aria distaccata: - Madre?
La dea Artemide, alias “Mamma”, si scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, guardandomi con aria stranamente contrariata: - Ciao, Leila… è da un po’ che non ci si vede…
Cercai di ignorare il suo tono freddo: - Che cosa ci fai qui?
Mamma alzò un sopracciglio, con aria severa: - Ti ricordi, quattro anni fa, quando promisi di venire al Campo per farti unire alle mie Cacciatrici?
- Ehm… sì?- balbettai, con un’evidente nota di nervosismo nella voce.
Artemide alzò le spalle: - Oh, nulla, volevo solo passare a controllare come andava, per vedere se, magari, eri già pronta… ma qualcosa mi dice che abbiamo avuto un piccolo intoppo…
- Che… che vorresti dire?
La dea incrociò le braccia, senza guardarmi direttamente negli occhi: - Ho avuto delle informazioni poco piacevoli da fonti certe… proprio ieri notte, dopo che Percy Jackson ha restituito la Folgore a Zeus…
- Ah, Percy ce l’ha fatta, allora!- esclamai, sentendomi molto sollevata – E sta bene?
- Sì, arriverà al Campo a breve… ma non è di questo che stavamo parlando.
Artemide mi fissò con sospetto, facendo un passo verso di me: - Dopo che lui e Annabeth Chase se ne sono andati via, Afrodite mi ha riferito una cosa riguardo a te…
“Quella zoccola!” pensai “Ma non può mai farsi i fatti suoi?”
Stavo per rispondere qualcosa, quando mia madre mi si avvicinò, posando una mano sul mio bassoventre. Corrugò la fronte, mente io la fissai con gli occhi spalancati: - Madre che stai… che stai facendo?
Artemide restò un attimo immobile, poi, un’inquietante scintilla attraversò i suoi occhi ambrati.
Mi guardò con una strana espressione che traspariva stupore misto a sdegno e sussurrò in modo quasi impercettibile: - Non sei più vergine…
Una morsa feroce mi strinse lo stomaco, mentre abbassavo lo sguardo: - No, madre.
Mamma serrò le labbra in una smorfia, evidentemente indignata: - Da quanto?
Mi morsi la lingua, con le guance in fiamme: - Da ieri notte…
Artemide annuì, anche se era chiaramente arrabbiata: - Castellan, giusto?
- Sì.
Passammo alcuni secondi di imbarazzante silenzio, fino a quando mia madre non parlò di nuovo: - Hai una vaga idea dell’idiozia che hai appena fatto?
- Madre…
- Hai una vaga idea della situazione in cui ti trovi, ragazzina?
Strinsi i pugni, sentendo, all’improvviso, una fortissima rabbia crescere dentro di me.
Chi era lei per giudicarmi? Chi era lei per giudicare Luke?
La fissai con aria di sfida, cercando di trattenermi: - Io ho cercato in tutti i modi di spiegartelo, madre, ma tu non hai voluto ascoltarmi!
- Spiegarmi che cosa?- sibilò lei, con gli occhi che brillavano di una luce pericolosa.
Sostenni il suo sguardo, cercando di non cedere: - Che mi sono innamorata di lui, madre.
- Ha!
Artemide sputò per terra, in un modo davvero poco signorile: - Innamorata… non hai nemmeno idea della fesseria che hai appena detto!
- E’ la verità, madre!- sbottai, alzando un po’ la voce – Che ti piaccia o meno, è così!
- Eppure mi sembravi di un’altra opinione, quando accettasti il Pegno della Luna, quattro anni fa!- replicò lei, fulminandomi con lo sguardo – Mi sembravi entusiasta di unirti a me e alle mie Cacciatrici, quando ti feci la proposta!
- Quando accettai la tua proposta avevo quattordici anni, madre!- gridai, esasperata – Hai idea di come possano cambiare le cose, in quattro anni? Soprattutto per un’adolescente? Era inevitabile che sarebbe successo!
- Pensavo che saresti stata più forte!- mi rispose lei, a tono – Pensavo che saresti stata…
- Come te?- urlai – Pensavi che avrei seguito il tuo esempio? Solo perché sono tua figlia, non significa che debba essere fatta a tua immagine e somiglianza!
- Io ti credevo migliore!- sbottò lei, facendo tremare il pavimento dell’Arena – Io ti avevo dato la mia fiducia! E tu mi hai ripagata così?
- NON HO CHIESTO IO QUELLA FIDUCIA!- gridai, con le lacrime che iniziavano a scendermi lungo le guance – Non sono stata io ad illuderti, hai fatto tutto da sola! Tu non puoi decidere della mia vita, madre!
La sua espressione era così terribile che, per un istante, credetti che fosse sul punto di tirarmi uno schiaffo: - Non vuoi proprio capire, Leila?- la sua voce tremava impercettibilmente per la rabbia – Lui ti deluderà! Tradirà te e tutti quanti, quel ragazzo è un buono a nulla doppiogiochista!
- E tu che ne sai?- sbottai, ormai fuori di me – Per te tutti gli uomini sono così!
- Gli uomini sono tutti dei buoni a nulla, ma lui in particolare! Ti ha soltanto usata, illusa e resa…- represse una smorfia di disgusto, gettando uno sguardo al mio ventre – Impura.
Strinsi forte l’elsa della spada: - Impura? Dato che ho perso la verginità, adesso, per te, sono impura?
- Indegna certamente- replicò lei – Indegna di far parte delle mie Cacciatrici.
- Tanto meglio!- risposi – Almeno non mi subirò più i tuoi discorsi da femminista psicopatica!
- NON TI RIVOLGERE A ME COSI’, RAGAZZINA!- tuonò, facendo rimbombare la voce per tutta l’Arena – TU NON SAI A COSA TI PORTERA’ QUESTA STUPIDA COTTA!
- IO LO AMO!- urlai, con quanto fiato avevo in corpo – E NON PUOI FARE NIENTE PER CAMBIARLO!
Per un attimo, Artemide mi sembrò più grande, e minacciosa, poi, tornò piano ad altezza normale, cambiando il tono della voce: - Molto bene.
Fece un passo all’indietro, guardandomi con disprezzo: - Hai fatto la tua scelta. Ma non venire a piangere da me, quando ti avrà spezzato il cuore. Anzi, non venire da me proprio per nulla. Non rivolgermi mai più la parola.
Incrociai le braccia, fissandola con aria di sfida: - Non c’è pericolo, te l’assicuro.
Il suo volto divenne marmoreo e, un istante dopo, iniziò ad illuminarsi.
Distolsi lo sguardo, mentre si mostrava nella sua vera forma e, quando il forte fascio di luce si spense, restai completamente sola, con la mano ancora serrata sull’elsa della spada.
Mi sentii sconvolta da quanto era successo: mia madre mi aveva appena fatto scegliere tra lei e Luke!
Come poteva, un genitore, porre la figlia davanti ad una scelta simile?
“Mi ha facilitato il compito” pensai “Se non riesce a capire, allora vuol dire che, più di tanto, a me non ci teneva”.
Ripresi ad allenarmi, convinta che, in fondo, quella era stata la cosa migliore.
Ma non avevo davvero idea di quello che stava per succedere...
 
***
Angolo dell’Autrice: Ed eccoci qua con il primo capitolo del sequel.
In realtà, questo è più un prologo (ma và? C’è pure scritto sopra!), che precede di qualche anno la storia in sé, la quale partirà dal prossimo capitolo.
Dato che sono qui, anticiperò alcune cose sullo svolgimento della fan fiction.
A differenza di “Il Pegno della Luna”, “Find Me” sarà narrata da due punti di vista diversi, quello di Leila e quello di Nico, poiché entrambi saranno coinvolti alla ricerca di qualcosa, o qualcuno, molto importante per loro.
Entrambi faranno un viaggio, che li porterà a prendere strade diverse, ma, secondo la Profezia che hanno ricevuto, soltanto uno dei due riuscirà a portare a casa l’oggetto della propria ricerca.
Chi sarà?
Bene, con questo simpatico dubbio, chiudo l’Angolo Autrice, ringraziando calorosamente tutti coloro che leggeranno.
Un bacio
Tinkerbell92

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Capitolo 2
*** Leila - Mia madre mi dona una nuova speranza ***


- Leila -

 - E’ finita.
Furono quelle le prime parole che sentii, mentre ero ancora inginocchiata a terra, con i capelli che mi cadevano scompostamente davanti agli occhi e le guance rigate dalle lacrime.
Il paesaggio attorno a me recava i segni evidenti della devastazione.
Un grido, che non riuscii a capire se fosse di gioia o di dolore, scoppiò all’improvviso, martellandomi la testa.
Non pensavo a nulla, non percepivo nulla. Solo un grande vuoto dentro l’anima.
E dolore.
E rabbia.
Erano passati, ormai, quattro anni da quel tremendo litigio con mia madre, quattro anni durante i quali non ci eravamo mai rivolte la parola; erano passati tre anni dalla morte della mia amica Zoe, che aveva ceduto il comando delle Cacciatrici alla persona che odiavo di più in tutto l’universo; era passato un anno da quando Crono si era reincarnato, dando inizio a quella maledetta guerra che mi aveva fatto perdere fin troppe persone care.
Erano passati pochi secondi dalla perdita di Luke.
Strinsi i pugni, cercando, invano, di trattenere le lacrime.
Il mio Luke, l’amore della mia vita, colui che, nonostante quello che aveva causato, non avevo mai smesso di amare un solo istante.
Ci avevo provato, davvero, ed avrei avuto i miei buoni motivi, ma non c’ero riuscita.
Ero ancora inginocchiata là, davanti ad una pozza di sangue fresco, tutto ciò che era rimasto di Luke prima che mi venisse portato via, quando udii dei passetti leggeri alle mie spalle.
Mi voltai, guardando con occhi spenti la ragazzina dai capelli rossi che si era fermata a pochi passi da me, visibilmente indecisa se avvicinarsi o no.
I suoi occhi, che sembravano fondere l’oro e l’argento in un unico colore, erano fissi nei miei, seguendo, di tanto in tanto, il percorso delle mie lacrime.
Mi voltai dall’altra parte, per nulla intenzionata a spartire qualcosa con lei.
La sua vocetta irritante giunse alle mie orecchie come un fastidioso ronzio: - Leila…
Mi alzai, senza voltarmi, tenendo a freno la rabbia che mi cresceva dentro: - Che cosa vuoi? Sei venuta qui a godere della mia disperazione? Vuoi forse vantarti di aver avuto ragione, riguardo a quello che mi avevi detto su Luke, quattro anni fa? Beh, se è così, sei venuta a perdere il tuo tempo…
- Leila…
- Non ho alcuna intenzione di ascoltarti, tanto più ora, che hai quel ridicolo aspetto da dodicenne capricciosa. E’ una forma ridicola, non so perché ti diverti tanto ad assumerla…
Una mano si posò sulla mia spalla, una mano di donna.
Mi girai con un sospiro, guardando con aria rassegnata mia madre, che ora aveva assunto l’aspetto con cui l’avevo conosciuta: una venticinquenne alta e dallo sguardo fiero.
Sospirai di nuovo, troppo stanca e demoralizzata per litigare: - Che cosa vuoi?
Artemide mi guardò seria, con uno sguardo che sembrava penetrarmi l’anima: - Possiamo parlare?
- Ah, adesso ti fa comodo!- sbottai, con voce debole – Ti sei resa conto di avere una coda di paglia lunga quanto l’Empire State Building?
- Puoi ascoltarmi, per favore?- rispose lei, scocciata, per poi cambiare subito tono – Non ci parliamo da quattro anni. Non pensi che abbiamo delle cose in sospeso da chiarire?
- Sei stata tu a volerlo- replicai impassibile – Tu soltanto sei il motore di tutta questa situazione. Io mi sono semplicemente adeguata ai fatti.
- So che è stato un periodo difficile per te- disse calma Artemide – E mi rincresce non averti aiutata.
- Un periodo difficile?- sibilai – Sono stata rinnegata dalla mia stessa madre, tradita dal ragazzo che amo, abbandonata a me stessa, in un baratro di dolore! Se non avessi avuto papà, Maggie e la piccola, credo che, a quest’ora, mi sarei suicidata! E tu vieni a farmi un discorso del genere? Tu, che per prima te ne sei infischiata dei miei problemi, che hai ceduto il posto di Zoe a quella… sgualdrina…- mi morsi la lingua per il nervoso – Tu che hai preferito nascondermi la verità, quando sapevi quello che sarebbe successo!
- Non mi avresti creduta se ti avessi detto quello che stava per fare Luke!- si difese, sostenendo il mio sguardo con orgoglio – Avevo cercato di avvisarti…
- No!- la interruppi – Ero innamorata, ma non cieca! Se mi avessi parlato in modo civile, quattro anni fa, invece che dare in escandescenze perché avevo fatto l’amore con Luke la sera prima, pensi che non ti avrei ascoltata? Pensi che non avrei, perlomeno, indagato?
Artemide abbassò lo sguardo, sospirando: - Ho fatto un errore, lo ammetto.
- Ammettere adesso non ti servirà a niente- risposi fredda – Se tu mi avessi avvertita in tempo, forse, a quest’ora sarei riuscita a fermare Luke ed avremmo evitato tutto questo massacro. Per quanto mi riguarda, puoi pure tornartene da quella orribile ragazza alla quale, di sicuro, vorrai più bene che a me. D’altronde, se non è riuscita a rubarmi il ragazzo, doveva pur ripiegare su qualcos’altro. E così, ha pensato bene di prendermi la madre.
- Guarda che Talia non è così crudele come credi- sospirò la dea, con rassegnazione.
- Bene, allora perché non te ne vai da lei e non mi lasci qui a soffrire da sola? Tanto, ormai, ci sono abituata…
- Sei tu mia figlia- rispose Artemide, in tono deciso – Di Talia non mi importa nulla, da quel punto di vista. E’ solo la mia luogotenente, tutto qui. Sei tu la persona che mi sta più a cuore di tutte, anche se non te l’ho mai dimostrato. Mi dispiace, davvero, e non voglio che tu soffra.
- Nemmeno io lo vorrei- replicai, con voce un po’ soffocata – Ma non è possibile. Ho perso troppe persone a cui volevo bene, ed ho visto troppi orrori in questi ultimi anni. Mi manca Lee, mi manca Zoe, ho appena scoperto che Beckendorf è morto per colpa della sua stessa ragazza… era un ragazzo d’oro, ma a quella lurida spia non è bastato! E, adesso che è morta, tutti si mettono a lodarla e santificarla, mentre si meriterebbe solo i corvi e gli insulti! La piccola Bianca, invece, che si è sacrificata per gli altri, dopo aver commesso un errore in buona fede, se la sono già dimenticata tutti quanti! E, tanto per finire, ho perso Luke. Ora dimmi, che motivi avrei, per non essere triste?
Artemide corrugò la fronte, guardandomi con aria seria: - Lo amavi davvero tanto, quel ragazzo?
Sospirai, annuendo: - Più della mia stessa vita.
La dea si morse un labbro con aria pensierosa, come se stesse riflettendo su qualcosa: - Dopo tutto quello che ha fatto, tu non hai smesso di amarlo… non immaginavo che i tuoi sentimenti fossero così forti… pensavo che fosse solo…
- Una stupida cotta- finii, un po’ ironica – Lo so, me l’hai già detto.
Artemide alzò le spalle: - Non sono molto pratica di questioni amorose… ma, se avessi capito prima cosa significava per te…
- Non fa niente, madre- la interruppi rassegnata – Ormai è troppo tardi.
La dea restò un attimo in silenzio, poi mi guardò: - No, non è troppo tardi. Forse c’è qualcosa che posso fare…
- E cioè?- domandai, poco convinta.
Artemide fece un passo indietro: - Devo andare a controllare una cosa… tu, intanto, fai un giro dai tuoi amici, magari ti tirerà un po’ su…
Ne dubitavo fortemente, ma poi annuii: - Va bene, se lo dici tu…
- Torno subito.
Si mise a correre verso quella che, una volta, era la Sede del Consiglio degli dèi, e mentre spariva dalla mia vista, Maggie mi raggiunse rapidamente: - Leila!
La guardai accennando un lieve sorriso, lasciandomi abbracciare: - Ti stavo cercando, ma, in mezzo a tutto questo sangue, anche il mio naso fa fatica a fiutare il tuo odore…
Annuii tristemente, specchiandomi nei suoi occhi color cioccolato fondente: - Scusami, volevo restare da sola.
Maggie abbassò lo sguardo con aria comprensiva: - Capisco…
I suoi capelli scuri erano raccolti in una rigida treccia, che le arrivava appena alle scapole, mentre alcuni ciuffi le ricadevano scompostamente davanti al viso.
Aveva qualche livido, anche se si confondeva abbastanza per via della sua pelle ambrata, e i graffi che aveva ricevuto si stavano già rimarginando, grazie alle straordinarie capacità di ripresa dei licantropi.
Mi diedi un’occhiata intorno, vedendo alcuni semidèi aggirarsi per le rovine dell’Olimpo, alla ricerca dei propri compagni dispersi, e domandai: - Come stanno gli altri? Abbiamo avuto molte perdite?
Maggie annuì: - Abbastanza. Ma se ne sono salvati parecchi, molti di più di quanto pensassi…
- E la tua famiglia? E’ tutta intera?
- Sì- sospirò lei – Anche se Helen si è presa una bella batosta, combattendo contro quel titano… certo che, in quanto a imprudenza, non scherza affatto…
- Avrà preso da sua sorella…- commentai in tono ironico – Quella che si è gettata contro quel gigante armata solo di artigli…
- Probabile- sorrise Maggie, arrossendo un po’ – Comunque, restando in tema di parentele, anche tuo padre sta bene…
- Mio padre è qui?- esclamai sconvolta.
Maggie annuì: - Lui e Sally Jackson dovrebbero meritarsi il premio “Genitore più Pazzo dell’Anno”.
- E dov’è, ora?- domandai con apprensione, chiedendomi come avesse fatto papà ad entrare a New York senza cadere vittima dell’incantesimo di Morfeo.
- E’ laggiù, all’entrata dell’Empire State Building- disse lei – Credo che ti stia aspettando.
- Beh, adesso mi sente- borbottai, mentre mi dirigevo verso l’ascensore mezzo distrutto.
Riuscimmo, in qualche modo, ad arrivare al piano terra, dove, oltre il vetro delle porte, si vedevano una donna dai capelli castani ed un uomo dall’aria distinta che parlavano con un biondo sulla quarantina, che teneva in braccio una bimba di circa tre anni e mezzo.
Li raggiunsi insieme a Maggie, fissando con aria severa il tipo dai capelli biondi: - Papà…
Lui mi guardò, spalancando gli occhi verdi, identici ai miei, mentre la donna, ossia Sally, la madre di Percy, mi sorrise apertamente: - Ciao Leila!
Paul Stockfis, il suo compagno, accennò un cortese saluto, mentre mio padre sembrava ancora troppo emozionato per parlare: - Le-Leila…
- Papà- sospirai rassegnata – Che cosa ci fai qui?
Lui abbassò lo sguardo, arrossendo un pochino: - Io… ero preoccupato per te…
- E ti sei esposto a questi rischi?
La bimba si illuminò vedendomi, spalancando gli occhioni azzurri, che tanto mi ricordavano quelli del mio Luke, e mi tese le braccia sorridendo: - Mamma!
La presi in braccio, sospirando: - E hai portato pure Missy con te… ma che cosa ti è saltato in testa?
- Non potevo lasciarla a casa da sola- si giustificò papà, leggermente in imbarazzo – E non mi fidavo ad affidarla ai vicini… sarebbero stati tutti quanti in pericolo.
Abbassai lo sguardo rassegnata, ritrovandomi faccia a faccia con Artemis, la mia piccola, che sorrideva.
Era davvero una bambina stupenda: i suoi capelli erano biondi e mossi, come i miei, raccolti in una piccola coda e pieni di riflessi dorati; le sue guance erano piene e rosate, e le sue labbra rosse e perfettamente disegnate.
Ma la cosa che mi faceva impazzire di più di lei, erano le sue piccole sopracciglia bionde, arcuate esattamente come quelle di suo padre. Suo padre, che aveva visto, sì e no, un paio di volte nella vita.
Trattenni a stento le lacrime, baciandole la fronte e stringendola forte a me.
Ora come ora, era tutto ciò che mi restava del mio Luke.
Maggie sorrise in modo piuttosto, tirato, indovinando i miei pensieri, e papà mi si avvicinò, guardandomi tristemente: - So quello che è successo… mi dispiace tanto…
Gli occhi mi si inumidirono, e Sally, accorgendosi della situazione che si era creata, prese sottobraccio Paul Stockfis e lo tirò verso l’entrata dell’Empire State Building: - Io direi che è meglio lasciarli soli… per caso, hai visto Percy, Maggie?
- Sì- rispose la mia amica, intuendo al volo – Era ancora di sopra, ma possiamo aspettarlo dentro…
- Ottima idea- rispose la donna, rivolgendomi furtivamente un sorriso di comprensione.
Le fu molto grata di questo, perché, non appena le porte alle mie spalle si chiusero, scoppiai in lacrime, senza riuscire a trattenermi.
Appoggiai la testa sulla spalla di papà, che mi accarezzò i capelli, tentando di consolarmi.
Missy mi guardava senza capire, con il suo sguardo innocente che si vedeva sempre sul volto dei bambini.
- Ti voglio bene, amore mio- mi sussurrò papà – Ti voglio tanto bene.
- Anch’io, papà…- mormorai, con un singhiozzo strozzato.
Credo che sarei andata avanti tutto il giorno, se un fascio di luce ben nota non mi avesse illuminata alla spalle.
Mi girai, sempre con Missy stretta in braccio, mentre mia madre si sistemava distrattamente l’armatura: - Oh, eccoci qua…
Mio padre spalancò gli occhi e si illuminò: - Artemide!
Mamma alzò lo sguardo, bloccando, per un secondo, il respiro: - James?
Papà arrossì vivacemente: - Ehm… che sorpresa, non mi aspettavo di rivederti…
- Già, neanche io- rispose lei, sistemandosi un ciuffo dietro l’orecchio – Mi fa piacere vedere che non sei cambiato… anche se hai qualche ruga in più…
Papà rise leggermente: - Sono passati ventidue anni, ormai… credo che sia una cosa normale…
- Sì, hai ragione…- mormorò Artemide, cercando di nascondere l’emozione.
Li osservai per un po’, mentre restavano in silenzio a guardare le punte delle proprie scarpe, così decisi di intromettermi: - Ehm, sì, immagino che siate contenti di vedervi, ma non possiamo stare qui tutto il giorno…
Artemide si scosse:- Oh, certo… in effetti sono venuta qua per darti una notizia abbastanza buona.
Stava per aggiungere altro, quando le cadde l’occhio sulla bambina che tenevo in braccio: - Oh, per l’Olimpo…- si avvicinò lentamente, come se avesse paura di incenerirla con lo sguardo – ma… è Lei?
- Sì- risposi seriamente – E’ Lei.
Mamma restò per un attimo ferma, indecisa sul da farsi, mentre Missy la guardava con aria curiosa. La dea allungò piano la mano, fermandosi ad un millimetro dalla guancia di mia figlia, sfiorandola delicatamente: - E’… è più grande di quanto pensassi…
- Ha tre anni - mormorai, mostrandogliela meglio – E noi due non ci parlavamo da un po’…
- Quando è nata?- domandò Artemide, senza toglierle gli occhi di dosso.
- Il Dodici Marzo – risposi – Esattamente un mese e un giorno dopo…
- Il tuo diciannovesimo compleanno- finì mia madre, sorprendendomi – Sì, lo so.
Missy mi guardò con aria interrogativa: - Chi è lei, mamma?
Io e Artemide ci scambiammo un rapido sguardo: - Lei… lei è la mia mamma, tesoro… si chiama Artemide…
La mia piccola sorrise: - Quasi come me!
- Sì- risposi, abbassando lo sguardo – E’ per quello che il nonno ha insistito a chiamarti così…
Artemide lanciò uno sguardo di ringraziamento a mio padre, il quale le domandò timidamente: - Dovevi dire qualcosa a Leila?
- Oh, sì!- esclamò la dea – Ho parlato con Ade e mi ha detto una cosa molto importante su Luke.
- Che cosa?- per poco non feci un colpo – Di che cosa si tratta?
- Ecco…- Artemide sembrò parecchio indecisa – Lui mi ha riferito che Luke è riuscito a reincarnarsi quasi all’istante, probabilmente usando uno dei suoi trucchi…
Sorrisi tra me e me, pensando che, nemmeno agli Inferi, il mio amore si risparmiava di fare il furbo.
- Il fatto è che- continuò mia madre – non ho capito bene tutto, ma, forse, possiamo recuperarlo…
- Come?- chiesi, con il cuore in gola, quasi urlando – In che modo?
- Questo te lo deve spiegare Ade- rispose la dea, con aria seria – quello che so, è che, forse, ho trovato il modo per rimediare ai miei errori… ho intenzione di affidarti il comando delle mie Cacciatrici per compiere un’impresa.
Per poco non allentai la stretta attorno a mia figlia: - Lo faresti per me?
Artemide alzò le spalle: - Sono tua madre. E mi dispiace per quello che ho fatto. Mi servirà un po’ di tempo, ma, per sabato, dovremmo essere pronte. Nel frattempo, puoi tornare al Campo insieme alle Cacciatrici… almeno, avrete il tempo per una Caccia alla Bandiera, no?
Annuii, alzando le spalle: - Va bene. Ma come la mettiamo con Ade?
- Si farà vivo lui- rispose la mamma, alzando all’improvviso lo sguardo verso il cielo – Oh, mi sa che devo andare… beh, ci vediamo sabato, allora, così avrò il tempo per organizzarvi il viaggio…
Ci vediamo, Leila e… James…- sorrise apertamente, rivolgendosi a papà – E’ stato bello rivederti.
- Anche per me- rispose lui, più rosso di un peperone – A presto, Artemide.
- A presto – mormorò – E ciao anche a te, piccola Artemis.
Missy agitò la manina in cenno di saluto, sorridendole, e le coprii gli occhi non appena mia madre se ne andò, assumendo la sua forma originale.
Papà mi sorrise, accarezzando la testa di mia figlia: - A quanto pare, c’è ancora speranza…
- Sì- mormorai, guardando il cielo – Ancora non riesco a crederci.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ecco il primo capitolo della storia.
E’ un po’ triste, ma, almeno, Artemide si sta riscattando, dimostrandosi pentita dei propri errori.
Abbiamo avuto una piccola Riunione di Famiglia, alla quale ha preso parte anche la piccola Artemis, l’ultima arrivata a casa Swift.
Che ve ne pare di questo capitolo?
Forse è un po’ privo d’azione, ma, prometto che cercherò di rendere più interessanti i prossimi.
Spero che vi sia piaciuto comunque, magari, fatemi sapere!
Un bacio,
Tinkerbell92 :)


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Capitolo 3
*** Nico - Una vecchia conoscenza mi si presenta in sogno ***


 - Nico -  

- Alla faccia delle regole!- borbottai, zoppicando nel bosco – Mi chiedo perchè, ogni volta, Chirone si metta a ricordare che non si possono ferire gli avversari, quando, puntualmente, c’è sempre un figlio di Ares pronto a dimenticarlo!
La Caccia alla Bandiera era iniziata da circa un quarto d’ora, e mi ritrovavo già con un bel taglio sulla gamba ed un livido sulla fronte.
Non mi sentivo molto in vena di partecipare, ma, essendo l’unico rappresentante della mia Casa, avrei fatto la figura dell’idiota a tirarmi indietro.
E poi, la Squadra Blu, capeggiata dai ragazzi di Atena, era composta dalle case di Poseidone, Apollo ed Ermes, il che rappresentava, per me, un’alleanza abbastanza vantaggiosa.
Senza contare che Annabeth aveva ideato una strategia imbattibile per battere quelle spocchiose Cacciatrici.
Strinsi i pugni: da quando Bianca si era unita a loro, mi erano subito entrate in disgrazia, e l’antipatia si era accentuata dopo la notizia della morte di mia sorella.
Va bene, magari non era proprio colpa loro, ma non potevo fare a meno di detestarle lo stesso.
Portare rancore, dopotutto, è il mio Difetto Fatale.
Avanzai tra gli alberi, con la spada ben stretta in mano, cercando goffamente di appoggiare la gamba ferita a terra il meno possibile, quando, all’improvviso, uno ringhio inquietante mi fece voltare di scatto.
Spalancai gli occhi, quando vidi un enorme mastino trasparente che mi fissava in modo poco amichevole.
“Da quando in qua, i cani fantasma girano per il Campo Mezzosangue?” pensai, sconvolto.
Il cane restò immobile, ma il suo sguardo era davvero inquietante.
Provai a parlargli, in fondo, ero pur sempre figlio del Dio dei Morti, e cercai di assumere un tono molto rassicurante: - Hey, bel cagnetto… fà il bravo, su, non fissarmi in quel modo… sono figlio di Ade, in teoria dovresti ascoltarmi… che cosa ci fai qui?
Il mastino sembrò accovacciarsi per terra, quando, all’improvviso, spiccò un balzo verso di me, passando attraverso il mio corpo come fosse stato di nebbia.
Un forte capogiro mi fece barcollare come ubriaco e, dopo un attacco di nausea, caddi all’indietro a terra e svenni.
Il buio iniziò a circondarmi, quando, stranamente, iniziai a percepire dei rumori molto familiari.
Erano dei lamenti deboli e soffocati, che riempivano l’aria attorno a me come una triste cantilena.
Sbattei le palpebre più volte, fino a quando non riuscii a mettere a fuoco il luogo oscuro in cui mi trovavo.
Lo conoscevo bene: era l’Oltretomba.
Mi trovavo nei pressi di una delle entrate segrete, che avevo scoperto poco tempo prima, costituita da una grande caverna dalle pareti nere come la pece. Ero a pochi metri dalle Praterie degli Asfodeli, facilmente riconoscibili per via della moltitudine di anime che si accalcavano nella zona, e, mentre mi domandavo il perché mi trovassi là, vidi una figura semi trasparente avanzare verso di me.
Era un uomo alto, dal sorriso falso, con i capelli neri ed indossante una tunica greca di colore scuro.
Mi guardò con aria sadica, mentre io, dopo averlo riconosciuto, sibilai in modo poco amichevole: - Che cosa vuoi da me, ancora?
L’uomo emise una risatina tagliente: - Quanto tempo, Mio Signore! Non è carino, da parte vostra, essere così scortese con me! In fondo, una volta, ero la vostra fonte di consiglio!
- Non mi lascerò ingannare dalle tue moine, Minosse!- replicai, deciso – Cos’è, tutto un tratto, ti comporti di nuovo come un lecchino sottomesso? Che cos’hai in mente? Mi hai fatto portare tu, qui, vero?
Il giudice infernale abbozzò un sorrisetto: - In realtà, Voi state sognando, Mio Signore. Ma, se ho mandato il mastino da Voi, è stato solo perché volevo informarvi di una cosa molto importante.
- Grazie mille, ma non voglio sapere nulla da te- gli risposi, guardandolo dritto in quei suoi freddi occhi crudeli – Mi hai già ingannato una volta. Non ti permetterò di farlo di nuovo. Mi credi, forse, uno stupido?
Minosse alzò le spalle con aria di noncuranza: - Oh, va bene, volevo solo dirvi del pericolo che sta correndo vostra sorella, però…
“Bianca!” pensai, con una stretta al cuore.
- Che cosa le hanno fatto?- domandai, con apprensione.
Minosse piegò le labbra in un sorriso malefico: - Bene, vedo che ho attirato la vostra attenzione. Datemi la mano, Mio Signore, vi mostrerò che cosa sta succedendo nel palazzo di vostro padre.
Mi tese la sua mano scarna e trasparante, con un ghigno, e, sebbene non mi fidassi di lui, non potevo sopportare che Bianca fosse nei guai.
- E va bene- sospirai – Conducimi dove vuoi.
Non appena lo toccai, mi sentii come risucchiato in un vortice e, pochi secondi dopo, mi ritrovai, da solo, all’interno di una gigantesca camera da letto, decorata secondo uno stile che mi ricordava tanto quello della Famiglia Addams.
Il pavimento era di marmo scuro, freddo come il ghiaccio; le pareti erano ricoperte da uno strato di carta da parati bordeaux, con pipistrelli e ragni neri disegnati sopra; le finestre erano parzialmente coperte da tende abbinate cromaticamente al resto della stanza ed i mobili erano tutti verniciati di nero e caratterizzati da forme aguzze e  spettrali.
Su un enorme letto a baldacchino, dalle tendine rosse ricoperte di pizzo nero, c’era una ragazza.
Era distesa in posizione prona, girata verso la parte finale del letto, e stava leggendo un grosso libro dalla copertina di cuoio.
Aveva una gran massa di capelli rossi, con le meches nere, tenuti all’indietro da un sottile cerchietto dorato, la carnagione incredibilmente pallida e le sopracciglia molto definite.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta della camera, e la ragazza alzò lo sguardo: - Avanti!
Un paio di figure incappucciate varcarono la soglia e, in mezzo a loro, c’era una ragazzina sui dodici anni, con i capelli ricci e neri e la carnagione leggermente olivastra, abbigliata allo stesso modo delle Cacciatrici di Artemide.
Per poco, non feci un colpo: era Bianca!
Fui molto tentato di chiamarla, quando mi ricordai che non avrebbe potuto sentirmi.
Dopotutto, stavo sognando.
La ragazza con i capelli rossi si alzò di scatto, raggiungendo i due incappucciati con uno strano sorriso sul volto: - L’avete già portata qui!
Ora che era in piedi, riuscii a notare quanto fosse inquietante quella giovane.
Dimostrava più o meno diciotto anni, era un po’ più alta, rispetto alla maggior parte delle donne, ed aveva un volto così pallido che, colpito dalla luce, sembrava quasi bianco.
I suoi occhi, di un chiarissimo colore azzurro ghiaccio, erano pesantemente truccati di nero, e le sue labbra, seppur bellissime, erano state colorate con un intenso rossetto color prugna, che risaltava ulteriormente il colore marmoreo della sua carnagione.
Indossava abiti di pelle neri, pieni di borchie, e sembrava quasi la leader di un gruppo Metal.
Bianca la guardò con un certo timore, mentre lei le portava una mano sotto il mento.
La osservò per qualche secondo, poi si rivolse ai due incappucciati:- Bene, potete andare.
Quelli si inchinarono ed uscirono, chiudendosi le porte alle spalle, mentre la strana ragazza, una volta rimasta sola con mia sorella, la guardò in modo davvero inquietante: - E così, finalmente ci conosciamo, Bianca. Ho sentito davvero tanto parlare di te…
- C-chi è Lei? Che cosa vuole da me?- balbettò mia sorella, visibilmente spaventata.
La ragazza emise una sottile risatina, scoprendo una dentatura praticamente perfetta, fatta eccezione per i canini leggermente più lunghi del normale: - Non devi temermi, cara Bianca. Io e te abbiamo un legame troppo stretto…
- Che sta dicendo? Che tipo di legame?
La tipa sogghignò, socchiudendo gli occhi celesti: - Credimi, è un legame molto più stretto di quanto pensi…
Improvvisamente, mentre Bianca faceva un passo indietro, spaventata, i contorni della stanza iniziarono a sbiadire, e venni risucchiato di nuovo in un vortice oscuro.
- Biancaaaaaa!!!
Mi ritrovai esattamente nella caverna di prima, con Minosse che sogghignava davanti a me.
Lo fissai con rabbia, cercando di prenderlo a pugni: - Fammi ritornare lì dentro! Devo aiutare Bianca!
Il giudice infernale scoppiò in una tetra risata: - E’ impossibile, Mio Signore! Questo è solo un sogno, non potreste fare nulla! L’unico modo che avete per aiutare vostra sorella è quello di recarvi di persona al palazzo di Ade!
- Ma chi era quella ragazza?- domandai, con una stretta allo stomaco.
Minosse sogghignò velenoso: - Lilith, Dea dell’Oscurità, Principessa degli Inferi e figlia di vostro padre.
- Lilith?- ripetei stupito – Non ho mai sentito parlare di lei…
- Perché il solo nominarla scatena il terrore nell’animo della gente- annunciò Minosse – Gli antichi cercavano di non invocare mai quel nome, tanto che, andando avanti con gli anni, finirono col dimenticarlo. Soltanto gli dèi sono ancora a conoscenza della figlia legittima di Ade, unica erede partorita da Persefone.
- Perché tutti hanno paura di lei?- domandai, con una certa esitazione – Che cosa ha fatto per meritarsi una fama così terribile?
Minosse socchiuse gli occhi con aria sadica: - Perché lei è il Buio, l’Oscurità, l’Ombra che striscia sempre alle tue spalle. Il Buio è l’Ignoto, Mio Signore, e si sa bene quanto le persone temano ciò che non conoscono. Nel Buio si annidano le nostre paure più profonde, i nostri peggiori incubi. Credetemi, Mio Signore, sebbene gli uomini l’abbiano dimenticata fisicamente, il loro inconscio continua ancora a percepirla e a temerla. Non ci si può liberare di lei. Sarà sempre un’oscura presenza che farà correre un brivido lungo la nostra schiena, ogni volta che un pensiero terrificante attraverserà la nostra mente.
Restai per un attimo in silenzio, visibilmente turbato da quelle parole. Infine, mormorai preoccupato: - Che cosa vuole da Bianca, quella terribile divinità?
Minosse scosse la testa, per far intendere la stupidità della mia domanda: - Ditemi, Mio Signore, non vi darebbe fastidio, se Voi foste l’unico figlio legittimo del re dell’Oltretomba, sapere che vostro padre ha generato degli eredi da una donna che non è vostra madre? Non pensate a quanto sia difficile sopportare il volto addolorato della vostra adorata genitrice, tradita dal suo stesso marito? Non provereste un odio profondo nei confronti delle amanti di vostro padre e dei loro figli?
Il cuore iniziò a martellarmi nel petto: - Ma allora… che cosa farà a Bianca?
Il giudice alzò le spalle: - Non quello che potrebbe fare a Voi, essendo, la vostra cara sorella Bianca, soltanto uno spirito, però, può comunque intrappolarla e farle subire un diverso tipo di tortura. Non voglio scendere nei dettagli, sarebbe troppo sconvolgente per Voi. Ma vi basti sapere che, se non riuscirete a raggiungere le stanze di Lilith, vostra sorella potrebbe rimpiangere presto il giorno in cui è nata.
Mi morsi un labbro, visibilmente agitato: - Quindi… devo venire fin qua e sconfiggere Lilith…
- Non sarà facile- mi avvertì lui – Lilith è la sovrana dell’Oscurità, quindi, i vostri viaggi nell’ombra saranno molto rischiosi… ora che ha Bianca con sé, penserà di certo che Voi cerchiate di raggiungerla… Lilith è molto accorta e, di sicuro, sarà già venuta a sapere della nostra conversazione… per questo, vi consiglio di trovare un altro modo per raggiungere il palazzo…
Ci pensai un po’ su, poi mi illuminai: - Le Cacciatrici compiranno un’impresa a breve! Mi unirò a loro e, quando saremo abbastanza vicini, raggiungerò subito il regno di mio padre e salverò Bianca.
Minosse sorrise in modo falso: - Molto ingegnoso, Mio Signore! Adesso, però, devo proprio lasciarvi, il lavoro mi chiama… spero che riusciate nel vostro intento.
- Ci riuscirò- affermai deciso.
Improvvisamente, però, lo squadrai dubbioso: - Perché mi stai aiutando?
Il giudice infernale fece una specie di untuosa riverenza: - Perché voglio farmi perdonare da Voi, Mio Signore, e, sinceramente, vorrei tanto continuare a godere della fiducia di vostro, padre, che è momentaneamente assente e mi ha lasciato una parte di territorio da governare. Come vedete, non ho nessun fine egoistico.
- Staremo a vedere- sibilai minaccioso – Ma ti avverto, se scopro che mi hai ingannato ancora una volta…
- Non succederà, Mio Signore – rispose lui – Ed ora, se non vi dispiace, ho alcune faccende in sospeso da sbrigare… spero di ricevere presto la vostra visita…
- Un momento…- borbottai – Perché mio padre è assente?
Minosse battè le mani e, subito, venni avvolto dalla nebbia: - Non vi preoccupate, è solo un’assenza momentanea. Arrivederci, Mio Signore!
- Minosse, aspetta!
Il buio mi circondò e, con l’eco della sua voce ancora nelle orecchie, persi i sensi lentamente.
 
Molto presto, la voce di Minosse fu sostituita da un’altra, decisamente più piacevole.
Era la voce di una donna, una ragazza, che mi chiamava in modo insistente.
Sentii una specie di pressione al petto, poi, qualcuno mi scosse per le spalle.
Aprii gli occhi, e, per un istante, fui abbagliato dalla luce del sole. 
Li richiusi, sbattendo le palpebre un paio di volte, fino a quando non misi a fuoco il volto di una ragazza dalla pelle leggermente ambrata.
Aveva i capelli scuri, raccolti in una treccia, e gli occhi di un intenso colore cioccolato fondente.
- Hey, ragazzino? Ragazzino, mi senti?
Tossii un paio di volte, guardandola meglio: - Dove… dove siamo?
Lei sospirò, con aria paziente: - Siamo nel bosco del Campo Mezzosangue, e tu sei svenuto. Si può sapere che ti è successo?
- Io…- cercai a fatica di ricordare – Io stavo cercando la bandiera e… oh, la Caccia!- esclamai – Come sta andando?
- E’ finita da un paio d’ore- mi rispose, guardandomi severamente – Ti hanno cercato dappertutto…
- Mi dispiace- balbettai – Com’è finita?
- Ha vinto la Squadra Blu- mi annunciò impassibile – La Squadra Rossa ha avuto dei problemi quando Leila e Talia hanno iniziato a scannarsi…
- Scannarsi?- ripetei, sorpreso.
La ragazza annuì: - Sì. Le solite cose, hanno iniziato ad insultarsi verbalmente, poi sono passate alle mani ed, infine, alle armi. Se le altre non fossero intervenute, Leila avrebbe staccato la testa a Talia e l’avrebbe infilzata su una picca…
Strabuzzai gli occhi, guardandola con orrore, così, lei si lasciò sfuggire una risatina: - Beh, forse non l’avrebbe fatto, dai… non rovinerebbe mai una picca…
-Scusami- la interruppi – Ma che cosa avete contro Talia?
- Abbiamo i nostri motivi- mi rispose spiccia.
Cercai di alzarmi sui gomiti, ma un forte capogiro mi fece desistere.
Sospirai, guardando di nuovo la ragazza che mi aveva trovato.
Il ciondolo a mezzaluna che portava si illuminò, colpito dalla luce del sole.
- S-Sei Maggie Moonwalker, vero? La Custode di Leila...
Lei annuì: - E tu sei Nico Di Angelo, il figlio di Ade - indicò la mia gamba - Si può sapere che cosa ti sei fatto?
Cercai di assumere un'aria da duro: - Sto bene...
Un gemito uscì dalle mie labbra, mentre la ferita alla gamba cominciava di nuovo a farsi sentire.
Maggie sospirò: -Non avresti dovuto essere in compagnia di qualcuno? Di solito Annabeth non lascia scoperti i ragazzini...
 -Io non sono un ragazzino!- protestai con forza -E non ho bisogno di aiuto!
- Certo, certo- mi rispose lei -Devo subito portarti in Infermeria.
-No, non serve, io sto be...
Una forte fitta alla gamba mi fece gemere di nuovo.
Maggie si inginocchiò accanto a me, mi strinse un fazzoletto attorno alla ferita e mi ordinò: -Mettimi il braccio attorno alle spalle.
Feci per protestare, pensando che avrei fatto la figura del moccioso, ma lei mi  fulminò: - Subito.
Obbedii riluttante, mentre lei mi prendeva in braccio, tenendomi sollevato con un braccio sotto la schiena e uno sotto le ginocchia.
Era forte, per una ragazza così magra, ma sapevo che, in realtà, lei non era un essere umano qualunque. Non sapevo bene che tipo di creatura fosse, però, in qualche modo, riuscivo a percepire qualcosa in lei di particolare.
Innanzitutto, aveva una temperatura corporea molto più alta rispetto a quella degli esseri umani normali; poi, era molto più forte, agile e veloce di qualunque ragazza conoscessi, umana o semidea. E, giuro, a volte l’avevo perfino sentita ringhiare.
Avevamo quasi raggiunto la fine del bosco, quando un torpore improvviso iniziò a pervadermi le membra.
Cercai di stare sveglio, ma le palpebre si fecero sempre più pesanti.
Udii le voci dei miei compagni, seguito dal rumore di zoccoli di Chirone, ma non riuscii a vedere nessuno, perché, avvolto dal calore e dal particolare profumo della mia salvatrice, mi addormentai come un sasso.
 
***
Angolo dell’Autrice: Eccoci qua con il nuovo capitolo!
Ho fatto un piccolo esperimento, facendolo raccontare da Nico. Spero di essere riuscita ad entrare bene nella sua testolina.
Minosse è tornato alla carica, ma, questa volta, sembra avere buone intenzioni. Ci sarà sotto qualcosa? Che cosa dovrà aspettarsi la piccola Bianca?
Il prossimo capitolo sarà raccontato di nuovo da Leila: le verrà spiegato come fare per trovare Luke e ci saranno i preparativi per la partenza.
Nico, ovviamente, vorrà unirsi a loro.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, metterò il nuovo il prima possibile.
Un bacio
Tinkerbell92

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Capitolo 4
*** Leila - Maggie riceve un messaggio da Ade ***


  -Leila-

Quando radunai le Cacciatrici nei pressi dell’Infermeria, ero ancora fuori di me.
Le squadrai minacciosamente, mentre loro tenevano la testa bassa, non osando alzare lo sguardo.
Mi misi le mani sui fianchi, con atteggiamento severo, e sibilai, facendole sussultare: - Bene, bene. Da dove dobbiamo cominciare, per commentare questa umiliante sconfitta?
Nessuna fiatò, nemmeno le più coraggiose.
- Devo prendere io l’iniziativa?- feci scorrere lo sguardo lungo la prima fila - D’accordo. Allora, voglio qui davanti Phoebe e Zelda, subito.
Una ragazzona sui quattordici anni ed una dodicenne mingherlina con le trecce bionde avanzarono silenziosamente, giungendo al mio cospetto.
Phoebe, la ragazza più grande, sostenne il mio sguardo, pronta a ricevere la lavata di capo, mentre Zelda tremava dalla testa ai piedi, non osando guardarmi negli occhi.
Incrociai le braccia, cercando di controllarmi: - Dunque, ragazze. Qual è la seconda regola fondamentale della Caccia alla Bandiera?
Zelda gemette, visibilmente sconvolta, mentre Phoebe abbassò lo sguardo: - Non ferire gli avversari, signora.
- Ma che brava!- risposi ironica – E, ditemi, colpire gli avversari con delle frecce appuntite, facendoli sanguinare, non significa, forse, “ferirli”?
- Sì, mia signora.
- Qualcosa non vi era chiaro, quando Chirone ha spiegato il regolamento per la millesima volta?
Come al solito, fu Phoebe a rispondere: - No, mia signora.
A quel punto, esplosi come una furia: - E ALLORA QUALCUNO MI SPIEGA PERCHE’ TRAVIS STOLL AVEVA UNA FRECCIA IMPIANTATA NELLA SPALLA E WILL SOLACE UNA NELLA GAMBA?
Tutte quante trasalirono, mentre Zelda sembrava sul punto di svenire.
Phoebe sospirò: - Ho sbagliato, mia signora. Mi sono lasciata trasportare, anche per via della rivalità che corre tra me e i giovani Stoll… il mio comportamento non ha giustificazioni, lo riconosco. Sono pronta ad accettare le conseguenze.
Annuii, senza lasciar trasparire alcuna emozione: - Sei fortunata che sarà Faccia di Pigna a decidere se punirti o meno, Phoebe. E’ già la seconda volta in cui ti fai prendere la mano e non mi va che tu faccia del male ai miei compagni gratuitamente. Dipendesse da me, ti farei scontare il tuo errore senza alcuna attenuante. Spero che questo ti sia chiaro.
La ragazza abbassò lo sguardo: - Sì, mia signora.
- Torna al tuo posto.
Phoebe si inchinò ed obbedì. Zelda restò da sola, tra me e le sue compagne, e sembrava ormai sul punto di mettersi a piangere.
Sospirai, mantenendo una voce ferma: - Alza lo sguardo, Zelda.
La ragazzina obbedì tremante, fissandomi con i suoi occhioni grigi.
Sembrava tanto la versione timida e minuta di Annabeth.
Assunsi un tono più rassicurante: - Mi vuoi spiegare che cos’è successo?
Lei balbettò con un sussurro: - Io… io non… mi ha colta di sorpresa… è sbucato fuori, così, all’improvviso… ho preso paura…
- E per questo hai scoccato una freccia senza pensarci?
Zelda annuì tremante: - Mi dispiace…
Le alzai il mento delicatamente, guardandola negli occhi: - So che sei nuova, Zelda, e che hai saputo da poco di essere una semidea. Ma ora sei una Cacciatrice ed una figlia di Atena, perciò cerca di comportarti come tale. E non permettere mai alla paura di dominare le tue azioni. Mi sono spiegata?
- S-sì, mia signora.
Sospirai: - Va bene, torna al tuo posto, Zelda.  
La vidi tirare un sospiro di sollievo, mentre affiancava le sue compagne.
Ripresi subito il mio atteggiamento autoritario: - Non pensate di averla scampata, comunque. La partita di oggi è stata davvero orribile, vi siete fatte fregare come delle allocche. Ora, se io e Faccia di Pigna- diedi un’occhiataccia a Talia che era appena uscita dalla tenda medica – iniziamo a combattere tra noi, voi dovete ignorarci e continuare quello che state facendo. Abbandonare le postazioni per dividerci è stata la cosa più stupida che abbiate mai fatto!
- Si sono preoccupate per noi, Principessina- ringhiò la figlia di Zeus, scompigliandosi con un gesto brusco della mano i suoi orribili capelli appuntiti – Hanno fatto ciò che ritenevano giusto.
- Tu stà zitta!- sibilai – Sei caduta nel tranello di Annabeth da perfetta idiota! Lei sapeva benissimo che ci saremmo messe a litigare, se ci fossimo trovate entrambe in quel posto… avevamo già deciso che quella sarebbe stata la mia zona di stanziamento! Si può sapere il motivo per cui mi hai raggiunta?
Talia mi fece una smorfia: - Volevo accertarmi che stessi compiendo il tuo dovere… sai, magari, avresti potuto farti prendere dai ricordi…
- PENSA PER TE!- gridai – CREDI CHE NON SAPPIA COME SEI IN REALTA’?
- AH, SENTIAMO, E COME SAREI?- urlò lei, di rimando.
Stavo per saltarle addosso e cavarle gli occhi, quando Maggie ci raggiunse: - Piantatela voi due! Leila, ho bisogno di parlarti, è una cosa importante.
Sbuffai, lanciando un’occhiataccia di avvertimento a Talia: - Non ho finito con te…
- Nemmeno io- rispose, con aria di sfida.
Mi prudevano le mani dalla voglia di farla a pezzi, ma preferii trattenermi, rivolgendomi alle Cacciatrici: - Andate pure alla Casa Otto, vi raggiungerò là…
- In teoria, dovrei essere io a dare gli ordini- sibilò, minacciosa, Talia.
La fulminai con lo sguardo: - In teoria, io ti sono superiore, in questo ambito, in quanto figlia della dea che servi. Perciò, chiudi il becco e sparisci.
Mi rifilò una delle sue migliori occhiatacce, che intimorivano tanto gli altri ragazzi, ma non mi fece né caldo né freddo.
La guardai allontanarsi con le altre, mordendomi le labbra per il nervoso, poi mi rivolsi a Maggie: - Che cosa c’è?
Lei mi fece cenno di seguirla: - Spostiamoci verso le altre tende mediche, sono meno affollate.
Mi portò nei pressi delle ultime due tende, quelle più piccole, dove trovammo Helen, la sorellina di Maggie, che giocava con Artemis nel prato dell’Infermeria.
Era una ragazzina sui tredici anni, con i capelli neri e corti, la pelle ambrata e gli occhi color nocciola. Come la sorella, era un’aspirante Cacciatrice, ed aveva i lineamenti tipici del Clan di Licantropi dell’Arizona, ma, a parte questo, le due erano molto diverse caratterialmente.
Helen era molto allegra e socievole, sempre pronta a mettersi in mostra, mentre Maggie… beh, Maggie era semplicemente Maggie, non la si potrebbe definire in altro modo.
La cosa fondamentale, però, era che, mentre Maggie aveva imparato a controllare la propria sete di sangue, quando si trasformava in lupo, anche senza l’aiuto del suo ciondolo magico, Helen non ne era assolutamente in grado, infatti, durante le notti di luna piena, diventava decisamente pericolosa.
Missy mi corse incontro con un sorriso, e, mentre la prendevo in braccio, Maggie si guardò intorno: - Sì, credo che qui possa andare bene.
Helen ci si avvicinò con aria curiosa.
La mia Custode assunse un’aria seria, toccandosi nervosamente il ciondolo: - Finalmente abbiamo quello che ci serve: ho ricevuto un messaggio da parte di Ade…
- Quando?- sussultai.
- Stamattina- la voce di Maggie si incupì – Mi ha spiegato com’è la situazione di Luke, al momento…
Stavo per domandarle di continuare, quando qualcuno sbucò fuori dalla tenda all’improvviso: - Hai parlato con mio padre?
Fissai Nico Di Angelo ad occhi sbarrati, mentre lui, con aria leggermente folle, si aggrappò alla maglietta nera di Maggie: - Dov’è mio padre? Che cosa ti ha detto?
La mia amica sospirò, guardandolo severamente: - Ragazzino, non dovresti riposare? Stai sforzando la gamba inutilmente!
Nico la fissò offeso: - Io non sono un ragazzino, io sono… ahio!
Si portò una mano alla gamba, con una smorfia di dolore.
Maggie alzò gli occhi al cielo, mentre Helen prendeva una sedia.
Nico si accasciò con un gemito su di essa, sospirando: - Voglio sapere dov’è mio padre…
La mia Custode incrociò le braccia: - Ma guarda te, se questo moccioso deve sempre mettersi in mezzo, in qualche modo…- Nico la fulminò, ma lei proseguì – Comunque, stavo dicendo che, anche se non so dove si trovi, Ade mi ha contattata con un Messaggio-Iride, per informarmi che Luke ha cominciato la sua nuova vita in Nevada… indovina un po’ in che città?
Alzai gli occhi al cielo, con un sospiro: - Las Vegas.
- Esatto- Maggie scosse la testa – Quel ragazzo non cambierà mai… comunque, Luke è riuscito a saltare la fila e a reincarnarsi immediatamente. La buona notizia è che, essendo rinato quasi subito, ha ancora il suo aspetto e la sua età. Quella cattiva, è che, purtroppo, non ha alcuna memoria dei precedenti eventi della sua vita. Adesso ha una nuova identità, un nuovo nome ed una personalità presumibilmente diversa dalla sua. In pratica, è come se fosse un estraneo nel suo corpo…
A queste parole, mi sentii improvvisamente più cupa.
Strinsi forte Artemis, come se temessi di perderla, e mormorai quasi in trance: - Non si ricorda più nulla?
- No- rispose tristemente Maggie – Non si ricorda più di te, né della piccola, né di suo padre… probabilmente, non sa nemmeno di essere un semidio…
Ebbi una stretta al cuore: - Ma allora… potrebbe anche avere un’altra ragazza?
Maggie alzò le spalle: - Questo non lo so, ma potrebbe anche essere. Ricordati, non è più lui, Leila.
Caddi in ginocchio sull’erba, tenendo sempre stretta mia figlia, che mi guardava senza capire.
Odiavo che mi vedesse così.
In  tre anni di vita, Artemis mi aveva vista piangere fin troppo spesso. Non riuscivo a sopportarlo.
Prese una ciocca dei miei capelli, giocandoci un po’, poi mi guardò con i suoi occhioni azzurri, sorridendo. Mi strinse le sue piccole braccia al collo, baciandomi su una guancia e, appoggiando il mento sulla mia spalla, iniziò a canticchiare distrattamente una canzoncina, della quale capii solo la parola “Mamma”.
Stava chiaramente cercando di tirarmi su il morale, lei lo faceva spesso.
Era una delle tante cose che aveva preso da suo padre.
La abbracciai forte, rialzandomi in piedi, poi guardai Maggie con aria seria: - Per caso, Ade ti ha detto se c’è un modo per farlo tornare quello che è?
La mia amica alzò le spalle: - Io penso che un modo potrebbe esserci… voglio dire, si è reincarnato troppo presto, di sicuro la sua rinascita non è completa… basti pensare che ha ancora il suo aspetto…
- Quindi c’è una speranza- mormorai, mentre Missy mi fissava curiosa – Forse possiamo far tornare Luke com’era una volta…
- Dov’è papà?- mi domandò Missy, illuminandosi non appena mi sentì pronunciare il nome del padre –  Lo pocciamo fal tolnale come pima?
Nico rise sotto i baffi, sentendo la sua parlata infantile, ma Maggie gli diede un pizzicotto sul braccio: - Fà meno lo spiritoso, che fino a qualche anno fa parlavi anche tu così!
- Hey!- protestò lui – Come ti permetti?
Maggie stava per ribattere, quando qualcuno uscì da una delle tende piccole, sussurrando con accento tipicamente inglese: - Ragazzi, potreste abbassare la voce?
Era una delle semidee appartenenti alle nuove case, una certa Bella Smith, proveniente da Londra.
Aveva dei bellissimi capelli ricci e rossi - simili a quelli del nostro nuovo Oracolo, Rachel- , grandi occhi blu ed una carnagione pallidissima. 
La si vedeva spessissimo bazzicare nelle zone dell’Infermeria, essendo la figlia di un famosissimo dottore, e, in quanto ad abilità mediche, faceva invidia perfino a molti figli di Apollo.
Nico si zittì all’istante, gettando delle occhiatacce a Maggie, mentre io cercai di salvare la situazione: - Scusaci, Bella, non ci avevamo fatto caso… come sta Travis?
La ragazza allargò il sorriso: - Molto meglio! Sta riposando, adesso, ho dovuto dargli un vino speciale come anestesia. E’ un regalo di Polluce, il ragazzo della Casa Dodici… sai, lui è il ragazzo della mia sorellastra, quindi siamo abbastanza in amicizia…
- Oh, capito- risposi, cercando di tagliare un po’ corto.
Bella era una brava ragazza, anche se aveva il vizio di parlare un sacco e velocemente, tanto da far sentire rintronati i suoi interlocutori dopo il primo minuto di dialogo.
Maggie guardò l’orologio e commentò: - Dobbiamo iniziare a radunare le Cacciatrici… domani partiremo per Las Vegas, anche se dobbiamo ancora decidere come…
- Chi vi accompagna?- si interessò immediatamente Nico.
Maggie lo guardò stranita, ma io risposi distrattamente: - Oltre alle Cacciatrici, ci saranno Annabeth e Percy. Il che significa che non possiamo viaggiare in aereo…
- Sto pensando a un modo, infatti…- borbottò Maggie tra sé, nervosamente.
- Non avete pensato al teletrasporto? Cioè… non avete qualche oggetto magico che faccia a caso vostro?- continuò il piccolo Nico.
Scossi la testa: - No, purtroppo. Solamente Artemis è in grado di teletrasportarsi- diedi un’occhiata affettuosa alla mia piccola – Ma non controlla ancora questo potere e, finora, funziona solo per lei.
- Sì- commentò Maggie con un sorriso – Ci ha fatto prendere di quegli spaventi… però, ora che mi ci fai pensare…- sembrò piuttosto pensierosa, come se stesse cercando di ricordare qualcosa – Forse so di qualcosa che fa a caso nostro…
- Di che si tratta?- domandai curiosa.
- Già, racconta!- la incalzò Nico.
La mia amica alzò un sopracciglio: - Ma… si può sapere che cosa interessa a te? Che cosa c'entri in questo discorso, moccioso?
Il figlio di Ade gonfiò il petto: - Io non sono un moccioso! E mi interessa per il fatto che voglio venire con voi!
- Ha! Te lo scordi!- rispose bruscamente Maggie – Non hai nulla a che vedere con noi e hai troppa poca esperienza.
- Io voglio venire!- protestò Nico – Per favore!
- Ehm… ci penseremo, Nico- risposi, cercando di calmarlo – Comunque, Maggie, che stavi dicendo a proposito del modo per arrivare a Las Vegas in poco tempo?
- Ah, sì!
La mia amica  iniziò a correre velocemente verso la zona delle Case, gridando semplicemente: - Dopo ti spiego tutto!
Alzai le spalle, sorridendo di circostanza a Bella: - Beh, salutami Travis, quando si sveglia, io e Helen dobbiamo andare…
- Oh, certo!- rispose allegramente la inglese – Appena Travis si sveglia glielo dico…
Per un attimo, mi sembrò che fosse arrossita.
Feci cenno ad Helen di seguirmi, quando vidi Nico che mi guardava in modo torvo.
Sospirai, gettandogli un’occhiata di rimprovero: - Che cosa c’è, Nico? Si può sapere perché ci tieni tanto a venire con noi?
Il ragazzino si strinse nelle spalle: - Perché… sono l’unico figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi a non aver ancora partecipato ad una missione, ecco…
- Nico…- cominciai, ma mi zittii subito non appena vidi il suo sguardo.
Era deciso, ma allo stesso tempo disperato.
- Io… voglio dimostrare quello che valgo!- protestò – Ti prego, Leila, portami con te!
Sospirai, cercando di non pensare che avevo già sentito quella frase, circa otto anni prima…
- Io… vedrò cosa posso fare… dobbiamo prima ricevere la Profezia…
- Ah… giusto- mormorò lui – Però, per favore, appena sai qualcosa dimmelo!
- Sì, certamente.
Rinforzai la presa su Artemis, che continuava a guardare Nico con un’espressione curiosa, e sussurrai alla giovane mannara: - Andiamo, Helen.
Ci incamminammo silenziosamente verso la Casa Otto, mentre mille pensieri affollavano la mia testa.
Non ce la facevo più. C’erano troppe cose che mi ricordavano Luke, attorno a me, ed il pensiero di averlo perso mi faceva avvertire una stretta allo stomaco.
“Ti ritroverò, amore mio” promisi silenziosamente “A qualunque costo”.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ecco il nuovo capitolo.
Purtroppo, non è successo ancora niente di importante, spero di riuscire a rendere il prossimo più interessante.
Che posso anticipare? Beh, come si è visto, Nico sembra del tutto intenzionato a partire per la missione a Las Vegas, anche se si conoscono i veri motivi del suo desiderio.
Come piccolo spoiler, posso dire che, oltre a Percy ed Annabeth, che partiranno con le Cacciatrici, ci sarà la breve apparizione di un personaggio già incontrato nella storia precedente, che, a quanto ricordo, era abbastanza ben voluto :)
Metterò il prima possibile il prossimo capitolo, che sarà raccontato da Nico.
Ci sarà una nuova Profezia ed una partenza piuttosto… istantanea :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima! :)
Baci :)

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Capitolo 5
*** Nico - Arriviamo a Las Vegas con un medaglione magico ***


  -Nico-

Passare la notte in tenda non fu affatto divertente.
Per prima cosa, non riuscii quasi mai a prendere sonno: ero troppo occupato a scervellarmi per trovare il modo di convincere Leila a portarmi con sé.
Poi, c’erano dei continui e fastidiosi spifferi – nonostante fossimo in piena Estate – che, ogni volta, mi facevano venire i brividi lungo la schiena.
Infine, giusto per rendere le cose un po’ più simpatiche, continuavano a giungere alle mie orecchie degli strani ed inquietanti rumori, la maggior parte dei quali proveniva dalla tenda accanto alla mia.
Mi girai su un fianco, leggermente stizzito, e sospirai.
A volte – diciamo sempre – mi scocciava l’idea di essere ancora un ragazzino. Nessuno mi prendeva mai seriamente in considerazione.
Mi girai e rigirai nel letto per un bel po’, fino a quando, finalmente, non riuscii ad addormentarmi.
Gli incubi non si fecero attendere.
Sognai di trovarmi nuovamente nella camera di Lilith, scarsamente illuminata dalla luce di un sinistro lampadario.
Seduta sul letto a baldacchino, visibilmente impaurita, c’era Bianca, che si guardava attorno spaesata.
Aveva ancora i suoi vestiti addosso e, per il momento, non sembrava aver subito alcun genere di tortura. Questo mi fece sentire un po’ sollevato, anche se la sua espressione terrorizzata non prometteva certo nulla di buono.
Lilith non c’era, ma, chissà perché, avevo come l’impressione che, attraverso le ombre che si allungavano sul pavimento della stanza, la sua inquietante presenza non abbandonasse mai la stanza.
Era come se stesse tenendo Bianca sotto controllo.
Mia sorella si alzò dal letto, camminando su e giù, nervosamente.
Ora che si trovava in quello strano posto, sembrava quasi che fosse tornata in carne e ossa e, solamente se la si guardava con attenzione, si poteva notare che in realtà era ancora un fantasma.
Cercai di parlarle, sperando che, in qualche modo, riuscisse a notarmi, ma lei non si accorse di nulla.
Mi avvicinai lentamente, fino a quando non ci ritrovammo faccia a faccia.
Bianca alzò lo sguardo, facendomi specchiare, per un po’, nei suoi occhi scuri.
- Bianca?
Lei restò immobile, sbattendo le palpebre e aggrottando la fronte.
Una flebile speranza nacque in me: forse riusciva un po’ a percepirmi!
Stavo per chiamarla nuovamente, quando dei rumori sospetti, provenienti da fuori, la fecero voltare di scatto.
Sul freddo pavimento di marmo si sentiva l’eco di passi in avvicinamento.
Bianca fissò con terrore le porte della camera che si aprivano lentamente e sussultò non appena Lilith varcò la soglia.
Abbassò il cappuccio della propria cappa nera, liberando così la sua folta chioma rossa, e sorrise in modo sinistro.
Bianca indietreggiò.
- Bene, Bianca- disse Lilith, in tono mellifluo – Scusa se ti ho fatta aspettare, purtroppo, quando nostro padre è assente, ne succedono di tutti i colori nell’Oltretomba. Speriamo non stia via molto.
- Do… dov’è nostro padre?- balbettò Bianca, cercando di non mostrarsi troppo nervosa.
Lilith emise una leggera risata, scoprendo i canini appuntiti – Non ti preoccupare di queste cose, per il momento. Ho dei grandi progetti per te.
- Che cosa vuoi farmi?- tremò mia sorella, facendo un altro passo indietro – Perché mi tieni prigioniera qui?
La dea rise di nuovo, questa volta in modo più sadico: - Prigioniera? Sei nella mia stanza, non in una cella, Bianca! La parola più corretta è “Ospite”.
- Ospite?- ripeté dubbiosa mia sorella – E perché dovresti volermi come ospite?
Lilith alzò gli occhi azzurri al cielo: - Ma quante domande! Non ti facevo così curiosa, Bianca, lo sai?- si sistemò meglio la cappa scura sulle spalle bianche – Ora seguimi, senza fare domande. Ho una piccola sorpresa per te.
- D-di che si tratta?- balbettò Bianca, senza muoversi.
La dea sospirò, con un gesto scocciato: - Vedrai. Basta domande, ho detto, e vieni con me.
Bianca era chiaramente riluttante, ma non osò disobbedire.
Avanzò lentamente verso la porta, dove Lilith le fece cenno di passare davanti.
Mia sorella gettò un’ultima occhiata alla stanza, stringendo le labbra in una smorfia, poi, entrambe uscirono.
Le porte si richiusero con un sinistro cigolio.
 
Mi svegliai di soprassalto, con il cuore che mi martellava il petto.
Era già giorno, infatti, la tenda era illuminata dalla luce del sole che filtrava attraverso i buchi nel tessuto.
Mi alzai a sedere, ansimando, mentre udivo il vociare dei miei compagni nel giardino dell’Infermeria.
Cercai di calmarmi e far tornare il mio respiro regolare, quando mi sorse un orrendo dubbio: che Leila e le Cacciatrici fossero già partite per la missione?
Mi alzai in piedi di scatto, mentre una fitta fortissima alla gamba mi fece rabbrividire, e, un po’ zoppicando, mi affacciai di fuori.
Alcuni satiri passavano accanto alle tende, parlottando tra loro, e, qua e là, si vedeva qualche semidio che si recava al Padiglione della Mensa.
Feci qualche passo nel prato, giusto per ottenere un po’ di stabilità, e mi guardai attorno con apprensione.
Non potevano essere partite, non potevo aver perso una simile occasione!
Stavo seriamente prendendo in considerazione l’idea di chiedere informazioni a qualcuno, quando, con somma gioia, vidi la sorella di Maggie che si aggirava distrattamente da quelle parti.
Provai a correre verso di lei, ma inciampai come un allocco, finendo lungo disteso sul prato.
La ferita alla gamba sembrò andare in fiamme.
- Ah, maledizione…- borbottai, cercando di alzarmi a fatica.
Delle mani gentili ma sicure mi aiutarono nel mio intento, e, quando fui finalmente in piedi, mi ritrovai faccia a faccia con lei.
I suoi grandi occhi nocciola mi fissarono curiosamente.
- Tutto a posto?
Mi massaggiai la gamba con una smorfia: - Sì… almeno credo…- cercai di darmi un po’ di contegno – Ti chiami Helen, vero?
La ragazza sorrise: - Sì! Tu sei Nico, invece. Come va la gamba?
Alzai le spalle, poco convinto: - Insomma. Non siete ancora partiti, a quanto vedo…
- Oh, no- rispose lei – Leila è appena andata dall’Oracolo, ha bisogno della Profezia per partire. Comunque, sarà questione di un quarto d’ora massimo.
“Un quarto d’ora” pensai “Bene, forse ho ancora un po’ di tempo…”
Stavo per aggiungere qualcosa, quando Maggie ci raggiunse di corsa.
- Hellie, inizia a prepararti che tra un po’ partiamo… oh, ciao, mocciosetto!
Alzai gli occhi al cielo, mordendomi la lingua: - Non sono un mocciosetto, quante volte te lo devo dire?
- Sì, sì, okay- rispose spiccia lei – Piuttosto, sai se c’è Bella, per caso? Devo ritirare il kit medico che ci ha preparato.
Alzai le spalle: - Penso che sia nella tenda di Travis…
Maggie sospirò e fece per entrare nella tenda che le avevo indicato, quando, all’improvviso, si tirò indietro con un salto, abbassando di scatto il telo che copriva l’entrata.
Io ed Helen la fissammo ad occhi sbarrati: - Che… che c’è?
Maggie si voltò e, per un momento, mi sembrò quasi che fosse arrossita: - Oh, nulla… vorrà dire che passerò più tardi…
La sua faccia era piuttosto sconvolta.
Mi avvicinai alla tenda e scostai il telo con aria confusa.
Maggie mi fece spostare immediatamente, dandomi comunque il tempo di vedere Travis Stoll, seduto su una sedia, tutto intento a baciare appassionatamente la sua crocerossina dai capelli rossi, comodamente seduta a cavalcioni sulle sue gambe.
Arrossii di brutto, mentre Maggie mi gettava un’occhiata severa: - Un ragazzino non dovrebbe vedere certe cose!
- Io non sono un ragazzino- bofonchiai, ancora scosso – E non… e non mi scandalizzo…
- Infatti, sei tutto rosso…- commentò la ragazza, gettando un rapido sguardo alle mie spalle: - Oh, i ragazzi si stanno radunando. Andiamo Hellie, prenderò il kit dopo…
Le osservai allontanarsi, chiedendomi come avesse fatto Maggie a vedere le Cacciatrici che si radunavano, e le seguii ad una certa distanza.
Arrivammo fino al cortile della Casa Grande, dove, insieme al mucchio di seguaci di Artemide, intravidi Percy Jackson e Annabeth Chase che parlavano tranquillamente tra loro.
Strano, visto che di solito non riuscivano ad intrattenere una conversazione normale nemmeno a pagarli oro.
Pensai che dovesse essere per via del loro recente fidanzamento, così, senza farmi notare troppo, sgattaiolai in mezzo alla folla di ragazze e li raggiunsi.
Non appena mi vide, Percy mi salutò allegramente: - Hey, Nico! Vedo che ti sei rimesso in fretta! Ci siamo preoccupati molto, per te, ieri sera, pensavamo ti avesse mangiato qualche mostro assatanato nella foresta!
Iniziò a ridere, spettinandosi distrattamente i capelli scuri, mentre Annabeth mi lanciò uno sguardo di ammonimento: - Certo, finché non segui il piano su cui mi ero scervellata e ti avventuri da solo là in mezzo…
Arrossii, vergognandomi un po’, e abbassai lo sguardo.
Annabeth sospirò, posandomi una mano sulla spalla: - Vabbè, l’importante è che tu stia bene. Ma non azzardarti mai più a fare di testa tua, intesi?
Annuii, trovando il coraggio di sostenere il suo sguardo.
I suoi occhi grigi erano severi ma rassicuranti, mentre la sua carnagione appena abbronzata brillava sotto la luce del sole.
Aveva raccolto i capelli biondi in una coda, che le ricadeva elegantemente sulla spalla, e indossava la maglietta arancione del Campo ed un paio di jeans tagliati all’altezza del polpaccio.
A dirla tutta, secondo me Annabeth era una delle ragazze più carine del Campo, anche se non mi sarebbe mai passato per la testa di farmi strani pensieri su di lei.
Dopotutto, aveva un caratterino davvero poco facile e, quando si arrabbiava, faceva quasi paura.
Improvvisamente, il chiacchiericcio della Cacciatrici si affievolì e i miei due compagni diedero un’occhiata alle porte della Casa Grande che si stavano aprendo.
- Ecco Leila con la Profezia- mormorò Annabeth, sistemandosi in spalla lo zainetto azzurro che si era portata.
- Eh, già- commentò Percy – Spero solo che stavolta non ci siano parti tragiche… magari, Rachel è un Oracolo più allegro…
Annebeth gli gettò un’occhiataccia, ma restò zitta, mentre Leila Swift si avvicinava a noi con una strana espressione. Accanto a lei, una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi sorrideva in modo amichevole, guardando la folla radunata attorno alla casa.
Notai Talia, seduta su un masso, che fissò Leila poco amichevolmente, e la bionda, dopo aver ricambiato lo sguardo in cagnesco, si rivolse alle seguaci di Artemide: - Bene, ho scritto la Profezia su un foglio che adesso Rachel vi leggerà. Aprite bene le orecchie, perché non la ripeteremo una seconda volta.
Rachel Elizabeth Dare, ossia il nuovo Oracolo del Campo, sorrise nuovamente, frugandosi nelle tasche dei jeans: - Va bene, ragazzi… un secondo che trovo il bigliettino… doveva essere nella terza tasca a sinistra…
Annabeth alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente: - Ti pareva… è già disorganizzata di suo, le manca solo di avere i jeans pieni di tasche…
- Sei gelosa?- commentò malizioso Percy.
Annabeth lo zittì con un pugno sul braccio: - Stà zitto, Testa d’Alghe, non so davvero cosa ci trovavi in lei…
Percy trattenne una risata, mentre Rachel, dopo essersi illuminata, tirò fuori il tanto sospirato foglietto: - Oh, eccolo qua, scusate… come volevasi dimostrare, era nella tasca destra… bene. –
Si schiarì la voce e cominciò:
- La Città del Peccato è la destinazione, qualcuno, però, farà una deviazione
I motivi di entrambi son racchiusi nel cuore, tuttavia è diverso il tipo di amore
La magia più potente il primo dovrà usare, il secondo, invece, avrà un inganno da affrontare
Diverso da come appare qualcosa si mostrerà, ma solo uno dei due l’impresa compirà
Rachel aggrottò la fronte e mormorò pensierosa: - Ho davvero detto una cosa del genere?
Leila la fissò alzando un sopracciglio, ma preferì ignorarla, rivolgendosi alle Cacciatrici: - Bene, come avrete capito, l’impresa si rivelerà doppia. Qualcuno di noi ha un secondo fine, rispetto a questa missione.
Annabeth si morse un labbro pensierosa: - Molto strano… finora non ho mai sentito una cosa del genere…
- Perlomeno non si parla di morte!- osservò Percy – Anche se solo uno compirà la sua impresa… non suona molto bene, eh?
Alzai gli occhi al cielo: - Come direbbe Ade di Hercules: “Ahi, in versi, ahi…”
I due mi guardarono straniti, così preferii tagliare corto: - Era tanto per fare un riferimento a mio padre… che, tra parentesi, non si trova da nessuna parte…
Annabeth fece per rispondermi qualcosa, quando fummo interrotti dalla voce di Leila: - A me non importa chi si sia fissato uno scopo diverso da quello della mia impresa. Quello che spero è solo che questa incognita non si rivolti contro di noi. Detto questo, prepariamoci a partire.
 Sentii Annabeth e Percy che iniziavano a commentare qualcosa, ma non li ascoltai e, sgomitando tra la folla di ragazze, raggiunsi la figlia di Artemide, intenta a parlare con Maggie.
- Leila!
La ragazza mi guardò sorpresa, mentre Helen, che teneva in braccio sua figlia, mi sorrise.
Maggie alzò gli occhi al cielo: - Si può sapere che cosa ci fai ancora qui, tu?
- Voglio venire con voi- risposi risoluto – Mi sembrava di essere stato chiaro, ieri sera.
- Nico- sospirò Leila, con aria stanca – Ho molte cose a cui pensare. Già dovrò portarmi dietro mia figlia, non me la sento di dover tenere d’occhio anche te.
- Io non ho bisogno di essere tenuto d’occhio!- protestai – Me la caverò, davvero, lo prometto! Ma ci tengo davvero a venire con voi!
- Tre figli dei Tre Pezzi Grossi in squadra…- borbottò Maggie – Mamma mia, siamo messi bene…
- Leila, ti prego!- cercai di assumere una faccia da cucciolo – Farò tutto quello che vorrai, ma, ti supplico, portami con te! Tanto, se non lo farai, io vi seguirò lo stesso, dovesse costarmi la vita! E’ importante, per me, davvero!
Notai una lieve incertezza negli occhi della bionda, ma Helen intervenne subito: - Ma dai, Leila, uno in più, che differenza fa? Starò io con lui, se necessario, ma non credo che Nico abbia bisogno della Baby-Sitter…
La guardai con riconoscenza, mentre Leila sospirò rassegnata: - Va bene, basta che non fai più storie. Trovati un equipaggiamento e cerca di non metterti nei casini.
- Oh, tranquilla, non ve ne pentirete!- risposi con un sorriso.
Maggie alzò gli occhi al cielo, anche se sembrava quasi divertita: - Ma roba da matti… beh, moccioso, dato che sei l’ultimo arrivato, vogliamo già assegnarti un piccolo compito- prese la bambina dalle braccia della sorella e me la porse senza troppi complimenti – Dovrai occuparti tu di Artemis, per il primo turno.
- Co-cosa?- presi in braccio la bambina con poca convinzione – Che significa?
- Significa che dobbiamo tenerla d’occhio a turno. Leila deve già condurre le Cacciatrici e sarà parecchio impegnata a trattenersi dallo scannare Talia… quindi, toccherà a noi tenere la piccola.
- Ma io non ho mai fatto il Baby-Sitter a nessuno!- protestai indignato – Non so cosa devo fare!
Maggie mi diede un buffetto sulla testa: - Per il momento, stà solo attento che non si teletrasporti da qualche parte… ogni tanto lo fa…
- Buono a sapersi- mormorai, dando un’occhiata alla bambina, che mi fissava con i grandi occhi azzurri spalancati.
Pensai che si mettesse a piangere, data la mia scarsa capacità di piacere alle persone, invece, dopo avermi studiato per un po’, mi sorrise.
- Come ti cami?
-Ehm… Nico - risposi un po’ titubante.
Lei mi sorrise di nuovo: - Ciao, Nico. Io mi camo Altemis.
- Ah… okay.
Perlomeno era una bambina socievole, ero io ad essere decisamente imbranato.
Maggie mi diede un pizzicotto sul mento, parlandomi con lo stesso tono con cui ci si rivolge ai poppanti: - E bravo il mio piccolo espansivo!
Arrossii fino alle orecchie, mentre Artemis rideva divertita e, mentre stavo per protestare, Maggie alzò lo sguardo: - Oh, bene, è già qui!
Mi voltai sorpreso, vedendo una strana ragazza avanzare verso di noi.
Dimostrava più o meno vent’un anni, aveva lunghi capelli neri leggermente arricciati, grandi occhi color verde acqua ed una carnagione pallidissima.
Indossava una specie di corsetto nero sopra ad una maglietta viola, dei pantaloni neri attillati ed un cinturone dalla fibbia argentata.
Leila la raggiunse con un sorriso, abbracciandola: - Morgan! Che bello rivederti!
La ragazza, che riconobbi come il Capo della Casa di Ecate, sorrise a sua volta, dando un’occhiata al gruppetto consistente di Cacciatrici: - Mi sembra che siate pronti a partire… sono arrivata giusto in tempo, come al solito…
Mi gettò una rapida occhiata e sembrò piuttosto sorpresa: - Oh, eccoti qua, Figlio di Ade! Ti stavi dimenticando questo!
Fece comparire dal nulla uno zaino nero, a cui era legato un fodero familiare.
Sostenni Artemis con un braccio, prendendo lo zaino con la mano libera: oltre alla mia spada, dentro allo zaino erano contenuti dei vestiti e un sacco di cose utili per un viaggio.
Fissai la ragazza ad occhi spalancati, balbettando sorpreso: - Ma… ma come…
Morgan mi strizzò l’occhio, facendo comparire anche una valigetta del Pronto Soccorso.
La diede a Maggie e sorrise maliziosa: - Da parte di Bella…
Maggie annuì, alzando gli occhi al cielo, poi le chiese: - Sei sicura che non sia un problema prestarcelo?
Morgan si sfilò dal collo uno strano medaglione, che aveva incastonata al centro una pietra viola, e glielo porse con un sorriso: - Figurati, ormai serve più a voi che a me… le regole le sai, Maggie, quindi sto tranquilla. In caso ci fossero problemi, contattatemi pure.
- Grazie, Morgan- rispose la Custode di Leila, indossando il ciondolo – Siamo in debito con te.
- Ah, non dirlo neanche per scherzo- rispose Morgan, strizzandole l’occhio – Sono felice di aiutarvi.
Posò una mano sulla spalla di Leila, con fare comprensivo: - Sono sicura che riuscirai a farlo tornare. Abbi fiducia in lui e in te stessa, Leila. Un amore forte come il vostro è difficile da trovare in giro.
La figlia di Artemide sorrise debolmente, annuendo: - Lo spero. Grazie ancora, Morgan.
La giovane strega la abbracciò, poi mi guardò con uno strano sorriso.
Per poco non lasciai la presa su Artemis, quando sentii la sua voce nella mia testa: “Fa attenzione, Figlio di Ade. Non tutto è come sembra…”
La fissai con gli occhi spalancati, ma il suo sguardo mi invitò a non parlare.
Le Cacciatrici si radunarono intorno a noi, imitate da Annabeth e Percy, e si presero per mano.
Helen mi si attaccò a un braccio, dato che non potevo mollare Artemis, e sorrise, mentre, con sommo disappunto, notai che l’altra a cui dovevo dare la mano era Maggie.
La ragazza mi fissò con aria divertita, mordendosi la lingua per non chiamarmi “Moccioso” per l’ennesima volta, e, mentre chiudevo il cerchio attaccandomi a lei, notai che il ciondolo aveva iniziato a brillare di una strana luce viola.
Non sapevo perché si divertisse tanto a prendermi in giro. Da quello che sapevo su di lei, Maggie non era affatto una ragazza espansiva e socievole.
Morgan fece un passo indietro, osservandoci con un sorriso, e Leila le strizzò l’occhio: - Saluta Argo da parte nostra!
- Sarà fatto- sorrise la strega.
Non appena fummo tutti sistemati, Maggie iniziò a recitare una strana formula in lingua greca:-Mi̱téra to̱n fasmáto̱n , eisákouse ti̱n prosef̱chí̱ mou!
La luce viola del ciondolo si fece più intensa.
- Las Vénkas.
Non appena l’ultima sillaba fu pronunciata, sentii un forte flusso di energia scorrere dentro il mio corpo.
Strinsi la presa attorno ad Artemis, sperando che non decidesse di teletrasportarsi proprio in quel momento, e, un istante dopo, venni risucchiato dentro uno strano vortice di energia.
Per un attimo, ebbi come la sensazione che i miei sensi si fossero annullati, e tutto ciò che riuscivo a percepire era il peso di Artemis sul mio braccio, la presa sicura di Helen sulla mia felpa e la mano di Maggie stretta nella mia.
La testa iniziò a girarmi e, per un attimo, credetti di svenire.
Chiusi gli occhi.
Lo stomaco mi si stava rivoltando come un calzino.
Poi, tutto cessò di colpo.
Sentii la rassicurante presenza del suolo sotto le mie scarpe e, un istante dopo, un insistente vociare di gente giunse alle mie orecchie.
Chissà perché, ancora prima di aprire gli occhi, capii che ci eravamo appena teletrasportati a Las Vegas.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ecco qua un nuovo capitolo!
Finalmente sono comparsi anche Percy e Annabeth, che saranno molto utili per i loro compagni in missione.
Abbiamo anche una nuova Profezia (mi scuso se la rima è patetica) in cui si dice chiaramente che solo uno, tra Leila e Nico, riuscirà a salvare la persona per cui ha intrapreso il viaggio.
Spero siano stati graditi il piccolo cameo di Rachel e la comparsa di Morgan :)
Beh, che dire? Fatemi sapere cosa ne pensate, spero tanto di riuscire a mettere un'immagine dei personaggi nei prossimi capitoli (non ho idea di come si faccia O.O)
Cercherò di aggiornare in fretta :)
Un bacio, Tinkerbell :)

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Capitolo 6
*** Leila - Il passato torna a perseguitarmi ***


- Leila -

Il cartello con su scritto: “Welcome to fabulous Las Vegas” lampeggiava visibilmente sopra le nostre teste, anche se eravamo in pieno giorno.
Diedi un’occhiata piuttosto rassegnata alle strade affollate ed all’interminabile schiera di casinò e hotel, e sospirai: - Benvenuti a Las Vegas, ragazzi.
La maggior parte delle Cacciatrici spalancò la bocca con un’espressione stupita sul volto, mentre Maggie sbuffò sonoramente: - Odio i posti caotici.
- Non me ne parlare- sospirai, scambiando un’occhiataccia con Talia.
Ogni volta che si presentava l’occasione, io e lei ci fulminavamo con lo sguardo.
Decisi di ignorarla, anche se le avrei volentieri mollato un ceffone sul viso, e diedi un’occhiata distratta al mio gruppo: - Bene, ci siamo tutti? Qualcuno è rimasto indietro?
Percy si guardò attorno, poi mi sorrise alzando il pollice: - Ci siamo tutti!
Annuii, anche se venni assalita da un orrendo dubbio: - Dov’è Artemis?
Prima che potessi aggiungere altro, Helen mi indicò Nico Di Angelo, che si guardava intorno con aria imbronciata, tenendo in braccio mia figlia.
Sorrisi e mi avvicinai: - Grazie, Nico, la tengo io per un po’.
- Non sarebbe meglio che ti occupassi solo delle Cacciatrici, per un po’?- osservò Maggie – Ho già stabilito dei turni per tenere la piccola, tu hai troppe cose per la testa.
- No, davvero, voglio tenerla io per un po’- risposi risoluta, prendendo in braccio Missy – Grazie, Nico.
Il ragazzino sembrò piuttosto sollevato e mi rispose con una semplice alzata di spalle.
Maggie mi posò una mano sulla spalla e sorrise lievemente: - Ti terrò lontana Faccia di Pigna.
- Grazie- mormorai con gratitudine, mentre Missy mi guardava stupita: - Pecchè zia Maggie tiene lontana Talia, mamma?
Alzai un sopracciglio con aria severa: - Tesoro, cosa ti ha detto la mamma riguardo alle parolacce? Si dice “Faccia di Pigna”, non “Talia”.
Missy arrossì, abbassando lo sguardo: - Scusa…
Sorrisi e la baciai sulla fronte.
Mi rivolsi poi ad Annabeth, che stava studiando la pianta della città: - Da dove pensi di partire?
Lei si guardò un po’ attorno, poi rispose: - Io suggerirei di raggiungere la Las Vegas Boulevard South, meglio nota come Las Vegas Strip – diede un’occhiataccia a Percy che tentava invano di trattenere una risata -  E’ la zona in cui è concentrato il maggior numero di hotel. Secondo me, in un luogo così affollato avremo più possibilità di trovare Luke e… sì, lo so, Percy, che la parola “Strip” ti fa ridere, però contieniti, per Zeus! Anche tu, Nico! E’ una faccenda seria!
Nico abbassò lo sguardo arrossendo, mentre il figlio di Poseidone annuì, senza smettere di sorridere: - Scusa, tesoro.
Annabeth lo fulminò, rendendosi conto di come avesse marcato apposta l’ultima parola, e cercò di ignorarlo: - Dicevo, qui ci troviamo nella Tropicana Avenue, per raggiungere la Las Vegas Str… Boulevard South, dobbiamo semplicemente proseguire dritti e poi girare a sinistra.
- Molto bene- risposi, rivolgendomi poi alle Cacciatrici – Proseguiamo dritti e poi a sinistra. Cercate di non perdervi.
Talia era visibilmente contrariata di essere messa così in disparte e questo contribuì a soddisfare parecchio la mia vena sadica.
Sentii Percy chiacchierare allegramente con Helen, raccontandole dell’ultima volta che era stato a Las Vegas, sottolineando in particolar modo l’esperienza al Casinò Lotus.
Nico si irrigidì, non appena sentì pronunciare il nome di quel posto, e si strinse nelle spalle, continuando a guardarsi attorno circospetto.
Il suo atteggiamento era davvero strano, molto più strano del solito.
Annabeth spiegò brevemente alle Cacciatrici alcune cose riguardo l’architettura della città, anche se non mi sembrava ci fosse molto da dire.
Arrivati in fondo alla via, comparve innanzi ai nostri occhi un’affollatissima strada, animata da vivaci colori, ai cui lati si trovavano un sacco di edifici dalle mille forme.
Maggie gemette alla vista di tutto quel caos, e, in effetti, nemmeno io riuscii a sentirmi a mio agio.
Serrai più forte le braccia attorno ad Artemis, che si guardava attorno incuriosita, e richiamai l’attenzione degli altri: - Bene, come vedete è impossibile spostare un gruppo numeroso come il nostro, perciò passeremo al Piano B. Quello che dobbiamo fare è raggiungere l’Hotel che ci ha prenotato Artemide. Quando saremo là, decideremo come dividerci per cercare Luke.
Fu una vera impresa condurre Cacciatrici e ragazzi del Campo in mezzo a quella folla.
Riuscimmo per miracolo a raggiungere il Caesars Palace, un gigantesco edificio costruito con uno stile che ricordava moltissimo quello dei palazzi romani.
Annabeth si illuminò solo a vederlo.
- Bene, eccoci qua.- sospirai, facendo una rapida conta delle Cacciatrici- Entriamo.
Credo che nessuno di noi riuscì a trattenere un fischio, quando varcammo la soglia d’entrata.
Il colore predominante della sala d’ingresso era l’oro, che contribuiva a creare un’atmosfera calda e antica allo stesso tempo.
Il salone d’ingresso era circolare, così come la fontana che si trovava al centro di esso e le decorazioni sul soffitto.
Annabeth si guardava intorno a bocca aperta, totalmente incapace di parlare.
Maggie si avvicinò al banco della Reception e scambiò due parole con il portinaio, un uomo dalla pelle ambrata vestito elegantemente.
Quello ci lanciò un’occhiata davvero insolita, ma si limitò a consegnare a Maggie un mazzo di chiavi.
La mia amica ci fece un cenno, così la seguimmo fino agli ascensori.
Non mi sorpresi quando Maggie mi disse che avevamo occupato un intero piano dell’hotel.
Non appena entrai nella mia camera, misi giù Artemis, che corse subito ad esplorare la nuova sistemazione, e mi buttai con un sospiro sul grande letto dalle lenzuola bianche.
Il soffitto sopra di me recava degli insoliti disegni a forma di mezzaluna.
- Avresti bisogno di riposo.
Maggie si sedette accanto a me, guardandomi con aria comprensiva.
Scossi la testa, alzandomi sui gomiti, e diedi una rapida occhiata a Missy che si teletrasportava qua e là: - Non c’è tempo per riposare! Ho condotto fin qua un gruppo enorme di semidèi, esponendoli a un sacco di rischi. So benissimo che anche in una città così affollata i mostri non hanno paura di agire. Dèi, forse avrei dovuto partire da sola!
- Non iniziare a fare così!- mi rimproverò lei – Noi siamo contenti di darti una mano. Leila, sei chiaramente stanca, stanotte non hai dormito. Che ne diresti di lasciare un po’ il comando a me, Annabeth, Percy e Faccia di Pigna?
- Maggie- sospirai – Come potrei mettermi a dormire e lasciarvi sgobbare in giro per la città? Mi stai chiedendo una cosa assurda.
- Un’ora di sonno almeno te la dovresti fare!- replicò lei – Che cosa vuoi che sia? Sappiamo com’è la tua situazione, nessuno avrà da ridire se proverai a riposarti per un po’.
Aprii la bocca per protestare: come poteva dirmi una cosa del genere? Perché avrei dovuto iniziare la missione in questo modo? Dormire? Non se ne parlava neanche!
Tuttavia, lo sguardo che mi lanciò Maggie non ammetteva repliche.
Sospirai debolmente, iniziando ad avvertire la stanchezza dovuta alle ore di sonno arretrato.
Missy mi si materializzò accanto, iniziando a saltare sul letto.
La guardai assorta, con un sorriso malinconico: - Io vorrei tanto che mia figlia potesse finalmente avere un padre… non riesco più ad aspettare…
Maggie mi accarezzò la testa e sorrise: - Lo so. Ma non riuscirai di sicuro a trovare Luke in queste condizioni. Se ti vedessi mi daresti ragione. Dammi retta: dormi un po’, poi, tra circa un’oretta, vengo a chiamarti, okay?
Notai che Missy, dopo aver saltato un po’, si era accucciata sul cuscino e si era messa a dormire.
Evidentemente, quelle giornate erano state stressanti anche per lei.
Sospirai e mi rivolsi a Maggie con un sussurro: - Non più di un’ora.
La mia amica annuì.
Mi abbracciò e si diresse velocemente verso l’uscita: - Ci vediamo tra un po’.
Facendo attenzione, alzai un po’ Missy, in modo da riuscire a sfilare la coperta da sotto di lei, poi, la riappoggiai sul cuscino, coprendola.
Non mi tolsi nemmeno la canotta e i pantaloncini che stavo indossando e mi infilai sotto le lenzuola, accarezzando la testa della piccola.
Chissà se Luke si era trovato un’altra ragazza, nella sua nuova vita? Chissà se la sua nuova identità era completamente diversa dalla precedente?
Cercai di scrollarmi di dosso quei pensieri dolorosi e chiusi gli occhi.
Mi resi conto, però, che dormire non era stata una buona idea.
 
Il rumore delle onde giunse alle mie orecchie, mentre aprivo gli occhi lentamente, ritrovandomi in un luogo decisamente familiare.
Sbattei le palpebre incredula, certa che quella fosse solamente un’illusione.
No, era tutto vero. Anzi, era solo un sogno.
Il sogno di un ricordo.
Mi trovavo a bordo della Principessa Andromeda, la nave su cui Luke aveva viaggiato per un bel po’ di tempo, da quando si era unito a Crono.
Qualcuno mi prese la mano e, voltandomi, mi ritrovai davanti a Maggie, che mi fissava con aria incoraggiante e protettiva.
La cosa strana, era che la Maggie che stavo guardando era più giovane di quella attuale: non dimostrava più di diciannove anni, i suoi capelli neri erano più lunghi e mossi ed il suo sguardo aveva un che di impaziente.
Eravamo sole, al centro di un salone deserto, e, solo quando vidi la data sul calendario, mi resi conto a che fatto risalisse il mio ricordo: era l’Otto Settembre di tre anni fa.
Io e Maggie eravamo salite da sole a bordo di quella nave maledetta, perché potessi parlare faccia a faccia con Luke.
Era pericoloso e stupido.
La nostra infiltrazione sarebbe dovuta servire a qualcosa di utile, come sventare i piani di Crono, ma, in quel momento, ero talmente sconvolta che non riuscivo a pensare ad altro che a ricevere una spiegazione.
Perché mi aveva abbandonata? Come aveva potuto farmi una cosa del genere?
Maggie mi strinse la mano, poi mi fissò con dolcezza: - Vado avanti io. Dobbiamo evitare brutti incontri, siamo fortunate che il mio naso funzioni meglio di quello di Grover…
Mi sentii un attimo confusa: perché dovevamo evitare i mostri?
Va bene, non era necessario combattere, però, anche se fosse successo, di sicuro saremmo riuscite a far fuori qualunque strana creatura che fosse stata così sciocca da attaccarci.
Tanto più ora, che Maggie aveva iniziato a controllare meglio la trasformazione, e riusciva quasi sempre a trasformarsi in lupo anche senza l’aiuto della luna piena.
Aprii la bocca per domandare, ma non ero padrona del mio corpo: dovevo seguire gli stessi movimenti della Leila di quel tempo e provare le sue stesse sensazioni.
Improvvisamente, un leggero capogiro mi fece ricordare del perché dovessimo evitare di combattere.
Seguii Maggie attraverso dei corridoi sempre più bui, fino a quando l’oscurità non mi avvolse completamente.
A quel punto, mentre iniziavo a pensare di non avere memoria di tutto quel buio, sentii delle voci familiari giungere alle mie orecchie.
Mi resi conto che tenevo gli occhi chiusi.
Li aprii.
Fu piuttosto scioccante l’immagine che mi ritrovai davanti: ero in una sala nautica, dove due persone si stavano fissando.
Uno dei due era Luke: alto, stupendo, con i capelli biondi che rilucevano sotto la luce del lampadario.
Indossava una maglietta bianca a maniche corte, che metteva in risalto i suoi bicipiti sviluppati, e dei jeans con uno strappo sul ginocchio.
Me lo ricordavo bene, indossava proprio quei vestiti quel giorno.
Quello che mi stupì di più, era che l’altra persona ero io!
Cercai di mettere bene a fuoco, ma non c’erano dubbi: stavo guardando la scena che avevo vissuto come se fossi stata uno spettatore davanti alla tv.
Facendo scorrere lo sguardo lungo la stanza, notai Maggie che ci fissava, appoggiata al muro della camera, con le braccia conserte e lo sguardo imbronciato.
Era evidente che, se avesse potuto, sarebbe saltata addosso a Luke e l’avrebbe fatto a pezzi nel giro di due secondi.
Non gli avrebbe mai perdonato di avermi fatta soffrire.
Il discorso che udii mi fece avvertire una fastidioso stretta allo stomaco.
- Non saresti dovuta venire- disse Luke con aria triste, tenendo lo sguardo fisso a terra.
Io (cioè la Leila del passato) lo fissai severamente: - Cos’è, non vuoi più vedermi ora che ti sei fatto nuovi amici?
- Leila, non è questo il punto.
Luke sospirò tristemente, senza avere la forza di guardarmi negli occhi: - Me ne sono andato perché mi sono reso conto che era la cosa migliore. Non ti rendi neanche conto dell’opportunità che mi è stata offerta! Ti avrei chiesto di seguirmi, ma so che non ti saresti mai sognata di fare una cosa del genere, anzi, avresti cercato di fermarmi…
- Certamente!- sbottai – E’ una pazzia! Non mi sarei mai aspettata un gesto così stupido da parte tua!
- Leila…
- Maledizione, Luke, ma ti sei visto? Se sei veramente convinto della tua scelta, perché adesso non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia?
Luke alzò gli occhi, specchiandosi nei miei.
Era chiaramente a disagio, ma non poteva permettersi di vacillare. Avrebbe perso credibilità.
- Leila, io non ti ho mai tradita.
Mi morsi il labbro, guardandolo con un’espressione a metà tra l’arrabbiato e il triste: - Lo so. Ma mi hai abbandonata.
- Non è vero!
- Te ne sei andato di punto in bianco, senza darmi una spiegazione. Non ti sei più fatto sentire né vedere, sono dovuta venire io a cercarti! Questo mi fa seriamente dubitare di tutto, di te e dei tuoi sentimenti…
- No, questo non puoi dirlo!- affermò lui, con un tono leggermente alterato ed il volto segnato dal dolore – Puoi dire qualunque cosa, ma non che i miei sentimenti per te fossero finti! Io ti amo, Leila, e non ho mai avuto un solo secondo di incertezza su questo! Non posso credere che tu pensi una cosa del genere!
- Come potrei credere il contrario?
Luke sembrava sul punto di esplodere.
- Non puoi pensare una cosa del genere! Non posso sopportare che tu sia davvero convinta delle tue parole!
Mentre diceva questo, mi afferrò per le spalle, mentre io, istintivamente, chiusi il pugno su un lembo della sua maglia, portando l’altra mano sui suoi capelli.
Maggie ringhiò con veemenza, pronta a balzargli addosso in caso avesse cercato di farmi del male.
Ma io sapevo che non avrebbe mai alzato un dito su di me.
Ci fissammo per un po’, ansimando, lui aveva gli occhi lucidi.
Allentò la presa sulle mie spalle, accarezzando la mia pelle con le dita.
Io aprii il pugno, facendo aderire bene il palmo della mia mano sul suo petto, mentre lasciavo scivolare l’altra dietro la sua nuca.
Appoggiò la fronte sulla mia, mentre chiudevo gli occhi assaporando il contatto.
Ricordo bene che, in quell’istante, pensai che non fosse cambiato niente.
Lui era ancora il mio Luke e niente avrebbe potuto distruggere quello che c’era tra noi.
Lui avvicinò le labbra alle mie, sfiorandole appena, ma, non appena mi toccò, abbassai subito il viso.
No, non era tutto come prima.
Lui si era unito alla causa di un pazzoide megalomane. Non potevo continuare come se niente fosse.
Luke sospirò, baciandomi il naso, e sussurrò appena: - Non sai quanto vorrei che le cose fossero diverse…
A quel punto, alzai finalmente lo sguardo: fu uno strano effetto vedere la mia espressione severa e stanca.
- Lo vorrei tanto anch’io. Ma non è possibile cambiare questa situazione. So che non tornerai mai sui tuoi passi…
- Perché sei venuta, allora?
Il suo tono di voce era dolce e confuso, tanto che mi venne voglia di abbracciarlo all’istante.
Non so come feci, quella volta, a trattenermi.
Mi guardai sospirare, con un nodo alla gola, mentre rispondevo con voce un po’ rotta: - Volevo parlarti. Volevo vederti e sentirti dire di persona quello che pensavi. E mi sembrava giusto farti sapere una cosa.
Luke mi guardò stranito, appoggiando le mani al mio viso ed iniziò ad accarezzarmi le guance con i pollici.
Gettai una rapida occhiata a Maggie, poi sospirai: - Sono incinta, Luke.
I suoi grandi occhi azzurri si spalancarono per lo stupore.
Per un attimo, il silenzio si impadronì della sala.
Luke era incerto, stupito, incapace di pronunciare una sola parola.
Poi, mormorò a fatica, tenendo lo sguardo fisso a terra: - Incinta…
Annuii seriamente: - Sì. L’ho scoperto subito dopo la tua partenza.
Lui restò in silenzio per un po’, sconvolto.
Infine, mi guardò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso: - Divento papà?
- In teoria sì- risposi un po’ fredda.
Luke mi accarezzò una guancia: - Hai intenzione di portare avanti la gravidanza?
Mi scostai da lui con un gesto di stizza: - Non dovrei farlo?
- Non è questo che dico…- abbassò lo sguardo – Il fatto è che… non hai ancora diciannove anni e… considerando che è mio…
- Che idiozie vai dicendo?- borbottai, addolcendo il tono – Se per quello, tu non hai ancora vent’anni, no? Non abortirò mai. Nemmeno se avessi avuto quindici anni l’avrei fatto.
Luke stava per aggiungere altro, quando venne interrotto da Maggie: - Leila, dobbiamo andare. Sento che inizia ad esserci del fermento sulla nave.
Annuii, allontanandomi in fretta da Luke, diretta verso l’uscita.
Mentre mi trovavo sulla soglia, Luke mi raggiunse: - Hey, aspetta un attimo.
Mi voltai con aria interrogativa, mentre lui mi sorrise appena: - Spero tanto di… di finire in fretta questa storia, così potrò starti vicino. Ma finchè sarò qui- il suo volto s’incupì – Lui non dovrà mai saperlo…
Sapevo che stava alludendo a Crono, e sapevo che, se lo psicopatico avesse saputo della creatura che portavo in grembo, avrebbe fatto di tutto per distruggerla.
Non poteva permettere a Luke di avere dei simili legami. Già io ero a rischio.
Annuii e feci per uscire, quando mi voltai lentamente, guardandolo con un mezzo sorriso: - Sai, il fatto che sia tuo… è una ragione in più per tenerlo…
Luke mi sorrise e, prima che me ne rendessi conto, mi stava già stringendo a sé, baciandomi appassionatamente.
- Ti amo, Baby…
La voce di Maggie giunse alle mie orecchie: - Leila! Muoviti dobbiamo andare! Leila!
I contorni della stanza si fecero sfuocati.
 
- Leila!
Aprii gli occhi di colpo, ritrovandomi nella stanza dell’albergo.
Maggie mi stava scuotendo gentilmente: - Svegliati, Leila, ti stiamo aspettando.
Sospirai, rendendomi conto di avere le guance bagnate.
Maggie aggrottò la fronte: - Hey, stai piangendo! Che cosa ti è successo?
Mi alzai a sedere, lasciandomi abbracciare: - Ho sognato il nostro incontro… quello sulla Principessa Andromeda… la prima volta che facemmo irruzione.
Maggie iniziò ad accarezzarmi la schiena con fare protettivo: - Mi dispiace… i sogni dei semidei sono sempre pesanti…
Mi voltai, vedendo Missy che mi guardava seria, seduta sul letto.
La presi in braccio e la strinsi forte.
- Cos’hai, mamma?
Cercai di trattenere le lacrime e sussurrai: - Niente, amore, davvero. Adesso andiamo a cercare papà…
- Sììì!- gridò lei, teletrasportandosi sulla soglia della stanza.
Mi lasciai sfuggire un sorriso e Maggie mi prese per mano: - Su, andiamo. Annabeth mi ha appena contattata e mi ha detto di aver notato degli strani fenomeni all’Hotel Paris Las Vegas…
 
***
Angolo dell’Autrice: Dopo un immenso ritardo, finalmente riesco a pubblicare anche questo capitolo.
Sentivo un po’ tanto la mancanza di Luke, quindi ho deciso di inserire, di tanto in tanto, dei Sogni-Ricordo, per fare vedere un po’ che cosa mi immagino sia successo nei quattro anni che seguirono la fuga di Luke dal Campo.
Ho scelto l'Otto Settembre come data perchè è il giorno del mio compleanno... ok, questo non interessa a nessuno.
Spero che il capitolo non sia stato noioso, cercherò di aggiornare il prima possibile.
Sono ancora indecisa se far raccontare il prossimo capitolo da Nico oppure di nuovo da Leila.
Dovrò vedere.
Grazie per aver letto, un bacio :)

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Capitolo 7
*** Nico - Una ragazzina ci salva dall'attacco di un gigante ***


-Nico-

- Nico, mi hai sentito?
La voce di Percy interruppe il mio sogno ad occhi aperti bruscamente.
- Eh?
Percy alzò gli occhi al cielo, con fare divertito: - Si può sapere su che pianeta ti trovavi? Hai ascoltato o no quello che ti ho detto?
Abbassai lo sguardo, arrossendo leggermente: - Io… scusa, Percy, ero distratto…
Il figlio di Poseidone soffocò una leggera risata, poi ripeté con un sorriso: - Ti ho chiesto se avevi voglia di fare uno spuntino in quel baretto laggiù. Mi ricordo che ci siamo fermati qualche anno fa con Annabeth e Grover e che facevano dei dolcetti buonissimi.
Gettai una rapida occhiata all’insegna colorata del bar ed annuii distrattamente: - Ah… okay.
- Non attardiamoci troppo, però- disse Helen con un sorriso – Dobbiamo sfruttare il fatto che sia giorno per ritrovare Luke… cercarlo stasera sarebbe un po’ impossibile, dato che la gente per strada sarebbe ancora più numerosa…
- Non riesco proprio ad immaginare come sia possibile…- commentò Percy, gettando un’occhiata alla folla che riempiva le strade.
Diedi un’alzata di spalle e mi limitai a seguirli, senza badare troppo a quello che stava dicendo Percy riguardo ad una cavolata che aveva fatto Grover durante la loro ultima visita a Las Vegas.
A dir la verità, era da quando eravamo arrivati che un pensiero fisso mi martellava la testa: quel medaglione magico sembrava davvero un ottimo modo per viaggiare velocemente e indisturbati… dato che non potevo viaggiare nell’ombra, quell’oggetto all’apparenza insignificante poteva rappresentare un mezzo davvero essenziale per la mia missione personale.
Se solo avessi trovato il modo di ottenerlo…
Percy mi batté la mano sulla spalla e mi indicò la lista dei dolci: - Okay, dimmi che cosa prendi, che intanto vado a ordinare.
- Ehm…- feci scorrere lo sguardo distrattamente sul menù e scelsi la prima cosa che mi venne in mente – Prendo… prendo un Donut al cioccolato…
- Va bene, Helen?
Lei rispose sorridendo: - Un Cup Cake rosa.
- Perfetto- Percy ci indicò un tavolino esterno a tre posti – Sedetevi là, arrivo subito.
Non so perché, mi sentii leggermente a disagio quando lei mi fissò sbattendo le lunghe ciglia: - Allora ci sediamo?
Arrossii un po’, abbassando lo sguardo: - Come vuoi…
Lei sorrise di nuovo, facendomi avvampare non appena fece scivolare la sua mano nella mia: - Vieni.
Mi lasciai cadere sulla sedia, con lo sguardo fisso sulla tovaglia rosa del tavolino.
Di sicuro avevo un’aria da suicidio non da poco e, in effetti, non mi sentivo granché in vena di mangiare dolci o dedicarmi ad attività piacevoli. Non riuscivo a fare a meno di sentirmi in colpa: dopotutto, ogni minuto passato a tergiversare poteva significare un minuto di sofferenza in più per Bianca.
Tuttavia, ammetto che mi sentii quasi dispiaciuto non appena la mano di Helen si staccò dalla mia.
I suoi grandi occhi nocciola mi fissarono amichevolmente: - A cosa stai pensando?
Una leggera morsa mi serrò lo stomaco: - Io… ehm… nulla, cioè… questa città la ricordavo molto diversamente… ma dopo tutti gli anni che sono passati dovrebbe essere normale…
Lei allargò il sorriso: - Come ti trovi nella nostra epoca?
- Bene- mi affrettai a rispondere – Cioè… è un po’ strana ma non mi dispiace…
Lei annuì, senza smettere di sorridere. Forse stava per aggiungere altro, ma fu interrotta dall’arrivo di Percy, che portava con aria trionfante un grande vassoio verde bottiglia: - Okay, ragazzi, ecco lo spuntino!
Presi il mio Donut quasi senza pensarci, gettando una rapida occhiata all’ordinazione di Percy: un waffle, un Cup Cake azzurro e un muffin ai mirtilli.
Helen diede un morso al suo Cup Cake dalla crema rosa ed osservò divertita: - Passare una settimana con Tyson e Grover ti ha fatto venire un appetito formidabile, eh, Percy?
Il mio amico sorrise, iniziando a mangiare il waffle con aria soddisfatta: - Diciamo che anche lo stress degli ultimi tempi mi ha fatto rendere conto di quanto sia piacevole mangiare in santa pace. Era da un sacco che non mi concedevo uno spuntino simile, anche perché quando giro con Annabeth lei non si ferma quasi mai nei bar… dice che mangiare non è tutto nella vita, però dire di no ad una pausa simile credo sia un po’ da tonti…
- Non farti sentire da lei a dire una cosa del genere- borbottai distratto, facendolo sorridere.
- Ah, no, mi pianterebbe di sicuro. Meglio tenersela buona, la mia Sapientona, in fondo, senza di lei sarei perso… ma non andateglielo a dire!
Io e Helen scuotemmo la testa, trattenendo un sorriso: - Tranquillo, il tuo segreto è al sicuro con noi- rispose lei allegramente.
Mi guardai un po’ intorno, mentre il piacevole sapore di ciambella al cioccolato mi riempiva la bocca.
I passanti si fermavano di tanto in tanto a leggere il menù, alcuni entravano nel bar.
Era divertente pensare che fossero ignari del fatto di trovarsi così vicini a due semidèi ed un licantropo femmina.
Magari, in mezzo a quella folla, poteva trovarsi un altro semidio, oppure, Zeus non voglia, un mostro alla ricerca di mezzosangue da eliminare.
Mi concentrai sulla mia ciambella, cercando di non pensare a quello che poteva succedere a Bianca in quel momento, così, non mi accorsi che Helen era diventata improvvisamente seria e sospettosa.
Fu la voce preoccupata di Percy a scuotermi dai miei pensieri: - Ellie, va tutto bene?
Lei si guardò intorno con gli occhi socchiusi, poi, uno strano ronzio giunse alle mie orecchie e, prima che potessi rendermene conto, fui sbalzato in aria da qualcosa.
Sbattei violentemente contro l’asfalto stradale, mentre le grida dei passanti attorno a me mi risuonavano nella testa.
Il sapore sgradevole del sangue mi salì in bocca. Qualcuno gridò il mio nome.
Aprii gli occhi, cercando di mettere a fuoco cosa stesse succedendo.
Una specie di armadio in impermeabile alzò un’auto sopra la propria testa, scagliandola lontano contro un palo della luce.
Vidi Percy sguainare Vortice, mentre Helen si metteva in posizione di difesa, ringhiando.
Mi rialzai a fatica, cercando di non venire investito dalla folla in fuga, ed avanzai verso il tavolino dove avevo lasciato il mio zaino insieme alla mia spada.
Purtroppo per me, il gigante si voltò, fissandomi malevolo con il suo grande unico occhio verde scuro.
- Fantastico, un ciclope selvaggio- pensai, cercando di raggiungere lo zaino il più in fretta possibile.
Il bestione – che non ricordava affatto l’amichevole Tyson – ruggì, facendo un passo verso di me.
- Nico!
Helen balzò al collo dell’enorme creatura, affondando i denti nella carne dal brutto colorito grigiastro.
Il ciclope urlò di dolore, cercando goffamente di scrollarsela di dosso e di afferrarla con le enormi mani, ma, per fortuna, Helen era abbastanza piccola da sfuggire alla sua presa mortale.
Sfoderai la mia spada e mi avvicinai minaccioso a lui: - Helen spostati!
Il ciclope indietreggiò con un’espressione di stupore e paura alla vista della lama forgiata con il ferro dello Stige, ed Helen saltò giù dalla sua schiena con un movimento aggraziato.
Percy ne approfittò della distrazione dell’avversario per piantargli Vortice nel polpaccio: - Eccoti servito, grosso idiota maleodorante!
- Percy, attento!
Il mio amico fece appena in tempo ad estrarre Vortice dal polpaccio del mostro che quello, furioso, gli diede una manata in pieno volto, facendolo volare contro i tavolini del bar.
- Percy!
Helen provò a correre verso di lui, ma il ciclope le si parò davanti, pronto a colpirla con un pugno.
- No!
Uno strano furore si impadronì di me, mentre lanciavo la spada contro il pugno chiuso del mostro, mandandola a conficcarsi proprio sul dorso della sua grossa mano callosa.
Il ciclope cadde all’indietro, schiantandosi contro un camion parcheggiato là vicino, mentre la lama dello Stige risucchiava la sua essenza, facendolo disintegrare all’istante.
Helen si voltò a fissarmi con una strana e dolce espressione: - Nico…
Sembrava sorpresa da quello che avevo fatto e, in effetti, lo ero anch’io.
Non so davvero cosa mi avesse preso in quel momento, l’unico pensiero che mi assillava era il fatto che non sarei riuscito a sopportare che lei venisse ferita.
Percy si alzò un po’ intontito da dietro i tavolini rovesciati, commentando sarcasticamente: - Tranquilli, non preoccupatevi per me… mi sono solamente procurato qualche ematoma qua e là…
- Oh, scusami Percy!- esclamò Helen, correndo verso di lui – Tutto bene?
Lui sorrise con aria rassicurante: - Tranquilla, tutto a posto. La mia era una battuta, d'altronde, non sono mica invulnerabile per niente…
Scossi la testa, raccogliendo la mia spada, ripulendola dal sangue del ciclope, quando uno strano senso di inquietudine mi pervase.
I cittadini stavano incominciando ad uscire dai propri nascondigli, quando un ruggito rabbioso li fece gridare e scappare di nuovo.
Un tombino schizzò in aria a pochi metri da me, mandando in mille pezzi la vetrina di un negozio.
Feci appena in tempo a raggiungere i miei amici che un’imponente figura uscì dal tombino esploso, guardandosi intorno con fare minaccioso.
- Fantastico- borbottai sarcastico – Prima un ciclope e adesso un lestrigone gigante…
- Un lestrigone che, a quanto pare, ha visto il film It- scherzò Percy, beccandosi un’occhiataccia – Okay, okay, cercavo solo di sdrammatizzare…
Il mostro, almeno dieci volte più grande dei suoi simili, ci fissò con un ghigno, la sua pelle rossastra creava un brutto contrasto con il grigio dell’asfalto: - Bene bene bene- grugnì soddisfatto – Guarda che bel pranzetto abbiamo qui… una gustosa coppia di semidèi!
Helen ringhiò minacciosa, anche se, in confronto al ringhio di Maggie, non faceva poi così tanta paura. Il lestrigone la fissò con sufficienza: - Fatti da parte, licantropo, dovresti stare dalla nostra parte!
- Dalla loro parte?- ripetei stupito – Ma di che cosa sta parlando?
- Le creature della notte dovrebbero essere in buoni rapporti con il nostro mandante- ghignò il mostro – perché non sbrani i due semidèi, invece che proteggerli?
In tutta risposta, Helen ringhiò più forte: - Toccali e sei morto!
- Peccato.
Il bestione staccò un lampione dal marciapiede e caricò il braccio per lanciarcelo addosso.
Prima che avessimo il tempo di reagire, Helen balzò fulminea verso di lui, affondando le zanne nel collo del lestrigone, così come aveva fatto col ciclope prima.
Tuttavia, il bestione sembrava molto meno impedito del suo compagno, e si strinse le mani alla gola, cercando di schiacciarla.
Un guaito piuttosto acuto giunse alle nostre orecchie.
- Helen!
Io e Percy ci lanciammo verso il mostro a spade sguainate, mentre una sensazione di orrore si impadroniva di me.
Il guaito di Helen risuonava ancora nelle mie orecchie.
Percy arrivò per primo, compiendo un grosso salto e affondando Vortice nel polso del lestrigone.
Il bestione gridò di dolore, scostandosi la mano dal collo.
- Helen!
Lei si voltò verso di me, sempre attaccata alla pelle del mostro con le unghie. Fu un sollievo constatare che, almeno all’apparenza, era ancora illesa.
Percy si arrampicò sulla testa del mostro, gridando a Helen di spostarsi, mentre cercava di piantare la spada in uno degli occhi del gigante.
Helen si diede lo slancio e compì un grande balzo, venendo, però, colpita dalla mano del lestrigone mentre era ancora in volo.
Schizzò verso di me come un proiettile, centrandomi in pieno e facendomi fare un bel volo di parecchi metri.
Avvertii una forte fitta alla spalla destra, mentre la testa iniziava a girarmi forte.
La mia spada era volata a qualche metro da me e le uniche cose che percepivo erano l’asfalto duro sotto di me ed uno strano peso che mi gravava sul petto.
Aprii gli occhi, ansimando a fatica e provai a mettere a fuoco il cielo sopra di me.
Sentivo le urla e le imprecazioni di Percy ed i ruggiti del lestrigone, che però giungevano al mio orecchio in modo piuttosto ovattato.
Sbattei forte le palpebre, ignorando il dolore alla spalla e l’odore di sangue fresco, e, finalmente, riuscii a capire che la mia vista era annebbiata da dei morbidi fili scuri che mi solleticavano piacevolmente il viso.
Capelli. Erano sicuramente capelli.
Il peso sul mio petto si mosse e solo allora realizzai la situazione.
Mi ritrovai ad un centimetro dal viso di Helen, che era completamente stesa sopra di me e mi fissava stranita.
Avvertii le sue forme morbide premute contro il mio corpo e, di colpo, mi sentii avvampare.
Helen sbatté le palpebre e mi fissò incredula: - N-Nico?
- Ehm…
Entrambi arrossimmo di brutto, in particolar modo quando sentimmo Percy gridare: - Invece che stare là a farvi gli occhi dolci, potreste venire a darmi una mano?
Helen si rialzò immediatamente ed io provai ad imitarla, anche se la fitta alla spalla mi pietrificò all’istante.
La ragazza si inginocchiò accanto a me con aria preoccupata: - Sei ferito!
Strinsi i denti, scuotendo la testa: - Sto… sto bene… vai ad aiutare Percy…
Vidi il suo volto scorrere da me a Percy, con aria visibilmente indecisa, poi, si alzò e corse verso di lui.
Con lo sguardo, iniziai a cercare la mia spada, vedendo che si era impiantata in una cassetta delle lettere.
- Maledizione…
Provai a strisciare verso la spada, imprecando pesantemente: - La gamba è appena guarita… e adesso mi faccio male alla spalla… maledizione…
Avevo quasi raggiunto la cassetta postale, quando Percy mi volò sopra la testa, mancandomi di un soffio.
Mi voltai, vedendo il lestrigone che aveva serrato una mano attorno ad Helen, cercando nuovamente di stritolarla.
Non sarei arrivato in tempo, non potevo salvarla…
La disperazione iniziò ad impossessarsi di me, mentre cercavo, con la mano sinistra, di staccare la spada dalla cassetta postale.
Il volto di Helen si fece pallido.
Poi, all’improvviso, successe qualcosa di strano.
Il gigante lanciò un urlo di dolore, poi, barcollò, lasciando cadere Helen a terra e contorcendosi scompostamente.
Un altro urlo, poi, il lestrigone si sgretolò velocemente.
Lasciai perdere la spada e, stringendomi la spalla dolorante, corsi verso Helen, che si stava rialzando un po’ intontita.
Accanto a lei, una ragazzina sui dieci, massimo undici anni fissava la macchia scura lasciata sulla strada dal sangue del lestrigone, rigirandosi un coltello di bronzo celeste nella mano.
Mi inginocchiai accanto alla mia amica, alzandola con il braccio sinistro, con una strana ansia che cresceva nel petto: - Helen! Stai bene?
Lei mi sorrise, con quel suo sorriso dolce e meraviglioso, appoggiando la testa sulla mia spalla sana: - Sono un licantropo… ci vuole ben altro per eliminarmi…
Sospirai di sollievo, senza riuscire a spiegarmi la strana sensazione che stavo provando, e quasi mi dimenticai della ragazzina che ci aveva salvati, se non fosse stato per Percy che le disse con tono meravigliato: - Hey, grazie mille! Il tuo aiuto è stato provvidenziale.
Alzai lo sguardo verso di lei, senza smettere di tenere Helen appoggiata a me.
Era una ragazzina piuttosto minuta, con il fisico che mi ricordava tanto quello di un folletto.
Aveva i capelli corti, di un singolare colore castano rossiccio, grandi occhi azzurri e sottili sopracciglia arcuate di colore scuro. Vestiva in modo sportivo, – top bianco, pantaloncini neri e scarpe da tennis- aveva una carnagione piuttosto chiara e lineamenti elfici che mi sembravano decisamente famigliari. La cosa che mi colpì di più, però, fu la strana aura di potere che emanava.
Ci fissò, piegando le labbra rosate in un sorriso scaltro e ripose il pugnale nel fodero che pendeva al suo fianco sinistro: - Bene, direi appena in tempo. Queste mostri iniziano a diventare un vero problema, non hanno nemmeno la decenza di apparire in posti meno affollati.
Aveva una voce piuttosto acuta e squillante, dal tono leggermente esotico.
Percy la guardò ammirato, tendendole la mano: - Beh, credo che un grazie sia d’obbligo. Devo supporre che tu sia una semidea come noi, dato il pugnale che maneggi… comunque piacere, io sono…
- Percy Jackson!- esclamò lei, illuminandosi – Ti conosco già!
- Oh, davvero?- balbettò Percy stupito, mentre lei gli stringeva calorosamente la mano – E tu… saresti?
Il sorriso furbo della ragazzina si allargò ulteriormente: - Potete chiamarmi Moira Luck.
 
***
Angolo dell’Autrice: Finalmente riesco a pubblicare il nuovo capitolo, anche se è un po’ corto.
Inizialmente non avevo ispirazione, poi ho iniziato e si è praticamente scritto da sé.
Con Percy in vena di battute e Nico e Helen che si stanno avvicinando sempre di più, ho cercato di dare un tono meno tragico a questo capitolo.
La situazione era un po’ troppo tranquilla, perciò ho deciso di mettere un po’ di mostri a rompere le palle. Ma chissà chi li avrà mandati? E chi è in realtà la misteriosa ragazzina?
Spero di aggiornare presto, grazie per aver letto.
Un bacio :)
 Ps: ogni riferimento a pasticcini presente nel testo è puramente casuale ;)  


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Capitolo 8
*** Leila - Ritrovo il mio Idiota ancora più idiota di prima ***


-Leila-

Anche senza entrare dentro l’Hotel Paris, si poteva benissimo vedere che qualcosa non andava.
Un’orda di persone continuava a fuggire dalla porta d’ingresso, urlando e travolgendo i malcapitati portinai.
Mi attaccai la balestra al braccio e mi voltai verso Maggie: - Entro per prima, spero solo di non rimanere vittima della folla. Trova il gruppo di Phoebe e affida Missy a loro. Ci vediamo tra poco.
Maggie annuì, prendendo in braccio mia figlia, e, non appena riuscii a trovare un varco, mi infiltrai in mezzo a quell’orda scatenata di persone, riuscendo per miracolo ad entrare nell’hotel.
Devo ammettere che sarebbe stato carino, con quelle luci soffuse e l’atmosfera romantica, se non fosse stato per la miriade di mortali terrorizzati che scappavano qua e là, per i mobili danneggiati e per i pezzi di lampadario che crollavano a terra come pioggia.
Ah, e, naturalmente, per quella specie di orrendo dragone nero con nove teste che sibilavano furiose contemporaneamente.
- Ci mancava l’Idra- borbottai, incoccando la prima freccia.
Il mio sguardo fu immediatamente catturato da una grande torcia al centro della sala, che, grazie a chissà quale effetto speciale, rendeva la fiamma a forma di cuore.
Mi avvicinai di corsa, cercando di non urtare qualche mortale impazzito, e toccai le fiamme danzanti con la punta della freccia.
Era fatta di un materiale speciale, così prese fuoco all’istante.
Presi la mira e feci scattare il meccanismo. La freccia si impiantò in un occhio della testa centrale del mostro, che in quel momento stava per distruggere una bellissima fontana con la statua di Cupido al centro.
L’Idra lanciò un mostruoso ruggito di dolore e, mentre la testa centrale andava in fiamme, le altre otto iniziarono a cercare affannosamente l’autore di un affronto così sconsiderato.
- Hey brutto idiota, sono qui!- gridai, facendo prendere fuoco ad una seconda freccia.
L’Idra sibilò furioso, lasciando perdere la statua e spostandosi verso di me, scivolando con le zampe artigliate sul pavimento lucidato.
Una delle teste a sinistra scattò in avanti con le fauci spalancate, dandomi modo di centrarlo in gola.
Questa volta, non fu solo la testa a prendere fuoco, ma anche il lungo collo a cui essa era attaccata.
Stavo per dare fuoco alla terza punta di freccia, quando una delle teste chiuse le fauci ad un soffio dal mio fianco.
Balzai di lato, atterrando in piedi sul bancone della Reception, spaventando a morte il fattorino che stava nascosto lì dietro.
Udii un ringhio e, voltandomi, vidi Maggie che avanzava minacciosa verso l’Idra.
Il suo volto iniziò ad assumere dei lineamenti canini, mentre i denti e le unghie crescevano rapidamente. Gli occhi scuri diventarono argento e, piano piano, una fitta peluria grigia iniziò a ricoprire il suo corpo.
La testa più esterna dell’Idra a destra scattò verso di Maggie, che non aspettava altro.
Compì un incredibile salto e, mentre era ancora in volo, il suo corpo si trasformò completamente, facendole assumere l’aspetto di un gigantesco lupo grigio.
Atterrò sul collo del mostro e lo usò come trampolino per balzare verso una delle teste più centrali.
Ora che l’Idra era distratto potevo approfittarne per attaccare.
Infiammai di nuovo la punta della terza freccia e la scagliai contro la testa più vicina.
L’Idra stava impazzendo: da una parte aveva un lupo che balzava da una testa all’altra, facendo attorcigliare tra di loro i colli; dall’altra aveva una fastidiosa semidea che lo bersagliava di dardi infuocati. Già tre teste su nove erano fuori uso.
Stavo già per caricare la quarta freccia, quando un rumore sospetto mi distrasse, facendomi voltare.
Una strana sensazione si impadronì di me.
Nascosto dietro un vaso, un ragazzo biondo stava osservando la scena con gli occhi spalancati.
Aguzzai la vista e, per un secondo, il respiro mi si bloccò.
Luke!
Non potevo crederci, quel ragazzo era proprio Luke!
Sentii le gambe cedermi di colpo e, mentre stavo per fare un passo verso di lui, qualcosa mi fece volare via la balestra dal braccio.
Maggie ringhiò, ma mi accorsi troppo tardi della grossa zampa artigliata che veniva verso di me.
Mi colpì forte.
Feci un volo di parecchi metri, atterrando pesantemente sul pavimento freddo e lucido dell’hotel.
Il colpo bastò a farmi perdere conoscenza e, in un attimo, mi ritrovai a vagare indietro nel tempo ancora una volta.
La cotre oscura che mi offuscava la vista si dissolse. Mi trovavo in un luogo familiare…
 
- Leila, sei sicura che non ti serva nulla?
Aprii gli occhi di scatto, mettendo a fuoco il salotto di casa mia.
Ero seduta sul divano, fissando un punto indefinito davanti a me, quando la voce di Maggie mi scosse all’improvviso: - Vuoi che ti porti qualcos’altro?
Ci volle un po’ per riprendermi, ma alla fine risposi: - No, sono a posto così, grazie.
Maggie si sedette accanto a me e mi sorrise.
Era di nuovo la Maggie diciannovenne, quella con i capelli lunghi fino alla vita e lo sguardo più sereno.
Abbassai lo sguardo per un attimo, restando sorpresa dal rigonfiamento che si notava a livello del mio addome. Ma poi, ricordai che mi trovavo in un sogno e che dovevo seguire i movimenti e le parole della Leila di tre anni prima.
La Leila scaricata e incinta.
Maggie posò la mano sul mio ventre e mi guardò con dolcezza: - Per fortuna abbiamo lei, vero?
- Sì- risposi annuendo – Per fortuna.
Maggie allargò il sorriso, poi si alzò lentamente: - Se non ti serve altro allora torno a casa. Chiamami se hai bisogno, d’accordo?
- D’accordo – sorrisi.
Maggie mi posò un bacio sulla fronte e si allontanò a grandi passi verso l’uscita.
Appoggiai la testa su uno dei cuscini, portando d’istinto una mano al ventre non appena sentii un movimento venire dall’interno.
- La mia bambina…- mormorai.
Non appena avevo scoperto di essere incinta una tremenda angoscia si era impadronita di me.
Luke se n’era appena andato, senza nemmeno darmi una spiegazione, ed io mi vedevo già alla stregua di tutte le mamme single e depresse che spesso erano protagoniste dei programmi di Real Time.
Ma per fortuna, Maggie non mi aveva abbandonata. In quei mesi si stava prendendo cura di me esattamente come avrebbe dovuto fare Luke. Sono sicura che, se solo gliel’avessi chiesto, lei avrebbe addirittura accettato di fare da padre a mia figlia.
Grazie a lei e papà ero riuscita ad accettare la situazione e ad andare avanti.
Chiusi gli occhi e, cullata da pensieri rassicuranti, mi addormentai.
Non ricordo quanto riuscii a dormire: qualcuno mi accarezzò la guancia, facendomi svegliare.
Era un tocco delicato, che ben conoscevo.
Aprii gli occhi, cercando di mettere bene a fuoco la stanza e, per un attimo, fui tentata di gridare un’eresia nei confronti di Zeus: Luke era seduto accanto a me, mi accarezzava la guancia dolcemente, con la stessa delicatezza che usava quando eravamo ancora al Campo.
Sorrideva.
Mi misi a sedere un po’ a fatica, specchiandomi nei suoi occhi azzurri.
La cicatrice sul suo volto si piegò, come succedeva ogni volta che sorrideva: - Ciao, Baby.
Arrossii vivacemente, ma non riuscii a nascondere le mie emozioni contrastanti: - Cosa cavolo ci fai qui?
Luke posò la mano sulla mia, trattenendo una risata alla vista della mia espressione sorpresa: - Era da tanto che non ci vedevamo… sentivo la tua mancanza… e poi, oggi è un giorno speciale, non trovi?
Feci un rapido conto mentale dei giorni, poi gettai un’occhiata al calendario: era il Diciotto Novembre.
- Oh, giusto…- mormorai – Tanti Auguri…
Luke allargò il sorriso, sistemandosi più vicino a me: - Te ne sei ricordata, eh?
Alzai gli occhi al cielo, mentre lui appoggiava le labbra sul mio collo: - Non si scorda mai il compleanno di un idiota… specie se l’idiota in questione è il tuo ragazzo…
Luke si lasciò sfuggire una risatina, ma io gli tappai la bocca con la mano: - Shht, non svegliare papà!
- Oh, scusa…- balbettò lui, senza smettere di sorridere – Immagino che non sarebbe molto contento di trovarmi qui…
Alzai gli occhi al cielo: - Beh, diciamo che non ha fatto i salti di gioia all’inizio: sono partita da casa fidanzata e felice e gli sono ritornata tre mesi dopo sola e incinta. Non ha mai inveito contro di te, almeno non tanto quanto Maggie, però non sono sicura che ti accoglierebbe a braccia aperte.
Luke rise di nuovo, poi posò lo sguardo sul mio addome: - E qui come procede?
Alzai le spalle, con un mezzo sorriso: - Per ora bene. Ne abbiamo fatti di progressi dall’ultima volta che ci siamo visti.
Luke pareva indeciso, come se non sapesse bene cosa fare. Allungò un po’ la mano, sfiorando la mia pancia con le dita, fermandosi non appena i suoi polpastrelli entrarono in contatto con la mia felpa grigia.
Gli sfiorai il polso con la mano, per fargli prendere coraggio e lui, finalmente, riuscì ad appoggiare interamente il palmo sul mio addome. 
Ebbe una specie di sussulto non appena sentì il primo movimento della piccola, ma non tolse la mano, e mi guardò con un sorriso quasi timido: - Si… si sa se è un maschio o una femmina?
- E’ una femmina- risposi – L’ho saputo il mese scorso.
- Capisco.
Luke restò fermo per un po’, poi posò anche l’altra mano, il suo volto era un insieme di emozioni.
Si chinò appena, poggiando l’orecchio contro la mia pancia e chiudendo gli occhi.
Forse era una mia impressione, ma la bimba non si era mai mossa così tanto prima di allora.
Posai la mano tra i capelli biondi di Luke, accarezzandoglieli distrattamente, mentre il mio cuore accelerò il battito non appena lo sentii sussurrare delle parole rivolte alla bambina: - Ciao, amore mio… non credo che ti ricordi di me… l’unica volta che ci siamo visti eri ancora tanto piccola… però io ti voglio bene… ti amo tanto, amore… papà ti vuole tanto bene… e vorrei tanto avervi vicine…
Le lacrime iniziarono a scorrermi lungo le guance, senza che potessi fare nulla per trattenerle.
- Luke…- sospirai – Come puoi farmi questo?
Lui posò un bacio sul mio ventre, poi si alzò lentamente e mi fissò negli occhi. Faceva male e faceva bene. Ero felice che fosse con me, ma sapevo anche che non sarebbe durato.
Mi accarezzò il mento con il pollice, avvicinandosi piano al mio viso.
Le sue labbra toccarono rapidamente le mie, senza che potessi fare nulla per oppormi.
- Amore- sussurrò contro la mia bocca – Credimi, vorrei che quest’istante durasse per sempre…
- A chi lo dici- risposi, quasi senza respiro.
Sentii la sua mano scorrere lungo la curva del mio addome, con una carezza protettiva, e, quasi senza pensarci, affondai le mani tra i suoi capelli, premendo forte le labbra contro le sue.
Oh dèi, non l’avrei fatto andare via tanto presto!
Quel ricordo era davvero molto piacevole e fui veramente grata alla Me del passato di aver messo da parte l’orgoglio ed aver fatto durare quel momento meraviglioso.
Non appena staccammo le labbra, Luke mi abbracciò, affondando il viso nei miei capelli: - Mi manchi, amore… mi manchi da impazzire…
Ignorai il groppo alla gola che mi stava tormentando e mormorai: - Anche tu… molto più di quanto pensi…
Sentii la sua mano posarsi di nuovo sul mio ventre e, esattamente come prima, i movimenti della piccola si fecero più insistenti. Sembrava quasi che percepisse suo padre.
Luke sorrise e mormorò con voce un po’ rotta per l’emozione: - Questo è il più bel regalo di compleanno che potessi desiderare – mi guardò con amore – Quando nasce?
- A Marzo- risposi – Attorno alla seconda settimana…
Luke annuì, accarezzandomi la guancia: - Hai paura, amore?
Restai un attimo in silenzio, poiché non mi ero mai posta una simile domanda, poi scossi la testa: - So già che farà male. Non è del dolore fisico che ho paura.
Luke si morse le labbra, sapendo già quello che stavo per dire.
- Quello che mi fa più paura- continuai – E’ il fatto di non averti accanto a me. Il pensiero che non potrai stringermi la mano durante il parto, il pensiero che nostra figlia crescerà senza un padre…- gli accarezzai una guancia, costringendolo a guardarmi negli occhi – Io ho paura ogni giorno, Luke. Ho paura di quel che dovrò dire alla bambina quando mi chiederà di te. Ho paura dei pericoli a cui andrà incontro per via delle sue origini. Ho paura per te, perché non so mai cosa stai facendo, se sei in pericolo, se hai bisogno di aiuto…- serrai una mano attorno alla sua – Metti a rischio la tua vita ogni giorno… ed io ho paura di perderti definitivamente.
Luke abbassò lo sguardo sospirando, una lacrima scese lungo la sua guancia.
Mi pentii un po’ di aver detto una cosa simile, ma non volevo mentirgli.
Gli posai una mano sul braccio, accarezzandolo leggermente. Per alcuni attimi, il silenzio regnò sovrano.
Poi, Luke alzò lo sguardo, abbozzando un timido sorriso: - Non… non devi avere paura per me, amore… Lui non mi farà nulla… Lui ha bisogno di me…
- Per ora- lo interruppi – Ma cosa succederà quando non gli servirai più? Cosa succederà se scoprirà che hai una figlia? Senza contare che l’intero Campo è sulle tue tracce, per non parlare degli dèi…
- Gli dèi non mi spaventano- affermò lui, risoluto – Nemmeno Poseidone può rintracciare la Principessa Andromeda. E poi, non penso che mio padre permetterà loro di farmi del male…- si morse la lingua, dopo una simile affermazione e cercò di correggersi – Insomma… di sicuro non rinuncerà a fare lo Splendido e fingerà che gli importi qualcosa di me…
Decisi di non replicare e lo fissai severamente: - Mia madre desidera rintracciarti più di ogni altra cosa. Non è Poseidone che devi temere Luke, né Zeus, né Ade. Quella di cui dovresti avere più paura è lei. Non ti ha ancora perdonato il fatto di averle fatto perdere l’occasione di avere sua figlia tra le Cacciatrici… a lei non importerà del giudizio di Ermes o della sua volontà di salvarti. Ti ucciderà non appena riuscirà a trovarti. E in modi poco piacevoli.
Luke alzò gli occhi al cielo, con aria quasi divertita: - Dèi quante storie per un paio di scopatine…- si accorse che lo stavo fulminando con lo sguardo e cercò di correggersi, trattenendo a stento una risata – Cioè, per aver espresso i nostri sentimenti nella piacevole arte del…
- Piantala- lo interruppi, cercando di non ridere – Sei sempre il solito maniaco…
Luke rise e mi abbracciò, facendomi appoggiare la testa alla sua spalla: - E tu sei sempre la solita dolce, sexy e adorabile ragazza che è stata capace di innamorarsi di un maniaco come me…
- Idiota…- sussurrai.
Mi baciò di nuovo e restò con me fino a che non mi addormentai, nel momento in cui mi sussurrava: - Ti amo.
Al mio risveglio, lui non c’era già più. Una voce mi chiamò da lontano…
 
La luce che mi abbagliò non appena aprii gli occhi fu piuttosto fastidiosa.
Misi a fuoco faticosamente l’ambiente circostante, mentre una fitta alla testa mi fece venire la nausea.
- Ok, sta rinvenendo… Leila, mi senti?
Mi scossi definitivamente, ritrovandomi a fissare il volto preoccupato di Maggie.
- Ma-Maggie? Che cosa cavolo…
La mia amica tirò un sospiro di sollievo, aiutandomi piano a mettermi seduta: - Sei rimasta priva di sensi per mezz’ora… mi hai fatto prendere un colpo.
Mi guardai attorno e vidi che oltre a lei c’erano Percy, Helen, Nico ed una ragazzina che non conoscevo.
- Dov’è l’Idra?- bofonchiai, notando l’assenza del bestione rettiloide.
Maggie alzò le spalle con un sorriso: - E’ andato via. Non so perché, ma, mentre stavamo combattendo, c’è stata una forte scossa e una voce ha iniziato a rimbombare per la stanza, in una lingua che non conoscevo. L’Idra si è subito fermato ed è fuggito da una delle finestre che danno sul giardino. Ho provato a seguirlo, ma è sparito nel giro di mezzo secondo.
Annuii, senza avere la forza di fare altre domande e gettai uno sguardo ai miei amici.
Erano piuttosto malridotti: Percy aveva i vestiti strappati ed un brutto livido sul viso e Nico, oltre ad avere le vesti logore, sanguinava da una spalla.
Helen aveva stretto uno dei suoi fazzoletti attorno alla ferita per fermare il flusso vermiglio e, nonostante fosse anche lei piena di graffi e lividi, continuava ad occuparsi di lui in modo quasi esagerato.
Gettai uno sguardo interrogativo alla ragazzina che li accompagnava, domandandomi perché il suo volto mi sembrasse vagamente familiare.
- Lei è Moira- annunciò Percy – Ci ha aiutati a battere un ciclope assatanato che ci ha attaccati poco fa, proprio mentre stavamo facendo merenda. Quel brutto figlio di titano! Comunque, Moira si trovava qui in vacanza e per caso passava proprio da quelle parti, così ha avuto modo di aiutarci. Che colpo di fortuna!
- Sì, è proprio il caso di dirlo- affermò Moira, strizzandomi l’occhio.
Cercai di ricordare dove cavolo l’avessi vista prima di allora, quando un improvviso pensiero mi balenò nella mente. Mi guardai attorno affannosamente, cercando con lo sguardo la fonte della mia distrazione: - Dov’è?
- Chi?
Guardai Maggie con aria ansiosa: - Prima, mentre combattevamo… c’era Luke! L’ho visto, era nascosto dietro quel vaso!
L’espressione della mia amica si fece cupa, così come quella degli altri e, proprio mentre Maggie stava per rispondere, una voce familiare fece fare una capriola al mio cuore: - Okay, ho avvisato il direttore che non c’è più pericolo…
Spalancai gli occhi al massimo, mentre Lui si inginocchiava accanto a me.
Capelli biondi a spazzola, limpidi occhi azzurri, sopracciglia arcuate e cicatrice sulla guancia.
Luke!
Aprii la bocca per rispondere, ma ne uscì solo un debole squittio.
Luke accennò un flebile sorriso e si rivolse a Maggie, che lo fissava piuttosto in cagnesco: - Bene, si è ripresa. E’ un sollievo, aveva preso davvero una bella botta.
Maggie rispose con un grugnito, mentre lui si voltava di nuovo verso di me: - Come ti senti?
Notai che Percy e gli altri si guardavano attorno con aria preoccupata, cercando in tutti i modi di evitare il mio sguardo e la cosa mi infastidì parecchio.
Ma ancora di più mi infastidì il modo in cui Luke mi guardava: era… diverso. Galante, educato, un po’ snob. Insomma, un modo che non era il suo.
Ed i vestiti, poi!
Camicia bianca e stiratissima, jeans di marca e giacca scura da perfettino. Aveva addirittura una cravatta rossa perfettamente annodata e, sul taschino della sua giacca, aveva ricamate in oro due iniziali: JM.
Pareva proprio un ricco ragazzino viziato che era stato tirato su a suon di vestiti firmati e lezioni di Galateo.
Insomma, nulla che riguardasse il mio Luke.
A confronto, quel ragazzo pareva un perfetto estraneo.
Cercai di non concentrami sui suoi abiti da principino e borbottai con aria imbronciata: - Beh, ce n’è voluto per trovarti, eh? Anche se non capisco perché sei vestito in quel modo, Luke…
Un attimo di gelo calò nella stanza, mentre un orribile pensiero mi balenò in testa non appena incontrai il suo sguardo stupito.
Quello era il suo corpo, il suo aspetto fisico. Ma la sua mente…
Maggie aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta dalla voce stupita di lui: - Scusa, ma devi avermi scambiato per qualcun altro. Io non mi chiamo Luke, io mi chiamo Jake…
 
***
Angolo dell’Autrice: Finalmente riesco ad aggiornare! Mi sto mettendo d’impegno per continuare tutte le storie che ho lasciato in sospeso per troppo tempo.
Spero che il capitolo non sia risultato noioso o orribile, l’ho scritto un po’ di fretta.
Comunque, abbiamo ritrovato Luke, ma, come ci aspettavamo, non è più lui, al suo posto c’è un ragazzo ricco e educato di nome Jake.
Inutile dire che nome e data di nascita li ho presi dall’attore che interpreta Luke, così come il cognome è un riferimento ad un altro personaggio da lui interpretato (M, come scopriremo più avanti, sta per Milligan).
Beh, che dire? Spero di non avervi annoiati o depressi, cercherò di aggiornare il prima possibile.
Grazie per aver letto :)
Un bacio, Tinkerbell

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Capitolo 9
*** Nico - Mi improvviso ladro di ciondoli ***


- Nico -

La situazione sembrava più incasinata del previsto. Non sapevo se trovare divertente o meno il fatto che Luke Castellan si fosse trasformato in un educato principino, ma mi astenni dal fare commenti, soprattutto dopo aver visto lo stato confusionale in cui si trovava Leila.
Per di più, non mi diedero nemmeno il tempo di organizzare le idee, perché mi spedirono immediatamente in camera per farmi curare.
- Mi sta venendo un gran mal di testa…- borbottai seduto sul letto, massaggiandomi la tempia.
Helen, che si stava occupando della mia spalla, mi fissò con aria apprensiva: - Hai preso una botta anche in testa?
Mi lasciai sfuggire un sorriso: - Ah no, dicevo per colpa di questa situazione…
- Ah- Helen si lasciò sfuggire una risatina – In effetti è un tantino complicata…
- Dire complicata è un eufemismo…
Lei sorrise, disinfettandomi il taglio con mani delicate.
Restammo in silenzio per un po’, fino a quando non mi venne in mente la domanda che mi assillava da un po’: - Senti… ma il ciondolo che vi ha dato la figlia di Ecate… Maggie lo tiene sempre con sé?
Helen alzò gli occhi nocciola su di me, con aria quasi stupita: - No… lo tiene in camera, nel cassetto della biancheria intima… sa che nessuno si azzarderebbe mai a frugare lì in mezzo.
- Ah.
Arrossii un po’ all’idea di dover mettere le mani sull’intimo di una ragazza, ma d’altronde non c’erano altri modi. Avevo tardato abbastanza.
Mi voltai distrattamente verso Helen, che arrossì non appena incontrai il suo sguardo.
- Maggie pensa che sia rischioso tenere il ciondolo addosso- mormorò, probabilmente per evitare un momento di silenzio imbarazzante – Insomma, rischierebbe di perderlo… tra combattimenti e trasformazioni…
- Capisco.
- Insomma, sarebbe poco piacevole ritrovarsi bloccati qui, no?
Mi voltai a guardare fuori dalla finestra: - Suppongo di sì… ouch!
Sussultai non appena il disinfettante entrò a contatto con la ferita.
Helen spalancò gli occhi, allarmandosi subito: - Oh cielo, scusa!
-Oh, non importa- borbottai a denti stretti – E’ che brucia un po’…
- Lo so- mormorò lei, quasi tristemente – Ma ti farà guarire più in fretta… però posso cambiarlo…
- No, no, continua pure, non dà poi così fastidio- mentii.
Non riuscivo ad essere scontroso con lei. Era così dolce, premurosa, gentile… per certi versi mi ricordava un po’ Bianca, ma di sicuro non era per quello che mi attraeva. Lei… sembrava quasi una via di fuga per uscire dalle tenebre che mi avvolgevano continuamente, un puntino di luce in mezzo all’oscurità. Era questo che la differenziava da Bianca: sia io che mia sorella, in un certo senso, portavamo dentro di noi un po’ del buio dell’Oltretomba. Helen aveva un carattere quasi opposto al nostro, aveva un modo di fare che sembrava quasi illuminasse quello che stava attorno a lei.
E poi, con Bianca mica arrossivo!
La guardai alzarsi, per prendere delle bende pulite, e distolsi immediatamente lo sguardo non appena i suoi occhi incontrarono i miei. La cosa stava iniziando a diventare imbarazzante.
Quand’ebbe finito di fasciarmi la spalla, Helen mi sorrise e mormorò semplicemente: - Dovresti essere a posto.
- Ehm… grazie…- balbettai.
Lei arrossì, per poi gettare un’occhiata fuori dalla finestra.
- Posso… ehm… andare?- domandai incerto, indicando con un cenno la porta.
Helen parve scuotersi dai propri pensieri e annuì: - Oh, sì vai pure…
Non so perché, ma mi sembrò vagamente delusa.
Mi incamminai con nonchalance fuori dalla stanza, riflettendo sul modo più rapido per entrare nella stanza di Maggie e Leila.
Non potevo viaggiare attraverso l’ombra, perché rischiavo di incappare in qualche brutto incontro, quindi avrei dovuto usare il modo più naturale e civile per fare irruzione: il pass.
Maggie si trovava ancora all’Hotel Paris insieme a Leila, per quanto ne sapevo, quindi dubitavo che sarebbe sbucata fuori all’improvviso, cogliendomi con le mani nel sacco. Ma come avrei convinto il portinaio a dare a me il pass per entrare?
Mi avvicinai con aria incerta al bancone della reception, dove il gigantesco portiere stava riordinando alcune scartoffie. La sua pelle leggermente abbronzata riluceva in maniera ambigua sotto la luce dei lampadari.
Non appena alzò lo sguardo su di me, un paio di inquietanti occhi color ambra mi fecero desistere dal tentativo e tornare sui miei passi.
Mi sedetti su una delle poltroncine all’ingresso, con la testa tra le mani, imprecando silenziosamente e scervellandomi per trovare un modo convincente per ottenere quel dannato pass.
Improvvisamente, mi venne un’idea.
Sgattaiolai in uno dei giardini del Caesars Hotel, fortunatamente quasi deserto.
Gli irrigatori erano in funzione, così scelsi quello riparato dietro un grosso cespuglio e deviai leggermente il getto, facendolo colpire dalla luce del sole. Subito, un flebile arcobaleno illuminò debolmente l’erba sotto di me.
Mi frugai nelle tasche, alla ricerca di una dracma e, non appena la trovai, la gettai all’interno del piccolo arcobaleno: - Oh Dea, accetta la mia offerta!
La moneta sparì e subito mi figurai nella mente una delle persona che potevano essermi utili: - Casa di Ermes, Campo Mezzosangue, Long Island.
Attesi per qualche secondo, poi, le pareti della Cabina Undici comparvero innanzi alla mia visuale.
Un ragazzo poco più grande di Percy, slanciato e magro, sedeva su uno degli innumerevoli letti della casa, rigirandosi tra le dita quello che sembrava un fischietto.
I capelli del ragazzo erano castani e ricci e gli ricadevano davanti agli occhi blu.
Dopo un attimo di incertezza, mi schiarii leggermente la voce: - Ehm… disturbo?
Connor Stoll alzò lo sguardo allarmato, per poi assumere un’aria sorpresa non appena mi vide: - Oh, Nico Di Angelo! Qual lugubre vento ti porta qui? La missione procede bene?
Sorrideva, cercando di sembrare allegro, ma non mi sembrava affatto brioso come una volta.
Esitai un secondo, poi decisi di parlare: - Ecco… a proposito della missione, mi servirebbe una piccola dritta da parte di una persona come te…
Connor socchiuse gli occhi con fare incuriosito: - Di che si tratta?
Presi un profondo respiro, arrossendo non poco per quello che stavo per dire, e risposi tutto d’un fiato: - Ho bisogno di sapere come ottenere un pass per entrare in una camera che non è la mia!
Connor aggrottò la fronte, poi sorrise: - Chiederlo e basta toglie il gusto, vero?
Mi morsi un labbro: - No, non è quello! Il fatto è che… non credo lo daranno a me perché sono…- esitai, leggermente infastidito – un ragazzino.
Connor rise e si scompigliò i capelli: - Va bene, quindi ti serve il mio aiuto. Com’è il portiere?
- Molto grosso- ammisi con un brivido – E inquietante…
Lui annuì interessato, poi ci pensò un po’ su e rispose: - Io suggerirei di fingere di inciampare e farti male. Lui verrà di sicuro ad aiutarti e ti chiederà se vuoi del ghiaccio. Digli di sì e, mentre lui va a prenderlo, tu prendi il pass e te lo metti in tasca. Dopodiché, ti comporti da bravo bimbo fino a quando lui non si sarà assicurato che va tutto bene.
- E come faccio a restituire il pass, una volta che avrò rubat… ehm… fatto quello che dovevo?
Connor alzò le spalle con noncuranza: - Lo butti a terra poco distante dal bancone, mentre il portiere è distratto, e fingi di trovarlo e lo restituisci. Così farai anche la figura del bravo bambino.
Mi morsi la lingua a questa affermazione ma preferii non replicare: - Va bene, ho capito.
A dire il vero, non ero affatto sicuro che l’impresa sarebbe andata a buon fine, perché bisognava tenere conto di un sacco di fattori possibili, ma se c’era la pur flebile speranza di aiutare Bianca avrei tentato il tutto e per tutto.
- Grazie, Connor.
Lui mi strizzò l’occhio  e fece roteare il fischietto in aria, riprendendolo al volo: - Figurati, è sempre un piacere aiutare un piccolo ladruncolo in erba. Ora devo andare, Lou mi aspetta per fare uno scherzo alle ragazze di Afrodite…
- Io non sono un ladruncolo in erba!- protestai – E comunque, chi è Lou?
- Lou Ellen!- rispose con un sorriso Connor – Della casa di Ecate! Mi ha dato questo fischietto, con il quale faremo spuntare baffi e pustole alle figlie di Afrodite! Sarà divertente!
- E Travis?- domandai confuso.
Connor diede un’alzata di spalle: - Ah, ormai passa la maggior parte del suo tempo a limonare con quella chiacchierona di Bella. E’ la prima relazione seria che ha e si comporta da fissato! Comunque, Lou non è male, come compagna di scherzi…
- Ah.
Stavo per chiudere la conversazione, quando mi venne in mente una cosa: - Ah, Connor, un’ultima cosa! Per caso, conosci una certa Moira Luck?
Connor aggrottò la fronte, poi scosse la testa: - Mai sentita. Dovrei conoscerla?
- Ehm… credo che sia figlia di Ermes, quindi pensavo…
Il ragazzo scoppiò a ridere: - Non posso mica conoscere tutti i miei fratellastri mezzosangue, no? Hai idea di quante donne abbia rimorchiato mio padre?
- Oh- mormorai – Giusto…
Connor ridacchiò sotto i baffi e mi salutò con un cenno: - Beh, io vado allora. Fammi sapere com’è andata!
- Ehm… d’accordo.
L’immagine tremò e la comunicazione si interruppe.
Trassi un profondo respiro e mi morsi le labbra: - Bene, Nico… diamoci da fare…
Stavo per alzarmi, quando una pesante mano callosa si serrò intorno al colletto della mia maglietta, sollevandomi di peso: - Bene bene, che cosa abbiamo qui?
Sussultai, pensando per un momento di essere stato catturato da un amico dei mostri di prima, quando, con sollievo mi resi conto che si trattava semplicemente del giardiniere dell’hotel.
Il sollievo, però, si tramutò in terrore non appena mi resi conto che poteva aver visto tutto.
La sua voce tuonò, perforandomi quasi un timpano: - Ragazzino! Mi spieghi che cosa stai facendo davanti all’idrante?
Arrossii, cercando debolmente di divincolarmi: - Ehm… io… veramente… stavo solo…
Il suo pugno si aprì e mi lasciò cadere in ginocchio sul prato umido: - Non dovresti giocare con le attrezzature dell’hotel! La prossima volta che ti ripesco a bazzicare vicino agli idranti ti darò una lezione che non dimenticherai facilmente!
- Ehm, okay…
Mi rialzai e scappai via il più in fretta possibile, rientrando nella sala d’ingresso.
Era evidente che in quanto a furtività facevo davvero pena. Ma dovevo almeno tentare.
Mi avviai lentamente nei pressi della reception, pronto a rendermi ridicolo davanti a tutti, quando vidi Helen che posava sul bancone una carta magnetica rossa e oro.
Che fosse proprio il pass che mi serviva?
Con nonchalance passai davanti al bancone, gettando un occhio alla carta, e quasi mi venne un colpo.
Stanza Trentatré!
Gettai un’occhiata in più giusto per esserne sicuro: non c’erano dubbi, era proprio il pass per la stanza di Leila e Maggie!
Com’era possibile che avessi avuto tanta fortuna?
Non solo per il pass: avevo trovato subito Connor alla casa di Ermes, perlopiù solo; il giardiniere non aveva visto nulla e mi aveva lasciato andare con facilità… e, cosa più sorprendente, il portiere si stava allontanando dal bancone!
Di solito mi capitavano tutte le disgrazie del mondo, come mai, all’improvviso, mi andavano tutte dritte?
Il pensiero di Bianca mi scosse dal mio stupore e, quando il portiere mi passò accanto, gettandomi un’occhiata di ammonimento, aspettai che voltasse l’angolo per scivolare verso il bancone, afferrare silenziosamente il pass e correre verso l’ascensore.
Ma una voce maschile alle mie spalle mi fece sobbalzare: - Ehi, ragazzino! Cosa credi di fare?
Non mi voltai nemmeno, ero troppo agitato per poter pensare.
Non mi avrebbero fermato proprio quando ero a metà del lavoro, niente affatto!
Mi resi appena conto di stare per fare una cavolata assurda e mi fiondai verso i piani superiori viaggiando attraverso l’ombra.
Fu un viaggio diverso da quelli che avevo compiuto di solito: centinaia di occhi sembravano osservarmi da ogni direzione, misteriose presenze si nascondevano nel buio, in attesa di balzare sulla preda, che, in quel caso, ero io. Delle lunghe dita affusolate mi sfiorarono la pelle, facendomi rabbrividire, e, proprio mentre la loro presa iniziava a farsi più presente su di me, mi ritrovai catapultato sul tappeto rosso del corridoio del Caesars, davanti alla camera Trentatré.
Atterrai pesantemente di schiena, mentre un rantolo usciva dalle mie labbra per via del colpo.
Aspettai che la testa finisse di girare e mi rialzai faticosamente, flettendo leggermente la spalla ferita.
La porta dorata della camera era proprio di fronte a me.
Strinsi il pass tra le dita tremanti e lo feci scorrere lungo l’apposito apparecchio. Ci fu un lieve ronzio, poi, la porta di aprì.
Avanzai lentamente, ancora ansimante per il tremendo viaggio che avevo appena affrontato, e mi guardai attorno.
- Bene- mormorai – Ora devo solo trovare il cassetto della biancheria di Maggie.
Arrossii fino alle orecchie al solo pensiero, ma cercai di farmi forza: - Ricorda che è per Bianca, ricorda che è per Bianca…
C’era un grande armadio bianco poco distante dal letto matrimoniale e, accanto ad esso, un grande comodino candido con quattro cassetti.
Mi avvicinai con un sospiro e aprii il primo cassetto: slip, reggiseni, costumi da bagno… sì, era decisamente un cassetto della biancheria, ma non quello di Maggie. Lo capii dal fatto che avevo già visto Leila con uno di quei costumi addosso, dalla presenza di indumenti intimi per bambine e dalla foto spiegazzata che raffigurava Leila e Luke al Luna Park, sistemata tra le coppe di un reggiseno più piccolo degli altri e parecchio più vecchio.
Con le guance in fiamme, richiusi immediatamente il cassetto, aprendo quello sotto.
Okay, era quello giusto: l’intimo era prevalentemente di colore nero e molto più sportivo di quello di Leila. I reggiseni erano quasi tutti a fascia ed elastici, i costumi da bagno ricordavano quelli delle atlete olimpiche. Senza contare la presenza di bracciali e cinture con le borchie.
Respirai profondamente: - Okay, Nico, ci siamo…
Con la mano che tremava, iniziai a spostare canottiere, slip, top e costumi, cercando di non mettere troppo in disordine.
Furono i due minuti più imbarazzanti di tutta la mia vita.
Finalmente, riuscii a trovare il medaglione di Ecate, sotto una pila di canottiere.
Lo presi e richiusi velocemente il cassetto, con le orecchie rosse per la vergogna.
Non riuscivo a crederci: con quell’oggetto avrei potuto raggiungere Bianca in un attimo!
Me lo misi al collo ed iniziai a pensare a come farlo partire: ricordavo che Maggie aveva rivolto una preghiera ad Ecate, per poi domandare la destinazione. Il tutto, ovviamente, in greco.
- Bene- mormorai, rigirandomi il ciondolo dalla pietra viola tra le dita – Il greco non è un problema. Ma dove mi conviene andare?
Di certo, non sarebbe stato sicuro teletrasportarmi direttamente negli Inferi. Lilith o chi per lei avrebbe potuto catturarmi all’istante! Dove avrei dovuto comparire?
Stavo ancora pensando, quando un fruscio alle mie spalle mi fece sobbalzare, mentre una vocina femminile mormorava debolmente: - Allora sei tu…
Mi voltai, con aria colpevole, Helen mi guardava con un’espressione sorpresa e quasi ferita: - Sei tu quello che ha un secondo fine…
- No, io…- cercai di protestare, ma le parole mi si bloccarono in gola.
Helen guardò il ciondolo nella mia mano, poi di nuovo me: - Perché?
Sospirai, abbassando lo sguardo: - Perché… voglio salvare mia sorella…
I suoi occhi si spalancarono per lo stupore.
- Si tratta di Bianca- continuai – E’ tenuta prigioniera da una dea psicopatica! Nostro padre non c’è e credo sia Lilith a governare l’Oltretomba adesso. E credo… che voglia fare del male a Bianca…
Helen mi si avvicinò lentamente: - Come sai queste cose?
Esitai un attimo: - Io… le ho viste in sogno…
Lei abbassò lo sguardo, fermandosi di fronte a me. Forse stava pensando che non ero lo sporco traditore che credeva, e la cosa mi fece stare un po’ meglio.
- Helen- mormorai con tono convincente – Se Maggie fosse in pericolo, non faresti tutto ciò che è in tuo potere per salvarla? Ti giuro che non ho cattive intenzioni, tornerò in poco tempo, voglio solo aiutare Bianca. Glielo devo, si è presa cura di me per tutti questi anni!
Helen si mordicchiò le labbra carnose, poi alzò lo sguardo e mi sorrise: - Sì, io per Maggie farei lo stesso- posò la mano sulla mia – Tuttavia non ti lascerò andare. Non da solo. – aggiunse, vedendo che stavo per protestare.
Io spalancai gli occhi: - Vuoi venire con me?
Lei annuì, arrossendo un po’.
- Ma è pericoloso!- protestai – E poi non credo che sia una buona…
- Mi hai ingannata, facendoti rivelare il nascondiglio del medaglione- rispose lei, prontamente – Non pensi di dovermelo, Nico?
Aprii la bocca per rispondere, ma la richiusi subito. In fondo, aveva ragione.
Helen mi porse la mano e, dopo un secondo di esitazione, capii che voleva che le consegnassi il medaglione. Forse era meglio così, di sicuro lei era più esperta.
Prese le mie mani nelle sue e, dopo avermi sorriso, mormorò semplicemente: - Maggie mi ammazzerà.
Annuii, pienamente consapevole dei guaio in cui ci stavo cacciando, e chiusi gli occhi, sospirando.
Helen iniziò a recitare: - Mi̱téra to̱n fasmáto̱n , eisákouse ti̱n prosef̱chí̱ mou! Los Ántzeles.
La fastidiosa sensazione di risucchio mi travolse, facendomi provare nausea, mentre uno strano calore iniziava ad impadronirsi di me.
Era diverso dall’ultima volta, non sapevo perché, ma quel trasporto fu molto più difficoltoso e pesante.
Così pesante che, non appena il mondo finì di vorticare, caddi svenuto a terra.
 
***
Angolo dell’Autrice: Scusate scusate scusate per il ritardo! Ormai mi sarò fatta la reputazione di Ritardataria Suprema di Efp!
Spero che il capitolo non sia noioso, l’ho scritto in un pomeriggio e ho cercato di renderlo il più carino possibile. Nico è arrivato a Los Angeles con Helen, ma di sicuro il viaggio verso l’Oltretomba non sarà facile.
Cercherò di essere veloce con il prossimo capitolo, intanto, per farmi perdonare, inserisco alcune immagini delle protagoniste femminili, create da me con Lunaii Dollmaker.
Grazie per aver letto, alla prossima! :)
Tinkerbell92

Ecco le ragazze! :)

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Capitolo 10
*** Leila - La mia pazienza viene messa duramente alla prova ***


-Leila-

Avete presente quando vi fate un’idea non proprio positiva di una persona, provate a rivalutarla a tutti i costi ma alla fine vi arrendete concludendo che quella persona con voi non ha proprio speranze?
Ecco, credo che questo sia sufficiente per farvi capire che, dopo appena dieci minuti di conoscenza, avevo già una fortissima voglia di strangolare Jake Milligan.
Era più forte di me, non riuscivo a sopportarlo: la galanteria eccessiva che usava anche solo per soffiarsi il naso mi dava letteralmente il voltastomaco. Insomma, non mi sono mai piaciuti i cafoni, ma pure i ragazzi che non si siedono accanto a te finché non dai loro il permesso scritto mi danno abbastanza sui nervi.
In quel momento, Jake, alias figlio adottivo dei proprietari del Paris, ci aveva fatti accomodare all’interno del grande gazebo del giardino, raccontandoci la sua vita, o almeno quella che credeva che fosse.
- Non ricordo esattamente cosa successe prima che i signori Milligan mi adottassero. Ero in una Casa di Accoglienza per ragazzi, ma devo aver preso una botta in testa parecchio forte per avere dei punti oscuri riguardo la mia vita precedente. Spero che questa amnesia passi.
Si bloccò un secondo, tirando fuori il cellulare: - Scusate, ho ricevuto un messaggio. Vi dispiace se lo leggo?
Serrai i pugni, grugnendo un “No” appena percettibile, e lui, dopo avermi ringraziata con tono amorevole, iniziò a strizzare gli occhi sullo schermo del suo costosissimo telefono.
Mi irrigidii, sapendo che per un semidio usare un cellulare equivaleva a sparare in cielo un razzo di segnalazione per i mostri, e lo guardai mentre faceva strane smorfie, allontanando e avvicinando a sé l’apparecchio elettronico in maniera quasi meccanica.
Alzò lo sguardo leggermente imbarazzato e ci mostrò lo schermo: - Ehm… vi dispiacerebbe leggere per me? Sono dislessico e faccio fatica a vedere cosa c’è scritto…
Ah, quindi aveva almeno conservato la dislessia tipica dei semidei. Bene.
Non era molto ma comunque mi sembrava un passo avanti e mi dava una certa speranza.
Maggie sospirò, prendendo in mano il telefono e leggendo ad alta voce: - Jake, ti aspettiamo tra mezz’ora per il tè. Porta pure Caroline se vuoi. Dave e Mara.
Jake/Luke sorrise con aria deliziata: - Oh, giusto, il tè! Me n’ero quasi scordato.
- Chi è Caroline?- domandai, con un evidente tono scocciato.
Maggie mi allungò un calcio sotto il tavolo, mentre il principino allargava il sorriso: - Oh, Caroline è la mia fidanzata. E’ figlia dei signori Kingston, proprietari del Mirage Hotel. Io e lei siamo promessi, i suoi genitori pensano che sarebbe una bella cosa unire le famiglie.
Credo che a quel punto la mia faccia abbia assunto un colore violaceo.
Qualcosa si disintegrò nella mia mano, ma non mi premurai di controllare cosa fosse.
- Promessi…- ripetei con disgusto, tamburellando nervosamente le dita sul tavolo. Jake annuì con fare allegro: - Sì. Forse oggi io e lei ci scambieremo il nostro primo bacio. Mi sento un po’ nervoso, non ho mai baciato una ragazza prima d’ora…
Sentii Maggie afferrarmi il polso, per impedirmi di balzargli addosso, ma ero talmente scioccata che riuscii appena a mormorare: - Stai… scherzando?
Jake abbassò lo sguardo, arrossendo: - No. Volevo sentirmi veramente pronto prima di compiere un passo del genere. Voi avete mai baciato qualcuno?
Tirai le labbra in un sorriso falso e risposi in maniera melliflua: - Sì, Jake, ovviamente.
Lui aprì la bocca per rispondere, quando Percy, che in quel momento stava passeggiando con Moira nel giardino, fece irruzione nel gazebo piuttosto bruscamente: - Ehi, ho avvisato Annabeth e Talia, tra poco saranno qui. Stanno portando anche Missy, spero solo che…
- MISSY?- strillai, facendo sobbalzare tutti – Percy, sei pazzo? Missy non può venire qui!
Jake mi fissò con aria interrogativa, ma lo ignorai: - Percy, dì subito ad Annabeth di tenere Missy lontana da qui!
- Non preoccuparti, già fatto- sorrise Moira, affiancando Percy – La ragazza di nome Talia la porterà al Caesar con le altre ragazze.
Sospirai, per nulla felice del fatto che Faccia di Pigna passasse del tempo con mia figlia, ma comunque sollevata, perché non avrei dovuto dare spiegazioni troppo complicate.
Missy aveva solo tre anni, anche se era una bambina intelligente di sicuro le avrei provocato una gran confusione se le avessi detto che suo padre non era più in sé. 
- Annabeth…- Jake sembrò riflettere un secondo sul nome della nostra amica, ma poi si scosse e commentò semplicemente – Che nome carino. E’ tua sorella, ehm… Percy?
Il ragazzo sorrise: - No, Annabeth è la mia ragazza.
- Davvero?- si stupì Jake – Io pensavo che la tua ragazza fosse lei- disse, accennando a Moira.
Lei emise una leggera risata, arrossendo leggermente: - Oh, no, non sono così fortunata.
Jake sorrise educatamente e si illuminò: - Vi andrebbe di venire tutti a prendere il tè con i miei genitori tra poco? Insomma, dopotutto mi avete salvato da quella strana bestia nell’atrio, è il minimo che possa fare…
Mi alzai lentamente dalla mia sedia rivestita con un qualche materiale costoso e feci un cenno a Maggie: - Scusa, Jake, ma io e Maggie abbiamo da fare. Se Percy e le ragazze vogliono unirsi a voi facciano pure.
- Oh, sì, per me non c’è problema – rispose Percy, sussurrandomi poi in un orecchio – Così magari Annabeth dà un’occhiata alla situazione…
Jake alzò le spalle con un sorriso: - D’accordo. Ma se vuoi, puoi sempre venire alla festa.
- Quale festa?- domandai, leggermente annoiata.
- Stasera ci sarà un Ballo al Mirage. Li organizzano spesso. I miei genitori mi hanno detto che posso invitare chi voglio…
Lo fissai per qualche secondo, mentre una morsa allo stomaco mi tormentava crudelmente, poi, con aria impassibile, risposi distaccata: - Ci penserò.
- D’accordo- disse lui – Il Ballo è alle nove nel salone principale.
 
Non appena varcai la soglia della mia camera, il muro che controllava le mie emozioni si infranse.
Spedii fuori Talia con un cordialissimo “Sparisci” e, non appena se ne fu andata, tirai un pugno contro la parete, imprecando.
Missy, seduta sul letto matrimoniale, mi fissò ad occhi spalancati, così provai a calmarmi, asciugandomi bruscamente una lacrima: - Scusa, tesoro, non sono impazzita, credimi.
Lei mi si teletrasportò accanto e mi tese le mani. La presi in braccio, baciandola sulla fronte, e le sussurrai in un orecchio: - Ti sono mancata?
Missy annuì, facendomi sorridere: - Anche tu mi sei mancata, amore.
Maggie entrò schiarendosi la voce e borbottò: - Siamo in un bel casino.
- Puoi dirlo forte- risposi, sedendomi sul letto – Ti giuro che più lo vedo e più mi viene voglia di ucciderlo.
- Siamo in due, credimi.
Sospirai, mentre Missy iniziava a giocherellare con i miei capelli: - Ma dico, ti pare possibile? Immaginavo che l’avrei trovato diverso, ma fino a questo punto… ti rendi conto che si crede ancora vergine?
Maggie soffocò a fatica una risata e scosse la testa: - Non ho davvero parole. E mi domando come sarà la sua cosiddetta fidanzata…
Mi morsi il labbro per il nervoso: - Probabilmente sarà idiota come lui…
Maggie annuì sorridendo e si guardò intorno con aria distratta. All’improvviso, il suo volto si incupì: - Dov’è Helen? Non doveva trovarsi qui con il ragazzino?
- Forse sono andati a farsi un giro- suggerii – Potrebbero essere in giardino…
La mia amica scosse la testa: - Se fosse così percepirei il loro odore. Ne avverto solo una leggera traccia, il che indica che sono stai qui… ma non credo si trovino da qualche altra parte nei dintorni. Riesco quasi a sentire l’alone di morte che ha lasciato il ragazzino vicino al cassetto…
Alzai un sopracciglio, mentre Maggie sembrava riflettere su qualcosa. Non era da lei interrompersi a metà frase.
- Maggie?
La mia amica ebbe una specie di sussulto ed aprì tempestivamente il proprio cassetto della biancheria. Iniziò a frugare in maniera poco ortodossa, sibilando imprecazioni e bestemmie.
- Che stai facendo?- domandai alzandomi in piedi, con Missy stretta in braccio.
Maggie emise un ringhio furioso e chiuse il cassetto con violenza: - Lo ammazzo!
- Che?- squittii, cercando di capire il motivo della sua rabbia – Si può sapere cos’ha fatto Nico?
Un’illuminazione improvvisa mi colse mentre incrociavo lo sguardo con quello furente di Maggie: - Il ciondolo…
- Già!- ruggì lei – Quel piccolo mostriciattolo l’ha usato per andare chissà dove ed ha portato Helen con sé! Dovevo immaginare che fosse lui ad avere un doppio fine, perché altrimenti avrebbe tanto insistito per venire?
Cercai di fare mente locale: - Ma che cosa vuole fare? Dove sarà andato in quelle condizioni?
- E’ proprio quello che intendo scoprire- brontolò Maggie, dirigendosi rapidamente verso la soglia della stanza – Cerco di rintracciare Helen con un I-Phone. Appena so qualcosa ti raggiungo.
- D’accordo- mormorai parecchio confusa, mentre la guardavo allontanarsi.
Avevamo un bel problema: Nico aveva portato con sé il ciondolo di Ecate, la nostra via di fuga più rapida e sicura. Se fosse accaduto qualcosa a lui o Helen, se il ciondolo fosse andato perduto, come avrei potuto riportare un intero gruppo di semidei al Campo Mezzosangue?
Non potevamo usare l’aereo, dato che avevamo Percy dietro, ed usare altri mezzi sarebbe stato comunque un problema, perché ci sarebbe toccato come minimo affittare un treno solo per noi, oppure un sacco di autobus…
Perché Nico aveva fatto una cosa del genere? Che cosa doveva fare di così importante?
- Dov’è Maggie?
La vocina di Missy mi riportò alla realtà: - Ehm… torna subito, tesoro. E’ andata a cercare Helen e Nico.
- Nico!- sorrise lei, illuminandosi – E’ bello Nico.
- Ehm… suppongo di sì… sì, è un bel ragazzino.
Lei rise, arrossendo un po’, e si teletrasportò sul letto, iniziando a saltare.
In quel momento, il telefono della stanza squillò. Aggrottai le sopracciglia e risposi: - Sì?
Tirai un sospiro di sollievo non appena sentii la voce di Annebeth: - Ciao, Leila, ti posso parlare?
- Certo- mormorai – Da dove chiami?
- Dal Paris Hotel. Stiamo prendendo il tè con Luke e i proprietari e… beh, pensavo fosse giusto informarti. Mi sono allontanata con una scusa, quindi non posso stare tanto…
Arricciai il filo del telefono attorno al dito: - Dimmi tutto.
La sentii sospirare: - Penso tu sappia che la situazione è uno schifo. Luke o Jake o chicchessia è un assoluto disastro. E’ imbranato, viziato ed esageratamente galante. Per carità, non dico che un po’ di educazione faccia male, ma questo è davvero troppo!
- Sì- commentai – Ho notato. Come sono i genitori adottivi?
Annabeth esitò: - Beh… loro sembrano delle brave persone e lo amano sinceramente. Non hanno mai potuto avere figli, la signora Milligan è sterile, e questa adozione significa molto per loro. Questo è il primo dei problemi che dobbiamo affrontare. Anche riuscissimo a far tornare Luke in sé, come potremmo portarglielo via? Non sappiamo se la Foschia ci aiuterà molto in questo caso, l’amore che provano per lui è davvero forte.
Avvertii una stretta allo stomaco: - Questo è un vero problema. Forse dovrei dare un’occhiata anch’io per valutare la situazione…
- Oh, sì, te lo consiglio vivamente- rispose Annabeth con tono frettoloso – So che sarà difficile, ma penso che dovresti partecipare al Ballo di stasera. Comunque, la mente di Jake non ha cancellato del tutto il passato di Luke: è ancora dislessico e, nonostante i modi da principino, fa parecchia fatica a stare fermo per troppo tempo in un posto. Ah, ed ha confessato di avere paura dei draghi, dice che spesso se li sogna ed i film un drago come protagonista lo inquietano. Mentre diceva questa cosa si toccava spesso la cicatrice. Immagino sia un buon segno, anche se non sa proprio spiegarsi come se la sia procurata… comunque, tra poco io e Percy torneremo in Hotel e decideremo cosa fare.
- Ehm… Annabeth- sussurrai un po’ incerta – E… com’è la sua… ragazza?
La figlia di Atena emise un leggero grugnito, poi rispose quasi scocciata: - Credimi, è una delle cose peggiori in cui sia incappata. Sono certa che quando la conoscerai Talia ti sembrerà simpatica al confronto…
- Bene- risposi ironicamente – Anche se mi sembra una cosa difficile. E’ una di quelle antipatiche che saltano su per tutto oppure una falsa mielosa?
- Guarda, al momento non ho parole per descriverla. Vedrai tu stessa quando la incontrerai al Ballo.
Mi morsi il labbro per il nervoso, domandandomi che cosa mi aspettasse: - D’accordo, grazie Annabeth. Ci vediamo più tardi.
-Ah, un’ultima cosa…
Una lieve ansia si impadronì di me dopo l’ultima frase di Annabeth: - Cioè?
La ragazza esitò, poi rispose un po’ incerta: - Prima… lui ti ha nominata spesso davanti ai suoi genitori. Non lo so, pare che tu l’abbia colpito molto…
Sospirai, riuscendo a malapena a rispondere: - Va bene, ho capito. A dopo.
- A dopo.
Riattaccai il telefono con una sgradevole sensazione a livello dello stomaco.
Missy scese dal letto e mi raggiunse trotterellando: - Dov’è Annie, mamma?
- E’ con Percy, ma tra poco sarà qui.
Artemis sorrise, poi tornò a letto ed abbracciò il cuscino, chiudendo gli occhi.
La coprii con la mia maglietta e mi diressi in bagno per fare una doccia.
L’acqua tiepida che scorreva sulla mia pelle sembrava quasi volermi aiutare a scrollare via tutte le sgradevoli sensazioni di quella giornata, gettandole giù per lo scarico.
Ma sapevo bene che in realtà era solo l’inizio. Quella sera avrei dovuto incontrare Jake e la sua odiosissima fidanzata.
Il fatto che Annabeth non avesse saputo esprimersi su di lei non faceva ben sperare. Provai ad immaginarmi un centinaio di volte come potesse essere, ma alla fine rinunciai.
Uscii dalla doccia ancora grondante e afferrai un accappatoio, quando cacciai un urlo.
La ragazzina che Percy aveva trovato, Moira, stava gironzolando con aria di noncuranza per il bagno.
Mi coprii all’istante e squittii: - Che cosa ci fai tu qui? Come sei entrata?
Lei mi rivolse un sorriso innocente e indicò un punto alle proprie spalle: - Ehm… dalla porta?
Boccheggiai per la sorpresa, senza sapere cosa dire, così lei, alzando gli occhi al cielo, spiegò: - Percy e Annabeth stanno per arrivare. Credo che quei signori li abbiano trattenuti più del previsto.
- Tu non hai preso il tè con loro?
Moira scosse la testa, allargando le labbra in un sorriso decisamente familiare: - Non riuscirei a stare seduta per più di cinque minuti. Così mi sono fatta un giro e poi sono tornata qui. Mi sembrava che avessi bisogno di parlare con qualcuno…
Mi strizzai i capelli ed iniziai a pettinarli: - Ehm… no, grazie mille, sto bene, davvero.
Moira alzò un sopracciglio arcuato e mi fissò severamente: - Percy mi ha detto tutto. Anche se sono solo una ragazzina posso capire certe cose. Allora, come hai intenzione di andare al Ballo?
Alzai gli occhi al cielo, leggermente contrariata al fatto che una sconosciuta si intromettesse nella mia vita così: - Non lo so. Penso che andrò come sono…
- Io penso che invece dovresti preparati al meglio- osservò lei – Se rivuoi indietro il tuo Luke dovresti almeno usare tutte le tue armi migliori.
- Oh, non credo che essere carina basterà – osservai, specchiandomi – E poi non ci tengo proprio a portarlo a casa in quelle condizioni. Io mi sono innamorata di Luke, non di Jake Milligan.
Moira alzò le spalle: - Come ti pare – diede un’occhiata fuori dalla porta e commentò – Hai davvero una bella bambina, lo sai?
Annuii, mentre lei, dopo avermi rivolto un sorriso, uscì dal bagno e si sedette sul letto accanto a Missy. La piccola, che si era appena risvegliata, osservò con interesse la nuova arrivata e, prima che potessi fare un passo, la abbracciò come se si conoscessero da una vita.
Mi stupii parecchio: d’accordo, Artemis era sempre stata una bambina socievole, ma mai aveva reagito in quel modo davanti ad una persona che non aveva mai visto prima.
Non feci a tempo ad indagare, perché l’arrivo di Maggie mi scosse dai miei pensieri.
- Non ho parole!
Sembrava ancora più arrabbiata di prima e la cosa mi inquietò parecchio: - Li hai trovati?
La mia amica grugnì, aprendo di scatto il proprio armadio: - Sono a Los Angeles. Non ho ancora avuto modo per rintracciarli, così ho contattato Morgan che li ha individuati con un incantesimo. Credo che ci raggiungerà entro stasera, così mi darà modo di teletrasportarmi per andarli a riprendere.
- Morgan sta arrivando qui?- domandai sorpresa.
Maggie sbuffò: - Sì, ma non si tratterrà a lungo. Ha delle cose da fare al Campo e non può abbandonare la casa di Ecate per molto. Credo debbano ancora stabilizzare il flusso di magia che scorre sulle pareti esterne della cabina…
Riflettei per un secondo, tirando fuori della biancheria pulita dal cassetto: - Magari può riportare a casa anche un po’ di Cacciatrici. Vista la situazione non so a quanto servano…
Maggie alzò le spalle e fece alcuni passi verso la porta: - Come vuoi. Vado da Percy nella Hall, chissà che non porti qualche altra notizia. Ti avviso in anticipo che non credo di poterti accompagnare al Ballo…
- Fa niente, lo capisco- risposi, iniziando a vestirmi – Tanto nemmeno io mi tratterrò a lungo.
La mia amica annuì , uscendo rapidamente dalla porta.
Mi voltai verso il letto dove stava seduta Missy e, con grande sorpresa, notai che Moira era sparita.
Sospirai, iniziando a dare una veloce occhiata al mio guardaroba, e stabilii che, fino a quando la serata non si fosse conclusa, non avrei indagato su ulteriori misteri che mi avrebbero solo complicato la vita.
- Secondo te che cosa dovrei indossare stasera, Missy?
La mia piccola sorrise e mi si materializzò accanto, iniziando a giocare con i miei vestiti nei cassetti.
All’inizio fui tentata di indossare un abito da sera, ma poi, ripensando alla gente che avrei trovato a quel Ballo, mi venne un nervoso tale che decisi di fare di testa mia.
Alle nove in punto, mi presentai all’ingresso del Mirage in jeans e maglietta.
Non mi sentii minimamente in imbarazzo quando, seguendo la folla di persone benvestite verso il salone principale, ricevetti parecchie occhiate scettiche.
Non sarei mai stata al loro gioco e non avrei mai tentato di sedurre Jake/Luke con un abito elegante.
Anche perché a Luke ero piaciuta subito, dal momento in cui misi piede nella Casa di Ermes, e in quell’occasione non ero affatto abbigliata in modo elegante o sexy.
Non appena giunsi a destinazione, mi fermai un attimo sulla soglia, facendo scorrere lo sguardo all’interno di quell’enorme salone allestito secondo l’arte polinesiana.
E poi lo vidi.
Jake Milligan, insieme ad altre cinque persone, si trovava al centro della sala, parlando tranquillamente di chissà cosa.
Ogni tanto, senza pensarci, si sfiorava distrattamente la cicatrice.
Feci un respiro profondo e, preparandomi psicologicamente, avanzai verso di lui.
 
***
Angolo dell’Autrice: Scusate il ritardo, Spero che il capitolo non sia orrendo, dato che l’ho scritto con pochissima ispirazione. Spero che i prossimi risultino migliori.
Grazie per aver letto.

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Capitolo 11
*** Nico - Vengo quasi sbranato vivo ***


- Nico -

Ripresi conoscenza a fatica, cercando di mettere a fuoco quello che stava attorno a me.
Per un attimo tutto ciò che vidi fu il buio, un’oscurità fitta e densa. Poi, un paio di freddi occhi azzurro ghiaccio comparve innanzi a me, facendomi urlare.
Ci fu un lampo di luce, poi, delle mani che mi scuotevano. E allora mi resi conto che stavo tenendo ancora gli occhi chiusi.
Li aprii di scatto, ansimante, percependo il terreno sotto di me. Ebbi un sussulto non appena vidi di nuovo due occhi che mi fissavano, ma poi mi resi conto che non erano azzurri, ma color nocciola, con le pagliuzze che parevano quasi dorate. Erano iridi familiari…
Misi a fuoco e, attorno a quegli occhi scintillanti, apparve anche un viso femminile, un viso che ben conoscevo.
- Nico, mi senti?
La prima volta che provai a rispondere emisi soltanto un debole squittio, ma poi, facendomi forza, mi sollevai sui gomiti e balbettai stordito: - Ehm… ciao Helen…
La ragazza mi sorrise, appoggiando la mano sulla mia guancia: - Oh, Nico, ero così preoccupata!
Cercai di non arrossire, mentre il calore del suo palmo morbido si irradiava sul mio viso, e sospirai: - Per quanto sono stato privo di sensi? Ormai non faccio altro che svenire…
Helen mi guardò con dolcezza: - Siamo arrivati a Los Angeles da cinque ore… non riuscivo a svegliarti e sembravi tormentato dagli incubi…
Mi misi a sedere e mi guardai intorno: - Dove siamo?
- In una grotta ai piedi delle colline di Hollywood- rispose lei, gettando una rapida occhiata al tetto di pietra che ci sovrastava – Ho pensato che fosse il posto più sicuro in cui ripararci. E’ libera da molto tempo, le tracce di odore degli animali che vivevano qui sono debolissime.
- Capisco- mormorai un po’ incerto, dando un rapido sguardo all’uscita della caverna – Dici che ce la facciamo a raggiungere l’entrata degli Inferi entro stasera? Vorrei raggiungerla prima che faccia buio…
Helen alzò un sopracciglio: - Non sei un po’ troppo debole per affrontare una salita del genere? La scritta Hollywood è abbastanza distante da qui…
- Non dobbiamo per forza raggiungere la scritta- spiegai, provando ad alzarmi – Conosco un’altra entrata segreta che ci farà sbucare a pochi passi dal Palazzo di Ade. E’ meglio non usare le entrate principali o Lilith mi scoprirà…
Barcollai non appena fui in piedi ed Helen mi sostenne tempestivamente: - Per me dovresti riposare.
- Non c’è tempo!- protestai – Bianca potrebbe essere in una stanza delle torture in questo momento! Io… io non posso permettere che venga fatto del male a mia sorella! L’ho già persa una volta…
Repressi a fatica le lacrime, cercando di non pensare alla morte di Bianca, e mi appoggiai ansimante alla parete di roccia dietro di me. Helen sospirò: - Dèi quanto sei testardo…
Prima che potessi fare qualcosa, si girò e mi caricò sulle sue spalle: - Spero di reggere fino alla tua entrata segreta…
Spalancai gli occhi allibito: - Ma cosa stai facendo?
Lei serrò la presa sulle mie gambe e sbuffò: - Visto che sei ancora debole ti porterò io. Posso arrivare a portare cinquanta chili di peso senza problemi. E’ una fortuna che sei così magro.
- Devo ancora capire che tipo di creatura sei- sospirai, mentre iniziavamo a muoverci.
Helen si voltò e mi sorrise: - Sono un licantropo.
- Ah- mormorai, mentre la fresca aria serale ci sfiorava – Questo spiega il ringhio e i guaiti…
- Già.
Fece un passo avanti un po’ incerta e, per un momento, temetti di pesarle troppo, poi, però, si diede una scrollata ed incominciò a camminare spedita
Ebbi un sussulto non appena fummo fuori dalla grotta: il cielo aveva già incominciato ad imbrunire e l’atmosfera che si respirava era decisamente spettrale. Dovevamo sbrigarci.
- Ehm… segui quel piccolo sentiero di ghiaia- suggerii – E’ la via più breve e sicura.
Helen si limitò ad annuire e, affrettando il passo, cominciò a salire le pendici della montagna.
Forse era una mia impressione, ma, man mano che proseguivamo, la temperatura diventava sempre più glaciale, l’aria più opprimente, le ombre più lunghe e minacciose. Il tutto in tempi decisamente ristretti, perché, in meno di mezz’ora di cammino, il cielo assunse una tinta decisamente troppo scura, anche per i gusti di un figlio di Ade.
Helen teneva duro, ma era chiaro che qualcosa non andava. Capitava che, di tanto in tanto, barcollasse o ansimasse, come avesse appena fatto una corsa.
- Tutto bene?- domandai ansioso, gettandomi delle occhiate guardinghe attorno – Se vuoi posso provare a camminare da solo…
- No, ce la faccio- tagliò corto lei, rabbrividendo – Sto bene, davvero, va tutto bene.
No, non andava tutto bene. Man mano che ci avvicinavamo all’entrata segreta avvertivo sempre più chiaramente che qualcosa ci stava ostacolando. Era una forza misteriosa e oscura, che ci respingeva in modo deciso ma cauto, come se ci tenesse a non farsi scoprire. Ma io ormai l’avevo individuata.
- Helen- chiamai, allentando la presa attorno alle sue spalle – E’ meglio che scenda. C’è qualcosa o qualcuno che non sembra intenzionato a facilitarci le cose… vado avanti io, chissà che non riesca a bloccarla…
Helen si fermò, ma non dischiuse le braccia serrate attorno alle mie gambe.
- Helen?
Attesi qualche secondo. La ragazza non dava segni di vita, sembrava essersi trasformata all’improvviso in una statua di marmo. No, marmo no, il calore che il suo corpo emanava era troppo intenso per farmi pensare al marmo. Comunque sia, iniziai ad avvertire un leggero senso di panico.
- Helen?- chiamai nuovamente, cercando di rianimarla con dei colpetti sulle spalle – Helen cos’hai? Puoi mettermi giù ora, che cosa ti succede?
Iniziai a farmi prendere dall’angoscia, agitandomi sulla sua schiena e controllando nervosamente le ombre attorno a noi. L’unica cosa che mi rasserenava un po’ era la luce argentata della luna piena, che sembrava, al momento, l’unica cosa che ci impedisse di restare completamente al buio.
Un momento… luna piena?
Feci un rapido conto mentale: Ventuno Agosto… prima notte di plenilunio del mese…
Con uno sforzo immane – avendo i muscoli semi-paralizzati dal terrore – mi sporsi sopra la spalla di Helen, cercando di notare qualche strano cambiamento sul suo viso.
I suoi lineamenti erano immobili come quelli di una maschera, gli occhi spalancati e volti verso la luna. Il calore del suo corpo aumentò, fino a diventare quasi insopportabile.
- He…Helen!- balbettai, cercando di divincolarmi dalla sua presa ferrea – Helen, ti prego, trattieniti!
Un ringhio cupo uscì dalle sue labbra, facendomi divincolare con più insistenza. Inaspettatamente, la presa sulle mie gambe si allentò, facendomi cadere a terra.
Mi rialzai tempestivamente, parandomi davanti ad Helen e afferrandola per la spalle: - Per favore, non è il momento di trasformarsi! Dobbiamo…
Le parole mi morirono in gola non appena guardai i suoi occhi: erano sempre fissi verso la luna, ma il colore delle iridi da nocciola era passato ad argento, mentre le pupille si erano spaventosamente assottigliate. Faceva paura.
Un fascio di luce mi colpì alle spalle, ma ero troppo terrorizzato e confuso per riuscire a reagire in qualche modo.
Il corpo di Helen cominciò ad essere scosso da violenti spasmi, mentre terrificanti ringhi uscivano dalla sua bocca, filtrando attraverso i denti ormai divenuti zanne.
Udii qualcosa che assomigliava ad una voce umana, che però alle mie orecchie giunse quasi più come un ronzio. Non mi domandai nemmeno chi fosse stato a parlare, né tantomeno chi accidenti potesse essere tanto pazzo da aggirarsi per quei sentierini tortuosi e oscuri a quell’ora, perciò il mio cuore perse un battito non appena una mano calda e robusta mi afferrò per la spalla – grazie agli dèi quella illesa.
- CHE CAVOLO STAI FACENDO? LEI NON SA CONTROLLARSI!
Sbarrai gli occhi, iniziando a sentirmi sempre più confuso, mentre Maggie mi scuoteva, urlandomi contro.
- VATTENE DI QUI! VUOI FARTI AMMAZZARE?
Mi gettò da parte con un violento spintone, facendomi ruzzolare per qualche metro verso la pianura, mentre un tremendo ululato mi squarciò i timpani.
Restai steso a terra bocconi per qualche secondo, ansimando e tremando come una foglia dalla testa ai piedi. Stavano succedendo troppe cose, troppe cose terribili in una sola volta.
Alzai a fatica lo sguardo verso le due ragazze, con la vista leggermente appannata.
Maggie parlava alla sorella in tono fermo e severo, senza però ottenere i risultati sperati. Cercai di strisciare verso di loro, quando, con un ringhio, Helen fece un balzo in avanti, trasformando il proprio corpo in quello di un grosso lupo dal pelo color bronzo.
- RAGAZZINO SCAPPA!
Scappare… sì, fosse stato facile riuscire a muovere un singolo muscolo!
Mi limitai ad osservare Maggie trasformarsi a sua volta: era grande almeno il doppio di Helen ed il suo pelo era color grigio scuro. Ringhiò ferocemente, così forte da farmi sobbalzare, e si parò davanti all’altra lupa, la quale, pur ringhiando a sua volta, fece un paio di passi indietro con le orecchie abbassate.
Non ero sicuro che Helen riconoscesse la sorella maggiore, ma di sicuro identificava la lupa più grossa come un superiore.
Quando riuscii a rimettermi in piedi, seppur un po’ disorientato, cercai di trovare un posto dove nascondermi, anche se pareva abbastanza impossibile, considerata la desolazione della collina.
Mi accostai dietro ad un cespuglio dai rami secchi, osservando con un nodo alla gola le due gigantesche creature che sembravano ormai sul punto di affrontarsi. Non mi domandai nemmeno come avesse fatto Maggie a raggiungerci, al contrario, ringraziai la mia Buona Sorte – che, stranamente, aveva cominciato a farsi viva- per un aiuto così provvidenziale.
Evidentemente avevo parlato troppo presto, perché un tremendo stridio squarciò l’aria notturna. Alzai gli occhi imprecando, mentre cinque figure minacciose dalle grandi ali scure volavano in cerchio sopra le due contendenti. Somigliavano a grossi uccelli rapaci dal volto –orribile- di donna.
- Fantastico – borbottai – Ci mancavano le Furie…
Essendo creature sottoposte a mio padre, dubitavo che una di loro mi avrebbe attaccato. Ma questo non garantiva la sicurezza di Helen e Maggie...
La furia maggiore, un’orrenda creatura dai capelli neri e ispidi, si appollaiò su una roccia poco distante dai licantropi e gracchiò con voce orribile: - Invasori canini! Come osate gironzolare nel nostro territorio?
Maggie si voltò verso di lei con un ringhio, che suonava più o meno come un “Stà zitta!”, scatenando una marea di proteste indignate da parte delle altre furie.
- Uno di loro è fuori controllo, Celeno!- urlò una furia dai capelli crespi color biondo chiaro – Uccidiamole prima che trovino l’entrata!
Maggie ringhiò più forte, assumendo una posizione di difesa, senza perdere d’occhio Helen che pareva parecchio su di giri. Muoveva la testa in più direzioni come impazzita, digrignando i denti e flettendo le zampe come se volesse compiere un balzo. Le furie ripresero a volare in cerchio.
Ecco, fu a quel punto che feci la cosa più stupida del mondo: uscii dal mio nascondiglio, sbracciandomi e gridando alle furie di fermarsi: - FERME! COME FIGLIO DEL VOSTRO SIGNORE VI IMPONGO DI CESSARE L’ATTACCO!
Il silenzio calò all’improvviso.
La furia di nome Celeno planò verso di me, sghignazzando orrendamente: - Figlio di Ade, eh?  Sei sfortunato, ragazzo, noi serviamo Dama Lilith.
- Celeno- ribatté quella con i capelli biondi – Il ragazzino pensa che siamo furie!
- Furie?
Celeno scoppiò in una risata orribile: - Ragazzino, non hai ancora imparato a distinguere una Furia da un’Arpia?
Arpie. Che idiota, come avevo potuto confonderle con le Furie?
Le Furie non hanno il corpo da uccello, sembrano più enormi pipistrelli deformi. E sono solo tre.
- Che dici, sbraniamo prima lui?- propose l’arpia bionda. Celeno fece per rispondere, quando un tremendo ululato costrinse le due megere a voltarsi allarmate.
Oh, giusto. Helen.
Osservai ad occhi spalancati la lupa dal pelo bronzeo, che mi fissava a sua volta con uno sguardo furente e predatore: aveva individuato un possibile pasto. Indietreggiai di un passo. Cosa che scatenò la reazione incontrollata della belva, che balzò ringhiando nella mia direzione.
Maggie fece per gettarsi al suo inseguimento, ma due arpie la bloccarono, sbattendole sul muso le loro enormi ali piumate.
Fortunatamente ebbi il buon senso – non so come – di non farmi bloccare dalla paura, mi voltai ed iniziai a correre alla cieca verso la pianura. Alle mie spalle udivo stridii e ringhi raccapriccianti, ma non osai voltarmi, nemmeno per controllare il vantaggio che avevo sui miei inseguitori- perché, di sicuro, anche le tre arpie rimaste mi stavano alle calcagna.
La mia corsa durò poco: riuscii per miracolo a non inciampare ma, non appena ritrovai l’equilibrio, Helen mi balzò addosso, facendomi finire lungo disteso a terra. Ansimai, con la faccia premuta contro il suolo roccioso e le zampe del lupo piantate sulla schiena. Il suo fiato caldo mi sfiorò la nuca.
- He…Helen…
La lupa spalancò le fauci, pronta a serrarle attorno al mio collo in una morsa mortale. Chiusi gli occhi e attesi. Che altro potevo fare se non aspettare di morire, sperando di non subire una lunga agonia?
Un guaito rabbioso mi costrinse ad aprire gli occhi e, improvvisamente, il peso delle zampe del lupo che mi teneva ancorato a terra sparì, dandomi modo di voltarmi e mettermi seduto.
Celeno e le sue due sorelle stavano attuando la stessa strategia di attacco che le altre avevano messo in pratica con Maggie: avevano circondato la lupa furente e stavano cercando di disorientarla con le loro ali scure.
- Ocipete, occupati della bestia- gracchiò la leader, rivolta a una delle due – Io e Aello penseremo al ragazzino!
Una morsa di terrore mi serrò lo stomaco, mentre indietreggiavo scompostamente, facendo leva su mani e gambe.
Celeno planò su di me, gli artigli protesi. Riuscii appena in tempo ad alzare il braccio e abbassarmi che le unghie ricurve della creatura lacerarono la manica della mia giacca, fortunatamente senza intaccare la pelle.
Rimpiansi amaramente di aver lasciato la mia spada in albergo.
L'arpia si alzò in volo, per venire, però, sostituita immediatamente dall’altra. Afferrai un bastone che si trovava là a terra per caso e, con tutta la forza che avevo, colpii la creatura ad una zampa.
Aello si sbilanciò, atterrandomi addosso. Ruzzolammo per qualche metro in un turbinio di artigli e piume, fino a quando, con un calcio, me la scrollai di dosso.
Terminai la caduta contro un masso, steso di fianco, con la spalla che mi faceva male da impazzire. Ero anche pieno di lividi ed i miei vestiti erano graffiati in più punti.
Ansimai e tossii, sputando piume d’uccello, e, a fatica, aprii gli occhi, mettendo a fuoco ciò che mi circondava.
Non vedevo le arpie, anche se le sentivo gracchiare. In compenso, un paio di occhi infuocati poco distanti da me mi fecero gelare il sangue nelle vene.
Mi sedetti, appoggiando la schiena al masso, e, tremando come una foglia, osservai terrorizzato la lupa che si avvicinava.
- Helen… ti prego…
La creatura ringhiò e, con un balzo, mi atterrò proprio di fronte.
- NO!- gridai, alzando il braccio per difendermi – HELEN, NON FARLO!
Con mia somma sorpresa, la lupa interruppe di scatto la carica. Si fermò giusto a mezzo metro da me, le zampe davanti appena divaricate e le orecchie tese. I suoi profondi occhi nocciola mi scrutarono in un misto di sorpresa e diffidenza.
Mostrai i palmi in segno di resa, balbettando impercettibilmente: - Helen?
Strano ma vero, lo sguardo della creatura cambiò completamente: non era più feroce e assetato di sangue, quanto più confuso. Pareva non rendersi bene conto di quello che stava succedendo.
Ne approfittai della sua indecisione per sgattaiolare via, quando uno stridio inquietante alle mie spalle mi provocò un attacco di panico: - NO!
Inciampai, avvertendo una fitta tremenda al polso, e mi voltai, giusto in tempo per vedere Aello planare verso di me con gli artigli tesi.
Gridai, ormai certo di non avere scampo, quando qualcosa colpì l'arpia alle spalle, scagliandola lontano da me.
Cercai di mettermi in piedi, ma le gambe cedettero e mi ritrovai di nuovo a terra, puntellato sui gomiti. Voltai la testa lentamente, osservando ad occhi spalancati la lupa dal pelo bronzeo e l’arpia bionda affrontarsi in un acceso duello mortale.
Urlai disperato non appena gli artigli della megera ferirono il fianco della mia amica, strappandole un tremendo guaito.
- HELEN!
Avanzai strisciando verso di loro, sentendomi più inutile che mai. Aello riuscì a colpire nuovamente l’avversaria, che però, in un impeto disperato, riuscì a balzare al collo dell’arpia, affondandole le zanne nella gola.
Un tuono squarciò il cielo e, improvvisamente, una fitta pioggia cominciò a cadere.
Udii lo stridio di Celeno sopra la mia testa, ma non fermai la mia avanzata. Anche perché, senza un apparente motivo, fu il capo delle arpie a fermarsi a mezz’aria, prima ancora di essere riuscita a sfiorarmi.
Un vento gelido si alzò, mentre le ombre notturne diventarono all’improvviso più scure. Una voce tagliente e lontana sibilò alcune parole in greco antico, ma era così terribile che non riuscii ad afferrare il senso del suo discorso. Una brutta sensazione di gelo e terrore iniziò ad impadronirsi di me.
Celeno sbatté le ali stupita, poi, quando la voce si zittì, lanciò un grido agghiacciante.
Aello, malconcia e ferita, si scrollò di dosso Helen, mandandola a sbattere contro il suolo roccioso, e, rispondendo al grido, si levò in volo, diretta verso il proprio capo.
Provai ad alzarmi di nuovo, ignorando i giramenti di testa e, aguzzando la vista, vidi il resto dello stormo volare in direzione della scritta “Hollywood” per poi sparire all’improvviso.
Restai fermo e ansimante per qualche secondo, cercando di capirci qualcosa, ma inutilmente.
Maggie comparve a qualche metro da me, in forma umana. Aveva il fiato corto ed un brutto taglio sulla fronte. Fu quando la vidi che un tremendo pensiero mi attraversò la testa: - HELEN!
Mi voltai, crollando sulle ginocchia, e avanzai carponi verso il corpo inerme della lupa stesa a terra.
La pioggia mi faceva appiccicare i capelli davanti agli occhi.
Raggiunsi la mia amica con un groppo alla gola, osservando ad occhi sbarrati il sangue che sgorgava dalle ferite, macchiando il pelo color bronzo e miscelandosi alla pioggia.
- Helen…
La mia voce suonò più come uno squittio, ma la lupa parve udirla lo stesso, infatti aprì gli occhi ed emise un debole guaito. I suoi occhi nocciola si fissarono su di me, con uno sguardo sorprendentemente famigliare e umano.
Singhiozzando, allungai la mano tremante verso di lei, appoggiandola sulla sua grande testa pelosa.
- Mi hai salvato…- sussurrai, sporgendomi verso il suo orecchio. In tutta risposta, Helen passò la lingua sulla mia guancia.
Maggie ci raggiunse di corsa, inginocchiandosi di fronte alla sorella ferita. Il suo volto era ridotto ad una maschera di ansia, mentre osservava i tagli lasciati dagli artigli dell’arpia, anche se sembrò stupirsi dell’atteggiamento mansueto della giovane lupa: - Ti… riconosce?
Tirai su col naso, incapace di parlare, incapace di lasciare la zampa della mia amica che tenevo stretta tra le mani.
Il corpo di Helen tremò, scosso da tremendi spasmi, poi, il pelo cominciò a ritirarsi, il muso si appiattì e l’intera figura si trasformò, fino a quando non mi ritrovai a stringere spasmodicamente una mano umana.
Alzai lo sguardo verso Maggie, certo che avesse fatto qualcosa per riportare Helen alla forma originaria, ma dalla sua espressione sorpresa intuii che la ragazzina aveva fatto tutto da sola. E doveva esserle costato uno sforzo immane.
Il suo volto, graffiato in più punti, pareva aver perso il consueto colore olivastro e appariva pallido e smorto. I suoi occhi, sofferenti ma pur sempre stupendi, si posarono su di me. Le sue labbra accennarono un sorriso: - Nico…
Le lacrime scesero copiose lungo le mie guance, mentre tutto ciò che riuscii a rispondere fu solo: - Andrà tutto bene…
Maggie prese in braccio la sorella senza alcun apparente sforzo e, sforzandosi di mantenere una voce ferma, disse semplicemente: - Serve un riparo… devo trovare il modo di curarla…
Mi alzai in piedi a fatica, osservandola incamminarsi verso la grotta più vicina. Non riuscivo più a capire se cioè che bagnava le mie guance erano sempre lacrime oppure fredde gocce di pioggia, che cadevano dal cielo senza pietà.
 
***
Angolo dell’Autrice: Ok, faccio schifo per i miei ritardi e questo lo so.
Comunque, spero che il capitolo non vi abbia annoiati. Per farmi “perdonare” metto quest’immagine che ho realizzato di Nico ed Helen (come li immagino io ^_^).
Comunque, le cose si stanno complicando anche per i due ragazzini: che cosa farà Maggie per curare la sorella? E Nico si permetterà un ulteriore ritardo nella propria missione? Una cosa è certa: i sentimenti della piccola Helen sono così forti da superare perfino la ferocia del proprio alter ego canino che prima non era mai riuscita a controllare.
Grazie per aver letto e, soprattutto, grazie per la pazienza.
Al prossimo capitolo con Luke e Leila!
Tinkerbell92

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Capitolo 12
*** Leila - Rovescio del punch addosso a un miliardario ***


-Leila-

Il sorriso che mi rivolse Jake Milligan m'infastidì più di una ditata in un occhio.
- Leila, sei venuta alla fine!- trillò con aria allegra – Ne sono felice!
Provai a scorgere una punta di malizia nella parola “venuta” – Luke non riusciva mai a star serio pronunciandola - ma, con somma delusione, constatai che Jake non era in vena di doppi sensi. Probabilmente nemmeno sapeva cosa fosse un doppio senso.
- Ne sei felice?- ripetei, con una punta di sarcasmo – Non so se la tua fidanzata sarà dello stesso parere…
- Te la presento subito!- rispose eccitato lui, senza cancellarsi dalla faccia quel sorrisino idiota – Come mai sei vestita così?
- E’ un problema?- soffiai sulla difensiva, pronta a piazzargli una scenata.
Lui scosse la testa e mi prese per mano, conducendomi dai suoi adorati parenti. Non so se fece più male la vista della sua amichetta oppure il fatto di non provare assolutamente nulla quando le sue dita incontrarono le mie.
I signori Milligan non parevano cattive persone: lui alto e dinoccolato, coi capelli brizzolati e l’aria sveglia; lei di media altezza e un po’ rotondina, con i capelli color caramello ed un sorriso molto dolce.
- La signorina Leila, immagino – sorrise il signor Milligan, tendendomi la mano – Dave Milligan, molto piacere.
- Ehm… sì, il piacere è mio – balbettai, gettando occhiate nervose qua e là.
- Io sono Mara- soggiunse la donna – Da dove vieni, cara? Non mi pare tu sia del Nevada…
- Georgia… sono di Atlanta…
- Ci sono stato due anni fa- si intromise il tipo dai capelli biondi pieni di gel che intuii essere il signor Kingston – Paesino grazioso…
- In realtà è una città, non un paesino- lo interruppi in modo brusco, leggermente punta nell’orgoglio – Ed è pure più grande di Las Vegas.
La ragazza bionda, che doveva essere Caroline, emise una leggera risatina: - La tua amica è suscettibile, Jackie. Beh, un po’ di patriottismo non fa mai male, no?
Mi rivolse un ampio sorriso, mettendo in mostra una dentatura leggermente cavallina.
Jake mi posò una mano sulla spalla e mi indicò i genitori di lei: - Il signor e la signora Kingston, proprietari del Mirage. E lei è la mia fidanzata Caroline…
- Sì, l’avevo capito- risposi annoiata, aggrottando la fronte non appena Caroline si sporse verso di me, prendendomi la mano e sorridendo ancora più apertamente.
Per la prima volta riuscii a guardarla bene in faccia: dimostrava circa venticinque anni, aveva il naso aquilino, gli occhi di un bel marrone intenso –anche se ero sicura indossasse delle lenti a contatto colorate – ed uno strato di fondotinta parecchio scuro spalmato sul viso, che metteva ancora più in risalto il suo collo color yogurt.
Indossava un abito grigio-azzurro in stile Anni Cinquanta, con la gonna tagliata sopra il ginocchio, ed i suoi capelli color platino erano palesemente tinti.
A prima vista non pareva una di quelle ochette vanitose e stupide con cui avevo avuto a che fare a scuola, eppure una strana sensazione mi tormentava, una sensazione di “sbagliato”, che non aveva minimamente a che fare col fatto che fosse la fidanzata del padre di mia figlia. Non riuscivo però a capire di cosa si trattasse…
- Signorina, Jake non l’aveva avvertita che questo sarebbe stato un Ballo di Gala?- domandò la signora Kingston, una tipa bassa  dai capelli a caschetto nerissimi – I suoi abiti non mi sembrano… appropriati…
- Non sono nuda, signora- replicai acida – Perciò non trovo un senso nella parola “inappropriati”.
La donna sgranò gli occhi stupita, ma, prima che potesse svenire o farsi prendere da una crisi isterica, il signor Milligan indicò il lungo tavolo apparecchiato che si trovava alle nostre spalle: - Jake, perché tu e Caroline non portate Leila a bere qualcosa?
- Oh, sì, servono ottimi spritz, io me ne sono già scolati due!- rise la signora Milligan, facendo arricciare il naso ai signori Kingston.
- E’ un’ottima idea!- sorrise Caroline, prendendomi sottobraccio a tradimento – Vieni, Leila.
L’accompagnai al tavolo un po’ riluttante, con Jake che ci tallonava con sguardo inebetito. Pareva tanto un cagnolino sottomesso e mi morsi la lingua per non farmi sfuggire un commento simile.
- Hai almeno vent’un anni, giusto?- mi domandò Caroline, mentre faceva cenno ad un inserviente di preparare tre spritz.
- Sì, ne ho ventidue, Caroline – risposi annoiata, afferrando il bicchierino di cristallo che mi porgeva, contenente un liquido gassoso color rosso corallo.
Bevvi qualche sorso, facendo scorrere lo sguardo distrattamente da una parte all’altra del salone. Mi sentivo a disagio quando Caroline mi fissava, perciò evitai il più possibile di incontrare il suo sguardo, almeno nei momenti in cui parlava con Jake.
Per qualche secondo, i miei occhi si soffermarono su un ragazzo dai capelli neri appoggiato a una parete con aria annoiata, leggermente scostato dal resto degli invitati.
Esattamente come me, sembrava parecchio fuori posto: indossava dei jeans strappati ed una giacca in pelle nera con le borchie. Immaginai che fosse il figlio ribelle di un qualche riccone amico dei Kingston, ma non riuscii a pormi altre domande poiché distolsi lo sguardo imbarazzata non appena lui, accorgendosi di me, mi strizzò l’occhio.
- Leila?
Sussultai non appena mi trovai il volto di Caroline a pochi centimetri dal mio: - Che vuoi?
Lei sorrise, indietreggiando di un passo: - Ti ho chiesto di cosa ti occupi. So che alloggi al Caesar, quindi devi essere ricca di famiglia o svolgere un lavoro che ti permetta una vacanza simile.
- Non sono in vacanza – sibilai, cercando di inventare su due piedi una scusa plausibile – Io… sono qui per lavoro… sì, scrivo recensioni sugli alberghi per l’Olympus Express, una rivista abbastanza nota ad Atlanta.
-Uh, interessante! – trillò Caroline, allargando il sorriso equino – Ma i due ragazzini che hanno preso il tè con noi sono tuoi parenti?
- No, sono stagisti – mi affrettai a rispondere, pestando il piede a Jake che aveva appena aperto la bocca per dire qualcosa – Forse Annabeth verrà anche assunta a fine anno. E’ una ragazzina piuttosto sveglia.
- Sì, l’ho notato – asserì mielosa Caroline, appoggiando poi la mano sulla mia spalla – Perché continui a distrarti? Cosa stai guardando?
Una morsa mi serrò lo stomaco, ma cercai di non perdere la calma.
- Quel ragazzo appoggiato al muro – risposi incerta, indicando con un cenno il tipo dai capelli neri – Lo conosci?
Lei lo osservò per qualche secondo, poi fece una smorfia: - Oh, è Ian St Mark, i suoi parenti gestiscono il Venetian Hotel. E’ un tipo parecchio strano, sembra sempre arrabbiato col mondo… sinceramente non ne capisco il motivo – concluse, prendendo un ultimo sorso di spritz.
Aprii la bocca per rispondere, quando un movimento sospetto oltre le grandi finestre della sala attirò la mia attenzione.
Con una scusa, mi allontanai da Jake e Caroline – cosa che non sembrò infastidirli particolarmente – e mi affacciai ad una delle enormi vetrate.
Il “giardino polinesiano” del Mirage, illuminato da una miriade di piccole fiaccole, sembrava piuttosto tranquillo. Non potei fare a meno di osservare che, nonostante i proprietari dell’albergo fossero degli insopportabili snob, la cura quasi maniacale dei dettagli non stonava affatto in un contesto simile. Dovetti riconoscere che il Mirage era davvero un hotel stupendo.
All’improvviso, una mano gelida sul collo mi fece sobbalzare e a stento trattenni un grido.
Mi voltai, pronta ad afferrare il piccolo pugnale legato al polpaccio che avevo nascosto sotto i jeans, quando mi ritrovai davanti ad un paio di iridi color ghiaccio che, nonostante dessero un po’ i brividi, parevano decisamente umane.
- Nervosa?
Indietreggia di un passo, fissando un po’ guardinga Ian St Mark che, come se niente fosse, stava mangiando una mela dalla buccia rossa, sorridendo appena con fare quasi furbo.
Colsi per qualche secondo l’occasione per osservarlo meglio: dimostrava più o meno vent’anni, era abbastanza alto e la sua carnagione pallida creava un contrasto parecchio spettrale con gli abiti scuri che indossava. Un filo leggero di eye-liner evidenziava il contorno un po’ allungato dei suoi occhi azzurri, mentre i suoi capelli, neri e lucidi, erano leggermente disordinati e pieni di gel.
Era sicuramente un bel ragazzo, nonostante i suoi lineamenti fossero un po’ aguzzi, ma, per un’ignota ragione, il suo aspetto mi inquietava.
- Che intendi dire? – domandai, restando sulla difensiva.
Ian diede un altro morso alla mela, poi alzò le spalle: - Appena ti ho toccata hai sobbalzato come se ti avessi punta con uno spillone. Mi sembra un atteggiamento da persona nervosa.
- Non hai pensato che potesse esser colpa della tua mano congelata? – replicai ironica, appoggiando le mani sui fianchi – Se mi avessi appoggiato un cubetto di ghiaccio sul collo forse avrei avuto una reazione più tranquilla…
Il ragazzo mi fissò per un po’ senza parlare, poi alzò il lato sinistro delle labbra verso l’alto: - Non ci posso fare nulla, io ho sempre le mani fredde. L’importante è che tu non sia sempre nervosa, ho sentito dire che lo stress non fa bene.
Ma che cavolo di problemi aveva? Tra tutte le persone presenti in sala aveva deciso di importunare proprio me?
- Non hai qualcun altro con cui chiacchierare, Ian? – sbuffai, serrando le mani nelle tasche dei jeans – Che ne so, uno dei tuoi parenti, o…
- Sei l’unica ad indossare abiti informali oltre a me, qui dentro – mi interruppe con fare impassibile – E’ una cosa che mi incuriosisce. Sarei tentato di chiederti come fai a conoscere il mio nome, ma visto che prima parlavi con Caroline Kingston credo non sia necessario. Comunque, come mai sei vestita così? E’ un gesto di ribellione o non ti senti a tuo agio in abiti formali?
Il mio sguardo cadde istintivamente sulla maglietta colorata che indossavo. Arrossii leggermente: - Mi andava di vestirmi così.
- Perfetto, atto di ribellione quindi – concluse lui, porgendomi la mela prima che potessi protestare – Vuoi un morso?
Qualsiasi parola stesse per uscire dalle mie labbra morì immediatamente sulla punta della lingua. Sbarrai gli occhi, facendoli scorrere da Ian alla mela rossa, cercando di capire se stesse scherzando o meno.
Ero sul punto di scuotere la testa e allontanarmi, quando notai Caroline Kingston guardarsi attorno, molto probabilmente in mia ricerca, così, senza pensarci due volte, afferrai il pomo mezzo mangiato e ne staccai un morso dalla parte ancora intatta.
- Grazie – biascicai, mandando giù un po’ a fatica e restituendo il frutto al legittimo proprietario.
Ian diede una seconda alzata di spalle ed aprì la bocca per rispondere, quando il suo sguardo si posò su qualcosa che si trovava dietro di me: - E quello cos’è?
Mi voltai di scatto, scorgendo un rapido movimento fuori dalla finestra.
- Sembrava una donna – mormorò Ian, dando distrattamente l’ultimo morso al suo torsolo di mela – Anche se aveva una pelle orribile. Sembrava quasi un serpente. Boh, forse lo spritz che ho bevuto era più forte del solito…
- Io non credo – lo interruppi preoccupata, appoggiando le mani contro la vetrata fredda – Non penso proprio che…
- Leila!
La voce acuta di Caroline mi fece sobbalzare di brutto tanto che, voltandomi di scatto, rischiai di rompere il vetro della finestra con una gomitata.
La biondina lanciò un’occhiata scettica a Ian, poi mi sorrise: - Non dovresti appoggiare le mani alle vetrate, rischi di rovinarle.
- Mi dispiace – bofonchiai, ficcando i pugni in tasca ed evitando di guardare negli occhi lei e Jake, che sorrideva come un idiota.
Caroline mi diede una leggera pacca sulla spalla: - Fà attenzione, mi raccomando! Senti, perché non ti unisci a noi per il brindisi? Mio padre ha già dato l’ordine ai camerieri di portare lo champagne.
- Uh, d’accordo – balbettai, lanciando d’istinto un’occhiata verso Ian, che piegò le labbra in un sorrisetto. Non so perché, ma quello sguardo mi ricordava qualcosa…
- Se non vi dispiace, io vado fuori a fumare – sospirò con flemma, pienamente consapevole dello sguardo disgustato che Caroline gli stava rivolgendo – Magari anche la Donna Serpente sarà felice di farsi un tiro…
Mise il torsolo di mela in mano alla figlia dei Kingston e, come se nulla fosse, tirò fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di sigarette e si avviò verso l’uscita principale.
A quel punto, sia io sia Caroline ci trovammo in uno stato di imbarazzatissimo mutismo: lei fissava ad occhi sbarrati il frutto mangiucchiato che giaceva sul proprio palmo, mentre io avevo rivolto lo sguardo alle punte delle mie scarpe che, in qualche modo, mi sembravano la cosa più rassicurante all’interno di quella sala.
Non sapevo perché, ma in qualche modo mi sentivo indirettamente responsabile, come se io ed Ian St Mark ci fossimo messi d’accordo per fare un dispetto alla giovane ereditiera.
Finalmente, Caroline aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta da un singulto di Jake. Lo scricchiolio alle mie spalle non mi diede tempo di ragionare sul da farsi: sguainai il coltello e mi voltai di scatto, giusto in tempo per vedere la vetrata della finestra infrangersi in mille pezzi.
Alzai il braccio per ripararmi il viso, venendo sfiorata appena da qualche scheggia, mentre Jake e Caroline inciamparono all’indietro per la sorpresa, piantando il culo a terra.
Qualcuno degli invitati gridò: una dracena dai capelli neri e unti sibilava ferocemente, strappandosi dalla pelle squamosa frammenti di vetro appuntiti.
- Maledizione! – imprecai, indietreggiando in posizione di guardia.
Udii la signora Kingston gridare qualcosa al marito, ma non ci feci molto caso. Non avevo idea di come potesse apparire la Donna Serpente che stavo fronteggiando agli occhi dei mortali, ma di certo non doveva avere un aspetto carino.
- Mi sono stancata di voi rettili umanoidi! – gridai, facendo un passo verso la creatura, che mi soffiò contro furiosa – Il primo incontro che ho avuto con una della tua razza mi ha dato gli incubi per mesi!
- Fatti da parte, ssssemidea! – sibilò la dracena – Non mi interessssi tu, oggi! Non cossstringermi ad ucciderti!
- E chi ti interesserebbe allora? – domandai con aria di sfida, parandomi istintivamente davanti a Jake e Caroline, che boccheggiavano terrorizzati. Non che m’importasse chissà cosa di lei, ma volevo evitare a tutti i costi che il padre di mia figlia venisse fatto a pezzi, in caso fosse stato lui il bersaglio della creatura.
La dracena scosse l’orrenda testa deforme e si lanciò rabbiosa contro di me. A quanto pare doveva avere una memoria piuttosto scarsa, visto che solo pochi secondi prima aveva espressamente detto che non le interessavo affatto.
Mi scansai di lato, rischiando di urtare gli eleganti tavolini bianchi su cui erano stati disposti ordinatamente cibo e bevande vari. Alcuni invitati cominciarono a correre scompostamente verso l’uscita, altri, come i signori Milligan, restarono a guardare imbambolati, incapaci di reagire.
- Dov’è? – gridò la creatura, guardandosi attorno – Dove ssssì nasssconde?
- Tu hai seri problemi, bella mia – commentai, facendo un passo indietro.
Quella si voltò di scatto verso di me, mi studiò come se mi avesse vista per la prima volta e compì un secondo balzo.
Puntai il pugnale all’altezza del suo petto, trafiggendola non appena mi fu addosso, ma l’impeto della sua carica mi sbilanciò, facendomi finire contro un tavolino sul quale era stata posta una gigantesca ciotola di cristallo colma di punch. Udii un grido maschile piuttosto scocciato, ma non riuscii a capire a chi appartenesse, perché piombai a terra di brutto, procurandomi dei bei lividi sul lato destro del corpo.
La dracena si dissolse e l’orrenda polvere delle sue ceneri si depositò sui miei vestiti.
Per un attimo, un opprimente ed imbarazzante silenzio piombò all’interno della sala, poi, con fare un po’ incerto, la signora Milligan si avvicinò a me e mi offrì la mano per farmi alzare.
- Dove… dove hai imparato quelle mosse, cara? – mi domandò con un filo di voce, cercando goffamente di spazzare via la cenere di mostro dalla mia maglietta.
Prima che potessi trovare una scusa, udii un sibilo stizzito e, voltandomi, vidi il signor Kingston seduto a  terra, gli abiti fradici e la scodella di punch rovesciata in testa. Evidentemente aveva cercato di salvare la preziosa terrina e, in un certo senso, c’era riuscito: la superficie di cristallo non presentava nemmeno un graffio.
- Wow – esclamò Jake, ignaro delle occhiatacce che mi stavano rivolgendo i genitori della sua ragazza – Non si vedono tutti i giorni spettacoli del genere! Che diavolo era quella cosa?
Prima che potessi replicare, mi scattò una foto col suo cellulare e lo porse a Caroline, che mi fissava a bocca aperta: - Twittala per me, per favore…
La biondina non mosse un muscolo, ma io, in compenso, mi diressi a falcate verso di loro, afferrai il cellulare e lo spensi con rabbia.
- Continua a tenerlo acceso – sibilai minacciosa – E stai pur certo che prima o poi ti farai davvero molto male.
Era il secondo mostro che si tirava addosso da quando l’avevo ritrovato. Non mi importava che non sapesse di essere un semidio e che il suo cellulare fosse peggio di un razzo di segnalazione per i mostri, ero così arrabbiata per il fatto che fosse davvero così cambiato –e probabilmente irrecuperabile – che mi venne molto facile incolparlo silenziosamente di tutto.
A testa alta, mi avviai verso l’uscita, senza nemmeno degnare di un saluto lui, Caroline e compagnia bella.
Mentre stavo per varcare la soglia, però, notai con la coda dell’occhio che Ian St Mark mi fissava in modo strano.


***
Angolo dell’Autrice: Capitolo pubblicato dopo secoli e pure un po’ deludente forse (io non me ne sento pienamente convinta). Spero che i prossimi siano migliori.
Comunque, mi sono imposta di aggiornare oggi perché, secondo i miei calcoli pazzoidi, è il compleanno della nostra piccola Artemis!
Ancora non è sicuro, ma, appena finirò Find Me, potrei pubblicare una sorta di spin-off su di lei più grandicella.
Perciò, auguri Missy!
Per domandarvi perdono, vi allego una piccola immagine di lei, collegata ovviamente all’ipotetico spin-off!
Grazie per aver letto e scusate per il ritardo e la scarsa qualità del capitolo.
A presto!
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