Dal Sole E Dalla Luna Nacquero Le Ali

di Tomi Dark angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Oro Donato Alle Tue Ali... ***
Capitolo 2: *** L'Argento Della Luna Tra Le Piume E Il Rosso Rubino Del Sangue Sul Tuo Corpo ***
Capitolo 3: *** Le Ali Di Un Angelo E La Fede Dell'Uomo ***
Capitolo 4: *** Acqua Di Cristallo ***
Capitolo 5: *** Tutta Colpa Di Gabriel! ***
Capitolo 6: *** Il Valore Di Una Lacrima ***
Capitolo 7: *** Regali Di Natale ***
Capitolo 8: *** La Gabbia Dei Ricordi ***
Capitolo 9: *** Behemah Aqedà ***
Capitolo 10: *** Amore? Sì, Ne Ho Sentito Parlare ***
Capitolo 11: *** Remember Who You Are ***
Capitolo 12: *** Le Ali Spezzate ***
Capitolo 13: *** Il Volto Di Una Madre Su Un Viso Di Bambina ***
Capitolo 14: *** Non Dimenticare... ***
Capitolo 15: *** La Rinascita Dell'Alba ***
Capitolo 16: *** Attraverso I Tuoi Occhi ***
Capitolo 17: *** Il Perdono Di Un Angelo, L'Insegnamento Di Un Uomo ***
Capitolo 18: *** Insegnarti A Volare ***
Capitolo 19: *** Dal Sole E Dalla Luna Nacquero Le Ali ***



Capitolo 1
*** L'Oro Donato Alle Tue Ali... ***


Dean Winchester si lasciò cadere tra le lenzuola asettiche del letto del motel emettendo un sospiro di stanchezza. Dio, sentiva il freddo e l’umidità della pioggia filtrargli fin dentro le ossa e non era nemmeno inverno inoltrato. A volte aveva la sensazione di essere invecchiato di colpo, al punto che era tentato di guardarsi allo specchio alla ricerca di eventuali rughe o capelli bianchi. Era un istinto stupido, ma non riusciva ad impedirselo. Dopotutto, la vita di un cacciatore non giovava di certo a dei ragazzi, per quanto giovani e forti.
-Ehilà, ciccipucci.- disse una voce, scatenando nei due fratelli una reazione istintiva ed unanime: Sam e Dean afferrarono le pistole, puntandole simultaneamente a indirizzo di un giovane uomo dai capelli color miele e l’aria scanzonata di chi adora gli scherzi e i dolciumi, prova ne era il lecca lecca che gustava allegramente.
-Gabriel! Che ci fai qui?- esalò Sam, rilassandosi. Abbassò l’arma, imitato a malincuore dal fratello maggiore, il quale non mancò di indirizzare uno sguardo d’odio all’arcangelo.
Gabriel si grattò la nuca con quello che pareva imbarazzo e spostò l’asticella del lecca lecca contro la l’interno della guancia destra. I suoi occhi si socchiusero, un comportamento che allarmò Sam e Dean per quanto fosse poco caratteristico dell’arcangelo.
-In realtà avrei bisogno del vostro aiuto, tesorini. O meglio, non io, ma Castiel.- spiegò.
Dean sbarrò gli occhi e sentì una punta di apprensione farsi spazio nel suo petto. –Castiel? Che è successo?-
Gabriel spostò il peso del corpo da una parte all’altra, a disagio.
-C’è stato un incidente durante un combattimento con i demoni e… insomma, Castiel è andato a sbattere di brutto contro una roccia e si è spezzato un’ala.-
Sam sbatté le palpebre, stralunato. –Credevo che le vostre ali fossero impalpabili…-
-Credimi, tesoro, sono più solide di quanto immagini, solo che non le sfoderiamo mai perché sarebbe scomodo per i tramiti. Vedi, in realtà tirare fuori le ali quando si è nel tramite comporta lo squarciarsi della schiena e delle scapole del corpo che abitiamo. È un bel dolore, perciò cerchiamo di evitarcelo quando è possibile. Castiel ha fatto il possibile per trattenersi ma alla fine le ha tirate fuori… che cazzo, non è questo il problema! Va bene, ragazzi, la situazione è questa: Castiel è stato ferito a un’ala e si è schiantato contro la fiancata del monte Sinai.-
Sam si corrucciò. –Non potete tirarlo fuori di lì?- chiese piccato. Gabriel respirò profondamente, come se stesse facendo appello ad ogni briciolo di pazienza disponibile.
-No, mio dolcissimo big foot, non possiamo e sai perché? Perché Castiel si trova su una sporgenza rocciosa molto piccola ed è così nervoso che sbatte le ali appena mi avvicino, correndo il rischio di cadere di sotto. Non sono certo di riuscire a prenderlo in quel caso, perciò ho bisogno di voi. Anzi, di lui per la precisione.- aggiunse, indicando Dean con un cenno distaccato del capo.
Dean strabuzzò gli occhi, cercando di fronteggiare sia la sorpresa, sia l’ansia che gli dava il pensiero di un Castiel terrorizzato accoccolato sulla sporgenza di qualche roccia pericolante. Era difficile immaginare il solito, gelido Castiel col viso stravolto dall’ansia e dal dolore di un’ala ferita. Oltretutto, sapere che gli angeli avevano davvero delle ali e non la mera proiezione di esse era una scoperta quasi sconvolgente per Dean. Non riusciva a immaginarsele, se non come due piccole appendici bianche simili a quelle della statuetta che sua madre aveva comprato poco dopo la sua nascita.
-Cosa ci garantisce che questo non è uno dei tuoi tanti scherzi da pennuto bastardo quale sei?- ringhiò Dean tra i denti. Lottò contro l’impulso di afferrare Gabriel per un braccio e costringerlo a portarlo subito sul monte Sinai, ma sapeva che sarebbe stata una mossa stupida.
Gabriel allargò le braccia con fare per la prima volta impotente, gli occhi dorati attraversati da un lampo di stanchezza che i due Winchester non avevano mai visto in quelle iridi cangianti. Vederlo così scatenò in Sam un’ondata di tenerezza e di istinto protettivo. Aveva voglia di abbracciarlo, di consolarlo e dirgli che sarebbe andato tutto per il meglio perché, lui lo sapeva, Gabriel aveva un cuore d’oro nonostante il suo ostentato carattere da stronzo.
-Puoi credermi, Dean, o puoi correre il rischio che Castiel si sfracelli ai piedi di uno dei monti più alti del mondo. Questo non lo ucciderebbe, ma gli causerebbe un bel po’ di dolore, soprattutto con le ali sfoderate. Sono quelle che mi preoccupano perché sono il punto debole e più sensibile di tutti gli angeli. Avere le ali ferite ci rende vulnerabili e questo spiega come mai mio fratello è sconvolto. Ha uno squarcio sull’ala destra che mi fa star male solo a guardarlo, ed è tutto dire.-
Sam e Dean si scambiarono un’occhiata, il primo con fare significativo e il secondo con fare a stento controllato. Sam però sapeva che in realtà Dean era a un passo dallo scoppiare tanta era l’ansia che leggeva nei suoi occhi di smeraldo. Suo fratello non lo avrebbe mai ammesso, ma provava qualcosa per Castiel, qualcosa che andava ben oltre la semplice amicizia. Dean non si era mai accorto di come guardava l’angelo o di come teneva in contro le sue parole, spesso seguendo i consigli che questi dava. Erano piccoli segnali che Sam aveva recepito e taciuto per quieto vivere.
-Va bene pennuto, ma sappi che se è l’ennesimo tiro mancino che ci fai, giuro che ti spiumo.- minacciò Dean aggressivo. Per tutta risposta Gabriele annuì e con una breve falcata coprì la distanza che lo separava dai due Winchester. Ancor prima che i fratelli potessero replicare, le mani di Gabriel si strinsero sulle spalle di entrambi e in un battito di ciglia il trio si trovò sul monte Sinai.
Dean e Sam avevano chiuso gli occhi appena avvertito lo strattone dell’arcangelo che li trasportava lontano dal motel, ma una volta arrivati si sarebbero aspettati di sentire la furia degli elementi sulla pelle, a cominciare degli artigli del vento che avrebbero dovuto ghermirli con la ferocia di una bestia arrabbiata. Niente. I due Winchester non sentivano niente, se non un delicato tepore ad avvolgerli.
-Sam…- chiamò Dean con un filo di voce, costringendo l’altro a spalancare gli occhi. Ciò che vide lo lasciò a bocca aperta e con un violento tremore alle ginocchia.
Se Sam avesse potuto dare un nome a quello che aveva davanti, l’avrebbe chiamato in un solo, semplice modo: sole.
Lui e Dean si trovavano al centro di un’immensa cappa dorata costruita da piume morbide, affilate e gloriose come niente che avessero mai visto. Ogni penna, ogni piccolo pezzo di quelle sviluppate appendici piumate simili a germogli di Grazia angelica spiegati in tutta la loro potenza pareva fatta della sostanza più pregiata di cui disponeva il paradiso. Non sembrava esserci un limite a quell’incastro di piume sovrapposte e la loro immensità faceva sentire i due Winchester piccoli e insignificanti come insetti. Osservando meglio la loro formazione, Sam realizzò con stordimento che le ali non erano semplicemente due, ma sei. Sicuramente quello spettacolo senza eguali doveva essere l’ottava meraviglia del mondo, se non la prima e la più magnifica.
Volgendo lo sguardo verso destra, Sam e Dean incontrarono finalmente la figura di Gabriel che, per quanto bassa, adesso sembrava immensa come quella di un gigante.
Sam lo guardò, riempiendosi gli occhi di quella visione celestiale. In quel momento Gabriel incarnava quanto di più bello e terribile esistesse non sulla terra, ma nell’intero universo. Il suo viso rilassato e gli occhi dorati e cangianti come specchi variopinti emanavano un senso di carità e dolcezza che rimandava i ricordi dei due ragazzi agli splendidi volti delle statue michelangiolesche, alla loro espressività e alla perfezione di quanto di più bello potesse mai essere visto da occhio umano.
Stavolta, davanti a quella visione disarmante, l’orgoglio di Sam cedette e il ragazzo allungò finalmente una mano verso quella creatura eterea discesa sul mondo solo per avvolgerlo in tutta la sua sozzura con le sue gentili ali piumate. Era incredibile che qualcosa di così bello e perfetto avesse deciso di manifestarsi proprio a lui, Sam, tramite di Lucifero e mezzo demone che in più casi aveva massacrato altri esseri umani. Si trovò a pensare che, se avesse dovuto morire per mano di qualcuno, non avrebbe protestato se quel qualcuno fosse stato proprio Gabriel.
Le dita di Sam sfiorarono con trepidazione le piume più vicine, facendole fremere al contatto e rimase immobile per qualche istante prima di rendersi conto di ciò che stava facendo. Ritrasse la mano imbarazzato e la intascò ostentando l’espressione di un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata. Non si azzardò a rivolgere alcuno sguardo verso Gabriel, ma questi gli sfiorò una spalla con le ali in un muto ringraziamento mentre queste si schiudevano appena, facendo scorgere loro il grigiore delle nuvole che affollavano il cielo e l’ululare del vento che cozzava contro le rocce sporgenti del monte Sinai.
Visto dal bozzolo caldo e sicuro delle ali di Gabriel, l’esterno pareva l’inferno guardato dall’alto del paradiso.
-Cazzo, Castiel è davvero qui?- domandò Dean, sporgendo appena il capo e guardandosi in giro.
-Guarda meglio, tesoro. Ascolta.-
Fu allora che Dean udì un suono simile al vibrare adamantino di un cristallo infranto misto al gemito sommesso di qualcosa che soffriva. Era una voce così struggente, così addolorata che Dean sentì le ginocchia tremare violentemente, ormai prossime a cedere.
-Cas…-
Strinse gli occhi nel disperato tentativo di penetrare l’oscurità e finalmente lo vide. Castiel, il suo angelo. La creatura più bella che avesse mai visto spezzata, prostrata e sanguinante ai piedi di un mondo che con artigli e maglie d’acciaio stava cercando di trascinarlo verso il basso del monte e della più profonda sofferenza.
 
Note dell’autrice:
Ed eccomi qui con una nuova storia. Va bene, ammetto di essere un po’ demotivata a scrivere ultimamente, anche perché ho il morale sotto le scarpe e ciò che scrivo non mi piace. Dunque, tornando alla storia: questa fic era partita come una Destiel, e in effetti lo è, ma stavo pensando di infilarci un doppio pairing e farla diventare anche una Sabriel, che ne pensate?
Premetto che la storia sarà composta da due capitoli, ma potrei prolungarla se piacesse, anche se ritengo già molto che non mi prendiate a calci dopo questa vergogna di scritto XD beh, detto ciò mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! Il secondo capitolo uscirà tra domani e dopodomani!
Un bacio!
Tomi Dark Angel
 

 
 
 
 

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Capitolo 2
*** L'Argento Della Luna Tra Le Piume E Il Rosso Rubino Del Sangue Sul Tuo Corpo ***


Dean si protese dal bozzolo di piume dorate che lo proteggeva dal vento e affilò l’udito alla disperata ricerca della provenienza del lamento ultraterreno che udiva spandersi nell’aria. Quel suono così basso e prolungato era intriso di sofferenza e di una muta richiesta di aiuto alla quale Dean sentiva il pressante bisogno di rispondere. Voleva Castiel, voleva vederlo e sapere che stava bene, nonostante l’istinto gli gridasse il contrario. Quella voce Dean l’aveva già sentita, con la differenza che la prima volta era stata così forte da spaccargli i timpani.
Gabriel scansò le ali e le richiuse sulla schiena in un manto splendente alle sue spalle che Sam osservò incantato attraverso le violente raffiche di vento che lo schiaffeggiavano. Non si accorse che dietro di lui Dean aveva cominciato ad arrancare lungo la parete rocciosa, il capo chino e un braccio sollevato per riparare la vista dalle intemperie. Doveva trovare Castiel, fermare quel lamento che feriva più del vento e dell’intera situazione nella quale si erano cacciati.
Faceva freddo, ma Dean non ci badava.
Il cielo tuonava la sua rabbia, ma Dean lo ignorò.
All’improvviso il giovane cacciatore sentiva di poter arrivare ovunque, di poter scalare quella montagna a mani nude pur di raggiungere il suo angelo.
Alla fine Dean si fermò e sollevò lo sguardo, sordo ai richiami del fratello che si era accorto dei suoi spostamenti. Dean non lo sentiva perché un’unica creatura ostruiva in tutto il suo triste splendore i suoi sensi: Castiel era inginocchiato sul bordo della sporgenza rocciosa, il capo chino e le mani aggrappate agli avambracci per cercare di calmare i tremiti che lo scuotevano.
Dean aguzzò lo sguardo al percepire il fioco bagliore che si stendeva alle spalle dell’angelo e solo allora le vide, distese nel vuoto come il più etereo dei drappi celesti, ampie quanto quelle di Gabriel, seppur semplicemente due e non sei. Al contrario di quelle dell’arcangelo, le ali di Castiel rispecchiavano in tutto e per tutto le vestigia più belle della luna. Ogni piuma delicatamente sovrapposta alla sua gemella riluceva di un delicato bagliore argentato che sfumava nel bianco abbagliante come la purezza incontaminata che in quel momento si rispecchiava nel volto dell’angelo dai capelli scuri e scompigliati ma con due occhi talmente blu e luminosi da sembrare splendidi zaffiri sottratti alla più raffinata delle pietre.
Dean osservò il tremore di Castiel, la fragilità che si rifletteva nella sua figura spezzata di angelo caduto. Sembrava che il mondo avesse improvvisamente riversato ogni sua malvagità sulle ali del più bello dei serafini per trascinarlo al suolo e lasciarvelo sanguinante, ferito. Quella visione spezzava il cuore al punto che Dean sentì gli occhi velarsi di lacrime; lacrime che il cacciatore giustificò momentaneamente come un irritazione del bulbo oculare.
Castiel, non dando segni di averlo notato, fece oscillare il capo a destra e a sinistra e schiuse le labbra in un altro lamento più lungo degli altri, ma anche più stanco, come se la sua Grazia si stesse estinguendo come la fiamma di una candela infranta dal vento.
-Cass!- urlò Dean per sovrastare le raffiche di vento che gridavano insieme a lui. Castiel non lo guardò non si mosse.
-Urlare non ti servirà a nulla, idiota.- disse Gabriel, comparso magicamente alle sue spalle con una delle sei ali allungata a coprire le spalle di Sam come un drappo pregiato e morbido. Il cacciatore sembrava immensamente piccolo con quell’ingente ammasso di piume lucenti intorno al corpo, ma la cosa non sembrava dargli fastidio e Dean ignorò momentaneamente la cosa.
-Cosa posso fare allora? Parla o ti stacco le piume e le uso per farmi un cuscino!- abbaiò Dean, spazientito.
Gabriel non diede peso alla minaccia ben sapendo che in realtà il nervosismo di Dean stava schizzando alle stelle e per questo il cacciatore lo aggrediva in quel modo. Assaporò il lecca lecca per qualche istante, poi sorrise, facendo brillare gli occhi dorati come le sue piume di una luce maliziosa: -Prova a parlargli davvero. Parlare, non urlare.- consigliò.
-E questo cosa vorrebbe dire?-
-Tira da solo le tue somme, dolcetto mio, ma fai in fretta: mentre tu stai qui a minacciarmi, Castiel rischia di finire di sotto trascinato giù dal peso delle ali.-
Sam rabbrividì, pensando a cosa dovesse significare combattere contro il peso di due ali massicce come quelle di Castiel e Gabriel. Ne aveva sulle spalle una sola e la sentiva pesare così tanto che le sue spalle erano curve come la sua schiena, eppure sentiva Gabriel contrarre il muscolo per non abbandonare completamente l’ala contro di lui. Era un gran bel paradosso pensare che il loro peso serviva dall’alba dei tempi a trascinarli in volo.
Dean masticò qualche imprecazione prima di tornare a guardare con occhi quasi adoranti la fragile figura dell’angelo spezzato. Sam non gli aveva mai visto quello sguardo negli occhi.
Dean trasse un lungo respiro e chiuse gli occhi, facendo appello all’impronta che gli marchiava a fondo il braccio. Sapeva che Castiel era lì, che poteva sentirlo e se avesse cercato di ignorarlo, lui gli avrebbe gridato addosso fino a farlo voltare.
-Cass, ascoltami.- supplicò a bassa voce ma con quanta energia avesse in corpo.
Castiel tremò ancora, le piume arruffate dal vento e il bagliore intorno ad esse sempre più fioco.
-Castiel. Ti prego.-
Allora Castiel alzò finalmente lo sguardo e lo posò sulla figura di Dean, che cercò di sorridergli rassicurante. L’angelo non diede segno di averlo riconosciuto e Dean ne ebbe la prova quando Castiel strabuzzò gli occhi e sbatté una volta le ali, generando un vento talmente forte che avrebbe spinto Sam contro le rocce alle sue spalle se l’ala di Gabriel non lo avesse trattenuto, irrigidendo il muscolo. Dean cadde in ginocchio e piantò i piedi per terra, ma inorridì quando un ventaglio di gocce di sangue gli colpì il viso e il petto.
-Cass, fermati!- urlò disperato vedendo l’angelo continuare a sbattere stavolta una sola ala mentre l’altra, abbandonata nel vuoto dietro di lui, sembrava appesantirsi sempre di più. Il corpo di Castiel si inclinò pericolosamente di lato e l’angelo cadde di lato, con la guancia a pochi centimetri dalla fredda roccia. Smise di sbattere l’ala sana, ma Dean la vide tremare come una foglia, seppur nella sua immensità sembrasse possente e addirittura indistruttibile.
-Sono io, stupido pennuto figlio di puttana! Sono io, Dean!- gridò affranto, ma Castiel aveva appoggiato il capo contro il terreno e strizzava gli occhi in un’espressione di intenso dolore. La sua bocca si schiuse in un nuovo lamento che fece rizzare i peli sulla nuca di entrambi i cacciatori e corrucciare le sopracciglia di Gabriel.
-Stammi bene a sentire, coglione, perché non lo ripeterò ancora.- mormorò allora Dean per non farsi sentire dagli altri due. –Se osi buttarti di sotto io scendo dal monte solo per venire a prenderti e finire il lavoro, mi hai capito? Va bene, ti sei ferito un’ala, ma quante altre ne hai dovute passare in precedenza? Sei sceso all’inferno, hai combattuto contro i tuoi fratelli e ti sei fatto ammazzare diverse volte. Hai sofferto come un cane, ma l’abbiamo sempre affrontata insieme. Possiamo risolvere anche questa, ok? Ricorda che devo più di un favore alle tue ali, perciò… non cadere, Cas. Non trascinarci a terra tutti e due.-
Poi, preso un profondo respiro, Dean concluse con le uniche parole che credeva non avrebbe mai pronunciato in vita sua: -Ho bisogno di te.-
Attese qualche istante, il capo chino e lo sguardo sconfitto. Si diede dello stupido per averci messo così tanto di lui in quel discorso inutile del quale Castiel avrebbe solo potuto ridere. Però non riusciva a pentirsene completamente. Era vero che senza le ali di Castiel, senza Castiel, anche lui, Dean, sarebbe rimasto indifeso, senza uno scudo o un motivo per andare avanti.
Che cazzo di pensiero faccio? Dean, ti sembra il momento…?
-Dean…-
Dean sollevò lo sguardo, stupefatto, e finalmente incontro gli occhi di Castiel, quelle iridi di un blu intenso e luminoso come le profondità più recondite dell’oceano. Al loro interno per la prima volta, Dean scorse una scintilla di paura e richiesta di aiuto.
Castiel allungò una mano tremante verso Dean, il corpo scosso dai tremiti. Nonostante parlasse a bassa voce, Dean riusciva in qualche modo a sentirlo con la chiarezza di uno che gli parlava direttamente nell’orecchio.
-Sei venuto.-
Dean percepì in quelle parole una silenziosa adorazione, una fede incondizionata che fino ad allora Castiel aveva rivolto solo a Dio. Solo che non era Dio l’oggetto della sua fiducia adesso: era Dean.
Facendosi forza per ricominciare a respirare, Dean si alzò in piedi e avanzò lentamente verso Castiel, cercando di non spaventarlo.
-Sono qui, Cass… sono qui, non me ne vado…-
Allungò una mano verso quella tesa dell’angelo, che sorrise.
-Lo so…-
Le dita dei due si sfiorarono con delicatezza, conoscendosi per la prima volta come non si erano mai conosciute in vita loro. La mano di Castiel era gelida, mentre quella di Dean emanava un profondo, umano calore.
Dean stava per afferrarla quando un tuono dirompente ruppe il ruggito del vento. Ci fu un rombo terribile, seguito dal sibilo minaccioso di qualcosa che cadeva.
I quattro alzarono lo sguardo verso l’imponente frana che, colpita da un fulmine, si era staccata dalla fiancata della montagna e adesso franava verso di loro.
-CASTIEL!!!-urlò Gabriel, spingendosi Sam contro il suo corpo e sollevando le ali sopra le loro teste a formare una cupola d’oro splendente.
Castiel guardò Dean, leggendo nei suoi occhi un muto stupore, la sorpresa di chi non riesce ancora a realizzare di star andando incontro alla morte. Dean stava rischiando per lui e Castiel sapeva che né lui né Gabriel se ne sarebbero andati di lì, abbandonandolo.
No. Non avrebbe lasciato che la morte si portasse via il suo umano, né ora né mai.
Senza pensare, Castiel afferrò Dean per il bavero della maglietta e, stringendoselo al petto, si abbandonò finalmente al vuoto che lo aveva atteso tanto a lungo. Solo che stavolta non cadeva per abbandonarsi al nulla del dolore e dell’incoscienza. No, stavolta l’angelo si era buttato per salvare la vita del suo umano, di colui che amava, e ci sarebbe riuscito anche a costo della vita.
Le ali si spalancarono con uno schiocco e un frullare doloroso che sparse tutto intorno un ventaglio di piume e sangue. Castiel sentì le fitte pervadergli il corpo, scuoterlo negli spasmi, ma lui si impose di non mollare, non finché Dean non fosse stato al sicuro.
Sbatté le ali furiosamente, mordendosi a sangue le labbra per non urlare con la sua vera voce. Il dolore sembrava sul punto di farlo impazzire, ma Castiel non si fermò: piegò un’ala e virò lontano dalla montagna, dopodiché, aggirata la frana, risalì in morbide spirali che sembrarono infinite finché la sporgenza di roccia non si ripresentò ai suoi occhi, accogliente come un rifugio nonostante la frana l’avesse praticamente dimezzata. L’unico segnale luminoso di vita era il bagliore dorato delle ali arrossate di sangue di un tremante Gabriel, il quale non si decideva a scostare le appendici piumate per non far vedere a Sam quanto fossero malmesse.
Castiel sfiorò la sporgenza rocciosa, ma all’ultimo momento le ali lo tradirono e l’angelo si inclinò di lato, trovandosi a rotolare sulla roccia in un turbine di piume, sangue e dolore. Non mancò però di stringersi Dean al petto, proteggendolo come un tesoro prezioso e delicato come vetro.
-C… Castiel…!- tossì Dean, rialzandosi dal corpo esanime dell’angelo il quale, accecato dal dolore, era ormai svenuto.
Gabriel zoppicò verso di loro con il viso atteggiato ad un’espressione di stoica resistenza, il lecca lecca ormai disperso chissà dove ai piedi del monte, ammesso che ci fosse arrivato. Dean trovò strano che l’angelo facesse tutta quella scenata per non far notare a Sam l’entità degli squarci sulle ali.
-And… andiamo…- biascicò, troppo stanco per finire la frase. Si limitò a soffocare le proteste di Sam appoggiandogli una mano tremante sulla spalla e una sul braccio di Dean, che intanto stringeva Castiel tra le braccia.
Ci fu un risucchio e un frullio d’ali e i due Winchester riapparvero a circa un metro da terra.
Dean cadde, cozzando la testa contro lo spigolo di un armadio mentre Sam si schiantava sul ripiano di una scrivania per poi rotolare a terra, trascinandosi dietro diverse pile di libri e carte svolazzanti. Entrambi tuttavia atterrarono su un materasso di morbide piume, così luminose da rischiarare a giorno l’oscurità notturna della stanza. Sam e Dean capirono di essere finiti sulle ali di Castiel e Gabriele, che ripiegate sulle schiene dei due angeli occupavano per intero l’intero pavimento del salotto di casa Singer.
-Che accidenti state combinando voi?!- abbaiò una voce alle loro spalle, facendoli scattare in piedi, scompigliati e sporchi di sangue non loro.
Bobby Singer guardò prima loro, poi i due angeli svenuti sul pavimento e strabuzzò gli occhi.
-Dio Santo, che cazzo è successo?!- esplose, avvicinandosi a un ansimante Castiel e posandogli una mano sulla fronte insanguinata, ma Sam e Dean non risposero, troppo presi dalla visione tragica dei due angeli irrimediabilmente rimasti feriti per colpa loro.
-Ragazzi…- esalò Bobby, abbassando la voce e guardando apprensivo le ali intorno a lui. –Questi due hanno almeno un’ala spezzata a testa… non so se si riprenderanno.-
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, non pestatemi per favore! XD ammetto che foooorse questa storia si sta prolungando un po’ troppo di quanto avessi promesso. Va bene, sono da prendere a calci nel sedere ma non ci posso fare niente se l’idea di Gabriel e Cass che si prendono cura dei loro umani mi intenerisce! Prometto, farò il possibile per terminare nel prossimo capitolo questa… cosa… affare… insomma, la fic.
Ringrazio con tutto il cuore ThanatosTH, alla quale dedico il capitolo che grazie a lei è stato pubblicato. Non so come ringraziarti, la tua recensione mi ha fatto piacere e mi ha risollevato il morale! Questo capitolo è tutto tuo!
A prestissimo per il prossimo capitolo, ragazzuole! Fatemi sapere cosa ne pensate!
Tomi Dark Angel

 

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Capitolo 3
*** Le Ali Di Un Angelo E La Fede Dell'Uomo ***


Bobby entrò nella stanza con passo strascicato, esausto come tutti gli anni di quasi vecchiaia che ormai si portava appresso.
Erano due giorni che in casa sua non si sentiva volare una mosca. Non una voce, non un respiro che non fosse l’ansito stremato dei due angeli distesi nei loro letti. Non c’era nessun Dean che scherzasse, nessun Sam che borbottasse tra sé durante una ricerca su internet o lo studio di un libro particolarmente impegnativo. I due Winchester si erano chiusi in un silenzio stampa difficile da rompere, almeno per quanto riguardava Dean. Sam era decisamente più disponibile al dialogo di suo fratello, ma anche lui sembrava troppo esausto anche solo per parlare. Bobby sapeva che tra i due Winchester, Sam era quello che non si concedeva mai un attimo di riposo, troppo impegnato a sorvegliare il capezzale di Gabriel e talvolta a far visita a Castiel.
I due angeli sembravano intrappolati in un limbo che doveva ancora decidere se ammazzarli o lasciarli vivere, questo Bobby l’aveva capito dai loro volti sconvolti anche nel sonno, come se entrambi stessero lottando ferocemente contro qualcosa. Nessuno avrebbe mai pensato che delle ferite alle ali, per quanto profonde, avrebbero potuto condurre un angelo sull’orlo della morte. Se Bobby pensava a tutti i guai passati da entrambi e alle ferite che avevano riportato in passato senza scomporsi, si sentiva decisamente preso per il culo.
-Ciao, Bobby.- mormorò una voce roca alle sue spalle. Bobby si voltò e vide Sam avvicinarsi al tavolo della cucina e lasciarsi cadere sulla sedia più vicina con un sospiro stremato. Sfoggiava delle profonde occhiaie e il suo viso era una maschera di dolore e stanchezza. Bobby non l’aveva mai visto ridotto così.
-Sam, devi riposarti. Non fare l’idiota e vai a letto.-
-No Bobby, ma se mi facessi un caffè mi sentirei decisamente meglio.-
Bobby grugnì contrariato, ma si adoperò comunque per preparare il caffè menzionato. Anche lui ne aveva voglia, dopotutto.
-Sam, ammazzarvi non farà sentire meglio quei due pennuti, lo sai vero?- esordì con più delicatezza di quanta ne avesse mai usata con qualcuno che non fosse sua moglie. Sam appoggiò un gomito sul tavolo e abbandonò la fronte contro la mano aperta. Emise un sospiro e chiuse gli occhi per qualche istante, ma subito le immagini di Gabriel disteso sul pavimento di casa Singer col volto contratto dal dolore e non più disteso nel solito sardonico sorriso lo aggredirono. Sam tornò a sbarrare gli occhi, più nervoso di prima.
-Lo so, ma anche se volessi non potrei dormire.-
-Continui a rivederlo, vero? Gabriel, intendo.-
Sam non si stupì della spiccata sensibilità di Bobby quanto per la delicatezza che aveva usato nel pronunciare quelle parole. Lo guardò stranito, costringendolo a continuare non senza una punta di imbarazzo: -Anche io vedevo sempre mia moglie quando… quando successe. A dire il vero, a volte la vedo ancora.-
Sam si rilassò sulla sedia con un altro sospiro, ma non capiva. Bobby stava parlando di sua moglie, della donna che aveva amato, ma perché lui, Sam, continuava a vedere Gabriel e a preoccuparsi così tanto per lui? Aveva già perso migliaia di amici e conoscenti, per non parlare di Jessica, ma nemmeno allora si era sentito così schiacciato dal peso degli avvenimenti.
-Io… non capisco perché l’abbia fatto, Bobby. Si è ferito per colpa mia, se avesse deciso di andarsene e basta senza restare lì ad aspettarci e a proteggermi… io…- la voce di Sam scemò, soffocata dal dolore e dall’ansia.
-Ti toccherà chiederglielo quando si sveglia.-
Ripensò a quando Gabriel l’aveva stretto contro di sé, al profumo speziato del suo corpo e al suo volto trasfigurato dalla stessa implacabilità che gli aveva fatto tremare le ginocchia. In quel momento Sam aveva pensato che non potesse esistere niente di così bello e terribile se non il Giudizio Divino appropriatosi di quel volto.
Dannazione Sam, metti un guinzaglio ai tuoi stramaledetti pensieri, ti stanno sfuggendo di mano! E per inciso, io NON sono attratto da Gabriel, no, assolutamente no. Non mi piacciono affatto i suoi occhi dorati… le ali morbide e il suo temperamento stupendo…
-Cazzo!-
Sam scattò in piedi, rosso come un peperone. A Bobby per poco non cadde la tazzina di mano, tanto fu improvviso l’urlo del giovane cacciatore.
-Che c’è?! Che cazzo fai, Sam?!- si infuriò lui, ma Sam non lo ascoltava, troppo preso a guardare la porta che conduceva al salotto.
Gli pareva strano che Dean non fosse accorso una volta sentito quell’urlo da tenore e gli pareva altrettanto strano il leggero russare che proveniva dalla stanza di Castiel.
-Dean…-
Sam si alzò e si catapultò nella stanza accanto, seguito da Bobby: quello che trovò li sconvolse al punto che entrambi spalancarono la bocca in un’espressione ebete.
Dean dormiva come un bambino disteso nel letto di Castiel ed abbracciato a quest’ultimo, il quale miracolosamente aveva spiegato un’ala accuratamente bendata per avvolgere il suo umano in un abbraccio così dolce che Sam si lasciò sfuggire un sorriso speranzoso, soprattutto una volta notato un particolare non trascurabile della scena: gli occhi di Castiel erano semiaperti e lo guardavano con un’impronta di stordimento misto a confusione.
-Castiel…- chiamò Bobby insicuro e per tutta risposta l’angelo distorse la bocca in una smorfia di dolore. Sembrava che le parole di Bobby l’avessero improvvisamente svegliato del tutto, e la reazione non tardò a farsi attendere: Castiel ritrasse l’ala così bruscamente che Dean rotolò giù dal letto e s’inarcò, spalancando la bocca in un grido adamantino che costrinse i tre umani a coprirsi le orecchie.
-Cass!- urlò Dean per sovrastare il grido dell’angelo, ma questi non lo ascoltò e continuò a dimenarsi, scosso dalle convulsioni. Le ali si contrassero e si distesero, macchiando le bende di sangue mentre il grido di Castiel frantumava tutti i vetri della casa e crepava i muri. A quel punto Dean fece l’unica cosa che gli parve sensata: si lanciò sul letto e strinse il corpo di Cass tra le braccia.
L’urlo si interruppe all’improvviso, troncato dalle labbra ora sigillate di Castiel, il quale tremava, gli occhi sbarrati e lacrimanti, il corpo rigido. Dean gli accarezzò la schiena.
-Va tutto bene… va tutto bene Cass, sono qui.- mormorava come un mantra, ma Castiel ancora una volta parve non ascoltarlo. Si accasciò tra le braccia di Dean e cominciò a mormorare parole basse e incomprensibili che i presenti riconobbero come frammenti di lingua enochiana. Castiel stava pregando? La risposta giunse quando l’angelo spinse via Dean con tanta violenza da farlo sbattere contro la parete opposta. Incespicando scese dal letto, cadde carponi e dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Dean, ancora stordito per il colpo, Castiel sparì.
-Gabriel…- mormorò Sam prima di correre nella stanza accanto, ma appena arrivato trovò il letto vuoto e solo un mare di piume sparse per la stanza, come se anche Gabriel si fosse agitato quanto e più di Castiel. Una cosa era certa al ragazzo: Gabriel era stato portato via da suo fratello, e se era così, Sam pregò per la prima volta che i due fossero tornati in paradiso.
§§§§
 
Dopo quell’avvenimento, Gabriel e Castiel sembravano spariti. Non passava giorno senza che i Winchester pensassero agli angeli, ma nessuno dei due si era mai azzardato a chiamarli. Entrambi avevano paura, questo era lampante. Di cosa? Di conoscere la verità, di chiamare Gabriel o Castiel e vedersi comparire davanti un altro angelo che annunciava loro della dipartita dei suoi fratelli.
Sam e Dean non erano del tutto convinti che Castiel ce l’avesse fatta a trasportare Gabriel e se stesso in paradiso, ma i due cacciatori facevano il possibile per convincersi del contrario, per imporsi di pensare che i loro angeli stessero bene in un modo o nell’altro. Era l’unica ancora che avevano, e vi si aggrapparono senza riserve.
-Ehi, Sam.- chiamò Dean, attirando l’attenzione del minore dei Winchester per riportarlo alla realtà. Si trovavano in un bar dei bassifondi di Ohio per rifocillarsi dopo un estenuante caccia a un fantasma piuttosto riottoso a tornare da dove era venuto. Nello scontro Sam aveva riscontrato un brutto taglio all’avambraccio e Dean una costola incrinata alla quale però cercava di non pensare, nonostante il dolore.
-Guarda lì.- mormorò Dean, accennando alla figura snella di una donna dall’aspetto disinibito seduta al bancone. Era davvero bella, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi scuri da gatta selvatica, il corpo inguainato in un abito rosso fiammante che lasciava ben poco all’immaginazione.
-Vedo, ma… oh, Dean, non se ne parla.-
-Andiamo, Sam, sono secoli che non ti fai una sana scopata! Là sotto avrai più ragnatele di spider-man!-
-Non rompere, ti ricordo che anche tu non ti sei proprio impegnato per ricavarne una notte di fuoco ultimamente.-
-Semplicemente perché non ne ho voglia, ma non dirmi che…-
-Dean, non se ne parla.-
-Suvvia, Samantha.-
-No, Deanna.-
-Coglione.-
-Puttana!-
Sam sorrise suo malgrado, ma alla fine dovette capitolare all’insistenza del fratello. Si alzò e si diresse verso la donna, che lo guardò con occhi maliziosi.
-Ciao.- salutò Sam col solito fare di bravo ragazzo, catturando subito l’attenzione della ragazza.
-Ciao.- rispose lei con voce suadente.
-Io sono Daniel… tu come ti chiami?-
-Ariana.-
Sam sorrise e finalmente il suo corpo si rilassò. Troppo preso dalla ragazza che aveva davanti agli occhi però, non si accorse di un uomo biondo che osservava l’intera scena con un lecca lecca stretto tra i denti in una morsa che in pochi istanti lo mandò in frantumi.
Quando Sam uscì dalla casa della ragazza si sentiva più a pezzi di prima. Qualcosa in lui si agitava con la forza di una bestia inferocita, facendogli sobbalzare il cuore di tanto in tanto, ma più di tutto, Sam si malediva per aver pensato a Gabriel mentre scopava con quella maledetta ragazza. Il problema era questo, l’aver pensato all’angelo biondo e alla morbidezza delle sue piume sulle spalle mentre ben altre morbide forme premevano contro il suo petto. Sam ricordava con orrore di aver pensato semplicemente: non è lui.
Per questo se n’era andato, lasciandosi alle spalle la ragazza addormentata che per lui aveva già perso ogni parvenza di familiarità. Non riusciva a spiegarsi come mai il suo cervello continuasse a proiettargli l’immagine di Gabriel ad ogni passo che compiva.
Sam, adesso basta! Perché accidenti pensi a lui?!
-Ehilà, pasticcino.- disse una voce morbida al suo fianco, facendolo trasalire. Voltandosi, Sam pensò di essere definitivamente impazzito: dopo tanti mesi di assenza, adesso il fulcro dei suoi pensieri camminava al suo fianco con il familiare lecca lecca stretto tra le labbra e gli occhi rivolti verso la strada.
Sam si fermò così all’improvviso che Gabriel proseguì per alcuni passi prima di accorgersi che l’altro si era fermato.
-Notte di fuoco, eh, gigante?- lo prese in giro Gabriel, ma nel suo atteggiamento c’era qualcosa di diverso, una malvagia spavalderia che non aveva mai ostentato.
-Gabriel…- mormorò Sam, guardando l’angelo biondo con un misto di confusione e colpevolezza. Colpevolezza per cosa, poi? Lui non aveva fatto nulla di male, a parte andare a letto con quella ragazza pensando a…a…
-Come stai? Le ali sono…-
-Sto bene, tesoruccio, ma non sono qui per questo.- Gabriel sbuffò dal naso, infastidito. Sentiva sul corpo di Sam l’odore dolciastro di quella donna, tanto che quasi gli pareva di vederla strusciarsi contro di lui. –Sono qui per avvisarti che in Kansas, esattamente a Lawrence c’è un problema con i demoni. Recatevi lì, se potete.-
Sam avanzò, pur combattendo l’impulso di arretrare davanti alla sinistra rigidità dell’angelo davanti a lui. Quello non era Gabriel, non poteva essere il solito, scanzonato angelo che amava gli scherzi e i dolci. Dov’era finito il suo buonumore?
-Gabriel, sicuro di…- Ma non fece in tempo a finire la frase che Gabriel lo afferrò per il bavero della camicia e lo sbatté al muro, in preda a una furia che sembrava trasfigurargli il viso. I suoi occhi, solitamente di un dorato caldo e accogliente, adesso avevano assunto la freddezza dell’acciaio. Nonostante facesse male guardarli, Sam non riusciva a distogliere lo sguardo da essi, come se qualcosa lo stesse inesorabilmente ipnotizzando. Giunse allora alle sue narici l’odore di dolci misto al calore del corpo dell’arcangelo, lo stesso morbido tepore che aveva confortato Sam anche durante la caduta di una frana su di lui. In quel momento non aveva avuto paura perché aveva sentito e toccato con mano la solida presenza del suo scudo, del suo arcangelo pronto a proteggerlo.
-Non sto bene.- sibilò allora Gabriel, lasciando cadere il lecca lecca per terra. Avvicinò il viso a quello di Sam fino a sfiorargli il naso. –Non sto bene perché hai passato la notte con quella donna, non sto bene perché sento il suo odore su di te, non sto bene perché ho sacrificato parte delle mie ali per un figlio di puttana!-
Gabriel lo trascinò nel vicolo con la forza erculea tipica degli angeli e, una volte gettatolo a terra, spiegò le ali in un’esplosione di gloria divina. Sam si voltò e vide le piume graffiare le pareti, inciderle come se fossero fatte di burro e si chiese se fosse la rabbia di Gabriel a renderle così taglienti o se qualche mese fa avesse avuto sulle spalle un manto di lame affilate che per puro miracolo non lo avevano fatto a pezzi. Nonostante ciò tuttavia, per Sam vederle un’altra volta, vedere Gabriel, seppur così infuriato, fu per lui come tornare a respirare.
Gabriel non era cambiato, e con quella gelida furia scolpita nel tratti somatici rispecchiava più di prima il capolavoro divino per eccellenza. L’aria crepitò mentre il potere dell’arcangelo si espandeva in ondate. Sam tremò e cadde in ginocchio, prostrato dalla forza invisibile che gli fece desiderare di sparire pur di non essere aggredito da quella creatura bella e terribile.
-Guardami, Samuel! Guarda!- ruggì Gabriel spaccando i muri al suo fianco con una nuova ondata di rabbia appena più forte delle altre.
Sam fu costretto a levare lo sguardo e fece scorrere automaticamente lo sguardo sulle piume di Gabriel, quelle lame affilate che in precedenza l’avevano accarezzato e riscaldato. Solo allora notò i diversi squarci che deformavano la carne dell’ala più bassa, quella più piccola. Le piume in quei punti erano arruffate, incrostate di sangue e l’osso stesso dell’ala ricadeva in una strana angolatura.
È colpa mia? Si chiese il cacciatore, orripilato a quella vista. Ricordare il dolore che aveva dovuto soffrire Gabriel per proteggerlo lo fece sentire piccolo, inutile e inesorabilmente colpevole.
Che cosa ho fatto?
Come in trance, Sam gattonò fino all’ala più vicina, contrastando le ondate di potere che gli graffiavano la pelle. Sentì dei piccoli tagli generarsi sul suo corpo e sui vestiti, ma non aveva intenzione di fermarsi. Allungò una mano e la affondò nelle piume dell’arcangelo in una carezza di bambino, talmente innocente che la rabbia di Gabriel si placò.
Le ondate di furia cessarono, le ali cominciarono ad emanare un delicato bagliore dorato che si intensificava ad ogni carezza di Sam. Gabriel lo guardava, osservando con stupore il verde dei suoi occhi inumidirsi e un’unica lacrima solitaria scivolargli lungo la guancia.
Sam chinò il capo mentre la mano scivolava in basso, crollando esausta sul pavimento. –Mi dispiace.- mormorò, accasciato ai piedi di Gabriel, che non riuscì a impedirsi di infilare una mano tra i morbidi capelli castani del cacciatore in una tenera carezza, leggera come le ali di una farfalla. Richiuse le ali e si lasciò cadere lungo il muro, accanto a Sam.
-Sai…- mormorò, guardando il cielo. -…io ho visto ognuna di quelle stelle nascere, così come ho guardato la nascita dei monti, dei laghi e delle foreste. Era uno spettacolo stupendo, nonostante fossi uno dei pochi a restarne incantato. Guardare l’opera di nostro Padre, vedere le sue mani plasmare la Terra e l’intero universo… non può essere spiegato a parole, ma in quei momenti pensai che non avrei mai potuto assistere a qualcosa di più grandioso di quello spettacolo. Be’, mi sbagliavo.
-Quando l’uomo mosse i primi passi pensai che fosse solo una delle tante creature che calcavano il pianeta, ma quando assistetti al primo parto di una donna… be’, forse fu in quel momento che capii. Vidi i suoi occhi sbarrarsi dal dolore e il corpo contorcersi mentre il bambino nasceva. All’inizio pensai che nessuna creatura senziente avrebbe mai potuto amare davvero qualcosa che la facesse soffrire così tanto, ma in seguito dovetti ricredermi su tutta la linea. La donna abbracciò il bambino e gli baciò la fronte. Non potevo crederci, ma lei lo stava perdonando. - Gabriel chiuse gli occhi in un’espressione di pura beatitudine, richiamando alla memoria quei ricordi tanto antichi quanto preziosi. –La razza umana si è sempre distinta per questo. Non per l’intelligenza, non per la sua capacità di camminare eretta. Sono i sentimenti a rendervi una punta di diamante. Siete diamanti quando amate un fratello o quando lo perdonate senza riserve e lo sarete finché la speranza e la fiducia nel prossimo albergheranno in voi. Per questo molti di noi si sacrificano, per questo gli angeli credono nell’uomo. Abbiamo bisogno di voi, Sam, perché senza la vostra fede, noi non possiamo volare.-
Gabriel arricciò le labbra nel suo familiare sorriso scanzonato di bambino e finalmente i suoi occhi tornarono ad ammiccare benevoli su Sam, il quale si sentì sciogliere il cuore. Rabbrividì, e forse Gabriel fraintese il suo gesto perché distese un’ala per poggiargliela sulle spalle come aveva fatto in precedenza. Colto da un moto di intraprendenza, l’angelo allungò una mano per poggiarla sulla guancia di Sam e costringerlo a voltare il viso ancora umido di quell’unica lacrima che aveva versato. Gabriel sorrise.
-Sono queste le cose che fanno di te un tesoro, Sam. Certe lacrime valgono tantissimo e questa vale più di tutte perché l’hai versata per me, per ciò che hai visto sulla mia ala e per il pentimento che ciò ha scatenato in te. Ti ringrazio.- aggiunse, asciugando con gentilezza quegli ultimi residui di umido che infreddolivano la guancia altrimenti accaldata del cacciatore. Sam tremò ancora e stavolta l’ala di Gabriel si piegò ad avvolgerlo completamente in un bozzolo dorato. Sam sfiorò le piume timoroso e si accorse che nessuna di queste era tagliente come un rasoio ma morbida come una nuvola.
-Gabriel, io…-
Ma Gabriel non volle ascoltare oltre le proteste del ragazzo: a tradimento, gli premette due dita sulla fronte e Sam si accasciò su quel bozzolo di piume trasformatesi improvvisamente in un letto da sogno.
-Sogni d’oro, zuccherino.- sorrise l’angelo intenerito, ripiegando l’ala in modo che il corpo di Sam si accostasse al suo. Lo guardò, beandosi della visione del cacciatore addormentato come un bambino, il viso disteso e per la prima volta sgombro di pensieri. Avrebbe voluto baciare quelle labbra profumate, ma Gabriel sapeva che se ne sarebbe solo pentito una volta sfiorato il sapore della donna ancora scolpito a fondo sulla pelle di Sam. E questo faceva male, dannatamente male.
 
-Sam, che cosa… TU?!- esplose Dean, sbilanciandosi dal letto fin quasi a cadere. Si aggrappò alle lenzuola, dandosi giusto il tempo di piegare le ginocchia per ritrovare l’equilibrio. Scattò in piedi e corse incontro a Gabriel, il quale reggeva tra le braccia il corpo profondamente assopito di Sam. Era una visione straordinaria osservare quel piccoletto di appena un metro e settanta portare in braccio un gigante di quasi due metri.
-Che è successo?!- si allarmò Dean, esaminando Sam alla ricerca di eventuali ferite. A parte qualche taglio però, il giovane Winchester non recava alcun danno.
-Niente, abbiamo avuto una simpatica discussione.-
-E dovevi proprio riempirlo di tagli?! Ma io ti spiumo!-
-Non urlare, zuccherino, o lo sveglierai e non sarà piacevole né per lui, né per noi.-
Gabriel adagiò Sam nel letto e si voltò, come se non sopportasse oltre la sua vista. Dean notò che le spalle dell’angelo erano curve, come se un ingente peso le stesse schiacciando.
-Gabriel, come stai?-
-Anche tu con questa domanda? Sarà di routine, immagino… sto bene, ma non è questo che vuoi sapere. Riformula la frase correttamente e forse ti risponderò senza l’istinto di mandarti a quel paese, biondino.-
Dean inarcò le sopracciglia. –Piano con le offese, pennuto da strapazzo! Già è tanto che non ti ho sparato per aver ferito mio fratello!-
-Oh, spararmi servirebbe a molto, vero? Più facile che ti faccia ingoiare il proiettile, ma se questo era un modo molto poco delicato per chiedermi se Castiel è ancora tutto intero ti risponderò che , è vivo ma non si farà vedere.-
Dean boccheggiò, il cuore stretto in una morsa di delusione.
-Che c’è, adesso gli angioletti non si abbassano più a mostrare il loro bel culo piumato a noi umani insignificanti? Non starà trascorrendo troppo tempo con Uriel, vero?-
-No, cherì, ma si sente leggermente in colpa per averti quasi fatto ammazzare durante il vostro ultimo incontro.-
Dean sbarrò gli occhi, sorpreso.
-Cosa?! Mi prendi per il culo? Quel brutto coglione mi ha salvato la vita e si sente in colpa?-
-Be’, tecnicamente se non ti fossi trovato proprio sulla traiettoria di una frana in caduta libera non avresti avuto…-
-Chiudi quella fottutissima bocca e portalo qui! Devo spennarlo!-
Gabriel sorrise e stiracchiò le braccia. –Mi spiace, mio dolce lecca lecca, ma al momento sono chiuso per ferie. Ho molti impegni lassù e non vedo Castiel da… più o meno da quel giorno. Una volta ripresosi è scomparso e non riusciamo a trovarlo. Sta bene, anche perché se gli fosse successo qualcosa l’avrei avvertito, ma vuole stare da solo finché glielo dirà quella stupida testa da zuccone. Non ti resta che aspettare, mio caro zuccone numero due, perché di teste di legno me ne basta una e quando mi troverò a dover badare di nuovo ad entrambi dovrò mettercela tutta per non ammazzarvi per tagliare la testa al toro e sollevarmi da eventuali crisi di nervi.-
Gabriel lanciò un’ultima occhiata a Sam prima di voltargli definitivamente le spalle. Dean percepì in quel gesto una sorta di muta rinuncia, un doloroso arrivederci che non gli avrebbe fatto rincontrare l’arcangelo molto presto.
-Gabriel.- chiamò prima che lui andasse via. –Sappi che Sam ti vuole bene. È un cazzone e io lo sono più di lui a volte, ma se c’è una cosa di cui non dubito è il suo affetto per te. Non lo ammetterà mai ma… dannazione, non farmi dire queste cose, mi faccio schifo da solo! Ci manca solo la colonna sonora di “ via col vento ” e posso anche buttarmi in un fossato per quanto sono sdolcinato! Hai capito, no? Ora, fuori dai coglioni!-
Gabriel sorrise debolmente, le parole di Dean brucianti nel suo cuore che non smetteva di sanguinare. Aveva bisogno di aiuto, e l’unico che potesse darglielo, l’unico che potesse capirlo, era Castiel.
-Grazie per lo sforzo, tortino alla crema. E mi raccomando, non buttarti di sotto perché Castiel ti evita, sappi che anche io lo farei, con l’atteggiamento che hai… Goodbye, bel culo.-
-Fottiti!- ruggì Dean, ma Gabriel se n’era già andato.
 
Angolo dell’autrice:
Ecco a voi l’ennesimo, orrido capitolo! Ogni tanto devo pur tediarvi con uno dei miei casini mentali trasferiti su tastiera, no? XD allora, cominciamo con qualche precisazione: sì, questo capitolo era espressamente Sabriel e per il Destiel vi toccherà aspettare il prossimo, spero comunque che Sam e Gabriel confrontati in questo modo non vi siano dispiaciuti. Il discorso di Gabriel rappresenta forse il fulcro dell’intero personaggio, rappresentando il motivo per il quale accadrà quel che accadrà nel futuro (per chi ha visto la quinta stagione sa di cosa parlo). Così è come vedo il mio trickster preferito, che ci volete fare XD visione orribilmente sdolcinata e pessima, ma le mie dita hanno scritto da sole, non sono riuscita a fermarle! Ora passiamo ai ringraziamenti:
ThanatosTH: sì cara, ti ho dedicato quel capitolo e anche questo. Ripeto, sono le vostre recensioni a mandare avanti questa storia, non la mia inventiva, e per ciò ti ringrazio ancora. Eh sì, per tuo immenso piacere la storia andrà avanti per un po’, anche perché ho già pronti i prossimi capitoli XD che ne pensi di questo pessimo Gabriel? Mio Dio, si starà rivoltando come un guanto solo a leggere questo schifo di fiction! XD ahahahaha a presto cara, fammi sapere!
 
Xena89: in realtà ho come la sensazione che prima di consolare Castiel, Dean lo prenderà a calci in culo… ma è solo un’impressione, eh! XD comunque grazie, spero che con questo capitolo Gabriel continui a piacerti e non ti abbia delusa! Ti ringrazio per il commento e dedico anche a te questo capitolo, poiché come già detto, grazie a voi la storia continua. A presto, mi auguro di sapere al più presto cosa ne pensi ^^
 
Passiamo all’ultimo avviso: la storia verrà aggiornata tra domani e dopodomani visto che ho già il capitolo a portata di zampa ^^ un bacione e a presto!
Tomi Dark Angel
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Acqua Di Cristallo ***


Castiel guardò assorto la distesa di nubi che si stendeva sotto di lui. Erano mesi che le osservava spostarsi, annerirsi per poi rischiararsi nuovamente, ormai scariche di pioggia e maltempo. Era una visione piacevole, rilassante, proprio ciò di cui l’angelo aveva bisogno. Lassù, sul picco dell’Everest, nessuno poteva vederlo volare in circolo o lungo la fiancata della montagna, così come nessuno poteva sentirlo gridare e gemere nella lingua degli angeli. Lì era libero, seppur prigioniero dei suoi pensieri.
Chiuse gli occhi e chinò il capo, ripensando a Dean, al suo volto spaventato mentre la frana gli correva incontro con l’intenzione di schiacciarlo. Era colpa sua se il suo umano era quasi morto, e questo faceva male al punto che Castiel aveva quasi rimosso dalla mente di averlo salvato. Si sentiva inutile, come angelo e come uomo.
-Ehilà, fratellino.- disse una voce, spezzando per la prima volta dopo mesi il silenzio del picco. Castiel non ebbe bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattasse, perciò si limitò ad esibire un debole cenno di saluto. Gabriel lo affiancò e si sedette, le gambe penzoloni verso lo strapiombo grigio che affondava radici nelle nubi e poi spariva nel bianco soffice di queste ultime.
Castiel guardò suo fratello di sottecchi e vide i suoi occhi adombrati, scuri di dolore represso. Gli bastò sondare la Grazia dell’altro per capire chi fosse la causa di tanto scompiglio e la risposta non lo sorprese affatto.
I due restarono in silenzio a guardare il panorama, scandagliando il cielo che avevano solcato in volo fin da quando questi era una chiara massa neonata. Castiel spiegò le ali, non sentendo più dolore alla schiena perché ormai gli squarci che queste avevano generato fuoriuscendo la prima volta non si erano più rimarginati. Le appendici piumate si stiracchiarono in tutta la loro immensità, così grandi da coprire buona parte del picco e stendere la loro ombra sulla fiancata della montagna.
Come in risposta a un muto richiamo anche Gabriel distese le sue sei ali, lasciando che i riflessi dorati delle sue piume giocassero con quelli argentati delle ali di Castiel. Era uno spettacolo indescrivibile guardare la lucentezza delle appendici piumate dei due angeli intrecciarsi, incastrando tra loro le piume in un puzzle perfetto. Castiel accarezzò le ali di Gabriel con le sue, confortandolo come meglio poteva.
-Vedo che sei tornato a dilettarti con l’arte del disegno, fratellino.- cominciò Gabriel, stringendo tra le mani un foglio che aveva visto sporgere da sotto un sasso che lo tenesse fermo e al riparo dal vento.
Castiel spostò lo sguardo indifferente sul disegno che aveva fatto lui stesso qualche giorno fa. L’immagine in bianco e nero era così ben fatta da sembrare una fotografia e rappresentava un Dean col viso atteggiato nel suo tipico sorriso da conquistatore, la mano destra aggrappata al gomito sinistro che abbandonava mollemente il braccio verso il basso. Gli occhi trasmettevano tutto ciò che era Dean: responsabilità, forza, speranza e mille altre cose che Gabriel non riuscì a distinguere.
-Sei stato da lui, vero?- chiese Castiel per sviare l’attenzione di suo fratello dal disegno. Gabriel annuì in silenzio, il capo chino. Castiel continuò: -Dubiti troppo di te stesso, fratello.-
-Non dubito di me stesso!-
-Sì che lo fai. In realtà non è Sam il problema, ma tu. Credi di non essere all’altezza, pensi che quell’umano in tutta la sua fragilità sarà comunque sempre pronto a respingerti. Forse hai ragione, ma non hai mai provato davvero.-
-Parli proprio tu, Castiel? Da quanto stai rintanato qui, un mese? Due? Be’, in tutto questo tempo non hai mai fatto nulla per avvicinarti a Dean o per fargli sapere che sei vivo.-
-Non dovrebbe saperlo, Gabriel. Noi siamo angeli, non ci è permesso fornicare con gli esseri umani.-
Gabriel arricciò il naso mentre Castiel si alzava in piedi.
-E allora perché mi dici queste cose?- sbottò. Castiel lo guardò e per la prima volta sorrise, un sorriso vero, fraterno, che parlava di anni passati ad osservare e a proteggere un uomo che in fondo al cuore aveva sempre amato.
-Perché tu sei più umano che angelo, fratello mio, e al contrario di me tu hai un cuore che batte e non smetterà mai di farlo per lo stesso ragazzo che, nonostante ti abbia fatto soffrire, continui ad amare e a perdonare.- disse e tese una mano verso Gabriel, il quale la guardò stranito per qualche attimo prima di afferrarla e lasciarsi trarre in piedi. La stretta non si sciolse nemmeno quando i due fratelli balzarono nel vuoto sotto di loro, spalancando le ali in un arcobaleno d’oro e d’argento che fu intravisto anche dal basso dei centri abitati ai piedi del monte.
 
Dean chiuse la bocca e crollò al suolo, esausto. Gli era quasi saltata una corda vocale a furia di chiamare Castiel, ma non aveva ricevuto alcuna risposta dall’angelo. Si sentiva atterrito, stanco e anche tremendamente deluso. Più pensava alle parole di Gabriel, più gli prudevano le mani per la voglia di pestare a sangue Castiel.
Quello stupido pennuto si era addossato la colpa di una catastrofe naturale dalla quale l’aveva comunque salvato, quasi rimettendoci un’ala e adesso se l’era data a gambe, sparendo dalla circolazione. Dean si sentì a un passo dall’impazzire.
-CASTIEL!!!- urlò con forza alla cucina di casa Singer, grato al fato per aver fatto uscire Sam e Bobby per fare spesa. –SO CHE CI SEI, BRUTTO PENNUTO FIGLIO DI PUTTANA!!! PORTA SUBITO QUI LE CHIAPPE PRIMA CHE…-
-La vuoi finire?!- esplose una voce irritata, facendolo zittire all’istante.
Gabriel era appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte e il solito lecca lecca a deformargli una guancia. Aveva le sopracciglia corrucciate in un’espressione tipicamente irritata.
-Che cazzo ci fai qui?-
-Ti costringo a chiudere quella fogna di bocca, stai rivoltando il Paradiso come un guanto a furia di urlare. Mi sembrava di trovarmi nella peggior discoteca del mondo, ci mancavano solo le luci tecno e Uriel che faceva il cubista…-
-Non ti ho chiamato, quindi fuori dalle palle!-
-Siamo nervosetti, eh, tesoruccio? Be’, sappi che Castiel non verrà, al momento è troppo impegnato a darsi alla fuga dai suoi fratelli per prestarti ascolto. Per inciso, si trova dall’altra parte del mondo.-
Dean si avvicinò e afferrò Gabriel per un polso cercando di strattonarlo, ma questi non si mosse di un millimetro.
-Perfetto, portami lì allora.- ringhiò. Gabriel non si scompose.
-Non posso.- rispose l’angelo in tono incolore. Si scrollò di dosso la mano di Dean e lo oltrepassò con passo moderato, come se non volesse allontanarsi davvero. –Castiel mi ha proibito di portarti da lui e io non ho intenzione di tradire la fiducia del mio caaaaaro fratellino.-
-Senti un po’, razza di pennuto spiumato, io…-
-Tuttavia…- continuò Gabriel, interrompendolo e guardando il sole che filtrava dalle finestre. -…adesso devo andare da lui, giusto per dare una sbirciata. Ultimamente sono un po’ lento a spostarmi, mi ci vogliono sempre diversi secondi per focalizzare dove si trovi Castiel.-
Dean sbatté le palpebre, stordito. Il suo cervello elaborò lentamente le parole di Gabriel e il significato che esse implicavano. Castiel gli aveva detto di non portarlo da lui volontariamente, ma se lui si fosse aggrappato all’ultimo momento, l’arcangelo non si sarebbe ribellato. Dean ringraziò mentalmente l’intelligenza di Gabriel, anche perché se l’avesse fatto a voce si sarebbe dovuto sorbire mesi interi di pavoneggiamenti da parte del coglione piumato.
-Ah, trovato!- esclamò Gabriel, battendo le mani entusiasta come un bambino. Allora Dean si slanciò in avanti e strinse con tutte le sue forze la giacca dell’arcangelo.
Si udì un frullare d’ali misto alla spiacevole sensazione di essere strattonati a forza verso qualcosa di ignoto e finalmente Dean cadde carponi nell’erba, le labbra schiuse in un leggero ansito.
-Non andrò al bagno per un’altra settimana, grazie a voi stramaledetti pennuti!- esclamò al silenzio ovattato che circondava quella che pareva una foresta molto fitta. Di Gabriel non c’era traccia. –Ma che…-
Dean si alzò. Intorno a lui si stendeva il verde smeraldo di migliaia di piante selvagge e bellissime, ma anche altrettanto pericolose per le brutte sorprese che potevano rivelare. Tra gli alberi si intravedeva di tanto in tanto la figura sfuggente di qualche animale selvatico, i cui occhi ammiccavano luminosi tra le fronde. Era una foresta, non c’era che dire, ma quale? A Dean venivano in mente solo alcuni posti la cui rigogliosità raggiungeva quei livelli, e nessuno di questi era nei pressi di casa Singer.
-Dove cazzo mi ha portato quel coglione alato?- sbottò Dean, muovendo qualche passo davanti a sé. Ci fu una folata di vento che fece ondeggiare le foglie degli alberi… e anche qualcos’altro. Dean vide qualcosa di bianco agitarsi contro un tronco, schiacciato dal vento: era un foglio di carta.
Lo afferrò e lo voltò, restando senza parole qualche istante dopo: aveva tra le mani un disegno raffigurante… be’, se stesso. Era studiato nei minimi particolari, così bello che Dean rimase senza fiato e fu certo che solo mani ultraterrene avessero potuto modellare una così bella immagine su carta. Non aveva bisogno di chiedere chi fosse l’artista perché il lieve pulsare dell’impronta sul suo braccio era una risposta abbastanza esauriente.
-Cass…- Dean intascò il disegno, ripiegandolo con cura e s’inoltrò nella flora, seguendo quello che sembrava il basso mormorio di una fonte d’acqua.
All’improvviso gli alberi si aprirono, dissipandosi come nebbia e Dean si affacciò su quella che sembrava una splendida radura tagliata in due da un unico ramo contorto ricoperto di muschio e fiori selvatici. Più in là c’era un laghetto, collegato a un ruscelletto che continuava la sua discesa per chissà dove dopo aver attraversato la larga fonte d’acqua. E lì, Dean trattenne il respiro.
Con le loro fronde, gli alberi chiudevano ogni accesso di luce lunare alla radura, eppure lì, la luminosità non mancava, e Dean vide perché.
Nel laghetto, avvolto dalle acque dalla cintola in giù, c’era Castiel. Aveva il capo chino, con la fronte coperta di scuri capelli umidi e gli occhi chiusi, il petto pallido dal fisico asciutto e leggermente scolpito attraversato da migliaia di goccioline e le mani poggiate sul pelo dell’acqua come se questo fosse una solida superficie. Dietro di lui le ali, luminose quanto e più della luna, si stendevano in tutta la loro magnificenza come due perfetti archi d’argento che gocciolavano acqua sulla sua testa e quasi sull’intera radura.
Dean si accorse di aver spalancato la bocca e gli occhi in un’espressione ebete, ma non riuscì a biasimarsi per questo: Castiel era magnifico, una creatura talmente pura da rischiarare il male intorno a sé fino a renderlo qualcosa di bello e addirittura glorioso.
Il cacciatore avanzò con passo lieve alle spalle dell’angelo senza staccargli gli occhi di dosso. Se esisteva spettacolo più maestoso di questo, Dean non lo sapeva, ma era quasi certo che fosse impossibile trovare un degno avversario di quell’immagine perfetta sotto ogni sua sfaccettatura. Dean arrivò sul bordo del laghetto e si piegò sulle ginocchia.
-Cass.- chiamò con voce arrochita, facendo sobbalzare l’angelo, il quale si voltò di scatto aprendo gli occhi.
Sono fottuto, riuscì a pensare Dean mentre affondava in quei due pozzi blu. Quella era la punta di diamante, il tocco culminante a quel mare di perfezione raccolto in un unico punto dell’universo.
-D… Dean?- balbettò Castiel, indietreggiando. Le ali si ripiegarono così bruscamente che le piume, affondando nell’acqua, generarono una piccola onda che travolse il cacciatore.
-Ah! Castiel, che cazzo!-
Ma Castiel non rispose, troppo impegnato a guardare Dean con una punta di preoccupazione e rammarico. Le sue ali tremarono.
-Io…- cominciò, ma Dean si calò in acqua con un balzo e gli tirò un pugno, facendolo crollare di peso nel laghetto. Le ali diminuirono il loro bagliore, facendo calare l’intera radura nella semioscurità.
-Testa di cazzo!- ruggì Dean. –Cosa pensavi di fare sparendo così? Ti senti meglio adesso che hai passato mesi interi rinchiuso da qualche parte a fare il Buddha? Cos’è, ti senti in colpa per avermi salvato il culo, funziona così adesso? I tuoi amici pennuti non ti guardano più in faccia perché hai sbagliato a salvare la vita a un fottuto essere umano e…-
-Ti sbagli.-
Dean si zittì, guardando Castiel rialzarsi lentamente, fradicio e tremante di qualcosa che non aveva niente a che fare con il freddo.
-Me ne sono andato perché dovevo, Dean. La mia fragilità vi ha messi seriamente in pericolo e ha ferito mio fratello, l’unico a parte Balthazar che mi appoggiasse. Mi sono rivelato troppo debole, troppo inadeguato a ricoprire il ruolo di soldato nelle truppe angeliche. Fin dalla nascita mi è stato insegnato a combattere, annientando ogni sorta di sentimento. Credevo di esserci riuscito, di essermi svuotato del tutto, ma da quando ti ho conosciuto… io ho paura, Dean. Ho paura che ti facciano del male. Forse è stata questa debolezza a portarmi in cima al Sinai, con un’ala spezzata e la mente stravolta. Credevo di morire quando ti ho visto lì, quando mi sono reso conto che rischiavi la tua salute per me. Però…- Castiel chinò il capo e chiuse gli occhi, sconfitto. -…in quel momento mi sono sentito anche forte. Sapevo che c’eri e che qualsiasi cosa fosse accaduta, avrei trovato la forza per proteggerti, per combattere la paura di perderti. Perché mi sta succedendo questo, Dean? Cosa ho sbagliato per meritarmelo?-
Castiel tornò a guardare Dean implorante. I suoi occhi luccicavano e quando Dean si accorse che l’angelo stava piangendo, sentì una morsa stringergli il cuore. Allungò entrambe le mani verso quel viso di porcellana, sfiorando col pollice il segno del pugno che gli aveva rifilato.
-Ehi, guardami, idiota. Guardami.- disse, costringendolo ad incrociare i suoi occhi verdi. Sorrise lievemente. –Tu sei più forte di tutti gli altri cazzoni alati che abitano ai piani alti, e sai perché? Perché tu provi sentimenti, e questo ti rende diverso, ma non sbagliato. Sei più vicino all’uomo, quella che voi vedete come l’opera più grande del vostro Dio e per questo dovresti sentirti onorato.-
Castiel sbarrò gli occhi, sorpreso dalle parole di Dean. Guardandolo, vide nei suoi occhi una cieca fiducia che lui, Castiel, sentiva di aver tradito. Eppure, Dean sembrava averlo perdonato, e questo commosse l’angelo al punto che questi quasi non si accorse che le sue ali avevano ricominciato a brillare con più forza di prima. Le piegò verso Dean, chiudendoli entrambi in un bozzolo d’acqua, piume e tepore luminoso che incantò il giovane cacciatore. Dean si guardò intorno estasiato, cercando però di non darlo a vedere o ci avrebbe fatto una pessima figura. Avrebbe tanto voluto toccare le ali di Castiel, affondarvi le dita fino a sfiorare l’osso, ma si trattenne per non sembrare una femminuccia.
Come se avesse percepito i suoi pensieri, Castiel gli prese una mano tra le sue e accostò un’ala per costringere Dean a toccarla. Le piume erano morbide come zucchero filato e tiepide come un corpo umano. Dean fece scorrere le dita tra una piuma e l’altra, scatenando in Castiel un inaspettato mugolio di piacere.
Dean lo guardò stralunato, ritraendo la mano di scatto e Castiel sparì alla vista con un frullio d’ali per riapparire poco lontano con indosso solo i pantaloni già umidi per le gambe bagnate che ricoprivano. Sembrava spaventato.
-Vieni, ti riporto indietro.- gracchiò, dubbioso.
Dean si issò dal laghetto. –Cass…- Cercò di avvicinarsi a Castiel, ma questi si ritrasse bruscamente con le ali che vibravano impazienti, come ansiose di sbattere per trascinarlo in volo lontano da lì.
-Andiamo…- Castiel afferrò il polso di Dean e in un battito di ciglia i due furono nel salotto di casa Singer. Le ali ripiegate di Castiel, urtarono diversi soprammobili, mandandoli a schiantarsi sul pavimento.
-Ehilà, fratellino.- salutò una voce giocosa dalla penombra della stanza. Castiel si voltò e vide Gabriel disteso sul divano, un libro stretto tra le mani e i capelli biondo miele sparpagliati sul cuscino. Lo guardava con malizia, occhieggiando i capelli umidi di Castiel e le gambe fradice di Dean. –Notte de fuego, eh? E nemmeno mi invitano…-
-Gabriel, cosa ci fai qui.- domandò Castiel, stringendo convulsamente il polso di Dean fin quasi a fargli male.
Gabriel chiuse il libro con uno schiocco e si alzò, spazzolandosi i jeans dalla polvere e da quello che sembrava fango. Guardandolo meglio, Dean vide con orrore un lungo schizzo di sangue attraversargli obliquamente il petto.
-Non è sangue mio, dolcezza, sta tranquillo.- disse Gabriel, mandandogli un bacio.
-Esci subito dalla mia testa, stupido cazzone alato!-
-Altrimenti?-
Ma Castiel lasciò andare il polso di Dean e si avvicinò al fratello, inclinando appena il viso per osservarlo più da vicino. I due si scambiarono un’infinità di sguardi silenziosi e molto significativi.  Le ali di Castiel accarezzarono le braccia di Gabriel, il quale schiuse le bocca in un basso mormorio enochiano al quale l’altro angelo rispose prontamente nella stessa lingua.
Quando la porta si spalancò lasciando entrare Sam e Bobby, a Dean per poco non venne un infarto ma i due angeli non si voltarono nemmeno. Mormoravano, i volti accostati come se avessero paura di essere sentiti. Sam si fermò a fissare Gabriel, la sua piccola figura ben piazzata e il delicato bagliore emanato dalle ali di Castiel.
-Che accidenti succede qui?- esclamò Bobby, entrando nella stanza.
Gabriel si raddrizzò e alzò lo sguardo su un punto alle spalle di Sam.
-Fossi in te mi sposterei, tesoro.- disse prima di scivolare accanto a Sam e spingerlo di lato. Le sue ali si spalancarono con un morbido fruscio, incidendo a fondo le pareti e trapassando gli oggetti che incontravano. –Raphael, sapevo che avrebbero mandato te.-
-E tu avresti dovuto fare più attenzione a ciò che facevi, fratello.- rimbeccò Raphael, socchiudendo pericolosamente gli occhi scuri del suo tramite di colore. Gabriel spinse Sam all’interno della casa.
-Castiel.- disse, e l’altro angelo afferrò Sam e Bobby, sparendo e riapparendo con loro infondo alla stanza, accanto a Dean.
-Restate qui.- sibilò Castiel con una sorta di gelida furia che Dean non aveva mai sentito nella sua voce. Dean cercò di protestare ma una forza invisibile li schiantò tutti e tre contro il muro, bloccandogli le parole in gola. Castiel lo guardò, ritrovando la calma. –Ho detto, restate qui.-
 L’angelo avanzò per affiancare Gabriel sulla soglia, le ali ripiegate in uno scudo argentato che nascondeva l’intera stanza alla vista di Raphael. Gabriel storse la bocca, sputando il lecca lecca che cadde a terra con un tonfo.
-Castiel, no. È un arcangelo.-
-Lo sei anche tu, ma non sei in condizioni di cavartela da solo adesso; le ferite alle ali si stanno ancora rimarginando.-
Raphael rise, aprendo la mano nella quale comparve una lucente spada angelica. –Ma che delizioso quadretto fraterno… traditori, ma insieme fino alla fine.-
Castiel corrucciò le sopracciglia. –Non vi abbiamo arrecato alcuna offesa, fratello.-
Raphael represse un gesto di stizza, ma fece comunque oscillare la spada in una danza pericolosa. –No? E il vostro ritrovato sentimentalismo, nei confronti di due umani, per di più? Oh, e vogliamo parlare della natura demoniaca di uno dei due? Il Paradiso non se ne fa niente di quelli come voi… preferiamo eliminarvi.- disse in tono incolore.
Gabriel tremò di rabbia quando colse l’accenno alla natura di Sam. L’arcangelo sapeva che il più giovane dei Winchester stava cercando un modo per sopprimere i suoi poteri  la sua dipendenza dal sangue di demone, ma Gabriel era altrettanto certo che in giro ci fosse un demone in particolare, una certa Ruby, che a breve avrebbe cercato di avvicinarlo. Di nuovo. Per questo teneva d’occhio Sam, per questo aveva abbandonato diversi compiti affidatigli dal paradiso pur di non abbandonare il giovane Winchester a se stesso. Sam aveva bisogno di una guida e spesso suo fratello non bastava.
-Non farlo, Raphael. Non te lo consiglio.- minacciò, rilasciando una leggera ondata di potere che si abbatté come una potente raffica di vento sull’altro arcangelo. Raphael barcollò appena e piegò le ginocchia. Sorrise.
-Troppo tardi.-
-NO!!!-
Raphael sparì e riapparve alle loro spalle con un frullare d’ali. Sollevò il pugnale angelico e lo calò sul petto di Sam.
Un tonfo.
Uno schizzo di sangue.
Due occhi dorati che si dilatavano per la sorpresa e il dolore.
Raphael rigirò il pugnale nel petto di Gabriel mentre un grido agghiacciante si spandeva nell’aria. Nessuno dei presenti avrebbe mai pensato che Samuel Winchester potesse emettere un lamento del genere.
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, niente panico (Rabbrividisce appena sente la presenza nefasta delle lettrici incazzate)… Oddio, ho ammazzato Gabriel! Ho accoppato un arcangelo strafigo! L’ho massacrato, tritato, distrutto, impalato su uno stiletto… va bene, ora basta, getto via la penna e mollo la storia XD (ERA ORA!!! CANCELLALA!!! Nd: TUTTI). Cooooomunque, prima che la situazione degeneri sarà meglio passare ai ringraziamenti dei miei angeli recensori:
 
Blacasi: suvvia, Dean si è trattenuto con Castiel, anche perché anche io se lo avessi trovato mentre faceva il bagno avrei detto ciao ciao ad ogni proposito di spennarlo. Tu no? XD e comunque adesso ho fatto fuori proprio il personaggio che ti era piaciuto, dimmi tu se si può essere più perfidi! XD tranquilla carissima, il nostro Gabriel ritornerà… o forse no? È tutto da vedere! Fammi sapere se ti è piaciuto questo capitolo, a presto!
 
xena89:  Scommetto che ora hai una sola parola per me, e non è affatto delicata. XD hai tutti i diritti di mandarmi a quel paese, avresti ragione, visto che ho fatto fuori uno dei protagonisti °-° eh, già… comunque, sei stata accontentata, Castiel è ricomparso e nel migliore dei modi, se riesci a immaginartelo come l’ho descritto (Bavetta alla bocca). Grazie della recensione carissima, sei sempre gentilissima! Aspetto con ansia di sapere cosa ne pensi di questo nuovo schifocapitolo! Un bacione!
 Ultimo avviso: la storia verrà aggiornata molto presto, se riesco a convincermi che non sia completamente una schifezza XD a presto!
Tomi Dark Angel

 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Tutta Colpa Di Gabriel! ***


-GABRIEL!!! GABRIEL!!!!!-urlò Sam, dibattendosi contro la forza invisibile che lo incatenava al muro.
Gabriel si accasciò ai piedi di Raphael, le ali scosse dai tremiti e gli occhi spalancati in un’espressione di sorpresa. Sembrava non capire cosa stesse accadendo o perché fosse stramazzato al suolo in un lago di sangue sempre più largo. Non vi era più traccia di allegria in lui, nessun sorriso ammiccante o battuta arrogante sulle labbra. Del vecchio Gabriel, adesso prostrato ai piedi di Sam e di Raphael che si ripuliva la spada angelica sui jeans, non restava nulla.
Fu allora che Sam ricominciò a gridare, gli occhi sbarrati impossibili da allontanare dalla figura immobile dell’arcangelo. Il cacciatore rivisse l’ultima volta che si erano incontrati, la semplicità puerile con la quale Gabriel aveva parlato delle stelle e dell’uomo e il modo in cui aveva coperto per la seconda volta le spalle tremanti del suo protetto. Sam non poteva credere che tanta bellezza, tanta giustizia, si potessero spezzare in quel modo davanti ai suoi occhi.
Aveva bisogno di Gabriel e non gliel’aveva mai detto.
Avrebbe voluto baciarlo ed accarezzarlo, e non l’aveva mai fatto.
Adesso era tardi. Gabriel se n’era andato.
Sam singhiozzò mentre Dean e Bobby fissavano atterriti l’arcangelo abbattuto.
Raphael si chinò sulle ginocchia, sorridendo.
-A quanto pare sei più resistente di quanto mi aspettassi, vero? Mi toccherà rimediare.- disse, sollevando ancora una volta il pugnale. Sam gridò più forte, dimenandosi, ma quando Raphael abbatté lo stiletto sul corpo esanime di Gabriel, quello sparì.
-Ma cosa…-
-Ehi… bastardo!-
 Raphael si voltò verso Castiel il quale, comparsogli praticamente addosso, sbatté con forza le ali, facendolo arretrare di qualche passo.
-Ciao, tesoruccio.-
Raphael sbarrò gli occhi verso un Gabriel che sorrideva trionfante mentre lasciava cadere per terra l’accendino. Le fiamme divamparono in un cerchio intorno al corpo di Raphael, il quale lanciò un ruggito di rabbia.
-Come è possibile?! Ti ho impalato con le mie mani!-
-Se avessi prestato un po’ di attenzione, Sherlock, ti saresti accorto che ho sfilato il mio vero tramite dall’illusione ottica all’ultimo momento. Santo cielo Raphi, sei così… maldestro.-
Gabriel si posò una mano sulle tempie con fare teatrale prima di tornare a guardare Castiel, il quale reggeva tra le dita una molotov di fuoco santo. Gabriel inclinò il capo di lato e agitò la mano in un saluto.
-Bye bye, cherì.- disse un attimo prima che Castiel tirasse la molotov su Raphael. L’arcangelo urlò, il corpo avvolto dalle fiamme e il vibrare cristallino della sua vera voce fece gemere i tre umani presenti nella stanza. Castiel piegò prontamente le ali per avvolgerli nel soffice bozzolo di piume che li sottrasse ad ogni suono o spettacolo indesiderato che non fosse un mare di soffici penne argentate.
Castiel scansò le ali mentre Sam, Dean e Bobby crollavano al suolo, tossendo. Gabriel comparve davanti al più giovane di Winchester e lo costrinse a sollevare il viso con la forza dell’indice e del medio. Occhi verdi e occhi dorati si scontrarono in uno spettacolare gioco di colori.
-Stai bene, Sam?- chiese Gabriel, per la prima volta serio. Sam boccheggiò e l’arcangelo sorrise con una tenerezza che faceva a pugni col suo solito atteggiamento da perdigiorno scanzonato. –Sì, stai bene.-
Gabriel piegò il viso per poggiare le labbra sulla fronte sudata di Sam, il quale senza accorgersene chiuse gli occhi, rilassandosi. Per quanto fosse irreale che per la prima volta qualcosa nella loro vita fosse andata per il verso giusto, Sam si sforzò di crederci: andava tutto bene.
-Gabriel.- chiamò Castiel, dando le spalle a Dean, il quale non smetteva di fissarlo. Gabriel si allontanò da Sam e si alzò in piedi. –Resta tu con loro. Finché Raphael non sarà distrutto, potrebbe cercare ancora di ucciderli.-
Dean si fece avanti. –E tu cosa farai, invece?- domandò con una punta di risentimento. Castiel non lo guardò.
-Perlustrerò la zona.-
-Non se ne parla! C’è un arcangelo a piede libero da queste parti e tu sei un semplice angelo! Raphael ti farebbe a pezzi, senza contare che sei stato tu a dargli fuoco! Vorrà vendicarsi!-
Castiel non si mosse, ma le sue ali vibrarono. Non potendo guardarlo in faccia, Dean suppose che l’espressione dell’angelo fosse tutta un programma o quantomeno doveva essere un miscuglio di confusione e forse paura.
-Me la saprò cavare, Dean. Resta qui.-
-Non questa volta. E guardami quando ti parlo!-
Dean afferrò Castiel per la spalla, costringendolo a voltarsi. Per tutta risposta, l’angelo gli fece lo sgambetto e, spintolo a terra, lo inchiodò sul pavimento con un ginocchio premuto sullo stomaco e una mano alla gola. I suoi occhi blu splendevano di rabbia repressa e l’aria crepitò intorno a loro. Alcuni vetri si spaccarono, dei fogli volarono via.
-Lo capisci in che guaio vi trovate? Ne hai la più pallida idea? I nostri fratelli vi danno la caccia, sanno che siete qui, e nemmeno il più elaborato marchio enochiano può nascondervi agli occhi di un arcangelo! Io posso morire, sono solo una stupida pedina, ma voi… voi avete grandi cose da compiere e dovete vivere. Dobbiamo proteggervi…-
-Per ordine di chi? Cos’è, il vostro papino ha deciso di divertirsi un altro po’ a vedervi scannare? L’apocalisse non basta, adesso deve pure generare una guerra intestina in famiglia? Stai di nuovo eseguendo gli ordini, Castiel! Ottimo, volevi essere un soldato a tutti gli effetti? Adesso lo sei e vista la tua smania di farti ammazzare, vai pure e non farti più vedere!-
Dean capì di averla detta grossa solo quando vide gli occhi di Castiel farsi grandi per la sorpresa e le sue ali tremare e poi accasciarsi come un peso morto dietro di lui, invadendo il pavimento dell’intero salotto. La luce emessa dalle piume scemò fin quasi a dissiparsi e in un violento battito d’ali che incise le pareti della stanza, Castiel sparì.
-Cass!- chiamò Dean rialzandosi, ma l’angelo non rispose, non riapparve come aveva sempre fatto in passato ad ogni sua richiesta di aiuto. Gabriele sospirò con fare teatrale.
-Se non temessi di rovinare il tuo bel culo, ti prenderei a calci fino ad ammaccarti le chiappe, zuccherino.- disse Gabriel con tono morbido. Si avvicinò a Dean e gli rifilò uno scappellotto sulla nuca con abbastanza forza da farlo incespicare.
-Ahi! E che cazzo, Gabriel!- si lamentò Dean, ma sentiva di esserselo meritato: non avrebbe dovuto parlare in quel modo a Castiel, soprattutto pochi istanti dopo che quest’ultimo gli aveva salvato la vita rischiando la sua… per l’ennesima volta.
Gabriel scosse il capo e stiracchiò le braccia. –Visto che sei stato tanto geniale da farmi scappare occhioni blu, sarà meglio che ti abitui alla mia presenza, dolcezza, perché né io né voi ci muoveremo da qui.- asserì, annuendo. Sam trasalì.
-Gabriel, non possiamo…-
-Potete eccome, tesorino, e lo farete. Non mi sono quasi fatto accoppare per niente, spero di essere stato chiaro.- disse in tono talmente deciso che nessuno dei presenti si sentì in vena di obbiettare. Gli occhi di Gabriel si incatenarono a quelli di Sam, il quale tremò ma non si arrischiò a dare altri segni di debolezza davanti all’arrogante arcangelo.
Gabriel sorrise lievemente, poi uscì, lasciando i presenti al tumulto dei loro pensieri.
 
L’arcangelo passò tutto il giorno seduto in veranda, dapprima sotto il sole che faceva risplendere le sue ali come migliaia di diamanti, poi sotto la luna, i cui fasci d’argento ricordavano ai cacciatori il brillare delle piume di Castiel.
Già, Castiel. Cass.
Dean non poteva impedirsi di pensare all’angelo dalle ali argentate. Ogni volta che chiudeva gli occhi, il buio delle sue palpebre ricostruiva con dovizia di particolari il corpo scolpito e slanciato dell’angelo immerso fino ai fianchi nelle acque di chissà quale laghetto di chissà quale radura. Se Dean pensava che a quell’ora Castiel poteva giacere al suolo, spezzato da Raphael nel peggiore dei modi e magari con entrambe le ali spezzate gli veniva una gran voglia di correre fuori, montare sull’Impala e correre a cercarlo.
Dean uscì sulla veranda, troppo sveglio per riuscire ad addormentarsi. A furia di pensare a Castiel gli era venuto un gran mal di testa.
-Dannazione…- borbottò, massaggiandosi le tempie con entrambe le mani.
-Nottataccia, eh, pasticcino?- disse Gabriel, con le ali distese intorno a lui a formare un cerchio protettivo e brillante dal diametro esagerato. I suoi occhi dorati, abbandonata la solita ostentata spavalderia, lo guardavano con curiosità.
-Niente affatto, pennuto.-
-Oh, ceeeeeerto, e io sono un demone. Vieni a sederti e parlami dei tuoi problemi, mon cherì.-
-Piuttosto mi taglio la lingua!-
-Piuttosto Bobby ti taglierà qualcos’altro se urli di nuovo e lo svegli.-
Dean si guardò alle spalle preoccupato, ma non avvertì nessun rumore provenire dalla casa silenziosa di Bobby. Alla fine il giovane cacciatore sospirò e si diresse verso Gabriel proprio mentre questo spostava un’ala per lasciarlo sedere, ma facendo in modo che questa fungesse da semicupola per entrambi. La luce dorata irradiata dalle piume ricordava a Dean i raggi del sole, ma la cosa lo infastidiva leggermente, anche perché gli venne naturale paragonare le ali di Gabriel a quelle di Castiel. Per Dean, non c’erano paragoni, ma non l’avrebbe mai detto ad alta voce correndo il rischio di sembrare smielato.
-Allora, tesoruccio, cosa ottenebra codesto cervello, impedendogli il tanto agognato sonno?-
-Fatti i cazzi tuoi.-
-Lui sta bene.-
Dean girò la testa così bruscamente che il suo collo scricchiolò e il cacciatore si trovò a gemere, toccandosi la nuca con delicatezza. Gabriel sorrise leggermente, ma non distolse gli occhi dalla luna ancora alta nel cielo.
-Chi ha… chi ha detto che io…- cominciò Dean, ma l’arcangelo lo zittì dicendo:
-Te lo si legge in faccia, biondino col cervello da criceto. Ti rendi minimamente conto dell’espressione ebete che hai quando guardi mio fratello, per non parlare di quando gli fissi le ali?- sbottò, perdendo del tutto la sua solita spensieratezza. Dean si zittì, consapevole che ribattere sarebbe stato solo un buon modo per farsi prendere a calci in culo.
Gabriel continuò, stavolta con maggior leggerezza: -Conosco Castiel dall’alba dei tempi; si può dire che siamo praticamente nati e cresciuti insieme. L’ho visto nascere e sbattere le ali per la prima volta. Allora la sua anima era fragile e innocente come uno dei miei dolci più buoni, ma poi… poi la guerra l’ha cambiato. Alcuni diventano soldati per scelta, mentre altri, come i Cupidi, sono gli addetti alla pace. Castiel entrò nella prima cerchia di soldati fin dalla nascita e fece il possibile per annientare se stesso per ubbidire a papà, per non deluderlo nonostante la sua totale assenza. Castiel è cresciuto cercando di accontentare Dio, facendo quello che ci si aspettava da lui. Questo non ti dice niente?-
Gabriel guardò Dean con un accenno di ilarità, ma il cacciatore non ricambiò lo sguardo. I suoi occhi di giada erano inchiodati a terra, pensierosi, perciò Gabriel ricominciò a parlare.
-Quando crebbe, Castiel cominciò a pensare, a farsi delle domande. La sua fede in Dio cominciava a vacillare e il motivo per il quale combatteva era semplicemente inesistente. Forse fu questo a spezzare definitivamente Castiel, a renderlo inerme come un burattino nelle mani degli angeli suoi superiori. Pensavo di averlo perso, sai?
-Poi, dal nulla, sei sbucato tu, piccolo umano insignificante. Castiel si è fatto in quattro per riportarti indietro, rispondendo all’ennesimo ordine impartitogli, ma quando ha iniziato a seguirti, a proteggerti travisando ogni ordine… be’, il suo cerchio di monotonia si era semplicemente spezzato. I suoi occhi hanno ricominciato a vivere e la sua Grazia… santo cielo, la sua Grazia era sempre più bella ad ogni sacrificio che compiva per salvarti o semplicemente per esserti di sostegno. Era incredibile: lui menomava la sua anima e questa appariva ogni istante più bella, forse proprio perché rattoppata. Forse chi ha un’anima intatta è orrendo proprio perché è lampante che questi non abbia mai donato un pezzo di se stesso a chi ama; o almeno, grazie al suo comportamento, Castiel mi costrinse a pensarla così. Far rinascere un angelo semplicemente respirando! Voi umani vi mostrate più sorprendenti ogni giorno che passa!-
Gabriel sorrise e batté le mani una volta, spensierato.
Dean non poteva credere alle sue orecchie. Gli sembrava di vedere Castiel tra le pieghe del racconto di Gabriel, ma era impossibile che l’ultima parte combaciasse: Cass, dargli un pezzo della sua anima? Ferirla e poi rattopparla per lui? Era un ipotesi irreale, ma per qualche motivo Dean non se la sentiva di scartarla, soprattutto se detta da un Gabriel così terribilmente serio.
-Io… Gabriel, è impossibile che…-
-Gli hai toccato le ali, vero? Lui te l’ha lasciato fare?-
Dean sbatté le palpebre, sorpreso da quel brusco cambio di argomento. Inconsapevolmente chiuse gli occhi, ricordando il tocco vellutato delle piume di Castiel sulla pelle. Cass gli aveva afferrato il polso e poi l’aveva spinto a toccare le penne come Dean aveva desiderato fare, seppur in cuor suo. Già… ma cos’era successo dopo? Da allora Castiel era diventato freddo, distante al punto che sembrava quasi riottoso a toccarlo e Dean non riusciva a capirne il motivo. Forse qualcuno poteva aiutarlo, e quel qualcuno era lì accanto a lui.
-Sì, l’ho fatto. È stato lui ad avvicinarmi alle piume.- ammise debolmente, scatenando un risolino in Gabriel.
-Ora capisco perché tutti vogliano fargli il culo! Zuccherino mio, se sapessi cosa hai fatto… aaaaaaah, l’amour!- gongolò, facendo dondolare il busto e la testa a destra e a sinistra con un’espressione ebete in volto. Dean strinse pericolosamente gli occhi.
-Che cazzo stai dicendo?-
-Sto dicendo, mio inguaribile romanticone, che tu e Castiel vi siete praticamente baciati.-
Sarà inutile specificare che la reazione di Dean fu tutt’altro che moderata: il povero cacciatore si strozzò con la sua stessa saliva e cominciò a tossire forte, il viso rosso per la mancanza d’aria e l’imbarazzo. Pregò un Dio nel quale non credeva di aver sentito male, giurandogli che se fosse stato così avrebbe cominciato ad andare in chiesa tutte le domeniche, ma ovviamente se Dio esisteva davvero, era chiaro che si divertisse più del dovuto alle spalle di Dean perché Gabriel anziché negare, rincarò la dose.
-Ooooooh, il mio Cassie Kiss è cresciuto! Dimmi un po’, l’avete anche fatto? Chi stava sopra? Non dirmi Castiel perché potrei seriamente pensare di ammazzarti solo per portarti in paradiso e rinchiuderti in una stanza piena di piccoli me che ti ridono in faccia… cavolo, questa sì che è un idea! Mi ricorda tanto quella di Crash Bandicoot, hai presente? Quando Cortex entra nella sua testa e…-
-GABRIEL, FINISCILA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
L’urlo di Dean fu fortissimo, ma nessuno si sarebbe mai aspettato che generasse un effetto domino catastrofico.
-Che succede?!- urlò Bobby, lanciandosi oltre la porta con la pistola in pugno, ma si fermò così di botto sulla veranda che Sam, imbacuccato in un pigiama con su stampato un motivo di orsetti davvero comico, gli andò addosso e i due rotolarono a terra in un mare di polvere e armi alle quali pregarono di non aver tolto la sicura o sicuramente sarebbe partito il classico sparo che in tutta la sua sfiga avrebbe come minimo azzoppato uno dei presenti.
Contemporaneamente un Castiel dall’aria trafelata apparve alle spalle di Dean stringendo tra le mani una spada angelica e le sue ali sbatterono tanto forte da atterrare il più grande dei Winchester che intanto si era alzato e adesso si trovava gambe all’aria. Insomma, l’unico rimasto illeso dopo la catastrofe fu Gabriel, il quale non aveva niente da obbiettare vista l’ottima visione del fondoschiena di Sam che la situazione gli offriva.
-Cassie, che ci fai qui?- esclamò Gabriel, staccando gli occhi da Sam una volta che questi si fu rialzato. Castiel si guardò intorno perplesso, le ali ripiegate dietro la schiena che strusciavano abbondantemente sul terreno senza sporcarsi.
-Mi hai chiamato tu, Gabriel.- rispose questi, guardando Bobby che si rimetteva in piedi e lanciava la pistola a indirizzo di Dean, il quale si scansò per puro miracolo e istinto di sopravvivenza.
-IDIOTA!!! Volevi farci venire un infarto?! Eh?- ruggì il vecchio cacciatore, ma Gabriel intervenne in aiuto di Dean.
-Va tutto bene, vecchiaccio, stavamo solo scambiando due parole sulle esp…- cominciò, ma Dean gli saltò addosso così all’improvviso che le ali di Gabriel per poco non sbatterono. Il ragazzo tappò la bocca dell’arcangelo guardandolo con aria omicida, ma quello rispose leccandogli la mano, che Dean fu costretto ad allontanare con un imprecazione.
-Ma porca…-
-Guardate…-
Dean, richiamato dalla voce di Sam si voltò verso Castiel, il cui sguardo assorto era rivolto a un falco che calava in picchiata su di loro. Bobby indietreggiò, stringendo forte la pistola tra le mani, ma Gabriel si affrettò a fermarlo.
-Non ci farà del male. Aspetta.- disse, tornando a fissare suo fratello con una punta di trepidazione.
Castiel sollevò un braccio, mormorando parole che sembravano enochiane e il rapace calò su di loro sbattendo le ali poderose maculate di grigio e bronzo. Allungò gli artigli e li avvolse intorno al braccio di Castiel, ma non strinse la presa, come se avesse paura di ferirlo. L’angelo piegò un ala, subito imitato al falco che distese una delle sue per lasciarsi sfiorare dalle piume argentate in una carezza confidenziale. Era uno spettacolo magnifico, intimo, che sapeva di magnificenza e grazia. Due volatili si conoscevano, rispettandosi a vicenda nelle loro diversità. Dean sentiva il cuore scoppiargli nel petto.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Castiel si volse e lo guardò. Quel gesto bastò a riattivare Gabriel e il suo zelo.
-Non c’è niente da vedere qui, gente! Chi ha voglia di una tazza di camomilla prima di tornare a letto?- poi, rivolgendosi a Sam: -O preferisci qualcosa di più forte, zuccherino? Magari un altro tipo di dolce?-
Sam avvampò.
-Piantala!-
-Oh, sei delizioso quando arrossisci!-
-Ti ho detto di darci un taglio!-
-L’hai detto ma non lo pensi.-
-Sì che lo penso!-
-Noooo…-
-Sìììììììì….-
-FINITELA, TUTTI E DUE!!!-
Bobby li afferrò entrambi per il bavero della maglia del pigiama e della giacca e li trascinò dentro, facendo attenzione alle ali di Gabriel che rischiavano di farlo inciampare.
Dean guardò la porta socchiudersi e le figure di tre sparire alla vista prima di tornare a rivolgersi a Castiel, che intanto non gli aveva staccato gli occhi di dosso. Il rapace sul suo braccio aveva chinato il capo e chiuso gli occhi.
-Dovresti andare anche tu, Dean. Devi riposare.-
-Ma sentiti, adesso fai la mammina?-
-Non era mia intenzione.-
Castiel distolse lo sguardo da Dean, cosa che ferì il cacciatore come una ferita fisica. Dean ripensò a quello che aveva detto Gabriel riguardo suo fratello, e solo allora gli sembrò che ogni cosa, ogni pezzo di Castiel scivolasse al proprio posto. La vita dell’angelo, per quanto sconosciuta al giovane umano, era abbastanza semplice da decifrare: combattere e dubitare di se stesso e del Dio che non vedeva doveva essere stato un supplizio per Castiel, ma lui non si era mai arreso. Aveva continuato a seguire, anche se inconsciamente, degli ideali che non aveva mai tradito, difendendo fino all’ultimo non se stesso, ma l’uomo, l’opera più grande di suo Padre, e questo faceva di Castiel il più grande dei figli. Non c’era da stupirsi che Dio lo avesse resuscitato più volte in passato.
-Perché mi fissi?- domandò Castiel all’improvviso, destandolo dai suoi pensieri. Dean scosse il capo.
-No, niente.- disse, poi aggiunse: -Come mai quel rapace si comporta così?-
Castiel lanciò un’occhiata al falco assopito prima di rivolgere a Dean un inaspettato sorriso. A sorpresa, gli tese una mano.
-Vieni.-
-Cosa?-
Dean indietreggiò, ma Castiel si sporse e lo afferrò per un polso, strattonandolo verso di sé. Per poco Dean non gli andò addosso, e questo trasformò il suo stomaco in un ginnasta di atletica leggera.
-Cass, che cazzo stai facendo?- inorridì Dean appena vide che Castiel stava spingendo la sua mano verso la testa del falco. Proprio in quel momento il rapace aprì gli occhi e guardò Dean con uno sguardo di avvertimento, facendo schioccare pericolosamente il becco. Dean cercò di ritrarre la mano, ma Castiel non glielo permise.
-Stai tranquillo, avverte il tuo nervosismo.-
-No, il pennuto mi sta avvertendo che tra poco avrò una mano in meno a cui badare! Molla l’osso, Cass!-
-Ti fidi di me?-
Dean si congelò sul posto, travolto in pieno dallo sguardo intenso di Castiel. L’angelo aveva inclinato la testa in quella sua tipica e spiazzante postura da bambino innocente alla quale Dean non riusciva a resistere.
-Figlio di… e va bene, ma se questo coso mi fa un solo graffio ti prendo a calci in culo.- acconsentì infine Dean, scatenando in Castiel un sorriso ancora più largo che gli illuminò gli occhi di una nuova, bellissima luce. Dean non si accorse di essere rimasto incantato da quella visione, ma quando Castiel gli accostò la mano al becco del falco, il cacciatore si riprese.
Castiel sussurrò delle parole in enochiano e come per magia il falco strusciò la testa piumata contro il palmo di Dean. Il cacciatore era esterrefatto.
-Come ci sei riuscito?- si stupì, ma fu interrotto dal picchiettio di qualcosa di bagnato sul braccio. Dean abbassò gli occhi prima di alzarli sul cielo un attimo prima che cominciasse a venire giù un vero e proprio acquazzone.
Castiel inarcò un’ala e tanto bastò a proteggerli tutti e tre dall’acqua. Dean guardò l’angelo, il quale però osservava il falco con una sorta di muto interesse che si stava rivelando in realtà un buon modo per concentrare l’attenzione su qualcosa che non fosse Dean.
-Cass, io…-
-Va tutto bene.-
Finalmente Castiel guardò Dean e con sua grande sorpresa gli appoggiò una mano sul capo in un gesto affettuoso. Stranamente, il cacciatore non si ribellò ma al contrario chiuse gli occhi mentre intorno a loro il picchiettio dell’acqua aumentava.
Toccare le ali di un angelo equivaleva a baciarlo, aveva detto Gabriel. Dean ci pensò un attimo prima di allungare una mano e farla scivolare lungo il torace di Castiel, cingendolo infine in un abbraccio che culminò con entrambi i palmi del cacciatore appoggiati sulla base delle ali dell’angelo. Castiel sbarrò gli occhi e il falco lanciò un lungo stridio prima di spalancare le ali e spiccare il volo, lasciando Cass col braccio ancora sollevato e un’espressione inebetita sul volto.
-Dean…-
Ma Dean non parlò, limitandosi per una volta a lasciar cadere ogni freno inibitore, affondando il volto nell’incavo del suo collo per inspirare un profumo che sapeva di incenso e vaniglia.
-Non volevo capire, va bene?- soffiò sulla pelle di Castiel, facendolo rabbrividire. –Non volevo accettare che toccasse a te combattere per tutti noi, non volevo che portassi anche il mio peso. Credevo di essere in grado di cavarmela da solo ma… non mi ero reso conto che le tue ali fossero state sempre qui come ora. Non hai mai smesso di proteggermi, di coprirmi quando non me ne accorgevo. Tu hai sempre portato una parte del mio peso e io non l’ho mai capito.-
Castiel si sentì sciogliere davanti a tanta semplicità e a tanta riconoscenza. Dean aveva capito e accettava quella parte di lui che sarebbe sempre stata lì a fargli da scudo. Gli cinse i fianchi con un braccio, pensando che quel momento valeva mille ferite inferte da qualsiasi arcangelo contrario al suo silenzioso amore per un semplice essere umano. Ma per Dean, lui era solo un buon amico.
Dean non avrebbe mai conosciuto i veri sentimenti dell’angelo perché Castiel non poteva permettersi che il cacciatore lo rifiutasse, spezzandogli definitivamente il cuore. Per questo, mentre la pioggia infuriava e Gabriel scostava le tendine della cucina per scrutare fuori, una lacrima scivolò sul viso dell’angelo e l’ala che aveva lasciato ripiegata alle sue spalle cadde nel fango come un peso morto e ormai inutilizzabile.
Gabriel sentì una forte ondata di dolore provenire dalla Grazia di Castiel, un agonia talmente forte che l’arcangelo sentì le ginocchia cedergli. Gabriel si coprì gli occhi con una mano, chinando il capo sconfitto mentre a pochi passi da lui, Dean abbracciava Castiel come un fratello, uccidendolo definitivamente. Le ali di Castiel persero lucentezza e Gabriel sapeva che avrebbero concesso al loro indebolito padrone solo un ultimo volo prima di spezzarsi insieme alla sua Grazia e lasciarlo morire per un amore che era servito solo a distruggerlo nell’unico modo in cui si poteva uccidere un angelo: negandogli il suo unico e vero amore.
 
Angolo dell’autrice:
Coff, coff… va bene, qui sembra un mattatoio di angeli anziché una fiction, ma che ci volete fare, io…
Dean: un mattatoio?! Li stai facendo fuori uno dopo l’altro! E io non sono così sdolcinato!
Tomi: Dean, non costringermi a ricordarti quell’orsacchiotto di peluche che hai nel bagagliaio dell’Impala insieme alle armi…
Dean: non è un orsacchiotto, è un panda! Cazzo, ha un occhio nero! E guarda quanto è dolce lui! Fufy, dov’è papino? Dov’è papino, Fufy? Oooooooh, guarda che occhioni, sembrano due marshmallow, e io adoro i marshmallow, per non parlare della gommose e…………………………..
Tomi: Sam… dimmi che Ruby ha qualche cerbero da prestarmi…
Sam: aspetta che controllo se ne ha uno di scorta (prende il cellulare)
Ehm, dicevo? Ah sì, ebbene care lettrici, passiamo all’angolo delle offertone, a te la parola Gabriel!
Gabriel: grazie Tomi. Dunque, affrettatevi cari amici lettori, poiché l’offerta è valida solo per qualche giorno! Chi recensisce il capitolo avrà in regalo un favoloso cerbero da compagnia o un Sam di peluche e… E TU VUOI DARE IL MIO PELUCHE DI SAM IN REGALO??????? NON SE NE PARLA!! MIIIIIIIO!!!!!!
Va bene, diciamo che… insomma, avete capito, l’offerta sarà valida finché Gabriel non farà a pezzi la dispensa di orsacchiotti. Dunque, passiamo ai ringraziamenti!

sasosasosaso: come puoi vedere non c’era nessun errore di battitura, era davvero Gabriel ad esserci finito in mezzo e Sam ad urlare come un coyote rincoglionito XD beh, grazie comunq            ue del commento!
 

Blacasi: Gabriel è un genio del male sul serio, ho come la sensazione che l’abbia fatto apposta a combinare tutto quel casino, svegliando mezzo mondo e chiamando Castiel XD non si può mai dire cosa sia casuale per quel gallinaceo da strapazzo! E ne ha ancora tante da combinare! Eh sì, ti ho fatto venire un infarto per niente, Gabriel PURTROPPO è vivo e ci vuole più di un Raphael incazzato per far fuori il Dio degli scherzi. Per me lui rimane sempre il trickster, non dimentichiamocelo! Ahahahah, spero che questo capitolo ti sia piaciuto e spero tanto di sapere presto cosa ne pensi! A presto e grazie ancora per la tua gentilezza!
 

xena89: no, tranquilla, Gabe è ancora vivo e vegeto, altrimenti credo che Sam avrebbe combinato un casino per riportarlo indietro in qualche modo! Che dici, ad ogni capitolo metto un’avvertenza che segnala eventuali scene da infarto? XD ci piazzo un segnale di pericolo e non ne parliamo più, anche perché penso che prossimamente le cose potrebbero… ehm… surriscaldarsi e non prometto la totale sanità mentale dei lettori XD va bene, mi aspetto più di una denuncia, o forse faccio prima a espatriare! Tranquilla, anche grazie alle tue favolose recensioni per ora la storia continuerà, e lo farà finché sarete voi a volerlo! Grazie ancora e a presto!
 
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Il Valore Di Una Lacrima ***


Castiel allontanò Dean da sé senza guardarlo in faccia. Abbassò gli occhi, sentendosi improvvisamente stanco.
-Cass?- chiamò Dean, ma l’angelo non ebbe la forza di rispondere. Apriva e chiudeva la bocca come un pesce fuor d’acqua, ma non riusciva a spiccicare suono. Qualcosa gli ostruiva la gola e gli faceva tremare le ginocchia. L’ala sopra di loro vibrò e cominciò a pesare come un macigno.
-Dean, entra in casa. Io devo andare.- mormorò, ma Dean non gli credette. Afferrò un braccio di Castiel e lo strattonò, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
-Cass, che ti succede?- sibilò, cercando di tenere a bada la preoccupazione per il pallore mortale che Castiel ostentava.
-Cassie.- disse Gabriel, comparendo alle spalle di Castiel in un frullio d’ali. L’arcangelo non poteva apparire più serio e fu questo più di tutto il resto a preoccupare Dean.
-Gabriel…- mormorò Castiel prima che Gabriel gli accarezzasse la testa sorridendo gentilmente come un fratello maggiore.
-Va tutto bene, dolcezza, sei solo un po’ stanco.- mormorò, scompigliando dolcemente i capelli del fratello, la cui unica ala sollevata si scostò bruscamente e si schiantò al suolo, schizzando acqua e fango sui presenti.
-Cass!- esclamò Dean, ma Gabriel gli lanciò un’occhiataccia che per una volta ebbe il potere di zittirlo. Dean si sentì schiacciato dagli occhi dorati dell’arcangelo, ma non demorse. –Dimmi cos’ha?-
-Entra in casa, Dean Winchester. Adesso.- ordinò perentorio Gabriel, sollevando la più grande delle sue ali per coprirli tutti e tre e creare un sentiero coperto che conducesse Dean alla porta di casa Singer. Dean strinse i denti.
-Stammi a sentire, coglione piumato, non ho intenzione di lasciarlo qui, fosse anche con te! Castiel non sta bene e…-
-E grazie a chi non starebbe bene, di grazia?-
I due si scambiarono diverse occhiate di fuoco finché Castiel non richiamò il fratello all’ordine semplicemente nominandolo con una voce talmente esausta che Gabriel e Dean si decisero a collaborare per portarlo in braccio dentro casa, al sicuro.
O almeno, così credevano.
 
Quando Gabriel uscì dalla stanza dove avevano sistemato Castiel era quasi l’alba. Dean aveva atteso in cucina in compagnia di Bobby e Sam. I tre cacciatori erano rimasti in silenzio per ore, ascoltando le voci sottili dei due angeli che conversavano a bassa voce in enochiano.
Dal canto suo, Dean non poteva fare a meno di rabbrividire ogni volta che sentiva la voce flebile di Castiel. Sembrava la voce di un moribondo, questo lo pensavano tutti, ma nessuno si arrischiò a dirlo.
Dean non poteva crederci: fino a poche ore fa stava andando tutto bene, ma cos’era accaduto poi? E perché Gabriel aveva detto che Castiel stava male per colpa sua? Non gli sembrava di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma certo Dean non poteva sapere cosa si agitasse nei cervelli di due gallinacei piumati.
Sta bene, mi sto solo agitando per niente… dannazione Dean, perché ti agiti tanto, poi? È Castiel, il soldato più tosto che conosci!
Gabriel si trascinò fuori dalla stanza con un’espressione distrutta in viso. Sam trasalì al vederlo così stanco, abbattuto al punto che si trascinava dietro le ali come immensi strascichi dorati che sembravano aver perso ogni lucentezza.
-Come sta?- chiese Sam, balzando in piedi. Gabriel respirò a fondo per calmarsi poi a sorpresa sollevò il viso e sorrise, cancellando ogni traccia di stanchezza dalla sua espressione.
-Sta bene, zuccherino, era solo stanco.- rispose, ma Dean lo afferrò per il bavero della giacca e lo sbatté contro il muro. Avvicinò il suo viso a quello di Gabriel, ringhiando pericolosamente come una bestia.
-Non prendermi per il culo, coglione piumato! Cass non sta bene, quindi ora spiegami perché!- sputò tra i denti, ma l’espressione di Gabriel rimase imperscrutabile.
-Fossi in te non farei tanto casino, dolcezza. Castiel sta dormendo.-
-Gli angeli non dormono!-
-Vuoi controllare?-
Dean lasciò andare bruscamente Gabriel e marciò fino alla stanza di Castiel. Spalancò la porta con furia e allora lo vide, accucciato sul letto con le ali avvolte intorno al corpo come un bozzolo piumato. Aveva gli occhi chiusi e una mano davanti al mento come un bambino o un cucciolo sperduto, ma la sua espressione era pacifica, rilassata e non più corrucciata come era sempre stata. Dell’attacco di debolezza che l’aveva scosso poche ore prima non c’era più traccia.
-Convinto adesso?- disse Gabriel, appoggiandosi allo stipite della porta e incrociando le braccia, ma Dean non lo ascoltò.
Si avvicinò al letto con passo felpato e si inginocchiò davanti a Castiel, all’apparenza così piccolo e indifeso da sembrare fragile come il cristallo. Inconsapevolmente, allungò una mano verso il viso dell’angelo e vi fece scorrere una mano. La reazione fu inaspettata e terrorizzò Dean.
Castiel sbarrò gli occhi e inarcò la schiena, spalancando le ali così all’improvviso che Dean si trovò schiacciato contro il muro da una solida massa di piume. Alcune di esse si conficcarono a fondo nella parete, squarciando l’intonaco e graffiando le braccia del cacciatore. Castiel spalancò la bocca e urlò con la sua vera voce, così forte che Dean gridò a sua volta, squassato da quel suono terribilmente addolorato.
I vetri delle finestre si spaccarono, l’aria intorno a loro vibrò di potere represso e pronto ad esplodere.
Gabriel oltrepassò il muro di piume con un balzo e sbatté le ali per non calpestarlo, sfondando il muro al quale era ancorato Dean. Il ragazzo rotolò nel salotto, seguito da un mare di piume argentate e affilate come rasoi. Sam lo afferrò per le ascelle e lo strattonò via un attimo prima che Castiel sbattesse le ali e conficcasse le piume nel pavimento dove pochi istanti prima c’era Dean.
-CASTIEL!!!- ruggì Gabriel, atterrando a cavalcioni sul bacino del fratello e premendogli una mano sulla fronte. –CHIUDETE GLI OCCHI!!!!- ordinò ai tre umani, e questi gli ubbidirono riparandosi i volti con le braccia.
Gabriel gridò alcune parole nella lingua enochiana e attraverso le palpebre serrate, Sam riuscì a distinguere una luce adamantina inondare la stanza e accarezzargli il corpo in una tiepida carezza. Qualcosa gridò da qualche parte e si udì un’esplosione di vetri e oggetti di diverso tipo che andavano in frantumi. L’aria sembrò riempirsi di elettricità e infine tutto culminò in uno spostamento d’aria che li fece schiantare contro i muri della cucina e poi cadere a terra, storditi.
Infine, la calma.
Sam si rialzò lentamente, stordito. Barcollava e sentiva il corpo tremargli. Perdeva sangue da una ferita alla tempia, probabilmente dovuta a una scheggia di vetro esplosa da chissà dove.
-D…ean… B…Bobby…- mormorò lui col poco fiato che aveva in corpo. Al suo fianco, Dean tossì e si raggomitolò su un fianco, sputando un grumo di sangue. Bobby invece era svenuto.
-Dean, tutto bene?- chiese Sam, aiutandolo a rialzarsi. Dean si limitò a scuotere il capo, il mento sporco di sangue e saliva. Si guardò intorno e la devastazione che vide gli fece balzare il cuore in gola.
La stanza in cui era stato portato Castiel non esisteva più. Di essa restava un mucchio di ceneri annerite e qualche pezzo di muro miracolosamente sopravvissuto, ma per essere diretti, quella parte di casa era stata cancellata dalla faccia della terra.
A peggiorare la situazione però, c’era un’altra cosa: dei due angeli non c’era traccia.
-Cass? Gabriel?- chiamò Dean con voce tremante. Non voleva pensare che in mezzo a quelle ceneri ci fossero anche Castiel e Gabriel. Qualunque cosa fosse successa, non era niente di pacifico e questo Dean lo sapeva. Di conseguenza non poteva escludere la possibilità che i due angeli si fossero ammazzati a vicenda, anche se non ne capiva il motivo.
No…
-No! Gabriel! Castiel!- urlò Sam, cadendo in ginocchio tra le ceneri della stanza e cominciando a scavare. Si graffiò le dita, spezzandosi le unghie nella foga di spostare detriti taglienti o carbonizzati. Era un incubo, un maledetto incubo. Gabriel era lì sotto, e lui lo avrebbe trovato.
-GABRIEL!!!!!!!!!!!!!!!!!- ruggì con quanto fiato aveva in gola, ma non udì risposta. Spostò un ultimo detrito e quello che questi rivelò spezzò in due parti il cuore di Sam. Una piuma dorata lunga quanto il suo braccio, probabilmente una delle penne più piccole di Gabriel, schiacciata dai detriti, annerita e sporca di… sangue.
-No… nonononononononnono…..- cominciò Sam, afferrando la piuma e stringendosela al petto. Chiuse gli occhi in un’espressione addolorata mentre un solo pensiero si imprimeva a fuoco nella sua testa: ti prego, non lui.
-Sammy!- esclamò Dean, ma Sam non alzò gli occhi, troppo impegnato a stringersi la piuma al petto e a trattenere l’urlo frustrato che rischiava di esplodergli dalle labbra.
Si udì un frullio d’ali e qualcosa che atterrava pesantemente a pochi passi dalla casa. Sam alzò gli occhi proprio mentre il primo raggio dell’alba pioveva su di loro. Una miriade di schegge dorate si rifletté sui loro visi, rischiarando il giorno più del dovuto.
Davanti al sole che nasceva, irradiando una criniera dorata sul mondo ancora assopito, Gabriel, attorniato da un alone di Grazia dorata spalancò le ali, stiracchiandole come non aveva mai fatto in vita sua. Erano incredibili, dovevano avere un’apertura di metri e metri, tanto che Gabriel sembrava un moscerino se confrontato a quell’oceano iridescente di piume soffici e luminose quanto il sole stesso. Tra le sue braccia, svenuto e con l’aria esausta, riposava Castiel, con i capelli scompigliati e il capo reclinato all’indietro.
Sam boccheggiò mentre Gabriel piegava un’ala e vi adagiava Castiel, cullandolo come un bambino.
-Scusate, ho dovuto portarlo lontano da qui. Ha rilasciato inconsapevolmente buona parte della sua energia angelica, ma sono riuscito a contenere l’esplosione… in parte almeno.-
 Si inginocchiò davanti al più giovane dei Winchester, sorridendo.
-E questa cos’è?- disse, catturando una lacrima dal viso di Sam con la punta dell’indice. La ammirò alla luce del sole e delle sue stesse ali come se fosse un tesoro prezioso, dopodiché prese dalle mani di Sam la piuma che il ragazzo aveva trovato tra i detriti e la accostò alla lacrima.
Mormorò alcune parole in enochiano e davanti agli occhi stupiti del cacciatore la piuma rimpicciolì e, come animata di vita propria, avvolse la punta intorno al dito di Gabriel in tre perfette spirali. Gabriel la coprì con l’altra mano e quando infine la sollevò, la lacrima di Sam era diventata il più luminoso dei punti luce che si incastonava nella parte centrale della piuma, trasformatasi in una perfetta scultura d’oro contornata da un innaturale alone evanescente.
Gabriel sorrise soddisfatto e raccolse dai detriti sotto di lui quello che doveva essere stato un sottile filo della corrente. L’arcangelo corrucciò le sopracciglia e il filo vibrò di energia mentre il suo involucro diventava argentato, malleabile come una catenina. Gabriel ripiegò la punta della piuma d’oro come se fosse burro e la agganciò al filo, alle cui estremità comparvero dei ganci.
-Ricordi cosa ti dissi tempo fa, dolcezza? Certe lacrime valgono oro se versate per qualcun altro.- disse, accarezzando una guancia del giovane Winchester, i cui occhi erano ancora lucidi di pianto. Gabriel gli sfiorò l’angolo della palpebra e sorrise. –Ma credo che ci sia ancora tempo per piangere, tesoro. Non pensare di diventare ricco piangendo, non tutte le lacrime si trasformano così.-
Gabriel prese la mano di Sam e la chiuse intorno al ciondolo, baciandogli il dorso con la leggerezza di una piuma. Sam arrossì, ma non ritrasse la mano perché quel contatto era… piacevole, bello. Era il bacio di un angelo.
Castiel gemette mentre si svegliava. Rotolò giù dall’ala di Gabriel per atterrare carponi sul terreno accidentato che gli graffiava i palmi. Si sentiva male, aveva quasi ucciso Dean con le sue ali. Non era più degno di proteggerlo, anche perché forse non era più capace di farlo. Ormai le sue appendici piumate erano diventate un peso. Lui era diventato un peso.
-Cass!- esclamò Dean, correndogli incontro.
Castiel incespicò all’indietro, sbattendo le ali preoccupato, ma Dean non si fermò. Si lasciò sfiorare dalle piume che avevano quasi rischiato di ucciderlo e, slanciatosi in avanti, strinse a sé il fragile corpo del suo angelo.
Aveva temuto di perderlo, di vederlo volar via come il falco della sera prima. Aveva rischiato di spezzare quelle ali che lo avevano sempre protetto, ma adesso basta, Dean non l’avrebbe più permesso, né avrebbe atteso che qualcun altro gli facesse del male. Castiel non era un soldato, non più. Castiel era un essere vivente, non un’arma, era ora di farglielo capire.
-Cass, stai bene?- disse, guardandolo negli occhi, quei due pozzi blu marino che in quel momento emanavano un tale spavento che Dean si intenerì. –È finita, Cass. Ricordi cosa ti dissi sul Sinai? Ti dissi che c’ero e che ci sarei stato, e un Winchester mantiene sempre le promesse. Io manterrò la mia perché sei come un fratello per me e fai parte della famiglia quanto Sam.-
Castiel sorrise tristemente, conscio del significato di quelle parole. Fratello. Lui era un fratello per Dean, e doveva farselo bastare. Forse era giusto così, forse era meglio morire in silenzio, accasciato contro un muro o raggomitolato per terra come un cane. Eppure, prima di lasciarsi andare gli restava ancora una cosa da fare. Un ultimo volo, un’unica opportunità per trascinare Raphael con sé. Forse era davvero meglio morire così.
Gabriel si raddrizzò: l’espressione di suo fratello non presagiva nulla di buono.
-Castiel?- chiamò allarmato quando vide Cass voltarsi e sorridergli luminoso, felice… e rassegnato.
-Dean.- disse, tornando a voltarsi verso il cacciatore. –Sappi che se avessi dovuto scegliere un buon modo per morire, avrei scelto questo. Non mi sarebbe piaciuto spegnermi in battaglia come un soldato, ormai non lo sono più. Credo però che morire per amore… sia un buon modo per andarsene.-
-Cass, che cazzo stai…-
Ma Castiel premette due dita sulla fronte di Dean, che si accasciò al suolo.
-Dean!- urlò Sam, ma Gabriel lo fermò, imitando il gesto del fratello. In pochi istanti anche l’altro Winchester crollò a terra, privo di sensi e con un’espressione beata in viso. L’arcangelo gli impedì di sbattere la testa contro il terreno frapponendo una mano tra la guancia del ragazzo e il suolo, poi lo adagiò con cura, non senza avergli accarezzato i capelli.
-Che hai intenzione di fare, fratello?- chiese, senza staccare gli occhi da Sam. Castiel si chinò per sfiorare la guancia di Dean con due dita, sorridendo intenerito quando questi mugolò nel sonno.
-Il mio tempo sta per scadere, Gabriel, e a breve mi spegnerò. Dean non sa che il mio amore per lui mi sta uccidendo e non lo dovrà mai sapere. So che non mi accetterebbe mai, ma va bene così… per lui io non posso amare, glielo leggo negli occhi. Tuttavia… guarderei altre mille e mille volte questo viso, pur sapendo che mi farei soltanto del male. Non avrei mai creduto che il mio mondo potesse racchiudersi in una creatura così piccola, eppure è stato così.-
-Castiel…-
-Mi sembra di aver già affrontato questo argomento con te, fratello. Se potessi scegliere come morire, lo faresti? Sceglieresti il libero arbitrio? Una volta, durante l’Apocalisse e prima che nostro Padre ti riportasse indietro hai detto che non combattevi né dalla parte di Lucifero, né da quella di Michele. Tu eri dalla loro, lottavi per la gente e lo fai ancora. Be’, voglio seguire il tuo esempio. Voglio scegliere anch’io, fratello… scelgo la libertà di amare. Voglio che il mio ultimo atto sia questo, voglio che Dean mi ricordi come una creatura libera e non piegata al volere del Padre. Per questo ti chiedo, se mai Dean domanderà di me, di dirgli che ho scelto.-
Gabriel sospirò, passandosi una mano sul viso. Si sentiva debole, impotente davanti a un fratello pronto a immolarsi per colui che amava. Era qualcosa più grande di lui, un amore impossibile da intralciare anche per un arcangelo delle sue potenzialità, Gabriel lo sapeva e per questo chinava il capo, sconfitto. Castiel sarebbe andato da solo, e da solo sarebbe morto in uno scontro frontale con Raphael.
Gabriel chiuse gli occhi, pregando dopo tanto tempo che suo Padre lo salvasse, che avesse pietà di suo fratello, così piccolo eppure così intrepido. Agli occhi di Gabriel, Castiel era soltanto un cucciolo che non sapeva ancora come girava il mondo, come muoversi tra gli umani. Era giovane, una vita troppo breve per estinguersi così, con quegli occhi blu ricolmi di speranze e un viso inconsapevole che sembrava non conoscere il fato che gli si prospettava.
Alla fine, Gabriel chinò il capo e sospirò stancamente, ma qualcuno lo sostenne, un braccio abbastanza forte avvolto intorno alla sua vita e un petto piccolo ma pulsante di vita. Castiel lo strinse a sé, un gesto che non aveva mai compiuto in vita sua se non quando era appena nato e Gabriel si era preso cura di lui in Paradiso, insegnandogli a volare. Adesso, quegli insegnamenti sarebbero serviti per l’ultima volta per portare Castiel al patibolo. Niente scherzi, niente rinascita.  
Stop.
La storia di Castiel finiva lì e Gabriel non poteva farci niente. Era la sua battaglia, il suo modo per proteggere Dean.
-Puoi piangere, se vuoi.-
-Gli arcangeli sono troppo… troppo fighi per piangere!-
-Per una volta sii un angelo e basta. Conceditelo mentre gli altri non guardano, perché questa è l’ultima volta che potrò consolarti.-
Quelle parole colpirono Gabriel in pieno petto. La realtà di ciò che stava per accadere gli piombò addosso col peso di un macigno, schiacciando lui e le sue ali, quasi ad impedirgli di volare. Non l’avrebbe mai ammesso ma aveva amato Castiel fin dal primo istante, prendendolo sotto la sua ala protettiva e badando a lui da lontano anche durante l’Apocalisse. Era suo fratello, era suo amico.
Adesso però, Castiel stava per sparire.
Fu allora che Gabriel strinse forte gli occhi e, artigliato il vecchio trench dell’altro angelo cominciò a singhiozzare. Non l’aveva mai fatto, non se l’era mai concesso, ma era bello sentire tutte quelle lacrime gravide di un peso esagerato sgorgare via dai suoi occhi e lasciarlo, anche se non per sempre.
Gabriel singhiozzò, affondò il viso nel collo del fratello e si maledì per la debolezza che dimostrava. Lui era il fratello maggiore… doveva essere forte per tutti e due.
-Avevi proprio ragione, Gabriel. Certe lacrime sono veramente preziose.-
Detto ciò, Castiel si allontanò dal fratello e gli asciugò le guance con i pollici prima di baciargli la fronte in una benedizione.
-So che forse sarà inutile o che ormai è troppo tardi ma… ti ringrazio, Gabriel. Grazie per aver protetto Dean e Sam e grazie per quello che fai giorno dopo giorno. Arriveranno momenti in cui dubiterai di te stesso e delle tue azioni come successo in precedenza durante l’Apocalisse, ma ricorda: qualsiasi cosa accada, il vero coraggio non sta nel combattere per se stessi, ma per ciò in cui credi. Sono certo che saprai farlo al momento giusto, fratello mio.-
Gabriel aprì la bocca per replicare ma in quel momento Castiel spalancò le ali con un ultimo sforzo e le sbatté con forza, generando un vento che profumava di vaniglia e fiori selvatici. Spiccò un salto nello stesso istante in cui Gabriel si lasciava cadere in ginocchio, stremato dal pianto che continuava a scorrergli sulle guance.
I suoi occhi guardavano affranti la figura di Castiel che s’innalzava verso il sole, splendente nell’argento sfolgorante delle ali imponenti abbracciato dall’oro del mattino. Era l’ultimo volo, l’ultima meta da raggiungere, eppure suo fratello… sorrideva.
Gabriel chinò il capo, affondando le unghie nel terreno sotto di lui mentre il ricordo del loro discorso svoltosi il giorno prima, durante la convalescenza di Castiel, prendeva possesso della sua mente:
 “Gabriel, se dovessi scegliere come morire… accetteresti di farlo proteggendo Samuel?”
“Perché me lo domandi?”
“Rispondimi… ti prego.”
“…”
“Fratello…”
“Sì. Morirei per lui mille volte e accetterei di cadere all’inferno se servisse a salvarlo. E che nostro Padre mi perdoni, ma sarei felice. Lo sarei perché saprei che Sam vivrebbe ancora e che il mondo potrebbe respirare di nuovo attraverso i suoi occhi. Sarei felice perché avrei donato le mie ali per una vita senza la quale non avrei potuto volare comunque. Sì, fratellino. Lo farei.”
“Grazie.”
“Castiel?”
“Sì?”
“Non fare niente di stupido.”
“Non lo farò, ma per favore… ti prego, non dirgli niente.”
“Di cosa?”
“Non dire a Dean che sto male. Voglio che sia sereno, voglio che non soffra più.”
“Soffrirà quando sparirai.”
“Lo so, ma saprà capire che in fondo, non è poi così solo. Se dovesse… accadermi qualcosa, ti prego… ricordagli che il cielo è sulle teste di tutti noi, e per quanto possa sembrare irrealistico, io… io lo veglierò comunque. Sarò nel vento, nell’acqua e nella luna, ma ci sarò anche se non potrà vedermi.”
“Sai che non sarà così” 
“Voglio illudermi che sia vero.”

http://browse.deviantart.com/?q=destiel#/d3af7bj

Angolo dell’autrice:
Va bene, niente panico, sono certa che possiamo discuterne pacif… Gabriel? Sono io o i Cerberi stanno masticando qualcosa?
Gabriel (fischietta)
GABRIEL!!!!!!!!!
Gabriel: che c’è? Mi stavo esercitando a fischiare, io non addestro cani! Mi fanno schifo e se sono cani da caccia mi scambiano sempre per una poiana!
Non dire caz***e! come fanno a scambiarti per una poiana?!
Gabriel: chiedilo a loro! Mi fanno paura!
E allora chi accidenti ha detto ai Cerberi di… stanno masticando Dean o sbaglio?
(Tutti guardano Sam)
Sam: che c’è? Mi aveva nascosto il pc!
E tu gli hai decapitato l’orsacchiotto!
Dean: PANDA!!!!!!!!!!! E’ UN PANDAAAAAAA
Ma tu non eri morto sbranato?
Dean: io sono qui. O____o
Gabriel: ma allora chi…
Manca all’appello solo Castiel, ma ho paura di controllare… coff, coff, andiamo avanti. Dunque… ah, sì, il capitolo…
Gabriel: Ehi, hai ragione, stanno masticando… IL MIO SAM-PELUCHE!!!!!!!!! MOLLATELO SUBITO O GIURO CHE VI FACCIO SPUNTARE SETTE CODE E LE SOSTITUISCO AI VOSTRI ATTRIBUTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Va bene, calma… mentre qui vicino si svolge un combattimento Gabriel vs Cerberi… Sam, punto un centone sui cani, segnatelo! Vorrei fare alcune precisazioni: sì, Castiel è nella cacca fino al collo e più in là sorgeranno problemi ben più grandi, tra cui l’entrata in scena di un personaggio molto scomodo del passato del nostro angioletto dagli occhi blu. Gabriel ne avrà di gatte da pelare, e penso che gli verranno diversi capelli bianchi, perciò non mancate al prossimo capitolo, anche perché sarà Sam a dover risollevare il morale al nostro arcangelo preferito, e non dico altro! Spazio ai ringraziamenti!
sasosasosaso: tranquilla, andrà meglio, promesso. XD nonostante il capitolo disastroso sarò di parola e avremo una piccola sorpresa in futuro, non dico altro!!! Grazie del commento, a presto!
xena89: se pensavi che Dean fosse una testa di c***o ora è confermato: lo è davvero!!! Tranquilla, a breve ti manderò tutti gli angeli che maltratto ogni giorno, qui ne ho una bella schiera. Lucifero e Michele li vuoi o me li tengo? Ti prego, prenditeli, non fanno che lanciarsi oggetti a vicenda, non li sopporto più! XD dunque, riprendendo il controllo, non posso che ringraziarti come al solito e chiederti cosa ne pensi del capitolo, mio piccolo angioletto recensore! Grazie e a presto!
Blacasi: no, Gabriel è vivo ma ho fatto fuori Castiel XD mani in alto per l’autrice sadica! Yeeeeeeeah!! Cosa ne pensi di questo capitolo invece? Ammetto di aver pianto un po’ alla fine, ma era necessario alla buona riuscita del mio diabolico piano muahahahahahh XD grazie ancora del commento, non fate che incitarmi a continuare e sorrido ogni volta che leggo un vostro commento. Grazie di cuore, davvero. (Si inchina)
Roy4ever: no, non sono una fan dell’angst, ma… ehm… cosa avevi detto riguardo Castiel? (fischietta) tranquilla, ho sempre un asso nella manica per i miei personaggi preferiti ;D grazie del commento, spero di sapere cosa ne pensi di questo capitolo! A presto!
ThanatosTH: un abbraccio fa male se dato con diverse intenzioni dei due partecipanti in questione. Io invece non ti odio e ti amo perché le tue recensioni mi sollevano sempre il cuore di un metro da terra ^^ sì, i nostri angioletti soffriranno ancora parecchio, e non solo loro, ma non ti anticipo niente. Spero di sapere presto cosa ne pensi del capitolo, un bacio e un abbraccio fortissimi con tutto il cuore per tutti i commenti che mi lasci ogni volta… grazie.
 
Sherlocked: se ti ha fatto piangere il capitolo precedente questo… ehm, terra chiama Sherlocked (il cui nome attira già tutta la mia stima), terra chiama Sherlocked, rispondete, passo! Gabrieeeeeel, vai a controllare se ha tentato il suicidio! (Gab: mandaci Castiel! Tomi: non può, è impegnato ad ammazzarsi da solo! Fila!) comunque tranquilla, saprò come risollevarti il morale, promesso! Alleggerirò la storia più in là, ma questo passaggio mi serviva, anche se mi ha fatto male scriverlo. In ogni caso, sfoga pure la tua rabbia su Dean, te lo presto volentieri, basta che me lo restituisci per il continuo della storia, non fa niente se sarà un po’ ammaccato, non se ne accorgerà nessuno (Dean: EHI!!! TI HO SENTITA!). Grazie per il commento angioletto recensore, a presto e spero di leggere di nuovo le tue bellissime recensioni!
Un bacio e un ringraziamento a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti o anche solo tra le seguite, ma un vero e proprio inchino va a chi ha recensito, rendendo possibile il continuo di questa piccola storiella! Grazie!
Tomi Dark Angel
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Regali Di Natale ***


Quando Sam si svegliò aveva un forte mal di testa e si sentiva stordito, come se gli avessero appena rifilato una botta in testa. Scese dal letto, posando a terra i piedi nudi e, come in trance, barcollò fino alla cucina. Una strana sensazione gli suggeriva di recarsi lì perché qualcuno aveva bisogno di lui, aveva bisogno di aiuto. Sì, qualcuno, Sam lo sentiva, stava soffrendo come un cane.
Quando entrò nella stanza, Sam trovò solo un caldo raggio di luce crepuscolare che bagnava le pareti e il silenzio tombale che fungeva da strascico a qualcosa andato terribilmente storto. Sam conosceva bene quel silenzio perché l’aveva ascoltato migliaia di volte, soprattutto quando era morto suo padre o quando avevano perso Helen e Jo. Era un silenzio pesante, che sapeva di morte.
Una folata di vento proveniente dall’esterno gli colpì il viso, portando con sé un profumo di dolci che Sam conosceva bene. In risposta a quell’odore, il suo cervello riavvolse il nastro dei ricordi.
Dean che crollava a terra svenuto.
Castiel che lo guardava con occhi tristi e colmi di una devozione incondizionata.
Gabriel.
Gabriel che gli regalava un ciondolo d’oro, Gabriel che gli baciava il dorso della mano, Gabriel che appariva all’orizzonte, abbracciato dalla luce gloriosamente dorata dell’alba nascente. Il suo Gabriel, il suo angelo.
Sam si sfiorò il petto in una carezza quando sentì il tocco tiepido del metallo sulla clavicola. Infilò una mano sotto la maglietta e ne estrasse un ciondolo brillante, avvolto nell’aureola di un soffuso bagliore. Quello era il regalo di un angelo, una piuma di Gabriel. Sam non poteva credere che quell’oggetto fosse stato affidato a lui, il mezzo demone, l’assassino drogato di sangue infernale.
Un basso mormorio lo distrasse. Sam si avvicinò alla finestra, appiattendosi contro il muro per non farsi vedere e sporse di poco il viso.
Gabriel era in piedi fuori al porticato, le ali abbandonate nel fango e nella terra, le piume arruffate. I capelli scompigliati gli cadevano sul viso e davanti agli occhi, dei quali si intravedeva a stento l’espressione abbattuta di chi ha pianto e si sente svuotato. Sam non l’aveva mai visto così.
-Gabriel?- chiamò, uscendo dalla cucina e infine dalla casa. Gabriel non si voltò.
-Entra in casa, zuccherino. Tra poco si annuvolerà il cielo e verrà a piovere.-
Al contrario, Sam lo affiancò e cercò di guardarlo in faccia, ma lui evitò il suo sguardo. Avrebbe voluto chiedergli di Castiel, ma sentiva che non era la domanda giusta da fare… forse non voleva sapere davvero la risposta.
-Gabriel?-
-Mh?-
-Devo ringraziarti. Dovevo farlo tanto tempo fa e… be’, non l’ho mai fatto.-
Sam abbassò timidamente gli occhi, improvvisamente troppo spaventato per guardare in faccia l’arcangelo. Gli occhi screziati d’oro dell’altro lo mettevano in soggezione, lo innervosivano più del dovuto. Si sentiva spesso schiacciato da quello sguardo giocoso ma sempre intriso di saggezza, di antichità. Gli era difficile dimenticare che prima ancora di essere un trickster particolarmente bastardo, Gabriel era un arcangelo, forse uno dei più potenti.
Sam prese un profondo respiro prima di continuare: -Tu mi hai salvato la vita, ti sei spezzato un’ala e Dio solo sa cos’altro hai fatto per proteggermi. Sei stato un angelo e un amico, ed io… io ti ringrazio per…-
-Niente sentimentalismi, tesoro. Non fanno per me.- lo bloccò bruscamente Gabriel, dandogli le spalle. Sam rabbrividì, sconcertato dall’improvvisa freddezza dell’arcangelo. Non era da Gabriel schivarlo in quel modo, anzi: solitamente faceva di tutto per attirare l’attenzione di Sam e magari un contatto fisico con quest’ultimo.
Gabriel fece per allontanarsi da lui, ma Sam gli strinse un polso con forza, sicuro soltanto di una cosa: non lo avrebbe lasciato andare. Non riusciva a pensare a una vita con quel Gabriel freddo come il ghiaccio, scostante, solitario. Per lui Gabriel era il calore del sole quando si svegliava e la luce dorata sempre pronta a sfiorargli il viso quando ne aveva bisogno. Senza il suo astro, senza la sua luce ad illuminargli la strada… Sam si sentiva perduto.
-Ti prego, non farlo anche tu.-
Gabriel si voltò lentamente, stupito da quelle parole. Guardò Sam, il cui capo chino permetteva ai capelli di ricadergli davanti agli occhi serrati in un’espressione da bambino. La sua stretta tremò intorno al polso dell’arcangelo, ma Sam si premurò di aggiungere anche l’altra mano per trattenere il suo sole.
-Sono andati tutti via. Chi prima, chi dopo, ma l’hanno sempre fatto. Mi erano rimasti soltanto Dean e Bobby, ma hanno dubitato di me anche loro, lo so, lo ricordo, come ricordo i loro sguardi. Li ho visti voltarmi le spalle, andarsene e lasciarmi indietro. Li ho inseguiti… giuro che l’ho fatto, ma non sono mai riuscito a raggiungerli per davvero. A volte mi illudo di avercela fatta, di essere come loro, ma la verità è che non sarà mai così. Perciò ti prego, non voltarmi le spalle anche tu. Io… ti prego, Gabriel.-
Gabriel guardò quel ragazzo grande e grosso, più alto di lui di diversi centimetri e dal fisico molto più massiccio del suo. Nessuno si sarebbe mai immaginato tanta fragilità in quegli occhi di cristallo sempre pronti a sgretolarsi in un mare di lacrime mai versate. Forse Sam non era così diverso dall’arcangelo.
Gabriel sentì il cuore cedergli e l’unica barriera che aveva inalberato per proteggersi dal mondo e da Sam cedette di schianto. Aveva già perso Castiel, e no, non avrebbe lasciato che anche Sam fuggisse. Era il suo ultimo pilastro, la sua ultima ancora di salvezza, e Gabriel l’avrebbe tenuto con sé fino alla fine, a costo di sembrare egoista.
Fu quasi senza accorgersene che l’arcangelo appoggiò le mani sulle guance di Sam per alzargli il viso e guardarlo finalmente in tutta la sua bellissima innocenza alla luce del sole.
I loro occhi si incontrarono in uno spettro di colori ed emozioni indescrivibili, ma alla fine fu Gabriel ad alzarsi in punta di piedi per appoggiare le labbra sulle sue in un bacio soffice, dolce come i lecca lecca che l’arcangelo gustava di continuo. Si trattava di un semplice sfiorarsi di labbra, la promessa di restargli vicino fino alla fine, e allora Sam seppe che Gabriel sarebbe stato di parola. Forse fu per questo che approfondì il bacio, o forse rispose semplicemente ad un puro istinto primordiale, ma il giovane Winchester sentiva di aver aspettato quel momento per troppo tempo.
Finalmente, almeno per quei pochi, brevi istanti, Gabriel poteva essere suo.
Quel pensiero bastò a scollegargli il cervello. Gli cinse i fianchi con un braccio, stringendoselo a sé e gli bloccò la nuca con la mano libera, sfregando il bacino contro quello dell’arcangelo, che rispose con un mugolio sorpreso, subito soffocato dalla lingua di Sam che non lasciò spazio ad altre proteste.
Gabriel gli abbracciò il torace, premendosi contro di lui, l’ansito appena accennato che scorreva dalla sua bocca a quella del ragazzo. Dio, se Sam sapeva baciare.
Si udì un fruscio, poi una potente raffica di vento, ma Sam non aprì gli occhi. Intrecciò le gambe a quelle di Gabriel mentre rincorreva la sua lingua e spostava la mano che fino a quel momento aveva occupato un posto dietro la nuca dell’arcangelo sul suo petto. Lo accarezzò, risvegliando la pelle calda di Gabriel, richiamandola a una rinascita che non si fece attendere.
Gabriel allontanò delicatamente il viso di Sam dal suo, incatenando nuovamente i loro occhi. Quelli del ragazzo erano liquidi, scuri di passione repressa, ma a Gabriel venne da sorridere quando pensò che quelle stesse sensazioni lo avevano reso insensibile a qualcos’altro.
-Sai, pensavo che l’avresti presa peggio.- sghignazzò, i capelli scompigliati dal vento.
Sam sbatté le palpebre, ancora stordito. -Eh?-  
-Ti consiglio di guardare giù.-
Sam ubbidì e per poco non svenne. Si trovavano… be’, in cima al mondo. O almeno, questo fu ciò che pensò Samuel Winchester una volta posati gli occhi sul pezzo di mondo che si srotolava intorno a loro. Da quell’altezza si poteva vedere l’autostrada che snodava i suoi bracci grigiastri d’asfalto come una serpe spesso attorniata dal verde degli alberi, che in alcuni casi si raggrumavano in piccole foreste. Più in là era ben visibile il cimitero dove era sepolta la moglie di Bobby, e poco più vicino la cittadina che aveva visto sbocciare il loro amore, anche se forse non lo aveva guardato svilupparsi.
Il vento accarezzava i corpi di Sam e Gabriel in una morbida carezza, scompigliando loro i capelli, i vestiti e i pensieri, ma non era spiacevole. Se Sam non fosse stato troppo spaventato per sciogliersi davanti a quella vista, probabilmente l’avrebbe fatto. Erano i padroni del mondo, i figli del vento, e quella sensazione di leggerezza che il ragazzo avvertiva alla bocca dello stomaco era ineguagliabile… significava libertà.
Sam si aggrappò al collo di Gabriel con un sussulto, troppo terrorizzato per gridare. Gli mancava il fiato.
-Fammi scendere subito!- strillò all’improvviso, ritrovando la voce. Gabriel gli accarezzò la schiena.
-Rilassati, mia dolce panna montata. Ti tengo, non cadrai.-
-Non mi interessa! Fammi scendere!-
-No.-
-Dio, quanto avrei voglia di…-
-Sposarmi? Hai ragione, anche io mi sposerei!-
-Ma anche no! Stavo per dire “picchiarti”.-
-Si dice così adesso?-
-Vaffanculo, Gabriel!!! E fammi scendere!-
-Oh, suvvia, io…-
Ma Gabriel non completò mai la frase. Il suo corpo ebbe un sussulto e le ali furono percorse da uno spasmo involontario che per un attimo li sbilanciò.
-Gabriel!- chiamò Sam, mentre l’arcangelo sbarrava gli occhi, lo sguardo perso chissà dove. All’improvviso strizzò gli occhi e contrasse i muscoli, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. Scosse il capo, come a voler riprendere contatto con la realtà e, una volta premuto il viso di Sam contro il collo piegò un’ala per virare in una picchiata vertiginosa.
Piombarono nel cortile di casa Singer e Gabriel spalancò le ali un attimo prima che si schiantassero, sbattendole energicamente per contrapporsi alla forza di gravità. Sam non gridò, non obbiettò, ma anzi, sembrò capire che qualcosa non andava. In quel momento, Bobby uscì dalla casa, il viso stravolto.
-Ragazzo, che diamine sta succedendo?! Tuo fratello ha urlato fino a farsi scoppiare i capillari! Non riesco a svegliarlo!-
Sam sbarrò gli occhi, spaventato. –Dean…- mormorò, cercando di raggiungere la porta, ma in quel momento Gabriel emise un gemito e si afflosciò, stringendosi il collo con entrambe le mani. Sam urlò il suo nome più e più volte, ma non ci fu verso di smuoverlo da quella posizione tremante per diversi minuti. Quando infine l’arcangelo sembrò riprendersi, lo fece solo per sollevare gli occhi su Sam in uno sguardo distrutto che mandò in pezzi il cuore del ragazzo.
-Vai… da Dean.-
-Gabriel, non…-
-VAI!!!-
Sam indietreggiò, sconfitto. Allontanarsi da Gabriel e lasciarlo in quello stato gli stava strappando un pezzo d’anima. Sam non sapeva cosa non avrebbe dato pur di tornare nel cielo, dove la sua unica preoccupazione era la paura di cadere, subito smorzata dalla stretta rassicurante e dal dolce profumo di Gabriel. Avrebbe voluto baciarlo di nuovo, accarezzarlo e sapere che andava tutto bene, ma non c’era tempo. Doveva fidarsi del suo arcangelo e andare da Dean, anche se questo significava lasciarlo lì con Bobby.
Sam corse in casa, attraversò il salone e le stanze che lo separavano da Dean e quando spalancò la porta lo vide accasciato sulla moquette, probabilmente caduto di schianto dal letto. Stringeva convulsamente le lenzuola tra i pugni serrati, il volto affondato in quelle stesse coltri e il corpo scosso dai tremiti.
-Dean!- urlò Sam, correndo al suo fianco per aiutarlo a rialzarsi. Lo afferrò per la vita, aiutandolo a voltarsi, ma quando ci riuscì vide con orrore che l’espressione di Dean era terribilmente simile a quella di Gabriel: stesso colorito esangue, stessi occhi sbarrati e persi nel vuoto. Guardando meglio, Sam realizzò con orrore che le guance di Dean erano bagnate, e non di sudore.
Suo fratello Dean, il forte, sarcastico Dean… piangeva.
-Dean, sono io! DEAN!!!- gridò Sam, scuotendo suo fratello, il quale alzò su di lui un paio di occhi spenti, privi di luce prima di tornare a chinare il capo, chiudendo gli occhi in un’espressione esausta.
Tutto ciò che disse prima di svenire fu un semplice e coinciso: -Non c’è più.-
§§§§
Dean Winchester fu preda della febbre per un’intera settimana, durante la quale il ragazzo dormiva sogni popolati di incubi e si svegliava solo per vomitare i pochi succhi gastrici che aveva in corpo. Giorno dopo giorno il suo corpo deperiva, consumandosi, scavandosi, e per quanto Sam si impegnasse per aiutarlo, non ci fu verso. L’unica cosa che riuscì a cavare dalla bocca di Dean durante i suoi brevi momenti di lucidità fu un nome: Castiel.
Sam capì che il pessimo stato in cui verteva suo fratello era dovuto all’angelo, ma quest’ultimo non rispondeva mai alle sue chiamate, nonostante Sam si sgolasse per ore chiamandolo ogni giorno. Niente. Nessuna risposta, nessun segno che l’angelo stesse bene o che fosse vivo. Per questo un pensiero cominciò a farsi spazio nella mente di Sam, ricollegando gli avvenimenti: il dolore di Gabriel, il quale dopo quel giorno sembrava essere scomparso dalla circolazione, il malessere di Dean e le sue lacrime.
In tutto quel casino, la testa di Sam sembrava perennemente occupata dal pensiero dell’arcangelo. Dov’era? Stava bene? Perché non si faceva vedere?
Sam se lo immaginava seduto in qualche luogo sperduto, magari sul picco di qualche montagna, con le ali abbandonate in un ampio cerchio dorato intorno al corpo e il capo reclinato all’indietro per catturare la luce del sole. Lo vedeva piangere nei suoi sogni e per quanto lo chiamasse o cercasse di raggiungerlo, sembrava tutto inutile. Gabriel era lontano da lui, e forse l’aveva dimenticato. Quel pensiero gli spaccava il cuore ogni giorno di più e in più parti.
-Ragazzo…- chiamò Bobby un giorno, mentre Sam, seduto su una sedia accanto al letto di Dean osservava con occhi stanchi le agonie del fratello.
-Dimmi, Bobby…-
-Credi che Castiel sia morto?-
Sam si passò una mano sul viso, strofinandosi gli occhi. Non ebbe la forza né il coraggio di dire a voce alta che sì, molto probabilmente Castiel non c’era più, perciò si limitò ad annuire lievemente. Bobby si sedette sul bordo del letto di Dean, guardando il viso scavato del più grande dei Winchester.
-Sai, quando morì mia moglie… io avevo la stessa faccia di Dean. Non riuscivo più a guardarmi allo specchio, perciò coprii o ruppi tutte le superfici riflettenti della casa. Mangiavo utilizzando cucchiai di legno e non uscivo di casa. Diventai schiavo dei miei pensieri che proiettavano la sua immagine dappertutto, ovunque mi girassi. Ero in gabbia, e quella gabbia me l’ero costruita io. Fu vostro padre a tirarmi fuori.-
Sam si voltò verso Bobby così bruscamente che gli fece male il collo. L’anziano cacciatore sorrise tristemente.
-Sì, fu tutta colpa di quel mentecatto di John. Un giorno piombò qui e scoprì tutti gli specchi. Mi trascinò davanti a uno di essi e mi costrinse a guardarmi. Dio, avevo un aspetto orribile… sembravo uno dei tanti fantasmi a cui avevo dato la caccia. Ricordo che fui costretto a coprirmi il viso per non dover più guardare, ma provai ribrezzo anche verso le stesse mani scarne che mi toccavano. Mi accorsi all’improvviso che ero scheletrico, deperito, e non ci avevo mai fatto caso prima di allora. John mi sbatté in faccia la verità e disse che mi stavo soltanto lasciando morire come un povero idiota, uno dei tanti che avevo preso a calci in culo per farli rinsavire… forse fu questo a svegliarmi del tutto. Volevo essere vivo per me e per mia moglie, volevo sperare ancora in qualcosa che non fosse una morte veloce e indolore.-
Sam guardò il volto anziano del cacciatore, pensando a quanto avesse sofferto durante la sua vita. Sì, aveva avuto momenti difficili, ma si era sempre rialzato, e lui, Sam, avrebbe costretto Dean a fare lo stesso.
Si alzò in piedi.
-Lo riporterò indietro, Bobby, fosse l’ultima cosa che faccio. Dean mi ha aiutato tante volte, e anche se mi toccherà ricoprire il ruolo che papà ha avuto con te, non lo lascerò andare.-
-Lo so.-
Quella notte Sam dormì poco e male. Rimase accanto a suo fratello, accoccolato sulla sedia, e talvolta poggiava la guancia sullo schienale per cercare una posizione comoda per riposare. Aveva sonno, era esausto da una settimana di stress e preoccupazioni, ma il suo cervello non voleva saperne di spegnersi.
-Gabriel…- mormorò, mentre una lacrima scivolava sulla sua guancia, cadendo quasi di proposito sul ciondolo posato sul suo petto. Come richiamato all’ordine, finalmente la mente di Sam sembrò acquietarsi. Ogni pensiero fu spazzato via, sostituito da una calma placida.
Senza accorgersene, Sam chiuse gli occhi e si addormentò.
 
Silenzio. Da qualche parte un orologio a pendolo batté i rintocchi della mezzanotte e un gelo indescrivibile abbracciò casa Singer. Qualcosa di bianco oscillò al vento e si posò sul davanzale mentre una potente folata sbarrava le finestre, senza però svegliare i tre cacciatori. Il fiocco di neve attraversò la stanza, sfiorò il viso di Dean Winchester e si posò infine sul dorso della mano di Sam.
Il ragazzo sussultò appena e socchiuse gli occhi, ancora insonnolito e stordito dall’ora tarda. Solamente i raggi di luna filtravano dalla finestra, illuminando una parte del letto di Dean. Per un attimo Sam si illuse che quel bagliore appartenesse alle ali di Castiel, ma subito il ragazzo sospirò, ricordando a se stesso che Castiel non c’era più, che probabilmente era morto.
La porta si socchiuse con delicatezza, lasciando entrare quello che sembrava un flebile fascio di luce dorata. Sam conosceva quella luminosità, l’aveva guardata tante volte con l’ammirazione di un uomo che fissa un angelo.
Dei passi felpati alle sue spalle, il fruscio di qualcosa che striscia sul terreno. Sam finse di dormire, ma non mancò di tenere gli occhi socchiusi per vedere, per poter finalmente scorgere di nuovo quel viso.
Si sarebbe aspettato di trovare un Gabriel con i suoi soliti jeans e la giacca sgualcita, ma ciò che vide Sam sembrava più che altro il più bello dei sogni.
Gabriel apparve nel suo campo visivo mentre camminava quasi lievitando sui piedi nudi, privi dei soliti scarponcini. Non indossava affatto gli abiti ordinari ma anzi, il suo petto scolpito, ampio, era scoperto e soltanto le gambe erano fasciate da dei larghi pantaloni di seta candida come la neve più pura. In vita Gabriel aveva legata una fascia dorata che ricadeva in avanti, giù dal nodo situato appena sopra l’inguine in ampi drappeggi. Le ali che sbocciavano dalle scapole e gli squarciavano la schiena fin quasi al fondoschiena erano ripiegate, ma generavano un alone di piume luminose che incorniciava il corpo perfetto dell’angelo biondo, i cui occhi anziani, caritatevoli, si posarono su Dean.
Allungò una mano, posandola sulla fronte del ragazzo, che sussultò.
-Talitha kum. Talitha.*-mormorò, socchiudendo gli occhi. Sam vide una flebile luce sprigionarsi dal palmo di Gabriel e accarezzare Dean con delicatezza prima di allungarsi in filamenti dorati che avvolsero le braccia di Gabriel e piovvero verso il pavimento come tante piccole cascate, scivolando sul cuscino di Dean, sulle lenzuola, sulla pelle dell’angelo. Per un attimo Sam fu invidioso, tentato di afferrare il polso di Gabriel per spostare la sua attenzione su di lui anziché sul fratello, ma sapeva che sarebbe stato stupido intervenire: qualunque cosa stesse facendo Gabriel, stava restituendo alla pelle di Dean colorito e spessore, riportando il suo proprietario all’antica bellezza.
-Buon compleanno, moccioso.- mormorò Gabriel prima di raddrizzarsi. Solo allora Sam notò che la sua pelle emanava un fioco bagliore, come se questa fosse fatta di madreperla. Era bellissimo.
Gabriel si voltò verso di lui. Sam serrò gli occhi, fingendo di dormire. Si sentì sfiorare la fronte dalle dita dell’arcangelo in una carezza che non aveva niente a che fare con il freddo tocco di quando cercava di addormentarlo.
-Mi dispiace, dolcezza. So di essere sparito e so di non essere stato corretto nei tuoi confronti. Capirò se sei arrabbiato con me, ma volevo augurarti lo stesso buon Natale… fosse anche nei tuoi sogni.-
Sam rabbrividì quando avvertì il calore delle labbra di Gabriel sulle proprie. Fu un semplice sfiorarsi, come quello dell’ultima volta che si erano visti e di nuovo Sam fu sorpreso dalla delicatezza dell’arcangelo. Si era sempre immaginato Gabriel come un tipo aggressivo, il classico uomo che ti strappa i vestiti di dosso senza neanche chiedere, ma per ben due volte si era rivelato esattamente l’opposto, e questo lo rendeva praticamente perfetto agli occhi di Sam.
-Buon Natale, zuccherino.- soffiò prima di allontanarsi. Sam avvertì il gelo della sua mancanza e quasi senza accorgersene aprì gli occhi giusto in tempo per vedere le ultime piume dorate sparire dalla finestra.
-Gabriel!- sibilò a bassa voce per non svegliare Dean e Bobby. Si sporse dal davanzale, occhieggiando l’oscurità della notte quando un piccolo fiocco di neve gli cadde sulla punta del naso.
Stupito, Sam alzò gli occhi al cielo. Stava nevicando!
-Ma che…-
-Non dirmi che eri sveglio!-
Sam abbassò gli occhi, trovandosi il viso di Gabriel a due centimetri dal suo. Si ritrasse per lo spavento, ma non poté fare a meno di lanciare uno sguardo ammirato alle ali dell’arcangelo che sbattevano lievemente per tenerlo in volo. Spalancate, coprivano in lunghezza l’intera fiancata della casa.
-Cattivo che non sei altro, io ti vengo a trovare e tu fingi di dormire!- esclamò Gabriel, fingendosi offeso. Sam incrociò le braccia al petto.
-Prima scompari e poi riappari per farmi la predica?-
Gabriel sorrise, posandogli l’indice e il medio sotto il mento per alzargli il viso. Appoggiò l’altra mano sul davanzale, le gambe piegate e le ali che sfioravano il viso di Sam ad ogni battito.
-No, cherì.- disse Gabriel. –Riappaio per darti gli auguri di Natale.-
Allora Gabriel inclinò il viso in un nuovo bacio, stavolta più intraprendente, anche se dolce come i precedenti. La sua lingua si intrufolò gentilmente nella bocca di Sam, il quale gemette soddisfatto appena fu invaso dal dolce sapore di lecca lecca che aveva imparato a conoscere. Gabriel allontanò la mano dal suo mento per posarla sul suo fianco, il pollice che accarezzava l’inguine scorrendo su e giù. Sam si sentì a un passo dalla pazzia.
-Gabriel…-
Cosa? Cosa voleva? Voleva sentirlo, voleva accarezzare quel petto nudo, liscio e tonico, voleva sentirsi chiamare da quella voce che tante volte l’aveva schernito. Voleva questo.
Gabriel interruppe la battaglia ormonale di Sam allontanandosi da lui con dolcezza. Guardandolo con i capelli scompigliati che gli cadevano ai lati del viso e sulla fronte, Sam pensò che fosse bellissimo.
-Devo andare.- soffiò l’arcangelo, gettando su Sam una secchiata d’acqua gelata.
-Cosa? Sei già stato richiamato in paradiso?-
-Sì.-
-Non andare.-
Gabriel sorrise e appoggiò le punte dei piedi sul bordo del davanzale, accucciandosi e ripiegando le ali sulle spalle come un mantello soffice che cadeva in drappeggi piumati sotto di lui. Mantenne leggermente spiegata solo l’ultima fila di ali, la più piccola, per mantenere l’equilibrio.
-Woah, attento che potrei cominciare a pensare che ti interessi davvero qualcosa di me.-
-Non dire stronzate e riporta il tuo culo piumato qui appena puoi.-
-Sembri tuo fratello quando parli così.-
Sam si guardò alle spalle dove Dean riposava con un’espressione beata e un leggero sorriso sulle labbra. Non lo vedeva con quell’espressione da più di una settimana.
-Non mi ero accorto che fosse Natale.- mormorò.
-È la vigilia, tesoro. Anche se non è esatto festeggiare la nascita di Cristo in questa data, so che per voi umani è comunque una data importante.- rispose Gabriel, appoggiando i gomiti sulle ginocchia piegate.
-Non mi ero neanche accorto che fosse la vigilia… ho avuto troppi pensieri per la testa ultimamente.-
Gabriel picchiettò un indice sulla fronte di Sam, sorridendo giocoso e inclinando la testa in una posa che gli ricordò Castiel.
-Gabriel?-
-Mh?-
-Dimmi una cosa: Castiel… è morto?-
Gabriel sussultò e le sue ali sembrarono improvvisamente afflosciarsi. Le spalle si ingobbirono e gli occhi persero lucentezza. Sam intuì la risposta e si maledisse per aver fatto una domanda così inopportuna.
-Raphael?-
Gabriel abbassò gli occhi e li chiuse. –Castiel… lui stava già morendo quando è andato incontro alla morte. Sai che un angelo profondamente innamorato di un essere umano, se non corrisposto potrebbe lasciarsi morire?-
Sam sussultò. –Non lo sapevo…- ammise, colpito. Si sorprese a chiedersi cosa avrebbe fatto Gabriel se lui l’avesse rifiutato, se si fosse lasciato morire davvero.
Idiota, Gabriel non è innamorato di te!
-Ora lo sai. Castiel… lui stava morendo per questo.-
-Oh, no…-
-Oh, sì. È semplicemente andato incontro alla morte. Il suo ultimo atto è stato proteggere il suo umano, la creatura a lui più cara.-
-Dean…-
-Sì, è stato Dean a uccidere mio fratello, ma lui non dovrà mai saperlo.- Gabriel guardò Dean alle spalle di Sam con una punta di amarezza. –Eppure è stupido. Anche se non l’ha capito prima, lui ha sempre amato Castiel, e adesso sta facendo i conti con questi sentimenti. Quell’impronta, quella che ha sul braccio, ha creato un collegamento tra Dean e mio fratello, perciò non c’è da stupirsi se la scimmia abbia vissuto almeno in parte gli ultimi momenti di Castiel.-
-Quindi è per questo che sta così male?-
-Sì, ma si riprenderà presto. Ha solo bisogno di tranquillità, ma se posso consigliartelo, evita di nominare Castiel. Non gli farebbe bene sentirne parlare.-
Sam annuì, affranto. Pensare a Castiel faceva male anche a lui. Non poteva credere che il soldato che aveva sempre lottato al loro fianco, colui che era sopravvissuto all’apocalisse e che era resuscitato per ben due volte… fosse morto. Castiel… il loro angelo…
Come intuendo i suoi pensieri, Gabriel gli posò una mano sulla nuca per costringerlo ad avvicinarsi e far collimare le loro fronti. Sam si sentì sfiorare dal leggero bagliore emanato dalla pelle di Gabriel e sospirò al suo profumo dolce eppure mascolino.
-Andrà tutto bene, dolcezza. Resta vicino a tuo fratello e non abbandonarlo. Non seguire il mio esempio, so che puoi farcela. Quando avrai bisogno di me, cercami lì dentro.- disse, indicando il ciondolo che penzolava dal collo di Sam. Il giovane Winchester cercò di parlare, ma Gabriel lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra. –Devo andare, o una volta arrivato in paradiso mi cucineranno allo spiedo. Stammi bene, cherì.-
Allora Gabriel si diede una spinta all’indietro e piombò nel vuoto, sbatté le ali una volta e sparì alla vista. Sam rimase tutta la notte a guardare il cielo, chiedendosi se la caduta della neve non fosse in realtà il gelido pianto di un cielo invernale il quale soffriva la perdita di un bellissimo angelo dalle ali argentate e il dolore del suo più caro fratello.

Spazio dell’autrice:
*Talitha kum: queste parole furono utilizzate da Gesù per resuscitare una ragazzina dal suo letto di morte. In ebraico antico, “talitha kum” vuol dire “alzati, fanciullo/a”.
Dunque, ammetto che forse la storia sta diventando un po’ pesante, ma dovevo scrivere un capitolo natalizio e l’ho fatto XD forse dovrei aumentare il raiting, lo ammetto! Dunque, dopo questa… schifezza, potrei finalmente decidermi a rinchiudermi in un bunker e a non farmi più vedere, deciderò poi se sarà necessario XD spazio ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli!

Blacasi: io non sono insensibile, sono semplicemente sadica, il che è peggio XD e se vuoi pestare Dean, te lo presto volentieri, l’ho già dato in precedenza a un altro recensore e me l’ha riportato un po’ a pezzi… ok, se trovo una controfigura hai il diritto di ammazzarlo del tutto, ma per ora ti prego non massacrargli almeno il viso XD quello mi serve per ora! Ahahahaha, be’, ora ti lascio e come sempre non posso che ringraziarti per il commento e inchinarmi alla pazienza che ostenti leggendo i miei casini mentali su questo sito! Grazie ancora, e a presto!
xena89: Gabriel, qui c’è una giovane fanciulla che piange per colpa tua. Fila a consolarla e a pagarla perché piange! (Gabriel: mi hai preso per la fatina delle lacrime? Ma non credevate a quella dei dentini? Io: sei stato tu a convincere la gente che piangendo si diventa milionari, perciò MUOVITI!!! Poiana che non sei altro!) eheh, Dean per ora è nelle mie mani vendicative, e sono certa che si stia pentendo amaramente di aver fatto soffrire Castiel, credo che dopo questo capitolo darà le dimissioni… be’, che dire? I tuoi commenti sono sempre stupendi e mi lasciano sempre col sorriso sulle labbra e una gran voglia di scrivere un nuovo capitolo, perciò a costo di sembrare monotona mi trovo a ringraziarti per la millesima volta e a inchinarmi al tuo cospetto, mio angioletto recensore. Grazie e a presto!
ThanatosTH: dai, farò il possibile per restituirti tutte le emozioni e i pezzettini di cuore che ti ho fatto perdere per strada. Deeeeean, prendi un po’ di scotch, abbiamo un cuore da riassemblare! (Dean: e secondo te si aggiusta con lo scotch? Io: no, tu vai lì vestito da infermiere sexy portando in braccio un Cass malato con il nasino tutto arrossato e vediamo se funziona… nel caso lo scotch sarà il piano B) Pensa che quando leggo i tuoi commenti per poco non piango io. Non pensavo che i miei scritti potessero davvero piacere a qualcuno e questo mi rende… be’, felice. Mi fa sentire bene e forse un pochino in grado di trasmettere agli altri ciò che provo. Tranquilla, forse il nostro Cass avrà il suo happy ending, anche se non ti anticipo in che modo potrebbe accadere, perché ciò che posterò in seguito sarà un capitolo alquanto bizzarro, ma non ti anticipo altro. Grazie, angioletto recensore, grazie per i tuoi commenti e per avermi spinta a continuare questa storia. Ti dedico questo capitolo, per quanto poco possa essere. A presto e grazie ancora!
 

 
 
 

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Capitolo 8
*** La Gabbia Dei Ricordi ***


Quando Castiel raggiunge Raphael è ormai sera e l’angelo si libra nel cielo avvolto da un mare di piume azzurrine che sbattono lentamente e con pazienza per trattenere l’angelo nell’abbraccio del vento. Gli da le spalle, ma Castiel sa che Raphael si è accorto del suo arrivo, perciò non si sforza di nascondersi o di attaccarlo all’improvviso.
-Ti aspetto da un pezzo, Castiel.-
-Mi dispiace. Credevo che fossi molto attaccato alla vita, ma a quanto pare sei ansioso di trapassare.-
Raphael ride, si volta e lo trapassa con uno sguardo di ghiaccio, le labbra contratte in un ghigno crudele. Castiel lo osserva, ma non ha paura. Non ne ha motivo.
Il suo unico pensiero è Dean. Il suo umano, colui per il quale sta per sacrificare anche l’ultimo pezzo di se stesso. È un ottimo modo per andarsene, per questo non ha motivo di pentirsi della scelta che ha fatto. Il suo unico rimpianto appartiene alle diverse occasioni in cui avrebbe potuto e voluto stringerlo a sé, baciarlo e poi fuggire con ancora il suo sapore sulle labbra.
Inutile, piccolo angelo. Lui, così insignificante rispetto alla magnificenza di un arcangelo le cui sei ali sbattono pericolose, tagliando il vento in miliardi di pezzi. Castiel è ferito, indifeso, e non ha intenzione di combattere. Non ne ha la forza.
-Mi prendi in giro, traditore? Pensi che con questo tuo gesto eroico salverai il biondino dalla forca?-
-Penso che così salverò molte più persone.-
-E dimmi, cosa ti porta ad illuderti tanto?-
Allora Castiel incrocia fieramente lo sguardo di Raphael e sorride con dolcezza, senza aggressività o cattiveria. È un sorriso puro, sincero, che richiama alle migliaia di volte in cui si è sentito felice. Incredibile a dirsi, ma tutti coloro che hanno scatenato in lui questa emozione se li è lasciati alle spalle. L’ha fatto perché loro meritano la vita, perché è giusto che Dean viva una vita serena senza angeli e demoni. Per questo lui deve sparire.
-La consapevolezza che, al contrario di te, io non ho niente da perdere.-
Raphael digrigna i denti e in pochi istanti le sue ali sbattono con rabbia e l’arcangelo estrae la spada angelica. Si slancia in avanti mentre Castiel inclina il capo con espressione pacifica e spalanca le braccia.
Il colpo è preciso, diretto, e va a segno senza sforzo.
Castiel sbarra gli occhi per la sorpresa, le labbra schiuse in un muto lamento. Il suo sguardo si fa spaventato per qualche istante prima di essere invaso da un’ondata di gelida decisione. Afferra entrambe le mani di Raphael, stringendogli le dita contro l’elsa gelida della spada e affonda ancora di più il colpo per essere sicuro che l’arma non venga estratta dal suo corpo.
-Che diavolo stai facendo?!- ruggisce Raphael, sbattendo le ali preoccupato, ma Castiel non risponde. Si posa due dita sulle labbra schiuse e le ritrae sporche di sangue e Grazia che sgorga come un sottile rivolo luminoso insieme al liquido rosso scuro.
-No, fermo!!!- grida allora Raphael, lottando per liberarsi dalla presa ferrea di Castiel, che sbatte le ali con forza e le piume ora affilate incidono le ali più piccole dell’arcangelo, facendolo gemere. La mano dell’angelo dagli occhi blu corre fulminea alla fronte di Raphael e vi disegna un simbolo complesso, che tuttavia Castiel conosce così bene da riuscire a tracciare le linee in una manciata di secondi.
Raphael rovescia gli occhi e la testa all’indietro e scatena nell’aria un grido straziato. Dei potenti raggi di luce sgorgano come fiotti di vita dagli occhi e dalla bocca, riversandosi nel corpo di Castiel, avvolgendolo in un abbraccio lucente che quasi soffoca il suo tramite. Per un istante il sole si oscura, coperto dalla luminosità dell’arcangelo morente e il cielo si annuvola, preavvisando la catastrofe che sta per avvenire.
Castiel sente l’anima di Raphael schiacciare la sua, lottare per uscire dal corpo che egli stesso ha trafitto a morte, ma Castiel lo afferra con le sue ultime forze e ordina alla mano di Jimmy Novak di ruotare il polso, costringendo la lama a incidere in un’ultima, definitiva stoccata.
Il dolore esplode, Castiel e Raphael urlano straziati, spandendo nell’aria la gravità delle loro vere voci. Infine, il corpo di Jimmy e quello del tramite di Raphael crollano verso il suolo come gocce di pioggia. Le ali scompaiono, disintegrandosi in uno schiocco di ossa spezzate e le poche piume che si staccano da esse si sbriciolano ancor prima di toccare il suolo. Quando la luce fuoriesce dagli occhi e dalla bocca del tramite di Castiel, l’angelo non ha più la forza di urlare.
Dean.
Il suo ultimo pensiero corre agli occhi di giada del cacciatore, alle sue incomprensibili battute sarcastiche e alla pelle morbida che Castiel si è concesso di sfiorare un’ultima volta prima di lasciarlo per sempre. Vorrebbe chiedergli perdono per essergli stato di peso più volte, vorrebbe ringraziarlo per averlo salvato. Sì, perché in realtà Castiel sente di non aver mai tratto in salvo Dean, semplicemente perché, facendosi tirare fuori dall’inferno, è stato il cacciatore a salvare l’angelo da una vita senza emozioni e senza amore.
Castiel chiude gli occhi e la sua anima va in frantumi, sbriciolandosi con gli ultimi pezzi di luminosità rimasti. Non avvertirà mai il dolore dell’impatto con il terreno, semplicemente perché quando il corpo di Jimmy Novak cadrà di schianto al suolo, il suo angelo sarà già morto.
Poco lontano dalla scena, un giovane uomo cade in ginocchio, coprendosi gli occhi con le mani trasparenti di fantasma. In sogno come nella realtà, Dean Winchester grida la sua perdita al cielo e al mondo intero.
 
La prima cosa che Dean vide appena schiuse lentamente le palpebre fu il leggero fascio di luce dorata che cadeva a bagnare il piccolo muro bianco inalberatosi sul davanzale della finestra spalancata. Faceva freddo, ma l’aria era frizzante, pulita.
Dean si alzò a sedere, debole ma in salute. Gli sembrava di essere appena uscito dal coma. Ricordava di essere svenuto, ricordava le dita di Castiel sulla fronte e poi il buio, subito sostituito dalla terribile visione di… lui… che moriva.
Dean si prese la testa tra le mani, incapace di chiudere gli occhi per paura che le visioni tornassero. Voleva chiamare Castiel solo per sentirsi dire che aveva fatto solo un brutto sogno, che era tutto a posto e che l’angelo era vivo. Dean pregò che quegli occhi blu mare lo guardassero ancora, che quella voce baritonale parlasse per lui, anche solo per pronunciare il suo nome.
Inutile. Tutto inutile.
Dean sapeva e aveva capito. Si guardò l’impronta impressa a fuoco sul braccio e sbarrò gli occhi quando notò che questa si vedeva appena: il marchio di Castiel stava sparendo.
-Dean?-
Sam entrò nella stanza, guardandolo come se non credesse ai suoi occhi. Dean lo fissò smarrito, gli occhi colmi della domanda che suo fratello temeva. Sam tremò, incapace di parlare, di dirgli che Castiel non c’era più. Avrebbe mai avuto il coraggio di spezzargli il cuore due volte, menzionando a voce alta colui che Dean avrebbe cercato in eterno come un pezzo d’anima perduto?
Ci pensò il maggiore dei Winchester a sollevare Sam dal dubbio amletico che lo affannava. Si costrinse a sorridere lievemente, stringendo i pugni in grembo al punto di conficcarsi le unghie nella carne.
-Va tutto bene, Sammy. Ho capito.- disse con voce stanca, distogliendo lo sguardo dall’espressione distrutta di suo fratello.
-Dean, io…-
-Sto bene. Ora lasciami solo.-
-Dean…-
-FUORI!!!-
Sam sussultò, colto di sorpresa dall’urlo di suo fratello. Dean tremava e aveva gli occhi sbarrati per impedire alle lacrime di fuoriuscire. Era dalla morte di suo padre che non sentiva il bisogno di piangere in quel modo, ma non voleva farlo davanti a Sam, perché lui, Dean, era il maggiore, e doveva essere forte per tutti e due.
-No.- rispose Sam deciso, chiudendosi la porta alle spalle. Si sedette per terra e poggiò la schiena contro la fiancata del letto, rivolgendo gli occhi altrove per evitare a Dean l’umiliazione di farsi vedere in lacrime. Sapeva che suo fratello era un tipo solitario, ma stavolta Sam avrebbe fatto come richiesto da Gabriel: non avrebbe lasciato Dean da solo e se necessario, avrebbero sofferto insieme.
Dean sbuffò.
-Non ho dieci anni, Sammy, perciò porta il tuo culo fuori di qui.-
-No.-
-Conosci solo questa parola? Cos’è, il tuo cervello retrocede, Benjamin Button?-
Sam rimase in silenzio, evitando di regalare al fratello una buona scusa per attaccare briga. Chinò il capo, fingendo di non guardare, di non ascoltare. Dean sembrò capire e apprezzare il gesto perché tornò a distendersi tra le coperte, dandogli però la schiena.
-Non gliel’ho mai detto.- disse all’improvviso con voce incolore. –Non gli ho mai detto grazie. Io lo guardavo sacrificarsi e non dicevo niente, davo per scontato che combattesse per noi e spesso sputavo anche sui suoi sforzi. Adesso l’ho perso e… e mi accorgo che non gli ho mai detto…-
Dean tremò, afferrandosi il bicipite sul quale era impressa a fuoco la flebile impronta di Castiel, l’ultima traccia di lui che aleggiava sulla terra. Gli sembrava quasi di sentirlo respirare nuovamente attraverso quel contatto e se si sforzava forse avrebbe potuto immaginarselo lì, in piedi davanti alla porta con quegli occhi azzurri, brillanti di mille domande da bambino.
Dean strizzò gli occhi, graffiandosi il braccio con rabbia. Non c’era più, Castiel era scomparso.
-Lui lo sa.- disse Sam all’improvviso.
Dean si voltò e lo vide osservare sereno il raggio di sole che filtrava dalla finestra. Dean non lo vedeva così tranquillo da anni e sembrava che Sam avesse ritrovato la fiducia nel futuro, una fiducia che lui, Dean aveva perduto.
-Castiel era un angelo, Dean. Lui guardava attraverso i tuoi occhi per spiare la tua anima. Sono certo che abbia già visto quanto bastava per sapere cosa avresti voluto dirgli. Una volta ti disse che non avevi fede, ricordi? Me lo raccontasti tu. Be’, stavolta sono io a dirti che devi credere in lui e non abbandonare l’idea che da qualche parte, fosse anche solo dentro di te, Castiel vive ancora. Non lasciarlo morire anche nei ricordi e ringrazialo a modo tuo, senza dimenticare.-
Dean inspirò lentamente, chiudendo gli occhi per calmarsi. Alla fine le lacrime uscirono, e pesarono come macigni. Dean le sentì scivolare lungo le guance, il mento, e infine cadere nel vuoto come era accaduto al suo angelo. Ma per cosa stava piangendo il cacciatore? Per Castiel o per se stesso?
Sam lo ascoltò singhiozzare e chiuse gli occhi, impotente. Sapeva che Dean ci avrebbe messo tempo per riprendersi e che forse l’ombra della morte di Castiel non avrebbe mai abbandonato del tutto il cuore di suo fratello.
-Buon natale, fratellone…-mormorò a bassa voce, mescolando gli auguri al respiro spezzato di Dean.
§§§§
Dean e Sam ripresero a cacciare dopo poco più di un mese e straordinariamente, Dean permise a Sam di guidare per tutto il tragitto che li avrebbe portati a Ohaio, dove un poltergeist particolarmente violento si era divertito a fare a pezzi cinque persone in due mesi.
Il fatto che Sam fosse al volante decretava quanto Dean stesse male: fino ad allora aveva dormito poco e male, svegliandosi in piena notte tra le urla e il sudore, per non parlare dell’indifferenza che ostentava davanti ad ogni cosa. Non sorrideva, non scherzava più. Sembrava che qualcosa, o meglio qualcuno, lo avesse svuotato di ogni umana emozione.
Sam e Bobby avevano cercato di risollevargli il morale in tutti i modi (Bobby era arrivato addirittura a ordinargli una torta), ma non c’era stato verso di rivedere il suo sorriso. Dean sembrava morto, spento e perfino quando, una volta arrivati a Ohaio, lui e Sam si trovarono a lottare con il poltergeist e i coltelli da cucina con cui cercava di infilzarli, non riuscì a provare un minimo di soddisfazione nel rispedirlo da dove era venuto. Ormai neanche la caccia aveva un senso, e quando Dean realizzò questo pensiero si sentì perduto, perché senza la caccia, lui non era niente.
-Io esco.- annunciò Dean, alzandosi in piedi. Non ne poteva più di sentirsi pensare, aveva bisogno di svago e di una birra.
-Dove vai?- si preoccupò Sam.
-A bere una birra. A più tardi.-
Dean uscì all’aria fresca della sera e salì sull’Impala. Inserì le chiavi nel quadrante e accese, partendo con una sgommata e un ruggito furioso del motore. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, di alleggerire quel peso che gli gravava sul petto. Ovunque si girasse vedeva Castiel, anche nelle cose più stupide, e questo lo stava uccidendo. Erano quasi tre mesi che andava avanti così, ma per quanto si sforzasse, Dean non riusciva a dimenticare, a vivere come un tempo.
Dean accelerò e accese lo stereo, spandendo nell’abitacolo dell’auto le note ruggenti di “Back in Black” degli ACDC. Era una musica rabbiosa, proprio come i suoi pensieri.
Odiava se stesso perché si stava dimostrando terribilmente debole.
Odiava Castiel perché si era lasciato ammazzare in quel modo, abbandonandolo.
Odiava il mondo perché restava indifferente e immutato alla morte del più bello degli angeli.
Dean socchiuse gli occhi, imboccando la strada che portava fuori città. Si allontanò dal centro abitato, diretto ovunque gli ordinasse la mente. Stava andando veloce, troppo veloce. Toccare i duecento all’ora non era da lui, ma Dean non ci badò.
Accadde tutto in un istante e Dean a stento riuscì a focalizzare la sequenza di avvenimenti.
Una voce gli sfiorò l’orecchio; lontana, remota, eppure reale, colma di un muto avvertimento.
-Dean.-
Dean sbarrò gli occhi, stringendo le dita sul volante con tutta la forza che aveva. Lo spavento e la confusione lo condussero a schiacciare il freno con più foga del dovuto. I freni dell’Impala stridettero, le gomme sfregarono sull’asfalto, bloccandosi mentre Dean sterzava per evitare lo spartitraffico laterale. L’auto virò in un principio di testacoda e il suo conducente fu sbalzato contro il volante, dove sbatté la testa quando riuscì a inchiodare, non senza aver urtato qualcosa di grosso e pesante.
-Porca puttana…- gemette, premendosi una mano sul naso dolorante che grazie al cielo non perdeva sangue. Scrollò il capo per cercare di schiarirsi le idee scombussolate dopo la botta e scese dall’auto. La aggirò con cautela, pregando il cielo e tutti i santi nei quali non credeva di non trovare ammaccature.
-Che cazz…-
Aveva.Investito.Un.Cane. Un fottutissimo cane grosso, massiccio, dal lungo pelo talmente nero da rasentare sfumature bluastre e due grandi orecchie a punta. Era una bestia magnifica, Dean doveva ammetterlo.
-Merda…-
Dean si chinò per affondare la mano nel pelo soffice del cane, che non si mosse. Respirava. Era tramortito, con un rivolo di sangue che sgusciava tra le zanne candide della bocca schiusa, ma quantomeno respirava ancora.
Perfetto. E adesso?
Dean si agitò sul posto, a disagio. Non poteva lasciarlo lì, anche perché non poteva ignorare di essere stato lui a metterlo sotto. Poteva avergli spezzato qualche osso, e poi se lo avesse semplicemente spostato e fosse andato via, molto probabilmente il cane sarebbe morto. Non sembrava un randagio, anche perché sembrava un animale di razza e anche molto ben curato, visto il pelo perfettamente pettinato e lucido come il manto di un corvo… già…
Dean accarezzò nuovamente il cane, riavvolgendo il nastro dei ricordi a quando una versione più serena di lui affondava le dita in un mare di piume argentate. La loro morbida consistenza era lontana anni luce da quella del pelo di un banale cane, ma questo aveva qualcosa di diverso, come se il suo manto si avvicinasse a qualcos’altro, una parte di Castiel che Dean aveva dimenticato.
-Cazzo…- Dean si guardò intorno alla disperata quanto inutile ricerca di un eventuale soccorso che lo sollevasse dalla responsabilità di portarsi dietro un cane più morto che vivo. –Coglione il cane che attraversa al momento sbagliato e coglione io che l’ho investito… e che cazzo!-
Alla fine, dopo mezz’ora di ripensamenti, Dean imboccò la via del ritorno con in bocca un fiume di bestemmie e un grosso cane nero disteso sui sedili posteriori. Se gli riempiva la macchina di peli sarebbe stato meglio per la bestiaccia trapassare, e subito anche.
Dean parcheggiò l’Impala e aprì una delle porte posteriori, inspirando a fondo. Era ormai rassegnato all’idea di fare la figura dell’idiota, sperando che in quel motel accettassero la presenza di altri cani, o sarebbe stata la fine. Ma era possibile rischiare? E se avessero cacciato lui e Sam?
-Maledizione! Che giornata di merda…- mormorò, digitando il numero del fratello, che rispose al primo squillo.
-Dean?! Stai bene?-
-Sì Sammy, ma devi scendere, ho…-
Sam attaccò il telefono e pochi istanti dopo comparve trafelato nel parcheggio con indosso i suoi soliti jeans scoloriti e una canottiera messa al contrario. Sembrava sconvolto.
-Che è successo?! Sei ferito?-
-No, e piantala di starmi addosso. Ho… investito un cane.-
Sam sbarrò gli occhi.
-Che?!-
Dean si fece da parte per permettergli una breve visione dell’animale steso sui sedili posteriori dell’Impala. Sam si passò una mano sul viso, ma straordinariamente sorrideva.
-Non ci posso credere, te lo sei caricato in macchina…-
-Cosa cazzo dovevo fare, lasciarlo lì e andarmene?-
-Ma che cuore d’oro ha il nostro Deanuccio…-
-Chiudi quella cazzo di bocca, Samantha.-
-Coglione.-
-Puttana.-
Sam sorrise sollevato quando notò un leggero cambiamento nell’atteggiamento del fratello. Certo, Dean non sorrideva e non alzava la voce come avrebbe fatto di solito, ma il fatto che rispondesse con prontezza era già qualcosa.
-Perfetto, cosa facciamo ora? Lo portiamo da un veterinario?-
-No, chiami Gabriel e gli chiedi di curarlo.-
Sam trasalì al nome dell’arcangelo. Era dalla vigilia di natale che Gabriel non si faceva vedere, ma il loro ultimo bacio, il tocco delle sue dita sulla pelle, non erano mai usciti dalla sua testa. Sam pensava a lui giorno dopo giorno, chiedendosi spesso cosa provasse in realtà nei confronti dell’arcangelo, ma l’unica risposta che il suo santissimo cervello gli inviava era un mare di immagini assolutamente indecenti di Gabriel disteso gemente e sudato su un letto, le ali per metà distese lucenti alla penombra della stanza, i muscoli tesi nel piacere estremo che lui, Sam, gli procurava nei modi più disparati.
-Perché devo chiamarlo io?!-
Dean scrollò le spalle, ritrovando la solita maledetta indifferenza. –Pensavo che potesse esserci utile, visto che mi disturberebbe correre dal veterinario a quest’ora. Sappiamo tutti e due che risponde volentieri quando sei tu a chiamarlo.-
Sam avvampò, ma non poteva dargli torto: era chiaro come il sole che tra i due Winchester, Gabriel favorisse il minore, anche se grazie a Dio, Dean non sapeva fino a che punto.
-Io… dannazione, e va bene!- capitolò Sam, alzando le mani al cielo. Doveva confessare a se stesso che in realtà l’intera situazione gli dava solo un’ottima scusa per rivedere Gabriel, ma temeva che l’arcangelo avrebbe fatto qualche stupidaggine davanti agli occhi di Dean, e allora sarebbe scoppiato il finimondo.
-Perfetto, chiamalo.-
-Qui?-
-L’alternativa è distrarre il receptionist mentre l’altro attraversa mezzo albergo con un cane tramortito in braccio.-
Sam sospirò sconfitto. Dean non aveva tutti i torti, dopotutto. Trasse un profondo respiro, chiuse gli occhi e per sicurezza sfiorò il ciondolo che aveva appeso al collo, pensando con tutte le sue forze a Gabriel.
-Gabriel, verresti giù, per favore?- chiamò a mezza voce.
Ci fu un attimo di silenzio, di trepidante attesa, dopodiché Gabriel comparve. Sam si stupì e rimase un po’ deluso di vederlo vestito nuovamente dei soliti abiti umani e senza le ali in bella vista. Al contrario, l’arcangelo aveva i capelli scompigliati e il suo tramite sembrava dimagrito di qualche chilo.
-Ehilà, zuccherini! Tutto bene?- domandò, gustando con piacere il solito lecca lecca.
Dean arrivò subito al punto: -Ascoltami bene, testa pennuta, abbiamo un problema: non so quanto tu sia esperto in veterinaria, ma abbiamo un cane più morto che vivo in macchina e tu devi aiutarci.-
Gabriel inarcò il sopracciglio e allungò il collo per guardare oltre le spalle di Dean la figura massiccia del cane nero. Lo oltrepassò e, senza guardare Sam in faccia, andò a inginocchiarsi nell’abitacolo dell’auto, incastrandosi tra i sediolini posteriori e quelli anteriori. Accostò il viso al muso del cane, affondò una mano nel pelo liscio e morbido.
-Complimenti, hai messo sotto un bellissimo pastore belga groenendael* . Non ne ho mai visto uno così bello e grosso, devo ammetterlo. Questo qui è poco più basso di un alano… e sì, gli hai spezzato una zampa, fratturato una spalla e incrinato due costole. Facevi meno danni se gli passavi sopra e lo investivi di nuovo in retromarcia… complimenti, dolcezza.-
-Stai un po’ zitto e dicci se puoi aiutarlo e teletrasportarlo nella nostra camera.-
Gabriel lo guardò con un accenno di ilarità. Schioccò le dita e in un batter d’occhio il tutti e quattro si trovarono nella stanza del motel. Il cane era disteso sul letto, dove era anche inginocchiato Gabriel.
Sam osservò l’arcangelo, non mancando di notare che in qualche modo, Gabriel lo stava evitando. Non era da lui comportarsi così.
-Posso rimetterlo in sesto, tesorini.- annunciò alla fine Gabriel, battendo le mani. Dean respirò a fondo, rilassandosi e allora Gabriel premette una mano sulla fronte del cane e chiuse gli occhi.
La stanza buia fu inondata all’improvviso da un tenue bagliore dorato che Sam riconobbe subito. Si udì uno strappo di abiti lacerati e con lentezza estenuante, il giubbotto di Gabriel andò in pezzi grazie alle piume affilate che lo sbrindellavano insieme alla maglietta.
Le ali si allargarono dalla schiena, sbocciando come sei piccoli soli nascenti. Enormi, dorate come il più brillante dei tesori e fruscianti come il vento che sembrava averle generate con mani di artista, modellando con cura ogni piuma, ogni osso lungo e sottile. Era come osservare la creazione di un astro luminoso.
Le ali, costrette a rimanere piegate sulla schiena, occuparono l’intera stanza, costringendo Sam e Dean a retrocedere contro il muro. Dean si ritrasse per impedirsi di toccarle, ben sapendo cosa significasse farlo.
Una luce tenue proruppe dal palmo di Gabriel e, come quando aveva curato Dean, sfarfallò e si divise in tanti piccoli filamenti che avvolsero il cane e l’arcangelo. Fu un attimo, poi tutto finì: la luce si estinse e il cane guaì.
Gabriel si ritrasse, sorridendo. –Bentornato tra noi, cucciolotto.-
Il cane si agitò sul posto, come se avesse difficoltà ad alzarsi. Dean lo raggiunse sul letto e gli accarezzò il pelo morbido, incrociando finalmente gli occhi dell’animale. Rimase folgorato.
Gli occhi del cane erano di un colore così intenso e brillante che Dean si stupì a sovrapporli ad un paio d’iridi già viste in precedenza su un volto pallido d’uomo. Quelli erano occhi di un blu marino straordinario, occhi intelligenti e colmi di un’espressività straordinaria. Erano gli occhi di un angelo.
 
*pastore belga groenendael:
http://www.capb-club.com/fotografie/Brooklin_corpo.jpg
http://www.petclic.es/sites/default/files/library/pastor_belga_groenendael_-_razas_de_perro_-_petclic.com_2.jpg
Angolo dell’autrice:
Dunque, ecco a voi un altro capitolo scritto da un Neanderthal particolarmente stupido (Vedi: Autrice), ma che volete farci, non so nemmeno come ho fatto a scrivere tanti capitoli di una storia che in partenza doveva raggiungerne al massimo due… cooooomunque, colgo l’occasione per augurare buon Natale e felici angeli e arcangeli tutti ai miei angioletti recensori, vi auguro di ricevere un Babbo Castiel in visita ogni notte, ma se non vi piace, sappiate che è intercambiabile. Della serie: passa al lato oscuro, abbiamo gli angioletti XD I demoni no, quelli non li vuole nessuno, e ci credo che sono diventati così cattivi!
Comunque, tornando seri, giustifico il ritardo causa problemi familiari, abbiate pietà, questo è un periodaccio, ma nonostante tutto amo questa storia e amo rifugiarmi in essa e sapere che in qualche modo anche altri sono legati ad essa, per questo sorrido ogni qualvolta leggo i vostri commenti. Siete davvero degli angeli, certo non con le ali, ma il sorriso che mi date con il vostro entusiasmo è quanto di più bello possiate regalarmi. Dunque, vi ringrazio ancora e vi annuncio che vi meritate una piccola anticipazione per giustificare il ritardo e lo schifo che vi costringo a leggere XD
Anticipazioni: L’arcangelo si avvicinò alla finestra e vi appoggiò i gomiti, piegando il busto e dando le spalle a Sam, il quale lo guardò smarrito, confuso dal suo comportamento. Era strano e raggelante avere a che fare con quella freddezza che fino ad allora Sam aveva associato soltanto a Castiel. Strinse il ciondolo tra le dita, chiudendo gli occhi in una silenziosa preghiera che lo aiutasse a capire, ad avvicinarsi al suo arcangelo improvvisamente diffidente. (………………..)
Anticipazione 2: Dean aprì la bocca per parlare, quando un ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Una donna dall’aspetto scarmigliato avanzava verso di lui, gli occhi di un bianco spiritato, attraversati da una sottile pupilla ellittica fissi sul suo viso e gli artigli ricurvi lucenti alla luce dei lampioni: Dean non ci mise molto a riconoscere un licantropo femmina, affamata e pronta al balzo sulla preda.

Sherlocked: Dopo questa storia, Dean sarà costretto a credere in qualcosa, e come hai detto, questo qualcosa si chiama karma. Il problema è che anche la qui presente autrice si troverà costretta a fare lo stesso quando Castiel mi avrà staccato la testa per aver torturato il suo protetto… be’, quantomeno continuare a scrivere stando rinchiusa nella stanza antipanico di Bobby serve a qualcosa, sono certa che anche lui abbia costruito questa stanza dopo aver scritto una cosa del genere… oddio… Bobby, chi hai slashato? Deeeeeaaaaan, mettigli la casa sottosopra finché non trovi materiale compromettente, se si incazza gli diciamo che è stato Sammy (Non chiamarlo Sammy! Nd Dean)! Ohohoh, dopo questa penso che comincerai a detestare anche Gabriel, tanta freddezza nei confronti di Sam fa rabbia anche a me, ma avremo modo di vendicarci e di far prevalere l’amour tra quei due imbecilli! Spero che questo ennesimo capitolo di cacca non ti abbia messo di nuovo di cattivo umore, giuro che se l’effetto è questo cancellerò la storia per il benessere universale e per la mia sopravvivenza XDXD ti ringrazio, le tue recensioni sono sempre uno spasso e non mancano mai di sollevarmi il cuore di un metro in più da terra! Un bacio e a prestissimo!!!
xena89: Dean e Cass avranno tante grane a cui pensare prima di raggiungere l’agognata pace, ammesso che quella testa di fagiolo di Dean lo consenta… c’è da chiedersi se Cass si sia fatto ammazzare per fare il supereroe o semplicemente perché non ne poteva più della stupidità del suo umano. Buona la seconda XD tranquilla, per ora non chiudo baracca, almeno finché una di voi non assolderà un killer per farmi fuori e togliere di mezzo gli orrori che scrivo XD oddio, anche i cani ci infilo in questa storia, di questo passo diventerà uno zoo! X°°°D LOL!!! Be’, che dire? Auguri anche a te angioletto, dolce e gentile anche quando mi minacci di morte nelle tue recensioni XD a presto e auguri anche a te!
  Blacasi: spero davvero che anche questo capitolo sia scritto in modo decente, ogni volta sono poco convinta di tutte le schifezze che scrivo! Comunque sono stata capace di allontanare di nuovo Sam e Gabriel, sono peggio di uno dei mostri che cacciano i nostri bei cacciatori! XD a te il diritto di massacrarmi se e quando servirà, giuro che nel testamento scriverò di non sporti denuncia! Sai, anche io immaginavo gli angeli vestiti alla greca, ma un Gabriel muscoloso, alato e A PETTO NUDO lo butti via? Tranquilla, c’è chi lo raccoglie secondo me XD fossero tutti così fighi gli angeli ci sarebbe da tendergli vere e proprie trappole per acciuffarli e chiuderseli nell’armadio per tenerli tutti per noi! XD signori, la stagione di caccia angelica è aperta, rivolgetevi a me per le iscrizioni! XD ancora una volta, in tutta la mia noiosità colgo l’occasione per ringraziarti e abbracciarti virtualmente per la forza di andare avanti che mi donano le tue recensioni, sempre pronte a farmi sorridere. Grazie e a prestissimo!
ThanatosTH: tranquilla, oggi al supermercato ho trovato l’offerta “Paghi un angelo, prendi due”, perciò se vuoi posso portarti anche un pennuto di riserva… scegli tu chi vuoi, così te li impacchetto e te li invio per posta! Ohohoho, Cass tornerà, ma a quanto vedi probabilmente non nel modo più logico che ci si potrebbe aspettare XD ammazzo questa storia ad ogni capitolo che scrivo! Adesso anche i cani ci si mettono! A breve Dean si trasformerà in Noé e potrà costruirsi l’arca con tutti gli animali dentro, a partire da Gabriel, quando l’avrà impagliato come una poiana particolarmente grossa… coff coff, dicevo? Ah sì, come al solito non posso che ringraziarti e ricordarti quanto le tue recensioni siano importanti per questa storia. Uniti agli altri, i tuoi commenti mi danno la forza che mi occorre per non abbattermi e continuare a scrivere, a sapere che forse non sono così male a mettere due parole in fila… grazie di cuore, grazie di tutto. A presto!
Tomi Dark Angel
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Behemah Aqedà ***


Dean indietreggiò, gli occhi sbarrati fissi sul cane che ricambiava con uno sguardo stordito.
Non poteva crederci, non era assolutamente possibile che Castiel si fosse trasformato in un… un cane, dannazione! Eppure, Dean non riuscì a impedirsi di infondere un po’ di fiducia in quel grosso animale nero, un fondo di speranza che gli avrebbe concesso di rivedere il suo angelo.
-Cass?- mormorò timidamente, ma il cane non reagì, anzi: tornò a chiudere stancamente gli occhi, schiudendo il muso in un ansito esausto. Gabriel si sedette accanto al cane e gli accarezzò la testa, guardandolo rattristato.
-Non vorrei deluderti, dolcezza, ma questo non è mio fratello. Castiel è morto.- disse seccamente, passandosi l’altra mano sul viso. –Se ci fosse lui qui dentro lo sentirei.-
Dean sentì il gelo tornargli nelle ossa, abbracciarlo nella sua stretta soffocante. Per pochi istanti aveva assaporato il calore della speranza, ma Gabriel non si era fatto remore a stroncarla sul nascere. Dean sentì le gambe cedergli e si aggrappò al letto per non crollare in ginocchio. Sam lo agguantò per un braccio, tirandolo faticosamente in piedi. All’improvviso Dean si sentiva svuotato, debole e perduto. Stavolta però, non c’era nessun angelo disposto a ricondurlo sulla retta via.
-Dean! Dannazione Gabriel, perché parli così? Non è da te!- si infuriò Sam, guardando con rabbia l’arcangelo ancora seduto sul letto.
-Davvero? E cosa sarebbe da me, cherì?- si alzò in piedi, arrabbiato come quando aveva sbattuto Sam contro il muro, quel giorno nel vicolo buio. –È da me massacrare i miei fratelli perché questo è l’unico modo per riportare la pace in paradiso dopo la morte di un altro arcangelo? È da me guardarli morire e sentirmi un fallito per non aver fermato Castiel quando potevo?-
Gabriel tirò una manata al comodino che gli ostruiva la strada, mandandolo a schiantarsi contro il muro opposto. I suoi occhi mandavano lampi di rabbia e frustrazione, ma trasmettevano anche tanta tristezza. Ora che lo guardava meglio, Sam notò un lungo graffio diagonale attraversare la gola dell’arcangelo, come se qualcuno avesse tentato di decapitarlo.
-Gabriel…-
Il cane si mosse, guaendo forte. Agitò la coda contento e sollevò la testa. Cercò di rizzarsi in piedi, ma barcollò pericolosamente sulle zampe malferme. Zoppicò fino al bordo del letto e allungò il collo verso Dean, scrutandolo con i suoi intelligenti occhi blu.
-Cosa vuoi?!- lo aggredì il cacciatore, ma per tutta risposta il cane scodinzolò e inclinò il capo di lato, cacciando la lingua con fare giocoso. Dean si infuriò ancora di più. –Sparisci! Ti abbiamo salvato, ma ora torna da dove sei venuto, già mi basta Sam, ma un altro essere vivente a cui badare, fosse anche un cane, è davvero troppo!-
Dean uscì dalla stanza. Gabriel e Sam rimasero da soli e tra loro cadde un silenzio rotto solo dai bassi guaiti del cane, il quale si alzò in piedi barcollando e trottò alle spalle di Dean, seguendolo in silenzio lungo il corridoio del motel silenzioso a quell’ora della notte.
L’arcangelo si avvicinò alla finestra e vi appoggiò i gomiti, piegando il busto e dando le spalle a Sam, il quale lo guardò smarrito, confuso dal suo comportamento. Era strano e raggelante avere a che fare con quella freddezza che fino ad allora Sam aveva associato soltanto a Castiel. Strinse il ciondolo tra le dita, chiudendo gli occhi in una silenziosa preghiera che lo aiutasse a capire, ad avvicinarsi al suo arcangelo improvvisamente diffidente.
Alla fine, Gabriel si raddrizzò e, raggiunto il letto, si lasciò cadere su di esso con un sospiro esausto. Non guardò Sam, ma lentamente, quasi avesse paura di spaventarlo, una delle ali più piccole sbocciò dalla sua schiena e si stiracchiò per metà al suo fianco, creando una piccola cupola simile a un rifugio sicuro che attendeva solo di essere occupato. Sam non ebbe bisogno di chiedere il perché di quel gesto, ma anzi, si limitò a sorridere sollevato prima di andare a rifugiarsi in quel piccolo antro, che subito lo avvolse come una coperta, avvicinando il suo corpo a quello di Gabriel. L’ala li abbracciò entrambi, un involucro dorato di morbide piume, soffici e vaporose come nuvole.
Gabriel cinse i fianchi di Sam con un braccio e si sdraiò, tirandoselo dietro. Sam appoggiò il capo sul petto dell’altro, affondando le dita tra le piume luminescenti delle ali in una morbida carezza che fece rabbrividire l’arcangelo.
-Mi dispiace, non dovevo reagire così.- mormorò Gabriel.
-Non hai fatto niente di male, avevi bisogno di sfogarti. Se vuoi però, io sono ancora qui.-
Gabriel sbuffò una risata. –Lo so, non sei mai andato via. Non tu. Però… io l’ho fatto. Continuo ad assentarmi, ad abbandonare le persone a cui tengo. Io sapevo cosa aveva intenzione di fare, e l’ho lasciato andare… gli ho permesso di morire e adesso mi trovo ad ammazzare i miei fratelli, immaginando il suo viso ogni volta che li guardo morire.-
Sam non aveva bisogno di chiedere di chi stesse parlando Gabriel perché la risposta gli era chiara come il sole e altrettanto dolorosa. Sapeva che, anche se non l’aveva mai dimostrato apertamente, Gabriel aveva amato Castiel come Dean amava lui, Sam, e avere sulla coscienza un peso come quello doveva essere terribile. Sam rabbrividì immaginandosi nei panni dell’arcangelo, il quale non aveva mai tempo per piangere il fratello perduto ma anzi, doveva ammazzarne altri per difendere se stesso e la sua gente.
Sam strinse la giacca sbrindellata di Gabriel e la utilizzò per darsi la spinta che lo tirò a sedere. Gabriel lo guardò stranito, ma Sam gli prese la testa tra le mani e se la strinse al petto, facendo aderire la sua guancia contro la clavicola. Il corpo di Gabriel si modellò automaticamente al suo, incastrando le gambe tra quelle di Sam e cingendogli i fianchi con entrambe le braccia. Gabriel tremò come se avesse freddo e lentamente Sam lo lasciò scivolare verso il suo addome, accarezzandogli i capelli come aveva fatto con le ali. Gabriel si stese, rilassando finalmente i muscoli e Sam piegò le ginocchia e raddrizzò il busto per guardarlo in viso.
Gli occhi di Gabriel erano socchiusi, lucidi, come se stesse cercando di trattenere le lacrime. Non voleva concedersi un altro momento di debolezza, non era da lui… anche perché ricordava bene quando era stata l’ultima volta che aveva pianto. Allora aveva artigliato un vecchio trench logoro quasi nell’estrema volontà di fermare Castiel, di pregarlo inconsciamente di restare. Lo aveva afferrato, ma se l’era fatto sfuggire dalle dita come sabbia inafferrabile.
Sam non cercò di consolarlo con parole dolci o stupide frasi fatte. Si limitò a proteggerlo col suo abbraccio, conscio che un semplice gesto valeva mille cose non dette e anche di più.
Restarono così per quelli che parvero istanti, ma quando Sam guardò fuori dalla finestra si accorse che il cielo era rischiarato e che a breve sarebbe sorta l’alba. Allora Gabriel sembrò risvegliarsi, come scosso dal sole nascente e si raddrizzò a sedere. Strinse la mano di Sam, guardando fisso l’alba con una tale tristezza che Sam sentì le lacrime salirgli agli occhi.
Fu allora che Gabriel iniziò a cantare.
Giunte le prime, dolci note prolungate, Sam capì subito che la lingua intonata era enochiano. Non si trattava di una melodia struggente o lamentosa, anzi: quel canto era quanto di più bello Sam avesse mai udito, al punto che la sua pelle rabbrividì e il cuore si gonfiò di un miscuglio di sentimenti indistinti. La lingua enochiana era morbida e suono dopo suono costruiva intorno a chi la udiva un piccolo paradiso di nuvole immaginarie. Parole così dolci dettate da una voce talmente melodiosa da chiamare la natura stessa alla rinascita rischiararono la stanza insieme ai primi raggi di sole dorato, il quale accarezzò Gabriel, e solo allora accadde: i raggi solari sembrarono cancellare con una gomma invisibile i soliti abiti di Gabriel per sostituirli ai larghi pantaloni di seta bianchi e alla fascia dorata legata in vita.
La pelle di Gabriel splendette mentre alla sua voce se ne aggiungeva un’altra più bassa, in un perfetto controcanto. Sam non capiva da dove venisse la seconda voce e nemmeno gli interessava particolarmente: i suoi occhi si riempirono dell’immagine gloriosa dell’arcangelo, le cui spalle di contrassero appena mentre le ali sgusciavano fuori dalle scapole come due magnifiche appendici dorate ricoperte di Grazia divina, splendente come il più luminoso dei raggi solari.
La seconda voce accrebbe il canto. Sam alzò gli occhi e rimase a bocca aperta: in controluce, davanti al sole nascente, vide la sagoma familiare ma sfuocata come di fantasma, di un uomo… o meglio, di un angelo. Capelli scompigliati, fisico atletico, il viso nascosto del quale si intravedeva soltanto la forma affilata. Infine, due gigantesche ali distese in tutta la loro grandiosa maestosità si stiracchiavano ai lati del corpo all’apparenza minuscolo ma mirabile.
Sam lo vide, lo riconobbe. Sussultò.
La sagoma dell’angelo sollevò un braccio e indicò qualcosa in basso a destra, poi inaspettatamente si oscurò completamente prima di ripiegare le ali a indirizzo di Gabriel e sfiorargli il viso con la punta delle piume. Gabriel urlò, inarcando la schiena e contrasse le ali in modo doloroso. Dall’ombra dell’angelo partì un fascio di luce che colpì in pieno il biondo, inondandolo come un fiume in piena. Dagli occhi e dalla bocca del tramite di Gabriel sgorgarono dei raggi luminosi che abbagliarono Sam, costringendolo a chiudere gli occhi. I muri tremarono, la stanza sembrò sparire inghiottita dalla luce. Poi però, tutto finì.
Sam scostò cautamente il braccio con il quale si era coperto il viso e vide, accasciato contro il muro, il corpo tremante di Gabriel, tornato a vestire i suoi soliti panni sbrindellati, il corpo privo di ali.
-Gabriel!- urlò Sam, scendendo con un balzo malfermo dal letto e cadendo in ginocchio accanto all’angelo. Notò con orrore che il suo corpo era scosso dalle convulsioni, come se l’arcangelo stesse singhiozzando.
-Gabriel… ehi…- mormorò Sam, spaventato. Sfiorò i capelli dell’arcangelo in una dolce carezza, cercando di confortarlo, o quantomeno di convincerlo a rialzarsi. Non voleva forzarlo, ma lo avrebbe trascinato di forza sul letto se fosse stato necessario: Gabriel non sarebbe rimasto per terra, al freddo.
Allora Sam afferrò le spalle tremanti di Gabriel e cercò di tirarlo su, ma proprio in quel momento Gabriel gettò la testa all’indietro e un vibrare cristallino si espanse nell’aria, accarezzando le pareti e le orecchie di Sam, il quale non riusciva a staccare gli occhi dal viso ridente dell’arcangelo.
Gabriel stava ridendo.
Sam rimase imbambolato a fissarlo, finché Gabriel non lo strinse in un abbraccio intriso di felicità. Il suo viso trovò naturale incastro nell’incavo della spalla di Sam, che chiuse gli occhi rilassato, abbandonandosi al profumo e alla risata cristallina della vera voce di Gabriel. Non faceva male alle orecchie, non spaccava i vetri o crepava i muri: era un semplice, bellissimo suono, puro e misterioso come lo scrosciare delle acque di un ruscello.
-Figlio di puttana… stupido che non è altro, lo devo ammazzare!- rise Gabriel, riemergendo dall’abbraccio e prendendo il viso di Sam tra le mani. I suoi occhi non erano mai stati così luminosi, di un vivido verde dorato. Posò le labbra su quelle del cacciatore con tanto entusiasmo che Sam si sentì trascinare con lui. Si aggrappò alle sue spalle, il corpo improvvisamente modellato al suo come il perfetto incastro di due pezzi di puzzle. Salì a cavalcioni sulle sue gambe, premendo il petto contro quello di Gabriel, che sospirò sulla sua bocca.
Con quello che parve un enorme sforzo di volontà, l’arcangelo afferrò Sam per le spalle e lo allontanò da sé. –Piano, mio dolce tigrotto in calore: qualcuno ha bisogno di noi adesso.-
§§§§
Diverse ore prima…
-Piantala di seguirmi, dannazione!- ruggì Dean al grosso cane nero che continuava a seguirlo per le strade ormai deserte di Ohio. L’animale zoppicava e sembrava stanco per la lunga camminata alla volta dell’ignoto nella quale aveva seguito Dean, ma non accennava a lasciarlo solo. Il cacciatore aveva corso, svoltato bruscamente, si era anche imbucato in diversi bar per seminarlo, ma il cane era sempre lì, e dove non poteva seguirlo, come nei locali notturni, attendeva pazientemente davanti all’uscita, il capo sulle zampe incrociate l’aria paziente di un genitore che bada ai capricci di suo figlio. La sua fedeltà non aveva mai vacillato.
Alla fine, dopo ore intere di camminata estenuante, Dean si era accasciato sulla panchina di un parco deserto e il cane l’aveva raggiunto, sedendosi al suo fianco senza guardarlo in faccia.
Dean lo fissò esausto. –Cosa vuoi da me? Va bene, ti ho investito, ma adesso stai bene, quindi piantala di perseguitarmi, ho già abbastanza problemi senza che ti ci metta anche tu!-
Il cane non si mosse, non lo guardò nemmeno. Sarebbe sembrata una statua di sale, se non fosse stato per il pelo mosso dal vento e per gli occhi luminosi come zaffiri.
Dean si coprì il viso con entrambe le mani, incapace di guardare ancora in quegli occhi profondi. Erano così umani, così simili a quelli di qualcuno già visto in precedenza, qualcuno che se n’era andato senza voltarsi indietro a chiedersi se fosse giusto abbandonarlo lì come quel cane lasciato in strada a marcire sotto la prima auto che lo avrebbe investito.
-Figlio di puttana…- mormorò con voce roca, premendosi le dita contro gli occhi per impedir loro di cacciar fuori lacrime amare. Avrebbe tanto voluto chiamare Castiel, dirgli quanto gli mancava, confessargli fino a che punto fosse importante per lui, ma ormai ogni contatto con l’angelo gli era stato negato. Castiel non esisteva più.
Dove vanno gli angeli traditori quando muoiono? C’era un posto per loro lassù?
Il cane guaì e appoggiò il muso sul ginocchio di Dean, urtandogli il gomito con il naso gelido. Dean lo guardò stancamente, gli occhi lucidi.
-Cosa vuoi ancora?- esalò esausto. Il cane chiuse gli occhi e inconsciamente Dean cominciò ad accarezzargli la testa, sorprendendosi di quanto fosse soffice il pelo del cane. Chiuse gli occhi anche lui, abbandonando la testa contro lo schienale della panchina.
La sua mente elaborò un’immagine di lui che affondava le dita nei capelli di Castiel, riscoprendoli soffici come piume e morbidi oltre ogni dire. Rivide i suoi occhi socchiudersi e fissarlo da una vicinanza sconcertante con uno sguardo intenso, dolce… innamorato.
Dean sospirò, continuando a muovere le dita nel pelo soffice del cane. Quando riaprì gli occhi e vide infine le stelle, si sentì schiacciato dalla mancanza di Castiel, della sua assenza di umorismo, dei suoi modi di fare freddi, eppure sempre premurosi.
-Ti piacciono le stelle, Lessie?- chiese senza accorgersene. –Io le ho sempre odiate. Stanno lì e sembrano guardarti e ridere di te. Ho perso il conto di quante volte le ho guardate chiedendo un aiuto o la forza necessaria ad andare avanti, a non mollare, e loro non mi hanno mai aiutato. Almeno, così credevo…-
Dean sorrise.
-Avevo un amico, un tempo. Era il coglione più grande che avessi mai conosciuto, uno stronzo piumato e anche un gran rompicoglioni. All’inizio pensai a quanto mi sarebbe piaciuto ammazzarlo, soprattutto perché lui sembrava volermi assoggettare al volere di un Dio nel quale non credevo, e questo faceva di lui il perfetto soldatino che risponde sempre e comunque agli ordini del superiore. Però…
-…dovetti ricredermi. Quando mi sono trovato nei guai lui è comparso dal nulla e mi ha indicato la via d’uscita per la seconda volta. Questa persona mi aveva già tirato fuori dall’inferno in precedenza, lo sapevi? Aveva due ali enormi, fatte d’argento, e in mezzo a tutto quel sangue, a quella disperazione… quelle ali erano la cosa più bella che avessi mai visto. O almeno, pensai questo prima di guardarlo negli occhi. Erano come i tuoi, della stessa tonalità di blu, e brillavano! Non so perché, ma guardandoli mi sentii al sicuro, protetto, e quando infine lui mi ha riportato sulla Terra e ho imparato a conoscerlo si è rivelato l’angelo più idiota e pasticcione del mondo. Non gliel’ho mai detto e ora è troppo tardi per farlo, ma con lui ero felice. Dannazione, il mio mondo si era costruito per metà su un paio d’ali e adesso che queste si sono spezzate io… io non…-
Dean si afferrò la base del naso e strizzò gli occhi, lasciando finalmente scorrere le lacrime. Singhiozzò, s’incurvò in avanti e nascose nuovamente il viso tra le mani. Voleva Castiel, voleva abbracciarlo e non lasciarlo andare via una seconda volta. Voleva accarezzare quelle fottutissime ali, baciarlo, sfiorarlo in ogni suo punto di pelle pallida come la luna i cui raggi sembravano uniformarsi in piume lucenti alle sue spalle. Voleva quell’angelo per dirgli tutto, confessargli che il mondo, il suo mondo, quello di Dean, non sarebbe finito finché ci fossero stati quegli occhi blu aperti sulla vita per rifletterla in ogni sua benefica sfumatura.
Il cane guaì forte e si alzò sulle zampe posteriori. Gli leccò la faccia e posò una zampa sulla spalla di Dean in un gesto così umano che il giovane uomo alzò gli occhi lucidi su di lui, incontrando i zaffiri stellati dell’animale, che pulì con la lingua ogni sua lacrima.
Dean aprì la bocca per parlare, quando un ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Una donna dall’aspetto scarmigliato avanzava verso di lui, gli occhi di un bianco spiritato, attraversati da una sottile pupilla ellittica fissi sul suo viso e gli artigli ricurvi lucenti alla luce dei lampioni: Dean non ci mise molto a riconoscere un licantropo femmina, affamata e pronta al balzo sulla preda. Scattò in piedi e indietreggiò, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans la familiare pistola caricata a proiettili d’argento. La sollevò con un gesto fulmineo e sparò nello stesso istante in cui il licantropo si spostava, evitando il colpo per un soffio. Sulla sua spalla si formò un lungo graffio sfrigolante che lo fece grugnire di dolore e barcollare per qualche istante.
Dean cercò di prendere nuovamente la mira, ma stavolta il licantropo fu più veloce: scattò, scivolando sull’erba con la grazia del lupo nascosto sotto la pelle umana e, sollevata una mano, calò quattro dei cinque artigli affilati sul suo petto, generando dei lunghi tagli rossi di sangue lungo tutto il torso del cacciatore.
Dean urlò, lasciando cadere la pistola con un tonfo ovattato per portarsi entrambe le mani al petto bruciante. Crollò in ginocchio, colto da un giramento di testa dovuto forse allo shock, forse al dolore, e il licantropo lo sovrastò in tutta la sua bestiale imponenza. Levò una seconda volta la mano, facendo rilucere gli artigli di un sinistro bagliore che si rifletté negli occhi appannati di Dean, il quale cercò di spostarsi, o quantomeno di riabilitare a dovere la vista scuotendo violentemente il capo.
La zampa calò, diretta alla sua gola esposta. Dean si sbilanciò all’indietro, cadendo di schiena sull’erba un attimo prima che un altro animale nero, massiccio e infuriato si lanciasse sul licantropo. I due rotolarono nell’erba emettendo ringhi bestiali. Dean vide l’enorme massa del cane nero sovrastare il licantropo un attimo prima che questo gli affondasse i denti nella gola una, due, tre volte, come un cobra. Il sangue schizzò sull’erba, macchiando le zampe e il muso del cane, che continuava ad affondare zanne e artigli nella carne lacerata del licantropo come avrebbe fatto un cerbero, un cane infernale.
Il lupo mannaro uggiolava di dolore, troppo sorpreso per reagire a tanta furia e l’unica cosa che si concesse di fare fu di agitare impotente le braccia e le gambe, cercando inutilmente di allontanare il cane da sé con un colpo d’artigli. Era una scena agghiacciante, lo scontro tra due titani del regno animale, il confronto tra cane e lupo, per quanto i due soggetti della lotta si differenziassero dalla loro specie originaria. La luce della luna bagnava d’irrealtà una scena da incubo, il massacro di un licantropo inferocito ad opera di un cane gigantesco, nero come la notte, i cui denti brillavano non più dell’amichevole biancore, ma del rosso cremisi del sangue. Pur conoscendo la forza allucinante di un licantropo come quello, Dean non aveva dubbi su chi avrebbe avuto la meglio tra i due.
Abbandonò il capo sull’erba, esausto dal troppo sangue perso. Socchiuse gli occhi stancamente, ascoltando i rantoli del licantropo morente che si spegnevano, soffocati dal silenzio della notte. Sospirò quando una calma tombale scese a decretare la fine del combattimento. Dean udì i passi del cane confondersi a quelli umani di qualcun altro, un soccorritore forse.
Ma voleva essere soccorso? Voleva sopravvivere davvero, pur sapendo che una parte del suo mondo si era sfracellata, cancellandosi per sempre? Forse morendo, l’avrebbe potuto vedere un’ultima volta, stringerlo tra le braccia, accarezzare quelle morbide piume fatte di sogni e nuvole argentate. Ne sarebbe valsa la pena… Sam era al sicuro con Gabriel e lui non serviva più.
Dean chiuse gli occhi, sorridendo sereno. Stava per finire tutto e non gli importava se sarebbe finito in paradiso o all’inferno: a lui bastava avere una possibilità di redenzione, voleva solo chiedere perdono per aver permesso a un bastardo di arcangelo di spezzare le ali più belle che lui, Dean, avesse mai visto in vita sua.
Qualcosa gli sfiorò il petto in una carezza, qualcuno sussurrò qualcosa con una voce profonda. Dean ebbe uno spasmo quando il suo cervello scattò nell’ascoltare quel suono, quelle parole pronunciate in un’altra lingua che sapeva di familiarità. Dean non capiva cosa stesse dicendo il suo salvatore, ma sentiva di aver già sentito quella voce e quelle parole.
Si costrinse a socchiudere gli occhi quando qualcosa di fresco e piacevole gli toccò la fronte e finalmente li vide, vividi come non li vedeva da tempo: due limpidi zaffiri incastonati su un viso pallido, dai tratti di uomo. Quegli occhi lo fissavano con tanta tenerezza e devozione che Dean pensò di trovarsi in paradiso, dove un Castiel nuovamente vivo gli accarezzava la fronte, racchiudendo nello sguardo un amore sincero, incontaminato… un amore che Dean sentiva di non meritare.
-C…ass…- chiamò debolmente, cercando di sollevare un braccio per toccare quel viso, per sincerarsi che fosse vero, palpabile, ma Castiel sorrise dolcemente e continuò a mormorare la sua litania in enochiano, socchiudendo gli occhi. Era bello da mozzare il fiato, tanto che il cuore di Dean sussultò estasiato.
-Dormi.- mormorò  Castiel, posandogli una mano sugli occhi. Dean avrebbe voluto ribellarsi, scostare quella mano e continuare a riempirsi gli occhi del suo volto pulsante di vita e di maestosità angelica, ma non gli fu possibile. All’istante sentì il tepore del sonno invaderlo e chiuse gli occhi, sereno e finalmente rilassato nell’abbraccio protettivo del suo angelo.
§§§§
Quando Sam e Gabriel raggiunsero Dean, il sole era ormai sorto. Appena Sam vide suo fratello disteso nell’erba in un lago di sangue corse subito da lui e lo prese tra le braccia, tastando con cautela la maglia squarciata da quattro lunghi tagli obliqui ricoperti di sangue ormai rappreso. Sfiorò la pelle di Dean, ma non vi era traccia di ferite.
-Ma che…-
Qualcuno al suo fianco uggiolò e quando Sam alzò gli occhi vide il grosso cane nero seduto accanto al corpo svenuto di suo fratello, il muso e le zampe sporche di sangue e gli occhi vispi mentre scodinzolava soddisfatto. Sam fissò il pelo arrossato, le zanne ora bianchissime ma recanti ancora delle lievi tracce scure.
Gabriel si inginocchiò a poca distanza da lui, tastando l’erba con le dita. Aguzzando lo sguardo, Sam distinse con orrore le tracce di una feroce lotta svoltasi tra due bestie molto grosse. Il terreno era pieno di graffi e sangue, e alcune zolle erano state rivoltate come guanti.
-Ma che…-
Gabriel sorrise, scuotendo il capo. Si alzò in piedi e accarezzò la testa del cane.
-Ottimo lavoro Fuffy, a quanto pare è meglio non farti incazzare. Come ti chiami, Attila?-
Sam sbarrò gli occhi.
-È stato il cane a fare questo?-
-Non questo.- Gabriel fece un cenno verso Dean, poi si voltò a guardare la macchia di sangue allargata sull’erba poco lontano da loro. –Quello. Fino a qualche ora fa lì c’era un licantropo. O almeno, quel che ne restava.-
Sam si premette una mano sulla fronte, confuso. Non riusciva a credere che quel cane, per quanto grosso, avesse fatto a pezzi un licantropo adulto e vaccinato.
-È… assurdo.-
-Lo so, ma non è questa la cosa più interessante, dolcezza.-
Gabriel si alzò in piedi e affiancò Dean. Gli sfiorò un bicipite e socchiuse gli occhi, guardando la manica della giacca che si disfaceva, decomponendosi pezzo dopo pezzo come in un evoluzione vista in modalità accelerata. L’intero braccio di Dean rimase scoperto, rivelando l’impronta chiara, vivida, e soprattutto dai contorni argentati della mano di Castiel.
Sam sussultò e scattò in piedi, guardandosi intorno. –Castiel! Come… è vivo?- si agitò, spaesato dalla notizia.
Gabriel sfiorò l’impronta di Castiel, chiudendo gli occhi alla ricerca di una seppur flebile traccia che lo aiutasse a rintracciare suo fratello. Si sarebbe aspettato di trovarlo lì insieme al cacciatore svenuto, ma invece di un angelo, Gabriel aveva trovato un cane. Possibile che Castiel, l’angelo sempre ansioso nei confronti del suo umano avesse avuto il coraggio di lasciarlo nelle mani di un… cane?
Gabriel si grattò la testa prima di tornare a guardare il cane, ancora fermo al suo posto. Gli occhi intelligenti dell’animale si riflessero in quelli verde dorato dell’arcangelo, che accostò il capo al muso dell’altro. Gli prese la testa tra le mani, guardandolo attentamente, con intensità. Sam osservava la scena e quasi gli parve di veder nuovamente brillare la pelle del suo arcangelo quando questi si ritrasse, stupito.
-Non è possibile, da dove ti ha preso quel bastardo culone di Castiel?!- esclamò, gesticolando a indirizzo del cane, che lo guardò inclinando il capo. Era una cosa alquanto buffa vedere Gabriel incazzarsi senza motivo con un cane che aveva tutta l’aria di non capire un accidenti di quello che diceva.
Sam si avvicinò a Gabriel e gli mise una mano sulla spalla, guardandolo.
-Gabriel, cosa c’è?-
-Cosa c’è?! Cosa c’è, mi chiedi?! Ti rendi conto che queste bestie dovevano essere scomparse dai tempi della Diaspora ebraica? Ne ho sempre voluto uno e non l’ho mai trovato, e ora Castiel sbuca di nuovo dopo più di un mese di morte apparente e che fa?! Si presenta con un Behemah Aqedà come animale da compagnia! Un Behemah, te ne rendi conto? Oh, ma questa è la volta buona che il palo su per il culo glielo infilo davvero, eccome se lo faccio!-
Sam cerca di raccapezzarsi dell’intera situazione, ma più cerca di decifrare l’improvvisa rabbia di Gabriel, più il mal di testa cresce. Tutta quella situazione gli sembra assurda, a cominciare dal cane dalla forza erculea che secondo l’arcangelo aveva sbranato un licantropo incazzato. Inoltre adesso spuntava fuori la notizia che Castiel era vivo ma che per qualche motivo non si era mai degnato di farsi vedere e Sam non sapeva se prendersela con lui oppure aspettare di sentire qualche spiegazione prima di partire alla sua ricerca per spiumarlo in modo lento e doloroso.
-Gabriel, mi vuoi dire che sta succedendo?-
Gabriel inspirò a fondo e guardò il cane. Mormorò qualche parola in enochiano e l’animale abbaiò allegramente, l’espressione giocosa che faceva a pugni col muso insozzato di sangue rappreso.
-Succede che questo non è un cane normale, cherì.-
-Sì, questo l’avevo capito… quello che non capisco è cosa sia un… un…-
-Behemah Aqedà? I Behemah erano degli animali sacri, bestie che molto spesso accompagnavano noi angeli o che fungevano come animali da compagnia, anche se eravamo in pochi ad avere il tempo per occuparci di uno di loro. I Behemah sono animali prescelti da Dio come bestie intelligentissime dalle capacità forse anche superiori a quelle umane. Si può dire che gli manchi solo il dono della parola, anche se questa mancanza è sostituita assai bene dalle spiccate capacità fisiche dell’animale e da altre ben più varie. Ai tempi della Diaspora ebrea però, i Behemah sparirono definitivamente, considerando che la maggior parte di loro si faceva ammazzare per proteggere il suo padrone e questo generava nell’angelo una rabbia tale da renderlo molto instabile e da scheggiare la sua Grazia con conseguenze irreparabili. Da allora Dio li fece sparire. Oh, e se ti stai chiedendo il perché di questo nome che è tutto un programma, sappi che è ebraico e significa Alleanza animale ”.-
Sam fissò il cane, sbalordito. –Mi stai dicendo che questo è un… animale da compagnia celestiale?-
Gabriel sorrise dolcemente. –Non l’ho mai sentito nominare in questo modo, ma sì.- rispose divertito, alzandosi. Afferrò Dean e se lo caricò in spalla.
-Vieni?- disse, rivolto al cane, che abbaiò felice e si alzò in piedi. Si erse sulle zampe posteriori, diventando anche più alto di Gabriel per posargli una zampa sulla spalla in un gesto puramente umano che sbalordì Sam.
Gabriel sorrise. –Anche io sono felice di conoscerti, dolcezza. Quando arriviamo a casa mi dirai come ti chiami.-
Si voltò verso Sam e a sorpresa gli cinse i fianchi con un braccio, premendoselo addosso con fare malizioso. Sam si trovò improvvisamente incatenato a quegli occhi cangianti che emanavano una sorta di luce nuova mescolata a uno sguardo che non aveva mai visto.
Gabriel non lo aveva mai guardato così, Sam ne era certo, ma allora cosa significava quell’occhiata intensa? Cosa stava cercando di dirgli l’arcangelo?
Sam sbatté le palpebre e quasi non si accorse di essere tornato nella stanza del motel. Il Behemah si scostò per tornare a quattro zampe.
Gabriel inclinò appena il capo, curioso, prima di far scorrere il naso contro la guancia di Sam in una carezza sensuale. Sam rabbrividì, ma non si ritrasse. Fu invaso improvvisamente dal dolce profumo dell’altro misto alla solidità del suo corpo premuto contro di lui. Era una sensazione bellissima, seconda solo all’aver ascoltato il canto dello stesso arcangelo che lo stringeva tra le braccia.
-Gabriel?- chiamò con voce tremante.
-Mh?-
-Quel… quella canzone… quella che hai cantato prima, insomma… era un canto angelico?-
-Quando annunciai a Maria della nascita del Cristo, cantai questa canzone per tranquillizzarla. Appena si accorse di non essere sola in quella stanza cominciò ad urlare e fui costretto a fare il cantante per quasi mezz’ora. Grazie al cielo, funzionò, anche perché starnazzava come un’oca.-
A volte Sam tendeva a dimenticarsi della reale età di Gabriel, e sentirlo parlare di eventi accaduti migliaia di anni addietro era strano e straordinario. Immaginarselo mentre si inginocchiava ai piedi di una donna terrorizzata intonando quella melodia nel tentativo di calmarla era assurdo, ma comunque bellissimo. Chiuse gli occhi, ricostruendo con la mente un’immagine di Gabriel a torso nudo con indosso solo dei larghi pantaloni di seta bianchi, le ali ripiegate sulle spalle come una cupola d’oro massiccio.
-A cosa stai pensando?- si incuriosì Gabriel. Sam riaprì gli occhi per specchiarsi nei suoi.
-Cerco di immaginarti nei panni dell’arcangelo buono e gentile che canta al cospetto della Vergine.- rispose sinceramente e Gabriel ridacchiò.
-Ti piacerebbe se ricostruissi la scena?-
-Eh?!-
Gabriel si separò da Sam per adagiare Dean sul letto più vicino. Il cane corse subito al suo fianco, acciambellandosi accanto al cacciatore svenuto e poggiando il capo sul suo addome.
Gabriel afferrò le mani di Sam e lentamente, come se avesse paura di spaventarlo, si inginocchiò ai suoi piedi. Intrecciò gli occhi ai suoi in uno sguardo devoto che stupì Sam al punto da farlo tremare: possibile che…?
Fu allora che Gabriel cominciò a cantare, intonando la stessa dolce melodia di poche ore prima. La sua voce si espanse nell’aria in morbide note di velluto, abbracciando il cuore di Sam fino a farlo tremare d’emozione. Ogni parola enochiana, ogni sbalzo di tonalità voluto dall’arcangelo, costruì davanti agli occhi di Sam un mondo perfetto, puro e magnifico come avrebbe dovuto essere il paradiso angelico. Quella voce cancellava la malvagità del mondo, richiamando a sé la speranza e la vita di ogni essere vivente. Quello era il vero canto della terra che faceva sbocciare un fiore, il vero suono della nascita del più bello dei bambini. Quello era il canto di un arcangelo.
Sam chiuse gli occhi, abbandonandosi a quei suoni magici. Si sentiva bene e in pace con se stesso. Gabriel era la creatura più bella che avesse mai visto, e sapere che in qualche modo aveva scelto lui, un mezzo demone traditore e assassino, era incredibile, ma gli colmava il cuore di una gioia che non aveva mai provato.
-Che sentimentale.- disse qualcuno alle loro spalle. Gabriel levò lo sguardo, fissando un punto davanti a sé con occhi sbarrati.
-Non è possibile…- mormorò, incrociando lo sguardo profondo di un vecchio conoscente che ricompariva al posto sbagliato al momento sbagliato. Tutto ciò che Gabriel riuscì a pensare in quel momento fu un semplice e coinciso: Sono fottuto.
 
Angolo dell’autrice:
ohoh, innanzitutto happy GNU year a tutti (Immagina tanti gnu che fanno gli auguri) e…
Gabriel: auguri un cazzo! Perché sono vestito come Aristotele?!
Tutti immaginano così gli angeli, quindi zitto e recita o ti appendo all’albero di Natale come puntale!
Gabriel: quel ruolo lo sta già ricoprendo Castiel, non…
Allora finisci nella grotta di Gesù bambino! Da qualche parte ti metto, sta tranquillo!
Gabriel: a proposito di Gesù bambino… sono io o ieri ho visto passare Dean vestito da pecora?
Era un pastore, l’ho convinto a fare il presepe vivente…
Gabriel: no, era una pecora! Aveva anche le orecchie finte!
Chi gli ha detto di fare la pecora? Io avevo detto di vestirlo da zampognaro!
Crowley: (fischietta)
Coff coff… sì, dicevamo? Ah, sì! Dunque, per ringraziare come al solito la pazienza della favolosa gente che legge i miei squilibri mentali posterò qui in basso delle anticipazioni, perciò spazio a ciò e ai ringraziamenti!


Anticipazioni: -Dov’è Cass adesso?-
-A risolvere delle questioni molto importanti.- si rivolse a Gabriel. –Si sta preparando qualcosa di grosso, Gabriel, qualcosa che Castiel sta cercando di stroncare sul nascere.-
-Di cosa parli?-


ThanatosTH
: ecco a te questo nuovo capitolo, dedicato a tutti voi angioletti recensori e alla pazienza che mi prestate ogni volta che posto! Oh, Cass è tornato e non ha forme strane, ma qualcosa di diverso ci sarà eccome! Non voglio anticiparvi nulla, ma il ritorno di fuoco del nostro angelo preferito porterà con sé un bel casino! Dunque, come al solito mi inchino al tuo cospetto e alle bellissime recensioni che non manchi mai di lasciarmi. Grazie, spero di non deluderti con il continuo di questa storia! Baci e a prestissimo, mio splendido angioletto recensore!
Sherlocked: che dici, adesso Gabriel può essere perdonato per aver ignorato Sammy all’inizio? Eh, in realtà ho una brutta notizia… Bobby scrive storie a luci rosse su Crowley! Dovevo sospettarlo, c’era da bruciarsi gli occhi con tutte le schifezze che ci ha scritto! E no, non l’ho letta perché mi piaceva ma perché speravo in una grazia divina che alla fine ci fosse scritto PESCE D’APRILE. Ma no, non c’era niente, e adesso sono mezza cieca. Oddio, adesso sto pensando a un Gabriel vestito da Darth Vader che ti offre i biscotti con dietro il cartello PASSA AL LATO OSCURO, ABBIAMO I BISCOTTINI!! Ma conoscendo Gabriel sarebbe comunque qualcosa a doppio senso, perciò non ti fidare! Potrebbe usarti come esca per attirare Sam, fuggi!!!!!! XD ohoh grazie ancora per la bellissima recensione, vi voglio bene per la forza che mi date e mi sembra sempre di non scrivere abbastanza bene per tutte voi, così gentili e fin troppo generose nei commenti! Attenzione, qui gli angeli si montano la testa!!!
Blacasi: guarda Dean, qui c’è ancora qualcuno che ti crede un duro!!! Cavolo, dovrò postarle il video in cui piangi guardando Titanic!!! Sfatiamo il mito e facciamo vedere al mondo che razza di cucciolone sei!! (Tu provaci e ti sparo! Nd Dean) coff coff, comunque tranquilla, il nostro Cass ha i suoi modi per cavarsela, non è del tutto scemo, nonostante abbia deciso di farsi infilzare come un marshmallow sul fuoco anziché dire a Dean la verità sui suoi sentimenti… e per questo lo ammazzerei di nuovo con le mie mani, ammesso che non lo faccia Dean prossimamente! Eheh, lo sapevo che avreste pensato che il cane fosse Cass, ma no, non è lui!! XD e menomale, immagina Castiel che prende a morsi un licantropo! No, tieni gli angeli lontani dal tuo letto, ho provato a usare Gabriel come peluche mentre dormivo e mi sono trovata a terra dopo una lotta judo contro le sue ali gigantesche! Non lo fare, sono infidi!!!! Grazie del commento angioletto recensore, mi inchino come al solito al tuo cospetto!
Tomi Dark Angel
 
 

 
 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Amore? Sì, Ne Ho Sentito Parlare ***


-Gabriel, amico mio.- salutò lo sconosciuto con voce profonda. Scese dal davanzale della finestra sul quale era rimasto accovacciato fino a quel momento e si avvicinò a Gabriel, che intanto era scattato in piedi e aveva spinto Sam alle sue spalle.
Guardandolo eretto, Sam constatò che lo sconosciuto doveva essere poco più basso di lui, con un fisico scolpito anche se non massiccio come il suo. Indossava una camicia e dei pantaloni neri classici, accompagnati dai mocassini. Per quanto virile sotto certi aspetti, il suo viso rasentava un tratto delicato e quasi etereo, nonostante il leggero filo di barba che gli cospargeva il mento. I lunghi capelli neri e mossi fin quasi ad essere ricci cadevano fin quasi a coprire uno dei due occhi dal taglio affilato, ma di colore diverso: infatti, uno era verde smeraldo, l’altro dorato.
 Eterocromia, classificò Sam nella sua testa.
-Ciao, Samael.- salutò Gabriel con fare cauto. Quell’atteggiamento allarmò Sam più di ogni altra cosa, soprattutto vista la stretta quasi convulsa della mano dell’arcangelo sul suo avambraccio.
L’uomo chiamato Samael corse ad abbracciare Gabriel, che solo in quel momento lasciò andare il braccio di Sam. I due si strinsero come fratelli, gli occhi chiusi in espressioni finalmente rilassate: sembrava che ogni ansia fosse stata spazzata via da quel gesto amichevole.
-Cosa ci fai qui?- domandò Gabriel, separandosi da lui.
Samael inclinò il capo, continuando a sorridere. Sam non poté fare a meno di notare che fosse davvero un bell’uomo e dal modo in cui lo guardava Gabriel era intuibile che ci fosse un rapporto di qualche tipo tra i due. Sam sentì una stilettata di preoccupazione insinuarglisi nella testa. Chi era quell’uomo, e cosa aveva a che fare con Gabriel?
Senza accorgersene, il cacciatore strinse con forza il ciondolo che aveva appeso al collo.
-Mi ha mandato Castiel.- annunciò.
-Castiel?!-
Gabriel si allarmò e il suo urlo ebbe la sfortunata conseguenza di aver svegliato Dean. Anche nella semi incoscienza, il giovane cacciatore aveva sentito abbastanza della conversazione per capire che quell’uomo c’entrava qualcosa con Castiel. I suoi ricordi si avvitarono all’ultima volta che aveva ascoltato la sua voce e assaporato il suo tocco.
Castiel era vivo.
Il cuore di Dean sobbalzò, il suo corpo e i suoi sentimenti parvero rinascere a quel pensiero. Sentiva ancora la mano del suo angelo sul bicipite, ma non si spiegava come mai Cass non fosse lì mentre al contrario era presente un perfetto sconosciuto che però sembrava conoscere bene quel farabutto di Gabriel.
-Sammy…- chiamò debolmente, ancora intontito. Il cane al suo fianco abbaiò e Dean lo guardò stordito, ricordando con stordimento l’ultima visione che aveva avuto di quell’animale. Il muso sporco di sangue era la prova che Dean non aveva sognato, e il cacciatore non sapeva se sentirsi sollevato o preoccupato.
-Tu… mi hai salvato la vita?- mormorò al cane, che gli sfiorò la guancia con il muso gelato in una sorta di bacio umano. Dean sbatté le palpebre interdetto sotto gli occhi sprezzanti di Samael.
-Dunque tu saresti Dean Winchester, il tramite di Michael e l’umano di Castiel? Mi aspettavo molto di più…-
Dean aprì la bocca per ribattere, ma a sorpresa fu Gabriel a difenderlo: -Lascialo in pace, Samael. Non appropriarti di diritti che non ti appartengono nei confronti di chi non ha fatto meno di quanto abbia fatto tu in passato.-
Samael reagì con un gesto stizzito, lanciando a Gabriel un’occhiata di purissima furia omicida. Si avvicinò all’arcangelo con passo pesante, portando il suo viso a pochi centimetri da quello dell’altro. Digrignò i denti, i pugni chiusi minacciosamente, ma Gabriel non si scompose. Il cane ringhiò.
-Non oserai attaccarmi, Samael!- ruggì Gabriel con fare solenne che riportò alla memoria degli spettatori la sua vera identità. Sam sentì l’aria crepitare intorno ai due mentre l’arcangelo continuava: -Non spetta a te scaricare sul prossimo la frustrazione per il castigo infertoti da chi ti ha amato in passato! Lo meritasti, allora come adesso, perciò distogli lo sguardo e bada a ciò che fai in mia presenza!-
Allora Samael sembrò schiacciarsi sotto il peso di una mano invisibile. Piegò il busto con un mugolio sofferente e cadde in ginocchio, ansimando. Qualcosa crepitò alle sue spalle e Sam vide le piume bronzee di un paio d’ali bucargli la camicia.
Dean scese dal letto strabiliato, senza riuscire a staccare gli occhi dall’espressione implacabile di Gabriel. Non vi era più traccia di leggerezza sul suo viso.
-Hai detto che ti ha mandato Castiel, non è vero? Dov’è?- intervenne Sam, rivolto all’uomo inginocchiato. Gabriel distolse lo sguardo da lui e Samael lentamente e con cautela si rialzò. Si scostò i capelli dal viso e fissò Sam con tutta l’aria di chi ha in mente una risposta ben poco educata ma si trattiene dall’esprimerla.
-Sì, mi ha mandato Castiel. Lui…-
-Come mai era con te?- lo interruppe Gabriel con stizza malcelata. Samael storse il naso, stringendo pericolosamente gli occhi.
-Perché fui io a trovarlo dopo il suo scontro con Raphael.-
-Stronzate, ho passato settimane a ricomporre a dovere il corpo del suo tramite e…-
-E immagino che per tenere d’occhio queste belle scimmiette non ti sarai accorto che quel corpo è scomparso, vero?-
Gabriel ammutolì, sbarrando gli occhi. No, era evidente che non aveva controllato che il corpo di Jimmy Novak fosse ancora dove lo aveva lasciato. Mosse un passo verso la finestra, ma Samael lo bloccò:
-Ti risparmio la fatica: quel corpo non è più lì già da un po’ di tempo. Sono stato io stesso a recuperarlo e a infilarci dentro ciò che restava della Grazia di Castiel.-
-È impossibile che si sia salvato.-
-Così sembrerebbe, Gabe… ma a quanto pare il nostro angioletto ce l’ha fatta. In realtà una parte della sua Grazia non l’ha mai seguito in quella battaglia.-
Samael e Gabriel si voltarono verso Dean, ancora seduto sul letto. Quasi automaticamente il cacciatore si toccò il braccio dove avvertiva la bruciante presenza dell’impronta di Castiel. Sotto gli occhi vigili dei presenti, Dean spostò lo sguardo sul suo bicipite e notò con sgomento che l’impronta della mano di Castiel era ritornata più vivida di prima, solo avvolta da un leggero alone argentato.
-Cosa cazzo…-
-Quell’impronta ha imprigionato in sé una parte della Grazia di Castiel prima che partisse per fare l’eroe in quella missione suicida e quando lui si è fatto trafiggere, quella parte di Grazia ha cominciato a reagire con l’intento di ricongiungersi al resto, ma chissà come tu l’hai tenuta imprigionata nel corpo e adesso… adesso Castiel se l’è venuta a riprendere. L’ha fatto precisamente qualche ora fa, mentre eri svenuto e Sindragon faceva a pezzi quel lupo mannaro.-
-Sindragon?-
-Il cane.-
Tutti si voltarono a guardare il cane che scodinzolava felice, guardandosi in giro come se avesse appena compiuto una prodezza; cosa non del tutto sbagliata, considerato l’eroico gesto di lanciarsi a testa bassa contro un licantropo per proteggere un umano.
Dal suo canto, Dean era certo di essere a un passo da una feroce lotta contro il mal di testa. Tutte quelle notizie lo stavano confondendo, inculcandogli un miscuglio di emozioni non indifferente. Respirò a fondo, cercando di riordinare il cervello.
Ok, andando per ordine, pensò Dean:
1: Castiel è vivo, e fin qui tutto ok… più o meno.
2: Castiel non è il cane. Ottimo, perché non mi ci vedo a incazzarmi con quel coso peloso…
3: Cass mi ha guarito e se l’è svignata prima che mi svegliassi, lasciando all’ultimo degli stronzi ora qui presente il compito di comunicarci le news angeliche. E fin qui tutto ok un cazzo.
-Dov’è Cass adesso?- domandò con fare circospetto, afferrandosi il bicipite in una stretta convulsa. Samael incrociò le braccia al petto, sbuffando infastidito.
-A risolvere delle questioni molto importanti.- si rivolse a Gabriel. –Si sta preparando qualcosa di grosso, Gabriel, qualcosa che Castiel sta cercando di stroncare sul nascere.-
-Di cosa parli?-
-Del Sacro Graal.-
Gabriel trasalì e indietreggiò di un passo.
-Impossibile, il Graal è andato distrutto.-
-Ti sbagli. Ricordi a chi fu destinato il compito di farlo a pezzi?-
-Oh no… Raphael…-
Gabriel si coprì gli occhi con una mano mentre Samael annuiva. –Precisamente. E saprai anche che come Castiel anche Raphael aveva preso delle precauzioni per essere sicuro di non scomparire nel caso qualcosa fosse andato storto, vero? Ha spaccato la sua Grazia e ne ha affidato un pezzo a uno dei suoi lungotenenti, lo stesso che ora ha in mano il calice.-
-Aspettate un attimo!- s’intromise Sam, facendo un passo avanti. Dean e Samael si voltarono a guardarlo, ma Gabriel si allontanò da lui per andare ad appoggiare le mani sul davanzale della finestra, dandogli le spalle. Qualcosa nella rigidità della sua postura gli diceva che qualcosa non andava. –Cos’ha il Sacro Graal di così particolare, a parte il fatto che secondo la leggenda si trattasse del calice utilizzato da Cristo durante l’ultima cena? Insomma: va bene, è una reliquia importante per la storia biblica, ma cos’ha di così pericoloso?-
Samael lo guardò come se fosse un insetto insignificante, ostentando la sua solita aria di superiorità. Si scostò una ciocca di capelli scuri dagli occhi.
-Quel calice, stupida scimmia, ha raccolto il sangue del Cristo, il figlio di nostro Padre. Stiamo parlando di un oggetto intriso del potere di Dio, sai cosa significa? Significa che, nelle mani sbagliate e utilizzato alla giusta maniera potrebbe anche rivoltare il paradiso come un guanto, e abbiamo motivo di pensare che i principali bersagli di chi detiene il Graal adesso saranno proprio Gabriel e Castiel, ossia coloro che hanno sconfitto e tentato di uccidere Raphael. Se il suo attuale proprietario sa come attivare il Graal, il minimo che potrebbe succedere al vostro bell’arcangelo sarebbe che gli venissero strappate le ali.-
Sam vide le spalle di Gabriel tremare, la sua schiena piegarsi in avanti come se l’arcangelo si sentisse improvvisamente svuotato di ogni forza. Ci fu un attimo di silenzio attonito prima che Samael si avvicinasse a lui.
-Gabriel, devi venire con noi. Preso da solo sei un facile bersaglio, ma…-
-No.-
Cadde il silenzio. Samael e i due Winchester fissarono attoniti la schiena di Gabriel, che lentamente si stava raddrizzando, le mani strette convulsamente sul cornicione del davanzale fino a creparne la superficie. Respirò a fondo prima di girarsi verso Samael per fissarlo con occhi risoluti, colmi di decisione irremovibile. Strinse i pugni lungo i fianchi.
-Cosa… hai detto?- sussurrò Samael, guardandolo come se fosse impazzito. Gabriel sorrise leggermente, quasi schernendolo.
-Ho detto di no, dolcezza.-
-Gabriel, non fare stupidaggini! Se i sottoposti di Raphael ti mettono le mani addosso…-
-E questi due tesorini che fine faranno?- chiese, accennando ai Winchester. -Mi dispiace, ma non sono famoso per l’abbandono dei miei cuccioli.-
-Gabriel, loro saranno al sicuro…-
-Non è vero, e tu lo sai. Sono un arcangelo, Samael, non un imbecille.-
-Pensi che Castiel non si occuperà del suo umano? Mi prendi in giro?!-
-Castiel ha altro a cui pensare, e non correrò il rischio che la loro protezione sia affidata a qualche angelo di basso rango…-
-Castiel non lo permetterebbe…-
-Lui no, ma tu? Non può tenerti d’occhio, quindi quale modo migliore di togliere di mezzo Dean se non affidare la sua protezione a un incompetente che faccia passare la sua morte per uno sfortunato incidente? No Samael, ti conosco bene e sono certo che Castiel non voglia che mi muova. Io non vado da nessuna parte.-
Gabriel si mosse per spostarsi tra Sam e Dean, il corpo rigido in segno di tensione, come se fosse pronto ad attaccare. Mai come in quel momento la sua piccola figura sembrava imponente come quella di un gigante.
Samael storse il naso, infastidito. Spostava lo sguardo inviperito da lui a Dean, immobile alle sue spalle e ancora inginocchiato sul letto. Sindragon si alzò in piedi e, rizzando il pelo, scoprì i denti in un ringhio inferocito. Sollevò una zampa artigliata, pronto a calarla per darsi la spinta di una corsa che lo avrebbe portato ad avventarsi su Samael.
-Gabriel, sii ragionevole…-
-Lo sono, Samael, e lo è anche Castiel. Se si fosse fidato di te sin dall’inizio non avrebbe mai affidato Sindragon al suo umano. I Behemah Aqedà sono molto utili in battaglia e se non fosse stato costretto a farlo, Castiel non avrebbe rinunciato a lui in questo modo.-
Allora Samael digrignò i denti in un ringhio bestiale, strinse i pugni e tese il corpo, pronto a scagliarsi su Gabriel, che afferrò Sam e lo spinse verso Dean prima di pararsi davanti ad entrambi. Sindragon scese dal letto con un balzo, diffondendo nell’aria il suo ringhio bestiale. Samael tentennò.
-Vattene, Samael.- sibilò Gabriel. La sua pelle fu attraversata da un riflesso lucente, come uno specchio sul quale passa la luce e una potente folata di vento scompigliò loro i capelli, concentrandosi poi sul petto di Samael, dove colpì con forza, facendolo barcollare all’indietro, contro il davanzale. Gabriel fischiò due volte di seguito e, come reagendo a un comando silenzioso, Sindragon spiccò una corsa e balzò, spingendo tutte e quattro le zampe contro il petto di Samael, che gridò e cadde all’indeitro, oltre la finestra aperta.
Si udì un sibilo e un violento spostamento d’aria, sostituito poi da un veloce frullare d’ali. Un riflesso bronzeo passò davanti alla finestra e sparì.
-Ottimo lavoro, cucciolo. Dammi il cinque.- sorrise Gabriel, sollevando una mano. Sindragon si impennò sulle zampe posteriori e poggiò una zampa sul palmo dell’arcangelo prima di tornare quadrupede. Gabriel gli accarezzò la testa. –Ah, ora ricordo perché ho sempre voluto un Behemah Aqedà! Siete molto più intelligenti della maggior parte delle mie conoscenze.-
Sam rimase immobile mentre Gabriel coccolava il cane sotto i suoi occhi. Sorrideva rilassato, ma Sam sapeva che quella calma era solo apparente. Gabriel aveva paura di perdere le ali, e Sam non poteva dargli torto considerata la reazione di Castiel quando era rimasto semplicemente ferito a un’ala in cima al monte Sinai. Sapeva che le ali erano la parte più sensibile di un angelo, forse quella più importante, eppure Gabriel si era comunque schierato dalla loro parte, esponendosi al rischio di perdere per sempre quel pezzo di se stesso che amava.
Gabriel si raddrizzò, guardando Dean ed evitando accuratamente lo sguardo di Sam. –E adesso ci tocca filare dal vostro amichetto Bobby. Sarà meglio che ti abitui alla presenza del cucciolo, perché ti seguirà ovunque.-
Sindragon abbaiò felice e si levò nuovamente sulle zampe posteriori per poggiare le anteriori sul petto di Dean in un gesto confidenziale. Il cacciatore sbuffò, indeciso se infuriarsi o ridere dell’intera situazione. Di una sola cosa non aveva dubbi: avrebbe spennato Castiel, stavolta per davvero.
-Quello stronzo di Castiel è un pennuto morto. Molto morto.- sibilò, stringendo i pugni.
-Geloso, orsacchiotto mio?-
-Geloso un cazzo! Mi guarisce e poi scompare dopo essersi finto morto! Ma che razza di comportamento è?!-
-Certo, non approvo la scelta di spedire qui proprio Samael, ma se è vero quello che abbiamo appena sentito, Castiel deve essere nei casini fino al collo.-
Dean sbuffò, incapace di trattenere oltre la foga. Aveva bisogno di sfogare o di sollevarsi il morale prima di prendere a pugni qualcuno. Scese dal letto e afferrò le chiavi dell’Impala. –Sarà meglio che ci trasporti tutti lì, compresa la mia bambina, Gabriel, ma prima ho bisogno di una birra. A più tardi.-
Uscì dalla stanza, seguito da Sindragon. Gabriel sorrise nel notare che Dean aveva lasciato la porta socchiusa per far passare il cane e permettergli di venirgli dietro. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, a Dean piaceva quel grosso sacco di pulci.
Tra Sam e Gabriel cadde il silenzio, rotto solo dal lento ticchettio dell’orologio da polso di Sam. Era un rumore insistente, fastidioso, ma quantomeno non rendeva l’atmosfera completamente morta.
Gabriel si raddrizzò e tornò ad appoggiare le mani sul davanzale della finestra, il capo chino. Sam quasi non ragionò quando gli cinse i fianchi, premendo il petto contro la sua schiena e appoggiandogli la fronte tra spalla e collo. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo e con gratitudine il dolce profumo del suo arcangelo, ora rigido per la sorpresa di quel gesto improvviso.
-Grazie.- mormorò Sam, allacciando le dita al centro del suo petto. Dopo un minuto di inerzia, Gabriel sollevò una mano per posarla su quelle di Sam. Le strinse con gentilezza, come se avesse paura di spezzare una per una quelle falangi che tuttavia mille e mille volte avevano resistito a colpi terrificanti senza spezzarsi.
-Dovere.- rispose impacciato, lo sguardo perso in lontananza.
-No, Gabriel, non dovere. Hai a disposizione la possibilità di essere difeso da schiere di angeli, puoi rivedere Castiel e tornare a volare. Invece hai scelto di restare qui, di non lasciarci… hai scelto di restare qui con me.- mormorò Sam, sorridendo dolcemente. Si sentiva bene, protetto.
-Ti sbagli.- disse Gabriel. –Io non ho rinunciato alla possibilità di volare, anzi… ho soltanto rinunciato a un volo solitario.-
Gabriel si voltò e prese il viso di Sam con entrambe le mani, carezzandogli le guance con i pollici. Si perse negli occhi chiari dell’altro, specchi cangianti dei quali non si percepiva mai chiaramente il colore sempre mutevole, sempre in movimento, come un riflesso sull’acqua. Gabriel amava quegli occhi e avrebbe dato qualsiasi cosa per vederli brillare non di lacrime, ma di gioia. Per una volta voleva irradiare il sole dalle iridi di Sam, voleva ripulirle di ogni preoccupazione per lasciarsi indietro ciò che il cacciatore aveva sempre desiderato: occhi di ragazzo, di giovane e non di uomo che ha visto troppe morti in vita sua.
-Posso chiederti un favore personale, cucciolo?- domandò e Sam annuì lentamente, fissandolo inebetito. Gabriel sorrise, facendo sfoggio di tutto il suo angelico fascino per sganciare la bomba senza provocare una reazione di panico nell’altro. –Vieni con me.-
-Dove?-
-Su.-
-Su?-
Gabriel distolse lo sguardo per posarlo sul cielo terso del pomeriggio. Sam seguì il suo esempio e, una volta capita l’antifona, sbarrò gli occhi.
-Ma non se ne parla!- esclamò, allontanandosi. Gabriel si voltò e salì sul davanzale, dove rimase accucciato, i gomiti sulle ginocchia piegate e un sorriso sul volto.
-Se non vuoi ti capisco. Sappi che non ti costringerò, ma vorrei che ci provassi. Pensi davvero che ti lascerei cadere, Samuel?-
Sentir pronunciare da quelle labbra il suo nome completo scatenò in Sam una scossa di piacere. Si impresse nella mente lo sguardo profondo di Gabriel, l’antichità che traspirava da ogni poro della sua pelle. Aveva gli occhi socchiusi e sfoggiava di nuovo… quello sguardo. Intenso, accorato… lo sguardo di chi ama.
-Vieni con me.-
Automaticamente, Sam fece un passo avanti. Allungò una mano, che fu subito afferrata da quella di Gabriel.
-Mi lascerai cadere?-
-Mai, Sam. Sarò sempre qui a sostenerti.-
E allora Gabriel lo strattonò, gettandosi nel vuoto. Sam inciampò nel davanzale e si sbilanciò in avanti, sbattendo con violenza contro la schiena di Gabriel. Si aggrappò al suo collo, chiudendo gli occhi quando sentì all’altezza delle clavicole fin giù all’inguine la carezza delle ali che si liberavano, lacerando gli abiti di Gabriel.
Le ali sbatterono una volta per sbalzarli in aria, leggeri come piume. Gabriel afferrò le mani di Sam allacciate davanti alla sua gola e tirò per accostare la sua guancia a quella del ragazzo che intrecciò le gambe alle sue in un gesto istintivo. Le ali sbatterono ancora, liberando sul mondo un riflesso di schegge dorate e brillanti che danzarono sui muri delle case tutte intorno.
Gabriel salì, e salì ancora, aumentando la quota fino a sfiorare le nuvole gli bastava un semplice battito e sei potenti ali dorate li sbalzavano in alto, padroneggiando il vento e orchestrando con esso una melodia di sibili e sussurrare di piume in movimento.
-Apri gli occhi.- sussurrò Gabriel all’orecchio di Sam, che ubbidì automaticamente.
Rimase di stucco.
Per la seconda volta il mondo si stendeva docile ai loro piedi, meraviglioso con i suoi mille colori cangianti, accesi e spenti, nuovi e vecchi. Da lì si vedevano in lontananza delle colline verdeggianti punteggiate di alberi anziani o giovani nel fiore degli anni. Più in là, dove il cielo terso e dipinto da un pittore esperto di rosso e ambra toccava i monti, vi era un trionfo di sole al tramonto e raggi sparsi in una criniera dorata. In confronto a quello spettacolo di imponente superiorità, ogni grigia costruzione umana spariva, inghiottita dalla possente bellezza della natura.
Sam spostò lo sguardo verso le ali che sbattevano di tanto in tanto con rilassamento. Dove il sole sfiorava le piume si sprigionava una leggera aura luminosa che rendeva una bellezza irreale a quelle appendici alate ricoperte di pezzi d’oro.
-Guarda che esigo un parere adesso, non pensare di cavartela con qualche occhiata stupita alle mie bellissime ali.- ghignò Gabriel, costringendo Sam a guardarlo. Quello fu il colpo di grazia.
Gli occhi dell’arcangelo brillavano di uno spettro di riflessi verdi e oro mentre Gabriel sorrideva sornione, i capelli biondi scompigliati dal vento.
-B… bellissimo…- mormorò Sam, anche se non si riferiva esattamente al panorama quanto alle ali e all’arcangelo che ancora gli stringeva le mani.
Gabriel rise con la sua vera voce, e Sam si sorprese nuovamente ad essere capace di ascoltare quel suono celestiale senza ferirsi. L’aria vibrava a contatto con la voce di Gabriel e quasi gli parve di sentirla danzare insieme ai migliaia di frammenti dorati delle ali in movimento. Era uno spettacolo mirabile vedere l’ilarità pervadere ogni centimetro del volto dell’arcangelo e Sam si sentì definitivamente perduto: il suo cuore non poteva restare completamente intatto dopo quella visione. Forse, e dico forse, amava Gabriel.
-Devi dirmi qualcosa, cucciolo? Hai la faccia di uno che sta per sciogliersi, non è che cominci ad avere paura di nuovo?-
-Eh? No no no, sto bene!-
Gabriel sorrise e torse il busto per allungare un braccio e allungare una carezza tra i capelli di Sam. Le sue dita affondarono nella morbida seta dei suoi capelli, giocando con ogni ciocca. Sam chiuse gli occhi, rilassandosi con un sospiro involontario.
-Oh, non fare così o sarò tentato di importunarti in maniera poco consona al mio essere angelo…-
-Certo, perché come angelo tu sei un santone verginello…-
-Chi ti dice che non sia così?-
La domanda spiazzò Sam, che guardò Gabriel incredulo. L’altro lo fissava con serietà, le labbra stirate in una parvenza di sorriso strafottente. Sam non sapeva se credergli o no, ma era ridicolo che uno come Gabriel non avesse mai… insomma… non avesse mai amato qualcuno in quel modo. Anzi, ora che ci pensava, Sam non sapeva nemmeno se Gabriel si fosse mai innamorato davvero.
-Gabriel…- domandò allora schiettamente. -… ti sei mai innamorato?-
Gabriel sbatté le ali e distolse lo sguardo, perdendolo in lontananza. Sam vide i suoi occhi socchiudersi in uno sguardo triste, spezzato: lo sguardo di un uomo distrutto che sì, aveva amato e infine perso.
-Vieni, ti faccio vedere una cosa.-
Prima ancora che Sam potesse replicare, Gabriel schioccò le dita e in pochi istanti il paesaggio sfumò, ridipingendosi di un verde acceso costituito di colline che si perdevano in lontananza, distendendo le loro radici in basso, verso la terra popolata di foreste e fiumi che si svolgevano a est come nastri srotolati. Il cielo lì era azzurro, terso di ogni nuvola e pulito come un foglio sbiadito di tanto in tanto per il troppo cancellare della gomma che aveva eliminato le nuvole.
Gabriel sbatté le ali più lentamente e in breve entrambi toccarono terra. Sam scese, barcollando leggermente per l’improvvisa presenza di gravità e per il brusco cambio di temperatura: faceva molto freddo, nonostante il sole bagnasse ogni centimetro della collina sulla quale si trovavano.
-Do… dove siamo?- domandò incerto.
Gabriel si allontanò di qualche passo da lui, dandogli le spalle. –Nuova Zelanda.- rispose con voce incolore, avviandosi verso un albero che, Sam lo notò solo allora, ombreggiava un grande spicchio d’erba semplicemente distendendo le immense radici verso il cielo. Doveva essere una pianta secolare, con le foglie ampie e il tronco stiracchiato e massiccio coperto di nodi bronzei.
Sam abbassò lo sguardo verso il basso, attirato dal brillio di qualcosa piantato nell’erba. Incastrata e infine protetta dalle radici massicce dell’albero, c’era una lapide fatta di quello che sembrava diamante. Era liscia, ma al suo interno si riproduceva il motivo prismatico tipico dei diamanti che gettava sull’erba una miriade di schegge luminescenti quando il sole sfiorava la sua superficie. Sulla lastra era inciso con una calligrafia obliqua ripassata in oro: “ Sol osculatus est omnis inch cutis qui nunc est tuum durum diamond corpus. Requiescant in pace ”.
-“ E il sole baciò ogni centimetro di pelle che adesso ricopre il tuo rigido corpo di diamante. Riposa in pace. ”- recitò Gabriel, inginocchiandosi nell’erba per sfiorare con un gesto affettuoso la lapide. Inclinò la testa, piegando una delle ali alla sua sinistra per abbracciare quell’oggetto inanimato che per lui doveva significare davvero molto. Si chinò appena per scostare con mano gentile i ciuffi d’erba che ricoprivano un nome: Kendra.
Nessun cognome, nessuna data di morte o di nascita. Solo una frase e un nome.
-Gabriel…- chiamò Sam timoroso. -… lei chi era?-
-Si chiamava Kendra, è vissuta a Gerusalemme sotto il regno di Erode ed era una contadina. Non indossava abiti costosi e non sfoggiava portamenti fieri da principessa, eppure… eppure era bellissima con la sua forza d’animo e i suoi occhi sempre pronti a regalare uno sguardo caritatevole al prossimo. Forse mi innamorai di lei proprio per questo. Kendra era gentile, buona e credeva negli angeli. Ascoltavo le sue preghiere giorno dopo giorno, sorprendendomi tutte le volte che chiedeva qualcosa per gli altri e mai per se stessa. Mi presentai a lei sotto le spoglie di uno straniero stremato dal lungo viaggio e da un attacco dei banditi, e pur non conoscendomi, Kendra non mi negò un’accoglienza gentile.
-Cominciammo a vivere insieme, facemmo amicizia e presto ci innamorammo. In gran segreto contribuivo a rendere rigoglioso il suo raccolto e i suoi guadagni, facilitandole la vita e lei era sempre più felice, sempre più grata a un Dio che secondo lei la stava aiutando. Il suo sorriso era la mia ricompensa, la sua gentilezza il mio incentivo a restare…-
La voce di Gabriel tremò e l’arcangelo chinò il capo, concedendo ai capelli di cadergli davanti agli occhi, coprendoli. Le ali, distese come un lungo tappeto pregiato alle sue spalle, persero lucentezza per qualche istante.
-Ma alla fine loro mi trovarono. I demoni presero possesso di lei e… e me la portarono via. Fui io a ucciderla con la mia spada da arcangelo, così come fui io a seppellirla qui, dove l’ambiente è sempre rigoglioso e tranquillo. Quest’albero lo piantai io e al suo interno dimora la mia vera spada, quella che piantai nell’erba con la promessa di non impugnarla mai più.-
Gabriel chinò il capo, strofinandosi gli occhi con l’indice e il pollice. Sam vide le sue spalle tremare e provò pietà per lui e per la donna sepolta sotto i loro piedi. Non avrebbe mai saputo di aver amato un vero angelo del signore, non avrebbe mai potuto accarezzare le morbide ali di Gabriel. Era morta per colpa di una stupida guerra tra bene e male, l’avevano strappata dalle braccia del suo arcangelo perché questi aveva inutilmente cercato un po’ di pace e di vita normale, umana, senza violenza o possessioni demoniache.
Sì, Gabriel aveva amato e forse se ne era pentito proprio mentre guardava gli occhi della sua amata diventare pallidi, opachi per la morte che veniva a prendersela. Sam immaginò il suo arcangelo piangere sul corpo spezzato della donna che per la prima volta gli aveva concesso di assaporare la felicità, guardò le sue ali e le immaginò sfibrate dal dolore, così pesanti da non riuscire più a sbattere per levare in volo il suo padrone. Forse allora Gabriel era stato costretto a terra come un angelo caduto, un uomo distrutto e privato della voglia di vivere.
Sam si inginocchiò nell’erba e lo abbracciò, spingendogli la fronte contro la sua clavicola. Gabriel tremò per lo sforzo di trattenere le lacrime e si aggrappò a lui, chiudendo gli occhi dalle quali fuoriuscirono piccole gocce di pianto adamantino. Sam lo ascoltò soffrire, gli accarezzò la schiena e la base delle ali con gentilezza, chiedendogli silenziosamente di non dimenticare, ma anzi, di ricordare a se stesso che un tempo aveva amato e che non era colpa sua ciò che era accaduto poi. L’anima di Sam gridò queste cose pregando che Gabriel le udisse.
-Andrà tutto bene, Gabriel.- disse semplicemente, infondendo ogni cellula di energia in quelle parole. Gabriel annuì contro la sua spalla e si raddrizzò, incrociando gli occhi sinceri e dolci di Sam. Senza pensare, gli prese il viso tra le mani e unì le loro labbra in un bacio tenero, soffice come una nuvola. Sam gli circondò i fianchi con le braccia, aderendo al suo corpo con bisogno impellente e per tutta risposta Gabriel fece scivolare la guancia contro quella di Sam fino a raggiungergli l’orecchio per lambirlo con la lingua. Sam ansimò e senza accorgersene cercò di intrufolare una mano sotto la camicia di Gabriel, quando all’improvviso questi si irrigidì.
-NO!!!-
Gabriel scagliò via Sam, mandandolo a schiantarsi contro l’albero e ruotò su se stesso per anteporre le ali splendenti davanti al suo corpo.
Una spada angelica si abbatté su una delle ali più piccole, trafiggendola e restando incastrata tra le penne proprio mentre Gabriel scansava l’appendice piumata con tanta violenza da mandare gambe all’aria il proprietario dell’arma.
L’angelo, un uomo dall’aria atletica con corti capelli castani e gli occhi azzurro intenso spalancò energicamente le ali blu cobalto per recuperare l’equilibrio. Fissava intensamente Gabriel attraverso gli occhiali dalla montatura rettangolare, un ciuffo di capelli che cadeva sbarazzino sulla fronte. Sam non l’aveva mai visto in vita sua, ma non poté fare a meno di ammirare le sue ali luminescenti, ampie, seppur leggermente più piccole di quelle di Gabriel nonostante anche queste fossero sei. Al contrario di quelle dell’arcangelo biondo tuttavia, quelle ali avevano le piume dall’aspetto affilato, come quelle dei rapaci e alcune penne presentavano una leggera maculatura biancastra. Sam non ci mise molto a capire che il nuovo arrivato fosse un arcangelo.
-Ramiel*, anche tu.- mormorò Gabriel, raddrizzandosi con uno sforzo addolorato quando l’ala ferita fu percorsa da uno spasmo.
-Gabriel, quale onore.- rintuzzò Ramiel con voce flebile, quasi effeminata. Aveva un tono acuto e un atteggiamento che lasciava spazio a molti dubbi riguardo la sua sessualità.
-Sei di Raphael, vero?-
-Sì.-
Gabriel tese i muscoli e le sue ali vibrarono mentre ogni piuma veniva percorsa da un riflesso minaccioso che la rendeva affilata come un coltello. Sam vide le penne tendersi, pronte a falciare l’avversario.
-Non farlo, fratello.- sospirò Ramiel. –Senza la tua vera arma non spaventi più nessuno.-
-Questo lo deciderai dopo che ti avrò staccato la testa.-
Gabriel si mosse con la fluidità di un gatto, estraendo la spada angelica dall’ala senza però riuscire a trattenere una smorfia. Piantò i piedi nell’erba fronteggiando fieramente Ramiel.
Dai corpi dei due arcangeli cominciò a sprigionarsi un alone luminoso dorato per Gabriel, azzurro per Ramiel. L’aria crepitò, allontanandosi come scottata dalle ali brucianti di energia angelica. Entrambi impugnarono le armi e guardando la scena, dove Gabriel stringeva gli occhi chiari in un muto avvertimento e stringeva i pugni con la rabbia repressa di chi non aspetta altro che lo scoppio della tempesta, Sam capì di trovarsi sul campo di battaglia di due forze sovrannaturali represse ma pronte a esplodere con la forza di una supernova ormai prossima al rilascio di energia. Qualcosa di enorme stava per accadere e, nonostante non si trattasse dell’apocalisse, Sam non avrebbe saputo dire fino a che punto il precipitare degli eventi avrebbe potuto allontanare l’esito della battaglia dalla fine del mondo già vissuta in precedenza.

*Ramiel: Remiel o Ramiel (in aramaico דעמאנל e in greco ‘Ραμιήλ) è il sesto Arcangelo presente nel libro di Enoch. Il suo nome significa "fulmine inviato da Dio" o meglio "fulmine divino. Nel libro di Enoch Ramiel è a comando di 200 angeli caduti ed inoltre è responsabile della speranza nel mondo. I suoi compiti sono portare le visioni di dio agli uomini e trasportare le anime dei fedeli in paradiso. Secondo altre interpretazioni, secondo le quali gli arcangeli sono tre (GabrieleRaffaeleMichele) a cui sono stati aggiunti quattro angeli corrispondenti ai quattro punti cardinali, Remiel sarebbe l'angelo che permette a Saturno di orbitare intorno alla terra.
 
Angolo dell’autrice:
Allora, credo che qualche precisazione sia di dovere dopo questo capitolo. Dunque, è ovvio che nella serie originale Gabriel non ha mai avuto una relazione tanto stretta con una donna umana, ma non nego di avergli voluto donare (o almeno provare a farlo) uno spessore sentimentale maggiore, considerando che il nostro arcangelo come tale è trattato pochissimo e compare quasi sempre come trickster. Non nego che personalmente ciò mi ha infastidito molto, anche perché mi sono affezionata particolarmente a questo personaggio e (Attenzione, spoiler) alle sue ultime parole prima di morire contro Lucifero.
(DRIIIIIIIN, fine spoiler)
Ebbene, questo come il prossimo capitolo mi sono molto cari, non solo perché cercherò di modellare sui personaggi dei due arcangeli la potenza che si meritano, ma anche perché passo dopo passo cercherò di formare il carattere di Gabriel cercando (forse invano) di restare nel suo adorabile personaggio. Potrei non riuscirci, o potrebbe essere una cosa molto stupida voler modificare fino a questo punto un personaggio già grandioso di suo, ma vi chiedo come sempre di avere pazienza della mia stupidità e vi autorizzo a insultarmi. Detto questo, vi tranquillizzo comunicandovi che non ho dimenticato Castiel, ma Dean si merita un po’ di attesa, e non è detto che abbia finito di torturarlo, ma sì, il nostro angelo arriverà a breve! XD va bene, finiamola con la parte seria e facciamo spazio ai ringraziamenti dei miei più belli angioletti recensori che come sempre alimentano l’andamento della storia e rafforzano in me una fiducia che non credevo di avere!

xena89: le tue recensioni sono sempre più belle, non posso mai fare a meno di rileggerle più volte! Wow, addirittura ti sembra di guardare un episodio leggendo la mia storia? Spero di non deluderti, se devo cercare di creare uno dei bellissimi episodi di questo fantastico telefilm! Eheh, tranquilla, anche se al momento la Sabriel domina la situazione, il Destiel non tarderà a rifarsi, ma non ti anticipo nulla! Come sempre torno a ringraziarti e a chiederti come sempre di continuare a sostenermi in questo piccolo viaggio all’interno della piccola storiella che stiamo vivendo insieme! Un bacio, e grazie come sempre.
 
Sherlocked: oh tranquilla, Gabriel sa come rispondere alle prese in giro di Dean… ad esempio, continuo a chiedermi come il nostro bel cacciatore adesso giri per casa con un palco di corna che gli spunta dalla cima del cranio… messaggio subliminale da parte di Gabriel? Accidenti, controlliamo che Castiel non si stia dando alle orge! Comunque chiunque possiede un Behemah, soltanto che alcuni lo vedono e altri no. Sono i nostri animaletti custodi che, come si suol dire, rappresentano la perfezione che non potendo farsi uomo, si è fatta bestia. ^^ questo Gabriel non lo verrà mai a sapere, adoro vederlo impazzire alla ricerca di un Behemah che assomigli a un paguro (paguro? UN PAGURO???? Davvero, Gabriel?! Nd Tomi – Ehi, sono animaletti sfiziosi, anche tu ne vorresti uno! Nd Gabe). Ad ogni modo, grazie come sempre per i tuoi commenti bellissimi e spassosissimi, li aspetto sempre con ansia e ogni volta che li leggo corro a scrivere per non deludere te e chi mi sta seguendo con tanta pazienza! Grazie! Grazie di cuore!
Hibari_Hope: una recensione bellissima per una lettrice gentilissima! Se tu ti sei commossa leggendo quello che scrivevo, io mi sono commossa sapendo che ti eri commossa XD è sempre bello dare una spintarella ai sogni della gente per aiutarli a immaginare nuove cose e sì, per me gli angeli devono avere ali, sentimenti e tutte quelle cose lì che li rendono tanto umani quanto ultraterreni. Per ora ho trattato particolarmente la Sabriel, ma sappi che il Destiel è in agguato e spero di non deluderti quando lo farò scatenare! Grazie per i complimenti e per l’inaspettato commento, non pensavo potesse davvero piacere questa storia, perciò ringrazio te e coloro che mi seguono e recensiscono per la forza che mi date, spingendomi a proseguire con la pubblicazione. Grazie di cuore per il tuo bellissimo commento! Un bacio e a presto!
ThanatosTH: ohoh, Gabriel ha i suoi alti e bassi, ma se può interessarti sappi che ha davvero provato a infilare un palo su per il retto di Castiel, ma ho dovuto censurare la scena o sarei stata bannata… coff coff, non dire che te l’ho detto! Comunque tranquilla, sono molto affezionata a questi personaggi e farò il possibile per aiutarli, ma Dean si merita un po’ di dolore, non lo perdonerò per aver combinato quel casino con Castiel! E poi dicono che gli uomini non sono imbecilli a volte!                Be’, detto ciò come al solito ti ringrazio, a costo di essere picchiata per la troppa monotonia, ma non posso fare a meno di sentirmi felice ad ogni commento che leggo. Grazie ^^
Tomi Dark Angel
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Remember Who You Are ***


Il vento smise di accarezzare le foglie dell’albero.
Gli uccelli interruppero bruscamente il loro canto, virando a nord, lontano.
Il sole si oscurò, coperto da nuvole massicce e nere come la pece.
La natura acquietò ogni più piccolo suono, risucchiandolo in un pozzo di cupa attesa, di trepidante paura per ciò che sarebbe dovuto accadere di lì a poco.
Ramiel e Gabriel si fronteggiavano, irradiando luce su ogni punto della collina altrimenti oscurata dalle nuvole. L’aria e la terra cominciarono a vibrare così forte che Sam cadde in ginocchio, perdendo l’equilibrio, ma incapace di staccare gli occhi dalla scena che gli si parava dinanzi.
Non aveva mai visto Gabriel così infuriato, così pronto alla battaglia, nemmeno quando Raphael li aveva attaccati. Sembrava una montagna imponente e irremovibile, con quegli occhi pervasi di gelida decisione, le labbra strette e i muscoli gonfi sotto gli abiti. Guardandolo, Sam ebbe paura: in lui non c’era più traccia del caldo, giocoso Gabriel, che adesso aveva lasciato il posto a un’entità imperscrutabile, bellissima e terribile. Era chiaro che se anche il cacciatore si fosse intromesso, non sarebbe riuscito a fermarlo, e questo era agghiacciante quanto un cane col sangue agli occhi e la bava alla bocca che punta la gola di una preda. Era possibile fermare quel mastino durante il salto?
Le ali di Gabriel e quelle di Ramiel si distesero in tutta la loro imponente grandezza, stiracchiando le piume affilate e splendenti come tanti piccoli punti luce. Nonostante una delle ali di Gabriel fosse ferita, era chiaro che le sue fossero almeno due volte più splendenti di quelle di Ramiel, che emanavano un cupo riflesso blu che contrastava con l’oro pallido dell’avversario come un sole contrasterebbe in un cielo notturno.
Fu un attimo, un battito di ciglia. Sam sentì l’aria immobilizzarsi, vibrare più forte e un istante dopo ci fu un esplosione che lo scagliò via, facendolo rotolare sul bordo della collina fino a urtare dolorosamente la schiena contro un masso sporgente dal terreno che arrestò la caduta. Un vento gelido lo investì e istintivamente Sam chiuse gli occhi un attimo prima che la luce invadesse l’aria, forse il mondo, spazzando via ogni cosa nel raggio di miglia.
Si udì un boato e, socchiudendo gli occhi, Sam avvistò con fatica le due sagome degli arcangeli che lottavano in un serrato corpo a corpo fatto di lame argentate che fendevano l’aria e la carne. Entrambi si muovevano con la scioltezza di due gatti, danzando nell’aria così in fretta da sembrare due comete che sfrecciavano da una parte all’altra dell’intero universo. Le ali si piegavano, sbattevano e sfioravano l’avversario nell’intento di ferirlo abbastanza gravemente da costringerlo a una distrazione fatale. A volte le piume dei due arcangeli si incrociavano con violenza, emettendo un vibrare cristallino, come di vetri che si schiantano senza andare in pezzi. Le scintille che ne sprizzavano erano la prova della durezza micidiale di ogni penna.
Era uno spettacolo mirabile per i pochi che riuscivano a contrastare con gli occhi la luce emanata dai due arcangeli che di tanto in tanto gemevano o urlavano con la loro vera voce, facendo sanguinare le orecchie di Sam che tuttavia si rifiutò di coprirle. Tutta la potenza dell’universo sembrava concentrarsi nei colpi delle due magnifiche creature alate, le quali generavano un boato come di tuono e un bagliore accecante ad ogni stilettata incrociata con l’avversario.
Sam si guardò intorno e vide con orrore la terra bruciata, tranne che nel piccolo punto in cui si trovava. Gabriel doveva averlo protetto dalla potenza distruttiva dello scontro iniziale.
Si alzò barcollando, cercando di combattere le raffiche di vento che gli graffiavano la pelle, facendo a brandelli i vestiti. Ciò che vide lo lascio basito: in lontananza non v’era più una traccia di verde e per miglia e miglia le colline si presentavano completamente annerite o addirittura tranciate in due come se una spada gigante le avesse fatte a pezzi.
Un tuono fu liberato dal cielo e Sam tornò ad alzare gli occhi verso i due arcangeli. Gabriel era retrocesso per piegare un braccio e portarsi una mano davanti al viso. Il fulmine piovve dal cielo per concentrarsi in tutta la sua accecante potenza nel palmo dell’arcangelo, il quale distese all’istante il braccio, facendo esplodere la crepitante saetta contro Ramiel, che tuttavia compì un ampio gesto con un entrambe le braccia facendo materializzare davanti a sé uno schermo etereo ma dai riflessi argentati sul quale rimbalzò il fulmine, che si andò a schiantare su una collina poco lontana, spaccandone la vetta.
All’improvviso Ramiel si voltò per incrociare gli occhi di Sam. Ghignò.
-Tieni molto al tuo ragazzo, vero, Gabriel?- gridò in modo da essere sentito da entrambi.
Sam strabuzzò gli occhi, incespicando all’indietro quando capì cosa avrebbe cercato di fare Ramiel. Vide l’arcangelo sollevare la mano che impugnava la spada angelica e scagliarla con forza verso di lui. Il lancio fu talmente veloce che Sam non lo vide, ma si accorse chiaramente del lampo dorato che aveva intercettato la traiettoria dell’arma.
Gabriel gridò con la sua vera voce mentre la lama penetrava nella sua spalla e contemporaneamente Ramiel gli si scagliava addosso come un proiettile. Quando si scontrò contro Gabriel, il rumore prodotto fu uno schianto assordante, ampliato nel momento in cui entrambi gli arcangeli piombarono in cima alla collina, a pochi passi dalla lapide di Kendra, l’unica cosa rimasta intatta insieme all’albero…
Sam spiccò una corsa incerta verso i due arcangeli che cadendo avevano generato un cratere profondissimo, dando vita alla buffa imitazione della bocca di un vulcano.
Ramiel salì a cavalcioni di Gabriel e rigirò la lama nella sua carne, allargando la ferita. Gabriel urlò di nuovo, sbattendo disperatamente le ali per il dolore. La sua luminosità diminuì, scemando velocemente insieme alla vita che gli scivolava via dalle dita. Aveva gli occhi sbarrati, le labbra ancora spalancate in un gemito talmente sofferente da costringere Sam a coprirsi le orecchie per non doverlo ascoltare.
-Credevi di cavartela davvero, traditore che non sei altro?- ruggì Ramiel, alzandosi per assestare un calcio sul fianco di Gabriel. L’arcangelo gemette ma utilizzò tre delle sei ali per cercare di rialzarsi. Le sbatté con foga, generando un vento profumato che tuttavia fu insozzato da diversi schizzi di sangue.
Sam non si azzardò ad avvicinarsi alla scena. Sapeva che lanciarsi a testa bassa contro Ramiel sarebbe stato un autentico suicidio, perciò fece l’unica cosa che gli suggeriva il buonsenso: corse verso l’albero, le cui foglie tremavano ferite, forse per il suo legame con Gabriel. Il tronco di piegò ferito, le foglie cominciarono a cadere.
Sam si arrampicò sulle radici, graffiandosi le mani e spezzandosi le unghie nella foga di fare presto.
-Pensavi davvero di poter tornare ad amare, fratellone? Non hai ancora imparato la lezione, vero? Be’, sappi che del tuo… sentimentalismo, il paradiso non se ne fa niente! A Dio servono dei soldati che lo servano, non degli angeli che giocano a interpretare Romeo e Giulietta!- ruggì Ramiel, assestando un altro calcio sul fratello. Gabriel sputò un grumo di sangue, guardando impotente il liquido argentato della sua Grazia che scivolava fuori dagli occhi, dalla bocca e dalle orecchie. Quello era il suo ultimo atto, i suoi ultimi momenti, e li avrebbe passati da angelo libero.
Piantò le dita nel terreno e si fece forza per alzarsi in piedi, perdendo sangue a fiotti dalle numerose ferite, le stesse che riportava lo stesso Ramiel.
-Ti sbagli, fratello.- mormorò. –Perché dimentichi cosa ci ha generati? Nostro Padre non è il generale di un esercito, non lo è mai stato e mai lo sarà. Non ci ha mai chiesto di ammazzarci a vicenda, non ha mai professato la violenza. Noi prendemmo le armi per difendere il debole e servire l’uomo, la perfetta creatura di nostro Padre. Ciò che davvero sarà rigettato dal paradiso non sono io, ma tu e coloro che combattono forti di una rabbia che differenzia solo i demoni dagli angeli. Un vero angelo si distingue per la pietà che lo conduce a risparmiare lo sconfitto, non per la sua vittoria riportata sul debole. Si è angeli quando l’amore ti spinge a immolarti per qualcuno di veramente importante o quando la speranza rafforza il tuo braccio innalzato a protezione dei deboli, che si tratti di uomini o bestie. Si è angeli quando si provano delle emozioni, Ramiel. Ora lo so, e mi pento solo di averlo scoperto soltanto adesso. Sappi tuttavia che no, non mi pentirò di aver amato un mezzo demone e no, non mi pentirò per avergli salvato la vita. Se con la mia morte potrò donargli un domani, allora ho motivo di andarmene col sorriso sulle labbra.-
Con un gesto repentino, Ramiel afferrò la spada che sporgeva dalla spalla di Gabriel e la estrasse. L’arcangelo non gridò, non gemette. Semplicemente, si accasciò al suolo guardando il cielo con occhi tristi ma soddisfatti. Soffiò debolmente e una delle nuvole più nere sbiancò e si dissipò come vapore, lasciando spazio a un sottile ma intenso raggio di sole che piovve poco lontano da lui. Se ne sarebbe andato, ma l’avrebbe fatto lasciandosi il sole alle spalle. Per lui andava bene così.
Sam cadde, sbattendo la testa contro il tronco. Sentì il sangue inzuppargli la fronte, forse colando da un taglio che si era appena procurato, ma non si fermò. Cominciò a tastare il tronco, gli occhi che saettavano disperati da una parte all’altra della pianta morente.
-Ti prego, ti prego…-
Sam tirò un pugno al tronco, sfogando la sua frustrazione. Sentiva i due arcangeli parlare, ma più di tutto sentiva la voce sfinita di Gabriel. Il suo arcangelo stava morendo per lui, e questo lo annientava. Se solo si fosse spostato dalla traiettoria della spada angelica di Ramiel…
Una lacrima sfuggì alle ciglia di Sam e cadde ai suoi piedi, sulle radici dell’albero, che fremette.
-Da questa parte.- disse una voce flebile, remota.
Sam si voltò e vide il fantasma di una ragazza appoggiata al tronco dell’albero. Aveva lunghi capelli neri, la pelle abbronzata e due ridenti occhi verdi che anche nella morte non avevano perduto il loro ardore. Guardandola, Sam non ebbe difficoltà a capire chi fosse in realtà quel fantasma.
-Kendra?- chiamò con voce spezzata e lei annuì. Si spostò con uno svolazzo della veste bianca che indossava e sfiorò la mano di Sam con gentilezza, sorridendogli.
-In nomine Patris, iubeo, quo statuit fidem meruit infirmos*- recitò Kendra con voce solenne.
-Eh?-
-Pensa a lui e chiedi aiuto non per te stesso, ma per chi adesso soffre in tuo nome.-
Detto questo, Kendra sparì.
-Aspetta!- gridò Sam, ma il fantasma non riapparve. Guardò il tronco e vi appoggiò una mano, chinando il capo esausto. –So che non sono uno che prega, ma almeno adesso ho bisogno della tua attenzione. Se ci sei, se sei in questo albero, Signore, ti prego… non portarmelo via. Forse sono solo uno stupido mezzo demone egoista e non potrei chiederti niente, ma non voglio che me lo strappino dalle braccia perché vederlo morire sarebbe come lasciarmi alle spalle una parte della mia anima già distrutta… ti prego… ti supplico, qualunque sia il prezzo da pagare in cambio, sono disposto a pagarlo… In nomine Patris iubeo, quo statuit fidem meruit infirmos.-
Si udì uno scricchiolio e lentamente il tronco dell’albero si contorse, costringendo Sam ad allontanare la mano. I nodi di legno scricchiolarono, si sciolsero e scivolarono di lato generando una lunga apertura ellittica che scoprì una spada incastonata a fondo nel cuore dell’albero.
Sam afferrò l’elsa con entrambe le mani e strattonò con tutta la forza che aveva. L’arma si liberò senza opporre resistenza, facendogli perdere l’equilibrio e rotolare ai piedi dell’albero.
Un fascio di luce avvolse la lama, facendola splendere di Grazia divina. Sam la fissò ammirato, pensando che sì, quella era decisamente l’arma perfetta di Gabriel.
La guardia crociata era fatta di quello che sembrava diamante e lavorata in modo che ogni suo braccio rappresentasse delle ali studiate nei minimi dettagli, tre per parte. Al centro vi era incastonato un cristallo al cui interno splendeva un bagliore dorato e da esso si diramava una fitta rete di simboli tribali prima incisi, poi in rilievo che davano vita a un sottile filo di cristallo che si staccava dall’arma per avvolgersi prima strettamente intorno all’elsa a due mani che culminava con una delicata lavorazione poi in volute più larghe intorno a un quarto della lama fatta di quello che sembrava oro massiccio, nonostante Sam sapesse che non poteva trattarsi di un materiale così debole. La forma della lama era lunga e sottile, maneggevole e splendida con le sue incisioni a rilievo infisse al centro esatto del piatto della lama.
-Ora basta, Gabriel. È finita!- ruggì Ramiel, calando l’arma verso il petto di Gabriel. L’arcangelo chiuse gli occhi e sorrise, soddisfatto del suo operato.
Il suo ultimo pensiero fu per Sam, per i suoi occhi chiari e per la morbidezza delle sue labbra. Era un buon modo per andarsene.
-Ma che…!-
Gabriel spalancò gli occhi e vide il fantasma di una donna aggrappato al braccio di Ramiel con tanta foga da farlo sanguinare mentre le unghie affondavano nelle carni. Gabriel ci mise qualche istante, ma alla fine riconobbe quei lunghi capelli neri, quel gentile viso di donna così come gli occhi di smeraldo.
Kendra.
Ramiel sbatté le ali con violenza, generando un vento che spazzò via il corpo leggero della ragazza. Kendra sbatté la schiena contro il bordo del cratere e svanì. Gabriel cercò di tendere una mano verso di lei, verso quello che era stata e che lui aveva amato, ma non riuscì a muoversi. Alzò gli occhi e vide un bagliore dorato, qualcosa di grosso e sottile che si alzava al cielo.
Non è possibile…
Qualcosa di grosso ma agile balzò dal bordo del cratere, dritto verso di loro. Uno scintillio di lama che cala, uno schizzo di sangue e il corpo pesante di Sam che rotolava nell’erba lasciandosi alle spalle la schiena squarciata di Ramiel. L’arcangelo urlò, lasciando cadere la spada angelica con un tonfo cristallino che si propagò nell’aria e piegò la schiena in una posa addolorata, gesticolando nel vano tentativo di sfiorarsi la profonda ferita sanguinante che aveva quasi tranciato di netto una delle ali di sinistra, quella di mezzo.
Ramiel rotolò nell’erba, lasciando libero Gabriel, il quale non riusciva a staccare gli occhi da Sam, in piedi poco lontano da lui con una vera spada da arcangelo stretta tra le dita. L’arma era lucente, molto più di quanto Gabriel ricordasse, ma non era questo il problema: un umano, un mezzo demone per di più, non avrebbe potuto impugnarla.
-TU!!! UMANO SCHIFOSO!!! Te ne pentirai!- gridò Ramiel, rialzandosi.
Sam spostò lo sguardo spossato su Gabriel. Occhi cangianti d’oro e smeraldo si mescolarono in un vortice di emozioni, di sentimenti. Le iridi di Gabriel ripresero lentamente lucentezza.
Uno sguardo d’intesa, un leggero annuire di Gabriel che si alzava a sedere con le ultime forze rimaste.
Ramiel scattò, furioso come non lo era mai stato in vita sua e ormai desideroso soltanto di spezzare il collo a quell’umano che aveva osato tanto, che si era azzardato a toccare un arcangelo come lui.
Sam lanciò la spada, che compì un arco sibilante ma preciso nell’aria rarefatta del campo di battaglia. Rimase indifeso, con le braccia leggermente spalancate, gli occhi sbarrati ora fissi sulla morte che veniva a prenderlo nascosta tra le vesti di un arcangelo infuriato.
Sam indietreggiò, sicuro di perdere l’equilibrio e cadere, ma al contrario andò a sbattere contro qualcosa di gelido, duro e liscio. Un braccio avvolto di luce gli circondò le spalle e una voce eterea, vibrante come fatta di cristallo gli sussurrò di chiudere gli occhi. Era un suono talmente melodioso che Sam avvertì i timpani doloranti placare ogni dolore. Ubbidì.
-NO!!! NO, ASPETTA!!!- urlò Ramiel, indietreggiando.
-Torna nell’ombra, creatura; il tuo posto non è più nell’alto dei Cieli.- ruggì Gabriel un attimo prima di appoggiare con grazia la punta della spada sul terreno per poi rialzarla con un violento scatto del braccio. Dallo squarcio dorato aleggiante nell’aria che si lasciò alle spalle la lama scaturì un potente fascio di luce luminoso come il sole e implacabile come l’ira di Dio.
Sam si tappò istintivamente le orecchie con le mani e premette il viso contro il petto gelido di Gabriel, ma non fu necessario ripararsi poiché l’arcangelo aveva già avvolto entrambi in un morbido bozzolo di piume dorate. Le urla di Ramiel si udirono appena e l’esplosione che avvenne dalla distruzione dell’arcangelo non sfiorò minimamente Sam, ma invece si propagò sottoforma di onda luminescente per miglia e miglia, abbracciando i territori fino a quel momento massacrati.
-Puoi aprire gli occhi, se vuoi.-
Sam sollevò cautamente le palpebre per scoprire cosa fosse in realtà la superficie gelida contro cui si era appoggiato fino a quel momento, e la risposta fu la più assurda, ma anche la più bella che avesse mai potuto avere.
Gabriel indossava un’armatura. Ma non si trattava di una protezione piena di borchie e metallo uncinato come si vedevano nei film, no.
L’armatura di Gabriel era un rivestimento di placche fatte di quello che pareva cristallo rifinito con intarsi e sinuose decorazioni d’oro.
I bracciali aderenti agli avambracci e ai bicipiti decorati da splendenti volute dorate; gli spallacci leggermente sporgenti dalla forma abbozzata a formare delle piccole ali, riportate anche sul pettorale aderente che si attillava al fisico atletico dell’arcangelo, il cui viso, preceduto da un collare rigido che gli sollevava il volto in una sorta di superbo atteggiamento era cinto sulla fronte da un diadema d’oro intrecciato in volute delicate che ai lati del cranio fin dietro la testa si modellavano poi a costruire un ala per lato che si spiegava ad intrecciare le piume con la sua gemella, proprio dietro la testa. I gambali erano attillati, gli stivali lavorati in comode placche e sulla schiena, per lasciare libero movimento alle ali, l’armatura si spalancava in volute che ricadevano sulla spina dorsale per difenderla senza però intralciare le appendici piumate. Un fodero di cristallo pendeva lungo il fianco.
Sam sentì le ginocchia cedergli, ma Gabriel lo sostenne e gli accarezzò i capelli con i lisci guanti di maglia.
-Và tutto bene, Sam… è finita.- disse, alzando gli occhi su qualcosa fermo alle loro spalle. Gabriel tremò e lasciò andare Sam quando si fu accertato che il ragazzo fosse ben saldo sulle gambe.
Il fantasma di Kendra lo fissò sorridendo mentre si avvicinava con passo felpato, il capo chino, docile e lo sguardo basso di chi si vergogna troppo per alzarlo.
Alla fine Gabriel sfoderò la spada e piantò la punta nel terreno, inginocchiandosi ai piedi della ragazza. Gli tremavano le ali e le mani e il viso era pallido come quello del fantasma che aveva dinanzi.
-Kendra.- mormorò.
-Perché ti inchini a me, Gabriel?-
-Io…- Gabriel s’interruppe per trarre un profondo respiro e impedire al tono di voce di strozzarsi. Strinse forte le palpebre in un’espressione addolorata. -…per chiederti perdono, credo. Ti ho lasciata morire, non sono riuscito a fare niente per salvarti. Come se non bastasse, ora scopri di aver amato una bugia, un arcangelo che si fingeva uomo ma che aveva troppa paura per dirti la verità che meritavi. Credevo di fare qualcosa di buono amandoti e facendo crescere le migliori piante nel tuo campo, ma sbagliavo… io… ti ho portato solo morte.-
Gabriel lasciò andare la spada, che rimase piantata nel terreno, arma lucente e bellissima in perfetta armonia col padrone dall’aspetto altrettanto mirabile le cui ali, immense nella loro maestosità dorata, vibravano emozionate.
Gabriel tese le mani per aggrapparsi alla veste di Kendra e portarla al viso, dove pianse lacrime di amarezza, ricordando l’impotenza che l’aveva colto quando aveva guardato il viso terreo della sua amata. Aveva avvertito la sua anima scivolare via, ma non aveva mai avuto il coraggio di cercarla: era stato codardo due volte e di questo non poteva perdonarsi.
Due mani fresche gli accarezzarono il viso, spingendolo a levarlo insieme allo sguardo per incrociare gli occhi ridenti di Kendra, il viso disteso in un’espressione serena. Chinò il capo e gli baciò la fronte, poco al di sotto del diadema.
-Ti perdono, Gabriel, ma ti sbagli se pensi di avermi nascosto la verità. Ricordi quando ti incontrai per la prima volta? Quel giorno pioveva, ma nessuna goccia d’acqua riuscì a sfiorarmi. Ricordo di aver alzato gli occhi e in controluce mi era apparso qualcosa che sembrava incredibilmente un’ala. Fu un attimo, poi sparì, ma non dimenticai mai quella visione e adesso ho la conferma di non essermi immaginata tutto.-
Kendra si piegò per stringersi il capo di Gabriel al petto e baciargli i capelli biondi. Lui premette una guancia sui suoi seni, cingendole la vita. Si lasciò sfuggire un singhiozzo appena soffocato dalla veste di lei, che sorrise.
-L’ho sempre saputo, Gabriel e giorno dopo giorno ti ho osservato fare visita alla mia tomba, pulirla con le tue stesse mani come uomo e non come angelo. Ti ho amato, e ti amo ancora adesso, però devi lasciarmi andare.-
Gabriel sollevò lo sguardo per incrociare gli occhi gentili di Kendra, che sorrise. –Non posso più restare qui e tu hai una vita da vivere, perciò ti chiedo solo una cosa…- respirò a fondo e scivolò in ginocchio dopo aver estratto con una certa facilità la spada dal terreno. La porse a Gabriel. –Assolvimi.-
E l’arcangelo non se lo fece ripetere due volte. La strinse tra le braccia, piegando le ali verso di lei come a volerla proteggere dal mondo. Affondò il viso nei suoi capelli in un gesto disperato che sapeva di addio, e forse in realtà lo sarebbe stato. Non avrebbe mai voluto lasciarla andare, non avrebbe voluto separarsi da lei, ma Kendra aveva ragione: era ora di tornare a vivere e inseguire un ricordo sarebbe stato un errore per lui e per Sam che non l’aveva mai abbandonato e adesso era lì.
Chiuse gli occhi.
Inspirò a fondo.
Premette le labbra sulla fronte del fantasma.
Da dietro le palpebre serrate presero lentamente forma i ricordi di una Kendra viva, sorridente e felice. Gabriel la rivide arare i campi, tergendosi il sudore dalla fronte di tanto in tanto. La rivide sorridere, saltare sul posto battendo le mani per la felicità quando scoprì che il suo campo diventava ogni giorno più rigoglioso e soprattutto, Gabriel ricordò la morbidezza delle sue labbra, il calore del suo corpo e la sua risata argentina quando lui le faceva il solletico.
Il corpo di Kendra sbiadì fino a sparire, ma prima di andarsene, la ragazza si rivolse a Sam che aveva assistito con discrezione all’intera scena: -Prenditi cura di lui.-
§§§§
Dean parcheggiò l’auto vicino al bordo della scarpata del parco deserto e spense il motore. Appoggiò la testa contro il sediolino, traendo un profondo respiro. Se aveva pensato che la giornata non sarebbe potuta peggiorare dopo la notizia della ricomparsa del Graal, si era sbagliato di grosso.
Tanto per cominciare, non esisteva che Dean Winchester rifiutasse una cameriera super sexy, con tanto di tette quarta taglia e con scritto in faccia “Sono tutta tua”. No, non era normale. Eppure, era successo: la cameriera aveva avanzato delle avances verso di lui per ore intere e Dean si era sempre costretto a rispondere, convinto che il fastidio che provava verso quella donna sarebbe scomparso un attimo prima di scollegare il cervello mentre se la portava a letto. Quella sera era uscito dal motel col chiaro intento di distrarsi, magari con una birra e una buona nottata di sano sesso, e invece cosa si ritrovava tra le mani? Niente, e tanto per migliorare la situazione, Sindragon se n’era andato a spasso chissà dove.
Dean spostò il peso del corpo in avanti per appoggiare mollemente la fronte al volante. Chiuse gli occhi, ripensando a Castiel, ai suoi occhi limpidi e sinceri di angelo caduto. Ricordò il calore di quel corpo e si chiese come sarebbe stato stringerselo addosso, sfiorando ogni centimetro di quella pelle così morbida… setosa come solo quella di un angelo poteva essere…
-CAZZO!!!-
Dean sbatté ripetutamente la testa contro il volante, rimproverandosi per quei pensieri tutt’altro che virili verso il bell’angelo dagli occhi blu.
Calmo Dean, stai buono. A te piacciono le tette, ricordi? Quelle cose morbide, piene, che ti piace tanto mordere… Tette, non pettorali. Tette.
-Guarda chi si vede.-
Dean sollevò la testa di scatto, guardingo, la mano già stretta intorno al calcio della pistola. Samael era davanti alla portiera del guidatore, alto e statuario, tanto che Dean dovette uscire dall’auto per guardarlo in faccia. Lui non si mosse, ma tenne lo sguardo fisso sulla volta celeste, le mani in tasca, un ciuffo di capelli ribelli sulla fronte.
-Buffo che tu sia ancora vivo e vegeto con l’intero paradiso che dà la caccia a te e al tuo fratellino.- scosse il capo, desolato. –Accidenti, i miei fratelli devono essere caduti veramente in basso per non riuscire a vedere un cosino come te aggirarsi da solo per strade secondarie e deserte. Sarebbe stato più che semplice farti a pezzi senza nessun arcangelo che ti parasse il sedere, ma la mia sfortuna non accenna ad abbandonarmi.-
-Lieto di averti rifilato l’ennesimo calcio in culo, figlio di puttana.-
Samael rise, gettando indietro il capo. Tuttavia, qualcosa in quel suono fece rabbrividire Dean, che tuttavia si ostinò ad ostentare la sua solita faccia da schiaffi che in più di un’occasione lo aveva contraddistinto.
-Sai cosa mi manda in bestia?-
-No, e non mi interessa. Cos’è, vuoi che ti consoli?-
-No, voglio che tu sparisca.- sputò Samael tra i denti. Un bagliore bronzeo scintillo dietro la sua schiena, segno che l’angelo stava facendo il possibile per trattenere le ali. –Detesto che nonostante tu abbia fatto soffrire Castiel, lui ti ha perdonato! Ti perdona sempre, dimentica tutte le stronzate che fai, e si sacrifica ogni giorno per una scimmia arrogante come te!-
Samael pestò un piede per terra, frustrato. L’aria crepitò intorno a lui, ma Dean si costrinse a non indietreggiare, stupito da quell’improvviso attacco d’ira.
-Sai quante volte gli abbia chiesto scusa? L’ho salvato, aiutato, e lui continua a volere te! Si ostina a proteggerti, quando invece andresti rigettato nell’inferno da dove Castiel ti ha ripescato! Mi sono fatto in quattro per farmi guardare in faccia da lui, ma Castiel niente, continua a non rivolgermi la parola, a non volermi nemmeno sfiorare! E adesso sbuchi tu che con un semplice sguardo lo fai cadere ai tuoi piedi! Cos’hai più di me?!-
Dean fu sbalzato in aria da una forza invisibile. Oltrepassò in volo l’Impala, pronto a un violento impatto contro l’albero più vicino. Chiuse gli occhi, preparandosi… ma lo schianto non avvenne.
La schiena di Dean urtò qualcosa di morbido e soffice, nel quale l’intero corpo del ragazzo affondò come in una coperta di seta. Un mare di piume argentate lo circondò, abbracciandolo in una carezza dolce come quella di una madre. Un fiotto di calore lo sfiorò e Dean si sentì bene, colmo di energie.
Conosceva quelle piume gigantesche, soffici come niente di terreno sapeva essere.
Conosceva il profilo dell’uomo che posava gli occhi blu cobalto su uno spossato Samael.
Conosceva quei capelli adesso spettinati che lo rendevano ancora più sexy del normale.
Soprattutto, Dean conosceva il trench che l’uomo indossava.
-Castiel…- mormorò Samael, indietreggiando di un passo. Castiel aggrottò le sopracciglia in un’occhiata accigliata e l’aria che fino a quel momento aveva crepitato come elettrizzata intorno a Samael si acquietò, spandendo nell’aria un profumo di fiori e aghi di pino appena spiccati. Sorpreso, Dean riconobbe il profumo di Castiel.
-Cosa stai facendo, Samael?- disse l’angelo in tono severo. Dean si beò di quella voce profonda, tanto che chiuse gli occhi, abbandonandosi al suo suono melodioso. Aveva creduto di non poterla udire mai più.
-Io…- Samael esitò, poi contrasse il viso in una smorfia e chinò il capo, sconfitto. –Niente. Chiedo scusa.-
-Non dovresti essere qui, torna al tuo posto.-
-Stavo sorvegliando l’umano.-
-Non ce n’era bisogno, se ne stava già occupando Jeliel. Non ti permetto di avvicinarti ancora a questo ragazzo.-
Allora Samael esplose di nuovo, stavolta sul serio. L’ala di Castiel si piegò quel tanto che bastava per avvolgere Dean in un bozzolo di piume un attimo prima che una luce calda e purissima esplodesse, diffondendosi nell’aria ad onde sempre più larghe. Le piante che ne furono toccate fremettero e piegarono verso Samael i rami o i fili d’erba, rafforzandosi ad ogni onda lucente che le bagnava, abbeverandole come acqua antica, priva di ogni umana impurità.
Le ali bronzee di Samael si distesero in tutta la loro immensità, coprendo con le loro piume brillanti metri d’aria vibrante. Erano enormi, poco più piccole di quelle di Castiel, ma altrettanto belle, con le piume soffici, delicatamente sovrapposte in file ondulate, dolci come sogni di bambino.
Castiel le osservò senza riuscire a impedirselo. Ricordava bene tutte le volte che quelle piume l’avevano avvolto, stretto al corpo di Samael, difendendolo dal mondo e dalle sue debolezze. A quel tempo era ancora giovane e in addestramento per cancellare qualsiasi emozione lo contraddistinguesse da qualsiasi altro angelo guerriero. Era stato un percorso difficile, ma Samael non lo aveva abbandonato mai. L’aveva sostenuto, consolato e si era sempre occupato di alleggerirgli le sofferenze a costo di rischiare la cruda punizione del loro supervisore Virgilio. Quella volta Castiel credette di essersi innamorato e donò tutto se stesso a quell’angelo che adesso gli stava davanti con la rabbia negli occhi e un atteggiamento arrogante in viso.
Castiel stiracchiò l’ala che reggeva Dean per permettergli di tornare a vedere.
Il cacciatore spalancò la bocca per protestare, ma rimase di sasso alla vista delle ali di Samael. Castiel non poteva dargli torto: se a lui non erano indifferenti, non poteva immaginare quale meraviglia esercitassero su un essere umano.
-Cos’ha lui più di me, Castiel? Non ti ha mai voluto, ha quasi mandato in frantumi la tua Grazia e tu l’hai perdonato! Perché? Perché gli errori di una scimmia senza peli sono perdonabili mentre i miei…-
-Adesso basta.- sibilò Castiel, il tono minacciosamente calmo. Samael conosceva quel modo di fare e sapeva di essersi avvicinato una volta di troppo al limite. Un’altra parola e Castiel sarebbe intervenuto a modo suo.
La luminosità delle ali di Castiel accrebbe, accecando Dean, che tuttavia socchiuse gli occhi fino a farli lacrimare pur di non distogliere gli occhi da Cass. L’angelo aveva assunto una posa più rigida del solito, le spalle dritte e le gambe leggermente divaricate. Gli occhi stretti in uno sguardo affilato lanciavano lampi di puro avvertimento di una furia prossima all’esplosione, una rabbia che fece rabbrividire Dean al solo pensiero di assistervi.
-Torna al tuo posto, Samael. Adesso.-
Senza replicare, Samael ubbidì e scomparve, dissolvendosi nel nulla.
Castiel si rivolse a Dean in tono incolore ma autoritario: -Devo scusarmi per il comportamento del mio sottoposto, non avrei dovuto lasciargli tanta libertà di movimento. Non accadrà più.-
Dean era senza parole. Castiel sembrava tornato ai tempi del loro primo incontro. Il suo atteggiamento marziale, rigido, sembrava aver abbandonato ogni parvenza di umanità ritrovata dall’angelo prima di morire contro Raphael. Come se non bastasse, adesso Castiel gli parlava come se Dean fosse un perfetto estraneo e questo più di tutto il resto lo mandò in bestia.
L’ala dell’angelo si sollevò lentamente, facendolo scivolare a terra, dove Dean atterrò in piedi ma un po’ instabile. Guardò Castiel con rabbia, gli si avvicinò e senza pensare gli sferrò un pugno in piena faccia.
Il dolore alla mano esplose in tutta la sua devastante potenza, ma Dean non si permise di urlare. Si morse le labbra a sangue, maledicendosi per la sua impulsività.
-Lascia, faccio io…- cercò di dire Castiel, ma Dean indietreggiò.
-Non mi toccare.- sputò tra i denti. Quelle parole ebbero un effetto inaspettatamente devastante su Castiel: le sue ali persero luminosità e il suo corpo tremò visibilmente, come scosso dalle convulsioni. Gli occhi cercarono disperatamente di restare impassibili, ma pochi istanti dopo si coprirono di uno sguardo addolorato, ferito.
 Visto in quello stato, Castiel sembrava immensamente fragile e indifeso. Per un attimo Dean provò pietà per lui, ma poi decise di non dargliela vinta.
-Deve essere stato divertente spassarsela in giro dopo aver fatto credere a tutti che eri morto, vero? Sono mesi che ti chiamo, mesi che aspetto di vederti ricomparire e quando alla fine mi rassegno all’idea di non vederti più mi trovo davanti un maledetto cane che ha i tuoi stessi occhi e mi fa pensare che ti sei trasformato in un sacco di pulci ambulante! Ho avuto gli incubi per mesi e tu restavi a guardare! Ti ho aspettato e tu eri in giro insieme a quel coglione di Samael che ha evidentemente perso la testa per te! Ci hai presi tutti per il culo e adesso che sei tornato speri che ti abbracci e ti baci?! Vaffanculo, Castiel!-
Dean voltò le spalle e fece per andarsene quando un gemito lo fece trasalire. Castiel era in ginocchio, le ali distese per terra in due bellissimi tappeti di piume setose. L’angelo aveva il capo reclinato in avanti e una mano premuta sul fianco.
-Cass!-
Dean tornò sui suoi passi e si inginocchiò nell’erba, al suo fianco. Lo costrinse ad alzare il viso e vide la sua pelle sbiancare, gli occhi socchiusi di chi sta per svenire.
-Cass, che cazzo succede?- esclamò, chinandosi per strappare la mano di Castiel dal fianco. I suoi occhi si posarono su una grossa macchia di sangue che andava allargandosi, macchiando la camicia.
-Che accidenti hai combinato?!-
-Niente… ho solo… questa ferita ha parecchi giorni.-
-Non puoi guarirti?-
-Io…-
Ma Castiel non riuscì a concludere la frase. Il suo capo crollò in avanti, il corpo si inclinò pericolosamente e l’angelo cadde svenuto tra le braccia di Dean, le ali inermi e il respiro ansante.
 
*”In nome di Dio Padre io ti ordino, innalzati dove i deboli meritano difesa.”
Angolo dell’autrice:
A breve mi arriverà una denuncia dal paradiso… ok, ammetto che li sto maltrattando davvero questi angeli! XD va bene, ho deciso di far patire i nostri umani, ma credo che Sam si meriti un applauso per il suo gesto eroico e a breve Dean non sarà da meno. L’ho trascurato per i miei motivi… o meglio, l’ho fatto per colpa di Samael. Lui porterà non pochi problemi, ma immagino che si sia capito che sarà un osso duro da combattere se Cass e Dean vorranno mantenere un legame. Non nego tuttavia di provare una certa pena per Samael, e nel prossimo capitolo se ne delineerà il motivo, anche se immagino sia in parte intuibile dall’ultima parte di questo capitolo. Dunque, che dire? Come al solito mi trovo a stravolgere e a infangare con i miei scritti la bellissima opera di Supernatural e delle creature che lo abitano e sono certa che a breve mi giungerà una lettera di protesta da parte dei registi, se non fa prima qualche killer incaricato di fermare questo abominio. Va bene, detto ciò, passiamo ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli!

Blacasi: secondo me invece, Gabe e Kendra erano dolcissimi insieme, ma concordo, Sam non si tocca, anche perché al momento mi sta puntando contro una pistola e no, Sammy… Sam, volevo dire Sam… non sto cercando di avvertire qualcuno perché venga ad aiutarmi… ed eccoti Cass, anche se non completamente vivo e vegeto. Se chiama il numero azzurro per angeli dopo avrà di che preoccuparmi… lo sto maltrattando, ma ho i miei scopi muahahahah!!! Ohohoh, Dean avrà più di una cosa da ridire riguardo la presenza di Samael! Comincia a preoccuparti, Deanuccio! Be’, ora ti lascio e come al solito mi inchino al tuo cospetto e al tuo bellissimo commento, abbracciandoti virtualmente per la forza che mi danno le tue recensioni!
 
xena89: ma quale ramanzina, Dean non sarebbe mai riuscito a trattenere un cazzotto ben piazzato, e complimentiamoci per la sua intelligenza, comunque… il lupo perde il pelo, ma non il vizio! Menomale che non gli ha dato una testata, altrimenti immaginati le conseguenze… be’, si Gabe amava molto Kendra, ma forse per lui è ora di andare avanti, tu che ne pensi? Grazie ancora per il commento e a presto, sperando di leggere un’altra delle tue splendide recensioni!
Sherlocked: Gabriel, il tuo personaggio preferito? Dannazione donna, non solo hai un nickname che merita un applauso (Sherlock è… meraviglioso, accidenti!) ma adori anche Gabriel! Solitamente non se lo pensa nessuno, e mi spunti tu che dici di adorarlo? Colpo di scena, gente!!!! Qui qualcun altro a parte me ama da morire l’arcangelo trickster! Be’, su Ramiel c’è ben poco da dire se non che è un… un… (PEZZO DI MER…AVIGLIA!!! Nd Gabriel che si corregge all’occhiataccia dell’autrice) bene, ora mi parli anche di Harry potter! Stai riassumendo tutto ciò che preferisco e lo sai che non ci avevo pensato agli horcrux? XD dannazione, sono caduta proprio in basso! Oddio, il Behemah paguro sarebbe un casino, pensa ai casini che combinerebbe Dean cercando di cucinarlo… sarebbe l’apocalisse! Comunque grazie per il commento, come sempre meravigliosa, divertente e mi motivi a scrivere ! grazie e a presto!
Tomi Dark Angel

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Capitolo 12
*** Le Ali Spezzate ***


-Ahi ahi, dovevo immaginare che si sarebbe ridotto male.- borbottò Gabriel, guardando Castiel e scostandogli i capelli dalla fronte con una dolce carezza.
Si trovavano a casa di Bobby da circa due giorni e Castiel non si era ancora ripreso. Restava incosciente, mortalmente stabile, senza avvisare cambiamenti. Il viso si manteneva innaturalmente pallido, la ferita continuava a sanguinare copiosamente e Gabriel, che si era voluto premurare di fasciarlo personalmente, aveva annunciato che il corpo di Castiel era coperto di ferite analoghe, o forse addirittura ben più gravi. Secondo l’arcangelo, suo fratello aveva passato tutto il tempo trascorso lontano da loro a combattere contro legioni di angeli. Se Dean ci pensava si sentiva a pezzi per aver sgridato Castiel in quel modo prima che perdesse i sensi. Non doveva essere stato facile tenere d’occhio le sue battaglie e le loro, per non parlare di Samael che l’aveva costretto a intervenire. All’improvviso la freddezza di Castiel non sembrava più tanto aliena, visto quello che aveva dovuto passare.
-Si riprenderà?- chiese Sam, guardando Gabriel con intensità.
Quello era un altro aspetto che Dean si sarebbe fatto spiegare a breve dal suo santissimo fratello: da quando si erano ritrovati tutti lì a casa di Bobby in seguito a una telefonata di Dean a Sam, il giovane Winchester non si era mai allontanato da Gabriel. Gli gravitava intorno, guardandolo di tanto in tanto come se vedesse qualcosa in lui, una luce di salvezza o qualcosa di simile.
In compenso, anche lo stesso Gabriel sembrava restio ad allontanarsi da Sam. Anche se i due si parlavano poco, Dean sentiva che tra loro si era creato una sorta di legame che non aveva bisogno di parole. Bastava uno sguardo, uno sfiorarsi di mani per far sentire all’altro che andava tutto bene. Ancora un poco e Dean si sarebbe ingelosito davvero, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
-Non lo so, dolcezza. Gli hanno iniettato un veleno niente male… credo che si tratti di acqua santa sconsacrata.-
-Si può sconsacrare l’acqua santa?-
-Tu che dici, mio dolce pasticcino alla crema?-
Dean si passò una mano sul volto, guardando Castiel così immobile, indifeso. Ripensò alle cose che gli aveva detto prima che perdesse i sensi e si chiese se adesso quegli stessi momenti stessero rivivendo negli incubi del suo angelo. Aveva sbagliato ad aggredirlo così, a non voler ascoltare alcuna spiegazione. Sì, aveva sbagliato, e adesso ne pagava le conseguenze, e con lui Castiel stesso.
Si lasciò cadere su una sedia accanto al letto di Castiel senza staccargli gli occhi di dosso. No, non voleva accettare che il destino glielo avesse restituito un attimo prima di portarglielo via nuovamente. Aveva già vissuto una parte di vita in assenza del suo angelo ed era stato tremendo. No, Dean si rifiutava di ripetere l’esperienza e a costo di sembrare egoista, non avrebbe concesso a nessuno di portarglielo via di nuovo, che si trattasse di un arcangelo come Raphael o di uno stronzo come Samael. Castiel era suo e di nessun altro, e questo l’avrebbe dimostrato al mondo intero, l’avrebbe marchiato con le sue mani pur di convincere il resto del mondo a non torcere più una piuma a quelle ali d’argento adesso rientrate in quel corpo piccolo, che non pareva capace di contenere appendici alate così grosse.
Una mano grande si appoggiò dolcemente sul suo capo, chinandolo leggermente sotto il suo peso. Dean guardò Gabriel di sottecchi e quasi non si accorse che Sam e Bobby se n’erano andati.
-Mio fratello è uno tosto, se la caverà. Ha affrontato Raphael a testa alta e ne è uscito vincitore, supererà anche questa.-
Dean scrollò il capo, scansando la mano di Gabriel. –Ehi! Non sono mica un cane! Se lo fai un’altra volta ti taglio le dita e mi ci faccio una collana!-
Gabriel sorrise.
-Oh, non c’è di che.-
-Non ti ho ringraziato!-
-Non l’hai detto, ma l’hai pensato.-
-Fottiti!-
Gabriel scoppiò in una sonora risata e uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Idiota.
Dean tornò a guardare Castiel: la sua espressione era contratta, sofferente, e lui non poteva fare nulla per aiutarlo. Dean si sentiva impotente, sconfitto da un male che non sapeva curare. Ancora una volta, lo stava guardando morire senza far niente, umano piccolo e incapace davanti alle sofferenze di un angelo spezzato da un male all’apparenza troppo forte per essere sconfitto.
-Perché Gabriel non fa qualcosa?- mormorò Dean, aggrappandosi alla mano gelida di Castiel. –Dov’è Dio? Dov’è la giustizia mentre un angelo soccombe per aver combattuto per ciò in cui crede? Perché ci hanno lasciati soli, Cas?-
Lentamente, quasi senza accorgersene, Dean si sdraiò al fianco dell’angelo svenuto, cingendogli la vita con un braccio. Intrecciò le gambe a quelle di Castiel, guardando quasi con avidità quei lineamenti nobili, alteri e bellissimi, accarezzati dai capelli scuri e scompigliati. Era così umano, eppure così angelico.
Potente e alato, ma anche dolce e fragile. La perfetta mescolanza, con quel pizzico di mancato senso dell’umorismo e con quell’atteggiamento sempre protettivo, pronto a scendere in campo al loro fianco.
Castiel era questo: protezione, innocenza… amore.
Con quest’ultimo pensiero, Dean chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro una tempia di Castiel, emettendo un sospiro basso e una preghiera a bassa voce: -Ti prego, lui no.-
§§§§
Quando Dean aprì gli occhi sulla radura, ci mise ben poco a riconoscerla. Quel posto immerso nel verde e coperto come da una cupola di rami intricati e ricoperti di foglie di smeraldo a tratto bucherellate da sottili fasci di sole aveva albergato nei suoi sogni e nei suoi pensieri per mesi e mesi. Il profumo di fiori che si spandeva nell’aria, i tronchi stiracchiati degli alberi che abbracciavano la radura in un circolo frastagliato… e infine il laghetto. E lì, in piedi sul bordo della sponda, c’era lui.
Castiel gli dava le spalle, ma bastò un’occhiata veloce per capire quanto fosse diverso dal solito, in mancanza dei soliti abiti da contabile poco raccomandabile. Al posto di trench, giacca e cravatta, Castiel indossava soltanto un paio di larghi pantaloni argentati di seta morbida, drappeggiata, coperta in vita da una fascia bianca che si annodava davanti all’inguine e cadeva sul davanti, giù fin quasi a sfiorare il terreno. Il torso era scoperto e da lì, seppur in buona parte coperta dalle ali immense, gloriose seppur ripiegate per non occupare l’intera radura con una sola appendice alata distesa, la schiena allenata e ben delineata dava bella mostra di sé agli occhi di Dean, per non parlare del fondoschiena alto e tonico.
Come in trance, Dean si accostò a lui, ma non osò toccarlo per paura che sparisse.
-Non dovresti essere qui, Dean.-
Dean sussultò come un bambino sorpreso con le dita nella marmellata, ma quando Castiel si voltò verso di lui, ogni paura, ogni insicurezza, furono risucchiati da due immensi occhi di un blu talmente luminoso da illuminargli l’intero viso.
Castiel lo fissò per qualche attimo, poi tornò a dargli le spalle. –Non dovresti essere qui.- ripeté, ma Dean si avvicinò comunque. Lo affiancò, posando lo sguardo sulla superficie tranquilla del laghetto. L’acqua era trasparente, pulita e rilassante mentre ondeggiava lenta, emettendo un debole sciabordio.
-Cass…-
-Non importa.-
Dean guardò Castiel, ma in pochi istanti un’ala soffice e leggera come l’aria si posò sulle sue spalle, rivestendole di un pregiato manto di piume color dell’argento colato. Dean ne sentì la consistenza e la fragilità e si chiese come avesse potuto qualsiasi nemico tentare di ferire in battaglia quelle ali meravigliose e quell’altrettanto meraviglioso angelo.
-Siamo nella mia testa?-
-Non nella tua, Dean. Sei nella mia.-
Dean lo guardò sbarrando gli occhi, allucinato all’idea di essere penetrato chissà come nella mente di un angelo.
-Come…-
-La mia parte di Grazia che c’è in te ha reagito alla sua gemella, trascinandoti qui. Per rendere possibile una cosa del genere dovresti trovarti molto vicino a me.-
Dean abbassò lo sguardo, colpevole. Ricordò di essersi addormentato abbracciato al piccolo corpo dell’angelo, aggrappandosi alla sua carne e alla preghiera di lasciarlo vivere. Chi aveva pregato, poi? Dio? Non erano cose da lui, quelle, però l’aveva fatto. E no, non capiva perché.
-Devi andartene, non reggerò a lungo.- mormorò Castiel, passandosi una mano sul viso. Dean notò che la mano gli tremava, perciò la strinse tra le sue sotto lo sguardo stupito dell’altro e se l’appoggiò in grembo, senza trovare il coraggio di rialzare gli occhi.
-Non ti lascio solo un’altra volta, coglione piumato che non sei altro.- sbottò, non senza un filo di imbarazzo. Le ali di Castiel splendettero. –L’ho fatto una volta e ne hai pagato a caro prezzo le conseguenze. Adesso tocca a me salvarti il culo.-
Castiel sorrise amaramente, una smorfia che gli deformò il viso pallido che lentamente pareva farsi sempre più esangue. La terra sotto i loro piedi tremò così forte che Dean si aggrappò istintivamente alla spalla di Castiel per non cadere.
-Che cazzo succede?- esclamò, ma in quel momento Castiel lo strinse tra le braccia, premendogli la testa contro il suo petto caldo mentre una corrente d’aria bollente li investiva in una folata infuocata che cancellò come una gomma su un foglio sporco di grafite ogni segno della radura paradisiaca. Le piante intorno a loro raggrinzirono, ripiegandosi su loro stesse e sbriciolandosi in sabbia dorata, sottile, che a breve ricoprì l’intero paesaggio come una coperta alterata da dune di diverse dimensioni.
Le ali di Castiel si scostarono insieme alle sue braccia, rivelando il panorama sconfinato di un deserto baciato dalla luce bollente del sole. Dean cominciò subito a sudare, ma subito un’ala di Castiel lo abbracciò. Il cacciatore si sarebbe aspettato di morire di caldo sotto quella massa di piume, ma non fu così: un senso di sollievo e refrigerio lo pervase insieme a un benessere che Dean attribuiva solo e soltanto al suo Cass.
-Fammi capire, hai le ali adattabili all’ambiente? Le usi anche per congelare o riscaldare gli alimenti, per caso?- domandò sarcastico, ma Castiel non rispose. Guardava qualcosa in lontananza, un puntino nero che arrancava verso di loro stancamente. Anche Dean strinse gli occhi per guardare meglio, ma Castiel lo afferrò per le spalle, costringendolo a guardarlo.
-Devi andartene. Ora.-
-Cass, cosa…-
-Questi sono i miei ricordi. Esci di qui adesso, Dean!-
Ma Dean non voleva. La possibilità di poter conoscere almeno un po’ quell’angelo solitamente così riservato sul suo passato lo affascinava, attirandolo come un’ape al miele. Il deserto intorno a loro vibrò violentemente mentre alcune dune di sabbia venivano spazzate via per essere sostituite a sprazzi dall’erba soffice della radura.
Castiel, quello vero, stava opponendo una fiera resistenza ai suoi peggiori incubi. Non voleva che Dean vedesse, che sapesse, ma era troppo stanco per reagire a dovere.
Si sforzò ancora una volta in un ultimo gesto disperato, ma alla fine crollò in ginocchio, il corpo sudato e le ali scosse da tremiti violenti. Chinò il capo, sconfitto, ma Dean, che intanto aveva cominciato ad avanzare come ipnotizzato verso la figura davanti a lui, non lo vide.
Alla fine il cacciatore raggiunse l’uomo, ma all’istante desiderò non averlo mai fatto, pregò di tornare indietro nel tempo per dare ascolto a Castiel e uscire da quell’incubo.
L’uomo che Dean aveva inseguito era Castiel stesso. Non si chiese come mai quel ricordo, che doveva risalire a secoli prima rispecchiava un Castiel con l’aspetto di Jimmy Novak, non si chiese perché tutto questo stesse succedendo. Ogni pensiero fu risucchiato all’istante dalla creatura massacrata che aveva dinanzi.
Quel Castiel aveva il capo chino, i capelli scompigliati e sporchi di sangue, un braccio e una gamba spezzati, le spalle ingobbite, di cui una ricadeva in una strana angolatura, come se fosse lussata. Indossava semplicemente i suoi pantaloni di seta, ormai insozzata da sangue, sabbia e sudore.
-C…Cass?-
Castiel alzò il viso, facendo perno sull’unico braccio sano per sollevare quantomeno il busto dalla sabbia. Dean avrebbe voluto che non l’avesse mai fatto, avrebbe voluto non osservare mai più quel viso pallido, sporco di sangue, coperto di tagli e ferite. Nonostante tutto, ciò che più colpì Dean, furono gli occhi: di un blu scuro, spento e vacuo, parevano aver perso ogni scintilla di luce e di emozione. Qualcuno aveva soffiato sulla fiamma che aveva sempre alimentato quello sguardo, rendendolo esausto, incolore, privo di vita in un corpo ancora vivo.
Era un incubo che si realizzava, un cadavere che per pura inerzia sembrava spinto a muoversi. Le ali, un tempo argentate, erano entrambe spezzate, arruffate e ingrigite, private della loro bellezza come il padrone che se le trascinava dietro come delle catene maledette, chilometriche e incredibilmente pesanti.
Dean non aveva mai visto qualcosa di così triste in vita sua. Cercò di distogliere lo sguardo, ma i suoi occhi erano come incatenati a quella visione maledetta, soffocante come aria che mancava ai polmoni.
-C… Castiel…-
Finalmente, Dean distolse lo sguardo. Alle sue spalle, a pochi passi da Castiel, era comparso un altro angelo abbigliato alla romana, con una lunga tunica rossa indosso e un’aria maledettamente familiare.
Samael fece un passo verso Castiel, tendendo una mano verso di lui, ma l’altro lo guardò stordito, come se non lo riconoscesse, e allora Samael si fermò, cristallizzato in quella posizione.
-P… erché?- esalò Castiel con voce flebile, morente. Samael indietreggiò.
-Io… io non volevo… ti giuro Castiel, non…-
-Non posso più volare…-
Samael si zittì, gli occhi sbarrati e colmi d’orrore posati sulle ali spezzate, annerite come da una macchia di pece. Castiel cercò di allungare una mano verso Samael col solo risultato di essere colto da uno spasmo e cadere con la guancia nella sabbia, restandovi immobile, spezzato.
-Non ho mai voluto tutto questo, lo giuro! Non era mia intenzione, Castiel, ho perso il controllo!!! Alzati! ALZATI!!!- gridò Samael, cercando di afferrarlo, ma prima che ci riuscisse, un’altra mano comparve ad arpionargli il polso in una presa ferrea che gli fece scricchiolare l’osso. Samael gemette e posò lo sguardo sul nuovo angelo comparso, un uomo con corti capelli biondi e gli occhi azzurro cielo. Vestiva alla maniera degli angeli, con larghi pantaloni di seta bianchi e una fascia azzurra legata in vita.
-Balthazar…-
-Adesso basta, Samael.- ordinò con voce grave.
Si udì un battito d’ali e alle spalle di Samael comparve Gabriel.
Era vestito come Balthazar, con la sola differenza di avere una fascia dorata e non azzurra in vita e fissava Castiel con compassione mista a sofferenza. Raggiunse suo fratello e gli toccò una spalla, chiudendo gli occhi nel disperato tentativo di curarlo, ma alla fine guardò Balthazar e scosse il capo, addolorato.
-Cosa ci fate qui?- sussurrò Samael, ma Balthazar posò su di lui uno sguardo rabbioso e in un attimo Samael fu sbalzato lontano e atterrò sul fianco di una duna di sabbia, dove rotolò diverse volte prima di fermarsi con un gemito strozzato.
-Vattene, Samael! Non sei più ammesso tra i miei sottoposti, e che Dio Padre ti perdoni, poiché in me mai più troverai traccia di perdono!- urlò Gabriel, spiegando le ali dorate, che irradiarono una luce accecante più di quella del sole, costringendo Dean a schermarsi gli occhi con un braccio. Le piume si fecero affilate, taglienti e minacciose di riflessi che le attraversarono come lame di coltelli. -Ti raggiunga la mia maledizione e quella di mio fratello, traditore! Che tu possa mai più raggiungere il Paradiso dove tradimento mai fu ammesso! Così come Michael scacciò Lucifer dall’alto dei Cieli, così io con l’autorità di arcangelo ti condanno a non poter mai più raggiungere i tuoi fratelli, poiché l’altezza del Paradiso sarà sempre troppa per essere raggiunta da ali pesanti come solo quelle di un traditore potranno essere! Tu sia maledetto!-
E Gabriel tese un braccio, sollevandolo davanti a sé per indicare un tremante quanto stravolto Samael in un gesto di condanna definitiva.
Fu allora che anche Balthazar spiegò le ali cangianti, che dal blu sfumavano all’azzurrino sulle punte delle ultime piume. Erano ali enormi, forse anche più di quelle di Gabriel, tanto che sembrarono occupare lo spazio di dune e dune di sabbia, stiracchiate com’erano in tutta la loro tremenda maestosità.
Ali dorate e ali azzurre sbatterono all’unisono, spazzando via una parte della sabbia del deserto, rimodellandolo come solo due angeli di alto grado avrebbero potuto fare. I riflessi brillanti delle loro ali si rifletterono tutto intorno a loro in una corona di luce arcobaleno, uno spettro luminoso che fece cadere Dean nella sabbia, costringendolo a chiudere gli occhi.
Udì il grido di Samael mentre veniva spazzato via, il debole battito d’ali che cercava di contrapporsi alla condanna appena emessa. Infine, tutto finì e quando Dean riaprì gli occhi, non vi era più traccia di Castiel, Balthazar, Gabriel e Samael. Restava solo lui, solo tra le dune di sabbia rimodellate da un vento profumato di fiori, solo con i suoi pensieri.
Castiel in quello stato. Non poteva più volare.
Samael che si scusava.
Gabriel che perdeva il controllo e condannava un altro angelo alla punizione peggiore che si poteva immaginare: l’esilio.
-Basta così!- esclamò una voce, e Dean si voltò. Castiel, un Castiel vivo, sano e infuriato come Dean non l’aveva mai visto, si stagliava dinanzi a lui, pallido di gelida furia, emessa a fiotti dagli occhi assottigliati in uno sguardo rabbioso.
-Cass, aspetta…-
-Fuori di qui. FUORI!!!!!- urlò Castiel, sbattendo le ali una volta, talmente vicino che una delle sue piume taglio di striscio l’avambraccio di Dean, facendolo gemere e indietreggiare.
Tutto divenne vacuo, confuso, avvolto in un turbine di colori indistinti che lo confuse mentre sentiva il suo corpo farsi leggero in balia delle raffiche di vento emesse dalle ali di Castiel.
Dean urlò mentre la sua anima si separava bruscamente da quella ferita di Castiel.
§§§§
Dean fu sbalzato via dal letto così violentemente che la sua schiena andò a sbattere contro il muro opposto. Gemette e crollò a terra esausto, la testa dolorante. Tremò.
La porta si spalancò, lasciando entrare Sam, Bobby e Gabriel.
-Dean!- Sam si inginocchiò accanto al fratello, afferrandolo per le spalle. Dean alzò gli occhi, ma non guardò Sam, bensì Gabriel, appoggiato allo stipite della porta a braccia conserte, lo sguardo indagatore fisso su di lui. Sembrava sapere perfettamente cosa fosse appena successo.
-Cosa hai visto?-
Ecco, appunto. Dean si alzò in piedi.
-Gabriel, cosa ha fatto Samael per farsi odiare tanto da Castiel?-
Diretto, preciso, senza peli sulla lingua. Dean detestava i giri di parole, perciò si limitò a fronteggiare l’arcangelo con rabbia malcelata, i pugni stretti e gli occhi fissi in quelli giudiziosi dell’angelo.
Alla fine Gabriel sorrise, un sorriso ambiguo, quasi minaccioso. Scivolò accanto a Castiel e lo guardò con viso incolore.
-Credi di essere stato l’unico, umano?- esalò con una cattiveria non sua, intrisa di veleno. –Credi che Castiel sia vissuto sempre in tua funzione? No, un tempo mio fratello era un angelo libero, almeno ai tempi dell’apprendimento militare. Fu lì che conobbe Samael, suo compagno di addestramento. Quello strano angelo lo trattò da subito come un suo pari, sostenendolo e difendendolo un po’ come un fratello maggiore e in breve i due divennero inseparabili: dove c’era Castiel, lì era anche Samael, e viceversa.
-Spesso Castiel veniva da me e mi parlava di lui, raccontandomi di quanto fosse fantastico, e in quei momenti le sue ali brillavano come il sole. Cos’è successo poi? Puoi immaginarlo, Dean? Si sono innamorati. O meglio, Castiel lo amava da morire e Samael fingeva di amarlo. Mio fratello lo seguiva come un cagnolino, lo difendeva nei combattimenti e la sua Grazia splendeva semplicemente in funzione di Samael. Fu allora che accadde il tradimento. Castiel trovò Samael con un altro angelo.-
Dean sentì il cuore mancargli un battito mentre l’atroce visione di quel Castiel spezzato e prostrato nella sabbia gli invadeva la mente. Pensò al suo sguardo perso, sconfitto: lo sguardo di chi è troppo stanco e ha perso ogni voglia di vivere.
Era stato Samael? Era colpa sua se Castiel era stato trascinato a terra, stanco e ferito?
Dean fu percorso da uno spasmo di rabbia.
-Mio fratello cadde proprio mentre s’innalzava in volo per allontanarsi da quella visione. All’improvviso le ali si fecero pesanti e Castiel si schiantò al suolo. Fu allora che io e Balthazar lo soccorremmo e nell’unico vero attacco di furia che mi prese in quel momento, maledissi Samael: non avrebbe mai più rivisto il regno dei Cieli, non avrebbe più abbracciato i suoi fratelli. E così fu.-
Appena la voce di Gabriel si spense, l’arcangelo guardò Dean con tanta furia che per un attimo il cacciatore dovette combattere l’istinto di indietreggiare.
-Perché? Perché non mi avete detto che Castiel…-
-Avrebbe avuto importanza per te?!- esplose Gabriel, contorcendo le spalle per arrestare la tentata fuoriuscita delle ali. –Come pensi che siamo giunti a questo? Castiel è ridotto così perché ti ha difeso una volta di troppo e ha ripreso contatti con Samael per te, sporco umano che non merita neanche una spiegazione!-
Sam cercò di frapporsi tra i due, ma Dean lo spinse di lato con rabbia, spostando quasi con facilità quel gigante di ragazzo. Si avvicinò a Gabriel e accostò il viso al suo tanto che i loro nasi quasi si toccarono.
-Pensi che non abbia mai fatto niente? Pensi che abbia gioito alla sua morte? Se voi fraccomodi culi piumati non mi dite niente di come gira il vostro fottuto universo, come puoi darmi la colpa di ciò che accade per colpa mia? Cosa feci quella volta, quando Castiel si è gettato tra le braccia di Raphael per fare l’eroe? Dimmelo in faccia, Gabriel, abbi le palle di…-
-STAVA MORENDO, DEAN!!! Quando Castiel ha incontrato Raphael aveva già un piede nella fossa! Quello doveva essere il suo ultimo volo!-
-Gabriel!- urlò Sam, trattenendo il fiato mentre Bobby lo fissava stupito e Dean si irrigidiva, lo sguardo piantato sul volto stravolto dell’arcangelo.
Cosa lo stupì più di ogni altra cosa, quella volta? Il fatto che suo fratello sapesse tutto e che non avesse mai dato segno di sapere o la brutta sensazione che c’era dell’altro, qualcosa di gran lunga peggiore alle parole di Gabriel?
-Hai capito bene, Dean Winchester! Castiel stava morendo, e fosti tu a ridurlo in quello stato!-
Tutto l’odio e la rabbia che Gabriel aveva trattenuto in quei mesi era esplosa così all’improvviso che non era riuscito a frenarla. Le parole erano fuoriuscite in un fiume inarrestabile, violento, ma adesso che aveva davanti un Dean confuso e sulla buona strada di un incazzatura seria desiderò di non aver mai aperto bocca. In più, Sam voltò le spalle ad entrambi e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
-Cosa… hai… detto?-
Gabriel sospirò. Ormai la bomba era stata sganciata, tanto valeva attendere l’esplosione. –Ho detto che Castiel stava morendo. Dico che quello che hai visto nei ricordi di mio fratello stava per ripetersi per mano tua.-
Il silenzio cadde per stringerli in un abbraccio di mefitico avvertimento.
La mente di Dean scelse proprio quel momento per parargli davanti agli occhi il ricordo del Castiel devastato che aveva visto trascinarsi nella sabbia, le ali nere, spezzate, sanguinanti. Era questo a cui andava incontro Castiel una volta levatosi in volo verso la morte?
Dean ricordò la cieca fiducia che aveva sempre scorto nello sguardo di Castiel ogni volta che l’aveva guardato: fiducia, devozione… affetto puro, incontaminato, come solo quello di un angelo come Castiel sapeva essere.
Dean l’aveva visto cadere.
Dean l’aveva visto guardarlo dall’orlo del dirupo che affacciava sulla fiancata del monte Sinai mentre un’ala spezzata rischiava di trascinarlo di sotto.
Dean aveva visto la sua mano tendersi, accompagnate dalle sincere parole che in quel momento gli laceravano il cuore:
“Dean… sei venuto.”
“Sono qui, Cass. Sono qui, non me ne vado.”
“Lo so.”
Dean sentì le gambe tremargli, ma non si appoggiò al muro. Non voleva dimostrarsi debole ancora una volta, nonostante in quel momento si sentisse fragile come il vetro. Aveva lottato anni e anni per formare il carattere di cui andava fiero, e non avrebbe mandato tutto in pezzi in quel momento, non davanti a Gabriel e Bobby, fermi e intenti a fissarlo.
In quel momento la porta si spalancò e nella stanza entrò Sindragon. Solo Bobby gli riservò una lieve occhiata, ma Dean e Gabriel finsero di non vederlo.
Il cane zampettò fino al letto di Castiel e appoggiò il muso sul materasso, aspettando, pregando che il suo padrone intervenisse.
Così fu.
Una mano si appoggiò sul capo di Sindragon, un piede nudo sfiorò con delicatezza il pavimento.
Dean guardò alle spalle di Gabriel, sbarrando gli occhi mentre Castiel si alzava in piedi, barcollando ma con in viso uno sguardo talmente deciso che nessuno dei presenti si azzardò a tentare di dargli una mano. Si issò dal letto con fatica, fallendo due tentativi di restare in piedi, ma alla fine riuscì a raddrizzarsi fieramente. Avanzò di qualche passo, una mano appoggiata al capo del cane che lo scortava fedelmente. Castiel raggiunse Gabriel e finalmente gli premette una mano su una guancia, guardandolo con rinata tenerezza, un gesto che da confidenziale divenne quasi una benedizione.
Castiel baciò l’altra guancia di Gabriel e gli accarezzò i capelli come un fratello maggiore che consola il minore, nonostante in realtà l’arcangelo fosse più grande dell’altro.
-Basta, Gabriel. Va tutto bene.- esalò con un cenno stanco. Gabriel lo afferrò per un braccio prima che cedesse, ma Castiel tornò a raddrizzarsi quasi immediatamente. –Vai a cercare Sam, gli devi qualche spiegazione.-
Gabriel guardò prima lui, poi Dean, ma alla fine capitolò con un sospiro. Si batté una mano sulla coscia per attirare l’attenzione di Sindragon, che lo seguì fuori dalla stanza. La porta si chiuse con un tonfo ampliato dal silenzio creatosi tra Dean e Castiel.
Il cacciatore fissava l’angelo, riempiendosi gli occhi di quella visione viva, reale. Quel Castiel stava bene e quasi sorrideva a suo indirizzo, ma in passato? Cass ricordava cosa gli aveva fatto lui, Dean, diversi mesi fa? Ricordava di aver assaporato con l’amaro in bocca l’ultimo volo di morte al quale il giovane Winchester l’aveva costretto?
Incapace di guardarlo ancora, Dean gli voltò le spalle e appoggiò le mani sul davanzale della finestra.
-Perché non me l’hai detto?- mormorò, pieno di risentimento. Strinse forte gli occhi, grato a se stesso di aver dato le spalle all’angelo: non avrebbe gradito farsi vedere in quello stato. –Perché non parli mai?!-
Dean alzò la voce, incosciente di aver afferrato con entrambe le mani il davanzale.
-Perché non riveli te stesso? Conosci ogni cosa di me, del mio passato, e forse sai anche come sarà il mio futuro! Non ho scelta, non posso nasconderti niente, perché tu sai già tutto! Io invece non so niente di te, della tua vi…-
Due braccia forti gli circondarono il petto in una stretta convulsa e tremante, quasi spaventata. La fronte di Castiel si appoggiò grata contro l’incavo della sua spalla mentre l’odore familiare di aghi di pino avvolgeva le narici di Dean, facendolo in qualche modo rilassare. Quando Castiel parlò, la sua voce era tremula e flebile.
-Sono un vigliacco, Dean. È questa la verità, nient’altro. Avevo paura che vedessi, che conoscessi davvero cosa sono stato in passato e cosa sono adesso. Avevo paura che mi ripudiassi come merito, sciocco e arrogante quale sono. Forse non sopportavo la tua intrusione nel mio passato, o semplicemente detestavo vedere i tuoi occhi mentre si posavano sul mio debole corpo di allora. Ogni giorno cercavo di dimenticare, di lasciarmi alle spalle quella pesantezza che in passato rischiò di sottrarmi la capacità di volare. Cercavo in lungo e in largo qualcosa, un modo che mi aiutasse a volare come un tempo, a sentirmi leggero.-
Castiel sospirò sulla sua pelle, facendolo rabbrividire.
-Alla fine trovai ciò che cercavo nel posto più improbabile dell’universo. Tra le fiamme dell’inferno e della disperazione, vidi la speranza. Vidi i tuoi occhi, Dean, e da allora ho saputo ricominciare. Passo dopo passo mi hai condotto inconsapevolmente sulla via della guarigione, senza neanche accorgerti del mio handicap, e quando infine esso è tornato ad aggredirmi, sono stato abbastanza forte da combatterlo.-
Un suono argentino e altisonante rimbombò nella stanza, facendo tremare violentemente i vetri delle finestre. Dean ascoltò la vera risata di Castiel, un suono talmente limpido che socchiuse gli occhi e si abbandonò alla sua musicalità.
All’improvviso però, qualcosa di bagnato gli sfiorò la pelle. Dean spalancò gli occhi e guardò Castiel, che con ancora un sorriso sulle labbra aveva socchiuso gli occhi dai quali scendevano piccoli cristalli d’acqua. Piangeva? Gli angeli come lui potevano piangere davvero?
-Ero felice! Avevo scelto di andarmene difendendo ciò a cui tenevo più di ogni altra cosa e mi andava bene… e ancora adesso sono fiero della scelta fatta, perché tu sei qui e grazie a te io volo ancora.-
Dean cercò di voltarsi, ma le braccia di Castiel lo tennero fermo. L’angelo respirò sulla sua pelle, inspirando il suo profumo.
-Ti prego, no.- mormorò. –Capisco che vuoi allontanarmi, ma ti prego… concedimi un attimo, uno solo. Poi andrò via.-
La voce di Castiel tremò, indebolita, e questo richiamo al ricordo a cui Dean aveva assistito servì solo a innescare la reazione del giovane cacciatore. Si liberò dalla stretta dell’angelo con un gesto brusco e, voltatosi, lo stinse in un abbraccio soffocante, che lentamente perdeva ogni scintilla di fratellanza per sostituirla a qualcos’altro, un legame nuovo e più forte che Dean non si era mai aspettato di sentire per Castiel.
Dean strinse a sé quel corpo che già in precedenza aveva dimostrato fragilità. Castiel rimase inerme, il viso ancora bagnato di lacrime, gli occhi sbarrati in una muta domanda che rivolse silenziosamente al suo umano, ponendo lo sguardo su di lui.
Dean gli strinse gli avambracci con forza, guardandolo in faccia con tale aggressività che Castiel sentì l’impellente bisogno di rifugiarsi da quello sguardo.
-Tu non ti muovi da qui.- sibilò minaccioso. –Non ti azzardare a sparire di nuovo o quanto è vero mio fratello, giuro che ti vengo a cercare e ti spiumo penna dopo penna, sono stato chiaro? Non me ne fotte un cazzo di chi ti cerca e perché, e se Samael sentirà di poter rivendicare qualche diritto sul tuo bel culo, farà meglio a guardarsi le spalle prima che gliele faccia a pezzi nel modo più doloroso che posso aver appreso come allievo di Alistair!-
Dean emise un ringhio gutturale prima di avventarsi sulle labbra di Castiel.
Ogni freno inibitore crollò di schianto, sopraffatto da una libidine che assalì Castiel con tanta violenza da fargli girare la testa: all’improvviso si trovò premuto contro il muro, con una gamba di Dean infilata tra le sue e il bacino del cacciatore che si schiacciava contro di lui, bisognoso.
Castiel ansimò mentre la lingua di Dean gli schiudeva a forza le labbra per andare a stuzzicare la sua. La reazione non si fece attendere e per diversi, passionali minuti, le loro lingue danzarono, si rincorsero, sfiorandosi e poi fuggendo come in un gioco di acchiapparello.
Dean insinuò le mani sotto la camicia di Castiel, sfiorando la pelle bollente dell’addome e trovandola sorprendentemente indurita dagli addominali. Dean bruciava dal bisogno di vederli di nuovo, di poterli accarezzare e guardarli mentre faceva scorrere le dita tra quelle placche non esagerate che tuttavia rendevano giustizia a un delicato corpo d’angelo.
Castiel sentì le ali premere per uscire, ma contrasse le spalle per trattenerle. Al contrario, Dean fece scivolare la mano già insinuata sotto la sua camicia sulla schiena e gli accarezzò le scapole. Castiel lo guardò spalancando gli occhi, quasi spaventato da quel contatto così intimo eppure così incredibilmente piacevole.
-Voglio vederle.- mormorò Dean, mordendogli un lobo e leccandolo. Castiel gemette e sentì le ali premere ancora e ancora, quasi con insistenza.
-D… Dean…-
Dean allontanò il viso dal suo per guardarlo in faccia, occhi smeraldo che abbracciavano occhi di zaffiro. I due gioielli più belli incastonati in occhi all’apparenza umani si confusero in un ritrovato sguardo di liquida passione, le pupille dilatate e le palpebre socchiuse.
Alla fine Castiel poggiò la fronte sull’incavo della spalla di Dean e lo strinse a sé, liberando quella parte di se stesso che per tanti anni lo aveva appesantito, trascinandosi dietro di lui come un peso inestimabile. Adesso però, Castiel sentiva le ali leggere, quasi inesistenti tanto era poco il loro peso e capì che non solo le sue appendici piumate, ma anche la sua anima si erano alleviate.
Le ali fuoriuscirono lentamente, con un fruscio armonioso, splendide nel loro ammasso di piume morbide, luminose come tante piccole stelle.
Eccitato, Dean baciò il collo di Castiel, accarezzandogli il torace con una mano e la base delle ali con l’altra. L’angelo si lasciò sfuggire un gemito indecente che fece rabbrividire lo stesso Dean.
La luce che emanò dalla pelle di Castiel era così luminosa che rischiarò l’oscurità della stanza, abbracciandone ogni angolo. Luce rinata, pura e non più macchiata del peso di un’anima inquieta. Era come se qualcuno avesse ripulito un punto luce fino ad allora offuscato dalla polvere.
Dean si strinse Castiel addosso, desideroso di raggiungere il letto, quando all’improvviso i vetri delle finestre cominciarono a tintinnare. Il pavimento vibrò, il lampadario oscillò pericolosamente mentre la lampada al suo interno si riempiva di crepe ed esplodeva.
-Cass!- esclamò Dean, ma rimase estasiato quando vide gli occhi di Castiel riempirsi di un barlume di luce interiore, come se all’interno di quelle iridi brillassero delle stelle. Castiel mormorò qualcosa, una lenta litania in enochiano e si abbandonò contro il corpo di Dean, respirando affannosamente.
-Cass, che succede?!-
-Non fermarti, Dean. Baciami.- mormorò Castiel con fare lascivo che fece venire la pelle d’oca al cacciatore. Dean non se lo fece ripetere due volte: bramava quel momento da tempo immemore e non se lo sarebbe lasciato sfuggire.
Il cacciatore gli afferrò la nuca e i fianchi in una stretta possessiva mentre le loro lingue tornavano a giocare, rincorrendosi in una danza antica come la più anziana delle Ere. Fu allora, quando Dean se lo strinse addosso premendo il suo corpo contro di lui, che Castiel si sentì rinascere. Le sue ali rinvigorirono, sollevandosi in un trionfo di luce bianca e argentata e la pelle dell’angelo cominciò a emanare un tenue bagliore sempre più forte, sempre più puro. Qualcosa si mosse alle sue spalle e uno sgradevole rumore simile a uno strappo lacerò l’aria.
Castiel strabuzzò gli occhi e si allontanò da Dean con un grido di dolore. Inarcò la schiena, i muscoli tesi e le palpebre serrate mentre sotto gli occhi stupiti di Dean un nuovo paio d’ali si allungava verso il basso, stiracchiando all’aria le piume neonate, fresche.
Il sangue sgorgò dalla schiena di Jimmy Novak mentre dalla ferita continuavano a fuoriuscire piume luminose, eppure pulite come appena lavate e belle come le gemelle più anziane.
-DEAN, CHIUDI GLI OCCHI!!!-
Ma Dean non ubbidì.


Spazio dell’autrice:
Coff coff, va bene, calmiamoci, sono certa che possiamo scendere a un accor…
Gabriel: accordo un cazzo, guai a te se mi rovini gli affari! Hai idea di quanto pagherebbe Samael per il video che ho registrato?
Gabriel, dubito che Samael pagherebbe per vedere Cass che… ehm… si lavora un altro, insomma.
Gabriel: pagherebbe se per tre quarti del film inquadro il gran bel culo di mio fratello!
Cosa? Aspetta, non ti eri infilato nel condotto d’areazione, vero?
Gab: perché no? Sam non si trovava, dovevo fare qualcosa per passare il tempo!
Se hai combinato qualche danno Bobby ti fa a pezzi! Qui dentro è pieno di piume!
Gab: be’? sono in muta, non è colpa mia!
Gli angeli vanno in muta? Non è che cambiate anche pelle? No, perché…
Gab: purtroppo no, ma sarebbe davvero figo.
Ma che schifo!
Ehm… dicevo? Ah, sì, il capitolo! Dunque, ammetto di essere un po’ sfiduciata in questo periodo e di avere il morale sotto le scarpe, ma per voi angioletti faccio sempre il possibile per trovare il tempo di scrivere e pubblicare. Allora, so che il capitolo ha un’interruzione particolarmente bastarda, ma era l’unico modo per tagliarlo, o sarebbe uscita la Divina Commedia in un solo capitolo, e avrebbe appesantito la storia. Lo so, so di aver combinato un casotto con Dean e Castiel e so di aver parecchio rovinato i personaggi originali, avete il diritto di spararmi.
Detto ciò, annuncio che ci vedremo nel prossimo capitolo e spero come al solito (e forse invano XD) di conoscere le vostre opinioni! A presto e spazio ai ringraziamenti!

ThanatosTH: cara, sei tu che ti fai amare con i tuoi bellissimi commenti! Eh, purtroppo la parte di Sam che si spupazza Gabriel l’ho dovuta tagliare per fini più alti, come direbbe Cass, ma tranquilla, anche loro avranno la loro parte da sbavo (no, non la scriverà perché è una scena a luci rosse! Nd Gabe) (Gabriel, era una scena ridicola, hai riempito Sam di caramello e l’hai inseguito per mezza brughiera con l’intento di prenderlo a morsi!) (Colpa sua che scappava! A proposito, hai visto dove si è cacciato? Nd Gabe) (Cerca sotto quell’ammasso informe di insetti... nel caso servisse, qui c’è la pala e comincia a scavargli la fossa, non voglio un cadavere in casa!) Ohoh, contenta adesso? Dean alla fine ha ceduto, applausi prego! (Si alzano cori da stadio) Avrà il suo bel daffare adesso, anche perché Samael non mollerà l’osso tanto facilmente, ma non saprei se preoccuparmi più per l’angelo (Samael) o per il cacciatore XD Qui finisce che sarà Castiel a farlo a pezzi! XD violenza, sìììììììì!!! Come al solito ti ringrazio e ti abbraccio virtualmente per i meravigliosi commenti che mi lasci e per il sorriso che mi regali ogni volta che mi scrivi. Grazie!
  
Sherlocked: dannazione, Laufeyson? LAUFEYSON??? Ti piace anche Loki?! XD that’s amoreeeeeeeeee!!! Oddio, no, non ingozzarti di caramelle, mangiati Gabriel che è più saporito! Sa di pollo, giuro!!! XD spero di essere arrivata in tempo, colmiamo un po’ la mancanza con un’altra vagonata di cretinate di mia malata inventiva. Qualcuno mi amputi le mani e fermi questo abominio di storia! XD comunque tranquilla, ne avrai di maledizioni da scaricare sul vecchio Samael, perciò per ora moderiamo gli accidenti che gli si invia altrimenti non mi arriva al prossimo capitolo! (Volesse il cielo che non ci arrivasse… figlio di put… putto! Sì, hai presente il putto che si mette sull’albero? È un PUTTO meraviglioso!!! Nd Gabriel) grazie ancora per il bellissimo commento e come sempre spero di leggere presto i tuoi bellissimi commenti! E sappi che ti stimo XD
Tomi Dark Angel

 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Il Volto Di Una Madre Su Un Viso Di Bambina ***


Dean indietreggiò stordito mentre l’intera casa s’inondava di luce purissima dai mille riflessi arcobaleno. Ogni angolo fu abbracciato da quel bagliore immacolato come l’anima di un bambino appena nato.
Dalle imposte delle finestre sgorgarono immensi nastri di luce bianca e argentata che toccarono le auto della rimessa di Bobby Singer, innescando un meccanismo di crescita accelerata di migliaia di fiori rigogliosi. Gran parte delle auto fu abbracciata da edera color smeraldo e piante rampicanti che in pochi, brevi istanti sbocciavano in fiori dagli steli delicati, variopinti, gentilmente distesi all’abbraccio del vento che li salutava come figli appena nati.
Nonostante fosse scesa la sera, sembrava giorno, e lo spettacolo della natura che si riversava sulle costruzioni dell’uomo era meraviglioso, anche se meno della fonte che irradiava tutta quella luce.
Dean non riusciva a distogliere lo sguardo da Castiel: era lui, eppure non lo era. Ogni briciolo di quel corpo emanava un bagliore così forte, così glorioso, che Dean sentì gli occhi bruciare.
Dentro il corpo di Jimmy Novak, appena visibile alle sue spalle, c’era un’altra entità, una figura maestosa e terribile emanata dalle vestigia stesse di Dio come una delle opere più belle che avesse mai potuto concepire. Quella creatura mitica aveva un volto appena visibile perché bagnato di troppa luce, ma Dean riuscì lo stesso a distinguerne i tratti somatici dolci, eterogenei, così belli che il cacciatore sentì il bisogno di sorridere davanti a tanta serena bellezza.
Intorno alla figura angelica si avvolgevano come aria fluttuante, galleggianti filamenti di luce. Gli accarezzavano la pelle, si attorcigliavano giocosi intorno ai polsi come prolungamenti della sua Grazia, ma non si trattenevano mai al contatto con la sua pelle.
Infine, c’erano le ali: non più due, ma quattro. Erano molto più grandi di quanto non fossero mai state, al punto che anche da chiuse occupavano per intero ogni angolo della stanza, bisognose di spazio. Se erano belle normalmente, in quello stato, con ogni piuma che grondava luce e Grazia divina, erano assolutamente splendide.
All’improvviso Dean sentì gli occhi bruciare terribilmente. Urlò e cercò di coprirsi il volto, ma si sentiva come immobilizzato. Le palpebre non volevano saperne di abbassarsi, di sottrarre agli occhi quella visione che da paradisiaca si stava trasformando in un piccolo pozzo infernale.
Dean cadde in ginocchio, esausto. Sentì la cornea cominciare a consumarsi, gli occhi farsi rosso sangue.
Sarebbe divenuto cieco, non avrebbe mai rivisto quegli occhi blu che tanto amava e quel volto che aveva imparato ad adorare. Avrebbe voluto pensare a Sam, ma in quel momento non riusciva a far altro che ricordare Castiel e dannarsi perché non gli sarebbe più stato concesso di rivederlo.
All’improvviso però, qualcosa di caldo e morbido si posò sui suoi occhi. Dean riconobbe il tocco delle labbra di Castiel sulle sue palpebre e la stretta delle sue braccia intorno alle spalle.
-Ti avevo detto di non guardare.- sussurrò nella lingua umana che, per quanto affascinante, stonava con la troppa bellezza emanata dall’aspetto dell’angelo. A Dean pareva impossibile di aver vissuto accanto a quella creatura meravigliosa senza problemi, quasi inconsapevole del tesoro che lo affiancava.
Le labbra di Castiel scesero sulle sue, sfiorandole in un soffice bacio. Ogni dolore scomparve dal corpo di Dean, che in un attimo si trovò avvinghiato al corpo solido e adesso dannatamente umano dell’altro. Sfiorò la base delle ali, sporcandosi le dita di sangue e Grazia angelica.
Castiel rabbrividì.
-Dean?-
Dean aprì gli occhi, socchiudendoli lentamente e con cautela. Castiel si stupì di vedere una luce arcana al loro interno, un brillio che riconobbe come una scintilla di… Grazia?!
Castiel si separò da lui come scottato, urtando violentemente il muro con la schiena. Dean lo fissò di rimando, stavolta sbarrando gli occhi: la scintilla di Grazia era sparita, ma Castiel non poteva ignorare il leggero bagliore emanato dalla sua pelle. Cosa aveva fatto?!
-Cass?-
Facendosi coraggio, Castiel sfiorò il viso di Dean con delicatezza, gli occhi incatenati ai suoi. Il cacciatore rimase immobile, ancora memore dello spettacolo al quale aveva assistito.
Castiel. Il vero Castiel. Aveva visto la sua essenza senza accecarsi.
-Cosa… Castiel, ti ho visto!- esclamò, strabuzzando gli occhi. –Eri… eri ricoperto di luce e… cazzo, eri bellissimo!-
Dean avrebbe tanto voluto strapparsi la lingua: non era da lui dispensare complimenti del genere, anche perché  secondo la sua antica logica era “roba da femminelli”, e si era appena tradito. Be’, come avrebbe potuto diversamente definire ciò che aveva visto? Stupendo? Maestoso? Divino?
Dean si accorse che gli tremavano le ginocchia. Sarebbe crollato se Castiel non l’avesse sostenuto e stretto a sé con un sospiro esausto. Affondò una mano tra i suoi capelli, premendogli il volto contro la sua spalla.
-Potevi rimanerci, Dean… ti avevo detto di non guardare.-
Dean sbuffò contro la sua spalla. –Dimmi un’altra volta cosa devo fare e ti spenno, culo piumato dei miei stivali!-
Castiel rise, una risata liberatoria, sincera e colma di tranquillità. Aveva sentito più volte parlare della felicità, ma non l’aveva mai provata sulla pelle fino ad allora mentre, stretto al corpo del suo umano, sentiva il cuore alleggerirsi e condurlo lontano, dove il peso delle ali e dei pensieri sarebbe stato eternamente nullo.
Ma non si accorse, Castiel, che qualcuno li stava osservando, qualcuno con il viso deformato dalla rabbia e l’anima nera di risentimento per quell’angelo che aveva osato trovare la felicità lontano da lui. Samael artigliò la corteccia dell’albero vicino così forte che la sentì sbriciolarsi tra le dita.
§§§§
Gabriel accelerò il passo. Cominciava a preoccuparsi, Sam non si trovava da nessuna parte. Era salito in macchina ed era partito a tutta birra per la città vicina, dove si era letteralmente volatilizzato.
Gabriel non voleva usare i suoi poteri, o avrebbe corso il rischio di attirare l’attenzione di qualche angelo nemico. Che fare allora?
Qualcosa si insinuò lungo la sua spina dorsale, un sentimento a lui fino ad allora sconosciuto o difficilmente riconoscibile. Un brivido lo attraversò al pensiero che Sam potesse essere in pericolo o peggio. Gabriel sentiva la sua lontananza, la sua assenza, e passo dopo passo sentiva il peso delle ali ora invisibili alle sue spalle appesantirsi.
-Dove sei finito?- sussurrò, cominciando ad alterarsi. Il lecca lecca che stringeva tra le labbra andò in frantumi sotto la stretta convulsa delle sue mascelle.
Aveva paura. Non riusciva a crederci! Aveva paura per il fato che poteva essere toccato al suo fragile umano, così dolce, così gentile verso il prossimo. Quanto poteva metterci il peggiore dei demoni a trarlo in trappola, fingendo buone intenzioni?
Gabriel pensò al corpo di Sam riverso in un lago di sangue, gli occhi vitrei e spalancati nell’orrore della morte e subito sentì le ali premere con forza contro le carni del suo tramite. Doveva volare, e non gli interessava cosa sarebbe potuto accadergli se qualche angelo lo avesse localizzato: Sam era più importante della sua vita, semplicemente perché per Gabriel la vita era Sam stesso.
Si fermò in fondo a un vicolo, gli occhi sbarrati e una mano posata sul petto, dove il cuore batteva all’impazzata. Non poteva credere di averlo pensato davvero, di aver anteposto la vita di Sam alla sua. La situazione gli stava sfuggendo di mano, e questo gli faceva paura, era terribile. Una cosa era intrattenere un rapporto con un essere umano, ma innamorarsene sul serio era un altro paio di maniche.
Gabriel si preparò a sfoderare le ali a costo di abbattere il vicolo pur di procurarsi lo spazio necessario a sbatterle. Piegò le ginocchia, contraendo le spalle. Ai suoi stupidi sentimenti avrebbe pensato più tardi, adesso la sicurezza di Sam aveva la priorità, e non gli interessava se i suoi fratelli ritenevano stupido il suo attaccamento a quel gigante di umano: gli occhi di Sam, lo sguardo gentile che essi riservavano al mondo intero… erano un motivo sufficiente a spingerlo in sua difesa.
All’improvviso si udì un tonfo, seguito da inconfondibili rumori di lotta. Un gemito, il rombo di qualcosa di pesante che si abbatteva sui cassonetti dell’immondizia.
-Che cavolo…-
La sagoma di Sindragon sbucò dal nulla, stagliandosi nella penombra notturna. La stazza imponente della bestia era inconfondibile e inquietante, ma Gabriel non esitò a raggiungerlo. Un attimo prima che l’angelo lo toccasse però, Sindragon sgusciò via con un guizzo della coda folta e cominciò a trottare sulla strada maestra, girandosi di tanto in tanto per assicurarsi che Gabriel lo stesse seguendo.
Sinistra, destra, ancora destra.
Alla fine Sindragon svoltò in un altro vicolo più buio degli altri a causa di un lampione fulminato, e solo allora Gabriel avvertì la presenza in estinzione di quello che doveva essere stato un demone. Possibile che se ne accorgesse soltanto adesso? I suoi timori gli avevano offuscato il cervello fino a questo punto?
Sam…
Gabriel accelerò il passo, lottando contro il suo istinto che gli urlava di mandare a farsi benedire ogni precauzione e usare i suoi poteri per trovare Sam prima di quel demone.
Troppo tardi.
Quando Gabriel imboccò il vicolo, la prima cosa che vide fu il cadavere di una donna riverso in un bagno di sangue e di immondizia, dovuta al cassonetto che aveva rovesciato durante la lotta. Poco lontano da lei, abbandonato al suolo, c’era il pugnale di Ruby, la lama rossa che ancora gocciolava, spandendo al suolo una macchia scura.
Infine, c’era lui. Sam.
Gabriel vide le spalle larghe e tremanti del ragazzo inginocchiato al suolo e notò con orrore lo squarcio che gli incideva la spalla, partendo da una scapola. Sam gli dava le spalle e si stringeva al petto qualcosa, abbracciandolo come se la sua vita dipendesse da quella stretta.
-Pasticcino?- chiamò Gabriel, correndo da lui.
Finalmente Sam alzò gli occhi luminosi e Gabriel poté con sollievo incontrare il suo sguardo, beandosi del brivido di piacere che gli aveva percorso le ali, adesso rinvigorite. Il chiarore luminescente delle iridi del cacciatore abbracciò con uno sguardo di gratitudine e sollievo quello leggermente ansioso dell’arcangelo, che con uno sforzo sovrumano riuscì a chinare gli occhi su quello che Sam stringeva al petto.
Una bambina di circa sette anni, con lunghi capelli mossi biondo oro e gli occhi socchiusi dei quali si intravedevano le iridi azzurre. La pelle era pallida, il vestitino ricamato con un motivo floreale sporco di sangue, ma Gabriel capì che non doveva essere suo.
-Da dove salta fuori la marmocchia?- domandò, cercando di recuperare il suo solito atteggiamento strafottente con scarsi risultati. La voce gli tremava ancora.
-Io…- Sam accarezzò i capelli della bambina, che chiuse gli occhi, abbandonando il viso contro il suo petto. -… l’ho salvata da un demone. Stava per ucciderla, non potevo lasciarla lì.-
Sam alzò su Gabriel uno sguardo quasi implorante, come se stesse cercando di invocare la sua comprensione. Con i capelli scompigliati e lo sguardo da cucciolo bastonato, Sam sembrava un dolcissimo cagnolino davanti al quale Gabriel dovette capitolare con un sospiro.
Si inginocchiò e prima di riuscire a trattenersi strinse Sam in un abbraccio soffocante, la stretta di chi necessita di sfogare un grande spavento. Affondò il viso nei lunghi capelli castani, aspirandone l’odore di shampoo al cocco misto al puzzo dolciastro del sangue. Nonostante ciò, Gabriel si sentì nuovamente completo e a casa. La paura era passata.
Spostò una mano sulla spalla ferita di Sam e lasciò che il potere fluisse attraverso le dita, ricucendo con delicatezza la pelle che Gabriel amava, passo dopo passo, facendo attenzione a non provocare dolore al giovane cacciatore. Quando l’opera fu completa, Gabriel sorrise e alle sue spalle Sindragon uggiolò.
-Devi fare più attenzione, zuccherino. Non potrò coprire per sempre il bel culetto che ti ritrovi, perciò vedi di non farti male di nuovo, o dovrò metterti il guinzaglio.-
Sam sorrise quasi timidamente, stringendo al petto il piccolo corpo della bambina. Gabriel provò una piccola stilettata di gelosia per la posizione che quella marmocchia microscopica occupava in quel momento, ma saggiamente, l’arcangelo trattenne ogni commento sarcastico.
-Dov’è la madre?-
-Non era con lei. Gabriel, puoi portarci a casa di Bobby entrambi?-
-Sai che tuo fratello non la prenderà bene?-
Sam rise. –Mio fratello è un duro solo di nome, ricordalo. In realtà ha il cuore più tenero che si possa avere.-
Gabriel scosse il capo davanti alla cieca fiducia di Sam verso suo fratello. Nonostante lui non andasse pazzo per quella scimmia senza peli di Dean, non poteva negare che la bambina non poteva essere lasciata lì in quel vicolo, e finché non fosse rinvenuta sarebbe stato impossibile farsi dire che fine avesse fatto la sua famiglia. Chiunque l’avrebbe pensata diversamente, ma Gabriel non ci sapeva fare con i cuccioli d’uomo e più se la teneva lontano, meglio era.
-E va bene, io…-
Una potente folata di vento li investì, facendo tremare ogni muro della città. La gente piantò i piedi per terra, chinando il capo o aggrappandosi al primo oggetto solido per non essere sbattuta contro il prossimo muro o in strada. Il tempo si annuvolò.
Gabriel strinse gli occhi, affilando lo sguardo confuso. –Non può essere…-
Aveva appena chiuso la bocca che un morbido fiocco di neve gli toccò il naso, sciogliendosi quasi subito a contatto con la pelle calda dell’arcangelo. Gabriel si sfiorò il punto colpito, sbarrando gli occhi. Sentiva qualcosa, una presenza lontana e in mutamento, come un’anima troppo grande che si contorceva, espandendosi e poi riducendosi subito dopo.
Non aveva mai sentito nulla di simile.
Gabriel chiuse gli occhi, concentrandosi. Stava percependo la presenza di un altro arcangelo? Non sembrava Raphael, eppure era certo di conoscere a menadito quella sensazione.
All’improvviso, Gabriel sbarrò gli occhi.
-Oh, no…-
Senza sprecarsi in spiegazioni, Gabriel toccò la fronte di Sam e li trasportò davanti casa Singer. Sindragon, che era giunto con loro, annusò l’aria circospetto mentre Gabriel si guardava intorno stupito.
Intorno alla casa, laddove erano abbandonate diverse auto malmesse, si dispiegava un largo intrico di piante rigogliose che, nonostante la neve che si stava depositando velocemente su di esse, abbracciavano ogni rottame, ogni centimetro di terra che toccavano con le larghe radici contorte. Il biancore della nevicata si contrapponeva violentemente con l’allegria dei colori di ogni fiore variopinto, che contro ogni logica spiegazione non dimostrava segni di debolezza al gelo improvvisamente manifestatosi.
-Ma che… dove sono Bobby e Dean?- si preoccupò Sam, scattando in piedi e reggendo tra le braccia la bambina. Se non avesse avuto quel piccolo impedimento, si sarebbe catapultato oltre la porta con tanto di pugnale e pistola alle mani. Sapeva di essere un facile bersaglio in quello stato, ma nonostante questo Gabriel non si muoveva, né spiegava le ali come era solito fare quando si prospettava un pericolo.
-Bobby dorme.- spiegò l’arcangelo con calma forzata. –Qualcosa l’ha addormentato profondamente.-
Sam si agitò.
-Cosa?! Gabriel, dobbiamo…-
Sindragon abbaiò forte, spiccando un agile balzo sul posto. Aveva tirato fuori la lingua con fare scherzoso e scodinzolava felice e per nulla preoccupato.
-Vieni fuori, zuccherino.- esortò tranquillamente Gabriel, allungando una mano verso la porta che si socchiudeva.
La soglia fu varcata da Castiel, seguito da Dean. L’angelo non sembrava più lui, e non perché qualcosa nel suo aspetto fosse mutato. Certo, solo Gabriel poteva percepire il profondo cambiamento avvenuto nella sua essenza, ma allo stesso Sam bastò un’occhiata per capire che c’era qualcosa di nuovo in lui.
Il viso di Castiel era disteso, la fronte e le sopracciglia spianate sotto i capelli scompigliati e dalla sua pelle emanava una tenue lucentezza come di stella. L’espressione era per la prima volta in vita sua completamente rilassata e nei suoi occhi si intravedeva una luce nuova, felice, colma di una serenità che chiunque avrebbe riconosciuto come la beatitudine di un angelo, di quelle che si vedono nei dipinti michelangioleschi.   
Castiel raggiunse suo fratello e i due si scambiarono uno sguardo pieno di significati. Gabriel sorrise.
-C’è qualcosa che devo vedere, a parte un film porno di voi due che vi date da fare, cherì?-
In risposta a quella domanda, Castiel spalancò lentamente le quattro ampie, luminose ali, costruite di piume incantate, lisce come argento lavorato, ma morbide come nuvole modellate dal vento.
Gabriel indietreggiò di un passo per ammirare l’ampia apertura alare di suo fratello. Le ali più piccole, nonché quelle appena nate, erano leggermente indolenzite, ma assolutamente perfette e al centro di quel mare di piume soffici si ergeva quel Castiel nuovo, rinato, come Gabriel non l’aveva mai visto, nemmeno durante il suo tempo trascorso con Samael.
-Pesano?-
-Un po’.-
Gabriel sorrise e anche lui spiegò le ali per incastrarne le piume con quelle di Castiel, dando vita a un puzzle oro e argento dall’aspetto mirabile come solo le ali di due angeli avrebbero potuto essere. La nevicata aumentò.
-Dean, cosa devo sapere?- sorrise Sam, cercando di contrastare la spossatezza per la notizia del cedimento finale di suo fratello davanti ai sentimenti che provava nei confronti di Castiel. Era chiaro anche ai muri ormai che Dean Winchester più che omosessuale fosse Castiessuale.
Strano a dirsi, ma questa notizia non scalfiva minimamente Sam, che in fondo al cuore l’aveva sempre saputo: l’attaccamento che provava Dean nei confronti di quel buffo angelo dagli occhi blu era sempre stato palese, e non solo ai suoi occhi. Lo stesso Bobby più di una volta aveva menzionato in modo più che velato il legame che stringeva Castiel e Dean come un filo rosso che circondava loro i polsi.
Vederli in quel momento, con Castiel che lanciava profonde occhiate a Dean quasi avesse paura che questi scappasse da un momento all’altro era una scena che avrebbe ammorbidito il cuore di Lucifero stesso. D’altro canto, Sam notava che suo fratello si manteneva molto vicino all’angelo, sfiorandone di tanto in tanto e quasi accidentalmente le ali. Sì, decisamente c’era qualcosa di diverso oltre il bel paio d’ali di troppo di Castiel nell’aria.
-Come è successo?- domandò Gabriel, fissando intensamente le nuove ali di Castiel. Lui abbassò lo sguardo incolore, lottando per nascondere il rossore che rischiava di invadergli le guance. Guardò Dean.
-Se lo dici ti spenno.- minacciò il cacciatore. Gabriel rise.
-Non ti sto chiedendo come funzionano certe cose, mia dolce scimmietta al cioccolato. Ho semplicemente chiesto le circostanze che hanno scatenato questo.-
Gabriel agitò un indice per aria, indicando principalmente il cielo. Tutti a parte Castiel alzarono gli occhi sulla volta celeste annerita di nuvole. I fiocchi di neve cadevano sempre più fitti sulle loro teste, costringendo Gabriel a inarcare in avanti un’ala per ripararli.
-Cosa… aspetta, mi stai dicendo che Cass sta facendo nevicare?- esclamò Dean, confuso. Gabriel annuì.
-Solitamente gli angeli ordinari possiedono capacità generiche, ma quelli di grado superiore hanno la possibilità di influenzare l’ambiente intorno a loro, chi in un modo, chi in un altro. Prendi me, ad esempio: io controllo in maggior misura il sole e il fuoco, nonostante abbia anche il potere di far venire a piovere, ma avrei più difficoltà a manipolare gli elementi in quel senso, e lo stesso adesso vale per Castiel, che ha più incidenza sul ghiaccio e sulla luna.-
-Un momento, Castiel non è un angelo di grado superiore… o sì?- intervenne Sam, guardando un corrucciato Castiel.
-Non lo era, ma credo di aver capito cosa sta succedendo. Conosci il detto “morto un papa se ne fa un altro”?-
-Sì, ma questo cosa c’entra?-
-Vale lo stesso per gli arcangeli. Morto Michael il suo posto è stato assunto dall’arcangelo direttamente prossimo al suo seggio: Raphael. Io ho ucciso Ramiel e credo che adesso il suo posto sia stato preso da un angelo che per nostro Padre è abbastanza meritevole di una bella promozione. Diciamo solo che la scimmietta bionda qui presente ha… ehm… incrementato la sua Grazia ad espandersi.-
Dean guardò Castiel, il quale però concentrò lo sguardo sul viso fintamente innocente di Gabriel.
-Non posso diventare un arcangelo, fratello.-
-Oh, sì che puoi. Vedi, al contrario degli altri che facendo i bravi soldatini davano a Dio ciò che chiedeva, tu gli hai dato ciò che gli serviva: la libertà, e soprattutto l’amore. Ribellandoti hai dimostrato di essere la creatura perfetta, molto più di Raphael.-
Le ali di Castiel tremarono appena mentre l’angelo si portava una mano alla fronte, chiudendo gli occhi e massaggiandosi una tempia con fare decisamente stanco. Mormorò qualcosa a bassa voce, e la risposta in lingua enochiana di Gabriel non tardò a raggiungerlo. Castiel sembrava infinitamente insicuro, nonostante la nuova aura di potenza che lo attorniava e per la prima volta da quando era ricomparso, si allontanò da Dean per accostarsi al fratello, che gli appoggiò una mano sulla spalla. La neve si appoggiò in piccole montagnelle sull’ala tesa dell’angelo biondo, il quale tuttavia non sembrava avvertirne il peso ma anzi, tratteneva l’arto sulle loro teste con grande fermezza.
Un piccolo gemito distrasse Dean da quella visione, costringendolo a spostare gli occhi sulla bambina accoccolata tra le braccia di Sam.
-E quella cos’è?- si alterò il più grande dei Winchester con un pressante tono d’avvertimento nella voce. Sam guardò Gabriel, che tuttavia sembrava non aver ascoltato la domanda di Dean e continuava a conversare in lingua angelica con Castiel.
-Una bambina…-
-Lo vedo che è una bambina. La domanda giusta è cosa ci fa qui.-
Sam strinse più forte il piccolo corpo della bambina, come a volerla proteggere dall’imminente esplosione di Dean.
-L’ho salvata da un demone. La madre non era nei paraggi e lei mi è praticamente svenuta tra le braccia.-
-E non potevi lasciarla in qualche ospedale?-
-Tu l’avresti fatto?-
-Sì! Non può stare qui, siamo cacciatori e lei è una bambina!-
Dean alzò la voce, accostandosi di un passo al fratello per portare il viso a pochi centimetri dal suo, nonostante la differenza di altezza. Sam non si mosse e lo fronteggiò risoluto.
-Non potevo abbandonarla così, Dean.- disse, deciso. Dean strinse gli occhi e strinse i pugni, arrabbiato.
-Certo, perché portarla qui l’aiuterà, vero? Non è compito nostro prenderci cura di una mocciosa, perciò riportala dov’era!-
-Non se ne parla! Ha bisogno di aiuto e noi possiamo dargliela! Noi salviamo la gente, Dean!-
-La salviamo, non l’alleviamo! Hai fatto il tuo dovere, adesso riportala dove deve stare: in città, o in un orfanotrofio! Falla sparire!-
Dean fece dietrofront e tornò in casa, sbattendosi la porta alle spalle. Salì le scale, passando per il salotto dove Bobby dormiva profondamente, probabilmente steso dall’esplosione di Grazia di Castiel. Raggiunse la stanza degli ospiti e vi si chiuse, sbarrando la finestra per non essere disturbato. Si lasciò cadere di schiena sul letto, gli occhi serrati e le braccia incrociate dietro la testa, cercando di scollegare il cervello da quella baraonda di pensieri che gli invadevano il cervello.
Ci mancava solo una bambina trovatella a peggiorare la situazione.
Dean sospirò, quando all’improvviso il suo pensiero corse a Castiel, ai suoi occhi liquidi di bramosia. Se non fosse arrivato Gabriel probabilmente loro due si sarebbero dati molto da fare, ma quell’arcangelo maledetto doveva sempre rovinare tutto.
Dean si rivide mentre accarezzava gli addominali di Castiel mentre gli mordeva il collo con forza e possessività, il corpo contratto nel tentativo di trattenere i più violenti istinti primordiali. In quei momenti Castiel era sembrato tutto fuorché il verginello di prima categoria che Dean aveva sempre immaginato. Era stato meraviglioso stringerlo di nuovo, sentire che finalmente erano tornati insieme… Dean si era sentito completo.
Con quei pensieri nella mente, Dean si addormentò.
§§§§
Quando Sam spalancò gli occhi, si sentiva ancora intontito dal sonno. Era andato a dormire qualche ora dopo Dean, sotto minaccia di Gabriel, che aveva promesso di prendersi cura della bambina. In realtà Sam non aveva dormito divinamente, perciò si sentiva un po’ a pezzi, anche perché non riusciva a non pensare ai due angeli rimasti davanti alla soglia di casa a conversare in un botta e risposta in lingua enochiana.
Una risata acuta gli fece sbarrare gli occhi e scattare in piedi. Il gesto troppo brusco fece girare la testa al povero Sam, che si portò una mano alle tempie con un sospiro esasperato.
La risata si ripeté e Sam si costrinse a correre fuori, preoccupato per la bambina e per Gabriel.
Appena spalancò la porta tuttavia, ciò che vide gli fece sciogliere il cuore, nonostante il freddo che lo avvolgeva.
Gabriel stringeva entrambe le mani della bambina e la tirava dolcemente, facendola scivolare sulla lastra di ghiaccio comparsa chissà sul terreno lasciato libero dai rottami di auto. La bambina, il cui viso ridente era illuminato da due occhi azzurro cielo, aveva ai piedi quelli che sembravano pattini professionali di stoffa, con sotto la lama per scivolare sul ghiaccio. Gabriel li aveva uguali e per avere maggior libertà di movimento si era cambiato e adesso indossava un paio di stretti pantaloni neri e una camicia bianca leggermente aperta sul petto. Rideva anche lui mentre tratteneva la bambina con un equilibrio che Sam non gli avrebbe mai attribuito, impedendole di cadere. Era una scena bellissima, con tanto di fiocchi di neve che cadevano loro intorno come una decorazione bianca sempre in movimento.
Sam avanzò di un passo, affondando un piede nella neve. Subito fu colto dalla sensazione di bagnato alle caviglie e dal gelo graffiante dell’inverno.
-Ehi, idiota, cosa credi di fare?- intervenne Bobby, comparendo sulla soglia a braccia conserte. Sam lo guardò, tremando di freddo.
-Scusa Bobby, non sono attrezzato a…-
-Ci ha pensato il pennuto biondo. Ha portato pattini e abbigliamento da yeti per tutti noi, perciò vedi di cambiarti se non vuoi prenderti una polmonite. Muoviti.-
Sam corse in casa e, appoggiato su una sedia poco lontana dal divano dove aveva dormito, trovò una grossa felpa nera con tanto di pellicciotto sintetico e un paio di pantaloni accompagnati da scarponi da neve. Sembrava un po’ poco per ripararsi dal freddo, ma appena Sam indossò quegli abiti si sentì al caldo, come se la stoffa fosse imbottita pur essendo sottile e molto agevolante. Sam indossò i guanti e si strinse una sciarpa al collo, dopodiché uscì fuori, insensibile al gelo della neve.
-Ben svegliato, Bella Addormentata.- salutò Gabriel, raggiungendolo con una giravolta, la bambina stretta tra le braccia che però lo fissava intensamente. Quello sguardo era così… familiare… che Sam sentì il bisogno di indietreggiare impaurito. Se avesse dovuto dare un viso all’infanzia di sua madre, Mary Winchester, sarebbe stato decisamente quello.
-Pasticcino, ti presento la piccola Mary.-
Sam trasalì, sbarrando gli occhi davanti al sorriso smagliante della piccola, che tese il busto verso di lui e allungò una mano. Sam s’irrigidì completamente, gli occhi fissi in quelli felici della bambina che adesso gli accarezzava una guancia con fare quasi consolatorio, grato. Sembrava ricordarsi di lui, nonostante l’avesse visto qualche istante prima di svenire.
Quasi inconsciamente, Sam appoggiò la guancia contro il palmo caldo della piccola Mary, chiudendo gli occhi a quel contatto così dolce e innocente di bambina. Avvertiva in quel gesto un mare di sincerità mista all’innocenza tipica dei bambini.
-Oh, guarda! Ti ha riconosciuto!- esclamò Gabriel entusiasta.
Mary tese entrambe le braccia verso Sam, che quasi automaticamente se la strinse al petto come aveva fatto in precedenza. Era un gesto talmente automatico che non gli parve strano.
Mary gli avvolse il collo con le piccole braccia e posò la guancia contro la sua clavicola, sospirando rilassata come se la stretta di Sam la facesse sentire a suo agio.
-Non parla.- intervenne Gabriel, attirando l’attenzione di Sam. –Credo che lo shock l’abbia ammutolita e non posso usare i miei poteri su di lei senza rischiare di comprometterle qualche facoltà cerebrale. Quando sono così piccoli è meglio tenerli lontani dalla nostra Grazia.-
Sam annuì, incapace di parlare. Intrecciò lo sguardo a quello verde dorato di Gabriel, che sorrise.
-Hai cominciato un bel percorso, tesorino. Tanto vale seguirlo finché puoi.- disse con fare canzonatorio, ondeggiando il capo a destra e a sinistra. Sam accarezzò il capo della bambina, socchiudendo gli occhi.
-Lo so. Dean forse non mi appoggerà, ma sento di aver fatto la scelta giusta. In tutta una vita ho sempre dubitato di me stesso e del mio operato. Mi fidai di un demone, mi nutrii del suo sangue, mentii a mio fratello. Erano tutti gesti stupidi, eppure li ho fatti, ben sapendo di sbagliare. Adesso però… adesso so di star seguendo la pista giusta. Lo leggo negli occhi di questa bambina e in parte lo leggo nei tuoi. Sarò anche da solo, ma non la lascerò andare.-
Lo sguardo di Gabriel si addolcì. Appoggiò la lama di un pattino sullo scalino sul quale era fermo Sam e gli accarezzò una guancia.
-Non sei solo, dolcezza. Tuo fratello è soltanto un po’ tardo, ma capirà. Ha paura che questa bambina diventi come voi, ed è qui che sbaglia: Dean vi vede come qualcosa di sbagliato, un pezzo di vita che non dovrebbe esistere. Ma cosa sarebbe il mondo senza cacciatori? Cosa sarebbe il mio mondo e quello di Castiel senza voi due, arroganti e pazzi esseri umani?-
Sam sorrise leggermente, strusciando la guancia contro la mano di Gabriel. Sentì il ciondolo che gli aveva regalato l’arcangelo scaldargli il petto, irradiando la tenue luce tipica di una piuma angelica.
Non aveva dubbi, ormai. Nemmeno Jessica l’aveva mai fatto sentire così completo, così bene. La semplicità di Gabriel, il suo totale affidamento a lui e la pazienza che dimostrava anche nei confronti dei suoi aspetti più antipatici era un chiaro segno del bene che l’arcangelo gli voleva. Gabriel era un volto coniato a immagine e somiglianza di infinite facce diverse:
Lui era il fratello che Castiel aveva sempre amato.
Lui era l’angelo temibile che lottava con spada e armatura in difesa di ciò in cui credeva.
Lui era il meschino e bastardo trickster.
Lui era Gabriel. Il suo angelo, il suo… amore. Sì, Sam lo amava, e in quel momento, davanti al volto sincero dell’uomo, sentì che avrebbe dato tutto se stesso per difenderlo e restare al suo fianco.
Si abbandonò contro il suo petto, facendo attenzione a non schiacciare la piccola Mary che intanto si era assopita con la guancia appoggiata contro il suo petto. Gabriel lo abbracciò forte, sfoderando le ali e in un attimo Sam si trovò stretto in un familiare quanto bellissimo mare di piume dorate che si rifletteva nella delicata lucentezza emanata dall’arcangelo.
Finalmente, il giovane Winchester si sentiva a casa.
 
Spazio dell’autrice:
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo, ma ho avuto la febbre e ancora adesso mi sento un po’ a pezzi… per non parlare degli imbecilli che continuano a farmi trovare montagne di neve sotto le coperte.
Gabriel: non è colpa mia! Credevo che quello fosse il letto di Castiel!
E secondo te Castiel dorme?!
Gabriel: che ne so, dipende da quanto l’ha stancato la scimmia bionda…
Gabriel, finiscila!
Gab: ok, ma solo se mi fai uscire da questa voliera per uccelli… ai lettori servo, altrimenti la storia non continua…
Userò la tua controfigura, tu resti qui!
Gab: ma la mia controfigura è il peluche di una poiana!
A dire il vero è il dipendente di un McDonald vestito da pennuto… credo pubblicizzasse le ali di pollo…
Gab: cosa?! STUPIDA SCIMMIA, SE TOCCHI IL MIO SAM TI FACCIO SPUNTARE ALTRE DUE TESTE A FURIA DI CALCI!!!
Dunque, tornando a noi e lasciando perdere il nostro ormai tramortito Gabriel, vi chiedo: che ne pensate del nuovo personaggio, la piccola Mary? Ammetto di non amare i bambini, ma non vedevo l’ora di vedere quell’orsacchiotto di Sam con una bambina in braccio… cioè, Sam, Gabriel e una bambina muta ma dolcissima sono… aaaaaaw!!!
Ok, detto ciò, non mi resta che ringraziare i miei angioletti recensori e chiedervi di farmi sapere cosa ne pensate. Tengo molto ai commenti, mi indirizzano su uno stile di scrittura migliore e sul migliorare questa storia brutta come la morte XD (si scusa con il Cavaliere Morte). Ora, spazio ai ringraziamenti!
 
Blacasi: Secondo te perché Castiel ha accettato la parte per questa storia? Insomma, finge la morte e si sbaciucchia Dean nel tempo rimasto, chi non lo farebbe? XD Che ci vuoi fare, Samael è un cretino, e continuo a dirglielo. Al momento però è irreperibile per l’orda di fan della Destiel che gli sta dando la caccia con forconi e olio santo a portata di mano… appena posso te lo mando così lo maltratti un po’, magari gli fai capire l’antifona! Eheh, Dean e Castiel avranno parecchio da fare nei prossimi capitoli, ma dovrò contenerli altrimenti diventa una storia a raiting rosso. Per le scene hot vai su YouAngelporn e cerca l’account di Gabriel. Se non sbaglio ha detto di chiamarsi TricksterSpupazzaSam2000, ma non ne sono sicura… e no, almeno da parte di Dean non si può ancora parlare di amore, mentre Castiel… be’, lui è cotto da sempre, questo lo sanno tutti e Gabriel sta ancora appendendo volantini in giro. Dunque, detto ciò ti ringrazio come al solito e mi prostro ai tuoi piedi, mio bellissimo angioletto recensore, spero di leggere presto altri magnifici commenti da parte tua! Un bacione!
xena89: oddio, qui c’è parecchia gente che richiede scene hot… e va bene, nel prossimo capitolo ti accontento, promesso. Il nostro caro Castiel si deve svegliare, o Dean lo sveglierà a modo suo e me lo traumatizzerà a vita… ho come la sensazione che Samael non gli abbia insegnato quello che doveva… ok gente, chi lo picchia? Ohohoho, avviso che nel prossimo capitolo Dean e Cass si chiariranno meglio e a modo loro, ma non ti anticipo niente. Grazie come sempre e un bacio! A prestissimo!
Sherlocked: hai sentito bene l’odore di avanzamento di grado nell’aria, ma questo riguarda solo Castiel, prima che si svegli davvero con Dean gli serviranno parecchi calci nel deretano, e non sono così convinta di voler trattenere Gabriel dal fargli il discorso su cosa succede quando due persone “si vogliono bene”. Così mi traumatizzo anche Cass e tanti saluti alla storia, ma quantomeno avrà capito di non avere un Teletubbies in mezzo alle gambe XD ah, ecco dov’era finito Sam! E io che ho chiuso Gabriel in una voliera… li stiamo facendo fuori uno dopo l’altro, a breve qui userò dei manichini per continuare la storia. XD grazie per il magnifico commento e come sempre tanta stima a te che ami lo splendido personaggio di Loki quanto quello altrettanto splendido di Gabriel. Tra parentesi, sto ancora aspettando che nella nuova serie il nostro arcangelo ritorni, o giuro che ammazzo tutti. A presto! Hasta la vistaaaaa!!!

Tomi Dark Angel
 

 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Non Dimenticare... ***


Dean si mosse appena nel dormiveglia che lo costringeva in un limbo informe ma rilassante. Annusò un dolce profumo di vento e aghi di pino, odore che la sua mente attribuì a un profondo senso di libertà. Le sue dita strinsero delicatamente qualcosa di così morbido da apparire quasi inconsistente, come una nuvola soffice, ma difficile da afferrare perché troppo delicata. Per un attimo, Dean pensò di trovarsi davvero nel cielo.
Aprì lentamente un occhio nella penombra della stanza. Era ormai sera, ma nonostante le luci spente, qualcosa rischiarava la stanza. Un mare di piume argentate, lunghe e sottili lo copriva dal freddo, avvolgendolo in un morbido tepore luminoso.
Dean riconobbe quelle piume, perciò spostò lo sguardo alla ricerca del loro padrone, che trovò poco lontano da lui, con solo un’ala sfoderata dal corpo, seduto compostamente su una sedia accanto al letto, le gambe leggermente divaricate, le mani appoggiate sulle ginocchia e la schiena dritta. Castiel volgeva lo sguardo all’esterno, oltre la finestra che mostrava piccoli fiocchi di neve che scendevano lentamente dal cielo in danze ondeggianti, e i suoi occhi blu splendevano di una calma forzata dietro alla quale si intravedeva un accenno di preoccupazione e quasi paura.
-Cass?- chiamò Dean con voce impastata dal sonno. Castiel parve non udirlo. –Cass!-
Finalmente l’angelo distolse lo sguardo dalla finestra per posarlo sull’umano accoccolato sotto la sua ala.
-Che stai combinando?-
-Pensavo.-
-E devi farlo seduto lì sopra? Voi pennuti non sentite mai freddo?-
-Non molto.-
-Non molto? Allora un po’ di freddo lo senti. Se è così, sei un coglione.-
Castiel corrucciò le sopracciglia, stranito. Dean sorrise e rotolò su un fianco, dandogli le spalle. –Muoviti, ma non farci l’abitudine. Intesi, solo per questa notte, Lilly.*-
Dean rimase immobile mentre l’ala sopra di lui si muoveva, agitata dagli spostamenti del padrone. Castiel si sdraiò al suo fianco e con un fruscio manifestò anche un’altra ala, facendola scivolare sotto il corpo di Dean con tanta delicatezza che se il cacciatore non avesse avuto gli occhi aperti non se ne sarebbe accorto.
Entrambe le ali li strinsero in un bozzolo di piume caldo e soffice come un sogno. Dean rotolò nuovamente sul fianco opposto per trovarsi premuto contro il corpo di Castiel, che lo guardò interdetto quando il cacciatore gli passò un braccio intorno ai fianchi per premerselo addosso.
-Ora mi dici che cos’hai, coglione piumato?- mormorò nel suo orecchio, facendolo rabbrividire.
-Niente, Dean.- rispose Castiel, ma Dean accentuò la presa sui suoi fianchi.
-Ripetilo in modo convincente.-
-Niente, Dean.-
-Era un modo di dire, Cass. Adesso sputa il rosp… volevo dire, dimmi cosa c’è che non và o ti spiumo penna dopo penna, e ora ne hai il doppio rispetto a prima, perciò avrò il doppio del lavoro da fare.-
Castiel mosse appena le ali, lasciando che le morbide piume carezzassero la pelle di Dean con un tocco leggero come aria calda e profumata. Il cacciatore inspirò ancora quell’odore magnifico, lasciando che questo arrivasse al cervello, laddove la memoria avrebbe potuto imprimerlo per sempre.
-Non sono pronto.- mormorò Castiel, gli occhi fissi sul soffitto. –Non voglio. Essere un arcangelo comporta troppe responsabilità, troppi poteri. Queste stesse ali sembrano pesare come non avrei mai immaginato. Pesano di nuovi compiti, nuovi rischi da correre, proprio adesso che sentivo di poter cominciare ad assaporare la pace. Per qualche istante la mia mente è stata sgombra, pulita di qualsiasi problema che non fosse… la troppa felicità che provavo. Mi sentivo rinato, completamente libero di ogni catena, ma adesso questa stessa libertà contribuisce a incatenarmi nuovamente.-
Castiel socchiuse gli occhi mentre la mano che aveva appoggiato sul suo stesso petto si stringeva in un pugno convulso. Per un attimo il suo viso si contrasse di rabbia prima di tornare a rilassarsi.
-Forse è troppo chiedere la pace. Forse è per questo che non abbiamo un’anima vera e propria… perché non possiamo bearci di un paradiso personale, tranquillo. Invidio voi umani: per quante sofferenze dobbiate patire, alla fine per voi ci sarà sempre una destinazione, un luogo dove tutto finirà e sarà quieto, in un modo o nell’altro. Noi angeli invece sappiamo che non esistono traguardi o fine percorso. Noi saltiamo ostacoli, li aggiriamo, ma non possiamo mai permetterci di cadere, o spariremmo per sempre. Non c’è paradiso o inferno per un corpo senz’anima. Adesso io sono coinvolto in una nuova guerra che potrebbe uccidermi da un momento all’altro… e sono debole, Dean. Queste sono solo ali, un po’ di piume in più che comportano un grado maggiore che in realtà non avverto nella pelle… provo troppi sentimenti per poter andare avanti, non sono il soldato che dovrei essere. Non più.-
Dean guardò Castiel, ma il suo viso restava imperscrutabile, apparentemente insensibile a qualsiasi sentimento. L’angelo stava lottando per trattenere i sentimenti, ma sentiva come una voragine inarrestabile al centro del petto. Era vulnerabile, debole… stanco.
-Hai finito di compiangerti?- disse Dean all’improvviso. Castiel lo guardò, incrociando i suoi occhi di giada. Lo sguardo di Dean era risoluto e quasi arrabbiato. –Finora abbiamo avuto migliaia di problemi, Apocalisse compresa, e li abbiamo sempre affrontati. Quando ti incontrai dicesti che l’armageddon non poteva essere fermato, ma poi fosti tu stesso a ricrederti. Hai abbandonato il paradiso, hai corso il rischio di diventare umano e hai combattuto al nostro fianco per difenderci. Non so tu, ma io questo lo chiamo essere il soldato perfetto. Saper combattere non significa essere una macchina da guerra, ma un essere vivente con carne e sentimenti al loro posto che conosce il peso delle armi e le maneggia con parsimonia. Tu sei questo, Castiel. Sei perfetto nel tuo provare sentimenti e sei forte di questi sentimenti stessi. C’è bisogno che sia io a dirtelo, coglione piumato?-
Castiel strabuzzò leggermente gli occhi. Dean accostò il viso al suo, lo sguardo bruciante di rabbia e desiderio.
-E poi ci siamo noi. Ci sono io. Fattelo bastare.-
Finalmente, Dean si fiondò sulle sue labbra, e per lui fu come tornare a respirare. Con un solo movimento salì a cavalcioni del bacino di Castiel, bloccandogli contemporaneamente i polsi sul materasso ancor prima che l’angelo riuscisse a comprendere cosa stesse accadendo. La lingua di Dean schiuse prepotentemente le labbra di Castiel per giocare con la sua, intrecciandole in una danza affannata e bisognosa. Il cacciatore fece scivolare una mano sulla base di una delle ali di Castiel per accarezzarla, affondando le dita nelle piume soffici. Inaspettatamente, Castiel inarcò la schiena e gemette in modo osceno nella bocca di Dean.
Decisamente, quello doveva essere il punto debole dell’angelo. A sorpresa, Dean strinse una parte del grosso muscolo dell’ala, troppo grande per essere circondato interamente dalle dita del cacciatore.     
-Dean!- si lasciò sfuggire Castiel, aggrappandosi ai fianchi del ragazzo. La sua pelle emanò la tipica delicata luminescenza, subito imitata dalle ali mentre il secondo paio d’appendici piumate sgusciava fuori dalla pelle di Jimmy Novak. In pochi istanti il pavimento e i muri furono invasi da un mare di piume argentate che, troppo grandi per distendere le ali completamente in quello spazio ristretto, si ripiegavano contro i muri fin sopra al soffitto. A Dean parve di trovarsi in un’immensa scatola piumata.
-Siamo sensibili in certi punti, mi sembra di capire.- mormorò Dean con voce sensuale, sfregando il bacino contro quello di Castiel e facendolo gemere nuovamente. A quel punto, l’angelo gli morse la mascella e fece scorrere la lingua fino all’orecchio di Dean, giocando col lobo. Il cacciatore sbarrò gli occhi, sorpreso.
Alla faccia del verginello!
La porta si spalancò con un tonfo, lasciando entrare una bambina completamente fradicia con addosso soltanto un gigantesco accappatoio che la faceva incespicare ad ogni passo seguita da Bobby, anche lui bagnato, ma vestito e sconvolto. Aveva i capelli appiccicati al volto, alcuni bottoni della camicia totalmente strappati e le maniche che grondavano acqua.
-Bambina pestifera, torna qui!!! FERMATI, ACCIDENTI!!!- urlò il vecchio cacciatore mentre la piccola per poco non inciampava nelle ali di Castiel. Trovandosi con davanti un immenso tappeto piumato, decise scientemente di tuffarsi di pancia, ma Castiel non gradì il gelo dell’acqua tra le piume sensibili. Inspirò bruscamente una boccata d’aria e ritrasse l’ala, facendo rotolare la bambina su un fianco, fino al bordo frastagliato dell’ala, che intanto si era sollevata da terra. La piccola si trovò sospesa nel vuoto per qualche istante, ma Castiel distese l’altra ala appena in tempo e lei atterrò in un nuovo materasso piumato, battendo le mani e ridendo divertita.
-Che cazzo succede, dannazione?!- urlò Dean, non gradendo per niente la brusca interruzione. Nel mentre, Castiel aveva abbandonato il capo contro il cuscino, rilasciando un sospiro di sollievo.
Dean cercò di scendere dal letto, ma era impossibile con le ali di Castiel che occupavano l’intera stanza.
-Questa bambina è un inferno! Non te ne fai niente di Lucifero se c’è lei! Questa è l’incarnazione del male, un wendigo formato bimba, la regina dei demoni degli incroci travestita da angioletto spiumato! Ne ho viste di pesti, ma questa le batte tutte! Mi ha allagato il bagno, e che cazzo!- esclamò Bobby, gesticolando verso la bambina che ancora ridacchiava, accarezzando estasiata le piume di Castiel, che rabbrividì e si morse le labbra per trattenere un gemito vergognoso. Avvampò, e questo fu troppo per il povero Dean: non gli importava che si trattasse di un cucciolo d’uomo dal viso particolarmente dolce. Poteva anche essere la regina del paradiso e dell’inferno contemporaneamente, ma non le avrebbe permesso di toccare Castiel in quel modo.
-Va bene, adesso basta, Terminator!- esclamò, scansando con malgarbo le ali di Castiel per allungarsi e afferrare l’accappatoio della bambina, che si trovò per aria in pochi istanti, trattenuta da un Dean particolarmente furioso.
-Stammi bene a sentire, mocciosa! Questo non è un parco giochi e tu non dovresti stare qui! Appena metto le mani su quella stronza di Samantha gli do tanti di quei calci da fargli passare la crisi mestruale una volta per tutte!-
Ma Dean non aveva ancora finito di parlare che due piccole manine si erano appoggiate sulla sua mascella, sollevandogli il volto con gentilezza.
Quella fu la prima volta che Dean posò veramente gli occhi sulla piccola Mary, così dolce… così simile a Mary Winchester. La mente bastarda del cacciatore sovrappose istantaneamente l’immagine di quel viso di bambina a quello dell’ormai adulta donna che lo aveva stretto tra le braccia quando era piccolo.
-Ehi idiota, esci dal mondo delle favole e restituiscimi la strega cattiva.- lo esortò Bobby, prendendo tra le braccia la piccola Mary, che appena si trovò contro il petto del vecchio cacciatore strillò e tese le braccia verso Dean in una richiesta disperata. Bobby inarcò le sopracciglia.
-Sembra che tu abbia fatto colpo, playboy.- disse, tendendogli la bambina, che si arpionò al collo di Dean prima che questi potesse protestare.
-Ma che… no, non se ne parla!- esclamò lui, staccandosela di dosso con parecchia fatica. Mary gonfiò le guance ed assunse un’espressione corrucciata, con tanto di labbro tremulo.
-Oh, non fare così con me, signorina! Non sono un parco giochi e qui non sei a Hogwarts, perciò tornatene da dove sei venuta, e in fretta!-
Tese la bambina a Bobby, ignorando i suoi continui gemiti di protesta mentre il vecchio cacciatore la prendeva e se la portava al petto, uscendo dalla stanza e lasciandosi alle spalle una scia bagnata dovuta agli abiti zuppi d’acqua.
-Non ci posso credere, l’ha fatta restare!- esplose Dean, scendendo dal letto con qualche difficoltà dovuta alle ali di Castiel ancora leggermente spiegate. –Aspetta che…-
Si udì un grido, seguito da uno sparo e dal rumore di vetri in frantumi.
Dean e Castiel si lanciarono una fugace occhiata prima che il primo si lanciasse oltre la soglia e l’altro sparisse dalla stanza per poi riapparire in piedi nel salotto, le ali leggermente spalancate, ma abbastanza grandi da schiacciare Dean, Sam, Bobby e Mary contro il muro. Sindragon balzò fuori dal nulla, seguito da Gabriel, che apparve accanto al fratello, il corpo proteso verso Sam nel chiaro intento di proteggerlo.
Non ci fu bisogno di combattere semplicemente perché non c’era nessuno abbastanza in forze per lottare.
L’uomo che avevano davanti era in condizioni pietose: aveva i capelli biondi scompigliati e rossi di sangue, il petto squarciato da una grossa ferita, gli occhi verdi iniettati di sangue che si fissarono quasi follemente in quelli puri di Castiel.
-C… Castiel…-
-Damabiah…-**
Castiel afferrò l’angelo ferito prima che questi crollasse riverso in un mare di sangue. Lo adagiò delicatamente al suolo, tenendogli la testa per aiutarlo a respirare.
-Fratello… ci… ci hanno attaccati.- esalò l’angelo tra una convulsione e l’altra. Castiel socchiuse gli occhi in un’espressione addolorata.
-È stato Raphael?-
-Cre… credeva che… avessimo il… il calice. Qualcuno l’ha… trafugato e l… lui se ne è accorto a… adesso.-
Gabriel sbatté le palpebre, confuso. –Trafugato? Cioè, qualcuno ha fottuto il calice al fottitore?-
Ma Castiel non lo ascoltava. Afferrò il capo di Damabiah e lo costrinse a guardarlo. Occhi freddi di soldato morente e occhi azzurri di sentimenti a metà tra l’umano e l’angelico si incontrarono.
-Resta con me, fratello. Non dormire.- lo pregò Castiel, scuotendogli appena il capo. Lui tossì un grumo di sangue e grazia luminosa.
-È tardi… so… sono mor… morti tutti…- Damabiah guardò Castiel con occhi confusi nei quali già si leggeva l’impronta di vacuità che accomunava i morti. –De… deve finire così, ca… capitano? Finirà nel sa… sangue? Non… non arrenderti, almeno… almeno tu. Ti a… abbiamo seguito fin qui, e se fosse stato possibile a… avremo continuato a farlo. Prosegui tu il ca… cammino. Sei la nostra… speranza. Trova il Graal.-
-Resta sveglio, fratello! Continueremo insieme, non…-
-Stammi vicino… almeno o… ora. Fratello mio… capitano… Castiel.-
Damabiah strinse debolmente la mano di Castiel, guardandolo con occhi speranzosi, eppure tanto spaventati. La paura della morte era uguale per tutti, presente come il respiro nella vita di ogni essere vivente: anche un angelo, in punto di dipartita, avrebbe guardato all’oblio con terrore, rassegnato al dover fare i conti col nulla che lo attendeva. Damabiah aveva paura come un bambino, e come un bambino tremava, ancora disperatamente aggrappato alla vita.
Castiel si chinò sul fratello e strinse al petto il capo fragile di Damabiah mormorando qualcosa in enochiano, la voce arrochita dal dolore.
-Sii libero, fratello… la libertà esiste per ognuno di noi, se la si sa trovare.- mormorò infine Gabriel, chinando il capo.
Castiel e Damabiah chiusero gli occhi contemporaneamente, il secondo rilasciando un sospiro sfinito e tremante. La mano che stringeva quella di Castiel scivolò via, sfuggente alla stretta lieve dell’altro angelo e cadde a terra con un tonfo che sapeva di gong mortale.
Ci fu un lampo di luce che imprimeva a fuoco il dipinto nerastro di due immense ali spiegate sul pavimento e sui muri della stanza.
Damabiah spirò così, nel silenzio e nel dolore di una guerra insensata. Era stato un soldato, un angelo, una creatura che nella sua inconsapevolezza aveva vissuto e amato a modo suo un Padre che forse per pietà o per puro atto irrisorio l’aveva richiamato a sé definitivamente, spegnendo in lui la fiammella del respiro. Quelle ali spezzate dall’indissolubilità della guerra, frantumarono anche una piccola parte del cuore di Castiel che non era rimasto con loro, che non aveva lottato al loro fianco.
Mentre lui baciava Dean, i suoi fratelli morivano.
Mentre lui stringeva a sé il suo umano, gli altri angeli lo invocavano disperati poco prima di spirare.
Castiel non ebbe neanche la forza di piangere. I suoi occhi rimasero immutati, vuoti, mentre le palpebre si rialzavano per scoprire le iridi vuote d’emozioni, desolate di ogni lucentezza. Doveva andare. I suoi fratelli, o almeno ciò che ne restava, avevano bisogno di lui.
Si rialzò lentamente in piedi.
-Gabriel.- chiamò senza voltarsi. –Seppellisci quest’uomo. Per noi era soltanto un corpo, ma ha ospitato gli ultimi attimi della vita di nostro fratello.-
-Ehi, cosa hai intenzione di fare?- esclamò Dean, facendosi avanti.
Castiel non lo guardò, incapace di alzare gli occhi perché troppo pesanti di vergogna. –Dove è giusto che stia. Ho fatto un errore a venire… i sentimenti sono solo una distrazione.- Detto questo, Castiel scomparve con un frullio d’ali, lasciandosi alle spalle il silenzio e la rabbia di Dean.
-Testa di cazzo piumata, torna qui!- urlò alla stanza. –CASTIEL, MALEDIZIONE!!!-
-È inutile chiamarlo, zuccherino.- mormorò Gabriel, chinandosi per raccogliere con delicatezza il corpo che era appartenuto momentaneamente a Damabiah. Il sangue gli colò lungo gli avambracci, inzuppandogli la giacca e la camicia, ma Gabriel non ci fece caso. –Portate via la gattina trovatella, l’abbiamo già traumatizzata abbastanza.-
Gabriel uscì all’aria aperta, cercando in tutti i modi di essere forte. Aveva conosciuto con Damabiah e lo ricordava ancora come un piccolo angelo particolarmente insicuro, quasi puerile nella sua paura di non essere un buon figlio, di essere inadeguato.    
Adesso che ne è della tua insicurezza, fratello?
I piedi di Gabriel affondarono nella neve alta passo dopo passo mentre l’arcangelo si allontanava sotto lo sguardo attonito dei Winchester. Bobby aveva portato via la piccola Mary, ma ormai il danno era fatto: aveva visto la morte e non avrebbe mai dimenticato.
-Vai da lui, Sam.- mormorò Dean, guardando le spalle di Gabriel, al cui seguito trottava con una certa difficoltà Sindragon.
-No, adesso hai più bisogno tu di me…-
-Ti ho detto vai!-
Dean alzò la voce mentre incrociava lo sguardo del fratello. Sam lesse nei suoi occhi una stoica resistenza al dolore che cercava di assalirlo, ma era certo che in un modo o nell’altro Dean avrebbe ceduto a quella fragilità che aveva sempre albergato in lui, seppur racchiusa in una gabbia di freddo acciaio che ne confinava i dannosi effetti.
-Si risolverà tutto.- mormorò, voltandosi. –Ricordi quando è morto papà? Abbiamo sofferto, ma alla fine abbiamo trovato la forza di andare avanti grazie all’appoggio reciproco. Ci è voluto del tempo, ma poi le cose si sono aggiustate. Castiel ricorderà presto di essersi appena lasciato alle spalle la sua ancora di salvezza e tornerà. Tu però ricorda: anche gli angeli possiedono le loro debolezze, per quanto forti possano sembrare. Sta a te comprendere e saper andare avanti, anche perché Castiel non ci riuscirà tanto facilmente da solo.-
Ma Dean l’aveva già oltrepassato, dirigendosi verso l’Impala, le chiavi in mano e il capo chino. Sam guardò suo fratello allontanarsi e pregò Castiel, per quanto lontano fosse, di vegliare su di lui.
§§§§
Bastò uno schiocco di dita, e la pila di terra crollò a picco sul corpo dell’uomo. Nevicava ancora, ma nonostante tutto Gabriel si era rifiutato di schermarsi con le ali. Il gelo del ghiaccio sulla pelle gli faceva bene, lo faceva distrarre dal dolore che gli opprimeva il petto ma che non avrebbe mai voluto manifestare a Sam, appoggiato mollemente contro il cofano di un auto. Non si era portato un ombrello, perciò aveva i capelli bagnati appiccicati al viso o scompigliati dall’umidità, ma non staccava gli occhi da lui. Non parlava, non sorrideva. Semplicemente, pareva aspettare qualcosa; una sua reazione, uno scatto d’ira, o forse che la sua grazia esplodesse, distruggendo ogni cosa nel raggio di miglia, come successo nella lotta contro Ramiel.
-Ti prenderai un malanno, zuccherino. Torna in casa.- disse Gabriel, senza guardarlo.
-Anche tu, quindi rientriamo insieme.-
-Sto bene, ricorda che sono un arcangelo.-
-E io un cacciatore. Sei comunque nel corpo di un essere umano, e se ti dessi un’occhiata ti accorgeresti di avere le mani vicine all’ipotermia.-
Sam raggiunse Gabriel incespicando nella neve che gli inghiottiva i piedi ad ogni passo. Afferrò le mani dell’arcangelo e se le portò al ventre, infilandole nella gigantesca tasca della sua felpa invernale. Immediatamente la pelle bollente di Sam riscaldò le mani congelate di Gabriel, abbracciandole in un morbido tepore che lo fece rabbrividire e chiudere gli occhi in un’espressione finalmente rilassata.
-Va meglio?- sorrise il cacciatore, divertito dall’espressione dell’arcangelo, che annuì lentamente. Sam infilò le mani nella tasca e afferrò quelle di Gabriel in una stretta gentile, che sapeva di incitamento a farsi coraggio.
Finalmente, Gabriel incrociò lo sguardo di Sam e vi lesse tutto l’affetto che provava per lui. Quelle iridi brillanti, miste alla stretta lieve delle dita affusolate sui suoi palmi lo riportarono lentamente alla ragione, come ergendosi tra lui e la sofferenza di aver perso un fratello tanto caro.
Sam non parlò, semplicemente perché il suo silenzio valeva più di mille parole. Gli accarezzò una guancia e gli baciò delicatamente un angolo delle labbra come una madre paziente in attesa delle confessioni del figlio. Tuttavia, Gabriel non aveva nulla da confessare, perché ogni verità si leggeva chiaramente nei suoi occhi liquidi di dolore e sollievo per il piccolo miracolo umano che lo stava sfiorando come a volerlo sollevare dalle sue colpe: mai come in quel momento, i ruoli di angelo e uomo parevano invertiti.
-Qualunque difficoltà si prospetti sul tuo cammino, non aggirarla. Affrontiamola insieme, tu e io. Se ci sporcassimo le mani di sangue… non sarà poi così difficile lavarcele a vicenda, non ti pare?- mormorò Sam, e Sindragon, che fino a quel momento aveva assistito alla scena con fare muto, abbaiò. Sam rise. –Vedi? Sindragon mi sta dando ragione, perciò vedi di farlo anche tu o non avrai mai un Behemah Aqedà.-
-È una minaccia, zuccherino?-
-Mmm… sì.-
Sam appoggiò la fronte contro quella di Gabriel ed entrambi sorrisero, fradici e infreddoliti, certo, ma felici.
-Sei l’umano più strano che abbia mai visto, cherì.- ammise Gabriel con leggerezza.
-Disse l’uomo con le ali e la pelle luccicante alla Edward Cullen…-
-Cosa?! Non sono una palla da discoteca!-
Sam rise nuovamente, quando qualcosa di pesante si appoggiò sulle sue spalle e lo spinse in avanti, facendo combaciare le sue labbra con quelle di Gabriel.
Cane pestifero!Pensò il cacciatore quando vide Sindragon tornare a quattro zampe e allontanarsi al trotto nella neve alta.
Tuttavia, Gabriel non fu tanto dispiaciuto dell’inaspettato contatto. Strinse a sé il possente corpo di Sam, facendoli incastonare come due perfetti pezzi di un puzzle e insinuò la lingua nella sua bocca con la solita dolcezza che lo contraddistingueva. La reazione del cacciatore non si fece attendere: premette una mano sulla nuca dell’arcangelo e gli cinse i fianchi con un braccio, strusciando il bacino contro il suo. Si staccò dalle sue labbra bollenti per passare la lingua umida lungo l’intero collo di Gabriel, benedicendo l’avventatezza dell’arcangelo che gli aveva impedito di infilarsi una di quelle felpe che non lasciavano scoperto nemmeno un millimetro di pelle.
Gabriel gemette e inclinò il capo dalla parte opposta, facilitando la bollente esplorazione di Sam lungo il suo collo, dove il cacciatore s’interruppe solo per lasciarvi un morso possessivo che gli arrossò la pelle. Gabriel si aggrappò a lui, mordendosi a sangue le labbra. Sam leccò quell’unica goccia scarlatta scaturita dal morso di Gabriel e riprese possesso delle sue labbra, impedendogli di azzannarsi ancora.
-Queste sono mie.- mormorò in un soffio il cacciatore alla bocca schiusa dell’altro, accarezzandogli i fianchi con un tocco lascivo.
-E tutto questo è mio.- sussurrò Gabriel, facendo scivolare le mani al collo di Sam.
Si udì un tintinnio cristallino che fece sussultare il cacciatore. Con qualche difficoltà, Sam abbassò lo sguardo sul sottile collare nero rifinito in oro che aveva allacciato al collo. Al suo centro vi pendeva un piccolo campanellino dorato, fonte del rumore appena udito.
-Cos…- balbettò Sam, sfiorando il campanellino con aria stordita. Gabriel ridacchiò.
-Ricordi quando ti dissi che se non facevi attenzione sarei stato costretto a metterti il guinzaglio? Be’, visto che tu sei più gatto che cane quantomeno adesso hai il collare.-
-Non se ne parla! Non andrò in giro con un collare addosso!-
-Oh, suvvia, mon amour! Poteva andarti peggio, ero indeciso tra il collare con i diamanti e il fiocco rosso e questo qui! Non puoi lamentarti!-
Sam scrollò violentemente il capo e cominciò a tastare il collare alla disperata ricerca della fibbia. Fece scorrere le dita lungo la sottile striscia di cuoio rifinito, ma quando raggiunse la cinghia, scoprì di non riuscire a spostare la linguetta di cuoio.
-Che diavolo… pestifero di un arcangelo, liberami subito!- esclamò Sam, arrabbiato. Gabriel assunse un’aria da cucciolo bastonato.
-Ma sei così carino! Non potrei mai rovinare una così bella opera d’arte. E poi…- disse, accostando le labbra all’orecchio di Sam. –Scommetto di riuscire a fartelo piacere.-
Gabriel chinò appena il capo per addentare con delicatezza il collare di Sam e strattonarlo leggermente, facendo tintinnare il campanellino. Fece scorrere le mani congelate lungo il collo del cacciatore, che rabbrividì, e non certo per il freddo.
-G… Gabriel, non cambierò idea… toglimelo subito!- esclamò, cercando di fingersi deciso. Si costrinse a non guardare in faccia l’arcangelo, cosa che si rivelò impossibile quando questi strattonò ancora il collare, facendogli chinare appena il capo e gli occhi. Gabriel lo fissava con un accenno di sorriso e uno sguardo lascivo a dir poco indecenti.
All’improvviso si udì un leggero abbaiare. Gabriel si staccò dal collare di Sam e si voltò verso Sindragon che cercava di raggiungerli nonostante la neve che quasi gli impediva il passaggio.
-Che succede?- chiese Sam, fissando la grossa sagoma del cane nero. Gabriel corrucciò le sopracciglia.
-Io… devo andare.- sussurrò, appena Sindragon li raggiunse.
-Cosa? Aspetta un attimo, non…-
Ma il cane si era già impennato per sfiorare una spalla dell’arcangelo con una delle zampe anteriori. Gabriel lanciò un’ultima occhiata a Sam e prima che questi potesse reagire, si scrollò la zampa di Sindragon dalla spalla e scomparve, portandosi dietro un mucchio di domande rimaste congelate sulle labbra del cacciatore.
§§§§
L’inferno. Gabriel si trovava all’inferno, o almeno, così credeva. Si guardò intorno, abbracciando con lo sguardo l’immensa distesa annerita che si srotolava a vista d’occhio per miglia e miglia.
Vedeva il bianco del ghiaccio e della neve del Polo Nord ormai anneriti da crateri e bruciature.
Sentiva l’aria un tempo gelida di quel posto farsi bollente e rarefatta.
Avvertì il sapore della bile in bocca quando posò lo sguardo sui migliaia di corpi straziati riversi al suolo ai cui lati si stendevano, invisibili ma impresse a fuoco nel nero della cenere sottostante, le ali immense che un tempo erano appartenute ad angeli vivi, pulsanti di Grazia. I suoi fratelli.
Gabriel avanzò lentamente, affondando i piedi nel sangue viscoso. Era ancora fresco, tanto era il calore che aleggiava nell’aria.
-Castiel…-
Gabriel sfoderò le ali con uno scatto violento che smosse l’aria mefitica di quel luogo di morte. Un battito di piume dorate, un balzo del corpo e l’arcangelo si librò leggero, unica macchia di luce e colore in un cimitero oscuro d’anime infrante.
Gabriel varò leggermente, stupendosi di quanta difficoltà avessero i suoi polmoni ad inspirare aria. Era come trovarsi in una bolla di vetro, un luogo dove il silenzio e la staticità facevano sembrare l’ambiente irreale, come appartenente ad un incubo.
L’arcangelo fece scorrere gli occhi sulla distesa, cercando di trattenere i conati di vomito che squassavano il suo tramite umano. Per decine di miglia c’erano corpi di uomini e donne riversi in un mare di sangue, chi con il ventre squarciato, chi con la testa staccata dal collo, e così via. Alcuni avevano gli occhi spalancati sul vuoto terrore della morte che era venuta a prenderli, e a Gabriel parve addirittura che alcuni di loro lo guardassero con fare accusatorio, rabbioso:
Dov’eri mentre i nostri fratelli ci massacravano?, parevano dire quegli occhi vitrei.
Gabriel fu costretto a calare di quota. Nonostante l’immensa potenza delle sei gigantesche ali dorate, si sentiva troppo stanco per volare. Crollò a terra e cadde in ginocchio, tossendo sfinito. Quel posto lo faceva star male, soffocava la sua Grazia. Si sforzò di respirare con pochi, pesanti ansimi.
Un rumore lo distrasse, spingendolo sulla difensiva. Aprì una mano, pronto a richiamare a sé la sua spada da arcangelo per neutralizzare qualsiasi nemico, ma non ce ne fu bisogno: Castiel stava fermo a poca distanza da lui e gli dava le spalle, il capo chino sul corpo impalato di una donna che Gabriel riconobbe come il tramite di Eyael.***. Quell’angelo era stato suo sottoposto, suo fratello… suo amico. Cos’era invece, adesso? Niente. Eyael non esisteva più.
-Fratello…- mormorò Gabriel, alzandosi faticosamente in piedi. Nonostante Castiel non avesse manifestato le ali, vide alle sue spalle una cerchia di piume argentate sporche di sangue e cenere. Da quanto erano lì? Da quando CASTIEL, era lì?
Gabriel lo affiancò, privo anche della forza di parlare. Avrebbe voluto consolarlo come il fratello maggiore che era, ma si sentiva stanco, svuotato di ogni energia. Si passò una mano sul viso prima di posare lo sguardo su Castiel, i cui occhi riflettevano la stessa morte che lo attorniava.
-Dovevo essere con loro.- mormorò con voce roca, ma Gabriel scosse il capo.
-Non potevi saperlo, non hai fatto niente di male.-
-Invece sì. Avrei dovuto immaginare che Raphael e i suoi si sarebbero accorti presto dell’inganno. È colpa mia, e degli innocenti hanno pagato il prezzo della mia stupidità.-
Gabriel spiegò lentamente un’ala per poggiarla sulle spalle di Castiel in un gesto confortevole, che lo incitava a farsi coraggio. L’angelo non reagì.
-Dov’è Dio, Gabriel? Dov’è mentre i suoi figli si massacrano a vicenda? Dov’è mentre questi invocano il suo nome quando muoiono?- esalò Castiel, chiudendo gli occhi sconfitto. Si guardò le mani sporche del sangue dei suoi fratelli.
Quando era arrivato, aveva trovato Eyael ancora vivo e aveva cercato di salvarlo, ma era stato tutto inutile. L’angelo era spirato davanti ai suoi occhi, lanciandogli un ultimo sguardo spaventato identico a quello che aveva esibito Damabiah prima di spirare, e Castiel era rimasto lì, con le mani e il trench sporchi di sangue innocente, invocando l’intervento di suo Padre. Aveva sprecato la voce per ore e ore, ma nessuno gli aveva risposto. Aveva sbattuto le ali infuriato, graffiandole contro le rocce appuntite e le spade angeliche ancora infisse nei corpi dei suoi fratelli, ma niente.
-Non so dove sia, non so nemmeno se ci sia davvero, ma non possiamo disperare.- rispose Gabriel, guardando corrucciato il corpo di Eyael.
“Prosegui tu il cammino. Sei la nostra speranza”
Ricordò la preghiera di Damabiah, il suo sguardo fiducioso che si rifletteva nelle iridi disperate di Castiel, e allora capì: quegli angeli, quelle creature morte lì, combattendo per ciò in cui credevano, avevano fiducia in loro. Avevano sperimentato la paura della morte, ma non si erano tirate indietro e avevano sollevato le spade in nome dei loro fratelli, combattendo fianco a fianco fino all’ultimo respiro. La speranza le aveva condotte fin lì e li aveva sollevati in difesa del bene reciproco. Per amore dei propri fratelli, essi avevano lottato ed erano morti, ma se esisteva un dopo per loro angeli senz’anima, allora Gabriel fu certo che li attendeva un nuovo, luminoso paradiso.
Si voltò verso Castiel e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo.
-Non te lo permetto, Castiel.- ringhiò. –Non ti permetto di scappare da ciò che sei. Tu hai guidato questi angeli in passato, e adesso insieme a me guiderai le sorti di questa guerra. Guardali!- urlò, voltandogli il capo verso la distesa di morte che li attorniava.
-Guarda cosa significa combattere per ciò in cui si crede! Loro hanno lottato fino alla fine, e lo farebbero di nuovo se ciò significasse seguire te e i loro ideali. Ti arrendi così, Castiel? Vuoi tradirli tutti quanti?-
Castiel sbarrò gli occhi, il corpo scosso dai tremiti. Pensò a Dean, ai continui sacrifici che compiva per Sam. Aveva avuto davanti a sé un esempio lampante di amore fraterno e speranza nel domani e non ci aveva fatto caso, anzi: gli aveva voltato le spalle con poche, gelide parole.
-Io… sì… hai ragione.- mormorò Castiel. –Non può finire così, non ora. Combatteremo, e lo faremo per ricordare a noi stessi che siamo liberi, che possiamo scegliere la nostra strada come hanno fatto i nostri fratelli. Io… credo di averla scelta tempo fa, quando all’inferno vidi per la prima volta il mio protetto.-
Con un fruscio, le quattro ali di Castiel scivolarono fuori dalla pelle di Jimmy Novak, stiracchiandosi all’aria aperta per metri e metri di ampiezza. Il loro luccichio, misto a quello dorato di Gabriel, rischiarò l’oscurità di quel luogo.
-Grazie, fratello.- asserì Castiel e Gabriel annuì, spiegando le ali a sua volta. L’arcangelo si inginocchiò ai piedi di Eyael per bagnarsi le dita di quel sangue versato ingiustamente, sangue innocente di qualcuno che confidava nella speranza.
Avrebbero lottato, qualunque fosse stato l’esito della battaglia, e l’avrebbero fatto perché era giusto, perché sapevano che la loro forza era tutta lì, nell’appoggio reciproco e nella speranza che li levava in volo ogni giorno. Erano fratelli, erano soldati. Eppure, al contrario dei normali soldati angelici, loro avevano qualcosa di più: provavano sentimenti.
-Credo che sia meglio ripulire questo posto.- disse Gabriel, guardandosi intorno.
Contemporaneamente, i due angeli sbatterono le ali con forza, come se volessero spiccare il volo, e la potenza generata dal movimento delle piume misto alla forza esplosiva della loro Grazia diede vita a una folata di vento profumato di fiori, incenso e speranza rinata.
La cenere fu spazzata via, lasciando il posto al candore del ghiaccio e della neve, come un uomo improvvisamente ripulito di ogni peccato.
L’aria rarefatta si dissolse per essere sostituita dal gelo e dal vento pulito che sapeva di natura e fiori di campo.
Le nuvole nere sgombrarono il cielo per lasciare il posto a un cielo limpido, nella cui volta celeste splendeva un sole che all’istante bucò con forza l’ultima resistenza di nubi nere come il carbone. I raggi piovvero dal cielo bagnando un panorama nuovo, ricostruito, dove i cadaveri venivano seppelliti nella neve, che in pochi istanti si frammentava di fiori appena nati, boccioli verde smeraldo che secondo dopo secondo spiegavano le foglie e si schiudevano come tante gemme luminose ormai padrone sul rosso macabro del sangue.
Finalmente, la vita si risvegliava e reclamava ogni supremazia sulla morte da poco scesa in quello che era stato un tetro campo di battaglia, ma che adesso si era trasformato in un’immensa distesa di neve decorata da fiori ed edera appena nata.
In mezzo a quello spettacolo, si ergevano immense due creature dall’aria bellissima e terribile. Occhi blu e occhi verde-dorato fissarono il cielo sovrastante mentre le ali immense e indistruttibili come diamanti appena lavorati, si immobilizzavano a mezz’aria, riflettendo tutto intorno uno spettro di luci cangianti, piccoli frammenti che danzavano sull’erba e sulla neve come schegge di Grazia riflessa.
-Dimmi una cosa, fratello.- mormorò una delle due creature, quella con le ali dorate. –Sei stato tu, vero? Hai trafugato il Graal quando ti sei scontrato con Raphael. Gliel’hai strappato di dosso durante l’impatto e lui non se ne è accorto perché l’hai sostituito mentre cadevate e lui perdeva i sensi.-
L’altro angelo annuì lentamente, socchiudendo gli occhi blu cobalto.
-Dov’è adesso?- chiese ancora il primo.
Una folata di vento scompigliò loro i capelli, accarezzando le piume dalla bellezza statuaria.
-Dean.- mormorò l’angelo dagli occhi blu. –L’ho dato a Dean.-
 
Precisazioni:
*Intesi, solo per questa notte, Lilly: richiamo a una scena di Lilly e il vagabondo nella quale la piccola Lilly, allora ancora cucciola, dorme per la prima volta nel letto dei padroni, che s’illudono di aver fatto una semplice eccezione. In realtà il cane dormirà nel loro letto per tutti gli anni a venire.
**Damabiah: letteralmente, il suo nome significa “Dio fonte di saggezza”. Angelo appartenente al coro degli angeli e protettore di uno degli elementi capitali presenti sulla Terra. L’acqua. Noto per la sua vivacità di spirito, si ritiene che Damabiah fosse uno degli angeli più giovani, nonché una delle ultime creazioni angeliche di Dio.
***Eyael: letteralmente, il suo nome significa “Dio delizia dei bambini e degli uomini”. Terzo raggio angelico nel Coro lunare degli Angeli guidato dall’Arcangelo Gabriele, nel quale governa le energie di Giove.


Angolo dell’autrice:
ZAN-ZAN-ZAAAAAAAAN!!!!!!!! *Musichetta drammatica*
Ebbene sì, il calice è in mano del nostro inconsapevole Dean, che quando scoprirà la fregatura avrà tutti i diritti di spennare Cass…
Gab: aspetta, davvero?! E io che ho riempito l’intero paradiso di buche, pensavo che Raphael l’avesse seppellito lì! Adesso tutti pensano che sia passata una talpa!
Aspetta, avete le talpe in paradiso?
Gab: abbiamo i cani, secondo te non possiamo avere le talpe? I Behemah Aqedà cosa sono, secondo te? Bah, in ogni caso una talpa come animale da compagnia sarebbe una fregatura, ci si troverebbe delle gallerie anche tra le piume delle ali… ora che ci penso, Uriel aveva una talpa! No, aspetta… lui aveva un pidocchio come Behemah… ohohohoh, e poi si chiedono perché è pelato e perennemente incazzato! * rotola *
Fingerò di non aver sentito… comunque ora si spiegano molte cose… ehm, dicevamo? Ah, il capitolo, giusto.
Allora, ammetto che questo scempio di storia diventa sempre più un mattatoio di angeli, ma dovevo smuovere un po’ la situazione prima che diventasse statica e pure polverosa. Che ci volete fare, esigenze di copione.
Nel prossimo capitolo però, Dean e Castiel avranno di che litigare: che fine ha fatto Samael? Era tra i corpi della battaglia o è riuscito a fuggire? Ohohohoh, vi lascio con questo dubbio e vi chiedo gentilmente di farmi sapere cosa ne pensate, visto che ci tengo davvero molto ai vostri commenti, che ogni volta mi aiutano a scrivere. Un bacione, e spazio ai ringraziamenti dei miei angioletti più belli (e sopravvissuti al massacro XD)

Sherlocked: eheh, la piccola Mary in realtà è un angioletto solo quando le conviene, ma devo dire che secondo me anche un Dean alle prese con la bambina non è male. Io mi sono divertita un sacco! (Parla per te! Questa str… amba di bambina mi ha pisciato sulla maglietta! Nd Dean) Comunque, come puoi vedere, Cass ha ancora qualche carta da scoprire, e lo stesso vale per il nostro Gabriel e per i Winchester, che non smettono mai di stupirci. Ottimo cara, allora se Gabe non ritorna si organizza una spedizione di massacro! Prepara i forconi, io prendo le torce! Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e sarò monotona, ma non posso che continuare a ringraziarti per la voglia di scrivere che mi trasmettono i tuoi commenti bellissimi. Grazie, e a presto!
 
lady peace: oh, non è successo nulla di grave, tranquilla! Anzi, la tua bellissima recensione mi ha fatto brillare gli occhi! Sì, ammetto che le descrizioni delle ali e dei personaggi mi sono particolarmente care, anche perché non ho mai trovato un film-serie televisiva che le illustrasse come le immagino io. Accidenti, sono angeli o no? Devono avere delle ali splendide, non sono mica semplici pennuti! Io… veramente non so come ringraziarti per tutti i complimenti che mi hai fatto. Leggendo il tuo commento sono rimasta col sorriso sulle labbra! Grazie, dunque. Grazie per aver contribuito alla realizzazione di questo nuovo capitolo! A presto, spero di leggere ancora la tua splendida opinione!
xena89: oh, grazie per gli auguri! Mi sto impegnando per combattere la febbre, ma piano piano sta passando. A causa della malattia ho avuto problemi a scrivere, ma con un po’ di sacrifici ce l’ho fatta. Meritate tutti gli sforzi di questo mondo, con la gentilezza che infondete nelle recensioni che mi lasciate. Perciò torno a ringraziarti e a sperare di non averti deluso con questo nuovo capitolo! Spero di sapere presto cosa ne pensi, un bacio e un abbraccio virtuali, ma fortissimi!

Tomi Dark Angel

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Capitolo 15
*** La Rinascita Dell'Alba ***


La porta si spalancò cigolando nel cuore della notte. Le orecchie fini da cacciatore di Dean Winchester carpirono subito il suono con un certo allarme e lentamente il suo istinto spinse la mano ad aggrapparsi al calcio della pistola nascosta sotto il cuscino.
Socchiuse gli occhi, osservando la piccola sagoma nella penombra del sottile fascio di luce proveniente dalla finestra. Sentì i piedi nudi del nuovo arrivato sfiorare il pavimento ad ogni passo.
Dean scattò come una molla, sfoderando la pistola da sotto il cuscino e puntandola dritta verso la fronte della piccola Mary, che trasalì e indietreggiò di un passo.
-Oh, sei tu.- disse Dean, abbassando l’arma. –Non devi mai entrare in questo modo nella mia stanza, sono stato chiaro? Potevo spararti!-
Gli occhi azzurri di Mary si riempirono di lacrime e, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, Dean si sentì tremendamente in colpa per aver alzato la voce in quel modo. Ricordava bene tutte le volte che John Winchester lo aveva sgridato in quel modo, e ricordava anche il terrore che aveva provato in quegli istanti. Non voleva essere come lui, non sotto questo aspetto.
-E va bene, Heidi, che c’è?- capitolò, con un sospiro stremato. Si alzò sedere nel letto e si accorse di avere un gran mal di testa.
Come in risposta a un comando silenzioso, Mary sorrise e si asciugò le lacrime con le maniche della gigantesca camicia che Bobby le aveva prestato per andare a dormire. Spiccò una piccola corsa e balzò sul letto, inginocchiandosi in un lampo davanti agli occhi stupiti del povero Dean.
-Be’? Se sei venuta qui per fare bungee jumping sul mio letto, fila via, e in fretta. Qui c’è gente che cerca di dormire.- la riprese, seppur con poca convinzione.
Ignorando le sue proteste, Mary si infilò sotto il piumone con la sinuosità di un gattino e, fatta spuntare la testolina da sotto le coltri, guardò Dean con fare supplicante.
-Eh, no! Non se ne parla, già è tanto che ti abbia permesso di rimanere, ma mi rifiuto di averti come peluche da notte!- protestò lui burberamente. Indicò la porta. –Fila via! Su, vai da Sam.-
Ma Mary non si mosse e continuò a guardarlo con i grandi occhi azzurri che parevano assorbire e riflettere la poca luminosità dell’intera stanza. Strinse forte il piumone, storcendo le labbra in una piccola, adorabile smorfia.
Dean cominciò a pensare che il suo letto iniziasse ad essere un po’ affollato: prima Castiel, e adesso quella mocciosa.
Già, Castiel…
Erano giorni che Gabriel e Castiel non si facevano vedere e da allora Dean aveva cominciato a bere come una spugna, frequentando locali di striptease e sforzandosi di passare le serate in compagnia di cameriere dall’aria facile con le quali tuttavia, Dean non riusciva mai a concludere niente:
Le guardava, ma la loro bellezza tutta trucchi e silicone non si accostava minimamente alla magnificenza angelica di un viso che lui aveva osservato migliaia di volte.
Le baciava, ma la morbidezza appiccicosa delle loro labbra non era abbastanza se confrontata al soffice velluto di una bocca già assaporata in precedenza.
Le toccava, ma le rotondità esagerate dei loro seni rifatti non sarebbero mai state piacevoli come la durezza raffinata di leggeri addominali da soldato.
Dean strinse forte gli occhi per far fronte alla profonda fitta di dolore che gli attraversò il petto come una stilettata. Pessima idea, dal momento che appena le palpebre si abbassarono, la sua mente dispettosa ricostruì attraverso i ricordi due profondi occhi blu zaffiro incastonati su un magnifico viso d’uomo. In quella visione, Castiel lo guardava con dolcezza e sussurrava qualcosa che lui non riusciva a comprendere.
Una piccola manina gentile si appoggiò sul suo petto, all’altezza del cuore. Dean aprì gli occhi stupito e incontrò il sorriso smagliante della bambina, che annuì vigorosamente, premendo si più la mano sul tessuto della sua maglietta.
Lui è sempre qui, ricordatelo; sembrava dire quel piccolo gesto innocente.
Automaticamente, Dean posò una delle mani su quella della bambina e chinò il capo, esausto. Si sentiva stanco e al limite, logorato dalla preoccupazione per quel coglione piumato del suo angelo. Sapeva bene che Castiel se la sapeva cavare, ma Dean non riusciva a dimenticare lo sguardo perso che gli aveva rivolto l’angelo prima di sparire. Quando poi Sam poco più di due ore dopo era rientrato in casa stanco e coperto di neve annunciando che anche Gabriel se n’era andato, Dean aveva sentito il cuore spezzarsi in una miriade di frammenti. Certo, non che si preoccupasse granché per quell’antipatico di un trickster fasullo, ma non sapeva come interpretare la sua improvvisa sparizione: e se fosse corso in aiuto di Castiel? Se avesse avvertito il dolore di suo fratello rimasto ferito in battaglia, o magari moribondo?
Piantala, Dean, ti stai comportando come una fidanzatina gelosa. Sei patetico, accidenti, ed è grave che a dirtelo sia proprio tu stesso!
Alla fine, Dean sospirò e si fece da parte.
-Va bene, ma non farci l’abitudine, pulce.- acconsentì, e in un baleno Mary strofinò la guancia sul cuscino e chiuse gli occhi con un sospiro grato. Dean guardò quel piccolo viso dall’aria innocente così simile a quello di sua madre e quando chiuse gli occhi, quasi non si accorse di stringere ancora la mano della bambina assopita al suo fianco.
§§§§
-DEAN!!!-
Un rumore di vetri infranti lo destò di soprassalto. Dean rotolò di lato, trascinandosi dietro Mary e il piumone un istante prima che qualcosa di tagliente si conficcasse a fondo nel materasso, spargendo piume tutto intorno.
Mary urlò e si rannicchiò per terra, abbracciandosi le gambe strette al petto mentre Dean si rialzava barcollante, ancora stordito dalla violenta sveglia. Fu colto da un giramento di testa e dovette appoggiarsi al letto per non crollare.
-Guarda guarda chi si vede.- disse una voce aspra.
Occhi eterocromi colmi di rabbia, capelli scuri e mossi a incorniciare un viso bello come quello di un attore, alle cui spalle si rannicchiava in uno spazio troppo angusto come quella stanza un’ala dalle piume affilate come rasoi. Samael reggeva per i capelli un Sam accasciato ai suoi piedi, gli occhi socchiusi, il viso e il corpo colmi di ferite e abrasioni.
-Figlio di puttana, lascialo andare, adesso!- urlò Dean, afferrando la pistola da sotto il cuscino. Sapeva che non sarebbe servita a un granché, ma era l’unica arma che aveva.
-No, non credo che lo farò. Almeno, non senza averci guadagnato qualcosa…- ribatté Samael con un sorriso ferino in volto. L’ala alle sue spalle si contrasse, e quello fu l’unico segnale che avvisò Dean dell’imminente catastrofe.
L’ala saettò verso di lui, inarcata e pronta a colpire. Dean la guardò, poi spostò lo sguardo sul piccolo corpo di Mary accasciato ai suoi piedi. Se si fosse scansato, Samael avrebbe potuto flettere le piume e impalarla.
Per un attimo, la bambina socchiuse gli occhi e lo guardò con fare spaventato, chiedendogli silenziosamente perché stesse succedendo tutto questo. Era giovane, incapace di capire, ma non meritava una vita così breve. Dean aveva visto uomini, donne e bambini perire ingiustamente sotto la furia di bestie assassine e se serrava le palpebre ricordava ancora i loro occhi e quelli dei loro cari che venivano a sapere di aver perso un tesoro prezioso, strappato dalle loro braccia senza un reale perché.
Forse c’era una donna da qualche parte nel mondo che attendeva il ritorno di sua figlia. Dean non sapeva cosa voleva dire perdere il proprio bambino, ma sapeva cosa significava perdere una persona cara.
No.
Il cacciatore sorrise rassicurante alla piccola Mary e urtò con la punta del piede uno dei suoi gomiti. Lei lo guardò, e lui ammiccò con fare furbo mentre spalancava le braccia in difesa di una piccola vita che più della sua meritava di andare avanti per guardare ancora mille e mille albe.
Le piume di Samael lo trapassarono da parte a parte, inchiodandolo al muro retrostante. Dean sentì le ossa frantumarsi e un polmone annaspare ferito mentre il ragazzo spalancava la bocca in cerca d’aria.
Sam spalancò gli occhi all’improvviso, emettendo un grido talmente straziato che Dean avrebbe voluto coprirsi le orecchie.
-Dean!- urlò una voce sottile e inaspettata.
Con occhi quasi accecati dal dolore, Dean abbassò lo sguardo sulla bambina che lo fissava con occhi pieni di lacrime e di orrore, una mano tesa verso di lui come a voler afferrare quel poco di vita che gli restava in corpo.
Mary aveva parlato.
Dean sorrise debolmente, orgoglioso di quella piccola pulce. Aveva una voce bellissima, e il cacciatore avrebbe voluto sentirla molto tempo prima. Prima che fosse troppo tardi.
Dean avrebbe voluto scusarsi con lei. Era stato troppo duro nel dirle di andarsene, quando in realtà non l’aveva mai desiderato davvero. Con il suo arrivo, Mary aveva riportato in vita una felicità da lungo tempo dimenticata, costringendoli a tornare indietro nel tempo, a quando erano bambini.
Gabriel aveva riso e pattinato con lei.
Sam le aveva salvato la vita e l’aveva abbracciata come un padre.
Bobby l’aveva inseguita per tutta la casa, riscoprendo energie che pensava di aver perduto per sempre.
Castiel l’aveva cullata con le setose piume delle ali.
Infine lui, Dean, aveva vissuto almeno in parte attraverso gli occhi cristallini di quella bambina, riscoprendo il perdono e la semplicità d’animo.
Silenziosamente, Mary aveva insegnato qualcosa a ognuno di loro. Seppur privata della parola, era riuscita a ricordargli che oltre la semplice sopravvivenza durante una caccia esistevano ancora la vita e la famiglia.
Dean lanciò una triste occhiata alla finestra, dove i primi raggi dell’alba nascente bagnavano d’oro un paesaggio innevato che splendeva come ricoperto di piccoli diamanti. Pensò a Castiel, a come si erano lasciati l’ultima volta che si erano visti, e desiderò di averlo fermato.
Avrebbe dovuto dirgli di restare.
Avrebbe dovuto accarezzare quelle ali di soffice argento e dirgli realmente quello che provava.
Avrebbe voluto averlo accanto, almeno per l’ultima volta.
Con un sospiro stremato, Dean chiuse gli occhi e il suo cuore diminuì velocemente i battiti, cercando disperatamente di non fermarsi, di pulsare ancora per una vita aggrappata ad un filo.
-DEAN!!! DEAN, REAGISCI!!!- urlò Sam disperato, ma Samael gli sbatté la faccia al suolo, rompendogli il naso e fratturandogli uno zigomo. Sam sentì in bocca il sapore della bile e del sangue e quasi non si accorse che al rosso vermiglio che gli accarezzava il viso si era mescolata la liquida scia trasparente delle lacrime.
Piangeva per suo fratello, impalato al muro e in fin di vita.
Piangeva per la sua impotenza, per la debolezza che gli avvinghiava le gambe e le mani.
Piangeva per Gabriel, scomparso all’improvviso dopo avergli lasciato un piccolo collare e un ciondolo che lui sfiorava sempre, pregando in silenzio per la salvezza del suo arcangelo. Non gli aveva mai chiesto di ritornare perché sapeva che appena fosse stato possibile Gabriel l’avrebbe fatto, ma semplicemente si sforzava di chiedere la sua salvezza.
Alla fine, Sam chinò il capo, esausto. Dean era morto, e a breve lui lo avrebbe raggiunto.
“ Hai cominciato un bel percorso, tesorino. Tanto vale seguirlo finché puoi. ”
Sam ricordò le parole pazienti di Gabriel e lo sguardo orgoglioso che gli aveva rivolto mentre lo guardava accarezzare il capo della piccola Mary. Con quella frase, Gabriel gli aveva affidato il compito di proteggere una vita che, per quanto piccola, valeva tutto l’oro del mondo. Si era fidato di lui, e Sam non poteva, non voleva fallire.
Qualcosa sfiorò il collare da gatto, facendo tintinnare il campanellino, ma quando sollevò gli occhi annebbiati, Sam non vide nessuno. Tuttavia, fu certo che, nell’alito di vento che gli accarezzò gentilmente il volto, si udisse una voce familiare che sussurrava:
-Non sei solo.-
Sam levò appena lo sguardo e incontrò quello azzurrino di Mary, che annuì debolmente, lo sguardo offuscato dalle lacrime. Strinse forte il calcio della pistola caduta dalle mani di Dean e con uno scatto del polso la fece scivolare verso di lui.
Sam la afferrò con forza mentre allo stesso tempo si strappava dal collo la catenella che reggeva il ciondolo di Gabriel. Sfuggì alla stretta di Samael rotolando di lato e sparò un colpo diretto al fianco dell’angelo, che grugnì appena, ma non si mosse.
-Sei duro a morire, eh?-
L’ala di Samael si estrasse dal petto di Dean e scattò verso Sam, che tuttavia non si fece cogliere impreparato: scagliò il ciondolo in faccia a Samael, colpendolo in pieno naso.
L’angelo urlò e si coprì il volto, indietreggiando di diversi passi. L’ala sbatté furiosamente, abbattendo senza sforzo tutti i muri della stanza, compresa una parete portante. La casa cominciò a tremare, scossa dallo sforzo di restare in piedi.
-Piccola, schifosa scimmia senza peli! La pagherai!- gridò Samael, scostando le mani dal viso. Sam notò con soddisfazione la grossa bruciatura nerastra che si estendeva a partire dal naso fino a uno degli occhi, ora rosso e gonfio.
Con un ruggito, Samael si scagliò verso Sam, ma il suo gesto fu fermato da una bottiglia lanciata con forza sulla sua spalla. Il vetro andò in frantumi un attimo prima che un fiammifero raggiungesse al volo l’olio santo che ormai inzuppava l’intero braccio dell’angelo.
-Veditela con questa, stronzo!- gridò Bobby, comparendo sulla soglia, anche lui ferito e zoppicante.
La fiammata che ne scaturì fece esplodere la vera voce di Samael. I vetri si frantumarono e i muri cominciarono a riempirsi di crepe simili a ragnatele. Ancora qualche istante e sarebbe crollato tutto.
-Dobbiamo uscire!- urlò Bobby, ma Sam non riusciva a muoversi a causa di una probabile frattura alla gamba destra, e dubitava che Dean si sarebbe alzato in piedi, ammesso che fosse ancora vivo.
-Bobby, prendi… prendi Mary e vai!-
-Non se ne parla, idiota, non…-
-VAI, MALEDIZIONE!!!-
Senza farselo ripetere due volte, Bobby attraversò di corsa la stanza e afferrò una recalcitrante Mary per i fianchi, caricandosela in spalla. Uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, certo che se l’avesse fatto, non avrebbe più trovato il coraggio di abbandonare lì i suoi… figli.
Samael ruotò gli occhi rossi di sangue verso l’uscita, fissandola come se volesse incenerirla. Ormai del suo braccio, spalla compresa, non restava che cenere e fetore di carne bruciacchiata.
-Oh, no che non lo fai!- urlò, sparendo.
Fu allora che la casa cadde con un ultimo, definitivo scricchiolio.
Le mura cedettero, il pavimento andò in pezzi e, mentre l’intera struttura della casa si avvitava su se stessa, sprofondando nella terra e nella neve, Sam e Dean furono catapultati nel vuoto, giù, dove pregarono di trovare una morte veloce e quantomeno indolore.
§§§§
Qualcosa di caldo colò lungo la guancia di Dean, svegliandolo. Socchiuse gli occhi, incontrando una tenue, ma serena luce argentata.
Sono… in paradiso?
Si sentiva bene, anche se un po’ intorpidito, ma…
All’improvviso, la mente di Dean ricostruì gli ultimi ricordi del cacciatore. La piccola Mary accasciata al suolo che urlava il suo nome, Sam che, coperto di ferite, combatteva insieme a Bobby contro Samael. Infine, la casa… era crollata.
Cos’era successo poi? Sam e gli altri stavano bene?
Dean sbatté le palpebre, cercando di focalizzare l’ambiente circostante. Si mosse appena, accorgendosi di aver poggiato la testa su qualcosa di caldo ma non particolarmente soffice.
-Dean?-
Quella voce. Sì, Dean si convinse di essere in paradiso.
Una mano colma di calore vitale gli toccò una guancia, costringendolo a sollevare il viso. Dean sbatté le palpebre per schiarirsi ancora la vista e finalmente rivide quegli occhi blu che tanto aveva ricordato prima di morire. Alla luce perpetua delle ali spalancate sopra le loro teste e intorno a loro in una gigantesca cupola argentata, le iridi di Castiel splendevano come diamanti dai mille riflessi cangianti.
-C…Cass?- gracchiò Dean con voce impastata. L’angelo esibiva un lungo taglio che gli attraversava obliquamente il viso, partendo dal sopracciglio sinistro, fino all’orecchio destro.
-Stai bene?- chiese stancamente l’angelo. Le ali intorno a loro tremarono appena, come indebolite.
Dean si alzò cautamente a sedere e con calma misurata abbassò lo sguardo sul torso nudo e sporco di sangue. Si tastò ripetutamente in più punti, premendo sui fianchi, sugli sterni, sull’intero torace, ma non trovò traccia del grosso buco apertogli da Samael nel petto.
-Cosa… aspetta, sei stato tu a guarirmi?- esclamò, guardando Castiel negli occhi e comprendendo infine la stanchezza dell’angelo, che annuì.
-Credevo… credevo di essere arrivato troppo tardi. A stento respiravi e io… io…- la voce di Castiel si spense e Dean lesse sul suo viso l’ansia che aveva provato mista alla paura di averlo perso per sempre. Gli occhi di Castiel erano lucidi e dallo sguardo vulnerabile al pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere: una vita senza Dean, una vita senza ali, senza… amore.
Con uno slancio, Dean lo abbracciò, stringendolo forte a sé. Strinse forte gli occhi, inspirando il profumo dell’angelo con gratitudine, e per la prima volta ringrazio Dio per avergli mandato una tale benedizione.
-Sei uno stupido figlio di puttana piumato…- mormorò contro la sua pelle, scostando il trench e il colletto della camicia per baciargli il punto in cui spalla e collo s’incontravano. Rilassò il corpo appena quel sapore gli sfiorò le labbra: Castiel sapeva di vita, di libertà. Sapeva di casa.
Anche l’angelo lo strinse, ma con la delicatezza dovuta a chi è troppo stanco per esercitare qualsiasi pressione. Chinò il capo e appoggiò la guancia sanguinante sulla spalla di Dean.
-Mi dispiace.- sussurrò, stringendo forte gli occhi, e Dean non ebbe bisogno di farsi spiegare a cosa si riferissero quelle scuse. Semplicemente, annuì ed emise un lento e finalmente rilassato sospiro di serenità.
Andava tutto bene.
I due si separarono lentamente, e solo allora Castiel si allungò per posare le labbra sul naso di Dean in un gesto infantile ma colmo d’affetto. Il cacciatore sbuffò.
-Cass, non sono un bambino!-
-Lo so, ma avevo voglia di farlo.-
Dean trattenne un sorriso e per distrarsi si guardò intorno, dove le grandi ali di Castiel s’inarcavano sulle loro teste fino a piantare le piume nel terreno sottostante ricoperto di macerie e schegge. Un brutto pensiero trapelò nella mente di Dean, che pregò di essersi sbagliato.
-Aspetta un attimo… non saremo ancora sotto le macerie della casa di Bobby… vero?- chiese, spaventato dalla possibile risposta. Ovviamente (e ripeto, OVVIAMENTE, giusto per ovviare la solita fortuna dei Winchester. Nd Autrice), Castiel annuì.
-Sì. Se ti avessi spostato avrei rischiato di ucciderti, perciò ci ho coperti entrambi con le ali, ma non ho la forza di teletrasportarci fuori o di smuovere i detriti. Al momento sono troppo debole.- spiegò l’angelo con voce fioca. Inclinò pericolosamente il busto in avanti, ma Dean lo afferrò per le spalle, impedendogli di cedere. Le ali si abbassarono appena, scatenando un piccolo terremoto di detriti all’esterno.
-Cass, sei un idiota! Rischiamo di restare seppelliti tutti e due, maledizione! Potevi salvarti, perché…-
-Perché non avrei mai potuto lasciarti qui. Non potevo…-
Castiel afferrò la mano di Dean ancora posata sulla sua spalla e la strinse forte in un gesto concitato. Il cacciatore sentì il cuore scaldarsi davanti alla puerile sincerità di quell’affermazione, perciò la sua rabbia sbollì in pochi istanti.
-Sei un idiota…- ripeté a bassa voce, senza però nascondere un sorriso. Sfiorò il viso di Castiel con la mano e, poco a poco, lo ripulì del sangue che colava dalla cicatrice, come a volergli cancellare pazientemente ogni peccato, ogni colpa che gravava sul cuore dell’angelo. Castiel sospirò rilassato e si appoggiò contro la mano di Dean per qualche istante prima di spalancare gli occhi e li levarli verso l’alto.
-Sindragon ci ha trovati.- annunciò, e le sue ali splendettero più forte. Chinò il capo e respirò a fondo.
Dean sentì le macerie all’esterno tremare quando vide le ali muoversi lentamente, sollevandosi con cautela come quattro mastodonti che si risvegliano dal sonno. Cercò di indietreggiare, ma Castiel si aggrappò forte alle sue spalle, tremando nello sforzo di non piantargli le dita nella carne per sfogare il bruciore che provava. Sentiva i detriti conficcarsi a fondo nella membrana alare, ma non poteva, non voleva fermarsi, o non sarebbero mai usciti di lì.
-Cass, fermati!- urlò Dean quando vide l’angelo strizzare gli occhi e digrignare i denti per il dolore.
-Tranquillo dolcezza, non è solo.-
Una potente ondata di energia investì Castiel, che all’istante sentì le ferite rimarginarsi, compreso il taglio che fino a quel momento gli aveva inciso il volto. Non avvertiva più segni di stanchezza né debolezza nella sua Grazia angelica, perciò diede l’ennesima spinta con le ali, che stavolta s’inarcarono senza sforzo sulle loro teste, aprendo un varco nelle mura alte metri e metri di macerie.
La terra tremò, ma Castiel non volle fermarsi. Strinse Dean a sé, cingendogli la vita con le braccia e, scansate senza fatica le ultime macerie, sbatté le ali, sbriciolando facilmente i poveri resti di casa Singer.
Dean sentì i piedi staccarsi dal terreno e lo stomaco fare una capriola, perciò si aggrappò forte al solido corpo di Castiel e chiuse gli occhi, terrorizzato dall’altezza.
-Fammi scendere, fammi scendere all’istante, non sopporto le altezze!- ringhiò tutto d’un fiato, cercando di mantenere una certa fermezza nel tono di voce.
-Prova ad aprire gli occhi, Dean.-
-NO!!! PORTAMI A TERRA ADESSO, O GIURO CHE TI SPENNO, FIGLIO DI PUTTANA PIUMATO!- strillò, al limite dell’isteria. A sorpresa, Castiel rise, scompigliandogli i capelli.
-Se mi abbracci così finché sono in volo, ho ben pochi motivi per tornare a terra.- sussurrò al suo orecchio.
Torse il collo per sfiorargli la guancia con il naso e accarezzandogli la pelle sporca di terra con delicatezza finché Dean, reagendo a un comando silenzioso, non voltò lentamente il capo a sua volta, pur mantenendo gli occhi chiusi.
Castiel lo baciò con trasporto, attendendo meno di qualche istante per insinuare la lingua tra quelle labbra morbide. Dean rispose al bacio come se non attendesse altro e in breve le loro lingue danzarono tra loro, sfiorandosi e cercandosi di continuo. Una mano dell’angelo scivolò dal fianco di Dean al tessuto della sua maglietta, che scansò con delicatezza ma con bisogno. Passò la mano gelata sull’intera spina dorsale dell’altro, che rabbrividì ma si rifiutò di staccarsi dal corpo sicuro dell’angelo: sentiva ancora il frullio d’ali fendere l’aria intorno a lui, riscaldandola e profumandola.
La mano di Castiel gli sollevò la maglietta, esponendola al calore del vento tiepido generato dalle ali. Dean si sentì accarezzare dall’aria con gentilezza, ma non era sicuro che i suoi brividi fossero dovuti ad essa.
Quasi inconsapevolmente, Dean socchiuse le palpebre, cullato dal dolce sapore dell’angelo quanto dal suo tocco leggero come ali di farfalla sulla pelle bollente. Voleva guardarlo, voleva affondare nuovamente in quei pozzi blu cobalto fino a consumarsi la vista. Castiel sorrise sulle sue labbra e quel gesto estese l’ilarità fino allo sguardo, che si fece divertito e tremendamente sexy.
Con dispiacere del cacciatore, l’angelo concluse il bacio e si allontanò leggermente da lui, appoggiando la fronte contro la sua.
-Hai aperto gli occhi.- gli fece notare.
-Non cantar vittoria, pennuto dei miei stivali. Se guardo da qualche altra parte mi salteranno i nervi e pure lo stomaco. Tu non vuoi che vomiti di sotto, magari in testa al tuo caro fratellino, vero?- rimbeccò Dean e Castiel ridacchiò di nuovo, imponendosi però un certo contegno.
-Dubito che Gabriel ne sarebbe contento, lui…-
All’improvviso il volto di Castiel si contrasse in una smorfia allarmata e i suoi occhi saettarono verso terra.
-Che succede?- chiese Dean, drizzando le orecchie, ma Castiel non rispose e all’improvviso il cacciatore avvertì un violento strattone alla bocca dello stomaco mentre il cielo intorno a loro spariva per essere sostituito dalle fumose macerie di casa Singer. Il silenzio mortuario di quel luogo sembrava paradossalmente molto più assordante del vento ruggente che aveva sfiorato le orecchie di Dean fino a quel momento.
Poco lontani da loro c’erano Sindragon, Gabriel, Sam e Bobby. Gli ultimi due erano svenuti e poggiavano le teste su dei massi particolarmente grossi e levigati, probabilmente tutto ciò che restava delle pareti della casa crollata.
-Sammy! Bobby!- esclamò Dean, correndo da loro e inginocchiandosi al loro fianco. Premette una mano sulla fronte del fratello, che grugnì nel sonno e mosse appena il capo.
Stava bene.
Dean trasse un sospiro di sollievo quando percepì il respiro calmo e pesante di Bobby.
-Fratello, che succede?- domandò Castiel con una punta di ansia nella voce. Gabriel ricambiò il suo sguardo con una serietà che presagiva solo guai, ma scosse il capo senza parlare. Si inginocchiò accanto a Sam e gli sfiorò la fronte in una carezza mentre guardava rapito il viso del giovane Winchester. Dean non aveva mai visto tanta tenerezza negli occhi dell’arcangelo.
-L’hanno presa.- mormorò con voce roca. –Hanno preso Mary.-
-CHE COSA?!- urlò Dean, scattando in piedi e torreggiando su Gabriel, ancora inginocchiato accanto al compagno svenuto.
-Quando ho recuperato il vecchio- fece un cenno verso Bobby. -… ha detto che Samael l’aveva presa e… che voleva te in cambio della bambina, fratello.-
Castiel corrucciò appena le sopracciglia, ma si rifiutò di esternare il tumulto di emozioni che si agitava al suo interno. Non poteva credere che il suo primo lungo tenente, colui che l’aveva raccolto e curato dopo lo scontro con Raphael, avesse fatto questo. Conosceva Samael, o almeno, aveva creduto di conoscerlo. Fino a che punto il suo animo si era insozzato di rabbia per giungere a questo?
Castiel si passò una mano sul volto, ripensando a tutte le volte che aveva scansato Samael come se fosse un lebbroso. Al ricordo del suo tradimento sentiva il cuore sanguinare ancora e le ali appesantirsi come piombo, ma si rimproverò ugualmente di non averlo perdonato: la sua rabbia aveva messo in pericolo una bambina innocente.
-Non se ne parla, non avrà Cass! Andremo a riprenderci Mary senza acconsentire ai ricatti di quel figlio di puttana!- ringhiò Dean, infuriato, ma Gabriel non lo guardò. I suoi occhi erano fissi sulla schiena di Castiel.
-Fratello?- chiamò, raddrizzandosi, ma Castiel non si mosse. Le sue immense ali, adesso così fragili e pesanti, tremarono ferite sotto il peso dei ricordi. Dean vide le appendici piumate chinarsi, come schiacciate da qualcosa che le abbatté pesantemente al suolo, sbriciolando i detriti sottostanti e liberando una nuvola di polvere e terra. Castiel cadde in ginocchio.
-Cass!- urlò Dean, correndo da lui. Si inginocchiò accanto all’angelo e gli sollevò il viso, incontrando gli stessi occhi vuoti del Castiel incontrato nei pensieri dell’angelo. Il viso era esausto, privato di ogni lucentezza, e questo trascinò nuovamente Dean in un incubo già vissuto, un incubo dove Castiel si trascinava inerme e spezzato in un mare di sabbia.
Non questa volta, però. Adesso Castiel non era da solo e Dean gliel’avrebbe fatto capire.
Avrebbe cancellato le sue colpe pezzo dopo pezzo.
Avrebbe sollevato le sue ali dalla polvere per ripulirne ogni piuma con l’amore che provava per quel piccolo angelo dal pessimo senso dell’umorismo.
Avrebbe stretto a sé quel corpo fragile per proteggerlo dalla cattiveria dell’universo.
Se Castiel perdeva forze, Dean sarebbe stato forte per tutti e due, e questo perché lui lo meritava, perché era giusto regalargli la pace e l’amore che gli erano sempre mancati.
Quando tutti i giorni diventano uguali è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita ogni qualvolta il sole attraversa il cielo.Questa frase Dean l’aveva letta da bambino, su uno dei libri che suo fratello era solito lasciare in giro, e non l’aveva più dimenticata. Adesso che guardava gli occhi spenti di Castiel, capì il vero significato di quella frase.
Samael aveva estinto ogni luce in lui, lasciandosi alle spalle l’ombra di un sole che per Castiel pareva non tramontare mai. L’angelo era rimasto accecato, senza capire che ogni giorno era un giorno nuovo, che la sua vita non meritava di stagnare in un fossato di dolore.
Adesso basta. Lui non lo merita.
Dean accostò le labbra a quelle schiuse di Castiel, soffiandoci sopra come a voler spazzare via i ricordi che insudiciavano la Grazia dell’angelo. Si impose di farcela, ebbe fiducia nelle sue capacità e in quelle dell’angelo.
-Riprenditi, stupido angelo. Alzati in piedi, o giuro che ti faccio alzare a modo mio, e non sarà piacevole. Tu sei molto più di questo, Castiel. Abbiamo affrontato il diavolo, l’apocalisse e tutta quella roba schifosa lì, perché non riesci ad affrontare te stesso? Non ce la fai da solo? Bene, ti aiuterò io, e se non basterò ci saranno Gabriel, Sam e Bobby. Ti solleverò dal fango, che tu lo voglia o no, e insieme prenderemo a calci quel figlio di puttana di Samael. Non ho intenzione di cederti a lui né tantomeno di lasciargli Mary tra le mani, quindi alzati in piedi! Vivi, Cass, fallo per te stesso e… e per me. Non lasciarmi anche tu, non ora che sei tornato… io… e che cazzo, io ti amo!-
Dean urlò quelle ultime parole a Castiel, al cielo e a Dio stesso. Non gli importava di apparire melenso, non gli importava di sentirsi un, come lo chiamava lui, “finocchio da quattro soldi”.
L’unica cosa che restava era Castiel e il buio presente nei suoi occhi. Dean voleva la luce, voleva il sole. Voleva far splendere quelle iridi come un cielo rischiarato da una nuova alba, una rinascita a lungo attesa.
Rispondendo al suo istinto, Dean si chinò a baciare quelle labbra in uno sfiorarsi soffice come zucchero filato. Accarezzò la bocca di Castiel con gentilezza, richiamandola a nuova vita.
Accadde.
Le labbra finora gelide dell’angelo presero velocemente calore e si schiusero, rispondendo al richiamo dell’amante in uno sfiorarsi di lingue e sapori di menta, vento e aghi di pino mescolati.
Davanti agli occhi esterrefatti di Gabriel, Sindragon e del nuovo arrivato, fermo alle spalle dell’arcangelo a braccia conserte, le ali di Castiel si innalzarono lentamente dalla polvere, scrollandosi di dosso ogni residuo di sporcizia.
Un alone come di luce lunare emanò non solo dall’angelo, ma anche da Dean, il quale anziché accorgersene, gettò le braccia al collo di Castiel e si strinse a lui, baciandolo con più passione. La luce intorno a loro crebbe accecando il sole stesso, momentaneamente coperto da tanto splendore, una lucentezza talmente pura e gentile da soffocare per qualche istante anche la Grazia degli altri due angeli presenti.
Un sussurro concitato ma lieve invase l’aria, facendo rabbrividire Gabriel e Sindragon, che piegò le zampe anteriori per poggiare il muso a terra e coprirsi gli occhi, ferito da tanta lucentezza. Mai in tutto il paradiso si era visto tanto splendore, o meglio, una volta sola Gabriel l’aveva visto, ma non poteva credere che stesse per accadere ciò che pensava.
In contrario ad ogni sua previsione tuttavia, Gabriel vide qualcosa muoversi nella luce, un’ombra che non stentò a riconoscere.
Le quattro ali di Castiel si spiegarono leggere al vento, e mentre i primi fiocchi di neve cominciavano a cadere, riprendendo possesso del terreno sgombrato dal crollo della casa, l’ombra luminescente di un altro paio d’ali leggermente più piccolo si stiracchiò, nascendo dal bagliore lunare emanato dai due amanti.
Gabriel indietreggiò, sbattendo le palpebre furiosamente, ma quando si strofinò gli occhi e tornò a guardarsi intorno, la luce era scomparsa e tutto ciò che restava erano due corpi avvinghiati in un tenero abbraccio. Castiel stringeva al petto Dean, che appoggiava la guancia contro la sua spalla e gli sfiorava la mascella e le labbra in piccoli e teneri baci. Entrambi erano inginocchiati al terreno e Castiel aveva smesso il vecchio trench per lasciare il posto a un paio di larghi pantaloni di seta con  i quali si intrecciavano le gambe di Dean.
Mentre le ali d’argento splendente dell’angelo si piegavano per cingere entrambi nell’ennesima stretta innamorata, Gabriel pensò di non aver mai visto qualcosa di tanto commovente in vita sua.
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, ammetto che siamo quasi alla fine della storia ma, ehi, ci sono ancora tante sorprese da scartare qui…
Gab: sembra un lotto, lo sai? Adesso inviterai anche i lettori a giocarsi i numeri?
Probabile, perché?
Gab: ok, quanto ti paga Crowley per diffondere la sua nuova lotteria “schiatta e vinci”?
Niente, non… aspetta, Crowley ha aperto una lotteria? Oddio, corro a giocarci! (Rotola via)
Dunque, visto che vado un po’ di fretta do subito spazio ai ringraziamenti dedicati come al solito ai miei angioletti privati e poi volo a studiare, ohohohohohohohoh!!

Sherlocked: diciamo che Mary al momento è rimasta legata nello sgabuzzino e no, non c’entro, è stato Gabriel. Credo che lei l’abbia interrotto mentre spiava Sam che faceva la doccia… o era la bambina a spiarlo?! (CHE HA FATTO QUELLA STREGA?!?!?!?!? Nd Gab) be’, diciamo che Gabriel ha riempito anche le nuvole di buchi, ma questo perché per sbaglio ha lasciato cadere il Behemah di Uriel che era un criceto e… sì insomma… mi è sembrato di capire che in qualche modo l’abbiano trovato ma… ehm… nella biancheria intima del tramite di Raphael, quindi diciamo che adesso Gabriel va in giro con un paio di pinze per portarsi dietro il criceto senza toccarlo. Va bene, detto ciò, torno come al solito a ringraziarti per il magnifico commento e spero che questo capitolo ti sia piaciuto, considerando che ognuno dei vostri commenti ispira sempre un nuovo pezzo del capitolo seguente, perciò… grazie. ^^
xena89: e impossibile deludere con dei recensori così! Stavolta sono io che non so dirti quanto amo i tuoi splendidi commenti, sono sempre molto belli e mi fanno venire voglia di scrivere un nuovo capitolo. Per questo ti ringrazio e spero di risentirti prestissimo! Un bacione e grazie ancora!
Blacasi: stavolta ho tardato un po’ a postare il nuovo capitolo, e questo a causa dello studio. Professori… voi siate maledetti. Eheh, nel prossimo capitolo capiremo come è finito il Graal nelle mani di Dean e sì, Castiel senza Gabriel non ragiona, anche perché da bravo fratellino piccolo e incosciente tende a fare un sacco di casini XD ciò non toglie che è dolcissimo! Cucciolo lui!!! *____* aaaaaaaaawwww. Ehi, attenzione però: il nostro Cass ha ancora qualche carta da giocare, e non solo lui a quanto ho lasciato intendere a fine capitolo, perciò spero di risentirti presto e di leggere ancora i tuoi splendidi commenti! Grazie mille!!!
Tomi Dark Angel
 
 

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Capitolo 16
*** Attraverso I Tuoi Occhi ***


Quando Castiel si allontanò da Dean per guardarlo negli occhi, quello che vide fu un puro e incondizionato senso di appartenenza. Il ragazzo lo guardava con occhi socchiusi, seducenti e innamorati. Era strano dare questa definizione a uno come Dean, ma Castiel non avrebbe saputo attribuirgli un altro aggettivo. Aveva visto uomini e donne fissare i compagni in quel modo, ma mai nessuno lo aveva guardato così.
Lui era un angelo.
Lui avrebbe dovuto essere insensibile.
-Ottimo spettacolino, Castiel.- disse una voce ben nota alle orecchie dell’angelo, che si voltò sbarrando gli occhi, imitato da Gabriel.
Un uomo alto e magro, con scompigliati capelli biondi e profondi occhi azzurri lo fissava esibendo un sorriso sbieco, quasi di scherno.
-Balthazar?- mormorò Gabriel, interdetto.
-Ciao, fratello.- salutò il nuovo arrivato, sventolando una mano. Sindragon si impennò e poggiò una delle zampe anteriori sulla sua spalla in segno di saluto. Lui gli accarezzò la testa e il Behemah guaì felice, come a voler dare il benvenuto a un vecchio amico ritrovato.
-Castiel, sei incredibile. Come hai fatto a trovarlo?-
-Non l’ho fatto. È venuto da me.-
L’altro annuì come se fosse ovvio, poi spinse gentilmente Sindragon per invitarlo a tornare quadrupede e si avvicinò all’angelo dagli occhi blu, ignorando di proposito un Gabriel rigido come la pietra.
-Tu sei… ah… l’umano di mio fratello, vero?- constatò, e Dean storse il naso.
-E tu sei uno dei tanti coglioni piumati del parentado, vero?- rispose a tono, facendo sorridere Balthazar.
-Sì, ora capisco perché hai attirato l’attenzione del mio innocente fratellino.- si rivolse a Castiel. -Ti ci voleva qualcuno che riportasse un po’ di pepe nella tua esistenza.-
Castiel non rispose, ma continuò a fissarlo in silenzio, come in attesa di qualcosa. Strinse gli occhi.
-Balthazar, perché sei qui?- domandò Gabriel, attirando l’attenzione dell’altro angelo biondo.
-Mi sembrava di capire che aveste bisogno di un aiutino, no?- ribatté lui, inarcando un sopracciglio. La neve sulle loro teste aumentò, tanto che Gabriel manifestò una delle ali più piccole per avvolgerla morbidamente intorno ai corpi di Sam e Bobby, abbracciandoli in una stretta di piume dorate e luminose che li riparò entrambi dal gelo del ghiaccio.
-E tu vorresti aiutarci? Non è da te.- constatò Gabriel, sospettoso. Come a voler sottolineare le sue parole, Sindragon abbaiò energicamente.
-Cos’è da me, fratello?-
-È da te dartela a gambe. È da te sparire quando necessitiamo del tuo aiuto. Dov’eri durante l’Apocalisse, Balthazar? Dov’eri quando ho dovuto rimettere in sesto Castiel dopo l’abbandono di Samael?!-
Gabriel alzò la voce, arrabbiato. Aveva il naso arricciato e il viso deformato da una rabbia a lungo trattenuta. Castiel cinse il petto di Dean con un braccio, posandogli la mano sul petto per avvolgerlo con la sua Grazia e proteggerlo dall’aria crepitante e sempre più calda emanata da Gabriel. Solo l’ala che avvolgeva Sam e Bobby ne restava immune, ma a breve il vento intorno a lui divenne così rovente che alcuni residui di libri sparsi al suolo presero fuoco come per combustione spontanea.
-Gabriel, calmati.- ordinò Castiel con voce stentorea, ma Gabriel non lo ascoltò. Una delle nuvole nere di neve che galleggiava sopra le loro teste fu letteralmente bucata da un rovente raggio di sole dorato, che cadde a colpire la persona di Gabriel, che mai come in quel momento pareva imponente come un leone sovrano sulla sua razza.
Balthazar non mostrò segni di paura, ma Dean notò che si teneva a debita distanza dall’arcangelo.
-Parli proprio tu, Gabriel? Il falso trickster che ha vissuto anni interi sotto falsa identità per tenersi lontano dalle risse familiari?- ribatté lui tranquillamente, e allora il sole intensificò il suo splendore, ferendo più volte le nuvole sottostanti. Una miriade di raggi bollenti cadde al suolo, ustionando ciò che toccava.
-Non giudicarmi! Io c’ero quando Castiel stava male e ci sono stato dopo, durante l’Apocalisse! Mi sono fatto ammazzare da Lucifero e se non fosse stato per nostro Padre sarei ancora con la Grazia nella fossa!- ruggì Gabriel così forte che Sam e Bobby si destarono con un sussulto.
Gli occhi verdi del giovane Winchester si posarono su Gabriel con una tale sorpresa mista ad affetto che a Dean parve che quelle iridi ritrovassero improvvisamente la luce affievolitasi in quelle ultime settimane, come un prigioniero che dopo anni di reclusione assapora finalmente l’aria pulita della libertà. Gli era bastato uno sguardo verso l’angelo biondo e il viso di Sam si era rilassato, ritrovando quel pezzo d’anima che aveva creduto di aver perduto per sempre.
Gabriel quasi non si accorse che Sam e Bobby si erano svegliati, tanta era la furia che gli faceva tremare e prudere le mani in presenza di Balthazar.
Ricordava, Gabriel.
Ricordava di aver stretto Castiel al petto dopo aver esiliato Samael, e quando si era voltato per chiedere aiuto a Balthazar, si era trovato da solo.
Ricordava di aver cercato a lungo l’appoggio e la presenza di quell’angelo tanto caro allo stesso Castiel, ma non aveva trovato traccia di lui.
Ricordava di aver visto Castiel ingobbirsi una volta di troppo per la mancanza di quell’inetto che era suo fratello, l’angelo che la piccola creatura dagli occhi blu aveva sempre amato e del quale si era fidato.
-Vuoi farlo, Gabriel? Fallo, te lo leggo negli occhi.- provocò Balthazar. –Hai aspettato per anni questo momento, e non posso permettere che la tua rabbia mandi a monte il salvataggio di quella bambina, perciò sfogati e facciamola finita. Per quanto ridicolo possa sembrarti, anche io possiedo una certa umanità, fratello.-
-Non sentirti in diritto di parlare di umanità! Hai abbandonato i tuoi fratelli, e adesso ricompari pretendendo che dimentichi e che ti accolga come vorresti! Ricorda questo, Balthazar: io non sono Castiel! Io non dimentico!-
-Be’, che vuoi fare?! Esiliarmi dal Paradiso come facesti con Samael? Non mi toccheresti più di tanto, visto che ho abbandonato il Paradiso per vigliaccheria! Vigliaccheria, mi hai sentito bene! Avevo paura di Castiel, avevo paura di quello che vedevo nei suoi occhi e di quello che gli stava succedendo! Volevo allontanarmi, fuggire dal suo sguardo, e l’ho fatto! Non…-
Ma Gabriel non gli lasciò il tempo di finire e intervenne così in fretta che solo i tre angeli capirono cosa stesse per succedere. In pochi istanti, Dean si ritrovò teletrasportato praticamente addosso a Sam e, nello stesso istante in cui l’ala di Gabriel abbandonava i due cacciatori con un fruscio sinistro di lame taglienti, un altro paio di appendici piumate color dell’argento si spiegò a loro difesa, chiudendoli in un bozzolo protettivo appena in tempo.
Gabriel si scagliò su Balthazar con tanta violenza che il cozzare delle due Grazie angeliche scosse i fondamenti della Terra stessa e inondò miglia e miglia di paesaggio circostante di una folata di vento bollente talmente devastante che la natura ne rimase polverizzata. Non un filo d’erba fu risparmiato dall’esplosione, non una creatura vivente sopravvisse al calore insopportabile di quel sole sceso in terra.
Le ali di Castiel furono colpite dalla ventata, ma la Grazia dell’angelo dagli occhi blu ricoprì di gelido ghiaccio ogni piuma, ogni anfratto delle quattro ali splendenti, perciò il calore non le aggredì.
-Tenete gli occhi chiusi!- urlò ai cacciatori, che subito si schermarono i volti con le braccia.
Castiel si alzò in piedi, contrastando a fatica la potenza delle due Grazie angeliche in colluttazione. Sbatté dolorosamente le ali per darsi una spinta e per dissipare il vento intorno a Dean e agli altri.
Doveva farcela, ne andava del benessere dei suoi fratelli. Castiel conosceva bene Gabriel e sapeva che per quanto mansueto, l’arcangelo non andava mai provocato una volta di troppo, perché quando perdeva la pazienza era capace di rivoltare cielo e terra da cima a fondo con l’esplosione rabbiosa della sua potenza. In più, Gabriel e Balthazar avevano abbastanza forza da far saltare in aria il pianeta senza accorgersene.
-Adesso basta!- tuonò Castiel con forza. Tese entrambe le mani, sicuro di trovare ciò che cercava in quel mare di luce accecante più del sole. Le dita affondarono in qualcosa di morbido e massiccio, affilato come un mare di rasoi. La carne di Castiel fu incisa, trafitta, straziata, ma l’angelo non mollò la presa e tirò con forza, separando Balthazar e Gabriel, fino a quel momento avvinghiati in una baruffa familiare che per loro era quasi innocua, ma che per gli umani nei dintorni era devastante.
La luce si affievolì velocemente mentre due urli sorpresi di voci angeliche facevano vibrare l’aria e aprire piccole crepe nel terreno bruciato.
Gabriel e Balthazar fissarono addolorati le manciate di piume che Castiel stringeva tra le dita. Le penne più piccole dell’ala più piccola di Gabriel, quella più in basso, erano lunghe quanto un braccio umano e se solo l’arcangelo avesse voluto muovere l’ala, avrebbe tagliato di netto le falangi di Castiel, e lo stesso valeva per Balthazar, le cui appendici piumate che dal bianco immacolato sfumavano nell’azzurro screziato di blu parevano pezzi di cielo tirati giù e posti alle spalle dell’angelo biondo.
Per un attimo il tempo parve fermarsi e finanche il sangue di Castiel sembrò smettere di scorrere tra le piume delle loro ali. Gli occhi di tutti si fissarono sulla figura dell’angelo, i cui occhi blu saettarono con rimprovero da Gabriel a Balthazar.
-Cosa state facendo?- sibilò Castiel con calma forzata. –È scomparsa una bambina, la casa di Bobby è distrutta e voi litigate? Gabriel, quante energie hai speso per salvare la vita di Sam? Non è già abbastanza negativa la situazione per peggiorarla ancora? Non so quale diritto vi consenta di litigare in nome mio e dell’Apocalisse, considerando che nel primo caso state parlando delle mie faccende personali e nel secondo di qualcosa che alla fine ha coinvolto e ferito gli esseri umani molto più degli angeli. Volete litigare? Fatelo, ma lontano da qui e da questo pianeta; abbiamo già abbastanza problemi senza che spacchiate la Terra in due.-
Gabriel e Balthazar rimasero basiti davanti alla gelida rabbia di Castiel. Non era da lui perdere le staffe in quel modo, il che significava che era veramente ad un passo dal farsi saltare i nervi.
Lentamente, Castiel lasciò andare le piume adesso morbide e setose dei fratelli ancora immobili in una buffa posizione di combattimento dove Gabriel arpionava la maglietta di Balthazar caricando un pugno con l’altra mano. Il mondo parve riprendere improvvisamente la sua corsa e la neve ricominciò a cadere, più fitta di prima.
-Rimettiamo a posto questo casino e fate in modo che gli animali uccisi tornino in vita.- ordinò seccamente Castiel. Il suo tono inflessibile convinse i due angeli ad alzarsi lentamente in piedi senza guardarsi negli occhi e a stendere le braccia davanti a loro, i palmi rivolti al cielo e gli occhi chiusi in una silenziosa preghiera appena mormorata in lingua enochiana.
A breve, anche Castiel li imitò, inclinando il viso verso il cielo, dove i fiocchi di neve gli sfioravano le guance e la fronte in una gentile carezza.
Sorprendentemente, dopo pochi istanti la nenia dei tre angeli cambiò: la voce di Gabriel crebbe di tono e si alternò tra morbide note altisonanti e bassi sussurri prolungati. In breve, alla sua voce si aggiunse il controcanto di Balthazar e la voce di Castiel, che più volte risuonava come un eco di parole già citate nel verso precedente.
La melodia intonata dai tre angeli crebbe, spandendosi nell’aria che poco a poco si ripuliva di ogni accesso di rabbia e bruciatura. Quel canto, disceso direttamente dalle più belle voci dell’alto dei Cieli, richiamò alla vita la natura e il tempo stesso.
Sam, Dean e Bobby ascoltarono estasiati, quasi inconsapevoli che qualcosa stava cambiando: la lingua enochiana si trasformò in un suono vibrante come cristallo, melodioso, composto di parole talmente arcane che parevano aver visto l’Alba dei Tempi. Era un suono talmente bello, talmente struggente, che Bobby, il freddo e burbero Bobby, sentì gli occhi inumidirsi e una sola lacrima tuffarsi dentro la barba.
Dei piccoli raggi di sole, stavolta caldi e benigni, bucarono le nuvole cariche di neve e piovvero al suolo, dove piccoli fili d’erba, boccioli fioriti e alberi appena nati crescevano rigogliosi, ergendosi verso il cielo con la grazia che solo la Natura avrebbe potuto donar loro. La terra bruciata si ricoprì di un morbido manto di smeraldo mentre i tronchi ormai forti e sviluppati distendevano al cielo i possenti rami che poco a poco si ricoprivano di foglie e frutti.
Ogni cosa accarezzata da quel canto angelico si risvegliò dal sonno della morte. Miglia e miglia di terra bruciata rinacque, gioendo della presenza di tre magnifiche creature alate volte a levare al cielo un canto benigno, meraviglioso oltre ogni dire che richiamava gli ambienti dell’Eden e del Paradiso stesso.
Lentamente, quasi con prudenza, Gabriel, Balthazar e Castiel smisero il canto con un ultima nota prolungata e solenne. Serrarono le labbra e gli occhi, stoici e bellissimi sotto i raggi solari che riflettevano i mille riflessi cangianti delle gigantesche ali ripiegate. Finanche le dita di Castiel erano tornate alla normalità, ripulite di ogni traccia di sangue.
Dean sentì un basso scricchiolio alle sue spalle e con fatica distolse lo sguardo dai tre angeli per posarlo sulla casa di Bobby rinata dalle ceneri come un’araba fenice. Non vi era più traccia di distruzione o della caduta che l’aveva abbattuta fino a quel momento. Era perfetta, ricostruita in ogni suo piccolo dettaglio, tanto che i detriti che avrebbero dovuto insidiarne le fondamenta, erano totalmente spariti.
-Ma cosa…- mormorò Dean stupefatto, facendo voltare Sam e Bobby. Entrambi rimasero senza parole davanti alla casa ristrutturata.
-Dobbiamo parlare.- disse semplicemente Castiel, allontanandosi con Balthazar e Sindragon a seguito. Gabriel diede loro le spalle e raggiunse Sam e gli altri con l’aria stranamente esausta.
-Entriamo in casa, prima che vi prendiate un malanno.-
-Ma Mary…-
-Recupereremo la bambina, ma prima quei due devono trovare un accordo e io al momento non ragiono a dovere, perciò entriamo in casa prima che faccia a pezzi qualcos’altro.-
Gabriel ritirò velocemente le ali e li oltrepassò, rifilando una leggera quanto nervosa spallata a Dean. Entrò in casa e, entrato in bagno si sbatté la porta alle spalle. Dean corrucciò le sopracciglia.
-Aspetta, gli angeli hanno bisogno del bagno?- chiese, ma un attimo dopo lo scrosciare della doccia rispose esaurientemente alla sua domanda.
Sam restò a guardare la porta chiusa, ascoltando il mormorio dell’acqua che si infrangeva su un corpo tonico che il ragazzo non faticava ad immaginarsi ma che ebbe il potere di farlo arrossire furiosamente e dirigere verso la cucina per aprire il frigo e afferrare un paio di birre. Ne porse una a Dean e l’altra a Bobby prima di chinarsi nuovamente.
-Maledizione, dovremmo essere lì fuori a cercare quel figlio di puttana, non a sbronzarci!- esclamò Dean, stringendo forte il collo della bottiglia.
-Non possiamo fare granché senza l’aiuto dei pennuti e al momento nel caso ti fosse sfuggito, mio inguaribile idiota, ne abbiamo uno incazzato nero chiuso in bagno e altri due probabilmente in procinto di ammazzarsi a vicenda fuori casa.- lo interruppe Bobby burberamente, attaccandosi alla bottiglia e chiudendo gli occhi per cancellare dalla mente l’immagine della piccola Mary che veniva afferrata e strattonata lontano dalle sue braccia da un angelo dal viso mezzo mangiato dalle fiamme.
-Bobby ha ragione, Dean. Dobbiamo recuperare le forze prima di lanciarci in qualche azione suicida facendo di testa nostra. Per ora nessuno toccherà Mary perché Samael sa che quella è l’unica arma che ha da usare contro di noi e contro Gabriel che è molto più potente di lui.- intervenne Sam, fermando ogni possibile protesta del fratello. I due si scambiarono un’occhiata, Dean con ferocia e Sam con calma ostentata, nonostante al suo interno sentisse la preoccupazione consumarlo come fuoco.
-Sta calmo, la troveremo.-
Alla fine Dean dovette capitolare con una violenta scrollata di spalle e un’espressione schifata, tipica di quando era costretto a restare con le mani in mano mentre da qualche altra parte c’era bisogno di lui. Sam sapeva quanto gli costava aspettare e trattenere la rabbia verso Samael, l’angelo che ancora adesso stava cercando di portargli via non solo una vita innocente ma anche il suo angelo, il suo Castiel.
Sam non aveva mai visto suo fratello reagire in quel modo con qualcuno che non fosse lui, né tantomeno avrebbe mai immaginato di vederlo stretto a un altro uomo. Forse, se non si fosse trovato anche lui sulla sua stessa barca avrebbe avuto una reazione diversa, anche se non ne era sicuro: l’amore che esprimevano Dean e Castiel semplicemente guardandosi o sfiorandosi di tanto in tanto era un composto di purezza e naturalezza che Dean non aveva mai ostentato nei confronti di nessun altro. Attraverso quei gesti Dean sembrava rinascere, riprendendosi indietro quella piccola parte di sé che credeva di aver perduto per sempre.
§§§§
Le ore passarono con una lentezza incredibile. A poco a poco il sole calò, trascinandosi dietro ogni traccia di luce e calore in quella casa rinata dalle sue stesse ceneri ma ancora colma di malinconia e preoccupazione.
I tre cacciatori avevano i nervi a pezzi ormai. Dean si era infine accasciato sul divano, cedendo definitivamente alla tensione e cadendo in un sonno agitato che lo faceva rigirare tra i cuscini di continuo. Ogni tanto sussurrava qualcosa nel sonno, stringeva forte le coperte, ma né Sam né Bobby si azzardarono a svegliarlo, ben sapendo quanto avesse bisogno di riposare.
Sam chiuse il portatile, strofinandosi gli occhi esausti. Aveva fatto ricerche su ricerche per trovare il modo di scovare Samael e la piccola Mary, ma stavolta l’onniscienza di Internet sembrava averlo abbandonato insieme alle ricerche che Bobby aveva svolto inutilmente sui libri, finendo poi per usarli come cuscino.
Sam si alzò lentamente in piedi e guardò fuori dalla finestra, riconoscendo nella penombra della notte il luccichio delle ali argentate di Castiel e di quelle azzurrine di Balthazar. Se stringeva gli occhi gli sembrava di vedere anche l’immensa, nera figura di Sindragon accucciata ai loro piedi come in placida attesa di un verdetto. Sam pregò che almeno loro trovassero un modo per rintracciare la bambina prima che Samael si stufasse di aspettare. Ora che Gabriel era emotivamente fuori uso, le uniche armi sane di mente restavano loro.
Già, Gabriel.
Ora che Sam ci pensava, il rumore che il suo cervello aveva ormai finito per registrare come mormorio di sottofondo era ancora l’acqua della doccia. Anche il più vanitoso degli angeli non sarebbe mai stato capace di far durare una doccia così tanto tempo.
Sam cominciò a preoccuparsi, perciò si alzò in piedi e, senza fare rumore, raggiunse la porta del bagno e bussò delicatamente.
Non ricevette risposta.
-Gabriel?- sussurrò Sam, guardando preoccupato le figure in ombra di Dean e Bobby. Respirò profondamente e abbassò la maniglia della porta, scoprendola aperta. Entrò frettolosamente e se la richiuse alle spalle, subito aggredito dal vapore intenso dell’acqua calda. Tossì e sventolò una mano, correndo a socchiudere la finestra, non senza riuscire a evitarsi di annusare desideroso il profumo di dolci che conosceva bene e che amava.
Si voltò verso la doccia, dove un Gabriel gloriosamente nudo gli dava le spalle, appoggiando un palmo contro le mattonelle, il capo chino e l’altra mano sollevata a sfregarsi gli occhi con movimenti lenti e circolari.
Sam non riuscì a trattenersi dal far scorrere gli occhi sulla schiena definita dell’arcangelo, una linea sinuosa e morbida contornata di una perfetta muscolatura che si apriva in due enormi squarci appena cicatrizzati che partivano dalle scapole e serpeggiavano giù, fino ai fianchi stretti. Il sedere era alto e sodo come quello di una scultura greca, dalla curva morbida. Le spalle erano larghe, la pelle attraversata da un dedalo di goccioline d’acqua trasparente che, pura come il tocco di una vergine, scivolava sul suo corpo giù lungo le gambe rassodate, di cui una leggermente piegata.
Il viso visto di tre quarti e leggermente in ombra nonostante il fioco bagliore emanato dalla pelle mostrava una fronte coperta dai capelli biondi che cadevano leggermente mossi ai lati del volto, dove gli occhi semichiusi esibivano un’aria stanca e antica più del mondo.
Era una visione struggente ma bellissima, come una scultura d’altri tempi bloccata eternamente nel marmo secolare. Era qualcosa di antico, irriconoscibile per l’uomo, eppure tremendamente noto per Sam.
Lentamente, come se avesse paura di spaventare quella meravigliosa creatura, Sam si portò alle sue spalle, incurante del getto d’acqua che gli bagnava i vestiti e i capelli, appiccicandoli al viso. Allungò una mano e la appoggiò su una delle cicatrici, facendo scorrere le dita laddove avvertiva la leggera morbidezza di qualche piuma leggermente sporgente.
Gabriel rabbrividì e, con un mugolio sorpreso, inarcò la schiena all’indietro, spingendo il bacino contro le piastrelle. Sam vide il suo viso inondarsi di piacere e la pelle rifulgere di una leggera aura dorata. Non ci mise molto a capire che gli angeli, o forse solamente Gabriel, erano sensibili in zona ali.
Lentamente, si chinò sulla spalla di Gabriel e gliela morse prima con gentilezza, poi sempre più forte, finché non si trovò a succhiare la pelle morbida dell’altro, che reagì con un ringhio animale e tremendamente eccitante. Sam fece scorrere la lingua lungo la spalla di Gabriel, fino al collo e alla mascella bagnata, dove lasciò un altro, famelico morso. Fece scorrere le mani lungo le costole dell’arcangelo, incrociando per pochi istanti le dita davanti al suo petto prima di scendere lungo gli addominali e poi giù, sempre più giù, fino a sfiorare l’inguine tremante di desiderio. Gabriel gettò il capo all’indietro, appoggiandolo sulla spalla di Sam, che lo costrinse a voltare il viso per appropriarsi delle sue labbra.
Dapprima fu un semplice, dolce bacio, ma a breve si fece più aggressivo, più pretenzioso, come se entrambi ricavassero aria vitale da quel contatto.
Sam schiuse le labbra di Gabriel con aggressività e vi intrufolò la lingua, stuzzicando quella dell’arcangelo prima di ritirarla e mordergli le labbra, succhiandole per estrapolarne il magico gusto di dolciumi. Gabriel gemette e si artigliò alle piastrelle del bagno, spaccandone la superficie per affondarvi le dita.
-Sei bellissimo.- mormorò Sam prima di riuscire a trattenersi. Gabriel si voltò e finalmente lo strinse tra le braccia, cominciando col leccargli il collo mentre le mani scorrevano lungo gli abiti fradici d’acqua. Insinuò le mani sotto la maglietta e con lentezza calcolata gliela sfilò, scoprendo un torso scolpito da modello, definito in ogni sua sfaccettatura. La gola di Gabriel sembrò seccarsi alla vista dell’acqua che scorreva lungo i pettorali del compagno, fino all’addome per tuffarsi infine sui jeans ormai diventati troppo stretti per Sam.
Gabriel fece sfregare volontariamente e con fare dispettoso i loro bacini, scatenando un gemito da parte di Sam che, nel rovesciare il capo all’indietro fece tintinnare il campanellino appeso al collo. Gabriel lo guardò e una nota di tenerezza gli tinse gli occhi. Fece risalire le mani, non senza aver prima sfiorato con fare seducente il bordo dei jeans di Sam per posare infine le dita sul suo collo teso dal piacere.
-Vuoi che lo tolga?-
Sam lo guardò, le pupille dilatate e liquide dal desiderio represso e rimase immobile, incapace di parlare davanti allo sguardo sinceramente innamorato di Gabriel. Quegli occhi verde dorato trasmettevano un affetto senza confini misto alla cieca fedeltà che si può affidare solamente al compagno che si è scelti per la vita.
Sì… Gabriel aveva gli occhi spietati di chi amava oltre ogni cosa, con ogni fibra della sua essenza, affidandogli un cuore prezioso e dicendogli silenziosamente di farne ciò che voleva.
Una volta Sam aveva letto di un artista che suggeriva che lo sguardo fosse la chiave d’accesso al punto più profondo dell’anima. Se questo era vero, se gli occhi fossero realmente capaci di esprimere il subconscio di chi guardava, allora Sam non aveva più dubbi: Gabriel era veramente innamorato.
E lui? Cosa provava realmente per l’arcangelo?
Sam chiuse gli occhi, privandosi della vista per ascoltare altri occhi, quelli del cuore e dell’animo, ma non solo.
Prese consapevolezza delle sue mani sulla pelle liscia, viva e pulsante dell’altro.
Annusò il profumo intenso di dolci come un’essenza a lungo cercata e infine trovata quasi per caso.
Gli sfiorò le labbra in un bacio soffice, appellandosi al gusto carezzevole della sua lingua tra le labbra e i denti.
Ascoltò il respiro accelerato misto ai gemiti sommessi quando tornò a sfiorargli le cicatrici sulla schiena.
Erano tutti pezzi di un unico insieme, erano tutte parti di una creatura che aveva amato e combattuto per l’uomo, per gli angeli e per lui, Sam. Gabriel era un angelo, celeste, eppure allo stesso tempo era un essere umano, dal quale aveva ereditato i sentimenti che lo rendevano così diverso, così… terreno.
Erano queste tutte le sensazioni alla quale Sam non poteva rinunciare. La sua voce, il morbido frullio e il tocco delle sue ali. La vista dei suoi occhi e la carezza dei suoi baci. Gabriel era una parte di lui, un pezzo di vita insinuatosi poco a poco nel suo cuore e abbarbicatosi ad esso come una cozza allo scoglio. Quel sentimento non sarebbe mai andato via, e nel caso lo stesso Gabriel avesse deciso di allontanarsi per sempre lui, Sam, avrebbe atteso il suo ritorno in eterno.
Gabriel fece lentamente scivolare le dita lungo il collare di Sam fino a sfiorarne la fibbia intrecciata con la striscia di cuoio. Scostò il pezzo di ferro, pronto a sfilare il collare al suo gattino che forse amava essere libero, e a lui andava bene così.
-No.- lo fermò Sam, afferrandogli i polsi con forza.
Gabriel levò lo sguardo dal suo collo, incrociando due iridi chiare d’affetto e tenerezza rivolte su di lui. Sì, proprio su di lui, il falso, stronzo, maledetto vigliacco che per anni aveva finto una falsa identità per paura di combattere per la propria famiglia. Da allora aveva smesso di pretendere qualsiasi cosa dalla vita.
Nessuno avrebbe potuto amarlo.
Nessuno avrebbe potuto accettarlo.
Nessuno avrebbe potuto rivolgergli parole o gesti di conforto.
Si era sentito solo, e forse per questo aveva deciso di importunare quei due strani cacciatori dall’aria svampita. Sì, all’inizio pensava questo, ma adesso che guardava Sam e ricordava come da lontano avesse osservato per giorni lui anziché suo fratello, Gabriel si chiese se il destino non avesse adoperato su di lui un tocco prematuro sin dall’inizio.
-Voglio tenerlo.- disse Sam, facendo scivolare i palmi sui suoi e chiudendogli le dita intorno al sottile collare da gattino. –Voglio poter pensare che il suo tintinnio sia il segnale della tua presenza anche quando non ci sei. Voglio averti con me.-
Al che Gabriel perse ogni freno inibitore, ogni richiamo alla decenza e, senza troppi preamboli o la dovuta gentilezza, spinse Sam contro il muro e si fiondò sulle sue labbra, toccando ogni parte di lui che riuscisse a raggiungere.
Era suo. Era il suo mondo, le sue ali. Era i suoi occhi, occhi attraverso i quali Gabriel osservava, tingendo il mondo con le vene dell’amore.
Avrebbe voluto averlo per sempre, sentirlo dentro di sé e poter urlare il suo nome.
Quel momento non giunse, non allora.
Qualcuno bussò alla porta.
§§§§
Dean fu svegliato dal tocco leggero di qualcosa che gli accarezzava amorevolmente i capelli. Era un gesto così rilassante che non si sforzò nemmeno di aprire gli occhi, ma a poco a poco recuperò tutte le altre facoltà, cosa che gli permise di riconoscere il profumo di aghi di pino di Castiel, la sensazione delle sue gambe sotto la testa e di una delle sue ali intorno al corpo. Era una posizione così comoda, così naturale, che Dean si sentì al sicuro, protetto da quelle ali tanto morbide quanto possenti.
Era una bella sensazione.
-Non dovresti accarezzarlo così. Lo vizi troppo.- disse l’odiosa voce di Balthazar poco lontano da lui. Dean prese in considerazione l’idea di alzarsi in piedi e rifilargli un pugno in faccia, ma si trattenne una volta appurato che non sarebbe servito a molto, se non a spaccarsi la mano.
-Lui merita tutto questo. Ha sofferto e sacrificato in nome di tutti noi e lo sta ancora facendo, eppure non chiede mai niente, non per sé. Ha sempre pensato a Sam e Bobby, anteponendo la loro felicità alla sua. Se il mondo funzionasse avrebbe la pace che si merita.-
-Se il mondo funzionasse a quest’ora tu non saresti nemmeno qui con lui. Proprio perché il mondo è sbagliato voi vi siete incontrati.- la voce di Balthazar si affievolì, ridotta a un sussurro. –Sai, sono anni che non ti vedo così. Anzi, i tuoi occhi sembrano… aver recuperato e ampliato una luce che non vedevo da tempo. Adesso sei diverso, sembra che in qualche modo la tua intera esistenza graviti intorno a lui e…-
-È così.-
Dean lottò contro se stesso per impedirsi di spalancare gli occhi mentre le carezze di Castiel si facevano più dolci e invadenti. Fece scorrere le dita lungo una delle sue guance fino al collo, che sfiorò con discrezione prima di risalire.
-Non essere avventato Castiel, sai quanto è pericoloso l’amore vero per noi. Quando un angelo ammette di amare qualcuno è come se legasse il suo intero essere al compagno, che questi lo voglia o no. Ho sentito dire che ti sei quasi fatto ammazzare da Raphael perché stavi già morendo per colpa del ragazzo. Perché dunque alimenti questo sentimento suicida ben sapendo che potrebbe condurti alla morte?-
Già, Cass. Perché lo fai?,pensò Dean, intimorito dalla piega che aveva preso la conversazione.
Castiel attese qualche istante prima di rispondere, come se stesse ponderando la risposta. Alla fine inspirò a fondo e l’ala che abbracciava Dean fremette come emozionata dai sentimenti che stava provando il suo padrone in quel momento.
-Perché le mie ali sono diventate sue dal primo istante in cui l’ho visto.- ammise infine. –Ai tempi in cui mi fu affidato il compito di recuperare Dean dall’inferno non credevo realmente nelle capacità dell’uomo: per me la gente era sì una creatura di nostro Padre, ma nulla di più. Forse anche io le reputavo poco più che scimmie senza peli e non mi interessava che morissero come mosche… non mi interessò fino ad allora.
-Ricordi l’inferno, fratello? Ricordi le grida dei dannati e il sangue che fluiva dalle loro anime torturate? Io sì, ed era una visione terribile. Mi chiesi come mai un cadavere squartato meritasse la mia attenzione e il mio rischio per spingermi a scendere laggiù. All’inizio ero arrabbiato e quasi ponderai l’idea di torturare io stesso quell’anima maledetta che mi aveva condotto in quel posto infernale.-
La mano di Castiel si fermò sulla guancia di Dean, smettendo di carezzarla. Il cacciatore avrebbe voluto protestare, ma era troppo dalla storia di Castiel e dall’aspetto irreale che stava assumendo la sua voce, adesso morbida e quasi ipnotica.
-Già, fino ad allora non credevo che potesse esistere qualcosa di bello lì sotto, ma mi sbagliavo. Appena incontrai i suoi occhi il mio mondo cambiò e stesso le mie ali, fino ad allora pesanti, parvero alleggerirsi. C’era vita in quegli occhi; vita, e non solo. All’inferno non dovrebbe esistere la speranza, ma io la vidi, ed era tutta lì, sul viso e negli atteggiamenti di una piccola anima tormentata che per l’Inferno avrebbe dovuto significare poco e niente. Lui parlò con gli occhi, quella volta. Non mi chiese di salvarlo, non supplicò un po’ di riposo tra una tortura e l’altra, no: quegli occhi, che col verde speranza parevano illuminare la morte stessa, mi rivolsero semplicemente uno sguardo luminoso che sapeva di semplice curiosità anziché di banalissima paura. Volevo salvarlo, volevo condurlo fuori di lì.
-Lo feci, e ancora oggi rammento quel momento come l’unico gesto del quale non mi sia mai pentito. Da allora ho ricominciato a respirare e a osservare realmente il mondo. Osservare, non vedere. Lo facevo e lo faccio attraverso i suoi occhi mentre giorno dopo giorno comprendo che magnifica creatura sia l’uomo.-
Castiel fece una pausa per trarre un profondo respiro.
-Gabriel ha ragione: loro meritano il nostro sacrificio, qualunque esso sia, e se sarà necessaria la mia morte per proteggere Dean… allora così sia. È la cosa più preziosa che possiedo.-
Al che Dean sentì gli occhi farsi umidi sotto le palpebre e un vago tremore invadergli le mani, che fortunatamente erano coperte dalle ali di Castiel. Quelle parole dette con tanta leggerezza e quasi noncuranza avevano rischiarato il giovane cuore del cacciatore, mettendo in luce qualcosa che fino a quel momento aveva sepolto sotto anni e anni di pregiudizi verso l’omosessualità. Aveva guardato la questione sotto la luce sbagliata, adesso lo capiva: che Castiel fosse una donna o un uomo, non importava.
Lui aveva visto la sua anima e l’aveva accettata e amata così com’era di un amore puro e incondizionato.
-Lo ami?- domandò allora Balthazar, usando un tono sommesso e quasi spaventato del tutto adatto alla situazione.
Castiel non ebbe bisogno di pensare una risposta perché lui la conosceva già, era sempre stata lì e non l’aveva mai contestata a se stesso.
-Sì.- disse semplicemente, sfiorando le labbra di Dean con l’indice.
Al che il ragazzo non ce la fece più e sbarrò gli occhi, incontrando lo sguardo sorpreso e leggermente imbarazzato di Castiel.
-Vi lascio soli.- disse Balthazar e, prima che il fratello potesse fermarlo, sfiorò la fronte di Bobby e sparì.
-Cosa gli ha fatto?- si allarmò Dean.
-L’ha soltanto addormentato profondamente. A breve si sarebbe svegliato e fino a domattina non possiamo muoverci.- rispose Castiel, distogliendo lo sguardo dagli occhi verdi dell’altro.
-Ehi…-
Dean gli toccò la mascella per costringerlo a guardarlo. Sorrise debolmente, ascoltando i battiti del suo cuore uniti a quelli lievi del tramite di Castiel. Non si chiese se fosse giusto per le sue vecchie opinioni contro gli omosessuali concedersi a un uomo o amarlo come mai avrebbe pensato di fare. Quello non era un uomo qualsiasi.
Quegli occhi blu cobalto dallo sguardo da bambino appartenevano a un angelo.
Quella voce calda e quel temperamento sempre quieto che sapeva infondere tranquillità al più pazzo dei pazzi apparteneva al suo angelo.
Quel corpo e quell’anima purissima appartenevano a Dean, e questo perché Castiel era il suo compagno, il suo angelo custode.
“ Dean, gli angeli vegliano su di te ”,aveva detto una volta Mary Winchester. Dean ricordava la sua voce e la cieca fiducia con cui aveva affermato quelle parole nel cuore e nelle memorie di suo figlio per gli anni a venire.
In quel momento, guardando la morbida ala d’argento che ricopriva il suo corpo come una coperta fino a spiegarsi giù dal divano e sull’intero pavimento del salotto, costretta comunque dalla limitatezza dei muri a ripiegarsi leggermente e guardando quel viso bellissimo d’uomo innocente e innamorato che lo fissava, Dean seppe che sua madre non si era mai sbagliata: c’era davvero un angelo che vegliava su di lui, che l’aveva sempre fatto e che non l’avrebbe mai lasciato solo.
-Se te lo stai chiedendo sì, ho sentito tutto e sì, hai ragione a pensare che sono un impiccione di proporzioni bibliche che non sa farsi i cazzi suoi. Ma no,- sussurrò, levando il busto con l’ausilio dei gomiti. –non ti permetterò di sacrificarti, qualunque cosa accada.-
Castiel spalancò gli occhi, sorpreso dalla carezza che Dean aveva fatto scivolare lungo il suo mento. Fece scorrere la mano dietro la sua nuca e lo attirò più vicino a sé, senza però baciarlo.
-Tu resti con me coglione di un pennuto, e che ti vada bene o no, non ti permetterò di cadere di nuovo. Costi quel che costi queste cazzo di ali voleranno, dovessi costringerti a suon di calci a mantenerle leggere come meritano. Non ci sarà nessun sacrificio perché io ho bisogno di te e… e perché ti ho visto e ti accetto per ciò che sei. Credo che tanto basti per andare avanti.-
 Finalmente Dean trascinò Castiel in un bacio famelico di lingue intrecciate e sapori mescolati. Con uno strattone assai poco gentile, il cacciatore costrinse l’angelo a rovesciare le posizioni e a salirgli a cavalcioni sul bacino, gesto che gli risultò incredibilmente naturale nonostante l’ala che per molti altri avrebbe dovuto essere ingombrante e addirittura fastidiosa.
Dean leccò con avidità la pelle esposta del collo di Castiel e mentre una mano affondava nelle piume dell’ala in una carezza provocante, l’altra si andò a insinuare dispettosa nei suoi pantaloni, aggrappandosi a una delle natiche sode e definite dell’angelo. Il “ povero ” Castiel rovesciò il capo all’indietro, esponendo la gola a un attacco di morsi e baci da parte dell’amante.
-Ti voglio.- ringhiò Dean sulla sua pelle e quasi non si accorse che involontariamente una mano di Castiel appoggiata sul suo sterno affondava le dita troppo in profondità per essere un tocco normale.
Solo quando cominciò ad avvertire un curioso solletico all’altezza delle costole, Dean si staccò dalla pelle arrossata dell’angelo per chinare lo sguardo sul suo torace scoperto dalla maglietta sollevata dalla mano di Castiel. Le dita sottili e affusolate dell’angelo affondavano nella carne in modo innaturale, attraversando la pelle come erano solite fare quando il loro proprietario scavava all’interno del corpo di qualcuno alla ricerca della sua anima.
-Ma che cazz…-
Castiel spalancò gli occhi e anche lui seguì la traiettoria dello sguardo di Dean fino a sbarrare le palpebre sorpreso. Aveva reagito istintivamente, forse di riflesso alle ore intere di discorsi tenuti con Balthazar riguardo l’oggetto contenuto in quel corpo.
Doveva estrarlo, e per farlo non l’avrebbe ferito.
-Dean, non muoverti.- disse, corrugando le sopracciglia, ma il ragazzo cominciò ad allarmarsi e tentò di scansare la mano quando l’ala di Castiel strinse la presa intorno ai loro corpi, premendoli l’uno contro l’altro. Il viso di Castiel si trovò a pochi millimetri dal suo.
-Fidati di me. Ti prego, fidati di me.- supplicò Castiel con fare accorato, incatenando gli occhi a quelli di Dean.
Passò qualche secondo di terrificante impasse, ma alla fine Dean annuì e appoggiò la fronte contro la sua spalla, chiudendo gli occhi. Come leggendogli nel pensiero la muta domanda che il cacciatore gli poneva, disse:
-Non ti farò del male. Mai.-
E Dean gli credette perché l’avrebbe sempre fatto, nel bene e nel male. Era il suo Castiel, il suo angelo, e a lui andava bene così. Sorrise leggermente e strofinò la fronte sudata contro la spalla di Castiel lasciata scoperta dalla tenuta di soli pantaloni di seta dell’angelo.
Castiel fu di parola e quando il Sacro Graal venne estratto, Dean non sentì assolutamente niente. Rimase aggrappato a lui, inspirando il profumo magnifico della creatura che con la massima cura stava operando sul suo corpo.
Normalmente Dean si sarebbe ribellato, ma mai come in quel momento voleva fidarsi di lui e abbattere le ultime barriere che lo separarono.
Poco più di mezz’ora dopo Balthazar avrebbe bussato alla porta del bagno adiacente al salotto, interrompendo una coppia in sboccio ancora sotto la doccia, ma l’angelo non poteva più aspettare.
Era tempo di spiegare.
Era tempo di capire.
Era tempo di combattere per riprendersi il Paradiso e la piccola vita di una bambina innocente che da qualche parte nell’universo attendeva il loro arrivo.
 

Angolo dell’autrice:
Dunque, innanzitutto mi scuso per il leggero ritardo ma ammetto che tra studio e lavoro è un bel casino scrivere, per non parlare di quanto abbia fatto a cazzotti con questo capitolo. Annuncio che a breve la storia avrà fine ma, ehi, all’inizio non credevo nemmeno che sarebbe diventata una long! Dovevi essere di soli due capitoli, maledetta!!! (Se la prende col suo stesso scritto)
Allora, visto che ho poco tempo a disposizione, torno sempre a sperare di ricevere i vostri commenti che mai come in questo momento mi aiutano a scrivere e ad andare avanti. Dedico pertanto questo capitolo a coloro che hanno recensito quello precedente, permettendo la pubblicazione di questo nuovo pezzettino di storia e del mio cuore. Grazie e spazio ai ringraziamenti!

xena89: eccoti sfamata con questo nuovo capitolo! Ammetto che è stato un parto, ma spero sia venuto bene e spero sempre di non averti deluso. A volte i personaggi fanno i capricci e far stare Sam e Gabriel sotto la doccia… insomma, di tutto un capitolo romantico che ha richiesto giorni e giorni di scrittura mentre la parte di Sam e Gabriel insieme l’ho scritta in cinque minuti… indovina quando è entrata in stanza mia madre? Chiamiamola sfiga, ma ho dovuto riscrivere quella parte due volte perché ho dovuto chiudere il portatile e lanciarlo sotto il tavolo. Ti lascio pensare in che condizioni era dopo… comunque, detto ciò torno a ringraziarti come sempre e spero di risentirti presto e di leggere un altro dei tuoi splendidi commenti! A presto!
Sherlocked: oddio, secondo me questa storia si sta trasformando in una partita di calcio. “ Buonasera signori e bentornati alla nostra AngelLeague, io sono Chuck il conduttore, e questo è il mio collega Lucifero… Ed entra in campo la formazione 4-4-1 della squadra Sabriel, mentre la Destiel attende già l’avversario in campo… al momento è goal per la Destiel, perciò palla al centro, ma la cosa forse è cambiata di nuovo. Che cosa dice il tuo ego lunatico-pazzo-confuso-bipolare? XD io dico che sei un genio, i tuoi commenti fanno sempre morire dal ridere! E no, non sto rotolando per tutta casa perché Gabriel ha riempito l’aria di gas esilaranti… calcolando però che anche Sindragon sta abbaiando da mezz’ora contro un orologio a pendolo mi vien da pensare che quel grande str…strano dell’arcangelo abbia usato qualcosa di più che gas esilaranti. Tsk, si sente solo un grande per aver creato un campo da golf angelico scavando buchi tra le nuvole neanche fossero groviere e adesso si sente in diritto di fare di tutto! Non lo sopporto più! Ohohohohohho in ogni caso grazie come al solito e spero come sempre di sapere cosa ne pensi, anche perché aspetto sempre i tuoi simpaticissimi commenti! A presto!
white arms: eh, Samael è un cretino, ormai l’hanno appurato tutti, ma Dean per primo avrà moooooooolto da fare per riuscire a impedirgli di mettere le zampe su Cass. Confermo, occhioni blu attira amore più di un coniglietto di cioccolato Lindt dopo un lungo periodo di dieta, ed è tutto dire! E comunque sì, il Destiel è… aaaaaaaawwwwww!!! Cioè, il nostro bel cacciatore e il nostro innocente angioletto che si spupazzano sono da… da… da prendere a morsi! Cioè, te li immagini tutti e due stesi sul letto abbracciati e avvolti da una gigantesca ala argentata? Pensa che questa cosa l’ho sognata stanotte e aggiungi che quando è suonata la sveglia ho distrutto un cellulare… vallo a spiegare a tua madre perché c’è lo stampo di un telefonino nel muro… comunque davvero non so come ringraziarti, la tua recensione è stata del tutto inaspettata, non mi aspetto mai nuovi commentatori e ogni volta è una gioia immensa! Perciò ti ringrazio e spero di leggere presto altri commenti bellissimi come questo! Un bacio e grazie!
Fallen angel 4 Love: grazie a te per la bellissima recensione! Non me l’aspettavo proprio e sono rimasta felicissima quando l’ho letta! Eh, Dean ha ancora molto da svelare e molto presto si chiarirà questa faccenda delle ali e dell’intera storia. C’è ancora una battaglia da combattere prima che giunga la pace, ammesso che arrivi, per come sono sfigati i nostri eroi XD o meglio, per come sono cattiva io! Ahahahahah grazie ancora per i complimenti e per il magnifico commento, spero di leggere presto altri commenti da parte tua per sapere cosa ne pensi! Un bacio e un abbraccio virtuali, a presto!
Tomi Dark Angel

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Capitolo 17
*** Il Perdono Di Un Angelo, L'Insegnamento Di Un Uomo ***


Dean si rigirò tra le mani il banale, piccolo calice di pietra coi bordi rivestiti da piccole decorazioni in volute e arabeschi sinuosi come serpi attorcigliate. A guardarlo non si sarebbe mai detto che quell’insignificante oggettino rappresentasse in realtà una celestiale arma atomica in procinto di esplodere per sbilanciare le sorti di una guerra in Paradiso.
Era assurdo, era incredibile. Era stupido.
-Quindi questa sputacchiera sarebbe il Sacro Graal? Ma volete scherzare?- chiese Dean per quella che parve l’ennesima volta, guardando allibito i tre angeli disposti nel salotto.
Gabriel sedeva per terra a gambe incrociate e appoggiava la schiena contro le gambe di Sam accomodato sul divano mentre Balthazar aveva incrociato le caviglie e adagiato il busto contro il muro, le braccia conserte e gli occhi da falco che saettavano più volte verso la finestra. Castiel sedeva sul bracciolo del divano dove si trovavano anche Dean e Bobby e ai suoi piedi ronfava placidamente la grossa figura di Sindragon.
-Fratello, ricordami perché non posso picchiarlo.- disse stizzito Balthazar a Castiel, ma fu Gabriel a rispondere.
-Perché poi Castiel ti farebbe il culo, dolcezza.-
-E se provassi ad ammazzare capra e cavolo sarebbe sssss… bagliato?-
-Fino a prova contraria, Gordon Ramsay, perciò sappiate che se scoppia qualche rissa me ne lavo le mani: fatevi a pezzi e poi mi fate sapere chi ha vinto.-
Gabriel rovesciò il capo all’indietro per guardare Sam con uno sguardo malizioso che fece arrossire il cacciatore e colpirgli il sedere con un piccolo calcio di ammonimento.
-Quindi questo… affare era dentro di me? Quando ce l’hai messo?- chiese Dean a Castiel con fare inquisitorio.
-Dopo l’attacco di quel licantropo, quello ucciso da Sindragon. Ricordi quando svenisti e io ti curai mentre eri ancora privo di coscienza? Fu allora che inserii il Graal nel tuo petto…-
-E COSA ASPETTAVI A DIRMELO?!-
Dean scattò in piedi così improvvisamente che Bobby sobbalzò e Sindragon aprì un occhio, emettendo un ringhio di rimprovero misto a fastidio. Sam non ebbe motivo di spaventarsi: aveva atteso l’esplosione da quando Dean era venuto a bussare alla porta del bagno con un calice in mano e un’espressione a metà tra il confuso e il frustrato. Non poteva che essere d’accordo con lui per la sfuriata, dopotutto, ma non poteva neanche prendersela con Castiel per qualcosa che non lo riguardasse in stretta misura.
Non si sentiva in grado di giudicare l’angelo, anche perché aveva salvato suo fratello molteplici volte, e tanto bastava per tenere a bada qualsivoglia commento da parte di Sam. L’unica cosa di cui si preoccupava adesso il più giovane dei Winchester era…
-Non ti è mai passato per la testa che avrei voluto saperlo? Non hai mai pensato che non sono un cazzo di oggetto da manipolare con le tue angeliche mani, eh?! Mi sono fidato di te e tu agivi alle mie spalle, mi restavi accanto solo per proteggere il Graal! Probabilmente se non avessi avuto questo calice schifoso all’interno del mio corpo non mi avresti nemmeno protetto dal crollo di questa fottutissima casa! Non te ne fotte un cazzo di me, vuoi solo vincere questa maledetta guerra!-
………………
Ecco, appunto.
Le parole di Dean rimbombarono nel silenzio tombale del salotto. Nessuno reagiva e tutti a stento respiravano.
Dean e Castiel si fissarono, il primo con rabbia e il secondo con calma forzata. Gli occhi blu dell’angelo si stavano lentamente inondando di dolore, la bocca si aprì senza che ne uscisse alcun suono.
Sotto gli occhi attoniti di tutti, Dean scagliò il calice per terra con tanta violenza che Sam e Bobby temettero di vederlo andare in pezzi, cosa che non accadde. Il Graal urtò il pavimento, scheggiandolo, e rotolò fino a urtare il muro, generando un suono che nel silenzio della stanza equivalse al grido roboante di mille arpie.
Allora Castiel distolse lo sguardo da Dean e con una lentezza estenuante raggiunse il calice e lo sollevò da terra, dando loro le spalle. Tornò da Dean e, posatagli una mano sulla guancia accostò il viso al suo, guardandolo con così tanto amore che il ragazzo si sentì uno stupido, un debole davanti alla forza di quel sentimento espresso semplicemente attraverso gli occhi.
-Mi dispiace, Dean. Scusami.- disse semplicemente Castiel, allungandosi per posare un dolce bacio sulla fronte dell’altro, che automaticamente chiuse gli occhi e si abbandonò con un sospiro a quel contatto.
-Il calice è tuo adesso.-
Castiel gli infilò il Graal tra le mani mentre il cervello di Dean e dei presenti elaborava lentamente il significato di quel gesto.
-Samael vuole me, ha agito perché non ho saputo perdonarlo. Rimedierò ai miei errori, te lo prometto.-
Accadde tutto in pochi istanti: Sindragon si catapultò fuori dalla stanza con un guizzo della coda, Gabriel balzò in piedi e Balthazar si allontanò con una spinta dal muro al quale era rimasto appoggiato fino ad allora.
-NO!!!-
Entrambi scattarono verso Castiel proprio mentre questi spalancava le ali così bruscamente che le cicatrici sulla schiena del suo tramite si riaprirono con uno schizzo di sangue. Le piume si infissero nei muri, insinuandosi ai lati delle gole degli altri due angeli e dei cacciatori, Dean compreso, per inchiodarli ai muri. Polsi e caviglie furono immobilizzati da una miriade di coltelli argentati che si rivoltavano contro di loro all’improvviso, come un cane bastonato che morde infine la mano del padrone.
-CASS, CHE CAZZO STAI FACENDO?!- urlò Dean mentre Sam annaspava e Gabriel cercava inutilmente di snudare le ali. Inchiodato al muro da una presa tanto stretta quanto micidiale, Gabriel capì che lo spessore delle sue appendici alate contro il muro avrebbe spinto in avanti il suo corpo e la sua gola, dritti sulle piume atroci del fratello. In pratica, manifestando le ali, Gabriel si sarebbe decapitato da solo, e lo stesso valeva per Balthazar.
-È un mio errore, Dean. Dovrò occuparmene da solo, non lascerò che Samael vi faccia ancora del male. Non… non posso rischiare di perderti.- esalò Castiel, incapace di guardarlo.
-Possiamo farlo insieme, possiamo combatterlo, Cass! Non sei solo, dannazione!-
-Lo so.- Castiel tremò. –Ed è proprio per questo che non posso lasciarti andare. Siete tutto quello che ho, siete la mia famiglia. Non ho bisogno di Dio se posso avervi accanto, semplicemente perché insieme a voi il paradiso è già qui, nel mio cuore. Grazie a voi ho imparato a vivere, ad amare, e non avrei potuto chiedervi di più. Grazie a voi… ora posso affrontarlo. I miei ricordi, i miei incubi, la pesantezza delle mie ali… adesso posso volare, e questo perché ci sei tu, Dean.-
Finalmente Castiel lo guardò e con grande sorpresa dei presenti, un sorriso ampio e sereno gli rischiarò il viso e gli occhi in un’espressione rilassata e… felice.
 -Ti amo, Dean.-
Un sussurro, niente di più. Due parole mormorate al vento, o forse semplicemente all’unico destinatario che ne meritava le implicazioni. Dean sentì il cuore dilatarsi, battere più forte mentre un turbinio di emozioni lo aggrediva.
L’aveva insultato.
L’aveva allontanato.
Aveva anche tentato di ucciderlo, la prima volta che si erano incontrati.
Ne aveva combinate di tutti i colori, ma Castiel era ancora lì con lui. Non l’aveva mai abbandonato, aveva sopportato e osservato con occhi innamorati prima ancora che lui se ne rendesse conto.
Ancora una volta, mentre il suo viso si rifletteva negli occhi di giada di Dean, l’angelo sorrise di un sorriso innamorato e sparì, portandosi dietro un pezzo del cuore che Dean sentì lacerarsi nel petto.
§§§§
Castiel camminò adagio nella navata centrale della chiesa sconsacrata che aveva raggiunto seguendo la flebile traccia che si era lasciato Samael alle spalle. Una scia spirituale, un sottile rilascio di Grazia che Castiel aveva seguito per secoli prima di capire che quella traccia era sempre stata la sua beffa, il suo guinzaglio di cane fedele e inutilmente innamorato.
L’angelo aveva le mani intrecciate dietro la schiena, l’aria impassibile di chi accetta il suo destino e non ha volontà di negarlo. Si guardò intorno, mentre l’eco dei suoi stessi passi rimbalzava contro le inquietanti statue di santi e angeli in preghiera.
Era tutta lì, la sua storia. Era un angelo, aveva pregato, e infine Dio l’aveva esaudito, inviandogli le risposte che cercava attraverso gli occhi di smeraldo di un semplice cacciatore. Forse era vero che Dio opera in maniera del tutto misteriosa ma efficace.
Gli occhi di Castiel vagliarono l’intera chiesa, scrutando ogni angolo delle tre navate finché non incontrarono il piccolo corpo di Mary, legato a una delle colonne antecedenti l’abside centrale. La bambina aveva i polsi imprigionati da catene che si avvolgevano intorno all’intero fusto della colonna, costringendola a tenere le braccia allargate come in una crocifissione.
-C… astiel…- mormorò lei terrorizzata, guardandolo con due grandi occhi azzurri. Cercò di parlare ancora, ma aveva ricominciato a parlare da troppo poco e le corde vocali non funzionavano a dovere.
Castiel la raggiunse di corsa, le immense ali argentate che rilanciavano mille splendidi riflessi cangianti contro le pareti buie. La sua Grazia fece risplendere il suo corpo e ogni singola piuma, rischiarando l’ambiente per tranquillizzare la bambina.
-Sono qui.- disse semplicemente, ricordando poi di aver pronunciato le stesse parole che Dean gli aveva rivolto tempo addietro per tranquillizzarlo mentre erano intrappolati sulla fiancata del Sinai.
Castiel toccò una delle catene e il ferro si sgretolò all’istante, liberando uno dei polsi di Mary. Sfiorò anche l’altra e finalmente la bambina fu libera di accasciarsi terrorizzata lungo la colonna. Si aggrappò al trench malandato dell’angelo e vi affondò il viso, scoppiando in un pianto dirotto.
Automaticamente, rispondendo all’istinto umano di Jimmy Novak, Castiel si inginocchiò e la strinse a sé in un abbraccio gentile, paterno, che sapeva di protezione e finalmente di tranquillità.
Prima di allora, pur avendo già visto le ali di Castiel e Gabriel, Mary non aveva mai creduto veramente agli angeli. Non poteva esistere una creatura veramente buona al  mondo se Dio aveva permesso che quel demone prendesse possesso di sua madre e provasse a consegnarla a un suo complice. Lei era scappata, ma anche dopo il salvataggio da parte di Sam, aveva semplicemente smesso di credere nel bene.
Adesso però, mentre quel buffo uomo dai bellissimi occhi blu se la stringeva al petto con fare protettivo, Mary si sentì bene e speranzosa nel nuovo giorno. Credette negli angeli, credette in Dio, credette nella giustizia.
All’improvviso però, Castiel allentò la presa e accostò le labbra al suo orecchio. Mary avvampò quando avvertì il fiato caldo dell’angelo sulla pelle.
-Corri.- mormorò Castiel, lasciandola libera. –Corri, esci di qui!-
Se la spinse alle spalle, spalancando le quattro ali, così grosse da ricoprire in lunghezza l’intera navata centrale. Tese un braccio e afferrò al volo la spada angelica scagliata verso il suo petto, ruotò su se stesso e la scagliò nuovamente al mittente con tanta forza che questi fu costretto a spostarsi anziché provare a fermarla.
-VAI!!!-
Mary scattò verso l’uscita, correndo dietro l’indistruttibile barriera di ali argentate che si spiegava a sua difesa per coprire l’intero tragitto.
All’improvviso qualcosa apparve alle spalle di Castiel, che fece appena in tempo a girarsi per afferrare il polso di Samael e bloccare il pugno che questi aveva diretto al suo costato. Spezzò il polso al tramite dell’angelo, che non fece una piega e scivolò di lato prevedendo il calcio che Samael sfogò improvvisamente verso l’alto, dirigendolo inutilmente al viso di Castiel.
L’angelo dagli occhi blu indietreggiò di un passo, piegò appena il busto e concentrò parte della sua energia nelle mani. Affondò un palmo nello stomaco di Samael, scatenando un’esplosione di ghiaccio direttamente contro il fulcro della sua Grazia.
L’angelo gridò con la sua vera voce, facendo andare in pezzi le vetrate sgangherate della chiesa, che caddero al suolo con un tintinnare acuto. Castiel aggiunse anche l’altra mano alla prima e una nuova esplosione scagliò il corpo di Samael contro una delle colonne massicce, ma non abbastanza da impedirsi di andare in pezzi quando il corpo dell’uomo la colpì con violenza, spaccandola in mille pezzi.
Samael crollò a terra snudando automaticamente le ali in un atto di difesa, pronto a un nuovo attacco, ma non fu necessario proteggersi: le scarpe lucide di Castiel entrarono nel suo campo visivo. Samael lo vide piegarsi sulle ginocchia e a sorpresa… tendergli una mano.
Samael alzò gli occhi stupefatto e incontrò finalmente il sorriso amichevole di Castiel, i cui occhi splendevano di una luce nuova, una luce che Samael aveva cercato per anni ma che non aveva mai trovato prima di allora, non in lui. La luce del perdono.
-Alzati, fratello. Non meriti di stare nel fango.- disse Castiel, accennando alla mano che gli tendeva.
Senza pensare, senza preoccuparsi di tutto il resto, Samael la afferrò e Castiel lo trasse in piedi con uno strattone, alzandosi anche lui.
-Che… significa?- mormorò Samael, tremando violentemente di freddo per il tocco ghiacciato rifilatogli da Castiel durante il combattimento. Infilò le mani sotto le ascelle, pur sapendo che tuttavia il suo gelo era all’interno, e che sarebbe perdurato per un bel po’.
Castiel si sfilò il trench, restando in camicia e cravatta e gli appoggiò il capo di abbigliamento sulle spalle, aiutato da Samael che abbassò le ali per agevolargli la manovra. Subito il profumo di Castiel gli investì le narici, facendolo inspirare a fondo.
-Significa che ho sbagliato, Samael. Significa che avrei dovuto perdonarti tempo fa e accettare ciò che è stato. Nostro Padre ci ha generati nella misericordia e ci ha insegnato a dimenticare non come soldati, ma come uomini. Adesso capisco, adesso so che lui non ha mai desiderato che fossimo dei guerrieri. Ci ha insegnato la pace e per questo sono venuto. Non solo per la bambina, ma anche per chiederti di perdonare il mio comportamento e di accettare quantomeno la mia amicizia. Non sei un nemico, questo avrei dovuto capirlo prima: per quanti torti tu possa avermi inflitto, rimani mio fratello e meriti il perdono come lo meriterebbe chiunque.-
Samael restò impietrito. Non avrebbe mai immaginato che Castiel l’avrebbe perdonato. Ormai aveva perso le speranze e per questo si era abbassato a rapire una bambina. Aveva tentato di uccidere Dean e Sam Winchester, aveva fatto del male a Mary e allo stesso Castiel, ma lui era lì e lo aveva rialzato da terra, rivolgendogli la gentilezza che avrebbe meritato il più caro dei fratelli in difficoltà.
Gli occhi eterocromi di Samael si riempirono improvvisamente di lacrime commosse e se l’angelo non fosse stato troppo orgoglioso, avrebbe singhiozzato forte. Per questo si limitò semplicemente a stringersi addosso il trench dell’altro, chiudendo gli occhi in un’espressione di ritrovata beatitudine. Alcune lacrime scivolarono lungo le sue guance, ma Samael le lasciò scorrere mentre un tenue sorriso prendeva possesso delle sue labbra.
Aveva cercato la redenzione e infine l’aveva trovata. Era finita, andava tutto bene.
Uno spostamento d’aria li distrasse, rompendo l’idillio del momento.
-CASTIEL, ATTENTO!!!-
Prima che potessero reagire, qualcosa di argentato attraversò in volo la navata centrale della chiesa e si conficcò a fondo nella spalla di Castiel, facendolo gridare con la sua vera voce. Provò a sbattere le ali, ma altre sei appendici alate sbucarono dal nulla, irradiando tutto intorno un arcobaleno di piume azzurrine, molto più scure e sporche di quelle di Balthazar.
Le penne si conficcarono a fondo nelle ali di Castiel, inchiodandole per terra, facendolo gridare più forte e cadere al suolo. Si dibatté davanti agli occhi terrorizzati di Samael, artigliando il pavimento e serrando forte le palpebre in preda a un dolore mai provato.
-Ottimo lavoro, Samael.- disse Raphael, entrando nella chiesa avvolto dall’immensa aureola di piume. Le ali, troppo grandi per essere contenute dall’immensa chiesa, erano ripiegate verso il basso e incidevano il pavimento ad ogni passo, stridendo forte al contatto con la pietra. Si fermò davanti al corpo fremente di Castiel.
-Avevi detto che non gli avresti fatto del male!- urlò Samael, lasciando cadere il trench ai suoi piedi, le ali vibranti di rabbia. Samael lo guardò con sufficienza.
-Ho mentito, è così difficile da capire? Fosse stato per me avrei fatto a pezzi anche la bambina, ma grazie alla tua incompetenza è scappata.-
No, Mary non era scappata. La sua piccola testa fece capolino dal portone d’entrata e i suoi grandi occhi di bambina si posarono sulla figura prostrata di Castiel. Lo vide sputare sangue e sentì il suo gemito, un suono talmente straziante da riempirle gli occhi di lacrime.
All’improvviso Samael guardò alle spalle di Raphael e la vide, nascosta leggermente dietro lo stipite del portone. Incrociò i suoi occhi colmi di terrore e appena Raphael tornò a fissare con odio un Castiel svenuto dal troppo dolore, le fece segno di scappare, di avvertire gli altri. Non avrebbe permesso che il motivo del sacrificio di Castiel andasse perduto.
Mary indietreggiò, poi si voltò e sparì alla vista con uno svolazzo dei capelli dorati.
§§§§
Dean tossì, premendosi una mano sulla gola con fare affannato. Sentiva ancora la ferrea presa delle piume di Castiel intorno al collo, il loro filo gelido di coltello, la loro implacabile micidialità.
Non poteva credere che Cass l’avesse minacciato in quel modo, non poteva credere che quello stupido angelo lo avesse abbandonato. Adesso che lui non c’era più sentiva un profondo senso di vuoto all’altezza del petto, come se qualcuno gli avesse afferrato il cuore e lo stesse frantumando pezzo dopo pezzo. Il solo pensiero di non rivedere più quegli occhi blu cobalto, di non poterlo toccare, di non potersi aggrappare al trench logoro che tuttavia sapeva di casa lo uccideva.
Dean ansimò, colto da un improvviso senso di vertigine. L’impronta sul suo braccio bruciò, ma il ragazzo non ebbe nemmeno la forza di gemere. Voleva Castiel, voleva stringerlo a sé e rimproverarlo per aver anche solo pensato di allontanarsi da lui. Lo voleva, ma nessuno avrebbe potuto restituirglielo: era tutto perduto e lui senza il suo angelo si sentiva a pezzi.
Due braccia forti lo afferrarono per le ascelle e strattonarono per trarlo in piedi. Dean barcollò, ma riuscì ad appoggiarsi a Bobby e Sam prima di cadere. Ansimava forte, come in preda a un attacco asmatico.
-Coraggio ragazzo, lo ritroveremo.- disse Bobby, dandogli una rude pacca sulla spalla. Dean non rispose, troppo distrutto per parlare.
-Ehi, Dean. Guardami.- disse Sam, ma vedendo che il fratello non rispondeva al comando gli appoggiò una mano sul volto e lo costrinse a voltarsi. Dean incrociò stancamente i suoi occhi chiari, il riflesso del bambino che aveva accudito e che ormai era diventato un uomo deciso, intelligente e fiero delle sue decisioni. –Lo ritroveremo, hai capito? Abbiamo affrontato l’apocalisse, Lucifero e tutte quelle schifezze lì e ne siamo usciti vincitori. Mi hai salvato dalle fiamme, dai fantasmi e da qualsiasi altra cosa abbia mai tentato di farmi del male. Abbiamo lottato fianco a fianco e abbiamo imparato che è giusto lottare fino alla fine, anche quando la situazione sembra disperata. Combatteremo anche stavolta, e lo faremo insieme. Vuoi dimostrare a Castiel la vera forza dell’unione? Va bene, ma comincia col ricordare che non sei solo.-
Dean incrociò lo sguardo deciso del fratello e sentì la sua stretta farsi salda, come se Sam fosse pronto a impedirgli nuovamente di cadere. L’aveva sempre fatto, in passato come nel presente e anche stavolta non sarebbe venuto meno alla sua decisione di accompagnarlo.
I due fratelli erano cresciuti insieme e avevano sempre scelto la famiglia, qualunque cosa accadesse. Si erano sostenuti a vicenda e nonostante le mille prove che gli era toccato affrontare, non avevano mai mancato di rialzarsi dal fango, appoggiandosi l’uno all’altro. Così era stato, così era.
Sam aveva ragione.
-IDIOTA!!!-
Bobby gli tirò uno scappellotto talmente forte che Dean incespicò e rischiò nuovamente di cadere.
-Ahia! E che cazzo, Bobby!- si arrabbiò lui, ma il vecchio cacciatore gli strinse forte una spalla, costringendolo a guardarlo in faccia.
-Pensavi davvero che ti abbandonassimo? Dio, quanto sei coglione. Gli idioti come te hanno ancora bisogno del pannolone, e indovina un po’ a chi tocca l’ingrato compito di accudirvi?! Mi dispiace, Fast and Furious, ma lì da solo non ci vai.-
Dean boccheggiò, stupito da quelle parole. Se non fosse stato troppo orgoglioso, probabilmente avrebbe abbracciato forte Bobby e lo avrebbe ringraziato. Perché gli era sempre stato vicino, perché era il padre che gli era sempre mancato. John per lui era sempre stato un sergente, niente di più, ma Bobby… Bobby gli aveva insegnato che quando non hai armi a disposizione o quelle non bastano per combattere il male, ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarti e ad essere la tua arma.
Una mano tanto rude quanto gentile gli scompigliò i capelli e Gabriel comparve al suo fianco, succhiando allegramente un lecca lecca tirato fuori da chissà dove.
-Non sei solo, dolcezza. Te l’ho detto, sono solito accudire i miei cuccioli, perciò non posso certo lasciare che vi facciate la bua.- gongolò, facendogli l’occhiolino e allontanandosi prima che Dean lo centrasse col pugno fintamente violento che aveva mirato al suo fianco.
-Reggi le sorti di mio fratello, piccoletto.- disse allora Balthazar, fronteggiandolo.
-A quanto pare sì, gallinaceo.-
I due si guardarono con astio in uno scontro di sguardi che valeva mille parole. Dean vide riflesso negli occhi azzurri dell’angelo la preoccupazione che provava per la sorte di suo fratello, il piccolo Castiel, il giovane angelo che aveva sempre accudito, seppur da lontano. Alla fine però, Balthazar si lasciò sfuggire un sospiro e scosse il capo con fare teatrale.
-Non capirò mai cosa ci trovi in te, sai? Vorrei poter dire che ti detesto ma…- Balthazar tornò a incrociare lo sguardo di Dean con tale emozione che il ragazzo si stupì. L’antichità di quello sguardo era così umana, così… fragile. -…la verità è che tu sei riuscito laddove io fallii. Non fui mai abbastanza forte da restargli accanto né riuscii ad aiutarlo come meritava. Lo lasciai solo, e questo non me lo sono mai perdonato. Tuttavia… adesso Castiel è diverso. L’ho visto rinascere grazie a te, Dean Winchester, e forse per questo non ti ringrazierò mai abbastanza.-
Dean si limitò ad annuire, scosso da quelle parole. Balthazar non gli piaceva granché, ma adesso che lo guardava con occhi diversi, sollevati dal velo dell’antipatia e dell’odio, non poteva negare di vederlo sotto una luce diversa. Dopotutto, quel pennuto dalla storica arroganza non era poi così male.
-Be’, che aspettiamo? Abbiamo un cucciolo da recuperare!- esclamò Gabriel, allegro. Le sue ali sfavillarono con l’intensità di un piccolo sole.
-Nel caso non te ne fossi accorto, Pongo, non sappiamo dove sia andato quell’idiota di Castiel.- ribatté Bobby.
-Noi no, ma lui sì.- intervenne Balthazar, indicando Sindragon. Il cane scodinzolò e si lasciò sfuggire un guaito eccitato che evidenziava un certo entusiasmo.
-Aspetta un momento, come fa a saperlo?- chiese Sam, confuso.
-Behemah Aqedà, micetto. Pensi davvero che il legame che passa tra un Behemah e il suo angelo sia una cosetta da niente? Oh, no, cherì! Questo è amoooooore!!!- cantilenò, abbracciando il collo di Sindragon con fare teatrale e strusciando una guancia contro la testa del cane come farebbe un gattino. –Oh, Jack*, ti amo!!!-
Balthazar afferrò Gabriel per il colletto e lo tirò in piedi con un violento strattone.
-Piantala, arcangelo depravato! Non pensavo fossi arrivato alla zoofilia!-
-Al cuor non si comanda, mio dolce pan di spagna…-
-Al culo nemmeno, a quanto pare. In questo caso ci rimetterebbe Sindragon, perciò vedi di non traumatizzarlo, perché ci serve sano di mente, per quanto possa esserlo il Behemah di quello spostato di Castiel!-
Sindragon abbaiò offeso e Sam si coprì la bocca con una mano per non ridere davanti al teatrino allestito dai due angeli. Alla fine Gabriel sospirò e guardò il cane, che ricambiò l’occhiata con circospezione.
Intanto Balthazar aveva afferrato il Graal e l’aveva… be’, fatto semplicemente sparire nel nulla, dissolvendolo.
-Non attenterò al tuo fondoschiena, dolcezza, ma tu dicci dove è finito quel deficiente di mio fratello.- disse infine Gabriel, ancora alle prese col cane. Sindragon abbaiò e si impennò sulle zampe posteriori per appoggiare una zampa sulla spalla di Gabriel. L’arcangelo chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro quella dell’enorme mastino.
-Sam.- chiamò allora Gabriel, e come in risposta a un comando silenzioso Sam fece scivolare la mano in quella di Gabriel, che la strinse come se non volesse lasciarlo mai più. Quella stretta infuse coraggio a entrambi, ricordando loro che l’altro ci sarebbe stato, nel bene e nel male, qualunque cosa fosse accaduta da lì in avanti. Il campanellino appeso al collo del cacciatore tintinnò.
Balthazar appoggiò una mano sulla spalla libera di Gabriel, subito imitato da Bobby e Dean.
-Andiamo a riprenderci nostro fratello e quella piccola mocciosa.-
Uno strattone, un senso di vuoto allo stomaco e in pochi istanti il gruppetto riaprì gli occhi su un giardino malandato che una volta doveva essere stato molto bello. Dean vide che per terra erano sparsi pezzi di marmo spaccato dall’edera e dalla natura che reclamava il suo possesso sull’operato dell’uomo. Poco più in là c’era un’inferriata malconcia e arrugginita che cingeva l’intero giardino come una collana trasandata fino a chiudersi in un cancello scrostato.
Al centro del giardino e irta in tutta la sua antica potenza, c’era quella che doveva essere una chiesa sconsacrata: il corpo centrale era stretto e allungato, diviso in tre piani da piccoli archetti gotici che si svolgevano in tre ampie fasce. Le vetrate erano spaccate, e i pezzi di vetro colorati erano sparsi nell’erba, fino ai piedi dei poveri resti di un porticato ormai caduto a pezzi per l’usura del tempo e della pioggia. Più in alto vi era ciò che restava delle guglie, ormai spezzate come fiammiferi usati, e del rosone frantumato.
Era un posto tranquillo, seppur avvolto dall’oscurità della notte, ma se non fosse stato per la fioca luce emanata dalle ali di Gabriel e Balthazar, Dean si sarebbe sentito molto inquieto. Vedeva i piccoli frammenti di vetro luccicare tra l’erba e ombre sinistre strisciare tra gli alberi che circondavano l’inferriata.
Cass era davvero lì?
Un rumore li distrasse. Qualcosa si mosse tra i cespugli, facendoli voltare unanimemente verso la fonte del suono. Dean estrasse la pistola dalla tasca dei pantaloni e Sam e Bobby strinsero le dita intorno ai manici dei pugnali. Gabriel e Balthazar mossero appena le ali, inquieti, ma Sindragon non fece una piega.
Un nuovo movimento, un nuovo segnale d’allarme. Allora Dean levò la pistola e la puntò verso il cespuglio più vicino, pronto a sparare quando Sindragon spiccò un balzo e gli strappò l’arma di mano, sfiorandogli le dita con i canini micidiali. Dean trattenne un’imprecazione giusto per non rischiare di essere scoperto dagli altri angeli, ma nello stesso istante qualcosa sbucò dai cespugli e corse verso di loro.
-Ma che… aspettate un attimo!- disse Gabriel, illuminando un altro po’ il giardino giusto in tempo per vedere la piccola Mary balzare addosso a Dean e stringerlo in un abbraccio spaventato. Il cacciatore per poco non perse l’equilibrio, ma dopo un momento di imbarazzo si sciolse e anche lui avvolse il piccolo corpo della bambina con le braccia. Lei singhiozzò.
-Mocciosa, stai bene?- chiese allora Bobby, sollevato. Mary si separò appena da Dean per guardarlo con un grande occhio azzurro e annuì piano, ma il suo silenzio non presagiva nulla di buono: Dean sentiva il suo corpo tremare e le mani aggrapparsi convulsamente ai suoi vestiti, come se avesse paura di lasciarlo. Fu allora che anche lui cominciò a sentirsi inquieto.
-Mocciosa, dov’è Castiel?- chiese lentamente, spaventato dalla possibile risposta che avrebbe potuto ricevere.
Finalmente Mary smise di piangere e lo fissò con occhi spalancati dal terrore, occhi che avevano visto cose che una bambina non avrebbe mai dovuto vedere. Aprì e chiuse la bocca più volte, cercando di richiamare a sé l’utilizzo delle corde vocali.
-L…l’hanno… preso. Gli sta… stanno facendo del… male.-
Dean sbiancò, ma mantenne la calma… per così dire. Con gesti lenti staccò le braccia di Mary dal suo corpo e si voltò verso la chiesa, dalla quale ora che ascoltava meglio, provenivano bassi lamenti che lui riconobbe. Il sangue gli andò al cervello, che smise scientemente di funzionare.
Dean spiccò una corsa verso l’entrata, ma Sam lo placcò, spingendolo contro il muro e tappandogli la bocca con una mano. Da dentro la chiesa, le urla accrebbero e Dean si dimenò forte, reagendo al bruciore che avvertiva all’altezza del petto: Castiel urlava, e lui non poteva fare niente per aiutarlo.
-Così non risolverai niente, dannazione!- si stizzì Sam, ringhiando a bassa voce. Bobby lo aiutò ad immobilizzare Dean mentre Gabriel si guardava intorno.
-Dove è finito Balthazar?- chiese, ma nessuno lo ascoltò.
I tre cacciatori si affacciarono appena da dietro lo stipite della porta e ciò che videro li lasciò impietriti.
Catene. C’erano catene ovunque. Sbucavano dai muri, dal pavimento, e si arpionavano al corpo e alle ali martoriate di Castiel, sospeso a mezz’aria con le braccia spalancate e i piedi uniti in una crocifissione senza chiodi nella carne, ma uncini, come quelli che c’erano all’inferno.
Le ali erano completamente penetrate da arpioni giganteschi, massicci, che le bucavano da parte a parte con violenza, facendole sanguinare e afflosciare, ormai prive di lucentezza. Il corpo, coperto solo dai pantaloni di seta era martoriato, alcuni brani di carne fatti a pezzi e il capo chino nascondeva il viso nell’ombra.
Raphael era lì e tirava con forza una delle catene che arpionava una delle quattro ali di Castiel. L’angelo ormai non aveva neanche più la forza di gridare, perciò si limitava ad emettere un basso lamento straziato che strinse il cuore di Dean in una morsa dolorosa.
-AVEVI DETTO CHE NON GLI AVRESTI FATTO DEL MALE!!! AVEVI DETTO CHE SAREBBE STATO AL SICURO!!!- urlò una voce disperata.
Samael era incatenato a una colonna, trattenuto dalle stesse catene che costringevano Castiel alla tortura: si avvitavano intorno ai polsi dell’angelo e gli chiudevano le ali sulla schiena, tanto grosse da generare parete di piume alle sue spalle, tanto alta da raggiungere quasi il capitello della colonna. Al suo fianco, in piedi e con le mani giunte dietro la schiena c’erano altri tre angeli, due uomini e una donna.
-Merda…- imprecò Gabriel, guardandoli.
-Che c’è?- chiese Sam, allarmato dal linguaggio improvvisamente colorito dell’arcangelo.
-Uno di loro è un arcangelo… non credevo che Haniel** fosse passato nelle mani di quell’arrogante cazzone di Raphael.-
Bobby imprecò a mezza voce, ma Dean non aveva ascoltato minimamente la conversazione. I suoi occhi erano fissi sul corpo straziato di Castiel, sulla sua figura spezzata, distrutta e quasi fatta a pezzi.
Il suo angelo, il suo… amore. Distrutto.
Fu allora che Dean gettò all’aria ogni precauzione e, scansato Sam con una spallata, oltrepassò la soglia con un balzo e si lanciò di corsa lungo la navata.
-Lo sapevo…- sospirò Sam, uscendo allo scoperto con al seguito Bobby, che prima però si preoccupò di spingere la bambina fuori dalla chiesa.
-RAPHAEL!!!- ruggì Dean, sparando un paio di colpi verso la figura di spalle dell’arcangelo. I proiettili esplosero contro il suo corpo, lo trapassarono, ma Raphael si voltò appena a guardarlo e schioccò le dita.
All’istante una forza invisibile li schiantò tutti contro il muro, con tanta forza da farli annaspare.
-Ma tu guarda che sorpresa… i fratelli Winchester e la loro inseparabile mascot, Bobby Singer.- disse Raphael, lasciando cadere la catena con la quale stava martoriando Castiel per avvicinarsi al più grande dei Winchester. –Sai, stavo giusto chiedendo al tuo… ah, amico… dove avesse nascosto il Sacro Graal, ma non è molto collaborativo. Castiel non lo è stato mai.-
Per tutta risposta, Dean sputò ai suoi piedi.
-Farai meglio ad ammazzarmi, figlio di puttana, perché ti giuro che quanto è vero Iddio, ti cercherò… e ti farò a pezzi lentamente… e brucerò i resti.- sibilò, gli occhi ridotti a fessure di puro odio.
Raphael sorrise e scosse il capo. –Non ce ne sarà bisogno. Se hai tanta voglia di vedere qualcuno a pezzi…-
Raphael afferrò una delle catene che arpionavano un’ala di Castiel e tirò forte. Si udì uno strappo cristallino, come di vetro che va in frantumi e allora Castiel sbarrò gli occhi blu e, rialzato il capo con uno scatto nevrotico, esplose nell’aria un grido lacerante, limpido con la sua voce angelica che tuttavia ebbe la forza di far tremare la terra dalle fondamenta.
-CASS!!! LASCIALO STARE, FIGLIO DI PUTTANA!!!- gridò Dean, ignorando i timpani che cominciavano a sanguinare copiosamente. Si agitò, spingendo il peso di tutto il corpo contro la forza invisibile che lo tratteneva. –CASTIEEEEEL!!!-
Fu un attimo, un momento di impasse silenziosa. Il tempo parve fermarsi, cristallizzato.
Castiel sollevò lentamente il capo e incrociò gli occhi umidi di Dean. Sorrise debolmente, sfinito ma felice di vederlo lì, di saperlo al suo fianco anche allora, nel momento della fine.
Una lacrima scivolò lenta lungo la guancia di Dean, ripulendo il verde dei suoi occhi di tutte le malvagità che stava guardando. Il cacciatore sentì qualcosa che gli sfiorava il petto all’altezza del cuore e gli parve di vedere qualcosa, un’ombra silenziosa che accostava un viso fatto d’aria incorporea al suo e gli baciava le labbra. Dean riconobbe il tocco di Castiel, il suo profumo.
Eppure, l’angelo era lontano da lui, lo vedeva. Ma no, non si era sbagliato… Castiel era anche lì, al suo fianco.
“ Non ti abbandonerò… ”mormorò una voce serena al suo orecchio. Dean chiuse gli occhi e si abbandonò a quel suono, estraniandosi da tutto il resto. “ Sono Qui. ”
Dean sentì quel flebile soffio d’aria schiudergli le labbra e scivolare al suo interno con dolcezza. Una presenza familiare lo invase, spandendosi nel suo corpo e nel suo animo. Era una sensazione bella, come un sorso d’acqua rinfrescante dopo una giornata di arsura.
Dean riaprì gli occhi e il tempo parve tornare a scorrere troppo velocemente. Sam urlò, Bobby si dibatté. Raphael estrasse una spada angelica, ruotò su se stesso… e piantò l’arma dritta nel petto di Castiel.
Nello stesso istante, una ferita identica si aprì nel torace di Dean, che boccheggiò e fece appena in tempo a incontrare gli occhi esausti di Castiel prima di cadere nell’oblio.
 
*Jack: riferito al celebre protagonista di Titanic (film che personalmente mi sta un po’ sulle balle, ma a quanto pare Gabriel la pensa diversamente XD)
**Haniel: appartiene al Coro dei Principati e ha sede su Venere. Questo arcangelo rappresenta l’Amore e la Longevità. Haniel distribuisce anche l’energia dell’Etere Luminoso, ossia dell’energia che rende funzionanti i nostri cinque sensi.
 
Angolo dell’autrice:
Va bene, ammetto di essere sempre più sadica ma, ehi, ammettiamolo: Sam e Dean devono morire un minimo di dieci o venti volte a testa, altrimenti non sono loro, e ora che Castiel è entrato in famiglia anche lui ha diritto ai suoi viaggi andata e ritorno dall’aldil… Gabriel? Gabe, perché stai facendo le valigie?
Gabriel: eh? No, niente, io…
E perché qui c’è un biglietto di sola andata per il Texas?! Gabriel, stavi scappando per caso?
Gabriel: hanno bisogno di un trickster in Texas!!! Ci tengo a campare ancora a lungo e nelle tue mani i personaggi non durano mai più di quattro o cinque capitoli!
Non è vero!
Gab: (fiss fiss…) ………………………………………….
……………………………………………………………….
Gab: ……………………………………………………………
E va bene, ok, forse non sono famosa per aver trattato bene voi angeli ma ho bisogno di piume per farmi il cuscino e… Gabriel? GAAAABRIEL!!!!!!!!!
Va bene, prima di partire alla ricerca dell’arcangelo disperso farò delle precisazioni: sì, la storia è ormai agli sgoccioli, ma ne avremo ancora per qualche capitolo. Ammetto di essermi affezionata particolarmente ai personaggi e forse anche lo stesso Samael non mi è… indifferente. Insomma, voi che avreste fatto al suo posto? Dopotutto era solo un cucciolo in cerca di attenzioni, chi non le vorrebbe da Castiel XD ohohohohoh e ora, spazio ai ringraziamenti!

Fallen angel 4 Love:  eheh, allora il prossimo capitolo ti farà sciogliere per davvero! Sì, avremo un bel po’ di Destiel prossimamente, ammesso che non mi ammazziate prima per quello che sto combinando a queste povere anime dei personaggi XD dannazione, dovrò aumentargli lo stipendio! Comunque ti ringrazio per i complimenti e hai ragione, Dean e Cass insieme sono… sono qualcosa di magnifico! Insomma, occhi blu e occhi verdi che si sbaciucchiano, cosa chiedere di meglio? Aaaaaw!!! Ti ringrazio ancora e spero davvero di leggere ancora un nuovo bellissimo commento da parte tua! Grazie e a prestissimo!
xena89: ahahahahah, hai colto nel segno, in realtà quando ho scritto la parte finale del capitolo precedente la colonna sonora epica la stavo ascoltando davvero!!! XD dì la verità, mi stai spiando! Oddio, io al posto di Gabriel lo avrei fatto a pezzi Balthazar, ma dopotutto si sa, oltre che le ali, il nostro arcangelo ha anche il cuore d’oro! E poi se ammazzava Balthe, poi Castiel avrebbe ammazzato lui e la storia si sarebbe trasformata in una tragedia alla Otello. Eheh, non che sia cambiata granché la cosa: il mattatoio angelico c’è stato comunque, maledetta me! XD be’, che dire? Torno nuovamente a ringraziarti per la bellissima recensione e per non avermi ancora ammazzata dopo il massacro che continuo a compiere capitolo dopo capitolo. Sia benedetta la tua pazienza, ragazza! XD grazie ancora e a presto!
 
white arms: innanzitutto, mi complimento per il nome e per l’immagine personale. (No, aspetta un attimo: CASTIEL??? Perché sempre Castiel??? Nd Gabriel) (Perché lui è carino è coccoloso mentre tu sei brutto e antipatico. Ah, e hai la pessima abitudine di improvvisarti talpa paradisiaca, ne è la prova ciò che resta del mio povero letto…) (Mi era caduto il lecca lecca tra le coperte, che dovevo fare? Nd Gab)( Scostarle anziché riempirle di buchi? Ma chi sei, Bugs Bunny?)( Bugs Gabriel, grazie! * Se ne và offeso indossando un paio di orecchie da coniglio* ). Eheh, Balthazar ha più tempismo di un Supereroe che arriva sempre all’ultimo momento! Per quanto riguarda Mary… dannazione, Mary scappa, hanno scoperto che sei viva e che le scene hot in realtà le hai scritte tu! FUGGI, FUGGI VERSO LA LIBERTA’!!! Sì, effettivamente Balthazar ha pagato caro di aver interrotto Sam e Gabriel. Insomma, l’ho trovato appeso a testa in giù sotto la doccia con addosso solo un tanga e una bistecca per Cerberi infernali e credo che abbiano anche tentato di spennarlo, ma non voglio approfondire la cosa… comuuuunque, grazie mille per le tue splendide recensioni e soprattutto grazie per l’assiduità con cui commenti!!! Un abbraccio virtuale e spero di sentirti (leggerti!) presto! Un bacioooooone!!!
Sherlocked: ahahahahahah, che ci vuoi fare, i nostri cacciatori sono un po’ ritardati!! Bobby avrà iniziato a chiedersi se insieme alla ristrutturazione gli angeli gli avessero anche installato il decoder di Sky e un televisore al plasma… effettivamente io ci avrei sperato, da qualche parte Bobby deve pur guardarli i filmini hot che ha montato su Crowley. Oddio, Dean ha la sfiga di veder accadere qualcosa ogni volta che cerca di farsi Castiel. Ho come la sensazione che presto andrà in giro pieno di talismani antimalocchio… ehi Gabriel, hai sentito? C’è qualcuno disposto ad ospitare il tuo brutto culo piumato, perciò FILA!!! (Non puoi, chi ricoprirà la mia parte nella storia?! Nd Gabriel) Mmmm, vediamo… TU!!!! Tu sei il nuovo Gabriel! * Fa indossare parrucchino biondo a Crowley * (Sembra Nino D’angelo! Nd Gabriel) Comunque un angelo rimane! Pussa via, non ti sopporto più!!! E Sam, staccati dalla sua gamba! Comunque, grazie per i tuoi bellissimi e assidui commenti, non mi deludi mai! Sai sempre cosa scrivere per spingermi a scrivere sempre un nuovo capitolo, perciò… grazie. E grazie anche da tutto il cast della storia qui presente! Un bacione e a prestissimo!
Tomi Dark Angel

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Capitolo 18
*** Insegnarti A Volare ***


-DEAN!!! DEEEEEAN!!!- urlò Sam, dimenandosi nella stretta invisibile che lo schiacciava contro la colonna. Non poteva, non voleva, crederci. Dean e Castiel…  morti. Raphael aveva affondato una spada angelica nel petto di Cass e contemporaneamente anche il cacciatore si era afflosciato senza un lamento. La stretta invisibile era venuta meno sul suo corpo e solo allora Dean era scivolato a terra in un lago di sangue, gli occhi ancora spalancati e vuoti ormai privi di ogni luce e calore.
Bobby non aveva neanche avuto la forza di gridare. Si era limitato a fissare gli occhi in quelli vacui di Dean e poi di Castiel, ripetendo nella sua mente che no, non potevano essere morti. Quei ragazzi erano la sua vita… la sua famiglia. Senza di loro non era niente, se non un vecchio con un passato da ubriacone alle spalle.
Alla fine, Bobby chinò il capo e chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire due semplici lacrime. Aveva promesso di proteggerli, ma era stato tutto inutile: prima John, adesso Dean e Castiel. Era tutto perduto, per lui e per tutto ciò che aveva di più caro.
Sam si dimenò ancora, ruggendo il suo dolore. Raphael rideva, bagnandosi le mani nel sangue del suo stesso fratello.
In quel momento un sussurro distrasse Sam, che voltò il capo in direzione di Samael. L’angelo aveva il capo chino e tremava violentemente. Quando parlò, la sua voce vibrava della vera voce degli angeli, stavolta intrisa di una rabbia animale, spaventosa che fece zittire Sam e rialzare il capo a Bobby.
-Raphael…- ringhiò, mentre la colonna alle sue spalle cominciava a vibrare e a riempirsi di crepe. I due angeli che lo sorvegliavano guardarono il fusto interdetti. –Avevi promesso di non fargli del male… avevi promesso la sua salvezza… pagherai cara la tua menzogna e che l’inferno mi inghiotta se non sarò in grado di staccarti la testa con le mie stesse mani!-
La terra tremò violentemente, scossa dalle fondamenta da un potere nuovo che si sommava a quello già pronto a esplodere di Samael.
-Non sei solo.-
 All’improvviso il tetto tremò e grossi pezzi di marmo e pietra cominciarono a cadere dal soffitto, senza tuttavia sfiorare Samael, Castiel e i cacciatori presenti nella chiesa. La pietra gemette straziata quando una forza soverchiante, immensa, sradicò il tetto della chiesa, guglie comprese, gettandolo di lato come se non avesse peso.
I muri della chiesa tremarono, le colonne cominciarono a spaccarsi e a cedere una dopo l’altra.
Un abbaio feroce fece voltare Raphael verso Sindragon che entrava di corsa nella chiesa. Il cane attraversò in un istante la navata centrale e con un balzo atterrò sul petto di uno degli angeli che sorvegliavano Samael, stendendolo, e prima che l’altro compare potesse reagire azzannò con forza una delle catene che imprigionavano l’angelo. La catena andò in frantumi sotto la potenza delle mascelle dell’animale angelico e con uno strattone Samael liberò anche l’altro polso. Fece roteare la catena sulla testa e la abbatté sulle catene che imprigionavano Castiel con tanta forza da spezzarle di netto come burro reciso dalla lama di un coltello.
Mentre Sam e Bobby crollavano al suolo finalmente liberi, il povero corpo di Castiel cadde nel vuoto ma non toccò mai terra: due braccia forti lo afferrarono al volo, due immense ali azzurrine si spiegarono in tutta la loro ampiezza, irradiando un’aureola di luce candida che rincuorò Sam e Bobby, ricoprendoli di energia.
Balthazar atterrò davanti a Raphael, guardandolo con una tale gelida rabbia che l’arcangelo dovette reprimere l’istinto di indietreggiare.
-Balthazar!- esclamò Samael, stupefatto. Al suo fianco sopraggiunse Sindragon, che emise un basso ringhio gutturale a indirizzo di Raphael.
-Hai ferito mio fratello, hai fatto del male a te stesso e agli altri. In nome di chi è dall’Alto dei cieli, ti ordino di fermarti, Raphael!- ruggì Balthazar, poggiando Castiel ai suoi piedi.
Solo allora Sam, guardando meglio l’angelo vide che indossava una lucente armatura fatta di quello che sembrava cristallo decorato da arabeschi di zaffiro. Diverse placche sovrapposte ricoprivano il corpo di Balthazar, modellandosi al suo fisico. Gli spallacci rappresentavano bellissime ali dalle piume affilate come rasoi, il pettorale era inciso da un motivo di volute elegantissime che convergevano verso un unico zaffiro incastonato al centro del collare rifinito. Un diadema modellato in due onde laterali alle tempie si intrecciava al centro della fronte a formare un unico arabesco.
Era una visione bellissima e terribile. Un angelo venuto in terra si presentava agli uomini in tutta la sua gloria fatta d’armature e ali lucenti come stelle per combattere in nome del mondo e di Dio stesso.
-Chi sei tu per parlare in Suo nome?!- urlò Raphael, infuriato. –Chi sei tu per pretendere di aver parlato con Dio?! Io agisco in Suo nome, e in Suo nome ripulirò il Paradiso dalla feccia che vi abita! Castiel è stato soltanto il primo di una lunga lista!!!-
Balthazar strinse pericolosamente gli occhi mentre i due angeli sottoposti di Raphael avanzavano verso di lui, spade in mano.
-Così sia, fratello.- mormorò infine, chinando il capo.
La terra cominciò a tremare, l’aria vibrò di un potere che Sam conosceva bene e che aveva già provato sulla sua stessa pelle. Nel pavimento si aprirono diverse crepe e da esse ne scaturirono sottili fasci di luce che fecero indietreggiare Raphael.
Samael si levò in volo con due ampi battiti d’ali e risalì in ampie spirali verso il cielo, dove un’immensa nuvola lucente lo ricoprì per intero. La luce inondò il mondo e l’intenso profumo del vento generato dal battito di migliaia d’ali angeliche invase l’aria e le narici di Sam e Bobby.
-Facciamogli vedere chi siamo!- urlò la piccola Mary aggrappata al collo di Gabriel, anche lui abbigliato con la sua lucente armatura d’oro e cristallo, i capelli biondi al vento, le ali immense che sbattevano con vigore e la luminosa spada da arcangelo stretta tra le dita. La sua Grazia splendeva più di quella degli altri, le sue sei ali si stendevano per un’ampiezza di metri e metri.
Ciò che restava della soglia della chiesa fu varcato all’improvviso da una mandria di animali troppo grossi e troppo belli per essere normalissime creature terrene. Lupi, leoni, gatti, gazzelle e quant’altro giunsero dalla terra mentre dal cielo piovvero uccelli del paradiso, aquile, falchi e migliaia di altri volatili.
I Behemah Aqedà erano tornati a combattere, e con loro i rispettivi padroni: il Paradiso si stava finalmente rivoltando.
Raphael indietreggiò.
-Vi sbagliate se pensate di farcela con così poco!- urlò allora, schioccando le dita.
L’altra metà del cielo si ricoprì a breve di migliaia d’angeli dalle ali multicolori, brillanti come pietre dorate. Ogni piuma riluceva di luce propria, ogni angelo splendeva come un piccolo sole.
Samael virò con un veloce colpo d’ali per affiancarsi a Gabriel. Il suo corpo fu avvolto di luce che in pochi istanti espose il torso nudo del tramite e gli avvolse le gambe in pantaloni bianchi di seta, legandogli in vita una fascia color bronzo. Soltanto Gabriel e Balthazar indossavano l’armatura.
-Bentornato, tesoro.- sorrise Gabriel un attimo prima di fermarsi e spalancare le ali in tutta la loro grandiosità. Puntò la spada verso l’informe massa di angeli nemici, fissandoli con l’implacabile freddezza del guerriero. Il resto degli angeli alle sue spalle attese in silenzio, immobilizzandosi a mezz’aria. Il mondo fu abbracciato da una quiete momentanea, tesa e minacciosa che annullò qualsiasi suono. Tutti gli occhi erano fissi su Gabriel, i corpi tesi di tramiti donne e uomini coinvolti in una guerra di epiche dimensioni bloccati come bellissime statue di gusto classico.
La calma prima della tempesta. In quel momento lo tsunami di potenza che stava per generarsi stava chiamando a sé ogni briciolo di energia, annullando momentaneamente il normale scorrimento del mondo. Tutto dipendeva dalla spada levata di un arcangelo, dalla sua decisione e dal suo senso di giustizia.
C’è una cosa più potente di tutti gli eserciti del mondo, un’idea capace di abbattere muri e spezzare vite. Era così giusto combattere, tuttavia? Il fratricidio era una soluzione?
Gabriel incrociò gli occhi inespressivi dei suoi fratelli, scorse lo sguardo sui loro corpi, penetrando con gli occhi la carne di quei tramiti per lui insignificanti. Vide allora le Grazie di coloro che aveva visto nascere, crescere. Coloro con i quali aveva lottato, coloro che gli avevano coperto le spalle quando ne aveva avuto bisogno. I suoi fratelli.
Gabriel abbassò gli occhi e incrociò finalmente quelli di Sam. Il ragazzo lo fissava con un mezzo sorriso sulle labbra. Il suo sguardo fiducioso si riflesse in quello dubbioso di Gabriel e mentre Sam muoveva leggermente il capo per far tintinnare il campanellino appeso al collo, Gabriel capì:
Era giusto combattere per quanti come loro avevano scelto un amore rischioso, ma che valeva ogni sforzo.
Era giusto combattere per un mondo giusto e sbagliato che fosse.
Era giusto combattere per la vita, per Castiel, per tutto ciò in cui ogni singolo angelo lì presente credeva.
Era giusto combattere per la libertà.
Sam annuì, senza distogliere gli occhi dai suoi. Toccò ancora una volta il campanellino, lo strinse speranzoso nel giudizio di chi gliel’aveva regalato. Credeva in Gabriel, e questo non sarebbe mai venuto a mancare. Si fidava di lui.
Così sia, dunque.
Finalmente, Gabriel ricambiò il sorriso. Tornò a guardare in faccia i suoi fratelli e finalmente, abbassò l’arma, dando inizio allo scontro finale.
L’arcangelo lasciò cadere la piccola Mary, che precipitò con un grido ma fu afferrata al volo da un’aquila particolarmente grande che virò a est e la allontanò dalla battaglia.
Gli angeli alle spalle di Gabriel splendettero con forza, al punto che il cielo si trasformò in un’immensa cappa di luce purissima che ferì gli occhi di Sam e Bobby. I Behemah Aqedà di terra si slanciarono su Raphael, che sparì alla vista per poi ricomparire in testa alla sua schiera. Fu avvolto dalla luce e in breve un’armatura lucente identica a quella di Gabriel, con la differenza di essere decorata in arabeschi azzurrini, lo ricoprì. L’aria intorno alla sua mano si condensò, contorcendosi mentre una spada più corta, con la lama larga e piatta e l’elsa decorata da volute splendenti, si solidificava sul suo palmo.
Una spada d’arcangelo.
Una spada per combattere Gabriel.
Una spada per uccidere.
Le due schiere si slanciarono l’una contro l’altra risucchiando in loro ogni bagliore, ogni energia del mondo; perciò non ci fu da stupirsi quando i due eserciti si schiantarono con un boato, esplodendo tutta l’energia repressa dell’universo. La luce si dilatò come un’onda, abbracciando ogni cosa nel raggio di miglia e miglia, travolgendo città, foreste, case e persone. Alcuni morirono all’istante, altri ne rimasero accecati, altri ancora, i più vicini, si polverizzarono all’istante.
Balthazar si voltò verso Sam e gli altri e spalancò le ali in loro difesa, respingendo con fatica l’ondata di potere che li travolse mentre i Behemah di terra si slanciavano sui corpi dei due angeli rimasti a terra. Haniel sfuggì alla loro presa appena in tempo e scomparve, ma l’altro angelo riuscì a stento a snudare le ali che una marea di bestie gli fu addosso, sbranandolo, dilaniandolo, calpestandolo. Con un grido, l’angelo si accasciò.
-Restate qui!- ordinò Balthazar, sbattendo le ali così forte che il vento generato sbatté Sam e Bobby contro i detriti più vicini.
L’angelo biondo si levò in volo, si avvitò a mezz’aria e, chiudendo le ali intorno al corpo come un bozzolo di zaffiro, si scagliò come una freccia in basso. L’attacco fu così veloce che nessuno dei presenti vide la spada angelica saettare nei corpi dei nemici, abbattendone tre in rapida sequenza.
Sam vide diversi angeli cadere urlando, i corpi trafitti o straziati in diversi altri modi. Un tuono piovve dal cielo improvvisamente anneritosi di nuvole e si concentrò nella mano di Gabriel, che lo scagliò contro i nemici con un semplice gesto del polso. La saetta impalò diciotto angeli, rifulgendo splendente fino a esplodere nei loro corpi di carne umana.
Samael decapitò un nemico con un veloce colpo di spada e con tre frenetici battiti d’ali sovrastò la calca. Levò al cielo un grido bestiale, sollevando la spada angelica intrisa di sangue e Grazia celeste. In risposta alla sua chiamata, i Behemah alati si divisero in tre ali, aggirarono la calca con fare compatto e, levatisi in cielo, si riunirono alle spalle di Samael come un’ombra minacciosa composta di artigli e becchi affilati. Come un sol corpo, Samael e gli uccelli piombarono dal cielo, dritti sulla battaglia e mentre le aquile accecavano e dilaniavano le ali degli angeli, Samael li faceva a pezzi con la spada.
Da terra, Sam si guardò intorno fino a incrociare con lo sguardo una schiera di angeli che abbatteva uno dopo l’altro i Behemah. Volavano basso, molto basso per poter uccidere gli animali terrestri che si arrischiavano a balzare per cercare di azzannarli.
No, i Behemah no.
Una grossa tigre bianca alta almeno due metri al garrese lo affiancò, irradiando una flebile luce dal pelo candido striato di nero. Sam incrociò i suoi occhi azzurri, si riflesse nel chiarore delle sue iridi. Fu un semplice scambio di sguardi, ma bastò ad entrambi per decidere.
-Bobby, prenditi cura di loro.- disse Sam, alludendo ai corpi di Dean e Castiel e raccogliendo da terra una spada angelica, stringendola convulsamente tra le dita.
-Ragazzo, che accidenti vuoi fare?!- si allarmò Bobby, ma Sam non gli diede ascolto.
La tigre si accucciò docilmente mentre Sam gli montava in groppa, aggrappando la mano libera al pelo striato e luminoso. La spada nella sua mano splendette di luce minacciosa e Bobby non poté fare a meno di tentennare davanti a quel Sam dall’aria implacabile, epica, tipica del guerriero.
-Andiamo.- ordinò con voce ferma.
Con un ruggito talmente potente da far tremare i detriti sparsi in giro, la tigre scattò. Le zampe si abbatterono ripetutamente al suolo, le zanne si snudarono in un ringhio feroce. Al suo fianco sopraggiunse Sindragon, leggero nella sua rincorsa ma altrettanto maestoso con l’enorme massa di pelo nero accarezzata dal vento e le orecchie basse.
Sam tirò leggermente il pelo della tigre e mentre la bestia spiccava un salto verso uno degli angeli nemici, Sindragon si abbatté pesantemente contro una colonna pericolante rimasta miracolosamente in piedi. Lo schianto fu talmente forte che il fusto si inclinò pericolosamente.
Sam incrociò le lame con uno degli angeli, torse il polso e in due veloci stoccate deviò l’arma. L’angelo si distrasse per pochi istanti, ma tanto bastò agli altri Behemah per arpionargli le ali e trascinarlo giù. La colonna allora cadde, colpendo sulla schiena altri due angeli, che Sam decapitò ancor prima di vederli schiantarsi al suolo.
Dall’alto, Raphael vide lo stillicidio che Sam stava compiendo sui suoi fratelli ed emise un profondo ruggito di rabbia. Si slanciò verso il cacciatore, le ali aderenti al corpo, ma qualcosa di grosso e pesante lo intercettò, schiantandosi contro di lui con la forza di una valanga. Raphael e Balthazar persero quota, avvinghiati l’uno all’altro in un corpo a corpo senza esclusione di colpi, le ali affilate che sbattendo disperatamente ferivano nemici e alleati durante la caduta.
Raphael cercò di piantare la spada nello stomaco di Balthazar, ma questi gli bloccò il polso e glielo torse fin quasi a spezzarlo. Inutile. Banale resistenza.
L’arcangelo sbatté le ali e piantò le piume in quelle lucenti di Balthazar, facendolo urlare di dolore. Fu un attimo, una distrazione di poco conto ma che valse oro per il nemico. Raphael levò al cielo la spada angelica e con un grido belluino la affondò in profondità nel petto di Balthazar, spaccando l’armatura.
Gabriel trafisse l’ennesimo angelo nemico e si voltò verso il fratello in caduta libera che spalancava la bocca in un muto grido di dolore e sorpresa. Per un attimo incrociò i suoi occhi chiari, limpidi che lo fissarono quasi ringraziandolo con lo sguardo prima di inondarsi di luce accecante.
Le ali s’incendiarono, l’armatura andò in pezzi e mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere, Balthazar si schiantò al suolo, incidendovi a fondo il marchio delle sue ali incenerite. I suoi occhi erano ancora aperti, sbarrati su un mondo che non potevano più vedere.
Gabriel sentì le forze venirgli meno e gli occhi inondarsi di lacrime. Si guardò intorno, smettendo di combattere, sordo ai richiami di Samael che cercava di incitarlo a difendersi.
Guardò Castiel e Dean, riversi a terra in un mare di sangue.
Guardò Balthazar, il cui corpo spezzato ricopriva il terreno insieme a quelli di migliaia di altri fratelli.
Guardò Sam, il suo Sam, improvvisamente trasformatosi in un guerriero implacabile e bellissimo che non esitava a massacrare angeli in nome della rabbia e della vendetta contro chi gli aveva strappato suo fratello.
Quando all’inizio si era guardato intorno, Gabriel aveva visto la giustizia di una battaglia che meritava di essere combattuta, ma adesso? Adesso il terreno era coperto di sangue, lo stesso sangue che pioveva dal cielo insieme a piume e corpi spezzati, adesso i fratelli si ammazzavano a vicenda e lo facevano col sorriso sulle labbra. Come si era giunti a questo? Era davvero giusto combattere una guerra dove non ci sarebbero stati né vincitori né vinti?
Gabriel guardò la sua spada e provò ribrezzo per la lama sporca di sangue. Era stato lui a massacrare tutta quella gente? Era lui a muovere quegli eserciti fratricidi?
-GABRIEEEEEL!!!-
Gabriel si voltò come in trance verso l’ennesimo angelo che lo assaltava. Non ebbe la forza né la volontà di reagire: la spada angelica del nemico compì un arco nell’aria e aprì un largo squarcio in due delle sue sei ali. Sentì dolore Gabriel, ma non gridò. Semplicemente sbatté le ali sane con fare esausto mentre l’angelo che l’aveva ferito veniva massacrato da Samael.
Sam avvertì un forte dolore alla scapola sinistra e, rispondendo a un richiamo silenzioso dettatogli dal cuore, levò il capo verso il cielo, dove un mare inconfondibile di piume dorate precipitava e si schiantava al suolo, rotolando rovinosamente nel fango e nella terra.
Gabriel rimase accasciato e non provò neanche a rialzarsi. Cadde proprio accanto a Balthazar, i cui occhi vuoti sembravano scrutarlo con fare accusatorio, incolpandolo di non aver fatto niente, di non averlo salvato.
La tigre che Sam montava fu trafitta al petto da una spada angelica e con un ruggito sofferente crollò al suolo, trascinandosi dietro il corpo del cacciatore. L’impatto col terreno fu doloroso e in quell’istante Sam sentì un braccio spezzarsi e il collare sganciarsi dal suo collo. Sam vide la sottile striscia di cuoio rotolare nel fango, fin quasi a toccare la mano abbandonata di Gabriel. Un tempo quella mano aveva stretto una spada possente, ma adesso quella stessa arma giaceva conficcata nel terreno a pochi passi da lui, silenziosa, inerme.
Sam boccheggiò mentre il corpo pesante della tigre si accasciava su di lui, bloccandolo al suolo. I suoi occhi cercarono quelli di Gabriel, ma l’arcangelo aveva rivolto il viso verso Balthazar. Sam lo vide tremare dallo sforzo, sbattere l’unica ala rimasta sana anche dopo l’impatto col terreno.
Gabriel si levò faticosamente in ginocchio, il viso sporco di fango e sangue, le dita che convulsamente stringevano la roccia sottostante. Strisciò pietosamente verso il povero corpo di Balthazar e sotto gli occhi lucidi di Sam, Gabriel prese suo fratello tra le braccia e premette il viso contro la sua spalla, scoppiando in un pianto dirotto.
Se il mondo fosse stato giusto, ogni cosa si sarebbe fermata, ogni atto di violenza si sarebbe piegato dinanzi a quel pianto sincero e innocente di amore fraterno. Ogni lacrima, ogni singhiozzo di Gabriel sembrava risuonare nell’aria con una forza straziante, eppure nessuno lo udì piangere: ognuno continuò il suo massacro, ognuno continuò a combattere e nessuno vide le lacrime dell’arcangelo spezzato dinanzi all’implacabile morte dei suoi fratelli. Un pianto pulito di ogni malvagità, un pianto sincero e arrendevole all’insensato massacro della guerra. Le ali di Gabriel si afflosciarono definitivamente, il corpo si ingobbì, troppo pesante per trasportare il peso di tanta violenza.
Infine, Gabriel si arrendeva.
-Gabriel…- mormorò Sam, mentre Bobby lo raggiungeva e cercava di liberarlo dal corpo della tigre. Tese debolmente una mano verso il suo arcangelo spezzato e pregò.
Sì, Samuel Winchester pregò Dio, e lo fece non per se stesso, ma per colui che amava. Chiese un po’ d’attenzione, un pizzico di misericordia da quel cielo che aveva visto crollare la forza d’animo di un angelo tanto potente, eppure tanto generoso e fragile. Era giusto morire così, stringendo al petto ciò che restava del proprio fratello? Era giusto che Dio sopprimesse la giustizia in quel modo?
Non lasciarlo morire. Ti prego, non lasciarlo morire… non lui.
Raphael comparve alle spalle di Gabriel, stringendo tra le dita un’ala di Samael, prostrato ai suoi piedi. L’angelo perdeva molto sangue dalla testa, aveva diverse ossa spezzate e dalle sue ali squarciate piovevano gocce di Grazia.
Gabriel rivolse uno sguardo perduto a suo fratello, che lo fisso in silenzio, con disperazione. Anche Samael piangeva a dirotto, ma non lo faceva per i fratelli defunti: no, lui piangeva per coloro che ancora combattevano e che con la loro caduta sarebbero andati incontro alla morte. Era tutto perduto.
Raphael sorrise sadico prima di abbattere un piede fasciato dallo stivale dell’armatura su una delle ali dorate di Gabriel. L’arcangelo esplose nell’aria un grido sofferente espresso con la sua vera voce. I timpani di Sam e Bobby sanguinarono, ma questo mai quanto il cuore del giovane Winchester, il quale, con l’aiuto di Sindragon, riuscì a sfilarsi da sotto il corpo della tigre.
-Non ti stanchi mai di perdere, Gabriel?- disse Raphael, premendo più forte il piede contro l’ala piumata. L’arcangelo biondo emise un lamento basso e prolungato, oscillando il capo a destra e a sinistra, ma non lasciò andare il corpo di Balthazar. Era colpa sua se suo fratello era rimasto ucciso: lui, Gabriel, era sempre stato il maggiore e ciò aveva sempre implicato che si prendesse cura dei più piccoli. Dov’erano adesso Balthazar e Castiel? Dov’erano i loro occhi, la loro vita, la speranza che avevano riposto in lui?
Gabriel singhiozzò ancora mentre Raphael levava in alto la spada, pronto a calarla sul capo del suo stesso fratello. Prese lo slancio e la lama scintillò minacciosa un attimo prima di fermarsi a poca distanza dal corpo che aveva stretto a sé quello indifeso di Gabriel, circondandolo con le braccia.
Sam avvolse i fianchi dell’arcangelo con tenerezza e premette l’altra mano contro il suo capo per spingerlo contro la sua spalla. Entrambi feriti, entrambi distrutti e senza fratelli.
Avevano perso qualcosa, ma si erano trovati ugualmente.
Erano rimasti soli, eppure sapevano di essere insieme.
Nella vita, nella morte, finanche nell’aldilà, se per quelli come loro un aldilà esisteva.
L’aveva promesso. Sam aveva promesso di non lasciarlo solo, e avrebbe mantenuto la sua parola. Gabriel era sempre stato lì, pronto a proteggerlo con le sue ali e col suo corpo, ma adesso era il suo turno. La morte sarebbe giunta, ma li avrebbe colti preparati e insieme.
Sam chiuse gli occhi, inspirando il dolce profumo emanato da Gabriel.
-Sono qui. Siamo insieme.- mormorò amorevolmente, accarezzandogli i capelli con fare consolatorio. –Và tutto bene.-
Gabriel si aggrappò a lui, chiudendo gli occhi a sua volta. Premette la fronte contro la spalla di Sam, affidando ogni parte del suo essere a quel ragazzo che più di ogni altra cosa gli aveva insegnato ad amare davvero. In tutta la sua semplicità, Sam era riuscito a istruirlo sui sentimenti umani, donandogli quel pezzo che gli era sempre mancato, quella parte di cuore che in quel momento lo fece sentire completo.
Nell’oscurità delle palpebre, Gabriel si rivide intento a baciare quelle labbra morbide mentre affondava le dita nei capelli lunghi, consapevole del sorriso di Sam contro la sua bocca. Gli parve di udire lo scampanellio del collare da gatto, la risata felice del giovane Winchester. In quella visione andava tutto bene: nessuno soffriva, Dean e Castiel si abbracciavano poco lontano da loro e Bobby stringeva a sé il piccolo corpo di Mary mentre con l’altra mano accarezzava Sindragon. Questa era giustizia, questa era pace… questo era un futuro negato.
Gabriel singhiozzò ancora mentre il riflesso della spada di Raphael gli attraversava il viso. La lama calò nuovamente, stavolta per davvero e mentre il fragore della battaglia si infrangeva contro il silenzio del mondo intero, due amanti abbracciati spiccavano nella loro tenerezza agli occhi dell’universo e della morte che veniva a prenderli.
§§§§
Dean socchiude gli occhi, ferito dalla luce del sole. Non sa dove si trova, non capisce perché è lì, ma se è per questo non ricorda nemmeno cosa è accaduto prima di arrivarci. La sua unica certezza è che quel posto è bello, tranquillo e l’aria è pulita.
Si trova in un’immensa distesa di tulipani argentati. Non ha mai visto dei fiori così belli, così delicati. Osserva i pistilli giallo limone, i petali stiracchiati talmente sottili da lasciar intravedere le venature biancastre nell’argento della membrana. I gambi sono lunghi, le foglie spiegate come ali al vento leggero che soffia e li smuove leggermente.
La prateria si stende a vista d’occhio, verso colline lontane che si innalzano imponenti verso il cielo slavato di bianco e azzurro. Non c’è una nuvola, solo sole splendente ma dal calore leggero, delicato, ben diverso dall’arsura estiva che Dean si sarebbe aspettato.
Dean avanza lentamente, facendo attenzione a non calpestare i tulipani che gli accarezzano le gambe fasciate dai jeans. Sa che quei fiori sono importanti perché gli ricordano vagamente qualcosa, forse per il colore e per la delicatezza che espongono al mondo. Dean non ricorda, ma dopotutto non gli interessa più di tanto per il momento. È felice lì, vorrebbe distendersi tra i fiori profumati e godersi il sole mattutino, ma le sue gambe avanzano come di propria iniziativa, conducendolo a est.
Dean cammina per quelle che sembrano ore, ma non si stanca mai e l’unico segno del passare del tempo è lo spostamento del sole che cala lentamente dietro le colline, irradiando una criniera d’oro e arancio sul mondo. Dean cammina, continua a camminare.
“ Devo trovarlo. ”
Dean non sa cosa sta cercando, ma cerca comunque. Sa che da quelle parti si trova qualcosa di importante, un pezzo di se stesso perduto ma del quale il cacciatore necessita per essere davvero felice, per riempire il vuoto che avverte al centro del petto.
A un certo punto, Dean lo vede: è seduto tra i tulipani troppo alti per quel piccolo corpo da bambino di appena cinque anni, ma nonostante la diversità dell’aspetto attuale, Dean lo riconoscerebbe sempre e comunque.
Occhi blu, grandi e innocenti; trench gigantesco, troppo grande per quel minuscolo corpo con indosso abiti larghissimi che gli nascondono mani e piedi come una coperta; capelli scuri e scompigliati. Alle sue spalle, distese per metri e metri di lunghezza, quattro gigantesche ali di piume argentate si afflosciano nell’erba, quasi fondendosi col colore dei tulipani. Sono ali troppo grosse per quel piccolo corpo, un po’ come i vestiti che indossa.
Il bambino guarda l’orizzonte con occhi persi e quasi non si accorge di Dean che con gesti lenti e moderati si accomoda al suo fianco, affondando i palmi nell’erba.
-Cass?- chiama lui e finalmente quel grosso vuoto che gli riempie il petto vibra gioioso, restringendosi un poco. È quello il pezzo mancante, il necessario per riempire il nulla nel cuore di Dean: quegli occhi, quelle labbra, quel trench. Quelle ali. –Che stai facendo?-
-Aspetto.- rispose il bambino con voce acuta e tanto diversa da quella del Castiel adulto.
-Che cosa?-
-Non lo so. Non sono qui per sapere cosa aspetto, ma per aspettare e basta.-
-Dovresti porti qualche domanda ogni tanto, sai?-
-Non mi è concesso domandare. Mio Padre non vuole.-
Allora Dean capisce che quel Castiel deve essere molto giovane, anche per un angelo. Forse è appena nato, forse lo è da poco, ma quell’aspetto puerile dovrebbe rispecchiare in pieno la giovinezza dell’angelo. Niente domande, niente risposte. Lui è addestrato a non pensare con la sua testa e questa condizione lo rende un automa che aspetta e basta senza un reale perché.
-Perché invece non provi a chiedermi qualcosa?- dice allora Dean, sfiorando la spalla del bambino per attirare la sua attenzione. Castiel lo guarda, sbatte le palpebre con quella che sembra una leggera confusione.
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Chiedimi qualcosa, Castiel.-
“ Ti insegnerò a parlare. ”
Allora Castiel annuisce con aria impenetrabile e si chiude in un silenzio pensieroso. Socchiude gli occhi per la concentrazione e Dean aspetta paziente che parli.
-Chi sei?- dice allora il bambino, con tutta l’aria di chi ha ingoiato un limone. Castiel sa di aver disubbidito e aspetta che da un momento all’altro arrivi uno dei suoi fratelli maggiori per rimproverarlo. Chiude gli occhi, in attesa della punizione, ma non accade niente. Stupito, torna a guardare il buffo ragazzo seduto al suo fianco e si perde nei suoi occhi cristallini, colto da una strana sensazione. Qualcosa in fondo al suo petto gli sussurra che quel volto gli è familiare, che quella persona è importante per lui, ma Castiel non sa perché.
-Mi chiamo Dean e sono tuo amico.-
Dean. Sì, Castiel conosce quel nome… dove l’ha sentito?
All’improvviso la terra trema violentemente, tanto che Dean la sente spaccarsi sotto i piedi. Cerca di alzarsi in piedi, ma cade un’altra volta mentre un enorme crepaccio si apre sotto di lui, trascinandosi dietro erba e fiori sradicati. Solo il piccolo Castiel resta immobile e torna a guardare il sole come se non stesse accadendo nulla intorno a lui.
-Mi fanno male le ali.-dice soltanto, e questo è tutto ciò che sente Dean prima di sprofondare con un grido nel crepaccio nero… profondo… pieno di ricordi.
§§§§
Dean atterra di schiena su quello che sembra il letto bagnato di un ruscello. Sente la giacca infradiciarsi e ricoprirgli la pelle di brividi fastidiosi. Per sua fortuna, il vento non soffia più.
Dean apre gli occhi e si alza a sedere. È sera adesso e migliaia di leggere goccioline di pioggia  piovono dal cielo nuvoloso come una cortina sempre in movimento.
Il ruscelletto, così sottile e basso da scivolare sotto forma di acqua tra le pietre del suo letto con un basso mormorio, si srotola in lontananza, verso quella che sembra una foresta fitta e silenziosa.
Stavolta Dean non ha bisogno di camminare per trovare ciò che cerca. Un ragazzo di appena diciotto anni appoggia i polsi sulle ginocchia piegate, le mani giunte e lo sguardo blu zaffiro rivolto nuovamente in lontananza. Gli abiti che indossa gli vanno ancora larghi, tanto che trench, camicia e pantaloni sono stati arrotolati più volte per lasciar intravedere mani e piedi.
Il viso è ancora acerbo, con ancora qualche rotondità di bambino e i capelli appena più lunghi del solito. Gli occhi sono più giovani e lo sguardo leggermente più rilassato, ma Dean nota in quelle iridi brillanti un accenno di tristezza. La pioggia bagna ogni centimetro di quel corpo, appiccicandogli i capelli alla fronte e costringendo Castiel a socchiudere le palpebre. Alle sue spalle, di nuovo le quattro immense ali argentate, anche stavolta schiacciate al suolo in modo sgraziato.
Anche Dean è fradicio adesso, ma non se ne preoccupa. Raggiunge Castiel e anche lui si accuccia al suo fianco, senza tuttavia sedersi per terra.
-Ciao, Cass.- saluta dolcemente, sfiorandogli nuovamente la spalla in un gesto che Castiel riconosce. Guarda Dean con occhi pensierosi ma per nulla sorpresi della sua presenza.
-Ciao.-
-Cosa fai qui?-
-Sto cercando.-
-Cosa?-
-Non lo so. Non posso muovermi di mia iniziativa, perciò cerco semplicemente con gli occhi.-
-E perché non puoi muoverti?-
-Perché non mi è stato ordinato di farlo.-
Dean sorride, intenerito dall’espressione persa dell’altro. Si alza in piedi e gli tende una mano.
-Perché invece non provi ad alzarti?-
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Alzati, Castiel.-
“ Ti insegnerò a camminare. ”
Finalmente, Castiel fissa la sua mano con una punta di incertezza e la afferra, riempiendo un altro piccolo pezzetto del vuoto che circonda il petto di Dean. Il cacciatore strattona e lo fa alzare, ma appena l’angelo è in piedi un nuovo scossone muove la terra sotto di loro.
Castiel lascia la mano di Dean e torna a guardare il ruscello davanti a sé, ignaro o forse strafottente del terremoto che sta ricoprendo la terra di crepe. Dean perde l’equilibrio, cade all’indietro, tendendo ancora una volta e inutilmente la mano verso il suo angelo immobile.
-Mi fanno male le ali.- ripete Castiel mentre Dean affonda ancora una volta nel crepaccio dei ricordi.
§§§§
Un dolce venticello lo accarezza, facendogli aprire nuovamente gli occhi. Dean si guarda intorno e stavolta capisce dove si trova: piove anche lì, molto più violentemente che in riva al ruscello e il cielo scuro soffoca quasi per intero la poca luce che tocca le rocce acuminate del monte Sinai.
Dean non ha bisogno di cercare per sapere dove trovare l’oggetto dei suoi pensieri. Avanza lentamente, contrastando a fatica la poca visibilità consentitagli dalla pioggia e infine lo vede, accucciato sulla stessa sporgenza che ha dato inizio ad ogni cosa.
Castiel, stavolta adulto, siede sul bordo dello spuntone e dondola i piedi nel vuoto sotto di lui mentre un’ala grondante di sangue penzola per metri e metri sotto di lui. Oscilla il busto con fare ipnotico e china il capo per combattere il fastidio della pioggia sul volto.
Dean si siede al suo fianco, scavalcando faticosamente le ali che gli ostruiscono la strada.
-Ciao, Cass.- dice, guardandolo di sottecchi. Castiel non si muove, non lo guarda, ma risponde ugualmente:
-Ciao.-
-Cosa fai qui?-
-Aspetto che arrivi la morte.-
-E perché la aspetti?-
-Perché mi è stato detto di farlo.-
Dean inclina il capo e stavolta gli sfiora il volto in una carezza gentile che fa scivolare un nuovo tassello al suo posto.
-Perché invece non provi a pensare con la tua testa?-
-Non posso.-
-Sì che puoi. Te lo do io il permesso.-
-Tu non sei mio Padre.-
-Facciamo finta che lo sia. Vivi, Castiel.-
“ Ti insegnerò ad essere libero. ”
Castiel solleva il volto e lo guarda, stupefatto. Stavolta le emozioni che ostenta sono umane, vive… libere. Sbatte le palpebre, confuso.
-Dean?-
Dean sorride e annuisce, afferrandogli una mano e stringendola. Ne bacia il dorso, inalando il profumo delicato di Castiel. Si alza e sotto i suoi occhi si sfila la giacca e la appoggia sull’ala ferita, cominciando a pulire le penne una per una con un tale amore che Castiel rabbrividisce.
-Cosa fai?- domanda allora l’angelo, ripetendo la domanda che gli aveva posto il cacciatore qualche minuto prima. Dean fa scivolare la stoffa della giacca sul rosso del sangue che inzuppa le piume di Castiel e la pulisce.
-Ti guarisco. So che ti fanno male le ali, l’hai detto tu.- risponde pazientemente senza alzare gli occhi dal lavoro che sta svolgendo diligentemente. Sa che l’ala è enorme, ma non lo preoccupa il tempo che spenderà per pulirla e curarla. Lavorerà ancora e ancora e se sarà necessario solleverà quelle stesse ali dalla polvere, a costo di spezzarsi la schiena nello sforzo.
“ Ti insegnerò a volare. ”
La terra freme anche stavolta, ma Dean non si allarma. Un guizzo rossastro gli illumina il viso mentre lo strapiombo sotto di loro si riempie velocemente di fiamme minacciose. Dean ode le grida di mille anime torturate, ascolta le risate dei demoni che le martoriano e riconosce l’inferno che l’ha accolto per quattro anni. Ha paura, Dean, ma si impone di resistere, di continuare a pulire le ali del suo angelo. Si aggrappa alla sua presenza, alla fiducia che nutre in lui.
D’improvviso però, lo spuntone di roccia frana, trascinando Dean verso il basso, verso l’Inferno.
Dean urla, tende nuovamente una mano verso Castiel in una muta richiesta di aiuto. Precipita verso le fiamme, ma non ha paura per la sua anima: si preoccupa per Castiel, per il percorso che dovrà seguire senza di lui. Non vuole abbandonarlo, l’ha promesso.
“ Ti insegnerò ad amare. ”
D’improvviso, un’altra mano sbuca dal nulla e afferra la sua in una stretta ferrea che arresta la sua caduta. Dean leva uno sguardo stupito mentre le quattro immense ali di Castiel sbattono una volta sola, generando un vento talmente potente che soffoca le fiamme dell’inferno, costringendole a retrocedere come bestie ferite. La sua pelle s’illumina, irradiando di Grazia il mondo intero, cancellando il male che l’ha percosso fino a quel momento.
Il vuoto nel petto di Dean si riempie e mentre il ragazzo incrocia gli occhi blu del suo angelo custode, un flusso di luce purissima si trasferisce dal petto del ragazzo al corpo di Castiel. La luce si sbriciola in tanti filamenti che abbracciano il petto dell’angelo, scivolando lungo la sua pelle come anguille luminose. Finalmente un nuovo paio d’ali, stavolta più grande e più luminoso dei precedenti esplode in un mare di luce purissima, candida oltre ogni dire.
Le piume sbocciano come tulipani d’argento, fremono come acqua di ruscello, si affinano di forza come rocce di un monte. Le piume sono nuove, pulite, lucenti come argento liquido.
Quelle ali sono sempre state lì, infuse nel piccolo pezzo di Grazia che Castiel ha abbandonato all’interno del corpo di Dean. Senza volerlo, oltre al Sacro Graal, l’angelo gli ha affidato anche una parte del suo essere.
Le ali troneggiano sul monte e sull’inferno mentre il Sinai alle loro spalle comincia a sgretolarsi con un ruggito di frane in movimento. Le rocce si staccano, la vetta và in frantumi, troppo debole per resistere alla potenza esplosa di un arcangelo.
Castiel piega il braccio e Dean si trova improvvisamente stretto al corpo dell’arcangelo  in un abbraccio saldo e colmo d’amore. Questo più di ogni altra cosa fa risplendere il vero essere dell’angelo, che finalmente guarda Dean e sorride radioso, colmo di forza e di luce. Gli accarezza il viso mentre davanti agli occhi stupefatti del cacciatore una nuova entità si sdoppia leggermente dalla figura di Jimmy Novak.
Dean si trova nuovamente a rimirare l’entità bellissima e implacabile della vera essenza dell’angelo. Non gli bruciano gli occhi e il suo cuore si dilata, finalmente riempito.
Un nuovo arcangelo è nato dal suo legame con un piccolo, innocuo essere umano capace di scavare a fondo nell’animo di quella stessa creatura per insegnargli la vita e la libertà.
Castiel ha capito, Castiel ha scelto la sua strada. Per lui è il momento di riaprire gli occhi.
 
Angolo dell’autrice:
Ebbene sì, siamo quasi alla fine di questa piccola avventura. Ancora un capitolo e dovremo lasciar volare via i nostri bellissimi angeli, ma non è il momento di pensarci, giusto?
Piuttosto, ammetto di essermi impegnata davvero molto nell’ultima parte del capitolo. Sì, sono molto affezionata a Dean e Castiel e ammetto di aver pianto io stessa scrivendo la scena in cui Gabriel e Sam si abbracciano davanti alla morte. Credo tuttavia che per loro sia giusto così, no? Senza Sammy Gabriel non potrà più volare, e senza Gabriel Sam perderà un pezzo di cuore quanto di anima. Già, sono convinta che i nostri amici non potessero fare scelta migliore di questa.
Chissà fino a che punto potrò essere crudele nel prossimo capitolo, ohohohohohohohohoho!!! 
Gabriel: ehi, ti ricordo che qui le penne sono mie, perciò vacci piano!
Hai accettato l’incarico, perciò zitto e fai quello che ti dico!
Gab: ma qui sta scritto che devo confessare a Sam che sono suo padre! Che schifo, questo è incesto! E poi perché qui lo chiamo Luke?!
Lu… cretino, questo è il… Star Wars? Da dove hai preso il copione di Star Wars?
Gabriel: me l’ha portato Balthazar insieme a questa spada laser… seriamente, da quando gli angeli combattono con le spade laser? So che è figo, ma a questo punto poco ci manca che passiamo ai taser di Star Trek…
No aspetta, ora mi spieghi perché Bobby dovrebbe essere Yoda…
Bobby: ( compare dipinto di verde con due enormi orecchie a parabola visibilmente finte ) eh? Mi stai dicendo che ho passato un’ora intera a farmi dipingere di verde come un broccolo perché quel coglione pennuto ci ha giocato un brutto scherzo? CHE PALLE!!!!!!!
Samael: suvvia Bobby, il verde ti dona un sacco…
Bobby: e questo perché non hai ancora visto Castiel con addosso il vestito da principessa Leila…
Tutti: ………………………………………………………………………….
Ehm… dicevamo? Ah sì cre… CASTIEL, METTITI QUALCOSA DI DECENTE ADDOSSO, PER DIANA!!!
Dunque, tornando a noi, spazio ai ringraziamenti di coloro che più di ogni altro hanno contribuito all’avanzare di questa piccola storia, coloro che ringrazio con il cuore e dunque coloro ai quali dedico ogni mia fatica!

Babyve:  grazie per i complimenti, sei gentilissima e finalmente eccoti accontentata con un nuovo capitolo, benché sia il penultimo! Spero di non averti deluso, così come spero di leggere ancora qualche nuovo commento da parte tua. Un bacio e grazie mille!
Sherlocked: sì, in realtà io sono la figliastra di Kripke. Ohohohohoh, non volevo dirtelo così, ma ormai sono allo scoperto (Davvero? E cosa aspettavi a dirmelo? Ehi ragazzi, qui c’è una parte del parentado del coglione che vi ha fatti ammazzare! Nd Gabriel) (Si innalza orda di demoni, angeli, mostri e cacciatori accoppati durante la serie) Se accendi una candela per la morte di ogni personaggio ti conviene dare fuoco a qualche appartamento per la strage che sto compiendo qui dentro… a breve potrò appiccare le ali di Gabriel (sììììì, diventerò una fenice! Nd Gab)(No, diventerai un pollo allo spiedo.)( Poiana, prego. Io sono una poiana. Nd Gab)( ma chi te l’ha messa in testa questa idea della poiana?!) oh suvvia, Crowley col parrucchino alla Nino D’Angelo è adorabile!!! Lo sanno tutti che ha sempre voluto una chioma più folta per farsi prendere come testimonial della Pantene. E poi si chiedono perché detesta Sam, sono anni che gli frega il posto… comunque… be’, che dire? Torno a ringraziarti come sempre per le tue bellissime e spassosissime recensioni, non deludi mai e sai sempre scegliere le parole giuste per farmi sorridere e incitarmi a scrivere ancora! Graziegraziegrazie!!!
Fallen angel 4 Love: oh, e invece ti ringrazio eccome per i commenti, sono sempre bellissimi! Be’, che dire? Tra Cass e Dean c’è sempre stato qualcosa e, be’, credo che anche nella serie colpire Cass sia un po’ come colpire Dean. Insomma, il legame che li stringe l’uno all’altro ha sempre avuto qualcosa di speciale, perciò io mi sono semplicemente limitata a trasfigurarlo a modo mio ^////^ non è da me scrivere cose così smielate, ma quei due se le vanno a cercare! Maledetti!!! XD comunque grazie ancora e spero di leggere presto qualche nuova recensione da parte tua, sempre gentilissima! A prestissimo!
xena89:  oh, se potessi cesserei all’istante qualsiasi attività. Dopotutto scrivere è la mia vita e oltre a questa storia ho scritto anche una decina di libri che mi vergogno a portare dall’editore, ma questa è un’altra storia. Comunque spero di essere stata abbastanza veloce, ho pubblicato la storia a distanza di un giorno e ho fatto più in fretta che potevo! Non andarmi in astinenza che poi rischio di essere denunciata come spacciatrice! No, prendete il bacarospo, è tutta colpa sua! (Indica Gabriel). Ohohohohohoh a presto e come al solito grazie di cuore, angioletto recensore!
Tomi Dark Angel
 
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Dal Sole E Dalla Luna Nacquero Le Ali ***


Oscurità. Gelo. Paura e grida cristalline, non umane.
Il mondo intero pareva essersi rivoltato come un guanto, così, senza un reale perché agli occhi degli umani. Per miglia e miglia, forse fino ai confini dell’intera nazione, si stendeva una distesa arida di arsura e terra bruciata. Dove un tempo avevano dimorato piante e animali viventi adesso non restava che una steppa di morte, sangue e disperazione.
L’aria era pesante, mefitica, difficile da respirare.
Questo era il potere degli angeli, la potenza scatenata da Dio che scuoteva il mondo da cima a fondo con una facilità impressionante. Una guerra fratricida spiegava le sue ali minacciose e sanguinarie per miglia laddove angeli armati di spade lucenti si scagliavano l’uno contro l’altro, massacrandosi senza pietà. Si strappavano le ali a vicenda, uno decapitava l’altro o gli staccava diversi arti con pochi colpi di spada lucente.
Il sangue pioveva insieme alla pioggia stessa, macchiando il terreno e qualcuno che ormai aveva capitolato dinanzi a tanta violenza.
Due amanti, un arcangelo biondo e un umano, si stringevano in un abbraccio disperato mentre dinanzi a loro un boia spietato levava al cielo la sua spada esecutrice, pronto ad innescare la sua ingiusta sentenza. Non vi era paura negli occhi dei due condannati, ma solo incondizionato amore verso l’altro. Era una scena toccante, uno di quei momenti che meritava di piegare il mondo intero al suo innocente cospetto. Tuttavia, in tutta la sua ingiustizia, il mondo aveva voltato il viso dall’altra parte, perpetrando nella sua campagna di lotta e distruzione.
Cieco alle ali spezzate dell’arcangelo.
Cieco alle lacrime del giovane che lo stringeva con amorevole tenerezza.
Cieco finanche alla crudeltà del loro esecutore.
Raphael non parlò, ma strinse con forza l’ala di un altro angelo prostrato ai suoi piedi. Quest’ultimo piangeva sommessamente, il sangue che colava lungo il viso e le ali massacrate.
Sam Winchester baciò la guancia dell’arcangelo Gabriel, poi fece scorrere le labbra lungo la sua pelle morbida, sporca di sangue e Grazia perduta. Era il loro ultimo momento, l’ultimo respiro prima della morte. Sam voleva spenderlo nel migliore dei modi, e l’avrebbe fatto.
-Ti amo.-
Al che Gabriel spalancò gli occhi grondanti di lacrime e mentre la lama di Raphael compiva un arco luminoso nell’aria sporca dell’alba, l’arcangelo biondo sorrise flebilmente.
-Anch’io, cucciolotto.-
I due amanti si strinsero con forza, forti dinanzi alla morte che veniva a prenderli. Sam chiuse gli occhi, Gabriel premette il viso contro la sua spalla.
Da qualche parte, Bobby urlò e Sindragon uggiolò disperato mentre l’ennesimo angelo nemico gli trafiggeva una spalla, atterrandolo. Samael chiamò Gabriel a gran voce, innalzando al cielo il suo vero grido, intriso di sofferenza.
La luce esplose all’improvviso, così pura e accecante che perfino gli arcangeli furono costretti a coprirsi gli occhi.
Gli angeli che dal cielo stavano combattendo arretrarono feriti, interrompendo ogni genere di violenza mentre i Behemah Aqedà indietreggiavano, scuotendo il capo ed emettendo versi infastiditi.
Ci fu un’esplosione e una grande onda si propagò, allargandosi per miglia e miglia, oltre i campi di battaglia, avvolgendo tre quarti del pianeta.
L’aria irrespirabile fu spazzata via, sostituita da un vento pulito che profumava di fiori e aghi di pino; la terra bruciata rinsavì all’improvviso, ricoprendosi istantaneamente di fiori, edera, alberi e quant’altro la natura avesse mai potuto generare; l’acqua prosciugata dall’arsura della battaglia tornò a riempire i torrenti, pura e limpida come se l’uomo o il sangue non l’avessero mai inquinata; gli animali e le persone rimaste vittime della battaglia spalancarono gli occhi, traendo un profondo respiro traumatizzato, ma vivo come non lo sarebbe mai più stato in vita loro. Ogni cosa fu ricostruita, richiamata a una nascita nuova, migliore.
Sindragon si rialzò con un balzo dalla pozza di sangue che la ferita ormai rimarginata aveva causato. Intorno a lui, i Behemah Aqedà rimasti uccisi nella battaglia si rialzarono, sporchi ma sani, colmi di un’energia rinnovata che non li aveva mai colti prima di allora.
Samael sentì le ali ferite rimarginarsi, riassestando ogni osso, ogni squarcio e il suo corpo fu attraversato da un fremito vigoroso mentre un battito delle possenti appendici piumate lo liberava dalla presa di Raphael, restituendogli la libertà. Piantò le mani nel terreno improvvisamente coperto di fiori bellissimi che lui riconobbe con una punta di commozione: erano fiori del paradiso.
Samael spinse forte contro il terreno e si alzò faticosamente in piedi mentre alle sue spalle Bobby afferrava una spada angelica e si raddrizzava, incitato da quel fascio di luce.
Ogni creatura benigna, ogni fiore, ogni essere vivente fu attraversato da una beatitudine indescrivibile, una lucentezza meravigliosa che invase i loro corpi e le loro anime. Un mormorio basso e armonioso riempì l’aria, mescolandosi a un suono cristallino simile a una melodia antica e bellissima che riscosse la terra stessa, facendola fremere gioiosa.
Il sole cominciò la sua lenta scalata verso il cielo, ma nessuno prestò attenzione alla sua lucentezza. Tutti erano troppo occupati a rimirare una luce più forte, più pura concentrata su un unico punto, laddove due corpi defunti avevano riposato. Niente di così bello era mai stato visto da occhio umano e ultraterreno, al punto che diversi angeli componenti della schiera di Gabriel lasciarono cadere le armi e chinarono il capo al cospetto di quella luce che ricordavano di aver visto solo e soltanto una volta in vita loro: durante la nascita.
Quella luce era quanto di più vicino potesse essere attribuito all’aura di Dio stesso. Una nuova potenza, una nuova benigna entità era stata richiamata dal grido sofferente di troppe creature spezzate e mentre anche i Behemah Aqedà si prostravano dinanzi a tanta implacabile bellezza, la spada di Raphael si fermò a poca distanza dalla testa di Gabriel, improvvisamente risanato di ogni ferita.
L’arcangelo biondo levò lentamente lo sguardo, lacrimando davanti alla luce purissima che invadeva i suoi occhi. Continuava a coprire le palpebre di Sam con fare protettivo, ma lui, Gabriel, non riusciva a distogliere l’attenzione dalla presenza  all’apparenza umana alle sue spalle che bloccava semplicemente guardandola una possente spada da arcangelo.
-Raphael.- chiamò la creatura divina con voce ultraterrena che pareva sdoppiarsi in migliaia di altre voci melodiose ad ogni sillaba. Al solo udire la sua voce il sole splendette più forte, dissipando definitivamente le nuvole che avevano minacciato di coprirlo e gli altri angeli gridarono di giubilo.
Raphael lasciò cadere la spada con un grido straziato, coprendosi gli occhi con entrambe le mani. Samael si inginocchiò obbediente, chinando il capo mentre la creatura ultraterrena oltrepassava Gabriel con passo maestoso, le ali gigantesche ripiegate alle sue spalle.
-Chi sei tu?! Cosa vuoi?- urlò Raphael allarmato, indietreggiando ancora.
-Non mi riconosci, fratello?- rispose la creatura, diminuendo appena la luce che la attorniava.
Solo allora il volto dell’essere si palesò agli occhi stupiti dei suoi stessi fratelli. Scompigliati capelli scuri, occhi blu al cui interno si intravedeva il moto luminoso di migliaia di galassie, ali argentate che tuttavia adesso erano sei e non quattro come l’ultima volta. Il viso di Castiel non era mai stato così maestoso, così giudizioso e antico nella sua eterea bellezza. Il corpo adesso era avvolto da una magnifica armatura di cristallo dai riflessi d’oro le cui rifiniture argentate si intrufolavano in ogni placca, modellandola al fisico possente e snello allo stesso tempo che ricopriva. Ogni arabesco si avvitava in morbide volute fino a concentrarsi intorno al diamante incastonato nel collare rigido dell’armatura. Un diadema di cristallo che si intrecciava in piccole onde dalle rifiniture d’argento fasciava la fronte dell’angelo. 
Tra le braccia, stretto al petto come se fosse la cosa più preziosa del mondo, Dean giaceva svenuto ma privo di ferite. Il suo viso era sereno, quasi sorridente nell’incoscienza che lo costringeva all’immobilità.
Raphael si chinò lentamente, raccogliendo la spada con mano tremante.
-Non vincerai esercitando questi trucchetti contro di me, Castiel. Non ti farò vincere, fosse l’ultima cosa che faccio! Il Paradiso è mio!-
Detto questo, Raphael si scagliò contro Castiel. Gli altri angeli gridarono spaventati, i Behemah emisero una miriade di versi furiosi, ma il colpo dell’arcangelo non andò mai a segno. Raphael spalancò gli occhi e la bocca, sorpreso mentre il suo corpo si irrigidiva sotto gli occhi storditi di tutti.
Una piccola spinta ancora, e la lama luminosa di una spada gli trafisse il petto da parte a parte, fuoriuscendo dalla schiena. Raphael emise un flebile lamento, chinando il capo verso Gabriel, le cui dita stringevano ancora l’elsa della spada.  
-E con questo la partita si riapre, tesoro.- ringhiò contro il suo volto pallido. Con una torsione del polso, rigirò la lama nella ferita e Raphael, gettato il capo all’indietro gridò di dolore, costringendo Sam e Bobby a coprirsi le orecchie.
Ci fu una nuova esplosione di luce e il tramite dell’arcangelo si afflosciò contro il terreno, gli occhi spalancati, il volto esangue e rigido che solo la morte poteva donare.
Il tonfo del corpo che urtava il suono si ampliò nell’aria, coprendo il silenzio attonito che aveva aleggiato fino a quel momento. Gli angeli, i Behemah Aqedà e infine il mondo intero avevano puntato gli occhi sulla creatura divina che splendeva al fianco di Gabriel. Il pianeta attendeva il verdetto della battaglia, il massacro che sarebbe potuto seguire a un semplice schiocco di dita da parte del nuovo arcangelo.
Si sarebbe vendicato? Avrebbe scatenato la sua ira contro il mondo intero?
-Non tenerli sulle spine, fratello. Credo che sia ora di darci un taglio.- disse Balthazar, comparendo alla destra di Castiel. Era ricoperto di sangue e sporcizia, ma non presentava ferite di alcun genere.
-Balthazar…- mormorò Gabriel, oltrepassando Castiel con un balzo per stringere suo fratello tra le braccia. Affondò il viso nei suoi capelli biondo oro, ringraziando suo Padre per aver ascoltato le sue preghiere, per avergli restituito i suoi fratelli. Stavano bene, erano vivi… ogni cosa stava tornando al suo posto.
Con un sospiro, anche Balthazar ricambiò la stretta, sorridendo contro il collo pulsante di suo fratello. Si sentiva vivo, rinato e finalmente poteva assaporare il perdono definitivo di Gabriel. Ogni rancore era stato spazzato via.
Quando i due si separarono, guardandosi intensamente negli occhi, Castiel sorrise con fierezza e, adagiato Dean ai suoi piedi, appoggiò i palmi sulle fronti dei fratelli in un gesto di misericordiosa benedizione. All’istante una nuova ondata di benessere investì i due angeli, facendo rifulgere le loro ali come piccoli soli cangianti, luminosi, benigni.
La loro luce bagnò dolcemente un paesaggio nuovo, ormai dimentico delle atrocità della battaglia: la vita era tornata a respirare in ogni angolo di quella terra prima arsa dal dolore della morte, e ogni malvagità era stata ripulita da una nuova rinascita.
Alla fine, Castiel levò lo sguardo sugli altri angeli, che rabbrividirono davanti alla giudiziosa antichità dei suoi occhi. Alcuni indietreggiarono. Altri, quelli appartenenti alle schiere di Raphael, tentarono di fuggire ma scoprirono che qualcosa bloccava i loro poteri, impedendogli la fuga.
-Adesso basta, fratelli miei. Non abbiate paura, sono sempre io e non vi farò del male. Avete dimenticato? Avete lasciato andare il vero significato della nostra esistenza così facilmente? Nostro Padre ci ha creati per ricordare la pace e la beatitudine, dunque perché combattete per la guerra? Avete occhi per guardare, labbra per scusarvi e braccia per stringervi a vicenda. Non trasformate tali strumenti in marchingegni di morte, ma ricordate anzi che è giusto inseguire la pace e mantenerla, perché soltanto la pace potrà donarvi i cieli per volare.  La guerra vi spezzerà le ali, inginocchierà il mondo. È per questo che noi esistiamo, per ricordare all’uomo che non sono necessarie le ali per volare finché si avrà un cuore per amare. Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio. Ricordatevi che siete fratelli, perciò amatevi, guardatevi negli occhi e ricordate a voi stessi e agli altri che la sincerità di un abbraccio troverà la vittoria contro una mano aperta in uno schiaffo. Guidate il mondo, osservate nei vostri cuori perché la pace inizia da voi.-
Gli angeli si guardarono tra loro, in completo imbarazzo. Davanti al freddo rimprovero di Castiel ognuno di loro si sentì piccolo e stupido. Improvvisamente le spade macchiate di sangue sembravano soltanto armi di peccato e non più di gloria vendicativa, così come le ali sporche del sozzume della battaglia parevano trasformate in pesanti marchingegni di morte, anziché di libertà. Poco a poco le piume si ammorbidirono, perdendo ogni affilatura e ritrovando la sofficità di zucchero filato. Le mani armate lasciarono cadere le spade, gli sguardi d’odio si riempirono di lacrime colme di paura e rimorso.
Alcuni angeli singhiozzarono come bambini, altri ancora soffocarono i singhiozzi premendo le mani contro le labbra schiuse, gli occhi sigillati con forza nel vano tentativo di trattenere le lacrime. Alcune gocce cristalline piovvero dai loro volti, caddero nel vuoto e toccarono terra, dando vita a un fiore dal biancore puro, delicato.
I Behemah Aqedà si guardarono l’un l’altro, interdetti. I denti fino ad allora scoperti in ringhi feroci si nascosero dietro i musi finalmente rilassati, i volatili ripiegarono gli artigli e chinarono il capo, ripulendosi i becchi sporchi di sangue contro le piume.
Alle parole di Castiel la guerra aveva finalmente capitolato.
L’arcangelo si inginocchiò accanto al corpo di Dean e, levato il busto inerme del cacciatore, gli sfiorò la fronte con il palmo di una mano. Allora Dean esalò un profondo respiro e si aggrappò al braccio di Castiel, spaventato, mentre un respiro affannoso gli riempiva i polmoni.
-Dean!- esclamò Sam, correndo da suo fratello. Castiel diminuì l’afflusso di luce che emanava per consentire ai due fratelli di aprire del tutto gli occhi.
Sam si lanciò letteralmente su suo fratello, il quale emise una serie di imprecazioni poco colorite che fecero sorridere Balthazar, Castiel e Gabriel. I due angeli biondi afferrarono il fratello e lo costrinsero a rialzarsi per cingergli le spalle in una stretta fraterna. Indietreggiarono per lasciare spazio ai due Winchester, che adesso si stringevano con forza, gli occhi serrati per impedirsi di piangere. Dean tremava, ma nessuno avrebbe saputo dire se di commozione o di paura.
-Bel discorso, fratellino.- sussurrò Gabriel, sciogliendosi dall’abbraccio di Castiel. Ammiccò soddisfatto mentre Sindragon li raggiungeva di corsa e balzava addosso al nuovo arcangelo, leccandogli la faccia con fare gioioso. Castiel rise, una risata nuova, felice, che fece fremere la terra e nascere nuovi fiori.
Bobby avanzò lentamente, guardando Dean e Sam con un accenno di occhi lucidi. Li raggiunse e attese pazientemente che entrambi si separassero dall’abbraccio per guardarlo felici, soddisfatti e finalmente riuniti. Bobby tese una mano a Dean, sorridendo da sotto il berretto malandato che tuttavia sapeva di casa.
-Bentornato… idiota.-
Dean sorrise e afferrò la mano di Bobby, che lo trasse in piedi con uno strattone e gli rifilò una pacca sulla spalla. Chinò il capo per nascondere gli occhi lucidi dietro il berretto e fece un passo indietro, imitato da Sam.
Finalmente gli occhi verdi di Dean cercarono quelli blu zaffiro di Castiel e quando li trovarono, il ragazzo rimase senza fiato: tre paia d’ali, un paio più grande e bello dell’altro, svettavano alle spalle della figura gloriosa e luminescente dell’angelo. C’era qualcosa di diverso in Castiel, una nuova antichità e una nuova bellezza che gli illuminava gli occhi e il viso di luce propria.
Non ebbero bisogno di parole, semplicemente perché sarebbe stato inutile parlare. Dean spiccò una corsa e si lanciò tra le braccia del suo angelo, stringendolo con forza e con tanto amore che la lucentezza di Castiel aumentò di nuovo. Senza preoccuparsi degli sguardi di tutti puntati su di loro, Dean trascinò Castiel in un bacio senza tempo, uno sfiorarsi bisognoso di labbra, come se da quel contatto entrambi respirassero. Si strinsero con forza, incastrando i corpi come pezzi perfetti di un bellissimo puzzle. Le ali argentate di Castiel si spiegarono lentamente, in tutta la loro gloriosa grandezza, richiamando la luce del sole e della luna che si racchiuse in ogni piuma lucida, luminosa, pura.
Balthazar e Gabriel fischiarono mentre i Behemah Aqedà intorno a loro scoppiavano in un coro di approvazione degno di uno zoo. I cavalli, le zebre e le gazzelle sbatterono a terra gli zoccoli possenti; i leoni e gli altri felini innalzarono al cielo un coro di ruggiti e miagolii; i volatili stridettero con forza. Sindragon e gli altri cani uggiolarono.
Infine, mentre gli angeli si stringevano a vicenda in un abbraccio intriso di scuse e di perdono, riflettendo una rinnovata luce benigna dalle ali ripulite di ogni traccia di malvagità, Gabriel si chinò a raccogliere da terra il collare con il campanellino e raggiunse Sam. Gli tese la fascia di cuoio con un sorriso, ma il cacciatore la ignorò, preferendo gettare le braccia al collo del suo arcangelo con tanto slancio che i due rotolarono nell’erba, ridendo come due bambini.
Sam baciò Gabriel con trasporto, arpionandosi ai fianchi coperti dall’armatura. Si aggrappò al senso di vita che gli trasmetteva quel corpo, beandosi della bassa risata che Gabriel imprimeva in quel bacio. Ogni pezzo era scivolato finalmente al suo posto, ogni tassello si stava lentamente risanando.
Lentamente, con cautela, Gabriel fece scivolare entrambe le mani al collo di Sam e quando congiunse le dita uno scampanellio gli fece riaprire gli occhi.
-Sarò sempre qui.- gli ricordò Gabriel, sfiorando il campanellino con un tocco leggero. Sam sorrise e affondò il viso nei suoi capelli in un gesto tenero.
Dal canto suo, Samael non riusciva a staccare gli occhi dai corpi di Dean e Castiel, ancora stretti in un abbraccio colmo di dolcezza e amore. L’arcangelo aveva cinto il cacciatore con le ali argentate premendoselo addosso con fare protettivo e aveva premuto le labbra contro la sua fronte mentre un Dean finalmente rilassato chiudeva gli occhi, abbandonandosi a un sorriso.
-Credo tu abbia capito i sentimenti di mio fratello.- disse Balthazar, affiancando Samael. L’angelo dalle ali di bronzo sorrise amaramente.
-Non nascondo l’amarezza che provo, ma dopotutto non credo di aver voce in capitolo.-
-No, infatti.-
-Be’, a questo punto non mi resta che fingermi felice per loro. I miei sentimenti per Castiel tuttavia, non cambieranno.-
Balthazar annuì con un mezzo sorriso sulle labbra, accettando la decisione di Samael.
-A questo proposito…- si intromise Gabriel, riemergendo dalle sue effusioni. Si staccò faticosamente da Sam e raggiunse Samael. A sorpresa, appoggiò il pollice e l’indice sulle tempie dell’angelo, che sbarrò gli occhi stupito mentre una luce candida emanava dal contatto, accarezzandogli la fronte. Alla fine Gabriel allontanò la mano e annuì, soddisfatto. -… bentornato a casa, fratello.-
Samael si premette una mano sulla bocca, annuendo commosso. Le sue ali erano tornate leggere e finalmente libere dalla maledizione di Gabriel. Poteva tornare a casa.
Castiel si separò da Dean e gli accarezzò una guancia, perdendosi negli occhi smeraldini dell’altro. Sorrise prima di sfilarsi il diadema dal capo. Lo soppesò per qualche istante, poi lo adagiò sulla testa di Dean, che sbarrò gli occhi e toccò il freddo e leggerissimo metallo con fare stupito. Dal diadema emanava una leggera luce celestiale che Dean riconobbe come un’emanazione della Grazia di Castiel.
-Che Dio ti benedica, Dean Winchester, e che ogni passo lungo la tua strada possa essere guidato da quanto di più puro ti comanda il cuore. In nome di mio Padre, io ti ringrazio a nome dell’intero Paradiso e ti affido l’amicizia e la protezione degli angeli. Quando più ne avrai bisogno, i miei fratelli saranno pronti a difendervi.-
Contemporaneamente, anche Gabriel si sfilò il diadema dal capo e lo pose intorno alle tempie di Sam, e lo stesso fece Balthazar con Bobby. Gabriel sorrise e ammiccò allo sguardo stupefatto di Sam, mentre Balthazar si limitò a indietreggiare di un passo.
A quel punto, Sindragon sopraggiunse e sedette compostamente accanto a Dean, scrutando Castiel con occhi blu molto simili a quelli dell’angelo. Castiel tese una mano, sul cui palmo si appoggiò all’istante la zampa del cane in una bizzarra stretta di mano.
-Proteggili.- disse semplicemente Castiel, chinandosi a baciare la fronte del Behemah Aqedà.
Nello stesso istante, Gabriel si voltò lentamente verso Sam, che lo guardò allarmato. –C… cosa significa?- chiese, interdetto. Gabriel sorrise debolmente e lo strinse con vigore, incapace di guardarlo in viso.
-Cass, che vuol dire?!- esclamò Dean, alzando la voce.
-Vuol dire che  adesso il Paradiso è messo a soqquadro e ha bisogno di noi. Io e Gabriel siamo arcangeli, la giurisdizione di molte leggi spetta a noi e se non teniamo la situazione sotto controllo rischiamo che si crei un nuovo Raphael. Non ci vedremo per molto tempo.-spiegò Castiel con una punta di tristezza.
-Non se ne parla!- esclamò Dean, afferrando il braccio di Castiel. –Tu sei il mio angelo, ho bisogno di te!-
-Ci saranno altri angeli a occuparsi di voi quando ne avrete bisogno.-
-Non me ne fotte un cazzo degli altri angeli! Io…- la voce di Dean si spense in un sussurro esausto. Il cacciatore chinò il capo, chiudendo gli occhi. Non riusciva a parlare, qualcosa gli ostruiva la gola, bloccando il flusso di parole che avrebbe voluto esprimere. Cass doveva sapere, doveva accorgersi quanto fosse importante per lui, e forse così non lo avrebbe abbandonato.
Castiel gli appoggiò una mano sulla nuca e gli spinse il capo contro la sua spalla. Dean si aggrappò all’armatura, serrando forte le palpebre per impedirsi di piangere davanti a tutti. Lui era Dean Winchester, non poteva lasciarsi andare ad inutili sentimentalismi… vero?
Tuttavia, non poteva ignorare le ragioni di Castiel. Quello stupido angelo aveva ragione, il Paradiso aveva bisogno di lui e sarebbe stato ingiusto ignorarlo. Tutti quegli angeli adesso erano molto instabili e non avrebbero potuto fare a meno dei loro arcangeli, non in quel momento. Era giusto riportare l’ordine e la giustizia. Forse il loro percorso aveva sempre voluto condurli a questo, forse il traguardo era sempre stato diverso per tutti loro. Alla fine le strade si dividevano.
-Una volta un saggio disse che l’amore vero lascia impronte da seguire sulla strada della vita. Segui le mie, Dean: esse ti condurranno a me, ma non dimenticare che se ti guardi intorno, potrai sempre scorgere tracce del mio passaggio e ricordare che non ti ho mai abbandonato. Ho promesso di restarti accanto, e non mancherò alla mia parola. Non mi vedrai, ma non saprò abbandonarti. Non sei solo.-
Dean annuì debolmente contro il suo petto, incapace di parlare. Infine gli toccava arrendersi. Se si ama una persona, bisogna sapere quando è il momento di lasciarla andare, e per Dean era arrivato questo momento. Castiel doveva essere libero e lui doveva imparare a riconoscere la sua presenza quando sarebbe stato necessario.
Alle loro spalle, Gabriel e Sam si baciavano con dolcezza, accompagnati dal basso tintinnare del campanellino appeso al collo del cacciatore. Si separarono appena per guardarsi negli occhi. Con stupore, Sam vide le iridi di Gabriel farsi liquide di pianto e chiudersi mentre l’arcangelo si mordeva le labbra per trattenere un piccolo singhiozzo.
-Piangi?- chiese allora Sam, sorridendo intenerito. Gli accarezzò una guancia e lo costrinse a guardarlo in faccia. –Il tempo passa in fretta per noi, sai, Gabriel? Ci rivedremo presto. Lo so perché non manchi mai alla parola data, lo so perché mi fido di te e perché questo campanello mi ricorderà che ci sei ogni volta che lo sentirò tintinnare. Saprò aspettarti e quando sarà il momento… torna da me.-
Al che Gabriel singhiozzò più forte e strinse a sé quella piccola parte di se stesso che non avrebbe mai voluto lasciare indietro. Appartenevano a due mondi diversi, eppure in entrambi c’era un po’ di entrambe le razze.
Le ali di Gabriel appartenevano a Sam.
Il sorriso e la vita di Sam erano affidati a Gabriel.
Entrambi percorrevano la stessa strada e, anche se questa si divideva più e più volte, loro avrebbero sempre saputo ritrovarsi, e in questo confidavano ciecamente. Quel piccolo campanellino, dopotutto, avrebbe ricordato a entrambi che c’era un domani per chi come loro, nel domani ci credeva davvero.
-Fratelli- chiamò Balthazar, sopraggiungendo alle loro spalle. -… dobbiamo andare.-
Gabriel e Castiel si separarono da Sam e Dean, senza tuttavia smettere di guardarli. Nei loro occhi si riflesse lo specchio di una miriade di emozioni, un miscuglio di amore e soddisfazione che riempì i due ragazzi di orgoglio e fiducia. Sarebbe andato tutto bene, lo sapevano e per la prima volta si sentivano in grado di sperarci.
A uno a uno, angeli e Behemah Aqedà cominciarono a sparire, accompagnati da un basso frullio d’ali. Il cielo si sgombrò dei mille riflessi cristallini provenienti dalle piume degli altri angeli e poco a poco il sole tornò ad essere l’unica e più potente luce presente.
Bobby affiancò Dean e Sam, poggiando le mani sulle loro spalle mentre Gabriel, Balthazar, Samael e Castiel indietreggiavano di un altro passo. Samael si portò due dita a una tempia in una sorta di saluto giovale, ma gli altri tre angeli non ebbero bisogno di gesti o parole per esprimersi: ogni cosa non detta si racchiuse nei loro sguardi e mentre le ali sbattevano in un unico grande battito, un’aria profumata di dolci e aghi di pino appena spiccati investì i tre umani e il cane accomodato al loro fianco.
Davanti agli occhi di coloro che rimasero, il sole irradiò sul mondo una luce nuova, rinata dalle ceneri di una battaglia vinta col semplice dono della pace.
§§§
“ Passerà molto tempo prima che la piccola Mary riacquisti totalmente la parola, quantomeno abbastanza per aiutare i tre cacciatori a rintracciare sua madre. Dean perderà ore intere per convincerla a non spiattellare ai quattro venti dell’esistenza degli angeli, ma alla fine Mary l’ha costretto a promettergli di chiamarla non appena Castiel si farà vivo. Chissà, ho come la sensazione che il nostro angelo dagli occhi blu abbia una fan non molto gradita da Dean.
A questo punto ritengo più che difficile tirare le somme. Il mondo forse rimarrà indifferente a questo scritto, o forse ancora, nessuno lo leggerà mai. Le possibilità che questo passi inosservato sono infinite, eppure la verità è tutta scritta qui, attraverso parole messe in fila su carta bianca. Non tutti mi daranno credito e alcuni forse mi crederanno pazzo, ma finché anche un solo paio d’occhi sarà stato capace di leggere e apprendere ciò che accadde e ciò che fu, saprò che ogni mia fatica non sarà stata vana.
Il mondo vive attraverso ferite inguaribili e respira di ansiti affaticati mentre passo dopo passo il pianeta si deteriora. La gente ha vissuto la guerra e ha assaporato la pace, ma tutt’oggi ricorda che il sole esiste per tutti. La luce sarà sempre lì dietro le nuvole che, per quanto fitte, non sapranno mai soffocare l’alba di un nuovo giorno. C’è chi saprà aspettare. C’è chi saprà rivolgere gli occhi al cielo in attesa che il sole sorga e c’è ancora chi saprà aiutarlo a sorgere.
Sam e Dean hanno capito e adesso viaggiano in auto con i cuori leggeri e un grosso cane nero sdraiato sui sedili posteriori. Dean ancora si lamenta di tutti i peli che Sindragon potrebbe perdere, ma ormai nemmeno Sam gli dà più credito, ben consapevole di quanto suo fratello sia affezionato al cane dagli occhi blu. Ogni notte, anche con la tempesta più nera intenta a imperversare all’esterno, Sam e Dean lasciano sempre una finestra aperta e un piatto di caramelle appoggiate sul davanzale. Molto spesso alcuni dolciumi scompaiono e questo fa sorridere il giovane Sam, il quale non manca mai di accarezzare un buffo campanellino che porta sempre appeso al collo.
Attendono, i due Winchester. Attendono che la loro alba arrivi a rischiarargli le giornate. Attendono, ma non dimenticheranno mai di ricordare a loro stessi che la vera luce non li ha mai lasciati e che, invisibile o no, rischiarerà per sempre il cammino della loro vita.
A questo punto mi pare superfluo continuare a scrivere, no? Adesso sta a voi imparare, crescere e ricordare sull’insegnamento di Sam e Dean. Adesso sta a voi capire che la pace, così come l’amore, non è un sogno. Entrambi possono diventare realtà, ma per custodirli basta semplicemente imparare a sognare.
Non è poi così difficile, no? ”
 
-Oh, non è romantico?- cinguetta la cameriera di uno sperduto locale nei pressi di Lawrence, premendosi una mano sulla bocca. Ha le lacrime agli occhi e le dita strette sulla copertina finemente decorata di un libro appena chiuso.
-Oh, piantala Sherl! Se continui a starnazzare così spaventerai i clienti.- la ammonisce la sua collaboratrice, una ragazza minuta dai grandi occhi scuri. Non lo ammetterà mai, ma ha ascoltato parola per parola l’ultimo capitolo letto ad alta voce da Sherl su gentile richiesta di un cliente seduto al bancone.
Adesso quello stesso cliente, un uomo dal viso nascosto dal cappello a larga falda che indossa, sembra essersi finalmente rilassato sulla sedia e beve con gusto il caffè bollente che ha ordinato. Ci sono pochi clienti, ma nessuno fa caso a quello strano uomo abbigliato in giacca e jeans chiari. Nessuno, a parte le uniche due cameriere che dal primo istante sono rimaste affascinate dal dolce suono della sua voce.
L’uomo si era seduto al bancone e, appena ha notato una delle due cameriere intenta a rimirarsi le unghie per mancanza di clientela e quindi di mansioni da svolgere, le aveva teso quel libro chiedendole gentilmente di leggergli l’ultimo capitolo. Lei non se lo era fatto ripetere due volte e adesso stringe con emozione il tomo dalle pagine sottili, fragili, ma colme di parole concrete e dure come marmo. I suoi occhi chiari, colmi di immagini viste in quello stesso racconto, sembrano rivivere ancora attraverso i momenti passati dai bizzarri personaggi della storia.
Sono creature immaginarie, incise tra le pagine di un libro, ma alla piccola Sherl sembra quasi di verderli:
Gabriel, con il suo solito lecca lecca stretto tra le labbra e il sorriso scanzonato di chi non ha una preoccupazione al mondo.
Castiel, il cui atteggiamento composto è sempre pronto a sciogliersi davanti a un pericolo pronto a minacciare il suo umano.
Dean e Sam, con la loro intraprendenza e i caratteri opposti che spesso li spingono a fare a pugni tra di loro come fanno tutti i fratelli.
Bobby, il caro vecchio, burbero cacciatore che tuttavia non risparmia mai un aiuto al prossimo.
Balthazar, l’angelo pronto a riconoscere i suoi errori, pronto a correre in soccorso dei fratelli che ama.
Samael, l’angelo penitente alla perpetua ricerca del perdono.
Sindragon e Mary, i cui gesti silenziosi hanno avuto il potere di smuovere cuori e intere montagne.
Finanche Raphael mancherà alla giovane lettrice che adesso appoggia il tomo sul bancone, davanti allo straniero. Lui guarda il libro, sorride sghembo e infine si alza. Getta un paio di monete sul ripiano di legno e si avvia alla porta con passo leggero, le mani in tasca e il capo chino.
-Ehi, aspetta! Hai lasciato qui il tuo libro!- esclama Sherl, sventolando il tomo con un sorriso.
Una violenta folata di vento spalanca la porta del locale, scompigliando i capelli dei clienti e delle stesse cameriere, che si premono le mani sulle gonne della divisa. Il cappello dello straniero si libra per aria e atterra accanto al libro, attirando l’attenzione delle due cameriere, che levano lo sguardo verso la morbida capigliatura bionda dell’uomo. Questi si volta appena, scrutando Sherl con un ridente quanto luminoso occhio verde dorato e ammicca silenzioso prima di uscire.
Un raggio di sole investe la soglia e Sherl quasi non comprende cosa la spinge ad afferrare il libro con forza prima di imboccare l’uscita a sua volta. Si ferma sulla soglia, ferita dalla violenta luce mattutina e si scherma gli occhi con una mano. Volta appena il capo, corrucciando le sopracciglia, ma un nuovo riflesso di luce attira la sua attenzione, spingendola a schiudere le palpebre.
Lo straniero si sta allontanando attraverso il parcheggio, al limite del quale attendono silenziosi altri tre uomini. Uno di loro, quello appoggiato alla ringhiera che cinge il parcheggio, ha luminosi occhi eterocromi mentre al suo fianco un biondino dall’aria scanzonata sventola una mano all’arrivo dello straniero. Il terzo uomo, immobile nella sua posizione di staticità, indossa un largo trench e sfoggia due grandi occhi blu zaffiro.
Sherl rimane interdetta davanti alla presenza di quei quattro individui. Le ricordano qualcuno, ma non riesce a ricordare esattamente chi…
All’improvviso però, un nuovo e più potente raggio di luce bagna i loro corpi e per qualche istante Sherl intravede delle grandi ombre eteree stagliarsi maestose alle spalle dei quattro sconosciuti.
Sherl scrolla violentemente il capo incredula, ma quando torna a guardare il parcheggio, lo trova deserto. Avanza di qualche passo un istante prima che una nuova folata di vento le scompigli i capelli, facendo ondeggiare qualcosa di immensamente grande e luminoso. La piuma dorata e lunga quanto un braccio umano ondeggia morbidamente scossa dal vento, scivola davanti agli occhi di Sherl ed evapora qualche istante prima di toccare terra.
La ragazza incespica, cade all’indietro con un’esclamazione sorpresa e il libro che stringe tra le mani urta l’asfalto, aprendosi all’ultima pagina dove dinanzi alla scritta “FINE” alberga un grande, sinuoso punto interrogativo tracciato a matita da una mano invisibile.

Fine…?


Angolo dell’autrice:
Mi ero ripromessa più volte che durante i ringraziamenti finali non avrei pianto. Be’, tentativo fallito. Credo che a questo punto non siano più necessarie precisazioni e lo stesso Gabriel si è chiuso in bagno a piangere come una ragazzina…
Gab: NON E’ VERO!!!
Gabriel, mi hai allagato il bagno! E posa quel dvd di Titanic, da dove l’hai preso?
Gab: l’ha comprato Balthazar per tentare il suicidio. Adesso che la storia è finita non sa più come occupare il tempo.
……………………………………………………………….
Gab: torno in bagno… buaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah
Dunque, credo… credo che a questo punto sia di dovere dirvi che sì, mi sono affezionata a voi e a questi personaggi, per quanto antipatici e inesatti. Lo stesso Raphael mi mancherà, credo. Quindi ho deciso di continuare, per vostra sfortuna.
Me lo fate un sorriso, adesso?
No, non abbandonerò così Dean e gli altri e non abbandonerò nemmeno voi. Per quanto premetta che questa storia sia ufficialmente conclusa, il suo seguito è già in cantiere, e se voi vorrete lo pubblicherò. Se ne avete abbastanza cancellerò quel punto interrogativo tracciato dal nostro Gabriel, altrimenti dopo quello stesso punto scriverò un continuo.
A questo punto non mi resta che… ringraziarvi. Ringrazio voi che avete messo la storia tra i preferiti, voi che l’avete seguita e più di tutti, voi che l’avete recensita con pazienza, affetto e bontà d’animo. A tutti voi dedico questa storia, per quanto povera e per quanto poveri, dedico i miei sforzi.
Ammetto tuttavia di aver scritto questa storia con un obbiettivo più che preciso. Volevo ricordare a voi e a me stessa che anche nei momenti difficili il sole esiste. Ci saranno le nuvole, cadrà la pioggia e farà freddo, ma non dubitate mai che il domani di un sole dorato è destinato a spuntare per tutti voi.


Quando siete tristi, pensate a come Gabriel abbia affrontato l’ira dei fratelli a testa alta, affidandosi a un piccolo cacciatore umano che per quanto fragile ha saputo aiutarlo.
Quando avete paura, pensate a come Castiel sia riuscito ad affrontare i suoi incubi peggiori.
Quando siete arrabbiati, pensate a come Balthazar sia riuscito a scavalcare l’odio di Gabriel e il risentimento di Castiel per proteggerli.
Quando siete insicuri pensate a Sam e Dean, alla loro sicurezza e al legame che li lega. Ricordate come abbiano saputo rialzarsi, spalleggiarsi a vicenda e siano riusciti ad andare avanti, seppur zoppicanti con le loro ferite.
Quando sbagliate, sappiate tornare sui vostri passi come Samael, pronto a sacrificarsi per Castiel nonostante la rabbia che l’angelo abbia provato nei suoi confronti.
Infine, quando accadono cose brutte capaci di mettervi in ginocchio, affidatevi alla vostra semplicità e alla vostra innocenza come hanno fatto Mary e Sindragon. Sappiate rialzarvi quando necessario, e sappiate rialzare coloro che cadono.
Infine, ricordate sempre che gli angeli, per quanto invisibili e incorporei, sono qui e passo dopo passo costruiscono al vostro interno un piccolo paradiso personale. Sappiate trovarlo, sappiate aiutare chi non è stato capace di farlo e allora anche voi spiegherete ali brillanti di luce pronte a innalzarsi in favore di ciò che è veramente importante.


Detto questo chiedo umilmente scusa per la mia incapacità di ringraziare individualmente coloro che mi hanno accompagnato durante questo percorso, ma… spero di ritrovarvi nella prossima storia, così come spero di non avervi deluso.
Ringrazio dunque:
sososofia Fallen angel 4 Love Sherlocked Demigod xena89  per le ultime recensioni lasciate. Vi ringrazio, ringrazio i vostri incoraggiamenti e l’energia con la quale avete lasciato ogni singolo commento insieme a tanti altri angioletti che hanno permesso l’avanzare di questa storia. Ci tengo ad aggiungere che sì, grazie a voi anche il libro che sto scrivendo sta prendendo lentamente forma e per me questo è immensamente importante perciò… grazie. Non posso aggiungere altro perché sarebbe inutile, un grazie di cuore e con le lacrime agli occhi vale ogni stupido discorso che potrei inalberare.
Grazie.


Tomi Dark Angel

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