Cuore e Battaglie

di drawandwrite
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una sorpresa inaspettata. ***
Capitolo 2: *** Non sei così dura come dimostri di essere. ***
Capitolo 3: *** Battaglia al buio ***
Capitolo 4: *** Rivelazione. ***
Capitolo 5: *** Ha capito. ***
Capitolo 6: *** Cosa possiamo fare? ***
Capitolo 7: *** Problemi. ***
Capitolo 8: *** Le sorrise -Nagisa, non ho paura- ***
Capitolo 9: *** Amico? ***
Capitolo 10: *** Il coraggio di Nagisa. ***
Capitolo 11: *** –Muoviti- le disse –Dobbiamo combattere- ***
Capitolo 12: *** Cure Black, sbrigati! ***
Capitolo 13: *** Scontro decisivo. ***
Capitolo 14: *** Lieto Fine. ***
Capitolo 15: *** Finalmente. ***



Capitolo 1
*** Una sorpresa inaspettata. ***


La campanella segnò la fine dell'ora di matematica e ,al contempo, la fine del pisolino di Nagisa. La ragazza aprì gli occhi, e si rizzò a sedere. Solo quando una sua compagna le assestò una sonora pacca sulla schiena, si svegliò completamente.
-Ahia!- protestò Nagisa
-Sveglia, bell'addormentata- rise Shino, la sua compagna. 
Rina, al suo fianco, scoppiò a ridere -Hai il segno del banco- esclamò, indicando la fronte di Nagisa
La ragazza si tastò la fronte e si immaginò una chiazza rossa laddove si era appoggiata. 
-Uffa, non lo faccio apposta! Ma matematica è così noiosa!-
-Oh, si. I tuoi risultati lo dimostrano- replicò Rina -Be' noi andiamo, ci vediamo domani!-
Nagisa salutò le amiche e cacciò astuccio, diario e quaderno nella sua borsa.
Si alzò e, stiracchiandosi, cercò la sua amica Honoka. 
La vide che già stava uscendo dalla classe.
-Ehi, Honoka!- la chiamò, sbracciandosi per farsi notare.
Lei si fermò sull'uscio e le sorrise.
-Dimmi-
Nagisa la raggiunse -Senti, sei libera oggi pomeriggio?- 
Honoka corrugò la fronte, riflettendo -A dire la verità avrei già un impegno...-
Nagisa si rattristò -Ah... be' sarà per la prossima volta-
-Aspetta, forse riesco a liberarmi. Cos'avevi in programma?-
-Ehm.. volevo chiederti aiuto per Matematica. Sai che, be' ... ho qualche problemino-
Honoka rise -Be' oggi avrei dovuto...- si bloccò, perdendosi con lo sguardo. 
Nagisa la guardò -Honoka?- 
L'amica si riscosse e s'illuminò -Nagisa, ci vengo volentieri. Chiamami dopo pranzo per farmi sapere quando posso venire.-
Nagisa, disorientata dall'improvviso cambio di idea, si limitò ad annuire.
-scusa, devo scappare- sorrise Honoka. E corse via.
Nagisa rimase sull'uscio con un sopracciglio alzato. Infine si strinse nelle spalle e tornò a casa.

Il telefono di casa squillò.
-Rispondo io, nonna!- urlò Honoka dalla sua camera. 
Raggiunse frettolosamente il telefono e alzò la cornetta.
-Pronto?-
-Ciao, Honoka! sono Nagisa-
-Dimmi-
-Per te andrebbe bene fra mezz'oretta a casa mia?-
-è perfetto!- 
-D'accordo. A dopo allora-
-A dopo.-
Honoka riattaccò e si preparò per uscire. 
-Esci, cara?- Chiese sua nonna, dal soggiorno.
-Si, nonna-
-Vai dalla tua amica?-
-No, prima ho qualcosa da fare. Ma non ti preoccupare sarò di ritronro entro cena.-
-Come preferisci-
Si salutarono e la ragazza uscì.

-Chi stavi chiamando?- Chiese Rye mentre si preparava per il lavoro.
-Ho chiesto a Honoka di aiutarmi in matematica oggi pomeriggio-  Rispose Nagisa
La madre la guardò con aria ironica -Non ti illudere Nagisa, quella ragazza non può fare miracoli- scherzò
-Non è molto incoraggiante da una madre- Replicò lei.
La madre rise e scomparve nel corridoio.
Nagisa si sedette in soggiorno e accese la TV a volume basso.
-Mi raccomando, prenditi cura di Ryota mentre non ci sono- La voce di Rye giunse attutita dai muri. 
-Non ti preoccupare- Urlò Nagisa per farsi sentire.
In quello stesso istante comparve Ryota dalla sua camera. 
-Cosa? Nagisa mi avvelenerà con la cena!- piagnucolò 
La ragazza gli lanciò un'occhiataccia -Attento a quello che dici, microbo- 
Il fratellino scappò via, in cerca della madre.

Il capanello suonò. 
-Vado io- Urlò Nagisa.
Questa dev'essere Honoka Pensò.
Ma quando aprì la porta si bloccò come una statua.
-Ciao, Nagisa- Esordì Honoka -Oggi sarei dovuta andare a studiare con Shogo. E dato che mi hai fatto la stessa proposta, ho colto l'occasione per fare qualcosa insieme! Non ti dispiace, vero?- 
Nagisa cercò di forumlare una frase che avesse senso, anche se dubitava di avere un'espressione molto intelligente, in quel momento.
-Eh? Ah... Ehm...- 
Honoka le sorrise, incoraggiante.
Nagisa  si riprese dalla sorpresa -No, certo che no.- Disse tutto d'un fiato.
Aprì la porta e fece entrare i due amici. Quando la richiuse, pensò che quella sarebbe stata una lunga giornata.

Rye uscì in corridoio agitata e, accidentalmente, urtò Honoka. 
La madre si voltò -Oh, scusami cara! Non ti avevo vista!- 
-Non si preoccupi- Rispose Honoka con un sorriso.
Lo sguardo di Rye si posò su Shogo -Non mi avevi detto che ci sarebbe stato anche un ragazzo, Nagisa-
-Mi scusi, ma non era previsto- Disse lui.
-E' il ragazzo di Nagisa- Intervenne Ryota strillando.
La ragazza lo incenerì con lo sguardo -Chiudi il becco, Ryota- Sibilò tra i denti.
Il fratellino urlò terrorizzato e si nascose dietro le gambe di Rye.
La madre alzò le sopracciglia ma non disse nulla. Si limitò a guardare l'orologio da polso, ad esclamare che era in ritardo e ad uscire in fretta e furia.

Honoka chiese dove potessero mettersi a studiare. 
-Ehm .. Avevo previsto in camera mia, ma ora che siamo in tre forse è un po' stretta- Rispose lei 
-Nagisa, sei sicura che non ti dispiaccia il mio arrivo improvviso? Posso sempre...- Cominciò Shogo
-NO!- reagì lei -Voglio dire, ehm ... sei il benvenuto- Concluse cercando di nascondere il suo imbarazzo.
-La tua camera andrà bene. Noi possiamo sederci anche a terra, giusto?- Intervenne Honoka.
-Giusto- concordò lui sorridendo.
-Si, si .. d'accordo. Voi cominciate ad andare io intanto... si, be' .. vado da Ryota. Si ... ecco. Vado.- farfugliò Nagisa. 
Honoka fece strada a Shogo.

Nel frattempo Nagisa si assicurò che il fratellino stesse bene. 
-Se hai bisogno di qualcosa chiama, siamo in camera- 
-Perchè non posso stare con voi?- Piagnucolò il bambino
-Perchè no!- ringhiò la sorella.
-Ma io voglio conoscere il tuo ragazzo!- 
-Non è il mio ragazzo! E adesso chiudi il becco e NON uscire dalla tua camera!- 
Chiuse la porta e fece un profondo respiro. 
-Non sei contenta-Mepo?- la sorprese una vocina.
-Certo che lo sono mepple, ma..-
-ma..-mepo?-
-ma è come tutte le altre volte. Quando c'è lui mi blocco e non ragiono più- 
Mepple stava per rispondere ma si zittì quando sentì dei passi.
-Nagisa, stai bene?- chiese Shogo, mentre scendeva le scale di camera sua. 
Lei si irrigidì -Si, arrivo- 
E insieme raggunsero Honoka.








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Capitolo 2
*** Non sei così dura come dimostri di essere. ***


Nagisa e Shogo entrarono in camera, ricongiungendosi a Honoka.
- Ehm.. accomodatevi dove volete- disse Nagisa cercando di mettere in ordine la sua scrivania (anche se si rivelò un futile tentativo) 
Honoka si sedette sul morbido letto di Nagisa, accanto alla finestra aperta. Nagisa si sedette sulla sua sedia, per utilizzare la scrivania al meglio. Credette di svenire quando Shogo le si sedette accanto, su una sedia a rotelle.
Si grattò la fronte con fare imbarazzato e, dopo un attimo di silenzio imbarazzante, intervenne Honoka. 
-Allora, Nagisa? Di cosa hai bisogno?- 
-Eh? ...Ah! be' ...- Nagisa non avrebbe voluto che Shogo conoscesse la sua situazione scolastica, ma si trovò costretta ugualmente a chiedere aiuto all'amica, onde evitare che la madre la scuoiasse viva alla fine del prossimo test di matematica.
-Si, ho qualche problema con le frazioni algebriche- Confessò infine. 
-Ah, matematica?- Domandò Honoka facendo la finta tonta. 
Nagisa la guardò perplessa. Le avevo già detto che ...
-Anche Shogo è molto bravo in matematica! Potrebbe aiutarti lui, se ne ha voglia- continuò Honoka ammiccando all'amica. 
Nagisa sbiancò e le lanciò un'occhiata eloquente.
-Volentieri- Rispose il ragazzo. 
Nagisa cambiò colore: dal bianco passò al rosso.
Shogo si spostò con la sedia, accostandosi a quella di Nagisa. 
-Quali sono gli esercizi che non riesci ad eseguire?- chiese
La ragazza, che era andata completamente in crisi, si limitò a sfogliare il libro e ad indicarli. Era terribilmente consapevole che se avesse aperto bocca avrebbe sfornato solo frasi senza senso.

Nagisa trovò Shogo un ottimo insegnate. E non solo per l'aspetto, che attirava la sua attenzione continuamente, lui era proprio abile nell'esprimersi nel modo giusto. Beato lui! Pensò Nagisa analizzando l'enorme differenza che c'era tra loro. 
La tensione si sciolse pian piano, finché alla ragazza non parve di essere in compagnia di un fratello maggiore.
-Ora ha capito! - esclamò d'un tratto -sei un genio!- si lasciò sfuggire. 
Shogo rise - Non esagerare!- 
Nagisa non stava esagerando affatto. Lo pensava davvero.
-Anche tu lo saresti se a scuola non "perdessi la concentrazione" così facilmente- Le disse Honoka con un sorriso.
probabilmente era un tentativo di incoraggiamento. 
-Hai ragione, come al solito- mormorò Nagisa chiudendo libri e quaderni.

Improvvisamente un tonfo e un forte rumore di vetro infranto fece trasalire tutti. 
-Che cosa...?- Cominciò Shogo.
Nagisa scattò in piedi rovesciando la sedia 
-Ryota!- esclamò. E si precipitò al piano di sotto, percorrendo in tutta fretta le scale.
Shogo e Honoka la seguirono non appena si furono ripresi.
Quando Nagisa aprì la porta della camera e non trovò il fratello si sentì mancare. 
Provò nel soggiorno, e per fortuna lo trovò. 
Era a terra, davanti al lavandino, piangeva sommessamente per non farsi sentire. 
Vicino vi era uno sgabello rovesciato sul fianco e pezzi di vetro sparsi ovunque. 
Nagisa si precipitò dal fratello -Ryota! Stai bene?-
Intanto Honoka e Shogo la raggiunsero e si fermarono sulla soglia.
-Scusa, Nagisa!- implorò prima di scoppiare a piangere. 
-Ehi, ehi ... calmati. Non è successo niente- Disse lei addolcendo i toni.
Si accorse che si stringeva una mano, e dagli incavi delle dita uscì un rivoletto di sangue.
-Ti sei tagliato?- Chiese allarmandosi
Il bambino continuò a piangere e Nagisa fu costretta a fargli allentare la presa a forza:
Niente di grave, per fortuna. Solo un taglio sul palmo della mano.
Lo fece alzare e lo portò sul bordo del lavandino. Lo sistemò su una sedia ben stabile, in modo che arrivasse senza problemi all'acqua. 
Gli lavò il taglio con cura rassicurandolo quando scoppiava a piangere per il bruciore. 
-Adesso passa. Prima però devi lasciare che ti disinfetti la ferita-
Nel frattempo Honoka si mise a raccogliere i frammenti di vetro e ricostruì l'accaduto nella sua testa: 
Molto probabilmente il piccolo era assetato, aveva quindi pianificato di usare lo sgabello come rialzo per poter riempire il bicchiere, ora a terra in frantumi, con comodità. Ryota doveva aver perso l'equilibiro in qualche modo. 
-Rimani qui, vado a prendere il disinfettante- Disse Nagisa.
Quindi fece per andare in bagno a procurarsi il necessario, ma esitò. 
Prese coraggio:
-Shogo, puoi .. puoi aiutarmi a disinfettare la ferita?- Chiese con sguardo basso.
Il ragazzo invece la guardò con un sorriso che Nagisa non riuscì a decifrare -Non devi nemmeno chiedere- 

Nagisa aprì un'armadietto del bagno e allungò le braccia per arrivare al contenitore con le medicine. Si alzò sulle punte ma ancora non riusciva ad afferrarlo.
Shogo intervenne, avvicinandosi per prendere il contenitore.
Nagisa ralizzò che il suo viso era ad un soffio da quello di Shogo e balzò indietro in modo brusco e un pò sospetto.
Shogo inarcò le sopracciglia -Ti senti bene?- Chiese porgendole il contenitore
-Si, si ... ehm grazie- la ragazza prese a frugare tra le medicine.
-Sai, in fondo non sei così dura come dimostri di essere- le disse Shogo
Nagisa alzò lo sguardo e si ritrovò a guardarlo negli occhi.
Subito riprese a frugare, arrossendo vistosamente.
Oddio, cosa voleva dire? pensò in preda al panico.

quando trovò quello che le serviva tornò da Ryota.
Lo trovò al fianco di Honoka, mentre lei gli accarezzava i capelli rassicurandolo.
Prese un fazzoletto, lo stese sul tavolo e vi fece appoggiare sopra il dorso della mano di Ryota.
-Hai bisongo di una mano?- Chiese l'amica
Nagisa aprì la bocca per rispondere, ma Shogo la precedette -Mi dispiace, ma il posto di aiutante è già preso- Disse facendole l'occhiolino.
Honoka scoppiò a ridere e Nagisa arrossì di nuovo. 
-Nagisa, è questo il tuo ragazzo?- Chiese Ryota con aria scaltra
Il suo viso si accese di cinque tonalità diverse di rosso. 
-Ah, vedo che ti stai riprendendo, microbo- Replicò lei, forzando un sorriso.
Il fratellino si rivolse direttamente a Shogo -Sei il suo ragazzo, vero?- 
Nagisa avrebbe potuto disintegrarlo.
Per la prima volta vide Shogo in difficoltà. Sembrava imbarazzato quanto lei.
-Ryota chiudi quella bocca- ringhiò lei.
Insieme, i due disinfettarono il taglio di Ryota, mentre Honoka sogghignava in silenzio.

Il resto della giornata trascorse tranquilla e il primo a dover salutare fu Shogo:
-Devo passare per il campo- Disse 
Nagisa e Honoka lo accompagnarono all'uscita.
- Ci vediamo- sorrise il ragazzo 
-Ciao- salutarono le amiche. 
Honoka le tiro una gomitata ad un fianco.
-Ahi! che c'è?- borbottò Nagisa
-Non vuoi dirlgi nient'altro?- chiese l'amica con fare ammicante
Lei abbassò la sguardo.
-Su, un pò di coraggio-
Nagisa prese un gran respiro. -SHOGO!- chiamò 
Lui si fermò e si voltò. 
-Ecco ... - La ragazza sentì la sua determinazione venirle meno -Torna pure quando vuoi!- urlò 
-Senz'altro!- fu la risposta
Honoka si batté un palmo in fronte. 

-Non guardarmi così! Lo sai che non ci riuscirò mai!- si lamentò Nagisa chiudendo la porta 
-Be' è sempre un passo avanti- Rise Honoka mettendole una mano sulla spalla.
Nagisa stava per lasciare la maniglia quando improvvisamente un urlo le fece sobbalzare. 
Si guardarono: conoscevano quella voce.
Alle ragazze ghiacciò il sangue nelle vene.    

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Capitolo 3
*** Battaglia al buio ***


Shogo si ritirò con il collo, nascondendo naso e bocca nel colletto alto della giacca.
Erano quasi le sei e quella sera faceva particolarmente freddo .
Si cacciò anche le mani in tasca, poi sbuffò e il suo soffio si condensò in una nuvoletta bianca.
Il sole stava calando, tingendo il cielo di un timido rosa che si trasformò progressivamente in un rosso deciso. Il tramonto spennellò le soffici nuvole di color pesca e le prime stelle cominciarono a brillare in cielo.
Shogo pensò che fosse una magnifica serata.
Improvvisamente una folata di vento lo colse impreparato e un brivido gli corse lungo la spina dorsale.
-Fa freddo, eh?-
Shogo sobbalzò. Si voltò per capire a chi appartenesse una voce così aspra e inquietante:
Dietro di lui non vi era nessuno.
Aggrottò la fronte, incapace di trovare una risposta.
Alla fine tornò a guardare la strada davanti a sé ma si bloccò nuovamente.
-Cerchi qualcuno?- Sibilò la stessa voce, questa volta proveniente dalla sua destra.
Si voltò:
Niente. Solo vento e foglie che vorticavano.
Il ragazzo cominciò ad avere paura.
Si sentì afferrare per il braccio sinistro e si ritrasse in modo brusco, allontanandosi di qualche passo.
Non vedeva niente nemmeno a sinistra.
Decise di tornare a casa e fece per mettersi a correre, ma non ebbe nemmeno il tempo di fare il primo passo che qualcosa si materializzò davanti a lui.
Si ritrovò a guardare due occhi senza pupilla né iride.;Due occhi la cui cornea era verde smeraldo. 
Indietreggiò, spaventato.
Questi però scomparvero in un turbinio nero.
Il cuore prese a martellargli nel petto e lo spavento rese il suo respiro affannoso.
Pensò di tornare da Nagisa e Honoka:  Se quella “cosa” gli avrebbe impedito di procedere, lui sarebbe tornato indietro.
Si guardò attorno un paio di volte, poi corse via con la stessa energia che impiegava quando doveva fare un goal.
Per un po’ la sua corsa concitata sembrò funzionare.
Ma all’improvviso, quando Shogo fu certo di essere in salvo, qualcosa lo afferrò in malo modo per un polpaccio, facendolo cadere violentemente a terra.
Sbatté con forza il petto e l’impatto gli strappò un gemito strozzato.
Poco dopo però, si sentì sollevare da terra e trascinare via con una velocità degna di una moto da corsa.
Urlò con tutta la voce che aveva in gola, mentre la violenza della velocità gli strappava di dosso la giacca.
 
 
[Nagisa stava per lasciare la maniglia quando improvvisamente un urlo le fece sobbalzare. 
Si guardarono: conoscevano quella voce.
Alle ragazze ghiacciò il sangue nelle vene.]
Nagisa Sgranò gli occhi con aria terrorizzata.
Honoka ricambiò lo sguardo, mentre una goccia di sudore le percorreva la tempia.
L’angoscia calò sulle due amiche come un peso che ne opprimeva i petti.
Nagisa strinse la maniglia, quasi volesse disintegrarla, e spalancata la porta con violenza, uscì correndo a perdifiato.
-Nagisa!- Honoka  le corse dietro, ma l’amica era una sportiva abituata alla corsa e non ci volle molto prima che la seminò.
Honoka si piegò in due, appoggiando le mani sulle ginocchia. Riprese fiato e, facendosi coraggio, proseguì la sua corsa.
Si stupì nel vedere la figura di Nagisa stagliarsi ferma all’orizzonte, sullo sfondo Rosso del tramonto.
-Nagisa!- Urlò
La raggiunse.
-Nagisa cosa … -
L’amica aveva lo sguardo fisso a terra e stringeva i pugni convulsamente.
Honoka seguì il suo sguardo: vide qualcosa a terra e si chinò a raccoglierla.
-Una giacca- dedusse
-non una semplice giacca- mormorò Nagisa, svegliatasi dal suo torpore.
-Cosa vuoi dire?-
-E’ la giacca di Shogo-
-Cosa?- Honoka si porto una mano alla bocca.
-La riconoscerei ovunque. E’ la sua.- Rispose l’amica tra i denti.
-Vieni, andiamo a cercarlo- Prese Nagisa per un braccio e insieme seguirono la strada che portava al campo.
Non molto lontano,  un frastuono che non prometteva nulla di buono  attirò l’attenzione delle due ragazze.
Nei pressi di una casa diroccata l’eco di tonfi sordi risuonò nelle loro orecchie.
-C’è qualcosa che non va-mipo!- esclamò Mipple
-Una presenza negativa-mepo!-  l’assecondò Mepple
Nagisa e Honoka si guardarono ed un luccichio di complicità brillò nei loro sguardi.
Honoka le porse una mano e Nagisa l’afferrò con determinazione.
Nel giro di qualche secondo le due si ritrovarono nei panni di Cure Black e Cure White.
 
Shogo non riusciva a vedere decisamente niente. Là dentro era buio pesto e non era in grado di orientarsi.
D’un tratto le sue mani, tese in avanti per evitare scontri con ulteriori ostacoli, toccarono qualcosa.
Shogo tastò meglio nei dintorni e comprese di essersi addossato ad un muro.
Tutto quello che desiderava in quel momento era trovare la porta e uscire di lì.
Come se non bastasse, rumori di passi lo confondevano,  scompigliando i suoi pensieri e il suo udito.
Il punto era che, stando al suono dei passi, i piedi che camminavano sul quello stesso pavimento non erano solo i suoi. C’erano almeno altre due persone nella sala. Presumibilmente donne, dal momento che il rumore ritmico era facilmente riconducibile a dei tacchi.
-Il ragazzo ha paura- Sussurrò una voce femminile, differente da quella dell’aggressore che aveva condotto Shogo in quel posto
- L’importante è che le conduca qui- Rispose la voce già conosciuta.
Shogo passò altri secondi, minuti e forse ore in quel luogo da incubo. Non era in grado di stabilire per quanto tempo fosse rimasto seduto in un angolo, addossato al muro, unica certezza di quel luogo.
Là il tempo sembrava dilatarsi, avere una mente propria, rallentare ed accelerare secondo la propria volontà.  L’oscurità imbrogliava gli occhi di Shogo e le voci che sussurravano lo stavano facendo letteralmente impazzire.
Quando pensò di aver superato il limite, un’esplosione di luce lo accecò e gli occhi protestarono allo sbalzo luminoso improvviso.
Diede alle sue pupille il tempo di adattarsi e quando fu in grado di rivolgere lo sguardo alla luce, scorse due figure.
Erano controluce, quindi Shogo non poté vedere altro che sagome nere su sfondo abbagliante.
-E così siete arrivate, finalmente- sussurrò una voce.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Che ha detto quella-mepo?-  intervenne una vocina acuta
-Ho detto … - Ripeté la voce, innervosita –Che finalmente siete arrivate!- Urlò
Shogo vide una sagoma illuminarsi di una flebile luce rossastra. mutò forma:
 i capelli si ritirarono in voluminosi ricci stretti sul capo.
Gli occhi persero ciò che di umano avevano e il corpo si circondò di un alone nero.
La affiancò un’altra figura femminile dai capelli biondi corti.
Shogo la vide di sfuggita in volto e riconobbe gli occhi che lo avevano terrorizzato.
Una sgradevole sensazione di gelo gli chiuse lo stomaco in una morsa e il ragazzo cominciò a sudare.
Le figure sulla porta aperta spiccarono un salto verso l’alto e  vennero inghiottite dall’oscurità di quel luogo.
Passò un altro istante in cui il ritmo dei passi venne interrotto, si fece più frenetico e convulso.
All’improvviso un braccio gli strisciò sulla spalla sinistra e una mano gli tappò la bocca. Lui trasalì al contatto e tentò di ribellarsi.
La stretta però non era prepotente, al contrario: era leggera e delicata.
Qualcuno gli sussurrò un flebile “Shhhh” all’orecchio. –Siamo amici.- continuò la sconosciuta.
Il ragazzo trovò stranamente familiare quella voce, ma in quel momento di poca lucidità non riuscì a collegarla a nessuno. Si limitò ad annuire e la mano che gli impediva di parlarle gli lasciò libera la bocca.
Vide al suo fianco un’ombra ma la poca luce non riusciva a contrastare il buio che ne mascherava i lineamenti.
Nel frattempo la battaglia infuriava al centro della sala: Una sola figura si batteva contro le due donne.
Era un combattimento spettacolare: Le tre si confondevano in un groviglio di pungi, calci e schivate incredibili. Si trattava di una combinazione di velocità , forza e agilità sorprendente.
Shogo non aveva mai visto nulla del genere.
Purtroppo la figura amica stava indietreggiando e il respiro ansimante faceva intuire che non avrebbe resistito ancora a lungo.
La battaglia si chiuse quando la sagoma sconosciuta, atterrando da un balzo, crollò rovinosamente a terra, tradita dalla sua caviglia destra.
L’ombra al fianco di Shogo scattò a proteggere la sagoma, ancora stesa a terra su un fianco.
La situazione stava precipitando: nemmeno la seconda figura sarebbe riuscita a tenere a bada le due donne a lungo.
Non ci volle molto prima che anche lei cadesse in ginocchio, piegata dalla forza degli attacchi nemici.
Le due donne stavano per dare loro il colpo di grazia, ma in quel preciso istante intervenne una terza figura: bassa, dai capelli lunghissimi, dorati, raccolti in due code.
La situazione era ribaltata: tre contro due.
Le due donne arretrarono, intimorite dall’inaspettato soccorso.
-Ci rivedremo- Ringhiarono, per poi scomparire in una nube corvina.
Shogo si alzò sulle gambe tremanti  appoggiandosi di schiena al muro.
Una fitta al costato lo costrinse a piegarsi: la caduta di prima aveva lasciato i suoi segni.
Le due figure sane aiutarono ad alzarsi quella a terra e , senza dire una parola, balzarono fuori dalla casa.
-Aspettate!- Tentò Shogo correndo fuori dalla casa.
Inutilmente: si erano già volatilizzate.
Il ragazzo sospirò e, per quanto concesso dal suo costato, tornò a casa in fretta. 

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Capitolo 4
*** Rivelazione. ***


Nagisa si appoggiò con il capo sulla mano, guardando il cortile esterno della scuola dalla finestra.
Le prime luci erano spuntate da un pezzo, ma quel giorno i raggi del sole sembravano timidi e non si sforzavano di scaldare l’ambiente.
Poco prima aveva intravisto Shogo mentre si dirigeva a scuola, trascinato dalla corrente di studenti che correvano per non arrivare in ritardo.
Lei aveva cercato di non farsi notare, ma non ce ne fu un gran bisogno:  Il ragazzo non si era nemmeno guardato attorno.
Nagisa si passò una mano sul viso, sospirando per calmarsi e rilasciare la tensione.
Aveva una gran paura che Shogo riuscisse a strapparle dal viso la maschera di Cure Black.
Per tutto il resto della lezione rimase immersa nei suoi pensieri, a sguazzare nelle sue preoccupazioni.
Sarebbe riuscita a nascondersi ancora dietro la sua seconda personalità? Anche dopo l'accaduto dell’altro giorno? Shogo l’aveva riconosciuta?
Tutte queste domande le affollavano la mente e nessuna risposta interveniva ad alleviare la sua confusione.
Quando finalmente la campanella dell’ultima ora suonò, Nagisa non riuscì più a trattenersi: si alzò, prese in disparte Honoka e le elencò le sue angosce.
Honoka ,dal canto suo, non sembrava molto preoccupata.
-Ho parlato con lui stamattina. Anche se mi sembrava un po’ scosso e distaccato non ha minimamente accennato alle nostre seconde personalità. Non credo che ci abbia riconosciute, in fondo nel buio di quella casa nemmeno io riuscivo a distinguere niente-
Le disse, cercando di rassicurare l’amica.
Nagisa sembrò calmarsi un po’ e la ringraziò per averla tranquillizzata.
-Be’ io non so come riuscirò a cavarmela con mia mamma-  disse grattandosi la nuca.
-Uh? Che è successo?-
-Ehm .. ha fatto ritorno prima di me quella sera. Sai, la porta era aperta e Ryota era rimasto solo in casa …-
Honoka si portò una mano alla bocca.
-Oh, cavolo! Ci siamo completamente dimenticate di lui-
-Già, ma non importa. Ciò che conta è che siamo riuscite a respingere Viblis e Regine- Ribatté Nagisa forzando un sorrisetto.
Honoka non disse altro ma lesse negli occhi dell’amica un’ inquietudine non ancora placata.
Mentre uscivano da scuola incontrarono Hikari, anche lei intenta a riflettere.
-Ciao, Hikari!- La salutarono all’unisono.
La bionda si voltò –Ciao!-  esclamò sorridendo.
-Senti, grazie per l’altro giorno. Senza di te non so come ci avrebbero ridotte- Disse Honoka  
Nagisa concordò annuendo.
Lei alzò il pollice -Ehi, sono una Pretty Cure. Una di voi! Non c’è bisogno che ringraziate-
Le tre si sorrisero con complicità e tornarono a casa insieme, ognuna rimuginando  sul ritorno improvviso del nemico.
 
Shogo si appoggiò alla rete del campo di calcio, boccheggiando.
Kimata gli si avvicinò –Ehi, Shogo. Tutto bene? Non mi sembri in gran forma oggi-
Lui fece un segno di noncuranza  e raddrizzò le spalle -Sto bene-
-No, non è vero- Replicò l’amico esaminandolo con occhio indagatore –Hai una faccia!-
-Ehi, guardati allo specchio!- Cercò di scherzare Shogo.
Kimata fece una smorfia –Almeno va’ a rinfrescarti un po’. Non sei in grado di continuare in queste condizioni- Detto questo tornò dalla squadra con il pallone da calcio tra le mani.
Shogo sospirò e si diresse sul retro del campo, dove stavano i lavandini per rinfrescarsi e dissetarsi.
Purtroppo il suo amico aveva ragione: Quel giorno non riusciva a concentrarsi, e nella sua testa non v’erano altro che scene frammentarie della battaglia nella casa diroccata.
Come se non bastasse la botta sul costato non gli dava tregua e gli lanciava sleali fitte ad ogni respiro.
Si appoggiò al bordo del lavandino e si sciacquò il viso con dell’acqua fresca, sperando che fosse in grado di lavare i pensieri che lo tormentavano.
Un’altra fitta lo costrinse quasi in ginocchio e il ragazzo si ritrovò a sorreggersi al lavandino, ansimante.
Sollevò la maglietta da calcio e si guardò il punto che gli doleva: la pelle non aveva certo un bell’aspetto. Aveva preso un colore violaceo, testimonianza di un gran brutto livido.
Si asciugò il viso.
Il medico gli aveva detto che non era nulla di grave, solo una botta violenta. Non c’era niente di rotto.
-E’ normale subire delle fitte. Quello è un punto fragile, sei stato fortunato, ragazzo- Gli aveva detto.
Non era tanto la botta a preoccuparlo,  piuttosto i ricordi che gli rammentava.
Scosse la testa e raggiunse Kimata. Lo informò che non si sentiva bene e che sarebbe tornato a casa per quel giorno.
Si cambiò, prese la sua sacca d’allenamento e si incamminò.
Non aveva voglia di tornare subito a casa e poi era una bella giornata: né troppo calda, né troppo fredda.
Così decise di farsi un giro nei dintorni.
Rimuginando fra sé e sé ,non badò alla strada che percorreva e si accorse di essere nei pressi del campo di lacrosse solo quando a riscuoterlo dai suoi pensieri fu la voce squillante di Nagisa ,che, in qualità di capitano, impartiva ordini e consigli alle compagne.
Ebbe l’idea di sedersi sugli spalti per guardare l’allenamento, in fondo nessuno si era accorto di lui.
Nagisa era al centro del campo, che gesticolava con la bacchetta da lacrosse.
-Rina, passa!- Urlò, mentre correva come un fulmine verso la porta.
La compagna ubbidì e con un movimento sciolto le passò la palla.
Nagisa fece per balzare a prenderla, ma qualcosa andò storto:
La sua caviglia destra cedette, trascinandola a terra brutalmente.
A Shogo mancò il fiato.
Aveva già visto una caduta del genere, non poteva sbagliarsi.
La vide tenersi la caviglia e solo allora notò che una fasciatura cingeva già la gamba d Nagisa.
Una goccia di sudore gli corse lungo la tempia e in un attimo tutto fu chiaro. 

Nota: E' un capitolo un po corto e ristretto, ma oggi ho avuto poco tempo per scriverlo così l'ho buttato giù frettolosamente... mi farò perdonare con il prossimo!

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Capitolo 5
*** Ha capito. ***


Nagisa si strinse la caviglia dolorante.
Molto probabilmente la caduta di quella sera, pur non avendo lacerato muscoli, né danneggiato ossa, doveva averne indebolito i legamenti. E le conseguenze non si erano fatte attendere.
Le compagne di lacrosse corsero in suo soccorso, formando un ammasso di gente in pensiero per il loro capitano.
-Nagisa, stai bene?- Chiese Rina con tono preoccupato, mentre cercava di farsi strada tra le compagne di squadra.
La ragazza sorrise –si, niente di grave. Continuate pure, io vado a metterla sotto l’acqua- dichiarò indicandosi la caviglia.
Rina e Shino la aiutarono ad alzarsi e la accompagnarono fino agli spalti, dove lei le congedò, ringraziando per l’aiuto.
Dopodiché si spostò nel corridoio che portava ai corridoi, saltellando sul piede sano e sostenendosi con la racchetta di lacrosse. Si appoggiò al muro e rimase in silenzio per qualche minuto. Non avrebbe mai pensato che un attacco nemico potesse scuoterla a tal punto.
Il fatto era che, dopo un lungo anno di pace in cui si era convinta di potersi godere la vita senza più indossare i panni di Cure Black, un attacco così inaspettato, senza alcun preavviso, non se lo sarebbe mai aspettato. E tantomeno Honoka.
Loro due erano state le “Pretty Cure” per un lungo periodo e a quei tempi non davano troppo peso alle aggressioni dell’esercito del male, perché sapevano che, se fossero state insieme, avrebbero respinto qualsiasi tentativo malevolo.
Ma il ritorno delle loro antiche nemiche, già affrontate in passato, dopo un così lungo arco di tempo, aveva intaccato  la sicurezza delle due amiche.
Nagisa riusciva a capirlo dal comportamento di Honoka:  Anche lei si sentiva inquieta e diffidente nei confronti di chiunque. La paura di ritrovarsi di fronte il nemico nuovamente la rendeva schiva e più chiusa di quanto lei non fosse realmente.
Ma, a scaraventare il morale a terra, era soprattutto la  terribile consapevolezza che, senza Hikari e senza l’elemento sorpresa, le combattenti  non avevano molte speranze.
Nagisa si passò una mano sul viso sospirando, poi zoppicò in direzione dei lavandini.
 
Shogo svoltò un altro angolo, ma di Nagisa nemmeno l’ombra.
Vagava nei corridoi da qualche minuto.
Quando aveva capito tutto si era alzato e immediatamente era corso a cercare Nagisa, al fine di farsi dire la verità e di farsi spiegare la situazione, poco chiara già da due giorni.
Finalmente la vide:
Era intenta a saltare di qua e di là sulla caviglia in buone condizioni , producendo un fracasso degno di una mandria di bufali.
La chiamò, ma lei non lo sentì, così la raggiunse e le picchiettò su una spalla.
Lei si voltò di scatto e, per un attimo, negli occhi di Nagisa  brillò una strana luce, come se fosse in procinto di aggredirlo.
Fu questione di secondi, quando si accorse di chi aveva di fronte cambiò subito espressione e sfiorò l’infarto.
-Shogo!- esclamò trasalendo –Che cosa …?- la racchetta di lacrosse scivolò e la ragazza perse il suo punto d’appoggio.
Sarebbe rovinata a terra se lui non l’avesse afferrata prontamente per un braccio.
Nagisa fu comunque costretta ad appoggiare la caviglia, cosa che le procurò una fitta poco gradevole.
Shogo la aiutò a sedersi su uno sgabello nei corridoi.
-Stai bene?- le chiese
In tutta risposta lei farfugliò qualcosa ed annuì.
Ci fu un attimo di silenzio. Il ragazzo non sapeva come dare inizio al suo discorso e Nagisa si limitava a starsene seduta, nascondendo il viso sotto i capelli di scarsa lunghezza.
Decise di fare riferimento alla caduta di Nagisa.
-Che hai fatto alla caviglia?- Esordì
 
Nagisa non capiva più nulla.
Da quando lui l’aveva afferrata per un braccio, il suo cervello aveva smesso di funzionare.
-eh? Ah .. niente, solo un ruzzolone durante l’allenamento- balbettò in risposta alla domanda del ragazzo.
Shogo la studiò con sguardo serio e penetrante.
-Avevi già la fasciatura. Cosa ti è successo prima dell’allenamento?-
A Nagisa ghiacciò il sangue nelle vene: 
Ha capito. Pensò, mentre una morsa fredda le cingeva i polmoni, accorciandole il respiro.
-Ti sbagli- bisbigliò, in un patetico tentativo di sviare le sue indagini.
Lui le si accucciò di fronte, abbassandosi al suo livello fino a guardarla in volto –Se c’è una cosa che non sai fare è mentire, Nagisa.-  disse addolcendo il tono di voce.
Lei si trovò improvvisamente interessata alla punta delle sue scarpe da tennis. Rimase a testa bassa, incapace di intavolare una discussione basata su bugie con lui. Non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
-Eri tu, vero?-  chiese Shogo a mezza voce.
Nagisa trattenne il fiato.
-Eri tu quella sera, nella casa diroccata.-
Dal suo tono di voce capì che non si trattava più di una domanda.
Nagisa si grattò la fronte imperlata di sudore.
-Non so di cosa parli.- disse con tono tagliente. Detto questo prese la racchetta di lacrosse e si allontanò il più velocemente possibile.

note: Ehm, si ... anche questo è piuttosto cortino ... chiedo umilmente perdono, ma urge un ripasso di matematica per la verifica! XD 

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Capitolo 6
*** Cosa possiamo fare? ***


Rina e Shino videro di sfuggita Nagisa che, per quanto concesso dalla sua caviglia, si allontanava frettolosamente dal campo di lacrosse, lasciando in sospeso gli allenamenti.
Fecero per rincorrerla ma s’imbatterono in Shogo, che risaliva in tutta calma gli scalini fra gli spalti.
-Shogo!- Chiamò Shino
Il ragazzo si voltò.
-Hai visto Nagisa?-
Lui sorrise –Era qui fino a qualche secondo fa-
-Dove è andata?- Intervenne Rina, con una nota di preoccupazione nella voce.
Shogo scosse la testa –Non lo so- mentì.
In realtà, se la sua teoria era giusta, sapeva perfettamente dove si stava dirigendo Nagisa.
Le due amiche si guardarono , nervose.
Le compagne non avrebbero dovuto sapere che il loro capitano le aveva mollate nel bel mezzo di un allenamento importante: si trattava preparazione di una competizione che per la squadra significava molto. Per di più senza alcuna ragione apparente.
-Ora che facciamo?- Sospirò Shino
-Ovvio, ora ci inventiamo una scusa e copriamo Nagisa. E’ pur sempre una nostra amica. Ma quando la rivedrò dovrà darsi da fare per spiegarmi il suo comportamento. Ultimamente è nervosa e più scontrosa del normale. Questa storia non mi piace- Rispose Rina.
E insieme si allontanarono.
Shogo fece una smorfia e si chiese se avesse fatto bene a parlare con Nagisa.
 
Honoka voltò la fragile pagina del suo libro, provocando un sibilo leggero che ruppe il silenzio della sua camera.
Sorseggiò del tè dalla sua tazza, senza staccare gli occhi dal libro.
Si era seduta vicino alla finestra, dando la schiena alla luce del sole, in modo che penetrasse nella stanza ad illuminare le pagine ricoperte di lettere.
Preferiva di gran lunga la luce naturale a quella artificiale, spesso le luci troppo forti le davano il mal di testa, così ,quando voleva leggere in tutta tranquillità, non doveva far altro che spegnere la luce ed aprire la finestra.
 Inspirò il profumo di pioggia che si spostava nella sua stanza accompagnato da una corrente di aria fresca.
L’aria traboccava di umidità: stava senz’altro per piovere.
SI alzò e, stiracchiandosi, tornò in salotto con passo felpato, per evitare di interrompere il sonno di sua nonna.
D’un tratto il suono del campanello la fece trasalire, e per poco non le fece cadere la tazzina di mano.
-Arrivo!- Disse a mezza voce, sperando che chiunque fosse al di là della porta smettesse di premere con tanta insistenza il campanello.
Appoggiò le tazzine sul tavolo e corse ad aprire, prima che sua nonna uscisse dal letto e si armasse di padella.
Honoka si ritrovò davanti ad una Nagisa piuttosto trafelata e agitata.
-Nagisa!- esclamò –Che ci fai qui a quest’ora? Non dovresti essere ad allenarti?-
-Devo parlarti- ansimò l’amica appoggiandosi allo stipite della porta –subito.-
Honoka inarcò le sopracciglia e la fece entrare.
Quando si accorse che l’amica non spostava completamente il peso sulla gamba destra, si preoccupò.
-E’ peggiorata?-
-No, sono caduta durante l’allenamento. Ma non è questo il punto!- Rispose lei
-Vieni, ti aiuto a sederti. Ecco, ora calmati, prendi un gran respiro e raccontami tutto-
Nagisa inspirò profondamente e si nascose il viso fra le mani.
-Shogo ci ha smascherate- disse infine
A Honoka mancò il fiato in gola.
 
 -Ragazze!- urlò Rina, richiamando le compagne di lacrosse.
Quando tutte si furono riunite sospirò.
-Nagisa è dovuta tornare a casa, per oggi-
-cosa?- esclamò qualcuno tra la folla –Avevamo bisogno di lei! Questa partita è molto importante!- protestò qualcun altro.
-Perché?- chiese infine una ragazza alta e mora: Megumi.
-Perché ehm …- iniziò Rina
-…doveva andare all’ospedale!- concluse Shino
-Si per…-
-…per la caviglia!-
-Aveva detto che non era nulla di grave- replicò Megumi.
Shino fece una risatina nervosa –Oh, be’ sai com’è fatta lei …-
Rina forzò un sorrisetto –Già, finge di stare bene e minimizza sempre tutto. Forse a volte anche troppo-
Nessuna delle ragazze, Shino esclusa, colse l’allusione.
-In ogni caso ha detto a noi che le dispiace molto e che dobbiamo continuare l’allenamento per arrivare preparate!- Concluse l’amica tutto d’un fiato.
Si levò ancora qualche protesta, ma non furono altro che borbottii sommessi.
Rina sospirò nuovamente.
-Dovrai avere una buona ragione da darci, Nagisa- disse fra sé e sé.
 
-Ne sei sicura?- Chiese Honoka, sperando che l’amica avesse interpretato male le parole di Shogo, o che fosse stato tutto un grande equivoco.
-Purtroppo si- fu la risposta amara.
Honoka inspirò –D’accordo- si spostò una ciocca dietro l’orecchio e si perse con lo sguardo.
Stava riflettendo.
Nagisa al suo fianco deglutì
-Facciamo così: ora chiamo Hikari e ne parliamo anche con lei, d’accordo?- domandò Honoka.
L’amica si limitò ad annuire.
Lei si alzò e compose il numero della signorina Akane.
 
 -Pronto?- rispose la voce calda e familiare di Akane.
-Ciao, sono Honoka! Hikari è in casa?-
-Certo, te la passo subito-
Si sentì un tonfo quando Akane appoggiò la cornetta, e la sua voce attutita che chiamava Hikari al telefono.
Honoka aspettò, giocherellando nervosamente con il filo del telefono.
Finalmente udì dei passi e la voce squillante di Hikari rispondere al telefono.
-Si?-
-Hikari! Hai tempo di venire a casa mia? E’ urgente, riguarda … be’ riguarda noi-
L’amica colse al volo il riferimento.
-Sono da te tra cinque minuti-
 
Dopo una breve discussione, le amiche decisero che la scelta migliore da fare era parlare direttamente con Shogo.
Nagisa scosse la testa –Lo metteremmo in pericolo.-
-Cosa proponi?- le chiese Hikari inclinando leggermente il capo verso destra
-Non lo so- gemette lei
- Effettivamente il nemico lo ha già attaccato una volta per farci cadere in trappola ed eliminarci. E non dimenticatevi che ci è quasi riuscito- si intromise Honoka.
-D’accordo, ma in questo caso fa’ differenza il fatto che conosca le nostre doppie personalità?- Ribatté Hikari
-fa’ differenza eccome. Non riuscirà più a starci di fianco senza temere un attacco da quelle donne-
-E non avrebbe affatto tutti i torti- mormorò Nagisa-
-Di conseguenza noi non riusciremo più a stare in sua compagnia senza aver paura di coinvolgerlo in un combattimento- ragionò Hikari
-Cosa possiamo fare?- chiese una buona volta Nagisa.
La domanda sprofondò in un silenzio assordante, che nessuno riusciva a rompere con una risposta ragionevole.
Honoka sbuffò con fare irritato.
-Se mentiamo Shogo lo saprebbe e la situazione precipiterebbe, se ne parliamo metteremmo in pericolo la nostra amicizia o, peggio ancora, la sua vita-  sintetizzò.
Rimasero a ponderare la situazione, riflettere e meditare su una possibile risposta fino all’ora di cena, quando Hikari si accorse di essere terribilmente in ritardo e dovette scappare via.
Nagisa decise di accompagnarla.
Poco prima che le due amiche se ne andassero, Honoka sorrise loro.
-Non preoccupatevi, ne verremo a capo. Ve lo prometto- Fece loro l’occhiolino e scomparve dietro la porta.

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Capitolo 7
*** Problemi. ***


Rina entrò a scuola con passo risoluto.
Mentre attraversava il corridoio ripassò mentalmente il discorsetto che avrebbe fatto a Nagisa.
Lei e Shino avevano coperto la sua fuga improvvisa, ma questo non significava di certo che sarebbero state a guardare mentre il loro capitano le lasciava gioiosamente ad allenarsi da sole, per di più senza uno schema ben preciso di gioco.
Dovrà faticare per darmi una spiegazione soddisfacente! Pensò mentre aumentava il passo.
Aprì la porta con decisione, facendo sobbalzare gli alunni che erano già arrivati e che attendevano l’infausto suono della campanella.
Rimase sulla soglia con un espressione amara in volto:
Nagisa non c’era.
-Dov’è Nagisa?- chiese alla prima compagna che le passò di fronte.
Lei la guardò un po’ stupita –Non lo so, credevo fossi tu la sua amica- fu la risposta secca.
Rina le lanciò uno sguardo di fuco.
-Ehi, scherzavo …- si affrettò a spiegare l’altra, alzando le mani in segno di resa.
Rina non rispose, andò a sedersi e anche lei si mise ad aspettare l’inizio delle lezioni.
 
Honoka spiò di sottecchi il comportamento di Rina e non poté non chiedersi che cosa le fosse successo.
Non la conosceva molto bene, di lei sapeva che giocava a lacrosse da una vita. Era infatti una degna compagna di squadra di Nagisa.
E non le era affatto piaciuto il modo in cui aveva chiesto dell’amica.
Che Nagisa si fosse messa nei guai?
 
Poco dopo corse in classe anche Shino, frenando bruscamente la sua andatura rapida per evitare che investisse un paio di ragazzine del primo anno.
Si sedette di fianco a Rina palesando lo sforzo fisico che aveva sopportato per arrivare in orario.
Dopo meno di due secondi, infatti, suonò la campanella.
 
Nagisa si agitò fra le lenzuola.
Non aveva dormito molto, e due profonde occhiaie le segnavano la pelle.
La faccenda di Shogo le faceva completamente andare il fumo il cervello, per non parlare della reazione, esagerata a suo parere, di Rye quando l’aveva vista tornare a casa zoppicando.
Ci era mancato poco che non avesse chiamato carabinieri, ambulanze e vigili del fuoco  tutti in un sol colpo.
E così si era beccata un intera mattinata a letto, con le sue preoccupazioni che le martellavano la testa, impedendole di dormire come si deve.
Tra l’altro non poteva muoversi: l’unico metodo efficace di sua conoscenza per svuotare la mente. C’era chi leggeva un libro, come Honoka, chi cucinava, chi dormiva, chi perfino studiava (anche questo era da Honoka). E per lei l’unico sistema era l’esercizio fisico; il lacrosse, possibilmente.
Ma, ovviamente, lei si era quasi slogata una caviglia, cosa che non le lasciava molte condizioni di movimento.
Grugnì e si mise a sedere sul letto.
Si sentiva stordita, con la testa affollata di idee e ripensamenti.
-Mepple- chiamò.
Silenzio.
-Mepple!- urlò allora la ragazza.
-Ah!- Mepple uscì da suo contenitore in una nuvoletta rosa.
 -Stavo dormendo, Nagisa!- si lamentò
-Scusa- gemette lei –Ma devo trovare una soluzione-
-perché non riposi, invece? - rispose Mepple con dolcezza.
-Ne ho abbastanza di riposarmi!- ringhiò lei.
Il viso di sua madre fece capolino nella sua camera –Nagisa, parli da sola?- domandò alzando un sopracciglio.
La ragazza fece quasi un salto mortale per nascondere Mepple sotto il suo cuscino, lontano dagli occhi indagatori di sua madre.
-Si, qualche problema?-
-Non rispondermi male- la rimproverò Rye –E riposati- aggiunse prima di tornare in cucina a preparare il pranzo.
Nagisa soppresse un verso di insofferenza.
 
Honoka si rimise a sedere tenendo nelle mani tremanti un test di scienze.
Un insufficienza.  Lei!
Scosse piano la testa: quella faccenda la stava distraendo dai suoi obbiettivi personali.
La media scolastica era sempre stata molto importante per lei. Al momento non era in grado di incassare un colpo così duro. Soprattutto perché avrebbe messo a rischio la partecipazione al club di scienze.
Era tutta colpa di Viblis e Regine.
-Honoka- La voce del professore la riscosse.
-Si?- rispose lei, a voce bassa.
-Che ti è successo? Ultimamente i tuoi voti sono precipitati. C’è qualche problema?-
Lei si morse un labbro, reprimendo la rabbia.
-Nessuno-
-Hm…- Il professore la scrutò dal suo posto, dietro la cattedra, come fa un rapace prima di gettarsi sulla sua vittima –La tua verifica è stata deludente- concluse.
Lei non poté far altro che abbassare il capo e stringere i pungi.
 
-Sono tornata!- disse Hikari, chiudendo la porta alle sue spalle.
Akane la salutò con tono distaccato: la sera prima Hikari era arrivata decisamente in ritardo e si era presa una gran bella sgridata.
La ragazza aveva tentato di spiegare che aveva perso tempo per un motivo molto importante, ma il fatto che non potesse dirle altro non l’aveva certo convinta.
Il suo ritardo aveva spaventato molto Akane, che aveva setacciato mezza città per trovarla. Quando era arrivata, stava per chiamare casa Misumi, al fine di ottenere maggiori informazioni.
Ed ora Hikari faticava a farsi perdonare. Anche mentre lavoravano per cucinare le deliziose polpette di Akane, fra loro calava il silenzio e s’intralciavano continuamente con padelle, posate e ingredienti.
Hikari era così distratta dal suo problema che incenerì tre polpette e lasciò cadere due uova.
Dobbiamo fare qualcosa,o impazzirò. Pensò, mentre uno sgradevole odore di “polpetta in fiamme” la riportava sadicamente alla realtà.
 
 Note: non ho avuto molto tempo per rileggerla, quindi perdonatemi per eventuali obbrobi grammaticali XD 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Le sorrise -Nagisa, non ho paura- ***


Il campanello di casa Fujimura venne premuto all’improvviso con un gesto aggressivo.
Shogo aprì la porta per trovarsi di fronte ad una Honoka piuttosto furente, accompagnata da Hikari, la cui espressione non prometteva nulla di buono.
-Ciao- salutò
Honoka lo incenerì con lo sguardo.
-Ce n’era proprio bisogno? Non potevi farne a meno?-  Esordì con tono acido.
-Cosa?- Rispose lui con tono alquanto disorientato.
-Sai benissimo a cosa mi riferisco!-
Shogo rimase in silenzio, tentando di capire perché Honoka se la stesse prendendo tanto.
In ogni caso sapeva su quale argomento la loro conversazione sarebbe inevitabilmente caduta.
-Dov’è Nagisa?- Chiese allora.
-Non può muoversi, la caviglia l’ha inchiodata a letto- Rispose Hikari.
-Hm..- Fece lui, poco convinto.
Honoka puntò l’indice contro il petto di Shogo –TU! Per colpa tua mi sono rovinata la media scolastica, Hikari corre il rischio di essere buttata fuori casa e Nagisa per poco non viene esclusa dalla sua carica di capitano!- Ringhiò alzando la voce.
Shogo rimase a bocca aperta davanti allo sfogo rabbioso di un’amica il quale comportamento si è sempre rivelato calmo e pacato.
-Era così necessario, così vitale, forzare Nagisa a parlare? Forzare solo lei, da sola?- Continuò lei animandosi progressivamente.
Hikari le prese un braccio –Honoka non esagerare, in fondo non è tutta colpa sua, lo sai-  Disse, cercando di placare la situazione.
Il ragazzo rimase ancora un attimo fermo sulla soglia, tra gli stipiti della porta ancora aperta.
-Ragazze, cercate di mettervi nei miei panni. L’esperienza di quella sera mi ha scosso, e quando ho capito tutto non ho nemmeno pensato di aspettare per avere la verità. Volevo solo capire.-
-sei stato stupido a prendertela solo con Nagisa!- Ribatté Honoka
Shogo allargò le braccia -io non me la sono presa- disse, cercando invano di difendersi dalle accuse pungenti di Honoka –le ho solo parlato-
-Lo sai che lei non ha difese contro di te-
Shogo corrugò la fronte –Cosa vuoi dire?-
Honoka si morse la lingua. Si era lasciata scappare una frase di troppo.
-Niente- rispose subito.
Shogo trattenette altre domande che gli premevano con prepotenza sulle labbra.
Cadde un silenzio pesante, riempito solo dal suo sospiro.
-Quindi eravate voi- mormorò
-Si- confermarono le ragazze.
Shogo si grattò la nuca, a disagio –Mi avete salvato la vita-
L’espressione di Hikari si addolcì –Sei un amico- si giustificò –Non è così?- Disse, sorridendo a Honoka.
La ragazza distolse lo sguardo, ma annuì.
-Grazie- disse Shogo.
Silenzio.
Inaspettatamente le strinse in un abbraccio –grazie- ripeté.
Le difese di Honoka cedettero, e si ritrovò a ricambiare il gesto affettuoso.
Si sciolsero dall’abbraccio un po’ impacciati, ma finalmente era tutto chiarito. Be’ non proprio tutto ma Shogo disse che gli bastava quello che già sapeva, non aveva intenzione di chiedere altro, onde evitare di cacciare ulteriormente le amiche nei guai.
-Vai a farti perdonare da Nagisa, chiaro?- disse Honoka.
-Ce l’ha davvero con me?- rispose lui.
-Non lo so, ma tu vacci- intervenne Hikari.
Shogo annuì  e le due si allontanarono salutando.
 
Questa volta, fu il campanello di casa Misumi a suonare.
Ryota aprì la porta e, trovatosi di fronte a Shogo, cominciò a strillare –Mamma, c’è il ragazzo di Nagisa-
Shogo si passò una mano sul viso, chiedendosi come avrebbe fatto a guardare in faccia la madre di Nagisa dopo che Ryota le avesse gridato una cosa del genere.
Rye comparve sulla soglia –Ciao- Sembrò a disagio quanto lui.
-Ehm buongiorno, Nagisa è in casa?-
-No, al momento è al campo-
Shogo alzò le sopracciglia –Ma non aveva una caviglia mezza rotta?- chiese
-Si, certo. Ma non se la sentiva di lasciare la squadra da sola. Tra non molto ci sarà una competizione importante-
-Ah, capisco. Grazie- fece per andarsene.
-Sei davvero il suo ragazzo?- Chiese Rye, impostandosi sulla modalità “madre ficcanaso”.
La domanda lo prese alla sprovvista. Il ragazzo cominciò a giocherellare nervosamente con qualcosa che aveva in tasca –Ehm … no.-
A dire la verità non ci aveva mai pensato. E mai aveva guardato Nagisa sotto quella luce.
-Be’ non ancora- Sorrise
La madre ricambiò il sorriso, accompagnandolo con uno sguardo di chi la sapeva lunga.
 
Nagisa sedeva sugli spalti, guardando con attenzione lo svolgersi della partita di allenamento tra le compagne.
Era stata costretta a mettersi in ginocchio e ad implorare perdono a Rina e Shino per continuare a ricoprire la carica di capitano.
Quando terminò la partita, le compagne la raggiunsero.
-Allora, com’è andata?- chiese Shino con voce affannosa .
-Bene. Ora provate lo schema 3- Rispose Nagisa.
Rina raccolse le compagne e rimescolò le squadre, formandone due diverse.
Nagisa sospirò: stare sugli spalti senza poter giocare era un’esperienza davvero devastante.
Ad un tratto udì qualcuno chiamare il suo nome.
Si voltò e si trovò davanti a Shogo.
Fece un respiro profondo.  Si era ripromessa di avere un tono più distaccato con tutti, anche con lui. Questo con l’unico scopo che il nemico non prendesse di mira persone a cui volva bene.
-Ciao- Disse, frenando il suo entusiasmo.
-Dovrei parlarti, posso?-  Chiese il ragazzo, piegandosi in due per riprendere fiato. Evidentemente aveva fatto una gran corsa per raggiungerla.
Nagisa si limitò a lanciargli una timida occhiata.
-Non qui- Rispose alzandosi –Continuate voi, vi raggiungo tra mezzo secondo!- urlò alle compagne.
Si appartarono nei corridoi per gli spogliatoi. Nagisa non aveva più bisogno di un sostegno per camminare, ma ancora non riusciva a spostare completamente il peso sul piede destro.
-Innanzitutto- Cominciò Shogo –Ti chiedo scusa-
Nagisa lo spiò di sottecchi, con aria perplessa.
-Per cosa?- chiese
-Per averti forzato e per … aver messo a rischio il tuo ruolo nella squadra –
Nagisa abbassò lo sguardo.
-E anche per …. – si schiarì la voce –Per la caviglia-
La ragazza si scostò i capelli, in un gesto nervoso.
Prese coraggio: -Sono io a doverti chiedere scusa. Io, Honoka e Hikari siamo l’attrazione che il Nemico trova più divertente. E di conseguenza ti abbiamo messo in pericolo-
-Ehi, senti non c’è problema. Ti ringrazio per avermi difeso. Vorrei ricambiare-
Lei alzò un sopracciglio con espressione esitante.
-Cosa?-
-Tra qualche giorno ci sarà una festa qui vicino. Vi invito. Ci verresti?-
Nagisa non ci vide più.
-Ma non l’hai ancora capito?- Esplose – Se stai con noi rischi che il nemico ti faccia fuori!-
Shogo non l’aveva mai vista così, ma fu felice che finalmente si stesse comportando come suo solito anche con lui.
Le sorrise –Nagisa, non ho paura-
-E invece dovresti!- Gemette lei
-Non rinuncerò alla vostra compagnia per colpa di quelle donne-
-Shogo, quelle donne sono in grado di uccidere!- Esclamò Nagisa alzando la voce.
Lui la prese per le spalle –Ci siete voi che mi proteggete- Le fece l’occhiolino.
Lei si irrigidì –Non è sicuro che riusciremo a respingerle una seconda volta-
-io ne sono sicuro. Allora ci verrai?- Le indirizzò un sorriso disarmante.
-D’accordo- Accettò Nagisa, Arrossendo.
-Perfetto- 

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Capitolo 9
*** Amico? ***


Nagisa cercò a tentoni il tasto per far tacere la sveglia che aveva preso a suonare ad un livello fuori dal normale.
Quando finalmente riuscì a zittirla si rese conto che, come sempre, era terribilmente in ritardo.
Balzò fuori dalle lenzuola e tentò di trovare le sue ciabatte, immerse nella confusione della camera.
Scese in cucina e fece colazione frettolosamente, poi si pettinò e si vestì.
Per far sì che si svegliasse completamente si gettò dell’acqua freddissima sul viso; Le mancò il fiato, ma almeno funzionò.
Mentre stava infilando i piedi nelle scarpe da tennis, comparve sua madre.
-Dove vai Nagisa?-
-Esco- rispose semplicemente lei.
-Oh, già, vai alla festa- disse Rye, con fare da finta tonta.
-Si- confermò Nagisa.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante.
-E con chi ci vai?-  Riprese Rye, mentre un sorrisetto astuto si faceva strada sul suo viso.
Nagisa si voltò a guardarla con aria perplessa.
-Con Honoka, ovviamente- Rispose infine.
-Oh, solo con lei?-
-Mamma, sono in ritardo-
-Oh, avanti dimmi solo se c’è anche …-
-Ciao, mamma-
Nagisa troncò il discorso uscendo affrettatamente di casa.
La sua caviglia era tornata quasi del tutto come prima, perciò si poteva permettere una leggera corsettina .
E dal momento che era spaventosamente in ritardo, ne approfittò con piacere.
Vide in lontananza che Hikari, Shogo e Honoka erano già sul luogo prestabilito per il loro incontro.
-Ciao- Salutò quando li ebbe raggiunti.
-Mai in orario, eh, Misumi?- Scherzò Honoka, agitandole l’indice davanti al naso.
-Ehm … scusate- Rise lei.
 
I quattro si inoltrarono nella festa di quel pomeriggio e, per un attimo, le Pretty Cure parvero dimenticarsi delle loro preoccupazioni.
Giunsero in prossimità della pista da ghiaccio.
-Nagisa, ti va una pattinata?- Gridò Hikari
La ragazza forzò un sorrisetto ironico –Andate voi, se volete. Ma io con i pattini ho chiuso- Rise, portando alla mente il ricordo dell’ultima volta in cui i suoi piedi avevano calzato dei pattini. Be’ aveva dedotto che lei e il ghiaccio non andavano decisamente d’accordo.
Ricordava anche che se non fosse stato per Shogo si sarebbe schiantata contro la balaustra. E forse ora sarebbe ancora spiaccicata là.
Lo cercò con lo sguardo, ma si accorse che non c’era.
Fu assalita dal panico.
-Dov’è Shogo?- Chiese, allarmata.
Honoka si guardò attorno –Non lo so, era qui fino a qualche minuto fa …-
Nagisa cominciò ad agitarsi e il pensiero che il Nemico l’avesse attaccato le fece salire un’ondata di gelo lungo la spina dorsale.
Si voltò e prese fiato per chiamarlo.
-SHOG....!!!-
Si interruppe bruscamente, trovandosi di fronte al ragazzo.
Si sentì avvampare.
E si ritrovò a dire qualcosa di molto intelligente, come –Ah, p-pens… cioè,i-io … o meglio … -
Lui le sorrise –Ero solo andato a prendere qualcosa da bere. Vuoi?- Disse, porgendole una lattina di tè al limone.
Lei prese la lattina farfugliando un “grazie” piuttosto impacciato.
Andò a sedersi ad un tavolo non lontano dalla pista da pattinaggio, aprì la lattina e cominciò a aspirare il tè attraverso una cannuccia a strisce bianche e rosse.
Cominciò a soffiare nella cannuccia, producendo un brontolio causato dalle bolle nella lattina. Ora che era sola  e in silenzio, i pensieri  la ricondussero all’Esercito Del Male. Cominciò ad immaginarsi un possibile attacco nemico proprio lì, in quel momento: Viblis e Regine avrebbero potuto sbarazzarsi di loro con facilità, e per Shogo non ci sarebbe stata speranza. Forse non era stata una buona idea accettare quell’invito.
-A che pensi, Nagisa?-
Per poco lei non ingoiò la cannuccia intera.
-Shogo! Credevo fossi con le altre a noleggiare i pattini- disse
Lui scrollò le spalle –Non è divertente se non pattini anche tu-
Nagisa rimase interdetta  -Co-cosa?-
In tutta rispose il ragazzo le rivolse uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
Nagisa abbassò lo sguardo, riprendendo a bere il tè.
-Che ne dici, andiamo a fare un giro?- chiese lui ad un tratto.
Lei si grattò la fronte –Ehm, prima aspettiamo che facciano almeno una pattinata. Hikari mi ucciderebbe se la portassi via subito-
Shogo si mise a ridere.
Nagisa arrossì fino alla radice dei capelli –che c’è?- chiese imbarazzata
-Intendevo io e te- Disse lui.
Lei rimase a fissarlo con la bocca mezza aperta e un’espressione che, lo sapeva, non doveva farla sembrare molto intelligente.
Nagisa indicò Hikari e Honoka –Loro non vengono?- chiese in un soffio.
Shogo si trattenne dallo scoppiare a ridere nuovamente.
- solo noi due- confermò.
Nagisa sentì il suo stomaco fare una capriola. Incapace di formulare una frase che avesse senso, si limitò ad annuire.
Il ragazzo sorrise e, alzatosi, fece strada.
Camminando uno di fianco all’altro,s’ inoltrarono in uno di quei giardini pieni zeppi di fiori di ogni foggia e colore.
Il vento soffiava caldo sulle loro schiene, sollevando turbinii di petali dalle sfumature splendide.
-Ti piace?- Chiese Shogo
-Eh? Ah … si, certo- rispose Nagisa in tono un po’ confuso.
Si sedettero su una panchina.
Da lì pareva che i fiori formassero una distesa enorme simile al mare. Il vento ne muoveva gli steli, simulando onde morbide.
Shogo si appoggiò con i gomiti sulle ginocchia, in una posa piuttosto sciolta, come se si trovasse perfettamente a suo agio.
Nagisa invece era dritta e rigida come un pezzo di legno, e continuava a tormentarsi le mani sudate.
-Sei preoccupata?- Esordì lui.
-un po’- fu la risposta
Shogo alzò lo sguardo su di lei –io credo in voi. Sei tu che non credi più in te-
Nagisa si agitò sulla panchina. Mi legge nella mente. Pensò turbata.
-Il fatto è che prima…- cominciò lei
-prima? Da quanto tempo combattete?- la interruppe lui
-Qualche anno-
Shogo sembrò stupito. –Non deve essere stato facile-
Lei sospirò -Be’ perlomeno prima i nostra amici non rischiavano la vita-
Dopo quell’affermazione, Shogo si chiuse stranamente in un silenzio ostinato.
Nagisa cominciò a temere di aver detto qualcosa che non andava.
Passò ancora qualche secondo, poi Nagisa non riuscì più a trattenersi: -Ho detto qualcosa che non va?- chiese timorosa.
Lui rimase impassibile –amico- disse
-cosa?-
-Nagisa, sono un amico per te?-
Il cuore della povera ragazza prese un colpo.
-Ce-certo che lo sei-
No, dannazione! Non era questo quello che avrei dovuto dire! Pensò
Lui si raddrizzò, fino ad adagiarsi sullo schienale della panchina.
Di nuovo un attimo di silenzio scese a torturare Nagisa, mentre lei si malediceva in tutte le lingue di sua conoscenza.
Non ho paura di affrontare un esercito del Nemico e ho paura di parlare con Shogo?  Si chiese con rabbia.
Prese un gran respiro e ricordò le parole incoraggianti di Honoka e Hikari.
-No!- Urlò, rompendo il silenzio –No che non lo sei, dannazione!-
Shogo si voltò a guardarla, sorpreso.
Lei sentì il suo viso andare letteralmente a fuoco.
Sul viso di Shogo andò disegnandosi un sorriso.
-Allora lascia che…-
Una folata di vento improvvisa li travolse con tanta violenza da far mancare loro l’appoggio della panchina.
Nagisa cominciò a sudar freddo.
Rimase a guardare agghiacciata due figure femminili che si stagliavano sul cielo, paradossalmente sereno e splendente.
-Scappa!- Urlò a Shogo.

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Capitolo 10
*** Il coraggio di Nagisa. ***


Premettendo che motivi salutari e (soprattutto) scolastici mi hanno tenuta lontana dal PC, mi scuso per l’enorme ritardo di questo capitolo. Nonostante questo, spero che vi piaccia ^_^. Alla prossima!
 
Viblis agì all’istante, esibendosi in un assalto dall’inaspettata repentinità.
Nagisa però, la quale aveva alle spalle numerose battaglie che le avevano donato un’amara esperienza, vinse il terrore iniziale e riuscì a prevedere l’iniziativa della donna.
Si rese conto che Shogo non  si era schiodato dalla sua posizione e che, come se non bastasse, Viblis mirava infidamente a lui.
Nagisa si gettò allora sul ragazzo, scansandolo dalla traiettoria nemica ed evitandogli un tremendo attacco che andò schiantandosi brutalmente al suolo, mancandoli per miracolo.
-Che aspetti? Vattene!- Riuscì a gridare Nagisa, prima che anche Regine partisse all’offensiva, richiedendo un ulteriore intervento fulmineo della ragazza.
Shogo rovinò a terra e gemette di dolore, schiacciato dal peso del corpo di Nagisa.
Lei si scansò immediatamente, lo fece alzare a forza e lo spinse poco garbatamente, inducendolo energicamente a mettersi al riparo.
-Non voglio lasciarti da sola- Gridò Shogo opponendo una solida resistenza alle sollecitazioni della ragazza.
Nagisa era terrorizzata al pensiero che l’Esercito Del Male potesse anche solo torcergli un capello, e l’insulsa riluttanza a fuggire da parte del ragazzo riuscì solo a farla infuriare più di quanto non lo fosse già.
Sentì un’ondata di rabbia montarle il corpo. Resa cieca dalla collera, fu indotta ad agire senza pensare due volte alle conseguenze delle sue azioni: Prese per il colletto Shogo.
-Stupido!- Ringhiò sgolandosi.
L’espressione di Shogo che seguì il suo sfogo ebbe su di lei un effetto paragonabile ad uno schiaffo in pieno viso. Ma non se ne pentì; perché in tal modo era riuscita a riscuotere il ragazzo dall’ insensato torpore in cui era caduto.
 
Shogo rimase spiazzato.
Il comportamento del tutto inatteso di Nagisa lo aveva colpito come un maglio.
Poi però si costrinse a ragionare: c’era effettivamente un motivo in grado di spiegare la sua azione impulsiva; lui stesso poteva rivelarsi un pesante fardello e ostacolo per il combattimento di Nagisa.
Un attacco nemico di rinnovata potenza troncò la loro breve conversazione. Questa volta Shogo non si mostrò bisognoso dell’aiuto di Nagisa, ma riuscì a sottrarsi al pericolo con le proprie forze. Tuttavia L’onda d’urto lo travolse violentemente, facendogli mancare improvvisamente il solido terreno sotto i suoi piedi.
Il ragazzo cadde a terra qualche metro più distante, ma non riportò che botte o lividi di trascurabile dolore. Alzò il capo e incrociò gli occhi aurei di Nagisa: Erano rabbiosi, ma soprattutto traboccanti di preoccupazione.
Fu allora che Shogo ebbe chiaro ciò che doveva fare.
Forzò un mezzo sorrisetto e le fece l’occhiolino, quindi si alzò e sfrecciò via speditamente.
 
Nagisa non si era mai sentita tanto sollevata come in quel momento: la consapevolezza che Shogo stava per mettersi in salvo  era indubbiamente una delle cose che le diedero il coraggio per rialzarsi.
Regine stava per fiondarsi all’inseguimento del ragazzo, ma lei, armata di sassi e bastoni secchi colti dal terreno circostante, la fermò con grinta.
Viblis, dalla sua posizione sopraelevata, la incenerì con lo sguardo, palesando l’odio che provava.
Nagisa ingoiò: ora era davvero nei guai. Senza Honoka non poteva trasformarsi in Cure Black e per di più non era nemmeno nel pieno delle sue forze, poiché la sua caviglia le doleva ancora. Ma non aveva alcuna intenzione di arrendersi: la determinazione era l’unica cosa che le rimaneva in quel momento, e non voleva perderla.
Regine stava ancora urlando di dolore per il colpo di fortuna di Nagisa, che le aveva assicurato un molesto sasso nell’occhio destro. Non appena si fu ripresa tese un braccio con aggressività, mentre i lineamenti del viso venivano trasfigurati da una temibile ira incontrollata. Dalla spalla della donna si avviò un fascio di luce vermiglia, inizialmente quasi impercettibile e sottile come un filo, poi aumentò progressivamente, mutando in un raggio dal diametro di un palo. L’aria attorno al corpo della donna cominciò a tremolare, come se facesse terribilmente caldo.
In un battito di ciglia il fascio fu sprigionato in tutta la sua potenza.
I polmoni di Nagisa furono vuotati con violenza dall’impatto e un dolore lancinante le si radicò all’altezza del petto.
La ragazza si sforzò di aprire la bocca in cerca di ossigeno, ma le parve di avere la gola stretta come un ago e una lancia che le perforava lo sterno, riducendolo a pezzi.
Si lasciò cadere, incapace di reagire. Ma, nonostante la gravità agisse sul suo corpo, non crollò, bensì rimase appesa per lo sterno e finalmente si accorse che il suo corpo era attraversato da parte a parte dal fascio vermiglio di Regine.
Con un penoso colpo di tosse, Nagisa riprese a respirare, osò un patetico tentativo per opporsi alla forza del nemico; ma ogni minimo movimento le procurava un dolore straziante. Fu sollevata da terra lentamente e il suo sterno si ribellò con una scossa terribile. Improvvisamente venne trascinata nuovamente a terra e, mentre cadeva, prese via via velocità fino a paragonare quella di un corpo gettato dal secondo piano di un palazzo.
 L’impatto fu tremendo.
Sentì la crudele risata di Viblis sfumare, accompagnata dal proprio urlo di sofferenza, e qualsiasi altro rumore si attenuò. La luce del giorno prese a smorzarsi e una strana calma si impossessò di Nagisa. Le palpebre pesanti si chiusero, il respiro si fece più lento.
L’ultima cosa che ricordò fu che ogni centimetro del suo corpo le doleva da impazzire.
 

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Capitolo 11
*** –Muoviti- le disse –Dobbiamo combattere- ***


Honoka scivolò sul ghiaccio con eleganza, emettendo un aspro sibilo che strisciò per tutto il capannone. Sfiorò volutamente Hikari, la quale sembrava avere momentaneamente una serissima storia d’amore con la balaustra della pista da ghiaccio.
La bionda le urlò in protesta qualcosa che Honoka non capì, ma non doveva essere un’espressione molto dolce. La ragazza fece una giravolta e scomparve in un turbinio di capelli scuri, ridendo allegramente.
Una moltitudine di persone approfittavano della giornata serena e festiva per pattinare, così i movimenti di Honoka e Hikari erano relativamente limitati, e non poche volte le due si erano ritrovate a chiedere scusa per eventuali sgomitate o per aver urtato qualcuno.
Avevano deciso di rimanere maggiormente sulla pista perché si erano accorte dell’improvvisa assenza di Nagisa e Shogo. Forse quei due si erano finalmente decisi a parlarsi.
 Hikari ci stava giusto pensando quando, tra il muro di folla creatasi, scorse Shogo che correva verso di loro: Non aveva affatto un’espressione allegra.
-Honoka!- chiamò.
La ragazza si fermò nel bel mezzo di una giravolta e, perso improvvisamente l’orientamento, scivolò ruzzolando a terra.
Hikari frenò uno scoppio d’ilarità per non offendere l’amica a terra. Prese fiato per chiamarla nuovamente, ma Shogo l’aveva ormai raggiunta e la stava scuotendo per una spalla con fare inquieto.
Si voltò: Il ragazzo aveva un’aria allarmata, la quale non prometteva nulla di buono.
-Che è successo? Dov’è Nagisa?- Chiese agitata.
Honoka li raggiunse massaggiandosi la nuca e gemendo. Vide l’angoscia di Shogo manifestarsi nei lineamenti del suo viso, e cominciò a preoccuparsi seriamente.
-Che cosa…?-  esordì, confusa e spaventata.
-Nagisa!- La interruppe il ragazzo fra i profondi ansimi senza tregua –è in pericolo! Quelle donne …-
Una morsa gelata cinse lo stomaco di Honoka, ed ebbe l’impressione che il sangue le si fosse congelato nelle vene.
-Dannazione!- imprecò, per poi precipitarsi a slacciare i pattini frettolosamente, come colta da un’improvvisa frenesia.
Hikari la seguì come meglio poté e, quando riuscirono a liberarsi, seguirono Shogo al parco.
 
Quando giunsero sul luogo dello sventurato evento, trovarono Nagisa giacente a terra in una posa scomposta. Sopra il suo corpo troneggiava possente Regine, minacciandola con un fascio di luco opaca, che ricordava decisamente i colori amari del sangue
-Ferma!- Urlò Honoka, in preda al panico.
-Non la toccare!- Hikari si tramutò immediatamente in Shiny Luminous e allontanò Regine dall’amica a terra.
Nel frattempo Shogo era corso a trarre in salvo Nagisa, la quale pareva aver completamente perso i sensi. Mentre cercava di trascinarla lontana da Viblis e Regine, la chiamava ininterrottamente, sperando in una reazione.
-Nagisa, rispondimi! Svegliati, ti prego!- Ripeteva disperato.
Ma nonostante i suoi sforzi, non riusciva a strapparla dal suo torpore.
Honoka sopraggiunse e, dopo aver frugato nelle tasche dell’amica, estrasse Mepple chiuso nel suo contenitore bizzarro.
Strinse la mano dell’amica, e con suo grande sollievo percepì una leggerissima nonché inattesa reazione di Nagisa. Le sue dita ebbero un fremito, come se l’azione di stringere la mano di Honoka l’avesse improvvisamente riportata alla realtà.
Honoka però non perse tempo: congiunse Mipple e Mepple e sperò che riuscisse a trasformarsi in Cure White malgrado le condizioni improponibili della compagna di battaglie.
Sotto gli occhi grandi di stupore di Shogo, un alone di luce candida e calda abbracciò il corpo di Honoka e quello di Nagisa. Un secondo dopo di fronte a lui si ergeva fiera Cure White, e tra le sue braccia giaceva esanime Cure Black.
-Allontanati con lei. Assicurati che stia bene; non appena sarà in grado di combattere conducila qui: Abbiamo un disperato bisogno del suo aiuto- Gli spiegò Cure White –e fa’ attenzione: nello stato in cui è ora potrebbe avere delle reazioni imprevedibili, al momento del risveglio-
Poi si drizzò e con risolutezza balzò in soccorso di Shiny Luminous .
Shogò ubbidì e, presa Cure Black in braccio, si dileguò velocemente.
 
Il ragazzo optò per un luogo non troppo lontano dalla battaglia in svolgimento, ma abbastanza nascosto perché il nemico non li trovasse. Si nascosero nello stretto spazio buio offerto dai muri di due case differenti. La zona non era, naturalmente, ampia e alta, ma stringendosi ci si poteva stare tranquillamente.
Shogo, col respiro reso affannoso dalla corsa impetuosa, si sedette sostenendo Cure Black, in modo che il suo corpo privo di sensi non vacillasse e quindi cadesse.
Si accorse che del terriccio le imbrattava il viso, dalla tempia destra fino al mento. Frugando nelle tasche dei jeans, trovò un fazzoletto che usò per rimuovere la macchia con delicatezza.
Quando il viso di Cure Black fu nuovamente pulito, sebbene avesse acquisito un pallore quasi mortale, pareva avere un aspetto migliore.
Shogo sospirò: essere costretto ad avere una parte marginale in quella storia si era rivelato frustrante e decisamente arduo. Più volte aveva subìto l’impulso di spalleggiare le amiche in battaglia, ma ogni volta si era visto costretto a togliersi di mezzo; essendo sprovvisto di mezzi efficaci per combattere il nemico, non sarebbe stato altro che d’intralcio.
Ma trovarsi lì, seduto al fianco di Nagisa, occultata dalle vesti di Cure Black, senza poter agire in suo aiuto, era di gran lunga più frustrante.
 
Cure White sbatté violentemente la schiena contro una panchina del parco, sradicandola di netto. Gemendo di dolore, si rialzò sui piedi tremanti, mentre Shiny Luminous veniva scaraventata a terra con ferocia. Si alzò quasi subito anche lei, e l’affiancò ansimando.
Viblis e Regine fluttuavano sopra di loro, guardandole con spietatezza e schernendole con sorrisetti provocatori.
Cure White strinse denti e pugni con forza, poi balzò nuovamente all’attacco.
 
Era ormai da più di un’ora che i due sedevano nel nascondiglio. Eppure Cure Black non aveva accennato minimamente ad una reazione.
D’un tratto Shogo percepì un leggerissimo sussulto da parte della ragazza. Immediatamente le fu più vicino, verificandone lo stato.
Non era cambiato nulla, eccezione fatta per una timida lacrima che sgorgava da uno degli occhi della ragazza.
Lo prese per un buon segno; probabilmente stava per risvegliarsi.
Per la seconda volta usò il fazzoletto, asciugandole la pelle cerea.
Ma nel momento in cui lo avvicinò al suo occhio, la palpebra si sollevò lentamente, come se fosse di piombo.
 
Cure black aprì gli occhi. Non conosceva il luogo circostante. Aveva la mente stretta in una morsa che le impediva di ragionare.
Era semicosciente.
La consapevolezza del suo corpo vacillava, la vista era frammentaria e il suo cervello funzionava a sprazzi.
Si alternavano momenti di piena coscienza e momenti in cui perdeva ogni capacità di comprensione.
In un momento di consapevolezza del presente si sforzò di rimettere in sesto i suoi sensi: Aveva lo sguardo fisso verso l’alto, vedeva un muro scuro. L’aria era inodore e insapore. Udiva il respiro lento e controllato di qualcuno al suo fianco e ne percepiva la presenza con la spalla e il fianco destro.
Con un lieve movimento del collo si voltò, e si ritrovò davanti ad un viso familiare, dai tratti traboccanti di bellezza.
Strinse gli occhi, focalizzò l’immagine:
 -Shogo?- sussurrò, e nella sua gola ci fu un’esplosione di bruciore.
Il ragazzo sorrise e annuì.
Con un debole sospiro cercò di muoversi, ma una fitta lancinante le perforò il petto. D’istino si portò una mano allo sterno, stringendo convulsamente i vestiti e la carne sottostante. Sentì il sapore metallico del sangue pungerle la lingua e infuocarle la gola.
S’alzò di scatto, nonostante la testa accolse il gesto con un crudele capogiro, si sostenne al muro e una convulsione la piegò in due con vigore. Aprì la bocca a vuoto, ebbe l’impressione di cadere vittima di un conato di vomito, ma dalle sue labbra non fuoriuscì nulla. Un’altra convulsione la costrinse in ginocchio, strappandole un lamento strozzato.
La sua mente si ritrasse al dolore, e di nuovo la morsa strinse la testa di Cure Black, che precipitò in un momento privo di coscienza.
La vista sfumò, i contorni si confusero in macchie imprecise. Qualcuno le mise le mani sulle spalle, nel suo capo visivo entrò un’ombra.
La ragazza si sentì minacciata, e reagì di conseguenza.
 
Shiny Luminous Giaceva a terra, respirando a fatica. Il petto le pareva troppo pesante perché i suoi deboli polmoni lo gonfiassero.
Cure White la raggiunse e la prese per un braccio, rimettendola in piedi a forza.
Ma la sua determinazione era ormai al limite, era sul baratro della resa.
Si sentì schiaffeggiare.
Cure White la guardò con severità –Muoviti- le disse –Dobbiamo combattere-
Shiny Luminous si sorprese ad annuire. 

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Capitolo 12
*** Cure Black, sbrigati! ***


Non ricordava bene come, ma improvvisamente Shogo si era ritrovato steso a terra. il mondo gli si era completamente ribaltato davanti agli occhi, ora fissi sul ritaglio di cielo appena visibile fra i giganteggianti muri scuri delle case.
Sentiva una stretta ferrea stringergli la spalla, e la nebbia che gli offuscava la vista cominciava a diradarsi assieme alla confusione che gli attanagliava la testa. Si accorse di avere le nocche di Cure Black a circa due millimetri dalla punta del naso.
Gli occhi della ragazza, incendiati di una luce aurea, luccicavano in rilievo nella penombra; lo scrutavano dall’alto, riflettendo un freddo bagliore tagliente, incastonati in un viso dai tratti duri e distaccati.  
Shogo iniziò a sudar freddo: non avrebbe mai pensato di incontrare, fra le varie sfaccettature del carattere di Nagisa, un atteggiamento di tale aggressività.
Ma non fece nemmeno in tempo a finire quel suo pensiero, che un balenio di consapevolezza attraversò lo sguardo scintillante di Cure Black.
La ragazza si ritrasse bruscamente, balzando indietro come un gatto a cui veniva calpestata la coda.
 Shogo riprese a respirare.
Sollevò il busto, puntellandosi sui gomiti e scrutò l’irriconoscibile Nagisa, accucciata contro la parete ombrosa, qualche metro più distante. Si tormentava le mani con insistenza, cercava nascondiglio nell’ombra del luogo e sfuggiva al suo sguardo come un animale selvatico.
 
Cure Black si appiattì contro il muro, gli occhi sbarrati fissi davanti a sé. Ma che diavolo le era saltato in mente? Lo aveva aggredito! Aveva aggredito Shogo! Diede un tremante sospiro debole, passandosi una mano sul viso umido di agitazione. Cosa avrebbe pensato di lei ora?
 
Honoka l’aveva avvisato, in fondo. Non gli era stato nascosto il probabile avverarsi di inaspettate reazioni.  Cure Black aveva smarrito la via della ragione, ora spettava a lui ricondurla sulla giusta strada. Probabilmente era scossa, provata e spaventata per l’accaduto, ne aveva tutte le ragioni: anche le sue notti avevano risentito del primo incontro con quelle donne, e spesso il suo sonno veniva scrollato da incubi raccapriccianti. Lei però aveva coperto la sua fuga con coraggio, ed era stata per lui uno scudo di solido ferro, inflessibile quanto infrangibile.
Le si avvicinò lentamente, non voleva spaventarla ulteriormente. Cure Black sentì il suo respiro farsi più vicino e la sua schiena produrre un basso sibilo contro il muro, alzò lo sguardo ora privo di luce che vi ardeva come fuoco selvaggio.
-Ti senti meglio?- sussurrò Shogo.
La ragazza distolse lo sguardo, e rimase a capo chino, stretta nell’angolo fra i muri.
-Scusa- fu la flebile risposta, nient’altro che un bisbiglio appena percettibile, perso nell’oscurità sempre più fitta del luogo.
Shogo non si era mai sentito tanto sollevato. Fece un profondo respiro, rilasciando tutta la tensione che, fino a qualche secondo prima, gli irrigidiva la schiena e gli contraeva i muscoli delle spalle. La consapevolezza che Cure Black aveva ripreso a ragionare dissolse il peso dell’inquietudine, gravante sul suo petto come un'incudine di piombo.
-Non è successo niente- disse, con voce rassicurante.
Cure Black scosse la testa, per niente convinta dalle parole del ragazzo.
-Scusa- ripeté nuovamente, portandosi entrambe i palmi al viso.
Shogo allungò un braccio, sfiorandole una mano. All’inaspettato contatto, Cure Black trasalì e fece per ritrarsi, ma lui la trattenne con delicatezza per il polso.
La trasse a se, affrontando una testarda opposizione inflessibile da parte della ragazza.
 
Alla fine le deboli resistenze di Cure Black cedettero, e la ragazza si ritrovò ad ascoltare il battito del cuore di Shogo con l’orecchio premuto sul suo petto e le sue braccia che le cingevano schiena e fianchi, in un caldo abbraccio confortante. Non appena la ragazza comprese di essere stretta in un abbraccio con Shogo, il cervello fece le valige, la salutò e partì per l’altro capo del mondo. Il suo cuore, invece, prese a martellarle nel petto tanto forte che non si sarebbe stupita se anche a casa sua l’avessero udito.  
 
Cure White sferrò un calcio al petto di Regine, accompagnandolo con un urlo feroce che le fece bruciare la gola come fuoco vivo. Lei e Shiny Luminous erano ormai allo stremo, si reggevano malapena in piedi, e i loro polmoni parevano scoppiare, sottoposti ad uno sforzo fisico che andava oltre le loro possibilità. Sentì lacrime di rabbia pungerle gli occhi e carezzarle le guance. Per quanto si sforzassero, la loro pareva una futile battaglia destinata alla sconfitta, ormai imminente. Regine e Viblis non mostravano alcun segno di stanchezza, mentre le Pretty Cure non erano più in grado di occultare la loro palese spossatezza.
Cure Black, sbrigati! Pensò Cure White, ormai al limite.
 
I ricordi di Cure Black presero a riaffiorarle nella testa gradualmente, uno ad uno, quasi con pigrizia. Un pensiero rivolto ad Honoka e Hikari le illuminò la mente come un lampo a ciel sereno. Suo malgrado si dovette sciogliere dall’abbraccio con Shogo, e non ebbe nemmeno il tempo di arrossire come suo solito, che Shogo indovinò i suoi pensieri. La prese per mano, la guidò fuori dal nascondiglio, e, di corsa, sul luogo della battaglia. 


è un capitolo breve, chiedo scusa, ma l'ho tenuto corto volutamente:ho intenzione di lascire il seguito della storia in un altro capitolo! Spero sia piaciuto nonostante, effettivamente, lasciasse un po' a desiderare ... :D 

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Capitolo 13
*** Scontro decisivo. ***


Non erano ancora giunti sul luogo dello scontro, che un tonfo sordo e la travolgente eco di un’esplosione giunsero alle orecchie di Shogo e Cure Black, preoccupandoli a morte e inducendoli a correre con più fretta, vittime di una spiacevole frenesia mozzafiato.
Svoltarono un angolo, corsero per un rettilineo, si precipitarono giù per dossi morbidi di erba verde, sfrecciarono per una salita, poi un’altra, e un’altra ancora e intanto urla colme di sofferenza giungevano a cavallo del vento, attutite dalla distanza ancora vaga e imprecisa.
 
I polmoni scoppiavano nel petto di Shiny Luminous, e ciascuna delle membra del suo corpo, ogni muscolo, ogni nervo, ogni organo, gridava di strazio e implorava tregua a gran voce. Lacrime di rabbia e rassegnazione le rigarono il volto, bollenti come fuoco. Alla sua destra Cure White giaceva in ginocchio, i muscoli tremanti, sottoposti ad uno sforzo che andava oltre la loro possibilità. La vide scuotere lentamente il capo, mentre i capelli scuri le piovevano ai lati del collo, incorniciandole scompostamente il viso pallido infangato di terra, e la pelle lacerata. Shiny Luminous strinse i denti con forza, la schiena curva sotto il peso della prostrazione. Aveva la piena certezza che non avrebbero resistito ad un ulteriore attacco: Si erano opposte alla mostruosa potenza di Viblis e Regine come un esile fuscello si oppone alla vorticosa bufera senza piegarsi. Un’improvvisa scossa di dolore le prese il polpaccio, pressandolo terribilmente. La scossa si arrampicò, appendendosi ai tendini e lasciando dietro di sé solo dolore insopportabile. Shiny Luminous rilasciò un urlo strozzato, poi gettò la spugna.
 
Cure White percepì gli ormai fiacchi bicipiti delle braccia cedere sotto il suo stesso peso. Vide il terreno correrle incontro.  Avvertì il lato destro del suo viso raschiare contro la terra ruvida, il suo addome a contatto con lo strato sottostante, le gambe giacenti inermi. Una smorfia disperata le segnò profondamente il viso, mentre sulla lingua iniziava a sentire il sapore amaro dell’imminente sconfitta. Con la coda dell’occhio scorse, tra le palpebre pesanti, Viblis assestare un potente calcio tra le costole di Shiny Luminous, e il suo gemito strangolato le riempi le orecchie con orrore.
 
Shogo lanciò uno sguardo di sottecchi a Cure Black: Era agitata come non lo era mai stata. Respirava male e irregolarmente, preda di un panico frastornante. Le strinse brevemente la mano che li univa in quella folle corsa sconvolgente e lei reagì stringendo più forte, come se volesse aggrapparsi a lui. Probabilmente non faceva caso ai suoi gesti, in quel momento. Stava semplicemente assecondando un gesto di conforto alleviante lo stato in cui era precipitata.
-E’ qui- Dichiarò, non appena riconobbe il luogo.
Cure Black fece per lanciarsi all’attacco con foga, ma Shogo la trattenne ancora un secondo, rifiutandosi di sciogliere l’intreccio delle loro mani. La guardò negli occhi d’oro ,momentaneamente perplessi, e sospirò, angosciato.
-Fa’ attenzione. Ti prego-
Lei tentò di abbozzare un mezzo sorrisetto timido, quindi lui sciolse la loro stretta.
 
Cure Black corse via.
Il cuore seguiva un ritmo impazzito nel petto, e il respiro frenetico non le dava tregua.
Scorse immediatamente Viblis librarsi a tre metri da terra, un ghigno di scherno disegnato sul ripugnante viso crudele, le orbite interamente verdi, fredde e distanti.
La ragazza inspirò profondamente. Percepì l’aria fredda e pungente immettersi nelle narici e schiarirle i pensieri, come un vento che spazza via la nebbia offuscante.
Prese lo slancio e, accompagnando il movimento con le braccia, spiccò un salto, facendo fluire tutta la rabbia che la vista di White e Luminous atterrate le avevano suscitato nei muscoli, bramanti di movimento e vendetta.
Con un urlo feroce si fiondò su Viblis, stringendo gli occhi colmi di collera, drizzando di punta l’osso della spalla sulla clavicola della donna, la quale, colta alla sprovvista, cacciò un urlo di sorpresa che si tramutò immediatamente in un ruggito di dolore.
Precipitarono insieme.
Cure Black si ritrovò fortunatamente a cavalcioni della nemica, quindi approfittò immediatamente della posizione a suo favore, e le riempì il viso di pugni furiosi.
Avvertì sotto le nocche il forte impatto con la carne dura del viso di Viblis, e, nonostante le mani le andassero a sangue, aveva la certezza che quel liquido rosso, viscoso, imbrattante le sue vesti, non fosse solo suo.
 
La donna si costrinse a riprendersi dalla sorpresa, e tentò di afferrare i polsi di Cure Black. Malgrado vi fosse riuscita e le sue unghie stessero affondando spietatamente nella sua carne, la ragazza non si fermò. Né sul suo viso apparve anche solo un leggerissimo segno di resa. Era decisa a fargliela pagare.
 
Cure Black Sentì, tenue e leggera, una sgradevole sensazione di caldo infernale. Inizialmente, intenta com’era a gustarsi la sofferenza di Viblis, non ci aveva fatto caso: in fondo, ogni graffio e ogni livido, anche il più piccolo, le tormentava le membra con un bruciore intenso. In seguito, però, un rivolo di sudore le corse nell’incavo della schiena, e si accorse troppo tardi di Regine, in piedi innanzi a lei. Le braccia aperte che scaturivano raggi vermigli. Il respiro di Cure Black venne spezzato dal terrore.
 
Cure White strinse i denti, contrasse il viso in una smorfia che vacillava continuamente tra il dolore straziante e la determinazione a non volersi arrendere. Con uno sforzo sovrumano, si alzò sulle gambe tremanti; il corpo lanciò un urlo inumano, sfoggio delle ferite incassate, brucianti come lingue di fuoco vivo. Davanti a lei Cure Black aveva la meglio su Viblis, stesa a terra e colpita rabbiosamente. Tentò un passo, ma uno stordimento la colse di sorpresa, offrendole un’improvvisa sensazione di nausea che stava per atterrarla, se qualcuno non l’avesse afferrata prontamente.
Alzò lo sguardo.
-Shogo, che diamine ci fai qui?- sussurrò, allarmata.
L’amico le sorrise con fare complice –Non ti preoccupare, prendo le giuste precauzioni per stare lontano da loro-
La aiutò a rizzarsi completamente, e Cure White parve riacquisire la fierezza strappatale a forza, costretta a capo chino, riversa tra la terra sporca, umida, quasi impura, come la sua disfatta: quando il ramo aveva ceduto alla bufera tempestosa.
Di sfuggita, vide confusamente la mole di Regine, ammantata in una temibile luce, come un velo vermiglio. Il cuore perse un battito. Quella maledetta incombeva su Cure Black, le braccia teste, pronta per infiammare quei suoi diabolici raggi oscuri.
-Aiutala - implorò Shogo –io non sono in grado di farlo, ma voi si-
La prese per le spalle, inquieto e agitato. –Per favore-
Il diaframma di Cure White riprese il suo ritmo regolare. Una volta calmata, annuì, mentre un’espressione feroce si faceva strada tra le pieghe del suo viso.
-Trova un modo per avvicinare Cure Black. Dille di prepararsi per Il Vortice-
 
Shogo non fece domande. Non voleva sapere altro, il suo unico desiderio era che tutto finisse.
Cure White si fiondò all’inseguimento, e lui assecondò il suo piano, sgusciando lateralmente di ombra in ombra, al fine di non attirare la spietata attenzione indesiderata delle nemiche.
 
Cure Black non ebbe nemmeno il tempo di riflettere e di pensare ad un’eventuale reazione fulminea, che l’attacco nemico fu fortunatamente deviato da un lampo bianco, avvolto in un turbine di capelli corvini.
Cure White ,Pensò lei, traboccante di felicità.
Quel leggerissimo lasso di tempo in cui si distrasse la trascinò a sfiorare la morte: Viblis, giacente tra i suoi artigli, approfittò della situazione, sebbene improvvisa, e riacquisì la forza necessaria per formulare una nuova sorta di diavoleria, manifestata in una scurissima sfera aleggiante. I contorni parevano in grado di modificare il tessuto dell’aria, distorcendo ciò che l’occhio vedeva.
Cure Black si lanciò a destra giusto in tempo per schivare, un gesto improvviso privo di ragionamento antecedente, dove il corpo aveva interamente preso il sopravvento sulla mente, seguendo il semplice istinto di sopravvivenza.
Ciò nonostante, lo spostamento travolgente d’aria la investì, scaraventandola lontano senza che i suoi piedi toccassero terra per un lungo periodo di tempo.
Si preparò ad incassare il duro impatto con il terreno, ma, ancor prima di quanto si fosse aspettata, la sua schiena si scontrò in un contatto morbido, e lunghe braccia protettive le si avvolsero al busto poco prima che anche quella resistenza cedesse, trascinandola nella caduta.
Cure Black diede un basso gemito sussurrato, subito seguito da un imprecazione poco femminile.
-Tutto bene?-
La tranquillizzante voce vellutata di Shogo la fece sussultare.
-Si- rispose in un soffio, mentre si rendeva conto di essere completamente sdraiata sul ragazzo, il quale la teneva stretta con le braccia.
-Cure White dice che devi tenerti pronta per Il Vortice-
La presa si allentò, e la ragazza balzò in piedi di scatto, senza avere nemmeno il tempo di ragionare.
 
Shiny Luminous stava ancora tentando di respirare regolarmente, quando Cure White si rialzò miracolosamente, con rinnovata forza e coraggio. Ad ogni inspiro le pareva che una lama le si conficcasse senza pietà nella carne, tra le costole, fino a raggiungere i polmoni. Si sforzò di seguire l’esempio dell’amica, e con gran fatica si rialzò, stringendo le dita sul polpaccio, che ancora le lanciava infide scosse a tradimento.
Alzò lo sguardo color nocciola sul nemico, colmi di ira repressa, sentimento in grado di coprire persino il dolore più lancinante delle sue ferite. Con un furioso soffio spostò un ciocca bionda che le danzava innanzi agli occhi, strinse i pugni con forza, si impiantò bene a terra, e con un urlo di sfogo si lanciò in una carica impetuosa.
 
Cure White ruotò su se stessa, esibendosi in una violenta acrobazia di gambe che tenne ad una debita distanza Regine, istupidita dall’intervento disorientate. Non ci volle molto perché anche Viblis le fu addosso.
Iniziò ad indietreggiare, intenta ora a creare un intreccio difensivo per i prepotenti attacchi violenti.
D’un tratto le si affiancò Cure Black, la quale assestò un deciso pugno nello stomaco di Regine, e i suoi ricci stretti furono sbalzati in avanti, tale fu la brutalità del colpo.
Alla sua sinistra comparve Luminous con i capelli dorati che le contornavano gli occhi accessi di fermezza e un colpo pronto in serbo per Viblis.
La spinta delle tre pareggiò la potenza, e ora la situazione era in stallo.
Il tutto si confondeva in un furioso caos di volontà contrastanti, in cui solo la più risoluta avrebbe trionfato.
Cure White deviò un colpo indirizzato al viso, e, preso fiato, chiamo Cure Black.
-Il Vortice!- urlò –è l’unica speranza che abbiamo!-
L’amica le annui, decisa a porre fine a quella rovinosa battaglia estenuante.
 
 
Cure Black allungò una mano, sperando che Luminous coprisse la sua momentanea mancanza di difese. Le loro dita si sfiorarono, ma il contatto fu bruscamente interrotto da un calcio estemporaneo di Viblis, azione poco saggia che le scoprì il petto il tempo necessario a Luminous per respingerla con forza.
 
Le due tentarono di nuovo, ma ancora una volta il nemico impedì la loro stretta. Fu così che Cure White capì che le temevano. Temevano il loro vortice, ed erano consapevoli che le avrebbe potute annientare. O almeno questa era l’interpretazione a cui voleva sperare.
 
Con un formidabile colpo di reni, Cure Black si liberò dell’offensiva di Regine, e si slanciò nella direzione di Cure White, schiudendo le dita e spalancando il palmo.
Ma ,per la terza volta, furono ostacolate: una mostruosa esplosione di luce le accecò, e la ragazza ebbe la sensazione che gli occhi le si sciogliessero nelle orbite come ghiaccio al sole. Una vampa rovente le bruciò la pelle, percepì l’impressione che le labbra le si spaccassero per il caldo, e un impatto invisibile le schiacciò lo stomaco e le sgonfiò i polmoni all’interno della gabbia toracica.
Indietreggiò di sua volontà, le mani strette al viso, stordita dal lampo abbacinante. Gemette e sfiorò il pianto, stimolato da un dolore a dir poco straziante. Udì Cure White urlare di sofferenza alla sua destra. Non udì nessuna traccia di Luminous.
 
Shogo dovette coprirsi il viso con le mani, sbalordito dall’impressionante intensità di luce. Gli era parso di avere ,a qualche centimetro dal petto, il sole stesso, bollente e accecante come non mai.
Quando il chiarore si spense, le sue iridi si abituarono dolorosamente al cambiamento di luce, sebbene la prima impressione fu che fosse improvvisamente calata la notte.
La situazione si schiarì: Regine giaceva a terra, il corpo fumante.
-Ma cosa…?!?!-
Scorse Cure Black e White a terra,  sofferenti e incapaci di riprendersi.
D’un tratto individuò Shiny Luminous, la chioma dorata carezzata dal vento, l’espressione rabbiosa mentre si precipitava, da un altezza sfiorante i cinque metri, su Viblis, pronta a dare il colpo di grazia alle amiche giacenti ai suoi piedi.
 
Il tallone della bionda incontrò massiccia la colonna vertebrale di Viblis, la quale, però, non era riuscita ad intravederla e stramazzò a terra con un gorgogliante gemito disgustoso.
Regine aveva scatenato una terribile quantità di energia per impedire Il Vortice, ma ciò l’aveva lasciata senza forze. Fortunatamente Luminous aveva percepito il flusso di energia appena in tempo per sgusciare fuori dalla portata di quella crudele scarica.
Ciò che importava era che, per ora, anche Viblis era a terra.
Era il momento.
Ora o mai più.
-Ragazze, ora!- Urlò, svuotandosi i polmoni.
 
Cure Black, gli occhi ancora tormentati dal dolore, tastò il terreno circostante, in cerca della stretta amica di Cure White.
Una calda mano le cinse delicatamente il polso, e la guidò verso le dita della compagna.
-Un ultimo sforzo, Nagisa- le sussurrò Shogo all’orecchio.
Cure White si avvinghiò con forza, occupando gli incavi delle sue dita.
-Sei pronta?- sussurrò la mora.
-Si- rispose.
Cure Black invoco il Gran Fulmine Nero.
Il cielo parve turbinare, nuvoloni scuri, eppure magnanimi, calarono sulle loro teste, come un manto pesante e al contempo incorporeo.
Cure White invocò il Gran Fulmine Bianco.
Una nebbia frizzante, candida, velata e dal profumo dolce, avvolse i presenti.
Calò un silenzio surreale.
Tutto parve fermarsi, il tempo dilatarsi.
L’aria stessa sembrò pietrificarsi, in qualcosa di greve.
L’attesa ansiosa era l’unica certezza, in quel momento privo di tempo, senso, forma.
Poi le due portarono i palmi in avanti, con un lieve fruscio che spezzò il silenzio, un movimento che avviò il tempo e spostò la brezza.
Una folata di vento impalpabile travolse Cure White e Cure Black, dominando i loro capelli, sferzando i loro vestiti, carezzando sgarbatamente i loro visi.
Poi, un’incredibile scarica energica esplose con potenza, liberata con un urlo selvaggio.
Bianco e nero danzarono nell’aria, intrecciandosi, scintillando, sfrigolando. Una combinazione dalla forza schiacciante.
 Il Vortice fu sprigionato.



Note: Finalmente ho scritto un capitolo degno di essere chiamato tale! *festeggia*

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Capitolo 14
*** Lieto Fine. ***


Cure Black rimase stesa, gli occhi fissi sul limpido cielo che andava tingendosi in un tiepido rosa, sfumato da qualche nuvola passeggera. Il respiro debole e ritmico le spingeva fiaccamente il petto.
Non ricordava per quanto tempo fosse rimasta in quella posizione, distesa a terra, il volto rivolto verso l’alto, un lieve sorriso stanco e soddisfatto aperto in volto.
Dopo che Il Vortice aveva spazzato via, con una potenza del tutto inattesa dalle Pretty Cure stesse, Viblis e Regine ,svigorite dallo scontro, le due amiche erano crollate sul morbido terreno sradicato, mostrante i segni dell’arduo combattimento.
Lì erano rimaste a fissare il globo del sole compiere il suo arco, fino a prepararsi al tuffo in un mare rosso acceso.
Non si rese veramente conto di quante ore passò lì, stringendo mollemente le tremanti dita di Cure White, giacente al suo fianco.
Cure Black sospirò, così stanca da non riuscire nemmeno a muoversi. Lasciò che le pesanti palpebre le calassero sulla vista per un momento. Forse cadde preda di un leggero sonno. Ma fu questione di minuti, se non secondi. O almeno credeva.
Ricordò solo il risveglio. Imbarazzante quanto inaspettato:
Percepì un piacevole tepore abbracciarle le spalle. Ancora stordita, non tentò nemmeno di aprire gli occhi. La sensazione si fece, però, più curiosa. I suoi sensi ripresero gradualmente a destarsi con pigrizia, finché non avvertì chiaramente qualcosa cingerle delicatamente collo e dorso. Contrasse il viso e tentò di strapparsi al torpore.
Una stretta fessura di luce invase il buio momentaneo della sua mente, quindi Cure Black, tornò alla realtà.
 
Confusamente, i lineamenti di Honoka si fecero strada nella sua vista. Le stava sorridendo, sebbene il viso fosse stravolto dallo sfinimento.
Nagisa si ritrovò nei suoi soliti panni: una tuta comoda e una semplice felpa, indossata giusto perché la madre non le urlasse dietro che si sarebbe ammalata.
Gemette, si portò una mano al viso, ancora manifestante occhi assonnati.
-Nagisa? Sei sveglia?- Domandò Honoka, con voce dolce.
Lei annuì, leggermente frastornata.
Con quel leggero movimento si accorse di avere un braccio attorno alle spalle, quindi si voltò istintivamente, per capire a chi appartenesse.
Aveva ancora lo sguardo tipico di chi si sveglia la domenica mattina in uno stato comatoso, quando incontrò il viso tirato ma sorridente di Shogo.
Trasalì di colpo, strappando i suoi muscoli da una sorta di sonno che ne annullava prontezza e rapidità.
Il ragazzo inarcò le sopracciglia, confuso dall’improvvisa reazione brusca.
Apparentemente riluttante, sfilò il braccio dalle esili spalle di Nagisa, quindi le forzò un sorriso privo di gioia.
-Ce l’avete fatta, eh?-
Nagisa, rossa di imbarazzo, si limitò a scrollare le spalle, sospirando.
-a quanto pare-.
In ogni caso, non si sarebbe sorpresa se il giorno seguente si fosse ritrovata davanti ad una nuova orda nemica.
Hikari le raggiunse zoppicando leggermente.
-Stai bene, Nagisa? Non riuscivamo a svegliarti-
-Si- Rispose lei –è solo stanchezza-
-è comprensibile- interloquì Honoka.
Si scostò una ciocca corvina dal collo, poi si alzò e tese una mano a Nagisa, invitandola a stringerla e a rizzarsi sui piedi.
L’amica l’afferrò di buon grado.
-Vieni- sorrise Honoka –torniamo a casa-
 
Per Hikari e Honoka, la storia sarebbe potuta finire così. Si erano meritate un lieto fine, guadagnato con i denti, premio di una dura battaglia.
Ma a Nagisa mancava ancora qualcosa perché quella storia finisse veramente nel migliore dei modi.
Era felice e soddisfatta per la loro vittoria, eppure un senso di abbattimento le pesava sulle spalle, e ad ogni passo che percorreva sulla strada di casa, la sensazione si faceva più vivida e fastidiosa.
Attraversarono la via che si affacciava sul mare, dove il riflesso del tramonto veniva ritoccato dalle increspature dell’acqua. Ad illuminare il loro cammino provvedevano dei lampioni, i quali espandevano una tenue luce giallognola nell’aria.
Nagisa ripensò al discorso che aveva fatto con Shogo poco prima che Viblis e Regine intervenissero. Proprio quando credeva di aver trovato il coraggio necessario per aprire bocca e dirgli quello che sentiva. Era stata ad un passo dal liberarsi da quel dannato peso, che le gravava sul petto come un enorme macigno. Nonostante ciò, tutto le era rimasto dentro, e nemmeno una delle parole che voleva tanto dire era sfuggita dalle sue labbra.
La ragazza ingoiò: Sapeva che avrebbe dovuto parlarne, prima che fosse stato troppo tardi. Lo sapeva e lo voleva. Desiderava ardentemente possedere anche solo un briciolo di sicurezza in più.
Lei bramava a liberarsi del suo macigno.
Lei voleva il suo lieto fine.
Cominciò ad agitarsi, la mente le si affollò di pensieri confusi che le vorticavano per la testa senza ordine.
Il cuore prese a seguire un ritmo più veloce.
Improvvisamente nella testa le si schiarì un pensiero:
Lei si sarebbe guadagnata il suo lieto fine.
Si voltò, risoluta. Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Shogo.
Era consapevole del lieve rossore che le si espandeva sulle gote. In fondo Le succedeva ogni volta che il ragazzo incrociava il suo sguardo.
Ma, per una volta, voleva lasciare fissi i suoi occhi in quelli di Shogo. Voleva osservare quei pozzi scuri e indagatori senza vergogna, o senza dover abbassare il capo, tinto di un rosso accesso.
-Shogo- Disse, sorprendendosi del tono fermo che ostentava la sua voce, malgrado dentro di sé fosse colma di indecisione e timori scombussolanti.
-Tu mi piaci-
 
NOTE: Nonostante il titolo suggerisca altro, questo NON è l’ultimo capitolo! XD
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Finalmente. ***


Honoka e Hikari rimasero letteralmente a bocca aperta.
Per un lasso di tempo alquanto imbarazzante, fissarono l’amica con occhi sgranati ed espressioni incredule dipinte sul volto.
 
Non appena si rese conto di quanto detto, Nagisa cominciò a sentirsi sudare, mentre il viso le si scaldava sempre più, divorato da un rossore vistoso. 
Vide di sfuggita gli occhi di Shogo colmarsi di stupore, e l’espressione di sorpresa attraversargli il viso in un secondo.
Il coraggio di Nagisa vacillò.
Di scatto, abbassò il capo, ormai in fiamme. Si voltò, dando la schiena a Shogo e cercando di custodire almeno quel poco di decenza che le rimaneva.
 
Honoka si schiarì la gola, sforzandosi di interrompere quello sgradevole silenzio calato pesantemente fra i presenti.
-Hikari, forse è meglio che cominciamo ad andare, noi…- disse, sogghignando.
La bionda inarcò le sopracciglia, ancora stupita dall’improvvisa risolutezza di Nagisa, la quale, nonostante tutto, pareva essere ritornata quella di sempre: capelli a coprire gli occhi aurei, capo incassato fra le spalle in segno d'introversione, mani tormentate dall’agitazione, e, soprattutto, viso rosso come un semaforo.
-Eh? Ah… sì, certo!- rispose, disorientata –andiamo- concluse, lanciando uno sguardo incoraggiante all’amica in piena crisi.
 
Quando le due amiche se ne furono andate, Nagisa si sentì più o meno come un edificio senza contrafforti: barcollante e insicura.
Dannazione! E ora che avrebbe fatto? Non lo sapeva: non ci aveva mai pensato. Be’ a dire la verità non aveva mai pensato nemmeno alla lontana possibilità che riuscisse nel suo intento.
Il macigno era scomparso. Dissolto. Come sabbia al vento. E a Nagisa parve di poter respirare per la prima volta in vita sua, come se i polmoni non si fossero mai gonfiati di un’aria tanto fresca e leggera.
Eppure, si soprese a sfiorare il pensiero che, forse, avrebbe fatto meglio a non dirglielo. Improvvisamente la minaccia di un probabile rifiuto le proiettò un’ombra angosciante nel petto. Che cosa avrebbe fatto, allora? Come avrebbe dovuto reagire?
Nagisa ora temeva la risposta del ragazzo.
Può darsi che nemmeno la bramasse, in quel momento.
Le importava solo che lui sapesse, finalmente.
L’assenza di rumori scese a tormentarla.
Fece un profondo sospiro –torniamo da Honoka- bisbigliò, con tono di voce tanto flebile, che Shogo probabilmente non la udì.
-Nagisa, permettimi di…- cominciò lui.
La ragazza lo interruppe bruscamente, fingendo che la sua iniziativa non fosse mai giunta alle sue orecchie. Prese a parlare a vanvera, senza nessi logici, sbalzando di argomento in argomento, privando ogni sua parola di significato e veridicità.
Non si fermò neppure a prendere fiato, continuò a sfornare frasi confuse con voce alta e squillante, come se avesse cancellato dalla mente gli avvenimenti di cinque minuti prima.
Si compativa da sola: da quanto tempo aspettava quel dannato momento? E ora non aveva nemmeno la forza di reagire.
Non pensava al fiume insensato che le sgorgava dalle labbra. Con il senno di poi, Nagisa si sarebbe data della pazza psicopatica.
Insomma, andiamo, una scenata del genere davanti agli occhi di Shogo. Il povero ragazzo avrebbe potuto svignarsela, sconcertato dal suo comportamento da suonata.
 
Shogo non riusciva a capire.
Perché ora Nagisa non aveva intenzione di ascoltare ciò che aveva da dirle?
-Nagisa, aspetta - vociò, mentre la ragazza prendeva a incamminarsi verso casa, continuando a dire assurdità a un ritmo inconcepibile.
Ma lei non lo sentì, resa sorda dalle sue stesse parole. Volutamente, forse.
Perché?
-Nagisa- Shogo alzò la voce, afferrandola per un polso e costringendola, con una presa ferrea, a voltarsi verso di lui.
La parlantina della ragazza cessò di colpo, sostituita da un silenzio ostinato e un respiro timido.
 
La mano di Shogo le stringeva ancora il polso con un leggero tremito, dovuto da un’ignota causa.
Lo sguardo di Nagisa non riusciva a schiodarsi dalla punta delle sue scarpe, infangate e logore, reduci da numerosi allenamenti massacranti.
Sbirciò di sottecchi Shogo, e scorse la sua espressione, leggermente imbarazzata. Pareva in difficoltà. Si passò una mano sul viso, mostrante un enigmatico sorrisetto compreso tra gli angoli della bocca.
-Ehm- esordì lui, brillantemente.
Dava l’impressione che non sapesse come cominciare un difficoltoso discorso.
Nagisa pensò subito al peggio, traendo conclusioni molto più che affrettate: Ipotizzò immediatamente ad un rifiuto.
-Senti- La voce vellutata di Shogo le accarezzò i timpani –Mi sono ritrovato molte volte in questa situazione, ad essere sincero. Eppure ora non è la stessa-
Nagisa corrugò la fronte, il viso ancora basso. Non riusciva a comprendere le parole di Shogo; di che stava parlando?
-Sai bene che ho già rifiutato molte richieste simili. Inizialmente supponevo che tutto ciò fosse dovuto al fatto che le ragazze che mi si paravano davanti non fossero il “mio tipo”-.
Già, il fatidico “tipo”.
Qual era il tipo corrispondente ai gusti di Shogo? Dio, quante volte se l’era chiesto.
-Poi, però, mi sono accorto che, effettivamente, un motivo c’era. Me ne sono reso conto solo ultimamente. Il motivo è che aveva già trovato da tempo il mio tipo- così dicendo le sorrise.
La ragazza si sentì crollare: aveva già messo gli occhi su qualcuno. Dannazione. doveva aspettarselo. Era decisamente prevedibile, le probabilità erano altissime. Eppure Nagisa era così cocciuta da nasconderle e ignorarle.
Cominciò ad agitarsi, questa volta palesemente.
La presa di Shogo sul suo braccio si allentò, e salì delicatamente fino alle esili spalle.
-Nagisa- la chiamò.
Istintivamente lei alzò il viso, l’espressione abbattuta e la mandibola contratta per la tensione.
Erano più vicini di quanto Nagisa si aspettasse.
 
 
Shogo prese a trarla a se’ gentilmente, ma il gesto improvviso intimidì la ragazza.
-A-aspetta, che stai ..?!- Nagisa sgusciò dalla sua stretta, arretrando di un passo, le gote accese di rosso e gli occhi spalancati, incorniciati dalla perfetta espressione dell’imbarazzo.
Si portò una mano tremante all’altezza del colletto, quasi a voler celare il suo impaccio.
Shogo non voleva spaventarla, sapeva che in casi come quelli Nagisa aveva bisogno di tempo e calma per riflettere. Non desiderava forzarla: l’aveva già fatto. E i risultati si erano rivelati tutt’altro che positivi.
Alzò le mani in segno di resa, sorridendole. –Scusa- disse semplicemente.
Con cautela le si avvicinò ancora –Se vuoi, possiamo tornare subito da Honoka. Prima, però, voglio che tu sappia che “il mio tipo” sei tu-


Nagisa si sentì mancare.
Non ci poteva credere. Era rimasta letteralmente senza fiato e parole.
Alzò lo sguardo confuso sul viso del ragazzo. Aveva i pensieri in subbuglio, e, nonostante avesse colto le parole di Shogo, non si rendeva conto appieno della situazione. Non per incomprensione, piuttosto per incredulità.
Shogo, notando la mancanza di reazioni, inclinò leggermente il capo verso destra, inarcando le sopracciglia.
-Vuoi tornare a casa?-
Il respiro di Nagisa si spezzò, divenne irregolare. Aveva finalmente compreso che ciò cui bramava da anni era alla sua portata.
Improvvisamente una voglia irruente di ridere la investì, e si sentì scoppiare di felicità.
-No- rispose.
Shogo le lanciò uno sguardo vacillante tra l’incerto e il sorpreso.
-Non voglio- Ripeté Nagisa, avanzando con un passo esitante.
 
Shogo lasciò cadere il discorso, semplicemente le prese il viso fra le mani.
Percepì un leggero fremito da parte di Nagisa ma questa volta la ragazza mantenne la posizione, senza tentare di opporsi in alcun modo.
Entrambi avevano il respiro corto, il corpo scosso da tremiti agitati e lo stomaco preda di vertigini.
Vide Nagisa avvampare letteralmente.
Questa volta, non aveva intenzione di lasciarsela scappare.
 
A Nagisa bastò alzarsi sulle punte.
Le loro labbra si sfiorarono in un fugace contatto timido, che Shogo si mostrò risoluto ad approfondire.
Mentre un brivido piacevole le correva per la colonna vertebrale, i due si unirono finalmente in un morbido bacio desiderato da entrambi.
Nagisa abbassò le palpebre, avvertì il cuore martellarle così forte da non poter distinguere un battito dall’altro.
 
Si separarono, scambiandosi uno sguardo complice.
Shogo le sorrise, porgendole la mano.
Nagisa ricambiò timidamente, stringendogliela.
 
Insieme si avviarono per la strada di casa.
 
NOTE: Ta-daaaah! Finalmente! Lo so’: è un po’ sdolcinato, forse un po’ troppo?
Be’ in ogni caso la storia è giunta al termine. Che tristezza :’(
Che altro? Grazie tante alle recensioni, che ho apprezzato molto, e ci vediamo alla prossima storia! :D
Drawandwrite. 

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