Broken

di AloneAgainstZombies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo 1 ***
Capitolo 2: *** Prologo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo 1 ***


- Prologo 1

I locali della G Corporation erano deserti alle 3 e 45 del mattino; l'unica fonte di luce proveniva dai computer centrali della sala principale. Kazuya Mishima era seduto alla sua scrivania, le mani congiunte davanti al viso. Osservava impassibile i dati che venivano mostrati progressivamente sullo schermo principale, le iridi bicolori slittavano velocemente da destra a sinistra e viceversa. I dati raccolti sul proprio figlio, Jin Kazama, erano sempre gli stessi; il Gene Devil non si stava espandendo, anzi il ragazzo sembrava quasi in grado di controllarlo e reprimerlo.

Emise un sospiro di disprezzo e distaccò le mani. Si passò la destra sul viso, massaggiandosi le folte sopracciglia e gli occhi. Con uno scatto allontanò la poltrona di pelle dalla scrivania e si alzò; afferrò la propria giacca, posta sullo schienale, e la tenne sulla spalla destra. Non ebbe bisogno di dire nulla, bastò solo il suono della poltrona che si scostava per far capire ad Anna di spegnere i terminali e i computer.

-Riprenderemo i controlli più tardi.- disse la donna dal lungo abito rosso con il suo solito tono ammaliante.

Kazuya non mutò la sua espressione, sempre corrucciata, seria, minacciosa. Si limitò a girarsi, premere il pulsante per aprire la porta automatica, ed uscire da lì senza una parola.

 

Il rumore della doccia innondava l'intero appartamento, desolato. L'acqua scivolava lenta sulla pelle rovinata dalle cicatrici, sui muscoli imponenti; l'uomo era immobile sotto il getto dell'acqua, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata come sempre. La sua mente era un brulicare di pensieri, tutti rivolti al figlio Jin e al Gene Devil. Voleva capire, conoscere, il motivo di questa lotta per reprimerlo. Lui l'aveva appreso e domato, poteva controllarlo e gli basterebbe assorbire l'energia di Jin per diventare ancora più forte. Ma il figlio non aveva le stesse mire del padre, e se le avesse, il motivo principale sarebbe distruggerlo una volta per tutte.

Al pensiero di una ipotetica lotta tra lui e suo figlio gli sfuggì un sorriso beffardo. Aprì gli occhi e volse lo sguardo alle mattonelle dinnanzi a lui, girò la manopola della doccia per fermare l'acqua e uscì, bagnato e gocciolante. Afferrò il proprio accappatoio viola e lo indossò, strofinando bene i capelli per asciugarli. Una fitta al petto lo fece gemere, la grande cicatrice procuratasi durante la caduta da quel burrone, e dal seguente patto con Devil, bruciava come non aveva fatto da tempo.

Capitava le prime volte, quando doveva ancora prendere confidenza con il proprio corpo; quando Devil lo istigava a reagire. Si prese il petto con una mano e cadde in ginocchio in preda ad una lotta interiore. Non riusciva a capire cosa stesse accadendo, Devil non aveva più una volontà sua, Kazuya poteva comandarlo a suo piacimento. Erano una cosa sola. O almeno così credeva l'uomo.

Quella sensazione svanì all'improvviso, dovette aspettare cinque secondi per realizzare di potersi di nuovo muovere. Si rialzò in piedi e scostò l'accappatoio per controllarsi la cicatrice sul torace. Nulla di strano, sospirò e finalmente uscì dal bagno per dirigersi verso il letto. Si erano intanto fatte le 4 e mezza del mattino.

La camera di Kazuya non era grande come si sarebbe immaginato; oltre al letto matrimoniale non vi erano troppi mobili: due semplici comodini con sopra poste delle bajour, che sarebbero state meglio su una scrivania da impiegato, e un ampio cassettone con sopra, al muro, uno specchio. I muri erano adornati da grandi vetrate che mostravano le luci notturne e la famosa torre di Tokyo.

Kazuya piegò l'accappatoio di cui si era appena svestito, lo appoggiò da parte e indossò degli abiti comodi; scostò le coperte e si stese sul letto. Nei suoi pensieri si era aggiunto anche l'incidente capitato poco prima, che Devil stesse nuovamente prendendo il sopravvento? No, impossibile, lui l'aveva assorbito, era diventato tutt'uno con lui.

Cercò di rilassare la sua espressione, chiuse gli occhi e si girò con il viso verso la parte sinistra del letto, pronto a spegnere la mente per almeno qualche ora.

-Kazuya...- lo chiamò una voce, dal nulla.

L'uomo riaprì di scatto gli occhi, non riusciva a credere a ciò che vedeva: nella parte del letto vuota, stesa accanto a lui, con un sorriso nostalgico e angelico, vi era un fantasma.
Jun Kazama.




 

 Bene, questa è la prima fanfiction che scrivo su questa coppia (ed è una delle poche fanfiction che scrivo). Spero che questo piccolo prologo sia si vostro gradimento! Fatemelo sapere tramite una recensione, e se c'è qualcosa che potrei migliorare fatemelo sapere!
Adieu-
 

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Capitolo 2
*** Prologo 2 ***


- Prologo 2
 

Chi l'avrebbe mai detto che un giorno il giovane Jin Kazama, colui che disprezzava le prese di potere del padre e del nonno, finì per diventare quasi peggio dei suoi parenti?

La Mishima Zaibatsu era giunta nelle sue mani, come successe a Kazuya anni prima.

-Il potere è tutto.-

Quella frase, a insaputa di Jin, era un'altra cosa che lo collegava sempre di più a suo padre. Entrambi bramavano il potere, entrambi si rifugiavano dietro al loro diavolo interiore, quando potevano.

 

Quella sera i locali della Mishima Zaibatsu erano vuoti. Anche la sala principale dove solitamente il giovane era solito controllare i terminali fino a tarda notte era deserta. Jin si trovava nei laboratori dell'azienda; i controlli sul sangue di Ogre andavano avanti da anni ma nulla di utile era stato ricavato. Il mistero della morte di Jun era irrisolvibile. Il ragazzo sospirò sbattendo un pugno contro il muro, la collera e la delusione non lo lasciavano. Nemmeno il potere che bramava tanto lo aveva aiutato in quella ricerca. Scivolò con la schiena contro il muro e si sedette a terra, le mani tra i capelli. Doveva cercare di tollerare la rabbia crescente in lui, doveva imporre all'altro di non uscire. Lui era Jin Kazama, nulla da collegare alla lurida stirpe dei Mishima. Non voleva avere nulla a che fare con Lui, nulla.

Era da solo in quella stanza, accanto a lui solo marchingegni altamente tecnologici e scaffali pieni di documenti relativi ad esprimenti o ricerche. Vi era un silenzio quasi fastidioso, se non fosse per un lieve ronzio di sottofondo derivato dai computer che lavoravano constantemente.

Un odore di salsedine e mare inondò quel luogo, la spiaggia distava più di venti chilometri di distanza da lì, un aroma del genere non poteva far parte di quella stanza. Era scientificamente impossibile.

Jin alzò la testa annusando imperterrito, quell'odore lui lo conosceva fin troppo bene. Aveva passato anni a correre sulla spiaggia durante le pause da un allenamento all'altro, insieme alla madre. Forse era lei che gli stava mandando un segnale; si alzò in piedi e si guardò attorno, speranzoso. Esaminò ogni angolo della stanza ma nessun segno di Jun, eppure era così sicuro di quel profumo!

Aprì violentemente la porta e si addentrò nei corriodi solitari, situati nei sotterranei della Mishima. L'odore non lo abbandonava, anzi si faceva più intenso. Il passo del ragazzo divenne più veloce, il cuore iniziò a battere forte. Salì le scale, girò verso i locali privati dei dipendenti, percorse nuovamente le scale e si fermò davanti alla sala del trono. La porta era stranamente chiusa, solitamente ciò significava la presenza di Jin stesso al suo interno, ciò non poteva accadere, lui era fuori.

Jin strinse i pugni e contrasse i muscoli, non sapeva cosa potersi aspettare, doveva essere comunque pronto. Ansimò lentamente cercando di calmarsi, alzò una mano e la pose sul pomello dorato della porta, aspettò tre secondi e aprì violentementela porta.

Gli occhi slittarono da una parte all'altra della grande sala, l'odore era forte e si era aggiunto pure il rumore delle onde. Si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi in un'espressione di dolore, non poteva accadere tutto nella sua testa, era sua madre che gli mandava un segnale, ne era sicuro.

Le gelide mani del demone sopito in lui lo toccarono facendolo cadere in ginocchio. Che stesse impazzendo come era successo a suo padre? Non voleva assolutamente ricordare Kazuya, non desiderava somigliarci per nulla al mondo. Gemette mentre i tatuaggi demoniaci iniziavano a manifestarsi su tutto il suo corpo. Il diavolo approfittava di ogni piccolo momento di debolezza per cercare di prendere il sopravvento, Jin era a carponi a terra e la sua mente era un continuo gremire di pensieri e indecisioni, momento migliore di questo non c'era.

- Jin, non lasciare che un diavolo ti sottometta... lotta! -

La voce soave ed eterea di una donna echeggiò per tutta quella grande camera. Un attimo e Jin non sentì più su di sé la sensazione di gelo tipica del diavolo, i tatuaggi che segnavano l'inizio dlela mutazione erano spariti. Venne irradiato da una candida luce, pura come il paradiso, il profumo del mare proveniva proprio da lì. Jin vide una mano diafana materializzarsi dal nulla davanti a lui, alzò di scatto lo sguardo e il suo viso espresse stupore, gioia e incredulità al momento stesso. Per una decina di secondi rimase ad osservare, a bocca aperta, la figura femminile comparsa dinnanzi a lui. Emanava luce propria, divina. Jun Kazama sorrideva dolcemente verso suo figlio, solo come una madre poteva fare.




Okay... questo secondo prologo non è venuto esattamente come volevo ma spero vi piaccia comunque! Premetto che faccio fatica a descrivere a parole ciò che ho in testa ma sto continuando a perfezionarmi! Beh, se vi piace questa piccola fanfiction, che dalla coppia Kazuya/Jun si è estesa all'intera "famigliola felice", fatemelo sapere con una recensione! :D

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