Redemption

di Fabio93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nella Polvere ***
Capitolo 2: *** Doppio Malto ***
Capitolo 3: *** Lo Sportello Reclami ***
Capitolo 4: *** Annie? ***
Capitolo 5: *** Il Passaggio ***
Capitolo 6: *** Dopo la Pioggia ***
Capitolo 7: *** Nel Pozzo ***
Capitolo 8: *** Risveglio ***



Capitolo 1
*** Nella Polvere ***


 

Capitolo 1: Nella Polvere

 

La cattiva notizia era che Lance stava lottando con un non-morto; quella buona era che il non-morto era ubriaco.

Quelle erano le due cose che doveva considerare, mentre lottava per la vita; quelle ed il martello.

Quasi a ricordargli la sua presenza, il dannato arnese fischiò a pochi centimetri dal suo volto, mentre lui scartava di lato.

Il non-morto, di nome Skoll, era stato un uomo enorme e nerboruto, e, dopo il trapasso, la sua forza non era che aumentata: nessuna meraviglia che menasse il pesante martello di ferro come fosse un fuscello.

Fosse stato armato di un pugnale o di un'accetta, Lance avrebbe potuto bloccarla sfruttando le catene che gli legavano i polsi, ma con un martello da una decina di chili il risultato sarebbe stato solo quello di romperseli entrambi.

Schivò l'ennesimo colpo, mettendo fra sé e l'avversario un po' di distanza.

-Prima o poi ti becco, bastardo- bofonchiò lo zombie, sputando a terra un misto di bava e sangue.

Nessun dubbio su quello: Lance ormai aveva le gambe stanche e non poteva schivare colpi in eterno.

Non poteva nemmeno fuggire, visto che una densa calca di gente urlante circondava i due contendenti.

Gente che, per altro, voleva del sangue: ci si sarebbe aspettati che in un processo si volesse giustizia, ma la legge era un po' diversa nella periferia e se, come Lance, venivi accusato di essere un baro, potevi ritrovarti a dimostrare la tua innocenza con un duello.

Skoll si rifece avanti calando il martello per spaccare la testa di Lance come si spaccherebbe un ceppo di legno, ma lui riuscì a spostarsi in tempo, portandosi alle sue spalle.

Lo zombie girò su sé stesso e menò un fendente orizzontale; Lance si abbassò sulle ginocchia ed evitò il colpo.

Quella era la sua occasione.

Mentre il gigante un po' brillo realizzava di aver mancato il bersaglio, Lance picchiò le pesanti manette metalliche contro la sua rotula, sbriciolandola.

Lo zombie non fiatò e cercò invece di afferrarlo con la mano libera; l'uomo riuscì ad allontanarsi con una capriola.

Skoll incespicò in avanti, in evidente difficoltà nel mantenere l'equilibrio.

Un uomo qualunque sarebbe stato a terra, urlando dal dolore, ma non uno zombie.

-Maledetto figlio di puttana!- gridò, cercando di rimanere in piedi nonostante l'arto fuori uso.

Lance ne approfittò per riprendere fiato: i polmoni gli bruciavano quanto i muscoli stremati ed aveva la fronte impregnata di sudore e sporca di terra.

Un sole implacabile, alto nel cielo sgombro, illuminava senza pietà lo scontro, arroventando gli animi e l'aria.

Alla fine Skoll crollò in ginocchio, bestemmiando ed inveendo; la folla sembrava delusa: uno zombie non sanguina quanto un pistolero.

Lance si rialzò e si avvicinò all'avversario; si concesse di essere fiducioso: bastava non distrarsi e la vittoria sarebbe stata sua.

Lo zombie lo attese immobile, scrutandolo con furia omicida; gli occhi erano l'unica cosa di lui che non fosse in stato più o meno avanzato di putrefazione, ma, nonostante questo, non era un tipo da sottovalutare.

Appena Lance fu nel suo raggio d'azione, Skoll tentò di spaccarlo in due con una martellata; il pistolero la schivò di poco, facendo un passo indietro, poi, prima che il gigante potesse riprovarci, scattò in avanti, colpendolo al viso col tacco dello stivale.

La testa di Skoll parve staccarglisi dal collo e la sua mandibola andò in frantumi, disarticolandosi.

Non bastò: lo zombie lo afferrò per la gola e lo trasse a sé, mozzandogli il respiro senza difficoltà.

-Te l'avevo detto che ti prendevo...- mugugnò il mostro, esibendo un orrendo ghigno soddisfatto.

Lance era già in debito d'ossigeno e non aveva che pochi secondi per reagire, non poteva permettere alla paura di annebbiargli la mente.

Alzò in alto le mani, come in uno slancio di fede, poi, con tutte le forze che gli erano rimaste, calò le manette sulla testa dello zombie, fracassandola.

I due crollarono insieme nella polvere mentre la folla attorno urlava ed applaudiva.

Tuttavia, in quel momento, per Lance il mondo si era ridotto al respirare, anche se ogni respiro era doloroso come una coltellata.

Riuscì ad alzarsi, alla fine, sfinito ed ammaccato, ma comunque vivo.

Ed innocente, secondo la legge di Lowtown.

Grossi uomini vestiti di nero aprirono e poi dispersero la folla, facendo strada ad un uomo piccolo ed ossuto, vestito di una tunica di pelle di qualche taglia troppo grande e di qualche anno troppo vecchia.

Nonostante l'aspetto trasandato, quello era Harlaw: un potente criminale che aveva nelle mani esili e sporche l'intera Lowtown ed i suoi abitanti.

-Skoll era mio amico, sai- gli disse con una voce sorprendentemente profonda e sicura, avvicinandoglisi -Ma tu lo hai battuto, per cui devo lasciarti andare: è la legge-

-È buffo sentir parlare un criminale di “legge”...- rispose Lance con un filo di voce, porgendogli le manette.

L'altro sorrise alla battuta, mettendo in mostra diversi denti d'oro; dalla tunica estrasse una chiave con la quale ridiede la libertà a Lance.

Libero dalla morsa del metallo, il pistolero si massaggiò i polsi scorticati.

Non era d'uso far combattere un uomo ammanettato, ma Skoll era stato amico del grande capo, per cui...

-Le mie pistole?- domandò.

-Quali pistole?- chiese l'altro con esagerato stupore.

Il sangue si gelò nelle vene di Lance: lui era un pistolero, non aveva senso sopravvivere ad un duello all'ultimo sangue se poi gli avrebbero portato vie le sue pistole.

-Hey, senti, non fare scherzi...- lo minacciò fulminandolo coi suoi occhi azzurri.

Lance superava Harlaw di tutta la testa ed era molto più in forze, ma se solo l'avesse sfiorato le sue guardie l'avrebbero fatto a pezzi, e lui questo lo sapeva bene.

-Questa è la mia città, pistolero: se io voglio le tue pistole me le prendo- spiegò infatti, premendogli l'indice sul petto -È già tanto che ti consenta di andare via sulle tue gambe: la legge ti ha giudicato innocente, ma non dimenticare chi è che fa la legge-

Lance non seppe cosa rispondere, troppo amareggiato e furioso per farlo.

La situazione era senza via d'uscita.

-Senti- fece poi Harlaw esibendo uno dei suoi bei sorrisi -Visto che mi sembri deluso facciamo così: te le pago le tue pistole-

Un sacchetto di stoffa apparve nella sua mano e lui glielo porse.

-Trenta pezzi d'argento, ti va l'idea?-

Lance fissò il criminale dritto negli occhi per qualche secondo, meditando se rompergli un braccio, ma alla fine prese il sacchetto.

-Ecco bravo- si complimentò il criminale -Vai a farti una bevuta...e poi sparisci dalla città-

Harlaw e i suoi tirapiedi se ne andarono, portandosi dietro la carcassa dello zombie e lasciandolo solo nella piazza del tribunale.

Lance aprì il sacchetto: c'erano trenta monete, ma di rame, neanche lontanamente sufficienti a coprire il costo delle sue pistole.

In mancanza di uno sportello per i reclami, Lance inghiottì la rabbia, e decise che un po' di birra gli avrebbe tolto quel saporaccio dalla bocca.


 
Come avrai sicuramente intuito, siamo alla fine del primo capitolo di questa mia nuova storia. Spero di essermi guadagnato un po' della tua fiducia e che proseguirai la lettura: parte del racconto è già scritto ed in attesa di essere pubblicato, il resto è ancora nella mia testa, ma, se sarò essenziale, non dovrei superare la decina di capitoli. Che dire, ti ringrazio per l'attenzione che mi hai dedicato, se vuoi, potresti lasciare una recensione: apprezzamenti, critiche e quant'altro mi saranno senz'altro utili per proseguire il racconto. Conto su di te. Al prossimo capitolo, dunque!

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Capitolo 2
*** Doppio Malto ***


 

Capitolo 2: Doppio Malto

 

L'aria nella taverna era calda quasi quanto la birra che Lance stava sorseggiando, seduto ad un tavolo al lato opposto dell'entrata.

L'atmosfera era satura di odori e di suoni diversi, ma su tutti s'imponeva l'aroma forte e corposo del tabacco.

Nonostante la quasi impossibilità di reperire frutta e verdura fresca, il mercato del tabacco sembrava prosperare.

A Lance fumare non piaceva granchè, ma l'odore non gli era affatto sgradito.

Guardò il debole riflesso di sé stesso nel rozzo boccale di birra scura: i capelli neri gli arrivavano ormai alle spalle ed un'ispida barba stava man mano ricoprendogli il viso affilato.

Chissà dov'era finito il ragazzo che era stato, molto tempo fa.

Il pistolero bevve un lungo sorso, riempiendosi la bocca col sapore denso del malto fino a svuotare il boccale.

Lo poggiò sul tavolo, soffocando un rutto, poi si frugò fra le tasche dei jeans scoloriti ed estrasse il sacchetto di Harlaw.

Notò con disappunto che non era rimasto granchè.

Sbuffando, diede un'occhiata in giro: il locale era piuttosto spazioso, ma anche pieno di avventori, uno con la faccia meno raccomandabile dell'altro.

In un tavolo poco distante si stava giocando a poker, ma era meglio per Lance evitare il gioco d'azzardo, almeno finchè non si fosse allontanato dalla città.

Non che Lowtown si meritasse il nome di “città”, da quella fogna a cielo aperto che era, ma era comunque preferibile al deserto che si stendeva tutt'attorno.

Se voleva andarsene, però, aveva bisogno di un cavallo, e di acqua, e di...

-Salve. Ti spiace se mi siedo al tuo tavolo?-

La voce lo colse di sorpresa così come il suo possessore: un ragazzo biondo ed alto, avvolto in una grossa cappa marrone.

Lance non disse nulla, odiandosi per essersi fatto cogliere alla sprovvista: una delle poche cose che non gli piacevano dell'alcol era che lo rendeva distratto.

Anche il ragazzo rimase in silenzio, scrutandolo con due occhi scurissimi, al contrario della sua pelle.

-Che hai da guardare?- domandò infine Lance: proprio il tipo di domanda che ci si sarebbe aspettati da un pistolero scontroso e un po' alticcio.

-Sei il pistolero che oggi ha vinto il duello contro Skoll, vero?- gli chiese l'altro, ignorando il suo tono minaccioso.

Lance fece un sorriso amaro.

-Ho vinto il duello, ma mi sa che non sono più un pistolero: mi hanno portato via le mie armi...-

-Oh, capisco...-

In effetti non era una buona idea dire certe cose ad uno sconosciuto che, per quel che ne sapeva, poteva volerlo aggredire e derubare, ma evidentemente la birra voleva avere la sua parte nella conversazione.

Comunque lui aveva ancora il suo tirapugni d'acciaio, nascosto nella tasca destra dei jeans e, a giudicare dalla corporatura esile del ragazzo, un colpo sarebbe stato più che sufficiente a stenderlo.

-Allora io potrei avere qualcosa di interessante per te-

Il ragazzo mise una mano all'interno della cappa e ne tirò fuori una pistola.

Tutti i muscoli di Lance si tesero all'istante, pronti a scaraventargli il tavolo addosso e a fargli a pezzi la faccia, ma poi quello si limitò a posare l'arma sul piano di legno, guardandolo con un mezzo sorriso.

Lance osservò lui e la pistola con evidente sospetto: non c'era da fidarsi di uno che ti offriva un'arma con cui sparargli addosso.

Il ragazzo lo incoraggiò con un cenno del capo e lui la afferrò, chiedendosi a che gioco stessero giocando.

-Non mi hai detto il tuo nome, comunque- disse, esaminando l'arma.

Era una semi-automatica, roba che non si vedeva spesso in giro, risalente a prima della Frattura.

C'era gente disposta a pagare oro per un pezzo simile, ma un pistolero come lui sapeva dare il meglio solo stringendo in pugno una revolver.

-Il mio nome è Will...e tu sei Lance-

Non era una domanda.

-Come sai il mio nome?-

L'unica risposta che ottenne fu un sorriso enigmatico ed uno sguardo imperscrutabile di quei profondi occhi neri.

-Senti un po' ragazzo- fece Lance, rimettendo sul tavolo la pistola, puntata contro il suo stesso proprietario -Dimmi chiaro e tondo cosa vuoi da me o giuro su Dio che ti apro un buco in pancia-

Se Will era spaventato, non lo diede a vedere.

-Sarebbe un peccato: ho molto più di quella da offrirti...se mi seguirai-

Lance si fece una mezza risata, ma non si stava divertendo affatto.

-Seguirti? E dove, esattamente?-

-Fuori da Lowtown, fra le Montagne Rosse-

-Io non vengo da nessuna cazzo di parte, con te!-

-Preferisci rimanere qui in attesa che Harlaw ti liquidi definitivamente? O forse vuoi ucciderlo e prendere il possesso della città?- lo schernì il ragazzo.

-Una cosa del genere- rispose Lance, tamburellando pensoso sul tavolo.

Di sicuro quel ragazzo non era un ladro: non aveva nulla di valore da rubargli, e poi sarebbe stato a dir poco stupido armarlo prima di aggredirlo.

Dunque o era un pazzo o aveva effettivamente una specie di lavoro per lui.

Decise che valeva la pena correre il rischio, tanto se ne sarebbe dovuto andare comunque.

-Facciamo così, tu ti fai trovare all'alba fuori dalla città, davanti alla vecchia stazione ferroviaria, con dei cavalli e delle razioni- Will annuì alle sue parole -E nel frattempo ti levi dai piedi e mi lasci ponderare la tua proposta-

Anche quella non era una domanda.

Uscì a grandi passi dalla taverna, avvertendo su di sé gli occhi del ragazzo.

Fuori l'aria era fresca e pungente, un vero toccasana.

Le strade erano buie, ma il cielo, forse l'unica cosa bella rimasta in quel posto, era pieno di stelle.

Sotto quella volta splendente e sconfinata, Lance svuotò la vescica contro un lampione che pareva spento da secoli.

Riprese in mano la pistola e lasciò che la tenue luce notturna ne accarezzasse le forme spigolose e precise.

Estrasse il caricatore: quindici colpi.

Decise che gli sarebbero bastati. 

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Capitolo 3
*** Lo Sportello Reclami ***


 

Capitolo 3: Lo Sportello Reclami

 

Ah, la vita!

Un bicchiere di rum forte, una bella pollastra sulle ginocchia e leccaculo che ridono ad ogni tua battuta.

Harlaw era sbronzo e soddisfatto.

Finì il bicchiere d'un fiato, lasciando che il calore della bevanda gli risalisse fino alla testa.

La locanda era piena di avventori anche a tarda notte, il che era un'ottima cosa, visto che lui aveva una buona percentuale sugli introiti, tuttavia aveva bisogno di un po' di privacy per lavorarsi la biondina che continuava a sventolargli il seno davanti al naso.

-Che ne dici se adesso ti porto a casa, piccola?- le chiese, poggiandole una mano sulla coscia.

Lei lo guardò con due occhi pieni di promesse e sorrise lievemente.

-Dipende. Hai un letto comodo?-

-Ho un letto di fottute piume d'oca, baby!- fece Harlaw, sghignazzando ed alzandosi dal tavolo.

I suoi fidi scagnozzi si alzarono a loro volta: sette rifiuti della società pronti a tutto pur di guadagnarsi il suo favore, e i suoi soldi, anche a picchiare a sangue un ragazzino perchè gli era accidentalmente finito addosso.

Cosa che in effetti avevano fatto solo un'ora prima.

-Nah, ragazzi, state comodi: non voglio che le vostre brutte facce spaventino questo bocconcino. Magari, tu, Ned, accompagnaci, giusto per sicurezza-

Ned, un gigante dalla pelle olivastra, fece loro strada attraverso la calca: nessuno fa troppe storie quando a spintonarti è un uomo armato di fucile a canne mozze.

Dopo l'atmosfera pesante della locanda, l'aria esterna fu come una sorsata d'acqua fresca.

Il mercato, cuore pulsante della città, la sua città, era deserto, ma pattugliato da uomini armati; alle prime luci dell'alba, comunque, gli affari si sarebbero rimessi in moto.

Guidati dalla luce delle stelle e della lanterna di Ned, camminarono per le vie tortuose e sudice di Lowtown, fino a distanziarsi dalla zona più densamente abitata.

-Ci siamo quasi- disse alla biondina.

-Basta che ci sbrighiamo, sono così impaziente...-

Anche Harlaw si sentì impaziente quando la mano di lei gli si intrufolò nei pantaloni.

Pian piano il profilo della casa emerse dalle tenebre, stagliandosi contro il cielo stellato.

Era un edificio squadrato a due piani, che sorgeva alle pendici di una piccola collinetta rocciosa, una delle tante attorno alla città.

Nessuna delle luci era accesa, notò Harlaw mentre il trio percorreva il sentiero sterrato che conduceva alla dimora.

Tutt'attorno i grilli cantavano, ma per il resto la notte era silenziosa come una tomba.

C'era qualcosa che non andava.

Harlaw cercò di vederci chiaro attraverso la cortina alcoolica che gli era calata sugli occhi.

Dov'erano le sue guardie, tanto per cominciare?

Anche se non sempre si faceva scortare per le strade della città, si assicurava comunque che la sua casa e i suoi averi fossero ben custoditi.

Mentre Ned iniziava ad armeggiare con la pesante porta blindata che dava accesso alla casa, la biondina gli sussurrò qualcosa all'orecchio, ma lui non le prestò attenzione.

Nonostante la sbronza l'istinto gli diceva che c'era qualcosa in agguato nella notte, fuori dal circolo luminoso della lanterna.

Harlaw era sul punto di tornare indietro a chiamare i suoi uomini, quando Ned aprì la porta.

 

 

Tik. Tok. Tik. Tok.

Il tempo trascinava con sé le ore della notte a ritmo lento, regolare, impassibile.

L'atrio era buio e silenzioso, fatta eccezione per l'orologio a pendolo.

Un rettangolo di luce entrava dalla finestra al lato opposto dell'entrata, risaltando le sagome scure dell'arredamento senza però riuscire ad illuminarlo.

Tik. Tok. Tik. Tok.

Nascosto dietro quel sipario di tenebra, il pistolero osservava la stanza seduto su una malconcia ma comoda poltrona di pelle.

I mobili della stanza erano un'accozzaglia di stili e materiali differenti, ma erano comunque riflesso della ricchezza del loro proprietario.

A Lance la casa sembrava troppo ingombra, ma d'altra parte non era affar suo: non era certo venuto lì per riarredarla.

Se così fosse stato non avrebbe sporcato.

Tik. Tok. Tik. Tok.

Del sangue fece capolino dalla porta che conduceva nella stanza attigua, strisciando furtivo e silenzioso sul pavimento di legno.

C'erano quattro persone morte, di là, tutte guardie di Harlaw.

Lance accarezzò la canna della pistola, seguendo le linee delle decorazioni che vi erano incise.

Non era la semi-automatica che aveva usato per far fuori i criminali, no, quella era la sua pistola: una splendida revolver, grossa e pesante quanto letale e precisa.

La sua gemella era accuratamente riposta nella fondina sul fianco destro di Lance.

Le aveva trovate appese al muro della sala, dove giacevano le guardie.

Che oltraggio: quelle pistole non erano fatte per essere ammirate come un quadro.

Ma, ora che erano di nuovo in suo possesso, avrebbero svolto il compito per cui erano state create.

Uccidere.

Tik. Tok. Tik. Tok.

Cominciava quasi a pensare che la sua preda non si sarebbe fatta vedere, quella notte, ma poi sentì i passi.

Tese l'orecchio: un gruppo di persone si avvicinava alla casa.

Il suo cuore accelerò ed i suoi sensi furono immediatamente vigili e pronti all'azione.

Tuttavia lui non si mosse.

Sarebbero stati loro a venire da lui, perchè scomodarsi?

Alzò la pistola e la puntò verso la porta blindata.

Tik. Tok. Tik. Tok.

I passi erano sempre più vicini e la luce tremolante di una lampada ad olio s'intrufolò nella stanza attraverso le fessure della porta.

Qualcuno prese ad armeggiare con la serratura.

Tik. Tok. Tik. Tok. Clak.

Lance armò il cane, il tamburo girò, preparando il proiettile al rude bacio del percussore.

La porta si aprì.

Senza esitare, Lance premette il grilletto e la pistola prese vita nelle sue mani.

 

 

Lo scoppio gli strappò un grido di sorpresa e spavento.

Ned crollò a terra senza un lamento, con metà cervello spappolatasi sui vestiti di Harlaw che rimase a fissare l'interno della casa da dove era venuto lo sparo, bocca ed occhi spalancati, incapace di muoversi.

Al suo fianco, la biondina singhiozzava affondandogli le unghie nel braccio, gli occhi fissi sul cadavere ai suoi piedi.

Un'ombra si mosse nell'atrio, frapponendosi fra Harlaw e la luce lunare che entrava dalla finestra.

La biondina volò via come il vento.

Saggia scelta.

Harlaw girò i tacchi e corse via dallo sconosciuto, cercando rifugio nel buio della notte.

Sentiva i piedi pesanti ed impacciati, come se stesse correndo in una vasca piena di melassa.

Ad ogni passo il suo equilibrio si faceva più precario, ma non poteva permettersi di fermarsi: ogni metro posto fra lui e quell'ombra nella casa era una chance in più di salvare la pellaccia.

Un secondo sparo squassò l'aria e lui finì con la faccia nella polvere senza nemmeno rendersene conto.

Cercò di rialzarsi, ma una fitta lancinante al ginocchio lo fece ricadere a terra con un gemito.

La notte era buia, ma quel dolore era rosso pulsante e riempiva tutto il suo campo visivo.

Si girò sulla schiena, fissando il cielo, forse sperando in un qualche aiuto celeste.

Fu invece l'ombra a calargli addosso.

-So che è tardi, ma non è tempo di schiacciare un pisolino- gli disse.

Ma lui non lo sentì.

L'unica cosa che sentiva era il freddo manico del pugnale che stringeva nella mano destra.

Appena l'assalitore si chinò su di lui lo estrasse, puntando al collo.

Fu troppo lento e goffo: l'ombra gli afferrò il braccio, stingendoglielo in una morsa di ferro.

Harlaw urlò e lasciò cadere l'arma.

-Ti conviene evitare simili scherzetti- lo avvertì l'altro.

Solo allora gli lasciò il braccio, poi lo sollevò da terra e lo trascinò verso la casa.

-No, no!-

Harlaw tentò di resistere, ma quello era troppo forte e lui non poteva che zoppicare al suo fianco, cercando di non risvegliare quel terribile dolore rosso che aveva preso possesso della sua gamba.

Una volta dentro, l'ombra lo scaraventò contro un mobile e chiuse la porta dietro di sé, raccogliendo la lanterna ad olio, ancora accesa, che Ned aveva fatto cadere.

Harlaw si aggrappò al mobile per non cadere a terra, mandando statuette, specchietti e quant'altro a fracassarsi sul pavimento.

Poi fronteggiò l'assalitore e solo allora, grazie alla luce della lanterna lo riconobbe.

-Tu!-

Il pistolero sorrise, anche se i suoi occhi rimasero gelidi.

-Bastardo! Io ti faccio ammazza...-

Lance sparò rapido e senza preavviso, polverizzandogli anche l'altro ginocchio.

Harlaw strillò qualcosa a metà fra un insulto ed un lamento e rovinò sul pavimento, fra i cocci dei suoi preziosi arredi.

Mentre lui gemeva debolmente, Lance lo sollevò senza fatica, buttandolo sulla poltrona di pelle.

-Scusa, non ti ho lasciato finire, cosa stavi dicendo?- gli chiese poi, inginocchiandosi davanti a lui con la lanterna in una mano e la pistola fumante nell'altra.

Il sorriso di scherno era sempre lì.

Nessuno si era mai rivolto a lui con quell'insolenza, nessuno sano di mente, almeno.

Eppure, fissando quegli occhi privi di calore, Harlaw sentì il suo coraggio e la sua rabbia svanire, forse usciti attraverso i fori di proiettile.

-Lo immaginavo- fece Lance -Vedi, tu non mi stai simpatico, ma ormai la feccia come te è ovunque, quindi di solito non ne faccio un dramma...ma tu hai preso le mie pistole...-

Il sorriso scomparve.

Qualsiasi tipo d'espressione scomparve dal volto del pistolero.

-Questo non posso proprio lasciartelo fare, amico-

-V-va bene, senti, tieniti le tue dannate pistole e vattene dalla città, ok?- propose Harlaw -Posso d-darti dei soldi, m-molti soldi, e mi lascerò tutta questa storia alle spalle-

Il pistolero alzò le sue, di spalle.

-I tuoi soldi li ho già presi, erano nella stanza accanto, giusto?-

Harlaw lo fissò, la bocca improvvisamente arida e incapace di parlare.

Il pistolero si rialzò, rinfoderò la pistola e si mise una mano in tasca.

Quando la tirò fuori, le sue nocche scintillarono alla luce della lanterna.

Un tirapugni, realizzò Harlaw.

L'attimo dopo la sua mandibola era in pezzi.

Harlaw gridò, sputando a terra sangue e denti; alzò un braccio per proteggersi ma il tirapugni spezzò anche quello.

Il pugno del pistolero calò ancora e ancora, spezzando ossa e aprendo ferite per un tempo che parve senza fine.

Quando terminò, Harlaw era accasciato sul pavimento, in un lago di sangue.

-Ti prego...ti prego...- continuava a ripetere con un filo di voce gorgogliante.

-Riserva le preghiere per l'aldilà, ne avrai bisogno-

Il criminale sentì i passi del pistolero allontanarsi da lui, diretti verso la porta.

Tik. Tok. Tik. Tok.

Harlaw sollevò la testa quel tanto che bastava per osservare Lance afferrare la maniglia, aprire la porta...e fermarsi sulla soglia.

Cosa c'è ancora?” si chiese Harlaw, incapace di sopportare altro “Avanti, vattene, VATTENE!”

-Solo una cosa- disse il pistolero, senza girarsi -Questa è tua, puoi tenerla-

Sollevò la lanterna e la pose in bilico su un mobile di fianco alla porta.

La lanterna rimase lì per un paio di secondi, poi si inclinò, scivolò e cadde.

Il vetro si ruppe lasciando che il fuoco divampasse sul pavimento di legno secco.

Le fiamme, dapprima timide, crebbero nel giro di qualche secondo, arrivando fino al soffitto.

Lance osservò le fiamme prendere possesso della stanza, poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

-Maledetto- sussurrò Harlaw, fissando il fuoco che si avvicinava -Maledetto! NO! NON LASCIARMI QUIIIIIIII!-

Il ruggito dell'incendio inghiottì le urla, le fiamme fecero il resto. 

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Capitolo 4
*** Annie? ***


 

Capitolo 4: Annie?

 

Le “Dita del Diavolo” erano proprio davanti a loro, esili e contorte colonne di pietra rossa che si protendevano come a voler afferrare il cielo.

Il panorama, i primi giorni di viaggio, era stato una distesa regolare di terra arida e dura, sovrastata da un cielo talmente ampio da far spavento; solo ora apparivano delle variazioni e, in lontananza, si poteva scorgere il profilo scuro delle montagne.

Solo che non erano le Montagne Rosse.

Il percorso che stavano seguendo non era quello di cui Will aveva parlato alla locanda e le Dita del Diavolo toglievano ogni dubbio sulla loro direzione.

-Non stiamo andando alle Montagne Rosse- fece Lance.

L'aveva intuito da tempo, seguendo il corso del sole: sarebbero dovuti andare a Nord, ma stavano invece andando ad Est.

Quando, la stessa notte in cui aveva assassinato Harlaw, aveva deciso di seguire Will, gli aveva puntato una pistola alla tempia e gli aveva chiesto chiaramente cosa volesse da lui.

Una vecchia conoscenza ti sta cercando” era stata la risposta, tutt'altro che chiara.

Lance non aveva “vecchie conoscenze”.

Vive.

Avrebbe potuto semplicemente sparare in testa al ragazzo e rubargli cavalli e quant'altro, ma poi aveva deciso di correre il rischio: Will sembrava sicuro di sé ed il suo atteggiamento aveva fatto germogliare in Lance il seme del dubbio.

Doveva scoprire cosa nascondesse, Montagne Rosse o meno, così all'inizio non aveva detto nulla, sebbene ad Est non ci fosse niente di buono per lui, ma Will doveva avere un motivo maledettamente valido per passare per le Dita.

-No, in effetti- rispose semplicemente il ragazzo, che cavalcava davanti a lui -La cosa ti preoccupa, pistolero?-

Lance non era nuovo a quelle provocazioni: il ragazzo sembrava non temerlo minimamente, anzi, sembrava non essere spaventato da nulla.

Anche quando erano stati accerchiati da un gruppo di banditi armati di lance non aveva battuto ciglio.

Il pistolero spronò il cavallo e gli si portò al fianco.

-Non mi frega niente se andiamo a Nord o a Est, ma questo tuo fare il misterioso comincia a darmi sui nervi- spiegò -Mi hai chiesto di seguirti alle Montagne Rosse, va bene, dico io, ma quelle montagne laggiù non sono affatto rosse, ragazzo. Penso dovresti dirmi la verità, ora.-

Will lo fissò con quei suoi occhi neri privi di timore, soppesandolo.

-Andiamo alle Montagne di Lys-

-Le montagne hanno un qualche fascino, per te, Will?-

-No, ma sono un ottimo posto dove stare, se nelle città non si è i benvenuti-

-Io nelle città mi trovo benissimo...-

-Non l'uomo da cui ti sto portando-

Lance studiò il volto del ragazzo con attenzione.

C'erano troppi sottintesi nelle sue parole; non avendo un posto preciso dove andare poteva seguirlo e vedere cosa sarebbe successo...ma decise che se l'odore di bruciato si fosse fatto troppo intenso l'avrebbe liquidato e se ne sarebbe andato per i fatti propri.

-E chi sarebbe?-

Qualche secondo di pausa.

Le Dita ormai incombevano su di loro, gettandogli addosso le loro ombre contorte.

-Non posso dirtelo, pistolero-

-Potrei farti parlare-

-No, non potresti-

Lo sguardo di Will diceva che lui non aveva dubbi a riguardo.

-Ma puoi tornare indietro, se l'Est ti spaventa tanto- lo schernì subito dopo.

-L'Est non mi fa né caldo né freddo. Non c'è nulla di cui aver paura, anzi, non c'è nulla e basta...-

-Meglio così. Temevo che, dicendoti che eravamo diretti ad Est, te la saresti data a gambe-

Il pistolero decise che avrebbe ucciso il ragazzo, presto o tardi, ma lo avrebbe fatto.

Prima però voleva capire perchè ci tenesse tanto ad andare ad Est.

Ad Est il mondo era finito, inghiottito dall'espansione della Frattura, che aveva tramutato il resto nella distesa arida e priva di vita che ora stavano percorrendo.

Per un attimo, Lance vide il buio, vide il sole oscurarsi, inghiottito dalle tenebre, vide un'ombra piangere e chiamare il suo nome.

Poi chiuse gli occhi e strinse le palpebre con forza, fino a scacciare quelle immagini: esse appartenevano ad un altro uomo, non a lui, non a Lance il pistolero.

Un giorno, la Frattura si sarebbe espansa, inghiottendo tutto, ma fino ad allora lui non aveva niente a che fare con quegli avvenimenti, o con quel buio.

Il sole stava ormai tramontando quando raggiunsero le Dita, preceduti dalle loro ombre, sempre più lunghe, sempre più sottili.

Muoversi fra le Dita del Diavolo era come muoversi attraverso una foresta pietrificata, immobile, silenziosa, plasmata da una forza vitale che ormai l'aveva abbandonata.

Doveva esserci una falda acquifera, in profondità, perchè lì il terreno era meno aspro e in certi punti crescevano degli arbusti, seppur contorti e spinosi.

Lance credette anche di vedere un paio di topi ripararsi fra le rocce al loro passaggio.

Un luogo quasi ospitale, in confronto al deserto vero e proprio, eppure la gente in genere lo evitava.

Si diceva che strane creature vi avessero trovato rifugio.

Demoni era la parola giusta.

Da quando il mondo si era fratturato, l'ordine naturale delle cose non era più stato lo stesso:grandi pianure fertili erano inaridite, e creature inconcepibili avevano fatto il loro ingresso sulla terra.

I morti-viventi erano solo un banale esempio: dopotutto erano solo delle persone un po' più fetide del normale.

Ben di peggio si aggirava in posti sperduti come le Dita.

Tuttavia, Lance non voleva certo mostrarsi intimidito davanti al ragazzo, e poi aveva le sue pistole: un po' di piombo avrebbe esorcizzato qualsiasi demone avesse cercato di aggredirli.

Legarono i cavalli ad un albero rinsecchito e diedero loro della pastoia; non ne era rimasta molta, e senza erba da brucare le povere creature non avrebbero resistito ancora per molto.

Il cavallo di Lance aveva uno sguardo talmente triste da fargli provar pena a cavalcarlo.

-Possiamo accendere un fuoco, con tutti questi arbusti- fece Will, osservando i cespugli che crescevano tutt'attorno.

-Sarebbe bello avere qualcosa da arrostirci sopra, carne secca e frittelle di mais cominciano ad essere monotone- ribattè Lance, sedendosi su un masso pieno di polvere.

Il sole morente sanguinava sulle rocce, tingendole di rosso scuro, abbeverando con la sua luce le ombre distorte che crescevano ai loro piedi.

Lance colse un movimento, fra i cespugli; si girò e vide la sua cena: una lepre magra e priva di un orecchio lo fissava con apprensione da qualche metro di distanza.

-L'hai vista?- chiese al compagno.

L'animale rimase immobile ad osservarli.

Will seguì lo sguardo del pistolero e poi lo riportò su di lui.

-Oh sì- fece.

Altro che demoni, quel posto era abitato da spiriti benigni!

Lance mosse la mano per estrarre la pistola, ma l'animale svanì in fretta com'era apparso.

-Cazzo- si alzò in piedi -Vedo se riesco a trovarla. Tu prepara il fuoco, e vedi se per caso c'è una birreria, da queste parti. Lo sa Dio quanto mi piacerebbe un buon boccale...-

S'inoltrò, pistola in pugno, fra le Dita del Diavolo, scrutando con attenzione il paesaggio, in cerca della preda.

Doveva colpirla con precisione, o sarebbe rimasto ben poco da mettere sotto i denti, ma quello, per lui, non era un problema: avrebbe preso la lepre dritta in mezzo agli occhi, se solo si fosse fatta vedere.

Per un po', tuttavia, non ci fu nulla da vedere, solo ombre e sassi.

Le Dita incombevano su di lui, come guardie minacciose e rosse di sangue.

Un paesaggio da brividi, nemmeno in pieno deserto si era sentito così solo e vulnerabile.

Strinse la presa sulla sua arma e si passò la lingua sulle labbra screpolate.

Si accorse di sudare, e non per il caldo: non voleva ammetterlo, ma quel posto gli gelava il sangue.

Ok. Adesso torno indietro e gli dico che la lepre deve aver trovato quella famosa birreria e ci si è infilata di corsa. Se si lamenta magari ci metto lui, sul fuoco...”

Poi però la lepre sgusciò fuori da un cespuglio e lui, senza nemmeno accorgersene, spianò la pistola.

Seguì l'animale per qualche istante, ma, prima che potesse far fuoco, esso scomparve dietro ad una roccia poco distante.

Era la sua ultima possibilità di fare una cena decente.

Scattò verso la roccia e la aggirò, l'animale era proprio davanti a lui, ma ancora una volta trovò riparo dietro una delle Dita.

Il pistolero la inseguì, fiutandone quasi l'aroma della carne cotta, leggermente al sangue; girò l'angolo...e si ritrovò davanti ad un enorme buco nel terreno.

Era una specie di caverna che scendeva obliqua nelle viscere della terra; il pavimento, però, anziché essere di terra o di roccia era di sabbia fine.

Lance scivolò sulla sabbia verso l'imboccatura della grotta, faticando a mantenere l'equilibrio.

Che posto era mai quello? Forse un pozzo scavato dall'acqua in tempi remoti: avrebbe spiegato la presenza di sabbia.

Eppure l'idea non lo convinceva troppo.

Si ritrovò a fissare l'imboccatura della caverna, in cui regnava un buio pesto ed impenetrabile.

Chissà quanto scendeva in profondità quel buco.

Che la lepre ci fosse finita dentro?

Gli venne in mente di come certi ragni scavassero tane simili nel terreno, in attesa che la preda ci passasse vicino.

Il pensiero non gli piacque affatto.

Al diavolo la lepre: le frittelle di mais non erano così male, dopotutto.

Si girò e fece per uscire dall'imboccatura del tunnel, ma il terreno sabbioso cedette, trascinandolo giù di un metro buono.

-Maledizione!- inveì.

Dietro di lui, il buio sembrava osservarlo, attendendo il momento propizio per balzargli alle spalle.

-Will!- chiamò -Will, mi senti?-

Nessuna risposta.

Il sole, pian piano, stava svanendo dietro l'orizzonte, lasciando spazio alle tenebre.

-WILL!- gridò, a pieni polmoni.

Non gradì affatto la nota isterica che aveva assunto la sua voce.

-Annie?-

Il pistolero si congelò sul posto.

L'aveva sentito davvero?

-Annie?-

La voce, flebile e colma di tristezza, veniva dalla grotta.

E da dove, sennò?

La sabbia cedette nuovamente e Lance si ritrovò praticamente a ridosso delle tenebre del pozzo.

Ancora qualche passo e ci sarebbe finito dentro.

-C-chi sei?- domandò, cercando di non perdere il controllo di sé.

Era sceso ormai di un paio di metri dal livello del terreno e non aveva idea di come risalire quella dannata parete sabbiosa.

E Will dove diavolo si era cacciato?

-Annie?- chiamò ancora la voce.

Sembrava appartenere ad un ragazzo ed era triste, disperata.

-Ragazzo, sei lì dentro?-

Per un po' non ci fu risposta.

-No- disse poi con asprezza -Tu non sei la mia Annie-

Fu solo allora che Lance si accorse che il buio stava strisciando fuori dalla tana, avvolgendone le pareti con mille tentacoli fluidi.

Rimase paralizzato dall'orrore; non riusciva a muoversi, non riusciva a pensare.

Riusciva solo a fissare quell'oscurità profonda, senza fine.

Sapeva di dover fare qualcosa, perciò fece l'unica cosa che sapeva fare bene.

Fece fuoco.

Con la naturalezza di un riflesso, il suo dito premette il grilletto, sparando tutti i colpi, a raffica.

Il botti rimbombarono per la caverna e gli spari illuminarono occhi, denti e artigli in agguato nell'ombra.

Non appena una pistola fu scarica, Lance estrasse l'altra e sparò senza esitare.

Il buio scivolò indietro di qualche metro, con un lamento orribile, come un coro di mille anime straziate.

Libero dalla morsa della paura, Lance si girò, rinfoderò le pistole e si diede alla fuga.

Ma la sabbia non voleva lasciarlo andare.

Inciampò quasi subito e allora si aggrappò al terreno con le mani, proseguendo le sua fuga forsennata a quattro zampe, sbuffando e gemendo a denti stretti.

Eppure avanzava troppo lentamente.

Ogni metro guadagnato era una fatica titanica; ancora poco e le forze gli sarebbero mancate ed allora avrebbe ripreso a scivolare verso il basso, giù, sempre più giù in quel pozzo senza fondo.

Il lamento del demone in agguato continuava a crescere d'intensità: c'erano voci piangenti, urlanti, che chiedevano pietà o che bestemmiavano.

Ma sopra di tutte c'era la voce del ragazzo che cercava Annie, ma che presto avrebbe invece afferrato Lance per uno stivale.

Il prossimo malcapitato avrebbe sentito anche la voce del pistolero gridare nelle tenebre.

Poi qualcosa lo colpì in faccia.

Una corda.

Lance vi si aggrappò con tutte le forze e venne trascinato su a gran velocità.

-ANNIE!- nella voce del ragazzo c'era tutta la disperazione del mondo -ANNIE, TI PREGO, TORNA QUI!-

Poi Lance fu in salvo, oltre le pareti sabbiose del tunnel.

 

 

Fuori dalla tana del demone, il coro di voci urlanti era ridotto ad un sussurro, quasi un sospiro di vento.

Ormai il buio della sera aveva completamente nascosto l'entrata del pozzo, e Lance aveva quasi terrore di rimettersi in piedi e finirci nuovamente dentro.

Will lo sollevò da terra, dopo averlo tratto in salvo trascinandolo via dal mostro con l'aiuto del suo cavallo.

Il pistolero era scosso e tremante e, per quanto si sforzasse di respirare a fondo, si sentiva sul punto di svenire.

-Dobbiamo...- la voce gli mancò e trasse un respiro vibrante -Dobbiamo andarcene da qui-

Will lo condusse verso il cavallo, come si conduce un vecchio delirante alla sua sedia a dondolo.

-Non preoccuparti, quella cosa non può uscire di lì- gli spiegò, per nulla preoccupato quanto il compagno -Infatti ha dovuto attirarti nella sua trappola-

-Attirarmi?-

All'inizio Lance non capì, poi la consapevolezza balenò nella sua mente, rapida e improvvisa come una lepre fra i cespugli.

-Tu...tu dovevi sapere- fece poi -Perchè non mi hai avvertito?-

-Mi è stato detto di metterti alla prova, vedere se fossi in grado di affrontare cose simili-

Al buio il pistolero non poteva vedere il volto del ragazzo, ma era sicuro che su di esso ci fosse stampato il solito sorriso di scherno.

Lo spinse via con rabbia, gettandolo a terra.

Estrasse la pistola e premette il grilletto.

Clak!

Nessuno sparo.

Poi si ricordò di averle scaricate entrambe contro il demone nella caverna.

Ebbe giusto il tempo di maledirsi per quell'errore da principiante, prima che Will estraesse la sua semi-automatica e gliela puntasse contro.

-Fossi in te getterei le tue revolver- disse, rialzandosi, ma rimanendo a distanza di sicurezza.

Lance continuò a puntargli addosso la pistola scarica per qualche secondo, rifiutando di accettare la sconfitta.

Poi decise di obbedire e gettò le revolver nella polvere.

Ancora una volta si ritrovava disarmato, capace solo di inghiottire la rabbia acida che lo rodeva dentro.

-Chi ti ha mandato a cercarmi, Will?-

Nessuna risposta dalla sagoma del ragazzo, appena entro il suo campo visivo.

-Dimmelo, o tanto vale che mi pianti un proiettile in testa e la facciamo finita-

-Ci tieni proprio a saperlo, eh?-

Questa volta fu il pistolero a non rispondere.

Sì, ci teneva davvero.

Anche se sapeva già quale nome sarebbe uscito dalle labbra del ragazzo.

Lo aveva sempre saputo, in fondo, ma non aveva voluto credere.

-Bowen Marshall-

Il nome rimase sospeso fra i due come una bomba inesplosa.

-E adesso girati e va' dove ti dico io. C'è un fuoco caldo ad aspettarti...ed una corda per i tuoi polsi-


 

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Capitolo 5
*** Il Passaggio ***


 

Capitolo 5: Il passaggio.

 

Mentre Lance rincorreva la propria fame Will aveva acceso un fuoco.

Le fiamme illuminavano le colonne rocciose, dando nuova vita alle loro forme contorte ed erose dal tempo.

Lance entrò per primo nel circolo luminoso del braciere, lontano dalle ombre della notte.

Will lo seguiva a qualche passo di distanza e senza dubbio gli stava ancora puntando addosso la pistola.

-E adesso che facciamo, ragazzo?- chiese Lance, fermandosi al loro accampamento provvisorio.

Il suo cavallo lo guardava privo di interesse, con scintille rosse e gialle che brillavano nei grandi occhi neri.

-Adesso ti leghi i polsi-

Il ragazzo gli si affiancò, legò il suo cavallo e prelevò un corto tratto di corda dal suo zaino.

Sempre puntandogli addosso la semi-automatica.

-Credi davvero che andrà così?-

Will lo osservò, la corda in una mano, la pistola nell'altra.

-Ti conviene- lo avvisò.

-E perchè dovrei legarmi da solo? Avvicinati e fallo da te-

-Temo che se mi avvicinassi me la legheresti al collo...-

-Non hai tutti i torti- ammise il pistolero con un mezzo sorriso.

- Per cui ti conviene collaborare, anche perchè quale sarebbe l'alternativa? Morire di sete nel deserto?- Will sorrise a sua volta -Non abbiamo acqua o provviste sufficienti per molto, ma ormai Bowen sa che siamo vicini e presto verrà a prenderci. Non hai scelta, pistolero: o mi segui o muori-

Lance lasciò che lo scoppiettio dei rami secchi soffocasse il rumore dei suoi pensieri frustrati: quello che il ragazzo diceva era dannatamente vero, ma non poteva semplicemente rassegnarsi e seguirlo come un mucca al macello.

-A proposito di morte: Bowen Marshall è morto- disse infine, per prendere tempo e cercare di vederci chiaro.

-Ci sono molte cose che dovrebbero essere morte, qua in giro-

La risposta non gli piacque affatto; Bowen era lo spettro di un passato che non lo riguardava più e se si fosse avventurato nella sua cripta avrebbe finito per risvegliare altri orrori, altri fantasmi.

Compreso il suo.

-Ammettiamo che sia così, perchè dovrebbe cercarmi?-

-Hai ancora un debito con lui...-

-E tu perchè prendi ordini da lui, sempre che sia vivo?-

Will spostò il peso da un piede all'altro.

Il discorso non lo interessava: tutto quello che voleva era legarlo e portarlo alle montagne.

Ma non osava avvicinarsi, il che dava una certa soddisfazione a Lance.

Tuttavia non poteva approfittarne, non finchè quella pistola fosse stata in mano del ragazzo.

-Tu non hai ancora finito con questo mondo, Lance- gli disse -Non finirai la tua vita in una taverna, ad annegarti nell'alcol. Bowen ti darà la possibilità di cambiare le cose. Di redimerti-

Sembrava davvero convinto delle proprie parole.

-Redimermi: questa sì che è bella. Non ho niente per cui redimermi- fece Lance, poi porse le mani a Will -Ma hai ragione: non finirò i miei giorni in una taverna, né tanto meno a morire di sete nel deserto-

Will lo studiò per qualche secondo, poi gli lanciò la corda e lui, dopo averla afferrata al volo, cominciò ad annodarsela attorno ai polsi, con calma metodica.

-Ecco fatto- disse infine, mostrando il risultato al ragazzo.

Will squadrò lui e il nodo, ancora restio a fidarsi, poi, sempre tenendo la pistola in pugno, si avvicinò al pistolero per controllarne il lavoro.

Era ancora ad un passo di distanza quando le loro ombre si sfiorarono, ma per Lance fu abbastanza.

Con uno scatto in avanti pose le mani legate sotto al braccio teso ed armato di Will, sollevandolo sopra di sé.

Will fece fuoco e lo sparo si portò con sé ogni rumore, lasciando nelle orecchie del pistolero solo brusio indistinto, ma lui non si fece distrarre.

Colpì l'avversario con una ginocchiata allo stomaco, poi, quando quello si piegò in due, lo spedì a terra con una gomitata sul mento.

Will cadde sputando sangue e Lance gli fu addosso; pestò il piede sul braccio destro del ragazzo, che ancora reggeva l'arma, e premette fino a sentire l'osso spezzarsi sotto il tacco del suo stivale.

Intontito dal colpo in faccia, Will guardò il braccio rotto con un misto di disappunto e sorpresa, poi il pistolero gli diede un calcio sulla tempia, stendendolo.

Lance sciolse il nodo di canapa e gli montò sopra, impedendogli di strisciare via; sotto di lui il ragazzo si muoveva debolmente, cercando di capire qualcosa attraverso le costellazioni che dovevano esserglisi formate in testa.

Al pistolero quasi dispiaceva che il ragazzo avesse ceduto così in fretta: aveva ancora voglia di spezzargli qualche osso.

Il sangue di Will abbeverava il terreno, rilucendo al ritmo tribale delle fiamme, quasi fosse fatto anch'esso di fiamme vive.

-Ma che cazzo fai...?- domandò Will, cercando di mettere a fuoco il suo avversario.

Gli occhi neri facevano fatica a rimanere fermi sul suo viso e le parole uscivano gorgoglianti ed appena comprensibili dalla bocca devastata.

-Ti ammazzo, mi pare ovvio-

-E poi che farai, da solo...- lottò per un breve attimo con lo svenimento -...nel deserto?-

-Ci penserò su-

Lance si infilò una mano in tasca e prelevò il suo tirapugni, indossandolo con naturalezza, come un guanto di velluto.

Questa volta gli occhi di Will si inchiodarono sulla mano ornata d'acciaio, che significava dolore, anche se non per molto.

-Te ne pentirai- lo avvisò.

Lance fu soddisfatto di intravedere una scintilla di paura negli occhi del ragazzo.

-Avrò tempo per redimermi-

Il rumore del cranio che si rompeva fu ovattato, come il tonfo di un pallone sull'asfalto.

Il figlio di puttana morì con molta discrezione.

 

 

L'aria vibrò e si torse come un prigioniero sotto un colpo di frusta.

Il rumore fu così inaspettato che Lance portò istintivamente la mano alla pistola.

Un tuono.

Alzò lo sguardo: nuvole nere e rigonfie andavano oscurando il sole, a cavallo di un vento freddo e sibilante.

Il pistolero esibì un sorriso amaro; pioggia nel deserto: ora le aveva viste proprio tutte.

Poteva morire in pace, almeno aveva le sue pistole; si accorse solo allora di essere caduto in ginocchio da chissà quanto tempo.

La disidratazione cominciava a stringere le sue dita roventi attorno alla preda.

Dov'era il suo cavallo?

Ci pensò un po', fissando l'orizzonte vuoto e sempre più buio.

Era morto...qualche giorno prima.

Presto lui avrebbe fatto la stessa fine: non aveva acqua né cibo, non aveva un posto dove andare o qualcuno che lo aspettasse.

Aveva solo le sue fottute revolver.

A chi sarebbe importato se fosse morto? Lui stesso se ne sarebbe accorto a stento.

Un fulmine tagliò l'aria, abbagliandolo.

Con la pioggia, forse sarebbe sopravvissuto ancora un po'.

Ma ne valeva la pena?

Per la prima volta si ritrovò a guardarsi dall'esterno, esaminando il deprimente spettacolo offerto da Lance il Pistolero: un uomo senza passato e senza futuro, alla costante ricerca di un tavolo da gioco e di una birra fresca.

Era vita, quella? Allora tanto valeva morire.

-'Fanculo- mormorò, con una voce che non sembrava nemmeno più la sua, la voce di un vecchio, raschiante e stentata, la stessa con cui avrebbe parlato la polvere del deserto, se avesse potuto.

Si sdraiò sul suolo duro, fissando il cielo indifferente ed ostile che fra non molto gli avrebbe pure pisciato addosso.

Chiuse gli occhi.

 

 

Quando li riaprì non seppe il perché.

Aveva la mente svuotata, ma non era morto, di questo era certo: i morti non avevano sete.

O forse era all'inferno?

Un ronzio insistente attirò la sua attenzione, facendolo riemergere dal torpore; con qualche sforzo si mise a sedere e si guardò attorno.

Un puntino nero andava ingrandendosi, diretto verso di lui, portandosi dietro quel ronzio fastidioso.

A suo modo, la situazione era molto divertente: ora che era stato sul punto di lasciarsi tutto alle spalle il destino decideva che per lui non era ancora finita: se quella jeep non era un miraggio allora stava senz'altro venendo a prenderlo.

Per portarlo dove? Lance conosceva fin troppo bene la risposta.

Quella jeep era una salvezza solo temporanea e lo avrebbe trascinato, volente o nolente, faccia a faccia coi fantasmi del suo passato.

Il pistolero si passò la lingua gonfia sulle labbra, senza trarne alcun beneficio.

Debole com'era non poteva fuggire o combattere; poteva fingersi un sasso, ma aveva i suoi dubbi riguardo quella strategia.

Poggiò un gomito sul ginocchio e la testa sulla mano: non rimaneva altro che mettersi comodi ed accettare il passaggio. 

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Capitolo 6
*** Dopo la Pioggia ***


 

Capitolo 6: Dopo la pioggia

 

La jeep si fermò a qualche metro da lui, sollevando una nuvola di polvere subito dispersa dal vento, sempre più intenso e gelido.

Dal lato del passeggero scese un ragazzo alto e dai capelli biondo platino; indossava dei pantaloni da militare ed una canottiera scolorita che ne lasciava intravedere i muscoli ben definiti.

Si avvicinò al pistolero a passi sicuri, reggendo nella mano destra una spada inverosimilmente lunga; all'improvviso si fermò, sollevò la lama e, facendole compiere un arco discendente, ne fece fermare la punta a qualche centimetro dalla fonte di Lance.

Che esibizionista.

-Dove speravi di andare, pistolero?- lo apostrofò con voce sprezzante.

Lance non rispose, fissando invece il bordo irregolare ma affilatissimo della spada: sembrava un'arma ottenuta saldando insieme diversi pezzi di metallo, fatta apposta per tagliare nel modo più lento e doloroso possibile.

-Ti ho fatto una domanda-

L'acciaio si spostò più in basso, premendo sulla gola del pistolero.

-Non lo so- rispose lui con sincerità, fissando il biondo nei suoi occhi grigi come lapidi.

Dall'abitacolo della jeep un secondo uomo si godeva la scena, il viso nascosto da uno spesso passamontagna nero.

Il biondo fece un sorriso sarcastico, come se si trovasse davanti ad un minorato mentale.

-Beh, poco ma sicuro che ora verrai con noi-

Stava per rialzare la spada, quando si accorse che la mano di Lance era scivolata, come per caso, sull'impugnatura della revolver.

-Così non ci siamo- gli disse, scuotendo la testa -Questo tuo atteggiamento non ti porterà a nulla di buono. Ti conviene entrare in macchina senza storie...o rimarrai steso qui per sempre-

Per qualche secondo, Lance valutò la scelta che aveva davanti.

Una goccia, dall'alto della tempesta incombente, sfidò il vuoto sul quale era sospesa, precipitando verso terra; colpì dritto in faccia il pistolero, scendendogli lungo il viso come una lacrima solitaria.

Altre gocce la seguirono, cadendo sempre più fitte e numerose dal cielo verso il quale Lance alzò le mani.

-Dovrete aiutarmi ad alzarmi-

 

 

Il veicolo sobbalzava sul terreno sconnesso e per Lance era come ricevere in testa ogni sasso che mettevano sotto le ruote.

Era ormai il terzo giorno di viaggio: avevano percorso a ritroso tutto il cammino di Lance, tornando alle pendici dei monti di Lys, che ora stavano risalendo.

Per il primo giorno e mezzo la pioggia era stata violenta e costante, trasformando il deserto in un pantano informe; solo dopo era tornato il sole e, ancora dopo, era arrivata l'erba.

Dal finestrino sporco della jeep, Lance aveva assistito a qualcosa che non riteneva più possibile: aveva sempre dato per scontato che il deserto fosse terra morta, in attesa di piombare per sempre nelle tenebre della Frattura, e invece la vita era sempre stata lì, ad aspettare la prima occasione per riconquistare la superficie.

Quelli che spuntavano dal terreno duro erano steli bassi e timidi, eppure, tutti insieme, facevano apparire la fine del mondo un po' più lontana.

Il biondo, seduto affianco a lui, prese la sua borraccia e bevve a grandi sorsi, fissandolo: il pistolero non si era ancora del tutto ripreso dalla disidratazione e quel tipo non faceva altro che bergli davanti agli occhi mentre per lui l'acqua era rigidamente razionata.

Quel tipo ci godeva a vederlo star male, per cui Lance si sforzò di non lasciar trasparire la sua rabbia e la sua sofferenza.

Aprì e richiuse le dita delle mani, bloccate dietro alla schiena da un bel paio di manette metalliche, per mantenere attiva la circolazione: era un'attività che svolgeva ogni pochi minuti, metodicamente, e che serviva a non pensare a dove stesse andando e cosa sarebbe successo dopo che fosse arrivato.

Tuttavia ormai dovevano essere davvero vicini.

La jeep affrontò una salita tremendamente ripida, quasi fosse un trampolino di lancio verso il cielo, ed il motore ruggì andando su di giri.

-Dai gas, Spock!- urlò il biondo al suo compagno, che per tutto il viaggio non aveva aperto bocca. Sicuramente doveva essere un soprannome, magari neanche lui sapeva come si chiamasse quella figura silenziosa.

La macchina si lanciò in un ultimo, sofferto sprint, poi si arrestò definitivamente.

-Siamo arrivati- fece il biondo, scendendo dalla vettura per poi prelevare anche Lance.

Lance faticò a trovare l'equilibrio sulle gambe malferme, ma riuscì a non cadere; si erano fermati nel mezzo di uno spiazzo erboso, ricoperto di steli d'erba che si muovevano in perfetta sincronia, danzando col vento ad un ritmo ipnotico ed imprevedibile.

-Da qui si prosegue a piedi- era sempre il biondo, con la sua voce tagliente e leggermente acuta. Lance ignorava anche il suo, di nome.

-Non so se mi va di fare una passeggiata- rispose Lance: troppo spesso, ultimamente, il corso della sua vita finiva in mani altrui.

-In quel caso ti trascineremo...e senza gambe sarai senz'altro più leggero-

Il biondo esibì un sorriso minaccioso quasi quanto il filo della sua spada, alla quale si era appoggiato pigramente.

Spok diede il suo prezioso contributo alla conversazione con un silenzio ostile.

O con un silenzio qualunque, difficile dirlo.

-Vaffanculo- disse il pistolero, ma poi si mise in marcia senza altre proteste.

Spock, quella specie di ninja senza voce, apriva la strada, Lance era in mezzo ed il biondo chiudeva il gruppo; camminarono per qualche ora per sentieri sterrati appena visibili e spesso nel mezzo di fitti intrichi di cespugli.

Incontrarono anche qualche pino, strada facendo.

Le montagne di Lys sembravano un paradiso di fertilità se paragonate al deserto ai loro piedi, dove, almeno prima della pioggia, le piante crescevano solo in preziosissime serre e spesso la carne veniva fuori da ex-laboratori militari tramite chissà quale procedimento.

Lance non riusciva ad immaginare perchè nessuno fosse rimasto lì a vivere.

-Ed eccoci a casa...- fece poi il biondo, superando Lance con uno scatto.

Il pistolero pensò vagamente di approfittarne per fuggire, ma non avrebbe fatto nemmeno dieci metri in quelle condizioni, dunque proseguì fino ad arrivare ad uno spiazzo pianeggiante, incassato fra le pareti aguzze ed inaccessibili della cima del monte.

Un costone di roccia si protendeva nel vuoto come a volervisi tuffare; da lì si poteva vedere tutto ciò che si estendeva oltre le montagne e Lance ebbe la risposta sul perchè fossero disabitate: a diversi chilometri di distanza, un velo di tenebra calava sull'orizzonte celandolo alla vista.

Laggiù, verso Est, il mondo stava finendo, e la Frattura avanzava divorando le pianure, espandendosi come inchiostro nell'acqua: era uno spettacolo dal fascino inquietante, vedere la realtà disgregarsi e precipitare nel buio. Lance si sentì come un bambino che guarda un'immensa tempesta gonfiarsi nel cielo senza sapere se rimanere incollato alla finestra o andare a piangere dalla mamma.

Le montagne nascondevano la fine imminente alle città nel deserto; quando anch'esse fossero state inghiottite dalla Frattura dove si sarebbe rifugiata l'umanità?

-Affascinante, non trovi?-

La voce giunse dalle sue spalle, ma anche da più lontano: era una voce che gli parlava attraverso il tempo, da una realtà andata persa molti anni prima.

Eppure, quando Lance si girò, trovò Bowen proprio lì, davanti a lui.

Era seduto ai piedi di un braciere spento, davanti ad una tenda da campo sintetica color viola acceso. Indossava una camicia a quadri e pantaloni con bretelle rattoppati; il volto era pallido e due occhiaia tanto scure da sembrare nere contornavano occhi di un giallo inquietantemente acceso.

Tolti gli occhi, era l'aspetto di un uomo comune, banale, eppure il suo sorriso gelò il sangue nelle vene del pistolero: le labbra sottili mostrarono per un attimo una fila di denti troppo aguzzi e troppo numerosi.

-Sorpreso di vedermi?- domandò.

La sua voce era calma, controllata e profonda; i due che avevano soccorso Lance gli si sedettero affianco, in rispettoso silenzio.

Soprattutto il ninja.

-Per nulla- riuscì a dire il pistolero, mentre quegli occhi demoniaci sembravano scrutargli fin dentro l'anima.

Bowen annuì, come se non si fosse aspettato altra risposta.

-Forse però sarai sorpreso di vedere lui-

Fece un cenno col capo.

Lance ne seguì il movimento, scorgendo un ragazzo che era rimasto ad osservarlo senza fiatare tutto il tempo, appoggiato ad una roccia coperta di muschio.

Nonostante i denti mancanti, la mascella spezzata ed una vistosa ammaccatura sulla testa Lance lo riconobbe subito. Anzi, lo riconobbe proprio grazie a quelle ferite.

-Will?-

Il ragazzo gli rivolse un macabro sorriso.

-La morte vale proprio poco, di questi tempi- fece Bowen -Ma non è uno zombie, se è quello che ti stai chiedendo-

Lance, per la verità, si stava chiedendo molte cose, ma non avrebbe saputo da dove cominciare nell'elencare le sue domande.

-Non preoccuparti, ti spiegherò tutto- lo rassicurò Marshall, quasi leggendogli nel pensiero, poi fece un cenno a Will.

Il ragazzo si avvicinò al pistolero, lo fece girare senza gentilezze e gli liberò i polsi. Lance era troppo sconvolto per reagire e si limitò a fissare attonito il volto martoriato di Will.

-Siediti, Lance, e parliamo un po'-

Lance si sedette davanti a Bowen e cercò la verità nei suoi occhi.

-Anche tu dovresti essere morto- disse poi.

-Sono caduto nella Frattura, se è questo che intendi, ma...ne sono uscito-

-Impossibile-

-Lo credi davvero?-

Il pistolero non seppe cosa rispondere.

-La Frattura è la fine di questa realtà, ma ci sono altri mondi, oltre essa- disse Bowen, facendo un ampio gesto con la mano come a voler mostrare al suo interlocutore la vastità di ciò che stava descrivendo -Io sono riuscito a fare ritorno, ma non faccio più parte di questo mondo, Lance-

-E allora vattene e lasciami in pace-

-Ti piacerebbe, vero?- il tono di Bowen si fece più duro -Ma non andrà così, Lace, questa volta farai il tuo dovere fino in fondo-

-E quale sarebbe, il mio dovere? Nessuno si è degnato di spiegarmelo, ancora-

-Tu devi venire con noi, Lance-

-Dove?-

-Oltre la Frattura-

Bowen lo disse con naturalezza, come se fosse la logica conclusione di un problema matematico.

-Ma che cazzo dici?!- Lance era sconvolto: Bowen era pazzo, doveva esserlo, solo così poteva dare un senso a tutto quello che stava dicendo -Tu non mi trascinerai nel vuoto cosmico per soddisfare i tuoi vaneggiamenti!-

Per quel che lo riguardava il discorso era chiuso e fece per alzarsi.

Il biondo si alzò e gli mise una mano sulla spalla per fermarlo, al che lui lo atterrò con un destro allo stomaco. Lance vide Bowen alzarsi con la coda dell'occhio, ma, prima che potesse girarsi a fronteggiarlo, un pugno formidabile lo mandò al tappeto.

Si ritrovò a terra, con la testa pulsante ed il sangue che, dalla ferita aperta sul mento, gli colava giù per il collo fino alla camicia; Bowen Marshall incombeva su di lui, le nocche macchiate di sangue di pistolero.

Lance cercò di sollevarsi, ma si ritrovò incollato al suolo e più si sforzava di muoversi più rigido diventava il suo corpo: era come cercare di divincolarsi da un intrico di funi invisibili, non facendo altro che stringerne i nodi.

-Che...diavolo...?-

Si sentiva oppresso da un peso enorme, soverchiante; Bowen gli si sedette accanto, guardando, all'orizzonte, la fine del mondo.

-C'è vita, oltre la Frattura, Lance. Ci sono...- sembrò cercare la parola giusta -...orrori-

Spostò lo sguardo su di lui, che cominciava a far fatica a respirare, rivolgendogli ancora una volta quel sorriso troppo ampio ed aguzzo.

-Io sono scivolato attraverso i loro artigli ed ho fatto ritorno, ma ne sono uscito cambiato-

La morsa invisibile scomparve così come si era manifestata, e Lance si ritrasse da Bowen, strisciando via.

-Che cosa sei?-

-Non lo so più nemmeno io...ma ti consiglio di non mettermi alla prova. So fare molto più che immobilizzare un uomo. Chiedilo a Will: l'ho resuscitato-

Lance non riusciva a credere che quel dialogo stesse effettivamente avendo luogo: era tutto così assurdo.

-Per tornare oltre la Frattura mi servono abili guerrieri, e tu, Lance, tu sei un guerriero formidabile. Will, Spok e Luther hanno deciso di seguirmi, ma tu verrai con me, volente o nolente-

-Io non vengo da nessuna parte-

Lance era arretrato fino a poggiare la schiena contro la parete del monte ed ora la ritirata gli era preclusa.

Bowen si alzò e gli si avvicinò, sicuro ed implacabile come il destino.

-Me lo devi, Lance. Me lo devi per avermi lasciato solo...e per aver abbandonato lei-

Lo sguardo di Bowen era quello di un lupo che fissa un agnello.

-Io non ho abbandonato nessuno...-

-Non dire cazzate, Lance, sappiamo tutti com'è andata-

Come un abile prestigiatore, Bowen estrasse dal nulla un medaglione argentato, facendolo oscillare davanti agli occhi attoniti del pistolero.

-Dove...dove l'hai preso?-

-Non ha importanza, quello che importa è che tu mi devi una vita. Ed io intendo riprendermela-

Bowen gli gettò in grembo il gingillo e fece un cenno a Luther e Spok: i due affiancarono Lance e lo sollevarono di peso senza che lui opponesse resistenza.

-Non è sicuro oltrepassare la Frattura. La morte è dietro l'angolo ed è forse il destino più appetibile. C'è bisogno di legare anima e corpo in maniera più stretta di quanto avviene normalmente-

-Ma perchè...perchè vuoi andare nella Frattura?-

-Perchè io so come fermarla, Lance. Io posso riportare indietro tutto ciò che il mondo era. Ma, per farlo, ho bisogno di te-

Will entrò nella tenda e ne emerse con un lungo coltello da caccia, poi si avvicinò al gruppo a grandi passi.

Aveva occhi solo per Lance.

-E tu, Lance, per aiutarmi...devi morire-

L'attimo dopo Will gli conficcò il coltello in pancia e lo rigirò nella ferita.

Lance spalancò la bocca, ma non ebbe la forza di gridare: il dolore era troppo grande, troppo totale. Fissò gli occhi scuri del ragazzo, sorretto a forza, mentre un freddo penetrante prendeva il posto della sofferenza.

Cercò di reagire, ma fu inutile; i due uomini continuarono a reggerlo, ma lui si sentì comunque scivolare ed alla fine cadde, cadde in un profondo pozzo di tenebra che non conosceva luce.

E allora vide.


 

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Capitolo 7
*** Nel Pozzo ***


Capitolo 7: Nel pozzo

Nel pozzo ci sono ombre e ci sono colori. Silenzi sconfinati e suoni.

Tutto si mescola, annichilendosi nel nulla; in quel vuoto così denso di esistenze fugaci, Lance, immobile, precipita in ogni direzione.

Poi una di quelle immagini effimere lo cattura e lo trascina con sé, in una realtà che ormai esiste solo dentro di lui.

 

Un suono gli martella con insistenza le orecchie. Il suono è suono di bidoni metallici percossi con violenza da quattro musicisti in piedi su un palco.

Il suono, la musica, si espande e si contrae, quasi respirasse, e gli ascoltatori respirano a ritmo.

Luci al neon inchiodate al soffitto spalmano sulle pareti colori brillanti e asettici; sotto di esse la gente si muove, balla, parla nel locale stracolmo e, fra quelle persone senza nome, Lance.

Si dirige al bancone con passo stanco, con sguardo stanco; nelle orecchie gli rimbombano le parole di un Bowen Marshal dagli occhi nocciola e il sorriso ingiallito dal tabacco: Morgan Threehorne sta venendo in città, bisogna prepararsi a combattere.

Morgan.

Porta.

Guai.

Ma adesso per lui non c'è posto in città come nei suoi pensieri, c'è posto solo per lei.

Lei ha i capelli rossi e gli occhi blu; colori brillanti come luci al neon, ma vivi. Lei è Beth e lei è figlia di Bowen e forse Lance la ama. Di sicuro ama la sua scollatura.

Le loro bocche si parlano, i loro occhi si guardano e i loro cuori.

Chissà.

-Lance, vieni sul retro con me? Ho una cosa da darti-

Lance, un pistolero ancora giovane, non legge nei suoi occhi la malizia che vorrebbe trovarci, ma la segue comunque fuori dal locale. Fuori c'è aria fresca e c'è silenzio.

Una lampadina a incandescenza illumina il vicolo e piccole falene le danzano attorno.

Da dove arrivano le falene?

Fuori c'è il deserto, ma in città le falene.

Da dove arrivano?

Lance non lo sa e forse per questo le trova così affascinanti.

Beth gli sventola qualcosa davanti agli occhi. No, non è la sua scollatura.

È un regalo.

Ed è un medaglione d'argento.

-Tanti auguri!- Beth sorride e guarda la sua faccia perplessa -È il tuo compleanno, no?-

-Me n'ero scordato-

Non gli piace ricevere regali. Lo fa sentire strano, intrappolato; non è una cosa che conviene fare, in quei tempi, di farsi intrappolare in legami emotivi stretti come catenelle d'argento legate al collo.

-Beh, ormai te l'ho comprato. Mettitelo!- Lance obbedisce -Ti sta bene-

Tornano a guardarsi.

Si baciano, per qualche minuto, il tempo di un attimo.

-Speravo di convincerti a restare...- mormora Beth.

Lui non sa cosa rispondere: restare è un impegno forse troppo grande.

Lui non è mai restato, ma è sempre andato.

Di città in città, nel deserto, in fuga dalla tentazione di aggrapparsi a qualcosa di stabile: la Frattura glielo avrebbe portato via.

-Io...io non lo so-

Le racconta della missione affidatagli dal padre, capo delle forze dell'ordine di New Hope, la città in cui Lance probabilmente non resterà.

Le forze dell'ordine sono delle squadracce formate da gente pericolosa e Lance è un membro importante.

Lance è pericoloso, ma ancora non è un pistolero.

-Fai attenzione-

Pausa.

-Tornerai, vero? Me lo prometti?-

Questo sì.

Questo.

-Lo prometto-

 

L'immagine cambia in un turbinio di fuoco e fiamme; ora non c'è più silenzio e qualsiasi cosa Lance guardi brucia, scoppia o resta ferma, morta.

Da dietro una barricata improvvisata conta i proiettili che gli sono rimasti; dall'altra parte gli uomini di Threehorne.

Zombie più che altro e Threehorne è il più grosso.

L'arma di Threehorne è la più grossa, è un fucile e quando spara vomita scintille e piombo rovente.

L'esito dello scontro è ancora incerto: i banditi non sono entrati in città, ma sono ancora in maggioranza.

Bowen è sparito nella mischia.

Beth è da qualche parte nel centro ancora sicuro.

Lance conta i proiettili e tiene stretta fra i denti la paura.

Il vento cambia e il fumo di un palazzo in fiamme avvolge la scena; Lance si sporge dalla barricata, pronto a sparare alla prima sagoma che avesse distinto in quella cortina sporca ed oleosa.

Sa che può farcela; può sopravvivere.

Lo farà.

Per Beth.

Lui è Lance.

Un pistolero.

 

 

Il vento spazza via il fumo e sputa sabbia in faccia al pistolero.

Lance cerca rifugio fra lo scheletro cotto dal sole di una fattoria abbandonata; il luogo è tetro e silenzioso, ma almeno c'è un po' di ombra.

Fa così caldo, nel deserto.

Threehorne è fuggito e Lance lo sta inseguendo e Bowen è da qualche parte a fare lo stesso.

Threehorne non deve poterci riprovare.

Se trovano lo zombie forse Lance resterà.

È un pistolero, ma forse, sì, forse qualcosa in più.

Sotto il sole impietoso la radio che si è legato al fianco gracchia e si anima; è Bowen.

Gli dice che quella all'orizzonte non è una tempesta di sabbia, che il mondo sta finendo e la Frattura avanza.

Di solito la Frattura avanza lentamente, ma a volte il mondo crolla all'improvviso e chi ci sta sopra cade con lui.

Scappa, gli dice, scappa e salva Beth.

 

 

Lance scappa, ma con lui Beth non c'è.

Non ha potuto salvarla: al suo ritorno la città era nel panico.

Nel caos.

Gente, gente ovunque e per ognuna un grido disperato e per tutte un'ombra che si alzava nel cielo fino a coprire il sole.

Lance aveva provato, ma non aveva potuto.

Troppa gente, troppo caos. Avrebbe potuto rischiare, ma a che scopo?

Sarebbe stato troppo tardi per entrambi se avesse perso ancora tempo.

Bowen era morto, non avrebbe fatto differenza una vita in più.

E così Lance scappa, scappa fino a rivedere la luce del sole; ha lasciato il medaglione indietro: non sopportava di averlo al collo.

Gli ricordava troppe cose.

E poi non ne ha bisogno: lui è solo un pistolero.

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Capitolo 8
*** Risveglio ***


Capitolo 8: Risveglio

 

Quando Lance aprì gli occhi, non fu l'azzurro del cielo a dargli il benvenuto, ma un'uniforme parete viola scuro; l'istante dopo si sentì investire da un oceano di suoni e sensazioni così soffocanti da temere di annegarci.

Si rizzò a sedere, la bocca spalancata in un urlo silenzioso: tutto era così reale, solido, tangibile!

Richiuse le palpebre con forza, afferrandosi il cranio con le mani per impedirgli di scoppiare. Non era mai stato così conscio di ogni cosa che lo circondava e del suo stesso corpo ed il peggio era che non c'era modo di fuggire o di mettere a tacere il mondo esterno.

Respirò a fondo, concentrandosi sul battito forsennato del suo cuore e, dopo qualche minuto, sentì di aver ripreso, almeno in parte, il controllo di sé. Si guardò intorno, ancora scosso, e capì di essere nella tenda da campo di Bowen, sebbene la luce proveniente dall'esterno fosse scarsa come se stesse calando il crepuscolo. Accanto a lui riconobbe i propri indumenti e le sue pistole.

Cosa gli era successo? Era...

Si guardò il petto nudo: una cicatrice rossa ed irregolare si era richiusa sulla ferita del coltello.

Per un istante il ricordo del metallo gelido ed affilato che gli affondava nei muscoli fu così forte da mozzargli il respiro.

Eh sì, era morto e poi resuscitato.

E le visioni che aveva avuto? Solo ricordi? Gli erano sembrate così reali e vicine...

Beth.

Quella era la memoria più vivida di tutte e, fra tutte, la più dolorosa; pensava di aver chiuso con il suo passato, e invece quello si era allungato per afferrarlo alle spalle e trascinarlo con sé nell'abisso. La cosa che più lo stupiva, però, era che gli sembrava giusto così.

Si rivestì e si legò le pistole ai fianchi: con loro, il mondo sembrava aver riacquistato un po' di senso.

Uscendo dalla tenda, la prima cosa che notò fu un fuoco scoppiettante a pochi passi da lui; la seconda fu l'immenso muro di tenebra che avanzava divorando il cielo.

-Bentornato- Bowen era seduto vicino al falò e lo osservava con curiosità, per nulla preoccupato da ciò che gli stava alle spalle.

-Mio dio...- mormorò il pistolero con gli occhi fissi sulla Frattura, alta fino alla sommità delle nubi e ormai a pochi chilometri da loro.

-No, nessun Dio; almeno non da quella parte- Bowen gli rivolse un sorriso amaro ed i suoi occhi brillarono più vivi delle fiamme ai suoi piedi -O tu forse l'hai incontrato, durante la tua assenza?-

-Ho incontrato solo fantasmi...- Lance sfiorò le sue pistole, come a volerne trarre conforto, poi riabbassò gli occhi sul suo interlocutore -Dove sono gli altri?-

-Sono andati avanti: Luther sa essere molto impaziente. Io ho preferito restare qui ad aspettare ti svegliassi- Bowen si alzò e gli andò incontro -Allora, eccitato al pensiero del tuo prossimo viaggio?-

-Perchè fai questo? Perchè vuoi andare oltre la Frattura?-

La luce del giorno andava svanendo, inghiottita da un crepuscolo innaturale, ma gli occhi di Bowen continuavano a brillare di quella luce folle e misteriosa.

-Non basta il voler salvare il mondo? Non c'è nulla di attraente, fuori dalla Frattura e fermarla è l'unico modo per non rimanerci intrappolati per sempre. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, spero ancora di ritrovare mia figlia, dentro l'abisso dove tu l'hai lasciata precipitare...- Bowen lasciò che un silenzio accusatorio affilasse le sue parole, facendole affondare meglio nella carne del pistolero -E poi di cosa hai paura? Di morire, forse?-

Già, dopotutto, cosa aveva ancora da temere? Forse di perdersi, ora che sembrava essersi ritrovato. Forse degli orrori in agguato dietro a quel buio affamato di luce. Qualsiasi fosse la risposta, sapeva solo di essere spaventato a morte.

Aguzzò le orecchie: non c'era una specie di sibilo crescente, di sottofondo? Anche Bowen parve sentirlo ed il suo sorriso animalesco si allargò ancora di più.

-Manca davvero poco, ormai- si girò verso la Frattura.

Scappa!” diceva l'istinto di Lance, fra un respiro mozzato e l'altro “Scappa e non ti voltare!”.

-Scappa- gli fece eco Bowen, senza guardarlo -Scappa, se vuoi, ma ormai è troppo tardi. Tu cadrai nella Frattura, pistolero; quello che accadrà dopo dipende da te, ma io credo che tu abbia calpestato, mangiato e respirato troppa polvere, per volerti perdere in un altro deserto, dico bene?-

Le ultime parole dell'uomo vennero quasi sopraffatte da quel fischio lacerante e sempre più intenso, come di una corda di violino torturata da un musicista impazzito. Lance faceva fatica a contenere il tremore delle membra; dirsi di non avere paura serviva a poco, quando la parola fine, scritta a caratteri cubitali, era ormai davanti a te, ineluttabile.

Eppure, in fondo, la fine aveva anche qualcosa di tremendamente allettante: niente più fughe dal proprio passato e dai propri errori, niente più trascinarsi fra lo squallore che il mondo era diventato. Sarebbe stata semplicemente la resa dei conti; ne sarebbe uscito vivo o non ne sarebbe uscito affatto: un duello all'ultimo sangue, cosa poteva esserci di più familiare, per uno come lui?

Ora il fischio era diventato un urlo, l'urlo della realtà che si strappava e cadeva a pezzi oltre l'ignoto. Il braciere era l'unica fonte di luce davanti ad un muro di nero impenetrabile, ora che anche la figura di Bowen diventava indistinta e insignificante.

-E va bene- mormorò a sé stesso il pistolero -Facciamolo-

Si disse che, almeno, non avrebbe provato dolore; la fine lo avrebbe colto e sarebbe passata oltre come un'onda di marea. Non ci sarebbe più stata paura o sofferenza, ma, forse, la speranza. Sarebbe stato come tuffarsi ad occhi chiusi fra le onde: il vuoto l'avrebbe inghiottito in un attimo, senza alcun addio e senza alcun preavviso.

 

Questa è la fine, come avrai capito. È stato un viaggio breve, ma intenso, almeno per me. Che fine ha fatto Lance? Davvero non lo so: dopo l'epilogo, le mie parole non hanno più valore delle tue. Personalmente, io credo che sia sopravvissuto e che stia cercando la sua speranza, oltre la Frattura; e credo che, ora che c'è qualcuno pronto a reggere in mano la propria vita, oltre che le proprie armi, il mondo abbia una possibilità di tornare ad essere quello che era. Ma queste sono solo supposizioni.
Ti ringrazio per essere arrivato alla fine di tutto; se ti va, lascia una recensione: per me sarebbe una vera benedizione! Altrimenti, se deciderai di rimanere anonimo, va bene così; sono sicuro che ci incontreremo ancora, fra qualche storia.
Alla prossima, e grazie ancora.

Fabio93

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