Ti sfido! ✗ I dare you!

di SilverKiria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Calici e Topi fanno Miracoli! ***
Capitolo 3: *** Scontri ***
Capitolo 4: *** Hogsmeade: Guai in arrivo! ***
Capitolo 5: *** Si dia inizio alle danze! ***
Capitolo 6: *** Chaos ***
Capitolo 7: *** Sorpresa! ***
Capitolo 8: *** HAPPY BIRTHDAY! ***
Capitolo 9: *** Link del Capitolo 7 - I vestiti delle ragazze! ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Che casino. ***
Capitolo 12: *** La Luce prima delle Tenebre ***
Capitolo 13: *** Perché Amore è anche Dolore, perché Dolore è anche Amore ***
Capitolo 14: *** Perché a volte un Addio è un Arrivederci, perché a volte un Ciao è un Bentornato ***
Capitolo 15: *** I'm Here ***
Capitolo 16: *** Home ***
Capitolo 17: *** Lo faccio anche per lui ***
Capitolo 18: *** Tu non potrai, ma io sì. ***
Capitolo 19: *** Scacco Matto ***
Capitolo 20: *** Temi la Morte? ***
Capitolo 21: *** Ululato di Dolore ***
Capitolo 22: *** A piccoli passi ***
Capitolo 23: *** Freddo Infinito ***
Capitolo 24: *** Il coraggio dell'Amore ***
Capitolo 25: *** Game Over ***
Capitolo 26: *** La Guerra o divide... ***
Capitolo 27: *** Bianco e Nero ***
Capitolo 28: *** Pedine ***
Capitolo 29: *** Giocare col Fuoco ***
Capitolo 30: *** Non pensi che morire sia facile? ***
Capitolo 31: *** Solo l'inizio. ***



Capitolo 1
*** Prologo - Come tutto ebbe inizio ***



                                                                         


                                                 ✗ PROLOGO - COME TUTTO EBBE INIZIO 




Allora, forse molti di voi, o qualcuno, mi conoscerà per la mia fan fiction Dramione tuttora in corso che conta ben 28 capitoli. Inizialmente avevo programmato di fare una James/Lily, coppia che amo alla follia, dopo aver finito " A giocare col Grifone si rischia di scottarsi ", ma l'idea, la voglia e l'ispirazione mi hanno condotto a scriverla ora :) E' comunque un tentativo, quindi non sono certa della sua prosecuzione. Ditemi che ne pensate e se siete soddisfatti o almeno curiosi di leggerne un seguito fatemi sapere! Il 26 io parto quindi forse avrò più difficoltà ad aggiornare, ma non temete, perché non mi dimentico di voi ;) Quindi che dire, buona lettura e soprattutto...BUON NATALE! 

 

 

Era una fredda nottata di Settembre e, nonostante la tarda ora, erano infatti le due di notte, una ragazza era accoccolata addormentata su una poltrona della Sala Comune di Grifondoro, davanti al fuoco scoppiettante.

Lily Evans, i lunghi capelli rossi che le cadevano morbidi sul maglione azzurro, le lentiggini, o come le chiamava sua madre "Baci del Sole" spruzzate sul naso, le labbra rosse, stava sognando.

Sognava di venir proclamata Caposcuola, Severus che le andava incontro abbracciandola e chiedendole scusa per come l'aveva apostrofata qualche mese fa, Alice, Marlene e Mary che l'abbracciavano, Remus che da migliore amico quale era l'accompagnava nella Sala Grande a braccetto, ma soprattutto lui, lui che l'attendeva al centro della Sala, con quel suo irresistibile sorriso e quei suoi occhi profondi. Il suo, e solo suo, ...

 

- JAMES SBRIGATI PER MERLINO! -

 

Lily si svegliò di soprassalto, alzandosi confusa, facendo cadere la coperta con i gufi fatta a maglia da sua nonna sul terreno.

Si guardò attorno stordita ma appena riconobbe le due figure che la guardavano quasi avessero visto un fantasma, ritornò dal mondo dei sogni e seppe esattamente cosa dire.

- JAMES POTTER! SIRIUS BLACK! SI PUO' SAPERE DOVE DIAVOLO ERAVATE FINITI?! E CHE COSA DIAVOLO... NON CI CREDO. Avete di nuovo rubato cibo dalle cucine?! -

- Beh Evans - iniziò Sirius, quel suo sorriso strafottente e tremendamente attraente che faceva sciogliere le sue fan sul volto - Non direi proprio rubato. Dopotutto non puoi fare un passo che quelli te lo tirano addosso. Non volevamo offenderli piuttosto. Anzi, dovresti premiarci per la nostra buon'anima in effetti. -

- Oh, ve lo do io il premio...-

- RAGAZZI CREDO CHE ABBIAMO PERSO PETER! -

Un terzo ragazzo comparve dal ritratto alquanto infastidito della Signora Grassa e, non appena vide Lily, mollò il contenuto delle mani stracolme, lasciando cadere così pasticcini, muffin e bon bon sul pavimento.

- Lils, che piacere ve...-

- REMUS JOHN LUPIN! Come diavolo hai potuto farti immischiare così ancora nei loro piani idioti e...-

- Ehi! Si dia il caso che quei piani idioti, come tu li chiami, li progetti io. E dato che finora non sono mai falliti, tanto idioti non sono, non credi? -

Eccolo, Lily doveva aspettarselo. James Potter si scompigliò i capelli, come se non fosse già abbastanza spettinati, e la fissò con aria di sfida.

- Beh, sai com'è, da una mente idiota scaturiscono piani idioti. E' la natura Potter, semplice ma efficace. -

L'aveva fatto, aveva usato quel tono saccente che Potter, e solo Potter, riusciva a tirarle fuori. Sì perché Potter riusciva davvero a tirarle fuori il peggio di sé.

Lui si stupì un secondo, quasi convinto che tali parole non potessero convivere col suo nome in una frase.

- Rimangiatelo Evans! IO non sono idiota! Solo perché TU hai il senso dell'umorismo di una scopa IO non...-

- Scusa? Puoi ripetere? Eppure mi sembra che detto da un pallone gonfiato come te non abbia molto senso. -

James si avvicinò senza accorgersene a lei, che fece lo stesso.

Sirius fece segno a Remus e Peter, appena apparso dal ritratto, di tacere e si accomodò su una sedia, un ghigno divertito nel vedere le solite scene comiche dell'amico con la Evans. Fu quindi con la massima tranquillità che dette un morso ad un pasticcino trafugato dalle cucine, ben attento però a non perdersi anche solo un secondo dello spettacolo.

- IO PALLONE GONFIATO?! -

- Esatto Potter! Continui a scompigliarti i capelli come se fossi un dio, sorridi a qualche povera ragazzina facendola sciogliere come se fossi una star, incanti perfino i professori! Proprio non so cosa ci trovino in te! -

- Sarà forse, mia cara Evans, il fatto che sono, come posso dire, ... perfetto? -

Lily scoppiò in una risata sarcastica incrinando il sorriso arrogante che aveva dipinto il volto del ragazzo.

- Ah! La modestia non è di casa vero Potter? E comunque cosa, di grazia, avresti tu di perfetto? -

- Beh - iniziò lui, fingendo di tenere il conto sulle dita-Sono incredibilmente bello, illegalmente carismatico, irriverentemente affascinante, oltraggiosamente furbo, estremamente intelligente, per non dire poi che riesco in tutto ciò che faccio o che mi propongo di fare. -

Lily lo guardò come un lupo guarda la preda che si è incastrata con le sue mani.

- Ah sì? -

- Sì - disse lui fiero di aver finalmente convinto la Evans della sua teoria.

- Saresti - continuò allora lei, fingendo indifferenza - disposto a...scommettere? -

Lui la guardò divertito.

- La Evans che scommette? E sentiamo, cosa di preciso è il premio che otterrò, e bada bene, non otterrei, ma otterrò? -

Lily lo squadrò un poco prima di riprendere, godendosi l'attesa e assaporando per bene le parole che stava per pronunciare.

- Un bacio Potter. Un bacio da me. -

James la guardò quasi dovesse svanire in un PUF! da un momento all'altro, ma quella continuava a osservarlo, quasi volesse vedere le rotelle del suo cervello muoversi meccanicamente.

Il ragazzo guardò di sfuggita i suoi amici che gli facevano segno di no con la testa: se Lily era disposta a scommettere così tanto di certo c'era un trucco.

- E...cosa dovrei fare per ottenere questo ben di dio? - riprese lui, la voce sicura nascondendo l'incertezza.

- Beh, dovresti solo - rispose lei fissandosi le unghie con estremo interesse.

Mentre però pronunciava l'ultima frase lo osservò, assaporandosi la sua reazione quando concluse: - Farmi innamorare di te. -

James rimase senza parole e guardò senza tanto nasconderlo i suoi amci che ora più che mai gli dicevano di non accettare.

- Se non te la senti Potter, puoi sempre rifiutare e tornartene in camera. Certo, questo però renderebbe vane le tue ciance sulla tua onnipotenza. -

Dio quanto era furba quella Evans.

James la guardò con tono di sfida, punto nell'orgoglio e quella rimase lì, sorridendogli soddisfatta.

Fu però con tono dolce e col suo solito sorriso arrogante che, nonostante i non tanto nascosti suggerimenti di Remus, Sirius e Peter di rifiutare sedutastante, rispose: - Sarà un piacere Evans. -

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Capitolo 2
*** Calici e Topi fanno Miracoli! ***


                                                                                                    


✗ CAPITOLO 1 – CALICI E TOPI FANNO MIRACOLI! ✗


Ringrazio chi ha già messo nelle seguite, solo dal prologo! Non so perché ma ho notato che con questa Fan Fic ho molta più facilità a trovare idee, almeno per ora XD Ho già i prossimi 2 capitoli come minimo in mente, quindi per un po' siamo al sicuro :) La Dramione ovviamente la continuo, non temete ;) Se vi andasse di recensire ne sarei molto lieta, non tanto perché voglio far numero, quanto perché è un esperimento e vorrei sapere se secondo voi mi sto approcciando bene con i personaggi o meno :) Nello scorso capitolo l'Editor di EFP ha fatto un casino, quindi la premessa era piccola ._____. mi scuso ma non so rimettere apposto, altrimenti mi fa il testo piccolo. Comunque, buona lettura e recensite, mi raccomando! Alla prossima! SilverKiria


Quella notte, quando Lily era rientrata in camera, aveva sbattuto così forte la porta da svegliare le tre compagne di stanza e migliori amiche: Mary, Marlene e Alice.
Le tre, vedendo lo sguardo furente e le gote rosse che avevano presto imparato ad attribuire alla rabbia dell’amica, avevano subito chiesto cosa fosse successo.
Lily, dopo essersi buttata sul letto, aveva provveduto a raccontare l’orribile, secondo lei, affronto di Potter.
- Ma Lils, sei tu che l’hai sfidato! –
- Sì ma non pensavo avrebbe accettato! Dannazione! –
- Per Merlino Lily, James ha un orgoglio grande come una casa, ovvio che avrebbe accettato. Ma dimmi…perché hai voluto sfidarlo? –
Era stata Alice a parlare ma tutte e tre la guardavano sospettose.
Lily ricambiò fissandole come se la risposta fosse ovvia.
- Per screditare quell’enorme pallone gonfiato! E comunque ho già la vittoria in pugno. –
- Perché scusa? –
Lily fulminò Marlene con gli occhi.
- Dai Marly, ti sembra realistico che IO possa innamorarmi di uno come Potter? –
Lily rimase estremamente spiazzata quando non arrivò la negazione che si aspettava, al contrario le tre distolsero lo sguardo imbarazzate.
- RAGAZZE! –
Fu Alice a prendere la parola, con un sorriso furbo degno di un Malandrino, cosa che fece ancora più infuriare Lily.
- Beh Lils, onestamente, tu e Potter siete molto…affiatati. –
Le altre due annuirono convinte.
- State scherzando vero? Io e…Potter? Ma se non facciamo che litigare! –
- Lo sappiamo – aveva continuato Mary – ma litigate, come posso dire, in sincronia. Siete come due calamite. Avete un feeling incredibile. E poi, non cruciarmi perché è la pura verità, James è veramente figo. –
Lily guardò incredula Mary, come se la vedesse per la prima volta.
- Anche se sappiamo tutti che Mary preferisce Sir, vero? – scherzò Alice dando un’affettuosa gomitata all’amica che, come risposta, diventò terribilmente rossa.
I lisci capelli biondo cenere le cadevano morbidi sulle spalle coperte dalla camicia da notte.
Mary era la quart’essenza dell’eleganza, dal portamento fine ai capelli sempre indiscutibilmente perfetti. Per non parlare di quegli occhi di ghiaccio.
Molti sospettavano avesse sangue di Veela.
- Eddai Ali, non è vero! – tentò di difendersi questa, molto poco credibilmente comunque.
- Sì sì come no Mary. Comunque non stiamo parlando di quanto Mary sbavi dietro a Sir, ma di come Lily ha segnato quest’anno. –
- Intanto Marly tutti sappiamo che vai dietro a Remus. Quindi non hai tanto da fare la santarellina. –
Marlene era se possibile il contrario di Mary.
Capelli mori come cioccolata, dello stesso colore dei grandi occhi, qua e là prendevano riflessi rossicci, mossi come un mare in tempesta. Indossava solo la maglietta della sua squadra del cuore, i Cannoni di Chudley.
Per il resto era in mutande, le abbronzate gambe del tutto scoperte.
Era così diversa da Mary che non arrossì, anzi, lanciò a tutte uno sguardo fiero.
- E con questo? Io e Remus non centriamo niente in questo discorso. Sei tu – e qui fulminò Lily – che ti sei andata ad incasinare con la star di Grifondoro!

- Anche tu con questa storia della star? Visto? Ha bisogno che qualcuno lo metta in riga, non ne posso più di doverli richiamare sempre e togliere punti alla mia Casa! – esclamò la rossa mentre indossava il suo morbido pigiama azzurro cielo.
- Oddio Lils, sei più testarda di lui! Sai che ti dico? Io me ne lavo le mani, anzi sarà molto divertente! Chissà James che si inventerà per conquistarti! – disse infine Alice ributtandosi sotto le coperte.
Alice era un vulcano, i capelli neri corti, enormi occhi verdi, ma di un verde molto diverso da quelli di Lily che erano di un verde smeraldo stupendo, mentre quelli di Alice erano di un verde tendente al muschio.
- Per me – iniziò Marlene mentre anche lei e Mary tornavano al calduccio – dovrebbe prepararsi una museruola, col caratterino che la nostra Lils ha! –
Tutte, compresa Lily, scoppiarono a ridere.
  

 

                            ***



Dall’altra parte della Sala Comune quattro ragazzi erano ben lontani dal dormire.
Sirius era appollaiato sul suo letto, le gambe sotterrate da una montagna di dolci.
Peter, intento a contare quanti dessert aveva sgraffignato e di conseguenza quanti ne aveva persi nella corsa per tornare alla Sala Comune, era seduto a gambe incrociate sul pavimento.
Remus era prono sul letto, sfogliando pigramente il libro di Difesa contro le Arti Oscure, mentre addentava una Cioccorana.
James infine era sdraiato supino sul letto, tenendosi le mani sulla testa.
- Caro Ramoso, mi duole dire che ti sei cacciato in un bel guaio stavolta! – ghignò Sirius.
- Taci Felpato, cane da strapazzo. Andiamo, avresti rifiutato un bacio dalla Evans? –
- A Sirius interessa un altro tipo. Magari bionde e innocenti? – buttò lì con indifferenza Remus, sorridendo.
- Lunastorta attento a te! Intanto voglio vedere quando tu, o nostro coraggioso amico, avrai le, scusa il volgarismo, palle di buttarti con la McKinnon! –
Remus sospirò, fingendo di non aver sentito, e scrutò diffidente James.
- James, a parte gli scherzi, non far soffrire Lils. Rimane sempre la mia migliore amica. –
James finse indignazione mista a stupore ed esclamò, allargando le braccia:
- Lunastorta mi ferisci profondamente! Tu preferisci lei a me? Non ti fidi della mia buon’anima? Casomai dovresti preoccuparti per me, quella è furba come una volpe. –
Sirius scoppiò a ridere, rovesciando metà bottino che comunque ad un pigro movimento di bacchetta di Remus tornò a suo posto.
- Già, quella non scherza. Ma James, amico mio, il migliore fra tutti, perché, dimmi perché diamine hai accettato! –
Evidentemente quest’osservazione era condivisa perché James si trovò puntati addosso tre sguardi accusatori.
- Ma diavolo Felpato, come potevo dire di no?! Oltre al bacio della Evans, ci va di mezzo il mio onore! –
- Se tu chiami onore perdere – sibilò Peter, abbastanza forte perché lo sentissero tutti e, con grande sorpresa di James, gli altri due annuirono.
Si alzò melodrammaticamente e iniziò: - Per merlino, è questo il modo di supportare il vostro valoroso amico? –
- Coda non ha tutti i torti Ramoso. La Evans è un osso duro anche per te. –
- Lils non è la solita idiota che puoi far sciogliere battendo le ciglia James. – rincarò Lupin.
James lanciò il suo solito sorriso arrogante e dichiarò: - Certo, questo è vero. Ma James Potter non ha mai fallito e non intende iniziare ora. La Evans capirà chi si è messa contro. –
- Un cervo testardo che non riconosce di poter perdere. Amico, credo l’abbia già capito da tempo. –
E alla battuta di Sirius tutto il Dormitorio scoppiò a ridere, per poi lanciarsi sotto le calde coperte all’osservazione di Remus dell’ora tarda che si era fatta.
 


                                  ***


 La mattina seguente Lily si svegliò e guardò l’orologio: erano le 8.15.
Decise che avrebbe dormito ancora dieci minuti, dopotutto la sua prima lezione era alle 9, dato che non seguiva Divinazione, motivo per cui le sue coinquiline non c’erano.
Fu però decisamente catastrofico quando vide sulla sveglia, al suo risveglio, un poco rincuorante orario: 8.45.
- OH PER MORGANA! –
Corse a perdifiato in bagno, si lavò, pettinò, e truccò quasi nello stesso momento.
Doveva essere alle 9 nell’Aula di Trasfigurazione, nemmeno a farlo apposta la più lontana dal Dormitorio.
Si vestì in tutta fretta e corse a perdifiato fuori, la borsa stracolma di libri che minaccia seriamente di esplodere.
Fu quindi sorprendente quando riuscì a fermarsi quando qualcuno la chiamò.
- Ehi Evans! –
Lily si voltò e il cuore le balzò in gola vedendo Mark Johnson, un attraente compagno di Corvonero, sorriderle felice.
Lily pregò di essere quanto meno presentabile e si fermò, indifferente del fatto che fossero le 8.55.
- Ehi Mark! Scusa per come sono conciata, sono in tremendo ritardo e la McGranitt mi ucciderà di sicuro. –
Lui rise della sua espressione e continuò:
- Nah, sei comunque splendida. –
Quelle parole fecero colorare le guance di Lily di un invitante rosa pastello.
- Comunque non mi sono fermato solo per dirti cose che sai già. Ho appena avuto il vecchio Luma e mi ha invitato alla prossima festa del Lumaclub che si terrà la prossima settimana. –
- Io ce l’ho alla terza ora, dopo la McGranitt –
- Sì beh, ovviamente inviterà anche te, dopotutto sei la sua cocca. –
Quest’ultimo complimento tinse le guance di un rosa più acceso.
-      Beh, mi chiedevo se ti andasse di andarci con me…allora, che ne dici? –
Lily non poteva crederci.
-      Ehm, sì certo! Sarà un piacere. –
Mark le sorrise radioso.
-      Perfetto. Ti vengo a prendere io alle 9, la festa inizierà alle 10. Scusa, ora vado, ho Cura delle Creature Magiche. Ci vediamo Evans! –
-      S-sì, ci vediamo. –
Lily rimase lì impalata, rivivendo mentalmente tutto ciò che era appena successo.
Quando però risentì la suadente voce di Mark dire “ Ho Cura delle Creature Magiche” le venne un colpo.
Guardò l’ora: erano le 9.04.
-      MERDA! –
Riprese a correre verso l’Aula di Trasfigurazione a perdifiato e fu quindi non tanto sorprendente quando andò addosso a qualcuno, facendo cadere tutto dalla borsa.
Si chinò subito a raccogliere il materiale col fiatone, dicendo:
- Scusa! Mi dispiace davvero, sono di fretta e non ho visto ch…-
Quando però alzò lo sguardo gli si gelarono le parole in bocca.
Due pozzi neri come il petrolio, quei pozzi in cui si era persa tante volte, la guardavano.
Finì di raccogliere le cose e si alzò senza dire altro.
Qualcosa però la trattenne.
Piton la teneva per il braccio.
- Lasciami Piton. –
Lui la lasciò, scosso dall’uso del cognome, ma riprese subito il suo solito tono sprezzante:
- Piton? Sev non esiste più? –
- Non da quando mi hai chiamata Schifosa Mezzosangue. –
Il tono di Lily era come un cubo di ghiaccio che piombava addosso a Piton, frantumando tutto il suo coraggio.
A parlare fu quindi Severus, il solito amico di sempre, il Severus persona, non il Severus Mangiamorte, come si facevano chiamare ora:
- Lils mi dispiace da morire, lo sai. Dio ti ho chiesto scusa non so nemmeno quante volte! –
- Saranno sempre troppo poche. Non è solo per come mi hai chiamata. Non lo capisci? Io non voglio essere nemmeno conoscente di un Mangiamorte, come vi fate chiamare ora, figuriamoci amica! Severus, perdi tempo. –
- Non mi arrenderò così in fretta Lils. Non rinuncerò mai a te. –
Lily pronunciò le seguenti parole con un tono incerto, come se trattenesse le lacrime.
- Io però ci ho già rinunciato. E ora sono Evans per te. –
Detto ciò si girò, il respiro affannoso e non per la corsa.

 

                                        ***



Lily arrivò in classe alle 9.10.
Tutti erano ovviamente già ai loro posti e si voltarono a guardarla quando entrò, il fiatone per la corsa.
- Signorina Evans, che piacere. Si unisce a noi? –
- Mi dispiace professoressa, scusi il ritardo. –
- Si può sapere cosa l’ha trattenuta? –
Lily non poteva certo dire “Ho dormito troppo”, indi per cui puntò sulla cosa più logica:
- Ecco, non mi sono sentita bene. Ho avuto un giramento di testa e quindi ho preferito aspettare che mi passasse. Scusi ancora. –
Lo sguardo rigido della donna si addolcì un poco e disse con preoccupazione:
- Vuole andare in infermeria? –
Lily sentì un blocco di senso di colpa toglierle il respiro e si affrettò a dire: - No no! Ora sto meglio, grazie –
- Molto bene. Prenda posto con il signor Potter allora. –
Lily sgranò gli occhi, pensando di aver sentito male.
Un rapido sguardo le dimostrò però che l’unico posto libero era effettivamente quello accanto a James: Mary, di solito la sua compagna di banco, aveva preferito accanto a Sirius.
La fulminò con lo sguardo e si accomodò, ignorando completamente il vicino.
- Cos’è, non si saluta nemmeno? –
- Non rompere Potter, sto cercando di prendere appunti e comunque non è proprio giornata per le tue sciocchezze. –
Il ragazzo notò che Lily ascoltava davvero la lezione, cosa che lui non aveva bisogno di fare, dato che era il migliore in Trasfigurazione.
Notò però anche gli occhi lucidi della ragazza, le gote leggermente arrossate per la corsa, le lentiggini chiare che le donavano quel non so che di dolce.
I capelli erano raccolti in un’elaborata treccia che le cadeva sulla spalla sinistra, scoprendole il pallido collo.
Non era niente male, anzi.
Dopo mezzora di spiegazione la professoressa passò per i banchi, consegnando ad ognuno un topo da trasfigurare in un calice.
Dopo dieci minuti James aveva già trasfigurato il suo topo in un calice e viceversa almeno venti volte e guardava interessato gli sforzi della vicina di banco.
Lily chiudeva gli occhi con decisione, il naso che si arricciava per lo sforzo e la delusione quando si trovava per la quattordicesima volta davanti lo stesso topo, solo dorato.
- Dannazione! –
- Devi concentrarti di più. – le disse senza pensare James.
Lei si girò e lo fulminò con lo sguardo.
- Senti Potter solo perché sai farlo non significa che…-
- Calmati. Volevo solo aiutarti, ma a quanto pare sei troppo orgogliosa per farti aiutare. –
Il tono di James non era canzonatorio, ma serio.
Lily si sentì in colpa e sussurrò, fissando il topo dentro la gabbia con intensità.
- Scusa. E’ solo che…non è giornata. Tutto qui. –
James si incuriosì e stava per chiederle cosa non andasse ma fu lei a precederlo:
- Allora, cosa sbaglio con questo topo, professore? –
Sottolineò con tanta forza l’ultima parola sorridendo che James non poté fare a meno di imitarla.
- Beh, signorina Evans, deve impegnarsi maggiormente. Ok, hai in mente l’immagine di un calice? Quelli della Sala Grande per esempio. –
Lily annuì.
- Chiudi gli occhi. – lei eseguì – e tieni bene a mente il Calice. Ora tocca il topo, non distrarti, concentrati sul calice. –
Lily seguì le istruzioni e quando le aprì emise un verso soddisfatto.
Il topo aveva ceduto il posto ad un bel calice dorato con delle pietre preziose incastonate.
Forse era un po’ troppo peloso, pensò James, ma la ragazza non se ne accorse, studiando soddisfatta il risultato.
- Oh Potter, grazie mille! –
Gli rivolse un sorriso talmente soddisfatto che James non poté che applaudire giocosamente e lei stesse al gioco, inchinandosi.
- Signorina Evans! Un risultato da E come minimo. Forse dovrei metterla più spesso in coppia con il signor Potter. – considerò l’insegnante passandoli accanto.
Lily per tutta risposta sorrise e corse da Remus, dimenticandosi completamente di James, per mostrare al migliore amico il suo lavoro.
Se James se la prese però non lo diede a vedere, anzi la fissò soddisfatto.
A fine lezione Lily si alzò felice e andò in contro alle amiche.
James raggiunse Sirius che esibì uno dei suoi soliti sorrisi sornioni.
- Allora? Com’è andata con la Evans? Sei ancora vivo, mi sembra già un grande risultato. –
- Sai, forse Lunastorta ha ragione, la Evans non è così male. –
Sirius gli diede una gomitata sulle costole ridendo, o meglio latrando come suo solito.
- Non dirmi che ti piace! –
- Non ho mica detto questo! Anche Mary non è male eppure non le vado dietro! A proposito, come va con la piccola Mary? –
Per tutta risposta Sirius sorrise malizioso e gli rubò il libro.
- L’ultimo che arriva da Luma paga una Burrobirra! –
- Felpato cane dannato! Se ti prendo…- iniziò James ridendo a crepapelle, inseguendo il migliore amico.

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Capitolo 3
*** Scontri ***








CAPITOLO 2 - SCONTRI


   Ringrazio infinitamente le 13 persone che solo dopo il prologo e il capitolo 1 hanno messo tra le seguite questa storia! Grazie di cuore :D La Dramione la scriverò a breve, tranquilli fan di quella storia ;) Comunque sia spero vivamente che questo capitolo vi piaccia, recensite se potete e fateRingrazio mi sapere le vostre opinioni :D


Lily era così piena di soddisfazione per il risultato ottenuto a Trasfigurazione che non fu quindi una sorpresa per nessuno quando sorvolò sul “tradimento” di Mary nell’essersi seduta accanto a Sirius, lasciandola quindi in balia di Potter.
Certo, la parte irrimediabilmente logica di Lily Evans le aveva sollevato un dubbio: possibile che fosse tutta una strategia di Potter per poter avvantaggiarsi nella scommessa quella di aiutarla senza arroganza alcuna?
Il buon umore però ebbe la meglio e lasciò la questione in sospeso, dando al ragazzo il beneficio del dubbio.
Mentre quindi parlottava felice con le amiche di sempre, in direzione dell’aula di Pozioni, non si accorse immediatamente di chi la fissava dall’altra parte del corridoio.
Fu necessaria una leggere gomitata, seguita da sguardi eloquenti, di Alice perché Lily si accorgesse che Severus Piton la stava guardando.
Nemmeno quando questa, dopo avergli lanciato uno sguardo di puro odio, tornò al discorso precedente, lui smise di guardarla, anzi sembrò aumentare l’intensità del suo sguardo.
Quando furono poi vicinissimi, questo si mise dietro di loro e iniziò a seguirle.
Era però di comune conoscenza di tutti ormai ad Hogwarts che se c’era una caratteristica che non si addiceva a Lily Evans, quella era la pazienza.
Dopo soli due minuti infatti si girò, rossa in viso, e puntò quei suoi determinati occhi verdi nei pozzi neri che le stavano di fronte.
- Cosa, di grazia, non ti è chiaro in “lasciami in pace”?! –
Fu però molto sorprendente quando, quasi come se se lo aspettasse, lui esibì un ghigno da vero Serpeverde, nonostante gli sguardi di fuoco delle tre amiche di Lily.
- Lils stai perdendo colpi? Non mi ricordavo che fossi così paranoica. –
Gli occhi di questa lampeggiarono di stupore e curiosità, ma tornarono ben presto duri e, con voce tagliente come un rasoio, continuò:
- Di che diavolo parli Piton? –
Lui le sorrise divertito, cosa che se possibile la mandò ancora di più in bestia, e rispose:
- Lils, calmati. Io non ti sto seguendo, sto semplicemente andando a lezione. Perché, se te lo fossi dimenticata, anche io studio qui, e di conseguenza devo seguire alcune lezioni. Come ad esempio Pozioni, materia che guarda caso, seguo con voi Grifondoro. Ora, se non ti dispiace, vorrei sbrigarmi, ci tengo alla mia istruzione, io. –
Stava per andarsene, evidentemente fiero dell’essere riuscito a spiazzarla, ma aveva fatto un errore che forse solo Potter e i Malandrini erano riusciti a commettere più di una volta: aveva sottovalutato Lily Evans.
- Già, come se ti servisse altro materiale per unirti a Voldemort. –
Sembrò quasi che tutto il corridoio, al solo pronunciare quel nome, si fosse bloccato e ora guardasse con un misto di ammirazione e paura la ragazza dai capelli rossi legati in una treccia, che come risposta fissava indifferente la schiena dell’ex migliore amico.
Lui si girò con una velocità quasi terrificante e le fu davanti in un secondo.
- Come osi pronunciare il suo nome? Sai quant’è pericoloso? –
Nella voce che voleva essere sprezzante si potevano però facilmente individuare preoccupazione e paura.
La risposta di Lily non si fece attendere e nella sua di voce invece c’era solo odio e orgoglio.
- Oso Piton, oso. Potrei invece chiedere come osa lui distruggere intere famiglie di Babbani. Potrei invece chiedere come osa incendiare la macchina di mio padre, come osa sfasciare la casa dei miei zii. Lo sai no? Quegli sfigati di cui ridevi tanto l’altro giorno in Sala Grande con i tuoi stupidi amici. Sì, i Jeffrey sono miei parenti e non osare dire che ti dispiace, che li assecondavi, perché vedo come ridi, vedo quella sfrontata superiorità che ti brilla negli occhi quando stai con loro.-
- Lils dai, andiamo…- aveva tentato di dire Alice, ma fu subito sormontata dall’amica che tornava alla ribalta, mentre Piton, già pallido di suo, diventava ancora più bianco.
- Come puoi appoggiare queste idee assurde Sev? Come puoi ridere di ciò che accade a quelli che potremmo essere noi, mia madre, mio padre, Tunia, tua madre, tuo padre. Sev dannazione vuoi sì o no aprire gli occhi, vedere quanto schifo fa la gente che frequenti e che dei Babbani che tanto disprezzano non potrebbero nemmeno pulire le scarpe?! Sev io non…-
- Basta.-
La voce di Piton era fredda, quasi metallica, e ciò spaventò Lily, come la guardava.
- Smettila Lily. Smettila di farmi la paternale, smettila di preoccuparti di me. Per te non sono mai stato nulla di più che un’idiota che ti salta attorno, lo scemo di turno pronto ad asciugarti le lacrime che quello schifoso di Potter o chi per esso ti facevano versare. Quando però stai bene allora ti dimentichi di me, mi lasci per stare con altri, più fighi, migliori. –
La voce di Lily era incrinata dallo stupore e dalla tristezza, forse anche senso di colpa.
- Sev io non…Non è mai stata mia intenzione. Io ti ho sempre voluto bene, come un fratello in effetti. Ma tu frequenti…-
- LASCIA STARE CHI FREQUENTO DANNAZIONE! RISPONDIMI LILY, DIMMI CHE NON E’ VERO, DIMMI CHE C’ERI PER ME NEI PRIMI ANNI, DIMMI CHE ERI CON ME QUANDO GLI ALTRI MI PRENDEVANO IN GIRO PER I MIEI VESTITI, DIMMI CHE ERI CON ME QUANDO MIA MADRE SI UBRIACAVA E MI PICCHIAVA, DIMMI CHE C’ERI! –
Piton aveva iniziato ad urlare e Lily aveva gli occhi lucidi.
- Sev io…-
- Non puoi. Vedi? Quindi non dare tutta la colpa a me se la nostra amicizia è finita, perché se c’è una cosa che so per certo è che non sei una bugiarda. Addio Lils. –
Con ciò Severus si incamminò senza più voltarsi indietro, lasciando il pubblico ammutolito e Lily in lacrime.
 
                                                                             ***
 
James Potter era di ottimo umore, perfetto in effetti.
Dopo aver acchiappato Sirius si era unito con gli amici in uno dei loro piani fantastici.
Era quindi logico che, con una palude al settimo piano tutta di loro invenzione che inghiottiva Gazza, la ragazza con cui aveva scommesso quasi in mano sua, un’intera giornata dedicata al Quidditch; James Potter poteva considerarsi soddisfatto.
Non si accorse perciò del brusio concitato che animava la folla davanti all’Aula di Pozioni, finché non sentì il migliore amico urlare:
- Ehi spostatevi! C’è gente che vuole adempiere al proprio dovere di diligente studente qui! –
James scoppiò a ridere ma smise subito, stupito dal fatto che era l’unico.
Guardò gli altrettanto confusi Malandrini e, mentre la sua geniale mente lavorava senza sosta per capire cosa ci fosse di sbagliato, sentì bisbigliare un ragazzo di Tassorosso accanto a loro.
- Già, è la Evans. Ma hai sentito quanta merda si sono tirati su lei e Piton? –
James e Remus presero contemporaneamente il ragazzo per le spalle, facendolo quasi cadere, e lo intimarono di riferirli l’accaduto.
Questo non aveva nemmeno finito di spiegare cosa fosse successo successivamente all’uscita di scena di Piton, che Remus aprì la porta dell’Aula.
Marlene, Mary ed Alice erano sedute accanto a Lily, gli occhi rossi, le guance rigate dalle lacrime, il corpo scosso dai singhiozzi.
Remus entrò di corsa e appena la rossa lo vide gli si buttò fra le braccia.
Questo iniziò a rassicurarla e le altre, dopo averla salutata e rassicurata un’ultima volta, si sedettero ai propri posti, dato che Lumacorno era entrato.
Marlene, che di solito si sedeva accanto a Lily, cedette il posto a Remus e si posizionò vicino a Peter.
James e Sirius presero posto in un banco accanto all’Armadio delle scorte.
James non perse d’occhio Lily e gli si scaldò il cuore quando vide che questa, dopo essersi accorta dell’arrivo del professore, si era asciugata le lacrime e si era messa attenta.
“Sempre così fiera è, rossa?” pensò divertito James.
Remus non la perdeva d’occhio e le stringeva la mano sotto il banco.
James non poté fare a meno di provare una piccola fitta di quella che qualsiasi altro essere umano avrebbe chiamato gelosia, ma che invece James Potter chiamò fame.
Quando Lumacorno nominò la pozione del giorno James si fece attento.
Distillato della Morte Vivente.
Constatò che avrebbe potuto metterne un po’ nel Succo di Zucca di Mocciusus e quindi decise che si sarebbe impegnato più che mai per la sua riuscita.
Dopo che il professore precisò qualche elemento teorico sulla suddetta Pozione, gli ingredienti e la procedura apparvero sulla lavagna.
James si vide passare davanti alcuni compagni mentre andavano verso l’Armadio delle scorte e segretamente nutriva la speranza che anche Lily gli passasse accanto.
Fu però abbastanza stupito di vedere alcuni ragazzi con la divisa di Serpeverde.
“Mocciusus!”
Nemmeno gli avesse letto nel pensiero, Sirius gli diede una gomitata e accennò ad un posto in ultima fila.
Piton se ne stava in disparte, lo sguardo fisso sul libro e ogni tanto si toglieva da davanti gli occhi i capelli neri che parevano costantemente unti.
James guardò Sirius e questo ghignò felice: gliel’avrebbero fatta pagare.
Mezzora dopo però James non ebbe più tempo di pensare ad eventuali piani di vendetta, immerso com’era nella sua alquanto disastrosa pozione.
Intendiamoci, di solito James riusciva perfettamente in quella materia, come in tutte del resto, ma vuoi perché nell’aria c’era uno strano odore di zolfo, vuoi per gli epiteti poco carini che Sirius lanciava verso la sua pozione, altrettanto disastrosa, vuoi per il fatto che ogni due minuti lanciava uno sguardo a Lily che di rimando era molto tranquilla; quella Pozione si stava rivelando particolarmente ostica.
La sua mistura infatti aveva assunto un deciso color carota mentre doveva essere, secondo il libro, di un azzurro cielo.
Quella di Sirius per contro era verde pistacchio.
Nonostante però si scervellassero non riuscivano a trovare l’errore e Remus, loro salvatore in caso di bisogno, era troppo impegnato ad eseguire il passo 20 della preparazione che prevedeva delle mescolate minuziosamente a ritmo del respiro della persona.
Non fu quindi troppo strano che nessuno dei due si accorse che qualcuno si era appoggiato al loro tavolo e li guardava divertito.
- Ma guarda un po’, i due esempi di perfezione vivente in difficoltà? –
James era troppo arrabbiato con la sua mistura che stava diventando rosso sangue per rispondere a modo.
- Senti non siamo proprio in vena di…-
Ma quando alzò gli occhi e si trovò a pochi centimetri quelle lentiggini che tanto aveva osservato un’ora prima le parole gli morirono in bocca.
Lily si tirò su e recitò, imitando la sua voce, :
- Guarda che volevo solo aiutarti, ma forse sei troppo orgoglioso per farti aiutare! –
Poi scoppiò a ridere, seguita a ruota da James.
- Volete abbassare il tono? C’è gente che cerca di lavorare! –
Lily si avvicinò a Sirius e gli scompigliò tutti i capelli ridendo.
- Mamma che serio! Da qua. –
Lily si sporse a vedere il contenuto del calderone di Sirius che la guardava in attesa di un responso.
La ragazza estrasse dai jeans la bacchetta e dopo un tocco sul calderone delle scritte si materializzarono sopra di loro.
James osservò esterrefatto tutti i procedimenti di Sirius e si diede mentalmente dell’idiota per non averci pensato lui.
Dovette averlo fatto anche quest’ultimo, perché si dette una manata in testa.
Dopo aver letto attentamente le scritte, il naso arricciato nella tipica posa che James aveva attribuito alla concentrazione, Lily fece sparire tutto e disse:
- Aspetta un secondo.-
La ragazza andò all’Armadio delle scorte e ne tirò fuori un sacco pieno di palline nere.
Ne prese una manciata e le buttò nella pozione di Sirius.
Dopo lunghi istanti di attesa questa iniziò a bollire e divenne nero pece, come doveva essere a quel punto della preparazione.
Sirius si lanciò contro Lily stritolandola in uno di quei suoi abbracci da orso.
Le guance di Lily si tinsero di rosa pastello e la fitta di prima attanagliò le interiora di James.
- Oh Dio Evans sei un genio! Cosa ci hai messo? –
Lei si godette un attimo lo sguardo di pura ammirazione di Sirius prima di scoppiare a ridere e annunciare: - Cacca di Drago -.
Il viso di Sirius diventò una maschera di disgusto ma dopo poco si aggiunse alla risata con il suo latrato.
- Ahaha! James segnati che c’è della Cacca di Drago! Potremmo…-
Ma un’occhiata evidentemente invitante a non continuare di Lily lo zittì e Sirius si immerse di nuovo nel suo lavoro.
Lily si girò verso James e disse:
- Allora Potter, credi di farcela o posso darti una mano? –
James si inchinò e questa ripeté sorridendo l’incantesimo.
Dopo poco tornò dall’Armadio con una cosa talmente assurda da far ridere James: una rosa.
- Evans che diavolo credi di farci con quella? –
Lily lo guardò con aria di sfida e lasciò cadere il fiore dentro il calderone del ragazzo.
In un secondo la massa rosso sangue sparì, diventando identica a quella di Sirius.
Lily rise nel vedere la bocca di James cadere quasi volesse toccare il pavimento.
- Allora, dicevi? –
James sorrise divertito.
Entrambi però scoppiarono a ridere nell’udire un bisbiglio di Sirius che ricordava molto un “Certo a me cacca e a lui rose”.
- Bene, ora siamo pari. –
James rimase confuso e chiese: - Prego? –
- Tu hai aiutato me e io ho aiutato te: ora siamo pari. –
Detto ciò la ragazza si diresse verso il suo tavolo, lasciando James di sasso.
- Ramoso, te l’avevamo detto: quella è tutto meno che facile – gli sussurrò Sirius che però non poté continuare il suo elaborato discorso dato che Lumacorno aveva intimato gli alunni di starsene apposto mentre valutava le pozioni.
Lily e Piton ovviamente presero una E, James, Sirius, Remus, Marlene, Mary ed Alice se la cavarono con una O, mentre il povero vecchio Peter raggiunse solo una A.
I ragazzi se ne stavano per andare quando Lumacorno chiamò a sé Sirius, Remus, James, Lily, Piton e altre due ragazze di Serpeverde.
Lily strinse forte la mano di Remus mentre si avvicinava alla cattedra dove Piton era già vicino al professore.
Quest’ultimo annunciò la sua intenzione di fare un Ballo d’Apertura per quello che ormai veniva chiamato “Lumaclub” e gli invitava a presentarsi in abito da sera il venerdì della settimana successiva alle 22 nel suo ufficio.
Finito di parlare li congedò e fu con un autocontrollo notevole che James non spaccò il viso di Piton, che scomparve immediatamente fuori dalla classe appena possibile.
James respirò a fondo e si diresse verso Lily che stava parlando con Remus.
- Ehm Ehm – finse di tossire James.
Remus alzò gli occhi al cielo per la teatralità dell’amico, salutò Lily sorridendo dicendo che le avrebbe tenuto un posto a pranzo e uscì insieme a Peter.
Sirius invece aspettò pazientemente vicino alla porta.
- Cosa c’è Potter? – chiese Lily.
- Beh, volevo solo dirle mia cara che lei ha appena vinto l’onore di accompagnare lo scapolo d’oro della Torre di Grifondoro al Ballo. –
- Davvero? Chi sarebbe? – chiese lei divertita.
Lui non nascose il suo disappunto e disse: - Ah Ah Ah. Comunque Evans, ora sono serio. E bada di ascoltare molto bene perché non credo che riuscirò a rimanere così serio per molto. –
Si schiarì la voce e le prese la mano, facendola involontariamente arrossire per l’imbarazzo.
- Evans vorresti farmi il piacere di accompagnarmi al Ballo di Luma? –
Lily lo guardò dispiaciuta.
- Ehm…non posso. Me l’hanno già chiesto. –
Ancora una volta la mascella di James rischiò di toccare il pavimento.
Punto nell’orgoglio rispose incredulo e arrabbiato: - Come diavolo è possibile che te l’abbiano già chiesto?! Ce l’ha detto due secondi fa! –
Lily, irritata dal tono del ragazzo, rispose saccentemente: - Beh è successo, quindi invitaci qualche altra idiota al tuo prezioso Ballo Potter. –
Furente uscì senza degnare di uno sguardo Sirius.
Quest’ultimo raggiunse James e gli disse, con tono da saggio, : - Amico, sei nella merda. –
James gli si lanciò contro però mentre vedeva il più caro degli amici scappare ridendo non poté fare a meno che concordare con lui.
Era nella merda. 

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Capitolo 4
*** Hogsmeade: Guai in arrivo! ***


    


CAPITOLO 3 - HOGSMEADE: GUAI IN ARRIVO!


 

Ok, perdonate questa mia assenza ma non ho avuto la possibilità di pubblicare troppo perché dopo solo due giorni si è tolto internet ù.ù
Coomunque ho potuto scrivere taanto infatti vedrete che questo capitolo è luungo :D
Ok la smetto con le lettere ripetute ù.ù
Già 17 che mi seguite? *_*+

Grazie a tutti in special modo a Lorenzo che commenta sempre <3 e a Romanticbookworm che ha recensito lo scorso capitolo :D
Spero vi aggiungerete in tanti a farmi sapere com'è questo lungo episodio <3

Per la Dramione nei prossimi giorni arriverà il nuovo capitolo, non temete <3
A presto!



La settimana successiva sembrò essere una continua tensione: Lily e James non si parlavano, nonostante i tentativi di quest’ultimo di attaccare conversazione, e di certo il fatto che la rossa fosse spesso in compagnia di un certo Corvonero in atteggiamenti pseudo intimi, comunque niente baci, non aiutava proprio per nulla.
Piton poi continuava ad ignorare Lily ma lei aveva ormai raggiunto il punto in cui riusciva a passargli accanto apparentemente indifferentemente, mentre dentro di sé moriva al pensiero delle parole che lui le aveva urlato.
 
- LASCIA STARE CHI FREQUENTO DANNAZIONE! RISPONDIMI LILY, DIMMI CHE NON E’ VERO, DIMMI CHE C’ERI PER ME NEI PRIMI ANNI, DIMMI CHE ERI CON ME QUANDO GLI ALTRI MI PRENDEVANO IN GIRO PER I MIEI VESTITI, DIMMI CHE ERI CON ME QUANDO MIA MADRE SI UBRIACAVA E MI PICCHIAVA, DIMMI CHE C’ERI! –
 
Era vero, dannatamente vero. Lei non c’era mai stata, lei veniva a cercarlo solo nei momenti bui e peggio non si era mai preoccupata di chiedergli seriamente come stesse, di rincuorarlo quando ne aveva bisogno.
Remus, Marlene, Mary e Alice continuavano a dirle che non era vero, che non era il tipo da fare ciò di cui lui l’aveva accusata.
Eppure nemmeno loro ci credevano fino in fondo, perché avevano visto come Lily si era comportata con lui, ma ovviamente non l’avrebbero mai detto ad alta voce.
Non tutto andava per il peggio però: Remus e Marlene avevano finalmente iniziato a frequentarsi ufficialmente e tutto sembrava andare a gonfie vele.
Era quindi ovvio che sarebbero andati insieme al Ballo di Lumacorno.
Alice e Frank, nemmeno a dirlo, erano sempre più innamorati ed era assodato che fossero la coppia più affiatata di tutta la Torre.
Mary e Sirius, chiederete voi, ?
Beh, la leggendaria timidezza di Mary impediva a Sirius di avvicinarsi a lei senza che questa si colorasse di un rosso accesso, quasi volesse mimetizzarsi con i comodi divanetti della Torre Rosso-Oro.
Sirius, d’altra parte, non era certo d’aiuto, mettendola sempre sul ridere e continuando a fare la corte a tutte le ragazze notoriamente fighe della scuola.
Ciò metteva in notevole difficoltà Mary, ma tutti continuavano a farle notare che come guardava lei Sirius non guardava nessun’altra.
Ed era vero.
Sirius vedeva in Mary una figura fondamentale, andava da lei quando aveva bisogno di sfogarsi e il tutto finiva sempre con un abbraccio da orso che rischiava di soffocarla.
Oltre a quello però ancora niente.
Lily e James?
Lily, come detto sopra, ignorava e rifiutava qualsiasi scusante del ragazzo per attaccar bottone e questo provocava nel ragazzo uno stato di stress che era pari forse solo a quello del pre-partita della finale Grifondoro-Serpeverde dell’anno scorso.
Mary, Marlene e Alice erano felici di vedere la loro migliore amica in compagnia di un ragazzo che non fosse Remus, ma concordavano segretamente sul fatto che Lily fosse fatta apposta per James e viceversa.
Ma tra il dirlo tra di loro e annunciarlo a Lily c’era di mezzo il mare di paura che Lily riusciva ad incutere quando era arrabbiata.
Era quindi questo il clima che regnava nella Torre di Grifondoro quel venerdì mattina, il tanto atteso giorno del Ballo di Lumacorno.

 

***
 

Lily fu svegliata da qualcosa di pesante, troppo pesante, che le cadde in grembo con ben poca grazie.
Solo dopo essersi tolta la marea di capelli rossi e aver preso confidenza con la luce della Torre capì che quella cosa si chiamava Alice.
- Buongiorno dormigliona! Alzati che il sole brilla! –
Lily emise un rantolo sordo e si buttò il cuscino sulla testa.
I riflessi veloci di Alice, che non per nulla era una delle Cacciatrici di Grifondoro, le ruppero il sogno di continuare a dormire, strappandole il cuscino di mano e rubandole le tanto amate coperte a doppio strato.
- Su su! Chi dorme non piglia gnomi! –
Lily si alzò confusa e sul punto di ridere e disse, la voce impastata dal sonno:
- Casomai non piglia pesci. –
Alice la guardò confusa:
- Perché diamine dovresti voler prendere dei pesci? –
Lily scosse la testa divertita e si alzò per poi stiracchiarsi.
Però quasi urlò quando vide l’orario della sveglia: 6.05.
Si girò con fare omicida verso Alice che di rimando le sorrise benevola:
- ALICE PREWETT CHE DIAVOLO HAI IN MENTE?! –
Alice le prese la mano con quel sorriso da Malandrina che aveva imparato da James; la famiglia Potter e la famiglia Prewett erano molto legate e Alice passava quasi ogni estate a casa Potter; e la portò in bagno.
Con sgomento di Lily il locale era già pieno: Mary e Marlene la guardavano come se fosse un pollo sullo spiedo.
- Cosa…-
Ma non poté continuare perché Marlene le infilò in bocca un pezzo di cetriolo.
- Zitta! E’ una seduta di bellezza pre-ballo e dato che ci andrai con niente popò di meno che Mark Bel Fusto Johnson non puoi assolutamente saltarla. Quindi taci Lily e fai fare alle nostre manine d’oro. –
Mary le sussurrò sul punto di scoppiare a ridere: - Marly, il cetriolo va sugli occhi, non sulla bocca.-
Marlene fece una smorfia che ricordò moltissimo, forse troppo, quella caratteristica di Remus quando doveva spiegare una cosa ovvia a Sirius.
Fu quindi un miracolo e con un provvidenziale aiuto di Alice se Lily non si soffocò ridendo.
- Lo so Mary, ma almeno così non si lamenta per le prossime due ore. –
- DUE ORE?! –
Alice chiuse la porta con un incantesimo e fece accomodare un’allibita Lily sulla sedia appositamente predisposta davanti allo specchio.
- Lils, per essere belle ci vuole taanto lavoro. Allora il menù di oggi prevede: maschera anti-imperfezioni, manicure, pedicure, acconciatura, scelta dell’abito e una piccola lezione di galateo offerta dalla casa. –

- GALATEO? Scusa ma a me cosa serve precisamente il galateo? Io sono educatissima! –
- Sì certo – iniziò Marlene alzando i grandi occhi castani – così educata che all’ultimo evento del Lumaclub sei finita a fare una gara di rutti con Sir! –
Le guance di Lily si colorano di rosa ma lo sguardo rimase fiero:
- Mi aveva sfidato! E comunque ho vinto. –
Le amiche scoppiarono a ridere e Alice iniziò a lavarle i capelli, mentre Marlene  pensava ai piedi e Mary alle mani.
- E voi? Non fate sedute di bellezza? –
- Noi ce le faremo quando tu sarai a Volo, abbiamo ora buca. – rispose Alice.
- E dicci…come va con Mark? – le chiese maliziosa Marlene.
Lily arrossì ancora di più e sussurrò: - Va tutto bene. AHI! –
Marlene le aveva pizzicato le dita dei piedi e la guardava scettica: - Sì certo e io sono Peter Pan. Ora, se non vuoi che ti tolga un piede, dacci i dettagli! –
Lily la fulminò con lo sguardo ma quando riprese a parlare non c’era ombra di arrabbiatura nella voce: - Beh, ci teniamo per mano. Ci siamo baciati qualche volta, poi lui è…-
- Un figo della madonna – completò Marlene e Lily assentì.
- Però è anche divertente e intelligente, non per nulla è un Corvo. Dopo la fine della scuola vuole andare a fare uno stage come Auror, Vitius gliel’ha già programmato. –
Le tre si unirono con un “Wow” e poi Alice disse semplicemente:
- Anche James andrà a studiare per diventare Auror.-
La ragazza si accorse però sollevando gli occhi che tutte la guardavano come fosse impazzita.
- Che c’è?! Me l’ha detto questa estate. Per me sarà un Auror bravissimo, oltre al già pluriconosciuto E in Difesa contro le Arti Oscure è anche intelligente e molto furbo. E poi…-
- Ali, mica ti starai innamorando di James? – le chiese incerta Mary.
La risposta di Alice e il tono furono però rigidi  e sicuri: - Ovvio che no. Per me esiste solo Frank, lui vuole diventare Auror come James! Certo, dovrà tirare su quel O in Pozioni, ma per il resto è perfetto! –
Riconoscendo il tono da innamorata le tre tirarono un sospiro.
Fu Marlene a continuare:
- Già, lo sappiamo che baci la terra dove cammina Frank. Non guardarmi così! Sai che io l’adoro, è merito mio dopotutto se vi siete incontrati. –
- Certo, mi ci hai spinto deliberatamente addosso il primo giorno! –
- Però se non sbaglio ora siete felicemente fidanzati, no? –
Alice assentì sorridendo e si perse nei suoi pensieri.
- Comunque – continuò Marlene – James Potter non si può nominare qui. Vero Lils? –
Anche Alice si riscosse e prestò attenzione, puntando gli occhi verdi, come Mary e Marlene, sulla rossa.
- Zitta. – fu la esigua risposta di Lily.
- No. – disse sicura Marlene.
- E’ una settimana che stai male, tra lui e Piton non sei più te stessa. Lils smettila con questa assurda lotta contro James cazzo! –
Lily distolse lo sguardo e rispose acida:
- IO non finisco nulla. E’ LUI che mi ha…-
- LILY ANCORA CON QUESTA STORIA? Era SOLO scioccato; mica ti ha detto che sei una troia dio mio! –
Il tono colorito di Marlene non stupì nessuno, era pur sempre Marlene, ma le parole, quelle stupirono tutti.
Non che Mary e Alice fosse contrarie, anzi, ma non avrebbero mai avuto le palle di dirlo a Lily così direttamente.
Però, ripeto, era pur sempre Marlene.
Lily non rispose e Marlene continuò a fissarla.
- Non osare incazzarti con me ora Lily Evans, perché sai meglio di tutti che ho ragione. Giuro che se non parli con quel ragazzo entro domani IO non parlerò più con te. –
Quando però riprese la voce era più dolce:
- Ho parlato con Remus… a James dispiace davvero di aver reagito così e non – sottolineò visto lo sguardo della rossa – per la vostra stupida scommessa. Lils dagli una possibilità, è un ragazzo d’oro.-
- Una possibilità per…?-
- Per parlarci senza ucciderlo. – rispose Alice.
Vedendo che Lily era in difficoltà a controbattere Mary acchiappò l’occasione e aggiunse:
- Inoltre, mi sembra che a Pozioni, prima del disastro, si sia rivelato molto dolce, e anche a Trasfigurazione! –
Le altre due assentirono soddisfatte.
Lily allora sospirò e disse: - Ci penserò. –
Le tre si guardarono vittoriose: un “Ci penserò” da Lily Evans era come aver battuto Bolt in una gara di corsa.
Fu così che i discorsi ripresero ad essere tranquilli e la tensione scivolò via come pioggia sulle foglie.
Finché non furono interrotte da degli strani rumori provenienti dal Dormitorio Maschile. E tutte sapevano chi ne erano gli artefici.

 

***

 

James Potter fu invece svegliato da un urlo molto poco rincuorante, proveniente dal bagno.
Si alzò di scatto, bacchetta in mano, e si diresse silenzioso come un felino verso la suddetta stanza.
Un altro urlo.
James respirò, pensando a tutti gli incantesimi che conosceva, e aprì la porta.
Rimase però impalato sul posto quando vide la scena più comica della sua esistenza.
Remus era chinato su Sirius, Peter e Frank gli teneva le braccia e il suo migliore amico faceva di tutto per poter fuggire.
Quando lo vide lo implorò disperato:
- JAMES, AMICO MIO FIDATO! AIUTAMI A TOGLIERMI DI DOSSO QUESTI VILI TRADITORI! –
James per tutta risposta scoppiò a ridere.
Remus si era spostato, in mano un rasoio e metà del viso di Sirius era rosso e senza quella solita peluria che faceva impazzire le ragazze.
- CHE RAZZA DI IDIOTA! SE TI PRENDO IO… - iniziò Sirius, lanciando sguardi di fuoco verso il ragazzo che si stava letteralmente scompisciando dalle risate.

Quando James riuscì a proferire parola, chiese: - C…che cosa succede? –
Remus era tornato al disgraziato lavoro mentre un paonazzo Peter e un forte Frank tenevano per le braccia e per le gambe un recalcitrante Sirius.
Remus rispose, calmo e pacato come al solito: - Stiamo cercando di fare ordine su questo viso da cane che non è altro. –
- STATE SOLO CERCANDO DI DISTRUGGERE LA MIA IMMAGINE, RAZZA DI…-
- Te l’abbiamo già detto, se vuoi invitare Mary al Ballo devi essere quanto meno presentabile. –
A quelle parole però James notò con piacere che le guance di Sirius si colorarono un po’.
- Chi dice che voglio invitare lei? –
- Il fatto che le vai dietro da sei anni, ma che sei così irrimediabilmente idiota da non riuscire a dirglielo – rispose Remus.
Probabilmente solo Remus e James potevano chiamare idiota Sirius senza essere sbranati.
- Vorrai dire affascinante – lo corresse quest’ultimo, un fiero sorriso Malandrino in volto.
- No Sir, idiota. – rispose sicuro Remus.
Sirius si rabbuiò di nuovo ed esclamò, guardando James quasi volesse incenerirlo:
- E LUI?! ANCHE LUI VA DIETRO ALLA EVANS E NON MI SEMBRA STIA PATENDO LE PENE DELL’INFERNO! –
James lo guardò omicida ma fu Remus a parlare:
- Questo perché…-
- Perché Lunastorta, Frank e Codaliscia sanno che IO non vado dietro alla Evans! – esclamò felice James.
Il sorriso gli sparì dal volto quando Remus lo corresse: - No, è solo perché a farne due contemporaneamente non ci riusciamo. –
James guardò allibito Remus e Sirius scoppiò a ridere.
- CHE CAZZ…-
- Andiamo James, a te Lils piace. Mica c’è niente di male, sono il suo migliore amico, so che è fantastica. –
James era senza parole ma fu stranamente Sirius a venire in suo aiuto:
- Però non importa no? Dopotutto Lils ha già un accompagnatore molto figo per il Ballo. Mattew…Mikael…-
James gli si avventò contro: altro che aiuto, voleva vendicarsi, il cane!
- JAMES NO! –
Troppo tardi: James aveva preso Sirius per la gola e questo gli stava dando dei cazzotti sullo stomaco.
Fu solo grazie ad un incantesimo di Remus che i due si separarono.
- STUPIDO CANE DA STRAPAZZO! –
- MICA E’ COLPA MIA SE NON SAI FARTI LA EVANS RAMOSO!-
- EHI! QUI NESSUNO SI FA LA MIA MIGLIORE AMICA, CHIARO? –
- CERTO, E TU? CON MARY SEI SENSUALE QUANTO UN TROLL! –
- BRUTTO CERVO IMBALSAMATO PROVA A DIRMELO IN FACCIA! –
- CHE STA SUCCEDENDO QUI?! –

Tutti si voltarono e persero l’uso della parola, quando si trovarono Lily, Marlene, Alice e Mary davanti.
Remus sciolse l’incantesimo ma Sirius e James erano troppo impegnati a fissare stupiti le ragazze per riprendere a picchiarsi in perfetto stile Babbano.
- Cosa ci fate nel dormitorio maschile? – chiese Peter.
Lily lo fulminò con lo sguardo e rispose: - Si da il caso che io sia Prefetto. Allora, cosa sta succedendo qui? –
James guardò Sirius che guardò Remus che guardò Frank che guardò Peter.
E risposero all’unisono: - Niente -.
Mary si lanciò addosso a Sirius, il labbro gli sanguinava copiosamente e prese ad asciugarlo con la bacchetta, le loro labbra a pochi centimetri di distanza.
- Sir che diavolo! –
Sirius protestava ma assai poco debolmente per non far intendere che quel contatto gli era gradito.
- Rem, Frank, potete venire un attimo? – chiese Marlene per Alice e sé.
I due fidanzati uscirono intimoriti dal bagno, Remus con ancora il rasoio in mano.
Quindi rimasero solo Lily, James e Peter, che se la diede a gambe.
- Allora Potter, possibile che non riesci a stare buono un solo giorno? –
- Evans cos’è, mi spii? –
Le guance di Lily si imporporano, ma non di imbarazzo, bensì di rabbia.
- COSA DIAVOLO VORRESTI DIRE? –
James sfoderò quel suo solito sorriso arrogante e continuò tranquillo: - Beh, è stato un intervento piuttosto repentino. Stavi mica aspettando fuori dal bagno un’occasione per entrare e parlarmi, o forse solo per ammirare il mio incredibile aspetto? Non che io non ti capisca, so di essere terribilmente affascinante. –
Lily perse le staffe.
- TU ARROGANTE…-
- E allora rispondi, che ci facevi sveglia e truccata alle 6 di mattina? –
Lily stavolta arrossì per davvero ma rispose sicura: - Gli emeriti cazzi miei, Potter. Non devo certo tener conto di ciò che faccio a te sai? –
Lui le si avvicinò un po’ e sussurrò: - Ah sì? E perché sei così imbarazzata? –
Lily distolse lo sguardo e James si avvicinò ulteriormente.
Quando lei si girò fu sorpresa di trovarselo a poco più di una mano di distanza.
- Bel pigiama comunque. –
Lily si guardò e quasi emise un gemito: era in canotta aderente e leggins. Si poteva vedere il reggiseno azzurro coi contorni merlettati più scuri sotto la maglia.
Quando alzò lo sguardo era però sicura: - Fottiti Potter. –
Stava per andarsene ma lui la trattenne per la mano.
- Scusa Evans. Di tutto. –
Lei voleva odiarlo, voleva rispondergli sprezzante, ma quegli occhi nocciola così dolci e intensi la catturarono. Era sincero.
- Ok. – riuscì a dire.
Fece ancora per uscire ma lui continuava a tenerla.
Si voltò e chiese, senza ombra di cattiveria ma solo curiosità: - C’è altro? –
Quello che disse glielo sussurrò dolcemente all’orecchio: - Vieni al Ballo con me Evans. Per favore.-
Quando tornò a guardare i suoi occhi lo sguardo di Lily si era addolcito.
James si perse ad accarezzare con gli occhi le labbra rosse, le lentiggini così innocenti, gli occhi di un verde unico.
Dio che occhi.
- Mi spiace, non posso. –
- Se è per Johnson gli parlo io. Dammi una chance Evans. –
Le alzò il viso in modo che gli occhi si incrociassero.
- Io…-
Furono però interrotti da Sirius che entrò rumorosamente in bagno.
- Ehi Ramoso! Le ragazze ci invitano a bere una Burrobirra, vieni? –
Si accorse subito di aver interrotto qualcosa, sia dallo sguardo imbarazzato di Lily che da quello davvero omicida di James.
- Scusate io… - disse uscendo ma fu interrotto da Lily.
- No è ok. Devo comunque andare a studiare, devo ancora riscrivere tutto il tema di Storia della Magia. Ci vediamo. –
Sorrise appena a Sirius e James e non era nemmeno uscita dal Dormitorio che sentì chiare le urla di James: - CANE DA STRAPAZZO, SCHIFOSO IDIOTA! SEI IMPAZZITO?! –
Ma non le badò troppo, era impegnata a pregare il cuore di smettere di batterle forte nel petto, quasi volesse uscire e continuare la conversazione con James.

 

***
 

C’era mancato poco, davvero poco. Ancora qualche secondo senza l’intervento di Remus, attirato dalle urla, e di lui, Sirius Black II non sarebbero rimaste che ossa e polvere.
Il fatto che Sirius si potesse trasformare in un cane delle dimensioni di un cucciolo di orso non contava nulla. James dalla rabbia non aveva controllato la trasformazione e in men che non si dica era diventato quell’enorme cervo dalle poderose corna che gli era valso il nome di Ramoso.
Sirius ovviamente avrebbe potuto trasformarsi e contrattaccare ma sapeva che se lo meritava.
Quindi si lasciò inchiodare alla parete dalle giganti corna di James, lo sguardo del cervo che avrebbe fatto invidia a quello di un lupo.
Quando Remus era entrato James sovrastava Sirius che era pieno di lividi violacei dovuti agli zoccoli dell’amico.
Remus aveva intimato James di calmarsi e come era diventato animale così presto tornò umano.
Ma lo sguardo da lupo, quello ce l’aveva ancora.
- CANE CHE NON SEI ALTRO! DIO MIO QUANTO AVREI VOLUTO FINIRTI! –
- Ehi James dai, dopotutto a te non piace nemmeno la Evans! – la buttò sul ridere Sirius.
Non l’avesse mai fatto.
James gli saltò addosso e Remus fece appena in tempo ad afferrarlo prima che il cazzotto colpisse Sirius in piena faccia.
- JAMES CALMATI! Si può sapere che cosa diavolo è successo? –
- Chiedilo a quest’idiota cos’è successo! –
Detto ciò James era uscito, lasciando Remus e Sirius da soli.
Il primo aveva guardato il secondo sospettoso e per tutta risposta Sirius aveva sorriso.
Dopo che aveva raccontato l’accaduto Remus si era seduto stancamente sul lavandino e aveva sospirato:
- Voi mi farete crepare prima del tempo. –
Sirius voleva ridere ma uno sguardo eloquente gli mozzò la risata in gola.
 

 

***
 

Dopo il tempestivo salvataggio di Remus; lui, James e Sirius, che ancora non si parlavano, avevano raggiunto Mary, Marlene, Alice e Frank in Sala Comune.
James ignorava Sirius che di rimando lo implorava di perdonarlo.
James si avvicinò a Marlene invece, che aveva appena scoccato un dolce bacio a Remus e ora si tenevano per mano, e le chiese se potevano parlare.
I due si separarono dal gruppo, tra gli sguardi confusi degli amici, e James le chiese, spettinandosi i capelli:
- Li…Evans non viene? –
Marlene alzò le spalle e disse: - Dice che deve finire il tema. Strano, pensavo l’avesse finito ieri. Forse deve incontrarsi con Mark, ma non capisco perché non l’abbia detto. –
James sentì come un masso cadergli addosso: Mark.
Cosa avrebbe detto Lily? Avrebbe accettato se quello stupido idiota di Sirius non fosse arrivato a rovinare tutto?
- Come mai tutta questa attenzione Potter? – chiese maliziosa a James.
Lui la fulminò con lo sguardo e si mise a fissare intensamente il fuoco nel camino.
- Così, per sapere. –
Con grande sorpresa di James Marlene gli posò la mano sulla spalla e gli sussurrò:
- Non arrenderti. Lily è una testona, lo sai da te, ma è dolce e per me non gli stai così antipatico come pretende di dire. Sai com’è, deve mantenere la sua faccia da dura. – e gli sorrise.
Lui fece lo stesso e, mentre Remus raggiungeva la sua ragazza, mimò un “grazie” muto con le labbra.
- Andiamo? –
Gli amici si ricongiunsero e Sirius colpì affabilmente la spalla di James, dicendo:
- Dai vecchio mio, andrà meglio la prossima volta! –
La risposta di James fu un muto sguardo di minaccia che fece sentire piccolo il grande Sirius Black.

 

***
 

Lily si era rifugiata in biblioteca.
Cercava di distrarre la sua mente da ciò che era appena accaduto riempiendola di date di battaglie di elfi e troll dai nomi impronunciabili.
Alla quarta volta che però rileggeva lo stesso paragrafo senza capirne nulla rinunciò.
“Fanculo Potter” pensò tra sé e sé mentre si lasciava cadere sui libri.
Gli occhi del ragazzo, così dolci e profondi, le appannavano la mente, il suo respiro caldo nelle orecchie mentre le sussurrava il suo invito.
Ma soprattutto le parole che Sirius le aveva impedito di dire.
Avrebbe davvero detto di sì?
A James Potter?
QUEL James Potter?
Dio che casino.
Non fece nemmeno in tempo a pensare cosa fare che qualcuno la chiamò.
- Ehi Lils! –
Mark le si avvicinò affabile scoccandole un bacio sulla guancia, che ovviamente raggiunse il colore dei tavolinetti da caffè di Madama Piedi Burro.
- Ehi – rispose lei imbarazzata.
- Che fai? – chiese lui osservando tutti i libri disposti sul tavolo.
- Tento di studiare sto schifo. Tu? Non vai ad Hogsmeade? – chiese allora lei.
Quel venerdì era infatti il primo giorno di uscita per le classi superiori al terzo anno ad Hogsmeade, la città interamente magica accanto ad Hogwarts.
- Veramente ero qui per questo: ti stavo cercando. –
Lily si fece attenta: sospettava dove voleva andare a parare Mark e sperava con tutto il cuore di sbagliarsi, non voleva, non era pronta, a rivedere James.
Ma lui convalidò i suoi timori: - Volevo chiedere alla mia ragazza se vorrebbe venire con me ad Hogsmeade. –
Lily stava mordicchiando una piuma e quasi non mandò giù delle piume al sentir pronunciare quelle parole.
- Ohi! Calma! – disse lui battendole dolcemente la mano sulla schiena.
Quando Lily ebbe recuperato un po’ di dignità era rossa come un peperone, e non solo per il quasi soffocamento.
- Mark…io sarei la tua ragazza? – chiese lei incerta.
Lui le fece un gran sorriso e le strinse la mano: - Beh, per me sì. Tu non vuoi esserlo? –
Lily non sapeva che rispondere, l’incontro, o meglio lo scontro, di prima con James l’aveva completamente mandata nel pallone. Ripensò a come il cuore le batteva forte quando James l’aveva invitata e rifletté che se fosse stato James a dirle quelle parole probabilmente le sarebbe scoppiato.
Il problema è che quelle parole le stava dicendo Mark, e il suo cuore era calmissimo.
- Mark vedi io…-
- Oh, è occupato. –
Lily si girò e un brivido freddo le percorse la schiena: Piton la squadrava dubbioso.
- Sì, lo è. – disse gelida lei.
- Ehi è un tuo amico? Piacere Mark – aggiunse felice quest’ultimo allungando la mano per stringerla a Severus.
Questo lo ignorò e continuò a parlare fissando Lily.
- Beh, ora te la fai con questi qua? Vedo che i tuoi standard si stanno notevolmente abbassando. –
Ghignò dell’espressione stupita e infuriata di Lily.
Mark aveva ritirato la mano e lo guardava con odio.
- Sì beh, io e Lils siamo impegnati, quindi potresti andartene? –
Allungò un braccio intorno alle spalle di Lily e questa poté vedere chiaramente l’assottigliarsi delle pupille nere come petrolio del Serpeverde.
- Cos’è tutta questa confidenza? Siete fidanzati? – chiese sprezzante Severus.
Prima che Mark potesse rispondergli fu Lily ad alzarsi per fronteggiarlo.
- Esatto. Io e Mark siamo fidanzati, lui è il mio ragazzo. Sai com’è, ho sbagliato a fidarmi di certe persone e ora sto rimediando. Amore, andiamo? –
Mark era stupito quasi quanto Severus, che sembrava essere sul punto di affatturare il ragazzo, ma quando si accorse che Lily parlava con lui si alzò, con un tocco di bacchetta mise apposto le cose di lei, e le strinse la mano.
- Certo Lils. –
Stavano per andarsene quando Lily sentì Piton sussurrare: - Sei caduta in basso Lils. –
Lily si girò infuriata, guardò attentamente il Serpeverde, e scoccò un bacio sulle labbra ben poco casto a Mark, che rispose felice.
Quando si staccò si girò verso Piton e gli scoccò uno sguardo d’odio, lui intanto la guardava allibita.
- Andiamo Mark. – disse infine lei, stringendo la mano al ragazzo e uscendo dalla biblioteca.
Lui lo intese come gesto d’affetto e gliela strinse di rimando.
La verità era che Lily era sul punto di piangere, le parole dell’ex migliore amico nelle orecchie.
“Sei caduta in basso Lils”.
Si, era caduta in basso: usare una persona che ci teneva a lei per ferirne un’altra. Era davvero caduta in basso.

 

***
 

James fissava le vetrine senza in realtà vederle, perché la mente continuava a rimandargli gli occhi, quegli occhi verdi, le lentiggini, le labbra rosse.
Si scoprì col desiderio di baciarla, di sentire se quelle labbra erano così morbide come sembravano.
Cosa le avrebbe risposto? Avrebbe detto di sì se non fossero stati interrotti da Sirius?
Gli balenò in mente un’immagine di lui in smoking e Lily accanto a lui, i capelli rossi sciolti che le cadevano morbidi sulle spalle, il vestito che lui si immaginava essere bianco con una fascia nera sotto il seno.
Loro che ballavano, occhi negli occhi.
E poi lei si alzava sulle punte dato che lui era un po’ più alto, gli sussurrava qualcosa, non importa cosa, il solo fatto che gli parlasse dolcemente era oro colato.
E lo baciava, delicatamente.
Si immaginava le labbra di Lily di un sapore nuovo, sconosciuto, da scoprire.
Di ragazze ne aveva baciate a dozzine, stiamo pur sempre parlando di James Potter, ma nessuna, anche se aveva provato qualcosa per ognuna di esse, gli dava la stessa emozione di Lily.
La scommessa. Gli balenò in mente tutto d’un tratto la scommessa fatta con Lily.
“Un bacio Potter. Un bacio da me”.
Avrebbe vinto, avrebbe ottenuto il bacio.
L’avrebbe fatta innamorare di lui.
Si sentì rinvigorito da quel pensiero e dette un colpo alla vetrina, felice.
Aveva un obbiettivo.
- Ehi J! Vieni a vedere! –
C’era una sola persona che lo chiamava così.
James raggiunse Alice dentro “L’Emporio di Zonco” e vide la ragazza indicargli delle strane bottiglie colorate.
- Che sono Ali? – chiese lui soppensandone una.
- Filtri d’Amore Tutta Vita. Due a cinque galeoni. Secondo te se ne regalo un pacchetto a Frank sono strana? –
Lui la guardò incuriosito: - Perché dovresti regalarne a Frank? Lui è già pazzo di te! –
Lei alzò le spalle e spiegò, mentre ne pesava due dai colori diversi: - Dice che sono più spesso tenera che sexy. –
James si mise a ridere.
- Comunque a te proibisco di comprarne – disse lei osservandolo decisa.
- Perché scusa? – chiese lui curioso.
- Perché non voglio che avveleni Lils per una stupida scommessa – spiegò calma lei valutando quanti soldi aveva nella borsa.
James si finse offeso: - Credi che sia un tale mostro? Io se vinco, e vinco sempre, lo faccio nel pieno rispetto delle regole. –
Alice lo spinse giocosamente e raggiunse Frank, per poi scoccargli un bacio sulla guancia.
James immaginò di essere al posto di Frank e che a baciarlo fosse Lily.
“Dannazione Potter reagisci!” gli urlò una voce nella sua testa e James decise di distrarsi andando da Sirius, in un moto involontario.
Quando però lui gli colpì scherzosamente la spalla indicando delle vetrine dove degli strani animaletti sputavano fuoco, si ricordò di essere ancora arrabbiato con lui.
Fece per andarsene ma Sirius lo trattenne.
- James mi dispiace, lo sai che non l’ho fatto apposta! Dai vecchio mio, non puoi farmi questo! Ramoso ti prego! –
James lo squadrò facendolo stare sulle spine, ma dentro di sé l’aveva già perdonato: erano una coppia di amici inseparabile.
Però James non avrebbe rinunciato ad un po’ di sano divertimento.
Si finse indeciso e disse: - Non so…certo, una dimostrazione della tua lealtà potrebbe convincermi che vale la pena di perdonarti. –
Sirius sorrise sornione e rispose: - Credo di sì. –
James si guardò attorno e individuò il suo obbiettivo: al di là della finestra scorse Severus Piton seduto da solo a leggere un libro.
Indicò con un cenno il ragazzo e Sirius annuì.
- Cosa devo fare, capitano? –
- Sorprendimi. –
Sirius uscì dal negozio con James che lo seguiva a poca distanza.
- Ehi Mocciusus! –
Severus alzò lo sguardo e le pupille gli si allungarono. Poi tornò al suo libro come se niente fosse.
- Beh? Non mi rispondi? Ok, indovino cosa stai leggendo… “Guida pratica a come baciare il cuscino” o “Storia di uno sfigato: Severus Mocciusus Piton” –
James all’ultima scoppiò a ridere e Piton si alzò, bacchetta in mano.
- Oh no che non lo fai! –
James sfoderò la bacchetta e anche Sirius.
- Incarceramus! –
- Protego! –
La fattura di Sirius rimbalzò sullo scudo di Piton e James urlò: - Expelliarmus! –
La bacchetta di Piton volò via e Sirius lo immobilizzò dalla testa in giù.
- Bene bene…Ramoso che ne facciamo di questa spazzatura? –
- Oh io pensavo di…-
- LASCIATELO IN PACE! –
James si voltò appena riconobbe la voce ed eccola: Lily correva verso di lui.
Non gli importava che fosse rossa di rabbia, non gli importava lo sguardo omicida nei suoi occhi.
L’importante è che c’era.
- Finite Incantatem –
Piton tornò al suo stato originario e recuperò la bacchetta.
- 10 punti in meno a Grifondoro per duello. –
- Che ne sai che non ha iniziato lui? – chiese offeso Sirius.
- Vi conosco, ecco che ne so. –
James si scompigliò i capelli e disse: - Non potevi resistere a vedermi eh Evans? –
Lily lo fulminò con gli occhi e rispose sarcasticamente: - Certo Potter, non vedevo l’ora di rivedere il tuo brutto muso. –
James si finse offeso e le si avvicinò: - Non credo la pensassi così prima –
Le guance di Lily si colorarono di rosa e James sorrise.
- Io e Piton vi lasciamo da soli, muoviti Mocciusus! –
Sirius fece per andarsene e portarsi via Piton, ma questo si fermò: un ghigno divertito di vendetta gli riempiva il viso.
- Lils cos’è, tradisci subito il tuo ragazzo? –
James a quelle parole si girò confuso e arrabbiato allo stesso tempo: - Che cazzo stai dicendo? –
Piton lo guardò divertito: - Non lo sai? Lils ha il ragazzo, l’ho incontrato poco fa. Non sei stata tu a dirmelo, Lils? –
Se lo sguardo di Lily avrebbe potuto uccidere Piton sarebbe stato a terra, morto stecchito.
James si girò e la guardò quasi implorandola di negare: - E’ vero? –
Lily non riusciva a guardarlo negli occhi – Beh…-
- Lils! –
Mark li raggiunse a grandi passi e baciò Lily sulla guancia.
- Lils ti avevo perso di vista. Oh, ciao James, Sirius. Ah, ci sei anche tu. – aggiunse schifato quando vide Severus.
Questo però non perse il suo sorriso e disse: - Me ne stavo andando. Buona giornata. –
Detto ciò sfidò con gli occhi James e Sirius, però il primo era troppo impegnato a guardare allibito Lily, che distoglieva lo sguardo.
- Lils ti va una Burrobirra? –
- Evans è vero? –
Mentre il tono del primo era dolce, quello dell’altro era duro, gelido.
- Vero cosa? – chiese curioso Mark.
- Che state insieme – spiegò Sirius che si era messo accanto a James come sostegno morale.
- Oh. Sì esatto, siamo…- iniziò Mark, un sorriso che non sapeva stava trafiggendo il cuore di James.
- Mark, dovrei parlare un attimo solo con Potter. Mi aspetti dai Tre Manici di Scopa? –
Mark, alquanto stupito, si limitò ad annuire.
Non se ne andò però prima di averle scoccato un altro bacio sulla guancia: Sirius pensava che James gli sarebbe andato addosso invece questo continuava a guardare gelido Lily.
Quando Mark se ne fu andato James iniziò a parlare, calmo ma forse più minaccioso che se si fosse messo ad urlare.
- Quindi? E’ così? Stai con lui? –
Lei non riusciva a guardarlo negli occhi e fissava senza in realtà vederle le decorazioni dell’Emporio di Zonko.
- Più o meno. Eravamo in biblioteca ed è arrivato Severus. Ha iniziato a infastidirmi e così…-
-  Sai che c’è? Non me ne frega niente, com’è che hai detto? “Gli emeriti cazzi miei, Potter. Non devo certo tener conto di ciò che faccio a te sai?” E’ così. Sir andiamocene. –
James si girò senza più guardare Lily, Sirius lo seguì.
Lily rimase lì un secondo, inebetita.
- ASPETTA! –
Raggiunse James e lo trattenne per la giacca, lui si girò non abbassando però lo sguardo verso di lei.
- Cosa…Lasciami spiegare! – esclamò Lily.
- Evans non mi devi delle spiegazioni, non sono certo il tuo ragazzo. Vi auguro di essere felici. –
Detto questo si voltò e si incamminò seguito da Sirius.
Lily sapeva, capiva dal tono della voce di James, che non doveva seguirlo.
Eppure una parte di lei non voleva lasciarlo, voleva spiegare. Ma aveva ragione lui: un momento di pseudo-dolcezza non poteva cancellare sei anni di antipatia.
Loro non erano niente.
E cercando di trattenere le lacrime, Lily si incamminò verso i Tre Manici di Scopa.

 




 


 

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Capitolo 5
*** Si dia inizio alle danze! ***


 

 



CAPITOLO 4 - SI DIA INIZIO ALLE DANZE!

 

Ringrazio come sempre le 21 persone che hanno messo nelle seguite, Lorenzo che recensisce sempre e Banny che mi ha detto delle cose troppo dolci. Grazie di cuore a tutti :) Buona Lettura!

Sirius stava seguendo James da circa dieci minuti ma aveva capito che l’amico non aveva nessuna intenzione di fermarsi e Sirius non ne poteva più.
- James, fermati. –
Con stupore dello stesso Sirius James lo ascoltò.
Sirius gli si mise davanti e disse: - Ramoso, so che…-
- No, tu non sai. Pensavo…sono un’idiota. Ma d’altronde non è una novità, eh Sir? –
James si voltò verso Sirius e gli sorrise, ma così malinconicamente, in modo così finto, che Sirius ebbe quasi paura.
E fece qualcosa che non faceva da cinque anni: abbracciò James.
Forse fu per lo stupore o forse perché semplicemente ne aveva bisogno, ma James non si spostò.
Dopo due minuti i due si lasciarono e James dette una pacca amichevole all’altro.
- Grazie Sir. –
- Ehi, sei pur sempre mio fratello! –
I due si misero a ridere e James disse: - Se non ti dispiace vorrei evitare di andare ai Tre Manici di Scopa. Torniamo ad Hogwarts? –
Sirius gli sorrise e disse: - Certo. –

 

***

 

Remus aveva passato il miglior pomeriggio della sua vita. Lui e Marlene sembravano fatti l’uno per l’altra, si completavano: lei così audace, vivace e forte, lui più taciturno, pensieroso, riflessivo.
Però si capivano così bene, così perfettamente, che sembravano in simbiosi perfetta.
In quel momento erano ai Tre Manici di Scopa da soli: Alice e Frank erano voluti andare, sotto spinta della prima, da Madama Piedi Burro, ma Marlene aveva detto testualmente “Nemmeno morta che ci vado in quel posto! Mi verrà una carie solo ad entrarci!”.
Per questo Remus l’amava: era fuori dal comune.
Mary aveva trovato delle amiche di Tassorosso e Corvonero e si era unita a loro.
Quindi eccoli lì: lui e Marlene, mano nella mano, a sorseggiare una Burrobirra calda.
Marlene stava raccontando a Remus come Lily si fosse decisa a dare una chance a James.
- Dio mi fulmini se quei due non sono perfetti insieme! – esclamò lei in modo teatrale.
Lui scoppiò a ridere e lei lo seguì a ruota.
- Oddio – iniziò lui asciugandosi le lacrime per il troppo ridere – sei unica. –
- Per questo mi ami – disse lei decisa.
Lui la osservò: i grandi occhi color del caffè caldo, i capelli mossi in spirali perfette, color dell’ebano, la felpa viola aderente col pelo sul cappuccio che evidenziava le forme dolci della ragazza, le sue labbra rosse piene.
Sì, l’amava.
Si chinò verso di lei e la baciò.
Lei rispose appassionatamente e si staccarono solo quando la cameriera appena assunta da Madama Rosmerta portò loro il conto.
- Grazie – disse calmo Remus, tirando fuori dallo zaino alcune monete.
- Sì, grazie di aver interrotto un bacio da film – sospirò infastidita Marlene mentre la giovane andava via.
Remus le baciò la guancia e disse: - Ce ne saranno altri, tranquilla. –
- Lo spero bene! – disse lei divertita, cercando di nuovo le sue labbra e riagganciandosi a esse.
Quando si staccarono entrambi sorridevano divertiti.
Sì, erano perfetti insieme.
Mentre entrambi si rivestivano Marlene chiese: - Secondo te come andrà con James e Lils? –
- Per me bene, James secondo me si sta innamorando di lei e Lils…beh, lo sai, è testarda, ma quando lo capirà andrà tutto per il meglio. –
- Già, magari si sono visti oggi! Mi sembra di averli visti, lei e Mark, fuori prima. Oh – Marlene si bloccò e Remus la guardò preoccupato.
- Marly stai bene? –
Lei lo fissò seria e pensierosa: - Rem…Mark. Lei era con Mark. –
Remus non  capiva e la guardava confuso: - Sì, e allora? –
La voce di lei era carica di tensione: - Rem…MARK! James non la deve vedere con Mark! Sai com’è fatto, farebbe delle cazzate! Oh merda, merda, merda! –
Remus comprese l’importanza della questione: un James geloso era come una bomba pronta ad esplodere.
- Dio mio dobbiamo trovarli, io cerco Lils e tu James. Dobbiamo…-
- Troppo tardi. –
Marlene lo guardava confusa, Remus fissava un punto oltre le spalle della fidanzata.
Marlene si voltò e le batté forte il cuore: Lily era appena entrata nel locale.
Era in lacrime.
 

***

 
Sirius non sapeva più che fare.
James stava male, troppo male.
No, non vomitava, non piangeva, non urlava. Peggio.
James stava…studiando.
Cosa c’è di così scandaloso chiederete voi?
Beh, si da il caso che James Potter come Sirius Black studiasse solo se costretto da Remus e mai, MAI, in un giorno festivo.
Sirius guardava allibito l’amico che era sdraiato sul morbido tappeto della Sala Comune, davanti al fuoco, e stava sfogliando un libro di Difesa contro le Arti Oscure.
Gli si sedette accanto e glielo chiuse.
- Che stai…? – iniziò James ma Sirius lo interruppe.
- Dobbiamo parlare. –
James si mise seduto e lo fissò in attesa.
James che stava…zitto? Sirius era molto preoccupato.
- James…tu non puoi deprimerti così per Lily. Sì ok la scommessa e tutto, magari anche ti piaceva, ma diamine, sei James Potter! –
James soppesò le sue parole prima di ghignare divertito.
- Sir, il fatto che io stia studiando non implica un mio problema mentale, tantomeno per la Evans. Non so se te lo ricordi ma domani è sabato. –
Sirius lo guardava confuso, sempre più sicuro della sua pazzia, ma gli chiese in tono neutro: - Allora? –
James era sempre più divertito.
- E allora, domani è sabato. Il sabato della prima partita della stagione di Quidditch. Quindi…- iniziò lasciando la frase a metà che venne prontamente completata da Sirius: - …quindi non potremo studiare! E’ vero! –
Il viso di Sirius passò da stupito a divertito a terrorizzato in un nanosecondo: - CAZZO E’ VERO! DOV’E’ REMUS QUANDO SERVE?! –
Agitando appena la bacchetta aveva richiamato i suoi libri che ora erano davanti a lui.
James si guardò attorno: Peter era seduto su una poltrona e stava chiacchierando con Frank e Alice, mentre Mary leggeva annoiata una rivista con in copertina Mike Febry, il capitano delle Vespe di Manchester.
-  Già, dov’è Remus? –
Sirius, che era impegnato a cercare freneticamente una pergamena nuova tra la sua roba, alzò lo sguardo attento.
L’aveva detto per scherzare ma ora aveva davvero notato l’assenza dell’amico.
- Già, dov’è? Manca anche Marlene. Saranno ancora a sbaciucchiarsi a Hogsmeade. Comunque fra poco dovranno rientrare, fra meno di un’ora c’è quello stupido evento del Lumaclub. James con chi ci andrai alla fine? –
- Con la Brown. –
- Ahaha ottima scelta! – disse ghignando malizioso Sirius.
Violetta Brown era la ragazza più formosa di tutta la Torre dei Leoni.
I lunghi capelli biondi ricci, le gonfie labbra rosse come fragole, le magliette aderenti.
Era però tanto riconosciuto quanto fosse “famosa” tra i maschi quanto riconosciuta era la sua immensa stupidità.
Ma si capisce, chi andava con la Brown non era certo in cerca di una conversazione seria sul surriscaldamento globale.
James però non gliel’aveva chiesto con malizia, con secondi fini, era solo la prima che si era trovato davanti, tutto qui.
Lei ovviamente era stata ben felice di accettare, James Potter era pur sempre il Capitano della loro squadra, un ragazzo molto al di sopra della media per intelligenza e bellezza e soprattutto lo scapolo irraggiungibile.
E lei l’aveva raggiunto.
Il disinteressamento di James era però tale che anche osservandola non poteva che notare solo tutte le stonature nel suo essere: i capelli apparentemente perfetti non erano rossi e morbidi, non aveva lentiggini, non gli rispondeva sempre a tono, anzi, non aveva quegli occhi.
Non che gli occhi azzurro cielo non fossero belli, per carità, ma non erano quelli che voleva lui.
Non erano verde smeraldo.
 

***

 
Remus corse incontro a Lily seguito da Marlene.
Lily si riparò nell’abbraccio del migliore amico mentre Marlene le accarezzava i capelli.
- Lils che diavolo ti è successo? – chiese preoccupato Remus.
Lily raccontò l’accaduto a Remus e Marlene senza nemmeno alzare lo sguardo.
Quando finì Remus la staccò da sé.
- Stai con Mark? – le chiesero all’unisono i migliori amici.
Lei si guardò intorno e individuò il “suo ragazzo”.
Era così impegnato a chiacchierare con dei compagni di Corvonero che non si era nemmeno accorto di Lily, così questa iniziò a raccontare l’incontro con Severus.
- Vi giuro, io volevo dirgli di no, ma Sev è stato così…meschino! –
Remus e Marlene si scambiarono uno sguardo d’intesa.
Fu lei a parlare.
- Lils, se non ti piace davvero Mark dovresti dirglielo, non puoi illuderlo così! –
- Sì lo so. Però non sono sicura dei miei sentimenti capisci? Sì è carino, intelligente, dolce, lui sembra pazzo di me. Solo che…-
“Non è James” completò una vocina dentro di sé.
Remus sembrò ponderare la sua risposta e disse: - Beh, stasera potrai capirlo. –
- Giusto! Il Ballo! – esclamò entusiasta Marlene.
Il suo sguardo diventò quasi subito irritato: - IL BALLO! LILS DOBBIAMO PREPARARCI! –
Si girò verso Remus e gli scoccò un bacio sulle labbra, poi prese per mano l’amica.
- Amore noi dobbiamo andare. Glielo dici tu a Mark? Non vorremo certo che pensasse che Lils gli ha dato buca. Ok, tesoro ci vediamo alle 21.30 in Sala Comune. Avanti Lils! –
Detto questo Marlene corse verso l’uscita seguita a ruota da un’incredula Lily.
Remus sospirò divertito e andò verso il tavolo di Mark per avvisarlo che Cenerentola era uscita dal Castello.
 

***


James e Sirius stavano per andare a prepararsi quando sentirono dei rumori dal ritratto.
Dopo un secondo infatti comparvero due figure ben conosciute.
Lily si appoggiava sulle gambe, cercando aria.
I capelli rossi le cadevano accanto al viso, rosso per la corsa.
- Marly…ti giuro che…se sopravvivo…ti uccido! –
Marlene la guardava riprendere fiato come se lei non avesse affatto corso.
La ragazza dopotutto correva quasi ogni giorno 3 Km a casa sua e aveva fatto atletica sin da quando aveva 6 anni.
- Lils esageri, come sempre! Dai, che siamo in ritardo. –
Lily la seguì lanciandole altri rimproveri ma arrivata alle scale del Dormitorio Maschile si fermò.
Lei e James erano a tre passi di distanza.
Fece per andargli incontro e iniziò: - James io… -
Ma lui salì le scale senza nemmeno ascoltarla.
Sirius guardava stupito il punto dove poco fa c’era il suo migliore amico.
Si girò verso Lily e le sussurrò: - Scusa Lils. E’ solo…-
- Lo so. – rispose lei comprensiva.
Lui le sorrise e salutò con la mano e un sorriso malandrino Mary che arrossì visibilmente.
Poi salì le scale.
Lily superò Marlene e salì le scale per il Dormitorio Femminile.
“Non è niente Lils, non è niente” continuava a ripetersi.
Ma aveva tanta voglia di sotterrarsi e non uscire mai più.
 

***


Alle 21.30 precise Remus, Sirius e James erano nella Sala Comune ad attendere le loro dame.
Sirius continuava a lanciare improperi verso la camicia che era troppo stretta e non finiva di lamentarsi di come sembrasse un pinguino in quello smoking nero.
In realtà era molto affascinante, talmente affascinante da far fermare ogni singola Grifondoro nelle vicinanze nella sua contemplazione.
Remus aveva uno smoking color fumo di seconda mano, ma l’aria intelligente e forse un po’ malaticcia ( la Luna Piena era vicina ) gli donavano molto, rendendolo quasi bello e attraente come Sirius.
James però li batteva tutti e tre.
L’aria indifferente, un po’ da sbruffone se vogliamo, i capelli sempre mossi che non mancava di spettinarsi ogni dieci secondi, lo smoking nero come la notte.
Sembrava un Dio.
Alice era seduta sopra le gambe di Frank e faceva commenti col solo obbiettivo di far irritare ancora più Sirius, mentre il fidanzato se la rideva.
Peter era troppo impegnato in un tema di Erbologia per badare ciò che gli succedeva intorno.
Al trentesimo lamento di Sirius Remus scoppiò: - Sir dannazione vuoi smetterla? Se ti da così tanto fastidio cambiati! –
Sirius lo guardò sorpreso e rispose: - E cosa mi metto? Mary sarà stupenda, non posso certo sfigurare. –
A quelle parole James, Remus, Alice, Frank e persino Peter lo guardarono ammutoliti.
Nessuno aveva ancora parlato quando sentirono dei passi provenienti dalle scale.
Marlene fu la prima a scendere. Il vestito nero con dei ricami argentei, le scarpe fini. I capelli erano raccolti per un terzo, lasciando cadere una ciocca sul lato sinistra. Gli occhi ornati da eye-liner e matita neri, le palpebre colorate leggermente dall’ombretto argentato. Era stupenda.
Saltò subito in braccio a Remus e gli stampò un bacio molto poco casto.
Quando si staccarono lei gli disse: - Sei bellissimo amore. –
- Anche tu. – rispose lui accarezzandole il vestito.
La seconda a scendere fu Mary.
Il suo di abito era invece di un azzurro pallido con rifiniture più scure.
I capelli biondi erano legati in una coda che le cadeva sulla spalla, gli occhi contornati da una leggera matita azzurra identica al colore dei suoi occhi.
L’abito era molto più semplice di quello di Marlene ma non la faceva sfigurare, anzi.
Era semplicemente perfetto per lei.
Sirius rimase a bocca aperta e solo ad una gomitata divertita di James le andò incontro, le baciò la mano e si complimentò per  quanto era meravigliosa, provocandole del leggero rossore.
Poi tirò fuori dalla giacca una rosa il cui colore era stato magicamente tramutato in azzurro.
James si stava giusto chiedendo quanto ci mettesse la Brown quando sentì la voce di Lily dalle scale.
- MARLY IO NON SCENDO! SONO RIDICOLA! –
Marlene alzò gli occhi al cielo e urlò in risposta: - O SCENDI TU O TI TRASCINO GIU’ IO! NON HO IMPIEGATO UN’ORA PER FARTI QUEL LOOK PER POI FARTI RESTARE IN CAMERA! –
- MA MARLY RIDERANNO TUTTI! –
- DEVO VENIRE SU IO? – chiese Marlene con gli occhi a fessura in un punto nascosto della scala a chiocciola.
Sentirono dei passi: la minaccia aveva funzionato.
Però quando Lily apparve dalla scalinata James pensò a una miriade di aggettivi, ma nessuno era ridicola.
Lily era semplicemente bellissima.
Il vestito era bianco con una fascia nera proprio sotto il seno ( James pensò di essere un Veggente ) e finiva poco sopra le ginocchia, lasciando in bella vista le perfette gambe di Lily, un bracciale con un fiore dai petali bianchi e neri, i capelli lasciati sciolti le ricadevano morbidi sulle spalle.
Gli orecchini a forma di fiore, uno bianco e uno nero.
L’unica cosa che stonava era lo sguardo omicida.
- ECCO, SEI FELICE MARLY? MI SONO RESA RIDICOLA! –
Lily stava per risalire e James si chiese se fosse ubriaca: era la più bella di tutte.
Siccome tutti erano incantati a vedere la rossa, fu Remus a prenderle la mano.
- Lils smettila. Sei semplicemente stupenda –
Lily lo guardò quasi si aspettasse che scoppiasse a ridere.
- Oh Rem, sei troppo gentile. E’ solo che è troppo corto, troppo bianco e troppo nero! La tua ragazza ha buttato via, o meglio incenerito, il mio bel vestito che…-
- LILS VUOI UN CAZZOTTO? Allora avete presente i vestiti della McGranitt? –
Tutti annuirono.
- Beh al confronto quella è alta moda! Sembrava un arcobaleno dio mio! –
Gli amici scoppiarono a ridere, scatenando un diffuso rossore nelle guance di Lily.
- No Lils, a parte gli scherzi sei perfetta. Vero James? – disse Remus.
Tutti si voltarono a guardare James che si aspettava quasi di veder apparire un altro James accanto a lui.
Anche Lily lo guardava, quegli occhi verdi che da ore non lo abbandonavano mai.
- Sì, è vero. – disse semplicemente.
Lily si avvicinò a lui e iniziò: - James, scusa. Ti giuro che io…-
Ma furono interrotti da una montagna viola che spinse Lily da parte e baciò James sulla guancia.
Violetta non era grassa, assolutamente, solo che in confronto all’eleganza naturale di Lily Violetta sembrava una specie di suino. E il vestito lilla non aiutava per niente.
Lily parve volerla incendiare con gli occhi mentre ballonzolava davanti a James il seno prosperoso.
- Scusa il ritardo Jamie – disse con la sua vocina da oca.
James guardò verso Lily ma lei si era girata a guardare un primino che l’aveva chiamata.
- Mark Johnson ha detto di dire che è qui fuori ad aspettarla. –
Lily lo ringraziò e questo arrossì.
- Bene, andiamo? –
Lily era in testa al gruppo.
James la guardò allontanarsi con un enorme groppo in gola.
 

***

 
Il cammino verso lo studio di Lumacorno fu dei più lunghi, o almeno gli parve così, della sua vita.
Sia Sirius che Remus conversavano con le compagne e non davano segno di accorgersi della tortura che stava subendo il loro migliore amico.
James dette un’occhiata di traverso alla sua destra: Violetta gli stringeva con un po’ troppa forza, quasi temesse che potesse scappare, il braccio e cianciava su qualche cosa riguardante le sorelle Wilbur di Tassorosso.
Nonostante James, essendo più alto di lei, avesse una visione perfetta del seno prosperoso della ragazza, che il vestito lilla non faceva nulla per nascondere, anzi, non poteva esserne meno attratto.
I suoi occhi infatti erano puntati sulla schiena scoperta pallida di Lily che era stretta al braccio di Mark e rideva alle sue battute.
James ebbe lo strano impulso di andare lì e prenderle l’altro braccio, lasciando quel suino che gli camminava accanto da solo.
“IDIOTA! PERCHE’ VIOLETTA, PERCHE’?!” si ripeteva mentalmente.
Fu quindi a dir poco sollevato quando vide l’enorme porta di quercia dello studio del professore.
Mark l’aprì galantemente e Lily gli dette un bacio sulla guancia prima di entrare.
James sentì le sue budella fremere.
Dopo che anche Remus fu entrato James poté accedere al locale e rimase letteralmente sbalordito: la stanza era stata ampliata magicamente di almeno tre volte, le decorazioni bianco-blu ( palloncini, striscioni, fasce, tende ) dominavano l’aula e la musica classica riempiva l’atmosfera.
James notò con piacere che Violetta, così assorta nel vedere la trasformazione della stanza, l’aveva mollato e acchiappò al volo l’occasione per raggiungere Marlene e Remus, dato che Sirius e Mary erano spariti.
- VOI DOVETE AIUTARMI! – esclamò James rivolto ai due amici.
Remus e Marlene lo guardarono divertiti della sua espressione.
- James ti sei cacciato tu in questo guaio! Noi siamo un po’ impegnati, vero Rem? – disse maliziosa Marlene, agganciando appassionatamente le labbra a quelle del suo ragazzo.
- Ah ah ah molto spiritosi. E dai! – li implorò James.
Remus e Marlene si staccarono e si misero a ridere.
- Ok, ok. Diciamo che… potrei dire a Violetta che ti sei sentito male e sei tornato alla torre di Grifondoro e tu intanto vai in bagno? – propose Remus
- No, mi andrebbe a cercare di sicuro. Altre idee? –
- E se l’avvelenassi? Ho della polvere qui che…- iniziò Sirius appena arrivato con Mary al suo fianco.
Ad uno sguardo di quest’ultima però tacque.
- No no! Devo farle capire che non mi interessa! –
Un sorriso da idea geniale riempì il viso di Marlene.
Tutti la guardarono curiosi.
- James…Violetta sa di Lily e Mark? –
James si stupì di quella domanda ma rispose: - Non credo. Certo se l’avesse saputo me ne avrebbe parlato all’andata invece che di quelle due oche delle sorelle…-
- PERFETTO! – esclamò Marlene.
Solo Remus colse al volo ciò che voleva fare e rispose: - No, non lo permetterà mai. Insomma pensa anche a…-
- Ma sarà solo un favore! Me ne deve almeno cento…-
- Sì ma è pur sempre James! – disse lui convinto indicando l’amico.
- Scusate, potreste esprimere quest’idea anche ai comuni mortali? – chiese Sirius irritato.
Remus lo guardò arreso: - Vuole che Lily finga di stare con James così Violetta se ne andrà. –
James pensò di non aver capito bene ma Mary gli tolse ogni dubbio chiedendo: - Lils? Perché non una di noi? – e ad un’occhiataccia di Sirius spiegò: - Sarebbe più facile. Non credo che Lils lo farà.-
- Perché Violetta sa che siamo solo amiche di James e che stiamo con Remus e Sirius – rispose Marlene.
Quando pronunciò la parola “Sirius” quest’ultimo distolse lo sguardo imbarazzato e Mary assunse un deciso color pomodoro.
James invece non poté nascondere l’enorme sorriso che gli riempì il viso.
- Oh Marlene, sei un genio! Quel suino non potrà che…-
- James, calmati. Non sappiamo se Lils accetterà…-
- Accetterò cosa? –
A sorpresa di tutti Lily e Mark erano appena arrivati e ora la rossa guardava sospettosa sia Remus che James, che d’altra parte le sorrideva come un bambino davanti ad un Animagus.
- Beh ecco Lils…- iniziò Remus titubante ma fu subito interrotto da Marlene.
- Devi fingere di essere la ragazza di James! –
Lily guardò prima Remus, poi Marlene e infine James come se fossero impazziti.
- Voi non state bene. Basta Whisky  Incendiario eh? Andiamo Mark –
Lily se ne stava andando quando venne trattenuta da James.
- Che vuoi ancora? – gli chiese spazientita.
- Evans ti prego. Si tratta di vita o di morte. Farò tutto quello che vuoi, lo giuro! –
Lily si perse in quei occhi nocciola e valutò la situazione.
Un sorriso Malandrino le incorniciò il volto: - Tutto tutto? –
James annuì.
Lei continuò: - Beh immagino che un mese senza alcun tipo di scherzi da parte dei Malandrini…-
- NO! – urlò Sirius.
- Una settimana – propose James
- Due –
- Una e mezza –
- Due –
- Una e tre quarti? –
Lily gli sorrise sardonica: - Due o niente da fare Potter. –
James guardò Remus che annuiva e Sirius che disapprovava energicamente e sospirò: - Affare fatto.-
I due si strinsero la mano e James sentì una scossa su tutta la schiena.
- Ma niente baci, carezze, palpeggiamenti, parole dolci – iniziò ad elencare Lily.
- Ehi così non vale! – disse lui arrabbiato.
- Beh scusa Potter ma…-
- Violetta sta arrivando! - avvertì Sirius.
James e Lily si scambiarono una fugace occhiata.
Entrambi sapevano cosa fare.

 
 
 

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Capitolo 6
*** Chaos ***


 



CAPITOLO 5 - CHAOS




Violetta si stava avvicinando a passo svelto e James passò il braccio intorno alla vita di Lily, stringendola a sé.
- Che diavolo stai…- iniziò questa ma James la bloccò: - Abbiamo un patto. Ora sorridi, amore-
Lily sorrise alla faccia stupita, non che di solito il viso di Violetta esprimesse emozioni estranee alla stupidità o alla sorpresa, e si presentò.
- Piacere, Lily. Tu sei Violetta? – chiese la rossa con una voce zuccherosa.
Questa non le strinse la mano che porgeva, ma continuò a guardarli allibita.
- Jamie che cosa…?-
- Violetta Lily qui presente è la ragazza di James. Vedi, si erano lasciati ma hanno scoperto il fuoco della loro passione ancora più acceso di prima – rispose Sirius con un ghigno che non faceva nulla per nascondere la sua felicità.
Violetta continuava a fissare James e questo fingeva un’espressione contrita.
- Violetta mi dispiace molto, credimi. E’ solo che vedi io e Ev…Lils stiamo così e…-
- Non vi credo. –
L’affermazione di Violetta parve stupire tutti che la guardavano come se dietro ci fosse un’altra persona.
- Scusa? – chiese Marlene perplessa.
- Io non vi credo. – ripeté irritata allora la bionda.
- E cosa, di grazia, c’è di così tanto incredibile nel fatto che io e James ci amiamo? – chiese Lily piccata.
James sentì il cuore battere all’impazzata e vide gli sguardi dei presenti passare da Violetta alla rossa quasi stessero assistendo ad un incontro di Ping-Pong.
Aveva detto davvero…amiamo?
James la strinse ancora di più e guardò temerario la bionda che era visibilmente impallidita, il seno che si sollevava e si abbassava al ritmo del respiro.
- Semplice, non sono scema anche se credete il contrario. Se ti ricordi io sono una Grifondoro come voi e quindi ho visto come vi accanite l’uno contro l’altra alla prima occasione, da sei lunghi anni. Cosa sarebbe questo improvviso amore? – chiese infine sarcastica.
Gli occhi di Lily parvero incendiarsi, da dolci e timidi diventarono due coltelli affilati.
James sentì il cuore della rossa iniziare a battere forte e, anche se non poteva vederla in faccia, era pronto a scommettere che le si fossero colorate anche le guance.
Scoccò una rapida occhiata attorno e capì che nessuno avrebbe mai intuito la alquanto sorprendente acutezza della Brown.
Quando Lily rispose la voce non era più tanto zuccherosa, ma tagliente come un rasoio:
- Saranno anche cazzi nostri, non ti pare? Non riesci a capire quando non sei desiderata? Pensavo che il tuo piccolo cervello ci arrivasse alle cose basilari. –
James pensò di aver udito male: Lily, la sua dolce Lily, aveva davvero detto questo?
Anche gli altri, inclusa la Brown, parvero enormemente colpiti dalle parole della ragazza.
- T…tu come osi insultarmi?! – sputò la Brown, rossa come un peperone.
- Io oso da quando tu hai messo in discussione la mia relazione con James! –
- Oh andiamo, che cosa trovi di così interessante tutto d’un tratto in James? L’hai odiato per anni! – esclamò infuriata Violetta.
James notò con sorpresa e un po’di timore che molti nella sala erano stati attratti dalla confusione e guardavano interessati la scena, additando sia Lily che Violetta.
Cercò con lo sguardo il professor Lumacorno e si calmò un po’ quando lo vide assorto in una conversazione con il professor Vitius dall’altra parte della stanza.
- Beh non devo certo venirlo a dire a te cosa ci trovo di interessante, oca giuliva! – esclamò con rabbia Lily.
James la sentiva tremare dalla rabbia.
Un sorriso soddisfatto increspò il viso di Violetta.
- Bene. Allora ho ragione, voi due non state insieme. –
Lily, semplicemente, scoppiò.
- E va bene! James è altruista, anche se non lo fa vedere sempre. E’ intelligente, spiritoso e scaltro. Penso sia la persona più furba che abbia mai conosciuto e anche se a volte questo suo lato mi fa incazzare sa rispondere a tono, sa ottenere ciò che vuole. Sei soddisfatta suino che non sei altro?! –
Alle ultime parole il pubblico scoppiò a ridere e James sentì Lily bloccarsi.
Violetta stava piangendo.
- Sì, sono soddisfatta. Un altro ragazzo mi ha rifiutato, altre persone ridono di me e pensano io sia un’idiota. Grazie Lily, davvero. –
Detto ciò corse fuori dalla sala ancora seguita dalle risate che non cessavano.
James avvertì Sirius che mandava via gli spettatori non voluti e rimasero solo lui, Lily, Marlene, Mary, Sirius e Remus.
- Lils… - la voce di Marlene era cauta.
James abbassò lo sguardo e vide che anche Lily aveva gli occhi lucidi.
- Che cosa ho fatto…- sussurrò piano.
Poi si liberò della stretta di James e corse fuori dalla sala, con Marlene e Mary che la seguivano.
Remus batté la spalla di James amichevolmente.
- Fidati, ora si scatenerà un casino. – sussurrò Sirius buio.
- Già, è risaputo che i pettegolezzi volano come gufi qui – convenne Remus.
- E’ tutta colpa mia. – aggiunse James incerto.
Sirius e Remus lo guardavano, quasi con compassione.
- Ramoso dai…- iniziò Sirius.
Ma James si era liberato della mano di Remus e si stava dirigendo verso il Dormitorio.
Tutto quello che voleva era affogare sotto le coperte e non riemergerne mai più.
Gli occhi pieni di lacrime di Lily, le sue parole.
“James è altruista, anche se non lo fa vedere sempre. E’ intelligente, spiritoso e scaltro. Penso sia la persona più furba che abbia mai conosciuto e anche se a volte questo suo lato mi fa incazzare sa rispondere a tono, sa ottenere ciò che vuole.”
In qualsiasi altro momento sarebbe stato al settimo cielo a sentire quelle parole dalle labbra che tanto agognava di assaggiare.
Ma in quel momento no. In quel momento ogni parola, ogni lettera, era una fitta al cuore.
Che cos’aveva scatenato?
 

***

 
Lily non si alzò per andare a colazione quel sabato, né per andare a pranzo.
Marlene e Mary, così come Sirius, Remus e James avevano l’umore sotto i tacchi.
Le amiche di Violetta li indicavano sussurrando parole maligne.
Com’era sicuro lo scontro di ieri aveva raggiunto ogni orecchia nella scuola e tutti sembravano parlarne concitati.
Quando gli altri erano tornati, comunque poco dopo James, al Dormitorio avevano provveduto ad aggiornare Frank e Alice che si erano visti passare davanti una Lily disperata e incazzata come un uragano.
Marlene, Mary e Alice avevano tentato tutto per far uscire Lily e avevano persino fatto entrare Remus; ma nessuno era riuscito a convincerla.
Quindi eccoli lì: Sirius accanto a Mary, Remus accanto a Marlene, Alice, Frank, Peter e James; seduti a fare colazione.
Nessuno aveva voglia di parlare e nessuno faceva niente per far parlare gli altri.
Quindi mangiavano in silenzio.
Fu solo quando tre del quarto anno passarono e indicare James sussurrando: - Guarda, che faccia tosta farsi vedere – che Sirius si alzò e Remus dovette trattenerlo perché non li pestasse.
D’altra parte i tre fuggirono spaventati.
- Stupidi idioti. Non sanno un cazzo. – disse Sirius facendosi ricadere sulla panca.
James fece per alzarsi ma Frank gli bloccò la manica: - Dove vai? Non hai nemmeno finito la frittata…-
- Vado a letto. Evans a ragione a rimanere chiusa e io dovrei farlo per molto più tempo di lei. –
- Stai scherzando? TU NON VAI DA NESSUNA PARTE! –
Sirius si era alzato di nuovo e stavolta era rosso di rabbia.
James lo guardò un po’ stupito da tanta furia ma lo liquidò subito e fece per andarsene.
Sirius lo bloccò non facendolo passare.
- Sir che diavolo hai in mente? – chiese stancamente il moro.
- Tu non vai da nessuna parte. QUI bisogna imparare a farsi i fattacci propri dato che ciò che è successo riguarda solo noi, Lils e Violetta e NON tutta Hogwarts! Quindi tu rimani e anzi andrò io stesso a prendere, anche a costo di usare la forza, la Evans. –
Sirius partì verso l’uscita come un toro che carica.
Gli altri rimasero ammutoliti e furono James e Remus ad intervenire.
Rincorsero Sirius e lo presero per le braccia.
- Felpato che hai in mente? Lils non…- iniziò Remus ma venne interrotto da Sirius, la voce amplificata dalla rabbia.
- Non mi interessa cosa vuole o non vuole lei. IO sono stufo di tutte queste scene e pagliacciate. QUINDI ora la tiro giù di forza e la porto a chiarirsi con l’altra oca! –
James fece per controbattere ma con uno strattone il migliore amico si liberò della presa dei due e corse su per le scale.
- LILY E’ NEL DORMITORIO FEMMINILE! COME FARAI AD ENTRARE? – gli urlò dietro Remus.
James lo guardò colpevole: - Beh…-
- SIETE ENTRATI NEL DORMITORIO FEMMINILE?! – lo sgridò Lunastorta fulminandolo con gli occhi.
James non rispose e accelerò il passo per raggiungere Sirius.
Quando il ragazzo era davanti al Dormitorio Femminile i due erano appena entrati nella Sala Comune.
Sirius aveva pronunciato un incantesimo e ora stava salendo veloce le scale.
Remus guardò stupito James tirare fuori la bacchetta ed esclamò: - OH NO CHE NON LO FAI! IO non ti permetterò di certo di violare una delle più importanti regole di Hogwarts né di vedere la MIA migliore amica chissà come vestita! –
James non ci aveva pensato ma gli si accapponò subito la pelle e rispose: - Vuoi che a vederla sia Sir? –
Remus era chiaramente indeciso e alla fine annuì indispettito a James.
Dopo aver pronunciato l’incantesimo i due salirono le scale.
Sentivamo le voci di Lily e Sirius anche da fuori.
- Sir mi dispiace, io non…-
- Non dire cazzate Evans! Non fare la vittima ora e tira fuori le palle perché so che ce le hai! –
- Dannazione perché non mi lasci in pace? –
- Perché a deprimervi e basta non si cava un troll dalla tana. Forza, alzati, vestiti e vai a fare pace con la Brown! –
Quando James sentì “vestiti” gli si figurò in mente Lily solo in mutande e reggiseno che discuteva con Sirius, lui che la guardava interessato.
Aprì la porta non sentendo nemmeno le proteste di Remus.
Quando però vide che Lily era in pigiama se ne pentì subito, dato che lei gli disse acida: - Cos’è un pigiama party in casa mia? Vi ricordo che sono un Prefetto! Voi non…-
- Oh lascia stare i convenevoli rossa. Ora tu e James ve ne andate dalla Brown o vi ci porto io sotto forma di…-
- SIRIUS! –
Sirius si bloccò a metà frase: stava per far scoprire il loro segreto.
Lily però non era stupida e capì che nascondevano qualcosa.
- Sotto forma di…? –
- Drago. Potrebbe trasfigurarsi in un drago, vero Sir? – lo aiutò allora James.
- Già! E non sarebbe una bella visione, te l’assicuro – annuì Sirius.
Ma Lily, ripeto, non era stupida e aveva capito che stavano mentendo.
- Comunque sia qui non si parla di lui ma di te e James e la Brown. – concluse Remus.
- REM! SEI NEL DORMITORIO FEMMINILE ANCHE TU?! – lo accusò Lily rossa dalla rabbia.
Remus imitò la sua migliore amica per arrossamento e si nascose dietro a James.
- Allora Evans, vieni o resti qui come una codarda? – la provocò Sirius.
Lily lo guardò minacciosa: - Lily Evans non è una codarda. Rimangiatelo! –
Sirius le sorrise sardonico, sapeva di averla colta in fallo e aggiunse: - Dimostramelo. –
Lily lo fissò per un altro nano secondo e infine disse: - Tempo di vestirmi, aspettatemi in Sala Comune. –
I tre se ne andarono subito e Sirius, per le scale, sussurrò a James: - Visto? Le donne sono così semplici! –
- AH, E PER LA CRONACA INFORMERO’ LA PROFESSORESSA MCGRANITT DELLA VOSTRA CAPPATINA NEL DORMITORIO FEMMINILE, MIO CARO SIRIUS! – sentirono urlare Lily da sopra.
Remus e James lo guardarono omicidi e Sirius, come suo solito, esibì il suo miglior sorriso malandrino.
 
Quando Lily scese indossava una semplice felpa bianca e dei pantaloni della tuta grigio chiaro.
- Allora, andiamo? – chiese rivolta ai tre.
Tutti annuirono e uscirono dal ritratto.
Mentre camminavano nessuno disse nulla, finché James, dopo essersi messo a fianco di Lily, le sussurrò: - Evans senti…-
- Risparmia il fiato Potter. Non avrei mai dovuto aiutarti, sono un’idiota. –
La voce di Lily era sicura e James rimase senza parole.
Non riuscì a trovare nulla da dire e dopotutto cos’avrebbe dovuto dirle?
“ Sai quello che hai detto su di me è fantastico, lo penso anche io di te ” oppure “ Mi dispiace per tutto questo casino, sono uno scemo ma sai com’è mi è piaciuto da morire fare finta di stare con te”.
Fu quindi Remus a prendere la parola e le chiese:
- Lils, non ho più visto Mark…come…? –
- Mi ha lasciata. Ovvio no? Fingere di stare con un altro davanti a lui. Non lo biasimo, anche io mi sarei odiata da morire. –
James era sconvolto e il senso di colpa minacciò seriamente di togliergli il fiato.
- Evans io…-
- Te l’ho già detto Potter, non voglio le tue scuse. E’ tutta colpa mia, Mark è sempre stato gentile e dolce con me e io l’ho solo preso in giro. Me lo merito – e accennò un sorriso indirizzato ai tre che la guardavano compassionevoli.
In pochi minuti arrivarono alla Sala Grande.
Lily cercò con lo sguardo Violetta e la individuò in fondo al tavolo dei Grifondoro insieme a tre sue amiche.
Respirò a fondo e insieme ai tre si diresse in quella direzione.
Quando arrivarono fu Lily a parlare.
- Violetta…possiamo parlare? –
La ragazza si girò quasi non credesse alle sue orecchie e poi si voltò con fare indifferente, lasciando il compito di risponderle ad una delle sue amiche.
- Che volete da lei? Non avete già fatto abbastanza? –
- Abbiamo fatto troppo in effetti. Io e Evans vogliamo chiederti scusa per il brutto tiro mancino e…-
- E io volevo scusarmi davvero per tutte quelle orribili cattiverie che ti ho detto – aggiunse Lily.
Violetta a quel punto si alzò.
- Tu pensi davvero che sia stupida? Pensi che non capisca che è tutto solo un altro trucco per prendermi in giro? – le chiese con voce rotta.
Lily alzò le mani e spiegò: - No assolutamente! Non è un trucco, io e James non stiamo insieme e di certo non ci amiamo. E’ solo che…-
- Solo che è divertente prendere in giro la stupida cogliona della Brown no? – completò acida allora la bionda.
James prese la parola e il tono era duro, senza ombra di esitazione: - No. Evans non c’entra nulla, è stato tutta una mia idea perché beh, sono un enorme idiota. Non mi stavo divertendo non tanto per colpa tua quanto per il fatto che volevo andarci con un’altra ragazza a quel Ballo e non riuscivo a fingere. Ma non volevo ferirti e così ho fatto solo peggio. Scusa Violetta. –
Le guance della ragazza si imporporarono e Remus, Sirius e Lily lo guardarono confusi e ammirati.
Lily d’altro canto non riusciva a smettere di ripensare a quelle parole “ Volevo andarci con un’altra ragazza”…davvero l’aveva detto? Stava parlando di lei?
Quando Violetta parlò la voce era tornata quella zuccherosa di sempre: - Oh Jamie, non posso avercela con te. Ti perdono…Vi perdono. – disse guardando anche Lily.
I due ringraziarono e lasciarono passare Violetta con le sue amiche.
Quando furono abbastanza lontane Sirius batté la spalla di James e disse: - Ben fatto Ramoso! Si è bevuta tutta quella fandonia sulla ragazza! Mi stupisci sempre di più! –
- Già, fandonia. Scusate devo fare una cosa. Ci vediamo al parco per gli allenamenti? –
Sirius ebbe appena il tempo di annuire che l’amico era già scomparso fuori dalla Sala Grande.
La verità era che James non aveva nulla da fare, solo non riusciva a guardare Lily come se non fosse successo nulla, come se non avesse appena detto che desiderava starle accanto.
Come se non avesse appena capito di amarla.







Ok, capitolo un po' più corto del solito, ma è bello carico di informazioni e avvenimenti e non volevo che il prossimo fosse troppo lungo e pieno. Quindi spero non mi odiate per la lunghezza di questo episodio perché penso che di cose ne siano accadute parecchie :D Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Sorpresa! ***




CAPITOLO 6 - SORPRESA! 


Ringrazio infinitamente le ben 29 persone che hanno messo nelle seguite, i 4 nelle preferite e le ben 20 RECENSIONI *_* Un grazie speciale a: Lorenzo, Banny, Lily97, Rowan936 e RomanticBookWorm che hanno recensito per più di una volta! Grazie infine a tu che stai leggendo questa Fan Fic *_*
A presto!

 






Il giorno successivo James non riusciva a concentrarsi.
Osservava indifferente il suo piatto di lasagne al forno con aria annoiata.
In realtà il ragazzo non riusciva a togliersi dalla mente Lily, qualsiasi cosa facesse.
I suoi occhi sembravano non rispondergli più e appena potevano, nonostante i suoi espliciti ordini di ignorarla, percorrevano di nascosto la sua figura, il suo corpo, i suoi movimenti, i suoi atteggiamenti.
Ogni caratteristica della ragazza gli si impregnava indelebilmente in testa e lo tormentava.
Riuscì a cambiare oggetto dei pensieri solo quando sentì Sirius sederglisi accanto rumorosamente, seguito però con sorpresa da Mary, Remus, Alice, Frank e Peter.
- J dobbiamo parlare – esordì Alice accomodandosi davanti all’amico.
- Che succede? E’ una specie di rapina o…? – sorrise James e Sirius gli batté amichevolmente la mano sulla schiena.
- No, qualcosa di più importante. Domani è il compleanno di Marlene e dobbiamo organizzarle una festa a sorpresa! – esultò felice Mary.
James osservò deliziato la mano di Mary stretta in quella di Sirius.
Sì perché lo scoop della piccola lite Lily-Violetta era stato offuscato da una notizia ancora più succosa: Mary e Sirius si erano ufficialmente fidanzati!
Sirius gliel’aveva chiesto dopo essere entrati nell’ufficio di Lumacorno, ma la sequenza di eventi disastrosi aveva impedito loro di dirlo agli amici, fino al giorno prima.
- Cos’avevate in mente? – si informò James.
- Abbiamo chiesto il permesso alla McGranitt e ha detto che non possiamo farla nella Sala Comune perché rischierebbe di creare confusione eccetera eccetera – concluse Sirius mimando una bocca che parlava con la mano.
Tutti si misero a ridere e fu James a riprendere la parola.
- Felpato, Lunastorta, Coda, mi deludete davvero. –
I tre chiamati in causa lo guardarono confusi.
- Che intendi Ramoso? – chiese Remus.
James alzò le spalle ed esibì il suo miglior sorriso da strafottente.
- Andiamo! Cioè, non c’è cosa più facile! Un luogo dove fare una festa? Speravo vi venisse subito in mente, ma forse vi sopravvaluto. –
Sirius non era conosciuto di certo per la sua pazienza e quindi non stupì nessuno quando disse schietto: - Arriva al dunque James. –
James si dette delle ulteriori arie prima di dire: - Un luogo per una festa? Beh, dovrebbe essere grande, con molte decorazioni, e cibo. Dovrebbe in effetti essere difficilmente trovabile; dovrebbe, insomma, rispondere alle…necessità. –
Sirius, Remus e perfino Peter lo guardarono con un sorriso enorme.
- SEI UN GENIO. – esclamarono in coro.
Lui si pulì la mano sulla camicia e disse: - Modestamente. –
- Scusate, che diavolo state dicendo? – chiese Alice.
- Non qui Prewett. Sappiate solo che è tutto pronto per domani. Alle 22 davanti all’Arazzo di Barnaba il Babbeo, portate lì Marlene. Chiaro? –
Alice ebbe appena il tempo di annuire prima che dopo un breve saluto i Malandrini si alzarono e uscirono dalla Sala Grande.
- Tu ci hai capito qualcosa? – chiese allora Alice al fidanzato.
Frank le sorrise e scrollò le spalle dicendo: - No ma li conosco da sei anni. Meglio non fare domande le cui risposte non vorresti sentire. –
Alice gli lanciò uno sguardo torvo prima che questo iniziasse a mangiare la bistecca che era gli apparsa davanti.

 

***


 
Lily stava camminando nel parco insieme a Marlene da ormai mezzora e l’amica iniziava a spazientirsi.
Lily pensò che non l’avrebbe potuta tenere impegnata ancora per molto e si augurò che gli altri avessero risolto il problema.
- Lils è la decima volta che facciamo il giro del lago. Che succede? – chiese stanca Marlene.
Lily disse la prima cosa che le venne in mente.
- E’ per Severus! –
Lo sguardo di Marlene si addolcì un poco e aggiunse: - Lils, perché non me l’hai detto prima? Dai, racconta. –
La verità era che Lily aveva davvero da raccontare.
Lei e Severus non si erano più parlati dalla storia di Hogsmeade sebbene si fossero incontrati già tre volte solo quel giorno.
Il ragazzo la ignorava completamente e Lily moriva dentro ogni volta che le passava accanto senza salutarla.
Fu quindi questo che raccontò a Marlene.
Lei le prese dolcemente la spalla e disse: - Lils, se vuoi parlargli fallo. Digli quello che senti. So che hai paura ma lui ci tiene a te, penso  che questo sia evidente. –
Lily annuì felice e le due si sorrisero.
Quando però Marlene parlò la voce era incerta, come se sapesse di entrare in un campo minato.
- E…con James? Come va? –
Lily fu sorpresa della domanda, sebbene non facesse che chiederselo da oltre ventiquattr’ore.
Quando James aveva parlato con Violetta, quando aveva accennato alla ragazza con cui sarebbe voluto andare al Ballo, Lily non aveva potuto non chiedersi se stesse parlando di lei.
E lei?
Cosa provava per lui?
Ovviamente non lo odiava, ma scoprì che anzi avrebbe voluto stargli più accanto perché sentiva di poter essere davvero sé stessa accanto al moro.
Però stiamo pur sempre parlando di James, il fastidioso ragazzo che la costringeva a togliere punti a Grifondoro e a fare la “cattiva della situazione” da oltre sei anni.
Era, insomma, confusa.
Quindi scrollò le spalle e lanciò uno sguardo eloquente a Marlene, che sospirò e le sorrise, dicendo:
- Lils, sei un vero disastro. –
Lily si mise a ridere seguendo l’esempio dell’amica.
Lily vide dietro di Marlene Peter insieme ad un amico di Tassorosso ed intuì che la riunione si fosse conclusa, quindi disse, prendendola per le spalle:
- Marly, io ho una fame! Che ne dici? –
L’altra rispose con fare melodrammatico: - ERA ORA! –
E tra nuove risate le due andarono in Sala Grande a pranzare.

 

***


 
Il pomeriggio impegnò Lily, James, Sirius, Alice, Frank e Mary ( ai quali avevano spiegato la loro idea con sorpresa ed ammirazione come risposta ) ad organizzare il tutto.
Trascorsero dalle due del pomeriggio fino alle sei passate a lavorare nella Stanza delle Necessità, tra risate e scherzi continui.
Appesero gli striscioni, portarono bibite, snack e altro dalle cucine, prepararono i tavoli. Certo, la Stanza dava loro il necessario, ma toccava a loro mettere tutto apposto.
Alle cinque e un quarto James si asciugò la fronte imperlata di sudore appena finito di sistemare gli ultimi tavoli.
Sirius vi si appoggiò, anche lui stanco e sudato.
- Se non le piace questa festa giuro che la strozzo – disse affaticato.
Remus era impegnato a distrarre Marlene quindi gli unici maschi erano lui, Peter, Sirius e Frank.
Se Peter poteva considerarsi un uomo, dato che aveva tenuto gli scatoloni alle ragazze per tutto il pomeriggio.
James fece scorrere soddisfatto lo sguardo sulla Stanza: decorazioni azzurre e bianche adornavano tutta l’immenso salone, tavoli rotondi riprendevano i colori ed erano riempiti di pietanze deliziosa, da snack come popcorn e patatine a veri e propri portate.
Quando i suoi occhi si posarono sull’entrata non poté fare a meno di notare che Lily era salita su un’alta scala per appendere l’enorme striscione con la scritta “HAPPY BIRTHDAY MARLENE!” e da quella posizione le si vedevano parte delle mutande.
Non seppe bene il perché ma le guance gli si accesero e sentì un improvviso bisogno di nascondersi.
Con suo sommo piacere però non fu necessario perché la ragazza se n’era accorta e si era tirata su i jeans.
Indossava una grande felpa della sua squadra di calcio babbano preferita: il Manchester United.
I fuseaux simili a jeans facevano risaltare le gambe perfette, la coda lasciava cadere un ciuffo ribelle di capelli cosicché doveva continuamente toglierli con un soffio dal viso con la sua faccia infastidita tremendamente adorabile.
James non aveva quasi più parlato con Lily dalla “scoperta”.
Eppure il suo corpo, il suo cuore, avvertivano prima di lui la vicinanza alla ragazza, ingannandolo di continuo e costringendolo a notarla ovunque lei fosse.
Il fatto che ne era innamorato era ormai assodato e James non aveva potuto fare a meno di notare l’incredibile ironia della faccenda: l’anno era partito col presupposto che alla fine, secondo la sfida di Lily, la ragazza sarebbe caduta ai suoi piedi e invece era successo esattamente il contrario.
Lily d’altro canto non aveva chiesto oltre della non velata allusione che solo Sirius era riuscito a non vedere sul fatto che James volesse in realtà andare al Ballo con la rossa.
Remus infatti non ne aveva fatto parola ma James aveva come la strana impressione che ogni volta che guardasse la ragazza Remus lo percepisse e si ritrovava sempre a inventare scuse assurde sul perché i suoi occhi cadevano ripetutamente sul profilo di Lily.
Quello che però era sfuggito a James non era scappato agli occhi attenti di Alice.
La ragazza aveva infatti notata che le mani di Lily tremavano leggermente quando era accanto al moro e che i suoi occhi saettavano troppo spesso verso la sua direzione.
Ma si sa, Alice non è il tipo di persona che si intromette.
Alice è una ragazza che crede nel destino ed era fermamente convinta che prima o poi quei due sarebbero finiti insieme quanto era convinta che lei e Frank si sarebbero sposati un giorno.
In più le era anche parso di vedere uno strano nome dentro la sfera di cristallo a Divinazione: Neville.
Non sapeva chi o che cosa fosse un Neville, ma le sembrava un nome molto orecchiabile e continuava a ronzarle in testa.
Comunque il fatto che Lily e James sarebbero finiti insieme per lei era appunto incontestabile e avrebbe scommesso oro che aveva ragione.
Chissà, magari la festa di Marlene avrebbe fornito un’ottima scusa per far stare i due piccioncini un po’ da soli?
Il cervello di Alice lavorava febbrile mentre osservava attenta ogni movimento dei due obbiettivi.
Oh sì, Alice Prewett aveva un piano.
 
 

***

 

Il giorno successivo James, Lily, Sirius, Remus , Frank, Alice, Mary e Peter si erano dati appuntamento nella Sala Comune alle 6 di mattina per decidere le ultime cose.
Quando si incontrarono erano tutti visibilmente ancora assonnati ma non abbastanza da non prestare attenzione alle parole di Remus.
- Allora, avete capito tutto? Alle nove Lils porta giù Marlene con una scusa ovvero che…-
- La McGranitt ci ha chiamato urgentemente e vuole vederci nel suo ufficio che è…- iniziò Lily per poi passare la parola a Sirius - … al Settimo Piano. Poi arriviamo io e James e noi la…-
- … conduciamo di forza verso la Stanza tappandole gli occhi. Qui ci sarà Alice che…-
- … aprirà la porta dietro la quale ci saranno già tre quarti degli studenti di Hogwarts pronti ad urlare…-
- SORPRESA! – finì sorridendo Mary.
Tutti la imitarono e annuirono convinti.
- Sarà una festa fantastica! Avete già i vestiti? – chiese Alice agli amici.
Tutti annuirono eccetto James e Lily.
Alice li fulminò con lo sguardo.
- CHE COSA?! –
I due iniziarono a parlare contemporaneamente:
- Beh si da il caso che Marlene abbia BRUCIATO i miei vestiti da sera e…-
- Sirius in uno sprazzo di simpatia abbia fatto VOLARE i miei nella Foresta Proibita…-
Tutti gli occhi furono puntati accusatori verso Sirius che come prevedibile sorrise malandrino.
- Oh andiamo, è stato uno scherzo eccezionale Ramoso! –
Dovettero davvero trattenere Alice altrimenti Sirius avrebbe rischiato la morte per la seconda volta in una settimana.
- MA GUARDA CHE RAZZA DI IDIOTA! E ORA COME CAZZO FAC…-
- IO HO UN’IDEA! – esclamò Mary battendo le mani felice.
Gli occhi si girarono sorpresi a fissare Mary e Alice chiese: - E…? –
Mary fece segno di chiudersi la bocca con la cerniera e sussurrò:
- E’ un segreto. Fatevi trovare mezzora prima qui in Sala Comune ok? – chiese concitata a Lily e James che annuirono, per poi concludere: - Oh Lils sarai meravigliosa! –
E con questa frase dette un bacio sulle labbra a Sirius per poi uscire di corsa, ancora in tuta, dalla Sala.
- Ma dove…? – iniziò Frank ma fu interrotto da Alice.
- Se sa lei… ok, torniamo a letto prima che Marlene se ne accorga. –
- E con Mary che facciamo? – chiese logicamente Lily.
- Ditele che è andata a studiare – propose Sirius.
- Non ci crederebbe… Trovato! Sai quell’appuntamento che… - iniziò Alice facendo intuire a Lily il continuo.
- Certo! Le diremo che è stato anticipato. Ok, notte! – disse allora ai ragazzi, lasciando un Sirius alquanto sbigottito, che si riprese troppo tardi e quindi chiese al vuoto: - Quale appuntamento? –
James batté la spalla divertito a Sirius per poi dire: - Te la fa sotto al naso Felpato! Credi a me! –
Con sua grande sorpresa Sirius impallidì visibilmente e ebbe bisogno di sentirsi dire da tutti gli amici almeno due volte che James scherzava prima di riuscire a sputare un poco convinto: - Già…-
James Potter, vedendo il migliore amico ancora in stato di shock salire le scale per i dormitori, non poté che pensare: “Dio mio se l’amore non fa rincretinire!”
Dopo però si chiese cosa avesse in mente Mary con quel “ Oh Lils sarai meravigliosa!”
Di idee ne aveva molte, ma nessuna rispecchiava quello che Mary stava toccando in quello stesso istante nell’aula di Teatro del quale era presidente.
La stoffa bianca e liscia le scorreva morbida sulle mani e Mary non poté che concordare con sé stessa: Lils sarebbe stata davvero meravigliosa.

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Capitolo 8
*** HAPPY BIRTHDAY! ***



 

 


 

CAPITOLO 7 - HAPPY BIRTHDAY!



Quella fatidica mattina Marlene si alzò alle 10 dato che era domenica e si aspettò di tutto tranne ciò che effettivamente si ritrovò davanti agli occhi: nulla.
Assolutamente nulla.
Lily, Mary e Alice; quelle che avevano il coraggio di definirsi le sue migliori amiche, dormivano della grossa e, anche se aveva guardato per ben tre volte, non riusciva a vedere nemmeno uno straccio di striscione, torta o qualsiasi cosa inducesse a pensare che fosse il giorno più importante dell’anno per lei.
Sì va beh, anche quello in cui si era fidanzata con Remus era importante, ma quello era il suo sedicesimo compleanno!
Si rifiutava categoricamente di perdonare le amiche e quindi si alzò come una furia.
Era quasi sul punto di strappare il cuscino sotto il viso troppo innocente di Lily quando venne fulminata da un’idea.
“Certo Marly, loro non potrebbero mai dimenticarsi di quest’importantissima festa. Saranno tutti in Sala Comune e poi quelle tre si sveglieranno e correranno giù e ci sarà un enorme party!”
Sorrise convinta della sua tesi più che mai e decise di andare a vestirsi.
Scelse una maglietta scollata nera con le maniche larghe, dei jeans a sigaretta chiari e delle ballerine scure con piccoli diamanti.
Infine si legò i capelli in una treccia che le ricadeva sulla spalla scoperta.
Sorrise al suo riflesso e coronò il tutto con del rossetto rosso sulle labbra piene.
Uscì dal bagno e contemplò quasi con compassione le amiche che speravano di averla imbrogliata.
Quando però la porta si chiuse alle spalle della ragazza ci fu un veloce scambio di sguardi tra le tre rimaste che repressero nei cuscini le risate.
Fu Lily a parlare: - Avevo paura che mi strozzasse! Povera Marly, non siamo crudeli? –
- NO! Fidati Lils, dopo ci benedirà. –
- Speriamo che lo faccia prima di crocifiggerci!- esclamò Mary prima che il Dormitorio cadesse di nuovo nel rumore di risate coperte da morbidi cuscini.
 
 

***

 
Nel Dormitorio maschile l’aria che si respirava era senza dubbio molto più pesante.
Remus camminava agitato da una parte all’altra della stanza, schivando i cuscini che gli venivano lanciati dai suoi migliori amici.
- REMUS PER ZEUS VUOI SMETTERLA DI AGITARTI?! UNA DONNA INCINTA AVREBBE MENO ANSIE DI TE! – scoppiò Sirius scatenando un eccesso di risate che fece addirittura cadere James dal letto.
- TU NON CAPISCI! – cominciò per quella che doveva essere la centosessantaduesima volta Remus – IO dovrei essere il SUO ragazzo! Stiamo insieme da meno di due mesi e già dovrei fingere che…-
- LUNASTORTA TI PREGO PIANTALA! Fidati che stasera riceverai un BEL compenso! – esclamò James dopo essersi rialzato per poi scambiarsi un’occhiata malandrina con Sirius.
- E se stasera non fossimo più insieme? Non la biasimerei se…-
- OH ANDIAMO! Tu e Marlene vi amate e non credo basti questo per dividervi. Soprattutto se alla fine della storia c’è una festa così strepitosa. – disse convinto Peter che agli sguardi basiti e stupiti degli amici aggiunse velocemente: - Sì ma si sa, io poi non ne capisco così tanto di…- e il resto venne sommerso dalle coperte in cui si ributtò fingendo di rimettere apposto il letto.
Sirius si schiarì la voce e annunciò: - Codaliscia, stupendo tutti noi, ha pienamente ragione. Voi vi amate e non conta che il suddetto giovine abbia l’esperienza di un, perdonami amico fidato, tavolo con le ragazze, poiché io qui presente Sirius Black III figlio della tanto nobile quanto odiosa famiglia Black con il mio più che elogiato compare e braccio destro – e qui illustrò con un ampio gesto James che si inchinò – James Potter ti assicuriamo che non ci sarà ripercussione negativa alcuna sulla tua vita amorosa. Dato che poi entrambi siamo due più che esperti del genere femminile, dovresti ritenerti “com’è che dice Lily?” in una botte di ferro! –
Remus guardò sorridente e allo stesso tempo sconfitto i due alleati.
- E poi, se di ragazze non ne capisci tu James. Anzi, potrei anche dire che hai il pollice verde! (*) – ribatté divertito Lunastorta.
Sirius guardò confuso Remus e il migliore amico, non avendo capito l’allusione, cosa che invece aveva fatto perfettamente James che era ora impaziente di andare a vestirsi.
Ma non scomparve nel bagno prima di aver detto: - Bada bene Lunastorta! Non giocare con l’Ippogrifo che poi vieni beccato! –
- Ottimo perché gli Ippogrifi adorano i fiori, lo sai Ja…- ma il resto della frase fu sommerso dalle mutande di James che piombarono dritto sul viso di Remus.
 
 

***

 
Che Marlene fosse furiosa era dire poco.
Si era sentita la più idiota del mondo quando, dopo essere scesa tutta agghindata, aveva trovato solo un ragazzino del Secondo Anno intento a ripassare Pozioni nella Sala Comune.
Remus le aveva dato il solito bacio sulla guancia, a colazione il solito cibo, le solite chiacchiere, le solite frecciatine e i soliti scherzi.
Era sull’orlo di una crisi nervosa.
Ma non lo avrebbe fatto vedere, oh no! , non avrebbe detto assolutamente nulla che potesse suggerire agli amici che terribile errore avessero fatto.
No, perché quando Marlene si vendica lo fa magistralmente e se c’è una persona che riesce a metterti a disagio se vuole quella è Marlene, anche se sei il suo più caro amico.
Anzi, specialmente se sei il suo più caro amico.
 
 

***

 
Alice osservò Marlene tutto il giorno e non poteva fare a meno che trattenere le risate.
Alice e Marlene si conoscevano da prima di Hogwarts: le loro mamme erano amiche di vecchia data, e quindi la conosceva come le sue tasche.
Non era quindi per lei difficile immaginare una piccola Marlene indemoniata all’interno di quella maschera di assoluta tranquillità che la ragazza adottava quando voleva “punire” degli amici.
Ma non era di certo l’unica che aveva tenuto minuziosamente sotto controllo.
Lily scherzava e rideva come al solito ma Alice notava più felice che mai che i suoi occhi cercassero troppo più spesso del normale il profilo di James e che la cosa era ricambiata.
Si scoprì impaziente di vedere il risultato del suo piano che si sarebbe attuato alla festa.
Le possibili uscite erano due: una prevedeva una felice e innamorata coppia, l’altra la sua morte.
Ma, pensò Alice, in amore bisogna saper rischiare, o non si vincerà mai nulla.
A proposito di amore!
La mora puntò lo sguardo indagatore sulla dolce e tenera Mary che discuteva animatamente con Sirius.
Oh sì, Mary e Sirius stavano benissimo insieme.
L’unico ora senza compagna era il piccolo Peter.
Alice lo guardò come un dottore osserva un caso estremamente complicato.
Era una sfida, si disse.
Di buone qualità ne era zeppo, ma purtroppo piovevano anche i difetti.
Alice però ne era convinta: entro fine anno anche Peter avrebbe avuto la sua bella!
E se Alice Prewett promette allora farà di tutto per raggiungere lo scopo.
Potete contarci.
 

***

 
Quella sera alle 20.30, mentre Marlene era in Biblioteca a studiare più incazzata e indifferente che mai, Lily scese puntuale nella Sala Comune, come richiesto da Mary.
Individuò James seduto accanto al fuoco e si sedette su una poltrona vicina.
- Ehi. Sei in trepida attesa anche tu? – chiese la ragazza stanca: era stata una giornata molto faticosa, dopotutto avevano dovuto evitare in qualsiasi modo riferimenti seppur casuali a feste, compleanni, party e compagnia bella.
James annuì fissando il fuoco.
Quella che però Lily interpretò come stanchezza era in realtà nervosismo.
Non sapeva perché ma il cuore non smetteva di battergli come se volesse sfondare la gabbia toracica e cercava quasi disperatamente di non voltarsi nella sua direzione, di non respirare il suo profumo, di non respirare affatto.
Continuava a darsi dello stupido per come si comportava e il ricordo del viso da innamorato pazzo di Sirius gli sovrastò la mente.
Sirius.
- Ehi Evans – iniziò, la solita voce strafottente e sicura ricomparsa con grande gioia – di che appuntamento parlavi l’altro giorno? –
Lily lo guardò confusa e lui spiegò: - Di Mary. Che appuntamento ha? Non dirmi che la fa sotto il naso di Sir! – esclamò melodrammatico.
Lily si lasciò sfuggire una risata cristallina che fece accapponare la pelle di James.
Non che ovviamente non avesse mai sentito la risata di Lily, è solo che quella era la prima volta che la risata era per una cosa detta da lui e non sarcastica.
La mente veloce del ragazzo catturò quel dolce suono e si scoprì a pensare che avrebbe voluto farla ridere ancora e ancora.
Credeva che non si sarebbe mai accontentato delle sue risate.
- Ti pare? Nah, Mary non lo farebbe mai: ama Sirius e Sirius ama lei tanto quanto è vero che Lumacorno ama il suono della sua voce. –
- Non mi dite! La EVANS ha fatto una battuta! – esclamò fingendo sorpresa il moro, che vide la ragazza guardarlo scettica.
- Sai, ci sono un sacco di cose che non sai su di me Potter. – disse sicura.
“Mi piacerebbe scoprirle” pensò lui.
- Comunque l’appuntamento è un segreto di Mary e se lo vorrà lo dirà lei. Tranquillo però, nessun tradimento in vista. –
Il silenzio calò di nuovo nella Sala.
James voleva assolutamente continuare a parlarle, ad instaurare un contatto, e stava addirittura per chiederle di spiegargli le regole del calcio babbano quando sentì una voce nota esclamare: - Mi date una mano? –
Mary era entrata dal ritratto e sorreggeva in equilibrio precario due enormi scatole, una azzurra e una bianca.
James e Lily corsero ad aiutarla prendendo ognuno un contenitore.
- Mary ci serviva un paio di vestiti, non un negozio intero! – esclamò confusa la rossa.
- Oh non essere sciocca! Fidati, mi ringrazierai quando lo vedrai. Dai, andatevi a cambiare! Ti ricordo che fra venti minuti dovrai andare da Marlene! – le disse felice Mary.
- Mary ma scusa ci vado vestita da festa? Non capirà qualcosa? – chiese Lily.
Mary si dette una mano sulla testa rassegnata e disse: - Oh Lils. Ovviamente trasfigureremo i vestiti! E muoviti! Ah, James la cravatta fattela dicendo “Exortus”, non vorrei venisse fuori una rana. A dopo! – salutò contenta il ragazzo spingendo Lily verso le scale per il Dormitorio femminile.
 
 

***

 

Mentre Lily camminava agitata verso l’uscita della Biblioteca ripensava a ciò che era accaduto poco fa.
Quando aveva visto il vestito, che ora era stato trasfigurato in una semplice tuta leggins-felpa, era rimasta semplicemente…scioccata.
“Mary mica devo sposarmi!” aveva esclamato guardandosi allo specchio.
“Lils andiamo sei fantastico! Dio mio sei ceca? E’ perfetto!”
Ma Lily aveva continuato a guardare il vestito scetticamente. Sarebbe stata ridicola, ci aveva scommesso.
Ma doveva farlo per Marlene, doveva.
Era quindi quello il motivo che la spingeva a mettere un piede dietro l’altro senza cedere alla tentazione di tornarsene in camera.
Quando vide da lontano Marlene e Remus pensò tra sé e sé “Mary è pazza”.
- Marly! La McGranitt vuole vederci nel suo studio! –
Marlene la guardò confusa e chiese: - Perché? –
- Non lo so ma credo sia importante. Forse c’entra il nostro voto in Trasfigurazione…-
A quelle parole Marlene scoccò un rapido bacio sulla guancia a Remus e seguì l’amica su per le scale di Hogwarts.
Quando furono però al settimo piano invece che girare a sinistra Lily svoltò decisa verso destra, lasciando basita l’amica.
- Lils ma che… -
Quattro passi dopo però Marlene si ritrovò ad occhi chiusi perché qualcuno, altresì conosciuto come Sirius Black, gliel’aveva tappati.
- Ehi ma che cazz…? –
- SORPRESA! –
Sirius aprì gli occhi alla ragazza che si ritrovò in una stanza enorme piena di metà studenti di Hogwarts, da Tassorosso a Corvonero, con ovviamente tutti i Grifondoro.
Enormi palloni bianchi e azzurri riempivano il soffito, interrotti solo da lanterne magiche blu.
Un enorme striscione sopra di lei infine recitava “HAPPY BIRTHDAY MARLENE!”.
La ragazza non fece tempo a parlare che venne afferrata da dietro e fatta girare in aria.
Remus si era cambiato, così come Sirius e James, e indossava uno smocking nero lucido.
Era molto affascinante.
- Auguri amore! – le sussurrò prima che lei gli impegnasse le labbra in altre azioni.
Lily sussurrò a James: - Penso le sia piaciuta. –
James annuì e Lily si permise di guardarlo.
Indossava dei pantaloni scuri abbinati alla giacca nera, la camicia anch’essa nera e infine una cravatta argentata brillava sul petto.
I capelli erano come al solito spettinati ma gli donavano un tocco di mistero che veniva acuito dagli occhiali.
Quando James si voltò lei fece lo stesso cercando di impedire alle guance di colorarsi.
A salvarla fu Mary che le corse incontro.
- Lils andiamo, cambiamo te e Marly e siamo apposto. Torniamo subito, non combinate disastri! – disse puntando lo sguardo sul suo ragazzo che era in elegante completo grigio fumo.
Lui le rivolse uno sguardo malandrino prima che la sua ragazza scomparisse dietro la porta.
 
 
 
***
 
Dopo essersi cambiate Marlene e Lily erano più belle che mai.
Marlene indossava un vestito rosso accesso molto particolare che però rispecchiava perfettamente il suo carattere. (*)
Mary, già cambiata prima, esibiva un vestito lilla molto semplice delicato che però la rendeva tutt’altro che brutta. (*)
Alice invece indossava un vestito con una spaccatura sul petto che aveva seriamente minato alla sicurezza di Frank. (*)
Ma la vera star era Lily.
Il vestito che le aveva donato Mary era semplicemente…stupendo. (*)
Era relativamente semplice, adornato però da una fascia argenta, che Lily non poté non notare essere quasi identica alla cravatta di James, salvo poi arrossire visibilmente.
Quindi era così che le quattro amiche si dirigevano verso la Stanza delle Necessità.
- Oh ragazze siete semplicemente…- iniziò Marlene.
- …fantastiche? – propose Alice.
- …uniche? – completò Mary.
- …inimitabili? – concluse Lily.
- Stavo per dire diaboliche – disse sorridendo la festeggiata per poi ridere insieme alle amiche.
Quando però vide chi le osservava da lontano dette una gomitata a Lily, indicando il punto con lo sguardo.
Lily si sentì gelare.
Doveva parlarci, doveva.
- Io vado. Andate voi. Ci vediamo lì. – disse semplicemente Lily prima di recarsi dalla persona.
Le tre la seguirono con lo sguardo finché non arrivò e poi si incamminarono verso la Stanza, un po’ più tristi.
 
Quando arrivarono James e Sirius le accolsero felici, mentre Alice e Marlene si buttavano addosso ai rispettivi ragazzi.
Mary si fece mettere una mano sulla spalla da Sirius e James, dopo aver osservato attentamente fuori, chiese: - Evans dov’è? –
Sirius, Remus e Frank osservarono Mary che d’altra parte distoglieva lo sguardo.
- Mary? – ripeté James.
- Doveva andarci Rem. Doveva parlarci. – rispose istintivamente Marlene allo sguardo severo del migliore amico della rossa.
- Dov’è? – ripeterono infine sia Remus che James, entrambi non così felici.
Le tre si guardarono e fu Alice a parlare, quasi scusandosi.
- E’ andata con Piton. –
 
 
(*) Per chi non lo sapesse, Lily è il nome di un fiore, da qui il pollice verde ;)
Ho deciso, dato che le descrizioni non sono il mio forte, di fornirvi delle foto degli abiti di cui parlo. Per problemi tecnici dovuti all'Editor di EFP vi metterò i link nel capitolo successivo che sarà solo con i link :)
A presto! 

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Capitolo 9
*** Link del Capitolo 7 - I vestiti delle ragazze! ***


Come promesso ecco i link dei vestiti delle ragazze nel capitolo scorso ;) IL NUOVO CAPITOLO CON IL COMPLEANNO DI MARLENE E' QUELLO PRIMA!! QUESTI SONO SOLO DEI LINK DI VESTITI PER FARVI CAPIRE COME LI INTENDO! 
A presto!




(*) MARLENE 

(*) MARY

(*) ALICE

(*) LILY

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Capitolo 10
*** Rivelazioni ***





 

CAPITOLO 8 - RIVELAZIONI





James non poteva crederci, non poteva.
Pensava che le cose con Lily stessero finalmente andando per il verso giusto e invece che fa lei? Va da Piton, il suo più acerrimo nemico.
Non poteva permettergli di far soffrire Lily, di mandare alle ortiche il rapporto che si era instaurato tra di loro; perché questo sarebbe successo.
James odiava Piton e questo odiava James; Lily avrebbe dovuto scegliere in definitiva tra uno dei due e James era pronto a scommettere che avrebbe scelto l’unto dai capelli neri.
Però James doveva reagire, non riusciva ormai a pensare di ritornare alla vita di prima, senza gli scherzi, le occhiate, le risate di Lily.
No.
Per questo quindi James Potter si nascose in un angolo della Sala abbastanza angusto, controllò diligentemente di essere passato in osservato e tirò fuori dalla giacca il suo salvatore, migliore amico che più volte lo aveva salvato.
Copertosi con il Mantello della quale esistenza sapevano solo i Malandrini, passò tra la gente facendo attenzione a non calpestare piedi o sfiorare mani e tirò un sospiro di sollievo dopo essere riuscito ad uscire dal Salone.
Si guardò attorno e partì alla ricerca.
 

Gli ci vollero dieci minuti buoni prima di sentire la voce che ormai riempiva le sue giornate e quasi cadde nell’errore di correrle incontro, ma si trattenne.
Doveva essere calmo e sicuro, non poteva fallire.
Individuò la provenienza della voce della rossa e quando la vide il suo cuore sobbalzò: era uno schianto.
Il vestito bianco le faceva risaltare le gambe perfette, le scarpe con il piccolo tacco producevano un leggero ticchettio mentre correva sui pavimenti di marmo, i capelli sciolti le ricadevano sul petto morbidi mentre correva.
Quando però vide verso chi stava andando sentì il respiro appesantirsi: Piton le dava le spalle continuando imperterrito la sua camminata con la falcata sicura e sprezzante.
James serrò i pugni con forza e si avvicinò per poter sentire ciò che si stavano dicendo.
- Sev! Sev aspetta ti prego! –
Il nomignolo fece fermare il cuore di entrambi i ragazzi, all’insaputa della rossa che era solo sollevata dal fatto che l’ex migliore amico si fosse finalmente deciso a fermarsi.
Si ricompose e quando i suoi occhi entrarono in contatto con quei pozzi neri che tante volte aveva esplorato in cerca di comprensione vide soltanto disprezzo.
- Che vuoi? – le chiese con voce gelida con lo scopo di farla andare via; ma Lily non si sarebbe data per vinta.
- Parlarti, ecco cosa voglio Sev. E smettila di fare lo stronzo perché sai che con me non ha mai funzionato: non me ne andrò prima di aver finito. Quindi ascoltami oppure io…-
- Oppure cosa Evans? – gli chiese divertito Piton.
- Oppure ti aspetterò in ogni singolo angolo di Hogwarts, non potrai voltarti senza trovarmi lì. Sai che sono capace di farlo, sai quanto sono maledettamente testarda – finì sorridendogli.
James rabbrividì sentendo l’intimità di quelle parole, di quei sorrisi, quella complicità che sapeva mancare a lui e Lily.
E si sentì ancora peggio quando video l’ombra di un sorriso sul volto olivastro del ragazzo.
- Allora? Cos’hai da dirmi di così urgente da interrompere un appuntamento amoroso? –
- Di che diavolo stai parlando? – gli chiese Lily confusa.
Lui accennò agli abiti della ragazza e James sentì le budella stringersi vedendo che gli occhi di lui si erano soffermati troppo sul decolté non così poco appariscente di lei o sui suoi fianchi graziosi.
- Ah no, è per il compleanno di Marlene. Anzi, ti sarei grata se non dicessi a nessuno che mi hai visto qui – aggiunse seria.
Lui non fece alcun segno ma lei lo dovette interpretare come un assenso perché continuò:
- Sev, ascolta, sono stanca ok? Stanca di fare finta che non importi se mi ignori, stanca di negare a me stessa che ogni volta che mi guardi con quegli occhi freddi non mi si geli il cuore. Cazzo Sev, SONO IO! LILS! Lo so che faccio schifo come amica e probabilmente non ti biasimerei se non volessi più avere a che fare con me. E’ vero, è dolorosamente vero ciò che hai detto su come io sia stata una pessima amica finora. Anzi, scusa anche per lo scherzetto con Mark, non avrei dovuto. Sono proprio un’idiota! – aggiunse abbozzando un sorriso imbarazzato, per poi continuare: - Ma Sev… - e qui James pensò di morire, dato che Lily gli si era avvicinata e gli aveva stretto la mano nella sua: - Potresti darmi un’altra possibilità per dimostrarti quanto importante tu sia per me? La tua amicizia è unica e fondamentale e io ti…-
Le parole di Lily furono però sormontate da dei miagolii irritati.
Banny, la gattina disgustosa di Gazza ( il guardiano di poco più di vent’anni della Scuola ) li guardava arcigna, pronta a riferire al suo padrone la scoperta di due trasgressori.
Piton strinse la mano di Lily e iniziò a correre seguito a ruota dalla ragazza e da un invisibile James sempre più arrabbiato dai ripetuti contatti tra i due.
Alla fine il Serpeverde aprì uno sgabuzzino ci si infilò dentro, richiudendo però la porta davanti al viso di James.
Il Grifondoro sapeva che non poteva entrare e decise quindi di restare fuori a fare la guardia nel qual caso Gazza si fosse avvicinato e allo stesso tempo sperava che i due parlassero abbastanza forte perché lui riuscisse a sentire.
E così fu.
Ma quello che sentì fu tutt’altro che rincuorante.
 
 

***

 

Lily riprendeva fiato, i piedi doloranti dalla corsa nelle piccole scarpette, i polmoni in fiamme.
Sentiva chiara la presenza di Severus davanti a lei nell’angusto ripostiglio, il respiro affannoso del ragazzo.
Quando entrambi avevano ripreso il normale ritmo respiratorio Lily si sentì incredibilmente in imbarazzo.
Fu Severus a parlare e la ragazza avvertì con un po’ d’agitazione che era a pochi centimetri dal suo viso.
- Che stavi dicendo? –
Lily si sentiva la voce impastata e l’unico desiderio era andarsene, nonostante volesse chiarire.
Quindi parlò.
- Che sei mio amico, il mio migliore amico e…ti voglio bene. –
Non sentì nulla dopo quelle parole, quasi fosse da sola.
Si chiese se il ragazzo non stesse male ma quando le rispose la sua voce era dura e la disorientò non poco.
- Io non voglio la tua pietà, Evans. –
Lily sentì che stava cercando di uscire e bloccò la maniglia della porta mettendosi davanti.
- La mia non è pietà Sev quindi smettila. Io ti voglio davvero bene e sono enormemente dispiaciuta nonché…-
- Oh smettila Lils! Non capisci? Non potremo mai tornare amici io e te! – le urlò contro lui arrabbiato.
La voce della rossa era innocentemente confusa quando disse: - Perché? –
Lo sentì sbuffare e si immaginò il viso irritato dalle continue domande di Lily che Severus era capace di assumere, anche se non lo usava quasi mai perché lui amava le domande di Lily, in fondo.
- Perché ho visto come te la spassi con Potter e company, come scherzi e ridi e lo sai che io quello lo detesto. Dio mio Lils non capisci quanto non ti merita?! –
Lily era sicura di aver sentito un colpo da fuori alla porta ma non ci fece caso quando capì che Severus l’aveva chiamata Lils: c’era ancora speranza.
- Sev non ti sto chiedendo di sposarti con Potter né tantomeno lo sto per fare io quindi…-
- Oh andiamo, a chi vuoi darla a bere eh? Non vi perdete d’occhi un istante, siete come due calamite e io non…-
- Com’è che mi osservi così tanto Severus Piton? Credevo ti fossi stancato di me. – lo punzecchiò lei.
Avvertì chiaramente lo sbuffo d’impazienza del ragazzo che però non aggiunse altro.
Lily perciò continuò imperterrita.
- Sev io ti voglio bene, sei come un fratello per me. Ti prometto che se deciderai di darmi una seconda chance non la sprecherò. Sev, che ne dici? –
Un silenzio piombò nel ristretto spazio e Lily pensò che stesse pensando quindi trasalii quando avvertì il respiro caldo di lui nell’orecchio.
- Lils, com’è che non l’hai ancora capito? Forse io sono stanco di essere una controfigura nella tua vita, un personaggio secondario. Forse voglio qualcosa di più…-
Lily sentì il cuore batterle a velocità tripla quando percepì la mano di Severus che le cingeva la vita e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro.
Ma l’unica cosa che sentì fu un veloce “Pensaci”, poi nulla.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò da sola nello sgabuzzino, la porta aperta.
Severus se n’era andato.
Ma Lily pensò fosse ancora lì, il suo respiro caldo nelle orecchie, il profumo di pino che tante volte aveva ispirato con gioia in uno dei loro abbracci fraterni.
E le parole che non smettevano di girarle nella testa, come una dolce ninna nanna.
Si costrinse a fare un passo avanti, richiamata alla realtà dalle urla di Gazza qualche stanza più in là e si precipitò cercando di non far rumore fuori, verso la festa.
Riuscì a far smettere il suo cuore di battere, le orecchie di ronzare, ma percepì chiaramente il rossore alle guance che cresceva.
Mentre il “Pensaci” sussurrato dolcemente le riempiva la mente.
Fu così che arrivò nella Sala.
 
 

***


 
Sirius stava cercando James quando lo vide entrare trafelato nel Salone, le iridi nocciola infiammate dalla rabbia trattenuta a stento, i capelli arruffati.
Notò inoltre un certo Mantello sparire dentro la giacca dell’amico.
Gli si parò davanti, preoccupato.
- Ramoso che diavolo…? –
- Non è il momento Sir, ho solo voglia di sbattere una certa testa di cazzo fuori da questo Castello. –
James fece per superare il moro ma non gli fu permesso.
Sirius lo afferrò saldamente per le spalle, occhi azzurri in nocciola.
- Che è successo? – chiese pacato.
Poche volte aveva visto James così fuori di sé e non aveva preceduto mai nulla di buono.
James respirò a fondo e iniziò: - E’ che…-
- LILS! –
I due si voltarono per vedere una Lily trafelata per la corsa entrare nella Sala.
- Dove sei stata? – le chiese Remus, nonostante lo sapesse.
- In giro. Cosa sono quelle facce? – chiese in risposta ai muti sguardi confusi degli amici.
- Niente Lils – si affrettò a rispondere Alice, per poi concludere: - Senti, perché tu e James non andate a prendere la torta? E’ nella cucina a destra – disse indicando una porticina adiacente alla Sala da Ballo, dove Marlene, Mary e Frank discutevano animatamente.
James stava per dire qualcosa ma Sirius lo spinse dietro a Lily, convinto di tirarlo su di morale.
Non sapeva che guaio aveva appena combinato e non aveva nemmeno notato che Alice si era avvicinata alla porta dopo che i due entrati, con un sorriso malandrino sul volto.
Oh, non aveva proprio idea di che guaio avesse combinato!
 
 

***

 

Lily entrò nella cucina cercando con lo sguardo l’enorme torta di cioccolato che i Malandrini aveva sgraffignato dalle cucine, con grande disapprovazione della rossa.
Fece per prenderla ma capì essere troppo pesante per lei, così si voltò cercando l’aiuto del ragazzo che, si sorprese notare, non si era minimamente mosso e la guardava torvo.
- Che hai, ti si è annodata la bacchetta? Che fai me la dai una mano? – gli chiese divertita lei, aspettando un sorriso malandrino che non arrivò.
James si avvicinò alla torta come se stesse andando ad un funerale.
Lily si spaventò un po’ ma pensò avesse esagerato lei, quindi prese la torta da una parte della scatola enorme che la conteneva, mentre James la teneva dall’altra.
Quando però le loro dita si sfiorarono Lily sentì James ritrarre le sue immediatamente, quasi si fosse scottato, sbilanciandola e facendo cadere la torta a terra.
- Sei impazzito? – disse lei confusa e irritata insieme, mentre con la bacchetta rimetteva tutto apposto.
Quando però si accorse che il ragazzo non si era affatto chinato ad aiutarla e che, anzi, stava fermo come una statua di marmo, perse le staffe.
Si alzò infuriata, le guance rosse, e lo fulminò con lo sguardo.
- JAMES POTTER SI PUO’ SAPERE CHE HAI?! CHE TI HO FATTO?! –
James però non la guardava minimamente, quasi avesse improvvisamente sviluppato un interesse per le pareti bianche alla sua destra.
Lily allora gli prese il volto decisa e fece in modo che i loro sguardi si incrociassero.
E quasi si ritrasse quando scorse chiara e limpido il disprezzo e la rabbia negli occhi nocciola di lui, che di solito erano sorridenti e furbi.
- James…- iniziò cauta.
James tolse la mano di Lily con malagrazia, tirò fuori la bacchetta e l’agitò pigramente cosicché la torta si levò in aria seguendolo.
Ma non arrivò alla porta perché Lily gli bloccò il percorso mettendosi davanti.
- Spostati Evans – le disse lui, gelido come il ghiaccio.
Lei raggelò a sua volta ma tenne duro, costringendosi a tenere gli occhi fissi in quelli di lui.
- No. Dimmi che hai che non va. –
James la guardò indifferente e ripeté, la voce come il marmo: - Non lo ripeterò. Spostati. –
Lily ebbe paura, ma non si mosse.
James cercò di aggirarla ma lei non glielo permise, cercò di superarla più volte ma invano.
- DANNAZIONE EVANS VUOI TOGLIERTI?! – esclamò frustrato.
- NO! James dimmi che cosa…-
- DIO MIO SMETTILA! Smettila di parlarmi come se non ti avessi appena sentito baciarti con quello schifoso di Piton, smettila di fare la santarellina mentre tieni i piedi in due scarpe, smettila di trattarmi come una pezza da piedi! –
Lily rimase senza parole, guardandolo stupefatta.
- Di che stai parlando James? Io non ho baciato Sev, io non… - iniziò lei esitante, ma quando capì le guance le si arrossarono ancora di più per la rabbia.
- CI HAI SPIATO?! TU BRUTTO IDIOTA IO TI…-
- COSA EVANS? COSA?! PERCHE’ PENSO CHE NULLA MI FAREBBE STARE PEGGIO DI COSI, IMMAGINANDO TE E LUI CHE… - e lasciò in sospeso la frase, guardandola con odio.
Lily non seppe cosa dire, non capiva.
- Aspetta… - iniziò come seguita da un’illuminazione.
- Tu credi che… - e scoppiò a ridere.
James la guardo come fosse impazzita.
- Evans che…? – iniziò aggressivo ma lei gli disse semplicemente: - IO non ho BACIATO SEVERUS! Oddio no, no no e no! Cioè ok tutto ma insomma…no! – e scoppiò in una nuova risata.
James si sentì un’idiota ma non seppe se crederle.
- Però lui vorrebbe di sicuro. –
A quelle parole Lily smise di ridere.
- Che dici? Sei pazzo? –
Lui la guardò offeso e disse: - Andiamo, è ovvio che ti sbava dietro! – esclamò concitato.
Lei non rispose subito, preferendo non esporsi.
Le parole di Severus le bollivano sotto la pelle e ora che James ne aveva parlato iniziò a sentirsi a disagio.
- E a te che te ne importerebbe comunque, Potter? – gli rispose con quella sua voce sprezzante che non tirava fuori da tanto e che sperava di non dover mai più usare.
James si scompigliava i capelli irritato e fece per varcare la soglia, ma non ci riuscì.
- E’ bloccata. – sussurrò.
Lily si girò senza guardarlo e cercò di aprire la porta, sotto shock.
Quando non ci riuscì sentì il respiro mancarle.
- Oddio…-
Non respirava.
James distoglieva lo sguardo ma quando la sentì cadere a terra si voltò allarmato.
Si chinò e la sorresse.
- Evans che hai? – chiese preoccupato.
Lily cercava aria ma non riusciva a trovarla.
Perché quella era la sua paura più grande, da quando aveva cinque anni.
Era quasi morta, quella volta.
Lily iniziò a impallidire e James la prese con forza.
- LILY SVEGLIA! AIUTO! HALOMORA! – provò disperato ma non funzionò.
Lily continuava ad annaspare ma James notò con orrore che non respirava quasi più.
- LILY! – urlò disperato.
E la porta si aprì.
Remus, Alice, Sirius e tutti gli altri entrarono allarmati dalle urla e Mary la prese dandole un sacchetto di plastica.
Lily rispirò a fondo sei volte prima di tornare del colorito normale.
- Perché la porta era bloccata? – chiese Remus abbracciando l’amica in lacrime.
Tutti si voltarono verso James che disse: - Non guardate me! Era bloccata da fuori. –
Alice tossì piano e gli sguardi si fecero increduli.
- Lils ti giuro, non mi ricordavo che…-
Lily non l’ascoltò, guardò tra le lacrime Marlene e le fece segno che voleva uscire.
Marlene e Mary la sorressero per portarla fuori, verso il Dormitorio.
Alice era abbracciata a Frank, le lacrime agli occhi.
- Io non… - balbettava.
James guardò Remus con una domanda muta negli occhi.
- E’ Claustrofobica, da quando aveva cinque anni. E’ caduta in un pozzo, c’è rimasta per tre ore prima che la trovassero. Stava per morire per l’attacco di panico. –
James si sentì morire.
Nessuno diceva nulla, l’unico rumore le lacrime e i singhiozzi di Alice.
Che casino.




Anche io sono claustrofobica e qualche anno fa ho avuto un attacco di panico. Vi assicuro, non è per niente piacevole. L'amicizia tra Alice e Lils è per sempre rovinata? E James e Lily? E Severus?
Non perdetevi il prossimo capitolo!

 

 

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Capitolo 11
*** Che casino. ***


 


 






 

CAPITOLO 9 - CHE CASINO.






Le settimane successive furono le più stressanti di tutto l’anno.
La Sala Comune Grifondoro era un continuo scambio di liti, lacrime, abbracci e insulti.
Lily non aveva più parlato con Alice che di conseguenza era molto spesso esclusa dal gruppo dato che dove c’era lei Lily si rifiutava di stare.
Marlene e Mary, nonché Remus, Frank e persino Sirius avevano provato più e più volte a riappacificare le due, ma invano.
Lily aveva considerato l’azione di Alice meschina e non era ancora pronta al perdono.
Ciò aveva però dato l’opportunità, con successiva ira di James, alla rossa di riabbracciare il migliore amico.
Severus non aveva perso l’occasione di tornare a stringere tra le braccia la fragile ragazza e aveva capito che avrebbe dovuto aspettare il momento adatto per rimettere in campo la loro conversazione nel ripostiglio.
Lily non se n’era però dimenticata: le parole del Serpeverde la coglievano impreparata quando meno se l’aspettava e lo stesso facevano quelle di James, che d’altra parte non era riuscito a tornare alla normalità nei confronti della ragazza.
Sapeva che non si erano baciati ma il vedere Lily stretta nell’abbraccio di lui era troppo.
Marlene e Remus litigarono spesso e lo stesso fecero Sirius e Mary: le ragazze erano a dir poco sotto pressione per il fare da paciere tra le due migliori amiche e scaricavano la tensione sui ragazzi che, a parer loro, erano troppo menefreghisti e insensibili.
Se però Remus capiva e aspettava che Marlene si scusasse, cosa che accadeva sempre e comunque non dopo più di un’ora; Sirius era molto meno paziente e spesso dovette essere trattenuto da occhiatacce di James per evitare di dire qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito o peggio di trasformarsi e rivelare il loro piano.
James e Sirius avevano infatti tutti constatato che la tensione li rendeva terribilmente irritabili e dunque instabili le loro trasformazioni.
Remus continuava come sempre a sparire una volta al mese per andare a rifugiarsi nei boschi, ma l’assenza aveva iniziato a farsi tremendamente pericolosa perché sia Marlene che Lily pretendevano di sapere dove fosse il ragazzo/migliore amico nel momento del bisogno delle due.
L’unica che, in definitiva, se la passava abbastanza bene era Peter, estraneo a coinvolgimenti amorosi o liti.
Ma non per questo si poteva dire del tutto innocente, perché Peter Minus stava architettando un piano tutto suo, sì, non avete capito male, sto parlando proprio di lui.
Era perciò questa l’aria pesante che si respirava un mese dopo il compleanno di Marlene, la vigilia di Natale.
 
 

***

 
 
Lily si svegliò alle dieci e quaranta quella domenica mattina e la prima cosa che vide fu un grosso gufo nero che conosceva molto bene.
Arax le beccò dolcemente il dito mentre lei gli sfilava la lettera dalla zampa, per poi dargli una carezza delicata sulla testa e quattro biscottini gufici.
Dopo aver tubato felice come ringraziamento Arax si librò in volo per poi uscire dalla finestra che gli era stata aperta.
Lily lo ammirò volare via, verso la Foresta, probabilmente a caccia, prima di risedersi sul letto con la busta in mano.
Si guardò attorno: Alice dormiva nel letto accanto al suo, ma era girata dall’altra parte cosicché la rossa poteva vedere solo la schiena della migliore amica.
Lily represse una morsa di tristezza e constatò che Marlene era ancora a dormire mentre il letto di Mary era sfatto e vuoto.
Lily però non si preoccupò, sapeva che Mary aveva l’appuntamento consueto quella mattina (*).
Quindi prese la missiva e l’aprì.
Riconobbe subito la scrittura e sorrise istintivamente.
 
Lils so che passerai il Natale qui dato che i tuoi sono dai tuoi zii.
Io però purtroppo debbo tornare a casa, sai com’è fatta, non vuole che scappi, non vuole togliersi il piacere di avere qualcuno con cui prendersela.
Però voglio darti il tuo regalo prima di andarmene e augurarti Buon Natale.
Ci vediamo davanti alla Strega Orba alle undici, che ne dici?
Partirò subito dopo, voglio che l’ultima persona che vedrò qui sia tu.
Ti aspetto,
                   Sev

 
 
Lily prese un foglio da una pergamena lì vicino e scribacchiò un “va bene” per poi darlo in consegna alla sua civetta delle nevi, Tsuki.
L’animale si gonfiò orgoglioso di avere un compito da portare a termine, Lily le baciò la testa e questa partì a tutta velocità fuori dall’apertura da dove prima era uscito Arax.
Lily guardò l’orologio e corse subito a vestirsi.
Si mise dei fuseaux simili a jeans, delle ballerine verde muschio e una felpa dello stesso colore.
Legò infine i capelli con una molletta di modo che le stessero dietro.
Un leggero trucco, giusto per non sembrare appena uscita dal video di Thriller, e via, giù per le scale.
 
 

***

 
 
Qualche minuto prima invece un incazzato James si era svegliato, per poi andare dal letto vicino e mollare un sonoro schiaffo a Sirius.
Questo si alzò di soprassalto e parlo con la voce impastata e confusa: - Cosa cazzo…? RAMOSO?! CHE TI SALTA IN MENTE?! –
- Dio mio Sirius russi peggio di un’ottantenne! NON ho dormito per tutta la notte porca vacca! – esclamò il moro sempre più infuriato e vulnerabile.
Sirius si svegliò del tutto e fissò scettico gli altri compagni che dormiva tranquillamente.
- Non mi sembra di aver dato tanto fastidio. – disse infine all’indirizzo di James, con un sorriso malandrino in volto.
James eruppe: - PER FORZA! Remus è tornato alle quattro di mattina perché era a fare chissà cosa con Marlene e Peter non si sveglierebbe nemmeno se avesse un Dissennatore in camera! Maledizione non riesci a non rompere i coglioni nemmeno nel sonno?!–
- Beh allora il problema è solo tuo e smettila di comportarti come una vecchietta isterica, non ti farebbe male un’uscita con una ragazza sai? – gli rispose acido Sirius per poi girarsi, ma James glielo impedì.
Gli prese il colletto della maglietta e lo tirò così vicino che erano a poco più di due centimetri ognuno dal viso dell’altro quando James parlò con un soffio.
- Che vorresti dire cane? –
Il disprezzo, la rabbia, lo stress che mise in quel “cane” era così tanti che Sirius si gonfiò di rabbia.
- Che invece di stare qui a farti seghe per una che sai non poter conquistare dovresti andare a farti una passeggiatina con un’altra, sei più acido di uno che non scopa da due anni! E io sono stanco, ok? Lils non ti caga di striscio, ti sei fatto avanti e sei stato respinto, Mocciusus ti ha battuto, ma per l’amor di Dio James, cazzo, passa avanti! –
Era la goccia che fece traboccare il vaso.
James cedette il posto ad un enorme cervo e Sirius si trasformò in quel cane dalle dimensioni di un cucciolo d’orso.
I due iniziarono ad azzuffarsi, corna contro artigli, zoccoli contro morsi.
Remus si interpose tra i due ancora in pigiama, mentre Peter osservava immobilizzato la scena.
Mentre Lunastorta impediva a James di procedere e allo stesso tempo cercava di allontanare Sirius urlò in direzione di Peter: - CODA FAI QUALCOSA! –
Un lampo rosso e James cadde immobilizzato, così come Sirius.
Remus si tolse il ciuffo dal viso e sospirò: - Bel colpo Coda. –
Prese la bacchetta e si mise davanti a James che era tornato delle dimensioni e forme normali, mentre Peter si avvicinava titubante ad un Sirius privo di sensi ma umano, bacchetta in mano.
- Al mio tre. Uno…due…tre! – disse Remus.
Ai due “Innerva” i ragazzi si alzarono frastornati per poi riprendere la rabbia vedendo gli amici con le bacchette in mano.
- CHE CAZZO STATE FACENDO?! –
- BELL’AIUTO EH, SCHIANTARMI INVECE CHE PRENDERSELA CON QUELL’IDIOTA! – esclamò Sirius.
- IO IDIOTA?! SEI TU QUELLO CHE NON SA DORMIRE COME UNA PERSONA NORMALE! –
- ALMENO IO ESCO OGNI TANTO, INVECE CHE DEPRIMERMI COME UNA VECCHIA ZITELLA! –
- RIPETILO SE NE HAI IL CORAGGIO! – urlò James facendo per avvicinarsi a Sirius.
- FERMI! – esclamò Remus con quella voce talmente autoritaria da bloccarli sul posto peggio di un incantesimo.
- Si può sapere che vi è preso? E parlate con calma o vi schianto di nuovo! –
James guardò Sirius con odio prima di spiegare.
Remus ascoltò il resoconto per poi guardare stanco entrambi.
- Io non so che dire. Siamo tutti molto nervosi ultimamente ma non risolviamo niente azzuffandoci tra di noi. James, chiedi scusa a Sirius e Sirius ti proibisco di fare battutine, sguardi o qualsiasi tipo di provocazione se non vuoi assaggiare il mio Schiantesimo. – disse infine Lupin.
James lo guardò con un misto di rabbia e incredulità mentre Sirius gioiva internamente soddisfatto.
- Tu dai ragione a lui? Pensi anche tu tutte quelle cazzate, eh Rem? Ammettilo dai, ve la ridete tutti dietro le mie spalle? –
Lunastorta rimase disarmato dalle accuse di James e balbettò: - N..no James, assolutamente. E’ solo che è vero, siamo irritabili, è normale che…-
- Tu pensi che sia un fallito eh? Uno che non riesce a fare nulla? Solo perché la Evans sta con Mocciusus non vuol dire che io sia un’idiota! –
- Nessuno l’aveva pensato James. – disse fermo e sicuro Sirius.
James li guardò con odio e concluse: - Come no, non sono nato ieri. Ora i miei stessi amici se la ridono alle mie spalle, dandomi della vecchietta in crisi d’astinenza. Fantastico! Divertitevi pure senza di me. –
James scansò Remus e ignorò tutti mentre usciva dal Dormitorio dopo aver preso la bacchetta, ancora in t-shirt e boxer.
Remus, Peter e Sirius si guardarono sconvolti e il primo a rompere il silenzio fu Remus, chiedendo gelido: - Gli hai davvero dato della vecchia in crisi d’astinenza? –
Sirius lo guardò un secondo per poi distogliere lo sguardo, nessun sorriso malandrino né altro.
Remus non disse nulla, andò in bagno e sbatté la porta alle sue spalle.
“Merda” pensarono Peter e Sirius nello stesso istante, per poi tornare nei rispettivi letti senza una parola.
 
 

***

 
 
Lily raggiunse la Sala Comune nello stesso istante di James e i due finirono per scontrarsi, lui che voleva raggiungere il tavolo, lei che voleva andare verso la porta.
- Oh scusa – dissero entrambi rialzandosi.
Quando James incontrò quegli occhi sentì la rabbia scemare e il cuore pulsare doloramente.
Notò che le guance di Lily si erano colorate di un rosa pastello e aveva distolto lo sguardo.
- Che hai? – le chiese irritato.
Lily continuava a non guardarlo e mentre parlava si sentiva stava trattenendo le risate.
- Non so come dirtelo… -
- Dillo e basta – disse sicuro James.
Lily allora sussurrò: - Sei in mutande James. –
James si sentì avvampare e si guardò come se fosse la prima volta.
Un movimento di bacchetta e un paio di pantaloni e una tuta lo coprirono.
Lily si voltò e sorrise imbarazzata.
- Scusa – disse lui incerto, guardando da un’altra parte.
- Nah, tranquillo. Come mai in uscita così presto Potter? E in codesti abbigliamenti aggiungerei. –
James si girò e assaporò mentalmente il tono rilassato e socievole che lei stava usando.
- Lascia stare, nulla di che. E tu? Dove sgattaioli di nascosto la Vigilia di Natale? – le chiese malandrino.
Lei arrossì di nuovo e James godette di quel colore sulle sue guance.
- Lascia stare, nulla di che. – rispose sorridendo.
Dopo altri dieci secondi di silenzio Lily aggiunse: - Io dovrei…-
- Oh, certo. Vai pure Lils. – le disse non curante, ma notò che lei lo fissava senza parole e non si era mossa.
- Che hai? Stai male? – chiese lui preoccupato.
Le prese le spalle dolcemente e al contatto lei sembrò risvegliarsi, le guance che si coloravano ancora e un sorriso imbarazzato sul viso.
- No, scusa. E’ che… mi hai appena chiamato… Lils. –
James si accorse solo allora di ciò che aveva fatto e si sentì un’idiota.
- Sì beh sai com’è, l’abitudine credo, cioè se ti da fastidio non lo farò più ovviamente dopotutto tu mica mi chiami J anche se alla fine solo Ali mi chiama J, di solito mi chiamano Ramoso o non so e…- iniziò ad incespicare lui e Lily rise divertita.
Ancora una volta, James si impresse nella mente quel suono che non sentiva da tanto, troppo tempo.
- Tranquillo, è ok. Ora però devo andare sul serio, Sev mi aspetta. –
A James parve di sentire cadere un blocco di marmo delle dimensioni di un cestino dentro di sé e avvertì che anche lei avrebbe voluto rimangiarsi le parole.
- Vai allora. – disse gelido anche se non voleva esserlo, non dopo quella confidenza.
Lei annuì e si diresse verso la porta, ma prima di scomparire dietro il ritratto lo chiamò: - James? Prima o poi dovrai dirmi perché ti chiamano Ramoso! –
Lui sorrise divertito: - Certo Evans! Solo se uscirai con me però! –
Lily finse di battersi la testa con la mano melodrammatica e gli scoccò un ultimo sorriso prima di uscire.
James rimase a fissare il ritratto con un sorriso ebete sul viso.
 
 

***

 
 
Lily arrivò alla Statua della Strega Orba senza nemmeno accorgersene, i pensieri troppo impegnati ad ammirare gli occhi di James ancora e ancora.
Dal compleanno di Marlene non avevano più avuto occasione di rimanere da soli e lei si era avvicinata sempre di più a Severus cosicché senza accorgersene lo aveva allontanato.
E scopriva che le era mancato, davvero.
Mentre ripensava a tutte queste cose passò davanti alla meta senza accorgersene e tornò alla realtà solo quando un paio di mani le strinsero la vita.
Sentì l’odore di pino prima ancora di voltarsi.
- Ehi Lils, tutto ok? – gli sussurrò all’orecchio.
Lei si voltò imbarazzata dalla figuraccia e si scostò il ciuffo di capelli dal viso in un gesto che non sapeva essere incredibilmente tenero.
- Sì Sev, scusa. – gli disse sorridendo.
Severus le sorrise a sua volta.
Sì, Severus sorrise. Perché lei era l’unica persona che lo faceva sorridere davvero, dal più profondo del cuore.
- No problem. Allora… ecco a te! –
Severus le porse un pacchetto argentato grande come un libro.
- Oh Sev! – esclamò lei in un genuino moto di felicità.
Prese il regalo e lo aprì, scostò il velo azzurro per rivelare una catenina d’argento con su scritto  “Lils ”.
Severus notò con un po’ di paura che gli occhi della rossa si erano inumiditi.
- S..se non ti piace posso sì insomma cambiarlo. Non c’è problema tranquilla, quindi…-
Ma non riuscì a finire la frase perché Lily gli si buttò addosso e gli scoccò un bacio sulla guancia.
- E’ meraviglioso Sev! Dio quanto ti adoro! – esclamò mettendosi la collana al collo e ammirandola contenta, non notando quindi che l’amico era in stato catatonico.
Lui allora la prese per mano e la condusse nell’Aula accanto.
Quando furono entrati Lily lo guardò confusa: - Sev che…?-
- Dobbiamo parlare Lils. Ti…ti ricordi ciò che ti avevo detto quella sera nello sgabuzzino? –
Lei annuì temendo ciò che stava per accadere.
Lui guardò nervoso dietro di lei e disse: - Beh Lils…ci hai pensato? –
Lei respirò a fondo.
E parlò.




Ok, mi piace farvi soffrire :3 (*) Vi ricordate quel misterioso appuntamento? Beh non perdetelo di vista perché si rivelerà fondamentale ;)
Non perdetevi il prossimo capitolo, perché ne varrà la pena!
Vi dico solo che ci sarà un vischio sopra dei personaggi e sappiamo tutti che vuol dire ;3
Cosa dirà Lily? Cosa succederà?
RINGRAZIO DA MORIRE Banny, Romanticbookworm e Lily97 che recensiscono sempre *____*
Ringrazio chiunque mette nelle preferite/seguite e ricordate e chi legge in silenzio.
Alla prossima!
Tranquilli, non vi farò aspettare troppo <3

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Capitolo 12
*** La Luce prima delle Tenebre ***






 

CAPITOLO 10 - LA LUCE PRIMA DELLE TENEBRE






- Sev ho capito cosa intendi e mi dispiace, io non lo so, non… sei un fratello per me, e io non so vederti come più di questo. –
L’aria sembrò farsi incredibilmente pesante e tesa, quasi si potesse tagliare con un coltello.
- Sev…-
- E’ per lui, vero? –
Le parole erano quasi come un soffio di vento, leggero ma tagliente.
Lily finse confusione anche se intuiva dove volesse andare a parare l’amico.
- Chi…?-
- Non fare la finta tonta Lils! Sappiamo benissimo tutti e due di chi sto parlando! –
E fu così che il vento si trasformò in una bufera.
Gli occhi di Severus erano due buchi neri, il viso contratto in una smorfia di rabbia.
- ANCORA NON LO CAPISCI? LUI NON TI MERITA! –
- Sev ascolta… - tentò lei, ma venne interrotta dal ragazzo.
- COME FAI A NON VEDERLO?! E’ UN’IDIOTA, STUPIDO, ROZZO, ARROGANTE, PRESUNTUOSO…-
- EHI! MODERA I TERMINI! –
Anche Lily si stava scaldando e non faceva presagire nulla di buono.
- TU non lo conosci, non avete mai nemmeno tentato di conoscervi e…-
- GRAZIE A DIO! Se la sua compagnia fa rimbecillire così tanto allora ne faccio volentieri a meno!-
Lily non credeva alle sue orecchie: era quella l’anima onesta e dolce che tante volte l’aveva rassicurata?
- COME OSI?! –
Le guance di lei erano ormai rosso vermiglio e gli occhi verdi due fessure che non tralasciavano che un odio profondo.
- MI STAI DANDO DELL’IDIOTA SEVERUS PITON?! –
- LA SUA COMPAGNIA TI HA FATTO DIVENTARE UN’IDIOTA! SEI CAMBIATA LILS, NON SEI PIU’ LA DOLCE E INGENUA RAGAZZA CHE ERI CON ME, ORA SEI PIU’ SIMILE A LUI CHE A ME...-
- LO PRENDO COME UN COMPLIMENTO! PIUTTOSTO CHE ESSERE UNO STRONZO CHE NON PERDE OCCASIONE PER INSULTARE E DEMIGRARE GLI ALTRI! –
Le iridi di Severus furono per un secondo riempite di sorpresa.
- IO?! E’ LUI QUELLO CHE MI HA QUASI UCCISO AL TERZO ANNO, LILS! –
Lily sbuffò infastidita ed eruppe: - OH ANDIAMO, CASOMAI TI HA SALVATO! EPPURE NON MI SEMBRA CHE TU FACCIA I SALTI DI GIOIA PER RINGRAZIARLO! –
Severus stava per rispondere ma parve decidere di cambiare argomento e continuò così:
- COMUNQUE SIA, LUI NON TI MERITA. –
Lily si avvicinò così tanto al ragazzo che quando parlò lui sentì chiaro e caldo il suo respiro sulle labbra.
Ma la voce, quella era tutto fuorché dolce: era come una lama, pronta a trafiggere il cuore del nemico.
- Mi merita molto più di te. –
Lily fece per andarsene ma venne trattenuta dalle braccia di lui che la obbligò a girarsi.
E per la prima volta nella sua vita, Lily ebbe paura di Severus.
Gli occhi da pazzo le perforavano la pelle, le mani le stringevano le braccia senza lasciarla andare.
Tentò di afferrare la bacchetta ma senza riuscirci: era troppo in fondo nella tasca e il Serpeverde non le lasciava spazio per muovere le mani.
Quando parlò Lily avvertì il soffio pungente come aghi sopra le sue labbra, un sussurro quasi impercettibile ma detto con un tono agghiacciante, come una minaccia.
- Lui non ti ama come ti amo io. –
E lo fece.
Posò le sue labbra sopra quelle di lei, che si dimenava inutilmente, stretta nella morsa del serpente.
Le aprì le labbra con voracità ed esplorò la sua bocca come un animale in preda al desiderio. La lingua di lui inchiodava quella di lei, cercando un contatto più intimo e soddisfacente.
Lily sentì il sapore delle lacrime salate in bocca e forse furono proprio queste a fermarlo.
Si scostò da lei come colpito da una scossa.
Lily cadde a terra, senza fare nulla per evitare l’urto con il pavimento e percepì chiaro il dolore proveniente dal braccio.
Vide di sfuggita una scia di sangue che scendeva dal gomito: si era graffiata.
Ma i suoi occhi, la sua mente, il suo cuore, erano troppo impegnati a palpitare come volessero scappare da quell’orrore.
Severus la guardava stravolto.
Si fissò le mani e saggiò col tatto le sue labbra quasi volendosi assicurare di essere stato lui a farlo.
Lily non si mosse, in preda alla confusione più totale.
Solo quando sentì come lontana anni luce la voce del ragazzo, rotta dal respiro affannoso, ripiombò nella realtà.
- Lils…io…-
La rossa si alzò con un po’ di difficoltà, il braccio che continuava a sanguinare e si spostò disgustata, ancora le lacrime agli occhi, quando vide che lui si stava avvicinando per aiutarla.
- Stai lontano da me. Non voglio più vederti. –
Meno di dieci parole ma che pesarono come cemento sulle spalle di lui.
Lily fece per uscire ma, con già la mano sul pomello, si voltò un’ultima volta.
Prese con forza la collana e la lanciò ai piedi di quest’ultimo.
Alla luce del sole l’argento di “Lils” brillò dolorosamente.
E uscì, il sapore di lui ancora dentro la bocca, l’invadenza, la rabbia, forse l’amore.
Le lacrime non chiesero il permesso, sfociarono con rabbia.
Lily desiderò annegarcisi, tutto, pur di evitare quella straziante fitta al cuore.
 
 

***

 
 
Camminò senza nemmeno chiedersi dove andare, lasciando che le gambe la guidassero.
In men che non si dica si ritrovò davanti all’Arazzo di Barnaba il Babbeo.
La sua mente l’aveva preceduta.
L’ultima cosa che infatti voleva era vedere qualcuno, qualsiasi persona.
Si ripeté tre volte “Ho bisogno di un posto in cui nascondermi” e quando aprì gli occhi si stupì di vedere il solito muro.
Cosa? Cosa non aveva funzionato?
Sentì dei rumori, passi di compagni probabilmente.
Fece per andarsene ma si scontrò con quello che le parve un muro.
Quello che poi si rivelò essere il petto di un certo Grifondoro.
Lily avvertì il profumo di lui, quello che l’aveva fatta dannare per tanto tempo, prima ancora di alzare lo sguardo e si coprì gli occhi fingendo di controllarsi il naso; che in effetti pulsava dolorosamente.
- Oddio Lils mi dispiace! Aspetta, fammi vedere…-
- Do! – la voce di lei era soffocata dalle mani e sembrava come raffreddata.
James rise e malgrado tutto anche lei sorrise.
- Andiamo nasina, fammi dare un’occhiata. –
Lily fece per andarsene e ripeté: - Dod importa Dames, vado a…-
Ma due possenti braccia l’afferrarono costringendola a voltarsi.
E nonostante sapesse benissimo che Severus non l’avesse seguita; che quello era James, si sentì come poco prima.
Scoppiò.
Le lacrime iniziarono a scendere di nuovo e il suo corpo cominciò ad essere mosso dai singhiozzi.
James le scoprì il viso e le asciugò le lacrime, incespicando frasi quasi senza senso:
- O ma…tu piangi! Cioè ovvio che piangi, sei una persona, ma non credevo di farti piangere. Ti ho fatto così male? Sì al naso intendevo, non in altri modi, che so parlandoti o cose simili. Forse ti ho stretta troppo? Io…-
E Lily, senza riuscire a trattenersi, scoppiò a ridere.
James Potter nervoso, questo sì che era esilarante.
James rimase confuso e alla fine, sorridendo, finì di asciugarle le lacrime.
Al tocco di lui, così delicato e dolce, Lily chiuse gli occhi, assaporando i brividi che le correvano per tutta la schiena.
Quando riaprì gli occhi, immergendosi nei suoi color cioccolato, sorrise.
Lui fece lo stesso, scorrendo la sua figura con gli occhi.
Quando però notò il graffio sul braccio si precipitò a prendere la bacchetta ed afferrarle l’arto.
- Lils ti sei fatta male?  Cosa…? –
Ma non fece in tempo a finire la frase che Lily gli prese la mano ed entrò con lui al seguito dentro l’enorme portone della Stanza delle Necessità, probabilmente ancora lì da quando James vi era uscito.
Quando furono dentro Lily chiuse la porta e respirò a fondo: aveva sentito chiare le voci di Marlene e Remus.
- Lils mi vuoi dire che è successo? –
Il tono di James non era più dolce, ma autoritario e sicuro.
Lily si torturava le mani pensando in fretta e furia: doveva dirglielo? James era una persona tremendamente impulsiva, chiaro come il sole che sarebbe andato a rompere il naso a Severus. Ma gliene importava poi qualcosa di quel brutto verme schifoso? No, non più. Però non avrebbe voluto che tutti si preoccupassero, no.
- Niente. Non è successo assolutamente niente. – rispose allora, con un tono di voce però non molto convincente.
James incrociò le braccia e la guardò scettico.
- Sì certo. Allora sentiamo, perché sei ferita? Perché hai pianto? E soprattutto perché diamine mi hai portato di forza dentro la Stanza? –
Lily fu colta dal panico.
Non era una bugiarda, non sapeva costruire intricate quanto possibili serie di eventi che giustificassero le sue azioni.
E alla fin fine si scoprì ignara lei stessa dell’ultima risposta.
Perché aveva portato James con lei?
Aprì una o due volte la bocca per parlare ma la richiuse subito dopo.
Teneva lo sguardo basso, il cuore che batteva all’impazzata.
Quando perciò James parlò da meno di una mano da lei, la ragazza si sorprese.
James le afferrò dolcemente il braccio e con un gesto di bacchetta rimarginò la ferita.
- Sempre che tu non voglia servirti di me, un povero ragazzo innocente, per i tuoi loschi piani. –
La vecchia Lily avrebbe risposto acidamente, dando inizio ad uno dei loro battibecchi; ma chissà per quale motivo Lily non ci riuscì.
Si limitò a sorridere sorniona.
- Forse…-
I due erano vicinissimi, riuscivano a sentire il respiro dell’altro.
Ma quando stavano per azzerare le distanze James parlò.
- Hai le labbra piene di morsi. Le lacrime, le labbra rosse e gonfie, il braccio. Chi è stato? –
Lily si sentì sprofondare.
Cerco di voltarsi ed aprire ma James le impediva di andarsene.
- Lasciami…-
- Solo quando mi dirai chi è stato. –
La voce di lui era ferma e dura come la pietra.
- James, lasciami andare…-
- No. Dimmi chi è stato. –
- Nessuno, non è successo niente e…-
- Non mentirmi! Lils, dimmi chi ti ha fatto questo, così lo posso uccidere. –
Lily si pietrificò alle parole del Grifondoro.
- Perché dovresti farlo? Non è niente James, devo…-
- No che non è niente. Qualche bastardo ti ha ferita e io non perdono chi fa male alle persone che amo. –
Lily si bloccò e lo guardò esitante, il cuore a rischio d’infarto.
I capelli arruffati, gli occhi marroni determinati e severi, le labbra che stava per assaggiare che si mordevano nervose.
- Che…che ami? – chiese titubante.
James annuì, senza vergogna o dubbi.
- Sì Lils, alle persone che amo. Ti amo, ti amo da impazzire e ora come ora voglio solo distruggere quello schifo umano che ti ha fatta piangere. –
Lily non ci pensò, la mente troppo impegnata a risentire mille e mille volte le parole di lui.
Gli si buttò tra le braccia, baciandolo con amore e passione.
Lui rispose felice, la prese per la vita e l’alzò.
Quando si staccarono, dopo quella che parve un’eternità, entrambi sorridevano.
- Mi sa che ho perso la scommessa. Ti amo, James Potter. –
James l’abbracciò, assaporando il profumo di lei come nettare degli dei.
Quando si staccarono però il ragazzo aggiunse.
- Non mi hai ancora detto chi è stato. Pensavi forse che me ne sarei dimenticato dopo un bacio, sebbene fosse quello che ho più agognato nella mia vita? –
Lily sorrise serena, le lacrime non scorrevano più, il cuore leggero.
Lo strinse a sé e parlò ad un soffio delle sue labbra.
- Non importa. E’ passato ormai. Ora come ora voglio solo godermi questo momento. –
James guardò in su ed esclamò: - Guarda! Vischio! La stanza pensa proprio a tutto eh? –
Quando continuò la guardava di nuovo negli occhi, perdendosi in quell’infinità di verde unico.
- Mi sa che dovrai baciarmi di nuovo Evans. –
Lily finse di sbuffare infastidita.
- Eh, mi sa proprio di sì. –
E si buttarono di nuovo uno verso l’altra, giocando, amando, ridendo anche.
 
 

***

 
 
Quando tornarono alla Sala Comune, mano nella mano, le labbra di James evidentemente macchiate di rossetto, un enorme applauso li sorprese e Lily arrossì.
Fu seppellita dagli abbracci di Remus, Mary, Sirius, Marlene e perfino Peter, con un po’ di imbarazzo di quest’ultimo.
Lily si gelò un secondo vedendo che una persona non si era unita a loro e che stava per andarsene nei Dormitori.
Le corse incontro e disse: - Aspetta un secondo Ali. –
Corse a perdifiato di sopra, lasciando tutti sbigottiti e curiosi.
Entrò nella loro camera, arrivò al letto ed aprì il cassetto.
Frugò per ben un minuto prima di trovare ciò che cercava.
Sorrise e scese di nuovo giù.
Porse ad Alice un pacchetto verde smeraldo e spiegò: - Volevo comunque dartelo domani. Spero mi potrai perdonare, sono un’idiota. So che non l’hai fatto apposta e beh, sei insopportabile e incredibilmente rompiscatole, ma sei la mia migliore amica e ti adoro. –
Lily sorrise ancora di più notando gli occhi inumiditi di lei e disse: - Forza, aprilo! –
Un coro di “Aprilo!” si levò dagli spettatori esultanti e sorridenti.
James affiancò Lily e si appoggiò alle sue spalle.
Alice scartò il pacchetto e quasi si mise a piangere quando vide il contenuto.
Due paia di biglietti azzurri e bianchi brillavano sulla carta verde.
- So che tu e Frank vorreste raggiungere tua sorella a Parigi. Sono ambivalenti, sia andata che ritorno. Così durante le vacanze la potrai rivedere! –
Alice atterrò letteralmente Lily che scoppiò a ridere, stretta nell’abbraccio dell’amica.
- Lils…- iniziò la mora.
Alice stava piangendo.
Lily si tirò su e le diede un buffetto sulla guancia.
- Dai, su col morale! Come al solito avevi ragione nelle faccende amorose e…-
- OH MIO DIO! –
Alice era rinsanita.
Abbracciò ancora Lily e corse a stritolare anche James.
- J OH MIO DIO! AVEVO RAGIONE, AVEVO RAGIONE! EHI SIR, MI DEVI UNA BURROBIRRA! –
Tutti udirono distintamente Sirius sogghignare: - Ma non potevano fidanzarsi dopo le vacanze? –
E una nuova ondata di risate travolse la Sala Comune Rosso-Oro.
Successivamente Lily avrebbe ricordato con nostalgia le sue ultime risate per molto, molto tempo.
 
 

***

 
 
Il giorno di Natale passò allegramente per tutti.
James purtroppo, come accordato precedentemente, dovette partire a pranzo per tornare a casa ma Lily gli dette così tanti baci che probabilmente non gli sarebbe mancata affatto.
- Trovatevi una stanza! – aveva esclamato adirato Sirius la mattina dopo a colazione, facendo scoppiare a ridere tutti.
Però ora che le cose tra Lily e Alice si erano risolte i rapporti si erano ristabilizzati e l’apertura dei regali fu molto divertente.
Tutti erano molto soddisfatti e l’unico momento pseudo-triste della giornata fu quando la McGranitt avvertì James che doveva andare.
Il ragazzo annuì, baciò Lily, abbracciò Marlene, Mary, Frank, Peter e Alice; dette un’amichevole pacca a Remus e rubò a Sirius le sue gomme di liquirizia, con successivo inseguimento tra le risate di tutti.
Quando gliele ebbe ridate lo abbracciò come un fratello e, giusto prima di andare, ribaciò Lily.
La giornata trascorse abbastanza tranquillamente, chiacchierando distesi sul tappeto, le poltrone e i divani davanti al fuoco.
Chi giocava, chi rideva, chi scherzava, chi parlava: erano una grande famiglia.
Lily non pensò un solo secondo a Severus, poiché aveva concordato con sé stessa che sarebbe stato tempo perso e che ormai il danno era irreparabile.
Quando la notte andarono a letto alle due erano tutti esausti e si salutarono affettuosamente.
Lily non riusciva a prendere sonno, rigirandosi nel letto rivivendo il paradiso che era stare con James.
Le sembrava che fosse sempre stato così chiaro che loro erano fatti per stare insieme e si sgridò per non averlo baciato prima.
Con James era tutto talmente semplice, spontaneo, che un po’ la destabilizzava; lei che era sempre stata molto rigorosa e scientifica.
Ma d’altra parte, si disse, l’amore è tutto fuorché ragionevole.
Si addormentò alle quattro di notte ma dopo mezzora si risvegliò, accecata da un bagliore davanti a lei.
- Cosa…?- sussurrò assonnata.
- Non qui. Dobbiamo parlare, signorina Evans. La prego di vestirsi, l’aspetto di sotto. Non svegli le sue compagne. –
Lily capì che chi le aveva parlato era la McGranitt ma la voce sembrava strana, come incerta.
Scese le scale in pigiama e scoprì la Sala Comune relativamente affollata per quell’ora.
C’erano la professoressa McGranitt in vestaglia smeraldo, due uomini dalle ispide barbette nere coperti da pesanti soprabiti e, dulcis in fundo, niente popò di meno che il professor Silente. Quest’ultimo li invitò a seguirlo e Lily eseguì, percorrendo i corridoi del castello insieme a quegli strani personaggi.
Si fermarono davanti ad un Gargoyle e alla ragazza parve sentir sussurrare al preside “Sorbetto al Limone” prima che la statua si spostasse, rivelando una stretta scala a chiocciola.
Dopo aver aperto una porticina entrarono in una stanza circolare, adornata e riempita dei più strani oggetti Lily avesse mai visto.
Intuì di essere nell’ufficio di Silente.
- Ho fatto qualcosa di male? – chiese innocentemente la rossa.
Lily rimase spiazzata quando la McGranitt provò a parlare ma non ci riuscì.
Silente le poggiò la mano sulla spalla e disse, dolcemente: - No, assolutamente. Dobbiamo informarla di un evento disastroso…mi dispiace, Lily. –
E, mentre ascoltava le parole degli Auror, i due uomini, avvertì le lacrime scenderle prepotentemente dagli occhi e la pelle irritarsi quasi fossero lava fumante.
Vide di sfuggita la professoressa abbracciarla, scossa dai singhiozzi anche lei e il professore parlare ma non sentì nulla.
Si staccò da loro e urlò, urlò come se volesse morire, urlò come se volesse far cadere tutto il castello.
Una voragine sembrò farla cadere nel vuoto, le parole le rimbombavano nella testa ma non aveva più alcun significato.
Prese il primo oggetto che trovò e lo ruppe, poi iniziò a graffiarsi, a farsi male.
Voleva morire, voleva che la sofferenza smettesse, che quel lacerante dolore non continuasse a distruggerla, a mangiarle le viscere.
Avvertì delle braccia che la prendevano mentre si lasciava andare, senza più voglia di vivere.
Poi, il buio.
Le sembrava di essere in un limbo infinito e vi uscì solo quando la voce profonda di Silente sussurrò: - Sua sorella è viva. –
Lily aprì gli occhi, accorgendosi di essere per terra, la professoressa abbracciata a lei.
- Vuole vederla? E’ al San Mungo. – chiese di nuovo Silente.
Lily annuì debolmente.
- Ora – aggiunse poi in un soffio.
Se Tunia era viva non tutto era perduto. Il dolore continuava a lacerarle il corpo ma sentì una resistenza crescerle in petto.
Tunia era viva.
Sua sorella era viva.
C’era ancora speranza.



Questo capitolo mi piace un sacco, sia per * cori di Halleluia * il bacio di Lils e James, sia per la notizia. Cioé non mi piace la notizia, ma sarà fondamentale nei prossimi capitoli.
Petunia è viva, ma avete capito cos'è successo?
Ringrazio come sempre Lily97 e invito RomanticBookWorm e Banny a recensire perché amo alla follia anche le loro recensioni *_* Invito che però è allargato a tutti, ovvio ù.ù
Sapete, ero tentata di finire qui questa storia e iniziarne un'altra, dopotutto la sfida è finita e il titolo è proprio "I Dare You".
Però siccome ci sono la bellezza di 48 ( O: ) seguiti e 13 ( :')) preferite non voglio deludere e/o perdere il pubblico. 
Vi rimando come sempre al prossimo capitolo, che sarà tutt'altro che allegro ma d'altra parte la vita non è sempre rose e fiori e forse sono i momenti bui più di quelli felici a farci apprezzare la felicità appieno.
Un bacione!

 

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Capitolo 13
*** Perché Amore è anche Dolore, perché Dolore è anche Amore ***




CAPITOLO 11 - PERCHE' AMORE E' ANCHE DOLORE, PERCHE' DOLORE E' ANCHE AMORE





Al San Mungo l’accompagnò solo Silente: la McGranitt sarebbe rimasta a scuola per controllare la situazione e i due Auror da quanto Lily aveva capito erano andati a “sistemare” tutto.
La sua mente dolorosamente acuta aveva capito che il “sistemare” stesse per “portare via i cadaveri ed eliminare ogni prova alla vista dei Babbani”, ma tentò di non pensarci.
Si aggrappò con la poca forza che aveva al braccio che il preside le porgeva, cercando di non lasciarsi andare alla disperazione e mantenere un minimo di lucidità.
“Tunia. Tunia. Tunia” continuava a ripetersi costantemente, come per darsi forza.
Dopo essersi smaterializzati, la prima vera smaterializzazione della ragazza, entrarono nell’Ospedale e Lily si lasciò guidare dall’uomo come in trance.
Ad un certo punto il preside si fermò e Lily lo imitò automaticamente, capendo di essere davanti ad una porta azzurro pallido su cui era appesa una targa con scritto “Petunia Evans, Babbana”.
Lily sentì le lacrime premere prepotentemente dagli occhi.
Pensò a come Petunia odiasse il suo mondo e come dovesse sentirsi ancora più persa in quel momento.
Si risvegliò dai suoi ragionamenti quando Silente le parlò dolcemente e Lily si voltò per poterlo guardare in viso.
Aveva sempre avuto un grande rispetto per l’uomo che le stava di fronte e notò solo in quel momento quanto quegli occhi azzurri fossero…incredibili.
Le sembrava che quelle iridi chiare dietro agli occhiali a mezzaluna le perforassero la pelle, trasmettendole una strana calma che non pensava di possedere.
- Vuole che l’accompagni dentro? Se vuole lo farò oppure l’aspetterò qui fuori. Può contare su di me. –
Lily sentì che era vero: poteva contare su di lui, nonostante i loro contatti non fossero stati poi così ravvicinati in quegli anni, lei avvertì che lui teneva al suo benessere e ciò l’aiutò molto.
Pronunciò le parole con tranquillità, qualità che non sentiva forse davvero ma che in quell’istante la pervadeva, mentre si perdeva in quei pozzi azzurri.
- La ringrazio, credo sia meglio che entri da sola. Lei…potrebbe aspettarmi fuori? –
L’uomo le sorrise paziente e senza accorgersene Lily lo imitò.
- Naturalmente. – le rispose, facendo comparire dal nulla una comoda poltrona blu notte.
Lily respirò a fondo, cercando di tenere a mente gli occhi del preside ed entrò.
 

Petunia era l’unica persona in quella stanza. Stava seduta sul letto, gli occhi vitrei, i capelli mori in disordine. Indossava una tuta acqua marina che Lily intuì esserle stata data da qualche esponente dell’Ospedale.
Lily le si avvicinò piano, temendo la reazione della sorella.
Però, allo stesso tempo, la visione della stessa le regalava un soffio d’aria fresca che le permetteva di essere un po’ più lucida.
- Tunia…- sussurrò piano, quando fu vicina al letto.
Con sua sorpresa la ragazza si voltò con incredibile velocità verso di lei ma parve impiegarci un po’ a capire chi fosse.
Quando però ce la fece, Lily lo intuì dal lampo negli occhi mori e seppe cosa sarebbe successo.
Il volto prima impassibile della sorella si trasformò in un’espressione di puro e smisurato odio.
Quando parlò la voce era fredda, tagliente, col solo scopo di fare male.
- Che diavolo ci fai tu qui?! Come osi anche solo farti vedere, dopo quello che è successo?-
Lily accusò il colpo meglio di quanto pensasse; dopotutto sospettava questo tipo di reazione.
Respirò a fondo e riprese a parlare con un po’ di decisione in più.
- Sono qui per te, Tunia. Ho saputo ciò che è successo e…-
E? Cosa doveva dire? “Mi dispiace”? Sarebbe stato come dare uno schiaffo ad entrambe.
A continuare però ci pensò Petunia, la rabbia evidente in ogni tratto del volto.
- COSA? TU COSA? E’ TUTTA COLPA TUA! SE SOLO TU NON FOSSI UN MOSTRO AVREI ANCORA DEI GENITORI! CON CHE CORAGGIO TI PRESENTI QUI, DA ME, DOPO AVER UCCISO I NOSTRI GENITORI?! –
Alle ultime parole le lacrime cominciarono a scorrere senza freno ma Lily non seppe che cosa significassero: dolore? Rabbia? Odio? Paura? Senso di colpa?
Forse tutte quelle cose, forse nessuna.
Eppure Lily trovò il coraggio di risponderle, urlando ciò che pensava con una forza tale da sorprendere anche sé stessa.
- IO NON HO UCCISO NESSUNO! E’ TIPICO DI TE DARMI LA COLPA IN UN MOMENTO COSI CRITICO! NON SEI L’UNICA CHE HA PERSO I GENITORI, LO SAI, TUNIA? E SAI DI COSA HO BISOGNO ORA? DELLA MIA SORELLONA! HO BISOGNO CHE LA MIA SORELLONA MI ABBRACCI, MI CONFORTI, HO BISOGNO DI TE TANTO QUANTO TU NE HAI DI ME! SMETTILA DI ODIARMI TUNIA, SMETTILA! IO TI VOGLIO BENE E ORA PIU’ CHE MAI DOBBIAMO ESSERE UNITE, LO CAPISCI?! –
Quando Lily finì quel flusso di coscienza si sentiva accaldata, le lacrime che continuavano implacabili, il respiro affannoso.
Sperava di vedere comprensione, amore, scuse anche,  negli occhi di lei così uguali eppure così diversi dai suoi.
Eppure, tutto ciò che ci vide fu odio.
Sapeva che non sarebbe durata ancora molto, si allontanò di poco dal letto, aspettando le parole che puntualmente arrivarono, come pugnalate al cuore.
- Io invece non ho bisogno di te. Mi trasferisco da Vernon, tieniti la casa, tieniti tutto. Non voglio più sapere nulla di te. –
Petunia disse qualcos’altro, ma Lily non lo sentì mai.
Si girò di scatto e corse a perdifiato fuori da quella stanza, dove si sentiva soffocare.
Corse fuori ma non si fermò: continuò a correre, evitando i carrelli e le persone che le venivano incontro, corse come se ne dipendesse la sua vita.
Tutto ciò che voleva era andarsene, fuggire.
Il suo disperato tentativo però fu bloccato da due grandi braccia che bloccarono la sua corsa senza meta.
Lily non sapeva chi fosse ma si aggrappò a quel corpo con tutta sé stessa, cercando di non ricadere in quella voragine che la chiamava senza sosta.
- Va tutto bene Lily, tutto bene –
Quella voce…
Lily alzò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri che poco prima l'avevano calmata.
Ma se qualche minuto fa erano riusciti a renderla più lucida, ora le sembravano solo un dolce invito a lasciarsi andare.
Così Lily fece: cedette al dolce richiamo delle tenebre, cullata dalla comprensione e dal bene che quegli specchi chiari le trasmettevano.
 
 

***

 
 
James venne svegliato alle cinque di mattina da un continuo beccare alla finestra.
Prese gli occhiali dal comodino e, ancora mezzo addormentato, si diresse verso il vetro della piccola finestra, dietro la quale lo aspettava un enorme gufo nero.
Dopo aver aperto, l’animale volò dentro senza un invito e si posizionò con fare fiero sulla tastiera del letto del ragazzo; in attesa.
James sbuffò infastidito e andò a sedersi, per poi slacciare la lettera legata alla zampa del gufo.
- Oh andiamo, sono solo le cinque! – sussurrò esasperato mentre tentava di aprire la missiva dalla parte sbagliata.
Quando però lesse il nome del destinatario e vide la scritta incisa sulla carta si svegliò di colpo.
 

Albus Silente
Ospedale San Mungo per Ferite e Malattie Magiche
Massima Importanza

 
 
James aprì veloce la busta e lesse la lettera, il cuore che accelerava sempre di più.
Quando ebbe finito si passò inconsciamente una mano tra i capelli e si alzò di scatto.
- Papà! Ho bisogno di te! – urlò a pieni polmoni, mentre contemporaneamente si metteva un paio di jeans e un maglione appesi lì accanto.
 
 
Dieci minuti dopo James Potter era alle porte dell’Ospedale Magico, seguito dalla madre Dorea e dal padre Charlus.
James precedette i genitori a passo di marcia e seguì le indicazioni che ormai aveva imparato a memoria, lette nella lettera del preside.
Dopo cinque minuti raggiunse il bancone indicatogli e vide l’alta figura che cercava che li stava aspettando.
Indicò a James la camera 723, lì a pochi passi, e si mise a parlare coi genitori, mentre il ragazzo entrava nella stanza.
Le tende erano chiuse e lasciavano passare solo un’esile raggio di luce crescente da fuori.
James sentì il cuore perdere un colpo quando la vide.
Era distesa sul letto, indosso solo un camice dell’Ospedale.
I capelli sciolti le ricadevano scomposti sulle spalle, il colore del solito rosso ma allo stesso tempo più freddo e vuoto.
Le labbra e il viso erano più pallidi del solito, gli occhi gonfi per le lacrime.
Stava dormendo.
James si tolse la sciarpa ed il cappello e li appoggiò sul comodino accanto al letto.
Si sedette sulla sedia e prese la mano della sua ragazza: era gelida.
Le passò la mano sul viso, accarezzandole i capelli e la pelle.
Quando le toccò le guance gli occhi di lei si aprirono di scatto e si voltò verso di lui.
James rabbrividì.
Gli occhi che ora lo guardavano non erano gli stessi che avevano conquistato il suo cuore e riempito i suoi sogni. Il verde unico che lui amava sembrava lontano, come se tra di lui e la vera Lily si fosse posato un velo trasparente.
Lily lo fissava inerme, impassibile.
James si spaventò, vedendo l’assoluta indifferenza della ragazza.
Allora fece qualcosa di talmente assurdo che si stupì pure lui, ma era come se sapesse che era la giusta cosa da fare.
Le prese la mano e la posò sopra il suo cuore, che in quel momento batteva all’impazzata.
- Sono io Lils, sono io. – sussurrò dolcemente.
E ad un tratto Lily capì che stava dicendo la verità.
Gli si buttò tra le braccia, piangendo disperata, aggrappandosi con forza incredibile a quelle braccia, a quell’odore che riconosceva.
Lily si addormentò così, tra le braccia di James, senza dire una parola.
Mentre però James guardava la ragazza che amava dormire tra le sue braccia sapeva che non era finito nulla, che sarebbe stato difficile.
La Lily che lui conosceva era stata colpita a morte e spettava a lui riportarla in vita.
E l’avrebbe fatto, perché era giusto così, perché era suo compito.
Perché l’amava.
Senza sapere perché gli tornò in mente un episodio di poche ore prima; che però gli sembrava lontano anni luce.
 
Non ci poteva credere, era vero.
Finalmente era riuscito a far innamorare Lily, era sua. Tutta sua.
Si diede dell’idiota per non averlo capito prima, per aver perso tempo a litigarci piuttosto che baciarla.
Camminava a tre metri da terra, per quanto era felice.
Era così felice che inizialmente non capì il perché degli sguardi che lo accolsero una volta entrato nel Dormitorio.
Lui e Lily si erano dichiarati appena un’ora fa e si erano separati perché le ragazze dovevano andare a fare qualcosa che…oh ma a chi importava? Stava con Lily Evans dannazione! L’unica cosa che ricordava per certo era il lungo bacio che la ragazza gli aveva dato prima di andare dove doveva andare.
Alla luce degli ultimi avvenimenti talmente incredibili che quasi aveva paura di svegliarsi nel suo letto, potete capire come mai appunto James Potter non comprese subito il motivo delle facce da funerale che i suoi migliori amici stavano esibendo.
- Cosa sono quelle facce? Gioia e allegria! I sogni si avverano amici! – esclamò infatti entusiasta.
Ci fu uno scambio di sguardi tra Remus, Sirius e Peter che lo preoccuparono non poco.
- Ehi, che avete? Vi si è annodata la bacchetta? – chiese ancora, stavolta un po’ meno contento.
- James…dobbiamo parlare. – esordì Sirius, serio come non mai.
James li guardò interrogativamente e domandò: - Di cosa? –
Remus sembrò metterci un secondo in più del necessario per parlare, come se stesse scegliendo le parole adatte.
- Vedi ehm…James… dobbiamo chiarire ciò che…ehm…è successo, sì ciò che è successo stamani.-
James ci mise un attimo a capire a cosa si stesse riferendo l’amico e quando ci arrivò sorrise divertito.
- Oh andiamo, per quella sciocchezza? Ok, ok, scusatemi. Dico sul serio, sono stato un’idiota, peggio di una ragazza prima delle sue cose. Felpato, mia anima affine, potrai perdonarmi per il mio incredibilmente oltraggioso livello di stronzaggine? E tu, caro amato Lunastorta, potrai mai sorvolare sull’idiozia straripante che mi ha fatto accusare voi, mie insuperabili compagni, di tanto tradimento? E tu, Peter, caro innocente Peter. Puoi capire il perché di quello stupido schizzo di pazzia che mi ha condotto a comportarmi da tale coglione? –
Le facce dei tre davanti a lui non avevano prezzo.
Le espressioni si scambiavano tra paura, felicità, curiosità, confusione, indecisione, risate.
Il primo a parlare fu Remus, la voce evidentemente indecisa.
- Quindi tu…tu non ci odi o cose simili? –
- Odiarvi? – chiese stupito James.
- Sì beh, sai per quelle stronzate su complotti e tradimenti e cose simili di stamattina. – spiegò Sirius, la voce seria in netto contrasto col sorriso a trentadue denti.
James rise, la solita risata sincera e travolgente.
- Scherzi? Ti do il permesso di saltarmi addosso mentre dormo. Allora, altre domande? –
Sirius guardò Remus che guardò Peter che guardò Sirius.
E tutti e tre si buttarono addosso a James.
No, non per abbracciarlo, ma per ingaggiare una lotta furiosa.
Tra risate, insulti, scherzi e quant’altro, i quattro tornarono alla normalità.
I Malandrini non potevano dividersi.

 
Mentre ripensava alla felicità straripante di poche ore fa James non poté che darsi dell’idiota: un rapporto non era solo baci e carezze, era lavoro, sacrificio, disponibilità e supporto.
Ma non aveva paura.
Sapeva che Lily aveva bisogno di lui ora più che mai e lui non l’avrebbe delusa.
Avrebbe fatto sorridere di nuovo Lily, l’avrebbe fatta di nuovo ridere, scherzare, ma anche arrabbiarsi e insultarlo.
Avrebbe fatto di nuovo colorare quelle guance del solito rosa pastello, i capelli di quel rosso acceso che avrebbe riconosciuto dovunque e quegli occhi del verde che l’avevano conquistato.
Avrebbe fatto tutto questo e altro, perché di una cosa era certo.
Lui amava Lily.
 
 
 

***

 
 
Alle nove e mezzo di mattina la stanza 723 era decisamente più piena.
Appena saputo dalla professoressa McGranitt l’accaduto, Sirius, Remus, Peter, Marlene, Alice, Frank e Mary si erano precipitati al San Mungo.
Tutti avevano abbracciato James che non se n’era mai andato e l’avevano costretto ad andare a casa, farsi una doccia, mangiare qualcosa e solo allora tornare lì.
Dopo un po’ di proteste il Grifondoro aveva acconsentito e si era smaterializzato col padre a casa sua.
Lily non si era svegliata e dormiva nel suo letto, scossa però da incubi.
Remus era al suo capezzale e provvedeva ad accarezzarla quando la vedeva particolarmente in ansia, per calmarla.
Sebbene però fossero insieme a Lily, ognuno era internamente perso nei suoi pensieri.
 
 

* REMUS *

 
 
Non ci poteva credere, semplicemente non poteva.
Lily, la sua Lily, la sua migliore amica, lì, in quel letto, distrutta sia fisicamente che psicologicamente.
Sapeva che non sarebbe stato più come prima, che qualcosa in lei era cambiato per sempre, che qualcosa era perso per sempre.
Non serviva essere veggente per capire che tutti ora erano spaventati.
Senti di persone uccise da Mangiamorte, senti di Babbani ingiustamente giustiziati, ma inconsciamente pensi che non potrebbe mai accadere a qualcuno che conosci, a qualcuno che ami.
Eppure, eccoli lì.
La Guerra, questo era ciò che temeva ora più di tutto.
La Morte.
Era capitato ai genitori di Lily quella volta, ma cosa gli assicurava che un giorno non avrebbe pianto James? O Sir? O Lily? O…
No, lei no.
La guardò.
Stava abbracciando Mary che piangeva disperata, Sirius accanto a lei che la stringeva.
Lei però no, lei non piangeva.
Non una sola lacrima era caduta da quei bellissimi occhi nocciola, gli stessi che tante volte aveva cercato nei momenti di tristezza, negli attimi di paura.
Marlene non aveva ancora pianto e, Remus ne era sicuro, non l’avrebbe fatto finché non fosse stata da sola.
Perché Marlene era quella forte, quella che non si piega mai.
Marlene era quella che rassicurava, non quella che veniva rassicurata.
Era quella che le lacrime le asciugava e non quella che se le faceva asciugare.
Marlene era quella che aspettava che tutti fossero addormentati prima di piangere, prima di mostrare la sua debolezza.
Per poi, il giorno dopo, fare finta di niente.
Lei il dolore se lo teneva dentro, anche a costo di farsi così più male.
Ripensò a ciò che era accaduto poche ore prima, un nodo alla gola mentre capiva ciò che doveva fare.
 
 
Lily e James stavano insieme, wow.
“Finalmente!” non riuscì ad impedirsi di pensare mentre camminava sull’erba umida, verso il solito posto.
Tutti erano andati a letto ma lui non poteva ancora concedersi il dono del sonno.
Percorse il cammino che ormai conosceva a memoria, perso nel ricordo degli occhi felici di Lily, della lotta ingaggiata con James dopo il loro “rappacificamento”.
Sorrise, senza rendersene conto, al pensiero di quanto fossero stupidi e di quanto voleva bene ai suoi amici.
E, mentre guardava il maestoso albero denominato da tutti il “Platano Picchiatore”, non poté che ripetersi quanto fosse fortunato ad avere amici come loro.
Prese un ramo e stava per dirigersi verso il punto che conosceva bene quando sentì qualcosa rompersi, dietro di lui.
In un secondo tirò fuori la bacchetta e si mise in posizione da combattimento.
Sapeva bene, forse meglio di tutti, quali incredibili quanto pericolose creature si celassero in quella Foresta.
Ma ciò che vide spuntare fuori dal buio, quello di certo non se l’aspettava.
- M…Marly? – chiese, la voce confusa.
La ragazza gli si avvicinò e gli abbassò la bacchetta, per poi dirigersi verso il Platano, fissandolo curiosa.
Forse furono i riflessi agili, forse la mente attenta, ma qualsiasi cosa fosse ringraziò il cielo di avercela.
- Attenta! –
Le si buttò addosso, facendola cadere a terra.
Mentre atterrava sull’erba bagnata sentì i capelli muoversi per la sferzata d’aria che il ramo grande quanto un tronco di un qualsiasi altro albero gli passava a pochi millimetri dalla testa.
La prese per mano e corse al sicuro da eventuali attacchi.
- Si può sapere che diavolo avevi in mente?! – le urlò senza in realtà volerlo mentre l’aiutava a rialzarsi.
- Potrei chiederti la stessa cosa. – gli rispose, gelida.
La freddezza con cui gli parlò, il fatto che fosse la prima volta che gli parlava così, lo mandò nel pallone.
- C…cosa…che vuoi dire? – le chiese titubante.
- Rem dannazione smettila! A che gioco stai giocando?! – sbuffò lei, gli occhi lampeggianti di rabbia.
- Di che stai parlando? – continuò lui, sempre più confuso.
- Oh andiamo! Smettila con questa farsa! Scompari una volta al mese e nessuno ti vede per giorni, poi ricompari come se niente fosse. E ora ti trovo qui, davanti al Platano Picchiatore con un…ramo in mano? –
Remus lasciò cadere l’oggetto come se si fosse scottato.
- Vuoi dirmi che succede? Un rapporto si basa sulla fiducia Rem, e io credo che tu non ti fidi di me. Allora? – gli chiese infine, le mani conserte ma gli occhi che tradivano la sicurezza emanando incertezza.
Remus iniziò a pensare frenetico.
Doveva andare al Platano, o meglio alla Stamberga, per ritirare le pozioni Anti-Lupo che il professor Silente gli aveva mandato.
Certo, non gli impedivano la trasformazione; ma lo rendevano un po’ più lucido.
Cosa avrebbe dovuto dire a Marlene? Cosa?
- Io… devo incontrare Sirius! Uno scherzo, sai com’è. – rispose, con voce sperò abbastanza credibile.
Ma dagli occhi pieni di delusione di lei intuì di aver fallito.
- Ho visto Sirius e Mary mentre venivo qui. Te l’ho detto Rem, per me la fiducia è fondamentale.
Chiamami quando vorrai stare con me. –
Marlene si girò e iniziò a camminare e Remus la seguì.
Le afferrò il braccio, costringendola a girarsi.
- Aspetta Marly, io…-
- Che vuoi? Dirmi un’altra bugia? Scusarti per nemmeno so cosa? Lascia stare, non ho voglia di giocare. –
Tirò il braccio, liberandosi della sua presa e ricominciò la camminata, ormai più una marcia.
Remus allora capì che quella ragazza lui l’amava davvero.
E non poteva perderla.
- Marlene! Ok, ti dirò la verità! –
La ragazza si fermò e un secondo dopo gli fu davanti.
- Sto ascoltando – disse semplicemente.
Remus aveva paura, sentiva il cuore battere all’impazzata.
E se l’avesse definito un mostro? Se si fosse rifiutata di vederlo? No, doveva provarci. Non poteva perderla senza nemmeno provarci.
E così, come un fiume in piena, tenendo gli occhi bassi, Remus iniziò a raccontare.
Le disse come a cinque anni venne morso da un Lupo Mannaro, le disse come James, Sirius e Peter sapevano della cosa e come non l’avessero abbandonato ( tralasciando però il racconto di come diventarono Animagus ) e le spiegò il funzionamento del Platano Picchiatore.
Quando finì si sentiva strano, allo stesso tempo leggero e pesante.
Non aveva il coraggio di guardarla, di vedere l’odio e il disgusto nei suoi occhi.
Fu quindi sorpreso quando sentì le sue braccia attorno al suo collo, il profumo di lei nelle narici e, più di tutto, la voce, dolce e sincera, che gli sussurrava all’orecchio: - Ti amo Remus. Grazie di esserti fidato di me. –
L’abbracciò, la baciò, l’amò come non mai.
L’amò davvero, lì, sul letto di foglie, nascosti dal mondo. Solo loro due, come in una bolla, fuori dal tempo e dallo spazio. La pelle morbida di lei sotto i palmi delle mani, il tocco delle sue dita sulla schiena di lui, sulla barbetta ispida che lei tanto amava. Le labbra della ragazza sul petto di lui, le braccia di lui che accarezzano i suoi capelli.
Mentre tornavano al Castello, mano nella mano, i cuori pieni e il profumo dell’altro addosso, Remus sentì le lacrime agli occhi.
Ci era riuscito. Si era lasciato andare con qualcuno, e non era stato abbandonato.
Sentì le proprie guancia bagnate e avvertì il tocco leggero di lei che le asciugava.
Gli strinse ancor più la mano, senza aggiungere altro, senza altro d’aggiungere.
Perché sapevano che si erano detti tutto su quel manto di foglie, perché sapevano di aver appena superato una delle sfide più grandi: fidarsi dell’altro.

 
E mentre riviveva quegli splendidi momenti capì che erano davvero la vita di un altro, pezzi di una vita che mai avrebbe potuto avere.
Guardò un’altra volta Lily e si fece coraggio, convincendosi che lo stava facendo anche per il bene di lei, perché l’amava.
La chiamò e insieme uscirono dalla stanza, senza dire una parola finché non furono fuori dall’Ospedale, in un posto sicuro.
E parlò, con voce dura e forte, col cuore che moriva.
- Dobbiamo parlare, Marly. –
 
 

*SIRIUS*

 
 
“Dove diavolo sono andati quei due?” si domandò Sirius vedendo uscire Remus e Marlene.
In effetti, Remus era strano dalla notte prima.
Non aveva voluto dirgli cosa fosse successo nella Foresta né perché non avesse la Pozione Antilupo per la quale era uscito.
Sentì un singhiozzo e si ricordò di Mary.
La ragazza piangeva silenziosa, tra le braccia di Alice.
Sirius osservò i capelli chiari raccolti in una coda semplice, la felpa dischiusa che lasciava vedere un accenno di seno, i jeans stretti e gli stivali neri.
Normalmente avrebbe sorriso, sarebbe andato da lei a rincuorarla.
Ma non in quel momento.
Non dopo ciò che era successo la sera prima.
 
 
Ok, capitolo finito!
E bello lungo aggiungerei!
Come avete capito nel prossimo si racconterà ciò che è accaduto tra Sirius e Mary, ma non solo!
Grazie alle ormai ( * piange commossa * ) 52 seguiti, i 15 preferiti e le 42 recensioni!
Grazie a tutti, dal più profondo del cuore.
Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima :D

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Capitolo 14
*** Perché a volte un Addio è un Arrivederci, perché a volte un Ciao è un Bentornato ***






 

CAPITOLO 12 - PERCHE' A VOLTE UN ADDIO E' UN ARRIVEDERCI, PERCHE' A VOLTE UN CIAO E' UN BENTORNATO




Dal capitolo precedente:
 
“Dove diavolo sono andati quei due?” si domandò Sirius vedendo uscire Remus e Marlene.
In effetti, Remus era strano dalla notte prima.
Non aveva voluto dirgli cosa fosse successo nella Foresta né perché non avesse la Pozione Antilupo per la quale era uscito.
Sentì un singhiozzo e si ricordò di Mary.
La ragazza piangeva silenziosa, tra le braccia di Alice.
Sirius osservò i capelli chiari raccolti in una coda semplice, la felpa dischiusa che lasciava vedere un accenno di seno, i jeans stretti e gli stivali neri.
Normalmente avrebbe sorriso, sarebbe andato da lei a rincuorarla.
Ma non in quel momento.
Non dopo ciò che era successo la sera prima.
 

* SIRIUS *

 

Cos’era successo la sera prima?
Oh, Sirius se lo ricordava bene, troppo bene in effetti.
“Dannata perfezione che mi permette di avere una maledetta memoria impeccabile!”
Comunque, sorvoliamo sulle “disgrazie” del nostro povero Sirius e andiamo al resoconto dei terribili avvenimenti accaduti la sera precedente.
Quella sera, dopo essersi congedato dagli amici inseparabili, il nostro eroe si stava sistemando per dormire, sennonché un rumore sospetto lo incuriosì troppo.
Sirius comparve dal bagno giusto giusto per vedere un certo Lunastorta prendere l’uscita del Dormitorio.
Cosa abbastanza normale, se non per: l’orario, le vesti, i motivi ignoti e il sorriso a trentadue denti che esibiva.
Mettiamo però in chiaro una cosa: non si dica che Sirius Black III sia un inguaribile spione, una persona che non si fa mai i fatti propri o addirittura un rompiscatole di prima categoria eh!
Lui è un’anima dolce, altruista e allergica alle intrusioni indesiderate nella vita degli altri.
Alla luce di questi essenziali chiarimenti, è quindi logico constatare come il suo fosse puro spirito altruistico.
E lui quello spirito lo seguì a ruota, nel prendere il cappotto e un certo Mantello di nostra conoscenza e seguire senza far rumore ( sempre nel più sconfinato desiderio di non arrecare fastidio agli altri compagni di casata, ovvio ) il suddetto compagno di (dis)avventure.
Quindi, in silenzio e senza far rumore, Sirius seguì Remus giù per le scale del Dormitorio, oltre il Ritratto, lungo il corridoio illuminato da flebili luci e giù ancora per un’altra rampa di scale; fino ad arrivare al pian terreno.
Remus si diresse senza problemi verso il grande portone di quercia che aprì con un certo incantesimo che Sirius ovviamente conosceva, cosa che non mancò di farlo sogghignare, e stava per seguirlo quando vide di sfuggita una coda bionda passargli accanto, seguita da un profumo.
Un’essenza che Sirius conosceva troppo bene.
Il ragazzo, incerto sul da farsi, vide scomparire la figura dietro un angolo e decise di seguirla, abbandonando così il pedinamento del nostro caro Lunastorta.
Sirius seguì Mary nei lunghi corridoi di Hogwarts, sempre più curioso.
La ragazza era truccata leggermente, i capelli biondi raccolti in un’alta coda, le guance arrossate per il freddo, il corpo avvolto in una felpa calda e una sciarpa al collo.
A finire, un paio di jeans a sigaretta neri che le facevano risaltare le lunghe gambe, qui Sirius non poté fare a meno di congratularsi con sé stesso per la scelta, e degli stivali neri con un po’ di tacco.
Ma c’era qualcosa di strano, qualcosa di…diverso.
E quando lo capì Sirius si sentì terribilmente spaventato: Mary si era messa addosso un profumo, probabilmente di Marlene.
Ora, chiederete voi, che c’è di male? Beh, considerate il fatto che la nostra dolce fanciulla non si è mai messa un profumo in tutta la sua esistenza, o almeno in quella condivisa con il nostro eroe, nemmeno negli appuntamenti galanti con Sirius.
“Trucco+Profumo+Uscita notturna = …”
Questa l’addizione che il brillante cervello di Felpato eseguì e il risultato fu ciò che aveva temuto.
Mary si era fermata e da un’aula vuota alla loro sinistra era appena uscito un incubo.
Alto, moro, occhi azzurri, circa vent’anni e vestito con un cardigan nero sopra una camicia a quadri, jeans strappati e scarpe da ginnastica.
C’è forse di peggio? Oh sì.
Perché quel bel fusto non solo saluta Mary con ostentata cordialità (e qui Sirius deve trattenersi dall’urlargli contro), ma la bacia sulla guancia, invitandola ad entrare!
Ora, sappiamo tutti quanto poco impulsivo e profondamente riflessivo sia il nostro amato Felpato, giusto? Beh, sarà stata l’incredulità del momento, sarà stata la rabbia che bolliva a fuoco lento, pronta ad esplodere da un momento all’altro, sarà stato l’impegno nel trovare una scusa abbastanza convincente che lo inducesse a non formalizzare quelle terribili accuse; sarà stato tutto questo o forse niente, ma Sirius Black non disse nulla.
Rimase lì, appoggiato al muro, celato al mondo dal Mantello dell’Invisibilità, a pensare.
Non si accorse del tempo che passava, non si preoccupò di cosa avrebbero pensato gli altri della sua mancanza, cercò soltanto di non impazzire, nell’attesa.
Dopo un’ora e mezza circa, Mary uscì dall’aula seguita da “MrSonoFigoeNonMeNeVergogno”, come l’aveva soprannominato Sirius.
Felpato li guardo salutarsi, indugiare un secondo nel congedarsi ridendo e scambiandosi battute.
- Mi sono divertita oggi, forse la prossima volta migliorerò ancora! –
- Non temere, è difficile all’inizio ma poi ti ci abitui. E non sai la soddisfazione quando ci riesci! Allora, stesso posto stessa ora la prossima settimana? –
- Contaci Nick! Ciao! –
I due si salutarono con un bacio sulla guancia e Mary si voltò per ripercorrere i propri passi.
Sirius la seguì quasi automaticamente, troppo impegnato a ripensare alla loro conversazione.
“No, è…è assurdo! E’ Mary, lei non…”
Ma le parole bruciavano come fuoco, scaldando la rabbia che scorreva nelle vene del nostro eroe, accendendogli pensieri orribili.
Nick e Mary avvinghiati sopra la cattedra.
Nick che la bacia sul collo, che le accarezza i capelli.
Mary che prende in giro Sirius, ammettendo come Nick sia un amante migliore.
Mary che… Mary che…
Mary che ride con Nick, come Sirius pensava facesse solo con lui.
E qualcosa, semplicemente, scoppiò.
- Ti sei divertita eh? –
Mary sussultò visibilmente, facendo cadere i libri che solo ora Sirius notò avere in mano.
Si voltò di scatto e appena lo vide esclamò: - Sir che diavolo, vuoi farmi venire un infarto! –
La ragazza si chinò a raccogliere i tomi ma quando si accorse che lui non la stava aiutando si alzò e gli chiese, con voce insicura: - Che ci fai qui? –
E Sirius ghignò, non però come suo solito, con quel fare provocante e scherzoso che chi lo amava riconosceva a vista d’occhio.
Il sorriso era gelido, strafottente, cattivo.
- Potrei farti la stessa domanda McDonald. Oh, oltre a tradirmi con un ventenne del cazzo ovviamente! –
Non seppe mai cosa la sconvolse di più: l’uso del cognome, l’accusa o quel sorriso inquietante.
Comunque sia Mary era così sorpresa che non seguì subito Sirius, che di rimando se ne andò come una furia non appena ebbe finito di pronunciare la parola “ovviamente”.
Lo prese per un braccio, tentando di fermare o almeno rallentare quella che era ormai più un passo di marcia che una camminata.
- Sir, Sir aspetta! –
E Sirius lo fece: si bloccò, come un robot spento.
Mary per poco non gli andò addosso ma si affrettò a mettersi davanti a lui.
Felpato teneva la testa alta, impedendosi di vederla, lo sguardo vitreo.
- Sir… Sir guardami! – disse Mary, senza alcun risultato.
Fece per toccargli il mento ma la mano di Sirius fu più veloce, i riflessi perfezionati dal Quidditch, negandole di avvicinarsi.
Finalmente la guardò, ma nei suoi occhi si poteva leggere solo disgusto.
- Non toccarmi. Non voglio più saperne nulla di te. –
Fece di nuovo per andarsene ma Mary lo bloccò.
La voce dura, sicura, forse come non lo era mai stata.
Magari fu proprio questa sicurezza nell’imporsi, così estranea alla sua persona,  che lo fermò.
- Ora tu mi ascolti, chiaro? Allora, cos’è che hai sentito o pensi di aver sentito? –
Sirius rimase sorpreso, sentimento che si lesse chiaramente nei lineamenti così belli del volto.
- T…tu anche mi chiedi…? Dannazione Mary! Ho appena sentito di come sei andata a letto con quel…quel…vecchio! “La prossima volta sarà fantastico!” “Devi solo allenarti, pensa la soddisfazione!”. Mi tradisci così e pensi anche di riuscire a spiegarti?! –
La voce del ragazzo era carica di rabbia e la reazione di lei talmente inattesa che lo destabilizzò completamente.
Rise. Mary McDonald si mise a ridere. Di gusto, aggiungerei.
Sirius era semplicemente… sconvolto.
- C..cosa? Ma che diamine…?!-
Mary rideva così tanto che si dovette appoggiare al muro per non cadere a terra.
Ansimando, gli rispose: - Oddio Sir…tu…tu credi che…io e Nick…tu credi che io e Nick abbiamo fatto sesso? –
E lì accadde qualcosa che probabilmente verrà riportato in “Storia di Hogwarts”: Sirius Black III arrossì.
- B…beh ecco, devi ammettere che è abbastanza esplicito da…-
- Oh Sir, ma che diamine, no! Cioè, ok è figo e tutto ma oltre al fatto che è almeno venticinquenne, cazzo Sir…io amo te! –
Sirius non distolse lo sguardo e rispose piccato: - E allora di che stavate parlando? –
Mary smise di ridere e si guardò attorno, un po’ agitata.
Lo prese per mano e lo guidò nell’aula dove poco fa era chiusa con Nick.
Insonorizzò la stanza con un incantesimo e si sedette sul banco, come sfinita.
- Ok, giuro che volevo dirtelo. E’ solo che volevo aspettare il momento giusto ma ecco, prima James e Lils, poi Severus e Alice e tutto il resto e…-
- Mary dannazione vuoi dirmi che succede? – esclamò Sirius, esasperato.
Mary si torturava le mani con le dita e non osava guardarlo negli occhi.
E così iniziò a parlare.
- E’ successo circa ad Ottobre. La McGranitt mi ha cercata un giorno e mi ha fatto andare nel suo studio. Mi ha spiegato che la scuola offre quattro borse di studio per uno stage al Ministero all’anno, una per Casa. E beh, lei vuole proporre me! –
Sorrise brevemente e Sirius esclamò felice: - E’ fantastico Mary ma…-
- Aspetta Sir, non è finita. Mi ha spiegato che la mia media è ok, ma che il voto in Trasfigurazione andava alzato, almeno un O certo, se non addirittura una E. Mi ha proposto delle ripetizioni con un esperto suo amico, appunto Nick. –
Qui il miracolo si ripeté, Sirius arrossì ancora.
Ma Mary non si fermò, continuando a raccontare con voce incerta.
- Nick è bravissimo, è da due settimane che tentiamo una Trasfigurazione Umana…-
- Ma Mary, è una cosa da M.A.G.O.! – disse stupito lui.
- Lo so, è davvero molto difficile. E oggi… ci sono riuscita! L’ho trasfigurato in un gatto senza errori, forse un gatto un po’ troppo cicciotto ok, ma comunque un gatto. –
- Mary, che diamine, perché non ne hai parlato con me? –
Sirius gli si avvicinò e prese le mani di lei nelle sue, sentendo però un brivido da parte di lei.
- Sir, ho detto che lo stage è al Ministero ma…non ho detto che è quello inglese. –
Sirius la guardò interrogativamente.
- E dove, di grazia, sarebbe questo fantomatico stage? –
Mary respirò a fondo, prima di parlare.
- Stati Uniti, New York. –
Sirius si staccò da lei, colpito dall’improvvisa rivelazione.
Quando parlò la voce era atona, inquietante in un certo senso.
- Quando parti? –
- Beh non è detto, sì dovrei superare gli esami e…-
- Quando? – ripeté, più duramente.
Mary respirò ancora a fondo e attese qualche secondo prima di rispondere.
- Alla fine del ponte di Carnevale, se tutto va bene. –
- MARY, E’ FRA NEANCHE DUE MESI! – urlò lui.
- Lo so Sir ma noi possiamo…-
Fece per avvicinarsi ma Sirius non glielo permise.
Afferrò il Mantello che aveva appoggiato sulla cattedra e corse, corse a perdifiato senza più voltarsi indietro.
Quella notte aveva fatto difficoltà ad addormentarsi, rigirandosi nel letto più e più volte.
Lui amava Mary, l’amava davvero, come non aveva amato nessun’altra.
E ora lei l’avrebbe abbandonato.
Come tutti gli altri.
Appena si fidava di qualcuno era destinato a soffrire.
Sua madre, suo padre, la sua famiglia.
Perfino Regulus si era schierato dalla loro parte.
Poi, quando aveva incontrato James e gli altri, sembrava tutto diverso: loro lo accettavano così com’era, senza giudicarlo.
E infine, la ciliegina sulla torta: Mary.
Si erano conosciuti al primo anno, essendo lei una delle migliori amiche di Lily, ma aveva davvero iniziato a parlarci solo al terzo, scoprendo nella sua persona un’amica, una confidente, un tesoro prezioso.
Si era fidato ciecamente e alla fine se n’era innamorato.
Il modo in cui arrossiva, così innocentemente; il suo sorriso da bambina; il profumo di menta, il suo essere sé stessa fino alla fine.
L’amava davvero tanto, ma ora doveva dimenticarla.
Non era pronto a soffrire ancora.
No.

 
E così, guardando la ragazza che gli faceva battere il cuore alzarsi ed andare ad accudire Lily nell’assenza di Remus, Sirius si fece una promessa.
Promise a sé stesso che mai, mai più avrebbe amato una donna.
Perché, ne era certo, nessuna sarebbe stata come Mary.
E lui non si sarebbe mai fidato di nessuna come di lei.
Sarebbero rimasti amici, avrebbero fatto vite separate.
Forse, pensò, lui non era fatto per amare qualcuno.
“Un Black non ama, un Black si serve delle persone”
Forse aveva ragione sua madre, era destinato a rimanere solo, a non potersi legare ad altri senza soffrirne?
Certo, ora tutti noi gli avremmo detto: “Sir ti sei legato ai Malandrini, tu puoi farcela!”.
Però lui non lo considerò, dopotutto l’amicizia era ben diversa dall’amore.
E così Sirius Black decise di distogliere lo sguardo da Mary, per sempre.
 
 

*ALICE*

 
 
“Ok, ma che diavolo sta succedendo qui?”
Questo il pensiero di una sospettosa Alice, seduta su una sedia nella camera di Lily, mentre osservava attenta la stanza.
“Marlene e Remus che scompaiono nel nulla, Peter che continua ad essere agitato e per giunta Sirius e Mary che non si rivolgono che qualche parola di cortesia!
Oh, andiamo, cosa sta succedendo?”
E, mentre si pone quest’importante quesito, non può fare a meno che arrossire.
Dopotutto, non è certo che lei e Frank siano innocenti.
Non dopo la sera prima.
 
 
Frank le aveva dato appuntamento a mezzanotte alla Torre di Astronomia.
Alice, romantica com’era, si immaginò un appuntamento da film di vecchia data, con tanto di tavolo e cenetta.
Beh, di tavoli e cene romantiche nemmeno l’ombra, ma non si poteva dire delusa, tutt’altro.
Frank l’aspettava in completo nero, lo stesso indossato alla festa di Marlene, accanto al parapetto di pietra.
A terra c’era un cesto da picnic sopra a due sacchi a pelo a scacchi blu e bianchi. La luce proveniva da delle candele rosa e blu che galleggiavano a mezz’aria, formando un cerchio attorno al cestino e ai sacchi a pelo.
- Oddio Frank, è stupendo! – esclamò felice Alice.
Ovviamente Frank rischiò di far cadere gli occhiali nel vuoto da quanto sobbalzò per la sorpresa.
Alice lo raggiunse e aggiustò gli occhiali che cadevano in bilico da un orecchio.
- Oh, scusa amore. Come mai tutto questo romanticismo? –
Frank sorrise, guardandola curiosare allegra intorno come una bambina a Mielandia.
- B…beh sai com’è…non ci deve essere per forza una ragione…no? –
La voce era evidentemente insicura e Alice gli si avvicinò con un’espressione provocante.
- Oh signor Paciock, lei vuole sedurmi qui sulla Torre, tutta sola soletta? –
- No, assolutamente! Io volevo solo…-
Ma all’improvviso le sue labbra erano troppo impegnate per continuare a declamare le sue imbarazzate scuse.
Quando Alice si staccò gli passò le braccio attorno al collo e, sorridendo, sussurrò: - Ti amo Frank. Ti amo. –
A quelle parole il ragazzo le diede un altro bacio leggero sulle labbra e sussurrò di rimando: - Anche io Ali, tanto. Ora vieni, assapora con me le prelibatezze del mio operato. –
Mentre la portava sopra i sacchi a pelo Alice rise divertita e allo sguardo di lui disse semplicemente: - A furia di stare con J e Sir stai iniziando a parlare come loro, te ne rendi conto? –
Frank finse un’occhiata terrorizzata che aumentò il divertimento di Alice.
- Beh, rischi del mestiere penso. Ok, il menù oggi prevede ciliegie, fragole col cioccolato, meringa, piume di zucchero, calderoni di cioccolato, zuccotti di zucca e…-
- Oddio amore, così diventerò grassa e poi non mi vorrai più! –
Ma se quella di Alice era una battuta il tono della risposta di Frank era tutt’altro che divertito, ma serio.
- Che dici? Io non smetterei mai di amarti per sciocchezze del genere. Non sono quel tipo di persona. Credi che sia così superficiale? –
Alice rimase un attimo stupita dalla serietà del ragazzo.
- No, no di certo. Era solo una battuta Frank. Che hai? Qualcosa non va? –
Frank tentò un sorriso che doveva essere rassicurante e disse:
- No no, nulla. Allora con cosa vuoi inizia…-
Alice però era troppo brava a capirlo. Gli prese le mani che si accorse tremare poco e lo interruppe, chiedendogli:
- Frank? Non mentirmi, sai che non ci riesci. Che è successo? –
Frank si passò le mani tra i capelli, nervoso.
- Beh niente di che. Sai gli Smith? –
Alice annuì.
- Sono amici di tua mamma no? Quelli che stanno insieme no? –
- Sì. Lui, Tom, era da un pezzo che voleva chiederle di sposarsi ma aveva troppa paura. Anche se tutti li chiamavano già “Smith”, come se fossero già sposati. Beh, nulla di che sì insomma… Mamma mi ha detto che…li hanno trovati morti a casa di Elena. Sono stati i Mangiamorte. –
Alice si portò la mano sulla bocca, reprimendo un grido.
Tom aveva tre anni in più di loro.
Era il migliore amico di Frank ma era babbano, indi per cui non era venuto ad Hogwarts.
- Oddio Frank, io non…-
Ma Frank la interruppe, lo sguardo serio come non mai, le mani strette a quelle di lei.
- Tom non è riuscito a sposare la ragazza che amava. Non è riuscito ad avverare i suoi sogni. Io non voglio finire come lui. –
Prese il cestino da picnic e afferrò un pacchetto di gelatine tutti i gusti + 1.
Lo aprì e ne estrasse una scatola delle dimensioni di un pugno, color verde menta.
- Frank che cosa… - iniziò lei intuendo le sue intenzioni.
Frank l’aprì e ne rivelò il contenuto: un anello d’argento con un piccolo smeraldo incastonatoci sopra.
- Era di mia mamma, mio padre gliel’ha regalato per il loro fidanzamento. Alice Prewett, vuoi sposarmi? –
Alice lo guardò con un’espressione buffa, tra il divertito, il commosso e il terrorizzato.
- Ma Frank, abbiamo solo sedici anni! –
Frank spiegò: - Beh, non subito. Non appena avremo compiuto tutti e due diciassette anni, ti chiedo solo questo. Ali, io ti amo e un anno in più o in meno non lo cambierà. So che la persona che voglio al mio fianco per il resto dei miei giorni sei tu. Allora, che ne dici? –
Alice fece una cosa dannatamente da Alice.
Gli saltò addosso, letteralmente.
Frank cadde sulla schiena sopra il secondo sacco a pelo e la ragazza sopra di lui.
Alice si mise a ridere e gli sistemò gli occhiali.
- Certo che sì, signor Paciock. –
Lo baciò.
Lui baciò lei.
E ancora lei.
Passarono la notte lì, mangiando dolci, guardando le stelle, scherzando, amandosi.
E mentre Frank le raccontava la storia della costellazione dei Gemelli Alice si perse nel guardarlo: i capelli pettinati, gli occhiali tondi, il sorriso sincero. Gli occhi azzurri, la felpa verde che gli aveva regalato per il suo compleanno.
Sì, era lui.
Era lui l’uomo con cui sarebbe invecchiata, lui sarebbe stato il padre dei suoi figli.
Come una cometa il nome “Neville” che aveva visto nella palla di cristallo qualche tempo fa le riempì la mente.
L’immagine di un bambino paffutello con i capelli come quelli di Frank, gli occhi chiari. Magari un po’ distratto e goffo come il padre ma come lui dal cuore grande e sempre pronto a proteggere chi ama.
- Ali, mi stai ascoltando? –
Alice ripiombò sulla Torre, Frank che la guardava curioso.
- A che stavi pensando? – le chiese.
Alice sorrise, serena.
- A nulla, assolutamente nulla. –

 
Già, proprio innocenti non lo erano.
Inconsciamente accarezzò l’anello che non si era mai tolta dalla sera precedente.
Guardò Lily e un pensiero le si affacciò forte nella mente.
“ Non ti preoccupare Neville, io combatterò. Combatterò perché tu non debba vivere in un mondo ingiusto, perché tu non debba vedere i tuoi amici soccombere. Combatterò per te, per me, per Frank. Combatterò per il nostro futuro.”
Frank le si avvicinò, una tazza fumante in mano.
- Grazie – sussurrò Alice, soffiandoci sopra per raffreddarla.
- A che stavi pensando? – le chiese lui.
Alice guardò intensamente quegli occhi azzurri, scoprendoci dentro la risposta alle sue preghiere.
- Che ti amo. E non voglio perderti. –
Frank l’abbracciò, forte, protettivo.
- Anche io – le sussurrò, dolce.
 
 

*PETER*

 

Peter guardò la scena che gli si presentava: Lily sul letto, dormiente, Mary al suo capezzale, Sirius che guardava quest’ultima con malcelato dolore negli occhi, Frank e Alice che si abbracciavano come se si fossero appena ritrovati.
Chissà a cosa stavano pensando.
E tu, Peter? Tu a cosa stai pensando?
Alla sera prima, allo sguardo che gli avevano lanciato prima di andarsene, al gelo nelle vene che ancora non si era sciolto.
Ecco a cosa stava pensando Peter Minus.
 

Gli avevano dato appuntamento al perimetro del campo di Quidditch.
Erano circa le undici e mezza di sera, Lily e James erano venuti allo scoperto da un giorno e tutti sembravano troppo impegnati da questo pensiero per accorgersi di lui.
Meglio così.
Si avvicinò titubante al posto indicatogli, il cuore che batteva all’impazzata.
Che ci faceva lui, lì?
Si conquistava la sua fetta di notorietà.
Sì, perché Peter Minus era stanco di essere solo “l’amico sfigato di Potter e co.”, quello mai considerato da nessuno, la controfigura di sé stesso.
Direte voi: “Ma diamine, è questo ciò che pensi dei tuoi amici?!”
Beh, sì.
Non fraintendete, Peter voleva loro davvero bene.
Solo che la fama ha un prezzo, e quello era ciò che doveva pagare lui.
Era stanco di essere nessuno.
Ora tutti l’avrebbero conosciuto.
- Sei in anticipo –
Peter sussultò, cercando di individuare la provenienza della voce.
- Qui sfigato! –
Un’ombra si levò dal buio totale, comparendo in tutta la sua malvagità: Avery.
- Allora sei venuto davvero. Devo cinque galeoni a Severus, aveva scommesso che te la saresti fatta sotto. – ghignò lui.
- S…sì beh, sono qui. – risponde Peter, facendosi piccolo piccolo.
- Questo lo vedo. Ma mi chiedo, cosa potrebbe mai il Signore Oscuro guadagnarci nell’arruolarti tra le sue file di seguaci, eh? Non sei di certo un portento in Incantesimi o Pozioni. Non sei coraggioso, né particolarmente intelligente. Allora? Cosa dovresti essere, tu? –
Peter non disse nulla, agì e basta.
In un secondo Peter Minus era sparito, lasciando solo un piccolo topo al suo posto.
Un altro secondo ed era tornato.
- Non sapevo fossi un Animagus. – constatò Avery, interessato.
Peter annuì, stringendo convulsamente la bacchetta.
- Saresti una spia quindi? –
Di nuovo annuì.
- La tua natura non scompare quindi: codardo sei e codardo rimarrai. –
Qualsiasi altra persona avrebbe reagito, avrebbe fatto qualcosa.
Peter si limitò ad abbassare il capo, come ormai aveva imparato a fare.
- Bene. Glielo riferirò, ti farò sapere. –
Solo allora Codaliscia parlò.
- T…tu lo vedrai? –
Avery rise, di una risata senza però calore, una risata sprezzante e strafottente.
- Ovvio che lo vedrò idiota! Sono un Mangiamorte, io. A proposito, vieni un po’ qui. –
Peter si avvicinò lentamente, il cuore che rischiava di scoppiare.
- Ora pronunceremo un Voto Infrangibile, non voglio che tu lo vada a dire ai quattro venti. E’ chiaro? –
- M…ma se qualcuno me lo estorce? – chiese preoccupato il ragazzo, trovando come risposta un’altra risata.
- Beh, in quel caso non sarà un peccato per nessuno. –
E lì, su quel campo dove tante volte aveva gioito per la vittoria dei suoi amici, dove aveva riso con loro, dove li aveva ammirati; Peter lo fece.
Pronunciò il Voto Infrangibile.
Diventando così un alleato dei Mangiamorte.
Diventando così ciò che era insito nella sua natura: partecipante alla parte più forte.
Un uomo senz’arte né parte, una nullità.
Una nullità che però aveva appena scelto ciò che sarebbe diventato: una spia.

 
 
Perso com’era nei suoi ricordi, Peter sussultò quando Sirius gli si avvicinò e gli parlò:
- Eh Coda, sembra inizierà una lunga lotta. Ma noi combatteremo sempre insieme, io, te, James e Lunastorta. Combatteremo contro chi vuole il male, per salvare chi amiamo. Sei d’accordo con me, mio grande amico? –
Quella volta, quell’unica volta, Peter gli rispose, sicuro.
- Certo, amico. –

 
 


Ok, anche questo capitolo è andato!
Non so se sia più lungo o meno dell’altro, so solo che lo amo da impazzire.
Inutile dire che scrivere la parte di Sirius è stato oltremodo esilarante, spero di aver colto l’essenza del personaggio.
Le ultime tre storie vengono raccontate qui, dal prossimo incontro si inizierà il lungo quando fatico processo di guarigione.
Non crederete mica che Lily si sveglierà e sarà tutto ok?
Bene, sappiatemi dire che ne pensate!
Ringrazio infinitamente le 56 persone che seguono la storia (:’)) e i 19 preferiti;)
Un grazie speciale a Romanticbookworm che mi commuove sempre con le sue analisi fantastiche, un grazie a StelladelLeone e _ginnyweasley_ che sono due nuove recensitrici a cui però voglio già bene e che invito a recensire anche oggi!
Saluto e invito a dire la sua anche la mia carissima Lily97 <3
Alla prossima!

 

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Capitolo 15
*** I'm Here ***





 

CAPITOLO 13 - I'M HERE







Nei giorni seguenti Lily iniziò a mangiare e dormire con sufficiente regolarità. Tormentata però da tremendi incubi, si svegliava sempre sudata e col fiato corto, per poi riaddormentarsi solo se tra le braccia di James.
Qualcosa di però ancora più terribile spaventò le persone vicine a lei: Lily non aveva ancora detto una parola.
Non una singola sillaba era uscita dalle sue labbra, ora così spente e tristi.
James aveva tentato più volte, anche a tradimento, ad estorcerle anche un semplice “sì” o “no”; ma Lily non aveva fatto progressi.
Parlava attraverso movimenti del capo o gesti, nient’altro.
James rimase con Lily ogni notte e ogni giorno, senza mai andare a casa.
Sirius, Marlene, Mary, Remus, Peter, Alice e Frank non potevano purtroppo fare lo stesso, dato che avevano deciso di passare le vacanze ad Hogwarts, ma Silente permetteva loro due ore al pomeriggio nella stanza 723.
Era quindi questo ciò che accadde nella prima settimana dopo la morte dei signori Evans.
 
 
Cammini intorno ad un lago ghiacciato, il freddo ti entra nelle ossa. Stringi a te il cappotto pesante che tante volte ti ha protetto ma che ora sembra inutile contro le folate di gelo.
Senti la neve scricchiolare sotto i tuoi stivali, i capelli rossi muoversi ad ogni nuova sferzata di vento.
Avverti la pelle congelarsi e ti guardi attorno, cercando un riparo.
Ma non esiste: sei solo tu, tu e quel lago ghiacciato.
Ad un tratto senti un ticchettio leggero, farsi però sempre più forte a mano a mano che i minuti passano.
Finché il rumore diventa assordante.
Ti copri le orecchie con le mani foderate dai guanti neri ma sembra che il rumore non voglia cessare.
Continua a battere, insistente.
Quando ecco, vedi qualcosa.
Una parte del lago si sta scongelando.
Ti avvicini, cauta.
In quel pezzo di lucido ghiaccio riesci a scorgere le tenebrose acque del Lago Nero: un immenso buio eterno.
Avverti che il ticchettio si sta facendo più vicino.
Avvicini il viso alla superficie trasparente, finché i tuoi occhi non sono a contatto con il ghiaccio.
Cerchi di vedere qualcosa, senti come se il rumore provenisse da sotto il ghiaccio.
Finché…
BUM!
Qualcosa ti afferra, rompendo il ghiaccio, trascinandoti giù.
Cerchi di resistere, tenti di urlare ma la voce è sparita.
Allora ti volti verso il tuo aggressore e urli, un lamento silenzioso e doloroso.
E’ James.
Gli occhi rossi come il sangue, la pelle diafana bianca come la morte. E’ nudo ma non sembra curarsi delle basse temperature.
Ti guarda con malcelato odio e…fame.
- Lils…Lils…-
Quando parla un’altra fitta ti trapassa il corpo, è come una litania demoniaca, la voce di un serpente.
Un’altra mano ti afferra prepotente e ormai sei quasi dentro.
E urli, stavolta per davvero, quando capisci chi è…o meglio chi sono.
Alice, Marlene, Remus, Sirius…tutti.
Ti trascinano giù, sussurrando il tuo nome.
Affondi nell’acqua, trattenuta dalle mani viscide di quei corpi senza vita.
Apri gli occhi e scopri di poter vedere, per quanto possibile.
Alghe, verde.
Una macchia scura, dietro un enorme masso.
Ti stanno portando verso quella zona ombrosa.
Una zona buia che però si muove.
E quando la vedi, le orbite vuote, le labbra cucite, i capelli bianchi.
Urli, urli fino a sentire il sangue in bocca, urli fino a percepire le corde vocali che si spezzano.
Poi…nulla.
 

- LILS, LILS SVEGLIATI! -

Lily si alzò di soprassalto, il fiatone, gli occhi che bruciavano e le guance bagnate.
Si voltò e incontrò gli occhi che cercava.
Erano i soliti, marroni come il cioccolato, nessuna traccia di rosso.
James l’abbracciò e lei si strinse a lui, inspirò il suo profumo, piangendo.
- Va tutto bene, va tutto bene. Io sono qui. – le sussurrò dolcemente lui.
Quando Lily smise di piangere James la fece sedere e la guardò seriamente.
- Lils, sai che ti amo vero? –
Lei annuì.
- Bene. Quindi tienilo a mente se ti dico ciò che ti sto per dire. Lils, mi stai, ci stai, facendo paura. Sono sette giorni che non parli. Capisco che possa essere dura, ma io sarò sempre con te. Ti prego Lily, devi parlare. Se parli capirò il problema e potrò aiutarti. –
Lily ascoltò il discorso di James ma non rispose.
James le prese le mani nelle sue.
- Lils? Mi hai capito? –
Di nuovo, Lily annuì.
James la guardò ancora un attimo, prima di sussurrarle: - Ok, non importa. Dai, torna a dormire. –
E Lily lo fece, si adagiò sul letto e poco dopo prese sonno.
Mentre però James fissava la ragazza che amava non poteva che rendersi conto di quanto fosse grave la questione.
Lily sembrava come in uno stato di trance perenne, un automa.
Dava segno di capire ciò che le si diceva e rispondeva gestualmente, ma non aveva ancora emesso parola.
James si addormentò così, accarezzando i capelli di lei, pensando intanto a quanto fosse complicato riportarla in vita ma che doveva comunque farlo.
Lily, d’altra parte, ebbe un solo pensiero, il primo vero pensiero da giorni e giorni.
 
“Perché dovrei parlare? Cosa dovrei dire?”
 
 

***

 
 
Intanto, ad Hogwarts, una certa ragazza bionda fissava il camino della Torre di Grifondoro, sovrappensiero.
L’episodio di quasi una settimana prima continuava a interrompere ogni suo ragionamento, l’immagine di Sirius che scappa…che scappa da lei.
Gli occhi iniziarono a pizzicarle ma ricacciò dentro le lacrime: non voleva piangere.
Sirius l’aveva trattata con educazione, rispetto, al pari di un conoscente.
Lei, Mary McDonald, una semplice conoscente.
Di nuovo, ricacciò dentro il singhiozzo.
- Ehi –
Mary si voltò di scatto, temendo, o forse inconsciamente sperando, di vedere una chioma nera, per poi scoprirsi di fronte a dei capelli mossi castani.
Fece spazio a Marlene, anche lei in pigiama (t-shirt e shorts), sul divano.
- Allora? Ancora giù per Sir? – le chiese Marlene.
Mary non fece neppure finta di sorprendersi per l’acutezza dell’amica: era pur sempre Marlene.
Annuì.
- Io non so che fare Marly. Dovrei parlargli? O forse…-
- Dagli il suo tempo. Ti ama Mary, è solo spaventato. Sai che storia ha alle spalle, sai com’è fatto. –
- Forse non dovrei accettare quello stage. –
La frase le era salita rapida alle labbra, con la stessa semplicità con la quale l’aveva pensata nei giorni scorsi.
Marlene la guardò stupita, per poi dire: - No! No, no e no! –
- Ma…- iniziò Mary, per poi essere interrotta dalla fiumana di parole accese dell’amica.
- Mary che cosa risolveresti così? Sirius forse tornerebbe con te, ok, ma avresti dei rimpianti per tutta la vita e non pensi che questo peserebbe sulle spalle di Sir? Non pensi si odierebbe ancora di più? Mary lui ha bisogno di imparare a fidarsi delle persone, lui ha bisogno di capire che tu lo ami e che non cambierà nulla fra di voi. Sono quanti, nove mesi? Sarà difficile, certo, ma se davvero tenete l’uno all’altra non sarà impossibile. Sir sa che ci sei per lui, devi aspettare che sia lui a venire da te. –
Quando finì accarezzò la spalla dell’amica, che le sorrise.
- Sempre così saggia, eh Marly? –
Marlene si concesse un sorriso imbarazzato.
- E…con Rem? –
Marlene girò il volto e fissò il fuoco, riflettendo.
Quando parlò la voce era seria, forse come non lo era mai stata.
- Rem è un dolce testardo. Mi ha detto che per il mio bene dovremmo lasciarci, che non sono al sicuro e altre stronzate simili. So che Voldemort sta raccogliendo seguaci anche tra i Lupi Mannari e so che lui teme lo vengano a cercare. Lui ovviamente non accetterebbe mai, ma ha paura che si vendicherebbero su di me. La cosa che però non ha ancora capito è che non me ne importa. Dannazione, abbiamo fatto l’amore e io lo amo, così com’è. Tutto ciò che voglio è stargli accanto, qualsiasi cosa succeda. –
- Lui vuole solo proteggerti. – sussurrò Mary dolcemente.
Quando però Marlene si voltò, Mary si sorprese di vedere gli occhi lucidi della ragazza, occhi che non aveva mai visto velati di tristezza.
- Lo so, ma come pensa possa proteggermi; se quando ci sarà una battaglia, e ci sarà, io non farò che pensare a lui, chiedermi se sta bene. Ogni singolo giorno glielo ripeto ma è convinto di fare la cosa giusta. Non sa che mi sta uccidendo. Lils, Rem, la Guerra… se dovrò morire, voglio farlo avendo amato la vita, senza paura. –
- Ma Marly! Noi non moriremo, noi…-
- Oh andiamo Mary! Lì fuori c’è la Guerra! Oggi è toccato ai signori Evans, ma domani potrebbero chiamarvi per me, o per Ali, o James! –
- Noi siamo al sicuro, abbiamo Silente. – rispose sicura la bionda.
Marlene emise una risata scettica, per poi continuare: - Per quanto? Un anno? Ok, per quest’anno siamo al sicuro. E poi? Pensi sul serio che si fermerà solo perché siamo usciti da scuola? No, lui non si fermerà, finché qualcuno non lo farà smettere. Ho deciso di iscrivermi all’Ordine della Fenice appena uscirò da scuola. –
- Cosa? Intendi…-
- Sì, quello. Non voglio stare inerme pregando di vedere il domani, voglio combattere per averlo, voglio combattere per un futuro sicuro, per me, Rem, te, Ali e tutti gli altri. Voglio combattere per un futuro in cui nessuno debba passare ciò che sta accadendo a Lils. E se morirò, Amen. Almeno saprò di essere morta dignitosamente. –
- Marly non dirlo. T-ti prego…-
Marlene si voltò e vide con dispiacere che Mary aveva le lacrime agli occhi.
L’abbracciò e l’alzò.
Le asciugò le lacrime e le sorrise: - Non preoccuparti, piccola Mary. Ricorda, nessuno può farti sentire inferiore senza avere il tuo permesso.(*) E ora andiamo, è tardi. –
Mary e Marlene uscirono, la mora con il braccio sopra la spalla della bionda, tranquille.
Nessuna delle due sospettava che, schiacciati contro il muro delle scale del Dormitorio Maschile, due ragazzi avevano sentito ogni singola parola.
Stavano uscendo per andare a rubacchiare qualche dolcetto quando avevano sentito dei rumori.
Erano rimasti lì, senza proferir parola, anche dopo che le ragazze se n’erano andate.
Nessuno disse niente nemmeno quando, di tacito accordo, salirono le scale e si distesero sui letti.
Entrambi sapevano che l’altro aveva ascoltato ed entrambi sapevano che nessuno dei due ne avrebbe fatto parola.
Quella notte, né Sirius Black né Remus Lupin dormirono un granché.
 
 

***

 
 
Il pomeriggio seguente la tensione era palpabile nella stanza 723.
Sirius e Remus, come prevedibile, non aveva fatto alcun accenno a ciò che sentirono la notte precedente ma entrambi sapevano che l’altro aveva sentito.
D’altra parte, non mancarono comunque di guardare, più di ciò che fecero nei giorni prima, sia Mary che Marlene.
Quest’ultima, come al solito, tentava di far ragionare Remus che però aveva più difficoltà del solito a dirle di no e cercava quindi di evitarla il più possibile.
Mary invece si comportava come al solito, cercando di evitare di pensare il più possibile a Sirius che non faceva però che scoccarle occhiate di nascosto.
James interruppe il flusso di pensieri che non sapeva si agitavano nelle menti di tutti, compreso Peter.
Già, perché nemmeno Peter si poteva dire tranquillo: continuava a guardare con gli occhi acquosi gli amici, quasi col malcelato obbiettivo di non perdere una sola parola dei loro discorsi.
James quindi si alzò e fece segno a tutti di uscire, mentre Lily dormiva.
Lasciò la porta socchiusa, di modo che se la rossa si fosse svegliata sarebbe potuto intervenire subito.
- Ragazzi, dobbiamo parlare – iniziò il Grifondoro, sorseggiando un succo di zucca.
- Cosa succede? Si tratta di Lils? Sta peggio? – chiese preoccupata Mary, gli occhi di tutti addosso.
Anzi, quasi tutti. L’unico a non guardarla era un certo Felpato.
Cosa di cui comunque si accorse solo Alice, troppo occupata però a seguire il discorso per cimentarsi in riflessioni.
- No, nulla di nuovo. Però sono preoccupato: non ha ancora parlato, nemmeno una singola lettera. I Medimaghi dicono che è normale, lo shock e tutto il resto, ma se non parla entro tre giorni dovranno iniziare delle terapie preventive, o Lils potrebbe non parlare mai più. –
Un singhiozzo, un sospiro, degli occhi lucidi.
- Che possiamo fare? – chiese Marlene, sicura come sempre, nemmeno l’ombra di tristezza nei suoi occhi.
Tristezza che però Remus seppe vedere dentro il suo petto, un blocco enorme che l’avrebbe soffocata a lungo andare.
- Non lo so. Però credo che questo posto non l’aiuti per niente, dopotutto è qui che quella vipera di… sua sorella, l’ha rifiutata e credo sia collegato col suo silenzio. Credo dovrebbe tornare ad Hogwarts. –
- Ma Ramoso, è una follia! Hogwarts è caotica, piena di gente avida di pettegolezzi e tanto altro. Per non parlare di…- iniziò Remus, per far finire Sirius.
- … Mocciusus. –
James sentì il cuore battere più forte, il ricordo di ciò che era accaduto solo poche ore fa.
 
 
Lily stava ancora dormendo, lui invece si era svegliato alle cinque.
Era stato un incubo, uno di quelli che lo tormentavano da oltre sette giorni ormai.
Era semplice, quasi elementare:
 
[Lily, su quello stesso letto, morta.
Glielo comunicavano con dei bicchieri in mano, brindando alla vittoria di Voldemort.
Tutti felici, sorridenti, mentre i Mangiamorte giocavano con il corpo della rossa, torturandolo.
E quando lui si lamentava, Lily si alzava e lo rimproverava di non essere divertente.
Poi però la scena cambiava: lui, vent’anni dopo, al funerale di Sirius, Lily, Remus e tutti gli altri.
Loro erano morti in guerra, combattendo contro il male, lui invece era scappato, come un vigliacco.
Ed era così che il pubblico alla funzione lo chiamavano: “Vigliacco”.
Lui protestava e loro gli si avvicinavano, sempre di più.
Poi si svegliava, confuso, col fiatone.]

 
Si era preso un Succo di Zucca e un paio di scatolette di Gelatinetuttiigusti+1 alle macchinette, per poi tornare alla stanza.
Si era seduto e aveva sorseggiato la sua bibita.
Si era quasi addormentato, quando sentì il rumore.
Un tintinnio persistente, continuo.
Si era alzato e si era guardato attorno, individuando l’origine del rumore ad un barbagianni abbastanza grande, del colore del caramello.
Un gufo…della scuola.
Aveva aperto la finestra, dato un po’ di cracker all’animale che si era appollaiato, probabilmente attendendo una risposta da consegnare.
James era così sicuro che la missiva provenisse dal preside che dovette rileggere la lettera due volte prima di crederci.
 
Cara Lily,
Non so se rispondi già alle lettere né a chi questa arriverà, spero solo tu la possa leggere.
Credo tu mi abbia già riconosciuto dalla scrittura e spero tu stia continuando a leggere e che non abbia già bruciato questa pergamena.
Ti prego, non farlo. So che mi odi o che comunque avresti tutte le ragioni di questo mondo per farlo, ma so anche che mi capisci meglio di chiunque altro e che comprenderai il grande sforzo che sto facendo per scriverti. Come sai sono stato educato a non chiedere mai scusa o comunque mai a una persona…inferiore.
Spero però che questo mio gesto ti dimostri quanto io mi dissoci da tali visioni. Non posso purtroppo cancellare il passato ma posso guadagnarmi il futuro, col tuo aiuto, spero.
Ho deciso di lasciare i Mangiamorte, non voglio averne più niente a che fare. Soprattutto dopo ciò che ti è successo. Lils, accetta le mie condoglianze. Conosco  Conoscevo bene i tuoi genitori e posso dire con certezza che erano due delle più meravigliose persone che abbia mai conosciuto. Tuo padre mi ha difeso da lei quando quella volta, ubriaca fradicia, mi aveva rotto un braccio e io ero corso verso casa vostra, quasi inconsciamente. Voleva uccidermi, ne sono certo. Tuo padre sapeva cos’eri, cos’ero io e quindi cos’era mia madre; eppure ciò non gli ha impedito di difendermi, mettendosi davanti a me a mo’ di scudo. Mia madre aveva la bacchetta ma a lui non importava, no.
Quella volta, lo giuro, sarei morto senza tuo padre.
E tua madre? Lei mi ha curato tante di quelle volte. Una volta, tu questo non lo sai, abbiamo parlato da soli.
Eravamo al ruscello, quello della regina viola (ricordi la storia che avevamo inventato?), e stavo piangendo. Mio padre se n’era appena andato, mi aveva abbandonato.
Tua madre si era seduta e mi aveva abbracciato. Avevamo parlato sì e no due volte ma in quell’abbraccio sentii chiaramente l’amore di una madre, quello di cui io sono stato privato.
Poi, disse poche parole, talmente forti che però mi danno forza ancora oggi.
- Tu sei una brava persona, Severus. Lils sa aiutare le persone, sa comprenderle, lo so. E penso che non sia un caso che vi siate incontrati, che tu l’abbia seguita. Lils si fida di te, sa che ce la puoi fare. Andrà tutto bene. Ora hai una famiglia. –
Non so quante queste parole siano efficaci ora come ora, ma spero che tu le senta ancora.
Ciò che ho fatto alla Vigilia di Natale…
Non so che dire, sul serio. Non ho scuse, lo so.
Il ricordo dei tuo occhi gonfi e arrossati, delle labbra rosse e graffiate… mi guardavi con odio e paura.
Ho voluto morire.
Lils, scusa. So che ho poche possibilità di essere perdonato e so di non meritarmelo, ma spero ancora una volta nella tua bontà.
Dio mio, mi faccio schifo. Spero tu stia bene e spero tu riesca a superare tutto questo con la forza che ti ha sempre contraddistinto, che mi ha fatto innamorare di te.
Sì, l’ho detto.
Io ti amo, Lils. Eppure so che questo mio amore non è ricambiato, so che il tuo cuore batte per lui.
Lo odio, non lo nascondo, ma ti amo, e non so smettere.
Spero solo voi siate felici e che io possa essere ancora parte della tua vita.
Non ti assicuro di non provare ancora a convincerti di essere la persona giusta per te ma ti assicuro che non esagererò mai, né ti farò del male.
Ora devo andare, lei mi sta cercando.
A presto, spero.
Tuo,
                       Sev
 
Ps: se te lo chiedessi, il gufo me lo sono fatto mandare da un mio compagno di Serpeverde, quindi rimandalo a casa mia, non ad Hogwarts.

 
 
James aveva spostato lo sguardo dalla lettera a Lily e viceversa, ripensando alle parole appena lette.
E ancora una volta, si sentì inferiore a Severus.
Lui e Lily avevano condiviso momenti di intimità, lui la conosceva, lui…
James si rese davvero conto che non avrebbe mai conosciuto i genitori Evans e che tutto ciò che sapeva di loro era raccontato dal suo peggior nemico.
Cosa avrebbe fatto?
James nascose la lettera nella tasca posteriore e andò dal letto, dove Lily si stava svegliando.
- Ehi, come stai? – le chiese, cercando di sembrare naturale.
Lily indicò il gufo con un espressione interrogativa.
- Oh, è Sir, nulla di cui preoccuparti. Ora gli rispondo. Hai bisogno di qualcos’altro? –
Lily si alzò e James l’aiutò.
La ragazza andò in bagno e James ne approfittò per riprendere la lettera.
Non seppe mai cosa gli passò nella testa, né perché lo fece.
Prese la bacchetta e sussurrò un leggero: “Evanesco”.
La lettera di Severus era scomparsa nel nulla, come non fosse mai esistita.
 
 
- Non preoccupatevi di Mocciusus, ci penserò io. – rispose James, risoluto.
Tutti gli scoccarono degli sguardi confusi ma le domande furono impedite dall’arrivo di una Medi-infermiera.
- Signor Potter? Il professor Silente l’aspetta. –
- Certo, grazie mille. –
James salutò gli amici, spiegando loro che stava andando a definire col preside i dettagli dello spostamento di Lily ad Hogwarts.
La donna lo portò fino ad una Sala Riunioni, dove l’aspettava l’anziano mago, in una veste verde smeraldo.
- Che bello vederla, signor Potter. Le confesso che la sua richiesta mi ha un po’ sorpreso. Perché pensa gioverebbe alla signorina Evans tornare al Castello? –
James spiegò seriamente tutto ciò che pensava potesse aiutare Lily: la distanza dal luogo in cui Petunia l’aveva insultata, la vicinanza con il posto in cui aveva vissuto bei momenti e l’aiuto dei migliori amici. Quando finì, Silente gli sorrise, dolce.
- Oh, essere giovani e sentire il morso pungente dell’amore! Ho capito e concordo con lei. Provvederò con la professoressa McGranitt a mettere a punto i dettagli del trasferimento. Spero che ciò la possa anche aiutare a parlare quanto prima –
- Lo spero anche io – sussurrò James.
Di nuovo, Silente sorrise benevolo.
- Sa cosa l’aiuterà davvero? Sapere di avere lei e tutti i suoi amici accanto. Ricordi, la felicità può essere trovata anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accedere la luce. Ora vado, arrivederci, James. –
E con un CRACK il professor Silente lasciò l’edificio.
James tornò in camera, sfinito dalla giornata.
Lily lo aspettava leggendo un libro.
- Ehi – sussurrò lui mentre le baciava la fronte.
Lily lo salutò con quel solito cenno che riservava solo a lui, ma che a James sembrava più una tortura che un segno di felicità.
- Ho una notizia per te. Beh, ci ho riflettuto e qui non è che stai facendo progressi Lils. Non parli ancora né sorridi. Io, il professor Silente e tutti gli altri abbiamo pensato che ti aiuterebbe, sì insomma, tornare ad Hogwarts. Silente ha detto che domattina potremmo già partire. Allora, che ne dici? – finì, teso come una corda di violino.
E lì, James non se lo sarebbe mai dimenticato, Lily recuperò un po’ di sé stessa.
Sorrise, incerta, forse un po’ insicura, ma sorrise.
James era così felice di rivederla sorridere che le prese il volto e la baciò.
Sentì che Lily rispondeva più caldamente, con più presenza.
Lily stava tornando, piano piano, ma stava tornando.
Prima di addormentarsi, raggomitolata tra le braccia di James, Lily formulò il secondo vero pensiero.
 
“Torno…torno a casa?”
 
Quella notte, nessun incubo tormentò Lily, che piombò in un sonno senza sogni.
 
 

***

 
 
Nel frattempo, Mary era seduta al tavolo della Sala Comune di Grifodoro, intenta a finire un compito di Trasfigurazione per le vacanze.
Stava per completare l’ultima frase, quando nelle orecchie le scivolò una parola, una singola parola, capace di farle venire la pelle d’oca. Non tanto per la parola, quanto per la voce, quella voce roca e dolce che le era mancata da morire.
- Mary? –
Lei mise a posto la piuma e si voltò, accarezzando con lo sguardo ogni tratto del ragazzo davanti a lui: i capelli spettinati che gli arrivavano poco sopra alle spalle, gli occhi d’un grigio unico, quelli che l’avevano stregata tempo addietro. La pelle chiara alla luce delle candele, la camicia nera sbottonata che lasciava intravedere il petto muscoloso, i jeans strappati.
- Sì, Sir? – rispose, fingendo tranquillità che il suo cuore tradiva, battendo all’impazzata. Sentiva il suo profumo. Le entrava nelle narici, inebriante.
Quando Sirius parlò, la voce era insicura, come un bambino che viene a scusarsi dalla mamma dopo aver combinato un pasticcio: - Possiamo parlare? - 
Mary respirò a fondo, e rispose.
 
 
Ok, adoro farvi soffrire <3
Che succederà ora? Lily riuscirà a guarire? E James e Severus? E Lily scoprirà ciò che ha fatto James? E Mary e Sir? Per non parlare di Peter, Marlene e Rem!
Insomma, tanti interrogativi.
Volete le risposte? Non perdete il prossimo capitolo!
 
(*) E’ una frase di Eleonor Roosevelt :’)
 
Grazie agli ormai (*vomita arcobaleni*) 56 seguiti, le (*esplode emettendo gelatinetuttigusti+1*) 49 recensioni e i 20 preferiti :’) Grazie anche a te, che leggi in silenzioJ

IMPORTANTE!

Che ne dite della nuova immagine? L’ho vista e ho detto: - E’ perfetta, la frase è l’emblema del nuovo capitolo di questa storia “I’m Here”. –
Vi piace? La lettera di Sev sono riuscita a metterla come volevo io, col carattere che amo *_*, però mi rendo conto che è un po' piccola ma se aumento la grandezza cambia carattere ciò che viene dopo -.-" Quindi mi scuso e vi dico che se non leggete bene cliccate ctrl sulla vostra tastiera e con la rotellina del mouse ( muovendola in su ) zoomate quel che vi sembra adatto, poi per tornare indietro basta premere ctrl + zoom questa volta in giù;)

Ok, ho già parlato troppo.

Ok ho già parlato troppo XD Quindi… Alla prossima!

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Capitolo 16
*** Home ***





 

CAPITOLO 14 - HOME





- Certo, Sir. –
Sirius si sedette sulla sedia accanto a lei, puntando lo sguardo sul tavolo, come cercando le parole, e poi iniziò.
- Mary…ho sentito ciò che hai detto l’altra sera, con Marlene. –
Mary trattenne il respiro: il pensiero che Sirius avesse ascoltato tutte le confidenze, le sue paure, la terrorizzava, cosa avrebbe pensato di lei, ora?
Ma quando il ragazzo alzò lo sguardo gli occhi le trasmettevano solo malinconia, una forte tristezza, antica come il tempo.
- Che cosa vuoi dirmi, Sir? – chiese allora lei, incerta.
- Mary… io non so se ce la farò. Lo sai come sono fatto, lo sai cos’ho alle spalle. Io… non so se riuscirò a far finta di niente, a fidarmi di te. Non so se riuscirò a smettere di essere…me. – qui Sirius emise uno strano sbuffo divertito, ma profondamente sarcastico, di un sarcasmo che rasentava l’auto denigrazione – Mia madre mi ha sempre considerato la “pecora nera”, istruendomi affinché vivessi sulle orme di lei e di mio padre; come una copia, sbiadita. Ha sempre preferito Regulus, oh lui sì che era l’onore della famiglia, il vero Black! –
Mary si spaventò a sentire tanto rancore nella voce.
- Sir… Sir non devi… - iniziò piano, ma venne interrotta da lui, che le rispose a tono.
- No, devo! Voglio che tu sappia ciò che sono! Non credo di averne mai parlato seriamente nemmeno con James, il nostro rapporto è più sul non detto: riusciamo a capirci senza parole. Mio padre? Uno smidollato; schiavo delle idee e delle imposizioni di mia madre. “Tieni alto l’onore, Sirius”, “Ubbidiscile, Sirius”. Non credo di aver imparato mai nulla di buono da lui. E il mio fratellino, il mio dolce bastardo fratellino! Intelligente, amato, bello, apprezzato: “Sii come lui, Sirius!”,“Sei una delusione, guarda Reg, lui sì che è un vero Black!”. L’ho odiato da morire. Poi però, un giorno, lo vidi piangere. Non so perché lo stesse facendo, né indagai: chiusi semplicemente la porta, quasi gioendo del fatto che il “perfetto Reg” soffrisse. Ancora oggi me ne vergogno. Lui non viene qui, no, mia madre non vuole che venga infettato. Troppi Mezzosangue. Pensavo seriamente che la mia esistenza sarebbe stata un continuo disonore, un incessante tortura. Poi ho visto James, su quel treno. Mi è cambiata la vita. Nonostante io sia sempre ciò che sono, però, sento come di non appartenere a questa realtà: quando vi vedo ridere, scherzare, gioire…mi sento in colpa. –
- Sir! Cosa stai dicendo? – esclamò indignata Mary, ma un gesto di quest’ultimo la fece tacere.
Sirius continuava a non guardarla, fissando ora il fuoco, continuando col flusso di coscienza, impassibile.
- Non fraintendermi Mary, io sono quello che vi mostro: James, Rem, Peter, voi ragazze; io vi adoro. Però non riesco a far tacere una parte di me, una piccola porzione di quelle schifezze che mi hanno inculcato fin da bambino. A volte penso di non meritarmi la felicità, Mary. Rinnego questi sentimenti nel profondo, sempre di più; ma stanno marcendo, mi stanno corrodendo dall’interno. –
Mary aveva ormai le lacrime agli occhi ma era incapace di fermarlo, incapace quasi di respirare.
- Sin da quando ero in fasce mi sono sentito dire che ero una nullità, meno di un elfo domestico. Uno scandalo, secondo mia madre. Eppure eccomi qui, con voi, ad Hogwarts. Sai che sono scappato di casa e vivo con James ora, no? Certo, questo mi ha aiutato a crescere e a star bene, ma vedo il viso della signora Potter quando mi guarda, leggo la compassione e la pena nei suoi occhi. Perfino lei pensa che io sia penoso! –
- NO SIR! Lei è solo preoccupata per te! – esclamò Mary, senza riuscire a trattenersi.
Sirius però continuò imperterrito.
- E poi, la goccia che fece traboccare il vaso: tu. –
E qui Felpato si girò, gli occhi grigi umidi, un sorriso stanco sul volto.
Mary trattenne un singhiozzo.
- Quando ti ho visto non ho pensato a molto, eri una bella ragazza, certo, ma sembravi come tutte: interessate al “Sirius Bello e Dannato”. Non ti consideravo nulla di più che l’amica di Lily. Col passare del tempo però abbiamo iniziato a parlarci e ho visto qualcosa di diverso, di nuovo. Mi guardavi con i tuoi occhi azzurri e scorgevo…interesse. Non quello a cui sono abituato però, no, tu ti interessavi davvero a ciò che pensavo, a come mi sentivo. Ero sconvolto. Non pensavo di essere nulla di più che Sirius, lo scherzoso ragazzo che tutti ammiravano. Sbruffone, divertente, comico, vivace; nulla di più. Eppure tu mi hai visto dentro, hai scorto le ombre che celavo persino a me stesso…e le hai accettate. Anzi, mi hai aiutato. Ero…sconcertato! Sai – e qui si voltò a fissare la finestra, dalla quale si vedeva chiaramente il cielo stellato – credo di essermi reso conto di amarti già al terzo anno. Solo che non ci credevo, penso. Forse ritenevo impossibile che persone come te esistessero; d’altra parte, se nemmeno alla mia famiglia importava niente di me, cosa avrebbe dovuto interessare a te, una sconosciuta? –
- Andai avanti, frequentando ragazze superficiali… essendo superficiale. Baci fugaci, ricerca di piacere ma nessuna soddisfazione. Credo stessi cercando quello che mancava a me nelle altre: stabilità, sicurezza. Ma loro cercavano in me solo una tacca in più sul letto, un nome di cui vantarsi. E continuavo a ignorare quel battito più accelerato quando ti vedevo, quella morsa quando un ragazzo ci provava con te. Mi nascondevo dietro la mia corazza, cercando di fuggire alla verità. Poi, capii. Avevo sempre sbagliato poiché non era tanto la sicurezza quella che cercavo nelle altre… -
Sirius si voltò e andò a pochi centimetri da lei.
- … Io cercavo te. –
Alzò una mano e asciugò le lacrime silenziose che sgorgavano dagli occhi di lei.
- Cercavo il tuo sorriso, la luce nei tuoi occhi quando ti parlavo, il tono interessato, la comprensione. Cercavo le fossette che ti vengono quando ridi, la delicatezza dei tuoi gesti, il modo così innocente che hai di arrossire. Cercavo te. –
Mary fece per abbracciarlo, ma Sirius si allontanò.
- Sir…? – domandò, confusa.
- Te l’ho detto Mary, non sono certo di farcela. Ho fatto tanta fatica a fidarmi degli altri e, credimi, ne è valsa la pena. Mi fido di te, non fraintendermi, è di me che non mi fido. Ho paura di farti soffrire, ho paura di vedere i rimpianti nei tuoi occhi, quando penserai che potevi avere di meglio. Ho paura che ti stuferai di me, ho paura di arrendermi. Ho paura che sapendo tutto questo tu mi guarderai con paura e non so se potrei sopportarlo. Mary io… -
Mary si avvicinò a lui e gli coprì la bocca con la mano.
- Ti ho ascoltato finora, giusto? –
Sirius annuì.
- E non sono scappata, sbaglio? –
Di nuovo, Sirius annuì.
- E… - e qui si alzò sulle punte dei piedi per poterlo guardare negli occhi.
- … sai che ti amo, vero? –
Sir non disse nulla, ma a Mary non servì.
- Tu mi ami, Sir? –
Sirius parlò attraverso la sua mano.
- Sì –
- Ne sei sicuro? – gli chiese ancora.
Sirius annuì e sussurrò: - Ti amo. –
Solo allora Mary sorrise.
- Bene. Queste sono le risposte che volevi. Non hai bisogno di altro: io ci sono e ci sarò per sempre. Lo prometto. –
E lui vide chiaramente la verità, l’amore, la speranza in lei.
Non attese altro.
L’afferrò per la vita e la sollevò, prendendola in braccio.
Uscì dal ritratto, corse a perdifiato le scale, incurante che qualcuno lo vedesse.
Si fermò solo davanti ad un punto preciso e non dovette concentrarsi nemmeno: era l’unica cosa che gli riempiva la mente, in quel momento.
Mary
La porta apparve magicamente e Sirius l’aprì.
Appoggiò delicatamente Mary sul letto e si mise sopra di lei.
- Ti amo, Mary –
Il resto fu seppellito dalle coperte di lino e dalla gioia.
 
 

***

 
 
Mentre Sirius e Mary si colmavano a vicenda, liberi; altre due personaggi si trovavano faccia a faccia, in silenzio.
- Allora, che vuoi, Rem? – domandò Marlene, acida.
Remus si stupì di quella risposta e le chiese: - Scusa? –
- Andiamo, non ho mica tutta la vita! Dimmi che vuoi o me ne vado. –
Remus sentì il cuore perdere un colpo, ma il discorso che si era preparato gli venne in aiuto ed iniziò a parlare.
- Marlene, ho pensato molto ultimamente. Ho sentito ciò che hai detto a Mary, l’altro giorno e…-
- Lo so –
Remus la guardò sorpreso e colto alla sprovvista.
- Cosa…? –
Marlene sbuffò, infastidita.
- Non siete così silenziosi come credete; e poi riconoscerei il tuo profumo anni luce. –
Remus rimase in silenzio e Marlene esordì: - Dio mio, ti sbrighi o no? –
- Beh ecco… - iniziò balbettando Remus, per poi continuare: - Sì, ok. Ho sentito ciò che hai detto e ho ripensato a noi due. Marlene, io ti amo e so che sarà rischioso, ma hai ragione. Potremmo morire domani e io voglio vivere la mia vita completamente e l’unico modo è viverla…vicino a te. –
Quando Remus finì non si sentì affatto come credeva ma ancora peggio.
Nei suoi occhi lesse solo indifferenza, forse repulsione.
- E’ tutto? – chiese, guardandosi le mani come annoiata.
- Beh sì ma… - iniziò lui.
- Ok, ciao. –
Con questo si voltò e iniziò a dirigersi verso l’uscita dell’aula di Trasfigurazione, dove si trovavano.
Remus le prese la mano, agitato.
- Tutto qui? E’ tutto ciò che devi dirmi?! –
Marlene non cambiò espressione e disse, semplicemente: - Se questo è tutto ciò che devi dire, sì. Lasciami, voglio andare a letto. –
Strattonò il braccio e si liberò della sua stretta.
Remus rimase lì impalato, guardandola uscire.
“Forse era destino” gli disse una vocina dentro di lui.
“Forse era meglio così”.
Ma c’era qualcosa di tremendamente…sbagliato.
Marlene se n’era andata.
Non aveva più bisogno di lui, semplice.
E lui? Lui cosa provava?
“Sarà al sicuro. Va bene così” si disse.
Però un calore strano, che sembrava provenire dal torace, sembrò dissentire.
“No, non va bene”
“Di che stai parlando? Sarà al sicuro, starà meglio senza di te.”
“Ma io non starò meglio senza di lei.”
Si sentì come colpito da un bolide in pieno viso.
Gli mancò l’aria, sentì il respiro mozzato.
E capì.
“Ma starà bene! E’ lei che lo vuole!”
Era vero, era stata Marlene che l’aveva detto.
Però…
Però il calore non smise, anzi aumentò.
“Sei sicuro?”
E comprese ciò che in realtà Marlene aveva voluto dirgli.
E corse, corse come se non ci fosse un domani, che d’altra parte era vero: senza di lei, lui non aveva un domani.
La trovò al terzo piano, stava salendo verso la Torre di Grifondoro.
- MARLENE! –
Lo urlò, senza preoccuparsi che qualcuno lo sentisse, che poteva essere messo in punizione fino alla fine dei tempi.
Lei si voltò, il viso una maschera d’indifferenza.
- Che vuoi Remus? Renderti ancora ridicolo? – gli chiese, annoiata.
- No. Voglio dirti ciò che provo. Pensavo non mi volessi, che mi rifiutassi, ma poi ho capito. Tu non volevi che io mi arrendessi, tu volevi che io combattessi! E hai ragione, hai pienamente ragione. Io so di amarti ma ero come convinto che non potesse essere altrimenti, capisci? Invece no, ci possono essere mille altre strade. Potrei uscire di qui e innamorarmi pazzamente e lo stesso potrebbe accadere a te. Potremmo vivere felicemente per anni, costruire una famiglia, vivere come vogliamo noi. –
- Hai ragione – gli disse Marlene, calma.
Ma Remus si avvicinò, ora erano a meno di una mano di distanza.
- Potrei diventare Primo Ministro senza di te! Potrei inventare la Pozione Antilupo e diventare ricco, schifosamente ricco! –
- Già – continuò lei.
- Potrei perfino sposare una ragazza dieci, cento… ma che dico, mille volte più bella di te! Più intelligente, magari con più tette! Bionda, occhi azzurri e sì, perché no, anche meno stronza! –
- Concordo – gli disse sorridendo ironicamente Marlene, gli occhi ridotti a fessure dalla rabbia.
- Ma sai che c’è? C’è che sebbene io possa avere o fare tutte queste cose…non le farei mai. Perché? Perché io voglio te, Marlene. Voglio i tuoi capelli mori, voglio la tua ironia, la tua furbizia. Voglio i tuoi occhi color del caffè caldo, voglio i tuoi “Remus sei un’idiota!”. Ma voglio anche le tue lacrime, voglio le tue preoccupazioni. Voglio le tue urla e il tuo dolore; perché voglio essere la cura a tutto. Voglio che tu ti fidi di me, voglio essere la tua roccia. Voglio morire sapendo di averti amato più di quanto sia possibile, perché non mi viene in mente miglior ragione per vivere. –
Quando finì di parlare aveva il fiatone, il cuore che batteva all’impazzata.
Marlene alzò un sopracciglio e chiese: - E’ tutto? –
Remus annuì.
E Marlene lo fece.
Gli si buttò addosso, letteralmente, tanto che ruzzolarono per terra con ben poca eleganza.
Marlene si trovò sopra di lui e dopo un solo sguardo i due scoppiarono a ridere.
Quando finirono, Marlene sussurrò.
- E io voglio che tu sia la persona che farà tutto questo. Ti amo, Rem. –
- Anche io. –
- Ma se mi pianti per una bionda tettona ti crucio! – disse minacciosa.
Scoppiarono di nuovo a ridere e Remus la baciò, continuando a ridere.
Si sarebbe ricordato per sempre quella frase, la frase più coraggiosa che mai le sue labbra avrebbero pronunciato.
 
“Perché non mi viene in mente miglior ragione per vivere.”
 
 

***

 
 
Il giorno successivo arrivò con quella che per alcuni era un’estrema lentezza, per altri una velocità inaudita.
Ed il tanto atteso evento si affacciava alle porte, insieme al sole di quella giornata di marzo iniziato.
Lily era seduta sul letto, James accanto a lei finiva gli ultimi preparativi.
Chiusa l’ultima valigia, il ragazzo si voltò verso di lei sorridendo: - Bene, ci siamo! –
Notò però che Lily era irrequieta e continuava a scorrere lo sguardo da un punto all’altro della stanza.
James le si avvicinò, mettendosi inginocchiato. Le prese le mani nelle sue, occhi nocciola contro verdi.
- Hai paura, Lils? – sussurrò, dolce.
Lei annuì.
Lui avvicinò il viso al suo viso e le bisbigliò nell’orecchio: - Non devi, io sono qui. –
Lily lo abbracciò forte e James le baciò la fronte, accarezzandole i capelli.
Qualcuno bussò alla porta e poco dopo uno dei Medimaghi si affacciò alla stanza.
- Signorina Evans, Signor Potter, il professor Silente vi aspetta qui fuori. –
James annuì e ringraziò.
Prese la valigia e con un incantesimo fece in modo che le altre due li seguissero.
Poi, con l’altra mano libera, strinse quella di Lily.
E uscirono, insieme.
 
 
Silente li aspettava come detto fuori dalla porta, osservando con interesse una ciotola di vetro piena di Gelatinetuttigusti+1 sul bancone.
- Oh, eccovi! Sapete, ho risolto molti problemi, nella mia vita, ho sopportato molte tentazioni. Eppure, queste qui mi lasciano sempre perplesso. – disse loro, sorridendo.
- Comunque, è ora di andare. Direi che queste – e con un gesto di bacchetta le valigie scomparvero – ci sarebbero d’impiccio. Le troverete nei vostri Dormitori. Bene, siete pronti? –
Lily guardò James e annuì.
- Datemi la mano –
I due strinsero la mano porta e, con un vuoto nello stomaco, si smaterializzarono.
 
 

***


 
Riapparvero qualche secondo dopo, davanti al cancello del Castello.
Ma non erano soli.
Si poteva infatti dire che circa la metà o più degli studenti di Hogwarts stessero aspettando il loro arrivo: Grifondoro, Corvonero e Tassorosso ovunque, più insegnanti e adulti sconosciuti a loro, che si riveleranno essere poi Auror, come delegati del Ministero per dimostrare la vicinanza delle alte cariche al caso di Lily che aveva ormai commosso gran parte dei maghi inglesi.
In prima fila spiccavano i visi che però loro volevano vedere di più: Sirius e Mary, uno col braccio sulla spalla dell’altra; Remus e Marlene, mano nella mano; Peter, stranamente agitato, e Frank ed Alice, con gli occhi felici come non mai.
Poco prima che però quest’ultimi li travolsero, insieme agli altri migliori amici; James e Lily notarono che Alice si accarezzava il ventre.
Non ci fecero comunque molto caso, troppo impegnati a stringere persone come a lungo perdute, ad ammirare sorrisi visti per l’ultima volta troppo tempo addietro.
E Lily sorrise, cauta, come un animale che ha trovato un po’ di fiducia ma pronto a tornare nella sua tana al minimo segno di pericolo.
Formulò il terzo pensiero, lì, tra le braccia di chi amava di più al mondo.
 
“ Sono davvero a casa ”





Ok, mi sento un genio: una settimana esatta e ho aggiornato! Questo capitolo è uno dei miei preferiti e devo dire che mi sono commossa a scriverlo. Spero di aver reso tutta l'angoscia di Sirius e penso che quello che ha fatto Marlene è proprio da lei: Remus a volte pensa troppo, lei non vuole essere una scelta logica, vuole essere una scelta fatta col cuore. La parte poi in cui ipotizza del loro futuro mi fa morire dal ridere, sopratutto la bionda con le tettone XD Volevo però chiedervi una cosa molto importante: ho visto che molte autrici e autori hanno una pagina facebook dove dicono quando aggiorneranno e danno "preview". Se io la facessi mettereste mi piace? :D Dal prossimo capitolo affronteremo la guarigione di Lily ad Hogwarts e credetemi, ne succederanno delle belle! ;)
Recensite e... un bacione!

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Capitolo 17
*** Lo faccio anche per lui ***




 

CAPITOLO 15 - LO FACCIO ANCHE PER LUI





La settimana successiva fu davvero molto difficile ma anche carica di soddisfazioni: i primi giorni Lily aveva svolto delle lezioni private ma presto chiese di poter tornare in classe e le accordarono il permesso.
Nonostante ciò, però, non aveva ancora parlato.
Qualche volta dava segno di voler dire qualcosa, ma il pensiero si bloccava sulle labbra, lasciando una delusione negli amici che comunque veniva subito nascosta.
James e gli altri erano distrutti, sia fisicamente che psicologicamente: era come crescere un bambino che piano piano deve imparare tutto di nuovo.
Loro non demordevano però, continuavano a provarci, col sorriso sulle labbra e la speranza nel cuore; speranza di rivedere il volto allegro di lei, le guance colorarsi ancora e gli occhi farsi comprensivi e intensi come sempre.
Marlene e Remus così come Sirius e Mary stavano andando bene, anzi addirittura meglio. Sirius doveva ancora abituarsi però del tutto all’idea che da lì a due settimane si sarebbe dovuto privare per sempre della sua amata: l’inizio dello stage era stato spostato a metà marzo ma la tanto temuta data sembrava avvicinarsi sempre più, incurante dei cuori spezzati che si trascinava dietro.
Alice e Frank, direte voi?
Beh, loro stanno bene, sì.
Quel sabato sera, poi, stettero molto più che bene.
 
 

***

 
 
Alice appoggiò la schiena al muro di pietra gelido, l’aria ancora fredda che le accarezzava il viso.
Frank aveva studiato con Remus tutto il pomeriggio, lei invece aveva dovuto occuparsi di Lily, dato che Sir e James avevano dovuto andare agli allenamenti.
Sospirò, pensando che era davvero incredibile come le cose fossero cambiate, come loro fossero cambiati, nel giro di pochi mesi.
Sorrise impercettibilmente, accarezzandosi il ventre quasi inconsciamente, perdendendosi nei ricordi.
 
Che schifo. Tiri l’acqua del water e ti rialzi, il viso sudato.
- Maledizione! – urli, asciugandoti il viso.
Qualcuno bussa e sussurri un “Avanti” soffocato dall’asciugamano.
Mary entra incerta e ti guarda insicura.
- Ali? Che hai? – ti domanda, la voce preoccupata.
La guardi sbuffando ed esclami: - Non è ovvio! Maledetta me e la mia predilezione per i dolci! Non dovevo abbuffarmi l’altra sera, non faccio altro che vomitare da due giorni! –
Vai al lavandino e inizi a spazzolarti i denti e quando sputi e ti volti ti sorprendi di vederla mangiucchiarsi nervosamente le unghie; in quel suo gesto talmente usuale da farti, tuo malgrado, sorridere.
- Mary, che hai? –
Lei si alza di scatto, quasi avesse preso la scossa.
- Niente… devo andare, credo che Sir…-
- Mary? Vuoi davvero mentire a me? Davvero? –
Mary sembra riflettere un secondo e alla fine sussurra qualcosa, talmente piano che quasi pensi di essertelo immaginato.
- Ali..seincinta? –
Devi aver fatto una faccia assurda quando le hai chiesto: - Eh?-
Lei respira profondamente e ripete, più chiaramente: - Sei incinta? –
E il fiato sembra abbandonare i tuoi polmoni.
Corri senza dire nulla fuori dal bagno, vicino al letto. Apri il comodino e afferri il diario che tieni nel primo cassetto.
E conti, conti più e più volte; fino a rincretinirti probabilmente.
Però il risultato non cambia e nemmeno il battito impazzito del cuore.
35 giorni. 35 dannatissimi giorni dal tuo ultimo ciclo.
La mano corre sotto la t-shirt ad accarezzare la pancia.
Ti volti verso Mary, che ti guarda impaurita e senza parole.
- Mary, mi serve un test di gravidanza. –
Lei annuisce.
Esce, lasciandoti da sola, in preda ai pensieri.
Eppure una parte di te è…felice.
 
Mary torna dopo mezzora, in mano un pacchettino.
Tu non ti sei mossa, seduta sul letto con una rigidità che farebbe invidia al Pensatore.
Quando però la vedi ti alzi di scatto e dici: - L’hai trovato? –
Lei annuisce e ti porge la scatola, spiegando: - Mia sorella era a casa, è bastato un gufo e… eccolo. – aggiunge poi, con la voce incerta: - Vuoi che…che venga con te? –
Tu rispondi subito, senza tentennamenti: - No. Grazie Mary ma credo sia una cosa che devo fare da sola. –
Lei fa un rapido cenno con la testa prima di abbracciarti forte; come non faceva da tanto tempo. Poi si siede sul tuo letto, sorridendo.
- Andrà tutto bene – dice in un soffio.
Tu le sorridi e vai in bagno, le mani che tremano.
 
Alice sorrise inconsciamente, pensando a tutta la paura che aveva avuto e all’emozione nel guardare quel piccolo bastoncino che segnava il suo futuro.
Frank le pizzicò il fianco, facendola trasalire.
- Frank che diavolo! – le urlò lei contro, arrabbiata.
Lui per tutta risposta sorrise alla reazione così perfettamente da Alice.
- Scusa, era irresistibile. Allora, a che stavi pensando? –
Lei fece perdere il suo sguardo sul cielo stellato, tendendogli la mano, che lui prontamente strinse.
- Ah come mi sono sentita quando l’ho scoperto. Sai, non me l’aspettavo…-
Lui le chiese, ora serio: - In che senso? –
Lei scrollò le spalle e disse solo, mentre si incamminavano per la passeggiata nel parco: - Beh, una parte di me era felice, ovvio. Però…un po’ mi dispiaceva. Sì insomma...- e allora lo guardò, perdendosi in quel mare marrone che erano i suoi occhi: -…potevamo essere una famiglia. –
Lui la strinse forte, cogliendola di sorpresa.
Sentì il suo fiato caldo nelle orecchie, il profumo che entrava prepotente e dolce allo stesso tempo nelle narici.
- Solo perché non sei incinta non vuol dire che non lo siamo. Tu sei parte di me, Ali, e non mi serve un figlio per poterlo dire. Arriverà il momento in cui lo saremo anche sulla carta, lo sai, ma per ora... a me basta che tu sappia che ti amo. –
Alice avvertì le lacrime calde sul viso prima di poterle trattenere e si strinse a lui, senza dire altro; perché sapeva che tutto ciò che c’era da dire l’aveva appena detto lui.
 
 

***

 
La mattina seguente Lily si svegliò di soprassalto, scossa come al solito dagli incubi che erano tornati a perseguitarla, anche se indubbiamente meno di prima.
Si guardò attorno e notò di essere l’unica nel Dormitorio, nessuna traccia delle ragazze.
Si accorse inoltre di un piccolo foglio di pergamena che spuntava da sotto la sua sveglia, la calligrafia di Marlene che spuntava dalla carta.
 
Lils,
sono a fare colazione e le ragazze sono andate al Campo per vedere gli allenamenti di Sir e James. Rem dovrebbe essere in biblioteca, raggiungici quando vuoi, sennò ci troviamo dopo in Sala Comune.
Ti voglio un mondo di bene,
                                                   Marly

 
Lily lanciò un’occhiata all’orologio e vide che erano le 11 meno dieci, il che voleva dire che fra nemmeno un quarto d’ora sarebbero tutti tornati in Sala Comune a prepararsi per il pranzo.
Valutò le alternative, se raggiungere le ragazze al Campo di Quidditch; Marlene a colazione o Rem in biblioteca.
Esaminate tutte le possibilità, Lily scelse di vestirsi e andare da sola a fare una passeggiata nel Parco.
 
 
Dieci minuti dopo la rossa si era coperta col suo cappotto a scacchi, berretto grigio e sciarpa di Grifondoro; stivali ai piedi e voglia di respirare un po’ d’aria fresca.
Mentre attraversava l’ingresso pensò a come fosse cambiato tutto da quando era lì; di come si sentisse protetta dalle mura del castello che ora chiamava casa.
Marlene e i suoi genitori si erano offerti di farla stare a casa loro fino a che le ragazze non avessero superato i MAGO e fossero andare a studiare all’università magica o non avessero comunque trovato un appartamento.
Lily non aveva loro ancora dato una risposta definitiva; non voleva essere di troppo o di peso a persone oneste come loro né causare problemi. Le altre prospettive però erano desolanti: Petunia si era categoricamente rifiutata di chiarire e Lily sospettava di averla persa definitivamente, la casa era ora una sua proprietà ma non aveva intenzione di andarci…non era pronta.
Per ora, però, voleva solo godersi il profumo degli alberi che rinascevano dal riposo dell’inverno, della natura che si risvegliava; e con essa anche Hogwarts.
Non aveva però calcolato, nella ricerca della tranquillità, l’incontro con una persona che non avrebbe mai sospettato di vedere.
- Lils? –
Una voce; quella voce, l’odore di pino, un brivido lungo la spina dorsale.
Tutto questo lei provò e anche di più.
Si voltò con una lentezza degna di un film, come cercando di capire se fosse un sogno.
Ma non lo era; lui era lì.
Severus era lì.
Lily non si mosse, continuò a guardarlo, sorprendendosi di come fosse cambiato: il volto sembrava essersi incavato, la pelle resasi ancora più diafana e pallida; gli occhi più profondi e scuri.
Anche lui parve osservarla attentamente, accorgendosi dei chili persi e dei capelli spenti; ma ciò che lo colpì di più, come un proiettile, furono gli occhi di lei; così diversi da come se li ricordava.
Erano come velati da un dolore antico come il tempo.
Rimasero in silenzio per quello che a qualsiasi testimone sarebbe parso un tempo infinito, ma che a loro sembrarono solo pochi secondi.
Fu lui a rompere il silenzio, la voce roca ed emozionata.
- Lils, io…speravo di incontrarti da tanto. Ho tentato di venirti a trovare, ma non me lo permettevano mai e pensavo di non rivederti più. Non sapevo fossi tornata, sarei sicuramente corso a parlarti altrimenti e…-
Ma lei lo bloccò, un gesto della mano.
Non voleva sentire le sue scuse, era scomparso per tanto tempo, tempo in cui avrebbe dovuto essere accanto a lei…in cui lei avrebbe voluto averlo accanto.
Fece per voltarsi e andarsene ma lui divorò la distanza fra loro e le prese la mano.
Se avesse mai pensato ad una scena così avrebbe giurato che l’avrebbe rifiutato, che l’avrebbe anche picchiato se necessario; ma in quel momento non riuscì a fare nulla.
Si fermò, senza girarsi ma fu lui ad andarle incontro.
- Lils, mi dispiace, credimi. Io avrei voluto essere con te, aiutarti. Speravo che la lettera avrebbe sistemato tutto, ma non mi hai risposto e credo ciò voglia dire che non mi vuoi più come amico. Lo capisco. Io, ecco, volevo solo dirti questo. –
Lily era così occupata a cercare un senso a ciò che l’altro aveva appena detto che quasi non si accorse che stava andando via.
Gli prese le mani nelle sue e lo guardò confusa.
Poi, in un moto involontario e assolutamente assurdo, iniziò a mimare segni con le mani.
Cosa che per chiunque non avrebbe avuto senso, ma che per Severus sembrò tutto.
Lily se lo ricordava, Lily voleva parlargli.
Lily si ricordava il loro alfabeto muto e lo stava usando. Lily voleva parlargli. Lily.
Si concentrò e senza difficoltà riuscì a capire ciò che lei gli diceva.
“Che lettera?”
Il suo sguardo stupito lo precedette.
- Scusa? La lettera! Quella che ti ho inviato mentre eri in ospedale. Tu…non l’hai letta? –
Lily negò col capo, ed iniziò a pensare.
Alla fine gesticolò a Severus: “Non sono arrivate lettere”.
Severus sembrò riprendere colorito e spiegò: - Sì invece! Calipso, il gufo del mio amico è tornato a mani vuote. Deve essere arrivata! –
Lily negò ancora, ripercorrendo tutta la sua lunga degenza in ospedale.
Alcune lettere da Silente, dai suoi parenti lontani, qualche esponente del Ministero, Sir…
E lì si bloccò.
No, non poteva essere, lui non…
Ma la sua mente acuta lavorava più veloce di lei, immaginandolo aprire la busta, leggerne i contenuti, arrabbiarsi e…
E lì Lily recuperò una parte di sé: le guance le si colorarono di quel dolce e minaccioso rosa tendente al rosso, i capelli le vorticarono sul capo mentre negava a sé stessa quella realtà che sapeva ormai essere vera.
Formulò in veloce “Ci vediamo dopo” e fece per partire ma Severus la bloccò.
Erano a pochi centimetri l’uno dal viso dell’altro, le parole di lui un soffio caldo e dolce:- Me lo prometti? –
Lei annuì e lui lesse nei suoi occhi la verità.
La lasciò andare, guardandola salire verso il Castello e scomparire dietro l’enorme portone.
 
 
***
 
 
Dire che Lily fosse agitata era poco. Corse a perdifiato fino alla Sala Comune e si fermò solo quando fu davanti alla scala dei Dormitori. Sapeva che non vi era alcun incantesimo, al contrario di quello delle ragazze, ma era comunque bloccata da qualcosa.
Paura forse, timore di scoprire che chi ami ti ha mentito.
Lily respirò a fondo e salì.
 
Due minuti più tardi era dentro la loro camera. Individuò il letto di James e vacillò quando vide ciò che teneva in bella vista sul comodino.
Era una loro foto fatta a Natale, poche ore prima di quella tragica notte. Erano abbracciati e lei gli scoccava un enorme bacio sulle labbra, fino a cadere entrambi dal divano, tra le risate di Sirius e compagnia bella.
Un rapido gesto e la foto fu buttata sul comodino, di modo che non si vedesse.
Iniziò proprio da lì, setacciando il mobile per bene e trovandoci solo riviste, libri e foto di James coi genitori.
Dieci minuti più tardi la camera era a soqquadro e anche lei: e se avesse sbagliato? Se James non avesse fatto nulla?
Si sentì un verme, un enorme orribile mostro.
Sistemò tutto e, per ultima, mise al suo posto la fotografia. La prese in mano e si sentì gli occhi pizzicare.
Ma nel strofinarseli fece cadere la cornice.
Si chinò a raccoglierla e vide con orrore che si era aperta.
E che da dietro la fotografia spuntava un piccolo rettangolo di pergamena.
E lesse, lesse tutto con le lacrime agli occhi, il cuore che batteva all’impazzata e il dolore che riemergeva dal profondo, tornando ad avvolgerla.
- Arrivo Marly, forse è andata a fare un giro e… LILS? –
La voce di Remus le arrivò come lontana anni luce ed ebbe bisogno che lui la scuotesse prima di accorgersi della sua presenza.
Gli occhi di lui la scrutavano con preoccupazione, soffermandosi sulle lacrime e gli occhi gonfi.
- Lils, Lils che è successo?! – le urlò contro.
Passi di corsa e dopo poco anche Marlene le era accanto.
- Lils che cos…Lils?! –
Ma Lily era già lontana, i piedi che si muovevano autonomamente, la mente così dolorosamente piena e vuota allo stesso tempo, la mano stretta intorno alla lettera di Severus, quasi fosse l’unica fonte d’aria.
Giù per i corridoi, attraverso il parco, ignorando le urla di chi le veniva incontro, sentendo solo il battito del suo cuore.
 
Arrivò davanti agli spogliatoi maschili e, senza tentennamenti, aprì la porta.
Non si curò degli sguardi curiosi e imbarazzati, dei ragazzi in boxer o senza nemmeno quelli, né delle urla e degli inviti ad andarsene. Puntò dritto verso il posto che cercava: quello di Cercatore.
- Lily?! Sei impazzita?! –
Non rispose a Sirius e quando questo si accorse delle sue lacrime e dell’espressione sconvolta sul suo volto la prese per le spalle, ma lei si liberò, continuando a camminare.
Trovò James nei bagni, solo un asciugamano a coprirgli la vita, per il resto nudo; i capelli bagnati e gli occhiali appena appannati.
Gli si parò contro, ignorando i fischi di approvazione e le occhiatacce che James lanciava ad alcuni suoi compagni; evidentemente molto interessati alla sua ragazza.
- Lils che… -
Ma non finì di parlare che…SCIAF!
Lo schiaffò arrivò violento e improvviso.
Lily aveva il fiatone e l’unico rumore era ora il suo respiro affannoso; lo spogliatoio era ammutolito.
E lo fece, dopo più di un mese senza proferir parola, la voce roca ma non meno minacciosa, gli occhi appannati di lacrime di rabbia.
- Ti odio James Potter! D’ora in poi stammi lontano il più possibile, non voglio vederti mai più. –
Detto ciò lei si voltò e fece per uscire, tra gli sguardi stupiti dell’intera squadra di Grifondoro, ma James non glielo permise, tenendola stretta tra le braccia, lanciando nel frattempo uno sguardo eloquente a Sirius, che da fratello quale era comprese al volo.
- TUTTI FUORI DI QUI, ORA! NON VOLETE VEDERMI RIPETERE LA SCAZZOTTATA CON PERKIRS VERO? FUORI! –
Evidentemente doveva aver fatto davvero male a quel Perkirs, perché l’uscita si trovò affollata.
L’ultimo ad andarsene fu Sirius, che per buona misura lanciò un incantesimo silenziatore per scoraggiare eventuali spioni.
Quando furono soli James la lasciò andare, un po’ frastornato, e disse: - Tu…hai parlato. Lils tu…!-
- Non chiamarmi Lils. Sono Evans per te, Potter –
La voce di lei era gelida, glaciale.
E James perse la calma.
- Si può sapere di che diavolo stai parlando? Cos’ho fatto di tanto orribile da…? –
- COSA?! COSA?! QUESTO, ECCO COSA! –
Lily gli lanciò la lettera prima di voltarsi ma James, i riflessi viziati dalle ore passate ad allenarsi, la prese per la vita e con l’altra mano raccolse la lettera.
Ed impallidì.
- Lils, io non so cosa…-
- Cosa dire? Beh, hai poco da dire. Mi hai mentito, l’hai fatto James, e non su una sciocchezza. Tu hai la vaga idea di quanto io abbia sofferto?!-
James l’aveva lasciata andare ma Lily non se n’era andata, stava davanti a lui, il cuore che non si fermava un secondo, le lacrime calde sul volto, gli occhi come ghiaccio.
- Lils… senti…-
- NO! ORA ASCOLTI TU! Pensavo di morire, volevo morire! Tunia non vuole saperne nulla di me, non ho una famiglia e non riesco a dormire senza vedere i volti dei miei genitori che mi urlano che sono un mostro, che sono morti per colpa mia! Ogni singolo giorno maledico di essere nata strega e tento di non affondare nella disperazione. Se io non fossi ciò che sono loro sarebbero ancora vivi, è colpa mia. Ma ho tenuto duro, grazie a voi. E come un’idiota mi sono fidata ciecamente di te…pensavo fossi cambiato. Per me. Mi sono illusa che mi amassi davvero, che non mi avresti più mentito. Quando sono morti io ho sentito come se una parte di me se ne fosse andata per sempre: Tunia, i miei genitori, la mia vita precedente. Tranne Sev. HAI ANCHE SOLO LA VAGA IDEA DI QUANTO AVREI VOLUTO AVERLO ACCANTO A ME?! E quando mi ha detto della lettera e io ho pensato al Barbagianni e mi sono detta “No, James non lo farebbe mai, lui mi ama!”. Quanto ho sbagliato. Ma ora basta, ora non sbaglierò più. Addio. –
Lily si voltò e percorse le scale che portavano al castello, arrivò quasi a metà quando sentì la voce di James dietro di lei.
- E’ così? Non vuoi nemmeno sentire cos’ho da dire? –
Lily cercò di non voltarsi, rimase immobile, aspettando di sentirlo accanto a sé.
Il suo profumo la raggiunse prima della voce di lui e le si formò un groppo in gola.
- Ho sbagliato Lils, lo so. E me ne vergogno da morire. Però sai quanto ho sofferto io? FAMMI FINIRE! – la interruppe poi lui sul nascere di una sua risposta, per poi continuare: - E’ vero, ho i miei genitori vivi e vegeti e non potrò mai comprendere appieno l’enorme dolore che hai provato. Ma sappi che anche io ho sofferto nel vedere la ragazza che amo perdere la sua gioia, la sua allegria. Pensavo non avrei mai più visto un tuo sorriso, sentito una tua risata o ammirato le tue guance arrossate. Credevo non avrei mai più sentito la tua voce. Pensavo di essere morto un po’ anche io. Poi, è arrivata quella lettera ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. LASCIAMI PARLARE! – le disse ancora.
- Non è solo perché era sua, cioè sì, ma non è così frivolo come pensi tu. Leggendo quella lettera ho capito che tu e lui avete un’intimità che io e te non avremo mai, voi avete condiviso una vita della quale io non so nulla. Non conoscerò mai i tuoi e lui invece ci ha parlato così tante volte. Mi sono sentito inferiore, battuto. Temevo che se l’avessi letta saresti tornata da lui e la cosa più crudele è che non ti avrei nemmeno biasimato. Lui è meglio di me, solo con una lettera ti ha fatto parlare, e io non ci sono riuscito nemmeno in un mese. Quindi vai, va’ da lui. Lo capirò. –
Lily non sapeva cosa fare e quindi agì d’impulso.
Lo abbracciò e iniziò a piangere sommessamente, stretta tra le sue braccia.
Poi si staccò e, senza riuscire a guardarlo negli occhi, disse.
- Ti capisco James. Non è vero che ti odio e probabilmente non ci riuscirei mai. La verità è che ti amo e forse ti amerò per sempre; ma tu mi hai ferita e nemmeno questo lo potrò dimenticare. Hai perso la mia fiducia e un rapporto senza fiducia non può andare avanti. Se però ora faccio ciò che sto per fare non è solo per questo, né per te. E’ per me. Io ora ho bisogno di Sev, ho bisogno di ritrovare me stessa con il suo aiuto. Lui fa parte di una vita che pensavo fosse morta e di cui ho bisogno. Devo superare tutto questo e lo farò. Tornerò da te quando me la sentirò; non cercarmi, non costringermi. Io ora devo pensare a me. Ti amo. Perdonami, se puoi –
E appena finì di parlare iniziò a correre, temendo che se avesse passato un solo secondo con lui non sarebbe più riuscita ad andarsene. Su per il prato e giù per la collina, fino ad arrivare dove l’aspettava.
Severus non disse nulla, allargò solo le braccia.
E lei ci si buttò a capofitto, come in un rifugio.
Il quarto pensiero fu quello che la tormentò per giorni e giorni e da cui trasse forza per andare avanti.
 
“Lo faccio anche per lui.”







Bene, eccoci alla fine di un altro capitolo! Non so che dire perché non sono sicura di aver reso bene tutto ciò che volevo, ma spero che il risultato non faccia schifo XD Commentate e... alla prossima!

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Capitolo 18
*** Tu non potrai, ma io sì. ***





 

CAPITOLO 16 - TU NON POTRAI, MA IO Sì




Da quel giorno Lily non trascorse più tanto tempo con i Malandrini; a dire il vero nemmeno con le ragazze. Stava molto con Severus, quasi sempre. Durante le lezioni, ove possibile, vi si sedeva accanto, a pranzo se riusciva andava al tavolo dei Serpeverde e trascorreva con lui ore e ore sotto la loro quercia preferita; a raccontarsi aneddoti di quando erano piccoli.
A Lily sembrava davvero di essere tornata bambina, ma soprattutto sentiva che stava ritrovando pezzi di sé, che stava tornando quella di una volta.
Non pensate però che si fosse completamente dimenticata degli amici; affatto.
Lily sentiva la loro mancanza costantemente, ma si ripeteva che lo faceva per loro…per lui.
E così continuava a camminare al loro fianco senza dir nulla, a parlarli ergendo però una barriera che le impedisse di impazzire dal dolore.
A tutti però mancava la sua risata, le sue battute; a tutti mancava Lily.
Marlene, Alice e Mary sembravano sempre un po’ tristi, Remus continuava a ripetere che non lo faceva con cattiveria, che lei non li avrebbe mai dimenticati né lasciati. A tutti però sembrava più che lo stesse dicendo a sé stesso, piuttosto che a loro.
James? Beh, James non era più James.
Gli occhi costantemente puntati davanti a sé, per impedirsi di vederla, ma il cuore; quello la seguiva, sempre.
Sirius era preoccupato per lui: temeva che se Lily fosse riuscita a ritrovare sé stessa, James al contrario non sarebbe più stato lo stesso.
Il fatto poi che Severus gli facesse pesare più del normale la presenza di Lily con lui; magari abbracciandola o stringendole la mano, non aiutava per nulla.
James non reagiva, andava avanti, senza dar segno di aver visto alcunché.
Ma James vedeva tutto, e a Sirius sembrava quasi di sentire il suo cuore perdere un colpo, il respiro interrompersi per poco.
Quella mattina, due settimane dopo, Sirius si alzò, svegliato da un rumore molesto.
E quando vide ciò che gli si parava davanti, il cuore gli si spezzò.
James era lì, inginocchiato davanti al baule, la mano stretta alla foto che lui, Sirius, aveva fotografato alla nuova coppietta, il giorno di Natale.
E James piangeva.
Silenziosamente, certo, ma piangeva.
Sirius gli si avvicinò piano e quando James si accorse di lui si affrettò ad asciugarsi le lacrime e sorridere, nascondendo l’oggetto sotto una maglietta.
- Ehi Sir! Non pensavo ti saresti svegliato così presto. Rem e Peter sono in biblioteca credo, io forse…-
- Ramoso, basta. Devi parlarle, non sei più lo stesso. Tu devi…-
- No. –
La voce di James era sicura, non vi era alcun segno di lacrime o emozione nel tono.
- Come scusa? – chiese stupito Sirius.
- No. Non posso. – riprese l’altro, inflessibile.
- Oh sì che puoi! Vedi è semplice, tu…- disse Sirius, scaldandosi.
- SIR, NO! Qualsiasi cosa sia NON E’ SEMPLICE! Ascolta, lei mi ha impedito di parlarle, me l’ha detto chiaro e tondo. Lily…-
- LILY LILY LILY! James, capisco che Lily debba ritrovare sé stessa, ma tu stai perdendo te stesso! Ti vedo, sai? Muori ogni volta che la vedi insieme a Mocciusus, la mano ti trema e gli occhi ti si ingrandiscono. Stupito, eh? Già, ti conosco così bene. Vedi, anche se tu te ne fossi dimenticato, io sono il tuo migliore amico e non puoi mentirmi. Io ti capisco più di chiunque altro, e non permetterò a nessuno, nemmeno a Lils, di farti del male. Me lo sono promesso molto tempo fa. – concluse Sirius, la voce ferma e impassibile, ma al contempo fiera.
James lo guardò un secondo, prima di lanciarcisi contro, stritolandolo in un abbraccio da orso.
Uno vero, di quelli che non avevano da tanto…troppo tempo.
Sirius rispose felice e aveva ancora il sorriso sul volto quando l’amico si staccò, dicendogli: - Grazie di tutto Sir. Davvero. Sei il mio migliore amico, anzi, sei mio fratello. Ma, davvero, non posso parlarle; mi ha detto di amarmi e che sarebbe tornata lei, quando fosse stata pronta. Sai bene che in una coppia ci deve essere fiducia, e ora tocca a me fidarmi di lei. Non nascondo che sto male, ma non importa. Lily deve guarire e tornare da me. Ora, dopo tutte queste sdolcinatezze, raggiungo Rem in biblioteca. Tu che fai, vieni? –
Sirius allargò il sorriso e disse: - Nah, rinuncio. Vado a farmi un giro; ci vediamo dopo! –
James batté la mano sulla spalla dell’amico, raccolse lo zaino lì a fianco, e uscì dal Dormitorio.
Sirius aspettò di sentire i passi affievolirsi, prima di trovare la foto che stava precedentemente guardando l’amico e infilarsela nelle tasche dei jeans che si era messo in fretta e furia.
“Tu non potrai James, ma io sì.”
 

***

 
 
Severus camminava tranquillo per i corridoi di Hogwarts, diretto come al solito alla loro quercia, dopo una lezione di Incantesimi.
Ripensò alle giornate stupende avute con Lily, a come sembrasse di essere tornati indietro nel tempo, a quando erano felici. A quando erano loro, solo loro.
Ma per quanto gli fossero mancati la risata, il sorriso, i capelli e il profumo della ragazza che amava, non era così ingenuo e stupido da pensare che lei lo ricambiasse.
Oh no, Severus lo sapeva: il suo cuore non gli apparteneva più, ora ce l’aveva quello schifoso pezzente di Potter.
Però Severus non era nemmeno un codardo, anche se poteva sembrare il contrario.
Severus sapeva lottare per ciò che amava.
E lui amava Lily più di qualsiasi altra cosa.
Non avrebbe perso senza nemmeno scendere nell’arena; non l’avrebbe lasciata andare senza far niente.
E con questa nuova forza dentro di sé, un calore rincuorante all’altezza del petto; Severus camminava dritto, senza fermarsi, senza voltarsi…senza paura.
- Ehi, Piton! Vieni qui! –
Severus riconobbe subito quella voce e, col cuore che tradiva l’espressione impassibile, si girò e raggiunse il ragazzo che lo chiamava.
- Avery, Dolohov. Cosa volete? – domandò allora con voce ferma.
Avery ghignò malvagio: - Oh, il piccolo Piton ci fa il muso! Ma sei sul serio convinto che tu possa abbandonarlo così, senza alcuna ripercussione? –
La voce falsamente dolce, la bacchetta di Dolohov pericolosamente vicina alla mano del proprietario.
- Effettivamente no, non sono uno stupido. So benissimo che ci sono delle cosa da “sistemare” –
- Oh, il bambino ha fatto i suoi conti. E…- proseguì allora Avery, avvicinandosi di più a Piton, il fiato pungente come lame a pochi centimetri dal viso - …sentiamo, cosa avresti in mente? –
- Uno scambio. Io e la Evans saremo salvi e incolumi, in cambio fornirò informazioni importanti sull’Ordine della Fenice. –
Il sopracciglio di Avery si incurvò, trasmettendo la sua sorpresa.
- Abbiamo già una spia all’interno. –
Piton rise, gelido e sprezzante.
- Ah! Quell’inetto di Minus? Sapete meglio di me che al primo segno di debolezza scapperà a gambe, o meglio, a zampe levate! –
Sia Avery che Dolohov si concessero delle risate sguaiate, per poi tornare seri.
- E cosa ci fa credere che tu sarai più affidabile di lui? Che intendi fare? Allearti con loro? –
Severus, per la prima volta da quando era iniziata quella conversazione, sorrise sinceramente.
- Mi sembra che non abbiate mai avuto motivo di dubitare di me, sbaglio? Ora, se non vi spiace; ho un appuntamento. –
Avery e Dolohov si scambiarono un rapido sguardo e lo lasciarono andare.
Severus respirò profondamente.
Ce l’aveva fatta, era salvo. Erano salvi. Che poi per ripagare quel debito avrebbe dovuto trasmettere tutto ciò che Lily gli avrebbe detto poco importava. Perché, ripeto, lui non l’avrebbe lasciata andare. Mai più.
 
 

***

 
 
Sirius percorse i corridoi, il Mantello dell’Invisibilità che lo celava al resto del mondo.
Negli ultimi giorni era stato particolarmente distratto, poiché oltre alla preoccupazione per James si era aggiunta quella per Mary. Mancava infatti poco meno di una settimana e le avrebbe detto addio per un bel po’.
“No, Sir! Non è un addio, è un arrivederci!” si ripeté per la trecentesima volta mentalmente.
Chissà perché, però, non riusciva a smettere di pensare ad un addio, c’era qualcosa di dannatamente…sbagliato.
Sentiva come uno strano senso di disagio, all’altezza del cuore.
Lo ignorò ancora, concentrandosi sul percorso da seguire: Lily aveva appena finito Pozioni e ciò voleva dire che sarebbe passata per quell’esatto corridoio tra meno di due minuti.
Sirius si appoggiò al muro, in attesa.
E in men che non si dica, per motivi a lui sconosciuti, gli tornò alla mente la prima volta che lui e James incontrarono Lily.
E un sorriso raggiunse presto il pensiero, increspandogli il viso.
 

- Ehi! Ho trovato uno scompartimento! –
Ti voltasti, sorridendo stanco a quel simpatico ragazzo appena conosciuto. James, così ti aveva detto di chiamarsi, aprì la porta scorrevole dell’abitacolo, rivelando però una brutta sorpresa.
- Oh dannazione! Sir? E’ occupato! –
- Ma non ce ne sono altri! Dovremo stare in piedi? – gli urlasti di rimando, mentre lo raggiungevi.
- No, va bene. Entrate pure. –
Una vocina dolce e sincera.
Seguisti James e quando volgesti lo sguardo la prima cosa che notasti furono capelli rossi.
Tanti capelli rossi.
Però erano di un rosso strano; come le foglie appena colorate in autunno.
E ti sentisti allegro, chissà perché.
- Potter, James Potter. E lui è il mio amico, Sirius Black. – vi presentò James, osservando con un sorriso enorme la ragazza.
- Lily Evans. Lui invece è Severus. –
- Piton. –
Ti girasti verso la voce, vedendo per la prima volta chi sedeva accanto a Lily.
Era un ragazzino strano; i vestiti saranno stati di certo di almeno due taglie più grandi, i capelli lunghi neri ricadevano sul viso pallido, sembravano unticci.
- Piacere – dicesti incolore, guardando il ragazzo con una smorfia poco nascosta.
- Voi in che casa vorreste venire smistati? – chiese Lily vivace.
- Grifondoro, ovvio! “Culla dei coraggiosi di cuore”! – recitò estasiato James, posando come un cavaliere.
- Ti prego! – esclamò allora scettico Severus.
Lo guardasti con un odio poco nascosto: la tua prima impressione era giusta; quel ragazzo oltre ad essere strano era anche antipatico.
- Come scusa? E sentiamo, dove vorresti andare tu invece? – gli chiese James, che si stava scaldando.
- Serpeverde. Assolutamente Serpeverde. –
- Ah! Se preferisci essere uno smidollato senza coraggio e darti alle Arti Oscure stai facendo la scelta giusta! –
Scoppiasti a ridere senza preavviso: dio, adoravi già quel ragazzo!
Il viso di Severus si colorò di un poco rincuorante verde acido, mentre sputava velenoso: - Sempre meglio che essere un belloccio tutto muscoli e niente cervello! Coraggio? No, quello non è coraggio, è idiozia! –
E lì, in pochi secondi, si creò quella che sarebbe stata una faida epocale.
James stava per rispondergli, quando Lily si mise in mezzo.
- Ehi calmatevi! La mia era una domanda innocente, non voglio che vi spezziate le ossa per questo!-
- E tu? Dove vorresti andare? – chiedesti allora tu.
Lily parve pensarci un attimo, il naso contratto in quella posa che, l’avresti scoperto dopo, non avrebbe mai perso.
- Beh, io penso che…-
Ma ciò che Lily pensava allora non lo sapesti mai.
Un caos, uno sbuffo, e lo scompartimento si riempì di fumo viola che entrava dal corridoio.
Apristi la porta e corresti fuori, seguito dagli altri tre.
- Che-diavolo-è-successo? – chiese Lily, trattenendo il respiro.
Ora il vagone iniziava a puzzare di cacca di folletto marcia.
E James lì, proprio in quel momento, ricevette la prima occhiata omicida da parte di Lily. La prima di molte, molte altre.
- Ahahaha! Sir che forza! Avevi ragione, sotto il reparto cucina sarebbero esplose prima! –
Il ragazzo stava morendo dal ridere e per un po’ ridesti anche tu; prima che Lily esplodesse.
- SIETE STATI VOI?! MA SIETE IMPAZZITI?! VOLETE FARVI FORSE ESPELLERE ANCORA PRIMA DI ESSERE ARRIVATI?!-
James si asciugò le lacrime dal ridere e rispose, calmissimo: - Rilassati rossa! –
Le guance di Lily si imporporarono e rispose adirata: - Rossa sarà tua madre! E sapete una cosa? So benissimo in che Casa vorrò andare…QUELLA IN CUI NON CI SARETE VOI DUE! Non voglio più vedervi! –
Lily partì di filato verso l’altro vagone, seguita a ruota da Severus.
Un’idea fugace, l’inizio di un’era.
- Ci si vede... Mocciusus! – gli sussurrasti, malvagio.
Quando i due furono scomparsi, James ti tirò una pacca di approvazione sulla spalla, prima di riprendere a ridere.
- Mocciusus! Questo sì che è geniale, amico mio! –
- Cosa intendi fare con la rossa? Credi che farà la spia? – gli domandasti, non realmente preoccupato della vostra sorte. A te bastava stare con James, il resto non contava.
- Nah, dubito. Però mi ha dato un’idea. Ha detto che non vuole più vederci; sbaglio? –
- No, non sbagli. – gli assicurasti tu, prima di vedere il suo sorriso Malandrino, lo stesso di quando ti aveva proposto di testare la sua nuova Bomba Puzzolente.
- Beh, temo che non verrà accontentata. –

 
Sirius era così assorto nei suoi ricordi, quelli che sembravano di una vita passata, che per poco non si fece passare Lily davanti, senza far nulla.
Grazie però a Madre Natura, che l’aveva dotata di una chioma rosso scintillante, i suoi occhi la raggiunsero e la seguì fino a dove voleva.
La spinse verso la porta, magicamente apparse, e la fece entrare.
Lily si guardò attorno, disorientata.
- Lils scusa, ma dovevamo parlare! – le disse allora Sir.
Non capì però subito il perché Lily si guardasse attorno confusa.
- S…Sir? Sei qui? – chiese allora la ragazza incerta.
- Certo che sono qui! Oh…scusa – disse infine Sirius, togliendosi il Mantello.
Lily lo trucidò con lo sguardo, il sorriso che però stonava malandrino.
- Ah. Ah. Ah. Sirius, che diavolo stai facendo? –
- Beh, dovevamo parlare, come ti ho già detto. E pensavo che se mi avessi visto saresti scappata. –
- Perché dovrei farlo? Hai un coltello, lì dietro? – domandò allora lei divertita.
Sirius si concesse un sorriso.
- No. E’ perché voglio parlare di James. –
E il sorriso di lei scomparve, lasciando una smorfia incerta.
- Sir, lui sa che…-
- No, lui non lo sa. James è un inguaribile fiducioso e un dannato positivo; pensa che tu lo ami e che questo basterà. –
- E così è. – ripose lei, combattiva.
- Sì, così potrebbe essere, è vero. Ma non è una certezza. Lils, io so cosa vuol dire essere deluso da chi si ama, so cosa vuol dire sperare di veder una persona entrare da una porta; fissarla per ore, fino ad avere gli occhi pieni di lacrime, per poi doversi addormentare da soli. –
E Sirius vide la compassione negli occhi verdi di lei, la rabbia crescere dentro.
- Sir, lo so che è successo a te, e mi dispiace. Ma non accadrà a noi. Io ho bisogno di tempo, mi sto sentendo meglio e credo che quando tornerò allora…-
- Lils, sono contento che tu ti senta meglio; davvero. All’inizio avevo dei ripensamenti su te e James, ma mi sono accorto che è vero, voi siete fatti l’uno per l’altra. Però ciò non toglie che dovrete affrontare la realtà, prima o poi. –
- E quale sarebbe, sentiamo. – rispose lei, acida.
- Che non è detto che quando tornerai tutto sarà come prima. Non è detto nemmeno che tornerai. Ti vedo con Mocciusus, vedo come sei felice. E vedo come gli sorridi. Tu gli vuoi bene, ci tieni a lui. –
- E con questo? –
- Beh, so che sei intelligente. Non crederai mica di poter stare con tutti e due, vero? Prima o poi dovrai fare una scelta, Lils. E non sono sicuro che sarà James; e non voglio vederlo soffrire.-
Le guance di Lily si colorarono e la ragazza gli si avvicinò minacciosa.
- Credo di sapere cosa è meglio per me e James. Grazie, Sir. –
Poco prima che scomparisse fuori dalla Stanza delle Necessità, Sirius la prese per il braccio, delicatamente.
- Dici di amarlo davvero e ti credo. Però se davvero lo ami parlagli; non fargli fissare quella porta per sempre. Non se lo merita. –
Sirius ebbe come l’impressione che Lily fosse rabbrividita e scorse un’ombra di lacrime nei suoi occhi; ma non ebbe nemmeno il tempo di guardare meglio che lei era fuori.
E lui rimase lì, solo.




Bene, eccolo qui! Capitolo forse un po' più corto degli altri, ma penso sia bello intenso. Amo Sirius alla follia e mi sono divertita molto ad immaginare la scena del primo incontro tra J, Sir e Lils. Ringrazio infinitivamente le 6 persone che hanno recensito lo scorso capitolo.
16 capitoli e ben 69 recensioni :') Grazie a tutti!
Ringrazio inoltre le 64 seguite, le 22 preferite e le 2 ricordate ;D
Spero recensirete in tanti ;)
Alla prossima!

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Capitolo 19
*** Scacco Matto ***




 


CAPITOLO 17 - SCACCO MATTO




Lily uscì dalla Stanza delle Necessità, più confusa che mai.
Il fatto stesso che Sir avesse ritenuto necessario parlarle era di per sé abbastanza materiale per pensarci su, se poi si immaginava James che piangeva…che piangeva per lei.
E lei? Cosa provava?
Gli mancava da morire, ogni piccolo gesto, ogni singolo sorriso; tutto di James le mancava terribilmente.
Era però anche vero che non si sentiva ancora pronta a tornare da lui, si sentiva fragile e, in un modo che non riusciva nemmeno lei a spiegarselo, incompleta.
Con Severus stava recuperando un po’ di sé; ma faceva ancora male, perché più ricordava del suo passato, più riacquistava la “vecchia” Lily; più si rendeva conto che non sarebbe mai potuta essere la stessa persona e, allo stesso tempo, che lì, fuori da Hogwarts, non aveva più una famiglia.
Aveva scritto decine di lettere a Petunia, ma come risposta aveva ricevuto solo le stesse, stracciate in mille pezzi.
Il gufo si era ormai stancato e si rifiutava categoricamente di tornare all’indirizzo Privet Drive, numero 4, dove ora abitava con il fidanzato, Vernon.
Lily non l’aveva mai neppure visto, quel Vernon!
E, mentre tutti questi pensieri le vorticavano nella mente, come una tempesta; si ritrovò sotto la quercia, sotto la quale l’aspettava un viso familiare.
Severus era appoggiato con la schiena alla corteccia dell’albero, sfogliava interessato un libro consunto.
Quando avvertì la sua presenza, alzò gli occhi, e disse: - Lils! Non mi ero accorto fossi qui! –
Ripose il tomo nello zaino velocemente…troppo velocemente.
Non abbastanza in effetti perché sfuggisse all’occhio scaltro di Lily.
- Che stavi leggendo? – chiese lei, sedendoglisi accanto.
- Oh, niente di importante. Allora, novità? –
Lily continuava ad adocchiare curiosa lo zaino di lui e Severus tentò di cambiare argomento.
- Beh, Lumacorno mi ha fermato prima, ha detto che vorrebbe organizzare un altro ballo per il Lumaclub! Tu ci verresti? –
Lily si voltò finalmente verso di lui e sorrise: - Non lo so, non credo che mi sentirei molto a mio agio. Non sono tipo da balli. L’ultima volta…-
E le parole le morirono in gola.
L’ultimo ballo del Lumaclub, come avrebbe potuto dimenticarselo?
James, Violetta, urla, Mark… confusione.
Tornò alla realtà solo quando sentì la mano di Severus sulla sua.
E si perse in quei amati occhi neri come la notte.
- L’ultima volta non eri con le persone giuste. –
Lily sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Tolse la mano dalla sua e iniziò a giocare coi capelli, nervosa.
- Sev, io ti voglio bene, lo sai. Solo che…-
- Lils, calmati. So benissimo che non mi ami, come so bene che ami lui. Lo accetto, tranquilla. Stavo solo parlando come amico. Ma se ti da così fastidio…-
- No no! – si affrettò a rispondere lei.
- Mi farebbe piacere venire al Ballo con te. Come amica, ovvio. –
E Severus sorrise, sincero.
Si abbracciarono, il profumo dell’altro nelle narici, nell’anima.
 
 

***

 
 
- REMUS JOHN LUPIN! DOVE TI SEI CACCIATO?! –
Molto probabilmente, perfino gli alunni di Corvonero sentirono Marlene urlare, quella sera.
Marlene guardò ancora una volta l’orologio al polso, per poi finire col sussurrare: - Al diavolo! – e iniziare a salire le scale del Dormitorio Maschile.
Avrebbero dovuto trovarsi in Sala Comune circa venti minuti fa, e se c’era una cosa per la cui assenza Marlene era conosciuta in tutta Hogwarts, era la pazienza.
- REMUS?! GIURO CHE SE NON…-
Ma quando la mora aprì la porta, perse l’uso della lingua.
James Potter, Remus Lupin e Peter Minus, seduti per terra, a gambe incrociate, in completo silenzio.
- Che sta succedendo qui? – chiese lei titubante.
E la preoccupazione si acuì quando vide gli sguardi loro, vuoti e disperati.
Fu Remus ad alzarsi e a porgerle una pagina di giornale che, a quanto pare, era stata letta per molte volte.
Il titolo dell’articolo citava, in lettere cubitali:
 

IL MINISTRO DELLA MAGIA E’ MORTO, SIAMO IN GUERRA

 
L’Oscuro Mago che da ormai mesi e mesi tormenta la nazione sta acquisendo sempre più potere. Arriva ora il colpo di grazia, duro quanto orribile: il Ministro della Magia, Alan Killson, è deceduto questa notte, in uno scontro contro tre Mangiamorte. Gli Auror Sullivan e Korsal sono feriti gravemente, l’Auror Marta Billius non è sopravvissuta. Il Ministero della Magia, dopo gli ultimi estenuanti quanto deludenti scontri con i Mangiamorte, corre ai ripari, annunciando la sua ferrea decisione di arruolare nell’Esercito del Bene anche gli studenti di Hogwarts, precisamente quelli dell’ultimo e penultimo anno, chi volesse. Le informazioni riservate saranno confidate a chiunque desideri contribuire, attraverso alcuni addetti Auror al Ministero.
La lotta è sempre più nel vivo, entra in quelle che probabilmente saranno le battute finali.
Siamo in Guerra.

 
Marlene rilesse l’articolo una, due, tre volte.
E quando finalmente capì ciò che diceva, sentì il cuore vacillare.
Il Ministro della Magia…morto.
La Guerra, sempre più impellente. E ora potevano esserci dentro loro.
- Che avete intenzione di fare? – chiese allora la ragazza.
Remus, James e Peter la guardarono con lo stesso sguardo: terrore, paura, incertezza.
Ma lei no, lei era sicura di ciò che stava per dire, e anche fiera di sé stessa.
Perché l’aveva sempre saputo che sarebbe finita così, ed era giusto che fosse così.
- Io mi arruolo. – disse decisa.
E un tumulto di parole la sovrastarono.
- COSA? –
- NO, NON SE NE PARLA! –
- SEI FUORI DI TESTA?! –
- POTRESTI MORIRE! –
- NON TE LO PERMETTERO’, NO! –
E, la cosa più sorprendente di tutte, le uniche a favore provenivano da Peter.
- Io credo che lei abbia ragione. –
Tutti gli occhi furono puntati sul ragazzo in questione, che si fece ancora più piccolo.
- Se vuole lottare ha il diritto di farlo. – aggiunse poi, prima di defilarsi fuori con una scusa assai poco convincente.
- Peter ha ragione. Mi spiace, ma è una mia scelta. – disse decisa lei, restituendo a James il ritaglio e facendo per uscire.
- Non credi davvero che te lo lascerò fare così facilmente, vero?! – le urlò di rimando Remus.
Marlene scese le scale, prese la borsa che aveva lasciato sulla poltrona della Sala Comune e si diresse verso il buco del ritratto, che però non raggiunse mai; trattenuta infatti dal ragazzo.
- Dobbiamo parlarne. –
- No. Noi non dobbiamo niente, io ho preso una decisione. –
Remus rimase talmente stupito dalle parole di lei che quando si riprese la ragazza era già uscita.
La seguì, fino a bloccarla definitivamente poco fuori da Hogwarts, nel parco.
- MARLENE! FERMATI! –
Lei lo fece, girandosi con occhi di fuoco.
- Cosa vorresti dire? – le chiese, sempre più agitato.
- Quello che ho detto, noi non…-
- Quello che hai detto l’ho sentito! Ma mi sembra semplicemente incredibile che tu possa essere così egoista! –
Marlene rimase parecchio indignata, tanto da perdere la rabbia nella voce, lasciando spazio solo ad una pura confusione.
- Scusami? Io egoista?! –
- Sì Marly, tu! Quando io volevo mollarti perché non volevo che soffrissi o che ti facessero del male ero un’egoista, perché, come mi hai fatto capire, in una coppia non esiste solo il singolo, ma anche l’altro. Ora però TU pretendi di dire che IO non ho voce in capitolo se vuoi rischiare la vita?! –
Marlene distolse lo sguardo, ferita.
- Hai ragione, Remus. Però io voglio combattere per il nostro futuro, non voglio stare qui ad aspettare che qualcuno ci salvi. Io voglio combattere per noi, e se dovrò morire, saprò di non essere morta invano. –
Quando lo guardò, Remus rimase sorpreso dal vedere, forse per una delle prime volte, le lacrime sul volto di lei.
Rimase comunque fermo sulle sue posizioni, deciso come lo era stato poche volte nella sua vita.
- Ti capisco, Marlene. Ma non voglio che tu rischi di morire per il nostro futuro, perché se morissi temo che io di futuro non ne avrei più. Pensaci, ti prego. –
Marlene si morse il labbro, i capelli che si attaccavano al viso per le lacrime.
- Ti amo Rem, ma ho preso la mia scelta e non riuscirai a farmi desistere. –
Remus guardò per un secondo lontano, sussurrando poi.
- Allora non c’è altro da dire, vero? –
Sentì solo un monosillabo, prima di vederla correre lontano, giù per il verde del prato, lontano da lui, per sempre.
- No. –
 
 

***

 
 
Sirius osservò la Sala Comune, lasciando che il suo sguardo si soffermasse sui volti degli amici.
Non si poteva dire che fosse una notte particolarmente gioiosa, anzi.
Marlene e Lily si tenevano a distanza dai Malandrini, Remus e James parevano in uno stato vegetativo che avrebbe fatto invidia ad una melanzana; Alice e Frank sedevano accoccolati sul divano, tristi anche loro nel vedere gli amici così giù di morale.
Peter non era lì e Sirius si chiese dove potesse essere uno come lui, alle 23 di sera.
Stava giusto per chiederlo a James, quando gli occhi gli vennero coperti da due mani.
- Indovina chi sono? – gli sussurrò nelle orecchie una voce ben nota.
- Jasmine? Dai, Mary potrebbe essere qui intorno! Vengo io dopo nel Dormitorio Femminile, così facciamo tanto…-
- Stupido! – gli urlò scherzosamente lei, assestandogli un colpo sulla costola.
Ritrovato l’uso della vista, ammirò il sorriso di Mary, splendente quasi come una stella, in mezzo a tutta quella desolazione.
- Ah, sei tu. – disse lui, fingendo delusione.
Lei gli fece la linguaccia, per poi stringere le sue braccia attorno al collo di lui, avvicinandosi maliziosamente.
- Eh, purtroppo sì. Se però non sei troppo contrariato, potrei farti vedere come sia migliore di quella Jasmine. –
Lui fece finta di pensarci, per poi sussurrarle, roco: - Non immaginavo che Mary McDonald così estroversa.
Lei gli si avvicinò sempre più, per poi soffiargli nell’orecchio, prima di scappare fuori dalla Sala Comune: - Posso essere molto estroversa. –
 
 
Un’ora dopo, Sirius Black accarezzava i capelli di Mary, disteso su un comodo letto ora però sfatto.
- Wow, non credevo potessi essere così estroversa. –
Sentì la risata di lei nelle ossa, attraverso il petto, dritto al cuore.
Il capo di Mary si alzò e lei puntò gli occhi azzurri in quel buio eterno che erano quelli di Sirius.
- Eh, sono brava lo so. Anche tu te la sei cavata però! Anche se Nick avrebbe saputo fare di meglio…-
- Ehi! – urlò lui, prima di afferrarla e farle il solletico, godendo della sua risata.
- No…no Sir! Ahaha, sto morendo! –
- Vediamo se Nick sa fare meglio anche questo! – disse lui di rimando.
- Ahaha ok, stop! Mi arrendo! –
- Dillo! – disse lui, diminuendo il solletico per farla respirare.
Lei gli sorrise, avvicinandosi un poco.
- Sei molto meglio di Nick e di qualsiasi altro ragazzo. –
- Grazie mille! – urlò lui divertito.
Lei gli si avvicinò sempre più, fino ad accarezzare le labbra di lui con le sue.
- Ti amo, Sir. –
Lui sussurrò un – Anche io – prima di riaffondare nel letto.
 
 

***

 
Peter camminava silenziosamente per i corridoi dell’antico castello, controllando minuziosamente di non essere seguito.
Avrebbe potuto trasformarsi in un topo, ma temeva di non leggere i cartelli delle aule, se fosse diventato così piccolo.
Aula 23...Aula 24…37…40…
Peter si guardò di nuovo attorno, prima di aprire la porta di quella che cercava.
Aula 43.
Entrò velocemente e richiuse la porta altrettanto in fretta.
- Sei arrivato, finalmente. –
Minus sussultò; non aveva visto nessuno quand’era entrato.
- Tranquillo Topo, sono qui. –
Codaliscia seguì la provenienza della voce, fino ad individuare tra le ombre il profilo di Avery e Dolohov.
Erano seduti ad attorno ad un banco, Avery aveva le gambe sul piano del tavolo, dondolava la sedia.
Stavano giocando a scacchi.
- Ci siamo stupiti molto quando hai chiesto un incontro. Pensavamo non ci avresti mai chiamato di tua spontanea volontà. – disse malvagio Avery, osservando la mossa del compagno di Serpeverde.
Peter non disse nulla, sapeva che non era richiesta una sua risposta.
- Cavallo in C3. Allora nullità, cos’hai di così importante da dirci? – chiese Dolohov.
Peter si frugò nelle tasche, nervoso.
- Cos’è, vuoi darci una Cioccorana? – esclamò Avery, prima di esplodere in una sonora risata, seguito dal compagno.
Peter arrossì, ma non tentò di concentrarsi.
Dopo pochi secondi appoggiò il ritaglio di giornale della Gazzetta del Profeta sul tavolo.
Avery lo raccolse, dopo aver mosso la regina in A2, e lesse ad alta voce: - Il Ministro della Magia è morto, siamo in Guerra. –
Quando tornò a guardarlo, un sopracciglio alzato per far intendere la sua incredulità di fronte alla stupidità di chi aveva davanti.
Strinse il pezzo di carta, fino a ridurlo in poco più di una pallina.
Poi la buttò via.
- Stai scherzando? Ci hai fatti venire qui solo per farci leggere un articolo del Profeta?! –
La voce non nascondeva del tutto il tono di minaccia.
- I-io…io veramente…- iniziò a balbettare Minus, facendo dei passi indietro.
- TU COSA?! – urlò Avery, i tratti del volto deformati dalla rabbia.
- Io… IO SO CHE UNA PERSONA VUOLE ARRUOLARSI! – sputò il Grifondoro.
Avery distese l’espressione, tornando a concentrarsi sul gioco, dove Dolohov aveva appena mosso una pedina, mangiando la torre dell’avversario.
- Chi? – disse solo Dolohov.
- Marlene McKinnon, di Grifondoro. Però penso che anche Mary McDonald abbia intenzione di aggiungercisi. Lily Evans non…-
- La Evans è già controllata. Che sai dirci di Potter e co.? –
- Ancora nulla, penso ne parleranno stasera. – disse velocemente Peter, con un po’ di coraggio in più.
Ci fu poi un attimo di silenzio, che si interruppe solo dopo che Avery ebbe sorriso malignamente, e ebbe mangiato l’alfiere di Dolohov, che strinse i denti.
- E questo perché dovrebbe interessare al Signore Oscuro? –
- Remus Lupin. – rispose Peter di getto, per poi continuare: - E’ un Lupo Mannaro. Se si alleasse coi buoni sarebbe un problema. Sirius Black sa trasformarsi in un cane delle dimensioni di un cucciolo d’orso, mentre James Potter può diventare un enorme cervo. Credo che in battaglia potrebbero fare molto male. –
I due Mangiamorte si guardarono un secondo, ponderando la risposta.
- E cosa pensi potrebbe impedire loro di entrare a far parte dell’Esercito dei Mangiamorte? –
Peter non capì subito la domanda, tanto che Avery gli rispose, annoiato.
- Un punto debole, una possibile arma! Dai Topo, rifletti! –
Peter lo fece, ma tutto ciò che gli veniva in mente furono Marlene e Mary.
- La McKinnon e la McDonald stanno con Remus e Sirius. Non so che altro dire, la Evans ora sta con Piton e…-
- Quelle che stanno con Black e Lupin…sono importanti per loro? –
- Sì. – rispose lui innocentemente, non capendo il punto.
Avery sorrise malvagio, muovendo mellifluamente una mano verso la propria Regina, che diede un colpo al fegato al Re avversario, spaccandolo in due.
- Scacco Matto - 


Bene, altro capitolo concluso. Sì, so benissimo che mi ritroverò lettere minatorie verso Minus, e so altrettanto bene che mi odierete per questa fine così suspencistica (?), ma dovevo ù.ù
Ringrazio infinitamente Lorenzo, Jaycee425, StelladelLeone, Federica Pozzan 1997, white_san, Lily97 e nuvolaspeedy_ per aver recensito lo scorso capitolo <3
Spero lo farete anche oggi ;)
Alla prossima!

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Capitolo 20
*** Temi la Morte? ***



 

CAPITOLO 18 - TEMI LA MORTE?



Le tiepide giornate di marzo lasciarono ben presto il posto ai continui sbalzamenti di temperatura che comportava aprile, lasciando così sempre di più nell’indecisione gli studenti di Hogwarts che dovevano uscire se portarsi dietro un ombrello o un prendisole.
Giornate cupe si scambiavano ogni due per tre con bellissimi pomeriggi di una quasi estate. L’illusione però non durava mai troppo, poiché dopo sole poche ore il grigio tornava a far da padrone tra i cieli dell’Inghilterra.
Il vento freddo portava però anche cattive notizie per i nostri eroi: con l’avvicinarsi della bella stagione si avvicinava anche la partenza di Mary.
E con la crudeltà che solo il tempo riesce ad avere nel passare più veloce quando si vuole che rallenti, quell’ultima sera della ragazza nel castello magico arrivò come un lampo, sorprendendoli tutti.
Gli amici fidati avevano pensato di farle una festa, ma alla fine avevano optato per una serata tra intimi, poiché volevano godersi il più possibile la sua compagnia, prima che partisse verso la Grande Mela.
Era quindi questo il motivo per cui avevano addobbato al meglio la Stanza delle Necessità e si erano dati appuntamento alle otto di sera nella stessa.
Lily arrivò poco prima per assicurarsi che le bevande fossero apposto e, nemmeno a farlo apposta, anche James giunse in anticipo, solo per la strana casualità (o destino) che l’aveva guidato a quel posto dieci minuti prima dell’orario prefissato.
Lily camminava non guardando davanti a sé, troppo presa a consultare la pergamena tra le mani, una piuma tra i capelli, gli occhi verdi che passavano il foglio di carta indagatori mentre, con le dita, teneva il conto delle cose fatte.
- Allora, cinque bottiglie di succo di zucca e tre di whisky incendiario. Due dovrebbe portarle Sir, se poi Marly prende le altre. Dannazione! I bicchieri! Oddio…va beh riusciremo a trasfigurare qualcosa oppure la stanza ce li darà. Poi le caraffe di Idromele e…-
BUM!
Un dolore lancinante al naso, il rumore di cose cadute, e Lily Evans che faceva di tutto per non piangere.
- DIO MIO MA CHE CAZZO…?!-
- Scusa, non stavo guardando dove…Lils?-
Quella voce, quel profumo…
La mente di Lily si azzerò completamente e l’unica cosa che riuscì a pensare fu ‘Tra centinaia di studenti io devo sbattere proprio su James Potter?!’.
Statisticamente improbabile ma dannatamente reale.
- Oh mamma, stai sanguinando come non so cosa! Aspetta solo un secondo, io…-
- No grazie James. Ci tengo ad avere un naso e, purtroppo per te, mi ricordo i disastrosi risultati del corso di Pronto Soccorso Magico, l’anno scorso. Abercrombie non ha gradito molto la privazione di un braccio, non so se mi spiego. –
James incrociò le braccia e la guardò, sfidandola.
- Non ti fidi di me? –
- Quando si tratta di parti del corpo, come posso dire, vitali…no, mi spiace. –
Lily gli sorrise sorniona e, presa la bacchetta, sussurrò un leggero: ‘Estasia’.
Il sangue si fermò di botto e la chiazza scura dovuta al livido scomparve dalla pelle.
Lily stava per dire una battuta quando si accorse improvvisamente di chi aveva davanti. E il dolore sembrò mozzarle il fiato.
No, era pericoloso. Era doloroso. Non era pronta.
Ma nonostante le sue affermazioni non riusciva a pensare che fosse difficile, al contrario, era dannatamente semplice. E spontaneo.
‘E dio mio come sta bene con la divisa di Quidditch!’ pensò in un moto di forte femminilità, soppressa subito dall’imbarazzo per averlo pensato, con tanto di rossore delle guance.
- Io devo andare – disse veloce e svelta, come quando si strappa un cerotto.
Stava, in effetti, per superarlo se non fosse per la presa salda di lui su un suo braccio.
- Non riesci nemmeno a starmi vicino per pochi minuti? Scappi…da me?-
Il tono con cui lo disse, gelido e ferito.
Lily sentì un peso schiacciarla, all’altezza del petto.
- No, cosa dici! Devo solo…-
- NON PROVARE A MENTIRMI LILS! NON A ME! –
Gliel’aveva urlato, con forza e rabbia, quasi l’avesse insultato. In effetti, per molti versi, era così.
- James ti prego, io…-
- Guardami. Guardami Lils. –
Lily respirò a fondo e si voltò.
I capelli così irrimediabilmente spettinati, quelli che amava; gli occhi nocciola che la scrutavano dolcemente, gli occhiali un po’ sbilenchi ma sempre affascinanti.
Era James.
Era il suo James.
E lei si odiava da morire per quell’istinto di fuga, per quell’impulso che le diceva di andarsene e per quella voglia matta di baciarlo; tutto contemporaneamente.
- Lils, parlami. –
Lily aprì la bocca ma la richiuse subito, distogliendo lo sguardo. Cosa poteva dirgli?
- Lils! –
James le afferrò la mano e la premette sul suo petto, sopra al cuore, che Lily sentì battere all’impazzata.
- Sono io. Sono solo io. – sussurrò poi dolcemente.
Lily strinse la mano sulla tuta di lui, cercando di non piangere.
- James, io…-
Ma ciò che Lily voleva dire James non lo seppe mai, poiché furono interrotti da uno sciame di voci diverse.
- Rem ti dico che lo adorerà! Tu che ne sai poi? Sei un maschio! –
- Oh andiamo Marly! Non mi sembra esattamente il suo genere, ecco tutto!-
- Lo diventerà, te lo dico io. Ehi, siete già qui! – esclamò Alice.
Lily si affrettò a togliere la mano dal petto di James, quasi come se si fosse scottata, ma non riuscì comunque a evitare lo sguardo indagatore di Alice.
- Va tutto bene? – chiese maliziosa.
Marlene, Remus, Peter e Frank guardarono attentamente la rossa e il moro, insospettiti da Alice.
Lily sorrise, tentando di non far colorare le guance del rosa pastello così facilmente identificabile, e rispose: - Alla grande! –
Si affrettò poi ad aprire la pergamena, impaziente di cambiare argomento.
Durante tutto ciò, Lily non si girò verso James nemmeno una volta, ma era pronta a giurare che il ragazzo non l’avesse mollata con lo sguardo nemmeno un secondo.
La pelle d’oca che le percorreva la colonna vertebrale ne era un evidente prova.
- Beh, io direi che possiamo anche entrare, a meno che non vogliate fare la polvere qui. – disse poi Marlene, aprendo la porta magicamente apparsa della Stanza delle Necessità.
- Marly hai portato da bere? – chiese Lily, riacquistata la calma.
- Fatto! Ora dobbiamo solo aspettare che Sir porti la bella festeggiata qui! – esclamò felice Marlene, sdraiandosi sul divano bianco, accanto a Remus.
Lily guardò l’orologio al polso e disse: - Sì ma sono in ritardo! Dove sono finiti? –
- Forse volevano trascorrere un po’ di tempo da soli. – disse James, adocchiando una pizzetta sul tavolo.
- Negativo, ho chiaramente detto a Mary che avrebbero potuto stare un po’ sotto le lenzuola solo dopo la festa. Spero che Sir non l’abbia sedotta, o lo ammazzo. –
In seguito all’affermazione di Alice, nella sala calò una certa tensione e imbarazzo.
Il pensiero di due dei tuoi migliori amici, impegnati in certe azioni, non è certo un piacevole argomento di conversazione.
- Beh, nell’attesa, che ne dite di aiutarmi ad appendere il cartellone? – chiese Lily, estraendo da un mobile un enorme striscione con scritto ‘TI VOGLIAMO BENE MARY!’.
In un lampo tutti si precipitarono dalla rossa nel tentativo di eliminare l’immagine di Mary e Sirius impegnati in situazioni piuttosto intime.
Tutti tranne James.
Il ragazzo non si mosse di un millimetro, continuando a giocare col boccino che ormai si portava sempre appresso, e guardando di sottecchi Lily che rideva, scherzava e sorrideva agli amici.
Cos’avrebbe detto, se non fossero arrivati gli altri?
Avrebbe ammesso che l’amava ancora, che non poteva stare senza di lui?
O avrebbe detto che non ce la faceva, che era troppo per lei?
Un impulso improvviso, la rabbia di un istante.
La frustrazione, soprattutto.
James prese il boccino e lo cacciò con forza nella tasca.
- Vado a cercarli –
Veloce, fulmineo come un gatto, e James Potter uscì da quella che per lui stava diventando una stanza soffocante.
Non si accorse degli sguardi confusi né delle domande che gli vennero porse.
E soprattutto, non si accorse dello sguardo di dolore negli occhi verdi di lei.
 
 

***

 
 
Intanto, a un piano di distanza, Sir e Mary stavano ridendo, ricordando insieme tutte le sciocchezze e scherzi passati in quei sei anni di amicizia e amore.
- Oddio, questa non me la ricordavo! E quella volta che James bruciò il cappello preferito di Marlene nel tentativo di incantarlo per parlare? –
- Ahaha! Giusto, quella non me la dimenticherò mai. Non parliamo poi della faccia di Lils quando tu e Rem le rubaste il diario per scoprire cosa provasse per James…-
-…per poi essere colpiti da una Fattura Orticante? Le mie gambe hanno ancora dei segni! – esclamò lui con la risata simile ad un latrato.
Lei gli si avvicinò, scoccandogli un leggero bacio sulle labbra dopo aver detto: - Io non li ho mai visti. –
Quando si staccarono Sirius la fece riavvicinare, tentando di approfondire il contatto, ma Mary si oppose.
- No no no, mi è stato esplicitamente detto di non perderci in questo tipo di cose Sir. Andiamo, gli altri ci aspettano. –
Sirius però non la lasciò andare prima di averle sussurrato, la voce roca e sensuale: - Dopo però potremmo appurare la presenza o meno di quei segni, vero? –
Lei rise, aggraziata come sempre.
- Naturalmente. Ora però andiamo o temo che non avremo la possibilità né di fare quello né altro se Marlene ci ucciderà. –
E tra nuove risate i due, mano nella mano, ripreso a camminare verso la Stanza delle Necessità.
 
Quando però poco più in là, videro un certo Grifondoro venirli incontro, alquanto arrabbiato, non seppero che dire.
- Ehi, James? – provò Mary, ma il ragazzo sembrò non sentirli e tantomeno vederli.
Li superò senza dire nulla.
- RAMOSO! – urlò Sir, lasciando la mano di Mary per corrergli dietro.
Alla voce di Sirius, James parve tornare alla realtà.
- Oh scusa Sir, non vi avevo visto! Io stavo…-
- Va tutto bene? – gli sussurrò Felpato, mentre Mary se ne andò con molto tatto ad osservare un quadro, per dar loro privacy.
- Più o meno. Nulla di cui devi preoccuparti tu, oggi dobbiamo festeggiare Mary dopotutto! Ne parleremo stasera casomai. –
James fece per andare verso Mary, ma Sir lo trattenne.
- Stasera – ripeté con autorità, come a far capire che non avrebbe rinunciato.
James gli sorrise timidamente e poi raggiunsero la ragazza, spalla contro spalla, come fratelli.
 
 

***

 
 
Verso la mezzanotte, James era seduto sulla poltrona della Stanza delle Necessità, a ridere a crepapelle delle imitazioni di Alice di Sirius.
Lily era accanto a Sir sul divano, che a sua volta teneva in braccio Mary. Al loro fianco c’erano Marlene e Remus. Su un altro sofà vi erano Alice e Frank, su una poltrona stava seduto invece Peter.
- Oh andiamo Ali! Non sono così io! – esclamò ad un certo punto Sir, gli occhi ormai pieni di lacrime dal ridere.
- Oh sì che sei così Sir! Anzi, molto peggio; non ho mai visto una persona mangiare così voracemente in sedici anni di vita! – gli disse Lily, facendo scaturire nuove risate dagli amici.
- Tutta invidia Evans, solo perché tu non sai fare meglio. –
Un coro di ‘Ohhh’ si levò dal pubblico e Lily si alzò indispettita.
- Oh certo, illuditi quanto vuoi! Mi permetto di ricordarti chi ti batté alla gara di rutti, qualche anno fa. –
Anche Sirius si alzò dal divano, lasciando sedersi Mary, per fronteggiare la rossa, poco più bassa di lui.
I loro nasi erano ormai vicinissimi quando lui sussurrò: - Tutta fortuna. –
Un’altra onda di ‘Ohhh’, subito seguita da delle esclamazioni di ‘Sfida! Sfida!’.
Lily si avvicinò ancora un po’ a Sirius e sibilò, il sorriso sul volto: - Sei disposto a…scommettere?-
Sirius ghignò divertito e rispose: - Ovviamente. Venti galeoni che ti batto. Ci stai? –
- Così pochi? Io dico cinquanta! – esclamò lei.
- Fagliela vedere Lils! – urlò Marlene.
Sirius guardò Lily dall’alto al basso e rispose: - Ci sto. –
Mezzora dopo Sirius si arrese, buttandosi sul divano.
- Ecco a voi la Regina, signore e signori! – urlò Alice, prendendo la mano di Lily e alzandola.
Lily arrossì violentemente mentre tutti l’applaudivano.
Sirius si alzò, fingendosi arrabbiato, per poi prenderle il braccio e farle un bacio a mano, inginocchiato.
- Mia Regina. –
Lily arrossì ancora di più, mentre le budella di James si attorcigliavano in maniera davvero poco gradevole. Non crediate però che James pensasse a Sirius come una minaccia, dopotutto erano fratelli, e sapeva che Felpato amava solo Mary. Però non voleva vedere Lily baciata da nessuno, a parte lui.
Sirius si alzò e la strinse con uno dei suoi abbracci da orso, seguito dagli applausi del pubblico.
- Ok, ok. E’ quasi mezzanotte e mezza, direi che possiamo lasciare i due piccioncini da soli, che ne dite? – propose Remus.
Lily abbracciò ancora Sirius e gli scompigliò i capelli, poi disse: - A cuccia Sir. La tua padrona ti aspetta. –
A queste parole Sir corse verso Mary e l’alzò, baciandola appassionatamente.
- Aspettate almeno che usciamo! – esclamò Marlene, prendendo Remus per mano.
Mary e Sirius si staccarono, scoppiando a ridere.
In seguito, tutti abbracciarono Mary, dandole appuntamento il giorno dopo alle dieci per l’ultimo saluto.
Quando anche Lily ebbe salutato Mary, tutti uscirono dalla stanza, lasciando i due soli.
Lily non ebbe però nemmeno il tempo di chiudere la porta che si ritrovò schiacciata contro il muro, un corpo robusto a impedirle l’uscita.
- James! Che diavolo…-
- Abbiamo un discorso da finire, o sbaglio? – le sussurrò lui, felino.
Lily iniziava ad agitarsi, gli altri erano andati via e lei era sola con James. Cosa gli avrebbe detto?
- Allora, Lils? Cosa dovevi dirmi? – rincarò il ragazzo, non smettendo di fissarla per un secondo.
- Nulla. Sai già cosa provo, sai che non sono pronta. Non ce la faccio, io…-
James le prese il mento con un dito e fece in modo che i loro sguardi si incrociassero.
- Ripetilo guardandomi negli occhi. – le disse, fermo.
Lily fece per ripeterlo, ma le parole erano come incastrate, come bloccate dalla forza che quegli occhi nocciola esercitavano. I suoi occhi nocciola.
- James, ti prego…-
- Ripetilo, se hai il coraggio. Penso che tu non possa però, perché sai che stai mentendo a te stessa. Tu sei pronta, solo che hai paura. Lils, dillo. Dì che mi ami. So che puoi farlo. –
Lily lo guardò intensamente, le loro labbra che si avvicinavano sempre più.
Come calamite.
Quando…
- LILS!-
Lily si ridestò come da uno stato di coma, si voltò e lo vide, gli occhi ridotte a due fessure dalla rabbia.
- Sev! Sev che…-
Severus azzerò le distanze e le prese la mano con forza, portandola dietro di sé.
James non parve gradire molto, anzi, per niente quel gesto.
- Che problemi hai Mocciusus?- gli urlò, o meglio, ringhiò contro.
- Io nessuno, sei tu che stai dando fastidio alla mia migliore amica! –
- Non hai visto? A quanto pare lei non mi sembrava molto infastidita, forse sei solo geloso; dopotutto la cosa più vicina con cui hai avuto intimità è il cuscino! –
- TU, BRUTTO SCHIFOSO…-
I due ragazzi estrassero le bacchette contemporaneamente, la rabbia che si respirava insieme all’ossigeno.
- EXPELLIARMUS! –
Un urlo ed entrambe le armi furono nelle mani della rossa.
- Non voglio che lottiate, sono stanca di questi comportamenti da bambini! Crescete, una buona volta! –
Lily era furiosa, stufa di essere trattata come un giocattolo perennemente in competizione tra i due.
Lanciò ad entrambi le bacchette e, prima di andarsene, disse: - Sarà meglio che non scagliate alcun incantesimo, perché vi giuro che se lo verrò a sapere vi toglierò il saluto. Buona notte a entrambi.-
Lily si voltò e percorse la strada verso la Torre di Grifondoro, da sola.
Non si girò mai, ma sapeva che non avrebbero fatto nulla.
Entrambi teneva troppo a lei per perderla e lei era troppo stanca per sopportare altre liti infantili.
Quella notte non dormì granché, in effetti.
 
 

***

 
 
Quella sera nemmeno James si calmò tanto facilmente: continuava a percorrere a grandi passi la stanza, furioso e dispiaciuto allo stesso tempo di aver sprecato quella possibilità di baciare Lily per colpa di Severus.
Lei però non era andata via con lui, era già un aspetto positivo, no?
‘Però non è andata via nemmeno con te ’ ci tenne a precisare una fastidiosa vocina nella sua testa che, chissà per quale astruso motivo, era quella di Remus.
Peter era andato chissà dove e Frank e Remus erano rimasti in giro con le fidanzate.
Dannazione!
James si buttò sul letto, esausto.
Verso l’una e mezza, sentì la porta aprirsi e un peso sederglisi accanto.
- Allora, dovevamo parlare, sbaglio? –
- Sto dormendo. – rispose James, la testa sotto il cuscino.
Sirius gli si sedette sulla schiena e disse: - No, non è vero. Ma ho tutta la notte, quindi se vuoi potrai fingere di dormire con settanta chili sulla schiena. –
- Oh diavolo Sir! Pesi! Dai, spostati! –
Sirius si spostò, un ghigno divertito sul viso.
James si sedette e si scompigliò i capelli, in un moto ormai del tutto involontario.
- Non è nulla Sir, davvero. Dai, goditi questa serata, non voglio rovinartela con i miei problemi…-
- Oh andiamo Ramoso! Non diventarmi sentimentale ora eh! La mia serata l’ho goduta, e con la G maiuscola direi, nelle ultime ore; ora voglio sapere che hai. –
- Ok… è per la Evans. –
- Oh, che strano! Non l’avrei mai detto! – esclamò Sirius, sarcastico.
James si ributtò sul letto e disse: - Se la mia vita ti annoia possiamo anche fare a meno di parlarne, sai! –
Sirius si sdraiò accanto a lui e rise: - Mamma mia, come sia permalosi! Dai Ramoso, ti ascolto. Sai che puoi fidarti di me. Parla. –
I due trascorsero la notte a parlare, anche dopo che i compagni di stanza furono andati a letto.
Parlarono dell’amore, della situazione con Lily, della frustrazione di James. Parlarono del loro rapporto e di come tutto fosse cambiato da quando si erano formate le coppie all’interno del gruppo. Raccontarono le proprie paure, quella di Sirius di perdere Mary, e quella di James di aver già perso Lily.
Alla fine, James rivelò: - Sir, io la amo da matti e forse la odio allo stesso modo. Però di una cosa sono certo – e prima di finire la frase si voltò, fissando gli occhi nocciola in quelli neri come pozzi del migliore amico – può essere solo lei, nessun’altra. E’ lei, Sir. –
Sirius abbracciò James e gli sussurrò: - Lo so James, lo so. Sarà lei, te lo prometto. Dalle solo un po’ di tempo, verrà da te.-
- Come fai a dirlo? –
- Perché vi conosco e perché vedo come lei ti guarda. Credimi James, lei ti ama. Non devi preoccuparti. –
James strinse più forte l’amico, prima di lasciarlo andare e ringraziarlo.
Quella notte, James riuscì a dormire, il profumo rassicurante di Sirius addosso, le parole di lui nelle orecchie, gli occhi di Lily nella mente, nel cuore.
 
 

***

 
 
Il giorno successivo, alle dieci in punto, tutti i ragazzi si riunirono nello studio del professor Silente, da dove Mary sarebbe partita con una Passaporta.
- Bene, signorina McDonald, è ora. – disse dolcemente il Preside.
Mary si voltò verso gli amici e li abbracciò tutti, le lacrime ormai impossibili da finire.
Per ultimo lasciò lui.
Lui non piangeva, le sorrideva.
E lei rise, rise per quanto lo amava, rise per quanto gli sarebbe mancato, rise per come avrebbe voluto ridere per sempre, senza mai doversene andare.
Gli corse incontro e lo abbracciò fortissimo, quasi volesse diventare parte di lui; e forse era così. Voleva che una parte di lei non lo lasciasse mai, per non farlo sentire solo…per non farli sentire soli.
Quando si staccò, Mary lo baciò appassionatamente davanti a tutti. Non le importava che tutti stessero vedendo. Perché poi si sarebbe dovuta vergognare? Amava Sirius più di chiunque altro al mondo ed era il suo più grande motivo d’orgoglio.
Quando si staccò aveva sia il sapore di lui che quello delle lacrime in bocca.
- Ti amo Sir, da morire. Non dimenticarmi. –
Lui l’abbracciò ridendo: - Non potrei mai. Non farlo nemmeno tu. –
- Mai. –
Un altro giro di abbracci, e di lacrime, e Mary toccò quella Passaporta. L’ultima cosa che vide prima di vorticare alla velocità della luce furono i loro occhi, gli occhi di chi amava, che piangevano silenziosamente.
Non l’avrebbe mai dimenticato.
Mai.
 

Mary sentì che la velocità stava diminuendo e decise che fosse ora di aprire gli occhi. Ciò che però vide la sorprese non poco.
Non era decisamente l’ufficio del Responsabile Stage del Ministero della Magia Statunitense.
Sembrava, in effetti, più una casa diroccata, abbandonata da anni a quanto sembrava.
La carta da parati era rotta in molti punti e lasciava vedere le assi di legno, ormai marce.
Una sedia con la tastiera rotta, un tavolo di legno senza una gamba, un tappeto consunto e pieno di insetti; questo tutto ciò che c’era in quella stanza.
Fece per prendere la bacchetta ma quella volò inaspettatamente via di lei, nelle mani di un uomo appena apparso dalla porta.
- Oh no, credo che questa non ti servirà, signorina McDonald. –
- Chi sei? –
La voce di lui era viscida, e Mary iniziò ad avere davvero paura.
- Ma come, non mi riconosce? –
L’uomo uscì dalle ombre, e Mary sentì il fiato mozzarsi.
Era Amadeus Nott, uno dei più grandi sostenitori di Voldemort, nonché l’assassino del Primo Ministro.
- Tu! Tu sei un mostro! – gli urlò, in un impeto di adrenalina.
- Così mi offende, sa? Beh, vedo che possiamo darci del tu. Allora Mary…-
- Non osi chiamarmi per nome. – soffiò lei.
Pochi passi, lei nemmeno se ne accorse, e sentì il suo alito rancido sul collo.
- Che coraggio, ammiro il coraggio sai? Cosa vuoi farmi eh? Vuoi picchiarmi? –
La sua risata, così sporca e infida, le fece venire la nausea.
- Mi fai venire vomitare, sei disgustoso. –
Nott le accarezzò i capelli, lasciando che la mano arrivasse fino al collo, dove si strinse.
Mary si sentì soffocare e tentò di fuggire, inutilmente.
- Il coraggio lo ammiro, la stupidità no. –
Avvicinò le labbra a quelle di Mary, la presa sul collo salda, per poi sussurrare: - Soprattutto da una così bella ragazza. –
Nott mise la mano sopra il seno della ragazza, accarezzandolo, con determinazione crescente.
Quando però si avvicinò al ventre, Mary agì.
Un calcio agli stinchi, le vie respiratorie libere.
Mary si mise a correre verso la porta, il cuore che le batteva forte, selvaggio, nella gabbia toracica.
Ad un certo punto però sentì un dolore lancinante trafiggerle il petto, il sangue ribollire nelle vene. I polmoni cercavano aria, senza trovarla, mentre mille spade la sventravano. Pregò di morire, tutto, pur di non dover sopportare oltre quell’agonia insopportabile.
- Non sei stata carina, proprio per niente. –
Mary si sentì tirare su e il viso si voltò, trovandosi faccia a faccia con Nott. La voce di lui era ora fredda e spietata, non più melliflua come prima.
- Non vuoi nemmeno scusarti? –
Mary dubitava perfino di riuscire a parlare, il sapore del sangue prepotente in bocca; ma anche se avesse potuto farlo non avrebbe mai ceduto.
Aprì la bocca e gli sputò il suo sangue sul viso.
La maledizione Cruciatus diventò più intensa, e Mary iniziò ad urlare. Era però come se stesse osservando la scena da spettatrice. Vide Amadeus avvicinarsi, pestarle la mano. Sentì le ossa della mano rompersi e le lacrime sgorgare violente; ma il dolore no, quello non lo sentì. Forse, si disse, una persona non può riuscire a soffrire così tanto contemporaneamente.
Vide Amadeus chinarsi e sussurrarle: - Hai qualcosa da dirmi? Eh, schifosa Mezzosangue? –
Sentì la sua voce parlare, ma non si era accorta di averlo fatto.
- Spero tu muoia dolorosamente, schifoso scarafaggio. Non meriti nemmeno che ti parli. Sei solo un idiota e io ti compatisco. Non sai cosa voglia dire amore, né amicizia. Conosci solo la morte e sei così sciocco da non temerla. –
Vide Nott sorriderle, divertito.
- E tu? Temi la morte? –
Mary si sorprese di ciò che la sua voce disse, ma condivise ogni singola parola, perché la pensava davvero.
- La rispetto. So di aver amato i miei amici, la mia famiglia, Sirius quanto mi fosse possibile e anche di più. Non ho rimpianti. Non devo aver paura di nulla. Io sono sincera con me stessa. –
Le ultime parole che sentì pronunciare da lui furono malvagie, ignobili.
- Salutami i genitori di quella SangueSporco della tua amica, piccola Mary. –
L’ultima cosa che vide fu un getto di luce verde, ma dentro di sé l’unica cosa che vide furono gli occhi di Sirius la sera prima, dopo aver fatto l’amore. Gli occhi di Sirius mentre le chiedeva di sposarlo. Gli occhi di Sirius pieni di gioia quando lei aveva accettato, entusiasta. Gli occhi di Sirius quando gli promise di amarlo per sempre. Aveva mentito, un rimpianto ce l’aveva.
Non avrebbe potuto vedere gli occhi di Sirius quando sarebbe tornata.



Ok, capitolo finito. Non so davvero cosa dire, sul serio. In questo capitolo volevo trasmettere un sacco di emozioni e spero di esserci riuscita. Non odiatemi, vi prego. Aspetto le vostre opinioni e, credetemi, sto piangendo anche io in questo momento.
Buona notte ragazzi, vi mando un bacione enorme.
# SilverKiria in lutto #

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Capitolo 21
*** Ululato di Dolore ***



 

CAPITOLO 19 - ULULATO DI DOLORE


Ciao a tutti ragazzi. Vi devo un po’ di spiegazioni, perché non vorrei che qualcuno di voi pensasse che sono una pazza sadica che si diverte ad uccidere i protagonisti. Inizio col dirvi che anche io mi sono affezionata davvero tanto a loro, in effetti li penso come persone reali, i sentimenti che provano li sento, rileggendo i miei capitoli. Non fraintendetemi, so perfettamente che è una storia u.u
Solo che mi immedesimo in loro e, sebbene alla fine sia io che decido ciò che gli accadrà o meno, sappiate che soffro anche io quando capita loro qualcosa di spiacevole, come del resto gioisco se gli capita qualcosa di bello. Arriviamo al punto: perché ho ucciso Mary? Sappiate che io non lo avrei davvero voluto fare, credetemi, ma c’è questa piccola questione che è la trama di Harry Potter. Mi spiego meglio. Il mio racconto nasce come riepilogo dei fatti antecedenti alla nascita di Harry, ma comunque legati a quella cronologia. Non sfuggirà a nessuno di voi che non si sia mai accennato in alcuna pagina ad un amore di Sirius, cosa bellissima in effetti dato che permette a noi fan di creare per lui passati a nostro piacimento, e quindi non posso scombinare completamente la trama. Non è assolutamente quindi una scelta mia personale quella di uccidere Mary, come invece lo era quella di uccidere i genitori di Lily (anche se non se n’è mai sentito parlare, il che ci induce a pensare siano morti) per dare una svolta più matura alla trama. Mary la adoro, la amo alla follia. E vi assicuro che scrivere ciò che sto per scrivere mi fa piangere. Vi dico questo perché credo abbiate il diritto di conoscere i ragionamenti che stanno alla base delle mie scelte da scrittrice di questa storia e perché non pensiate che io sia una pazza assassina, crudele e senza cuore. Sono la prima a leggere ciò che scrivo, sono la prima a soffrirne. Vi avviso infine che in questo capitolo ci saranno un po’ di parolacce, non perché sia diventata una scaricatrice di porto, ma perché voglio essere realistica. La rabbia di Sirius è enorme, non credo sinceramente che avrebbe pensato a tenere a freno la lingua dicendo ‘sciocchezze’ o ‘perbaccolina’, idem per gli altri personaggi. Mi scuso sin da subito se ciò infastidirà qualcuno, io vi avviso e non voglio quindi alcuna lamentela a riguardo. Se siete particolarmente pudici, non leggete;)
Detto ciò, non mi dilungo in altre parole, perché so che volete sapere cosa accadrà. Sappiate solo che sono davvero orgogliosa di questo capitolo, spero lo sarete anche voi. Fazzoletti pronti, mi raccomando!
Quindi, buona lettura!

 
Ps: Dopo l’eliminazione dell’ultimo capitolo/aggiornamento EFP ha fatto il brutto scherzetto di scombinarmi i primi capitoli, chissà perché. Ho risolto il problema ma volevo comunque scusarmi per chi si fosse trovato in difficoltà nel leggerli;) Pps: Scusate se non viene fuori al massimo, le lettere iniziali sono un vano tentativo di far sembrarle delle vere lettere ^^"

 
 



Sir, rispondi alle nostre lettere, te ne prego. Siamo preoccupati per te. Sappiamo che stai soffrendo, come tutti noi e probabilmente di più, ma dobbiamo superare questa cosa insieme. Sir, ti scongiuro, rispondi. Ti voglio bene.                                                                                                                                                             
                                             Ali                                                                                                                                                                                                              
 

 
Ciò che è successo mi ci ha devastato. Non smetto di piangere da due giorni, credo morirò disidratata. Ma Sir, dobbiamo restare uniti. Lei avrebbe voluto così. Rispondici, ti prego. Ti voglio un mondo di bene.                                                                                                                                                                               
                                    Marly                                                                                                                                                                                                               
 

 
Felpato, non so cosa dire. Ti conosco e so che vuoi creare un muro tra te e il mondo perché pensi soffrirai meno. Non funziona così Sirius. Tu devi accettare o          quantomeno realizzare il dolore, solo così potrai uscirne. Sirius, sei uno dei miei migliori amici, parlami. O almeno fammi sapere che stai bene. Dobbiamo rimanere uniti, ora più che mai. Scrivimi al più presto, io sono qui.                                                                                                                                                                          
                                                                                                                                                Remus                                                                                                         

 
 

Sirius, ti ricordi quando a tredici anni ti accusai di non provare sentimenti? Mi ridesti in faccia, dicendo che non sapevo nulla di te. Era vero. Io non sapevo nulla di te ed ero solo un’idiota; perché ora ti conosco. In questo anno ci siamo frequentati di più e sei diventato uno dei miei punti di riferimento. Forse non ti conoscerò del tutto, anzi sicuramente è così, ma ora posso dire una cosa: sei una delle persone più sensibili che io conosca. E posso solo immaginare quanto ciò che è successo ti abbia devastato. Sir, noi siamo qui. Io sono qui. Parole vuote, che suonano di circostanza, probabilmente,ma non lo sono. Tu c’eri per me e io ci sarò per te. Che tu lo voglia o no. Ti voglio bene Sirius, ti prego, rispondi.                                                                                                                                                                                      
                                                                                                Lily                                                                                                                                                                 


                                    

Ti conosco. So che ti sarai chiuso nella tua camera, in quella casa che anche odi. So che avrai letto le lettere degli altri e che probabilmente le avrai accartocciate,         sibilando insulti malvagi. So come sei fatto, so come reagisci. Ma porca vacca, con me non lo farai. Non ti dirò cazzate come ‘io sono qui’ o ‘ti voglio bene’, perché queste cose tu le sai già. E non te le meriti. Il Sirius che conosco io avrebbe tirato fuori le palle, come sempre, e si sarebbe assicurato che tutti stessero bene. Il Sirius che conosco io sarebbe venuto da me, in lacrime, e mi avrebbe abbracciato. Quello che invece tu stai facendo è rinchiuderti in te stesso, considerandoti uno schifo umano che mai più potrà vivere. Probabilmente perfino ti odi perché tu puoi vivere. Cos’è, ti sei picchiato? L’ultima volta che eri in questo stato prendesti a pugni lo specchio. Ora che hai fatto, hai rotto il quadro? Sei un bambino, non sei l’uomo che conosco io. Non intendo dirti che hai il diritto di stare male, che puoi startene lì quanto vuoi, perché non è vero. Tu devi alzare le chiappe, svegliarti e capire che è vero, che sta succedendo. So che hai paura, perché dopo l’accettazione arriva il dolore. Un tremendo dolore. Ma noi possiamo affrontarlo. Non tu. NOI. Scrivimi appena sarai tornato quello di un tempo, non ho intenzione di contattarti finché non sarai rinsanito. Anche se dovessi presentarti alla mia porta per prendermi a pugni per questa lettera fallo. Almeno saprò che sei vivo.                                                      
Ah, non fare cazzate. Domani c’è il funerale, se non verrai, puoi anche non parlarmi più. Hai bisogno di salutarla, noi abbiamo bisogno di salutarla. Dopo andremo  avanti, con la calma di cui hai bisogno, ma lo faremo. Insieme.                                                                                                                                                                   
                                                                    James                                                                                                                                                                                         

 
 
 
Sirius lesse ancora una volta la lettera di James, per poi farne una pallina e buttarla sul letto. Era un passo avanti, almeno non l’aveva bruciata come le altre. Osservò la mano destra, fasciata da sotto le dita in giù, fino al polso. Lo conosceva troppo bene, si era davvero fatto del male. Beh, in realtà ne aveva fatto a Kreacher, ma quello non importava. Si voltò e osservò la camera in cui stava: le pareti a strisce oro e rosso, i poster di giocatori di Quidditch che volavano sulla parete. Visualizzò meglio quello della squadra di Londra, un enorme strappo al centro della carta. La giocatrice che vi era raffigurata era bionda. Troppo bionda. Quanta fatica gli era costato tornare lì? Tanta. Sua madre aveva farneticato frasi senza senso quali ‘delusione per la famiglia’ e ‘orribile scandalo’; ma Silente si era battuto per lui, perché gli dessero un posto dove starsene tranquillo. Ripensò alle parole scritte dall’amico: domani c’è il funerale. Col cazzo che ci sarebbe andato. A che serviva, poi? Una cerimonia inutile piena di gente, forse più della metà sconosciuta. Un prete ignorante della vita di lei che predicava seguendo copioni ripetuti chissà quante volte, della serie ‘lei aveva tempo per gli altri’, ‘era altruista’ o la più classica ‘lei era un esempio di giustizia’. Due giorni dopo il funerale probabilmente non si sarebbe nemmeno ricordato il nome della defunta. Cazzate. Sirius sapeva ciò che voleva ricordare di lei, non gli serviva una falsità come quella per provare dolore. Il dolore c’era già, ed era dilaniante. E pensare che, solo due giorni prima, era tutto facile, semplice. Solo due giorni fa respirare non sembrava così difficile.
 
Mary era partita il giorno prima e tutto sembrava già incredibilmente diverso. Mancava la sua risata, la sua voce, il suo profumo. Però saresti stato forte, perché lei vuole così. E’ solo andata via per un anno, tornerà e sarà tutto apposto. Nel frattempo avrai il tempo di capire cosa vuoi diventare, migliorare e, quando sarà ora, l’accoglierai cresciuto. Sarai un uomo. Ti guardi intorno e ti viene un sorriso. Marlene e Alice stanno discutendo su quale città sia la più bella, Marlene afferma che New York è da visitare, Alice, da inguaribile romantica, sostiene che non si può morire senza aver visto Parigi. Remus sorride sotto i baffi, abbracciato a Marlene. Ti volti e vedi con lo sguardo dei capelli rossi. Lily è accoccolata ad un divano, un top bianco con un fiore viola e dei jeans strappati, e sta leggendo un libro di cui non riesci a vedere il titolo.
Un rapido sguardo e il dubbio che ti era balzato in mente diventa realtà: James, dall’altra parte della Sala, seduto su un puf rosso vermiglio, finge di leggere una rivista, quando in realtà non le toglie gli occhi di dosso. Ripensi alla vostra chiacchierata di due giorni fa e alla tua promessa. E se non fosse così? Se Lily non fosse la lei di James? Riguardi verso la ragazza e noti che i suoi occhi fissano la stessa pagina da circa due minuti. Troppo tempo per una come lei. Un sorriso sornione ti increspa il volto, quando vedi i suoi occhi guizzare, anche solo per un secondo, verso James, per poi girare pagina. No, ti dici, la promessa verrà mantenuta. Quei due si amano alla follia.
Ma sono così irrimediabilmente idioti che non riescono a stare tranquilli. Tu e Mary non siete la stessa cosa. E per un secondo la tua mente viaggia nel tempo, tornando a quando le chiedesti di sposarti. La sua pelle calda, viziata dalle coperte, sotto i tuoi polpastrelli; i suoi capelli profumati sul petto, la sua mano che ti accarezza la pancia, disegnando dei piccoli anelli. Respirasti a fondo, il bel discorso che ti eri preparato in mente, l’aria nei polmoni che iniziava a pesare come un macigno. La lotta di due voci interne, una che ti consigliava di non chiederglielo, poiché se avesse detto di no sarebbe stato tutto diverso; l’altra che ti ricordava che c’era una Guerra, lì fuori, e che ogni secondo era prezioso. Respirasti a fondo e ti mettesti seduto, lei si alzò di conseguenza.
- Sir? Che hai? – ti chiese curiosa, vedendo la tua agitazione. Ti conosce fin troppo bene, non riesci a mentirle.
Tu ti schiaristi la voce, cercando di impedire al tuo cuore di esplodere.
- Mary, io devo chiederti una cosa…-
Lei incrociò le braccia, attenta e disse: - Ti ascolto –
Tu cercasti di ricordarti il lungo discorso che ti eri preparato e soprattutto di non vomirtarle addosso.
- Mary, io so che ci frequentiamo da poco. Cioè sì insomma da abbastanza, anche se ovviamente la durata di una relazione è soggettiva. Voglio inoltre che tu sappia che sei la ragazza con cui sono stato di più. Non che io sia stato con troppe ragazze eh! Diciamo circa sette, forse otto. No, sette, con Anne alla fine…-
- Sir? Ce la fai? – disse lei, divertita dal tuo farneticare.
- Oh sì, scusa – rispondesti tu, sorridendo imbarazzato.
- Beh, comunque sia, so che ci frequentiamo da un tempo non così eccessivamente lungo, ma so anche che ti amo infinitamente e che qualche mese in più non potrà cambiare questa situazione. –
- Ti amo anche io Sir! – esclamò lei, facendo per abbracciarti, ma tu la fermasti: - Aspetta, non ho ancora finito! Quello che volevo dire era, cioè è… oddio, sembra così facili nei film. Ok…-
Ti alzasti dal letto, solo in boxer, e ti inginocchiasti davanti a lei. Giurasti di vedere i suoi occhi inumidirsi. Prendesti la scatolina blu dai tuoi pantaloni e dicesti: - Mary McDonald, so che ti potrà sembrare incredibile, forse pazzesco o solo da pazzi. Lo so, abbiamo solo diciassette anni, ma io so ciò che provo per te, e non credo che altri due anni possano cambiare questo mio sentimento. Siamo in Guerra e si sentono di persone uccise continuamente. Io non voglio attendere oltre per fare ciò che sto per dire, perché ti amo e ti amerò sempre. Mary, vuoi sposarmi? –
Il cuore ti batteva all’impazzata, probabilmente stavi anche sudando. Aspettavi in trepidante attesa una risposta che non arrivò mai. Mary infatti non disse nulla, ti balzò solo addosso, letteralmente. Finiste entrambi sul morbido tappeto, lei sopra di te. Quando apristi gli occhi notasti che stava piangendo. Ti baciò, il sapore delle lacrime che si mischiava a quello del suo rossetto alla fragola. Quando vi staccaste, lei disse semplicemente: - Sì. E’ sempre stato sì. –
Oh sì, la tua era stata una proposta coi fiocchi. Mary non l’aveva detto a nessuno e tu lo stesso, nemmeno a James. Avete deciso di aspettare le vacanze estive, quando saresti andato a trovarla a New York insieme a tutti gli altri. Lì avreste dato la buona notizia. Lì vi sareste giurati amore eterno. Che poi, un giuramento non era così fondamentale: voi il vostro amore lo sentite sotto la pelle, nel sangue che scorre nelle vene. E’ ogni singolo respiro. E’ il respiro dell’altro. E’ come ha detto lei: è sempre stato sì.
Sorridesti ancora, pensando a come sarebbe stato il vostro futuro, a che aspetto avrebbero avuto i vostri figli. La prima sarebbe stata una femmina, cosa che potrebbe lasciare di sasso molte persone. Sirius Black è un divertente giocherellone, chi più di un maschietto potrebbe condividere il suo amore per gli scherzi? Sì, tu vuoi anche un maschio, ma dopo. La prima doveva essere una femmina, uguale a Mary. Perché di Mary non ce ne sono abbastanza, nel mondo.
E mentre fai questi pensieri felici, immaginando la tua vita da Auror (che altro lavoro, se non l’Auror?), vieni scosso da qualcuno.
Apri gli occhi e ti trovi il viso di Remus a pochi centimetri dal viso.
- Sir, dobbiamo andare. – ti sussurra.
- Cosa? Che succede? – chiedi tu, confuso.
Remus, James e le ragazze fanno segno di non averne idea, solo Lily aggiunge: - Silente ci ha mandati a chiamare. –
Poi si gira indagatrice verso James e dice: - Non avrete di nuovo fatto qualche scherzo di cattivo gusto, vero? –
James nega sicuro e aggiunge: - Quando mai abbiamo fatto scherzi di cattivo gusto? Sono sempre stati divertenti!-
Tu annuisci, ridendo. James è James, sempre e comunque.
- Ah non lo so, ma di sicuro Belby non è stato felice di aver visto esplodere certi parti del suo corpo come fossero sfere di vetro…o meglio che erano diventate sfere di vetro! – esclama Lily, suscitando una risata generale, che alla fine contagia anche lei.
- Oh andiamo Lils! Quello è un’idiota, aveva osato dire che i Grifondoro sono solo un branco di presuntuosi e vanitosi! Inoltre…-
Ma James si blocca.
Stava davvero per dirlo? Il secondo e probabilmente principale motivo per cui avevate fatto quel piccolo scherzetto a Belby? La verità era che Belby voleva chiedere a Lily di diventare la sua ragazza. Col senno di poi, quanto effettivamente centrasse l’insulto al Grifondoro nello scherzo è in dubbio.
- Inoltre? – incalza Lily, curiosa come sempre.
- Inoltre ha chiamato la madre di Ramoso in modi molto poco carini! – aggiungi tu. Sei l’unico ad essersi accorto dell’occhiolino di James per te.
Lily sbuffa indispettita, arricciando il naso in quella tipica espressione di fastidio.
- Che razza di idiota! Giuro che se lo becco io…-
- Non ti preoccupare Lils, ci ho già pensato io! – esclama James, trionfante.
- Bah, che gente. Comunque sarà meglio andare o Silente ci darà per dispersi. Marly ci credi? E pensare che Belby mi piaceva! –
Le ragazze vanno avanti, continuandoa a discutere su Belby, mentre io, Rem e James rimaniamo indietro. Quest’ultimo, in effetti, con un espressione a dir poco idiota sul volto, quasi avesse fatto un lifting fatto male.
- Io…lei…Belby…BELBY LE PIACEVA?! –
Gli battesti la schiena, come segno di conforto, ridendo a crepapelle.
 
Quando arrivate nell’ufficio di Silente, scoprite che il locale è già piuttosto affollato. Quelli che poi attirano l’attenzione sono due maghi in toga nera, elegante, che non sai perché ma ti ricordano qualcuno.
- Buongiorno ragazzi. – dice Silente, in modo strano.
Noti che c’è anche la McGranitt, i cui occhi sono più chiari del solito.
Quando, poi, ti si avvicina piano, cominci ad avvertire qualcosa.
- Ragazzi, è mio grandissimo rammarico dovervi dare un’orribile, orribile notizia. –

 
Il resto Sirius non lo ricordava, la sua memoria si rifiutava di andare oltre. Sirius dubitava perfino di aver registrato altre informazioni, dopo quella. Forse fu il fatto che non c’era molto da ricordare, se non le urla. Le sue urla.
Un lampo di rabbia improvvisa, un moto di incontenibile dolore.
Sirius afferrò il vassoio d’argento col cibo e lo scaraventò contro il muro. Lo stesso trattamento riservò al suo zaino, alla sedia, al cuscino e ad altre cose, tante altre cose.
Quando la rabbia cessò, con la stessa incredibile velocità con cui era apparsa, non restava nulla, se non il male al cuore, e le lacrime.
Era in mezzo al chaos. Sia dentro che fuori.
 
 

***

 
 
Il giorno dopo, Sirius fu svegliato da un raggio di sole, chissà come riuscito a sconfiggere la barriera delle tende nere.
Sirius si alzò, quasi come un automa, e tirò con forza il tessuto, in modo che coprisse l’orribile insulto che era la luce. Come poteva il mondo andare avanti, se la sua di luce era morta per sempre?
Sirius si distese sul letto, lo stesso che aveva desiderato lasciare per gran parte della sua vita, e a cui ora tornava, come un animale che si rifugia nella tana più sporca e orribile, pur di sopravvivere. Era patetico, lui era patetico. Ultimamente aveva pensato di trasformarsi nella sua forma canina e di scomparire nel nulla, senza mai far ritorno alla vita da umani. Dopotutto sarebbe stato di gran lunga più facile: quando sei un cane, i sentimenti vengono attutiti sotto quella legge universale che è l’istinto, la stessa legge che l’uomo, durante l’evoluzione, ha imparato a sopprimere, dando spazio alla ragione. Grande vanto, come no. Essere cani è semplice: ti cibi, respiri, corri, fai ciò che devi fare. Non c’è sofferenza, se non quella fisica, ma quella è sopportabile. Una zampa ferita la puoi curare, un’anima dilaniata no.
L’unico inghippo era James. Sebbene fosse un cervo, chissà per quale motivo James possedeva un fiuto incredibile, di poco inferiore a quello di Sirius. E James non gliel’avrebbe data vinta così facilmente, mai.
No, la trasformazione era una chanche poco probabile.
E allora, come combattere il dolore? Sarebbe finito o sarebbe durato per sempre? Sebbene fosse sempre stato una persona abbastanza ottimista, per quello che la sua infanzia gli aveva permesso di essere, Sirius temeva che la seconda opzione sarebbe stata la più credibile.
Non si dimentica chi hai amato. Mai.
I pensieri di Sirius vennero interrotti da un battere forsennato alla finestra. Il ragazzo si alzò di malavoglia, conscio del fatto che se non avesse aperto quel maledetto uccello non se ne sarebbe andato, e aprì la finestra.
Slegò la busta dalla zampa della civetta bianca come la neve e la cacciò via, con grande disappunto della stessa.
Sirius aprì la missiva e lesse la lettera, stanco.
 
Non rispondi  a nessuno di noi, io però continuo a scriverti, perché sai quanto cocciuta io sia. Oggi c’è il funerale, cappella di S. Andrew, a Londra. La funzione inizierà alle tre e mezza ma noi saremo lì già alle tre per aiutare i signori McDonald a preparare. Ti aspettiamo. Sir, vieni, ti prego. Rispondi presto,                      
                                              Ali                                                                                                                                                                                                             

 
Sirius rilesse la lettera, individuando la chiesa a cui si faceva riferimento. Sorrise, amaro, nel constatare come le sue previsioni avevano trovato un riscontro tangibile nella realtà: una chiesa popolare, carina certo, ma che non aveva nulla a che fare con lei. Mary amava le chiese piccole e fuori città, magari nel bosco, in mezzo alla natura. E il suo funerale sarebbe stato in una chiesa in pieno centro, con tanto di clacson e rumori di macchina. Che schifo.
Accartocciò anche quell’ultima lettera e la buttò da qualche parte vicino al letto.
Stava per rimettersi a dormire, quando sentì chiaramente il suo stomaco brontolare. Erano, in effetti, parecchie ore che non mangiava; anche quello era diventato difficile.
- Kreacher! –
Un sonoro CRACK e il brutto elfo di famiglia apparve davanti a lui. Gli arrivava appena sotto l’ombelico, il corpo raggrinzito coperto solo da uno straccio, anch’esso lurido.
- Il padrone ha chiamato? – gracchiò Kreacher.
- Ho fame, portami qualcosa, essere inutile che non sei altro. – esclamò Sirius, gelido e malvagio.
Kreacher fece un breve inchino prima di rispondere: - Il padrone sarà servito, ma il padrone dovrà aspettare un attimo. Padron Regulus è appena tornato e Kreacher deve preparare…-
- REGULUS? E’ QUI?! –
Kreacher sobbalzò, data la furia con cui Sirius aveva parlato.
- Sì, il padrone è tornato mezzora fa, il padrone è stato via…-
- Dov’è? Dimmi dov’è! –
Kreacher fece un passo indietro, intimorito dal lampo rosso che, per un secondo, vide passare negli occhi scuri di Sirius.
- Il padrone è in camera sua, ma ha detto di non essere disturbato. Padron Sirus deve…-
Ma ciò che Kreacher disse Sirius non lo sentì mai.
Partì verso la porta dopo aver agguantato la bacchetta dal comodino.
Regulus sarebbe dovuto tornare due settimane più tardi, ma era lì.
Era in quella casa.
Lui era lì.
Sirius salì le scale di legno nero lucido due gradini alla volta, il cuore che batteva impazzito.
Quando arrivò alla sua camera tentò di aprire la porta ma non ci riuscì. Regulus si era chiuso dentro e, nonostante Sirius avesse la bacchetta in mano, seguì il suo istinto e iniziò a bussare; o meglio a picchiare; sull’uscio della porta.
Rumore di passi, una serratura che scatta, e Regulus gli fu davanti.
Era la versione di Sirius più giovane e meno sbarbata. I capelli rigorosamente tagliati, una camicia bianca che faceva trasparire il fisico di appena quindicenne, il profumo che si sentiva anni luce.
- Sirius, che sorpresa. Che cosa ci fai…?-
Regulus non riuscì a finire di parlare che Sirius l’aveva preso per il colletto, sbattendolo sul muro.
Una mano attorno al collo del fratello, l’altra armata di bacchetta.
Un semplice incantesimo e la porta si chiuse, sigillata; un altro e la stanza fu insonorizzata.
Nessuno l’avrebbe potuto salvare. Non in quel momento.
Dopo aver fatto ciò, Sirius puntò la bacchetta verso la carotide del fratello, come un coltello affilato.
Quando parlò, Sirius non sembrò mai così animale: la voce era gutturale, feroce come un ruggito. Gli occhi, quelli erano affamati, come un leone davanti ad una preda a lungo braccata.
- Dammi solo una ragione, solo una, per rimanere figlio unico. Non ho più nulla da perdere ormai. Ora tu mi dirai ciò che ti chiederò, nulla di meno nulla di più. Non farai parola a nessuno di ciò che ci siamo detti, capito? –
Regulus annuì, deglutendo a fatica a causa della bacchetta del fratello.
Nonostante i suoi quindici anni, Regulus rimaneva il solito ragazzino che ammirava il fratello da lontano. E ne aveva lo stesso terrore di quando era piccolo. Ma in tutta la sua vita, non aveva mai visto Sirius così furioso e, allo stesso tempo, disperato.
- Perfetto. Tu sei uno di quegli schifosi Mangiamorte, vero? – sibilò Sirius.
- Io, io non lo sono. Cioè…-
- Parla chiaro e tondo Reg, non ho tempo da perdere! – gli intimò Sirius, malvagio.
- Non lo sono ancora ufficialmente, ma sì, sono quasi uno di loro. – soffiò fuori Regulus.
Al ragazzino non sfuggì l’irrigidimento della mascella del fratello, e temette che Sirius gli sferrasse un colpo. Sirius però non lo fece, aveva ben altro in mente.
- Ok. Sai chi è Mary McDonald? – chiese Felpato, la voce incrinata nel pronunciare il suo nome.
Regulus fece segno di no.
Sirius lo scosse, facendogli colpire con la testa il muro.
- NON MENTIRMI REGULUS! NON PROVARCI NEMMENO! – gli urlò, infuriato.
- E’ la ragazza che è morta? Non sapevo il suo nome, te lo giuro! – esclamò Regulus, spaventato.
Sirius lo guardò negli occhi e vi lesse la verità.
- Sì, è lei. Sai chi l’ha uccisa? – domandò infine Sirius, gli occhi che pregavano Regulus.
Il ragazzino iniziò ad ansimare, ad agitarsi.
- Sirius…io non…-
- DIMMELO! – urlò Sirius.
- Sirius, non posso! Mi ammazzeranno, mi uccideranno! – rispose Regulus.
Con orrore, Sirius si accorse che gli occhi del fratellino si stavano riempiendo di lacrime.
Lo lasciò andare e si lanciò contro l’armadio di Regulus. Gli dette un pugno, sentì il dolore alla mano e, alla fine, si arrese.
Si lasciò andare contro l’anta del mobile, scivolando, singhiozzando come un bambino.
Regulus si stava massaggiando il collo, ma quando vide Sirius in quello stato, rimase senza parole.
Non aveva mai visto suo fratello ridotto così…non l’aveva mai visto piangere.
Si avvicinò cautamente, come ad un cane randagio seduto in un angolo.
- Sirius…Sirius?-
Ciò che Sirius disse lo disse tra un singhiozzo e l’altro, pateticamente, ma con la sua incredibile fierezza, anche in quei momenti.
- L’ho persa, Reg. L’ho persa per sempre. Lei…Io l’amavo, Reg. E ora sono solo. –
Regulus si avvicinò ancora un po’, fino a sedersi accanto al fratellone.
Gli afferrò la spalla.
Sirius si voltò e lo guardò, gli occhi neri, così simili a quelli del fratellino, pieni di lacrime, rossi come il fuoco.
- Non sei solo. – gli sussurrò Regulus, dolcemente.
Sirius gli si buttò tra le braccia, stupendolo.
Erano anni che non si abbracciavano…secoli.
Regulus lo strinse, lo lasciò piangere sulle sue spalle.
Quando Sirius fu un po’ più calmo, Regulus gli fece staccare la testa dal suo corpo.
- Sirius…io non posso dirti chi sia stato. Però…-
Regulus si alzò e prese una pergamena dalla scrivania. Con la piuma vi tracciò qualcosa e lo portò a Sirius.
- Non posso dirtelo, ma se accidentalmente tu lo leggessi su questa pergamena, beh, io non avrei fatto nulla di male. Ora vado, Kreacher mi ha fatto da mangiare. –
Regulus si alzò e, poco prima di andarsene, si voltò un’ultima volta.
- Sii forte Sirius. So che puoi esserlo. So che lo sei. –
Un colpo di bacchetta, e Regulus si era chiuso la porta alle spalle, lasciandolo solo.
Sirius osservò per un secondo il punto in cui prima c’era il suo fratellino. Lui era un uomo, ora. Quindici anni e il coraggio di un uomo.
Sirius raccolse la pergamena e ne lesse il contenuto in un soffio, il cuore che batteva all’impazzata.
Quando ebbe capito ciò che c’era scritto, bruciò il foglio con la bacchetta.
Fatto ciò, si alzò.
Doveva andare ad un funerale.
 
 

Amadeus Nott, verrà al funerale oggi pomeriggio. Buona fortuna, fratellone.

 
 

***

 
 
Persone, tante, troppe persone. Tutti rigorosamente vestiti in nero, tutti fintamente dispiaciuti, pochi occhi umidi. Le persone che lei conosceva davvero, Sirius l’avrebbe giurato, saranno state una ventina. Su trecento.
Sirius osservò il luogo: il funerale era stato organizzato nel parco dietro alla chiesa di S.Andrews, un parco di non eccelsa grandezza, ma nemmeno piccolo.
L’erba chiara, le sedie bianche di plastica, il tappeto rosso vermiglio.
E lì, in fondo, la bara bianca.
Sirius distolse lo sguardo, temendo che gli sarebbe venuto un infarto se non se ne fosse andato.
Il pensiero del biglietto, di ciò che stava rischiando Reg per lui, però, glielo impedì.
Se ne stette lì, in mezzo alle fronde ombrose degli alberi, lontano dal resto del mondo, distante dagli altri.
Quando però li vide, l’impulso di andarsene fu impellente, ma anche lì, resistette.
James, Remus, Marlene, Lily, Alice, Frank e Peter, tutti uniti. Le ragazze indossavano vestiti neri, i ragazzi smoking. Le ragazze erano in lacrime, i ragazzi li confortavano. Sirius notò, in un piccolo moto di felicità, che James e Lily si tenevano per mano. Il dolore, se non separa, unisce. Era proprio vero.
E la funzione iniziò.
Il prete, come previsto, iniziò a ciarlare su una ragazza che nemmeno conosceva, usando parole tanto belle quanto vuote. A Sirius venne da vomitare.
Il funerale era iniziato da mezzora, quando Sirius sentì ciò che stava aspettando. E in un attimo si trasformò nel cane delle dimensioni di un orso, acquattandosi nei cespugli, diventando trasparente agli occhi del mondo.
Ed eccolo.
Amadeus Nott, vestito di tutto punto, i capelli fissati col gel, un sorriso però del tutto stonato sul volto. Guardava il funerale, quel porco.
Sirius pensava di non riuscire a sopportare ancora quella orribile smorfia sul volto del nemico; e stava per attaccare, ma l’udito sopraffino gli permise di avvertire in anticipo l’arrivo di un’altra persona.
Era Abrax Malfoy, un altro fedelissimo Mangiamorte.
I capelli lisci e biondi, la pelle d’un pallore spettrale.
Si avvicinò a Nott e disse: - Allora era quella nella foto? Carina –
- Già. Stavo per approfittarne, ma quella stupida ha voluto giocare col fuoco. Sai, ha ciarlato fino alla fine. Donne. – ghignò Nott.
- Ah sì? Cos’avrebbe detto, di così importante? – chiese Malfoy, interessato.
- Mah, cazzate, principalmente. Aspetta…com’era? Ah, sì. – e Nott parlò, imitando una voce petulante che fece rizzare i peli della schiena di Sirius, che dovette trattenersi dal ringhiare.
- ‘Io non temo la morte. So di aver amato i miei amici, la mia famiglia, Sirius quanto mi fosse possibile e anche di più. Non ho rimpianti. Non devo aver paura di nulla.’ O cazzate simili. Che idiota! E’ caduta come deve stare: sotto i miei piedi. Le ho rotto una mano, sai? Non ha nemmeno urlato. Peccato, sarebbe stato bello sentirla urlare, anche se inizialmente volevo sentirla urlare in altre situazioni. –
Abrax si permise una risata maligna, al contrario della fragorosa dell’amico.
Per quanto riguarda Sirius, beh, lui non sapeva che dire.
I cani non possono piangere, ai cani non si può spezzare il cuore; lo sapevano tutti.
Eppure, in quel preciso momento, Sirius ne dubitò altamente.
- Devo andare a fare qualche commissione, ci vediamo dopo. – disse Abrax, salutando Nott, che come risposta gli fece un cenno.
Dopo che si fu smaterializzato, Sirius pensò di poter finalmente agire.
Aspettò che l’uomo si voltasse per trasformarsi.
Nessuna parola, un piccolo gesto, e il Mangiamorte cadde per terra, come una statua. Sirius lo girò: voleva vederlo negli occhi. Era terrorizzato, schifoso maiale.
‘Grazie James, effettivamente quella di imparare gli incantesimi non verbali è stata un’ottima idea’ pensò Sirius, mentre camminava intorno al corpo della preda.
Gli calpestò una mano, con forza incredibile, godendo del suono delle ossa frantumate, del sangue che bagnava il prato.
Oltrepassò il corpo e ruppe anche l’altra.
Quando poi si fu goduto il terrore negli occhi di lui, si trasformò ancora.
E iniziò la caccia.
Lo morse alle gambe, fino a farlo sanguinare ovunque, sporcandosi anche lui.
Gli graffiò il petto, distruggendogli i vestiti.
Azzannò e attaccò dovunque, sul corpo della vittima, tranne che al collo. Quello sarebbe stato il gran finale.
Dopo essersi divertito per un po’, Sirius pensò che fosse ora di farla finita.
Lo guardò negli occhi: voleva vedere la vita scivolare via da essi, come lui aveva goduto nel vedere morire Mary. Doveva soffrire fino all’ultimo, fino al respiro finale.
Sirius stava per azzannare il collo dell’uomo, quando lo sentì.
- FELPATO, NO! –
Sirius si voltò e lo vide: James, gli occhi sbarrati, il respiro mozzato.
Lo vide guardare il lago di sangue e il corpo ormai maciullato di Nott, per poi ripuntare gli occhi nocciola su Sirius.
- Sirius, trasformati. – disse.
Sirius ringhiò quando James tentò di avvicinarsi: doveva morire, Nott doveva soffrire.
- Sirius, ti prego, parlami. Trasformati. – continuò James imperterrito.
Sirius eseguì, conscio del fatto che se fosse rimasto cane James gli avrebbe impedito la sua vendetta.
Quando fu umano, si stupì della quantità di sangue che lo ricopriva.
- James, che ci fai qui? – chiese, arrabbiato.
- Ho sentito il tuo ringhio fino al funerale. Non pensavo fossi davvero tu, ma ormai ti riconosco. Che diavolo stai facendo?! –
- E’ lui, James! Ha ucciso lui Mary! – gli urlò Sirius, fulminando con lo sguardo Nott, che era svenuto per la terza volta.
- Come lo sai? – chiese James.
- Io…lo so e basta. Devo ucciderlo James. Devo farlo. Lui ha ucciso Mary…lui me l’ha portata via!- urlò Sirius, sul punto di ritrasformarsi; ma le parole dell’amico lo fermarono.
- E con questo? –
Sirius si voltò, senza parole.
- E…e allora?! Lui mi ha portato via Mary James! L’ho sentito raccontarlo sai? VOLEVA STUPRARLA, MA LEI HA LOTTATO! Eh, James…lei ha detto che mi amava. Sono state le sue ultime parole. – la voce di Sirius si incrinò sulle ultime parole e il ragazzo sentì le lacrime inondargli il viso.
- Lo so, Sir. Ma credi che ucciderlo la farà tornare? Credi che ti farà sentire meglio? No, Sir. Ti farà solo diventare un assassino. E Mary non l’avrebbe mai voluto. Sir, guardami. –
Sirius lo fece.
James gli ormai a pochi passi di distanza.
- Fa male, lo so. Ma questo non risolverà nulla, anzi, farà peggio. Non potrai cancellarlo, Sir, sarai un assassino. Sarai un assassino, esattamente come lui. Vuoi davvero diventare come loro? –
Sirius fece passare lo sguardo da James a Nott, il fiato pesante, il cuore veloce come una freccia.
- E cosa faccio? Lo lascio qui? No. No, lui deve pagarla. Lui deve pagare per ciò che ha fatto! – urlò Sirius.
James gli toccò la spalla, piano, dicendo: - Gli cancello la memoria. Non saprà più chi o cosa è, non potrà più uccidere nessuno, Sir. Lo lascerò ad un ospedale babbano, non potranno trovarlo mai più. Sir, me lo permetterai? –
- NO! – scoppiò Sirius, staccandosi da James.
- TU VUOI SALVARLO! TU VUOI SOLO SALVARLO! –
James negò col capo, calmo come mai.
- No, Sir, è esattamente il contrario. Io voglio salvare te. Lei non avrebbe voluto che tu diventassi un assassino, Sir. Non farlo. –
Sirius fece scorrere un’ultima volta lo sguardo sulla sua vittima, che li fissava terrorizzato.
Alla fine, Sirius soffiò: - Ok. Fallo. Non dirmi dove lo porterai, non voglio vederlo mai più. E non dirlo a nessuno, mai. –
- Certo. –
Sirius se ne stava per andare, quando sentì James dirgli: - Da domani starai a casa mia. Chiaro? –
Sirius ci pensò un attimo, e alla fine annuì.
Poi l’uomo cedette il posto al cane, e Sirius scomparve nel fitto della boscaglia.
 
Quella notte, l’ululato del cane nero lo sentirono tutti. Un ululato di dolore infinito. Un ululato straziante, un canto di morte. Quella notte, il cane ululò alla luna, per l’ultima volta.

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Capitolo 22
*** A piccoli passi ***




 

CAPITOLO 20 - A PICCOLI PASSI 



Verde, immenso, incredibile verde. Campagna, forse? Ti girasti per guardare meglio, ma non c'era null'altro da guardare, solo una distesa d'erba che pareva infinita. Poi giunse il profumo, e già lì sentisti le lacrime e la gola serrarsi. Quando ti voltasti, non ti stupisti di chi avevi di fronta. Era bella come sempre.
- Ti devo parlare - disse lei, prima di baciarti leggermente la guancia.
Piangeva, chissà perché.
Tu la guardasti, incapace di contenere la gioia nel rivederla.
- Come mai sei triste? Non vuoi vedermi? Sii felice piuttosto, ora staremo di nuovo insieme! – esclamasti tu, facendo per abbracciarla.
Lei ti accarezzò invece la guancia, facendoti venire la pelle d’oca, ma non in senso positivo.
I suoi occhi, azzurri come il ghiaccio, sembravano lontani anni luce.
Lo notasti solo in quel momento, ma anche le labbra non erano del solito rosa pastello, né i capelli lucenti come sempre.
Era come se un velo vi separasse, impercettibile, eppure crudele.
- Noi non staremo più insieme. Mai. E tu devi accettarlo, andare avanti. Devi trovare un’altra persona che ti ami come e più ti amavo io, devi continuare a vivere e ad amare, più che puoi. Tu…-
- NO! NO! –
Ti prendesti le orecchie tra le mani, come a far uscire quello che per te era un suono più fastidioso dello stridio del gesso a contatto con la lavagna.
Ti allontanasti da lei, finché non inciampasti nei tuoi passi, cadendo per terra.
- Ascoltami, ti prego. –
E lo facesti, perché sentisti che anche la sua voce era rotta dal pianto, che anche lei soffriva.
Si chinò e ti prese le mani tra le proprie.
Un altro brivido ti scosse, sentendo che la sua temperatura era nettamente inferiore alla tua.
- Ti amo, ti amerò per sempre, ma tu devi promettermi che andrai avanti, che supererai tutto ciò e che amerai ancora. –
Le accarezzasti il viso, togliendole le lacrime dagli occhi chiari.
- Come faccio? Non riuscirò mai a dimenticarti. Non chiedermi di provarci. –
Lei sorrise timida.
- Non ti sto chiedendo di dimenticarmi, non lo farei mai. Tu mi ricorderai sempre e all’inizio farà male, tanto, ma poi, un giorno, penserai a me, e sorriderai ricordando tutte le nostre avventure insieme; le risate e i baci. Ricorderai anche il dolore ma non ti farà più così male, perché avrai qualcuno con cui ridere ancora, con cui piangere ancora…qualcuno da amare. –
- Non sono sicuro di volerlo fare. Non sono sicuro di poterlo fare. –
Lei ti guardò incuriosita.
- Perché dici questo? –
- Perché temo non farei altro che cercare il tuo sorriso in quello di altri, i tuoi occhi nei loro, la tua risata e le tue lacrime nelle altre; non riuscendo a fare a meno di pensare a quanto siano tremendamente diversi dai tuoi. Come posso amare qualcun altro se tu, tutta tu, sei scritta indelebilmente dentro di me? –
Lei sorrise, commossa, e ti diede un bacio sulle labbra, leggero.
- So che ti può sembrare incredibilmente difficile ora, ma quando troverai la persona giusta, beh, anche lei ti si scriverà nel cuore con l’indelebile e allora i miei sorrisi ti sembreranno lontani anni luce. Succederà, che tu lo voglia o no. –
La guardasti cupo, per poi tirarle la mano e abbracciarla. Fu una sensazione strana, in effetti, poiché non era un abbraccio vero, era più cercare il contatto con l’aria.
- Non abbandonarmi. – le sussurrasti, roco.
- Non lo farò, tu però non deludermi. Fai ciò che ti ho detto, fallo per me. –
- Ma io…-
- No, niente ma. Fallo e basta, se mi ami, fallo. –
Trascorsero un paio di minuti, prima che tu le rispondesti.
- …Ok. –
Le sue ultime parole le sussurrò dolcemente, come una carezza eterna.
- Addio Sirius. –
- Addio Mary. –

 
 
Sirius si svegliò di soprassalto, guardandosi attorno come se si fosse svegliato in un posto diverso da dove si era assopito.
La camera di James era, come al solito, in disordine, il baule di Sirius di lato al letto, il respiro regolare di James accanto a lui, ancora tra le braccia di Morfeo.
La luce entrava dall’enorme finestra, illuminando le pareti rosse della stanza, satura del profumo della torta al lampone preferita di James che sua madre stava evidentemente cucinando al piano di sotto.
L’unico profumo che però Felpato sentiva era il suo, come se fosse stata ancora lì, con lui.
E, per la prima volta, il cuore continuò a pompare forte e sicuro, nonostante i ricordi che gli scorrevano davanti agli occhi; ricordi di loro due, insieme.
Si buttò sul letto di James, grande quanto il suo, scuotendolo con vigore.
- James! James svegliati! –
Lui aprì gli occhi spaventato, cercando con la mano gli occhiali e inforcandoli.
Dopo aver fatto ciò, si drizzò e chiese: - Sirius, stai male? E’ successo qualcosa? Un incubo? –
Sirius sorrise e lesse con felicità la sorpresa negli occhi nocciola di lui: dopotutto era tanto tempo che non vedeva il suo sorriso.
- No, sto benissimo. James, ho preso una decisione: voglio andare avanti. Sarà dura, lo so, e forse vorrò tornare indietro e rintanarmi nel dolore, ma tu non devi permetterlo, hai capito? Tu devi spronarmi a superare questo stato di depressione e a farmi ridere e tornare me stesso. Dopotutto, sarebbe un enorme delitto privare il mondo di Sirius Black III! –
La prima battuta dopo tanto tempo. Era semplicemente troppo per un assonnato James.
Gli si fiondò tra le braccia, stritolandolo come non aveva mai fatto prima.
- Lo farò Sir, è una promessa. – gli sussurrò poi nelle orecchie.
Pensò addirittura di averlo detto troppo piano e che quindi Sirius non avesse capito, ma dentro al cuore seppe con certezza che il messaggio era arrivato, poiché si sentì stringere con calore dalle braccia del migliore amico.
 
 

***

 
 
Erano passate ormai due settimane e mezza dal funerale e il dolore inizia a lasciare il posto ad una calma indifferenza. Indifferenza verso tutto, eccetto che gli amici. E James.
Forse.
Lily si rigirò nel letto, ansiosa. Un’occhiata all’ora e sbuffò infastidita: erano solo le 8.47.
Marlene dormiva tranquilla nel suo letto, dall’altra parte della stanza.
Da quando Tunia l’aveva definitivamente sbattuta fuori dalla sua vita Marlene l’aveva accolta a braccia aperte, e lo stesso i signori McKinnon, montandole addirittura un letto nella grande stanza della figlia unica.
Lily si sentiva bene, amava Marlene e i genitori, ma era sempre preoccupata di essere di peso, spesso quindi cucinava lei, puliva o riordinava appena poteva.
Marlene e i genitori l’aveva rimproverata molteplici volte, assicurandole che non doveva affaticarsi per nulla, ma lei aveva continuato imperterrita.
Il funerale di Mary era stato incredibile, doloroso e tranquillizzante allo stesso tempo: da una parte il dolore lancinante della consapevolezza che una delle sue migliori amiche se n’era andata per sempre, dall’altra il sollievo dell’accettazione e della scelta che tutti avevano preso di comune accordo: entrare a far parte dell’Ordine della Fenice.
Avrebbero combattuto insieme, per Mary, i genitori di Lily, per un futuro migliore per tutti.
Lily si girò ancora, infastidita dalla quantità allucinante di pensieri che le affollavano la mente.
Dopotutto, negli ultimi giorni erano successe parecchie cose.
Prima tra tutte, la lite con Severus dopo aver annunciato la sua ferrea decisione di unirsi alla resistenza.
Le parole di lui le bruciavano ancora sotto la pelle, amare e calde come lava incandescente.
 
Il giorno dopo il funerale vi eravate trovati nel parco a pochi passi da quella che una volta era casa tua.
Guardasti con nostalgia il parco attorno a te, le giostre di ferro arrugginite in più punti sotto il peso del tempo, lo scivolo il cui smalto verde era andato via qua e là, rivelando la struttura rigida sotto.
Da piccola quel parco ti sembrava enorme, ma ora, guardandolo con gli occhi da ragazza cresciuta troppo in fretta, ti parve incredibilmente piccolo.
- Lils –
Ti voltasti e guardasti Severus con un sorriso: indossava un mantello di gran lunga più grande di lui, pantaloni vecchi e consunte e le solite scarpe nere.
- Mi ha stupito che mi chiedessi di vederci qui, è successo qualcosa? –
La sua voce era carica di aspettative e lo sguardo apprensivo, tu come risposta cercasti di non far incrinare il tuo sorriso.
Ti conosceva bene, troppo bene.
- Sediamoci – lo invitasti allora, indicando una panchina rossa accanto a voi.
Iniziasti a raccontargli ciò che accadde al funerale e la decisione che avevate preso di unirvi all’Ordine, notando con dispiacere ma senza sorpresa i tratti del suo viso indurirsi ad ogni parola, gli occhi farsi più cupi ad ogni lettera.
Quando finisti sentisti il peso del silenzio piombarti sulle spalle, con una violenza incredibile.
E, ancora prima di sentirglielo dire, capisti che si era rotto qualcosa.
- Non hai nemmeno pensato a me, vero? Non mi hai nemmeno chiesto cosa ne penso. –
Non era una domanda.
- Sev…io ti voglio bene ma devo farlo. Per lei. Per i miei. –
- LILS SEI UN’INGENUA! Tre delle persone che più ami sono morte e pensi che unirti alla resistenza cambierà qualcosa? Dovresti aver capito che intralciare i loro piani non farà che metterti in pericolo, invece no, tu vuoi buttarti nel fuoco. –
Ti alzasti, le guance che sapevi si erano incendiate, così come gli occhi, in preda al moto d’orgoglio che ti riempiva il cuore, i polmoni, tutto.
- Forse non cambierà nulla, ma io voglio provarci. –
- E se morissi? C’hai pensato? –
- Ovvio che sì! Ma starmene qui a non fare nulla che senso ha Sev? Mary è morta senza aver fatto nulla di male, lo stesso i miei genitori. Per quanto ne sappiamo potrei morire lo stesso, quindi perché non combattere? –
Gliel’avevi urlato, con rabbia.
- Non morirai, non se starai buona e non ti immischierai! –
- Come fai a saperlo? –
Lo vedesti aprire la bocca per parlare e richiuderla alla stessa velocità.
Quando parlò aveva le tue mani strette nelle sue.
- Perché non lo permetterò. –
Sorridesti e lo abbracciasti, felice.
Sentisti le sue mani stringerti a sé, come per impedirti di andartene.
- Ti ringrazio Sev, davvero, ma lo devo fare. Mi dispiace. – gli sussurrasti nelle orecchie, dolcemente.
Lo sentisti staccarsi da te, tremare, ma rifiutò il tuo aiuto.
- Lils, io non starò qui a vederti andare verso il suicidio. Ti prego, pensaci. –
I suoi occhi che così poche volte si erano piegati a qualcuno ora ti supplicavano e sentisti il groppo in gola farsi più forte.
- Non ne ho bisogno Sev. –
L’ultima cosa che vedesti furono le sue spalle mentre scompariva verso la strada, senza dire altro.
Qualcosa si era rotto in te, lo avvertisti con forza.

 
Erano ancora amici? O era tutto finito per sempre? Sarebbe morta come aveva predetto lui? Era pronta?
Domande, domande su domande che continuavano a girarle per la mente, senza trovare risposta.
C’era però un’ancora che la sorreggeva e le dava quella forza che non sapeva altrimenti dove trovare.
Lily si strinse le coperte addosso, cullandosi nel ricordo delle poche parole di lui, del sapore delle sue labbra, dell’odore della sua pelle.
 
I preparativi erano stati più duri di quanto pensassi. I signori McDonald non avevano smesso di piangere un secondo, insieme ad Alice e Marlene. I ragazzi invece erano stati impassibile, cercando di alleviare il dolore delle amate.
Tu? Tu non piangevi. Semplicemente non ci riuscivi. Avevi pianto quando Silente te l’aveva detto, certo, ma dopo era come se le lacrime si fossero fermate. Forse, pensasti, avevi speso troppe lacrime per piangere persone care. Forse il corpo non può sopportare più di una certa quantità di dolore.
Continuasti ad aprire le sedie pieghevoli e a disporle sull’erba, come avvolta da un velo che ti rendeva impermeabile alla sofferenza altrui.
Era rincuorante e strano allo stesso tempo. Forse, dopo aver perso tante persone amate, l’anima si rinchiude per evitare altre sofferenze.
Ti voltasti e cercasti tra la gente che era venuta ad aiutare un viso, che però non c’era.
Sirius non era venuto.
Il velo ti impedì però di preoccuparti per lui o per qualcun altro. Dopo che si ha sofferto così tanto, si inizia ad essere egoisti.
Ecco, quella era la nuova Lily: non ti sarebbe importato più nulla, tranne la tua integrità fisica e morale. Niente più lacrime a causa degli altri, niente più fiducia a persone che non se la meritavano.
Stava per iniziare un nuovo capitolo della tua vita e sarebbe stato un monologo.
Sorridesti amara, considerando quanto inutile fosse amare gli altri se poi alla fine si soffre soltanto.
Cosa c’avevi rimediato?
Nulla. Non ne valeva la pena.
E quindi continuasti imperterrita il tuo lavoro, concentrata solo e soltanto su ciò che stavi facendo.
Non ti accorgesti quindi subito che qualcuno ti stava chiamando, finché non lo sentisti stringere il tuo braccio.
- Lils?-
Ti voltasti e osservasti bene James, nel suo vestito nero ed elegante, nonostante i capelli ostinatamente spettinati.
Gli sorridesti e dicesti: - James! Bellissima giornata, non trovi? Forse un po’ di vento in più non guasterebbe però bisogna accontentarsi. Scusa, devo finire qui. –
Facesti per voltarti ma lui te lo impedì.
- Lils, sei strana. Sono preoccupato per te: non ti ho visto piangere e sei come assente. –
- Sei dispiaciuto che io non pianga? Che amico che sei! – scherzasti tu, ma lui non rise.
Continuava a guardarti preoccupato e a non lasciarti andare.
- Lasciami James, devo finire. –
- No. – rispose lui risoluto.
Strattonasti il braccio con forza ma non mollava.
- James, lasciami subito. Io devo finire…-
- No. Tu devi ascoltarmi. All’inizio dell’anno mi avevi sfidato a farti innamorare e ci sono riuscito. Ora però ho capito che c’è una sfida più grande e difficile, cioè starti accanto, sollevarti quando cadrai e farti sorridere quando piangerai. Ti amo Lils, tu puoi fidarti di me. Ho visto Sirius cadere in questo stato d’indifferenza più volte e ogni volta l’ho salvato, perché è pericoloso. Rischi di soffocare il dolore, pensando che starai meglio, ma non è così: arriverai ad un punto in cui ti soffocherà e non riuscirai più a stare meglio. E io non voglio vederti arrivare a quel punto Lils. Quindi, ora ti sfiderò io. Ti sfido a fidarti di me, a lasciare che ti aiuti e ti sostenga; ti sfido ad appoggiarti a me quando starai per cadere, con la consapevolezza che ti salverò. Ti sfido ad amarmi e a non rinnegarlo più, né averne paura. –
E, sentendo quelle parole, avvertisti un’ondata di emozioni diverse risalire dal ventre, fino alla gola, ma tentasti di soffocarle.
Paura, amore, odio, felicità, dolore, tutte insieme.
- Ma se lo faccio farà male. Io non so se ci riuscirò… - mormorasti tu, gli occhi bassi, incapace di guardarlo senza scoppiare a piangere.
Lui evidentemente lo capì, perché ti alzò il mento, obbligandoti a guardarlo.
- Se non ci provi non lo saprai mai. Il coraggio ce l’hai, fa parte di te, ed è uno dei motivi che mi ha fatto innamorare di te. Sta solo a te dimostrarlo a tutti. Permettimi di aiutarti a farlo, Lils. –
In quel momento capisti che aveva ragione: tu non eri quell’automa senza emozioni, tu eri emozioni pure. Tu amavi e soffrivi, ma non te ne importava, perché ne avevi bisogno.
Ti buttasti nelle sue braccia, scoppiando a piangere.
Lui ti abbracciò comprensivo, sussurrandoti parole dolci.
Ad un certo punto però sentisti l’esigenza di fare una cosa.
Ti staccasti da lui e lo fissasti dritto negli occhi, mormorando: - Prometti che anche tu farai la stessa cosa con me, che ti fiderai. Prometti che non ci lasceremo più. Promettilo. –
Lui ti sorrise e disse: - Lo prometto. –
Ti alzasti sulla punta delle dita, di modo che le tue labbra fossero a pochi centimetri dalle sue.
- Ti amo James. –
- Anche io Lils. –

 
Lily decise di alzarsi dal letto e osservò il giardino che si vedeva dalla finestra in camera di Marlene.
Aveva promesso a James che non avrebbe lasciato che l’indifferenza la sopraffacesse, e avrebbe mantenuto la promessa.
Aveva promesso a sé stessa di continuare ad amare James e gli amici più che mai, e l’avrebbe fatto.
Aveva promesso a Mary e ai suoi genitori che avrebbe combattuto per loro e non avrebbe tradito la parola data.
Ma soprattutto aveva deciso di non perdere Lils, la Lils che arrossisce, che ride, che scherza.
Avrebbe tenuto fede alla parola data.
Avrebbe fatto tutto.
A piccoli passi, ma l’avrebbe fatto.




Finito il capitolo! Spero che con il riappacificamento di James e Lils io mi sia fatta perdonare, almeno un po', della morte di Mary. Colgo l'occasione per invitarvi calorosamente a fare un salto nel gruppo facebook della Fanfiction e a chiedermi l'amicizia nel mio account!
Commentate e buona serata a tutti!

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Capitolo 23
*** Freddo Infinito ***



 

CAPITOLO 21 - FREDDO  INFINITO

 

Con l’inizio di maggio i ragazzi tornarono a scuola: c’erano ancora gli esami di fine anno da superare e i nostri protagonisti, sebbene i professori avessero acconsentito a sentirli a casa, volevano rivedere il Castello.
Con sorpresa di tutti, per di più, fu proprio Sirius ad insistere per partire al più presto.
Lily, Remus, Marlene, Alice e Frank si stupirono di tale cambiamento, ma James pregò loro di non chiedere motivazioni né di insistere con cose del tipo ‘sei sicuro?’ o ‘se non te la senti non andiamo’.
James credeva in Sirius, sempre e comunque.
E sapeva che Sirius credeva in lui: Felpato era pronto ad affrontare il passato, insieme a James.
Il professor Silente, supportato da tutto il corpo docente, propose alle ragazze di cambiare dormitorio, ma queste rifiutarono: nonostante fosse incredibilmente doloroso, sentivano come se Mary fosse con loro, in quel posto in cui avevano condiviso tante emozioni, sia belle che brutte.
 
Ciò che però temevano davvero arrivò con una velocità inaudita, sorprendendoli tutti: il 21 Maggio.
Quella mattina, ognuno di loro si svegliò con uno stato d’animo differente, eppure tutti ebbero lo stesso, identico pensiero.
 
‘Buon compleanno, Mary.’
 
 

***

 
 
Marlene seppe con esattezza che giorno fosse e a cosa corrispondesse non appena aprì gli occhi, venendo accecata per altro da un raggio di luce particolarmente fastidioso, proveniente dalla finestra accanto al letto di Lily.
Nonostante ciò però, la ragazza non si mosse di un millimetro, quasi volesse fermare il tempo e proibirgli di andare avanti, crudele e inesorabile.
Sentì un’ondata di tristezza sopraffarla e fece come aveva già deciso: chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a cento.
Quando fu a venti il respiro si calmò; a quaranta il cuore riprese a battere normalmente; a sessanta le mani smisero di essere rigide; a settanta sentì la sensibilità delle labbra tornarle, dopo essersele morse nel tentativo di non urlare, e percepì il sapore ferroso del sangue uscire dal taglio che si era perciò procurata. A cento capì di aver cacciato le lacrime abbastanza in fondo cosicché non potessero farle eventuali agguati durante la giornata.
Sì perché Marlene si era ripromessa una cosa: non avrebbe pianto.
Come un lampo accecante un episodio che sembrava risalire ad un secolo fa le piombò davanti agli occhi, la dolce voce infantile di Mary nelle orecchie e nel cuore.
 
- Marly? –
Ti voltasti, scrutando la ragazzina che ti stava accanto, distesa come te sull’erba umida del giardino di Hogwarts. Si chiamava Mary, la conoscevi da ormai tre anni. I capelli biondi, gli occhi di ghiaccio, il corpo esile che dimostrava meno dei suoi tredici anni.
- Che c’è Mary? – le domandasti, sedendoti a gambe incrociate sul prato, godendoti bene quel sole di metà ottobre a cui fra poco avresti dovuto dire addio, per accogliere la pioggia e il freddo dell’autunno inoltrato. Lei iniziò a giocherellare con i capelli, nervosa, rimanendo sdraiata a guardare il cielo.
Quando però ti parlò i suoi occhi erano puntati nei tuoi, una determinazione crescente sotto quel velo di timidezza, quel coraggio che avresti capito avesse solo pochi anni più tardi.
- Ci conosciamo da tre anni e siamo migliori amiche, sbaglio? –
- No, non sbagli. –
- Allora com’è possibile che io non ti abbia mai visto piangere? Sì, insomma, piangere davvero; non come quando il fumo del calderone di pozioni ti va negli occhi, intendo piangere per cose serie.-
Le sorridesti divertita, nonostante avessi capito dove voleva arrivare.
- Vuoi vedermi piangere? –
Lei si alzò, le guance leggermente arrossite, e precisò immediatamente: - No! No! E’ solo che…-
Ridesti, di quella risata spontanea e allegra che tutti amavano di te.
- Lo so Mary, sta tranquilla! –
Mary sorrise incerta, prima di continuare a parlare, fissandosi nervosa i lacci delle scarpe da ginnastica azzurro chiaro.
- Tu non hai mai paura? –
Non la guardasti, mentre ripetevi quella che ormai, per te, era diventata una parte da recitare a memoria.
- Sì, ho paura. Solo penso che nessuno meriti le mie lacrime, tanto meno chi mi fa soffrire. Non piango e basta, non è che ci penso sopra, è che non mi viene. E’ sempre stato così, anche quando qualcuno mi insultava o prendeva in giro: preferisco sorridere e far veder loro che sto bene, farli rodere e godermi le loro facce inebetite quando, anche dopo avermi detto le peggiori cose, mi vedevano camminare fiera, a testa alta, col sorriso sulle labbra. –
Quando ti girasti, ti sembrò che gli occhi di Mary furono attraversati da un lampo, brillando come stelle.
- Io ti ammiro. Vorrei essere come te. –
Il dolore fu forte, agonizzante, ma lo reprimesti, come sempre.
E sorridesti, ogni singolo muscolo che doleva, urlando ‘Bugiarda!’.
Però era questo Marlene e quello sarebbe sempre rimasto: una ragazza all’apparenza forte, capace di ingannare tutti. Una che pensi non pianga mai, la stessa che però sentiresti disperarsi nel cuore della notte, quando tutti dormono. Da che te lo ricordavi era sempre stato così, o almeno da quando tua sorella si ammalò gravemente e all’improvviso non c’era più spazio né tempo per i tuoi problemi: Celeste era l’unica cosa importante. Fortunatamente lei si riprese, ma tu non eri più la stessa. Avevi già capito cosa volesse dire essere una donna: anteporre i bisogni di chi ami ai tuoi. E Mary, lo sentivi, aveva bisogno che tu fossi forte, di poter contare su di te.
Non l’avresti delusa, mai.
Anche a costo di farti del male, di aspettare la notte per poter piangere, di tenerti il dolore dentro finché non fossi stata sicura che lei non ti sentissi cedere.
Perché tu amavi Mary, era la tua migliore amica.
Era una sorella.

 
 
E nonostante fossero ormai passati tre anni, periodo nel quale erano successe tantissime cose, Marlene non avrebbe rotto la promessa.
Nonostante colei a cui l’aveva promesso non fosse più presente, nonostante ormai chi l’amava la conosceva talmente bene da non credere alla sua maschera di forza, nonostante tutto ciò, lei non l’avrebbe mai rotta, quella promessa: non avrebbe pianto.
Quindi, Marlene si alzò col sorriso sul volto e la morte nel cuore.
 
 

***

 
 
Quando Remus si alzò, notò che tutti i suoi compagni erano ancora tra le braccia di Morfeo. Guardò in particolare Sirius, con un’intensità tale da aver paura di svegliarlo, ma non smise di fissarlo, cercando quasi di penetrare nella sua mente e di tranquillizzarlo, di controllare che non stesse facendo cattivi sogni.
Remus era sempre stato quasi alla pari di una madre per tutti gli altri, in particolar modo per Sirius, che l’amore di una madre non l’aveva mai conosciuto.
Si ricordò, forse per la prima volta dopo tanto tempo, di un fatto accaduto diversi anni fa.
Era la Vigilia di Natale, fuori il freddo dominava il paesaggio, costringendo tutti gli studenti a rintanarsi nelle calde e morbide coperte dei dormitori.
Tutti tranne uno.
Uno che, il freddo, ce l’aveva sempre avuto dentro.
 
 
Ti alzi dal letto, scendi le scale di pietra, rabbrividendo ogni volta che le piante dei tuoi piedi toccano la gelida superficie.
Guardi ancora una volta l’orologio, chiedendoti dove lui possa essere alle quattro e mezza del mattino.
Il mattino della Vigilia di Natale.
Appena arrivato nella Sala Comune vieni riscaldato un po’ dal tepore piacevole proveniente dal fuoco, che brilla acceso e sfavillante, ma non troppo forte.
Ed eccolo lì.
E’ sdraiato sul divano, una coperta rossa ad avvolgerlo. Osservi meglio e noti che si è addormentato guardando l’albero di Natale.
Fai per rimboccargli la coperta, ma al tuo leggero tocco i suoi occhi si aprono.
- Sir? Che ci fai qui? – chiedi in un sussurro.
Lui si strofina gli occhi e ti guarda, sorpreso della tua presenza lì.
- Remus, è presto. Che ci fai sveglio? – ti domanda, la voce impastata dal sonno, mentre si alza dal divano.
Incroci le braccia, nella tipica posa ormai denominata dai tuoi amici ‘mamma chioccia’.
- Ti ho fatto la stessa domanda. Allora? Sei per caso andato a qualche festa ad ubriacarti? O sei stato di nuovo sveglio tutta la notte con Perkins e Todd a dare fuoco alle tue esalazioni corporali? –
Sirius sorride sornione, gli occhi che osservano il nulla come rapiti da un ricordo particolarmente divertente.
- Già. Quello è stato un Capodanno indimenticabile. –
- Comunque – riprende poi, guardandoti serio – ti voglio bene, ma non devo rendere conto a te di ciò che faccio o non faccio. Quindi, è meglio che torni nel Dormitorio, prima che la McGranitt ti becchi fuori. –
- Io non me ne vado senza di te. – gli dici, deciso.
Qualcosa però ti inquieta, un movimento strano e del tutto nuovo nelle sue pupille, che scorrono verso l’albero di Natale, quasi con paura.
- Remus, vattene. Non ho bisogno di te ora. –
Si alza, fiero e convinto.
Tu fai lo stesso, ma senza fare un passo.
- Ci conosciamo da ormai quattro anni Sir. Non ti fidi di me? – gli chiedi, gelido e, dentro di te, ferito.
Uno sprizzo di dispiacere gli attraversa i tratti del viso; scomparendo poi di nuovo sotto quella maschera di impassibilità.
- Non dire cazzate. Solo perché non ti vengo a raccontare quando e quante volte vado in bagno non vuol dire che io non mi fidi, solo che, e lo dico con il massimo livello di gentilezza che esiste, NON SONO CAZZI TUOI. –
- Io non me ne vado, non prima che tu mi abbia detto cosa ti turba. –
Lui è preso alla sprovvista dalle tue parole, sorpreso, come molte volte lo era stato nel passato, che qualcuno tenesse tanto a lui e alla sua felicità.
Approfittando del suo vacillamento, continui: - Perché continui a guardare l’albero di Natale? Cosa stai aspettando? –
Sirius si mosse impercettibilmente verso l’oggetto, quasi temesse che il segreto che, evidentemente, stava nascondendo, ti urlasse la risposta.
- Niente. Tu farnetichi. Sei stanco Remus, vai a dormire, ne parliamo domani. –
- Io non mi muovo se tu non vieni con me. –
Un irrigidimento della mascella di Sirius, i pugni che si stringevano, ma gli occhi, quelli supplicavano.
- Remus, vattene. E’ l’ultima volta che te lo dico, fallo oppure io…-
- Cosa? Mi picchierai? Picchieresti il tuo migliore amico? E’ così importante e terribile ciò che nascondi da arrivare a tanto? – esclami, alzando la voce.
Lui sembra in confusione, continua a guardare te, poi l’albero, e ancora te.
Finché, con un PUF!, da sotto la pianta non appare qualcosa.
Sembra una lettera, ma non fai in tempo ad osservare altro che Sirius l’ha raccolta e letta alla velocità della luce.
Poi, con inaspettata facilità, si siede sul divano.
E’ pallido e gli occhi sembrano inumidirsi.
- Remus per favore, va di sopra. – ti dice, non guardandoti nemmeno, la voce gutturale e rotta.
Tu ti inginocchi davanti a lui e, con delicatezza, prendi la pergamena dalle sue mani.
Recita così:

 

Figlio,
Come ogni anno io e tuo padre ti porgiamo gli auguri di Natale.
Kreacher provvederà a spedirti il regalo, di modo che tu possa averlo domani mattina.


Walburga Black

 
 
Quando finisci di leggere quel breve biglietto, volgi lo sguardo verso Sirius, che non si è mosso di un millimetro.
Sembra perfino non respirare.
Non pensi, agisci e basta.
Lo abbracci stretto, più stretto che puoi.
Ti aspetti che lui ti rifiuti, ti blocchi e ti mandi via, ma non è così.
Sirius si stringe a te, quasi fossi l’unico galleggiante in un mare in tempesta.
- Ci avevo sperato. Ci avevo sperato davvero quest’anno. Lei non…- sussurra lui, la voce interrotta dai singhiozzi.
- Shh, va tutto bene Sir. Ci sono io qui. Mamma Remus è qui. –
Riesci a strappargli una risata, e anche tu sorridi.
Mamma Remus non abbandona i suoi piccoli.
Mai.

 
Dopo quell’anno, Sirius non era più andato ad aspettare le lettere della madre, né aveva più sperato in un cambiamento.
Erano sempre uguali, traspiranti la stessa maternità che poteva avere una scopa.
Eppure, mentre le leggeva, Sirius non tremava più, né piangeva.
Le ripiegava con indifferenza e poi, per un millesimo di secondo, guardava Remus, sorridendo.
Anche ora, mentre Lunastorta scendeva le scale del Dormitorio, ben conscio del giorno duro che stava iniziando; Sirius, ancora cullato dal sonno, si sentì più leggero. Più protetto.
 
 

***

 
 
Quando Sirius Black scese nella Sala Grande e raggiunse i compagni, già tutti svegli e intenti a fare colazione, sorrideva.
Dopo essersi seduto a fianco di James, prese un calice colmo fino all’orlo di Succo di Zucca e lo alzò al cielo, esclamando poi: - A Mary! Buon Compleanno Mary! –
Lo stupore degli altri fu tale che nessuno si mosse, mentre Sirius, con tutta la tranquillità di questo mondo e dell’altro, afferrò un piatto e lo riempì di sandwich, tramezzini, bacon e uova.
Solo dopo aver già mangiato due pezzi interi di bacon croccante e tramezzini ripieni di tonno e olive, Sirius si accorse del silenzio di tomba, e disse: - Che facce lunghe! Vi si è annodata la bacchetta? Su dai, gioia, allegria! Guardate qui quanto ben di dio da mangiare! –
Un giro rapido di occhiate tra gli altri commensali, sguardi preoccupati e stupiti.
Fu James a parlare, la voce cauta e una mano appoggiata alla schiena del migliore amico.
- Sirius…stai bene? Vuoi, ecco, vuoi che ne parliamo da soli? Oppure…-
- Sì, se vuoi possiamo…-
- Già, è dura per tutti e…-
- Esatto, capiamo che dev’essere difficile, cioè lo è, ma per te…-
- Ora basta. –
Era stato Sirius a dire le ultime parole, interrompendo la sequela di frasi interrotte a metà per paura di ferirlo o di dire qualcosa di sbagliato.
Lo sguardo di Felpato era fermo e deciso, ora più che mai i tratti del viso sembravano quelli di un cane che osserva qualcosa di particolarmente fastidioso.
- Sir…- iniziò Lily, ma non poté continuare.
- No, non ho bisogno di parlare e no, non sto impazzendo. Solo preferisco divertirmi e non deprimermi. So che giorno è oggi, so che lei avrebbe compiuto diciassette anni. So che avrebbe potuto fare un sacco di cose, che sarebbe stata maggiorenne, ma so anche che ora non le potrà più fare. Però le potrò fare io, e voglio farle anche per lei. Perciò, ho deciso di bandire la malinconia, tristezza e depressione da questa giornata, idem per le lacrime. Ho già organizzato di andare ad Hogsmeade attraverso il passaggio della Stanza, andrò da Mielandia, da Zonko e da ‘Oggetti di prima mano per il Quidditch’. Poi andrò dai Tre Manici dove berrò Whisky Incendiario fino a prendere fuoco. Infine, correrò verso il Campo di Quidditch, dove ho già organizzato una partita ‘amichevole’ contro i Corvonero. Ci saranno Perkins, Tibbs, Arwin e McAbe. Chi di voi ci sta? –
Dopo il discorso di Sirius, aleggiò una strana aria tra gli amici, ma durò solo pochi secondi.
- Io ci sto. – disse sicura Marlene, sorridendo.
- Anche io. – si aggiunse Alice.
- Io pure. – esclamò Lily.
- Contate su di me. –
- Sì. –
- Che diavolo sì! –
E così via, finché il sorriso non fu apparso su tutti i visi.
- Ottimo. Ritrovo alle 11 davanti alla Stanza. – disse Sirius, riprendendo la colazione.
- Alle 11? Perché non prima? – chiese Lily.
- Ho…qualcosa da fare prima. Non preoccupatevi, ci vediamo alle 11. –
Sirius questa volta gli sguardi confusi li vide, ma li ignorò, continuando a mangiare.
 
 
Mezzora dopo Sirius era davanti all’aula 112, un’aula da tempo fuori uso a causa delle continue infestazioni di Pixie, attratti dalla muffa sull’angolo.
Appoggiato con la schiena al gelido muro, continuava a giocare con un filo ribelle della felpa, cercando di non pensare.
‘Stai facendo un grossissimo errore’ continuava a ripetergli una voce nella sua testa, orribilmente simile a quella di Remus.
‘Che ne sai, prevedi il futuro?’ rispondeva un’altra, quella di Sirius.
‘No, ma ti conosco. Te ne pentirai.’
‘Non sai nulla.’
‘Credi che ti aiuterà? Credi che la farà tornare?’
‘Io non voglio farla tornare, voglio farla sparire.’
‘Perché?’
‘Perché questo è un giorno che non dovrebbe esistere, ma c’è. E io non voglio pensare a lei. Non voglio soffrire ancora.’
‘E credi che ciò che stai per fare ti aiuterà? No, ti farà sentire peggio.’
‘Può darsi, ma almeno smetterò di pensare per un po’.’
‘A che prezzo? Ti perseguiterà sempre, è uno sbaglio. Vattene finché puoi.’
‘No. Devo farlo.’
‘Perderai tutto ciò che hai conquistato finora, Sirius.’
‘Non posso perdere nulla se non ho niente’.
La voce di Remus non poté controbattere, perché Sirius fu distratto da un rumore di tacchi.
Si voltò e trattenne uno sbuffo infastidito: si era vestita proprio al contrario di lei; esibendo un look che forse voleva essere provocante, ma che tuttalpiù risultata nauseante e volgare; e ben poco attraente.
I capelli neri e lisci le arrivavano poco sotto il seno prosperoso, stretto in un top nero contornato da brillantini che parevano piccoli diamanti.
Una gonna a dir poco succinta, di jeans, anticipava le gambe chiare e lunghe.
Gli occhi erano truccati di azzurro, le labbra rosse per il rossetto, ben poco naturali, concorrevano con le guance per il premio ‘La naturalezza non so cosa sia’, dato che erano colorate di un rosa acceso, ben lontano dal naturale rossore che, per esempio, le guance di Lily assumevano spesso.
L’effetto su Lily era adorabile, sulla ragazza davanti a lui era ridicolo.
Gli si avvicinò e Sirius dovette trattenere un conato di vomito, investito dalla quantità eccessiva di profumo, per poi sussurrargli: - Sono felice che tu alla fine abbia accettato Sirius. Ti ho sempre trovato incredibilmente sexy, sapevo che prima o poi mi avresti notata. –
Sirius non rispose nemmeno, la baciò di slancio, selvaggiamente, senza amore e delicatezza, solo per riempirsi la bocca e svuotarsi la mente.
Entrarono nell’aula e Sirius la spinse con forza animale sopra il banco, senza preoccuparsi di farle male.
Iniziò a spogliarla ferocemente, quasi strappandole la gonna nella voracità di toglierla.
Quando però lei provò ad accarezzargli il petto nudo, lui ringhiò. Ringhiò davvero, quasi fosse il cane e non più l’uomo.
- Questo è solo sesso, nulla di più. Non accarezzarmi dolcemente né altro, sono stato chiaro? – le disse, la voce roca.
Lei annuì, gli occhi chiari spaventati, ma non fuggì. Era un’occasione unica poter dire di essere stata con Sirius Black, non voleva sprecarla.
E Sirius continuò, comportandosi più come se fosse una caccia che altro: la cercava, si ritraeva, la catturava per poi lasciarla di nuovo. Era una lotta selvaggia, una lotta che lei interpretò erroneamente come eccitazione crescente, ma che in realtà era un conflitto interno: il bisogno di continuare, di svuotarsi della rabbia e della disperazione, contro il desiderio di andarsene da lì, di smettere quella farsa.
Ma Sirius non se ne andò, non prima di aver finito.
Si rivestì in fretta e stava per uscire, quando la sentì parlare, quasi sussurrare.
- Sirius? –
Lui si voltò.
Lei era ancora lì, in reggiseno e gonna. Lo fissava, aspettandosi baci e carezze, o almeno un ciao.
Sirius osservò la pelle perfetta qua e là interrotta dai segni dei morsi e dei graffi che le aveva procurato, i capelli morbidi, le labbra tumide e il rossetto sbavato.
E si sentì male, quando non poté che notare tutto ciò che non era Mary: i capelli non erano biondi e setosi, le labbra non erano delicate come petali di rosa, gli occhi non erano azzurro ghiaccio.
Sirius corse fuori, senza salutare quella ragazza con cui aveva appena fatto sesso e di cui non sapeva nemmeno il nome. Non era stato importante saperlo, lei era solo un corpo.
Arrivò ad un bagno e non riuscì a trattenersi.
Vomitò, vomitò come non mai, sperando che se ne andasse anche il dolore ma quello rimase, insieme alla vergogna e al disgusto verso sé stesso.
E pianse, pianse come non aveva mai pianto.
Aveva spesso odiato il mondo, ma mai così tanto sé stesso.
Nel delirio, qualcuno sentì un urlo lacerante provenire dal bagno, ma nessuno ebbe il coraggio di entrare. Nessuno capì che era Sirius Black ad urlare. Nessuno comprese il perché urlasse ‘Perdonami’.
 
Nessuno entrò a rassicurarlo.
 
Quando ebbe finito le lacrime, Sirius guardò l’ora. Erano le 10.50. Si alzò, si sistemò i capelli e il vestito, si sciacquò la bocca finché non sentì più l’acre odore di rigurgito. Si bagnò il viso e, per ultimo, si impresse un sorriso sul volto.
Aveva rotto la promessa di non piangere, aveva infranto il giuramento di non disperarsi, ma ciò non voleva dire che anche gli altri avrebbero dovuto farlo.
Sirius Black era una persona tormentata, certo, ma un amico incredibile.
Sempre.
 
 

***

 
 
Lily e James camminavano per il parco tenendosi per mano, parlando e ridendo, ricordando eventi e rimembrando aneddoti di quando ancora si odiavano, di quando ancora non avevano bisogno l’uno dell’altra come dell’aria.
- E quando ti rovesciai il calderone pieno di pus di bobotubero addosso, in un impeto di rabbia? – disse Lily ridendo.
- Già, come dimenticarlo. Sirius e Remus mi dovettero strigliare i capelli cinque volte prima che l’odore sparisse. – disse cupo James.
Lily dette un giocoso colpo sulla spalla, aggiungendo: - Oh dai! Ti ricordo che fosti tu quello che incendiò il mio vestito preferito in un impeto di simpatia! –
James alzò le mani con aria innocente.
- E’ stato un incidente! Sirius voleva provare se la seta fosse infiammabile e…-
- Amavo quel vestito! – protestò Lily, ridendo.
James allora si fermò e disse, serio: - Allora quando saremo sposati te ne comprerò altri dieci come quello. –
Lily lo osservò quasi fosse impazzito, ma quello non cedette posto alla risata.
- Sposati? Hai battuto la testa James? Siamo ancora adolescenti! – scherzò lei.
- Sì, ma prima o poi ci sposeremo. Non subito, ovvio, ma un giorno o l’altro. Dopotutto, dove altro troverai qualcuno che ti sopporterà come ti sopporto io? – ghignò lui.
Lei sbuffò e ribatté: - E tu dove troverai qualcuna che sopporterà il dover affrontare una relazione a tre? Sai, io, te e il tuo enorme ego. –
James le si avvicinò con aria scherzosamente minacciosa.
- Rimangiatelo Evans. –
- No, mai. Mi sono sempre chiesta come facesse la scopa ad alzarsi da terra con i centocinquanta chili in più di sfacciataggine, cocciutaggine, ego e spavalderia! – ghignò Lily, avvicinandosi ancora.
- Ah sì? Beh, io mi sono sempre chiesto come facesse un viso d’angelo come il tuo nascondere una tale faccia tosta, nonché una linguaccia degna dei record mondiali di sbruffonaggine! –
- Ah! Io non sono affatto sbruffona! Casomai quello sei tu! –
Quando furono ancora più vicini, a pochissimi centimetri l’uno dall’altra, Lily disse: - Stiamo forse tornando quelli di prima? –
James sorrise, togliendole un ciuffo ribelle dal viso, e rispose: - No, per niente. Se fossimo quelli di prima, ora tu te ne andresti via rossa come un peperone e io sbufferei dicendo che sei la persona più melodrammatica che esista. –
Lei sorrise a sua volta e aggiunse: - Già. Devo essere impazzita per rimanere ancora qui. –
James gli si avvicinò fino a sfiorare le sue labbra con le proprie e sussurrò: - L’amore rende tutti pazzi. –
Poi la baciò.
Lily attorcigliò le braccia attorno al suo collo e lui le strinse i fianchi.
Quando si staccarono, entrambi scoppiarono a ridere.
- Andiamo, Sirius ci starà aspettando. – disse Lily, ma non poté muoversi perché James esclamò: - Dopo però continuiamo questo discorso, vero? –
Lei lo colpì al petto, ridendo.
- Ovvio. –
E si incamminarono, mano nella mano, verso la Stanza delle Necessità.
 
 

***

 
 
Il pomeriggio trascorse tranquillamente, tra risate e ricordi, scherzi e giochi. I ragazzi arrivarono ad Hogsmeade senza problemi e lì si dettero alla pazza gioia.
Nessuno sospettò minimamente che Sirius continuava a trattenere la rabbia verso sé stesso, o che Marlene si stesse portando dentro un peso enorme, una promessa dura da mantenere. Né che Remus osservava tutti due apprensivo, senza però intuire nulla. Mamma Remus non può sempre salvare tutti.
 
 
Quando, il pomeriggio, uscirono dalla Stanza delle Necessità, si divisero: Sirius, James e Remus andarono verso il campo da Quidditch per la sfida contro i Corvonero, mentre le ragazze, Frank e Peter si dispersero nel castello.
 
La sera, Lily stava tornando dalla biblioteca, dove aveva passato il pomeriggio insieme a Marlene. Quando però l’amica l’aveva lasciata per andare a cercare Remus, Lily era uscita e vagava ora per i corridoi del castello. Lei e James si erano accordati di non vedersi, dato che James e Sirius sarebbero andati in giro con gli amici di Corvonero.
Lily stava pensando di fare una scappatina in cucina, quando sbatté contro qualcuno.
- Sirius? Che ci fai tu qui? – chiese Lily.
- Lils! Che sorpresa! James e Perkins hanno deciso di andare nella Sala Comune di Corvonero, ma io ho altri piani. Ti va di venire con me? – chiese poi Sirius, sorridendo.
Lily lo guardò sospettosa: - Che hai in mente di fare? –
Sirius ghignò e disse: - Oh, come? Non ti fidi più del buon vecchio Sirius? –
Lily ci pensò un secondo e poi, sorridendo, lo seguì.
Andarono alle cucine, sgraffignarono qualche bottiglia di Whisky Incendiario direttamente dalla dispensa riservata agli insegnanti; qui Lily dovette ancora una volta stupirsi dell’incredibile legame che ormai Sirius aveva instaurato con gli elfi della scuola; e poi su, dritti in un’aula vuota, la numero 23.
Mentre appoggiavano le bottiglie ridendo, Lily chiese: - Sei sicuro che qui non ci beccheranno? –
- Oh no, è sicurissima. Io e James al terzo anno ci abbiamo portato…-
Ma quando vide lo sguardo omicida di Lily, Sirius preferì aprire una bottiglia e porgerla alla ragazza.
- Alla salute! –
Due ore più tardi, Lily e Sirius erano sdraiati sui banchi uniti, ridendo come non mai.
Erano entrambi ubriachi fradici e sembrava che ogni cosa fosse degna di una sana risata.
Non serve dire che, nel mentre, vennero fuori le più assurde storie.
- Te lo giuro! E poi James ha urlato ‘No professoressa, non era assolutamente mia intenzione bruciarle il bucato, glielo giuro!’ – esclamò Sirius.
- Sir basta! Me la sto facendo sotto! – urlò Lily, le lacrime agli occhi dal ridere.
- Oh, tu però non hai idea. La McGranitt ha un gusto incredibile per le mutande di pizzo, soprattutto quelle viola con…-
- SIRIUS BASTA! TI PREGO! – urlò Lily, ridendo all’impazzata.
Lily si girò in modo di vedere Sirius negli occhi.
L’alcool aveva reso gli occhi di entrambi lucidi e le guance arrossate.
- Beh, peccato per te, non saprai mai le preferenze di biancheria della McGranitt. –
- Oh, credo sopravvivrò. – sorrise Lily.
Dopo un secondo, la ragazza aggiunse: - Sir…ho tanto sonno. –
Sirius le sorrise: - E’ normale. Dormi se vuoi, se viene qualcuno ti sveglio. –
- E se ti addormenti anche tu? –
- Beh, allora ricatteremo la McGranitt con la storia della biancheria. –
Lily rise ancora, per poi mettersi meglio e chiudere gli occhi, non prima però di aver sussurrato: - Buona Notte Sir. Ti voglio bene. –
Sirius si stupì della verità che trapelava da quelle parole, toccato nel profondo.
Osservò Lily e d’un tratto capì perché James se n’era innamorato.
Intelligente, divertente, ironica, buffa.
I capelli rossi, le labbra dolci e le lentiggini che la rendevano così innocente.
Gli occhi poi, quegli occhi che gli avevano sorriso per tutta la notte.
E la sua risata, oh, la sua risata era limpida come un ruscello di montagna.
E lì, Sirius pensò che forse era quello il problema.
Forse, con la ragazza sconosciuta non aveva funzionato perché non significava nulla. Forse, per dimenticare Mary serviva qualcuno a cui teneva davvero.
E lui a Lily teneva tanto.
E lei a lui, dopotutto gliel’aveva detto.
‘E’ l’alcool che parla Sirius, tu non ami Lily. Lei è la ragazza di James!’ gli rimbombò nella mente la voce di Remus.
‘Però devo provarci.’
‘Ti sentirai persino peggio di come ti sei sentito stamattina Sirius, e anche lei se ne pentirà.’
‘Non lo saprò finché non lo farò.’
‘Vuoi davvero tradire James? Lui che ha sempre fatto tutto per te?’
La risposta a quella domanda arrivò più tardi che alle altre, ma era decisa.
‘Se James non lo saprà, non soffrirà.’
Con sua sorpresa la voce non ribatté, ma tacque. Sirius non seppe se esserne felice o meno.
Si avvicinò a Lily, fino a sentire il suo fiato caldo sulla barbetta ispida.
Chiuse gli occhi, ma non si mosse oltre, finché non la sentì.
- Sir? Che stai facendo? –
Riaprì gli occhi ed eccola: Lily era seduta e lo guardava confusa.
Sirius si sedette e cercò di parlare ma non seppe cosa dire.
E la realtà gli piombò sulle spalle come cemento: era vero, stava per farlo, stava per baciare Lily. Stava per ferire la persona più importante della sua vita: James.
E Sirius ruppe la promessa: scoppiò a piangere.
Pensò che Lily se ne fosse andata, ma ad un tratto sentì delle braccia stringerlo forte e vi ci si abbandonò contro.
- Cos’ho che non va, Lils? – le chiese disperato.
- Nulla Sir. Tu non hai nulla che non vada. – sussurrò lei dolcemente.
- Perché non scappi da me? – chiese lui, cattivo, ma non contro di lei, contro sé stesso.
Lei gli alzò il mento e sorrise.
- Perché ti voglio bene, te l’ho detto. –
E lo abbracciò di nuovo.
A Sirius sembrò di tornare a respirare dopo settimane.
Perché non aveva rifiutato e rinnegato il dolore, ma l’aveva abbracciato, insieme all’amore per un’amica.
Sirius pianse tutte le sue lacrime tra le braccia di Lily e lei non disse nulla.
Non serviva, il messaggio era penetrato con forza, come un seme pronto a germogliare: io sono qui. Non sei solo. Non lo sarai mai.
La speranza fiorì di nuovo, lì, sopra quei banchi, con gli occhi colmi di lacrime e le orecchie piene di risate.
 
E forse, per la prima volta, il freddo infinito che lo avvolgeva iniziò a sciogliersi. 

 

Ok, sappiate che questo è decisamente il mio capitolo preferito, o almeno quello che ritengo aver scritto meglio in tutta la Fan Fiction. Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo particolarmente <3
Vi ricordo il gruppo della Fan Fiction su Facebook :)
Alla prossima!

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Capitolo 24
*** Il coraggio dell'Amore ***



 


CAPITOLO 22 - IL CORAGGIO DELL'AMORE



Una tranquilla serata d'agosto, una calma notte d'estate. Questo era quel 15 Agosto. Questo finché il telefono di Marlene non suonò.
-Chi è?- chiese Lily, vedendo la faccia stupita dell'amica alle parole dell'interlocutore.
Lei si voltò, cercando di non ridere. -Non ci crederai mai.- disse, prima di passarle l'apparecchio.
Lily, titubante, si accostò al telefono, chiedendo: - Pronto? Chi è? –
- LIIIILS! DOVETE ASSOLUTAMENTE VENIRE QUI, E’ FANTASTICO! E…OH MIO DIO REM, COS’E’ QUELLA COSA?! DOBBIAMO ANDARCI, DOBBIAMO…-
Tutto ciò le era stato urlato nelle orecchie da una voce che, nonostante le grida in sottofondo; la poca ricezione e la voce roca, come se avesse urlato per ore, era assolutamente riconoscibile.
Lily si scostò un secondo dalla cornetta, per sussurrare ad una Marlene che se la stava facendo sotto dal ridere, dato che ovviamente lei e una cosa come tutto il quartiere avevano ascoltato ciò che l’apparecchio aveva trasmesso, e le chiese: - Ma Sirius è impazzito? –.
Marlene si sedette sulla scala per non cadere a terra scossa dalle risate di fronte alla faccia a dir poco sconcertata dell’amica.
Lily stava per dirle qualcosa quando una voce a dir poco conosciuta parlo a volume normale nel ricevitore.
- Lils? Mi senti? Cavolo qui c’è una confusione assurda. Oh, è incredibile, dovete assolutamente venire qui. SIRIUS, METTI SUBITO GIU’ QUEL BIDONE, NON E’ UN GIOCO E…Oh merda. SCUSI SIGNORE, ORA PULIAMO!-
Lily staccò e riavvicinò l’orecchio al telefono almeno dieci volte, poiché il suo fidanzato non faceva che alternare frasi a volume normale a urla per parlare con persone evidentemente lontane.
- James, vuoi dirmi dove diavolo siete? E cosa ha fatto Sirius con…un bidone? –
- No tranquilla, ora sistemiamo. Ascolta, questo feletono mi sta finendo tutti i soldi. Venite a Londra, via S. Joseph 15, ci vediamo accanto al bar ‘Venezia’ tra mezzora ok?-
Lily ebbe appena il tempo di confermare prima che la voce di James cedette il posto ad un tu tu riconoscibile come il segno che la chiamata era finita.
La ragazza si girò verso l’amica e riferì l’indirizzo. Si sorprese però quando vide gli occhi di Marlene illuminarsi, quasi avesse avuto un’idea geniale.
Scomparve in cucina e riapparve un nanosecondo dopo, con un volantino in mano.
- Ecco dove sono! Lils dobbiamo andarci assolutamente! Oh mio dio vado a prepararmi, devi dirmi come voi babbani vi vestite in queste occasioni. –
Detto ciò Marlene si catapultò al piano di sopra, senza attendere risposta da Lily, che nel frattempo stava fissando il manifesto datole dall’amica, sorridendo.
 

Il ‘London Festival Club’ vi invita tutti al
LUNA PARK DELLE STELLE!
Sabato 15 Agosto in via S. Joseph numero 15
TI ASPETTIAMO!

 

***

 
Sirius scese dall’ultima giostra un po’ scombussolato: quelle montagne che russano, o come si chiamavano, erano davvero incredibili. Se però Sirius era solo scombussolato, Remus era a dir poco messo k.o., era un miracolo solo il fatto che riuscisse ancora a reggersi in piedi senza rivelare a tutti il contenuto del suo stomaco. James guardava due dei suoi tre migliori amici, Peter aveva declinato l’invito motivando la sua assenza con qualche scusa a proposito di zie malate, che in quel momento ondeggiavano pericolosamente, quasi fossero ubriachi fradici.
Remus lo raggiunse e si aggrappò a lui come fosse una scala in mezzo al nulla.
- Non lasciarmi. – gli sussurrò, cercando di aprire il meno possibile la bocca, temendo che ne fuoriuscissero non soltanto parole.
- Oh, che dolce che sei Remus. – lo canzonò James, pur sapendo che in realtà l’amico temeva di sfracellarsi a terra senza un sostegno umano.
Sirius nel frattempo si era avvicinato con fare amichevole ad un ragazzo che gestiva uno stand e ne era tornato con due enormi panini ripieni di tutto ciò che si poteva immaginare: lattuga, pomodori, cipolle, salsa, bacon, uova, sottaceti, prosciutto, speck, peperoni e chi più ne ha più ne metta.
Remus era, prevedibilmente, corso dietro un cespuglio in atteggiamenti ben intuibili dai versi di disgusto delle persone che gli passarono accanto.
- Credo che Remus non lo vorrà questo, lo prendi tu? – gli disse Sirius, porgendogli il cibo e iniziando ad ingurgitare il suo ad una velocità incredibile.
- Ma come diavolo fai a non sentirti mai? – chiese stupito James, addentando il suo panino.
Sirius alzò le spalle, dicendo con la bocca piena: - E’ un dono, immagino. –
Poco dopo che ebbe parlato passarono accanto a loro due ragazze, una con i capelli biondo cenere e l’altra con i capelli nero pece, che li fissarono più del normale, per poi sorridere e andare avanti, tra le risatine.
- Sai, devo ammettere che le babbane non sono poi così male. – scherzò Sirius, dando un’occhiata alle ragazze appena passate.
James non commentò perché sapeva che Sirius stava cercando di andare avanti e di non stagnarsi in uno stato vegetativo permanente. Mary gli mancava, gli era mancata tutta l’estate e probabilmente gli sarebbe mancata per sempre. Una volta era uscito con una ragazza fuori a chiacchierare e dopo solo mezzora era tornato a casa dei signori Potter furibondo, annunciando che l’intera specie femminile non avrebbe mai e poi mai saputo come trattarlo. Quella notte, James lo sentì piangere. D’altra parte, era facile intuire quali fossero stati i suoi pensieri: “solo una ragazza sapeva come trattarmi.”
- Dai don giovanni, dobbiamo andare a prendere le ragazze. – disse James prendendolo per il braccio. Si fermarono per recuperare un ormai verdastro Remus e uscirono dal Luna Park, per dirigersi dietro l’angolo, davanti al bar indicato.
Era un locale carino, un’enorme gondola ospitava una lampeggiante scritta che riportava il nome del bar: ‘Venezia’.
James si appoggiò al muro, stanco ma felice: avevano scoperto il Luna Park per caso, gironzolando per Londra dopo essere andati a casa di Albery, un loro amico di Grifondoro.
Sirius era, ovviamente, impazzito di gioia.
I due amici stavano ora discutendo per qualche stupida ragione, James aveva sentito chiaramente solo le parole ‘zucchero filato’, ‘bacchetta’, ‘capelli’ e ‘disastro’.
Non volle indagare oltre, poiché nelle loro leggendarie dispute toccava a lui fare da giudice, ed era sempre un parto.
James sbirciò l’orologio: erano le dieci e quaranta, avevano chiamato Lily e Marlene alle nove. Le ragazze dovevano già essere lì.
Si guardò attorno, iniziando a preoccuparsi.
- Ehi, che hai? –
Sirius si era sistemato accanto a lui, insieme a Remus, che stava iniziando a riprendersi, anche se lentamente.
- Nulla, mi stavo solo chiedendo dove fossero Lils e Marly. – rivelò James, sorseggiando un bicchiere d’acqua riempito dal distributore automatico lì accanto.
- Oh andiamo, stai già diventando un vecchietto che si preoccupa sempre? Cosa vuoi che…-
Ma Sirius non riuscì a finire la frase che si sentirono delle urla da dietro il vicolo a pochi metri di distanza. Urla provenienti da voci chiarissime.
- LILS! – urlò James, prima di mettersi a correre insieme a Sirius e Remus.
Il bicchiere che un secondo prima aveva in mano James cadde sul cemento senza far rumore.
 
 

***

 
 
- Marly sei sicura che sia questo il posto? – domandò Lily per la centesima volta. Non conosceva quella parte della Londra babbana e Marlene le aveva assicurato di ricordarsi una ‘scorciatoia’.
A Lily però non sembrava proprio di essere così vicini ad un parco dei divertimenti: l’odore nell’aria era chiaramente quello di alcool e alle pareti sporche del vicolo c’erano visi ben poco rassicuranti, la maggior parte di uomini di mezza età ubriachi fradici.
Il fatto poi che entrambe fossero in ghingheri non la tranquillizzava per niente. Marlene aveva insistito perché Lily si mettesse un vestito verde smeraldo che le arrivava poco sopra le ginocchia, ma con una scollatura un po’ troppo generosa. I capelli rossi erano stati lasciati sciolti e le ricadevano dolcemente sulle spalle, mentre stringeva a sé la borsa di perline verde con dentro la bacchetta quasi fosse l’aria che respirava. Marlene invece si era messa un vestitino color rosa pastello con una fascia poco sotto il seno, di modo che lo valorizzasse in modo preoccupante, secondo Lily. I capelli mori erano raccolti per tre quarti, lasciandole cadere sul viso truccato leggermente un ricciolo ribelle. Erano entrambe stupende, ma ben poco adatte ad un luogo simile.
Ogni due secondi emergevano dei fischi dalla massa di uomini e Lily cominciava ad avere paura per davvero.
- Marly…-
- Oh andiamo Lils! So benissimo dove sto andando!- disse Marlene sicura, pochi passi davanti a lei.
- Sei certa? Perché credo di aver già passato questo bar almeno due volte. Marly, torniamo indietro e avvisiamo i ragazzi che…-
- No Lils, io so dove stiamo andando. Fidati di me, tra pochissimo vedrai le attrazioni della serata! –
Fecero ancora pochi passi, prima che Lily si sentisse trattenuta.
Si voltò e vide con orrore che a fermarla era stato un ragazzo sui vent’anni, che ora la teneva per il braccio e le sorrideva malizioso. Dietro di lui ce n’erano altri tre.
- Ehi bellezze, vi va di unirvi a noi? – chiese lui in un tono che voleva probabilmente sembrare suadente.
Lily cercò con lo sguardò Marlene che le fu accanto in un secondo.
- No grazie, stiamo andando dai nostri fidanzati. E ora, se non ti dispiace. – esclamò Marlene, strattonando Lily per l’altro braccio ma non riuscendo a liberarla.
Il ragazzo non mollava la presa e, anzi, si avvicinò ancora di più.
Lily poteva sentire il suo alito che puzzava di alcool sul collo.
- Oh andiamo, sono convinto che loro non sono interessanti quanto me. Che ne dici rossa? Il mio amico qui ha un appartamentino poco distante, se vuoi. –
- Lasciami subito. – gli sputò in faccia Lily.
Il ragazzo parve non gradire per niente e le strinse dolorosamente il braccio.
A Lily scappò un gemito e Marlene fece per intervenire ma fu bloccata da un dei suoi amici.
- Non ci siamo nemmeno presentati e tu già te ne vuoi andare?! Io sono Tom e lui è Lucas – disse, indicando il ragazzo che tratteneva Marlene per la spalla.
- E io sono stanca, ora, se non volete che la mia bacchetta vi…-
- MARLENE! –
Marlene guardò Lily accorgendosi di ciò che aveva detto, ma sembrò che i ragazzi non se ne fossero accorti, tutt’altro.
- Ah ah ah, ha carattere questa bambolina eh? Beh, anche io ho una bacchetta piuttosto potente sai…- le disse Lucas, stringendola a sé.
Lily non aspettava altro: si voltò di scatto, sorprendendo Tom e andò da Marlene, tirando un calcio sugli stinchi a Lucas, prendendo la mano dell’amica e correndo verso l’uscita del vicolo, ma non riuscirono a fare che pochi passi che gli altri due compari le avevano bloccate.
Uno particolarmente robusto afferrò Lily da dietro per la vita e la sollevò.
Lily urlò di metterla giù e per risposta i ragazzi si misero a ridere.
Il secondo aveva schiacciato Marlene addosso ad un muro e si stava avvicinando sempre di più, quando…
PUM!
Il ragazzo che stava trattenendo Marlene cadde fragorosamente a terra, rivelando Remus che teneva in mano l’arma del delitto: il coperchio di un bidone lì vicino.
Abbracciò Marlene, mentre Sirius e James si scagliarono contro gli altri tre.
Sebbene Sirius fosse più basso di Lucas e Tom gli bastarono pochi pugni per farli cadere a terra, storditi.
L’ultimo ragazzo stringeva a sé Lily e James gli si avvicinò con fare omicida, una luce negli occhi che Lily non aveva mai visto, e ne fu un po’ spaventata.
- Lasciala. Subito. – gli ordinò, avvicinandosi ancora.
Il ragazzo rise fragorosamente, stringendole talmente il braccio da farla gemere.
- Altrimenti? –
James strinse il pugno e stava per attaccare, quando il ragazzo si mosse: estrasse dalle tasche un coltello e lo puntò sulla gola di Lily.
- Muoviti e giuro che vedrai il suo sangue per terra. – gli ghignò malvagio.
Ma James non si fermò.
Lily iniziava a sentire la lama premere contro il collo e si chiese cosa stesse facendo James.
Quando però il coltello venne spinto contro di lei, non sentì dolore.
Il metallo aveva ceduto posto ad una lama giocattolo, di quelle dei bambini.
Il ragazzo sembrava molto sorpreso e la lasciò andare il tempo necessario affinché Remus la tirasse accanto a sé.
Si aggrappò al migliore amico e si voltò per far segno a James di seguirli, ma vide che il fidanzato non si era mosso di un centimetro.
- Tu…tu come…-
James agì velocemente, i riflessi viziati dalle ore passate a rincorrere il boccino per il campo da Quidditch.
Afferrò il ragazzo per il collo e lo fece sbattere a terra. Questo tentò di opporre resistenza, ma le mani sembravano non rispondere ai comandi. La bravura di James negli incantesimi non verbali era formidabile, ma terribilmente inquietante, si scoprì a pensare Sirius.
E iniziò a picchiarlo, una, due, cinque, otto volte.
Il sangue uscì a fiotti dalle labbra rotte e dal naso fratturato del ragazzo, ma James non si fermava.
Lily gli corse incontro e si pose davanti all’uomo per terra e solo per un centimetro James evitò di colpirla.
- Basta James, basta. – gli disse, gli occhi pieni di lacrime.
Il ragazzo lesse negli occhi verdi un terrore mai visto: il terrore di lui.
James si alzò e abbracciò Lily.
Poi, prima di andare fuori dal vicolo con gli amici, si voltò un’ultima volta.
Sputò sul corpo svenuto dell’avversario e disse chiaramente: - Tocca solo un’altra volta chi amo e sei morto. –
Lily, Sirius, Remus e Marlene non ne parlarono mai più, ma quella fu la prima vera volta in sette anni in cui videro la furia e la bestia che nascondeva il loro amico: un animale carnivoro, implacabile contro chi aveva fatto del male a chi amava.
Quella notte, qualcosa cambiò in James.
Quella notte, James trovò l’enorme coraggio che gli aveva permesso di entrare a far parte dei Grifondoro e lo videro tutti.
Quella notte, Lily pensò di non averlo mai amato così tanto.
Ma, allo stesso tempo, si odiò come non mai.
Stava celando un orribile segreto a colui che l’aveva protetta sempre, e non l’avrebbe nascosto ancora.
 
 

***

 
 
Dopo ciò che era successo l’animo non era dei migliori, ma Marlene aveva insistito perché facessero almeno un giro per il Luna Park.
Remus, nel frattempo, osservava la sua ragazza ridere e scherzare come se nulla fosse successo, come se non si fosse rintanata nelle sue braccia terrorizzata dopo che lui l’aveva salvata da quei quattro idioti. Marlene, in quel momento, sembrava la più tranquilla tra tutte.
E qualcosa scattò dentro di lui, qualcosa di remoto che si era finalmente risvegliato.
Non seppe descrivere appieno che sensazione fosse, ma era certo di cosa doveva fare.
 
Sirius camminava al fianco di James, ancora intontito da ciò che era successo poco fa: aveva appena visto il suo migliore amico trasformarsi in un essere dal temperamento opposto a quello che James aveva di solito. L’aveva visto picchiare un uomo selvaggiamente e, ne era certo, se non fosse intervenuta Lily anche ucciderlo.
Sirius non seppe cosa dire, cosa fare. Era così che era apparso lui il giorno del funerale di Mary? Il pensiero gli attorcigliò le budella, la voglia di vendetta risalì l’esofago come un conato di vomito.
Per un secondo tornò a quel giorno, avvertendo chiaro e inconfondibile l’odore ferroso del sangue, il dolore al cuore e la voglia di vedere quello schifoso davanti a lui inerme, vinto.
Non era più Sirius a comandare, era il cane, l’essere animale e selvaggio.
Aveva pensato che quella reazione fosse strettamente connessa alla sua forma animagus e viceversa, ovvero che la trasformazione in un cane dalle dimensioni di un orso fosse legata ad una parte nascosta della sua anima, la parte non addomesticata e, se non tenuta a controllo, malvagia.
Ma allora, si chiese in quel momento, non valeva più la sua teoria?
Dopotutto il poderoso cervo a cui James lasciava spazio dopo la trasformazione non faceva paura, o almeno non era questo la prima percezione che si aveva.
Sirius non riusciva a togliersi questo pensiero dalla mente ed era così impegnato a capire cosa fosse successo che non si accorse che gli amici si fossero fermati.
Li raggiunse e si accostò al muro dietro alla panchina sulla quale Lily, Marlene, Remus e James era seduti.
Marlene stava raccontando qualcosa a Remus che però, osservò Sirius, aveva uno sguardo strano. Era come se il solito calore e la normale dolcezza che gli occhi nocciola di lui si fossero congelati all’improvviso, spezzandosi in tante parti.
Sirius non capì se Marlene se ne fosse accorta, ma conosceva abbastanza bene Remus dal sapere che se non l’aveva ancora fatto l’avrebbe fatto presto.
Poche volte aveva visto quella strana luce negli occhi dell’amico e ne erano sempre conseguite liti e discussioni incredibili, magari con silenzi che duravano giorni.
Sirius si voltò ad osservare Lily: stava ancora tremando dalla paura e Sirius sentì l’impulso di andare ad abbracciarla, come lei aveva fatto quella notte sui banchi dell’aula 23.
Poi, lo vide.
James si tolse la felpa e la mise sulle spalle di Lily. La strinse a sé, lasciandola scomparire dietro le sue braccia, cosicché il mondo non si accorgesse che la ragazza dai capelli rossi era scoppiata a piangere.
Ma James no, lui rimaneva impassibile. Ogni tanto le sussurrava qualcosa nell’orecchio, per poi tornare a fingere di guardare qualcos’altro.
E Sirius capì.
La sua teoria sugli Animagus non era falsa, affatto.
Era vera come vero era il fatto che Sirius sarebbe rimasto affianco a James per tutta la sua vita, perché erano fratelli, loro.
James non si era trasformato in un cervo a caso. Il cervo è un animale orgoglioso, come lo era James, e fiero. Il Re della Foresta, molto simile a come veniva soprannominato James ‘Il Re dei Grifondoro’. Fin qui, nulla di complicato.
Eppure, il cervo non era quel che si soleva dire un animale feroce, o da cui scappare: se si vede un cervo probabilmente sarà lui a scappare.
Ma non sempre. Ed era esattamente in quel punto che la magia brillava di semplice e incontrastabile realtà: il cervo sapeva diventare un animale da cui scappare a gambe levate se si tocca chi lui ama. Le poderose corna erano capaci di distruggere qualsiasi cosa sul suo cammino e gli zoccoli, Sirius lo sapeva meglio di chiunque altro, facevano più male di quanto si pensasse.
E come l’animale, James era una persona orgogliosa, fiera, ma dal temperamento non violento. Almeno finché qualcuno non gli toccasse ciò che gli stava a cuore.
Si ricordò improvvisamente della frase che aveva sentito sussurrare dall'amico dopo aver sputato sul corpo svenuto dell’uomo.
 

Tocca solo un’altra volta chi amo e sei morto.

 
Il cervo sapeva essere docile e buono, ma se si fanno passi falsi, potrebbero essere gli ultimi che si faranno.
 
 
 

***

 
 
Dopo un giro veloce su qualche giostra, i ragazzi decisero che fosse l’ora di andare a casa.
James stava per proporre di accompagnare Lily a casa, ma la ragazza lo precedette, dicendogli che doveva parlare.
Sirius, Remus e Marlene si smaterializzarono sotto i loro occhi, diretti prima a casa di Marlene e poi da Remus, dove Sirius avrebbe dormito insieme a James.
Quest’ultimo chiese a Lily cosa stesse succedendo ma lei non gli rispose.
Si avvicinò fino a che i loro nasi si toccarono e gli chiese: - Ti fidi di me? –
Lui rispose di sì, sicuro come non mai.
Lei fece un sorriso strano e prese la sua mano.
E con un senso di risucchio all’altezza dell’ombelico, James seguì Lily nella smaterializzazione, verso l’ignoto.
 
Atterrarono su un prato verde chiaro, in quello che sembrava un giardino di una casa privata.
Lily fece segno a James di non parlare e lo invitò a seguirla.
La ragazza aprì la porta della graziosa villetta dalle pareti chiare e il tetto di uno azzurro chiaro, chiaramente dipinta solo successivamente di quel colore.
Quando vi entrarono, James però rimase sorpreso.
La casa pulsava di magia e sembrava appartenere ad una rivista di arredamento, da quanto era ordinata: i divani azzurro cielo lindi come appena comprati, i cuscini pieni e soffici, i tappeti e i tavoli sgombri da polvere.
- Lily, cosa…? – chiese James, ma Lily gli mise un dito sulle labbra.
James notò che aveva gli occhi lucidi.
La ragazza estrasse la bacchetta dalla borsa di perline e con un ampio gesto trasformò tutto.
La casa degna dei migliori premi per la pulizia scomparve, lasciando il posto alla desolazione più totale.
I muri una volta chiari e senza una macchia cedettero il posto a muri sporchi, bruciati e con dei segni di quello che, James rabbrividì, sembrava essere sangue seccato.
I divani erano ora distrutti, i resti delle imbottiture dei cuscini erano sparsi per il pavimento, anch’esso sporco e bruciato.
Mobili, piante, foto: tutto un caos incredibile ai loro piedi.
James si voltò e trovò la sua ragazza che raccoglieva una foto da terra, la cornice rotta e i vetri sparpagliati sul pavimento.
Il ragazzo si avvicinò ed ebbe un sussulto: riconobbe subito la bambina dai capelli rossi in primo piano.
Lily doveva avere poco più di quattro anni, i lunghi capelli raccolti in due trecce, gli occhi di quel verde pazzesco, le guance rosee come sempre. Stringeva a sé una bambina che era tutto il suo opposto. Avrà avuto un anno in più, i corti e ispidi capelli mori, gli occhi dello stesso anonimo colore. Voltava il capo dalla parte opposta, come se non volesse vedere Lily.
Dietro di loro, erano posizionati due adulti. La donna aveva lunghi capelli ramati, che sembravano soffici come nuvole, e gli occhi verdi come Lily.
L’uomo era poco più alto di lei, con i capelli ordinati e il viso divertito, gli occhi erano di un color nocciola molto simile a quelli di Remus, dolci e rincuoranti.
La prima ed unica volta in cui aveva visto i genitori di Lily.
James si stupì di non vedere la foto muoversi, ma d’altra parte le fotografie babbane non si muovevano.
Guardò Lily che stava accarezzando con il dito il viso della madre e del padre.
- Mamma adorava questa foto. Tunia era arrabbiata con me perché le avevo rotto per sbaglio Bett, la sua bambola preferita. Tentai di abbracciarla per farla sorridere, perché sapevo che nelle foto si deve sorridere; ma il fotografo immortalò il momento sbagliato. Eppure, mamma diceva sempre che questa era la sua foto preferita, perché era vera, autentica. –
Lily alzò lo sguardo e osservò ciò che le stava accanto.
- Penso tu abbia capito che questa era la mia casa. Gli Auror ci hanno messo degli incantesimi di modo che i babbani non vedessero tutto questo. Ma è magia nera e non andrà mai via, quindi è stato applicato un cartello con scritto ‘VENDESI’, però un incantesimo fa si che chiunque si interessi all’acquisto ci ripensi subito. E’ la prima volta che ci torno dopo la morte di mamma e papà. E’ strano. –
James fece per abbracciarla ma Lily si scostò.
Ora gli occhi non erano più umidi, ma decisi e anche un po’ esitanti.
- James, non ti ho portato qui per fare una gita nel passato. Devo parlarti e qui so che nessuno ci potrà disturbare. –
Lily iniziò a giocare con i capelli e James realizzò quanto fosse nervosa.
- Ti ascolto. – disse semplicemente.
E lei iniziò a parlare.
Raccontò di ciò che era successo mesi fa, della sbronza e delle risate.
Quando però arrivò alla parte decisiva, James lo capì, perché Lily non lo guardava più negli occhi.
Lily gli confessò che Sirius aveva provato a baciarla ma si affrettò anche a spiegare come fosse distrutto e come avesse bisogno di un’amica.
Quando non seppe più che dire, tacque.
James respirò a fondo, non sapendo come sentirsi.
- Lo ami? – le chiese, in modo piatto e apatico.
Lily alzò lo sguardo e James capì di averla ferita, ma non se ne curò.
- Come puoi chiedermi questo? – gli sputò lei.
- Rispondi. – le ripeté.
- No! Ovvio che no! – esclamò Lily, sconvolta dalla domanda.
- Quindi hai tenuta segreta questa cosa per mesi per uno che non ami nemmeno? Chi vuoi che ci creda? – ghignò lui, malvagio.
Lei era visibilmente arrabbiata e le guance le si colorarono di un rosso porpora molto poco rassicurante.
- Sei davvero così idiota? Io non amo Sirius! –
- E allora perché l’avresti fatto? –
- Perché gli voglio bene ed è uno dei miei migliori amici! Ecco perché! – urlò lei.
- E per te l’amicizia conta più dell’amore che provi per me? Non rinunceresti nemmeno agli amici, pur di non farmi soffrire? – le domandò tagliente James.
Lily rispose a pochi passi da lui, la rabbia in ogni singola lettera.
- Mai. Io non rinuncerei mai ai miei amici. –
E James non aspettò più.
L’abbracciò di slancio, sentendola rigida per la sorpresa.
Poi, le sussurrò nell’orecchio: - E non vorrei tu lo facessi. So quanto tenerti questo segreto sia stato difficile per te e ti ringrazio, perché molte avrebbe lasciato lì Sirius e tu non l’hai fatto. Sir è come un fratello per me e ha bisogno di aiuto; sapere che tu tieni a lui così tanto mi rende l’uomo più felice del mondo. Ti amo Lily Evans. –
Lily sentì le lacrime scorrerle sul viso, lacrime di felicità.
- Ti amo anche io James, da morire. –
Lo baciò appassionatamente, trasmettendo tutta la felicità che aveva in corpo e anche di più.
E James ricambiò, prendendola in braccio e portandola al piano di sopra.
Si sdraiarono sul letto messo meglio e senza accorgersene in pochi secondi erano abbracciati, solo con la biancheria addosso.
- Sei sicura di volerlo fare? – le chiese James.
Lily gli si avvicinò e James avvertì il respiro caldo della ragazza sulle sue labbra, che gli fece venire la pelle d’oca.
- No, per niente. Ma una volta una persona mi ha detto che l’amore rende tutti pazzi. –
E Lily lo strinse a sé, sul letto in cui era cresciuta e in cui aveva vissuto, in quella che una volta era la sua camera.
Ma non fu triste, il contrario: si sentiva come se stesse riportando la felicità in un luogo che sembrava destinato a non vederne più.
Le ultime urla che quella casa avrebbero conosciuto non sarebbero state quelle dei signori Evans prima di morire, ma quelle di lei e James mentre rinascevano, insieme.
 
 

***

 
 
Sirius e Remus si sedettero sui divani della taverna di quest’ultimo, crogiolandosi nel fresco che i muri di pietra emettevano.
Sirius però non aveva fatto altro che pensare a cosa passasse per la testa all’amico e decise che era il momento per chiarire.
- Parlale. –
Una sola parola che cambiò nettamente l’atmosfera nella stanza.
- Scusa? – disse Remus dopo un secondo di troppo, innocentemente.
- Mi hai sentito benissimo: parla a Marlene. –
Remus lo osservò come se fosse pazzo ma Sirius non si lasciò abbindolare: non si può mentire al Re dei Bugiardi.
- Sirius, ci ho parlato tutto il pomeriggio e…-
- Oh smettila con queste cazzate Rem! Hai gli occhi strani, come quando nascondi qualcosa che ti fa male. E si vede lontano un miglio che si tratta di Marlene. Quindi parlale, subito. Non puoi mentire Rem, non a me. –
Remus rimase senza parole di fronte alla facilità con la quale Sirius aveva letto dentro di lui.
- Non ne sono sicuro. – disse velocemente, come quando si toglie un cerotto.
Sirius allora fece qualcosa di spettacolare, perché era esattamente ciò di cui Remus aveva bisogno.
Lo abbracciò.
- Sei uno dei miei migliori amici Remus, e non voglio vederti così. O ci vai a parlare subito o giuro che ti picchio. Non sto scherzando. –
Remus capì che l’amico non stava scherzando proprio per niente.
Gli dette una pacca sulla spalla e uscì dalla stanza, non prima però di aver detto: - Grazie Sir. –
Sirius gli sorrise di rimando e Remus sentì come una spinta ad agire.
Si smaterializzò nella pioggia nascente che Agosto era capace di tirare fuori all’ultimo secondo, con un’estrema facilità.
Quando fu davanti a casa di Marlene suonò una, due, tre volte.
Non gli importava di essere maleducato né di dare fastidio ai vicini: lui voleva solo una cosa.
Marlene uscì dalla casa in felpa e tuta, i capelli raccolti in una coda e il viso ancora non del tutto struccato.
- Rem? Che diavolo ci fai qui a quest’ora? – gli chiese lei, raggiungendolo sotto la pioggia con un ombrello.
- Dobbiamo parlare. – 


Ok, sono spaventata da cosa direte. A me piace molto questo capitolo e devo ammettere che immaginare Sirius, Remus e James al Luna Park è stato fantastico! :D Ma la cosa più importante... LILY E JAMES HANNO FINALMENTE FATTO L'AMORE! Sì lo so, l'avevano già fatto tutti quindi era anche il loro momento. E penso che far arrabbiare Lily di proposito sia molto da James. Boh, sono soddisfatta, spero lo siate anche voi ^_^
Commentate in tanti! :D
E mi raccomando, passate dal gruppo facebook della fan fiction, dove posto sempre anticipazioni riguardo alla storia e dove potrete chiedermi tutto ciò che volete ;)
Alla prossima!

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Capitolo 25
*** Game Over ***



 


CAPITOLO 23 - GAME OVER



- Adesso? Cioè tu vuoi parlare adesso, alle due di notte? – esclamò Marlene, stupita.
- Sì. Adesso, non resisterò fino a domattina. –
Marlene, a quelle parole, si spaventò non poco e Remus si affrettò a chiarire:
- Non sono malato o cose simili, non preoccuparti. Però è urgente Marlene, non posso aspettare un secondo di più. –
Marlene incrociò le braccia, avvicinandosi al ragazzo.
- Entriamo dai, qui si gela. – sussurrò, ma tu la bloccasti.
- No, voglio parlare qui, senza i tuoi o nessuno che ci interrompa. –
- Rem, non so se te ne sei accorto, ma piove! Smettila e…-
- No Marlene, ora smettila tu! – le parole erano uscite forti e convinte, di una determinazione che arrestò il cuore ad entrambi.
Marlene, i capelli ormai fradici che le cadevano bagnati sul viso, si fermò, in silenzio, facendo intendere a Remus di iniziare a parlare. E lui non se lo fece ripetere due volte.
- Sono stanco, Marlene. Sono esausto, esausto che tu non ti fidi di me. Lasciami finire! – la ammonì, dato che la ragazza aveva fatto per reagire, ma abbandonò l’idea e si rimise in ascolto.
- Sì, tu non ti fidi di me, o almeno non completamente. Pensi che io non lo veda? Pensi che noi non lo vediamo? Come ti atteggi a ragazza forte e senza timore, come tu finga di avere una sicurezza che non hai, come reprimi ogni straccio di sentimento…di vulnerabilità, dentro un bozzo nel tuo cuore, pur sapendo che sarà una bomba ad orologeria. E sono stufo che tu mi dica di amarmi, perché non è vero. Se mi amassi davvero, ti degneresti di piangere, di urlare, di lasciarti andare alla disperazione se e quando ti sopraffarà e temerai di non farcela, perché saprai che io sarò lì. Tu potrai dirmi di amarmi quando capirai che io ci sarò sempre e che non permetterò a nulla e a nessuno di farti sentire male. Tu potrai dire di amarmi quando ti prenderai la libertà di appoggiarti a me. Potrai dire di amarmi solo quando capirai che non sarò la tua debolezza, ma la tua forza. Fino ad allora, stammi lontano. –
Remus si voltò e fece per materializzarsi ma ciò che disse lei lo bloccò.
Non seppe se per la voce rotta, carica di lacrime, se per la fermezza con la quale lo disse o se per la crudeltà con cui affermò ciò.
- E tu ti credi perfetto? Credi di esserti sempre fidato ciecamente di me?! –
Il ragazzo si voltò, l’espressione un misto di rabbia per le accuse e di delusione per chi le aveva porte.
- Certo che l’ho fatto! –
- Ah sì?! – esclamò Marlene, avvicinandosi minacciosamente a lui.
La pioggia gli aveva infradiciati entrambi, ma a loro sembrava non importare.
Non più.
- Di che diav…-
- Se ben ricordo non ti sei fidato di me per molto tempo, prima di dirmi che ciò che sei, né hai avuto alcun problema a mollarmi per, com’era?, proteggermi. Non ti sei nemmeno disturbato a chiedermi cosa voglio io! Ma sì, a te dopotutto cosa te ne frega di me. Sono un giocattolo no, da spostare quando fa più comodo. –
- Non credevo la pensassi così. – ringhiò, sì esatto ringhiò, tra i denti Remus.
Il calmo, riflessivo, tranquillo Remus ora sembrava più che mai simile a Sirius; e Marlene capì perché lui, James e Felpato fossero diventati amici per la pelle.
A dirla tutta, probabilmente, se la sfortunata condizione di licantropo di Remus fosse stata come quella degli Animagus dipendente dalla volontà del singolo, allora Marlene avrebbe fatto bene a darsela a gambe levate.
Ma non lo fece, rimase lì, l’espressione di immutabile delusione ancora dipinta in volto.
- Beh – continuò Remus, gelido – se hai così tanti problemi, perché non l’hai detto? Sei davvero così immatura dal paragonare ciò che accade a me con la tua idiota e insensata esigenza di essere la donna senza paura? Sul serio Marlene? I MIEI SONO PROBLEMI SERI DANNAZIONE, NON STUPIDI GIOCHI DA BAMBINI! –
- Tu mi giudichi un’immatura?! TU NON SAI NULLA DI ME REMUS, NULLA! Non ti permetto di giudicare ciò che faccio come fossi Dio! E sentiamo, da quanto sua Santità Remus John Lupin pensa che io sia un’immatura eh? Se mi disprezzi così tanto perché diavolo mi hai chiesto di uscire?! –
- E’ evidente che non so nulla di te, McKinnon, altrimenti non mi starei stupendo a sentire tutte queste novità che solo ora ti degni di dire! –
- E allora cosa ci fai ancora qui? VATTENE! VATTENE SUBITO! –
Marlene l’aveva urlato, poco prima di scoppiare a piangere.
Si voltò e fece per andarsene, ma venne trattenuta da un abbraccio da dietro di Remus. Lei si ribellava ma lui la teneva forte, impedendole di fuggire.
- Che cosa diavolo vuoi da me Remus? – gli chiese implorante Marlene.
- Questo, che tu ti lasci andare. E’ vero, sei immatura, ma sei la mia immatura Marly. E non voglio altro che questo. –
- Che pianga? – disse lei con un mezzo sorriso.
- No – rispose lui dolce – che tu lasci andare le emozioni, tutte, anche quelle brutte. Perché sono proprio quelle brutte che alla fine ti soffocheranno. E lo so perché Sirius ne è stata la prova: fino al terzo anno non aveva mai rivelato il suo lato più ‘oscuro’, perché temeva avrebbe perso me e James. Quando poi uscì, si portò via anche un mio dente e un osso di James. –
Marlene si voltò, stupita.
- Credevo che al terzo anno foste caduti dalla scopa. –
- Questa è la versione ufficiale. Quella ufficiosa è che Sirius ci ha picchiati dopo che l’abbiamo provocato per farlo venire allo scoperto, per farci dire la verità. Sapevamo che mentiva, ed eravamo stanchi di quel sorriso finto che ci rivolgeva ogni tanto, dopo che lo avevamo trovato a pensare a cose spiacevoli. Preferivamo lacrime vere a sorrisi finti. E le preferisco ancora. –
- Quindi la provocazione era tutta una tecnica? – chiese Marlene con un tono tra un sorriso e un rimprovero.
- Più o meno, ma la maggior parte delle cose che ho detto sono vere. Penso sul serio che i tuoi siano ragionamenti più infantili che adulti, e la Guerra ci vuole adulti Marly. Non è più il tempo per giocare. E io non voglio perderti, perché se lo farò non sarà per gioco, sarà vero. – rispose lui, serio.
Marlene si limitò ad appoggiare la testa al suo petto, il respiro si sincronizzò al battito del cuore del ragazzo.
- Lo so. Non lo farò più, promesso. –
Lo disse in un sussurro talmente flebile che pensò che Remus non l’avesse sentita, ma quando lui la strinse più forte e le diede un bacio sulla testa, delicatamente, capì che si sbagliava.
I giochi erano finiti, l’amore aveva vinto, e ora doveva affrontare una sfida ancora più grande: la Guerra.
Sperando di non fare Game Over.
 
 

***

 
 
La mattina successiva, Lily si svegliò mentre cercava il corpo caldo di James accanto a lei, ma non lo trovò.
Si tirò su e con la mente ancora annebbiata dal sonno, si chiese dove fosse.
Un rapido sguardo alla sua camera le fece piombare una serie di ricordi alla mente, con una forza incredibile: la smaterializzazione con James, la confessione su ciò che era successo con Sirius, la lite, e poi…
Un sorriso malizioso le increspò il viso, mentre si alzava e indossava una camicia a quadretti blu e bianca e un paio di short che aveva fatto materializzare da casa di Marlene, insieme alle sue ormai distrutte scarpe da ginnastica bianche, a cui però era troppo affezionata per buttarle via.
Si legò i capelli in una coda alta e, dopo essersi guardata rapidamente allo specchio, fece evanescere il vestito e la borsa verso il suo letto a casa McKinnon, tenendo con sé solo la bacchetta.
Uscì dalla stanza e scese le scale, cercando il suo ragazzo.
Lo trovò in salotto, già vestito ed evidentemente in procinto di andare via.
Notò anche che stava scrivendo febbrilmente su una pergamena.
Lily gli scivolò silenziosamente accanto e rubò il foglio, non curandosi della sorpresa del ragazzo.
Lesse poi ad alta voce:
 

Cara Lily,
Sirius mi ha chiesto di andare in un posto con lui, non ti preoccupare, non è successo nulla.
Ci vediamo a pranzo a casa di Rem.
Ti amo,
               
James

 
Lily, finita la lettura, inarcò le sopracciglia in un’espressione curiosa.
- In un posto, Potter? E dove esattamente? –
James, al sentire l’uso, seppur scherzoso, del cognome, unito al cipiglio indagatore della rossa, pensò di essere tornato ai tempi di Hogwarts; quando Lily era ancora un prefetto e lui il piantagrane della scuola.
- In un posto. Ci vediamo dopo. – rispose frettoloso James, facendo per uscire.
Lily li strinse il braccio, costringendolo a voltarsi.
Ora il viso era intrinseco di paura.
- James…-
Il ragazzo capì che Lily temeva di essere abbandonata, così si avvicinò e la strinse a sé, baciandole la fronte.
- Non preoccuparti, non me ne vado da nessuna parte. E’ una cosa che però devo fare da solo con Sir capisci…è una cosa che riguarda la sua famiglia. Non posso dirti nulla Lils, però fidati di me. –
Lily annuì, e non aggiunse nulla finché James non fu uscito.
Nessuno dei due però sospettava ciò che stava pensando l’altro: James si sentiva un verme, perché sapeva di aver appena mentito a Lily, la sua Lily. Quest’ultima, invece, stava già contando i minuti che pensava ci avrebbe impiegato James per smaterializzarsi, per poi uscire e seguirlo, grazie ad un incantesimo che nemmeno il ragazzo conosceva.
Lily sapeva che le stava mentendo, e aveva intenzione di scoprirne il motivo.
 
 
La rossa si sentì risucchiare nel vortice della smaterializzazione e atterrò poco dopo su un prato incolto.
Si guardò attorno: doveva essere un’antica villa, era appena davanti al cancello di ferro battuto che ora era aperto.
Si trovava in mezzo a quello che tempo addietro doveva essere stato uno dei più grandi giardini che avesse mai visto, ma che ora sembrava solo una landa carica di morte: la poca erba che cresceva era già marcia ancora prima di vedere la luce, tra le fronde dei vecchi e storti alberi che circondavano la proprietà.
Lily non seppe perché, ma ebbe un brivido, e dopo aver localizzato James, a qualche metro da lei, si affrettò a seguirlo a distanza di sicurezza, tra le piante morte.
Poco dopo, con un CRACK secco e definito, apparve accanto al fidanzato anche Sirius.
I due si scambiarono solo qualche parola, che però Lily non riuscì a distinguere, per poi camminare in silenzio fino alla vecchia villa al centro del giardino.
L’edificio non era messo tanto meglio del prato intorno; le pareti nere come la notte erano in più punti scalfite, le finestre sprangate con assi di legno marce e alla porta mancava addirittura un battente.
Lily pensò fosse un’antica dimora in rovina dei Black, e stava quasi per andarsene pentendosi perfino di aver dubitato di James, finché non li vide.
Nel giro di un minuto accaddero tre cose che la sconvolsero e che la spinsero a fare ciò che fece.
Numero uno: si materializzarono accanto a James e Sir anche Remus, Marlene, Peter, Alice e Frank.
James non aveva accennato affatto al resto degli amici e Lily iniziò a sentirsi esclusa e, di conseguenza, arrabbiata.
Numero due, la porta si aprì davanti ai ragazzi e ne uscì niente popò di meno che Malocchio Moody in persona.
Numero tre, e cosa più fastidiosa e imperdonabile, sentì chiaramente James dire che lei stava male ed era per questo che non era voluta venire.
Ora, non sarebbe stato per forza necessario avere una mente brillante come quella di Lily Evans per capire ciò che stava accadendo.
Se n’era parlato molto, ma che James facesse ciò che aveva fatto Lily non se lo sarebbe mai aspettato.
E quindi, agì.
Uscì dal suo nascondiglio e fece capolino tra gli amici, ignorando i moti di sorpresa e stupore e deliberatamente fingendo che James Potter non esistesse.
- Buongiorno signor Moody, mi chiamo Lily Evans e, sebbene qualcuno le abbia detto che io stavo male, sono qui per arruolarmi all’Ordine della Fenice. –
 
 

***

 
 
Caos. Confusione. Imbarazzo. Disastro.
Nessuna di queste parole sembrava cogliere l’interezza del guaio enorme in cui si erano cacciati. Sirius non riusciva nemmeno a comprendere più chi stava accusando chi di cosa.
Dopo la sconvolgente apparizione di Lily, che da tutti era data malata e febbricitante sotto le lenzuola di casa Potter, e la sua ferrea decisione di prendere parte all’Ordine della Fenice; James aveva dato di matto, iniziando a urlare che no e poi no, lei non poteva entrarci.
Allora Lily aveva completamente perso il controllo di sé, cominciando a dire che James non era il suo padrone, che lei faceva quel che le pareva e altre insinuazioni sull’incapacità cronica di Potter di capacitarsi che non aveva il controllo sulle persone.
A quel punto, fu Moody a riprendere il controllo.
Batté forte una sola volta l’enorme bastone nodoso per terra e calò il silenzio, meglio che con una magia.
Alastor Moody, soprannominato da tutti Malocchio, era un uomo di circa trentacinque anni, i lunghi capelli color paglia ricadevano poco sopra le spalle, lasciando però intravedere un accenno di calvizie incipiente al centro della nuca.
Il naso schiacciato, il volto sormontato da piccole cicatrici, era riconosciuto ormai da tutti come uno dei più grandi, e forse uno dei più pazzi, Auror in circolazione.
Con l’avvento della guerra, poi, il suo aiuto si era rivelato più necessario che mai: lui da solo aveva già catturato e imprigionato ad Azkaban una ventina di Mangiamorte, tra i più crudeli in circolazione.
In un’epoca di diffidenza e paura, una bacchetta salda come quella di Moody era rara, e perciò preziosa.
Non era stato un caso che Silente avesse assegnato a lui il compito di reclutare nuovi membri, dopotutto chi più di lui sapeva fiutare pericolo di spie?
Quando parlò, la voce era bassa e graffiante come un ringhio:
- Allora, ascoltatemi bene, perché non lo dirò un’altra volta. Non me ne può fregare di meno delle vostre tresche amorose, se siete fidanzati, sposati o in relazione aperta con un Ippogrifo. A me interessa solo la vostra volontà di battervi per la  nostra causa, chiaro?! Ora, chi c’è e vuole provare faccia un passo avanti e dica io. Ma sia chiaro, chi entra poi non esce se non per morte o per vittoria, non voglio stupidi idioti perditempo. Lì fuori c’è la Guerra, non la vostra nonnetta in calzamaglia che vi rincorre con del succo di occhi di Goblin e vuole che lo mangiate perché fa bene al fegato. –
La prima a farsi avanti fu Marlene, seguita da Remus.
Poi toccò a Sirius e James.
Peter, anche se un po’ troppo tentennante, seguito a ruota da Frank e Alice.
Infine, sotto il vigile e minaccioso sguardo di James, rimase solo Lily che avanzò senza paura e rimarcò senza problemi il suo volere di combattere per la salvezza del Mondo Magico.
- Ottimo. Domani all’alba verrò a prendervi in un luogo da voi scelto e ritenuto sicuro e andremo verso un luogo segreto nonché provvisorio per farvi qualche domanda. Niente di particolare, solo per accertarsi che tra di voi non ci siano ignobili e viscide spie. Chiaro? –
Tutti annuirono e Marlene scrisse l’indirizzo di casa sua su una pergamena, per poi consegnarla a Moody.
- Bene, ci vediamo. –
Fu solo Lily a rispondere, in un muto tono di sfida ovviamente indirizzato a James.
- Ci sarò. –
Sirius, per una volta interessato più alla sua salvezza dall’uragano Potter-Evans che sarebbe scoppiato di lì a poco, si smaterializzò a casa di Remus, nella comoda cantina fresca.
Quando venne raggiunto da Lunastorta e Marlene, si rifiutò di prendere parte alla serie di supposizioni sui motivi e le conseguenze dell’atto di James.
- Sono andati a parlare da qualche parte non so dove – disse Alice, sdraiandosi stanca sul fresco divano di pelle.
L’unico pensiero che attraverso la mente del Black fu che, dovunque gli amici si fossero recati, di sicuro al notiziario babbano lì vicino si sarebbe parlato di improvvisi temporali con tanto di grandine, ad agosto inoltrato.
L’uragano stava arrivando.




Mi scuso davvero tantissimo per: 1. Il colossale ritardo, vi giuro che non era mia intenzione farvi attendere così a lungo. 2. Il capitolo iper corto, ma credo sia carico di notizie e nel prossimo voglio concentrarmi bene su Lils e J. e l'Ordine della Fenice.
Anche perché ne accadranno delle belle ;)
Vi chiedo quindi di recensire e di non essere troppo crudeli ç_____ç
Alla prossima!

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Capitolo 26
*** La Guerra o divide... ***



 

CAPITOLO 24 - LA GUERRA O DIVIDE...



Quando James atterrò davanti a casa di Lily lei era già alla porta e la sbatté con rabbia.
Il ragazzo la seguì dentro, entrando appena in tempo per vedere la scia rossa dei suoi capelli entrare in cucina.
‘E’ questo ciò che vedrò per tutta la mia vita? La sua coda che sparisce mentre cerco di rimediare alle mie cazzate?’ si chiese in un moto di pessimismo.
- Lily! Lily aspettami! Lily! – le urlò dietro mentre attraversava lo spazio che li separava.
Quando arrivò in cucina la trovò ferma, immobile, appoggiata al bancone, la testa china.
- Io mi chiedo…- iniziò con voce roca,  per poi continuare una volta alzata la testa.
James dovette fare un passo indietro, minacciato dallo sguardo a dir poco omicida della fidanzata.
- Io mi chiedo, James Potter, ma tu pensi con il sedere o riesci davvero ad insultare l’evoluzione umana sfruttando quel popò di cervello che abbiamo per creare simili stronzate?! –
- Lils io… -
- TU COSA JAMES? COSA?! Giuro sulle mutande più lerce di Merlino che se provi a dire che l’hai fatto per proteggermi prendo quella testaccia che ti ritrovi e la uso per giocarci a Quidditch! –
James ebbe l’orribile visione della sua bellissima figura usata come pluffa, e ciò lo fece rinsanire.
Fece un passo avanti, mostrando più sicurezza di quanta in realtà possedesse.
- Lily, potrai non approvare i metodi usati, ma l’ho fatto davvero per proteggerti. E non solo una cosa che dirai me ne farà pentire, perché l’ho fatto usando il cuore. –
Lily si avvicinò piano a lui, come cercando di respirare senza prenderlo a pugni.
- E credi che questo sia giusto? Credi che escludermi per proteggermi sia giusto?! –
James seppe cosa rispondere, e lo fece senza battere ciglio, come se stessero semplicemente discutendo della possibilità o meno di andare a fare un picnic.
- No. Ma dovevo. –
Lily rise, di una risata però affettata e crudele, completamente stonata a quella dolce e riconoscibile che era la sua sincera.
Era una risata di scherno, puro e semplice scherno.
Scherno di James.
Scherno della sua spavalderia.
Scherno dell’idiozia di Lily nel credere che lui non avrebbe colto al volo l’occasione di fare il cavaliere dal cavallo bianco.
Scherno perché, in fondo, lo capiva.
- E sentiamo, perché? – chiese poi, melliflua, leccandosi le labbra come pregustandosi le parole che, ci avrebbe scommesso, sarebbero stati capaci di ribaltare completamente la discussione.
James Potter era un campione in questo, e lei, la sua più acerrima nemica nelle discussioni ad Hogwarts, lo sapeva meglio di tutti.
Lui fece un altro passo verso di lei, ormai i loro petti collidevano.
Lily però non abbassò lo sguardo, né lo addolcì.
- Perché ti amo, e non voglio perderti. Non riuscirei a sopportare il dolore che sto vedendo attraversare Sirius. Non posso permettere che accada a me. Non posso permettere che tu sia la mia Mary. Tu devi essere la mia Lily, sempre. E devi rimanermi accanto. Non posso rischiare di perderti Lils, non posso. –
James le sfiorò la guancia con la mano calda.
Lily chiuse gli occhi, si appoggiò al suo petto con una mano e si tirò su, in modo che potesse sussurrargli all’orecchio le parole che disse, con voce dolce e, allo stesso tempo, dura.
James, quando le sentì, rabbrividì nel profondo.
- Se vuoi perdermi, sei sulla buona strada. Ci vediamo domani, Potter. –
E la stessa mano che si appoggiava delicatamente lo spinse via, addosso al muro.
Lily lasciò la casa senza dire altro, senza piangere, senza far nulla se non smaterializzarsi a casa di Marlene.
Lei amava James, ma lui doveva capire che non avrebbe potuto tenerla rinchiusa sotto una cupola di vetro, aspettandosi che non reagisse.
Era proprio per Mary che sentiva di dover combattere, era per i suoi genitori, per tutti gli innocenti schiacciati dalla magia nera, implacabile.
Una volta Lily aveva letto una frase che, persino in quel momento, riuscì a rincuorarla.
 
« Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione. »
 
Lily amava James, ma non avrebbe mai rinunciato a lottare.
Mai.
 
 

***

 
Remus era sdraiato sul pavimento di un dolce fresco, sopra un materasso gonfiabile. Sentiva il respiro regolare di Alice e Frank, che si erano fermati a dormire, il peso di Marlene che gli dormiva abbracciata e; là sulla poltrona, poteva percepire perfettamente gli sbuffi di impazienza di un certo Felpato, evidentemente incapace di addormentarsi.
Remus si alzò, ben attento a non svegliare la sua ragazza: Marlene aveva avuto problemi ad addormentarsi e non voleva assolutamente svegliarla.
Si avvicinò con cautela, per paura di disturbare Alice e Frank, e arrivò alle spalle di un ansioso Sirius.
- Sir? Che hai? – gli domandò piano.
Sirius sobbalzò e Remus si trovò la bacchetta puntata a pochi centimetri dal suo viso.
Quando riuscì a distinguere il volto del migliore amico dal buio della stanza, Sirius sbuffò infastidito e si mese seduto bene sulla poltrona, allontanando la bacchetta dall’amico e riponendola in tasca.
- Che diavolo Rem, non puoi apparire dal nulla e aspettarti che non mi venga un infarto! –
- Veramente sono qui da sedici lunghi anni, diciassette fra poco. Non direi proprio dal nulla. – sorrise Remus, accomodandosi sul bracciolo imbottito della poltrona.
- Ah. Ah. Ah. – rise sarcasticamente Sirius, stropicciandosi gli occhi.
- Come mai non riesci a dormire? – gli chiese dopo un po’ Lunastorta.
- Mai sentito parlare di insonnia? – rispose acido l’altro, facendo per riaccomodarsi.
- Sì, ma so anche che se tutto va bene sentirò anche il tuo russare. Tu non hai mai l’insonnia, tu hai problemi. –
- Complimenti Sherlock, e ora che hai risolto il caso, che ne diresti di tornare dalla tua amata e non rompermi le pluffe? – esclamò piano Felpato, alzandosi e dirigendosi all’altro capo della stanza, sedendosi poi intorno al tavolo dove avevano cenato.
Remus lo seguì, paziente.
Far aprire Sirius poteva richiedere tempo, ma era importante persistere e non lasciarsi intaccare la pazienza dai livelli di scontrosità unici al mondo che il migliore amico sapeva raggiungere, senza alcuna fatica.
Si accomodò dall’altra parte del tavolo, proprio di fronte a lui.
- Ancora non l’hai capito che mamma Remus non se ne va? Che mamma Remus rimarrà qui finché non mi dirai cosa non va? – gli chiese, sorridendo.
Sirius prese qualcosa dalla tasca e iniziò a giocarci, ma ancora senza dare la possibilità a Remus di capire cosa fosse. Era una lettera, questo sì, ma il ragazzo non sapeva ancora da chi provenisse.
Però non gli fece pressione, stette lì, in silenzio.
Sebbene sapeva che Sirius si fidava di lui, ogni volta doveva fargli vedere che non era in pericolo, che era libero di scegliere.
Cosa per qualsiasi persona scontata, ma non per un ragazzo che libero non lo era stato mai.
E dopo cinque minuti buoni, Sirius parve decidersi.
Lasciò la pergamena, ormai spiegazzata, a metà via tra lui e Remus.
Poi abbassò lo sguardo e iniziò a giocare nervosamente con le dita.
Un uomo è pur sempre un bambino.
Remus la avvicinò, pian piano.
Quando l’ebbe tra le mani e fu certo che Sirius approvasse, iniziò a leggerla.
Il sangue gli si gelò nelle vene, ma non lo diede a vedere.

 

Caro Sole,
Oggi ho sentito dire alla mamma che forse ti unirai all’Ordine. L’ho vista bruciare con la bacchetta la tua immagine nel grande albero di famiglia. Sole, mi dispiace.
Non credo tu debba tornare qui, non finché non te lo dirò io. Loro sono particolarmente infuriati e temo potrebbero vendicarsi di tale ‘disonore’.
Non venire, perfavore.
Per ora non mi hanno ancora chiesto nulla, ma anche se lo facessero e si arrabbiassero, tu non devi venire qui.
Non voglio che rischi per me… mai.
Manderò Casa a darti qualcosina, lui si fida di me, non farà la spia.
Trattalo bene.
Ti voglio bene Sole, sono fiero di te.
                                                 Luna

                         
 

 
Quando finì di leggere, alzò lo sguardo e si perse negli specchi neri dell’amico, che lo fissava assorto.
- Chi…? – iniziò Remus, ma Sirius gli rispose prontamente.
- Sole sono io, Luna è Reg. Da piccoli, quando Reg aveva paura, gli dicevo sempre che sarei stato lì a proteggerlo. Mi chiese se fossi come il Sole e io annuii. Poi si alzò e urlò: ‘Allora io sarò la Luna!”. In effetti – continuò addolcendo lo sguardo, perso in ricordi da tempo dimenticati – Ha senso. Siamo così opposti, eppure una cosa sola. Casa è Kreacher, perché da piccoli non sapevamo dire il suo nome e, siccome stava sempre in cucina o a pulire, iniziammo a chiamarlo Casa. E beh…loro credo tu lo sappia. – finì, abbassando la voce che d’improvviso si fece scura come un ringhio.
Remus riguardò la pergamena, per poi domandare:
- Cos’hai intenzione di fare? –
- Devo andare a prenderlo. – rispose serio l’altro.
- No. –
Sirius alzò lo sguardo, sorpreso.
- Come? –
- No. Hai letto la lettera? Lui vuole…-
- Non me ne frega di cosa vuole lui, è soltanto un bambino! – rispose Sirius, i toni che si scaldavano.
- Ha quindici anni Sirius, io credo che…-
- PER ME SARA’ SEMPRE UN BAMBINO! LUI RIMARRA’ IL BAMBINO TIMIDO E IMPACCIATO CHE VENIVA NEL MIO LETTO QUANDO FACEVA GLI INCUBI REMUS, LUI RIMARRA’ IL BAMBINO CHE MI STRINGEVA A SE’ MENTRE QUELLA PUTTANA DI NOSTRA MADRE URLAVA! E’ MIO FRATELLO E NON POSSO ABBANDONARLO…L’ho fatto già troppe volte. –
Remus, mentre l’amico gridava, rimase impassibile.
Il cuore gli batteva forte, per ciò che stava per fare: chiedere a Sirius di rinunciare, anche solo momentaneamente, all’ultimo pezzo di famiglia che gli rimaneva.
Ma non aveva scelta.
Anche le mamme ogni tanto devono fare la parte dei cattivi, nonostante sia per il bene dei loro cuccioli.
- Lo so Sir. Ma lui non ha bisogno di te ora, lui non è in pericolo. Tu sì. Hai intenzione di mettere a rischio tutto l’Ordine? Perché è questo che accadrà, se tua madre ti scoprirà e farà bere un Veritaserum, o alla peggio un bel Crucio e via! Vuoi davvero questo? –  gli disse, tagliente.
- Tu non sai nulla Rem. Tu non hai fratelli…tu sei solo. – rispose acido l’altro, guardandolo con odio.
Remus a questo non era pronto, e dovette ripetersi più e più volte che Sirius fosse sconvolto, ed era solo quella la ragione per cui aveva colpito così in basso.
- No. Ma so amare, e non ti permetto di metterlo in dubbio. Mai. –
Si voltò senza aggiungere altro. Tornò in cantina e si sdraiò accanto a Marlene, ancora tra le braccia di Morfeo, respirando affannosamente.
Dovevano essere già passate le quattro di mattina, quando sentì un fugace tocco alla mano.
Fece appena in tempo ad avvertire l’odore dell’amico che questo stava già dormendo della grossa, e stavolta per davvero.
Trovò un pezzo di pergamena nella mano e accese un debole Lumos per poterlo leggere.

 

Mi dispiace. Hai ragione, non solo sai amare, ma sai amare me, che è tutto dire. Ti voglio bene Remus. Sei mio fratello anche tu, e lo stesso James e Peter. Non vi abbandonerei mai, perché so che nemmeno voi lo fareste. Perciò scusami, so di essere un innato coglione, ma sono un coglione fortunato.
Perché ho te. Buonanotte Rem.

 

Di quella lettera non seppe mai nessuno, ma essa continuò a riscaldare il cuore di Remus, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Per sempre.
 

***

 
 
Il giorno dopo Moody venne a casa di Marlene, dove vi trovò tutti i ragazzi.
Lily parlava a James distaccatamente, come se fossero poco più che semplici compagni di Scuola.
Nessuno osò commentare.
Moody li raccolse uno ad uno e li portò nella camera di Marlene dove, dopo aver insonorizzato la stanza, provvide ad interrogarli.
Domande sulle loro relazioni con i Mangiamorte, sulla loro famiglia e quant’altro.
L’occhio dell’Auror non li perdeva di vista un solo istante, incutendo timore ai poveri interrogati.
Solo Lily parve non farci caso.
Raccontò per filo e per segno tutto ciò che le era accaduto con i genitori, i legami, nulli, che aveva coi Mangiamorte e la sua voglia di sconfiggerli.
Alla fine di tutto, Moody li radunò in salotto, dove spiegò loro ciò che stava accadendo.
James tentò di lasciare un posto accanto a sé per Lily, ma la ragazza preferì rimanere in piedi, concentrata sulle delucidazioni dell’uomo.
E ciò che spaventò maggiormente James fu che quelle della rossa non fossero solo stupide strategie per attirare la sua attenzione, farlo sentire a disagio o simili; Lily era davvero interessata a ciò che stava dicendo Moody.
Seguiva le parole dell’uomo come fossero i vagoni di un treno in mezzo al nulla, annuendo ogni tanto.
Due volte chiese anche spiegazioni su come agire in situazioni di pericolo, come ad esempio durante uno scontro ravvicinato mentre si era feriti.
L’idea di Lily intenta a combattere, tra la vita e la morte, gli attanagliò le viscere, provocandogli un conato di vomito.
- Bene, se non ci sono altre domande, ci vediamo a Kensington Park alle quattro e mezza di domattina, la trappola sarà pronta. Vi avverto: non ci saranno scambi diplomatici di parole, si passerà subito ai fatti. Chi non è pronto a vedersi mutilato o vedere morire gli amici si tolga di mezzo. – disse infine rudemente Moody, camminando verso l’uscita.
Quando Marlene ebbe chiuso la porta, Remus e Alice si alzarono.
- Noi abbiamo portato la colazione, venite in cucina? – chiesero all’unisono, prendendo degli enormi zaini.
Sirius, Peter e Frank non se lo fecero ripetere; mentre James continuava imperterrito ad aspettare che Lily rientrasse: la ragazza era infatti uscita con Moody per chiedergli qualche altro consiglio.
Marlene gli toccò dolcemente la spalla, riportandolo alla realtà.
- J, vai con loro. Ci parlo io con Lils. –
James attese ancora un secondo, fissando la porta di legno scuro, per poi annuire e voltarsi, in direzione della cucina, per raggiungere gli altri.
Dopo qualche minuto Lily rientrò nella casa, sorridendo all’amica.
- Eccitante, non trovi? Credo dovrò esercitarmi con gli incantesimi di disillusione e un po’ di difensivi, sai com’è. Che ne dici se proviamo assieme? Io provo a schiantarti e…-
- Lils? – iniziò Marlene, dura come la roccia.
- Ok, puoi schiantarmi tu per prima! Però devo trovare qualcosa da schiantare, non posso…-
- Lils, ascoltami. – continuò Marlene, imperterrita.
La rossa la guardò, senza smettere di sorridere.
- Che hai Marly? – chiese innocentemente.
- Smettila. Smettila subito. –
- Di fare cosa? – domandò confusamente la rossa.
- Di fingere che questo sia un gioco, che nulla ti spaventi. Smettila di comportarti come una scolaretta davanti alla sua prima esercitazione di Incantesimi. Non è un gioco. E’ la Guerra. –
Lily non si mosse di un centimetro, continuando a guardare impassibile oltre Marlene, una vetrina di cristallo dietro la quale si celavano le foto della famiglia McKinnon.
- Lils? – provò ancora Marlene, più dolcemente, appoggiandole la mano sulla spalla.
La rossa si riscosse, evitando il contatto.
- Non puoi dirmi come sentirmi. Io mi comporto così per cercare di non impazzire, immaginando te, Rem, Sir, Ali…immaginando James e tutti voi morti a terra. Sto cercando di tranquillizzarmi, perché so che domani potrei morire, e non voglio. E tu non hai il diritto di dirmi come devo sentirmi Marlene. Quindi stai zitta. –
Lily aveva parlato a bassa voce, quasi in un sussurro, però con gelida inflessibilità.
Marlene era rimasta sorpresa dalla serietà dell’amica, e non fece niente quando questa la sorpassò, senza dire una parola.
La vide andare in cucina, sedersi accanto a Sirius e sorridere, come se non fosse successo nulla.
Come se dentro, Marlene ne era sicura, non stesse morendo dentro.
Proprio come tutti loro.
 
 

***

 
 
Alle quattro e mezza il gruppo era arrivato a Kensington Park, come previsto.
Si posizionarono nei posti assegnati loro da Moody e un certo Kingsley, un uomo di colore sui vent’anni, alto, robusto e, a prima vista, esperto di combattimenti.
Con sommo orrore di James, Lily venne posizionata dietro una statua, in coppia con Alice, mentre lui era rannicchiato sotto un albero, vicino a Remus; esattamente dalla parte opposta del Parco.
Alle cinque sarebbero dovuti arrivare dei Mangiamorte credendo che avrebbero trovato un ammasso di Mezzosangue in riunione di Guerra.
Moody coordinava il tutto, velato da un incantesimo di disillusione quasi perfetto.
Erano loro ragazzi, insieme ad altri dieci adulti e due ragazzi da loro mai visti, dell’età di Kingsley.
Alle cinque meno dieci Sirius si stava lamentando a voce non così bassa quanto credeva che il suo sedere si stesse addormentando, accanto ad un più che spaventato Peter.
- BLACK! GIURO CHE SE NON CHIUDI QUELLA BOCCA TI FACCIO SALIRE IL SEDERE IN GOLA! – gli urlò ad un certo punto Moody, con un incantesimo che permetteva solo a loro di sentire.
Sirius non si mosse più finché non arrivarono.
E, puntuali, alle cinque erano lì.
Si smaterializzarono tutti in un secondo, erano almeno trenta; i volti celati da mantelli neri lunghi e tetri.
Si guardarono un secondo attorno e, un decimo di secondo prima che potessero capire che fosse una trappola, Moody diede l’ordine.
E la Guerra iniziò.
I ragazzi si rivelarono parecchio agili, viziati dalle ore giocate a Quidditch.
James e Sirius poi sembravano invisibili, tanto erano agili a schivare e colpire.
Anche Lily era però veloce, si spostava agilmente e con scatti imprecisi, per destabilizzare i nemici.
Solo loro avevano già schiantato sei Mangiamorte, quando accadde.
Un lampo verde accecante, un urlo assordante, carico di urgenza e disperazione.
- LILS! –
Quando James si voltò, tutto ciò che vide fu una scia di capelli del color della fuoco cadere all’indietro.


E rieccomi con l'aggiornamento tanto atteso! Spero non vi secchi, forse è un po' più corto, ma credo sia pieno zeppo di novità. Sappiatemi dire cosa ve ne pare e vi ringrazio sempre tantissimo per seguire, preferire e addirittura recensire questa storia! Io personalmente amo questo capitolo :) Alla prossima!

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Capitolo 27
*** Bianco e Nero ***




 


CAPITOLO 25 - BIANCO E NERO



Quando James si voltò, tutto ciò che vide fu una scia di capelli del color della fuoco cadere all’indietro...

 
Un fulmine nero, sangue, troppo sangue, e urla di dolore infinite.
James pensò di essere diventato sordo, dato che tutto accadeva con incredibile lentezza e gli sembrava di non riuscire a sentire più suono alcuno, tranne il suo respiro mozzato che palpitava doloroso e crudele nel sangue, nel cuore…nell’anima.
La vide accasciarsi e rialzarsi in un batter d’occhio, la vide piena del sangue che, con estrema malignità, le si attaccava ai lunghi capelli rossi, gli stessi che tante volte aveva accarezzato dolcemente.
Udì indistintamente il suo nome urlato con voce carica di disperazione, voce che, alla fine, si stupì fosse la sua.
E in men che non si dica correva verso di lei, verso ciò che la portava via da lui, forse per sempre.
Quando capì ciò che stava portando via la sua Lily quasi cadde a terra dalla sorpresa: la ragazza era distesa, priva di sensi ma comunque viva, sopra ad un enorme cane nero.
Un cane dagli scuri occhi molto familiari.
Capì che non c’era pericolo, che si sarebbe preso cura di lei.
Si voltò, il sangue che ribolliva agognando vendetta.
Individuò la persona che lanciava quelle strazianti urla: un Mangiamorte, alto più o meno venti centimetri più di James, era disteso agonizzante nel suo stesso sangue, che sgorgava a fiotti da una ferita al centro del petto.
James non aveva mai visto Maledizione tanto crudele: l’uomo, ne era certo, sentiva con estrema chiarezza ogni goccia di vita uscirgli dal petto e bagnargli le mani, il viso. Avvertiva di sicuro il sapore ferroso in bocca, e non faceva altro che inghiottirlo per poi risputarlo.
Era una tortura anche solo guardarlo.
Il ragazzo si allontanò dal corpo e parò due colpi diretti a Remus e Marlene, per poi ingaggiare una lotta accesa contro un altro nemico, il volto celato da una di quelle tremende maschere.
Un unico rumore nelle orecchie, nel cuore: la risata di Lily quando rise per la prima volta ad una sua battuta. Un momento che sembrava essere lontano anni luce, quando ancora potevano permettersi di guardare la vita, il futuro, con speranza; quando ancora non avevano perso un pezzo di sé piangendo amici che non sarebbero più tornati…quando ancora potevano amarsi senza paura.
 
Lily si lasciò sfuggire una risata cristallina che fece accapponare la pelle di James.
Non che ovviamente non avesse mai sentito la risata di Lily, è solo che quella era la prima volta che la risata era per una cosa detta da lui e non sarcastica.
La mente veloce del ragazzo catturò quel dolce suono e si scoprì a pensare che avrebbe voluto farla ridere ancora e ancora.
Credeva che non si sarebbe mai accontentato delle sue risate.

 
No, non si sarebbe mai accontentato delle risate di Lily. E non avrebbe mai permesso a nessuno di rubargliele. Mai.
 
 

***

 
 
Il ragazzo si voltò, pronto ad affrontare un altro di quei subdoli nemici. Da ogni dove spuntavano nuovi nemici e altrettanti alleati, smaterializzati per dare una mano alla propria squadra.
Aveva appena ucciso uno dei suoi, ma nessuno l’avrebbe mai scoperto: il caos e la confusione della battaglia fungevano da alibi perfetti, uno sbaglio, un semplice sbaglio.
Certo, lui non faceva sbagli.
Ma eccezioni sì.
Dopotutto, l’aveva visto puntare alla cosa a cui teneva di più, doveva farlo.
Era come in natura: quando si invade il territorio del capobranco, l’appartenenza ad una stessa specie non contava più nulla; la natura esigeva sangue.
E lì non era molto diverso, a conti fatti.
Solo quando si rese conto di aver ottenuto il risultato sperato si permise di tornare in sé.
Iniziò a colpire i nemici con la sua solita facilità, evitando accuratamente però certi soggetti.
Ma quando lo vide, lì, spavaldo e fiero come sempre, l’impulso di cruciarlo per ogni dolore a lui inferto fu forte, quasi soffocante, ma gli occhi che sognava lo bloccarono.
Puntò l’arma contro uno sconosciuto e diede voce alla sua sete di vendetta.
Sentì il Marchio bruciare prepotente, ma non rispose finché non vide i compagni annuire.
Un secondo e si furono smaterializzati in eleganti vortici neri, l’odore e la forza della lotta ancora nel battito accelerato del cuore.
Si permise un ghigno di feroce orgoglio perché su una cosa non si sarebbe mai potuto controbattere: lui era un uomo coraggioso.
Infido, traditore, sleale, furbo e orgoglioso; certo, ma anche coraggioso.
In fin dei conti, quanti avrebbero rischiato la vita per la donna che amavano?
Quanti avrebbero tradito in piena luce pur di lasciar viva la scintilla di luce che rischiarava quei dolci laghi d’un verde unico?
Quanti avrebbero rinunciato all’uccidere il loro peggior nemico solo perché era capace di provocare in lei un sorriso tanto dolce, a cui non avrebbe mai potuto rinunciare?
Pochi, ne era certo.
Ma era fiero di potersi dire tra quelli.
Era felice di poter affermare che l’aveva fatto.
Molti non l’avrebbero detto, ma lui era così…Severus Piton era così.
 
 

***

 
Quando i Mangiamorte si furono dileguati, Moody non perse tempo e, dopo una rapida evocazione di incantesimi di protezione, procedette alla conta dei feriti e, purtroppo, dei morti.
Quattordici giovani con grandi speranze persero la vita quella notte, quattordici vite che ancora non aveva assaporato l’ebrezza della vita stessa.
Moody chiuse gli occhi ai loro caduti e li smaterializzò, probabilmente in un posto sicuro dove le loro famiglie avrebbero potuto salutare l’amico, la sorella, il fratello…il figlio.
Quando ebbe finito, ordinò a chiunque ne fosse in grado di smaterializzarsi alla base e si preoccupò di aiutare i feriti a farlo, nel caso ne fossero impossibilitati.
James si guardò attorno e lo vide: Sirius si avvicinava lentamente, col corpo di Lily esanime tra le braccia.
- E’ stata colpita ad una spalla, l’incantesimo ha centrato in pieno quello di fronte a lei per fortuna e quindi non ha nulla di grave. Una bella RimpolpaSangue e credo sarà come nuova – sussurrò dolcemente Kingsley, che si era avvicinato loro per far leggere l’indirizzo della nuova base.
Sirius lasciò Lily tra le braccia di James, che l’afferrò protettivo.
Remus pensò a leggere le indicazioni di Kingsley e, dopo aver formato una catena umana con tutti gli amici, si smaterializzò.
 


Atterrarono davanti ad un vecchio palazzo, nella zona antica della Londra babbana.
Remus abbracciò Marlene, finalmente sani e salvi, e Alice si permise di guardare gli amici col sorriso stampato in volto: Remus stringeva Marlene a sé quasi non la volesse far scappare; Sirius batteva amichevolmente sulla spalla di un pallido Peter, mentre James accarezzava i capelli di Lily, che sembrava addormentata.
Qualcuno aveva i vestiti strappati in più punti, magari zuppi di sangue rappreso proveniente da ferite ormai non più sanguinanti, e tagli e lividi qua e là, ma stavano bene.
Erano vivi.
Si sentì stringere alla vita da delle braccia che ormai conosceva a memoria, mentre il soffio di lui le accarezzava le orecchie.
- Ce l’abbiamo fatta Ali. Il primo passo è sempre il più duro. –
Gli accarezzò il viso senza voltarsi, mormorando: - Ma non l’ultimo Frank. –
Lui le baciò il collo sussurrandole: - Meglio così. Solo i morti non possono camminare. –
 
Moody li guidò all’interno, accompagnandoli poi in un enorme salotto, dove poterono mangiare e bere mentre alcuni Medimaghi soci dell’Ordine curavano i feriti.
La fame però scomparve quando iniziarono ad arrivare i familiari delle vittime: ragazzi di poco più di diciassette anni che venivano abbracciati da madri e padri disperati.
Sirius si permise di osservare come alcuni fossero solo in preda alle lacrime, mentre altri vennero assaliti da una rabbia incontenibile e dovettero essere calmati con fiale di Infusi CuoreCalmo, somministrate dai MediMaghi presenti.
E, nonostante tutto, nonostante fosse inutile perdere il controllo e cedere all’impulsività, non riuscì a fare a meno di capirli.
L’ingiustizia del dover seppellire giovani per una lotta contro persone che professavano stereotipi e pregiudizi vecchi di secoli.

 

Dover dire addio al futuro per combattere il passato.


E per un secondo non riuscì ad impedirsi di pensare che un giorno, forse non troppo lontano, quella persona agonizzante che piangeva il fratello ormai perduto potesse essere lui.
Regulus aveva rischiato tutto per lui, e sebbene fino a quel momento non fosse successo nulla, niente gli garantiva che ciò non avrebbe avuto conseguenze disastrose.
Fu colto alla provvista dall’immagine di Reg steso a terra, mentre moriva soffocato dal suo stesso sangue.
Cercò di non far vedere nulla e si diresse verso il bagno.
Quando ebbe chiuso la porta, la sigillò con un incantesimo e si permise di fare ciò che da sempre si vergognava di fare: piangere.
Pianse per le innocenti vite ormai cadute oltre il velo della vita, pianse per i genitori che avrebbero dovuto seppellire il proprio figlio, pianse per i fratelli e le sorelle che sarebbero stati privati della loro sicurezza. Pianse per le mani ingenue che ora, per colpa della Guerra, erano macchiate indelebilmente di sangue umano che, sebbene appartenesse ad assassini, aveva comunque lo stesso valore di qualsiasi altro. O almeno aveva il valore di una vita persa.
Ghignò malvagio, quando capì quanto ipocrita fosse stato nell’ultimo pensiero: lui stesso avrebbe sgozzato dolorosamente Nott se non fosse stato per il tempestivo aiuto di James.
Eppure…
Eppure non riusciva a fare a meno di pensare, forse più per la sua salute mentale che per l’effettiva realtà delle cose, che in quel momento persino quegli schifosi Mangiamorte stessero piangendo amici, compagni, fratelli, figli…amanti.
 

In fin dei conti, davanti alla Morte siamo tutti uguali: esseri spaventati, terrorizzati di fronte al baratro del nulla che la fine della vita porta con sé… bisognosi di sentirlo sempre lontano.

 
Ma la Guerra non concedeva tempo per fantasie, annientava le sicurezze e lasciava dietro di sé solo lacrime salate dal sapore del veleno più nero.
 

Il mondo non era diviso in persone buone e Mangiamorte, tutti avevano sia luce che oscurità dentro di loro, ciò che contava era da che parte sceglievano di agire.

 
L’aveva sempre pensato, e in quel momento più che mai gli sembrò vero e falso allo stesso tempo, poiché sebbene tutti possedessero sia il bianco che il nero, rimaneva sempre una certezza, almeno per lui, capace di destabilizzare tutto: la morte non aveva colore.

Stava per aprire la porta e andarsene, quando sentì quella aprirsi da sola.
Rumore di passi e presto gli fu davanti una figura a lui finora sconosciuta.
- Hey, ti serve aiuto? –
Era un ragazzo alto, lunghi capelli biondo cenere e carnagione chiara. Doveva avere circa vent’anni anni ed essere alto poco meno di un metro e ottanta. Il fisico scolpito era coperto da una camicia a quadretti tagliata in più punti, il sangue asciutto si confondevano nel rosso vermiglio dell’abito.
Ma le cose che più colpirono Sirius furono sostanzialmente due: l’istintiva, quanto incredibilmente contraria alla sua natura, necessità di fidarsi di lui e gli occhi del giovane. L’unico in vista era di un nocciola dove qua e là si potevano vedere pagliuzze dorate. L’altro, invece, era coperto da una benda nera, come quella di un pirata. Era a tratti inquietante, ma allo stesso tempo magnetico.
Afferrò la mano che gli veniva porta, si tirò su e lo sentì dire, con voce sicura: - Sono Jack, Jack Wilson. –
- Sirius. Sirius Black. –
Jack sorrise e a Sirius sembrò che tutto sarebbe andato bene. Era strano: la sua presenza tranquillizzava subito.
- E’ tutto ok? E’ la vostra prima lotta giusto? Io la mia prima volta sono scoppiato a piangere come un bambino! La Guerra cambia tutto, è normale. Spaventoso, ma normale. –
Sirius sorrise timidamente, annuendo.
- Già, immagino sia vero. –
Vedendo che Sirius distoglieva lo sguardo imbarazzato, Jack si affrettò a spiegare, indicando la benda: - Questo è il ricordo di un maledetto porco chiamato Amadeus Nott…sai chi sia? –
Da come Sirius strinse i pugni Jack intuì già la risposta.
- Immagino sia un sì. Eravamo a Cambridge, li avevamo beccati mentre uccidevano dei babbani e io mi sono lanciato per bloccare un suo attacco, spingendo via una piccola bambina. Quello che mi ricordo dopo era il mio occhio destro che rotolava via da me, poi sono svenuto. –
Sirius tentò di non rabbrividire ma si sentiva stranamente meglio: una persona che aveva perso moltissimo riusciva a capire le sue paure e alleviarle.
Jack gli mise una mano sulla spalla e mormorò: - Passata? Dai andiamo di là, Malocchio sta dando indicazioni per la sicurezza dopo un attacco. Per novellini come voi è fondamentale, credimi. –
Sirius annuì ancora e, spalla a spalla con Jack, uscì dalla sala.
 
 

***

 
 
Nel frattempo, era in corso un’altra riunione, in un’antica villa da tutti evitata e chiamata Malfoy Manor.
Severus Piton rabbrividì come ogni volta che entrava in quell’oscura dimora, ma badò bene a non abbassare lo sguardo nemmeno per un secondo: la paura era debolezza e la debolezza non poteva entrare.
I Mangiamorte non feriti gravemente erano riuniti nella Sala Conferenze, dove lo spazio era completamente dominato dal possente e spesso tavolo in ebano scuro, il più pregiato di sicuro.
Severus si sedette al suo solito posto, a circa quindici sedie dalla Sua.
Era naturale dopotutto era solo un nuovo arrivato…per ora.
Già, perché Severus ne era certo, prima o poi la sedia accanto al Signore Oscuro sarebbe stata sua.
Dopo circa dieci minuti l’enorme stanza era stata chiusa e i posti tutti occupati.
Mancava solo Lui.
Durante la sua mancanza, i Mangiamorte si permettevano di parlare a bassa voce, scambiandosi informazioni e opinioni sull’andamento della Battaglia, discutendo dei nemici abbattuti e dei compagni deceduti.
Avevano perso circa una ventina di persone, un’enorme perdita che di sicuro non sarebbe passata inosservata agli occhi fiammeggianti di Lui.
Ancora prima che fosse effettivamente entrato nella stanza, l’atmosfera cambiò.
Quando varcò la soglia, nessuno osò distogliere lo sguardo da Lui: odiava i codardi.
Era affascinante come sempre, i capelli corvini e gli occhi verdi come le spire dell’enorme serpente che lo seguiva. E perfino con il viso dolcemente deformato dalla cupa rabbia restava l’uomo più attraente nella stanza… e il più temibile.
Lord Voldemort era arrivato.
 

***

 
 
Moody lasciò andare i ragazzi due ore dopo, riempiendo le loro menti di metodi per la protezione e incantesimi di difesa per le case. Cosa dire e non dire, come evitare le domande impertinenti e come, infine, obliviare persone non addette all’Ordine che sapevano troppo.
A Marlene aveva fatto raggelare quell’ultimo discorso: cancellare la memoria a qualcuno era qualcosa contro natura, era un atto che possedeva; secondo lei; qualcosa di oscuro.
Ma, d’altra parte, cosa c’era di più contro natura di un omicidio?
“A mali estremi, estremi rimedi” pensò tra sé e sé.
Quando furono tutti usciti dall’edificio, si diresse verso Remus e lo prese sottobraccio.
Sentì il suo fidanzato stringerla affettuosamente.
- Lils? Dov’è? – chiese allora, dando voce alla preoccupazione che non l’aveva abbandonata un solo secondo per tutto il tempo.
- James è andata a prenderla, era in infermeria, una stanza al piano terra. Credo staranno a casa dei suoi. Andiamo da Alice, vieni anche tu vero? –
Marlene annuì, avvertendo la solita fastidiosa sensazione della smaterializzazione.
 
Intanto, James era entrato nella stanza adibita ad infermeria.
Gli scuri erano abbassati quasi del tutto, facendo trapelare solo una flebile luce che però bastava ad illuminare la stanza.
Tutti i feriti, circa una decina, erano sdraiati su letti morbidi e comodi e la stanza era affollata da MediMaghi sia maschi che femmine, vecchi e giovani.
Individuò infine i capelli rossi della sua amata e si diresse al letto.
Venne però intercettato da una ragazza sui vent’anni, dai lunghi capelli scuri legati in una treccia, e dai splendenti occhi azzurro cielo.
Dalla divisa James intuì fosse una Maginfermiera.
- Mi scusi, non può star qua, donc deve andar fuori – disse lei, sorridendogli maliziosamente, gonfiando il petto.
Una francese, niente meno.
- Credo di sì, vede quella è la mia ragazza – sorrise calmo James, ben attento a non darle troppa confidenza.
Lei si voltò fissando Lily un po’ troppo a lungo, e quando si rigirò aveva un tenero broncio appena accennato che le riempiva il viso.
- Ah, je capisco. Pecato, poteva esser tres interesant. – soffiò piano, sorridendo alla fine.
Stava giusto per far passare James, quando lo bloccò un’ultima volta.
- Important: il colpo ala test le ha confuso la mente, è normale se nelle prime ore non ricorda molto bene. No stress, ok? –
James annuì e la ragazza si voltò per andare ad aiutare un uomo che aveva il volto bruciato.
Ramoso si sedette piano sul bordo del letto e le accarezzò i capelli rosso fuoco, ammirando come sempre la dolcezza delle sue lentiggini e la tenerezza delle labbra rosse.
Piano piano Lily aprì gli occhi, e quando focalizzò James, si alzò, mettendosi seduta.
- Lils, che pia…-
- Chi sei? –
A lui parve di cadere nel nulla, il fiato gli si mozzò nei polmoni e la mente non riusciva a capacitarsi dell’espressione confusa sul suo volto.
Quando però Lily gli dette una pacca sulla spalla ridendo capì che stava scherzando.
- Sei un diavolo, Lily Evans. – mormorò James, rabbuiandosi.
- Nah, sono divertente. E’ diverso. Però il dottore ha detto che devo allenare la memoria, per vedere se ho dimenticato qualcosa. Mi aiuti? – chiese infine, sedendosi più vicina a lui.
James annuì.
- Ok. Allora, sono Lily Evans, ho sedici anni, i miei genitori sono morti e mia sorella Petunia non mi parla più. Le mie migliori amiche sono Marlene McKinnon, Alice Prewett, Mary McDonald, l’ultima purtroppo deceduta. Il mio migliore amico è Remus John Lupin, ma ormai tengo moltissimo anche a Sirius Black, Peter Minus e Frank Paciock. Frequento la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, nella casata dei Grifondoro. Dovrebbe essere tutto no? –
James tossì due volte, con la poco vaga intenzione di ricordarle un’ultima cosa.
Lily sorrise e di avvicinò ancora di più.
- Ah già. Sono fidanzata con il più dolce, gentile, romantico e coraggioso…- continuò ormai ad un centimetro dalle sue labbra.
- … IDIOTA DEL MONDO. – finì, ritraendosi infuriata.
James, per la seconda volta in pochi minuti, rimase senza parole.
Quando però le ritrovò, non erano così lusinghiere.
- MA CHE PROBLEMI HAI EVANS?! Stavi per morire e…-
- Stavamo tutti per morire, ma non mi dimentico di ciò che hai fatto James. E non credere che questo abbia cambiato il fatto che mi hai mentito, non sperarci proprio. –
Sbuffò infastidita, facendo volare il ciuffo che aveva sul viso.
E lui non riuscì a trattenersi: scoppiò a ridere.
Lily sembrò diventare rossa come i suoi capelli da quanto era arrabbiata.
- Si può sapere che diavolo hai da ridere? – chiese irritata.
James rispose tra le risate, togliendosi le lacrime dagli occhi.
- Oh scusa, mi è solo sembrato di tornare indietro nel tempo. Ti ricordi quanto al quarto anno andasti in infermeria e io ti venni a trovare? –
- Ah, intendi quando voi Malandrini bruciaste tutti i miei appunti di Pozioni e provocaste un’esplosione che mi mandò KO per una settimana; nel tentativo di bruciare le vostre flatulenze con l’Elloboro e le radici dell’Ebano?! – chiese nonostante tutto divertita Lily.
- In mia difesa posso affermare che fosse una ricerca assolutamente scientifica. - esclamò James, per poi continuare a ridere insieme a Lily.
Quando finirono, lei si avvicinò a lui e lo abbracciò di getto.
- Non credere che con quest’uscita tu abbia risolto qualcosa Potter. Solo che ho…ho avuto paura. E non voglio perdervi. Non voglio perderti. – gli sussurrò dolcemente trai suoi capelli, mentre James la stringeva a sé.
- Non mi perderai mai Lils. Non riuscirai a liberarti di me nemmeno fra un milione di anni. – scherzò lui, assaporando il profumo dei ciuffi rossi della ragazza, il sapore della felicità in bocca.
Il rumore dei loro cuori che battevano in sincronia, come doveva essere per sempre.
 
 

***

 
 
La riunione a Malfoy Manor si era conclusa, e nessuno aveva il coraggio di parlare.
L’ira del Signore Oscuro era stata talmente grande che quasi tutti ne portavano i segni addosso, nel dolore del respirare e il mal di testa incredibile.
Il Cruciatus sapeva essere talmente dolorosa dall’implorare la morte. E Lui lo sapeva, per questo le punizioni erano pubbliche e inevitabilmente denigranti.
Severus Piton uscì dalla lussuosa dimora senza proferir parola, finché al cancello non sentì qualcuno poggiargli la mano sulla spalla.
Si voltò e quando lo vide ghignò malvagio.
- Te la sei cavata come sempre eh? –
- Che vuoi che ti dica Severus, c’è chi può e chi non può. – lo sentì scherzare, divertito dall’evidente pallore e dolore dipinti sul volto del Serpeverde.
- Dannato bastardo, prima o poi tocca anche a te. Fumi ancora quella roba eh? – chiese Piton, indicando la sigaretta che l’altro si stava accendendo.
- Che vuoi che ti dica – iniziò il ragazzo con la voce strozzata dai denti che reggevano la sigaretta mentre le dava fuoco. – se dovrà accadere accadrà. A proposito, l’ho finalmente vista. Bel bocconcino. – disse infine malizioso.
Severus fu fulmineo: nonostante l’altezza superiore del compare gli afferrò il colletto della camicia e lo strinse furiosamente.
- Non osare – disse tra i denti.
- Oh non temere, non lo farò. – scherzò l’altro, lisciandosi l’abito dopo essersi allontanato da Piton.
- Perché non ti credo? – domandò ironicamente Severus, cupo.
- Perché hai poca fede nel genere umano. Ma ti do la mia parola che non la toccherò, siamo d’accordo? – esclamò serio il ragazzo.
- Se è tutto ciò che ho, accetto; ma sappi che se anche solo le torci un capello il Cruciatus del Signore Oscuro ti sembrerà un dolce solletico. Capito, Wilson? –
L’altro sorrise sornione, tirando su il fumo e facendolo uscire a spirali.
- Oh ti prego…chiamami Jack. –


Ciao a tutti e buona serata! Spero che questo capitolo vi piaccia, a me personalmente piace moltissimo *w* Vi ringrazio di cuore come sempre per le numerossisime recensioni nonché seguite, preferite e ricordate <3 La storia ha una svolta non da poco: l'entrata di un nuovo personaggio tanto interessante quanto ambiguo. Che ne pensate? :) Vi ricordo come sempre il gruppo facebook della FF e vi invito a dirmi la vostra opinione su questo nuovo capitolo. Alla prossima!

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Capitolo 28
*** Pedine ***


CAPITOLO 26 - PEDINE




Dopo l’agguato ricevuto, i Mangiamorte meditavano vendetta.
L’Oscuro Signore passava tutto il tempo seduto sulla sua comoda poltrona, davanti al camino, e con l’enorme pitone di nome Nagini al suo fianco, a pensare.
Solo il terzo giorno si degnò di parlare con qualcuno, l’unico che nessuno si sarebbe aspettato.
Lo convocò al calar della notte, quando poteva muoversi senza troppi problemi, e questo arrivò puntuale come sempre.
Lord Voldemort non si girò nemmeno, allungò solo una mano del color della luna, invitandolo a sedersi accanto a lui.
Sentì chiaramente la sedia del Mangiamorte posizionarsi alla giusta distanza e assaporò il silenzio che ne seguì con malvagia soddisfazione.

Il silenzio prima di ciò che preferiva: distruggere e frantumare la gioia e le aspettative altrui.

Quando parlò, non si girò a guardarlo negli occhi, limitandosi a fissare con dolcezza il rettile che gli stava salendo sulle gambe.
- Ti ho chiamato qui per affidarti un compito importante. Confido che tu comprenda l’enorme onore che ciò comporta per te. –
- Sì, mio Signore – fu la risposta strozzata dell’altro.
- Vedi, l’incresciosa situazione che si è venuta a creare dopo la trappola dei nostri nemici in cui voi, sciocchi idioti, siete cascati con tutte le scarpe, è alquanto fastidiosa. Il Ministero sta riprendendo fiducia e speranza, le stesse che abbiamo faticosamente sottratto loro in questi mesi di faticosa lotta. Abbiamo perso molte forze, troppe, e sicuramente più di loro. Questo è inaccettabile, non trovi anche tu? –
- Assolutamente, mio Signore – affermò il Mangiamorte, gelido.
- E come potremo risolvere questo momento di…stallo, per così dire? – domandò retorico, pur sapendo che nessuno avrebbe osato anche solo proferir parola, facendo remotamente intuire che fosse più scaltro di lui.
Tom Riddle amava sentire la paura che faceva, ne traeva piacere. Un disumano godimento, uno dei pochi che si concedeva.
- Non ne ho idea, mio Signore – rispose velocemente l’altro, con tono debole e sottomesso.
- Uccidendo i loro paladini, ecco come. Colpirne uno per educarne cento, come dicono gli sporchi babbani. In questo però hanno ragione. Ma non sarà solo uno, no, saranno due. E non a caso. –
Il silenzio ripiombò nella sala, gli unici rumori i sibili di Nagini.
- Chi? – domandò infine il ragazzo affianco a Lord Voldemort.
Nessuno lo seppe mai, poiché l’ombra celava quelle che dovevano essere gioie private, ma Tom Riddle ghignò nelle tenebre, traendo un selvaggio e feroce piacere, assaporando ciò che stava per dire. E la reazione di colui che gli sedeva accanto.
- Wilson mi ha riferito due nomi interessanti, di due persone che spiccano nello scenario dell’Ordine, una per la sicurezza e la speranza che emana, l’altra per il coraggio e la forza. Sentimenti che non possiamo permetterci dilaghino eccessivamente. –
Fece una piccola pausa, giusto per far stare sulle spine il suo ospite, per poi sussurrare mellifluamente.
E finalmente, guardandolo negli occhi, pronto a cogliere la paura e la confusione di lui.
Come un Serpente che sa di aver inchiodato la preda al muro e si diverte vedendo come questa tenti di divincolarsi da quella che è una morte certa.
- James Potter e Lily Evans. –
Li vide: i sentimenti che in lui vorticarono veloci come la luce, in quegli occhi neri come la notte.
Terrore, ansia, sospetto, confusione…rabbia.
Si trattenne a stento dal leccarsi le labbra, quasi lo considerasse un pasto per la sua anima da predatore.
Attese senza aggiungere altro, agognando la risposta di lui, pronto a distruggere ogni sua argomentazione…impaziente di vincere ancora.
- Ma… mio Signore… mio unico Padrone… la Evans e Potter? Io non credo che siano così importanti da eliminarli. Se posso, magari un comandante come Moody sarebbe…-
- OSI DARMI ORDINI, SPORCO INETTO?! – soffiò malvagio Voldemort, scioccato dalla sfrontatezza che quel sottoposto aveva appena dimostrato, solo per pure voglie umane.
Lo vide abbassarsi di colpo a baciargli i piedi, com’era giusto che fosse.
- Mio Signore, mi perdoni la prego, io…-
- Alzati. – ordinò freddo.
Subito l’altro ubbidì.
- Ti sia chiara una cosa: solo perché mi fido di te non hai il diritto di proporre alcunché. Potter e la Mezzosangue sono i simboli della rivolta: giovani, affascinanti, con un futuro davanti e voglia e coraggio per prenderlo. Non posso permettere che la gente ritrovi la luce dalle tenebre che stiamo pian piano diffondendo nell’Inghilterra. E’ già tutto deciso, Wilson si è già preso carico della responsabilità di uccidere la ragazza, tu devi solo far fuori Potter. Non dovrebbe esserti troppo difficile, vero? – concluse, calcolatore e meschino.
Oh, sapeva bene quanto sarebbe stato difficile per lui. E voleva che lo fosse.
L’altro annuì, rassegnato.
- Molto bene. Sono felice che tu abbia compreso, Severus. –
 
 

***

 
 
Dopo quella prima battaglia, l’Ordine della Fenice era stato posto in difesa: l’attacco aveva sortite effetti abbastanza positivi, anche se non quelli sperati.
Però il numero di vittime parlava chiaro: sul campo erano rimasti circa venti Mangiamorte in più rispetto ai loro morti.
Moody aveva immediatamente dato ordine di muoversi solo in gruppo e di stare all’erta.
I ragazzi avevano quindi deciso di unirsi sotto un unico tetto, e il solo abbastanza grande da contenerli tutti (esclusa Casa Black, che ovviamente era fuori discussione) fu casa Potter.
Lily non era mai stata a casa di James, e si stupì di quanto fosse enorme: una villetta con ben tre camere per gli ospiti, un enorme giardino accanto ad un folto boschetto e una cantina che poteva benissimo contenere cinque camere della sua vecchia casa.
Ma più dell’agitazione nel vedere la casa dove James era cresciuto, Lily fu colta dall’ansia al pensiero di conoscere i coniugi Potter.
Quindi, quando quel pomeriggio si smaterializzarono tutti davanti all’enorme portone di quercia, sentì il suo cuore battere all’impazzata, peggio che prima della battaglia.
Aveva preparato una bellissima torta al cioccolato, decorata con fiorellini di zucchero, ma dubitò altamente che qualcuno l’avrebbe assaggiato se le sue mani l’avessero fatto cadere, tanto tremavano.
- Guarda che il cane non può mangiare cioccolata, se per caso ti cade! – scherzò Sirius parlandole nell’orecchio.
Lily sobbalzò quasi avesse visto Nick-quasi-senza-testa ballare con un sombrero in testa sopra la testa di Silente.
- Cane? Scherzi vero?! Non ho portato niente per il cane! Oddio…un pezzo di carne, un po’ di crocchette, un gioco… torno subito! – disse prima di far per tornare indietro, ma venne intercettato da Remus.
Le strinse le spalle e le parlò chiaramente ma con autorità.
- Lily, calmati. Non devi essere preoccupata, i signori Potter sono delle persone adorabili e non riuscirebbero ad odiare nessuno. Ti ameranno quanto ti ama James. –
Tutti annuirono e Lily riprese un po’ di quel colorito che aveva perso.
Fece appena in tempo a girarsi e sorridere cordialmente, prima che la porta si aprisse.
- Hey ragazzi! Accomodatevi, mamma è di sotto a preparare la cantina per Rem e Sir, mentre papà sistema le stanze per voi ragazze. – gli accolse James, facendoli entrare e dirigendoli verso il salotto.
Lily fu così sorpresa dalla bellezza di quella stanza, che non aveva nulla da invidiare all’esterno della casa, che non si unì alle chiacchiere scherzose degli amici.
Lo stile di arredamento era molto soft: moquette morbida bianca sul pavimento, intonata ai soffici divani e ai tavoli di legno scuro.
Era uno scontro di grazia tra il bianco ed il nero, dove non vinceva nulla se non il buon gusto.
Si riscosse solo quando sentì le mani di James cingerle la vita e le sue labbra appoggiarsi delicatamente sul suo collo.
- Buongiorno signorina Evans, come mai così taciturna? – domandò curioso.
- E’…questo. E’ tutto questo! – esclamò Lily, indicando la casa.
James osservò senza capire.
Alla fine chiese, con un sopracciglio incurvato: - Non ti piace? –
Lily si voltò e lo fissò quasi fosse pazzo.
- Sei matto? E’ la casa più bella che io abbia mai visto! E’…troppo! Incredibile…- sussurrò ancora, osservando incantata i fragili oggetti di cristallo sopra l’enorme camino.
James la guardò sorridendo: era come una bambina a Mielandia.
Uscì dal suo stato di trance solo quando sentì una voce dolce dire: - Beh, finalmente conosco la leggendaria banda di Jamie! Anche se alcune facce sono conosciute, vero piccolo Sir? Rem, anche tu qui, che gioia! E voi siete? –
Lily si fiondò letteralmente davanti a Jane Potter, stava quasi per balzarle in grembo, e si presentò, le guance colorate di un leggero rosa per l’imbarazzo.
- Buongiorno signora Potter, mi permetta di presentarmi: io sono Lily Evans. Ho, ecco, preparato un pensierino per lei, giusto per ringraziarla dell’ospitalità e scusarmi in anticipo per il disturbo che potrei arrecarle. – disse tutto d’un fiato la rossa, per poi porgere timidamente la torta alla donna.
Jane Elizabeth Potter nata Cole era una donna più vicina ai cinquanta che hai quaranta, ma non per questo non attraente: aveva un fascino misterioso, una grazia innata e travolgente. I capelli le cadevano mossi fino alle spalle ed erano dello stesso nocciola di quelli di James, gli occhi invece brillavano e sembravano ambrati.
Le sorrise dolcemente, come se avesse già capito chi lei fosse, e rispose: - Non ti preoccupare Lily, è per me un piacere aiutarvi. Dopo tutto ciò che fate per noi, è il minimo –, alludendo all’Ordine.
James cinse allora la vita di Lily e disse, un enorme sorriso in volto: - Te l’avevo detto che era fenomenale mamma. –
- Hai ragione James, sembra davvero una persona dolce. –
- Dolce? Jane cara, temo tu stia sbagliando persona! Lily è il contrario della dolcezza, è un vulcano sempre pronto a esplodere! – scherzò Sirius, suscitando l’ilarità comune, eccetto Lily.
- Comunque, John sta per arrivare, che ne dite se voi ragazzi vi accomodate qui mentre io preparò un po’ di the caldo? – suggerì Jane, sorridendo felice.
Tutti assentirono, accomodandosi (o nel caso di Sirius stravaccandosi) sui tre divani.
Tutti tranne Lily.
- Signora Potter, posso aiutarla? – chiese cortesemente, seguendola in cucina.
- Chiamami Jane, sei una di famiglia adesso, no? – scherzò dolcemente la donna, col tatto che solo le mamme hanno.
Lily arrossì vistosamente e si rifugiò nell’armadietto che Jane le aveva indicato come contenete le tazze.
Quando ne riemerse, appoggiò il vassoio che teneva in mano e si sedette sulla sedia, ad ammirare come lavorava la madre del suo ragazzo.
Ogni passo, ogni gesto, era talmente carico di grazia da lasciarla senza fiato.
Si stupì a chiedersi se avesse mai rotto un bicchiere o fatto disastri in cucina, come spesso era capitato a lei, e non seppe darsi risposta.
- Sai… - iniziò Jane, guardandola negli occhi mentre aspettava che l’acqua del the bollisse - …sei la prima ragazza che James porta a casa. Sì insomma, so che ha avuto molte altre storie, ma quando me ne parlava non ci dava peso, come se fossero mosche che gli ronzavano intorno. Invece, quando è tornato a casa a Natale, era diverso. Si perdeva a guardare alcune vostre foto insieme, ti nominava spesso nei discorsi per poi negare vistosamente risposte quando gli chiedevamo chi fossi. E quando mi ha detto che saresti venuta, ha fatto un sorriso talmente bello che, non te lo nascondo, sono scoppiata a piangere in camera mia subito dopo. – aggiunse frettolosamente però, vedendo gli occhi lucidi di Lily – sì sono cose da mamme, non devono importarvene a voi. Tutto quello che volevo che sapessi è che… sono felice per voi, sul serio. –
Lily si asciugò gli occhi senza farsi vedere, anche se ebbe il sospetto che la signora Potter avesse fatto lo stesso, e si diede della stupida per le lacrime che stava versando.
Per cos’erano?
Tutto.
Felicità per essere stata accettata da lei, paura perché avrebbe potuto perdere tutto in qualsiasi momento, rimpianto per la vita che persone come la sua piccola Mary non avevano potuto vivere e voglia di viverla lei.
Fantasticò per la prima volta su come sarebbe stato portare un piccolo James qui dai nonni, pranzare ridendo in quell’enorme sala e insegnargli a volare nel gigantesco campo da Quidditch.
Subito gli balzò un nome in mente: Harry.
La nostalgia per suo padre, dal quale voleva prendere il nome, la colpì a tradimento e immagini confuse di lei che giocava con lui si mischiarono a fantasie nelle quali James sollevava in aria un piccolo malandrino con i suoi stessi capelli e occhi.
Sarebbe stato un maschio, ne era certa.

Quando comprese appieno su cosa stesse fantasticando arrossì violentemente, dopotutto aveva solo diciassette anni appena compiuti (*), ci sarebbe stato tempo per quello dopo.

Però la Guerra non dava certezze e Lily temette che quel piccolo non sarebbe mai nato.
Il suo futuro era appeso ad un filo talmente sottile dall’essere invisibile e lei lo sentiva vacillare sopra la sua testa come una condanna.
Non c’è qualcosa di peggiore alla Guerra, perché solo questa riesce a mettere in discussione cose che dovrebbero essere ovvie: crescere, amare chi si vuole, sposarsi quando si sarà pronti, vedere i propri piccoli aprire gli occhi e crescere a loro volta, in un mondo di cui non avrebbero dovuto avere paura.
Però, dopotutto, seppur avesse diciassette anni, nessuno poteva impedirle di sognare.
 
 

***

 
 
Severus era fuori di sé dalla rabbia e le parole di Voldemort gli vorticavano in mente, feroci.
La sua voce, spietata e carnivora, mentre pronunciava il suo nome.
Lily Evans, Lily Evans, Lily Evans.
La certezza assoluta che se gli aveva però detto di uccidere James non fosse per pietà o tenerezza, ma per gloria.
Lui non avrebbe mai potuto ucciderla e lui lo sapeva.
Erano pedine, stupidi pezzi di carne nel suo gioco assetato di sangue.
Camminò così velocemente, senza voltarsi indietro, giù per la discesa della vecchia Villa Riddle che quasi non si accorse di chi aveva appena superato.
Ciò che lo fece svegliare fu l’odore acre di fumo di sigaretta.
Si girò con agilità incrementata dalla rabbia e lo sbatté contro il muro, puntandogli la bacchetta alla carotide. Tutto in meno di due secondi.
La sigaretta gli cadde dalle mani, spegnendosi al suolo.
- Dimmi un valido motivo per il quale non dovrei ucciderti, patetico inutile pezzo di…-
- Hey, calmino Severus. Cos’è, tensioni sessuali impellenti? – ghignò lui divertito.
Se smise fu solo perché la bacchetta gli si conficcò così tanto nella pelle da mozzargli il fiato.
- Ora stammi bene a sentire. Tu hai fatto questo casino e tu lo sistemerai, ma bada bene, prova solo a toccare Lily e giuro che il dolore per la perdita del tuo occhio sarà un vago ricordo. –
La voce del Serpeverde era metallica e apatica, spaventosa.
Scostò abbastanza la bacchetta di colpo, lasciandolo cadere e dirigendosi all’uscita.
Si stava per smaterializzare quando lo sentì parlare, la voce roca per lo sforzo.
- Credi che io abbia paura di te? Credi che io abbia più paura di te di quanta ne ho di lui? Io non mi fermerò solo perché sbavi a dietro quella rossa, non posso permettermi di mandare tutto a monte per le tue pulsioni. Sappi che compirò ciò che mi è stato ordinato, e se vuoi impedirmelo hai solo che da uccidermi. Ma così ti faresti scoprire, vero? Non hai il coraggio per tradire apertamente il Signore Oscuro, per lottare per ciò che ami. E lottare davvero, in prima linea, non minacciando e torturando dietro le quinte. Reagisci, reagisci se sbaglio! – gli urlò, malvagio.
Severus se ne stette lì, immobile, senza nemmeno degnarsi di guardarlo nell’occhio.
Sentì però chiaramente la sua risata acida e crudele, forse più vicina alla pazzia che alla sanità mentale.
- Patetico codardo. Questo sei e questo rimarrai per sempre. -
 Aveva l’alito da sigarette e l’odio nella sua voce.
Poi si smaterializzò, senza aggiungere altro.
Ma non c’era altro da dire: Jack aveva appena detto tutto.
 
 

***

 
 
Regulus sbatté la porta di casa, incurante di dar fastidio a qualcuno, incurante di tutto.
Era appena stato ad una riunione dei Mangiamorte e aveva sentito che stavano dando la caccia a Sirius.
Doveva pensare a qualcosa, doveva depistarli in qualche modo.
Dopo quella lettera e la successiva risposta non si erano più sentiti ma data l’agitazione ai piani alti sapeva che era salvo.
Per ora.
Salì le scale due gradini alla volta, mentre si toglieva la giacca e la felpa, rimanendo in t-shirt.
- P-padrone Regulus…-
Non badò nemmeno Kreacher, che con sua sorpresa si smaterializzò pochi gradini più avanti, bloccandolo.
- Che vuoi? Non è il momento adatto Kreacher! – gli urlò contro, col senso di colpa che gli provocava conati di vomito.
Non era colpa di Kreacher, ma la pazienza aveva raggiunto il limite molto tempo fa.
- P-padron Reg mi scusi ma ci sono…-
Kreacher non finì che venne scaraventato giù per le scale da una forza sconosciuta.
Regulus si sporse per vedere se stesse bene e stava per correre ad aiutarlo, quando si sentì stringere dolorosamente il polso da dita lunghe e affusolate come artigli.
Seppe chi era prima ancora di voltarsi.
Walburga Black lo fissava gelida, le labbra serrate in una muta espressione di disgusto.
I lunghi capelli neri come quelli dei figli le cadevano dolcemente lungo il viso che di dolce non aveva nulla, per poi finire a metà schiena.
Il vestito dei migliori sarti di Diagon Alley, la posa di chi non ha mai perso.
Di chi sa di provocare terrore e ne rimane indifferente.
Di chi ha sempre pensato che una sberla fosse meglio di un abbraccio e che il silenzio rispettoso colmasse le parole dolci.
Di chi non aveva mai realmente amato nessuno a parte sé stesso.
Non disse nulla, si limitò a trascinarlo su per le scale, fino a quella che, Regulus si stupì, era la camera di Sirius.
Kreacher l’aveva pulita a dovere fino a farla brillare, l’unico segno della disperazione che vi era stata lì dentro erano i poster strappati e i mobili graffiati.
Lo fece cadere sul pavimento e gli lanciò un pezzo di carta sudicio, soffiando poi: - Cosa diavolo è questo abominio? –
Regulus riconobbe la sua scrittura e tremò.
Il resto venne sormontato dalle sue urla di dolore.
 

 {*}

 

Cara Luna,
Qui va tutto bene, l’agitazione però si sente: la Guerra non è mai stata così vicina.
Ti ringrazio per tutto ciò che fai per me, sei il mio più grande amico. Casa ha detto che ti porterà questa lettere il prima possibile, ma siccome non mi fido di lui ti prego di controllare che poi la bruci. Sai quante se n’è tenute di nascosto.
Ora devo andare, abbi cura di te e resta vivo.
Con tutto l’amore possibile,
 
Sole


{*}




Bene, eccoci alla fine di un nuovo capitolo! Devo dire che mi piace davvero molto, ne sono soddisfatta :3 Spero vi piacerà altrettanto X'D Piccolo appunto: (*) Ho immaginato che nel mentre Lily avesse compiuto gli anni, perdonatemi se non ho descritto la festa ecc ma non posso soffermarmi troppo, o non finirà mai! Ho comunque in mente di, dopo aver finito la long ufficiale, fare una serie di one-shot intitolate I DARE YOU - MISSING MOMENTS dove metterò cose come i compleanni, i momenti romantici, le liti che per ovvi motivi non ho messo qui.
Tutto a tempo debito comunque ;)
Per ora, mi limito ad invitarvi a recensire e dirmi che ne pensate!

Ps: Il resta vivo di Sirius è una citazione ad Hunger Games, altra saga che amo alla follia *w*

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Capitolo 29
*** Giocare col Fuoco ***


CAPITOLO 27 - GIOCARE CON IL FUOCO

 


Abitare a casa di James si rivelò sia incredibilmente divertente che estremamente pericoloso.
Sebbene infatti Malocchio non avesse mai proibito a nessuno di uscire di casa, tutti ebbero la necessaria premura da scegliere di limitare le uscite al minimo.
Questo faceva però in modo che, a volte per molto tempo, le uniche persone che si vedevano fossero loro cinque.
E ciò provocava sempre litigi, per inezie come per questioni serie.
Frank e Alice, che invece avevano preferito nascondersi a casa della nonna di quest’ultima, scrivevano loro quasi quotidianamente, ma se ne sentiva la mancanza.
Il maggior litigio si ebbe quando, dopo una riunione dell’Ordine, Marlene, James e Sirius iniziarono a discutere sulle tattiche utilizzate da Moody in maniera abbastanza critica, mentre Remus e Lily dissentirono vivacemente, allibiti dalle proposte degli amici.
- Andiamo Lils, è ovvio che nasconderci non servirà a niente! – esclamò quella sera Sirius, mentre fronteggiava la rossa.
Marlene era sdraiata sul divano in taverna e annuiva alle parole del moro, mentre James fissava la scena appoggiato al muro, pensieroso.
Lily stava davanti a Sirius, le guance imporporate per la rabbia, al suo fianco c’era Remus, pronto a controbattere alle argomentazioni dell’amico.
L’aria si stava surriscaldando e tutti lo sapevano, ma nessuno voleva fermare ciò che era inevitabile: ogni giorno l’ansia, la paura, la rabbia e il dolore consumavano un po’ di pazienza e logica. Lo scoppio era sempre stato inevitabile.
- Oh per l’amor del cielo Sirius! Noi non ci stiamo nascondendo, stiamo tastando il terreno per…-  sbuffò infastidita Lily, battendo il piede a terra, prima di essere di nuovo interrotta da Felpato.
- PER COSA?! Sono quasi sei fottutissime settimane che siamo qui e ancora nessun accenno a missioni o altro! Stiamo perdendo tempo, ecco cosa! – urlò Sirius, sembrando davvero più cane che uomo.
- Perdendo tempo? Semmai lo stiamo guadagnando! Credi che una missione suicida servirebbe a qualcosa? Credi che altri morti favorirebbero la vittoria?! – domandò tagliente la rossa, gli occhi verdi come fuoco ardente.
- MAGARI SI! Tutto sarebbe più utile se qualcuno si degnasse di capire che non facendo nulla non facciamo che avvantaggiarli! Lils credevo che fossi intelligente, e non capisco come tu faccia a non comprendere quanto ogni minuto significa venti nuovi Mangiamorte da uccidere! –
- Lo sono infatti e credo che sia meglio essere sicuri di ciò che facciamo. Lì fuori è vero Sirius, non è un gioco! E se muori nessuno potrà cambiarlo, ma non lo capisci?! –
James fu il primo a notarlo: Lily aveva gli occhi lucidi. La conosceva troppo bene per non immaginare le cruente scene che proprio in quel momento probabilmente le affollavano la mente. Sirius sanguinante a terra, gli occhi vitrei, le labbra che non avrebbero più emesso risata bianche come la morte.
Ma non disse nulla, si limitò a fissarla con insistenza, esausto.
Di lei, della sua fragilità, della Guerra e della paura.
E si odiò, perché quello non era lui.
Era cambiato, ogni secondo in cui si sentiva prigioniero sembrava strappargli l’aria dai polmoni, con feroce piacere.
Sembrava morire ogni giorno di più e odiava lei perché lo costringeva a farlo col sorriso.
E forse avrebbe preferito morire in mezzo ad una battaglia.
Almeno lì, perfino nella morte, si sarebbe sentito vivo.
James amava Lily più di ogni altra cosa e aveva paura, perché quei pensieri non potevano essere suoi.
La Guerra lo stava cambiando.
E lui non voleva.
Anche Sirius si era accorto degli occhi lucidi di Lily, del labbro che tremava leggermente e delle mani che sembravano scosse da un leggero tremito.
E ne trasse la forza per dire ciò che ne seguì.
- Preferirei morire piuttosto che stare qui un secondo di più e sentirmi dire che dobbiamo farlo per proteggere chi amiamo. Cazzate. Se dovessimo davvero proteggere qualcuno allora dovremmo essere lì fuori, bacchetta sguainata e cuore pulsante. Invece siamo qui, come dei codardi. Sinceramente Evans, ora non saprei dire quanto siamo migliori di loro. Quanto tu sia migliore di loro. – concluse, accennando un ghigno inquietante, frutto della frustrazione e della rabbia.
Nessuno osò perfino respirare dopo l’ultimo commento di Sirius, perché le parole alleggiavano ancora sopra di loro, come coltelli affilati pronti a trafiggerli.
Il labbro di Lily prese a tremare ancora di più e Sirius non si preoccupò di smettere di ghignare.
Remus le si parò davanti, a pochi centimetri dall’amico.
- Non lo pensi sul serio. – sussurrò.
Non era una domanda ma un’affermazione.
Sirius, per tutta risposta, finse di pensarci, per poi sorridere amaro e rispondere: - Vuoi scommettere?-
L’unico rumore che ne seguì fu la porta sbattuta con furia.
L’unico suono che si udì fu il singhiozzo di Lily mentre la varcava.
E l’unica cosa inattesa il silenzio di James, che non fece nulla per seguirla.
 
 

***

 
 
Lily si rifugiò nell’unico posto che ormai le dava conforto, a parte le braccia di James.
Ricacciò indietro le lacrime, mentre la memoria la costringeva a rivedere il suo capo chino mentre Sirius le urlava quelle cose e le orecchie a farle notare l’assenza di una risposta.
Si sedette sulla neve soffice, caduta incredibilmente presto quell’anno, e guardò dritto di fronte a sé.
L’ansia scomparve e rimase solo il vuoto, sia dentro che fuori.
Fece passare lo sguardo più e più volte su quelle parole delle quali ormai conosceva ogni particolare, ogni graffio o danno, ogni granello di pietra e ogni linea.
 
Qui giacciono per sempre Harry e Amanda Evans, genitori e amici amati.
‘Solo la morte conserva ciò che la vita troppo spesso dimentica: l’amore’
 
Lily si guardò attorno, accarezzò delicatamente i nomi dei suoi genitori e iniziò a piangere sommessamente.
La loro mancanza era rimasta sempre come sottofondo, ma quando era lì il volume pareva alzarsi fino a farle sanguinare le orecchie.
Sfilò la bacchetta dalla tasca dei jeans e, con un movimento fluido del polso, fece apparire una corona di rose bianche che depositò davanti alla tomba.
Le lacrime presto le bagnarono tutto il viso e lei si soprese a pensare a quanto avesse pianto nell’ultimo anno.
La morte dei suoi genitori, la morte di Mary, le liti con James e la paura, compagna ormai fedele e inscindibile da chiunque stesse vivendo quella situazione.
Pensò ad Hogwarts, a cosa stessero facendo in quel momento quei pochi coraggiosi che erano rimasti lì e come sarebbe stata la sua vita se Voldemort non fosse mai esistito.
Immaginò di ridere e scherzare con Mary, Marlene ed Alice come sempre; di prendere in giro i Malandrini; di parlare tutta la notte con il suo dolce Remus e di baciare James come se da questo dipendesse la sua vita.
E un’altra fitta le attanagliò le viscere ricordando nuovamente il suo silenzio indifferente, la sua espressione annoiata mentre Sirius la demoliva.
Sirius.
Un altro piccolo infarto.
Credeva che in quei mesi si fosse instaurata un’amicizia vera tra di loro, diceva a sé stessa che ciò che le aveva detto era dettato dalla disperazione; se lo ripeteva con quanta forza aveva in corpo.
Eppure, le parole bruciavano ancora come fuoco iniettato in vena, un dolore straziante e continuo.
 
Sinceramente Evans, ora non saprei dire quanto siamo migliori di loro. Quanto tu sia migliore di loro.
 
L’aveva detto sorridendo amaro, godendo di quella che sapeva essere una crudeltà innominabile.
Dopo tutto ciò che avevano passato insieme, dopo tutto ciò che aveva perso, Sirius si sentiva in diritto di dirle quelle parole orribili senza rimpianto.
Lily si domandò quanto in realtà conoscesse di Sirius e si sentì dividersi a metà: una cieca fedeltà e amicizia contro un egoistico istinto di mandarlo a quel paese.
La testa le doleva sempre di più e seppe che non avrebbe retto ancora molto in quel casino che sembrava infinito.
Stava per lasciarsi andare del tutto quando una mano calda le si poggiò sulla spalla.
Si voltò e, guardando quel volto vissuto e quel sorriso, le parve di poter volare via.
Sorrise a sua volta, felice che fosse lui.
Sollevata di non essere più sola.
Cosciente di star per affogare.
Ma vogliosa di sperare in un domani.
 
 

***

 
 
L’aveva osservata durante le riunioni dell’Ordine, aveva imparato ogni sua espressione, ogni suo gesto, ogni suo movimento a memoria, come un bravo alunno davanti ad un compito particolarmente importante.
Le aveva parlato durante le pause tra una spiegazione e l’altra, aveva conquistato la sua fiducia e l’aveva aiutata quando stava per cadere.
La Guerra era dura per tutti, Mangiamorte e non, cattivi e buoni, deboli e forti.
Era estenuante, un pensiero fisso che non ti abbandona mai.
Dopotutto, i suoi incubi continuavano a trasformare ogni notte in un inferno.
 
I suoi capelli biondi che cadevano nel vuoto, gli occhi verdi che si spegnevano per sempre.
E la sua risata, la cosa peggiore di tutte: lui che stava lì davanti, che fissava la vittima come fosse un piatto succulento o una partita vinta dopo alcune fatiche.
La soddisfazione nell’aver vinto, a costo di una vita che per lui contava meno di nulla.
La stessa vita che per te non aveva prezzo.
E tu l’avevi semplicemente guardato senza far nulla, senza reagire.
Codardo.
Vigliacco.
Vile.
Nessuna parola sembrava rispecchiarti a sufficienza, nessuna parola pareva colmare il mare di disgusto che ora provavi per te.
 
 
- Hey! –
Jack tornò alla realtà solo quando sentì qualcuno urlare.
Moody teneva stretto il braccio di Black, lo sguardo più truce del solito che si scontrava con quello di sfida dell’altro.
Jack sorrise amaro: sapeva dell’indole per così dire ‘selvatica’ di Sirius, ma che qualcuno affrontasse così a cuor leggere Alastor Moody era qualcosa di incredibilmente raro.
- Che ti ribecchi ancora una volta a lamentarti del modo in cui gestisco le manovre e giuro che ti ritrovi appeso per le mutande alla torre di Astronomia ad Hogwarts, sono stato chiaro?! –
Sirius si era liberato con uno strattone e ora stava sorridendo sarcasticamente.
- A che serve? Tanto Hogwarts non è più nostra, no?! –
Per poi uscire seguito da Potter e Lupin.
Moody aveva brontolato qualcosa e si era congedato.
Hogwarts era caduta ‘informalmente’ nelle mani dei Mangiamorte e ormai non ci si poteva nemmeno più fidare di chi ti sedeva accanto.
Jack sapeva che la lista di infiltrati aveva raggiunto numeri considerevoli durante l’estate e che l’unica cosa che impediva a Voldemort di dichiararla sua era Albus Silente.
Sembrava che lo temesse e, se davvero era così, Jack non gli avrebbe dato torto.
Uno dei più grandi maghi mai esistiti, innegabile realtà.
Il paladino dei giusti, una delle poche luci che ormai rischieravano l’oscurità che si propagava.
Jack ricordò, forse per la prima volta da tanto tempo, uno degli avvenimenti che più lo avevano sconvolto durante la sua permanenza nell’Ordine.
 
 
Silente era venuto a introdurre l’Ordine della Fenice ai nuovi arrivati, cosa assai strana. Molti nemmeno lo avevano mai visto dopo la Scuola, ma tutti sapevano chi fosse.
E tutti lo rispettavano.
Mentre però parlava Jack si sentì catturato da quella voce incredibilmente serafica, quasi disumanamente calma.
Era come parlare col tempo, come ascoltare una storia narrata dal vento.
L’uomo gli era a pochi passi di distanza, avrebbe potuto toccarlo, stregarlo, ucciderlo in qualsiasi momento; ma qualcosa lo tratteneva.
Una specie di barriera, più forte di qualsiasi incantesimo esistente, più fugace di un attimo di felicità.
Le parole.
Le usava con leggerezza ma sapeva bene quanto fossero determinanti, se usate nel modo appropriato.
Tesseva racconti e spiegazioni come un’enorme coperta, che avvolgeva le persone, intrappolandole nella sua spirale.
E per la prima volta Jack dubitò del potere del Signore Oscuro, di quell’enorme forza che lui pensava di possedere.
Cos’era rispetto alla capacità innata e predominante di Silente di convincere con dolcezza, incoraggiare con grazia e sciogliere le paure con un semplice sorriso?
Quando poi concluse il suo intervento, accadde qualcosa che Jack non si seppe spiegare.
Si voltò verso di lui.
O almeno così gli sembrò.
E disse: - La verità giace in noi, così come la forza per accettarla e difenderla. Dobbiamo solo trovarle. Insieme. –
Gli occhi azzurri brillarono mentre sorrise; un’accoltellata al cuore che sembrò uccidere il giovane di fronte a lui.
 
 

***

 
 
- Luogo non proprio adatto per l’umore, in questi giorni, non trovi? – le disse sorridendo, guardando quegli occhi verdi e perdendosi in essi.
Le lacrime le rigavano il volto più pallido del solito, brillando come stelle e mettendo in risalto il rosso acceso dei capelli che le adornavano il viso, come la scia di una cometa.
Lei sorrise imbarazzata, facendogli spazio e invitandolo implicitamente a sedersi.
Lui eseguì e stette in silenzio per pochi minuti, osservando la lapide di fronte a loro.
- Che succede? – domandò poi, dolcemente.
Lily alzò le spalle, incurante.
- Tutto. Niente. La Guerra, immagino. – concluse, sospirando.
Lui annuì, per poi accarezzarle delicatamente la guancia, asciugandole le lacrime.
- Avete di nuovo litigato eh? – chiese, sapendo già la risposta.
Lei non attese inviti, perché ormai era diventata consuetudine che finisse così: lei che si buttava nelle braccia accoglienti di lui, dando spazio alle lacrime che troppo a lungo aveva trattenuto; alla rabbia che da troppo tempo la tormentava e dall’ansia che ormai si agganciava ad ogni suo singolo respiro, lasciandola senza fiato.
Lui l’accolse, dandole delle carezza sulla schiena e sussurrandole cose che dovevano restare segreti, parole sibilate tra i suoi capelli, in un muto segno di amicizia.
Lily gli raccontò tutto ciò che era accaduto, la lite con Sirius e l’indifferenza di James.
Lui non si spostò, continuò ad ascoltare in silenzio, lasciandola sfogare.
Quando la rossa finì, si ritrasse e lo fissò grata.
- Come fai ad avere così tanta pazienza con me? – chiese imbarazzata, strofinandosi il naso ormai rosso per il freddo.
Lui sorrise dolcemente.
- Sei mia amica, che ti aspettavi? –
Lei annuì e lo ringraziò ancora, prima di alzarsi e congedarsi abbracciandolo un’ultima volta.
I capelli rossi erano appena spariti nella smaterializzazione quando lui sentì qualcuno afferrargli la spalla.
Si voltò e riconobbe Abraxas Malfoy, alto, imponente e nobile come sempre.
Ghignava divertito, ma in modo talmente altezzoso da sembrare quasi divertente.
- Quindi la Pozione dell’Odio sta funzionando? –
Jack annuì, inespressivo.
- Toglimi una curiosità, come fai? –
Scrollò le spalle, indifferente.
- Cinque gocce in ogni boccale di burrobirra che bevono all’Ordine, prima di pranzo hanno già litigato. Di solito i primi sono Black e Potter, ma anche Lily non ci mette molto a infuriarsi per sciocchezze. –
L’ultima frase l’aveva detto distogliendo lo sguardo.
- Non te ne starai innamorando, vero? – domandò schifato.
Il ragazzo negò, accendendosi una sigaretta presa dalla tasca.
- Perché sarebbe un problema, lo sai, no? – finì schietto, prendendogli con invidiabile velocità la sigaretta e lanciandola lontano, nella neve.
Il ragazzo sorrise amaro, accendendo e spegnendo il piccolo accendino babbano.
- Lo so… dopotutto non bisogna mai giocare col fuoco, sbaglio? –
Jack fissò con così tanta intensità quella piccola fiammella che questa iniziò a tremare sempre più fortemente.
- No, non sbagli. Per spegnere il fuoco non bisogna alimentarlo. Sarebbe da idioti. – osservò l’altro, enigmatico.
Ciò che Jack disse poi lo sibilò con cattiveria, come un serpente infastidito e in procinto di attaccare.
- Già. Da idioti. -
E la fiamma si spense definitivamente.
 
 

***

 
 
Il padrone ha detto a Kreacher di non dire niente, il padrone ha detto che non importa, ma Kreacher ha paura.
Kreacher ha visto lei torturare il padrone per ore, ora il padrone sta dormendo ma non sta bene. Kreacher ha sbagliato, Kreacher si taglierà un dito, sì Kreacher lo farà.
Ma Kreacher deve disubbidire a padron R., altrimenti il padrone starà ancora male e Kreacher non vuole.
Aiuto, padron S.
Aiuto.
 
Sirius finì di leggere la lettera senza parole.
Poi prese il cappotto e si diresse fuori da Casa Potter.
Venne intercettato da James, che gli si parò davanti e gli chiese: - Dove vuoi andare? –
Sirius lo scostò con una forza forse eccessiva e uscì fuori.
L’unica cosa che James gli sentì urlare, prima di smaterializzarsi fu:
- A regolare i conti. –



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Eccoci finalmente con un nuovo capitolo! Non odiatemi, secondo me non è granché ma spero mi screditiate dicendo che vi piace ù_ù :( Vi ringrazio moltissimo per l'enorme supporto e vi mando un bacione enorme, alla prossima!

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Capitolo 30
*** Non pensi che morire sia facile? ***


CAPITOLO 28 - NON PENSI CHE MORIRE SIA FACILE?

 


Kreacher aprì la porta della stanza di Regulus piano, timoroso di farsi sentire dalla padrona che, ora, faceva il suo giornaliero sonnellino pomeridiano.
La camera era nella semi-oscurità e solo pochissima luce illuminava le pareti verde smeraldo, striate di righe argentate e brillanti. Nessuna foto, poster o qualsiasi altro segno che potesse dimostrare la presenza di un adolescente. In effetti, era già tanto se si intuiva che vi abitasse qualcuno.
L’unico elemento che faceva sospettare della presenza di qualcuno era il mucchio disordinato sul letto a baldacchino.
Mucchio che respirava.
Kreacher si avvicinò con calma, seguito da un vassoio sospeso nel nulla grazie alla sua magia.
Sopra di esso vi era un bicchiere colmo d’acqua e un piatto con sopra due fette di pane bianco e senza condimento alcuno.
L’elfo si arrampicò sopra e scostò delicatamente le coperte, per rivelare un corpo quasi esanime.
Con mano ferma ed esperta pose sopra la fronte del ragazzo un pezzo di stoffa bagnato apparso nella sua mano dal nulla e appoggiò il vassoio sopra il comodino.
- Padron Regulus, deve mangiare qualcosa. Padron Regulus…- la voce gracchiante di Kreacher probabilmente sarebbe stata riconosciuta da pochi: aveva ora una sfumatura dolce e delicata.
Affettuosa, forse.
Ma chi l’avrebbe mai detto? Dopotutto nessuno si preoccupava mai di Kreacher.
Regulus aprì piano gli occhi che sembravano come sfuggenti e opachi.
La pelle bianca, come se dalle vene fosse stata risucchiata qualsiasi traccia di sangue, e il tremito ora debole degli arti.
Annusò l’odore del pane e subito si alzò e voltò, vomitando quel poco che era riuscito a inghiottire nei giorni precedenti.
Kreacher aspettò paziente, gli enormi occhi a palla velati di qualcosa molto simile alla preoccupazione, e attese che il giovane si rimettesse a letto, sfinito.
Il solo alzarsi gli era costato energie immani.
Ad uno schiocco delle affusolate dita della creatura magica e le lenzuola tornarono pulite in un baleno.
Kreacher afferrò allora il bicchiere con la mano destra, mentre con l’altra alzava leggermente il viso di Regulus, ora ricaduto nello stato di trance che aveva dominato le sue ultime giornate.
Gli fece colare con delicatezza l’acqua giù per la gola, goccia a goccia, senza forzare nulla per paura di un rigetto.
Ma a Kreacher non dava fastidio stare lì.
A Kreacher piaceva aiutare Padron Regulus e non nel modo in cui aiutava gli altri della famiglia Black.
Ma chi l’avrebbe mai saputo? Dopotutto a nessuno interessava ciò che Kreacher provava.
Quando l’acqua finì, Kreacher riadagiò piano la testa di Regulus al cuscino e poggiò il bicchiere sul comodino.
- Deve andare in bagno, padrone? –
Regulus riuscì a negare con la testa, sforzandosi di non vomitare per il movimento.
Kreacher sistemò le coperte in modo che il ragazzo non avesse freddo e si sedette sull’enorme letto, affianco al padrone.
- Il padrone vuole che Kreacher gli legga una storia? –
Regulus annuì piano e si spostò di lato per poter ascoltare meglio.
Era un loro segreto risalente a molto tempo addietro.
In effetti, pochissimi elfi domestici erano alfabetizzati e solitamente usavano il loro privilegio per leggere le lettere dei padroni.
Ma Kreacher no; o almeno non solo.
Regulus gli aveva personalmente insegnato a leggere in segreto, temendo le ripercussioni che avrebbe potuto comportare questa scelta ma continuando comunque, giorno dopo giorno, a rintanarsi nella soffitta; un sillabario in mano e un libro di storie vecchio nell’altra.
Aspettando lui, sempre.
Kreacher amava le storie, amava leggerle a Regulus e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, quello era rimasto sempre il suo momento preferito.
Ma nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza. Dopotutto, a nessuno importava cosa ciò che faceva felice Kreacher.
L’elfo fece apparire dal nulla un consunto libro dalla copertina azzurra che ormai conosceva a memoria.
Era il primo libro che avevano letto insieme e il loro preferito.
Si chiamava ‘Le Fiabe di Beda il Bardo’.
- Quale storia vuole padron Regulus? Quella del Ceppo Ghignante, sì? –
Regulus accennò un sorriso, ben sapendo che quella era sempre stata la storia preferita di Kreacher.
E l’elfo iniziò a leggere, con voce gracchiante e squillante, qui e lì facendo degli errori, ma dando intonazione ad ogni personaggio con cura estrema.
Ben presto Regulus si addormentò e non appena Kreacher fu assolutamente sicuro che si fosse appisolato fece sparire sia libro che vassoio.
Controllò di nuovo la fronte del padrone, ma ormai non bolliva più.
Le nubi scure all’orizzonte, fuori dalla finestra, facevano presagire una tempesta e Kreacher chiuse gli scuri, per evitare che i rumori potessero svegliarlo.
Stava giusto per andarsene, quando avvertì qualcosa muoversi  oltre la porta e fece appena in tempo a capire ciò che stava per accadere quando questa si aprì, senza però rivelare nessuno al di fuori.
Kreacher capì subito e, ad un suo gesto, il Mantello dell’Invisibilità fu nelle sue mani.
- Sirius? – 
La voce di Regulus era debole, come la luce di una candela in mezzo ad una tempesta.
Non si era avvicinato, non era corso ad abbracciarlo. Si limitava a fissarlo senza dire nulla, lo sguardo indecifrabile.
Il primo a parlare fu Sirius, il tono un misto di rabbia e preoccupazione.
- Beh? Cos’è sta storia? Devo essere avvertito da lui se quella puttana ti crucia? Eh? – 
Regulus si limitò a guardare di sottecchi Kreacher, senza però far trasparire alcuna emozione.
- Non saresti dovuto venire. Vattene. – 
La voce del più giovane era gelida e glaciale, senza paura o rimpianto.
Un ordine, chiaro e tondo.
Sirius allargò le braccia in un gesto scioccato e Kreacher ebbe la saggezza di rendere insonorizzata la stanza.
Appena in tempo, poiché subito dopo Sirius iniziò ad urlare.
- SEI IMPAZZITO?! Alza quel culo e muoviti, prima che mi scoprano! Tu ora vieni di filato con me all’Ordine, capito? Sbrigati, non intendo aspe…-
- Non verrò, qualsiasi cosa tu dica. Vattene finché sei in tempo, o giuro che chiamo i Mangiamorte. Saranno qui in poco più di due secondi. Ti conviene muoverti. –
Sirius si ammutolì di colpo, fissando il fratello minore quasi non lo riconoscesse affatto.
Passarono altri due secondi, prima che Regulus proruppe di nuovo, impassibile.
- Sei sordo, traditore dei Black? VATTENE! SUBITO! –
Fu un secondo, un attimo, e Sirius fu sopra il letto, tenendo Regulus per il colletto.
La voce sembrava ora un ringhio gutturale, proveniente dai meandri della sua anima.
Era più bestia che uomo, ma ancora in grado di ragionare.
- Che ti ha fatto? Dimmi che diavolo ti ha fatto! Giuro che io…- 
- Lei niente. Mi ha solo rinfrescato le idee, dovevo essere sotto un incantesimo Confundus, temo. Pensare che ho addirittura tradito il mio Signore, passandoti informazioni su quella sporca Babbanofila della tua ragazza. Almeno non ci sono state vittime, era già morta, ma non credo sia stata una grave perdita per nessuno, ve…?-
Sirius gli sferrò un pugno in faccia che schizzò di sangue il cuscino, ma Regulus non si scompose.
Ghignò divertito, il ghigno che Sirius conosceva bene e che, si rese conto, odiava nel profondo.
O forse odiava solo vederlo sul volto infantile del suo fratellino.
Lo stesso che, in quel momento, si stava burlando di lui.
- Non sei tu, è lei che parla! Tu devi reagire, devi…-
- No, sei tu che devi, chiaro? DEVI ANDARTENE VIA! Non voglio mai più avere niente a che fare con te, sudicio traditore del tuo sangue! Hai buttato all’aria la possibilità di assistere il mio Signore nella sua grandiosa opera di purificazione della stirpe magica e per cosa? Per unirti ad una banda di mostri, babbani e idioti. Presto però non saranno più un problema. – aggiunse infine serafico.
- Che vuoi dire? – domandò il maggiore, serrando i denti per trattenere l’istinto di picchiarlo ancora.
- Oh, credo che lo scoprirai presto. I suoi capelli rossi si mischieranno benissimo col sangue…-
Sirius sgranò gli occhi e lo strattonò ancora.
- Lily? COS’AVETE FATTO A LILY?! – 
L’urlo riempì la stanza proprio quando le difese non eterne di Kreacher si ruppero; facendo in modo che si propagassero per tutta la Casa.
Kreacher deglutì nervosamente, sentendo i passi ormai odiati farsi sempre più vicini.
- Padrone? – sussurrò piano, ma invano.
- Ti conviene andartene, altrimenti non potrai dare l’estremo saluto né a lei né a tutti gli altri tuoi amichetti. –
I passi si avvicinarono sempre più.
- Non sei tu, smettila di dire queste cose, smettila di…-
- Smettila tu di negare la realtà. Sei solo un patetico codardo e io ti odio. Se ti risparmio oggi è solo per l’unione ormai sepolta che ci legava, ma sappi che la prossima volta che ti vedrò non sprecherò parole. – gli soffiò Regulus nell’orecchio.
Sirius guardò fugacemente la porta, dato che i passi erano ormai poco distanti.
- Ora ti porto via con me, insieme vedrai che…-
- STUPEFICIUM! – 
L’incantesimo di Regulus mancò Sirius per un soffio, ma bastò ad accellerare il passo della donna.
L’ultima cosa che Sirius vide prima di smaterializzarsi fu lo sguardo carico d’odio di sua madre mentre gli scagliava un Cruciatus e quello beffardo del fratello.
La donna sparì subito dopo, senza badare al figlio e all’elfo, probabilmente in cerca del figlio maggiore nella Casa.
Temeva potesse tornare.
Nella stanza calò un silenzio pesante come il piombo, che nessuno dei due osò rompere.
Regulus si voltò e mise a letto come se niente fosse, mentre Kreacher restò immobile, incapace di pensare e parlare.

Ma Kreacher sapeva, l’aveva sempre saputo.
Gli incantesimi di Regulus non mancavano mai il bersaglio, benché meno ad una così ridotta distanza.
Le offese e gli insulti erano solo nelle parole, perché il tremito alla mano smentiva tutto.
E le lacrime che sentì versargli subito dopo, quelle furono vere.
Kreacher capì subito che tutto ciò che Regulus aveva detto era mirato a proteggere Sirius.
E l’avrebbe anche spiegato, se solo qualcuno gliel’avesse chiesto.
Ma, come al solito, nessuno chiedeva niente a Kreacher.
E nessuno lo chiese mai.


 

***


Sirius si smaterializzò direttamente davanti alla porta della casa di James, incurante di aver appena perso il Mantello dell’Invisibilità e senza preoccuparsi che qualcuno potesse colpirlo.
Cos’altro aveva da perdere?
Aveva già dovuto dire addio a suo fratello, era abbastanza.
Anzi, no. 
Non aveva detto addio a suo fratello, semplicemente perché quello non poteva essere suo fratello.
Eppure, il tono di voce, l’essere beffardo e il comportamento assolutamente insopportabile sembravano autentici.
Regulus aveva finito per cedere ai Mangiamorte, stanco forse di difendere un fratello che non lo considerava come meritava.
Dopotutto, Sirius non l’avrebbe biasimato.
Stava di fatto che, ora, Regulus appariva solo come uno dei tanti nemici che non lo avrebbero esitato ad uccidere in battaglia e lui avrebbe fatto lo stesso.
Ripercorse tutto ciò che era appena accaduto con la mente, fino ad arrivare ad un punto che lo bloccò dov’era.
Respirò piano, quasi come se il tempo si fosse immobilizzato; ricordando le parole del fratello minore.

 

I suoi capelli rossi si mischieranno benissimo col sangue.


Sirius si sentì come spezzato in due parti: da un’estremità l’esigenza di fare qualcosa, di correre ad avvertire gli altri del pericolo e di proteggere Lily, dovunque fosse; dall’altra la voglia di mandare tutto al diavolo, stendersi su un divano e fregarsene di cosa le sarebbe accaduto.
Lui non era suo padre, né il suo ragazzo o fratello.
Era suo amico? Non era più nemmeno tanto sicuro di questo.
Quando, però, si ricordò il dolore accecante che aveva provato dopo la morte di Mary, come se gli avessero sadicamente strappato l’anima, allora si sentì di nuovo sé stesso.
Corse a perdifiato verso la porta, che spalancò in un secondo, sbattendo sul petto di qualcuno e avvertendo il sangue colargli sull’accenno di barba ispida.
- Dov’eri finito? Morgana, scommetto che hai preso tu il mio Mantello, vero? Dov’è? Giuro che se non lo trovi io…-
- LASCIA PERDERE IL MANTELLO JAMES! LILY E’ IN PERICOLO! Dobbiamo trovarla, potrebbe essere ferita, o peggio! – esclamò Sirius, il fiatone che gli strappava l’aria dai polmoni ma che, paradossalmente, lo faceva sentire vivo come non lo era da tempo.
James però non condivise la sua agitazione, si limitò a fissarlo dubbioso, per poi concludere tranquillamente: - Sarà meglio per te che quando andrò a letto tu l’abbia ritrovato. –
Il Grifondoro entrò successivamente in casa senza aggiungere altro, per poi distendersi sul divano e accendere la lampada e riprendere la lettura dell’ultimo numero di ‘Weekly Quidditch’.
Sirius lo seguì quasi paralizzato, chiedendosi se per caso fosse in atto una recita o se semplicemente si fosse diffusa la moda ‘Prendi in giro Sirius Black cambiando atteggiamento nel giro di due secondi’.
Alla fine la rabbia prese il sopravvento e afferrò con furia la rivista, per poi lanciarla dall’altra parte della stanza.
- Che cavolo stai…-
- HAI ALMENO SENTITO CIO’ CHE TI HO DETTO?! LILY POTREBBE ESSERE MORTA E TU CHE FAI? LEGGI UNA FOTTUTA RIVISTA?! –
James lo guardò e, per un secondo, Sirius giurò di aver visto come una lotta interna.
Era una sensazione data dalla luce nei suoi occhi, dal tentennamento delle ombre e, per ultimo, da una scia verde nei suoi occhi nocciola.
James aprì la bocca e la richiuse due volte, prima di portarsi le mani alla testa e gemere.
- Mi sento strano… ah, la testa! – 
Sirius lo guardò mentre portava alle labbra una tazza piena di the fresco, presa dal tavolo.
Ma c’era qualcosa che non andava in quella scena, qualcosa di maledettamente sbagliato…
In un secondo la tasca s’infranse a terra, mentre Sirius guardava la cucina trepidante, in cerca di un indizio fondamentale per avvalorare definitivamente la sua tesi.
James gli si avvicinò piano, maledicendolo per tutto il rumore che stava facendo e chiedendogli con voce tremante:
- Che stai cercando? Cosa diavolo…-
- Tu odi il the. Non lo berresti mai, neppure se ne dipendesse la tua stessa vita. –
Sirius non aveva smesso di muoversi e non si era neppure girato.
Frugava tra le mensole, scandagliava il frigorifero e spostava tutto ciò intralciasse la sua ricerca.
- Cosa? Avrò cambiato gusti, che diavolo fai solo per questo? Dai Sir…-
Ma James sembrava aver perso convinzione e pareva frugare nella sua mente, oltre la nebbia che solo ora si accorgeva ottenebrargli il pensiero.
- No. Non hai cambiato gusti, non li cambierai mai. Al secondo anno la Evans durante un duello ti fece finire contro un recipiente pieno di the freddo nelle cucine. L’odore ti causò la nausea e ti ci vollero tre giorni di bagni per toglierlo. Da allora non sei mai nemmeno riuscito a stare vicino a del the freddo, figuriamoci berlo! –
Poi Sirius si girò e gli afferrò le braccia, puntando i suoi occhi neri in quelli nocciola del migliore amico.
- Chi te l’ha dato? Dov’è la caraffa? –
James si stupì che Sirius sapesse che qualcuno gliel’avesse dato e si limitò ad indicare lo zaino a terra, accanto al divano.
- C’è una bottiglia piena di the. Me l’ha data Jack all’ultima lezione credo…-
Poi ammutolì, osservando l’altro prendere in mano la suddetta bottiglia, versarne il contenuto in un recipiente e buttarci dentro una rosa del vaso lì vicino.
Il liquido si colorò subito di un blu intenso e strano, mentre sia James che Sirius crollarono a terra, sopraffatti dalla realtà.
- E’ un veleno… - sussurrò esterrefatto James, più a sé stesso che all’amico.
Sirius annuì: - Già. Una pozione dell’Odio, una delle sette pozioni Oscure. E’ della stessa famiglia del Distillato della Morte Vivente, per questo la rosa ha avuto un effetto analogo a quello che ha col Distillato. Ne ha rivelato la vera essenza, cancellando la pozione di copertura. Probabilmente ne abbiamo ingerito tutti almeno un po’, ciò spiega le continue liti e il resto. E questo vuol dire che…-
- Jack è una spia. – completò James, sentendosi ancora peggio.
Quando però realizzò l’importanza di ciò che aveva appena ammesso, si sentì morire dentro.
- Lily è in pericolo J, dobbiamo trovarla. Potrebbero tenderle un agguato oppure…-
- Non sarà necessario cercarla. – 
I due ragazzi si voltarono, per trovarsi di fronte a una Marlene con le lacrime agli occhi, davanti a Remus che era terreo in viso.
Gli sguardi indagatori di James e Sirius lasciavano inespressa una domanda palese la cui risposta, purtroppo, era quella che temevano.
Neppure la voce ferma di Remus sembrò calmarli, mentre diceva sottovoce:
- E’ venuto a prenderla un’ora fa e sono usciti insieme…. Lily è con Jack. –


 

***


Lily seguì Jack, camminando dietro di lui a distanza ravvicinata, temendo di perdersi.
Jack le aveva detto che voleva mostrarle una cosa e si erano smaterializzati insieme, per poi riapparire in quel bosco oscuro, circondato da alberi altissimi e senza un solo indizio che indicasse la presenza di esseri umani o animali.
La ragazza allungò il passo e si mise accanto all’altro, chiedendo sommessamente: - Jack, dove siamo? –
Lui non le rispose ma le fece segno di tacere.
La rossa era disorientata: non riusciva a capire il motivo per il quale lui l’avesse portata in un posto apparentemente deserto e ora le invocasse il silenzio. O almeno un motivo non terrificante.
Ma una parte di lei sapeva che quello era Jack, che non poteva essere qualcosa di pericoloso, che doveva fidarsi.
Doveva.
Era un bisogno quasi fisiologico e ciò la spaventò ancora più.
Poteva smaterializzarsi da lì, fuggire, ma allo stesso tempo sentiva che non ne sarebbe stata in grado.
Fuggire per cosa poi? Per tornare da chi?
A James sembrava non importargli più niente di lei, Remus e Marlene le si erano allontanati molto e Alice era lontana chilometri e chilometri.
Tutto ciò che le rimaneva era il ragazzo che la stava portando verso l’ignoto senza darle spiegazioni.
Forse, non sarebbe stato tanto male, dopotutto, può l’ignoto fare più male di ciò che si sa essere orribile?
Quindi tacque, senza porsi ulteriori domande, fidandosi soltanto.
Jack svoltò a destra, in una stradina che si allontanava dal sentiero della foresta e proseguì in silenzio fino ad arrivare ad un enorme albero, il più grande che avesse mai visto.
Probabilmente se anche lei, James, Sirius e Remus si fossero presi per mani non sarebbero mai riusciti a stringere il tronco poderoso di quel vegetale.
Jack si avvicinò al tronco e lo aprì: era cavo e dentro vi erano, appesi alla parete, dei disegni colorati.
Sembrava infantili e ritraevano sempre due persone, strette per mano, in vari paesaggi.
Sembravano felici.
Lily notò però che qualcuno aveva scavato un passaggio sotterraneo e seguì Jack nella discesa.
Sbucarono in una caverna, illuminata da poche candele affisse alle pareti della rientranza.
Quando però Lily si accorse di ciò che bagnava il pavimento urlò.
Sangue.
Una macchia di sangue dalla vaga forma umana.
- Jack…Jack dove siamo? – sussurrò Lily, immobilizzata dalla paura.
Il ragazzo le dava le spalle e, mentre parlava, Lily sospettò che stesse piangendo.
- Mi dispiace Lils. Non ho altra scelta. Sai, lei amava questo posto; era il nostro segreto, il nostro rifugio. Eravamo felici qui, le sue risate ancora impregnano quest’albero, come linfa vitale. Strano, no? Linfa vitale. Anche se lei non vive più. Quando ci trovò, lo avvertii subito. Aprii il sotterraneo e ci rifugiammo qui, sentendo i suoi passi che si muovevano avanti e indietro, continuamente. Penso sia stata questione di attimi, ma mi parvero ore. Poi arrivò a noi. Fece esplodere una parte del soffitto e ci fu addosso. Io… fui lento. Troppo lento. – la voce gli si affievolì ma quando riprese, qualche secondo dopo, sembrava non fosse successo niente.
- In un attimo le fu addosso, me la strappò dalle braccia e la strinse a sé con fare animale. Sorridendo. Giocava con i suoi capelli, li annusava, mi aizzava a difenderla! Ma io rimasi immobile, a guardarlo ghignare e ridere, oh quanto rise….rise di me. E lei continuava a muoversi, a pregarlo, a pregarmi! LEI VOLEVA CHE LA DIFENDESSI! IO DOVEVO DIFENDERLA! –
Quando riacquistò la calma, la voce suonò apatica e vuota.
- Ma non lo feci. Lo guardai ucciderla dissanguandola senza battere ciglio. Speravo che da un momento all’altro sarebbe accorso qualcuno ad aiutarci, ma non venne nessuno.  Io dovevo essere quel qualcuno. Quando finì, mi si avvicinò e io pregai, pregai, che uccidesse anche me. Ma fece molto, molto peggio. Mi chiese di unirmi a lui, disse che sarei stato un’ottima spia, che avevo un brillante futuro. Lui parlava di futuro mentre i suoi capelli biondi si tingevano del suo sangue. E io accettai, senza dire nulla. Quando sono ottimista penso di essere stato sotto shock, che non avevo lucidità… ma la maggior parte delle volte che ci ripenso mi provoco dolore, mi taglio e mi faccio del male. –
Finalmente si girò e Lily poté vedere per la prima volta sotto la benda l’orbita vuota dell’occhio che gli mancava; ma non ebbe paura.
Non sentì niente.
- Con quest’occhio, con questo maledetto occhio ho visto Nott uccidere mia sorella, proprio qui. L’altro lo chiusi per paura, ma questo non riuscii a chiuderlo. Con quest’occhio vidi la cosa migliore della mia vita venire torturata e morire, mentre io sedevo inerme. Così me lo sono tolto. Ma il dolore… quello è rimasto. Mia sorella era una Maganò, ricercata dai Mangiamorte perché inutile ai fini del governo. Non meritava di esistere.
- Perché ti sei unito a loro, Jack? Perché? – domandò infine Lily, con la voce più sicura di quanto in realtà lei fosse.
Lui scosse le spalle, impotente.
- Per farmi ancora del male, credo. Vederli uccidere innocenti mi ricorda ogni volta lei e così soffro sempre. Non posso permettermi di essere felice, non dopo ciò che ho fatto. –
Lily fece un passo indietro, cercando di non farlo notare, verso l’uscita.
- Non è vero. Il male che hai fatto puoi usarlo per fare del bene, puoi redimerti e...-
Le parole di Lily però vennero sommerse dalla sua risata piena di pazzia.
- NON DIRE CAZZATE! Io sono condannato per sempre, non valgo più niente, non lo capisci?! –
- E allora ucciditi! Ucciditi e falla finita, ma non fare del male alle persone Jack! Non far pagare ad altri il tuo sbaglio! –
Lui smise di ridere e la fissò serio, senza più sorrisi in volto.
Un gesto di bacchetta e Lily si ritrovò immobilizzata dov’era, senza più possibilità di muoversi.
Un altro e la stanza venne insonorizzata.
Le si avvicinò malevolo, un lampo di follia nell’occhio sano, mentre valutava ciò che aveva appena sentito.
- Non pensi che morire sarebbe troppo facile? Non pensi che la parte più difficile sia proprio vivere? Io…
- Balle. – lo interruppe lei, schifata – Tu sei un codardo anche ora, per questo non ti uccidi. La verità è che hai paura di lei, di quando morirai e dovrai pagare i conti. Cosa ti dirà? Quanto ti odierà? Tu temi la morte più della vita, perché qui l’unico che ti può giudicare sei tu e sei troppo maledettamente egoista per dire le cose come stanno. –
In un gesto repentino Jack le afferrò le guance, stringendole fino a impedirle di parlare.
- Non è un di certo un bel modo di rivolgerti a chi ha la tua vita nelle proprie mani Lils. Avrei voluto tanto non farlo, davvero. Ti ammiro e probabilmente hai ragione, sono un codardo, ma sono un codardo con un cuore, anche se tu non lo pensi. –
Le si avvicinò così tanto da poter contare le lentiggini sul suo viso, le labbra quasi unite alle sue.
- Unisciti a noi, diventa una Mangiamorte. Ti lasceranno vivere se lo chiedo io, potrai fare la spia ed essere una parte fondamentale del piano. Che ne pensi? –
Per tutta risposta Lily gli sputò in faccia.
Jack si infuriò e mosse la bacchetta.
Lily iniziò ad urlare sempre più forte, le viscere che si contraevano in spasmi infiniti, come se il suo corpo volesse uccidere sé stesso.
Il Cruciatus era talmente forte che la rossa pensò di morire, ma Jack era troppo sveglio: sapeva come non oltrepassare il limite, come torturarla senza farla morire. Non subito, almeno.
Stava quasi per farla finita, quando  accadde qualcosa di totalmente inaspettato.
La parete sopra di loro crollò, travolgendo i due ragazzi sotto le macerie.
In mezzo a quel frastuono si sentirono solo poche, inconfondibili parole.



 

- Lascia stare la mia ragazza! -


*

 

... Ehm... c'è nessuno? Sì? Qualcuno sta davvero leggendo questo capitolo? Oh, bene. Ah, per favore, lasciate i pomodori nel frigo, sono buoni da mangiare: non avrebbe senso tirarmeli addosso. Anche i mobili stanno bene dove stanno, quindi poggiate subito la sedia. Bene, ora che siete disarmati (vero?), posso iniziare a scusarmi per l'imperdonabile assenza e riempirvi di scuse su scuse che, per quanto convincenti (mononucleosi che mi ha tenuta a letto per due settimane, scuola che mi ha tenuta sui libri per altre due) sono sicura non placherebbero la vostra ira. Spero solo che il capitolo sia valso l'attesa :) Sì insomma, so che non è dei migliori, ma volevo dire davvero moltissime cose in questo capitolo e spero di esserci riuscita, almeno in parte. Poi che altro... ah sì, è il penultimo capitolo. *Cerca di evitare i lanci di pomodori, frutta, sedie, libri o qualsiasi cosa abbiate a portata di mano* e nell'ultimo capitolo (il prossimo) ci sarà lo scontro con Jack più un epilogo al quale tengo moltissimo. Dopo sarà finita la vera e propria long di 'Ti Sfido - I Dare You' e inizierò una raccolta col titolo 'Ti Sfido - I Dare You / Missing Moments' dove racconterò attraverso one-shot dei momenti mancanti nella storia: scherzi, risate, battute, romanticismo, gioie e paure dei nostri personaggi. Come l'annuncio della gravidanza di Lily a James, o l'innamoramento di Remus per Ninfadora e ciò che ne consegue (purtroppo immagino a cosa state pensando) ma anche scherzi dei Malandrini e spezzoni del passato di Lily e Severus; insomma chi più ne ha più ne metta! 
Spero seguirete fino alla fine questa mia avventura durata quasi un anno [non ci credo!] e lo facciate con felicità :) Detto ciò, mi metto al riparo e aspetto con ansia le vostre opinioni sul penultimo capitolo :D


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Capitolo 31
*** Solo l'inizio. ***


CAPITOLO 29 - SOLO L'INIZIO

 

James atterrò sul pavimento, seguito da Sirius, Marlene e Remus.
Si voltò subito, la bacchetta in pugno, ma quando la vide gli si raggelò il sangue.
Jack teneva Lily davanti a sé, come a fargli da scudo. La rossa era praticamente sostenuta solo dalla mano del ragazzo, che le stringeva le guance e gli puntava la bacchetta verso il collo. Era pallida e sudata, faticava persino a tenere gli occhi aperti.
- Lasciala andare. Subito. – sputò fuori James, la voce resa irriconoscibile dalla rabbia.
Jack ghignò malefico, stringendo maggiormente la presa sul viso di Lily, facendola gemere.
James scattò immediatamente ma Sirius gli abbassò la bacchetta prima che potesse colpire.
- Rischi di ferire Lils. – sussurrò calmo.
Gli occhi scuri continuavano a guardare a destra e sinistra, su e giù, cercando di elaborare un piano che potesse farli uscire da quella situazione di stallo.
- Non credo sia tu a dare gli ordini qui, Potter. – disse tranquillo Jack, osservando con malvagio piacere il nervosismo crescente del suo interlocutore.
- Cosa vuoi? Cosa vuoi che facciamo? – domandò Marlene, avvicinandosi di un passo; la voce ora distaccata.
Remus la osservò, nonostante tutto piacevolmente stupito dal suo sangue freddo.
Jack rise, ancora quella risata atroce, anormale e inquietante.
- Cosa voglio che facciate? Niente. Io devo uccidere questa dolce donzella, ma credo sarebbe da illuso e idiota aspettarmi che togliate il disturbo, no? –
Marlene strinse i denti, ma non demorse.
- E allora? Cos’hai intenzione di fare? Andiamo, come hai detto tu non sei un’idiota. Pensi davvero di riuscire a vincere uno scontro contro quattro persone? –
E poi Marlene stupì tutti, persino Sirius che in quel momento stava osservando interessato una fotografia magica appesa alla parete: ritraeva una ragazzina bionda di circa dieci anni in braccio ad un ragazzo poco più grande di lei. Sorridevano felici, abbracciandosi.
La ragazza si mise a ridere, sguaiata e senza remore.
Il ghigno di Jack si incrinò e anche la presa sulla rossa sembrò allentarsi. Lily riprese a respirare, molto lentamente e con fatica, ma con maggiore facilità.
- Non ti sembra azzardato? Prendermi in giro quando ho letteralmente tra le mani la vita dell’unica amica che ti rimane? Dopotutto la piccola McDonald se n’è andata tempo fa, no? Nott mi racconta sempre di come si rammarica della sua morte. – e aggiunse, mellifluo – gli sarebbe piaciuto molto… approfondire la sua conoscenza. –
Remus si avvicinò a Sirius, pensando che dovesse trattenerlo da fare azioni brusche guidate dalla rabbia, ma non ce ne fu bisogno.
Sirius sorrideva tranquillo e non dava segno di essersi accorto dell’accenno al tentato stupro di Mary.
- Oh, mi dispiace per lui. Sai, era una persona molto interessante, sotto svariati punti di vista. – rispose placidamente.
James, Marlene e Remus si guardarono confusi ma non si intromisero: si fidavano di Sirius ed erano certi che avesse qualcosa in mente.
Jack ghignò divertito, fissando ora l’unico occhio su Sirius.
- Davvero? –
- Oh sì, te lo posso assicurare! – continuò scherzosamente l’altro, come se stesse conversando amabilmente con un vecchio amico.
- Sai, era fantastica. Intelligente, sensibile, onesta e poi, beh, ovviamente sexy. –
Marlene si avvicinò all’amico e gli sussurrò piano: - Cosa credi di fare? –
Sirius non le rispose.
- Ti devo credere sulla parola, purtroppo non ho avuto l’occasione di vederla. Nott mi assicura che fosse davvero incantevole. Ma dimmelo tu com’era, dopotutto eri il suo ragazzo, no? – chiese ingenuamente Jack, rovinando però l’effetto con l’allargarsi del sogghigno.
- Beh, sai com’è, era formidabile. Ma forse sono un po’ di parte, d’altronde io l’amavo. Non è tipico degli amanti lodarsi senza poter vedere i difetti? Certo, di difetti ne aveva eccome. Era fragile, debole e a volte noiosa. Però colmava tutto a letto. Oh, se era brava! Ti assicuro, sapeva fare certe cose che…-
- SIRIUS! – urlò James, rosso per la vergogna.
Felpato si voltò lentamente, continuando a sorridere mellifluo.
- Ma dai James, non venirmi a fare il puritano proprio ora! E comunque – riprese, giratosi ancora verso Jack che si stava visibilmente divertendo – dicevo, sapeva compensare. Sai però cosa amavo più di tutto in lei? Più di qualsiasi altra sua qualità sia fisica che caratteriale? -.
- No, cosa? – chiese Jack, stando al gioco.
- I suoi capelli biondi. Ho sempre amato i suoi capelli biondi. Sai erano… - iniziò Sirius, girandosi e afferrando il disegno.
Il sorriso di Jack si trasformò in una smorfia orribile e la mano iniziò a tremare.
- Come quelli di questa bambina. Che bella che è! Chi è Jack? – domandò Sirius, fintamente ingenuo.
Lui aveva capito chi fosse quella bambina, avrebbe riconosciuto quell’amore negli occhi, quella dolcezza nello sguardo protettivo e nell’abbraccio confidenziale, unico. Avrebbe riconosciuto l’amore che scaturiva solo tra fratelli lontano miglia e miglia… quello che lui non avrebbe mai più avuto. Ma rinnegò da qualche parte in fondo all’anima quel dolore straziante, quello strappo ancora sanguinante che gli causava una continua fitta all’altezza dello stomaco. Ora lui era lì per Lils, e nient’altro contava più.
- Rimettila a posto. Subito. – sibilò Jack, una vena che iniziava a pulsare all’altezza della fronte.
- Oh ma perché? E’ così dolce! Lasciami indovinare… la tua sorellina? Non ci hai mai parlato di lei! Dov’è adesso? Dev’essere diventata una bellissima ragazza! – continuò Sirius, imperterrito.
- LASCIALA. O… o giuro che la uccido! – urlò Jack, stringendo il collo di Lily.
James guardò di traverso Sirius, i denti stretti per non far trapelare l’urlo che premeva contro il suo petto per uscire. Sirius gli fece un cenno, solo un cenno. E a James bastò: si fidava di Sirius. Quanto? Tanto da mettere nelle sue mani l’amore della sua vita. Perché Sirius era e rimaneva suo fratello, il suo migliore amico, la sua metà; non nel senso in cui lo era Lily ovvio, ma nel senso che anche se si fosse perso sapeva che finché ci fosse stato Sirius, allora avrebbe saputo trovare la strada.
Sirius non smise di sorridere, continuando a guardare la foto, apparentemente incurante del respiro quasi esiguo di Lily, il cui collo era stretto così forte da Jack da essere ormai dello stesso colore dei capelli.
Marlene continuava a non tentennare, ma nel buio prese la mano di Remus, stringendola in silenzio. Remus restituì la presa, accarezzandola con il dito, come per dire che sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene.
- Oh dai! Io di Mary ti ho parlato, saresti davvero scortese a non parlarmi di tua sorella, non trovi? Ma aspetta… - continuò Sirius, guardando meglio la foto - …mi sembra di averla già vista. Possibile che sia apparsa sui giornali? Ad Hogwarts non credo di averla vista, me ne sarei sicuramente ricordato: è così bella! –
Jack continuava a fissare Sirius con l’occhio folle, il sudore che gli colava sul collo e il respiro affrettato.
- Lascia la foto. Ora. –
Il ragazzo strinse le dita intorno al collo di Lily, facendola gemere.
Sirius ignorò il gemito della rossa e James, nonostante il terrore, si stupì ancora una volta di quanto bravo fosse il suo migliore amico a mentire. A fingere.
Un attore troppo abituato a nascondere la paura, il dolore, l’ansia.
Troppo abituato ad essere vicino alla sofferenza.
- Andiamo! Dai, aiutami, dov’è che l’ho vista… ah sì! – esclamò infine il Grifondoro, esultando ma facendo brillare gli occhi di uno splendore maligno.
Ma quando faceva così, quando esultava in modo vittorioso e oscuro… Sirius non stava fingendo.
Il Serpeverde latente in lui saliva fino a quei buchi neri al posto degli occhi e lasciava che il cane avesse la meglio sull’uomo.
Sirius tornava ad uno stadio primitivo, Sirius diventava un lupo schivo e diffidente.
Sirius, forse, tornava a com’era prima di James e dei Malandrini.
Alla sua origine.
Sirius tornava all’inizio sempre e solo quando era vicino alla fine.
- Era sulla Gazzetta del Profeta vero? E’ morta. Morta stretta dalle mani di un Mangiamorte, come ora stai stringendo tu Lily. Morta senza qualcuno che combattesse per lei. Perché? Perché il fratello che amava più della sua vita non l’ha nemmeno aiutata. Il fratello che lei idolatrava rimase lì, a guardare il suo sangue bagnare il pavimento. Il fratello che amava la deluse più di quanto si può deludere qualcuno. Urlò il tuo nome? Lo gridò con quanto fiato aveva in corpo?  E tu ti sei girato? Anzi no, scommetto che non ne hai nemmeno avuto la forza. Tu… tu non hai un decimo del suo coraggio! –
James, Remus e Marlene si chiesero dove volesse andare a parare l’amico, dato che la rabbia di Jack pareva crescere a dismisura e inversamente il respiro di Lils si faceva sempre più esiguo.
Quando però Sirius disse le ultime parole, allora gli amici lo capirono e presero la bacchetta più saldamente, pronti ad agire.
- Non ti importa nulla di lei, no? Quindi immagino che… -
Dalla bacchetta di Sirius si accese una piccola fiamma e il ragazzo l’avvicinò alla foto.
- … non ti importerà se la brucerò. –
L’urlo di Jack si levò forte, mentre la piccola bambina nella foto scappava dalla fiamma che si avvicinava inesorabilmente.
- No! –
Il ragazzo lasciò andare Lily che crollò a terra, esausta, e si chinò a prendere il pezzo di carta che stava bruciando a terra.
Jack scoppiò a piangere.
James accorse verso Lily e la prese tra le sue braccia, inspirando il suo profumo come fosse aria e sentendo il suo battito, anche se esiguo, come se fosse la melodia più bella che avesse mai sentito.
Sirius si voltò, con gli occhi lucidi ma senza alcuna voglia di piangere.
Jack gli ricordava lui, nonostante tutto.
Forse perché quell’urlo di disperazione che ora usciva dalle labbra del nemico sembrava identico a quello che gli premeva sullo sterno.
Forse perché la voce piena d’odio di Regulus continuava a vibrare in sottofondo.
Forse perché, semplicemente, Jack e Sirius erano simili sotto molti aspetti.
E Sirius ne fu terrorizzato, perché se si fosse trovato a dover combattere per Regulus… chi gli avrebbe assicurato che non avrebbe commesso l’errore di Jack?
Chi gli avrebbe impedito di crollare?
Ma quando Remus gli toccò le spalle, Sirius rinchiuse dentro di sé i dubbi e gli fece un sorriso timido.
- Beh, anche questa è andata, no? –
Marlene aveva sussurrato un “Incarceramus” dopo aver schiantato Jack.
Remus non commentò ciò che disse Sirius ma gli lanciò una delle sue occhiate perforanti.
James si avvicinò, fissando con astio il corpo incosciente di Jack.
- Andiamo, credo che Moody vorrà sapere della spia. – disse infine Ramoso, smaterializzandosi con Lily ancora in braccio.
Marlene e Sirius si presero per mano, mentre Remus si chinò per toccare la spalla di Jack e, tutti e tre insieme, si smaterializzarono lontano da lì.
 
 

***

 
Quando Moody venne a sapere di Jack, provvide a farlo sbattere nella cella più cupa di Azkaban.
Silente si presentò personalmente all’Ordine per assicurarsi delle condizioni di Lily.
Qualche giorno dopo, mentre Lily stava facendo le valigie per tornare a casa Mckinnon, la raggiunsero James, Sirius, Remus, Marlene, Alice, Frank e Peter.
La rossa aveva ancora il volto più pallido del solito, ma per il resto sembrava normale, anche se le impronte ormai violacee delle dita di Jack risaltavano ancora sul suo collo.
James strinse i pugni fino a sentire le unghie graffiargli la pelle per trattenersi dal dare un pugno al muro, mentre sbirciò verso quei segni.
Erano la prova della sua incapacità, del suo fallimento.
Avrebbe dovuto capire che Jack era una spia, avrebbe dovuto proteggere Lily-
Dannazione, aveva rischiato ancora la vita!
E lui se n’era fregato, lui stava leggendo una fottutissima rivista di Quidditch, porco Salazar!
Le parole di conforto degli amici che gli ricordavano quanto influente e potente fosse quella pozione non servirono ad attutire il suo dolore.
Lily poteva non esserci più e lui, se non fosse stato per Sirius, non se ne sarebbe nemmeno accorto.
- Beh, credo sia ora di andare. –
Lily gli si avvicinò e gli strinse la mano.
La rossa sapeva benissimo quanto James si incolpasse di tutto, ma non gliel’avrebbe permesso.
Non avrebbe lasciato che il rimorso lo mangiasse vivo come stava mangiando viva lei da quando i suoi genitori erano morti.
Ancora dopo mesi, alcune volte, sentiva distintamente la consapevolezza che se non fosse stata una strega i suoi genitori sarebbero stati a casa, a leggere e ridere come sempre.
Ad amarsi ed amarla.
E lei avrebbe avuto ancora una sorella.
Ma ora aveva James, ora aveva i suoi amici.
Ora aveva una guerra da combattere e, per quanto fosse doloroso, doveva ignorare il peso all’altezza dello stomaco e pensare solo a vincere.
A vendicarli.
A guadagnarsi un futuro.
- Ragazzi, non so come ringraziarvi. – disse calma, abbracciando con lo sguardo ed un sorriso i suoi migliori amici.
Puntò infine gli occhi verdi in quelli neri di fronte a lei.
- In particolare tu, Sirius. Sarei morta senza di te. –
Il ragazzo si avvicinò e la strinse in un abbraccio caldo.
- Senza di te io sarei peggio che morto, Lils. Tu mi hai salvato sopra quei banchi, quella notte in cui stavo morendo dentro. Ho solo ricambiato il favore alla mia migliore amica. –
Lily sentì un dolce calore pervaderle il cuore.
- Io ci sarò, fino alla fine. Per tutti voi. – concluse Sirius, guardando gli amici con affetto.
- Per quanto ciò sia meraviglioso, ho paura che questo sia solo l’inizio. – disse infine Remus, prima di abbracciare Sirius con un sorriso tiepido sulle labbra.
 

Non sapeva quanta ragione avesse.

*

Bene. Non so se qualcuno starà leggendo questo capitolo, se qualcuno si ricorderà ancora di me o di questa storia che non aggiorno da troppo tempo. E quasi alla fine, per giunta. Non sto qui a raccontarvi scuse su scuse che, per quanto convincenti e veritierie, farebbero perdere tempo a me e a voi. La verità è che non avevo mai l'ispirazione per questo capitolo e oggi ho deciso che devo finire questa storia. Perché? Perché ci tengo davvero molto, anche se potreste dubitarne. Io amo James, Lily, Rem, Sirius, Marlene e co. Li amo sul serio. E' il mio primo vero tentativo nel fandom della vecchia generazione ed stata e rimane tuttora la mia storia con più successo. Spero che la amiate ancora, nonostante il tempo, e che rimarrete con loro fino alla fine. Fine che ho deciso di rimandare al prossimo capitolo perché: a) Volevo pubblicarlo entro oggi, della serie ora o mai più b) Non ho avuto il coraggio di scriverlo senza prima pensarci attentamente e c) voglio che finisca con un numero tondo: il capitolo 30. Anche se la figaggine sarebbe stata finirlo col 31, la data della morte di Lily e James XD Il prossimo capitolo comunque sarà un epilogo, dove si racconteranno parecchie cose. Ricordo che dopo la fine della long creerò una raccolta di One Shot intitolata 'Ti Sfido - Missing Moments' dove potremo rivivere insieme alcuni episodi spassosi e inediti dei nostri personaggi preferiti. Quando arriverà il prossimo capitolo? Massimo entro una settimana, e sono serissima. Dunque, concludo il mio monologo e spero di leggere recensioni a questo breve ritorno ;) Vi voglio bene e vi ringrazio per il supporto che mi avete sempre dato. Grazie, grazie davvero. E ci vediamo presto con l'ultimo, imperdibile capitolo di Ti Sfido - I Dare You! <3
Fatemi sapere cosa ne pensate, significherebbe molto sapere che sto scrivendo per qualcuno ;) Un bacione! <3


 

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