Aku No Musume

di ElPsyCongroo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Che cosa stupida! ***
Capitolo 2: *** 2- Non mi pentirò mai. ***
Capitolo 3: *** 3- Una fata, un angelo. ***
Capitolo 4: *** 4- Lo scoprirà a tempo debito. ***
Capitolo 5: *** 5- Ti voglio bene. ***
Capitolo 6: *** 6- Vorrei vederti sorridere per sempre. ***
Capitolo 7: *** 6- È giunto il momento. ***



Capitolo 1
*** 1- Che cosa stupida! ***


Aku no musume

†La Figlia del Male†

Capitolo 1: Che cosa stupida!

“Che cosa stupida!”

“Non è stupida mia signora, è reale.

Non mi crede?”

“Non è quello il punto!”

“E allora qual’ è?”

“Semplice!” rispose con un gran sorriso.

“Tutto ciò che desidero mi viene donato da Len, no?”

“Ha detto una cosa molto dolce principessa,” e a queste

parole lei divenne tutta rossa

“ma ci sarà qualcosa che io non posso darle.

Ci provi, non le costa niente! E poi le assicuro che funzionerà, non si fida di me?”

“Uffi, così non vale! Lo sai che di te mi fido! Però in quanto principessa e futura regina di un regno  credere a una leggenda popolare non va bene! Non mi si addice …”

“Allora facciamo così …”

“Che stai?!...”

Un lieve movimento e la scintillante corona che dichiarava con la sua presenza la regalità della ragazza fu posata a terra con un lieve tonfo.

“Ora non è più la principessa, ma semplicemente Rin.

 Così non dovrà più prestare attenzione all’etichetta, giusto?”

“Mhh…”

“Cos’è che la turba ancora?”

La principessa divenne tutta rossa alle parole del suo servo,

e si voltò dall’altra parte per non farsi vedere.

“… hai un buon profumo…” mormorò con un lieve sorriso.

“Come ha detto scusi? Parli più forte, altrimenti non posso sentirla.”

“HAI UN BUON PROFUMO!!!” gridò la principessa Rin, diventando ancora più rossa voltando le spalle al servo, al SUO amato servo, così simile a lei.

“Ahahahahah!!!”

“Che hai da ridere?!”

“È  troppo buffa principessa!”

“Come osi-” non riuscì a terminare la frase perché fu avvolta dall’abbraccio del suo Len.

“La prego, non si offenda, l’ho detto in senso buono! Aveva un’ espressione così dolce, serena, bella, totalmente differente da quella che mostra di solito ai suoi sudditi e al resto della corte! Dovrebbe essere sempre così allegra e spensierata, sarebbe davvero splendido.”

“Tsk, sono solo degli stupidi e degli approfittatori quei sudditi; se io mi dimostrassi benevola diventerebbero degli avvoltoi. Devo essere severa con loro, così come lo era mio padre prima di me, prima che morisse; è ciò che mi ha insegnato sin da piccola, per essere una regina forte. Ma per fortuna ci sei tu, con il quale posso essere me stessa, semplicemente Rin, e non la principessa.” Disse lei, accoccolandosi tra le braccia di Len.

“La ringrazio per il suo affetto, principessa. Allora, tornando all’argomento di prima: lo facciamo?”

“…ok.”

Len prese un pezzo di carta e  lo divise in due, porgendo una delle due parti all’ancora titubante principessa. In seguito aprì la boccetta d’inchiostro e porse la penna a Rin.

“Su, scriva prima lei.”

“Ok ok!... Ecco fatto! Contento?”

“Ovviamente! Ora aspetti un attimo.” Dopo aver scritto anche lui sul foglietto prese due bottiglie vuote che aveva rubato dalle cucine e inserì un foglietto per bottiglia. Si alzò in piedi e tese una mano verso la principessa “Su, andiamo.”

Mano nella mano si avvicinarono alla riva del fiume. “Ora stringa la bottiglia con il suo desiderio al cuore e lo ripeta mentalmente una volta.” Restarono entrambi così per un po’, con gli occhi chiusi e una bottiglietta di vetro vicina al cuore.

“È  pronta?”

“Sì.” Chiusero le bottiglie con un piccolo tappo e le  gettarono nel fiume, seguendone il loro profilo fino a che non furono dei punti lontani che si dirigevano verso il mare.

“Ora ci penserà il mare ad esaudire i nostri desideri. Visto, non era mica così difficile.”

“Sarà, però non sono affatto convinta che il mio desiderio si avveri solo perché bagnato dal mare.”

“Non è per quello che si avvera, ma per l’intensità con cui lo esprime. Il mare penserà a proteggerlo. Su, è ora di tornare al castello, inizieranno a chiedersi che fine ha fatto.”


“Aspetta un attimo! Dimmi che cosa hai desiderato! ”

“Non si può dire cosa si ha desiderato, altrimenti non si avvera!”

“No dai, ti prego, dimmelo, ora sono ancora più curiosa di prima!”

“Nono principessa, su, ora andiamo.”

“Non mi muovo da qui fino a quando non mi dici cosa hai desiderato!”

“Oh, quanto è insistente! Si avvicini, glielo dirò, a patto che non faccia più i capricci!”

“Finalmente!” La principessa si avvicinò a Len e lui si avvicinò pian piano e dolcemente al suo orecchio  sussurrando “Ho desiderato che il seno della principessa cresca!” e detto questo scoppiò a ridere.

La principessa divenne ancora rossa e con uno spintono allontanò il servo da se urlando “Ah sì?! E allora io ho desiderato che tu diventi più alto, tappetto!”

“Tappetto eh? Guardi che siamo alti uguali, così dicendo prende in giro anche se stessa.”

“Non è vero! Io sono una ragazza, ed è un’altezza normale la mia! Tu invece sei un ragazzo, non è normale che tu sia ancora così basso! E poi un servo non dovrebbe essere così indisponente con la sua padrona, dovrei punirti per avermi derisa cos-!” non riuscì ha terminare la frase perché una manata di acqua gelida la investì, bagnandola da capo a piedi.

“Ahah, sembra un pulcino bagnato!” Len era vicino al fiume, con le mani gocciolanti e piegato in due dalle risate.
“Come hai osato! Ora me la pagherai!” urlò Rin e così dicendo si lanciò su Len che nel frattempo stava tentando di ricomporsi, facendolo cadere nel fiume gelato con lei sopra. I due riemersero dall’acqua e cominciarono a ridere lanciandosi l’acqua del fiume addosso, bagnandosi ancora di più di quanto non lo fossero già.


“Principessaaaaa! Principessa Riiiin, dov’è? È tardi e sta sera abbiamo ospiti, deve prepararsi! Principessaaaa!!!”

“Oh no, è arrivata la domestica!”

“È meglio che esca dall’acqua, e di corsa!”

“Principessa! Come mai è tutta bagnata? E anche tu servo, che ci fai nel fiume?”

“Colpa mia signora. La principessa si era avvicinata troppo al fiume in un mio attimo di disattenzione ed è caduta. Quando mi sono avvicinato per soccorrerla ho avuto la sua stessa sorte.”

“Inutile servo, dovresti evitare che certe cose accadano. Su principessa Rin, andiamo! E anche tu, sbrigati!”

Rin seguì la domestica e con un ultimo sguardo salutò Len.

“Comunque…
“Comunque…

…ti ho detto una bugia…

…non le ho detto la verità…

…il mio desiderio è…

…il mio desiderio è…

…restare per sempre con te…”

…e che tu sorrida per sempre, sorellina mia…”

 

Qualche tempo dopo…: Non sono bellissima?

«Josephine! Josephine! Più veloce, più veloce!»

Eccola di nuovo, faceva sempre così. Ogni volta che riusciva a trovare un po’ di tempo libero (o piuttosto, ogni volta che fuggiva dai suoi impegni) andava nella stalla, saliva in groppa alla sua adorata giumenta Josephine e si lanciava al galoppo negli sconfinati campi di proprietà del castello, divertendosi sempre come una bambina, sempre come se fosse la prima volta.

Le bastava così poco per essere felice: in fondo aveva appena 14 anni ed un intero regno sulle spalle; era ovvio che si divertisse con poco, purché fosse lontana dai doveri regali.

«Len, Len! Prendimi!»

«Cos- uahhwww!!!»

La principessa, mentre Josephine era ancora lanciata nella sua frenetica corsa, gli si gettò letteralmente addosso.

«Ma è impazzita per caso?! Poteva farsi seriamente male!» gemette Len, scostando dolcemente la principessa dal suo corpo.

«No, perché sapevo che c’eri tu a prendermi e so che non lasceresti mai che mi succeda qualcosa.» disse lei, rotolandosi sul prato colmo di fiori sul quale Len si stava riposando prima di ricevere quel “dono” dal cielo.

Era vero. Totalmente, assolutamente vero. Se anche tutto il mondo fosse stato contro di lei, Len non avrebbe mai permesso a nessuno di farle del male, anche a costo di diventare malvagio per lei, anche a costo di morire  per lei, per la sua adorata Rin, la sua dolce sorellina.

«Questo è vero miss Rin, così però rischiamo di farci del male entrambi. In più è pericoloso lasciare andare da sola Josephine a quella velocità, potrebbe distruggere qualcosa o qualcuno. Quindi, con il suo permesso, andrei a cercar-»

«Guarda Len, ti piace?»

«…la…» terminò Len con un sussurro, guardando la principessa che dopo aver intrecciato alcuni fiori aveva formato una ghirlanda, in modo da creare una piccola corona che sembrava splendere sul suo capo.

«Non sono bellissima?» chiese con un gran sorriso.

“Hey fratellone, non sono bellissima?”

La sua sorellina si era messa una ghirlanda di fiori in testa, così da sembrare la corona di una principessa. 
“Allora Len, che ne dici?”

Voleva bene a sua sorella e in quel momento la trovava più graziosa che mai, però voleva farle un piccolo scherzo. È questo che fanno i fratelli grandi ai più piccoli, è una sorta di tradizione.
“Dico che non sei affatto bella con quei fiori in testa, sembri un vaso fiorito!”

Non l’avesse mai detto. Il dolce volto della sua sorellina si fece più triste che mai, e i suoi grandi occhioni sempre allegri le si riempirono di lacrime.
“Cattivo Len, cattivo! Ti odio! Non ti voglio più, vattene!!!” strillò la piccola, strappandosi la ghirlanda dalla testa riducendola a brandelli e buttandola a terra, piangendo disperata.

“Scusami, perdonami Rin! Non volevo farti piangere, ti prego, perdonami! Sono stato uno stupido! Io voglio che tu sorrida sempre, quindi ti prego, non piangere più!” disse in preda al panico Len, abbracciando la sorella e rimettendole in testa quel poco che restava della ghirlanda.
“Volevo dire che non sei bella, sei bellissima. Sembri una regina, anzi, la principessa delle fate, a cui tutti, persino i fiori più belli del mondo, si inchinano per ammirarne la bellezza!”

“Davvero? Non mi stai prendendo in giro?”
“Davvero davvero.”
“Ahhhh, grazie Len!” gridò la piccola Rin, dimentica del pianto, abbracciando forte il fratello.


-È vero- si disse Len –quelle cose le fanno i fratelli maggiori. Noi siamo gemelli,  anzi, sei nata prima nata tu, per questo il nostro destino è di dividerci, ma io ti proteggerò in eterno, anche quando non ti ricorderai più di me.-

«Allora Len, ti sei incantato? Ti dai una mossa a rispondermi?»

«Scusatemi principessa» si affrettò a dire Len, tornando al presente, risvegliandosi da quello che sembrava un sogno, ma che in realtà sarebbe stato l’inizio di un incubo. «Siete bellissima. Sembrate la regina delle fate, a cui tutti, persino i fiori più belli del mondo, si inchinano perché provano vergogna non potendo competere con voi e con tanta bellezza.»

«Beh, mi pare ovvio!» disse Rin, dopo essere arrossita lievemente, tornando ad essere per un attimo la bambina di un tempo «Sono la futura regina del regno più grande e maestoso, è ovvio che io sia così bella!» dichiarò, tornando alla sua solita spavalderia.

«Ha ragione, non potrebbe essere altrimenti. Su, si rialzi e si rimetta la corona, quella vera intendo, che ha perso durante l’incredibile volo di poco fa. Deve andare a prepararsi, oggi deve incontrarsi con il Principe del Regno del Blu.»

«Uffi, odio questi incontri! Sono noiosi, devo essere tutta rigida e pomposa e se sbaglio qualcosa la vergogna cadrebbe sull’intero regno e la domestica non mi permetterebbe più di vederti!»

«Allora si impegni, così non corre rischi. Le ricordo che io oggi non ci sarò, quindi mi raccomando, si comporti bene, altrimenti se verrò a sapere che ha fatto la bambina sarò io a punirla!» disse Len con un ghigno stampato sulla faccia.

«Non oserai-?!»

«E invece sì!» gridò, prendendola per i fianchi e cominciando a farle il solletico, provocandole una crisi incontrollata di risate.

«Basta, basta! Ok ok, mi comporterò bene! Ma ora basta, ti supplico, non ce la faccio più!» gridò lei senza fiato tra le risate.

«Perfetto. Allora, è un po’ più allegra adesso? È pronta per l’incontro?»

«Ora sì, grazie Len.»

«È il mio dovere miss. Su, ora vada, altrimenti si arrabbieranno con me per il ritardo. In più devo andare in città a prendere i rifornimenti, e se non parto subito arriverò in ritardo.» concluse, posando un lieve bacio sulla fronte della principessa.

«Ok, mi raccomando, torna presto, altrimenti mi annoio, bye.» sussurrò all’orecchio del servo e si allontanò, correndo verso una delle tante domestiche del castello.

Len la guardò allontanarsi con un sorriso, ripensando a quell’ultimo sussurro, e con ancora in testa il sorriso di lei si diresse verso le carrozze che l’avrebbero condotto in città, dove lo aspettava l’incontro che avrebbe distrutto tutto.

___________

Nota d'autrice: e questo è il primo capitolo/one-shot dedicato ad Aku no Musume. Parlo di primo capitolo o one-shot perché dipenderà da quello che voi desidererete. Io ho pensato a questa come ad una long fic, che raccontasse tutta la storia di Aku no Musume, ma mi sono resa conto che questo primo capitolo funziona anche come one-shot. Comunque spero vivamente che preferiate vedere come procede la storia, ci tengo davvero molto, quindi spero di ricevere al più presto recensioni che ne richiedano la continuazione. Se così non fosse resterà una one-shot dedicata ai nostri gemelli. Fatemi sapere presto cosa ne pensate,

ElPsyCongroo

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Capitolo 2
*** 2- Non mi pentirò mai. ***


Capitolo 2: Non mi pentirò mai.

Era quasi mezzogiorno quando Len raggiunse la città: non c’era bisogno che arrivasse così presto, ma doveva andare a trovare una persona, ed era meglio che sua sorella non sapesse di chi si trattasse; non voleva farla soffrire, e comunque non le aveva mentito del tutto.

Cominciò ad avviarsi verso la parte povera della città. Dopo una mezz’oretta di cammino si ritrovò davanti ad una casa diroccata, che somigliava più ad una stalla che ad un’abitazione. Non era nemmeno provvista di porta: al suo posto, per riparare il  varco che portava all’interno dell’abitazione, c’era un sacco di iuta a brandelli, neanche fosse stato usato da una bestia per farsi le unghie. Prima di entrare prese un grosso respiro, rischiando di rimanere soffocato dal puzzo che aleggiava in quel luogo, e poi scostò la iuta, per ritrovarsi all’interno di un luogo buio e pieno di sporcizia, di bisogni animali e umani e di muffa. Si addentrò in quel luogo buio e con sguardo e passo famigliare si diresse verso l’angolo dove c’era un mucchietto di paglia che fungeva da letto, sul quale vi era sdraiato un uomo sulla sessantina coperto di macchie nere e rughe. Si avvicinò piano per non svegliare l’uomo, scoprendo però che era già sveglio, e che lo guardava con occhi velati.

«Scusami, ti ho svegliato?»

«No…. Sapevo che saresti venuto… me lo sentiv-» fu bloccato al termine della frase da un attacco di tosse, che gli fece sputare sangue.

«Attento! Non devi sforzarti! Tieni, bevi un po’ di questa medicina. L’ho presa dalla riserva privata del castello, ti farà stare sicuramente meglio, calma la tosse per un po’ di giorni.»

«Grazie…» il vecchio bevve avidamente dalla boccetta e subito si rilassò, tornando a sdraiarsi con un sorriso.

«Cosa sei venuto a fare qui, figlio mio? Lo sai che se lei ti trova ti uccide» non potè continuare, e questa volta non a causa della tosse, ma perché il suo interlocutore fu sbattuto violentemente a terra e sovrastato da una figura dei capelli color rubino e gli occhi dello stesso colore iniettati di sangue.

«Cosa diavolo ci fai qui?!?! Come osi presentarti in questa casa dopo ciò che hai fatto?!?! E tu papà, non osare chiamarlo mai più figlio, perché questo qui si è venduto l’anima alla Figlia del Male!» gridò quella che si era rivelata essere una ragazza mentre gli puntava un coltello alla gola.

«Meiko! Lascia subito andare tuo fratello!»

«Non osare definirlo tale! Dopo ciò che ha fatto al castello per me potrebbe anche morire!»

«Meiko…»

«No, padre, ha ragione,» mormorò Len, tra le lacrime «ha perfettamente ragione.» disse con un filo di voce.

 

“La prego principessa! Abbiamo bisogno di denaro! Mio padre, e non solo lui, ha bisogno di medicine, senza le quali potrebbe morire! La supplico!”

Era da almeno mezz’ora che Meiko tentava di convincere Rin a donare un po’ di soldi al popolo più povero, senza successo. Non che fosse cattiva di natura, ma purtroppo la sua giovane mente della principessa era stata deviata da quel pazzo di suo padre prima che morisse, un tiranno, che credeva che tutto dovesse essere gestito con la cattiveria e la violenza. Era un despota, e alla sua morte tutto il popolo aveva sperato in un nuovo regno gestito da quella piccola principessa, che sembrava tanto dolce con i suoi occhioni blu come il mare e i capelli che parevano oro. Purtroppo però ben presto si dovettero ricredere: la principessa era addirittura peggio del padre, per questo prese il nome di Figlia del Male


“Perché mai mi dovrei interessare della morte di qualche feccia della popolazione? Una regina non deve sporcarsi le mani con feccia simile e se morite tanto meglio, almeno dovrò sborsare meno soldi. Magari potrei cominciare eliminando te e tuo padre” mormorò infine, con un ghigno agghiacciante in volto.
“Ho ragione, Len?”

Lui rimase impietrito. Aveva sperato con tutto se stesso che non lo mettesse in mezzo. Rin non lo poteva e non lo doveva sapere, ma lui e Meiko erano molto legati: erano fratelli, per quanto adottivi e non di sangue, ma comunque fratelli. Lui era stato affidato al padre di lei dopo la separazione da Rin, un artigiano della città, un uomo povero in canna ma di buon animo. Lo aveva cresciuto come se fosse figlio suo, e anche se inizialmente Meiko non l’aveva presa bene ben presto si ritrovò a fare da sorellona al piccolo e triste Len.

Dopo tanti anni passati assieme Meiko non aveva preso bene la decisione di Len di andare al castello per lavorare per la sorella gemella, ma gli voleva troppo bene, quindi accettava di buon grado le visite che lui faceva a lei e al padre malato di tanto in tanto.

“Io, veramente…”

No, per quanto amasse Rin non ce la faceva. Non poteva condannare a morte coloro che l’avevano cresciuto con tanto amore quando lui ne aveva più bisogno.
“Credo che non sia la scelta più adatta.”
“E perché?”
“Uccidendoli attirerà solo le ire del popolo, e non vorrà di certo avere problemi con loro.”
“Hai ragione… Allora cosa proponi?”

Aveva trovato una soluzione, che per quanto fosse comunque triste e ingiusta era meglio della morte.
“Penso che… penso che l’idea migliore sia di incarcerarla, in modo da tenerla buona per un po’ e metterle la testa apposto.”
“E sia, portatela nelle segrete, e tenetela lì fino a nuovo ordine.”
“No! NO! Lasciatemi! Lasciatemi! Non posso lasciare mio padre da solo! Len, maledetto, mi fai schifo! Non osare mostrarti mai più davanti a me! Che siete maledetti, schifosi, tu Servo del Male e quella maledetta Figlia del Male! Il diavolo in persona vi ha creati, vi ha accoppiati bene! Ma non la passerete liscia, la pagherete!!!”

Si era condannata da sola. A quelle parole tutti nella sala del trono erano rimasti impietriti. Tutti conoscevano quegli appellativi che erano stati affibbiati al servo e alla principessa, ma nessuno aveva mai osato pronunciarli in presenza di lei. Era quella che era rimasta più impietrita di tutti, ma la rabbia ben presto cominciò a farsi vedere. Len tentò di calmarla, invano; la rabbia che provava non era tanto per essere stata insultata lei personalmente, ma per il fatto che Meiko avesse insultato il suo adorato Len.

“Sbattetela nella sala delle torture!!! Strappatele quella lingua schifosa, frustatela a sangue e cavatele gli occhi! Dovete farla soffrire il più possibile! Ha osato insultarmi, e per questo pagherà con la tortura e la morte pubblica per decapitazione! Ma prima dovrà veder morire il padre di stenti, quindi andate immediatamente a cercarlo! E ora allontanatela dalla mia vista!!!”

“Miss Rin, no! Non si ricorda cosa le ho detto? Questo è il peggio che può fare!”
“Stai zitto Len! Per quanto io ritenga importante la tua opinione questa sgualdrina ha superato il limite! Non deve passarla così liscia!”
“Ma-”
“Niente ma! Sono io la regina qui! E ora portatela via!”

Len guardò impotente Meiko che veniva trascinata via, mentre lo guardava con odio, rabbia, tristezza, disperazione e terrore.
“Len! LEN! Che tu sia maledetto! Hai messo di mezzo pure nostro padre, non te lo perdonerò mai! Sei diventato un maledettissimo demone!”


“Tu sei la mia dama,

io sono il tuo servo.

Se anche il mondo intero ti sarà contro,

anche a costo di diventare malvagio,

io ti proteggerò per sempre.”

Mormorò infine Len, con lo sguardo perso nel vuoto, come una cantilena di morte.

 

«E non fare quella faccia! Lo sai come mi sono sentita male quando ti ho visto dar retta alla Figlia del Male e non a me? Conoscevi la situazione, ne avevamo parlato, eppure non hai fatto niente!» gridò Meiko .

«Lo so, lo so. Hai tutto il diritto di odiarmi.» Len sapeva che più che per le ferite provocate dalla tortura Meiko aveva sofferto per il tradimento di lui. Per fortuna Len era riuscito a convincere Rin a ridurre la pena, ma era stata comunque pesante: pur essendo riuscito a risparmiarla dall’accecamento, dal taglio della lingua e dalla morte sua e del padre, era stata frustata per un giorno intero e rinchiusa senza cure, cibo e acqua per un mese, per “solo” un mese, sempre grazie alle suppliche di Len. E per “fortuna” Rin era troppo in collera per ripensare o far caso al fatto che i due si conoscessero, ma Len era disposto a tutto pur di salvare Meiko e il padre, anche a costo di rivelarle tutto.

In ogni caso, qualunque cosa fosse successa, sapeva che Meiko non l’avrebbe mai perdonato. Ne avevano parlato, Meiko aveva chiesto a Len di parlare con la principessa e convincerla ad essere più buona, anche a costo di rivelarle quale legame univa il ragazzo ad una povera famiglia, eppure lui non aveva detto niente a Rin, non poteva, aveva paura della sua reazione. Temeva che lei, per qualche assurda ragione, lo allontanasse. Che pensiero egoistico.

«Scusami. Volevo solo venire a trovare nostro padre per portargli una medicina dal castello, che per qualche giorno lo farà stare meglio.»

Solo allora Meiko si accorse delle condizioni migliorate del padre e della boccetta che ora era tornata tra le mani di Len. Si alzò dal corpo di Len liberandolo dalla sua presa di ferro e dal coltello, cosicché lui potesse salutare il padre con un lieve bacio sulla guancia prima di avviarsi verso la porta.

«Len!» lui si fermò sul ciglio della porta, senza voltarsi.

«Lo sai che restando con lei soffrirai? So che le vuoi bene, ma se torni da noi non te ne pentirai, se resti con lei sì.»

Len non rispose. Si limitò a rivolgerle un sorriso mesto, sapendo in cuor suo che non si sarebbero più rivisti. Si diresse in città, e mentre le lacrime gli riempivano gli occhi e i volti delle sorelle si sovrapponevano nella sua mente pensò:

“Su una cosa hai torto, Meiko. Io non mi pentirò mai di stare con Rin, nemmeno quando morirò. Nemmeno se la mia morte avverrà a causa sua.”

 

______

Nota d’autrice: oddio, è ufficialmente cominciata la mia e la vostra condanna a morte la storia completa di Aku No Musume! Ho sperato con tutta me stessa che qualcuno, anche una sola persona, mi chiedesse di continuare, e così è stato ^^ Infatti non smetterò mai di ringraziare Hikari Megami, o Hicchan, come preferisco chiamarla ^^  Senza il suo appoggio infatti non so se l’avrei continuata, non così presto almeno ^^ Un ringraziamento lo voglio fare anche a Ayukiko_Watarai che ha messo la mia storia tra le ricordate, quindi ho ben due persone che seguono la mia storia! Grazie mille!

Ma parlando della storia: con questo capitolo siamo entrati nel vivo della mia visione di Aku No Musume. Moltissime cose che racconterò non accadono nelle canzoni, sono pure invenzioni mie o insieme di cose lette qua e là, ma in ogni caso la storia resterà quella, la drammatica storia che tutti conosciamo. Ora come ora non credo ci sia molto da spiegare, quindi darò solo alcuni chiarimenti riguardo all’impostazione della storia, ovvero: in corsivo ci sono i pensieri, centrali e in corsivo i ricordi e laterali le strofe della canzone che ogni tanto metterò. Inoltre ogni tanto ci saranno riferimenti ad altre canzoni, chissà se riuscirete a trovarli? Per quanto riguarda la frequenza di pubblicazione dei capitoli sarà puntuale, ogni domenica un capitolo nuovo, a meno che non sorgano eventi imprevisti.

Per ora è tutto, spero di ricevere recensioni e di appassionarvi con la mia storia,

See ya, ElPsyCongroo

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Capitolo 3
*** 3- Una fata, un angelo. ***


Capitolo 3: Una fata, un angelo.

Come sempre in città regnava il caos; le strade erano piene di persone ricche e povere, che vendevano o compravano al mercato che ogni settimana giungeva lì.

Le campane della chiesa gli annunciarono che erano le due, quindi decise di sbrigarsi. Aveva perso più tempo del previsto e ora doveva sbrigarsi a compiere i suoi doveri, così decise di dirigersi direttamente dal sarto per ritirare i vestiti ordinati dalla principessa.

Si diresse di corsa alla bottega e capì di aver fatto la scelta sbagliata: questa volta Rin aveva ordinato più vestiti e stoffe pregiate del solito, così da riempire le braccia del povero Len che non riusciva a vedere niente davanti a sé.

Cominciò pian piano ad avviarsi verso le carrozze, in modo da prenotarne una che gli potesse fare nel frattempo da deposito. Impresa che non gli riuscì: dopo neanche un passo era riuscito ad andare a sbattere contro qualcuno, una ragazza a giudicare dal grido, facendo cadere a terra entrambi, ricoperti da stoffe e vestiti.

Con un po’ di affanno riuscì a riaffiorare da quell’ammucchio di stoffe e a riportarsi alla luce del sole, vedendo la sua povera vittima: una ragazza di circa la sua età, dai lunghi capelli color smeraldo e i grandi occhi della stessa tonalità, solo più splendenti; gli sembrava di trovarsi davanti ad una fata dal dolcissimo viso piegato ora da una piccola ma comunque graziosa smorfia.

 «Ahi ahi, che male… Ehi, ragazzo, stai bene?» Len, al suono della sua melodiosa voce, si riprese e cominciò a balbettare.

«M-mi perdoni! N-non volevo venirle addosso! N-non riuscivo a vedere dove andavo a causa di tutte queste cose e-e le sono venuto addosso! L-la prego, mi perdoni per i danni che le ho causato! L-le pagherò tutti i danni che ha subito, l-la supplico di perdonarmi!» gridò d’un fiato Len in preda all’imbarazzo più totale e alla vergogna.

«Phhhff, ahahahahah!!!» fu invece la reazione inaspettata della ragazza.       

Len alzò lo sguardo sentendo la risata e vide la ragazza scossa dai sussulti che si reggeva la pancia, con le lacrime agli occhi, facendolo preoccupare.

Vedendo Len così preoccupato la ragazza pian piano si rilassò e cominciò a parlare «Rilassati, non preoccuparti! Stavo solo ridendo, non mi è successo niente! Ma tu non hai mai visto una persona ridere? Comunque non c’è bisogno che ti preoccupi così, è stata anche colpa mia! E poi non c’è bisogno di essere così formale! Piuttosto, tu come stai?»

«Non si preoccupi, non mi sono fatto niente. Lei è sicura di star bene?»

«No no no, non hai capito! Primo: non mi sono fatta niente. Secondo: non devi essere così formale, il mio nome è Miku! Mi-ku! Chiaro? Anche perché sono solo una serva del casto del Regno del Verde, quindi vedi di mettertelo in testa e di chiamarmi così! Ah sì, e tu come ti chiami?»

«Il mio nome è Len, signorina. Ahi! Ma perché l’ha fatto?» si lamentò Len, massaggiandosi la testa dopo aver ricevuto un pugno dalla ragazza.

«Perché ti ho detto che mi devi chiamare Miku! M-i-k-u! Non mi sembra così difficile imparare il mio nome, è anche meglio di signorina, o madame, troppo formale! Su, ora alzati, prendi tutta la tua roba e seguimi, conosco un cocchiere  che ti farà pagare di meno, sai com’è, la Figlia del Male ha aumentato le tasse su tutto, quindi conoscere qualcuno fa sempre comodo.»

«Madame, la prego di non usare quell’appellativo di fronte a me.»

«Quale appellativo? Comunque alzati, dai che ti aiuto, solo però se la smetti di chiamarmi madame, perché ormai l’hai imparato il mio nome no?»

«Mi riferisco a Figlia del Male.»

«E perché scusa? Non la chiami anche tu così? È una cosa abituale qui in città.»

«Perché io sono Len, servitore del casato Kagamine, più precisamente servo personale della principessa e futura erede al trono Rin Kagamine. In poche parole, sono il Servo del Male.»

Miku rimase immobile come una statua di cera, bella come una statua di cera, con in volto un’espressione di puro stupore.

«Ch-che cosa? Tu saresti il Servo del Male? Non ci credo, è assurdo!»

«Se non mi crede guardi lei stessa. È risaputo che la principessa vesta solo di giallo, e fino a prova contraria tutto ciò che stavo trasportando prima del nostro “incidente” è giallo, esattamente come le rose della gelosia. Altro fattore è il mio aspetto: in giro mi conoscono come il demone d’oro dagli occhi di giaccio a causa dei capelli biondi e gli occhi blu, quindi senza ombra di dubbio sono il Servo del Male.»

«Non è possibile!»

«È così. Mi scusi ancora per il disturbo arrecatole, ora tolgo il disturbo. È stato un piacere conoscerla, anche se in una situazione simile. Arrivederci.»

Len si alzò e cominciò a raccogliere i vestiti e tutto ciò che era a terra. Ovvio,- pensò con gli occhi che pizzicavano a causa delle lacrime che stavano salendo -sono proprio uno stupido, cosa credevo? Nessuno vuole avere a che fare con il casato Kagamine, di chiunque si tratti, anche se si tratta di un servo, soprattutto se si tratta di me, il Servo del Male. Ho sperato nella carità di una sconosciuta, una ragazza che non ha niente a che fare con me. Speravo davvero che mi guardasse con occhi dolci e compassionevoli dicendo…- il suo flusso di pensieri venne interrotto dalla dolce voce di Miku.

«Cosa vuoi che mi importi per chi lavori? Se per te è un problema non la chiamerò più così, a patto che tu mi chiami Miku, intesi? E non fare quella faccia, di certo questo non ti rende un ragazzo da evitare, anzi, sei ancora più interessante!»

Len si immobilizzò. Forse non aveva sentito bene, non era possibile. Si girò a guardare Miku. Di certo non aveva una sguardo compassionevole, ma nemmeno spaventato, anzi, il suo sguardo sprizzava gioia, allegria, stupore e curiosità allo stesso tempo.

«Su, muoviti ad alzarti, altrimenti ti lascio qui!»

«Ma come? Sono il Servo del Male, non so se hai capito! Dovresti essere terrorizzata da me! La gente che mi conosce mi evita, anche al castello! Perché tu dovresti essere diversa?! Perché dovresti essere così amichevole con me?! Io di certo non merito niente di tutto ciò!» Aveva perso la calma, se ne rendeva conto, ma era troppo: non era possibile che quella ragazza volesse davvero avere a che fare con lui, si sentiva preso in giro.

«Ma sei impazzito o cosa? Cosa vuoi che mi importi che servi la principessa Rin? Io non ti conosco, so solo che ti chiami Len e che servi il casato Kagamine, e con ciò? È vero, ho sempre sentito parlare del servo che sta sempre attaccato alla Figlia del Male -»

«Non chiamarla così!»

«Scusa scusa! Senti, a me non interessa chi servi, perché al momento mi trovo di fronte ad un ragazzo che accidentalmente mi è venuto contro e che si è seriamente preoccupato per me. Non importa quello che dice la gente, di certo non mi ucciderai perché ci siamo scontrati, no? Forza, è ora di andare! Se mi accompagni al mercato dopo andiamo in una locanda che conosco, ormai è ora di pranzo!» Miku tese una mano a Len. Lui la guardò un po’ scettico, ma alla fine allungo anche la sua e con un timido sorriso strinse quella piccola e calda mano, guardando il volto sorridente di Miku.

Dopo aver lasciato tutto il carico in una carrozza si diressero al mercato. Miku, tutta allegra, si fermava ad ogni bancarella che attirava la sua attenzione, in particolare a quelle di vestiti. Ogni volta però si costringeva ad allontanarsi, perché non poteva spendere soldi per sé. Fu all’ennesimo vestito che Miku guardò con occhi sognanti che Len si decise.

«Te lo compro io.»

«Cosa?»

«Il vestito. È l’ennesimo che guardi e mi dispiace vederti ogni volta con il volto triste perché non puoi prenderlo. Ti è vietato spendere soldi per te, giusto? Quindi se ti viene fatto un regalo non c’è niente di sbagliato. Poi non credo che ti possa ricapitare un’occasione simile: conosco il mercante che porta questi abiti, e so che sono di primissima qualità. Li porta solo una volta al mese. Per trovare qualcosa di anche solo lontanamente simile e ad un prezzo accessibile dovresti cercare al di fuori dei Regni.» Lei non se lo fece ripetere due volte. Prese il vestito che tanto le piaceva e sparì. Passò qualche minuto e Len cominciò a preoccuparsi: sapeva per abitudine che i vestiti da donna erano lunghi da indossare, soprattutto quelli da festa, ma Miku ci stava mettendo troppo. Iniziò a cercarla, addentrandosi nella selva di vestiti.

«Miku, dove sei? Sei riuscita a cambiarti? Se hai difficoltà chiedo a una delle mercanti di aiutar- Ahhh!!»

«Ahiiii!! Oh, scusami Len, è la seconda volta che cadi per colpa mia e in più ti ho fatto cadere di nuovo tutto! Guarda, ci sono mele ovunque.»

«Non preoccuparti» Len si tirò lentamente su, guardando tutto il suo cibo riverso a terra, cominciando a raccogliere le mele per risistemarle insieme al resto « è ancora tutto sano. Tu piuttosto, ti sei fatta male…»

Due mele caddero di nuovo a terra, rotolando hai piedi di Len «Che c’è, p-perché mi guardi così? Dai che mi vergogno! Sapevo che non mi stava bene, vado subito a cambiarmi! Che stupida, ti ho pure fatto aspettare un’eternità, vado subito a cambiarmi-» quando fece per alzarsi Len le afferrò un braccio e la riportò a terra.

«Sei bellissima»

«C-cosa? Non prendermi in giro!»

«Non lo sto facendo. Sei splendida con quest’abito.» Ed era vero. Indossava un lungo abito nero senza spalline, raccolto in vita da un’enorme rosa, che allargandosi dolcemente sui fianchi finiva con un orlo a pieghe. Indossava una fascetta al collo orlata di pizzo e dei lunghi guanti, anch’essi neri. I capelli erano raccolti in una splendida acconciatura, probabile causa della sua lunga assenza. Pur essendo di un colore così cupo, quell’abito la faceva sembrare un angelo.

«Sei davvero splendida. Ne è valsa la pena aspettare.»

«Grazie….» Miku era diventata tutta rossa, apparendo ancora più bella agli occhi di Len.

«Forza, alzati, potresti sporcarlo restando li a terra, sarebbe un peccato. E poi dobbiamo andare a mangiare, ti ricordo che mi hai promesso un pranzo con te.»

«S-Sì, hai ragione! Aspettami qui, torno subito!» e così dicendo corse via, sparendo di nuovo tra i vestiti.

Riapparve poco dopo con il vestito tra le mani e il viso ancora rosso d’imbarazzo. Len spese quasi tutto ciò che aveva per l’abito. Dopo la sosta al mercato si diressero ad una locanda consigliata da Miku. Si sedettero e ordinarono da mangiare. Consumarono il pasto in uno strano silenzio. Len non sapeva che dire e probabilmente Miku era ancora in imbarazzo per il dono che le aveva fatto. Quando finirono Len si assicurò che non ci fosse nessuno a portata di orecchio e cominciò a parlare.

«Ancora non mi hai spiegato perché hai deciso di passare il tuo tempo con il Servo del Male. Tutti tendono ad evitarmi.»

«Non so. Mi sembri un bravo ragazzo, del tutto diverso da come vieni descritto. Tutti ti descrivono come un demone, un assassino a sangue freddo che ucciderebbe anche la sua amata se fosse un ordine della sua principessa.»

«E hanno ragione.»

«Cosa?» Miku si sentì il sangue gelare nelle vene. Len, con uno sguardo di ghiaccio, completamente differente dall’allegro blu marino di poco prima, si era avvicinato al suo viso, sussurrando quella frase al suo orecchio e portandole un pugnale alla gola.

«Io potrei ucciderti qui, in questo preciso istante. Mi basterebbe premere il mio pugnale leggermente, solo un po’ nel tuo delicato collo, per ucciderti. E sai qual è la cosa divertente? Nessuno se ne accorgerebbe. La mia fama mi precede, nessuno riesce a vedere il Servo del Male all’opera. In più la principessa tiene molto a me, quindi non lascerebbe mai che mi succedesse qualcosa, ancora meno una condanna a morte per omicidio. Troverebbe sicuramente un modo per discolparmi, anche perché nessuno osa mettersi contro il suo volere. O contro di me; hanno tutti troppa paura per sfidarmi. Allora, che ne pensi del “bravo ragazzo”?»

Miku era semplicemente terrorizzata. Era impallidita ed aveva addirittura smesso di respirare. Poteva scorgere solo il profilo del volto di Len, ma poteva vedere il gelo del suo sguardo, il piccolo ghigno che era sorto sulle sue labbra mentre pronunciava quelle parole con tono agghiacciante, mentre il freddo respiro che usciva dalle sue labbra socchiuse le procurava brividi gelidi.

Tornò a respirare solo quando Len tornò indietro, facendo sparire il pugnale così come era apparso, permettendo a Miku di notare solo allora che si trattava del pugnale che gli aveva appena regalato lei stessa, un pugnale con un intrico di spine e rose inciso sull’impugnatura che aveva subito attirato l’attenzione di Len.

«Bene, io ora vado, si sta facendo tardi e la strada per il castello è lunga. È meglio che torni anche lei dal suo signore, lady Miku. Arrivederla.» e così dicendo, dopo un lieve inchino, uscì dalla locanda.

«Aspetta Len! Non andare! Non così! Io non ti ho mai visto come Servo del Male, non ti giudico!  Ti conosco appena, non sarebbe giusto! Certo, mi hai fatto davvero paura prima, ma ho capito! Ho capito che non potresti mai uccidermi! Hai degli occhi troppo dolci per essere un assassino!» Len era sconcertato: quella ragazza, colei di cui si era follemente innamorato, era altamente convinta di ciò che stava dicendo, ci credeva davvero, avrebbe convinto anche lui se solo non fosse assolutamente vero.

Lei è la mia dama,

io sono il suo servo,

se è per proteggerla,

se è per suo desiderio,

sono disposto a diventare un assassino.

«Lei è molto gentile, ma ciò che vede non sono davvero io. È stata davvero gentile a passare la giornata con me e sarei lieto di rivederla in futuro.» E se ne andò, trattenendo le lacrime, nascondendo il volto nel risvolto del mantello, per non vedere il viso triste di Miku, per cui provava un amore forse corrisposto. Urtò per sbaglio un uomo dagli occhi color zaffiro, che stranamente lo guardò per un momento, prima di allontanarsi nella direzione da cui era venuto. Len salì sulla carrozza che partì immediatamente, avendo solo il tempo di scorgere l’uomo dagli occhi di zaffiro avvicinarsi a Miku che era caduta in terra in preda alle lacrime.

Meglio così,- pensò con un nodo alla gola –magari ha trovato qualcuno che possa sostituirmi al più presto.

E con questi pensieri pian piano si addormentò, ricordandosi all’ultimo che si era dimenticato di comprare un regalo per la sua sorellina.

 

_______

Nota d’autrice: capitolo immensamente corto! Ma in compenso è uno dei più importanti, quindi per questa volta mi perdono ^^ Come ho detto la volta scorsa qui c’è un riferimento ad una canzone Vocailodosa, avete indovinato qual è?

Dunque, non credo che ci sia molto da spiegare, nel caso come sempre basta chiedere ^^

Quindi ora passo ai ringraziamenti:

Hikari Megami (Hicchan *W* )

Glasgow_R_evolver

Ayukiko_Watarai

SabryKagamine

Grazie per aver recensito/messo tra i preferiti/messo tra la ricordate/messo tra le seguite la mia storia ^^ Ve ne sarò grata vita natural durante ^^

See ya, ElPsyCongroo

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Capitolo 4
*** 4- Lo scoprirà a tempo debito. ***


Capitolo 4: Lo scoprirà a tempo debito.

«Leeeeeeeen!!! Ma quanto ci hai messo? È da ore che ti aspetto! Devo raccontarti una cosa! Non ci crederai! Sono felicissima!»

Len era appena arrivato al castello quando  un’ombra vestita di giallo gli era piombata addosso, facendolo finire a terra per l’ennesima volta durante quella giornata. Ovviamente la suddetta ombra era Rin, che sprizzava felicità da tutti i pori. Len era parecchio confuso: non era mai capitato che dopo una giornata intera di incontro ufficiale con ambasciatori di altri paesi lei fosse così felice. Ma questa volta, per qualche strano motivo a lui ancora ignoto, lei era incredibilmente allegra.

«Cos’è che l’ha resa tanto felice?» chiese ancora spiazzato.

«Il principe del Regno del Blu! Kaito! È stupendo, bellissimo! E lo sai perché è venuto?! Per chiedermi in sposa! A quanto pare mio padre aveva già organizzato tutto tempo fa a mia insaputa, ma oggi Kaito è venuto per farmi ufficialmente la proposta! Dovevi vedere la faccia delle serve, erano scioccate almeno quanto me! Questo sabato si terrà una grande festa qui al castello per annunciarlo a tutti! Kaito allora mi farà la proposta davanti a tutto il popolo, tutti dovranno sapere del nostro fidanzamento!

A Len cadde il mondo addosso. La sua sorellina doveva sposarsi con un perfetto sconosciuto!?! Era un principe, ok, ma neanche conosceva Rin! Come si era permesso loro padre di fare una cosa simile!?! Non poteva assolutamente accettarlo! Per carità, era felice che sua sorella si sposasse, sapeva che un giorno sarebbe successo, se n’era già fatto una ragione, ma non poteva accettare che il tutto fosse successo a sua insaputa. Suo padre non gli aveva più parlato da quando lui e Rin erano stati divisi, ma per una cosa così importante doveva renderlo partecipe! Sapeva dove trovarlo, quindi poteva informarlo, anche tramite lettera, non era quello l’importante, ma doveva venirne a conoscenza! Era lui che negli ultimi anni si era occupato di Rin e non poteva permettere che un morto prendesse ancora decisioni!

Però capì che se Rin era davvero felice con questo Kaito, allora anche lui doveva esserlo, altrimenti sarebbe diventato come suo padre, l’avrebbe resa triste, ed era l’ultima cosa che voleva.

«Ehi Len, Leeen! Ma mi stai ascoltando? Guarda che se non mi ascolti non ti invito alla festa!»

«Mi scusi lady, è che mi ha colto di sorpresa. Non ne sapevo niente, ma se lei è felice allora lo sono anch’io per lei.»

«Grazie Len! Oh, vorrei che lo conoscessi! È bellissimo! Ha gli occhi e i capelli blu zaffiro, e un sorriso splendido!»

Occhi blu zaffiro? Li aveva già visti da qualche parte….

…urtando per sbaglio un uomo dagli occhi color zaffiro…

«Non è possibile…»

«È dolcissimo! Devi assolutamente conoscerlo! Anche perché se non piace a te non lo sposo mica» disse con semplicità la principessa, bloccando il flusso dei pensieri di Len.

«Come scusi?»

«Hai capito bene. È anche per questo che devi partecipare anche tu alla festa sabato, così lo conosci e poi mi dici che ne pensi. Non posso mica passare il resto della mia vita con uomo che non ti piace.»

«Ma cosa dice lady? Io sono solo un servo, non le deve mica interessare la mia opinione. Non dovrebbe mai rinunciare a qualcuno o qualcosa per me, un servo! Ahi! Ma perché l’ha fatto!?» Un’altra botta in testa. Possibile che oggi tutte ce l’avessero con lui? Tra cadute e botte in testa aveva perso il conto di quante volte si era fatto male.

«Non dire queste cose! Tu per me sei importante, molto più importante di un servo! Sei come un fratello per me! Sei più importante della mia stessa vita, sarai più importante anche dei miei stessi figli! Tu mi consoli, mi aiuti e fai di tutto per rendermi felice! Non potrei mai ignorare qualcosa che mi dici tu! Perciò rinuncerò a Kaito se non lo riterrai degno!»

Len rimase senza fiato. “Come un fratello” aveva detto. Avrebbe pianto se questo non avesse fatto insospettire Rin. In quel momento aveva voglia di rivelarle tutto, di stringerla forte a sé come solo un fratello può fare con la sua sorellina: non pensava che lui fosse così importante per lei. Certo, sapeva che ci teneva a lui, ma pensava che fosse solo perché era l’unico della sua età… Che sciocco che era, non era nemmeno in grado di capire la propria sorella.

«D’accordo principessa. Le sue parole mi rendono molto felice, perciò non vedo l’ora di conoscere il principe Kaito, anche se so per certo che il mio futuro “cognato” sarà perfetto per la mia lady Rin e che andremo d’accordo.»

«Eheh, cognato! Guarda che purtroppo non siamo davvero fratelli! E se anche lo fossimo non sarei di certo disposta a condividerti con qualcuno, saresti solo mio!»

«Ah no eh? Guardi che non sono mica di sua proprietà esclusiva.»

«E invece sì! Io Len non lo condivido con nessuno, a patto che non sia la donna che colpirà il mio Len dritto al cuore come un fulmine.»

«Quindi se avessi un colpo di fulmine con un eventuale ragazza mi cederebbe a lei?»

«Se fosse il vero amore di Len sì.»

Len non se lo aspettava: un tempo non l’avrebbe mai fatto. Sorrise pensando a quanto era cresciuta in poco tempo. Tornò con la mente, con un misto tra la rabbia e la tristezza, a quel giorno in cui aveva pensato che il mondo sarebbe finito, al giorno in cui erano stati separati.

 

“Ahhhh, grazie Len!” gridò la piccola Rin, dimentica del pianto, abbracciando forte il fratello.

-È vero- si disse Len –quelle cose le fanno i fratelli maggiori. Noi siamo gemelli, e anzi sei nata prima nata tu, per questo il nostro destino è di dividerci, ma io ti proteggerò in eterno, anche quando non ti ricorderai più di me.-

“Ehi, cos’è successo!?! Che cosa le hai fatto!?! Lasciala subito andare!” Rin fu strappata via violentemente dal fratello da un uomo dal volto severo, crudele, che incuteva timore. Un uomo che poteva decidere della vita e della morte dei due gemelli, perché quest’uomo, questo demone, era loro padre.

“Non è successo niente, davvero! Non era mia intenzione farla piangere, le avevo fatto solo un piccolo scherzo! Mi sono pentito amaramente di ciò che ho fatto, la prego, non si arrabbi, padre!” Len Era praticamente in ginocchio, stava pregando quel demone con tutta la sua volontà per ottenere la sua grazia.

“Te l’ho detto mille volte stupido idiota di non chiamarmi padre!” sbraitò l’uomo, mentre la piccola Rin, di nuovo in preda ad un pianto disperato, si trovava contro la sua volontà tra le sue braccia.

“Non dire così papà, ti prego! Len è così bravo con me, io sono felice che lui sia con me! È dolcissimo, non mi farebbe mai del male! Ti prego papà, non arrabbiarti con lui!”

“No, mi sono stufato! Avrei dovuto affogarlo nello stesso fiume in cui ha fatto cadere tua madre! Ti avevo avvisato schifoso verme: se ti fossi avvicinato ancora troppo a lei non l’avresti rivista mai più, ed ora è arrivato il momento! Serg! Vieni immediatamente qui! ”

“No! No no no! La prego! Mi perdoni! Non accadrà mai più! La supplico padre! Non voglio, non ancora! È troppo presto! Se ci separa adesso Rin potrebbe non ricordarsi mai più di me!”

“Tanto meglio! Tu dovrai sparire dalla sua vita, non dovrai mai più farti vedere! E ringrazia che non ti uccido! Forza Serg, portalo via!”

“Papà, papà, cos’è questa storia!?! Dove vuoi portare Len!?! Siamo fratelli, non dovremmo stare sempre insieme? Ti prego, non portarlo via da me, non separarci, non voglio! Ti prego, ti prego!”

“Stai zitta! Questo qui deve essere allontanato da te,è pericoloso! Ha ucciso tua madre, ti ha resa orfana di madre! Potrebbe uccidere anche noi per quanto ne sappiamo!”

“Basta papà, non dire che Len ha ucciso la mamma! Non lo ha fatto apposta! Era caduto nel fiume mentre giocavamo insieme e la mamma si è tuffata per salvarlo! Se poi si è ammalata ed è morta non è colpa di Len! Non avrebbe mai ucciso la mamma!”

“Piantala! Lo faccio per il tuo bene! E adesso andiamo via da qui!”

“No no, ti prego! Lasciami, lasciami! Len, Leeen!”
“Sorellina, Rin! Vi prego padre, non portatemela via!”

Con un ultimo sforzo i due gemelli, entrambi con la forza della disperazione, riuscirono a liberarsi dai loro carcerieri e a corrersi incontro, abbracciandosi il più forte possibile.
“Non dimenticarti di me Rin, ti supplico! Ricordati sempre di me, ti prego! Tieni!” disse Len con disperazione, prendendo la mano della sorella e donandole un ciondolo a forma di chiave di violino.
“Non dimenticarti, ti prego! Non dimenticarti per sempre di me! Indossa questo quando nostro padre morirà, forse allora ci rivedremo, ma fino ad allora tienilo nascosto, non fartelo prendere! Deve essere il tuo più importante tesoro! Promettimelo!” erano soliti fare così per le promesse; poggiare la mano sul cuore dell’altro, giurando così sulla cosa che avevano di più importante: loro.
“Ma che stai dicendo Len?! Non ti potrei mai dimenticare, mai! Anche se saremo divisi, sarai sempre nel mio cuore, non potrò mai dimenticarti! No!” urlò lei, quando fu di nuovo divisa dal fratello.

Con quel gesto violento venne alla luce, a causa dei vestiti che si erano strappati, un particolare, che solo loro possedevano, che li distingueva da tutti gli altri: un piccola voglia a forma di due sul cuore di entrambi i gemelli, una strana voglia di cui andavano fieri, perché era il loro piccolo segreto. Nessuno infatti ne era a conoscenza.
“No, no! Len, Leeen!”

“Riiin! Vi supplico, non le faccia del male! Padre, padre!”

Ormai era tutto inutile, nessuno stava più ad ascoltarlo. Lui riusciva solo a sentire le grida disperate della sorella, e i suoi occhi si riempirono di lacrime, tristezza, odio e rabbia verso il padre, lasciandolo completamente disperato.

 

«Ehi Len, Len! Ma vuoi piantarla di ignorarmi? Ultimamente hai davvero la testa fra le nuvole! Non mi ascolti più!» La principessa si era alzata da terra per dirigersi all’interno del castello. Si trovavano infatti nel giardino di rose dove era solita stare la giovane principessa.

Len, ancora perso nei suoi pensieri, mentre si alzava toccò il ciondolo che portava al collo, ben nascosto sotto la maglia: una chiave di basso. Aveva deciso di comprare quei ciondoli perché entrambi amavano la musica: Rin cantava come un angelo e lui suonava come nessuno nell’intero paese. Quando duettavano tutti restavano a bocca aperta, totalmente incantati.

Poggiò una mano sul cuore, lì dove era ancora ben visibile la voglia a forma di due. Si era sempre chiesto se la sorella ce l’avesse ancora e se si fosse mai chiesta il perché di quello strano segno.  

«Uffi, ma allora proprio non mi ascolti! Cos’hai per la testa?»

L’espressione che aveva in quel momento era identica a quella che gli aveva mostrato tempo prima, un misto di curiosità e un po’ di fastidio, quando lui si era presentato al castello come nuovo servo. Ancora rideva a pensare a quel giorno.

 

“Chi è questo ragazzo?”

“Si è presentato qui in qualità di nuov-”

“Il mio nome è Allen, miss Rin, ma la prego di chiamarmi Len. Da oggi in poi spero di poter essere al suo fianco come suo nuovo servitore.”

“Ehi tu, pezzente! Come osi rivolgerti così alla principessa? Avresti dovuto inchinarti ed aspettare il consenso della principessa per poter parlare! Solo per questo meriteresti di-”

“Piantala stupida domestica! Il ragazzo ha la lingua, può presentarsi da sé!”

“Ma-”

“La ringrazio lady Rin” disse Len con un lieve inchino.

“Allora, cosa ci fai qui? Sembri avere la mia età, come puoi essere mio servo?”

“Sono venuto a sapere, come il resto del popolo d'altronde, che il re è da poco venuto a mancare e che, in mancanza di altri eredi, è salita lei al potere. Detto ciò sono anche venuto a conoscenza del fatto che sta cercando ancora qualcuno che possa sostituire il precedente servo che la serviva direttamente e che chiunque poteva presentarsi. Dato che io necessito di un tetto sulla testa per dormire e di un lavoro ho pensato di venire qui. Mi accontento anche di dormire nelle cantine, l’importante per me è essere suo servo.”

“Come fai ad essere a conoscenza di tutto ciò?”

“Quella del raccogliere informazioni nel migliore dei modi in minor tempo possibile è una delle mie abilità che potrebbero tornarle utili.”

“Non hai risposto alla mia domanda.”

“Infatti non intendevo rispondere più del necessario.”

“Cosa significa?”

“Lo scoprirà a tempo debito.”

“E cosa ti dice che tu abbia il tempo in futuro di dirmelo? Chi ti dice che ti assumo?”

“L’intuito.”

“Potrebbe sbagliarsi il tuo intuito.”

“In genere sono abbastanza intuitivo.”

“E io sono abbastanza la principessa. Spettano a me le decisioni.”

“So che prenderà la decisione giusta.”

“E sarebbe?”

“Assumermi.”

“Perché sarebbe la decisione giusta?”

“Perché possiedo molte abilità che potrebbero tornarle utili.”

“E sarebbero?”

“Lo scoprirà a tempo debito.”

“Ti diverti a farmi innervosire?”

“Devo essere sincero?”

“Ovvio.”

“Allora sì”

“Come osi, feccia! Non puoi permettert-”

“Vuoi stare zitta una buona volta? Parla ancora una volta senza il mio consenso e ti faccio tagliare la lingua. Sono in corso di un colloquio con il qui presente Allen,”

“Len.”

“Sì, scusa, Len, e fino a prova contraria sono io a decidere cosa può o non può dire, chiaro?”

“Ma milady! Non può parlare con questo plebeo! Lui è suo-”

“Suo cosa? Dimmi.”

“Niente, mi scusi. Sono solo contraria alla presenza di questo ragazzo per motivi personali e comunque non credo che suo padre avrebbe accettato questo ragazzo.”

“Motivo in più per assumerlo se questo mi permetterà di far rivoltare nella tomba quel vecchio schifoso. Su, ora va, devo continuare a parlare con Len e non accetto nessuna obiezione, chiaro? Ora sparisci.”

“Come volete, mia signora” e dopo un breve inchino se ne andò, passando accanto a Len che le rivolse uno sguardo glaciale, che la fece tremare come mai prima di allora.

“Torniamo a noi.”

“Certo miss.”

“Spiegami una cosa: come mai desideri tanto lavorare nel mio castello, al servizio della Figlia del Male?”

“Ho le mie ragioni.”

“Fammi indovinare: anche questo lo scoprirò a tempo debito?”

“Esattamente” rispose Len con una gran sorriso.

“Lo sai che sei un insolente?”

“Me lo dicono in molti”

“E sei anche molto coraggioso. Non conosco nessuno che osi parlarmi in questo modo, tutti mi temono; tu no?”

“No miss.”

“E perché?”

“Lo scoprirà…”

“…a tempo debito?”

Len sorrise di nuovo, inclinando lievemente il capo per assentire.

“E quando sarà questo “tempo”?”

“Dipende se mi assume”

“Immaginavo.”

“Quindi sono assunto?”

“Devo ancora pensarci.”

“So che da quando suo padre è morto per avvelenamento ha fatto licenziare tutti i servitori perché erano tutti sospettati, così da non rischiare. Ovviamente ha provveduto immediatamente a far assumere nuovi servi e domestici per non destar sospetti, ma nessuno vuole accettare l’incarico per cui mi sto proponendo volontariamente. Credo quindi che le convenga assumermi.”

“Sei davvero convinto di essere così speciale?”

“Ovvio.”

“Dimostramelo.”

“Come desidera.” Rin non ebbe nemmeno il tempo di un battito di ciglia che Len le si era avvicinato e le aveva posato una ghirlanda di rose gialle in testa al posto della corona.

“Le rose gialle sono le sue preferite, vero?” e con uno schiocco di dita fece cadere un pioggia di petali sul capo della principessa, come una dolce nevicata.

“Come hai fatto a-? Ok, non te lo chiedo più” disse lei con un gran sorriso in volto.

“Allora sono assunto?”

“Non lo avevi ancora capito?”

“La ringrazio lady.”

“Grazie a te. Non so se tu l’abbia fatto apposta a farmelo capire, ma l’ho capito. Ti ringrazio per avermi liberata. Comunque non preoccuparti, nessuno lo verrà a sapere, ci penserò io a proteggerti.”

“Non ho idea di cosa parli miss, e comunque spetta a me il compito di proteggerla.”

“Hai ragione. Beh, ti aspetto domani mattina con la mia colazione già pronta a letto, chiaro? Hai ancora la stessa divisa di allora vero? Altrimenti chiedi alla prima persona che incontri, te ne fornirà una nuova.”

“Eh va bene, è inutile nasconderlo. Non si preoccupi, l’ho conservata. Mi può solo spiegare una cosa?”

“Certo.”

“Come ha fatto a vedermi?”

“Lo scoprirai a tempo debito.”

“Lo immaginavo. A domani allora, miss Rin.”

“A domani, Len.”

-Ovvio che l’ho fatto apposta, sorellina. Volevo che tu capissi subito ciò che è successo in realtà. Non pensavo però che tu mi avessi visto: forse mi sono fatto prendere troppo dalla situazione. Comunque sapevo che non ti saresti arrabbiata: uccidere nostro padre è stata una liberazione per entrambi.-

 

Rin, allora, esattamente come adesso, non lo aveva riconosciuto. Di certo il padre aveva fatto in modo che lei dimenticasse tutto del fratello. Che schifo d’uomo era: sin da quando era piccola il padre aveva sempre abusato della sua piccola Rin. Forse dipendeva dalla prematura morte della moglie, o forse dal fatto che Rin assomigliava incredibilmente ad essa, ma niente poteva giustificare il comportamento del padre nei suoi confronti. Era per questo che aveva deciso di ucciderlo: sapeva che da quando lui era stato allontanato da lei il padre si era preso ancora più “libertà” con la sua sorellina. L’unica cosa di cui si era pentito era che non era intervenuto prima. Ancora pensava al giorno della morte del padre: era il giorno del loro compleanno, suo e di Rin. Len si era travestito da servo del castello e aveva indossato una maschera per non farsi riconoscere e passare inosservato: infatti la festa dedicata alla sorella era in maschera, quindi nessuno gli avrebbe prestato troppa attenzione.

Aveva colto l’occasione al volo: appena il re si era allontanato dalla sala da ballo per ritirasi brevemente nelle sue stanze Len l’aveva seguito ed era entrato nella sua stanza con la scusa di servirgli un’ottima bevanda rinfrescante che gli avrebbe permesso di ritornare al più presto dalla figlia. Che sciocco che era. Quando si accorse che c’era qualcosa che non andava era già troppo tardi: mentre il padre si contorceva tra atroci dolori davanti ai suoi occhi Len si tolse lentamente la maschera, scoprendo il suo volto.

«Sai, mi fai davvero pena» aveva detto rivolgendosi al padre «no, anzi, scherzavo. Ora hai finito di torturare la mia sorellina. Pensavi davvero che ti avrei lasciato continuare? Ahah, proprio non mi conosci! Io la proteggerò per sempre, da chiunque, anche se questo dovesse costarmi la morte! Però una cosa buona l’hai fatta: mi hai permesso di ucciderti nel giorno del nostro compleanno, il dono migliore che tu potessi fare a tua figlia. La ringrazio infinitamente, sire.»

Quando Len pronunciò quelle parole aveva un’espressione calma, placida, come se si stesse rivolgendo a chiunque, in una situazione qualunque. Fu per quello che, quando il re fu ritrovato ormai senza vita, sul volto aveva un’espressione di puro terrore.

E anche tutti coloro che ritrovarono il corpo avrebbero avuto la stessa espressione di puro terrore, se prestando attenzione avessero sentito quella voce, un sussurro, che canticchiava con tono glaciale, spaventoso, “happy birthday to we”, interrompendosi soltanto per lasciar udire un urlo di terrore troncato sul nascere, appartenuto, si scoprì in seguito, al servo Serg, il fedele cane del re, tale al padrone per la sua ossessione, perversione, verso la principessa.

«Allora Len mi raccomando, voglio che tutti vengano alla mia festa! Assicurati di invitare tutti, anche dei regni confinanti!»

«Certo principessa, mi assicurerò di far venir tutto il popolo alla sua festa, non si preoccupi.»

Potrò rivedere Miku alla festa. Verrà sicuramente ed allora parlerò di lei a Rin. Di sicuro l’accetterà. La riconoscerò, molto probabilmente indosserà il vestito che le ho regalato. Non vedo l’ora: sabato sarà il giorno più felice per entrambi, io e Rin saremo finalmente felici.

 

______

Nota d’autrice: questo è uno dei capitoli che preferisco, adoro soprattutto la parte in cui Len ricorda il giorno della sua assunzione, mi diverte ogni volta che la leggo e me ne vanto tantissimo (la mia modestia è andata a farsi una passeggiata al momento, portate pazienza ^^) ^^

Passando ad altro spero di essermi riuscita a spiegare bene per quanto riguarda la morte della madre dei nostri adorati gemelli: giocando Len era caduto in un fiume ed essendo piccolo non era riuscito ad uscire da solo, così la madre, essendo l’unica ad essere con loro, si tuffò per salvarlo, ma essendo di costituzione debole si ammalò ed in seguito morì. Dopo il fatto il padre scaricò tutta la colpa al figlio ed iniziò a prendersi certe “libertà” con la figlia, poi separò i due gemelli perché non sopportava più la vista del figlio e che spesso nascondeva la piccola Rin per difenderla da lui. Da lì divenne il Re del Male, che portò alla crescita della Figlia del Male.

Bon, credo sia tutto, quindi ringrazio:

Hikari Megami (la mia dooolce Hicchan che scrive Synchro, leggetela che è uno spettacolo *W* )

Glasgow_R_evolver (a cui ricordo che adoro complicarmi la vita)

Ayukiko_Watarai (che ha vinto il “concorso” della volta scorsa, ovvero indovinare qual’era la canzone citata (non l’avevo pensato come un vero e proprio concorso, anzi, pensavo che fossi stata ignorata ç.ç), vincendo una storia a richiesta scritta dalla sottoscritta (e me ne vanto anche, mi credo una gran figa, bye bye modestia))

REAwhereverIgo (che mi ha tempestata di recensioni e quindi è una persona da amare *W*)

SabryKagamine (che segue la mia storia ed è dunque da amare V.V)

Blue_Flames (idem come sopra V.V)

Raven Cullen (idem come sopra sopra V.V)

 

Al prossimo capitolo,

See ya, ElPsyCongroo

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Capitolo 5
*** 5- Ti voglio bene. ***


Capitolo 5: Ti voglio bene.

«Ma che stai facendo!?! È tutto sbagliato! Ma l’hai letto sì o no il progetto? Ho dato ordini precisi! Dovete eseguire tutto nei minimi dettagli!»

Era ormai una settimana che andava avanti così. Tutto il castello si era mobilitato per la preparazione del grande evento che li attendeva e pur essendo ormai giunti al tanto atteso giorno non era ancora tutto al suo posto, cosa che faceva alterare e irritare alquanto la principessa.

«Lady, si calmi. Lo sta spaventando a morte, non vede? Cosa è successo?»

«Len, meno male che sei arrivato! Qui nessuno capisce niente!»

«Non dica così. Mi spieghi piuttosto cosa è successo.»

«Questo qui» disse indicando il povero servo intimorito e successivamente le rose che decoravano il salone «ha decorato il salone con delle rose appassite, quando avevo esplicitamente ordinato di usare rose fresche!»

«Secondo me sta esagerando milady. A me non sembrano affatto appassite e anche se cade qualche petalo non credo che sia una tragedia. Anzi, credo che agli invitati piacerà danzare sotto una pioggia di profumati petali dorati, non crede anche lei? Non si ricorda quanto le era piaciuto il mio trucchetto al nostro primo incontro?»

«Secondo incontro.»

«Primo. Quello a cui allude lei non può essere considerato come incontro, dato che io non l’ho nemmeno vista.»

«Io però ho visto te, quindi è stato quello il nostro primo incontro.»

«Non credo proprio. Un incontro è basato sul principio di due persone che si vedono, non di una che vede un’altra ad insaputa di quest’ultima.»

«Quanto sei petulante.»

«La ringrazio per il complimento.»

«Prego. Comunque ricordo ciò che è successo al nostro primo incontro e devo ammettere, mio malgrado, che hai ragione. Allora tu, continua a lavorare, c’è ancora molto da fare e non puoi permetterti di poltrire oltre.» Il servo si dileguò, lanciando ai due uno sguardo molto confuso e perplesso, ricevendo in risposta un sorriso da parte di Len che lo invitava a non farsi troppe domande. 

«Allora, è più calma adesso?»

«Ma io sono sempre calma! In particolare se ci sei tu» disse la principessa sorridendo. In effetti Len era l’unico in grado di calmarla, di farla rilassare quando era nervosa e di conseguenza sfogava le sue ire sulla servitù.

«Mhh, avrei qualche dubbio a proposito.»

«Impertinente come al solito.»

«È la mia qualità migliore miss, quella che mi ha permesso di essere al suo fianco oggi. Non è per questo che mi ha assunto?»

«Assolutamente no. È stato più per curiosità, per scoprire tutti i tuoi segreti, per vedere fino a che punto saresti stato disposto ad arrivare per me.»

«E le sue aspettative sono state soddisfatte?»

«Per mio dispiacere non ancora. O forse per fortuna. Comunque immagino che tu non abbia ancora voglia di rivelarmi i tuoi segreti, giusto?»

«Ha perfettamente ragione miss. Diciamo che la considero come un’assicurazione per il mio lavoro: credo di aver capito che non mi lascerà andare fino a quando non saprà tutto ciò che c’è da sapere su di me.»

«Che cattivo che sei Len! Non è mica per questo che ti tengo al mio fianco. Se fosse stato per quello a quest’ora ti avrei fatto sputare fuori tutti i tuoi segreti con la tortura, invece eccoti qui, ancora sano e salvo. È perché ti voglio bene che sei al mio fianco.»

«Anch’io sono molto onorato di essere al suo fianco, non potrei chiedere di meglio.»

«Uffa Len! Per una volta abbandona tutte queste formalità e dimmi chiaramente che mi vuoi bene! Tanto lo so che è così! Su dai, è la principessa in persona ad ordinartelo! Non essere timido!»

«D’accordo lady. Come desidera» e si avvicinò a lei, abbracciandola e sussurrandole all’orecchio « Rin, ti voglio be-» non odiò mai così tanto i servi come in quel momento. Due di loro, distratti forse da quella strana scena d’affetto, si erano scontrati facendo cadere a terra i piatti che portavano, facendo un tale caos da interrompere quel momento che tanto aspettava con Rin. Pian piano si girò verso i servi, con sguardo glaciale. Sapeva che al suo fianco anche la principessa aveva lo stesso sguardo. Chiunque li avesse visti in quel momento avrebbe potuto giurare che nei loro occhi si poteva vedere l’immagine vivente del male, delle rabbia, del terrore. Coloro che avevano assistito alla scena, coloro che avevano provocato la rabbia dei due gemelli, in quel momento pensarono che la morte si sarebbe abbattuta su tutti loro. E così sarebbe stato se Len non fosse stato in grado di calmarsi e mettere da parte la rabbia, almeno in parte.

«Voi due, alzatevi, in fretta!» disse in tono perentorio ai due servi tremanti ancora a terra.

«La preghiamo principessa, ci perdoni! Oggi è un giorno speciale per lei, in nessun modo vogliamo rovinarglielo, quindi la prego, ci perdoni e lasci sistemare tutto a noi!»

Rin era stranamente calma. Doveva essere a causa della festa, o della semplice vicinanza di Len, ma sembrava che non avesse la minima intenzione di rovinare tutto per un incidente.

«Non preoccupatevi. Esattamente come avete appena detto oggi è un giorno speciale per me, e per nulla al mondo voglio che qualcosa rovini la giornata. Muovetevi a riparare al danno che avete commesso.»

«La ringraziamo principessa! Non sa quanto le siamo grati! Faremo di tutto per rendere questa giornata splendida per lei, principessa Sharin!»

Nella sala cadde un silenzio di tomba. Il servo che per tutto quel tempo era stato portavoce dell’incidete causato da lui e dal suo compagno diventò ancora più pallido rispetto a prima.

«M-mi scusi principessa Rin, non era mia intenzione! Non stavo pensando a quello che dicevo, le giuro che non era mia intenzione! La prego di cre-»

«Taci, verme!» La frase pronunciata all’unisolo dai due gemelli risuonò nella sala ancora in preda ad un silenzio spettrale. Lo sguardo di Len era in grado di far gelare il sangue, quello di Rin era solo pieno d’angoscia. La principessa si lasciò cadere a terra e mentre i suoi occhi si spalancavano per il terrore tutto il suo corpo era scosso a causa della crisi di pianto che l’aveva colta.

«Ora» disse Len con voce calma, lenta, ma al contempo piena di disprezzo e rabbia, una voce che prometteva solo un futuro molto oscuro per colui che ascoltava «tu non ce l’hai un pugnale, vero? Tieni, ti presterò il mio, però non sporcarlo troppo, intesi?» La voce di Len, carica di minacce, rimbombava nella sala. Il tutto era reso ancora più agghiacciante dal volto calmo, sereno e sorridente di Len, in netto contrasto con la sua voce.

«Come?»

«Forza, prendi! Non ti farò niente, promesso.» disse sorridendo ed inclinando la testa di lato.

«C-cosa vuole che faccia signorino Len?» Che ridere che gli faceva! Quando era arrabbiato tutti cominciavano a comportarsi con lui come se fosse un principe, come se sapessero chi fosse davvero, ma nessuno di loro aveva ancora capito che non serviva a niente con lui. Era il male fatto persona, non poteva negarlo: nelle loro vene, nella vene del casato Kagamine, scorreva sangue malvagio. Pur facendo di tutto per tenere nascosto quel lato di sé Len non poteva resistere quando si trattava di sua sorella.

«Non preoccuparti, tu non dovrai fare niente.» disse con un sorriso glaciale, prendendo la mano del servo che stringeva il prezioso pugnale con l’intrico di spine e rose inciso sull’impugnatura che la giovane serva del Regno del Verde aveva regalato a Len. Con un movimento fulmineo colpì con la lama affilata la mano sinistra dell’altro servo, tranciandogli di netto il mignolo e parte dell’anulare. Quest’ultimo cominciò a gridare in preda al dolore, tra gli sguardi pieni di paura del resto della servitù.

«Ottimo, taglia davvero bene! Grazie per avermi dato la possibilità di provarlo!» disse Len al servo, come se niente fosse, come se non avesse appena amputato le dita di una persona.

«E ora tocca a te» mormorò rivolgendosi al servo ancora dolorante, sfilando il pugnale insanguinato dalla mano del servo che aveva parlato troppo.

«Mi raccomando, sii rapido, come lo sono stato io con te, altrimenti soffrirà il doppio.»

«Cosa dovrei f-fare?»

«Ovvio no? Tagliare la lingua a questo verme. E veloce, bisogna ancora finire di sistemare gli ultimi dettagli e pulire il disastro che avete combinato.» Sorrideva Len mentre pronunciava queste parole, come se stesse spiegando le regole di un gioco ad un bambino.

«No! Non potrei mai, come faccio a-»

«La prego, mi risparmi! Non era mia intenzione, glielo giuro! So che non avrei dovuto, che dovevo prestare più attenzione a ciò che dicevo, ma la prego di perdonarmi! Non accadrà mai più, quindi la prego!»

«Basta con queste scuse! Sapete tutti che quel nome è tabù all’interno di questo castello, anzi, ovunque le orecchie della principessa possano udirlo, quindi non hai scusanti! Ringrazia che al posto della lingua non ti faccio tagliare le mani o peggio ancora non mando al rogo la tua famiglia! Hai due figlie piccole vero? Loro magari potrei darle in mano a qualche mercante pervertito e far torturare a morte tua moglie, devo ancora decidere…» Ciò che faceva più paura è che ci pensò veramente. Alzò per un attimo lo sguardo al cielo e assunse una faccia pensierosa. «Meglio di no, ci vorrebbe troppo tempo e già ne abbiamo sprecato a sufficienza. Quindi muoviti, altrimenti me ne frego e mando qualcuno a prenderle!» gridò con tutta la rabbia che aveva in corpo. Non poteva passarla liscia quel servo, doveva pagarla per aver fatto piombare la principessa nella disperazione.

«La prego, no!»

«MUOVITI!» gridò in preda ad una rabbia cieca.

I due servi si guardarono in preda alla disperazione, consci del fatto che non poteva essere altrimenti, che non potevano opporsi.

«P-perdonami, è tutta colpa mia…»

«Niente lagne! Queste scenette risparmiatevele per dopo, mi sto stufando!» Len si avventò sul servo che ben presto non avrebbe avuto più niente da dire e con forza gli aprì la bocca e gli prese la lingua. «Visto? Non è difficile, ti do una mano io.» E con gli occhi pieni di disperazione e terrore, e un’ ultima scusa mormorata con un fil di voce, il servo senza dita tagliò via la lingua all’altro servo. Quest’ultimo emise un grido di puro dolore prima di svenire tra le braccia di Len.

«Visto che non era difficile? Ora muoviti a portare via questo qui e a pulire, fatti aiutare da qualcuno, così potete riprendere i vostri compiti al più presto. Al lavoro!» disse alla fine, voltandosi verso la principessa e allontanandosi con lei, dando le spalle alla servitù che malgrado tutto aveva ripreso con i preparativi della festa.

 

«Lady, come si sente?» Durante il tragitto fino alla sua camera la principessa non aveva detto una parola, si era limitata a camminare e a piangere senza emettere un suono, facendo solo scendere calde lacrime dai suoi grandi occhi color mare.

«La prego miss, deve riprendersi. Non può continuare così.» Sapeva che serviva qualcosa di più per farla riprendere. Erano chiusi nella sua stanza già da un po’ ma la principessa non si era ancora ripresa. A nulla serviva ricordarle che giorno era e la festa che la aspettava quella sera. Len cominciava a perdere le speranze, non era mai capitato che la sorella piombasse in un tale stato. D’improvviso gli venne in mente l’unico modo per farla reagire, l’unica cosa che forse l’avrebbe fatta sorridere.

«Devi reagire, Rin!» le gridò, stringendola il più forte possibile a lui. Non le aveva mai parlato così, non le aveva mai dato del tu, ma in quel momento non era il fedele servo della principessa, ma solo Len, il gemello di Rin. «Tu sei Rin, non Sharin! Devi dimenticare quel nome, è morto esattamente come colui che lo pronunciava! Non devi più pensare al passato, ormai è morto Rin, tuo padre è morto, per mano mia, lo sai! Quando ho messo fine alla sua vita, l’ho fatto per mettere fine al suo regno di terrore nei tuoi confronti! Con lui è morto tutto ciò che poteva farti del male! Tu non sei Sharin, non lo sei! Sharin era tua madre, la regina!»

Sharin Lily Kagamine, questo era il nome completo della regina. Ovviamente il cognome l’aveva preso dal matrimonio con il re Lennard Leon Kagamine. Era stata la regina a scegliere i nomi per i figli come da tradizione: così la figlia prese il primo nome della madre, Sharin, e il figlio prese il nome Allen, nome del fratello defunto della regina. Il re aveva acconsentito alla scelta ed aveva deciso di dare come secondo nome un nome che contenesse parte dei loro, in modo opposto però: così Lenka per Sharin, prendendo il “len” di Lennard, e Rinto per Allen, prendendo il “rin” di Sharin. In questo modo voleva che anche dai nomi si capisse che tutti e quattro erano legati e uniti in modo indissolubile.

Il risultato erano stati Sharin Lenka e Allen Rinto Kagamine. Forse suonavano un po’ strani, ma i regnanti Kagamine erano felici della loro scelta ed ovviamente nessuno aveva avuto il minimo desiderio di contraddirli, non per paura, ma per il semplice fatto che era giusto che fossero i genitori a scegliere i nomi dei figli. In seguito erano stati i gemelli stessi a chiamarsi con i diminutivi Rin e Len, soprannomi che sarebbero passati alla storia più dei loro nomi completi.

«Non importa cosa dicesse il re! So cosa ti faceva, e so che era così che ti chiamava quando ti faceva quelle cose, ma è successo tempo fa, non devi più pensarci! Devi solo pensare ad adesso, devi pensare al tuo regno, devi pensare a me! Ora ci sono io a proteggerti e nessuno, nessuno potrà mai farti del male, mai più! Ti proteggerò per sempre, non devi preoccuparti più di niente! La prego principessa, torni a sorride come sempre, quel gran sorriso che illumina il suo volto come se fosse il sole. La prego di non far più riempire i suoi occhi di lacrime.»

Lei ora lo guardava incantata. Mai nessuno le aveva parlato così, né i servi che la seguivano sin da piccola, né quelle che in teoria erano definite sue amiche, né tanto meno il padre, che quando la toccava era o per picchiarla o per essere fin troppo affettuoso. Lo guardava con occhi che, sebbene ricolmi di lacrime, esprimevano una gioia indicibile. Gli saltò al collo e ricominciò a piangere. Questa volta piangeva per sfogarsi, per liberarsi di tutta la rabbia e la disperazione accumulata negli anni. Lui la lasciò fare, accarezzandole la schiena, sussurrandole parole dolci mentre lei pian piano si sfogava e calmava.

«Allora, si è calmata adesso?» le chiese guardandola con enorme dolcezza.

«Sì, grazie Len. Per tutto. Per essermi sempre accanto, per sostenermi, per consolarmi, per sgridarmi e per fare ciò che io non sono in grado. Io ti devo tutto, non so come farei senza di te.»

«Per me è davvero un onore poter essere sempre al suo fianco. Comunque ho un’idea per farla riprendere al meglio.»

«Davvero? E quale sarebbe?»

«Ho intenzione di portarla in città. So che è ciò che ha sempre desiderato, così ho pensato di fare una gita con lei. È già tutto pronto; cibo, carrozza, scorta. Manca solo il suo consenso.»

«E me lo chiedi anche!?! Certo che vengo! Ho sempre voluto andare in città! Non ci sono mai andata e poi con te è ancora meglio! Però la scorta non la voglio, sarebbe inutile, ci sei tu a proteggermi, e questo basta.»

«Come desidera. Allora avviserò la scorta di restare al castello. Su, si prepari. Prima partiamo meglio è.» E così dicendo fece scendere la principessa che nel frattempo si era seduta sulle sue gambe come una bimba, alzandosi a sua volta.

«Comunque Len, non si fa così.»

«Così cosa?»

«Chi ti ha insegnato a dare del tu alla tua principessa? Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?» disse tentando di essere seria, ma chiunque avrebbe capito che scherzava, che non era arrabbiata, anzi, era assurdamente felice.

«Perdoni la mia impudenza miss. Se vuole può tagliarmi la lingua come ho fatto io prima.» Ribatté sorridendo bonario mostrandole la lingua.

Rin arrossì leggermente, perché in quel momento Len, mentre le mostrava la lingua, con la testa piegata di lato ed un occhio chiuso in modo complice, era molto… Sexy. Non aveva mai avuto pensieri simili per lui, e si affrettò a pensare ad altro.

«Nono, che schifo. Per carità, ti ringrazio per aver provveduto tu, ma io non potrei mai fare una cosa simile» disse con tono schifato ripensando alla scena di prima in modo da cancellare quei pensieri assurdi dalla propria mente.

«Anche perché se lo facesse non potrei più dirle una cosa importante.» Mormorò con dolcezza Len, totalmente inconsapevole dell’effetto che aveva provocato alla sorella.

«E cioè?» chiese Rin mentre si avviava alla porta della stanza dopo essersi preparata per uscire.

«Ti voglio bene, Rin.» Mormorò Len al suo orecchio, mentre l’abbracciava con tutta la tenerezza del mondo, con tutta la tenerezza che poteva donarle.

Rin spalancò gli occhi dalla sorpresa prima di accoccolarsi al suo petto scaldandosi con quelle tre semplici parole che per loro valevano quanto le loro vite.

 

_______

Nota d’autrice: capitolo corto, me ne rendo conto, ma dopo la lunghezza del precedente mi perdonate, vero?

Cooomunque, passando al capitolo: è chiaro? Ci sono domande in merito? Se ne avete fate pure, altrimenti passiamo a fare il giro della scuola così da poter vedere le aule (perdonatemi, ma sto scrivendo questo commento dopo una lunga giornata passata a fare da presentatrice della mia scuola alle Porte Aperte per i ragazzi di terza media, e fidatevi, a furia di ripetere le stesse cose a 50 persone è un miracolo che io non mi sia messa a parlare di orari scolastici, materia di indirizzo e proporvi di accompagnarvi per il tour scolastico .-. Mi sento alquanto morta .-.) io rispondo sempre ad ogni domanda ^^

Non avendo altre stronzate altro da dire riguardo il capitolo passo ai ringraziamenti:

Hikari Megami (tesoro caro, non te preoccupe se non mi recensisci subito, mi basta sapere che l’hai letto ^^  )

Glasgow_R_evolver (che continua a conservare la mia storia tra i preferiti quindi posso continuare a sperare che continui a piacerti ^^)

Ayukiko_Watarai (che intuisce un po’ troppo, fai la brava, se continui così va a finire che ti racconto tutto in anticipo e non va bene!)

REAwhereverIgo (a cui ricordo che è ovvio che sarà tutto sempre più straziante, è nella norma, è drammatica di natura la vita di Len V.V)

SabryKagamine (che continua a seguire la mia storia e resta da amare perché io mi accontento che venga letta V.V)

Blue_Flames (idem come sopra V.V)

Raven Cullen (idem come sopra sopra V.V)

(Si lo so, gli ultimi due sono come quelli della volta scorsa, ma oltre a ringraziarvi non so che fare XD)

 

Al prossimo capitolo,

See ya, ElPsyCongroo

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Capitolo 6
*** 6- Vorrei vederti sorridere per sempre. ***


Capitolo 6: Vorrei vederti sorridere per sempre.

L’arrivo della principessa in città fu un’enorme sorpresa per tutti. Pochi l’avevano vista dal vivo, e quando questo era successo era al castello, mai per le vie della città. Tutti sapevano come era fatta, ma nessuno l’aveva mai vista, perché sin dalla nascita era rimasta reclusa nel suo castello. Le uniche occasioni di uscita era per raggiungere altri regni per affari, di certo non per andare a far compere in città.

Tutti la guardavano allibiti, anche perché  lei non dava affatto l’apparenza di essere la Figlia del Male; aveva un’enorme sorriso stampato in faccia, andava di banco in banco gridando di gioia per ogni cosa che vedeva. Era tutto nuovo per lei, non aveva mai visto niente di tutto quello: il mercato, che si teneva due volte a settimana, quel giorno era al meglio di sé a causa della festa al castello di quella sera e Rin non poteva chiedere di meglio; non c’era mai stato mercato più colorato, festoso e allegro di quel giorno.  

«Allora miss, si sta divertendo?»

«Oh sì Len! Grazie mille! Credo di non aver mai visto così tante cose e persone tutte insieme nello stesso luogo! E pensare che il castello è grande e che spesso ci sono ricevimenti, ma mai, mai in tutta la mia vita, ho visto così tante persone! In più tutte si divertono, sono allegre: i commercianti, le famiglie che vanno a far compere, i bambini che ridono e giocano tra loro, le anziane signore che si aggirano tra i banchi cercando qualcosa per i nipotini, che sorridono e non mostrano tristezza davanti a tutto questo colore… Loro sono sempre allegri e felici, sin da piccoli hanno potuto giocare con qualcuno della loro età, correndo nei cortili e nei parchi, con i palloni ed i pupazzi, dando sfogo al loro essere bambini… Loro non sono mai dovuti stare chiusi in quattro mura, lontano da tutto e da tutti, con come unico compagno di giochi loro stessi… Loro ricevono doni che tutti i bambini desiderano, come una nuova marionetta, e non vestiti su vestiti, troppo elaborati per la vita di tutti i giorni, o gioielli troppo grandi per le loro piccole braccia… Loro portano cappelli di stoffa e dolci nastri in testa, e non pesanti corone che a fine giornata ti fanno sentire come se sul collo avessi appoggiato un masso enorme… Loro, loro…».

Rin aveva cominciato a piangere. Si era  fermata in mezzo alla strada del mercato, tra il via vai della gente, che notando la principessa immobile che piangeva cominciava a fermarsi anch’essa, interrompendo le proprie conversazioni per ascoltare curiosi il motivo del suo pianto, il pianto della terribile Figlia del Male.

«Miss Rin, cosa succede?» chiese Len con tono apprensivo, guardando di sbieco la folla che si era creata attorno a loro, come fossero bestie da circo.

«N-non è niente Len… Solo che sono un po’ invidiosa, tutto qui… Sin da piccola, essendo l’unica erede, sono stata costretta a comportarmi da adulta senza poter fare ciò che tutti i bambini normalmente fanno: giocare… Chissà, forse se ci fossi stato tu al mio fianco sin da subito avrei evitato un’infanzia così pessima, come tu sai… Ma ora basta, hai organizzato tutto questo per farmi divertire e distrarre prima della festa, quindi forza, portami da qualche parte a divertirmi Len!».

«Hai suoi ordini miss» disse Len chinando il capo con un sorriso, facendosi largo tra la folla, che non aveva capito molto di ciò che era successo, al fianco della principessa.

Dopo qualche bancarella Len disse «Che ne dice di andare a mangiare ora miss? È quasi ora di pranzo e il luogo che ho scelto per il nostro pasto è un po’ distante da qui, quindi è meglio affrettarsi.»

«Hai ragione Len, è meglio andare, torniamo alla carrozza.»

«Perché non va un attimo avanti lei? Il cocchiere conosce la destinazione, quindi non deve preoccuparsi. Devo prendere alcune cose per il pasto che ci attende, quindi essendo più pratico di lei è meglio che vada da solo, così potrò fare il più velocemente possibile.»

«Ok Len, però fai in fretta.»

«Certo miss.»

Len guardò la principessa allontanarsi e salire sulla carrozza, e attese fino a quando non si fu allontanata. Appena fu un puntino lontano Len tornò al mercato e si diresse il più velocemente possibile nel luogo in cui la principessa si era fermata a piangere. Era sicuro, sicurissimo di aver visto Miku tra la folla. I suoi capelli di smeraldo erano inconfondibili, non poteva sbagliarsi.

Si guardò attorno alla ricerca di lei, senza successo. Era parecchio agitato, ma non per il fatto di aver visto lei. Il problema era uno, ed uno soltanto: Miku non era sola, c’era un uomo con lei e Len sperava con tutto il cuore di aver visto male, perché quell’uomo gli era sembrato Kaito, il futuro sposo di Rin. Non l’aveva mai visto, ma era bastata la descrizione di sua sorella per riconoscerlo. Sperava comunque di sbagliarsi, non poteva essere vero: lui era un principe, cosa ci faceva al mercato con una serva? Non aveva senso.

Un po’ più rilassato tornò su i suoi passi, dandosi dello stupido e pensando a qualcosa da compare per avere una scusa decente con Rin. Proprio mentre ci pensava scorse la stessa bancarella in cui aveva comprato l’abito per Miku e lì si fermò davanti al regalo perfetto per la principessa Rin, dato che ancora non le aveva comprato niente dopo la pessima svista della volta prima. Dopo aver comprato e impachettato ciò che doveva si allontanò, non prima però di aver visto l’abito nero di Miku che aveva comprato la volta prima tra gli altri vestiti del banco. Pensando che semplicemente ne avessero portato un altro si allontanò tranquillo, senza tener conto del fatto che la volta prima l’abito era in bella mostra su di un manichino, mentre questa volta era buttato semplice nel mucchio di abiti in saldo, a causa di uno strappo in fondo alla gonna che si era creato dopo la rovinosa caduta di Miku tra le braccia di Len.

 

«Miss Rin, miss Rin! Si svegli! Non dovrebbe dormire così all’aperto, potrebbe prendersi un malanno. Su forza, si svegli!»

Rin aprì lentamente gli occhi, trovandosi davanti gli occhi leggermente preoccupati del suo adorato servo.

«Cosa è successo?»

«Non saprei, dovrebbe essere lei a dirmelo, quando sono arrivato lei stava dormendo. Ho pensato di lasciarla riposare ma la vedevo agitata. Ha fatto un brutto sogno?»

«… Sì.»

«Vuole raccontarmelo?»

«Il solito incubo…»

«Quello di sua madre?»

«Sì…»

«Lo sa che è solo un incubo. Lei non ha colpa di quello che è successo, era debole, non poteva accadere altrimenti.»

«Non posso fare a meno di pensare che in parte sia anche colpa mia.»

«Non è affatto così, si fidi. Lei non è in nessun modo colpevole.»

Ed era vero. Rin era da anni ormai che sognava la madre morta che usciva da un fiume e che tentava di strozzarla mentre la accusava della sua morte. Però lei non conosceva la verità, o piuttosto, l’aveva dimenticata. Il padre infatti, continuando a negare l’esistenza di Len, aveva fatto dimenticare a Rin il fatto di avere un fratello gemello. La rabbia ed il disgusto che il re provava per il figlio era tale che non solo aveva fatto dimenticare la sua esistenza alla figlia con strane pozioni e tecniche psicoanalitiche, aveva anche fatto dire a tutto il Paese che il figlio era morto ed aveva ordinato di tacere sulla sua esistenza, pena la morte. Ecco perché la principessa aveva dimenticato il tanto amato gemello.

Inoltre i ricordi in generale di ciò che era successo prima della morte della madre erano danneggiati, così aveva finito per credere di essere stata lei la causa dell’incidente che aveva portato alla morte della madre. Ciò che non sapeva era che Len aveva il medesimo incubo, per il semplice fatto che era stato lui a causare la morte della madre. Era accaduto tutto molto rapidamente, all’improvviso, e nessuno aveva potuto fare niente: Rin e Len stavano semplicemente giocando in riva ad un fiume sotto lo sguardo vigile della madre, ma ad un certo punto Len era caduto nel fiume e la madre si era tuffata per salvarlo. A causa della salute già cagionevole si ammalò ed in seguito morì.

Ovviamente non era davvero colpa di Len, ma lui non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che se non fosse caduto in quel maledetto fiume non sarebbe successo niente.

«Comunque ora finalmente sei arrivato, pensavo ti fossi perso o che mi avessi abbandonata qui!»

«Non potrei mai miss, piuttosto che abbandonarla mi ucciderei.»

«Esagerato, te l’ho già detto che non c’è nemmeno bisogno che tu pensi a cose del genere!»

«È inutile miss, non cambierò mai idea. Su, è ora di mangiare, altrimenti il cibo che le ho preparato potrebbe rovinarsi.»

«Uff, sei proprio uno stupido lo sai? Comunque va bene, vediamo cosa mi hai preparato di buono!»

Si sedettero sotto l’enorme albero di ciliegio in fiore, che lasciava cadere i suoi petali come una leggera pioggia. Len si era impegnato con tutto se stesso per preparare quel giorno. Non avevano mai avuto occasione di stare loro due soli e ora che lei si sposava ci sarebbero state ancora meno possibilità, anzi, nessuna, quindi si era impegnato più che poteva per rendere tutto perfetto.

«Ahhh, Len, è tutto magnifico! Certo che sei proprio bravo in tutto! Nemmeno le cuoche del castello sanno cucinare come te!»

«La ringrazio del complimento, sono molto lusingato.» A fine pasto la principessa pretese di usare Len come cuscino per riposarsi un po’ e il ragazzo molto divertito ed un imbarazzato acconsentì, ritrovandosi il capo della sorella sulle gambe.

«Mhhmhmh, mhmhmh, un uccellino nella gabbia, quando se ne andrà?» canticchiò ad un certo punto la principessa.

«Cosa canta miss?»

«Mentre venivamo qui il cocchiere ha dovuto deviare nel bosco perché la strada era bloccata. Ad un certo punto ho scorto un edificio e davanti ad esso dei bambini stavano facendo uno strano gioco. Erano tutti in cerchio e canticchiavano questa canzone. Ero incuriosita perciò volevo scendere ed andare da loro ma il cocchiere me lo ha impedito, dicendo che era un gioco maledetto. Tu lo conosci?»

«In realtà no. Se vuole indagherò.»

«Si grazie, sono un po’ preoccupata. Mi era sembrato di sentire un urlo provenire dall’edificio mentre ci allontanavamo, ma non ne sono sicura.»

«Ci penserò io, non si preoccupi.» Tornarono in silenzio e Len stava per addormentarsi quando Rin parlò di nuovo.

«Sai costruire gli aereoplanini di carta?»

«… No, lei sì?»

«Perfetto allora! Te lo insegno io! Guarda bene come si fa, me lo ha insegnato mia madre!» Len la guardò sorridendo mentre ricordava il giorno in cui la madre gli aveva insegnato quel semplice gioco.

 

“Mamma, mamma! Ci racconti di come vi siete conosciuti tu e papà?”

“Io e papà? Come mai vi è venuto in mente?”

“Così. Papà ci ha letto una delle tante favole che ci raccontate sempre ma ci annoiavamo così gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcos’altro, ma lui ha detto di chiedere a te, di raccontarci come vi siete conosciuti.”

“Certo che vostro padre poteva scegliere un’altra storia. Ok, vi racconterò cosa è successo.” I due piccoli si sedettero sul prato davanti alla madre con occhi pieni di curiosità.

“Io sono di origini povere, provengo da una semplice famiglia del popolo. Quando avevo più o meno 14 anni vivevo con la mia famiglia in una specie di villaggio circondato da un’alta rete. Non potevamo uscire da lì ed anche se ero di salute cagionevole dovevo lavorare.”

“Lavorare?”

“Sì. Aiutavo i miei genitori a lavorare la terra nei campi insieme agli altri abitanti del villaggio. Io mi annoiavo molto e spesso andavo al confine del villaggio, alla rete che ci separava dal resto del mondo, sperando di poter uscire. Un giorno, al di là della rete, vidi un ragazzo. Era ben vestito e sembrava poco più grande di me. Gli feci un cenno di saluto e lui si avvicinò. Ci guardammo un attimo e poi lui si presentò: era vostro padre. Cominciammo a parlare e lui mi disse di essere il principe Kagamine, ed io mi stupii moltissimo. Iniziai a parlargli come si fa con chi è importante ma lui disse che andava bene così, che non dovevo, perché eravamo amici. Lo ringraziai ma poi dovetti tornare dalla mia famiglia perché si stava facendo tardi e cominciava a fare freddo. Purtroppo quella notte mi ammalai e, a causa del forte mal di gola, persi la voce. Il giorno dopo tornai alla rete e vostro padre era lì. Io non riuscii neanche a salutarlo tanto era il dolore alla gola così scrissi ciò che volevo dirgli su un foglio e , costruendo un aereoplanino, glielo lanciai facendolo volare sopra la rete. Così cominciammo a scambiarci messaggi solo scritti. Era più sicuro, in quel modo nessuno poteva sentirci, ed era anche divertente. Andammo avanti così per mesi, anche quando recuperai la voce. L’amicizia si era tramutata ben presto in amore. Purtroppo però fummo scoperti: le guardie di vostro padre riferirono il legame che si era instaurato tra noi ai regnanti di allora, ai vostri nonni, e loro diedero l’ordine di separarci. Io venni portata via da quel villaggio e mi fu detto che se avessi osato cercare il principe avrebbero ucciso la mia famiglia. A lui invece dissero che ero morta. Così per molto tempo non ci vedemmo più. Fu lui a ritrovarmi tempo dopo. Creò grande scalpore quando disse di voler sposare una popolana, ma ormai aveva preso la sua decisione. Così ci sposammo e dopo poco tempo siete nati voi due.”

“È una storia tanto dolce! Però non abbiamo capito una cosa?”

“Cosa?”

“Cos’è un aereoplanino di carta?” chiesero incoro i piccoli.

La regina Lily scoppiò a ridere per la dolcezza dei figli. Erano così adorabili nella loro ingenuità e dolce ignoranza di bambini.

“Ok piccoli, allora vi insegno a farli.” E così crearono tanti aeroplanini di carta, tutti di colori diversi. I gemelli iniziarono a farli volare ovunque e a lanciarseli a vicenda, facendoli volare in alto.

“Vediamo se riesci a prendere questo Len!” La piccola Rin lanciò l’ennesimo aereoplanino ma, complice il vento, questo volò troppo alto. Len arretrò per recuperarlo ma così facendo inciampò e cadde nel fiume dietro di lui. L’urlo disperato della madre e il pianto della sorella furono le ultime cose che sentì.

 

«Ecco fatto! Visto, è semplice!»

«Ha ragione. Lei è davvero molto brava.»

«Grazie mille! Questa è stata l’ultima cosa che mi ha insegnato mia madre, perciò mi sono allenata tanto per riuscirci bene.» La principessa sorrideva dolcemente mentre guardava la sua creazione volare lontano sul prato. Ad un certo punto, in lontananza, udirono le campane suonare: erano le tre di pomeriggio.

«Oh, è ora della merenda! Cosa mi hai preparato oggi?»

«Brioshe!»

«Le mie preferite!»

«Esatto!» Dopo la merenda Len finalmente si decise a porre il suo dono alla sua amata sorella.

«Madame, ho un’altra cosa per lei.»

«Davvero? Cosa?»

«Questo» disse Len tirando fuori il pacco che fino a quel momento era stato nascosto nel cesto del pranzo «È per lei, come dono di buon augurio.»

«Ahhh, Len mi ha fatto un regalo! Allora era questo che eri andato a prendere prima!»

«Esatto. Su, lo apra, che se non le piace o non le va bene magari siamo ancora in tempo per cambiarlo.»

Rin cominciò a strappare tutta la carta che circondava il regalo di Len. La principessa rimase a bocca aperta: il pacco nascondeva un bellissimo abito giallo scuro, sembrava oro colato, orlato di nero alle maniche, allo scollo che terminava con un piccolo fiocco dai lunghi nastri e all’orlo delle due balze del vestito. Sul retro dell’abito era applicato un magnifico fiocco nero, che terminava i suoi nastri dopo una lunghissima discesa lungo l’abito. Il tutto era completato da un paio di scarpe nere e due ornamenti per i capelli: una rosa dello stesso colore dell’abito e un nastro bianco.

«La commessa mi ha detto che questo va messo così.» Len si avvicinò a Rin con il nostro in mano e facendolo passare sotto i capelli lo lego in cima alla nuca, creando un piccolo ma bellissimo fiocco.

«Ho pensato di prenderglielo dopo averla vista gioire di fronte alle bambine tutte infiocchettate, spero le piaccia.»

«Len, è tutto semplicemente magnifico. Indosserò tutto alla festa di questa sera, te lo prometto!»

«Non deve sentirsi obbligata.»

«Ma infatti non è così. Il vestito che mi ha regalato Len è magnifico, tutti lo devono vedere.»

«Come desidera miss, sono lusingato che abbia apprezzato il mio dono.»

«Ovvio no? Qualunque cosa Len faccia per me è bellissima» E così dicendo diede un piccolo bacio sulla guancia di Len. Lui divenne immediatamente rosso e si affrettò a dire «S-su principessa, è ora di finire la merenda e di tornare al castello, altrimenti non avrà il tempo di prepararsi.»

«Prima devo provare l’abito» e scappò all’interno della carrozza. Ne uscì poco dopo, e fu come una visione: era stupenda. L’abito le calzava alla perfezione, il suo piccolo corpo che aveva appena cominciato a diventare come quello di una donna era fasciato in quella seta dorata in maniera incantevole. Sotto la pioggia di petali la principessa sembrava una bellissima fata dorata.

«È incantevole miss.» Questa volta fu il turno di lei per arrossire. Si girò di schiena per non farsi vedere e si affrettò a dire «O-ok, ora basta. Dobbiamo tornare e ancora non abbiamo fatto merenda!»

«Allora vada a cambiarsi, non vorrà rovinare l’abito vero?»

«Certo che no! Grazie Len, è stata una giornata magnifica» e sparì di nuovo.

Len si alzò per sistemare tutto quando sentì un rumore dietro di se e subito dopo il caldo corpo di Rin era stretto al suo in un dolce abbraccio. Len piegò leggermente la testa di lato ed iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli.

«Miss Rin, non crede che sia un po’ fuori luogo?»

«Non c’è nessuno, posso abbracciarti tranquillamente…»

«Cosa succede miss? Non mi ha mai abbracciato, è diversa dal solito oggi.»

«… ho paura di perderti.»

«Principessa, gliel’ho sempre detto che non la lascerò mai.»

«Ho paura, ho un brutto presentimento.»

«Qualunque cosa accada la proteggerò, lo sa.»

«È per te che ho paura! Tu mi proteggi sempre, ma temo che sia tu quello che dovrà essere protetto!»

«Le prometto che non morirò miss Rin, io vivrò fino a quando non sarà lei stessa a non volermi più. Questa è una promessa, non la lascerò mai.»

«… Lo giuri?»

«Lo giuro.»

«Mi prometti che non mi lascerai mai?»

«Lo prometto.»

«Mi prometti che un giorno torneremo qui, sotto il ciliegio?»

«Lo prometto. Le prometto che sarò sempre al suo fianco e che se mai sparirò potrà venire a cercarmi qui. Io l’aspetterò per sempre.»

La principessa si sciolse dall’abbraccio ed allungò una mano chiusa a pugno verso di lui, con il mignolo teso.

«Yubikiri.»

«Non pensavo che credesse a queste cose.»

«Yubikiri!»

«Ok» Len sorrise dolcemente alla sua sorellina e le strinse il mignolo con il suo.

«Yubikiri, e che il dito ti possa essere tagliato se non rispetterai la promessa!» I due si guardarono e finalmente, dopo quel momento di tristezza e malinconia, risero. Risero con le lacrime di gioia agli occhi, mentre si aggrappavano con tutte le loro forze a quella piccola promessa, così infantile ma così vitale in quel momento.

«Grazie Len, per tutto. La prossima volta che torneremo al ciliegio sarai tu a ringraziarmi!»

«Ci conto.»

«Eheh. Ora vado a cambiarmi, aspettami e non sbirciare!» e sparì nella carrozza.

Len si avvicinò al tronco dell’albero e con il suo pugnale incise le loro iniziali a fondo, così che la promessa di rincontrarsi potesse avverarsi.

-Magari potessimo restare qui per sempre sorellina, con il tuo sorriso e il tuo sguardo innocente. Vorrei restare qui e vederti sorridere per il resto dei miei giorni.-

 

__________

Nota d’autrice: capitolo molto dolce secondo me, anche perché finalmente ho potuto parlare della loro mamma, una donna che ho voluto immaginare estremamente dolce. Inoltre ho potuto spiegare il perché della perdita di memoria di Rin e dell’allontanamento di Len, mettendo in chiaro alcune cose.

A parte questo anche qui apro il concorso “Indovina la canzone citata!” che in questo caso sono due, perciò fate molta attenzione. Non credo che siano troppo difficili da indovinare, o almeno, chi conosce abbastanza i Vocaloid dovrebbe conoscerle ^^ Il premio è una storia dedicata scritta da me o un disegno fatto da me, non che sia un granché come premio ma non ho davvero altro di meglio!

Ora i ringraziamenti:

Hikari Megami (la mia tesoro che si preoccupa sempre troppo ^^ Dovresti preoccuparti seriamente dei danni che subirai a causa mia, sai che soffrirai molto )

Glasgow_R_evolver (che anche se non ha recensito conserva la mia storia ^^)

Ayukiko_Watarai (che sta volta ho fregato! Non si è affatto pentito di aver portato la sorella in città, anzi, è stata una delle sue giornate più belle ^^ Credo però che riuscirai ad indovinare le canzoni, così mi freghi un’altra storia (giuro che la prima arriverà, giuro!))

REAwhereverIgo (prepariamogli una bella tomba al nostro Len caro, tanto tra non troppo gli servirà V.V)

Raven Cullen (che ha timidamente scritto la sua prima recensione alla mia storia dicendo che la faccio impazzire rendendomi felicissima ^^)

SabryKagamine (che mi segue ancora, evviva :D Non ho ancora perso lettori!)

Blue_Flames (idem come sopra :D Non sono stata abbandonata!)

 

Al prossimo capitolo,

See ya, ElPsyCongroo

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Capitolo 7
*** 6- È giunto il momento. ***


N.B. LEGGETE LA NOTA D’AUTRICE, È IMPORTANTE!

 

Capitolo 7: È giunto il momento.

Nervi.

«Dov’è la principessa? È in ritardo! Sei tu che devi occuparti di lei!»

Ner-vi.

«E vedi di ascoltare quando la gente ti parla! Devi prenderti le tue responsabilità!»

N-e-r-v-i.

«Allora? Dov’è? Non l’avrai nascosta da qualche parte perché non vuoi farla sposare, vero? Questo è un giorno importante per la principessa Rin, non devi prendere questa situazione come se fosse un gioco! Se il principe Kaito e la principessa Rin non si sposano i regni non troveranno mai la pace, anzi, molto probabilmente finiremo in guerra! Perciò vedi di dirmi immediatamente dov’è la principessa altrimenti te la farò pagare, non mi interessa che sei il suo prediletto!»

NERVI!

«Taci vecchia!» Len non ce la faceva più. Appena erano tornati dalla loro uscita Rin era stata letteralmente trascinata via dalle serve del castello cosicché potesse essere preparata per la festa di quella sera; Len aveva tentato di seguirla ma come era ovvio che accadesse era stato spedito a fare altro malgrado la proteste della principessa. In realtà non c’era molto da fare, ma trovavano sempre tutte le scuse del mondo per allontanarlo da lei. Così, dopo aver controllato che fosse tutto apposto, il salone ben decorato, la sala da pranzo pronta con tutti i cibi per il banchetto, i giardini con tavoli e sedie per i commensali, l’entrata al castello riccamente addobbata e i vari domestici, cuochi e quant’altro pronti ed efficienti era andato a prepararsi anche lui.

Quella sera avrebbe avuto il privilegio di stare al fianco della principessa in veste di accompagnatore e non di servo. Sarebbe stato impeccabile. Aveva comprato uno smoking che si abbinasse all’abito della principessa: la lunga giacca era color oro bordata di nero. Il colletto alzato ed abbottonato da metà petto fino all’attaccatura dei pantaloni lasciava vedere la camicia bianca, ed attorno al collo aveva legato un foulard dello stesso bianco candido. I pantaloni erano più semplici, neri, e ai piedi indossava dei lucidi stivali anch’essi neri. Si era anche legato i capelli in una piccola coda con un nastrino nero. Ironia della sorte, sembrava un vero principe con quell’abito. E sembrava anche più grande.

Appena pronto era uscito diretto alle stanze di Rin, ed era così che aveva scoperto che lei era sparita. Appena dopo essere stata vestita con un abito che non era quello che lui le aveva appena regalato era uscita dicendo che sarebbe andata a chiamarlo, ma così non era stato. Lui non l’aveva vista da nessuna parte. Non aveva idea di dove fosse, ma tutti si erano accaniti su di lui, tempestandolo di domande e facendogli salire i nervi a fior di pelle.

«Tacete tutti! Per quanto mi costi ammetterlo non ho idea di dove sia, non è venuta a cercarmi, non mi ha detto che volesse andare da qualche parte altrimenti a quest’ora sarei con lei e non so dove potrebbe essere! Se magari non mi aveste cacciato questo non sarebbe successo! Ora, voi la cercate in ogni angolo del castello, io andrò a cercarla fuori. Se la trovate avvisatemi immediatamente, sono stato chiaro?» Essendo gemello di Rin anche lui aveva solo quattordici anni, ma in quel momento, circondato dalla maggior parte dei servi del castello, aveva un’età indefinita in grado di intimorire tutti.

«Allora?» Tutti si riscossero ed annuendo in fretta andarono a cercare la principessa per tutto il castello. Len si diresse immediatamente fuori, con un posto ben preciso in mente. Era vero, non sapeva dove fosse, ma una mezza idea se l’era fatta. Una volta fuori dal castello attraversò in gran fretta il cortile e si addentrò nel giardino di rose. Superò il centro dove si ergeva un magnifico gazebo anch’esso allestito per la festa (era stato preparato per i due futuri sposi, per concedergli un po’ di “privacy” dopo l’annuncio) ed andò verso il labirinto che si trovava poco più in là. Per buona parte percorse la strada giusta, quella che l’avrebbe portato al lago sul retro, ma ad un certo punto si fermò. Guardò l’alta siepe davanti a lui per un attimo e quando individuò un piccolo nastro dorato lo tirò, riuscendo a spostare con facilità una grande sezione di rami così da poter passare dall’altra parte.

Davanti a lui si figurò un enorme e fitto bosco. I grandi alberi non permettevano alla luce di penetrarvi all’interno, così da renderlo estremamente buio. Si avvicinò ad uno dei prima alberi e fece un piccolo sorriso. Aveva indovinato: appeso ad un ramo c’era un abito molto elaborato, nero e oro, finemente decorato. Ai piedi dell’albero c’erano delle scarpe con il tacco alto color oro affiancate dalla corona che Rin tanto odiava. Len si tolse giacca, cravatta e stivali e lasciò il tutto insieme alle cose di Rin. Si addentrò nel fitto bosco e dopo alcuni minuti di cammino scorse una parete di roccia nella quale si apriva una grotta. Len entrò piano senza far rumore ed avvertì l’eco della voce della sorella. Addentrandosi ancora di più arrivo al centro della grotta che si apriva in una grande “stanza”, e al centro di essa, davanti ad una lapide, c’era Rin, in piedi che ballava, a ritmo della dolce melodia che canticchiava.

Len riconobbe immediatamente la melodia, così cominciò a cantare:

«Nella culla del tempo

Ciò che vidi fu un sogno terribilmente freddo

Ma tu cantavi per me

Una gentili, gentile ninna nanna

 

Rin interruppe il suo canto e si girò verso di lui. Non gli chiese niente, semplicemente sorrise, ed iniziò anche lei a cantare, rispondendo alle sue domande.

 

  Cosa desideravi?

- Un mondo che non finisse mai-

Cosa desideravo?

-La fine del mondo ...?-

“La voce prescelta,”

Con esitazione e dolore

- Con sorrisi e consolazioni -

“Continua a cantare”

 

Trasformando l’afflizione in gioia

-Mutando il dolore in sorrisi-

Stai camminando in mezzo alla distruzione senza speranza?

-Tutto quello che posso fare è pregare-

Voglio salvarti

- Voglio proteggere questo mondo -

“Desidero ardentemente l’intersezione che deve ancora arrivare”

Voglio concludere tutte le vite con le mie mani

- Voglio portare la pace e la benedizione per il mondo senza fine -

Ah, non si può raggiungere

- Il mio cuore non si può raggiungere -

“I nostri desideri lasciarono solo illusioni, ricominciando un’altra volta ancora”

 

Rin intanto che cantava ballava, e il suo spettacolo era ciò che di più magnifico si potesse vedere. Volteggiava nella grotta, con i piedi nudi a contatto con la roccia fredda ed indosso solo la leggera sottoveste bianca. Con le braccia reggeva un lungo drappo dorato, che risplendeva ogni volta che la luce che filtrava tra le crepe della grotta la raggiungeva. Len prese fiato per due secondi e riprese a cantare la melodia

 

È giunto il momento»

e a quel punto Rin cadde a terra, come sfinita dal canto.

«Lady Rin!» Len corse dalla sorella che pian piano si stava rialzando, pronto a fare qualunque cosa potesse servire per aiutarla. Stava impazzendo, temendo che Rin si fosse fatta seriamente male, ma lei, all’improvviso, si girò verso di lui e lo guardò con un gran sorriso.

«Ops, sono caduta!»

«Oddio principessa, mi ha fatto preoccupare! Credevo che si fosse ferita!»

«Tranquillo Len, non mi sono fatta niente!»

«Sicura?»

«Sicurissima! Anzi, sono arrabbiata con me stessa perché sono inciampata nei miei stessi piedi! Eppure ci stava venendo così bene!»

«Non si arrabbi, non è colpa sua. È vero, è caduta, ma non deve farsene una colpa. Capita. È stato comunque bellissimo poter cantare assieme.»

«Anche per me è stato bellissimo. Era da tanto che non cantavamo. È un peccato… Comunque non credevo che la ricordassi ancora.»

«Non potrei mai dimenticare una canzone tanto importante per la mia principessa.»

«Lecchino.»

«Non è così. Lo sa che ci tengo a lei.»

«Certo che lo. Per questo ci vogliamo bene, vero?»

«Vero.»

«… Senti Len…»

«Mi dica.»

«Secondo te lei mi voleva bene?» chiese Rin indicando la lapide.

«Senza ombra di dubbio,» rispose Len guardando il nome inciso sulla pietra «le voleva sicuramente bene. Me l’aveva detto lei stessa no? La canzone è un suo dono, giusto?»

«Già…» Rin chiuse un attimo gli occhi, ed insieme a Len ripensarono a qualche tempo prima, quando Rin per la prima volta aveva portato il suo servo in quella grotta.

 

“Allora Len, adesso ti porto in un posto che nessun altro a parte me conosce. Beh, in realtà c’era anche mio padre. Ma appunto c’era, quindi ora lo so solo io.”

“E se mi è concesso chiederlo, perché lo vuole far sapere anche a me?”

“Così. Sei il mio servo, non si sa mai che ti torni utile saperlo.”

“Come desidera.”

I due ragazzi uscirono dal castello, mentre la notte cominciava a scendere.

“Non sarebbe meglio andare un altro giorno? Ormai è tardi, si sta già facendo buio.”

“Non preoccuparti, conosco la strada a memoria. Non mi perderei nemmeno in mezzo ad una tempesta di neve, figurarsi al buio” e così dicendo proseguì spedita verso il giardino delle rose.

Len le andò subito dietro, senza perderla d’occhio nemmeno per un secondo. Guardò furtivo le guardie del castello che sorvegliavano l’esterno, ma nessuna di loro sembrava prestare attenzione ai due.

“Per quanto gli riguarda io potrei anche sparire senza lasciare traccia, quindi poco gli importa dove vado. Non ci seguiranno, anche perché gliel’ho vietato.”

Superarono il gazebo e raggiunsero il grande labirinto formato da alte siepi.

“Conosci la strada per uscire da questo labirinto?”

“Le strade. Una porta al cancello principale, una alle coltivazioni di corte, un’altra ancora alla zona di allevamento, una alle stalle, e l’ultima al lago sul retro, oltre alle varie strade senza uscita o che portano alle celle o in mezzo ai cani da guardia.”

“Chiederti come fai a saperlo immagino sia inutile, vero?”

Len sorrise senza rispondere. Sapeva tutte le strade del labirinto perché erano stati loro stessi, insieme all’aiuto della madre e del padre, prima dell’incidente, a creare la mappa del labirinto. Sin da piccolo Len aveva una memoria fotografica molto sviluppata, quindi gli era bastato poco per ricordare tutte le vie giuste.

“Figurarsi. Beh, caro il mio servo, sappi che questa volta ti sbagli. C’è una strada che non conosci.”

“Davvero? Strano, non credevo di averne dimenticata una.” Len si mise a ragionare ma no, era impossibile, non poteva aver dimenticato una strada.

“Infatti sei stato bravo, hai elencato tutte le strade scritte sulla mappa, ma te ne manca comunque una.” Terminando la frase la principessa si fermò davanti una delle pareti di siepe del labirinto. Mentre parlavano infatti avevano cominciato a percorrerlo e Len era convinto che si stessero dirigendo al lago, ma a quanto pareva non era così. La principessa lo fece mettere vicino a lui e gli indicò un punto nella siepe: anche se era buio Len vide un sottile nastro d’oro legato ad uno dei rametti. La principessa lo tirò e così facendo parte della siepe si aprì: il nastro infatti era collegato a tanti altri e in questo modo bastava un tiro leggero per far smuovere vari rami, aprendo un passaggio.

Senza lasciargli il tempo di parlare Rin lo trascinò con sé verso il bosco in fondo alla proprietà dei Kagamine. Prima di addentrarsi si tolse le scarpe e il vestito senza curarsi sella presenza di Len, che nel frattempo era parecchio arrossito. Dopo averlo esortato a togliersi anche lui le scarpe lo prese per mano e lo trascinò in mezzo agli alberi. Dopo un breve tragitto Len vide una grotta che si apriva nella roccia e fu proprio li che Rin lo portò. Dopo aver percorso uno stretto corridoio arrivarono ad una parte più ampia della grotta, una specie di enorme stanza. Al centro c’era una croce di pietra illuminati dai raggi di luna che filtravano dalla roccia.

Una volta abbastanza vicini Len scorse il nome su quella che si era rivelata essere una tomba:

-Sharin Lily Kagamine, morta per proteggere il futuro dell’Oro-

“Questa è la tomba di mia madre. È morta anni fa, quando ero ancora molto piccola, quindi non mi ricordo molto di lei. Vedi? Ho preso il suo nome, anche se ormai nessuno mi chiama così. “Sharin Lenka Kagamine”, non  lo trovi un nome orribile ed esagerato?” Len fece fatica a rispondere: trovarsi così d’improvviso davanti alla tomba della madre era stato traumatico. Era un miracolo che non fosse scoppiato a piangere.

“Comunque, non ti ho portato qui per lamentarmi. Volevo raccontarti una storia che mi raccontò mia madre poco prima di morire. Siediti qui.” Rin si era seduta davanti alla tomba con Len accanto.

“La storia narra la leggenda di questo regno. Si racconta di come un tempo tutti i paesi fossero uniti in uno solo e di come il suo equilibrio fosse governato dalla presenza di un enorme drago nero. Questo drago viveva in una grotta come questa e per compiacerlo e venerarlo il popolo offriva una giovane ragazza con grandi abilità canore e di danza. Essa doveva placare la collera del drago quando si sarebbe manifestata, ed era conosciuta da tutti come Diva. Purtroppo la Diva non aveva vita lunga: il danzare e cantare in modo continuo la sfiniva fino alla morte, ed a quel punto si sceglieva una nuova Diva. Arrivò il giorno in cui fu scelta una giovane fanciulla dai capelli dorati come Diva. La madre si oppose con tutte le sue forze, inutilmente. La fanciulla fu portata via. Il fratello gemello però continuò a sentire la sua voce; così, dopo anni di attesa e la morte della madre, partì alla ricerca della sorella. Quando raggiunse la grotta del drago incontrò un ragazza che gli sbarrava la strada: era la Guardiana che aveva il compito di fermare chiunque tentasse di liberare la Diva, anche a costo di morire. Il ragazzo lottò strenuamente e quando sembrò tutto perduto ruppe la maschera della Guardiana. Come se fosse stata colpita al cuore essa si immobilizzò così il ragazzo raggiunse la sorella. Purtroppo però era arrivato tardi: la ragazza, dopo averlo visto ed avergli sorriso dolcemente, si accasciò al suolo, stremata. Il fratello la raggiunse ed implorando per la sua salvezza la strinse a sé. All’improvviso un bagliore verde li avvolse e la Diva sembrò riprendere tutta la vitalità e forza persa in quegli anni. I due gemelli si strinsero forte e guardarono senza timore il drago che stava per scagliare tutta la sua furia su di loro, pronti a morire, felici di essere si nuovo insieme. Prima di colpirli però la Guardiana si parò tra loro, e dopo aver sorriso ai due ragazzi una grande luce bianca riempì la grotta. Nessuno conosce il vero finale della leggenda, ma tutti sono d’accordo su una cosa: la Guardiana si sacrificò per proteggere i gemelli e così facendo i drago nero morì, sconvolgendo l’equilibrio del mondo. Per questo ora è divido. Si dice anche che la Guardiana diventò lei stessa il drago e che ancora oggi riposi, aspettando che arrivi il momento adatto per sparire del tutto, il momento in cui il mondo saprà gestirsi da solo.”

“E i gemelli?”

“Una versione dice che sono morti, ma non mi piace molto. Da allora comunque si crede che i gemelli abbiano una forza ed un potere nascosto in grado di governare il mondo. In fin dei conti secondo la leggenda è proprio grazie a loro che il mondo si è salvato, ma forse a causa loro è nato un nuovo drago in grado di distruggere tutto quando lo riterrà necessario.”

“Perché ha voluto raccontarmi questa storia?”

“Per tu hai salvato il mio mondo come il ragazzo della leggenda uccidendo il drago, ed hai salvato me, la Diva. Forse però è un male, salvandomi forse hai dato vita ad un drago in grado di distruggere tutto. Come la Guardiana.”

“Io non la vedo così.”

“E come la vedi?”

“Secondo me sì, posso essere paragonato al ragazzo, ma in quanto ho salvato la vita di una povera ragazza uccidendo il drago che la teneva prigioniera. Poco importa se ho creato un nuovo drago, l’importante è aver protetto la Diva.”

“E la guardiana?”

“Non saprei, è l’unico personaggio della storia che mi manca.”

“Quindi la tua teoria non può essere considerata valida.”

“Io continuo a considerarla tale.”

“Fa un po’ come vuoi!” La principessa si abbracciò le ginocchia ed vi affondò il viso. Dopo un attimo di silenzio Len le poggiò una mano sulla testa, e disse

“Secondo me la guardiana è sua madre, la regina Lily.”

“Come scusa?”

“Lei è morta dopo averla salvata, giusto? Non le sto dando la colpa della sua morte, non oserei mai, è stato un tragico incidente, ma come la Guardiana della leggenda ha deciso di salvare la vita della sua Diva. Ed ora protegge il mondo della sua Diva.”

“… Detta così mi piace…” La principessa arrossì e sorrise leggermente.

“Visto? Le sono tornato utile?”

“Tu mi sei sempre utile! Lo sarai di più però se impari questa!” Rin tirò fuori un pezzo di carta su cui era scritto il testo di una canzone. Era diviso in frasi diverse che dovevano cantare separatamente o contemporaneamente, o frasi uguali. Leggendolo alla veloce scoprì che era il testo della leggenda. Sul retro era riportato anche lo spartito per suonarla al piano e al violino.

“Entro quando dovrei impararla?”

“Subito!”

“Subito!? Ma è lunghissima, per non parlare della difficoltà! E poi non ho neanche il violino con me, figurarsi il piano!”

“Non preoccuparti! Ho già pensato a tutto io!” Rin prese una scatola di legno, che aprendosi rivelò essere un carillon.

“Trovare qualcuno che riuscisse a costruirlo è stato difficile, ma almeno hai una base su cui allenarti quando non sei con me. Ora fallo partire, ti farò sentire com’è!” Len iniziò a girare la manovella del carillon e la principessa iniziò a danzare. Prima un ballo lento, leggero, quasi mimando una scena di vita quotidiana. Poi cominciò a cantare, e da quel momento in poi Len non poté far altro che guadarla pieno di meraviglia.

 

«Tu allora dicesti che mia madre mi protesse, che protesse la sua Diva. Ci credi ancora? Credi ancora che mia madre mi protegga?»

«Sì, lo credo ancora, ed anzi, ne sono sicuro.»

«Ma io non ho fatto niente di buono. Sono malvagia, non merito la sua protezione.»

«Lei è sua madre lady. Qualunque cose abbia fatto la proteggerà, perché è la sua bambina, la sua amata figlia. Non potrebbe mai volere il male per lei.»

«Ma mio padre…»

«Suo padre non centra. Tutto quello che ha fatto l’ha fatto dopo la morta della regina Lily. Non che questo lo giustifichi, ma anche lui era buono. È stata lei a dirmi che vivevate una vita felice, senza problemi. Suo padre era un uomo buono e gentile e non avrebbe mai fatto del male a sua figlia se non fosse morta la regina, ne sono sicuro. È stata la sua morta a farlo impazzire, a farlo diventare un mostro, un demone. Perciò non deve preoccuparsi: lei non diventerà mai malvagia, glielo posso assicurare, perché non permetterò che accada mai niente che possa farla diventare tale.»

«Sicuro, sicuro… Hai un po’ troppe sicurezze per essere solo un ragazzino!»

«Non importa l’età. Per lei io sarei in grado di attraversare le fiamme e di rinascere dai morti se necessario. Per me non esiste nulla di impossibile o esagerato se è per proteggerla e saperla al sicuro.»

«Esageri come al tuo solito.»

«Forse ha ragione.» I due fratelli restarono un po’ seduti davanti alla tomba della madre, ognuno perso nei propri pensieri.

«Forza principessa, dobbiamo andare. È giunto il momento tanto atteso.» La principessa, che alla giovane età di 14 anni aveva un regno da gestire ed un matrimonio alle porte, fece un grosso respiro, diede un bacio alla tomba della madre e si avviò mano nella mano con il suo amato servo verso il castello.

 

Fine prima parte 

 

Nota d’autrice: non uccidetemi! Abbassate tutte le armi,  fucili, mitra, bombe a mano, bazooka e quant’altro! Fatto? Ora posso parlare senza rischiare di morire? Ok… Ehi, giù anche la pistola ad acqua, se mi bagno mi ammalano, fa un freddo cane in sta città!

Bene, ora posso dirvi con “calma e serenità”: vi annuncio che questa è la fine della prima parte di Aku no Musume! In realtà volevo interromperla già la settimana scorsa ma poi ho pensato che questo capitolo fosse più conclusivo, quindi ho scelto di finire oggi. Il motivo è semplicissimo: ho solo scritto altri 2 capitoli della storia. Non volendo lasciarvi in attesa con una storia incompleta ho preferito farla finire e dividerla. Proprio per questo non ho idea di quando comincerà la pubblicazione del seguito, dipende tutto dal tempo che ho per scrivere e dall’ispirazione che mi viene.

Quindi con sommo dispiacere vi annuncio che prima o poi tornerò, farò il possibile perché sia più prima che poi, promesso!

Prima di concludere vi annuncio che anche in questo capitolo c’è la citazione ad una canzone ed è davvero semplice, quindi si tratta più che altro di chi mi scriverà prima rispetto agli altri. Come sempre per dubbi o problemi di qualunque natura chiedete pure a me, sono sempre disposta a rispondere a tutto.

Ora i ringraziamenti finali (mi viene quasi da piangere a pensare che non vi sentirò per chissà quanto tempo):

 Hikari Megami (la mia piccola che anche se non mi ha più scritto so che legge sempre la mia storia e quindi le voglio tanto bene )

Glasgow_R_evolver (che spero abbia seguito la mia storia fino a qui e che le sia piaciuta ^^)

Ayukiko_Watarai (che come sempre è la prima ad indovinare le citazioni e che abbraccio forte forte perché ama la mia storia e perchéééééé…. vabbeh, il perché lo sappiamo noi ^^ Tornerò su efp con le due storie dedicate, quindi non sparisco per troppo tempo ^^)

REAwhereverIgo (visto che ho spiegato del padre? Vuoi le cose troppo in fretta, impara ad aspettare, anche perché ora non puoi fare diversamente V.V)

Raven Cullen (che ama i Kagamine per i miei stessi motivi quindi è da amare tanto tanto ^^)

Silver Wings (che ha scritto una recensione ad un capitolo a caso ma va bene comunque XD Mi dispiace che sei arrivata solo adesso, spero che leggerai il seguito quando uscirà ^^)

SabryKagamine (che spero mi abbia seguita fino alla fine apprezzando la mia storia ^^)

Blue_Flames (idem come sopra :D)

 

Alla prossima storia, con enorme affetto,

See ya, ElPsyCongroo

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