Tu non mi avrai così

di Tigre Rossa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Colui che non sarebbe mai dovuto arrivare ***
Capitolo 3: *** Un fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 4: *** Non ve lo permetteremo! ***
Capitolo 5: *** Un amico. Due amici. Tre amici. Quattro, cinque, sei amici ***
Capitolo 6: *** Mai ***
Capitolo 7: *** Figlia di nessuno ***
Capitolo 8: *** Troppo tardi ***
Capitolo 9: *** Pulizie ***
Capitolo 10: *** Pensieri di padri ***
Capitolo 11: *** Imbarazzo ***
Capitolo 12: *** Programmi ***
Capitolo 13: *** Sussurri nella notte ***
Capitolo 14: *** In viaggio ***
Capitolo 15: *** Scherzi della luna ***
Capitolo 16: *** Fantasmi del passato parte uno ***
Capitolo 17: *** Fantasmi del passato parte due ***
Capitolo 18: *** Fantasmi del passato parte tre ***
Capitolo 19: *** Fantasmi del passato parte quattro ***
Capitolo 20: *** Di tutto, per lei ***
Capitolo 21: *** Tra le braccia di Po ***
Capitolo 22: *** Bocciolo di Loto ***
Capitolo 23: *** Yonggang ***
Capitolo 24: *** Conforto ***
Capitolo 25: *** Riflessi del passato ***
Capitolo 26: *** Timori ***
Capitolo 27: *** Il richiamo del passato ***
Capitolo 28: *** Mi hai trovato ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 – Piccoli misteri ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 – Il collezionista di cuori ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 – Resta con me ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 – Ricominciare ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33- Tienimi per mano ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 – Cicatrici del cuore ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 – Fiore proibito Prima parte ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 – Fiore proibito Seconda parte ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 – Il giorno dopo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 
“Siete voi Shifu?”
 
Una voce aveva disturbato la quiete che riempiva la Grotta del Drago.
Il maestro Shifu aprì gli occhi di malavoglia, abbandonando la sua meditazione, e si voltò verso il proprietario della voce.
 
Era uno straniero.
Alto, massiccio, avvolto in un scuro mantello da viaggio, comunicava con la sua sola presenza una forza incredibile, sia interiore che esteriore.
 
Qualcosa in lui fece balzare il cuore nel petto di Shifu.
Qualcosa di pericoloso, di malvagio, di crudele.
 
“Si, sono io il maestro Shifu. Chi siete e cosa desiderate, se è permesso chiedervelo?”
 
“Sono venuto a prendere qualcosa che mi appartiene. O, per meglio dire, qualcuno.”
 
L’ansia si impadronì del piccolo panda rosso.
 
Lo straniero continuò imperterrito “Siete voi il tutore della maestra Tigre, no?”

La tana dell'autrice

Ehi, ciao! Per prima cosa volevo dedicare questa serie a tutte noi, piccole e grandi, belle e brutte, magre e grasse, bionde e nere, con i jeans e le gonne, italiane e straniere, credenti e non, sposate e libere, mogli e figlie, ecc . . ., cioè a tutte le donne del mondo!
Seconda cosa : Evviva, non siamo morti! Io un po' ci credevo ai Maya, ma solo un po'.
Terza cosa e poi vi lascio in pace : Buone Feste!

Allora, questa serie è ispirata a condizioni realmenti esistenti di donne, adattate al personaggio di Tigre, che in pratica . . . ehi, stavo per dirvi tutta la storia!
Eh no, cari miei, per sapere dovrete leggere!

Un consiglio : leggete con la canzone in sottofondo di Spirit, un cartone animato di tanti anni fa, 'Tu non mi avrai così', da cui ho rubato il titolo.
P.S. Probabilmente questo sarà una delle mie ultime fic perchè, rileggendomi, mi sembra proprio di scrivere in modo schifoso, brutto, da manuale, ecco. Non solo le fic mi escono male, ma anche i temi per casa. Mi sento proprio a terra!

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Capitolo 2
*** Colui che non sarebbe mai dovuto arrivare ***


Colui che non sarebbe mai dovuto arrivare
 

 
 
Po, Tigre, Scimmia, Vipera, Gru e Mantide erano tutti allegramente spaparanzati nella camera del panda, chi sul letto, chi per terra, chi sulla cassapanca, a ridere e scherzare.
Di certo non immaginavano che quel allegro momento di quiete era l’ultimo che avrebbero avuto per molto ma molto tempo.
 
“Vi ricordate quando io e Scimmia abbiamo rinchiuso Mantide in un barattolo? Quando si è svegliato ha pensato di essere stato catturato dai banditi!” disse Po, ridendo.
“Ah ah! È vero! E voleva vedere il nostro comandante per fargli pagare un tale affronto!” esclamò Scimmia, aggrappandosi singhiozzando a forza di ridere a Po “Ti ricordi?”
“ È stata la cosa più umiliante che io abbia mai vissuto, rinchiuso in un barattolo come un sottaceto!” disse sottovoce Mantide. Quella umiliazione gli bruciava ancora molto.
“Soltanto voi potete trovare una cosa del genere divertente.” disse Tigre, scuotendo la testa “Due bambini immaturi, ecco che cosa siete.”.
“Già!” concordò Vipera, fulminandoli con lo sguardo “Ma non vi vergognate? Prendere Mantide solo perché più piccolo di statura, e rinchiuderlo! Voi due doveste finire in un barattolo, non lui.”
“Gru, e tu che dici? Non ci difendi?” chiese Scimmia, voltandosi verso il loro amico.
“Ecco . . . io sono per la giustizia! Mi spiace, ma le ragazze hanno ragione.” Rispose un po’ intimorito Gru, aspettandosi una sicura vendetta da parte loro.
“Cosa? Sei un traditore, Gru! Morte al traditore!” urlò Po lanciandosi contro di lui. Scimmia lo seguì ridendo e subito Mantide si buttò nella mischia, urlando “Lasciate stare il mio unico alleato!”.
Vipera e Tigre rimasero sedute sul letto a guardare la rumorosa rissa, dopo essersi lanciate uno sguardo rassegnato e aver sospirato sottovoce :”Maschi.”.
 
A un certo punto, inaspettatamente, la porta si aprì.
I ragazzi si bloccarono e fissarono impauriti il piccolo panda rosso, aspettandosi una bella ramanzina per il loro comportamento.
Ma il maestro sembrò non accorgersi di loro, né del loro gioco infantile.
Il suo sguardo era puntato solo su Tigre.
“Tigre, seguimi nella mia stanza.” disse secco.
I ragazzi si voltarono verso di lei, chiedendosi il perché di quel ordine. Tigre era altrettanto sorpresa, ma si alzò e seguì il suo maestro,senza chiedere spiegazioni.
La porta scorrevole si chiuse dietro di loro. I guerrieri rimasti nella stanza si lanciarono uno sguardo sorpreso e si alzarono, pronti a seguire i due appena usciti.
A tutti era apparso chiaro che, qualunque fosse la ragione, Shifu doveva parlare a Tigre di una cosa importante.
E anche loro volevano sapere.
 
“Cosa è accaduto, maestro?” chiese Tigre, vedendo il suo maestro per la prima volta in vita sua spaventato.
Il panda rosso non rispose, ma aprì la porta della sua stanza.
 
Lì dentro, vicino alla grande finestra che si affacciava sulla valle, c’era una persona sconosciuta alla giovane guerriera.
Era alta, massiccia, avvolta in un scuro mantello da viaggio, e attorno a essa c’era come una sorta di aura, un’aura che incuteva timore a chiunque si trovasse al suo cospetto.
Il cuore di Tigre prese inspiegabilmente a battere veloce, sempre più veloce, come se volesse uscire dal petto.
Tigre provò terrore, autentico terrore.
 
I suoi amici si erano ammucchiati di fronte alla porta e Po guardava per tutti attraverso un piccolo buco, mentre gli altri cercavano di ascoltare.
“C’è un tizio strano, lì, di fronte alla finestra. È avvolto in un mantello e fa paura. Non mi sembra di averlo mai visto. Chi sarà? E cosa ci fa al palazzo di Giada?” sussurrò ai suoi compagni il panda, sentendo la preoccupazione assalirlo.
“Zitto, sento una voce.” rispose Vipera, preoccupata.
 
“Tu dovresti essere la famosa maestra Tigre di cui ho tanto sentito parlare, o mi sbaglio?” chiese lo straniero. Aveva una strana voce. Sicura, fiera, decisa, quasi . . . nobile, perfino. Come se fosse abituato a farsi ubbidire.
Tigre notò soprattutto con sorpresa e fastidio l’uso del tu.
“Si, sono io.” rispose lei, cercando di capire chi si nascondesse sotto quel mantello.
Lo straniero gli si avvicino e le girò attorno molto lentamente, osservandola.
Tigre rabbrividì, senza capire perché. Sentiva come se, attraverso quello sguardo, mille spilli ardenti stuzzicassero lei e il suo colpo, studiandola.
Una volta. Due volte. Tre volte. Alla quarta Tigre perse la pazienza. “Chi siete e cosa volete da me, visto che nessuno si degna di dirmelo?”
L’uomo misterioso guardò Shifu, che teneva lo sguardo basso, o almeno così le parve.
“Non te lo ha detto? Oh, deve essere ancora sconvolto dalla notizia. Di certo non se lo aspettava. Né, immagino, te lo aspetti tu.”
Lo straniero abbassò il cappuccio e Tigre trattenne il fiato.
Lo straniero era una tigre.
 
Aveva un bel viso, lo straniero misterioso.
Tratti sicuri ma nobili, affascinanti ma severi, oramai datati, ma allo stesso tempo fieri.
Il mantello cadde a terra, rivelando il resto del suo corpo.
Il suo unico indumento erano dei pantaloni color porpora, probabilmente di seta.
Era a petto nudo e il suo petto, alla faccia dell’età, era anche abbastanza scolpito.
Aveva della corta pelliccia e le strisce erano semplici ed essenziali.
L’unico ornamento che aveva era un medaglione d’oro su cui era rappresentata una tigre color del fuoco.
Ma la cosa che più colpiva di lui di tutto il suo corpo erano gli occhi.
Erano come oro fuso, profondi, severi, fieri. Il povero sventurato che commetteva l’errore di sprofondare in quello sguardo stupefacente sarebbe rimasto per sempre nelle sue grinfie.
 
“Il mio nome è Shang Chiang e sono il generale, oltre che capo clan, delle Tigri Dell’Est.” disse la tigre, orgogliosamente
 
“E sono tuo padre.”

La tana dell'autrice

Salve!
Volevo scusarmi per la mia assenza, ma ho iniziato altre FF a capitoli e non riesco a stare dietro a tutte.
Ah, volevo ringraziare tutte quelle persone che mi hanno consigliato di continuare a scrivere. Il vostro sostegno è molto ma molto importante per me. Grazie di cuore! Questo capitolo è per voi!

Ecco qui chi è il misterioso straniero! è il padre di Tigre, quello biologico! Qualcuno potrebbe pensare : Che bello, si sono ritrovati!  ma in realtà non è stata una fortuna il loro incontro, per niente . . .

Comunque, cosa c'è da dire? Ah si, ho preso la parte degli spilli dalla canzone "Essere una donna" della Tatangelo, a cui farò spesso riferimento.
Il nome del padre di Tigre è cinese e significa "Generale", apposta.

Mi sembra di aver detto tutto . . . Spero che vi sia piaciuto e vi auguro Buona Epifania!

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Capitolo 3
*** Un fulmine a ciel sereno ***


Un fulmine a ciel sereno
 

 
 
“Che cosa?” chiese Tigre, sicura di aver capito male.
 
“Io sono tuo padre.” ripeté Shang Chiang
 
“Mi volete prendere in giro?” rispose Tigre con voce dura, non credendo, almeno non totalmente, alle parole che l’anziano generale che aveva davanti aveva appena pronunciato  “Sono stata abbandonata appena nata e non ho nessun ricordo della mia famiglia.
Chiunque potrebbe affermare di avermi messo al mondo. E altri ci hanno già provato.
Secondo voi sono così sciocca da credere al primo che passa e mi racconta una bugia? Avete fatto male i vostri conti, generale. “ e, dicendo generale, usò un tono così velenoso che sembrava essere il peggiore degli insulti.
 
Lui sorrise, stranamente soddisfatto. “Mi avevano detto che eri intelligente, Tigre.” e la guardo con uno strano sguardo, come un acquirente che controlla soddisfatto la merce appena ricevuta dal suo negoziante di fiducia. Anzi, come un padrone che osserva compiaciuto un oggetto raro ed introvabile.
 
Tigre, sotto quello sguardo duro, severo, arrogante e possessivo, si sentiva come un fiore raro o una pietra preziosa esaminata da un riccone che l’aveva appena acquistata.
 
E non le piaceva per niente.
 
Il vecchio generale aggiunse lentamente. ” Immagino che tu abbia bisogno di prove per credere alle mie parole, non è vero?”
 
Tigre incrociò le braccia “Si. Una prova che nessun altro possa darmi. E una spiegazione. E non credo che voi possiate darmi anche una sola delle due, quindi sparite. Subito.”
 
L’anziano generale si avvicinò a lei “ Io posso darti tutte e due, invece, e non ho alcuna intenzione di andarmene fino a quando tu non saprai.”
Lei ringhiò, trattenendosi a stento di punire come si deve quel bugiardo arrogante che pretendeva di essere . . . colui che l’aveva abbandonata.
 
“Sei nata in aprile, diciassette anni fa, ma io non ho mai potuto vederti perché in quel periodo ero assente. La mia tribù era coinvolta in una guerra, e così sono partito. Quando sono tornato ho trovato mia moglie morta di parto da circa un mese e nessun figlio. Si, nessun figlio perché eri stranamente scomparsa. Ti avevano rapito per un motivo a me ignoto.
Ti ho cercato a lungo in tutta la Cina, ma non ti ho mai trovato. Avevo perso le speranze, ma un giorno, improvvisamente, ho sentito parlare di una guerriera della mia specie e allora ho capito. Ho scoperto la tua storia e ho capito che eri la mia figlia perduta. Adesso felicemente ritrovata.”
 
Tigre rimase in silenzio e lentamente rispose, con tono sarcastico e innervosito: “ Pensate davvero che io possa credere a una storia che ricorda tanto le vecchie favole per bambini?
Pensate davvero che senza una prova io possa credere che mi abbiate messo al mondo, che sia sparita subito dopo la mia nascita e che non mi abbiate mai trovato in diciassette anni?
Sapete cosa penso di voi, generale? Penso che siate semplicemente un furbo che vuole solo guadagnare fama in modo veloce. E questo tipo di persone mi fa schifo. Perciò “ continuò alzando la voce ed indicando la porta con una zampa ” andatevene subito, se non volete pagare caro il prezzo della vostra arroganza!”.
 
Lui avanzò lentamente, non verso la porta, ma verso di lei. Negli occhi si accese una fiamma, una
fiamma di rabbia e di voglia di vendetta.
Tigre indietreggiò, spaventata. Si, spaventata. Spaventata a morte.
 
Una piccola zampa di panda minore fermò il grande braccio del generale. “Credo che Tigre vi crederebbe di più se le faceste vedere le prove che avete già mostrato a me, generale Shang Chiang, e se calmaste l’ira che adesso possiede il vostro cuore.” disse Shifu, cercando di evitare alla figlia adottiva un duro litigio con l’uomo che diceva di essere suo padre.
 
Il generale si liberò dalla presa del panda minore e con rabbia ancora evidente estrasse da una tasca del suo pantalone e consegnò alla ragazza un piccolo medaglione dorato che, nel aprirsi, rivelò il ritratto di una bella e giovane tigre, all’epoca del dipinto poco più grande di Tigre e davvero ma davvero molto somigliante alla guerriera.
“Questo è un ritratto di tua madre di cui, come puoi chiaramente vedere, sei la copia perfetta.” spiegò Shang Chiang.
 
Tigre osservò attentamente il ritratto mentre, stranamente, una morsa gelida le stringeva il cuore.
Benché la tigre dipinta indossasse eleganti abiti aristocratici, ella sembrava davvero Tigre.
Aveva la stessa pelliccia, le stesse striature raffinate, lo stesso volto, la stessa bellezza. Ma, soprattutto, aveva gli stessi occhi.
Si, gli affascinanti occhi color del fuoco di Tigre erano identici a quelli della tigre del piccolo medaglione. Ma, a differenza di essi, questi erano spenti, tristi, sconfitti. Si, è questa la parola giusta: sconfitti.
Quegli occhi irradiavano una tristezza incredibile, un dolore incredibile.
Quegli occhi parlavano di un orgoglio ferito, di una fierezza spezzata, di una felicità spezzata.
 
Tigre strinse la zampa che reggeva il medaglione, non capendo il perché della tristezza che l’aveva avvolta.
“È solo un ritratto” rispose con voce malferma, non credendo lei stessa alle sue parole “Non significa nulla. Poteva anche non somigliarmi per niente. I ritratti non sono mai veritieri.”.
Shang Chiang continuò con voce dura, girandosi lentamente “Ogni componente della mia famiglia ha dietro il collo, in una striatura, una piccola voglia rossastra. E non penso che questa caratteristica sia assente in mia figlia, no?”.
Tigre impallidì alla vista di quella piccola voglia sul collo della vecchia tigre, sentendo tutte le sue certezze andare in frantumi.
Lentamente, ancora incredula, allungò la zampa dietro la testa e toccò la sua di voglia, quella voglia segreta di cui erano a conoscenza solo lei e il maestro Shifu.
Quella voglia che rendeva autentiche le parole dell’arrogante generale.
 
Shang Chiang si voltò verso di lei sorridendo vittorioso e disse “ Vedo che adesso mi credi, Tigre. Bene, ne sono soddisfatto. Adesso vai a prendere le tue cose.”.
“Andare a prendere le mie cose?” chiese Tigre, ancora sotto choc e non comprendendo le parole di . . . beh, di quella tigre che gli stava davanti.” Cosa vuol dire?”.
“Vuol dire che devi prendere le tue cose e venire con me, Tigre. Torniamo a casa, alla tua vera casa.” rispose il generale.
“Venire con voi? E lasciare il Palazzo di Giada, il mio maestro e i miei amici?” Tigre non credeva alle sue orecchie “No! Sono la leader dei Cinque Cicloni, non posso e non voglio prendere le mie cose e andarmene via! Questa è la mia casa e qui c’è tutto il mio mondo, la mia ragione di vita, la mia famiglia!
“Sono io la tua famiglia adesso, e la sua casa ti aspetta lontano da qui. Adesso non fare storie come una bambina ed ubbidiscimi!” urlò lui in risposta.
“No! Io non me ne andrò mai!” rispose Tigre, stringendo i pugni.
“Tigre . . .” disse a bassa voce il maestro Shifu “questa è . . . l’ultima cosa che vorrei dire, ma . . . devi andare con lui. Ti ha dato la vita e . . . per la legge della Cina tu sei sotto . . . sotto la sua autorità fino al compimento della maggiore età. Mancano due mesi ai tuoi diciotto anni, ma in questi mesi sei obbligata a seguirlo e a fare ciò che dice lui.”.
Tigre lo guardò scioccata, non credendo a ciò che suo . . . beh, si, suo padre adottivo aveva appena detto.” Ma . . . questo vuol dire che devo rinunciare a tutto ciò che amo e a tutti coloro che amo, che devo rinunciare al mio compito, che devo rinunciare alla mia libertà!”
Shang Chiang si avvicinò a lei e le prese il braccio con forza dicendo queste dure parole “Sei mia figlia e farai ciò che dico io!”
Tigre si liberò violentemente dalla presa della tigre e urlò: “No! Io sono libera e non mi farò comandare da te! Io non ti appartengo né ti apparterrò mai! Mai!”.
E la guerriera dura come l’acciaio uscì dalla stanza in lacrime e con il cuore a pezzi.

La tana dell'autrice

Ciao, sono tornata! Vi prego, non uccidetemi per il ritardo. Sono molto giù in questo periodo e avevo perso l'ispirazione. Vi prego veramente di scusarmi.

Pubblico questo capitolo un giorno prima della festa delle donne per motivi miei personali, ma è una specie di regalo per tutte noi, donne che lottano, che vivono, che rischiano, che si impegnano, che amano e che sognano. E alle donne del passato che hanno cercato di creare un mondo migliore per tutte noi. E alle donne che verranno, con la speranza che possano vivere meglio delle donne del passato, più libere, più felici e più uguali. Buona Festa della Donna!!!

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Capitolo 4
*** Non ve lo permetteremo! ***


Non ve lo permetteremo!
 

 
Quando Tigre aprì la porta si trovò davanti i suoi cinque amici, che avevano sentito tutto di nascosto ed erano sconvolti quanto lei. Erano scioccati davvero tanto, i cinque combattenti, ma tanto da non riuscire a dire neanche una parola di consolazione, di affetto o di dolcezza all’amica, benché lo volessero tanto. Bè, non è che ebbero tempo di parlare, perché la guerriera li guardò solo per un attimo, con le lacrime agli occhi, prima di correre in camera sua.
“Tigre, aspetta!” urlarono i ragazzi, ma lei non si fermò e andò via, lontano da loro, a sfogare la sua rabbia.
 
 La porta si era chiusa subito dopo l’uscita della ragazza, senza rivelare ai due uomini nella stanza la presenza dei giovani spioni. E la voce del generale si levò subito alta nella camera, costringendo i ragazzi ad origliare ancora: “Avete dato una grande istruzione a mia figlia, vedo. È ribelle, irrispettosa e capricciosa come una bambina piccola. Ma questo non cambierà niente, lei verrà con me. Subito, al prossimo levar del sole, se non è pronta prima.”.
“Generale Shang Chiang, non potete parlare così di Tigre. È una ragazza ubbidiente, rispettosa ed intelligente, e non si può biasimare se ha risposto in questo modo alle vostre affermazioni. È stato un fulmine a ciel sereno per lei e . . . e per me. Non potete costringerla a cambiare in meno di una giornata la sua vita, distruggere le sue certezze e il suo passato. Datele del tempo, vedrete che capirà e  . . .” provò a difenderla Shifu, ma la tigre lo fermò “ Tutte scuse. Conoscete la legge, Shifu. Sono suo padre e la sua custodia è affidata a me. Ho il diritto e il dovere di guidare la sua vita e di controllarla, ed è giusto che venga con me. Giusto e naturale, direi. E, se per qualche strano motivo voi non me la lasciaste ” e si sentì un sinistro rumore di passi “ sapete che posso benissimo riprendere mia figlia con la forza e, per la legge,punirvi con le mie stesse mani. Del vostro Palazzo non resterebbe pietra su pietra e i vostri allievi vi seguirebbero nei più angusti carceri della Cina.”
Sentirono Shifu rispondere con rabbia “Non osate minacciarmi, generale, o minacciare i miei allievi! Voi non avete il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare, né avete il diritto di dirlo a Tigre! Voi non sapete niente di lei, niente! E pretendete di poter far di lei e della sua vita ciò che volete! Sappiate che non ve lo permetterò!”
“Ah si? E come farete? Conoscete anche voi la legge, Shifu. E conoscete la leggendaria vendetta del mio popolo. Pensate davvero che basti il vostro bastone e quella manciata di allievi che avete per fermarmi dall’ottenere ciò che è mio?”
“Parlate di Tigre come se fosse un oggetto di vostra proprietà, ma lei non vi appartiene! L’avete messa al mondo, è vero, ma per lei siete un semplice sconosciuto! Non vuole seguirvi e voi non potete costringerla, anche se la legge vi da il permesso di farlo! Perché non capite ciò che le state chiedendo? Perché non la fate rimanere al palazzo di Giada? Perché deve seguirvi in un altro posto, quando qui potreste stare insieme lo stesso? Dov’è il vostro amore paterno, eh, generale?”
“Amore paterno? Per quanto ne so io, non è che voi gliene abbiate dato molto, Shifu. Non l’avete sempre fatta sentire inutile e secondaria? E adesso che la state per perdere per sempre, solo adesso capite i vostri sbagli. Beh, mi dispiace” ma dal tono non sembrava affatto dispiaciuto “ma adesso io e mia figlia dobbiamo riprendere il tempo perduto. Non c’è tempo per i rimpianti di un vecchio come voi.”
Sentirono dei passi pesanti avvicinarsi alla porta e i ragazzi si lanciarono uno sguardo d’intesa. Si alzarono tutti insieme e, quando il generale aprì la porta, si trovò davanti cinque arrabbiatissimi giovani guerrieri pronti a tutto per non perdere la loro amica.
 
 
Il generale li osservò un po’ confuso, non aspettandosi certo di trovare dietro la porta cinque ragazzi dall’aria truce.
“Fatemi passare” disse senza alcuna gentilezza “ ho fretta.”.
I guerrieri non si mossero e Po iniziò a parlare con un tono davvero arrabbiato e severo “Abbiamo sentito la vostra conversazione, generale Shang Chiang, e ciò che abbiamo sentito non ci è piaciuto neanche un po’.”
Sentendo la voce del suo allievo prediletto, Shifu uscì dalla stanza con aria sorpresa e si mise di lato, osservando i suo ragazzi attentamente.
“Non mi interessa che vi sia piaciuto o no, ragazzini “ sbottò la tigre “ toglietevi di mezzo.”.
“ ‘Ragazzini’ lo dite ai figli dei vostri vicini, generale.” ribatté Mantide, eretto in tutti i suoi dodici centimetri sulla spalla di Scimmia. “Ma non a noi. E, tanto meno, non dovete permettervi di trattare in questo modo Tigre o il maestro Shifu.”.
“E cosa mi fareste in caso contrario, sentiamo?” rispose lui con aria insofferente.
“Oh, semplice ” affermò Scimmia con uno sguardo assassino “ vi faremmo fare un bel giretto nell’altro mondo, un giretto che inizierà con molto ma molto dolore.”
“State parlando con i Cinque Cicloni ed il Guerriero Dragone, generale, i guerrieri più potenti dell’intera Cina.” continuò Gru con aria feroce “Non vi conviene comportarvi male, o potreste farvi la bua, sapete?”.
“Non siete il padrone di Tigre e non potete costringerla ad agire contro la sua volontà.” soggiunse Vipera guardandolo con rabbia “ Lei non vuole andarsene da qui e seguirvi, quindi lasciatela stare ed andatevene prima che ci rimettiate la pelle.”
Shang Chiang ringhiò. “Non osate minacciarmi, ragazzini. Posso essere molto cattivo con i bambini maleducati e disubbidienti, sapete? Vi conviene rigare dritto, sia per voi sia per la vostra amica. Lei verrà con me, che vi piaccia o no!”
Po fece un passo avanti, con l’odio negli occhi, e si avvicinò tanto al vecchio combattente che il loro visi sembravano sfiorarsi. “ Non potete portarvi via Tigre come se fosse un oggetto, Shang Chiang! Lei farà ciò che vuole, e voi non potrete impedirglielo! Non potete portarla via! Non ve lo permetteremo!”.
“Non ve lo permetteremo!” ripeterono gli altri quattro avvicinandosi a sua volta.
“Non ve lo permetteremo.” ripeté Shifu, unendosi ai suoi allievi.
 
L’uomo li guardò con rabbia, mentre la sua mente lavorava come non mai per trovare un modo per riuscire a controllare quella pericolosa situazione.
E, mentre ragionava, un’idea malvagia prese forma nel suo cuore di tenebra.
Un’idea malvagia che sarebbe costata ai sette guerrieri del Palazzo di Giada un mucchio di guai.



La tana dell'autrice

Sono tornata!
Allora, è un capitolo un po' corto e scritto male, però . . . giudicate voi!
Qui parlo di come gli amici e il padre adottivo di tigre siano disposti a correre tanti rischi per la ragazza e per la sua felicità.
è un piccolo capitolo, ma è dedicato a tutti quegli amici e a tutte quelle persone che amano veramente e che per la persona a cui vogliono bene sono pronti a tutti, anche a fare pazzie.
Spero che vi piaccia e mille auguri per Pasqua
T.R.

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Capitolo 5
*** Un amico. Due amici. Tre amici. Quattro, cinque, sei amici ***




Un amico. Due amici. Tre amici. Quattro, cinque, sei amici.

 

 
 
 
Un colpo. Due colpi. Tre colpi. Quattro, cinque, sei colpi.
 
Tigre sfogava tutta la sua rabbia sul suo sacco dall’allenamento, colpendolo con tutta la forza che aveva nel corpo, mentre le lacrime le rigavano silenziosamente le guance.
 
Un pugno dritto. Due pugni. Tre pugni. Quattro, cinque, sei pugni.
 
Tigre aveva sempre sfogato in quel modo la rabbia ed il dolore. Picchiava forte qualcosa, anche il muro se non aveva di meglio, come se al suo posto ci fosse colui o colei che l’avevano fatta soffrire o arrabbiare, e quando la stanchezza le avvolgeva il corpo e la mente lei si calmava e non pensava più al dolore o alla rabbia.
Era quello il metodo che Shifu le aveva insegnato per dominare la rabbia incontrollata che a volte l’assaliva. “Prendi a pungi qualcosa di inanimato fino a quando tutta la tua furia non si è consumata” le aveva detto con la sua voce autoritaria “solo allora torna indietro e affronta con calma colui che l’ha causata, a mente lucida e con il cuore libero da ogni rancore.”.
Solitamente funzionava, ma adesso . . .
 
Un calcio frontale. Il sacco andò indietro e tornò avanti con forza per essere attaccato nuovamente allo stesso modo. Una volta. Due volte. Tre volte. Quattro, cinque, sei volte.
 
La stanchezza iniziava a farsi sentire, ma il dolore e la rabbia non diminuivano per niente. Tigre si asciugò le lacrime con i pugni chiusi e iniziò ad attaccare con pugni a catena alternati a pugni circolari, mentre la sua mente cercava di ragionare lucidamente. Cosa assolutamente impossibile.
 
Appena cercava di trovare una soluzione, un modo per riuscire a rimanere lì, nel suo mondo, le appariva di fronte agli occhi il viso odioso del generale Shang Chiang. E le sembrava impossibile che lui fosse . . . beh, colui che diceva di essere. E non voleva che ciò che affermava Shang Chiang fosse vero.
 
Era vissuta in orfanotrofio e da piccola aveva sempre desiderato che i suoi veri genitori tornassero a prenderla. A volte aveva addirittura immaginato di essere la figlia di una famiglia nobile che, per proteggerla da assassini o altre persone cattive, l’avevano nascosta in quel posto e che sarebbero tornati presto a prenderla.
Poi era cresciuta e aveva aperto gli occhi. C’erano solo due spiegazioni possibili alla sua condizione di orfanella : o i suoi genitori erano passati a miglior vita o non avevano potuto tenerla. O, come tanto a lungo aveva pensato nella sua stanzetta semidistrutta nel vecchio orfanotrofio, molto più probabilmente non l’avevano voluta.
“Come potevano volere un . . . un mostro come me?” diceva da bambina tra le lacrime, guardandosi i brutti artigli affilati.
 
Tigre strinse gli occhi a quel ricordo per impedire alle lacrime di scendere ancora e prese ad attaccare il sacco sempre più forte con calci circolari così potenti da fargli fare un intero giro in aria.
 
Una volta. Due volte. Tre volte. Quattro, cinque, sei volte.
 
Poi, però, la sua vita era cambiata. Era arrivato Shifu, l’unico adulto che non aveva mai avuto paura di lei. L’aveva aiutata, l’aveva curata, aveva creduto in lei, l’aveva adottata. Le aveva dato una casa, un modo di vivere, un sogno nel cassetto, un obbiettivo.
E, o almeno così aveva pensato in un primo momento, era stato orgoglioso di lei e l’aveva amata.
Ma, con il passare del tempo, lui era diventato sempre più freddo, più lontano, più distante, meno affettuoso.
Tigre aveva sofferto per questo, aveva sofferto tantissimo. E continuava a soffrire.
Ma, crescendo, quel affetto che non le era mai stato concesso era arrivato lo stesso.
Tigre sorrise, diminuendo al forza dei suoi colpi.
Con l’arrivo di Scimmia, di Gru, di Vipera e di Mantide aveva finalmente avuto quella felicità che aveva rincorso per tutta la vita. Aveva avuto l’amicizia.
Poi, qualche mese fa, era arrivato Po, e la sua felicità era aumentata in modo davvero incredibile. Adesso aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato, una famiglia tutta sua. Più o meno.
Tigre voleva tanto, tantissimo bene ai suoi amici. Anche se lo dimostrava poco.
E adesso che era tutto perfetto, ecco che arrivava quel Shang Chiang a rovinare tutto.
Tutto. La sua vita, il suo sogno, la sua felicità, la sua famiglia.
 
Tigre colpì forte il sacco ad occhi chiusi con tutta la rabbia ed il dolore cha aveva dentro.
 
Un pugno e una giravolta del sacco. Due pugni e due giravolte del sacco. Tre pugni e tre giravolte del sacco. Quattro, cinque pugni e quattro, cinque giravolte del sacco.
Tigre indietreggiò per lanciare un sesto pugno. Posizionò il pugno destro ed aprì gli occhi. Lì, di fronte a lei, apparve il volto arrogante e prepotente di Shang Chiang, che la guardava nuovamente con quello sguardo possessivo, da padrone. La rabbia nel suo stato più puro avvolse il cuore  di Tigre e lei lanciò il sesto pugno con un ringhio.
 
Ma esso non arrivò mai a colpire il sacco d’allenamento.
 
Una zampa nera fermò il braccio della tigre e lo bloccò con delicatezza ma anche con forza.
La felina si girò di scatto verso il suo proprietario, alla cui vista rimase veramente molto sorpresa.
Po le sorrise “Penso che tu abbia torturato abbastanza questo povero sacco, Tigre.”
“Po?” chiese Tigre sorpresa, non capendo cosa ci facesse lì.
“Ci siamo anche noi, se non te ne fossi accorta.” esclamò una voce scherzosa “Passi per Mantide, ma noi altri siamo abbastanza grandi per essere presi in considerazione, sai?” “Ehi!”
La felina voltò la testa verso le voci che avevano parlato. “Scimmia! Mantide! Vipera! Gru! Co-cosa ci fate qui? ” esclamò ancora più sorpresa, vedendo i suoi quattro amici. “Oh, niente, facevamo un passeggiata e abbiamo sentito che uccidevi il sacco e siamo venuti a salvarlo.” scherzò nuovamente Scimmia. Po lascio il braccio dell’amica, anche se un po’ a malincuore, e si mise accanto agli altri quattro.
Tigre guardò per un attimo i suoi amici e poi distolse lo sguardo. “Avete sentito . . . tutto?” chiese incrociando le braccia con voce tremante. Tremante eppure orgogliosa. Si, quel eterno orgoglio che non l’avrebbe mai abbandonata era presente anche in quel momento, con i suoi migliori amici.
I ragazzi si guardarono “Si” rispose Gru per tutti “Abbiamo sentito tutto.”.
Tigre continuò a guardare altrove, per nascondergli gli occhi umidi “Anche voi pensate che me ne debba andare?” chiese.
“No.” era stata Vipera a rispondere, questa volta, avvicinandosi alla sua amica “Noi non vogliamo vederti andare via, soprattutto non sola con quel generale Shang Chiang. Secondo te saremmo contenti di perdere la nostra amica? Insomma!”.
Tigre riposò lo sguardo su di loro, sorpresa.
“Se te ne vai, poi chi mi sostiene mentre picchio questo cretino, eh?” chiese Mantide indicando Scimmia. “Ehi!” esclamò questi.
“Se te ne vai, poi con chi mi esercito nella scrittura degli ideogrammi?” domandò Gru a sua volta, ignorando l’esclamazione di Scimmia.
“Se te ne vai, poi da chi mi nascondo quando faccio uno scherzo agli altri cinque?” domandò dopo di lui Scimmia, ancora offeso con Mantide.
“Se te ne vai, poi chi torturo con i miei discorsi su trucchi, vestiti e ragazzi?” chiese nuovamente Vipera, dolcemente.
“Se te ne vai, poi da chi mi fa uccidere Shifu, quando mi vuole punire duramente?” domandò Po sorridendo.
Tigre guardava i suoi amici, ancora sorpresissima. “Ma . . . avete sentito Shifu, prima.” disse lei amaramente “Se fosse per lui dovrei andarmene questa sera stessa! ‘La legge dice’ . . . quando mai gli è interessato della legge, a lui?”.
I ragazzi si guardarono di nuovo, sorpresi. Non avevano mai sentito Tigre parlare male del loro maestro, anzi, li picchiava ogni volta che loro lo prendevano in giro. E adesso . . . doveva essere proprio sconvolta.
Fu Gru a prendere in mano, ops, in ala la situazione “Per la legge il padre adottivo non può né deve influenzare le scelte del padre naturale e deve dargli subito il figlio ritrovato.” disse lui” Noi siamo rimasti ad, ehm, ascoltare dopo che te ne sei andata, ed invece Shifu ha cercato in tutti i modi di convincere Shang Chiang a farti rimanere qui con noi. E Shang Chiang, ecco . . .” l’uccello guardò i suoi amici, come per cercare sostegno per dire quella frase “ ha minacciato Shifu, ecco. Gli ha ricordato che se non ti permettevi andare con lui, ecco, si può vendicare con le sue mani su di lui e . . . e su di noi.”.
Il poco colore che c’era sul viso di Tigre scomparve a quelle parole. “Cosa?!” ringhiò.
Po indietreggiò di un passo. Tigre faceva davvero paura quando si arrabbiava. E adesso era arrabbiata proprio di brutto.
Gli occhi do Tigre lanciavano scintille “Non solo arriva e afferma di avermi dato la vita, ma minaccia anche il mio maestro e i miei amici! Quel gran pezzo di . . .” cercò di calmarsi, di respirare a fondo, ma era impossibile. Abbassò lo sguardo con rabbia “Ho le zampe legate.” mormorò a bassa voce “ Non posso rifiutare di seguirlo, o vi farà del male. E se lo seguo vi perdo in ogni caso.”
Gru scosse la testa “No, invece.”
Tigre alzò lo sguardo, dubbiosa “ Come no?”.
Scimmia sorrise “C’è una scappatoia nella legge.” rispose “ Fino a i diciotto anni sei sotto la sua autorità, ma dopo sarai liberà di fare ciò che vuoi. Potresti rimanere con lui, se ne avrai voglia, o tornare qui con noi.”
Mantide continuò, sorridendo a sua volta “Inoltre ai tuoi diciotto anni mancano solo due mesi. Se togli un mese di viaggio, ti rimane solo un mese da passare con lui, e poi . . .”
Anche Tigre adesso sorrideva. Un sorrisetto appena appena accennato, amaro e triste, ma era sempre un sorriso.
“Però” disse lentamente mentre il suo sorriso scompariva velocemente “saranno due mesi lontano da tutti voi . . .”.
Po scosse la testa “No, invece.” rispose “Abbiamo litigato con Shang Chiang, prima, e siamo riusciti ad ottenere di poterti accompagnare tutti e sei e di poter rimanere con te fino alla fine dei due mesi.”
Tigre non credeva alle sue orecchie “Stai dicendo sul serio, Po?” chiese incredula.
Po sorrise e annui.
“I Maestri Croc e Bue Infuriato controlleranno la Valle al posto nostro, così potremmo venire con te.” le spiegò Vipera.
“Pensa che è stato proprio Shang Chiang a proporcelo” continuò Scimmia “ Si vedeva che non voleva, ma se non lo avesse fatto dubito che sarebbe uscito vivo dalla nostra discussione.”
“Pensavi davvero che ti avremmo lasciata partire da sola?” le domandò Po dolcemente.
Tigre sorrideva di pura felicità. Lacrime di gioia spingevano per poter uscire dalla prigione degli occhi. Non avrebbe mai immaginato che i suoi amici avrebbero potuto fare una cosa del genere per lei.
La guerriera era così felice che fece una cosa incredibile, una cosa che raramente faceva.
Li abbracciò.
Si, avete letto bene. Li abbracciò tutti e cinque, con le lacrime agli occhi, mormorando dolcemente “Grazie.”.
 
Una presenza dolce e protettiva guardava intenerita quella scena, contando con voce dolce.
 
Un amico. Due amici. Tre amici. Quattro, cinque, sei amici.
 
 
 
 
 
 
Shang Chiang si ritirò nella stanza che il piccolo panda minore gli aveva assegnato di malavoglia, dopo il loro acceso colloquio.
Si guardò attorno, osservando con occhio critico l’arredamento povero della camera. C’erano solo un letto che sembrava ricco di pulci ed altri insetti schifosi, una sedia che cadeva a pezzi ed una cassapanca minuscola e rovinata.
Il generale sospirò e si sedette, ripensando all’incontro con la giovane guerriera, la piccola Tigre. Sua figlia.
La tigre rise. Diciassette anni fa aveva maledetto quella parola, mentre adesso la benediva.
Spostò con noncuranza lo sguardo sulla finestra della camera, ripensando alla ragazza.
Era bella, su questo non c’era niente da dire. Non aveva la zampe posteriori fasciate, questo era vero, ma in fondo contava poco.
Era intelligente, e questo era un peccato. Una donna non doveva pensare. Sarebbe stato un ostacolo ai suoi piani, ma poco importava. Più era difficile la strada del successo, più era dolce la vittoria.
Era ribelle, testarda ed amante della propria autonomia, e questo era veramente un guaio. Era stato il difetto peggiore di sua madre, il difetto che l’aveva portata alla morte.
Ma con lei non avrebbe fatto lo stesso errore.
No.
Avrebbe piegato quella sbarra di ferro, avrebbe spento quel caldo fuoco, avrebbe tarpato quelle ali che rischiavano di portarla lontano da lui.
Si, lui l’avrebbe domata.
 
Una farfalla tigre entrò dalla finestra aperta e prese a volare tranquillamente nella stanza. Il generale la afferrò e con le zampe la strinse fino ad ucciderla.
 
Si, lui l’avrebbe domata.



La tana dell'autrice

Ehilà, ci si risente!

Allora, tutto ok? D'accordo, non mi stavo facendo sentire da un bel po', ma vedete, ho scritto in altre sezioni e quindi mi sono un po' persa.
Oh, lo sapete? Ho superato l'esame di secondo grado di wing tsun (il wing tsun è un'arte marziale derivante dal kung fu shaolin, quello che praticano i nostri eroi, ed la leggenda narra che è stata creata da una donna!) e andiamo anche in tv! (Mantide: Scusa, ma che gliene frega a questi poverini ci quello che fai tu? presenta la storia e basta! Io: Zitto o ti chiudo in un barattolo!)

Ok, Mantide ha ragione, passiamo alle cose serie.
In questo capitolo ho descritto un po' i sentimenti di Tigre che, poverina, deve subire di tutto e di più, e l'intervento dei suoi amici, che l'adorano! Eh eh, non ve lo aspettavate di certo che sarebbero andati anche loro con lei, vero?
Chiaramente, mentre loro si godono un momento di dolcezza, quel cretino del padre di Tigre si diverte a uccidere farfalline e . . . ma che strani pensieri che ha questo! Che cosa starà tramando? Ah, io non ve lo dico! : p
Comunque i suoi sono ragionamenti da . .  ok, non devo dire parolacce, lo so, evito . . . da persona poco per bene, ecco. Lo odio io che l'ho creato!!!
leggeteli bene, perchè nascondono qualcosa di sospetto . . .

Il capitolo è dedicato a Makochan, che tanto mi sostiene e mi è sempre vicina.

Un Bacio

T.r.

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Capitolo 6
*** Mai ***


Mai

 
 
Era scesa la sera al Palazzo di Giada e si avvicinava l’ora di cena.
 
Po era andato a preparare il pasto, chiedendosi se il generale che affermava di essere il padre di Tigre avrebbe avuto il coraggio di cenare con loro o meno.
Il panda stava guardando insoddisfatto la scarsa scelta di ingredienti che c’erano in cucina, pensando a cosa poteva cucinare, quando lo sguardo gli cadde su un cestino di ravanelli e sulle sue labbra apparve un sorriso.
Avrebbe preparato una buona zuppa ai ravanelli, di quelle che suo padre gli cucinava quando era piccolo. L’aveva preparata una sola volta, da quando era giunto al Palazzo di Giada, e solo quella volta Tigre aveva fatto apprezzamenti per la sua cucina. I ravanelli avevano un sapore dolce che li faceva assomigliare un po’ ad una coccola e al momento gli sembrava proprio che la giovane felina avesse bisogno di un po’ di coccole.
Il panda prese i ravanelli e cominciò a cucinare, con la mente ancora presa dagli avvenimenti della giornata.
 
Il volto di Shang Chiang apparve davanti ai suoi occhi e Po non poté evitare di provare un motto di rabbia e di fastidio. Non riusciva ancora a credere che quel uomo fosse davvero il padre biologico di Tigre. Insomma, non avevano niente in comune!
 
Lui era un arrogante aristocratico, che non ascoltava niente e nessuno, incapace di provare altri sentimenti oltre l’ira ed insensibile ai desideri di sua figlia. Cosa aveva in comune con Tigre? Lei appariva si fredda e distaccata, ma aveva un animo buono e in realtà nascondeva un cuore denso di emozioni e di sentimenti. Non ne aveva forse avuto la prova più volte lui stesso, soprattutto durante la loro ultima missione e durante quella giornata orribile?
 
Però c’era questa prova della voglia segreta . . . lui non ne aveva mai saputo niente ed era rimasto davvero sorpreso di non essersene mai accorto. Possibile che davvero quel uomo fosse il padre di Tigre?
 
Ma, anche con quella prova, non gli tornava questa storia del ritrovamento miracoloso. C’era qualcosa che stonava, qualcosa che non coincideva con il racconto di Shang Chiang.
Come mai, se quest’uomo era così ansioso di ritrovare la figlia e portarsela a casa, non era riuscita a trovarla negli anni passati? Per quanto ne sapeva il panda le tigri vivevano tutte in comunità isolate. Una cucciola di tigre abbandonata in un orfanotrofio lontana dai suoi simili, tra l’altro una cucciola come Tigre, come poteva passare inosservata a un padre preoccupato? No, c’era qualcosa che non quadrava. Lo sentiva.
 
 
Il buon odore della zuppa iniziò ad espandersi per tutta la cucina ed a solleticare il naso del Guerriero Dragone. Uhm, cosa avremmo dato per una cucchiaiata piccola piccola, ma no, non poteva! I suoi sforzi per dimagrire sarebbero volati via con il vento, e lui non aveva intenzione di rimanere a zampe vuote dopo tutta quella faticata.
 
Un panda a dieta. Suona strano, vero? Soprattutto se il panda in questione è Po. Già, strano ma vero. C’era un morivo particolare per cui il guerriero si era messo a dieta . . .
 
Lo sguardo di Po si posò sui ravanelli rimasti nel cesto, quando nella sua mente balenò l’immagine di suo padre.
Il signor Ping lo aveva trovato in un cesto di ravanelli proprio come quello, tanti anni fa. Lui lo aveva scoperto da poco tempo e, dopo la sua scoperta, il suo mondo era caduto a pezzi. Solo quando aveva scoperto il perché del suo abbandono era riuscito ad accettarlo ed a andare avanti. Ma, prima di riuscirci, aveva vissuto nella tristezza e nel caos più totale. Si era sentito come una foglia strappata dal proprio albero che, senza sapere come mai, era portato in luoghi sconosciuti contro la sua volontà.
 
Sicuramente anche Tigre stava provando la stessa confusione.
Essere abbandonata, crescere sicura di non conoscere mai i propri genitori e poi scoprire che tuo padre è vivo ed è venuto a strapparti dalla tua nuova casa con una scusa che non sta in piedi non è certo divertente.
Forse, tra tutti coloro che vivevano al Palazzo di Giada, solo Po poteva capire, e solo in parte, quello che provava in quel momento la ragazza.
 
Avrebbe voluto aiutarla, parlarle, ma non sapeva come fare. Si, anche lui era un orfano, ma la sua condizione era così diversa da quella di lei! Inoltre lei era così riservata, e lui così goffo!
Se, parlandone, avesse rovinato la situazione? Oh, non se lo sarebbe mai perdonato!
Ma lei per lui c’era stata, quella notte. Lei lo aveva ascoltato, lo aveva consolato, lo aveva guardato con i suoi occhi penetranti . . . i suoi occhi così belli da togliere il respiro . . .
 
Un suono di passi richiamò Po alla realtà che fece appena in tempo a ricomporsi e a spegnere il fuoco della zuppa prima dell’entrata nella stanza dei Cinque Cicloni.
 
I ragazzi chiacchieravano fra di loro come se nulla fosse accaduto, ma si vedeva lontano un miglio che era tutta finzione. Cercavano solo di distrarre la loro amica, di non farla pensare a ciò che era avvenuto, sperando vivamente che Shang Chiang non decidesse di partecipare alla loro cena e che accettasse di mangiare nella sua stanza.
Tigre, da canto suo, cercava di ascoltare i discorsi dei suoi amici, mai suoi occhi rendevano chiaro a tutti coloro che la conoscevano bene (quindi a tutti i presenti nella stanza) che era troppo persa nei suoi pensieri per dar loro veramente ascolto.
I cinque si sedettero e Po distribuì scherzando il pasto, fingendo a sua volta un’ allegria che non provava. I ragazzi aspettarono l’arrivo del maestro Shifu e quando questi arrivò lo salutarono tutti con parole rispettose, come era loro solito.
 
Tutti, tranne una.
 
Tigre, proprio lei, che era sempre la prima a salutarlo con rispetto ogni volta che entrava nella sala da pranzo, questa volta, appena il vecchio panda minore entrò, incrociò le braccia e spostò lo sguardo lontano da lui.
 
Mai prima d’ora Tigre si era comportata in modo irrispettoso verso di lui.
 
Mai.
 
 
I ragazzi non rimasero sorpresi, ma sconcertati. Come era possibile? Nessuno si era mai comportato in questo modo con Shifu. E Tigre, proprio lei, invece . . .
 
Il maestro Shifu non rimproverò la guerriera come avrebbe fatto con tutti gli altri. Non la sgridò, non le ordinò di comportarsi in modo adeguato, non la picchiò e non le diede alcuna punizione.
 
Il maestro Shifu abbassò lo sguardo a terra e non disse niente.
 
Mai prima d’ora Shifu era rimasto in silenzio in quel modo.
 
Mai.
 
 
Il vecchio si sedette e i ragazzi si lanciarono un’occhiata sconvolta. Il mondo era impazzito e qualcuno si era scordato di dirglielo, per caso? Non si poteva spiegare in nessun altro modo.
I sette iniziarono a mangiare in silenzio, lentamente.
 
Ad un certo punto si udirono dei passi lungo il corridoio. Tutti e sette alzarono lo sguardo dal proprio piatto e lo puntarono sulla porta.
 
Shang Chiang entrò nella sala da pranzo con fare solenne, come se stesse entrando chissà dove e fosse chissà chi.
Alla quella vista Tigre strinse la mascella, infastidita.
Il generale si sedette su una sedia mezza rotta, l’ultima rimasta libera, e li guardo tutti con fare arrogante, aspettando che qualcuno gli servisse il pasto.
Visto che nessuno gli allungò neanche una cucchiaiata di zuppa chiese con fare arrogante al maestro Shifu se avesse insegnato l’ospitalità ai suoi allievi o meno.
Po vide gli occhi di Tigre lampeggiare pericolosamente di rabbia repressa e di voglia di prendere a calci nel sedere quel vecchio deficiente. Pareva sul punto di esplodere da un momento all’altro, come un vulcano.
La guerriera chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, e quando li riaprì erano decisamente più controllati, ma la rabbia repressa era ancora lì, che cercava di non uscire allo scoperto.
 
“Vi ricordo, generale, che siete nostro ospite al momento, ed è oltremodo scortese rivolgersi in tal modo a chi vi ospita. Nel vostro villaggio sarete pure una persona importante, ma qui non lo siete.  Comportatevi di conseguenza, altrimenti temo che dovrete continuare il vostro soggiorno fuori dalle mura del Palazzo di Giada.” disse rivolgendosi a lui con freddezza glaciale, capace di far indietreggiare anche il più coraggioso dei combattenti. Al giovane panda ricordò terribilmente il discorsetto che lei gli aveva fatto la sua prima sera al Palazzo di Giada.
 
“Piccola Tigre” rispose l’uomo spostando il suo sguardo su di lei “da quando una figlia dice al proprio padre come comportarsi? In un altro posto non avresti neanche il diritto di respirare, e qui osi mancarmi di rispetto?” Sembrava tranquillo e sicuro di sé, ma Po notò che strinse forte la zampa destra.
 
Tigre rispose allo sguardo del vecchio con uno dei suoi sguardi assassini, che Po e tutti i suoi amici conoscevano fin troppo bene. Adesso era veramente arrabbiata.
La guerriera si alzò e di avvicinò a Shang Chiang, che si alzò a sua volta, come per metterla in suggestione con la sua imponenza.
“Voi non avrete mai alcun rispetto da parte mia. Non avete rispettato il mio desiderio di rimanere qui, non avete portato rispetto al mio maestro, avete minacciato lui e miei amici, mi costringete a seguirvi prendendo come ostaggio la sicurezza delle persone che amo e pretendete che io vi rispetti? Avete sbagliato i vostri calcoli, generale. Io non potrò mia considerarvi mio padre, e ai miei occhi voi sarete sempre e solo un arrogante generale senza rispetto per niente e nessuno. Non vi considererò mai come mio padre. Avete capito? Mai!”rispose la giovane felina, con gli occhi che sembravano pronti ad uccidere, ma mantenendo sempre il suo tono gelido e spaventoso.
 
A quelle parole gli occhi dell’uomo lampeggiarono pericolosamente e Po vide la zampa destra aprirsi e gli artigli comparire. Il panda stava per scattare, intuendo quello che sarebbe potuto accadere, ma Tigre, che però non si era accorta del pericolo che correva, uscì dalla stanza abbastanza lentamente da avere un portamento dignitoso ed abbastanza velocemente da mostrare la sua rabbia, salvandosi.
 
Il guerriero nero e bianco non poté non notare in quel gesto una strana eleganza, un’eleganza quasi . . . aristocratica.
 
I ragazzi si guardarono fra di loro, insicuri sul da farsi. Rimanere lì o seguire Tigre? Insomma, anche loro pensavano quelle cose di Shang Chiang, ma fino a prova contraria era sempre il padre biologico di Tigre: un certo rispetto, in quanto padre della loro leader, glielo dovevano.
 
Shifu non si pose neanche per un attimo quella domanda. Si alzò immediatamente, prese il bastone del suo maestro, guardò i suoi allievi e, dicendo “Ci parlo io” con voce piatta, uscì a sua volta dalla sala.
 
Shang Chiang si comportò come se nulla fosse accaduto e si sedete con arroganza al posto ormai vuoto di sua figlia.
 
A quell’ultima dimostrazione di arroganza anche Po e gli altri si alzarono e uscirono dalla stanza, iniziando a detestare il generale con tutto il loro cuore.


La tana dell'autrice

Ehilà, ci si rivede!

Si, sono allegra (una bella novità dalla scrittrice eternamente depressa, no?) e stavolta ho scritto alla velocità della luce ! Ah, aspettate che arrivino le vacanze estive e vi faccio vedere quanti bei capitoletti che vi scrivo . . .

Comunque, passiamo alle cose serie. Per il titolo, questa volta, era molto indecisa tra 'mai', il titolo originale che alla fine ho scelto, e 'una cena tranquilla'. Voi cosa ne pensate, quale stava meglio? (Scimmia : ma scusa, perchè li devi sempre tronturare con le tue domande inutili? passa a presentare la storia e basta, oh! Io: Scimmia, stai facendo concorrenza a Mantide, per caso?)

Ok, passiamo alle cose veramente serie. Capitolo un po' corto ( su word sembrava più lungo! :( ) ma con i pensieri del nostro guerriero dragone, che chiaramente sarà molto importante in questa fic. E, se lo avete notato, il signorino si comporta in modo strano . . . primo, si è messo a dieta, secondo, nota cose del padre di Tigre che nessuno potrebbe mai notare, terzo, perchè diavolacci pensa agli occhi di Tigre? Boh, chi lo sa!!! :)
Poi c'è la prima cena con il padre biologico di Tigre: naturalmente non sa stare senza fare guai e Tigre, che già lo ha sulle scatole, si infuria! Da notare il comportamento di Tigre con Shifu, davvero strano . . . sarà chiarito nel prossimo capitolo!

Ah, dimenticavo: la scorsa volta ho citato la fasciatura delle zampe posteriori ma non ho spiegato cosa intendevo dire.
In pratica ho trasportato nel mondo di Kung fu panda un'antica pratica cinese, la fasciatura dei piedi, che veniva eseguita su bimbette piccolissime, di appena quattro anni o anche di meno, per trasformargli i piedi. Gli rompevano le ossa, glieli stringevano in bende, le facevano camminare così legate per farle spezzare le dita dei piedi e molto spesso le bambine morivano a causa delle infezioni che questa amata fasciatura causavano.
Purtroppo se non si aveva si aveva i piedi fasciati non si poteva avere un buon matrimonio ( cosa essenziale per le donne del passato) esi era considerate poco meno di animali.
Questi piedi incredibilmente deformati ( alcune donne li hanno ancora così e su internet ci sono foto davvero da voltastomaco) erano chiamati gigli dorati ed erano la parte del corpo di una donna più apprezzata ed amata dagli uomini, im pratica corrispondevano a un seno particolarmente abbondante per noi occidentali.
In fatti la leggenda narra che fu una concubina a fasciarsi in questo modo i piedi, per avere un andamento lento e pericolante che l'avrebbe portata a ballare meglio e a far provare dal proprio uomo il desiderio di proteggerla, vedendola così fragile sulle proprie gambe.
Chiaramente molte donne per questi gigli dorati sono morte, perchè quando dovevano scappare dai nemici che invadevano il loro paese perdevano l'equilibrio, cadevano e rimanevano indietro.

E, chiaramente, non potevo scrivere che Tigre aveva i piedi fasciati: primo, nel film non li ha, secondo, come diavolacci faceva a combattere, se non si reggeva sulle proprie gambe?!?!

Vi aspetto numerosi a recensire, e sgridatemi di ogni minimo errore, mi raccomando, o non scrivo più, capito?!?!
No no, scherzo, ma . . . voi fatemi sapere!!!

Un bacio

T.R.

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Capitolo 7
*** Figlia di nessuno ***


Figlia di nessuno
 

 
Tigre camminava velocemente, cercando di arrivare alla sala degli allenamenti prima di esplodere.
 
La sua rabbia stava premendo per uscire fuori dal suo corpo e scatenarsi, benché lei cercasse di domarla in tutti i modi.
Quell’eterna rabbia tipica della sua razza che lei aveva cercato sempre di reprimere non aveva intenzione di lasciarla neanche in quel momento così confuso e strano, che le annebbiava la mente e le stringeva il cuore in una morsa di ferro.
 
All’improvviso una piccola zampa gli afferrò il braccio, bloccando la sua corsa e la felina si voltò con un ringhio verso l’incosciente cha aveva osato fermarla.
 
L’incosciente era Shifu.
 
“Maestro . . .?” Tigre era sorpresa. Non si aspettava di essere seguita proprio da lui.
Lui la guardò con quei suoi grandi occhi sofferenti color del ghiaccio, che sembravano custodire tutto il dolore del mondo.
 
“Tigre . . .” mormorò piano il panda rosso, cercando di prendere coraggio e di iniziare a parlare.
 
La ragazza si sottrasse dalla sua presa con un movimento freddo, allontanando il suo sguardo dai quei tristi occhi.
“Andate via, maestro.” sbottò senza guardarlo.
“Tigre, ascoltami . . .” disse il vecchio.
“No, maestro, andate via.” rispose lei, voltandosi e facendo per allontanarsi.
“Tigre, ti ho detto di ascoltarmi!” gridò lui perdendo le staffe.
Lei si girò verso di lui con il fuoco negli occhi, troppo arrabbiata per impedire alla sua furia di liberarsi.
“E io vi ho detto di lasciarmi stare!” rispose.
“Tigre, non permetterti di parlarmi così! Sono il tuo maestro e il tuo padre adottivo, mi devi rispetto!” la rimproverò il vecchio.
“Ah, si? Vi ricordate chi siete solo quando vi fa comodo, eh?” rispose freddamente lei “Mai una volta che ve ne ricordiate quando serve, non è vero?”.
Il volto di Shifu si rattristò e le sue orecchie si abbassarono “So che sei arrabbiata per oggi, Tigre” continuò lui “ Ma cosa avrei potuto fare? Non ho il potere di buttare Shang Chiang fuori da qui, e lo sai.”.
“No, non ne avete il potere.” ammise la guerriera “Ma quale padre avrebbe accettato senza combattere di lasciar partire la propria figlia? Quale padre, Shifu?”.
Il vecchio non rispose. Il silenzio calò fra i due.
“Lì dentro” continuò indicando i dormitori “mi avete consegnato senza discutere a quel uomo! Gli avete concesso di prendersi tutto, la mia vita, i miei sogni, il mio dovere, di prendersi me e di portarmi via con lui! Potrebbe essere chiunque, un bugiardo, un ladro, un maniaco, e voi non fate niente, niente per impedirglielo! Mi avete data via come se fossi un oggetto, una cosa inanimata! Valgo così poco per voi? Eh?”.
“Tigre . . .” cercò di fermarla lui.
“No! Vi ho ascoltato per anni; adesso ascoltatemi voi!” disse Tigre. I suoi occhi brillavano come carboni ardenti. La rabbia e il dolore nascosti e custoditi per anni nel suo cuore stavano uscendo allo scoperto, rapidamente, senza chiedere il permesso a nessuno, neanche a lei.
“Mi avete salvato da quel orfanotrofio e ve ne sarò sempre grata, ma non mi avete mai considerata altro che una allieva da educare al kung fu e da controllare, anzi, neanche come un’allieva, perché un maestro si affeziona ad i propri allievi con il tempo, ma voi non mi avete voluto dare neanche questo tipo di affetto.
Sono sempre stata l’eterna seconda per voi, prima con Tai Lung e poi con Po, e non mi sono mai lamentata!
Non mi avete mai dato affetto né amore e non mi sono mai lamentata!
Non mi avete mai chiamata ‘figlia’ e non mi sono mai lamentata!
Non siete stato orgoglioso di me neanche una volta, né come figlia né come allieva, e non mi sono mai lamentata!
E ora, che avevo bisogno veramente di voi, l’unica volta che avevo veramente bisogno di sentire che per voi ero qualcosa, un minuscolo qualcosa, voi mi avete abbandonato nelle mani di uno sconosciuto che potrebbe essere chissà chi e non provate né rimorso né vergogna!
Vi rendete conto, Shifu?”
La ragazza respirava a fatica, come se, invece di dire al suo tutore quello che pensava di lui, avesse fatto una gran corsa. I suoi occhi erano lucidi, ma la rabbia era ancora lì, forte del dolore accumulato in tutti quei anni.
“Tigre, io . . . io sono orgoglioso di te, anche se non te lo dico mai. Sei un’allieva formidabile e . . .” cercò di dire Shifu.
“Un’allieva.” Il tono di Tigre era vuoto “Un’allieva. Va bene. Come volete, maestro. Se sono solo questo per voi, va bene. D’ora in poi, allora, vi considererò come un maestro, solo come un maestro. Ho sbagliato, anni fa, a sperare di poter essere come una figlia per voi. Non farò più lo stesso errore. Mai più.”
Così dicendo, la felina si voltò e corse via a quattro zampe, verso una qualunque destinazione che avrebbe potuto custodire il suo dolore, sorda ai richiami addolorati del vecchio che aveva sempre voluto chiamare padre e non aveva mai potuto farlo.
 
 
Veloce, sempre più veloce, più veloce del vento.
 
La giovane guerriera correva senza curarsi della direzione in cui stava andando, senza curarsi delle voci nell’aria, senza curarsi del fiato affannoso, senza curarsi delle zampe che si stancavano sempre di più. L’unica cosa di cui si rendeva conto era il dolore che cresceva sempre di più e del rimorso che si faceva strada nel suo cuore.
 
Tutte le cose che aveva tenuto nascoste per anni e anni, tutti i dolori, tutte lo sofferenze, tutta la rabbia, tutto il rancore, erano usciti allo scoperto proprio nel unico momento in cui non avrebbero proprio dovuto esistere.
Non avrebbe voluto dire tutte quelle cose, almeno non in quel momento e in quel modo. Era successo, e ormai non poteva più farci niente.
 
“Stupida impulsiva!” si malediva mentre sentiva gli occhi bruciarle nel tentativo di dominare la voglia di liberarsi della tristezza con le lacrime.
 
Lei aveva sempre voluto bene, molto bene a Shifu, anche se lui l’aveva ferita ripetutamente.
Aveva sempre cercato di cercare prove inesistenti di affetto da parte sua, aveva sempre cercato di trovare scusanti per i suoi comportamenti, aveva sempre cercato di mascherare il dolore di non essere amata, aveva sempre cercato di invogliare la delusione, aveva sempre cercato di non sentire il dolore e di ignorarlo.
Lei era diventata così per lui, per renderlo orgoglioso di lei. Sempre controllata, sempre forte, sempre ragionevole, sempre rispettosa, sempre coraggiosa, sempre volenterosa, sempre seria, sempre fredda. Proprio come voleva lui. E invece non era servito a niente. A niente.
 
Eppure gli voleva bene anche adesso, dopo anni di dolore e di delusioni.
Era per questo che non aver mai avuto il suo amore gli faceva ancora male, molto male.
Ed era per questo che le faceva male avergli parlato in quel modo di quello che lui le faceva passare. Non avrebbe mai voluto ferire colui che aveva sempre considerato più di un maestro, più di un tutore, un padre.Suo padre.
 
Ma lo aveva fatto. E non poteva più rimediare.
 
E, forse, sapeva che non avrebbe mai voluto rimediare.
Come poteva rimangiarsi ciò che aveva detto? Aveva detto ciò cha aveva patito per anni, e non sarebbe tornata a scusarsi con lui. Sarebbe stato come mentire.
E lei lo sapeva bene. Anche se faceva male.
 
Correva, correva, sempre più veloce, più veloce del vento.
 
Ad un certo punto, mentre le lacrime minacciavano di uscire veramente, sentì qualcosa cadere a terra con un minuscolo tonfo, ma abbastanza forte per essere udito dalle sue orecchie feline, mentre saltava un tronco.
La ragazza si fermò e tornò sui suoi passi per vedere cosa aveva causato quel rumore.
 
Era stato un piccolo medaglione dorato. Anzi, il piccolo medaglione dorato che Shang Chiang gli aveva dato come prova poche ore prima.
 
Tigre lo prese e lo sollevò da terra, un po’ sorpresa. Doveva esserselo messo in tasca quando era uscita dalla stanza del maestro e poi doveva averlo dimenticato fino alla caduta.
Lo osservò attentamente, un po’ per distrarsi dal pensiero della sua discussione con Shifu, o meglio il maestro Shifu, come si era ripromessa di considerarlo d’ora in poi, un po’ per pura curiosità.
 
Buffo come cambiano le cose nella vita. Da piccola avrebbe ucciso per poter incontrare il suo vero padre e sapere che aspetto aveva sua madre, ed adesso che poteva avere entrambe le cose non gliene importava niente.
 
Ok, non era vero. Le importava, e molto, di sapere di sua madre: visto lo schifo di rappresentati del ruolo maschile di genitore che aveva conosciuto, sua madre doveva essere proprio eccezionale.
 
Scherzi a parte, aveva sempre sognato di incontrare non tanto suo padre, ma sua madre: se l’era sempre immaginata bellissima, forte e fiera, e da piccola, nel primo periodo che aveva passato al Palazzo, un’incredibile combattente capace di sconfiggere tutti gli altri guerrieri del mondo!
 
Ma, a quanto pare, il Fato non le aveva voluto concedere neanche il piacere di parlare una volta con la sua vera madre. Era morta di parto . . . il suo parto.
 
Possibile che le persone che lei amava o voleva amare dovessero sempre soffrire?





La tana dell'autrice

Eccomi qui!
Allora allora, come state? Tutto ok? Spero di si!
Capitolo cortino (come al solito) dedicato ai pensieri di tigre e al suo litigio con Shifu. Si, ha fatto fuoco e fiamme, ma era anni che aveva dentro questo fardello! Strano che non sia scoppiata prima. ed ecco spiegato lo strano comportamento del capitolo precedente : rabbia e delusione.
Un abbraccio
 
T.R.

 

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Capitolo 8
*** Troppo tardi ***


Troppo tardi
 

 
 
La luna splendeva alta nel cielo, gelida regina della notte, insensibile come sempre a ogni vicenda umana.
 
La sua gelida luce illuminava un pesco dai tenui colori pastello e una piccola figura solitaria.
 
Un mantello color della giada gli avvolgeva il corpo, come a voler tentare di tenere insieme i pezzi di un illusione infranta, mentre un lungo bastone era stretto con forza tra le piccole zampe, come a chiedere sostegno per affrontare la realtà, cruda come un paesaggio devastato dopo un uragano.
 
Brandelli delle accuse della sua pupilla continuavano a rimbombare nella mente di Shifu, mentre una nuova consapevolezza e frammenti di momenti passati gli straziavano l’anima.
 
 
‘Vi ho ascoltato per anni; adesso ascoltatemi voi!’
 
 
La porta della piccola stanza si aprì, illuminando una cucciola rannicchiata in fondo la stanza.
 
La piccola spostò lo sguardo verso di lui con diffidenza, scrutando lo strano visitatore che aveva avuto il coraggio di entrare nella tana della bestia.
 
“Tigre. Io sono Shifu. Sono . . .” iniziò a dire il panda minore.
 
“Spaventato?” lo bloccò lei con aria arrabbiata.
 
“No.” rispose con tono tranquillo, chiudendo la porta.
 
“Beh, dovresti esserlo! Io sono Tigre, Tigre il mostro!” esclamò lei con tono feroce.
 
“Un mostro che nessuno vuole . . .” continuò mormorando con sconforto la piccola tigre, voltando lo sguardo verso il muro e rannicchiandosi nella sua tristezza ancora di più.
 
“Tu non sei un mostro, sei solo una piccolina.” le aveva risposto Shifu, stupendo la piccola e conquistando per sempre il suo rispetto.
 
 
Shifu stava rimproverando con tono duro Tigre, poco meno che adolescente, ignorando totalmente il fatto che nessun bambino, soprattutto uno dell’età di Tigre, era mai riuscito ad eseguire come lei la sequenza della Gru in Volo.
 
“Poca precisione vuol dire poca disciplina, Tigre! Quante volte dovrò continuare a ripetertelo? Senza precisione un guerriero non è niente!” decretò con tono duro.
 
La bambina posò lo sguardo a terra, nascondendo il suo sconforto.
 
“Perdonatemi, maestro. Non accadrà mai più.” mormorò.
 
 
 
“Il panda?” domandò una Tigre adulta e stupita, mentre lui spiegava a tutti loro che Po era l’unica speranza per sconfiggere Tai Lung.
 
“Si, il panda!” sbruffò con rabbia il panda minore, usando un tono fin troppo duro con la ragazza.
 
“Maestro, vi prego, lasciate che lo fermiamo noi. Ci avete addestrato per questo!” aveva esclamato Tigre alzandosi dalla sua sedia.
 
“No! Non è il vostro destino sconfiggere Tai Lung! È il suo!” le aveva gridato lui perdendo le staffe, con un tono adesso veramente troppo duro. Quelle brevi frasi non dovevano essere pronunciate al plurale, in realtà, ma al singolare.
 
 
‘Non mi avete mai dato affetto né amore!’
 
 
Shifu guardava impassibile la piccola che cercava di eseguire per la prima volta la forma della Piccola Idea.
 
“Maestro, non riesco a ricordare tutti i passaggi.” disse Tigre scoraggiata.
 
“Continua lo stesso e non fermarti. Non devi sempre contare su di me. Anzi, non devi contare mai su di me. Devi raggiungere il traguardo con le tue sole forze. Mi hai capito?” rispose lui freddamente.
 
La cucciola annuì tristemente, delusa.
 
 
‘Non mi avete mai chiamata ‘figlia’!‘
 
 
Era un giorno importante per il Palazzo di Giada. Molto importante.
 
Il figlio dell’imperatore,  Shen Te, aveva deciso di recarsi in visita al Palazzo di Giada con il suo maestro di kung fu, Yung Kan, per un seminario di un paio di mesi.
 
Era un’occasione molto importante per mettere in mostra i quattro ragazzi che ormai da due anni si allenavano lì, cioè Vipera, Gru, Mantide e Scimmia, e Tigre, che ormai da otto anni si allenava nell’arte del kung fu.
 
I cinque allievi e i due maestri erano all’entrata del palazzo, aspettando i loro nobili ospiti.
 
Mentre il sole lasciava il dominio dei cieli alla luna, due persone avvolte in mantelli di modesta fattura per nascondere la loro identità giunsero al palazzo.
 
“Siamo onorati di potervi accogliere nel nostro umile palazzo, maestro Yung Kan e principe Shen Te. A nome mio e dei miei allievi, benvenuti.” disse Oogway con rispetto, avendoli riconosciuti.
 
Lo straniero più basso si inchinò a sua volta, invitando il suo allievo a fare lo stesso “L’onore è nostro, maestro Oogway.”
 
Una volta che i nove guerrieri furono tra le mura del palazzo i nuovi arrivati si tolsero i mantelli.
 
Uno, il maestro Yung Kan, era una vecchia tartaruga color della terra, dall’aria saggia e serena, terribilmente somigliante a Oogway. Certo, erano fratelli!
 
L’altro, il principe Shen Te, era un leopardo di sedici anni e di straordinaria bellezza e mascolinità.
Aveva una pelliccia corta e splendente, di un caldo color dorato, muscoli perfetti e marcati, un sorriso incantatore, degli occhi color del ghiaccio, gelidi e affascinanti, degli artigli affilati e un atteggiamento regale e seducente.
 
Il leopardo guardò attentamente tutti e cinque gli allievi, ma il suo sguardo si soffermò a lungo su Tigre, la più giovane dei guerrieri, di appena tredici anni.
 
Quando la ragazza si rese conto di essere osservata provò a mostrarsi indifferente, ma quando Shen Te la guardò negli occhi color del fuoco con i suoi occhi seducenti non resistette e abbassò lo sguardo, arrossendo lievemente.
 
Allora il maestro Yung Kan, che aveva notato l’atteggiamento del suo giovane allievo, chiese a Shifu di presentare i suoi allievi al giovane principe.
 
Il panda minore rispose con garbo, anche se aveva notato lo scambio di sguardi tra i due felini “ Lei è Vipera, figlia del grande maestro Vipera, loro sono Mantide, Gru e Scimmia, ex allievi di una delle più prestigiose scuole di kung fu, e lei invece è Tigre, che si allena qui da otto anni.” rispose indicando ciascuno di loro con la zampa.
 
Al suono del proprio nome ognuno dei cinque allievi si inchinò ai nuovi arrivati, cercando di mostrare il proprio rispetto.
 
Quando fu il turno di Tigre ella si inchinò con un po’ di rigidità, imbarazzata dalla presenza e dallo sguardo del leopardo fisso su di lei.
 
Il giovane principe fece allora una cosa che lasciò tutti a bocca aperta, soprattutto Tigre : si inchinò a sua volta alla ragazza, pronunciando con la sua voce profonda e affascinante parole piene di rispetto “Sono io ad dovermi inchinare a voi, che avete dedicato più di metà della vostra vita alle arti marziali. Sono davvero onorato di conoscervi.”.
 
Tigre era arrossita nuovamente, ma non si montò la testa per quelle parole piene di lode pronunciate addirittura dal futuro imperatore della Cina e rispose subito con umiltà e decisione, facendo alzare il ragazzo, “No, principe Shen Te, sono io ad essere onorata di conoscervi e a dovermi inchinare a voi, e non il contrario. Vi ringrazio per la stima che mi dimostrate, ma in fondo non sono altro che una semplice allieva, e non merito le vostre gentili parole.”
 
Shen Te sorrise  “ Un allieva pupilla di un grande maestro come il vostro e che ha studiato per otto anni il kung fu non mi sembra così semplice.”.
 
A quell’affermazione il maestro Yung Kan si voltò sorpreso verso Shifu e disse “Sapevo che avevate scelto di adottare un altro bambino anni fa, maestro Shifu, ma non mi avete mai detto che si trattava proprio di Tigre! E la conosco da tre anni! Come mai non me lo avete mai detto?”
 
Il volto di Shifu si irrigidì “ Preferisco che sia ritenuta da tutti una ragazza qualsiasi e non la mia pupilla, proprio come io ho fatto e continuo a fare da quando l’ho adottata.”
 
Il volto di Tigre si trasfigurò ed abbassò sconvolta lo sguardo a terra, colpita nel profondo da quelle dure parole.
 
 
 
‘Sono sempre stata l’eterna seconda per voi!’
 
 
 
Tigre combatteva contro un manichino di legno, avendo cura di moderare la sua forza e di essere il più precisa ed efficace possibile, mentre il maestro la guardava con occhio critico.
 
La ragazza era ormai diventata un’adolescente e superava per forza e bravura tutti i suoi coetanei.
 
Tutti tranne uno.
 
Il volto di Tai Lung prese spazio nella mente di Shifu, che chiuse gli occhi con repulsione, ricordando il suo figliolo perduto, e fece per allontanarsi dalla sala degli allenamenti.
 
“Maestro, va tutto bene?” lo raggiunse la voce di Tigre, che aveva notato il suo strano atteggiamento.
 
“Continua ad allenarti, tu.” disse Shifu infastidito “Non distrarti per niente e per nessuno.”
 
“Ma maestro, siete sicuro di . . . “ insistette la ragazza, seriamente preoccupata.
 
 “Quando Tai Lung era al tuo posto nulla poteva distoglierlo dal suo allenamento!” si lasciò sfuggire Shifu, innervosito come non mai.
 
Il volto di Tigre si fece duro come la roccia.
 
“D’accordo.” rispose lei “Ma Tai lung è diventato quello che è diventato, maestro.”
 
Lo schiaffo arrivò prima che lo stesso Shifu potesse decidere di tiragliene uno.
 
Fu così forte che la testa di Tigre girò di scatto dall’altro lato e la sua guancia divenne tutta rossa.
 
“Non parlare così di Tai lung mai più, Tigre!” urlò Shifu “Tu non sarai mai neanche la metà di lui! Mai!”
 
Tigre non ebbe neppure la forza di massaggiarsi la guancia.
 
Guardò con dolore Shifu negli occhi e si allontanò di corsa.
 
A Shifu parve di scorgere delle lacrime scivolarle sulle gote.
 
 
 
Po riuscì a schivare un attacco di Tigre e a bloccarle la zampa con cui lei lo aveva attaccato.
 
Senza permettere alla felina di poter contrattaccare, il panda le piego il braccio all’indietro così forte da riuscire a farla finire a terra e, per impedirle di rialzarsi, le mise una zampa sulla schiena.
 
Il panda minore, cha aveva osservato attentamente tutto il combattimento, disse con voce atona “Basta così.”
 
Il panda tolse imbarazzato la zampa posteriore dalla schiena della ragazza e con la zampa anteriore l’aiutò ad alzarsi.
 
“Scusami Tigre, mi sono fatto prendere la zampa. Non accadrà mai più. Non mi odi per questo, vero?” domandò preoccupato.
 
La guerriera  ignorò la domanda e rispose seria, ma con gli occhi divertiti. “ Dimmi, panda, come preferiresti morire?”
 
Il panda sorrise lievemente : sapeva che era il modo di Tigre di scherzare.
 
“La mia morte cancellerà il tuo odio?” domandò.
 
Lei scosse la testa con un lieve sorriso “No.”
 
“Allora preferisco non rispondere ed implorare la tua clemenza, maestoso angelo della morte.” rispose chinando la testa scherzosamente.
 
“Se è così, spero che tu abbia già finito di scrivere il tuo testamento, giovane panda condannato a morte.” disse la felina con una faccia estremamente seria, ma con una risatina trattenuta a stento nella voce.
 
“Basta parlare, voi due.” disse il maestro riportando i due allievi all’ordine e al silenzio “Po, hai combattuto molto bene e me ne compiaccio. Non sei più il grosso, lardoso panda di pochi mesi fa, incapace anche solo di tirare un pugno, ma un guerriero in tutto e per tutto. Complimenti.”
 
Po esclamò felice un grandissimo “Mitico!” e Tigre gli sorrise, contenta per la sua gioia, posandogli una zampa sulla spalla.
 
“La stessa cosa non posso invece dirla di te, Tigre.” sbottò il panda minore cancellando il sorriso dal viso della felina “Non solo i tuoi colpi erano deboli e semplici da bloccare, ma sei stata troppo lenta nel rispondere agli attacchi e a difenderti. Inoltre la tua flessibilità e la tua ferocia stanno scomparendo del tutto. Il tuo modo di combattere non porta più onore al tuo titolo, Tigre. Oserei dire che Po gli darebbe molto più onore di te.”
 
Il volto di Tigre aveva perso tutto il suo colore.
 
“Mi hai capito, Tigre?”
 
“Si, maestro. Ho capito benissimo.” Mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo a terra per non mostrargli gli occhi lucidi.
 
 
‘Non siete stato orgoglioso di me neanche una volta, né come figlia né come allieva!’
 
 
Tigre, con una serie di attacchi, riuscì a lanciare al muro il pupazzo del livello 0.
 
Era la prima volta che ci riusciva ed era giustamente fiera di se stessa.
 
La piccola si voltò felice verso il suo maestro ma lui, senza una parola di elogio o un sorriso, le corresse semplicemente la posizione e si allontanò, degnandola neanche di uno sguardo.
 
La piccola Tigre abbassò lo sguardo a terra e sospirò, trattenendo le lacrime a stento.
 
 
Tigre riuscì ad atterrare il grande maestro Pantera Ringhiante, un maestro di kung fu inferiore di grado solo al maestro Shifu e al maestro Oogway.
 
Pochi erano riusciti a compiere un’impresa del genere.
 
L’adolescente si voltò verso il suo maestro, sperando di leggere nei suoi occhi color del ghiaccio un barlume di orgoglio.
 
Ma trovò solamente sufficienza in quello sguardo gelido.
 
 
“Adesso avete nelle vostre zampe la vita e il destino della gente della Valle della Pace e di tutta la Cina.
Siate degni dei vostri titoli e portateli con onore.
Avete la mia benedizione, giovani guerrieri.” disse Oogway con una zampa sollevata sulle teste chine dei giovani allievi del Palazzo di Giada.
 
Era il giorno in cui Tigre, Vipera, Scimmia, Mantide e Gru ricevevano ufficialmente il titolo di Maestri e di Cinque Cicloni dopo anni di duro allenamento, di sudore, di fatica, di ossa rotte.
 
Il giorno in cui potevano finalmente veder coronati tutti i loro sogni.
 
Anche Shifu si fece avanti, per poter dare anch’egli la propria benedizione ai suoi allievi.
 
Guardò tutti e cinque negli occhi, rivedendo in essi le lunghe ore passate ad allenarli e a formarli per il duro compito che li attendeva.
 
Quando giunse agli occhi della giovane leader del gruppo vide che in essi non c’erano solo entusiasmo ed emozione, come in quelli dei suoi compagni. C’era qualcos’altro. C’era attesa, c’era richiesta, c’era trepidazione, c’era speranza.
 
Tigre aspettava da lui un minimo cenno di orgoglio.
 
Ma egli distolse lo sguardo immediatamente da lei e proclamò a voce alta ” Continuate ad allenarvi sempre e comunque, mie allievi, perché, anche se maestri, siete ancora infinitamente lontani dalla perfezione. La perfezione è solo un limite al proprio meglio. Vi auguro di raggiungerla presto.”
 
E così dicendo si ritirò dietro al maestro Oogway, vedendo un lampo di delusione attraversare il volto di Tigre.
 
Il panda minore sbatté le palpebre e subito dopo il volto della sua pupilla si fece di ferro.
 
 
Errori, errori, solo errori: solo ora Shifu si rendeva conto di tutte le sue mancanze, di tutti i suoi sbagli, di tutti quei gesti d’amore che avrebbe potuto fare che non aveva fatto, di tutte quelle volte che non aveva visto il dolore che aveva le inferto gratuitamente fin da bambina, di tutte quelle volte che aveva nascosto l’affetto e l’orgoglio che provava per lei.
 
 
Solo ora che la stava perdendo si rendeva conto di quanto era stato cieco.
 
Solo ora che era troppo tardi per rimediare.
 
Fredde lacrime come il suo comportamento bagnavano il volto del vecchio maestro, mentre sentiva il cuore spezzarsi una seconda volta mentre quest’ultima consapevolezza lo avvolgeva nelle sue spire.
 
Era troppo tardi per rimediare.
 
Troppo tardi.



La tana dell'autrice


Ehilà amici miei, sono tornata! Si, con un capitolo esageratamente triste e tragico, ma sono tornata.
Questo capitolo è incentrato sul senso di colpa che finalmente prende possesso del animo di Shifu, ricco di ricordi che consiglio di leggere attentamente perchè saranno tirarti fuori per tutta la storia.
Su, lo so che è triste e noioso, ma la prossima volta ci sarà un bel capitolo allegro! E vi do' anche un suggerimento per indovinare, anzi due : spaghetti e pulizie.

Ah, il capitolo è dedicato a
Kikka97Starky, con i miei più affettuosi saluti a lei e al suo cagnolone che ha appena compiuto un anno!
Spero che vi piaccia ciò che vi ho preparato!

Un bacio


T.r.

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Capitolo 9
*** Pulizie ***



Pulizie

 
 
La lieve luce del sole appena sveglio ed ancora un po’ addormentato illuminò le stanze del palazzo di Giada, dando inizio a un nuovo giorno.
 
Il gong suonò come ogni mattina, come se nessun forestiero misterioso fosse giunto la sera prima al Palazzo presentandosi come il padre di Tigre.
Cinque dei sei allievi uscirono dalle loro stanze quasi immediatamente, lanciandosi uno sguardo preoccupato vedendo che mancava ancora Tigre.
 
La felina era sparita dalla sera scorsa, dopo la loro ‘tranquillissima’ cena. I cinque non erano andati a cercarla, perché avevano immaginato (o meglio, Vipera aveva immaginato)  che volesse restare un po’ sola con i suoi pensieri. Insomma, non è una cosa da tutti i giorni incontrare il padre che non hai mai conosciuto e scoprire che ti vuole allontanare da tutto ciò che hai di più caro. I ragazzi avevano discusso tutta la notte su quello che era opportuno fare e dire. Sapevano che Tigre era . . . si, diciamolo, suscettibile, e avevano paura che, cercando di consolarla, sarebbero finiti per offenderla e farla stare ancora peggio.
 
“Comportiamoci come al solito” aveva suggerito Vipera, che conosceva Tigre meglio di tutti “e cerchiamo di distrarla.”
 
“Buongiorno, maestro!” dissero i cinque ad alta voce, visto che il maestro era all’entrata dei dormitori, in attesa del loro saluto.
Il panda minore fece scorrere lo sguardo lungo i suoi allievi e si fermò sulla porta chiusa della stanza di Tigre.
“Avete visto Tigre?” domandò con una strana voce, come se si stesse informando sul tempo meteorologico.
I ragazzi scossero la testa e Shifu sospirò piano, un sospiro così piccolo che lo percepirono solo le pareti del dormitorio.
“Bene, quando la vedrete riferitele quello che vi sto per dirvi.” disse “ Partiremo tra tre giorni, il tempo di aspettare l’arrivo dei maestri Croc e Bue Infuriato. In questi tre giorni potrete fare ciò che volete, ma vi voglio freschi e riposati per il lungo viaggio che ci attende. Durerà a lungo e faremo poche soste in città, anche perché le città dell’Est non sono molto numerose. Però sono sicuro che ci fermeremo per breve tempo da tuo padre, Vipera.” continuò rivolgendosi alla ragazza “Il suo palazzo è sulla nostra strada e avremmo bisogno di riposarci e rifornirci.”.
Il volto di Vipera si scurì, ma ls guerriera non disse una parola.
Shifu continuò “Naturalmente nel viaggio continuerete tutti ad allenarvi, soprattutto tu, Po. Anzi” e si rivolse al panda “questa sera tu e Tigre dovete venite nella mia stanza. Devo dirvi alcune cose.”
Po era sorpreso, ma annuì “Va bene, maestro.”.
“Bene, non ho altro da dirvi. Io vado a meditare. Non disturbatemi per alcun motivo tranne, naturalmente, in caso di attacco. Ah, a proposito del generale Shang Chiang, vi chiedo di essere rispettosi verso di lui e di mostrargli le stanze del Palazzo, nient’altro. Fategli fare ciò che vuole. Buona giornata.” concluse il maestro con voce atona.
“Buona giornata, maestro.” risposero gli allievi.
 
Quando il panda minore si fu allontanato i cinque si diressero verso la cucina, discutendo delle ultime informazioni ricevute da Shifu.
“Deve essergli successo qualcosa” disse Mantide “Avete visto com’era moscio? E ci ha dato tre giorni di completa libertà! Quello non era Shifu, era una sua brutta copia!”
“Mantide, è normale che sia moscio” ribatté Vipera “ha appena scoperto che il padre biologico della sua figlia adottiva è ancora vivo e che la rivuole indietro: tu come ti sentiresti?”.
“Uno schifo.” rispose Mantide “Ma Shifu non prova sentimenti, tranne la rabbia.”
“Non dire così, Mantide, sai anche tu che non è vero.” esclamò Gru “Anche Shifu è un essere umano e sai bene che è molto affezionato a Tigre, anche se non lo dimostra.”.
“Tra l’esserle affezionato ed amarla come una figlia c’è molta differenza, Gru.” rispose Scimmia “Io sono d’accordo con Mantide. Anzi, secondo me lui e Tigre hanno litigato ieri sera, e di brutto, per una buona volta. Hai visto come ha reagito quando ha visto che non c’era? Normalmente avrebbe fatto crollare il palazzo con le sue grida, ma stavolta non ha fatto niente. E hai visto come si è comportata Tigre con lui ieri sera? No, è successo qualcosa, me lo sento.”
“Ragazzi, io passo un attimo nella sala degli allenamenti” si intromise Po, interrompendo la loro discussione “Devo vedere una cosa. Voi andate in cucina, vi raggiungo subito.” .
I ragazzi lo salutarono e ripresero a chiacchierare.
 
Il guerriero si diresse verso la sala degli allenamenti, dove vide le porte socchiuse.
Un sorrisetto si dipinse sul suo volto ed egli entrò piano piano, cercando di non fare rumore.
 
Una snella figura arancione stava affrontando il percorso ad ostacoli con tutta la sua maestria ed abilità, non a conoscenza dello sguardo affascinato ed ammirato del panda fisso su di lei.
Po seguì incantato i suoi movimenti precisi ed eleganti mentre ella affrontava la foresta di uomini di legno e quando giunse alla distesa di fuoco, come la chiamava lui, la figura aspettò fino all’ultimo secondo prima di saltare in aria con una complicata acrobazia, atterrando in perfetto equilibrio dall’altra parte.
 
Po aprì la bocca per dire una frase ad effetto, ma una voce glielo impedì “Cosa ci fai qui, Po?”.
Egli rimase un attimo con la bocca aperta, sorpreso che Tigre si fosse accorta della sua presenza, e poi la chiuse, ringraziando che lei non l’avesse visto con quell’espressione da ebete.
La ragazza si voltò e lo raggiunse all’entrata.
 
La prima cosa che giunse a Po fu il suo profumo, quel odore particolare che aveva imparato ad associare alla felina : rose selvatiche e fiori di loto. Era un bel profumo, discreto ma perfetto, che il panda adorava.
 
“Non hai risposto alla mia domanda.” disse lei quando gli fu accanto, distraendo Po dall’esaminare il suo profumo.
“Scusa. Ti stavo cercando. Come ti sei accorta che ero qui?” domandò il guerriero, curioso.
“Ti ho visto mentre affrontavo gli uomini di legno.”
“Ah.” aggiunse lui deluso “E io che volevo fare un entrata ad effetto. Uffa, con te le cose divertenti non funzionano mai!”.
“ Con un po’ di attenzione in più riuscirai a prendermi di sorpresa, vedrai.”
Po sbruffò “Certo, quando non cadrò più dalle scale del palazzo e Shifu smetterà di chiamarmi ‘panda’.”.
Gli occhi di Tigre ebbero un guizzo al nome del loro maestro e a Po tornarono in mente l’atteggiamento freddo del panda minore e le parole di Scimmia: ‘lui e Tigre hanno litigato ieri sera, e di brutto ’.
Il panda si affrettò a cambiare argomento.
“Hai passato tutta la notte qui?” domandò.
 “No. Sono andata in giro, mi sono addormentata in un bosco qui vicino e sono tornata circa un’ora fa. Non sono andata nel dormitorio per non svegliarvi e ho pensato di allenarmi.”
Po ebbe  la sensazione che non gli stesse raccontando tutto, comunque decise di non indagare oltre. Sapeva che Tigre era sempre stata estremamente riservata riguardo ai suoi pensieri e alle sue emozioni e non voleva costringerla a dirgli più di quanto lei volesse.
“A proposito di allenamento” la informò il panda “ abbiamo tre giorni completamente liberi, prima di partire per l’Est.”
“Come?”
“Ce lo ha detto il maestro, poco fa: partiamo tra tre giorni e ci ha dato questi giorni di libertà. Però continueremo ad allenarci in viaggio e il maestro a detto che vuole vedere noi due nella sua stanza, questa sera . . . per parlare di allenamento, suppongo.”
“Ah.” la voce di Tigre era incredibilmente fredda “Grazie per avermi informato, allora. Se non hai altro da dirmi tornerei ad allenarmi, se non ti dispiace.”
“Ma è possibile che tu non abbia mai altro da fare che allenarti?” domandò Po, innervosito da tono di lei “Ho capito che sei mitica e tutto, ma un giorno di vacanza non può mica farti male!”
“Po, non hai ancora capito che per me il kung fu non è solo un dovere, ma anche un piacere? Non mi alleno solo perché è mio dovere come maestra di kung fu e leader dei Cinque Cicloni, ma soprattutto perché mi piace. È una delle poche cose capace di farmi dimenticare i miei problemi e di farmi sentire bene! Hai il coraggio di rimproverarmi per questo, Po? Per il mio desiderio di pace?” esclamò la ragazza, con gli occhi che le si illuminavano.
 
Po abbassò lo sguardo a terra, colpito da quelle parole. Era la cosa più intima che Tigre gli avesse mai detto.
 
“Scusa, ho parlato senza dare troppo peso a ciò che dicevo. Non volevo offenderti, è che . . . secondo me non dovresti stare sempre sola, soprattutto in questo momento.” Si giustificò il panda alzando lentamente lo sguardo “Allenarsi è giusto e bello, ma anche stare con chi ti vuole bene e si preoccupa per te lo è. E io sono preoccupato per te, Tigre. Molto. Lo so che sono affari tuoi, ma sono tuo amico e vederti soffrire è orribile. Posso solo lontanamente immaginare cosa provi adesso, ma ciò non cambierà rimanendo chiusa qua dentro.”
Tigre rimase in silenzio a quelle parole, con lo sguardo sorpreso, e il guerriero si accorse con orrore di aver usato solo il singolare.
“Cioè, lo pensano anche gli altri . . . non sono solo io, ecco . . . insomma . . . ” cercò di correre ai ripari, spaventato per ciò che le sue parole avrebbe potuto causare.
Ella lo zittì “Ho capito, Po, non preoccuparti . . . ho capito. E . . .”
Po deglutì, preoccupato.
“Penso che tu abbia un po’ ragione.” Ammise la felina tutto d’un fiato, troppo orgogliosa per ammettere che aveva sbagliato a trattarlo in quel modo e per chiedergli perdono.
Il guerriero non credette alle sue orecchie.
“Come?”
“Hai sentito.” sbottò lei ”Ma . . .”
“Dimmi.”
“Non voglio andare ancora dagli altri. Non . . . non me la sento.” disse lei, abbassando lo sguardo.
Po annuì. Anche lui non aveva avuto voglia di stare con gli altri, dopo aver scoperto di essere stato abbandonato dai suoi veri genitori.
“Non devi per forza, se non ti senti pronta. Ma non ti conviene rimanere al palazzo, oggi, visto che dobbiamo mostrarlo a quella sottospecie di gatto arancione con la luna storta.”
Un lieve sorrisetto illuminò il volto di Tigre, divertita dalla definizione più che appropriata che Po aveva dato di Shang Chiang.
A quella vista un’idea si accese nella mente del panda, ma era un’idea troppo insolente e coraggiosa per poter funzionare. Eppure . . .
“Io avevo intenzione di scendere alla Valle e di passare a salutare mio padre: perché non vieni con me?” le propose il Guerriero Dragone, chiedendosi dove diavolacci avesse trovato il coraggio di fare una proposta simile a Tigre, che l’avrebbe sicuramente scorticato vivo appena quelle maledette parole avrebbero lasciato le sue labbra.
La leader alzò lo sguardo confusa, certa di aver capito male.
Po prese un respiro profondo e spiegò “Sai che mio padre adora la tua compagnia: sarebbe sicuramente contentissimo di vederti. Inoltre oggi il negozio è chiuso per pulizie e quindi non gli daremo nessun disturbo, né verranno a cercarci fan o altri. Cosa ne dici?”
“Ma Po” disse la tigre “tuo padre si aspetta di vedere solo te.”
“Non sapeva neanche che avevamo la giornata libera. Sarà tutta una sorpresa. E poi lo sai che ti adora : ti accoglierebbe anche se lo andassi a trovare a mezzanotte. Allora, vieni?”
“Non lo so . . .”
“Dai Tigre! Per favore, fallo per me!” esclamò lui unendo le zampe in segno di preghiera e usando il tono più supplichevole che aveva.
“Vengo solo se la smetti di fare così. Sei ridicolo.” Si arrese lei con uno sguardo severo, ma anche divertito e grato “Vado in camera a cambiarmi, allora. Tu vai a mangiare nel frattempo, ti aspetterò qui.”
“Farò subito, allora!” rispose Po “Vedrai che non te ne pentirai!”
Mentre la felina si allontanava con un sorriso, il panda notò che aveva la pelliccia lievemente arruffata.
Po sospirò. La pelliccia arruffata di Tigre significava sempre e solo una cosa: incubi.
 
Il panda andò velocemente in cucina per avvisare gli altri che aveva trovato Tigre e che la ragazza aveva intenzione di stare fuori per buona parte della giornata ad allenarsi (una scusa troppo plausibile per far dubitare gli altri quattro).
“E tu cosa fai, Po?” domandò Vipera curiosa, vedendolo addentare un biscotto in modo sbrigativo.
“Scendo da mio padre e ci starò per tutto il giorno, credo” spiegò il guerriero con la bocca piena “ anzi, sono in ritardo! Scappo, ci vediamo dopo!” e così dicendo Po uscì dalla cucina con una mezza dozzina di biscotti tra le zampe, non volendo far aspettare Tigre a lungo.
“Ehi!” esclamò Scimmia arrabbiato “Si è preso i miei biscotti! Torna qui, razza di brutto ladro ingordo!!!”
Dopo che il primate si fu calmato per il furto subito (anche se tra sé pensava a un modo per fargliela pagare) i ragazzi ripresero a mangiare e a parlare fra loro.
Solo Vipera mangiava silenziosamente, guardando pensierosa l’entrata della cucina.
Prima di quel momento Po non aveva mai fatto un pasto di corsa e, soprattutto, non si era mai accontentato di una mezza dozzina scarsa di biscotti per colazione.
“C’è sotto qualcosa . . .” pensò la ragazza mentre sorseggiava il suo tè.
 
Il Guerriero Dragone mangiò tutti i biscotti prima ancora di giungere alla sala degli allenamenti, benché corresse come un matto. Voleva sorprendere la sua amica, facendosi trovare lì ad aspettarla.
“Chissà che faccia farà, essendo convinta di arrivare sempre prima lei!” pensò.
Ma Po non poté mai vedere la faccia sorpresa di Tigre, perché la guerriera era già lì, appoggiata alla parete ad aspettarlo.
“Ma . . . ma come diavolacci hai fatto?!” il panda era scioccato. I dormitori erano distanti il doppio della cucina, eppure eccola lì!
Tigre sorrise alla sua faccia scioccata “Sono sempre stata più veloce di te, Po, dovresti saperlo. Comunque potevi mangiare con calma, non scappo mica, sai?”
“Cosa ti fa pensare che io non abbia mangiato con calma?” chiese lui.
“Le briciole dei biscotti sulla tua bocca.” rispose con calma lei.
“Oh.” Il ragazzo si tolse le briciole dalla bocca con la zampa, imbarazzato. “Meglio?”
La ragazza annuì “Molto.”
“Allora, andiamo?”
“Andiamo.”
 
 
 
I guerrieri camminavano a passo sostenuto, chiacchierando fra loro. O meglio, Po parlava e Tigre lo ascoltava, lasciandosi scappare ogni tanto qualche sorrisetto.
 
La giovane maestra sorrideva molto di rado e per di più era proprio il Guerriero Dragone a farla sorridere.
Quel giovane panda un po’ ingenuo e impacciato, con il suo modo di fare allegro e spensierato e con il suo cuore d’oro aveva una strana influenza su di lei.
Era come un leggero vento di primavera che riusciva a togliere dal suo cuore pensieri bui, preoccupazioni e dubbi ed a portargli pace e tranquillità.
Quando stava con Po, Tigre si sentiva diversa. Non sapeva neanche lei perché, ma c’era qualcosa, in quel buffo ragazzo, che riusciva a scacciare il gelo che le aveva avvolto il cuore negli anni passati. Qualcosa che le faceva sentire un calore mai provato prima, un calore dolce e rassicurante che si estendeva per tutto il suo corpo e tutta la sua anima.
Con lui non c’erano barriere, non c’erano muri, non c’erano confini : era come se si conoscessero da sempre e sapessero l’uno cosa pensava l’altra.
C’era un strano legame fra di loro, un legame ancora fragile, ma già forte. Un legame che la felina non aveva mai avuto con nessuno.
 
Le case della Valle iniziarono a farsi più vicine e i ragazzi presero delle stradine secondarie per giungere al negozio senza essere seguiti da sguardi indiscreti.
A nessuno dei due piaceva essere seguito ovunque da folle e folle di fan, soprattutto quando avevano il desiderio di stare tranquilli come lo aveva in quel momento la guerriera più giovane.
Quella mattina però furono molto fortunati, perché era ancora molto presto e in giro non c’era nessuno.
Quando i due arrivarono al negozio Po entrò per primo, facendo attenzione a non fare rumore per poter fare una sorpresa a suo padre.
La vecchia oca era già in cucina, intenta a controllare gli ingredienti arrivati quella mattina.
Il panda sorrise e disse ad alta voce “Ciao, papà!”.
Il vecchio sobbalzò e si girò verso suo figlio, sorpreso “Po! Che bella sorpresa, non ti aspettavo!” esclamò abbracciandolo.
Poi il signor Ping si accorse di Tigre. “Oh, hai portato pure la piccola Tigre!” disse sottraendosi all’abbraccio e sorridendo alla felina.
 
Po arrossì imbarazzato.
Nessuno aveva mai chiamato Tigre ‘piccola’, tranne lui. Era una cosa buffa che faceva sentire il panda a disagio, perché quel aggettivo gli ricordava costantemente che lei era più piccola di lui di ben quattro anni, ma suo padre non vedeva dove fosse il problema.
Il vecchio adorava la ragazza e la trattava con gentilezza ed affetto, considerandola quasi come una seconda figlia. Aveva un buon rapporto con lei, se la coccolava tutta e la guerriera lo lasciava fare, anche se trovava molto buffo essere chiamata in quel modo.
 
“Non sai che piacere che mi fa la tua visita, cara! È da tanto tempo che non vieni a trovarmi, sai? Iniziavo a sentirmi trascurato!” disse lui prendendo due sedie per i suoi ospiti.
Tigre sorrise “Perdonate la mia negligenza, signor Ping, ma ho dovuto allenarmi molto. Inoltre pensavo che volevate stare un po’ con vostro figlio.” rispose sedendosi.
“Ma ragazza mia, lo sai che apprezzo tantissimo la tua compagnia! Comunque lo avevo detto, a questo mio figlio ingrato, di portare pure tutti i suoi amichetti, ma lui non mi ascolta mai! Credo che voglia le mie prelibatezze tutte per sé!” esclamò l’oca.
“Papà!” esclamò Po, imbarazzato.
Tigre trattenne a stento una risatina.
“Ditemi, avete fame? Sono certo che vi fanno mangiare pochissimo, lassù.” continuò il vecchio. Quando diceva ‘lassù’ intendeva il Palazzo di Giada, quel posto che gli sembrava così lontano e così distante, ma anche così vicino e concreto da avergli sottratto il suo unico figlio.
“Non direi, signor Ping. È Po il nostro cuoco.” rispose la guerriera.
“Oh, davvero? E dimmi, ragazza mia, come se la cava ai fornelli il mio giovane erede? È all’altezza del nome della nostra famiglia? ” domandò il padre ansioso. Per lui la cucina era tutto.
Po voltò lo sguardo verso l’amica, preoccupato per il suo giudizio. Raramente Tigre diceva cosa pensava di ciò che faceva, che fosse kung fu, cucina o altro. E nei suoi commenti era sempre molto severa. Beh, anche in tutto il resto, a dire il vero.
La ragazza sorrise “È bravo quanto voi. Anzi, forse anche un po’ di più.”
Il Guerriero Dragone rimase a bocca aperta. Mai, prima d’ora, Tigre, la grande Maestra Tigre, Leader dei Cinque Cicloni, gli aveva fatto un complimento del genere. Era una cosa incredibile, fantastica, grandiosa, mitica, impossibile. Eppure era vera.
 “Oh, adesso non esagerare, piccola. Deve ancora lavorare molto per superarmi, in fondo ha solo 21 anni! Non dovresti farti influenzare dai tuoi sentimenti, sai?” disse l’oca, ma gli si leggeva negli occhi che era veramente felice e fiero di suo figli.
“Il fatto che io e Po siamo amici non c’entra niente!” esclamò Tigre, imbarazzata dall’insinuazione del signor Ping “Ho detto semplicemente il mio giudizio!”
“D’accordo . . .” il vecchio si voltò e mise via gli ingredienti “ Po, adesso che ci sei perché non mi dai una zampa a pulire? I tuoi fan fanno un mucchio di casino, sporcano sempre tutto. Puoi aiutare anche tu, piccola, se vuoi.”
“Ma papà!” esclamò il panda “Io sono venuto a trovarti e tu mi metti a lavorare? Ma che padre sei? Sai bene che il maestro Shifu ci fa allenare come matti e mi chiedi anche di fare le pulizie quando potrei riposarmi? Inoltre Tigre è un’ospite, non puoi farle pulire il negozio!”
“Po Ping! Sei si il Guerriero Panzone o come diavolo ti chiami, ma sei anche mio figlio! Sei così crudele da non aiutare un povero vecchio come me, quando dovresti essere il bastone della mia vecchiaia?” l’oca era arrabbiatissima e il Guerriero ‘Panzone’, come lo aveva chiamato per sbaglio, si fece piccolo piccolo sotto la sua furia.
“Scusa, papà. Hai ragione, ho esagerato. Però . . .” fece il ragazzo, pentito, quando il signor Ping finì la sua sgridata.
“Però?” lo interruppe suo padre con le ali sui fianchi e uno sguardo che ricordava tanto quello di Tigre.
“Tigre non centra niente in questa faccenda. Non fare lavorare anche lei!” disse muovendo una zampa verso la felina.
“Non preoccuparti Po, ti aiuto volentieri. Lo sai che non mi piace stare con le zampe in zampe.” rispose la guerriera gentilmente.
“Oh, ecco una brava figliola!” esclamò il signor Ping prendendo un scopa, due strofinacci e una paletta “Ecco, prendete e andate a pulire le stanze di sopra. Sono sempre le più sporche, anche se ormai ci salgo solo io.” C’era un pizzico di malinconia in quell’ultima frase.
Po sbruffò lievemente mentre prendeva uno strofinaccio e la paletta “Possibile che io debba sempre lavorare?”.
“Dai, muoviti, Guerriero Panzone.” lo chiamò Tigre dalle scale, con la scopa e l’altro strofinaccio già in pugno.
Il panda la raggiunse sulle scale e le sussurrò innervosito “Non è divertente.”
La felina gli sorrise con uno dei suoi sorrisi strani, quelli che la facevano somigliare ad un gatto che aveva appena acchiappato un uccellino “È molto divertente invece, Guerriero Panzone.”
Po emise un suono molto simile ad un ringhio.



La tana dell'autrice

Ciao! Eccomi qui con un nuovo capitolo!

Allora, cosa dire? Vi avevo promesso un capitolo allegro e ho mantenuto la promessa. Ed il divertimento non finirà qui perchè anche il prossimo sarà un po' divertente, anche se più profondo sotto l'aspetto sentimentale (non posso farci niente, sono fatta così!!!).

Comunque fatemi sapere cosa ve ne pare, perchè non sono sicura di come ho scritto questo capitolo.

Un bacio

T.r.


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Capitolo 10
*** Pensieri di padri ***



Pensieri di padri

 


“E questa è la sala degli allenamenti, generale. Con essa abbiamo finito. ” disse Gru, finendo così di mostrare a Shang Chiang il Palazzo.
“Finalmente! Sia lodato Budda!” pensò Scimmia, annoiato a morte.
 
Vipera aveva insistito affinché tutti e quattro mostrassero il Palazzo al generale. Certo, avrebbe potuto benissimo farlo solamente lei, visto che riusciva a conversare anche con chi detestava a morte, ma la ragazza non aveva voluto.
 
“Gli uomini aristocratici” aveva spiegato “pensano che le donne debbano occuparsi solo ed esclusivamente della casa e dei propri familiari, essendo ’esseri inferiori ’.” Non era servito guardarla in faccia per vedere quanto le disgustassero le sue stesse parole ”Se gli mostrassi da sola il Palazzo penserebbe che anche qui vige la stessa corrente di pensiero e non oso immaginare come si comporterebbe in quel caso.”.
Così avevano deciso di illustrare le stanze a turno, o almeno era stato questo il piano originale. Scimmia e Mantide, però, riuscivano a trattenersi a stento dall’impulso di sputargli in faccia e così Vipera e Gru, i più diplomatici del gruppo, erano stati costretti ad illustrargli tutto parlando sempre e solo loro.
 
La vecchia tigre osservò attentamente la sala dall’uscio.
“Gradirei visitarla nel dettaglio.” disse.
I quattro si guardarono, con la frustrazione negli occhi. Non ce la facevano più!
“Certo.” rispose Gru, cercando di mantenere la voce calma “Guardatevi pure attorno.”.
Allora egli entrò, osservando con cura ogni strumento e valutando mentalmente la forza che dovevano avere gli allievi del maestro Shifu per poterli utilizzare. Non dimenticate che era un generale, ed era quindi abituato a valutare chiunque incontrasse ed a cercare i suoi punti deboli.
 
Ad un certo punto si fermò di fronte ad un vecchio sacco d’allenamento, tutto rattoppato ma ancora duro e pesante, messo a dura prova dai costanti allenamenti di anni e anni di formazione.
“A chi appartiene?” domandò, passandoci una zampa sopra per constatarne la resistenza. “Il guerriero che si allena con un tale sacco deve avere una forza immensa e una grande conoscenza del kung fu e delle arti marziali in generale.” pensò.
I ragazzi rimasero sorpresi a quella domanda, molto sorpresi. Possibile che, tra tutti gli strumenti presenti nella sala, Shang Chiang chiedesse proprio di quel sacco?
“È di Tigre, generale.” rispose Vipera “Lo ha costruito da sola quando è arrivata qui e ha provveduto lei stessa ad aggiustarlo durante tutti questi anni. Spesso usa troppa forza e finisce per bucarlo, per questo motivo è molto rattoppato. A nessun altro è permesso usarlo.”
Shang Chiang si voltò, non credendo alle parole della guerriera. “Ragazza, non prenderti gioco di me.” disse con tono aspro “Ciò che hai appena affermato è impossibile.”.
Scimmia si indispettì vedendo la reazione dell’uomo “Vipera non sta scherzando. Quello è il sacco di Tigre ed è un miracolo che sia ancora tutto intero, tra l’altro.” confermò con tono velenoso “È forte, Tigre, molto più forte di quanto voi possiate immaginare. Se vi impressiona solo vedere le condizioni del suo sacco, aspettate di vederla combattere. Una volta ha sconfitto venti guerrieri armati fino ai denti tutta da sola. Altro che impossibile!”.
Il vecchio si girò nuovamente verso il sacco, ancora incredulo “Possibile che quella ragazzina sia così forte?” si chiese, osservando un largo buco irregolare non ancora rattoppato.
 
 
La ragazzina, al momento, era impegnata in una lotta dove la forza fisica non era utile.
Una lotta mortale contro la polvere e le ragnatele, con l’unico aiuto di una scopa, di uno strofinaccio e di un panda che detestava più di lei fare le pulizie.
 
“Uffa! Non ce la faccio più!” urlò Po frustato “Io uccido mio padre! Lo odio, lo odio, lo odio! E odio pulire!”.
Tigre gli lanciò uno sguardo divertito “Non esagerare, Po.” rispose “Abbiamo quasi finito. Inoltre, il grande Guerriero Panzone non dovrebbe aiutare i comuni mortali senza lagnarsi in continuazione?”.
“Ah ah ah, il tuo senso dell’umorismo è spettacolare, sai?” rispose ironico il panda. La felina aveva proprio preso in simpatia il titolo di ‘Guerriero Panzone ‘, a quanto pareva.
“Lo so.” rispose lei stando allo scherzo “È un dono, non posso farci niente.”.
Il ragazzo scosse la testa e sorrise, compiaciuto.
 
Beh, almeno quella tortura forzata aveva avuto il dono di distrarre un po’ la sua amica e di farle tornare il sorriso, per quanto ironico e cattivello.
Sembrava quasi che neanche l’ombra di Shang Chiang fosse mai giunta al Palazzo di Giada a rovinare l’atmosfera di pace che da quasi un mese regnava sovrana tra i sette guerrieri.
Sembrava, però non era così.
Po vedeva bene che la mente della felina era ancora presa dagli avvenimenti del giorno prima. Se ne accorgeva dalle piccole cose, dal suo sguardo perso nel vuoto per un attimo, dalla sua furia nel togliere la polvere da un sopramobile, dalla sua lentezza nel spazzare sotto i letti, dalla sua coda quasi completamente immobile, dalla sua aria infastidita per un nonnulla, da quel velo di . . . angoscia, si poteva definire in quel modo? che per alcuni minuti l’avvolgeva e la rendeva intoccabile.
 
“Po? Tutto ok? ” una voce lo distolse dai suoi pensieri. Tigre lo guardava, notando la sua aria assente.
“Si, certo!” rispose velocemente lui “Penso che abbiamo finito qui! Adesso rimane solo . . .” il panda si bloccò al pensiero di quale fosse la camera da pulire.
 
Era la sua.
Piena zeppa di modellini, di immagini, di oggetti e di poster riguardanti i Cinque Cicloni, i grandi guerrieri del mondo del kung fu in generale e soprattutto lei, la grande Maestra Tigre.
Se l’avesse vista, che cosa avrebbe pensato di lui?
Lo avrebbe preso in giro, trovandolo infantile e sciocco?
Lo avrebbe guardato scioccata, considerandolo mezzo pazzo?
Non gli avrebbe più rivolto la parola, giudicandolo immaturo ed indegno della sua attenzione?
No, non doveva assolutamente vedere la sua camera! Non doveva!
 
“Niente! Non rimane niente! Possiamo scendere, abbiamo finito!” mentì.
La felina lo guardò confusa e lui cercò di non tradirsi.
“Po, sono sicura che manca una stanza all’appello. È quella qui accanto. Su, non fare lo scansafatiche!” disse alzandosi e prendendo la scopa.
“No, ti stai sbagliando!” insistette Po con troppa veemenza per risultare onesto “Abbiamo finito! Vieni, andiamocene!”.
“Sei un pessimo bugiardo.” La ragazza aprì la porta ed uscì per andare a pulire la stanza accanto, adesso spinta anche dalla curiosità. Come mai Po non voleva andare in quella stanza?
“Aspetta! Ti prego, Tigre, non . . .” il ragazzo si alzò e la seguì di corsa, cercando di fermarla, ma era troppo tardi.
 
Tigre aveva già aperto la porta e Po desiderò di sprofondare sottoterra.
 
La giovane maestra guardava sorpresa i poster appesi al muro che ritraevano lei e i suoi amici, i dischi ninja conficcati alla parete sul disegno grossolano di un toro, i cinque modellini sul davanzale della finestra che lì ritraevano in pose di combattimento, un poster con i ritratti di tutti i più grandi maestri del kung fu sull’anta dell’armadio e i principi della forza e dell’azione del kung fu scritti sul pavimento con un gessetto.
Ella si girò verso l’amico, il quale fissava imbarazzato per terra.
“Era per questo che non volevi farmi vedere la tua stanza, Po?” la domanda della guerriera fu diretta e senza preamboli, ma nella sua voce c’era dolcezza.
Il panda non poté fare altro che annuire, sentendo le guance farsi rosse come la camicia di lei.
Il volto della felina si addolcì e il suo sguardo cadde sul terzo principio della forza.
“Ti conviene correggerlo, è un grave errore.” disse con tono tranquillo, indicandolo con la zampa.
Po alzò lo sguardo, confuso “Come?” chiese sicuro di aver capito male.
“Il terzo principio della forza è ‘Restituisci al tuo avversario la sua forza ’, non ‘Dai al tuo avversario la tua forza ’. Un errore del genere il maestro te lo farebbe pagare molto caro.” disse pazientemente, iniziando a spolverare l’armadio di Po.
“Ma come, non sei nervosa? Arrabbiata? Sconvolta? Disgustata? Non mi consideri un bambino infantile, uno stupido, un malato di mente?” domandò egli, sorpreso dalla sua reazione.
“Perché dovrei?” Tigre lo guardò negli occhi “Sapevo già della tua smisurata passione per il kung fu. Tuo padre ci ha mostrato i tuoi modellini prima di partire il mese scorso, ricordi?”
Se lo ricordava benissimo. Prima per partire per affrontare Shen, suo padre lo aveva fermato per dargli il bagaglio e aveva tirato fuori il modellino di Tigre proprio di fronte a lei.
Era stata una delle figuracce più brutte della sua vita.
“Po, ti conosco da mesi, ormai. Pensavi davvero che ti avrei criticato su cosa tieni nella tua stanza? A quanto pare non mi conosci ancora per niente. E smettila di guardarmi con quella faccia, sembri uno scemo.” la giovane maestra distolse lo sguardo e continuò a spolverare, invitando il ragazzo a fare lo stesso.
Il Guerriero Dragone si scosse e iniziò a sua volta a pulire, pensando tra sé e sé che Tigre era davvero una ragazza dalle innumerevoli facce.
 
I due pulirono a fondo la stanza che, benché il panda non l’utilizzasse quasi per niente, era più sporca di tutte le altre.
Più volte le braccia dei giovani maestri si sfiorarono per caso, causando una marea di emozioni e sentimenti contrastanti nel cuore e nella mente del ragazzo.
 
Po non sapeva perché reagiva in quel modo, non sapeva più niente. Voleva solo che quel momento di intesa e di condivisione durasse per sempre. Si, per sempre, loro due, solo loro due, in quella camera dove erano iniziati tutti i suoi sogni infantili.
 
Ma quel momento di tranquillità venne interrotto da una voce. Una voce che Po conosceva fin troppo bene e che in quel momento avrebbe voluto spegnere per sempre.
“Poooo!!! Scendi giù un attimo, per favore!” urlò il signor Ping dal piano di sotto, reclamando l’attenzione di suo figlio.
“Uffa! Adesso cosa vuole?” sbruffò il panda abbandonando paletta e strofinaccio “Torno subito.” disse all’indirizzo di Tigre e la ragazza annuì, continuando a spazzare.
“Cosa c’è, papà?” domandò il Guerriero Dragone quando giunse in cucina.
“Mi devi fare un grosso favore, ragazzo mio, un grosso favore.” disse la vecchia oca, intenta ad ordinare la cucina “La signora Ran si è presa alcune delle mie vecchie pentole e non me le ha ancora restituite. Potresti andare a prenderle per favore?”
“Adesso? La signora Ran abita dall’altra parte del villaggio!” si lamentò Po, che non voleva andarsene proprio in quel momento.
“Si, adesso! Lo sai che senza le mie pentole mi sento perduto, sono come delle figliolette per me! E loro mi soddisfano sempre, a differenza di un certo panda qui presente!” insistette il vecchio con tono di rimprovero.
“Va bene, va bene . . . vado.” si arrese il ragazzo. Sua padre l’aveva sempre vinta con lui.
“Su, non fare quella faccia triste. Quando torni ti preparo uno spuntino prelibato!” esclamò il signor Ping.
“No, grazie . . . non ho fame.” mentì Po, anche se la pancia gli brontolava.
L’oca lo guardò attentamente “Non starai ancora facendo quella cosa assurda che mi dicevi l’altra volta? Quella diata?”
“Si chiama dieta, papà, e non è una cosa assurda. Comunque si, la sto ancora facendo.” spiegò il Guerriero Dragone.
“Non mangiare è una cosa assurda, Po. Un ragazzo come te deve mangiare tanto. Stai ancora crescendo!”
“Papà, mangiando in continuazione e in quel modo non cresco, ingrasso solo. Adesso sono un guerriero, non posso essere grasso!”
“Tu non sei grasso, ragazzo mio! Smettila di dire scemenze! Inoltre, è sbagliato cambiare sé stessi per un’altra pers . . .”
“Io non sto cercando di dimagrire per qualcuno, papà! Te l’ho già detto l’altra volta. Ora vado, altrimenti non torno più. A dopo.”
Il panda se la diede a zampe levate, lasciando la vecchia oca a gridare al vento “Non ho ancora finito, Po! Torna qui!”.
 
 
“Signor Ping, tutto bene?” domandò Tigre che era scesa al piano inferiore ed aveva trovato il vecchio che parlava da solo, innervosito.
“Oh, piccola Tigre! Si si, tutto benissimo. Hai pulito tutte le stanze? Poverina, mi dispiace averti fatto lavorare così tanto. Su, siediti lì, che ti preparo qualcosa di buono. Non va bene che una bella ragazza come te abbia solo un po’ di pelle a coprire le ossa. Non preoccuparti, con la mia cucina tornerai in forma smagliante!” disse l’oca calmandosi di botto alla presenza della ragazza.
La guerriera si guardò attorno, cercando il panda con lo sguardo "Dov’è Po?” domandò, fingendo di ignorare il complimento che le aveva fatto.
“Oh, è andato a fare una piccola commissione per me. Siediti, su. Cosa preferiresti mangiare, piccola?” spiegò mentre prendeva un grande pentolone.
“Una commissione?” insistette Tigre, ignorando totalmente la domanda del cuoco.
“Si, l’ho mandato a prendere delle pentole dalla signora Ran un quarto d’ora fa, mi sembra.” si arrese l’oca, capendo che non sarebbe riuscito a farla sedere se prima non avesse risposto a tutte le sue domande.
“Perché non avete chiamato anche me? Avrei potuto aiutarlo.”
Il volto del signor Ping si addolcì a quelle parole“ Lo hai già aiutato moltissimo, Tigre. E continui a farlo ogni giorno.”
Tigre rimase stupita per la risposta dell’oca “Mi scusi, signor Ping, ma non capisco.”
Il vecchio la guardo con dolcezza “Se Po non te ne ha parlato non ho il diritto di farlo io, ma sappi che ti sono debitore, piccola.”
“Debitore?”
“Si, debitore. Se non fosse stato per te, Po non sarebbe colui che è adesso. Sarebbe un grande panda triste e deluso dalla vita, senza sogni né gioia.”
Tigre non capiva. Non capiva per niente.
“Perdonatemi, signor Ping, sono più confusa di prima.”
“Oh, non preoccuparti, capirai quando mio figlio si deciderà a parlartene. Adesso, ragazza mia, mi prenderesti quella scatola in alto?”
“Ma . . .”
Proprio in quel momento una montagna di vecchie pentole di varie dimensioni e materiali entrò in cucina, instabile e pericolante su un paio di buffe zampe da panda.
“Un aiutino?” chiese Po con voce soffocata, rischiando di inciampare nei suoi stessi piedi.
Tigre sorrise e lo aiutò a posare tutte le pentole a terra.
“Non sapevo che le pentole sapessero camminare, sai?” fece ironica la ragazza.
“Ah ah ah, molto divertente.” rispose il panda sbruffando.
Il vecchio rimase a guardarli, dolcemente.
“Beh, adesso che ci siete tutti e due posso andare dal signor Hiroshi. Mi aveva chiesto di fare una partita a shogi, ma non volevo lasciare il ristorante da solo. Potrebbe farsi male! Starò via per un po’. Po, tu controlla il ristorante. Piccola Tigre, tu controlla Po, per favore.” disse togliendosi il grembiule.
“Papà! Io non ho bisogno di essere controllato!” esclamò Po imbarazzato, mentre la sua amica gli lanciava un’occhiata divertita.
“E quella volta che, mentre non guardavo, ti sei fatto cadere l’armadio addosso? E quando ti sei mangiato la pasta cruda pensando che fosse cotta? Oppure quando . . .”
“Ok, papà, ok, basta così . . .” lo interruppe il ragazzo, coprendosi gli occhi con una zampa mentre la felina ridacchiava sotto i baffi.
“Sapete che cosa potete fare mentre sono via? Cucinare per il pranzo, insieme! Sono curioso di vedere come ve la cavate, voi due!”
A quella proposta fu Tigre ad imbarazzarsi “Ecco, signor Ping, non penso che sia una buona idea . . .” fece.
“E perché mai?” domandò egli.
“Non me la cavo molto bene in cucina, signor Ping . . . anzi, non me la cavo per niente.” rispose la ragazza.
“Sciocchezze!!! La cucina non è difficile, basta sentirsela nelle vene! E poi c’è Po ad aiutarti! Sono sicuro che andrà tutto bene! Adesso vado. Ah, se vi serve una spintarella, in quella scatola c’è quello che può fare al caso vostro. Fate i bravi, ok? Po, non distruggere il ristorante. Piccola, tienilo d’occhio.”
E così dicendo il signor Ping uscì dal ristorante. O almeno, finse di uscire dal ristorante.
 
La vecchia oca si nascose all’uscio e guardò a lungo i due guerrieri, teneramente.
“Manca poco” pensò “manca veramente molto poco. Come è cresciuto in fretta, il mio ragazzo!”.
Poi si allontanò, lasciando i due da soli, veramente da soli.
 
 
Shifu era sotto il Sacro Pesco della Celestiale Saggezza, come la sera prima, avvolto nel suo mantello verde e nei suoi cupi pensieri.
Con gli occhi chiusi e le zampe ben strette intorno al vecchio bastone, il panda minore stava cercando di richiamare a sé la pace interiore, ma senza alcun successo.
Un volto continuava ad apparire di fronte agli occhi serrati del vecchio, un volto triste ed arrabbiato, un volto tradito ed ingannato, un volto deluso.
Profondamente deluso.
 
Era il volto di Tigre.
 
Il rimorso e il dolore continuavano ad affliggere l’anziano maestro che cercava di dominare tali emozioni, perdendo puntualmente la lotta contro il suo stesso spirito.
Una preghiera nacque spontanea dalle sue labbra, una preghiera che aveva in sé qualcosa di disperato, ma anche qualcosa di speranzoso.
 
“Maestro” supplicò con un filo di voce “Maestro Oogway, aiutatemi voi. Aiutatemi a rimediare ai miei errori, se è possibile. Aiutatemi a colmare i vuoti che ho creato io stesso nel mio essere cieco. Aiutatemi a fare la cosa giusta. Aiutatemi a rimediare a quello che ho fatto a Tigre in tutti questi anni. Aiutatemi, maestro, ve ne prego.”
Una folata di vento scompigliò il mantello del Gran maestro e ad egli parve di sentire una voce sussurargli nell’orecchio alcune tremule parole.
 
Proteggetela, maestro Shifu. Proteggete Tigre con tutte le vostre forze. Forze oscure vogliono inghiottirla e cancellarla per sempre, forze più vicine di quanto voi possiate immaginare.
Proteggetela, maestro Shifu. Proteggetela con tutto l’amore che avete. Non ci sarà bisogno di altro. Ma proteggetela, ve ne prego! Proteggetela anche per me. Io . . . io non posso più farlo da tanto tempo, ormai.”
 
Shifu sobbalzò. Lui conosceva quella voce. La conosceva benissimo.
 
Era stata la stessa che aveva sentito, molti anni addietro, il giorno in cui aveva portato via Tigre dall’ orfanotrofio.


La tana dell'autrice

Ehilà, sono tornata!

Si, la vostra scrittrice un po' pazza (Scimmia : Solo un po'?) è tornata a torturarvi!!!

Ci ho messo un po' di tempo, ma purtroppo non avevo l'ispirazione, o meglio. nei momenti in cui l'avevo non potevi scrivere e quindi questo capitolo è venuto uno schifo.

Vi prometto che cercherò di scrivere molto più spesso perchè, se continuo a procedere a questo passo, la storia non finirà mai!!!

Cosa dire? Un piccolo capitolo un po' strano dove ho aperto nuovi spazi per riflessioni, a partire dai pensieri di Shang Chiang, di Ping e di Shifu. Volevo però invitarvi a leggere con più attenzione le parole sussurrate nel vento dalla voce ignota, perchè è la stessa che nel quarto capitolo, mi sembra, conta : Un amico, due amici, tre amici, quattro, cinque, sei amici. Essa sarà molto importante durante la fic.
Comunque il prossimo capitolo sarà incentrato su i pensieri e le sensazioni di po e tigre, quindi, fan della coppia, tenetevi forte!
Oh, volvevo solo dire una cosa: sono commossa! Ben 45 recensioni, 1686 visualizzazioni, 7 persone hanno messo questa fic nelle preferite, 1 nelle ricordate e ben 8 nelle seguite!!! Grazie di cuore per il vostro sostegno e la vostra stima, grazie davvero di cuore!!!

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Capitolo 11
*** Imbarazzo ***


Imbarazzo
 

 
 
Un silenzio imbarazzato era sceso tra la giovane maestra Tigre e il Guerriero Dragone, completamente soli nel piccolo ristorante.
Era la prima volta che lui e lei erano completamente soli, si rese conto Po.
A quel pensiero il panda deglutì a fatica.
 
“Allooora . . .” fece il ragazzo, non sapendo che pesci pigliare “che ne diresti di iniziare a cucinare, tanto per passare il tempo?”.
La felina lo guardò “Direi che, almeno nel mio caso, è una pessima idea.”.
“Come mai?” domandò egli.
“Non sono tagliata per le faccende domestiche, Po. Detesto pulire, cucire e rammendare e in cucina sono una frana totale. Di fatto, prima che arrivassi tu, a cucinare per tutti era Vipera. Io, al massimo, sono capace di preparare un brodo appena commestibile.”
“Ah, secondo me ti sottovaluti solamente. Scommettiamo che con il mio aiuto riesci a cucinare una buonissima zuppa?”
“Perderesti sicuramente.”
“Ah, si? Allora perché questa esitazione ad accettare? Hai paura di perdere tu, per caso?” la prese in giro Po.
“Io non ho paura di niente, panda!” si arrabbiò Tigre.
“Allora fatti sotto!” esclamò il panda allungando la zampa per rendere ufficiale la scommessa “ Chi vince potrà far fare all’altro tutto ciò che vuole. Accetti?”
“Accetto!” rispose la felina prendendo la zampa del guerriero e stringendola “Hai appena firmato la tua condanna a morte, lo sai vero?” domandò.
Po sorrise. Si fidava delle sue capacità. “Non direi proprio.”
E i due iniziarono a cucinare.
 
 
Per prima cosa prepararono i vari ingredienti e Po poté constatare che Tigre non face così schifo come ella affermava.
La ragazza tagliò le verdure con una buona precisione, anche se teneva il coltello come un pugnale e il panda dovette correggerle la presa, cosa che lo imbarazzò non poco perché fuori dagli allenamenti non aveva mai toccato la zampa di Tigre – se non si considera quelle due volte dopo che la giovane maestra era stata colpita in pieno dal cannone di Shen al posto suo, naturalmente, e la stretta di zampe di prima- e fu sorpreso dal sentire quanto la sua pelliccia fosse morbida.
Per preparare il resto della zuppa, invece, ci volle molta più attenzione da parte di entrambi, perché la felina aveva cucinato una zuppa solo tre volte in vita sua e con risultati disastrosi.
Il Guerriero Dragone si impegnò al massimo per essere un buon maestro e lei si dimostrò un’allieva diligente, anche se aveva scarsa fiducia nelle sue capacità. Ogni volta che ella faceva qualcosa di corretto Po la lodava in modo smisurato, tanto che Tigre lo minacciò di ficcargli in bocca una mela se non avesse smesso di fare il lecchino.
Dopo una mezz’ora circa di prove e tentativi i due misero la zuppa finale sul fuoco e Po ripose coltelli, cucchiai ed ingredienti avanzati.
Quando il ragazzo si voltò, dopo aver messo a posto la roba, si ritrovò l’amica di spalle, tutta intenta a girare la zuppa. Gli fece tenerezza vedere come la guerriera avesse preso sul serio la faccenda della zuppa. E il cuore prese a battergli un po’ più forte, e non poco, vedendola in quel modo, con la testa lievemente chinata sul piatto che avevano cucinato con tanto impegno, gli occhi attenti e la coda che si muoveva piano, al ritmo del mestolo.
 
Tempo fa suo padre gli aveva detto che cucinare era una delle attività più sensuali che una donna potesse fare e che un uomo è sicuro di aver trovato la propria compagna solo quando si sente attratto da lei mentre ella cucina.
Il panda allontanò il pensiero con una zampa, etichettandolo come una delle idee bizzarre del padre. Cosa ne poteva sapere lui, che non si era mai sposato!
 
Però . . .
 
Fu proprio Tigre a riportarlo sulla terra “Pensi che vada bene, Po?”.
La ragazza si era voltata verso di lui e lo guardava con i suoi occhi grandi, aspettando la sua risposta.
Il giovane si sentì un po’ spiazzato. Lei non gli aveva mai chiesto un suo parere e soprattutto non gli aveva mai parlato con quella luce negli occhi.
Il Guerriero Dragone si avvicinò alla Maestra e le sorrise “Penso di si, Tigre.”
La felina continuò a guardarlo, incuriosita “In questi due giorni mi hai chiamato in continuazione con il mio nome” disse lei “È strano.”
“Cosa stai dicendo?” domandò Po, non capendo cosa volesse dire.
“Tu non mi chiami quasi mai con il mio nome, Po. È come se per te fosse una parolaccia.” spiegò la ragazza, avvicinandosi un po’ a lui senza accorgersene.
“Il tuo nome non è una parolaccia per me, Tigre. È una parola molto bella invece, una parola bella ed importante, che non voglio usare spesso per paura di farle perdere la sua importanza.” Po non capì mai da dove prese il coraggio di dire quelle parole proprio alla grande Maestra Tigre, la leader dei Cinque Cicloni che odiava il romanticismo e le parole dolci, ma le disse, e non se ne pentì.
Tigre era troppo sorpresa per dire qualcosa, ma il suo sguardo, all’improvviso dolce ed incantato, perso totalmente in quello di Po, parlava per lei.
Probabilmente i due sarebbero rimasti così per molto ma molto tempo se un piccolo tonfo non li avesse liberati dal loro torpore.
I due sobbalzarono e si allontanarono l’uno dall’altra con fare colpevole, distogliendo lo sguardo. Entrambi si comportarono come se non fosse accaduto niente, come sarebbe dovuto essere. Cercarono di ricomporsi e di ignorare le emozioni calde, infuocate ed indomabili che gli avvolgevano il cuore, l’anima ed il corpo, ma entrambi sapevano che non era possibile riuscirci.
 
“Deve essere stata quella scatola a fare quel rumore” fece Tigre indicando con una zampa una scatola caduta a terra, cercando di riprendere il proprio autocontrollo.
Era una piccola scatolina di bambù che doveva essere stata riposta in modo instabile. Cadendo buona parte del contenuto si era sparso per terra, creando un po’ di disordine.
“Già” annuì il ragazzo, cercando di calmarsi a sua volta.
La felina si avvicinò alla scatola ed iniziò a raccogliere gli oggetti, più per allontanarsi da Po che per altro.
L’amico non si fece avanti per aiutarla. Sapeva che, se si fosse avvicinato nuovamente a lei, l’incantesimo si sarebbe ripetuto. E non potevano permetterselo.
I ragazzi rimasero in un imbarazzate silenzio per un po’, fino a quando la giovane, che aveva raccolto il contenuto della scatola senza neanche guardarlo, ripose il piccolo contenitore al suo posto e si voltò verso il panda per dirgli qualcosa.
Po non seppe mai cosa la ragazza gli volesse dire, perché propri in quel momento tornò il signor Ping.
 
La vecchia oca non capiva cosa mai fosse accaduto mentre era via.
I due ragazzi si guardavano appena e sembrava quasi che fossero diventati muti.
Po non rispose imbarazzato alle sue battute buffe e la piccola Tigre non ridacchiò sotto i baffi mentre le raccontava dei guai che il suo ragazzo aveva combinato da piccolo, e nessuno dei due fu felice degli apprezzamenti che aveva fatto per la loro zuppa.
“È un po’ piccante per i miei gusti ed è fin troppo limpida, ma neanche io, ai miei tempi, riuscii a preparare una zuppa così buona al primo tentativo!” sissignore, aveva detto quelle precise parole, ma Po non aveva detto niente e la ragazza aveva mormorato un semplice ‘grazie’ sottovoce.
Rimasero per un po’ così, mentre lui cercava di rallegrare l’atmosfera, fallendo miseramente, fino a quando Vipera, Gru, Mantide e Scimmia vennero a trovarlo.
 
“Salve Signor Ping, ciao Po! Oh, ciao Tigre, ci sei pure tu! Pensavamo che ti stessi allenando!” esclamò Scimmia entrando con la sua rumorosa allegria, sorpreso dalla presenza dell’amica.
“Si, mi sono allenata per un po’ e poi sono passata a salutare.” rispose la ragazza, mentendo spudoratamente. Non poteva mica dire che era stata tutto il giorno sola con Po, non vi pare?
 
I due ragazzi finsero di essere allegri e cercarono di conversare con gli amici, ma Vipera notò che qualcosa non quadrava. C’era qualcosa di strano, negli atteggiamenti dei due amici e, soprattutto, nei loro occhi. Qualcosa che non riusciva ancora a comprendere, ma, anche senza capire cosa fosse, sapeva che era qualcosa di importante. Qualcosa di molto importante.
 
 
Rimasero lì per tutto il pomeriggio, scherzando e chiacchierando tra loro, tanto che entrambi i giovani maestri ritrovarono un po’ del loro buon umore, ma solo un po’.
Il sole iniziava a calare e i sei ragazzi decisero di far ritorno al Palazzo. Il maestro Shifu era molto rigido con gli orari e non volevano beccarsi una punizione proprio in quei giorni di vacanza!
Prima che se ne andassero, però, il signor Ping chiese al figlio di seguirlo un attimo in camera sua.
Il panda fece come gli aveva chiesto, domandandosi il perché di quella richiesta. Raramente il padre lo faceva salire nella sua camera da letto; solitamente preferiva parlare in cucina.
 
La camera della vecchia oca era molto piccola, adatta alle sue dimensioni. Era anche molto ordinata e molto semplice. Gli unici mobili erano un piccolo letto di bambù verde di pregiata fattura e una piccola cassapanca del medesimo materiale. Alla parete erano attaccati alcuni vecchi quadretti a cui l’anziano spaghettinaro era molto affezionato. Uno lo raffigurava insieme a suo padre il giorno in cui aveva cucinato per la prima volta degli spaghetti -quindi tanti ma taaanti anni fa-, un altro sempre con suo padre il giorno in cui egli gli aveva lasciato il ristorante, un altro molto più grande lo ritraeva con un piccolo Po di un paio di anni tutto intento a mangiare spaghetti per la prima volta, un altro ancora ritraeva il signor Ping con un Po un po’ più grandicello che cucinava i suoi primi spaghetti, quello più vicino alla porta ritraeva un Po adulto nel giorno della sua battaglia contro Tai lung ed infine, il grande quadretto posizionato proprio sopra il letto ritraeva il signor Ping che abbracciava il suo figliolo con tutto l’amore che un padre può provare.
Po sorrise a quella vista: il signor Ping poteva anche non essere il suo padre biologico, ma lo amava come se lo fosse e forse anche un po’ di più.
“Allora, siediti, figliolo.” disse il vecchio sedendosi sul piccolo letto di bambù. Sembrava molto teso, proprio come quando, a dieci anni fa, aveva provato a spiegargli come nascevano i bambini.
“Cosa volevi dirmi, papà?” domandò il ragazzo.
“Ecco, vedi, figliolo” l’oca lo chiamava sempre figliolo quando era teso “ è da un po’ di tempo che ti vedo strano. Non mangi, sei spesso agitato e sei molto più riservato di prima.”
“Ma cosa stai dicendo, papà!” esclamò il Guerriero Dragone “Io sto bene, davvero.”
“Po, non ho gli occhi foderati di tofu! Lo vedo bene che sei molto strano in questo periodo. E penso che centri con lei.” Così dicendo egli estrasse da chissà dove un piccolo modellino, creduto perduto da molto tempo, fatto da zampe inesperte ma appassionate.
“Non ci credo!” Po era molto sorpreso e strappò il piccolo modellino dalle ali del padre “Credevo di averla persa per sempre! Dove l’hai trovata, papà?”
“Sepolta sotto il letto.” rispose con pazienza lo spaghettinaro “Allora, ho ragione?”
“Che? No, certo che no, lei non centra niente! Perché . . . perché mai dovrebbe centrare qualcosa? Suvvia, papà!” disse il ragazzo, anche se si vedeva lontano un miglio che mentiva.
“Beh, dopo tanti anni l’hai finalmente incontrata ed adesso è tua amica” fece l’oca “penso che chiunque si sentirebbe strano in una situazione del genere. Oh, ti sei fatto tutto rosso! Stai bene?”
“Non sono rosso, sto bene e lei non c’entra niente!” esclamò il panda, anche se era veramente rosso “Forse è meglio che adesso vada, se arrivo in ritardo sono nei guai. Ah, papà, tra tre giorni partiamo e staremo via per un paio di mesi . . . calcolane tre, con il viaggio di ritorno.”
“Come, parti di nuovo? Sei tornato solo da un mese!”
“Lo so, ma è successo un  . . . imprevisto.” Po sapeva bene che Tigre non l’avrebbe mai perdonato se avesse raccontato a qualcuno la vera ragione della loro partenza “Fortunatamente sarà un viaggio tranquillo, anche se lungo. Non preoccuparti, papà!”
“Lo so, adesso sei il Guerriero Panzone e devi fare tutte queste cose strane, lo so . . . però stai attento, d’accordo?”
“Si, papà, non preoccuparti, sarò attento.” disse Po abbracciandolo “Adesso vado o rischio davvero di beccarmi una punizione!”
Il ragazzo salutò il padre e scese subito in strada, dove l’aspettavano i suoi amici.
Il signor Ping scosse la testa e si guardò attorno per prendere il vecchio modellino, quando si accorse che non c’era più.
Il vecchio papà sorrise. Aveva visto giusto. Come sempre, del resto.



la tana dell'autrice

Eccomi tornata a tempo di recod!

Mi scuso con i fan della coppia, volevo fare qualcosa di più romantico per questo capitolo, ma non era ancora il momento . . .. adesso ci voleva imbarazzo!!!
Un capitolo brutto, lo so e me lo dico da sola, più corto dei precedenti, ma spero lo stesso che non mi sputiate in faccia.

Per il fatto 'cucinare è un'occupazione sensuale' mi sono ispirata ad un articolo per grandi che ho letto per caso su Tu style tanto tempo fa, quindi non è farina del mio sacco, però mi sembrava azzeccata visto che Po ama così tanto la cucina.
Qualcuno noterà forse una certa somiglianza con la fic 'L'ingrediente Segreto' presente in questo fandrom e voglio subito chiarire che, non avendo mai cucinato nulla in vita mia, non sapevo cosa inventarmi per parlare della preparazione della zuppa e così mi sono ispirata a quella fic (che tra l'altro mi piace molto), ma SENZA copiarla.
Per il fatto 'nome-parolaccia' dovrete aspettare la spiegazione che metterò tra un paio di capitoli . . . volevo metterla in questo, ma non ci stava bene: un segreto per volta.
Ah, il modellino che scompare è collegato allo stesso fatto.

Ecco, spero che non mi ucciderete per questo schifo di capitolo

Un bacio

P.s.Qualcuno di voi conosce qualche buon programma per fare dei bei video? Non tiratemi fuori Windis Movie maker perchè lo utilizzo già e non mi soddisfa molto . . . qualche programma con cui poi ritagliare gli attori di un film ed utilizzarli in un altro scenario, ad esempio, o per usare degli sfondi e roba del genere . . . tutta roba che Windos NON fa! grazie

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Capitolo 12
*** Programmi ***


Programmi

 
Tutto era tranquillo, al Palazzo di Giada.
Non si sentiva il minimo rumore, neanche il suono delicato del silenzio.
Pace e serenità avvolgeva l’intero edificio, rendendolo simile ad una visione.
Eppure, in tutta quella tranquillità, qualcuno si aggirava con oscure intenzioni.
Una figura massiccia ed imponente con il manto color del tramonto si spostava nelle varie stanze della costruzione senza fare il minimo rumore, come se fosse stato un fantasma, con un lieve sorriso dipinto sulle labbra.
Nessuno dei giovani allievi del vecchio panda minore aveva pensato che lasciarlo al Palazzo senza tenerlo d’occhio poteva essere pericoloso.
“Che sciocchi” pensò.
 
Shang Chiang aveva esplorato ogni singola stanza dell’edificio, attento a memorizzare ogni dettaglio ed a carpire ogni informazione possibile. Per il suo piano era essenziale sapere come agire per evitare di fare un passo falso. Come se lui potesse commetterne.
 
Gli mancavano solamente due stanze da controllare, due camere da letto a dire il vero, quelle del Guerriero Dragone e di sua figlia.
Giunto alle ultime due porte egli aprì per prima la stanza a destra, che si rivelò essere quella del panda soprappeso. Non sembrava la stanza di un guerriero kung fu, ma quella di un bambino molto pasticcione.
Era allegramente disordinata, con oggetti sparsi da tutte le parti, la branda ancora da riordinare e gli indumenti buttati per terra. Non c’erano strumenti d’allenamento di alcun genere, ma manifesti, poster e oggetti riguardanti gli altri maestri del kung fu, in modo particolare i Cinque Cicloni.
La tigre non riusciva a credere che una camera del genere potesse appartenere al salvatore dell’intera Cina. Gli faceva ribrezzo.
Controllò il resto della stanza senza entrarci, per non sporcarsi le zampe. In fondo, sulla davanzale della finestra, c’erano alcuni quadretti ed altri oggetti strani e dovette sforzare la vista per riuscire a vedere cosa raffiguravano. Su uno erano raffigurati un giovane panda ciccione e una vecchia oca di fronte a un edificio che sembrava un negozio di spaghetti. Accanto a questo quadretto c’era un piccolo pupazzetto a forma di panda, tutto sporco e rovinato, ed accanto ad esso c’era un secondo quadretto dove il Guerriero Dragone era raffigurato mentre cucinava degli spaghetti. Poi c’erano un terzo quadretto dove egli si allenava con i suoi compagni e il suo maestro ed un quarto dove i sei allievi del Palazzo erano tutti seduti per terra a ridere ed a scherzare. In fine, proprio accanto a questo ultimo quadretto, c’era una specie di pupazzo fatto di legno, un modellino raffigurante . . . aspetta, ma ci vedeva bene?
Il generale strizzò gli occhi ancora di più, certo che la vista lo stesse ingannando. Come mai quel lardoso ragazzo che giocava a fare l’eroe aveva un modellino raffigurante sua figlia?
 
 
Benché la sua mente stesse ancora esaminando quella strana scoperta Shang Chiang si costrinse a chiudere la porta di quella camera ed a aprire l’ultima porta rimanente, la più importante. I sei ragazzi potevano tornare da un momento all’altro, così come quel ridicolo panda minore, e non voleva farsi sorprendere, anche se era sicuro che il suo udito non lo avrebbe mai tradito.
Così egli aprì la porta e osservò attento l’interno. A vederla non sarebbe certo sembrata la stanza di una fanciulla.
Era completamente l’opposto di quella che aveva appena esaminato; ordine e precisione erano ovunque, la branda era stata scrupolosamente riordinata e gli abiti ed altri oggetti erano riposto in due piccole cassapanche.
Il generale entrò e, dopo aver chiuso attentamente la porta, iniziò ad ispezionare la stanza. Doveva carpirne più informazioni possibili, visto che era l’unico modo per scoprire qualcosa di più su sua figlia.
La branda era sistemata con cura vicino alla finestra e sembrava molto dura e spartana. Le coperte non erano né morbide né rigide e non erano per niente appariscenti. Accanto ad essa era riposta la prima cassapanca, fatto di legno di pesco.
Egli l’aprì e ci trovò i vestiti di Tigre. La cosa l’imbarazzò un po’ perché raramente aveva tra le zampe vestiti di giovani donne, tranne quando li toglieva alle sue concubine, naturalmente.
Li ispezionò e scoprì che essi erano tutti di taglio maschile: non c’era neanche un vestito femminile. La cosa lo sorprese non poco, perché non si era mai trovato davanti una donna che indossasse abiti maschili. Per la sua mentalità era una cosa troppo strana, troppo sbagliata. Si, era una cosa sbagliata, malsana, contro natura.
Anche sua madre, si ricordò all’improvviso, aveva indossato dei vestiti maschili. E, se non ricordava male, quei vestiti erano identici a quelli utilizzati dalla ragazza. Si, non ricordava male : glieli aveva strappati con le sue stesse zampe.
 
La cosa lo mise in allarme, in terribile allarme.
 
Comunque continuò ad ispezionare gli abiti e notò che lo stile era sempre quello, anche se gli abiti per occasioni più importanti erano cuciti con più attenzione e con stoffe più preziose, mentre quelli utilizzati come pigiami erano fatti da stoffe rozze e non avevano il delicato ricamo che raffigurava fiori di loto. Inoltre tutte le camicie erano di un ardente color rosso fuoco, tranne quelli per le festività, che erano invece di un color bianco candido.
Nella parte interna dell’anta della cassapanca era stato attaccato un piccolo specchio ed un piccolo nastro da cui pendeva una spazzola.
La vecchia tigre chiuse la cassapanca e si chinò per prendere l’altra, un po’ più piccola della precedente e fatta di bambù. Sembrava più uno scrigno che una cassapanca.
Quando l’aprì rimase molto sorpreso.
Lì dentro c’erano gli affetti personali della piccola Tigre.
 
Questa volta si prese più tempo per osservare gli oggetti riposti nella cassapanca.
La prima cosa che gli capitò tra le zampe fu un vecchio libro di pregiata fattura, conservato ancora molto bene. Lo sfogliò e vide che parlava dei maestri kung fu del passato, illustrandone il pensiero, la storia, i combattimenti, le tecniche e la morte. Nella pagina dove si parlava della grande Maestra Lien-hua, la prima guerriera donna nella storia del kung fu, c’erano alcuni fiori di loto essiccati.
Altri svariati libri erano contenuti nella cassapanca. Uno spiegava particolari tecniche kung fu, un altro parlava delle leggende più antiche della Cina, un altro ancora descriveva le avventure della Maestra Lien-hua nel dettaglio ed un quinto praticamente nuovo narrava di un’antica storia d’amore - quando lo aprì lesse la dedica di Vipera, l’altra allieva donna del Maestro Shifu, e capì che doveva essere un regalo di un paio di anni fa -  tra un guerriero e una giovane fanciulla ribelle.
Poi trovò alcune pergamene. La maggior parte spiegava in modo dettagliato tecniche o mosse del kung fu, ma una era invece una pergamena molto preziosa ed antica, una delle prime copie di una famosa ballata cinese, la Ballata di Mulan.
Nella cassapanca c’erano anche una scatolina di bambù contenente alcuni pezzi di un domino molto ma molto vecchio che Shang Chaing trascurò con noncuranza, un piccolo pugnale dal manico rosso sangue e dalla lama affilata e letale, una custodia per pennelli ed inchiostro, delle pergamene nuove, un piccolo flauto di legno dall’aria elegante, una vecchia benda conservata per chissà quale motivo, un minuscolo ciottolo di tanti colori diversi, un fermaglio a forma di fiore di loto che sembrava mai utilizzato ed un ultimo, grosso libro.
Questo libro era molto diverso degli altri, però: infatti parlava della storia, delle abitudini e delle società delle tigri. Il volume era sottolineato ed ai margini la ragazza aveva scritto molte note, con domande, curiosità e dubbi, in particolare nella parte che riguardava le divisioni tra uomini e donne e il matrimonio.
 “E così” pensò “la piccola Tigre ha cercato di conoscere la sua specie anche se era stata portata via” il fatto lo sorprese “Così sarà più difficile del previsto” si disse “ ma funzionerà lo stesso, me lo sento.”.
Avendo ispezionato tutto il contenuto, Shang Chiang fece per chiudere la cassapanca quando si rese conto che sulla parte interna dell’anta c’erano attaccate alcune cose.
La prima cosa che vide fu un piccolo quadretto, molto simile a quello del panda ciccione, raffigurante lei e i suoi cinque amici durante un allenamento. Accanto era attaccato un altro quadretto raffigurante lo stesso gruppo durante un festa, in un piccolo ristorante, intento a ridere ed a scherzare con spensieratezza ed allegria. A questa raffigurazione era stato attaccato un fiore di campo essiccato.
Vicino c’era un disegno realizzato con gran maestria, una specie di caricatura di tutto il gruppo, compreso il maestro Oogway, firmato con eleganze da Gru, il volatile. Doveva essere stato realizzato prima della nomina di quella specie di bambinone nero e bianco, perché egli era assente.
Un altro disegno più piccolo era posizionato poco più sotto e doveva risalire ad alcuni anni addietro, perché raffigurava i Cinque Cicloni da adolescenti, intenti a nascondersi da uno Shifu furioso. Questo disegno era stato realizzato dal primate, Scimmia.
Accanto a quest’ultimo c’era un disegno più grazioso che raffigurava la due ragazze del gruppo, Vipera – l’autrice del disegno- e Tigre, anche qui adolescenti, in un prato. Non si capiva bene se stessero danzando o combattendo.
Vicino ad esso c’era una mappa di agopuntura che raffigurava il corpo del panda sovrapposto a quello della felina, come per vedere dove fossero situati i nervi del ragazzo. Doveva essere opera dell’insetto, Mantide.
Un altro disegno era stato disegnato da una mano infantile, un disegno risalente a tanti anni prima. Era strano, questo disegno. Sembrava ritrarre . . .
Un rumore lo distrasse, facendogli contrarre l’orecchio. Rumore di risate.
 
Il generale si affacciò alla piccola finestra e vide che i sei ragazzi stavano salendo le scale che portavano al Palazzo, scherzando e ridendo.
Allora egli chiuse la cassapanca e la rimise a posto, poi controllò che fosse tutto esattamente come l’aveva trovato ed uscì dalla stanza, soddisfatto con sé stesso per le scoperte fatte e per la sua abilità nel nascondere le sue mosse.
Nessuno avrebbe mai sospettato niente fino a quando il suo piano non si sarebbe concluso.
 
 
I ragazzi riuscirono ad evitare la punizione per un pelo, visto che arrivarono alle porte del Palazzo esattamente un minuto prima del calar del sole.
Tutti e sei tornarono nelle proprie stanze per cambiarsi e rinfrescarsi un po’ prima della cena, preparata come al solito dal Guerriero Dragone.
 
Anche lui entrò nella sua stanza, non per rinfrescarsi – anche se sarebbe stata una cosa molto utile, visto il modo in cui sudava ogni volta che saliva o scendeva le scale che portavano all’edificio- ma per nascondere il piccolo modellino che suo padre aveva ritrovato. Lo aveva nascosto in una piccola busta, con la scusa di portarsi delle nuove pergamene, e adesso voleva dargli una sistemazione definitiva.
Po aveva costruito molti modellini in vita sua, tutti gelosamente custoditi in un scatolone sotto il letto che aveva al negozio, ma quel modellino era molto importante per lui e non poteva sopportare l’idea di non averlo vicino. L’aveva perso il giorno prima di essere nominato Guerriero Dragone e da allora non era mai stato veramente tranquillo.
Così il panda, dopo aver chiuso accuratamente la porta, tolse il modellino dalla busta e ,dopo averlo guardato un po’ con affetto, lo nascose sotto il cuscino del letto. Se uno dei Cinque – anzi, sarebbe più corretto dire una – lo avesse visto sarebbe nato un putiferio.
Poi il panda si voltò e fissò scoraggiato il disordine che regnava sovrano nella stanza. “Dovrei proprio fare un po’ d’ordine” disse tra sé e sé “ma riordinare è più difficile di salvare la Cina da Tai Lung e lord Shen messi insieme !”.
Non poté fare a meno di pensare alla giornata appena trascorsa in compagni di Tigre, alla sua presenza rassicurante, al suo modo di fare calmo e severo, alla sua pelliccia vellutata, al suo sorriso caldo e sincero, al suo profumo seducente, ai suoi occhi profondi e bellissimi . . .
Il ragazzo si portò le zampe alla testa, cercando di scacchiare quei pensieri “Basta! Basta!” si rimproverò ad alta voce “Devo smetterla! Non posso pensare queste cose ogni volta che la vedo o mi è vicina! Non posso! Lei è maestra Tigre, la leader dei Cinque Cicloni, la guerriera più forte della Cina e la figlia adottiva di Shifu. Lei è proibita! Proibita!”
Il Guerriero Dragon ci mise un po’ per riprendersi e tornare a ragionare lucidamente, e per poco non si sentì morire quando si rese conto che aveva pronunciato quelle parole ad alta voce.
Fortunatamente aveva impiegato così tanto tempo a contemplare il suo modellino che i suoi amici avevano lasciato i dormitori prima che lui esplodesse.
“Devo stare più attento” pensò.
E si affrettò a raggiungerli.
 
La cena fu piuttosto tranquilla, anche grazie al fatto che Shang Chaing aveva deciso che per quella sera si sarebbe accontentato di mangiare nella sua stanza.
I ragazzi mangiarono e chiacchierarono come era loro solito e sembrava tutto molto tranquillo e normale.
Eppure c’era un non so che di gelido e di insolito nell’aria, come se una parte della loro serenità fosse andata in frantumi.
Forse dipendeva dal fatto che Tigre e Po non si rivolsero la parola per tutta la durata della cena e non si guardarono neanche?
 
Subito dopo aver terminato il pasto Vipera e Scimmia si fermarono a lavare i piatti, mentre Gru e Mantide tornavano nelle loro stanze.
Tigre e Po, invece, si diressero verso la camera del loro maestro, anche se evitarono di parlarsi e di guardarsi con fare colpevole. O meglio, il panda con fare colpevole. La tigre con fare nervoso ed irritato.
 
Quando i due studenti giunsero alla camera del vecchio panda minore non fecero nemmeno in tempo a bussare.
“Entrate” disse la voce del loro maestro dall’interno e i ragazzi, che in altre occasioni si sarebbero lanciati un’occhiata d’intesa e di incoraggiamento, entrarono con lo sguardo fisso a terra.
 
Il maestro Shifu era seduto per terra, dietro ad un basso tavolino fatto solo per poggiare il the, un paio di pergamene ed il bastone ricevuto come eredità dal suo vecchio maestro, Oogway, e sembrava in meditazione.
Il panda si guardò attorno con la cosa dell’occhio. Non era mai entrato nella stanza del suo maestro, ma doveva proprio ammettere che se l’era sempre immaginata in quel modo.
La camera era piccola e spoglia, molto spartana e con l’unico mobilio di un tavolino, una branda e una cassapanca piccola quanto il suo proprietario, ed era tutto dire.
“Gradirei che tu smettessi di osservare la mia stanza con quell’aria stupida che ti contraddistingue e prestassi attenzione, panda” disse ad occhi chiusi il panda minore.
“Scusate, maestro” fece Po con aria stupita e colpevole, imbarazzato.
Solitamente Tigre gli avrebbe lanciato uno sguardo divertito, ma questa volta si limitò ad alzare la testa ed a chiedere “Maestro, come mai ci avete chiamato?”
Il maestro aprì gli occhi, posando lo sguardo sui suoi allievi “Passeremo i prossimi mesi in viaggio, come ormai sapete” iniziò “ma questo non vuol dire che trascureremo il vostro allenamento, soprattutto nel tuo caso, Po. In pochi mesi hai colmato molte delle tue lacune ed hai appreso molte delle tecniche kung fu più difficili e complicate, ma ti mancano gli insegnamenti più basilari e un’ istruzione severa e tradizionale. Perciò approfitteremo di questi mesi di tranquillità per insegnarti un kung fu più serio e preciso. E penso che Tigre sarebbe più che adatta per questo compito. In questi mesi dovrai rispondere in modo particolare a lei, ubbidendo a tutti i suoi ordini come se li dessi io e imparando da lei tutto ciò che ti è possibile apprendere. Devi imparare la serietà, la precisione e l’ubbidienza, panda, tutte qualità di cui sei tristemente sprovvisto. Tu, Tigre” e quando si rivolse alla figlia adottiva la voce gli tremò, ma solo per un momento “ potrai disporre del suo allenamento e del suo tempo come meglio credi, ma senza dimenticare che adesso l’addestramento di Po è nelle tue zampe e devi fare di tutto affinché sia fruttuoso. Ci sono obbiezioni?”
Entrambi i guerrieri trovavano l’idea di dover passare i prossimi mesi a così stretto contatto assolutamente impossibile, ma sapevano bene che se Shifu prendeva una decisione neanche l’Imperatore in persona poteva fargli cambiare opinione.
“Bene. Potete ritirarvi.” disse il panda rosso, chiudendo gli occhi e tornando a meditare.
I ragazzi salutarono il loro maestro con il saluto tradizionale ed uscirono dalla porta come se nella stanza ci fosse un serpente velenoso.
Nelle loro menti c’era un solo, scoraggiante pensiero “E adesso?”



La tana dell'autrice

Eccomi di nuovo tra voi!

Allora, cosa dire? Un brutto capitolo (Vipera: ma sai fare solo brutti capitoli? Io: ma ce l'avete tutti con me?!?!?!), come al solito, con ampie descrizioni di camere da letto e pensieir che non hanno nè capo nè coda.
Però questo sarà l'ultimo capitolo ambientato al palazzo di Giada, perchè dal prossimo in poi siamo in viaggio per l'est! Siete pronti? Io non vedo l'ora di partire!
Comunque, il prossima sarà più carino, promesso!

Un bacio kung fu

T.r.

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Capitolo 13
*** Sussurri nella notte ***


Sussurri nella notte
 

 
I restanti due giorni passarono in fretta e con ben poco riposo, tra i preparativi per la partenza ormai imminente e i vari tentativi da parte dei ragazzi di evitare Shang Chiang.
Tutti avevano qualcosa da fare, qualcosa da preparare, qualcuno da incontrare, qualcuno da salutare.
Tre mesi lontano dal Palazzo di Giada, contando anche il viaggio di ritorno, era un periodo molto lungo e la cosa che più preoccupava i ragazzi era avere una scorta di cibo abbastanza abbondante per sfamarli per tutto quel tempo. Tolto il mese che avrebbero passato nel paese nativo di Tigre rimanevano ben due mesi di viaggio, il periodo più lungo che avevano mai passato lontano da lì.
Oltre a preparare le scorte ed i propri bagagli, i cinque aiutarono Po a preparare il suo.
Non che il ragazzo non ne fosse capace, ma gli mancava il senso della misura. Se i suoi compagni non l’avessero fermato, probabilmente si sarebbe portato dietro metà Palazzo di Giada e tutto il negozio di suo padre.
 
A proposito di suo padre, Po andò a salutarlo la sera prima della partenza con i suoi amici. Sapeva che lui non apprezzava le sue improvvise partenze e i suoi viaggi spesso, anzi, sempre pericolosi e lunghissimi, ed il minimo che potesse fare per alleviare il dolore della separazione era passare con lui un po’ di tempo prima di partire.
 
La sera era trascorsa tranquillamente, tra scherzi, risate e spaghetti. Anche Tigre era sembrata più rilassata degli altri giorni . . . beh, chi non sarebbe agitato al pensieri di partire per il suo paese d’origine?
Il difficile era arrivato alla fine, quando si avvicinava l’ora di andarsene. L’oca si era fatta sempre più seria con il calar del sole e, quando i ragazzi avevano accennato ad andarsene, aveva abbracciato con le sue corte ali il corpo grassottello del figlio, come per difenderlo da un mostro cattivo che se lo voleva portare via per sempre.
“Papà . . .” Po era triste di dare a suo padre un dolore così grande ogni volta che si allontanava, ma non poteva fare diversamente “papà, dai, non fare così . . . tornerò presto, te lo prometto.”
Il vecchio spaghettinaro aveva alzato lo sguardo sul volto del figlio adottivo con aria triste ed addolorata “Ma se poi non dovessi tornare? Se ti convincessero a rimanere?”aveva domandato.
“Chi mai cercherebbe di farmi rimanere nell’Est con la forza? Insomma papà!” aveva esclamato il panda cercando di sdrammatizzare ma non riuscendoci, perché il signor Ping lo guardava con i suoi grandi occhi tristi da cucciolo ferito ed abbandonato, come se sapesse qualcosa che non poteva rivelare e temesse con tutto il cuore.
“Papà, ascoltami . . . ti prometto che tra tre mesi tornerò sano e salvo da te.”
“Me lo prometti? “
“Te lo prometto.”
Solo allora il signor Ping si era sciolto dall’abbraccio e si era calmato, con le lacrime agli occhi.
 
I ragazzi erano tornati al Palazzo molto presto per potersi alzare di buon’ora la mattina seguente e tutti si erano addormentati subito.
Ma non tutti i sogni sono benigni, dovreste saperlo . . .
 
Intorno a lei era tutto luminoso, anche se i suoi occhi non vedevano ancora con precisione, né riconoscevano i colori o vedevano i contorni.
Una presenza dolce e tenera era con lei, sostenendola con il suo affetto e con le sue cure. Nell’orecchio le sussurrava parole piene d’amore e di calore, ma lei non poteva comprenderne il significato.
Ad un certo punto la luce intorno a lei iniziò ad oscurarsi velocemente, come se una tempesta stesse giungendo a rovinare e a distruggere quel mondo di pace e felicità
La dolce presenza si era allarmata e spaventata e lei poteva sentire il battito del suo cuore aumentare senza controllo.
L’aveva stretta tra le sue braccia e l’aveva nascosta in un posto strano e buio che non conosceva, tra le braccia tremanti di un’altra presenza.
Un’altra presenza si unì alla presenza dolce e premurosa e tra le due iniziò una specie di lotta. Come fece a capirlo non lo seppe mai, come non seppe mai il motivo che fece spegnere la presenza buona che lei tanto amava. Ma lei sapeva che era colpa dell’altra presenza, quella malvagia.
Fece per allungare le zampine e raggiungere la presenza ormai spenta, ma le braccia tremanti che la sorreggevano glielo impedirono. Qualcosa di bagnato le cadde sulla testolina, qualcosa di bagnato proveniente dall’altra presenza, quella spaventata.
Il mondo introno a lei si fece oscuro e spaventoso, cancellando per sempre la pace, la serenità e l’affetto che la presenza che tanto l’aveva amata le aveva donato.
 
Tigre si svegliò di soprassalto con una zampa sul cuore. Cercò di calmarsi ma era impossibile, come sempre del resto.
Si passò stancamente una zampa sugli occhi. Quel incubo la torturava da giorni, ormai, togliendole tutte le energie e la tranquillità, già tanto precaria.
Ogni volta che lo sognava, benché non riuscisse a comprendere cosa rappresentasse, si sentiva come . . . come se qualcosa si infrangesse, dentro di lei, e non potesse essere più aggiustato.
Ogni volta che quel incubo si presentava nei suo sogni, lei si sentiva morire.
 
La ragazza si alzò dalla branda, cercando di ignorare la sensazione di perdita, di dolore e di paura che cercava di sopraffarla. Sapeva bene che le era impossibile dormire quando gli incubi cercavano di ribadire il proprio dominio su di lei.
Così uscì silenziosamente dalla camera, cercando di non svegliare gli altri.
Peccato che una certa guerriera aveva un udito molto delicato . . .
 
Una porta si aprì all’improvviso proprio mentre Tigre ci passava davanti.
“Incubi?” chiese Vipera gentilmente, perché era stata lei ad aprire la porta.
La felina sorrise. Avrebbe dovuto immaginare che l’amica non si fosse ancora addormentata. Annuì.
“Vieni dentro” le disse l’altra, facendosi da parte per farla passare.
La giovane maestra entrò e si sedette sulla cassapanca di ciliegio come era sua abitudine, mentre l’amica chiudeva silenziosamente la porta, prendeva un cuscino color pesca e ci si sistemava sopra.
Tigre si guardò attorno distrattamente. La camera di Vipera era completamente diversa dalla sua, eppure lei la conosceva come le sue tasche. Accanto alla finestra c’era il cesto di bambù dove l’amica dormiva beatamente. Vicino era posizionato un piccolo scrigno di legno dove la fanciulla conservava alcuni dei suoi affetti personali. Di fronte c’era un basso tavolino per il the, il ricamo ed altre diavolerie che la felina non sopportava, adornato da un elegante vaso di fiori. Sopra di esso erano poggiati i trucchi da utilizzare la mattina successiva e i piccoli fiori di loto che solitamente la giovane portava in testa. Al lato era posizionata la cassapanca quasi completamente vuota che la tigre solitamente utilizzava come sedia, mentre un paio di cuscini era stati lasciati sul pavimento per dare un aria più sbarazzina alla stanza. Le pareti erano ornate da quadretti, dipinti, fiori seccati e decorazioni disposti con arte e raffinatezza.
 
Spesso Tigre si stupiva di come loro due fossero così diverse eppure così simili e legate.
Ciò che faceva piacere ad una faceva storcere il naso all’altra, ciò che disgustava una faceva divertire l’altra, ciò che una riteneva gradevole l’altra lo riteneva assolutamente orribile. Chiunque avrebbe pensato che era impossibile per due ragazze così diverse provare un sentimento diverso dal fastidio o dall’indifferenza, ma per loro non era così.
Un legame molto stretto le univa, forse perché le loro storie erano simili – due figlie che avevano cercato in tutti i modi di compiacere i rispettivi padri-, forse perché erano sempre state le uniche ragazze del gruppo, forse perché avevano passato anni ed anni ad allenarsi ed a combattere insieme, forse semplicemente perché il loro legame doveva esistere e basta.
Di certo l’aver condiviso cinque anni di avventure, cambiamenti ed allenamenti era stato determinante affinché il loro legame si formasse, come del resto l’aver condiviso l’adolescenza e i cambiamenti dei propri corpi in un ambiente dominato e guidato solo da figure maschili.
Vipera era la più grande e spesso era lei ad assumere il ruolo di sorella maggiore e madre saggia e rispettosa delle regole, sempre pronta ad ascoltare ed a comprendere, mentre lei, tigre di nome e di fatto, era la sorellina ribelle e testarda, pronta a difendere l’amica da chiunque si comportasse in modo sbagliato nei suoi confronti anche a costo della vita.
Erano ben a conoscenza di quella alleanza che ormai da anni avevano stipulato con una lotta, uno sguardo ed un sorriso ed entrambe erano disposte a tutto per proteggerla.
Benché ognuna delle due avesse aspetti del proprio carattere non proprio piacevoli . . .
 
Vipera la distolse dai suoi pensieri “Che cosa hai sognato?” le domandò posizionandosi comodamente sul cuscino.
Tigre si strinse nelle spalle “Non lo so neanche io, Vipera, ma non era uno dei soliti incubi. Comunque è passato, sto bene.”
“Si, e io sono un pitone!” la schernì l’altra “Sarai anche una brava attrice, Tigre, ma con me non funziona.”
“Come dici tu . . . comunque non ha importanza. Se dovessi descriverti ogni singolo incubo che faccio come vuoi tu non basterebbero altri diecimila anni per descriverteli tutti.”
“Concordo, ma lo sai che mi piace chiacchierare.”
“Lo so fin troppo bene . . .” sbruffò la felina “Cambiando argomento, come mai sei ancora sveglia?”
L’amica distolse lo sguardo, imbarazzata. Non voleva parlarne.
“Sei preoccupata per la sosta che faremo da tuo padre, non è vero?” insistette Tigre.
Vipera annuì lentamente.
“Sono passati due anni, Vipera. Non credo proprio che sia ancora arrabbiato. E se farà qualche battuta a riguardo ci penserò io a farlo rigare dritto.”
“Lo so, Tigre, ma non è quello il problema.”
“Allora cos’è? Spiega, visto che dici sempre che sono lenta di comprendorio.”
A Vipera sfuggì un sorrisetto divertito che svanì appena le sfiorò le labbra.
“Il pensiero che sia ancora arrabbiato con me dopo quello che è successo mi fa prudere le squame, Tigre. Sono sempre stata molto legata a mio padre e il dolore che provo ancora oggi per avergli disubbidito è fortissimo, anche se so di aver fatto la scelta giusta. Non voglio rivivere le stesse emozioni che ho vissuto allora, rivedendolo.”
“Sarebbe uno stupido a portarti ancora rancore dopo tutto quello che hai fatto in questi anni per la Cina e l’Imperatore. Anche i padri sbagliano, Vipera, ed il fatto che siano padri non li esclude dalla possibilità di poter essere nel torto. E tuo padre è nel torto, ora come due anni fa. Non angustiarti troppo, certe persone non lo meritano. E poi, non potrai mai sapere se tuo padre ha finalmente un po’ di sale in zucca fino a quando non saremo là, no?” cercò di consolarla la ragazza più giovane.
L’amica annuì “A proposito di padri” disse cercando di cambiare argomento “Cosa pensi di Shang Chiang? Insomma, gli credi?”
Il viso della felina si rabbui “Non lo sopporto e non mi interessa che sia mio padre o meno. Ha prove abbastanza valide, ma non per questo lo seguirò come un cagnolino addomesticato.
Per la legge devo ubbidirgli fino all’età adulta, ma se pensa di poter dettar legge nella mia vita si sbaglia di grosso.”
L’altra rimase un po’ in silenzio prima di parlare “Io l’ho già visto prima, quel generale.” disse.
“Come?”
“Quando ero più piccola e vivevo ancora con i miei genitori spesso venivano a trovare mio padre vari capiclan dei villaggi vicini, famosi guerrieri e ricchi aristocratici. A volte mi faceva ballare per loro. E mi ricordo che, circa due mesi prima di partire per venire qui, una vecchia tigre è arrivata presentandosi come il capo clan delle tigri. Non ricordo di cosa parlarono, ma ero rimasta molto sorpresa da come riusciva a farsi ubbidire da tutti senza il minimo sforzo. Quando se ne andò, mio padre disse con rabbia che non avrebbe mai più voluto incontrarlo in vita sua.”
“Beh, almeno una cosa buona in questo viaggio c’è, allora.” rispose scherzando Tigre “Gli faremo un bellissimo dispetto, presentandoci alla sua porta con lui!”
“Ah ah, hai ragione! Ma . . . sei sicura che sia l’unica cosa buona che può portare questo viaggio, Tigre?” fece la serpentella con fare inquisitorio.
“Cosa vuoi dire?”
“Sai benissimo cosa voglio dire! Il maestro ha convocato soltanto te e Po, l’altra sera. Raramente convoca due persone da sole e quando lo fa è per un motivo particolare ed importante. Qualcosa a che fare con il viaggio, penso . . . “
“Mi ha chiesto di insegnargli un po’ di serietà durante il viaggio, tutto qui. Per non perdere tempo, ha detto. Come se quello passato ad allenare Po non fosse tempo perso.” sbruffò Tigre, infastidita.
“Mmmm . . . hai fatto caso che Shifu vi fa sempre allenare insieme?”
“E allora?”
“Sai, il rapporto che si sviluppa tra due ragazzi che si allenano insieme è sempre molto speciale e forte, e se si allenano un ragazzo e una ragazza diventa addirittura intimo . . .”
“E questo cosa c’entra con me?”
“Oh, niente, se negli ultimi sei mesi sei diventata un uomo senza dirmelo . . .”
“Spiritosa. Cosa stai cercando di dirmi, Vipera?”
“Sei proprio dura di comprendorio, a quanto pare . . . dura come il ferro.”
“Quelli sono i miei pungi e la mia testa, non il mio comprendorio. Allora, ti sbrighi? Io vorrei andare a letto, ho un sonno . . .”
“Raccontala a qualcun’ altra. Comunque, nell’ultimo periodo ti stai comportando in modo strano.”
“Perché, secondo te potrei comportarmi normalmente mentre nel Palazzo gira un tizio che sostiene di essere il mio vero padre?”
“Non intendo in questi giorni, Tigre. D’accordo, soprattutto in questi giorni, ma anche prima, molto prima . . .  sei diversa dal solito, molto diversa. Ho notato che prendi con meno serietà gli allenamenti, che sei più aperta e socievole, che sorridi di più, che hai l’accuratezza di fasciarti con meno forza il petto . . .”
“Questo non è vero!” esclamò Tigre sdegnata, rischiando di svegliare tutto il Palazzo di Giada.
“Questo no, lo so, ma il resto si e non puoi negarlo.”
“E allora? Non sei tu a lamentarti sempre del mio carattere chiuso e severo?”
“Si. ed infatti sono contenta di questi cambiamenti.” concordò Vipera “non ti vedevo così felice dai tempi di Shen Te.”
“Evita di pronunciare quel nome. Mi viene da vomitare.”
“Scusa, hai ragione. Stavo dicendo che sono felice di questi cambiamenti, ma non posso non chiedermi il motivo. Perché adesso? Perché, Tigre?”
“E che diavolo ne so? Sei tu quella che capisce le cose strane ed inesistenti, non io.”
“Andando indietro con la memoria, ho trovato un indizio importante per capirlo.”
“E qual' è, sentiamo?”
“Hai iniziato a sorride di più quando è arrivato Po.”
“E questo cosa vorrebbe dire per la tua mente contorta? Anzi, non rispondere, è meglio.”
“Rispondo lo stesso invece. Vorrebbe dire che Po ha un’influenza molto positiva su di te, un’influenza che nessuno ha mai avuto. Un’influenza che, secondo me, potrebbe essere qualcosa di più di semplice . . .”
“Scimmia ti ha fatto ubriacare di nuovo, Vipera? Lo sai che l’alcool ti fa male, dovresti starne alla larga. In fondo un’educata signorina aristocratica come te non dovrebbe bere. Quello è compito dei ragazzacci di strada, delle lucciole e dei guerrieri che hanno voglia di divertirsi. Vado a dormire, cerca di fatti passare la sbornia.” la bloccò la felina, alzandosi di scatto ed uscendo prima che l’amica la potesse fermare.
Vipera scosse la testa, infastidita dalla battuta finale dell’amica.
 
Tempo fa avevano fatto un patto, lei e Tigre: lei avrebbe smesso di darsi tante arie e Tigre avrebbe smesso di chiamarla ‘signorina aristocratica’, come l’aveva etichettata quando si erano conosciute.
La felina detestava gli aristocratici in generale, ma soprattutto le donne aristocratiche, perché guardavano sempre dall’alto al basso gli altri e non consideravano la gente più povera di loro degna della loro attenzione. Aveva avuto delle esperienze molto umilianti con alcune di quelle donne. Per questo per lei e di conseguenza per la serpentella ‘signorina aristocratica’ era il peggiore insulto che si potesse usare.
L’amica aveva sempre rispettato quel patto, tranne nei grandi momenti di rabbia, quindi due, tre volte massimo da quando erano diventate amiche, cinque anni fa.
 
Ma il fatto che si fosse innervosita tanto da usare quella definizione voleva dire solo una cosa: che lei aveva ragione.
 
Vipera sorrise all’oscurità. L’amica si sarebbe sicuramente scusata il giorno seguente, perché anche a lei disgustava trattarla in quel modo, e lei aveva avuto la conferma che voleva.
Adesso doveva solo vedere se anche per Po fosse la stessa cosa.



La tana dell'autrice

Ohi, vergogna, vergogna, vergogna, mamma santa che vergogna . . .

Vi devo le mie scuse. Vi avevo promesso che entrò questo capitolo i nostri eroi sarebbero partiti, ma la chiacchierata tra Tigre e Vipera è durata più del previsto. Vi pergo, non uccidetemi!!!

Sono un'autrice irresponsabile e che non sa tenere fede alle promesse, lo so, non c'è bisogno che me lo diciate! Perdonatemi!!! (Shifu: Smettila ragazza, ti stai rendendo ridicola. io: Tu sei ridicolo, con quelle orecchie che sembrano due parabole! Vuoi fare concorrenza a Topolino per caso? Lui è anche più carino di te! Shifu: Non azzardarti a rivolgerti in questo modo a me un'altra volta. Trenta flessioni, trenta cadute e trecento pungi alla parete senza gauntini e protezioni varie, forza! Io: Ma maestro . . . Shifu: Muoviti o stacco la spina del computer! Io: NOOOO! Tutto, ma la spina del computer no!!!)

Passiamo al capitolo: Allora, fin qui tutto normale, a parte la promessa di po al padre . . . tenetela bene a mente, sarà importantissima. e tenete bene a mente anche la chiacchierata tra Vipera e Tigre, sarà essenziale . . . adesso però non nominatemi quel cantante orribile che canta la canzone con quel titolo o vi stendo con una leva!!!
Ho cercato di concentrarmi molto sul rapporto Vipera-Tigre, le uniche ragazze del gruppo . . . che approfondirò in futuro.
Ah, leggete il sogno con attenzione, mi raccomando . . .

Cos'altro dire? Ah si: PERDONATEMI!!! (Shifu: Ragazza! io: Oh no, mi ha sentito! Help me!!!)

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Capitolo 14
*** In viaggio ***


In viaggio

 

Il sole si svegliò sbadigliando quella mattina, alzandosi lentamente nel cielo con fare stanco; dovete capirlo, poverino, aveva avuto un lungo appuntamento galante con la luna la sera prima ed era andato a dormire solo a notte fonda.
Forse fu per questo che stropicciò bene gli occhi e li spalancò in modo esagerato quando i suoi raggi illuminarono un gruppo di otto persone in marcia verso una destinazione a lui sconosciuta.
 
I guerrieri del Palazzo di Giada e il vecchio generale erano partiti molto presto, appena la luna era calata; non volevano che qualcuno vedesse la loro partenza. Solitamente Shifu non partiva con i propri allievi, quindi se qualcuno lo avesse visto in procinto di partire avrebbe pensato che stava succedendo qualcosa di molto grave e tutta la Valle si sarebbe allarmata; inoltre la sua assenza avrebbe attirato molti ladri e banditi al Palazzo e al villaggio.
Per questo erano partiti protetti da manto della notte, lasciando il Palazzo e la Valle nelle zampe di Croc e Bue Infuriato.
 
Camminavano ormai da un po’, seguendo strette stradine isolate.
 
In testa c’erano il maestro Shifu e Shang Chiang, i quali guidavano il gruppo. Si, doveva andare al villaggio della tigre, ma il panda rosso si era allontanato più volte dalla Valle per andare ad Est e quindi conosceva meglio di lui molti pezzi di strada. E, diciamolo, il vecchio maestro di kung fu non aveva alcuna intenzione di lasciar il comando all’altro. Già non lo sopportava di suo, figuriamoci come lo avrebbe detestato se avesse iniziato a comportarsi come un capo.
Inoltre Shifu aveva intenzione di tenerlo d’occhio durante il viaggio. Quella tigre era strana, aveva in sé qualcosa di malvagio, di crudele, di pericoloso e non aveva alcuna intenzione di permettergli di avvicinarsi troppo a Tigre.
Voleva sia proteggere la figlia adottiva da lui sia, anche se non voleva ammetterlo neanche a sé stesso, evitare che tra i due si creasse un legame padre-figlia. Non voleva che Tigre gli si affezionasse. L’aveva persa come figlia e voleva provare a stringere un nuovo legame con lei, voleva provare a farsi perdonare e a tornare un padre per lei, ma la presenza del padre naturale poteva influire in modo molto negativo, impedendogli anche solo di ottenere il suo perdono. Il panda minore sapeva di aver sbagliato e sapeva che non sarebbe mai riuscito in due mesi a cancellare tutto il dolore che le aveva causato durante anni e anni, ma voleva almeno provarci ed ottenere il suo perdono.
Però voleva anche proteggerla, non solo farsi perdonare. Egli sentiva che qualcosa non quadrava in quella storia. Nessun padre potente come quel generale e con il vivo desiderio di ritrovare la figlia perduta ci avrebbe messo anni a trovarla. Inoltre le tigri sono così poche e rare che una cucciola abbandonata in un orfanotrofio fa subito notizia; la fama di Tigre come orfana problematica era giunta addirittura fino alla Valle della Pace, lontanissima dall’orfanotrofio in questione. Come era potuto sfuggire questo ad un padre preoccupato? No, c’era qualcosa che non tornava.
Shifu temeva che Shang Chiang fosse tornato a prendere la ragazza non per affetto paterno, così scarso nelle case aristocratiche, ma per convenienza. Avere una figlia famosa e apprezzata addirittura dall’Imperatore in persona non è certo poco redditizio, no?
Eppure egli sospettava che non fosse la fama della giovane maestra il vero motivo. C’era qualcosa di più, lo sentiva. E quella voce misteriosa glielo aveva confermato.
 
Quella voce . . .
Shifu l’aveva sentita il giorno in cui aveva preso la piccola Tigre, allora bambina, e l’aveva adottata, salvandola da una vita triste e da un destino di strada.
Si, nel preciso momento in cui la bambina gli si era affiancata e gli aveva sorriso felice, egli aveva sentito una giovane voce, incredibilmente forte e bella, sussurargli nell’orecchio alcune parole.
“Grazie, maestro Shifu. Grazie per averla salvata da una vita che non si merita. Grazie di cuore. Amatela anche per me, vi prego.” Queste parole gli erano giunte all’orecchio e gli avevano ricordato una voce di fanciulla che gli era sembrata di sentire anche quando aveva saputo di una cucciola problematica e quando era entrato nella camera della piccola. Allora non aveva compreso bene le parole, ma aveva avvertito un forte amore e una forte tristezza.
A lungo si era chiesto di chi fosse quella voce e perché lui riusciva a sentirla quando attorno a lui non c’era nessuno. Più volte aveva avuto il desiderio di parlarne con il maestro Oogway, sicuro che lui avrebbe saputo dargli una spiegazione, ma non lo aveva mai fatto. Aveva sentito che la faccenda era una cosa molto personale.
Per anni non aveva più sentito alcuna voce e allora si era illuso che fosse stata solo la sua sensazione, ma il giorno che Shang Chiang si era presentato a Palazzo e aveva rivelato la sua identità aveva sentito una voce gridare. Un forte grido gli aveva ferito le sensibili orecchie. Un forte grido urlato da una voce terrorizzata ed arrabbiata allo stesso tempo, sofferente come se gli avessero attraversato il cuore con una spada. Un grido da anime dannate.
 
E poi l’aveva risentita, finalmente, aveva risentito la dolce voce femminile sussurargli il suo avvertimento nell’orecchio, come se avesse paura di essere udita da altri.
E allora si era reso conto di quanto quella voce somigliasse a quella di Tigre.
 
Mentre Shifu era immerso in questi suoi strani pensieri, dietro di lui i suoi allievi camminavano lentamente, tutti ancora un po’ addormentati, soprattutto Po.
Il povero panda si era beccato una bella sgridata perché non si era svegliato in orario. Il Palazzo aveva tremato per le urla di Shifu, come se fosse stato scosso da un terremoto.
In quel momento stava praticamente dormendo in piedi, sognando ad occhi aperti ed a occhi semichiusi spaghetti che si avvolgevano intorno a corpi di belle ragazze che ridevano e gli facevano la fusa, mentre lui faceva il ganzo e se le abbracciava tutte.
Mantide invece stava dormendo veramente. Si era sistemato sul cappello di Gru e si era messo comodo, cadendo in un sogno vigile e senza sogni.
Scimmia e Gru invece si sostenevano a vicenda, cercando di non addormentarsi. Scimmia aveva delle occhiaie profondissime e sbadigliava tanto da non vedere dove andava, visto che la notte scorsa non aveva dormito per niente, mentre Gru inciampava nei sassi per il sonno.
Le uniche un po’ più sveglie erano le ragazze, che però si comportavano come se fossero assonnate, visto che erano ancora nervose per la sera scorsa. Vipera strisciava pensando ai fatti suoi accanto a Scimmia, mentre Tigre era in fondo al gruppo, in un posizione strategica per stare il più lontana possibile da Shifu e Shang Chiang. Anche se quella posizione strategica la faceva camminare proprio vicino a Po.
 
I due non si parlavano da tre giorni ormai ed evitavano anche di guardarsi, per quanto fosse possibile. Dopo quello strano momento nella cucina del signor Ping i due si sentivano a disagio quando stavano insieme, come se fossero separati da un velo sottile che doveva rimanere a dividerli ma che loro avevano iniziato a strappare con fare timido e colpevole, ancora non del tutto consapevoli di ciò che stavano facendo.
Tigre sapeva che non poteva continuare a rimanere in silenzio ancora per molto. Doveva allenare Po in quei mesi e non poteva farlo se non si parlavano né guardavano. Inoltre doveva ancora dirgli quando avrebbero cominciato e non sapeva come e quando dirglielo. Si vergognava. Incredibile ma vero, la maestra Tigre si vergognava di qualcosa. Scoop dell’anno!
 
Però non poteva più aspettare. Aveva rimandato quel momento per tre giorni, ma ora doveva farlo per forza.
La ragazza si guardò attorno e vide che tutti stavano dormicchiando. Era il momento migliore. Se lo avesse fatto più tardi sicuramente Scimmia non avrebbe mai smesso di prenderla in giro e l’avrebbe torturata come aveva fatto con Shen Te, anzi, avrebbe fatto di peggio. Molto peggio.
Fece un profondo respiro e chiamò a bassa voce il panda per non farsi sentire dai compagni.
“Po.”
Il panda scosse la testa, ancora mezzo addormentato.
“Po.”
“Si si bella, stasera, va bene . . .” mormorò egli parlando a una delle ragazze del suo sogno.
“Po!”
“Sono sveglio maestro Shifu, sono sveglio, non stavo dormendo!” esclamò il ragazzo svegliandosi di colpo dal suo sogno ad occhi semi aperti.
Il panda minore, sentendosi chiamare, si girò verso il ragazzo e lo guardò.
“Io non ti ho chiamato, panda.” disse infastidito “Torna a dormire in piedi.”
“Oh, ehm, ok, scusate . . .” borbottò il panda, imbarazzato “Devo aver sentito male. . . “
“Non hai sentito male, ti ho chiamato io” disse Tigre tutto d’un fiato, abbassando il tono della voce in modo che solo il suo compagno potesse sentire.
Po si girò verso di lei sorpreso. Era la prima volta da giorni che lei gli parlava. La cosa lo sorprese e non poco. Dopo quello che era successo pensava che non si sarebbero parlati per anni. Ed invece . . .
 
Lui non poté fare a meno di guardarla, considerando il fatto che lei gli avesse parlato come un segnale che ciò che era accaduto quel benedetto e maledetto pomeriggio nella cucina del ristorante non aveva rovinato tutto.
Lei però non lo guardava, ma teneva lo sguardo lontano da lui, come se si vergognasse di qualcosa.
“Per l’allenamento con me” continuò la ragazza “inizieremo stasera dopo la cena. Ecco tutto.”.
“Oh.” Doveva immaginarlo. Po si sentì vagamente deluso. Avrebbe preferito che ella gli rivolgesse nuovamente la parola per il semplice piacere di riparlare con lui, non di discutere del suo allenamento.
Egli cercò di allontanare quella sensazione di disagio e chiese “Perché non dopo pranzo?” con fare cordiale, ma sempre a voce bassa.
“Di solito non ci fermiamo dopo il pranzo” spiegò lei sempre senza guardarlo “Quindi dovremo farlo per forza di sera.”
“Ah” fece lui “ Sarai tanto dura con me?” domandò con fare preoccupato.
Solo allora Tigre lo guardò. Il suo sguardo color del fuoco incontrò quello color della giada del ragazzo ed egli trattenne il fiato. In quello sguardo c’era una marea di emozioni e sentimenti contrastanti: il fastidio, l’allegria, la preoccupazione, la sicurezza, la severità, la paura, la dolcezza e, soprattutto, l’affetto.
“Io sarò come sempre, sarai tu a giudicare e a dirmi come mi vedi.” disse con uno strano tono di voce la felina.
Po annuì. Sapeva che quelle parole volevano dire più di ciò che sembrava.
Nessuno dei due si era accorto che lo sguardo vigile di Shifu e quello inquietante di Shang Chiang erano posati su di loro.
 
Il resto della giornata procedette tranquillo, mentre man mano i giovani si svegliavano dal loro stato di dormi sveglia e iniziavano a chiacchierare e a scherzare tra loro, sempre con moderazione però, perché sapevano che l’orecchio di Shifu era sempre lì, vigile ed attento.
 
Tigre chiese scusa a Vipera, beh, chiedere scusa . . . si fece perdonare. Lei non ha mai chiesto scusa  nessuno in vita sua.
Le si avvicinò mentre i ragazzi parlavano di belle gnocche -chiaramente moderando i termini a causa di Shifu, che sembrava però perso nei suoi pensieri – e le camminò accanto per un po’, prima chiedere scusa in questo modo.
“Ieri ho un po’ esagerato, Vipera” disse proprio così “Chiamarti in quel modo è stato poco gentile e poco da amica.”
Vipera le sorrise. Sapeva che dire questo era molto difficile per la giovane guerriera “Non preoccuparti, me ne ero già dimenticata. E comunque non mi ubriaco dalla festa delle orchidee di tre anni fa.”
“Dimentichi quella volta alla festa della Luna, l’anno scorso.”
“Oh, è vero, hai ragione!” esclamò l’amica ricordandosi.
“Prego?” fece Shifu voltandosi verso le ragazze. Aveva sempre severamente vietato ai suoi allievi di bere.
“Ehm, stavamo scherzando, maestro. Sapete, ci inventiamo le ubriacature per gioco, visto che non possiamo bere.” fece la serpentella con voce angelica, cercando di far passare per verità quella sciocca bugia inventata sul momento. La punizione per chi bevevo e veniva scoperto era molto pesante.
“Le fanciulle non dovrebbero bere comunque, che siano guerriere o meno.” disse quasi a sé stesso Shang Chiang con fare severo “È vergognoso per una donna.”.
Tigre gli lanciò infastidita uno dei suoi sguardi assassini, ma lui non se ne rese conto perché era girato di spalle.
“Bere fino ad ubriacarsi è vergognoso per chiunque, uomo o donna che sia” disse con voce gelida “ma bere con moderazione ed in compagnia porta semplicemente allegria. Noi guerrieri dovremmo evitare per cercare con costanza la via della saggezza e della povertà e per dare l’esempio, non perché siamo donne o uomini.”
Il generale le lanciò uno strano sguardo che la giovane maestra sostenne con fermezza, come per mostrare la sua forza. Alla fine questa lotta fu interrottà da una pietra che fece inciampare l’uomo.
A Tigre sfuggì un sorrisetto. Almeno in qualcosa il Caso le era amico.
La faccenda dell’ubriacatura di Vipera fu dimenticata.
 
Presto, anche se non troppo presto per la pancia di Po, il gruppo si fermò a pranzare. Il pranzo fu semplice e veloce, costituito solo da qualche frutto colto sul posto e da un sorso d’acqua ciascuno. Il panda, che aveva tutto il materiale nel proprio bagaglio, lo stesso zaino gigante che aveva portato nella missione contro Shen, avrebbe cucinato qualcosa di più complicato solo quella sera, quando il gruppo sarebbe uscito dalla Valle e si sarebbe fermato per la notte.
Per il resto del viaggio Shifu interrogò i suoi allievi su storia, geografia e politica della Cina e delle varie zone in cui si suddivideva e su alcune parti teoriche del kung fu. Inutile dire che fu uno schifo totale. Po non seppe rispondere neanche a una domanda, Scimmia e Mantide risposero giusto a due o tre, Vipera e Gru invece fecero di meglio, raggiungendo una mezza dozzina di domande a testa, mentre Tigre seppe tutto ciò che le fu chiesto.
Scimmia scosse la testa “Secchiona” le disse a bassa voce.
Tigre sorrise, come se fosse un vecchio gioco tra di loro “Invidioso?”
“Neanche un po’”
“Uhm, si vede proprio.”
“Cosa staresti insinuando?”
“Io? Non sto insinuando niente, solo che è buffo che un asino come te non sia geloso.”
“Asino io? Osa ripeterlo, se hai coraggio!”
“Asino.”
“Io ti uccido! Voglio soddisfazione!”
“Stasera non posso, ho da fare.”
“E cosa, scusa?”
“Allenare Po. Ordini di Shifu.”
“Stasera? Di notte? Soli soletti? Voi due?”
“No, domani all’alba con un gruppo di coniglietti che ci controllano! Si, stanotte, come ogni volta che devo fare ripetizioni, del resto. Che c’è, sei geloso?”
“Non sono io quello geloso qui, è Gru!”
“Ehi!”
“Che c’è? È vero!”
“No che non lo è!”
“Si invece!”
“No!”
 
Po rimase a guardare sorpreso la ragazza che scherzava con Scimmia e Gru. Raramente l’aveva vista scherzare in quei quattro mesi che viveva con lei, e lo aveva sempre fatto solo con lui.
Si sentiva, come dire, ecco . . . un po’ geloso.
Eh si, era geloso.
Ma geloso geloso geloso.
Più geloso di così non si poteva essere.
 
“Non sapevo che fossero così amici, loro tre.” disse Po a Mantide, che era sulla sua spalla, e a Vipera, che gli strisciava a fianco.
“Oh, invece sono molto legati. Tigre lo dimostra poco, ma gli vuole un bene dell’anima. Sono stati i primi ad arrivare qui dopo di lei, sai?” gli disse l’amica.
“Ah si?”
“Si. Noi tre andavamo alla stessa accademia di kung fu, ma io ho mollato dopo un po’ per girare il mondo da solo ed imparare così, mentre loro, essendo i migliori della scuola, hanno avuto la libertà di scegliere un maestro personale da cui apprendere i segreti più segreti del kung fu. Ed entrambi hanno scelto Shifu. Scimmia aveva quattordici anni, Gru tredici.” spiegò Mantide.
“Loro venivano dall’Ovest e non avevano viaggiato mai molto, così si persero in un bosco poco prima di arrivare al Palazzo. Lì incontrarono una ragazzina circondata da venti banditi armati fino ai denti. Pensarono di aiutarla e di farsi così belli ai suoi occhi perché, diciamolo, erano ancora più vanitosi e scemi di adesso, ma furono sconfitti dai banditi. Sarebbe finita male per loro, se la ragazzina non avesse battuto i malviventi tutta da sola approfittando dalla sua aria indifesa ed innocente. I due rimasero a bocca aperta. La bambina era una guerriera di Kung fu. Si trattava di Tigre. Aveva undici anni.” continuò la ragazza.
“Quando seppe che sarebbero diventati i suoi compagni di allenamento fece salti di gioia. Da quando era stata adottata da Shifu, sei anni prima, era sempre stata sola al Palazzo. Non aveva mai avuto qualcuno con cui giocare e allenarsi. Era cresciuta da sola ma sentiva il bisogno di avere degli amici. Ed il suo desiderio si è avverato.” fece l’insetto.
“Strinse subito amicizia con loro. Avevano un’età molto simile e quindi andarono subito d’accordo. Scimmia era una peste e la torturava in continuazione, facendo commenti e battute sporche sulle ragazze, anche se lei riusciva sempre a farlo filare dritto. Gru invece era più tranquillo ma le stava sempre appiccicato, tanto che lei lo chiamava e a volte lo chiama ancora ‘Mollusco’. Per un certo periodo hanno avuto entrambi una cotta per lei, tanto che spesso litigavano fino a farsi male.” disse la serpentella.
“Davvero?” Po non credeva alle sue orecchie.
“Si, e secondo me sono ancora innamorati cotti tutti e due. Soprattutto Scimmia. Se qualcuno gli tocca Tigre lo trasforma in un puré di carne triturata.” ridacchiò il ragazzo.
“Ah . . . e voi quando siete arrivati?”
“Io un anno dopo, Mantide due anni dopo. Abbiamo passato insieme l’adolescenza, per questo siamo così legati anche se non stiamo sempre appiccicati.” fece Vipera.
“E come mai siete arrivati al Palazzo?”
“Il seguito alla prossima puntata, panda. Adesso metti lo stesso impegno che usi nell’ascoltare ne cucinare, se non vuoi fare cinquanta flessioni.” la voce di Shifu interruppe il discorso in modo brusco ma deciso.
Po non si era reso conto di quanto il tempo era passato in fretta. Si mise a preparare una zuppa nel accampamento improvvisato dai compagni, massaggiandosi prima le zampe dolorante dalla lunga camminata. Erano finalmente usciti dalla Valle e stavano per mettersi a mangiare, avrebbe dovuto essere contento. Eppure non riusciva ad esserlo. Quel discorso lo aveva turbato.
Sono molto legati . . . Tigre lo dimostra poco, ma gli vuole un bene dell’anima . . . Per un certo periodo hanno avuto entrambi una cotta per lei . . . sono ancora innamorati cotti tutti e due . . . Se qualcuno gli tocca Tigre Scimmia lo trasforma in un puré di carne triturata . . . quelle frasi gli vorticavano nella mente, prendendosi tutta la sua attenzione.
“Io non sapevo. . . non pensavo . . . ed adesso?” questo era il pensiero che assillava Po mentre cucinava e anche durante il pasto non lo abbandonò, tanto che si rese a malapena conto di ciò che stava facendo.
Si risvegliò dai suoi pensieri solo quando una calda zampa gli toccò la spalla.
“Po.”
Il panda si volto verso la proprietaria della voce, ancora tutto preso dai suoi pensieri.
“Sei hai finito andiamo ad allenarci.” gli disse Tigre, guardandolo con i suoi occhi profondi.
Il ragazzo annuì e lasciò il suo piatto quasi completamente pieno, seguendo l’amica verso una raduna lì vicino per dare un po’ di tranquillità all’allenamento.
Distrattamente sentì le battute cretine di Scimmia e Mantide a cui Tigre rispose con un elegante segnaccio - era la prima volta che la vedeva esprimersi in quel modo -, ma non ci diede peso.
Quando giunse nella raduna e la ragazza gli si posizionò davanti dicendo ‘Iniziamo’ le voci nella sua testa si zittirono e sparirono, come il resto del mondo.
In quel momento c’era solo Tigre per lui. Non esisteva nessun altro. Nessuno.



La tana dell'autrice

Eccomi qui un po' in ritardo con un nuovo capitolo!

Allora, che ne dite? L'ho mantenuta la promessa, questa volta?

Questa volta il capitolo è uscito più lungo del solito, ma meglio, no? Sono così tante le cose da dire . . .

Ecco qui, siamo partiti! Pronti per scoprire gli scheletri nell'armadio e i mistri dei nostri amici e non? Io si e non vedo l'ora! Ho così tante idee! E per fortuna che le ho, avevo perso l'ispirazione!!! (Shang Chiang: Potevi perderla per sempre così smettevi di scrivere questa schifosa fic e lasci in paze questa pover umanità che non ti ha fatto nulla di male? Io:  Voi non mi difendete, ragazzi? Scimmia, Mantide, Shifu, Po, Gru e Vipera: Ma ha ragione! Io: Si vede che mi volete un mondo di bene, eh . . .)

Allora, cosa abbiamo in questo capitolo? La pace tra Po, Tigre e Vipera e delle nuove informazioni sulla voce e sui legami che legano il gruppo. Che ne pensate della storia di Scimmia, Gru e Tigre? ve la immaginavate così?
Ah, per scrivere questo e altri episodi dell'infanzia del gruppo ho usato e modificato parte degli elementi presenti nel minifilm -I segreti dei cinque cicloni-. I ragazzi sono andati nellas tessa accademia dove andava Gru e Mei ling, avete presente? poi Mantide se ne è andato e ha scoperto la pazienza, come racconta il film. Scimmia invece aveva incotnrato Oogwy prima di andare nell'accademia, per questo ha voluto diventare un guerriero . . .

Se avete bisogno di chiarimenti chiedete pure!

Un bacio e a presto

Tigre

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Capitolo 15
*** Scherzi della luna ***


  

Scherzi della luna

 

“Non mi piace, questa cosa dell'allenamento privato.” disse Scimmia giocherellando con la zuppa ma guardando verso il punto dove Tigre e Po erano svaniti. Tutti e sei i viandanti erano seduti attorno al fuoco, anche se i due anziani erano seduti in disparte, il panda rosso a meditare e la vecchia tigre a finire il pasto.

“E perché mai, sentiamo?” domandò Gru con sorpresa, alzando lo sguardo sull'amico.

“Dai, non dirmi che non ci hai mai pensato! Proprio tu, che sei quello geloso, non senti puzza di bruciato?” rispose il guerriero, abbandonando il pasto a metà, senza più appetito.

“Puzza di bruciato? Spiegati meglio, Scimmia.” disse Mantide, il più vicino al fuoco.

“Suvvia, non ditemi che non ve ne siete accorti!” fece l'interpellato “ è da quando Po è arrivato al Palazzo che Tigre si comporta in modo strano. Pensateci! L'avete mai vista così sorridente e allegra?”

“Beh, si. Con Shen Te.” rispose Vipera.

“È stato quasi cinque anni fa e da allora l'ha fatta soffrire con una bestia, quel bastardo!” la scimmia sputò per terra “Comunque, ultimamente è diversa, molto diversa. È più calma, tranquilla, serena e dolce. Non si allena più in modo esagerato e scherza come una volta.”

“E non è un bene, scusa?” fece Mantide.

“Certo che è un bene, ma tutto questo è avvenuto dal momento stesso che Po le è caduto davanti! Dai, non ditemi che non ci vedete un nesso!”

“Beh, effettivamente l'ho notato anche io . . .” rispose la fanciulla “Ma penso solo che sia stata a spensieratezza di Po a darle nuova allegria, non altro.”

Non era vero, naturalmente, ma la guerriera non voleva rivelare i suoi veri pensieri. Non ai ragazzi, almeno. O avrebbero combinato un pasticcio pazzesco.

“Non penso. Avete visto come si comporta Po con lei? Le è sempre appiccicato, non la molla un attimo!”

“Dai, conosci Po! È ancora un po' infantile e la tratta così perché la vede come una dea guerriera. Lui stesso ci ha detto l'altra volta che fin da piccolo tra tutti preferiva il suo stile di combattimento!” obbiettò Gru.

“Sarà, ma tra loro si sta formando un legame molto forte. Insomma, li avete visti durante l'ultima missione! Tigre non ha mai abbracciato nessuno e lo sapete benissimo!”

“Non dirmi che sei geloso, eh?” ribatté scherzosa Vipera.

“Non sono geloso, mi preoccupo solo per Tigre! Da quando è arrivato stanno sempre insieme e non si staccano un attimo. E adesso questo! Non voglio dire qualcosa che non sta né in cielo né in terra, ma non mi torna. Perché Shifu ha affidato Po a Tigre? Perché non se ne occupa lui come al solito?”

“Dai, in passato Tigre si è già occupata di dare ripetizioni a ragazzi meno bravi!” obbiettò Mantide.

“E non è finita tanto bene, mi sembra. O no?”

“Ehm, no, effettivamente no.” borbottò l'insetto.

“Stai dicendo che temi che finirà come con Shen? È questo che temi?” domandò Gru.

“Non dico questo e spero di no, ma non potete dire che tra di loro non ci sia un certo feeling! E se queste lezioni li facessero legare molto di più? E se succedesse qualcosa?”

“Quello che dici è del tutto improbabile, Scimmia.” disse una voce.

I ragazzi sobbalzavano. Shifu era proprio dietro di loro e aveva sentito tutto.

“Maestro!” esclamarono sorpresi tutti.

“Ho affidato Po a Tigre perché ella può insegnargli molto più di quanto possa fare io in questo momento e perché spero che apprenda serietà e mitezza, e non per quello che pensi tu. E non succederà niente di ciò che temi. Tigre è legata a Po, ma lo trova infantile ed imbranato, e Po la considera una leggenda vivente a portata di zampa. Inoltre entrambi conoscono le nostre regole e tengono al proprio onore. Non sono ragazzini, almeno non internamente, e Tigre è molto giudiziosa. Mi fido di loro e sono sicuro che non avverrà niente di ciò che temi. E non penso che i due ci abbiamo mai anche solo lontanamente pensato. Quindi, smettila di farti romanzi mentali, Scimmia. Conosco i mie allievi.” disse il vecchio maestro.

“Ma dubito che conosciate vostra figlia, maestro, non essendole mai stato vicino.” mormorò innervosito il guerriero.

Il panda minore lo sentì ma il fondo di verità in quella frase gli impedì di controbattere e così si allontanò, tornando a meditare.

“Speriamo che la luna non faccia qualche brutto scherzo.” sussurrò Gru, segretamente d'accordo con l'amico.

Nessuno pensò mai che Shang Chiang, essendo una tigre, aveva sentito tutta la conversazione, anche se svoltasi a voce bassa.

Nessuno notò mai il suo sguardo posato prima sui giovani maestri e poi verso la raduna dove i due ragazzi si stavano allenando.

Nessuno immaginò mai che la sua mente stesse studiando ciò che aveva appena scoperto.

Nessuno seppe mai che in quel preciso momento Shang Chiang aveva scoperto una cosa che avrebbe rischiato di rovinare il suo piano per sempre.

 

 

“Iniziamo.” disse Tigre nella raduna lì vicino, attirando su di sé l’attenzione e la concentrazione del Guerriero Dragone e ignorando ciò che i suoi amici e parenti stavano dicendo su di lei in quel preciso momento.

Non ci fu nessun discorsetto iniziale, nessuna raccomandazione, nessuna illustrazione sul percorso che gli avrebbe fatto intraprendere sotto la sua guida. Il ragazzo se lo aspettava. In fondo la guerriera era una persona di poche parole, poche ma ricche di significato. E il suo sguardo valeva più di diecimila parole.

“Siediti.” continuò sedendosi su un masso al lato della raduna.

“Eh? Come?” domandò il panda, sicuro di aver capito male.

“Siediti.” ripeté l’amica, indicandogli un masso vicino a quello dove lei si era seduta.

“Perchè? Insomma, non mi insegni delle mosse strafighe del kung fu che sai solo tu? Non mi insegni a essere tosto tosto? Non mi uccidi di botte?” chiese Po stupito.

“Perché sei stato affidato a me, Po?” domandò ad occhi chiusi la ragazza.

“Perché Shifu voleva punirmi di qualcosa che ho combinato?” rispose l’altro metà scherzoso e metà serio.

A Tigre scappò un sorrisetto “Probabile, ma no. Sei stato affidato a me per apprendere un kung fu più serio e maturo. E prima di iniziare la parte corporale devi lavorare sullo spirito.”

“Sullo spirito? Perché?”

La guerriera sospirò “Po, siediti e rispondi a questa domanda : cos’è il kung fu?”

Il ragazzo si sedette e rispose titubante “È un’arte marziale che si basa sull’equilibrio tra corpo, mente e anima.”

L’amica annuì soddisfatta, sempre ad occhi chiusi “Esattamente. Altri la definiscono uno stile di vita, altri ancora un’arte raffinata e precisa, altri un’insieme di tecniche complicate, ma fondamentalmente è questo. Chiunque può studiare il kung fu, ma solo chi ne comprende i mille segreti con il cuore e ne fa una ragione di vita, allenando senza sosta corpo, mente e anima, può riuscire a praticarlo in modo ottimale.

Nessuno è mai riuscito a padroneggiare tutte le tecniche del kung fu, ma la storia di coloro che ci hanno provato è disseminata di grandi guerrieri, eroi che hanno utilizzato la propria abilità a fin di bene o assassini che hanno usato la propria forza per fare del male ad innocenti che noi tutti abbiamo l’obbligo di proteggere. E sai perché dobbiamo proteggerli?”

Po ci pensò un attimo “Visto che noi sappiamo cose che non tutti possono sapere è nostro dovere metterle a loro servizio ?” rispose titubante.

“Giusto. È anche un ragionamento logico, un obbligo che viene dettato non solo dal nostro codice di comportamento, ma anche e soprattutto dal nostro senso della giustizia. Tu ti sentiresti a posto con te stesso se lasciassi morire un povero passante che avresti potuto salvare con un gesto della mano?”

“No. Penso che vivrei sempre nel rimorso.”

“Chiunque vivrebbe nel rimorso. Beh, tranne coloro che hanno ucciso la propria coscienza con azioni nefaste e sbagliate. Ma non è questo ciò di cui dobbiamo parlare.”

“E di cosa, allora?”

“Po, perché hai deciso di praticare il kung fu?”

“Come?”

“Per apprendere appieno il kung fu bisogna avere una grande conoscenza si sé e dei propri limiti, delle proprie caratteristiche e dei propri valori. Nessuno può dire di conoscere il kung fu più elevato se non conosce sé stesso. Il kung fu è conoscenza di sé.

Io non posso insegnarti niente, neanche a tirare un pungo decente, se tu non ti conosci. Hai già trovato la pace interiore e hai scoperto e fatto pace con il tuo passato, stai vivendo con entusiasmo il presente e guardi con speranza il futuro, ma per imboccare la strada del kung fu tradizionale bisogna avere un motivo valido che ti dia la forza di andare avanti. Probabilmente lo avrai già capito nei mesi passati, ma non è facile continuare ad allenarsi anche quando sei a un passo dallo svenimento e hai tutto il corpo rotto. Devi avere un obbiettivo, un motivo per continuare su questa strada. E a volte la semplice passione non basta. Per questo prima di iniziare il nostro percorso devi trovare dentro di te la forza per affrontarlo.”

“Da come ne parli sembra che mi hai preparato un programma molto serio e faticoso.” scherzò il ragazzo, anche se lievemente preoccupato da quelle parole.

“Non sembra. È.” rispose con fare serio l'altra, aprendo gli occhi e guardando fisso di fronte a sé.

Po deglutì.

“Quanto faticoso?” domandò veramente preoccupato adesso.

“Quanto serve. Allora Po, perché hai deciso di praticare il kung fu?”

“Beh, non è che io abbia proprio deciso di diventare un guerriero. Mi sarebbe piaciuto, certo, ma sapevo che era impossibile. È stato un caso, un semplice caso.”

“Il caso non esiste, Po. Tutto è dominato dalle scelte del Fato, che manovra le nostre azioni e il nostro futuro.”

“Anche Oogway lo diceva . . .”

“Lo so. Me lo ripeteva sempre, quando ero piccola.”

“Ah. Sai, a volte dimentico che sei cresciuta al Palazzo. Avevi un rapporto stretto con Oogway?”

“Non è il momento adesso. Anche se non hai deciso tu, cosa ti ha fatto rimanere al Palazzo dopo la scelta di maestro Oogway? Nessuno ti costringeva a rimanere.”

“No, ma ad andarmene si . . .” mormorò a sé stesso, ricordando con amarezza il modo in cui il maestro Shifu e la stessa felina avevano cercato di cacciarlo dal Palazzo di Giada durante i primissimi giorni d'addestramento. Si era dimenticato, però, che la giovane maestra aveva un udito più fine dello stesso Shifu.

Tigre si voltò verso di lui con una strana espressione in volto e il panda si sentì un verme. Uno stupido, sciocco verme.

 

“Scusa Tigre, ecco, io . . . “ cercò di scusarsi il Guerriero Dragone, ma lei lo interruppe.

“Non scusarti, non sei in torto. Era il tuo destino diventare il Guerriero Dragone e io non avevo alcun diritto di trattarti in quel modo. Ero delusa e mi sono fatta guidare dalle emozioni. Non ho mai pensato veramente ciò che ti ho detto quella sera. Io . . . ecco . . . mi dispiace, Po. Perdonami.” disse a bassa voce Tigre, voltando la testa e abbassando lo sguardo a terra, imbarazzata e triste.

 

A Po sembrò che il mondo si fosse capovolto. L'orgogliosa maestra Tigre, la fiera, la sicura di sé, colei che non si era mai scusata con nessuno, mai, che chiedeva perdono a lui, Po, un grosso, lardoso panda? Doveva essere uno scherzo, doveva essere!

 

Ecco . . . non preoccuparti, me ne ero già dimenticato! In fondo i panda hanno una memoria corta, io soprattutto! Tranquilla, tutto dimenticato!” cercò di rimediare i ragazzo, dispiaciuto di averla fatta soffrire con le sue parole e colpito nel profondo dalle scuse della felina.

La guerriera alzò lo sguardo e lo posò su di lui, un po' rassicurata, ma i suoi occhi richiedevano ancora rassicurazioni, come se avesse paura di perderlo per le sue parole impulsive.

Beh, ecco . . . tu . . . ecco, sei la mia preferita tra i Cinque, no? Un po' mi ha rattristato che la pensasti così di me, ma ho capito che era per via del titolo e che ti dispiaceva, per cui dopo non mi ha fatto più male . . . e poi da allora mi sei sempre stata vicino, no? Direi che quel dolore lo hai cancellato . . . Insomma, hai dimostrato . . . cioè, sembrava che . . . un po' . . . tenesti a me, quindi . . . ecco . . .” Po era diventato tutto rosso, imbarazzato dal fatto che cercando di dimostrarle che l'aveva perdonata aveva detto anche più di quello che doveva dire.

Tigre gli sorrise, finalmente più serena, facendo aumentare ancora di più il suo rossore.

Io tengo molto a te, Po . . . più di quanto tu posa immaginare . . .” mormorò la felina “e più di quanto io abbia mai voluto bene a qualcuno . . .”

 

La luna decise di mostrarsi proprio in quel momento, quasi come se si fosse messa d’accordo con il Fato per far battere ancora più forte il cuore al panda.

 

Si alzò lentamente nel cielo, sfiorando con i suoi raggi argentati la pelliccia della felina, illuminandole il volto e donandole un non so che di misterioso ed affascinante.

Le stelle seguirono la loro regina nel cielo, ridendo argentine tra di loro a quella vista e illuminando la raduna quel minimo indispensabile che permettesse al ragazzo di poter ammirare la giovane guerriera.

Le loro sorelle cadute, le lucciole, iniziarono a volteggiare per aria, divertendosi a creare coreografia romantiche in tema con il sentimento che stava prendendo il pieno possesso del cuore del Guerriero Dragone.

Il vento si intromise nel tutto, scompigliando dolcemente la pelliccia della fanciulla e portando al giovane il suo profumo di rose selvatiche e fiori di loto e mormorandogli con la sua voce furba ‘Cogli l’attimo ragazzo, non lasciartela sfuggire’.

Gli alberi ed i fiori scommettevano tra di loro, osservando incantati la scena e cercando di immaginare come si sarebbero comportati i due.

 

Gli occhi color del fuoco della felina brillavano come fiaccole. Era una creatura notturna, un’incredibile creatura notturna, e la notte era il momento in cui la sua magnificenza si dimostrava in tutto il suo splendore.

La coda andava avanti e dietro, indice della candida eppure infuocata emozione che stava cogliendo anche la ragazza, e il torace si alzava ed abbassava a ritmo del suo respiro, accelerando in modo strano.

Il corpo era invece teso come una corda di violino, pronto a scattare, ma anche morbido e rilassato, come se sapesse che niente e nessuno poteva turbare quel momento.

La luce della luna le conferiva un aria misteriosa ma soprattutto seducente. I suoi raggi giocavano con i tessuti dei suoi vestiti e con le forme del suo corpo, rendendo evidenti particolari che il panda non aveva mai notato o a cui aveva fatto poca attenzione, come la tendenza della pelliccia color arancio a scalare verso il dorato, la sottigliezza della vita, le dolci forme nascoste sotto gli abiti maschili e celate da crudeli bende bianche.

 

Po non poteva fare a meno di continuare a guardarla con occhi affascinati ed incantati, senza sapere che la magia della regina degli astri stava agendo anche su di lui e sul suo aspetto.

I suo raggi sfioravano anche il suo di corpo, cercando di rendere meno evidente le maniglie dell’amore di cui il panda era ricco e di mostrare alla felina i muscoli poco evidenti nati grazie a mesi di duro allenamento.

Misero attenzione anche nel curare particolari del tutto insignificanti, come la linea delle macchie intorno agli occhi o le cuciture sui pantaloncini, piccoli dettagli che però, una volta modificati, gli donavano un aspetto insolito ed affascinante.

Però essi concentrarono la propria luce nell’enfatizzare gli occhi, i grandi occhi color della giada del panda, così pieni di emozioni e di sentimenti che la guerriera temete per un attimo di perdersi in quello sguardo per sempre.

 

Tra i due si era formato nuovamente quella sorta di incantesimo che li aveva avvolti nella cucina del padre di Po, solo che questa volta era più forte e non c’erano scatole che potevano cadere ed interrompere il tutto.

 

Le loro zampe si avvicinarono lentamente le une alle altre, desiderose di sfiorarsi e di confortarsi con il proprio tocco, mentre il vento si complimentava con la luna, sicuro che quella sarebbe stata la volta buona. Avevano provato più volte lo stesso espediente, anche durante il viaggio verso la città del pavone, quella volta sulla barca, ma non aveva mai funzionato. Eppure questa volta entrambi sentivano che la loro fatica non sarebbe stata vana.

 

Peccato che non avessero tenuto conto della coscienza della giovane felina.

 

Essa si risvegliò dentro di lei, riportandola con le zampe per terra. Le mormorò delle frasi all’orecchio, con fare arrabbiato e severo e con una voce incredibilmente simile a quella di Shifu, e la ragazza sobbalzò, distolse lo sguardo da Po e allontanò le zampe dalle sue, imbarazzata e sentendosi in qualche modo colpevole.

L’incantesimo si ruppe e anche Po tornò alla realtà, distogliendo a sua volta lo sguardo, vergognoso.

 

La luna e il vento maledirono il Fato, il quale ridacchiò.

‘Non è ancora il momento, ragazzi’ mormorò con fare dolce ‘Aspettate ancora un po’ e vedrete che non ve ne pentirete.’

 

I due giovani rimasero così, imbarazzati e muti, per un bel po’ di tempo, un periodo di tempo che neanche il suo signore poté contare con precisione.

Al resto del mondo sembrò una mezz’ora buona e forse anche di più, ma per loro quel lasso di tempo durò come e forse più di un secolo.

Entrambi sapevano che non potevano permettersi di compiere sbagli del genere. Oddio, se fossero state altre persone non avrebbero esitato un attimo a dare ascolto a ciò che il proprio corpo e il proprio cuore gli stavano urlando ormai da mesi, ma loro erano il Guerriero Dragone e la Maestra Tigre, i più forti guerrieri della Cina. Loro non potevano seguire i propri istinti, i propri desideri e il proprio cuore.

Beh, questi in realtà erano i pensieri di Po. Quelli di Tigre erano molto più ingarbugliati di quanto possiate immaginare.

 

In parte i pensieri del panda si riflettevano in quelli della felina, ma nella sua anima e nella sua mente regnavano la confusione, lo spavento, la preoccupazione, l’insicurezza, i ricordi di un passato amaro mai dimenticato e la paura di soffrire nuovamente come il dannato giorno che il Fato aveva deciso di spezzarle il cuore.

Nessuno poteva comprendere ciò che la guerriera stava provando in quel momento. Neanche lei riusciva a comprenderlo.

Ma lei temeva quello che stava provando.

 

La forza del dovere e l’imbarazzo la costrinsero comunque a parlare, anche se con difficoltà.

“Per stasera abbiamo finito” mormorò con non poca vergogna “Continua a pensare alla domanda che ti ho fatto e cerca di trovare la risposta. Ne riparliamo domani sera. Buona notte.”

Così detto se ne andò quasi di corsa, lasciando il panda da solo.

 

Egli ci mise un po' per riprendersi.

 

Non poteva ignorare che, nel momento che i loro sguardi si erano incontrati e lei gli aveva sorriso, egli aveva sentito un fuoco incendiargli l’anima, un fuoco che era sempre lì, in agguato, pronto a prendere di nuovo possesso del suo cuore e a farlo impazzire di . . . no, non esisteva, quel sentimento non doveva esistere!

Però era successo di nuovo, l’aveva sentito, così forte da spaccargli il cuore . . . proprio come la prima volta che l’aveva vista, tanti anni prima, come quando l’aveva rivista il giorno in cui era stato scelto, come quando aveva eseguito la spaccata di fronte a lui, come quando gli aveva sorriso dopo la sua vittoria contro Tai Lung, come quando lo aveva consolato sulla barca, come quando lo aveva abbracciato nella prigione, come quando lo aveva aiutato ad uscire dall’acqua . . .

Quel fuoco, sempre presente e pronto ad incendiargli l’anima, iniziava a bruciare come un incendio vero e proprio, causando lo smarrimento più totale del suo cuore e dei suoi sensi.

 

Il Guerriero Dragone alzò lo sguardo al cielo, cercando di consolarsi e di dimenticarsi di ciò che era accaduto. Osservò la luna per un po', ma il volto di Tigre continuava ad oscurare lo splendore della luna.

Egli si alzò e si allontanò in direzione del campo. Prima di uscire dalla raduna si voltò nuovamente verso la luna e mormorò “Perdonami, regina della notte. Sei bella e misteriosa, ma neanche tu riesci a distrarmi da lei e dalla sua bellezza.”

E così dicendo se ne andò all'accampamento.



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Capitolo 16
*** Fantasmi del passato parte uno ***


Fantasmi del passato

parte uno

 

La mattina seguente i sette viandanti si alzarono all'alba e continuarono il loro viaggio con calma e tranquillità, come se stessero facendo una semplice passeggiata.
I due vecchi procedevano in testa al gruppo, come il giorno precedente, mentre i ragazzi erano disposti in modo diverso.
Gru camminava di fronte a tutti, tutto preso dai suoi filosofici pensieri, mentre Scimmia, subito dietro, discuteva di ragazze con Mantide, seduto comodamente sulla sua spalla.
Ancora più dietro camminavano le guerriere, mentre Po era in fondo alla comitiva con la ferma decisione di meditare fino a quando non sarebbe riuscito a rispondere al quesito fattogli dalla felina.
 
Ma riuscirci era difficile, almeno per lui. Anche perché la sua mente tornava irrimediabilmente agli eventi della sera precedente. E il fatto che Tigre, con la sua lunga coda a strisce e il suo portamento fiero, gli camminasse proprio davanti non aiutava di certo. I suoi occhi continuavano a cadere ripetutamente sul suo corpo, distraendolo dalla meditazione.
 
“Basta adesso! Su Po, concentrati! Concentrati! Non puoi comportarti da bravo Guerriero Dragone se non riesci a rispondere a una domanda così semplice!” si sgridava mentalmente, ogni tanto tirandosi anche qualche pugnetto in testa per concentrarsi di più.
“Su, è una domanda semplice semplice! Perché ho deciso di praticare il kung fu? Perché mi piace, è ovvio!” si diceva “Ma no, se fosse così ovvio Tigre non me lo avrebbe mai chiesto.” E puntualmente il suo sguardo e la sua attenzione tornavano a posarsi sulla guerriera che gli camminava davanti. Rimaneva così per una manciata di minuti, poi scuoteva la testa e tornava a sgridarsi, girando il volto in modo da non venir distratto dall’andatura dell’amica. E riprendeva a sgridarsi mentalmente e a lambiccarsi il cervello.
 
“Allora Po, facciamo progressi?” gli domandò Vipera dopo circa un’oretta dalla loro partenza, voltando gentilmente la testa verso di lui.
 
I ragazzi, la sera prima, avevano insistito a lungo per sapere che specie di allenamento Tigre avesse preparato per il giovane panda e, bisogna proprio dirlo, non erano rimasti sorpresi da quell’approccio.
“Tigre è molto riflessiva e spirituale” aveva commentato Gru “C’era da aspettarselo. Domani sera sicuramente ti farà fare anche esercizi sfiancanti, visto che ha solo tre mesi a disposizione per tortur. . . ehm, allenarti, allenarti.”
“Smettetela di parlar male di me” aveva detto la felina dall’altra parte dell’accampamento, già sdraiata per dormire “ e comunque si, domani inizieremo con i lavori pesanti. Alla prima sosta metterò dei pesi nello zaino di Po, giusto per allenare la sua resistenza e forza. Ogni giorno aumenteranno, quindi il panda in questione dovrebbe approfittare della notte per riposare e non per dare materiale di battutine sciocche a certi cretini che conosco io.”.
Il Guerriero Dragone era arrossito mentre Scimmia, Gru e Mantide avevano subito iniziato un’accesa discussione con la guerriera, placata da uno stanco Shifu desideroso di calma e silenzio.
 
“Ehm . . . non credo che la semplice passione per il kung fu sia una risposta valida, non è vero?” rispose Po.
“No. Da sola la passione non basta, perché può sfiorire come i fiori in autunno. Serve un’altra motivazione, più forte e solida.” disse Tigre senza neanche girarsi. Non lo guardava in faccia dalla notte passata. “Prova a tornare indietro con la memoria. Quando hai conosciuto il kung fu? Chi hai visto combattere per la prima volta e perché? Come è nata questa passione? Concentrati su queste tre domande e cerca la tua risposta nel passato.”.
Il panda sospirò “Ci proverò.”
 
Po non aveva bisogno di tornare indietro con la memoria. Ogni singolo attimo del suo primo incontro con il kung fu era lì, ben impresso nella sua testa. Era stato quell’incontro a dargli una ragione di vita e di felicità per tutti quegli anni. Erano passati dieci anni da allora, ma lui non aveva mai dimenticato. Non poteva dimenticare.
Ma non poteva neanche parlarne con qualcuno, meno che mai con Tigre. Sapeva che la risposta alla domanda era lì, in quel giorno che non aveva mai dimenticato, ma non poteva raccontare a nessuno di quel giorno. Non l’aveva mai fatto e non lo avrebbe fatto di certo in quel momento.
 
La prima parte della mattinata procedette tranquillamente.
Il maestro Shifu interrogò nuovamente i suoi giovani allievi, riscontrando gli stessi risultati del giorno precedente.
Le domande erano difficili o praticamente elementari, a seconda di chi doveva rispondere. A Po e Scimmia toccarono le più elementari, agli altri quelle più complicate. A Tigre, invece, chiese le cose più difficili in assoluto.
 
“Po, ultima domanda: Un guerriero kung fu, in particolar modo un maestro, può avere una compagna o sposarsi?” domandò dopo ore di interrogazioni il maestro Shifu, posando lo sguardo color ghiaccio sul suo discepolo.
A questa domanda Vipera sussultò, mentre gli occhi dei ragazzi, soprattutto di Scimmia, si fecero attenti. Shang Chiang, in un movimento impercettibile, scrutò con attenzione la figlia, la quale non ebbe alcuna reazione alla domanda.
Po non ebbe esitazioni a rispondere “No, maestro. Le nostre regole ce lo proibiscono dalla notte dei tempi.”
Il panda minore annuì “E perché?”
“Perché un monaco guerriero, cioè un maestro di kung fu, deve dedicare la sua vita al prossimo e a Budda; avere una compagna o una sposa lo distrarrebbe dal proprio compito.”
“Esattamente. Ma se un maestro si vuole sposare in qualunque caso o vuole avere una compagna fissa fuori dal matrimonio?”
“Ecco . . . non saprei.” rispose Po imbarazzato.
“Rispondi tu, Tigre.” disse il vecchio, spostando lo sguardo sulla figlia adottiva.
“Deve rinunciare al suo titolo e abbandonare il kung fu. Non potrà più praticare la propria arte, neanche per legittima difesa. Egli diventa a tutti gli effetti un comune cittadino della Cina.” rispose impassibile la guerriera.
“Giusto. Ed è permesso avere rapporti intimi occasionali?” domandò ancora il maestro.
“Si, ma non con compagni o compagne di allenamento.”.
“Come mai? E cosa succede a chi non rispetta queste regole?”
“È vietato per via del ruolo che si ricopre; il compagno o la compagna in questione, in una situazione di pericolo, potrebbe usare la propria abilità per salvare l’altro invece di compiere il proprio dovere verso gli innocenti. Chi non rispetta tali regole viene allontanato dalla propria scuola, perde il proprio titolo e non può più combattere.”
“Giusto. Allora, va bene così. Adesso . . .” il panda minore si bloccò e le sue grandi orecchie si mossero verso la foresta circostante, percependo un rumore sospetto.
“Maestro, cosa . . .?” domandò Po, ma il maestro lo interruppe.
“Tutti in posizione di combattimento.”.
In men che non si dica tutti e sette i guerrieri si misero in posizione e lo stesso Shang Chiang sfoderò gli artigli, pronto a combattere.
Il rumore si fece più vicino, sempre più vicino, fino a quando non apparve una spaventata, smarrita e del tutto innocua . . . cucciola.
 
La bambina era lì, tutta tremante e spaventata, che osservava terrorizzata gli otto viaggiatori rimasti impalati dalla sorpresa.
Era una coniglietta molto piccola, vestita di una semplice tunica marrone. Aveva il pelo bianco e due grandi occhi verdi ed intelligenti e probabilmente non aveva più di cinque anni.
La piccola li guardava stupita e spaventata e tutti abbandonarono la posizione di guardia.
“Una bambina.” mormorò Scimmia “Ci siamo preoccupati tanto per una semplice bambina.”
Ella prese ad indietreggiare.
“No piccola, non preoccuparti. Non vogliamo farti del male.” le disse Tigre con voce dolce, avvicinandosi piano a lei.
Quella si fermò e la guardò sorpresa negli occhi, mentre i guerrieri si lanciavano un’occhiata stupita. Rare volte avevano sentito parlare in quel modo la feroce felina.
“Brava piccola. Brava, non scappare.” continuò la ragazza, inginocchiandosi di fronte a lei “Visto? Non vogliamo farti del male.”
“Chi sei? Una principessa?” domandò la piccola incantata.
Tigre le sorrise divertita “No, non sono una principessa. Mi chiamo Tigre e sono una maestra di kung fu.”
“E quelli chi sono?” domandò la coniglietta indicandoli con la zampa destra.
“Sono dei miei amici, tutti guerrieri come me.” le spiegò lei.
“Anche quello che ti assomiglia? Quello con la faccia cattiva?” insistette la bambina.
Tutti ridacchiarono, voltandosi verso Shang Chiang, il quale sembrava che avesse appena ingoiato un limone. “Ben gli sta.” pensò Scimmia.
Tigre trattenne a stento una risatina “Vuoi dire che anche io ho la faccia cattiva, visto che mi assomiglia?”
“No, tu hai la faccia buona. E sei tanto bella.”
“Beh, grazie. Dimmi, che ci fai qui, piccola? Ti sei persa?”
“Non sono piccola. Ho cinque anni!” disse la bimba contrariata alzando la zampa e mostrandole le cinque ditine.
“Oh, ma allora sei grande! E questa grande coniglietta ha un nome?”
“Mi chiamo Lin.
“Che bel nome! Dimmi, cosa ci fai qui, Lin?”
 “Sto cercando la mia mamma. Eravamo andate a raccogliere la legna ma l’ho persa di vista. La sto cercando da tanto ma non la trovo.” rispose Lin con la voce tremante e gli occhi lucidi.
“Dovresti saperlo che non ci si deve allontanare dalla mamma, Lin. Dove l’hai vista l’ultima volta?”
“Vicino al lago.”
Tigre annuì. Il lago era poco lontano, lo avevano superato circa dieci minuti fa.
“Maestro” disse voltandosi verso Shifu. La voce le tremò per un attimo, perché erano passati tanti giorni da quando gli aveva parlato direttamente, escludendo le risposte alle domande, chiaramente “posso riportare questa cucciola dalla madre? Sarà molto preoccupata.”
Il panda minore annuì “Va. Tanto stavamo per fermarci.” Anche la sua voce tremò per un momento.
“Su Lin, andiamo a cercare la mamma.” disse la tigre alla coniglietta, prendendola in braccio con delicatezza e alzandosi.
Le due sparirono tra gli alberi, alla ricerca della mamma della piccola.
 
“Che bambina maleducata.” disse Shang Chiang mentre la comitiva si fermava per pranzare e aspettare la guerriera.
“Io l’ho trovata molto dolce, invece.” ribatté gentilmente Vipera.
La tigre la guardò male “Non ho chiesto il tuo parere, ragazza.”.
Lo sguardo e la voce della guerriera si fecero gelidi “Ho il diritto di poter esprimere le mie idee quando voglio, anche senza il vostro consenso, generale. Sa, è un vantaggio della parità tra i sessi.” rispose arrabbiata.
Il generale sputò per terra “Parità dei sessi, che scemenza. Le donne non sono uguali agli uomini e non lo saranno mai. Sono creature inferiori e devono imparare a stare al loro posto. E devono imparare ad ubbidire. È quello il loro compito.”.
A quelle parole la dolce Vipera, quella sempre calma e tranquilla, perdette le staffe e fece per aggredirlo. Fortunatamente per lui, Gru e Scimmia la fermarono in tempo, afferrandola e trattenendola, anche se con una certa difficoltà.
“Lasciatemi! Deve rimangiarsi quello che ha detto! Deve!” sibilava furiosa la guerriera, cercando di liberarsi.
“Vipera, non ne vale la pena. Dai, lascia perdere. È solo un vecchio generale dalle idee antiquate. Non ne vale la pena.” cercò di calmarla Gru, anche se sapeva che era quasi impossibile. Quando Vipera si infuriava era temibile quanto Tigre.
“Generale Shang Chiang, tenete le vostre opinioni per voi, gentilmente. I tempi stanno cambiando e le donne ormai fanno le stesse cose che facciamo noi uomini, spesso anche meglio. Tigre e Vipera ne sono l’esempio. Quindi preferiremmo tutti che evitaste di mancare di rispetto alle nostre ragazze con le vostre opinioni antiquate.” disse con voce dura Shifu al generale.
La tigre lo scrutò con aria offesa ed arrabbiata. “La parola di un capoclan non ha più valore, dunque?”.
“Tra il vostro popolo potete pure dettar legge, ma non qui. Qui siamo tutti uguali. Non ci sono nobili o poveri, uomini o donne. Siamo tutti guerrieri e come tali bisogna rispettarsi a vicenda.”
“Io non rispetterò mai una donna che si crede tale ad un uomo.”
A quel punto Vipera cercò di nuovo di attaccarlo, questa volta con più furia, e anche Po si avvicinò per tenerla ferma.
“Dovrete, perché le donne sono uguali agli uomini. E, nel caso delle nostre maestre, anche più forti. Non fatele arrabbiare, Shang Chiang. Non ne uscireste vivo.” concluse il maestro Shifu, voltandosi.
Shang Chiang ringhiò a bassa voce “Lo vedremo.” mormorò “Lo vedremo.”
 
Tigre raggiunse finalmente il lago, dove trovò un’anziana signora che gridava ad alta voce “Lin! Lin, dove sei? Lin!”.
La donna assomigliava moltissimo alla piccola Lin; aveva la stessa pelliccia, gli stessi occhi intelligenti e la stessa voce, forse solo un po’ più sicura. Era molto alta per essere una coniglietta e i segni dell’età erano evidenti sul suo viso, ancora molto grazioso.
La felina si avvicinò mentre questa era voltata “Mi scusi signora, ma credo che abbiate perso questa.” disse gentilmente facendola sobbalzare.
La donna si girò e quando vide la piccola strillò di gioia.
“Lin! Piccola mia, dove ti eri cacciata?” urlò felice mentre la piccola allungava le sue braccine e diceva felice ‘mamma!’.
Ella la prese tra le sue braccia e la strinse forte a sé “Non allontanarti mai più, d’accordo? Non sai quanto sono stata in pena, piccola.” mormorò dolcemente alla figlia, accarezzandole la testolina.
“Scusa mamma.” rispose la piccola “Sarò più attenta, promesso.”.
La madre di Lin alzò lo sguardo su Tigre che, molto discretamente, si stava allontanando senza fare rumore.
“Non andatevene, vi prego. Come posso ringraziarvi, signorina . . .?” le disse gentilmente, costringendola a riavvicinarsi.
“Tigre, signora. E non dovete ringraziarmi, non ho fatto nulla.” rispose educatamente la felina.
“Tigre? La maestra di kung fu?” domandò stupita questa.
La guerriera annuì.
“Oh, vi ringrazio moltissimo, maestra Tigre. È un onore conoscervi. Io mi chiamo Tsukiyama e vi ringrazio infinitamente per il vostro aiuto. Non so cosa avrei fatto senza la mia bambina. Lin è tutta la mia vita, sapete? La mia non è una vita fortunata; mio marito non mi rispetta e mi maltratta e per lungo tempo non sono stata capace di avere dei figli. Lin è stata un dono dal cielo. Anche se mio marito mi detesta più di prima per avergli dato una femmina, io amo la mia bambina; senza di lei la mia vita sarebbe vuota. È la mia unica gioia, capisce?”
“Lo immagino, signora Tsukiyama.”
“Non avete figli, maestra Tigre?”
La ragazza scosse la testa “Noi guerrieri non possiamo averne e non possiamo neanche sposarci. E poi sarei troppo giovane per averne; le tigri raggiungono la capacità di dare alla luce un bambino all’età di vent’anni, all’incirca.”
“Oh. Beh, siete fortunata a non potervi sposare, maestra Tigre. Molte donne sono condannate a una vita infelice con il matrimonio; vengono disprezzate, maltrattate e umiliate. La nostra non è una società fatta per donne. Anche se i tempi stanno cambiando e adesso c’è più giustizia nel mondo e più parità tra i sessi, la vita delle donne è sempre la più difficile: siamo sempre costrette a subire, soffrire ed ubbidire, sempre. Mi piange il cuore a sapere che anche la mia Lin subirà quasi sicuramente questo destino. Voi avete una vita da uomo, ma non potete sfuggire completamente al giogo che da sempre è posato sulle nostre spalle. Sulle spalle delle donne si poggia tutto il dolore e la sofferenza del mondo, ragazza, ed è difficile liberarsi da tale giogo.”
Tigre rimase in silenzio. Le parole della signora Tsukiyama erano profonde e strane. Era come se avessero riacceso dentro di lei una strana consapevolezza, una consapevolezza da tempo sopita, ma sempre presente. Era come se qualcuno gli avesse già sussurrato quelle parole nel buio di una notte solitaria . . .
 
Un lampo esplose nella sua mente. Vide un viso, proprio su di lei, un bel viso di donna. Su quel viso regnavano dei grandi occhi color del fuoco, ricchi di amore e dolore. Il viso si chinò su di lei e le sfiorò il suo di viso con le labbra. Sentì che le posava un piccolo bacio sulla fronte. Un bacio che sapeva di lacrime.
 
“Maestra Tigre, state bene?” la voce della signora Tsukiyama la scosse dalla sua visione, riportandola con i piedi per terra. Ma quella non era una visione. Era un ricordo.
“Io . . . io . . . si, tutto a posto, signora. “ disse Tigre cercando di riprendersi, ma era troppo presa da quello che era successo. “Adesso . . . adesso devo proprio andare. Vi auguro tutta la felicità del mondo, signora Tsukiyama, a voi e alla vostra piccola Lin.”.
“Ve ne andate di già?” domandò stupita la donna, spostando la bambina sull’altro braccio.
“Devo, i miei compagni mi stanno aspettando. Arrivederci, signora. Ciao, Lin. Fai la brava, d’accordo?” disse la guerriera, abbassandosi un po’ per guardare in viso la coniglietta.
Ma la piccola non la stava guardando. Aveva lo sguardo perso nel vuoto.
“Lin, saluta la maestra Tigre, da brava.” la incitò la madre.
La cucciola spostò lo sguardo sul viso della ragazza e la fissò a lungo.
“La bella signora mi ha dato un messaggio per te.” disse con una voce strana ed innaturale.
Tigre non capiva.
“La bella signora? Quale bella signora? Non c’è nessuno, qui.”
“La bella signora che ti sta sempre accanto. Tu non la vedi perché sei grande, ma io si. Una volta la vedevi anche tu, ma poco, perchè lei era debole e poteva solo parlare ogni tanto. Ti somiglia tanto, anche se indossa dei vestiti diversi. Ha il tuo stesso volto e i tuoi stessi occhi, ma i suoi sono tristi.”
“Ha i miei stessi occhi?” Tigre sentì il cuore accelerare i battiti.
“Si. E ha detto di stare attenta.”
“Di stare attenta? Perché?”
“Perché lui ti vuole fare di nuovo del male.”
“Lui? Lui chi?”
“Colui che ti ha reso orfana.”


La tana dell'autrice

Hallo, sono tornata! Tutto bene? Spero di si!

Allora, ecco la prima parte di un capitolone. Le cose iniziano a farsi interessanti, non vi pare?
Ho chiamato questo capitolone, che dovrebbe avere almeno due parti, probabilmente anche tre, 'Fantasmi del passato' perchè il passato di ognuno inizia a farsi risentire, forte e chiaro. Qui si parla di quello di Tigre, ma nel prossimo anche di quello di Shang Chiang, di Scimmia e di Po, molto probabilmente anche di Shifu.

Ah, vi devo avvisare che probabilmente d'ora in poi passerà più tempo tra un aggiornamento e l'altro, visto che avrò molte visite da parte di amici e parenti e a settembre ricomincerò kung fu e il ginnasio. Inoltre devo occuparmi anche di un altro paio di fic a capitoli di tema fantasy (Eragon, Narnia, Signore degli anelli . . .), se vi va potete dare un'occhiata pure lì, tanto per rimanere aggiornati sui miei guai ;)


Un bacio e a presto (Spero!)

la vostra finalmente felicissima
Tigre Rossa

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Capitolo 17
*** Fantasmi del passato parte due ***


Fantasmi del passato

Parte due
 


“Certo che Tigre ci sta mettendo un po’, non vi pare?” osservò Gru, ingoiando l’ultimo boccone del pranzo.
“Starà salutando la cucciola.” rispose Mantide, che aveva finito di mangiare e si stava sgranchendo un po’ le zampe, ormai belle addormentate a causa delle lunghe ore di viaggio sulla spalla di Scimmia.
“A proposito della bimba, mi ha sorpreso molto il comportamento di Tigre nei suoi confronti. Non è nel suo stile rassicurare una bambina, prenderla in braccio e riportarla dalla mamma. Cioè, non è tosto tosto! Me lo sarei aspettato da parte tua, Vipera, ma non da lei.” Si intromise nella conversazione Po, che stava ancora masticando il cibo che Mantide non aveva voluto.
La ragazza lo guardò sorpresa e poi scosse la testa  “Non la conosci bene, Po.” disse “Tigre adora i cuccioli, molto più di me, tra l’altro. Quando delle famiglie o degli orfanotrofi sono in pericolo difenderli è compito suo, sempre e comunque.”
“Tigre? La nostra Tigre? Quella sempre seria che uccide tutti con lo sguardo?” fece Po stupito, certo che stessero parlando di un’altra persona.
“Si, quella Tigre. Ne conosci altre?” disse Scimmia, comodamente sdraiato sotto un albero “Pensa che quando eravamo più piccoli, lei doveva avere al massimo tredici anni, alcuni banditi attaccarono un orfanotrofio. Le donne che lavoravano lì fuggirono e lasciarono gli orfani alla loro mercè. I banditi avevano intenzione di vendere i cuccioli e di guadagnare in questo modo un po’ di soldini, e ci sarebbero anche riusciti, se . . .”
“Vendere cuccioli? Ma come? E a chi, scusa?” chiese il panda, sorpreso.
“Po, il mondo non è tutto rose e fiori.” spiegò pazientemente Gru “Il traffico di cuccioli è molto esteso e redditizio. Comprende bambini di tutte le fasce d’età e di tutte le specie. I maschi vengono venduti a famiglie ricche senza eredi o come inservienti, mentre le femmine hanno un destino molto più triste. Nel migliore dei casi vengono usate come domestiche e tate, ma più spesso diventano giovanissime lucciole.”
“Lucciole?”
“È un modo più gentile di chiamare le prostitute, Po.” rispose Vipera.
“Oh.”
“Si, tutto molto interessante” li interruppe Scimmia, infastidito dal cambiamento d’argomento “I banditi volevano guadagnare un po’ di soldini, stavo dicendo, e ci sarebbero anche riusciti, se nei paraggi non ci fosse stata Tigre. Avevamo litigato e lei era uscita per trattenersi dal trasformarci in puré di guerrieri. Per caso finì lì vicino e vide tutto. Quando capì cosa aveva intenzione di fare quei manigoldi si infuriò come una bestia, uscì allo scoperto e li riempì di botte, tanto che quei banditi, dieci grossi scimmioni grandi il triplo di lei, alla fine implorarono pietà e giurarono sulla loro vita di non toccare mai più nessun cucciolo. Ma lei non si fece impietosire e li punì come meritavano. Poi cercò le donne che erano fuggite, le fece una bella lavata di capo e cercò persone veramente competenti per prendersi cura di quei poveri orfani. Da allora Tigre ha continuato a prendersi cura di quel orfanotrofio, dandosi da fare per trovare delle famiglie e delle case a tutti quei cuccioli e andando a trovarli ogni volta che le era possibile, rimanendo a giocare con loro. Pensa che ancora adesso va a trovarli e i cuccioli le vogliono così bene che la chiamano ‘Zia Tigre’, anche se a lei non piace neanche un po’.”
Po rimase in silenzio per un attimo.
“Non ci credo.”
“Non ti è bastata la dimostrazione di poco fa? Tigre ama i bambini e loro amano lei. Cosa c’è di così strano?” domandò Vipera.
“Tigre è sempre così seria, non è possibile che sia disposta a giocare con dei bambini!”
“Po, le persone non hanno un solo aspetto di sé stesse. Hanno luci ed ombre, lati segreti e tendenze inimmaginabili. Tigre ha un cuore d’oro ed è una persona buona, per questo i cuccioli la amano. Loro percepiscono ciò che i grandi non vedono e sanno leggere nel cuore della gente. Inoltre Tigre non è sempre stata così seria.” cercò di spiegargli Gru.
“No? E come mai lo è diventato, allora?” domandò il panda, sorpreso.
I quattro si lanciarono un‘occhiata con aria grave e non risposero, facendo aumentare la curiosità del guerriero.
“Allora?”
“Preferiamo non parlarne.” rispose Mantide “Anzi, se tieni alla tua pelle non chiederlo mai neanche a lei.”
“Perché?”
“Perché il ricordo di ciò che è successo le è insopportabile.” spiegò con voce dolente Vipera.
“Cosa è . . .”
La sua domanda fu interrotta dall’arrivo silenzioso di Tigre.
 
“Scusate il ritardo.” la voce della guerriera era fredda, gelida, come se provenisse da un altro mondo “Non volevo farvi aspettare.”
Il maestro Shifu, seduto in meditazione sotto un albero, sentendola aprì gli occhi e la guardò preoccupato.
“È successo qualcosa?” domandò.
La ragazza scosse la testa “La madre della cucciola mi ha trattenuto più del dovuto, tutto qui. Non ho fame, quindi possiamo riprendere il cammino anche subito.”.
“Sicura?” insistette lui.
“Certo.”
“D’accordo, allora in marcia. Se acceleriamo di poco il passo dovremmo giungere al palazzo del Maestro Vipera tra due giorni.” disse il panda rosso alzandosi.
Shang Chaing, seduto su un tronco poco lontano, sbruffò “Preferirei evitare questa sosta. Ci farà perdere solo tempo e io desidero ritornare nella mia città il prima possibile.”.
“Non rimarremo molto, solo il tempo di fare delle scorte come si deve e di riposare in un letto. Tra meno di un mese arriveremo, generale, ve l’ho già detto.”
“Voi e i vostri allievi siete solo ospiti in questo viaggio, maestro Shifu. Non potete dettar legge in un viaggio che avremmo dovuto affrontare solamente io e mia figlia, anche se vi ho gentilmente concesso di accompagnarla.”
“Non sto dettando legge, penso solamente a ciò che è meglio per i miei allievi.”
“Certo, come no.”
I due uomini si fissarono in cagnesco sotto lo sguardo attonito dei ragazzi.
“Alloooora, che ne dite di muoverci?” disse Mantide per alleggerire l’atmosfera, pigliandosi così una codata di Vipera proprio dietro la nuca.
Gli otto, sebbene con difficoltà, ripresero il viaggio.
 
Per tutto il resto della giornata Tigre rimase in fondo al gruppo, da sola, persa nei suoi pensieri. I ragazzi provarono a coinvolgerla nelle loro conversazioni, ma lei li liquidò con poche parole e uno sguardo gelido, come faceva sempre.
Il suo volto era impassibile e i suoi atteggiamenti severi e fieri come al solito. Ma c’era qualcosa, in lei, che rendeva evidente che le era successo qualcosa, qualcosa di grave, molto grave.
Po non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e a smettere di chiedersi cosa mai fosse successo. E indugiava sul suo sguardo, la cui luminosità era oppressa da una specie di nuvola.
Lui conosceva quello sguardo. Era quello che lui stesso aveva avuto quando aveva iniziato a ricordare il volto di sua madre.
 
Verso sera il gruppo si fermò in una raduna per cenare e dormire.
Il panda cucinò una zuppa con ravanelli, sperando di riuscire a strappare un sorriso alle labbra della felina, ma lei non ne prese neanche una cucchiaiata.
La cena fu consumata nel silenzio più totale e i vari tentativi di Scimmia e Po di ravvivarla caddero nel vuoto, ma non cadde nel vuoto l’ordine di Shifu di riprendere gli allenamenti subito dopo mangiato. Anzi, diede il via a varie e sentite lamentele.
“Adesso basta e iniziata a riscaldarvi!” disse il panda minore dopo dieci minuti buoni di suppliche e lamentele da parte dei suoi allievi “Avete avuto tre giorni di totale vacanza e ieri non vi ho fatto ricominciare, quindi non azzardatevi proprio ad aprire bocca o invece delle solite venti flessioni ne farete cinquanta!”
Gru, Mantide, Scimmia e Vipera iniziarono brontolando il riscaldamento mentre Tigre e Po, che si trascinò dietro anche il proprio fagotto per ordine della felina, si allontanarono un po’ per riprendere l’addestramento che avevano incominciato la notte precedente.
 
I due si spinsero abbastanza lontano in modo da non venir disturbati dalle urla d’allenamento dei loro compagni e giunsero in un piccolo angolo di bosco abbastanza piacevole e tranquillo, dove si fermarono.
Tigre iniziò a dire “Po, passami il tuo fago . . .” ma il panda l’interruppe, deciso a farsi rivelare ciò che era successo “Dopo, Tigre, dopo. Prima però dimmi cosa è successo.”
La ragazza lo guardò sorpresa  e poi rispose con il solito tono gelido “Vi ho già detto che non è successo niente. Cosa mai ti fa pensare che sia successo qualcosa?”.
“La tua voce e il tuo sguardo.”
“Il mio sguardo?”
“Si, il tuo sguardo. È oscurato e smarrito, come se urlasse aiuto al mondo intero e il mondo non avesse orecchie per ascoltare.”
“E tu avresti le orecchie per ascoltarlo, non è vero? Smettila di dire cretinate, Po.”
“E se ti dicessi che conosco quello sguardo perché l’ho visto sul mio stesso volto ogni volta che mi specchiavo dopo aver ricominciato a ricordare il mio passato, Tigre? E se ti dicessi che penso che anche tu abbia ricominciato a ricordare?” domandò il Guerriero Dragone, con un tono di voce che non aveva mai usato prima d’ora.
Tigre sussultò e abbassò lo sguardo.
“È così, Tigre?” domandò dolcemente il panda, avvicinandosi piano a lei “Con me puoi parlare, lo sai. Sono tuo amico e sono qui per te.”.
La felina esitò, indecisa se confidarsi o no.
“Tigre?”
Lei alzò lentamente lo sguardo su di lui.
Po lesse nel suo sguardo il timore, la paura, la preoccupazione, ma soprattutto, un piccolo, luminoso, barlume di fiducia.
 
“Mentre parlavo con la madre di Lin ho avuto . . . ho avuto una visone. Una visione folle.” disse lei a bassa voce, ma abbastanza alta per giungere all’orecchie del Guerriero Dragone.
Lui annuì “Continua.”
“Ho visto un volto. Un volto molto simile al mio. Questo volto.” continuò lei prendendo il piccolo medaglione dorato dalla tasca dei suoi pantaloni e dandolo a Po in modo che vedesse. Lui l’aprì e fischiò di sorpresa.
“L’ho visto posarsi su di me e darmi un bacio sulla fronte. Ma quel bacio . . . quel bacio sapeva di lacrime.”
Il panda si irrigidì.
“Quando sono tornata in me la bambina, Lin, ha detto di aver visto una bella signora con i miei stessi occhi, proprio accanto a me. Ha detto che le aveva dato un messaggio per me.”
A quel punto lei esitò.
Po si avvicinò ancora un po’ “Cosa diceva questo messaggio?”
Tigre abbassò lo sguardo e per un attimo la sua voce tremò “Diceva che l’uomo che mi ha reso orfana è qui e che vuole farmi ancora del male.”
La mente del panda ci mise qualche minuto ad assimilare quella informazione e a rendersi conto di ciò che voleva dire. Quando se ne rese conto gli venne un colpo.
“Oh, dannazione.”
“Si, dannazione. Bello incontrare il proprio padre e scoprire che è l’assassino di tua madre, no?” mormorò Tigre, permettendo finalmente alla propria paura, alla propria rabbia e alla propria tristezza di esprimersi almeno nella sua voce “ma la cosa più bella è che è venuto a cercarmi per farmi ancora soffrire e io, dulcis in fundus, mi sono portata dietro come una stupida anche i mie amici e il mio maestro!”
I suoi occhi, anche se abbassati, tremavano. Il suo corpo tremava. La sua anima tremava. Il suo cuore tremava. Tigre era stata travolta da un’onda e portata in alto mare. Solo una zampa amica poteva riportarla a sicuro, sulla terra ferma.
 
“Ehi, calma, Tigre, calma” disse Po afferrandole le zampe e stringendogliele dolcemente “Tigre, andrà tutto bene. Andrà tutto bene.”.
Il panda non l’aveva mai vista così sconvolta e così spaventata e a vederla così sentiva salire dentro di lui, forte come un fuoco ardente, il desiderio, l’istinto e il dovere di proteggerla. Si, proteggerla. Proteggerla con tutte le sue forze, da tutto e da tutti, al costo della vita. A lui non importava nient’altro. Voleva solo proteggerla.

Tigre alzò il viso e il suo sguardo incontrò quello del guerriero. “Come fai a dirlo? Potrebbe essere tornato indietro per uccidermi, per usarmi nel suo esercito o che so io, e per colpa mia adesso siete coinvolti anche voi. Come fai a dire che andrà tutto bene, Po?”
“ Primo, non è colpa tua. Noi abbiamo voluto seguirti perché non volevamo perderti. E adesso che siamo sicuri di avere accanto un bastardo potenzialmente pericoloso non fuggiremo certo come cuccioli impauriti. Siamo la tua famiglia, Tigre, non ti abbandoneremo mai, neanche se ciò mettesse in gioco la nostra vita. Secondo, io lo sento che andrà tutto bene, lo sento. Quindi non farti venire in mente strane idee o paranoie, capito? Andrà tutto bene. Shang Chiang non potrà fare niente, né a te né a noi. Siamo i guerrieri più forti della Cina, e che cavolo!”
Tigre si liberò dalla presa del panda e gli voltò le spalle “Le tue parole sono belle, Po, ma non voglio farvi correre pericoli inutili a causa mia. Ci ho pensato tutto il giorno e sono giunta a una conclusione. Domani chiederò a Shifu e agli altri di andarsene. E vorrei che anche tu li seguissi. Affronterò questo viaggio da sola. Voglio sapere da Shang Chiang la verità. Voglio sapere perché ha ucciso mia madre, perché mi ha allontanato dal mio popolo e perché è tornato a riprendermi. Ma non voglio rischiare di perdervi. Siete troppo importanti per me.”
Po incrociò le braccia “Si, e secondo te sarai al sicuro, una volta sola con lui? Secondo te ti dirà la verità, quando scoprirà che sei a conoscenza del suo segreto? Dai, non fare la sciocca!”
La ragazza si voltò verso di lui con rabbia “ Secondo te prendo questa decisione alla leggera? Secondo te sono felice di mandarvi via senza sapere se vi rivedrò mai più? Eh?”
Il guerriero rimase in silenzio.
“Non voglio che vi succeda qualcosa. Siete tutto il mio mondo. Ma non posso venire via con voi, sia per la vostra sicurezza sia per la mia tranquillità. Non vivrei più se non sapessi cosa è successo quando ero ancora in fasce.”
Po si avvicinò a lei e rispose, lentamente “Tu vuoi la mia morte o quella di Shifu o di Vipera o di Gru o di Mantide oppure quella di Scimmia? No? Allora non mandarci via. Perché, senza sapere ciò che ti succede, noi tutti moriremmo di dolore. Soprattutto io. Non farci questo. Non farmi questo, Tigre.”
La felina abbassò lo sguardo e non disse niente.
“Se vi succedesse qualcosa, io . . .” iniziò a dire tremante.
“Non accadrà niente, te lo prometto.” la rassicurò il Guerriero Dragone “Andrà tutto bene.”
La felina sospirò e alzò per l’ennesima volta lo sguardo su di lui.
“D’accordo, allora. Ma se succederà qualcosa, la responsabilità sarà solo mia e solo io pagherò per i miei sbagli. Voi non vi intrometterete. Tu non ti intrometterai. Giuralo.” si arrese lei.
“Ma cosa . . .”
“Giuralo, Po.”
“Ma Tigre, è una sciocchezza.”
“Allora andrò da sola.”
“Non puoi impedirmi di seguirti di nascosto!”
“Posso e lo sai.”
“Ma . . .”
“Giuralo.”
Il guerriero Dragone sospirò “E sia. Lo giuro.”
“Con un giuramento d’onore.”
“Cosa? No!”
“Po . . .”
“Ma . . . e va bene. Io, il Guerriero Dragone, giuro sul mio onore e sul mio titolo di non intervenire in aiuto della leader dei Cinque Cicloni, Maestra Tigre, se Shang Chiang farà del male ai nostri compagni o al nostro maestro, e di impedirlo al Gran Maestro Shifu e ai Cinque Cicloni. Contenta?” promise sconfitto Po, sapendo che i giuramenti d’onore non potevano essere infranti, altrimenti si perdeva il proprio titolo e non si poteva più combattere.
“Si. Senti, Po, potresti . . . potresti tenere ciò che ti ho detto per te? Non voglio che gli altri sappiano.” disse la ragazza, finalmente un po’ più tranquilla.
“Sei sicura?”
“Sicurissima. È una cosa molto . . . molto personale. Non voglio coinvolgerli più del dovuto.”
“D’accordo. Ma allora perché l’hai detto a me? Insomma, io sono quello che odi di più, ricordi? Il grosso lardoso panda? Ti è presente?”
Tigre sbruffò “Non ricominciare, ti ho già detto che non l’ho mai pensato e che non ti odio. E poi come facevo a non dirtelo, visto che mi hai praticamente assalito?”
“Ehm, in effetti . . ..” rispose Po imbarazzato “Beh, forse è meglio che torniamo. La luna è già alta nel cielo e non vorrei che il maestro ci desse punizioni per il ritardo anche qui!”
Il panda fece per girarsi, ma Tigre lo bloccò. “Aspetta Po. Io . . . ecco, io stavo . . . oh! Volevo dirti grazie, ecco.” mormorò lei imbarazzata.
“Grazie? Di cosa? Non ho fatto niente!” domandò sorpreso il panda.
“Di essermi stato vicino. Nessuno mi è mai stato così vicino, nessuno mi ha mai consolato in questo modo, nessuno . . . nessuno è mai stato come te.” disse a bassa voce Tigre.
Po sentì il proprio cuore sciogliersi “Io ci sarò sempre per te, Tigre. E non ti abbandonerò mai. Non ti lascerò mai da sola, soprattutto adesso. Sarò con te fino alla fine. È una promessa.” le sussurrò lui dolcemente,
 
Gli occhi di Tigre si spalancarono e lei sentì qualcosa spezzarsi, nel suo cuore. Un qualcosa che, dopo Shen Te, le aveva sempre impedito di affezionarsi alle persone in modo vincolante. Un qualcosa che la presenza e le parole di Po aveva fatto cessare di esistere. Quel qualcosa era la durezza. Una durezza di cui non aveva più bisogno. Non con lui. Non con Po.
Spinta da un istinto sconosciuto, Tigre si alzò sulle punte delle zampe e posò un piccolo bacio sulla guancia sinistra di Po, lasciandolo senza fiato.
Poi la felina si abbassò a prendere il piccolo medaglione, caduto abbandonato tra l’erba quando il panda aveva preso tra le zampe le sue, e si allontanò, leggera come un bel sogno che svanisce al primo raggio di sole.
Po sfiorò con la zampa il punto in cui la guerriera aveva posato il suo bacio e rimase così, sotto la luna piena, sicuro di essere in un bel sogno da cui non voleva in alcun modo svegliarsi.
 
 
 
Mancavano un paio di ore all’alba  e la notte regnava tranquilla nel bosco. Il buio avvolgeva l'accampamento dei guerrieri del Palazzo di Giada. Quasi tutti erano avvolti in un sonno profondo, ma Orfeo non era stato benigno con i due felini del gruppo.
Entrambi si agitavano nel sonno, turbati delle illusioni creati dalla loro mente.
Tigre era torturata dal suo incubo indefinito, ma neanche egli riuscì a turbarla tanto da svegliarla, dopo la nuova tranquillità donatole da Po quella sera.
Shang Chiang era invece spaventato dai suoi fantasmi. O meglio, dai fantasmi dei suoi sbagli.
 
Entrò nella stanza con aria spavalda, felice di poter finalmente ottenere ciò che si era guadagnato con sudore e sangue. Era ancora ferito e stanco, ma era sicuro che la sua ricompensa lo avrebbe ripagato di tutte le sue fatiche, sia sul piano politico sia su quello personale.
Lì, al centro della stanza, stava di schiena una giovane fanciulla. Il suo profumo forte e seducente lo raggiunse come un pugnale. Egli respirò a fondo. Rose selvatiche e gigli tigrati. Un odore piccante e sensuale che lo faceva andare in visibilio. La fanciulla si voltò, dicendo con voce ancora mezza addormentata “Mi avete chiamato, pad . . “ ma alla sua vista si interruppe.
Egli sentì il vecchio capoclan, entrato subito dopo di lui, chiudere la porta, ma la sua concentrazione era tutta per la giovane tigre, appena diciottenne.
Il suo bel corpo, giovane eppure già con le morbide curve di un corpo adulto, era coperto da una semplice sottoveste, l'indumento che le donne aristocratiche indossavano per dormire. I suoi gigli dorati erano piccoli e delicati, protetti da leggere calzature elegantemente decorate, mentre le sue zampe anteriori erano delicate e gli artigli poco visibili. Ma la parte più bella di lei era il viso. Ancora giovane ed innocente, era raffinato e bello, con striature eleganti e occhi splendenti. Gli occhi, simili a piccoli fuochi fatui, brillavano di luce propria, dimostrando a tratti parti dell'essere della giovane, come la sua serietà, la sua dolcezza, la sua intelligenza e la sua indomabilità. Soprattutto la sua indomabilità. In tutta la città ella era ritenuta la creatura più bella dell'intera Cina, ma anche la più testarda e ribelle e quindi la più difficile da ottenere. Ma per ottenere lei e la sua bellezza molti avevano tentato, perdendo in alcuni caso il senno.
Ma adesso lei era sua e lui ne era orgoglioso.
“Padre, cosa ci fa lui qui a quest'ora di notte? E perché mi avete chiamato?” domandò allarmata, cercando di coprire con le zampe il suo bel corpo che egli stava divorando con occhi avidi ed affamati.
“Ti ho chiamato perché il generale Shang Chiang mi ha sconfitto, questa notte, durante la Sfida del Sangue. Adesso tutto ciò che è mio è suo, sia la città che il mio titolo.” rispose il vecchio padre, avvicinandosi a una porta laterale di cui solo lui aveva la chiave.
Le pupille di lei si allargarono e lei indietreggiò, spostando freneticamente lo sguardo prima su uno e poi sull'altro “Ma padre, non potete farmi questo! Egli ha quasi la vostro età e poi è un essere meschino, insulso ed immorale! Vi prego padre, non fatemi questo! Non metterò mai più in discussione la vostra autorità, lo giuro, ma  vi prego, non lasciatemi a lui!” fece, correndo verso di lui e afferrandogli il braccio. Egli se la scosse di dosso e disse con voce aspra “Shang Chiang mi ha vinto ed adesso appartieni a lui, come dicono le nostre leggi. E guai a te se insulterai nuovamente il tuo promesso in questo modo, donna!” e così dicendo aprì la piccola porticina laterale e uscì dalla stanza. La fanciulla cercò di seguirlo, ma il nuovo capoclan la raggiunse, la afferrò con forza per un braccio e la spinse verso un'altra porticina laterale, buttandola a terra e chiuse la porta con una piccola chiave scarlatta.
La fanciulla lo guardò terrorizzata mentre egli chiudeva la porta e poi si alzò, cercando di prendere coraggio. Sapeva bene cosa accadeva in quella camera, le cui pareti e mobilio erano color rosso sangue. E lo temeva con tutto il cuore.
Ella si lanciò contro di lui, cercando di rubargli la chiave. Egli si difese dalla sua furia nascondendo la piccola chiave di salvezza nella tasca dei suoi pantaloni color porpora e poi la buttò nuovamente per terra, questa volta con più violenza.
Lei si alzò di nuovo, anche se questa volta non cercò di prendere la chiave. Sapeva che non poteva farcela.
“Lasciami andare!” disse con rabbia, cercando di sembrare molto più forte di quanto lo fosse.
“Lasciarti andare?” ripeté ironico il generale “Perché mai dovrei? Ho sfidato e sconfitto tuo padre, vincendo il suo titolo, la sua città e la tua mano, perché mai dovrei lasciarti andare dopo tutta questa fatica? Dovresti essere felice, piccola, di essere capitata a me.”
“Io non ho alcuna intenzione di diventare la tua sposa! Sei un essere insulso, hai sposato almeno dieci donne diverse e vai per concubine e prostitute. Hai violentato contadine e ucciso i figli, torturandone i mariti sotto i loro stessi occhi. E poi ci si stupisce che tu non abbia alcun erede! Non voglio diventare una delle tue compagne di letto, né ora né mai! Mi fai ribrezzo, sei una creatura schifosa e ripugnante! Preferirei morire che diventare tua moglie!” ribatté con furia la giovane.
L'uomo non resistette più alle offese e alla resistenza della fanciulla: la afferrò e le piegò il braccio all'indietro, costringendola a girarsi con un sibilo di dolore.
“Adesso basta” mormorò lui con voce gelida e malvagia, avvicinando il volto e soprattutto la bocca all'orecchio di lei, la quale cercava di liberarsi dalla sua presa “ho sopportato i tuoi insulti solo perché sei infinitamente affascinante e non voglio rovinare il tuo bel visino, ma non pensare che ti permetterò di parlarmi ancora in questo modo! Presto sarai mia moglie e già da questa sera unirò il tuo Fato al mio e io non permetto che nessuno, soprattutto la mia sposa, si rivolga a me in quel modo! Mi hai capito?”
La fanciulla provò a tirargli un calcio, ma lui le conficcò gli artigli nella carne, facendole sfuggire un gemito di dolore.
“Ho detto: mi hai capito?” ripeté egli.
Lei ringhiò con tutta la rabbia e il disprezzo che provava per lui ed all'uomo sfuggì un sorrisetto.
“Così indomabile . . . così ribelle . . . e così bella . . .”. La ragazza tremò e provò a liberarsi da quel orrendo contatto, ma egli la costrinse a girarsi verso di lui e la baciò con ferocia, suggellando con il contatto tra le loro due bocche la promessa di matrimonio, secondo la tradizione delle Tigri dell'Est.
Fu in quel momento che la luce imprigionata nel suo sguardo, quella luce speciale che aveva sempre brillato e reso speciale i suoi occhi splendenti e forti come il fuoco, si spense come un tinozzo immerso in una vasca di acqua gelida.
Si spense per molto tempo e solo una nuova vita gli ridiede la sua luce. Destinata a smettere subito di brillare.
 
Shang Chiang si svegliò di soprassalto, non credendo a ciò che aveva rivisto. Si passò una zampa sugli occhi, colpito nel profondo da quel incubo. Mai, negli anni passati, aveva sognato una delle sue mogli o delle sue compagne. Perché proprio adesso che aveva ritrovato sua figlia gli tornavano alla memoria i giorni del passato? Forse la sua coscienza, da lungo tempo sopita, si era per sbaglio risvegliata alla rinnovata vista di quei grandi occhi color del fuoco, identici a quelli della madre prima che lui la domasse? O forse era proprio lei a voler fermare la sua mano e impedirgli di compiere i suoi piani?
“Cosa c’è, Yonggang? Vuoi proteggere tua figlia? E come pensi di fare, piccola? Niente può impedirmi di fare ciò che devo fare. Tua figlia seguirà il tuo destino, il destino che le spetta, quello che spetta a tutte le donne. E tu non potrai fare niente per salvala. Come non hai potuto fare allora, non puoi farlo nemmeno ora.” mormorò la vecchia tigre al vento, messaggero dei vivi e dei morti.
 
Lui non sapeva che Shifu, sveglio per fare la guardia e meditare, aveva sentito le sue parole.
E il panda aveva sentito molto di più. Aveva sentito anche un ringhio arrabbiato nel vento. Un ringhio appartenente alla voce che lui continuava a sentire d quando aveva adottato Tigre.

 
 
La tana dell’autrice
 
Ciao, eccomi qui! Visto che capitolo lungo?
 
Scusatemi, volevo inserire anche pezzi di vita di Po e Scimmia, ma proprio non ci stavano. Sarà per i prossimi capitoli.
Per prima cosa volevo dedicare il capitolo a Soledoriente, che si è dovuta cancellare da EFP, e a Frency1013, che si è appena iscritta. Voglio che gli mandiate tutti un grande bacio!
 
Comunque, non voglio dire niente del capitolo, voglio lasciare i giudizi a voi. Una sola cosa dico, perché è molto importante: il nome della mamma di Tigre, Yonggang, significaCoraggiosa, forte come il ferro’.
 
Spero che il capitolo vi piaccia! Un bacio
 
Ti’

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Capitolo 18
*** Fantasmi del passato parte tre ***



Fantasmi del passato parte tre
 
 
 
 
Era ormai il terzo giorno di marcia e il gruppo si era fermato per risposare un po’ e per consumare il pranzo, questa volta un brodo leggero, e tutto il gruppo stava facendo qualcosa.
 
Gru e Mantide chiacchieravano con Vipera, Po stava preparando il brodo, Scimmia si era seduto per riposarsi un po’, Shang Chiang stava pulendo il medaglione con il simbolo del suo clan, Shifu stava meditando e Tigre era appoggiata ad un albero e aveva gli occhi chiusi, come se stesse pensando.
 
Po la guardò da lontano, un po’ arrabbiato ed infastidito. Per tutta la mattinata la felina non aveva fatto altro che ignorarlo, non lo aveva neanche guardato e ogni volta che aveva provato a parlarle o a chiederle di quale fosse la sua strategia per riuscire a strappare al padre naturale la verità lei non gli aveva risposto e aveva tenuto lo sguardo fisso davanti a sé.
 
Al panda quel comportamento aveva fatto male, molto male. Perché Tigre si comportava così dopo quello che era successo la notte scorsa? Gli era sembrato che loro due avessero raggiunto un accordo, che avessero stipulato una specie di alleanza o qualcosa del genere. E poi c’era stato quel bacio . . . era forse quello il motivo della freddezza di Tigre? Si era pentita di quello che aveva fatto e si era chiusa a lui per questo? Forse non voleva avere più rapporti con lui per quello?
 
 
Poco lontano da lui Shifu aveva gli occhi chiusi e stava meditando, ma la sua anima era in subbuglio tanto e forse anche più di quella del suo allievo.
 
La sera precedente, infatti, aveva sentito Shang Chiang parlare al vento. E le sue parole avevano confermato i suoi sospetti e le sue paure.
 
Aveva capito dal primo momento che Shang Chiang era venuto al Palazzo di Giada per un motivo preciso, un motivo ben lontano dal ‘amore paterno’, un motivo sbagliato, crudele, malvagio, un motivo che non aveva avuto ragione di esistere prima di allora, altrimenti Tigre non sarebbe rimasta nella Valle della Pace così a lungo, e aveva capito dal primo momento che il pericolo di cui lo aveva messo in guardia la voce nel vento era proprio lui. E adesso, finalmente, sapeva a chi apparteneva quella voce. Avrebbe dovuto capirlo molto tempo prima, perché lui aveva conosciuto quella voce e la persona a cui apparteneva.
 
“Come sono potuto essere così stupido?” si chiese “Avrei dovuto capirlo subito, il giorno stesso in cui l’ho udita per la prima volta, all’orfanotrofio. Perché la memoria ha deciso di giocarmi questo tiro mancino?”
 
Oh si, lui aveva conosciuto Yonggang, forse non benissimo, ma quanto bastava. E quando era venuto a conoscenza del suo matrimonio e della sua morte ne era rimasto molto addolorato.
 
Ma allora perché non l’aveva collegata alla voce nel vento e perché non era mai giunto alla conclusione che Tigre fosse sua figlia?
 
Eppure erano così simili, proprio come due gocce d’acqua: il temperamento, l’intelligenza acuta, la fierezza, l’aspetto fisico, tutto ciò che era appartenuto a Yonggang apparteneva anche a Tigre. Soprattutto gli occhi, quei grandi occhi color del fuoco che sembravano capaci di leggerti dentro.
 
“Il pranzo è pronto.” Shifu non fece caso alle parole del suo allievo. C’erano questioni più urgenti a cui pensare e di certo il cibo non era una di queste.
 
Come doveva comportarsi lui, adesso? Sapeva che Shang Chiang voleva fare del male alla sua pupilla, ma non era a conoscenza di quali fossero le sue precise intenzioni, anche se aveva un paio di ipotesi, e non poteva fare niente fino a quando non avrebbe scoperto ciò che voleva farle.
L’avrebbe tenuto d’occhio, molto di più di quanto aveva fatto fino a quel momento, questo era certo, ma cosa altro avrebbe dovuto fare?
 
“Tigre, non mangi?”
“Non ho molta fame, Vipera.”
 
E con Tigre, come avrebbe dovuto comportarsi, invece? Doveva parlargli di quello che aveva scoperto?
Una parte di lui sosteneva che si, doveva metterla al corrente per il suo stesso bene, per farla stare all’erta, ma l’altra parte scuoteva la testa, sfiduciata, sapendo che non sarebbe servito a niente.
Tigre lo odiava ed aveva ragione ad odiarlo: lui non le aveva mai dato né affetto, né comprensione e neppure amore. Non lo avrebbe mai ascoltato in quel momento e, se anche lo avesse fatto, avrebbe probabilmente creduto che fosse tutta una messinscena per riconquistarsi il suo affetto oppure, nel peggiore dei casi, sarebbe andata su tutte le furie ed avrebbe affrontato Shang Chiang faccia a faccia, troppo arrabbiata per giudicare con calma il pericolo e troppo furiosa per affrontarlo senza correre rischi, succube del suo temperamento focoso.
No, per il suo bene Tigre non doveva sapere niente, non ancora almeno, non fino a quando i piani del generale non fossero stati chiari ai suoi occhi.
Si sentiva un verme a tacere una cosa del genere alla sua pupilla, ma . . .
 
“Qual’era il suo nome, generale Shang Chiang?”
 
Shifu spalancò gli occhi sentendo la voce della figlioccia e si voltò verso di lei, con il cuore che batteva a mille.
 
Tigre era in piedi, appoggiata al tronco di un sempreverde, e aveva tra le zampe il piccolo medaglione dorato che le era stato consegnato dal padre naturale. Il suo sguardo era posato su Shang Chiang, ma era indecifrabile, impossibile da leggere o da comprendere, tanto da sembrare un muro di fuoco, costruito per proteggere la sua anima dal resto del mondo.
Il vecchio generale la guardava a sua volta e a sua volta il suo sguardo era indecifrabile, ma il panda minore notò che il suo corpo era teso dalla sorpresa e la sua coda era immobile.
 
Shifu non sapeva cosa pensare. Come mai Tigre se n’era uscita con una domanda del genere proprio in quel momento? Perché proprio a poche ore di distanza dalla minaccia al vento del suo padre naturale? Possibile che sospettasse qualcosa?
 
Calò il silenzio più totale. Tutti osservavano la scena, stupiti.
Shang Chiang non diede segno di voler rispondere, così la ragazza ripeté la domanda “Qual’era il suo nome?”.
Il generale sbruffò “Non sono cose che ti riguardano, bambina.”.
Una piccola scintilla brillò nello sguardo della felina “ Era mia madre, o almeno così sostenete voi” ribatté freddamente “Mi riguarda eccome. Qual’era il suo nome?”
“Non è una cosa importante.”
“Come può non essere importante?”c’era incredulità nella sua voce, incredulità e disprezzo “Era vostra moglie!”
“Era.”
“Era? La sua morte la cancella per sempre dalla vostra vite e dalla vostra memoria?”
“No, non la sua morte” rispose egli, bruscamente “ma non voglio parlarne. Ed evita di nominarla. Solo il suo ricordo mi disgusta.”
Tigre strinse i denti e trattenne a stento un ringhio “Come potete parlare così? Chi credete di essere, l’Imperatore?”
“Sono il capoclan delle Tigre dell’Est e tuo padre, posso parlare come mi pare e piace!” ruggì Shang Chaing, perdendo il controllo “Tu, piuttosto, impara a comportarsi come si conviene! Pensi di poter comportarti come un uomo solo perché hai avuto un’educazione maschile e hai appreso qualche mossa di kung fu? Tu sei una donna, non dimenticarlo mai.”
“E questo cosa vorrebbe dire?” anche la ragazza stava iniziando ad arrabbiarsi.
“Una donna deve ubbidire e servire il proprio uomo senza mai lamentarsi, accontentare ogni suo desiderio e rispettarlo in quanto superiore a lei, non deve avere proprie opinioni e pensare. Il posto di una donna è ai piedi di un uomo e nel suo letto. Non fare quella faccia, piccola Tigre. È la pura e semplice verità. E se non sei in grado di accettarlo peggio per te. Sarà la vita ad insegnartelo, e nel modo più duro e crudele.”
Questo fu troppo per lei.
Il medaglione cadde a terra, dimenticato, e Tigre fece per lanciarsi contro l’imprudente generale, troppo furiosa per quella parole crudeli ed arroganti e troppo arrabbiata per quegli insulti così malvagi e maschilisti, ben decisa a dargli un bella lezione.
 
Peccato che quella lezione Shang Chiang non l’ebbe mai.
 
Qualcosa fermò il braccio destro della guerriera, bloccando il suo assalto sul nascere.
La felina si voltò di scatto con un ringhio che scomparve nel momento stesso in cui vide chi l’aveva trattenuta.
 
Era stato Po a fermarla.
 
La felina cercò di liberarsi dalla sua presa, forte e decisa, eppure dolce e delicata, ma lui non la lasciò andare.
Tigre ringhiò a bassa voce “Lasciami”, ma il panda scosse la testa e sussurrò “No”.
Lo sguardo di lui incontrò quello di lei e la giada cullò il fuoco, calmandone – almeno in parte- l’ira.
La guerriera si voltò verso Shang Chiang, che osservava la scena estrefatto, come tutti del resto, e lo guardò con aria furiosa, sfidandolo con lo sguardo “Siete nel torto, Shang Chiang. Il posto della donna è accanto all’uomo, come sua pari, non ai suoi piedi come una bestia. È la pura e semplice verità. E se non siete in grado di accettarlo peggio per voi. Sarò io ad insegnarvelo.” disse con voce fredda e severa.
Poi si voltò verso il maestro Shifu e cambiò improvvisamente argomento “Io e Po dobbiamo continuare l’allenamento, siamo molto indietro. Possiamo andare?”
Il panda minore era così sorpreso che poté solo annuire lievemente e osservare la sua pupilla allontanarsi verso la foresta con Po che la seguiva.
 
Mai prima d’ora aveva visto la figlia adottiva riuscire a contenere la propria ira in quel modo.
Neanche anni di allenamento sull’autocontrollo e sulla meditazione erano mai riusciti a dominare la sua indole focosa.
Eppure, pochi secondi prima, era bastato un semplice sguardo del Guerriero Dragone . . .
 
Adesso si che Shifu iniziava a preoccuparsi.


“Perché non avete risposto alla sua domanda, Shang Chaing?” domandò Shifu con astio, voltandosi verso la vecchia tigre appena i due guerrieri scomparvero nel verde della foresta “Vi ha chiesto solo il nome di sua madre! Perché avete reagito in quel modo? Tigre ha tutto il diritto di domandarvi informazioni su di lei!”
L’uomo non lo guardò nemmeno “Come ho detto a Tigre, io posso fare ciò che mi pare e piace.” rispose alzandosi da terra e voltandosi “Ah, un consiglio, Shifu: non intromettetevi in faccende che non vi riguardano. Vi farete solo del male. E farete del male anche a lei. Anzi, soprattutto a lei.”.
E, così dicendo, Shang Chiang si allontanò, ricercando un po’ di tranquillità nella solitudine.
Il panda minore si sentì raggelare. Il suo sguardo cadde sul medaglione della sua pupilla, abbandonato tra i colori tenui dell’erba. Si alzò e, sotto lo sguardo confuso e stordito dei suoi allievi, prese tra le zampe il piccolo gioiello e lo aprì, osservando il ritratto in esso custodito e nei tratti di Yonggang vide riflettersi gli stessi identici tratti di Tigre.
Shifu sapeva che le parole di Shang Chiang non erano un consiglio, ma un avvertimento.
Shang Chiang sapeva che lui aveva conosciuto Yonggang, sapeva che lui era a conoscenza dei suoi delitti passati, sapeva che lui non avrebbe mai lasciato Tigre alla sua mercè.
Lo aveva messo in guardia, Shang Chiang.
Ma lui non si sarebbe fatto intimidire.
No.
Non ne aveva alcuna intenzione.
Lui avrebbe protetto Tigre ad ogni costo, qualunque cosa sarebbe successa.
Un padre non dovrebbe fare questo, per la propria figlia?  
 
“Adesso mi odierai, scommetto.” disse Po alla sua compagna quando furono abbastanza lontani dall’accampamento “E scommetto anche che mi stai portando lontano dal gruppo per vendicarti e sfogare la tua ira su di me.”
Tigre si voltò verso di lui “Dovrei. Shang Chiang si meritava una lezione ed invece è rimasto impunito.” Nel suo sguardo però non c’era rabbia o odio, solo irritazione e fastidio.
“Non penso che quello fosse il momento adatto per la tua ‘lezione’, maestrina. Più avanti potrai fargli pagare un mucchio di cose, ma non adesso. Vuoi o non vuoi sapere la verità? Se lo amazzi di botte prima del tempo non penso che potrà mai dirtela. Non so te, ma non ho mai visto un morto parlare. Certo, potrebbe sempre accadere un miracolo . . .” ironizzò il panda.
“Cretino.” non era un vero insulto, non in quel momento almeno “Non sai prendere neanche una cosa sul serio, eh?”
“Si che la so prendere. Solo che tu non te ne accorgi.” rispose lui “Quindi, è questo il tuo piano per scoprire la verità? Fargli domande a sorpresa a cui non vuole rispondere? Molto ingegnoso, davvero.”
“Sei arrabbiato.” nella voce di Tigre c’era pura sorpresa
“Sono molto arrabbiato. Perché hai fatto di testa tua senza dirmi niente? Perché non ne hai parlato prima con me? Pensi di essere la sola preoccupata, qui? Pensi di essere la sola coinvolta in questa storia? Pensi di essere la sola a dover affrontare tutto questo? Eppure ne abbiamo già discusso ieri sera. Non sei l’unica, Tigre, te l’ho già detto. Ci sono anche io. Lo so che per te è come se non esistessi, ma non è così. Io sono qui per te, ok? Non ignorarmi più. Non lasciarmi più in panchina ad aspettare il mio turno per giocare. Non farmi sentire più il terzo incomodo. Non fare più di testa tua. Io voglio aiutarti. Ma come posso farlo se tu mi lasci da parte? Questa mattina non mi hai neanche guardato in faccia. Ti rendi conto di come mi hai fatto sentire? Ti rendi conto di quanto mi hai fatto soffrire e preoccupare, Tigre?”
 
Ecco, l’aveva detto. Aveva mischiato un po’ la preoccupazione per la faccenda di Shang Chiang e la preoccupazione per il silenzio di Tigre, ma alla fine ciò che doveva dire l’aveva detto.
Adesso lei lo avrebbe di sicuro ucciso, ma non gli importava.
 
La ragazza lo guardava, sorpresa, con i suoi grandi occhi color delle fiamme “Non ti ho ignorato di proposito, oggi. Non ti sei reso conto che non ho parlato neanche con gli altri e ho risposto appena alle domande del maestro Shifu? Ero preoccupata e stavo pensando a come comportarmi con Shang Chiang, tutto qua. Inoltre stavo pensando a un sogno ricorrente che ieri si è fatto ancora più forte e vivo, quasi avesse avvertito ciò che era successo nella mattinata. Non volevo farti preoccupare, Po. Non era mia intenzione. Ero semplicemente troppo presa dai mie pensieri e poi temevo che, se avessi risposto alle tue domande su come fare per ‘la faccenda della sera prima’, come l’avevi chiamata tu stamattina, Shang Chiang avesse potuto sentire qualcosa e capire. Perdonami.”
 
Il Guerriero Dragone sussultò. Era la seconda volta in tre giorni che Tigre gli chiedeva perdono.
 
Lo sguardo di Tigre era veramente dispiaciuto e Po non poté trattenersi dal rassicurarla, alla faccia della rabbia di poco prima “Tranquilla, non fa niente. Ero solo un po’ preoccupato, tutto qui. Pensavo che non volessi più avere a che fare con me, dopo quello che è successo ieri sera . . .” e, così dicendo, quasi timoroso, le sfiorò una zampa, non sapendo neanche lui perché.
In passato la giovane maestra si sarebbe sottratta a quel tocco, ma non lo fece, non in quel momento, non con lui.
“Perché mai? In fondo era solo un bacio così . . . un bacio tra amici . . .” mormorò la ragazza imbarazzatissima, sentendo il proprio respiro accelerare senza motivo e il proprio corpo tremare senza ragione.
Anche Po lo sentì e pensando che fosse per il freddo, le prese la zampa e la strinse delicatamente nella sua, come per riscaldarla. Era la prima volta che si azzardava a fare una cosa simile.
“Certo, hai ragione . . .un bacio tra amici . . .” annuì il panda, benché sentisse che non era vero, che non era stato un semplice bacio tra ‘amici’ “Come sono sciocco. Cos’altro sarebbe potuto essere, altrimenti? Noi due siamo solo due amici, due semplici amici . . .”
“Esatto.” concordò Tigre, anche se le sembrava quasi di dire una bugia “Due semplici amici, niente di più.” Perché mai continuava a tremare?
“Stai tremando.” le disse il Guerriero Dragone, dolcemente, sfiorandole la guancia con la zampa libera.
“Sarà il freddo . . .” cercò di trovare una scusa lei, sentendo il proprio viso avvampare a quel tocco.
“Vuoi che ti riscaldi io?” le domandò gentilmente il compagno, prendendole anche l’altra zampa e stringendogliela delicatamente “La mia pelliccia mi protegge bene dal freddo ed è più calda, molto più calda della tua.”
“No no, sto bene.” si affrettò a rispondere la fanciulla.
“Sicura? Non mi sembra.”
“Si . . . io sto bene . . . ” si lasciò scappare lei “ io sto sempre bene quando ci sei tu con me . . .”
Lo sguardo dei due maestri si incontrarono e si persero l’uno nell’altro, prigionieri di un incantesimo fragile quanto bello.
Pian piano Po si avvicinò alla felina . . . sempre di più, sempre un po’ di più . . . i loro visi erano così vicini . . . bastava così poco, bastava veramente così poco . . .
 
 
“Ragaaaazzi! Dovete tornare, stiamo ripartendo!” urlò improvvisamente una voce, probabilmente quella di Scimmia, rompendo l’incanto.
 
I due guerrieri si staccarono immediatamente l’uno dall’altra, tutte e due rossi in viso e tutte e due enormemente imbarazzati, distogliendo lo sguardo con fare colpevole.
Rimasero così per circa qualche minuto, poi Tigre sospirò e iniziò a camminare “Andiamo o ci lasciano qui.” disse cercando di riprendere il proprio autocontrollo e di far apparire insignificante ciò che si erano detti poco prima.
Po la seguì, ma il suo cervello stava ancora pensando a ciò che sarebbe potuto accadere se la voce di Scimmia non li avesse interrotti.
“Devo stare più attento” si rimproverò mentalmente “Devo stare molto ma molto più attento.”
 


 
“Come sarebbe a dire che non c’è?!” esclamò arrabbiatissima una voce maschile, profonda e affascinante.
“Se non c’è non c’è, ragazzino! Smettila di assillarmi!” sbruffò il maestro Bue Infuriato, in piedi di fronte al portone del Palazzo di Giada “È partita con i suoi compagni e con il maestro Shifu per un viaggio, ti basta? Torna tra tre mesi e la troverai qui ad allenarsi, va bene? Ciao, arrivederci e grazie.” Fece per rientrare e chiudere il portone, ma una zampa dello sconosciuto lo bloccò .
Bue infuriato la osservò, sorpreso. Era l’unica parte del corpo di quello strano ragazza che poteva vedere, poiché indossava un mantello da viaggio scuro che lo copriva completamente.
La zampa era grande e coperta da una splendente pelliccia di leopardo dorata e gli artigli che brillavano al sole sembravano forti e ben affilati.
“Non posso aspettare tre mesi” disse lo sconosciuto, con voce dura “Dove è andata?”.
“Non sono affari che ti riguardano. Se si tratta di un problema urgente puoi parlarne direttamente con me e Croc, altrimenti aspetta il suo ritorno.”
“Ho detto” il ragazzo conficcò gli artigli nella pelle del maestro di kung fu “dove è andata?”
Bue Infuriato si liberò dalla presa e assestò un bel pugno nello stomaco allo sconosciuto, ripagandolo del dolore “Ma chi ti credi di essere, bambino? L’Imperatore?”
“Non sai quanto ci sei andato vicino, vecchio rincitrullito.” pensò il ragazzo, mentre si massaggiava il punto in cui l’uomo l’aveva colpito. Non si aspettava una risposta del genere, ma in fondo aveva davanti un maestro di kung fu, avrebbe dovuto saperlo che sono tutti molto permalosi.
“Azzardati a parlarmi un'altra volta in quel modo o a tirare di nuovo fuori gli artigli e rimpiangerai di essere nato! Mi hai capito? Adesso fuori dai piedi!” disse il guerriero entrando e chiudendo il portone.
“Aspettate!” esclamò il giovane sconosciuto, mettendo da parte l’ostilità che provava per lui per un momento “Ditemi almeno se anche il Guerriero Dragone è con lei o meno!”
Bue Infuriato aprì di poco il portone e guardò il ragazzo con sospetto “Perché ti interessa?”.
“È una cosa importante.”
“Beh, certo che si. Po la seguirebbe in capo al mondo.”
“Come?” il giovane non credeva alle proprie orecchie “State scherzando? ”
“Per niente. Sono molto legati, quasi come se fossero fratelli. Darebbero la vita l’uno per l’altra, me ne sono reso conto sin dalla prima volta che li ho visti insieme. Se non conoscessi bene la ragazza, direi quasi che presto la Cina avrà una giovane nuova coppia di cui vantarsi. Ora fuori dai piedi, ho fretta.” E così dicendo il maestro Bue Infuriato chiuse il portone, lasciando il ragazzo fuori.
 
Il giovane senza nome né volto ringhiò “Maledizione” pensò “ è peggio di quanto pensassi. Devo raggiungerla, e presto. Ma dove saranno mai andati? Di certo non a Ovest, o li avrei incontrati per strada. Non a Nord, mio padre non li ha chiamati. E come potrebbe, nelle sue condizioni? E non possono essere tornati a Sud, perché hanno affondato lì Shen neanche un mese fa. L’unica direzione possibile è l’Est. Devo sperare di trovare una traccia da seguire, magari il profumo di lei. Anche se sono passati anni sono sicuro che è assolutamente inconfondibile.”
 
Il ragazzo si mise a correre a quattro zampe verso Est, con un solo pensiero nella testa “Sto arrivando, Tigre. E quando ti troverò, tu sarai mia! E per sempre, questa volta.”







La tana dell'autrice

Eccomi tornata! Con un po' di ritardo, lo ammetto, ma sono tornata!

Allora, il prossimo sarà l'ultima parte del capitolone 'Fantasmi del passato'. In questo, comunque, ho preparato, anche senza ispirazione, alcune sorpresine: la preoccupazione di shifu, la rabbia di tigre, il comportamente e i pensieri maschilisti di Shang Chiang, la preoccupazione di Po e il  quasi bacio dei nostri due protagonisti! Eh eh, questa volta manca poco, ma veramente molto ma molto poco . . . sono stata cattiva, non è vero? me l'ha suggerita Scimmia questa interruzione e io l'ho trovata fantastica! Non pensate anche voi? (Scimmia: Prepariamoci al lancio del pomodori, T.r.  Io: Hai portato lo scudo, vero?)
Ah, il ragazzo sconosciuto dell'ultima parte è un vero e proprio fantasma del passato, a dire il vero un fantasma del passato di Tigre, e creerà davvero tanti ma tanti problemi . . .

Volevo avvisarvi che non potrò più aggiornare tanto spesso perchè lunedi ricomincio la scuola e quindi sarò molto impegnata . . . inoltre devo mandare avanti una fic a capitoli su Eragon, quindi dovrete avere un po' di pazienza con me . . .


T.r.

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Capitolo 19
*** Fantasmi del passato parte quattro ***



Fantasmi del passato parte quattro
 
 

 
Shang Chiang camminava silenziosamente nella foresta, cercando nella solitudine tranquillità e conforto, ma non trovandone.
La sua mente era troppo presa da gli eventi avvenuti poco prima per poter pensare ad altro che non fosse le parole infuocate di Tigre oppure il suo sguardo pieno di ira e di sdegno.
 
Ma, soprattutto, egli non poteva smettere di pensare al modo in cui quel panda, Po, l’aveva bloccata e allo sguardo che si erano scambiati e che aveva calmato, almeno in parte, la rabbia della guerriera.
 
Era bastati quel semplice tocco e quel breve sguardo a domare l’incendio che aveva avvolto il cuore della fanciulla e la sua anima, e ciò preoccupava il vecchio uomo. Lo preoccupava molto.
 
In quel breve e penoso periodo che aveva passato con i guerrieri del Palazzo di Giada più volte aveva sentito indiscrezioni sul legame che univa sua figlia e quel sciocco bambinone che giocava a fare il guerriero, e spesso e volentieri aveva notato più volte lui stesso alcuni gesti e alcune frasi scambiate dai due, frasi e gesti fatti di intimità,dolcezza, confidenza e ironia tali che non potevano essere scambiati da due semplici compagni di allenamenti.
Più volte aveva visto il ragazzo osservarla con aria dolce e premurosa oppure con un buffo sguardo imbambolato, più volte aveva notato le sue premure e le sue occhiate gelose durante le chiacchierate di lei con gli altri ragazzi del gruppo, più volte si era accorto della luce che gli brillava negli occhi quando le parlava e provava a farla sorridere.
E più volte si era reso conto, molto a malincuore, che la giovane donna rispondeva ai suoi sguardi e alle sue attenzioni in un modo dolce e luminoso, innaturale per una felina del suo rango e della sua posizione.
 
E ora, dopo ciò che era successo, si rendeva conto di quanto i suoi sospetti ed i suoi timori fossero fondati.
 
“Possibile che proprio a me dovesse capitare una cosa del genere?” esclamò con stizza e rabbia, passandosi una zampa sugli occhi, sentendosi addosso il peso di tutti i suoi anni, ormai numerosi “Perché proprio mia figlia doveva innamorarsi di un grosso, lardoso e schifoso panda? Perché vuole rendere tutto così difficile? Perché, dannazione?”
 
Perché l’amore, quel maledetto, sporco amore che gli aveva sempre dato così tanti problemi con Yonggang, aveva deciso di giocargli anche questa volta uno dei suoi tiri mancini? Ne aveva già avuto abbastanza con la madre, perché doveva averne altri anche con la figlia?
 
Frammenti di giorni passati si intromisero nella sua mente, forti come se fossero avvenuti appena un attimo prima . . .
 
 
Una giovane tigre di appena diciannove anni era per terra e piangeva.
“Non mandatemi via, ve ne prego” mormorò con voce angelica e rotta dal pianto “Non ho posto dove andare. Vi prego, tenetemi qui! Vi prego!”.
L’anziano capoclan la guardava, insensibile. Non aveva mai provato pietà per nessuno, nella sua vita; non avrebbe certo iniziato adesso, con una donna del genere. Shang Chiang lo sapeva benissimo. Peccato, era davvero bella. Non gli sarebbe dispiaciuto passare una notte con lei.
“Non c’è spazio per te, in questa casa” rispose difatti il capoclan “Predi le tue cose e vattene, ora.”.
“Vi supplico!” gemette ancora la fanciulla, senza essere più neanche guardata in faccia .
“Padre, la prenderò io con me.” disse una voce.
Tutti si voltarono verso la sua proprietaria e Shang Chiang trattenne il fiato.
Una giovane tigre era apparsa all’entrata.
Indossava un elegante vestito rosso, semplice, adornato da ricami di fiori di loto, i suoi gigli dorati era piccoli e di una forma deliziosa, appena visibili sotto la gonna, mentre il suo portamenti era raffinato e fiero.
Si fece avanti, camminando con lentezza ma sicurezza; non poteva avere più di diciotto anni, eppure il suo era un corpo dotato di tutta la bellezza delle donne più adulte.
Splendida e luminosa, la sua sola presenza riempiva la stanza, mettendola al centro dell’attenzione.
Il suo viso, giovane e delicati, era impreziosito da due profondi occhi color del fuoco, bellissimi e splendenti, sembravano brillare di luce propria e lasciarono il generale a bocca aperta.
“Tu, Yonggang?” domandò il vecchio capoclan, che si era voltato sentendo la voce della figlia, la sua unica e preziosa figlia, la sola discendente della famiglia Hua “Come può una pulzella del tuo rango anche solo pensare di accettare nella sua dimora una donna del genere? Tu sai cosa fa questa ragazza di strada per guadagnarsi da vivere?”.
“Certo che lo so, padre.” rispose Yonggang, avvicinandosi alla tigre al centro della stanza “Ma proprio per questo motivo, perché non prenderla in casa nostra come domestica e salvarla da un lavoro così impuro e disonorevole? Sono certa che i suoi antenati e tutti i presenti non potrebbero che lodare la vostra magnanimità e la vostra bontà di cuore nell’accettarla nella propria dimora per insegnarle un lavoro onesto. Salvare una vita potrà solo farvi del bene in questa e nella futura vita. E poi” continuò” la buona Yen, la mia vecchia cameriera, ha lasciato questa terra da poco e ancora nessuna ha preso il suo posto. Perché non darlo a lei? Mi occuperò io di portarla sulla retta via, padre. Voi dovete solo fidarvi di me.”.
L’uomo rimase in silenzio, poi annuì “D’accordo, figlia mia. Era ora che iniziassi a comportarti in modo degno alla famiglia alla quale appartieni. Prendila pure, ma, qualunque cosa ella farà, sarai tu a pagarne le conseguenze. Sono stato chiaro?”
“Molto, padre.” disse la fanciulla.
“Portala via, ora. La puzza che emana il suo corpo mi fa vomitare.” Fece egli, storcendo il naso e allontanando lo sguardo dalle due tigri.
Yonggang strinse le labbra e non disse niente, anche se si vedeva lontano un miglio che era infastidita da tali parole. Poi si abbassò e aiutò con molta delicatezza e gentilezza la fanciulla ad alzarsi, mormorandole sottovoce “Vieni con me.”.
La giovane la guardò con occhi pieni di lacrime e, riconoscente, mormorò un tremolo “Grazie.”.
Ella sorrise, un sorriso ricco di amore e dolcezza che penetrò nel cuore di Shang Chiang.
E, in quel preciso momento, egli decise che ella doveva essere sua.
 
 
Shang Chiang aprì la porta della sua stanza nuziale con una zampa, mentre con l’altra teneva stretto un braccio di Yonggang così forte da farglielo sanguinare. Entrò e, mentre la porta si chiudeva silenziosamente dietro di lui, buttò con forza sua moglie per terra, con il fuoco negli occhi.
Ella provò a rialzarsi, ma lui le tirò un pugno così forte da farla cadere di nuovo e con più violenza.
“Come osi?” urlò l’uomo. Ogni singola sillaba era un puro scoppio d’ira “Come osi disonorarmi in questo modo? Tu, mia moglie! Volevi scappare, eh? Andartene lontano e non rivedermi mai più, non è così? Magari con il tuo amante, non è vero, puttana? Eh?” ad ogni parola corrispondevano dei calci, tantissimi e dolorosissimi calci, tirati alla faccia, alle braccia, a tutto il corpo di lei, tranne alla pancia che lei cercava di proteggere raggomitolandosi su sé stessa.
“Non sei nient’altro che una puttana, ecco cosa sei! Una puttana!” urlava ancora Shang Chiang, tempestandola di calci e pugni “Solo una donna schifosa come te poteva pensare di scappare di casa senza alcun motivo, indossando anche  abiti maschili! Maledetto il giorno in cui ho posato i miei occhi su di te!”.
La poveretta cercava di sottrarsi alla sua violenza, ma era impossibile. Così rispose a parole.
“Si, maledetto il giorno in cui ti sei accorto della mia esistenza” disse con voce bassa, ma udibile ” perché è quel momento ha segnato la mia fine.”
Ciò fece solo aumentare la furia e il numero di percosse che la ragazza dovette subire, ma lei non si pentì delle sue parole, perché sapeva che era la verità e che non poteva più essere taciuta.
Solo quando egli ebbe sfogato tutta la sua rabbia ella riuscì ad alzarsi, a fatica, sempre proteggendosi con le braccia la pancia.
Lui la guardò in cagnesco e disse, in tono velenoso “Perché? Perché hai voluto coprirmi di vergogna di fronte a tutta la città?”.
Yonggang lo guardò negli occhi, sicura che ciò che avrebbe detto le avrebbe causato molte altre percosse.
“Per amore.” rispose semplicemente. E, così dicendo, circondò ancora di più la sua pancia con le braccia, quasi come se volesse proteggere la creatura che cresceva all’interno.
Ma ciò non protesse lei dallo schiaffo che arrivò dopo e da tutte le altre percosse che seguirono.
 
“Dammela, Yonggang.” sibilò Shang Chiang, fissando con occhi di fuoco la giovane donna.
“Per permetterti di cancellarla come se non fosse mai esistita?” rispose la fanciulla, con forza. Nei suoi occhi brillava quella luce che aveva cercato di cancellare con tutte le sue forze, e brillava come se i suoi occhi fossero formati da puro fuoco. “Mai. Non ti permetterò di farle del male come hai fatto a me, Shang Chiang. Non a lei. Lei vivrà, che ti piaccia o no.”
L’uomo fece uscire gli artigli “Dammela, o morirai anche tu.”.
Yonggang aprì le braccia “Uccidimi, allora. Ma non prenderai mai la sua, di vita.”.
Allora egli capì quale fuoco brillava nei suoi occhi. Era il fuoco più potente di tutti, il fuoco che non sarebbe mai riuscito a spegnere.
Era il fuoco dell’amore.
 
 
“Generale Shang Chiang?” una voce improvvisa lo fece sobbalzare e voltare.
Dietro di lui c’era Gru, che lo guardava con sorpresa per la sua reazione.
“Il maestro Shifu mi ha mandato a chiamarvi. Stiamo ripartendo.” disse il volatile, cercando di non dare a vedere la sua sorpresa per l’agitazione del generale.
Egli respirò a fondo prima di rispondere “Arrivo.”.
Gru continuò a guardarlo ancora per un attimo, perplesso, e poi si voltò per tornare al campo.
Shang Chiang si passò nuovamente una zampa sugli occhi.
Se Tigre somigliava anche solo lontanamente a sua madre, la sua infatuazione – perché solo di infatuazione poteva trattarsi, anzi, doveva trattarsi - gli avrebbe causato molti ma molti guai.
E, purtroppo per lui, Tigre era la copia sputata di sua madre.
 
 
“Era ora che arrivaste, ragazzi! Ci avete messo un sacco!” esclamò Scimmia quando Tigre e Po tornarono dell’accampamento.
“Abbiamo dovuto riprenderci dalle tue grida” rispose la guerriera, gelida “ Ci hai assordati con i tuoi toni soavi. Venirci semplicemente a cercare no, eh?”
“No, io sono troppo importante per cercare due comuni mortali come voi.” ribatté egli, sorridendo “Vedo che sei tornata di buon umore. Non ucciderai noi al posto di quel micio a righe troppo cresciuto, vero?”.
“Se non mi istigate, no.” La ragazza si guardò attorno“A proposito, dove è finito il micio troppo cresciuto?”.
“È in giro. Gru è andato a recuperarlo.” spiegò Mantide, seduto sulla zampa di Scimmia “Ah, prima ti è cascato qualcosa. Un amuleto, mi sembra.”
Tigre lo guardò, confusa, fino a quando si ricordò.
“Il medaglione!” esclamò, e andò a vedere sul punto in cui l’aveva lasciato cadere, sotto l’albero, ma non c’era niente. Assolutamente niente.
All’improvviso, però, sentì una piccola zampa sfiorale il braccio. Ella si voltò e vide, inginocchiato accanto a lei, il maestro Shifu. Nella zampa destra aveva il suo medaglione.
“L’ho raccolto io.” mormorò questi a bassa voce, quasi esitante, allungando la zampa.
Tigre lo guardò negli occhi, sorpresa e quasi sospettosa, e ci lesse dolore, tristezza e pentimento. Veri dolore, tristezza e pentimento.
Allora, lentamente, prese il medaglione, senza staccare gli occhi dal proprio padre adottivo. Sembrava invecchiato di decenni.
Ad un certo punto un’idea le balenò nella mente.
“Voi la conoscevate?” domandò, anch’ella a bassa voce ” Mia madre, intendo. Mi avevate raccontato, una volta, di essere stato intimo amico del penultimo capoclan delle Tigri dell’Est . . .”
Un rumore la bloccò. Erano passi che si avvicinavano.
Shifu guardò velocemente dietro di sé e rispose a voce bassissima “Non ora e non qui, Tigre. Ti dirò quello che so la sera stessa in cui giungeremo a casa del padre di Vipera, al sicuro da orecchie indiscrete.” Poi si alzò da terra e, guardandola negli occhi per l’ultima volta, si voltò e andò a prendere il suo bastone, mentre Gru e, subito dopo, Shang Chiang rientravano nell’accampamento.
 
 
Molte ore erano passate e ormai il sole stava calando.
Il piccolo gruppo era ancora in marcia, ma procedeva molto lentamente.
 
Per tutto il pomeriggio il gruppo era stato abbastanza silenzioso e ogni tentativo di conversazione da parte di Scimmia o di Mantide era caduto nel vuoto, visto che tutti erano presi dai loro pensieri, soprattutto Tigre.
 
Ella, infatti, stava ancora pensando alle parole di Shifu, confusa.
 
Non poteva credere che egli sapesse qualcosa sul suo passato e glielo avesse tenuto nascosto.
Non le voleva bene come le avrebbe voluto, è vero, non l’aveva mai considerata come una figlia, il loro rapporto era sempre stato incasinato, però come aveva potuto celarle una cosa del genere? Sapeva quanto avesse sempre sofferto per il suo passato e per il suo abbandono all’orfanotrofio, sapeva che ancora si chiedeva il perché era stata lasciata di fronte a quelle porte, sapeva che la sua anima era spezzata nel profondo a causa delle sue origini fino ad allora sconosciuta. Perché non le aveva detto niente?
 
No, questo non poteva proprio sopportarlo. Non poteva!
 
Gli aveva perdonato per anni la sua mancanza di affetto, la sua freddezza, la sua insofferenza, fino a quando non era scoppiata, pochi giorni fa, ma questo era davvero troppo!
Lei si fidava di lui, anche se lui non la considerava altro che una semplice allieva! Perché le aveva nascosto ciò che sapeva? Perché?
 
E perché dirglielo ora?
 
Forse si sentiva in colpa? Forse voleva rimediare a quello che era accaduto prima di partire per l’Est? Forse . . . forse in realtà ci teneva realmente, a lei?
 
“Non cascarci, Tigre” si sgridò mentalmente “Non cascarci un’altra volta. Per anni ti sei attaccata ad invisibili ed inesistenti prove di affetto, e poi hai visto come è finita! Non azzardarti a cascarci un’altra volta, altrimenti non riusciresti più ad alzarti, questa volta!”.
 
Però il suo sguardo così addolorato, così triste, così pentito . . . poteva essere davvero una messinscena?
 
“Non pensarci” si disse “Domani sera ascolterai cosa sa dirti su tua madre e poi si vedrà.”
Poi, colpita da un pensiero improvviso, posò con preoccupazione lo sguardo su Vipera, che strisciava silenziosamente al suo fianco “Sempre se Vipera ce la farà a rimanere da sola, in quella casa maledetta . . . ma proprio da quel deficiente di suo padre doveva decidere di fermarsi, il maestro Shifu? Sa bene quello che è avvenuto tra loro due . . . perché allora tornare lì?” si chiese “Dovrò starle vicino, domani. E anche stasera. Sarà preoccupatissima, poverina.”
E alzando lo sguardo, si disse ”Inoltre, concentrandomi su di lei, eviterò di pensare ai miei problemi e . . . e a quello che stava succedendo prima tra me e . . . e Po.”.
Il panda camminava proprio di fronte a lei e la sua vista la fece tornare con la mente alla loro litigata di poco prima, al tocco di lui sulla zampa e sulla guancia, al calore delle sue zampe, al suo viso che si avvicinava sempre più . . .
 
“Oh, ma cosa mi sta succedendo? Cosa? Non ci capisco più niente. Non ho mai provato una cosa simile, neanche con Shen Te.” pensò, chiudendo gli occhi per un attimo e riaprendoli velocemente per scacciare quelle immagini “Perché quando sono con lui mi sento bene come non mi sono mai sentita e che quando mi sorride, mi guarda, mi parla o mi tocca mi sento più felice che mai e vorrei che facesse di più, ancora di più? Perché? E poi, prima . . . io volevo che . . . volevo che . . . oh! Non so più cosa pensare!”
 
 
 
Finalmente il gruppo si era fermato per mangiare, allenarsi e dormire.
Po si mise a cucinare una semplice zuppa, visto che avevano percorso il doppio del percorso degli altri giorni ed erano quindi tutti affamatissimi, mentre Shifu era seduto sotto un albero a meditare, tanto per cambiare, e Shang Chiang si era allontanato nuovamente alla ricerca di un po’ di tranquillità.
I ragazzi si erano subito spaparanzati a terra e le guerriere, che ricordavano la presenza di un piccolo lago poco lontano da lì, decisero di recarcisi per lavarsi un po’, a differenza di alcuni maschi di loro conoscenza che non tenevano per niente alla propria igiene personale, forti del luogo comune che il sudore maschile fosse più seducente di un buon profumo.
 
Le due ragazze giunsero al lago e si sciacquarono subito le zampe, nel caso di Tigre, e il volto.
La felina avrebbe voluto farsi un bel bagno, ma l’idea di svestirsi quando i suoi compagni erano così vicini le era assolutamente inconcepibile, conoscendoli bene. Così si arrotolò i pantaloni fino al ginocchio e si sedette sulla riva, bagnandosi le gambe, mentre Vipera, che non aveva parti del corpo da nascondere, si rilassava beatamente nell’acqua tiepida.
Il silenzio durò per un bel po’, ma alla fine fu rotto proprio dalla serpentella “Mi piace molto questo posto. È custode di un ricordo davvero importante e speciale.”
Tigre annuì.
“Ti ricordi le facce sconvolte di Gru e Scimmia, quando li abbia salvati tutte da sole? Ah ah, è un ricordo davvero prezioso, da custodire con cura. Non li ho più visti con delle facce del genere.” continuò sempre lei, nuotando verso l’amica.
“Io li avevo già visti, quando li ho incontrati la prima volta. Medesimo salvataggio, medesima faccia scema.” rispose la tigre “Hai ragione, è un ricordo prezioso, ma io preferisco la tua amicizia presente al ricordo di come è nata.”
Il volto di Vipera si fece preoccupata “Ti senti bene, Tigre? Hai la febbre? Vedi doppio?” domandò “Tu non dici mai cose affettuose.”
Tigre le lanciò un’occhiataccia tra l’irritato e il divertito “Sto bene” disse, anche se sapeva che non era del tutto la verità “ma sono preoccupata per te. Domani sera raggiungeremo la casa di tuo padre.”
“Io sto bene, davvero. Certo, pensavo di non vederlo più, ma magari, dopo ben due anni, riusciremo a capirci e a perdonarci a vicenda.” cercò di fingere l’amica.
“Non sei brava a fingere, Vipera. Ti si legge negli occhi che sei preoccupata. Non mentirmi. Sono tua amica, puoi contare su di me, ora come allora.” insistette la guerriera.
“So che posso contare su di te, l’ho sempre saputo. Tu ci sei sempre per me, proprio come ci sei stata allora. Se non fosse stato per te a quest’ora io . . .” la ragazza rabbrividì.
“Non pensare a quello che potrebbe essere accaduto. Pensa a quello che hai adesso. Sei un guerriera fortissima e pericolosa, hai degli amici che tengono a te e che non ti lasceranno mai e, cosa che certo non guasta nel tuo caso, hai una certa dose di fascino che ti è molto utile con gli uomini. Devi esserne felice. Non farti assalire dai sensi di colpa o dal dispiacere, perché lui non se lo merita. Ti stava praticamente vendendo, Vipera! Ti stava vendendo a una famiglia più importante per mantenere il proprio prestigio! Quello non è amore paterno, Vipera, e non lo sarà mai. Non permettergli di mettere altro veleno nella tua anima e nella tua vita. Non permetterglielo mai più!” disse Tigre, con gli occhi che le brillavano.
Vipera si asciugò una lacrima e le sorrise “Non lo farò.”.
“Bene.” poi, visto che non sapeva cosa dire e iniziava a sentirsi in imbarazzo, si alzò e si risistemò i pantaloni, dicendo “Andiamo?”.
“Certo.” rispose l’amica, uscendo dall’acqua ed asciugandosi in un secondo.
Tigre si voltò ed iniziò ad incamminarsi, ma la ragazza la richiamò “Aspetta.”.
Ella si voltò, sorpresa.
“Grazie, Tigre.” disse Vipera, sorridendo ancora “Senza di te non saprei cosa fare.”
“Non dirlo neppure, Vipera.” rispose Tigre, sorridendo a sua volta “Te la caveresti benissimo anche senza di me. Anzi, ti troveresti meglio, senza me da controllare nei miei scatti d’ira e da istruire alla gentilezza e femminilità. Comunque non sperare di liberarti di me troppo presto, d’accordo? Io non ti mollo fino a quando non sarò una vecchia rincitrullita che si trascina solo grazie ad un bastone. Anzi, ti torturerò anche allora, stanne certa!”.
Le due scoppiarono a ridere.
Era quello il loro modo di dirsi “Ti voglio bene” e per loro quelle risate e quelle battute valevano più di mille parole dolci e di mille abbracci.
In fondo loro due non avevano mai avuto bisogno di tante parole.
E non ne avrebbero mai avuto bisogno.

 
 




 
La tana dell’autrice
 
 
Perepe – perepe- perepeperepeeeee!
 
Sono tornata, ragazzi!
 
Scusate questo incredibile, orrendo e inscusabile ritardo, ma sono stata scelta per partecipare ai 76esimi Hunger Games, sono scappata dall’arena con Katniss e Peeta e abbiamo dato inizio alla seconda rivoluzione, quindi ho avuto un po’ di difficoltà a scrivere durante le mie avventure! . . . non è fattibile come scusa, vero? okay, vi chiede perdono, ma ho avuto un periodaccio, tra scuola, parenti, blocco della scrittrice, compleanno, kung fu, giornale. . . non sono scuse, è tutto vero, questo!
 
Inoltre volevo scrivere un bel capitolo, visto che, beh . . . la mia fic ha raggiunto e superato le 100 recensioni!!!
E per questo devo ringraziare voi, perché è solo grazie a voi che ho raggiunto un risultato così importante e sorprendente! Davvero, grazie e tutti voi, che avete letto, recensito, apprezzato, incoraggiato o semplicemente non avete mandato a quel paese questa mia disastrata fic!!!!
 
E, quasi per ringraziamento, ho pensato di fare una specie di gioco – niente di preoccupante, tranquilli- : io ho l’abitudine, mentre scrivo, di mettere delle canzoni in tema alla radio, quasi per ispirarmi di più . . . alcune sono così azzeccate che sembra quasi che siano i miei personaggi a cantarle! Ecco, il gioco è questo: io, di volta in volta, vi darò dei titoli e voi dovrete indovinare chi potrebbe essere a cantare nel mondo di kung fu panda e anche perchè. e poi io vi darò le soluzioni ad ogni nuovo capitolo? Che ne dite, vi va?
 
Beh, io nel frattempo vi do’ qualche titolo – si, ho dei gusti orrendi, i know it -
 
- Numb, Linkin Park
 
- Come mai, Max Pezzali
 
- Beautiful monster, Ne-Yo
 
- Ti vada o no, cartone d’animazione Disney Ercoles – si, sono una bambinetta, ma cosa posso farci? È perfetta per la nostra protagonista! Ci ho anche fatto un video stile kung fu panda, anni fa, ma non l’ho mai messo su youtube-

- Le cose che non mi aspetto, Laura Pausini

- Tu non mi avrai così, cartone animato Spirit Cavallo selvaggio  - da cui ho rubato il titolo -


Molte di queste canzoni avranno più senso quando arriveranno nuovi capitoli più importanti ed interessanti - questo è per di più un capitolo di passaggio-, ma penso che capirete presto i vari significati . . .

Fatemi sapere cosa ne pensate e a presto - spero- - Tutti: Noi no! Io: Grazie ragazzi, il vostro sostegno mi rassicura . . .-

Un bacio

T.r.


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Capitolo 20
*** Di tutto, per lei ***



Di tutto, per lei

 
 
“Palla di lardo!”
“Scherzo della natura!”
“Cicciobomba!”
 “Abominio!”
 
Era lì, piccolo e solo, circondato da ragazzi crudeli dalle voci malvagie e cattive che non la smettevano di insultarlo ed umiliarlo, mentre gli tiravano calci e pungi.
Lui si raggomitolava su sé stesso, cercando di sottrarsi ai loro colpi e alle loro parole, ma era impossibile.
 
“Lasciatelo stare!”
 
Una vocetta sottile, giovane, femminile, interrompette la serie di colpi e fece voltare il gruppo di ragazzi verso la sua proprietaria.
 
Anche lui si voltò verso di lei, per dirle di andarsene, ma alla sua vista si fermò.
 
La voce apparteneva a una piccola tigre di forse sette anni.
 
Dritta e fiera, ma anche furiosa, stava lì, con la lunga coda a strisce che andava avanti e indietro, le zampine chiuse a pugno e due grandi occhi color del fuoco che brillavano al centro del suo viso infantile ma bellissimo.
 
I ragazzini scoppiarono a ridere, vedendo chi aveva avuto il coraggio di farsi avanti.
 
“Che ci fai qui, piccolina? Hai perso il ciuccio?” le fecero, cercando di trattenere le risate.
 
“Lasciatelo stare, ho detto.” insistette lei, non badando alle loro  parole“Vi sentite tanto forti a picchiare un bambino che non vi ha fatto niente? Prendetevela con me, se volete pane per i vostri denti.”
 
“Ma che dici, bimba? Vattene, va’, torna dalla mamma.”
 
“Cosa c’è? Avete paura di combattere contro una bambina, per caso?” rispose ancora, allargando le braccia “Non volete farvi la bua, è così?”
 
Tali parole fecero infuriare i suoi assalitori, che si lanciarono uno sguardo d’intesa.
 
Il bambino capì al volo le loro intenzioni e un attimo prima che si lanciassero contro di lei, le gridò con tutta la voce che aveva in corpo “Vattene!”.
 
La piccola lo guardò negli occhi e scosse la testa.
 
“Io non ti lascio.”
 
Subito dopo il gruppetto si lanciò verso di lei, pronto ad insegnarle il rispetto a forza di calci e pugni.
 
Ma così non fu, perché la bimba rispose ai loro attacchi con furia e potenza, spaventandoli  e colpendoli così tanto da farli fuggire.
 
Il ragazzino rimase a bocca aperta. Quella bimba era . . . era una guerriera? Possibile?
 
La tigre si voltò verso di lui e gli offrì una zampa per aiutarlo ad alzarsi.
 
Egli, dopo un po’ di esitazione, la prese e si alzò, guardandola sorpreso e stupito.
 
Avrebbe dovuto dirle grazie, ma dalla sua bocca uscì solo “Perché mi hai aiutato?”.
 
“Perché avrei dovuto lasciarti nei guai se potevo aiutarti?” ribatté lei.
 
I due rimasero così, guardandosi negli occhi ed esaminandosi a vicenda, quando una voce lontana urlò un nome, facendo sobbalzare la bimba.
 
La piccola si voltò, esclamando “Oh no, il maestro!” poi si girò di nuovo verso di lui e disse, con la faccia scura “Devo andare.”. Così, a malincuore, lasciò la presa della sua zampa e si allontanò, correndo.
 
“Aspetta!” le gridò il bambino.
 
Ella si fermò e si girò, guardandolo sorpresa.
 
“Ci rivedremo?” le chiese, ansioso.
 
Lei sorrise, regalandogli un sorriso dolce e luminoso, un sorriso che sembrava provenire da un altro mondo.
 
“Se il Fato lo vorrà.”
 
E, così dicendo, sparì alla vista del ragazzino, lasciandolo solo ed incantato.
 
 
Po si svegliò lentamente, avvolto dall’oscurità della notte.
Il suo cuore, prigioniero nelle spire dalla tristezza e malinconia più pure, sospirò con amarezza.
 
Erano passati anni da quando quello che aveva appena sognato era avvenuto, e non era passato giorno che lui non lo ricordasse, sia durante la veglia che nei suoi sogni.
Non aveva mai parlato a nessuno di quel incontro che gli aveva cambiato la vita. Era troppo importante e prezioso, per lui.
Ma a causa sua soffriva, anche, e molto. Perché era sicuro che quella bimba dai grandi occhi luminosi e dal sorriso dolce, ormai cresciuta, non si ricordava minimamente di quel momento.
Per questo non gliene aveva mai parlato ed aveva deciso di non parlargliene mai. Se lei aveva già dimenticato, a cosa serviva? Avrebbe solo rovinato il loro rapporto, già abbastanza incasinato.
 
Il panda si girò su un fianco, cercando di scacciare le immagini che aveva appena rivisto e i suoi pensieri angosciosi e di rimettersi a dormire, ma la vista che gli si presentò davanti non l’aiutò di certo.
 
A circa mezzo metro da lui, infatti, c’era Tigre, addormentata sul fianco sinistro.
 
Po sobbalzò quasi, non aspettandosi di trovarsela vicino, e fece per girarsi nuovamente, ma poi si trattenne, contemplandola a dispetto di tutti i suoi propositi di starle alla larga.
 
 
Per tutta la serata i due si erano infatti tenuti a debita distanza, la ragazza aveva rimandato l’allenamento privato e i loro sguardi non si erano incontrati mai neanche per una frazione di secondo.
 
Ed entrambi sapevano quale era la ragione di tale comportamento.
 
 
La sua mente tornò al pomeriggio precedente, attratta da quel momento come una falena dalla luce.
 
Le zampe di Tigre nelle sue, il tremore di lei, la sua guancia vellutata, il suo riflesso nei suoi occhi, il suo viso sempre più vicino, il profumo sempre più forte di rose selvatiche e fiori di loto . . .
 
Il panda chiuse gli occhi, cercando di scacchiare anche quelle immagini, ma gli era impossibile come lo era stato per tutta la giornata.
 
Se pensava che era stato quasi sul punto di . . . di . . . oh! Non riusciva ancora a crederci. Come poteva essersi lasciato andare così tanto? Eppure era stato all’erta, aveva tentato di non pensare a lei, di non guardarla quanto e come avrebbe voluto, di considerarla come una semplice amica, ma non era servito a nulla. Si era comunque lasciato ammaliare dal suo odore seducente, dalla sua voce profonda, dal fuoco celato nei suoi magnifici occhi color del fuoco. Si era lasciato prendere all’amo come un pesce lesso e adesso la sua stupidità rischiava di danneggiare anche la pescatrice.
 
Si, lui lo sapeva benissimo, quel sentimento che provava per lei non solo rischiava di rovinare il loro rapporto, ma poteva anche danneggiarla come guerriera e maestra. Nel kung fu non erano ammessi sentimenti e questo lo aveva accettato quando era diventato il Guerriero Dragone.
 
Eppure non era riuscito a spegnere quel fuoco che, pian piano, gli aveva avvolto l’anima e il cuore.
 
Aveva tentato in tutti i modi, ma aveva fallito miseramente. E si era avvicinato più che mai a lei, diventandone addirittura l’unico sostegno in quel delicato e pericoloso viaggio.
 
Non sapeva proprio starsene lontano dai guai, eh?
 
Po riaprì gli occhi, posando nuovamente lo sguardo su di lei e lasciandosi sfuggire un sospiro.
 
Si, dai guai forse riusciva anche a starci lontano, ma da lei certamente no.
 
Era impossibile, per lui, starle lontano.
 
Sarebbe stato come chiedere a una farfalla di smettere di volare o ad un incendio di smettere di bruciare.
 
 
Improvvisamente Tigre prese ad agitarsi nel sonno, distogliendo così il panda dai suoi tormentati pensieri.
La ragazza respirava a fatica e ogni tanto gemeva come se stesse assistendo a cose terribili, mentre gli occhi si muovevano velocissimi sotto le palpebre, quasi tentassero di fuggire dalle immagini a cui erano costretti ad assistere.
Po si alzò e stava per svegliarla e salvarla da quello strazio, quando una voce gentile lo fermò.
“Non puoi fare niente, Po. Quando i fantasmi del passato entrano nei suoi sogni, è impossibile riuscire a liberarla dalle loro grinfie.”.
Egli si voltò, sorpreso.
Vipera era lì, accanto a lui, a guardare l’amica con uno sguardo triste.
 
“Vipera! Non stavi . . . “
“Dormendo? No, è il mio turno di guardia. E poi non ci sarei riuscita neanche volendo. Ma vieni, sediamoci sotto quel albero a chiacchierare un po’, ti va? Fra poco, tanto, è il tuo, di turno.” rispose lei, dolcemente.
“E non svegliamo Tigre?”
“È impossibile svegliarla quando è in balia dei suoi orrendi incubi. Fidati, ci ho provato tante volte. Dai, vieni.”
Non ancora del tutto convinto, il ragazzo si alzò e seguì la sua compagna, continuando a guardare la felina che si agitava nel sonno.
I due si sedettero sotto l’albero e rimasero un po’ in silenzio, entrambi con gli occhi puntati su Tigre.
Poi, finalmente, quando i suoi gemiti diminuirono un po’, fu Po a parlare. “Fa spesso incubi, non è vero? La notte, quando non riesco a dormire, la sento agitarsi e gemere nella sua stanza, ma non ho mai il coraggio di alzarmi e vedere cosa ha.”.
Vipera annuì “Quasi ogni notte, fin da quando era piccola. E quando li fa è impossibile svegliarla e bisogna aspettare che essi terminino di torturarla.”.
“Cosa sogna?” chiese il panda.
“Di tutto. Ha avuto una brutta vita, i ricordi dolorosi non le mancano di certo.” rispose la ragazza chiudendo gli occhi “Ogni tanto me ne parlava, prima, ma adesso neanche se insisto. Preferisce tenere il dolore per sé. “
“È sempre stata così . . .?”
“Riservata? Si. Fa parte della sua natura, credo. Ma negli ultimi anni tale caratteristica si è molto accentuata. Non si fida più delle persone e si tiene a distanza anche da chi le vuole bene, come noi. è brutto, per tutti. Vorremmo aiutarla, ma non sappiamo più come fare. Le stiamo vicino, scherziamo, le parliamo, ma non ci sembra abbastanza. Niente ci sembra abbastanza.”
 
Il silenzio cadde ancora tra di loro, mentre tutta la loro attenzione era posata sulla guerriera addormentata.
 
“Perché non ci provi tu?” gli domandò le serpentella, mentre Po la guardava, confuso per quelle parole “A farla parlare dei suoi incubi, intendo.”
Questo scosse la testa, poco convinto “Non è una buona idea.” le rispose.
“Perché no? Secondo me si aprirebbe volentieri con te. Beh, forse non subito, ma penso che lo farebbe, alla fine. Siete molto . . . come dire? Simili. Si, molto simili.”.
“Simili noi? Ma che stai dicendo, Vipera? Hai bevuto, per caso? Non potremmo essere più diversi, io e lei. Insomma, lei è una tigre forte, coraggiosa, inflessibile, e io sono un panda imbranato, mollaccione e irrimediabilmente fuori di testa! Come ti è venuta in mente un’idea simile?”
Vipera sorrise, divertita “ Buffo, anche Tigre mi ha chiesto se mi ero ubriacata, quando ho sollevato l’argomento con lei. Comunque, è vero, caratterialmente siete molto diversi, ma non spiritualmente. Avete la stessa tendenza alla giustizia, lo stesso insuperabile amore per il kung fu, lo stesso sprezzo del pericolo quando c’è in ballo qualcosa di importante, la stessa sensibilità al dolore e alla sofferenza altrui, la stessa dolcezza, in te sempre manifestata, in lei nascosta accuratamente, ma eternamente presente. Inoltre anche la vostra storia è simile; siete infatti entrambi orfani però, tra mille difficoltà e momenti difficili, siete riusciti a trovare una famiglia e il vostro posto nel mondo.”
 
Po la guardava, sorpreso. Non aveva mai pensato a quanto fossero simili, lui e Tigre. Aveva sempre e solo visto le mille differenze, ma adesso vedeva anche le somiglianze. E avvertiva che, oltre a quelle che aveva colto la sua compagna, ce ne erano molte altre, nascoste nella nebbia della sua mente, ma pronte ad uscire fuori da un momento all’altro.
 
“E poi, è facile parlare con te. Non giudichi e non pensi mai male di nessuno. Secondo me dovresti provare, davvero. “ continuò Vipera, notando che le sue parole avevano colpito il panda.
“E se mi scanna vivo? Ne sarebbe capace, lo sai com’è fatta. E poi non sopporta che qualcuno si intrometti nella sua privacy.”
“Non ti farà niente. Ti vuole troppo bene.”
Il Guerriero Dragone sentì il proprio cuore fremere a tale affermazione, ma non volle credere che essa fosse vera.
“Ma che dici? Lei vuole bene a me? Hai bevuto proprio tanto, Vi’. Chi è stato a corromperti, Scimmia?”
 “Ti ho detto che non ho bevuto. Dai, non puoi non esserti accorto di quanto tiene a te! La mattina è sempre la prima a salutarti, ti aiuta volentieri durante gli allenamenti, sorride alle tue battute . . . durante la missione contro Lord Shen non ti ha consolato sulla barca, la sera del nostro arrivo? Non ti ha impedito di seguirci quando si è resa conto che non eri in grado di combattere? Non ti ha spinto fuori dal raggio d’azione del cannone di quel pavone, durante la battaglia finale? Nel carcere non ti ha abbracciato? Te lo assicuro, Po, sono anni che la conosco e lei non ha mai, e quando dico mai è mai, abbracciato qualcuno! Inoltre, quando credevamo che tu morto, lei era la più provata di tutti. Poco prima che Shen ci puntasse addosso il cannone, Scimmia ti ha nominato e lei ha dovuto chiudere gli occhi per trattenere le lacrime! E dovevi vedere la sua faccia quando ti ha visto sul tetto di quella casa! E poi dici che non ti vuole bene? Lei tiene tantissimo a te, solo che non lo dimostra facilmente. Le hanno spezzato il cuore così tante volte che non vuole più correre il rischio di affezionarsi troppo a qualcuno o di mostrare i suoi sentimenti, per non venire delusa e tradita un’altra volta. È stata ferita così a lungo e così profondamente, che alla fine ha deciso di non permettere più a nessuno di giocare ancora con lei. Ha chiuso il suo cuore in una cassaforte, ha buttato le chiavi nel mare più profondo, ha iniziato a trasformare la propria anima in pietra ed ha giurato a sé stessa di non cadere più nell’errore di affezionarsi a qualcuno e di soffrire per egli.”
 
Il ragazzo non ribatté, colpito nel profondo da quelle parole.
 
Nella sua mente risuonarono le parole che la felina gli aveva detto sulla barca il mese passato “Ora non sento niente.” In quel momento aveva pensato che si riferisse soltanto al dolore corporale, arginato grazie al duro lavoro con gli alberi di legno ferreo, ma adesso capiva che non si riferiva solo a quello, ma anche e soprattutto al dolore spirituale. Le troppe sofferenze che aveva affrontato l’avevano avvolta come un’armatura, proteggendola da ulteriori attacchi. Per questo non sentiva più niente. Ma lei lo aveva accettato, anzi, aveva cercato di diventare ancora più insensibile, nella speranza che, in tal modo, non avrebbe più avvertito dolore. Anche se questo voleva dire sottrarsi alla dolcezza della felicità.
 
Vipera continuò, con voce più bassa “Però neanche lei ha un autocontrollo così forte da poter dominare i suoi sentimenti. Il suo cuore batte ancora, seppur debolmente. La sua anima respira ancora. Lei vorrebbe ancora amare, ma non ha il coraggio di farlo. Ha solo bisogno di qualcuno che recuperi quelle chiavi e riapra quella cassaforte. Ha solo bisogno di qualcuno che ritrasformi in fuoco ardente la sua anima pietrificata. Ha solo bisogno di qualcuno che le mostri che i sentimenti non sono solo male. Ha bisogno di qualcuno che le faccia capire che i sentimenti possono farla sentire di nuovo bene, possono riportarla in vita proprio come l’hanno quasi uccisa, prima con l’orfanotrofio, poi con Shifu, ed infine con . . .” a quel punto si bloccò di colpo, ricordandosi improvvisamente della promessa fatta alla sua amica tanti anni addietro e interrompendosi giusto un momento prima di infrangerla.
“Con?” domandò Po, notando il modo brusco con cui si era interrotta.
La ragazza spostò lo sguardo lontano da lui e non rispose.
“Vipera, rispondimi, per favore. Chi altro ha ferito Tigre così tanto da farle desiderare di non sentire più niente?” insistette il panda.
“Non posso dirtelo.”
“Per favore, Vipera. Devo saperlo. È il responsabile di quella faccenda di cui non volevate parlarmi ieri, non è vero? Dai, devi dirmelo.”
“Non posso. Anni fa promisi a Tigre di non rivelare mai niente ad anima viva, e non voglio venir meno alla mia promessa.”
“Ma non lo saprà mai!”
“La tradirei lo stesso, ed io non voglio tradirla. È la mia compagna d’allenamenti. È la mia vicina di stanza. È la mia confidente. È la mia alleata. È la mia sorellina minore. È la mia migliore amica. Non la tradirei per niente a mondo, neanche se ne andasse della mia vita. Quindi, smettila di chiedere. Se un giorno lo vorrà, te ne parlerà lei. Io non posso. Mi dispiace.”
 
Dopo queste parole, Vipera guardò la posizione della luna, si allontanò dal suo amico e tornò nel suo spazietto tra Scimmia e Gru, dove si posizionò per dormire.
“Il mio turno di guardai è finito. Vorrei tenerti un po’ di compagnia, ma ho molto sonno arretrato e penso che tentare a dormire non mi farebbe male, dopotutto. Anche se sarà difficile riuscirci.” disse lei, guardandolo di nuovo in volto.
“Certo, fai pure. Scusa per la mia invadenza e cerca di riposare. Domani dovremmo fermarci da tuo padre, non sei contenta?” rispose Po, cercando di far tornare la conversazione su un argomento normale e sereno.
Non poté non notare lo strano lampo che attraversò lo sguardo della guerriera, nell’udire le sue ultime parole. Un lampo del quale non seppe spiegarsi la causa.
“Beh, avrei preferito saltare questa tappa, in verità.” fece le ragazza, sorprendendo il panda.
“Perché?”
“Non vedo la mia casa natia da due anni e l’ultima visita non fu, per così dire, molto felice. Ma non importa, tanto il passato è passato, no?” provò a sorridere, ma le venne fuori solo una strana smorfia “Scusami ora, ma vorrei provare a dormire.”
“Oh, si, certo! ‘Notte, allora.”
“Buonanotte.” E con questo saluto, Vipera chiuse gli occhi.
 
Po rimase a lungo a pensare a ciò che le aveva detto la sua compagna. Meditò su quelle parole come non aveva mai fatto prima in vita sua su nessun argomento. Il suo sguardo cadde su Tigre, ancora prigioniera dei suoi incubi.
Le si avvicinò, lentamente, e le si sedette accanto.
Rimase lì a guardarla, mentre frammenti di quelle frasi gli vorticavano nella testa . . .
Le hanno spezzato il cuore così tante volte che non vuole più correre il rischio di affezionarsi troppo a qualcuno o di mostrare i suoi sentimenti . . . È stata ferita così a lungo e così profondamente, che alla fine ha deciso di non permettere più a nessuno di giocare ancora con lei. . . ha giurato a sé stessa di non cadere più nell’errore di affezionarsi a qualcuno e di soffrire per egli . . . vorrebbe ancora amare, ma non ha il coraggio di farlo . . . Ha solo bisogno di qualcuno che recuperi quelle chiavi e riapra quella cassaforte. . . qualcuno che ritrasformi in fuoco ardente la sua anima pietrificata. . . qualcuno che le mostri che i sentimenti non sono solo male. . . qualcuno che le faccia capire che i sentimenti possono farla sentire di nuovo bene , possono riportarla in vita . . .
 
Un piccolo grido riportò l’attenzione del guerriero sulla felina, che si agitava più che mai, tentando inutilmente di fuggire dai quei mostri chiamati incubi.
Egli, quasi d’istinto, non sopportando più di vederla soffrire così e volendo offrirle almeno un po’ di conforto, le sfiorò con la zampa una guancia, dolcemente, proprio come aveva fatto quella mattina, prima che i suoi sentimenti gli facessero dimenticare tutto quello che lo circondava.
A quel tocco, incredibilmente, la ragazza smise pian piano di agitarsi e i segni della paura e del dolore iniziarono a sparire dal suo volto, lasciando posto a serenità a pace.
Le labbra di lei si mossero nel sonno e sussurrarono una sola unica parola, un nome, per la verità, che lasciò di stucco il Guerriero Dragone.
“Po.”
Nuovamente alcune parole di quella mattina tornarono nella sua mente, dolcemente come un sussurro  ‘Io sto bene . . . . io sto sempre bene quando ci sei tu con me . . .
 
E finalmente Po capì perché Vipera gli aveva detto quelle cose.
 
Era lui colui che poteva recuperare le chiavi e riaprire la cassaforte che custodiva il suo cuore sanguinante, era lui colui che poteva ritrasformare in fuoco ardente la sua anima pietrificata, era lui che poteva mostrarle che i sentimenti non sono un male, era lui colui che poteva farle ritrovare la felicità, era lui colui che poteva riportarla in vita, nonostante tutto il suo dolore e la sua sofferenza.
 
Tra lui e lei c’era qualcosa che li univa, una specie di legame. E quello legame gli permetteva di avere su di lei più influenza di chiunque altro. Quel legame gli permetteva di capirla. Quel legame gli permetteva addirittura di calmarla nei suoi incubi con un semplice tocco. Quel legame gli poteva permettere di aiutarla a tornare a vivere.
 
Perché adesso capiva cosa serviva all’anima di Tigre per rifiorire e al suo cuore per riprendere a battere con tutta la sua potenza e forza.
 
Le serviva amore. Amore vero, da un amico sempre presente e comprensivo. Amore sincero e nuovo. Amore dolce ed incondizionato. Amore che non tradiva. Amore che non feriva. Amore che non deludeva.
 
Poco importava se avrebbe dovuto sforzarsi per non farsi trasportare dai suoi sentimenti, sempre più vivi e forti; poco importava se avrebbe sofferto sempre di più a starle vicino come amico e rendersi conto che lui desiderava di più, molto di più; poco importava se avrebbe dovuto dominarsi per non rovinare tutto come aveva quasi fatto quella mattina.
 
Lei aveva bisogno di lui per tornare a vivere, per tornare a sentire, per tornare ad amare.
 
E lui non si sarebbe tirato indietro. Non l’avrebbe più evitata per timore di sbagliare o di tradirsi.
 
Tigre aveva già sofferto troppo. E Po non poteva permettere che soffrisse ancora.
 
Non ora che aveva capito di poterla salvare.
 
Deciso, si chinò su di lei e, quasi a voler suggellare un patto, le mormorò nell’orecchio destro, anche se era sicuro che non l’avrebbe sentito “ Adesso ho capito, Tigre, e sappi che non mi tirerò indietro. Non ti lascerò sola a lottare contro i fantasmi del tuo passato. Io non ti lascio. Sappilo. Non ti libererai di me, perché io . . .”
 
Non poté continuare. Non ce la fece proprio. Ma le posò un piccolo bacio sulla guancia, un bacio pieno di cose non dette che non le avrebbe mai rivelato.
 
Perché egli lo sapeva, ormai. Lo aveva capito forse dal primo momento in cui l’aveva vista.
 
Po amava Tigre.
 
L’amava più del kung fu, più degli spaghetti, più della sua stessa vita.
 
Ma questo amore non poteva essere ricambiato né rivelato, perchè avrebbe rovinato tutto.
 
E non poteva permetterselo.
 
Ma non gli importava.
 
Avrebbe fatto di tutto, pur di donare a Tigre ciò di cui ella aveva bisogno.
 
Avrebbe fatto di tutto, per lei.

Di tutto.
 

 
 

La tana dell’autrice
 
Eccomi qua, carissimi amici! Vi sono mancata? – Scimmia: Noooo! –
 
Capitolo scritto con un bel po’ di problemi, devo proprio dirlo. La prima parte, quella del ricordo, è molto importante e preziosa, ho aspettato a lungo prima di inserirla, ma penso che questo sia stato il momento giusto. Voi che ne dite?
Poi c’è la chiacchierata con Vipera. Volevo inserire anche la sua di storia e il racconto del suo rapporto travagliato con il padre, ma preferisco aspettare il prossimo capitolo, nel quale finalmente avverrà l’incontro padre figlia e forse inserirò anche le spiegazioni di Shifu sulla madre di Tigre.
Poi c’è il momento più importante alla fine. Che ne dite? Ho provato a scrivere meglio che potevo, ma non sono molto sicura del risultato . . .
 
Passiamo a cose belle, ora! Ho visto che avete  molto apprezzato la mia proposta sul gioco musicale, quindi inizio subito a darvi le mie risposte!
 
- Numb, Linkin Park; non so perché l’abbiate tutti affibbiata a Shang Chiang, ma per me essa dovrebbe essere ‘cantata’ da Tigre, da Vipera e da Yonggang. Molte sono le frasi della canzone che si riferiscono a delusione e rabbia verso qualcuno, e nei loro tre casi – per Vipera e Yonggang si vedrà più avanti- questa delusione è rivolta ai padri, che le hanno sempre spinte ad essere ciò che volevano loro.
 
- Come mai, Max Pezzali; l’avevo inizialmente assegnata a Po, ma effettivamente potrebbe essere anche di Shifu. Non ci avevo mai pensato, sapete? – Scimmia: Certo, perché tu sei stupida! Io: Vuoi che mi riprenda la mega fornitura di biscotti che ti ho regalato per natale? No? Allora statti zitto! -
 
- Beautiful monster, Ne-Yo; anche questa era stata scelta esclusivamente per Po, però anche Tigre, sebbene in misura minore, potrebbe cantarla.
 
- Ti vada o no, cartone d’animazione Disney Ercoles ; questa era di Tigre al 100%, proprio come avevate pensato voi.
 
- Le cose che non mi aspetto, Laura Pausini; sinceramente io l’avevo assegnata sia a Po che a Tigre, visto che nel film è Tigre a consolare Po, mentre nella mia fic è Po a starle vicino. Comunque né Vipera che Shifu mi sembrano molto adatti.
 
- Tu non mi avrai così, cartone animato Spirit Cavallo selvaggio ; anche qui Tigre – tenete bene a mente questa canzone, in futuro sarà molto importante!
 
Si, tutti gli stessi personaggi, avete ragione, sono proprio una pizza! Dai, che queste qui sono più varie!
 
  • Bring me to life, Evanescence
  • Safe and Sound, Taylor Swift
  • Quando sarò vecchio, Jovanotti
 
Le altre ve le conservo per la prossima volta, ok?
 
Allora, cosa dire ancora? Questo è un giorno molto importante. Perché? Ma come perché? Perché è passato un anno dall’inizio di questa stupita, pazza ed infinita fic, ecco perché!
Quanto è volato il tempo, ragazzi! Non pare anche a voi? E ne devono avvenire ancora di cose, prima che si concluda questa buffa avventura.
 
Volevo solo dirvi grazie. Grazie di esserci stati. Grazie di aver letto e commentato questa piccola porcheria. Grazie di avermi sopportato. Grazie di avermi aiutato a crescere.
 
Per me questa fic è davvero importante e il vostro sostegno lo è ancora di più. Grazie, grazie mille. Non lasciatemi mai sola, ok?
 
T.r.

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Capitolo 21
*** Tra le braccia di Po ***



Tra le braccia di Po

 
 
 
“Tigre.”
 
Qualcuno la scosse lievemente, chiamandola per nome, ma la ragazza lo ignorò e continuò a tenere gli occhi chiusi.
 
“Dai dormigliona, svegliati.”
 
La felina sbruffò, sempre ad occhi chiusi “Se non mi lasci in pace ti ritroverai un paio di artigli conficcati nella carne, Po.”.
Il panda si tirò su e sorrise, divertito “Siamo di buon umore stamattina, eh?” le disse, per nulla intimorito “Dai, alzati, o non ti rimarrà niente per fare colazione. Scimmia si sta spazzolando tutto.”
“Digiunare ogni tanto non fa male.” ribatté lei, ma ormai la pace del sonno se n’era andata e così si alzò lentamente e si stiracchiò.
 
Po la osservava con la coda dell’occhio, intento a cercare in lei qualche segnale che gli rivelasse che non si era accorta delle sue parole di ieri, sussurratole nell’orecchio mentre dormiva, o del suo lieve bacio posato sulla sua guancia destra.
La guerriera sembrava tranquilla, molto tranquilla, e da come gli aveva parlato sembrava  anche aver dimenticato il quasi bacio della mattina prima, quindi il ragazzo si rilassò e si concentrò sulla sua colazione, molto magra rispetto a quella che faceva solitamente.
 
 
“Che hai, Tigre? Sembri quasi allegra.” le chiese Scimmia, guardandola con attenzione “Hai fatto bei sogni?”.
“Non sono affari che ti riguardano.” rispose la ragazza con un tono meno gelido del solito, sedendosi accanto a Vipera.
La compagna la osservò, incuriosita. Era vero, sembrava diversa, quasi serena. Raramente l’aveva vista così, da quando la conosceva, e mai negli ultimi cinque anni.
“Hai dormito stanotte, Vipera?” le chiese Tigre sottovoce, distraendola dai suoi pensieri.
Quella annuì “Un po’” disse. Poi le sorrise “Non preoccuparti per me, sto bene.”.
“Sicura?” insistette lei, fissandola dubbiosa con quegli occhi che sapevano leggere dentro l’anima delle persone. Capiva fin troppo bene l’agitazione che stava catturando l’amica, la quale sarebbe stata costretta, alla fine di quella lunga giornata, a rivedere la persona che forse aveva più amato al mondo e che allo stesso tempo l’aveva fatta soffrire di più.
“Si, stai tranquilla. Sono solo un po’ nervosa, tutto qui. Sarà dura, stasera, ma sopravviverò.”rispose lei, abbassando lo sguardo.
“Si che sopravviverai. Tu sei forte. E poi hai noi. Se quello si azzarda anche solo a guardarti storto, si ritroverà spezzato in due prima che possa dire ‘a’.” fece la felina.
Vipera sorrise, divertita “Tu ne saresti capace.”.
“Certo.” rispose Tigre, prendendo una mela e dandole un morso. “Dai, mangiamo, o Scimmia qui si divora veramente tutto.”
 
Il resto della mattinata passò abbastanza tranquillamente.
Il maestro Shifu interrogò come al solito gli allievi, i ragazzi scherzarono tra loro e fecero qualche smorfia di nascosto a Shang Chiang – con gran divertimento di Tigre- e Po si riavvicinò pian piano alla giovane felina, un po’ esitante dopo quello che era successo il giorno prima.
La ragazza, però, non sembrava voler più tenere le distanze da lui e il panda non poté fare a meno di chiedersi se davvero la sera prima non si fosse accorta di niente.
 
Comunque, quando si fermarono per l’ora di pranzo, la guerriera lo chiamò per l’allenamento privato e lui la seguì docilmente, mettendo per sicurezza un po’ di distanza tra loro due.
Tigre non parve accorgersene, ma probabilmente era troppo presa a rimproverare Po perché non aveva ancora trovato la risposta alla domanda che gli aveva fatto alcune sere prima per rendersene conto.
“Po, non possiamo andare avanti, se non trovi quella risposta.” disse la ragazza, sbruffando “Tutto l’allenamento che ho progettato si concentra su di essa. Dai, cerca di concentrarti. Pensa a quando hai conosciuto il kung fu, a chi hai visto combattere per la prima volta e al perché combatteva.”
“Non mi ricordo. È passato così tanto tempo!” esclamò il panda. Era una bugia. Ricordava benissimo tutto. Come poteva essere diversamente? Ma non poteva dirle la verità. Non poteva né voleva.
“Dai. Dobbiamo accelerare i tempi” insistette lei “ho solo tre mesi per trasformarti del tutto e se procediamo di questo passo non ce la faremo mai.”
 “Non possiamo saltare questa fase e andare al livello successivo?” domandò speranzoso il Guerriero Dragone.
“No. Concentrati. Cerca di ricordare. Quando hai visto combattere un guerriero per la prima volta?”
“Uhm, forse quando avevo tre anni. Ho visto Oogway combattere contro dei banditi . . .” disse il ragazzo fingendo di ricordare.
“Il maestro Oogway smise di combattere i comuni delinquenti  quarant’anni fa, cinque anni dopo l’arrivo del maestro Shifu al Palazzo di Giada.” la guerriera lo guardò severamente.
“Ah, giusto, era il maestro Shifu!” fece lui, cercando di rimediare.
“Il maestro Shifu non ha mai affrontato banditi al villaggio, non da solo almeno. Stai tentando di prendermi in giro?” disse la ragazza, incrociando le braccia.
“Non mi permetterei mai. È che non riesco davvero a ricordare!”
Tigre scosse la testa, infastidita “Ti do’ una giornata di tempo. Domani dovrai darmi la risposta e non accetto scuse. Ora torniamo dagli altri. È inutile stare qui, visto che tu non mi dai i mezzi per allenarti.”.
“Dai Tigre, non essere arrabbiata con me. Prometto che domani ti darò la risposta, ok?” fece Po, già lambiccandosi il cervello per trovare una bugia fattibile da rifilarle.
“Non sono arrabbiata con te, ma ti assicuro che se continui così lo diventerò.”
“Dai, da domani sarò un allievo modello. Starò attento, mi comporterò bene, imparerò a stare zitto . . .”
“Si si, allievo modello, ma adesso andiamo. Ah” esclamò ad un tratto, come si fosse ricordata improvvisamente di una cosa “ stasera dovremmo dormire a casa del maestro Vipera. Mi raccomando, comportati bene, ci siamo capiti? Non fare nulla di sciocco o strano.”
“Mi ferisci così. Pensi davvero che io possa fare qualcosa di strano o sciocco?” ribatté il panda fingendosi offeso, con un lieve sorriso divertito. Era bello scherzare con lei. Aveva avuto paura, dopo il quasi bacio del giorno prima, che non sarebbe più riuscito neanche a guardarla, ed ora invece ci scherzava con naturalezza, benché si tenesse a distanza.
“Lo fai sempre.” rispose lei, con gli occhi che le ridevano.
“A proposito, ieri sera io e Vipera eravamo entrambi svegli e quando il discorso è finito sulla sosta che faremo a casa sua lei ha fatto una strana faccia e ha detto che avrebbe preferito non fermarsi lì, visto che l’ultima sua sosta era stata molto brutta. Ma perché? Cosa è successo?” domandò Po, facendosi serio.
Il voltò di Tigre divenne scuro e la ragazza abbassò lo sguardo “Non dovrei dirtelo io. È una cosa personale di Vipera.”
“Dai, Tigre. Lei non me ne ha voluto parlare ed entro stasera lo saprò comunque, qualunque cosa sia successa. Non è meglio che a dirmelo sia tu?”
La ragazza sospirò “E va bene. Ma che non ti scappi parola con nessuno.” Gli lanciò uno sguardo strano, prima di prendere a raccontare.
 
 
 “Due anni fa, nel bel mezzo di un allenamento, arrivò una lettera del padre di Vipera. Lei l’aprì subito, preoccupata. Raramente aveva ricevuto messaggi prima. Dopo poche righe lasciò cadere la pergamena e strisciò velocemente in camera sua, piangendo. Noi la seguimmo, ma lei non ci permise di entrare e così tornammo nella sala degli allenamenti, dove Shifu aveva sollevato la missiva da terra e la stava leggendo, con aria stupita. Poi ce la passò e noi, leggendone il contenuto, restammo di sasso.
Il maestro Vipera l’aveva promessa in sposa a sua insaputa ad un ricco nobile che viveva dall’altra parte della Cina e che aveva il triplo dei suoi anni. Le ordinò di tornare subito a casa per poter celebrare il prima possibile la cerimonia nuziale e, per esplicita richiesta di questo aristocratico, il quale desiderava che sua moglie si occupasse esclusivamente di lui e della casa, di abbandonare il suo titolo di Maestra, il suo ruolo nei Cinque Cicloni ed il Palazzo di Giada.”
“Cosa? Perché? Insomma, non era stato proprio lui a spingerla verso il kung fu? Perché tutto d’un tratto la voleva far sposare ed abbandonare tutto?” fece il panda, stupito.
La felina strinse con forza i pungi “La nostra è una società basata sulla supremazia maschile, Po. Le donne sono utilizzate dai loro mariti, fratelli e padri per perseguire i propri scopi, senza curarsi dei loro sentimenti. E il padre di Vipera non è un’eccezione. L’ha spinta verso le arti marziali, benché appartenga al ‘gentil sesso’, perché non aveva altri figli che continuino la tradizione guerriera della sua famiglia e per un maestro ciò è il disonore più grande. Inizialmente lei l’aveva accontentato per amore filiare, ma poi si è innamorata del kung fu e ci ha dedicato tutta sé stessa, diventando una delle migliori maestre della Cina. La sua fama aveva attratto questo vecchio aristocratico, uno tra i più importanti e ricchi del nostro Paese. Questi chiese la sua mano e suo padre colse la palla al balzo. Poco importavano i sentimenti di Vipera o la sua vita. Quando gli sarebbe mai capitata di nuovo un’occasione simile per salire di ragno e guadagnare più soldi di quanti ne avesse visti in tutta la sua vita? Così, Vipera si ritrovava fidanzata con un vecchio che non aveva mai visto e costretta ad abbandonare tutto il suo mondo per ubbidire al capriccio di suo padre.”
“È . . . orrendo.”
“Lo so. Vipera stava malissimo. Non ci volle vedere per tutta la giornata. Rimase chiusa nella sua stanza a piangere. Non riusciva ad accettare che suo padre, il padre da lei tanto amato ed adorato, l’avesse data via così, quasi come se fosse un oggetto, una cosa inanimata, senza pensare al dolore che le avrebbe causato.” La sua voce si spezzò ed abbassò lo sguardo a terra, come se avvertisse lo stesso dolore che aveva dovuto sopportare la sua amica. Poi lo rialzò, di nuova padrona di sé stessa, e continuò “Io e i ragazzi restammo di fronte alla sua porta. Non sapevamo cosa fare. Ci passavamo al lettera e continuavamo a leggerla, cercando di ideare un modo per impedire quel matrimonio. Non potevamo sopportare il pensiero di vederla costretta a una vita diversa da quella che desiderava. Io non potevo sopportarlo. Lei era l’ultima persona al mondo che meritasse una cosa del genere. Ebbi un’idea, sciocca, disperata, ma era pur sempre un’idea. Non dissi niente a nessuno fino a quando,verso sera, Vipera non ci fece entrare.
Io mi sedetti di fronte a lei. Aveva gli occhi rossi, ma cercava di nasconderlo, come tentava di celare il suo dolore. ‘Tu non vuoi questo matrimonio, vero?’ le chiesi. Lei scosse la testa. ‘Allora lavati la faccia, mangia qualcosa e aspettami con gli altri di fronte alla sala degli allenamenti. Tra mezz’ora partiamo.’ ‘Partiamo?’ mi chiese, stupita ‘Si. Partiamo. Io e gli altri ti accompagniamo all’Est. Andiamo da quel deficiente che non si merita di essere chiamato padre. Gli faremo cambiare idea. Tu gli farai cambiare idea. Non può prendersi la tua vita e farne quello che vuole. Nessuno può farlo. Nessuno.’ Lei mi guardò, finalmente con uno sguardo sicuro e determinato, ed annuì .
Partimmo quella sera stessa ed arrivammo in meno di due giorni. Lui non si aspettava di vederla così presto. ‘Hai così tanta fretta di sposarti, piccolina?’ le chiese sorridendo ‘Ma dimmi, cosa ci fanno i tuoi ex compagni qui con te?’. Lei respirò a fondo prima di rispondere ‘Non sono i miei ex compagni. Sono i miei compagni. E non ho alcuna intenzione di sposarmi, né ora né mai. Voglio continuare a combattere, a fare del bene. Sono venuta qui per dirtelo.’. Quello rise ‘Suvvia, basta scherzare.’ ‘Non scherzo affatto ’ ribatté lei ‘Io non mi sposerò. Non voglio. E tu non puoi costringermi. Non puoi dirmi cosa fare della mia vita. Lo hai già fatto per troppo tempo.’. A quelle parole, il volto del maestro Vipera mutò, così come il suo tono. ‘ Tu farai ciò che dico! Sono tuo padre e tu mi appartieni!’. Disse proprio così, lo ricordo bene. Litigarono a lungo e lui la insultò abbondantemente, tanto che Vipera non riuscì più a continuare, scioccata com’era dalle parole irate del genitore.
Stava per perdere la sua battaglia.
Allora intervenni io. Le mormorai di lasciare fare a me e mi feci avanti, prendendo la parola. ‘Ora basta’ dissi ‘Fino a quando non rinuncerà spontaneamente al proprio titolo o le verrà tolto, Vipera è sotto l’autorità del proprio maestro, oltre che sotto la vostra. E il Maestro Shifu non è d’accordo con tutto ciò. Avrebbe voluto venire qui e parlarvene personalmente, ma non potendo abbandonare il Palazzo di Giada mi ha affidato una lettera da farvi leggere’.”
“Una lettera di Shifu? Sul serio?” chiese Po, stupito.
Tigre scosse la testa, lentamente “Non era veramente una lettera di Shifu. L’avevo scritta io.”.
“Cosa?”
“La sera della partenza, sicura che il maestro Vipera non avrebbe permesso alla figlia di continuare a praticare le arti marziali solo per amore paterno, andai nella camera di Shifu per scrivere una lettera a suo nome che avrebbe spinto quel vecchio a rinunciare ai suoi piani. Sapevo che Shifu e il padre di Vipera erano buoni amici fin dalla giovinezza e si scrivevano ogni mese ed ero anche a conoscenza di dove fossero riposte le lettere ricevute e le brutte dei messaggi mandati negli anni. Le presi e studiai la scrittura di Shifu per un po’, poi realizzai al lettera imitandola e cercando di utilizzare il suo stesso stile. Lui era nella Grotta del Drago a meditare, avevo tutto il tempo che mi serviva. Venne un buon lavoro ed il padre di Vipera ci cascò. A malincuore le concesse di continuare a combattere e annullò il fidanzamento, ma le disse che, per la sua ‘ribellione’, si rifiutava di considerarla ancora sua figlia. ‘Una figlia che non rispetta il padre non è una figlia’ le disse ‘E da oggi per me tu non sei più mia figlia, non sei più nessuno’. Vipera ne fu distrutta. Non credo che abbia ancora superato del tutto la cosa. Questa fermata a casa sua non ci voleva proprio.”
“Aspetta aspetta aspetta, time out, torna indietro un attimo, credo di non aver capito” fece Po, alzando le zampe scioccato “Non solo ve ne siete andati di nascosto dal Palazzo ed avete intrapreso un viaggio senza che Shifu lo sapesse, ma tu ti sei anche intrufolata nella stanza di Shifu, hai frugato nelle sue cose e hai falsificato una lettera facendola credere sua?”
La felina lo guardò, stupita “Si, te l’ho appena detto. Ma mi ascolti?”.
“Cavolo, devo rivedere le cose che credevo di sapere su di te” esclamò stupito il Guerriero Dragone, ignorando la domanda “Fino a venti secondi fa pensavo che non avessi mai violato gli ordini o le proibizioni di Shifu.”.
“Fu una delle poche volte” ammise lei “ma se non l’avessi fatto a quest’ora Vipera sarebbe sposata da anni con un vecchio, rinchiusa tra le mura di una grande casa, privata della propria libertà e forse già con un paio di bambini appresso, quindi non me ne pento. Non l’avrei mai abbandonata a quel destino.”
“Ma . . . lei lo sa? Della lettera falsificata e tutto?”
Tigre scosse la testa “Non gliel’ho mai detto, né a lei né agli altri. Lo sa solo Shifu. Ho dovuto dirglielo, perché sicuramente il padre di Vipera ne avrebbe discusso con lui nelle sue lettere.”
“Ma perché non lo hai detto anche agli altri? Insomma, hai rischiato la pelle per aiutare Vipera! Se ti avessero scoperto avresti perso tutto! La faccia, l’onore, il titolo! Perché non dovrebbe saperlo?” insistette Po, non capendo ancora.
“Perchè dovrebbe saperlo? Non le piacerebbe il pensiero di aver guadagnato la propria libertà con l’inganno. Si sentirebbe in colpa o roba simile. È meglio così, fidati. E poi non credo che le azioni che si fanno debbano essere dette a tutti, soprattutto se sono fatte per aiutare qualcuno. Suonerebbero false, come se le avessi fatte solo per avere più ‘popolarità’. E io non voglio questo.”
“Si, però . . .” non trovando nulla da obbiettare, egli scosse la testa “Bah, lasciamo perdere. Però davvero, non pensavo che tu potessi fare una cosa del genere.”
“Allora ancora non mi conosci, Po. Dai, adesso muoviamoci. Gli altri si staranno chiedendo dove siamo finiti.” disse la maestra, facendo un cenno con la testa nella direzione dell’accampamento.
“Aspetta un secondo, però. Hai detto che il papà di Vipera voleva farla sposare per suo tornaconto?”
“Si.”
“E che Vipera non voleva e hanno litigato di brutto?”
“Si.”
“E lui le ha detto esplicitamente che non la considera più sua figlia?”
“Si.”
“E adesso stiamo andando a casa sua?”
“Si.”
“Diavolacci, Vipera deve sentirsi a pezzi.”
“Adesso ci sei arrivato? Su, andiamo.” Fece lei scuotendo la testa con un sorrisetto ironico e poi voltandosi per tornare al campo.
“Un attimo.”
“Ancora?” sbruffò l’amica, girando di nuovo al testa verso di lui.
“E ‘mo che lo so io come mi devo comportare?”
“Normalmente, come se non sapessi nulla. E se stasera il padre di Vipera farà qualche battutaccia sul argomento tu non farci caso e comportati come se non avessi sentito. Ok?”
“Ok.”
“Oh, allora andiamo. Anzi, non ancora.”
Po la guardò sorpreso “Perché?”.
“Volevi che ti dicessi tutto quello che riguarda la questione di Shang Chiang e mia madre, no?” spiegò Tigre, stringendosi le braccia “ Beh, c’è qualcosa che ti devo dire. Ieri, quando siamo tornati all’accampamento e Shifu mi ha restituito il medaglione, mi sono ricordata che lui, quando era più giovane, era amico non solo con il padre di Vipera, ma anche con il predecessore di Shang Chiang alla carica di capo del villaggio delle Tigri dell’Est. Tra le tigri, tale carica non si eredita, ma si  conquista. E quando si cambia guida la figlia del ex capoclan viene data in sposa al nuovo.”
Il panda spalancò gli occhi “Stai dicendo che . . .”
“Si. Shifu conosceva mio . . . mio nonno.” disse la guerriera, stringendosi ancora più forte le braccia. “E probabilmente conosceva anche mia madre. Ho provato a chiederglielo, ma lui mi ha bloccato, dicendo che mi avrebbe rivelato tutto quando saremo a casa del maestro Vipera, verso sera, lontano da orecchie indiscrete.”
“E non è una cosa buona, questa?” fece il ragazzo, notando il tremore nelle zampe dell’amica.
“Si, ma non posso fare a meno di chiedermi perché, se Shifu sa qualcosa, ” rispose quella, abbassando lo sguardo“ non mi ha mai detto nulla prima. Era a conoscenza del dolore che provavo al pensiero di essere stata abbandonata. Era a conoscenza del vuoto che avevo nell’animo. Era a conoscenza dello strazio in cui viveva il mio cuore. Era a conoscenza del mio desiderio di verità. Allora perché mi ha nascosto ciò che sa? Perché?”.
Il panda si avvicinò un po’ a lei, quasi per confortarla “Non lo so, ma sono sicuro che c’è una spiegazione. Vedrai, tutto si chiarirà e vedrai presto la realtà.”.
Ella scosse lentamente la testa “Ormai non ci spero più. Non spero più in niente. Non spero più neanche in un raggio di luce. La mia vita è un casino, lo è sempre stata. È tutto troppo scuro, troppo confuso. Sono stanca di lottare per riuscire a vedere qualcosa. È tutta la vita che lotto, da sola, contro queste tenebre. Non ce la faccio più. Adesso, poi, non ho più nulla a cui aggrapparmi per riuscire ad andare avanti. Tutto si sta disintegrando sotto le mie zampe. Rimango io, da sola, in queste tenebre.”
 
Tigre alzò gli occhi da terra e lo guardò. Il suo era uno sguardo diverso dal solito. Era uno sguardo perso, uno sguardo spezzato, uno sguardo che implorava aiuto.
Po agì d’istinto. Le si avvicinò ancora di più e la strinse a sé con dolcezza, come fa un padre con il proprio figlio o un’amante con l’innamorata ferita. La sentì trattenere il fiato ed irrigidirsi a quel gesto, ma lui non la lasciò, anzi, la strinse ancora di più contro il suo torace, come se volesse prendere su sé stesso tutto il dolore che le straziava l’anima.
 
Lentamente accostò le sue labbra all’orecchio destro di lei e le sussurrò dolcemente parole piene di un sentimento proibito ma prezioso“Lo so, Tigre. Lo so. Ma tu non sei più sola a lottare contro questa oscurità. Ci sono io qui con te. E non ti lascerò mai. Te lo prometto. Mai.”.
Quelle parole entrarono nel cuore mutilato della felina, riscaldandolo come mai niente e nessuno aveva fatto prima.
 
La felina, pian piano, rispose all’abbraccio dell’amico, prima timidamente, poi sempre di più, nascondendo anche il viso nella sua spalla.
 
Per la prima volta nella sua vita si sentiva al sicuro, lì, tra le braccia di Po.
 
Lì, tra le braccia di Po, Tigre si sentiva protetta.
 
Lì, tra le braccia di Po, Tigre si sentiva capita.
 
Lì, tra le braccia di Po, Tigre si sentiva accolta.
 
Lì, tra le braccia di Po, Tigre si sentiva amata.
 
 
 
Lentamente i due si staccarono, come di comune accordo, e Po le accarezzò la guancia, dolcemente, come aveva fatto il giorno addietro.
Quando questi tolse la zampa, la ragazza sfiorò lo stesso punto dove egli l’aveva toccata, l’ho guardò negli occhi e mormorò, lentamente “Sai, stanotte credo di averti sognato.”
Il cuore di Po tremò “A-ah si? E cosa facevo?”
“Non mi ricordo. Ricordo solo i tuoi occhi e una sensazione di pace profonda. Ma penso . . . penso che tu mi abbia accarezzato la guancia, in questo sogno. Proprio come ora.” rispose piano lei.
In lontananza sentirono alcune voci indistinte che li chiamavano.
“Credo che dobbiamo andare.” disse il guerriero Dragone, un po’ a malincuore.
“Già.” La felina si voltò e si avviò verso la direzione delle voci, ma prima di sparire tra gli alberi si girò un’ultima volta verso di lui e lo chiamò.
“Po?”
“Si?”
Tigre gli sorrise, regalandogli un sorriso vero, sincero, luminoso, lo stesso di quando era piccola “Grazie.”
E, così dicendo, sparì alla vista del giovane uomo, lasciandolo solo ed incantato.
 



 
La tana dell’autrice
 
Si, lo so. Vi avevo promesso che questo capitolo sarebbe stato incentrato sul ritorno a casa di Vipera. Si, non ho mantenuto la promessa. Mi dispiace. La chiacchierata di Po e Tigre doveva essere giusto una parentesi, ma ha occupato molto più spazio. Mi perdonate? Dai, ditemi di si!
 
Cosa dire? Il capitolo si commenta da solo. Ho narrato, come promesso, la storia di Vipera, nella quale ho modificato un po’ il carattere di suo padre per poter mettere in evidenza il modo in cui molti genitori, nei secoli passati ma ancora oggi, sfruttano le figlie per il proprio tornaconto, soprattutto in Cina durante il periodo degli Imperatori, in cui le fanciulle servivano solo per contrarre matrimoni vantaggiosi.
E poi c’è la bella chiacchierata tra Po e Tigre e il loro abbraccio, che non è come quelli che si sono scambiati in kung fu panda 2, ma è un po’ più . . . come dire?
 
Beh, non so davvero cos’altro dirvi. Ah si, prima che mi scordi,d evo darvi le risposte al gioco delle canzoni!
 
Allora:
 
  • Bring me to life, Evanescence; come avete indovinato tutti voi, è Tigre a cantarla a Po, bravi!
  • Safe and Sound, Taylor Swift; l’avevo assegnata a Po, visto che nella mia fic è lui a consolare Tigre ed ad assicurarle che tutto andrà bene, ma effettivamente nel film è Tigre a consolare Po, quindi vale per tutti e due.
  • Quando sarò vecchio, Jovanotti; questa era difficile, ma bravo a Shinichi, che ha indovinato: è proprio Shifu! – tempo fa ci ho fatto anche un video ed era venuto anche decente! Shifu: Pagami i diritti d’immagine! –
 
Visto che questo gioco sta colpendo molto la vostra fantasia, ecco qui un paio di titoli nuovi! Pronti?
  • She will be loved, Maroon 5
  • Prenditi cura di me, Alessandra Amoroso
  • Ma so proteggerti, Tiziano Ferro
Si, sono molto noiosa in fatto di fantasia, ma . . .
Ora scappo, devo prepararmi per l'interrogazione di storia di lunedì!
A presto - se non morirò prima a causa della scuola! -
T.r.

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Capitolo 22
*** Bocciolo di Loto ***



Bocciolo di Loto

 
 
Quando i nostri viaggiatori giunsero al villaggio natio di Vipera, ore dopo, la luna stava già affacciandosi nel cielo, seguita dalla sua gaia corte, le stelle, e stava iniziando ad illuminare tutto con la propria luce.
Il villaggio era piccolo, ma antico. La maggior parte delle case risaliva a tempi remoti, ma erano tutte ugualmente eleganti e allo stesso tempo semplici. Non c’era abitazione priva di piante profumate o fiori colorati, e le persone avevano tutte un’aria cordiale e al contempo raffinata. Verso la fine della piccola città, sopra una piccola collina spoglia che quasi stonava con il resto del paesaggio, c’era una dimora aristocratica molto elegante ma in qualche modo fredda, distante, ostile.
Appena Vipera la vide non poté impedire al proprio cuore di sobbalzare.
 
Quella era la sua vecchia casa.
 
 
Ben attento a non rendere nota la propria presenza, il gruppetto raggiunse l’edificio e il maestro Shifu si avvicinò alla porta per bussare e chiedere ospitalità per la notte.
Tigre, che era stata vicino alla serpentella per tutta la giornata, guardò l’amica e le sussurrò sotto voce “Sei pronta?”.
La ragazza annuì.
 
Il panda minore bussò tre volte prima che qualcuno venisse ad aprire.
L’uscio si socchiuse giusto di poco, quel tanto che bastava al viso di un’anziana pecora per affacciarsi.
“Chi siete e cosa volete?” chiese questa, con un’aria quasi ostile.
“Io sono il Gran Maestro del Palazzo di Giada, il Maestro Shifu” spiegò il panda rosso, posando una zampa sul proprio torace “ e questi sono i miei allievi, i Cinque Cicloni e il Guerriero Dragone, e il capo clan delle Tigre dell’Est, il generale Shang Chiang. Siamo in viaggio e vorremmo chiedere al Maestro Vipera ospitalità per la notte.”.
La domestica scosse la testa “Non credo che sia possibile. Queste mura non accolgono viandanti da anni, ormai, proprio per ordine del mio padrone.”.
“Sono certo che, se gli riferiste i nostri nomi . . .” provò ad insistere Shifu, ma una voce stanca ed autoritaria proveniente dall’interno della casa lo bloccò.“Chi c’è alla porta, Nan?”
La vecchia non fece neanche in tempo a voltarsi per rispondere che la donna a cui questa voce apparteneva spalancò la porta, si affiancò a lei e scrutò gli stranieri uno ad uno.
 
La donna era un serpente. Non era più giovanissima, ma era bella, bella di una bellezza sfiorita, che infondeva malinconica in chiunque la vedesse.
Le sue squame erano di uno strano verde erba, le labbra severe erano tinte di un rosso tenue ed i suoi occhi sembravano pietre preziose oscurate da un velo di sporcizia.
 
Quando quegli occhi scuri e privi di luce si posarono sulla guerriera più grande del gruppo si spalancarono dallo stupore e dalla gioia, mentre dalle sue labbra scioccate sfuggiva un basso sussurro, un nome in realtà, che sembrava più un’invocazione, una preghiera.
“Vipera . . .”
La ragazza le sorrise dolcemente, dominando con un po’ di difficoltà le lacrime che già minacciavano di scivolarle giù dagli occhi.
“Ciao, mamma.”
 
La madre di Vipera emise un singhiozzo prima di raggiungere la figlia e di avvolgerla con delicatezza nelle sue lunghe spire, stringendola a sé come se avesse paura che fosse una visione e potesse scomparire da un secondo all’altro.
“Bambina mia” mormorò sfiorandole con la lunga lingua rossa la guancia a mo’ di bacio “ mi sei mancata così tanto.”
La ragazza poggiò delicatamente quella medesima guancia sulla sua, respirando a fondo per immergersi nel profumo della sua mamma e chiudendo gli occhi come se avesse trovato finalmente un po’ di pace. “Anche tu mi sei mancata, mamma. Mi sei mancata tantissimo.”.
 
Non serviva dire di più.
 
Nessuna parola avrebbe mai potuto rendere appieno ciò che provavano in quel momento, madre e figlia finalmente riunite dopo anni, ma i loro cuori e le loro anime erano così vicine che non ci fu alcun bisogno di cercarne.
 
Sarebbero rimaste così a lungo, se alcuni rumori dall’interno non avessero riportato la più anziana alla realtà e l’avessero fatta sciogliere tristemente dall’abbraccio.
Ella si voltò verso il resto del gruppo, cercando di ricomporsi, e disse con voce autoritaria “Immagino che siate qui per parlare con mio marito, maestro Shifu.”
Il maestro Shifu scosse la testa “Non esattamente, signora. Io, i miei allievi e il generale Shang Chiang siamo in viaggio e vorremmo chiedere a vostro marito un giacinto per passare la notte.”
A quelle parole gli occhi della donna si oscurarono di colpo, benché una lieve luce, causata dalla gioia di aver rivisto la figlia, continuasse a brillare nel suo sguardo.
“Non sono sicura che qui lo troverete, purtroppo. Sono anni che la nostra casa non riceve ospiti. Ma entrate, vi farò parlare con il maestro Vipera. Forse per voi farà un’eccezione.”
“Ma . . .” si intromise la domestica, che aveva assistito ammutolita  tutta la scena.
Il serpente si voltò verso di lei e la fulminò con lo sguardo, bloccando sul nascere ogni obbiezione.
Poi, girandosi verso il gruppetto di guerrieri e facendo loro segno di seguirla, lì accompagnò dentro.
 
 
L’abitazione era grande ed elegante, ma scura e tenebrosa, senza vita. Sembrava una di quelle case infestate che tanto terrorizzano bambini e contadini.
Le stanze erano belle ma vuote, i mobili raffinati ma coperti da un lieve strato di polvere, l’intera costruzione aveva in sé un’aria di importanza e maestosità ormai dimenticata. Era tutto così silenzioso, così tetro, che per un attimo Vipera non riconobbe la sua casa.
Si guardava attorno e aveva difficoltà a ritrovare gli angoli che avevano caratterizzato la sua infanzia.
La finestra da cui ogni anno guardava le feste che si svolgevano giù in paese era appannata e coperta da tende scure, il grande camino dove si fermava ogni sera a guardare la magica danza del fuoco era spento e vuoto, pieno di piccole ragnatele, la scala a chiocciola che portava alla sua vecchia stanza e dalla quale scendeva sempre di corsa era piena di polvere e priva del lungo tappeto azzurro che l’aveva sempre caratterizzato, la nicchia dove aveva fatto crescere innumerevoli piante era spoglia e piena di scatoloni e scartoffie.
 
Tutto era mutato, tutto era diverso. E non in meglio, come dovrebbe essere dopo ogni cambiamento.
No. Tutto era buio ed oscuro, in quella casa. Tutto.
 
La padrona di casa li guidò fino a una grande porta alla quale bussò piano tre volte, quasi esitante.
Una voce vecchia, stanca e burbera le ordinò di entrare.
 
Vipera trattenne un brivido.
Sapeva a chi apparteneva quella voce, benché fosse molto cambiata in quei due anni.
 
Sua madre aprì di poco la porta e si affacciò piano.
Respirò a fondo prima di dire con gli occhi bassi, per celare la sua felicità e la sua preoccupazione “Avete una visita da parte del vostro amico, il maestro Shifu, ed alcuni suoi compagni di viaggio. Posso farli entrare?”.
Un lungo silenzio seguì quelle parole. Un silenzio pieno di ansia, preoccupazione, paura.
Un silenzio che fu interrotto solo da un ‘si’ appena sussurrato e dal cigolio della porta che veniva spalancata.
 
Il gruppetto entrò lentamente nella sala con Shifu in testa, mentre Tigre si faceva ancora più vicina a Vipera e le sussurrava ‘coraggio’ a bassa voce.
In fondo alla grande stanza, oscura e trascurata come il resto della casa, c’era una elegante sedia e, sopra quella sedia, un anziano serpente dai lunghi baffi e dalle lunghe sopracciglia bianche, dagli verdi occhi spenti e dall’aria severa.
 
Quel serpente era colui che aveva dato la vita a Vipera.
 
La guerriera, questa volta, non riuscì a trattenere il brivido che le percorse tutto il corpo alla vista di quella persona, quel uomo, quel padre che tanto aveva amato, il padre per il quale aveva fatto di tutto, il padre che le aveva spezzato l’anima e il cuore, il padre che l’aveva rinnegata.
 
Il vecchio maestro non parve accorgersi subito della presenza di sua figlia. Il suo sguardo era posato unicamente su Shifu e sulle sue labbra raggrinzite si formò un accenno di sorriso.
“Da quanto tempo, amico mio” disse “A cosa devo il piacere della tua visita?”.
Anche Shifu provò a sorridere, ma non ci riuscì.
“Io e i miei allievi ci stiamo recando verso il villaggio delle Tigri dell’Est con il generale Shang Chaing qui presente” spiegò il panda minore, indicando il resto del gruppo “ e, oltre a voler lasciarti un saluto, vorrei chiederti ospitalità per questa notte, se non ti è di disturbo . . .”
Il serpente scrutò attentamente i viandanti e sobbalzò quando il suo sguardo incontrò quello di Vipera.
“Tu . . .” mormorò con un tono di voce indecifrabile.
Vipera sostenne il suo sguardo e rispose con voce ferma “Si, io. Siete sorpreso di vedermi?”.
Questi scese piano dalla sedia e continuò a guardarla, quasi . . .  stupito? Triste? Dispiaciuto? La guerriera non riusciva a capirlo.
L’uomo attraversò lentamente la stanza, si avvicinò a lei e la scrutò in viso “Sei cresciuta.” mormorò.
“Sono cambiata.” rispose la guerriera “Dentro e fuori.” Eccome se era cambiata. Era cambiata moltissimo. Adesso aveva la determinazione di una tigre. E non avrebbe più permesso a qualcuno di farla sentire in colpa per le sue scelte e il suo stile di vita. Non lo avrebbe permesso neanche a lui. Mai più.
“Ho sentito parlare di ciò che hai fatto e continui a fare.” fece piano l’anziano maestro “Grandi opere, difficili da eguagliare, che ti hanno portato e ti portano tuttora grandi onori.”
“Ho salvato delle vite e difeso la Cina. Ho fatto del bene per ciò che ho scelto di essere e non per ciò che gli altri mi hanno imposto di essere. Non c’è onore più grande di questo.” ribatté Vipera, facendosi coraggio a quelle parole.
Lo sguardo del vecchio genitore tremò a quelle parole.
Si voltò e ordinò ad alta voce e con fare autoritario “Moglie, fai preparare le stanze per i nostri ospiti e una cena adeguata. Resteranno qui, per questa notte.”.
La madre di Vipera, che era rimasta ad osservare ansiosamente la scena in un angolo, annuì ed uscì dalla sala.
L’anziano maestro si risedette sulla sua sedia e disse a Shifu, cambiando visibilmente tono di voce ”Che ne diresti, Shifu, di bere un tè con me, mentre attendiamo che le serve facciano il proprio lavoro? Voi, ragazzi e voi, Generale Shang Chiang, potete tranquillamente girare per la casa o passare per le cucine, se vi va. Immagino che siate affamati. Il viaggio da qui al Palazzo di Giada è abbastanza lungo.”.
Il panda minore annuì appena e rispose “Con piacere.”, imitato dal resto del gruppo, poi licenziò i suoi allievi con un gesto della zampa.
Così i sette uscirono, benché Shang Chiang fosse molto infastidito dal comportamento del maestro Vipera. Non gli pareva giusto essere ignorato in quel modo e trattato alla pari di quei sciocchi ragazzi. Dopotutto era il capoclan delle Tigri dell’Est e un generale dell’impero!
I guerrieri, invece, erano sollevati di ciò. Già si erano trattenuti a stento quando quel vecchio si era avvicinato alla loro compagna  e le aveva parlato. Se fossero rimasti ancora in quella stanza probabilmente non sarebbero riusciti a trattenersi nel rispondergli, soprattutto Tigre e Scimmia.
E solo Budda sa cosa sarebbe accaduto in quel caso.
 
Quando tutti furono usciti il maestro Vipera fece segno al panda minore di avvicinarsi “Vieni Shifu. È da tanto che non ci vediamo e parliamo, io e te.”.
Questi si avvicinò e provò ancora a sorridere “È vero. Sono passati anni dall’ultima volta che ci siamo visti. Se non sbaglio ero venuto qui con i miei allievi per prendere Vipera e portarla al Palazzo di Giada, poiché volevi che avesse un’istruzione marziale tradizionale.”.
Il viso del maestro Vipera si oscurò lievemente “Non sbagli, Shifu, come al solito. Ma dimmi, cosa ti porta qui nell’Est? Sembra una faccenda grave, a giudicare dal numero di persone che ti accompagnano.”
Questa volta fu il viso di Shifu a farsi scuro “Non mi va di parlarne.”.
Il serpente lo guardò severamente “Shifu, siamo amici, noi due. Dimmi quello che ti turba, avanti.”.
“Dimmelo prima tu.” ribatté il panda minore.
“Io non sono turbato.”
“Certo, come no. Non dire sciocchezze, perché non me le bevo. Rivedere tua figlia ti ha fatto male, molto male. Non ci vuole un genio per capirlo. E a me, che ti conosco e leggo da anni le tue lettere piene di dolore e pentimento per gli sbagli del passato, è fin troppo palese.” insistette il piccolo panda rosso.
Il maestro Vipera sospirò e rimase un po’ in silenzio. “Certo che mi ha fatto male. Rivederla ora, dopo anni, così cambiata a causa mia e a causa di ciò che le ho detto e fatto . . . non passa giorno che non mi maledica per quello che ho fatto. L’ho rinnegata! Io, suo padre! Per una sua decisione più che giusta!” ammise con voce spezzata.
“Smettila di torturarti così. Hai capito di aver sbagliato, ne sei pentito e hai portato come penitenza questo dolore per anni. Perché non le parli, ora? Perché non le chiedi perdono? “
“Chiederle perdono? Non mi ascolterebbe. E come darle torto? L’ho usata per tutta la vita e quando lei non c’è stata più l’ho rinnegata. E mi sono reso conto troppo tardi dell’errore enorme che ho fatto. Mi sono reso conto troppo tardi di averla persa. Non potrò mai rimediare a tutto ciò.”
“Non dire questo,Vipera. So che il tuo dolore è sincero e che, volendo, può essere la soluzione a questa situazione. Sono anni che te lo ripeto tramite le mie lettere. Tu vuoi veramente bene alla piccola Vipera e lei ne vuole ancora a te, benché sia ferita nel profondo. Metti da parte il tuo orgoglio ed apriti a lei, tu che sei ancora in tempo. Sono sicuro che ti perdonerà, magari non subito, ma lo farà, prima o poi.”
A quelle parole il serpente sollevò uno dei suoi lunghi sopracigli, confuso “ ‘Tu che sei ancora in tempo’? Che vuoi dire, Shifu? È successo qualcosa tra te e la tua pupilla, per caso?”.
Shifu sospirò ed abbassò lo sguardo a terra per celare il suo dolore.
“Shifu?”
“Una settimana fa” iniziò a spiegare con voce roca, dopo qualche attimo di esitante silenzio “è giunto al Palazzo di Giada il generale Shang Chiang. Si è presentato come . . . come il padre naturale di Tigre.”
“Cosa?”
“Si. Ha detto che diciotto anni fa sua moglie, Yonggang Hua, era rimasta incinta di un bambino. Il giorno del parto egli non era presente, però. Impegnato in una guerra, tornò a casa solo il mese dopo e trovo sua moglie morta e nessun erede. Sostenne di aver cercato a lungo il bambino senza mai trovarlo. Dopo anni è giunto al Palazzo di Giada, sospettando che Tigre fosse sua figlia. Q”uesto sospetto fu confermato dalla forte somiglianza di Tigre con sua madre e da una sua piccola voglia dietro il collo, di cui eravamo a conoscenza solo io e lei, identica a quella di Shang Chiang. Così egli ha costretto Tigre a partire per la sua città natale, dove vuole che viva per il resto dei suoi giorni. Noi siamo riusciti, dopo una lunga discussione, ad ottenere solo di rimanerle accanto fino al suo diciottesimo compleanno.
Shang Chiang non sa, però, che Tigre non ha alcuna intenzione di restare con lui. C’è una scappatoia nella legge. I figli sono costretti ad ubbidire al proprio padre fino alla maggiore età, che lei compirà tra meno di due mesi. Togliendo il tempo necessario a giungere alla sua città natale, Tigre sarà costretta a trascorrerci solo poche settimane e poi potrà tornare al Palazzo e alla sua vita.”
“Tutto qui?”
“No. A Tigre . . . a Tigre non è andato giù il fatto che abbia permesso a Shang Chiang di portarla nell’Est.”
“Ma cosa potevi fare? È la legge, e noi maestri siamo i primi a doverla rispettare! E poi sono sicuro che tu hai provato a fargli cambiare idea!”
Shifu scosse la testa “Non è questo il punto. Mi sono arreso subito, permettendo a quel uomo di fare del suo immediato futuro ciò che voleva. Non mi sono comportato da padre, come non ho mai fatto in vita mia, del resto. Ma questa  . . . questa è stata la goccia che ha fatto traballare il vaso. Tigre si è infuriata a morte. Mi ha rinfacciato tutto l’affetto che non le ho mai mostrato, mi ha rinfacciato il suo dolore, di cui non mi ero mai reso conto. Da allora non mi parla più. Mi evita. Non vuole più vedermi né avere rapporti con me più del dovuto. L’ho persa, Vipera, capisci? L’ho persa, proprio come ho perso Tai Lung. L’ho persa. E stavolta non basterà cercarla in tutta la Città Proibita per ritrovarla. Stavolta non tornerà mai più. Mai più.”
 
Una lacrima, una sola, scese lungo la guancia del piccolo panda minore, stupendo il maestro Vipera.
 
Erano anni che Shifu non piangeva.
Non aveva pianto neanche quando Tai Lung era stato allontanato per sempre dal Palazzo di Giada.
Ed ora piangeva per Tigre.
 
Fu per quell’unica, luminosa lacrima che il maestro Vipera si rese conto dell’amore che in realtà legava il suo amico alla sua pupilla.
 
Il serpente rimase in silenzio per un po’, prima di iniziare a parlare.
“Perché dici questo, Shifu? A tutto c’è una soluzione.  Me l’hai ripetuto per anni ed ora ti rigiro le tue parole. Non conosco quasi per niente la tua Tigre, ma sono certo che non l’hai persa, non ancora almeno. Le vuoi bene, anche se avevi giurato di non affezionarti più a nessuno. Quindi non è tutto perduto. Cerca di rimediare, passa del tempo con lei, falle capire che in realtà tieni a lei. Riuscirai a recuperare il suo affetto, ne sono certo.”
Shifu alzò finalmente lo sguardo e il maestro Vipera poté leggerci in esso tutta la sofferenza ed il dolore che egli provava.
“Tu . . . lo credi sul serio?” domandò esitante il panda minore.
“Certo.” Non aveva mai visto il suo amico così “Certo che facciamo proprio pietà come genitori, io e te.” cercò di sdrammatizzare, non riuscendo a sopportare ancora quello sguardo spezzato, ma la sua fu più una malinconica constatazione che una battuta.
Un accenno di sorriso si formò sulle labbra del vecchio maestro “Temo proprio di si, Vipera.”
 
 
“Vipera, come ti senti?” chiese Tigre alla compagna d’allenamento, mentre camminavano tra quelle stanze vuote e polverose. Erano sole, visto che i ragazzi si erano subito fiondati in cucina, Shang Chiang se n’era andato chissà dove e la madre di Vipera stava sistemando le stanze degli ospiti con un paio di serve.
La ragazza provò a sorridere “Bene” rispose “è andata meglio di quanto credessi. Pensavo che mi avrebbe buttato fuori, visto ciò che . . . che mi ha detto l’ultima volta.”.
L’amica sospirò piano “Su, non pensarci.”.
“Non posso non pensarci, Tigre. Ma . . .”
“Ma?” chiese l’altra.
“No, niente.”
“Vipera . . .”
“E va bene. Pensavo . . . avevo uno sguardo strano, non credi? Lui. Mi guardava come . . . non so. E quello che mi ha detto . . . e la sua voce . . . “
Tigre la guardava, attenta.
“Cosa intendi dire?”
“Cioè, era strano, no? Si comportava in modo strano. Sembrava quasi . . . quasi dispiaciuto. Si, lo so, è una sciocchezza, ma . . .”
‘No, non è una sciocchezza’ pensò la felina ‘l’ho notato anche io’. Ma non lo disse. Non disse nulla di ciò che aveva visto in quella sala. Anzi, cambiò discorso, cercando di distrarre l’amica.
 
Ma ciò di cui la serpentella si era resa conto era vero.
 
Tutto, nel padre di Vipera, era mutato.
Tutto manifestava dolore, pentimento, dispiacere, sofferenza.
Sembrava che il miracolo nel quale la sua amica aveva sempre sperato fosse realmente avvenuto.
Sembrava che suo padre avesse finalmente capito il suo errore e provasse dolore per ciò che aveva fatto.
 
Tigre sapeva che Vipera aveva sempre sperato in una riconciliazione. Lei amava suo padre, anche dopo ciò che le aveva fatto. Nel suo cuore, lei non aveva mai smesso di volergli bene e di sperare che un giorno tutto sarebbe tornato come prima.
Ed ora il comportamento del anziano maestro aveva acceso in lei una fragile e tremula speranza.
 
Una speranza che Tigre non voleva in alcun modo alimentare.
 
Lei sapeva come si sentiva la sua amica.
 
Lo sapeva fin troppo bene.
 
Non aveva lei stessa cercato per anni l’affetto del padre adottivo, leggendo inesistenti prove d’affetto in ogni suo gesto?
Non aveva lei stessa sentito il proprio cuore spezzarsi mille e mille volte, rendendosi conto che niente di tutto ciò era reale?
Non aveva lei stessa scoperto sulla propria pelle di non essere mai stato nulla per la persona più importante della sua vita?
Tigre non voleva che Vipera rimanesse nuovamente ferita e delusa come lo era stata lei quando si era resa conto che ciò in cui sperava, in cui aveva sempre sperato, l’amore di Shifu, era stato un’ illusione.
 
Tutto qui.
 
Era sua amica. E non voleva vederla passare ciò che stava passando lei.
 
Non voleva vederla un’altra volta con il cuore spezzato.
 
Perché sapeva che, a forza di spezzarsi, non sarebbe mai più tornato come era prima.
 
Proprio come aveva fatto il suo, di cuore.
 
 
La cena, svoltasi circa un’ora dopo, fu breve ma imbarazzante.
Nessuno sapeva cosa fare o cosa dire.
Il silenzio regnava sovrano.
Anche Po e Scimmia mancavano della loro solita allegria e spensieratezza.
Shifu era seduto in silenzio, pensando a ciò che si erano detti lui e il suo amico, mentre Vipera, tra Tigre e sua madre, osservava cautamente suo padre, cercando di capire se la sua era stata solo immaginazione o meno.
Ma egli non alzò mai lo sguardo dal proprio piatto e non parlò fino a quando le cameriere non portarono via le ultime stoviglie e non restava altro che congedare gli ospiti ed andare a dormire.
Quindi l’anziano serpente si alzò e, rivolto al gruppo, disse con voce stanca “ Auguro a tutti voi una serena notte nella mia dimora.”
Basta. Non disse nient’altro. Ma, prima di uscire dalla sala, il suo sguardo incontrò quello della figlia per un breve, fragile istante. Un istante che confermò alla ragazza molti dei suoi sospetti.
 
Il gruppo uscì silenziosamente dalla sala e la madre di Vipera gli fece segno di seguirla e li portò alle loro stanze, che per gli uomini erano situate nella zona ovest della casa e per le donne nella sala est.
Durante il corto tragitto Vipera si mise in fondo al gruppo, pensierosa, ma Tigre non se ne accorse, presa anche lei dai pensieri tutt’altro che piacevoli. Con il passare delle ore e dei minuti il pensiero di doversi incontrare con Shifu, da sola, per parlare di sua madre, la gettava in un’agitazione che raramente provava. Era nervosa, tanto nervosa. Come non le capitava ormai da molto, troppo tempo.
Po, che la osservava con la coda dell’occhio da tutto il giorno, se ne rese conto e, approfittando di un momento di agitazione causato dagli allegri schiamazzi di Scimmia, Mantide e Gru, le si avvicinò.
 
“Ehi, tutto ok? le sussurrò appena, in modo che solo lei potesse sentirlo.
La felina alzò lo sguardo su di lui, un po’ sorpresa, ma poi rispose freddamente, cercando di simulare la più perfetta calma “Certo. Perché?”.
Il panda scosse la testa con un sorrisetto ironico “Questa è una bugia grossa quasi quanto me. Si vede da un miglio che sei agitata.”
“Sbagli. Io non sono agitata.” insistette la ragazza.
“E allora io sono magro come Gru. Dai! Quando sei preoccupata la tua coda si muove furiosamente, le pupille ti si ristringono e stringi le zampe come se dovessi trattenerti dal colpire qualcuno.” fece lui.
Quella lo fissò di nuovo, questa volta senza nascondere la sorpresa “Come . . .”
“ . . . lo so? Beh, non è che ci vuole tanto. Ma non è questo il punto. Hai paura per stasera, vero?” continuò il guerriero.
“Io non ho paura di niente, panda.” ribatté freddamente Tigre.
“Okay, mi correggo: sei agitata per stasera, vero?”
Lei abbassò lo sguardo “Un po’” ammise dopo qualche secondo.
Po la guardò dolcemente e teneramente. “Vuoi che venga con te?” domandò.
La giovane donna rimase in silenzio per un po’ e poi scosse la testa.
Il panda si sentì quasi offeso, ma poi lei alzò lo sguardo e gli sorrise “Grazie della proposta, Po, davvero, ma devo fare questa cosa da sola. Soprattutto dopo . . .” esitò “dopo quello che è successo con Shifu.”
Il ragazzo la fissò, confuso “ ’Quello che è successo con Shifu’? Mi sono perso qualche puntata, per caso?”
Tigre sospirò “Vedi . . . abbiamo litigato. Ma non voglio parlarne. Non ora.”
“Okay . . .” Po si sentì un po’ deluso che non glielo avesse detto prima, ma meglio tardi che mai, no? “Comunque, se poi vuoi parlare, sai, dopo la spiegazione e tutto, puoi venire in camera da me.” il Guerriero Dragone si sentì un po’ imbarazzato a dire una cosa del genere, ma credeva che, per tranquillizzarla, sarebbe stato meglio ricordarle che su di lui poteva contare anche a notte fonda.
La ragazza lo guardò, stupita, ma poi sorrise di nuovo “Grazie, Po.” rispose.
Il panda sobbalzò.
Con questo era a tre sorrisi e due ‘grazie’ nello stesso giorno.
Tigre doveva stare proprio male.
 
 
Due ore dopo, all’incirca, Tigre era di fronte alla porta di Shifu, cercando di riprendere il controllo di sé stessa e di domare l’agitazione.
Dopo aver preso un respiro profondo bussò piano due volte per non svegliare i suoi compagni, addormentati nelle stanze vicine.
La porta si aprì da sola, cigolando un po’, e la tigre entrò, stringendo forte le zampe.
 
Shifu era seduto in meditazione sul basso letto della grande stanza, illuminata solo dalla fredda luce della luna che entrava dalla finestra, spalancata a dispetto del freddo.
Il panda minore la guardava con i suoi grandi occhi stanchi, occhi stanchi e vuoti.
“Pensavo che non saresti più venuta, vista l’ora.” disse a bassa voce.
“Ho aspettato che tutti si fossero addormentati” rispose la ragazza, chiudendo la porta dietro di sé e cercando di controllare al propria voce in modo che non tradisse alcuna emozione.
Lui annuì, come se fosse ovvio, e poi tornò a guardarla. C’era un non so che in lui di diverso, di strano.
“Siediti, Tigre.” le disse, indicando una sedia messa lì per lei “Molte sono le cose che devo dirti, alcune delle quali gravose anche per me, per cui ti chiedo, per quanto non potrei, di ascoltarmi fino alla fine e di farmi domande solo quando avrò finito.”.
La guerriera si sedette come le era stato detto e attese in silenzio che iniziasse a parlare, benché il suo sguardo tradisse l’impazienza e l’agitazione che dominavano il suo cuore.
Shifu sospirò e, senza mai smettere di guardarla negli occhi, incominciò a parlare.
 
“Come già sai, io, nella mia giovinezza, non fui subito allievo del Gran Maestro Oogway e Maestro del Palazzo di Giada. Inizialmente servii l’Imperatore nel ruolo di guerriero semplice, essendo stato iniziato al kung fu da mio padre. Per via dei miei servigi fui scelto per dare la caccia e combattere pericolosi criminali con il titolo di Guerriero della Giustizia. Ero a capo di una piccola squadra di guerrieri con lo stesso titolo. Beh, più che una squadra era un trio ed era formato dal Maestro Vipera, già allora maestro di alto livello, e da una tigre mio coetaneo di nome Yung Kan Te, il mio migliore amico, un maestro di kung fu delle Tigri dell’Est.
Affrontammo ogni genere di pericolo, insieme, ed eravamo molto uniti. Ma con il passare del tempo la squadra si sciolse. Vipera, essendo morto il suo vecchio padre, tornò qui e inizio a proteggere il suo villaggio in qualità di capoclan. Io, invece, durante una missione incontrai Oogway. Fui subito affascinato dal suo modo di fare, dalla sua concezione del mondo, della vita e del kung fu, e dal suo stile di combattimento. Decisi di mollare tutto e di diventare suo allievo. Fu la prima delle due migliori decisioni che io abbia mai preso.
L’ultimo ad abbandonare il titolo di Guerriero della Giustizia fu Yung Kan Te. Rimasto solo, decise di tornare nella sua terra e di trovare fortuna lì. Avrebbe potuto addestrare nuovi guerrieri, pensava. Ma non andò così.
Tornato a casa, fu accolto con tutti gli onori dal capovillaggio, che organizzò una grande festa. Fu in quella occasione che vide la figlia del capovillaggio, Mei Te, appena diciottenne, e se ne invaghì. Me ne parlò molto, nelle sue lettere. Disse che era bellissima, con pelliccia vellutata e delicati gigli dorati. Decise di chiedere la sua mano. Ma tra le tigri, soprattutto quelle dell’Est, ottenere la zampa della figlia del capo è molto difficile. Ella, infatti, è considerata non solo da donna più bella della città e la più fertile, ma anche il segno del potere del capo. Per poterla sposare, quindi, il pretendente deve sfidare in un feroce combattimento il capoclan dal tramonto all’alba. Le regole sono semplici e primitive. Bisogna combattere senza esclusione di colpi fino a quando uno dei due non cade a terra stremato. Egli è lo sconfitto e può anche essere ucciso dall’altro. Se è il capoclan a cadere il suo titolo, il suo regno e sua figlia diventano proprietà del pretendente. Poiché per legittimare tale passaggio di potere la figlia dell’ex capo e il vincitore devono sposarsi, il fidanzamento avviene quel giorno stesso e solitamente tre mesi dopo i due si sposano.
Comunque, Yung Kan Te vinse e divenne capoclan delle Tigri dell’Est. Sposò la giovane Mei Te pochi mesi dopo e io e Vipera fummo invitati alla cerimonia. La ragazza era davvero bella, ma sembrava triste e assente. Il ventre era più gonfio del normale. Yung Kan Te mi rivelò che era già in attesa di un bambino. Una bambina, per la precisione. La bambina che sarebbe diventata tua madre.”
“Cosa? Mia . . . mia madre? Ma . . . Mei Te e Yung Kan Te non si erano neanche sposati! E lei aveva solo diciotto anni! Le tigri maturano intorno ai venti- ventitre anni, non prima!” esclamò Tigre, stupita, dimenticando la richiesta del maestro di non interromperlo.
Shifu fece un sorrisetto amaro “Vedi, la cultura delle tigri è diversa da quella del resto della Cina. È un vero e proprio popolo a sé. Per loro è un bacio a rendere valido e vincolante un fidanzamento, e vale come e più di un contratto scritto.” iniziò a spiegare dolcemente.
“Si, questo lo so.” fece la ragazza.
“Inoltre, la prima notte di fidanzamento corrisponde alla prima notte di matrimonio.” continuò il panda minore.
“Cosa?” la guerriera non credeva alle proprie orecchie.
“Si. È una antica tradizione. In antichità molte promesse spose erano riuscite a scappare ed a costruirsi una vita altrove con un compagno da loro scelto, e ciò non andava bene ai loro genitori. Così si scelse di costringere le giovani ad unirsi al loro promesso subito, in modo da evitare possibili fughe. Si sarebbero sentite troppo in colpa per fuggire ed impossibilitate ad avere un altro compagno, dopo che erano diventate donne in quel modo.”
“È . . . è orrendo. Sbagliato. Meschino. È . . .è . . .” Tigre non aveva parole per esprimere il suo disgusto per quella malvagità.
“Lo so.” annuì  gravemente il piccolo maestro.
I due rimasero in silenzio per un po’, ma poi il panda minore riprese a parlare.
“Mi hai chiesto perché Mei Te fosse rimasta incinta così prematuramente. Vedi, le donne dei capiclan dell’Est discendono tutta da un’antica e nobile famiglia, chiamata Hua, che significa fiore. Si narra che le primi tigri fossero nate da un fiore di loto a strisce nere e arancioni e che le appartenenti alla famiglia Hua siano l’incarnazione di quel leggendario fiore. Che sia vero o meno, elle hanno il titolo di ‘Bocciolo di Loto’ e maturano prima delle altre donne, verso i diciotto anni d’età. Inoltre hanno il maggior numero di figli. Sono tutti maschi e fortissimi, ad eccezione di una sola: infatti nasce sempre solo e solo una bambina, una bambina di straordinaria bellezza.
L’unica discendente femminile della famiglia Hua.
È lei il premio per il più forte della città, per colui degno di essere il capoclan.
La più bella, la più nobile, la più sacra e la più fertile delle donne.
È il tesoro più prezioso delle Tigri dell’Est.
E, per quanto ne so e per quanto Shang Chiang afferma, l’unica Bocciolo di Loto esistente, al momento, sei tu.”






La tana dell'autrice

- entra nascondendosi dietro Po-

Si, lo so. Sono un essere spregevole che non sa mantenere le promesse. Sono una scrittrice che non conosce il significato delle parole 'correttezza' e 'puntualità'. Mi dispiace. Non ho ripsonsto a quasi nessuna recensione, sono sparita da quasi un mese e non ho dato alcun segno di vita. Mi rendo conto di essere una persona schifosa e un'autrice pessima. Perdonatemi, ho avuto davvero un periodaccio, tra compiti, interrogazioni, litigate, pianti e blocco della scrittrice!

Ho cercato di aggiornare il rpima possibile, ma davvero, non ne ho vuto la possibilità. Vi prego, perdonatemi!
- Scimmia: E si che ti perdonano, ora alzati e smettila, sembri una scema! Io: Davvero? Davvero mi perdonano? Scimmia: Ho detto di si! -

Volevo scrivere un capitolo lungo e fatto bene, ma il risultato non mi convince molto . . . voi che ne pensate? immaginavate così pentito il maestro Vipera? E la conversazione tra lui e Shifu? e le rivelazioni? Eh eh, e non sono ancora finite, belli miei! Nel prossimo capitolo vi aspetta la storia di Yonggang!

Adesso devo scappare, che inizia Sanremo e non voglio perdermi la Litizzetto - si scrive così? sono disortografica e quindi . . .-

Vi lascio con le nuove canzoni e le soluzioni delle vecchie!

Nuove canzoni:

- Keep Holding on, Avril Lavigne
- Controvento, Arisa
- Uguale a lei, Laura Pausini - questa è difficile, state attenti!-

Soluzioni


- She will be loved, Maroon 5 ; canta Po riferito a Tigre - il secondo titolo della canzone è the girl with the broken smile, il che mi sembra adattissimo a Tigre!-
- Prenditi cura di me, Alessandra Amoroso; Canta Tigre a Po - sarà più chiara in seguito
- Ma so proteggerti, Tiziano Ferro; Anche qui Po a Tigre

Un bacio e a presto -spero-

T.r.

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Capitolo 23
*** Yonggang ***



Yonggang

 
 
 
“Io . . ?”
 
Tigre era confusa, incredibilmente confusa. Non riusciva a ragionare limpidamente. Mille pensieri le attraversavano la mente e non sapeva a quale dare retta prima.
 
Shifu annuì, con aria grave “Si. Tu sei l’ultima Bocciolo di Loto, l’unica discendente della famiglia Hua ancora in vita.”
 
La ragazza non riusciva ancora a dire nulla, stupita com’era.
 
Fino a pochi giorni prima era convinta di essere una semplice orfana, ancora fortunata ad essere viva e ad avere un posto dove stare e una vita dignitosa, ed adesso scopriva non solo di essere un’aristocratica con tanto di padre, ma anche la più nobile tra le tigri!
 
L’unico pensiero coerente che riuscì a formare fu, quasi con fredda ironia “E io che disprezzavo Vipera per le sue origini!”
 
 
Proprio Vipera, in quel momento, fu destata da un rumore indistinto.
 
La ragazza si svegliò di scatto dal sonno in cui era appena calata con difficoltà, per scoprire che il rumore veniva da fuori della sua porta.
 
Qualcuno stava bussando.
 
La serpentella si avvicinò esitante alla porta, chiedendosi chi mai fosse, a quell’ora.
Nessuno che conosceva bussava in quel modo timido, esitante, né Tigre, né Po, né Scimmia o Gru. Per non parlare di Mantide!
Chi c’era, dietro quella porta?
 
La guerriera aprì appena l’uscio, il minimo indispensabile per sbirciare fuori, e la vista di chi la stava cercando nel cuore della notte la immobilizzò per lo stupore.
“Lo so che è tardi, ma posso entrare, piccolina? Devo parlarti.” sussurrò piano il vecchio maestro Vipera, guardandola con grandi occhi addolorati.
La giovane Vipera, dopo un minuto di silenzio e una dura lotta interiore tra la sua rabbia, il suo dolore e il suo affetto da figlia, annuì, aprì la porta e senza una parola lo fece entrare.
 
 
 
Nella zona ovest della casa Shifu riprese a parlare, notando la confusione riflessa negli occhi della felina e pensando con tristezza a quanto sarebbe stata grande alla fine del suo racconto.
 
“Tua madre nacque nel mese di novembre e Yung Kan Te, purtroppo, non ne fu affatto contento. Una primogenita femmina, anche se si tratta di una Bocciolo di Loto, è considerata la peggiore disgrazia per un uomo. È simbolo di una virilità debole e di una forza praticamente assente, oltre che un peso economico anche per le famiglie, ricche e povere. Inoltre Mei Te si era molto indebolita a causa del parto, il che era strano, visto che le tigri, soprattutto se giovani, resistono più delle altre donne ai dolori della gravidanza e del parto e raramente muoiono dando alla luce un figlio. Ma non fu il caso di tua nonna. Si indebolì così tanto che non ebbe più la capacità di avere figli né la forza di alzarsi dal letto.
Yung Kan Te ne fu molto adirato e da allora cambiò. Divenne cupo, insensibile, riteneva sua figlia la causa di tutti i suoi guai e odiava sua moglie per averla generata.”
“Quale . . .” Tigre esitò “Quale era il suo nome?”
Il volto di Shifu si intenerì, sentendo quella domanda. “Yonggang” rispose dolcemente “si chiamava Yonggang.”.
 
 
 
“Piccolina, io . . .” il vecchio Vipera era agitato, e molto.
Guardava la ragazza con attenzione e apprensione e gli sembrava una creatura così diversa dalla sua bambina, la bambina che aveva cacciato anni prima. Era una creatura distante e irraggiungibile, troppo distante e irragiungibile per lui, un semplice vecchio dal cuore e alle membra irrigidite da tempo e dalla vita.
“Io . . . sono venuto a chiederti perdono per quello che ti ho fatto due anni fa.
Non solo ho cercato di importi una vita diversa da quella che desideravi, usurpando il mio potere di padre, ma quando ti sei giustamente ribellata ti ho anche rinnegato e cacciata da questa casa.
Io . . . io mi sono reso subito conto del mio sbaglio e della mia crudeltà, appena sei uscita da questo posto, circondata e confortata dai tuoi compagni. Ti osservavo mentre ti allontanavi, sai?”
La ragazza non rispose e continuò a guardarlo.
“Si, ti osservavo dalla finestra della mia stanza, e tutta l’ira e la rabbia sparirono alla vista del tuo viso ferito e deluso, ma determinato ad andare avanti nonostante tutto.
Per un attimo rividi di fronte a me il tuo volto da bambina, quando ti crucciavi di non riuscire ad adempiere ai miei desideri, e quello di fanciulla, quando, il giorno che mi salvasti la vita, e mi resi conto di avere la migliore delle figlie, e mi sentii un verme.
Un vecchio, schifoso verme che, seguendo le convenzioni e la tradizione che lo vuole padre crudele e insensibile, aveva perso la persona a lui più cara e che gli illuminava la vita.” proseguì lui, vedendo che la giovane non dava alcun segno di voler rispondere.
Anche a quelle parole, benché la ragazza si sentisse colpita nel profondo, non diede alcun segno di emozione.
“In quel momento,” continuò il serpente, mentre gli occhi iniziavano a farsi lucidi “ lo giuro, avrei voluto seguirti, abbracciarti, chiederti perdono, ma rimasi lì, in quella stanza vuota, vittima dell’orgoglio. E da allora, benché rimpiangessi e maledicessi ogni giorno i miei sbagli, non ti ho più cercato. Avrei voluto, ma non lo feci. Con quale arroganza pretendevo di tornare nella tua vita? Inoltre quello stesso orgoglio che mi fece pronunciare le terribili parole di quel giorno mi tratteneva dal fare qualunque tentativo, benché minimo. Sempre quel maledetto, sporco orgoglio che non smetterò mai d’odiare, ma che è parte integrale di me.”
 
 
 
Shifu, dall’altra parte della casa, continuava il suo racconto “La prima volta che incontrai tua madre ero andato a trovare Yung Kan Te dietro sua grande insistenza. Io, a dirla tutta, non volevo lasciare il Palazzo di Giada, ma le sue lettere erano così strane e angoscianti e le sue parole così oscure . . . Inoltre non parlava mai né di sua moglie né di sua figlia, e ciò mi sembrava strano. Così decisi di incontrarlo per accertarmi che stesse bene.
Yonggang aveva quattro anni e ti somigliava come una goccia d’acqua, e non solo dal punto di vista fisico. Aveva i tuoi stessi occhi color del fuoco, illuminati da una luce strana, innaturale, era intelligente, vispa, e pungente, molto pungente.”
Un piccolo sorriso si formò sulle sue labbra rigide.
“Quando la vidi la prima volta era con la badante e con il padre, ad aspettarmi all’entrata della sua grande casa.
Dopo che ebbi salutato Yung Kan Te la guardai e lei, prima che potessi salutarla, senza la minima ombra di timidezza o imbarazzo tipici della sua età, mi fissò con i suoi occhi color del fuoco, profondi e illeggibili, così simili ai tuoi, e mi chiese senza preamboli “ è vero che anche una femmina può imparare il kung fu, se non si fa fasciare le zampe?”.
Yung Kan Te la fulminò con lo sguardo e la sgridò in modo brusco e severo “Zitta, tu! Non infastidire il maestro Shifu!”, ma io non ci feci caso e risposi “Certo, ma deve essere forte per avere questo privilegio e diventare una guerriera, dentro e fuori” le dissi.
Quella frase così diretta e dai quei occhi troppo adulti per una bambina di quella età mi stupirono, proprio come quando vidi te per la prima volta, all’orfanotrofio.
La piccola sorrise, felice “Io sono forte, lo dice anche il mio nome!”. Poi, voltandosi verso Yung Kan Te, continuò “ Visto, padre, che posso essere anche io una guerriera?”. Allora lui . . . lui alzò una zampa e le tirò un forte schiaffo, tanto che la fece cadere a terra.”
 
Tigre sobbalzò a quelle parole.
“Cosa?”
“Le tirò uno schiaffo così forte da farla cadere per terra. Io rimasi scioccato. Yung Kan Te aveva sempre amato profondamente i bambini e adesso . . . adesso picchiava sua figlia di appena quattro anni! Non riuscivo a credere ai miei occhi.”
 
Il panda minore abbassò lo sguardo, mentre le immagini di quel orrendo momento gli tornavano alla mente. Poi, quasi facendosi forza, lo rialzò e continuò.
 
“Yonggang si rialzò, massaggiandosi la guancia, ma non disse nulla né pianse. La badante non fece una piega, quasi come se fosse abituata a scene del genere. Solo allora mi resi conto dei numerosi lividi che le ricoprivano braccia. Yung Kan Te mi sorrise, come se nulla fosse successo, e mi fece entrare.
Durante il periodo che passai lì mi resi conto di quanto fosse cambiato Yung Kan Te. Non era più l’uomo di un tempo, buono, disponibile, gentile. Era . . . diverso. Molto. Ogni cosa che la figlia facesse o dicesse era sbagliato. La sgridava in continuazione e la picchiava spessissimo. Insultava e a volte picchiava sua moglie, orami costretta a letto, e aveva tre concubine. Beveva di continuo. Non era soddisfatto della sua vita e riteneva che fosse colpa di tua madre e di tua nonna.
Osservai molto anche Yonggang e ne fui affascinato. Era come il bambù: si piegava ma non si spezzava mai.
Più il padre la picchiava, più lei stringeva i denti e non emetteva un gemito. Piccola e silenziosa, si aggirava per la casa come un minuscolo folletto, imparando da tutto e da tutti. Aveva una mente acuta e una grande bontà d’animo. Tutti, nella grande casa, le volevano bene. Era il conforto di sua madre e le stesse concubine del padre ne riconoscevano le virtù. Inoltre aveva una grande forza, sia di corpo che di animo.
Mi ricordo bene che un giorno le chiesi perché mi avesse domandato se anche le donne possono praticare kung fu. Lei mi guardò e disse “Perché se è possibile, io voglio diventare una guerriera vera, come quelle delle leggende, e andarmene da qui, aiutando chi non ce la fa a lottare da solo. Inoltre, sarei diversa dalle altre donne e non sarei costretta a fasciarmi le zampe, a sposarmi con chi non voglio e a sopportare sempre in silenzio ciò che gli uomini mi fanno. Perché è questo che siamo costrette a fare noi donne, sai, maestro Shifu? Soffrire e sopportare. Lo vedo ogni giorno, guardando mia madre, le compagne di mio padre, le donne della casa e del villaggio. E io non voglio questo destino. Non voglio una vita di sofferenza, prigionia e paura. Io voglio essere libera.”
 
Tigre era sorpresa. Quei pensieri erano così simili ai suoi . . .
 
“Tua madre era speciale, Tigre. Piccola com’era, aveva già sofferto tanto e capito molto della vita. Sarebbe stata una grande donna e avrebbe potuto fare grandi cose. Mi sentivo quasi in dovere di darle almeno un’effimera speranza.
Così, dopo averci ragionato un po’, suggerii a Yung Kan Te di farne una guerriera. “Tua figlia ha una costituzione forte e una mente acuta” gli dissi “sono certo che, se tu o qualche altro maestro la educasse al kung fu, diventerebbe una grande guerriera e ciò porterebbe di certo lusso a te e alla tua città.” .
Come certo sai, fino a poco tempo fa, benché vari maestri cercassero di favorire l’insegnamento delle arti marziali alle donne, di guerriere non ne esistevano. C’era qualche aspirante allieva, sparsa qua e là per il Paese, ma nessuna riusciva mai a perseverare abbastanza da diventare una maestra o anche solo vera guerriera. Nessuna donna, allora, era mai riuscita neanche lontanamente a seguire le orme alle maestre della leggenda, Lien Hua e Mulan, di cui si narra che . . .”
“. . . si fossero travestite da uomo per apprendere le arti marziali.” continuò Tigre quasi automaticamente. Conosceva fin troppo bene la loro storia. “La prima, quando fu scoperta, venne uccisa dal suo stesso maestro e rinnegata dalla famiglia, mentre la seconda ebbe tutti gli onori più grandi ed inimmaginabili.”
Shifu annuì “Giusto. E, come ben sai, Oogway stesso cercò, senza risultati, di istruire alcune ragazze. Sembrava quasi che il kung fu fosse un’arte negata alle donne. Ma poi siete arrivate tu e Vipera a dimostrare il contrario.”
 
La felina lo fissò, un po’ confusa e stupita.
Raramente il maestro riconosceva a lei o ai suoi compagni un qualunque merito.
Soprattutto a lei.
 
Shifu sorrise, quasi con tristezza “Comunque, volevo, con questa proposta, cercare di dare a tua madre una vita migliore. Se un giorno fosse diventata una grande guerriera come voleva lei, magari, quando sarebbe stata più grande, avrebbe potuto veramente andarsene e vivere lontano da lì. Era un’idea pazza, lo so, ma volevo almeno fare un tentativo.
Tuo nonno scosse subito la testa, quasi risentito “Anche tu ti stai facendo convincere da queste nuove mode, Shifu?” Rise “Eppure, come maestro del Palazzo di Giada, dovresti saperlo che le donne non sono capaci di praticare un’arte nobile e raffinata come il kung fu. Hanno un cervello troppo piccolo e membra troppo deboli. Sono utili solo a procreare e a dilettarci, nient’altro.” “
 
Tigre strinse i pugni, infastidita, sentendo quelle parole. Le aveva pronunciate davvero suo . . . suo nonno? Gli faceva ribrezzo. Come gli faceva ribrezzo il fatto che maltrattasse moglie e figlia e avesse delle concubine. Se l’avesse conosciuto, sicuramente non sarebbero andati d’accordo. Per niente.
 
“Io cercai di convincerlo, ma lui non volle sentire ragioni.
 “Secondo me tua figlia potrebbe riuscire a dimostrare che sono tutti pregiudizi infondati. L’ho osservata a lungo e mi sembra dotata. Potrebbe essere davvero il suo destino, Yung Kan. ” dissi. “Mia figlia? Tu ti stai prendendo gioco di me. Quella bambina è debole e ribelle. Una vera e propria piaga, peggio di sua madre.
Inoltre, anche se fosse dotata delle qualità che tu le aggiudichi, non potrebbe lo stesso studiare il kung fu. È una Bocciolo di loto, Shifu. È nata per generare un gran numero di giovani tigri, forti e coraggiosi, essere il premio dell’uomo più potente della città e dare alla luce una bambina che mandi avanti al sua opera. È questo il suo destino, non quello di essere una guerriera. Nessuna donna potrà mai essere una guerriera. Meno che mai una tigre della dinastia Hua..” “
 
La ragazza si conficcò gli artigli nel palmo della zampa per trattenersi. Okay, questo Yung Kan Te l’avrebbe proprio odiato, ormai ne era sicura. Era così crudele, violento e maschilista. Così terribilmente simile a Shang Chiang, tra l’altro.
Come faceva Shifu a essere stato suo amico, il suo migliore amico?
 
Shifu lesse la sua ira negli occhi color del fuoco di lei e sospirò.
“Rimasi scioccato da quelle parole. Sul serio. Ormai tuo nonno non era più quello di prima. L’oscurità aveva avvolto il suo cuore e lo aveva trasformato per sempre.
Non era più Yung Kan Te, quello, ma una sua brutta copia.
Una brutta copia che iniziavo a detestare.
Partii tre giorni dopo e il mio ultimo sguardo mentre mi allontanavo fu proprio per Yonggang, ferma sulla soglia di casa. Sembrava così piccola e indifesa. Ebbi paura per lei, per ciò che le sarebbe potuto accadere. Avrei voluto portarla con me, ma non potevo. Non potevo fare nulla per lei. Nulla.
 
“Mi tenni in contatto con Yung Kan Te tramite lettere, anche se sempre meno frequentemente, e chiedevo insistentemente notizie della bambina e di Mei Te. Quando la piccola aveva appena sei anni e doveva iniziare la fasciatura delle zampe posteriori sua madre morì improvvisamente, lasciandola sola alla mercè del padre.
Un giorno, otto anni dopo tale tragedia, ricevetti un invito da parte di Yung Kan Te per la festa delle Origini, un’antica tradizione del suo popolo, e andando contro le miei abitudini accettai.
Quando giunsi alla dimora di tuo nonno venni accolto da una giovane tigre di appena  quattordici anni. Era di una bellezza indescrivibile. Raffinata ma anche semplice, camminava con grazia sopra due minuscoli gigli dorati, dava ordini alle cameriere con voce decisa ma anche gentile e il suo profumo esotico si espandeva per tutta la stanza. Per un attimo pensai a una nuova favorita, più giovane, più pudica e di sangue aristocratico a giudicare dal comportamento, ma poi mi guardò negli occhi.
I suoi grandi occhi color del fuoco e la luce in essi racchiusa, minore rispetto a quella di tanti anni fa, mi fecero indietreggiare.
Solo allora mi resi conto che quella meravigliosa ed austera ragazza era Yonggang, mutata in modo incredibile dopo anni di solitudine e sofferenza, da quello che riuscivo a leggere nel suo sguardo.”
 
“Tua madre non era più la bimba allegra di un tempo. Era sempre una ragazza bella e intelligente, incredibilmente bella e intelligente a dire la verità, ma sembrava aver perso quella vivacità che la caratterizzava. Parlava con raffinatezza, arguzia e un pizzico di ironia, era seria, posata, elegante, ma in modo diverso dalle altre aristocratiche.
Lei . . . sembrava non appartenere a questo mondo. Sembrava un essere divino esiliato per un motivo sbagliato sulla terra e sofferente per tale punizione. Ogni suo gesto colpiva chi la vedeva, ogni sua parola rimaneva scolpita nella mente di chi l’ascoltava, e la sua sola presenza incantava chiunque si trovasse vicino a lei.
Ma ciò che colpiva più di lei era la sua indomabilità.
Per quanto suo padre tentasse di tenerla sotto controllo, ella riusciva sempre a fare ciò che voleva. La vidi più volte scherzare e parlare amabilmente con gli inservienti. Spesso spariva per ore senza che nessuno riuscisse a trovarla. Si prendeva abilmente gioco di chiunque parlasse con lei e non degnava neanche di uno sguardo i suoi numerosi corteggiatori. Yung Kan Te mi rivelò che aveva tentato la fuga moltissime volte, ma i suoi gigli dorati, benché più forti di quelli di molte altre donne, le avevano sempre impedito di andare abbastanza lontano da non essere riconosciuta in tempo e riportata a casa.
Yung Kan Te la puniva duramente per questi suoi atteggiamenti. Sgridate, punizioni, botte . . . nella settimana che trascorsi in quella casa vidi di tutto e di più.
Ma niente riusciva a piegare tua madre.
Poteva fargli di tutto, ma quella ragazzina si rialzava sempre, lo guardava negli occhi a mo’ di sfida e gli rispondeva :’Tutto qui?’.
Era davvero forte, proprio come il suo nome.
Credo che il fatto di essere cresciuta in quella casa da sola, senza avere il conforto di braccia che l’abbracciassero o la proteggessero, le abbia fatto sviluppare una corazza capace di proteggerla da tutto e tutti.
Inoltre, io ho paura che . . . che tua madre abbia visto morire Mei Te. E temo che la sua morte non sai stata causata dalla sua precaria salute, ma da un gesto d’ira incontrollata di Yung Kan Te.” la voce gli tremò.
 
“Cosa? Perché?” Tigre non credeva alle sue orecchie. Suo . . . suo nonno aveva ucciso sua nonna? Come Shang Chiang aveva ucciso sua madre? Non . . . non era possibile. Non doveva!
 
“Vedi, il giorno prima della mia partenza parlavo con lei ed improvvisamente Yonggang, guardando il vuoto, mi disse “Io penso che noi donne abbiamo due facce, maestro Shifu. Una, l’unica che il mondo riesce e vuole vedere, è debole, spaventata, fragile. L’altra, invece, è forte, coraggiosa, dura come il ferro. Però questa faccia è quasi sempre nascosta, perché questa nostra malsana società non ci permette di mostrarla. E, se lo facciamo, veniamo pesantemente punite. Proprio come mia madre. Lei ha dovuto sempre mostrare la propria faccia debole. Sempre. E, l’unica volta che ha osato mostrare l’altra faccia di sé a mio padre, ha pagato. Ha pagato con la . . .con la vi . . .” a quel punto non riuscì più a continuare e con gli occhi lucidi scappò via.
Rimasi sconvolto da quelle parole.
Yung Kan Te non mi aveva mai detto nulla riguardo alla morte della moglie né dato modo di sospettare di lui, ma quando gli chiesi come Mei Te fosse morta, subito dopo ciò che mi aveva detto Yonggang, lui si fece strano e farfugliò che era morta nel sonno e che lui era assente quella notte, per cui se n’era reso conto solo il giorno seguente. E poi ribadì che la sua morte non lo toccava minimamente perché sua moglie era sempre stata una donna ribelle e irrispettosa che aveva insinuato in sua figlia il germe della disubbidienza e mi domandò allarmato come mai gli domandassi una cosa del genere dopo così tanto tempo.
Io mi sentii morire.
Quel comportamento valeva come una piena confessione! Yung Kan Te, il mio migliore amico, aveva ucciso sua moglie e lo nascondeva! Era diventato un assassino. E io ne venivo a conoscenza anni e anni dopo.
Ero sconvolto. Scioccato. Non sapevo cosa fare. Se gli avessi detto che ero a conoscenza della verità avrebbe sicuramente punito Yonggang. Ma non potevo tacere tale delitto. Così, decisi di partire subito, inventando una scusa, e di chiedere consiglio al maestro Oogway.
Lui non fu troppo sorpreso. Mi disse che, con il matrimonio, la maggior parte degli uomini cambia, intraprendendo strade simili, e molti alzano le zampe su mogli e figlie. E non è raro che queste muoiano a causa loro.
Gli chiesi cosa dovevo fare e egli rispose che avevo due scelte.
Potevo denunciare il suo crimine e perdere per sempre lui e la sua amicizia senza avere la certezza che sarebbe stato punito come meritava, oppure potevo cercare di riportarlo su una via più retta e giusta tramite la mia amicizia e le mie lettere, dandogli consigli e cercando di ispirargli affetto per quella figlia che tanto odiava.
Ci riflettei a lungo. Il mio senso di giustizia mi consigliava di rivelare la verità all’Imperatore, ma sapevo bene che raramente chi uccide le donne della propria famiglia, che sia per errori, ira o onore, viene punito, e anche se ciò fosse avvenuto egli avrebbe riversato la propria ira su Yonggang e odiato anche me, e io non volevo questo. Così decisi di seguire il secondo consiglio del mio maestro e cercai, tramite nuove visite e varie lettere, di aiutare Yung Kan Te.
All’inizio era sospettoso di tutto quel interesse riguardo sua figlia e dei miei consigli, ma pian piano iniziò ad ascoltarmi, o almeno così mi sembrava, e nelle sue lettere mi dava informazioni su di lei senza che io gliene chiedessi. Una volta, me lo ricordo bene, mi scrisse “Sai, credo che, quando troverò qualcuno degno di prendere il mio posto, dovrò somministrarle una bella dose di Sangue di Drago ogni giorno per evitare che scappi prima del matrimonio o che si ribelli la sera del suo fidanzamento.”
 
“Sangue di Drago?” la guerriera conosceva quel nome “ Ma non è una rara droga?”
 
“Si” annuì il panda minore “è una droga ed è capace di impedire a chi l’assume di controllare i propri muscoli, mantenendo però i sensi ben svegli. È molto rara e il processo con cui è creata è conosciuta solo dalle Tigri dell’Est. È molto usato dai Guerriero della Giustizia, che pagano profumatamente le tigri per averla, ed è utilizzata per bloccare i propri nemici, torturarli ed a volte ucciderli senza che possano ribellarsi. Io stesso l’ho utilizzata diverse volte, mischiandolo nel cibo o nelle bevande di chi dovevo catturare.”
“E allora perché sprecarla per una ragazza, se è così rara e importante?” La felina era confusa.
“Perché tua madre era più rara e importante del Sangue di Drago stesso, Tigre. Una Bocciolo di Loto vale più di tutto il suo popolo. È la pietra vivente sulla quale è fondata tutta la sua società. Se Yonggang fosse fuggita l’intera città sarebbe caduta nel caos. Niente Bocciolo di loto, niente dinastia Hua. Niente dinastia Hua, niente capovillaggio. Niente capovillaggio, niente Tigri dell’Est. Capisci? Per quanto il tuo popolo tenga in bassa considerazione le donne, è proprio su una donna che si basa tutto. Se ella viene a mancare è la fine.” spiegò Shifu.
 
Le pupille di Tigre si dilatarono.
Un terribile pensiero si era fatto strada nella sua mente.
Esitò un po’, prima di dargli voce.
“È . . . è per questo che Shang Chiang mi rivuole indietro? Perché gli servo per controllare tutto il sistema?” la voce della guerriera tremava.
Shifu abbassò lo sguardo, prima di rispondere.
“Temo di si, Tigre.”
 
 
Il maestro Vipera, nel frattempo, continuava piano e con sofferenza a parlare, poiché la ragazza di fronte a lui non dava alcun cenno di voler intervenire né di essere colpita da ciò che diceva.
“Non voglio cercare scuse per quello che ho fatto, piccolina, né per quello che ho detto o al fatto che non abbia mai cercato, prima di oggi, di rimediare. Voglio solo spiegarti il perché di tutto ciò.” Sospirò, prima di continuare.
“Vedi, noi uomini, soprattutto noi aristocratici, siamo sempre stati abituati a comandare e a costringere le nostre donne a fare ciò che volevamo.
Io non mi ero mai comportato come la tradizione comanda, e tu lo sai bene, ma con il passare del tempo le convinzioni si indebolisco. Si torna, spesso e volentieri, a seguire la tradizione e l’insegnamento degli antichi.
E, quando quel nobile mi chiese la tua mano, io, non so neanche perché, mi feci guidare da essi.
Ma tu” alzò lo sguardo per incontrare il suo, ma Vipera lo teneva fisso nel vuoto, decisa a non incontrare i suoi occhi ” tu avevi imparato da me e dal kung fu a pretendere la tua libertà e i tuoi diritti, come è giusto che sia. Ti sei ribellata. E io, non abituato a veder qualcuno contrastare la mia autorità, feci lo sbaglio più grande della mia vita. Uno sbaglio a cui, probabilmente, non potrò mai porre rimedio. “ la sua voce tremò a quelle parole.
“So di essere stato ingiusto. So di aver sbagliato. So che niente potrà rimediare a ciò che ho fatto. Ma voglio tentare. Almeno tentare ad aggiustare le cose. Anche se potrebbe essere l’ultima cosa che faccio.
Perché tu mi manchi, bambina mia. Tanto. Ti voglio bene, piccolina, te ne ho sempre voluto.
E non riesco più a sopportare il peso che mi porto dentro.
Mi dispiace, Vipera. È stata tutta colpa mia, colpa della mia debolezza.
Perdonami, se . . . se puoi . . .”. la sua voce si spezzò e lui abbassò lo sguardo a terra.
 
Una piccola lacrima, semplice, pura e perfetta come una perla, scivolò lungo la sua guancia destra.
Una lacrima che sapeva di dolore, pentimento, e rimorso.
Ma che sapeva anche di qualcos’altro.
Sapeva d’amore.
 
 
Tigre era sconvolta.
 
Non riusciva a capire più nulla. Assolutamente nulla.
Ma era furiosa, veramente furiosa.
 
Shifu le aveva nascosto tutto. L’aveva tradita. Oltre averle spezzato il cuore per anni, adesso l’aveva consegnata nelle mani del nemico, come un bel pacchetto regalo.
 
“Perché me lo dite solo ora, Shifu? Perché mi avete nascosto una cosa del genere? Perché mi avete costretto a seguirlo, illudendomi che poi, al termine dei due mesi, sarei potuta tornare alla mia vita di sempre, se eravate a conoscenza di ciò? Se sapevate che Shang Chiang ha bisogno di me per continuare a controllare le Tigri dell’Est e che quindi tornare indietro sarà quasi impossibile, una volta raggiunta la sua città, perché non l’avete impedito? Perché?” esclamò adirata, alzandosi con rabbia dalla sedia.
Il piccolo panda minore la guardò con lo stesso sguardo spezzato del giorno prima, quando le aveva restituito il medaglione.
“Per tre motivi” sussurrò piano in risposta “Primo, per quanto sentissi odore di bruciato, non potevo fare nulla per evitare che tu lo seguissi, essendo tuo . . . tuo . . .”
Non ce la fece a pronunciare la parola ‘padre’.
Abbassò lo sguardo, cercando di dominare l’istinto di piangere. Poi lo rialzò, facendosi coraggio, e continuò “Secondo, non sapevo ciò che volesse fare di te fino alla sera scorsa, e ancora ora non ho un’idea precisa di cosa abbia intenzione di fare, benché ormai sia chiaro che non ha intenzione di lasciarti andare, una volta raggiunta la sua città, e che per poterti aiutare a tornare al Palazzo di Giada dovremo agire con più attenzione e abilità di quanto io e i ragazzi pensavamo all’inizio, affinché non riesca ad impedirtelo. Terzo . . .” esitò “ ti avrei rivelato tutto questo anni prima, se solo avessi anche lontanamente sospettato che tu fossi figlia di Yonggang. Ma non avrei neanche potuto immaginarlo, nonostante la grande somiglianza che vi lega.”
“E perché mai?” sbottò la felina.
“Per spiegartelo devo partire dall’inizio.”
 
 
Vipera strisciò piano verso il vecchio, guardandolo intensamente sia con occhi da figlia che con occhi da donna ferita ed orgogliosa qual’era.
Lo raggiunse e, pian piano, silenziosamente, lo avvolse tra le sue spire, abbracciandolo e lasciandolo di stucco.
La ragazza non disse nulla, neanche una sillaba.
Ma non servivano parole per far capire all’anziano serpente che, in quel preciso momento, tutte le sue colpe, benché non potessero essere cancellate né dimenticate, erano state tutte dimenticate, e che la giovane guerriera, nonostante tutto, non aveva mai smesso di amarlo.
Il vecchio padre rispose dolcemente all’abbraccio, smettendo di cercar di trattenere le lacrime, e giurò a sé stesso che mai più avrebbe rischiato di perdere sua figlia.
Mai più.
 
 
“ Vedi, quando tua madre aveva appena diciotto anni, il generale Shang Chiang tornò alla sua città dopo anni di servizio nel Esercito Imperiale. “ Shifu aveva ripreso piano a raccontare, cercando di controllare la propria voce.
“Era un uomo rozzo, violento, crudele. Non sapeva quasi nulla della tradizioni e delle leggi del suo popolo, tranne quella riguardante alla successione dei capiclan. Si era sposato dieci volte e tutte le sue mogli erano morte in strane circostanze, senza lasciargli eredi. Aveva una brutta fama ed era noto per il suo modo brutale di uccidere. 
Però, quando tornò, fu data una grande festa in suo onore e egli si invaghì subito di Yonggang.
Sfidò tuo nonno e lo vinse, ottenendo la zampa della ragazza. Cercai di convincere Yung Kan Te a cambiare idea, conoscendo la storia di quel uomo, ma non ci fu verso e pochi mesi dopo i due si sposarono.
Fui invitato alla cerimonia e lì, quando vidi tua madre, non la riconobbi.
Non era più Yonggang.
Era un involucro vuoto, senza vita né anima. Il suo corpo era pieno di lividi. I suoi occhi color del fuoco erano spenti. La luce che a lungo li aveva abitati era sparita. Era immobile, insensibile, con lo sguardo perso nel vuoto. Non parlava, non mangiava, non faceva nulla, come se non avesse più la forza per andare avanti.
Il letto matrimoniale, invece di un posto sicuro, era diventato la sua croce.
Due mesi dopo, improvvisamente, Yung Kan Te morì nel sonno.” La sua voce tremò in questo punto, ma appena un poco.
“Fui distrutto dalla notizia della sua morte e andai con il padre di Vipera ad assistere al funerale.
Yonggagn non sembrava distrutta per la sua perdita. Anzi, sembrava quasi che stesse meglio del giorno del matrimonio. Il suo corpo, ancora coperto di lividi, aveva ripreso vitalità, come il suo sguardo. Una debole luce, fantasma di quella che aveva posseduto nei giorni passati, era tornata a brillare. Il suo ventre era più gonfio del normale.
Stava aspettando te.”
 
A quelle parole Tigre sentì il proprio cuore come stretto in una morsa.
 
“Ricordo che non parlammo quasi per niente, ma quando andai a salutarla prima della mia partenza lei mi si avvicinò, si abbassò e mi sussurrò “So che, mentre mio padre era ancora in vita, avete cercato più volte di inspirargli un po’ di affetto per me. So che gli avete proposto di farmi diventare una guerriera. So che gli avete consigliato di annullare il mio fidanzamento. Vi ringrazio per questo. Davvero. Vorrei tanto che il padre della creatura che sta crescendo del mio grembo fosse anche solo lontanamente simile a voi.” e, con queste parole, si alzò e si voltò, entrando nella prigione che era la sua casa. Fu quella l'ultima volta che vidi tua madre.”
 
Shifu abbassò lo sguardo a terra.
 
“Tornai al Palazzo con le sue parole che ancora mi risuonavano nella mente. Non sapevo che si trattasse di un addio. Del suo addio.
Passarono i mesi. Una mattina di maggio scoppiò una grande e terribile tempesta, come non se n’erano mai viste prima. Mi parve molto strano, visto che era ormai da un mese che il sole splendeva, padrone del cielo. Il maestro Oogway mi disse che a volte il tempo ci preannuncia una grande gioia o una grande disgrazia. E fu così.
Il giorno dopo venni a sapere che il generale Shang Chiang era tornato da una guerra contro le Tigri dell’Ovest e si era subito recato nella stanza della moglie, la quale doveva aver partorito un mese prima. Nessuno, a parte la serva di Yonggang, sapeva ancora qualcosa riguardo al parto.”
 
“Perché?” chiese la guerriera, sorpresa ma ancora infuriata con il piccolo maestro.
 
“Vedi, le tigri esigono che le proprie donne partoriscano in una stanza, nella quale devono restare confinate per tutto il Mese della Nascita, cioè il mese di riposo che segue il parto. Nessuno, tranne il marito e la serva che si occupa della partoriente, possono entrare, e entrambi sono tenuti a mantenere il segreto su ciò che avviene in quella stanza. Solo al termine del Mese la giovane mamma può uscire e può essere reso noto l’esito della nascita e il sesso del bambino.
Poiché Shang Chiang era in guerra, ad aiutare Yonggang era rimasta solo una serva a lei molto affezionata, dai grandi occhi color del ghiaccio. Un ex lucciola, se non sbaglio, che tua madre aveva tolto dalla strada proprio il giorno dell’arrivo di Shang Chaing. Era l’unica, nella città, a sapere.
Il generale tornò un mese dopo, disse, e si ritrovò davanti agli occhi uno spettacolo raccapricciante: il cadavere ormai in decomposizione di sua moglie, probabilmente morta durante il parto. Nessuno, a parte lui, vide questa scena.
Cercò la serva per chiederle spiegazioni, ma non riuscì a trovarla, benché gli altri servitori affermassero che l’avevano vista per l’ultima volta poco prima che egli arrivasse.
Durante la notte portò fuori il corpo e lo bruciò, lontano da occhi indiscreti.
Il giorno dopo, disse, trovò nascosto, in una vecchia cassapanca nella camera da letto, un altro cadavere, anch’esso in decomposizione.
A questo cadavere, chiuso senza che nessuno potesse vederlo in una piccola cassa costruita apposta quel giorno stesso, fece un gran funerale, degno di un erede.”
 
“Di un erede?” le pupille della felina si restrinsero. La sua mente aveva già intuito, con stupore, disgusto e sgomento, quello che Shifu voleva dirle, ma voleva sentirglielo dire. Voleva sentire le sue labbra pronunciare la verità, per quanto crudele fosse.
 
“Si” annuì il piccolo panda rosso, con fare grave e con la voce che gli tremava “perché, almeno così disse a tutti, quel corpo apparteneva al figlio nato morto che Yonggang gli aveva dato.”
 
 
 
 
 
La Tana dell’Autrice
 
Eccomi qui! Vi sono mancata? – Scimmia: Perché lo chiedi ogni volta? È normale che non gli sei mancata, sei insopportabile! Ma perché non ti hanno ancora cacciato da qui, si può sapere? –
 
Ignorate il primate, prego.
 
Allora, che dire? Non ho ancora risposto a nessuna recensione! – Scimmia: e lo dici così, come se ne fossi orgogliosa? – A differenza di quello che dice ‘sto scemo qui mi vergogno molto di ciò. Il fatto è che non sto avendo proprio tempo per scrivere e leggere, sono nei casini fino al collo! Uffi, ma la scuola quando finisce? Comunque le leggo sempre e cercherò di rispondere a tutti il prima possibile, promesso! –Shifu: Non dovresti fare promesse che non puoi mantenere, bambina.-
 
Per il capitolo . . . non voglio dire niente, solo che i misteri e le sorprese non sono ancora finiti e non tutti è come sembra . . .
Fatemi sapere cosa ne pensate, davvero, sono terrorizzata! Ho avuto difficoltà a scrivere ‘sto capitolo, è così complicato! Comunque, avete notato che anche questo è di 10 pagine Word come il precedente? Voglio cercare di scriverli tutti così, se non più lunghi, perché le cose da dire sonoi davvero troppe e voglio finire la fic prima del prossimo anno – e procedendo così non ce la farò mai!-.
 
Ecco le soluzioni delle vecchie canzoni:
 
  • Keep Holding on, Avril Lavigne; la canta Po a Tigre – Po: Ma perché le dobbiamo cantare sempre io e lei? Io: Forse perché lei è la dannatissima protagonista e tu il suo dannatissimo innamorato, Po? Po: ah, ora ho capito . . .-
    - Controvento, Arisa; Di nuovo Po a Tigre, ma potrebbe essere anche Vipera a Tigre o Vipera a Tigre, ma in maniera minore –non importa se la voce originale è femminile o maschile, nella mia fantasia non combaciano quasi mai-
    - Uguale a lei, Laura Pausini ; ma quanto siete bravi! Si, Era Tigre a cantarla riferendosi alla madre, ma potrebbe essere anche Po a cantarla a Tigre – dal prossimo capitolo il perché sarà chiaro e palese, tranquilli!-
 
Le nuove canzoni sono:
 
      - Hear me, Kelly Clarkson
      - Unconditionally, Katy Perry
      - Non ho che te, Alessandra Amoroso
 
Ah, prima di dimenticarmi: Carissima Lunaevenere, la tua recensione lunghissima e profonda mi ha emozionato, veramente! Sono felice che ti piaccia così tanto e sono molto d’accordo con te per quanto riguarda la questione sulle donne . . . ben presto risponderò come si deve alla tua recensione, ma volevo almeno scrivertelo qui per farti capire che non sono una persona maleducata come potrebbe sembrare dal fatto che non ho risposto alle recensioni . . . – non lo faccio con tutti voi altri solo perché ci conosciamo da più tempo, so che siete comprensivi e che mi perdonate sempre e comunque, quindi non pensiate che faccia favoritismi! Lo faccio solo perché Lunaevenere è nuova e non voglio sembrare maleducata, cosa che non sono ASSOLUTAMENTE! Scimmia: Ahahahahahahahah! È la balla più grossa che abbia mai sentito! Io: Senti coso, oggi mi stai proprio scocciando! Se non ti tappi quella boccaccia tutti i tuoi biscotti finiscono nella pancia di Po, e sai bene che lui non lascia neanche le briciole! Scimmai: Non faresti mai una cosa così crudele! Io: Non sottovalutarmi piccolo . . . quando sono incavolata posso fare di tutto!-
 
Ok, dopo questo chilometrico sclero vi lascio! Un bacio a tutti!
 
T.r.

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Capitolo 24
*** Conforto ***



Conforto

 
 
 
 
“Un figlio nato morto . . . “
 
Tigre ripeté sottovoce quelle parole, masticandole come se fossero una medicina amara che doveva prendere per forza.
 
“ . . . e nessun’altro, oltre a lui, lo ha mai visto?”
 
Shifu scosse la testa “No. Perché non c’era nulla da vedere.”
Le pupille della ragazza si restrinsero ancora di più.
“Quella cassa era vuota. Non aveva trovato nessun bambino. Era tutta una bugia, una bugia per salvare il suo onore. Doveva essere solo temporanea, creata sul momento per dargli il tempo di trovarti senza che nessuno sospettasse nulla.  O almeno, così mi ha detto quando si è presentato alla Grotta del Drago.”
La ragazza chiuse gli occhi, riflettendo su quello che le era stato detto.
“Capisco” mormorò con un po’ di ringhio nella voce “era più importante salvaguardare il suo onore con un figlio inesistente che partire subito alla ricerca di una figlia scomparsa che glielo avrebbe fatto perdere.”
Il panda minore la guardò sconsolato. Non sapeva cosa dirle per consolarla. In fondo, cosa si poteva dire a qualcuno che non solo era stata abbandonata per anni, ma la cui esistenza era stata anche rinnegata, mettendo al suo posto quella di un inesistente erede?
“E perché ora ha deciso di interrompere tutta la sua messinscena?” domandò la giovane, riaprendo gli occhi e posandoli sul suo maestro “Si è reso conto che senza una Bocciolo di Loto il titolo di capoclan non vale nulla?”.
Shifu sospirò “Temo di si. Lui invece sostiene che in tutti questi anni ha continuato a cercarti di nascosto ma invano, poiché seguiva una falsa scia. Vedi, la sensale aveva detto che tua madre aspettava un maschio, non una femmina. Così lui cercò orfani di tigre, non orfane. Solo poco tempo fa, parlando con lei, ha scoperto che in realtà Yonggang era incinta di te e che l’aveva pagato per nasconderglielo.”
“E perché?” domandò la felina, confusa.
“Non lo so. Credo che . . . credo che tua madre avesse paura che Shang Chiang non avrebbe accettato che il suo primogenito fosse una bambina e che avrebbe tentato di interrompere la gravidanza, ma è solo una mia ipotesi. Non conosco la verità. Quella la conosceva solo Yonggang e, forse, la sua serva dagli occhi di ghiaccio.” rispose piano il vecchio.
Tigre rimase in silenzio per un po’, riflettendo, e poi chiese ancora “Quindi, dopo aver scoperto la realtà sul mio sesso, è risalito fino a me?”.
Il panda rosso abbassò la testa “Si” assentì “eri praticamente l’unica orfana di tigre in tutta la Cina. Le femmine di tigre sono così rare . . .  Il tuo orfanotrofio non era troppo lontano del tuo villaggio d’origine, hai la giusta età e la tua incredibile somiglianza con Yonggang basta ad eliminare ogni suo dubbio in chiunque l’abbia vista anche solo una volta. E poi, la tua voglia . . . ne eravamo a conoscenza solo tu ed io. Non può essere una prova fasulla. Forse, in tutta questa storia, è l’unica verità.“
La ragazza annuì, con la mente presa da mille pensieri.
“Questo . . . questo è quello che posso dirti, Tigre. Avrei voluto rivelarti tutto questo prima, ma . . .” la voce di Shifu si spezzò.
La felina mormorò un ‘capisco’ e, senza neanche guardarlo in faccia, si alzò e fece per andarsene.
 
“Aspetta.” La voce del piccolo panda, ansiosa, tremante, spezzata, la bloccò e lei rimase lì, di fronte alla porta chiusa, ad ascoltare con un fremito nel cuore.
“Io . . .” Shifu esitò, ma poi respirò a fondo e continuò “ . . . io non so quanto ti ho ferito in tutti questi anni, Tigre. Non posso saperlo. Posso solo immaginarlo. E soffrirne. Ho sbagliato, e me ne rendo conto solo ora. Ti ho trattato sempre come se non fossi nulla, ma non è così. Tu sei sempre stata molto per me, Tigre.
Io . . . io avevo giurato a me stesso di non affezionarmi mai più a nessun bambino, meno che mai ad un allievo, dopo quello che era successo con Tai Lung. Ho cercato di eliminare ogni sentimento, ma ho fallito. Mi sono affezionato a te, Tigre. Forse . . . forse dalla prima volta che ti ho visto, abbandonata in quella stanza d’orfanotrofio così simile ad una cella, fragile eppure forte come il ferro. E quando me ne sono reso conto, sono caduto nel panico. Non sapevo cosa fare. E, per evitare gli errori del passato, ho cercato di nascondere tutto questo. Di non provare più nulla. Di non mostrare più nulla. Ma, facendolo, ho sbagliato ancora di più.
Io . . . io non voglio perderti, Tigre, anche se forse l’ho già fatto. Non voglio. E per questo, ti . . . ti chiedo perdono, anche se so che non basta, non può bastare.”
Tigre esitò a rispondere, con il cuore che le batteva a mille. Ma, quando rispose, il tono era così triste e severo, troppo provato da anni di sofferenza e amore negato, che fece tremare il vecchio “Avete ragione. Chiedere perdono non basta. Non si può cancellare tutto e ricominciare come se nulla fosse accaduto. Perché è accaduto di tutto, qui, dentro di me. Perché, a causa vostra, io sono morta più e più volte. E non posso cancellare ogni dolore, ogni delusione, ogni ferita che ho dovuto sopportare a causa vostra, così, in un attimo. Non ho più la forza di perdonare e dimenticare. No, chiedere perdono non basta. Non più.”.
 
E, appena queste parole lasciarono le sue labbra, aprì la porta ed uscì, chiudendola subito dietro di sé in modo che il maestro Shifu non scorgesse neanche per un istante i suoi occhi lucidi e il dolore che essi celavano.
Quando la porta si chiuse quasi senza far rumore, scivolò a terra, sopraffatta dalle emozioni, con la testa tra le zampe e il cuore a pezzi.
 
Rimase così a lungo, con un tempesta che le infuriava nell’anima, e non si rese conto di non essere più sola fino a quando una voce dolce, calda, rassicurante, non la chiamò per nome.
“Tigre . . .”
La ragazza tolse velocemente le zampe dalla testa ed alzò lo sguardo, stupita.
Po, inginocchiato di fronte a lei, la guardava con i suoi grandi occhi color della giada .
“Po . . . “ Tigre provò a parlare, a spiegarsi, ma lui non le diede il tempo di pronunciare altro che il suo nome e la zittì dolcemente, poggiandole l’indice della zampa destra sulle labbra e sussurrandole piano “Shhh . . . non parlare, non serve.”
La giovane tigre lo guardò confusa e lui tolse il dito dalle sue labbra. Poi le accarezzò un braccio con fare rassicurante e le disse “Vieni con me.”.
 
La guerriera fece per scuotere la testa ed andarsene, come avrebbe fatto con chiunque altro in una situazione analoga.
 
Lei non aveva bisogno di nessuno.
Mai.
Poteva portare tutto quel peso da sola, per quanto le fosse gravoso.
Lei era forte, più forte di quanto gli altri pensassero.
Lei poteva cavarsela da sola.
Poteva e doveva.
Perché l’aveva imparato a sue spese: questo mondo non aiuta, non soccorre, non perdona. Questo mondo ti attacca alle spalle, ti tradisce, ti umilia, ti uccide.
E per sopravvivere, devi imparare ad essere più furba e forte di lui.
Devi imparare a mostrare i denti e a ringhiare.
Devi imparare ad attaccare prima che esso possa reagire.
Devi essere più forte del mondo.
E lei lo sapeva fin troppo bene.
 
Ma poi i suoi occhi incontrarono quelli del panda e lei rimase colpita da come la guardavano.
 
Nessuno, prima d’allora, l’aveva mia guardata in quel modo, quasi come se la sua serenità fosse il suo unico pensiero e desiderio.
Le tornò alla mente l’abbraccio di quella mattina, così caldo, rassicurante, dolce, e la sensazione di protezione che l’aveva invasa.
Le sembrò per un attimo di risentire le parole che Po le avevano sussurrato mentre la stringeva a sé.
Tu non sei più sola a lottare contro questa oscurità. Ci sono io qui con te. E non ti lascerò mai. Te lo prometto. Mai.
Perché continuare a lottare contro tutto questo da sola?
Perchè continuare ad evitare il suo aiuto?
Perché rifiutare ancora quella zampa sempre tesa verso di lei, l’unico sostegno di cui sentiva che si poteva fidare?
Perché doveva dannarsi da sola, dando ascolto solamente al suo orgoglio e alla sua paura?
Perché non fidarsi?
Si era già lasciata andare più volte con lui e ogni volta la sua anima ne era uscita più forte e speranzosa.
Perché continuare a tenere le distanze?
Perché non iniziare veramente a seguire ciò che il cuore le sussurrava?
 
Pian piano, quasi esitante, Tigre si sollevò da terra e il Guerriero Dragone l’accompagnò dolcemente nella sua stanza.
 
La fiducia che riponeva in Po aveva vinto di nuovo sulla paura.
 
Come ogni volta che incontrava il suo sguardo, del resto.
 
 
 
Po chiuse silenziosamente la porta della sua stanza, fece sedere la felina sul suo letto e si mise accanto a lei, guardandola attentamente.
 
Quando, stremato dagli spiriti volpe che gli impedivano il sonno, si era alzato per bere un bicchiere d’acqua e aveva visto Tigre per terra, aveva subito capito che la ‘chiacchierata’ con il vecchio panda minore doveva aver rivelato verità a dir poco spiacevoli.
Ma solo quando aveva incontrato il suo sguardo si era reso conto di quanto quelle parole di cui non conosceva il contenuto l’avessero colpita nel profondo.
 
La giovane tigre teneva lo sguardo fisso nel vuoto, come se non fosse veramente lì.
Sembrava circondata da una bolla di vetro, per quanto era lontana e fredda. Ma, dietro quella bolla di vetro, lei stava velocemente cadendo a pezzi sotto gli occhi increduli e un po’ spaventati del panda.
“Tigre . . .” la chiamò piano il Guerriero Dragone, quasi temendo che il più piccolo suono potesse farla crollare del tutto.
La ragazza si voltò lentamente verso di lui e lo guardò con i suoi grandi occhi tremanti, nei quali il giovane riuscì a vedere la muta richiesta d’aiuto che nessuno sembrava udire.
Allora, Po spalancò le braccia e Tigre ci si tuffò dentro, come un fiume che trova finalmente riparo nel mare.
 
Rimasero così a lungo, lei fragilmente rannicchiata tra quelle calde e rassicuranti braccia, tenendosi aggrappata al pelo bianco e nero del suo compagno come se fosse l’unico legame alla sua tanto desiderata pace, e lui che la stringeva con dolcezza a sé, accarezzandola e cercando di rasserenarla.
Solo quando al stretta dolorosa che stringeva il cuore della giovane guerriera si fu un po’ allentata, ella prese a raccontargli, senza che il ragazzo glielo chiedesse, tutto quanto. La sua discussione con Shifu prima della partenza, la sua rabbia, il suo dolore, e poi le mille rivelazioni di Shifu sulla sua famiglia, su sua nonna, suo nonno, suo padre, sua madre, quello che era successo dopo la sua nascita, il dialogo finale con Shifu: tutto.
Non sapeva neanche lei perché lo stesse facendo, ma ad ogni parola si sentiva un po’ più leggera, come se un macigno le venisse levato pian piano dal cuore.
Il panda ascoltò tutto in silenzio, continuando a stringere la tigre tra le sue braccia. Poi, quando il racconto finì e Tigre si lasciò sfuggire un singhiozzo, le posò un dolce bacio sulla testa che stupì sia lei che lui, ma che riuscì a calmarla un po’.
 
“Tranquilla, Tigre” le sussurrò “Ci sono io qui con te. Ti aiuterò ad affrontare tutto questo. Andrà tutto a posto, vedrai.”.
La giovane si rannicchiò ancora di più nel suo abbraccio “Come fai a dirlo? La mia vita è un casino. Io sono un casino. Tutto questo è un casino. Come fai ad esserne così certo che tutto si risolverà?” mormorò.
Po le sorrise “Perché ci sono passato. Anche a me sembrava che tutto fosse sbagliato e confuso. La mia stessa esistenza  mi sembra un gigantesco sbaglio. Non sapevo chi ero, da dove venivo, cosa mi avesse trasformato in quello che ero, cosa ne sarebbe stato di me. Credevo che non sarei mai riuscito ad uscire da questa situazione. Ma alla fine ce l’ho fatta. Ho scoperto il mio passato. Ho capito quale fosse il mio posto. Ed ho ritrovato me stesso. E sai chi mi ha aiutato a fare tutto questo? Tu.”
A quelle parole la felina alzò la testa, confusa “Io?” chiese, guardandolo stupita in volto.
Il Guerriero Dragone annuì “Esatto, tu. Tu ci sei stata, quella notte in cui stavo crollando. Mi hai ascoltato. Mi hai sorretto. Mi sei sempre stata vicina, anche quando Shen aveva mentito sui miei genitori. Mi hai impedito di perdere me stesso e mi hai aiutato ad essere chi sono. Anzi, posso praticamente dire che tu mi hai reso chi sono. E per questo non potrò mai ringraziarti abbastanza.”
Tigre si sentiva ancora più confusa “Ma cosa stai dicendo? Io non ho fatto nulla di tutto questo.”
All’improvviso gli tornarono in mente le parole che tempo prima gli aveva detto il signor Ping “Lo hai già aiutato moltissimo, Tigre. E continui a farlo ogni giorno.”.
Po scosse la testa “Hai fatto più di quanto immagini. Ma ora basta parlare. è tardi, tu sei distrutta e domani dobbiamo viaggiare molto. Ti accompagno nella tua stanza, così potrai provare a riposare un po’. Ne hai bisogno. Se vuoi, domani mattina durante l’allenamento privato discuteremo di quello che è successo e vedremo cosa fare.”.
I due si sciolsero dall’abbraccio, ma la giovane guerriera non si mosse dal letto “Non servirebbe a nulla tentare di dormire.” sbottò “Non dopo tutto questo”.
Già se li immaginava, gli incubi che si sarebbero aggiunti d’ora in poi ai suoi tormenti notturni.
Shifu con due faccie, una che piangeva e l’altra che rideva crudele . . . suo nonno che ammazzava sua nonna di fronte a tutto il popolo che lo lodava . . . suo padre naturale che sgozzava sua madre . . . il sangue di lei che macchiava il medaglione che un cadavere di cucciolo di tigre portava al collo . . .
Chiuse gli occhi con repulsione e strinse i denti.
Il panda la guardò, tristemente, e capì a cosa stesse pensando.
Non poteva lasciarla sola, non quella notte, dopo tutto quello che aveva scoperto.
“Se vuoi . . .” esitò, un po’ imbarazzato, ma poi continuò “ se vuoi puoi stare qui a dormire, per stanotte.”.
Tigre spalancò gli occhi, sorpresa, e lo guardò “Come?”.
“Ecco . . . puoi dormire nel mio letto. Io starò sulla sedie e poi domattina, prima che gli altri si sveglino, ti riaccompagno in camera tua.” borbottò il guerriero, un po’ rosso “ So che è brutto dormire da soli quando . . . quando si hanno delle preoccupazioni del genere e  . . . e quindi . . . “.
“Ma Po, io non posso restare. Insomma, ti sono stata già di troppo peso . . .” cercò di dire la ragazza.
“Ma quale peso?” ribatté il giovane “ Sei mia amica, lo hai scordato? E gli amici si aiutano a vicenda! E poi non mi sentirei tranquillo a lasciarti da sola ora!”.
Tigre esitava ancora, ma poi trasse un bel respiro e mormorò così piano che Po quasi non riuscì a sentirla “ Grazie . . . “
 
 
 
 
La tana dell’autrice
 

 
Si, lo so, sono sparita da questo fandom da secoli e l’ultimo aggiornamento di questa fic risale a mesi e mesi fa. Avrei voluto farmi viva prima, ma purtroppo, oltre al mio solito terribile blocco da scrittrice – non sono riuscita ad aggiungere una sola parola a questo lavoro per settimane e settimane- ho avuto molti impegni e problemi, alcuni dei quali anche un po’ pesanti. Comunque sono tornata e spero di riuscire ad aggiornare più puntualmente.
 
Il capitolo questa volta è più corto dei precedenti, ma nei prossimi ho intenzione di rifarmi.
 
A presto
 
T.r.
 
P.s. scusatemi per la mia mancanza di brio nelle note, ma sto passando un periodaccio ed essere allegra è un po’ difficile. Gli altri scritti che sto realizzando in questo periodo rendono bene il mio ‘periodo buio’! Sono tutti deprimenti! Ahahah!
Ma presto, lo prometto, tornerò la Tigre Rossa di prima! Un bacione!

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Capitolo 25
*** Riflessi del passato ***



Riflessi del passato
 
 


 
Un’ombra correva sotto la luce pallida e fredda della luna, incurante del freddo, della fame e della stanchezza. Ogni tanto si fermava per cercare una traccia che gli indicasse la strada da seguire, ma non ne trovava nessuna, e ciò lo gettava nello sconforto più nero.
 
Erano già passati quattro giorni da quando colei che cercava era partita dal Palazzo di Giada e ritrovare qualsiasi segnale che gli indicasse la via da seguire era estremamente difficile.
 
Avrebbe voluto fermarsi a riposare, ma sapeva che non poteva permettersi di aspettare ancora, se voleva trovare una traccia che lo portasse da lei.
 
Quindi continuava ad andare avanti, sostenuto dal suo desiderio e da tiepidi riflessi di giorni ormai passati . . .
 
 
Tigre lo scrutava con i suoi occhi di fuoco, tenendo scrupolosamente la guardia alzata ed osservando ogni suo movimento con attenzione.
Lui non aspettò neanche un secondo: subito si lanciò verso di lei con una serie di pugni combinati, ringhiando.
La guerriera, con un movimento fluido come l’acqua, li evitò facilmente ed, abbassandosi al livello del terreno, lo stese con una velocissima spazzata, mandandolo a tappeto.
Il giovane, cadendo, sbatté con forza la testa a terra. Si alzò con un gemito, massaggiandosi la zona offesa del capo.
Lei lo guardò e un live sorriso si formò sulle sue labbra.
“Abbiamo parecchie cose su cui lavorare.” mormorò senza astio, offrendogli una zampa per rialzarsi.
Il ragazzo le sorrise e prese la zampa, alzandosi da terra “Sono qui per imparare, Tigre.” rispose, facendo un piccolo inchino.
La coda della giovane si mosse freneticamente, segno inequivocabile della sua agitazione, e lui non poté fare a meno di notarlo con un certo compiacimento.
 
 
“Ehi, sto entrando!” esclamò il giovane, spalancando la porta della camera di Tigre.
 La guerriera era seduta sul letto e teneva gli occhi chiusi, in meditazione. Non si mosse né aprì gli occhi, ma lo rimproverò a bassa voce “Non sai che si bussa, quando si entra nella camera di qualcuno?”.
Lui sorrise lievemente e si avvicinò al letto “A me vengono sempre perdonati questi piccoli, insignificanti errori.” rispose allegramente “Che cosa fai?”
“Non si vede?” domandò, continuando a tenere gli occhi chiusi “Medito.”
Il ragazzo si sedette accanto a lei e la osservò.
Sembrava così tranquilla, così rilassata, così serena . . .
“Non ti avevo mai vista meditare.” mormorò con un filo di voce, avvicinandosi a lei.
La giovane  non rispose. Stava cercando di concentrarsi, ma la presenza e soprattutto la vicinanza del giovane non glielo permetteva.
“Non ti avevo mai visto così serena e tranquilla” le sussurrò all’orecchio “Non sembri neanche tu. Sembri una dea. Si, la dea della saggezza, Lien Hua, la figlia dei fiori di loto.”.
La felina rimase immobile, trattenendo quasi il fiato, mentre lui le accarezzava la guancia con una zampa e poi le infilava qualcosa dietro l’orecchio.
Un po’ esitante, la ragazza socchiuse gli occhi e con la zampa destra sfiorò delicatamente il fiore di loto che il giovane le aveva donato.
Lui le sorrise e riavvicinò le sue labbra all’orecchio di lei “Ed ecco un fiore per la mia dea . . .”
 
 
“Ma dove stiamo andando?” chiese Tigre, guardandolo.
Lui sorrise“È una sorpresa, piccola. Dai, vieni.” Le fece, porgendole la zampa sinistra per aiutarla ad arrampicarsi, benché sapesse benissimo che lei non aveva bisogno del suo aiuto.
La ragazza la guardò solo un attimo, prima di afferrarla e di iniziare ad arrampicarsi dietro di lui.
Procedettero così per un po’, attraversando infine una specie di stretto passaggio alla fine del quale si apriva un enorme prato pieno di fiori e di luce.
“Uau!” esclamò la fanciulla, affascinata“Come hai fatto a trovare questo posto?”.
“Fortuna. Cercavo un posto per stare solo con te e ho trovato questo prato. Bello, si, ma mai come te.” rispose lui guardandola con il suo solito sguardo affascinante.
Si sedette per terra e picchiettò con la zampa destra lo spazio accanto a lui. Tigre si mise lì e rimase a guardare la parte opposta al suo compagno, cercando di nascondere l’imbarazzo causato dalla sua frase.
“Non fare così” le disse il ragazzo, accarezzandole una guancia con delicatezza e facendole girare dolcemente la testa verso di lui “Sei veramente molto bella, troppo bella anzi.”.
A quel gesto e soprattutto a quelle parole la guerriera arrossì lievemente ed abbassò lo sguardo, imbarazzata.
“Così bella da farmi impazzire . . .” le sussurrò sensualmente, avvicinandosi sempre di più con il corpo e, soprattutto, con il volto, mentre lei alzava lo sguardo, quasi intimorita, e vedeva le labbra di lui avvicinarsi pericolosamente alle sue, molto pericolosamente . . .
 
L’ombra sorrise, mentre le immagini di quei momenti mai dimenticati scorrevano davanti ai suoi occhi, e prese a correre con più forza.
 
Presto l’avrebbe rivista. Avrebbe rivisto Tigre, la sua Tigre, dopo tutti quegli anni, e tutto sarebbe stato come allora, anzi, sarebbe stato meglio, molto meglio . . .
 
All’improvviso, gli tornarono in mente le parole di maestro Bue, gelide e crudeli come la lama di un pugnale ‘Po la seguirebbe in capo al mondo. Sono molto legati, quasi come se fossero fratelli. Darebbero la vita l’uno per l’altra, me ne sono reso conto sin dalla prima volta che li ho visti insieme. Se non conoscessi bene la ragazza, direi quasi che presto la Cina avrà una giovane nuova coppia di cui vantarsi.’.
 
L’ombra ringhiò.
 
Aveva sentito varie notizie ed indiscrezioni su questo strano Guerriero Dragone, ma nessuna l’aveva allarmato tanto quanto ciò che il suo amico Feng gli aveva detto di aver visto, durante la battaglia contro il principe di Gong Ming, Lord Shen. E i commenti di quello stupido di maestro Bue non avevano fatto altro che aumentare la sua apprensione.
 
Scosse la testa e si concentrò sul cammino, stringendo i denti.
 
Sicuramente le sue preoccupazioni erano infondate.
Conosceva Tigre.
Non dava confidenza alle persone, in particolar modo agli uomini, non quanto loro avrebbero voluto almeno. E, soprattutto, non avrebbe mai messo a rischio il suo titolo, il kung fu, la sua intera vita, per un semplice panda. Forse nemmeno se fosse stato un dio.
 
Un lieve sogghigno si formò sulle sue labbra.
 
In fondo, a breve, il vero dio sarebbe stato lui. Ed avrebbe avuto quella tanto sospirata dea al suo fianco.
 
 
A diverse miglia di distanza, Tigre si rigirò nel letto per la medesima volta, con un ringhio innervosito.
Anche se si era coricata ormai da un po’, non riusciva a prendere sonno. Mille pensieri le attraversavano la mente e, benché stare in camera con un'altra persona la rassicurasse, non riusciva a mettere a tacere ciò che la tormentava.
“Ehi, tutto ok?”.
La felina si mise a sedere e guardò verso al direzione da cui era giunta la voce di Po.
Benché la luce che entrava dalla piccola finestra in fondo alla camera fosse veramente poca, gli occhi della guerriera individuarono con estrema facilità la sagoma tondeggiante del panda seduto vicino dal letto.
“Si, Po, tranquillo. è solo che non riesco proprio ad addormentarmi.” rispose, osservandolo di sottecchi.
Era rimasta molto colpita dalla gentilezza e dalla proposta del Guerriero Dragone, ma doveva ammettere che dormire, da sola, nella sua stanza e addirittura nel suo letto, la metteva un po’ in imbarazzo.
Cioè, lei non si era mai fatta problemi quando si trattava di stare da sola, anche la notte o per lunghi periodi, con degli uomini. Dopotutto, era una donna che viveva in un ambiente unicamente maschile. Era abituata a trovarsi in situazioni imbarazzanti od ambigue ed aveva imparato a non preoccuparsene.
Però, dividere la camera con lui . . . non sapeva perché, ma le sembrava qualcosa di diverso, molto diverso. La faceva sentire sicura, ma anche a disagio, in qualche modo.
 
Po sorrise lievemente, grattandosi la nuca con fare nervoso. Nonostante fosse stato lui a proporlo, avere Tigre in camera sua lo metteva decisamente a disagio.
“Nemmeno io” ammise “Sono due giorni che non riesco ad addormentarmi, a dire il vero.”.
“Due giorni? Come mai?” chiese la felina, sedendosi un po’ più dritta e abbandonando totalmente il proposito di prendere sonno.
“Beh . . . diciamo che ho alcuni pensieri che non mi lasciano in pace.” spiegò il guerriero, mentre la sua mente tornava alla notte passata, quando aveva vegliato su di lei, addormentata, e le aveva sussurrato quelle parole, il suo giuramento, il giuramento che non avrebbe mai infranto.
“Pensieri? Su cosa?”
Po arrossì improvvisamente, preso alla sprovvista dalla domanda della giovane.
E ora?
“Ehm . . . roba varia, sai, allenamenti, la Valle, il ristorante di papà . . .” cercò di mentire, sperando con tutto il cuore che lei non si rendesse conto né del suo rossore né delle sue ridicole bugie.
“Sei un pessimo bugiardo.” disse Tigre, sorridendo divertita.
“Non sono un bugiardo!” esclamò il panda, cercando inutilmente di difendersi.
“Certo, e io sono bella.” sbruffò la guerriera, scuotendo lievemente la testa.
“Ma tu lo sei!” si fece sfuggire Po, diventando ancora più rosso “C-cioè . . . non si può certo dire che sei brutta . . . insomma, agli uomini . . . cioè, da quello che ho sentito . . . piaci a-abbastanza, ecco . . .  “.
La felina lo guardò, stupita, per poi mettersi a ridere. Era una risata così limpida, così naturale, ma così rara sulla sua bocca, che per un attimo il ragazzo rimase incantato da quel suono.
“Scusa” mormorò quando riuscì a fermarsi “ è che nessuno mi aveva mai detto che sono bella . . . o, almeno, non in questo modo . . .”.
Il suo sguardo, per un attimo, divenne triste, per poi tornare duro e freddo come la pietra.
Po notò subito quel impercettibile cambiamento.
“Va tutto bene?” chiese, esitante.
Tigre annuì “Non preoccuparti.” rispose “Ho solo . . . ho solo ricordato una cosa di tanto, tanto tempo fa.”.
Il panda rimase in silenzio, colpito da quell’atteggiamento e soprattutto da quella frase. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma sapeva che non avrebbe ottenuto nulla, se la guerriera non avesse voluto continuare di sua spontanea volontà.
Cosa che lei non volle fare.
“Allora . . .” disse la felina, tentando di cambiare discorso “ . . . come siamo messi con la ricerca di quella famigerata domanda sul perché hai deciso di praticare il kung fu?”.
Oh-oh. Dalla padella alla brace.
“Ah-ehm, ecco . . . domanda di riserva?” domandò Po, cercando di escogitare velocemente qualcosa.
La guerriera scosse la testa, sconsolata “Po, sono giorni che sto aspettando una risposta.” lo rimproverò delicatamente “E sai bene che senza di essa non possiamo procedere con l’allenamento.”
“Si, lo so, però . . .” il panda esitò “ . . . però davvero, non mi ricordo.”
La ragazza sospirò “Ti ho già detto che sei un pessimo bugiardo, Po. Smettila di mentirmi. Perché non ne vuoi parlare? Sono tua amica, e poi . . . e poi un ricordo non può mica fare del male.”
“Questo si” avrebbe voluto dirle il Guerriero Dragone “ e molto, molto male. Rovinerebbe tutto. E io non posso permetterlo. Non voglio permetterlo. Non voglio perderti, Tigre, e non voglio perdere la tua amicizia. E tu, probabilmente, hai già dimenticato. Quindi perché rischiare di soffrire tutti e due inutilmente?”.
Ma si limitò a restare in silenzio ed a fissare il pavimento.
Tigre lo osservò per un po’, e poi prese un bel respiro e mormorò lentamente e con una voce così bassa e lontana da sembrare quella di un’altra “Io ci ho messo un po’ per capire il mio vero ‘perché’.”.
Po alzò lo sguardo, stupito, e lo posò sulla felina, che continuò a parlare giocherellando con un lembo di coperta.
“All’inizio, credevo di voler continuare a praticare le arti marziali solo perché era l’unico modo per controllare la mai forza. Quando Shifu mi aveva insegnato a domare quella furia innata che è propria di tutte le tigri, a tenerla sotto controllo, a controllarmi, io ero così felice. Potevo stare insieme agli altri come se fossi una persona normale, senza rischiare di far loro del male o di vederli scappare via. Perché tutti, prima, mi tenevano alla larga, per proteggersi. E io mi tenevo alla larga da loro. Non volevo ferirgli. Non ho mai sopportato fare del male a qualcuno. Mai. Anche se è nella mia natura e nella natura della mia specie.
Poi, con il passare del tempo, il kung fu ha iniziato a conquistarmi. Ogni attacco, ogni difesa, ogni singolo movimento, avevano su di me un fascino irresistibile. Studiare tutto ciò che un corpo può fare e fino a dove ogni singola membra può spingersi, scoprire dove e come piegare ciò che sembra impiegabile, spingersi fino al proprio limite e superarlo . . . tutto questo esercitava su di me un fascino incredibile. Ero appena una bambina, ma le meraviglie che un corpo e una mente in perfetto equilibrio ed allenamento erano capaci di creare mi lasciavano a bocca aperta e desideravo con tutta me stessa emularle. Volevo combattere anche io in quel modo. Volevo essere brava come il maestro Shifu e il maestro Oogway, anzi, di più, molto di più. Volevo superare i miei limiti e raggiungere quella perfezione che è propria dei veri guerrieri. Così, lentamente, inizia ad allenarmi duramente per riuscire a realizzare quello che desideravo, senza rendermi conto che il kung fu mi stava dando qualcosa di più del semplice controllo. Mi stava dando uno scopo. E, senza uno scopo da seguire e per il quale andare avanti, la vita non è degna di essere vissuta.
Pian piano, il kung fu divenne più importante di tutto. Ogni cosa ruotava intorno ad esso. Non potevo nemmeno immaginare come sarebbe stata la mia vita senza, né riesco ad immaginarlo ora. Era ed è parte integrale di me, della mia esistenza e della mia anima. Preferirei morire che rinunciare al kung fu.
Per questo ho creduto a lungo che fossero queste due ragioni insieme a spingermi a continuare ad allenarmi ed a perseguire su questa difficile strada. Ma non era del tutto così. C’era un terzo motivo, una terza causa, quasi più importante delle altre due messe insieme”.
La giovane si fermò ed esitò, mordendosi incerta il labbro. una piccola goccia di sangue uscì dove la carne aveva incontrato le zanne.
“Il giorno ... il giorno in cui mi resi conto di quale fosse avevo circa sette anni. Ormai mi allenavo al palazzo di Giada da due, quasi tre anni, ma non ero mai uscita da lì per scendere al villaggio. Shifu non aveva mai voluto che andassi in giro, nonostante le mie varie richieste. Non so bene perché. Quel giorno, però, era un giorno speciale. Era la giornata conclusiva del Festival dei Fiori di Loto, durante il quale si riuniscono molti dei più forti guerrieri della Cina e si affrontano in un Torneo. Io morivo dalla voglia di andare ad assistere ed alla fine riuscii, con l’aiuto del maestro Oogway, ad ottenere il permesso, a due condizioni, però. Non dovevo assolutamente allontanarmi da lui e non avrei mai, per nessun motivo al mondo, combattere. Io promisi, eccitata, ma in mezzo a tutta quella confusione dimenticai in fretta le raccomandazioni del maestro e, appena lui si distrasse, mi allontanai. Non volevo disubbidire a Shifu o roba simile, ma . . . era la prima volta che mi trovavo in uno spazio aperto con così tanta gente e, soprattutto, gente allegra e luminosa, che non mi indicava con il dito o cercava un nascondiglio. Ero eccitata e curiosa. Forse anche troppo.”
La felina abbassò lo sguardo.
“Comunque, tutte questo entusiasmo scomparve quando sentii alcuni gridi e rumori provenire da un vicoletto poco illuminato. Mi avvicinai, sospettosa, e senza farmi notare mi sporsi per vedere cosa stesse accadendo. Quando lo vidi, per un attimo smisi di respirare.
Un gruppo di ragazzini stava picchiando ed insultando un bambino più piccolo che cercava inutilmente di proteggersi.”
Po sobbalzò e per un momento gli parve che il suo cuore si fosse fermato.
Tigre . . . Tigre ricordava quell’evento? Dopo tutto quel tempo, lei ancora ricordava il giorno in cui si erano incontrati per la prima volta?
La ragazza, che non si era accorta di nulla, continuò “Anche se è passato molto tempo, ricordo bene quell’evento. Non ricordo granché l’aspetto degli assalitori, né quello del bambino, ma ricordo ogni parola e ogni sensazione. Quei bastardi gli tiravano calci e pungi, insultandolo in tutti i modi possibili. ‘Scherzo della natura!’ ‘Abominio!’ lo chiamavano in questo modo e con altri termini orrendi e crudeli, come se il dolore fisico di quel ragazzino non fosse abbastanza.
Lui . . . lui era raggomitolato su sé stesso e cercava di allontanarsi e allo stesso tempo di proteggersi, ma era impossibile. Era solo contro tanti e poi . . . quale bambino sarebbe riuscito a fare qualcosa, sentendosi insultare in quel modo e venendo picchiato così selvaggiamente? Chiunque, al suo posto, avrebbe urlato e si sarebbe sciolto in lacrime, ma lui no. Lui stava lì e cercava di resistere, trattenendo il dolore dentro di sé.
Io . . . rimasi scioccata. Tutto il dolore, la paura, lo spavento di quel ragazzo mi avvolsero e quasi mi soffocarono. Avvertii le sue stesse emozioni. Per un attimo, un doloroso, tremendo attimo, rividi la mia sofferenza quando all’orfanotrofio mi chiamavano mostro. Risentii il mio dolore quando nessuno prendeva le mie parti e mi stava vicino, aiutandomi e proteggendomi. Mi sentii di nuovo sola e abbandonata.
‘Non è giusto.’ pensai ‘Non è giusto che soffra come ho sofferto io. Non è per niente giusto’. Così, mi feci avanti e urlai con tutta la voce che avevo in corpo ‘Lasciatelo stare!’.
Tutti si voltarono verso di me, ma gli aggressori si misero a ridere, vedendomi. Mi presero in giro, ma non mi mossi ed anzi ripetei loro quello che avevo già detto. Loro continuarono a ridere, ma io non ero in vena di scherzare. Ero arrabbiata. Molto. Più di quando stavo nell’orfanotrofio. ‘Cosa c’è? Avete paura di combattere contro una bambina, per caso?’ gli dissi ‘Non volete farvi la bua, è così?’. I ragazzi, punti sul vivo, si guardarono ed erano pronti ad attaccarmi. Io non aspettavo altro.
Il bambino aggredito, però, si era reso conto di cosa stava per accadere e mi gridò di andarmene.
Prima di scuotere la testa e di dirgli che non l’avrei lasciato, lo guardai negli occhi.
è l’unica cosa che ricordo distintamente di lui. Aveva degli occhi verdi, color della giada più luminosa, limpidi e sinceri. Somigliavano . . .” Tigre alzò lo sguardo ed incontrò quello del Guerriero Dragone “ . . . si, somigliavano tantissimo ai tuoi.”.
Prima che il panda potesse mormorare qualsiasi cosa, ella distolse lo sguardo e lo posò sulle sue zampe. Sembrava così nervosa. Probabilmente non aveva parlato di quell’incontro con nessuno, prima d’allora.
“Poi . . . poi il gruppetto mi attaccò. Li sconfissi tutti facilmente e loro, spaventati, scapparono come i codardi qual’erano.
Mi voltai verso il bambino, che mi guardava con gli occhi pieni di stupore. Io mi sentii bruciare dentro. Nessuno . . . nessuno mi aveva guardato in quel modo. Ero abituata ad essere osservata con sospetto, timore o severità, ma mai con stupore. Era . . . strano. Ma bello, in un certo senso.”
Tigre si morse un’altra volta le labbra.
“Gli porsi la zampa e l’aiutai ad alzarsi, e dopo che si fu alzato mi domandò Perché mi hai aiutato?’. Lui, come me, non era abituato ad essere aiutato. Doveva cavarsela da solo, sempre e comunque.
‘Perché avrei dovuto lasciarti nei guai se potevo aiutarti?’ gli risposi.
In quel momento, grazie a quello che era successo, a quel bambino e a quella domanda, mi resi conto di cosa mi mancava. Mi resi conto perché era così importante per me il kung fu.
Mi permetteva di aiutare le persone in difficoltà, le persone bisognose d’aiuto.
Potevo essere per loro quello che era stato Shifu per me.
Potevo evitare che ci fossero altre inutili sofferenze.
Potevo impedire che ci fossero altre persone come me o quel bambino, costrette a stringere i denti e nascondere le lacrime.
Grazie al kung fu, potevo proteggere chi mi circondava.
In quel momento, avevo trovato il mio motivo per continuare ad andare avanti e ad combattere.”
La guerriera rimase in silenzio per una manciata di minuti, e poi, lentamente, riprese a parlare.
“Comunque . . . io e lui restammo ad osservarci per un po’, quando non sentii la voce di Shifu che, resosi conto della mia assenza, mi chiamava. Allora, a malincuore, lasciai la zampa del ragazzo e feci per allontanarmi, ma lui mi chiamò e mi chiese . . .” esitò “ . . . ‘Ci rivedremo?’. In quel momento, sentii nel cuore  . . . un’emozione nuova. Era così . . . così calda, rassicurante, confortante. L’ho provata così poche volte d’allora, che ancora non riesco a darle un nome. Ma . . . ma in quel momento mi sentii felice. Mi sentii . . . mi sentii come se avessi trovato un posto a cui appartenere.”
Si strinse le zampe e la sua voce si incrinò.
“ ‘Se il Fato lo vorrà.’. Fu questa l’ultima cosa che gli dissi, prima di andarmene. Avrei voluto dirgli di più, ma non ce la feci. A volte . . . a volte ancora mi pento di non avergli mai chiesto il suo nome. Avrei dovuto. Avrei potuto cercarlo, dopo, se l’avessi saputo. Ma non mi venne in mente. Ero . . . ero troppo agitata. E poi il maestro Shifu mi tenne chiusa nel Palazzo di Giada così a lungo che mi fu impossibile andarlo a cercarlo subito . . . e da allora, benché lo cercassi in lungo e in largo, non riuscii più a rintracciarlo, né a scoprire chi era. Probabilmente non abitava nella Valle della Pace e, come i suoi assalitori, si era recato lì solo per assistere al Festival. Di lui, quindi, non seppi più nulla. Ma . . . ma quell’incontro mi aveva lasciato molto, davvero molto. Anche troppo, direi.”
Un lieve sorriso si formò sulle sue labbra.
“Il maestro mi rimproverò aspramente per la mia scomparsa e io fui ben attenta a non parlargli anche della mia piccola lotta. Venne però a saperlo da un suo caro amico, il maestro Pantera Ringhiante, arrivato con un gruppetto di allievi dall’ovest della Cina. Si avvicinò poco dopo la sgridata di Shifu e dietro di lui vidi con mia grande sorpresa i ragazzi che avevano attaccato il bambino dagli occhi verdi. Pantera Ringhiante salutò il maestro e gli dissi, indicandomi ‘A quanto pare sei riuscito ad allenare una ragazza, eh?’.
Shifu rimase stupito dalle sue parole e lui, sorridendo, gli raccontò di come per caso avesse visto i suoi allievi insultare e attaccare un ragazzino e come, prima che potesse intervenire per fermarli, io l’avessi difeso e avessi combattuto contro di loro, battendoli in modo eclatante.
Il maestro mi fissò, strafatto, e stata per iniziare a rimproverarmi di fronte a tutti per la mia disubbidienza, ma fortunatamente Pantera Ringhiante riprese nuovamente a parlare. ‘è forte, la tua allieva. Molto forte. Il combattimento le scorre nelle vene. Con la giusta dose di allenamento ed impegno potrebbe diventare una grandissima guerriera, forse la più forte combattente della Cina. Ne ha le abilità, Shifu. Dovresti fargliele sfruttare molto di più. Farla combattere con altri ragazzi, magari, o farle affrontare dei Tornei come questo. Se fossi il suo maestro . . .’
‘Tigre è troppo giovane per affrontare Tornei o sfide’ ribatté Shifu, deciso ‘Ha solo sette anni e io non voglio coinvolgerla in qualcosa più grande di lei. E poi, con tutto il rispetto, Pantera Ringhiante, ma sono io il suo maestro e so come allenarla.’.
Pantera Ringhiante fece un smorfia ‘Fai come credi, Shifu, ma non agire con leggerezza. Questa qui . . .’ disse dandomi una pacca sulla spalla ‘. . . ha il giusto potenziale per diventare veramente qualcuno. Forse . . . ‘ il suo tono divenne estremamente serio ‘ . . . potrebbe anche raggiungere il  titolo di Guerriero Dragone.’
Rimasi a bocca aperta. Non solo un maestro come Pantera Ringhiante mi aveva lodato di fronte al mio maestro, ma aveva anche affermato che sarei stata in grado di conquistare il titolo di Guerriero Dragone!
Shifu lo liquidò con poche parole e poi, tirandomi da un braccio, mi riportò al Palazzo. Per tutta la strada del ritorno mi rimproverò aspramente, ma io ero troppo presa da tutti gli eventi di quella giornata per dargli ascolto.
Il giorno dopo, però, percepii un cambiamento nel maestro. Mi guardava come se non mi avesse mai vista prima, non veramente almeno. Dopo aver discusso a lungo con il maestro Oogway, iniziò ad allenarmi molto più duramente e con incredibile serietà, dando il via ad una nuova preparazione, più pesante e assoluta, cancellando ogni traccia di gentilezza o affetto e comportandosi solo come un severo sifu*.
Si può dire, in pratica, che il mio vero percorso iniziò allora, dopo quel giorno.
Se non avessi incontrato quel ragazzino, probabilmente non avrei mai capito la mia ragione per continuare a combattere e non avrei mai iniziato ad allenarmi così tanto da diventare colei che sono ora.”
Tigre alzò lo sguardo e osservò Po.
“Ti ho detto queste cose, Po, perché devi capire che finché non comprenderai il motivo che ti spinge a combattere, tu non potrai mai intraprendere il tuo vero percorso. Per questo devi assolutamente trovarlo. Magari si tratta di un salto nella tua storia che non vuoi fare per paura di rammentare riflessi del passato dolorosi o tristi, ma devi farlo. Se davvero vuoi continuare su questa strada, devi farlo.”
Il panda rimase in silenzio un po’, ed alla fine mormorò “Io . . . ci proverò, Tigre. Te lo prometto.”.
La felina sorrise e si coricò, sentendo finalmente la dolce mano di Orfeo bussare alla sua porta.
“Buonanotte, Po.”
“Buonanotte, Tigre.”
 
 
Quando il giovane guerriero fu certo che la ragazza fosse profondamente addormentata, si avvicinò pian piano al letto e la osservò come aveva fatto la sera precedente.
I suoi occhi, però, non riuscivano a guardarla nello stesso modo. I tratti del suo volto infatti si confondevano con quelli di quando era bambina e si fondevano insieme in una beffarda danza.
Po chiuse gli occhi, cercando di calmare la tempesta che sentiva dentro.
 
Non riusciva a credere che anche lei, nonostante fossero passati ben dieci anni, ricordasse ancora quel giorno, ma soprattutto non riusciva a credere che si ricordasse di lui, benché non sapesse chi fosse in realtà.
Non riusciva a credere che Tigre non l’avesse dimenticato e che anzi custodisse dentro di sé, come se fossero pietre preziose, tutto ciò che era riuscita a salvare dal crudele scorrere del tempo: le emozioni, le loro parole, i suoi occhi, il suo sguardo . . .
Non riusciva a credere che lei avesse continuato a cercarlo e ancora rimpiangesse di non essere riuscita a rincontrarlo.
Non riusciva a credere che le sue labbra avessero parlato di lui con così tanto affetto e malinconia, nonostante l’avesse visto una sola volta e nonostante non conoscesse la sua vera identità.
Ma, soprattutto, non riusciva a credere quanto il loro incontro avesse cambiato anche la sua di vita.
 
Sospirò ed aprì gli occhi.
 
Lei l’aveva cercato. L’aveva cercato a lungo. Rimpiangeva di non averlo trovato. E si ricordava ancora di lui.
 
Si sentiva scoppiare dentro a quel pensiero.
 
Era  . . . era troppo per lui, tutto questo. Se lei l’avesse cancellato dalla sua mente, tutto sarebbe stato più facile. Più doloroso, forse, ma più facile.
Ma ora  . .. come poteva continuare a tenere quel segreto, ora?
E come poteva continuare a essere solo un amico e a non tradirsi?
Era impossibile.
Impossibile.
 
Po osservò il viso delicato di Tigre, le sue strisce eleganti, le labbra sottili, gli occhi chiusi, e gli venne in mente il giuramento della notte prima.
Lentamente, esitante, le sfiorò la guancia con una zampa.
In un lampo, rivide il momento in cui Tigre si era stretta a lui come se fosse l’unica persona in grado di proteggerla.
Rivide la sua sofferenza.
Rivide il suo dolore.
Rivide la sua paura.
 
Sospirò.
 
Doveva essere forte.
Doveva combattere i suoi sentimenti e domarli, in modo di aiutarla.
Doveva proteggerla come lei l’aveva protetto allora e come aveva continuato a fare da quando si erano ricongiunti.
Si, lui doveva proteggerla.
 
E l’avrebbe fatto.
Anche al costo di sentire il suo cuore farsi a pezzi sotto il peso di tutte quelle cose non dette.
 
L’avrebbe fatto.
L’avrebbe protetta da tutto e tutti, anche da sé stesso.
 
 
 

La tana dell’autrice
 
E rieccomi qui! Con secoli e secoli di ritardo, come al solito, ma rieccomi!
 
Allora allora allora, come sono felice di risentirvi di nuovo! Si, sono di nuovo scomparsa, ma ormai avete capito che sono fatta così, no?
Per prima cosa voglio dirvi che ho apprezzato moltissimo la vostra gentilezza e il vostro sostengo, siete stati davvero mitici e le vostre parole mi hanno fatto stare molto meglio . . . siete i migliori lettori che si possano desiderare! Per cui, questo capitolo è dedicato a voi!!! Non sarà granchè, ma . . .
 
Spero comunque che vi piaccia!
Un abbraccione
 
La vostra Tigre
 
P.s. Scusate il commento super mega breve, ma sono davvero di frettissima, se così di può dire!

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Capitolo 26
*** Timori ***


Timori
 
 
 
“La vita non è un castello di cristallo
e non verrà nessun eroe a dorso d’un cavallo
siamo fiori di loto in acque impetuose
avvolte da ombre oscure e impietose
costrette a sopportare fino alla morte
e a dover accettare la più crudele sorte”
 
Una voce bassa ma dolce stava cantando lentamente questa ninna nanna dai toni malinconici, mentre fuori da quel nido di calore cadeva la pioggia, lenta e pesante, ma in qualche modo rassicurante.
 
“è difficile, lo so, ma bambina
tu devi essere la tua stessa eroina
non farti dominare, né spezzare
sii forte e fai sempre brillare
la luce che loro vogliono rubare”
 
Piccoli passi leggeri accompagnavano il canto, mentre la piccola tigre, stretta tra le braccia di quella creatura dalla voce lieve come petali di loto, ascoltava silenziosa e incantata.
 
“Anche nel buio, io ti amerò
e da tutto ti proteggerò
veglierò su di te
sacrificando me
anche quando paura avrai
non ti abbandonerò mai”
 
In lontananza si sentivano dei passi affrettati che si facevano sempre più forti e vicini, ma nessuna delle due ci fece attenzione, entrambe prese da quelle parole ricche di poesia e antiche come il sentimento che esprimevano.
 
“Anche se me ne andrò, in te resterò
guarda nei tuoi occhi, lì io sarò
e nella tua anima, per sempre . . .”
 
Una porta si spalancò con un tonfo e la canzone si interruppe.
“Mei Te, cosa . . .?” mormorò la voce dolce, allarmata.
“Sta arrivando, Yonggang, sta arrivando!”
 
 
“Tigre!” Po scosse delicatamente la giovane maestra dal pelo striato, cercando di risvegliarla da quel sogno agitato che stava tentando disperatamente di trattenerla tra le sue spire “Tigre, svegliati!”.
La felina aprì gli occhi di scatto, facendo quasi prendere un colpo al povero panda, e si mise subito a sedere, ansimando e guardandosi ansiosamente attorno, come alla ricerca di qualcosa.
Il ragazzo esitò, prima di chiamarla ancora una volta per nome.
“Tigre . . .?”.
La guerriera sembrò rendersi conto di dove si trovasse solo in quel momento e lentamente posò lo sguardo sul viso del giovane. Era così lontano e confuso . . .
“Scusami, Po.” mormorò appena e con una certa fatica, accasciandosi lievemente “Stavo facendo . . . stavo facendo un sogno così strano . . .”.
Scosse la testa, quasi a voler scacciare le voci di quella visione confusa, e dopo aver chiuso gli occhi per qualche secondo, lì riaprì e si voltò verso la piccola finestra della camera.
“Come mai mi hai svegliato così presto? Manca ancora un po’ all’alba.”.
Il panda la scrutò in silenzio per una manciata di secondi, e poi, rispose, agitando la zampa, imbarazzo “Bhe si, ecco, avevo pensato di svegliarti presto, visto che dobbiamo partire all’alba e tu devi andare prima in camera tua a cambiarti e tutto il resto . . . volevo farti dormire un po’ di più, ad essere sincero, ma all’improvviso hai iniziato a parlare nel sonno ed ad agitarti e quindi . . .”
La fanciulla rimase immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.
“Grazie, sei stato gentile.”
Esitò, quasi volesse dire dell’altro, ma poi strinse le labbra e, sollevate le coperte del letto, si alzò velocemente.
“Vado a prepararmi. Ti ho già disturbato a sufficienza.” disse in un soffio, senza più osare guardarlo in volto.
Po non ebbe il tempo nemmeno di aprire bocca che la ragazza, silenziosa e veloce come un’ombra, se n’era già andata lasciando la porta della camera aperta.
Il giovane panda rimase così, immobile in quella stanza vuota , a fissare confuso e preoccupato l’uscio spalancato.
 

 
Tigre raggiunse la sua camera velocemente, prima che qualcuno potesse notarla, e si infilò dentro con altrettanta rapidità, per poi scivolare per terra e restare a guardare il vuoto.
Era turbata, e molto.
Già nei giorni precedenti, tra i suoi innumerevoli incubi, aveva dovuto affrontare un sogno dai contorni indefiniti e dal sapore amaro, ma adesso . . . adesso non poteva trattarsi solo di un sogno. Era troppo concreto. Troppo forte. Troppo . . .. troppo . . .
 
Ad un certo, la ragazza capì.
 
Lei aveva già vissuto quei momenti.
Aveva già sentito quelle parole.
Aveva già sentito quella voce –la voce di sua madre- cantare quella triste ninna nanna.
Aveva già sentito quei passi pieni di ansia.
Aveva già sentito quella voce spaventata avvisare sua madre.
Si, lei aveva già vissuto tutto quello.
Ne era fin troppo certa.
Se non fosse stato così, non avrebbe mai avvertito quella sensazione terribile avvolgerle l’anima, né quel freddo al cuore così penetrante da farla tremare senza controllo.
 
La sua mente e il suo inconscio stavano solo portando a galla dalla nebbia del passato, lentamente ma costantemente, attimi realmente vissuti.
Si, gli eventi di quei giorni stavano facendo in modo che i ricordi a lungo celati in fondo alla sua memoria riaffiorassero sotto forma di sogni, sogni che man mano diventavano sempre più precisi e definiti, ma anche più angoscianti. Prima aveva solo potuto percepire le emozioni di quei momenti, ma ora era riuscita anche a sentire ogni singolo suono e ogni rumore.
E chissà cos’altro sarebbe stata capace di ricordare, se Po non l’avesse svegliata  . . .
 
Un pensiero improvviso la colpì e interruppe il flusso dei suoi pensieri.
 
Po.
 
L’aveva lasciato in camera sua così, con freddezza, velocemente e senza nemmeno ringraziarlo come doveva per tutto quello che aveva fatto per lei la notte precedente.
 
Tigre sospirò. ‘Come sono stupida . . .’ pensò amaramente ‘ . . appena potrò, mi scuserò con lui. è il minimo che possa fare, dopo il mio comportamento e . . . dopo ieri sera . . .’
 
La sua mente tornò a quando si era ritrovata davanti Po, in ginocchio, che la guardava con dolcezza. Un senso di calore le avvolse il cuore in una calda stretta, esattamente come quando, la sera prima, aveva incontrato lo sguardo del suo compagno, quello sguardo calmo, sereno, colmo di affetto e comprensione. Quello sguardo capace di farla sentire bene nonostante tutto e tutti.
Forse era stato in parte per quello sguardo che gli aveva raccontato della sua piccola ‘avventura’ di bambina, il piccolo segreto che aveva custodito per sé per anni e anni, senza mai rivelarlo a nessuno prima d’allora. E forse era stato anche per quello sguardo che si era buttata tra le sue braccia, quelle rassicuranti, calde braccia, che l’aveva stretta come se fosse un tesoro prezioso da custodire e proteggere.
 
La felina si sentii arrossire al pensiero di quell’abbraccio e di come si era sentita protetta e al sicuro.
Scosse la testa, come a voler scacciare quel pensiero, ma divenne ancora più rossa.
 
‘Cosa mi sta succedendo?’ pensò allarmata ‘Questi pensieri . . . queste emozioni . . . non sono da me. Io non ho bisogno di qualcuno che mi protegga, né desidero che qualcuno lo faccia. Anzi, ogni dimostrazione di affetto mi da’ fastidio. Ma allora perché con lui è tutto così diverso? Perché la sua sola presenza mi scatena questa tempesta dentro, ma allo stesso tempo mi fa sentire bene come non lo sono mai stata? Vorrei . . . . vorrei smettere di provare tutto questo, vorrei tenerlo alla larga, ma è impossibile . . . mi basta sentire la sua voce o incontrare il suo sguardo per . . . per . . . ‘
Mordendosi le labbra, la giovane guerriera si alzò, incapace anche solo di completare il suo pensiero.
Con un sospiro, iniziò a prepararsi per la partenza, tentando così di distrarsi, ma la sua mente in quel momento non voleva saperne di concentrarsi su altro che non fosse quella magnifica sensazione che temeva e allo stesso tempo bramava e che solo Po era capace di donarle.
 
 
Poco prima dell’alba, i sei allievi del Palazzo di Giada e Shang Chiang si radunarono nella sala da pranzo.
Il primo ad arrivare fu il vecchio generale, che si sedette ad aspettare in un angolo della stanza. Subito dopo arrivò Po, che senza nemmeno degnarlo di un saluto si sedette alla tavola imbandita e prese una manciata di mele. Non ebbe nemmeno il tempo di mordere la prima che entrò una raggiante Vipera, tutta allegra e sorridente. La ragazza subito gli si avvicinò e cercò di coinvolgerlo in una conversazione, senza però riuscirci. Il panda era troppo preso dai suoi pensieri per darle ascolto.
Fortunatamente per lei, però, subito dopo vennero raggiunti da Gru e Mantide, tutte e due ancora mezzi addormentati, ma abbastanza svegli da rispondere alle sue domande con qualche frase di senso compiuto.
Circa cinque minuti dopo un imbronciato Scimmia entrò nella stanza e, senza nemmeno rivolgere un cenno di saluto ai suoi compagni, si sedette dall’altro lato della tavola, lanciando un’occhiataccia a Po, il quale non se ne rese nemmeno conto, pensieroso com’era.
Gru, che aveva notato l’atteggiamento e soprattutto lo sguardo del compagno, lasciò Mantide tra le ‘grinfie’ di Vipera e si avvicinò al primate.
 
“Ehi” gli disse a bassa voce, in modo che nessun altro tranne lui lo sentisse “Tutto ok, amico?”.
Scimmia sbruffò “Certo” rispose ironicamente “Una meraviglia.”.
Il volatile lo guardò, confuso. Non aveva mai visto il suo amico comportarsi in quel modo, nonostante lo conoscesse da anni.
“è successo qualcosa?”.
Prima che gli potesse rispondere, però, lo sguardo del giovane fu attirato come una calamita da Tigre che, seria e posata come sempre, era appena entrata nella sala e aveva preso posto vicino a Vipera.
Gru si spaventò, notando il suo sguardo. Era così . . . oscuro, arrabbiato e deluso, anche. Mai, durante la loro lunga amicizia, aveva visto quello sguardo sul volto del suo amico.
“Scimmia? Che cosa c’è?”
Il guerriero strinse i denti e, dopo aver lanciato un’occhiata gelida a Po, che non appena aveva visto entrare la felina si era illuminato come un bambino di fronte a un regalo inaspettato, mormorò furioso “Lo sapevo, io. Ve l’avevo detto. Ma voi mi avete creduto? Nooo.”.
“Scimmia, scusa, ma non riesco proprio a seguirti. Cosa vuoi dire?” domandò confuso il volatile.
“Cosa voglio dire? Oh, te lo spiego subito!” sbottò l’altro, abbassando la voce “Voglio dire che stanotte ho avuto conferma dei miei sospetti.”.
“Sospetti? Intendi i tuoi sospetti su . . .” con un cenno del capo indicò prima Tigre e poi Po.
Scimmia grugnì ed annuì “Ero nella stanza accanto a quella di Po, stanotte.” mormorò, mentre gli occhi lanciavano scintille “Non riuscivo a dormire e così, intorno a mezzanotte, li ho . .  li ho sentiti. Erano nella sua camera, tutti e due, e hanno parlato per un buon quarto d’ora. Non sono riuscito a sentire molto, ma ho riconosciuto chiaramente la voce di Tigre. E, quando hanno smesso di parlare, Tigre non se n’è mica andata. è rimasta lì. Ha passato tutta la notte nella sua stanza.
Gru non riusciva a credere alle parole del suo amico. Per quanto anche lui avesse dei sospetti su i suoi due amici, non avrebbe mai creduto che essi potessero davvero avere un fondo di verità. “Cosa? Ma . . . andiamo, non è possibile! Forse hai frainteso o . . . “
“Frainteso? Cosa c’è da fraintendere, eh? Cosa? Hanno passato la notte insieme, da soli, nella sua stanza!” Scimmia alzò pericolosamente la voce “Cosa altro può significare? Hanno fatto un pigiama party? Una lezione extra notturna? Andiamo! Conosci le regole, Gru, e sai fin troppo bene che non possiamo per nulla al mondo trascorrere la notte nella stessa stanza con una ragazza e in particolar modo con una compagna d’allenamento, a causa di ciò che potrebbe causare o delle voci che potrebbero nascere da un gesto simili, eppure né lui né lei si sono fatti problemi, anzi. E questo cosa cavolo può significare, secondo te? Cosa?”.
Il volatile era senza parole “Sei assolutamente certo di quello che mi hai detto, Scimmia?”
mormorò cauto “Perché, se tutto questo è vero, è veramente molto grave e preoccupante.”
“Secondo te potrei inventarmi una cosa del genere?” ribatté serio l’altro.
Gru sospirò “Io . . . io non so che dirti, né cosa pensare.” rispose “Non è da Tigre infrangere le regole e comportarsi in modo così . . . così ambiguo. No, non è proprio da lei. E poi, Po . .. “ rimase in silenzio per un attimo “Cosa vuoi fare?” domandò esitante.
Entrambi sapeva fin troppo bene le conseguenze che simili gesti, in quella loro società marziale e senza pietà, potevano causare a due maestri di tale fama e livello.
Infatti Scimmia, al solo pensiero, si accasciò lievemente “Non lo so.” sussurrò con amarezza, accigliandosi “Se fosse per me andrei dritto dritto da quei due a fargli una bella lavata di capo, ma agendo in questo modo Shifu potrebbe venire a conoscenza di tutto ciò e non so proprio come reagirebbe. è suo compito impedire e punire comportamenti simili, e la sua severità in questo ambito non ha pari in tutta la Cina. Sarebbe capace di uccidere Po e di buttare fuori Tigre. Dormire insieme  . . . è un gesto troppo ambiguo e fuori luogo, il loro, ed a chiunque verrebbe spontaneo pensare che tra loro ci sia stato qualcosa. E, se così fosse, addio onore e titolo per entrambi. E non voglio questo. Soprattutto, non per Tigre. Ne morirebbe.” gli sfuggì un piccolo sospiro.
L’amico rimase in silenzio per un po’. “Non diciamo nulla a nessuno, per adesso. Aspetta.” disse infine, fermando il compagno prima che potesse obbiettare “Noi non diremo niente, soprattutto a Tigre o a Po, ma terremo gli occhi aperti. Li osserveremo e cercheremo di capire se sta succedendo veramente qualcosa tra di loro e se è così di cosa si tratta, e allora ci comporteremo di conseguenza. Ma solo allora. D’accordo?”.
Scimmia ci pensò su per una manciata di minuti, e poi annuì “D’accordo.” grugnì, lanciando l’ennesima occhiataccia al panda “Ma spero per Po che non sia davvero successo nulla, altrimenti gli stacco la testa con le mie stesse zampe.”
Gru scosse la testa, divertito ma segretamente d’accordo con lui, del tutto ignaro del fatto che, dall’altra parte della sala, Shang Chiang aveva sentito ogni singola parola.
 
 
Shifu bussò tre volte alla porta della stanza del maestro Vipera, e subito la voce del vecchio lo raggiunse, serena come non l’aveva mai sentita prima “Entra pure, amico mio.”.
Il panda minore, un po’ sorpreso, fece come gli era stato detto e trovò l’anziano maestro seduto accanto alla finestra con un sorriso così largo che sembrava una smorfia e una luce entusiasta negli occhi.
“è successo qualcosa?” domandò stupito Shifu, notando la strana allegria che l’aura del serpente emanava.
Vipera sorrise ancora di più “Avevi ragione, amico mio. Avevi ragione su tutto!” esclamò felice e poi, notando la confusione nello sguardo del panda rosso, continuò “Sono andato a parlare con mia figlia stanotte. Le ho detto tutto quello che sentivo e le ho chiesto di perdonarmi e lei . . . lei lo ha fatto!” Mentre pronunciava quelle parole, il suo viso si illuminò tutto e per un attimo sembrò incredibilmente più felice di quanto non fosse mai stato negli ultimi anni
Shifu sorrise a sua volta, ma il suo non era un vero sorriso. “Sono contento per te.” mormorò velocemente, senza entusiasmo. Per quanto volesse bene a Vipera e fosse contento per lui, non riusciva a provare vera felicità per quella lieta notizia, non dopo il suo discorso con Tigre, la sera precedente. A differenza del suo amico, per lui non c’era stato un lieto fine.
Vipera non si rese conto dell’ombra che oscurava il suo sguardo “Grazie.” disse dolcemente “Comunque, come mai sei qui? è già ora della partenza?”
“Si, sono venuto apposta per salutarti.”
Lo sguardo di Vipera si incupì, ma solo leggermente “Capisco. Beh, almeno permettimi di accompagnarti sotto.” rispose, avvicinandosi a lui.
Il piccolo maestro annuì “Ma certo.” e si voltò per aprire nuovamente la porta, quando la voce dell’amico lo fermò.
“Shifu . . .” il serpente esitò “ . . . stai attento a Shang Chiang.”
Shifu si voltò di scatto verso di lui, stupito, ed esclamò “Cosa vuoi dire?”.
Il maestro Vipera lo fissò negli occhi “Sento puzza di guai. La storia che mi hai raccontato su di lui e la tua pupilla mi suona troppo falsa. E non posso fare a meno di domandarmi perché Shang Chiang sia tornato a cercarla dopo così tanto tempo. Ho un terribile sospetto.”
“Quale sospetto?” il cuore del panda rosso batteva a mille.
“Dopo la morte di Yung Kan le cose per le tigri dell’Est sono andate sempre peggio, lo sai bene. Ma adesso la situazione è gravissima. Non nascono più bambini. Le donne sono troppo poche e quasi tutte sterili. Gli uomini sono spesso in conflitto tra loro proprio a causa di ciò e spesso e volentieri finiscono per uccidersi a vicenda, i pochi bambini che ci sono sono deboli e muoiono di malattia e Shang Chiang non riesce a tenere sotto controllo la situazione. Il clan delle Tigri dell’Est si sta lentamente spegnendo.”
“E questo cosa c’entra con Tigre?” domandò il panda minore, non capendo.
“Se è davvero figlia di Yonggang come Shang Chiang sostiene è un Bocciolo di Loto. E sai bene quanto le Bocciolo di loto siano importanti per le tigri, quanto sia importante la loro influenza sul resto del clan e il loro carattere quasi sacro, e soprattutto quanto sia forte la loro fecondità. Credo che abbia dei piani su di lei. Credo . . . credo che voglia servirsi di lei per far rinascere il suo popolo dalle ceneri.”
Il cuore di Shifu smise di battere “Vuoi dire . . .?”
Il vecchio serpente si limitò ad annuire “Si, Shifu. Voglio dire esattamente quello.”
Il panda minore sentì le gambe cedergli “No . . .” mormorò con un filo di voce, stringendo con forza il bastone del maestro Oogway come per avere il sostegno che gli mancava.
Vipera gli si avvicinò esitante “è solo un sospetto, ma credo . . . credo che tu debba prepararti al peggio. Temo che . . .”
“Non dirlo!” il piccolo maestro lo fermò con un gesto deciso della zampa destra “Non dirlo! Non le accadrà nulla! Io non lo permetterò! Non l’avranno! Non avranno Tigre! Non avranno mia figlia!”.

 
 
 

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Capitolo 27
*** Il richiamo del passato ***



Il richiamo del passato
 
 
 

Mantide sospirò, guardandosi intorno con fare sconfortato e confuso.
Da quando lui ed il resto del gruppo erano partiti dalla casa del maestro Vipera, poche ore prima, l’atmosfera che li circondava era incredibilmente pesante.
Nessuno parlava e tutti, tranne Vipera, che era ancora raggiante per il saluto affettuoso che il padre le aveva rivolto alla partenza, tra lo stupore generale, e per la loro riappacificazione svelata a tavola tra una chiacchiera e l’altra, avevano uno sguardo duro ed infinitamente serio ed erano totalmente immersi nei propri pensieri.
Shifu camminava davanti al piccolo gruppo, come al solito, ma era stranamente silenzioso ed ancora non aveva dato inizio ai suoi abituali interrogatori mattutini. La sua espressione, tesa e pensierosa, era incredibilmente simile a quella di Shang Chiang che quella mattina camminava molto lentamente e continuava ad osservare con i suoi occhi dorati e profondi Tigre, la quale però non se ne rendeva nemmeno conto, presa com’era dai suoi pensieri.
Il generale non era l’unico a guardare la giovane guerriera; Po la osservava continuamente con la coda dell’occhio, mentre sembrava rimuginare su qualcosa, e Gru e Scimmia le lanciavano spesso occhiate furtive, come se stessero cercando di scoprire qualcosa solo con lo sguardo.
L’insetto non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo. Tra tutti, il comportamento dei suoi due compagni d’allenamento era quello che lo stupiva di più: li conosceva da anni, eppure non li aveva mai visti così tesi, né così seri e silenziosi e, soprattutto, non li aveva mai visti rivolgere quelle occhiate di fuoco a Tigre. Occhiate che, a ben vedere, non erano riservate solamente a lei. Spesso, infatti, Scimmia lanciava veri e propri sguardi assassini a Po, soprattutto quando quest’ultimo guardava insistentemente la felina.
Mantide era davvero confuso. Sembravano coinvolti in qualcosa di strano, qualcosa di cui né lui né Vipera erano a conoscenza. Il che lo faceva davvero preoccupare e allo stesso tempo infuriare. Che fosse successo qualcosa di grave e che loro due fossero gli unici a non saperlo? Non riusciva a sopportare un pensiero simile.
“Devo parlare con i ragazzi, alla prima occasione.” pensò, osservando Scimmia lanciare un altro sguardo infuocato a Tigre “Non so cosa abbiano Shifu, Shang Chiang, Po e gli altri, ma voglio scoprirlo. Non sopporto essere tagliato fuori, soprattutto se si tratta di qualcosa di grave. E, a giudicare dal loro comportamento, è grave assa . . . .”.
 
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da Tigre, la quale si fermò di scatto e si voltò, confusa, verso un sentiero in gaia poco lontano che nessuno aveva notato.
 
Tutto il gruppo si fermò ad osservarla, stupito, mentre lei stava in silenzio, immobile, ad osservare quel sentiero poco visibile, stringendo gli occhi come se cercasse di vedere qualcosa di lontano ed indistinto e tenendo le orecchie tese come se stesse tentando di ascoltare una voce indefinita.
Dopo quelli che sembravano secoli, Shifu le si avvicinò e poi la chiamò piano per nome “Tigre . . .”.
La giovane non distolse lo sguardo dal sentiero, ma sussurrò a voce così bassa che il resto del gruppo riuscì a sentirla con grande difficoltà “Potete aspettarmi qui?”.
Il vecchio maestro la guardò, quasi con tristezza, e poi annuì.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve.”.
Tigre allora, silenziosamente, si avviò lentamente lungo quel sentiero.
I suoi compagni si lanciarono uno sguardo confuso e Po sussurrò, mentre la felina spariva alla loro vista “Maestro, ma cosa . . .?”.
Shifu rimase con lo sguardo fisso sul punto dove la sua pupilla era scomparsa “Lasciala andare e non fare domande, Po. Tigre sta seguendo il richiamo del passato, un passato duro, un passato che sarebbe meglio dimenticare, ma che è comunque il suo passato. E noi non possiamo fare altro che darle il tempo che le serve e starle vicino.”.
E, dopo aver pronunciato queste parole, rimase in silenzio ad osservare quel sentiero che conosceva fin troppo bene.
 
 
Tigre camminava lentamente, guardandosi attorno, spinta da quella strana sensazione, misto di malinconia e dolcezza, che la chiamava come una voce familiare e l’aveva portata a fermarsi ed a percorrere quel sentiero.
I suoi occhi seguivano il sentiero e il paesaggio che faceva da cornice al suo cammino, ma non li vedevano sempre allo stesso modo. Era come se stesse osservando allo stesso tempo tre dipinti diversi. Ora vedeva erbacce e bambù, alti e selvaggi, che si muovevano dolcemente spinti dal vento freddo, ora vedeva il sentiero ben disegnato e il bambù, giovane e ricco di germogli, illuminati dai raggi del sole che tramontava, ora vedeva solo ombre e la pioggia sottile scendere e bagnare la terra, dove mucchietti di terreno indicavano dove era stata lavorata da poco da qualche volenteroso agricoltore o giardiniere.
Adesso era sola e camminava piano e con il cuore pieno di un’emozione strana e sconosciuta, adesso era appena una bambina ed aveva il cuore pieno di gioia e di speranza per il futuro, ed al suo fianco camminava uno Shifu più giovane e con l’animo ancora disposto a donare affetto, seppur con parsimonia, adesso era davvero piccola, nemmeno vedeva bene cosa la circondava, aveva freddo, e qualcuno la portava in braccio e correva, correva così tanto che lei poteva sentire il battito del suo cuore aumentare senza controllo.
Tigre continuò a seguire il sentiero, mentre frammenti dei giorni passati e del momento presente si mischiavano in modo confusionario, fino a quando raggiunse un vecchio edificio ormai decadente ed abbandonato.
La giovane trattenne il fiato, stupita, ed improvvisamente iniziò a capire.
Quella strada le era familiare perché l’aveva percorsa, seppur poche volte, troppe poche per ricordarle con chiarezza.
Quel posto le era familiare perché ci aveva trascorso un pezzo di vita, un pezzo che aveva tentato di dimenticare.
Quel luogo le era familiare perché le aveva segnato l’esistenza e l’anima in modo perenne, rendendola ciò che era in quel momento.
Quel luogo . . . come avrebbe mai potuto dimenticarlo? Era impresso a fuoco dentro di lei, e mai l’avrebbe abbandonata.
 
Era tornata all’orfanotrofio Bao Gu.
 
 
“Maestro Shifu, permette una parola in privato?”.
Il panda minore, che stava ancora osservando il vecchio sentiero, sobbalzò e si voltò di scatto verso Shang Chiang, che lo guardava con arai seria, quasi feroce.
“Io . . . d’accordo.” accettò a malincuore, visto che l’ultima cosa che desiderava, in quel momento, era proprio parlare con lui, ed insieme alla tigre si allontanò sotto lo sguardo un po’ preoccupato dei suoi allievi.
Quando furono abbastanza lontani per non essere uditi, subito Shifu sbottò in maniera ostile “Cosa volete?”
 L’avvertimento e il sospetto di maestro Vipera erano ancora ben freschi nella sua mente e il solo essere vicino a quel essere spregevole che aveva in mano il destino della sua pupilla faceva bruciare il suo animo di una rabbia e di un odio smisurati che a stento riusciva a controllare, nonostante avesse ormai da tempo raggiunto la pace interiore. Pace che gli ultimi avvenimenti stavano mettendo a dura prova.
Il generale lo squadrò con astio e trattenne a stento un ringhio in un modo così familiare che per un attimo il piccolo maestro non poté fare a meno a pensare quanto quel suo atteggiamento assomigliasse a quello di Tigre, e ciò lo irritò ancora di più.
Poteva negarlo quanto voleva, ma l’uomo disgustoso che aveva davanti era il suo vero padre. Era stato lui a darle la vita, che gli piacesse o no. Condividevano lo stesso sangue, la stessa carne, le stesse radici. E contro questo lui non poteva fare proprio nulla.
“Capisco il vostro nervosismo, Shifu.” esordì Shang Chiang, cercando di controllare il proprio fastidio per il tono duro del panda minore “Ho riconosciuto anche io quella strada. Ma non temete, non troverà altro che macerie. L’orfanotrofio è stato abbandonato anni fa e la vecchia direttrice vive in un villaggio molto lontano, tant’è che sono riuscita da incontrarla per un puro colpo di fortuna.  Non troverà nessuno capace di risvegliare in lei brutti ricordi o altro, state tranquillo.”.
Shifu lo scrutò, stupito e sospettoso. Non riusciva a credere che avesse indovinato, almeno in parte, i suoi pensieri e le ragioni della sua preoccupazione.
“Anche così, però, non capisco perché le abbiate permesso di andare.” sbottò ancora “Il nostro viaggio non può subire ulteriori ritardi.”.
“Perché così tanta fretta, Shang Chiang?” ribatté il panda rosso “Stiamo procedendo ad una buona velocità e, se non ve ne siete accorto, stiamo seguendo numerose scorciatoie. E poi, un paio di giorni in più o in meno che importanza fa? Tigre arriverà lo stesso al villaggio, no?”.
Un sorrisetto di scherno si formò sulle labbra “Siete astuto, Shifu.” mormorò “Ma vedete, dopo diciotto anni di lontananza, è essenziale che la ragazza torni il prima possibile a casa, oltre che giusto. La sua vita è stata già sconvolta abbastanza.”.
“Sconvolta? E cosa l’avrebbe sconvolta, sentiamo? Il suo addestramento? Il suo titolo? Il suo non essere manovrabile? O forse il fatto che io l’abbia adottata e che quindi è attualmente, oltre che vostra figlia biologica, mia allieva e soprattutto mia figlia adottiva?” la voce del piccolo maestro diventava sempre più alta “Ah, non pensate che quello che state facendo la stia sconvolgendo ancora di più? Toglierle tutte le certezze che ha, allontanarla dal suo mondo, dalla sua vita, dai suoi amici, dalla sua famiglia . . .”
“. . .  famiglia, dite?” lo sguardo di Shang Chiang divenne scuro e severo “Forse non vi è ancora chiaro, Shifu, ma voi non siete la sua famiglia. Voi non siete nessuno. Io sono la sua famiglia, io sono il suo tutto. E, d’ora in poi, sarò io a guidare la sua vita.”.
“Voi non guiderete un bel niente!” il tono di Shifu era gelido “Tigre non è più una bambina, ha un proprio modo di pensare, degli ideali e dei sogni, e di certo non si farà mai comandare a bacchetta da voi! E poi, anche volendo, non potreste fare un bel niente! Non sapete nulla di lei. Non l’avete vista crescere. Non l’avete vista maturare. Non l’avete vista combattere per ottenere ciò che desiderava. Non l’avete vista sconfiggere il dolore del passato, né scoprire le dolcezze della vita. Voi non sapete niente di lei, assolutamente niente!”.
Il volto della tigre divenne duro e feroce “Certo, perché voi la conoscete benissimo, immagino.”  sussurrò appena “E di certo siete anche a conoscenza del fatto che ieri la vostra adorata figlioccia ha passato tutta la notte nella stanza di quel lardoso panda che fate passare per il Guerriero Dragone, vero?”.
 Shifu era incredulo ed indignato “Ma cosa state dicendo? Tigre non farebbe mai una cosa del genere! La vostra è una menzogna inaudita!”.
“Non è affatto una menzogna. Lo sanno bene i vostri due allievi, il primate idiota e l’uccello infemminato. Ne discutevano proprio questa mattina, a colazione.” lo guardò con aria truce “Non credo che loro se lo siano inventato. Dopotutto, si sono messi d’accordo sul fatto di non farne parola, per custodire l’onore della ragazza. E i loro sguardi di fuoco lanciati a Tigre erano più che eloquenti.”.
“Non ci credo.” Il maestro era certo che Tigre non potesse infrangere una regola del genere. La conosceva, e sapeva che non poteva essere possibile.
“Vi avevo chiesto di parlare proprio per sapere cosa avevate intenzione di fare a riguardo, ma a quanto pare non sapete nemmeno quello che succede tra i vostri due allievi ‘migliori’, e proprio sotto il vostro naso. Eppure, i vostri stesse allievi sospettano qualcosa, e ne parlano a più riprese con insistenza. Io stesso, che sono estraneo a questa situazione, ho notato atteggiamenti ambigui in entrambi i giovani.”
Il piccolo maestro strinse i denti.
“Le vostre accuse sono ridicole e senza senso, Shang Chiang.”
Il generale fece un sorrisetto di scherno “Certo, continuate ad autoconvincervi, Shifu. Ma pensate a questo: siete davvero sicuro di conoscere colei che continuate a chiamare con così tanta insistenza ‘mia figlia’?”.
Con queste ultime parole, Shang Chiang gli lanciò uno sguardo assassino e se ne andò, lasciando Shifu da solo, furente ed incredulo.
 
 
Tigre si avvicinò lentamente alla costruzione, anche se in realtà avrebbe voluto semplicemente voltarsi ed andarsene, correre via ed allontanare per sempre tutto dalla mente, ma qualcosa le impediva di farlo.
Per quanto ormai fosse a stento riconoscibile, la sua mente ricordava ogni singola pietra, ogni pianta, ogni sassolino. I ricordi di quegli anni trascorsi tra quelle mura, anni infelici, di sofferenza, di lacrime, di dolore erano ancora forti, seppur sbiaditi e coperti da un velo di nebbia.
Non si dimenticano mai veramente il dolore, l’umiliazione, la sofferenza. Mai.
Esitante, la ragazza poggiò una zampa sul basso muretto, o su quel poco che ne rimaneva.
Non aveva mai immaginato di tornare in quel posto. Quando Shifu l’aveva portata via, in quel giorno di sole benedetto dal Fato, era stata certa che l’avrebbe lasciato per sempre. Chi mai avrebbe creduto che lei potesse tornare lì? Era stata la sua prigione per anni ed il suo incubo peggiore ogni notte. Eppure, non provava odio per quel posto. Solo, una tristezza profonda.
Pian piano, senza fare rumore, entrò nelle rovine, aggirandosi come un fantasma tra le macerie, visitando quel che rimaneva del giardino e delle varie stanze.
Le sue gambe la guidarono verso quella che era stata la sua camera, come se non fosse passato nemmeno un giorno da quando se n’era andata.
Quando raggiunse la porta, segnata da numerosi graffi, il suo cuore si strinse dolorosamente.
Fece un bel respiro e, facendosi coraggio, l’aprì.
Il tempo lì dentro sembrava essersi fermato.
La stanza era stata lasciata come l’aveva lasciata lei, quel giorno in cui Shifu le aveva donato una casa e una famiglia. Il letto di legno, mezzo distrutto, era rifatto e le lenzuola erano le stesse, anche se sbiadite e in alcuni punti lievemente rovinate. La finestra era serrata e le grate erano ancora lì, al loro posto, fredde e severe. Pezzi di oggetti distrutti, molto meno numerosi rispetto a quando ella non sapeva dominare la sua forza, erano sparsi per la camera.
Un oggetto attirò il suo sguardo e subito si chinò a prenderlo e a sollevarlo da terra. Lo rigirò tra le zampe, come se fosse una reliquia.
Era un pezzo rotto di domino. Il primo pezzo di domino. Quello con cui Shifu le aveva offerto non solo il suo aiuto, ma il mondo.
Per un attimo, fu trascinata nei ricordi del passato. L’incontro con Shifu, le loro lezioni, il domino dello Yin e lo Yang, la sua adozione . . .. sembravano passati secoli da allora. Quante, quante cose erano cambiate. Troppe per tenere il conto.
Il suo pensiero volò alla sera scorsa, alle scuse di Shifu, al suo rifiuto di accettarle. Si, erano cambiate davvero troppe cose. Ma era un bene, in fondo?
Con una fitta di dolore, si infilò il domino nella tasca del suo pantalone , sospirò e si avvicinò alla porta, per poi voltarsi per lanciare un ultimo sguardo a quella che era stata al contempo la sua prigione e la sua salvezza.
Rimase senza fiato. Per una frazione di secondo, lì, di fronte al letto, le era sembrato di vedere qualcuno. Qualcuno di terribilmente familiare. Qualcuno con gli occhi color del fuoco.
Scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero. Era solo stanca, stanca e provata per tutto quello che le stava succedendo in quei giorni, ed ora la sua immaginazione le faceva brutti scherzi. Si, era così. Doveva essere così. Però . . . però . . .
 
All’improvviso, un lampo esplose nella sua mente, esattamente come era avvenuto qualche giorno prima.
Ora era piccola, poteva avere massimo tre anni, ed era rannicchiata sul suo letto mezzo distrutto, mentre si guardava con odio gli artigli. Aveva gli occhi pieni di lacrime.
All’improvviso, avvertì la presenza di qualcuno, accanto a lei. Alzò lo sguardo e vide una bella signora, una giovane tigre vestita di rosso e con gli occhi di fuoco, occhi pieni di amore, ma tristi, così tristi da fare paura. Tutta la sua figura era tremula ed evanescente, come se fosse un riflesso. Senza parlare, la bella signora fece per accarezzarle la guancia, ma la sua zampa non riuscì nemmeno a sfiorarle la pelliccia e, dopo quel gesto fragile, scomparve nell’aria come se non fosse mai esistita.
 
Tigre barcollò e dovette appoggiarsi alla porta, mentre i suoi occhi tornavano a vedere la stanza vuota e fredda.
Lei . . . lei aveva riconosciuto quel volto, quella donna. Ma non aveva senso, non aveva alcun senso. Come poteva essere che .. .?
All’improvviso le tornò in mente l’incontro di qualche giorno prima con la piccola Lin, il suo sguardo perso nel vuoto, e poi le sue parole, quelle parole che allora non era riuscita a comprendere, ma che adesso iniziavano ad avere un senso, un terribile senso.
“La bella signora mi ha dato un messaggio per te.
“La bella signora? Quale bella signora?”
“La bella signora che ti sta sempre accanto. Tu non la vedi perché sei grande, ma io si. Una volta la vedevi anche tu, ma poco, perchè lei era debole e poteva solo parlare ogni tanto.”

Pian piano, mille ricordi di momenti simili, frammenti di passato dimenticato che tornavano al loro posto, iniziarono a disegnare un mosaico sempre più chiaro e preciso. Un viso che la guardava quando piangeva. Braccia che tentavano di stringerla quando si raggomitolava su sé stessa. Occhi che la seguivano quando si aggirava da sola per l’orfanotrofio. Una voce dolce, sempre la stessa, che parlava con difficoltà, che tentava di consolarla, di farle sentire che non era sola, la stessa voce che, quando non riusciva ad addormentarsi, le cantava piano una ninna nanna, quella ninna nanna che aveva sentito nel suo sogno, quella mattina. Quegli occhi di fuoco che si facevano ancora più tristi quando lei mormorava sotto voce ‘Perché io non ho una mamma e un papà? Perché non ho una famiglia? Perché nessuno mi vuole?’. Quella presenza gentile, affettuosa, che le era stata vicina a lungo, ma che aveva smesso di avvertite dopo che Shifu l’aveva portata via da quel posto di dolore .
 
Improvvisamente, Tigre capì.
 
Per tutti quegli anni aveva creduto di essere sempre stata sola, abbandonata e non amata anche da colei che le aveva donato la vita, ma si sbagliava, si sbagliava eccome.
 
Sua madre non l’aveva mai abbandonata.
 
Sua madre non l’aveva mai lasciata da sola.
 
Sua madre non aveva mai smesso di amarla.
 
Mai.
 
Nemmeno da morta.

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Capitolo 28
*** Mi hai trovato ***



Mi hai trovato
 


 
Tigre uscì lentamente dalle rovine del vecchio orfanotrofio, ben decisa a non guardarsi indietro.
Era rimasta nella sua ex camera per un po’, confusa, con lo sguardo perso nel vuoto, dopo che la sua mente aveva compreso quello che il suo istinto le aveva suggerito a lungo senza che essa riuscisse a sentirlo. Ma poi aveva scosso la testa, quasi spaventata da quella nuova consapevolezza, ed era uscita dalla stanza, ben decisa ad allontanarsi da quel posto e da ciò che rappresentava.
Quando però aveva già fatto una mezza dozzina di passi lontano dall’uscio di Bao Gu, la ragazza si fermò, quasi esitante.
 
Non aveva mai detto addio a quel posto.
Quel giorno lontano di tanti anni prima se n’era andata senza nemmeno voltarsi indietro.
L’orfanotrofio le aveva causato molto dolore e l’aveva segnata con una cicatrice a vita, e mai in quei lunghi anni aveva smesso di tormentarla. Eppure . . . eppure l’aveva ospitata per tanti anni, proteggendola dalle tenebre che altrimenti avrebbero avvolto i suoi giorni, e soprattutto le aveva permesso di incontrare quel piccolo panda minore che aveva trasformato completamente la sua vita.
Alla fine il bene che quel luogo le aveva fatto era stato davvero molto.
Se non fosse vissuta lì . . . non osava nemmeno immaginare come sarebbe stata la sua esistenza, in quel caso.
E quella consapevolezza in qualche modo rendeva le sue ferite interiori meno dolorose da sopportare.
 
Lentamente, facendo violenza contro sé stessa e il suo stesso istinto, si voltò per guardare un ultima volta, quasi come gesto d’addio, il posto che l’aveva accolta seppur a malincuore, quando nessun altro luogo sembrava disposto a farlo.
Osservò per l’ultima volta le mura distrutte e ricoperte d’edera e muffa, le finestre simili a piccole orbite senza vita, e la porta, ormai marcita e spalancata come una cavità senza fondo.
Proprio mentre fissava quest’ultima, avvenne qualcosa di strano.
 
Venne trascinata di nuovo indietro da un altro lampo.
 
Era piccola, e qualcuno la teneva tra le sue braccia mentre correva sotto la pioggia.
Faceva freddo, e molto anche. Poteva sentire il respiro e il battito del cuore della persona che la portava in braccio aumentare sempre di più, e con essi la sua ansia. Sembrava quasi che stesse fuggendo da qualcosa.
Improvvisamente, la figura che la sorreggeva rallentò, permettendole di guardarsi attorno.
Era tutto incredibilmente buio, ed oltre a qualche lampo nel cielo, le uniche fonti di luci erano delle piccole finestre di un grande edifico che si ergeva di fronte a loro due.
La figura esitò, ma poi si guardò alle spalle e si avvicinò silenziosamente all’uscio della costruzione.
Con un sospiro che sapeva di cose non dette, la strinse forte a sé, come se volesse imprimere la sua forma non solo nel suo corpo, ma anche nella sua anima.
Poi, con un singhiozzo mal celato, la poggiò delicatamente di fronte alla porta dell’edificio.
Proprio in quel momento una saetta brillò nel cielo, illuminandole il volto tigrato.
La piccola fissò confusa la pelliccia umida ed arruffata della tigre, le orecchie celate dal cappuccio del mantello stracciato che la copriva, il volto triste e addolorato, gli occhi di ghiaccio pieni di dolore e tristezza, non riuscendo a comprendere cosa stesse succedendo.
Ma come poteva, del resto?
La giovane donna poggiò le sue labbra gelate sulla fronte della piccola, esattamente come aveva fatto tempo prima un’altra tigre, una tigre dagli occhi color del fuoco, e poi mormorò con voce tremula “Mi dispiace, piccola. Perdonami, se puoi.”.
Incapace di sostenere ancora lo sguardo della cucciola, la felina si voltò di scatto, per impedirle di vedere le sue lacrime, e scomparve nell’oscurità, lasciando la piccola Tigre all’ingresso dell’orfanotrofio Bao Gu.
 
~~~~΅΅~~~~
 
Shifu era seduto in un angolo e tentava di meditare, mentre aspettava il ritorno della sua pupilla. Intorno a lui, i ragazzi si riposavano e Po preparava qualcosa da mangiare, visto che l’anziano maestro aveva deciso di trasformare quella sosta inaspettata in una pausa pranzo anticipata.
Per quanto la meditazione l’avesse sempre aiutato a tranquillizzarsi, il panda minore non riusciva a liberarsi dal pensiero della sua ultima discussione con il generale Shang Chiang.
 
La sola idea che Tigre avesse trascorso la notte nella camera di uno dei suoi compagni era a dir poco ridicola, e poi in quella di Po! Era una cosa insensata, davvero.
Eppure qualcosa, nello sguardo e nel tono della vecchia tigre, aveva insinuato il dubbio nel cuore del piccolo panda.
Sapeva che lo scorsa sera a ragazza si era recata presso le camere degli uomini –non era andata proprio per parlare con lui, dopotutto?-, ma non poteva dire quando se ne fosse in realtà andata, poiché non aveva sentito rumori di passi per un bel po’, né ci aveva prestato attenzione, amareggiato e preso dai suoi pensieri com’era. Inoltre, ora che ci pensava, la camera del panda era proprio di fronte alla sua.
Ma da qui a dire che lei e il Guerriero Dragone avessero passato la notte insieme . . .
 
Il panda minore scosse la testa.
 
No, doveva togliersi questo pensiero senza senso dalla testa.
Per quanto Tigre e Po fossero amici, non avrebbero mai commesso un atto simile, conoscendo le regole e le conseguenze. Erano entrambi guerrieri preparati e nessuno di due avrebbe mai messo a rischio il proprio onore così. Meno che mai Tigre.
Lei, sempre così rigida e rispettosa delle regole. Lei, che aveva fatto delle arti marziali una scelta di vita. Lei, che rifiutava le attenzioni maschili e tutto ciò che riguardava il mondo femminile. Lei, che avrebbe preferito morire piuttosto che rinunciare al kung fu.
Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Ne era certo.
O almeno, credeva di esserne certo.
 
Shifu si morse le labbra.
 
Dannato Shang Chiang!
Era tutta colpa sua se adesso aveva tali dubbi insensati sulla sua pupilla.
Non doveva nemmeno pensare che una cosa del genere fosse possibile.
Lui conosceva bene Tigre. L’aveva cresciuta, l’aveva vista maturare. Era suo padre adottivo, maledizione! La conosceva come nessun altro.
 
Siete davvero sicuro di conoscere colei che continuate a chiamare con così tanta insistenza ‘mia figlia’?’
 
Già, ne era davvero sicuro, dopotutto?
In fondo, si era reso conto di quanto poco sapesse dei suoi pensieri e delle sue emozioni la sera stessa dell’arrivo di Shang Chiang al Palazzo. E, da quando erano partiti, più volte aveva notato in lei atteggiamenti nuovi ed inusuali.
E poi, se pensava al rapporto sempre più stretto che si stava formando con Po, i mille gesti, le frasi, gli sguardi, la complicità . . .
Per un attimo, gli tornò in mente quando ella, infuriata, aveva tentato di attaccare il padre biologico e Po era riuscita non solo a fermarla, ma anche a calmarla.
Rivide la zampa del panda afferrare il braccio di lei, li risentì mormorare quelle poche parole sommesse, rivide i loro sguardi fusi insieme, rivide quella nuova ed insolita calma avvolgere e dominare la ragazza al posto dell’ira, li rivide sparire tra gli alberi fianco a fianco, come legati da un filo invisibile ma indissolubile.
Ma, soprattutto, risentì la sua sorpresa. E la sua preoccupazione.
A dire il vero, se tornava indietro con la memoria, riusciva a rammentare altri momenti in cui il comportamento della sua pupilla nei confronti del panda era stato insolito.
Le mille volte in cui l’aveva aiutato senza che glielo avesse chiesto, gli innumerevoli sorrisi velati, gli sguardi fugaci e poi quella reazione così innaturale e stupita durante la loro ultima missione, quando Po l’aveva abbracciata dopo la battaglia contro Shen.
Tigre non si era mai fatta abbracciare in vita sua. Mai.
Anzi, se tornava ancora più indietro, si rendeva conto che il primo comportamento insolito risaliva addirittura al giorno dopo la scelta di Po come Guerriero Dragone.
Po era stato trovato in giardino, mentre tentava di imparare la spaccata, e lui, irritato, aveva usato Tigre per fargli una piccola dimostrazione.
La ragazza, però, aveva usato molta più forza del dovuto durante quel semplice esercizio, eseguendolo come se dovesse dimostrare tutta la sua potenza ed abilità. E poi, quando era atterrata di fronte a lui, che la guardava completamente incantato, gli aveva lanciato uno sguardo di fuoco che avrebbe fatto tremare il cuore a chiunque. Non si era trattato di uno sguardo semplicemente provocatorio o minaccioso, no. Era lo sguardo che ogni tigre riserva solo ed esclusivamente alla sua preda. Alla creatura che, presto o tardi, avrebbe avuto tra i suoi artigli, completamente in balia del suo volere.
E, anche ai suoi occhi, iniziava a sembrare innegabile che Po fosse ormai stretto nella prigione di fuoco che era Tigre.
 
I suoi pensieri furono interrotti da dei leggeri passi che conosceva fin troppo bene.
Aprì gli occhi, lentamente, e osservò Tigre apparire tra i bambù, esattamente dove era scomparsa poco prima, con un’espressione indecifrabile sul volto.
Tutti si voltarono verso di lei, sollevati di rivederla ma preoccupati per la sua prolungata assenza.
Vipera fu la prima a parlarle, con un sorriso gentile ma lievemente teso “Finalmente sei tornata! Vieni, la zuppa è quasi pronta.”.
La guerriera posò lo sguardo vuoto su di lei e si costrinse a rispondere con voce atona “Non ho fame.”. Poi si sedette su un bassa roccia, abbastanza lontana da tutti, senza più degnare di uno sguardo nessuno.
I suoi compagni si guardarono, preoccupati, e il panda minore notò che anche Shang Chiang sembrava in pensiero per lo strano comportamento della giovane.
Ma nessuno lo era quanto lui.
 
Il gruppo prese pian piano a mangiare, benché la tensione fosse ormai palpabile. Mantide e Scimmia tentarono di tenere su il morale del gruppo con alcuni scherzi e battute, riuscendo a far sorridere un paio di volte Gru e Vipera.
Proprio durante una barzelletta su un panda, un rinoceronte e un’anatra in un pub, Shifu notò Po allontanarsi silenziosamente dal gruppo ed avvicinarsi a Tigre, che era rimasta in disparte senza toccare niente o rivolgere la parola a qualcuno.
“Tigre?” la chiamò sottovoce Po, guardandola con aria preoccupata “Stai bene?”.
La felina posò la sguardo su di lui e rispose brevemente “Certo.”.
Il guerriero sbruffò “Come no. Hai l’aria di una che ha appena visto un fantasma.”.
A quelle parole, un’ombra oscurò il volto della giovane, ma fu solo un attimo, e il suo volto tornò ad essere impescutabile.
“Ho detto che sto bene, Po. Torna dagli altri.” ribatté con durezza, senza più guardarlo.
“No, non torno dagli altri fino a quando non mi dici che cos’hai.” rispose il ragazzo, incrociando le braccia “Andiamo, si vede da un miglio che c’è qualcosa che non va. E voglio sapere di cosa si tratta.”.
La ragazza rimase in ostinato silenzio a fissare il vuoto, comportandosi come se lui non ci fosse nemmeno.
 “Lo sai che con me puoi parlare di . ..” esitò, incerto “... di qualsiasi cosa ti turbi. Non lasciarmi all’oscuro. Per favore. Voglio solo aiutarti. Davvero.”
A quelle parole il viso e il tono di voce della guerriera si addolcirono quel poco che bastava per zittire il ragazzo.
“Lo so, Po, ma non puoi fare niente. Ora lasciami sola, per favore.”
Il giovane sospirò e fece per allontanarsi, scoraggiato, ma improvvisamente la voce della felina lo richiamò.
“Po?”
Il panda si voltò subito verso di lei, e rimase spiazzato dal vedere una minuscola luce e un lieve sorriso sul suo volto.
“Grazie. Di tutto quanto.”
Po sobbalzò, stupito da quelle parole, e un live rossore salì ad imporporargli le guance.
“Non devi ringraziarmi, Tigre. Lo sai che farei di tutto, per te.” rispose, quasi esitante ma con un coraggio mai avuto prima di quel momento.
Shifu, che era riuscito a sentire tutto, sentì un colpo al cuore.
‘Ma cosa sta succedendo?’
 
~~~~΅΅~~~~
 
Il resto del viaggio proseguì in un silenzio al dir poco inquietante. Sembrava quasi che una presenza maligna aleggiasse tra i giovani guerrieri, tesi e presi ognuno dalle proprie inquietudini.
Tigre aveva evitato di parlare per tutto il tempo, ma Shifu non aveva potuto fare a meno di evitare che, dopo quella breve conversazione con il panda, sembrava decisamente più sollevata e più serena rispetto a quando era tornata dalle rovine dell’orfanotrofio, e che Po non le staccava nemmeno un attimo gli occhi di dosso.
Dentro di lui le parole, le accuse e i sospetti che aveva piantato Shang Chiang poche ore prima stavano iniziando a mettere radici.
Il gruppo decise di fermarsi per la cena al calar del sole, che Po prese a preparare con aria distratta. Mentre la zuppa cuoceva, i due guerrieri più anziani si sedettero agli opposti confini dell’accampamento, l’uno scrutando in cagnesco l’altro, e il resto del gruppo tentò di rallegrare un po’ il loro leader, a cui Scimmia e Gru riuscirono a strappare qualche parola e Po un accenno di sorriso.
Quando finalmente il pasto fu consumato e Tigre si decise ad uscire dal suo completo mutismo le prime stelle stavano già spuntando nel cielo.
Con fare stanco, chiese a Po di passarle il suo fagotto, per inserirci alcuni pesi aggiuntivi. Dopotutto, doveva in qualche modo allenarlo in quelle settimane di viaggio, no? Per quanto l’approccio intellettuale ancora non fosse stato ben avviato, poteva almeno lavorare un po’ sul piano fisico.
Fu proprio mentre spostava all’interno dello zaino alcuni affetti personali per riuscire ad infilarci qualche pesante pietra che si immobilizzò, con gli occhi spalancati e il volto incredulo. Nessuno lo notò, come nessuno notò la sua zampa sfilarsi velocemente dal fagotto e nascondere nelle sue tasche qualcosa.
Ma Po notò benissimo il gelo che c’era negli occhi della giovane quando questa si alzò e sibilò al loro maestro con voce atona “ Io e Po dobbiamo continuare il suo allenamento. Non aspettateci, faremo tardi.”.
Shifu la fissò, mentre nel suo cuore qualcosa si stringeva dolorosamente, per poi annuire ed osservare i due sparire silenziosamente nella foresta. Avrebbe voluto fermarli, impedire che il loro legame si facesse ancora più intenso fino a quando non ne avrebbe appreso appieno la natura, ma qualcosa negli occhi del panda glielo impedì.
Scosse la testa, sconfortato.
Qualunque cosa stesse succedendo, lui doveva solo vegliare e poi agire quando le carte in tavola sarebbero state chiare.
Però, quanto era dolorosa l’attesa.
 
Che qualcosa non andava Po lo capì subito, dal modo in cui Tigre camminava, dalla coda immobile a mezz’aria, dal suo silenzio quasi aggressivo.
Lo capì dal modo in cui ella si fermò in mezzo a una raduna isolata e si voltò verso di lui, con il freddo negli occhi.
Lo capì dalla sua voce, quando lei disse lentamente, quasi volesse graffiarlo semplicemente con il suono delle sue parole “Pensavo che non ci fossero più segreti tra noi, Po. Credevo di potermi fidare di te.”.
Il cuore del panda ebbe un tuffo nell’udire quelle frasi, crudeli come pugnali dalla lama avvelenata.
“è così, infatti.” ribatté, con la gola chiusa e la paura che iniziava a prendergli l’animo.
Le pupille della ferina si restrinsero. “Ah, davvero?” sibilò, mentre si infilava una zampa in tasca “Allora non avrai difficoltà a spiegarmi questo.”
Sfilò la zampa dalla tasca e quando Po vide cosa avesse lì, stretto nel suo pungo, si sentì mancare.
Perché era il suo modellino. Il modellino che suo padre aveva ritrovato pochi giorni prima della sua partenza. Il modellino da cui non aveva avuto il coraggio di separarsi e che si era portato dietro, abilmente nascosto nel fondo del suo zaino.
Il modellino che raffigurava Tigre, bambina, all’epoca del loro primo incontro.
“Io . . .” balbettò, mentre la sua mente lavorava a mille per trovare una spiegazione “Beh, lo sai che ero un tuo fan fin da quando hai iniziato a svolgere le prime gare e a combattere in pubblico, te ne ho parlato . . . quello è solo un modellino che ho costruito allora. Il primo che io...”
Tigre lo interruppe con un gesto imperioso della mano “Non mentirmi, Po. Questo...” sollevò l’action figure “non può risalire all’epoca dei miei primi scontri. Fin da quando ho iniziato a combattere in pubblico ho sempre utilizzato delle camicie con ricami di fiori di loto dorati. Qui, invece, mi hai raffigurato con una semplice maglia rossa, quella che indossavo abitualmente prima di iniziare a studiare seriamente il kung fu. E so che non può essere stata una svista da parte tua, perché tutti i modellini fatti da te che ho visto erano precisi fin nel minimo dettaglio. Quindi, smettila di mentire. Perché hai questo modellino? Quando l’hai fatto? E soprattutto, come facevi a conoscere il mio aspetto ancora prima che mi mostrassi in pubblico?”
Il panda rimase in silenzio, con il cuore che batteva a mille, non sapendo cosa rispondere e profondamente confuso dalla piega che aveva preso l’intera faccenda.
Tigre lo fissò, stringendo le labbra, arrabbiata e ferita per il suo silenzio. Con decisione, fece un passo in avanti e lo chiamò per nome.
“Po.” La sua voce era tesa, dura, e per un attimo il giovane guerriero ebbe paura di ciò che stava per dire “Nella mia vita, nessuno mi ha mai raccontato la verità. Shifu l’ha celata per tanto tempo, e non so ancora se ciò che mi ha rivelato ieri sia in realtà tutto quello che sa. Shang Chiang non me la rivelerà nemmeno morto. Sh . ..” si bloccò, e scosse appena la testa “ . . . una persona che credevo capace di capirmi mi ha raccontato solo bugie, usandomi ed ingannandomi. Tutti mi hanno sempre mentito, nascosto la verità, riempita di bugie fino allo sfinimento.”  I loro sguardi si incontrarono e si fusero insieme, fuoco e giada unite e pronte a lottare per il predominio. Gli occhi di lei sembravano bruciare come fiamme vere. “Non fare come loro, Po. Non mentirmi anche tu. Ti prego.”.
Po trattenne il fiato, colpito nel profondo da quelle sue parole e, soprattutto, dalla sua richiesta –o meglio, dalla sua preghiera-, mentre sentiva il suo cuore battere come mai prima di quel momento.
Abbassò lo sguardo a terra e rimase in silenzio per quella che parve un’eternità.
Poi, dopo aver sospirato, mormorò lentamente, con difficoltà “Quel giorno, avevi un fiore di loto infilato dietro l’orecchio destro.”
La felina lo guardò, confusa “Come?”
“Il giorno” esitò, ma poi continuò “Il giorno in cui decisi di costruire quel modellino, avevi un fiore di loto infilato dietro l’orecchio destro. Lo notai appena, di sfuggita, ma era bellissimo, rosso e dorato. Si intonava ai tuoi occhi. Ti cadde mentre combattevi contro un gruppo di ragazzini.” fece un profondo respiro “Il gruppo di ragazzini che mi stava aggredendo.”.
Tigre spalancò gli occhi, incredula, mentre il suo cuore si stringeva in un nodo doloroso, ma lui continuò a parlare, senza osar alzare lo sguardo da terra.
 “Dopo, lo raccolsi. Avrei voluto cercarti e restituirtelo, ma non sapevo dove trovarti. Non sapevo nemmeno chi eri, quanti anni avevi o dove abitavi. Sapevo solo che eri intervenuta per proteggermi, nonostante non ci conoscessimo neanche. E sapevo, grazie ad una voce che ti aveva chiamato in lontananza, quale fosse il tuo nome. Tigre.” lo mormorò come se fosse qualcosa di unico e prezioso e poi rimase per qualche secondo a fissare il terreno.
 “Sinceramente, non credevo che ti avrei mai più incontrata. Anzi, non ero nemmeno certo di averti sul serio incontrata. Era tutto così irreale ed incredibile. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me. Nessuno mi aveva mai difeso. Nessuno mi aveva mai trattato come se non fossi meno di niente. Mi sembrava impossibile. Mi sembrava un sogno. Ma c’era quella sensazione di fuoco e calore nel petto, e soprattutto quel fiore per terra, che dimostravano che non era stato solo un frutto della mia immaginazione.”
Sospirò, un sospiro così piccolo che le orecchie sensibili di Tigre lo colsero appena “Cercai dappertutto, ma non riuscii a trovarti. Nessuno conosceva una bambina con quel nome e con due fiamme al posto degli occhi. Così, portai il fiore a casa e lo nascosi in un libro, al sicuro, accontentandomi del ricordo di quel incontro così strano e di quella tua ultima frase che alle mie orecchie suonava come una promessa. ‘Se il Fato lo vorrà.’. Mi dicevo che, come il Fato aveva voluto farci incontrare una volta, l’avrebbe fatto anche una seconda, perché non poteva fare le cose a caso. “
Agitò le zampe, ansioso e nervoso.
“Però ... però avevo paura di dimenticarti. Cioè, ero certo che non avrei mai potuto dimenticarti. Non avrei mai potuto dimenticare le tue parole, la tua voce, il tuo volto, il tuo sorriso, la tua figura mentre ti allontanavi . . . e i tuoi occhi, soprattutto. Non avrei mai potuto dimenticare i tuoi occhi. Mai, nemmeno in diecimila anni.”
Arrossì lievemente, il cuore che bruciava nel suo petto “La memoria mi ha sempre giocato brutti scherzi, però, e quindi temevo che non sarebbe stato così. Temevo di dimenticare l’unica persona che mi aveva aiutato, che non aveva visto in me solo un ragazzino ciccione e sciocco, che era stata dalla mia parte, che mi aveva protetto. Non volevo dimenticare nulla, nemmeno il minimo dettaglio, ma non sapevo come fare.
Io . . . ero bravo con il legno. Costruivo da me decorazioni, giocattoli, statuette. Quando il ristorante era quasi vuoto, nei tempi di magra o quando i soldi non bastavano, creavo dei giochi o delle statuette e li vendevo nel villaggio. Così, pensai di tenerti sempre con me nel modo in cui mi riusciva meglio.”
Sospirò, e stavolta anche i sassi avrebbero potuto sentirlo “Lavorai a quel modellino per giorni, facendo attenzione ad ogni dettaglio. Quando lo finii, lo nascosi sotto il cuscino, ma con il tempo iniziai a portarlo con me ovunque andassi. Divenne il mio amuleto contro la paura, la tristezza, l’umiliazione. Era il ricordo tangibile che per qualcuno io non ero un totale disastro.  Il ricordo che, per qualcuno, ero stato qualcosa per cui valeva la pena combattere.
Poi passò quasi un anno e in giro si iniziò a parlare di una piccola guerriera, adottata dal maestro del Palazzo di Giada ed incredibilmente forte, che aveva iniziato a combattere contro numerosi allievi di altri maestri e contro guerrieri molto più grandi e potenti. Quando venni a conoscenza del suo nome, non riuscivo a crederci. Si trattava della stessa giovane tigre che mi aveva aiutato e che non avevo mai più incontrato. Si trattava di te.”
Trattenne il fiato per una manciata di secondi, e poi riprese a parlare.
“Da allora, iniziai a raccogliere più informazioni possibili su di te. Conoscevo ogni tua battaglia, ogni tua lotta, ogni tua vittoria. Ero quasi . . . ossessionato da te. Pian piano, attraverso le mie ricerche, iniziai ad appassionarmi al tuo mondo, il kung fu, fino a quando divenne la mia grande passione. Ammiravo le gesta dei grandi guerrieri, non solo perché erano tosti tosti ed avevano fatto delle loro caratteristiche più disparate, strane, insolite o derise i loro punti di forza, ma perché li utilizzavano per proteggere il prossimo, i più deboli, gli indifesi, ognuno a modo loro. Perché, con quei stessi aspetti che tanti avevano etichettato come ‘sbagliati’ o ‘ridicoli’, riuscivano a rendere il mondo un po’ migliore. E, tra tutti questi eroi, spiccavate voi, i Cinque Cicloni, e soprattutto tu, Tigre, che eri e sei ancora il mio idolo. Non solo per la tua tostagine, ma anche e soprattutto per la tua bontà di cuore. Una bontà che, dieci anni fa, mi ha cambiato la vita per sempre. Ed è per questo che, da quando mio padre lo ha ritrovato, mi porto dietro questo tuo modellino. Per non dimenticare mai quello che hai fatto per me, anche senza saperlo. Quante volte e in quanti modi mi hai salvato.”.
Dopo quelle ultime parole, Po si zittì e continuò a tenere lo sguardo fisso sui suoi piedi, mentre sentiva una tempesta distruggergli l’anima.
Ecco. Aveva appena rovinato tutto. Tutti i suoi sforzi, tutti i suoi tentativi erano falliti. Tutte le notte di dolore, tutti i buoni propositi non erano serviti a nulla. Aveva ceduto, come sempre. E ora stava per perdere tutto. Lo sapeva, lo sentiva.
“Eri tu?”
Po sobbalzò, mentre udiva la voce di Tigre, tesa, eppure dolce come non mai, fargli quella domanda che mai aveva creduto di poter udire.
“Eri tu quel bambino dagli occhi di giada?”
Po annuì, le gote tinte di una lieve tonalità di rosa, e la guerriera per un attimo si dimenticò di come si respira.
“Sai, non avrei. . . “ lui sollevò lievemente lo sguardo, incrociando gli occhi di fuoco di lei e mordendosi le labbra “ . . . non avrei mai creduto che tu potessi ricordarti di me, dopo tutto questo tempo.”
“Non è trascorso giorno senza che io l’abbia fatto.” rispose la felina in un sussurro, facendo un piccolo passo verso di lui.
Fu il turno del ragazzo di trattenere il respiro.
“Perché non mi hai detto nulla? Anche ieri sera, quando io . . .” la ragazza si fermò, quasi vergognandosi  ” . . . Perché non me l’hai detto, Po?”
 “Ecco . . . sono stato più volte tentato di farlo, davvero, però pensavo che se te ne avessi parlato e non te ne fossi ricordata, se ti fossi . . . dimenticata sul serio di me, mi avrebbe fatto troppo male. Ero certo che tu non potessi ricordarti di uno sciocco bambino qualunque, ma non avevo il coraggio di affrontarlo. Non volevo sapere che la persona che mi aveva cambiato la vita mi aveva cancellato dalla sua mente, non veramente.” si strinse forte le zampe, quasi imbarazzato. “E poi, avevo paura. Ero certo che rivelarti che ero io quel bambino che avevi aiutato tanto tempo prima sarebbe stato uno sbaglio. Non volevo perdere la tua amicizia, che era la cosa che più di tutte desideravo. Non volevo sciuparla. Non volevo rovinare tutto.”.
Tigre si avvicinò, guardandolo intensamente negli occhi. “Non avresti rovinato niente. Anzi. Se solo sapessi quanto . . . quanto ti ho cercato . . .” abbassò lo sguardo, esitante, quasi timorosa di aver detto troppo.
Improvvisamente sembrava di nuovo quella bambina che dieci anni prima era corsa in suo aiuto senza chiedere nulla in cambio, quella ragazzina dagli occhi color del fuoco sola al mondo quanto lo era lui allora.
Po non resistette e le accarezzò la guancia con tutta la dolcezza che aveva nel cuore, mormorando piano “Mi hai trovato, ora.”.
La felina chiuse gli occhi e si sciolse sotto quel tocco gentile e quelle parole che non aveva mai pensato di poter udire, poggiando una zampa su quella del panda.
Il ragazzo sorrise appena, vedendo quella reazione, mentre sentiva, finalmente, che un pezzo del suo cuore aveva trovato il suo posto in quello di lei.
Lentamente, quasi con esitazione, posò la fronte contro quella di lei, e ripeté “Mi hai trovato, e io non ho alcuna intenzione di lasciarti andare mai più.”.
Tigre sorrise, mentre sentiva l’animo stranamente in pace, e sussurrò piano “Nemmeno io.”.
Forse, era quella la vera felicità.
 
 
~~~~΅΅~~~~
 
Un ragazzo avvolto in uno scuro mantello si fermò vicino ad un piccolo lago, ansimando.
Ormai erano trascorsi parecchi giorni da quando aveva iniziato il suo inseguimento, e per quanto avesse recuperato parecchio terreno non era ancora riuscito a raggiungere il suo obbiettivo.
Stremato ed anche abbastanza scoraggiato, aveva deciso di fermarsi e di riposarsi un po’, prima di riprendere il cammino.
Si lasciò scivolare ad occhi chiusi contro il tronco di un albero, fino ad arrivare a terra.
Era stanco, veramente molto stanco, ed iniziava a temere di essere fin troppo lontano da lei, dal suo obbiettivo.
Se continuava a procedere di questo passo, senza una vera scia, sarebbe stato praticamente impossibile riuscire a . . .
“Signore, stai bene?”.
Una voce dolce, infantile, gli fece perdere il filo dei suoi pensieri e lui sollevò appena il viso, per osservare chi mai gli avesse rivolto la parola.
Una piccola coniglietta, dal pelo candido e dai verdi occhioni ingenui, lo guardava incuriosita.
Visto che il giovane avvolto nel mantello non sembrava intenzionato a rispondere, la piccola si fece più vicina e lo osservò con più attenzione “Non sei una tigre, vero? Ci assomigli un po’, però. La maestra di kung fu che ho conosciuto qualche giorno fa aveva una pelliccia simile alla tua, ma un volto molto più gentile e degli occhi più caldi.”.
Quelle parole fecero scattare qualcosa nella mente del ragazzo.
“Una maestra di kung fu?” esclamò con voce roca, alzando la testa di scatto e stringendosi dentro il suo mantello.
Quella annuì, felice che l’uomo avesse parlato “Oh si. Si chiamava Tigre ed aveva gli occhi color delle fiamme. Mi ero persa e mi ha riportato qui, dalla mia mamma, prima di ripartire per il suo viaggio.”.
Il giovane scattò in piedi, improvvisamente pieno di forze “Dove è andata?” domandò, la voce piena di urgenza “Dove?!”.
La bambina indietreggiò, spaventata dalla sua voce improvvisamente alta ed aggressiva e quello che vedeva bruciargli negli occhi “D-di là.” disse, indicando la direzione con la zampetta. “Verso Est.”.
Egli allora si voltò e sparì nella foresta come un demonio, seguendo la direzione indicata dalla piccola, mentre di sé gridava di compiacimento.
“Sto arrivando, Tigre.” pensò “Sto arrivando, e presto tu sarai di nuovo mia.”.
 
 
 
 
 
La tana dell’autrice
 
 
Ecco, in due parole: Sono viva. –se cogliete la citazione, siete i miei nuovi miti-
 
Sono scomparsa per mesi e mesi, senza dare alcun cenno di vita, senza aggiornare nemmeno una volta nell’arco di sei mesi, senza rispondere a nessuna recensione, eppure non sono morta. Certo, adesso vorrete certamente uccidermi voi, e a ragione oserei dire. Ma vedete, per ‘Tu non mi avrai così’ è stato un periodo abbastanza duro, anzi, molto, molto duro.
Innanzitutto, questo capitolo doveva essere pubblicato nelle prime settimane di gennaio, ma proprio mentre ero a circa a metà della stesura BOOM, il blocco. Non sapevo come continuare, non sapevo cosa togliere, non sapevo quale parole digitare su questa maledetta tastiera. Ma non era un vero e proprio blocco da scrittrice, perché se non consideriamo questa storia, in questi mesi ho scritto parecchio, soprattutto nel fandom ‘Sherlock’. Era un blocco specifico per questa storia, che già altre numerose volte ha colpito in situazioni analoghe di sconforto o semplicemente tensione –tant’è che l’ho chiamato ‘blocco serial killer’-, e che mi ha tenuto ferma per mesi. A dire il vero, questa volta ha fatto di più; stava per spingermi a cancellare la storia.
Mi spiego meglio: in questi lunghi mesi di relativa inattività, ho riletto parecchie volte la storia per cercare di riprendere ad aggiornarla, ma ogni volta mi saltavano all’occhio solo i difetti di questo lungo lavoro, difetti che man mano diventavano sempre più grossi.
Inoltre, con il passare degli anni, questa storia per me è diventata forse la più importante di tutte, anche se le mie passioni sono cambiate tantissimo e sono finita in fandom totalmente diversi da questo, e quella che mi ha causato sempre più tensioni. La consapevolezza di avere così tanti amabili lettori che, nonostante tutto, aspettano con fiducia ogni nuovo aggiornamento è sempre stato per me una fonte di profonda frustrazione, perché il pensiero che il risultato possa essere deludente mi terrorizza. E deludente, almeno ai miei occhi, era ciò che avevo scritto. Il lavoro di una bambina, ricca di ingenuità stilistica e non. Ecco cosa vedevo.
Ma poi, dopo aver letto i messaggi e le recensioni di alcuni di voi e di averci pensato a lungo, ho deciso di continuare. Perché questa è una storia che mando avanti da quando mi sono iscritta, tre anni fa, e nonostante tutti gli alti e bassi racchiude non solo la mia crescita al livello di stile e narrazione, ma anche la mia vita di questi anni. Non solo nelle risposte alle recensioni o nelle note, ma anche negli aventi narrati e nelle parole usate per narrarle ho racchiuso la me di quel periodo, e cancellare tutto questo sarebbe rinnegare quello che sono stata e che attualmente sono. E non voglio farlo.
Ma, soprattutto, ho deciso di continuare per voi. Perché siete fantastici, siete comprensivi, siete mitici. Perché non voglio deludervi. Perché, semplicemente, ve lo devo.
 
Quindi, ecco qui il nuovo capitolo, il primo, spero, di una carrellata di aggiornamenti succulenti e strazianti.
Tenetevi pronti, perché i casini stanno per arrivare.
 
T.r.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 – Piccoli misteri ***


 

 

 

Capitolo 29 – Piccoli misteri

 

 

 

‘E tu come mi vedi?’

‘Come un mistero.’

‘È uno strano complimento. Il più strano che abbia mai ricevuto.’

‘Non è un complimento. È una minaccia.’

‘Che significa?’

‘I misteri vanno svelati.’

‘Potrei deluderti.’

‘O magari sorprendermi.’

 

-L’ombra del vento

 


Il vento fischiava forte nelle sue orecchie, ma lei continuò a correre, ascoltando solo il battito, furioso e ferito, del suo cuore impazzito nel petto. Corse e corse, le zampe insensibili alla stanchezza o alle pietre che ne ferivano la carne. Corse, fino a quando non riconobbe una figura dorata poco lontana, e la rabbia dentro di lei crebbe ancora di più.

Si fermò quasi all’istante e si alzò, senza curarsi delle zampe sanguinanti né del fiato che le mancava. Tutta la sua attenzione era concentrata sul giovane leopardo che le dava le spalle, ancora ignaro della sua presenza.

Strinse con forza i pugni, macchiandosi i palmi di quel liquido rosso, e aspettò che il suo respiro affannoso o il suo profumo gli rivelassero la sua presenza.

Il tempo di pochi, rapidi battiti, ed il giovane si voltò, e quando i suoi occhi chiari la sfiorarono un piccolo sorriso, che fino a qualche momento prima avrebbe trovato seducente, gli comparve sul muso elegante “Ehi, micina. Hai già finito l’allenamento?”.

Tigre strinse i denti, ma non rispose. Ciò sembrò turbarlo, poiché provò ad avvicinarsi, ma lei fece un passo indietro, allontanandosi quasi con sdegno “Il gioco è finito.”sussurrò, la voce bassa e furiosa, ma controllata. Un lampo attraversò lo sguardo del giovane per poco meno di un respiro, ma a lei bastò ed avanzò.

“Di quale gioco stai parlando? È un’altra delle strambe trovate di Scimmia?” fece il ragazzo, simulando leggerezza e cercando di sfiorarla, ma lei si scostò con rabbia.

“Smettila di fingere.” sibilò, gli occhi di fuoco che lo fissavano come se avesse voluto bruciarlo con lo sguardo “Ho trovato la lettera. So tutto.”.

Le sue pupille si spalancarono di scatto, ed il leopardo agitò la coda, a disagio“Tigre...”

“No, non osare. Non provare nemmeno a giustificarti.” lo ammonì, stringendo i pugni con forza, incurante del sangue che ne macchiava il pelo color del tramonto “Mi sono fidata di te. Mi sono fidata di te più di quanto abbia mai fatto, e tu mi hai ingannata. Mi hai usata per i tuoi scopi e per il tuo divertimento. Tutti quegli sguardi, quelle parole, quei momenti, erano solo semplici strumenti per il tuo passatempo. Il passatempo crudele di un principino viziato.” C’era veleno puro, in quelle parole, tirategli addosso con la forza di una pugnalata, e nel sentirle il ragazzo impallidì appena, colpito dalla loro violenza e dalla rabbia che vedeva riflessa nel volto di lei.

“Non è vero.”mormorò, facendosi più vicino ed allungando una zampa per sfiorare quelle che tante altre volte aveva stretto durante la sua falsa “Ti prego, permettimi di spiegarti, piccola.”.

Un lampo di pura furia attraverso gli occhi dorati della felina. Con uno scatto, gli afferrò il polso e gli piegò il braccio dietro la schiena, strappandogli un gemito di dolore. “Non chiamarmi piccola!” ringhiò, aumentando con forza la presa attorno al suo braccio e avvicinandosi al suo orecchio “Ascoltami bene, ora. Quando ti lascerò andare, tu tornerai al palazzo di Giada, dirai al tuo maestro che hai deciso di anticipare la vostra partenza, ed entro domani mattina lascerai la Valle della Pace, per non tornare mai più.”

Il ragazzo le rivolse uno sguardo arrogante, il volto tramutato in una maschera quasi irriconoscibile agli occhi di brace della giovane guerriera – o forse, dopo tutto quel tempo, la maschera era caduta, rivelando infine il suo vero viso “E se non lo facessi?”

In tutta risposta, i suoi artigli gli si conficcarono nella pelle, e la sua voce si intinse di gelida sicurezza “Hai osato giocare con il fuoco, principino. Se vuoi solo restare scottato, farai quello che ti dico. Altrimenti, non avrò nessuna remora a lasciarti bruciare.”

 

 

 

Tigre si svegliò di soprassalto, ansimante e con il cuore che le batteva tanto quanto aveva fatto nel sogno, le zampe strette attorno alla coperta sottile.

Chiuse gli occhi, cercando di controllare il respiro e di calmarsi, ma sotto le palpebre frammenti del suo incubo, precisi e crudeli come scene reali, continuarono a danzare in una macabra danza.

Tentò di scacciarli, ma inutilmente. Quei fantasmi infuocati erano ancora lì, impressi nelle sue pupille, dopo anni di oblio forzato e di negazione. Anni, da quando aveva chiuso quel ricordo e tutto quello che portava con sé nei meandri più profondi della sua mente, sperando che, presto o tardi, sarebbe scomparso per sempre. Anni, da quando quel volto aveva smesso di tormentare le sue notti. Anni che in quel momento parvero annullarsi, con il cuore che batteva impazzito allo stesso modo di allora, come se tutto quel tempo non fosse servito ad altro che rimandare per un po’ il dolore e la rabbia.

 

“Tigre, tutto bene?”

 

Una voce la raggiunse, spezzando quelle catene fatte di passato e di fantasmi. Le immagini infuocate si attenuarono fino a scomparire, lasciando solo il vuoto. La ragazza sospirò, sollevata, ed aprì con calma gli occhi, per incontrare quelli, preoccupati e gentili, del proprietario della voce.

“Non dovresti dormire, Po?”domandò, tentando di trasformare il proprio viso in ghiaccio, affinché il panda al suo fianco non potesse leggerle dentro la tempesta di fuoco da cui l’aveva appena strappata.

Po si sedette davanti a lei, senza mai staccare lo sguardo dal suo “Se lo facessi, Shifu mi ucciderebbe. È il mio turno di guardia, purtroppo.” rispose, scuotendo appena la testa “Ti senti bene?”.

La guerriera annuì, mentre lentamente il battito del suo cuore impazzito rallentava al ritmo del respiro dell’altro “Si, certo.” Adesso si, pensò, ma non ebbe il coraggio di pronunciare quelle parole.

Lui non sembrava molto convinto, ma non isistette. Incrociò le gambe ed alzò lo sguardo al cielo, illuminato da tante stelle da non poter essere contate “Odio dover fare la guardia da solo.” si lamentò, sbruffando appena “E’ noiosissimo e finisco sempre per addormentarmi, dando al maestro un’ottima scusa per punirmi il giorno dopo.”.

Tigre piegò appena un angolo della bocca verso l’alto, divertita, e si scostò la coperta da dosso “Sapere che la nostra sentinella non riesce a reggere il proprio turno è davvero rassicurante, soprattutto in una zona piena di banditi e mercenari come questa.” commentò, raccogliendola e riponendola dentro alla propria sacca “Pensi che ci sveglieremo con un coltello alla gola oppure con una spada piantata nel petto?”

“Ah-ah, spiritosa.” Po le tirò un colpetto alla spalla, per poi gemere e massaggiarsi le nocche doloranti “Tu puoi stare tranquilla, le lame si spezzeranno appena incontreranno la tua pelle di ferro.” la prese in giro, per poi storcere la bocca “Ouch.”.

La felina sentì un sorriso spontaneo formarsi sul volto, e non fece nulla per nasconderlo. Era incredibile il modo in cui Po riusciva ad illuminare le sue tenebre, anche con un semplice gesto o qualche parola. Riusciva sempre a donarle un po’ di pace, anche in mezzo alle continue lotte che stavano attraversando la sua vita. In mezzo a tutte quelle zone oscure e cammini insidiosi, lui era diventato il suo punto fermo così, quasi senza che lei se ne accorgesse. Era bello avere qualcuno su cui contare e che la facesse sorridere, per una volta.

“Smettila di essere così esagerato.” ribatté, lo sguardo divertito “Se qualcuno si applicasse di più ai suoi esercizi, non finirebbe per farsi male ogni volta che mi sfiora.”.

Po sobbalzò, colpito sul vivo “Ma le tue lezioni sono pesantissime!” protestò, alzando le braccia al cielo “Nemmeno la prima volta che mi ha allenato Shifu ero così distrutto. E stavo andando anche a fuoco!”.

Tigre non riuscì a trattenersi di fronte alla sua espressione dolorante e ridicolmente sconfortata e ridacchiò. Erano passati tre giorni da quando aveva scoperto la vera origine della sua passione per il kung fu, e da allora aveva iniziato ad allenarlo seriamente, come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio. Avevano ricominciato dalle basi; calci, salti, cadute, sequenze. Era un allenamento tradizionale, serio, basato su quello che aveva ricevuto lei stessa, tanto tempo prima. L’aveva adattato alla loro situazione, ovviamente; sapeva che Po, dopotutto, non era fatto per lo stile duro, e in più voleva che comprendesse a fondo la profonda spiritualità e il significato reale che stavano dietro ad ogni movimento. Ma, come ogni addestramento che si rispetti, puntava a rendere il suo ‘allievo’consapevole dei propri limiti e spingerlo a superarli.

Inutile dire che, da quando avevano cominciato, il panda non aveva smesso un momento di lamentarsi.

“La via del kung fu è dura, dovresti saperlo.” commentò la felina, sistemandosi meglio e lanciandogli uno sguardo a metà tra il serio e lo scherzoso.

Il ragazzo, però, non la stava più guardando. Aveva lo sguardo fisso sulla propria zampa, improvvisamente pensieroso. “Lo so bene.” rispose solo dopo un po’, per poi mordicchiarsi il labbro inferiore, prima di continuare “Stavo pensando . . .una volta mi hai detto che, grazie al tuo allenamento con gli alberi ferrei, non senti più niente.”.

La felina annuì, non capendo dove volesse arrivare “E’ così. Non avverto più dolore, od almeno il mio corpo non lo percepisce come uno stimolo negativo.”.

“Ma quindi non senti più niente niente, o solo il dolore?[1]” insistette con voce tesa e bassa, fissandola con intensità, come se la sua fosse una domanda vitale.

Inclinò lievemente la testa, confusa “Non capisco cosa intendi.”.

“Insomma, se qualcuno ti stringe la zampa o te la sfiora, così . . .” Po allungò la zampa ancora dolorante e la avvolse piano attorno ad una delle sue, per poi iniziare ad accarezzarne con il pollice il dorso in piccoli e lenti cerchi invisibili, con una delicatezza che l’altra non credeva possibile “. . . riesci a sentirlo?”.

Tigre non rispose; non ci riuscì. I suoi occhi di fuoco erano incantati dalle loro zampe unite, un contatto così raro e così delicato da farla tremare dentro. Era successo così poche volte che le loro zampe si sfiorassero in questo modo, così intimo eppure così flebile, senza un reale motivo.

Riusciva a sentirlo, oh, se ci riusciva; avvertiva il calore della zampa che l’avvolgeva senza stringere, la corta pelliccia che accarezzava la sua, la sensazione stravolgente di Po che la sfiorava come se fosse qualcosa di prezioso, da custodire e da proteggere. Era simile a quando, tre giorni prima, lui le aveva sfiorato la guancia e le loro fronti si erano poggiate l’una all’altra, un tocco che la faceva bruciare e tremare allo stesso tempo,  un contatto che la sconvolgeva e allo stesso tempo la faceva sentire a casa.

“Io...” non riuscì a dire altro, che un rumore, lì, proprio a pochi passi da lei, ferì le sue orecchie sensibili. Subito si voltò nella direzione da cui proveniva, sotto lo sguardo confuso del suo compagno, ma i suoi occhi attenti non riuscirono ad individuare altro che ombre ed oscurità negli alberi che li circondavano.

“C’è qualcosa che non va?” domandò allarmato il Guerriero Dragone, seguendo con lo sguardo la stessa direzione.

La ragazza aspettò qualche secondo prima di rispondere “Credevo di aver sentito qualcosa.” mormorò, gli occhi ancora intenti a scrutare il buio “Ma non riesco a vedere nessuno.”.

“Sveglio gli altri.” fece subito Po, sciogliendo a malincuore quel contatto ed alzandosi.

“No, lasciali dormire.” lo fermò, voltandosi verso di lui dove aver lanciato un’ultima occhiata al bosco “Probabilmente è stata solo una mia impressione. È stato così per tutta la giornata, e non è il caso di svegliarli per così poco. Hanno bisogno di riposare, tutti quanti.”.

Il panda la osservò per qualche momento, ma poi si risedette accanto a lei “Anche tu dovresti riposare, se è per questo. Questo viaggio ti sta sfiancando dentro e fuori, e siamo ancora a malapena a metà.” le disse con un accenno di preoccupazione, gli occhi color giada che tornavano a sfiorare i suoi, apparentemente già dimentichi della domanda rimasta senza risposta.

La guerriera si strinse nelle spalle, cercando di allontanare da sé quella strana sensazione che proprio non voleva andarsene “E chi ti terrà sveglio, poi? Sinceramente non ho molta voglia di farmi svegliare da una lama puntata addosso, domani mattina.”.

Po sbruffò, alzando gli occhi al cielo “Ed ecco che l’influenza di Scimmia si fa sentire. Non mi piace il modo in cui ti fai plasmare da lui comunque, signorina, sappilo.”.

“Oh, ma davvero? Potrei dire lo stesso, Guerriero Panzone.” rise, non riuscendo a restare ancora seria di fronte a quegli occhi che sorridevano.

Lui le fece una smorfia, ed all’improvviso una strana luce gli illuminò lo sguardo “Oh, mi sono appena ricordato una cosa. Qualcuno, qui, deve onorare una scommessa!”.

“Scommessa? Quale scommessa?” domandò, sinceramente confusa.

“Quella che abbiamo fatto prima di partire, al ristorante. Avevi detto che, se fossi riuscito a farti preparare una zuppa decente, avresti fatto qualsiasi cosa che ti avessi chiesto!” esclamò il ragazzo, allegramente.

Tigre aggrottò la fronte, tentando di ricordare, e quando ci riuscì annuì “Ah, è vero. L’avevo dimenticato.”.

“Beh, è arrivato il momento di onorare il nostro patto!” fece l’altro, sbattendo le zampe tra loro.

La ragazza lo fulminò subito con lo sguardo “Sia chiaro fin da ora, non farò niente di umiliante o di stupido. Non ruberò il bastone di Shifu, non disegnerò un paio di baffi sul viso di Scimmia, non chiuderò Mantide in un barattolo e non legherò Vipera e Gru insieme, quindi scordatelo.”.

“Avevamo detto qualsiasi cosa!” protestò appena il guerriero, ma allo sguardo assassino che gli lanciò si affrettò subito a continuare “Ma sei fortunata, perché per questa volta non avevo in mente niente del genere.”.

“Non so se esserne sollevata o preoccupata.” mormorò “Allora, di cosa si tratta?”.

A quel punto Po sembrò esitare, ma dopo qualche secondo si fece forza e disse, agitando ansiosamente le mani “Ogni giorno, fino a quando non torneremo a casa, io potrò farti tre domande, e tu dovrai rispondermi sinceramente, senza mentire o nascondermi qualcosa.”.

Tigre inclinò appena la testa, sorpresa ed anche un po’ confusa da quella strana richiesta “Perché?”.

“Perché, nonostante ormai siamo amici da tanto, mi sembra ancora di non conoscerti abbastanza.” rispose sinceramente, abbassando appena la voce “Ci sono tante cose di te che ignoro, tante che non riesco a capire, tante piccole curiosità che vorrei soddisfare. Cose semplici, ma che fanno parte della grande aula di ombra che ti avvolge continuamente e che mi rende incapace di vederti davvero. Vorrei illuminarla per riuscire a guardarti bene in volto, e svelare il piccolo, grande mistero che continui ad essere. Non mi sono mai piaciuti troppo, i misteri, e vorrei che tu smettessi di esserlo. Vorrei che, almeno per me, tu fossi solo Tigre.”.

La felina rimase senza parole, e tutto quello che riuscì a fare fu perdersi in quegli occhi impacciati ma sinceri che la scrutavano come se fosse la cosa più importante, l’unica che riuscisse a vedere.

 

A nessuno aveva mai permesso di avvicinarsi tanto alla sua anima come aveva fatto Po fino a quel momento; nessuno sapeva tante cose di lei quanto ne sapeva lui, e nessuno era mai riuscito a toccarla tanto nel profondo. Avrebbe dovuto tirarsi indietro, alzare di nuovo le sue difese. Sapeva che lasciare il proprio cuore così, aperto e vulnerabile, era pericoloso, che non avrebbe dovuto permettere a nessuno di avere tanto potere su di lei.

Ma era Po, il Po che le aveva salvato la vita infinite volte in infiniti modi, e che continuava a farlo ogni giorno. Ed a Po, lei, non poteva né voleva negargli nulla.

 

“D’accordo.” rispose in un sussurro, abbassando per l’ultima volta i suoi muri.

Il panda spalancò gli occhi, stupito “Davvero?”.

“Davvero.” annuì “Ma sappi che non sempre la soluzione di un mistero è quella che ci si aspetta. Può deludere, a volte. O fare male.”.

Po si allungò per prendere le zampe di lei tra le sue, facendo perdere un battito al cuore impazzito della sua amica “Tu non potresti mai deludermi o farmi male.” le fece dolcemente, stringendole con delicatezza come per rassicurarla.

Tigre si ritrovò a dover abbassare gli occhi, nel tentativo di ritrovare il controllo, e dopo qualche momento si ritrovò a mormorare, cercando di cambiare argomento “Allora, qual è la tua prima domanda?”.

Il guerriero si fece un po’ più indietro, senza però sciogliere l’intreccio delle loro zampe “Uhm, vediamo un po’ . . . qual è il tuo fiore preferito?”.

La ragazza, che si aspettava un altro tipo di domanda, per un attimo rimase quasi spiazzata, ma poi rispose con l’accenno di un sorriso “Il loto. [2] L’ho sempre trovato un fiore delicato, diverso dagli altri, eppure capace di resistere a qualsiasi cosa.”.

L’altro annuì, come se lo aspettasse “Lo immaginavo. Dopotutto, è praticamente l’unica decorazione che usi, sui vestiti o sulle tue cose personali. Ok, allora, prossima domanda...come mai ti piace tanto il rosso? E non dirmi perché sui vestiti di questo colore il sangue si vede di meno, perché non me la bevo.”.

Trattenne a stento un sorrisetto, per poi alzare appena lo sguardo e rispondere, seppur con un po’ di esitazione “Perché era il colore della coperta in cui ero avvolta, quando mi hanno trovato fuori dall’orfanatrofio, ed è stata praticamente l’unica cosa che avevo della mia famiglia originaria per moltissimo tempo. Perché è il colore del fuoco, e mi ha sempre affascinato la sua capacità di distruggere, ma anche di illuminare la via. E si, anche perché su di esso il sangue si vede di meno.”.

Po le lanciò un’occhiatina di sbieco “Tu ti stai prendendo gioco di me, maestra Tigre.”.

“Non oserei mai, Guerriero Dragone.”.

“Ci credo proprio. Va bene, terza ed ultima domanda.” Il panda esitò nuovamente, quasi avesse perso il coraggio “In passato, sei mai . . . sei mai stata innamorata?”.

Le orecchie della felina si tesero, e guardò sorpresa e confusa il suo amico, che ora non riusciva più a sostenere il suo sguardo “Sul serio? Vuoi sapere se io mi sono mai innamorata?” ripeté, illudendosi di aver capito male.

Lui si limitò ad annuire, imbarazzato e con le guance che si tingevano lievemente di rosa, sotto lo sguardo stupito della compagna.

Avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere. Avrebbe potuto ribattere che era una cosa troppo personale, ed insistere affinché cambiasse domanda. Ma . . .

“No.” Nel sentire di nuovo la sua voce, Po sollevò lo sguardo, seppur con un po’ di tensione, e qualcosa in quei occhi di giada spinse Tigre a continuare “Ho avuto una specie di cotta, quando ero più giovane ed ingenua, che scambiai per amore. Allora pensai che fosse tutto reale, credevo di provare un sentimento vero. Ma era solamente una di quelle storie stupide, che nascono durante l’adolescenza e che ti sembrano trasformare tutto, ma sono solo un abbaglio in una stanza piena di specchi. Una semplice attrazione finita male.” Molto male avrebbe potuto aggiungere, ma non le parve il caso “A tutti è capitato almeno una volta. Sicuramente sarà successo anche a te.”.

Il ragazzo sobbalzò, come se quella frase l’avesse preso alla sprovvista, ed allontanò le zampe dalle sue, mentre sfuggiva al suo sguardo “D-diciamo che, ecco, non sono mai stato un . . tipo da . . . cotte, insomma.” borbottò, visibilmente a disagio. I suoi occhi color giada scattarono di nuovo, timidamente, in direzione dei suoi “Questa tua storia . . . perché dici che è finita male?”.

La coda della guerriera si mosse, testimone palpabile del suo imbarazzo, ma lei si affrettò a nasconderlo con una scappatoia “Non fare il furbo, avevamo detto tre domande al giorno. Le prossime conservatele per un’altra volta.”.

“S-si, certo.” annuì il panda, passandosi una zampa dietro la testa “Scusami, forse sono stato un po’ inopportuno.” fece, dispiaciuto “N-non sei costretta a parlarne, se non vuoi.”.

Se fosse stato qualcun’altro, Tigre non l’avrebbe nemmeno degnato di una risposta. Si sarebbe limitata a lanciargli uno sguardo di fuoco ed ad allontanarsi, come sempre. Ma era Po, che in quei giorni le era rimasto così vicino, che l’aiutava a sorreggere le sue paure e i suoi sospetti, che aveva cercato per anni ed anni, senza nemmeno sapere che presto o tardi sarebbe entrato nella sua vita, improvvisamente come aveva fatto la prima volta. Gli doveva una spiegazione, seppur minima.

“E’ un periodo della mia vita di cui non ho un bel ricordo.” mormorò, dopo qualche momento di silenzio “ E che preferirei dimenticare. Quindi no, direi che non ho voglia di parlarne.” .

Si morse il labbro inferiore “Mi dispiace. Non avrei dovuto chiedertelo.”.

La maestra scosse la testa “Non importa. Ormai non fa neppure più male. È solo rimpianto e  rabbia. Tanto rimpianto e troppa, troppa rabbia.” Per un attimo le immagini del suo incubo tornarono a bruciare, più forti e pressanti di prima.

Po si inclinò appena verso di lei e la circondò delicatamente con un braccio, per poi stringerla a sé, in un abbraccio che sapeva di pace e casa.

“È finita, ora.” le sussurrò piano, senza mai lasciarla andare “Chiunque sia stato e qualsiasi cosa sia successa, è finita.”.

Tigre, dopo qualche momento di esitazione, sospirò e, chiusi gli occhi, si lascò avvolgere da quel calore che solo lui sapeva darle.

Forse, finalmente, quella storia era davvero finita, per lei.

 

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Com’è possibile che tu sia rimasto sveglio per tutto il tuo turno di guardia?” domandò scioccato Mantide per la dodicesima volta nell’arco della mattinata dalla spalla di Tigre, osservando stupito Po, il quale si limitò a sollevare gli occhi al cielo.

Tutto il gruppo era rimasto parecchio sorpreso quando, al risveglio all’alba, lui era ancora là, sveglio e vigile, a fare la guardia, come in teoria avrebbe dovuto fare in tutte le settimane precedenti. Shifu era rimasto un po’ stupito, in senso positivo ovviamente, ma mai quanto i ragazzi. Per loro, era impensabile trovare l’amico sveglio al termine di un turno. Gli avevano dato il tormento per tutto quel tempo, chiedendogli se si sentisse bene, se era stato sostituito da un sosia o se era vicina la fine del mondo.

“Per l’ennesima volta, non sono impazzito, non sono un nemico che ha assunto le sembianze del vero Po e non sta arrivando nessun attacco di zombi divora-panda.” ripeté, scuotendo appena la testa “Mi sono messo d’impegno e mi sono costretto a non dormire, tutto qui. È così incredibile da credere?”.

“Sinceramente, si.” rispose prontamente il piccolo guerriero “Saremo in viaggio da quanto, due settimane e qualcosa?, e tu non sei mai, e quando dico mai è mai, riuscito a tenere gli occhi aperti più di cinque minuti durante una qualsiasi notte. Sputa il rospo, cosa è successo?”.

“Beh, non è che si possa dormire molto bene, quando il proprio maestro ti minaccia di appenderti per la punta del naso e l’intera zona pullula di mercenari e banditi.” borbottò l’altro, allargando le braccia “A proposito, Shifu, siete sicuro che in questa zona ci siano tanti malviventi? Sembra tutto così tranquillo.”

Il panda minore, che camminava davanti al gruppo aiutato dal suo bastone, gli lanciò un’occhiata di rimprovero “Devo dedurre da questa tua domanda che, dopo tanto tempo, tu non abbia ancora imparato a guardare oltre alle apparenze?” lo ammonì, con il suo solito tono di rimprovero “L’Est, per quanto possa sembrare un luogo sereno, è ricco di zone malsane, e questa è sicuramente una delle più pericolose, nonostante ci siano in giro i migliori curatori dell’Impero. A uno, massimo due giorni di cammino da qui, sorge la città di Sto-gung, nota per l’alto numero di ladri e mercenari presenti. Con un paio di monete, si possono comprare i servigi di alcuni dei più crudeli assassini dell’intera Cina. Invece, a cinque giorni da qui, c’è la Dimenticata, chiamata così perché ormai nemmeno i suoi abitanti ricordano più il suo vero nome. È il covo per eccellenza di falsari, prostitute e venditori di veleni.”.

“Sembrate conoscerle molto bene.” commentò freddamente Shang Chiang, che procedeva a pochi passi in avanti rispetto a tutti, ma come sempre ascoltava con attenzione tutto ciò che succedeva alle sue spalle “Troppo, per averne semplicemente sentito parlare da fuori.”

Shifu non gli diede la soddisfazione di vedere la propria indignazione e rabbia per quelle velate insinuazioni, ma si affrettò invece a ribattere “Ho schiacciato vermi per tre quarti della mia vita, so dove e come vivono. E so ancora riconoscerli, soprattutto quando strisciano alla luce del sole atteggiandosi a gran signori.”.

Un ringhio sommesso sfuggì appena dalla gola del felino, e Scimmia lanciò uno sguardo divertito a Gru “Zero ad uno per il nostro micio troppo cresciuto.” sussurrò, a voce abbastanza bassa affinché potessero udirlo solo i suoi compagni, che soffocarono una risata.

Po provò ad aggiungere qualcosa, ma l’occhiataccia che Gru gli riservò fu tale che preferì evitare. Era da quando avevano lasciato la casa di maestro Vipera che lui e Scimmia lo trattavano in modo diverso, quasi più diffidente, ogni suo gesto o comportamento era soppesato e guardato quasi con sospetto, e non riusciva proprio a capirne il motivo. Per non parlare di come lo stavano trattando quella mattina; avevano appena accennato ad una battuta o due, seguendo la scia di Mantide e Vipera, ma poi avevano smesso appena Tigre si era svegliata, per diventare improvvisamente taciturni con tutti, e comunicare tra loro due quasi solo a sguardi.

“Altre vitali domande da farmi, Guerriero Dragone?” la voce del maestro, improvvisa e forte, lo riportò improvvisamente con la testa alla conversazione.

“Ehm, a dire il vero, si. Cioè, non sono proprio vitali, ma insomma, si, ne ho.” farfugliò, tentando di articolare una frase di senso compiuto “Ad esempio, mi stavo chiedendo da qualche giorno come mai maestro Vipera possa ancora praticare le arti marziali anche se è sposato, visto le nostre regole lo vietano.” Era una cosa che, in effetti, gli era venuta in mente durante quella sosta a casa dell’anziano guerriero, e che l’aveva fatto molto pensare. Tecnicamente, un maestro per sposarsi dovrebbe abbandonare titolo e kung fu, ma lui non l’aveva mai fatto, anzi.

“Oh, a questo posso risponderti io.” fece allegramente Vipera, sorridendogli. Da quando si era riappacificata con suo padre, riusciva a parlarne in modo molto più tranquillo e libero di prima. E sorrideva davvero molto di più. “Vedi, a questa legge c’è un’eccezione. All’inizio dei tempi, ai vari maestri di kung fu veniva assegnato un determinato territorio da controllare e proteggere, come lo è per noi la Valle. Molti di loro, però, avevano offerto tanti e tali servigi all’Imperatore, che lui decise di premiarli concedendo loro di diventare capo villaggio o capo clan della propria zona. Ma visto che, in quel modo, avevano un doppio compito, ossia quello di proteggere le proprie terre e al contempo generare degli eredi che continuassero la propria stirpe, egli si ritrovò anche a permettere loro di avere una famiglia e continuare comunque a praticare la propria arte. Anzi, loro stessi istruivano al kung fu i propri figli, affinché potessero ereditare entrambi i titoli e continuare la propria opera.”.

“Davvero? Non lo sapevo.”

“E’ un’antica tradizione, continuata ancora oggi per consuetudine ma in realtà conosciuta da pochi.” aggiunse Tigre, inserendosi delicatamente nel discorso, e gli occhi del panda scivolarono subito verso di lei “Per cui ancora adesso, i capo clan o capo villaggi ed i loro figli possono mantenere il ruolo di guerriero e sposarsi ugualmente, se vogliono, al contrario di altri maestri comuni.”.

“Ah, ho capito.” annuì “Quindi se ipoteticamente Vipera volesse oggi sposarsi, per dire, con Mantide o Croc, lei resterebbe una maestra ma loro no?”

Un sorriso divertito si formò sul volto della felina “Si, in parole povere, è così.” concordò, non senza celare il divertimento suscitatole da quell’esempio.

Vipera, invece, scattò “Perché dovrei essere io a sposarmi?” fece, gli zigomi che si coloravano appena.

Il guerriero si strinse nella spalle “Eri l’unica persona che potevo usare come esempio tra tutti quelli che conosciamo, sai, essendo figlia di un capo villaggio e via dicendo.”

“Non è vero.” insistette lei, scuotendo appena la testa “Avresti potuto usare Tigre, visto che a quanto pare appartiene anche lei alla classe degli aristocratici.”.

Po sobbalzò, preso alla sprovvista da quella constatazione, e la maestra mosse la coda, a disagio “Non ci avevo mai pensato prima, anche se è vero, teoricamente.” commentò quest’ultima, la voce bassa e pensierosa “Ma fare un esempio con me sarebbe stato comunque inverosimile, visto che non ho la benché minima intenzione di sposarmi, né ora né mai.” aggiunse categorica, incrociando le braccia come se la questione fosse chiusa. Dentro di sé, il panda sentì inspiegabilmente il proprio cuore tirare un piccolo sospiro a quelle parole.

“Anche per quanto riguarda me è inverosimile, se è per questo. Andiamo, Croc o Mantide come mariti?” commentò la più grande, facendo saettare la lingua biforcuta per qualche secondo.

“Ehi, come vuoi insinuare, serpente?” esclamò Mantide, ergendosi in tutti i suoi scarsi ma orgogliosi centimetri di altezza “Io sarei un grande marito, se volessi!”.

Gru e Scimmia scoppiarono a ridere, come se avessero appena sentito la battuta più esilarante del mondo, e l’insetto rivolse la propria indignazione verso di loro, mentre Vipera e Po se la ridevano sotto i baffi e Tigre li guardava con uno scintillio divertito nello sguardo.

Ma quel piccolo momento di leggerezza per lei durò poco, perché nel giro di pochi attimi tese le orecchie ed i suoi occhi attenti, ora oscurati da un velo di tensione, saettarono verso un punto buio a pochi passi dietro di lei, per non staccarsi più.

Il guerriero rimase ad osservarla, un po’ preoccupato. Era tutta la giornata che l’amica appiattiva di colpo le orecchie, si voltava all’improvviso o lanciava sguardi allarmati e circospetti a macchie nascoste di ombra, come se sentisse qualcosa di strano ed anomalo. A dire il vero, si era comportata così anche il giorno precedente, seppur in modo meno insistente. Sembrava sulle spine, forse perché nessun altro riusciva a notare quello che percepiva lei.

La sua mente corse alla sera prima, quando era scattata di fronte ai suoi occhi, ma per quanto fosse visibilmente preoccupata gli aveva impedito di svegliare gli altri, per concedergli quelle poche ore di sonno tanto preziose.

 

Si ritrovò a dover abbassare lo sguardo, mentre le sue guance si tingevano lievemente al pensiero, improvviso e spontaneo, di cos’altro era successo, quella notte. La sua zampa stretta attorno a quella di lei, il pollice che ne accarezzava delicatamente la pelliccia morbida, i loro sguardi uniti, quelle confessioni così a cuore aperto, il modo in cui gli aveva permesso di stringerla ed anzi si era affidata a lui, dolcemente e senza esitazione. Era rimasta lì, stretta a lui, per un tempo che gli era sembrato tanto breve quanto infinito, ed aveva chiuso gli occhi, quasi senza accorgersene. Era rimasto stupito, ed un calore sorprendente, quasi più forte di quello di tre giorni prima, gli aveva avvolto l’anima.

I felini, ormai lo sapeva bene, non si permettono di perdere il controllo mai, in nessuna situazione, e le tigri in particolar modo. Anche quando sembrano più rilassati, le loro orecchie sono tese e gli occhi vigili e sempre, sempre aperti. Chiudere gli occhi, per una tigre, equivale ad abbassare le difese. Significa rendersi vulnerabili. E Tigre l’aveva fatto. Aveva chiuso gli occhi tra le sue braccia, consegnandosi con fiducia a lui in quel momento di fragilità, ed era scivolata lentamente nel sonno mentre la stringeva a sé.

Non aveva mai creduto che lei potesse lasciarsi andare in quel modo con qualcuno, men che meno con lui, rendendosi vulnerabile in quel modo. Non lei, sempre in guardia, sempre attenta, sempre con la guardia ben alta. Eppure, l’aveva fatto. Aveva chiuso gli occhi e si era addormentata tra le sue braccia, come una cucciola che finalmente trovava il suo rifugio sicuro dai mostri della notte.

Lui l’aveva stretta a sé ancora a lungo, osservando il suo volto sereno ed i suoi occhi chiusi sotto la luce delle stelle come se fossero quello che di più bello ci fosse nel mondo. Solo molto tempo dopo si era costretto a farla distendere, le aveva poggiato la testa sul suo zaino  e l’aveva avvolta nella sua stessa coperta. Aveva passato il resto del turno al suo fianco, a guardare quel piccolo miracolo al sapore di mistero che dormiva serenamente per la prima volta dopo settimane, sulla labbra ancora il suono del suo nome.

 

“Smettetela di fare i bambini.” fu l’ennesimo rimprovero di Shifu a trascinare quasi brutalmente Po al presente, e il panda dovette faticare un po’ per mettere a fuoco la situazione attuale. Mantide e gli altri stavano ancora bisticciando, Tigre lanciava veloci sguardi attorno a sé e i due anziani erano fermi davanti a loro, seppur a parecchi metri di distanza l’uno dall’altro.

Il panda minore strinse con forza il suo bastone, mentre osservava attentamente la pianura in cui erano appena entrati “Ci fermeremo qui, per il pranzo.”.

I ragazzi, improvvisamente acquietati dalla prospettiva di una pausa, lasciarono cadere di botto i propri bagagli a terra, a ridendo e scherzando iniziarono ad organizzarsi ed a dividersi i compiti, come ogni giorno.

L’unica silenziosa era Tigre, che continuava a guardarsi attorno con aria circospetta. Il guerriero, un po’ in pensiero, le si avvicinò “Ehi, tutto bene?”.

La maestra lanciò un ultimo sguardo dietro di sé, prima di voltarsi verso di lui “Si, certo.” I suoi occhi erano tesi, scuri, lontani, ma il suo tono di voce era controllato e sembrava normale “Vado a raccogliere io la legna per il fuoco, va bene?”.

Po inclinò appena la testa, sorpreso da quella proposta, ma annuì “Certo. Se hai bisogno di aiuto, posso venire con te.”.

Lei accennò ad un sorriso, un fantasma di un sorriso a dire il vero “Per un po’ di legna? Credo che me la caverò anche da sola, ma grazie della proposta.”.

“Io.. di niente.” sussurrò il panda, e la guerriera gli rivolse un ultimo cenno prima di allontanarsi e sparire tra gli alberi.

Qualcosa, dentro il cuore di Po, iniziò a tremare.

 

~~~~΅΅~~~~

 

 

Tigre si diresse verso il piccolo laghetto che aveva notato poco prima, camminando piano, le orecchie tese per cogliere qualsiasi rumore, anche il più piccolo od indistinto.

C’era qualcuno che la seguiva, nascosto alla sua vista. Ormai ne era certa. Era attento, circospetto, e nessuno oltre a lei sembrava averlo notato, ma c’era. Poteva percepirne il respiro, appena affannoso, e la presenza, quasi impalabile ma presente. Si avvicinava, piano, circospetto, con un’attenzione e silenziosità felina, sfruttando quell’occasione di solitudine.

Fingendo di non essersi ancora accorta di nulla, continuò a camminare, concentrandosi affinché il suo corpo non la tradisse. Quando fu a pochi passi dalla superficie limpida, si chinò come se volesse bere o specchiarsi, ma in realtà le sue zampe si strinsero attorno ad un  lungo bastone, abbandonato lì sulla riva. Dietro di lei, la presenza parve non rendersi conto di niente, e si fece ancora più vicina. La guerriera aumentò la presa sul bastone, contando mentalmente fino a tre.

Uno scricchiolio improvviso, quasi impercettibile, raggiunse i suoi timpani sensibili, e si voltò di scatto, facendo una spazzata al suo pedinatore sconosciuto. Questi, preso alla sprovvista dall’ attacco, cadde a terra di botto, e prima che potesse alzarsi la ragazza l’aveva già sovrastato e gli stava puntando l’arma improvvisata al volto con un ringhio. Le sue pupille si spalancarono, stupite ed incredule, per poi restringersi di botto, mentre il suo cuore iniziava ad urlare ed a lottare per uscirle dal petto. Il cappuccio del mantello scuro che lo sconosciuto indossava era caduto, mostrandole il suo volto.

“Tu.” ringhiò, stringendo con forza il rozzo bastone, mentre gli artigli, rispondendo in modo istintivo alla sua rabbia, spuntavano in un lampo chiaro messaggero di pericolo.

Quel viso maculato così bello e seducente, quel ghigno affascinate e beffardo, quei occhi gelidi e capaci di stregare . . . lei li conosceva. Li conosceva molto bene. E aveva sperato di non doverli rivedere mai più.

“Ciao, piccola.” le disse Shen Te, sorridendole con quel sorriso maledetto che niente, neanche il tempo, poteva cancellare.

 

 

 


La tana dell’autrice

 

*rullo di tamburi*

 

Tigre Rossa è tornata!

 

Si, si, lo so cosa state pensando. Avevo fatto credere a tutti di essere finita nel Tartaro, divorata da Smaug o rapita dagli Ottenebrati, ma invece eccomi qui, viva e vegeta. Ok, dubito che lo sarò alla fine di questo messaggio, ma confido nella vostra misericordia e comprensione.

Non dovrei nemmeno avere il coraggio di parlare. È passato quasi un anno dal mio ultimo aggiornamento, e voi siete rimasti qui, imperterriti, ad aspettare ed a riempirmi di messaggi per farmi riprendere in mano la storia. Vi chiedo scusa. Avrei dovuto farmi viva prima, ma beh, tra il computer rotto, la scuola, la famiglia, gli impegni scolastici e sociali, i vari diciott’anni – si, è iniziato quel terribile periodo anche per la mia classe- i mille corsi e concorsi e le infinite, spaventose rivoluzioni che hanno reso la mia vita dell’ultimo periodo una autentica crociata, ‘Tu non mi avrai così’ è rimasta a prendere un po’ polvere nel cassetto. Quelle poche cose che ho buttato giù in questo periodo sono stati semplici sfoghi, tra l’altro nemmeno troppo controllati, dovuti a maratone di serie tv od a stress personale.

Ma ora sono tornata, e si, lo so che l’ho detto anche nell’ultimo aggiornamento, ma fidatevi, non ho intenzione di scomparire di nuovo, questa volta. Mi sono ripromessa di finire questa fic, nonostante tutto e tutti. Ci vorrà un po’ di tempo in più di quanto avevo ipotizzato inizialmente, e voi dovrete avere un po’ di pazienza con me, ma la finirò. Giuramento d’onore!

Però, quanto è davvero passato veloce il tempo. Ho iniziato a scrivere quando avevo 14 anni, all’inizio del liceo . . . ora ho la stessa età della mia, di Tigre, e tra meno di un anno, se tutto andrà bene, avrò finito la scuola, e spero anche questa storia.  Ho dovuto rileggere più volte quello che avevo copiato prima dell’addio del mio fedele compagno per rimettermi al lavoro, più gli appunti e le brutte sparse che avevo per casa – fortunatamente non butto mai niente, yeah- e giuro, avrei voluto prendermi a pugni da sola. Ho il sospetto di essere stata posseduta quando buttavo giù le prime cose, davvero. Ma ora rieccomi qui, tastiera e foglietti sparsi alla mano, tante idee in testa ed una maturità nella scrittura e nel raccontare –spero- maggiore di quando ho iniziato.

 

Allora, cos’altro dire? In questo capitolo ho iniziato a riunire un po’ di fili e a tagliarne degli altri, modificando un po’ lo stile e il formato, ma cercando sempre di seguire quello di base della storia. Bene o male tutti i capitoli, d’ora in avanti, saranno così, quindi spero che questo tipo di narrazione vi piaccia.

Tigre e Po sono sempre più vicini, alcune cose stanno finalmente venendo al pettine, altre si stanno manifestando nella loro enormità solo ora. Finalmente abbiamo svelata l’identità dell’inseguitore misterioso, che qualcuno di voi aveva già indovinato –non che avessi fatto tanto per confondervi le idee, ehm..-, e le cose inizieranno a diventare davvero turbolente dal prossimo capitolo in poi.

 

Ah, visto che ormai è uscito il terzo film –è uscito ancora prima che io superassi la metà della mia storia, vi rendete conto??- mi sento in dovere di precisare un po’ di cose. La storia procederà come era stata progettata inizialmente, ovvero senza tenere conto degli avvenimenti dell’ultimo film; magari può sembrare un po’ strano, ma provare a modificarla guardando a queste novità la stravolgerebbe completamente, ed è una cosa che preferirei evitare.

 

Detto questo, un abbraccio tigroso

 

 

La vostra T.r.

 

 

-E comunque, se qualcuno di voi fosse ancora arrabbiato, sappiate che ho un intero villaggio dei panda dominatori del Chi nascosto sotto il letto, i Cinque Cicloni chiusi nell’armadio, un Shifu super incazzato relegato nel reparto studio e un Guerriero Dragone che si abbuffa in cucina. Giusto per avvisarvi, in caso vi venga voglia di fare un salto da me con arpioni e spade. XD -

 

 

[1] La questione ‘insensibilità di Tigre’ è molto dibattuta, soprattutto nel fandom americano – Si, ho fatto i miei compiti a casa-. Tigre dovrebbe aver perso qualsiasi percezione fisica alle zampe, avendo praticamente distrutto i propri nervi con i famosi venti anni di pugni contro gli alberi di legno ferreo. Ma questo non può essere possibile, sia perché in alcune scene, soprattutto nell’ultimo film, notiamo Tigre reagire a stimoli dolorosi, sia perché nel kung fu il contatto e la sensibilità manuale è letteralmente vitale, e un guerriero non ha molte possibilità di vincere uno scontro senza – e posso confermarlo personalmente-. Per cui, la mia personale teoria è che Tigre avverta ancora tutti gli stimoli esterni, ma la sua mente sia così abituata a percepire dolore che può passarci tranquillamente sopra, a meno che sia troppo forte od improvviso.

 

[2] Ho sempre creduto che il fiore preferito di Tigre fosse il loto, per via nei numerosi riferimenti nei vari film – ricami sui vestiti ecc.- e l’importanza simbolica che ha questo fiore nella arti marziali e nella cultura cinese. Ho utilizzato spesso e volentieri il nome ‘Lien hua’, ossia fiore di loro, per indicare personaggi femminili particolarmente importanti per la protagonista, e lo utilizzerò anche in futuro, come vedrete tra un paio di capitoli, e ho dato il titolo di ‘Bocciolo di loto’ alla nostra Tigre mooolto prima di scoprire che il nome di Po fosse in realtà Piccolo Loto! Per cui no, non è una cosa voluta. Coincidenza? Io non credo! - O io sono una veggente, oppure ho un sesto senso stupefacente, c’è poco da fare-


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Capitolo 30
*** Capitolo 30 – Il collezionista di cuori ***


 

Capitolo 30 – Il collezionista di cuori


 

Ci è voluto così tanto tempo per stare di nuovo bene
Per ricordarmi come riaccendere la luce nei miei occhi
Vorrei essermi persa la prima volta in cui ci siamo baciati
Perché hai infranto tutte le tue promesse
E ora sei tornato, e stai cercando di riavermi

E chi ti credi di essere?
Correndo qua e là a lasciare cicatrici
Collezionando cuori per il tuo barattolo
ed a dilaniare l’amore
Ti prenderai un raffreddore
per il ghiaccio che c’è nella tua anima
Perciò non tornare per me
non tornare proprio!

- Jar of heart

 


“Po? C’è qualcosa che non va?”

Il panda nemmeno si era accorto che Mantide gli era saltato sulla spalla e lo stava osservando con aria preoccupata, tanto era preso a fissare il punto in cui Tigre era scomparsa.

Si affrettò a distogliere lo sguardo, tentando di allentare quella zampa gelida e sconosciuta che gli stringeva sempre più dolorosamente il cuore “No, non preoccuparti. Tutto a posto.” rispose, cercando di sembrare tranquillo e convincente. Non dovette riuscirci molto bene però, visto che l’altro piegò il collo con aria critica “Sicuro? Le ore insonni si stanno forse facendo sentire?” insistette, sfregando appena le antenne.

Scosse la testa “Stavo solo pensando.” disse, sperando che quella mezza verità bastasse, mentre i suoi occhi tornavano a quel punto in mezzo agli alberi, quasi senza che se ne accorgesse.

“È qualcosa che riguarda Tigre?” quella domanda, diretta ed inaspettata, prese di sprovvista il guerriero, che sobbalzò e si voltò di scatto verso il compagno, che guardava con un pizzico di divertimento la sua reazione.

“N-no! Perché dovrebbe?” negò, allarmato, chiedendosi come cavolo l’altro avesse fatto ad indovinare.

Un piccolo sorriso si formò sul viso scaltro di Mantide “Hai quello sguardo che riservi solo a lei. Sai, mezzo incretinito e mezzo incantato.” si bloccò, gli occhi che gli brillavano divertiti “Uhm, a pensarci in realtà lo rivolgi anche agli spaghetti. Ed ai ravioli. Ed ai biscotti. E . .  .”

“Ah-ah, molto divertente. ” borbottò, mentre a quel commento un calore improvviso iniziava a lambirgli il collo. Per un attimo, ricordò lo sguardo di Tigre, la sera precedente, quando le aveva chiesto se fosse mai stata innamorata, e lei aveva negato, per poi accennare ad una vecchia storia finita male. Ricordò come era cambiato di fronte a lui, il modo in cui si era rabbuito, come una stella che si spegne di colpo. Ricordò il rimpianto, la rabbia e il dolore che avevano oscurato i suoi occhi color del fuoco. Ricordò il modo in cui si era chiusa, in cui l’aveva vista allontanarsi da lui per lasciarsi trascinare indietro dai dei ricordi forse troppo brutti  per essere condivisi. Non aveva potuto fare altro che stringerla a sé, tentando di alleviare quel peso a lui sconosciuto. Vedere che c’era ancora qualcosa che lei non riusciva a dirgli, qualcosa di talmente importante da farla stare male a distanza di anni, lo aveva colpito più in profondità di quanto avesse creduto in un primo momento.

Un’idea, folle, avventata, improvvisa, iniziò a punzecchiarlo, attirando la sua attenzione. E se . . . perché non avrebbe dovuto? In fondo, non stava facendo niente di male. Voleva solo aiutarla. E come poteva farlo, se non sapeva nemmeno cosa la ferisse così tanto?

Fece un profondo respiro, mentre prendeva la sua decisione. Qualcosa, dentro di lui, gli gridava che no, non era una buona idea, ma lo ignorò. Voleva capire il perché di quell’oscurità, negli occhi di lei. Qualsiasi fossero le conseguenze.

“A dire il vero, si, stavo pensando ad una cosa che riguardava Tigre.” aggiunse lentamente, in tono molto vago, passandosi una zampa dietro la testa “Un volta mi ha accennato ad un fatto avvenuto qualche tempo fa, quando era più piccola, con un ragazzo. Non mi ha detto molto, ma sembrava non averne un bel ricordo, e non riesco proprio a capirne il perché.”

Il volto del guerriero si rabbui di botto. “Probabilmente si trattava di Shen Te.” mormorò, la voce che si caricava di disgusto nel pronunciare quel nome, come se fosse veleno nella sua bocca.

Quel nome colpì il panda come un pugno dello stomaco “Shen Te..?” boccheggiò, pensando o forse sperando di aver capito male “Aspetta, Shen Te il figlio adottivo dell’Imperatore? Il principe Shen Te? Quel Shen Te?”

“Mhm-mhm.” Mantide annuì, e Po restò senza fiato. Conosceva la storia del principe, come tutti del resto. Era appena un cucciolo di leopardo di qualche mese, quando l’armata del generale ribelle Lang [1] aveva attaccato la Città Proibita. Il padre del piccolo, capitano della Guardie Reali, era morto per proteggere l’Imperatore, lasciando il figlio solo al mondo, visto che la madre non era sopravvissuta al parto. L’Imperatore, colpito nel profondo dal suo sacrificio e dalla difficile situazione del bambino, aveva deciso di adottarlo e di crescerlo come figlio suo. Dopo alcuni anni, visto che l’Imperatrice era morta senza dare alla luce nessun erede,  il piccolo Shen Te era stato nominato principe a tutti gli effetti e successore al trono. Da allora, era stato cresciuto ed educato come tale, ed era diventato la figura più nota dell’intero Impero. Tutti sapevano di lui, dei suoi occhi glaciali, del suo pelo color dei raggi del sole, dei mille cuori che aveva rubato ed infranto. Per il suo comportamento leggero e quasi dissoluto, spesso e volentieri l’anziano padre aveva minacciato di togliergli il titolo e con esso il trono, ma i suoi modi eleganti e quel fascino che tanto lo caratterizzava avevano vinto sempre e comunque.

“N-non sapevo che voi l’aveste mai incontrato.” fece sinceramente sorpreso, tormentandosi le dita.

“Non lo sa quasi nessuno.” spiegò l’insetto, sistemandosi meglio sulla sua spalla per poi iniziare a raccontare “Cinque anni fa, quando eravamo appena dei ragazzi, venne a trascorrere in gran segreto qualche mese nel Palazzo di Giada, per migliorare la propria abilità nella arti marziali.” fece una smorfia, di quelle che riservava solo alle battute che gli amici facevano sulla sua altezza “Diciamolo, ne aveva proprio bisogno. Era un ragazzino viziato, abituato ad usare le zampe per raccogliere fiori per le fanciulle e non per tirare pugni. Shifu si rese conto che le sue condizioni erano davvero pietose e pensò che la cosa più saggia da fare fosse sottoporlo a degli allenamenti extra con uno di noi. La sua scelta ricadde su Tigre, visto che è sempre stata la migliore sia in combattimento che nell’insegnamento, tra noi cinque. Quel damerino non poté esserne più felice. L’aveva puntata appena aveva messo piede nel Palazzo, per quante lei l’avesse rimesso al suo posto al primo tentativo di flirt.”

Po strinse d’istinto i pugni, in uno scatto involontario e quasi di rabbia. Poteva vederlo, un leopardo alto e muscoloso ed affascinante che ci provava con qualsiasi appartenente al sesso femminile che incontrasse per strada. Non riusciva a credere che Shifu l’avesse affidato proprio a Tigre. “E lei non l’ha ucciso?”

Sbruffò “Stranamente, no. All’inizio credo che fosse molto confusa dal suo comportamento, non avendo mai avuto spasimanti o roba simile, e lasciò correre, nonostante la mettesse parecchio a disagio. Lo facemmo anche noi, per quanto Gru e Scimmia sentissero puzza di bruciato. L’addestramento durò settimane, durante le quali divennero molto vicini.  Lui la seguiva ovunque come un’ombra, e con il tempo anche lei iniziò ad affezionarsi, cogliendo tutti noi di sorpresa. Anche allora non era una tipa da legarsi facilmente, men che meno con una persona di quel genere. In lui c’era qualcosa di subdolo e sfuggente, nel modo in cui si comportava, in cui parlava, in cui la guardava. Eppure non avevamo mai visto Tigre più allegra di quel periodo; sembrava aver trovato un po’ di quella spensieratezza che avrebbe dovuto avere, visto la sua età. Poi, però, successe una cosa che stravolse tutto. “

Si fermò, come se all’improvviso si fosse ricordato di qualcosa, e rimase in silenzio a fissare un punto imprecisato talmente a lungo che il panda si ritrovò a dover richiamare la sua attenzione “Che cosa?”

L’insetto scosse risoluto la testa “Non posso dirtelo. Le abbiamo promesso di non parlarne mai più. Probabilmente non avrei dovuto accennare nemmeno al resto, ma ormai sei uno di noi, e visto che lei aveva già iniziato a parlartene .  . . Ma su questo non posso aggiungere altro. La cosa importante è che dopo tutto quanto quello schifoso partì prima del previsto e scomparve per sempre dalle nostre vite. Tigre non fu più la stessa da allora. Se prima era riservata, dopo quell’avvenimento si chiuse quasi completamente in sé stessa, e non permise a nessuno di avvicinarsi più a lei. Indossò un’armatura di ferro attorno al cuore, e smise di legarsi alle persone.” Questa volta la pausa fu breve, ed un sorriso appena accennato fece capolino sulle labbra dell’altro quando aggiunse “Beh, questo fino a quando sei arrivato tu.”

Il cuore dell’altro perse un battito “Io?”

“Si, tu.” rispose, annuendo e guardandolo con affetto“Forse non ci crederai, ma sei il primo a cui si è permessa di affezionarsi, da cinque anni a questa parte. E, giuro sulle mie antenne, non l’ho mai vista tenere a qualcuno quanto a te.”

Po non sapeva cosa dire. Nella sua anima si stavano scatenando emozioni contrastanti, e sentiva la testa esplodergli nel disperato tentativo di dare un giusto senso a tutto quanto “Non riesco a capire. Non faccio nulla di speciale.”

“Nulla di speciale?” Mantide spalancò gli occhi “Tu la fai illuminare, Po. La fai ridere. La fai sentire apprezzata ed unica, come nessuno ha mai fatto prima. Forse nemmeno te ne rendi conto, ma tu riesci a farla sentire amata. E per me e per tutti quelli che a lei ci tengono, questo sì, che è speciale.”.

Gli diede una pacca con l’artiglio, per poi saltare a terra ed andare verso gli altri, lasciando da solo il Guerriero Dragone, che dopo qualche secondo si voltò nuovamente verso il punto in cui la giovane maestra era sparita, quelle parole che ancora gli risuonavano nelle orecchie.


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Le zampe di Tigre erano serrate con forza attorno al legno dell’arma improvvisata, e non sembravano avere la minima intenzione di lasciare andare la presa. Un ringhio furioso era trattenuto a forza nella gola serrata, e gli occhi di fiamme seguivano ogni mossa del ragazzo a terra con felina attenzione.

“Cosa ci fai qui?” le parole le uscirono dalle zanne come ruggiti di rabbia, letali come pugnali avvelenati “Perché ci stai seguendo? Ti avevo detto di non farti più vedere.”

Il leopardo accennò ad un piccolo sorriso, come se l’intera situazione lo divertisse “Mi avevi detto di non tornare nella Valle, ed ho rispettato il tuo desiderio fino a quando mi è stato possibile. E per essere precisi, non vi sto seguendo. Ti sto seguendo.” fece una piccola pausa, mentre i suoi occhi di ghiaccio scorrevano, lenti e languidi, lungo tutta la sua figura. La ragazza ringhiò di nuovo, la coda che si muoveva a scatti, come se fosse pronta a colpire. E, probabilmente, lo era.

“Devi starmi alla larga. Credevo di avertelo spiegato abbastanza chiaramente, anni fa. Ma a quanto pare, oltre a non avere un minimo di decenza, non hai nemmeno spirito di autoconservazione.” I suoi artigli, colpiti per un attimo da un raggio di sole, mandarono un breve lampo di avvertimento, e i suoi occhi di fuoco bruciavano come un incendio.

La sua rabbia sembrò quasi fargli piacere “Sopravvivere non è uguale a vivere, soprattutto non per me.” Provò a sollevarsi un po’, ma la guerriera lo bloccò spingendolo di nuovo a terra con forza e fulminandolo con lo sguardo. Lui le lanciò un’ occhiata sorpresa “Andiamo, non posso nemmeno alzarmi, adesso?” obbiettò, allargando appena le braccia.

“No.” Fu la secca risposta dell’altra “A meno che non sia per andartene una volta per tutte.”.

Il ragazzo sembrò deluso da quelle parole “Non sei nemmeno un po’ felice di rivedermi, Tigre?” domandò, guardandola intensamente negli occhi e pronunciando il suo nome in quel modo solo suo, come se fosse qualcosa di esotico, lontano, ed affascinante. La maestra sentì un breve brivido correrle lungo tutta la spina dorsale, ma si affrettò a reprimerlo.

Shen Te non era cambiato, in tutti quegli anni. Certo, il suo volto ed il suo corpo erano quelli di un uomo e non più di un ragazzino, ma i suoi occhi di ghiaccio erano gli stessi, così come il suo sorriso scaltro e misterioso, e la sua voce faceva ancora scattare in lei quegli istinti naturali e primitivi che la prima volta, tanti anni prima, l’avevano colta completamente impreparata. Ma lei non era più la stessa, ed in parte era stato proprio lui a trasformarla in quello che era ora. Ormai non era più una ragazzina sola in cerca di affetto. Era una guerriera in tutto e per tutto, adesso, e non gli avrebbe permesso di abbindolarla un’altra volta.

“Non vedo perché dovrei.” ribatté freddamente “Ed a meno che tu non abbia un buon motivo per essere qui, ti conviene andartene, se non vuoi fare la conoscenza dei miei artigli.”

Il principe socchiuse gli occhi “Dritta al punto come sempre, vedo.” mormorò “Comunque si, ho un buon motivo per essere qui. Devo parlarti, e preferire non farlo sdraiato per terra. Si tratta di una faccenda delicata.”.

Strinse i denti, ma non trovò nulla da obbiettare, e si fece indietro affinché l’altro potesse alzarsi “Parla, allora.” gli comandò, continuando a stringere il bastone tra le zampe e senza perdere d’occhio i suoi movimenti nemmeno per un secondo.

Shen Te si spazzolò appena i pantaloni, come se cercasse di prendere tempo, ma quando iniziò a parlare il suo tono era serio e controllato “Mio padre è gravemente malato. Non abbiamo detto nulla al popolo, per non scatenare caos, ma gli restano poche settimane di vita. Al massimo qualche mese, secondo i dottori. Dubito che resisterà tanto a lungo, però.”

L’altra sbatté  una volta le palpebre, confusa “E tu, piuttosto che restare al suo fianco, te ne sei andato? Hai abbandonato tuo padre morente nei suoi ultimi giorni?” C’era stupore, incredulità e disgusto nella voce della guerriera. Non riusciva a comprendere come potesse comportarsi in modo così crudele nei confronti del proprio padre, soprattutto dopo tutto quello che aveva fatto per lui, tutto quello che gli aveva dato, tutto l’affetto ed il sostegno che gli aveva sempre donato senza chiedere niente in cambio. Non credeva che ne fosse capace, nonostante tutto.

“Non pensare che sia un insensibile.” Il principe cercò con gli occhi i suoi, i quali si rifiutarono di lasciarsi placare “Sono veramente addolorato per lui. Ma la vita va avanti, e quando dovrò prendere il suo posto, alla guida dell’Impero, dovrò essere pronto.”

Una zampa corse al petto, e le dita si strinsero attorno al sigillo imperiale che portava al collo a mo’ di collana “Dovrò essere l’Imperatore che ha sempre visto in me. Ed ogni Imperatore ha bisogno di un’Imperatrice al proprio fianco. È per questo che sono qui.”

La felina trattene il respiro, sperando per un attimo di aver capito male. Era una cosa così assurda, così senza senso, che non poteva essere reale. Non poteva e basta. “Che cosa?”

Shen Te si avvicinò tanto da riuscire a fondere i loro respiri, lo sguardo glaciale fisso in quello stupefatto di lei “Sono venuto qui, Tigre, per chiederti di diventare la mia sposa, e la sovrana dell’intera Cina.” mormorò, la voce bassa e tesa, mentre allungava una zampa per sfiorare le sue.

La maestra si tirò indietro con uno scatto, gli occhi che bruciavano e la mascella contratta, lasciando cadere senza quasi accorgersene il bastone a terra ”Dopo tutto quello che mi hai fatto, dopo aver giocato con me in modo così subdolo e crudele, osi tornare e chiedermi di sposarti?” ringhiò, scioccata da quelle parole e soprattutto da quella folle arroganza “Tu sei pazzo.”

Il leopardo ritrasse la zampa tesa e si mordicchiò il labbro inferiore, come se quella reazione gli avesse fatto male. I suoi occhi erano grandi e attenti, e la coda si muoveva a scatti avanti ed indietro, come ogni volta che era nervoso. Per un attimo, il cuore della ragazza si strinse nel riconoscere quell’atteggiamento così spontaneo che pensava di aver ormai dimenticato da tempo.

“So di averti ferita, e mi dispiace.” sussurrò Shen Te, tormentandosi appena le dita in un gesto così poco da lui da prenderla alla sprovvista “E’ vero, all’inizio è nato tutto come un semplice gioco, anche se odio ammetterlo. Ma poi ho iniziato a conoscerti, ed è diventato. . . qualcosa di più. Molto, molto di più. Tu eri così diversa dalle altre. Così forte, eppure allo stesso tempo così fragile, così intelligente ma anche innocente come una bambina, così coraggiosa eppure così capace di comprendere le debolezze e le paure altrui.” abbassò appena lo sguardo, mentre la sua voce si faceva ancora più dolce, come se stesse mormorando al vento una ninna nanna “Pian piano, invece di essere io a sedurti, sei stata tu a conquistare me. Mi hai stregato quando non lo credevo possibile. Mi hai rubato il cuore, e quando mi hai cacciato lo hai spezzato in mille pezzi.”

Dovette fermarsi, come se il solo ricordo di quel giorno e di quello che si era rotto gli togliesse ancora il respiro. Quando riprese a parlare, le sue parole sembravano più provate, come se qualcuno gliele stesse strappando di forza dall’anima “Ho fatto come volevi tu, perché sapevo che avevi ragione. Ti avevo fatto del male, anche se non era più mia intenzione. Tenevo realmente a te, e ci tengo ancora, più di quanto tu possa immaginare. Sono rimasto in disparte per tutti questi anni, mentre le voci su di te e sulle tue gesta si diffondevano per tutta la Cina. Parlavano di te, la grande maestra Tigre, leader dei Cinque Cicloni, ed ogni volta che sentivo il tuo nome pensavo a come, dopo tutto quel tempo, tu continuassi a stringere tra le zampe, ferito ma ancora palpitante, il mio cuore.”

Si portò nuovamente una zampa sul petto ed osò alzare gli occhi, per cercare quelli incerti di lei “È per questo che sono venuto a cercarti, quando mi hanno detto che molto presto avrei dovuto prendere il trono di mio padre. Perché, senza di te, non posso assumermi una responsabilità del genere. Senza la donna che mi ha rubato il cuore, io non posso affrontare tutto questo.”

Oh, era bravo. Era davvero bravo. Le pause, le esitazioni, le zampe tremanti, lo sguardo supplichevole. Stava inscenando tutto alla perfezione, dal bravo attore consumato che era. Sembrava tutto così reale, così sincero. Peccato che lei, ormai, avesse da tempo imparato a guardare oltre alla sua bella maschera.

“No.” sbottò Tigre, stringendo con forza i pugni, ma con voce ferma e controllata “Non è così. Pensi di riuscirmi ad ingannarmi in questo modo? Non sono una stupida. So cosa vuoi in realtà. Ho sentito anche io le voci che corrono su di te, Shen Te.” Lo sputò, quel nome, come se fosse indegno di essere pronunciato, e la rabbia e l’odio con cui era stato pronunciato lo colpirono in pieno volto come uno schiaffo “ Ti chiamano il principe ammaliatore, il collezionista di cuori. Colui che riesce a conquistare tutte le donne che desidera. Ma non è stato così, non con me. Sono l’unica persona che non si mai fatta abbindolare, non è vero? L’unica che non sei riuscito a conquistare, non davvero. Anche quando pensavi che stessi finalmente cedendo, mi sono sempre tenuta a distanza di sicurezza, abbastanza affinché tu non potessi ghermirmi. Sono stata la tua unica sconfitta. Ed agli uomini come te non piace perdere. Se qui per ottenere la tua vittoria, a tutti i costi. Sei tornato ora perché sai che nessuno ragazza potrebbe dire di no ad una proposta del genere.”

Nel momento in cui lo diceva, si rese conto di avere ragione. Probabilmente, per lui, non era altro che una sfida lasciata a metà, un qualcosa da riconquistare a qualsiasi costo. “Ma, purtroppo per te, io non sono mai stata come le altre. Non ho alcuna intenzione di sposarti, né ora né mai. Sei un essere manipolatore, subdolo e senza cuore, e mi hai vista sempre solo come un gioco, un obbiettivo che non sei riuscito a raggiungere. E mi dispiace per te, ma non ti permetterò di usarmi un’altra volta.”.

Il leopardo si fece un po’ più vicino, senza però tentare  di toccarla “Lo stai dicendo solo perché hai paura. Lo so, e lo capisco.” insistette, con tono calmo e basso, come se si stesse ancora scusando per quello che le aveva fatto “Ma non sto recitando, questa volta. “

Avrebbe  quasi voluto crederci. Avrebbe voluto credere che lui fosse cambiato, che avesse deciso di tornare indietro per fare ammenda dei suoi errori, per curare quelle ferite che lui stesso le aveva inferto. Ma sapeva che non poteva essere così. Lo leggeva lì, nell’angolo più nascosto dei suoi occhi, quello oscuro che solo lei aveva imparato a vedere e che tanto a lungo l’aveva tenuta in bilico, prima di gettarla nel vuoto. Lo sentiva dentro, dove quella pugnalata non si era mai risanata, non del tutto. Lo sapeva, come aveva imparato a riconoscere le sue maschere e le bugie nascoste dalle sue belle parole. E anche se fosse stato vero, non gli avrebbe comunque più permesso di avvicinarsi al suo cuore. Mai più.

Scosse la testa, risoluta “No, tu non sai niente. Non sai nulla di me, perché tu non mi conosci. Non mi hai mai conosciuta, altrimenti sapresti che queste paroline dolci e questi occhioni grandi con me non funzionano, così come le tue recite.”

Quella risposta sembrò turbarlo e divertirlo insieme, perché un angolo della sua bocca si piegò verso l’alto “Sul serio? Eppure ti ho sentita, ieri sera. Parlavi di me. Dicevi che ti avevo affascinato. Dicevi che credevi di amarmi.”

Fece un ultimo passo in avanti, ma lei restò ferma, a sfidarlo con lo sguardo, come per mostrare che non temeva lui o le sue insinuazioni “E ricordo bene come fremevi quando mi avvicinavo a te.” sussurrò, abbassando gli occhi per incontrare i suoi, il viso ad un respiro da quello di lei.

 “Ricordo come il tuo cuore batteva forte quando ti accarezzavo la guancia.” alzò una zampa e le sfiorò appena la gota con i polpastrelli, come se avesse paura di farle male. Tigre restò immobile, troppo stupita da quel gesto per sottrarsi, mentre gli artigli le si conficcavano istintivamente nei palmi.

“E soprattutto ricordo come i tuoi occhi saettavano verso le mie labbra quando provavo a baciarti.” mormorò con un filo di voce, mentre faceva scorrere la zampa lungo il suo collo con studiata lentezza, per poi fermarsi all’altezza della clavicola, dove iniziò a tracciare piccoli cerchi invisibili “Sono stato io a farti scoprire per la prima volta i brividi di essere apprezzata e desiderata da qualcuno. Sono stato io il tuo primo batticuore.”

Tutti quei momenti, quegli istanti che la guerriera aveva tentato disperatamente di dimenticare la travolsero, rapidi, letali e crudeli come un fulmine nel bel mezzo di una tempesta. I frammenti di quei giorni lontani le si conficcarono tra le pieghe del cuore, ferendola più in profondità di quanto avessero mai fatto. Rivide quei sorrisi falsi, quelle frasi sussurrate all’orecchio, quegli occhi glaciali che la seguivano ovunque e che sembravano scrutarla fin dentro l’anima. Risentii i brividi, i sussulti, ma anche il sospetto, la prudenza, e poi, l’umiliazione e la rabbia. Una rabbia che no, dopo tutto quel tempo non si era ancora placata.

“Tu sei stato solo l’ultima delle mie delusioni.” ringhiò, allontanandogli di forza la zampa dal suo corpo e spingendolo indietro, come se solo respirare la sua stessa aria la disgustasse. I suoi occhi bruciavano come non mai, e la gelida furia tipica della sua specie rendeva il suo volto bellissimo, spaventoso e letale “Mi hai affascinata, e purtroppo non posso negarlo. Ti sei avvicinato a me tanto da poter intravedere il mio cuore da lontano. Ma non ti ho mai permesso di rubarmelo, nemmeno prima di scoprire le tue vere intenzioni, e di certo non te lo permetterò ora. Non te lo permetterò mai. Grazie a te, ho imparato a chiuderlo a chiave ed a non mostrarlo più a nessuno. “

A quelle parole, a quella reazione forte e spontanea, a quel rifiuto così deciso ed inequivocabile, a quell’ennesima, cruda resistenza, un lampo di ira attraversò gli occhi gelidi del principe, e la sua espressione ed il suo tono cambiarono totalmente, tramutandosi da miele in fuoco “Davvero? Nemmeno a quel, come si chiama, Guerriero Dragone?”

Tigre si bloccò, presa alla sprovvista dall’improvvisa menzione di Po “Che cosa stai dicendo?” sibilò, mentre il suo cuore, come se avesse avvertito il pericolo, iniziava a battere talmente forte che sembrava volerle uscire dalla gabbia toracica.

Gli occhi dell’altro ruggivano, rabbiosi per la sconfitta ma pronti a ferire senza esitazione, ormai liberi dalla loro maschera “Ti ho osservata attentamente, in questi due giorni. Ti ho vista, con quel panda che fate passare per un guerriero. Ho notato il modo in cui vi guardate, in cui vi toccate. Ho osservato come tremi impercettibilmente quando le vostre zampe si sfiorano o lui ti stringe tra le sue braccia. Ho visto il modo in cui riesce a farti ridere, come ti fa illuminare, e come ammira incantato la tua luce.” Sorrise, un sorriso che prometteva dolore ed oscurità, un sorriso crudele come quello di un demone “Il vostro è un sentimento bello, eppure così fragile, come tutte le cose proibite. Un soffio di vento, e potrebbe rompersi in mille pezzi. Sarebbe facile. Sarebbe veramente facile, distruggere quello che c’è tra voi, tutto quello che avete. Una parola e puff, la vita tua e del tuo panda sarebbero distrutte per sempre. È quello che vuoi?”

Quelle insinuazioni ignobili e crudeli, quella minaccia velata eppure allo stesso tempo così palpabile, si avvolsero attorno alla gola della maestra ed iniziarono a stringere, togliendole il respiro.

Lui pensa che io e Po . . .

Si affrettò a ribattere, con un tono così freddo e controllato da sorprendere anche se stessa “Non c’è niente tra di noi, perché non c’è nessun noi. Tutto quello che ci lega è amicizia e reciproca fiducia, e lo sapresti, se tu le avessi mai provate per qualcuno, durante la tua vita di inganni. Dunque, non vedo che cosa tu possa distruggere.”

Il leopardo soffocò uno sbruffo a metà tra il divertito e l’infastidito. “Oh andiamo, micina. Non prenderti gioco così della mia intelligenza. È talmente chiaro da essere imbarazzante. La ribelle Lien alla fine ha trovato il suo Loto, non è così?[2]” Rise, ma nella sua risata non c’era alcuna traccia di gioia. “Eppure, dovresti sapere come vanno a finire le cose, per quegli innamorati sventurati. Dubito che tu voglia che anche la vostra, di storia, finisca in quel modo.”

Il cuore della guerriera si fermò per un attimo, quando comprese che cosa in realtà Shen Te volesse fare. Un ringhio incontrollato le sfuggì dalla gola, mentre la sua voce si tingeva di fuoco e minacce “Osa anche solo sfiorarlo, e ti farò rimpiangere di non essere morto il giorno dell’assalto.”

Lui sorrise, come se stesse solamente aspettando quella risposta “Non lo farò, se tu accetterai di venire con me nella Città Proibita e sedere accanto a me sul trono. Rifiutati, e farò in modo che al tuo panda succeda qualcosa di molto, molto spiacevole.” Tese una zampa verso di lei, in un tenebroso invito “A te la scelta.”.

Prima ancora che la ragazza potesse ribattere, uno scricchiolio poco lontano le fece contrarre le orecchie sensibili, attirando la sua attenzione, per poi essere seguito da una voce, l’ultima che avrebbe voluto udire in quel momento.

“Tigre, sei qui?”

Qualche secondo dopo, il volto preoccupato di Po fece capolino tra gli alberi, e per un attimo i suoi occhi di giada si rasserenarono nell’individuare l’amica a pochi passi da lui, fino a quando non scorsero anche quella figura sconosciuta. Le pupille si dilatarono e il panda, messo in allarme, fece per precipitarsi verso di lei.

Tigre chiuse gli occhi, sconfitta.

“Va’ via, Po.” ordinò con voce ferma, costringendosi a non voltarsi ed a non incontrare il suo sguardo, come invece avrebbe voluto fare.

Il Guerriero Dragone si bloccò per un momento, preso alla sprovvista da quelle parole e dal tono con cui erano state pronunciate, e il suo sguardo saettò dalla felina allo sconosciuto con la zampa in attesa, per poi tornare risoluto su di lei.

“Che cosa sta succedendo?” le chiese, stringendo i pugni e facendo un altro passo nella sua direzione, lentamente ed in guardia “Chi è lui?”

Gli occhi di ghiaccio di Shen Te brillarono per un attimo. Ritirò la zampa tesa ed iniziò a giocherellare con il sigillo, senza staccare lo sguardo dall’altro, come a sfidarlo silenziosamente “Non hai parlato di me al tuo panda, piccola? Ne sono deluso.”

La maestra poté quasi sentire Po irrigidirsi e trattenere il fiato, come se quelle poche parole e la vista di quel simbolo l’avessero colpito nel profondo, e d’istinto riaprì gli occhi per fulminare il principe con lo sguardo “Lui non è il mio panda.” sibilò, perché no, non poteva permettere che l’altro fosse coinvolto in quel malsano e crudele gioco “Per cui, lascialo fuori da questa faccenda.”.

Il tempo di un respiro, e il guerriero era al suo fianco “Cosa ci fa qui? Che cosa vuole da te?” domandò con ostilità, quasi come se sapesse, senza mai staccare gli occhi di giada, innaturalmente furiosi, da lui.

Tigre strinse con forza i pugni, del disperato tentativo di controllarsi.

Lui voleva aiutarla, come faceva sempre. Non poteva sapere che, in quel modo, stava solo complicando le cose e mettendosi più a rischio di quanto già non fosse.

Ti prego, Po. Vattene.

Avrebbe tanto voluto pronunciarle, quelle parole. Avrebbe voluto voltarsi, prendere le zampe tra le sue, guardarlo negli occhi e sussurrarle, invece di limitarsi a pregare in silenzio. Probabilmente l’avrebbe ascoltata, se l’avesse fatto. Ma non poteva, e lo sapeva bene.

“Non ti riguarda.” ribatté con freddezza, continuando a tenere lo sguardo fisso sul volto divertito del leopardo “Va’, ora.”

Il panda le lanciò un’occhiata a metà tra il confuso e l’irritato, ma non si mosse di un passo, anzi, si fece se possibile ancora più vicino “Non se ne parla. Non ti lascio da sola con ...” esitò solo per un attimo, come se non sapesse come continuare, per poi stringere con forza le labbra tra loro “Io non ti lascio.”

Il principe si portò entrambe le zampe al cuore in un gesto teatrale “Oh, quanta lealtà. È quasi commuovente.” fece, in tono ironico “Davvero, è una scena così tenera che...”

“Finiscila.” gli intimò la maestra, certa di non potersi contenere ancora a lungo “È una cosa che riguarda me e te. Solo me e te.”.

“Allora, non vedo perché tu sia tanto restia a prendere una decisione.” obbiettò il leopardo, incrociando le braccia ed accennando ad un sorriso.

Po sobbalzò e si voltò verso la ragazza, preso alla sprovvista da quella frase “Decisione? Che decisione?” domandò, la voce piena di sorpresa e tensione, mentre i suoi occhi cercavano quelli della compagna “Di che cosa sta parlando?”.

La felina evitò il suo sguardo, per quanto avrebbe voluto fare il contrario e tuffarsi dentro quel mare di giada che, in quel momento, desiderava solo il fuoco dei suoi occhi.

Non ebbe modo di rispondere, che l’altro felino si affrettò a farlo al posto suo, con quella arroganza e crudeltà che per lungo tempo non era riuscita a vedere, non davvero “Di qualcosa che, a quanto pare, tu sei troppo stupido ed ottuso per comprendere, panzone.”.

A quelle parole, il Guerriero Dragone strinse con forza i pugni e si fece avanti, pronto a colpirlo. Ma Tigre fu più veloce. Il suo corpo reagì d’istinto, e senza quasi nemmeno rendersene conto colmò la distanza che la separava dal giovane principe e lo colpì allo stomaco con così tanta forza da lasciarlo senza fiato. Il leopardo si piegò in due, e lei gli afferrò il braccio con uno scatto fulmineo per poi portarsi dietro di lui, piegando l’articolazione in un angolo doloroso ed innaturale e conficcandogli gli artigli nella profondità della carne. Il ragazzo provò a liberarsi, ma inutilmente. Non poteva vincere in uno scontro fisico con lei. Non aveva potuto allora, e di certo non poteva nemmeno ora. Ed entrambi ne erano consapevoli.

La guerriera aumentò ancora di più la presa, mentre sentiva lo sguardo stupito di Po fisso su di lei. Il suo cuore batteva come impazzito, e dentro di sé prese la sua decisione “Vattene.” ringhiò, sperando di essere nel giusto “Se tornerai a cercarmi di nuovo o se toccherai anche solo con un dito qualcuno a me caro, ti ucciderò. Sul serio, questa volta.”.

Prima di lasciarlo andare e di indietreggiare di qualche passo, gli strinse per l’ultima volta il braccio, conficcandogli gli artigli ancora più in profondità, come per dirgli che no, la sua non era una minaccia, ma una promessa.

Shen Te le lanciò uno sguardo di pura rabbia, gli occhi gelidi come il più insidioso ghiaccio, mentre stringeva a sé l’arto ferito “Hai fatto la scelta sbagliata, Tigre.” sbottò,  scoprendo le zanne in un ringhio di avvertimento.

A quel punto, Po scattò in avanti, portandosi in mezzo ai due felini e facendo da scudo all’amica con il proprio corpo “Non hai sentito cosa ti ha detto?” ruggì, i pugni serrati e il volto pervaso da una fredda e minacciosa furia “Vattene!”.

Il principe indietreggiò appena, preso alla sprovvista da quella reazione, e rimase a fissare con intensità i due maestri per qualche momento, come se volesse dargli fuoco semplicemente con lo sguardo. Poi, con un gesto fluido, si coprì il capo con il cappuccio del proprio mantello, rendendo così visibile solo la punta del muso e lo scintillio di quegli occhi freddi “Godetevi questi momenti.” disse a voce bassa, come se stesse facendo una preghiera agli dei antichi, una preghiera di morte e distruzione “Potrebbero essere meno di quanto immaginiate.”.

Tigre strinse d’istinto i pugni, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa il felino si voltò per scomparire tra gli alberi, dopo averle lanciato un ultimo, minaccioso sguardo.

Pagherai per questo, Tigre.

Sospirò, sebbene il proprio cuore ancora tremasse al pensiero di quello che aveva appena fatto e di cosa, potenzialmente, sarebbe andata incontro. Per quanto non potesse batterla fisicamente, Shen Te era pericoloso, soprattutto quando c’era di mezzo il suo orgoglio. Avrebbe davvero trovato un modo per fargliela pagare, lo sapeva.  Ma non aveva paura per ciò che avrebbe potuto fare a lei, bensì...

“Perché non mi hai detto niente? “ la voce di Po, bassa e tesa, la distolse di colpo dai suoi pensieri “Perché non mi hai detto che lui era qui?”.

La ragazza si voltò verso il compagno, che la stava osservando con attenzione, le labbra strette in una linea sottile ed i grandi occhi di giada fissi sul suo viso, pieni di mille emozioni contrastanti e tanta, troppo consapevolezza.

Una gelida certezza la colpì come un pugno di ferro, forte, improvviso e doloroso “Tu sai chi è lui.” mormorò, stupita. La sua non era una domanda. “Non era solo una mia impressione. Tu sai.”

Po sostenne il suo sguardo sorpreso, senza esitare o tirarsi indietro “Si.” confermò, annuendo appena “So chi è. So cosa è stato per te. So che ti ha ferita, in qualche modo.” Fece un passo verso di lei, senza però toccarla “E non voglio che lo faccia ancora.”

La tigre digrignò i denti, la mente annebbiata dalla rabbia “Chi te l’ha detto?” domandò, non riuscendo a credere che l’amico l’avesse davvero fatto. Gli aveva detto chiaramente che quel capitolo del suo passato doveva restare dimenticato, ma era andato comunque a cercare tra le ombre.

“Non è importante.” ribatté l’altro, scuotendo piano la testa “Perché non me ne hai parlato?”

“Si che è importante.” insistette con forza la giovane “Hai tradito la mia fiducia, chiedendo ad altri cose che non volevo condividere e di cui ti avevo chiesto di non indagare. Era una cosa molto personale, che doveva restare tale, e tu mi hai mentito, dicendo che non c’era problema, per poi invece violarla alle mie spalle.”

Il panda, a quell’accusa, scattò “Non sarei stato costretto a farlo, se tu non mi avessi nascosto qualcosa di così importante.” Spalancò le braccia, alzando la voce  man mano che continuava a parlare “Andiamo, il tuo primo amore è stato un affascinante leopardo di poco più grande di te e noto per la sua fama di dongiovanni, che guarda caso è niente po’ po’ di meno che il principe dell’intera Cina ed erede al trono! No, non mi sembra proprio quel genere di cosa trascurabile di cui ci si può dimenticare, tu non credi?”

Tigre rimase in silenzio, gli occhi di fiamme che bruciavano, riflessi in quelli di giada di lui “Shen Te non è stato il mio primo amore.” fu tutto quello che disse.

Il Guerriero Dragone sbruffò “Ah, davvero? Dal modo in cui ti stava divorando con gli occhi, prima, direi proprio il contrario.” C’era rabbia, e dolore, nella sua voce, e per quanto sapesse che non avevano ragione di esistere non riusciva a cancellarle, se pensava al modo in cui quegli occhi di ghiaccio avevano stretto la sua Tigre, come se appartenesse a loro, ed a loro soltanto. “E poi, perché era qui? Che cosa voleva da te?”.

La maestra incrociò le braccia “Pensi davvero che te lo direi, adesso?” sibilò a denti stretti “Anzi, pensi che potrei dirti ancora qualcosa, d’ora in poi? Credevo di potermi fidare di te, Po.”

Il panda trattene il fiato, colpito nel profondo da quella frase “Tu puoi fidarti di me.” disse con un tono di voce più dolce e gentile, facendo appena un passo verso di lei “Credevo che ormai l’avessi capito.”

La felina restò immobile al suo posto, rigida ed immobile come una statua “E come posso fidarmi, dopo che hai tradito la mia fiducia così?” ribatté freddamente, la voce stranamente controllata.

“Volevo solo sapere cosa ti rendesse così triste.” obbiettò il ragazzo, allargando appena le braccia “Tutto qua. Volevo solo sapere.”

“Ma tu non dovevi sapere.”

Quella risposta secca lo colse completamente impreparato e gli strinse per un attimo il cuore in una morsa dolorosa “Perché?”.

Gli occhi di Tigre erano puntanti a terra, fissi su un bastone abbandonato “Shen Te è qualcosa da cui tu dovevi stare fuori, ed invece non l’hai fatto. Ed ora . . .” la sua voce si spense, mentre le sue zampe si chiudevano con forza.

Po la osservò, confuso. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole erano tutte lì, bloccate nella sua gola, insieme alla paura, alla rabbia, al dolore ed alla preoccupazione, e non sembravano voler uscire. La maestra si morse appena il labbro inferiore e sollevò lo sguardo, senza però incontrare il suo “Lasciamo perdere.” sussurrò, la voce lontana ed incolore “Ormai quello che è fatto è fatto. Andiamo. Gli altri si staranno insospettendo.”.

Il guerriero provò ad obbiettare, ma la compagna gli passò accanto senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Si voltò, seguendola con gli occhi, quasi aspettandosi che si sarebbe fermata, sarebbe tornata indietro e gli avrebbe spiegato il perché di quella tempesta che aveva visto scatenarsi nei suoi occhi, ma così non fu. La maestra scomparve tra gli alberi, lasciandolo solo, con il suo nome ancora sulle labbra, incompleto ed impronunciato, e dentro un dolore improvviso che faceva più male ad ogni respiro.

~~~~΅΅~~~~

Shang Chiang iniziava ad essere impaziente.

Erano ormai passate poco più di due settimane da quando il viaggio era iniziato, e ce ne sarebbe voluto ancora circa poco più di un’altra, imprevisti permettendo, per arrivare al villaggio. Il tempo stava diminuendo in fretta, e lui lo sapeva bene. Se fosse stato per lui, avrebbe percorso quell’ultimo tratto di corsa, senza mai fermarsi. Ma trascinarsi dietro quei ragazzini ed il loro maestro non solo stava rendendo il tutto molto più difficile, ma infinitamente più lento.

Un piccolo grugnito stanco gli sfuggì dalla gola, mentre i suoi occhi d’oro scorrevano, silenziosi ad attenti, sui membri del gruppetto che camminava dietro di lui.

Per tutta la durata del viaggio, aveva osservato attentamente quegli strani maestri, studiandoli e cercando i loro punti di forza e di debolezza. Aveva tentato di comprendere il carattere, il comportamento e le attitudini di quei giovani, insoliti guerrieri, ed in particolare di sua figlia.

I suoi occhi scattarono verso la figura della ragazza, che camminava in fondo alla piccola spedizione, stranamente da sola. Di solito, anche quando non voleva nessuno accanto, permetteva al panda grasso di restare al suo fianco. Ma dal giorno prima, quando era tornata dalla foresta con quella espressione fredda ed illeggibile, lo aveva tenuto alla larga, e lui aveva stranamente rispettato quel muro invivibile posto tra loro, per quanto le lanciasse lunghi sguardi tesi quando lei non poteva vederlo,  e la felina lo tenesse d’occhio in modo discreto e silenzioso, come se temesse qualcosa ma non volesse darlo a vedere. Era insolito, e strano. Come aveva ormai imparato, quei due non riuscivano a stare più di cinque minuti lontani. Sembravano uniti da qualcosa di invisibile, inscindibile e speciale, che attirava l’uno all’altra anche quando tutto il resto sembrava crollare. Ma ora sembrava quasi che quello strano legame si stesse in qualche modo spezzando, ed il generale non poteva che esserne sollevato. Chissà, magari avrebbe resto più facile tutto quanto.

All’improvviso, la giovane felina si bloccò sotto il suo sguardo attento, le orecchie tese e le pupille strette, come a voler cogliere qualcosa di impreciso ed impalpabile. Tempo qualche secondo ed anche il panda rosso che camminava davanti ai suoi allievi si fermò, facendo loro segno di fare silenzio e contraendo le grandi orecchie. I ragazzi si bloccarono di colpo, lanciandosi sguardi confusi, ed anche la vecchia tigre si fermò, seppur con un po’ di fastidio. Fu allora che avvertì probabilmente lo stesso suono che doveva aver messo in allarme i due guerrieri. Era un fruscio, basso, appena percepibile, ma continuo, e che circondava l’intero gruppo, come uno scudo protettivo. Un rumore che poteva avere solo un significato.

“Posizione di guardia. Ora!” ordinò Shifu, indietreggiando verso gli allievi e sollevando il proprio bastone, gli occhi chiari che scrutavano minacciosi gli alberi che li circondavano.

I guerrieri del Palazzo di Giada agirono in fretta, veloci e compatti, formando un cerchio attorno al loro maestro e mettendosi in posizione prima ancora che quest’ultimo potesse sbattere le palpebre.

L’unico rimasto fuori dal cerchio era proprio l’anziano generale, che fece appena in tempo a sguainare gli artigli prima che le ombre che li circondavano calassero su di loro.

Agì d’istinto, rispondendo ai propri assalitori silenziosi e senza volto, avvolti in mantelli neri ed armati di pugnali e spade, con graffi, affondi e calci, reminiscenze di anni di guerre ed esperienza che tornavano rapidamente alla memoria, e dietro di sé sentì urla di lotta e di entusiasmo.

I piccoli guerrieri stavano combattendo, compatti, uniti, affrontando quegli avversari venuti dal nulla. La tigre si arrischiò a lanciargli uno sguardo, tra un attacco e l’altro. Aveva già visto la maggior parte di loro allenarsi la sera, ma sapeva che non c’era cosa migliore, per comprendere davvero un nemico, che vederlo battersi. E i ragazzi della Valle della Pace si battevano in maniera a dir poco interessante.

La scimmia e l’insetto stavano combattendo in coppia, l’uno attaccando e stordendo i banditi, e l’altro sollevandoli e lanciandoli in aria, verso il punto in cui erano comparsi e dal quale continuavano ad arrivarne altri.

La serpentella si muoveva sinuosa tra gli avversari, attorcigliandosi attorno alle loro braccia o alle loro armi per prenderne il possesso ed usarle contro di loro, mentre il volatile era in aria e ricacciava indietro quelli che si lanciavano dagli alberi o che tentavano di tirare frecce ai combattenti a terra.

Il panda rosso si destreggiava con il suo bastone, stendendo nemici grandi cinque volte più di lui, e al suo fianco il Guerriero Dragone tirava pugni e ginocchiate a più non posso, arrivando anche a stendere un ottetto di banditi con una spaccata ben assestata ed una serie di panciate. Non se la cavava affatto male, nonostante la sua mole e lo stile poco ortodosso. Forse, in fondo, quel titolo non era del tutto così immeritato.

E poi, al centro della piccola formazione, c’era Tigre.

Shang Chiang non era mai riuscito a vedere sua figlia battersi, prima di quel momento, e quando la notò rimase senza fiato.

Tigre combatteva come una furia. Stava fronteggiando più e più avversari alla volta, ed in ogni mossa c’era una sicurezza ed una abilità che sembravano venirle naturali. I suoi colpi erano forti, precisi ed efficaci, ed andavano sempre a segno, nonostante non usasse gli artigli. Le sue zampe parevano muoversi di volontà propria, ed il suo volto era concentrato, mentre nei suoi occhi bruciava il furore della battaglia e della sfida. Non aveva mai visto qualcuno combattere in quel modo, nemmeno in anni di guerre e campagne militari. Sembrava un ciclone di fuoco, pericoloso, letale, bellissimo ed indomabile.

Per un breve, spaventoso attimo, ebbe paura.


~~~~΅΅~~~~


“Da dove sbucano questi tizi?” domandò tra un calcio e l’altro Po, rivolto al proprio maestro.

Questi assestò una pesante spazzata ad un avversario, prima di rispondere “Quando dico che una zona è piena di malviventi, panda” fece, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero “Vuol dire che quella zona è piena di malviventi.”.

Il ragazzo alzò per un attimo le zampe in aria, in segno di resa “D’accordo, d’accordo, non metterò più in discussione le vostre precisissime informazioni, va bene?” ribatté, per poi mandare al tappeto un bandito con una combinazione di gomitate e ginocchiate ben assestata.

La felina, a meno di qualche metro da lui, lanciò un breve ma attento sguardo nella sua direzione continuando a combattere, come aveva fatto per tutta la giornata ed anche per quella precedente, nonostante non gli avesse più rivolto la parola dopo la loro discussione. Era ancora piena di rabbia per ciò che aveva fatto, ma comunque non aveva dimenticato le minacce di Shen Te, e continuava a tenere la guardia ben alta ed i sensi all’erta, non tanto per la propria sicurezza, quanto per la sua. Probabilmente era per quello che aveva avvertito per prima quei banditi circondarli.

I suoi occhi, già pronti per tornare a concentrarsi sui propri avversari, furono attrattati da un fulmineo e quasi invisibile movimento nell’ombra, e si riempirono di orrore.

Lì, a pochi metri dal panda, un arciere non visto era appollaiata sulla cima di un albero, l’arco teso in mano e la punta della freccia, pronta per essere scoccata, diretta esattamente contro il suo cuore.

“Po!” urlò forte la guerriera, nel momento stesso in cui la freccia abbandonava la corda ed attraversava veloce e letale l’aria.

Il ragazzo si voltò d’istinto nella sua direzione, ma lei non era più lì.

Con un balzo, si era posta tra lui e la freccia, facendogli da scudo con il proprio corpo. Questa le si conficcò nella spalla, profondamente e con una precisione spaventosa, strappandole un piccolo e soffocato gemito di dolore.

Po rimase senza fiato, scioccato ed incredulo, i grandi occhi di giada pieni di stupore e paura, mentre i combattimenti attorno a loro si bloccavano. Il tempo di un battito spaventato, e la maestra gli crollò tra le braccia, i denti stretti nel tentativo di trattenere un urlo, gli occhi socchiusi dal dolore e le zampe serrate con forza attorno alla freccia.

“Tigre!” Il Guerriero Dragone la sostenne, cercando terrorizzato il suo sguardo, mentre il suo cuore iniziava a battere forte, al ritmo di quello sofferente di lei.

I banditi senza volto approfittarono di quel momento per scomparire come erano arrivati, quasi senza che gli avversari se ne accorgessero, come se avessero assolto al proprio compito, ma loro nemmeno ci prestarono attenzione; subito corsero verso i loro due compagni, preoccupati come non mai.

Il panda si inginocchiò per terra, facendo poggiare delicatamente la testa alla compagna contro il proprio petto, mentre quest’ultima tremava, come se il suo corpo fosse attraversato da forti e continue scosse, e tentava di strapparsi la freccia dalla spalla, senza riuscirci.

I loro amici si strinsero attorno alla coppia, i volti trasfigurati dallo shock, e lo stesso Shang Chiang sembrava allarmato. Shifu si avvicinò alla sua pupilla e, posato il bastone a terra, le sfiorò le zampe per tentare di allontanarle dall’asticella.

A quel contatto Tigre si ritrasse, spingendosi d’istinto contro il petto di Po, e spalancò gli occhi, i suoi grandi e coraggiosi occhi di fuoco, in quel momento così offuscati e lontani da non sembrare nemmeno i suoi.

Il panda minore si sentì come se qualcuno gli avesse appena strappato l’anima in due. Lentamente, quasi con esitazione, allungò una zampa per sfiorarle la guancia, un gesto appartenente al passato ormai quasi del tutto dimenticato.

“Xiǎo, ti prego.” sussurrò, la voce bassa, ma abbastanza forte affinché le orecchie acute della figlia potessero coglierla. [3]

Le pupille della guerriera si dilatarono appena per lo stupore, e dopo qualche momento di esitazione ella allontanò le zampe, per poi stringerle con forza mentre inarcava improvvisamente la schiena, come se qualcuno l’avesse appena pugnalata.

Shifu, agendo velocemente per non infliggerle più dolore di quanto non fosse necessario, estrasse la freccia dalla sua spalla ed annusò la punta, sotto lo sguardo confuso ed allarmato dei suoi allievi. Spalancò gli occhi, improvvisamente pieni di paura “Veleno.” mormorò, mentre il suo sguardo saettava dall’asticella nella sua zampa al viso contratto della ragazza.

“Come, veleno?” esclamò scioccato Scimmia, facendosi più in avanti per vedere meglio.

Il maestro strinse con forza la freccia, fino a spezzarla in due “La punta era avvelenata, e di un veleno molto potente, per avere questi effetti immediati. Quei banditi non possono averci attaccato per caso.” Si allungò verso di lei e delicatamente iniziò a scoprirle la spalla, in modo da poter osservare la ferita.

“Cosa?” fece sconvolta Vipera, coprendovi la bocca con la punta della coda “Era un attacco premeditato?”.

Po trattene il fiato a quelle parole. Improvvisamente, gli tornarono in mente gli avvenimenti del giorno prima, l’incontro col leopardo dagli occhi gelidi, lo strano comportamento di Tigre, i suoi tentativi di allontanarlo, la paura che aveva letto nel suo sguardo, quelle frasi e quelle minacce a cui, scosso com’era in quel momento, non aveva dato troppo peso.

‘Godetevi questi momenti. Potrebbero essere meno di quanto immaginiate.’

Quella freccia era per me  realizzò, mentre per un momento il suo cuore smetteva di battere, e i suoi occhi scattavano verso quelli semichiusi della maestra Quel leopardo, quel Shen Te, voleva colpire me, per qualche motivo. Tigre lo sapeva, e ha cercato di proteggermi. Nonostante il modo in cui mi sono comportato, ha voluto comunque proteggermi.

Shifu imprecò, richiamandosi così la sua attenzione. Il panda abbassò lo sguardo, e quando vide la ferita quasi non riuscì a credere ai propri occhi.

La zona in cui si era conficcata la punta era nera e senza vita, come se stesse marcendo. Tutt’attorno, la pelliccia era ricoperta di sudore, e i vasi sanguigni pulsavano vicinissimi alla pelle, tanto da fare impressione. Sembravano infetti, e strane striature viola e rosse stavano iniziando a diramarsi tutt’attorno, come fili di ragnatele d’acciaio.

Nessuno parlò per un lungo, tremendo momento, come se avessero paura di esprimere ad alta voce l’enormità di quello che era sotto ai loro occhi. Poi, la voce di Shang Chiang spezzò il silenzio.

“E’ il Fuoco dei Demoni.” ringhiò, mentre tutti si giravano a guardarlo. I suoi occhi erano attenti e la sua espressione illeggibile “Probabilmente uno dei veleni più pericolosi della terra, ed uno dei più costosi. Riconosco i sintomi.”.

“Che cosa causa?” domandò subito Gru, allarmato.

“Il veleno è formato da una tossina, che distrugge i tessuti e l’energia vitale di chi ne viene a contatto. “ spiegò rudemente il generale, come se le parole gli venissero strappate a forza dalla gola  “Si trasmette attraverso il sangue, e quando attraversa i vasi sanguini brucia tanto da sembrare un vero e proprio fuoco. Si diffonde in tutto il corpo, per poi raggiungere il cuore e spegnerne la forza e con esso il battito. Stranamente, l’avvelenamento avviene più velocemente nei corpi più grandi, e lentamente in quelli minuti. L’intero processo può durare ore, ma se raggiunge un certo stadio è irreversibile.“

Gli occhi di tutti si puntarono su Tigre, che sembrava incapace di sentirli e si contorceva, senza però emettere il più piccolo lamento, tra le braccia del panda. Stava combattendo, come sempre. Ma forse, questa volta, non sarebbe riuscita a sconfiggere il suo nemico invisibile.

“Allora faremo in modo che non lo raggiunga.” fece con forza Shifu, ricoprendo la spalla della sua pupilla e prendendo il suo bastone senza mai staccare lo sguardo da lei. “Mancano due ore prima di arrivare a Sto-gung, ma più o meno a questa distanza dalla città vivono, in piccole abitazioni isolate, alcuni curatori. Tenteremo di trovarne uno, e gli chiederemo l’aiuto. Se non ci riuscissimo, faremo in modo che Tigre raggiunga la città in tempo per essere curata.”.

La tigre scosse appena la testa “Potremmo non farcela.”.

Il maestro lo fulminò con lo sguardo “Ci riusciremo, invece.” ribatté, per poi rivolgersi ai suoi allievi “Gru e Mantide, voi esplorerete la zona dall’altro. Vipera, tu andrai ad est con Scimmia. Voi, Shang Chiang, andrete ad ovest. Se trovate qualcuno, raggiungerete me e Po, che andremo verso Sto-gung con Tigre, a nord. Se invece nessuno di voi dovesse trovare aiuto, ci incontreremo alle porte della città. Tutto chiaro?”

I ragazzi annuirono, pronti a partire, ma il generale incrociò le braccia “Io non prendo ordini da voi, Shifu, e non ho alcuna intenzione di lasciare la vita di mia figlia nelle vostre mani.”

Il panda minore si eresse in tutta la sua statura “Lo farete, se volete che nostra figlia sopravviva.” sibilò, gli occhi chiari improvvisamente fieri e minacciosi “Ho detto: tutto chiaro?”.

L’altro strinse i pugni, ma dopo uno sguardo frettoloso alla ragazza ferita si costrinse a ringhiare un riluttante assenso.

Il piccolo maestro fece segno agli altri di andare, per poi voltarsi verso Po e la ragazza “Riesci a portarla?”.

Il Guerriero Dragone annuì, la gola troppo stretta per riuscire a mormorare un risposta. Mentre gli altri si allontanavano, passò un braccio sotto le ginocchia della felina e fece per circondarle la vita con l’altro, ma all’improvviso la zampa di lei si artigliò attorno alla sua, stringendogliela così tanto da fare male, come se fosse l’ultima cosa che la tenesse ancorata alla vita.

Tigre aprì appena gli occhi, cercando quelli di giada del compagno, e provò a parlare, senza però riuscirci. Il suo sguardo era così pieno di dolore che Po si sentì come se qualcuno gli avesse appena strappato il cuore dal petto per poi gettarlo in mezzo alle fiamme.

La strinse con delicatezza a sé, come se volesse prendere la sua sofferenza nel proprio corpo “Andrà tutto bene, Tigre.” sussurrò, la voce carica di quel sentimento che tanto aveva represso e che in quel momento era l’unica cosa a dargli la forza di sostenere il suo sguardo, mentre gli accarezzava la zampa come aveva fatto due notti prima, quando tutto ancora andava veramente bene “Non ti lascerò morire. Te lo giuro.”

La ragazza lo fissò negli occhi per qualche altro secondo, e poi la sua zampa scivolò senza forze lontana dalla sua e lei chiuse stancamente gli occhi, abbandonandosi ai brividi ed a lui. Il guerriero, messo il braccio attorno alla sua vita, la sollevò e la sentì stringersi contro il suo torace, alla ricerca di stabilità, calore e sostegno.

Po la guardò, l’anima in fiamme, debole tra le sue braccia, e la portò più vicina a sé, come se volesse legare il suo destino al proprio.

No, non permetterò che tu muoia, Tigre.

 

 

 

La tana dell’autrice

 

-Scimmia si affaccia appena dalla porta, guardandosi attorno con aria circospetta : Ragazzi, perché ci sono tutte queste persone con forconi e torce, qua davanti?

Io: Non fare domande e chiudi quella porta, se ci tieni alla vita!

Po si precipita a guardare: Wow sorella, questa volta si che li hai fatti arrabbiare! Sembrano pronti a farti fuori!

Io: Secondo te, perché sto chiudendo le finestre con delle travi, esattamente?

Vipera sbuca fuori dal nulla: Avresti dovuto darti una regolata. Insomma, torni dal nulla e gli dai una pugnalata dopo l’altra? Non è stato tanto carino, tesoro.

Io: Si, me ne sono resa conto.

Mantide sale sulla spalla di Scimmia: Ehi, c’è una festa qui?

Gru rientra trafelato dalla porta e la sbatte dietro di sé: Ci sarà il nostro funerale, se non scappiamo! Ma come ti è saltato in mente di scrivere quelle cose, eh?

Io alzò le braccia al cielo: Oh sentite, il prossimo capitolo lo scrivete voi, d’accordo?-

 

. . .

Yep, sono tornati anche i siparietti con i ragazzi. A quanto pare sto regredendo alla Tigre Rossa di tredici anni. Dovrei iniziare a preoccuparmi, penso. Oh, è l’indigestione di greco che mi riduce così, senza dubbio. Credo che siate stati fortunati a non trovarvi da qualche parte Sofocle che si taglia le vene mentre Aristofane gli fa un filmato da mettere su Youtube, Edipo che ci prova con Medea ed Aiace che va a bersi qualcosa con Tucidide. Sopportatemi, da bravi. E mettete giù quei forconi, per favore. M-mi fate un po’ paura con quegli occhi iniettati di sangue, sapete?

Si, si, lo so. Sono stata un po’ crudele con questo capitolo. Ma non tutto può andare sempre bene, non credete anche voi? Ci vuole un po’ di sano angst, ogni tanto. Una bella litigata. Una o due uccisioni o morti violente. Anzi, credo di essere stata molto più limitata ed infinitamente più buona rispetto alle mie intenzioni originali, e soprattutto nonostante la pericolosa influenza che George Martin sta avendo su di me.

Ah, ma prima di parlare del capitolo, voglio ringraziarvi davvero di cuore! Tutti voi mi avete riaccolto con un affetto davvero incredibile, che non avevo nemmeno lontanamente immaginato. Sono rimasta davvero senza parole, e vi ringrazio di cuore per il vostro sostegno e la vostra comprensione! Siete dei lettori fantastici, e vi prometto che presto risponderò a tutti i messaggi e le recensioni arretrate!

Allora, allora, vediamo . . . in questo polpettone abbiamo finalmente introdotto la storia di Shen Te e la natura del suo rapporto con Tigre, che però manca di un grande pezzo, ossia il motivo della loro separazione e dell’odio della ragazza, e che verrà trattato in futuro, sempre che tutto vada come deve. Il nostro principe spocchioso però ha decisamente passato il limite, ed ovviamente se lui non può averla, nessun’altro può, quindi . . . via con la freccia avvelenata! Che ovviamente Tigre deve prendere a posto del suo panda, perché andiamo, tutti sappiamo che Shen ci ha visto bene!

Ora, la vita della felina è appesa ad un filo. Potrebbe emettere il suo ultimo respiro tra le braccia del suo panda, lasciandolo per sempre preda del dolore, del rimorso e dei sensi di colpa. Uhm, mi piace questa idea. Potrei effettivamente lavorarci e . . .

Ok, per sapere se Tigre Rossa cederà ai suoi istinti omicidi, dovrete solo aspettare il prossimo capitolo!

Abbraccio tigroso e per favore, non odiatemi

 

T.r.

 

[1] Lang : nome d’origine cinese, significa lupo e l’ho scelto per il cattivo di turno perché faceva molto figo.

[2] Lien e il suo Loto: Ok, questa è una delle idee di cui personalmente vado più fiera, nonostante sia spaventosamente sdolcinata ed anche un po’ macabra. Si tratta di una storia mista a leggenda, che avrà una forte influenza sulle vicende dei nostri due protagonisti. Ne saprete di più nei prossimi capitoli, sempre che la nostra Tigre sopravviva.  

[3] Xiǎo: parola cinese, significa ‘piccolo/piccola’ e viene usata spesso e volentieri dai genitori quando si rivolgono ai propri figli. Non ricordo bene se è così anche nella versione italiana, ma nel secondo film in lingua originale il signor Ping chiama Po proprio in questo modo, e io l’ho sempre trovata una cosa dolcissima! 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 – Resta con me ***



Capitolo 31 – Resta con me

 


 

 

“Resta con me.”

 

 

Shifu lanciò uno sguardo teso alle sue spalle, dove il panda lo seguiva, tenendo con attenzione tra le braccia il corpo tremante di Tigre.

Stavano camminando da circa un’ora e le sue condizioni era veramente preoccupanti. Era pallida e sempre più calda ogni momento che passava, come se stesse bruciando dentro. Tremava ancora, ma poco, quasi non avesse più le forze per farlo, respirava a stento e piccole gocce di sudore le rigavano la fronte. La zona nera stava aumentando sempre di più, e quelle striature sottili erano sempre più grandi e visibili.

Più volte aveva dato all’allievo l’ordine di fermarsi, per poter controllare la ferita e le sue condizioni. Ogni volta che il panda minore portava le dita alla giugulare della figlia e ne cercava il battito, questo era sempre più lento. Dentro di sé egli tremava al pensiero che, alla prossima sosta, avrebbe potuto non sentirlo più.

Sapeva che la situazione era veramente grave. Non avevano avuto più notizie dagli altri e la città era ancora troppo lontana. Ormai iniziava a dubitare che sarebbe sopravvissuta fino a quando ci sarebbero arrivati. Dovevano trovare aiuto, ed alla svelta. Altrimenti . . .

“Maestro, qui ci sono delle tracce!”

La voce di Po lo fece per un attimo sobbalzare, ma appena realizzò il valore di quelle parole si fermò e corse da lui “Che cosa? Sei sicuro?”.

Il panda annuì ed indicò con un movimento del mento un piccola porzione di terra, seminascosta dall’ombra di un albero e da qualche grosso arbusto. Il vecchio si avvicinò e scostò i rami delle piante per rendersi conto che si, c’erano due impronte, anche abbastanza fresche, che davano inizio ad una lunga traccia che sembrava andare sempre più su, lungo una stradina nascosta tra le rocce della montagna sovrastante e così lunga da non poterne scorgere la fine.

Il momentaneo sollievo sorto nel suo cuore si spense di colpo, lasciandolo dolorosamente vuoto e freddo. Con un sospiro, si tirò indietro e si voltò verso il ragazzo, che lo guardava speranzoso “Non sappiamo se chi ha lasciato queste tracce possa aiutarci, né quanto potremmo metterci per raggiungerlo.” mormorò, la voce controllata a fatica, mentre si costringeva a pronunciare quelle parole che nella sua bocca avevano il sapore del veleno “E non possiamo rischiare di perdere tempo inutilmente. Ogni momento è prezioso.”

Po strinse le labbra, gli occhi di giada insolitamente agitati e furiosi “Pensate che non lo sappia? Guardatela, Shifu.” ribatté con forza, mentre le sue zampe si stringevano ancora di più attorno al corpo di Tigre, che si era abbandonata totalmente a lui “Non può resistere a lungo. Se ne sta andando, e questa è la nostra unica possibilità di fermarla.” Il fuoco brillava nei suoi occhi come mai, prima d’allora “Vi prego! Non posso guardarla morire.”

La voce di Po si spezzò nel pronunciare quell’ultima frase, e il guerriero la strinse più forte a sé, come se volesse fisicamente impedire alla morte di strappargliela dalle braccia.

Shifu abbassò lo sguardo sul viso della figlia adottiva, rigato di sudore e trasfigurato dal dolore. Per un attimo, le sembrò di nuovo quello che aveva da bambina, quando gridava la notte a causa degli incubi sull’orfanatrofio ed altri, troppo oscuri e spaventosi per essere raccontati od anche solo ricordati.  Allora, non aveva avuto la forza di aiutarla. Ma questa volta non l’avrebbe lasciata da sola in balia delle ombre. Non di nuovo.

“Nemmeno io.” rispose, stringendo con più forza il suo bastone. Fece segno all’allievo di seguirlo e si voltò, per poi iniziare a salire lungo la montagna e pregando dentro di sé di aver preso la decisione giusta.

Dei, se ci siete, non lasciate che Tigre muoia.

Vi prego, non portatemi via anche la mia bambina.

 

~~~~΅΅~~~~


Dalle labbra esangui di Tigre sfuggì un gemito soffocato, e subito gli occhi del panda saettarono verso di esse, allarmati.

Ormai stavano arrancando su quella stradina isolata da quasi tre quarti d’ora, salendo sempre più in alto, verso la vetta della montagna. Faceva sempre più freddo, e i versanti del monte erano ancora ricoperti di neve, candida e gelida. Gli ricordava quella, fredda e macchiata di rosso, che aveva visto nei suoi ricordi, quando sua madre era morta per proteggerlo dalle spade e dai coltelli di lord Shen.  Sperava che non fosse un cattivo segno. Non voleva perdere un’altra persona come aveva perso lei. Non voleva né poteva perdere Tigre, a nessun costo.

Po la strinse di più a sé, tentando di coprirla e di riscaldarla meglio che poteva. Ormai aveva perso i sensi da un bel po’, e il suo cuore sembrava rallentare ad ogni respiro. E il freddo certo non la stava aiutando.

“Tieni duro.” le sussurrò, infondendo nella sua voce una sicurezza che non aveva “Presto starai bene.”.

La felina non sembrò sentirlo, ma si accucciò più a fondo nella sua pelliccia, quasi alla ricerca di riparo. A quella vista il panda si sentì come se un altro pezzettino di sé si fosse spezzato. Tigre era in quelle condizioni a causa sua, eppure, nonostante tutto, continuava ad affidarsi a lui, anche se incosciente. Così debole, eppure ancora così fiduciosa in lui. E lui non voleva né poteva deluderla. Non poteva permetterselo.

Sentì Shifu, a pochi passi da lui, emettere un sospiro di sollievo “Forse ci siamo!” esclamò il piccolo maestro, richiamando la sua attenzione.

Il panda alzò la testa di scatto, stringendo gli occhi. Lì, in fondo alla strada, si scorgeva quello che sembrava un piccolo villaggio di agricoltori, con minuscole case verdi e mezze diroccate e ancora più minuscole risaie.

Il suo cuore si risollevò. In un villaggio, anche il più sperduto od isolato, c’era sempre qualcuno capace di curare le ferite o le malattie più gravi. Un medico o qualche divinatrice, quando si era fortunati, ma sempre e comunque uno o due guaritori e curatori.

Subito si affrettarono ad accelerare il passo, desiderosi di raggiungere quel villaggio il più rapidamente possibile. Avevano già perso fin troppo tempo, e Tigre non poteva più aspettare.

Mentre si avvicinavano, Po si rese conto che poco distante dall’ingresso del villaggio c’era una piccola folla di persone indistinte, forse impegnata a distribuire legna per i focolari e roba simile. Qualcuno dovette notarli, perché vide alcuni di loro indicarli col braccio e poi, invece di venirgli incontro, iniziarono a correre all’intero, come se li temessero.

“Vi prego, aiutateci!” gridò, andandogli dietro “Abbiamo bisogno di aiuto! La mia amica sta male!”.

I due si avvicinarono abbastanza per iniziare a distinguere quelle figure lontane che tentavano di nascondersi, e quando lo fecero entrambi si fermarono di botto, scioccati.

Un giovane che si stata trascinando dietro una cassa. Due ragazzi stavano correndo a nascondersi dietro ad un albero, e una coppia si stava rifugiando all’interno del villaggio con un due cuccioli tra le braccia. Dei bambini raccoglievano velocemente i loro giocattoli, e una vecchietta li aiutava, affinché facessero più in fretta.

Tutti si bloccarono, quando riuscirono a mettere a fuoco lo sconosciuto visitatore, e anche loro si resero conto di quello che aveva fatto per un attimo fermare il mondo di Po.

Il respiro del Guerriero Dragone si bloccò, e a lui non restò che osservare quelle figure, temendo per un attimo di essere davanti a dei fantasmi.

Tutte quelle persone avevano un grande ventre bianco, corte zampe nere, braccia grosse e flaccide dello stesso colore, un volto pallido e piccole orecchie scure.

Tutte quelle persone erano esattamente come lui.

Tutte quelle persone erano . . .

“S-sono panda.” sussurrò a mezza voce Po, incredulo “Sono tutti panda. Come è possibile?”

Shifu era altrettanto stupito, e per qualche momento sembrò dimenticare la loro situazione “Non capisco. Solo tu sei scampato al massacro di lord Shen. Tu e nessun altro”.

Il ragazzo non sapeva cosa dire. Aveva creduto così a lungo di essere l’ultimo rimasto della sua specie. Aveva accettato il genocidio commesso nei confronti del suo popolo, ed anche se ancora i ricordi tormentavano le sue notti, aveva imparato a conviverci. Ed ora . . .

I panda, stupiti anch’essi, iniziarono ad uscire dai loro nascondigli ed ad andargli incontro, circondando il trio, sussurrando tra loro e guardandoli come se temessero di essere davanti ad una qualche tipo di illusione.

I due guerrieri rimasero lì, in silenzio, incerti su cosa dire e fare.

Pian piano, la vecchietta che fino a pochi momenti prima aveva stretto le zampette tremanti dei cuccioli si fece avanti, lo sguardo attento fisso sul Guerriero Dragone.

“Tu sei come noi.”sussurrò, senza mai staccare gli occhi anziani da quelli verdi e stupiti di Po “Tu sei uno di noi.”

Il ragazzo si sentì stringere la gola da un’improvvisa commozione “Si, lo sono.” rispose dopo qualche momento, deglutendo e stringendo più forte a sé il corpo debole di Tigre “E ho bisogno d’aiuto.”

 

~~~~΅΅~~~~

 

Shang Chiang percorse di corsa la strada che lo separavano dal punto di ritrovo pattuito. Non era riuscito ad ottenere aiuto da nessuna parte, e così si era recato verso la città, dove sperava che i guerrieri del Palazzo di Giada avessero trovato qualcuno disposto ad aiutarli.

Strinse gli occhi, mentre metteva a fuoco le figure alle porte della città, che si facevano più grandi e visibili metro dopo metro. C’erano già il volatile e probabilmente il piccolo insetto, e li stavano raggiungendo anche il primate ed il serpente, correndo a più non posso. Anche la tigre accelerò il passo, decisa a non perdersi nessuna possibile informazione. La vita della sua erede era appesa d un filo e, per quanto gli seccasse ammetterlo, non poteva permettere che questo si spezzasse.

Arrivò di fronte ai cancelli pochi istanti dopo  i due allievi, che subito si erano aggregati ai loro amici. Si mise in posizione eretta e li raggiunse, ancora ansimante ma desideroso di sapere.

“Avete visto Shifu e gli altri?” stava chiedendo con urgenza Scimmia ai compagni, il volto di solito così allegro teso e pieno di ansia.

“No.”  fu la risposta secca e sconsolata di Gru, che scosse appena la testa, senza avere il coraggio né la forza di aggiungere altro e dare voce ai loro timori e paure.

“Forse sono già entrati in città.” sussurrò Vipera, cercando di alleggerire la tensione nell’aria e la preoccupazione di ognuno di loro “Forse hanno trovato aiuto da qualche altra parte. Forse . . .” la sua voce si affievolì fino a scomparire, e la ragazza abbassò lo sguardo a terra, incapace di continuare.

Mantide intervenne da sopra il cappello del compagno, tentando di fare forza a sé stesso ed ai suoi amici “E’ possibile.” fece, più ottimista di quanto in realtà non fosse “Io e Gru torniamo indietro a cercarli. Voi vedete in città. Li troveremo, in qualche modo. Ci ritroviamo qui tra un’ora massimo.”.

I quattro ragazzi si guardarono ed annuirono, decisi a non lasciare nulla di intentato. Non sarebbero restati in un angolino a piangersi addosso mentre la loro leader e migliore amica andava in contro al proprio fato, Shang Chiang poteva leggerglielo negli occhi. Avrebbero combattuto. Perché era quello che loro facevano. Combattevano contro la morte ogni giorno, strappando dalle sue grinfie tutti quelli che potevano. E non avrebbero permesso all’oscura signora di portarsi via la loro Tigre.

Si, loro. Perché lei poteva essere anche sua figlia, ma i cuori di quei ragazzi erano legati tra loro da un legame che non poteva essere spezzato, un filo rosso d’amore e d’amicizia che li rendevano gli uni la vera famiglia degli altri.

Il generale si schiarì la gola, sentendosi quasi un intruso “Io resterò qui, in caso arrivino.”.

I guerrieri non gli prestarono quasi attenzione, come se non meritasse di essere considerato, soprattutto in una situazione simile. Si strinsero tra loro, e il primate sussurrò, la voce controllata e decisa “Quando ci rivedremo, Tigre sarà con noi.”.

Si allontanarono, veloci come il vento, ognuno con quell’unico pensiero in mente.

Shang Chiang restò ad osservarli mentre sparivano alla sua vista, solo all’ombra dei neri cancelli, gli occhi d’oro che seguivano quei piccoli ed ingenui guerrieri che pensavano ancora che l’amore potessero sconfiggere anche la morte.

L’amore non era un avversario della morte, no.

Ne era il più ingannevole e fedele alleato.

E lui lo sapeva bene.


~~~~΅΅~~~~

 

Shifu e il suo allievo si guardarono attorno, in tensione, mentre la piccola folla bianca e nera li conduceva, in un silenzio attonito e quasi rispettoso, all’interno del villaggio.

Dopo le parole del guerriero, l’anziana panda era rimasta in silenzio per qualche momento, ad osservarlo, e poi aveva annuito. Lo aveva preso per le zampe e l’aveva condotto verso l’entrata del piccolo villaggio, intimando a gran voce agli altri di chiamare un certo Li Shan. I due avevano supposto che doveva essere una sorta di capovillaggio, o forse un curatore, ma quando avevano chiesto conferma, la vecchietta si era limitata a lanciare uno strano sguardo a Po ed aveva risposto, con quella sua voce che sembrava fatta di saggezza e di pergamena sul punto di sgretolarsi “E’ questo e molto di più, ragazzo, e tu dovresti saperlo.”.

Il Guerriero Dragone era rimasto sorpreso e abbastanza confuso da quelle parole, ma non aveva chiesto spiegazioni. Non importava chi o cosa fosse questo Li, in fondo. L’importante è che possa aiutare Tigre aveva pensato solamente, guardandola con apprensione.

All’improvviso, il piccolo gruppo si fermò, e così fecero anche i due viandanti, scambiandosi uno sguardo. La folla si zittì completamente ed iniziò a dividersi, fino a quando davanti a loro rimase solo una figura, quasi comparsa dal nulla.

Un panda dalla mascella pronunciata e dagli occhi della stessa tonalità di verde dei propri indumenti si fece avanti,  scrutandoli attentamente, ed il suo sguardo si soffermò, stupito, su Po, senza all’apparenza notare il corpo quasi senza vita che stringeva tra le braccia.

Shifu, accanto al suo discepolo, subito si affrettò a prendere la parola “Mastro Li Shan, suppongo. Siamo qui per chiedervi aiuto.”

Il panda sembrò non sentirlo. Il suo sguardo era fisso su Po, come se avesse visto un fantasma, e tutto quello che disse, dopo interminabili momenti di cupo silenzio, fu “Chi siete?”. La sua voce era roca, profonda, ed ispirava una sensazione di tranquillità e di serenità ottenute dopo una lunga ed interminabile attesa, ma improvvisamente spezzate.

“Non è importante, ora.” ribatté il giovane guerriero, troppo preoccupato per le condizioni di Tigre per preoccuparsi di essere gentile “La mia amica sta male, ed ha bisogno di aiuto. Subito.”

Gli occhi chiari del panda si posarono, seppur quasi forzatamente, sulla felina, e subito si assottigliarono, come allarmati “E’ una tigre.” mormorò, improvvisamente la voce piena di astio e diffidenza.

Il Guerriero Dragone trattenne a stento un gesto di stizza e strinse con più forza la compagna a sé “Sì, è una tigre, e rischia di morire.” sbottò con tono duro “Volete aiutarci, si o no?”

“Vi supplichiamo, mastro panda.” intervenne Shifu, la voce e lo sguardo stretti dall’angoscia “È stata colpita da una freccia intrisa di Fuoco dei Demoni quasi due ore fa. Non può resistere a lungo.”

Ciò sembrò turbare l’anziano, e i suoi occhi saettarono dal piccolo maestro alla ragazza e di nuovo al volto del giovane panda “Fuoco dei Demoni? Ma come..?”

“Non c’è tempo per spiegare.” tagliò corto il Guerriero Dragone, mentre sentiva Tigre tremare quasi impercettibilmente tra le sue braccia “Sta male, e ha bisogno di aiuto! Potete offrircelo, sì o no?”.

Il panda restò in silenzio per qualche attimo, come se stesse soppesando le sue opzioni “Posso provarci.” rispose infine, seppur con un pizzico di incertezza “Conosco un antidoto per questo veleno, ma necessita di una lunga preparazione e non so quanto potrà essere efficace, dopo così tanto tempo.”

Il maestro strinse con più forza il suo bastone e si affrettò a rispondere, la voce che ormai faceva ben trasparire la sua preoccupazione “Conosco le arti curative, posso aiutarvi.”.

L’altro scosse la testa “Non mi sembra il caso.”.

“Si, invece.” ribatté deciso Shifu, gli occhi solitamente freddi che ardevano come mai avevano fatto, prima di quel momento “Si tratta di mia figlia. Voglio aiutare. Devo aiutare.”

Quelle parole sembrarono colpire nel profondo il panda, che si portò d’istinto una zampa al collo, dove un piccolo ciondolo in giada brillava sulla pelliccia, ed i suoi occhi scivolarono lentamente su ognuna delle tre figure.

“Seguitemi.” rispose infine, dopo aver lanciato un ultimo sguardo indecifrabile a Po, per poi voltarsi ed iniziare a fare strada verso una piccola capanna in fondo al villaggio.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Po tirò un calcio ad un sasso, con un ringhio di frustrazione, mentre continuava ad andare avanti ed indietro di fronte alla porta della capanna e a lanciare sguardi ansiosi nella sua direzione.

Shifu e quello strano panda erano chiusi là dentro da circa mezz’ora, e i suoi nervi iniziavano a risentire di quella lunga attesa. Se solo avesse potuto fare qualcosa, essere d’aiuto in qualche modo, tutto sarebbe stato più semplice da sopportare. Ma non poteva fare  nulla, se non aspettare e sperare che Tigre stesse bene.

Tigre . . . ora che non l’aveva più tra le sue braccia, che non poteva stringerla a sé e tentare di alleviare il suo dolore, davanti ai suoi occhi continuavano a scorrere le immagini di quel momento in cui tutto era crollato. Non riusciva ancora a credere che stesse succedendo davvero, che stesse davvero rischiando di perderla, e questa volta per sempre. Tante volte l’aveva sognato, svegliandosi di botto con il cuore a mille e l’anima ferita a morte, ma ora quegli incubi si erano trasformati in una spaventosa realtà, dalla quale non sembrava esserci risveglio.

Se solo non fosse intervenuta, salvandogli la vita come faceva sempre e da sempre. Se solo quella freccia fosse andata a segno, ed avesse colpito lui invece di lei. Se solo . . .

La porta si aprì con un lieve scricchiolio, strappandolo dai suoi tetri pensieri, e subito il guerriero si voltò verso di essa.

Il primo ad uscire fu Shifu, lo sguardo basso e il volto invaso da un dolore che mai Po aveva visto in lui. Gli passò accanto in silenzio, senza guardarlo, tenendosi stretto al suo bastone come se fosse l’unica cosa che gli impedisse di crollare.

Il ragazzo aggrottò la fronte, mentre dentro di sé la paura cresceva sempre di più “Shifu, dove state andando?”

“A pregare.” fu la risposta, soffocata e dolorante, del piccolo maestro “E’ tutto quello che posso fare per lei, ora.”  

Po si sentì stringere il cuore in una morsa velenosa, e mentre il panda minore si allontanava, piegato su se stesso come un ferito che a stento si regge ancora in piedi, si girò verso Li Shan, che lo osservava in silenzio dalla porta “C-che cosa è successo?” domandò, spaventato dalla possibile risposta.

Il panda sospirò appena, il volto stanco e quasi dispiaciuto “Le ho somministrato l’antidoto, ma il veleno ormai è troppo diffuso. La sua energia vitale non è abbastanza forte per cancellare gli effetti della tossina, e l’antidoto non può fare molto senza di essa.”

“Cosa significa?” mormorò il ragazzo, mentre attorno a lui tutto iniziava a tremare, e tremare, e tremare ancora.

Il vecchio esitò, come se non volesse dare voce a quell’orrenda verità. Ma alla fine, lo fece.

“Significa che, appena il veleno raggiungerà il suo cuore, morirà.”

Il cuore di Po smise per un attimo di battere, e poi inizio ad urlare, incredulo e agonizzante “No.” fece il ragazzo, scuotendo appena la testa e rifiutandosi di credere a quelle parole “Lei non morirà. Tigre è forte. Combatterà. Lo so.” Deglutì, mentre la sua anima tremava “Lei combatte sempre, e vince ogni battaglia.”.

Li Shan lo guardò con il dolore e la comprensione negli occhi. Gli si avvicinò, e dopo un momento di esitazione, gli poggiò una zampa sulla spalla “Potrebbe non riuscirci, questa volta.”.

A quelle parole il guerriero si sottrasse con rabbia al suo tocco e aprì la bocca, nel tentativo di ribattere, di negare, ma la gola era troppo chiusa e il cuore troppo sofferente per poterlo fare. Si limitò a fissare il volto del panda senza in realtà vederlo, mentre la consapevolezza di quello che stava succedendo metteva finalmente radici in lui, facendo crollare il suo mondo di fronte ai suoi occhi increduli ed impotenti.

Restò in silenzio per lunghi minuti, a fissare il vuoto, tentando di trovare il coraggio e la forza di rialzarsi dai cocci infranti. Ma come poteva affrontare una cosa del genere? Come poteva affrontare di perdere lei?

“Voglio vederla.” fece infine, le zampe strette con forza e lo sguardo ferito ma illeggibile.

L’anziano panda fece per obbiettare, ma qualcosa, nella sua espressione, lo fece desistere. Lentamente annuì e si fece da parte, permettendo a quell’anima ferita di raggiungere l’altra parte di sé, agonizzante in quella stanza fredda.

Po si fece avanti ed entrò, aggrappandosi con forza ai riflessi dei suoi occhi di fuoco e del suo sorriso per fare quei pochi ma dolorosi passi che la separavano da lei.

Dalla sua Tigre.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Tigre era stesa in un letto dalle lenzuola candide, il volto pallido e gli occhi chiusi.

Po era seduto accanto a lei da quelle che ormai erano ore, la zampa destra intrecciata con quella fredda di lei. Da quando era entrato, era rimasto al suo fianco, senza parlare, senza mai allontanarsi, senza sciogliere il loro intreccio di dita. Li Shan aveva provato più volte a convincerlo ad uscire da quella stanza, dicendo che in quel modo stava solo rendendo tutto più difficile e doloroso, che si stava tormentando inutilmente, che quell’attesa infinita non sarebbe servita a niente. Lui non l’aveva nemmeno ascoltato. Era rimasto lì, al suo fianco, fino a quando il panda non si era arreso e l’aveva lasciato solo, mentre gli ultimi raggi del sole accarezzavano la pelliccia madida di sudore ragazza.

La  ferita era stata ricoperta da un unguento specifico e fasciata, in modo che l’antidoto potesse agire, seppur nel suo modo limitato, ma non c’erano stati miglioramenti, anzi. Ogni minuto che passava, il respiro di Tigre diventava più debole ed il suo battito diminuiva.

Stava ancora lottando, ed il guerriero se ne rendeva conto. Non avrebbe potuto resistere così a lungo, a giudicare da quello che avevano detto Shang Chiagn e Li Shan. Eppure lei lo stava facendo. Stava combattendo, come faceva sempre. Ma era una battaglia che non poteva vincere. Ormai, anche lui lo vedeva. Tigre stava sfiorendo sotto i suoi occhi, come un giglio senza più acqua, una rosa selvatica strappata brutalmente dal terreno, un fiore di loto calpestato ripetutamente e senza pietà. Non sapeva che cosa le desse la forza di continuare e tenere duro, ma ormai stava svanendo davanti ai suoi occhi. Tigre si stava spegnendo, e lui doveva accettarlo. Poteva continuare e desiderare il contrario quanto voleva, ma non sarebbe servito a niente.

E gli bastava guardare il viso provato della felina per capirlo.

“Tigre . . .” sussurrò, senza però riuscire a dire altro, se non quel nome che per lui significava tutto.

Sapeva che quella era l’ultima volta che aveva per poterle parlare. Quello, per quanto non volesse accettarlo, sarebbe stato il suo addio. Ma lui non voleva pronunciarlo. Dopotutto, se non c’è nessun addio, non può esserci nemmeno una fine, no?

Quello non poteva essere un addio, il loro addio.

Lui non le avrebbe mai detto addio. Non poteva, e basta.

Lentamente, facendosi coraggio, prese fiato e dopo qualche momento di silenzio, si costrinse ad iniziare a parlare.

”In questo momento mi sento ancora peggio di quando l’arma di Shen ti aveva colpito al posto mio.” mormorò, seppur con fatica, aggrappandosi alla sua zampa come se fosse l’unica cosa che potesse dargli la forza di andare avanti “Ricordi? Lui voleva ferirmi, ma tu ti sei messa in mezzo, facendomi da scudo con il tuo corpo, come oggi. L’arma ha colpito te invece di me, e mi ha ferito più di quanto avrebbe fatto se fossi stato io a ricevere quel colpo maledetto. Vederti lì, in mezzo all’acqua, debole, ferita, ad un passo dalla morte, per poco non mi ha ucciso. Ma adesso... adesso è ancora peggio. Stai . . . stai morendo di fronte ai mie occhi, a causa mia ed al posto mio.”

Dovette fermarsi, per impedire ad un singhiozzo di sfuggirgli dalla gola serrata. No, niente lacrime. Non poteva permetterselo, non ora.

 “Mi dispiace così tanto, Tigre. Ho tradito la tua fiducia. Sono stato un idiota.” sussurrò, la voce soffocata “Io . . . ero geloso. Mi sono comportato in quel modo perché ero geloso di quello che c’era stato tra te e Shen Te, per quanto ne sapessi così poco,  e quando ho visto come ti guardava, il modo in cui la sua zampa attendeva la tua . . . non ho più ragionato. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma mi sono fatto guidare dalla paura, e mi sono comportato come un completo imbecille. Come sempre, quando ci sei tu in mezzo.” Strinse le labbra con forza tra loro, tentando di ritrovare un po’ di controllo “Mi sono comportato in un modo . . . non posso sopportare il fatto che la nostra ultima conversazione sia stata una discussione. Non posso sopportare che, nonostante tutto, tu ti sia sacrificata per proteggere me. Perché quella freccia era per me. Dovrei essere io in bilico tra la vita e la morte ora, non tu. Non tu. Ed invece . . .”

Sollevò la zampa di lei e se la portò alle labbra, per sfiorarne il dorso con un piccolo e delicato bacio. Un gesto di scusa, un gesto di rammarico, un gesto di pentimento, un gesto di dedizione, un gesto d’amore. Un gesto che conteneva tutto quello che non aveva mai osato dire. Un gesto che mai avrebbe osato compiere, in un altro momento. Ma ora, mentre tutto stava cadendo a pezzi di fronte ai suoi occhi, gli sembrava la cosa più giusta e naturale da fare.

“So che sono stato un completo idiota.” riprese, la zampa a pochi centimetri dalla propria bocca “So che non ho alcun diritto su di te e non posso chiederti nulla, perché tu mi hai dato tutto. Mi hai mostrato che meritavo anche io un po’ di felicità, mi hai protetto quando nessuno l’aveva mai fatto prima, mi hai mostrato quello che sarebbe diventato il mio futuro. Hai continuato a proteggermi dal primo momento in cui i nostri destini si sono incontrati. Ed adesso, stai rischiando tutto per proteggermi ancora una volta.”.

Chiuse gli occhi, mentre di fronte a lui scorrevano le immagini delle mille volte in cui lei l’aveva protetto e salvato, magari anche senza accorgersene. Quando si era battuta per lui, da bambina. Quando gli aveva offerto la zampa per la prima volta. Le infinite volte che era stata al suo fianco in battaglia e nelle piccole grandi sfide di tutti i giorni. Quando l’aveva ascoltato su quella barca e l’aveva aiutato a tenere insieme i pezzi spezzati della sua vita. Quando l’aveva guidato attraverso le frecce di fuoco. Quando gli aveva ordinato di restare al sicuro, regalandogli un abbraccio ed un’emozione che mai avrebbe osato sognare nemmeno nei suoi sogni più grandi. Quando si era frapposta tra lui e l’arma di Shen. Quando si era messa tra lui e quella maledetta freccia.

Lei era sempre lì. Era sempre tra lui ed il resto del mondo, il suo scudo vivente, la sua guardiana silenziosa e generosa, la sua luce in mezzo all’oscurità. Il suo tutto, da sempre.

E lui non poteva sopravvivere, senza di lei.

“Non posso sopportare di perderti. Non posso.” mormorò aprendo gli occhi, mentre anche la zampa libera si intrecciava con quella fredda di lei “Ho bisogno di te per andare avanti. Sei il centro del mi mondo e la ragione della mia esistenza. Lo sei sempre stata.”

Si portò la zampa fredda contro il cuore, mentre dentro di lui qualcosa di profondo si spezzava “Tigre . . . ti supplico. Apri gli occhi.” sussurrò, gli occhi di giada lucidi e la voce soffocata “Non andartene. Non lasciarmi solo.” Strinse con più forza la sua zampa, come se volesse tenerla legata a sé il più a lungo possibile “Ti prego, resta con me. “.

Una piccola, solitaria lacrima scese lentamente lunga la guancia, testimone silente del suo dolore e della tempesta che stava avvenendo nella sua anima sconfitta.

Po si portò di nuovo la zampa alle labbra e chiuse gli occhi, mentre dentro di sé il suo cuore pregava ed urlava, e sussurrò quelle parole che tanto a lungo aveva custodito nel silenzio e che lei probabilmente non avrebbe mai potuto udire.

“Io. . . io ti amo.”


~~~~΅΅~~~~

 

Il fuoco scorreva dentro di lei, forte ed ardente e crudele e terribile. Si diffondeva, bruciando e distruggendo, annientando, cancellando, riducendo in cenere senza la più minima pietà tutto ciò che la rendeva lei stessa.

Non importava quanto avesse lottato, e quanto ancora stesse lottando; le fiamme invincibili continuavano ad ardere, ad incendiare il suo corpo e tutto il suo essere, annullando nel calore e nel dolore quello che era stato, quello che era e quello che avrebbe potuto essere.

Erano una sofferenza ed un dolore indescrivibile, dal quale non riusciva né poteva sottrarsi. Le scorreva nelle vene, attraverso i nervi, nelle pieghe del cuore, infiammando ogni singola parte di lei, dandole fuoco, riducendo in  polvere ciò che era stata.

Provava a combatterlo, provava ad aggrapparsi a quel poco delle forze rimaste, ma era tutto inutile. Le fiamme nere ed inestinguibili ardevano dentro ed attorno a lei, sempre di più, soffocandola, spezzandola al suo interno. Le sue forze venivano meno, così come la sua volontà. Provava ad aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa che le permettesse di restare legata alla vita, ma le crudeli vampe stavano bruciando anche quello. I volti delle persone custodite nel suo cuore, l’ardore della battaglia, i riflessi rassicuranti dei giorni passati, i desideri inespressi del futuro; tutto ciò che aveva di più caro e che avrebbe potuto aiutarla ad affrontare quell’agonia veniva divorato dal fuoco e ridotto in cenere senza che lei potesse fare niente. Ormai tutto era cenere, in lei. Non restava nulla a cui aggrapparsi. Solo la sofferenza, e la speranza che finisse presto.

Ma non sarebbe finita, e lei lo sapeva. Non poteva finire, senza che lei si arrendesse al dominio del fuoco. Poteva continuare a combattere all’infinito, e tutto ciò che avrebbe ottenuto sarebbe stato solo una prolungamento della sua agonia.

E poi, per cosa poteva lottare, ancora? Non c’era più niente a cui tenersi stretta, mentre le fiamme bruciavano. Le avevano portato via tutto, facendola precipitare in un oblio senza nome né volto, rendendola una creatura senza passato, senza futuro, senza affetto, senza ragione d’esistere.

Quindi, perché non lasciare che il fuoco la divorasse? Perché non permettere che la ghermisse, e che finisse tutto nel suo abbraccio?Perché non smettere di combattere quella battaglia senza senso?

Pian piano, si lasciò scivolare lì, nella profondità dell’oscurità satura di rosso, mentre il calore si faceva più vicino, sempre più vicino, ferendola con  suoi artigli incandescenti, eppure in qualche strano e malsano modo quasi gentili.

Poco, il tempo di qualche flebile respiro, e tutto questo sarebbe finito. Sarebbe diventata parte del fuoco, indomabile e senza più sensazioni. 

Doveva solo lasciarsi andare.

Qualcosa la sfiorò, dentro e fuori, acquietando per un attimo l’incontrollabile ardere delle fiamme, donandole un po’ di sicurezza, un po’ della pace che la sofferenza le aveva quasi fatto dimenticare.

“Piccola mia.” Qualcuno le stava sussurrano vicino all’anima, piano, quasi senza far rumore, ma abbastanza intensamente affinché lei la avvertisse ed il suo cuore si potesse riempire di emozione nel riconoscerla “Fatti forza. So che vorresti smettere di lottare, ma tante persone hanno bisogno di te qui.”

Era una presenza familiare, dolce, che sapeva di sicurezza, e di coraggio, e di qualcosa a lungo dimenticato, ma mai completamente. Mai, mai del tutto.

Le sue parole, per quanto impalpabili e confuse, allontanarono da lei le vampe crudeli ed affamate, liberandola per qualche breve, prezioso momento dalle loro braccia soffocanti.

“I tuoi amici hanno bisogno di te. Shifu ha bisogno di te, per quanto non lo dimostri. E Po ha bisogno di te più di chiunque altro.”

A quei sussurri leggeri, brevi e flebili riflessi iniziarono a scorrerle davanti, a circondarla, ad avvolgerla, a chiamarla, a trascinarla via dal suo oblio.

C’era il sorriso complice e dolce di Vipera, ed i fantasmi di quelle chiacchierate a notte fonda e delle loro piccole confidenze.

C’erano gli occhi attenti di Mantide, le sue lezioni sull’agopuntura e gli interminabili scherzi a danno del resto del gruppo.

C’erano le facce sbalordite di Scimmia e Gru il giorno in cui li aveva incontrati per la prima volta, la sensazione delle zampe di Gru che la afferravano al volo ed il suono della risata spontanea e incontrollabile di Scimmia.

C’erano le loro lotte, le loro sconfitte e le loro vittorie, i loro scherzi ed i loro allenamenti, le loro risate sommesse ma reali, la loro complicità e quella sensazione di pace e tranquillità che non aveva mai provato se non con loro.

C’era Shifu con quel pezzo di domino teso verso di lei. Shifu che le insegnava a tirare il primo pugno, e poi il primo calcio, e poi ad eseguire la prima spaccata. Shifu che la chiamava per la prima volta ‘maestra’. Shifu che le chiedeva perdono per il male che le aveva fatto. Shifu che le sfiorava la guancia e la chiamava piccola, lo sguardo pieno di preoccupazione e soprattutto di quell’amore che tanto a lungo aveva desiderato.

E poi, c’erano infinite immagini di lui.

Di Po.

Po che, bambino, accettava la sua zampa in attesa e le chiedeva se si sarebbero rivisti ancora.

Po  che precipitava dal cielo di fronte a lei, stravolgendo tutto il suo mondo per l’ennesima volta.

Po che la raggiungeva in mezzo a l’acqua e le stringeva la zampa come se fosse la sua ancora in mezzo alla tempesta.

Po che l’abbracciava come se avesse avuto paura di perderla e non volesse lasciarla andare mai più.

Po che rideva accanto a lei, illuminando anche quella oscurità in cui si sentiva sprofondare.

Po che la stringeva a sé, in silenzio, tra le ombre della notte e i suoi gemiti spezzati.

Po che poggiava la fronte contro alla sua, giurando di restare al suo fianco fino alla fine.

Po che la teneva tra le sue braccia e le prometteva che non l’avrebbe lasciata morire.

Po . . .

“Se non vuoi lottare per te stessa, lotta per loro.”sussurrò la presenza, mentre lei sfiorava quei frammenti che il fuoco aveva tentato di stapparle via, cercando di stringerli stretti a sé e di non lasciarli andare “Lotta per lui.

‘Tigre . . .’

Una voce, lontana, soffocata, sofferente, eppure allo stesso tempo dolce, calda, rassicurante la raggiunse, invocando il suo nome come se fosse tutto ciò che più contava al mondo, l’unica preghiera da innalzare agli dei, l’unica speranza da proteggere dal gelo dell’oblio.

‘Ti supplico. Apri gli occhi.”

Una voce che lei conosceva fin troppo bene, e che non poteva non ascoltare. Una voce che la risvegliò dal suo torpore, strappandola dalle braccia allettanti del vuoto.

 ‘Non andartene.’

Una voce che l’avvolse, simile a luce dorata, allontanandola dal buio doloroso che la circondava, scacciando le fiamme con prepotenza, quasi a voler ribadire il proprio diritto su di lei.

‘Non lasciarmi solo.’

Una voce che evocava riflessi di occhi di giada, la luce di un sorriso gentile, il calore di un abbraccio che sapeva di casa, il suono del battito di un cuore senza più catene.

‘Ti prego, resta con me.’

Una voce per la quale sarebbe morta, senza nemmeno pensarci. Una voce per cui avrebbe sacrificato tutto nel tempo di un respiro. Una voce che la stava supplicando di non farlo, non quella volta.

Una voce che lei non poteva, né voleva, lasciare andare.

‘Io . . . io ti . . .’

 

Il Guerriero Dragone era chino sul corpo della felina, come se stesse pregando qualche dio silente e senza nome, gli occhi chiusi nel tentativo di trattenere le lacrime ed entrambe le zampe strette attorno a quella fredda ed inerme di lei.

Il suo cuore, ferito e sanguinante, batteva così forte ed in modo così assordante che in un primo momento non avvertì quei respiri affaticati farsi più profondi, né il quasi impercettibile fremito che corse lungo tutto il suo corpo.

Non riuscì a sentire nulla, perso com’era nella sua sofferenza.

Ma, poi, una voce, stanca, affaticata, ma inconfondibile, lo raggiunse, spezzando quello scudo di ghiaccio che si era costruito attorno per non crollare, strappandolo inaspettatamente alla sua paura ed al suo dolore.

Una voce che conosceva molto bene e che temeva di non sentire mai più.


“Po . . .”

 


 


“Sempre.”

-Hunger Games

 

 

 La tana dell’autrice

 

Aloha!

Si, lo so, mi sono fatta un po’ attendere con questo capitolo. Ringraziate la mia prof di greco e latino per questo. Ora però finalmente la scuola è finita, e tra un compleanno e una giornata al mare ‘Tu non mi avrai così’ sta finalmente prendendo la sua forma definitiva. Tenterò di essere più costante, ma al momento, soprattutto visto i piani che ha la mia famiglia per questi mesi, non posso promettervi scadenze precise. Ma non sparirò, giuro!

Torniamo alle cose importanti . . . Si, lo so, avevo detto che non avrei tenuto conto di Kfp3 – Scimmia. Bugiard-ouch!-  e infatti non l’ho fatto. Semplicemente, questo avvenimento era stato deciso molto prima che uscisse anche solo il trailer di questo tanto atteso film. Volevo che, come la mia Tigre si sarebbe ritrovata a riscoprire le sue origini e il suo popolo, che anche Po potesse completare il proprio viaggio di conoscenza del passato iniziato in Kfp2.

Comunque, avendo ideato questi avvenimenti prima che il villaggio segreto diventasse canon, i mie panda sono un po’, beh, parecchio diversi da quelli del terzo film. Più mistici, più misteriosi, e sicuramente meno coccolosi. Li avevo immaginati tipo una setta segreta di guaritori-coltivatori di riso, e Li per me era un cazzutissimo e figo maestro di kung fu ormai in ‘pensione’. Fa quasi un po’ ridere, pensando a ciò che abbiamo visto nel film, ma le mie idee avevano come fondamento le scene del secondo film, che mostravano Li combattere e poi, dopo aver ricevuto il ‘messaggio dall’universo’, guardare il suo popolo pacifico intento a lavorare. Lavorare, ragazzi, non rotolare tutto il santo giorno! Per quanto abbia sorriso alla loro pucciosità ed abbiamo adorato tantissimo la piccola Lei, oltre a trovare nel panda abbraccione il sosia pandesco di mio fratello, non mi è proprio piaciuto il fatto che non abbiano rispettato gli indizi lanciati nel secondo.

Si, Li Shan forse è un po’ antipatico, ma tra i due papà è sinceramente quello che apprezzo di meno. Non mi piace granché con il suo modo di prendere il controllo della vita di Po e di volerlo allontanare da quello che fino a quel momento era il suo mondo e la sua famiglia, per quanto lo faccia per amore. E diciamolo, condivido pienamente il punto di vista del povero Ping, che si vede minacciato e spogliato della sua identità di padre così all’improvviso e ha paura di perdere il tanto amato figlioletto, che ha cresciuto ed amato come se fosse suo e forse anche un po’ di più. Team Ping forever!

Ho ideato la scena in cui Po porta Tigre ferita al villaggio dei panda anni prima dell’uscita del terzo film, quindi non sapevo assolutamente nulla del fatto che Kai avesse fatto lo stesso con Oogway, né della scena tagliata in cui il nostro panda ce la porta davvero – se l’avessero messa ci sarei morta, decisamente-. Sono una stracavolo di veggente, ragazzi, c’è poco da fare!

Ah proposito, una cosa divertente: sono rimasta un po’ così quando ho letto che almeno la metà di voi era sicura che non avrei mai ucciso Tigre. Giuro, è la prima volta che dei lettori si fidano tanto di me. Negli altri fandom in cui scribacchio sono molto nota per la mia vena sadica e crudele, e letteralmente tre quarti delle mie fic sono incentrate su angst e morti. I mie recensori, soprattutto nel fandom del signore degli anelli, sono arrivati a minacciarmi di torture, morte e roba simile se non avessi iniziato ad inserire qualche storia a lieto fine. E voi invece . . . probabilmente dipende dal fatto che la maggior parte di voi mi ha conosciuto qui con le storie degli inizi, dove amore ed innocenza traboccavano da tutte le parti. Ma temo che vi converrà iniziare a togliervi dalla testa questa idea di Tigre Rossa buona e dolce, perché ho in mente per questa fic molti risvolti angst e dark. Siete avvisati! :P

Ah, per questa estate, ho in mente di lavorare a qualche one-short collegata sempre al mondo di ‘Tu non mi avrai così’, piccole storie che non hanno trovato posto nella narrazione ufficiale, ma che sono comunque importanti, come la relazione tra Tigre e Shen Te. Voi cosa ne pensate? Vi piacerebbe?

Un abbraccio tigroso

T.r.

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 – Ricominciare ***


 

Capitolo 32 – Ricominciare

 

 




 

 

Avevo la felicità tra le mie braccia.

— Sconosciuto

 

 

“Po. . .”

 

Il panda, sentendo il suo nome pronunciato da quella voce, spalancò incredulo gli occhi lucidi e alzò di scatto la testa, per poi restare senza fiato.

“Tigre . . . “

La guerriera era immobile, ma il suo viso era cosciente e i suoi occhi, i suoi bellissimi occhi di fuoco che aveva creduto di non poter mai più incontrare, erano socchiusi e fissi su di lui, come se fosse l’unica cosa che potesse e volesse vedere.

“S-stai bene?” domandò con un filo di voce la ragazza, roca e provata, mentre tentava di mettere a fuoco il suo volto.

A quella domanda, Po si sentì come esplodere dentro, e tutta la paura e la preoccupazione delle ultime ore uscirono fuori senza che lui potesse controllarle.

“Stavi morendo.” mormorò, mentre le stringeva la zampa come se temesse di vederla scivolare di nuovo via da lui da un momento all’altro “Il tuo sangue era pieno di veleno. La tua energia vitale stava svanendo. Il tuo cuore stava smettendo di battere. Tu stavi morendo, e mi chiedi se io sto bene?” La sua voce si spezzò, le parole troppo dolorose per essere pronunciate, e il panda serrò gli occhi, per impedire alle lacrime di uscire. “Ho avuto così tanta paura di perderti. Pensavo che mi stessi abbandonando. Pensavo . .  .”

Tigre, colpita dalla disperazione nella sua voce e da quelle parole piene di dolore, con fatica sollevò la zampa libera e la posò su quelle del giovane, ancora strette alla sua come se fosse l’unica cosa che gli permettesse di non crollare. “Po, guardami.” sussurrò con voce calma e dolce, attendendo pazientemente che quelle iridi verdi si facessero forza e incontrassero di nuovo le sue.

Nel sentirla pronunciare il proprio nome in quel modo, come poche volte aveva fatto prima, e quel tocco delicato ma presente, il ragazzo si costrinse a fare come gli era stato chiesto. Aprì gli occhi e li sollevò su di lei, sfiorando esitante il suo viso stanco ma completamente concentrato su di lui.

La felina sorrise. Era un sorriso piccolo, stentato e dolorante, ma reale, un sorriso che infuocò e al contempo placò il suo cuore agonizzante “Sono qui, ora. E non ho intenzione di andarmene da nessuna parte.” fu tutto quello che riuscì a dire, ma fu abbastanza.

Una luce, che si era spenta nel momento stesso in cui la freccia l’aveva colpita, tornò ad illuminare lo sguardo ancora incredulo del ragazzo. Quella paura e quel dolore furono spazzati via da quell’unico sorriso e da quella manciata di parole faticate, non del tutto - forse non se ne sarebbero andati mai via del tutto-, ma abbastanza affinché alla sua anima sfuggisse un sospiro di sollievo.

Tigre era lì, di fronte a lui, viva; il suo cuore batteva, i suoi occhi bruciavano, e la prima parola che aveva sussurrato quando si era svegliata era stato il suo nome. Come poteva ancora sentirsi disperato, di fronte a quel miracolo?

“Lo spero bene, perché altrimenti ti verrei a riprendere.” rispose in un filo di fiato il Guerriero Dragone, senza riuscire a sciogliere l’intreccio delle loro zampe né a staccarsi da quegli occhi di fuoco che tanto aveva temuto di perdere.

A quelle parole, Tigre sussultò impercettibilmente. Per un attimo, ripensò a ciò che aveva sentito in quella specie di oscurità infuocata in cui era stata intrappolata e dalla quale era sfuggita con così tanta fatica. Ripensò a quella voce che l’aveva guidata attraverso al buio, a quelle frasi che erano giunte da lontano, solo per lei, per riportarla al luogo a cui apparteneva. Ripensò alle parole di Po, che le avevano dato la forza di continuare a lottare e che le avevano mostrato la via del ritorno.

L’hai già fatto. avrebbe voluto dirgli, ma poi Po portò le loro zampe intrecciate alle labbra e le premette contro il suo dorso, e lei dimenticò tutto quanto di fronte a quel gesto così insolito, così poco da Po, eppure così dolce e così spontaneo, e che dentro di lei sembrava così giusto da . . .

“Non farlo mai più, ok?” sussurrò il Guerriero Dragone, le labbra ancora a pochi millimetri dalla sua pelle, i grandi occhi di giada che la fissavano con un’intensità da mozzare il fiato. “Non rischiare mai più la tua vita in questo modo.”

La felina si costrinse a recuperare un po’ di controllo “Sono una guerriera, Po. Rischiare la vita è il mio lavoro.”

La stretta delle loro zampe si fece più salda e lo sguardo del guerriero più cupo “Sai cosa intendo.” ribatté, la voce improvvisamente controllata “Promettimi che non rischierai mai più la tua vita in questo modo per me. Non metterti più in pericolo a causa mia. Se ti succedesse qualcosa per colpa mia, non potrei sopportarlo.” Si fermò un momento, come se anche solo il pensiero di dover affrontare un’altra situazione simile fosse troppo terribile per lui “Ti prego, promettimelo, Tigre.”.

Le pupille della maestra si dilatarono. La stava supplicando. La stava supplicando e l’aveva appena chiamata per nome. E Po non pregava mai, né la chiamava con il suo nome, se non quando una situazione era veramente grave.

Esitò, prima di bisbigliare la sua risposta “Non posso prometterlo.” Le fece male vedere i suoi occhi tremare a quelle parole, e si affrettò a continuare “Le persone a cui tengo, nella mia vita, sono troppo poche e preziose per rischiare di perderle. E tu sei tra queste.”.

Po trattenne il fiato, incredulo e stupito da quella frase così inaspettata, ma la ragazza non si fermò “Per cui no, non ti posso promettere di non proteggerti. Perché, come tu non vuoi che non accada nulla a me, così io non voglio che succeda qualcosa a te.” Vedendo la sua espressione, la felina addolcì la voce e, per farlo sorridere, aggiunse “Purtroppo per noi, tra noi due sei tu quello che si infila in fin troppi guai. Senza di me, moriresti almeno dieci volte al giorno.”.

A quelle parole, Po non riuscì più a controllarsi. Sciolse l’intreccio delle loro zampe, si allungò vero di lei e la strinse forte a sé, cogliendola completamente impreparata “Senza di te, non vivrei neanche.” le sussurrò piano all’orecchio, la gola stretta dalle lacrime non versate e dai quei sentimenti tanto a lungo celati che adesso premevano per uscire. Sapeva che non poteva permetterglielo, lo sapeva. Ma, almeno, voleva sentirla tra le sue braccia. Voleva averla lì, un’unica volta, stretta tra le sue braccia, al sicuro, viva, viva, viva e con il cuore che batteva, come impazzito, al ritmo del proprio.

Tigre, presa alla sprovvista da quel gesto, per un momento rimase immobile, incapace di fare altro se non sorprendersi per quella stretta disperata, che sapeva di paura, di sollievo, di protezione e di qualcosa a cui non riusciva a dare un nome. Non aveva la forza necessaria per rispondere a quell’abbraccio, debole com’era, così l’unica cosa che poté fare fu chiudere gli occhi, nascondere il viso nella sua spalla e lasciarsi andare a quella stretta che sapeva di vita, di pace, di casa.

Quella stretta che sapeva di Po.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Il panda non seppe mai quanto rimasero uniti in quell’abbraccio, ma a lui parve un tempo infinito e al contempo troppo breve. Probabilmente, sarebbe rimasto lì, a stringerla tra le braccia anche più a lungo, se un pensiero improvviso non l’avesse fatto sobbalzare.

Shifu.

Il panda minore era là fuori, da qualche parte, a disperarsi come aveva fatto lui fino a quando non aveva sentito la voce di Tigre chiamarlo, certo di star perdendo per l’ennesima volta una parte di lui. Certo che Tigre, la loro Tigre, stesse morendo.

Con un sospiro e una notevole sforzo, lentamente, si staccò da quel contatto tanto dolce “Devo andare a chiamare Shifu.” spiegò alla ragazza, che lo osservava con aria confusa.

Nel sentire quel nome, aggrottò la fronte “Shifu?” ripeté, certa di aver capito male.

Po annuì “Quando ti hanno ferita ci siamo divisi per cercare aiuto e Shifu è venuto con me. Abbiamo trovato questo villaggio . . .” per un attimo esitò, incerto se dirle da chi fosse abitato, ma poi pensò che in fondo non era importante, non in quel momento “. . . e una persona che ha provato a curarti. Ma la ferita era ad uno stadio troppo elevato per permettere all’antidoto di fare effetto. O almeno, così aveva detto. Shifu si è allontanato, incapace di . . .”

Di guardarti morire.  Non riuscì a dirlo. Gli faceva tremare il cuore anche solo il pensiero di pronunciare quella frase, di trasformare in parole lo spettro che tanto aveva temuto nelle ultime ore.

Ma la maestra fraintese il suo silenzio ed abbassò lo sguardo, abbattuta. “ Guardarmi deluderlo per l’ennesima volta?” mormorò, più un’affermazione che una domanda, mentre le sue deboli zampe si stringevano attorno al tessuto della coperta.

“No. Per gli dei, no. “ si affrettò a dire il guerriero, cercando i suoi occhi tristi “Shifu era terrorizzato. Terrorizzato, spezzato, spaventato e distrutto al solo pensiero di non riuscire a salvarti, all’idea di poterti perdere. Ti ha chiamato ‘mia figlia’. Ti ha curato personalmente. Ha quasi litigato con il capo villaggio e quando pensavamo che non ci fosse più niente da fare è andato a pregare. Non aveva la forza di guardarti mentre lentamente te ne andavi via da tutti noi. Non aveva la forza per fare niente se non aggrapparsi al suo bastone. Il suo sguardo era vuoto e il suo viso senza vita. Non sembrava più nemmeno lui.”

Lentamente, Tigre sollevò lo sguardo, incerta se credergli o meno, gli occhi grandi ed esitanti, e vederla in quel modo scosse Po più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Scattò in piedi, stringendo i pugni con decisione.

“Te lo porterò qui e, quando lo vedrai, non potrai più dubitare del suo amore per te. Te lo giuro.” promise, la voce sicura e forte. Si voltò e corse verso la porta, per poi fermarsi di scatto e girarsi di nuovo verso la felina, che lo osservava stupita e un po’ confusa.

“Se, mentre sono via, ti venisse un improvviso impulso di dormire o iniziassi a vedere luci strane ed a volerle seguire, ecco” farfugliò, tormentandosi le dita “T-tu non farlo, d’accordo?”.

Gli angoli delle labbra della ragazza si sollevarono divertiti verso l’altro “Non preoccuparti, Po.” rispose, scuotendo appena la testa ed appoggiandosi di più al proprio cuscino“ Te l’ho detto, non ho alcuna intenzione di andarmene.”.

Po sorrise al suo miracolo personale -perché sì, lo era, era il suo miracolo- e dopo averla guardata un’ultima volta uscì, stringendosi al cuore quell’immagine che dubitava avrebbe mai potuto dimenticare.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Shifu si teneva aggrappato, ad occhi chiusi, al bastone che era stato di Oogway e che tante volte gli aveva date il sostegno necessario per andare avanti, ma non quella notte.

Si era rifugiato in un posto nascosto dagli occhi di tutti, sotto un salice piangente ricoperto di neve, per poter affogare non visto nel proprio dolore.

Avrebbe voluto urlare tanto da perdere la voce, gridare da scuotere l’intera Cina, maledire il cielo e il Fato, il piccolo panda minore. Avrebbe voluto distruggere il mondo con le sue stesse zampe, strappare le stelle dal cielo una ad una, piangere fino a ricoprire la terra delle sue stesse lacrime. Ma non aveva la forza di fare niente di tutto ciò. Tutto quello che poteva fare era stringersi a quel bastone e tentare di trattenere i frammenti del proprio cuore, che stava crollando per l’ennesima volta. La sua pace interiore, raggiunta con tanta fatica, in quel momento sembrava solo un flebile ricordo, e tutto quello che gli permetteva di reggersi ancora in piedi era tenersi ben stretto al proprio bastone e mormorare parole che credeva di aver dimenticato molto tempo prima.

Preghiere.

Si, stava pregando. Aveva smesso di farlo decenni indietro, al tempo della caduta di Tai Lung, quando aveva compreso con l’anima in lacrime che gli Dei non esistevano o, se esistevano, non ascoltavano le suppliche dei mortali. Aveva rinunciato alla fede e alle divinità, credendo solo nel controllo, nella forza, nella ragione. Eppure, adesso, per non crollare si aggrappava proprio a quei valori che tanto a lungo aveva rinnegato.

Ma a cosa poteva servire?

Tigre, la sua Tigre, la cucciola che aveva adottato nonostante il dolore che ancora provava per un’altra perdita, la piccola che aveva visto crescere senza realmente vederla, la sua bambina, stava morendo. Stava morendo, o forse era già morta, morta per il suo onore, la sua lealtà smisurata, il suo cuore troppo grande. Morta a causa di una ferita riportata in combattimento, un combattimento in cui lui l’aveva trascinata, seppur inconsapevolmente, anni addietro, quando le aveva insegnato a tirare il primo pugno. Morta per salvare una vita, come lui l’aveva sempre spinta a fare. Morta per proteggere un compagno, un amico, un fratello da una freccia che lui non era riuscita a vedere. Morta per aver seguito la vita che amava, quella della guerriera e della combattente. Morta tra dolori atroci e fiamme invisibili, irraggiungibile ai suoi richiami e alle sue suppliche. Morta senza che lui potesse fare nulla per impedirlo. Morta, certa che lui, suo maestro e soprattutto suo padre, non le volesse bene.

Continuava a pregare, nella speranza che, se realmente esisteva una qualche divinità lassù, l’avrebbe ascoltato e non si sarebbe presa quell’anima così giovane, così bella, così pura. Perché, sei gli Dei esistevano davvero, avrebbero dovuto prendere proprio lei, che meno di tutti meritava di morire? Potevano prendere lui al suo posto, se avevano così tanta sete di morte; avrebbe offerto la sua vita cento, mille, diecimila volte se questo avrebbe potuto salvarla. In fondo, lui aveva vissuto così tanto, aveva avuto una vita piena, piena di gioie e di dolori, e la sua anima sarebbe morta comunque se avesse perso anche quella solitaria luce che aveva illuminato, discreta e silenziosa, la sua esistenza fino a quel momento. Non valeva forse di più la vita di una ragazza che ancora non aveva avuto il tempo di sbocciare in donna, una giovane coraggiosa, dolce, dal cuore d’oro e di acciaio che ancora non aveva nemmeno iniziato a vivere sul serio? La vita di una figlia non vale sempre e comunque più di quella di un padre?

Shifu rafforzò la presa attorno al suo bastone, mentre il cuore si stringeva in una morsa ancora più dolorosa e davanti ai suoi occhi chiusi ballavano i riflessi di un paio di occhi di fuoco che, molto presto, si sarebbero chiusi per sempre. Occhi che, in passato, aveva avuto il coraggio di incontrare così poco e che, d’ora in avanti, avrebbero solo infestato i suoi incubi fatti di tenebre e rimorsi.

Era quella la sua punizione per non averle dato l’amore che meritava? Sarebbe morta per i suoi sbagli? L’avrebbe persa a causa del suo peccato?

“Shifu! Maestro Shifu!”

Nel sentire quella voce, l’anima del panda minore urlò in agonia e lui si strinse con più forza al suo bastone, senza avere il coraggio di aprire gli occhi o voltarsi verso l’ombra che l’aveva trovato e si avvicinava con passo pesante.  No, non voleva vedere Po precipitarsi da lui con gli occhi spezzati e il viso segnato dalle lacrime, non voleva sentirgli pronunciare quella verità che temeva più di qualsiasi cosa, non voleva sentirgli dire quelle parole che avrebbero annullato il suo mondo per sempre.

Restò in silenzio, mentre il giovane guerriero si fermava accanto a lui e riprendeva faticosamente fiato “Maestro” ansimò, tra un respiro e l’altro “Tigre è . . .”

Il maestro si portò una zampa al petto, incapace di fermare quelle parole che stavano per strapparglielo via, incapace di fare altro che attendere quella sentenza crudele con negli occhi chiusi sul riflesso di quel viso che, ormai lo sapeva, aveva perduto per sempre.

“Tigre è viva.” esclamò inaspettatamente Po, fermando quella tempesta che lo stava trascinando alla deriva senza che lui facesse nulla per impedirglielo.

Shifu sobbalzò e spalancò gli occhi di colpo “Che cosa?” fece, voltandosi verso l’allievo.

“Tigre è viva.” ripeté questi, gli occhi che gli brillavano come preziosissimi smeraldi ed un sorriso che gli illuminava il volto come mai prima di quel momento “Si è risvegliata poco fa. Sta bene e chiede di voi.”

Il panda minore non disse né chiese più niente. Non diede al giovane nemmeno il tempo di aggiungere altro che corse verso la piccola capanna, dimenticando nella fretta il bastone sotto il salice, testimone del suo dolore e delle sue preghiere.

Corse, corse come non correva da anni, da quando era molto più giovane e il suo cuore non si era ancora spezzato nemmeno una volta.

Giunse alla porta della capanna e la spalancò, per poi bloccarsi sull’uscio.

Tigre era lì, stesa nel letto, pallida, col viso rigato di sudore e la fasciatura già macchiata di nuovo di sangue, ma sveglia ed attenta, ed il suo sguardo di fuoco che l’aveva sostenuto e tormentato per tutte quelle ore  lo fissava in silenzio, come se lo stesse vedendo davvero per la prima volta.

Shifu si precipitò al suo capezzale, seguito dagli occhi vigili della ragazza, si arrampicò su una sedia lasciato proprio lì, al suo fianco, e si aggrappò alla sua zampa, quasi temendo che fosse tutta un’illusione, un crudele sogno della sua mente stanca, un pallido desiderio del suo cuore agonizzante.

Ma la zampa che stringeva tra le sue, seppur madida di sudore e debole come cristallo, era calda e vibrante e reale, e così i suoi occhi che lo fissavano sorpresi e confusi, veri e così pieni di vita da scoppiare.

Al piccolo panda minore sfuggì un sospiro di sollievo, un sospiro di riconoscenza e di liberazione, ed, incapace di fare altro, sussurrò quelle due parole che tanto a lungo non era riuscito a pronunciare, con la voce soffocata da quelle mille cose mai dette  “Figlia mia . . .”.

La ragazza trattenne il fiato, presa alla sprovvista, mentre il suo cuore si stringeva in una morsa dolorosa quanto dolce. Socchiuse la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscì, vedendo gli occhi spezzati del suo maestro divorare il suo volto come se temesse di vederla svanire da un momento all’altro.

Questi si strinse con più forza alla sua zampa, mentre altre parole usciva dalle sue labbra senza che lui potesse controllarle “Credevo di averti persa per sempre. Credevo . . .” si bloccò, mentre l’anima pulsava fino a fargli male, e dovette chiudere gli occhi per impedire alle lacrime di rigargli il volto. Sotto le palpebre, rivide Tigre, la sua Tigre, da cucciola, che lo fissava ostile da un angolo di una stanza distrutta, gli occhi grandi e feriti e che gridavano una richiesta d’aiuto che lui aveva ascoltato solo in parte. La rivide danzare in mezzo ad infiniti pezzi di domino, con il suo primo vero sorriso ad illuminarle il volto. La rivide corrergli dietro mentre la conduceva al Palazzo di Giada, lo sguardo colmo di felicità e gioia infantile. La rivide mentre eseguiva il primo pungo, il primo calcio, la prima spaccata, la prima sequenza, la prima forma, con gli occhi che bruciavano di vita  passione. La rivide vincere il suo primo combattimento e poi la sua prima gara, fiera e feroce come una regina della guerra. La rivide allenarsi con i suoi compagni e ridere con loro, sul volto tutta la spensieratezza che una bambina avrebbe sempre dovuto avere. La rivide inchinarsi il giorno della sua cerimonia, la vide mentre si allenava in silenzio con gli alberi di ferro notte dopo notte, e la vide mentre Vipera e Mantide le curavano le zampe rotte e Gru e Scimmia chiacchieravano per distrarla. La rivide aiutare Po ad alzarsi da terra dopo un loro scontro, ridere ad una sua battuta stupida e combattere con lui e il resto dei Cinque Cicloni, sicura come chi sa di aver finalmente trovato il proprio posto nel mondo. La rivide mentre si lasciava abbracciare da Po e la rivide opporsi a Shang Chiang. La rivide mentre si faceva rassicurare dai suoi amici, la rivide sorridere con quel sorriso che rendeva speciale tutto il resto, la rivide lanciarsi davanti al Guerriero Dragone per proteggerlo da quel dardo avvelenato. La rivide allontanarsi dalle sue zampe tese, e permettergli di toccarla solo dopo che l’aveva chiamata ‘piccola’.

Rivide lei in tutte le sue sfumature, sfumature che aveva rischiato di perdere per sempre in quella maledetta notte.

Si fece forza e mormorò, senza osare aprire gli occhi ed incontrare i suoi “Una volta ti ho detto che nella mia vita ho preso due decisioni che l’hanno resa degna di essere vissuta. Una è stata quella di seguire Oogway, mentre l’altra . . . l’altra è stata quella di adottare te.” Sentì la ragazza sussultare e i suoi occhi di fuoco fissarlo ardentemente, ma si costrinse a continuare, la voce  soffocata e piena di quell’affetto così a lungo celato “Hai illuminato questi miei ultimi anni bui, Xiǎo, li hai resi degni di essere vissuti, e io non te l’ho mai dimostrato. Non ti ho mai mostrato quanto tu fossi importante per me, e quanto tu lo sia ogni giorno di più. Sei la mia bambina, Tigre, e io non ti ho amato come meritavi.”.Strinse con più forza gli occhi, mentre i fantasmi dei suoi errori gli laceravano cuore ed anima. Come poteva, dopo tutto quello che le aveva fatto, anche solo pensare di poter chiedere il suo perdono e il suo affetto? Come poteva?

Le piccole zampe tremavano, mentre una supplica, una preghiera usciva dalle sue labbra esitanti, sperando che, anche quella volta, sarebbe stata esaudita, senza però crederci davvero, tanti erano i peccati di quel ritardatario credente.

“Perdonami per tutto quello che ti ho fatto e che non ho mai fatto.” sussurrò, lottando per trattenere le lacrime “Perdonami per tutto quanto. Perdonami, Tigre. Perdonami, figlia mia.”.

Tigre restò in completo silenzio per un tempo che a lui parve infinito, senza muoversi né fare nient’altro. Lui restò lì, in silente attesa, fino a quando alla calda zampa che ancora stringeva tra le sue non se ne aggiunse un’altra, timida, quasi esitante, ma reale. Non ebbe quasi il tempo di rendersene conto, che la voce bassa e dolce della ragazza lo raggiunse, togliendogli il respiro.

“Non c’è più niente da perdonare . . . Baba.”

Gli occhi, di solito freddi me in quel momento così pieni d’emozione da poter scoppiare, del panda minore si spalancarono, e il suo cuore stanco si bloccò nell’udire quella parola che mai aveva creduto di poter sentire dalle labbra di Tigre.

Baba.

Papà.

Shifu  alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di fuoco della felina, di nuovo fiduciosi e disposti a credere in lui un’ultima volta. Allora, si sporse in avanti e l’abbracciò più stretto che poté con le sue corte e tremanti braccia, attento a non spaventarla ed a non farle male, ma desideroso di farle sentire tutto il suo amore in quell’unico gesto a lungo negato.

Tigre per un attimo trattenne il fiato, ma poi chinò la testa e rispose debolmente all’abbraccio, mentre al piccolo panda minore sfuggì una singola e silenziosa lacrima, e dentro di sé giurava di non tradire mai più quella fiducia tanto agognata.

Po, che aveva osservato in silenzio la scena da un spiraglio della porta per tutto il tempo, sorrise e la chiuse, cercando di non fare rumore.

D’ora in avanti, ne era certo, tutto sarebbe andato meglio.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Il Guerriero Dragone non ebbe nemmeno il tempo di fare un paio di passi indietro, che una voce profonda lo colse di sorpresa, facendolo sobbalzare.

“Cosa ci fai qui fuori, ragazzo?”

Si voltò, e dietro di lui stava Li Shan, che lo osservava attentamente con i grandi occhi verdi alla luce di una lanterna. Subito si affrettò a rispondere, mentre l’ennesimo sorriso sollevato gli illuminava il volto “Tigre si è risvegliata.”

Il panda aggrottò la fronte, pensando per un attimo di aver capito male “Cosa? Ma è impossibile.” fece, scuotendo appena la testa.

“Voi non la conoscete.” ribatté il ragazzo, anche se lui stesso stentava ancora a credere a quello che era appena avvenuto “Lei è capace di fare le cose più impossibile, anche tornare indietro dal regno dei spiriti.”.

L’altro non aggiunse niente e si limitò ad attaccare la lanterna ad un apposito gancio che spuntava dalle mura della casetta “Se è così, devo visitarla e vedere le condizioni della sua ferita.” commentò nel tono sbrigativo di chi ha seguito quella procedura infinite volte.

“È meglio aspettare. “si affrettò a dire il ragazzo, frapponendosi quasi senza accorgersene tra lui e la porta “Adesso c’è suo padre adottivo, là dentro, e credo che abbiano bisogno di un momento da soli.”

Quelle parole sembrarono colpire nel profondo il panda, che si bloccò di colpo, come se qualcuno gli avesse lanciato una pugnalata nel petto “Capisco.” mormorò, tentando di non mostrare all’esterno ciò che quella frase aveva scatenato in lui “Deve essere stato un momento difficile per lui. Perdere un figlio è un dolore terribile. Ma quando questo torna indietro . . .”

Rimase in silenzio per qualche secondo, a tormentare con le abili dita  il ciondolo di giada che portava al petto, come se stesse cercando di raccogliere tutto il coraggio che aveva. Prese un profondo respiro e domandò, con voce esitante, quasi spaventata “Dimmi, da dove vieni?”.

Po si rese conto che, da quando era sbucati in quel piccolo villaggio, ore prima, lui non si era nemmeno presentato, in ansia com’era per la vita che si stava spegnendo tra le sue braccia “Oh, giusto, non sapete nemmeno il mio nome.” mormorò un filino imbarazzato, grattandosi dietro le orecchie “Sono Po, il Guerriero Dragone, e io, il mio maestro ed alcuni mie compagni siamo in viaggio dalla Valle della Pace verso il villaggio delle Tigri dell’Est.”

Il panda non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo volto, uno sguardo verde e profondo che al giovane sembra di momento in momento sempre più familiare “Ma non sei nato nella Valle della Pace, vero?”

“No.” negò il ragazzo, un po’ sorpreso da quella domanda e, prima di rendersene conto, si ritrovò a parlare senza freni “Sono nato in un piccolo villaggio abitato da soli panda. Ma poi, quando Lord Shen, il signore di quelle terre, ha attaccato la mia casa, mia madre è fuggita per mettermi in salvo. Mi ha lasciato in un cesto di ravanelli ed è corsa in un’altra direzione, per depistare i lupi che ci inseguivano.” Si fermò per un momento, mentre il cuore gli si stringeva a quel ricordo, ma, stranamente, spinto da uno strano impulso, continuò a raccontare “Io, all’epoca solo un cucciolo, sono rimasto in quella cassa, che è arrivata fino al negozio di una oca della Valle, che mi ha cresciuto come se fossi suo figlio. Ma come fate a . . .”

Non ebbe modo di finire, che due braccia forti lo circondarono e lo strinsero come se avessero paura di perderlo da un momento all’altro, e Po si ritrovò premuto contro il torace grande e tremante del vecchio panda.

Li Shan lo strinse forte a sé, tremando per l’emozione  “Figlio mio . . . ” sussurrò con voce spezzata “Sapevo che eri vivo, lo sapevo, lo sapevo. Oh, mio Piccolo Loto . . .”

Nel sentire quelle parole, quel nome, quella voce, il ragazzo si sentì travolgere dentro da una marea ed improvvisamente tutti i pezzi andarono a loro posto. Quel villaggio abitato solo da panda, lo sguardo consapevole di quella vecchietta, l’espressione sul volto dell’uomo quando l’aveva visto per la prima volta, i suoi occhi di giada così familiari e così simili ai suoi . . .

“Papà..?”

 

 

La tana dell’autrice

 

I’m back, guys!

Questo capitolo è stato un maledettissimo parto. Non sono brava in riunioni e riappacificazioni familiari e roba del genere, e scriverne ben due nello stesso capitolo è stata un’impresa da incubo. Giuro, mai, mai più. Spero che almeno non siano venute tanto orrende, ma davvero non sapevo dove mettere le mani, e il modo in cui Po e suo padre si sono riuniti in KFP3 non è stato per niente un valido aiuto per immaginare una scena sensata e realistica di quello in questa fic.

In realtà volevo fare questo aggiornamento molto più lungo, ma non ho avuto tempo. Ho passato l’ultimo mese facendo avanti indietro e risistemando tutta la camera, mentre tra un paio di giorni parto per le vacanze in un punto sperduto senza internet. Quindi le scelte erano due: pubblicare qualcosa di più corto o farvi aspettare per un nuovo capitolo un po’ più lungo fino al mio ritorno, ossia a metà agosto. La seconda opzione mi è parsa troppo crudele e quindi ho puntato sulla prima. Vorrà dire che il prossimo capitolo arriverà prima del solito, essendo scritto già a metà – eh eh-.

Ah, la citazione all’inizio l’ho trovata tra i mie appunti, però senza fonte. Mi piaceva troppo e l’ho trovata così adatta alla storia che mi sono sentita in dovere di inserirla, ma non ho veramente idea di chi sia l’autore e non sono proprio riuscita a scoprirlo – fonte letteralmente sconosciuta, in pratica-. Se qualcuno di voi la conosce o sa a chi appartiene, fatemelo sapere, così risolverò almeno questo piccolo grande segreto!

Sinceramente, non so bene cosa aggiungere. Spero di cuore che vi sia piaciuto e che vi abbia fatto sorridere e non temete, tornerò presto con un più corposo aggiornamento!

Per farmi perdonare della mia brevità, ho deciso di lasciarvi un piccolo frammento di quello che troverete nel prossimo capitolo, quasi a mo’ di trailer! È un’ eccezione, quindi non fateci l’abitudine, mi raccomando!

 

‘ Tigre strinse appena i denti, mentre Li Shan finiva di cambiare la fasciatura della sua spalla con il volto attento e pensieroso.

La felina aveva spalancato gli occhi quando aveva visto quel panda dagli occhi di giada entrare nella stanza, seguito subito dopo dal Guerriero Dragone, ed aveva lanciato uno sguardo stupito al compagno, in cerca di spiegazioni, senza però dire niente.

Shifu le aveva spiegato che, se era viva, doveva ringraziare quell’uomo, che l’aveva medicata e le aveva somministrato un antidoto contro il veleno in cui era stato intrisa la freccia. Li Shan si era stretto nelle spalle, dicendo che non aveva fatto niente di speciale e che anzi aveva pensato che il suo antidoto non avrebbe fatto effetto, considerando le sue gravi condizioni. Se era viva, doveva solo ringraziare la sua buona stella, la sua forte energia interiore e la sua ancora più forte volontà. Poi aveva chiesto il permesso di visitarla, per verificare le sue condizioni, e lei prima di rispondere aveva cercato timidamente Po con lo sguardo.

Resti?

Il ragazzo aveva sorriso a quella muta richiesta e le si era avvicinato, prendendo la sua zampa e stringendola nella propria come aveva fatto in tutte quelle ore di agonia.

Certo che resto era stata la sua silenziosa risposta, e solo dopo di essa Tigre aveva annuito. ‘

 

Che dire di più?  Io e il resto della nostra allegra brigata ce ne partiamo per il mare, quindi bye bye – Tigre Rossa afferra ombrellone e borsa termica e salta in macchina con gli altri che le gridano di muoversi-.!

Un abbraccio tigroso e a presto

 

T.r.

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33- Tienimi per mano ***


 

Capitolo 33- Tienimi per mano


 

Tenersi per mano non è nient’altro che un modo diverso di dire «grazie per avermi salvato», «mi hai scelto», «hai qualcosa in più del resto del mondo», «non ti lascio».

-Tumblr

 


Tigre strinse appena i denti, mentre Li Shan finiva di cambiare la fasciatura della sua spalla con il volto attento e pensieroso.

La felina aveva spalancato gli occhi quando aveva visto quel panda dagli occhi di giada entrare nella stanza, seguito subito dopo dal Guerriero Dragone, ed aveva lanciato uno sguardo stupito al compagno, in cerca di spiegazioni, senza però dire niente.

Shifu le aveva spiegato che, se era viva, doveva ringraziare quell’uomo, che l’aveva medicata e le aveva somministrato un antidoto contro il veleno in cui era stato intrisa la freccia. Li Shan si era stretto nelle spalle, dicendo che non aveva fatto niente di speciale e che anzi aveva pensato che il suo antidoto non avrebbe fatto effetto, considerando le sue gravi condizioni. Se era viva, doveva solo ringraziare la sua buona stella, la sua forte energia interiore e la sua ancora più forte volontà. Poi aveva chiesto il permesso di visitarla, per verificare le sue condizioni, e lei prima di rispondere aveva cercato timidamente con lo sguardo Po.

Resti?

Il ragazzo aveva sorriso a quella muta richiesta e le si era avvicinato, prendendo la sua zampa e stringendola nella propria come aveva fatto in tutte quelle ore di agonia.

Certo che resto era stata la sua silenziosa risposta, e solo dopo di essa Tigre aveva annuito.

Li Shan si tirò indietro, mentre riavvolgeva per bene le bende macchiate di sangue.

“Allora?” domandò impaziente Shifu, che era rimasto per tutto il tempo dall’altra parte del letto ad attendere pazientemente che il vecchio finisse di visitare la sua pupilla. 

Il panda rimase per qualche momento in silenzio, riflettendo sulle parole da usare, e poi prese a spiegare, il tono chiaro e preciso di chi non fa altro da tutta la vita “Gli effetti del veleno stanno svanendo, ma la tossina è ancora in circolo, e dubito se ne andrà mai del tutto.”

Si voltò verso la felina, che lo ascoltava attentamente, tesa per non perdere alcuna sua parola “Non potrai mai liberarti totalmente dall’avvelenamento. Sei stata esposta ai suoi effetti troppo a lungo. Per circa due settimane ti sentirai debole, avrai difficoltà a muoverti e il tuo corpo potrebbe essere attaccato da altri virus se non avrai cura di te. Ma, se tutto va bene, alla fine ti riprenderai quasi completamente.”

“Quasi?” ripeté Po, aggrottando la fronte e stringendo con più forza la zampa della compagna.

Li Shan si morse appena il labbro, lo sguardo scuro che i guaritori di solito riservano per le brutte notizie alla ricerca del figlio, che per un attimo tremò dentro.

Era ancora un po’ stravolto dalla rivelazione inaspettata di poco prima, da quella consapevolezza di non aver perso tutti in quella notte maledetta dal fuoco e dal sangue, da quell’abbraccio inatteso che l’aveva fatto stranamente sentire a casa, da quelle parole che mi aveva creduto di poter udire, da quel ‘figlio mio’ sussurrato come una preghiera finalmente realizzata.

Il cuore ancora gli batteva forte a ripensare al modo in cui Li Shan -suo padre- l’aveva stretto a sé, come se temesse di vederlo svanire di fronte ai propri occhi un’altra volta. Pian piano, esitante, aveva risposto all’abbraccio, mentre nella sua mente i frammenti di quell’elaborato mosaico trovavano la propria disposizione e capiva, finalmente, di  aver ritrovato l’ultimo pezzo di lui sottrattogli in quella tempesta di neve e dolore. Erano rimasti lì, stretti in quell’abbraccio che sapeva di miracolo e di dono, per un tempo lunghissimo, fino a quando lui stesso si era costretto a tirarsi indietro ed aveva mormorato ‘Come è possibile?’.

A quelle parole, al vecchio panda era sfuggito un sorriso triste. Gli aveva raccontato, con le labbra tremanti e gli occhi lucidi, di quella lontana notte di tanti anni prima, quando Lord Shen li aveva attaccati col favore delle tenebre, spinto da un odio misto a paura e follia. Gli aveva raccontato di come avesse lottato per difendere il suo villaggio e di come avesse ordinato a sua moglie di prenderlo e di fuggire, certo che li avrebbe ritrovati una volta lontani dal pericolo. Ma non era stato così. Quando era riuscito a fuggire dai lupi di quel crudele pavone, aveva cercato in lungo ed in largo i pochi sopravvissuti ed era andato alla loro ricerca, tentando di seguire le rade impronte nella neve e sperando che non fosse troppo tardi. Aveva scoperto il corpo senza vita di sua moglie in mezzo alla neve macchiata di sangue, nel profondo della foresta, ma di lui nessuna traccia. Credette che i lupi l’avessero strappato dalle sue braccia e Shen l’avesse ucciso con le sue stesse zampe, come aveva fatto con altri cuccioli del villaggio. Pianse e si disperò, ed avrebbe voluto rimanere lì e attendere la morte al fianco della sua sposa, ma non aveva potuto. Era riuscito a strappare a quel mostro così poche vite, quella notte, e non poteva permettere che anch’esse si spegnessero nel buio e nel freddo della foresta. Così, si fece forza e, dopo aver dato un ultimo bacio a sua moglie ed aver coperto il suo corpo, guidò quel piccolo gruppo lontano, il più lontano possibile da quel luogo di morte e di disperazione. Lì condusse ad Est, in un posto antico che secondo le leggende già in tempi lontani era stato loro rifugio e che forse li avrebbe protetti un’ultima volta. Con i pochi rimasti costruì un piccolo villaggio in mezzo alle montagne, tentando di rimettere insieme i frammenti della loro esistenza spezzata.

Po l’aveva ascoltato, quasi stregato dalla sua voce, mentre il proprio cuore pulsava tanto da far male. Li Shan aveva dovuto fermarsi ed abbassare lo sguardo, mentre raccontava come non avesse mai dimenticato quella notte e come ogni giorno ricordasse quello che aveva perduto e pregasse gli Dei per le anime della sua famiglia perduta.

Ma poi, un giorno di non troppo tempo fa, mentre meditava, aveva avuto una visione, una sorta di ‘messaggio dall’Universo’. Aveva visto lui, il suo figliolo, da cucciolo, con i suoi grandi occhioni verdi e il suo peluche stretto tra le zampine che lo guardava sorridente, e poi all’improvviso i suoi lineamenti si erano fusi ed erano mutati, fino ad assumere quelli di un giovane adulto, con il sorriso sulle labbra ed il volto deciso, ma gli stessi identici occhi color della giada che  tanto a lungo erano stato tormento e benedizione delle sue notti. Aveva capito che suo figlio, il suo Piccolo Loto, come l’avevano chiamato alla nascita, doveva essere vivo da qualche parte. Aveva deciso di partire a cercarlo, ma prima che potesse terminare gli ultimi preparativi, ecco presentarsi al villaggio, del tutto inattesi, tre viaggiatori in cerca di aiuto, ed in uno dei quali aveva riconosciuto il giovane della visione.

Aveva riconosciuto il figlio che aveva creduto di aver perso per sempre.

Aveva riconosciuto il suo bambino, il suo Piccolo Loto, il suo Po.

“A volte, gli effetti del veleno torneranno a farsi sentire.” prese a spiegare Li Shan, catturando nuovamente l’attenzione del figlio e strappandolo dai suoi pensieri “ Magari a causa di un forte stress o di una grande paura, oppure in seguito a gravi ferite che riattiveranno la tossina ancora in circolo nel suo sangue. Dovrà stare attenta, perché qualsiasi cosa possa turbare il suo equilibrio interiore e la tua energia potrebbe scatenare una nuova crisi, dalla quale potrebbe anche non salvarsi, questa volta.”

Attenta? pensò amareggiato il ragazzo, mentre il cuore gli si stringeva Come può, vivendo una vita come la nostra, fatta di lotte, caos e stravolgimenti, stare attenta?

“Capisco.” mormorò Tigre, all’apparenza per niente turbata dalla possibilità di un secondo attacco “Vi ringrazio, mastro panda.”.

Lui scosse la testa, come se quella calma lo disturbasse e quasi spaventasse “Per stanotte, continuerò a tenerti d’occhio.” continuò rivolto a lei, ma con lo sguardo fisso sul volto di suo figlio “Verrò ogni tre ore a controllare il tuo stato di coscienza, il battito, il respiro e le condizioni della ferita. Sarà bene che però qualcuno resti sempre con te, in caso sorgano improvvise complicanze.”.

“Ci penseremo sia io che Po.” intervenne Shifu, e subito il giovane guerriero annuì, per poi tirarsi una zampata in fronte a causa di un pensiero improvviso.

“Maestro, gli altri non sanno ancora niente!” esclamò allarmato, gli occhi verdi spalancati “Vipera, Gru, Scimmia e Mantide credono ancora che Tigre sia in pericolo e ci staranno cercando dappertutto.”.

Il panda minore abbassò le orecchie, colto all’improvviso dall’enormità della faccenda “Hai ragione. Allora andrò a cercargli io, gli racconterò quello che è successo e li porterò qua, mentre tu resterai con Tigre. Te la senti?” chiese, afferrando già il suo bastone, che il ragazzo si era affrettato a recuperare prima di tornare nella stanza.

Po fece appena in tempo ad annuire, che Li Shan aggrottò la fronte e, con aria confusa, e gli lanciò uno sguardo indecifrabile “Gli altri?”

“Ehm, sì. Oltre a noi, in viaggio prima dell’attacco c’erano anche altri quattro nostri compagni e il padre biologico di Tigre.” spiegò il ragazzo, mentre sentiva la sua amica irrigidirsi leggermente nel sentirlo accennare a Shang Chiang.

A quelle parole, lo sguardo del panda si incupì, e la sua bocca si strinse in un’unica linea severa “Permettete una parola in privato, entrambi?” fece, per poi voltarsi ed uscire dalla capanna, senza nemmeno attendere una risposta.

Shifu e Po si lanciarono un’occhiata confusa, ma comunque si alzarono per seguirlo, ed il guerriero si costrinse a sciogliere l’intreccio delle loro zampe, seppur un po’ a malincuore.

“Torno subito.” disse alla felina mentre il panda minore usciva dalla stanza, accennando ad un sorriso “Tu riposa un po’, ne hai davvero bisogno.”

Tigre sbruffò, anche se in fondo un po’ divertita da tutta quella premura nei suoi confronti “Te l’ho detto, sto bene. Smettila di preoccuparti.” lo ammonì, lanciandogli un’occhiata severa.

“Smetterò di preoccuparmi quando tu non me ne darai più motivo.” ribatté prontamente lui, sfiorandola come se fosse di vetro ed avesse paura che potesse rompersi in mille pezzi al minimo tocco “Dormi, ora.”.

La ragazza sbruffò ed alzò gli occhi al cielo, come se trovasse ridicola tutta quella preoccupazione “Non trattarmi come se fossi una bambina, Po.”.

“Se qualcuno continua a fare i capricci. . .” la prese in giro il panda, ma all’occhiata assassina che lei gli lanciò si affrettò a sollevare le zampe in segno di resa “D’accordo, d’accordo, me ne vado! Ma tu cerca di dormire davvero, ok? ”.

Tigre trattenne a stento un sorrisetto e lo osservò uscire dalla stanza, sfidando con lo sguardo gli occhi di giada di Po, decisi a non lasciarla fino a quando la porta non si chiuse di botto dietro di lui.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Li Shan lo aspettava fuori, con lo sguardo cupo e l’espressione illeggibile. Attese che Po chiudesse bene la porta e si voltasse verso di lui e solo allora, a voce bassa e con un tono che non ammetteva repliche, sibilò “Le altre persone a cui avete appena accennato non possono venire qui.”.

Il Guerriero Dragone si sentì come se qualcuno l’avesse appena immerso in una tanica piena di acqua gelida e rimase senza fiato, ed al suo fianco Shifu si immobilizzò dalla sorpresa.

“Cosa?” mormorò il ragazzo, sperando di aver capito male “Ma . . .”

Il panda lo fermò prima che potesse dire altro “Questo è un villaggio segreto.” scandì lentamente, come se stesse parlando con un bambino incapace di comprendere le ragioni degli adulti “Un nascondiglio da quelli che ci odiano e vogliono la nostra morte. Ho portato ciò che è rimasto della mia gente qui nella speranza di salvarla e non la metterò in rischio per un gruppo di sconosciuti. Ho già rischiato tanto permettendovi di restare per oggi.”

“Quegli ‘sconosciuti’ sono la mia famiglia.” ribatté prontamente Po, con decisione. Nel sentirlo pronunciare la parola ‘famiglia’, Li Shan sobbalzò e si portò una zampa al ciondolo di giada con il dolore nello sguardo ed il ragazzo, benché se ne fosse accorto, si affrettò a continuare “Non farebbero mai niente del genere. E poi non c’è più nulla da temere. Lord Shen è morto, papà! L’ho sconfitto io pochi mesi fa e l’ho ucciso. Non c’è più nessuno di cui avere paura.”

Shifu spalancò gli occhi e si voltò verso l’allievo, incredulo “Papà?” ripeté, chiedendo una spiegazione con lo sguardo.

Li Shan non considerò nemmeno la confusione del panda minore. La sua attenzione era tutta per il figlio, che fissava con i grandi occhi stanchi come se non riuscisse a credere che stessero davvero avendo quella conversazione “Shen era solo uno dei pericoli che ci minacciano e non rischierò che degli sconosciuti possano in qualche modo risvegliarli.”. Si fermò e  si avvicinò alla ragazzo, per poi prendergli le zampe tra le sue. La sua voce si addolcì un po’, come se l’innocenza nelle idee e nelle convinzioni del figlio lo intenerissero, per quanto non potesse condividerle.  “Piccolo Loto, vi ho aiutato solo perché ho riconosciuto il tuo volto e perché portavi un ferito tra le braccia. Ma non posso mettere in pericolo la mia, la nostra gente. I tuoi amici non possono raggiungerti e domani stesso quella tigre dovrà andarsene.”

Quelle ultime parole strinsero il cuore di Po in una morsa improvvisa e dolorosa, bloccandone per un attimo il battito “Perché?” riuscì solo a chiedere, incapace di dire altro.

Il capo clan sembrò quasi stupito da quella domanda “È pericolosa, come tutte quelli della  sua specie.” spiegò, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Le tigri sono nostre nemiche, figliolo. Lo sono sempre state. Sono crudeli, subdole, manipolatrici e malvagie. E non posso avere una di loro nel mio villaggio.”

Po si sottrasse alla sua stretta con uno strattone, ferito ed arrabbiato per quelle parole ingiuste.

“Lei non è pericolosa!” urlò, con gli occhi di giada che bruciavano “E’ una maestra fortissima e una guerriera eccezionale, ma non farebbe mai del male a nessuno. Non lei.” affermò con decisione, stringendo con forza i pugni “È la persona più buona, coraggiosa e generosa che conosca, ed è la mia migliore amica.”

Li Shan rimase in silenzio, ad osservare senza parole la reazione  infuocata del figlio ed i suoi occhi pieni di ardore e rabbia, e Shifu si affrettò ad intervenire.

“Vi prego, mastro Li Shan.” sussurrò con il tono più dimesso e supplichevole che avesse mai usato in vita sua, attirando così la sua attenzione “ Se quello che avete detto sulla sua salute è vero, mia figlia non sarà in condizioni di viaggiare per almeno le prossime due settimane. Permettete che rimanga qui fino ad allora insieme a me e Po, e vi prometto che gli altri resteranno lontani e nessuno verrà a sapere di questo posto, mai. Lo giuro sul mio onore.” concluse, portandosi una zampa al petto in segno di onestà.

Po lanciò uno sguardo al suo maestro, e poi i suoi occhi tornarono a posarsi sul volto sempre più confuso del guaritore. Allentò piano la stretta delle zampe e tentò di dominare la sua ira, e quando parlò di nuovo il suo tono era più calmo, ma non per questo meno risoluto ” Dovrei esserci io, in quel letto. Avrei dovuto essere io, a lottare tra la vita e la morte. La freccia che l’ha colpita era per me.”

Nel sentirlo pronunciare quelle parole, gli occhi di Li Shan si spalancarono scioccati, e il panda si affrettò a continuare, la zampa che indicava con enfasi la porta “Ma lei si è messa in mezzo, salvandomi la vita. E questa è stata solo l’ultima di un’infinità di volte. Mi ha salvato più volte di quanto possa ricordare. Le devo ogni cosa. Il minimo che posso fare è permettere che si riprenda prima di ripartire.”

Abbassò la zampa e, con la voce che aveva iniziato a tremargli, mormorò la sua ultima preghiera, nella speranza che quella fredda divinità davanti a lui l’ascoltasse “Papà, per favore.”.

Li Shan chiuse gli occhi, come se dentro di sé infuriasse una battaglia tra l’istinto e la razionalità, tra il controllo e la spontaneità. Le sue dita salirono a tormentare il ciondolo di giada ed egli rimase in silenzio per un tempo lunghissimo, che fece tremare i due guerrieri.

“D’accordo.” sussurrò infine, come sconfitto, mentre riapriva i grandi occhi ancora incerti “Voi tre potrete restare qui per due settimane, ma non un giorno di più, e nessuno dei vostri dovrà sapere di questo posto, soprattutto non la tigre suo padre.”

Po fece per dire qualcosa, ma Shifu gli fece segno di zittirsi ed annuì. “Avete la mia parola.” giurò, per poi portare le zampe nel segno del saluto ed inchinarsi profondamente “Vi ringrazio, mastro panda. Vi ringrazio di cuore per questo e per aver strappato mia figlia dal Regno degli Spiriti.”.

Il panda mosse appena la testa, come se quei ringraziamenti lo mettessero a disagio, ma non disse nulla. Il piccolo maestro si rimise dritto e, stretto bene il suo bastone, si voltò verso l’allievo. “Vado a cercare gli altri ed ad avvisarli di trovare un posto in città. Probabilmente non tornerò prima dell’alba. Veglia su Tigre fino al mio ritorno.” si raccomandò, cercando nel volto dell’altro la conferma di poter lasciare Tigre in zampe sicure.

Il Guerriero Dragone annuì senza alcuna esitazione ed osservò il panda minore allontanarsi. Quando questi svanì in mezzo alle ombre, Li Shan aprì la bocca per parlargli, ma il ragazzo non gliene diede il tempo. Si voltò ed rientrò deciso nella stanza, senza nemmeno guardarsi indietro un’ultima volta.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Shang Chiang buttò altra legna nel fuoco, mentre i suoi occhi attenti scrutavano l’oscurità. Era ormai notte tarda, e con i guerrieri del palazzo di Giada si era accampato poco distante dalle porte della città, il luogo d’incontro precedentemente scelto con il loro maestro.

I ragazzi erano seduti attorno a fuoco, tristi e sconfortati. Avevano cercato i loro compagni fino a quando il sole non era tramontato ed avrebbero continuato ancora tutta la notte se non si fossero resi conto che sarebbe stato inutile. Non potevano fare nulla contro le tenebre. Dovevano aspettare il ritorno della luce e sperare che con essa arrivassero anche buone notizie.

Il generale si guardò attorno. I guerrieri avevano diviso poco prima le provviste che avevano con loro, ma la preoccupazione gli aveva stretto lo stomaco per tutto il tempo. Ora erano seduti vicini, a scrutare l’oscurità alla ricerca di un qualche segno, un qualcosa a cui aggrapparsi per farsi forza. Il primate era seduto per terra accanto al fuoco, con l’insetto sulla propria spalla. Accanto a lui, la gru era ritta sulle proprie zampe, e vicino stava, triste e malinconica, la serpentella.

Avevano parlato per la maggior parte del tempo, facendosi coraggio a vicenda ricordando quanto Tigre fosse forte e raccontandosi mille episodi del passato. Avevano raccontato di quella volta quando, appena bambina, era stata aggredita da un gruppo di banditi e Scimmia e Gru, sebbene ancora non la conoscessero, erano intervenuti per aiutarla, ma poi era stato proprio lei a salvargli la vita. Avevano raccontato di quando aveva sconfitto il mitico maestro Pantera Ringhiante, giovanissima e senza alcun aiuto. Avevano raccontato di quella volta in cui era fuggita dal Palazzo di Giada per combattere Tai Lung da sola. Avevano raccontato di quando, poco tempo prima, era stata colpita da una delle armi di Lord Shen per proteggere Po, e nonostante tutto era sopravvissuta. E poi, avevano parlato di tanti momenti sfusi, fragili istanti della loro vita insieme e di quella amicizia vecchia di anni, che invece di rassicurarli li aveva solo rattristi e aveva aumentato la loro paura e il dolore che provavano al pensiero di poterla perdere.

Così, pian piano, erano scivolati in un silenzio quasi più doloroso di quelle chiacchiere piene di rimpianti, ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie preghiere.

Shang Chiang non pensava che quei cinque fossero così legati.

Sì, aveva capito che si volessero bene dal modo in cui si erano opposti a lui, quando aveva ordinato alla figlia di andarsene e seguirlo, ma non credeva così tanto. Il loro era un legame profondo, forgiato nel fuoco e nell’adrenalina dei combattimenti, ma anche nella dolce quiete di ogni giorno, di ogni confidenza, di ogni gioco ed avventura adolescenziale.

La loro era la fedeltà di compagni di combattimento, ma anche di fratelli e sorelle. Era la fedeltà di una famiglia, basata sull’amore e non solo sul bisogno e sul rispetto.

Quei quattro avrebbero preferito soffrire le pene del veleno al posto suo, che saperla in pericolo anche solo un altro secondo. Sarebbero morti, e sul serio, per lei.

Ma contro quel tipo di morte non potevano fare nulla, e lo sapevano, per quanto non volessero accettarlo.

Il generale tornò a fissare l’oscurità. Ormai, se il veleno aveva fatto il suo corso, la ragazzo doveva essere sicuramente morta. Poteva essere forte e poteva aver resistito fino allo stremo, ma nessuno poteva combattere contro il fuoco dei demoni tanto a lungo.

Era davvero una sfortuna. Davvero, un terribile colpo di sfortuna. Perché diavolo quella stupida ragazzina aveva dovuto mettersi in mezzo, prendere quella freccia al posto del panda? Perché fare l’eroina e mettere in pericolo non solo la sua vita, ma tutto ciò che stava costruendo su di lei? Perché, dannazione?

Era davvero tale e quale a sua madre, quella ragazzina. Capace di rovinare tutto in meno di un respiro.

Un rumore inatteso lo distrasse dai suoi pensieri amari, e subito si mise in uno stato d’allerta, le orecchie tese e gli occhi vigili. Poco dopo il rumore si ripeté e anche gli altri guerrieri lo colsero, mettendosi subito in posizione di difesa e scrutando l’oscurità con occhi infiammati. Stavano per scattare nella direzione da cui sembrava provenire, quando da dietro un albero comparve, stanco e sostenuto quasi solo dal suo bastone, Shifu.

“Maestro!” gridarono i ragazzi, abbassando di colpo la guardia e correndo verso di lui, come bambini alla ricerca di rassicurazioni. Subito lo assalirono con mille domande, quasi tramortendolo con la loro preoccupazione e la loro insistenza.

“Dove eravate finito?”

“Dove sono Tigre e Po?”

“Che cosa è successo?”

“Come sta Tigre?”

Il panda minore alzò una zampa per tentare di zittirli, per quanto sapesse che si trattava di una battaglia persa in partenza “È viva.” mormorò, gli occhi di ghiaccio stranamente caldi e la voce stanca, ma serena “Abbiamo trovato qualcuno capace di curarla. Starà bene.”

 “Siano ringraziati gli Dei!” sussurrò Gru con voce rotta, incapace di fare altro, mentre Scimmia lo abbracciava in preda all’entusiasmo e al sollievo. Mantide quasi gli cadde dalla spalla per la gioia mentre gridava un entusiasta‘Fantastico!’, e Vipera si affrettò ad asciugarsi silenziosa un’unica, limpida lacrima di gioia che le scivolò lungo la guancia.

Shang Chiang prese un profondo respiro, mentre dentro di sé pensava che forse, in fondo, aveva sottovalutato quella ragazzina o, molto più probabilmente, la sua fortuna. Poteva ancora sperare, adesso. Poteva ancora continuare i suoi piani. E, questa volta, avrebbe impedito a chiunque di rischiare di mandarli in fumo.

Mentre i ragazzi gioivano ancora per quella bella notizia ed il loro maestro li osservava con affetto e un briciolo di tenerezza, il generale si alzò e si avvicinò al piccolo gruppo, per chiedere con tono sbrigativo “Allora cosa aspettate? Fateci strada. Portateci da lei.”.

Shifu alzò gli occhi su di lui, come se si fosse accorto della sua presenza solo in quel momento, e questi si incupirono, come se un velo fosse sceso ad oscurarne il sollievo e la gioia. Strinse con forza il proprio basto e rimase qualche momento in silenzio, per poi sbottare una breve, fredda risposta.

“Non posso.”

La tigre si irrigidì di fronte a quell’atteggiamento ed a quelle parole che non ammettevano discussioni, e gli stessi allievi si lanciarono sguardi pieni di confusione e dubbi.

”Perché, maestro?” chiese Vipera, colpita dai modi secchi del panda minore.

Questi si rivolse di nuovo ai suoi allievi, come se Shang Chiang non fosse neppure presente. “L’uomo che l’ha curata è un eremita solitario.” spiegò “Ha grandi conoscenze, ma pochi rapporti col mondo esterno. Abbiamo avuto molti problemi per convincerlo a curarla e poi per far restare noi due accanto a lei. Ha accettato di prendersi cura di Tigre fino a quando non sarà in grado di lasciare la sua dimora, ma non vuole nessun’altro a parte noi tre, lì dove vive.”.

“Ma . . . non possiamo nemmeno vederla per cinque minuti?” insistette Gru, deluso dal fatto di non poter vedere l’amica. “Siamo la sua famiglia! Ha bisogno di noi, adesso!”.

Shifu scosse la testa “Mi dispiace, ma ho giurato di non portare nessuno con me. Era l’unico modo per far sì che continuasse a prendersi cura di lei.”.

I ragazzi si guardarono, e nei loro volti era riflessa la loro delusione. Ma avevano già ottenuto un miracolo, e sapevano tutti che non potevano pretendere di più.

Fu Scimmia a prendere la parola, sorprendentemente “Capiamo benissimo, maestro. La salute di Tigre viene prima di qualsiasi cosa. Noi aspetteremo che si riprenda.” esitò, come solo il pensiero di starle lontano mentre soffriva gli facesse fisicamente male “Ma ditele di muoversi a farlo, d’accordo?”

A quelle parole, Shifu sorrise, mentre lottava per non farsi prendere dalla commozione. “Lo farò.” Prese a frugare tra le sue vesti e tirò fuori un sacchetto colmo di monete, che consegnò al primate “Andate in città. Prendete una stanza nella prima locanda disponibile, ma non rivelate le vostre vere identità. Restate lì. Scenderò a portarvi notizie ogni tre giorni ed appena Tigre si sarà ripresa vi raggiungeremo.”.

L’allievo prese il denaro ed annuì assieme agli altri, ma Shang Chiang si fece avanti e disse, con il tono di chi non avrebbe accettato un no come risposta “Io vengo con voi. E’ mia figlia e ne ho tutto il diritto.”.

Shifu gli lanciò uno sguardo di ghiaccio, per niente intimorito dal suo tono, anzi. Era come se lo stesse sfidando. Come se lo stesse invitando a mostrare gli artigli, da bravo felino irrascibile “Se volete che nostra figlia riesca a riprendersi e guarire, resterete qui, come tutti loro.” Nella sua voce c’erano una sicurezza, una forza e una decisione che mai, prima di quel momento, aveva avvertito in lui. Era come se stringesse al petto qualcosa capace di dargli la forza ed il coraggio di affrontare anche tutti i demoni del Regno degli Spiriti. Come se avesse la consapevolezza di non dover e poter perdere contro di lui, non quella volta.

Il generale strinse con forza i pugni. Avrebbe voluto aggredirlo lì, in quel momento, e fargli capire chi realmente comandava, ma sapeva di non poterlo fare. Subito i suoi allievi l’avrebbero fermato e lui avrebbe perso per sempre la possibilità di attuare al meglio i suoi piani. E non poteva rischiare questo, non ora. Doveva mettere da parte il suo orgoglio, almeno per un po’.

Con un ringhio, allentò la pesa e si voltò, per avviarsi verso la città, consapevole dello sguardo dei ragazzi e soprattutto quello del panda minore fissi su di lui.

Presto, molto presto . . .

 

~~~~΅΅~~~~

 

Quando Po rientrò nella stanza, trovò gli occhi stanchi ma vigili di Tigre ad aspettarlo.

Il panda si chiuse la porta alle spalle, sperando che non avesse sentito nulla della discussione appena conclusa.“Non ti avevo detto di dormire?” domandò, tentando di nascondere la tempesta che gli stava stravolgendo la mente e l’anima.

La ragazza scivolò appena un po’ sotto le coperte “Il giorno in cui farò qualcosa che tu mi hai detto di fare mi infilerò un vestito e permetterò a Vipera di truccarmi.” ribatté, lanciandogli uno sguardo di sfida.

A Po sfuggì una mezza risatina nell’immaginare la scena e la ferrea stretta attorno al suo cuore si allentò, seppur di poco. Scuotendo la testa divertito, si avvicinò a lei e si sedette sul bordo del letto, incapace però di incontrare il suo sguardo. Le parole di Li Shan gli rimbombavano ancora nelle orecchie ed il loro eco continuava a fargli male più di quanto volesse mostrare.

Tigre rimase ad osservarlo in silenzio per un tempo breve ed insieme infinito, e quando parlò la sua voce era dolce ed il suo tono gentile “Quel panda è tuo padre?”.

Quella domanda prese alla sprovvista il guerriero, che spalancò gli occhi e la fissò con una confusione ed uno stupore spropositati. “Come..?” mormorò, non sapendo bene cosa dire o come continuare.

La felina si strinse nelle spalle, come se la risposta non fosse semplice, ma addirittura elementare.

“Avete gli stessi occhi.” disse, e per un breve momento i suoi occhi di fuoco andarono a sfiorare in una timida carezza quelli di giada dell’altro, per poi scivolare via in fretta, come se avesse paura di perdercisi dentro. “E poi, vi ho sentito parlare.”.

Po trattenne il fiato e si affrettò a dire qualcosa, ma lei riprese subito a parlare “Sono contenta per te. Davvero. Il fatto che tu l’abbia incontrato ha dell’incredibile.”. Esitò per un attimo, lo sguardo basso per non mostrare il suo sconforto e le zampe ben serrate attorno al tessuto caldo della coperta, per poi aggiungere piano “Allora, quando dovrò andarmene?”.

“Tu non andrai da nessuna parte finché non ti sarai ripresa.” si affrettò a ribattere il panda, come se solo l’ipotesi di lasciarla andare via fosse per lui impensabile.

La ragazza scosse appena la testa “Po, non è il caso. Non sono voluta qui.” ribatté, con una voce così consapevole, così piena di tutte quelle volte in cui non era stata voluta da qualcuno od in qualche posto che il cuore dell’altro tremò nell’udirla.

D’istinto, il Guerriero Dragone si allungò in avanti e le sollevò il volto con una zampa, per permettere ai loro occhi di incontrarsi. Tigre provò a sottrarsi a quel contatto, ma qualcosa in quel gesto e nel suo sguardo serio glielo impedirono, ed ai suoi occhi non restò altra scelta che sfiorare, seppur riluttanti, quelli verdi e sinceri di lui.

“Io voglio che tu resti qui, e questo basta ed avanza.” sussurrò Po, con un tono deciso che l’altra non gli aveva mai sentito usare, prima di quel momento. “Ti devo ogni cosa, Tigre. La vita è solo una di queste. Per cui, permettimi di ripagarti come posso. Permettimi di prendermi cura di te, almeno una volta.”

I suoi occhi di giada brillavano come le pietre preziose a cui avevano rubato il colore, e con una tale forza ed intensità da cogliere impreparata la giovane guerriera. Tigre provò a sostenerli più che poté, ma il modo in cui Po la guardava e le sue dita che le sorreggevano il mento in un gesto dal sapore sconosciuto ma stranamente piacevole erano più di quanto la sua anima stanca ed affaticata potesse sopportare. Lasciandosi sfuggire un sospiro, chiuse gli occhi in un gesto di resa, strappando un sorriso al ragazzo. Dopo qualche secondo di esitazione, come se non volesse mettere fine a quel contatto, questi ritirò la zampa e la felina si lasciò cadere indietro ad occhi chiusi, sprofondando nel cuscino.

Po la guardò, ancora non del tutto capace di credere che fosse davvero là con lui, viva, con il suo sguardo di fuoco che ardeva ed il suo cuore che batteva ed il suo corpo finalmente di nuovo caldo a pochi centimetri dal suo. Stava assistendo ad un miracolo, ne era consapevole. Ma ormai avrebbe dovuto sapere che niente può fermare l’intrepida maestra Tigre.

Si strinse nelle spalle, ripensando alle parole del padre ed alle sue accuse, ancora adesso brutali e senza senso come pugnalate alla schiena “Comunque, lascia stare Li Shan. E scusalo, anche.” borbottò, arrabbiato al solo pensiero che quelle parole sconsiderate avessero ferito la compagna “Ha parlato di te come se fossi un mostro, come se fossi un pericolo per lui, anzi, per tutti noi. Non so perché l’abbia fatto, ma ti chiedo scusa al suo posto. Non sapeva cosa stesse dicendo.  E poi, non credo che ci sia davvero qualcun’altro a minacciare questo villaggio come ha affermato per zittirmi, non ora che Lord Shen è morto almeno.”.

Tigre aprì prima un occhio solo, e poi l’altro, sembrando per un attimo una semplice gattina, seppur dall’aria letale. “Forse ha solo bisogno di tempo.” rispose a voce bassa, in modo quasi prudente “Non deve essere facile, dopo tanti anni rinchiusi in un rifugio perfetto, uscire di nuovo nel mondo, accettare una realtà completamente nuova.”

Il panda aggrottò la fronte, stupito che lei lo stesse proteggendo dopo quello che aveva detto sul suo conto, quello che aveva osato insinuare senza nemmeno conoscerla “Sì, ma allora perché . . .” iniziò, per essere fermato da uno sguardo dell’altra.

“Ognuno reagisce in modo diverso ai cambiamenti, dovresti saperlo.” spiegò pazientemente “Ci sono persone, come me o a quanto pare lui, che si chiudono in se stesse e ci mettono un po’ ad accettare che qualcosa stia cambiando od è già cambiato nelle proprie vite. Soprattutto se si presenta così all’improvviso, come sei solito fare tu quando entri nelle vite degli altri.” aggiunse, lanciandogli uno sguardo divertito “Almeno non gli sei caduto davanti dal cielo, altrimenti adesso sarebbe traumatizzato fino alla fine dei suoi giorni.”.

“Ehi!” esclamò il Guerriero Dragone “Quello è stato un incidente, e poi tu non mi sembri così traumatizzata.”

“E’ perché lo maschero bene.” rispose la ragazza, accennando ad un sorriso. Poi, però, il suo sguardo si incupì all’improvviso, mentre uno scuro pensiero l’assaliva “E comunque, non c’è nulla da perdonare. Ha ragione. Le tigri sono pericolose. Io sono pericolosa.”.

Il panda sobbalzò, come se gli avesse appena tirato un pugno dritto nello stomaco “Tu non sei pericolosa.” si affrettò a ribattere “Sì, forse per i tuoi nemici e per tutti i cattivoni della Cina, ma . . .”

La maestra scosse la testa e gli impedì di continuare “Po, io sono pericolosa.”. Con un sospiro, sollevò le zampe e tirò fuori gli artigli, come per mostrargli la realtà delle cose che lui sembrava incapace di accettare “Queste sono armi di una predatrice, di uno scherzo della natura. Di un mostro. Mentirei a me stessa, se tentassi di convincermi del contrario.” I suoi grandi occhi di fuoco erano scuri e malinconici, mentre abbassava le zampe sulla coperta, attenta a non tagliare il tessuto “Ma l’ho accettato e cerco di usarle per fare del bene, invece che del male. E non importa, se la gente continua ad avere paura di me comunque. Ormai ci sono abituata.” disse, incapace di mantenere ancora alto lo sguardo.

Po strinse la mascella, incapace di vederla in quel modo “Io non ho paura di te.” sussurrò, con il tono più dolce che avesse mai usato fino a quel momento “Non ho mai avuto paura di te, perché non c’è motivo di averne. Tu non sei pericolosa, non importa quello che dicono gli altri o anche tu. Chi dice questo di te si sbaglia, e di grosso. Ti conosco, Tigre. Ti conosco meglio di quanto conosca me stesso e posso giurarti su tutto ciò che ho di più prezioso che tu non sei un mostro. Non sei mai stata un mostro e non lo sarai mai.”.

Si allungò in avanti e prese delicatamente le zampe di lei nelle sue, incurante degli artigli ancora sguainati. Tigre trattenne il fiato e tentò di sottrarsi a quel contatto, terrorizzata al pensiero di potergli fare male, ma il guerriero non se ne curò ed anzi intrecciò le loro dita, come se non pensasse nemmeno lontanamente che ciò fosse possibile. “E queste zampe, che tu continui a considerare come le armi di un mostro, sono state le prime ad allungarsi in mio soccorso, a stringere le mie ed a tirarmi fuori dal baratro.” mormorò, senza sciogliere quel pericoloso intreccio “Come potrei mai averne paura?”.

Tigre, senza parole, si limitò ad osservare le loro zampe unite e gli artigli sguainati, che però si intrecciavano ai polpastrelli dell’altro senza ferirli, come in un piccolo miracolo mai richiesto ad alta voce ma sempre sognato.

Quando rialzò lo sguardo, i suoi occhi erano lucidi, e tutto quello che riuscì a sussurrare con voce tremante fu una parola, un nome.

Il suo nome.

“Po . . .”

Il Guerriero Dragone sorrise, cogliendo in quel minuscolo sussurro tutto quello che in realtà volesse dirgli, ed in tutta risposta aumentò la stretta delle loro zampe, come se non volesse lasciarla andare mai più.

Lei chiuse gli occhi, permettendo a quella sensazione del tutto nuova di avvolgerla, mentre le sue zampe, finalmente non più spaventate, rispondevano alla stretta.

Il panda rimase a guardarla a lungo, tentando di imprimere ogni dettaglio di quel momento, ogni sfumatura a fuoco nella propria mente, di prendere tutto ciò che poteva di quell’attimo speciale di conservarlo al sicuro, dove nessuno avrebbe potuto portarglielo via.

Poi, pian piano, si costrinse a sciogliere l’intreccio ed a tirarsi indietro, facendo violenza contro la sua anima ed il suo corpo, ed a mormorare “Adesso, però, dovresti dormire davvero.”.

La felina aprì piano gli occhi e gli lanciò uno sguardo a metà tra il seccato e l’ammonitore “Di nuovo?” fece, pensando che la stesse prendendo in giro.

“Sono serio, stavolta.” rispose l’altro, pronto “Hai fatto un bel viaggetto di andata e ritorno dal mondo dei morti, hai ancora del veleno nelle vene e sei così debole che riesci appena a tenere gli occhi aperti. Direi che hai davvero bisogno di dormire, ora.”.

“Ti ripeto che non sono una bambina, panda.” ribatté, incrociando le braccia “Non ho bisogno che qualcuno mi dica cosa fare.”.

Il ragazzo sorrise divertito “Lo so, ma credo che dovresti ascoltarmi, per una volta. Shifu ti ha lasciata sotto la mia custodia. Se torna e scopre che hai passato la notte in bianco, non se la prenderà con te, ma con me.” Si portò una zampa al petto, guardandola con fare esageratamente implorante “Non vorrai avermi sulla coscienza, vero?”.

Tigre alzò gli occhi al cielo, tentando di trattenere una risata “Non sarebbe male, in fondo. Una strigliata ogni tanto non può che essere salutare.” scherzò, divertita.

Il panda strabuzzò gli occhi “E quindi vorresti lasciarmi alla sua mercé? Sei crudele, maestra Tigre!” esclamò, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.

“E’ un dono.” ribatté prontamente la giovane, per poi coprirsi il volto con la zampa per nascondere lo sbadiglio che le era appena sfuggito. “Ma sono davvero un po’ stanca, lo ammetto. Riposare un po’ non mi farebbe male.”.

“Visto, che ti dicevo? Non ascoltarmi mai, mi raccomando!” esclamò lui a metà tra il vittorioso e l’indispettito “Su, mettiti a nanna, da brava.”.

La guerriera gli lanciò uno sguardo assassino “Parlami di nuovo in questo modo e scoprirai che in realtà c’è da avere paura delle mie zampe, e molto anche.” Trattenne a stento un altro sbadiglio e scivolò piano dentro le coperte, mentre il compagno se la rideva silenziosamente sotto i baffi.

Chiuse gli occhi e, quando sembrava sul punto di addormentarsi, ne riaprì uno e gli chiese, col tono di chi è già con un piede nel mondo dei sogni “Resti con me?”.

Po rimase sorpreso per un attimo e poi annuì, toccato da quella domanda e dal tono in cui era stata posta “Se lo vuoi, certo.”.

Fino alla morte.

Tigre si accoccolò meglio nel letto e chiuse l’occhio ancora aperto, mentre un piccolo sorriso le illuminava il volto pallido. Si addormentò quasi subito; il panda se ne accorse dal respiro più profondo e regolare. Sembrava serena, per la prima volta dopo tanto, troppo tempo.

Po non potette resistere ed allungò una zampa per stringere quella della guerriera addormentata, come volersi assicurare che non si sentisse sola e che, in caso avesse voluto, avrebbe avuto qualcosa a cui aggrapparsi per tornare a casa.

“Buonanotte, Tigre.” sussurrò “E grazie di essere tornata da me.”.

Poi, spense la candela.

 

 

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 – Cicatrici del cuore ***


 

Capitolo 34 – Cicatrici del cuore

 

 


 

Si narra che l’usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che le spine gli trafissero il cuore.

Oscar Wilde

 

 

 

Po era seduto fuori dalla piccola casa, a guardare il sole che, ancora mezzo addormentato, si alzava per illuminare il cielo grigio, quando la piccola, stanca figura di un panda minore comparve tra la neve.

“Shifu!” esclamò, saltando in piedi ed andandogli incontro, felice di rivederlo.

Il piccolo maestro si strinse al suo bastone ed alzò lo sguardo verso l’allievo entusiasta, stanco per la lunga camminata ma deciso a non mostrarlo.

“Po. Com’è andata la nottata?” chiese subito, non volendo pronunciare quelle parole che gli premevano l’anima e gli stringevano il cuore. Come sta Tigre?

Il Guerriero Dragone, notando la preoccupazione riflessa nei suoi occhi freddi, si affrettò a tranquillizzarlo “Bene. Tigre è stata bene. Le sue condizioni sono rimaste stabili per tutto il tempo e, quando Li Shan non la svegliava per visitarla, dormiva come un angioletto.” rispose con un piccolo sorriso mentre ripensava alla felina addormentata accanto a lui, con la zampa intrecciata alla propria.

L’anziano sollevò un sopracciglio, sorpreso “Sei riuscito a farla addormentare?” domandò, certo che una cosa del genere fosse impossibile, conoscendo la sua pupilla.

“Ho usato un po’ di psicologia inversa, credo. E tanta, tanta fortuna.” spiegò il ragazzo, annuendo e grattandosi dietro l’orecchio “Comunque, adesso è dentro. Li Shan la sta visitando di nuovo.” aggiunse, indicando con un cenno della testa la casa ed indurendo senza accorgersene la voce nel nominare suo padre.

Gli occhi di ghiaccio di lui scattarono subito verso la piccola casetta, dove sua figlia, la sua bambina, riposava, finalmente salva e fuori pericolo “D’accordo.” mormorò, esitando un attimo prima di alzare nuovamente lo sguardo verso il suo allievo e mormorare piano ed una sincerità che fece tremare il cuore dell’altro “Grazie di esserti occupato di lei.”

Po trattenne appena il fiato, colpito dal suo tono e dalla luce che gli illuminava gli occhi “Non c’è bisogno di ringraziarmi. Davvero.” fu tutto quello che riuscì a dire, stregato com’era dall’emozione che leggeva sul suo volto “Andate da lei, ora. Io . . . aspetto qui.” aggiunse poi, tormentandosi le dita e guardandosi i piedi con un pizzico di imbarazzo.

Il panda rosso notò la sua esitazione ed inclinò appena la testa, lo sguardo attento e scrutatore “Sicuro che sia tutto a posto, Po?” domandò, studiando il suo volto.

Il giovane annuì, recuperando la sua sicurezza “Certo, maestro.” rispose deciso, per poi sorridergli con dolcezza “Ora entrate. Vi sta aspettando.”.

Shifu esitò appena un momento, certo che qualcosa non fosse a posto nel cuore del suo allievo, ma poi i suoi occhi furono di nuovo rapiti da quella casetta e non poté fare a meno che camminare verso di essa ed entrare, sotto lo sguardo intenerito di Po.

Appena aprì la porta, cercò subito Tigre con gli occhi e là trovò lì dove l’aveva lasciata, seduta nel proprio letto, con al suo fianco Li Shan che finiva di fasciarle nuovamente la spalla.

La felina alzò lo sguardo su di lui e subito il suo volto si illuminò, anche se in modo quasi impercettibile, e gli angoli della sua bocca si sollevarono in un piccolo ma prezioso sorriso “Maestro.” mormorò appena, con tono affaticato ma dolce.

A quel richiamo esitante, il vecchio si precipitò al lato libero del letto, la stanchezza improvvisamente dimenticata  “Come ti senti, Tigre?” chiese, preoccupato di vederla così debole nonostante le rassicurazioni di Po.

“Meglio.” rispose semplicemente la ragazza, stringendosi appena nelle spalle “Avete visto i ragazzi? Stavano tutti bene? Qualcuno era ferito?” domandò subito dopo, con un pizzico di ansia nella voce.

Oh, Tigre . . . sempre a pensare agli altri, e mai a te stessa. pensò il maestro con affettuosa rassegnazione, nel vedere la figlioccia così preoccupata per la sorte dei suoi amici. “Stanno tutti benissimo.” la rassicurò “Erano solo terribilmente preoccupati per te. Avrebbero voluto correre subito qui, ma fortunatamente mi hanno ascoltato. Ti mandano tutti il loro affetto e pregano che tu ti riprenda presto. Erano davvero terrorizzati all’idea di perderti.”

Quell’ultima frase sembrò colpire la guerriera come un pugno nel petto, perché trasalì appena  e strinse le labbra tra loro, prima di mormorare con voce roca “Io . . .”

Li Shan si alzò in piedi, pulendosi le zampe con un panno pulito “Qua ho finito, Shifu.” disse, con voce secca “Passerò a controllarla attorno a mezzogiorno, ma prima di quell’ora dovrete cambiarle la fasciatura.” aggiunse, lanciando uno sguardo alla felina che al panda minore non piacque affatto. Si costrinse, però, ad ignorarlo ed invece ad annuire, come se non avesse letto l’ostilità nei suoi occhi “Va bene. Vi ringrazio ancora, mastro Li Shan.”.

Questi se ne andò silenziosamente, come se le sue parole non l’avessero nemmeno sfiorato, e solo quando fu uscito Shifu si sentì abbastanza sereno da lasciare andare il suo bastone e stringere tra le vecchie mani tremanti quelle fredde di Tigre.

Era con sua figlia, adesso, e non avrebbe permesso più a nessuno di portargliela via.

Nemmeno alla morte.

 

~~~~΅΅~~~~

Il leopardo andava avanti ed indietro, come una bestia in gabbia, i grandi occhi gelidi che scattavano ad ogni singolo rumore, in silente attesa. Non era mai stato bravo ad aspettare, abituato com’era ad avere sempre e subito tutto quello che voleva, e restare lì, rinchiuso in quella locanda vuota e fetida, ad aspettare come una persona qualsiasi era qualcosa che andava contro la sua natura. Ma sapeva di dover stare nascosto ed attendere, almeno fino a quando . . .

La porta si aprì di scatto, con un tonfo che lo fece scattare verso di essa in meno di un battito di ciglia. Sull’uscio stava un bandito con una brutta ferita sanguinante al alto della testa, gli occhi pieni di rabbia e di dolore, e dietro di lui stavano tre o quattro compagni, malconci e coperti di sangue.

Il giovane gli fece segno di entrare, con frettolosa noncuranza. “Perché ci avete messo tanto?” sbottò sdegnato, appena il capo del piccolo gruppo ebbe chiuso la porta alle loro spalle.

Il lupo si tolse la maschera che gli copriva il volto “Abbiamo fatto più in fretta possibile, mio signore.” borbottò in risposta, trattenendo a stento un ringhio.

“Allora?” chiese con urgenza Shen Te, sorvolando solo temporaneamente sul tono arrogante del mercenario.

“Li abbiamo presi alla sprovvista, ma hanno opposto una forte resistenza.” rispose questi dopo un momento di silenzio, misurando bene il tono e facendo attenzione alle proprie parole “Il nostro arciere migliore ha mirato al panda con la freccia avvelenata, ma . . .” si fermò, come se avesse paura di ciò che non riusciva a dire.

Quell’esitazione non piacque al giovane principe, che tirò fuori gli artigli di una zampa e ringhiò “Ma?”

Il lupo si costrinse a continuare, distogliendo lo sguardo “Ma la ragazza, la tigre, si è messa in mezzo. La freccia l’ha colpita al suo posto.”

“Che cosa?!” ruggì il leopardo, furioso. I banditi indietreggiarono appena, spaventati da quella furia e dal gelo mortale dei suoi occhi freddi, ma il loro capo si limitò a guardarlo mentre con una zampata spaccava la finestra dietro di lui. Il ragazzo ritirò la zampa e la vista del suo stesso sangue sembrò calmarlo, seppur di poco, poiché sibilò con voce velenosa e più fredda del ghiaccio “Vi avevo dato un compito molto, molto semplice, e voi mi avete deluso.”

Questo fece infuriare il lupo, che non riuscì più a controllarsi “Semplice? Ci avete mandati ad assalire i Cinque Cicloni ed il Guerriero Dragone!” esclamò con rabbia, allargando le braccia e facendo uscire tutta la sua furia per essere stato ingannato ed aver portato i suoi uomini incontro al massacro “Credete davvero che non ce ne saremmo resi conto? Ci avete pagati per uccidere uno dei più grandi maestri kung fu dell’intera Cina nel modo più doloroso e subdolo possibile! Ho perso metà dei miei uomini, e quelli rimasti sono feriti gravemente. Abbiamo rischiato tutto, tutto, per una manciata di denari. E voi osate definire il vostro ordine semplice, vostra maestà?” pronunciò quell’ultima parola sputando per terra con tutto l’astio e l’odio possibile, la ferita alla tempia che gli pulsava e gli occhi stanchi che bruciavano.

Il giovane gli lanciò uno sguardo gelido e calcolatore, per poi voltarsi verso la sua sacca ed iniziare ad armeggiare con i lacci “Voi avete accettato la mia richiesta e le mie condizione, e non potete farmi una colpa se non siete stati capaci di svolgere a dovere il vostro compito.” fu la sua fredda e vuota replica. Tirò fuori dalla sua borsa un sacchetto colmo di monete e si voltò nuovamente verso il piccolo gruppo, lanciando l’oro al capo “Lì c’è il doppio della somma pattuita, per quanto non ne meritereste nemmeno la metà. Mantenete il silenzio su quello che avete fatto e dimenticherò la vostra arroganza.” ordinò, mentre il mercenario apriva il sacchetto per controllare i soldi “I vostri servigi non mi sono più di alcuna utilità. Andatevene e non fatevi più vedere.”

Il bandito rialzò lo sguardo su di lui, uno sguardo colmo di indignazione e di rabbia, ma non disse nulla e, dopo aver fatto un cenno ai suoi compagni, se ne andò con loro com’era venuto.

Il leopardo si appoggiò contro la finestra rotta e li seguì con lo sguardo fino a quando questi non scomparvero tra le ombre della città, credendo di essersi lasciati anche quel lavoro alle spalle.

Poveri illusi.

Se pensavano davvero che li avrebbe lasciati andare nonostante conoscessero la sua identità e quello che aveva fatto, erano più stupidi del suo vecchio padre. Sembravano spaventati, certo, ma non poteva lasciare che ritrovassero il loro coraggio di fronte alla possibilità di un nuovo guadagno. E, a giudicare dal suo sguardo furioso, il loro capo non avrebbe aspettato molto per ripagarlo dei quel gioco pericoloso costato tante vite. E lui non poteva rischiare uno scandalo del genere, non ora che era ad un passo dal trono. Doveva trovare qualche altro mercenario e chiudergli la bocca per sempre. Ma ci avrebbe pensato poi.

Adesso, tutto quello che riusciva a pensare era Tigre. Tigre, con i suoi occhi ardenti e quel cuore fragile e d’acciaio insieme, che tanto aveva desiderato e tanto a lungo aveva maledetto. Tigre, che non era mai riuscito a conquistare, a rendere sua, ma anzi l’aveva umiliato e piegato come se fosse solo un semplice popolano. Tigre, che aveva preferito il kung fu a lui. Tigre, che era morta a causa sua.

Shen Te si ritrovò a stringere i pugni, mentre fissava il sole salire nel cielo, tinto delle stesse sfumature dei suoi occhi di fuoco. Aveva fatto di tutto per poterla avere al suo fianco, per possedere quella superba dea guerriera e poterla chiamare sua. Si era prestato a maschere, recite e suppliche, ma niente era riuscito a piegare quel cuore di ferro. Lei si era opposta, scegliendo qualcosa che per lui era inconcepibile; una vita di lotta, di sangue, di servizio e di morte. Una vita da combattente, quale lei era, e che non ammetteva nient’altro che onore. Si era negata a lui, aveva osato negarsi a lui, il Principe Ereditario, il futuro Imperatore, il Collezionista di Cuori.

E lui non l’aveva accettato.

Aveva deciso di punirla per la sua impudenza, la sua testardaggine, il suo rifiuto. Era arrivato di corsa in città e comprato alcuni dei migliori mercenari presenti in zona. Aveva chiesto loro di recarsi sulla strada principale e di aspettare un gruppo di otto persone tra cui avrebbero trovato un panda, di attaccarlo e di colpire quest’ultimo con il veleno più doloroso e letale a loro disposizione.

Era stata un’idea crudele, nata da un orgoglio ferito e da un cuore malato e bisognoso di controllo e potere, un’idea che aveva trovato diabolicamente perfetta.

Come poteva far soffrire Tigre nel modo più atroce e doloroso possibile? Come punirla per aver osato dirgli di no? Come poteva vendicarsi di averle negato quello che, lui lo sentiva, gli spettava di diritto?

La morte, per lei, sarebbe stata troppo poco. Qualche flebile, fragile momento di sofferenza, e poi tutto sarebbe svanito. Nessun altro l’avrebbe mai avuta, questo era vero, ma per lei era una pena così breve, una punizione che avrebbe sopportato senza emettere nemmeno un lamento. No, non era la sorte giusta, per lei. La conosceva abbastanza da sapere che non temeva la morte; piuttosto si sarebbe gettata tra le fiamme di sua volontà, se avesse dovuto fare una scelta.

Quindi, cosa poteva darle più dolore? Cosa poteva portarla ad urlare al cielo e maledire gli dei, per poi sciogliersi in lacrime dal sapore amaro? Cosa poteva spezzare il cuore che non era riuscito ad ottenere, distruggendolo per sempre?

Oh, l’aveva studiata così bene, quando erano appena due ragazzini inesperti, che trovare la risposta fu addirittura elementare.

Vedere chi amava soffrire e morire davanti a lei ed a causa sua. Perdere una persona a lei cara senza poter fare nulla per impedirlo. Ecco cosa l’avrebbe uccisa davvero. Ecco che cosa avrebbe distrutto il suo cuore libero ed orgoglioso.

Ma chi colpire?

Forse Scimmia e Gru, che con i loro sospetti e la loro fare protettivo avevano distrutto i suoi piani anni prima? Forse Mantide e Vipera, per lei più vicini di un fratello e di una sorella? Forse Shifu, il caro, vecchio Shifu, che nonostante tutti i suoi sbagli aveva una figlia devota che piangeva lacrime di sangue per la sua freddezza?

Poi, era arrivata l’illuminazione.

Avrebbe ucciso lui. Avrebbe ucciso quello stupido panda che si era intromesso tra di loro, allontanandola per sempre da lui e rubando il suo cuore quasi senza che lei se ne accorgesse, privandolo di quello che avrebbe dovuto essere suo per diritto.

Sì, avrebbe ucciso il panda nel peggiore dei modi. L’avrebbe lasciato, morente e disperato, emettere i suoi ultimi respiri tra le braccia tremanti di Tigre, stretto tra le fiamme ardenti e nere del veleno.

Avrebbe privato la sua Lien del proprio Loto, proprio come nella leggenda. E chissà, dopo sarebbe riuscito comunque a reclamarla come sua, in un modo o nell’altro, una volta salito sul trono.

Ma, nel frattempo, si sarebbe limitato a spezzarle il cuore.

In fondo, glielo aveva promesso, no?

“Dovresti sapere come vanno a finire le cose, per quegli innamorati sventurati. Dubito che tu voglia che anche la vostra, di storia, finisca in quel modo.”

 “Osa anche solo sfiorarlo, e ti farò rimpiangere di non essere morto il giorno dell’assalto.”

“Non lo farò, se tu accetterai di venire con me nella Città Proibita e sedere accanto a me sul trono. Rifiutati, e farò in modo che al tuo panda succeda qualcosa di molto, molto spiacevole. A te la scelta.”

“Vattene. Se tornerai a cercarmi di nuovo o se toccherai anche solo con un dito qualcuno a me caro, ti ucciderò. Sul serio, questa volta.”

“Hai fatto la scelta sbagliata, Tigre. Godetevi questi momenti. Potrebbero essere meno di quanto immaginiate.”

Pagherai per questo, Tigre aveva pensato, prima di lasciarla per l’ultima volta. Ed aveva pagato, seppur non nel modo che lui avrebbe voluto.

“Stupida, stupida, coraggiosa ingenua.” si ritrovò a mormorare, mentre di fronte ai suoi occhi scorrevano, chiari come ricordi, le immagini di Tigre che si lanciava di fronte al suo Po, per proteggerlo da quella freccia che avrebbe segnato la sua sorte, e per sempre. Non doveva andare così pensò, con un pizzico di sconosciuta malinconia Sei stata tu a scegliere questo destino, Tigre. E’ stata solo colpa tua. Tua, e del tuo cuore senza catene, che non ha voluto piegarsi nemmeno a questo.

Si era vendicato, questo era vero, ma non ne modo in cui avrebbe voluto.

Alla fine, lei era riuscita comunque a batterlo, seppur di poco. Era riuscita a sottrarsi a lui ancora una volta.

L’unica cosa che gli rendeva sopportabile il pensiero della sua vendetta sfumata era l’immagine di Tigre morente tra le braccia di quello stupido panda, che si disperava al suo posto e malediva il suo nome, la consapevolezza di aver spezzato quel legame e di aver interrotto il battito di quel cuore che non era riuscito a conquistare.

L’idea di aver comunque potuto sottrarre la ribelle Lien ed il suo Loto l’uno all’abbraccio dell’altra.

Seguì pigramente il lento sorgere del sole con lo sguardo, mentre immagini del passato che aveva provato a dimenticare gli riempievano la mente, soffocandola. Tigre ragazzina che arrossiva nell’incrociare il suo sguardo, Tigre che si batteva contro una banda di malviventi, Tigre che massacrava il suo sacco d’allenamento mentre lui le parlava di suo padre. Tigre che gli sorrideva. Lui che le infilava un fiore di loto dietro l’orecchio. Lui che le sfiorava la coda, e lei che glielo permetteva, seppur tremando. Tigre e il suo viso severo, ma gli occhi da bambina inesperta ed ingenua e quelle labbra, oh, quelle labbra . . .

Con un sospiro, Shen te si lasciò cadere sul materasso del suo letto, fissando il nulla.

L’unico suo rimpianto era non essere mai riuscito a sfiorare quelle labbra e sapere che non avrebbe mai più potuto farlo.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Shifu scosse appena la testa per l’ennesima volta, cercando di tenere gli occhi aperti.

Erano ormai più di due giorni che non riposava e, nonostante fosse abituato ai sacrifici corporali, la paura e gli sforzi che aveva dovuto affrontare fino a quel momento adesso lo chiamavano con le loro voci da sirene, invitandolo al sonno, alla quiete, al riposo, per quanto egli tentasse di combatterli.

Tigre, che aveva ormai notato da un po’ l’eccessiva stanchezza del panda minore, vide in quell’ennesimo gesto la prova che cercava. Il suo maestro aveva bisogno di riposare, lo sapeva bene. Avevano trascorso dei momenti sfiancanti e terribili, e quello che ne aveva sofferto di più era certamente lui. Aveva veramente bisogno di riposare, ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Non l’avrebbe lasciata anche solo per dormire qualche ora, non dopo averla quasi persa per sempre. E, per quanto questo la toccasse profondamente, sapeva di non poter lasciare che si sfiancasse così.

“Maestro, siete distrutto.” mormorò gentilmente ed a bassa voce, con una delicatezza che quasi non ricordava d’aver mai avuto “Andate a dormire.”

Il vecchio si voltò verso di lei, stupito da quella richiesta così improvvisa “Cosa? Sciocchezze, sto benissimo.” ribatté, stringendo appena il suo bastone e cercando di non sbadigliare.

Po, che era seduto dall’altro capo del letto ed avendo notato anch’egli la stanchezza del panda minore, venne in aiuto dell’amica “Davvero, Shifu. Dovreste riposare. Sono secoli che non chiudete occhio. Qui accanto c’è una casetta vuota dove potete stare per quanto vorrete. Vi farà bene dormire un po’.”.

Il panda rosso fulminò l’allievo con lo sguardo “Tu non ti intromettere, panda.” sibilò con voce severa.

“Ma è vero!” esclamò l’altro, un po’ contrariato “Io almeno questa notte ho potuto dormicchiare, tra un controllo e l’altro, ma voi vi siete fatti di nuovo tutto il viaggio di andata e ritorno. Dovete essere stanco!”

La felina continuava a guardare il padre adottivo, con una dolcezza mista ad esasperazione che colse l’anziano del tutto impreparato “Baba, per favore.” mormorò, cercando i suoi occhi con i propri.

Il genitore deglutì nel sentirsi chiamare in quel modo e nel vedere l’affetto riflesso in quegli occhi di fuoco e fu costretto ad abbassare lo sguardo per non farle vedere quanto quella luce, quella preghiera, quella parola l’avessero toccato come da tanto non succedeva.

“Io . . . oh, d’accordo.” cedette,  lasciando sfuggire un sospiro. Si alzò afferrando fermamente il suo bastone e rivolgendosi al guerriero, che li guardava stupito “Li Shan verrà a controllarla per mezzogiorno, ma dovrai cambiarle la fasciatura prima che arrivi. Sai farlo?” intimò, tentando di mantenere il controllo della propria voce.

“Certo.” annuì subito il panda, temendo che potesse cambiare idea di fronte al minimo cenno di esitazione “Andate, ora.”.

Shifu allora si allontanò, ma solo dopo aver sfiorato con le punta delle dita la zampa della figlia adottiva ed aver accennato ad un piccolo sorriso. Tigre lo seguì con lo sguardo fino a quando questi non si chiuse silenziosamente la porta alle spalle, lasciandoli da soli. Solo allora si voltò verso Po, che la guardava intenerito dalla dolcezza nel suo sguardo.

“E da quando tu sapresti cambiare una fasciatura?” chiese, sollevando un sopracciglio in modo critico ed appena un po’ curioso.

Il guerriero si strinse nelle spalle “Dopo lo scontro con Lord Shen ho chiesto a Mantide di insegnarmi qualcosa sul primo soccorso.” spiegò, molto semplicemente, improvvisamente grato alle pazienti lezioni del piccolo insetto “Non so fare ancora molte cose, ma cambiare una fasciatura è stata la prima cosa che mi ha insegnato.”.

Quella risposta parve incuriosire la ragazza, che assottigliò lo sguardo e domandò ancora “Come mai?” .

Po si grattò appena la testa, cercando di recuperare i ricordi di quelle prime, sudate lezioni “Beh, ancora non l’ho capito, ma credo che sia perché . . .” iniziò a borbottare, per poi essere interrotto dalla compagna.

“No, intendevo come mai gli hai chiesto di insegnarti.”

Ah. Ecco. Quella era probabilmente una delle domande a cui il ragazzo non avrebbe mai voluto rispondere. Si ritrovò a mordersi l’interno della guancia, mentre cercava di decidere se ammettere la verità o meno. Ma dopotutto, non poteva mentirle per sempre, no?

“Non volevo trovarmi più nella situazione di avere davanti a me un amico ferito e non sapere come aiutarlo. Mi è bastato già una volta.” mormorò con voce roca, abbassando lo sguardo sulle proprie zampe strette in pugni . Ripensò a quando aveva visto Tigre in mezzo all’acqua, così debole e ferita da sembrare morta, ed il suo cuore si strinse in una morsa d’acciaio e di fiele. Quel giorno aveva giurato a se stesso di non permettere mai più che una cosa del genere accadesse di nuovo, che qualcuno vicino alla sua anima rischiasse la vita per lui. Ma eccolo lì, di fronte all’ennesimo fallimento, l’ennesima ferita, l’ennesimo miracolo che non avrebbe mai dovuto essere necessario.

Tigre sembrò capire, perché allungo una zampa a sfiorare la sua, un gesto d’affetto che mai, prima di quel momento, le aveva visto fare spontaneamente e che ebbe la forza di risollevarlo, anche se solo un pochino.

I due rimasero in silenzio per un po’, le zampe unite ed i cuori vicini, fino a quando la maestra non si costrinse a fare un’altra domanda, che le bruciava nella mente già da un po’ “Perché continui ad uscire dalla stanza ogni volta che entra Li Shan?”.

Quella domanda colse alla sprovvista il panda ancora di più della precedente ed, in uno scatto spontaneo, egli spostò la zampa lontano dalla sua, pentendosene subito. Tentando di non mostrare alcuna emozione e di sembrare eccessivamente bugiardo, si affrettò ad inventare una scusa più o meno passabile.

“Vi lascio la vostra privacy.” fu tutto quello che gli venne in mente, e la felina gli lanciò uno sguardo talmente eloquente che gli fece alzare gli occhi al cielo in un moto di esasperazione “E va bene. Lo sto evitando.” ammise, odiando per un momento la sua abilità di leggergli dentro come se fosse un libro aperto.

“Perché?” insistette, apparentemente per nulla sorpresa dalla sua risposta.

Po scattò, incredulo ed un po’ alterato “Come perché?” esclamò, gli occhi di giada improvvisamente ardenti “Ti ha insultata! Ti ha trattata come se fossi un pericolo, un mostro!”

Tigre non si tirò nemmeno indietro, fronteggiano quello scoppio improvviso con la sua solita calma “Te l’ho già detto. Io sono pericolosa. E poi . . .” abbassò appena lo sguardo, ma non sulle proprie zampe come soleva fare quando era tesa, bensì sul medaglione che portava al collo, quello datole da Shang Chiang e contenente tutto ciò che le restava di sua madre.

Il panda notò il suo sguardo e la sua esitazione, e le braci nei suoi occhi si attenuarono appena “E poi cosa?”

La guerriera si mordicchiò appena il labbro, prima di trovare il coraggio di parlare “Probabilmente non lo sai, ma . . . tigri e panda non sono proprio in rapporti amichevoli, diciamo.”

“Cosa stai dicendo?” insistette lui senza capire, aggrottando la fronte.

Prese un respiro profondo, sfiorando con le dita il medaglione, quasi senza accorgersene “Noi . . . tutti i libri che ho consultato dicono . . . dicono che le nostre due specie sono nemiche.” sussurrò, evitando il suo sguardo “Ci sono stati conflitti, lotte , uccisioni. Storie brutte. Più volte i panda sono stati costretti a scappare dai propri villaggi per non essere uccisi tutti da . . . quelli come me.” Pronunciò ogni singola parola come se le facesse male dentro, e solamente alla fine ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, ma solo di poco “Per cui, come puoi biasimarlo se vuole allontanarmi dalle poche persone che è riuscito a salvare da Shen? Come puoi biasimarlo se vuole allontanarmi da te?”

Il Guerriero Dragone scosse con decisione la testa, cercando con gli occhi di giada quelli spenti di lei “Posso eccome.” ribatté con forza, ma al contempo con dolcezza “Non mi importa cosa è successo tra i nostri popoli in passato, non mi importa se i nostri antenati si sono fatti la guerra. Tu non sei come loro e, come ti ho già detto più di una volta, non ho paura di te. Non posso averne. Per cui, chiunque ti insulti per me è molto più che ‘biasimabile’. Chiunque. Anche mio padre.”

A quelle parole, la felina alzò lo sguardo, gli occhi appena appena illuminati, ma con la stessa decisione della notte prima “Li Shan ha accolto un nemico nel suo villaggio. Mi ha accolta tra la sua gente. Chiunque altro mi avrebbe lasciata a morire in mezzo alla neve. Ma lui mi ha aiutata. Non si merita questo trattamento. Non si merita di perderti di nuovo per una cosa del genere.” disse, senza distogliere lo sguardo dal suo “Mi prometti che gli parlerai?”

Il giovane deglutì, non sapendo cosa dire. Ai suoi occhi, Li Shan non aveva scusanti, nonostante tutto quello che lei gli aveva detto. Nonostante fosse suo padre. Anzi, sopratutto perché era suo padre. “Io...”

Tigre lo interruppe, l’urgenza e la preghiera nella sua voce “Po, è tuo padre. E mi ha salvato la vita.”

Il ragazzo chiuse gli occhi. Non poteva perdonarlo. Non poteva, e basta. Ma . . .

“D’accordo, gli parlerò.” mormorò, cedendo per l’ennesima volta “ Te lo prometto.”

 

~~~~΅΅~~~~

 

Vipera uscì piano dalla sua stanza, cercando di non fare rumore. Il gruppo aveva trovato ospitalità in una piccola e sporca locanda pressappoco deserta ed aveva affittato tre stanze –una per lei, una per Shang Chiang ed una per i ragazzi- ma, nonostante la stanchezza, la ragazza non riusciva proprio a dormire. Così, aveva pensato di scendere di sotto e vedere se la locandiera aveva già iniziato a cucinare qualcosa per la colazione, per quanto dubitasse che in quel posto ci fosse qualcosa di commestibile.

Ebbe un piccolo moto di sorpresa nello scorgere a pochi passi dalle scale un figurina verde dall’aria più che familiare.

“Mantide?” chiamò l’amico, facendolo sobbalzare e girare verso di lei. L’insetto aveva l’aria stupita tanto quanto lei, ma si riprese in fretta e gli fece un segno di saluto.

“Anche tu sveglia, eh?” chiese, quando gli fu abbastanza vicina.

La ragazza annuì appena “Non riuscirei mai a dormire, dopo tutto quello che è successo.” rispose, mentre le mente volava a Tigre, Tigre che cadeva a terra con una freccia nella spalla, Tigre ferita, Tigre sospesa tra la vita e la morte. Tigre, che gli Dei avevano avuto la clemenza di salvare. Tigre, la sorella che aveva rischiato di perdere. Si costrinse a strapparsi via da quei pensieri e, con forzato entusiasmo, aggiunse “Scimmia e Gru invece stanno ancora ronfando immagino, alla faccia nostra.”.

Mantide fece una smorfia “No, invece. Quando siamo arrivati ho provato a dormicchiare un po’, e mentre cercavo di addormentarmi li ho sentiti uscire parlottando tra loro. Ho pensato che forse stavano scendendo di sotto, anche se mi sembrava strano, e quando il sonno non è arrivato ho pensato di andarli a cercare.”.

La guerriera aggrottò la fronte, confusa “Non è da loro comportarsi così . . .” commentò, pensierosa “E’ da un po’ che cercano di stare alla larga da tutti e restano da soli a parlare animatamente ed a guardare il resto di noi come se facessimo tutti parte di una grande cospirazione segreta. È strano.”

“L’ho notato anche io.” concordò il compagno, iniziando a scendere le scale mentre l’altra lo seguiva “Non è un atteggiamento che mi sarei mai aspettato da loro, lo ammetto. E’ . . .” si bloccò a metà frase ed i suoi occhi scattarono verso la sala in basso dove, seduti ad un tavolo, Scimmia e Gru stavano discutendo, a bassa voce me con un’intensità non indifferente.

“Due settimane. Da soli. Loro due, da soli.” stava borbottando Scimmia, con un tono di voce talmente preoccupato da mettere i brividi.

“Non accadrà niente, vedrai.” cercò di rassicurarlo l’amico, seppur nemmeno la sua voce suonasse tanto tranquilla “Ha appena rischiato di morire e . . .”

“Sì, di morire per lui. Per lui ed al posto suo. L’abbiamo visto tutti, no? Si è lanciata di fronte a lui per proteggerlo da quella dannata freccia! Ha rischiato di morire per salvare lui!” sbottò con ardore il primate, gli occhi che lanciavano lampi “E tu pensi ancora che non ci sia niente dietro?”

“Shh, abbassa la voce! Vuoi che ti senta tutta la locanda?” lo zittì l’altro, allarmato, per poi lanciare nervosi sguardi alle sue spalle. Quando vide i due compagni fermi sulle scale si voltò di scatto verso di loro, inorridito, e l’amico, seguendo il suo sguardo, si congelò letteralmente sul posto.

“Vipera, Mantide.” balbettò Gru, non sapendo bene cosa dire “Pensavamo che stesse dormendo.”

La maestra scosse la testa, scendendo velocemente gli ultimi gradini rimasti. “No, invece.” rispose, con voce dura, mentre l’insetto la seguiva, silenziosamente ma con la stessa ansia nel cuore “Di cosa stavate parlando?”

“Niente.” fu la secca risposta di Scimmia, deciso a non pronunciare più nemmeno una parola.

Il volatile gli lanciò uno sguardo cauto e bisbigliò, con un pizzico di esitazione “Scimmia, forse è il caso . . .”

“No.”

“Ragazzi, mi state facendo preoccupare.” intervenne Mantide, scempiando uno sguardo con la compagna “Ci state facendo preoccupare. Diteci tutto, ora.”.

Gru boccheggiò, incerto su cosa dire “Noi . . .” cercò gli occhi dell’altro, alla ricerca di aiuto e sostegno.

“Che cosa succede?” insistette Vipera, con un tono e una preoccupazione negli occhi ai quali non si poteva non rispondere.

Scimmia si voltò verso l’amico, cercando sicurezza nel suo volto, e dopo qualche secondo di esitazione e di lotta chiuse gli occhi, sospirò e cedette.

“Si tratta di Po e Tigre.”

 

~~~~΅΅~~~~

 

Po scrutò con attenzione il cielo dalla piccola finestra della casetta, per poi tirarsi dietro e richiuderla in modo che non entrasse aria fredda.

“È quasi mezzogiorno, a giudicare dal sole.” disse piano alla felina, che era a metà tra il sonno e la veglia “Forse è meglio iniziare a cambiare la fasciatura.”.

Tigre, riscossa dalla voce dell’amico, si tirò su, cercando di non sbadigliare. Era stanca, e molto, ma non voleva darlo a vedere per non farlo preoccupare più del dovuto. “Sei sicuro di volerlo fare tu? Possiamo chiamare il maestro, in caso.” propose, gentilmente, sbattendo piano gli occhi.

Il panda finse si offendersi ed incrociò le braccia, mettendo il broncio “Forse non vi fidate di me, maestra Tigre?” insinuò, seppur con un piccolo sorriso trattenuto nella voce.

“Io mi fido di voi, Guerriero Dragone.” rispose pronta la ragazza, senza alcuna esitazione, per quando ancora intontita dall’abbraccio gentile della sonnolenza “Ma non so quanto possa fare affidamento sulle vostre abilità mediche.”.

Le labbra del giovane si piegarono in un sorrisetto involontario “Allora scoprirete che potete farci più che affidamento.” ribatté, prendendo da un piccolo tavolino le fasce pulite, una bacinella d’acqua e il resto del materiale “Non vorrete mai più altro guaritore all’infuori di me.”.

“Uhm, com’è che non ne sono convinta?” fu la replica scherzosa della felina, terminata con un incontrollato sbadiglio che fece sorridere il guerriero ancora di più.

“Se la smettete di opporre tante obbiezioni, farò in fretta e potrete tornare a dormire fino all’arrivo di Li Shan, micina. “ la prese in giro, perché mai, prima di quel momento, con gli occhi pieni di sonno e l’espressione serena, la fiera tigre era somigliata ad una docile gattina e, doveva ammetterlo, questo lo inteneriva ed intrigava allo stesso tempo.

La guerriera gli lanciò un’occhiata assassina, per niente divertita da quel nomignolo “Chiamami di nuovo in quel modo e ti renderai conto che gli artigli di una ‘micina’ sono più affilati dell’acciaio.” lo minacciò, gelida.

“Sarà, ma io non temo né l’uno né gli altri.” ribatté, per poi sedersi accanto a lei. “Allora, vogliamo iniziare?”

La maestra si mise dritta con un leggero sbruffo e gli porse la spalla ferita, trattenendo una smorfia di dolore. Per medicarla senza doverla spogliare, Shifu e Li Shan avevano tagliato una manica della sua camicia, in modo che la spalla ferita fosse nuda e libera dal tessuto. Le bende che l’avvolgevano erano strette, sporche di sangue e pus bianco e pizzicavano fastidiosamente, ma sopportava quello ed il dolore senza dire nulla. Era viva, dopotutto. Aveva protetto Po. Non poteva pretendere di più.

Il Guerriero Dragone iniziò a rimuovere le bende macchiate, con un’attenzione ed una delicatezza che colsero la felina di sorpresa. Le sue zampe nere si muovevano agili e silenziose, come se non avessero fatto altro per tutta la vita, e lei le seguiva incantata, attenta ad ogni movimento e trattenendo appena il fiato ogni volta che le sue dita la sfioravano.

All’inizio, concentrato com’era sul suo compito, il panda non si accorse nemmeno che c’era qualcosa di strano, ma poi, quando lo strato di fasce andava diminuendo sempre di più, si rese conto che  poteva avvertire sotto la pelliccia sottili increspature della pelle, irregolari ed infinite, ma inconfondibili.

Per un attimo, trattenne il fiato.

Cicatrici.

La pelle di Tigre era attraversata da cicatrici, tante, veramente tante cicatrici. Cicatrici nascoste dal folto pelo arancio, ma presenti e reali, troppo reali. Sapeva che doveva averne, era una guerriera dopotutto e più volte lui stesso l’aveva vista ferita dopo un combattimento, ma non aveva mai pensato che fossero così tante.

Un oscuro pensiero gli strinse il cuore Quante di queste cicatrici avrebbero potuto portarti via, Tigre?

La felina sembrò notare il suo sgomento, perché inclinò appena la testa “Po, che cosa c’è?” domandò, preoccupata.

“Niente” mormorò Po, cercando di non incontrare gli occhi di lei “È c-che . . . hai davvero moltissime cicatrici.”

La ragazza annuì, molto semplicemente “Lo so. Di solito, dopo una battaglia, lascio che siano gli altri a farsi medicare per primi. Non ho mai prestato troppa attenzione alle mie ferite, nemmeno quando ero una bambina. Anche prima di iniziare a combattere veramente, mi facevo male ogni giorno, durante gli allenamenti, e rifiutavo di farmi medicare. Potevo stare ore a tirare pugni ai manichini, con le zampe tagliate e sanguinanti, mentre Shifu con le braccia piene di bende mi gridava di smetterla e di lasciarmi curare.”

Po, nonostante tutto, ridacchiò nell’immaginare la scena “Tipico di te. Immagino quanto fossi spericolata, da piccola.”.

La felina accennò ad un sorriso “Anche troppo, e non solo da piccola. Sono la disperazione di Vipera. ‘Devi avere più cura di te. A nessuno piace una donna col corpo coperto di cicatrici.’ ” esclamò, imitando la compagna quasi alla perfezione, per poi stringersi nelle spalle “E’ quello che mi ripete ogni volta, ma a me non è mai importato.’.

Forse era vero, ma in quelle parole pronunciate quasi con noncuranza c’era una nota di arrendevolezza, di quieta tristezza, che fece  tremare il cuore del panda.

“A me piacciono.” ribatté  d’istinto, prima di realizzare cosa stesse dicendo “Ogni cicatrice è un segno che hai lottato, lottato e lottato ancora, e ne sei uscita vincitrice. Sono una prova del tuo coraggio, della tua decisione e della tua forza. Non vedo come a qualcuno non potrebbero piacere. Ti rendono quella che sei.”.

Tigre alzò gli occhi verso di lui, stupita e senza parole. Nessuno, prima di quel momento, le aveva detto qualcosa di così bello e di così profondo, e ciò la toccava più di quanto riuscisse ad ammettere anche a se stessa.

Il panda, sentendo i suoi occhi fissi ed ardenti sul proprio volto ed incapace di incrociarli per paura che potessero leggergli dentro, si affrettò a finire di togliere le vecchie fasce, e quello che vide gli fece male all’anima.

La ferita era nera, orribile a vedersi. La carne era distrutta come se l’avessero strappata appena un momento prima dal fuoco ardente e il punto in cui si era conficcata la freccia era intriso di sangue e pus ed odorava ancora di veleno. La pelle che non era stata contaminata era fragile come cristallo e attraversata da sottili ma evidenti nervature viola, rosse e nere che si diramavano per tutta la spalla.

Dovrei essere io, ad avere questa ferita.

Con questo pensiero, Po mise un panno pulito nell’acqua, lo strizzò e poi iniziò a pulire con movimenti delicati la ferita, cercando di non essere brusco. Nonostante tutte le sue accortezze, però, Tigre sobbalzò e per non gemere si morse il labbro inferiore, ma poi mantenne il maggior controllo di sé possibile anche quando lui iniziò ad applicare nuovamente l’antidoto, con movimenti lenti e leggeri.

Dovrei essere io, a soffrire.

Stringendo le labbra, il panda prese le fasce pulite ed iniziò ad avvolgergliele attorno alla spalla, sentendo un piccolo pezzetto di sé spezzarsi ogni volta che scorgeva un lampo di dolore negli occhi dell’altra. Si mosse con attenzione ma rapidità, per evitare che soffrisse più del necessario, e nel giro di poco aveva finito. La ragazza si lasciò cadere indietro sul cuscino con un sospiro quasi impercettibile, ma che perforò l’animo del giovane come se fosse fatto di acciaio e fuoco puro.

Lentamente, si alzò e rimise tutto il materiale al posto, per poi restare fermo di fronte al tavolino, a fissarsi le zampe appena macchiate del sangue di lei. Sangue che lui aveva contribuito a far versare.

Con voce strozzata, senza voltarsi, si costrinse a parlare. “Devo chiederti scusa per tutto questo. “ mormorò, gli occhi di giada ancora fissi sulle sue zampe macchiate “La freccia che ti ha colpito era destinata a me. Avrei dovuto rischiare di morire io, e non tu. È stata tutta colpa mia.”.

Tigre alzò lo sguardo su di lui, presa alla sprovvista da quelle parole piene di rimorso e di senso di colpa. Avrebbe voluto alzarsi, raggiungerlo e costringerlo a guardarla, a leggerle negli occhi che no, lui non aveva nessuna colpa, ma era troppo debole per riuscirci. “No, Po.” si limitò a negare, scuotendo la testa “È stata solamente colpa mia. Ti ho coinvolto, seppur non volendo, in una faccenda che non ti riguardava, e ti ho messo in pericolo.”. Ripensò a quando aveva visto l’arciere puntare su di lui ed a come il suo corpo avesse reagito d’istinto, frapponendola tra la freccia e lui e salvandola da qualcosa che temeva molto di più della morte. Perderlo. “Sono io a doverti chiedere scusa.”.

Po si voltò di scatto verso di lei, quasi offeso da quelle parole “Non dirlo neanche per scherzo.” ribatté con forza, gli occhi di giada che brillavano come le pietre preziose a cui avevano rubato il colore “Mi hai salvato per l’ennesima volta ed io mi sono comportato come un perfetto idiota, al mio solito. Anzi, peggio del mio solito.”.

“E io mi sono chiusa in un’armatura di ghiaccio e ti ho escluso dai mie pensieri e dalla mia vita, di nuovo. “ rispose con lo stesso tono l’altra, senza cedere e quasi sfidando gli occhi di lui a bruciare tanto quanto i propri.

Qualcosa, in quella risposta, in quella reazione, in quello sguardo, strappò il panda dal suo senso di colpa e fece nascere sul suo volto l’accenno di un sorriso, come solo lei riusciva a fargli fare “Direi che siamo pari, allora?” commentò, senza staccare gli occhi dai suoi.

La ragazza sollevò appena l’angolo delle labbra in un guido divertito e soddisfatto insieme “Decisamente.” fu la sua pacata risposta, per poi rifarsi scivolare più in giù nel suo letto, sollevata di rivedere un po’ di luce sul volto di lui.

Il guerriero riprese il suo posto accanto a lei, apparentemente più sereno, ma non ancora del tutto. Qualcos’altro, nel vedere la ferita di lei e parlare del momento che quasi gliela aveva strappata via, si era risvegliato in lui, qualcosa a cui non aveva voluto dare ascolto, almeno per un po’, ma che adesso iniziava a pretendere la sua attenzione, scalciando, mordendo e mettendogli il dito nel cuore, proprio in quella ferita aperta che non aveva avuto ancora modo di rimarginarsi e che ora pulsava più che mai.

Rimase in silenzio per un po’ a guardarla, approfittando del fatto che avesse di nuovo chiuso gli occhi, cercando di scacciare quella domanda, quel tormento che, lo sapeva, non gli avrebbe portato nulla di buono. Ma il qualcosa continuava ad urlare nella sua testa, ed a stringergli lo stomaco, ed ad allargare la sua ferita, ed alla fine lui non ebbe altra scelta.

“Posso chiederti una cosa?” domandò a bassa voce con un po’ di esitazione, sperando quasi che si fosse addormentata e che non gli avrebbe dato la risposta che bramava e temeva allo stesso tempo.

La felina, però, riaprì lentamente gli occhi e gli lanciò uno sguardo circospetto, un po’ sorpresa dal suo tono, per poi annuire appena.

Lui si morse le labbra, prima di dare voce alla domanda che nelle ultime ore lo stava tormentando. Avrebbe quasi voluto tirarsi indietro, ma sapeva di non poterlo più fare, non adesso almeno. Così, prese fiato e si buttò “Perché Shen Te ha fatto questo? “.

La felina per un attimo sussultò, presa alla sprovvista, anche se non del tutto. Si aspettava quella domanda, prima o poi, anche se avrebbe voluto non dovergli mai rispondere.

Strinse tra le dita il tessuto caldo della coperta, cercando di raccogliere la forza necessaria per parlare. “Ha tentato di punirmi per non essermi piegata ad una sua . . . richiesta.” rispose, incerta su quale parola usare. Ordine, forse, sarebbe stata molto più adatta. Perché sì, il suo era stato un ordine, velato e travestito da preghiera, ma pur sempre un ordine. E quando si era rifiutata di ubbidire ancora una volta, lui non l’aveva accettato. Era questa la pura e semplice verità.

Il ragazzo aggrottò la fronte, confuso da quel tono reticente e da quelle parole, così inusuali sulla bocca di lei  “Cosa voleva da te? “ domandò, il tono che si faceva sempre più attento e serio.

Per un momento, Tigre esitò. Non avrebbe voluto dirglielo. Non voleva dirglielo. Non sapeva nemmeno lei perché, eppure non voleva. Ma dopo tutto quello che avevano passato, glielo doveva. Dopo quella notte, dopo averla strappata alle tenebre, gli doveva tutto.

“Che lo sposassi.”

Po sobbalzò, gli occhi verdi che scattarono verso quelli di fuoco della ragazza, mentre il suo cuore perdeva un battito “Che cosa?” esclamò, pregando di aver capito male.

Lei abbassò lo sguardo. Vederlo guardarla in quel modo, i grandi occhi di giada spalancati e pieni di fiducia spezzata, come se l’avessero appena pugnalato a morte, le faceva male dentro più di quanto il veleno non avesse fatto nelle ore precedenti. Il suo cuore stava crollando in mille pezzi davanti ai propri occhi, e non riusciva a sopportarlo.

“Devi sapere che io . . . che lui . . che c’è stato qualcosa tra me e lui, quasi cinque anni fa. “ mormorò, senza avere la forza di sostenere il suo sguardo, mentre si costringeva a pronunciare quelle parole. Avrebbe voluto chiuderla lì, rifugiarsi nella sua armatura di ghiaccio, ma adesso non poteva più tirarsi indietro. Gli doveva la verità. Tutta la verità. “N-non si è trattato di un noi o qualcosa del genere. È stato più un forse, un magari, un avrebbe potuto essere. Un gioco finito male, dal suo punto di vista. Una lezione, dal mio.”

La zampa di Po si strinse attorno alla sua, improvvisa, calda e confortevole, un inaspettato scoglio a cui aggrapparsi mentre la marea iniziava a salire; lei la strinse con gratitudine, per quanto fosse ancora macchiata di sangue fresco, ma non osò cercare quelle iridi chiare che tante altre volte l’aveva salvata dalle acque impetuose del passato e del presente.

“Non sei obbligata a parlarne.” la rassicurò il panda, la voce calma e controllata “So che te l’ho già detto, ma sono serio, questa volta. Non sei costretta a dirmi nulla e io non cercherò più di ottenere informazioni dagli altri. Te lo prometto.”.

Era sincero; lo sapeva, lo sentiva. Avrebbe mantenuto la parola, quella volta, se lei gli avesse chiesto di rispettare il suo desiderio di silenzio.

Ma, per quanto avrebbe voluto solamente prendere i suoi ricordi, stracciarli e buttarli nel baratro, non poteva farlo. Non poteva fingere di aver dimenticato, come se nulla fosse mai successo. Il passato, ormai lo sapeva fin troppo bene, torna sempre a reclamarti, presto o tardi. Cercare di ignorarlo è impossibile, oltre che folle. Bisognava accettare quello che era stato, per aver quello che sarà. Bisogna scendere a patti con gli sbagli, ciò che avremmo voluto cambiare ma non siamo stati in grado di farlo, ed accettarne gli spettri. E lei doveva farlo. Doveva accettare i suoi fantasmi, e permettere agli altri di vederli. Permettere a lui di vederli.

Doveva mostrargli anche quella cicatrice. La più segreta, la più dolorosa, la più orribile di tutte.

La felina scosse con decisione la testa “No.” mormorò, con voce fragile eppure decisa. “Te lo devo. E non voglio più nasconderti nulla, per quanto, dopo che ti avrò detto tutto, probabilmente non riuscirai più a vedermi nello stesso modo.”.

Po allungò anche l’altra zampa per stringere con forza quelle fredde di lei “Potresti aver fatto le cose più terribili e io non smetterei mai di vederti come ho sempre fatto, ovvero come una mitica e cazzutissima guerriera dal cuore d’oro. “ scherzò, ma solo in parte. Sapeva che, qualunque cosa lei avesse mai fatto, lui avrebbe continuato a guardarla come il miracolo vivente che era, l’unica ragione che permetteva al suo cuore di battere. Come poteva essere altrimenti, dopotutto?

A Tigre scappò una risatina stentata e soffocata, il cuore lievemente alleggerito, ma poi, mordendosi le labbra, scivolò via da quel contatto affettuoso che non credeva di meritare, non in quel momento almeno. Si poggiò contro il suo cuscino, fissando le proprie zampe, lievemente macchiate del suo stesso sangue. “Allora è meglio che inizi. Si tratta di una lunga storia.” disse, senza avere la forza di incontrare il suo sguardo.

Il panda, un po’ ferito dal suo scostarsi, ma capendo quanto profonda fosse la prova di fiducia che stava per ricevere, non protestò. Si appoggiò contro lo schienale della sedia, intrecciando le zampe sulle ginocchia per non cedere all’istinto di cercare nuovamente quelle di lei, ed aspettò in silenzio.

La maestra chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e, dopo un momento di esitazione, incominciò a parlare.

“L’estate dei mie 13 anni, il maestro Oogway ricevette una lettera insolita.” mormorò, con tono freddo e controllato “Proveniva dalla Città Proibita ed era da parte di suo fratello, maestro personale dell’erede dell’imperatore. Chiedeva di poter portare il suo allievo lì in segreto per alcuni mesi, nella speranza che un allenamento prolungato lontano da casa ed in compagnia di altri coetanei gli giovasse. Oogway accettò e noi ci preparammo per accogliere il giovane principe al Palazzo di Giada. Eravamo tesi per quell’insolito onore e le grandi responsabilità che ciò avrebbe portato, ma ci sentivamo pronti. Eravamo una squadra da un bel pezzo ormai, e desideravamo solo una possibilità per mettere alla prova le nostre abilità.”.

Il guerriero poteva quasi vederli; cinque ragazzini eccitati e pronti a dimostrare le proprie abilità, desiderosi di fare anche solamente un passetto verso il proprio sogno ed il riconoscimento che ognuno di loro desiderava sopra ogni cosa. Annuì, per quanto lei non potesse vederlo.

“Dopo poco tempo, il principe e il suo maestro arrivarono al Palazzo. Restammo subito tutti molto colpiti da lui, perché come aspiranti monaci guerrieri non ci era permesso frequentare nostri coetanei e lui era diverso da chiunque altro.”

Tigre aprì lentamente gli occhi, tormentandosi le labbra, ignorando le piccole gocce di sangue che iniziavano a spuntare. “Lui . . . Shen Te . . . era diverso da qualsiasi altra persona avessimo mai conosciuto prima d’allora. Avevamo sentito parlare di lui e del fascino con cui era capace di stregare chiunque, ma non eravamo preparati a . . . quello.” sussurrò senza guardarlo e con fatica, come se ogni singola parola le facesse male “Aveva l’aspetto di un ragazzo sul punto di trasformarsi in uomo e quel mutamento si leggeva già nei suoi occhi chiari e mozzafiato. Con quella pelliccia dorata e quel sorriso luminoso abbagliava chiunque fosse in sua presenza, senza alcuna eccezione. Era bello, non lo nego, ma nel suo volto, nella sua espressione, nel suo sguardo, c’era qualcosa di celato, di controllato, di illeggibile. Qualcosa che mi attirava più di quanto facessero i suoi modi o il suo aspetto.”.

Po, quasi senza accorgersene, strinse con forza i pugni, tentando di cacciare indietro una fitta di ... qualcosa, ecco, nel sentire l’amica parlare ancora così di quell’essere spregevole che tanto l’aveva ferita, come se fosse ancora un mistero affascinante, qualcosa di prezioso e di unico, difficile da dimenticare. Lei parve non accorgersene e continuò, tentando di recuperare il controllo della propria voce.

“Fin da quando mise piede nel Palazzo, dal momento preciso in cui ci vide per la prima volta, non mi levò mai lo sguardo di dosso. Continuò a fissarmi, lasciandomi perplessa ed un po’ imbarazzata, e quando Shifu mi presentò a lui e mi inchinai, egli fece lo stesso. ‘Sono io ad dovermi inchinare a voi, che avete dedicato più di metà della vostra vita alle arti marziali. Sono davvero onorato di conoscervi.’ disse, togliendomi il fiato per un momento. Nessuno si era rivolto mai in quel modo a me e questo mi lasciava senza parole, ma mi affrettai a rispondere a tono. Non era un atteggiamento adeguato alla situazione, ne ero consapevole, ed in più egli era l’erede al trono ed io una semplice ragazza del popolo. Un’orfana accolta per pietà da dei monaci guerrieri, e che si apprestava a seguirne le orme per tutta la vita. Non potevo permettere che si prendesse certe libertà.” aggiunse con forza, come se solo il ricordo di quel momento la irritasse ancora adesso, e quella durezza rasserenerò un poco il panda, ma appena un poco.

“Ci rimase male, credo, nel vedermi reagire gentilmente ma freddamente, eppure non lo diede a vedere. Il giorno stesso iniziarono gli allenamenti, e tutti ci rendemmo conto che il giovane principe era realmente un disastro. Non era capace nemmeno di tirare un pugno decente, o almeno è quello che dimostrò di fronte a noi. Shifu ne fu così infastidito che decise di assegnargli degli allenamenti supplementari con uno di noi, e la sua scelta cadde su di me. Fui colpita dalla sua decisone, ma anche molto innervosita. Volevo frequentarlo il meno possibile, ma non potevo sottrarmi a quel compito. Così, inizia ad addestrarlo personalmente e nonostante le grandi difficoltà e lacune mi resi conto che in realtà non fosse così incapace come sembrava.” iniziò a torturarsi le dita affusolate, sempre senza guardare il compagno, che ad ogni sua parola diventava più nervoso ed agitato.

“Da subito, lui fece di tutto per conquistare la mia simpatia e la mia fiducia. Provò a fare il brillante, ma non funzionò.  Tentò col suo fascino, ma fu lo stesso. Io lo vedevo sempre e solo come un ragazzino strano ed egocentrico, ma una sera cambiò tutto. Litigai con Shifu a causa di una missione andata male e scappai a rifugiarmi nella sala degli allenamenti. Poco dopo mi raggiunse Shen Te, ma invece di fare battute stupide, si sedette accanto a me ed iniziò a parlarmi di suo padre. Non il padre biologico, ma l’Imperatore in persona. Mi raccontò la forte gratitudine che provava per lui ed il suo desiderio di non deluderlo mai, di essere all’altezza delle sue aspettative e dei suoi continui fallimenti. Delle mille volte che non era stato abbastanza bravo, abbastanza intelligente, abbastanza raffinato, abbastanza nobile per essere il figlio che voleva e meritava. Raccontò del suo dolore e della sua incapacità di essere il principe perfetto, l’erede perfetto. Mi disse che mi capiva, perché le nostre cicatrici erano simili, e sapeva bene cosa significasse tentare di soddisfare qualcuno costantemente insoddisfatto.” Chiuse per un secondo gli occhi, tornando a quel dolore che aveva tenuto dentro di sé per così tanti anni, quella delusione, quel rancore che da poco, troppo poco era riuscita ad abbandonare, e che nonostante tutto le faceva ancora male.

“Rimasi molto colpita dalle sue parole e da quella sera iniziai a vederlo sotto una luce diversa.” aggiunse riaprendo gli occhi, dopo aver richiamato il ricordo delle parole e dell’abbraccio di Shifu ed esserseli stretti al cuore. “Cominciammo a parlare ed a scherzare insieme e lui prese a passare tutto il suo tempo con me. Sapevo che non era il caso, sapevo di star sbagliando, ma non riuscivo a sottrarmi. Era la prima persona, estranea al mio piccolo mondo, a mostrare del reale interesse per me, per quello che sentissi nel profondo. Tra noi nacque un legame, e poi qualcos’altro.” esitò, come se si vergognasse, le guance che si coloravano appena di rosso. “Chimica.” sbottò infine, sputando quella parola come se fosse veleno “Shen Te non perdeva occasione per farsi un po’ più vicino a me, psicologicamente e fisicamente. Iniziò ad entrare nella mia stanza senza permesso, accarezzarmi la guancia, abbracciarmi, tirarmi scherzosamente la coda ed io, seppur con qualche remota, glielo permettevo.”

Abbassò ancora di più lo sguardo, lottando contro se stessa per pronunciare quelle parole, quella confessione a cui non avrebbe mai voluto dare voce “Ero . . . attratta da lui.” sussurrò, con voce strozzata. “Era più grande di me, seducente, e non esitava a dimostrarmi in tutti i modi quanto quell’attrazione fosse reciproca. Cercava di trovare sempre un modo per stare da soli, parlava d’amore e di sentimenti, mi adulava in ogni modo possibile ed immaginabile. Mi affascinava, senza ombra di dubbio.”.

Il Guerriero Dragone strinse, se era possibile, ancora di più i pugni, mentre immagini spontanee e non volute gli affollavano la mente, riempiendogli il cuore di bile. Tigre ragazzina che scherzava con un bellissimo, giovane leopardo, Shen Te che le faceva gli occhi dolci, giocava con la sua coda, le sfiorava il volto, cercava le sue labbra . . . la sua anima prese ad urlare, agonizzante, e solo facendo uno sforzo enorme riuscì a concentrarsi su quello che la ragazza stava ancora dicendo, seppur a fatica.

“Sapevo che mi stavo immischiando in qualcosa di troppo grande per me, ma continuai ad addentrarmi nella sua ragnatela, seppur molto, molto piano. Ero consapevole della situazione, a livello razionale.” mormorò la maestra, quasi con disprezzo “Io ero una ragazza del popolo e, seppur non avessi ancora pronunciato i mie giuramenti, presto avrei scelto di intraprendere a vita la strada del kung fu. Lui era l’erede al trono, libero ed allo stesso tempo imprigionato da vincoli più stretti dei miei. Non poteva esserci niente più di un semplice flirt da ragazzini, qualcosa che o sarebbe caduta nel dimenticatoio o mi avrebbe ferita per tutta la vita.  Non potevo avvicinarmi in quel modo a lui. Non potevo aspettarmi un coinvolgimento a livello emotivo, per quanto sembrasse che lui lo volesse, infischiandosene delle conseguenze. Eppure mi stavo facendo comunque coinvolgere sempre di più, fino a pensare di essermi  . . .” esitò, incapace di rivelare quella verità che ancora adesso la uccideva dentro “ innamorata di lui.”.

A quelle parole Po alzò di scatto lo sguardo verso il suo viso, il suo cuore che sanguinava, ferito a morte. Ricordava quando, una notte che sembrava lontana diecimila vite, lei gli aveva rivelato di aver creduto di amare qualcuno, ma sentirlo dire in quel modo, così tangibile, così crudo, gli fece più male di quanto avrebbe mai potuto credere. Pensare che Tigre, la sua Tigre, era stata sul punto di amare qualcuno, aveva addirittura creduto di essere innamorata di qualcuno .. . qualcuno che non era . . . che non era lui . . .

Tigre non si accorse dell’urlo silenzioso proveniente dal cuore di lui e continuò a parlare, tentando di recuperare il suo tono freddo e senza mai staccare gli occhi dalle proprie zampe “Ma ero consapevole dei mie limiti e non gli permisi mai di avvicinarsi a me in quel modo.” affermò con decisione, quasi come se stesse cercando anche di convincere se stessa. “Sapevo che mi sarei rovinata la vita, se mi fossi lasciata andare. Avrei perso il mio posto al Palazzo di Giada, la possibilità di diventare una maestra, Shifu, i ragazzi, la mia casa, ogni cosa. Io aveva tutto da perdere e lui nulla. Eravamo amici e non gli permettevo di pretendere altro, ma si vedeva che lui volesse qualcosa di più, dal modo in cui mi guardava, in cui mi toccava . . .” la sua voce si spezzò, mentre le guance si coloravano nuovamente per l’imbarazzo, e si affrettò ad andare avanti.

“Tanto che anche gli altri se ne accorsero. I ragazzi, intendo. Vipera, che all’inizio aveva incoraggiato il nostro legame, iniziò a chiedermi di allontanarmi da lui, almeno finché le sue intenzioni non fossero state chiare. Mantide iniziò a dire che forse aveva inscenato tutta quella inabilità con le arti marziali solo per avvicinarsi a me. Scimmia e Gru erano i peggiori. Lo odiavano ed erano certi che nascondesse qualcosa. Che volesse solo farmi del male. Non gli davo eccessivamente ascolto, ma anche io sentivo che qualcosa non andava. Vedevo come ogni volta che mi sottraevo ad un suo tentativo di bacio e gli dicevo di non farlo mai più, il suo volto si tramutava per un breve, quasi inafferrabile momento. Vedevo come stesse iniziando ad innervosirsi per la mia prudenza e il mio desiderio di non andare oltre e, soprattutto, vedevo quella freddezza illeggibile nei suoi occhi, che come all’inizio mi aveva affascinato, adesso mi teneva in guardia più di qualsiasi cosa.”

Strinse con forza i pugni, mentre si faceva coraggio per andare avanti “Così una sera, mentre Shen Te era fuori, Scimmia e Gru si intrufolarono nella sua stanza e iniziarono a frugare tra le sue cose. Non avrei voluto né dovuto essere con loro, ma temevo che combinassero qualche casino, e così lì seguì e cercai di distoglierli dalle loro ricerche. Ma prima che riuscissi a convincerli trovarono una lettera non ancora finita, indirizzata ad un suo amico rimasto nella città proibita. Una sorta di paggio, forse, dalle nobili origini. Era scritta in maniera arrogante e parlava delle sue giornate al Palazzo. Parlava dei maestri, dei ragazzi, e soprattutto parlava di me. Ricordo ancora ogni singola parola. Da quel giorno sono incise a fuoco nella mia mente. ”.

Chiuse gli occhi ed iniziò a mormorare in tono piatto e freddo, come se avesse davanti a sé la lettera e la stesse semplicemente leggendo “ ‘Le storie che si raccontano su di lei sono molto lontane dalla realtà. E’ bellissima, ma ingenua. Di un’ingenuità diversa da quella delle altre ragazze, ma comunque molto grande. È stato facile raggirarla. Sono divenuto il suo confidente, la sua ombra. Ancora si rifiuta di baciarmi, ma tempo qualche altro giorno e sono certo che riuscirò a farle cambiare idea. Prepara il resto dei soldi, anzi, la somma completa, perché sono certo che presto riuscirò a strapparle qualcosa in più di un semplice bacio . . .’ “.

Si fermò e si obbligò a riaprire gli occhi “Shen Te aveva sentito parlare di me nella capitale ed aveva fatto una scommessa con un suo amico. Trovammo nella brutta di un’altra lettera le loro condizioni.” respirò a fondo, prima di continuare “Dieci monete se riusciva a farsi allenare da solo con me. Venti se diventava mio amico. Trenta se riusciva ad ottenere qualche mia confidenza. Quaranta se riusciva a strapparmi un bacio. Sessanta se mi rubava una promessa d’amore eterno. Cento se . . . se riusciva a portarmi a letto.”

Po sussultò, spalancando gli occhi e guardandola incredulo e scioccato “Che cosa?” gridò, più forte di quanto avrebbe voluto.

Tigre abbassò lo sguardo, incapace di guardarlo “Aveva giocato con me per tutto quel tempo, solo per vincere quella crudele scommessa. Ero stata la sua bambolina, il suo passatempo, il suo giocattolo. “ spiegò, la voce fredda ma comunque colma di fuoco “Quando lessi quelle parole, rimasi scioccata. Ero stata usata ed aggirata e mi sentivo stupida, ingenua e sporca. La mia fiducia era stata tradita ed umiliata, come se valesse meno di niente. Scimmia e Gru andarono su tutte le furie e sarebbe andati ad affrontarlo, se non glielo avessi impedito. Io ero stata usata come un giocattolo, raggirata ed umiliata. Io, non loro. Dovevo essere io ad affrontarlo, ed io soltanto.” aggiunse con forza, gli occhi che prendevano improvvisamente a bruciare come il più intenso degli incendi “Andai a cercarlo e gli rivelai che sapevo tutto. Lui all’inizio fece finta di non capire e poi iniziò a negare ogni cosa, tentando di toccarmi e chiamandomi piccola. Fu troppo. Lo attaccai ed immobilizzai. Lo minacciai. Avrebbe dovuto lasciare il Palazzo domani stesso e starmi lontano per il resto delle nostre vite, senza mai mettere piede nella Valle della Pace, senza mia più cercarmi, senza mai più contattarmi. Lui tentò di opporre resistenza, ma dovette cedere. Era un vile ed un codardo, e per quanto il suo orgoglio fosse stato ferito, reputò più saggio non sfidarmi ancora. Se ne andò il giorno dopo, senza più degnarmi di uno sguardo, e dentro di me pensai davvero che non l’avrei mai più rivisto e giurai a me stessa di non essere più così debole, di non farmi ingannare un’altra volta.” terminò, stringendo con tanta forza i pugni da conficcarsi gli artigli nelle carni.

Il panda era semplicemente senza parole. Non sapeva cosa dire, cosa fare. Quello. . . tutto quello . . . era molto peggio di quanto avesse immaginato. Non poteva credere che al mondo esistesse qualcuno di così crudele, di così meschino come quell’essere. Come aveva osato? Come aveva potuto prendersi gioco di Tigre, ingannarla, usarla, violarla, tradirla in quel modo? Come?

“Deve averti fatto molto male.” sussurrò con voce soffocata, riuscendo solo lontanamente ad immaginare la rabbia ed il dolore di Tigre e comprendendo finalmente perché avesse voluto tenerglielo nascosto per tutto quel tempo.

La felina si limitò ad annuire “All’inizio sì, più di quanto mi piaccia ammettere. Ma adesso, la cosa che mi fa più dolore è il fatto che quel dannato abbiamo coinvolto anche te nella sua rivincita.” rispose, alzando finalmente lo sguardo di fuoco, schietto ed ardente, per incontrare il suo.

Questi occhi . . . come ha fatto a guardare in questi occhi ed osare mentirle?

“Ma perché è tornato a cercarti? Perché ti ha chiesto di sposarlo?” chiese, sputando quell’ultima parola come se fosse veleno, e forse, in cuore suo, lo era.

Lei si strinse appena nelle spalle “Ha detto che l’Imperatore stava morendo e lui si stava preparando per l’ascesa al trono, ed al suo fianco voleva una moglie, una donna che legittimasse la sua casata e garantisse la sua discendenza. Ha detto che mi voleva come sua compagna. Ha detto che era pentito delle sue azioni, ma che i suoi sentimenti adesso erano sinceri ed era pronto a dimostrarmelo.” spiegò, con tono piatto e gelido.

Al guerriero si fermò il respiro “E tu credi davvero . . . ?” si bloccò, incapace di continuare.

“No, non sono così stupida.” ribatté decisa, scuotendo la testa con forza “Mi ha ingannata una volta, non gli avrei mai permesso di riuscirci una seconda. Voleva solo vincere una partita mai finita, conquistare l’unica persona che non era riuscito a far cedere. Collezionare un ultimo cuore con una mossa assoluta.”

“Ma addirittura costringerti a sposarlo per una semplice rivincita?” insistette, incapace di concepire una cosa del genere.

Lo sguardo di Tigre si indurì ed al contempo si infiammò “Per lui non era semplicemente una rivincita.” chiarì, respirando a fondo per mantenere il controllo “Avrebbe ottenuto la vittoria che tempo prima gli avevo sottratto e che ancora adesso desidera fortemente. Avrebbe ottenuto l’unica donna che non era riuscita a conquistare, e per sempre. Avrebbe avuto potere su di me, che avevo osato oppormi a lui. Io l’ho umiliato, ed una volta sposati lui avrebbe umiliato me, privandomi del kung fu, costringendomi ad una vita che non mi apparteneva, controllando la mia esistenza, dirigendo le mie giornate e le mie scelte. Sposare qualcuno è un gesto di potere e possesso, Po. E quelli come lui amano il possesso, soprattutto quando riesco ad ottenerlo nei confronti di persone più forti di loro.” esitò appena, prima di continuare con tono duro “Ed all’epoca lui era veramente attratto da me, almeno a livello fisico. Non ha mai recitato, sotto quel punto di vista. Per cui, un matrimonio gli sarebbe stato più che gradito. Sarebbe stato il solo a poter avere pretese su di me. Sarei stata sua, in tutti i sensi, per sempre. Quando si sarebbe stancato di me, avrebbe avuto le sue concubine, e ogni tanto sarebbe tornato a reclamare i suoi diritti nel talamo. Un affare più che vantaggioso, per lui e quelli come lui.”

“È . . . orrendo.” fu tutto quello che riuscì a dire Po, il cuore stretto dall’odio e dalla rabbia e la mente piena di immagini orribili che non riusciva a scacciare.

La ragazza si limitò ad annuire, i pugni che si stringevano con ancora più forza “Lo so. Quando mi sono rifiutata, ha provato a ricattarmi. Ma non con la mia vita o la mia sicurezza, no. È stato molto più fine, molto più delicato. Lui mi conosce. Sa che le cose a cui tengo di più sono la vita e la sicurezza di chi amo. Sa che per avermi in pugno basta prendere di mira le persone che mi porto nel cuore. E ha voluto colpire te.” mormorò, lo sguardo oscurato e lontano, come se solo pensare quanto avesse rischiato di perderlo per sempre la uccidesse dentro.

“Perché proprio me?” domandò, un dubbio inspiegabile che lo tormentava ormai da ore “Perché ha puntato me? Nemmeno mi conosceva, prima di quel momento.”

Tigre si morse appena le labbra, ripensando a ciò che Shen Te aveva detto, alle sue accuse inaudite, a quelle parole che, nonostante tutto, non era riuscita a scacciare dalla mente nemmeno per un momento .

‘Ti ho osservata attentamente, in questi due giorni. Ti ho vista, con quel panda che fate passare per un guerriero. Ho notato il modo in cui vi guardate, in cui vi toccate. Ho osservato come tremi impercettibilmente quando le vostre zampe si sfiorano o lui ti stringe tra le sue braccia. Ho visto il modo in cui riesce a farti ridere, come ti fa illuminare, e come ammira incantato la tua luce. Il vostro è un sentimento bello, eppure così fragile, come tutte le cose proibite. ‘

Come poteva dirgli che lui credeva . . . credeva che loro due . . .

 ‘La ribelle Lien alla fine ha trovato il suo Loto, non è così?’

La maestra si costrinse a scuotere la testa, rinchiudendo quei sussurri gelidi ed ardenti insieme dentro di sé, più in profondità e lontani dal suo cuore possibile “Non è importante.” Si limitò a dire, facendo uno sforzo immane per apparire fredda e controllata come sempre “Fatto sta che ha puntato te e, prima che potessi fare qualcosa, sei arrivato tu, servendoti su un piatto di argento.”

Il giovane impallidì, portandosi una zampa dietro l’orecchio e grattandosi, teso. “Ops.“ Fu tutto quello che riuscì a dire.

“Sì, ops.” ripeté lei, molto semplicemente e con un pizzico di amarezza.

“Mi dispiace, davvero.” si affrettò ad aggiungere, il cuore che gli faceva male alla consapevolezza di quello che aveva fatto, seppur inconsapevolmente “Se avessi saputo . . .”

Tigre notò il suo dolore, e le fece male più del ricordo di quella sofferenza mai del tutto scomparsa. “Non è stata colpa tua.” negò, decisa e lanciandogli uno sguardo sincero che valeva più di mille parole “Sei salvo e lontano da lui, ed è questo tutto quello che conta.”. Si rabbui nuovamente,  abbassando gli occhi sulle sue zampe strette a pugno “Se tutto questo in qualche modo ti ha . . . deluso, ti chiedo scusa. Ero giovane, e sono stata stupida e debole.”

Po aggrottò la fronte, per poi affrettarsi a ribattere “Perché mai avrebbe dovuto deludermi? Un ragazzo crudele ha provato a giocare con te e con i tuoi sentimenti, e tu non solo sei riuscita a tirarti via in tempo dalle sue grinfie, ma sei anche riuscita a tenergli testa e a metterlo in riga. Semmai, adesso ti ammiro più di prima. Insomma, hai minacciato il principe ereditario dell’intera Cina!” esclamò, con un piccolo sorriso “Dubito che un’altra, al tuo posto, sarebbe riuscita a comportarsi allo stesso modo.”

La felina quasi non sentì nemmeno le sue parole e strinse con più forza le zampe, cercando di scacciare l’amarezza “Ero una ragazzina che credeva ancora in stupidaggini come l’amore. Una stupida che credeva di essersi innamorata.” sbottò, la voce piena di rimprovero per se stessa.

Sentirla parlare in quel modo lo ferì ancora di più, e le parole gli uscirono dalle labbra senza che potesse fare nulla per controllarle “Eri una ragazzina, è vero, e tutti facciamo delle stupidaggini, da ragazzini. Ma credere nell’amore non è una stupidaggine. È tutto, tranne che una stupidaggine per ragazzini. Sperare di trovare qualcuno che ci accetti per quello che siamo, che scelga i nostri demoni così come i nostri giorni di sole è qualcosa di grande, di importante, e di speciale. Hai avuto la sfortuna di incontrare un bastardo che ha provato a fingere tutto questo, senza crederlo davvero, ma sei stata capace di riconoscerlo e di ribellarti, e questo è tutt’altro che il comportamento di una ragazzina stupida e debole. Piuttosto, è la prova di quello che sarebbe diventata la ragazzina da grande, ovvero una giovane donna intelligente, onorevole e forte, più forte di qualsiasi cosa.” disse con decisione, per poi prendere delicatamente le zampe chiuse di lei e stringerle con dolcezza tra le sue “La giovane donna che ho davanti e che dovrebbe andare fiera delle sue cicatrici, anche e soprattutto di questa, perché l’hanno resa ciò che è ora.” sussurrò, sfiorandole le dita serrate con i pollici, in un movimento lento e rassicurante.

La guerriera alzò appena lo sguardo, rassicurata da quel tocco leggero e già familiare e dalle parole sicure di lui, parole che non credeva del tutto di meritare, ma che in quel momento facevano bene al suo cuore ferito più di qualsiasi medicina.

Po sfiorò i suoi occhi color del fuoco e poi le loro zampe unite, mentre la sua anima si stringeva nel ricordare quella zampa, colpevole di aver aperto una ferita inguaribile nell’anima di lei, attendere la sua come se le appartenesse e le sarebbe appartenuta per sempre. Si morse l’interno della guancia, prima di mormorare, con voce incerta e piena di un timore che non riusciva a tenere segreto “Tu . .  tu non  l’amavi davvero, no?”

Tigre aggrottò la fronte, presa alla sprovvista da quella domanda posta in tono terrorizzato e speranzoso insieme, e dopo qualche secondo di silenzio che parve un’eternità si ritrovò a sussurrare piano, come se avesse paura di fare un passo falso “No.” negò, molto semplicemente, e nel vedere la luce negli occhi di giada di lui riaccendersi continuò a parlare, guidata da un istinto misterioso “Credevo di amarlo, come ti ho già detto, ma non era così. Quello che provavo per lui era semplice attrazione, una cotta stupida ed insensata. Con lui non mi sono mai sentita come dovrebbe sentirsi un innamorato. Non mi sono mai sentita accettata in ogni mio aspetto, speciale nonostante ogni mio sbaglio ed al sicuro solo quando i suoi occhi incontravano i miei. Non mi sono mai sentita come . . .” si bloccò, imprigionando nella gola parole di cui non conosceva l’origine né il suono, ma che sapeva di non poter pronunciare. “Ma questo prova solo quanto io sia stata un’ingenua a credere che potessi davvero piacergli senza secondi fini.” si affrettò a dire con tono freddo, cambiando argomento così rapidamente da lasciare l’altro spiazzato.

“Non è vero.” ribatté in fretta  “A tutti piace piacere. È una cosa naturale. Non che io abbia qualche esperienza in merito, comunque.” aggiunse, lanciando uno sguardo critico alla sua pancia “Sono sempre stato troppo grasso per piacere a qualcuno.”

“È per questo che ti sei messo a dieta?” domandò schietta la felina, prendendolo alla sprovvista.

Il panda sobbalzò, alzando gli occhi di colpo su di lei  “Cosa? C-come lo sai?” borbottò, incredulo. Non pensava che l’avesse notato. Pensava che nessuno l’avesse notato, in tutto quel tempo.

La ragazza alzò appena un sopracciglio, come a chiedergli in silenzio se pensava veramente di poterle tenere nascosto qualcosa “Pensavi davvero che non me ne fossi accorta?”.

“Beh, sì..?” borbottò, arrossendo appena e sentendosi improvvisamente allo scoperto e nudo di fronte a lei.

La giovane si limitò ad alzare gli occhi al cielo, come se solo l’idea di non poter notare una cosa del cenere le suonasse ridicola “Tuo padre lo sa?” chiese poi, con un pizzico di gentilezza in più nel notare il suo imbarazzo.

“Come potrebbe? Ci siamo rincontrati da nemmeno due giorni!” esclamò, stringendosi nelle spalle.

Alla maestra sfuggì una risata mista ad un sospiro “Po, sto parlando del signor Ping. Tuo papà l’oca, hai presente? Basso, ansioso, ossessionato dal cibo e terrorizzato dal pensiero che tu possa non magiare abbastanza quanto da quello che tu possa ferirti in combattimento.” gli spiegò, con l’accenno di un sorriso.

“Ah, ecco.” fece l’altro, mordendosi un labbro nel rendersi conto di aver pensato automaticamente a Li Shan e non a Ping  “Sì, e dice che è una cosa stupida.”.

“Ha ragione.” concordò la guerriera, cogliendolo ancora una volta alla sprovvista “Tu non devi cambiare per piacere a qualcuno, Po. Tu sei tu e non devi permettere a niente e a nessuno di cambiarti. Le persone che davvero ti meritano ti vogliono bene per quello che sei, per il tuo cuore, il tuo sorriso, il tuo coraggio e la tua gioia di vivere. È questo a renderti affascinante agli occhi di chi ti ama, non il tuo aspetto fisico.” sussurrò, con gli occhi di fuoco che bruciavano.

Quelle parole gli tolsero il fiato, ma dopo tutto quello che aveva passato a causa del suo aspetto fisico e del pregiudizio altrui gli sembravano solo belle e vuote consolazioni, meravigliose quanto irreali “Facile dirlo, per te.” borbottò, senza quasi rendersi conto di quello che stava dicendo “Tu non hai bisogno di cambiare. Sei bellissima.”

Dei, sei perfetta.

Tigre sbatté appena le palpebre, presa alla sprovvista da quel complimento inaspettato e dal tono in cui era stato pronunciato. Ma anche lei aveva le sue ferite e, esattamente come Po, quella parola che così poche volte era stata attribuita a lei, e mai con buone intenzioni, le parve priva di senso.

“Nessuno la pensa così, io per prima.” si limitò a commentare, non senza un pizzico di malinconia di cui nemmeno lei era consapevole.

“Shen Te lo pensava eccome e lo pensa ancora, a giudicare da come ti divorava con lo sguardo.” ribatté senza esitare il Guerriero Dragone “E lo penso anche io.”.

Po, ma sei impazzito?

Le guance della combattente si colorarono appena di rosso, mentre lei abbassava appena lo sguardo confuso sulle loro zampe, ancora unite “Io . . .” sussurrò, senza sapere cosa dire.

Il panda si rese finalmente conto di quello che aveva detto e, in preda al panico, si alzò di scatto e si sottrasse a quel tocco, che in quel momento gli bruciava sulla pelle come fuoco puro.

“C-credo che lo aspetterò fuori.” borbottò, cercando una scusa qualunque per allontanarsi “Li Shan, intendo. È quasi ora. Gli parlerò. “

La ragazza si limitò ad annuire, incapace di parlare, le guance ancora rosse, ed il ragazzo indietreggiò un po’, per poi bloccarsi quasi contro la sua volontà. “P-Posso chiederti un’ultima cosa?” mormorò, tormentandosi le dita.

“Dimmi.” rispose lei, con la voce appena un po’ strozzata.

Il guerriero prese un profondo respiro, prima di parlare “Quindi voi due non vi siete mai, insomma. . .b-baciati?”

Tigre parve sorpresa da quella domanda e ci mise un po’ per rispondere, lasciandolo sospeso sul baratro “No.”.

A quella negazione, per un attimo, Po sembrò emettere, suo malgrado, un sospiro di sollievo, e quasi si perse il resto dalla sua risposta.

“Ha provato a rubarmi un bacio tante volte, ma io mi sono sempre tirata indietro, come ti ho detto. Ne sono felice, ora. Probabilmente, se avessi ceduto, non me lo sarei mai perdonata.” sussurrò la felina, il volto che si scuriva ogni parola di più.

“Per quel fatto del bacio che rende vincolante un fidanzamento . . .?” chiese piano il panda, ricordando quello che le aveva raccontano sulle tradizioni delle Tigri dell’Est.

La maestra annuì “Sì, a causa del valore che gli diamo un bacio può corrispondere ad una promessa di matrimonio. Se gli avessi permesso di baciarmi ed avessi risposto, lo avrei legato per sempre a me. Avrebbe potuto fare pretese sulla mia vita e le mie scelte. Sarei stata costretta ad accettare la sua ‘proposta’. Ma non è solo questo.” Si fermò, come a cercare le parole più giuste per esprimere quello che voleva dire “Per noi tigri, un bacio è più di un semplice contatto fisico. Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre. Quando viene ricambiato, due anime vengono unite per l’eternità. È un legame sacro, che non può essere creato alla leggera. Non per noi. E, soprattutto, non per me. Pensare che avrei potuto legarmi a lui in quel modo mi fa semplicemente venire i brividi.” chiuse gli occhi, come a voler scacciare un’orribile immagine dalla testa, ma il panda quasi non se ne accorse, perso com’era dietro le sue parole e dai movimenti delle sue labbra.

“I-io . . . capisco.” borbottò, mordendosi le sue, di labbra “Sono contento, allora, che tu non l’abbia mai . . . mai  . . .” si bloccò, incapace di continuare “Ora vado. Io . . . aspetto Li . . . Li Shan qua fuori . . .”

Prima che la felina potesse riaprire gli occhi od anche solo rispondere qualcosa, Po corse fuori.

Chiuse la porta di botto dietro di sé e continuò a correre ed a correre, senza aspettare Li Shan. Non gli avrebbe parlato; non in quel momento, almeno.

Corse in mezzo alla neve, cercando di cancellare dalla propria mente il sollievo che aveva provato quando Tigre gli aveva confessato di non amare Shen Te, di non averlo mai nemmeno baciato.

‘Credevo di amarlo, come ti ho già detto, ma non era così. Quello che provavo per lui era semplice attrazione, una cotta stupida ed insensata. Con lui non mi sono mai sentita come dovrebbe sentirsi un innamorato. Non mi sono mai sentita accettata in ogni mio aspetto, speciale nonostante ogni mio sbaglio ed al sicuro solo quando i suoi occhi incontravano i miei. Non mi sono mai sentita come . . .’

Corse per dimenticare le sue parole sul significato di un bacio, il modo in cui l’aveva paragonato ad un giuramento, giuramento che avrebbe voluto pronunciare con tutto se stesso, almeno una volta.

‘Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre.’

Corse per ricordare a se stesso il giuramento silenzioso che le aveva già fatto una volta, giuramento ben diverso da quello, giuramento che lo stava uccidendo dentro.

‘Adesso ho capito, Tigre, e sappi che non mi tirerò indietro. Non ti lascerò sola a lottare contro i fantasmi del tuo passato. Io non ti lascio. Sappilo. Non ti libererai di me, perché io . . .’

Corse per convincersi che no, lui non avrebbe mai voluto sostituirlo con un’altro, un giuramento fatto di labbra che si sfioravano e di problemi dimenticati e di emozioni finalmente non più nascoste.

‘Io. . . io ti amo.’

Corse per scacciare dalla propria mente l’immagine di Tigre tra le sue braccia, le loro bocce che si sfioravano, timide ed esitanti, la sensazione delle proprie labbra che assaggiavano le sue, tesoro proibito del paradiso.

Ti amo, ma tu non dovrai mai saperlo. Non potrai mai saperlo.

Cadde in mezzo alla neve, con il cuore in mille pezzi, tenendosi il volto e trattenendo singhiozzi misti a gemiti, il linguaggio di un cuore innamorato trafitto dall’impossibilità del proprio sentimento.

 “Io non posso, non posso!” urlò al cielo con voce strozzata, mentre la sua anima sanguinava per ferite aperte che non riusciva a far diventare cicatrici “Non posso . . .”

Tigre . . .

 

 

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 – Fiore proibito Prima parte ***


 

Capitolo 35 – Fiore proibito Prima parte

 


 

 

Quando ami qualcuno, questo qualcuno diventa parte di ciò che sei. E’ in tutto quello che fai. E’ nell’aria che respiri, nell’acqua che bevi, nel sangue che ti scorre nelle vene.

Il suo tocco ti resta sulla pelle, la sua voce ti resta nelle orecchie, i suoi pensieri ti restano nella mente.

Conosci i suoi sogni perché quelli brutti ti trafiggono il cuore e quelli belli sono anche i tuoi.

E non pensi che sia perfetto, ma conosci i suoi difetti, la verità profonda dentro al suo cuore, le ombre di tutti i suoi segreti, che però non ti spaventano: anzi, te lo fanno amare ancora di più, perché tu non vuoi la perfezione.

Vuoi quella persona.

- Signora della Mezzanotte

 

 

“La vita non è un castello di cristallo

e non verrà nessun eroe a dorso d’un cavallo

siamo fiori di loto in acque impetuose

avvolte da ombre oscure e impietose

costrette a sopportare fino alla morte

e a dover accettare la più crudele sorte”

 

Nella stanza buia tutto era in silenzio, tranne per una voce dolce che cantava piano, come se temesse di essere udita. Continuava a cullarla tra le braccia, avvolta dall’ombra, come se non contasse altro, in quel momento, se non loro e quella melodia sussurrata nella notte.

“Ce ne andremo via, lontano.”

Furono queste le parole della voce gentile, parole forti, decise, che sapevano di promesse e di giuramento.

Un momento di silenzio ed un’altra voce, bassa, esitante, si fece spazio nell’oscurità “Sei sicura? Davvero sicura?”

“Sì. So che non sarà facile, so che rischieremo tanto, ma dobbiamo farlo. Voglio che mia figlia possa vivere una vita serena, una vita sua. Voglio che abbia tutto quello che io non ho potuto ottenere.” Una carezza delicata le sfiorò la guancia, in un gesto sconosciuto eppure familiare allo stesso tempo ”Ed anche noi ci meritiamo un futuro migliore. Un posto dove non essere schiave, ma persone libere e reali. Un posto dove poter vivere in pace e lontane da queste catene, e dove insegnarle come spezzarle.”

Dopo quelle parole, la voce dolce riprese il canto, stringendola più vicina al suo cuore colmo di battiti e di speranza.

 

“E’ difficile, lo so, ma bambina

tu devi essere la tua stessa eroina

non farti dominare, né spezzare

sii forte e fai sempre brillare

la luce che loro vogliono rubare”

 

“Dobbiamo partire, Mei Te.”

Era affaticata, la voce dolce. Affaticata, stanca e spaventata. Non l’aveva mai sentita così spaventata. Era tutto avvolto nella nebbia, ma riuscì comunque a vedere nei suoi occhi di fuoco il riflesso dei propri timori, delle esitazioni, degli incubi che non volevano abbandonare le sue notti e la sua anima.

La voce bassa se ne rese subito conto. Lei si rendeva sempre conto di tutto, e anche questa volta le ci volle meno di un respiro per capire.

“Lo so, ma sei ancora troppo debole. Dobbiamo aspettare.”

“Non possiamo aspettare. Stiamo solo sprecando tempo, qui.”

C’era durezza nel suo tono, una durezza che spaventò lei, ma non la giovane dalla voce bassa.

“Non stiamo sprecando tempo. Non possiamo partire con te ridotta in queste condizioni. Se tu morissi lungo la strada, cosa pensi che accadrebbe? Lasceresti tua figlia da sola al mondo. Sola, in mezzo ad ombre pronte a ghermirla. E non puoi permettere che una cosa del genere accada. Ha bisogno di te, e lo sai.” ribatté, con una sicurezza ed una serietà tali che fecero sobbalzare e tremare per un attimo gli occhi di fuoco dell’altra, per poi strapparle dopo qualche momento di silenzio un piccolo sorriso dal volto pallido.

“Non morirò. E anche se dovesse succedere, lei avrà te.”

La rassicurò la voce dolce, per poi stringerla in un abbraccio inaspettato, un abbraccio che sapeva di affetto, amicizia, lealtà.

Gli occhi di ghiaccio dell’altra, stupiti ed increduli, si riempirono di lacrime e tutto quello che riuscì a fare fu chiuderli e lasciarsi andare a quell’abbraccio che mai avrebbe pensato di meritare e, soprattutto, di ricevere.

 “Oh, Yong . . . “

L’ultimo, prima della fine.

 

“Anche nel buio, io ti amerò

e da tutto ti proteggerò

veglierò su di te

sacrificando me

anche quando paura avrai

non ti abbandonerò mai”

 

Un urlo attraversò l’aria, cancellando ogni cosa, cambiando tutto, per sempre.

Un urlo che non avrebbero mai dovuto sentire.

“Sta arrivando, Yonggang, sta arrivando!”

Passi veloci, porte che sbattevano, battiti accelerati.

Tutto divenne fretta, rosso, sangue, urla e lacrime soffocate, mentre le ultime parole della ninna nanna restavano sospese nel vento urlante, preghiere mai ascoltate da Dei freddi quanto crudeli.

Dammela, Yonggang.”

Un lampo illuminò la stanza rossa, ma tutto quello che riuscì a vedere furono gli occhi di fuoco, colmi di forza e coraggio, sfidarne un paio di ardente oro fuso.

“Per permetterti di cancellarla come se non fosse mai esistita?” la voce dolce si oppose con forza, combattendo con ogni singola sillaba, decisa a non cedere, a non perdere, non quella voltaMai.”

Grida strazianti attraversarono all’improvviso il cielo e la fecero tremare, stretta contro il petto ansante della giovane dalla voce bassa e dal volto pieno di terrore.

Il suo piccolo cuore, inspiegabilmente, smise per un attimo di battere.

 

“Anche se me ne andrò, in te resterò

guarda nei tuoi occhi, lì io sarò

e nella tua anima, per sempre . . .”

 

La melodia si spezzò, e stavolta per sempre.

 

La guerriera si mise a sedere di scatto, ansimando e con la gola che le faceva male per le lacrime trattenute a stento. Si portò le zampe al petto, sentendo sotto i palmi il battito accelerato e ferito del proprio cuore, mentre le sua pelle bruciava e gli occhi le pizzicavano, incapaci di vedere, troppo oscurati dai frammenti solitari del suo incubo che non volevano svanire.

Una zampa gentile si strinse attorno al suo braccio, facendola sobbalzare, e la ragazza si voltò spaventata verso di essa, nelle orecchie ancora l’eco delle urla e di quella ninna nanna spezzata.

“Tigre, è tutto a posto. Va tutto bene. “ mormorò rassicurante una voce bassa, familiare, riuscendo a strapparla dalla tempesta che la stava travolgendo, seppur per qualche fragile momento.

Sbatté le palpebre, lottando per scacciare quei riflessi che non volevano abbandonarla, e la prima cosa che vide quando sfuggì alle ombre fu il viso preoccupato di Shifu, che brillava in mezzo a quelle tenebre con i suoi luminosi occhi di ghiaccio.

“Baba . . .?” sussurrò quasi senza rendersene conto, tentando di recuperare la voce, che le uscì più spaventata e soffocata di quanto avrebbe voluto.

Il piccolo maestro annuì, accarezzandole delicatamente il braccio in lente carezze “Sono qui. Sei al sicuro.” le disse, tentando di rassicurarla come meglio poteva, incapace di vederla in quelle condizioni.

Tigre respirò profondamente e chiuse gli occhi, cercando di riprendere fiato e controllo di sé.

Un sogno. E’ stato solo un sogno. si ripeté mentalmente, come faceva ogni singola notte, quando finalmente riusciva ad acquisire  un po’ di lucidità ed a rendersi conto della realtà. Solamente un sogno.

Ma non era vero. Non era solo un sogno. E, dentro di sé, lo sapeva fin troppo bene.

La voce di Shifu la raggiunse nuovamente, gentile ma invadente, ripetendo quella domanda a cui non voleva né poteva rispondere, e che temeva più di ogni altra cosa “Cos’hai sognato?”.

A quelle parole, si costrinse a rinchiudere nell’angolo più nascosto della propria anima i fantasmi che continuavano a urlare e quella melodia che non sarebbe mai stata completata, lottando contro quel terrore antico dalle radici fatte d’ombra. Quando finalmente riaprì gli occhi, il suo volto era vuoto, privo di emozioni e sentimenti, protetto da quella maschera che si era costruita negli anni e che ormai riusciva ad indossare con una facilità ed un’abilità disarmante.

“Nulla.” rispose, il tono freddo e piatto di chi non ha niente da dire, perché tutto è andato perduto tanto tempo prima.

Il piccolo panda la guardò come se lo avesse appena pugnalato al cuore “Xiao . . . “ mormorò, una parola che era una richiesta, una preghiera, una supplica, mentre i grandi occhi gelidi si colmavano di dolore per l’ennesima volta.

La felina dovette far violenza su se stessa per non cedere, per non abbracciare suo padre più forte che poteva e dirgli tutto senza nascondergli più nulla, come una volta, quando era così piccola da pensare che lui avrebbe potuto proteggerla da tutto. Ma ora era cresciuta e c’erano troppi segreti, troppi pericoli, troppi veli attraverso cui non riusciva ancora a guardare. E fino a quando non ci sarebbe riuscita, non poteva permettersi di trascinarlo con sé nel suo mondo di ombre. Adesso era lei a doverlo proteggere.

“Nulla.” insistette, addolcendo appena la voce “È solo il veleno. Lo sapete.”.

Non convinto, ma incapace di strapparle altro, il maestro dovette limitarsi a sospirare. “Sai che puoi parlarmi di ogni cosa, vero?” chiese, anche se non si aspettava quasi una risposta. Forse se lo meritava. Forse si meritava che lei fosse così riservata con lui, ancora adesso. Non poteva fargliene una colpa. Ma quanto, quanto faceva male.

A Tigre si strinse il cuore, nel vedere quelle ferite aprirsi un’ultima volta, e non poté fare a meno di allungare una zampa per sfiorare la sua in un gesto fugace ma reale. “Sì, maestro.” mormorò, per poi costringersi ad aggiungere l’ennesima, sporca bugia. ”Ma non è nulla. State tranquillo.”.

Quanto faceva male, dover continuare a mentire.

 

~~~~΅΅~~~~


Po si stiracchiò appena, osservando il sole pallido che salutava con i suoi timidi raggi le nuvole e tremando appena mentre il vento frizzante gli sfiorava la pelliccia bianca e nera. Era il primo giorno soleggiato dalla settimana scorsa, quando Tigre gli aveva rivelato la verità su Shen Te, e non poteva fare a meno di sentirsi fiducioso alla vista del sole. Chissà, forse quella giornata appena un poco luminosa avrebbe portato con sé qualche novità, finalmente.

Con uno sbadiglio, chiuse la porticina della piccola capanna dove passava la notte e, senza nemmeno preoccuparsi di mandare giù un boccone di cibo per colazione, fece per andare verso la minuscolo casetta accanto alla sua, dove Tigre passava la notte, controllata dallo sguardo vigile di Shifu.

Non ebbe il tempo di percorrere nemmeno metà strada però, che un’improvvisa zampa nera lo afferrò per il braccio, fermandolo prima che potesse rendersene conto. Il Guerriero Dragone si voltò, i pugni chiusi come se fosse pronto a lottare contro un’orda di nemici, ma la persona che l’aveva fermato era solo un vecchio panda dal volto preoccupato e grandi occhi color giada, esattamente come i propri.

Suo padre.

“Piccolo Loto . . .”

Po si irrigidì appena, ma tutto quello che fece fu strattonare il braccio per sottrarsi a quella presa e distogliere lo sguardo, puntandolo nuovamente sulla piccola casetta a pochi passi da lui. L’ultima cosa che voleva in quel momento era discutere con quell’uomo, ma si era ripromesso di comportarsi in maniera civile, per quanto la rabbia glielo permettesse.

“Come sta?” disse, senza preoccuparsi di specificare di chi stesse parlando. Dopotutto, quella persona era l’unica ragione per cui gli rivolgeva ancora la parola, nonostante il suo fermo proposito di ignorarlo.

Il volto di Li si incupì, ma rispose comunque, da curatore competente qual’era “Meglio. È ancora debole, ma le sue condizioni sono stabili. Può iniziare a muoversi un po’, uscire dal letto, camminare per la stanza. Se riesce a farlo senza complicazioni, tra tre giorni potrà iniziare ad uscire.” spiegò, ripetendo le stesse parole che aveva rivolto al piccolo maestro, appena una decina di minuti prima, durante il controllo mattiniero.

Il guerriero non poté reprimere un sorriso, felice com’era di quella notizia “Perfetto.” commentò, per poi fare appena un passo in avanti “Allora, io vado da lei.”.

“Figliolo, aspetta.” lo fermò il capo villaggio, il volto serio e la voce quasi supplichevole. Po strinse i pugni, ma si costrinse a rimanere dov’era, nonostante avrebbe solamente voluto andare via, lontano, e non dover restare lì un momento di più. Il panda sembrò sorpreso da quel gesto, ma si affrettò a farsi un po’ più vicino al figlio ed a continuare a parlare “Sono quasi sette giorni che continui ad evitarmi, se non per chiedermi di lei, e non riesco a capire il perché.”.

Questo fece scattare il maestro di Kung fu, che si voltò con malcelata urgenza verso di lui, gli occhi di giada che lanciavano lampi di rabbia “Ah, davvero? Non riesci a capire?” ripeté quasi con furiosa ironia, per poi tentare di riprendere, seppur parzialmente, il controllo almeno del suo tono, rendendolo di ghiaccio “Hai insultato Tigre. Hai insultato la mia migliore amica di fronte a me, arrivando quasi a negarle il tuo aiuto. Ecco, il tuo perché.”.

Li Shan parve genuinamente sorpreso, e questo indispettì ancora di più il ragazzo “È per questo?” sussurrò quasi tra sé, per poi scuotere appena la testa, quasi dispiaciuto “Figlio mio, tu devi capire . . .” gli poggiò una zampa sulla spalla, come se fosse un bambino piccolo incapace di comprendere “Forse non lo sai, essendo cresciuto lontano dalla tua gente, ma la realtà è che . . .”

“I panda e le tigri sono nemici.” lo interruppe, non volendolo sentire nuovamente quelle parole, per lui tanto odiose ed insensate “Lo so, me l’ha detto lei stessa. Ed allora? Io e lei non lo siamo.” ribatté, come se fosse la cosa più naturale e semplice del mondo “Noi due siamo cresciuti lontani dalle nostre rispettive famiglie, ci siamo trovati e ci siamo legati. Siamo compagni di avventura e di combattimento, e soprattutto siamo amici.”

Il vecchio lo guardava con fare dubbioso, come se non potesse credere che lui pensasse davvero qualcosa del genere. Poi, fece un piccolo sospiro e gli strinse con più forza la spalla, come se volesse dargli sostegno mentre gli rivelava una crudele verità “Forse lei può essere cresciuta lontano dai suoi simili, può sembrare diversa, ma è e resta sempre una tigre. Una creatura che aspetta solo il momento opportuno per colpire. So che deve essere difficile per te capirlo, ma . . .”

Po si scostò con rabbia da lui, allontanandosi da quel tocco che lo faceva sentire quasi complice di quei giudizi crudeli “No, non mi è difficile. È impossibile. Come puoi dire una cosa del genere su di lei? Non la conosci nemmeno!” esplose, incapace di trattenersi oltre “Il tuo è solo uno stupido e crudele pregiudizio.”

“Pregiudizio?” ripeté con voce strozzata il genitore, come se stesse dicendo la più grande assurdità di tutti i tempi “Come puoi dire una cosa del genere? Tu, Loto, che dovresti capire più di tutti le mie parole. Tu, che porti il nome di un nostro antenato caduto a causa di Lien, una di loro. Tu, che sei sangue del mio sangue.” La sua voce si era tinta di accusa, delusione ed incredulità, e faceva male ascoltarla. Molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.

“Non mi importa di quello che è accaduto in passato.” ribatté “Non riguarda né me né Tigre.”

"Sì, invece." fu la gelida, fredda risposta di suo padre, che lo stava guardando come se avesse appena pronunciato la più grande delle eresie "Siamo scappati a Gongmen per sfuggire agli artigli delle tigri, anni fa. Volevano ucciderci tutti in un ultimo, crudele attacco e l'avrebbero fatto se tuo nonno non avesse avuto l'idea di rifugiarci nell'Ovest. E' stato a causa loro, del suo popolo, se siamo finiti tra le grinfie di Shen ed io ho perso tua madre per sempre.". la rabbia nella sua voce e nei suoi occhi andò a sfumare in un dolore sordo, che nonostante tutti gli anni passati non si era attenuato, ma anzi era cresciuto respiro dopo respiro "E non voglio perdere anche te. Soprattutto ora che ti ho ritrovato." sussurrò, sfiorandogli il viso in un timida carezza, a cui il figlio perduto non ebbe la forza di sottrarsi.

Solo quando le sue dita affettuose si furono allontanate dalla propria pelle, il giovane riprese ostinato, seppur con più delicatezza, a parlare “Ma lei non centra con tutto questo. Tigre è innocente e mi è stata vicina quando ho scoperto il mio passato. È quasi morta per me. È la mia migliore amica e mi ha reso quello che sono. Le voglio bene più di chiunque altro al mondo. Non mi farebbe mai del male.” sostenne con forza, certo fino in fondo all’anima di quello che stava dicendo e che la sincerità delle sue parole l’avrebbero convinto, una volta per tutte.

Negli occhi di giada del vecchio, allora, quel dolore scomparve, per lasciare spazio all’esasperazione e al fastidio, ben tangibili anche nella sua voce quando tentò di rimproverarlo, come se fosse solamente un cucciolo in vena di stupidi capricci, incapace di comprendere la realtà delle cose “So che la pensi così, ma lei è una tigre, e io non ho alcuna intenzione di vederti nelle sue zampe, né ora, né mai.”.

Quella durezza, quelle parole, quello sguardo spezzarono anche quel minimo di buona volontà che era rimasta dentro il ragazzo, lasciandogli solamente vuoto. Con un tono rabbioso che somigliava tantissimo ad un ringhio, Po si voltò, dandogli le spalle, e sibilò con una furia che mai avrebbe creduto di avere “Non voglio più sentire nemmeno una parola.”.

Li fece per avvicinarsi a lui e toccarlo nuovamente, confuso dalla sua reazione “Piccolo Loto . . .” lo chiamò piano, e ciò fece letteralmente esplodere il Guerriero Dragone, che si girò verso di lui con gli occhi di giada che bruciavano come non mai, e le sue stesse parole parvero prendere fuoco quando le sputò fuori come se fossero veleno.

“Il mio nome è Po. Po, non Piccolo Loto.” fu la sua risposta, furiosa, ardente, che non lasciava spazio più ad alcuna esitazione “Non sono più il cucciolo che girava con un pupazzetto tra le zampe e viveva sotto una capanna di vetro, bisognoso solo di protezione. Sono un uomo, adesso. Un guerriero.” Si portò una zampa al cuore, come a volergli mostrare dove nascondeva tutte quelle cicatrici collezionate nella sua vita, che lui pretendeva di ignorare come se non esistessero, come se il Po che aveva di fronte non fosse reale e stesse usurpando il posto del suo vero figlio. “Ho lottato, ho sanguinato, ho costruito la mia vita ed il mio destino con le mie zampe. Ho un mio passato e delle mie idee. Ho dei legami che tu non puoi pretendere di spezzare, perché mi hanno reso quello che sono ora. E mi piace la persona che sono, la vita che mi sono costruito e i legami che ho formato. Mi piace essere me, e nessuno può costringermi ad essere qualcun’altro, nemmeno tu.”

Fece ricadere la zampa, senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi che lo guardavano increduli e incapaci di capire “Mi dispiace, ma non posso tornare ad essere il figlio che hai perduto quella notte di tanti anni fa. Quel bambino è morto tra la neve e il sangue, ed al suo posto sono nato io.”

Prese un respiro, prima di pronunciare quelle ultime parole di fuoco che gli stavano bruciando dentro fin da quando aveva scoperto la sua vera identità.

“Po, non Piccolo Loto. Po.” ripeté, prima di voltarsi un’ultima volta sotto i raggi ormai scomparsi di un sole troppo pallido per riscaldarlo veramente e lasciarlo solo, con la consapevolezza di star perdendo suo figlio una seconda volta.

 

~~~~΅΅~~~~


Gru bussò piano alla porta della stanza di Vipera, attendendo paziente una risposta.

Solo quando un placido “Avanti” lo raggiunse, abbassò la maniglia mezza rotta e si affacciò alla piccola stanza, cercando la compagna con lo sguardo.

La serpentella era lì, raggomitolata su quel lurido letto da pochi soldi ad osservare il sole scorrere fuori dalla finestra. I suoi, di solito allegri e pieni di luce, erano persi nel cielo grigio, come se stessero cercando qualcosa di irraggiungibile.

Il guerriero si schiarì appena la voce “Ehi” disse, avvicinandosi alla compagna e fingendo un tono allegro “Di sotto hanno appena servito la colazione. È la stessa grigia e poco allettante poltiglia dei giorni passati, ma è sempre meglio di niente. Gli altri sono già tutti di sotto. Tranne Shang Chiang, ovviamente. Figurati se si fa vedere in giro, quello.”.

Rimase in silenzio per una manciata di secondi, prima di rispondere gentilmente “Ti ringrazio, ma per questa volta passo.”.

Il volatile sospirò e si mise accanto a lei, osservandola con uno sguardo preoccupato “Sei preoccupata per Tigre?” chiese, senza mezzi termini. Quando lui e Scimmia erano stati scoperti a discutere dell’argomento, erano stati costretti a dire ogni cosa agli altri due, seppur contro la loro volontà. Mantide, che non si era accorto di nulla, inizialmente non aveva voluto credere alle loro parole. Vipera, invece, era impallidita, ma non aveva detto nulla. Non c’era stato un gesto di stupore da parte sua, né di confusione; anzi, gli aveva vietato severamente di parlarne ancora, soprattutto quando Shifu sarebbe venuto a trovarli, o nelle vicinanze di Shang Chiang. E, da allora, si era chiusa in un mutismo praticamente completo, e nessuno di loro era riuscita a strapparle nemmeno una sillaba sull’argomento.

Nessuno, tranne Gru.

Vipera esitò, incerta se confidarsi o meno. Alla fine cedette, seppur a malincuore. “Certo che sono preoccupata per lei. Ma non per la ragione che credete voi.”.

L’amico aggrottò la fronte, confuso “In che senso?” insistette, non riuscendo a comprendere.

La maestra si voltò verso di lui, lo sguardo colmo di tensione e di timore a lungo tenuti nascosti per paura che si rivelassero reali. “Voi siete preoccupati che tra loro possa succedere qualcosa. Io so con certezza che sta già succedendo.” ribatté, la voce ferma di chi è ben consapevole delle sue parole “Basta guardarli per capirlo. Il mondo di Po gira intorno a Tigre, il suo cuore batte all’unisono con quello di lei. È la sua musa, la sua maestra, la sua dea. Sarebbe disposto ad ogni cosa per lei, e credo che ne sia consapevole, ormai. Credo che tutti, nonostante avessimo classificato il suo comportamento come una semplice cotta da ammiratore, dolce ma senza senso né futuro, l’avessimo in realtà intuito fin da subito. Ma va bene così, perché Po, da solo, non farebbe mai nulla che possa mettere in pericolo l’onore di Tigre o possa allontanarla dal kung fu. La ama troppo per essere tanto egoista.”

Nonostante tutto, un piccolo sorriso si formò spontaneamente sulle sue labbra, un sorriso intriso di malinconia, che subito svanì quando si costrinse a continuare.

“Il problema è che anche Tigre prova qualcosa per lui. Forse non se n’è ancora resa del tutto conto, ma è così, ed ogni giorno diventa più evidente. È iniziato pian piano, tanto da non suscitare sospetti né in lei né in nessun altro di noi, ma è diventato sempre più forte e chiaro. Qualcosa, nella dolcezza e nella dedizione di Po, l’ha toccata nel profondo. Ha iniziato a cambiare, anzi a tornare ad essere se stessa, quella se stessa che il mondo ha contaminato con il suo veleno, annullandola. Po, forse senza nemmeno sapere come, è capace di riportarla alla vita, di farla nuovamente respirare. Po riesce a far battere di nuovo il suo cuore. E credo che quel cuore, da lungo tempo stretto da catene troppo crudeli per essere sopportate, abbia scelto da tempo un proprietario.”

Allo sguardo confuso del compagno, la giovane riprese a parlare “Ancora lei non è consapevole, ma ogni cosa che fa, ogni gesto, ogni sguardo è sempre e solo per una sola persona. I suoi occhi lo seguono quando si muove, le sue emozioni di fuoco si acquietano solo quando lui è al suo fianco. È innamorata, ma ancora non lo sa. È accecata, accecata da anni di rigido autocontrollo, di crudele freddezza e di ferite mai rimarginate, e non riesce a vederlo. Ma io la conosco. La conosco meglio di quanto conosca me stessa.” C’era angoscia, nella sua voce, e dolore, e qualcosa che fece rabbrividire e spaventare il ragazzo allo stesso tempo “Non avrei dovuto aver bisogno delle vostre parole per capire che la loro non è una semplice infatuazione. Avrei dovuto capirlo dai primi segnali, su cui ho scherzato con tanta leggerezza e di cui non ho visto il vero valore. E forse una parte di me l’ha capito l’altra sera, quando l’ho vista crollare tra le braccia di Po, disposta a morire pur di salvarlo, o ancora prima, ma ha preferito ignorarlo, per paura del dopo. Perché è questo, che mi terrorizza più di ogni altra cosa. Il dopo.”

Chiuse gli occhi per un breve momento, quasi come se la consapevolezza delle sue parole le facesse male nel profondo “Il vero problema non è se sta succedendo qualcosa tra loro. Il vero problema è cosa sta succedendo. Se si fosse trattata di una cotta, di un’infatuazione, di qualcosa di passeggero, forse tutto questo sarebbe stato dolce, addirittura buono. Se fosse stato solo Po ad essere innamorato e dunque consapevole dell’impossibilità del suo sentimento, sarebbe stato crudele, ma privo di rischi. Ma non è così. Anche Tigre è innamorata, e sappiamo tutti quanto travolgenti siano le sue emozioni. È capace di nascondere qualsiasi cosa, ma non quello che prova nel profondo, non a chi tiene davvero. Per il momento, è salva solo grazie al fatto che non è ancora del tutto consapevole della natura dei suoi sentimenti. Ma, una volta che l’avrà capito, non sarà più capace di nasconderlo. Forse, non vorrà nemmeno nasconderlo, non se si renderà conto che Po prova per lei la stessa identica cosa, e sopporta lo stesso calvario. Forse, sarà Po a cedere, nel rendersi conto che il suo amore non è impossibile, che forse potrebbe davvero essere felice con la donna che ama. Forse, si verranno incontro nel limbo e decideranno di correre il rischio, di dare ascolto a quel fuoco che li strazia sempre di più, consapevoli del rischio di cadere nel baratro.”

Gru trattenne il fiato, sperando quasi di aver frainteso “Vuoi dire che . . . credi che loro due . . .”

Vipera sospirò profondamente “Sì. Credo che qualcosa del genere non possa essere evitato, né combattuto, né mascherato. È qualcosa di buono e puro, eppure troppo grande per permettergli di ignorare il proprio cuore e tenere duro. È un amore irrealizzabile ed impossibile, ma ormai i loro sentimenti sono troppo forti per essere soppressi. Si renderanno conto di amarsi, e in quel momento tutto sarà perduto. Non andranno contro il loro onore e i loro doveri, ma nemmeno contro il loro cuore. Non so cosa faranno, ma non permetteranno a niente e nessuno di porre fine a quello che è nato tra loro, non permetteranno che qualcosa possa strappare il loro fiore proibito. Ed è questo che mi preoccupa.”

Il guerriero esitò, senza sapere cosa dire “Come è possibile che non ce ne siamo resi conto prima?” chiese, la voce spezzata “Come abbiamo potuto essere così ciechi, e lasciare che si avviassero verso il baratro?”.

La giovane donna riaprì gli occhi, lucidi e colmi di dolore “Non lo so. Ma di una cosa sono certa.” Il suo tono si riempì di forza, la forza di una combattente disposta a lottare fino alla fine “Noi non lasceremo che cadano. E, se il baratro li reclamerà, cadremo con loro. Qualsiasi cosa accada, saremo al loro fianco fino alla fine.”

Gru la osservò in silenzio per lunghi, interminabili minuti, e poi, con solennità, annuì.

Sì, non avrebbero lasciato che delle regole ingiuste spezzassero due delle persone più importanti della loro vita. Non avrebbero lasciato che l’oblio prendesse Po e Tigre e li trascinasse via con sé, trascinandoli con le catene di un amore sincero, ma irrealizzabile. Sarebbero stati al loro fianco, a qualsiasi costo.

In fondo, questo significa essere una famiglia.

 

~~~~΅΅~~~~


Po aprì la porta della piccola casetta, ancora furioso con suo padre nonostante fosse passata ormai più di un’ora dalla loro lite, ma appena vide Tigre stesa nel letto guardare nella sua direzione ed accennare ad un sorriso, la sua rabbia svanì del tutto, lasciando posto solo ad una quieta serenità.

Si chiuse con delicatezza la porticina alle spalle, per poi praticamente precipitarsi al suo fianco, dove la sua solita piccola sedia lo aspettava paziente come ogni mattina.

“Come ti senti oggi?” chiese quasi a bruciapelo, studiando il suo volto e la sua fasciatura con occhi attenti ed ansiosi, ma non senza un pizzico di dolcezza.

La felina alzò per un momento lo sguardo al cielo, rassegnata a quella sua preoccupazione che, nonostante i giorni trascorsi, non accennava a diminuire. C’era voluto uno sforzo titanico per convincerlo a non passare ogni singola notte a vegliarla come Shifu ma piuttosto riposare nella casetta là accanto. Ma alla fine l’unico risultato era stato un Po più ansioso sera dopo sera, terrorizzato dall’idea che avesse avuto una ricaduta quando lui non era presente.

Poteva sembrare un po’ irritante, in realtà, ma alla maestra tutto questo –l’attenzione che le dedicava in ogni momento, la preoccupazione nei suoi occhi, il sollievo che gli illuminava il viso ogni volta che la vedeva- infondeva solo una sconfinata tenerezza. Anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.

“Buongiorno anche a te, eh.” borbottò ironica, scuotendo appena la testa “Bene, comunque. Posso iniziare a camminare.” aggiunse, non riuscendo a trattenere un piccolo, spontaneo sorriso all’idea di potersi finalmente alzare da quel dannato letto e ricominciare, seppur in parte, a tornare quella di prima. La Tigre che non aveva bisogno di essere tenuta d’occhio giorno e notte, la Tigre di cui nessuno si preoccupava, se non i nemici quando dovevano affrontarla in battaglia.

Il Guerriero Dragone, intuendo i suoi pensieri, non poté fare a meno di rispondere al sorriso, ma prima che potesse dire qualcosa una voce improvvisa si intromise, facendolo per un attimo sussultare.

“Sì, ma non devi sforzarti troppo.” intervenne severo Shifu, che fino a quel momento era rimasto in un angolo, a preparare la sua sacca ed osservarli in silenzio “Potresti avere una ricaduta, ed è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno, in questo momento.” la rimproverò appena, lanciandole uno sguardo inflessibile a cui si limitò ad annuire.

“Certo, maestro.”

Il vecchio studiò la figlioccia attentamente, come se volesse assicurarsi che avesse davvero compreso le sue parole. Non ne era del tutto convinto, ma sapeva di non poter fare altro, così chiuse la piccola sacca e afferrò il suo bastone, cambiando totalmente argomento. “Deve scendere in città. Sono già passati altri tre giorni, mi staranno aspettando.” spiegò, seppur a malincuore. Non si sentiva mai tranquillo a lasciare la sua pupilla in quel villaggio, nonostante in precedenza fosse andato tutto bene. Si voltò verso l’allievo e chiese, con il fare severo di chi sta affidando il proprio bene più prezioso ad un’altra persona e non è ancora del tutto certo della sua scelta “Terrai d’occhio Tigre al mio posto?”.

Po annuì, consapevole della responsabilità che si stava assumendo e ben deciso a non deludere quel padre che da così poco tempo aveva iniziato ad imparare cosa significa esserlo davvero “Certo, maestro. State tranquillo.”.

Shifu lo studiò per un ultimo, infinito secondo, per poi avvicinarsi alla figlia e sfiorarle il braccio in un gesto affettuoso a cui non era abituato, ma che comunque gli veniva naturale “Tornerò presto, Tigre. Promesso.”.

La ragazza annuì e sorrise, solo un piccolo, semplice sorriso, ma che ebbe l’effetto di rassicurare finalmente il genitore, e solo allora il panda minore riuscì a decidersi ad andare davvero.

Tigre seguì il padre con lo sguardo fino a quando fu uscito, quasi senza far rumore, e solo dopo che la porta si fu chiusa alle spalle si voltò verso Po e disse, con aria attenta di chi sa qualcosa che non dovrebbe sapere, ma non vuole ammetterlo “Ci hai messo di più del solito a venire, oggi.”.

 “Scusami. Ho. . . girato un po’ per la foresta. Avevo bisogno di distrarmi.” spiegò il panda, tentando con tutto se stesso di non pensare alla conversazione di poco prima con Li Shan.

La guerriera sembrava sorpresa da quella risposta “Credevo che stessi visitando il villaggio, in verità.”, ammise, studiando attentamente il suo viso.

“Uh?” fece sorpreso Po, aggrottando la fronte “Perché dovrei?”

Inclinò appena la testa, come se quella domanda fosse l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettata di sentire “Forse perché siamo in un villaggio pieno di panda?” rispose con un pizzico di sarcasmo, indicando con la zampa la piccola finestra della casetta.

“E allora?”

“E allora?” ripeté la felina, pensando quasi di aver capito male “Po, questa è, per quanto ancora tu non riesca a rendertene del tutto conto, quello che resta della tua vera famiglia. Questa è casa tua.”  

Quella risposta, in qualche modo, ricordò al Guerriero Dragone le parole di Li Shan, e gli venne spontaneo e naturale replicare “Il fatto che siano tutti panda non significa che debbano essere solo loro la mia famiglia. La mia famiglia è formata dall’oca che mi ha allevato, da Shifu, dai ragazzi e da te. E la mia casa è dove sta la mia famiglia.”

Tigre parve sinceramente colpita dalle sue parole e per un attimo i suoi occhi di fuoco tremarono, prima di riuscire a riprendere il controllo delle sue emozioni “È bello che tu lo dica, ma questa è la tua gente. Dovresti essere eccitato e desiderare solo passare tutto il tuo tempo con loro.”

“Ed allora perché tu non sembri brillare di gioia al pensiero di tornare tra le Tigri dell’Est? Non sono loro, la tua gente?” sibilò il maestro di arti marziali, per poi rendersi conto di ciò che aveva detto nel momento stesso in cui quelle frasi dure lasciarono le sue labbra. Si morse l’interno della guancia e si affrettò a dire, con un tono sinceramente pentito “Scusami, non volevo.”

Scosse appena la testa, come se quelle parole non avessero importanza, ma il ragazzo poteva vedere dai suoi occhi che c’era rimasta male “No, va bene. Hai ragione, in fondo. Ma io ti conosco e so che hai sempre desiderato incontrare qualcuno come te. Ed adesso che sei in un intero villaggio di panda, preferisci rifugiarti qui con me, ad assistere una quasi invalida.” aggiunse, guardandosi le zampe e stringendole con forza, come se ammetterlo le facesse male, e profondamente.

“Per l’ultima volta, Tigre. Tu non sei una quasi invalida. Presto tornerai a spaccare i culi come prima, e fino ad allora non voglio sentirti ripetere più questa parola.” ribatté con forza l’amico, innervosito da quella frase. La guerriera lo guardò con aria critica, come se non credesse alle sue parole, e alla fine sospirò, sconfortato “E poi lo sai che non sono tranquillo, da quando ci hanno attaccato. Voglio semplicemente assicurarmi che tu stia bene.”

Incrociò le braccia, continuando a guardarlo quasi severamente, seppur con un accenno di dolcezza negli occhi di fuoco. “Ma non è solo questo. C’è qualcos’altro.” ribatté, per poi chiedere, in un tono un po’ più gentile “Li Shan?”.

Il panda avrebbe voluto mentire, ma sapeva di non esserne capace, non con lei. Così, si strinse nelle spalle e sputò fuori, a malincuore “Ho parlato con lui.”

“E..?” insistette la giovane, senza mai distogliere lo sguardo infuocato da lui.

Il maestro alzò gli occhi al cielo, per poi cedere “Abbiamo discusso. Di nuovo. Lui non riesce a capire perché io, io . . .” si fermò, stringendo forte la mascella ed incapace di andare avanti, troppo preso dal tentativo di scacciare tutte quelle parole che, simili a dardi ardenti, gli avevano attraversato il cuore, lasciandoglielo ferito, bruciato ed incapace di guarire.

“Perché tu sia amico con una tigre?” gli venne in aiuto la compagna, cercando i suoi occhi.

Lui scosse la testa. No, non era solo questo. Ormai l’aveva capito. “Perché io non voglia ubbidire ciecamente a quello che dice.” ribatté, il tono smarrito tra lo sconfortato e il furioso “Tra cui, spezzare ogni legame con te. E non riesco a capirne il motivo.”

A quel punto, Tigre si addolcì e gli si fece più vicino, per sfiorargli appena il braccio “Vuole solo proteggerti, Po.” sussurrò “Ai suoi occhi, sei ancora il cucciolo che ha perso tanti anni fa e hai bisogno di protezione.”

Il Guerriero Dragone strinse con forza i pugni, ripensando allo sguardo stupito di suo padre, a quelle parole senza comprensione, a quegli occhi incapaci di vederlo per quello che era davvero “Ma non è così.” fu tutto quello che riuscì a dire.

“Lo so bene. Ma è tuo padre, e per lui sarà sempre così. Per lui sarai sempre un cucciolo, il suo cucciolo, e tutto quello che vuole fare è proteggerti dal mondo e anche da te stesso, se sarà necessario. Ti ha già perso una volta, e teme di perderti ancora. Non può essere biasimato per questo.” mormorò la ragazza, per poi coprire i suoi pugni chiusi con le proprie zampe e accarezzarli delicatamente con i pollici, in un lento, rassicurante movimento “So che cosa provi, ma ti prego Po, dagli una possibilità. Altrimenti, finirai per pentirtene.”.

Po rimase in silenzio, incapace di incontrare il suo sguardo, per interminabili minuti.

Poi, pian piano, senza dire nulla, lasciò che le sue zampe si aprissero e si intrecciassero con quelle di lei, e solo allora riprese a respirare, e le parole dell’amica si depositarono, benefiche come una medicina, sul suo cuore malandato.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Scimmia osservava il cielo tempestoso con aria critica, trattenendosi appena dal sobbalzare ai tuoni che si facevano di volta in volta più forti. “Che tempo schifoso.” borbottò, per poi allontanarsi dalla piccola finestra sporca e voltarsi verso il tavolo scricchiolante attorno al quale stavano seduti i suoi compagni d’allenamento e il vecchio Shifu.

Avevano passato quasi tutta la giornata insieme, a parlare delle condizioni di Tigre e di quando avrebbero dovuto riprendere il viaggio oppure a rimanere chiusi in lunghi momenti di silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Praticamente come tutte le volte che Shifu li raggiungeva, da una settimana a quella parte. Erano fortunati che Shang Chiang trascorresse così tanto tempo da solo nella sua stanza, altrimenti difficilmente sarebbero riusciti a mantenere quel clima di relativa pace, seppur velata di preoccupazioni che non possono essere espresse ad alta voce.

“Niente da fare, non accenna a diminuire.” disse l’allievo, stringendosi nelle spalle mentre un nuovo lampo illuminava la sala semivuota della locanda.

Il panda minore rimase in silenzio per un breve momento, i grandi occhi chiari che scrutavano fuori attentamente “Vorrò dire che dovrò coprirmi particolarmente bene.” commentò, alzandosi con fare stanco per prendere il suo bastone. Il sole era tramontato da un bel po’ ormai, eppure quella tempesta scoppiata improvvisamente nel pomeriggio continuava a infuriare con forza ancora maggiore. Ma lui non poteva restare lì ancora a lungo. Aveva promesso a Tigre che sarebbe tornato prima di notte, eppure era ancora là, in quella città dimenticata dagli dei, e non aveva intenzione di venir meno alla sua promessa per una misera pioggerella.

Vipera si rivolse all’anziano, l’aria preoccupata “Non potete muovervi in queste condizioni, maestro.” esclamò, sinceramente in pensiero “È troppo pericoloso.”

Il maestro sbruffò “Sciocchezze.” ribatté deciso alla preoccupazione della giovane allieva “Un po’ di acqua non ha mai ucciso nessuno.”

“Un po’ d’acqua, forse.” concordò Gru, per poi obbiettare lanciando uno sguardo serio alla pioggia che batteva con furia contro i vetri “Ma quello lì fuori è una tempesta in piena regola, con tanto di fulmini, lampi e vento a più non posso.”

“Veramente, Shifu, non è il caso.” insistette la ragazza, il tono di chi non ammetteva repliche  “Rischiate solamente di perdervi o di cadere malato anche voi. E se vi succedesse qualcosa, Tigre non se lo perdonerebbe mai.”.

Shifu si congelò letteralmente a quelle parole e gli occhi di Vipera lampeggiarono per un attimo, vittoriosi e consapevoli di aver fatto centro. Il piccolo maestro rimase immobile per un lungo momento a riflettere, ma poi un nuovo lampo illuminò a giorno la stanza e il successivo tuono, fortissimo, fece tremare le pareti. Allora si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato e scivolò ancora sulla piccola sedia mezza rotta, poggiando il bastone contro il tavolo.

“Spero che vada tutto bene.” sussurrò solo, sconfitto, mentre i grandi occhi correvano alla tempesta che infuriava fuori dalla finestra e il suo pensiero, come sempre, correva a una piccola capanna sperduta tra le montagne.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Voglio provarci.”

Po, che stava pulendo le bende sporche dentro un catino, sobbalzò lievemente quando il sereno silenzio della stanza venne interrotto dalla voce bassa ma decisa della felina. Si voltò verso di lei, inclinando appena la testa ed aggrottando la fronte, non riuscendo a capire “Cosa?”.

Tigre non si mostrò nemmeno infastidita dal doversi ripetere, intenta com’era a muovere la spalla per allentare un po’ la pressione della nuova fasciatura, appena cambiata per la notte. “Voglio provare a camminare.” spiegò quando il risultato le sembrò soddisfacente e riuscì a concentrarsi nuovamente sulla domanda dell’altro “Tra una settimana dovremo partire. Devo essere capace di cavarmela da sola.”.

Quel proposito mise un po’ in allarme il panda. Le condizioni della ragazza non potevano ancora essere ritenute proprio ‘buone’; la ferita alla spalla, che quando doveva cambiare la fasciatura controllava con l’attenzione e la cura zelante di un vero medico, era ancora molto brutta, nonostante il pus fosse ormai quasi scomparso del tutto, e doveva fare un male assurdo, anche se lei non lo dava a vedere. Forse, un sforzo grande come camminare sarebbe stato troppo, per il suo fisico provato. Ma sapeva di non poterle fare cambiare idea, non ora che aveva avuto il via libera di Li Shan.

“Non sarebbe meglio aspettare il ritorno di Shifu, o direttamente domani?” obbiettò, cercando almeno di prendere tempo “Sei ancora debole, devi . . .”

“No.” lo bloccò quasi con ferocia la guerriera, lasciandolo per un momento stordito. Rendendosi conto della sua reazione brusca, si morse appena il labbro ed abbassò lo sguardo sui suoi pugni chiusi, come se non volesse mostrargli la tempesta che infuocava i suoi occhi feriti, ma non spezzati.

“Non voglio che mi veda mentre fatico a mettere un piede dietro l’altro. Non lo sopporterei.” sussurrò a denti stretti, come se qualcuno le stesse strappando quelle parole dalla gola contro la sua stessa volontà. Mostrarsi debole era una delle cose che odiava di più, e Po lo sapeva bene. Sapeva quanto fosse difficile per lei, la forte ed intrepida maestra Tigre, mostrare a qualcuno la propria debolezza o la propria fragilità. Mostrare che in realtà era una persona come tante altre, bisognosa di aiuto, incapace di farcela sempre e comunque da sola. Era un atto di resa infinita per un felino, ed in particolar modo per lei, che tante volte era stata abbandonata e aveva potuto contare solo su se stessa e sulla propria forza.

Esitò, prima di alzare appena lo sguardo, cercare con i suoi occhi ardenti quelli di giada dell’altro e mormorare in un sussurro quasi impercettibile “Se qualcuno mi deve vedere . . . indifesa, voglio che sia tu.”

Il Guerriero Dragone, nel sentire quelle parole, si sentì stringere il cuore in una morsa dolorosa e piacevole allo stesso tempo. Quello era la più grande dimostrazione di fiducia che lei potesse fargli, ne era più che consapevole.

Quasi come se fosse incapace di sostenere ancora il suo sguardo, la combattente abbassò appena la testa e con movimenti attenti ma decisi si tolse le coperte di dosso, per poi spostare le gambe, gonfie per il lungo periodo di immobilità forzata, verso il lato del letto, e mettersi seduta con i piedi che toccavano il pavimento polveroso.

Decisa, si costrinse a fare forza sui muscoli assopiti e ad alzarsi, reggendosi appena sulle gambe tremanti e lottando contro il forte capogiro che l’assalì nel momento stesso in cui si sollevò dal letto.

Nel farlo Tigre strinse i denti, mentre dolorose fitte le trapassavano le membra addormentate, aumentando ancora di più la sua sofferenza. Tentava di non mostrarlo per non far preoccupare gli altri due, ma soffriva ancora molto. Anche se le fiamme si erano ormai acquietate, il fuoco continuava ad arderle nelle vene, il dolore di braci sul punto di spegnersi, ma ancora calde e capaci di riprendere a bruciare all’improvviso, al minimo soffio di vento.

Decisa a non fermarsi, provò comunque a spostare un piede in avanti, solo per fare un passo, un semplice, scontato passo. Ma il suo corpo, per la prima volta dopo anni, la tradì, rifiutandosi di ubbidirle

Inciampò quasi senza rendersene conto, ma prima che potesse cadere le forti braccia gentili di Po l’afferrarono, stringendola teneramente e allo stesso tempo con decisione in una ferma stretta, a cui lei si aggrappò senza nemmeno pensarci.

La felina alzò lo sguardo su di lui, che l’osservava con una dolcezza infinita .“Reggiti a me.” disse a bassa voce, aiutandola poi a rimettersi dritta e facendole scivolare un braccio dietro la schiena per sostenerla.

Tigre rimase immobile per un lungo momento, fissando il Guerriero Dragone con gli occhi di fuoco colmi di stupore e di qualcosa a cui lui non riuscì a dare un nome, ma poi strinse i denti e fece un altro deciso passo in avanti. Una fitta le attraversò le gambe come una freccia infuocata scoccata da lontano e le attraversò tutto il corpo, facendola barcollare. Subito l’altro braccio di Po corse a sostenerla, afferrando il suo e restando lì fino a quando il dolore non si attenuò abbastanza da permetterle di fare un altro passo. E poi un altro. E poi un altro ancora.

Mentre la tempesta infuriava fuori dalla piccola casetta, la guerriera ferita andava lentamente avanti ed indietro, avanti ed indietro, come in una marcia silenziosa fatta di dolore e ostinazione, mentre gli occhi attenti del compagno seguivano ogni suo movimento. Ogni volta che la stanchezza diventava troppa o una fitta inaspettatamente forte la faceva vacillare, le braccia di Po erano sempre lì, pronte a prenderla prima che potesse cadere, e restavano lì, silenziose compagne di quella piccola battaglia contro se stessa.

La ragazza continuò a camminare per circa venti minuti, ma a lei parve molto di più. Il suo intero corpo tremava, preso alla sprovvista da uno sforzo a cui non era più abituato, mentre la ferita pulsava e bruciava, tentando di ristabilire il proprio dominio su di lei, un dominio a cui non era più disposta a cedere. Ansimava e stringeva la mascella, tenendosi sempre più alla pelliccia dell’amico, ma continuava ad andare avanti, imperturbabile, anche se tutto, dentro e fuori di lei, gridava basta. Ma non si sarebbe fermata, non di sua volontà. E Po lo sapeva fin troppo bene.

Così, quando la vide inciampare per la terza volta di fila nei suoi stessi piedi e una sottile goccia di sudore le scivolò lungo il collo teso, il panda si fermò, impedendole di continuare.

Subito il viso stanco della felina si voltò verso il suo, distrutto ma deciso a non cedere “Ancora.” disse, in tono quasi combattivo.

“No.” replicò il ragazzo, fermo e gentile allo stesso tempo “Non devi affaticarti troppo od avrai una ricaduta. E sai che è così. Proveremo di nuovo quando sarai più in forze.”

“Sono abbastanza in forze.” si ostinò, anche se sapeva che in quel momento nemmeno un ingenuo avrebbe potuto credere ad una bugia talmente palese.

Po si lasciò sfuggire un sorrisetto alla sua testardaggine “Forse, ma non ho alcuna intenzione di giocare con la tua salute. Ora, vuoi andare a letto con le tue gambe o ti ci devo portare io?” chiese, appena un po’ scherzoso.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo “Provaci, se ne sai capace.” ribatté in tono di sfida, decisa a non lasciare il campo di battaglia tanto presto.

Il Guerriero Dragone sospirò, come se se lo aspettasse. “D’accordo, l’hai voluto tu.”. Cogliendola completamente di sorpresa, si abbassò per passarle un braccio sotto le ginocchia e, avvolgendole la schiena con il braccio che già la sosteneva, la sollevò da terra con incredibile facilità.

“Po!” Tigre si lasciò sfuggire in un mezzo grido soffocato il nome del compagno, aggrappandosi d’istinto al suo petto “Rimettimi subito giù!”.

Ridacchiò, divertito dalla sua reazione sorpresa “Come desideri.” rispose, raggiungendo in fretta il letto di lei per poi posarla sul materasso con infinita delicatezza. “Ecco, adesso fai la brava e riposati un po’.” aggiunse, a metà strada tra il serio e lo scherzoso, mentre la copriva nuovamente con le coperte.

La guerriera sbruffò, pensando per un attimo di scendere da lì ancora una volta e continuare testarda a camminare, ma ora che il suo corpo dolorante aveva toccato di nuovo il letto non sarebbe riuscita a scendere nemmeno con tutta la buona volontà del mondo. Quei venti minuti l’avevano completamente distrutta, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Così, si limitò ad incrociare le braccia e a lanciare all’amico un’occhiata assassina “Stai continuando a trattarmi come una bambina.”

“E tu continui a fare i capricci come una bambina.” replicò subito Po, senza riuscire a nascondere un sorriso dolce e un po’ intenerito, mentre guardava la maestra come se la vedesse davvero per la prima volta dopo tanto tempo.

Gli era sembrata così piccola e fragile, quando si era stretta a lui per non cadere, o quando l’aveva stretta tra le sue braccia, sollevandola come aveva fatto quando era stata ferita. In quei momenti Po si era reso davvero conto di quanto giovane fosse.

Era davvero una bambina, nonostante tutto. Anche se tra appena poco più di un mese avrebbe compiuto la maggiore età, il mondo si era già abituato da tempo a vederla come una piccola adulta, dimenticando che si trattava in realtà solo di una ragazzina. Straordinaria, forte e speciale, ma comunque una ragazzina. Una ragazzina fragile, con le sue insicurezze, i suoi fantasmi e i suoi timori, così grandi rispetto la sua giovane età, e con niente se non il suo immenso coraggio per affrontarli.

“Ripetilo, e dubito che riuscirai a dire altro, d’ora in avanti.” lo minacciò Tigre, seppur senza vera rabbia, strappandolo per un momento ai suoi pensieri. Il panda ridacchiò, scuotendo appena la testa “Oh, non ne dubito, maestra.” rispose, per poi voltarsi e raccogliere le bende lasciate nell’acqua poco prima ed iniziare a strizzarle e raccoglierle.

La sua mente volò di nuovo a Li Shan e alla discussione di quella mattina. Come poteva sostenere che quella ragazzina dagli occhi di fuoco, che la sua Tigre potesse davvero essere un pericolo per lui? Certo, era una grande guerriera ed era senza dubbio pericolosa, ma solamente per chi le era nemico. Non per lui. Mai per lui.

Tigre era l’unica zampa che si era tesa verso di lui quando stava affogando. Era calore, sicurezza e casa. Come avrebbe potuto essere pericolosa? Lei, che temeva di ferire chiunque in qualsiasi momento. Lei, che rinnegava quello che era per nascita e aveva cercato di trasformare le ombre del suo passato in luce. Lei, che temeva i suoi stessi artigli più di chiunque altro.

‘Queste sono armi di una predatrice, di uno scherzo della natura. Di un mostro. Mentirei a me stessa, se tentassi di convincermi del contrario.’

Lei, che aveva cercato di allontanarsi di lui quando aveva intrecciato la sua zampa con la propria, temendo di potergli fare male. Lei, che aveva paura più di qualsiasi cosa di poterlo ferire in qualunque maniera possibile.

Eppure, suo padre non riusciva a vederlo. Non riusciva a capirlo. Continuava a vedere quello che voleva vedere, senza riuscire ad andare oltre ai suoi fantasmi, identificando Tigre con il mostro che non era e che esisteva solo nella sua mente, un mostro pronto a ghermirlo e distruggerlo per sempre.

‘Forse lei può essere cresciuta lontano dai suoi simili, può sembrare diversa, ma è e resta sempre una tigre. Una creatura che aspetta solo il momento opportuno per colpire. Tu, Loto, che dovresti capire più di tutti le mie parole. Tu, che porti il nome di un nostro antenato caduto a causa di Lien, una di loro. Tu, che sei sangue del mio sangue.’

Si fermò all’improvviso, stringendo l’ultima benda umida tra le zampe, ripensando a quelle parole per l’ennesima volta in quella giornata. Quei nomi, Loto e Lien, avevano un qualcosa di familiare. Non riusciva a spiegarsi il perché, ma lo facevano sentire come punto sul vivo, come se una parte di lui stesse finalmente aprendo gli occhi dopo un lungo sogno. Risvegliavano in lui qualcosa lì, a metà strada tra la gola e il cuore. Ed era così strano, perché era certo di non aver mai sentito parlare di loro, prima di quel momento.

“Conosci per caso la storia di un panda chiamato Loto e di una certa Lien?” domandò lentamente Po, quasi con esitazione, voltandosi verso l’amica che si era finalmente decisa a mettersi comoda.

Colta completamente impreparata, Tigre trattenne per un attimo il fiato. Le tornarono in mente le parole di Shen Te, quelle parole che aveva cercato in tutti i modi di cancellare, di dimenticare, eppure sembravano impresse a fuoco nella sua mente. Quelle parole che, da quel maledetto giorno, la stavano tormentando.

‘La ribelle Lien alla fine ha trovato il suo Loto, non è così?’

Si costrinse a scacciare quel pensieri e ad indossare quella maschera dietro la quale, ora più che mai, non poteva fare a meno di rifugiarsi. “Perché?” chiese con finta indifferenza, cercando di non mostrare la sua agitazione.

“Li Shan ha detto che io più di tutti dovrei capire il conflitto tra i nostri due popoli, perché porto il nome di uno di noi che è stato condannato alla morte a causa di questa ragazza.” spiegò semplicemente il panda, posando la benda accanto alle altre già raccolte.

Quella risposta irritò la giovane, che nonostante tutte le sue buone intenzioni non poté non ribattere “Non è stato ‘condannato’. È stato lui a scegliere quel destino, per proteggere la sua Lien.”.

Il giovane inclinò appena la testa, incuriosito “Allora, conosci questa storia?” insistette, sorpreso dalla forza con cui l’altra gli aveva risposto e dall’aria quasi offesa che aveva assunto senza accorgersene.

La maestra si rese conto del suo errore, ma ormai non poteva più tornare indietro, così si limitò ad annuire “Sì, la conosco. Ma non è una bella storia e non so quanto possa farti bene.” aggiunse, sperando di riuscire a dissuaderlo.

”Io vorrei conoscerla lo stesso, però. È una cosa che sento dentro, in un certo senso, anche se non so come mai.” si portò una zampa al cuore, quasi senza rendersene conto. “E vorrei che fossi tu a raccontarmela. Per favore.”

Tigre l’osservò attentamente, non sapendo bene che cosa fare. Avrebbe voluto porre fine a quella conversazione con una scusa qualunque, cancellarla come se non fosse mai avvenuta, sottrarsi a quelle domande, inconsapevoli di aver toccato un argomento che avrebbe dovuto restare segreto. Ma c’era qualcosa, negli occhi e nella voce di Po, che le impedì di sottrarsi alla sua richiesta

Con un sospiro, fece l’unica cosa che era capace di fare, quando si trattava di lui.

Cedette.

“D’accordo.” disse, lasciandosi cadere all’indietro sul cuscino “Ma ti conviene sederti, perché è una storia abbastanza lunga. E molto, molto forte.”.

Il panda annuì e si affrettò a fare come gli era stato detto, sedendosi però non al suo solito posto, ma proprio sul letto, accanto a Tigre, tanto da poter sentire sulla pelle il suo respiro profondo.

Quasi senza pensarci, prese una zampa di lei tra le sue e, accarezzandole piano la pelliccia morbida con la punta delle dita, sussurrò un serio “Vai.”.

Tigre esitò un attimo, quasi stesse raccogliendo le idee, ma quando iniziò a parlare il suo tono era calmo, fermo e privo d’emozione, come se stesse ripetendo a memoria una storia sentita talmente tante volte da esserle rimasta scritta dentro.

“Si narra che, più di cinquecento anni fa, in un villaggio delle tigri nascosto tra i versanti di alte montagne, vivesse una ragazza molto diversa da tutte le altre. Aveva grandi occhi di giada, un sorriso raro e minuscoli ma resistenti gigli dorati. Desiderava con tutta se stessa essere libera e poter scegliere da sé cosa fare della propria vita. Era testarda quanto bella, indomabile quanto intelligente e ribelle quanto fiera, e voleva a tutti i costi avere un’esistenza diversa da quella delle altre ragazze. Tutti la chiamavano Lien, perché come il fiore di loto che lotta solitario per non affondare ma restare a galla sul pelo dell’acqua, ella tentava in tutti i modi di spezzare le catene, fatte di leggi e vincoli, che la tenevano imprigionata.”

Praticamente, una sorta di antica Tigre pensò Po quasi senza rendersene conto, mentre l’immagine di questa ragazza del passato, vestita con abiti nobili ma ribelle e combattiva, iniziava a prendere forma grazie alla sua vivida immaginazione e a muoversi secondo le parole del racconto.

“Ma il suo destino era stato scritto prima ancora che emettesse il suo primo respiro; si sarebbe sposata con colui che sarebbe riuscito a sconfiggere suo padre, capo clan di quel villaggio, e gli avrebbe dato numerosi eredi per infondere nuova linfa alla sua stirpe. Lien non voleva un futuro simile, e più volte aveva provato a sottrarsi ad esse, scappando il più lontano possibile dalla casa paterna, ma senza successo. Ogni volta i suoi gigli dorati, per quanto forti, la tradivano prima che si fosse allontanata abbastanza, e così veniva raggiunta e riportata indietro. Ormai, la ragazza aveva quasi perso le speranze di riuscire a sfuggire da quella prigione che era la sua vita.”

La maestra si fermò un attimo, come se fosse insicura su come continuare, ma le bastò sentire le dita di Po continuare a giocare con la sua pelliccia per andare avanti.

“Una notte, però, mentre si aggirava insonne tra le stanze della sua casa, sentì il padre discutere con qualcuno. Incuriosita, si avvicinò alla porta della sua camera, dimenticata socchiusa, e lo vide intento a parlare con una tigre col doppio dei suoi anni, nota nel clan per la sua crudeltà e brutalità. ‘Aspetteremo domattina per darle la notizia’ gli stava dicendo suo padre ‘Ma non sperate in una reazione entusiasta da parte sua. Probabilmente tenterà di ribellarsi e di opporsi a questa unione, come ha sempre fatto.’. ‘Ciò non mi preoccupa.’ replicò il guerriero ‘Quando sarà mia moglie, la piccola Lien non oserà più nemmeno pensare di ribellarsi, se per lei la vita conta qualcosa.’ “

“Che verme.” si lasciò sfuggire con enfasi il Guerriero Dragone, provando un intenso sentimento di odio non solo per il crudele padre della non-Tigre, ma anche per quello che avrebbe dovuto essere il suo futuro marito. Per lui, un uomo non dovrebbe mai trattare una ragazza come merce di scambio, né parlarne come se fosse una creatura selvaggia da domare in qualsiasi modo possibile, purché non desse problemi. Era qualcosa di inumano, di crudele, di mostruoso. Non poteva credere che esistessero persone così, anche se si trattava solo di una antica storia.

La guerriera annuì, in silente accordo con lui, ma continuò il suo racconto senza fermarsi.

“Nel sentire quella parole, Lien rimase senza fiato. Alla fine, quello che temeva era avvenuto. Suo padre era stata sconfitto e la sua zampa era stata vinta. Ma lei non avrebbe permesso a quell’essere di averla. La ribelle Lien non si sarebbe piegata, non quella volta.”

“In silenzio, ritornò in camera sua, indossò gli abiti più comodi e caldi che aveva, nascose del cibo in una sacca e, celata dalla tenebre, fuggì via, come aveva fatto tante volte, ma stavolta decisa a non tornare indietro. Continuò a camminare per tutta la notte e per tutta la mattina seguente, senza mai fermarsi. Camminò e camminò per intere settimane, cercando di far perdere le proprie tracce e di allontanarsi il più possibile dal suo villaggio. Continuò a camminare, nonostante il suo corpo invocasse pietà e il fiato le mancasse ogni passo di più. Non si fermò nemmeno quando i suoi gigli dorati iniziarono a sanguinare e le sue ferite presero a pulsare e bruciare. Ma, una sera, fu troppo. Senza più forze, la ragazza cadde a terra, priva di sensi e certa di non riuscire a vedere mai più la luce dell’alba. E sarebbe morta, se un giovane panda dagli occhi di fuoco non l’avesse trovata.”

Po spalancò gli occhi, e Tigre parve notare il suo stupore, perché accennò ad un sorriso e l’altra zampa corse a coprire le sue, quasi a dargli una muta conferma delle sue parole.

“Passò lì per caso e quando la vide, stesa per terra in mezzo alla neve ed una pozza di sangue, d’istinto le corse incontro. La sollevò e, dopo essersi reso conto della gravità delle sue condizioni, la strinse tra le sue braccia e la portò in una vecchia casa abbandonata ai piedi di una montagna. Lì, il panda dagli occhi di fuoco si prese cura di lei, medicando le sue ferite e vegliandola fino a quando, dopo due giorni in bilico tra la vita e la morte, Lien non riprese conoscenza. Inizialmente, quando si rese conto dell’identità del suo salvatore, la ragazza si tirò indietro e si mise sulla difensiva, spaventata. Tigri e panda erano popoli nemici da sempre, ed ora lei era lì, nelle zampe di uno di loro, incapace di difendersi. Il giovane panda, però, non aveva intenzioni malvagie, tutt’altro.”

“Loto, così si chiamava, era il figlio maggiore del capo clan dei panda, eppure non aveva esitato a prendersi cura di lei, né si sarebbe tirato indietro nei giorni successivi. Aveva un cuore grande e generoso, e non avrebbe mai lasciato qualcuno morire davanti ai suoi occhi, nemmeno se quel qualcuno era uno dei suoi giurati nemici. Ci volle un po’ per convincerla che non voleva farle del male, ma alla fine, rassicurata da quel sorriso luminoso e da quegli occhi caldi, Lien gli credette.“

Loto e Lien . . . pensò il guerriero, mentre all’immagine della tigre dagli occhi di giada si affiancava quella di un panda qualunque, ma con gli occhi ardenti della sua, di Tigre. Sì, c’era davvero qualcosa di familiare, in quei due nomi. E non perché fossero molto diffusi e comuni,  o perché li avesse già sentiti infinite volte, usati per altre persone. Era il loro essere insieme, il venir pronunciati come se l’uno fosse l’estensione naturale dell’altro, il loro sembrare una cosa sola, a essergli familiare. Come se sapesse che quei due nomi dovessero essere uniti per forza, da qualche parte dentro di sé.

“Passarono i giorni, e Lien, grazie alle cure e al cibo del panda, che andava e veniva da quel nascondiglio protetto dal resto del mondo, iniziò a guarire e a riprendere le forze. Lentamente, la ragazza cominciò a fidarsi di lui, e dopo un po’ di esitazione gli rivelò il motivo della sua fuga e tante altre cose, che a lungo aveva custodito in silenzio nel proprio cuore e che mai aveva rivelato ad anima viva. Da parte sua, anche Loto iniziò ad aprirsi a quell’insolita compagna, e tra i due iniziò a fiorire una strana e delicata amicizia, che col tempo si mutò in qualcosa di più. Dopo due settimane, i gigli dorati di Lien erano quasi guariti, e presto la ragazza sarebbe potuta ripartire. Ciò straziava il cuore a Loto, che non riusciva ad accettare la consapevolezza che presto avrebbe dovuto dirle addio. Ma lei non poteva restare lì, ed entrambi lo sapevano.”

Tigre esitò e il panda inclinò la testa, confuso nel vedere una piccola ombra nel suo sguardo. La ragazza sembrava indecisa se continuare o meno, e a lui venne spontaneo riprendere ad accarezzarle la zampa, nel tentativo naturale di rasserenarla. Solo dopo un lungo momento di silenzio ella prese fiato e ricominciò, la voce velata da una nuova emozione che lui non riusciva e forse non voleva riconoscere.

“Una sera, mentre la neve cadeva silenziosa dal cielo e i due ragazzi l’osservavano da dentro la casetta, Lien disse al panda che il giorno dopo sarebbe ripartita, perché non poteva rischiare che gli uomini di suo padre la trovassero lì, mettendo in pericolo non solo se stessa, ma anche il suo amico. Loto tentò in tutti i modi di convincerla a restare lì, al sicuro, un altro po’, ma la tigre non voleva sentire ragioni.”.

Si fermò un attimo e quando ricominciò a parlare la voce le tremava lievemente “ ‘Devo farlo, Loto.’ gli disse, seppur con l’anima che piangeva ‘E tu devi lasciarmi andare.’. ‘No.’ ribatté lui, gli occhi di fuoco che bruciavano come stelle ‘Io non posso e non voglio lasciarti andare, né ora, né mai.’. Ed allora, andando contro tutte le leggi che guidavano entrambi i loro popoli, il panda la tirò verso di lui e la baciò, donandole in quel semplice e proibito contatto il suo cuore e la sua vita.”

Po rimase senza fiato e i grandi occhi di giada scattarono verso quelli di fuoco della guerriera, che però si rifiutavano con decisione di incontrare i suoi. Il suo cuore perse un battito, mentre grazie alla sua fantasia poteva vedere quella scena come se l’avesse davanti agli occhi, chiara e limpida come un ricordo mai dimenticato. Poteva vedere i due giovani seduti vicini, gli occhi verdi della ragazza tremare e il suo viso voltarsi per non dover sostenere la vista di quello spezzato del giovane. E poteva vedere quel panda innamorato, con la disperazione negli occhi di fuoco, cedere e stringerla forte a sé, mentre le sue labbra si poggiavano su quelle di lei, donandole ogni cosa in quel semplice contatto. Legarsi a lei alla maniera delle tigri, in quel giuramento unico ed impossibile da spezzare.

Era un’immagine che gli faceva male al cuore, tanto male da strapparglielo in mille pezzi; eppure era un dolore quasi piacevole, una dolce sofferenza mai provata prima.

La felina riprese a parlare, lo sguardo lontano dal suo. “In un primo momento, Lien tentò di tirarsi indietro, ma poi si lasciò andare alle sue labbra e al sentimento che tanto a lungo aveva provato a soffocare.” mormorò, tentando di riprendere il controllo del proprio tono “Quella notte, la ribelle Lien e il suo Loto unirono i loro cuori ed i loro destini, e giurarono di restare insieme, qualsiasi futuro il Fato gli avrebbe riservato. Decisero che sarebbero partiti insieme per l’Ovest il giorno dopo, e che non sarebbero mai più tornati indietro, in quel luogo dove le loro strade erano già state segnate. Si addormentarono l’una nelle braccia dell’altro, certi di essere solo all’inizio della loro felicità.”.

Il panda sorrise d’istinto, intenerito. Non gli erano mai piaciute particolarmente le storie romantiche, ma quella aveva un fascino magnetico, ed era felice che quei due innamorati infelici si fossero trovati e finalmente riconosciuti. Per un attimo si dimenticò di quello che aveva detto suo padre e si illuse che quella leggenda sarebbe finita per una buona volta con un lieto fine, ma poi Tigre prese fiato e disse, con una serietà quasi inquietante “Ma non era così.”.

“A tarda notte si svegliarono di soprassalto, mentre nell’aria si alzavano forti urla e ruggiti. A Lien bastarono pochi istanti per comprendere cosa stesse succedendo. L’avevano trovata. Subito, lei e Loto scapparono dalla casa, e il panda tentò di prendere alcune vie nascoste nella montagna. Ma i due innamorati avevano sottovalutato l’olfatto e la velocità delle tigri. Queste li raggiunsero subito, ringhiando e pronte a riprendere ciò che, secondo loro, gli apparteneva.”

C’era un pizzico di rabbia velata di malinconia nella sua voce ora, e il guerriero non poteva fare altro che continuare ad ascoltare col fiato sospeso, temendo quello che sarebbe accaduto dopo. “Le tigri accerchiarono di due ragazzi, bloccandoli contro la parete rocciosa della montagna. Loto si mise davanti a Lien, per proteggerla. Quando li attaccarono, lui lottò con coraggio, nel disperato tentativo di tenerle lontano dalla ragazza. Per quanto fosse forte, era solo, e presto cadde a terra, il pelo bianco e nero macchiato del proprio sangue scarlatto. Lien urlò il suo nome. Loto le ordinò di scappare, ma lei non lo ascoltò e fece per raggiungerlo. Qualcuno la afferrò da dietro e la immobilizzò, e per quanto la ragazza cercasse di liberarsi quella stretta si fece ancora più salda. Loto allora si alzò e tentò di raggiungerla, barcollando ma deciso a salvarla.”

Po riusciva ad immaginarlo fin troppo bene. Vedeva ogni singola goccia di sangue, sentiva ogni urlo e ogni attacco. Se si sforzava appena un po’, poteva scorgere la disperazione negli occhi di Lien e la folle ostinazione in quelli di Loto. Era una scena orribile e tristissima, e in quell’esatto momento capì che per loro non ci sarebbe mai stato alcun lieto fine.

“Allora, dal branco si fece avanti il guerriero a cui Lien era stata destinata. Gli si parò davanti, scoprì le zanne un ringhio minaccioso e, con gli artigli sguainati, lo attaccò. Lo colpì più e più volte, affondandogli gli artigli in profondità nella carne, dilaniandone la pelle e i tendini, mordendolo e mutilandolo, mentre Lien urlava, si dimenava e tentava in tutti i modi di mettersi tra i due. Alla fine, Loto cadde in ginocchio, e i suoi occhi color del fuoco cercarono quelli di giada di Lien. Ebbe solo il tempo di sussurrare il suo nome un’ultima volta, e poi cadde a terra, senza più vita.”

Tigre chiuse per un attimo gli occhi, come se anche lei stesse immaginando con la medesima facilità quel momento terribile, e il panda dovette reprimere a fatica un brivido, mentre nelle orecchie sentiva quasi quell’ultimo sussurro portato via dal vento. Un attimo, e la ragazza riprese a parlare, riaprendo gli occhi, improvvisamente freddi ed illeggibili.

“La ragazza riuscì a liberarsi dalla presa del suo assalitore ed a correre incontro al corpo ancora caldo del suo panda. Lo circondò con le braccia, sporcandosi col suo stesso sangue, tentò di tamponare le sue ferite, di farlo risvegliare, e lo chiamò e chiamò, piangendo e poggiando la sua fronte contro la sua. Due braccia crudeli la strapparono da quell’abbraccio di morte, e mentre lottava per tornare da lui il suo promesso si fece avanti e, con gli artigli ancora macchiati di sangue, incise sul petto ferito delle parole.”

La guerriera sollevò una zampa, sciogliendola dall’intreccio delle loro dita unite, e si passò l’indice sul petto, come a voler scrivere quella frase proprio mentre la pronunciava “ ‘Ha colto un fiore proibito ed è stato sradicato dalla vita per il suo peccato.’ ”

Il Guerriero Dragone deglutì e lei fece ricadere la zampa sulle sue, a cui si aggrappò d’istinto “ Lien urlò, e nel vedere la sua disperazione la tigre rise e le si avvicinò, sibilando che quel panda aveva avuto la fine che meritava. La felina gli sputò in faccia, ed allora lui la colpì così forte da farle perdere i sensi. Le tigri tornarono al loro villaggio, lasciando lì il corpo di Loto. I panda, preoccupati per la sua lunga assenza, andarono a cercarlo il giorno seguente, e quando lo trovarono e videro quelle barbare incisioni capirono. Il padre avrebbe voluto vendicarlo, ma non poteva mettere a rischio altre vite. Così seppellì il corpo lì dove era stato trovato, prese suo figlio minore e il suo popolo e li condusse in un punto nascosto della montagna per costruire un villaggio segreto, dove sarebbero stati al sicuro dagli artigli delle tigri. Quando Lien tornò a casa, il padre la costrinse non solo a sposarsi con il suo promesso il giorno seguente, ma anche ad unirsi a lui la sera prima della cerimonia, per punire la sua disubbidienza e spezzare quel poco che era rimasto del suo spirito.”

“Lien divenne dunque la moglie dell’essere che aveva ucciso il suo innamorato, e fu costretta in quella prigione da cui aveva tentato di fuggire tanto a lungo. Incapace di accettare quel destino, di giacere ogni notte con la tigre che aveva le zampe macchiate del sangue del suo Loto e poi di rivedere in sogno quel terribile momento in cui tutto era crollato, tentò di togliersi la vita con i suoi stessi artigli.”

Po sobbalzò, incredulo, ma l’amica gli fece segno di calmarsi ed aggiunse, quasi con delicatezza “Fu soccorsa subito e restò in bilico tra la vita e la morte per una settimana, e quando infine si svegliò l’unica cosa che disse fu un nome. Loto.”

“Qualcuno afferma che, arrivata nel regno degli spiriti, abbia incontrato il suo Loto e quest’ultimo l’abbia convinta a tornare indietro. Altri dicono che Loto, sotto forma di spirito, l’abbia curata come aveva già fatto in vita. Altri ancora credono che i due si siano visti in sogno e che si siano promessi di riunirsi alla fine di tutto.” spiegò la ragazza, mentre il suo sguardo vagava per la stanza “Nessuno sa la verità. Si sa solo che Lien non tentò mai più di togliersi la vita e poco dopo scoprì di essere incinta. Ebbe una figlia, una piccola tigre con i suoi occhi ed il manto bianco come la neve.”.

“Era . . . era la figlia di Loto?” chiese l’altro, incredulo e senza fiato.

La felina annuì ed aggiunse “Suo marito, oltraggiato, avrebbe voluto sbarazzarsi di lei, ma non poté a causa delle loro tradizioni. Lien chiamò la bimba Speranza, e divenne la sua ragione di vita. La crebbe nel migliore dei modi, cantandole ogni notte la stessa canzone, istruendola lei stessa ed amandola con tutto il suo cuore. Fece in modo che a sconfiggere suo marito ed a sposare sua figlia fosse un giovane onorevole e gentile che, per quanto non amasse Speranza, almeno l’avrebbe rispettata e trattata bene. La ragazza restò subito incinta e diede alla luce una tigre dal pelo color tramonto e dagli occhi di fuoco. Quando Lien vide la nuova nata, la prese tra le sue braccia e la cullò, piangendo silenziosamente. Speranza, stupita da quel comportamento, le domandò se fosse tutto a posto e lei annuì. Le chiese di chiamare la cucciola Lien, esattamente come lei, e le disse che presto, quando un terzo fiore sarebbe sbocciato, tutte le loro pene avrebbero avuto un senso. Speranza non capì le parole della madre, ma si fidò e chiamò la cucciola come le aveva chiesto di fare.”

“Quella notte, mentre tutti dormivano, Lien indossò gli stessi vestiti che aveva la sera in cui lei e Loto si erano baciati, silenziosamente scivolò nella stanza della figlia e della nipote addormentate, cantò loro per l’ultima volta la sua ninna nanna e, dopo averle sussurrato una benedizione ed averle baciate entrambe, se ne andò. Il giorno seguente, quando la sua scomparsa venne notata, l’intero villaggio andò a cercarla; anche sua figlia, benché debole per il parto, si unì alle ricerche. La ritrovarono settimane dopo, nel punto in cui Loto era stato ucciso e seppellito.”

La maestra esitò appena e socchiuse gli occhi, mentre cercava le parole giuste per continuare “Era raggomitolata proprio dove era caduto per l’ultima volta, gli occhi di giada chiusi per sempre e un piccolo sorriso dipinto sul viso stanco. Benché la vita l’avesse abbandonato da un bel po’, il suo corpo era caldo, come se qualcuno l’avesse stretta in un abbraccio fino a quel momento, ed in una zampa, ben stretti, stavano due fiori di loto. Speranza, quando vide il corpo della madre, capì e la fece seppellire lì, in modo che la ribelle Lien e il suo Loto potessero stare insieme almeno nella morte.”.

Po restò in silenzio per un momento lunghissimo, troppo colpito per parlare. Quel racconto era . . . era semplicemente troppo. Troppo triste, troppo crudele, troppo per essere ascoltato e poi dimenticato come se fosse una storia come tante altre. Perché non lo era, non lo era per niente.

“È una storia tristissima . . .” fu tutto quello che disse, quando riuscì, almeno in parte, a calmarsi.

Tigre annuì appena, mentre i suoi occhi di fuoco cercavano quelli di lui “Di raro le storie delle tigri hanno un lieto fine, anche se questa ha qualcosa che gli si avvicina un po’.” spiegò, per poi aggiungere “Secondo la leggenda, Lien e il suo Loto potranno di nuovo incontrarsi quando due fiori di loto, uno tigrato e uno bianco e nero, sbocceranno insieme.”

Il guerriero inclinò la testa, confuso da quelle parole misteriose “Cosa significa?”.

“Nessuno la sa. L’unica cosa che raccontano le anziane su questa sorta di profezia è che solo quando succederà i due amanti verranno ricongiunti, e questa volta potranno vivere il loro amore.” gli rispose, per poi osservarlo attentamente e dire incuriosita “Pensavo che conoscessi questo racconto, comunque. Non si sa quanto ci sia di vero, ma è comunque la storia d’amore più famosa dell’intera Cina. Pensa che molti usano il termine ‘il mio Loto’ o ‘la mia Lien’ per indicare la persona a cui si è donato il proprio cuore.”

Il panda si strinse nelle spalle. Non l’aveva mai sentita, e una parte di lui in quel momento avrebbe voluto che non le avesse mai chiesto di raccontargliela. “Beh, io non sono mai stato troppo interessato alle storie d’amore.” disse a mo’ di spiegazione, per poi aggrottare la fronte ed osservare  “Anzi, mi sorprenda che la conosca tu. Non mi sembri proprio la tipica ragazza che sospira su tragiche storie romantiche. Quella è una cosa più da Vipera, diciamo.”.

L’angolo destro della bocca si sollevò appena, l’accenno di un sorriso divertito. “Infatti non è per nulla il mio genere. Fino a  un po’ di tempo fa, non la conoscevo nemmeno.” ammise Tigre, aggiungendo poi quasi esitante “Me l’ha raccontata Shen Te. “.

Po si immobilizzò nel sentire il nome del principe. Era passata una settimana da quando gli aveva raccontato del loro passato insieme, ma piuttosto che affievolirsi la rabbia e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, la gelosia che provava verso di lui erano diventate più forti di giorno in giorno. Non riusciva ancora ad accettare davvero che lui l’avesse usata e trattata in quel modo e che lei avesse creduto . . . avesse creduto . . .

“Ah.” fu tutto quello che riuscì a dire, per poi sibilare con una fredda furia che riuscì a mascherare solo in parte “Fammi indovinare . . . ti ha proposto di essere il tuo Loto?”

La maestra annuì molto semplicemente, ma con un’espressione che mostrava appieno tutto il suo disgusto. Non disse –non avrebbe mai osato farlo- che quando si era rifiutata di accettare la sua proposta, Shen Te aveva paragonato lui, Po, a quello sventurato amante, e l’aveva minacciata di condannarlo allo stesso destino. Piuttosto, si limitò a ringhiare “Peccato non avesse capito che non volevo essere la triste eroina di una tragica storia d’amore.”

“No.” sorrise suo malgrado il guerriero, quasi divertito e senza rendersene conto. “Se tu fossi stata al posto di Lien, probabilmente sarebbe riuscita a fuggire già la prima volta. O Loto non sarebbe morto, in alternativa. Avresti tagliato la gola a tutte quelle tigri in meno di un secondo, se solo avessero provato ad avvicinarsi a lui.”.

Tigre gli lanciò uno sguardo strano “E’ così che mi immagini?” chiese lentamente.

“Una ribelle cazzuta?” rispose lui, un po’ sorpreso da quella domanda “Io non ti immagino così, lo sei davvero.”.

“No.” replicò la guerriera, continuando a guardarlo con gli occhi ardenti “Non come una ribelle cazzuta. Mi immagini come una persona disposta ad uccidere per proteggere qualcuno che ama?”.

Po rimase a fissarla per un lungo momento, preso completamente alla sprovvista. Non riusciva a credere che lei gli avesse davvero fatto una domanda simile, e con una tale serietà. Non era da lei, insomma.

Se la immaginava capace di uccidere per amore? Sì, decisamente. Lei era una forza della natura in tutto e per tutto e i suoi sentimenti erano forti come fiamme ardenti. Se mai si fosse innamorata, se mai il suo cuore avesse scelto di appartenere a qualcuno per l’eternità, avrebbe usato il suo fuoco per proteggere quel qualcuno. Non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via colui che amava. Avrebbe dato fuoco al mondo, pur di proteggerlo. Si sarebbe macchiata gli artigli di sangue, pur di salvarlo.

Tigre non sarebbe mai stata la triste eroina di una storia d’amore, rassegnata al suo destino e prigioniera degli eventi. Lei era l’unica autrice della sua storia, e se fosse stato necessario l’avrebbe scritta con il sangue.

“Sei quasi morta per proteggere me.” sussurrò piano, quasi come se stesse rivelando una realtà che doveva in qualsiasi modo restare segreta “Quindi sì, credo che per la persona giusta potresti farlo, pur di proteggerlo. Credo che per il tuo Loto potresti uccidere.”.

Tigre rimase in silenzio per un momento che gli parve eterno, i grandi occhi di fuoco che ardevano e catturavano i suoi, talmente affamati di quel calore da non riuscire a fuggire da quelle fiamme che, lo sapeva, l’avrebbero bruciato fino a ridurlo in cenere. Ma a lui non importava, no. Non gli importava di bruciare, perché ormai era legato al suo fuoco per sempre, e non avrebbe desiderato nessun altro destino, non più.

C’era qualcosa di illeggibile nel suo viso, in quel momento. Qualcosa che non riusciva a decifrare. Era qualcosa che scorgeva spesso, ultimamente. Qualcosa che aveva sentito nella sua voce quando aveva gridato il suo nome, prima di fargli scudo con sul corpo. Qualcosa che aveva visto sul suo viso quando si era risvegliata e l’aveva stretta disperatamente a sé. Qualcosa che scorgeva nei suoi occhi quando la notava guardarlo d nascosto, nei momenti rubati in cui credeva che lui non potesse rendersene conto. Era certo di conoscerla meglio di chiunque altro, ma quando scorgeva quel qualcosa non sapeva mai cosa pensare, cosa credere, e per un attimo gli sembrava di avere avanti qualcuno che aveva cercato per tutta la vita ma che adesso che era a pochi passi da lui non sapeva come raggiungerlo.

La guerriera sbatté le palpebre, ponendo fine a quel contatto visivo, e quel qualcosa scomparve, lasciando solo una maschera con sempre più cicatrici e sul punto di crollare. Abbassò lo sguardo sul suo grembo e lui fece altrettanto, come un’ombra ubbidiente. Le loro zampe erano ancora intrecciate, strette come se non volessero lasciarsi andare, e quella vista gli fece male, fantasma crudele di quello che tanto avrebbe voluto avere e che non sarebbe mai stato suo. Così, si costrinse a scivolare via da quella stretta, nonostante ogni singola parte del suo cuore urlasse di dolore nel farlo. Se avesse alzato gli occhi anche solo per un momento, avrebbe visto quello stesso grido riflesso negli occhi ambrati di lei. Ma non lo fece, e si limitò a passarsi una zampa dietro al testa in un gesto fintamente casuale e a cercare disperatamente qualcosa per cambiare argomento.

 “Quindi, panda e tigri si odiano veramente da sempre?” chiese, perché era l’unica cosa che gli era venuta in mente.

La ragazza sembrò un attimo sorpresa, ma si affrettò a rispondere, mentre soffocava l’urlo nascosto nel suo sguardo “Diciamo che non esistono emozioni tenui, tra di loro. O si odiano, o si amano.”.

Nel sentire quella risposta gli occhi di Po scattarono d’istinto un’ultima volta alla ricerca dei suoi, mentre il suo cuore ferito gemeva una domanda spontanea che non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.

Ed io e te, allora..?

La maestra non si rese conto di nulla e aggiunse, come se fosse la cosa più naturale del mondo “È normale che tuo padre non mi volesse qui, in fondo. Vi abbiamo sempre e solo causato dolore. “

Il panda si affrettò a scuotere la testa, come se quelle parole l’avessero offeso. “Tu no.” disse, con una sicurezza che non sapeva d’avere. “Mai.“ mormorò, anche se sapeva che era una bugia, anche se sapeva che in quel momento lei gli stava infliggendo il peggiore dolore possibile. Ma lui amava quel dolore con tutto se stesso, come una falena che ama la fiamma che la ucciderà.

“Perché non mi avevi detto questa cosa prima?” chiese dopo una piccola pausa, solo in parte per cercare di zittire i sussurri del suo cuore triste “Il fatto che i nostri popoli sono nemici?”.

La felina si strinse nelle spalle “Non l’ho mai creduto importante.” rispose con molta semplicità e con una tale sincerità da lasciarlo quasi senza fiato “Io e te non siamo i nostri antenati, Po. Non dobbiamo per forza condividere il loro odio.” Si portò una zampa al petto, proprio sopra il cuore “Io non voglio condividere il loro odio.”.

“E io non potrei odiarti nemmeno volendo.” mormorò lui, fin troppo consapevole di star dicendo la verità.

No, lui non avrebbe mai potuta odiarla, anche se lo stava portando alla distruzione. Amava troppo la sua carnefice per poterla odiare.

 Un lampo illuminò a giorno la stanza, e pochi attimi dopo un tuono giunse a spezzare il timido silenzio che si era formato dopo le sue parole. Allora il Guerriero Dragone, come appena svegliatosi da una lunga trance, si alzò in piedi quasi di scatto e andò alla piccola finestra della casetta per sbirciare la terribile furia della tempesta.

“Il tempo è veramente brutto.” commentò, tirandosi indietro ma senza guardarla “Dubito che Shifu riuscirà a tornare, stanotte.”.

Tigre si voltò a sua volta verso la finestra, studiando attentamente la tempesta senza riuscire a mascherare la propria preoccupazione. “Spero che resti al villaggio con gli altri, piuttosto che buttarsi a capofitto in questa tempesta.”  disse, mentre un altro fulmine splendeva nel cielo “Ne sarebbe capace.”.

“Stai tranquilla, è testardo, ma non fino a questo punto.” la rassicurò, anche se in fondo in fondo condivideva la sua preoccupazione “Se ne starà al calduccio e tornerà domani mattina, come una qualsiasi persona sana di mente. Vedrai.”.

La felina annuì,  nonostante non fosse del tutto convinta. “Speriamo.” disse soltanto continuando a guardare fuori, mentre l’amico tornava dalle bende abbandonate poco prima e la bacinella di acqua ormai fredda e le metteva via.

Era ancora girato di schiena, il viso rivolto verso gli scaffali dove riponeva le varie fasce e gli unguenti, quando propose, appena un po’ in  “Resterò io allora, per stanotte. Sempre se vuoi.”.

La ragazza trattenne per un attimo il fiato, presa alla sprovvista. Certo, sapeva fin troppo bene di non poter trascorrere la notte da sola; se si fosse sentita male o avesse avuto una ricaduta doveva esserci qualcuno con lei, pronto ad intervenire. Era per questo che Shifu dormiva lì, accanto al suo letto, ogni singola notte. Ma quella sera il vecchio non sarebbe tornato, e avrebbe dovuto immaginare che Po non l’avrebbe mai lasciata tutta la notte da sola con il timore che potesse stare male quando non era con lei. Ma sarebbe stata la prima notte che trascorrevano nella stessa stanza, da quando si era risvegliata e lui era rimasto con lei fino al mattino dopo, in attesa di Shifu.

“Mi . . . mi farebbe piacere.” rispose alla fine, incapace di dire altro, pregando che gli incubi non tornassero, almeno non quella notte.

 

~~~~΅΅~~~~

 

A Po parve di aver appena chiuso gli occhi, quando sentì per la prima volta Tigre gridare. Si svegliò di botto, spalancando allarmato i grandi occhi di giada.

Accanto a lui, la guerriera si dimenava quasi disperatamente, tanto da aver buttato fuori dal letto tutte le coperte. Il viso era rigato da sudore freddo e gli occhi serrati con forza. Stava gemendo, come se volesse dire qualcosa ma la sua voce glielo impedisse. Scosse con forza la testa ed emise un altro grido roco e terribile, agitando i pugni come se stesse cercando di liberarsi di qualcuno.

“No!”

Po, spaventato da quelle urla e dall’agitazione dell’amica, si alzò subito dalla sua sedia e la chiamò, cercando di svegliarla. Ma la sua voce non sembrava raggiungerla, e anzi si rese conto che aveva sguainato gli artigli e continuava a dimenarsi, ferendosi con le sue stesse zampe.

Allora, senza nemmeno pensale, il Guerriero Dragone agì d’istinto. Salì sul letto e si mise a cavalcioni su di lei, in modo da bloccarla con il peso del suo corpo, e le bloccò i polsi contro il materasso, il più lontano possibile dal viso.

“Tigre!” la chiamò ancora, nonostante lei stesse cercando in tutti i modi di liberarsi “Tigre, svegliati! È un sogno, solo un sogno!”.

La felina urlò ancora una volta, e una pallida lacrima le scivolò lungo la guancia. Poi, come se qualcosa l’avesse privata completamente di tutte le sue forze, si accasciò, restando immobile per lunghi, terribili secondi.

Il panda la chiamo ancora, questa volta più piano “Tigre?”.

Lentamente, la guerriera riaprì gli occhi, grandi ed offuscati, e ci mise un po’ a metterlo a fuoco e a capire chi fosse l’ombra che la sovrastava.

“P-Po?” chiese con un sussurro, la voce tremante.

L’amico sospirò, sollevato, ed annuì, scivolando giù dal suo corpo e sedendosi al suo fianco “Stavi avendo un incubo.” spiegò, visto che era chiaramente confusa e ancora spaventata. “Ho cercato di svegliarti, ma ad un certo punto ti stavo facendo del male e ho dovuto fermarti.” Disse, indicandole i tre lunghi tagli, fortunatamente non profondi, che le attraversavano il braccio sinistro.

Tigre sbatté piano le palpebre, tentando di tornare lucida e di calmarsi. Lentamente sembrò calmarsi e tornare in sé, perché si mise piano a sedere e si posò una zampa sui tagli, senza però distogliere lo sguardo del suo. Respirava affannosamente, come se non riuscisse a riprendere fiato “Scusami.” mormorò alla fine, quando ebbe recuperato abbastanza controllo di sé da poter parlare lucidamente “Non volevo farti preoccupare. Sto bene, ora. ”.

Po ci mise meno di niente a capire che era una bugia “Col cavolo che stai bene.” replicò, sporgendosi verso di lei e toccandogli la fronte come il palmo. Era bollente, proprio come temeva “Tu bruci. Vado a chiamare Li Shan.” disse deciso e fece per alzarsi.

Una zampa tremante si serrò attorno alla sua, trattenendolo lì con forza. “No” fece Tigre, senza mai distogliere lo sguardo, ancora teso ma fermo, dal suo “È così ogni notte. Tra poco andrà meglio.”. Il ragazzo non sembrava convinto, e così, dopo aver preso un profondo respiro, ella sussurrò piano “Ti prego.”.

Il guerriero esitò, incerto su cosa fare. Il suo primo istinto era di andare subito a chiamare Li Shan, ma sapeva che gli sarebbe stato fin troppo difficile lasciare Tigre in quel momento e strappare la propria zampa dalla sua. Così, cedette, come sempre.

Annuì stanco e lei sembrò calmarsi un poco, perché il suo respiro rallentò appena, stabilizzandosi, ma continuò a stringergli la zampa, come se temesse che, se l’avesse lasciata andare lui sarebbe sparito, lasciandola da sola.

Il panda la studiò per un breve momento, notando che si stava calmando abbastanza in fretta, o almeno fingeva una calma che probabilmente era per di più simulata, e domandò “Cosa stavi sognando? E non dirmi niente, capisco quando menti ormai.”.

Tigre strinse i denti, come se quella domanda fosse l’ultima cosa che volesse sentire in quel momento. Probabilmente, se fossero stati gli stessi di qualche mese prima, gli avrebbe risposto di farsi gli affari suoi e di tornare a dormire, e lui l’avrebbe fatto, seppur a malincuore. Ma ora sapeva fin troppo bene che anche se gli avesse urlato in faccia di lasciarla stare lui non si sarebbe tirato indietro per nulla al mondo. E, in fondo, molto in fondo, sapeva pure che non ce l’avrebbe fatta a mentirgli, non adesso, non su quello. E soprattutto, non con quegli occhi verdi che la guardavano come se temessero che potesse scivolare via da un momento all’altro.

Con un piccolo sospiro, la maestra distolse lo sguardo e, pian piano, iniziò a spiegare “Da quando sono . . . da quando mi sono ripresa, dalla notte in cui mi sono addormentata accanto a te, continuo ad avere sogni sempre più vividi. Sento la voce di mia madre cantare e cantare, inizio a distinguere le forme ed i colori di una stanza tutta rossa e due grandi occhi di fuoco fissi su di me. Poi sento i passi affrettati,  le urla e . . .”

La voce le si spezzò e chiuse con forza gli occhi, tentando di calmarsi, ma fu solo peggio. Sotto le palpebre vide bruciare quelle stesse immagini che tanto la tormentavano. Riprese impercettibilmente a tremare, ma subito l’altra zampa di Po si posò sulle quelle già strette tra loro, e quel contatto, lieve ma reale, riuscì a strapparla ai suoi fantasmi, anche se solo per un breve momento.

Respirando profondamente, si costrinse a riapre gli occhi e a guardarlo, tentando di mostrare una serenità che non provava. “Quando mi riprendo, ho sempre la febbre e sento il corpo bruciare, quasi non mi rendo conto di dove mi trovo.” spiegò brevemente, mantenendo la propria voce controllata e calma “La prima volta, Shifu si è spaventato a morte, credeva che stessi avendo una ricaduta. Ma Li Shan ha detto che è normale, che il mio corpo sta ancora cercando di contrastare quel poco di veleno che è rimasto in circolo durante le ore di sonno, e che questo mi causa dolore, brividi ed incubi.”.

Il ragazzo non parve rasserenato da quella spiegazioni, anzi. Il suo sguardo era ancora più cupo, la fronte aggrottata, e i suoi occhi verdi erano colmi di preoccupazione. Dopo qualche momento chiese, chiaramente arrabbiato “Li Shan lo sapeva? Sapeva che stavi male e non mi ha detto niente?”.

Tigre dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto immaginare che l’avrebbe presa in quel modo “Gli ho chiesto io di non dirtelo.”

Questo fece arrabbiare il panda ancora di più, e fu quasi con un ringhio deluso che domandò ancora “Perché?”

Non riuscì a trattenere un sospirò, questa volta “Non volevo che ti preoccupassi o che ti sentissi ancora più in colpa. Ed avevo ragione a non volere che lo sapessi.” aggiunse indicandolo con la zampa libera “Basta guardarti ora.”.

“Certo che sono preoccupato!” esclamò Po, come se fosse la cosa più naturale del mondo e non riuscisse a credere che lei non lo capisse “Come potrei non esserlo? Sei la mia migliore amica, Tigre. Tengo a te più che a chiunque altro al mondo. Hai rischiato la tua vita a causa mia. Ti ho vista morire. Come posso non essere preoccupato? Come?”.

La guerriera, presa completamente alla sprovvista da quelle parole e dal fuoco che bruciava in quegli occhi di giada, rimase per un lungo momento in silenzio.

“Volevo solo proteggerti da tutto questo. Tenerti fuori.” disse alla fine, molto semplicemente.

Po sembrò sorpreso da quella risposta sincera, ma subito si affrettò a scuotere la testa e replicare “Ma non devi farlo. Non sono un qualche cucciolo da proteggere. Sono un guerriero kung fu, un maestro. Sono il dannatissimo Guerriero Dragone. Posso proteggere me stesso, così come posso proteggere gli altri.” Lentamente le si fece più vicino, si sporse in avanti e le sollevò con delicatezza il mento, in modo che potesse guardarla negli occhi, e mormorò con dolcezza e sicurezza “Tu mi hai protetto per tutta la tua vita. Ma ora basta. Adesso tocca a me prendermi cura di te. Quindi, permettimelo, per favore.”

I due rimase così, immobili, per un tempo lunghissimo. Alla fine, fu Po a tirarsi indietro, lentamente, lasciando il suo mento solo dopo averlo sfiorato con i polpastrelli in una timida carezza, che spinse Tigre a chiudere per un breve attimo gli occhi.

Quando si riaprì, il panda si costrinse a chiedere ancora, sapendo che quello era il momento giusto per ottenere una vera risposta “Non è solo il veleno, vero? Tu stai ricordando sempre di più. La notte, rivedi il tuo passato, quello che è successo quando eri appena una cucciola, e qualunque cosa sia successa causa una reazione da parte del veleno rimasto nel  uno corpo.”.

La maestra esitò, ma alla fine, quasi contro la propria volontà, annuì “Sì, credo che sia così.” borbottò infine, chiedendosi per l’ennesima volta come quel dannato panda riuscisse sempre a tiarle fuori ogni cosa con tanta facilità “Ma non l’ho detto a Li Shan, né a Shifu. Lui non deve sapere. Non ancora.”

Po annuì a sua volta, promettendo che da loro non avrebbero saputo nulla e poi, dopo qualche momento di incertezza, Tigre sospirò ed aggiunse, tesa “In questi sogni, credo di vedere mia . . . mia madre. E qualcun’altro, una ragazza più o meno della sua età. Stanno parlando di una fuga, di scappare via, di portarmi lontano. Ma poi, all’improvviso, tutto finisce.” Lentamente, si portò una mano al petto, per poi stringerla con forza proprio attorno alla collana donatole dal padre naturale “E io mi sento . . . morire ogni volta, ogni singola notte.”

Il guerriero per un attimo non seppe cosa fare, ma poi tirò l’amica verso di sé e la strinse delicatamente in un abbraccio. Rimase immobile per un lungo momento, sorpresa, e lentamente Po le accarezzò la schiena, sussurrando “Scopriremo cosa è successo, te lo prometto. Vendicheremo tua madre e la faremo pagare a Shang Chiang. E finalmente questi incubi svaniranno.”.

A quelle parole Tigre si sentì stringere forte il cuore, e d’istinto si rannicchiò più vicina a lui, rispondendo timidamente all’abbraccio e nascondendo il viso contro il suo petto. Non disse nulla, ma non ce n’era bisogno. Ormai sapeva fin troppo bene che Po riusciva a capirla anche senza bisogno di parole.

Po la strinse più forte a sé, cullandola quasi tra le sue braccia, e rimasero così, l’uno stretto all’altra, per quelle che parvero ore. Fu lui, ancora una volta, a sciogliere quel contatto, ma a malincuore, per mormorare piano “E’ meglio che adesso provi di nuovo a dormire. Dubito che avrai altri incubi, per questa notte.”.

La ragazza annuì, anche se dormire era l’ultima cosa che voleva fare al momento, e si abbassò per prendere le coperte cadute dal letto. Ma prima che potesse sistemarsele addosso, Po si mise accanto a lei, gliele sfilò dalla zampa e le sistemò in modo che coprissero entrambi.

La felina si voltò verso di lui, confusa e presa alla sprovvista “Cosa stai facendo?” chiese, senza capire, o meglio sperando di aver capito male.

Il ragazzo si strinse nelle spalle e spiegò, quasi timidamente “Mio papà lo faceva sempre quando avevo gli incubi, da piccolo. Diceva che la presenza di un’altra persona accanto a te manda via gli spiriti volpe. Non so quanto sia vero, ma funzionava.” aggiunse poi, di fronte allo sguardo critico dell’altra “Quando c’era lui, riuscivo ad aver un sonno senza incubi.”

E riuscivo a sognare te.

Tigre si schiarì appena la voce, non sapendo bene cosa dire “Po, io e te non possiamo dormire insieme, lo sai.” gli ricordò delicatamente. Il suo era stato un pensiero gentile e l’aveva colpita molto, ma già avevano infranto le regole una volta dormendo nella stessa stanza. Non potevano dormire nello stesso letto, anche se nessuno avrebbe mai potuto saperlo. Era qualcosa di troppo . . . troppo intimo. Qualcosa che due maestri non potevano in alcun modo condividere, non importava quanto fossero legati.

Po arrossì di colpo “Ma non è quel tipo di ehm, dormire insieme, ecco.” borbottò imbarazzato, passandosi una zampa dietro la testa

Anche la felina sentì il proprio viso improvvisamente bruciare e si affretto a ribattere “Certo, ma comunque non possiamo. Se Shifu tornasse e ci trovasse così . . .”

Non finì di parlare, perché sapevano entrambi a cosa sarebbero andati incontro. Lo sapeva fin troppo bene. Ma a Po non interessava, non davvero.

“Domattina mi sveglierò all’alba e ti lascerò riposare da sola.” la rassicurò, ancora rosso in volto ma sicuro di sé. In quel momento l’unica cosa che gli interessava era non lasciare Tigre in balia dei suoi incubi. Lei non l’aveva fatto con lui, quando l’aveva trovato sulla barca mesi prima a litigare con l’albero maestro, e lui non sarebbe stato da meno. “Nessuno lo verrà mai a sapere. Te lo prometto.”.

La guerriera si mordicchiò incerta il labbro. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere comunque di no, a qualsiasi costo. Ma l’idea di addormentarsi e rivivere da sola quegli incubi che non le lasciavano pace la terrorizzava più di quanto volesse ammettere. E avere Po al suo fianco era veramente l’unica cosa capace di calmarla, in quel momento. Ma . . .

“Io . . . d’accordo.” cedette alla fine, sperando che quella sua piccola debolezza non si rivelasse la più grande imprudenza della sua vita.

Po sorrise allegramente ed entrambi si coricarono l’uno accanto all’altra. Erano fin troppo vicini, complice di ciò la scarsa grandezza del letto, ma non abbastanza da toccarsi. Eppure, quella vicinanza ebbe uno straordinario effetto calmante su Tigre, che pian piano sentì i propri battiti rallentare dolcemente e le sue palpebre farsi pesanti.

“Po?” lo chiamò sottovoce la ragazza, delicatamente, prima di addormentarsi.

“Sì?”

La zampa timida della guerriera cercò la zampa del panda sotto le coperte. “Grazie.” sussurrò piano, mentre le loro dita si intrecciavano quasi d’istinto.

Il Guerriero Dragone sorrise nell’oscurità e portò le proprie zampe intrecciate alle labbra, per lasciare un piccolo bacio sul dorso di lei “Non devi ringraziarmi, Tigre.”.


Nemmeno il mio amore, come quello di Loto, avrà un lieto fine.

Ma finché posso restare al tuo fianco ed amarti in silenzio mi va bene così.

 

 


 

 

La tana dell’autrice


Sì, rieccomi qui. Un po’ indietro sulla tabella di marcia, ma ci sono. Parecchio indietro, a dire il vero. Ci ho messo molto più del dovuto, lo ammetto, ma in questi mesi ci sono stati così tanti problemi, e i capitoli che sto buttando giù erano così impegnativi che ho preferito rimandare la pubblicazione piuttosto che darvi qualcosa di frettoloso e che non mi soddisfacesse del tutto. And yep, è tornata anche la tana, di cui molti di voi avevano richiesto a gran voce. Vi erano mancati i miei soliloqui e commenti idioti, quindi rieccoli qua, solamente per voi.

Devo ammettere che la difficoltà della scrittura non è stata l’unica cosa che ha rallentato tanto il mio ritorno. Come chi ha letto e sta seguendo ‘Love on ice’ –che devo assolutamente recuperare- già saprà, l’ultimo è stato per me un periodo davvero complicato. Ho affrontato ora l’ultimo anno di liceo, e tutto sta cambiando così velocemente. Devo decidere della mia vita e del mio futuro, e la strada che ho scelto è così piena di ombre che prima di percorrerla voglio essere sicura di poterla affrontare fino in fondo. E lo stress sembra non avere mai fine. Con la maturità in mezzo e l’università ho dovuto rilegare la scrittura a brevi attimi rubati, sempre più rari ogni giorno che passa. Ma avevo così disperatamente bisogno di non pensare e solamente lasciare che le mie dita danzassero sulla tastiera, permettendomi di rifugiarmi in un modo che conosco meglio di qualsiasi altra cosa, che alla fine non ho resistito più e ho iniziato a ritagliarmi qualche breve momento per tornare me stessa.

Mi sembra quasi strano dire queste cose qua sopra. Quando ho iniziato a scrivere qui, ero appena una ragazzina insicura e all’inizio delle superiori che voleva solo trovare un posto in cui sentirsi accettata. E ho trovato, tra i tanti rifugi, EFP. Qui sono cresciuta, ho scoperto nuove passioni e nuove realtà e soprattutto ho conosciuto delle persone fantastiche che hanno reso tutto ciò che buttavo giù speciale ed unico con i loro messaggi, a volte gentili, a volte sarcastici, a volte teneri o scherzosi, ma sempre preziosi, o anche solo con la loro semplice attenzione. Qui sopra sono diventata grande e devo tantissimo a tutti coloro che hanno dedicato anche solo pochi minuti del loro tempo in questi anni a leggere le mie storie o a chiacchierare con me.

Mi fa impressione essere qui, ad aggiornare quello che ormai per me è un pezzo della mia storia. Perché le cose potranno anche cambiare, potrò anche andare all’università e diventare una persona completamente diversa dalla ragazzina timida che ero agli inizi, ma EFP e soprattutto questa fic, che mando avanti da tanto tempo e ancora mi stringe forte a sé, racchiude tutta la mia crescita di questi anni, ricordi belli e brutti, frammenti di persone che non dimenticherò mai e un’esperienza che mi ha cambiata tantissimo.

Voglio ringraziarvi di cuore anche perché questa fic, per me tanto importante, ha superato le 200 recensioni, tutto grazie a voi. Non ho davvero parole, non riesco quasi a credere che dopo tutto questo tempo ci siano ancora persone interessate a quello che butto giù e che continuano a credere in questa storia anche quando io vorrei solo chiudere tutto e basta. Questa fic e io stessa siamo qui per voi e grazie a voi. Per cui...grazie. Grazie di tutto.

 

La vostra

Tigre Rossa

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 – Fiore proibito Seconda parte ***



Capitolo 36  – Fiore proibito Seconda parte

 

 

 

 

 


 

“ Fin dai tempi antichi il drago è l’unica figura in grado di affiancare la tigre. Io sono un drago, e questa mia natura mi costringe fatalmente a starti vicino.”

-Toradora

 

 

 


Shang Chiang rientrò silenziosamente nella locanda, il cappuccio alzato a coprigli il viso. Era ancora molto presto, e sapeva che non avrebbe incontrato nessuno, ma la prudenza non era mai troppa. Sapeva che gli allievi di Shifu e il panda minore stesso si erano resi conto delle sue continue assenze, e ciò lo spingeva a comportarsi il più discretamente possibile. Non voleva che sospettassero di lui. Non più di quanto già facessero, almeno.

Veloce come un’ombra, scivolò lungo i sudici corridoi e raggiunse la sua stanza, e solo una volta entrato ed essersi assicurato di essere solo si tolse il mantello zuppo di dosso, buttandolo con urgenza sul letto. Poi, si chinò sul piccolo caminetto che in teoria avrebbe dovuto rendere quel buco di camera più caldo –aveva pagato il doppio, per averlo- e si affrettò ad ammucchiare dei pezzi di legno ed ad accendere un piccolo fuoco. Lasciò che le fiamme prendessero per bene e poi si infilò una zampa in tasca, estraendo una lettera ancora umida di pioggia. Non c’era alcun mittente, ma sapeva fin troppo bene chi l’aveva scritta. Si affrettò a srotolarla, sperando che portasse, almeno quella volta, delle buone notizie.

Organizzato ogni cosa come avete ordinato, mio signore. Vanno rifiniti solo gli ultimi dettagli, ma sarà tutto pronto per il vostro arrivo.

Un piccolo ghigno soddisfatto comparve sul viso orgoglioso del generale, mentre i suoi occhi dorati brillavano, riflettendo il bagliore delle fiammelle. Strappò il messaggio in tante striscioline sottili e le buttò nel fuoco come ogni volta, in modo che non ne rimanesse traccia. Restò lì, a guardare la carta bruciare, senza riuscire a togliersi quel sogghigno dalle labbra.

“Spero che tu sia pronta per ciò che ti aspetta, piccola.” sussurrò a nessuno in particolare, ma per un breve, imprecisabile attimo gli parve di sentire un ringhio di minaccia nel vento.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Un debole raggio di sole si infilò timido dalla finestra, illuminando pian piano la stanzetta minuscola e riuscendo in qualche modo ad infilarsi tra i sogni del Guerriero Dragone, svegliandolo con delicatezza.

Il panda, ancora insonnolito e con gli occhi serrati, sbadigliò silenziosamente per non svegliare la compagna. Dopo qualche momento, memore della promessa della notte precedente, si costrinse ad aprire gli occhi per poter scivolare via dal letto caldo. Sbatté le palpebre un paio di volte, lottando un po’ per mettere a fuoco la parete che stava davanti a lui. Quando ci riuscì abbassò gli occhi per cercare Tigre, e ciò che vide lo lasciò senza fiato.

Era tra le sue braccia. Stava dormendo tra le sue braccia, serena come non la vedeva da tempo, come se lì, in quel momento, niente potesse turbarla, né i fantasmi del passato, né le ombre del futuro. I suoi occhi erano chiusi, il viso tranquillo, e sembrava improvvisamente piccola e fragile, come quando, ormai settimane prima, si era addormentata stretta a lui, prima che tutto precipitasse. Ma allora lui era sveglio e, seppur a malincuore, aveva sciolto quella stretta, affinché lei non si rendesse conto di nulla. Quella volta invece, seppur fossero entrambi decisi a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, dovevano essersi cercati nel sonno, senza rendersene conto, e si erano trovati, per poi tenersi stretti tutta la notte.

Il Guerriero Dragone non riusciva a distogliere lo sguardo, incantato da quella vista che mai sarebbe riuscito ad immaginare, nemmeno nei suoi sogni più arditi.

Era così vicina, così dannatamente vicina, più di quanto fosse mai stata. Sentiva il suo respiro leggero solleticargli la pelliccia, il suo cuore che batteva al ritmo del proprio, il suo viso seminascosto tra il proprio collo e la spalla. Era stretta a lui come se il suo corpo fosse solo un completamento del proprio, e le braccia del guerriero l’avvolgevano in un abbraccio che sembrava impossibile da sciogliere. Le sue zampe la stringevano come se non volessero più lasciarla andare, tenendola al sicuro in una stretta che la rivendicava come sua e sua soltanto.

Tigre si mosse nel sonno, rannicchiandosi senza rendersene conto ancora più vicina a lui, e il panda non riuscì a trattenersi dall’allungare una zampa ed accarezzarle dolcemente il viso. La felina agitò appena la coda senza svegliarsi e mormorò piano un nome, come se stesse sussurrando una preghiera a degli dei troppo lontani e freddi per sentirla.

“Po . . .”

Il ragazzo si sentì stringere il cuore nell’udire il suo nome sussurrato in quel modo, come se fosse l’unica cosa importante, tutto ciò che impediva agli incubi di ghermirla ancora una volta. Come se riuscisse ad avvertire la sua presenza anche nel sonno. Come se avesse bisogno di lui.

Ma cosa stava pensando? Lei non aveva alcun bisogno di lui. Sarebbe tranquillamente sopravvissuta se lui se ne fosse andato per sempre, forte com’era. Forse sarebbe stata male, all’inizio, ma sarebbe sopravvissuta.

Era lui quello che aveva bisogno di lei. Era lui quello che non sarebbe mai sopravvissuto, se lei l’avesse lasciato. Dopotutto, era lui ad essersi innamorato di un amore folle, che non avrebbe mai dovuto provare. Un amore che l’aveva travolto in tutta la sua potenza solo quando aveva rischiato di perderla. Un amore che ora non riusciva più a ignorare e che, con le sue fiamme, lo stava riducendo in cenere.

Poteva sopportare tutto questo. Poteva davvero, e stava facendo ogni cosa per riuscirci. Ma poi puntualmente succedeva qualcosa di inaspettato che faceva ardere ancora di più quel fuoco, e la sua determinazione crollava e le sue ferite si riaprivano, dolorose ed incurabili. Bastava uno sguardo dolce di Tigre, un sorriso inaspettato, qualche parola sincera, ed ecco che il suo cuore riprendeva a urlare ed a ribellarsi. Bastava un momento come quello, e il suo animo innamorato non poteva fare altro che chiedersi come sarebbe stato se le cose fossero state diverse, se non fossero stati due maestri, se lei non fosse stata proibita, se lui ne fosse stato degno. Se Tigre avesse mai potuto ricambiarlo . . .

Lentamente, come stregato, spostò lo sguardo sulle sue labbra, appena socchiuse, quasi ad aspettare qualcosa, qualcuno.

Quelle parole che lo stavano tormentando da giorni tornarono a sussurrargli all’orecchio, terribili, dolci e tentatrici, stringendogli ancora di più il cuore che continuava dolorosamente a bruciare per quel desiderio che mai avrebbe potuto diventare realtà.

‘Un bacio è più di un semplice contatto fisico. Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre.’

Tentò di non ascoltarle e scivolare via da quella tentazione, da quel pericolo travestito da sogno irrealizzabile, ma per quanto ci provasse quelle labbra continuavano a chiamarlo.

Sarebbe stato facile, rubarle un bacio. Un semplice fugace bacio, un rapido eppure tanto desiderato sfiorarsi di labbra. Ma non sarebbe stato giusto. Non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, soprattutto non così. Piuttosto avrebbe preferito morire tra le fiamme, ma ferire lei . . . no, mai.

Po sospirò, sentendo gli occhi iniziare a pizzicargli fastidiosamente. Piano, con delicatezza, le sfiorò il viso un’altra volta, mentre una dolorosa malinconia lo trapassava come mille spade infuocate.

“Tu non hai idea, Tigre . . .” sussurrò, consapevole che le sue parole non l’avrebbero raggiunta. Si bloccò, incapace di continuare, e chiuse gli occhi con forza, per poi sfiorarle la guancia con le labbra, in un gesto fragile e quasi amaro.

Poi, facendo attenzione a non svegliarla, sciolse il suo abbraccio e scivolò via da lei, come le aveva promesso. La coprì per bene con le coperte, in modo che non prendesse freddo, e rimase per qualche momento a guardarla, l’anima pesante. Sembrava ancora serena, ma notò che passava lentamente una zampa avanti ed indietro sul materasso, proprio sull’esatto punto dove prima stava il suo cuore, come se si fosse resa conta della sua assenza e lo stesse cercando.

Sospirò, mentre le labbra di Tigre chiamavano i suoi occhi di giada un’ultima volta, e scacciò con forza quel desiderio impossibile che tanto gli faceva male.

Un giorno quelle labbra sarebbero state di qualcuno.

Non dubitava che Tigre avrebbe trovato il suo Loto, come nella leggenda; era così facile da amare. E non dubitava che allora l’amore che avrebbe provato per lui sarebbe stato immenso come quello delle antiche leggende. Non dubitava nemmeno che quel qualcuno sarebbe riuscito a rubarle il cuore e a strapparle quel giuramento. Ma sapeva bene che non sarebbe stato lui, per quanto potesse desiderarlo.

Perché sì, Po le apparteneva e sarebbe stato suo per sempre. Ma Tigre non era sua, né lo sarebbe mai stata.

E con quella dolorosa consapevolezza, uscì dalla stanza.

 

~~~~΅΅~~~~


Appena vide da lontano il profilo della piccola capanna Shifu affrettò il passo, stringendo con forza il proprio bastone.

Era partito poco prima dell’alba per arrivare il più presto possibile al villaggio dei panda, nonostante il tempo non fosse ancora dei migliori e il vento soffiasse forte, promettendo altra pioggia. Era troppo in pensiero per aspettare ed era riuscito a percorrere tutta quella strada in relativamente poco tempo, arrivando al villaggio un’oretta dopo il sorgere del sole.

Muovendosi più velocemente che poteva, si avvicinò spedito alla casetta, e i suoi occhi attenti ci misero poco ad individuare una figura appoggiata contro la parete, dal viso malinconico e gli occhi chiusi.

Confuso, il maestro si avvicinò ancora di più fino ad essere ad un passo da essa e chiamò, con tono preoccupato “Po? Cosa ci fai qua fuori?”.

Il panda aprì lentamente i grandi occhi di giada, che subito si fermarono stupiti sul suo volto, come se non credessero che fosse davvero lì.  Ma poi, in fretta com’era comparso, lo stupore svanì e il guerriero si staccò dalla parere, facendo un sorriso gentile eppure, poteva vederlo, molto forzato. “Sono uscito a prendere un po’ d’aria.” spiegò, per poi indicare con un cenno della testa la porta ed aggiungere “Tigre sta bene. Sta riposando, ora. Non dovrebbe svegliarsi ancora per un po’.”.

Il vecchio si sentì rincuorato, ma non del tutto. “Hai badato a lei per tutta la notte?” domandò, inclinando appena il capo.

Po annuì, molto semplicemente. “Certo.” rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e aggiunse mentre i suoi occhi assumevano una nuova sfumatura inquieta “Non potevo lasciarla sola.”.

“Ti ringrazio.” Shifu fece per entrare, ma qualcosa nell’atteggiamento e nel viso dell’allievo lo turbava. Si fermò e con fare serio chiese ancora “Va tutto bene, panda? Sembri un po’ strano.”.

Il Guerriero Dragone si affrettò ad annuire un’altra volta, forzando un altro sorriso “Sono solo un po’ stanco. Non ho dormito molto, stanotte. A proposito, con il vostro permesso, vado a stendermi qualche ora.”.

Il panda minore lo studiò per qualche secondo, ma poi sospirò e gli disse “Certo, vai pure”.

Il ragazzo gli fece un cenno del capo e si stiracchiò, dirigendosi verso la capanna vicina, e il suo maestro lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse la porta alle spalle. C’era qualcosa che lo turbava, era impossibile non rendersene conto. Da prima ancora che Tigre venisse ferita, a dire il vero, Po gli era parso particolarmente strano, e da quando lei si era risvegliata aveva notato che sembrava diviso allo stesso tempo da una profonda gioia e un’altrettante lacerante tensione. Non riusciva a capirne il motivo, ma vederlo così non gli piaceva, anzi, lo preoccupava abbastanza.

Con un sospirò, il panda rosso si infilò nella casetta, cercando di non fare rumore, e ciò che vide cancellò per un attimo tutti i suoi pensieri e le sue preoccupazioni.

Tigre era rannicchiata sotto le coperte, raggomitolata su se stessa come un cucciola, e aveva un’aria sorprendentemente serena. I suoi occhi erano chiusi e il suo respiro leggero, appena udibile, mentre la sua zampa si muoveva lentamente sotto il tessuto delle lenzuola.

Il vecchio genitore sorrise appena, intenerito, e fece per avvicinarsi. Il pavimento scricchiolò appena sotto il suo passo e lui si irrigidì, sperando che quel lieve rumore non avesse raggiunto la figlioccia. Ma le orecchie della felina, acute e sensibili, si contrassero, e la ragazza aprì quasi all’istante gli occhi, mettendolo a fuoco abbastanza velocemente.

“Shifu . . .” mormorò con voce rauca, sollevando piano la testa per guardarlo meglio.

Il maestro le si avvicinò in fretta. “Shh, torna a riposare.” sussurrò piano, con una dolcezza che apparteneva a giorni lontani “Ne hai bisogno.”.

La ragazza scosse la testa, mettendosi a sedere nonostante le sue parole. “Non ho più sonno.” replicò mentre i primi raggi di sole le feriva gli occhi stanchi. Lo studiò con lo sguardo e aggiunse, quasi in tono d’accusa “Siete tornato troppo presto. Non sarete partito durante la tempesta?”

Shifu dovette trattenere un sorrisetto ironico. Avrebbe dovuto aspettarsi quella domanda.“No, non preoccuparti.” la rassicurò, sedendosi accanto al suo letto e poggiando il bastone alla parete “Ci hanno pensato i ragazzi ad impedirmelo.”.

“Hanno fatto bene.” osservò soddisfatta l’allieva, con un lieve accenno di sollievo nella voce.

I suoi occhi di fuoco scivolarono per la stanza, come alla ricerca di qualcosa, per poi correre di nuovo verso Shifu, quasi a chiedere spiegazioni. “Dov’è Po?” domandò, cercando di non sembrare veramente interessata alla risposta.

“È uscito ora.” le spiegò, dopo un attimo di sorpresa “Ha detto che aveva bisogno di riposarsi.”.

La guerriera annuì, come se se lo aspettasse, e per qualche momento giocherellò con il medaglione che continuava a portare al collo. Il panda minore la osservò attentamente, preso un po’ alla sprovvista da quella reazione.

Da quando Tigre si era risvegliata, sfuggendo dalle mani tese della Morte, gli era parsa molto diversa, come se quell’esperienza l’avesse cambiata nel profondo. Probabilmente era per questo che l’aveva perdonato con una straordinaria facilità dopo tutto quel tempo, e forse era sempre per questo che a volte la vedeva fissare il nulla con lo sguardo vuoto e la zampa ben stretta attorno a quel medaglione, che si rifiutava di togliere. Ma non era solo questo ad essere cambiato.

Da quando si era risvegliata, il suo rapporto con Po era diventato ancora più stretto di prima, cosa che mai avrebbe creduto possibile. Tigre si aggrappava a lui come un fiore si aggrappa alla luce del sole, consapevole che se fosse svanita sarebbe appassito per sempre. Ogni volta che il panda entrava nella stanza o le stava vicino, il suo viso si addolciva e il fuoco nei suoi occhi si rasserenava, diventando tiepido calore e non terribile incendio. Il Guerriero Dragone era l’unico che riusciva davvero a rasserenarla ed a farsi ascoltare, si prendeva cura di lei con uno zelo straordinario e restava per ore ed ore al suo fianco, come se non gli importasse altro che non perderla mai più di vista. Tigre non aveva mai permesso a qualcuno di avvicinarsi tanto ed avere un tale influenza su di lei, prima di quel momento. Ma adesso, accanto a lui, appariva più tranquilla di quanto fosse mai stata, come se niente potesse più turbarla, come se con Po al suo fianco potesse affrontare qualsiasi cosa.

La ragazza si mordicchiò appena il labbro inferiore, riflettendo intensamente su qualcosa, prima di strappare il padre adottivo dai suoi pensieri e domandare con un pizzico di incertezza “Maestro, posso chiedervi un favore?”.

Shifu si sentì stringere il cuore a quelle parole. Non ricordava più nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che gli aveva chiesto qualcosa. O forse non l’aveva mai fatto. Non ne era sicuro. Ma il fatto che lo stesse facendo ora, in quel momento, che l’avesse davvero perdonato a tal punto da chiedergli di fare qualcosa per lei, era già incredibile di suo.

“Certo.” rispose in un sussurro, come se temesse che fosse tutta un’illusione pronta a svanire se non l’avesse stretta forte a sé, rendendola realtà “Qualsiasi cosa.”.

Perché davvero, come avrebbe potuto rispondere diversamente?

 

~~~~΅΅~~~~

 

Li Shan stava terminando di fasciare la spalla di Tigre, tentando di finire il più in fretta possibile, quando il Gran Maestro del Palazzo di Giada si alzò dalla sua sedia e gli chiese, in tono cordiale “Mastro panda, permettete una parola?”.

Il panda si bloccò per un momento, le zampe esperte che stringevano immobili la garza pulita. Poi si affrettò a sollevare il capo ed annuire, tentando di nascondere la ben evidente sorpresa per quella richiesta insolita. I due non parlavano faccia a faccia da quando il capoclan non gli aveva permesso di restare, ormai una settimana prima. “Certo, maestro Shifu.” rispose, mettendo via le bende avanzate e alzando lo sguardo su di lui, invitando silenziosamente a parlare.

Il piccolo maestro scosse appena la testa. “Non qui, gentilmente.” replicò, alzandosi e facendo segno di seguirlo fuori dalla casetta.

Il curatore aggrottò la fronte, preso alla sprovvista, ma sentendo su di lui lo sguardo di tutti i presenti decise di fare come gli era stato detto e seguì l’altro fuori.

Po, che era rientrato da poco nella stanza proprio per essere presente durante la visita mattutina, lo seguì con i grandi occhi chiari fino a quando non uscì. Allora si voltò confuso verso l’amica, che stava muovendo la spalla per allentare la fasciatura nuova e non sembrava particolarmente stupita da quell’avvenimento insolito, e chiese curioso “Di cosa dovrà parlargli?”.

La felina si limitò a borbottare un semplice “Non ne ho idea.”. Si tolse con un rapido movimento le coperte di dosso e gli domandò, gli occhi luminosi e caldi “Allora, mi aiuti a camminare?”.

“Adesso?” fece il giovane guerriero, sorpreso da quella richiesta improvvisa.

“Quando, altrimenti?” replicò Tigre, guardandolo come se avesse fatto la domanda più stupida possibile, per poi alzarsi in fretta dal letto e barcollare per qualche secondo.

Il Guerriero Dragone si affrettò ad afferrarla, temendo che stesse per cadere come il giorno prima, cosa che fortunatamente non accadde. La felina recuperò l’equilibrio abbastanza in fretta, ma le zampe di lui si rifiutarono di lasciare i suoi avambracci e rimasero lì, a stringerla con delicatezza ma decisione.

“Piano, tigre scatenata.” l’ammonì, solo in parte scherzosamente “La faticaccia di ieri non ti è bastata?”.

“No.” rispose molto semplicemente la ragazza “E non sono scatenata, ma solo stanca di restare a prendere polvere in questo letto.”.

“Non me n’ero reso conto, sai?” la prese lievemente in giro il più grande, per poi sospirare e cedere “Dai, prima che Shifu torni e mi uccida per averti lasciata alzare.”.

La maestra sorrise appena, come se si aspettasse quella risposta “Non lo farà. E anche se ci provasse, ti difenderei io.” ribatté scherzosamente, lanciandogli uno sguardo divertito.

“Ora sì che mi sento più tranquillo.” Po scosse la testa e si spostò in modo da posarle una zampa sulla schiena e un’altra lungo il braccio, come aveva fatto il giorno prima “Tu sarai la ragione della mia fine, sappilo.”.

Gli occhi di fuoco della ragazza si oscurarono per un breve momento, come se quelle parole l’avessero ferita o peggio, avessero risvegliato dei fantasmi che tentava in tutti i modi di non vedere. “Non lo permetterei mai, e tu lo sai.” mormorò, con voce roca e seria.

Il ragazzo la guardò, preso alla sprovvista da quella risposta così sincera, senza sapere cosa dire. 

I due rimasero immobili a lungo, l’uno vicino all’altra, fino a quando la felina non strinse i denti e fece un passo in avanti, e lui la seguì, continuando a sostenerla in ogni suo movimento, come se non fosse successo nulla.

Ma era successo, ed entrambi lo sapevano fin troppo bene.

 

Nel frattempo, a pochi passi dalla casetta, Li si voltò verso il panda minore, studiandolo con quei grandi occhi verdi così straordinariamente simili a quelli del figlio. “Cosa dovete dirmi?” chiese, il tono freddo e controllato.

Shifu si lisciò le maniche della veste, mosse dal vento gelido. “Per prima cosa, volevo ringraziarvi di cuore per quello che state facendo per mia figlia.” iniziò gentilmente, scegliendo con cura le parole. “So quanto vi costi, e non potrò mai esservi abbastanza grato. È tutto, per me.” esitò per un breve momento, prima di buttare fuori tutto d’un fiato “E ho rischiato di perderla prima che lo capisse.”.

Il capoclan lo fissò, cercando di capire il senso delle sue parole “Cosa intendete dire?”.

Il maestro sospirò. Sapeva che sarebbe dovuto arrivare a questo, anche se avrebbe voluto evitarlo. Ma doveva farlo, e ne era consapevole. Così si fece forza e domandò lentamente, come se anche solo pronunciare quel nome gli facesse male “Avete mai sentito parlare di Tai Lung?”.

Le pupille dell’altro si allargarono appena, ma egli si limitò a rispondere “Certo, come tutti. Distrusse la Valle della Pace più di venti anni fa, poco prima che Lord Shen ci attaccasse.”

Il più anziano si strinse con forza le zampe, prima di chiudere gli occhi e confessare in un sospiro “Era mio figlio. Non era solo il mio allievo prediletto, ma anche mio figlio adottivo. L’ho amato con tutto me stesso.” Era così difficile parlarne. Era passato così tanto tempo, ma per lui quella cicatrice continuava a fare male, ed era consapevole che avrebbe continuato a farlo per tutta la vita, anche se sempre meno.

Li Shan rimase in silenzio e lui continuò lentamente “Quando ho incontrato Tigre e l’ho tirata fuori dall’orfanatrofio in cui viveva erano passati solo alcuni anni da allora e non avevo superato il fatto di aver perso. Volevo sinceramente bene a quella bambina dagli occhi caldi, ma temevo di rovinarla come avevo rovinato Tai Lung, di vederla trasformare in qualcosa che non era.” Si costrinse a riaprire gli occhi, per non vedere quelle immagini che l’avrebbero tormentato fino alla fine dei suoi giorni. “Ma lei non era come Tai Lung; non si sarebbe mai trasformata in un mostro, eppure io ero incapace di vederlo. Sono stato fin troppo oppressivo con lei, rendendola infelice senza rendermene conto, solo perché temevo di non essere in grado di proteggerla da se stessa. Ma in realtà avrei dovuto proteggerla da me stesso. Le ho fatto male quando tentavo solo di proteggerla, e ho rischiato di perderla del tutto quando suo padre biologico è venuto a cercarla e ha preteso di portarla via con sé. Lei non voleva. È una grande guerriera, la più famosa dell’intera Cina, e nel Palazzo di Giada ha trovato una casa e nei suoi compagni una famiglia. Lui però non è riuscito a vederlo e le ha imposto di seguirlo, almeno fino al compimento della sua maggiore età. È stata costretta, suo malgrado, ad obbedire.”.

Il panda si mosse appena, a disagio, ma lui non si fermò, fingendo di non essersene accorto “Prima della partenza, mi ha affrontato. Era delusa dalla mia debolezza, dal fatto che non fossi riuscito ad impedire una cosa del genere, di non aver lottato per lei. Io, che più di tutti avrei dovuto essere dalla sua parte. Io, che nemmeno quella volta ero riuscito a comportarmi come un padre.”. Sospirò piano, perché faceva male ammetterlo, nonostante ormai lei l’avesse perdonato per ogni cosa “Mi ha rivelato quello che si portava dietro da anni, il dolore e la rabbia per i miei sbagli, ma prima che capissi davvero il mio errore e potessi fare ammenda è stata colpita da quel dannato dardo. Ho creduto davvero di perderla in maniera definitiva, ma gli Dei mi hanno graziato. Mi hanno dato un’altra possibilità.”

Dovette fermarsi un attimo e riprendere fiato, mentre lottava per non farsi travolgere dalle emozioni, per poi aggiungere un dolce e appena sollevato “Grazie alle vostre cure si è risvegliata e, straordinariamente, mi ha perdonato e mi ha concesso di provare ancora una volta ad essere il padre che merita.”.

Il curatore rimase in silenzio per un lungo momento, quei occhi di giada fissi in quelli chiari del più anziano, fino a quando chiese lentamente, come se avesse paura di parlare “Perché mi state dicendo tutto questo?”.

Shifu esitò un attimo, ma poi decise di dire la verità “Tigre mi ha detto che ci sono problemi tra voi e Po. Che lui si rifiuta di parlarvi e voi di andargli incontro.”

Il panda strinse gli occhi, come se si fosse aspettato tutto tranne quella risposta. “E lei come lo sa?” domandò quasi in un ringhio aggressivo.

Il maestro non poté che trattenere una piccola smorfia solidale. Anche lui era ugualmente sorpreso, quando le aveva rivelato ogni cosa, facendogli giurare di non dire nulla al compagno per alcuna ragione al mondo. Non si aspettava un simile livello di confidenza, nemmeno dopo tutto quello che era successo. Ma stava iniziando in fretta a ricredersi, per quanto fosse difficile. “Po non può tenerle nulla nascosto. Le vuole bene davvero, e anche lei gliene vuole. Sta male per tutto questo, e Tigre non riesce a vederlo così. E mi ha chiesto di parlarvi.” spiegò ricordando il viso di lei, così serio quando gli aveva fatto quell’insolita richiesta, e i suoi occhi di fuoco che bruciavano di decisione e forza come non facevano da molto tempo, impedendogli di tirarsi indietro.

“Perché?” fu la brusca replica dell’altro, che lo scrutava come se non riuscisse davvero a credergli.

Egli fece un passo nella sua direzione, rispondendo piano “Perché io posso capirvi, seppur in parte. Non ho avuti figli miei, ma ne ho cresciuti due come se lo fossero. Ne ho perso per sempre uno e ho rischiato di perdere anche l’altra. So bene cosa può distruggere un legame tanto forte come quello tra un genitore ed un figlio. So quali sono gli errori che un padre può commettere. So cosa si prova ad avere la sensazione di non riuscire a raggiungere il proprio figlio. Ed è terribile. Io ho sbagliato tanto, ed entrambi i miei ragazzi hanno sofferto per questo.”.

Sentì il proprio cuore stringersi in una morsa, ma si costrinse ad ignorarlo ed ad andare avanti “Tengo molto a Po. È tra i miei allievi migliori e mi ha aiutato a trovare la pace interiore nel momento forse più difficile della mia vita. Non voglio che anche lui soffra come ha sofferto la mia Tigre.” Era vero, era fin troppo vero, e non ebbe alcuna difficoltà ad ammetterlo. “E non voglio che, in cambio per quello che avete fatto per noi, voi abbiate solo il mio stesso identico rimpianto. Non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Quindi, come posso vedere voi, che tanto ci avete aiutato, rischiare di commettere un errore simile al mio?”.

Il capoclan rimase immobile, senza dire una parola per un tempo lunghissimo e senza distogliere mai lo sguardo dal suo. Poi, qualcosa nei suoi occhi di giada si sgretolò e dalle sue labbra secche uscì un incerto “Cosa mi consigliate?”.

Shifu trattenne a stento un sospiro sollevato e si affrettò a sussurrare “Cercate di capirlo. Po ha sofferto tanto nella sua vita. Ha le sue cicatrici, ma ha imparato ad andare avanti nonostante tutto e tutti. Ha fatto le sue esperienze, che l’hanno fatto diventare chi è oggi. Non è più lo stesso bambino che avete perso anni fa, ma è comunque vostro figlio. Ha dei suoi principi, una sua morale e un suo codice d’onore, che vanno compresi. Ha i suoi legami, che gli hanno permesso di andare avanti e di sopravvivere, che vanno accettati. Ha un suo modo di vedere il mondo, che va rispettato. Accettatelo per quello che è, cercate di comprendere le idee che non condividete, tentate di ascoltarlo davvero.” disse, il più sinceramente possibile, per poi concludere con dolcezza “Ma soprattutto amatelo. Amatelo con tutto voi stesso. Amatelo perché, che si chiami Piccolo Loto o Po, rimane comunque il vostro bambino, e come ogni bambino tutto quello che vuole è l’amore del suo papà.”.

Li Shan chiuse gli occhi con forza, come se stesse tentando di domare un dolore lancinante. Dopo qualche momento di silenzio chiese, la voce incerta “Chi si è preso cura di mio figlio per tutti questi anni?”.

Il panda minore sorrise appena, ripensando a quel genitore preoccupato che stava aspettando Po con ansia, dall’altra parte della Cina. “Un’oca dal cuore buono.” rispose “L’ha cresciuto come se fosse suo, e non gli ha mai fatto mancare né amore né comprensione. È stato un papà grandioso, per lui, e continua ad esserlo ogni giorno di più. A differenza di molti altri orfani, è stato fortunato.”.

Continuò a tenere gli occhi chiusi, come se non avesse la forza di aprirli. Quando parlò di nuovo, la sua voce era spezzata, ferita “Lui gli . . . gli vuole bene?”.

Annuì, ma rendendosi conto che non poteva vederlo si affrettò a confermare “Decisamente.”. Si avvicinò di un altro passo a lui e, dopo un momento di esitazione, gli poggiò una zampa sua braccio e lo rassicurò, gentilmente “Come ne vorrà a voi, se riuscirete a farvi forza.”.

Li Shan tremò, ma quando riaprì gli occhi Shifu riuscì a cogliere quella luce che aveva imparato a riconoscere nel proprio sguardo, e in quel momento capì che finalmente quel padre perduto aveva ritrovato la strada per uscire dalle ombre.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Dobbiamo fare questo teatrino ogni volta?” chiese Tigre quasi annoiata, avvolgendo le braccia attorno al collo di Po quando si rifiutò di metterla di nuovo giù.

Il ragazzo le lanciò un’occhiata divertita “Se qualcuno non si rifiutasse di rimettersi a letto ogni volta che arriva al limite, questo ‘teatrino’ potrebbe finire in ogni momento.” replicò, stringendola meglio tra le sue braccia.

Era il terzo giorno che la felina provava a camminare, e come i precedenti si era rifiutata di fermarsi quando l’amico glielo aveva detto. Così lui aveva continuato a prenderla in braccio per costringerla a tornare a letto ogni singola volta. Soprattutto all’inizio aveva protestato abbastanza intensamente, tentando di liberarsi, ma era troppo debole per riuscire a sciogliere quella presa senza farsi male, e pian piano era diventata decisamente più arrendevole.

La maestra alzò gli occhi al cielo. “Non trattarmi come una bambina, Po.” lo rimproverò appena mentre lui si avvicinava al letto, e quasi senza rendersene conto si rilassò contro il suo petto, tentando di riprendere fiato. Era veramente stanca, quel pomeriggio. Aveva provato a camminare ogni volta che Shifu la lasciava sola con Po, imponendosi di non fermarsi nemmeno quando le ossa gemevano e i muscoli bruciavano. Se fosse stato per lei, non avrebbe fatto altro per tutto il giorno. Ma lui non glielo avrebbe mai permesso, preoccupato com’era.

Po sorrise, intenerito dal suo gesto, e la strinse impercettibilmente più vicino a sé. Ormai si era abituato a portarla in braccio, e il suo corpo la riconosceva come qualcosa di dolce e terribilmente familiare, ma comunque di proibito, che non potevano concedersi a lungo. Delicatamente e un po’ a malincuore la poggiò sul letto, attento a non farle male, e scherzando le disse “Ecco, adesso fai la nanna, piccola maestra.”.

La ragazza lo fulminò letteralmente con lo sguardo e gli tirò un pugno dritto al braccio, meno forte del solito ma comunque abbastanza deciso da essere doloroso.

“Ahi!” gemette il panda, massaggiandosi il punto colpito e lanciandole uno sguardo ferito “Mi hai fatto male!”.

Ella sorrise appena, soddisfatta “Era quello lo scopo.”.

L’amico fece una smorfia sofferente, per poi sospirare e osservare, particolarmente sorpreso e compiaciuto “Ti stai rafforzando, comunque.”.

La compagna storse la bocca, ben consapevole di quanto il suo corpo fosse ancora fragile e il pugno di poco prima molto più debole rispetto alle sue capacità “Non abbastanza.”.

Il panda scosse la testa, deciso “Hai camminato per quasi due ore solo questa volta. Considerando che due giorni fa avevi difficoltà a stare in piedi, direi proprio di sì. E il bozzo che fra poco avrò sul braccio confermerà alla grande la mia tesi.”.

“Devo migliorare ancora di più.” ribatté la guerriera, stringendosi nelle spalle come se non fosse affatto convinta dalle sue parole “Altrimenti quando ci riuniremo agli altri rallenterò solo il gruppo.”.

“Beh, non vedo quale sia il problema.” replicò il maestro, sedendosi al suo fianco sul letto. “Più tempo ci metteremo ad arrivare e meno tempo dovremo trascorrere nel villaggio di Shang Chiang, no?” spiegò, tirandole una leggerissima gomitata e tentando di rasserenarla un po’. Sapeva quanto la innervosisse la prospettiva di rincontrare quell’uomo da lì a pochi giorni e, in parte, condivideva la sua tensione. L’ultima cosa che voleva in quel momento era guardare in faccia colui che l’aveva resa orfana e chiedersi cosa avesse in serbo per lei. Ma questo lei non aveva bisogno di capirlo.

Tigre non riuscì a trattenere un sorrisetto, che però si affrettò a nascondere per aggiungere con lo stesso tono controllato “E devo allenarmi.”.

Il viso del Guerriero Dragone si incupì di colpo e le pupille dei suoi occhi di giada si restrinsero. “Non se ne parla.” fu la sua  secca risposta “Non in queste condizioni.”.

La maestra sospirò, come se se lo aspettasse. “Po . . .” iniziò paziente, ma lui la interruppe subito, senza darle modo di obbiettare. “Sei ancora troppo debole per allenarti.” sibilò, come se solo pensarlo fosse un errore imperdonabile “E hai nel sangue un veleno che ad uno sforzo eccessivo potrebbe scatenare un’ulteriore crisi, non so se hai presente.”.

“Non succederà.” tentò di rassicurarlo, cercando con gli occhi i suoi “Starò bene, vedrai.”.

Il ragazzo restò immobile, quasi a sfidarla con lo sguardo “Non intendo rischiare. Ti ricordo che sei quasi morta, poco più di una settimana fa.” disse, con un tono talmente gelido da cogliere l’altra impreparata “Non ho alcuna intenzione di dover temere per la tua vita ancora una volta.”.

“Po . . .” lo chiamò ancora una volta la felina, ma lui la zittì in fretta, deciso a non ascoltare nemmeno una parola delle sue obiezioni.

“Smettila di guardarmi come se fossi pazzo.” ringhiò, mentre i suoi occhi bruciavano come fiamme di giada, belle e terribili “Ti ho vista crollare davanti ai miei occhi. Ti ho stretta tra le mie braccia mentre la vita ti stava abbandonato. Sono rimasto accanto a te quando tutti credevano che non ci fosse nulla da fare. Ho provato il terrore più grande della mia vita.” La sua voce tremava, ma si impose di andare avanti, stringendo con forza i pugni. “E non posso passare attraverso questa cosa di nuovo. Non posso perderti ancora. Quindi no, non aspettarti che io ti permetta di farti del male da sola.”.

Distolse lo sguardo, all’improvviso fragile e svuotato, mentre tremava impercettibilmente, come se nemmeno lui riuscisse a reggere l’enormità di quello che aveva detto. Un delicato silenzio calò tra loro due, fino a quando Tigre si avvicinò a lui e lo chiamò per la terza volta.

“Po, guardami.”.

Il guerriero voltò la testa dall’altra parte, certo che se avesse incontrato il suo sguardo avrebbe visto più di quanto potesse svelare. Ma la zampa gentile della felina gli raggiunse il mento e, con delicatezza, lo costrinse ad incontrare i suoi occhi, talmente caldi e ardenti da rubargli il fiato.

La maestra respirò a fondo, prima di avvicinare il proprio volto al suo e sussurrare lentamente, come se avesse paura di spezzarlo con le sue parole “Io sono qui. Non sono morta e non ho alcuna intenzione di morire nell’immediato futuro.”. Era talmente vicina che il ragazzo poteva sentire il suo respiro sfiorargli le labbra e vedere i propri occhi riflessi nelle fiamme dei suoi. “So che hai avuto paura, ma ora non c’è più motivo di averne. Non me ne andrò via. Te lo prometto.” mormorò, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.

Po trattenne il fiato, sentendo il proprio cuore rallentare fino a fermarsi. Rimase immobile per un lungo momento, ma poi sospirò e ripeté, quasi rassegnato, quella stessa frase che aveva pronunciato al suo risveglio, prima di stringerla tra le sue braccia. “Lo spero bene, perché altrimenti ti verrei a riprendere.”.

Tigre sorrise appena, ed era un sorriso così sincero e così puro che il Guerriero Dragone si sentì stringere il cuore ancora di più e, in un momento di debolezza, posò la fronte contro la sua.

Per un attimo temette che si sarebbe spostata, che avrebbe spezzato quel contatto così intimo, ma la guerriera si limitò a chiudere gli occhi ed a restare così, la zampa ancora sotto il suo mento, a sostenerlo con dolcezza, e la fronte poggiata contro la sua.

Il Guerriero Dragone contemplò il suo volto sereno per qualche momento, come incantato, e alla fine con un minuscolo sospiro chiuse a sua volta gli occhi.

Rimase in silenzio per quella che gli parve un’eternità, per poi riaprire gli occhi e aggiungere scherzoso ma fermo, cercando di tornare al discorso di prima  “Ma comunque no, non ti aiuterò ad allenarti fino a quando non ti rimetterai completamente in sesto. E se tenterai di farlo di nascosto lo dirò a Shifu.”.

La ragazza, presa per un attimo alla sprovvista, riapri a sua volta gli occhi e gli lanciò uno sguardo a metà strada tra l’irritato e il divertito “È una vendetta per il pugno di prima, vero?”

“Anche.” ammise, stringendosi lievemente nelle spalle senza però allontanare la fronte dalla sua.

L’accenno di un sorriso si dipinse sul volto di Tigre, ma prima che potesse ribattere in qualsiasi modo le sue orecchie acute si contrassero e nella frazione di un secondo il suo viso mutò completamente espressione.

In un movimento fulmineo si staccò da lui, spostandosi nel lato più lontano del letto e lasciandolo completamente spaesato.

Il panda aprì la bocca per parlare, ma la ragazza gli fece segno di tacere e in quel preciso momento la porta della casetta si spalancò e Shifu entrò zoppicando, reggendosi come al solito al suo bastone.

Lei lo salutò con pacata naturalezza, lisciando distrattamente le pieghe delle coperte come se non fosse successo nulla. Po invece, consapevole di non essere in grado di recitare così bene, si affrettò ad inventare sul momento una scusa per andarsene, sperando che l’espressione smarrita e imbarazzata sul suo viso non lo tradisse.

Il panda minore lo squadrò per un lungo, interminabile momento, un momento in cui avrebbe giurato che egli in realtà già sapesse tutto e stesse solo aspettando un suo passo falso. Ma poi il momento passò ed al cenno di assenso del maestro il ragazzo si affrettò ad alzarsi, mentre le gambe gli tremavano impercettibilmente, e uscì in fretta.

Ma, nonostante tutto, continuò a sentire lo sguardo infuocato di Tigre bruciargli la pelle fin dentro la sua capanna, dove si rifugiò come se stesse fuggendo da qualcosa che non sapeva quanto a lungo sarebbe riuscito ad evitare.

Quel tiepido calore non lo lasciò per un bel po’.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Po scrocchiò il collo per l’ennesima volta, riaprendo gli occhi e alzando lo sguardo verso il cielo.

Era seduto fuori dalla sua casetta, sotto le stelle. Non era riuscito ad addormentarsi quella notte, come non c’era riuscito quella precedente e quella prima ancora. Così era uscito fuori nonostante il vento gelido e la neve caduta da poco, deciso a meditare, o almeno a provarci.

Non era qualcosa che riusciva a fare facilmente, anzi. Non aveva mai imparato davvero a meditare, nonostante Tigre avesse tentato di insegnargli. Non riusciva a stare fermo e tranquillo per più di qualche minuto, e non vedeva l’utilità di perdere tempo prezioso in quel modo. Ma Tigre ripeteva sempre quanto la meditazione fosse essenziale per svuotare la mente dai pensieri e come permettesse di controllare le sue emozioni anche quando tutto il resto falliva, e probabilmente una minuscola parte di lui doveva averci ceduto. Perché, da quando erano arrivati in quel villaggio – o meglio, da quando Tigre si era risvegliata-, si era ritrovato più volte a rifugiarsi nella sua stanza oppure sotto le stelle, a raccogliersi in se stesso ed a tentare di zittire le mille voci che gli affollavano la testa.

Non sapeva bene il motivo. Forse sperava semplicemente di poter smettere di pensare, almeno per un po’.  Forse cercava di fare silenzio dentro di sé, mentre fuori tutto urlava. Forse voleva tentare di tenere sotto controllo quella tempesta che lo stava distruggendo, lentamente ed inesorabilmente. Non lo sapeva, e probabilmente non voleva nemmeno saperlo. Ma si rifugiava nella meditazione come se fosse l’unico rimedio possibile, nonostante non riuscisse a offrirgli molto sollievo.

Sospirò piano, portandosi le zampe dietro il collo e perdendosi nella volta celeste, sorprendentemente tranquilla nonostante la nevicata di poche ore prima. Rimase così, a guardare il cielo cercando di non pensare, fino a quando sentì dei lievi movimenti, quasi impercettibili, alla sua sinistra. Si alzò subito, voltandosi e stringendo i pugni, pronto ad attaccare se ce ne fosse stato bisogno. Ma lì, in mezzo alla neve, non c’era nessun nemico, non proprio almeno.

Li Shan era a pochi passi da lui, una zampa stretta attorno al suo ciondolo di giada, e lo guardava come se lo stesse vedendo per la prima volta.

Po rimase immobile, sorpreso e senza sapere cosa fare. Non si parlavano dalla loro ultima discussione, nonostante davanti altri tentasse di avere un comportamento perlomeno educato.

Anche l’altro panda sembrava imbarazzato e teso, perché per un istante si dondolò sui talloni, come se stesse contando i passi necessari ad andarsene via da lì nel minor tempo possibile. Ma poi si mordicchiò il labbro inferiore e chiese, a bassa voce e titubante “Pic. . . Posso parlarti un momento?”.

Il ragazzo aggrottò la fronte, non sorpreso tanto da quella richiesta, bensì dal suo tono e dal fatto che non avesse usato il nome che gli avevano dato alla nascita, cosa che invece faceva sempre, rifiutandosi di rivolgersi a lui come Po.

Forse fu quello a spingerlo a non voltarsi e rientrare all’istante della sua capanna. O forse fu il suo sguardo, incredibilmente fragile e in quel momento ancora più simile al suo di quanto già fosse di solito. Non lo sapeva con certezza, ma non riuscì a sottrarsi, non quella volta, e così mormorò un “I-io . . . d’accordo. Dimmi. Ti ascolto.”.

Li Shan probabilmente non si aspettava quella risposta, perché parve preso alla sprovvista e strinse con più forza il ciondolo. Ma si riprese in fretta e, dopo qualche momento di incertezza, abbassò lo sguardo sulla neve bianca che gli bagnava le zampe e sussurrò, piano come se avesse paura che il vento portasse via per il mondo le sue parole “Volevo chiederti scusa per il modo in cui mi sono comportato.”.

Il panda trattenne il fiato, certo per un momento di aver capito male. Non poteva aver detto davvero una cosa del genere. Non poteva. Eppure, l’aveva detto. L’aveva detto davvero.

L’anziano parve prendere il suo silenzio sbigottito come un buon segno, perché continuò lentamente “Non sono stato gentile né con te né con . . . con lei. Soprattutto con lei.” concesse, senza riuscire a guardarlo negli occhi “Mi sono lasciato prendere dal timore e mi sono comportato in maniera disdicevole. Non conosco quella ragazza e non ho il diritto di giudicarla, lo so, ma a parlare è stata la mia paura.”.

Si portò la zampa libera al cuore, come se gli stesse facendo male, come se fosse sul punto di spezzarsi “Ti ho creduto morto per così tanto tempo e ritrovarti dopo tanti anni, diventato un guerriero e legato ad una tigre . . . ero spaventato, ecco. Sono spaventato.” ammise in fretta, quasi non riuscisse a pronunciare davvero quella parola “Sei diverso da come ti ho sempre immaginato, e questo mi ha disorientato tantissimo.”.

Rimase in momento in silenzio e lasciò cadere la mano che teneva sul cuore, per poi mormorare piano “Ma questo non significa nulla. Sei mio figlio, e tutto quello che voglio è proteggerti. Ma non avrei dovuto farlo in questo modo.”.

Po non riuscì a rimanere zitto per un momento di più, per quanto quelle parole l’avessero colpito più di quanto volesse ammettere. “No, non avresti dovuto.” confermò “Non tentando di allontanarmi da Tigre.”.

Solo a quel punto Li alzò lo sguardo per incontrare il suo, e il giovane fu completamente incapace di leggerlo, pieno com’era di emozioni contrastanti. Rimase in silenzio per un lungo momento, per poi osservare sorpreso, come se se ne fosse reso conto solamente in quel momento “Tieni davvero molto a lei.”.

Suo malgrado, il guerriero si ritrovò ad annuire. “Più che a chiunque altro.” rispose, con un tono serio che mai avrebbe creduto di poter usare.

“E lei sembra . . .” esitò, mordendosi le labbra con incertezza, per poi cedere “tenere molto a te.”.

Po, infastidito dalla sua incredulità, ringhiò sommessamente, incrociando le braccia “Si è presa un dardo avvelenato al mio posto, tu cosa dici?”.

Il genitore parve rendersi conto del suo errore, perché i suoi occhi tremarono. Abbassò appena il capo, come se si sentisse in colpa. “Ero troppo cieco per vederlo.” si rimproverò sommessamente “Tu ti porti dietro le tue esperienze, io le mie. Ma non avrei dovuto farmi accecare dalla paura. Avrei dovuto vedere.”. La sua voce si spezzò nel pronunciare la frase successiva “Tua madre sarebbe così arrabbiata con me, se fosse qui in questo momento.”.

Il ragazzo trattenne per un secondo il fiato, preso alla sprovvista, e dopo qualche momento il più grande riprese a parlare, stringendo la sua collana come se fosse l’unica cosa capace di dargli forza “Volevo solo proteggerti, come farebbe qualsiasi padre per il proprio figlio. Ma non mi sono reso conto di star facendo il contrario.”.

Si fermò per un momento e si costrinse a rialzare lo sguardo. I suoi occhi di giada, così straordinariamente simili a quelli del figlio, erano colmi di lacrime non versate “Io . . . ti chiedo scusa . . . Po.”.

Il Guerriero Dragone rimase immobile per quella che parve un’eternità, incapace di distogliere lo sguardo dal viso spezzato dell’uomo davanti a lui, dalle sue lacrime così sincere da fare male.

Suo padre era lì, di fronte a lui, e stava cadendo a pezzi dopo tutto quello che aveva passato.

Era lì, che lo stava supplicando di perdonarlo, di capirlo. Di dargli una seconda possibilità per fare le cose meglio.

Era lì. Dopo tutti quegli anni di solitudine, di dubbi e domande. Dopo quelle lunghe settimane di vuoto, incomprensioni e divisione. Dopo quelle parole irate, fredde, crudeli.

Era lì, con lui e per lui. Chiedendogli di poter provare ad amarlo come il padre che non era mai potuto essere.

Era lì, visione impossibile rubata dalle sue notti senza sogni.

Po fece lentamente un passo verso di lui. Poi un altro. E poi un altro ancora.

Infine, si strinse forte a lui, abbracciandolo come se temesse che tutto quanto potesse svanire se solo avesse allentato la stretta.

Tra le sue braccia, sentì il vecchio genitore che mai aveva smesso di sentirsi un padre tremare, e il suo cuore si strinse ancora di più.

“Va tutto bene, papà.” sussurrò piano, nascondendo il viso nella sua spalla “Tutto bene.”.

Allora e solo allora, in un singhiozzo soffocato, Li Shan lo strinse forte forte a sé, giurando a se stesso che per nulla il mondo avrebbe rischiato di perderlo un’altra volta.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Stai canticchiando.” osservò piano Tigre, seguendo attentamente i suoi movimenti mentre metteva via le fasce inutili.

“Cosa?” chiese Po confuso, voltandosi verso di lei e inclinando appena la testa.

“Stai canticchiando.” ripeté, studiandolo come se stesse cercando qualcosa che non era sicura di poter trovare “Non lo fai mai, se non quando sei particolarmente felice.”.

“Davvero?” domandò il panda, aggrottando la fronte ma senza riuscire a nascondere il sorriso che dalla sera precedente gli illuminava il viso in maniera permanente. Non se n’era minimamente reso conto, e lo sorprendeva che l’amica se ne fosse accorta.

La felina annuì, molto semplicemente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso. Poi, con l’accenno di un sorriso, chiese ancora, come se stesse solo aspettando il momento di fare quella domanda “Tu e tuo padre vi siete chiariti, non è vero?”

Il sorriso di Po si allargò ancora di più senza il suo consenso e lui non poté fare altro che ammettere, con un’allegria che non credeva di poter provare “Ha capito ed è venuto a chiedermi scusa.”.

Gli occhi della compagna brillarono per un momento a quella risposta, anche se si limitò a commentare composta, come se stessero discutendo di un argomento serio che però non la toccava minimamente “Ne sono contenta. Davvero. È una cosa molto bella.”.

Il Guerriero Dragone aggrottò appena la fronte, studiandola attentamente mentre un piccolo sospetto si tramutava in certezza. Quella composta serenità, quell’aria di vittoria che tentava di mascherare con una calma freddezza, la sicurezza nella sua domanda potevano significare solo una cosa.

“Tu lo sapevi.” disse, non più una domanda questa volta, ma un’affermazione.

Si avvicinò a lei e si sedette al bordo del letto, ma lei reagì al suo gesto e alle sue parole solo con un’occhiata confusa, o almeno quella che nelle sue intenzioni doveva essere un’occhiata confusa. Ormai la conosceva troppo bene per farsi ingannare in quel modo; aveva imparato a guardare oltre le sue mille maschere ed a vedere quello che voleva nascondere al resto del mondo.

E in quel momento nei suoi occhi poteva leggere fin troppo bene la conferma dei suoi sospetti.

“Che cosa hai fatto?” chiese, perché era così ovvio da togliergli il fiato.

Non credeva che Tigre potesse essere seriamente così preoccupata per lui da tentare di farlo riappacificare con suo padre, ma quell’improvvisa consapevolezza per un attimo fu così naturale da farlo sentire uno sciocco per non averci pensato prima.

“Io?” replicò la ragazza, inclinando la testa e guardandolo come se fosse impazzito “Niente.”.

Po sbruffò, scuotendo il capo. “Davvero, che cosa hai fatto?” insistette, anche se sapeva che non gli avrebbe mai detto la verità, non su quello almeno. Tigre era il tipo di persona che faceva del bene di nascosto ma poi preferiva non prendersi alcun merito e restare a guardare la felicità di chi aveva aiutato da dietro le quinte, in silenzio. E lui ne era fin troppo consapevole.

“Niente, sul serio.” rispose ancora una volta lei, per poi aggiungere quasi seccata “Come avrei potuto? Sono rinchiusa in questa casa da secoli sotto il controllo tuo e di Shifu. Se avessi fatto qualcosa, ve ne sareste accorti.”

“Uhm.” Non credeva alle sue parole nemmeno un po’, ma sapeva che sarebbe stato inutile insistere. Dopotutto, aveva senso farlo? Quell’ostinato negare valeva più di una confessione, e a lui poteva bastare.

Così, un po’ a malincuore, si arrese e cambiò discorso, mentre il calore di quella piccola certezza si faceva ancora un po’ spazio dentro di lui e sembrava non volersene più andare “A proposito di questo, ne ho parlato con Li Shan, e lui crede che tu possa provare ad uscire fuori. Ben coperta e solo per breve tempo, ovviamente, ma . . .”

“Davvero?” lo interruppe la guerriera, la sorpresa che le illuminava il viso.

“Davvero.”

Con un gesto frettoloso si tolse di dosso le coperte e fece per scendere dal letto “Andiamo, allora.”

“Ehi, ferma, gattina iperattiva.” la bloccò, preso alla sprovvista da quella reazione immediata “Prima ti devi imbacuccare per bene e solo dopo potrai uscire.”.

La felina lo trafisse con lo sguardo “Chiamami un’altra volta così . . .”

Appena un mese fa quello sguardo da solo sarebbe bastato a farlo indietreggiare, ma ora gli strappò solamente un sorriso divertito “Le tue minacce sono inutili, lo sai che non ho paura di te.” ribatté, alzandosi dal letto “Shifu mi ha lasciato uno dei tuoi cambi di vestiti più pesanti. Se vuoi uscire, devi indossarlo.”.

La maestra sollevò gli occhi al cielo “Sono tornata ad avere sei anni.” sbruffò, per poi cedere “D’accordo, d’accordo, mi cambio.”.

“Brava bamb. . .ehi!” esclamò il panda, colto di sorpresa dal cuscino che l’amica gli aveva tirato in faccia con precisione letale.

“Penso che tu preferisca non completare la frase.” commentò con tono leggero lei, mettendosi in piedi senza grandi difficoltà –finalmente tutto quell’impegno stava dando i suoi frutti. “Allora, questi vestiti?”.

Il guerriero sbruffò, sinceramente divertito “L’impazienza ti rende aggressiva, vedo.”. Si abbassò appena in tempo per evitare un secondo cuscino, che colpì con forza la parete dietro di lui.

“Il tuo trattarmi come se fossi una cucciola ferita mi rende aggressiva.” ribatté lei, incrociando le braccia, senza riuscire a reprimere un mezzo sorriso che smentiva le sue stesse parole “Dobbiamo arrivare a tre?”.

“Non commenterò solo perché temo seriamente per la mia incolumità e per quella dell’arredamento.” replicò, raccogliendo i due cuscini e ributtandoli sul letto, per poi aprire la sacca lasciatagli in precedenza da Shifu, tirare fuori dei pantaloni spessi ed una camicia a maniche lunghe che non le aveva mai visto addosso e porgerglieli.

Tigre li prese con attenzione, osservandoli come se nemmeno si ricordasse di averli portati con sé, e l’amico si limitò a dirle che l’avrebbe aspettata fuori. Lei annuì appena e il panda fece esattamente come aveva detto, lasciandole un po’ di privacy per cambiarsi.

 

Rimase appoggiato accanto alla porta per qualche minuto buono, prima che quest’ultima si aprisse con un lieve scricchiolio.

Il panda si voltò proprio nel momento in cui la maestra, quasi timidamente, scivolava fuori. Si bloccò quasi all’istante e chiuse per un breve istante gli occhi, senza rendersene nemmeno conto, lasciandosi pervadere dalla sensazione quasi dimenticata del vento freddo che le accarezzava il viso. Era passato veramente troppo tempo dall’ultima volta che era stata all’aria aperta. Le era mancato più di quanto avesse pensato.

Il guerriero si ritrovò a sorridere d’istinto di fronte a quella scena, e solo in un secondo momento si rese conto che non appena aveva messo piede fuori dalla casetta aveva iniziato impercettibilmente a tremare. Quei vestiti non dovevano bastare a tenerla al caldo, visto le basse temperature di quella montagna dimenticata dal mondo.

Subito si staccò dalla parete e disse sbrigativo “Aspettami qui.”. La felina non fece nemmeno in tempo ad aprire gli occhi ed a lanciargli uno sguardo interrogativo che lui si era già allontanato quasi di corsa in direzione della sua capanna.

Tornò indietro nell’arco di pochi minuti, tenendo tra le zampe un fagottino.

“Po, cosa . . .” la ragazza non riuscì a completare la frase che il Guerriero Dragone scotolò il fagotto, che si aprì morbidamente.

Si sporse in avanti e le avvolse la coperta attorno al corpo, coprendola con cura sotto il suo sguardo sorpreso.

Si tirò indietro, soddisfatto, e quando incontrò i suoi occhi che lo osservavano un po’ smarriti mormorò, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Non voglio che tu prenda freddo.”.

Tigre rimase in silenzio per qualche istante, senza sapere come reagire a quel gesto così premuroso. Se fosse stato chiunque altro a fare una cosa del genere l’avrebbe restituita all’istante, nonostante il freddo, ma si trattava di lui, e lei non avrebbe mai osato rispondere ad una sua gentilezza in quel modo.

Quasi d’istinto si strinse dentro la coperta, afferrandone un lembo con la zampa, e  si sentì ancora più sorpresa.

Profuma di Po. si rese conto, lei che non credeva nemmeno di sapere quale fosse esattamente il profumo di Po. Ma quella coperta aveva il suo profumo, e ciò la faceva sentire stranamente serena. Come se bastasse quello a farla sentire al sicuro.

Cercando di distrarsi da quella realizzazione, commentò in un tono che avrebbe dovuto essere ironico ma che aveva invece una sfumatura di tenerezza che non si aspettava “Sei una mamma chioccia, lo sai vero?”.

Po si lasciò sfuggire una mezza risata “Beh, ho un pulcino indisciplinato.” replicò, stringendosi nelle spalle “Andiamo?”.

La guerriera, che in un altro momento avrebbe risposto a dovere a quella frecciatina, si limitò ad annuire, stringendosi ancora di più dentro la coperta e lasciando che il profumo del Guerriero Dragone l’avvolgesse e cullasse, almeno per un po’.

 

~~~~΅΅~~~~


“E quindi mio padre l’è caduto proprio davanti, nonostante tutti i suoi tentativi di non farsi scoprire! Mia madre glielo ha rinfacciato per secoli!” disse Po ridacchiando, mentre toglieva le bende sporche e finiva di raccontare l’ultimo degli infiniti episodi che gli aveva raccontato Li Shan.

Da quando i due si erano finalmente chiariti, le cose andavano molto meglio; avevano trascorso praticamente le ultime due serate insieme, cenando e passando ore ed ore a raccontarsi quelle cose che non avevano mai avuto modo di dirsi prima. C’era sempre un certo velo d’imbarazzo, ma pian piano stava divenendo sempre più sottile, e il panda non poteva esserne più felice.

E Tigre, ovviamente, condivideva il suo entusiasmo.

“Uhm, riesco ad intuire da chi tu abbia preso la tua furtività.” commentò, divertita “Un modo di iniziare una storia d’amore decisamente di classe, quello di tuo padre.”.

“Ehi, non sono permesse prese in giro su questo.” la rimproverò scherzosamente “E poi, la mia azione furtiva è migliorata molto dalla missione contro Shen.”.

La guerriera lo fissò male.

“Cos’è quella faccia?” protestò il panda “Guarda che è vero!”

“La tua azione furtiva sarà davvero migliorata quando riuscirai a cogliere di sorpresa me.” ribatté ironica “E ancora non mi sembra che sia successo.”.

“Succederà quando meno te lo aspetti.” la rassicurò lui, iniziando a pulire la ferita, che finalmente cominciava ad avere un aspetto migliore.

“Non ne dubito.” la maestra si irrigidì appena, nonostante il tocco attento del compagno “Comunque, sono felice che tu e tuo padre stiate legando così in fretta. È una cosa veramente meravigliosa.”.

Il panda annuì. “Credo che piacerebbe a papà, sai?” disse “Cioè, dopo l’iniziale imbarazzo generale. Perché ci sarebbe sicuramente un bel po’ di imbarazzo generale, ne sono sicuro.”.

“Non avete ancora parlato di cosa fare in futuro?” chiese circospetta la ragazza, notando il tono leggermente malinconico nella voce dell’altro. Era un argomento delicato, quello che sarebbe successo dopo la loro partenza ormai imminente. Restavano solo un paio di giorni, e poi se ne sarebbero andati come avevano promesso. E nessuno aveva osato pensare a come gestire questa situazione nell’immediato futuro. Era tutto incredibilmente complicato, e lo sapevano entrambi.

Il Guerriero Dragone esitò, prima di scuotere la testa. “Non mi sembra mai il momento adatto. E poi, non saprei cosa dire.” spiegò, sistemando le nuove bende “Vorrei che al nostro ritorno ci seguisse alla Valle della Pace, in modo che veda casa mia, il Palazzo di Giada, i luoghi dove sono cresciuto insomma e a cui tengo, e che conosca papà. Ma non è qualcosa che posso semplicemente chiedergli di fare. È il capo dell’ultimo villaggio di panda. Non posso semplicemente chiedergli di mollare tutto e venire con me, anche se per poco tempo. E anche se tornando alla Valle dovessimo decidere di fermarci qui per un po’, non potremmo nemmeno stare a lungo, perché vorrebbe dire lasciare il Palazzo di Giada scoperto troppo a lungo.”

“Non preoccuparti ora per il Palazzo, c’è chi se ne sta occupando al posto nostro.” sottolineò la felina “E poi, anche se è il capo villaggio, è tuo padre. E mi sembra che abbia già dimostrato come tu abbia la precedenza su tutto per lui. Quindi, secondo me potresti chiedere di venire con noi, quando torneremo. E se proprio non dovesse proprio sentirsela di lasciare il suo popolo, resteremo noi un po’ più a lungo.”.

“Ma . . .”

“Niente ma.” fece, bloccando le sue obiezioni sul nascere “Sono certa che Shifu non avrà niente in contrario. E i ragazzi saranno entusiasti di scoprire questo posto e di incontrare tuo padre. E poi, per quello che verrà dopo, si vedrà.”.

Po rimase a guardarla per qualche istante, la bacinella dell’acqua ancora stretta in mano come se queste parole fossero completamente inaspettate. La ragazza si mosse appena, quasi a disagio, e dopo un po’ sbottò, insofferente “Si può sapere perché mi fissi così?”.

Il panda sembrò riscuotersi nel giro di qualche momento “Scusami, è solo che . . .” si morse l’interno della guancia, prima di ammettere “È la prima volta dopo settimane che parli con sicurezza di un ritorno. È come se prima non ci avessi mai creduto davvero, quasi temendo dentro di te di dover restare in qualche modo laggiù, e adesso invece sì.”.

Tigre si strinse nelle spalle, in difficoltà.

Se era sicura di riuscire a tornare indietro? No, non lo era affatto. Anzi, più passavano i giorni, più i suoi incubi peggioravano, e più le sue speranze diventavano fragili come cristallo. Ma era certa che, anche se lei non fosse riuscita a tornare indietro, avrebbe trovato un modo per far sì che almeno loro potessero far ritorno. Era questa l’unica certezza che aveva, l’unica sicurezza che sembrava incapace di infrangersi.

Avrebbe affrontato qualsiasi cosa, pur di assicurarsi che la sua famiglia potesse tornare a casa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche accettare di non poter tornare indietro con loro.

Ma non poteva dire niente di tutto ciò a Po. Non al suo speranzoso, luminoso Po, che si era illuso finalmente di vedere in lei una serenità che invece non c’era affatto. Non poteva rivelargli quanto in realtà le sue paure fossero forti e le sue sicurezze fragili. Non poteva lasciare che le ombre che le riempivano la testa oscurassero la luce di cui risplendeva così tanto in quel momento.

Così, si costrinse a stringersi nelle spalle. “Forse il tuo ottimismo è contagioso.” mormorò, attenta ad non incontrare il suo sguardo, per poi cambiare rapidamente discorso “Comunque, visto che ci resta così poco tempo, credo che dovresti passare più tempo fuori da qui, con tuo padre e con il resto del tuo popolo. Stare con loro e fare le cose che fanno i panda, insomma, il più possibile.”.

Il tuo popolo. Quelle parole suonavano fortemente estranee alle orecchie del Guerriero Dragone, nonostante pian piano si fosse almeno un po’ abituato al pensiero non solo di non essere più l’unico panda superstite, ma anche di essere il figlio del capo villaggio. Aveva trascorso più tempo di quanto avesse creduto possibile con gli altri panda nei giorni precedenti, seppur con un po’ di imbarazzo, ed era stato strano e familiare riconoscere in altri cose che aveva visto per tutti quegli anni solo in sé stesso. Però non riusciva davvero a pensare al popolo dei panda come il suo popolo. Per lui, il suo popolo era quello della Valle della Pace, le persone con cui era cresciuto e che aveva il compito di proteggere.

Po si limitò a sorridere e posò la bacinella “Non preoccuparti, so più che bene come gestire il mio tempo. E ogni tanto devo ritagliarmi una pausa da tutti questi panda. Non pensavo che potesse essere così, ma dopo un po’ esserne circondati è quasi soffocante.” scherzò, anche se non del tutto.

Era bello avere attorno per la prima volta in vita sua qualcuno esattamente come lui, ma spesso tutto diventava sinceramente troppo; troppe cose che avrebbe dovuto conoscere e invece gli erano ignote, troppe persone che se il destino avesse preso una strada diversa sarebbero state parte delle tue giornate, troppi piccoli dettagli che gli ricordavano quando avrebbe potuto avere un’altra vita, completamente estranea dalla sua. Troppo che gli ricordava che, se solo lord Shen non li avesse mai attaccati, lui sarebbe stato Piccolo Loto, un panda sconosciuto la cui ombra avrebbe continuato a seguirlo per tutta la vita, e non Po, il panda che aveva finalmente accettato dopo una strada decisamente travagliata. E a volte, quel troppo diventava talmente opprimente che gli rendeva difficile respirare.

Ed era in quei momenti, tutt’altro che rari, che si rifugiava dall’unica persona che riusciva a farlo sentire come se tutto fosse ancora come prima. Come se lui fosse solo lui, e non il fantasma di chi avrebbe potuto essere.

Tigre lo guardò intensamente, i grandi occhi che lo scrutavano come se fosse riuscita a cogliere ciò che non sarebbe mai riuscito a dire a voce. Ma, invece di tirarlo fuori lei stessa, si limitò ad inclinare la testa e a replicare “Adesso capisci come ci si sente, allora.”.

Il panda fece una smorfia “Stai insinuando che io sia soffocante?” chiese sarcastico, avendo capito che l’amica stesse cercando solo di distrarlo e strappargli un sorriso.

“Io non insinuo niente.” La coda di lei danzava lentamente avanti e indietro, indizio poco celato di quanto fosse in realtà rilassata “Le mie sono accuse ben precise.”.

“Ah ah, sempre così gentile, maestra Tigre. Davvero.” borbottò, dandole una spintarella giocosa “Ha un talento nel far sentire le persone a proprio agio.”.

La ragazza gli riservò un sorrisetto ironico “È un trattamento che riservo solo a pochi fortunati.” ribatté, restando al gioco “Dovrebbe sentirsi onorato, Guerriero Dragone.”.

Il maestro non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una risata di cuore “Mi sento già onorato di non essere ancora stato sbranato vivo, dopo tutti questi mesi passati a soffocarla, maestra.”.

“Non tenterei troppo la sorte, ora.” replicò, lanciandogli uno sguardo in teoria assassino, ma che in realtà si era addolcito enormemente al suono di quella risata che era riuscita a strappargli.

Po rise di nuovo, senza riuscire a trattenersi.

Ecco. Era in momenti come questi che non sentiva il fantasma di Piccolo Loto riempire l’aria, e poteva, almeno per un po’, tornare ad essere solo e solamente Po. Quel Po che Tigre, nonostante tutto e tutti, continuava a vedere e riusciva a strappare dalla presa spettrale di una vita non vissuta che pian piano, inavvertitamente, tentava di reclamarlo.

 

~~~~΅΅~~~~

Li Shan si ritrovò ad esitare.

Po e Tigre erano lì, a passeggiare ed a godersi l’aria frizzante portata dalla lieve nevicata di poco prima, e per qualche motivo non era più sicuro che quello fosse il momento giusto per avvicinarsi. Forse era per il viso luminoso del figlio, tutto preso a raccontare gli aneddoti divertenti di cui l’aveva riempito la vecchia Lei la sera prima o forse del misero tentativo del padre di preparargli una buona cena calda, mentre gesticolava animatamente e con energia. Forse era il piccolo sorriso, quasi impercettibile, dipinto sulle labbra delle ragazza che ascoltava in silenzio e con attenzione. Forse era il modo in cui Po si era improvvisamente interrotto solo per sistemarle meglio la coperta che le era inavvertitamente scivolata dalle spalle, e come avesse ripreso a parlare solamente dopo essersi assicurata che fosse del tutto riparata dal vento. Forse era quell’aria che avevano, come se fossero all’interno di una piccola bolla che li proteggeva dal resto del mondo, ma così fragile che avrebbe potuto infrangersi al minimo tocco.

Ma ormai non poteva più aspettare. Aveva rimandato a lungo, temendo ciò che il suo gesto avrebbe potuto portare. Ma ora non poteva più permettersi di farlo.

Così, dopo aver mormorato una veloce preghiera agli Dei, si fece avanti e li raggiunse, chiamando il figlio per nome.

Entrambi i giovani si voltarono verso di lui, sorpresi, affrettandosi poi a salutarlo, e lui dovette farsi ancora un po’ più di coraggio per riuscire a dire “Po, devo parlarti di una cosa.”.

Il guerriero aggrottò appena la fronte, sorpreso dal suo tono teso. “Certo.” rispose, senza però accennare ad allontanarsi da lei.

“In privato, se è possibile.” si costrinse a sottolineare.

Il ragazzo si rabbui appena, come se quella precisazione l’avesse in qualche modo offeso, ma Tigre non fece una piega e si limitò ad annuire appena ed a dire al compagno semplicemente “Vi lascio soli.”.

La zampa di lui si mosse d’istinto in avanti, come per trattenerla, ma lei si era già allontanata, raggiungendo un piccolo albero spoglio non troppo distante e sedendosi su un grande masso che spuntava tra le radici, lo sguardo perso nel cielo colmo di nuvole.

Po rimase a fissarla per qualche secondo, assicurandosi che fosse in una zona dove il vento non potesse colpirla in maniera troppo diretta, e poi si voltò verso di lui, incrociando appena la braccia in segno d’attesa.

“Cosa c’è, papà?”

Papà. Quella parola gli usciva fuori con una naturalezza tale che Li Shan si ritrovava sempre a tremare un po’ nel sentirla, lui che a lungo aveva creduto di non poterla mai sentire pronunciare da quel figlio che aveva perso troppo perso.

Il capo villaggio fece un profondo respiro, prima di riuscire a raccogliere abbastanza controllo di sé per andare avanti “Volevo parlarti di domani.”.

Il ragazzo si mosse, a disagio. Quello era il loro ultimo giorno lì; domani avrebbero dovuto andarsene, come d’accordo. Quella consapevolezza lo turbava, e non poco.

“So che domani ripartirete e raggiungerete il resto del vostro gruppo per continuare il vostro viaggio.” continuò “Hai detto che siete diretti al villaggio natale di Tigre.”.

“È così, infatti.” sottolineò, credendo di intuire dove il genitore volesse arrivare.

Li sospirò “È rischioso, figliolo.”.

Il Guerriero Dragone si irrigidì, gli occhi di giada tanto simili ai suoi che diventavano freddi e sospettosi “Pensavo che avessimo chiuso, con questo discorso.”.

Il panda alzò una mano, come per fermarlo. “Non sto dicendo che temo che lei possa farti del male.” cercò di spiegarsi, consapevole di quanto stesse toccando un tasto delicato “Temo che possano farlo gli altri. Conosco le tigri, Po, più di quanto tu possa immaginare. Quel popolo non conosce pietà, non conosce amore. E io non voglio che a causa loro ti succeda qualcosa.” La sua voce tremò appena, ma si obbligò a mantenere il controllo “Non voglio perderti ancora, soprattutto non ora. Per cui, voglio chiederti questo.”.

Esitò, cercando di raccogliere tutto il coraggio che gli restava, e poi sussurrò, come se stesse pronunciando una preghiera che solo l’universo avrebbe potuto esaudire “Resta qui. Vivi qui, riprenditi il tuo posto tra noi e la tua vita qua, con la tua famiglia.”.

Po barcollò, preso completamente alla sprovvista da quella proposta. Si era preparato a qualsiasi cosa, ma quello . . . quello era qualcosa che non credeva di poter mai trovarsi davanti. Quella proposta, quella supplica, perché di una supplica si trattava, era esattamente ciò che un Po bambino avrebbe sempre voluto. Trovare un posto pieno di persone come lui dove poter restare e sentirsi a casa. Non più un errore, non più fuori luogo. Solo un panda in mezzo a tanti altri. Ed ora aveva la possibilità non solo di essere uno in mezzo a tanti, ma anche di poterlo essere vicino ad un padre che non aveva potuto conoscere. Una possibilità che mai avrebbe potuto immaginare.

Ma nonostante l’inaspettatezza di quella proposta, sapeva bene cosa rispondere.

In fondo, Po non era più un bambino.

Si avvicinò all’anziano genitore, sciogliendo l’intreccio della braccia e prendendo delicatamente le zampe serrate tra le sue.

“Papà . . .” mormorò dolcemente “Vorrei davvero poter restare qui, con te. E’ tutta la vita che sogno qualcosa del genere.”

Il viso di Li Shan si illuminò appena di una tremula speranza, e il ragazzo si costrinse a continuare, il cuore che urlava nel dover pronunciare quelle parole “Ma sono il Guerriero Dragone, e non posso sottrarmi ai miei doveri. La mia vita è al Palazzo di Giada ora, a vegliare sulla Valle della Pace.”.

Il vecchio panda abbassò lo sguardo, incapace di sopportare più a lungo quello sincero ma addolorato del figlio “So che hai dei doveri. Ma se non fosse così . . “ osò mormorare.

“Anche se non fosse così, non potrei restare comunque.” cercò di spiegargli, accarezzandogli pianole zampe con i pollici, in un lento movimento rassicurante “Sei mio padre, è vero, ma la mia famiglia è grande ora. Ho un altro papà, nella Valle, che non ha che me ed a cui ho promesso che sarei tornato. Ho un maestro che ha scommesso tutto su di me. E ho dei compagni che sono come dei fratelli. Lasciarli sarebbe come tradirli.”.

Si fermò per un momento, e i suoi occhi scivolarono alla ricerca dell’amica, trovandola esattamente dove l’aveva lasciata, mentre si alzava e si stringeva meglio dentro la coperta. Cercò di farsi un po’ di forza nel vederla ed aggiunse ancora “E poi, c’è Tigre. Ha bisogno di me più che mai, in questo momento, e io non posso abbandonarla. Non potrei farlo nemmeno se fossi libero da tutto il resto.”.

Notò con la coda dell’occhio che si allontanava, come se avesse intuito qualcosa dai loro gesti e volesse concedergli ancora più privacy, e quando fu abbastanza lontana sentì suo padre prendere un respiro profondo e chiedere piano “Lei non è solo la tua migliore amica, non è vero?”.

Di colpo tutta la sua attenzione fu di nuovo sul genitore, che lo stava nuovamente guardando in viso, gli occhi verdi colmi di una nuova consapevolezza.

“Tu la ami.”.

Po si allontanò di scatto da lui, il cuore che batteva come se volesse squarciargli il petto in due. “Cosa?” balbettò, incredulo e senza fiato “Come..?”

Li Shan fece un sorriso triste, come se fosse tutto maledettamente semplice “Il tuo modo di comportarti con lei. Il tuo essere protettivo, come se la sua salvezza dipendesse da te e da te soltanto. Il modo in cui le stai attorno, come se fosse il centro del tuo mondo. Come sei crollato, quando hai temuto di averla perduta per sempre. Lo sguardo che le rivolgi, come se stessi ammirando un fiore proibito che non potrai mai avere, ma che non smetterai mai di proteggere da chi vuole stapparlo via.” si portò una zampa al petto, le dita che si stringevano con forza al ciondolo di giada “Riconosco tutti questi segni, perché anche io ero così, con tua madre.”.

Avrebbe potuto negare. Avrebbe dovuto negare. Nessuno doveva sapere. Quel segreto avrebbe dovuto portarselo dietro fino alla fine, impedendo ad anima viva di venirne a conoscenza. Nessuno avrebbe dovuto conoscerlo.

Ma ecco che Li Shan, praticamente uno sconosciuto unito a lui solo dal sangue, aveva scoperto ciò che avrebbe dovuto restare nascosto. Suo padre, che non lo conosceva quasi e aveva trascorso con lui solo una manciata di giorni, era riuscito a leggergli dentro meglio di chiunque altro.

E come avrebbe potuto anche solo provare a mentire a suo padre?

Il guerriero Dragone chiuse gli occhi e sospirò, prima di pronunciare quelle parole che mai avrebbe creduto di poter dire ad alta voce “Sì, la amo. La amo, anche se non potrà mai saperlo.”.

Il capo villaggio restò in silenzio per qualche momento, guardando quel figlio che gli stava aprendo il proprio cuore forse senza nemmeno rendersene conto, e poi gli posò una zampa sulla spalla. Era solo questo, una zampa sulla spalla, ed era molto di più. In quel piccolo gesto, c’era tutta la comprensione e il supporto che lui poteva offrirgli. C’era tutto l’affetto che non era stato capace di mostrargli davvero. C’erano tutti quegli anni trascorsi a stringersi il suo ricordo al petto ed a sussurrare il suo nome. C’era tutto, e Po lo sentì.

Lentamente, posò la zampa su quella del padre, riaprendo gli occhi ed incontrando i suoi, grandi e comprensivi. Rimasero così per qualche momento, come in fragile equilibrio, e solo dopo un po’ il ragazzo si costrinse a parlare.

“Ma questo non centra, ora.” si sentì in obbligo di chiarire “Anche se lei non ci fosse, non potrei restare comunque. Sono responsabile di troppo e di troppe persone.”.

Il panda annuì, lentamente. “Certo, figlio mio. Lo capisco.” sussurrò, e la sua voce era così sincera e allo stesso tempo così fragile da stringergli il cuore “Non posso negare di aver sperato in una risposta diversa.” ammise “Ma hai preso la tua decisione come un vero uomo, e io non potrei esserne più fiero. Sul serio.”.

Po si sentì bruciare dentro, e gli occhi iniziarono lievemente a pizzicargli “Qu-questo non vuol dire che non ci vedremo più!” si affrettò a chiarire “Sei mio padre, è ovvio che non lascerò davvero nemmeno te! Quando torneremo indietro ci fermeremo di nuovo qui, ne abbiamo già parlato, e mi piacerebbe che tu ci seguissi per qualche tempo nella Valle, per stare ancora insieme e farti conoscere la mia vita e papà. . . solo se sei d’accordo, ovviamente. E poi troveremo un modo, magari tornerò qui ogni tre-quattro mesi o . . .”

Si interruppe, vedendo il padre sorridere appena. Quest’ultimo fece un passo in avanti e poi lo strinse forte a sé, cogliendolo del tutto impreparato. Il ragazzo resto immobile per qualche istante, prima di rispondere con forza all’abbraccio, aggrappandosi a lui come un cucciolo smarrito.

“Sì, piccolo mio.” sussurrò Li Shan, il volto nascosto contro la sua spalla “Troveremo un modo. Te lo prometto.”.

Po si strinse a lui ancora più forte. Sapeva che avrebbe mantenuto quella promessa.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Era da quasi mezz’ora che Tigre era immobile con lo sguardo fisso nel vuoto, come persa nei propri misteri.

Shifu se n’era accorto quasi subito, evitando però di intromettersi e continuando a preparare la scorta di bende e di unguento che avrebbero portato con loro. Ma ormai era passato troppo tempo, e lui iniziava ad essere inquieto. Così, si decise ad avvicinarsi alla sua figlioccia ed a sfiorarle appena l’avambraccio. Fu un tocco lieve, quasi impercettibile, ma bastò.

La felina sembrò riscuotersi, battendo appena le palpebre e posando lo sguardo verso di lui. Il maestro decise di osare, troppo in pensiero per non dire nulla “Sembri preoccupata, Tigre. Qualcosa non va?”

Scosse appena la testa. “No, maestro. Va tutto bene.” lo rassicurò, ma la sua voce era lenta, controllata, proprio come quando tentava di nascondergli qualcosa.

Il panda minore esitò, prima di chiedere ancora, lentamente “Centra per caso Po?”.

Nel sentire quel nome, la ragazza si irrigidì appena, come se non se lo aspettasse. “Perché dovrebbe?” ribatté con freddezza, ma non bastò per farlo desistere.

“Tigre, per favore.” insistette, la voce a metà strada tra una supplica e un comando, senza mai distogliere lo sguardo dal viso quasi impassibile di lei.

La giovane maestra strinse con forza i pugni, quasi lottando contro se stessa. Rimase così per qualche momento, per poi lasciarsi sfuggire un sospiro e cedere.

“Non merito che qualcuno tenga a me così tanto. Né voi, né i ragazzi, e nemmeno Po.” mormorò,  guardandosi i pugni stretti “Dovreste tutti tornare al Palazzo di Giada e lasciarmi continuare questo viaggio da sola.”

Il genitore si irrigidì, preso completamente alla sprovvista. “Da sola con Shang Chiang?” sbottò, incredulo “Dopo tutto quello che ti ho raccontato?”

“Proprio per questo non voglio che veniate.”  replicò con forza, i grandi occhi di brace che bruciavano “Li Shan non ha torto a dire che le tigri sono pericolose. Lo siamo da sempre, è noto. E io non voglio portare le persone che amo in quello che forse, per logica, è uno dei posti più pericolosi della terra.”.

Shifu restò senza fiato. Tigre non era solo preoccupata, come aveva pensato; era terrorizzata. Più di quanto potesse credere.

Il suo cuore tremò così tanto che gli parve di sentirlo sbriciolarsi.

Con decisione, allungo le zampe e prese i suoi pugni chiusi, cullandoli fino a quando non si aprirono. Era un gesto che appena qualche settimana non avrebbe mai osato fare, ma sembrò sortire l’effetto sperato, perché sentì sotto le sue dita i muscoli tesi della figlia adottiva ammorbidirsi almeno un po’.

“Andrà tutto bene, Xiao.” sussurrò piano, come se stesse cantando a bassa voce una ninna nanna per farla addormentare “Non permetteremo che quell’uomo ti faccia nulla. Io non lo permetterò. Te lo prometto.”.

Tigre sospirò, distogliendo lo sguardo dalle loro zampe unite.

“Non ho paura per me.” mormorò, la mente di nuovo lontana a smarrita dietro i suoi spettri.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Per un momento Po credette di aver visto male. Si strofinò gli occhi e si avvicinò alla finestra, ma no, non si era affatto sbagliato.

Quella figura silenziosa che era appena passata come un’ombra di fronte alla sua casetta era proprio Tigre, avvolta solamente nella sua coperta per proteggersi dall’aria gelida della notte.

Confuso e un po’ preoccupato, il panda uscì, chiudendosi la porta alle spalle, ma bastarono quei pochi attimi di ritardo per perderla di vista. Non credeva che l’amica sarebbe riuscita a ricominciare a correre così in fretta, ma tutto quel tempo che ostinatamente aveva dedicato a riabilitarsi nonostante il dolore doveva aver portato i suoi frutti.

Si ritrovò a dover seguire le sue tracce nella neve ancora fresca, preferendo non chiamarla ad alta veloce sia per non spaventarla sia per non svegliare nessuno, vista l’ora tarda. Dovette camminare un po’ per raggiungerla e quando ci riuscì si fermò per un attimo a guardarla.

Era tornata sotto l’albero spoglio di quel pomeriggio e guardava verso Est, come se stesse cercando di cogliere da lontano quel villaggio che li attendeva alla fine del viaggio. Era illuminata dalla luce della luna, che brillava tra le nuvole candide, e sembrava quasi un fantasma, una figura evanescente sul punto di scomparire ad ogni singolo rumore.

Il ragazzo esitò, prima di chiamarla piano per nome “Tigre, cosa fai qua fuori? Si gela.”.

La coda della felina, che spuntava appena da sotto la coperta e si era mossa irrequieta per tutto quel tempo, si immobilizzò. Lei rimase così, senza nemmeno girarsi verso di lui, come se fosse solo una voce portata dal vento.

“Dovevo pensare.” si limitò a rispondere, come se fosse scontato.

“Pensare?” ripeté “E dovevi per forza farlo qui fuori in mezzo alla neve? Vuoi proprio avere una ricaduta, eh?”.

Lei non replicò, e il guerriero si ritrovò a sospirare, rassegnato “Allora, a cosa dovevi pensare di così importante da non poterlo fare al calduccio nel letto?”.

A noi. Se avesse seguito l’istinto, la maestra avrebbe risposto così. Ma sapeva bene di non poterlo fare.

“A domani.” mormorò, per poi fermarsi un attimo.

Avrebbe potuto farlo, dopotutto. Farlo ora e togliersi il pensiero. Sarebbe stato più facile dirglielo così, lontano da tutti, solo loro due, senza doverlo guardare negli occhi. O almeno, poteva illudersi che così sarebbe stato più facile. Tanto ormai aveva deciso, non valeva la pena aspettare ancora.

Così, fece un respiro profondo e disse in fretta, perché altrimenti non avrebbe più avuto la forza di farlo “Non voglio che tu venga, domani.”.

Po restò senza fiato, mentre il mondo tutto attorno a loro sembrava bloccarsi, come cristallizzato da quelle parole inaspettate e quasi crudeli.

“Che cosa?” chiese piano, illudendosi di aver capito male. Non poteva aver detto . . . lei non poteva davvero . . .

Tigre si strinse forte dentro la coperta. Non poteva più tirarsi indietro, ora.

“Non voglio che tu venga con me e Shifu, quando partiremo per raggiungere gli altri domani mattina. Voglio che tu resti qui, con tuo padre ed il tuo popolo.”

Il panda socchiuse le labbra per protestare, ma lei lo bloccò, ammettendo con voce ferma “Ti ho sentito parlare con Li Shan, oggi. Ti ha proposto di restare qui e tu gli hai detto di no anche e soprattutto a causa mia. Ma io voglio che tu resti qui con lui, e so che lo vuole anche lui. Così come in realtà lo vuoi tu.”

Il ragazzo si sentiva stordito. Li aveva ascoltati? Fino a quando era rimasta lì, seduta sotto quell’albero, lei aveva sentito tutto? E aveva deciso di fare la stoica coraggiosa e di rinunciare a lui per cosa, esattamente? Perché credeva che il suo fosse solo un gesto eroico e che in realtà preferisse sul serio restare lì? Che aveva detto di no solo perché si sentiva obbligato ad andare con lei?

Era tutto assurdo. Assolutamente assurdo

“Ma io non voglio restare!” esclamò con forza, spalancando le braccia come se non riuscisse a credere a ciò che stava succedendo, e in effetti era vero “Voglio venire con te. Ti ho promesso che sarei stato con te, a qualsiasi costo. Come pensi che io possa lasciarti andare da sola verso la città di Shang Chiang, dopo quello che è successo?” fece un passo verso di lei, la voce che si addolciva appena “È pericoloso, Tigre, e io non posso permettere che tu rischi tutto da sola.”.

Io non posso permettere che tu rischi tutto per me!” gridò, voltandosi di scatto verso di lui con gli occhi di fuoco che ardevano come non mai, feriti e selvaggi.

Po si bloccò e lei tentò di calmarsi, chiudendo per un attimo gli occhi. Quando li aprì, il loro calore era appena diminuito, ma l’incendio continuava ad infuriare. “Hai rischiato di morire, a causa mia. E adesso, adesso che hai ritrovato la tua casa e tuo padre, che hai finalmente la possibilità di essere completamente felice, dovrei trascinarti con me verso un posto che non conosco, tra gli artigli tesi di qualcuno che potrebbe ucciderti come ha ucciso mia madre?” chiese lentamente, come se la questione fosse davvero tutta lì.

Il panda provò a parlare, allungando allo stesso tempo una zampa come per toccarla, ma quel semplice gesto sembrò riaccendere il fuoco, che prese a divampare più forte di prima.

La ragazza indietreggiò, temendo che il tocco di lui le avrebbe impedito di andare avanti, e ringhiò “Non voglio che tu corra altri rischi per me, soprattutto ora. Non voglio che tu soffra a causa mia. Non voglio perderti, Po, non più!”.

Lui restò così, con la zampa ancora tesa, senza sapere cosa dire o anche solo cosa pensare.

Tigre . . .

“Hai detto che non te ne saresti più andata via da me.” sussurrò, senza nemmeno rendersene conto “Hai detto che non mi avresti più lasciato. L’hai promesso.”.

A quelle parole, l’incendio sembrò perdere intensità, tanto che lo sguardo di lei si fece scuro, fragile. La zampa che teneva uniti i lembi della coperta iniziò a tremare.

“Lo so.” la sua voce malinconica lo sfiorò come una ninna nanna, mentre i suoi occhi scattavano con ostinazione di lato, le braci incapaci di confrontarsi ancora a lungo con la giada “Mi dispiace, ma non posso mantenere quella promessa. Non del tutto, almeno. Io domani partirò e tu resterai qui, che ti piaccia o no.”.

Quell’ultima frase accese qualcosa dentro Po, che si ritrovò a fare un altro passo in avanti, questa volta con una sicurezza che non credeva d’avere.

“Domani partirai, ma io verrò con te.” affermò con decisione, la voce che vibrava come una lama pronta a colpire “Verrò con te anche se vorrai andare dritto nel mondo degli Spiriti.”.

 La ragazza posò nuovamente lo sguardo su di lui, ma ciò non lo fermò, anzi. Lo fece sentire ancora di più in dovere di continuare.

“Stai mettendo ancora una volta la felicità degli altri prima della tua. Ma non è questa la felicità che io voglio. E anche se lo fosse, non ti permetterei mai di pagarla con la tua sicurezza.” fece un altro passo in avanti, sostenendo con determinazione il suo sguardo “Hai detto che non vuoi che io soffra per te. Beh, io lo farei. Potrei buttarmi nel fuoco per te. Potrei combattere contro il mondo intero per te. Potrei morire per te. Farei di tutto per te. L’unica cosa che non posso fare è permetterti di soffrire da sola.”.

Le pupille di Tigre si dilatarono appena, mentre quelle parole le si conficcavano nella carne, come infiniti pugnali che le entravano dentro, raggiungendo quella massa urlante che era il suo cuore agonizzante in quel momento.

Fece un respiro profondo, costringendosi a riprendere il controllo. Non poteva cedere, non su questo. Non quando il prezzo da pagare era lui.

“Io domani partirò, Po, e tu resterai qui.” affermò seccamente, alzando appena il mento come a sfidarlo, per poi fare per andarsene “Questo è quanto.” .

Con uno scatto che sorprese entrambi, il Guerriero Dragone l’afferrò per il braccio e la bloccò,  impedendole di fare anche solo un altro passo.

 “Lasciami!” la maestra cercò di liberarsi dalla sua presa, ma la sua zampa sembrava fatta d’acciaio e lei era ancora troppo debole per combattere; tutto ciò che ottenne fu di farsi scivolare via dalle spalle la coperta, che cadde morbidamente e senza far rumore a terra.

“No, Tigre.” ripeté il giovane, avvicinandosi ancora di più a lei. La sua voce era sicura, decisa, e lui sembrava una persona totalmente diversa, lì, in quel momento, in mezzo alla neve e sotto la pallida luce della luna.“Io non posso e non voglio lasciarti, né ora né mai.”.

La tigre si immobilizzò nel sentire quelle parole, mentre il suo cuore, che tante volte aveva in passato rischiato di fermarsi, bloccò i propri battiti solo per sentire quelli del compagno, così vicini da poter essere scambiati per i suoi..

I grandi occhi color del fuoco cercarono, quasi senza accorgersene, quelli ardenti del compagno “Perché?” sussurrò, la gola stretta in una morsa, incapace di dire o fare altro.

Allora il ragazzo, ormai senza più controllo, con la mente e il cuore fusi insieme e confusi tra loro, fece un gesto disperato.

Tirò la guerriera verso di sé e, chiudendo gli occhi, posò le labbra sulle sue, sfiorandole in un bacio proibito ed inaspettato che celava tutte le cose non dette e nascoste per tanto, troppo tempo nel fondo della sua anima, in un giuramento tenuto sigillato dentro di sé troppo a lungo.

Un giuramento che mai avrebbe creduto di fare ed a cui si era ripromesso di non cedere.

Un bacio disperato che urlava tutte quelle emozioni mai rivelate, quei sentimenti negati, quelle parole che gli avevano bloccato il respiro fino a soffocarlo.

Ora, solo ora, sulle labbra di lei, riusciva a respirare.

Le pupille della ragazza si allargarono dallo stupore, ma poi, lentamente, le palpebre scesero con delicatezza a coprirle.

Tigre, che in qualsiasi altro momento avrebbe allontanato con un pugno senza esitare nemmeno un momento chiunque avesse osato un gesto del genere, si sentì come se stesse aspettando quel bacio da tutta la vita.

Era folle, era senza senso, eppure, quasi senza accorgersene, si lasciò pervadere dalla dolcezza e dal calore del tutto nuovi che le labbra, affamate ma gentili, del panda le infondevano. Permise a se stessa di lasciarsi andare a quel gesto così profondamente sbagliato eppure, dentro di sé lo sapeva, così terribilmente giusto

Po avrebbe voluto che quel momento fugace, a lungo sognato e altrettanto a lungo temuto, durasse per sempre, ma dopo pochi istanti si costrinse a rompere quel contatto proibito.

“Ecco perché.” disse in un sussurro, allontanandosi di un respiro dalla bocca della ragazza, mentre lei riapriva gli occhi e lo guardava sorpresa e confusa.

La felina portò quasi senza rendersene conto due dita alle labbra, dove il sapore del Guerriero Dragone, forte eppure delicato allo stesso tempo, sembrava impresso col fuoco.

“Po . . .” il suo nome sembrava una preghiera in quel momento, e lui non poteva sopportare di udirlo, non adesso.

La interruppe, sentendosi colpevole per quella smarrita confusione che vedeva riflessa negli occhi color delle fiamme “Ho cercato di nascondertelo. Ho davvero cercato di tenermi tutto dentro, anzi, ho tentato di eliminare tutto questo, di cancellarlo come se non fosse mai esistito, ma non ci sono riuscito.”  spiegò, quasi a voler chiedere scusa di quei sentimenti capaci solo di incasinare tutto “Più cercavo di spegnerlo, più tornava a bruciare sempre più ardentemente, come un incendio. È diventato così forte e così grande che non riesco più a tenerlo nascosto.” 

Fece un respiro e chiuse gli occhi, ma quando li riaprì erano al contempo decisi e dolci, e guardavano la guerriera con un’intensità sconosciuta prima di quel momento.

“Sono innamorato di te, Tigre.” confessò, e nel dirlo ad alta voce sentì il proprio corpo ancora provato da quel gesto folle tremare “Forse lo sono fin da quel giorno in cui ti ho vista per la prima volta, e per quanto io abbia provato a cancellarlo, non ci sono mai riuscito.”

Le pupille di lei erano così dilatate da far sembrare i suoi occhi di brace completamente scuri. La guerriera fece per dire qualcosa, ma lui la supplicò con lo sguardo di lasciarlo finire. Se l’avesse interrotto ora, non era certo che sarebbe riuscito a continuare, dopo.

“So che questi sentimenti sono proibiti. So cosa potrebbero causarmi, e non mi importa.” Era vero, lo era davvero. Potevano prendersi anche il suo titolo di Guerriero Dragone, se i grandi maestri l’avessero ritenuta la giusta punizione. L’avrebbe accettato. Avrebbe accettato qualsiasi costo che avrebbe dovuto pagare. “Non voglio metterti in  difficoltà. Quello che provo per te è un peso mio, e solo mio, e se mai qualcuno ne dovesse venire a conoscenza sarò io a pagarne le conseguenze. Non permetterò che tu debba pagare in qualsiasi modo per un mio errore.”

Abbassò appena lo sguardo, sentendosi tutto d’un tratto incredibilmente fragile ed incapace di sostenere quello di lei “So che non posso viverli alla luce del sole, e mi va bene, finché posso restare al tuo fianco. Posso essere felice finché posso vivere al tuo fianco, aiutarti a sopportare i tuoi dolori, combattere insieme a te, vederti ridere, perdermi nel tuo sguardo. Tutto quello che ti chiedo è solo di capire e di non escludermi dalla tua vita. Sono disposto a reprimerli per sempre, pur di poterti vivere accanto, e far sì che tu sia al sicuro e felice. Ma farti soffrire o perderti . . . mi ucciderebbe. Mi ucciderebbe più di quanto questo silenzio a cui mi sono costretto per tutto questo tempo stia già facendo.”

Si rese conto di star stringendo ancora il suo braccio. Si affrettò a lasciarlo andare, ma lei non si mosse. Rimase lì, immobile, e in quella silente attesa vide il permesso e la richiesta di andare avanti. Così, si fece forza e ammise “Mi basta restare al tuo fianco, anche solo come semplice amico. È tutto quello che posso avere.”.

Si morse le labbra, e nel farlo risentì il dolce sapore di Tigre, che nemmeno nei suoi sogni più folli aveva osato immaginare. Si fece forza e sussurrò, come se stesse pronunciando le sue ultime parole prima di una condanna “Per questo non voglio e non posso lasciarti andare. Perché ne morirei.”.

Rimase così, in silenzio e con gli occhi bassi, per quello che a lui parve un tempo infinito. Non osò muoversi, non osò nemmeno sbirciare il viso di lei. Era terrorizzato, assolutamente terrorizzato. Terrorizzato da ciò che aveva osato fare, da ciò che aveva avuto la follia di dire, da come lei avrebbe potuto reagire, dalla certezza di aver rovinato tutto per sempre . . .

Era così preso dal vortice delle sue paure che non la sentì nemmeno muoversi, lui che tanto si era abituato a percepire ogni suo singolo movimento.

Se ne rese cono solo quando una zampa esitante ma gentile raggiunse la sua guancia destra e gliela sfiorò piano, quasi con paura di fargli del male.

Si immobilizzò, il cuore che iniziava a battere con tale furia da sembrare sul punto di scoppiare, e rimase così, mentre quella zampa inaspettata gli accarezzava leggermente il mento.

“Guardami, per favore.”

La voce di Tigre era roca, quasi soffocata, come se le parole le uscissero a fatica, eppure incredibilmente morbida, come non era mai stata prima.

Po si costrinse ad ubbidire. Alzò appena lo sguardo, e ciò che vide lo lasciò senza fiato.

Non aveva mai visto gli occhi di Tigre in quel modo. Bruciavano ed ardevano, ma non con furia, come se fossero capaci di ridurre il mondo in cenere. Le fiamme danzavano in una danza vorticosa e folle, come se non avessero intenzione di non fermarsi mai, eppure c’era una tale malinconia in quella danza, e allo stesso tempo un ardore che mai aveva visto prima.

La maestra rimase in silenzio per qualche secondo, le dita poggiate come timide farfalle contro la pelle di lui, e lui attese, incapace di fare altro.

“Mi dispiace.” sussurrò, alla fine, con tale dolore che gli parve quasi ferita “Avrei dovuto capirlo.”.

Il panda sentì lo stomaco stringersi in maniera così dolorosa da dargli un capogiro “Non hai niente da scusarti.” si affrettò a rassicurarla “Cercare di non fartelo capire era proprio ciò che stavo tentando di fare, quindi . . .”

“No. Avrei dovuto capirlo.” lo bloccò lei “L’avevo capito.”.

Po aggrottò la fronte, sinceramente confuso “Che cosa vuoi dire?”.

La felina non rispose. La sua mente correva, cercando di recuperare tutti quei frammenti che si era persa lungo la strada, e lei cercava affannosamente di starle dietro. Eppure, era tutto così chiaro.

“Tigre?”

La guerriera sospirò, arrendendosi per la prima volta in vita sua.

“Quando sono stata colpita,  ero sul punto di non tornare indietro.” iniziò a spiegare, la voce bassa e fragile, mentre continuava a tenersi stretta a quegli occhi verdi “Me ne stavo andando. Stavo morendo. Avevo smesso di lottare. Perché farlo, in fondo? La mia vita stava andando allo sfracello. Non avevo più nessuna certezza, e stavo solo distruggendo tutti coloro che amavo. Forse, quello era il modo migliore per mettere fine al tutto. Lasciarsi andare.”.

Po, scioccato, provò a parlare, ma lei scosse appena la testa, chiedendogli con quel semplice gesto di lasciarla continuare. “Ma poi, ti ho sentito.” mormorò, ammettendo ad alta voce ciò che non era riuscita a dire nemmeno a se stessa.

I grandi occhi del panda si spalancarono, increduli, e lei si costrinse ad andare avanti “Non sapevo come, non sapevo perché, ma la tua voce era riuscita a raggiungermi, nonostante il dolore e l’agonia. Ti ho sentito chiamarmi per nome, e poi parlarmi tanto da guidarmi a casa.”

“Non . . . non me lo avevi detto.” si lasciò sfuggire lui.

“Non lo ricordavo bene nemmeno io.” spiegò, sentendosi estremamente in colpa per questo “Mi restavano solo dei frammenti.”.

Chiuse gli occhi, cercando di richiamare alla memoria tutto ciò che riusciva a ricordare.

“Hai detto ‘Ti supplico. Apri gli occhi.’.” sussurrò, esitante.

Po trattenne il fiato nel sentirla ripetere quelle parole che aveva impresse a fuoco nell’anima.

‘Non andartene.’ .” le sue dita sfiorarono ancora una volta il suo mento.

Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro.

‘Non lasciarmi solo.’.” osò accarezzargli nuovamente la guancia.

Lui le coprì la zampa con la sua, premendola delicatamente contro la guancia, impedendole di scivolare via.

‘Ti prego, resta con me.’.”

Po si ritrovò a tremare.

La guerriera aggrottò la fronte “E poi hai detto qualcosa, qualcosa che non sono riuscita a ricordare per molto tempo, qualcosa che mi ha spinta a tornare indietro, qualcosa che mi ha spinto a non arrendermi.” esitò “Qualcosa per cui ho deciso di restare.”.

Riaprì lentamente gli occhi, incontrando nuovamente quelli lucidi e commossi del compagno.

“Qualcosa che stasera sei riuscito a riportare a galla, ma che era rimasto dentro di me per tutto il tempo, e che avrei dovuto ricordare. Avrei davvero dovuto ricordarlo, perché è la ragione per cui sono ancora qui. Non avrei dovuto permettere che tu giungessi a questo punto per ricordarlo.”

Il Guerriero Dragone scosse la testa. “N-non importa.” balbettò, per poi osare chiedere “L-lo ricordi, ora?”.

La maestra annuì. Fece un piccolo passo in avanti, tanto da poter sentire il battito del suo cuore contro il proprio.

“Io ti amo.” sussurrò, senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Qualcosa, nel tono della sua voce, gli suggerì che questa volta non stava semplicemente ripetendo le sue, di parole.

Fu solo a quel punto che Tigre lo baciò.

Fu un bacio timido, inesperto, esitante, un semplice sfiorarsi di labbra, ma reale, e vero.

Era tutto quello che lui avesse mai osato sperare nei suoi sogni più selvaggi e molto di più. Era la felicità, era la sensazione di casa.

Era il suo giuramento, in risposta a quello spontaneo e sincero di lui. Un giuramento che mai aveva pensato di poter pronunciare, eppure lo stava facendo, sentendosi per la prima volta nella sua vita certa di star facendo la cosa giusta, nonostante tutte le regole e le proibizioni.

Quando si tirò indietro, gli occhi luminosi e le gote striate appena di rosso, Po si sporse in avanti ed  inseguì le sue labbra, ancora ed ancora, sotto la luce della luna.

 

 

 

 

La tana dell’autrice


Una parte di me crede che delle scuse siano d’obbligo. Penso di non essere mai sparita così a lungo, prima d’ora. Vi ho lasciato tutti in sospeso, senza rispondere a recensioni o messaggi privati. E questo comportamento necessiterebbe delle scuse, perché non è stato carino e ne sono consapevole.

Ma l’altra parte di me non saprebbe che altro scrivere, in queste scuse, se non che mi dispiace di essere scomparsa. Sarei dovuta tornare molto tempo fa, ma non ce l’ho fatta. Ho cercato di prendermi una pausa per me, ed è stato così solo in parte. La scrittura si è ridotta solo a brevi attimi di fuga, e in quei attimi non c’era spazio per lo stress che l’idea di dover completare questa storia mi causava. Così, è rimasta chiusa in un cassetto così a lungo che ho pensato di lasciarcela.

Ma poi non sono riuscita a fare nemmeno questo. Complici i vostri messaggi pieni di affetto e le vostre richieste di spiegazioni, sono tornata sui miei passi. All’inizio avevo solo intenzione di rileggerla, così, in un eccesso di malinconia, ma pian piano nella lettura mi sono resa conto di non essere in grado. Che dovevo provare a completarla, per quanto per me potesse essere complicato. Che, nonostante tutti i suoi difetti e casini, questa fic ha ancora un pezzetto del mio cuore, e che non sono ancora capace di dirle addio.

Per cui, anche se non sono capace di darvi delle vere scuse, perché allontanarmi è stato necessario e tornando indietro lo rifarei, voglio ringraziarvi. Perché è anche e soprattutto grazie a voi se questo capitolo e i prossimi che verranno –non so ancora come e quando, ma verranno- esistono.

Per cui, grazie.

Questo capitolo, sproporzionato, imperfetto e spontaneo, è per voi.

A presto

T.r.

 

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 – Il giorno dopo ***


 

Capitolo 37 – Il giorno dopo


 

 

 

 

Significa permettere a qualcuno di esserti vicino, significa concedere se stessa a qualcuno. Un bacio è un giuramento.

- Shakugan no Shana

 

 

 

Po si mordicchiò l’interno della guancia, dondolandosi sui talloni, gli occhi fissi su quella porta che nelle settimane precedenti non aveva mai esitato ad aprire. Ma dopo la scorsa notte tutto era cambiato. O forse non era cambiato nulla. Non lo sapeva nemmeno lui. Gli sembrava quasi che ciò che era successo sotto la luce della luna fosse stato solo un bel sogno, ora sul punto di dissolversi come rugiada alla luce del sole.

Ma no, non era stato un sogno. Era successo davvero. Aveva fatto esattamente ciò che si era ripromesso di non fare per tutto quel tempo. Aveva rischiato ogni cosa. Era stato pronto a vedere il proprio mondo crollare. Ma non era successo.

Poteva ancora quasi sentire il respiro di lei contro le sue labbra, come quando si erano allontanati dopo così tanto tempo che gli era parso infinito. Non erano riusciti a staccarsi, non del tutto, ed erano rimasti a lungo con le fronti che si toccavano ed i loro respiri affannosi che si confondevano, gli occhi di Tigre ancora chiusi, come se temesse di spezzare l’incanto. I suoi occhi, invece, erano fissi su quel viso che tanto a lungo aveva sognato senza mai osare e divoravano ogni dettaglio, affamati e famelici.

“Ora è sicuro che non ti lascio andare.” aveva osato sussurrare, sottolineando ciò che ormai era ovvio e scontato, e la ragazza si era lasciata sfuggire un suono indecifrabile, a metà tra uno sbruffo divertito e un lamento soffocato. [1] Forse avrebbe replicato, se ne avesse avuto la forza, ma era riuscita solo ad aprire gli occhi, ed a quel punto entrambi si erano nuovamente smarriti.

Non sapeva quanto tempo fossero rimasti così, ma quando erano finalmente riusciti ad allontanarsi l’uno dall’altra l’aveva riaccompagnata lì e l’aveva osservata rientrare in silenzio. Era rimasto a fissare quella porta chiusa per un po’, chiedendosi quanto sarebbero state diverse le cose la mattina seguente.

Ed ora, era di nuovo lì, a farsi la stessa domanda.

Ma non poteva avere le risposte di cui aveva bisogno, non restando là fuori.

Il panda sospirò e si fece coraggio. Si avvicinò alla porta, ma invece di aprirla semplicemente come aveva sempre fatto si costrinse a bussare piano.

“Posso entrare?”.

Ci fu un breve momento di silenzio, prima che lo raggiungesse la voce un po’ attutita di lei.

“Certo.”

Il ragazzo esitò solo per un momento, prima di aprire la porta e scivolare dentro.

I suoi occhi, ovviamente, cercarono subito Tigre, e la trovarono in fretta.

Era di spalle, proprio come la sera prima, ed intenta a rifare il letto. Avrebbe dovuto immaginarlo; non avrebbe mai lasciato quel posto in disordine, soprattutto dopo la gentilezza e l’ospitalità ricevuta.

Si prese qualche secondo per restare ad osservarla, come a volersi accertare che non fosse solo un sogno, e quasi si perse nei suoi movimenti precisi ed essenziali, mentre ripiegava con cura le lenzuola e le lisciava con i palmi. Ad uno sguardo frettoloso sarebbe parsa serena, forse quasi rilassata, ma quello attento del panda colse subito il movimento continuo ed irrequieto della coda che tagliava l’aria.

Si costrinse a dare una breve occhiata attorno a loro. “Shifu non c’è?”chiese, non notando nessun altro.

La felina non si girò nemmeno. “È andato a salutare Li Shan.” spiegò, rimettendo a posto il cuscino.

“Ah.” Si tormentò le dita, senza sapere bene cosa osare e sentendosi ancora più teso nel notare i movimenti della coda di lei diventare quasi frenetici. Forse era meglio farlo ora, col maestro altrove ed impegnato; rimandare sarebbe stato non solo stupido, ma anche rischioso. E si sentiva in dovere di cominciare lui, visto che dopotutto era stato lui a dare inizio a tutto questo.

Fece un respiro profondo, prima di mormorare “Credo . . . credo che dovremmo parlare di ieri.”.

Tigre si immobilizzò per qualche secondo, come se aspettasse quelle parole ma temesse di udirle davvero. Poi, in un movimento fluido e tagliente, si voltò ed incrociò le braccia, senza però incontrare il suo sguardo.

“Ti sei pentito?” sussurrò, e la sua voce appena tremante lo trapassò come un pugnale avvelenato.

Non dovette dire altro; non ce n’era bisogno. Po riuscì a sentire ciò che non aveva avuto il coraggio di pronunciare, e nel farlo il suo cuore si spezzò un po’.

Ti sei pentito di avermi baciata?

Solo in quel momento si rese a pieno conto di quanto Tigre fosse fragile.

Solo in quel momento ricordò quel bisogno di affetto che l’aveva spinta a cercare per tutta la vita qualcuno che tenesse sul serio a lei, senza mai riuscirci davvero. Solo in quel momento pensò a come avesse evitato l’amore romantico per tutta la vita, per paura di non meritarlo, e come quando credeva di averlo trovato si fosse rivelato solo un crudele inganno.

Solo in quel momento rammentò tutte le cicatrici che il suo cuore portava e che gli aveva a malapena permesso di intravedere.

Ti sei pentito di avermi detto di essere innamorato di me?

Solo in quel momento colse quanto avesse abbassato la guardia solo per lui. Solo in quel momento comprese quanto quella domanda rivelasse il suo essere indifesa, forse veramente per la prima volta.

Solo in quel momento si rese conto di quanto lei temesse che ciò che era successo la sera prima potesse diventare l’ennesima cicatrice da portare a vita.

Solo in quel momento capì che lei aveva paura di vedere anche lui voltarle le spalle, perché credeva di non essere semplicemente abbastanza per farlo restare.

E questo, lui non poteva sopportarlo.

“No!” si affrettò a negare con forza, incapace di vederla dubitare anche solo per un altro secondo.

La felina sollevò appena lo sguardo, colta alla sprovvista da quella reazione, ma senza ancora incontrare il suo. Il Guerriero Dragone si avvicinò a lei e, con delicatezza, sciolse l’intreccio delle sue braccia, prendendo le zampe chiuse tra le sue.

“Non sono pentito di niente.” ribadì con dolcezza, accarezzandole i dorsi delle zampe con i pollici in morbidi movimenti circolari “Non potrei mai pentirmene. Mai.”.

La ragazza, dopo essere rimasta come incantata a studiare le loro zampe unite, gli concesse di sfiorare il fuoco delle sue iridi che, tremulo, danzava come mille stelle.

Po cercò in quella danza la forza di continuare.

“Solo che . . .” la sentì irrigidirsi appena e subito proseguì “penso che sia giusto parlarne, prima di raggiungere gli altri. Decidere che cosa fare. Non . . . “ la sua voce si spezzò, mentre le immagini e le emozioni della sera prima gli offuscavano gli occhi e la mente “Non credo di poter fare finta che non sia mai successo.”.

Tigre scosse appena la testa, forse senza nemmeno accorgersene. “Nemmeno io.” Il suo fu un sussurro appena udibile, ma lui lo colse e lo strinse forte a sé, come se temesse che qualcuno potesse portarglielo via.

La maestra rimase in silenzio per qualche secondo, prima di sospirare e tirarsi via da quel contatto. Incrociò ancora le braccia, quasi stesse cercando di impedirsi fisicamente di toccarlo ancora, e sollevò il mento.

“So che chiederti di non venire con me è ormai fuori questione . . .” la sua voce era di nuovo ferma, decisa, e per quanto ciò lo rassicurasse Po non esitò a ribattere.

“Infatti.”

“Per quanto scegliere di restare qui sarebbe la cosa più sicura . . .”

“La sicurezza è sopravalutata, di questi tempi.”

“Smettila di interrompermi.” gli ringhiò quasi contro, ma i suoi occhi non riuscivano ad allontanarsi da quelli di lui “So che non posso più chiederti di restare, anche se è forse l’unico modo per tenerti al sicuro. Forse, se non . . . non ti avessi baciato . . .” esitò nel pronunciare quella parola, come se fosse totalmente estranea sulle sue labbra e stesse ancora cercando di capirne del tutto il significato, per poi continuare con più forza “. . . forse sarei riuscita a convincerti a restare qui, in qualche modo. Ma ora so che qualsiasi cosa io possa dire o fare non avrebbe alcun peso sulla tua scelta.”

Po fece segno di no con la testa “Potresti anche mandarmi al tappeto e legarmi ad un albero per impedirmi di seguirti, ma troverei comunque un modo per farlo.”.

“Non sfidarmi, o potrei provare davvero.” lo minacciò appena. Chiuse per un breve momento gli occhi, come a raccogliere tutta la forza che aveva, e quando li riaprì i suoi occhi ardevano nello stesso magico modo della sera precedente.

“Se verrai con me, voglio che sia chiara una cosa.” disse, facendo un piccolo passo verso di lui “Quando ti ho baciato ero consapevole di quello che stavo facendo. Consapevole di quello che implica per me e di quello che può significare per te. Ci ho messo tanto a comprendere la natura della tempesta che mi scateni dentro, e ancora non riesco a capire completamente tutto, ma . . .”

La sua voce tremò per un momento, e Po si trovò l’anima stretta in una morsa.

Lui aveva avuto così tanto tempo per venire a patti con ciò che sentiva, per comprendere davvero ed accettare quei sentimenti con le loro conseguenze. Per lei non era stato così. Aveva aperto gli occhi solo la notte scorsa, scoprendo una realtà che nessuno dei due avrebbe mai potuto nemmeno lontanamente immaginare. Era stato tutto così veloce ed improvviso, ed era avvenuto probabilmente nel momento peggiore di tutti, quando mille altri pensieri più importanti necessitavano della sua completa attenzione.

Ma era successo e lei, che aveva rifiutato le storie d’amore per tanto tempo, che aveva nascosto il suo cuore, che non aveva mai sfiorato le labbra di nessun altro, aveva scelto lui. E lo stava scegliendo ancora, nonostante forse non capisse nemmeno lei bene perché.

La maestra si costrinse ad andare avanti “Ma quel bacio non è stato senza significato, per me. È stato tutto quello che rappresenta per il mio popolo, e molto di più.”.

Al panda tornarono in mente quelle parole che tanto a lungo l’avevano tormentato.

Per noi tigri, un bacio è più di un semplice contatto fisico.

 “E questo significa” continuò “che ieri notte ho pronunciato un giuramento.”.

Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre.

Gli occhi di lei erano diventati un incendio, e lui lasciò che le fiamme lo lambissero.

Quando viene ricambiato, due anime vengono unite per l’eternità. È un legame sacro, che non può essere creato alla leggera. Non per noi. E, soprattutto, non per me.

 “Ho giurato di proteggerti a qualsiasi costo.” sussurrò, la voce fiera di una regina “Ho giurato di non vedere mai più nel tuo sguardo il dolore che ho visto ieri. Ho giurato di non permettere a nessuno di farti del male come te ne ho fatto io, non rendendomi conto prima di ciò che mi stavi nascondendo.”.

Il cuore di Po sembrò sciogliersi al calore ardente di quel fuoco.

Oh, Tigre . . .

La felina abbassò appena la testa “Non so quanto riuscirò a farlo, se verrai con me. Ma è il mio giuramento, e cercherò di mantenerlo fino alla fine. A qualsiasi costo.”

Il Guerriero Dragone osò allungare una zampa e posare due dita sotto il mento di lei, sollevandoglielo piano in modo che la giada potesse cullare le fiamme. “So cosa significa un bacio, per te.” mormorò, accarezzandole appena il mento con il pollice “Anche il mio è stato un giuramento, la scorsa notte. Credo che tu abbia compreso quale.  E sappi che non lo infrangerò fino a quando il sole sorgerà ad occidente e tramonterà ad oriente.”[2]

Le pupille di Tigre si dilatarono appena a quelle parole, ma poi le palpebre scesero a nasconderle, come a voler proteggere quegli occhi improvvisamente troppo fragili. Rimase così, ad occhi chiusi, per lunghi minuti, come se volesse lasciarsi avvolgere dalla sensazione di sicurezza e protezione che quella promessa e quel lieve contatto le infondevano. E Po restò lì, di fronte a lei, perché non aveva la forza di allontanarsi, e forse non l’avrebbe mai avuta.

Alla fine la guerriera fece un respirò profondo e mormorò, tentando di pensare razionalmente “Dobbiamo . . . dobbiamo decidere come comportarci d’ora in poi.”.

Il panda annuì appena, quasi con dolore. Dovevano pensare al futuro, per quanto potesse fare male. Dovevano essere lucidi abbastanza per capire quale doveva essere la prossima mostra. “Tu conosci le regole meglio di chiunque.” osservò, lasciandole andare il viso solo per posare la zampa su una delle sue “Che cosa proibiscono esattamente?”.

La maestra riaprì nuovamente gli occhi, che erano questa volta fermi e controllati. “Avere una relazione romantica con chiunque.” rispose, sciogliendo l’intreccio della braccia ma poi cercando la zampa di lui, che strinse come se volesse sfidare il mondo a portarglielo via “E avere rapporti intimi, anche occasionali, con i propri compagni d’addestramento.”.

“E la punizione è perdere il proprio titolo e la possibilità di combattere ancora, giusto?”

“L’entità della punizione viene di solito stabilita dal Gran maestro della scuola a cui si appartiene, a seconda della gravità della colpa.” puntualizzò “Ma sì, in passato è sempre stato così.”.

Po respirò a fondo, cercando di pensare “Al momento, in teoria, non abbiamo fatto nulla per cui possiamo essere puniti.” osservò piano, accarezzandole senza nemmeno rendersene conto il dorso della zampa, quasi come in un riflesso involontario “Cioè, non è una relazione ancora, o qualsiasi altra cosa. E’ stato solo un bacio. Cioè, qualche bacio. Baci che nessuno ha visto, e che quindi per il mondo è come se non ci fossero mai stati.”.

Solo un bacio.

Era un modo assurdo di porla. Sì, tecnicamente erano stati solo dei baci rubati nella notte, niente di più. Potevano anche non significare nulla per chiunque altro.

Ma quello non era stato solo un bacio. Non per loro. E lo sapevano entrambi.

Tigre annuì lentamente, pensierosa “Sì, al momento è solo quello. Nessuno potrebbe accusarci di nulla. Non avrebbe nessuna prova. E forse . . .” si mordicchiò appena il labbro più inferiore, prima di avere il coraggio di dire “Forse sarebbe meglio fermarci ora, prima che possa crescere in qualcos’altro. Ora che possiamo ancora farlo, almeno. Sarebbe più sicuro, soprattutto per te.”.

Il ragazzo si immobilizzò, senza fiato “N-non lo pensi davvero, vero?” chiese, stringendo con più forza la sua zampa.

La felina esitò, prima di sospirare “Una parte di me crede che sarebbe più saggio. La parte di me che non vuole vederti spogliato del titolo di Guerriero Dragone. Ma tutte le altre parti . . .” abbassò lo sguardo sulle loro dita unite “non pensano di avere la forza di potersi fermare. Nemmeno ora, quando ancora potremmo tentare. Nemmeno se ne va del tuo cammino come guerriero.”.

Un piccolo sorriso spontaneo illuminò il viso di lui a quella risposta  “A me non importa.”.

Gli occhi ambrati scattarono di colpo verso i suoi “Cosa?”.

Po si strinse nelle spalle e la zampa ancora libera coprì le loro unite “Ci ho pensato per parecchio tempo, ormai. E so che non mi importa. Possono prendersi il titolo. Possono prendersi il kung fu. Non mi importa.”.

“Ma . . .” la ragazza lo guardava, incredula “Po, tu sei il Guerriero Dragone! Ami il kung fu da quando eri appena un bambino!”.

“Sì, e chi mi ha fatto innamorare del kung fu?” chiese, il sorriso che si ingrandiva ancora di più. Lei provò a protestare, ma lui non glielo permise “Sono il Guerriero Dragone solo da pochi mesi. Quella è solo una parte, molto giovane tra l’altro, di me. Ma tutte le parti di me sono innamorate di te, e sarebbero disposte a qualsiasi cosa, pur di poterti avere al mio fianco. E ora che ne ho la possibilità so che sarei disposto a rinunciare a ben più del kung fu, pur di stare con te.”.

Poteva sentire la zampa della maestra, cullata dalle sue, tremare.

Tigre scosse la testa, decisa “Non ti chiederei mai una cosa del genere. Non sarebbe giusto.”.

“Lo so che non lo faresti.” la rassicurò,  ritraendo una zampa dalla loro stretta solo per posarla sulla sua guancia “Ma non c’è bisogno di chiederlo.”.

La maestra sostenne il suo sguardo per qualche secondo con difficoltà, come se stesse cercando di capire cosa fosse giusto rispondere a quella disarmante prova di assoluta devozione. “Se . . se continuiamo così, e se veniamo scoperti, niente potrà impedire a nessuno di spogliarti del tuo titolo.” mormorò alla fine, la voce che si spezzava appena “Io non potrò fare niente per impedirlo. E non posso permettere una cosa del genere.”.

Il panda si lasciò sfuggire un sospiro. “Te lo ripeto. A me non importa. L’unica cosa di cui mi importa, al momento, sei tu.” Le sue dita tracciavano piccoli arabeschi sulla sua pelliccia, come ad assicurarsi che fosse davvero lì, a contatto contro la propria pelle, e la sua confessione gli scivolò via dalle labbra quasi soffocata “È l’idea che tu possa perdere tutto ciò per cui hai lavorato per anni che mi uccide. È questo ciò che mi spaventa di più.”.

A quelle parole scosse decisa la testa, come se non le interessasse. “Non è importante quello, ora.” ribatté con improvvisa freddezza.

“Lo è, invece.” insistette lui. Le lasciò andare la guancia e rimase a guardarla, gli occhi che brillavano “Il kung fu è tutta la tua vita, da sempre. Non potrei mai portartelo via, per alcun motivo. Sei nata per essere una maestra.”

La felina sottrasse la zampa dalla sua stretta. “La stessa cosa vale per te.” ribadì “Anzi. Sei il Guerriero Dragone, il tuo compito è molto più importante di quello di una qualsiasi maestra.”.

“Non è così. Non per me.” disse scuotendo la testa, per poi spalancare le braccia ed esclamare “Guardati! Tu sei una guerriera nata, il combattimento ti scorre nel sangue, il furore della lotta si riflette nei tuoi occhi. Io sono diventato un combattente quasi per caso.”

“Il caso non esiste.”

“Non usare le frasi di Oogway contro di me. E fammi finire.” la bloccò, determinato a non dargliela vinta “Il kung fu è ciò che ti ha reso la Tigre che sei oggi. Io amo il kung fu, ma amo molto di più te. E so che la tua vita senza il kung fu semplicemente non sarebbe più la tua vita. E non potrei mai permettere una cosa del genere. Sei nata per combattere, e non voglio che tu rinunci a tutto questo. Non dovresti rinunciarci per niente e nessuno al mondo. E soprattutto non per me.”

Si fermò, ansimando quasi, i pugni stretti e gli occhi che bruciavano come quelli in cui tante volte si era perso.

Tigre era immobile, le labbra socchiuse e il viso smarrito, come se si aspettasse tutto, ma non quello.

“Po.” pronunciò il suo nome come una supplica, ma lui non le diede modo di andare avanti.

“No. Potrei fare qualsiasi cosa per te, ma non questo.” affermò, incrociando le braccia “Non sarò io a privarti del tuo destino. Fine del discorso.”.

La guerriera si avvicinò appena e gli posò una zampa sull’avambraccio destro. “Le tue parole sono . . . “ esitò, incapace di descrivere ciò che quella ferma protesta le aveva scatenato dentro “dolci, davvero. Ma non erano necessarie. Non potresti mai privarmi di niente. La mia vita è mia e solo mia, e qualsiasi scelta che prenderò sarà perché l’ho voluta io, e non perché sono stata costretta da chicchessia. Compresa, se mai dovessi prenderla, la scelta di rinunciare al mio titolo.”. Si fermò per un secondo, come per riprendere fiato “Ma, come tu non vuoi vedermi rinunciare al mio essere una maestra, io non posso accettare che sia tu a farlo. E farò tutto ciò che posso per impedirlo.”

“Tigre . . .” provò a protestare, senza riuscire però a celare il suo sollievo nell’udire quella risposta. L’ultima cosa che voleva era portare Tigre ad abbandonare ciò che faceva ardere quegli occhi d’ambra. E la consapevolezza che lei non volesse nemmeno sentir parlare della possibilità di abbandonare il titolo di Guerriero Dragone gli aveva inaspettatamente riscaldato il cuore.

Prima che potesse dire altro venne interrotto “Comunque mi sembra prematuro pensare a questo. L’hai detto tu, dopotutto; non è successo nulla per cui potremmo essere puniti.”.

Quel ‘ancora’ non pronunciato rimase sospeso nell’aria, ma entrambi erano fin troppo consapevoli della sua presenza.

Il Guerriero Dragone sciolse l’intreccio delle braccia, ma quando lei allontanò il braccio la intercettò a mezz’aria e strinse la sua zampa. Un piccolo sorriso timido gli illuminò il volto mentre le loro dita si intrecciavano quasi d’istinto.

“Quindi, cosa facciamo?” chiese, perché lui sinceramente non ne aveva alcuna idea. Se la scelta fosse stata sua, avrebbe fermato il tempo pur di restare lì, in quella stanza, in un eterno limbo dove tutto era ancora dolce e possibile, e la zampa di lei era calda e stretta nella sua.

Tigre si prese qualche secondo prima di rispondere con semplicità “Aspettiamo.”.

Po aggrottò la fronte, confuso, e lei si affrettò a spiegare “Prendiamoci il nostro tempo. Cerchiamo di capire completamente tutto questo, e ciò che vogliamo fare. Prendiamoci questo viaggio per capire davvero e per scegliere. E cerchiamo di comportarci il più normalmente possibile nel frattempo, almeno di fronte agli altri. Non lasciamo modo a nessuno di capire cosa sta succedendo. Soprattutto Shang Chiang.” lo sputò quasi, quel nome, come se doverlo pronunciare fosse quasi insopportabile.

Il ragazzo cercò di buttarla sul ridere “Non vuoi traumatizzarlo a vita?”. Vedere la sua unica figlioletta legata ad un panda probabilmente l’avrebbe scioccato e fatto infuriare, e chissà cos’altro. Ma l’idea, più che preoccuparlo, sinceramente lo divertiva. Il viso sconvolto di quell’aristocratico pieno di sé era qualcosa che avrebbe senza dubbio voluto vedere.

Scosse appena la testa, gli occhi fissi sulle loro zampe unite “Non voglio rivelargli ciò che mi rende vulnerabile.” il suo sussurro fu appena udibile “Ho già commesso questo errore con Shen Te. Non lo commetterò anche con lui.”.

Il guerriero si irrigidì nel sentire il nome del principe “Cosa. . . ?”

Lei non gli diede modo di continuare. “Dobbiamo tenere all’oscuro anche i ragazzi.” riprese, come se non avesse detto nulla “Non ci tradirebbero, ne sono sicura, ma li metteremo in una situazione incerta, e non credo sia giusto. Ed aumenteremo le possibilità che Shifu possa intuire qualcosa.”.

“Sei preoccupata per Shifu?” chiese, sorpreso “Credevo che vi foste finalmente chiariti e riavvicinati.”.

“È così.” confermò, senza rialzare lo sguardo “Ma è lui il Gran maestro del Palazzo di Giada, adesso che Oogway non c’è più. Ora come ora, non so quale potrebbe essere la sua decisione, se dovesse scoprire di noi.”.

A questo non aveva pensato. “Forse infrangerebbe le regole. O almeno, proverebbe a raggirarle.” ipotizzò “Ti vuole bene, lo sappiamo entrambi. Non farebbe mai qualcosa contro di te, soprattutto ora.”.

Non le ha infrante, però, quando Shang Chiang ha reclamato la vita di Tigre come se fosse sua. tentò di scacciare quel pensiero amaro ed improvviso, senza riuscirci.

“In tutta sincerità, non ne sono convinta.” ammise la ragazza, piano “E io non voglio metterlo in una posizione di difficoltà, come sarebbe se dovesse scoprirlo per caso. Quando sarà dovrà saperlo da noi. E noi dovremmo aver già deciso che cosa fare. Per questo penso che dovremmo posticipare qualsiasi decisione a dopo il nostro ritorno, quando avremo avuto davvero modo di valutare e saremo di nuovo a casa. Solo se tu sei d’accordo, ovviamente.”.

Po si prese qualche momento per pensare. Ma in fondo, quale altra scelta avevano?

“Credo che sia la cosa migliore, viste le circostanze. Ma non posso assicurarti, beh, che riuscirò a comportarmi proprio proprio come prima.” borbottò, grattandosi imbarazzato la nuca.

Alla maestra sfuggì uno sbuffo. “Cerchiamo di limitare i danni collaterali il più possibile, allora.” disse, e solo in quel momento osò rialzare gli occhi per sfiorare i suoi.

Ma fu appena un momento, e poi si sottrasse alla sua presa. “Dovrei finire di preparare le ultime cose.” osservò, quasi a malincuore “Il maestro probabilmente starà tornando, e vorrà partire il prima possibile. E forse è meglio che tu vada da tuo padre. Credo che gli piacerebbe avere un momento da solo con te, prima della partenza.”.

Il panda, per qualche secondo spiazzato da quell’improvviso cambio d’argomento, si morsicchiò senza accorgersene l’interno della guancia. “E ovviamente hai ragione anche su questo.” disse, indietreggiando appena “Allora ci vediamo più tardi qua fuori.”.

La felina si limitò ad annuire, e quando il Guerriero Dragone si era ormai voltato ed aveva raggiunto la porta un piccolo, irrazionale dubbio lo colse, trattenendolo.

Vedendolo fermo sulla porta, la ragazza aggrottò la fronte e lo chiamò “Po?”.

Dopo qualche momento di esitazione, il giovane si voltò. “Non te ne andrai via mentre io sono con Li Shan, vero?” chiese, la voce così bassa che ella poté coglierla appena “Perché se è questa la tua intenzione, sappi che è uno stratagemma terribilmente crudele, e che non servirà a nulla.”.

Tigre sbatté le palpebre un paio di volte, presa alla sprovvista.

“Non me ne andrò senza di te.” rispose, con tutta la semplicità e la sincerità di cui era capace.

Se fosse stato qualcun altro, le avrebbe chiesto di prometterlo. Ma era Tigre, e si fidava di lei con tutto se stesso. Non gli avrebbe fatto una cosa del genere. Non gli avrebbe mai mentito spudoratamente per andarsene non appena fosse stato lontano. Soprattutto non ora.

Non c’era bisogno di alcuna promessa, non dopo quel giuramento.

Così, si limitò a sorriderle ed a scivolare via.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Ci mise un po’ a trovare Li Shan. Lo aveva cercato ormai per quasi mezzo villaggio, quando finalmente lo notò mentre si avviava, col volto serio e gli occhi colmi di malinconia, in direzione della loro capanna.

Lo chiamò e lo raggiunse quasi correndo, e non gli sfuggì l’espressione piacevolmente sorpresa che gli illuminò il viso nel vederlo.

“Ti ho cercato ovunque.” esordì il ragazzo, una volta che fu accanto a lui.

Il panda si limitò a sorridere “Non c’era bisogno. Stavo venendo a salutarvi. Non ti avrei lasciato partire così.” lo rassicurò.

“Lo so, lo so.” fece “Solo, ho pensato che sarebbe stato carino stare un po’ da soli, prima. Giusto . . . giusto qualche momento.”.

Il sorriso del genitore si fece più grande, ma in qualche modo più triste. “È stato un pensiero gentile.” esitò qualche istante, prima di mormorare “In effetti, c’è una cosa di cui vorrei parlarti, prima di raggiungere gli altri.”.

Aggrottò la fronte, colto un po’ alla sprovvista “Devo preoccuparmi?”.

“No no.” lo tranquillizzò, scuotendo a malapena la testa “Affatto.”.

Poi, senza dire più una parola, si sfilò delicatamente dalla testa il ciondolo di giada e, prendendo una delle zampe del figlio, glielo posò con attenzione sul palmo.

Il ragazzo lo fissò, ancora più confuso, e solo a quel punto il padre sospirò e mormorò con dolcezza “Vorrei che tu avessi questo. Era di tuo madre. Glielo donai quando le chiesi di sposarmi, come fece mio padre prima di me e suo padre prima di lui. Da allora, non se lo tolse mai. È tutto ciò che mi resta di lei.”.

Le pupille di Po si dilatarono di colpo. “Non posso accettarlo.” rispose in fretta e fece per restituirglielo, tramortito dall’enormità di quel gesto e da ciò che quel semplice ciondolo significasse in realtà per lui.

Li Shan gli tenne ferma la zampa, impedendogli di sottrarsi dalla sua presa. “Devi. Io ho ricordi, emozioni, una vita intera di sentimenti a cui aggrapparmi, quando la sua assenza mi assale.” insistette. “Tu non hai nulla. E non voglio che sia così. Voglio che tu abbia qualcosa di lei. Anzi, qualcosa di entrambi. È stato nella nostra famiglia per generazioni. Spetta a te, ora. Così, avrai con te un po’ della famiglia che non hai potuto conoscere davvero.”. Un piccolo sorriso mosse le sue labbra tristi “Chissà, magari un giorno lo donerai anche tu a tua volta. Di certo tua madre ne sarebbe felice.”.

Il Guerriero Dragone si lasciò sfuggire uno sbuffo, mentre la sua anima lottava per non lasciarsi  sopraffare dalla sensazione di calore e allo stesso tempo di rimpianto che quelle parole gli scatenavano dentro. “Se è per questo, non penso possa essere possibile.” mormorò, perché era l’unica cosa che potesse davvero contestare “ Io sono un maestro, ora. Non potrei mai legarmi a qualcuno in quel modo.”.

Il genitore lo fissò per un lungo momento, evidentemente confuso. “Anche io sono un maestro, per quanto possa non sembrarlo.” osservò piano “Sono il capo villaggio. E ho avuto tua madre. Perché lo stesso non dovrebbe valere per te?”

“Io non sono . . .” iniziò a replicare, per poi bloccarsi di colpo mentre la sua mente, per la prima volta, faceva quel collegamento che avrebbe dovuto essere così semplice e naturale.

Lui era figlio di un capo villaggio. 

E questo era . . . era . . .

L’unica possibile eccezione alla regola.

I capo villaggio e i loro figli erano immuni alla legge. Potevano avere qualcuno nella loro vita. Erano un’eccezione vivente.

E Tigre era figlia di un capo clan. Una figlia che rifiutava sua padre e le sue origini, questo è vero. Ma era il sangue di Shang Chiang e di generazioni di capi clan prima di lui a scorrerle nelle vene, che lo accettasse o meno. Il suo essere nata in quella famiglia la rendeva intoccabile dalla legge stessa.

Erano entrambi intoccabili.

Niente avrebbe potuto portargli via i loro ruoli di maestri, nemmeno se il mondo avesse saputo di loro.

Ma  . . .

Si costrinse a distogliere il pensiero da questo. Non poteva pensare a questo, non ora.

“Comunque, non posso accettarlo.” ribatté, scuotendo appena la testa come per obbligarsi fisicamente a ritornare lì, in quel frangente.

“Devi.” Li Shan forzò delicatamente le sue dita in modo che si chiudessero attorno alla superficie fredda del ciondolo “Non posso darti altro di lei, tranne racconti infiniti e questa. Voglio che un pezzetto di ciò che è stata rimanga con te. Voglio che tu possa stringerla e ricordarti che sei stato il frutto più bello di un amore meraviglioso. E che, anche se il destino ci ha allontanati, nessuno di noi due ha mai smesso di amarti.”.

Gli occhi del giovane iniziarono a pizzicare e si posarono con esitazione sulle loro zampe unite, che sembravano quasi voler proteggere dal mondo quel piccolo gioiello che poteva essere infranto in qualsiasi momento.

“Io . . . grazie.” sussurrò, perché non poteva, non sapeva dire altro. Ma bastava quello, e lo sapeva.

Il sorriso di suo padre, finalmente, si fece luminoso e sincero, mentre la sua zampa scivolava via. Rimase a guardarlo mentre riapriva il pugno e indossava quel ciondolo per la prima volta. Era così leggero, eppure così pesante per quegli anni di ricordi, decenni di memorie, secoli di vite che custodiva sotto quel tiepido verde.

Rimasero per qualche secondo così, in silenzio, prima che il capo villaggio gli circondasse le spalle con un braccio “Andiamo, ora. Non facciamoli attendere ancora.”.

Fu lui a guidarlo verso la casetta, e il ragazzo quasi non se ne rese conto, troppo stordito dalla sensazione di quella pietra preziosa contro il suo cuore che sembrava quasi battere ad un suo ritmo, come se fosse viva e pulsante.

Non riuscì a riprendere piena consapevolezza di dove fossero nemmeno quando vide Shifu porgergli uno zaino grande quasi quanto lui. In un movimento ancora un po’ rigido, si allontanò dal contatto del genitore e si mise il bagaglio in spalla, mentre ascoltava senza quasi sentire davvero i due vecchi salutarsi.

Poi, però, un tocco leggero sul braccio lo riscosse, distogliendolo da quella sensazione estraniante. Si mosse d’istinto, riconoscendo subito quel contatto, e sorrise nell’incontrare gli occhi di Tigre.

Lo aveva aspettato, come aveva detto.

La felina non rispose quasi al suo sorriso, e quella zampa contro la sua pelliccia scomparve quando notò che il capo clan li stava guardando.

Con rispetto, si inchinò profondamente “Grazie di tutto, maestro Li Shan.”.

Il panda alzò una zampa, come a voler rifiutare quel segno di deferenza. “Non devi ringraziarmi di niente, maestra Tigre.” disse, e la sua voce era incredibilmente sincera e gentile, tanto da lasciare entrambi senza parole.

Poi, lo sguardo malinconico di Li Shan cercò quello di Po, e il figlio quasi in risposta si precipitò verso di lui, stringendolo in un abbraccio così stretto da mozzargli il fiato.

“Mi mancherai, papà.” sussurrò, in modo che solo lui potesse udirlo.

Sentì le sua braccia tremare mentre lo stringevano con tenerezza a sé.

“Anche tu mi mancherai.” rispose il genitore, come con fatica “Aspetterò il vostro ritorno. E, quando ripartirete, verrò con voi.”.

A quelle parole si tirò indietro, incredulo. “Dici sul serio?” chiese, temendo di aver capito male. Doveva aver capito male.

Il panda annuì. “Rivelerò l’esistenza di ciò che resta del nostro popolo.” spiegò “Hai cancellato la minaccia di Shen. Siamo abbastanza lontani dalle Tigri dell’est per non temere un loro attacco. Dovrebbe essere una mossa abbastanza sicura. Non possiamo vivere nella paura per sempre. Se sarò certo che non ci sarà alcun pericolo durante la mia assenza, verrò con te fino alla Valle della Pace e resterò per un po’.” Un piccolo sorriso gli attraversò il viso teso “C’è un secondo padre che devo ringraziare.”.

Il Guerriero Dragone esitò, mentre quell’idea folle si prendeva sempre più spazio dentro la sua testa. Poi cedette e disse, prendendo le zampe del genitore tra le sue “Se. . . se non dovesse essere al sicuro, potresti portare tutti con te. Portarli nella Valle. Ci penseremo noi del Palazzo di Giada a proteggevi. E tu potresti restare per sempre.”.

Il capo villaggio sembrò stupito da quella proposta. Si prese qualche secondo, prima di rispondere “Questa non è una decisione che posso prendere ora. Ma sii certo che, quando tornerete, io verrò via con te. Almeno per un po’.”.

Il ragazzo sentì il proprio cuore battere un po’ più in fretta, quasi a ritmo del ciondolo. “Tornerò presto.”  disse “Te lo prometto.”.

E poi lo lasciò andare, consapevole che aspettare ancora avrebbe reso tutto solo ancora più difficile.

Indietreggiò fino a ritrovarsi tra Tigre e Shifu. Entrambi si inchinarono un’ultima volta e Li Shan rispose al loro saluto. Poi, lentamente, iniziarono a scendere, seguendo quel sentiero che li avrebbe riportarti giù, ai piedi della montagna.

Riuscì a resistere due minuti buoni, prima di voltarsi e guardare un’ultima volta suo padre che, davanti a quella casetta, li osservava andare via con entrambe le zampe strette sul punto dove poco prima stava il ciondolo.

Si girò in fretta per evitare di incontrare il suo sguardo, perché dubitava di riuscire a sopportarlo, e in quel momento notò che la felina camminava al suo fianco e lo studiava, il viso teso dalla preoccupazione.

“Puoi ancora cambiare idea.” sussurrò piano, come se non volesse farsi sentire da Shifu, che camminava già abbastanza metri davanti a loro “Puoi tornare indietro.”.

Ma Po non aveva nemmeno bisogno di pensarci.

Scosse appena la testa, con un piccolo sorriso.

“Non voglio farlo.” con le dita sfiorò appena quelle di lei, nel fantasma di una carezza “Lo sai.”.

Tigre non si sottrasse dal suo tocco.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Non erano nemmeno arrivati al confine della foresta quando quelle voci, inaspettate ma familiari, tagliarono l’aria.

 “Tigre!”

La felina riuscì appena a girarsi per vedere delle sagome quasi indistinte correre verso di lei, e nel tempo di un respiro quelle ombre ben conosciute l’avevano già fatta cadere a terra, sul lieve tappeto di neve ormai sul punto di sciogliersi.

Vipera, la prima ad averla raggiunta, le si avvolse attorno, tenendola come se temesse di vederla scivolare via da un momento all’altro e sussurrando il suo nome come se fosse una litania. Mantide, invece, le saltò sulla spalla non fasciata, scrutandola attentamente con aria preoccupata. Scimmia e Gru si limitarono a stringerla forte a sé, con tanta forza che se fosse stata di vetro probabilmente si sarebbe infranta in mille pezzi.

“Per gli dei, Tigre!”

“Stai bene?”

“Credevamo di non vederti più!”

“Sei pallida come un fantasma!”

“Ci hai fatti morire di paura!”

“Non azzardare mai più a fare una cosa del genere!”

La bombardarono con mille parole, sovrapponendosi e scavalcandosi a vicenda, ma senza mai lasciarla. Continuavano, in mezzo a quella nube di preoccupazione, a tenersela stretta, quasi a volerla proteggere dal resto del mondo tanto crudele da tentare di portargliela via.

Po, che aveva indietreggiato per lasciargli un po’ di spazio, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla scena. A vederli così, stretti tutti e cinque insieme come se non esistesse niente e nessuno oltre a loro, sembravano davvero una famiglia, una di quelle vere, anche senza alcun legame di sangue. E non credeva di aver mai visto prima qualcosa di altrettanto toccante.

Tigre si mosse nell’abbraccio, probabilmente un po’ a disagio per  quell’improvvisa e travolgente dimostrazione d’affetto. “Mi state soffocando.” provò a protestare, ma la sua voce era calma, pacata, e non fece niente per sottrarsi a quella stretta.

“Non provare a lamentarti, questa è la punizione per averci fatto preoccupare così!” fece Mantide, ma le sue parole furono coperte dal quasi rimprovero di Gru, tutt’altro che intenzionato a sciogliere quella stretta.

“Non osare farlo mai più. Hai capito? Mai più!”.

Scimmia annuì, il viso trasfigurato dalla preoccupazione e allo stesso tempo dall’emozione “Se proverai un’altra volta a morire facendo l’eroina, troveremo un modo per riportarti indietro e poi ti uccideremo noi con le nostre stesse zampe, sappilo!”.

Tigre a quel punto si lasciò sfuggire un sorriso, divertita da quella seria minaccia e allo stesso colpita dalla sincera angoscia che in realtà celava. “Mi siete mancati anche voi.” sussurrò appena, a voce così bassa che parve quasi un sospiro portato dal vento.

I compagni si bloccarono per un momento, come se quella lieve confessione fosse l’ultima cosa che si sarebbero mai aspettati.

Il primo a riscuotersi fu Mantide, che ripeté lentamente, scandendo ogni parola con attenzione “Ti siamo mancati?”.

“Chi sei tu, e cosa ne hai fatto della vera Tigre?” chiese Scimmia, fingendosi spaventato.

“Quel veleno doveva essere dannatamente forte, per lasciarti danni così gravi.” aggiunse Gru, con aria dispiaciuta “Sono permanenti?”.

Vipera sbruffò, irritata “Ok ragazzi, non è divertente.”.

L’insetto si strinse nelle spalle. “Un po’ sì.” replicò sincero, strappando una risata spontanea agli altri due ragazzi.

Tigre alzò gli occhi al cielo. “Me lo rimangio.” disse, senza riuscire davvero a nascondere quel sorriso che non voleva saperne di andare via “Non mi siete mancati per niente. Le due settimane di isolamento sono state una vera vacanza. Già le rimpiango.”.

“Cattiva.” si lamentò il volatile, ma prima che potesse aggiungere altro Shifu batté le zampe, richiamando la loro attenzione.

“Va bene, credo che Tigre sia stata seduta nella neve abbastanza.” osservò, ma gli occhi solitamente freddi brillavano per quella insolita scena “Evitiamo di farla ammalare, eh?”.

I ragazzi sembrarono rendersene conto solo in quel momento della situazione e si ritrassero un po’ a fatica dall’abbraccio, quasi imbarazzati.

“Scusate, maestro.” borbottò Scimmia, grattandosi la testa e porgendo una zampa all’amica per aiutarla ad alzarsi. Tigre, contrariamente a ciò che avrebbe fatto di solito, la accettò e si tirò su “È che, anche se è strano ammetterlo, l’assenza di questa infame senza senso dell’autoconservazione si è fatta un po’ sentire. Solo un po’, ovviamente. Non ascoltare i suoi rimproveri ogni cinque minuti a dire il vero è stata una gioia, per le nostre orecchie.”.

La guerriera ritirò la zampa e gli rifilò uno dei suoi soliti sguardi assassini, ma prima che potesse replicare qualsiasi cosa Po si inserì e scherzosamente chiese “E io non vi sono mancato?”.

Il modo in cui Scimmia e Gru lo fulminarono con lo sguardo a quelle parole, come se fosse il nemico assoluto, lo fece un attimo tentennare. “E-ehi, stavo scherzando!” esclamò, scuotendo le zampe, senza riuscire a capire cosa mai avesse fatto di sbagliato.

Vipera intervenne subito, notando il suo evidente imbarazzo e confusione. “Ma certo che ci sei mancato, fratello!” lo rassicurò con il suo più grande e sincero sorriso “Eravamo solo molto preoccupati per Tigre, tutto qua.”.

“Certo, è naturale . . .” il panda cercò Tigre per capire se anche lei avesse notato quegli strani sguardi, perdendosi così il modo il cui il serpente colpì entrambi i ragazzi con la coda, quasi a rimproverarli. Ma la ragazza era tutta presa da Mantide che, ora sul bastone del maestro, le diceva qualcosa, fino a quando una voce, l’ultima che chiunque avrebbe voluto sentire in quel momento, sovrastò tutte le altre.

“Abbiamo finito con i saluti? C’è un viaggio da riprendere.”.

Tigre si immobilizzò per un breve momento e poi, lentamente, si voltò.

Shang Chiang era lì, appoggiato di sbieco al trono secco di un albero, le braccia incrociate e gli impazienti occhi dorati fissi sulla ragazza.

Po le si avvicinò d’istinto, ma lei non parve accorgersene. Tutta la sua attenzione era ora sul generale e il sorriso spontaneo che poco prima le aveva illuminato il volto era scomparso, lasciando posto ad un’espressione che anche lui ebbe difficoltà ad interpretare.

Sollevò appena il mento, come in un gesto di sfida “Mi sorprende trovarvi ancora qui, generale. L’attesa deve avervi ucciso.”.

La vecchia tigre si staccò dall’albero, la lunga coda che si muoveva piano avanti ed indietro. “Mi dispiace deluderti, bambina, ma non temo l’attesa. In guerra bisogna imparare ad aspettare, altrimenti diviene difficile individuare i punti deboli di un avversario.” disse, avvicinandosi lentamente a lei, che non indietreggiò nemmeno di un passo “E se c’è una cosa in cui sono bravo, quella è la guerra.”.

Le arrivò talmente vicino che la ragazza poteva sentire il suo fiato contro il proprio viso. Al suo fianco, Po si mosse appena, infastidito da quell’improvvisa vicinanza, ma lei rimase lì, immobile, a sostenere il suo sguardo, mentre attorno a loro non c’era che silenzio.

Shang Chiang studiò il suo viso, come se stesse cercando qualcosa, e poi il suo sguardo scese sulla sua fasciatura, ancora fresca. Sollevò una zampa e la posò esattamente sul punto che copriva la ferita, per poi muovere le dita come se volesse tracciarne il profilo con i polpastrelli. Tigre avrebbe voluto tirarsi indietro da quel contatto sgradevole e anche doloroso, ma si limitò a sollevare ancora di più il mento.

Il generale alzò nuovamente lo sguardo, senza però spostare la zampa. “Non buttarti nella traiettoria di un’altra freccia fino a quando non arriveremo al villaggio.” ringhiò quasi.

La giovane aggrottò appena la fronte, per poi inclinare la testa. “Solo fino a quando non arriveremo?” disse, fingendo un tono ingenuo ed innocente “Lì posso abbassare la guardia ed aspettare le frecce?”.

L’angolo destro della bocca di lui si arricciò appena “Lì ci penserò io a far sì che tu non commetta altre sciocchezze.”. La zampa si spostò, ma giusto il tempo necessario per tirare appena il medaglione che la ragazza portava al collo. Poi si voltò e fece per avviarsi lungo il sentiero “Andiamo, ora. Mi hai già fatto perdere fin troppo tempo.”.

Tigre lo seguì con lo sguardo, mentre la sua zampa correva a stringersi attorno al medaglione. Dietro di lei Shifu, che aveva osservato in silenzio tutta la scena senza sapere cosa fare, richiamò i suoi allievi e a malincuore gli ordinò di iniziare ad avviarsi.

Solo quando tutti i compagni li ebbero superati e Shifu fu abbastanza lontano da non sentirli, Po osò sfiorarle  appena il braccio “Stai bene?”.

La felina annuì. “Avere le sue zampacce addosso mi ha fatto sinceramente schifo.” sussurrò senza mezzi termini “Ma sì, sto bene.”.

Il panda si passò una zampa dietro la nuca, irritato. Odiava dover assistere a simili scene e non poter far nulla per intervenire. “Per un minuscolo attimo era sembrato quasi affettuoso e sinceramente preoccupato.” borbottò con fastidio “Nella terzultima frase, mi sembra. Quasi.”.

Un lieve sbruffò sfuggì dalle labbra strette di lei “Già, se non avesse sottinteso che lì avrà cura di tenermi d’occhio costantemente.”.

“Che, davvero?” fece il ragazzo, sinceramente stupito da quell’affermazione.

La maestra gli lanciò uno sguardo di sbieco. “Tu devi sul serio imparare a leggere tra le righe se vuoi sopravvivere nel mondo dei guerrieri, Po.” disse, scuotendo appena la testa ma senza riuscire, di fronte alla sua ingenua confusione, a trattenere un piccolo sorriso divertito.

Il Guerriero Dragone, invece di replicare, si ritrovò solo ad ammirare quel sorriso che era riuscito a strapparle senza nemmeno volerlo.

Se riusciva almeno in questo, allora non era proprio del tutto inutile.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Sul serio, Tigre. Come ti senti?”.

Vipera strisciava al suo fianco, come sempre. Stavano camminando ormai da più di tre ore, ormai, e Tigre temeva che il suo corpo stesse iniziando a tradire la propria stanchezza. Le sue zampe avevano iniziato da un po’ a tremare impercettibilmente a causa dei muscoli che si contraevano come per propria volontà, ed a quella domanda tutt’altro che casuale si ritrovò d’istinto a stringerle con forza a pugno, nel vano tentativo di trattenere i tremiti.

“Bene.”. La ragazza le lanciò uno sguardo eloquente e si ritrovò a dover precisare “Sono, come dire, un po’ intorpidita, ma per il resto sto bene.”.

Il serpente non sembrava del tutto convinto dalla risposta. “Mhm.” La guardò come se volesse insistere, ma per qualche motivò cambiò idea ed invece disse  “Ci siamo davvero spaventati quando sei stata colpita. Temevamo seriamente che . . .”

Nel sentire la sua voce tentennare si affrettò a rassicurarla, in tono deciso “Non è successo, però. Non è successo. Io sono qui, e sto bene.”. Si costrinse a fare un piccolo sorriso “E presto sarò abbastanza in forze da picchiare Scimmia per le sue battute di cattivo gusto.”.

Quell’ultima frase strappò una risata soffocata all’amica, che ci mise qualche secondo a riprendere il controllo di sé.

“Non dare peso a ciò che dicono i ragazzi. Erano terrorizzati, e in parte lo sono ancora.” spiegò “Abbiamo tutti come l’impressione che tu possa svanire da un momento all’altro. Scherzarci sopra li aiuta ad ignorarlo, almeno un po’.”.

“Lo so.” mormorò la felina “Ma non c’è bisogno che vi preoccupiate ancora, nessuno di voi. Non ho alcuna intenzione di svanire, posso assicurartelo.”.

“Lo hai quasi fatto.” sibilò piano, quasi con dolore “Te ne sei quasi andata.”.

Quelle parole si conficcarono nel cuore della guerriera come schegge di vetro.

Era vero, più di quanto l’amica potesse immaginare.

Era stata sul punto di smettere spontaneamente di lottare. Aveva quasi rinunciato a tutto, pur di smettere di soffrire. Era stata pronta a dire addio a tutto ciò a cui teneva. Alla vita, al kung fu. A loro.

E ancora non riusciva a capacitarsi di come avesse anche solo potuto pensare ad una cosa simile.

Ma, e ne era certa, non avrebbe permesso a se stessa di commettere un simile errore.

“Non me ne andrò.” promise “Non posso andarmene. Il mio posto è con la mia famiglia. E per niente al mondo potrei rinunciare a voi.”.

Gli occhi di Vipera si fecero grandi, e Tigre si ritrovò a dover distogliere lo sguardo, incapace di sopportare quella calda luce che lo illuminava.

“Ora però non cadiamo nel sentimentalismo.” sbottò, cercando di buttare quella conversazione di nuovo sullo scherzoso “Non vale la pena fare scenette da romanzo solo per un graffio.”.

La serpentella sibilò, infastidita “Chiama un’altra volta quella ferita graffio e sappi che non risponderò delle mie azioni.”

La felina si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito “Ecco, ti preferisco di gran lunga quando sei violenta e non emotiva.”.

La guerriera continuò a guardarla, senza nemmeno rispondere a quella battuta.

Era confusa. Si era preparata praticamente a tutto, in quelle due settimane di attesa. Aveva immaginato mille scenari possibili, ma non si era mai nemmeno avvicinato a qualcosa del genere. Più scrutava l’amica, più la studiava, più sondava le sue risposte, e più restava spiazzata.

Tigre era diversa. Non sapeva nemmeno lei come. E non credeva dipendesse da quell’esperienza così stretta con la morte. Tutti loro conoscevano la morte, l’avevano già affrontata, e lei più degli altri. Ma mai aveva avuto un simile comportamento, dopo essere sfuggita alla nera falciatrice.

Sembrava così . . . così serena. Serena come non l’aveva mai vista in vita sua.

Un’aura di leggerezza la circondava, come se niente potesse toccarla, come se nessuno potesse scalfirla. Ogni suo movimento era pacato, controllato, nonostante l’evidente fatica causata dal veleno, e le sue parole di acciaio. Camminava a testa alta come un’imperatrice, i suoi occhi ardevano e non provava nemmeno a nasconderlo.

Era come se fosse pronta a sfidare il mondo intero, e non temesse alcun attacco, alcuna ferita, alcun nemico. Come se avesse la certezza, per la prima volta nella sua vita, che sarebbe riuscita ad affrontare qualsiasi cosa.

E questo la disorientava.

“Tigre.” mormorò, incapace di girarci ancora intorno “Ora ti farò una domanda, e voglio che tu mi risponda sinceramente.”

La maestra aggrottò la fronte, ma prima che potesse obbiettare qualsiasi cosa l’altra sussurrò, in modo che nessun altro potesse sentirle “Quando non c’eravamo è successo qualcosa?”.

“Che cosa vuoi dire?” chiese, cercando di nascondere l’improvvisa tensione nata da quella domanda.

“Mi sembra . . .” cercò la parola giusta “Come se fosse cambiato qualcosa in te, ecco. Non so spiegarti cosa o perché, ma è così. E credo che sia perché è successo qualcosa, in queste due settimane. E vorrei sapere cosa.”.

È successo Po.

Tigre si obbligò a non voltarsi, né a cercare il compagno con lo sguardo, per quanto sapesse benissimo dove fosse. Lo poteva sentire alle proprie spalle, mentre rideva agli aneddoti di Mantide, e anche così la sua risata la riscaldava dentro.

Erano rimasti di tenere per loro quello che era successo la notte prima. Era stata lei stesso a proporlo, e lui aveva accettato. Non potevano tradirsi in alcun modo, non ora almeno. Non poteva parlarne con Vipera, per quanto sentisse di averne bisogno. Sapeva che, se le avesse raccontato tutto, l’amica l’avrebbe aiutata a placare quella tormenta che la spingeva sempre più lontano, confusa, in mezzo al vento e alla neve.

Ma in fondo, anche se avesse potuto, cosa avrebbe potuto dirle? Aveva difficoltà lei stessa a capire davvero ciò che era successo. Come avrebbe potuto spiegarlo ad un’altra persona?

Come poteva spiegare la tempesta che le riempiva la testa, confondendo ogni suo pensiero, ormai da settimane?

Come poteva spiegarle che aveva iniziato a lottare contro se stessa da quando Shen Te aveva osato insinuare che ci fosse qualcosa di più tra lei e Po?

Come poteva spiegarle che il solo sentirlo osare minacciare la sua vita aveva scatenato in lei la furia più ardente che avesse mai provato?

Come poteva spiegarle l’istinto quasi incontrollato che l’aveva spinta contro quella freccia?

Come poteva spiegarle che Po aveva avuto il potere, con le sue sole parole e preghiere, di riportarla indietro dalle ombre?

Come poteva spiegarle i dubbi che nelle settimane successive l’avevano tormentata nonostante continuasse ad allontanarli, fingendo che fossero meno di sussurri di fantasmi?

Come poteva spiegarle il bisogno sempre più lacerante che provava di averlo vicino, e il conforto che la riempiva quando i loro occhi si incontravano anche per poco?

Come poteva spiegarle che, piuttosto che vederlo rinunciare a quella che credeva la sua felicità e metterlo in pericolo, era stata decisa a perdere tutto questo ed a lasciarlo andare?

Come poteva spiegarle le mille sensazioni contrastanti che l’avevano lacerata mentre lui protestava e si ribellava pur di non far ciò che lei gli aveva chiesto?

Come poteva spiegarle ciò che aveva provato quando lui l’aveva stretta e si era rifiutato di lasciarla andare?

Come poteva spiegarle cosa aveva provato quando era stata baciata per la prima volta?

Come poteva spiegarle che lì, contro le sue labbra, si era sentita veramente al sicuro per la prima volta in vita sua?

Come poteva spigarle che l’aveva guardato negli occhi e lì, in quell’oceano di giada, aveva riconosciuto il suo stesso tormento ed era riuscita finalmente a dargli un nome, nonostante tutti i suoi dubbi e i suoi timori?

Come poteva spiegarle che si era scoperta innamorata, lei che credeva di non poter meritare qualcosa di tanto puro come l’amore, senza nemmeno sapere come e quando era successo?

Come poteva spiegarle tutto questo, quando non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stessa?

Si ritrovò a scuotere la testa. “Non è successo nulla.” negò, perché non poteva fare altro.

Vipera studiò ancora il suo viso, come se stesse cercando qualcosa che non riusciva ancora a vedere chiaramente. “Sai che qualsiasi cosa sia puoi parlarmene, vero?” chiese dopo qualche momento di silenzio.

Non le aveva creduto. Ovviamente. Se c’era qualcun altro al mondo capace di vederla dietro alla sua maschera, oltre a Po, quella era lei.

Quasi contro la sua stessa volontà, annuì “Lo so.”.

Un giorno, quando tutto sarebbe stato un po’ più chiaro anche per lei, le avrebbe parlato.

Ma adesso non poteva farlo.

Non poteva mettere ancora più in pericolo Po di quanto già avesse fatto e stesse continuando a fare.

 

 

 

 

 

 

La tana dell'autrice

 

Mi ritaglio solo uno spazietto per ringraziarvi del vostro caloroso 'bentornata'. Grazie davvero di cuore.

Tutto qui.

P.s. Si, è più breve degli scorsi capitoli, ma per questioni di tempistica ho dovuto tagliare la lunghezza del capitolo che avevo inizialmente pensato di scrivere. Spero vi piaccia comunque.

 

[1] Citazione storica della coppia KatnissxPeeta di Hunger Games, forse una delle storie che più amo. Sono stati spesso di ispirazione nel costruire il percorso dei miei personaggi, e qui semplicemente questa citazione mi è venuta naturale.

[2] ‘Quando il sole sorgerà ad occidente e tramonterà ad oriente’; è una semicitazione del Trono di Spade. Viene usata in un paio di momenti, soprattutto con una profezia per indicare che qualcosa non avverrà mai . . . e per un altro momento, forse uno dei miei preferiti all’interno della serie tv.

 

 

 

 

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