Heart's Swords

di orochi17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Voglia di Fuggire ***
Capitolo 2: *** Night of Fate ***
Capitolo 3: *** Travers Town ***



Capitolo 1
*** Voglia di Fuggire ***


Capitolo 1 : Voglia di Fuggire

Voglia di scappare, di fuggire via e non tornare mai più. Era il suo unico desiderio, poter ricominciare da zero e tornare a vivere...non sarebbe stato facile, ma voleva provarci...sì, era questo quello che voleva. Cominciava già a scacciare tutti i cattivi pensieri come i suoi lunghi capelli castani che scivolavano fastidiosamente sul suo viso.
"Signorina Lockheart siamo atterrati a Destiny Islands, kupò" Il piccolo moguri Stilzkin era entrato nella cabina senza che lei nemmeno se ne accorgesse. Per un attimo distolse la mente dal suo rimuginare e sorrise dolcemente al co-pilota annuendo con il capo. Si alzò lentamente dalla poltrona su cui era rimasta seduta per molte ore di viaggio. Nonostante la comodità dell'aereonave, il tragitto si era rivelato piuttosto faticoso e non vedeva l'ora di scendere a terra per respirare ancora all'aria aperta.
"Il signor Highwind è già sbarcato,kupò. La sta aspettando..." la giovane donna interruppe bruscamente il moguri portandosi l'indice sulle labbra ed indicando con un cenno della testa il fagotto che portava in braccio.
"Perdoni, kupò" Stilzkin abbassò lo sguardo mortificato ma tornò a rilassarsi quando vide la donna mentre osservava il bambino che portava in grembo con gli occhi più dolci e amorevoli che avesse mai visto. Tuttavia rimanevano degli occhi malinconici, era come se si fosse posato un velo di amara tristezza su quegli iridi color rosso cupo e difficilmente li avrebbe rivisti ardere come un tempo.
"Le volevo augurare buona fortuna signorina, kupò. Spero di poterla rivedere presto, kupò." la giovane rialzò lo sguardo sul moguri.
"Non c'è proprio modo di toglierti di bocca quel "lei" vero?..." silenzio. Fece un sospiro. Era davvero difficile tornare a parlare serenamente, anche il solo pronunciare semplici frasi le risultava quasi impossibile. Aveva persino paura di non riuscire a dirigere bene i suoi passi da quanto erano concentrati i pensieri su quei ricordi. Ma non poteva farsi sopraffare, non lei.
"Mi mancherai Stil, abbi cura di te" decisa si voltò, e , uscita dalla cabina, percorse il corridoio dell'aereonave.  Stilzkin salutò con il minuto braccio  la donna mentre si dirigeva verso l'uscita principale. Basta addii, basta legami spezzati, non ne voleva più sapere, avrebbe troncato di netto con la sua vita passata e questo sarebbe stato il suo ultimo distacco, promesso. Scese dal mezzo di trasporto tramite il ponte che collegava alla terra ferma, era notte fonda a Destiny islands e nel cielo sgombro da nubi brillava una pallida luna piena che rifletteva i suoi raggi argentei sulla superfice del mare. L'aria che sapeva di salsedine le penetrò nelle narici come qualcosa di nuovo che prometteva pace e tranquillità. La sabbia su cui poggiava i piedi avrebbe finalmente dato riposo alle sue gambe stanche: sì, era proprio questo quello che desiderava per lei, ma soprattutto per suo figlio.
"Tifa" Un uomo piuttosto alto dall'aspetto massiccio si avvicinò alla giovane.
"Qui dovresti essere al sicuro ormai, quest'area è assolutamente fuori portata di qualsiasi minaccia esterna. Quindi ora posso anche andare, ciao Tifa..." l'uomo non fece nemmeno un passo verso l'aereonave che si sentì stringere il braccio. La donna aveva lo sguardo ancora fisso su di lui, non riusciva a trovare la forza di lasciarlo andare così, senza nemmeno una parola...ricominciare da zero? Era stata davvero stupida a pensare di poter cancellare tutto e riscrivere una nuova storia stracciando i fogli di quella precedente. Come avrebbe potuto? Come avrebbe potuto dimenticare quando i ricordi di ogni persona, luogo o oggetto che sia, trovavano dimora proprio nel corpicino avvolto in quel fagotto. Non si sarebbe mai sbarazzata di tutto ciò che concerneva il suo passato. Solo suo figlio poteva cominciare a scrivere la sua storia e, a questo punto, era l'unica cosa che importava.
"Tifa, sappi che se avrai bisogno di una mano o anche soltanto di un amico..."
"So di chi posso fidarmi...grazie Cid, grazie davvero per tutto quanto..."
L'uomo di nome Cid abbracciò la giovane che rimase al sicuro nel tepore delle sue forti braccia. Ma ora doveva tener fede alla sua decisione e si distaccò dall'uomo.
"Bene, è tempo che me ne vada...ah, prima che mi dimentichi, ho raccolto una cosa, pensavo ci tenessi ad averla..." Cid frugò in una saccoccia che portava legata alla vita come un marsupio, e ne tirò fuori un oggetto metallico che risplendette sotto la luce lunare. Tifa lo riconobbe subito. Era una protezione per la spalla sinistra formata da due strati di lamiera che si sovrapponevano l'uno sull'altro. La donna prese quel pezzo di metallo, un pò consunto, fra le mani tremanti cercando di sorreggere anche il figlioletto.
"Grazie" disse quasi in lacrime, fissando quella spallina. No, ora ne era certa, non avrebbe mai dimenticato. Il piccolino si mosse leggermente fra le braccia della madre voltando la testa sul petto di lei. L'uomo sorrise alla scena
" Hai già deciso che nome mettergli?" Tifa pose lo sguardo su quella bellissima creatura assopita nei suoi sogni.
" Avrà lo stesso nome di suo padre..." strinse forte il fagotto fra le sue braccia
"Sephiroth"


Driiin......era il trillo della sveglia, l'aveva riconosciuta, ma non badò molto a quel suono che sembrava essere così lontano...anzi l'aveva proprio ignorato e si girò nel lato opposto del letto. Stava pensando a tutt'altro in quel momento...come al solito. Aveva sempre la testa fra le nuvole in quel periodo e non riusciva a concentrarsi bene sulle cose. C'era un pensiero così persistente che gli stava perforando la testa, ed era peggio di un incubo. L'aveva sempre saputo, sua madre glielo aveva spiegato un centinaio di volte: suo padre era fuggito via quando lui era ancora in fasce...questo gli aveva detto e sinceramente non gli era mai importato più di tanto. O almeno così voleva far credere... Sua madre, Tifa Lockheart, aveva sempre l'aria così stanca. Nonostante le sue giornate passassero calme e serene, dava l'idea di una donna che avesse combattutto a lungo e strenuamente per raggiungere la pace che ora ha conquistato...quindi perchè turbarla nuovamente con vaghi dilemmi adolescenziali? Era meglio far finta di nulla per il quieto vivere di sua madre... Tuttavia la mancanza di un padre l'aveva reso insicuro ed introverso, faceva fatica a legare con gli altri ragazzi suoi coetanei. A scuola nessuno cercava di capirlo e diventava solo l'obbiettivo di sciocchi scherzi mancini e di mille frecciatine sul suo stato familiare (in fondo erano ignoranti isolani col para-occhi capaci solo di pescare e farsi gli affari altrui, cosa ci si poteva aspettare di più?). Tutte le volte veniva ferito il suo cuore già sanguinante e tutte le volte evitava di reagire... sentiva di non avere la forza di farlo. Portava un enorme vuoto dentro di se, e gli faceva male...molto male. Avrebbe voluto restare fra le braccia di suo padre, al sicuro da tutto e da tutti, come facevano tutti i suoi compagni delle scuole elementari all'uscita da scuola....gli capitava spesso di pensarlo, ma quando si accorgeva che stava abbracciando solo il suo cuscino scoppiava in lacrime.
Aveva ormai 16 anni, eppure sentiva ancora il bisogno di quell'abbraccio...e quel pesiero lo tormentava senza sosta. Quel vuoto era ancora incolmabile e forse lo sarebbe stato per sempre.
DRRRIIIIINNN!!!!!.....
"Ancora quel dannato aggeggio...ma che cosa vuole da me? Non c'è scuola oggi..." e infastidito nascose la testa sotto il cuscino.
DRRRRRRRRRRRRRRRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNNNN!!!!!
"Ce l'hai proprio con me....." rassegnato si sedette sul letto e spense il meccanismo posto sul comodino. Il display della sveglia riportava l'ora: le 7:35.....non ricordava perchè avesse impostato proprio quell'orario. Era domenica mattina in fin dei conti....dopo il vuoto più totale un lampo gli squarciò la mente e lo ricollegò violentemente alla realtà:
"YUFFIE!!!! L'avevo dimenticato. CAVOLO E' TARDI !!!..."  Con un rapido scatto uscì dal letto, si infilò dei calzoni neri a mezz'asta, mise frettolosamente la giacchetta nera a maniche corte col cappuccio sopra la maglietta blu, raccolse i sandali e si fiondò giù per le scale. Attraversando la cucina corse fino all'uscio quando sua madre lo bloccò
"Sephi! Dove vai? E la colazione?" Sephiroth prese due fette di pane tostate poggiate sul tavolo e contemporaneamente cercò di indossare alla buona i sandali.
"Ciao mamma, io vado da Yuffie ok? Torno per l'ora di pranzo..."
Detto questo, uscì dalla porta principale e corse a perdifiato per il viale sterrato. Tifa non potè far altro che salutarlo pensando che quegli intensi occhi verde-acqua ed i capelli argentei che gli coprivano scompigliatamente la fronte lo rendevano degno figlio di suo padre, non tenendo conto  dei lineamenti del viso che lo rendevano molto più simile a sua madre...e grazie al cielo non aveva nulla sulla schiena...
Destiny Island non era un'isola molto grande, ospitava solamente un migliaio di abitanti tutti raccolti nel paese situato al centro dell'isola. Le abitazioni erano semplici casette di legno tutte quante costruite più o meno allo stesso modo, tutte bianche con un tetto rosso, disposte geometricamente lungo le svariate vie che conducevano al centro cittadino. Nonostante la rilassante l'atmosfera tropicale dell'isola dominata da un cielo sempre terso in una perenne stagione estiva, a Sephiroth non piaceva quella che, ormai da una vita, era casa sua. Non si sentiva parte di quel mondo e tantomeno non si sentiva parte di quella gente...fra tutta quella marmaglia di pescivendoli c'era solo una persona che gli aveva teso una mano...ed era la ragazza che contava di più nella sua vita. Il giovane, ormai lontano dal paese, arrivò alla spiaggia: il rumore delle onde e il verso dei gabbiani che planavano sul mare erano le uniche cose che apprezzava di quel luogo. Sulla spiaggia scintillante osservò per un istante quello che stava a qualche centinaio di metri dalla riva. Un piccolo isolotto sorgeva sull'oceano di fronte all'isola principale. Era un monolito coperto da vegetazione lussureggiante contornato dalla bianca spiaggia caratteristica delle Destiny Islands. Nessuno del luogo si era mai interessato a costruirci qualcosa così i più giovani ne avevano approfittato impiegando le loro giornate a giocare su quel piccolo paradiso.  Sephiroth corse sul molo in direzione di una piccola imbarcazione ormeggiata a lato del del ponte. Sciolse la corda che la teneva ancorata alla terraferma e con un balzo atterò sul guscio di noce che prese a dondolare sull'acqua. Nonostante l'energia elettrica e meccanica fossero conosciute ampiamente dagli isolani, non vennero mai applicati dei motori alle navi ed il ragazzo si dovette rimboccare le maniche usando l'unico remo presente sulla barca. Il mare era una tavola piatta quella mattina e grazie a questo ci mise pochissimi minuti per raggiungere l'isolotto. Arrivato a terra legò l'imbarcazione al piccolo ponte costruito appositamente per l'attracco e appena sceso sulla spiaggia riprese a correre in fretta e furia percorrendo il bagna-asciuga. Si arrestò solo davanti alla presenza di alcuni scogli che bloccavano il passaggio. Prudentemente gettò qualche occhiata nei dintorni...non c'era anima viva nei paraggi, era ancora troppo presto. Con disinvoltura si insinuò tra le fessure che offriva la scogliera, erano ben mimetizzate e praticamente invisibili e inaccessibili ai più. Stando attento a non scivolare sui massi bagnati dalla marea, Sephiroth uscì dal contorto labirinto roccioso e si ritrovò in una minuta insenatura all'ombra del monolito.
"In ritardo come al solito Sephi, avevi dimenticato l'appuntamento vero?" Lo ammonì una ragazza seduta su di una roccia dietro di lui. Era davvero una graziosa fanciulla...ma vestita da maschiaccio con semplici pantaloncini gialli stretti alla vita da una cintura e un top verde militare che le copriva il seno. Con uno scatto felino fece un salto mortale. I suoi corvini capelli corti risplendettero alla luce del sole; Yuffie Kisaragi possedeva un'agilità impareggiabile per qualsiasi abitatente di Destiny Islands e se ne vantava esageratamente presentandosi sempre come la Grande Ninja Yuffie. Era particolarmente vivace e spensierata, non si era mai presa cura dei giudizi che potevano darle i suoi compaesani: lei era lei, e non avrebbe mai cambiato il suo modo di essere per far piacere a quattro isolani cerebralmente ristretti. Non conobbe mai i suoi genitori tuttavia non fu mai un problema poichè i suoi due zii, con cui conviveva, le donavano tutto l'affetto possibile rimpiazzando completamente il padre e la madre della ragazza. Conobbe Sephiroth in una notte stellata. Avevano entrambi 6 anni ed erano stati costretti con la forza ad andare ad ammirare le stelle assieme ai loro coetanei sotto la guida degli anziani. Una vera e propria noia per Yuffie che tutto sapeva riguardo alle costellazioni del cielo infinito, e non trovava nulla di pù seccante che correggere i continui errori dei cosiddetti saggi dell'isola. A serata conclusa tutti tornarono a casa attraverso la piccola boscaglia di palme e arbusti vari...e un ramo sbucato dal nulla le piombò in piena faccia. Un esile ragazzino le si parò davanti chiedendo ripetutamente scusa...aveva l'aria di un bambino che aveva passato un mare di guai. Entrambi avevano perso qualcosa e in qualche modo questo li legò moltissimo.
"Scusami davvero tanto Yuffie.....ero un pò....sovrappensiero" Yuffie scosse ironicamente la testa
"Sei un caso perso Sephi" Il giovane sorrise e voltando erroneamente lo sgardo si accorse del progetto in fase di costruzione
"A che punto è la zattera?" Yuffie si avvicinò al grosso scafo in legno ormai quasi del tutto completato. Riflettè un secondo prima di rispondere
"Bè, la zattera è praticamente finita, ma dobbiamo ancora procurarci le provviste necessarie. Comunque la partenza non si rimanda, fra 2 giorni ce ne andremo via da questo posto".
L'isola era sempre stata troppo piccola per loro, troppo piccola per i loro sogni e desideri. Bisognava cambiare drasticamente la situazione, e decidere di andarsene sembrava l'unica alternativa possibile. Oltre alla voglia d' avventura che infiammava i due ragazzi, c'erano motivi più profondi.Yuffie era intenzionata ad allargare le sue conoscenze e di certo non lo poteva fare in quella prigione d'acqua su cui stava. Per Sephiroth, invece, trovare quello che gli era mancato per anni era il suo sogno più grande...
Anche se per ragioni differenti, entrambi avevano una sola cosa per la testa in quel momento ed era un desiderio incontenibile...la voglia di fuggire

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Capitolo 2
*** Night of Fate ***


Capitolo 2 : Night of Fate...

Passarono due giorni interi prima che la zattera ed il suo equipaggio fossero pronti per partire. Sephiroth, dopo aver riportato a casa viti e cacciaviti, riprese la via per la spiaggia. Era già pomeriggio inoltrato ed il sole era ormai prossimo a tramontare
"Ancora  poco e sarò lontano da questo posto..." non pensava ad altro, quel momento tanto agognato era lì dietro l'angolo, ed era finalmente sul punto di coglierlo senza esitazione. In quell'istante incontrò sulla strada i suoi compagni di scuola. -Proprio voi volevo vedere- pensò ironicamente mentre passava di fianco al gruppetto assortito di ragazzi che avevano notato la sua presenza. -Me ne andrò via da questo sputo di terra e vi lascio volentierissimo qui a morire con la muffa che vi rode il cervello- un senso di soddisfazione lo pervadeva per tutto il corpo. Sapeva bene che era un gesto inutile ma provò ugualmente a salutarli ignari di quello che avrebbe fatto la mattina seguente. Come previsto nessuno ricambiò. Lo fissarano  e borbottarono qualcosa fra di loro facendosi scappare alcuni schiamazzi. Sedici anni e non era mai cambiato nulla... " Chissà che tipo di mostro è uno che nasce con un solo genitore"..." A me fa paura non è nato nemmeno qui " ... " I miei mi hanno detto chi era suo padre" ... " Non lo voglio con noi...tutti ma non lui"... " Sinceramente non so nemmeno chi gli da il diritto di stare qui" ... " lo si potrebbe annegare in un sacco" .....
-Sì...ancora poco...ancora poco-

"All'alba dobbiamo trovarci qui...e non si accettano ritardi stavolta, se ci beccano siamo fregati" Yuffie si rivolse con grande enfasi a Sephiroth quasi certa che avrebbe tardato anche domani. Il ragazzo osservava il sole mentre affondava nel mare, all’orizzonte, colorando il cielo di cremesi. Erano entrambi seduti sulla sabbia soffice contemplando il tramonto.
 " Non è detto che troveremo quello cerchiamo" la frase di Yuffie andò soltanto ad aggiungersi alle migliaia di dubbi che passavano per la testa di Sephi. Sapeva bene che la sua ricerca non avrebbe prodotto granchè.
" Non mi importa, io devo provarci...non ho intenzione di aspettare passivamente sperando che qualcosa accada..." La giovane ninja ascoltava senza proferire parola. Sephiroth non sapeva quello che faceva, seguiva solo quello che rimaneva del suo cuore. Ma in fondo nemmeno Yuffie sapeva quello che faceva, quindi perchè preoccuparsi tanto?
" Dobbiamo far accadere qualcosa noi....e poi qualsiasi posto sarà sicuramente meglio di questo" Il ragazzo guardò fiducioso Yuffie che saltò in piedi scrollandosi i granelli di sabbia di dosso.
" Un posto migliore di questo covo di bovari pescivendoli?...ma si, lo troviamo" Gli sguardi dei due si incrociarono e per qualche secondo restarono a fissarsi. Fra tutte le domande, i dubbi e le incertezze l'unico punto saldo in quella burrasca era la loro amicizia. Improvvisamente un tuffo al cuore scosse Sephi, aveva avvertito qualcosa. Non sapeva cosa, ma era una sensazione terribile che incupì il suo volto.
" Ehi Sephiroth...Che ti è preso? Tutto bene?" Domandò Yuffie cercando di trovare la causa di quel repentino cambiamento. Il ragazzo non rispose, non conosceva la risposta.
" Dai Sephi stai tranquillo! vedrai che andrà tutto bene! Ora vado prima che ai miei zii venga una crisi isterica. Ci vediamo domani allora e miraccomando...PUNTUALE!!!!" Dopo quello straniamento il giovane tornò alla realtà e rivolgendosi a Yuffie si mise sull'attenti come un bravo soldato. La ragazza non era molto convinta ma speranzosa lo salutò e corse al molo dove l'aspettava il traghetto per tornare a casa.                       
La sera era appena giunta e l'oscurità calò rapidamente sull'isolotto deserto dove era rimasto solo Sephiroth che camminava lungo la spiaggia dirigendosi in tutta calma verso la sua imbarcazione.  Ad un tratto si fermò, stava passando davanti a dei piccoli cespugli che crescevano sulla parte ripida della scogliera. Nascosta da quelle piante stava l’entrata di una piccola grotta
……….. “Che cos’è?!!!?” domandò un'ancora bambino Sephi , “E’ una grotta…che rumore terribile” affermò paurosamente Yuffie che cercava di allontanarsi da quell’entrata da dove proveniva un sinistro rantolio profondo.“No ascolta…è solo il vento, dai entriamo”. Ricordi di circa 10 anni prima…….…
Quella grotta era diventata il loro rifugio, in quel luogo nessuno gli impediva di far galoppare la loro fantasia immaginando una vita diversa, una vita migliore. A Sephiroth sarebbe mancato solo quella spelonca in tutta Destiny Islands, cosi entrò deciso a dare un ultimo saluto. Il piccolo antro si presentava circolare, abbastanza alto per farci stare un adulto in piedi, attraversato su qualche lato dalle grandi radici degli alberi. Sul soffitto stava un'apertura che permetteva alla luce solare e lunare di illuminare l’intera grotta. Ma quello che colpiva di più era il fatto che fosse tappezzato da disegni , simboli e iscrizioni incise con delle pietre che dava l’idea di un unico grande murales.                                                      
Lo sguardo del ragazzo si soffermò su un disegno in particolare che aveva fatto lui: rappresentava il volto di un uomo, che era praticamente irriconoscibile. Era stato cancellato e ridisegnato più e più volte nel vano tentativo di riconoscere un viso familiare, quello di suo padre. Accanto aveva stilizzato il proprio viso e la sua mano che porgeva un frutto Pao-pu all’uomo. Il frutto Pao-pu era , per quanto ne sapeva Sephiroth, un frutto che cresceva solo sulla sua isola, possiede una insolita forma a stella e una vecchia favola narra che se due persone si offrono reciprocamente il frutto e lo mangiano, resteranno uniti da un profondo legame, qualsiasi cosa accada, per sempre...Perchè continuare a credere ad una fiaba? si chiedeva sempre e sempre Yuffie gli rispondeva allo stesso modo: "è bello aggrapparsi ai sogni non ti pare? E' come crearsi un obbiettivo da raggiungere". Ma credere ad una cosa irrealizzabile conduce solo a sofferte delusioni, così era per Sephi e, nonostante campasse con questa idea, non poteva fare a meno di sperare nell' impossibile...                                                                                                     
Ma c’era qualcosa di strano che lo destò dal suo pensare, la caverna aveva un non so che di diverso dal solito. Sephiroth provò a guardarsi intorno per trovare la fonte di quella sensazione e con grande meraviglia vide una porta, posta lì tranquilla in fondo all’antro. -Curioso- non si ricordava che ci fosse una porta li dentro e non riusciva a capacitarsi come avesse fatto a non notarla prima. Cominciò a squadrarla e si accorse che non aveva la maniglia -Questa poi- disse fra sé sempre più frastornato. Aveva il desiderio di provare a spingerla ma qualcosa lo bloccò: c’era un’altra presenza nella grotta che lo fissava. Si girò di scatto e vide una figura in piedi al centro dell’antro coperta interamente da una lungo soprabito nero che arrivava fino ai piedi, anche il viso era celato sotto l’oscurità del cappuccio. Per poco Sephiroth non si fece scappare un urlo dallo spavento.
“Chi sei tu?” pose alla figura misteriosa la domanda più scontata
“Questo luogo è stato collegato” rispose freddamente la persona che pareva essere un uomo. Quest'ultimo alzò lentamente il braccio sinistro ed indicò la porta sulla parete della grotta. Il ragazzo fissò quell'ingresso continuando a non capire nè chi fosse quell'uomo nè tanto meno quali fossero le sue intenzioni. Si rivolse nuovamente verso la figura in nero ma non c'era più, era scomparsa nel nulla.
 " Ma che diavolo...??!!" Era tutto passato in secondo piano, la zattera, la fuga, tutto. Ora c'erano solo migliardi di domande che piombavano nella sua testa a velocità supersonica.
" Devo avvertire Yuffie..." Sephiroth corse fuori dal grottino e prese l'unica barca attraccata al molo remando con tutta la forza che aveva in corpo. Arrivato all'isola principale non si preoccupò nemmeno di legare l'imbarcazione. Scese velocemente in acqua e trascinò il guscio di noce fino alla riva mentre pensava già a quello che stava per rivelare a Yuffie. Ma quando fu in procinto di percorrere la strada notò in lontananza delle luci ad intermittenza rosse e blu e un gran frastuono di voci che riempiva la notte solitamente calma. Di nuovo quel tuffo al cuore. La casa della ragazza era circondata da un grande ammasso informe di gente, praticamente c'era quasi tutta Destiny Islands. Un'ambulanza era posteggiata di fronte all'abitazione. Tutti parlavano confusamente e sembrava che nessuno sapesse bene cos'era successo. Tra la folla Sephiroth riconobbe sua madre visibilmente preoccupata.
" Mamma...cos'è successo?...Mamma rispondimi" Tifa prese suo figlio e lo strinse forte fra le sue braccia.
" Devi essere forte..." Il ragazzo non voleva sentire, quelle parole erano più fastidiose di qualsiasi suono avesse mai sentito. Si scostò brutalmente da sua madre e a spintonate si fece largo fra la folla...Yuffie...dov'era Yuffie...
Il pomeriggio seguente si svolsero i funerali della giovane. La sua vita era stata stroncata da un malore al cuore. Non poteva crederci e forse non voleva nemmeno farlo, ma quella lapide era lì, era reale...Yuffie Kisaragi jr, Una grande ninja per un grande cuore...erano le parole incise sulla pietra volute dagli zii. Il sacerdote stava parlando " Porgiamo il nostro ultimo saluto..." Sephiroth non ascoltava, fissava imperterrito la lapide con le lacrime che gli rigavano il viso.
" Dovevamo fuggire insieme ti ricordi?...ora sei tu quella in ritardo..." Era impossibile rendere tutto meno triste, non ci riusciva. Cosa sarebbe rimasto di lui ora? Sarebbe rimasto a guardare la vita che gli passava davanti sullo specchio dell'acqua, senza fare nulla? Sembrava una maledizione la sua. Tutti se ne adavano, dal primo fino all'ultimo. Perchè?
Alla fine della cerimonia si incamminò verso casa con la madre. Era strano come tutto fosse rimasto uguale a prima: il verso dei gabbiani, i sassolini della strada sotto le scarpe,quando per Sephiroth tutto era crollato e affondato nelle profondità dell'oceano senza possibilità di recuperare  le cose perdute. Non era cambiato proprio nulla: i suoi compagni erano ancora lì a sghignazzare e questa volta lo facevano sulla morte di Yuffie. No, questo non lo poteva sopportare. Strinse i pugni, non voleva commettere pazzie...però le loro voci così irrespottose gli arrivavano alle orecchie e lo facevano imbestialire. Sentiva la rabbia crescergli dentro... "Visto la fine che ha fatto la Kisaragi?" "E' quello che si meritava, quella stronzetta"...Non ne poteva più doveva fargliela pagare. Senza trattenimento corse come una furia contro l'ultimo che aveva aperto bocca. L'espressione di quei ragazzi cambiava progressivamente: smorfia di sufficienza -sto arrivando- risata - vi faccio vedere io come si ride...- espressione interrogativa -...senza denti- panico collettivo. Il malaugurato venne preso al bavero della maglia e strattonato violentemente mentre con grande velocità gli arrivò sul viso un pugno di forza immane che lo scaraventò a terra senza avere nemmeno la possibilità di difendersi.
" PARLA ANCORA MALE DI LEI E TI GIURO CHE TI COMBINERO' PEGGIO DI COSI' !!!" Il ragazzo non provò nemmeno a controbattere. Era del tutto frastornato e con il sangue che gli grondava dalla bocca scappò insieme ai suoi imprecando inutilmente. Tifa assistette alla scena immobile, non provò a fermare suo figlio e non aveva alcuna intenzione di farlo. Corse verso di lui e lo prese per un braccio "Ma ti pare questo il modo?! Fila subito a casa che facciamo i conti!" Sephiroth non rispose, si era vendicato e gli bastava, ma non fece a meno di notare che un piccolo sorriso veniva trattenuto a stento da sua madre.
Sdraiato sul letto di camera sua osservava il soffito perdendo lo sguardo nel vuoto. Andava tutto così male, e quando sembrava andar meglio, accadeva qualcosa di peggio. " Far accadere qualcosa..." era da un pò che lo ripeteva stringendo forte il cuscino per non piangere. " E' bello aggrapparsi ai sogni non ti pare?..." Era solito sentire la voce di Yuffie riecchegiare dovunque nelle sue giornate, ma ora era sparita...era andata lontano...
Un tuono fece trasalire il ragazzo. Mise a sedere sul letto e guardò fuori dalla finestra: enormi nubi cariche di pioggia minacciavano di scatenare una tempesta. Non curante tornò ad appoggiare la testa sul materasso. Le tempeste erano rare sull'isola, e quando si abbattevano potevano essere piuttosto violente e a Sephiroth questo non poteva fregare di meno al momento. Avrebbe chiuso i serramenti quando si sarebbe messo a piovere. Tornò a fissare camera sua sperando di sentirsi protetto da quelle quattro mura con la sua libreria, il letto, la scrivania a doppio fondo dove nascondeva il progetto della zattera...già, la zattera, un piano andato in fumo oramai...la zattera..." LA ZATTERA!!!"gli balenò in un'istante tutta la fatica e le speranze che lui e Yuffie avevano impiegato in quella costruzione, ed ora ,lasciata all'aperto, sarebbe stata sicuramente distrutta. Si sfilò di dosso quello che aveva ed indossò qualcosa di più pesante per poi sfrecciare via fuori dalla finestra per evitare le domande perditempo di sua madre. Il mare si stava già ingrossando, la situazione si faceva critica. Sbarcato sulla terraferma corse a perdifiato verso l’insenatura dove era nascosta l’imbarcazione. Nel tentativo di andare sempre più veloce non prestò attenzione ed inciampò in un oggetto sconosciuto. Si rialzò in tutta fretta ma ciò che si mostrava davanti ai suoi occhi lo bloccò: un piccolo esserino interamente nero stava davanti a lui. Sephiroth lo guardò con timorosa curiosità. L’essere era alto poco più di un metro, aveva due piccole braccia e altrettante gambe e due antenne e non aveva altro colore, a parte il nero, addosso, facevano eccezione solo due rotondi occhi gialli, tremendamente inespressivi. Il ragazzo era rimasto imbambolato a fissarlo " Prima l'uomo in nero e adesso questo..."  un altro tuono gli ricordò, come i rintocchi di un orologio, che la barca attendeva di essere portata al riparo. Sephiroth dovette lasciar perdere le spiegazioni e riprese a correre ma non era cosi semplice: l’esserino nero si appiatti letteralmente e, proprio come un’ombra, si allungò, passò sotto il giovane e riprese volume davanti a lui bloccandogli la strada e questa volta non ce ne era solo uno ma altri cinque sbucati da chissà dove. " Ma cosa?!" Non sapendo come comportarsi si mise in guardia alzando i pugni " Mi spiace ma non ho tempo da perdere". Non ne capiva il motivo ma sentiva un forte desiderio di spedire quelle cose all'altromondo. Nemmeno i mostriciattoli neri rivelavano buone intenzioni e cominciarano a balzargli addosso muovendo freneticamente quelle piccole braccia contorte. Sephiroth ne scaraventò qualcuno a terra con dei pugni ben assestati ma quei demonietti non sembravano volessero cedere, anzi sembravano sempre più numerosi. Il vento si alzò prepotene e pungenti gocce di pioggia iniziarono a precipitare dal cielo "La zattera…"  quel pensiero pulsava sempre più forte, non poteva restare lì, doveva sbrigarsi. Si coprì  il volto con le braccia e come un'ariete corse contro i suoi avversari aprendosi un varco. Ma invano. Quei demoni neri lo circondarono bloccandogli qualsiasi via di fuga. Uno di loro saltò furiosamente contro il giovane che istintivamente alzò un braccio cercando di proteggersi e...accadde. Un lampo, una luce di grande intensità comparve dal nulla e fra le mani di Sephiroth era apparsa una grande chiave di ferro. Sentiva una grande forza sconosciuta che gli scorreva dentro mai provata prima, era come se dentro di se si fosse aperta una porta che lasciava uscire ciò che era assopito in lui da sempre.
Ora era pronto a difendersi e con decisione squarciò uno dei mostriciattoli che si dissolse in un effimero fumo nero. L'entusiasmo per aver finalmente distrutto uno di quegli odiati cosi svanì di colpo. La visione che si presentava ai suoi occhi era terrificante: non solo il piccolo isolotto ma tutta Destiny Islands era ricoperta da quelle creature; come parassiti corrodevano tutto ciò che fino a quel momento era casa sua...la sua tanto detestata casa. La terra cominciò a tremare. Il ragazzo cadde a terra e il suo sguardo si rivolse alla volta celeste totalmente nera illuminata solo dai lampi delle folgori che si abbattevano a terra. Un vortice minaccioso prendeva forma e poco alla volta si ingrandiva con l'intento di risucchiare qualsiasi cosa stesse sfortunatamente sotto di esso. L'isola si stava sgretolando: pezzo per pezzo veniva inghiottita. Sephiroth osservava l'orrendo spettacolo, la sua misteriosa chiave risultava del tutto inutile di fronte a quella tempesta soprannaturale. Un fortissimo scossone fece ricadere a terra il giovane. Era atterrito dopo aver appreso che il pezzo di terra su cui combatteva era stato appena strappato via dalla spiaggia, diretto verso il buco nero. Ormai era vicino, vicinissimo, e non potè fare altro che chiudere gli occhi e aspettare...attesa brevissima, era già sparito nell'oscurità, ebbe solo il tempo di chiedersi se sarebbe mai più tornato...se avrebbe rivisto sua madre...se avrebbe rivisto Yuffie...ma la risposta non arrivò.

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Capitolo 3
*** Travers Town ***


Capitolo 3: Traverse Town

Una stanza bianca...anzi non era bianca, era proprio senza alcuna tonalità, quella stanza era assolutamente dipinta di nessun colore. Al centro di essa, in contrasto fortissimo, vi era un uomo in nero, con in mente un oscuro proposito...un proposito andato fallito.
"Dannazione..." sbottò la misteriosa figura. Camminava avanti e indietro per la sala facendo frusciare il soprabito nero che rasentava il pavimento.
"Stavolta l'ho fatta grossa" riprese "Mi sono fatto sfuggire un cuore..." nonostante il tono della sua voce fosse piuttosto pacato, il discorso aveva l'aria di essere parecchio serio e preoccupante.
"Al diavolo!" per un attimo si alterò sfogando la sua frustrazione sul tavolo circolare che aveva di fronte su cui battè un pugno che si schiantò con grande fragore.
"Ora calmati, non è poi così grave, in fondo siamo riusciti ad aprire la porta" intervenne con vemenza una seconda persona vestita con identici abiti, ma con una voce che pareva di donna.
" Certo, ma uno di loro è riuscito ad evocare la propria chiave" la donna ridacchiò e fece spallucce
"E con questo? Non sono pochi quelli che riescono nell'impresa al primo colpo...ti ricordo che pure io ci sono riuscita" L'uomo rimaneva perplesso
"Non è il fatto in se che mi ha colpito...è la persona che ha attirato la mia attenzione...aveva un aspetto familiare...ho avuto la sensazione di averlo già visto...c'era anche Tifa su quell'isola..." La donna fece un passo indietro, con mani tremanti fece scivolare il cappuccio facendolo ricadere sulle spalle. Aveva un viso candido illuminato da brillanti occhi celesti in quel momento increduli per ciò che avevano udito le sue orecchie.
"Cosa?! Pensi si tratti di..." la ragazza non concluse la domanda. Alludeva a qualcosa che conosceva molto bene e altrettanto bene sapeva che non doveva accadere.
"E' praticamente impossibile, quell'uomo è morto, imparalo a memoria. Ma forse c'è un'altra spiegazione...in ogni caso dobbiamo riferire a Marluxia i risultati della missione, e non credo che sarà molto soddisfatto" l'incappucciato si avviò verso l'uscio della sala.
"Lo dici come se non te ne importasse niente Axel" la voce lo bloccò
"Infatti è così, lo sai bene Larxen che non amo farmi dare ordini e tantomeno lavorare per qualcuno". Era coperto dal capuccio ma la donna di nome Larxen era certa di aver intravisto stampato sul suo volto un sorriso malevolo.

Le tenebre regnavano sovrane, ogni cosa era occultata agli occhi di Sephiroth che non riusciva a vedere nulla in quello spazio vuoto ed infinito. Non riusciva ad avere nessun'altra percezione, fatta eccezione per un rumore. Sentiva una voce, quella voce che gli pareva aver udito mille volte dentro di se, ma che in realtà non aveva mai sentito. Non sapeva da dove provenisse, era come se ovunque, anche negli angoli più remoti, tutto fosse pervaso da quel suono. Era come un odore insopportabile che aveva impestato l'intero universo, a cui non si poteva sfuggire. Per cause ancora ignote, qualcosa dentro di lui gli suggeriva di allontanarsi, di scappare il più lontano possibile, ma invano cercava di evadere da quel luogo: in qualsiasi direzione fuggisse la voce lo perseguitava, una nebbia lo soffocava...."Destai...avanti SVEGLIATI!!!" Sephiroth si svegliò al proprio grido. Annaspò furiosamente attorno a se, come se avesse dovuto scacciare la nebbia invisibile che lo opprimeva. Lo shock passò piano piano e  il suo cuore riprese a battere normalmente. Di colpo la sua attenzione si rivolse al paesaggio circostante. Contrariamente a ciò che si aspettava, non era più nella propria camera. Era accasciato in uno stretto vicolo scuro, sentiva il freddo viscidume della pietra umida su cui poggiava il suo corpo. Non c'era molta luce e non distingueva bene le forme e i colori, ma certamente quello era un luogo a lui sconosciuto. Aveva una leggera emicranea e, a parte questo, sembrava essere tutto intero. Accanto a lui uno strano essere a 4 zampe gli stava leccando la faccia, riempiendolo di saliva. Il ragazzo si discostò dalla paura. Non aveva mai visto una creatura del genere prima di allora. Quell'animale era ricoperto di pelo color beije e agitava allegramente la coda. Ricordò infine di averlo visto su un libro, si chiamava cane. Il suo dolce musetto lo guardava incuriosito. "Pluto 2°!! Vieni qui" il labrador tese un orecchio e, stampata un'ultima leccata sulla guancia di Sephiroth, corse incontro al richiamo del suo padrone. Lo sguardo del giovane seguì il cane e lo vide uscire dal vicolo. " Dove diavolo sono?" posò una mano sulla sua testa ancora frastornata. Le tempie gli pulsavano procurandogli un isopportabile fastidio. Provò a rammentare il passato ma non ci riuscì, c'era solo una gran confusione di ricordi sfuocati. "AHI!!" una fitta gli trapassò il cranio da parte a parte nel momento in cui cercò di mettere a fuoco. Non ricordava nulla delle ultime ventiquattro ore, nè il perchè non fosse a casa sua. -Ok, calma- diede un freno alle sue domande, la cosa migliore in quel momento era affrontere le cose una alla volta. Prima di tutto doveva scoprire dov'era finito, poi avrebbe pensato al resto. Si mise in piedi un pò barcollando ma dopo i primi istanti riacquistò l'equilibrio. Il vicolo era abbastanza ristretto e aveva una sola uscita, così si avviò timoroso verso la luce che intravedeva all'esterno. Sporse la testa, giusto quel tanto per vedere. Tutto si sarebbe aspettato di vedere, tranne questo. Si ritrovò innanzi ad una piazza illuminata da qualche lampione e circondata da svariate case ed ostelli, ristoranti e negozi, era un piccolo ed accogliente borgo. Sephiroth era talmente stupefatto che non si accorse di essere da tempo uscito dalla protezione del suo vicolo ed ora era in mezzo alla piazza con la bocca spalancata. Una luce intermittente catturò la sua attenzione. A pochi passi da lui, appesa ad un grande palo di ferro, c'era un grande insegna circondata da piccole luci elettriche che illuminavano a girno l'iscrizione a caretteri cubitali che recitava "TRAVERS TOWN, città di mezzo. Incrocio fra tutti i Paesi". Era tutto così strano, così diverso, lo entusiasmava qualsiasi cosa, ovunque cadesse il suo sguardo, e tutto pareva luccicare, si sentiva come un bambino a Natale. Dall'oggettistica esposta nelle vetrine dei negozi, ai lampioni che conducevano luce elettrica...persino le mattonelle grigio-scuro che con ordine geometrico tempestavano la piazza accendevano il suo interesse. Ma nonostante tutto non sapeva ancora dove si trovava -ho...attraversato...l'oceano?!...si, probabile...ma come ho fatto a scordarlo???- . Nel dubbio più atroce si decise a chiedere informazioni in giro.  Doveva essere ormai notte fonda ma fortunatamente vi erano ancora delle persone che passeggiavano al chiaro di luna. Così si azzardò a fermare qualque passante "Mi scusi sa per caso dirmi quanto dista Destiny Islands da qui?...Sa dove si trova Destiny Islands?" Ma le domande caddero vuote alle orecchie della gente che sembrava poco interessata. Volle tentare una seconda volta, ma si accorse di aver attirato a se gli sguardi dei passanti che lo fissavano credendo fosse un invasato, o comunque qualcuno che non avesse le rotelle al posto giusto. Si trattenne così dal riprovare. -I miei complimenti Sephiroth, ora ti credono un pazzo- il giovane capì di essersi giocato la possibilità di chiedere aiuto alle persone presenti in piazza. In ogni caso non voleva rischiare di incappare in qualche malvivente, sua madre glielo raccomandava spesso "Non girovagare mai in giro per l'isola da solo quando si fa buio", al tempo non ne capiva il motivo: tutti gli isolani erano imparentati ,o perlomeno legati da amicizia, fra di loro (con più o meno simpatia reciproca)e non esisteva il pericolo di incontrare etranei...anzi, non conosceva nemmeno il significato della parola 'estraneo'. Ma ora, dovunque fosse, si trovava in un luogo sconosciuto, dove tutto gli era estraneo e alieno....e questo lo eccittava alla follia. Ce l'aveva fatta, era evaso da quella prigione d'acqua dov'era rinchiuso, era finalmente lontano da quel posto. Il nome Travers Town non gli diceva niente però almeno non era più su Destiny Islands poco ma sicuro. Molti sentimenti cominciarono a riemergere...lì assieme a lui doveva esserci qualcun'altro...anche lei aveva lo stesso sogno...ma prima che riuscisse ad afferrare quell'immagine sfuggente, una voce maschile lo fece trasalire.
"Ti piombano addosso dal nulla..." Sephiroth si voltò verso di lui. L'uomo era alto e dal fisico atletico, i lunghi capelli castani non nascondevano una brutta cicatrice trasversale che gli segnava il volto in eterno.
"Tu chi sei!?" Domandò guardingo il ragazzo
"E non smetteranno di attaccarti...Fino a quando impugnerai il Keyblade" Non riusciva a seguire il filo del discorso e non aveva la minima idea di cosa stesse parlando. L'uomo si scostò dalla parete su cui era appoggiato e squadrò Sephiroth da capo a piedi.
"Ma perchè...Perchè ha scelto un ragazzino come te?" Sephi si sentì ferito nell'orgoglio
"Ehi, cosa vorresti dire!?" lo sconosciuto rimase impassibile. Aveva un'aria torva, esattamente l'espressione di uno che ce l'ha a morte con il mondo intero.
"Non importa" disse sospirando "Ora vediamo quel Keyblade" indicò l'oggetto che Sephiroth aveva tra le mani. Il ragazzò guardò nella stessa direzione. La grande chiave era ricomparsa e non se ne era nemmeno accorto. I ricordi cominciavano a tornargli in mente chiari e distinti. -La chiave di ferro, quella notte sull'isola...- La impugnò con entrambi i palmi e la puntò contro l'uomo con la cicatrice.
"Non l'avrai mai!" gli urlò. Il motivo per cui pronunciò quella frase ancora non lo comprendeva. Sapeva solo che quell'oggetto era prezioso e andava protetto. La strinse più forte e guardò il suo avversario con aria di sfida.
"D'accordo, facciamo a modo tuo". Sotto gli occhi sbalorditi di Sephiroth una luce sfolgorante apparve fra le mani dell'uomo con la cicatrice e quando fu nuovamente buio, uno spadone luccicava sotto i raggi lunari, un misto fra una pistola ed una spada. Quella scena gli era familiare, ne era certo, allo stesso modo aveva fatto la sua apparizione la chiave misteriosa. Ma non c'era tempo per congetturare ipotesi, il suo avversario non sembrava intenzionato a scherzare. Si avvicinò a piccoli passi allarmando paurosamente il giovane che, al contrario, indietreggiava. Scattò in avanti, senza preavviso, un poderoso fendente lacerò l'aria, era un fulmine. Sephiroth abbassò istintivamente la testa schivando il colpo, ma era stata solo fortuna, non l'aveva nemmeno visto arrivare - E' velocissimo!-.
"Allora ti sai muovere" disse sarcasticamente l'uomo (per quanto poteva essere sarcastica la sua serissima voce profonda). Alzò un braccio verso il ragazzo ormai lontano dal raggio d'azione della spada. Dalla sua mano scaturirono fiamme e una sfera infuocata colpì il muro alle spalle del giovane a velocità impressionante. Un'esplosione incandescente fece cadere a terra Sephiroth traumatizzato - Ma che diavolo era!! Come c'è riuscito!!!-. Quell'uomo era decisamente oltre la sua portata, anche volendo utilizzare la chiave come arma non ne sarebbe uscito vivo. E poi quella persona aveva dalla sua una cosa di cui Sephi non conosceva nemmeno l'esistenza: la magia.
"Bè? Cosa fai lì impalato? Hai paura che tuo padre non venga a salvarti?" Lo schiaffo morale bloccò il ragazzo per un istante. Qualcosa gli strinse lo stomaco quasi come ci fosse una bestia dentro di lui che stringeva fra i suoi artigli il suo cuore. Strinse i pugni e guardò il suo avversario dritto negli occhi. Il suo sguardo era cambiato, i suoi occhi celesti non erano ingenui ed indifesi, non più.
"Non l'ha mai fatto!" ringhiò a denti stretti. Quello di suo padre era un argomento delicato. Nonostante fosse abituato a tutto quello che gli veniva detto a Destiny Islands, la sua rabbia mista a tristezza non si era mai calmata. Era sempre lì, che lo seguiva incostantemente come la sua ombra, un'ombra di amara solitudine. Prese a due mani la grande chiave e corse come una furia verso l'uomo, l'arma rivolta verso di lui come una lancia pronta cozzare contro il nemico. Ma un colpo preciso alla nuca dato con l'elsa a forma di pistola, lo fece capitombolare a terra come un peso morto, totalmente privo di sensi, con tutto il rancore e la rabbia sfumati in un secondo. L'uomo con la cicatrice osservò Sephiroth inerme, supino sul lastricato di pietra. Avrebbe potuto dargi il colpo di grazia in qualsiasi momento, ma non mosse un muscolo.
"Ehi, l'hai trovato. Ben fatto Leon!" Una donna dai lunghi capelli corvini si era avvicinata a Leon avendolo scorto dal lato opposto della piazza. L'uomo non le degnò nemmeno uno sguardo e si mantenne cupo, identico a prima.
"Però..." disse "...sembra che le cose siano peggiori del previsto..." continuava a fissare il ragazzo disteso a terra "...molto peggiori".

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