Revolution

di Tecla Sunrise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scream and Shout ***
Capitolo 2: *** Hot ***



Capitolo 1
*** Scream and Shout ***


REVOLUTION 

I
Scream and Shout
-Di festini illegali e istinti omicidi -

 

 I  wanna scream and shout, and let it all out
And scream and shout, and let it out

 
 

“Ricordami perché sono qui.”
La mia voce, in questo momento, dovrebbe avere una nota minacciosa più che evidente ed essere in grado di esplicitare adeguatamente il mio istinto omicida nei suoi confronti.
“Perché sei la mia migliore amica.”
Ovviamente, dovrebbe.
Visto il risultato ottenuto – un’alzata di spalle e un sorriso accondiscendente – è chiaro che il messaggio non sia stato incisivo come speravo.
“Molly, questa è una pazzia. Non ho intenzione di finire in punizione per il resto della mia vita.”
Molly si limita ad alzare gli occhi al cielo, con la chiara intenzione di farmi arrabbiare.
Odio quando fa quella faccia, come se avesse a che fare con una primina capricciosa.
“Quanto sei drammatica, Haley. È solo un…”
“No, Molly” dico, stando al passo con la sua camminata senza neanche accorgermene “Questo non è ‘solo un’. Dannazione, è solo una delle più grandi cazzate della mia vita, nonché della mia carriera scolastica.”
Molly si ferma di scatto ed io, ancora distratta dal pessimo futuro che si prospetta per i miei voti (e per la mia carriera e per la mia vita e per Godric, perché sono ancora qui?), le finisco contro con la mia solita grazia, per poi cadere di culo nel bel mezzo del corridoio del quinto piano.
Fantastico.
“Che diavolo ci fai per terra, Haley? Se proprio hai così tanta paura di una punizione, perché stai perdendo tempo?”
Lo sguardo genuinamente scocciato di Molly mi fa venire voglia di strapparle tutti i capelli rossi dalla testa, ma decido di trattenermi.
Insomma, sono una ragazza con la testa a posto; non faccio questo tipo di cose.
“Allora? Ti muovi o vuoi farci la muffa su quel pavimento?”
…non le faccio.
Vero?
“Haley! Su!”
vero.
Pazienza, Haley Zabini.
Porta pazienza.
Mi rialzo lentamente, massaggiandomi con discrezione una chiappa, limitandomi a lanciare un’occhiataccia alla mia presunta migliore amica, e mi chiudo in un dignitoso silenzio.
Molly si gira di nuovo verso l’arazzo davanti al quale si è fermata di colpo.
“Bene.” Annuisce.
Mi chiedo cosa ci possa essere di così soddisfacente in quell’arazzo – che tra l’altro raffigura un’orribile cicciona che cavalca all’amazzone – ma non faccio in tempo ad esprimere la mia perplessità che Molly, agitando leggermente la bacchetta, lo fa sparire, borbottando qualche incomprensibile incantesimo.
Non perde tempo a rivolgermi altre attenzioni e s’inoltra nel buco che è appena apparso davanti a noi.
Suppongo, dunque, che quello debba essere il Covo.
Beh, mi sarei aspettata un po’ di più da un locale supersegreto di Hogwarts conosciuto solo dagli studenti e adibito, da un annetto a questa parte, a festini clandestini.
Mi guardo attorno e finalmente l’ansia che ero quasi riuscita a combattere riprendere possesso del mio corpo.
Cerco di fare respiri profondi e di non pensare a quello che mi aspetta.
Una festa.
Piena di gente.
Non sarò mai all’altezza di una cosa del genere, non sono una persona socievole.
Detta così è quasi comica.
No, non sono una persona socievole.
Sono socio fobica.
Come diavolo mi è venuto in mente di seguire questa pazza?
Speravo davvero per una volta di riuscire a combattere la mia fobia, ma a quanto pare non ne sono in grado.
Oddio, non che fossi tanto sicura di voler partecipare ad un festino supersegreto e ultrafico e straillegale anche prima, ma in questo momento, trovandomi di fronte alla scelta materiale, non so davvero cosa fare.
Potrei scappare via, in pochi minuti sarei anche in grado di raggiungere la torre e rannicchiarmi sul mio letto a mangiare gelato, certo, ma… potrei anche esser beccata da Gazza o, peggio, dalla professoressa Light.
Un brivido di puro terrore mi percorre sinistramente la spina dorsale e prendo la mia decisione in meno di un secondo.
L’urlo di paura mi si strozza in gola quando l’arazzo si richiude con uno scatto dietro di me e ci manca veramente poco che svenga… o più probabilmente che vomiti.
Pallida come un cencio – o almeno, così apparirò quando gireranno un film sulla mia vita – gattono per qualche metro di tunnel, prima di ruzzolare giù dall’uscita, non essendomi resa conto che il pavimento fosse finito.
Mi rialzo di scatto e rassetto con cura quasi maniacale il miniabito rosso prestatomi da Molly, terrorizzata dall’idea di alzare lo sguardo.
Anzi, terrorizzata e basta.
Dopo quasi trenta secondi, il mio comportamento da schizoide non mi ha ancora stancata.
Oh, andiamo, Haley!
Sei una Grifondoro, per Morgana! Tira fuori le palle e fai vedere a tutti che non hai paura di avere a che fare con le persone o di parlarci o di guardarle o di essere nella stessa stan-
Comunque.
La musica raggiunge le mie orecchie solo in questo momento, molto ovattata, e finalmente mi decido ad alzare lo sguardo, scoprendo di essere sola in una specie di anticamera circolare illuminata da un paio di torce; sulla sinistra ci sono tre divanetti e proprio accanto un enorme armadio stracolmo di mantelli e vestiti.
Devo ammettere che l’atmosfera è molto ricercata, sembra di essere in uno di quei locali modaioli della Londra babbana.
Veramente raffinato.
Azzardo qualche passo verso l’unica porta visibile e maledico ancora una volta Molly – in effetti, non si maledice mai abbastanza una persona, soprattutto se quella persona è Molly.
La quale, oltretutto, non mi ha neanche aspettato.
 
 
“Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…”
Non l’avrà vinta.
In nome di Merlino, questa volta non mi farò abbindolare.
Non avrò un crollo nervoso a metà mattina.
Non questa volta.
Lo giuro.
“Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…”
Cambia il tono dell’irritante cantilena per evitare di impappinarsi, ma, anche se dovesse succedere, non basterebbe a fermarla.
Lo so, la conosco, forse e persino più di quanto conosca me stessa, purtroppo.
Lo so che non si fermerà finché non implorerò perdono.
“Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…”
Ormai sta andando avanti da quasi venti minuti, incurante degli sguardi truci che il professor Smith ogni tanto ci riserva.
Tanya Gilmore, l’ultima componente del nostro trio, si limita a guardare divertita nella nostra direzione, completamente disinteressata alla lezione.
Mi chiedo se io sia davvero l’unica a cui importi di non prendere un Troll in Trasfigurazione, visto che, nonostante i fastidiosi fattori esterni, mi ostino a prendere appunti.
“Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…”
No, no e no, Molly! Non questa volta!
Vedo Tanya ghignare in direzione di Frank Paciock, che risponde con un cenno d’intesa che non mi piace per niente.
Lo scintillio di un paio di galeoni nella mano di Frank mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Stanno ancora scommettendo su di me.
Li odio.
“Dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai, dai…”
“Oh, e va bene!” urlo, attirando tutti gli sguardi della classe su di me e Molly, che tenta miseramente di sopprimere la sua risata vittoriosa.
Arrossisco come un peperone.
Non amo stare al centro dell’attenzione.
“Problemi, signorina Zabini?”
Noto la mascella di Smith contrarsi pericolosamente e scuoto la testa con decisione, mentre vengo assalita dalla solita nausea.
Odio interagire con le persone, soprattutto con i professori.
Cominciano a sudarmi le mani, così le strofino con forza contro la gonna.
“Nessuno, mi… scusi” biascico, tentando di non vomitare davvero.
Oh, ma perché devo avere la sfiga di soffrire di socio fobia?
Perché non posso semplicemente essere come Molly o Tanya, o come chiunque altro?
Non è giusto.
Appena Smith torna alla sua spiegazione Molly, trionfante come al solito, mi sorride e mi da il cinque.
“Allora è deciso!” sussurra concitatamente; con la coda dell’occhio vedo un Frank Paciock parecchio contrariato porgere a Tanya i soldi, mentre quest’ultima sfoggia uno sguardo compiaciuto schifosamente bastardo.
Che amici di merda.
“Sabato sera… verrai con me al Covo!Oh, sono così eccitata, è la prima volta che vieni! Vedrai, ti piacerà moltissimo! Paula Lannister e Evangeline Tannen sono le migliori organizzatrici che esistano!”
E questo è quanto – sono completamente fottuta.
 
 
Che diavolo faccio?
Entro?
Non entro?
E se entro e… e, non lo so, mi prendono in giro? Mi parlano? Mi guardano?
Godric, assolutamente no.
Non entrerò in questo dannato Covo neanche morta.
Faccio per girarmi, quando una voce fastidiosamente nota mi blocca.
“Hey, Zab!”
I miei occhi saettano in tutte le direzioni alla ricerca di una via di fuga – perché no, non basta essere costretti ad interagire con le persone, devo anche parlare con…
Scatto verso l’entrata del locale, sorda ai suoi richiami, quasi sicura di stare per passare dalla padella alla brace.
Mi basta aprire la porta per capire che quel ‘quasi’ è decisamente ridicolo, poiché mi è immediatamente chiaro che ovviamente sì, sono passata dalla padella alla brace.
La musica da discoteca mi travolge come se fosse qualcosa di solido tanto è alta e assordante e insopportabile e perché a me?!
Do una fugace occhiata alle mie spalle e lo vedo che scuote la testa e sorride, accompagnato da una bellissima ragazza bionda-alta-magra-perfetta, altresì definibile BAMP.
Ma lui, invece è… così, così… e poi, è dannatamente… insomma, e quegli occhi, Merlino!
Distolgo lo sguardo, riportando la mia attenzione alla sala – no, all’hangar – che si estende sotto i miei occhi; devo ammettere che è impressionante, questo posto è grande poco meno della Sala Grande.
Ci sono luci psichedeliche che illuminano vagamente una gigantesca pista da ballo piena di studenti dal quinto in su e sulla destra c’è una specie di palco – a sua volta enorme – con un dj e un’altra pista da ballo piccolina, probabilmente un privè o qualcosa di simile visto che, persino da qui in fondo, riesco a scorgere i capelli blu di Paula Lannister, ovvero la creatrice del Covo insieme a Evangeline Tannen.
Frequentano entrambe il settimo anno come me, anche se a Corvonero e sono, insieme a Molly, Tanya e altre due o tre Serpeverde, le più popolari di Hogwarts.
A sinistra, invece, c’è uno spazio pieno di tavoli, circondato da un bar che ha proprio l’aria di fare al caso mio.
Devo mettere dell’alcool nel mio corpo, o collasserò dalla timidezza nel giro di pochi secondi; mi lancio verso il bar, scostando un paio di Tassorosso del quinto che ballano come indemoniate (ne riconosco una, Gail MacMillan, prefetto, che solo qualche giorno fa mi ha chiesto un consiglio su un tema per Pozioni particolarmente difficile), e lo raggiungo nel giro di un minuto, controllando che lui non mi abbia seguita o qualcosa di simile.
Non sono fisicamente pronta ad affrontarlo, questa sera – non sono mai fisicamente pronta per affrontarlo.
Faccio cenno al barista – che scopro essere Jake Goose di Corvonero – e lui mi si avvicina, sfoggiando un sorriso di benvenuto che mi spiazza giusto un pochino.
“Heylà, Zabini, non ti facevo una da feste!”
Ora.
Jake Goose è forse uno dei più carini ragazzi che attualmente solchino gli antichissimi corridoi di Hogwarts, ed è di certo quello più consapevole di esserlo; in sette anni ad Hogwarts, questa forse è la terza volta che mi rivolge la parola – anzi, la quarta. Due settimane fa mi ha chiesto in prestito una penna.
“Non mi hai mai ridato la mia penna!” me ne esco dal nulla, senza posizionare l’apposito filtro tra cervello e bocca.
Mi guarda per qualche secondo, interdetto “Ehm… Ceeerto, Zabini. Vuoi, er, qualcosa da bere?”
Annuisco, tentando di parlare il meno possibile; ho paura che potrei vomitare davvero, e quello sarebbe decisamente un suicidio sociale, come Tanya dice quando vuole prendere in giro Molly-la-piccola-ma-tenace-arrampicatrice-sociale.
“Due Tequila Golden Boom.” Dico. Alza un sopracciglio, ma non commenta.
“Tre” rettifico, sotto il suo sguardo scettico “Anzi, sai che ti dico? Lascia direttamente le bottiglie.”
“Sei sicura?”
Aspetto di buttar giù il primo shot di Golden Tequila e Acquaviola prima di rispondere e immediatamente sento il coraggio infiammarmi le vene; patetico, il fatto che abbia bisogno di bere per poter interagire con il mondo.
Patetico.
Patetico e potenzialmente pericoloso, dato che imboccherò sicuramente la via dell’alcolismo.
“Perché credi che dovrebbe importarmi quello che pensi tu? Certo che sono sicura, sono completamente in grado di reggere!”
La bottiglia di Golden che sto tenendo in mano traballa leggermente, decisa a smentirmi; lo sguardo di Goose trasuda sarcasmo.
Prendo l’Acquaviola e riempio il bicchierino fino all’orlo, lo copro con la mano, lo sbatto un paio di volte contro il bancone, attenta a non farne cadere neanche una goccia, e poi lo bevo tutto d’un fiato.
La gola mi brucia come l’inferno e devo fare un paio di profondi respiri per evitare di tossire come una dannata; qualcosa di simile ad un gemito di piacere mi esce dalla bocca, attirando ancora lo sguardo di Goose.
È veramente carino: ammiro le sue spalle larghe, il suo fisico ben piazzato, i suoi occhi blu, la sua mascella leggermente squadrata e quel minimo accenno di barba che attizza come lava.
Sono pessima.
Però è anche colpa sua! Non lo vede che la sua presenza mi crea gravi scompensi ormonali?
Non ne capisco molto, di questa roba, ma sono sicura che ogni volta che osservo i muscoli guizzanti di quelle braccia la mia produzione di feromoni salga alle stelle.
E sono altrettanto sicura che non sia una cosa salutare.
“Zabini, forse è davvero meglio se la smetti!” s’intromette, strappandomi praticamente di mano la bottiglia quando il numero dei bicchierini sporchi raggiunge quota sei.
Oh, e va bene, sette.
Sette fottuti shots.
Ma sette è il numero perfetto, no?
 
 
You’re now rocking with Will.i.am and Britney Bitch!
Mi passo le mani tra i capelli, cantando a squarciagola e ballando senza inibizioni; dopo che Goose mi ha malamente cacciato dal bar, sono riuscita a trovare Molly, che mi ha portato praticamente di peso sulla pista-privè.
Oh yeah… Bring the action
Rock and roll, everybody let’s lose control
All the bottom we let it go

Faccio un sorrisone alla Lannister senza neanche rendermene conto e lei ricambia, persino più ubriaca di me; lei e la Tannen stanno ballando su un cubo, circondate da tre o quattro ragazzi molto belli che non riesco ad identificare.
Going fast, we aint going slow, no
Hear the beat, now let’s hit the floor

Questa canzone sembra dire esattamente quello che voglio fare!
Ballo un altro po’, sorridendo a tutti e cercando di non inciampare, quando qualcuno mi artiglia un braccio e comincia a tirarmi nella mischia; spaventata, tento di staccarmi, quando la chioma rossa e danzante di Molly davanti a me mi tranquillizza.
Si dirige, trascinandomi dietro di lei, verso il cubo che fino a poco fa era occupato da Paula e Evangeline; inorridisco, capendo quello che vuole fare.
Ma io non salirò sul quel cubo, proprio no.
Drink it up, and then drink some more
Light it up, and let’s let it blow
Hey yo, rock it out, rock it now
If you know what we talking ’bout
Turn it up, and burn down the house, hooouse
Hey yo, turn it up, and don’t turn it down
Here we go, we gon shake the ground
Cause everywhere that we go is here

“HHHHHOOOGWARTSSS!”
Qualcuno mi fermi, vi prego.
Questa non sono io, lo giuro! Agito in aria il braccio destro e, tra molte risate, m’innaffio di Golden, rovesciandomi inavvertitamente addosso tutto il bicchiere.
“PRONTI PER SCATENARVI?”
“SSSSSSI’!”
La mandria di studenti sotto di me muggisce simultaneamente ed io, dall’alto del mio cubo solitario, caccio un urlo liberatorio; la mandria mi copia e una cacofonia assordante supera persino la musica del dj.
“E ALLORA!” urlo, forte del Sonorus che mi sono precedentemente scagliata “FATELO! PERCHE’ QUELLO CHE SUCCEDE AL COVO, RIMANE AL COVO!!!”
Urla di giubilo, fischi e strani muggiti feriscono le mie orecchie – probabilmente causando un danno permanente.
BRING THE ACTION
Annullo il sonoro e ricomincio a ballare, completamente trasportata dalla musica; sento un paio di mani forti sui miei fianchi e rido senza motivo, strusciandomi sulla persona dietro di me.
Balliamo in completa sintonia, come se fossimo una cosa sola.
When you hear this in the club
You gotta turn the shit up
You gotta turn the shit up
You gotta turn the shit up

Se penso che per poco mi sono quasi persa tutto questo mi maledirei: andiamo, è una figata!
Tutte le mie preoccupazioni, le mie fisse da psicotica, le mie timidezze… dissolte a ritmo di musica.
When we up in the club
All eyes on us
All eyes on us
All eyes on us

Sento gli occhi degli studenti tutti su di me; urlano, ballano, ridono, si divertono.
Da quanto non mi diverto così tanto?
Mi sono mai divertita così tanto?
You see them girls in the club
They looking at us
They looking at us
They looking at us
Everybody in the club
All eyes on us
All eyes on us
All eyes on us

Il ragazzo dietro di me con cui sto ballando da un po’ improvvisamente mi gira verso di lui, facendomi perdere l’equilibrio; mi aggrappo alle sue spalle, intontita come poche volte nella mia vita, e lo sento ridere.
“Zabini, sei una continua sorpresa!” lo sento urlare, nel tentativo mal riuscito di sovrastare la musica.
“Cosa??” urlo a mia volta, guardandolo per la prima volta in faccia.
Adesso, parliamo un attimo di probabilità: ad Hogwarts ci sono circa cinquecento studenti; qui, al Covo, ce ne sono in media duecento ogni sabato sera.
Come cazzo è possibile che la persona che ho tentato di non incontrare tutta la sera è anche quella che mi ritrovo sempre davanti?
Ve lo dico io, la sfiga ci gode a metterti nel sacco.
I wanna scream and shout, and let it all out
And scream and shout, and let it out
“James!” urlo ancora, cercando di farmi sentire.
Lui mi sorride e continuiamo a ballare insieme, anche se io mi sono irrimediabilmente irrigidita; lo vedo lanciarmi strane occhiate, come se stesse pensando di andarsene.
No, dannazione, tu non te ne vai.
Faccio un urlo per gasarmi e mi lascio alle spalle tutto il mondo ricominciando a ballare come si deve; la sfiga mi perseguita?
Beh, avrà pane per i suoi denti.
We saying, oh wee oh wee oh wee oh wee oh
We saying, oh wee oh wee oh wee oh wee oh

Il suo sguardo sorpreso mi riempie d’orgoglio e gli sorrido a mia volta, aggrappandomi alla sua spalla e muovendo il bacino a ritmo di musica; mi prende i nuovo per i fianchi, mandando irrimediabilmente a puttane il mio sistema nervoso.
Godric, quanto darei per togliergli quella maglietta e toccarlo e saltargli addosso e dannazione.
Non devo strappare la maglietta di James. Non devo strappare la maglietta di James. Non devo strappare la maglietta di James.
Me lo ripeto come un mantra mentre lui mi fa fare una giravolta, reggendomi per evitare che perda l’equilibrio.
Questo cubo è una trappola mortale.
I wanna scream and shout, and let it all out
And scream and shout, and let it out

James mi stringe a sé, guardandomi con quei suoi occhi blu così penetranti; è la prima volta che ho l’occasione di vederli così da vicino e mi accorgo – nonostante il buio e le luci psichedeliche – che sono leggermente screziati di verde.
Le mie mani finiscono sul suo petto, di nuovo.
Non devo strappare la maglietta di James. Non devo strappare la maglietta di James. Non devo strappare la maglietta di James. Non devo…
Le mie mani, prendendo vita contro il mio volere e ridicolmente sorde al mio mantra mentale, afferrano il bordo della maglietta di James – il suo sguardo confuso è la cosa più tenera che abbia mai visto – e la tirano su, facendola passare attraverso la sua testa; la lancio nella mischia e sento fischi e grida d’incoraggiamento.
Non ho il coraggio di guardare James, che ha smesso di ballare, così mi limito a fissare i suoi pettorali e per poco non mi mangio le mani pur di non mettergliele addosso.
We saying, oh wee oh wee oh wee oh wee oh
You are now rocking with Will.i.am and Britney, bitch
La sua mano prende il mio mento e mi costringe a guardarlo negli occhi; credo che ci siano talmente tante cose non dette nei miei che potrebbe persino non riconoscermi.
Sono innamorata di James Potter da tre fottuti anni e non ho ancora trovato una cura; scommetto, inoltre, che se continua a guardarmi così non guarirò mai.
Siamo completamente fermi sul cubo, come se fossimo da soli.
Non devo baciare James. Non devo baciare James. Non devo baciare James. Non de-
Perché la mia mente nonmi ascolta mai?!
I wanna scream and shout, and let it all out
And scream and shout, and let it out

 
 
 
Una luce fastidiosamente luminosa mi ferisce gli occhi, costringendomi a serrarli per non esserne accecata.
Ho un mal di testa che sembra spaccarmi in due il cranio e le orecchie mi fischiano fastidiosamente.
Nascondo la testa nel cuscino, gemendo di dolore.
Godric, sono devastata.
Mi rigiro di scatto nel letto ma, stranamente, trovo qualcosa di solido che m’impedisce di continuare il mio percorso.
Ma che diavolo…?
Sempre ad occhi chiusi tasto il mio ostacolo.
Non è poss-
“Ahh!” urlo, spalancando gli occhi, sia per il dolore che mi procura la luce sia per quello che ho appena toccato.
James si lamenta leggermente nel sonno, si rigira un paio di volte e digrigna i denti; non faccio in tempo a connettere il cervello – cazzo, che mal di testa – che lui mi artiglia in una morsa stretta e mi porta sotto di lui, per poi accoccolarsi sul mio seno – nudo.
Cazzo.




N/A
Buondì, persone!
Mi sto imbarcando in questa storia e sono terrorizzata: descrivere tutto dal punto di vista di una socio fobica?
sono masochista, lo so.
Chiedo immediatamente scusa per chiunque soffra di questa terribile fobia nel caso in cui la dovessi trattare con troppa leggerezza, ma non ho molta familiarità con l'argomento.
COMUNQUE. spero che il personaggio di Haley vi piaccia; ho tentato in tutti i modi di non farne una Mary sue, ma ho idea che sarà un po' un problema visto che l'ho fatta andare a letto con la sua cotta eterna solo nel primo capitolo!
per quanto riguarda il Covo e ogni possibile riferimento al mondo babbana con familiarità, vi posso assicurare che è tutto voluto. più in là sarà Haley stessa a spiegarne il perchè.
non so, credo di aver detto tutto :) un bacione a voi temerari che avete letto fin qui e fatemi sapere cosa ne pensate!
p.s. l'amato genio comparirà nel terzo capitolo, ABBIATE FEDE!
Tecla :D

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Capitolo 2
*** Hot ***


REVOLUTION 

 

II
Hot
- Di fobie e regali costosi -

 

Now you're in and you can't get out
You make me so hot
Make me wanna drop
You're so ridiculous
I can barely stop
I can hardly breathe
You make me wanna scream

 
 
Chiudo con attenzione la porta, evitando di fare rumore; la testa mi gira come se fosse un ruota panoramica, ma a parte questo sto bene.
Scendo con calma le scale, tenendo in mano i tacchi per non fare rumore, sperando di non essere vista da nessuno.
Appena mi sono resa conto di quello che era successo non ho perso neanche un secondo: ho messo il pigiama a James, benedicendo in tutte le lingue il fatto che avesse il sonno più pesante di un troll, ho eliminato tutte le prove dell’esistenza di questa notte e sono sgattaiolata via.
Non posso credere di aver fatto sesso con James e non ricordarmelo: aspetto questo momento da tre anni e, quando succede, non me lo ricordo neanche per sbaglio.
Mi viene da piangere.
Salgo le scale che portano ai dormitori femminili e mi fermo al settimo piano; incerta, mi guardo attorno, prima di aprire con cautela la porta.
Premura inutile, dal momento che tutte e otto le mie compagne di stanza dormono come ghiri.
In religioso silenzio mi sfilo l’abito di Molly e mi metto il pigiama, accoccolandomi poi nel mio letto; nessuna si è accorta di niente.
Chiudo le tende del mio baldacchino e finalmente ho la possibilità di riflettere su quello che è successo questa notte; sprazzi di luce e odori penetranti invadono la mia mente, ma non riesco ad ottenere di più, sono troppo stanca.
Un attimo prima di addormentarmi, un pensiero folgora la mia mente.
E il preservativo?!
 
Il mio secondo risveglio è, fortunatamente, molto più tranquillo e rilassante del precedente, tuttavia il mal di testa perenne m’impedisce di godere del tepore del piumone come vorrei; mi alzo in piedi di scatto, cercando di mettere insieme un pensiero degno di questo nome e di decidere come agire, ma il chiodo fisso nell’esatto centro del cranio m’impedisce persino di ricordarmi il mio nome.
Le mie compagne brillano per assenza e, dando un’occhiata all’orologio, scopro che è già l’una; stordita, veleggio fino al bagno, cerco di mettere una pezza al groviglio di capelli che mi ritrovo, e mi butto sotto la doccia.
La sensazione dell’acqua calda sulla mia pelle è estasiante e sembra quasi in grado di lavare via, insieme al sudore, anche tutti i casini di stanotte.
Ovviamente, si limita a far sparire il suo odore e basta.
Tenendo gli occhi ben serrati sotto il getto d’acqua bollente prendo un flacone a caso dall’enorme mensola sopra la vasca, sperando di evitare lo shampoo alla mela di non so che colore e al guaranà di Danielle, e mi verso il suo contenuto sulla testa; fortunatamente, i miei capelli cominciano a profumare di vaniglia e ringrazio mentalmente i gusti di Sonia.
Sonia e Danielle sono due delle mie otto compagne di stanza; oltre a loro, a Molly e a Tanya, ci sono anche Zelda, Varvara, April e Chloe.
La maggior parte della comunità magica ancora stenta a credere all’impressionante incremento di maghi degli ultimi vent’anni: dopo la Seconda Guerra Magica, quando la popolazione magica inglese sembrava sull’orlo dell’estinzione, erano addirittura state create, dal ministero, delle agevolazioni per le coppie con più di due figli allo scopo di ricreare l’antico splendore inglese.
Non si aspettavano sicuramente che la magia avrebbe trovato per conto proprio il modo di rigenerarsi eppure, nel giro di pochi anni, il numero di neonati magici in famiglie babbane era aumentato al punto tale da rendere necessaria una restaurazione di Hogwarts.
Ci sono voluti mesi di lavoro per allargare tutti i dormitori, le sale comuni, le aule ect. senza dover smantellare il castello ma, alla fine, dopo tante sessioni di incantesimi edili, ce l’avevano fatta.
Il risultato era sbalorditivo: camera nostra – quella del settimo anno di Grifondoro – ospitava comodamente nove ragazze e i tre bagni ci permettevano di evitare di scendere alle leggi della giungla per ottenere il primo posto, la mattina.
Mi risciacquo velocemente i capelli, rassegnata ad uscire da questa cabina così confortante e familiare; con un brivido di freddo – siamo pur sempre al dieci di dicembre – poggio i piedi sul marmo gelido che fa da pavimento al bagno e trattengo un’imprecazione.
Non ho né tempo né voglia di prepararmi tradizionalmente così, con un paio di colpi di bacchetta, mi ritrovo asciutta e vestita di tutto punto.
Guardo con disgusto il maglione rosa che mi è apparso addosso.
“Pessima scelta” borbotto verso la mia bacchetta, rimproverandola; un paio di scintille indignate sono l’unica risposta che ottengo.
Scendo velocemente le scale, salutando con un cenno una ragazza del sesto di cui mi sfugge il nome; lei si limita a guardarmi come se fossi un fantasma particolarmente spaventoso, prima di scoppiare a ridere come un’invasata.
Vorrei tanto chiederle il motivo della sua ilarità, davvero, ma appena faccio per aprire bocca mi blocco come ogni dannata volta che tento di interagire con il genere umano.
Rossa come un pomodoro passo oltre, sperando che le risate non siano dovute ad un possibile brufolo purulento in mezzo alla fronte.
Raggiungo la fine delle scale in fretta ma, con mio grande scorno, una Tanya più che pimpante mi blocca la strada, puntando sulla mia figura uno sguardo malizioso che mi fa temere per la mia vita.
“Sì?” bisbiglio, tentando disperatamente di non attirare l’attenzione di un gruppo di ragazzi del settimo che parlottano dall’altro lato della sala.
Tanya ghigna “Potter scopa bene?”
Comincio a tossire come una dannata per colpa della saliva che mi è andata di traverso, attirando tutta l’attenzione possibile e immaginabile su di me: piegata in due, rossa come un pomodoro, terrorizzata e sul punto di soffocare.
Chi ha detto che bisogna svestirsi per attirare l’attenzione?
Basta rischiare di morire.
La tosse non accenna a smettere e comincio a sentire un urgente bisogno di aria; Tanya sfoggia uno sguardo particolarmente annoiato e agita lentamente la sua bacchetta “Anapneo. Quanto sai essere drammatica, Haley.”
“C-come… tu… cosa?!” bisbiglio, sconvolta, senza riuscire ad articolare una frase di senso compiuto; la sento sbuffare e mi chiedo come diavolo sappia se sono andata a letto con James o no.
Ma, cosa ben più importante, chi lo sa?
L’immagine della ragazza del sesto ridacchiante mi s’imprime a fuoco nella mente.
Cazzo.
Tanya sorride, questa volta mettendo da parte la solita espressione smaliziata per una più empatica “Era ora, Hal! Da quanto tempo andava avanti questa cotta? Due, tre anni? Ora sei libera!”
Scuoto la testa, riservandole uno sguardo triste “Ta’… non mi ricordo niente.”
Annaspa “N-niente?” chiede, come se io stessi uccidendo il suo primogenito “Come niente!”
Annuisco, chiudendo gli occhi e massaggiandomi una tempia “Sì, lo so… senti, Tanya, quante persone lo sanno?”
Inarca un sopracciglio ramato “Sanno cosa? Che eri così sbronza da non ricordarti niente? Non lo so… a parte me, cre-”
“Tanya.” La riprendo seccamente, non ho tempo per queste cazzate “Sii seria, per favore.”
I suoi occhi azzurri saettano per la sala e si fermano per qualche secondo sui ragazzi del settimo; prima che possa richiamarla, urla “Frank!” così forte da zittire tutti.
I cinque ragazzi si rigirano contemporaneamente verso di noi; Frank rivolge uno sguardo interrogativo a questa schizofrenica che si fa passare per una delle mie migliori amiche, ricevendo in risposta solo un cenno imperativo ad avvicinarsi.
Frank fa spallucce in direzione degli altri quattro e si dirige verso di noi, rubando una sigaretta ad uno del quarto con sguardo ammonitore: è pur sempre Caposcuola.
Sì, lo è, nonostante si sia messo in bocca la sigaretta appena confiscata, accendendola con un gesto annoiato della mano.
“Che vuoi, schizzata?” chiede, soffiando di proposito il fumo in faccia a Tanya, che non fa una piega.
“Ciao Nocciolino!” dice, prendendo Frank per il colletto e schioccandogli un bacio rumoroso sulle labbra; lui si limita a storcere il naso, ma non protesta “Senti nocciolino” continua la pazza, fregandogli la sigaretta “Tu sai cos’ha fatto James ieri sera?”
Frank si gira verso di me e ammicca “Credo che tu lo sappia meglio di me…”
Tanya ride “Purtroppo no… e senti ancora, cucciolotto, quanta gente credi che lo sappia?”
Frank si finge pensieroso “Mah, non lo so… tutta la scuola? Andiamo, lucciola, l’ha praticamente spogliato davanti a tutto il Covo… mancava poco che lo facessero direttamente sulla pista!”
Impallidisco e le mie gambe tremano, costringendomi ad appoggiarmi al bracciolo della poltrona vicino per non cadere a terra; sento le mani ghiacciarsi e cominciare a sudare e le strofino sui jeans, tentando di asciugarle.
“Tutta… tutta la scuola?” pigolo, terrorizzata.
Mi gratto la mano destra, sperando che sia uno scherzo
E io che avevo veramente sperato che sparendo potessi far credere a James che fosse stato solo un sogno.
Frank annuisce, guardandomi un po’ preoccupato “A proposito” continua, prendendo Tanya per i fianchi e abbracciandola da dietro “Dov’eri stamattina? James stava per dare di matto quando non ti ha trovato, pensava fosse stato un sogno… ci sono voluti venti minuti per convincerlo del contrario!”
Tanya sorride leggermente e lascia un piccolo bacio sull’incavo del collo del suo ragazzo, prima di riportare la sua attenzione a me che sicuramente svenirò a breve.
Stringo gli occhi “E perché diavolo non gli avete lasciato credere che lo fosse?” domando, sentendo il familiare senso di nausea appropriarsi del mio stomaco.
Persino con i miei migliori amici ho un limite di tempo di interazione prima di sentirmi male.
Odio la mia fobia.
Frank mi guarda, interdetto “Beh… noi pensavamo che… insomma, sei tu che gli sei saltata addosso!”
Sento il vomito risalire la trachea e reprimo un conato.
“Haley, vai. È più di un quarto d’ora che stai parlando con noi, se continui ti sentirai male davvero” mi dice Tanya, per la prima volta premurosa.
Annuisco, senza dire una parola, e scappo fuori dalla Sala Comune.
Appena metto piede in corridoio l’aria torna nei miei polmoni, frizzante come una mattina di primavera; inspiro ed espiro lentamente, lasciando che il battito del mio cuore deceleri, prima che l’ansia mi assalga di nuovo.
Devo fare una tappa in infermeria per prendere la pozione del giorno dopo e tremo al solo pensiero: Madama Chips mi terrorizza.
 
 
“Di cosa avrebbe bisogno, signorina Zabini?” mi chiede retoricamente l’anziana donna, scrutandomi con tutto il rimprovero di cui è capace “Della pozione del giorno dopo? E si può sapere perché ne avrebbe bisogno, signorina?”
Perché, a differenza di te, vecchia strega, io scopo.
“I-io…” balbetto, incapace di andare avanti. So che è tecnicamente vietato avere rapporti sessuali all’interno di Hogwarts, ma so anche (grazie alle mie compagne di stanza) che Madama Chips è tenuta a dare la pozione del giorno dopo agli studenti se essi la richiedono.
“Lei cosa, signorina Zabini?”
Le lacrime, imperterrite, cominciano a sgorgare dai miei occhi; odio la mia fobia.
Quando ho a che fare con l’autorità comincio a piangere come una bambina e mi blocco.
Madama Chips sbuffa “La smetta di piangere, signorina.”
La vedo sparire nel suo ufficio e tento di asciugarmi le lacrime, mentre il mio corpo è ancora scosso da violenti singhiozzi.
Madama Chips, come tutti i professori e la preside, non è a conoscenza del mio disturbo; purtroppo, nel fantastico mondo magico, le fobie non sono ritenute vere malattie e non esiste cura.
Persino i miei genitori, purosangue e retrogradi, non hanno preso la cosa sul serio, limitandosi a catalogarla come semplice timidezza.
È stato solo nell’estate del mio quinto anno, in vacanza da Tanya, che ho scoperto di essere socio fobica; il padre di Tanya, Richard Gilmore, è un famoso psichiatra e gli sono bastati due minuti per diagnosticarmi la malattia.
Mi ha anche offerto di fare delle sedute per tentare di guarirmi, ma la McGranitt non ha acconsentito a lasciarmi uscire una volta a settimana da Hogwarts senza il permesso dei miei genitori che, ovviamente, non sono mai stata in grado di ottenere.
Mi siedo di schianto su uno dei tanti lettini immacolati, sperando che non ci metta tanto.
“Haley, che ci fai qui?”
Alzo la testa di scatto e il mio sguardo incrocia quello di mio cugino, Scorpius Malfoy, intento a pulire uno dei tanti vasi da notte dell’infermeria; non l’ho notato prima perché è appena tornato dal bagno con un secchio d’acqua.
“Ciao Scorpius… niente, un po’ di mal di testa”
Scorpius si limita ad annuire e torna al suo lavoro subito, sicuramente annoiato da una possibile conversazione con me.
Non abbiamo mai avuto un gran rapporto, nonostante il nostro grado di parentela, a causa della mia timidezza; con Audrey invece, mia sorella ed esatto contrario, Scorpius non ha mai avuto alcun problema a relazionarsi.
“Ecco a lei, signorina, e ora sparisca dalla mia vista!” non me lo faccio ripetere due volte e afferro la boccetta colma di liquido blu dalle mani della donna, sfrecciandole accanto.
Saluto Scorpius con un lieve cenno della mano che mi affretto a far passare per una grattata alla testa quando non vedo mio cugino ricambiare.
Appena fuori dall’infermeria ingurgito velocemente la pozione e il peso che mi opprimeva sparisce in un lampo, lasciando spazio ad altre preoccupazioni che suonano simili a evitare James Potter, evitare gli studenti, evitare i professori e mettere qualcosa sotto i denti.
Quanto darei per essere invisibile.
 
 
La luna piena illumina il pavimento della torre di Astronomia come in pieno giorno, riflettendosi fastidiosamente sul vetro della bottiglia di Golden Tequila mezza vuota abbandonata al mio fianco.
Prendo un profondo tiro dalla sigaretta, l’ultimo, prima di spiaccicarla per terra.
La solitudine della torre è esattamente quello di cui ho bisogno dopo la giornata d’inferno che ho passato nel tentativo di evitare James.
Tentativo ridicolo, dal momento che quel ragazzo magnifico non ha fatto altro che trovarmi in ogni dannato nascondiglio che escogitavo, come se mi avesse piazzato un gps addosso, cosa ovviamente impossibile visto che ad Hogwarts quei cosi impazziscono.
Sospiro piano e prendo un altro lungo sorso di tequila, prima di riappoggiare la bottiglia a terra.
Quello dell’alcool sta diventando un problema, ne sono consapevole: la mia socio fobia, a sentire il padre di Tanya, mi spinge a cercare rifugio in metodi di inibizione che spesso portano alla dipendenza.
Fisso per qualche secondo il parco davanti a me, prima che una bruciante rabbia s’impadronisca di me, lasciandomi quasi senza fiato per tutta la sua violenza; afferro la bottiglia e la scaglio con forza giù dal parapetto, urlando la mia frustrazione.
Sono stanca di essere ciò che sono, di non poter avere rapporti normali senza alterare il tasso alcolico del mio corpo, sono sfinita, amareggiata, disgus-
“Hey.”
Mi giro di scatto e mi accorgo di essere scoppiata a piangere solo perché ci metto qualche secondo a delineare la figura possente di James davanti a me.
Cosa diavolo ci fa qui?
A dispetto di quello che i racconti su Hogwarts fanno credere, la torre di Astronomia non è un posto molto frequentato: troppi spifferi – in particolar modo la settimana prima delle vacanze di Natale – e, soprattutto, il fantasma dell’omicidio del Professor Silente ancora presente.
“Cosa ci fai qui?” riesco a chiedere, biascicando una parola o due; mi asciugo le lacrime con stizza, mettendolo finalmente a fuoco.
Ha solo una maglietta e dei pantaloni di flanella, probabilmente il pigiama, i capelli sono ancora più arruffati dal solito e gli occhi brillano per il riflesso della luna, anche se il colore non è distinguibile; il pazzo è a piedi nudi.
“Ti… stavo cercando.” Dice, avanzando di un passo; lo vedo lanciare uno sguardo verso i mozziconi di sigarette spenti per terra e mi chiedo cosa stia pensando di me ora.
“Mi hai trovato. Cosa vuoi?”
Alza un sopracciglio e si avvicina ancora, ma stavolta si ferma solo quando arriva a meno di dieci centimetri da me; è molto più alto di me, tanto che per non perdere il contatto visivo sono costretta ad alzare la testa.
“Perché sei scappata, stamattina?” mi chiede; cerco una via d’uscita, ma mi rendo conto che sono bloccata tra il muro e il suo corpo – corpo da cui devo stare lontana.
Non gli rispondo e lo sento sospirare.
“Perché mi hai baciato, ieri sera?”
“Perché hai ricambiato?” chiedo a mia volta, incapace di rispondere alle sue domande.
Potrebbe rifiutarmi, dirmi che non prova le stesse cose, prendermi in giro; non sono alla sua altezza, la ragazza con cui è arrivato alla festa ieri non è altro che la conferma della mia tesi.
Sento le mani cominciare a sudare e il respiro farsi più rado; nonostante l’alcool riesca a rendermi più disinibita, non riesce a sopire del tutto le paranoie e la quasi inesistente autostima della mia malattia.
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda.” Mi dice, abbassando il suo viso alla mia altezza.
Il mio stomaco comincia a contrarsi e la nausea invade il mio corpo; non posso stargli così vicina.
Lo spingo via e riesco a leggere lo sgomento nei suoi occhi, prima di girarmi a sinistra e rigurgitare tutta la cena; ad aggravare la situazione, puntuale come solo lui sa essere, l’alcool fa la sua parte, spingendomi ad un altro devastante conato.
Le lacrime cominciano a scorrere sul mio viso e appena riesco a respirare di nuovo un singhiozzo mi assale.
Gratta e Netta
Le sue mani, grandi e calde – così diverse dalle mie, fredde e sudaticce – mi spingono indietro i capelli; dopo qualche secondo passato ancora piegata, le mie gambe cedono e non cado a terra solo perché James mi sta reggendo in un abbraccio.
“Non dovresti bere così tanto, Haley.”
Magari fosse solo colpa dell’alcool, James.
“Già” mi limito a rispondere, aggrappandomi a lui.
Delicatamente mi fa sedere per terra e si sistema accanto a me, accarezzandomi la testa.
“Ho ricambiato, Haley” comincia, fissando il vuoto “perché volevo farlo; posso assicurarti che non avevo bevuto neanche una burrobirra.”
Non lo interrompo, rapita dalle sue parole.
Non avrebbe motivo di mentire, vero…?
“Tu sei diversa, Haley, in un modo che continuo a non capire. È come se mi sfuggissi dalle mani appena mi sembra di averti inquadrato, facendo esattamente il contrario di quello che mi aspetto. Stai sempre in disparte, così timida, eppure i tuoi occhi sembrano dire tutto quello che taci, le rispostacce che ingoi, le battute che ti tieni…”
Smetto di respirare, mentre il terrore m’invade: come fa James a conoscermi così bene?
“È uno scherzo, vero?” chiedo, mentre la rabbia torna ad invadere ogni mia terminazione nervosa.
Lo vedo aggrottare le sopracciglia “Ti fa ridere?” mi chiede, forse più duramente di quanto non si aspettasse, visto lo sguardo di scuse che mi lancia immediatamente dopo.
“Magari fa ridere te.” Rispondo, convintissima della mia tesi.
Dev’essere uno scherzo, perché James Potter non spreca tempo a pensare ad una come me… è James Potter.
“Forse…” sussurra “Forse è il caso che ne parliamo domani, ora è tardi. Vieni” mi porge una mano, già in piedi “andiamo.”
Mi rialzo, ignorando la sua mano, e lo seguo silenziosamente per tutti i corridoi, leggermente ammirata dalla padronanza che sembra avere del castello e dei suoi passaggi segreti, tanto che dopo neanche tre minuti siamo nella Sala Comune.
“Buonanotte, James” dico, tentando di mostrarmi fredda, mentre dentro di me non capisco neanche più quello che penso.
Una mano artiglia gentilmente i miei capelli e mi costringe a voltarmi; prima che possa fare alcun pensiero logico, le labbra di James si posano sulle mie in un bacio che di casto non ha neanche la definizione.
Mentre la sua lingua invade con passione il mio palato e i suoi denti mordono il mio labbro inferiore, sprazzi di luci e immagini della sera che abbiamo passato insieme meno di ventiquattro ore fa invadono la mia testa, stordendomi.
Ricambio il bacio con foga, perdendomi letteralmente in lui; la sua interruzione è così improvvisa che mi lascia senza fiato quasi e più di quanto il bacio stesso non abbia fatto.
I suoi occhi, puntati nei miei, sembrano quasi liquidi.
“E questo?” mi chiede, determinato “Questo ti ha fatto ridere?”
Non mi da il tempo di rispondere, si stacca velocemente da me e l’ultima cosa che vedo è lo svolazzo del suo pigiama che scompare su per le scale.
Intontita, salgo le mie, con l’unico obiettivo di infilarmi nel letto e cancellare questa assurda giornata, ma quando arrivo il mio letto è già occupato da Cassandra, la civetta di famiglia.
Un grosso pacchetto è legato alla zampina di destra così, facendo attenzione a non svegliare nessuna delle mie compagne di stanza, slego il laccio che la tiene prigioniera; lei, dopo un’orgogliosa beccata, svolazza fuori dalla finestra, che mi accorgo con orrore essere aperta.
La chiudo di corsa, sperando che nessuna di noi si prenda una polmonite, prima di riportare la mia attenzione al pacchetto.
Prendo la lettera che lo sormonta e la familiare calligrafia di mia madre, Daphne Zabini, mi fa sorridere.
 
Cara Haley,
                   come stai, tesoro? Non abbiamo ricevuto tue notizie da ben tre giorni, eravamo preoccupati! Tutto bene a scuola? Lo studio è già pesantissimo? Mi raccomando, impegnati molto quest’anno, sei in un momento decisivo della tua vita!
E gli amici? Come vanno? Speriamo che la tua timidezza si sia ridotta grazie alle tue compagne, dacci notizie anche di loro!
Comunque sia, risponderai con calma alla nostra.
Per adesso, goditi il regalo di Natale! Sai, col fatto che passerai le vacanze dalla tua amica Molly, volevamo mandarti il regalo prima in modo che lo potessi sfoggiare da subito.
Ci dispiace di non poter esserci, quest’anno, ma la situazione di Blaise con i giapponesi è molto complicata e l’affare VA concluso, anche a costo di essere loro ospiti per Natale.
Confidiamo che comunque ti divertirai con i tuoi amici molto di più che con noi, non è vero?
Un bacio, tesoro, speriamo che il regalo ti piaccia! A presto!
Ah, e per favore, dai un occhiata anche a Audrey, ogni tanto… quella ragazza è sin troppo esuberante! Spero che non faccia troppi danni a casa dell’altra Weasley.
 
Daphne
 
P.s. Buon Natale, tesoro!
 
Blaise
 
Sbuffo, appoggiando la missiva dei miei sul comodino.
Li adoro, davvero, ma sanno essere soffocantemente protettivi, quando vogliono.
Dò un’occhiata al pacchetto e lo scarto, decisamente incuriosita.
Un medaglione d’avorio con un magnifico disegno di smalto cade sul letto, retto da una catenina d’argento molto elegante.
Lo porto vicino al viso per osservarlo meglio e noto che il disegno raffigura un magnifico e lussureggiante paesaggio orientale.
Mi chiedo quanto possa essere costato; i miei sono decisamente esosi quando si tratta di regali.
Quando si tratta di farsi perdonare, poi, si taglierebbero anche le vene.
Noto un’incisione un po’ sbiadita sul retro del medaglione, così ci soffio sopra; scomparsa la polvere, riesco finalmente a leggere, ma più il mio sguardo va avanti più mi chiedo perché anche i miei genitori godano nel prendermi in giro.
Agognati nei sogni, meritati nei giorni
Sette desideri sono i tuoi doni
Strofinami dunque e lascia che aggiorni
La tua vita e così ti rivoluzioni
“Sì, certo, e io sono Silente.”
Un grugnito di Molly più forte degli altri mi fa bloccare e aspetto che il suo respiro torni a regolarizzarsi prima di riportare la mia attenzione al medaglione; che mucchio di boiate.
Me lo metto al collo, perché tutto sommato è molto bello, prima di mettermi il pigiama e nascondermi sotto il piumone.
Che cosa devo fare?
 
 
 
 
 
 
 

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