Solo un altro tributo

di JeckyCobain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I - I sessantanovesimi Hunger Games ***
Capitolo 2: *** Capitolo II - Uno strano oggetto ***
Capitolo 3: *** Capitolo III - I pattini ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV - L'arena ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - A testa in giù ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI - Passato e chiarimenti ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII - Ricerche ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII - Non sono sola ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX - Solo un altro tributo ***
Capitolo 10: *** Capitolo X - Interviste ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI - Mietitura ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII - Altri tributi ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII - Thomas e Ophelia ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV - Cedric ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV - La mia ragione di vita ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI - Stallo ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII - La resa dei conti ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII - Anche se molto debole sento ancora il suo profumo ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX - La fine ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX - Ritorno ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I - I sessantanovesimi Hunger Games ***






- Capitolo I -

I sessantanovesimi Hunger Games

 

Ed eccomi qui, sulla pedana di partenza. “15, 14, 13...”.

La voce annuncia il conto alla rovescia, ma il tempo sembra scorrere molto lentamente. Mi guardo intorno: oltre allo spiazzo d'erba in cui sono posizionate la cornucopia e le pedane, non ci sono altro che alberi, solo alberi.

Ad essere sincera mi immaginavo qualcosa di più interes­sante di un semplice bosco per questi sessantanovesimi Hunger Games.

'Se non altro ho molto posto dove nascondermi per scappa­re agli altri tributi'. Penso.

9, 8, 7...”. Il conto alla rovescia procede. Guardo la cornu­copia, alla ricerca di qualcosa da prendere: un'arma, qual­che provvista, una medicina che può tornare utile... sempre se arriverò lì prima che qualcuno mi uccida. Tutto intorno, fin dentro nella bocca, è pieno di zaini, provviste e armi. Chiaramente più ci si allontana dalla cornucopia, meno gli oggetti sono importanti. Metto gli occhi su uno zainetto giallo, piuttosto grande per essere così distante dalla bocca. Decido di prendere solo quello: è il più vicino e facile da agguantare. Poso i miei occhi sulle armi: c'è un arco splen­dente, con tanto di faretra piena di frecce argentee. Sta aspettando solo me, la migliore tiratrice del corso.

Vorrei tanto poterlo prendere, ma le armi sono tutte troppo distanti, e, conoscendo le mie capacità, le probabilità di sopravvivenza se tento di prenderne una sono pari allo 0,1 per cento. “3, 2, 1...”.

 

Non ho più tempo per pensare, perché suona il segnale d'i­nizio dei giochi.

Mi precipito verso lo zaino giallo, non badando a nessuno. Quando arrivo lì giro un secondo la testa per vedere come stanno andando le cose agli altri tributi, e, nel caso, se qualcuno ha già puntato a me. Come sospettavo i favoriti hanno già cominciato a uccidere gli altri tributi, e, fortunatamente, nessuno ha ancora pensato alla povera e in­genua ragazza del 9. Mi carico in spalla lo zaino giallo e con mio stupore noto che è stranamente pesante. Mi giro, terrorizzata all'idea che qualcuno mi stia inseguendo, e, proprio in quell'istante, un coltello va a conficcarsi nel corpo di un ragazzo vicino a me.

Accanto allo zaino che ho appena raccolto c'è il cadavere del ragazzino del'11, trafitto da un coltello, lanciato appena adesso dalla ragazza del suo stesso distretto. Il suo corpo è sopra uno zaino rosso che sfilo velocemente e che mi carico in spalla con altrettanta velocità. La ragazza del'11 sta correndo verso di me proprio in questo istante per cercare di rimpossessarsi dell'arma, ma io la sfilo dal costato del ragazzo e corro via come una saetta.

Corro, corro e corro, più che posso. Sono sfinita, ho il fiatone, ma non posso permettermi di fermarmi. L'agitazione sale, perché ho paura di quella ragazza che sicuramente mi sta ancora inseguendo. Mi giro, nella speranza di non vederla più.

E i miei desideri sono esauditi, perché lei non mi sta più seguendo. Deve essersi fermata una volta che sono entrata nel bosco. Avrà pensato che non vale la pena di seguire un tributo così facile da uccidere. Il che è vero, sicuramente morirò di fame, a meno che qualcun altro non mi trovi e uccida prima.

 

Sono abbastanza distante dalla cornucopia, dove probabil­mente si sta ancora consumando il bagno di sangue, ma per sicurezza decido di rifugiarmi su un albero. È abbastanza grande da poter mantenere il mio peso, non che io sia gras­sa comunque.

Trovo un ramo abbastanza largo da potermi sedere como­damente, e comincio ad esplorare il contenuto degli zaini: quello rosso, che ho rubato al ragazzino del'11, contiene una corda piuttosto resistente, una borraccia d'acqua (per mia fortuna piena), della frutta e della carne secca, e dell'al­tro cibo che però va consumato fresco. Nell'altro zaino, quello giallo, che avevo scelto fin dall'inizio, trovo con mia grande sorpresa un paio di roller blade.

'Cosa me ne faccio di un paio di pattini in una foresta?' penso, sorpresa e allo stesso tempo molto delusa.

Oltre ai pattini trovo una pezza bianca di spugna, che bagno con un po' di acqua e con cui pulisco la lama del coltello. Lascio lo zaino rosso appeso ad un ramo, e mi tengo solo quello giallo.

Mi rilasso per un po' distendendo le gambe, doloranti dopo quella corsa a perdifiato, e comincio a guardarmi intorno. Non vedo niente oltre a tanti alberi.

Decido di arrampicarmi in cima all'albero su cui sono sedu­ta, in modo da riuscire ad avere una visuale dall'alto dell'a­rena.

Niente. Anche arrivando ai rami più alti non vedo molto, solo una distesa immensa di alberi, e alberi, e alberi. Più in su non mi spingo, i rami sono troppo sottili e cederebbero al peso di una qualsiasi persona. A quel punto scendo, e co­mincio ad esplorare la foresta, in cerca di una sorgente d'ac­qua, perché la mia non durerà per sempre.

Trovo un albero pieno di nocciole, e ne faccio provvista per i giorni a venire. Trovo anche delle radici e della corteccia commestibili, e le ficco nello zaino. Quando ero al distretto ho imparato a riconoscere molte piante velenose, quindi so come cavarmela in un bosco.

Arriva il crepuscolo, con i suoi bellissimi colori, ma il bo­sco non sembra tanto diverso dal punto in cui si trovava la cornucopia, e anzi, mi sembra di girare intorno senza una meta. Ormai la sera sta avanzando, mi fermo e mangio una delle mele che c'erano nello zaino, insieme a due nocciole e un sorso d'acqua.

Per un momento mi sento davvero rilassata e in pace con il mondo, in quella radura incontaminata. Ma a riportarmi alla realtà sono gli spari di cannoni dei tributi caduti: ogni sparo un morto. Comincio a contare: 1, 2, 3... 12! Oggi sono ca­duti 12 tributi. La metà! E io ho avuto la fortuna di rimane­re viva? È incredibile quanto i favoriti si siano dati da fare solo dall'inizio dei giochi, ed è incredibile anche il fatto che io sia ancora viva.

Sono sempre stata una delle peggiori in educazione fisica a scuola: arrivavo ultima nella corsa, nel lancio del peso, e persino nel salto in lungo. L'unica cosa in cui andavo bene erano il tiro con l'arco e il nuoto, discipline extracurricolari a cui nessuno partecipava mai. Sono sempre stata una schiappa, non lo nego, però devo ammettere che nelle altre materie ero piuttosto brava, il cervello non mi è mai mancato.

Ma tanto non penso tornerò mai più a scuola, quindi non è che mi importi granché dei miei voti in un momento del ge­nere.

 

È appena passato anche il crepuscolo, e il cielo è ormai tin­to del colore della notte, contaminato da miliardi di stelle finte, quando sulla sua volta si proietta il simbolo di Capitol City accompagnato dall'inno di Panem.

Appaiono i volti dei tributi morti: ci sono il ragazzino del'11 e altri che per me non significano nulla.

Thomas, il ragazzo del mio distretto, è ancora vivo.

I favoriti quest'anno sembrano davvero tosti, oppure sono troppo ingenui per ricordarsi dei due ragazzi del distretto 9. Chissà come ha fatto Thomas a sopravvivere, non sembrava un tipo intelligente, e nemmeno troppo scaltro o veloce per fuggire al bagno di sangue. Non che io lo sia, comunque.

Un'altra volta il simbolo, e il cielo torna come prima. Deci­do di rifugiarmi su un albero per passare la notte, quando qualcosa mi ferma.

È un cigolio, come quello che fa una porta quando si apre o chiude su dei cardini troppo arrugginiti.


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Messaggio dall'autrice:
Eccomi qui, mi presento prima di tutto! Io sono Jecky, e questa è la prima FF che scrivo! Ho finito da un po' i libri di Hunger Games, e mi hanno preso talmente tanto che mi è dispiaciuto separarmene, così ho deciso di scrivere una storia dal mio punto di vista. Purtroppo non sono una tipa particolarmente costante, quindi non so quanto durerà tutta la storia, conoscendomi sicuramente non  molto, ma se vi piace potrò magari tirarla più a lungo XD
Ho voluto scrivere dal punto di vista di un personaggio inventato da me, perché mi sembrava troppo noioso farlo dal punto di vista di qualche personaggio già esistente, e perdevo interesse nell'inventarmi il carattere e la storia di quest'ultimo. 

In questo capitolo abbiamo un doppio banner, causa inizio nuova storia (quindi banner di "copertina") e poi banner del capitolo :3 Fanno schifo, ma vabbe' dai XD
Bene, grazie a chi ha letto fino a qui, al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 2
*** Capitolo II - Uno strano oggetto ***


 


  
- Capitolo II -

Uno strano oggetto



Mi guardo intorno, alla ricerca di cosa può aver prodotto quello strano suono. Rumore alquanto sospetto, perché improbabile da sentire in un bosco.  Deglutisco, e la saliva scende nella mia gola lentamente, formandomi un nodo che non vuole sciogliersi. Un attimo di panico mi rapisce, ma cerco di stare tranquilla, anche se potrebbe essere qualsiasi cosa ad aver prodotto quel rumore, anche una di cui non dovrei aver paura, per esempio. Una ghiandaia imitatrice? Magari ha imitato il rumore emesso da qualche tributo. Ciò significa che c'è qualcuno qui vicino? Oppure gli strateghi hanno mandato nell'arena qualche animale feroce? Presa dall'ansia faccio qualche piccolo passo, tenendo il coltello stretto vicino al petto. Cammino per pochi metri, un passo alla volta, molto lentamente. Il rumore si ripete, questa volta più forte. Mi giro di scatto, perché lo sento provenire dalle mie spalle. Con mio grande stupore osservo cosa ho davanti, e per un attimo non lancio un urlo di sorpresa e terrore.

 

Un enorme cancello rosso si presenta davanti a me, e vedo tutto intorno una lunga barricata del medesimo colore. Cosa significa? È messo a fine dell'arena? Ma se così fosse perché c'è anche un cancello e non solamente la barriera? E poi perché proprio una barriera? Non bastava semplicemen­te mettere il solito campo di forza? Il cancello si sta chiudendo, lentamente ma si sta chiuden­do. Fa molto rumore, e capisco che è proprio lo stesso che avevo sentito prima. Lancio un sasso verso il cancello, per vedere se c'è qualcosa oltre. Lo avevo visto fare in un edi­zione degli Hunger Games di qualche anno fa: un tributo aveva scoperto un campo di forza, che serviva a delimitare l'arena, e per non andarci addosso lanciava dei sassolini. Se questi non tornavano indietro significava che il campo di forza non era presente in quel punto. E il mio sasso non è ancora tornato indietro.

Ciò significa che c'è qualcosa oltre il cancello? È buio, e non riesco a vedere oltre, solo nero. Cosa dovrei fare ora? L'arena continua oltre quello strano cancello oppure se lo sorpasso finisco uccisa? Magari è il recinto di qualche strana bestia. Eppure sento che c'è qualcosa oltre. Qualcosa di non necessariamente crudele. Si sta chiudendo con un cigolio infernale, e ho paura che possa essere sentito anche da altri tributi, quindi devo prendere una decisione alla svelta: oltrepassarlo o rimanere dove sono? Forse devo rimanere nel bosco, sopra un albero, e guardare meglio domani, così ho il tempo di pensarci con più calma. E se invece oltrepassando il cancello trovo un posto dove gli altri tributi non possono trovarmi? “5, 4, 3...”. Dentro di me sento il conto alla rovescia partire, come a dire 'ehi, guarda che il cancello si chiude, quindi pensa in fretta!'. Presa da un inspiegabile coraggio mi tuffo in mezzo alle due sbarre, che si stanno per chiudere proprio in quell'istante, e con un tonfo finisco sopra qualcosa di molto duro. Con un rumore assordante si chiude in cancello alle mie spalle, e, a quel punto, mi aspetto il peggio.


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Messaggio dall'autrice:
Eccoci qui con il secondo capitolo! :D
so che è un po' corto, ma ho deciso di farlo così apposta per mantenere la suspence più a lungo u.u
Fra poco carico anche il terzo capitolo, stay tuned! ;)
Jecky
 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III - I pattini ***


- Capitolo III -

I pattini

 

Ho gli occhi chiusi, serrati. Non ho il coraggio di aprirli, ho davvero paura del peggio.

'Bene, ora arriverà qualche strano animale a massacrarmi!' penso, con molta paura.

Cosa ho fatto a buttarmi da questa parte? Dovevo starmene nel bosco!– urlo sbattendo un pugno contro il terreno. Ritiro subito la mano, perché mi sono fatta male: il terreno è compatto, non è come il sottobosco, soffice e morbido per via delle foglie. È duro. E caldo. Con riluttanza apro gli occhi. È ancora tutto buio, ma dopo un poco i miei occhi si abituano.

Case? Ecco cosa vedo, delle case. Com'è possibile? Mi guardo i piedi, e sotto di essi vedo solo uno strano colore grigio. Possibile che...? Dei pensieri mi affollando la testa, e per cercare di dare una risposta ai miei dubbi corro verso la prima casa che trovo. Mi sembra abbastanza alta, e cerco di arrampicarmi fino al tetto. Com'è possibile che ci siano delle case proprio qui? Non dovrebbe essere l'arena? Sono morta e in realtà questo è tutto un sogno? Oppure sono stata punta senza accorgermene da qualche strano insetto? Ma­gari durante la corsa non mi sono accorta che un Ago Inse­guitore mi ha punta e ora sono in preda alle allucinazioni! Eppure mi sembra tutto così reale che pare impossibile sia solamente un sogno.

Quando sono sul tetto della casa mi alzo bene in piedi. È spiovente, quindi faccio fatica a rimanere in equilibrio, ma la fortuna mi assiste, e, miracolosamente, non cado. Dopo quell'attimo di stabilità rischio però di cadere, perché perdo l'equilibrio nel momento in cui lancio un urlo. Sono rimasta sorpresa, perché ho appena capito cos'è l'arena di questi sessantanovesimi Hunger Games.

 

Una città. Una grande città, ecco cosa. L'arena di quest'edi­zione degli Hunger Games, altro non è che un'enorme città abbandonata.

Il bosco da dove sono partiti i giochi e dove è situata la cor­nucopia, in realtà è un enorme parco, e i cancelli servono a delimitarlo. Ancora non riesco a rendermi conto di tutto ciò e sconcertata mi siedo sul tetto, cercando di riprendere fiato. Dopo pochi attimi scendo, in cerca di un altro posto altrettanto irraggiungibile per poter dormire.

Nonostante probabilmente io sia l'unico tributo ad aver scoperto questo posto, non si sa mai chi o cosa potrebbe esserci in agguato, e quindi trovare un luogo difficile da raggiungere per poter dormire è la soluzione migliore per non fare una brutta fine.

Cammino per qualche isolato, quando, tutto ad un tratto, mi sfiora la mente un pensiero: i pattini! Ecco dove posso usarli! Dubitavo che fossero stati messi nello zaino per puro caso. Mi permetteranno di muovermi più velocemente e agilmente sull'asfalto della città. E grazie al cielo che li so usare!

Se devo essere sincera, sono sempre stata un'ottima pattina­trice. Al distretto mi ero creata dei pattini con delle ruote di un vecchio carrello, che si legavano con delle cinghie ai miei stivali. Quando veniva l'inverno le sostituivo con delle lamine di ferro che mi ero fatta dare da un mio compagno di classe, così da poter sfrecciare sul laghetto ghiacciato nell'angolo sud del distretto 9. Mi divertivo parecchio, ed era una delle cose che mi rendevano più felici in assoluto. Se mai tornerò a casa, avrò talmente tanti soldi che potrò farmi arrivare un paio di pattini direttamente da Capitol City! E non uno, ma ben due paia: uno per pattinare sul ter­reno, e un paio per il ghiaccio. Tutto sommato mi rendo conto che il destino è dalla mia parte, almeno per una volta.

Senza indugiare ancora li infilo. La strada è molto liscia e si scivola che è una meraviglia, sull'asfalto ancora caldo per il sole che è appena sceso. Per di più i pattini sono di mirabile fattura, e non elementi scadenti come quelli che avevo al distretto.

Dopo un paio di minuti decido di fermarmi, e di tornare a cercare un posto dove poter passare la notte. Trovo una bella casa dal tetto piatto, e decido che sarà la mia dimora per questa prima notte nell'arena. Raggiungo il tetto, con un po' di fatica ma ci riesco. È parecchio in alto, e ho una bella visuale su tutto il parco. Vedo un fuoco, e del fumo che va verso il cielo, e penso che i favoriti siano lì a godersi la cena.

Già, chissà se loro hanno capito come è fatta l'arena. In realtà ne dubito seriamente, dato che prima di superare i cancelli è praticamente impossibile capirlo. E poi chissà se mi riserverà altre sorprese questo posto...

Mangio qualcosa, poco, per risparmiare il cibo anche nei giorni a venire. Poi mi distendo a pancia in su, sicura che quella sarà una notte tranquilla, visto che (almeno spero) nessuno ha ancora scoperto il modo di uscire dal parco.

Posiziono il mio zaino a mo' di cuscino, e mi distendo, usando la giacca come coperta, e mi immergo così in un sonno profondo.

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Messaggio dall'autrice:
Ecco a voi anche il terzo capitolo, spero che la storia vi entusiasmi almeno un pochino, in caso fatemi sapere! XD
non ho molto da aggiungere riguardo questo capitolo, quindi ci sentiamo nel prossimo!
See ya! :3
Jecky

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Capitolo 4
*** Capitolo IV - L'arena ***




- Capitolo IV -

L'arena

 

Ophelia Winslet! – Il mio nome viene pronunciato ad alta voce all'interno del microfono argenteo posizionato al cen­tro del palco. Quell'assurda signora con la parrucca arancio­ne, proveniente direttamente da Capitol City, ha appena estratto il mio nome dall'ampolla di vetro che stabilisce ogni anno il destino di molti ragazzi. Il giorno della mietitura e il mio inizio di partecipazione agli Hunger Ga­mes mi sembra avvenuto solo ieri.

Forza, vieni qui tesoro, non avere paura.– mi incita la biz­zarra donna di Capitol City.

Le gambe mi tremano e il respiro si fa affannoso. Cerco di stabilizzarlo, facendo profondi respiri. Percorro mio mal­grado il corridoio che divide i ragazzi per età, e salgo rilut­tante sul palco.

Ho assistito a tante mietiture in vita mia, ma mai avrei pen­sato che durante il giorno del mio sedicesimo compleanno avrebbero potuto estrarmi. Mai avrei immaginato che po­tessi capitare io, prima o poi, su questo palco.

La donna mi porge il microfono e mi chiede se ho qualcosa da dire. Io mi guardo intorno: vedo alcune ragazze preoccu­pate, altre tirano un sospiro di sollievo. Vedo i miei genitori in fondo, insieme ai miei fratelli più piccoli, e tutti stanno piangendo disperatamente. Io scuoto la testa: non ho nulla da dire. Lei trilla qualcosa nel microfono che non sto a sentire, e si dirige subito verso la seconda boccia, cominciando a mischiare i bigliettini con i nomi dei tributi maschi. Là dentro c'è anche il nome di Philip Keane.

Philip è colui che amo, con tutta me stessa, se lo estraessero potrei morire, qui, sul palco, ancora prima di entrare nell'arena. Non sopporto il fatto di dover pensare che potrei arrivare ad ucciderlo.

Una volta scelto il biglietto che racchiude il destino di un altro ragazzo, la donna dai capelli arancioni esclama ad alta voce il nome del tributo maschio: – Thomas Flynn! – escla­ma nel microfono.

Tiro un sospiro di sollievo. Non avrei mai potuto trovarmi nell'arena insieme a Philip. Però le cose non saranno semplici: Thomas lo conosco. Certo, non posso dire che ho un grande rapporto con lui, però lo conosco da troppo tempo, e, in un certo senso, gli voglio bene.

Ha un anno in più di me, e frequentiamo la stessa scuola. Sorride. Sorride sempre. Non nego che il suo sorriso sia adorabile, ma ogni tanto vorrei tirargli un pugno per togliergli quel ghigno imbecille dalla faccia. Odio quelli che sorridono sempre senza un motivo. E lui mi sorride, proprio ora. Io distolgo lo sguardo. Fisso la folla di fronte a me.

Bene ragazzi, salutate i vostri amici con un applauso! – dice la tipa. – E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore! –

I ragazzi applaudono, incitati dalla donna di Capitol.

Ma quegli applausi si trasformano presto in pugni.

I ragazzi cominciano a picchiarsi, senza tregua: i più grandi e grossi picchiano persino le bambine più piccole. Morsi, grida, arti e vite spezzate. Sangue, sangue ovunque. Si tra­sforma in un lago, poi in un mare, che arriva fino al palco e mi sommerge nelle sue onde scarlatte. Io non respiro più, non ce la faccio.

Poi mi sveglio.

 

Era solo un sogno, un terribile sogno. Era così vero che avrei potuto morire di paura. È lo sparo di un cannone a svegliarmi: questa notte è morto un altro tributo.

Guardo il cielo, e vedo che il sole sta sorgendo in questo esatto momento. I favoriti si sono dati da fare anche durante la notte a quanto pare. Ciò mi fa intuire che non potrò mai dormire sogni tranquilli.

Ripenso al sogno che ho fatto e alla donna di Capitol City: durante il viaggio l'ho conosciuta, si chiama Savannah.

Ricordo che la prima volta che la vidi, quando avevo ancora dodici anni, alla mia prima mietitura, pensai: 'ma lì si vestono tutti così?'. E ancora oggi me lo chiedo: con i loro capelli dai colori improbabili, vestiti talmente attillati che non riesco a capire come facciano a respirare, e quei tacchi vertiginosi che mi sfugge il modo in cui riescono a mantenersi in piedi. E poi sono tutti così paurosamente colorati. Dico paurosamente perché fanno davvero paura: giallo fluo, verde oceano, rosa lampone, blu elettrico... e tutti gli abiti sono abbinati a cappelli, scarpe e accessori dei medesimi colori.

Io il vestito più colorato che ho è quello che avevo alla mietitura di quest'anno: giallo spento con fiorellini neri.

Faccio colazione con la seconda mela che avevo dentro lo zaino, e poi mi avvio alla scoperta dell'arena con i miei pat­tini.

La città è costituita da una piccola piazza e da delle vie la­terali, che partono a raggio tutte intorno ad essa. Al centro c'è una fontana, che sgorga acqua a rivoli.

'Bene, una fonte dove abbeverarmi' penso, anche se non sono sicura che l'acqua sia potabile.

In ogni caso prima o poi sarò costretta a berla, dato che la scorta in mio possesso non durerà per sempre. E poi chissà, sicuramente qualcuno mi farà fuori prima. Noto di non ave­re particolare fiducia in me stessa.

Le case della città sono tutte nuove, però al loro interno non c'è nessuno. Sono case semplici, non come quelle di Capitol City, ma nemmeno come le baracche delle persone più povere del distretto.

Entro in una casa vicina alla piazza centrale, nella speranza di trovare qualcosa di commestibile. Con mia grande sor­presa trovo parecchie cose che potrebbero rendersi utili, come una torcia, una coperta, e del cibo in scatola. Ce n'è poco, ma comunque è meglio di niente. C'è un bagno, una camera da letto e la cucina. Niente di più, niente di meno. Faccio una visita anche nelle case vicine, ma non trovo molto di più. Tutto ciò che possiedo lo metto dentro lo zai­no, e se mangio con parsimonia dovrebbe bastarmi per un bel po' di giorni.

Mi siedo su un divano, al piano più alto di una casa nasco­sta in mezzo alle altre. Ho la coperta che mi riscalda, e sen­za accorgermene mi addormento. Mi sveglio però dopo poco tempo, e guardandomi intorno noto che le cose non sono più come prima. Pensando di essere ancora in un sogno mi strofino gli occhi e mi guardo meglio intorno: non mi sono sbagliata, sono veramente distesa sul soffitto! Cosa è successo mentre dormivo? Perché non me ne sono accorta? Osservo meglio, e non riesco a capire cosa succede. Esco fuori di corsa e noto con mia grande sorpresa una cosa: tutto quanto è a testa in giù.

Mi sono lasciata sfuggire qualcosa? Cos'è veramente que­st'arena? In quale trappola mortale sono finita?

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Capitolo 5
*** Capitolo V - A testa in giù ***


- Capitolo V -

A testa in giù

 

A dire la verità non sono proprio uscita correndo dalla casa, anche perché se l'avessi fatto sarei precipitata nel cielo. Sembra assurdo da dire ma è così.

Mi osservo meglio attorno, e vedo che tutto è capovolto. Guardo la fontana al centro della piazza, e vedo che l'acqua sta sgorgando dritta verso il cielo, e non più a rivoli circola­ri come faceva prima.

'Chissà se posso camminare nel cielo', penso. Cerco un oggetto sacrificabile, che nel mio caso è una lattina di tonno, che prima conteneva il mio pranzo. Tolgo il coperchio e lo lancio verso il cielo, tinto dell'azzurro del primo pomeriggio. Penso sia un campo di forza, per quello lo lancio. Rimane lì, immobile, quindi capisco che forse potrei camminarci sopra pure io. Decido di provare, anche se non ne sono del tutto sicura, e, se le cose tornassero dritte come prima sarebbe un bel guaio. Quindi vado piano e con calma.

Sporgo un piede dalla finestra e lo appoggio su quella che dovrebbe essere una nuvola. Assomiglia molto ad uno schermo a cristalli liquidi, perché quando ci appoggio il piede, delle strane onde si formano sotto di esso. Appoggio anche l'altro piede, e, tenendomi stretta alla finestra faccio dei passi avanti e indietro. Stabilisco quindi che può regge­re il mio peso e comincio a camminare con più facilità. La cupola che fa da cielo è sferica, quindi devo stare attenta a non spingermi troppo in là, per non scivolare fino a terra. Le pareti dell'arena sono fatte di un campo di forza e pen­savo fosse tutta così, perfino il soffitto. Invece il cielo è di­verso. Anche se ad ogni passo si formano strane onde sotto i miei piedi, e sento di camminare su qualcosa di solido, mi sembra di volare. È un'esperienza grandiosa, anche se è solo un illusione.

Ad un tratto sento qualcosa che mi sfiora il naso, e, alzando la testa, noto qualcosa di assolutamente meraviglioso.

Neve. Candida neve bianca scivola verso di me.

Ma in che razza di arena sono finita? Non riesco proprio a capirci niente. Rimango lì a guardarla, incantata.

Nel momento in cui un fiocco mi raggiunge scopro che non è fredda, e quindi la cosa mi piace ancora di più.

Ho sempre amato la neve, e spesso al distretto ne cadeva molta e abbondante durante l'inverno, e io mi divertivo a costruire pupazzi di neve con i miei fratelli. Non possede­vamo dei guanti, quindi quando finivamo di giocare aveva­mo le mani doloranti per via del freddo. Scoprire che que­sta neve è diversa da quella che conosco io mi rallegra, per­ché così non patirò il freddo, né di notte né ora, nel caso dovesse caderne di nuovo. Però comincio a pensare che forse potrebbe essere qualcosa di inventato dagli strateghi per farmi tornare al parco e combattere contro gli altri tri­buti, dato che il pubblico vuole spettacolo e non ne sta ri­cevendo molto da parte mia. Ma non me ne importa niente in questo momento, e me ne sto lì, ad osservarla incantata per un altro po'.

 

Dopo poche ore che passo tranquilla, facendo avanti e in­dietro fra la casa e il cielo, vedo che si è depositato un leg­gero strato di neve su tutta la cupola. Il che è davvero buffo da dire, perché quando mai si è sentito dire che la neve cade da terra? Mi siedo per terra e la esamino con circospe­zione.

Ad un tratto però qualcosa attrae la mia attenzione. Essendo seduta su un pezzo di cielo da qui posso vedere tutto. Noto con mio grande stupore che il parco, in cui molto probabil­mente ci sono ancora i favoriti, non è a testa in giù, e non è nemmeno coperto dalla neve. Nel senso: se io sono a testa in giù, loro sono come io ero prima che mi addormentassi e mi risvegliassi così. E per di più noto il cancello chiuso.

A risvegliarmi dai miei pensieri è una cannonata, il che si­gnifica che è morto un altro tributo. Quindi in totale ne sono caduti 14, in solo un paio di giorni dall'inizio dei gio­chi.

I favoriti si danno sempre molto da fare, a quanto pare.

Non riesco a capire dove trovino la forza, o anche solo il coraggio di uccidere degli altri ragazzi. Come fanno?

Ma la cosa che più mi sconvolge in questo momento è il cielo, e non solo lui. Vedo la casa in cui ho lasciato tutte le mie cose tremare, e con lei tutte le altre. Anche il cielo tre­ma. Corro verso la casa da cui ero uscita e mi aggrappo sal­damente alla finestra. Noto che il mobilio è rimasto attacca­to al pavimento (che ora è diventato il soffitto), e la cosa mi lascia perplessa. Ma ora non è il momento di pensare all'arredamento, perché la casa sta tremando, e con lei tutta l'arena.

Cosa diavolo mi accadrà ora?


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Messaggio dall'autrice:
ebbene eccoci giunti al quinto capitolo! XD Spero vi piaccia come si è sviluppata la storia, e che l'arena di questi giochi possa interessarvi u.u se devo essere sincera sto cercando di capire come funziona anche io (?). ahahah, scherzo, più o meno l'idea in testa ce l'ho, solo che è difficile da sviluppare D: l'idea della cosa a testa in giù mi è venuta guardando una pubblicità ieri sera mentre finivo di scrivere il capitolo IV, dove c'era un tipo che camminava a testa in giù per casa sua (dovrebbe essere la pubblicità di un rasoio da barba, o qualcosa del genere, non ci ho prestato molta attenzione ad essere sincera XD). Comunque mi scuso di non avere aggiunto lo spazio autrice al capitolo precedente, ma mi è saltato completamente di mente! :/
Comunque vado particolarmente fiera del banner nello scorso capitolo LOL
Spero continuerete a seguirmi tutti e che mi arrivino delle recensioni, positive o negative va bene comunque, perché aiutano tutte a crescere! :3

Un bacione a tutti!
Jecky

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Capitolo 6
*** Capitolo VI - Passato e chiarimenti ***


 



- Capitolo VI -

Passato e chiarimenti

 

Poco alla volta la terra e il cielo cominciano a tremare e a ruotarsi, per tornare alla loro posizione iniziale. La neve che si è depositata nel cielo comincia a scendere, molto len­tamente. Io sono appesa saldamente alla finestra, dato che non riesco a raggiungere un qualsiasi altro spazio della casa, essendo tutto attaccato al soffitto (o sarebbe meglio dire il pavimento?).

Tutto ruota, e mi viene un leggero senso di nausea, ma quando ci fermiamo mi sento meglio. Esco dalla porta prin­cipale, barcollando e parecchio tesa, e noto che sono di nuovo perfettamente dritta. Solo che la neve che prima era caduta sul cielo ora sta scendendo di nuovo. Non riesco a capire da dove è venuta.

Ieri sera quando sono arrivata in città non c'era nessuna traccia che potesse farmi presumere che fosse caduta della neve. È anche ovvio che ieri potrebbe non essere caduta, oppure si è sciolta prima del mio arrivo. Sono piena di domande e dubbi a cui non riesco a dare risposta. Guardando il cielo sembrerebbero le cinque di pomeriggio. Quando mi sono addormentata erano circa le due (o almeno se dovessi stabilire un orario sarebbe stata quella l'ora). Quindi, dalle 2 alle 5 di pomeriggio l'arena ha ruotato. Salgo sul tetto della casa, e guardo verso il parco.

I cancelli ora sono di nuovo aperti.

 

Cosa significa? Perché prima erano chiusi e ora no? Non capisco più niente, davvero. La neve continua a scendere, molto lentamente dal cielo, quando, annusando attentamen­te l'aria, capisco che non mi fa bene stare fuori: la neve po­trebbe essere tossica!

Me lo fa capire, per l'appunto, il suo strano odore, e per si­curezza mi nascondo in casa, chiudendo tutte le imposte. Ne ho aspirata molta durante il giorno? Però non mi pareva che mentre era nel cielo avesse quell'odore. Le cose si fan­no più sospette ad ogni minuto che passa, e la mia testa non riesce a trovare un filo logico agli avvenimenti della gior­nata, che si incatenano in un groviglio di pensieri.

 

Dopo poco tempo che sono dentro casa (se devo stabilire un altro orario direi che è passata una mezz'oretta) la neve cessa di cadere. Il cielo si è svuotato del suo peso, e ora la neve tossica è tutta sparpagliata sul terreno. Io rimango ran­nicchiata dentro casa con la coperta, a guardarla mentre si scioglie, con il mio coltello sempre al fianco (non si sa mai chi o cosa potrebbe arrivare).

Passo così un altro giorno, la neve, il paesaggio che ruota, i cancelli che si chiudono quando la città si gira mentre il parco sta fermo e si aprono quando io torno dritta. I miei pomeriggi li passo a guardare la neve tossica che si scioglie con il sole. L'unica cosa che ho capito è che quando la neve è in cielo non è tossica, ma quando cade sì. Al resto non riesco a trovare risposta.

La sera mi stendo sul divano e penso a come potranno an­dare le cose da qui in avanti. Secondo me fra poco mande­ranno qualche animale o bruceranno la casa, o verrà spaz­zata via da un tornado, e io morirò assieme ad essa. Il pub­blico si starà annoiando, io sono qui ferma da due giorni or­mai, e i favoriti non uccidono nessuno dal pomeriggio di ieri. Esco di casa solo un attimo in quei giorni, quando sen­to l'inno di Capitol City, per vedere chi è morto. Il giorno in cui il paesaggio ha ruotato per la prima volta sono morti due tributi, e sono la ragazza del'11 e il ragazzo del 10. Thomas è ancora vivo.

Quella sera mi addormento, il mio coltello sempre vicino a me, e sogno del mio distretto.

 

Sogno. Sogno del distretto 9: la mia famiglia, i miei amici. Al distretto vivevo con i miei genitori e i miei tre fratelli. Io ero la seconda di quattro figli, quindi la più grande dopo mio fratello maggiore. Dopo di me c'erano Daisy, la mia sorellina di 11 anni, e Gil, il più piccolo, di 4 anni. Lysan­dre, mio fratello maggiore aveva 18 anni.

Sì, prima che venisse scelto per partecipare agli Hunger Games.

Morì nell'edizione prima di questa, quindi la sessantottesima. Fu un grande dolore per tutti noi. Mia madre entrò in una depressione di cui ancora oggi soffre parecchio, e io sono rimasta sola. Senza un appoggio, un aiuto da qualcuno di più grande. Devo badare ai miei fratelli più piccoli, perché mia madre è sempre stanca e triste, e per di più ha sempre molto lavoro da svolgere. Mio padre lavora tutto il giorno ai campi di frumento, e la sera torna sempre molto tardi, e, per il più delle volte, ubriaco.

I soldi non ci mancano, perché mia madre lavora, e persino mio padre, però non si può dire che siamo ricchi, anzi. Mamma ha un negozio di tessuti, dove crea anche vestiti. Riusciamo a campare senza problemi, ma la tensione è sempre alta quando siamo tutti insieme. E io non posso permettermi di perdere. Non posso farlo, per Daisy e Gil. Senza di me loro non avrebbero nessuno. Sono il loro appoggio, la loro ancora di salvezza.

Sogno di essere a casa: sono appena tornata dal corso di tiro con l'arco. Mia madre mi chiede di raggiungere mio pa­dre nei campi, con lui ci sono gli altri miei fratelli. Prendo degli spiccioli dalla mensola, quelli che metto da parte da sola, e che uso solamente in occasioni speciali. Decido che prima di arrivare nei campi mi fermerò in panetteria a pren­dere dei dolci per me e i miei fratellini.

Compro tre biscotti di farina di frumento e pezzetti di cioc­colata, sopra sono glassati di giallo e hanno disegnato il simbolo del nostro distretto.

Arrivo felice al campo, e cerco mio padre. Lo trovo mentre sta tagliando con una grossa falce delle spighe altissime. Oggi è felice, e stranamente sobrio. Mi sorride, e io gli dico che ho dei dolci per Gil e Daisy.

Daisy è seduta su uno spiazzo di terra vicino ad una parte di frumento già tagliato, e si sta occupando del piccolo Gil. Le porgo i biscotti, e io divido il mio con mio padre. Siamo felici, sembra una normale giornata, quelle del giovedì in genere, in cui lo vado sempre ad aiutare nei campi. Mi sie­do accanto a Daisy, e noto che mi porge qualcosa. Mi dice che glielo ha regalato la sua compagna di banco a scuola. Afferro lo strano oggetto, che stringe tra le sue piccole mani, e lo ruoto a testa in giù. È una di quelle strane palle di vetro, che se capovolgi tanti brillantini si depositano sulla cupola, e poi scendono sul paesaggio contenuto all'interno.

Ad un tratto suona una sirena, come quella che annuncia l'i­nizio della mietitura, e io mi sveglio da quello strano so­gno. Mi manca il calore del vero sole, quello che mi colpi­va forte sulla testa quando aiutavo mio padre nei campi. Mi mancano i sorrisi dei miei fratellini quando compravo loro dei dolcetti. E mi manca sopratutto lui: il mio fratellone Ly­sandre. Mi manca il suo calore quando mi stringeva, quan­do mi diceva: – Va tutto bene, non verrai scelta per la mieti­tura. –

 

Ma ora devo tornare alla realtà. È già mattina inoltrata, e io mi sono svegliata troppo tardi. Ormai sono giorni che nes­suno viene ucciso, cosa mi aspetterà ora? Arriva di nuovo l'ora del pranzo, e, come è successo anche nei giorni prece­denti, l'arena ruota di nuovo.

Ad un tratto ripenso a Daisy, e al sogno che ho fatto stanot­te, e finalmente capisco cos'è l'arena.


---
Messaggio dall'autrice:
Ebbene gente che segue questa storia, ormai penso abbiate capito di cosa si tratta l'arena di questi sessantanovesimi Hunger Games! Ora forse cominceremo a capirci meglio tutti su cosa succede! XD
Spero vi sia piaciuta la parte sulla vita di Ophelia al distretto! :33 magari nei prossimi capitoli riesco a raccontarvi altro sul suo passato! :D
Comunque mi sa che dovrete aspettare un po' per i prossimi capitoli, essendo a corto di idee e con un nuovo videogioco a cui giocare... be', sapete com'è XD
Spero in nuove recensioni, e sopratutto che continuate a seguire le avventure di Ophelia!

Un abbraccio!
Jecky

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Capitolo 7
*** Capitolo VII - Ricerche ***


 



- Capitolo VII -

Ricerche

 

Un'enorme palla di vetro. Ecco, finalmente penso di aver capito che cos'è l'arena di quest'anno. Sempre che non suc­ceda qualcosa di nuovo che mi faccia cambiare idea, ma spero vivamente di no.

Sono arrivate le (ipotetiche) ore cinque, e l'arena torna alla sua forma originale, con la neve che cade. Mi tappo il naso e vado fuori per un attimo. Ormai è qualche giorno che sono dentro casa e ho bisogno di uscire a sgranchirmi le gambe. Quando però un fiocco di neve mi sfiora il braccio sento la pelle bruciare. Guardo incuriosita il punto in cui si è posato e noto una cosa che mi fa rabbrividire: la mia pelle è come se si fosse bruciata. Spaventata corro dentro casa, mentre la neve comincia a cadere più forte, e, per mia gran­dissima fortuna, non me ne cade altra sul corpo. Una volta dentro mi osservo con attenzione il braccio: nel punto in cui il fiocco di neve mi ha sfiorata c'è un buco sulla giacca, molto simile al taglio di un coltello. La pelle sotto si esso è come se fosse bruciata, ma è una bruciatura molto lieve, e assomiglia molto ad un graffio.

Per poter analizzare meglio la situazione getto dalla finestra una lattina, il mio solito oggetto sacrificabile. Dopo un'oret­ta circa, quando la neve si è sciolta, vado a prendere la con­fezione di latta che avevo gettato poco prima e con ciò capisco che la neve è acida.

La lattina è ricoperta di buchi, completamente corrosa dalla neve.

Torno dentro casa e comincio a fare ordine su ciò che sta accadendo: ho capito che l'arena è un'enorme palla di vetro, di quelle in cui cade la neve se le giri. Qui si gira tutto in­torno alle due di pomeriggio, o comunque in un'ora non di­stante da quella di pranzo. Tutto è capovolto fino a queste presunte cinque di pomeriggio, quindi all'incirca per tre ore. Mentre la città è a testa in giù la neve viene sganciata dal terreno, e si accumula nel cielo. Quando la terra torna dritta la neve scende, ma non è più innocente come quando è in cielo, perché si trasforma in uno strumento letale. Un'altra cosa che ho capito, anche se non mi è ancora particolarmente chiara, è che un giorno la neve è tossica, e quello dopo è corrosiva. Ultima cosa, ma non meno importante: il parco non gira, solamente la città. E poi le cose si ripetono, meccanicamente, ogni giorno.

Conclusione? Sono decisamente finita in una trappola mor­tale.

 

Cerco di capire come sfruttare tutto ciò che ho scoperto: i favoriti e gli altri tributi, se non hanno ancora scoperto la città, non ne conoscono nemmeno il funzionamento.

Quindi posso usufruire della loro ignoranza per sfuggire a loro, o comunque incastrarli in qualche modo. Non sono una cima, fisicamente parlando, ma usando la mia intelli­genza e la mia astuzia in qualche modo potrei anche uscire viva da qui!

 

La prima cosa che devo fare ora però è trovare dell' altro cibo, perché il mio comincia a scarseggiare. Ho ancora una fetta di carne secca, qualche noce, delle radici e un po' di corteccia. Di acqua me ne è rimasta pochissima. Finisco l'ultimo goccio, prendo il mio zaino e mi avvio verso la piazza. Una volta giunta lì ricarico la borraccia d'acqua, anche se non sono sicura che sia potabile. Faccio una capatina anche nelle stanze di varie altre abitazioni, e riesco a trovare qualche provvista. Ho il cibo, e anche l'acqua, che però non mi fido a bere. Giro per la città, in cerca di una nuova casa da “abitare” per i prossimi giorni. Sono tranquilla, perché sono sicura che non c'è nessuno a disturbarmi, nessun tributo avrà scoperto la città. Ma forse avrei dovuto pensarci un po' di più a questa cosa, perché la sorpresa che mi aspetta girato l'angolo non è affatto piacevole.

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Messaggio dall'autrice:
ebbene cari amici che mi seguite, eccoci giunti al settimo capitolo! Avrei voluto raccontare qualcosa della mietitura di Ophelia, ma alla fine ho pensato di parlarvene più avanti u.u
Spero vi sia piaciuto questo capitolo, in cui si spiega finalmente cos'è quest'arena (vi siete scervellati abbastanza vero? XD).
Mi scuso di eventuali errori, ma non ho avuto tempo di rileggere il capitolo (come è successo per tutti gli altri tra l'altro LOL)
Bene, per chi continuerà a sopportarmi ci vediamo nel prossimo capitolo! :33

 

Un abbraccione!
Jecky

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII - Non sono sola ***


 



- Capitolo VIII -

Non sono sola

 

Eccolo lì, seduto all'angolo di una casa: il tributo maschio del distretto 5.

È rannicchiato su se stesso, con le braccia che gli circonda­no le gambe. Guarda in alto, forse per cercare di stabilire l'ora tramite il sole, un po' come faccio io.

Mi nascondo dietro la casa da cui stavo svoltando e il cuore comincia a battermi a mille. 'Non sono sola'. Penso allar­mata.

Non so cosa fare, ho le idee parecchio confuse.

Quello è il ragazzino del 5, ne sono sicura, e avrà intorno ai 13 o 14 anni. Potrei aspettare che si addormenti e poi ucci­derlo nel sonno. Ma che cosa sto pensando? È ovvio che sa di non essere solo, quindi non si addormenterà con così tan­ta facilità. E poi io che cosa posso fare io? Certo, ho il coltello con me, ma non riuscirei mai a uccidere un ragazzo. Più piccolo di me poi!

Spero non mi abbia vista, e corro a cercarmi un riparo, lasciano la sua vita nelle mani di altri tributi. Purtroppo però pare aver notato la mia presenza, infatti lo vedo mettersi in piedi con la freccia ben incoccata nell'arco.

Non ci posso credere! È stato lui a prendere l'arco? Come ha fatto un ragazzino così piccolo a sopravvivere al bagno di sangue? Non può averlo preso all'inizio dei giochi, è impossibile! Mi nascondo per la seconda volta dietro il muro di una casa, da cui posso tenere ben d'occhio il tributo senza essere vista.

Sono abbastanza tranquilla, finché alle mie spalle non sento un rumore, e qualcosa mi stringe il braccio.

 

Mi giro, spaventata più che mai. Ho il cuore che batte a mille, e un costante presentimento di morte che mi assale.

È Thomas.

Mi mette una mano sulla bocca, facendomi segno di stare zitta. Ecco, vuole uccidermi in silenzio, senza farsi sentire dal tributo del 5, così potrà ammazzare anche lui e poi tornare al distretto sano e salvo.

Cerco di liberarmi, muovendomi più che posso e agitando braccia e gambe. Tento anche di mordere il ragazzo, senza successo. Mi arrendo all'evidenza delle cose, e chiudo gli occhi, da cui cominciano a scendere calde lacrime traspa­renti. Sto singhiozzando, ma il pianto è smorzato dalla mano di Thomas che preme in maniera impressionante sul­la mia bocca. Mi prende da dietro, e mi porta fin dentro la casa dietro alla quale siamo nascosti. Perché non mi ha uc­cisa subito? Almeno mi risparmiava quest'ansia che mi accompagna fin dentro casa.

Una volta dentro mi lancia contro il pavimento e chiude a chiave la porta.

Vuoi uccidermi vero? – esclamo io – Allora sbrigati, fa in fretta! –. Sto continuando a piangere, anche se non vorrei, anche se dovrei mostrarmi forte agli occhi degli abitanti di Capitol City. Forte agli occhi dei miei fratelli, che mi stanno guardando da casa. Forte anche di fronte a mia madre, e quell'idiota di mio padre.

Stai zitta o ci scopriranno idiota! – mi urla contro Thomas. – E comunque non ho intenzione di ucciderti – conclude poi.

Non vuole uccidermi? E allora cosa crede di fare? Stringere un' alleanza?

Voglio stringere un'alleanza con te –

Ecco, come non detto. Se non altro è una proposta più allet­tante della morte.

Va... Va bene.. – dico, leggermente preoccupata.

Hai visto il tributo lì fuori no? – mi dice poi. – Anche se non sembra è molto forte, quindi dobbiamo stare attenti. Inoltre i favoriti saranno qui fra non molto. –

I favoriti? Come fa a saperlo lui? Glielo chiedo:

Come fai a sapere che i favoriti saranno qui? –

Penso mi abbiano visto mentre scappavo da questa parte.– risponde lui.

'Oh, ottimo!' penso. 'Ora sì che siamo in guai seri!'.

Quindi... come pensi di cavartela? – chiedo, impaziente e speranzosa del fatto che abbia già pensato ad una strategia d'attacco.

In realtà speravo potessi dirmelo tu! –

'Fantastico! Ora siamo presi ancora peggio di prima!' penso.

Tu sei qui da più giorni di me, quindi pensavo conoscessi l'arena meglio. – mi dice. E in effetti è vero.

Ora ho almeno una vaga idea di come usufruire dell'arena. E ho anche qualcuno che può darmi una mano.

 

Spiego a Thomas come funziona l'arena, e progettiamo un modo di uccidere il tributo del 5, prima di tutto.

Potremo aspettare che faccia notte, che si addormenti e lo uccidiamo nel sonno. – propone lui.

No, secondo me sa di essere seguito, e comunque ha l'ar­co, è in vantaggio su di noi, sopratutto sulle lunghe distan­ze. – rispondo io. – Sono più di tre giorni che sono qui, e solo poche ore fa ho capito veramente come funziona l'are­na. A meno che non sia un cervellone non penso abbia capi­to come funzioni. Poi è arrivato dopo che l'arena ha ruotato, quindi non sa né della neve acida, né della rotazione. E di ciò ne sono sicura, perché quando l'arena ruota io esco sul cielo, e da lì lo avrei sicuramente visto. –

Thomas è stupito da come conosco bene l'arena.

Aspettiamo che cada la neve – propongo poi. – Penserà che sia neve normale e invece... –

Splat! – Urla Thomas.

Io faccio un balzo, esterrefatta e spaventata da quell'esclamazione. Però non posso fare a meno di ridere, quindi scoppio in una risata allegra che non facevo da anni ormai. Lui mi imita, e in men che non si dica ci ritroviamo a ridere come due stupidi, quando qualcuno potrebbe benissimo ucciderci in qualsiasi momento.

Domani ci sarà la neve tossica – dico tornando a fare un discorso serio. – Potrà cogliere di sorpresa anche i favoriti se arrivano in città! –

Fantastico! – risponde il mio nuovo alleato con un sorriso che lo rende davvero molto carino.

 

Arriva la notte, e decidiamo di montare la guardia a turni, in caso arrivasse qualcuno per tentare di ucciderci. Io sto sveglia fino a quella che sembrerebbe mezzanotte, poi è il turno di Thomas.

Vieni qui. – mi dice, poggiando una mano sul divano.

Vuoi uccidermi? – chiedo.

Siamo alleati ora, non voglio ucciderti! – Risponde lui ridendo.

È vero, siamo alleati, ma non riesco ancora a fidarmi cieca­mente di lui.

Distenditi – ho capito cosa vuole. Vuole che appoggi la testa sulle sue gambe e mi addormenti così. Non posso far­lo! Cioè, non siamo in così buoni rapporti da... Oh, e va be'. Insomma, chi se ne importa infondo. Magari riesco a guadagnare persino qualche sponsor giocando la carta della tenerezza.

Appoggio la mia testa sulle sue gambe, e distendo le mie sul resto del divano.

Non sei scomoda a dormire con queste cose? – dice rife­rendosi ai miei chignon. Me li ha fatti il mio stilista, Ma­ron, prima che entrassi nel tubo di vetro che mi avrebbe proiettata all'interno di questo posto infernale. Sono due enormi chignon laterali, formati ognuno da una lunga trec­cia.

Sì sono un po' scomodi, ma sono belli – dico io per tutta risposta.

Perché non gli scogli? – mi chiede lui. Io alzo le spalle e mi giro con il viso rivolto verso il suo corpo. Lui mi acca­rezza la testa teneramente. Comincia a scogliere le mie trecce, e i miei lunghi riccioli rosi ricadono dolcemente sul mio viso. Mi sembra di essere tornata a qualche anno fa, quando c'era ancora mio fratello Lysandre ad accarezzarmi, prima che partisse per non fare più ritorno.

Thomas gli assomiglia molto, a dire il vero.

Si china su di me e mi stampa un dolce bacio sulla fronte. Io sto partendo per il mondo dei sogni, e ormai non faccio più molto caso a ciò che fa, né do molto peso ai suoi gesti. Sento però i suoi occhi azzurri splendenti puntati dritti sul mio volto e le sue dita che mi accarezzano il viso. Alzo il braccio e gli accarezzo i capelli arancioni. Hanno una tonalità buffa, è più un rosso scuro, quasi marrone, ma quando sono colpiti dal sole divampano, diventando di tutte le tonalità del rosso-castano-rame. Sono morbidi al tatto, anche se è qualche giorno che non se li lava.

Vieni qui vicino – gli dico.

Lui porta il suo viso accanto al mio. – Grazie – gli sussurro in un orecchio.

Lui mi sorride, e io mi lascio ricadere sulle sue ginocchia. In men che non si dica ho già preso sonno, e faccio sogni tranquilli. Forse è per via del fatto che so esserci qualcuno a vegliare sul mio sonno, e pronto a proteggermi nel caso arrivasse qualcuno. E guarda un po', nemmeno a dirlo o pensarlo, arriva veramente qualcuno.

Stavo dormendo ormai da qualche ora, quando Thomas mi sveglia bruscamente. Alzo gli occhi, ancora stanchi, ma riesco a scorgere benissimo la figura che sta in piedi di fronte alla porta: è il ragazzo del 5, con la freccia ben incoccata nell'arco. 


---
Messaggio dall'autrice:
Ebbene, eccoci arrivati anche al capitolo numero 8! :D Spero la storia vi sia piaciuta fin qui, e mi scuso per la millesima volta che non sono riuscita ad inserire ancora quella maledettissima parte sulla mietitura di Ophelia. Al suo posto però ho voluto aggiungere un po' di azione, perché.... sì insomma, perché ci voleva u_u Ho deciso di creare un po' di atmosfera romantica alla parte in cui è sola con Thomas, chissà che non nasca veramente qualcosa tra quei due :33 In realtà dico ciò solo per farvi fare un bel po' di viaggi mentali, visto che nemmeno io so come andrà avanti (invento tutto al momento in cui mi trovo davanti al pc per scrivere, quindi giudicate un po' voi come sono presa! XD). Comunque, come forse avrete notato, questo capitolo è più lungo degli altri, quindi spero non vi abbia rotto troppo, quindi è meglio che tiri le conclusioni anche di questo spazio che mi prendo ogni volta D:
Bene, ringrazio ancora una volta chi mi ha seguito fino a qua e chi continuerà a farlo per scoprire come continuerà l'avventura di Ophelia nell'arena dei sessantanovesimi Hunger Games! :)

Un abbraccio a tutti,
la vostra Jecky!

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Capitolo 9
*** Capitolo IX - Solo un altro tributo ***


 



- Capitolo IX -

Solo un altro tributo

 

Fermi o tiro! – esclama il tributo davanti alla porta.

Fuori ha cominciato a piovere, e i fulmini che ogni tanto accendono il cielo delineano la sua figura, stagliandola nel buio. Ho paura, non so cosa fare.

Mi aggrappo a Thomas e lo stringo forte, e sussurro: – Ho paura Thomas –.

Lui non risponde, si limita a prendermi tra le sue braccia e mi stringe forte.

Non voglio che tu muoia Ophelia. – dice.

Cosa? Non ha paura per sé stesso?

Cosa vuoi dire? – dico io sottovoce.

Mi sacrificherò per te –

No! Non posso permettergli di farlo. Rimarrei di nuovo da sola senza di lui. E ho paura. Ci sono i favoriti la fuori, e al­tri tributi che faranno di tutto per uccidermi.

No! – urlo.

Il ragazzo mi punta contro la freccia e la tira. Riesco a schi­varla di un soffio, ma mi striscia comunque la gamba. Non sento molto dolore, ma ciò che ho nel cuore è più doloroso di qualsiasi altra cosa. Un peso enorme mi schiaccia e non ho la più pallida idea di cosa fare. Un fulmine rimbomba, facendomi sussultare.

So che sei brava a lanciare con l'arco – mi sussurra.

Sì ma si da il caso che io non ho un arco – rispondo.

Zitti! – urla quello del 5.

Da come ha tirato capisco che non è proprio il massimo come arciere.

Senti, io ho un piano, ma ascoltami – mi dice Thomas.

rotolerò da quella parte per distrarlo, e tu nel frattempo devi prendere il coltello e lanciarglielo contro. Non sono ammessi sbagli. Devi colpirlo in pieno capito? –

Annuisco, anche se non voglio uccidere un ragazzo inno­cente. Sicuramente non è qui di sua spontanea volontà, al contrario dei favoriti. Non posso farlo, per la miseria! Ma se questo significa salvare me e Thomas allora non ho altra scelta.

Smettetela di parlare! – urla il ragazzino.

Cosa vuoi? – risponde il mio alleato. – Perché non ci hai ancora uccisi? Cosa vuoi da noi? –

Voglio stringere un'alleanza con voi. –

I piani di uccidere il tributo del 5 falliscono miseramente.

Tu sei brava a tirare con l'arco vero? –

Si sta rivolgendo a me.

Ti ho vista durante gli allenamenti comuni, non negare. E il tuo 10 nell'allenamento privato con gli strateghi deve essere derivato da qualcosa o sbaglio? –

Non so cosa rispondere. È vero, ho preso un 10 agli adde­stramenti privati, ed è stato per la mia prova di tiro con l'ar­co.

Io questo affare non lo so usare, ma è l'unica cosa che sono riuscito a prendere alla cornucopia. Da solo non riesco a cavarmela bene, quindi ho pensato che la cosa migliore fosse stringere un'alleanza. Allora ci stai? –

Sì! – esclamo, avendo come unica alternativa la morte. Mi alzo dal divano, in cui sono ancora seduta.

Entra, forza. – dico. – Farà freddo la fuori. –

Il ragazzo entra, e noto che sta tremando come una foglia. Posa l'arco a terra e chiude la porta.

Come ti chiami? – gli chiede Thomas mentre gli porge la coperta per scaldarsi.

Mi chiamo Cedric, Cedric Ashford . – risponde lui. – Ho 13 anni, e vengo dal distretto 5. –

Noi siamo Ophelia e Thomas, dal distretto 9 – dico io. Sono felice di non essere più sola. Certo, avevo Thomas, ma un alleato in più (pure dotato di un'arma) non può che giovare al mio stato d'animo. So che solo uno di noi può so­pravvivere, ma al momento cerco di non pensarci troppo. – Mi dispiace avervi disturbato mentre dormivate. Eravate pure così carini... – continua Cedric.

N-no... Noi non... – mi affretto a dire io, completamente rossa in viso. Lui però continua imperterrito.

Ma i favoriti mi hanno trovato. Sono riuscito a seminarli senza portarli qui, ma avevo bisogno di aiuto. Avevo... tanta paura... –

Capisco come si sente. Mi dispiace anche solo aver pensato di doverlo uccidere.

Dove sono i favoriti? – gli chiedo.

Ero nelle vicinanze del parco, e li ho visti attraversare il cancello. Mi hanno visto, presumo, ma non sono riusciti a prendermi, e sono scappato qui. –

Sapevi dove eravamo? – domanda Thomas.

Sì. Questo pomeriggio ho visto Ophelia che si nasconde­va da me, e poi tu l'hai portata dentro casa. Non avevo il coraggio di uccidervi, e poi pensavo che sareste potuti esse­re dei possibili alleati. – spiega il ragazzo.

Provo un po' di tristezza per lui. Alla fine è solo un altro tri­buto, solo uno come noi. Vuole mantenere indenne la sua personalità, e non trasformarsi in una macchina da guerra priva di sentimenti. Non vuole diventare una pedina di Ca­pitol City, e sporcarsi la coscienza uccidendo ragazzi inno­centi. Esattamente come me.

'Quindi i favoriti sono in città' penso poi, cercando di can­cellare i miei pensieri più tristi.

I favoriti sono in città Thomas! – dico poi. – Dobbiamo trovare un modo per fuggire. –

Lui sta un attimo in silenzio, e poi esclama: – Ho un'idea! Loro vengono in città, ma noi torneremo nel parco! –

 

Ci penso un attimo, e mi sembra un'idea tutto sommato fat­tibile, se non fosse che siamo seguiti, e le vie di questa città potrebbero già essere invase dai favoriti. Che dico, potreb­bero essere persino qua fuori ad aspettare che usciamo!

Un momento! – esclamo poi. – Loro non sanno come funziona l'arena! Aspettiamo fino a domani pomeriggio per uscire, quando cadrà la neve acida, dopodiché potremo uscire più tranquilli. –

Neve acida? – domanda perplesso Cedric.

Gli spiego come funziona l'arena, e rimane a dir poco scon­certato.

Non avrei mai immaginato una cosa del genere! – mi dice, sorpreso. È davvero una fortuna essere capitati in un'arena così... mortale! E averne capito il meccanismo gio­ca tutto a mio favore. Sì, o almeno finché la casa non co­mincia a bruciare. 


---
Messaggio dall'autrice:
Bene bene ragazzuoli che mi seguite, benvenuti allo spazio autrice del 9° capitolo! :33
Alla fine abbiamo scoperto che il ragazzino del 5, Cedric (si pronuncia Sedrik, mi raccomando u.u), è un pezzo di pane, e non ha intenzione di uccidere gli altri tributi. Le cose giravano al meglio finché i favoriti non sono arrivati in città, quindi chissà come andranno le cose da ora in poi D:
Per di più la casa sta bruciando, quindi chissà dove troveranno posto per rifugiarsi. comunque ok, so che dovrei andare di più a capo, ma perdonatemi, ho sonno (?) D:
Ah, QUESTO E' IL MIGLIOR BANNER CHE IO ABBIA MAI FATTO IN VITA MIA!!!! *musichetta da vincita in sottofondo* (p.s: la faccia nel banner è quella di Thomas <3)
Vabbe', lasciate perdere i miei scleri quotidiani, vi aspetto al prossimo capitolo (che scriverò appena ho tempo – Maledetti compiti - )!

Un abbraccio
Jecky

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Capitolo 10
*** Capitolo X - Interviste ***


 



- Capitolo X -

Interviste

 

La casa ha preso fuoco, inspiegabilmente. Sì, se fossimo in condizioni normali sarebbe “inspiegabile”, ma essendo in un'arena degli Hunger Games non è affatto così.

Gli strateghi – dico senza pensarci due volte.

Correte tutti fuori! – urla Thomas.

Riusciamo ad afferrare le nostre cose e a scappare prima che le fiamme ci divorino. Quello che ci aspetta fuori però non è il massimo dell'accoglienza: tutte le case, dalla prima all'ultima stanno bruciando. Thomas mi guarda e dice:

Vedrai che andrà tutto bene –.

In quel momento mi ricorda incredibilmente Lysandre. Di nuovo. Poi mi sorride. Ed è lì che cedo. Non può sorridermi in questa maniera, non reggo. Io dovrò ucciderlo, non posso innamorarmi di lui. Ed è esattamente quello che mi sta succedendo.

Faccio un balzo al rumore di un cannone. È appena caduto un tributo. Quindi ora siamo a quota 15 morti. Siamo rima­sti in 9: Io, Thomas, Cedric, i tributi del'1 e del 2 sicura­mente, e altri due. Ce li ho tutti bene in mente durante l'in­tervista.

La ragazza del'1 aveva un vestito azzurro, lungo e bellissi­mo, che metteva in risalto dalla prima all'ultima curva del suo corpo altamente sexy. I suoi bellissimi capelli castani erano raccolti in una lunga treccia. Il tributo del suo stesso distretto invece era uno di quei ragazzi che adorano tutte le donne. Era salito sul palco con la camicia sbottonata e i suoi bei pettorali in vista. Sì insomma, sapeva come conquistarsi il pubblico.

I suoi occhi li ricordo bene, perché mi guardarono prima di salire sul palco. Hanno il colore del cielo, ma quella volta mi sembravano molto tristi. Ma tanto non è affar mio. Ri­guardo i tributi del 2 invece, sono entrambi biondi. Lei ha i capelli dorati, come il frumento che coltiviamo nel mio di-stretto. Li porta tagliati corti, sotto le orecchie, e durante l'intervista le avevano colorato delle ciocche dei bizzarri colori che usano anche quelli di Capitol City. Il ragazzo invece ha i capelli a spazzola, e ricordo che indossava una semplice completo, di colore bianco. All'intervista uno di loro ricordo che disse: – Io sono nato con l'assassinio nel sangue, ucciderò chiunque mi capiterà davanti” –

Un brivido mi percorse la schiena, e lo ricordo bene anche ora.

Anche te se cercherai di ostacolarmi Caesar! – aveva aggiunto poi, rivolto all'intervistatore. E lì tutti giù a ridere. Riguardo gli altri tributi non ricordo molto, ma ho vividi nella mente la ragazza del 4 e il tributo maschio del 7. Lei ha il viso allungato, piuttosto magro, e le sue gambe erano perfette, lunghe e magre.

'È perché nuota molto' ricordo di aver pensato quella volta. Venendo dal distretto specializzato nella pesca mi sembrava normale che tutti i tributi provenienti da lì dovevano saper nuotare molto bene, e quindi avere anche un fisico invidia­bile. La sera dell'intervista non disse niente di particolar­mente interessante. Però dimostrò di essere un'oca. Sembra­va davvero stupida. Se poi lo facesse apposta non lo so, perché molte ragazze adottano questa strategia: si dimostrano delle stupide, belle e ignoranti nei pre-giochi, e poi, una volta nell'arena, scatenano tutta la loro furia omicida. Riguardo al tributo del 7 invece ricordo aveva i capelli ricci e scuri. Era l'unico a portare un elegante frac dalle lunghe code nere, mentre tutti gli altri ragazzi indossavano per lo più una semplice giacca. L'intervista di Cedric non me la ricordo per niente, ad essere sincera. L'unica cosa che ricordo erano i suoi capelli biondi svolazzanti, e che Caesar gli aveva fatto i complimenti per quest'ultimi. E poi indossava una giacca blu cobalto, aveva un colore splendido. Degli altri tributi non ricordo praticamente nulla, ero troppo presa dall'ansia di dover salire sul palco.

Una cosa che ricordo bene però sono le domande che mi fece Caesar, e lo splendido vestito dorato che indossavo.

Ed ecco a voi la ragazza dal cuore d'oro! Dal distretto nove: Ophelia Winslet! . Applausi e urla.

Io salgo, anche se ho le gambe che mi tremano. Il mio ve­stito non aiuta di certo la cosa, e nemmeno i tacchi alti. Mi hanno acconciata con un vestito corto, mi arriva nemmeno a metà delle cosce. È bianco, con del tulle dorato sotto la gonna. Il bustino mi arriva sotto le ascelle, appena sopra il seno, e non ha spalline o altro a tenerlo su. Il tutto è ricoperto di lustrini dorati, così come anche i miei capelli, che sono raccolti nello stesso modo di quando sono entrata nell'arena. In ogni caso ho paura mi si veda tutto, non sono mai stata così scoperta prima d'ora. Il mio stilista dice che è fatto apposta per mostrare il mio corpo. Dice che è bellissi­mo e che potrebbe aiutarmi a conquistare parecchi sponsor. Mi ripete sempre di sorridere, e io mi sforzo di farlo una volta che sono sul palco.

'Devo rendermi desiderabile', mi ripeto in testa le parole del mio mentore.

Allora Ophelia, sei tesa? – mi chiede Caesar.

Io non mi sono nemmeno accorta di essermi già seduta, devo aver barcollato su quelle cose che chiamano tacchi suscitando le risate di tutti.

Sì, parecchio – confesso a Caesar.

Oh, Ophelia, non essere ansiosa, hai solo tutta Capitol City che ti guarda! –. E qui tutti cominciano a ridere. Mi chiedo cosa ci trovino di tanto divertente.

Ma lo sai che scherzo, dai! Mettiti a tuo agio e non preoc­cuparti! – è questo che mi piace di Caesar, che riesce a far stare tranquillo anche il tributo più terrorizzato. Tipo me in­somma.

Ma passiamo alle domande serie! Dimmi un po' Ophelia, come ti sei guadagnata il tuo soprannome di “ragazza dal cuore d'oro”? –

Penso sia per via del vestito della sfilata. – rispondo io. Almeno penso sia per questo. Avevo una cosa tutta scintil­lante addosso. Era un vestito che ricordava le spine di gra­no, e che brillava d'oro quando la luce lo colpiva.

Quel vestito era splendido, non c'è che dire. – dice Cae­sar.

È vero Caesar! E avete notato quello di stasera? Risplende ad ogni movimento che faccio! Il mio stilista è il migliore. – esclamo, più a mio agio.

La gente applaude e sorride, e io faccio lo stesso: li saluto e sorrido.

Ma passiamo a qualche argomento più interessante... rac­contaci del tuo distretto: chi è venuto a trovarti dopo la mietitura? –.

Quando dice quelle parole il mio cuore sussulta. Non vorrei ripensare al mio distretto e sopratutto a coloro che sono ve­nuti a trovarmi dopo la mietitura.

Già, perché ebbi la delusione più grande di tutta la mia vita.


---
Messaggio dall'autrice:
Cacca.
No okay, sto scherzando.
Comunque eccomi qui di nuovo, con il capitolo numero 10! Ho deciso di lasciare in sospeso la vicenda per poter raccontare della parte prima dell'inizio dei giochi (e quindi mietitura, interviste ecc.). Spero vi sia piaciuta questa parte, ci vediamo al prossimo capitolo! :D

Un abbraccio!
Jecky

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Capitolo 11
*** Capitolo XI - Mietitura ***


 



- Capitolo XI -

Mietitura

 

Mamma! – esclamo quando la vedo entrare.

Sono nella sala in cui i tributi ricevono le visite dei propri cari dopo la mietitura. È il momento in cui sai che probabil­mente li vedrai tutti per l'ultima volta. Insieme a lei ci sono Gil e Daisy, mio padre non è venuto.

Ophi! – urla mia sorella correndomi in contro piangendo. Si attacca alle mie gambe e comincia a riempire di lacrime il mio bel vestito giallo. Mia madre mi ha fatto questo ve­stito pochi mesi fa, ma è così carino che non ho mai avuto occasione di metterlo prima. È un vestito semplice, non come quelli che avrei dovuto indossare a Capitol City nei giorni seguenti. La stoffa è di un bel colore giallo, e ci sono stampati sopra dei piccoli fiori neri.

Ehi, non piangere fiorellino – le dico mentre mi avvicino a lei. La abbraccio, così forte come non ho mai fatto prima. Lei pero non smette, e tra i singhiozzi mi dice: – Tu devi vincere! Promettimelo! –

Io le faccio segno di sì con la testa.

Sì – le dico. – Per te, e per Gil, e anche per Lysandre. –

Daisy si affonda di nuovo tra le mie braccia, in lacrime. Anche il piccolo Gil sta piangendo, anche se non è molto cosciente di sto che sta accadendo. Mia madre mi guarda, seria.

Mamma. – le dico. – Se non ce la faccio devi pensare tu ai bambini. Ormai è passato un anno, devi riprenderti. –

Lei annuisce. Spero davvero che smetta di essere depressa. – Togli tutte le bottiglie a papà, non deve bere, deve rima­nere sobrio per aiutarti! E non fargli spendere soldi in alcol, mi raccomando! – La stringo forte e lei fa lo stesso con me, senza versare una lacrima.

Tempo scaduto – annuncia un pacificatore, coloro che mantengono ordinati i distretti. O almeno è questo ciò che dovrebbero fare.

Ophelia! – grida forte Daisy. – Non devi morire! Non puoi! –

La porta si chiude dietro di loro, ma sento ancora dentro di me i loro pianti, le loro voci spezzate, il loro dolore.

Un secondo dopo la porta si apre di nuovo.

Un ragazzo dai folti capelli bruni, tenuti fermi da una quantità esorbitante di gel per l'occasione, entra.

Philip? Cosa ci fa qui? Perché la persona che amo tanto è venuta a salutarmi? Lui che il mio amore, sono certa, non lo ricambia nemmeno.

Ophelia – mi dice.

Perché sei venuto? – ribatto io senza dargli il tempo di ri­spondere.

Io... – non sa cosa dire.

Senti Philip. – Prendo il coraggio a due mani e decido di confessargli il mio amore per lui. Dopotutto è l'ultima volta che lo vedo.

Tu mi piaci! – Non mi sono accorta che sto urlando.

Sono venuto qui apposta. – risponde lui. – Io sapevo che... mi erano giunte... delle voci! Sì, dicendomi che... oh insomma, hai capito no? –

Annuisco. Da chi ha ricevuto queste informazioni? Non ho mai detto a nessuno che mi piace. Forse lo ha semplice­mente intuito.

E... quindi? – mi affretto a dire io. Il tempo sta per scade­re, e io voglio una risposta.

Non posso ricambiare il tuo amore. – mi dice – O almeno non più –

 

Vorrei essere già nell'arena. Vorrei che qualcuno mi avesse già ucciso. Lo sapevo che non avrebbe funzionato. Però quel “o almeno non più” mi fa sorgere una speranza. Signi­fica che piacevo anche a lui ma ora che andrò nell'arena non può più amarmi? Ciò sta a significare anche che non ha alcuna fiducia in me e nella mia sopravvivenza.

Sopravvivi! – mi urla appena il Pacificatore lo prende per portarlo via. Non riesco ancora a credere a tutto ciò.

Mi ama oppure no? E quel sopravvivi? Ha fiducia in me, sì o no? Serro le mani in dei pugni, e uno lo sbatto contro la porta, lanciando un urlo.

In quel momento prometto a me stessa che farò qualsiasi cosa per tornare indietro.

Ce l'avrei fatta, per Daisy e Gil. Ce l'avrei fatta per vendetta di mio fratello Lysandre. E ce l'avrei fatta per tornare da Philip.

 

Io sopravviverò. A qualsiasi costo. – rispondo a Caesar. – è questo che ho promesso alla mia famiglia. –

Davvero toccante... – commenta lui. – E dicci un po' Ophelia – continua poi. – C'è qualcuno che ti aspetta al di­stretto? Un... ragazzo? –

Io... – non ho idea di cosa rispondere.

'Desiderabile'. Quella parola mi rimbomba in testa.

Ci penso un attimo. La gente mi vuole, vuole me. Se nego penseranno di avere delle possibilità con me. Illusi. La gente vive di illusioni. Accecati da qualcosa di impossibile. La vita è una continua negazione.

No – rispondo sorridendo.

Una ragazza bella come te non ha un ragazzo? – dice stu­pefatto Caesar.

A quanto pare! – dico io ridendo. E tutto il pubblico si mette a ridere.

Sento chiaro il suono che annuncia la fine dell'intervista.

E allora sai cosa ti dico? Tu vincerai, tornerai dalla tua fa­miglia, e troverai anche un ragazzo! Non saprà resisterti, te lo garantisco! – dice stringendomi forte la mano.

Ophelia Winslet, la ragazza dal cuore d'oro! – annuncia Caesar al pubblico in delirio. Mi alza il braccio, in segno di trionfo.

E possa la buona sorte sempre essere a tuo favore. – mi dice facendomi il baciamano.

 

Torno dietro il palco, e tiro un sospiro di sollievo. Il mio mentore, i miei stilisti, e tutta la troupe mi fanno i compli­menti, dicendomi che sono stata fantastica.

Ma ora è il turno di Thomas, e lo seguo con grande interes­se. Sembra un ragazzo sveglio. Mi sembra simpatico, in un certo senso. E mi fa ridere. Le sue battute sono divertenti. Il suo volto è divertente di per sé.

Ophelia! – mi dice lui.

Torno alla realtà grazie alla sua voce.

Dobbiamo andarcene da qui, alla svelta! – Annuisco, e, infilandomi i pattini più veloce che posso corriamo alla ri­cerca di un posto dove nasconderci.

 

Corriamo. Le fiamme stanno dilagando, e fra poco ci rag­giungeranno. Il respiro si fa sempre più affannoso, per via del fumo e dell'ansia: i favoriti potrebbero nascondersi ovunque. L'unica nostra salvezza è il parco. In mezzo a tante fiamme però è difficile perdersi, e infatti non riusciamo a trovare una zona di fuga. Siamo intrappolati dal fumo, non vediamo nulla e cominciamo ad avere sete. Non abbiamo acqua. A dire la verità sì, però non sappiamo se è potabile. Potrebbe essere contaminata per via della neve acida e tossica, e non mi fido a berla, tanto meno di darla agli altri. La mia vista comincia ad offuscarsi e io cado a terra. Le mie gambe non reggono più il mio peso. Chissà se morirò qui, in questo modo? Ma io non posso permettermi di morire così. Devo sopravvivere. Per Daisy, per Gil, per Philip, e per Lysandre.


---
Messaggio dall'autrice:
Salve lettori, spero vi sia piaciuta questa parte! Finalmente sono riuscita ad inserire la tanto attesa parte della mietitura di Ophelia!:) avrei voluto scrivere qualcosa di più anche su Thomas, ma poi avrei finito per perdere la storia e avrei cominciato a dilungarmi su cose ben più inutili XD So che probabilmente è pieno di errori perché non ho fatto in tempo a rileggerlo D:
Aspetto le vostre recensioni!
p.s: Amo un sacco anche questo Banner *_*

Un abbraccio! :3
Jecky

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Capitolo 12
*** Capitolo XII - Altri tributi ***




- Capitolo XII -

Altri tributi

 

Tin, Tin. Sento un rumore simile a quello di un sonaglio. Tin Tin. Di nuovo.

Sono morta? Apro gli occhi, ma vedo tutto offuscato. Ci sono due figure di fronte a me, che stanno cercando di fare qualcosa, anche se non capisco cosa. Ad un tratto ricordo!

Ero per terra, e non capivo più niente. Noi eravamo circon­dati dalle fiamme e dal fumo. Ma il rumore che ho sentito? Da dove viene? Alzo lo sguardo, ed è lì che lo vedo:

Il regalo di uno sponsor.

Mi alzo a fatica, con ancora i pattini addosso, e cerco di raggiungere il paracadute argentato.

Lo apro. Ci sono tre borracce piene d'acqua.

Grazie – mormoro, sicura che nessuno mi abbia sentito.

Ne prendo una, la svito e la scolo in un attimo. Forse avrei dovuto bere con parsimonia, ma sono troppo disidratata per farcela. Ora però mi sento molto meglio!

Thomas, Cedric! – urlo – prendete! – dico poi, lanciando loro le due borracce rimanenti.

Stavano lottando disperatamente contro le fiamme, in cerca di un modo per portarci fuori da lì.

Loro si reidratano, e poi programmiamo un modo per cer­care di scappare da questa arena infernale.

Le fiamme nel frattempo continuano a dilagare, e abbiamo sempre meno tempo per trovare una via d'uscita. Ad un trat­to però ho un illuminazione.

Riuscite ad arrampicarvi? – chiedo ai ragazzi. Loro fanno cenno di sì con la testa, anche se non molto convinti.

Dobbiamo raggiungere quella scaletta, e rifugiarci sul tet­to della casa. – dico io indicando una scaletta rossa, che porta in cima ad un'abitazione.

Ophelia, non so se hai notato ma... le case stanno brucian­do! L'unico posto sicuro è il parco! –

Già, il parco. Ma certo il parco!

Ragazzi, ho capito come funziona questa cosa, forse pos­siamo salvarci anche in un altro modo, seguitemi! – Se la mia teoria è esatta dovremmo riuscire a sfuggire a queste fiamme.

Corriamo verso il centro della città, anche se uscire dal cer­chio di fuoco che ci intrappola non è facile, il che ci ha procurato parecchie scottature. Ne soffriamo molto, certo, però non possiamo arrenderci proprio ora!

Come avevo immaginato le vie principali della città non bruciano. La terra e l'erba che compongono il suolo non stanno bruciando. Le uniche cose invase dal fuoco sono le case e le vie secondarie, quelle che abbiamo usato fin'ora per non incappare nei favoriti.

Ecco cosa stanno facendo gli strateghi: vogliono farci arri­vare da loro. Dai favoriti.

La strada per il parco è bloccata dalle fiamme, purtroppo, quindi non abbiamo altra scelta.

 

Quando arriviamo al centro della città, nella piazza con la fontana, li vediamo lì, seduti a sorseggiare acqua, ignari del fuoco. Ma non sono i favoriti. Sono la ragazza del 4, e il ra­gazzo del 7.

Si sono accorti di noi, e tirano fuori le armi.

Lei ha una lancia, lui dei coltelli. Devono aver stretto al­leanza.

La ragazza mi guarda, con occhi iniettati di sangue. Non sembra più la bella e stupida oca dell'intervista. I suoi lunghi capelli castani sono raccolti nella stessa treccia che portava all'intervista. Il suo volto è dipinto dai graffi, dalla sporcizia e dal sangue. E lo stesso quello del suo compa­gno.

Mi chiedo da quanto tempo sono qui in città. Avranno già capito il meccanismo?

Ci guardano ancora, ma non muovono un dito. Stanno aspettando una nostra mossa?

Ad un tratto sento il terreno vibrare.

L'arena ha cominciato il suo giro, cosa comporterà questa cosa? Corro, e gli altri mi seguono. Mi aggrappo a ciò che rimane di una casa e rimango lì, immobile.

Gli altri due tributi si guardano perplessi, ma poi fanno la nostra stessa cosa.

Un attimo dopo siamo tutti a testa in giù, e la neve comin­cia a cadere dal terreno.

Forse loro due non sanno cosa sta accadendo, ma io sì. E la cosa gioca tutta in mio favore.---


Messaggio dall'autrice:
Ecco il capitolo 12 yeeeh! *esulta* spero vi piaccia, anche se quello dopo è molto più bello. quando ho scritto questo capitolo ero totalmente priva di ispirazione .-. Comunque non mi lasciate più recensioni, come mai? D: mi fate triste così ç_ç vabbé dai, spero che questo capitolo vi emozioni così da voler leggere anche il prossimo :D

Un abbraccione!
Jecky

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII - Thomas e Ophelia ***




- Capitolo XIII -

Thomas e Ophelia

 

Le fiamme della città si sono spente, e il passaggio verso il parco è finalmente libero.

I tributi nemici se ne stanno tranquilli quando siamo sul soffitto dell'arena, anche perché muoversi è difficile, essen­do una cupola.

Quando però torniamo dritti non si risparmiano di certo come hanno fatto fino ad ora.

Cercano di aggredirci, ma noi scappiamo in direzione del parco, mentre la neve ricomincia a fioccare.

Sento qualcosa che mi sfiora. Un fiocco di neve! Guardo la parte in cui mi ha toccata, e vedo che la stoffa si è bruciata: neve acida!

Correte, forza! – urlo ai miei compagni.

Andiamo sempre più veloce, e la neve comincia a cadere sempre di più. Mi arriva sul braccio sinistro più volte, poi sulle gambe, sulle mani.

Brucia tremendamente. E ho paura, paura di non farcela, paura da non reggere. Ma qualcosa mi rallegra, perché vedo il parco, con i suoi cancelli spalancati.

Quando però mi giro le cose che vedo non sono gradevoli come la vista del parco.

I tributi del 4 e del 7 stanno correndo, in cerca di qualcosa dove ripararsi. I loro visi sono parecchio ustionati, così come le loro gambe e le loro braccia. Poi vedo i miei allea­ti. Si sono coperti il volto con ciò che potevano, ma la neve in qualche modo li ha raggiunti. Hanno le gambe bruciate, dal fuoco e dalla neve.

Ancora uno sforzo! Ce la possiamo fare, forza! – urlo, verso di loro.

Ma Thomas è a terra, ormai non ce la fa più. Le lacrime co­minciano a scendere abbondanti dai miei occhi.

Corro loro incontro, io ho ancora i pattini, quindi vado più veloce.

Cedric, aiutami! Ti prego! – urlo ancora, chinandomi ac­canto a Thomas, mentre cerco di sollevarlo in preda al panico più totale, ma con un pizzico di speranza ancora in corpo.

Copro Thomas con ciò che ho, in modo che la neve non gli arrivi diretta. Cedric lo prende per le gambe, io per le brac­cia, e riusciamo, con molta fatica, ad arrivare nel parco.

Ci nascondiamo fra gli alberi, nel caso arrivasse qualche al­tro tributo.

Scopriamo Thomas, e con grande orrore vediamo che è al­tamente ustionato. Sul viso, sulle braccia, sulle gambe è pieno di chiazze rosse. Gli togliamo la maglia, per ispezio­nare il torace. Anche lì è pieno di bruciature.

Non c'è più niente da fare – dice Cedric cupo, abbassando lo sguardo. – A meno che tu non abbia qualche pomata con­tro le bruciature non riusciremo a salvarlo. –

No! – urlo. – No! –

Appoggio la testa sul suo petto nudo, e ansimo la parola “no” un'altra volta, piangendo. Lui non può morire, non può!

Lo stringo forte. Avrei solo voluto farlo prima. Abbracciarlo, stringerlo forte a me. Ma so che non potrà mai accadere nulla del genere. Non ora. Lui non c'è più.

Cedric mi viene vicino e mi appoggia un braccio sulla spal­la.

Tu lo amavi, non è vero? –

Non so cosa rispondere. Io lo amavo? Era troppo presto per dirlo.

Io... – mi sembra di essere tornata all'intervista con Cae­sar. – Non lo so... – dico.

Sì che lo sai – mi dice Cedric con un sorriso.

E sai cos'altro? – scuoto la testa.

Tu sai che lui non è ancora morto. – ci penso un attimo. Come sarebbe a dire che non è morto?

Appoggio di nuovo la mia testa sul suo petto. Sento il cuore battere. È vivo! È vero, il cannone non ha sparato!

è vivo! – esclamo piena di gioia. – Sì, ma non durerà per molto – dico poi triste.

Lui morirà fra poco. E lo so, perché quelle bruciature lo consumeranno.

Sto soffrendo tanto. Per le ferite sul mio corpo, per Tho­mas, e per Cedric, perché anche lui sta molto male.

Ma chi ne soffre più di tutti è il mio animo, in continuo tormento per la disperazione, per l'amore. C'è qualcosa che mi sento dentro, che mi dice che senza Thomas la mia vita non avrebbe senso. Ciò significa che lo amo? È questo l'a­more? Non so stabilirlo, perché di Philip non penso di esse­re mai stata innamorata veramente.

Thomas apre gli occhi, lentamente.

Ophelia – sussurra.

Thomas! – esclamo io stringendoli forte la mano.

Non morire! Non abbandonarmi! – urlo quando le lacri­me cominciano a sgorgarmi dagli occhi.

No, sei tu che non devi abbandonare me... – mi dice.

Non lasciarmi solo. Io ti amo, non posso vivere senza di te. Ma se questa è l'ultima volta che ci vediamo voglio vi­vere a fondo ogni istante. – Mi sorride.

Quel sorriso che amo tanto, che è lo stesso che mi ha rivol­to alla mietitura. E che mi rivolge sempre, da quando lo co­nosco. Vorrei tirargli un pugno, perché non può sorridermi in un momento del genere, ma tutto ciò che faccio e appog­giare le mie labbra sulle sue.

Sono calde, anche se ho come l'impressione che fra poco diventeranno gelide come la morte.

Mi appoggia una mano fra i capelli, e preme sempre più forte le sue labbra sulle mie.

Ti amo. – mi dice.

Io non so cosa rispondere.

E non ho nemmeno il tempo di rispondere, perché qualcosa attira la mia attenzione altrove.

Tin Tin.

Lo stesso rumore di prima: un paracadute.

Aspettami qui – dico a Thomas.

Vado a prendere il paracadute e trovo una strana crema den­tro.

Grazie! – urlo, sperando che lo sponsor che mi ha manda­to la pomata mi possa sentire. – Grazie! – urlo di nuovo, con le lacrime agli occhi.

Torno da Thomas più veloce che mai

Va tutto bene ora, ti curo io. – dico, spalmandogli un po' di pomata sul viso. – andrà tutto bene, tu sopravviverai, non preoccuparti. – ansimo piangendo, ma questa volta dalla gioia.

Gli spalmo poi la pomata su tutto il resto del corpo.

Ha due belle spalle possenti, dei muscoli ben definiti, che delineo con la punta del dito mentre lui emette gemiti di dolore e paura.

sssh, stai tranquillo – cerco di rassicurarlo io – finché ci sono io qui non devi aver paura di niente – dico lasciando­gli un bacio sulla fronte, mentre si addormenta, ormai solle­vato dal dolore.

Quando ho finito con lui passo la pomata anche a Cedric, e alla fine me la spalmo io. Brucia un sacco, però il sollievo immediato che mi procura è fantastico.

Sono stata fortunata, ancora una volta.


---
Messaggio dall'autrice: 
Ecco, io volevo fare la "cattiva" e postarvi fra un bel po' il capitolo 13, ma non ho resistito ._. cioè, ormai lo avevo scritto, e non potevo lasciarlo lì solo ad ammuffire aspettando una mia qualche "brillante" idea XD però se nessuno mi lascia più recensioni io ci sto male e non scrivo più ç_ç Va be', cosa ci volete fare, voglio troppo bene a tutti voi per lasciarvi senza capitoli nuovi (♥).
Vi voglio bene, anche se non commentate C:
P.s: questa volta abbiamo un banner dolcioso, che ne pensate? :3 Thomas è figo, eh? *_*

Un bacio 
Jecky

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV - Cedric ***




- Capitolo XIV -

Cedric

 

Dopo poco tempo, Thomas si sveglia. Abbiamo fame, sia­mo stanchi e assetati, ma la prima cosa che dobbiamo fare è trovare un rifugio.

Rimanete qui, io vado a cercare da mangiare e un posto dove stare al sicuro – dico ai miei alleati.–

Non puoi andare da sola! – esclama Thomas preoccupato. – Hai bisogno di riposare idiota, io me la posso cavare da sola, ma tu no. – e dicendo ciò mi alzo. Prima di andarmene però lo lascio con un altro bacio.

Occupati di lui – dico a Cedric facendogli l'occhiolino. Lui annuisce.

Mi fido di Cedric, è un ragazzo in gamba. Nonostante all'i­nizio avevamo progettato di ucciderlo, alla fine si è rivelato un alleato di tutto rispetto. E se devo essere sincera... ormai lo considero come un amico. Già, forse è l'unico amico che ho, il mio primo vero amico. Anche Lysandre lo era, prima della sua morte. Ma essendo mio fratello maggiore lo calcolavo in maniera diversa.

Cedric è qualcuno su cui posso fare affidamento se ne ho bisogno, nonostante sia più piccolo di me.

Ma ora non ho tempo di pensare ai miei rapporti interperso­nali con gli altri tributi, devo trovare un posto dove poter stare insieme agli altri due, e alla svelta, altrimenti se arriva qualche tributo siamo tutti belli che fritti. Ho bisogno di trovare anche qualcosa di commestibile, e dell'acqua, poi­ché le nostre provviste stanno finendo.

Dopo una mezz'oretta che sto camminando trovo una spe­cie di roccia, scavata all'interno per un paio di metri. Deci­do che per il momento può funzionare, e torno da Cedric e Thomas.

Con fatica Thomas riesce ad alzarsi e con molta lentezza arriviamo alla grotta che ho trovato.

Cedric si offre di uscire per andare a cercare del cibo, dice di essere bravo a cacciare.

Mentre io e Thomas siamo soli nella grotta lui si addormen­ta. È molto stanco, nonostante gli abbiamo curato le ferite il suo corpo deve ancora guarire del tutto.

Io me ne sto lì seduta, con lui affianco.

Lo osservo mentre dorme, e devo dire che è tremendamente carino. Gli sposto una ciocca dei suoi capelli rossi dal viso, e in quel momento lui mi accarezza la mano pronunciando il mio nome nel sonno: – Ophelia – dice con il suo bel sor­riso.

Mi chino accanto a lui, e appoggio la testa contro il suo pet­to. Lui mi mette una mano fra i capelli e io, mentre lui dor­me profondamente, rimango a pensare a tante cose diverse.

Penso a cosa stanno facendo ora i miei fratelli e i miei geni­tori. Penso a Thomas, e mi chiedo se sopravviverà a tutto quel dolore. Mi chiedo chi di noi, se ci riuscirà, vincerà quest'anno gli Hunger Games.

Magari moriremo tutti, nonostante i nostri sforzi di rimane­re vivi.

Immagino la mia vita se dovessi vincere. Se dovessi vince­re io significherebbe che Cedric e Thomas sono entrambi morti. Che ne sarebbe della mia vita se Thomas morisse? Scuoto la testa, come a cercare di cacciare questi tristi pen­sieri. La mia vita non avrebbe senso senza di lui. Non so come, però lo so. Mi sentirei triste e oppressa, non riuscirei a guardare in faccia gli altri ragazzi del distretto, sentendo­mi colpevole di un atroce crimine. Sì perché è questo che mi sentirei se tornassi viva da qui: una criminale, un'assas­sina. Però c'è Philip ad aspettarmi. Già, Philip. Io lo amo? Gli ho promesso che sarei tornata anche per lui, però ora che mi vede qui con Thomas chissà che cosa penserà. E poi a me Thomas piace davvero.

Nella mia testa e nella mia vita c'è troppa confusione, e cer­co di scacciarla in qualche modo, invano.

Non posso addormentarmi, perché se lo facessi le conse­guenze potrebbero essere spaventose.

Comincio ad avere fame, e anche sete. La mia gola è secca, e la pancia mi brontola.

È ormai calato il sole, e Cedric non è ancora tornato. Co­mincio a preoccuparmi un po', ma, non avendo sentito alcu­no sparo, mi tranquillizzo. La mia tranquillità però non dura molto, perché lo sparo che speravo di non sentire arri­va, inaspettato.

 

Il mio cuore sussulta. – Cedric! – urlo il suo nome.

Ho paura. Non voglio che muoia, non ora. Ho bisogno di lui, e lui ha bisogno di noi.

Appare lo stemma di Capitol City, seguito dal solito inno, e il mio animo è ansioso, tremo, non voglio vedere il suo vol­to in cielo stanotte. Una lacrima mi riga il viso, quando vedo il volto del tributo morto. Non è Cedric.

Tiro un sospiro di sollievo, e mi asciugo quella lacrima di gioia mista a paura che era appena scivolata sul mio viso. È morta la ragazza del distretto 2, una dei favoriti. Devono aver litigato fra di loro, o qualcosa del genere, altrimenti non sarebbe morta. Loro in genere stringono alleanza anco­ra prima di cominciare i giochi, e, una volta che hanno uc­ciso tutti i tributi degli altri distretti comincia un secondo bagno di sangue fra di loro. Almeno, questo è quello che succede nella maggior parte dei casi. Quando questa cosa non si verifica, e uno dei favoriti muore prima della fine, in genere è perché litigano, e quindi per la rabbia si uccidono a vicenda. Oppure perché qualcuno si imbatte in qualche bestia feroce mandata dagli strateghi, anche se in rarissimi casi si verifica quest'ultimo caso.

Cedric riappare proprio in quel momento.

Ehi! – dice.

Ehi?! – dico arrabbiata – Stai fuori tutto il giorno e tutto ciò che dici quando torni è 'Ehi'? – Lui mi guarda stupito.

Sei uno stupido! – Esclamo, svegliando Thomas.–

Mi hai fatta preoccupare in una maniera assurda! Dove sei stato fino ad adesso? – Lo sto tenendo per le spalle e lo scuoto freneticamente. Lui ha uno sguardo sconvolto.

Sei un grandissimo idiota! – dico stringendolo forte in un abbraccio, con le lacrime che mi scorrono sul viso.

Scusa – dice poi. – è che sono riuscito a trovare dell'ac­qua, più in là, e volevo vedere se era potabile. Oph, mi stai strozzando... – cerca di dire, soffocato dal mo abbraccio.

Oh, perdonami. – dico imbarazzata liberandolo dall'ab­braccio.

Ho avuto qualche problema perché mi sono imbattuto in una ragazza, bionda, con i capelli corti. Stava bevendo dal­lo stagno che avevo trovato, così sono rimasto ad osservar­la dalla cima di un albero per accertarmi che l'acqua fosse potabile. Vedendo che l'acqua non le aveva causato nessun problema ho pensato che si potesse bere, quindi ho deciso di prenderne un po' non appena si fosse allontanata. Quan­do però stavo per scendere dall'albero, ho notato che non era sola, con lei c'erano i favoriti. Sono rimasto nascosto lì in cima per tutto il pomeriggio, in attesa che se ne andassero. Hanno pure ammazzato la ragazza bionda: si erano messi a litigare, per non so quale motivo, e l'hanno uccisa perché si sono arrabbiati con lei. Tlack! Le hanno storto il collo. – conclude lui mimando la scena, con tanto di effetti sonori.

Io mi porto una mano alla gola, terrorizzata.

Quindi i favoriti sono nel bosco? – chiedo impaurita a Cedric. – Oh no! Durante la notte vanno in città! Li ho sen­titi parlare, hanno portato tutte le provviste in piazza, e la notte la passano lì. Durante il giorno si spostano, vagano per l'arena, alla ricerca dei tributi che mancano, ovvero noi tre, la ragazza del 4 e il suo alleato del 7. –

Non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia – dice Thomas tirandosi in piedi.

Grazie dell'informazione Thomas, senza di te a dirci che dobbiamo stare attenti non lo avremo sicuramente fatto! – dico scherzando. Lui si volta, offeso, e io e Cedric comin­ciamo a ridere. Dopo qualche secondo si aggiunge anche lui, e ci ritroviamo a ridere tutti insieme per la prima volta. È proprio vero che con loro mi diverto, e posso essere me stessa senza problemi.

Tornando seri – dice Thomas riacquistando la sua solita serietà. – Dovremo montare dei turni di guardia durante la notte. Nonostante loro dormono in città dobbiamo stare at­tenti agli altri due tributi. Ci siamo già imbattuti in loro, e sono molto agguerriti. – Io annuisco, come a concordare con il mio amico.

Comunque ho catturato qualcosa di commestibile! – esclama Cedric mostrando le sue prede. È riuscito ad ac­chiappare due conigli e uno scoiattolo.

Come hai fatto? – chiedo. Aveva affermato lui stesso di essere una schiappa con l'arco.

Con l'arco, le trappole e un coltello. – dice alzando le spalle.

Non mi sembravi molto bravo con l'arco a giudicare da come hai cercato di colpirmi l'altro giorno in città. – dico io ridendo. – e poi lo hai affermato tu stesso! –

Ma ho fatto apposta a non colpirti! – ribatte lui. – comun­que è vero che non sono molto bravo, ogni tanto ho solo fortuna. Voglio dire, tu sei molto più brava di me. –

Sorrido. Mi riesce davvero a mettere di buon'umore questo ragazzino.

 

Decidiamo di cuocere le prede che ha catturato Cedric. Il fuoco e il fumo potrebbero attirare qui i favoriti, ma, stando alle parole del mio alleato, in questo momento loro sono in città, e i cancelli sono chiudi. Se arrivassero per caso la ra­gazza del 4 e quello del 7 non ci troveranno impreparati.

Mangiamo con gusto, e, finalmente, beviamo anche qualco­sa.

La notte scorre tranquilla, mi sveglio solo per il mio turno di guardia, che passa tranquillo, e poi mi addormento pas­sando il turno a Thomas.

La mattina decido di andare a fare rifornimento d'acqua allo stagno che ha trovato Cedric. Mi faccio spiegare a grandi linee la strada da seguire, e mi immergo nella natura.

È molto presto, e il sole deve ancora sorgere, e, finché i cancelli sono ancora chiusi e i favoriti ancora in città, ne approfitto, per l'appunto, per uscire dalla caverna.

Una volta che sono arrivata là, decido di farmi un bagno. Con mia grande vergogna mi spoglio, sicura che c'è qual­che telecamera a inquadrarmi.

Hai un corpo bellissimo, cerca di sfruttarlo nell'arena. – Le parole del mio mentore mi rimbombano nella testa. Se­guo il suo consiglio, e, senza nessun vestito addosso, mi immergo nello stagno gelido. È incredibilmente rilassante, anche se sono costretta a rimanere lì solo per pochi minuti.

Faccio ritorno il più in fretta possibile alla grotta, dove ci sono ad aspettarmi i miei amici.

 

Passiamo la giornata seduti all'interno della caverna, con l'ansia costante che arrivino i tributi del 4 e del 7, o peggio, i favoriti.

E le nostre paure si fanno ad un tratto realtà.

Siamo fuori dalla grotta, usciti appena per assaporare l'aria, quando all'improvviso da dietro degli alberi spuntano la ra­gazza-oca del 4 e il ragazzo riccio del 7.

Un brivido mi percorre la schiena quando li vedo. Cerchia­mo di non farci notare, anche se ormai sappiamo che l'ora della battaglia è giunta. Ma d'altronde non potevamo rima­nere nascosti per tutta la durata dei giochi. Prima o poi, nel nostro io più profondo, tutti sapevamo che questo momento sarebbe giunto.

 

Siamo nella stessa identica situazione di quando eravamo in città: loro ci guardano, immobili, lei con una lancia in mano, lui i coltelli.

Io estraggo il mio coltello dallo zaino, e lo impugno salda­mente, mentre Cedric incocca la freccia nell'arco.

Siamo tutti tesi, e nessuno compie il minimo passo.

Ad un tratto però sentiamo un rumore, come di un ramo spezzato, e ci giriamo tutti nella stessa direzione. Sento qualcosa che mi sfreccia accanto proprio in quel momento, e il secondo dopo vedo il tributo del 7 a terra, in una picco­la chiazza di sangue. Il cannone spara.

Mi volto: Cedric! Ha scoccato la sua freccia proprio nel ventre del ragazzo.

E tu non sei un bravo tiratore? – dico io ridendo.

Ma è una gioia che dura ben poco.

Un secondo, o meno. Perché la lancia della ragazza ha ap­pena trafitto Cedric da parte a parte.


---
Messaggio dall'autrice:
Eccoci al capitolo 14! è stato tremendo doverlo scrivere (sopratutto la parte finale), però dovevo farlo. Prima o poi doveva morire qualcuno, quindi non ho potuto farne a meno ç_ç il che mi dispiace un sacco, perché Cedric era un amore <3
Vabbè, comunque non vi anticipo niente, il resto lo leggerete nel prossimo capitolo (se mai riuscirò a scriverlo, sono sicura che risulterà dolorosissimo anche per me ; w ; )

Un bacione
La triste Jecky

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Capitolo 15
*** Capitolo XV - La mia ragione di vita ***


 



- Capitolo XV -

La mia ragione di vita

 

Presa da una frenesia di rabbia strappo l'arco e la faretra dalle mani del mio amico ormai ridotto ad un cadavere e, mentre il tributo del 4 corre a perdifiato per cercare di sfug­gire alla mia rabbia, io le scaglio contro la freccia.

Colpita e affondata, al centro del petto. Partono gli spari: uno per Cedric, uno per la ragazza-oca del 4.

Per quanto magnanime sia stata nei confronti dei tributi fino ad ora, e non ne abbia mai ucciso uno, ho sentito scat­tare qualcosa dentro di me, e sentivo di doverlo fare. Non potevo lasciare fuggire colei che ha ucciso il mio caro ami­co.

Ero io quella che diceva, sin dall'inizio dei giochi, di non voler uccidere nessuno. Non volevo uccidere perché non volevo sentirmi un'assassina. Ma dopotutto: o uccidi o muori. È questo ciò che dicono dei giochi no? E poi dovevo farlo. Per Cedric.

Il mio amico è qui, morente, e dalla sua pancia fuoriesce molto sangue. Si accascia a terra, strappandosi la lancia conficcata nel suo corpo. Si distende e pronuncia il mio nome: – Ophelia –.

Tossisce. – Grazie di tutto – mi dice.

Cedric! – urlo il suo nome.

Io non riesco a trattenere le lacrime: sgorgano come un fiu­me in piena, quando la gente non riesce a domarlo e strari­pa dall'argine, invadendo case e raccolti. Si posano sul suo corpo, come pioggia, come neve che si adagia al suolo.

Cedric, non lasciarmi – ansimo, piangendo. – non lasciar­mi, ti prego... –

Non ho mai avuto un vero amico prima di adesso, non ho mai saputo cosa significava. Cedric sapeva rassicurarmi, mi ha aiutato nel momento del bisogno, anche se siamo stati assieme per così poco tempo. Ma quel tempo è bastato a farmi capire che a lui tenevo veramente.

Chi mi aiuterà ora? Con Thomas ferito io non posso fare tanto. Ma devo farcela. Ora ho un motivo in più per vince­re: per il piccolo Cedric. Lui che come me voleva rimanere ciò che era. Non voleva uccidere, ma l'ha fatto per salvarci. E ora è qui, giace tra le mie braccia, inerme.

Mi accarezza il viso con le poche forze che gli sono rima­ste.

Devi vincere, splendore – dice. – sei bellissima, rimani così come sei. Per sempre. – mi sorride. Io gli sorrido a mia volta, anche se le lacrime mi inondano il viso.

Sì, lo farò! Per te! – esclamo. – Ti voglio bene Cedric, grazie di tutto amico mio. Mi hai donato più di quanto spe­rassi. Grazie. – dico io.

Grazie a te Ophelia. Grazie di avermi insegnato cosa si­gnifica amare. – e dopo questa frase si spegne. Per sempre.

Urlo il suo nome al vento. Non mi interessa che la gente mi veda o mi senta, anzi, meglio così. Scoppio in un pianto di­sperato, e non riesco a smettere. Mi appoggio al suo petto e lo stringo forte. Sembra stia dormendo, ma so che non si ri­sveglierà più. Urlo, soffro, piango, impreco contro Capitol City, ma tutto dentro di me. L'unica cosa che mi limito a fare è alzarmi e, diretta verso una telecamera che so che mi sta inquadrando, faccio il segno a tre dita.

È un segno che si fa in onore di una persona morta, qualcu­no di importante. Significa grazie, significa ammirazione, significa dire addio a una persona che ami.

I miei occhi gonfi e rossi dal pianto sono ora in onda in tut­ta Capitol City e tutti i distretti. Non mi interessa niente del mio aspetto esteriore, non ora.

Mi stendo un'altra volta sul cadavere di Cedric. Sono piena del suo sangue, ma ormai a chi interessa più? Gli posiziono le mani sulla ferita, in modo da coprirla, e mi chino sul suo capo, dandogli un fraterno bacio sulla fronte. Raccolgo dei fiori e glieli metto tra le mani.

Sento un rumore assordante provenire da sopra: gli hover­craft che portano via i corpi dei tributi morti stanno arrivan­do.

Thomas viene accanto a me, e tenta di portarmi via, ma io urlo e mi dimeno, cercando di liberarmi dalla sua presa.

No! Cedric! – urlo, in preda alla disperazione.

Cerco di spostare le braccia di Thomas che mi fermano dal­l'avvicinarmi dal mio amico ormai morto.

No! – urlo ancora.

L' hovercraft arriva e porta via il corpo di Cedric.

Continuo ad urlare, e tra i singhiozzi sento Thomas vicino, che mi sussurra in un orecchio: – Forza, ora torniamo. –

Poi mi abbraccia forte, e mi da un bacio sulla fronte.

Stai tranquilla, andrà tutto bene. –

Io non discuto e, con le lacrime che continuano ad affiorare sul mio viso, lo seguo fino alla caverna.

 

Arriva la notte, l'inno, il simbolo, e poi eccoli lì: i volti dei tributi accompagnati dai loro nomi.

Il ragazzo del 7 si chiamava Ronald, mentre la ragazza-oca del 4, quella che ho ammazzato io, si chiamava Jonnie. Che nome ridicolo è? E poi mostrano il volto di Cedric. Non voglio vederlo, ma ormai è troppo tardi. Mi rannicchio tra le braccia di Thomas, e piango per un'altra buona mezz'ora.

Ehi Ophelia – dice ad un tratto lui alzandomi il viso nella sua direzione. – Smettila di piangere, forza. Continuando così non lo riporterai certo indietro. E poi devi mostrarti forte, pensi che lui avrebbe piacere a vederti in questo sta­to? –

Scuoto la testa. No, lui non avrebbe voluto vedermi così.

Ci sono io con te, ti proteggerò a qualsiasi costo, te lo prometto. – e poi mi sorride. Quel sorriso che amo tanto.–

Grazie – dico scioccandogli un grosso bacio.

 

Ricordo quando andavamo ancora a scuola: niente, più del suo sorriso, riusciva a donarmi tanta felicità. Quando mi sa­lutava, la mattina a scuola, le giornate buie diventavano se­rene. E poi aspettavo di vederlo ancora, durante l'intervallo, all'uscita. E poi basta, fino al giorno dopo. In realtà sono convinta che quello che ho sempre amato è Thomas, non Philip. Era lui quello che cercavo con lo sguardo in tutti quelli che incontravo. Era lui che speravo mi notasse la mattina e mi donasse il suo splendido sorriso per comincia­re al meglio la mattinata. Era lui il motivo per cui non ve­devo l'ora di andare a scuola. Era lui che motivava le mie giornate.

E ora? Ora che forse lo perderò, proprio come ho perso Ce­dric? Cosa farò dopo? Chi cercherò durante l'intervallo? Chi sarà capace di farmi ridere come faceva lui? Nessuno.

Ecco la risposta: nessuno. Nessun Philip, nemmeno fra mi­lioni di anni, potrà prendere il suo posto. Non ci sarà mai nessuno come Thomas.

Non ci siamo mai parlati tanto, ma nel profondo ci amava­mo entrambi. Ci volevamo bene. E io sono solo una stupida ad essermi accorta del suo amore solo ora. Ora che tutto fi­nirà.

 

Spara il cannone. È morto un altro tributo. Aspetto la sera, e scopro che è morto il ragazzo del'1. Siamo rimasti solo noi: io, Thomas, la ragazza del'1, e il ragazzo del 2.

Fra non molto finirà tutto. Qualcuno verrà ucciso, e qualcu­no vincerà.

Ma chi sarà quel vincitore?

Se vincere significa perdere Thomas io... no, non posso permettermi di perdere. Che ne sarà della mia famiglia sen­za di me? Hanno già perso Lysandre, non possono perdere anche me! E io non posso darla vinta a Capitol City. Hanno ucciso mio fratello, ma non uccideranno me! E poi l'ho pro­messo anche a Cedric. Io farò di tutto per vincere, e con me vincerà anche Thomas. Lo riporterò indietro, lo giuro!

Ophelia – mi chiama.

Sì? – rispondo io.

Senti, se non riuscirò a sopravvivere tu... – non finisce la frase perché io lo interrompo.

No! Tu vincerai! E anche io vincerò! Vinceremo insieme, torneremo insieme a casa, te lo prometto! –

Ophelia, ti prego ascoltami – continua lui, imperterrito. – lo sai benissimo anche tu che solo uno di noi può uscire vivo da qui. E io voglio che sia tu. – .

Sto per urlargli contro, ma mi posa un dito sulle labbra.

No, non dire nulla. Tu vincerai. Tu tornerai dalla tua fa­miglia. Tu hai qualcuno al distretto che ha bisogno di te più di qualsiasi altra cosa, io non ho nessuno ad aspettarmi. Alla mietitura non è venuto nessuno. Questo lo sapevi? – faccio di no con la testa.

Come sarebbe a dire che non è venuto nessuno a trovarlo?

Tu sei tutta la mia ragione di vita, se tu morissi e io conti­nuassi a vivere niente avrebbe più senso per me – mi guar­da serio, e una lacrima gli riga il volto.–

Ti prego, fallo per me. – e mi sfoggia il suo sorriso.

Quello che amo tanto, che mi fa sciogliere, che mi manda in brodo di giuggiole ogni volta che lo vedo. Non ce la fac­cio, non reggo. Scoppio in un pianto disperato.

No Thomas, no! Noi torneremo insieme! Ti prometto che se torneremo ci sposeremo, avremo dei bambini, quanti ne vuoi, e vivremo insieme felici al villaggio dei vincitori! – lui mi guarda, quasi intenerito, e triste in volto. Non rispon­de, e mi bacia soltanto. È un bacio salato, di quelli tristi. Il nostro amore non era destinato ad andare in porto evidente­mente. Se non fosse stato per questi maledettissimi giochi le cose sarebbero andare meglio. Per me, per la mia fami­glia, per le altre famiglie, per tutta la nazione di Panem.

Ogni anno gli Hunger Games portano via vite, sogni, desi­deri, ai ragazzi e alle loro famiglie. Non voglio più vivere in un posto così, non voglio che i miei figli vivano in un luogo del genere. Ma io non voglio avere dei figli. Non vo­glio che provino quello che ho provato io. E sopratutto non voglio averli da qualcuno che non è Thomas. Io farò di tut­to per riportarlo a casa con me. Lui ormai è la mia ragione di vita.


---
Messaggio dall'autrice:
salve a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a questo punto! Ci tenevo tanto a ringraziare alcune persone senza la quale questa storia non andrebbe avanti, ovvero tutte quelle che mi sostengono e mi recensiscono le storie.
Coral 97, AriiiC_ e Darkangel98, per aver recensito e seguito fino ad ora i capitoli: grazie ragazze! E poi Hybrid Kuro, ovvero la mia cara amica Giada, che segue con passione questa Fan Fiction da quando è nata, e che mi commenta in diretta ogni capitolo. Un ringraziamento lo volevo fare anche alle persone che mi hanno ispirato alcuni dei protagonisti: come Yuri per Cedric, il ragazzino del distretto 5, che è sopravvissuto al bagno di sangue guadagnandosi l'arco e le frecce. Lui che a ricreazione mangia sempre fino a scoppiare, e che con il suo viso da ragazzino e i suoi abbracci mi dona tanta felicità. E grazie anche a te lettore, che stai leggendo questo spazio e che continuerai a seguire me, povera autrice di cui non si interessa nessuno, e Ophelia, e la sua avventura nell'arena. 
Un grandissimo bacio.

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI - Stallo ***




- Capitolo XVI -

Stallo

 

Quando è morto Cedric è caduto un paracadute. Rimasi perplessa quando ne trovai il contenuto.

Al suo interno c'era una collana.

Si apre, come un medaglione di quelli che tengono le nonne del mio distretto per ricordarsi dei nipoti e dei parenti a loro cari.

All'interno di questo c'è una foto di Cedric.

In quel momento ricordo che alzai gli occhi al cielo, e sus­surrai un “grazie”, in lacrime, verso gli abitanti del suo di­stretto, che con tanta cura avevano speso i loro soldi per fare quel regalo a me.

Lo hanno fatto perché io mi ricordassi di lui, per sempre. Per non dimenticare.

 

Sono passati due giorni da allora, e le ferite di Thomas or­mai si sono rimarginate del tutto, e lui è tornato ad essere quello di sempre (esteticamente parlando). I suoi capelli arancio-castani, prendono fuoco quando sono colpiti dal sole, e tutte le sfumature del rosso gli si presentano in testa. Mi piace un sacco anche per quello. E poi per le sue lentiggini. Sono meravigliose, e gli cospargono il naso e le guance. Io ogni tanto lo bacio anche lì, e sembra piacergli. Spero piaccia anche al pubblico. Il suo sorriso è sempre lo stesso anche dentro l'arena: mi mostra i suoi 32 denti perfettamente dritti ogni volta che sono abbattuta. E come puoi non metterti a ridere ad una faccia del genere?

Passiamo due giorni così: nella grotta, a mangiare, dormire, ogni tanto andiamo allo stagno, per rinfrescarci e abbeve­rarci.

Ci sono rimaste le prede di Cedric, quindi siamo riusciti in qualche modo a sopravvivere alla fame in questi giorni. Ma ormai non sappiamo più dove trovare il cibo, e noi non sia­mo bravi a cacciare. In ogni caso gli Hunger Games si stan­no avvicinando alla fine, e questo lo sappiamo bene en­trambi quando, al terzo giorno che siamo nella grotta, spara il cannone.

È morto un altro tributo, non si sa chi ma è morto qualcuno. Aspettiamo la sera, e nel cielo appare il volto di Gregory, tributo del distretto 2. Siamo rimasti noi e la ragazza dai ca­pelli castani del'1.

Sono in preda al panico: essendo rimasti solo noi gli strate­ghi faranno qualcosa per farci avvicinare e porre fine ai giochi. Anche perché immagino che il pubblico non si de­v'essere divertito molto a vedere me e Thomas che non fa­cevamo nulla tutto il tempo. Stringo forte il medaglione con dentro la foto di Cedric, in cerca di forza, mentre Tho­mas mi stringe a se.

Andrà tutto bene, vedrai – Mi sussurra.

 

Provo a ricordarmi della ragazza del'1, in cerca di qualcosa, come di un punto debole su cui premere.

Ricordo bene i suoi capelli, lunghi e castani, raccolti sem­pre in una splendida treccia. Ricordo il suo volto: bellissi­mo e crudele nello stesso istante. Il suo corpo sexy che ha sempre sfoggiato con vanità. La sua abilità con i coltelli du­rante l'addestramento, e... basta. Non riesco a trovare niente di imperfetto in una ragazza così perfetta.

Ma comunque, anche se l'ammazzassi, poi dovrei uccidere Thomas o viceversa.

Come faremo in una situazione del genere? Sarebbe meglio che mi lasciassi uccidere da lei così poi Thomas se la cave­rà da solo? E se non ce la fa? Diciamocelo chiaro e tondo: lui non ha la stoffa per farcela. Non ce l'ha mai avuta.

Ma non ci voglio pensare, non ce la faccio.

Tributi – la voce di Claudius, il commentatore dei giochi, si fa spazio nell'arena, riportandomi alla realtà.

Siete tutti invitati ad un festino alla cornucopia. Potrete trovare qualcosa di cui avete veramente bisogno per so­pravvivere. –

Non me la bevo nemmeno fra cent'anni. È ovvio che vo­gliono porre fine ai giochi!

Di solito usano sempre questo metodo quando i tributi non si squartano da un paio di giorni: i festini.

Loro li chiamano così, ma è chiaro che non sono delle vere e proprie feste. Invogliano i tributi ad avvicinarsi in un pun­to preciso dell'arena, convincendoli con qualcosa di cui in genere hanno molto bisogno.

Non dobbiamo partecipare al festino, ci vogliono far in­contrare la ragazza del'1 per porre fine ai giochi! Dobbiamo andare dalla parte opposta, al centro della città! – dico a Thomas.

Ma sei impazzita? C'è l'ultimo tributo da quella parte! Ci ucciderà sicuramente! –

E pensi che se andiamo al festino rimarremo vivi? Forza, seguimi. – dico io alzandolo da terra.

Decidiamo di utilizzare un percorso alternativo al sentiero principale, per non imbatterci nell'ultimo tributo, e perciò ci addentriamo nel folto del bosco. Ci dirigiamo con passo felpato verso il cancello, sperando di trovarlo aperto. Ov­viamente quando arriviamo lo troviamo chiuso. C'era da aspettarselo.

Forse dovremo veramente andare alla cornucopia. Ora come ora non si può più scappare: siamo in tre, solo uno sopravvive. E qualcuno deve uccidere la ragazza del'1. Se non lo facciamo noi non lo farà nessun altro.

Siamo arrivati alla resa dei conti?


---
Messaggio dall'autrice:
Manca poco alla fine dei giochi, chi vincerà secondo voi? Come finirà la storia tra Thomas e Ophelia? ;)
Sono aperte le scommesse u.u
Al prossimo capitolo!

Jecky, autrice che vuole tenervi sulle spine.

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII - La resa dei conti ***




- Capitolo XVII -

La resa dei conti

 

Ci stiamo avvicinando alla fine, alla nostra morte o alla no­stra vittoria. Tutto dipenderà da come ci comportiamo.

Io e Thomas ci teniamo per mano, stringendole forte l'un l'altra. Sappiamo che potrebbe essere l'ultima volta che fac­ciamo una cosa del genere.

La tensione è alle stelle, nessuno dei due parla, ci limitiamo a stringerci sempre più forte. L'unico suono che sentiamo è quello delle Ghiandaie Imitatrici, che cinguettano nel folto del bosco.

Cantiamo? – dice lui per alleggerire la tensione. Annui­sco, e intono una canzone:

 

C'è un sole caldo che aleggia nell'aria

la tua mano è nella mia

e insieme andiamo al prato.

Il prato dei fiori,

dove possiamo essere felici

 

Gli uccelli si zittiscono di colpo, e ascoltano le mie parole.

 

Stendiamoci qui

all'ombra di un pino,

cantiamo insieme,

non ho paura.

 

Thomas si unisce al mio canto, ripetendo l'inciso:

 

C'è un sole caldo che aleggia nell'aria

la tua mano è nella mia

e insieme andiamo al prato.

Il prato dei fiori,

dove possiamo essere felici

Le Ghiandaie ripetono la nostra canzone, e noi le ascoltia­mo.

Andremo insieme al prato dei fiori un giorno, vero? – mi azzardo a dire. – Quando torneremo a casa, al distretto 9. –

Sì – mi risponde lui con il suo inimitabile sorriso.

 

Ci blocchiamo di colpo quando arriviamo alla cornucopia. Il sole è tramontato, e noi siamo qui, in attesa della nostra morte.

Prendo l'arco e incocco una freccia. Passo il coltello a Tho­mas. Il cuore comincia a martellarmi in petto come mai pri­ma d'ora, e l''ansia cresce dentro di me, sempre di più.

Sulla cornucopia! – dico a Thomas quando vedo che non c'è nessuno. Corriamo a più non posso verso la statua, e ci arrampichiamo sopra con fretta. Qui siamo più alti e vedia­mo meglio nel caso arrivasse la ragazza del'1.

Niente.

Nessuno si fa vivo.

Sto per togliere la freccia dall'arco, notando che non c'è nessuno contro cui tirarla, quando un coltello mi sfreccia vicino. Lo schivo di un soffio, e si conficca in un albero non distante da me. Mi giro, vedendo chi lo ha lanciato.

Eccola lì, la ragazza del distretto 1: Darla McKeith.

Il suo volto è ricoperto di graffi, tagli, e sangue ormai rap­preso. Le sue braccia e le sue gambe bellissime sono ustionate, rovinate, ma comunque ben salde a terra, ricche di adrenalina e grinta, pronte a combattere. La sua lunga treccia è ancora lì, come all'intervista.

Luridi vermi, ora vi uccido! – urla avvicinandosi alla cor­nucopia.

Prendo la freccia e la lancio verso di lei. L'ho mancata. Io che manco un colpo? Com'è possibile?

Noto con orrore che sto tremando come una foglia. La ra­gazza, sempre più agguerrita, si avvicina, e ormai è qui. Quando è ai piedi della cornucopia fa un salto, e in un atti­mo ci è sopra. Mi sono rimaste due frecce, che non ho vo­luto sprecare lanciandogliele contro inutilmente.

Siamo alla resa dei conti eh, piccioncini? – dice in manie­ra cinica brandendo i suoi coltelli con entrambe le mani.

Sul suo volto affiora il sorriso più crudele e spietato che io abbia mai visto. Siamo tutti e tre immobilizzati dalla paura, e nessuno sa che mossa fare.

A dare inizio alle danze è Darla, che si fionda su di me con un urlo. Ora cominciano veramente i giochi. Mi immobiliz­za, senza ricordarsi che alle sue spalle c'è Thomas. Lui, an­che se teso come una corda di violino, trova la forza di at­taccarla prima che lei riesca ad impiantarmi uno dei suoi coltelli proprio in mezzo alla faccia. Si getta sopra la ragaz­za, che si dimena, riuscendo a capovolgere la situazione: ha sopraffatto Thomas, e ora è a cavalcioni sopra di lui, con le sue belle gambe lunghe che gli fermano i polsi. Lui non rie­sce a muoversi, anche se non penso abbia mai avuto l'inten­zione di ucciderla veramente. Però ha avuto il buon senso di salvarmi e prendere tempo. Thomas dopotutto è “solo un altro tributo”, ecco come definisco quelli come me e Ce­dric, che non vogliono uccidere per diventare una pedina dei giochi. Per di più lei è pur sempre una donna, e forse è un altro motivo che ha spinto Thomas a non attaccarla. Op­pure no? Siamo negli Hunger Games, qui non c'è più distin­zione di sesso o età, se vuoi vincere devi dire addio a tutto ciò che ti rende umano. Infatti ad osservarla con maggior chiarezza lei non è umana. È un mostro. Uno di quei mostri assassini di Capitol City. I suoi occhi iniettati di sangue lo dimostrano, e non solo quelli. La facilità con cui ha ucciso gli altri tributi l'hanno resa la pedina perfetta di Capitol. Lei non è più umana, ha perso tutto ciò che la rendeva tale.

Prima che riesca a fare qualcosa a Thomas io le salto ad­dosso: non ho tempo di incoccare una freccia e ucciderla.

Le tiro i capelli, e continuiamo con sputi, morsi e graffi, cerchiamo a vicenda a farci del male in questa maniera. Lei cerca di colpirmi con i suoi coltelli più volte, ma per fortu­na riesco ad evitarli. Uno però mi ha colpita alla spalla, che ora sanguina abbondantemente. Lancio un urlo di dolore, ma non mi abbatto così facilmente. Prendo l'arco e tiro una freccia. La colpisco ad una gamba. La mia mira infallibile ha fatto cilecca un'altra volta. Si stacca l'arma dal corpo, come se non le avesse procurato il minimo dolore. Thomas cerca di fermarla, bloccandola da dietro, ma lei lo spinge giù dalla cornucopia, e così si rompe il polso. Ora non può più aiutarmi, ora devo cavarmela da sola.

 

Siamo una di fronte all'altra. Lei si avventa per l'ennesima volta su di me, e ora mi è a cavalcioni, bloccandomi i polsi con le sue ginocchia, come ha fatto prima con Thomas. Io ho ancora uno dei suoi coltelli conficcato nella spalla. Lei ha la mia freccia in mano.

E tu speri di vincere contro di me contadinella? – mi dice, in tono di superiorità e sfida. – Per favore, sapevi di non avere speranze dall'inizio! –

Sta giocando con la freccia: se la passa tra le dita come si fa con una matita.

Hai fatto di tutto per salvare te e pure il ragazzo, ma non funzionerà ancora per molto, lo sai vero? – tira fuori da una tasca un coltellino svizzero, e me lo avvicina al viso. – Sei molto carina però, devo ammetterlo, ragazza dal cuore d'o­ro. – dice giocherellando con i miei capelli. – Ma non lo sa­rai ancora per molto! Da dove cominciamo? Dalla bocca o dagli occhi? – mi passa il coltellino vicino alla bocca, e traccia un leggero segno sotto il labbro inferiore. Non è un taglio netto e profondo, ma un graffio che comunque mi provoca un leggero dolore. Il coltello è sporco del mio san­gue e me lo mostra con soddisfazione: – Allora che ne dici? Ti piace questo colore? È tuo sai? Il colore del tuo sangue che ora sgorgherà da tutte le parti. L'arena si tingerà del co­lore dei tuoi bellissimi capelli, ragazza d'oro.– dice in una sonora risata.

Mi posa la lama vicino alla guancia.

E tu che speravi davvero di sopraffarmi, non ci posso cre­dere! – aggiunge poi, come a voler concludere in bellezza il suo discorso.

Il mio cuore batte a mille, e cerco, inutilmente, un modo per liberarmi dalla sua stretta. Mi contorco, mi muovo, rin­ghio e urlo, ma non ci riesco. Se ne rimane lì con un ghigno sul volto, e continua imperterrita la sua discussione su come lei sia fantastica e io no: – Insomma, cosa può fare una contadinella del distretto 12 contro una ragazza allenata da una vita come me del distretto 1? –.

In bocca mi si è formato un misto di saliva e sangue, che mi è fuoriuscito dal continuo masticarmi interno della guancia per via della tensione.

Distretto 9, prego! – dico sputandole in un occhio quel miscuglio schifoso. Lei lancia un urlo, e si copre l'occhio, mollando la presa su di me.

Tu, lurida... – non finisce la frase, perché io, approfittan­do di quel momento, mi libero e mi alzo sopra di lei. Cerca di infilzarmi con il coltellino, ma io la spingo a terra, e poi giù dalla cornucopia. Ora è lì, vicino a Thomas. Lui la bloc­ca come può, con il suo polso sinistro che ondeggia nell'a­ria come se fosse fatto di gelatina. Con il braccio sinistro la blocca alla vita, con le gambe cerca di tenere ferme le sue braccia, e con la mano destra afferra il coltello e glielo pun­ta alla gola. Prima che riesca a bloccarla del tutto, il coltel­lino svizzero colpisce Thomas alla guancia: – Thomas! – urlo.

Non preoccuparti, non è profondo il taglio! Forza ora, sbrigati ad ucciderla!– mi dice lui.

 

Perché mi hanno dato questo ridicolo soprannome? “Ra­gazza dal cuore d'oro”. Io non ho un cuore d'oro, non l'ho mai avuto. Chi, nell'arena, può essere definito con tale ag­gettivo?

Sbrigati ad ucciderla”. Queste parole mi rimbombano nel­la testa.

Ho già ucciso Jonnie, perché non dovrei uccidere anche lei? Che differenza fa? Uccidere lei o uccidere un'altra ragazza, qual'è il problema?

Non ne ho il coraggio, ma devo salvare me e anche Tho­mas. Noi dobbiamo tornare, e andare al prato dei fiori, come dice la canzone.

Siamo arrivati alla resa dei conti ormai: un mio unico gesto stabilirà la sorte di questa ragazza.

Tiro fuori la mia ultima freccia dalla faretra ormai consu­mata, e la incocco nell'arco. Devo prendere bene la mira, se sbaglio potrei colpire anche il mio alleato. Tremo, sono tesa e in ansia. Faccio un respiro profondo, e chiudo gli occhi per un'istante. Tendo la corda dell'arco.

Mi preparo.

Parte il tiro.

La colpisco in pieno, al centro del suo cuore, che smette di battere all'istante.

Il cannone spara. In cielo appare il volto di Darla McKeith.

Ho vinto! Abbiamo vinto! Ora io e Thomas potremo torna­re assieme a casa.

Sul mio viso si dipinge un sorriso, anche se so che non do­vrei farlo dopo aver ucciso una persona.

Il cielo si illumina dei colori dell'alba, e io scendo dalla cornucopia, correndo incontro a Thomas e abbracciandolo forte. Ci baciamo, siamo felici, anche se sanguinanti e pieni di ferite.

Ci guardiamo intorno, in attesa che qualcuno annunci la fine dei giochi.

Niente.

In quel momento ci guardiamo negli occhi: non superficial­mente, ma dentro gli occhi. Ed entrambi notiamo rancore e sconforto. E paura. Tanta paura. E in quel momento capia­mo che i giochi non sono ancora terminati.

---

Messaggio dall'autrice:
Ebbene, eccoci ormai alla fine dei giochi. Non ho molto da scrivere su questo capitolo, tranne che mi sono divertita un sacco a scriverlo, anche se è stato piuttosto difficile, non sapevo molto come descrivere la cosa della "battaglia" dato che era la prima volta che ne descrivevo una XD Che altro dire: spero di essere riuscita a creare abbastanza tensione, e, anche se sono un vulcano di idee, penso che aspetterò ad aggiornare, perché sono crudele, e voglio farvi soffrire, muahahaha! Inoltre mi scuso per il fatto che è più lungo degli altri, spero non vi abbia annoiato :(
Grazie a chi ha letto fin qui e a chi seguirà i capitoli finali! Fra poco sapremo come si concluderà tutta la vicenda! Non siete curiosi? 
p.s: non trovate che Darla sia una super favofiga? :D

Jecky

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII - Anche se molto debole sento ancora il suo profumo ***


 



- Capitolo XVIII -

Anche se molto debole sento ancora il suo profumo

 

Ci guardiamo negli occhi, e sappiamo entrambi che forse sarà l'ultima volta che ci potremo scambiare uno sguardo così profondo.

Ophelia – comincia Thomas.

Non voglio sentirlo, non voglio farlo, assolutamente!

Ho sempre cercato di non pensare a questo momento per non soffrire, ma ormai è inevitabile.

Se Darla avesse ucciso Thomas forse sarebbe stato meglio, così non dovevo ucciderlo io.

E se... ora mi sorge il dubbio. Se Thomas cercasse di ucci­dermi?

No, impossibile! Lo ha sempre detto chiaramente, dall'ini­zio di tutto, che lui non lo avrebbe mai fatto, che preferiva morire piuttosto che uccidere me, la ragazza che ama.

E se ciò che ha detto è vero, significa che anche il fatto che lui non ha nessuno al distretto ad aspettarlo è realtà?

Nessuna famiglia? Nessun amico? Nessun parente, di nes­sun tipo?

Io ho la mia famiglia, ma come faccio a tornare da loro se devo uccidere colui che amo?

Come avrò il coraggio di guardare in faccia anche solo una persona del mio distretto, un mio coetaneo sopratutto, sen­za pensare a Thomas?

Senza pensare che ho commesso l'omicidio più orribile di tutti: l'assassinio.

Ho già ucciso due tributi, ma non li conoscevo, non prova­vo quello che provo per Thomas.

'Che cazzo faccio?! Che cazzo faccio ora?!' penso, premen­domi le mani forte contro le orecchie e serrando gli occhi.

Mi si blocca in gola un urlo. Sto impazzendo, impazzendo!

Scuoto la testa, come a dire 'no', sperando di risvegliarmi nel mio sudicio e vecchio letto al distretto 9, sperando che sia stato tutto un orrendo, terribile incubo.

Spero di risvegliarmi, sudata per la paura, di ritrovarmi ac­canto ai miei fratellini. Gil dormiente, coricato al petto di mia madre. Daisy che respira, profondamente, con il suo dolce sorriso che ha pure quando dorme. Mio padre, quelle poche volte che è sobrio, coricato accanto a mia madre.

E Lysandre, voglio anche lui.

Voglio che torni indietro, voglio che torni a dormire con me, ad accarezzarmi, a dirmi che non mi sceglieranno alla mietitura.

Che mi dica che questo, infondo, è solo un sogno.

Ma quando apro gli occhi non è cambiato niente.

Tutto mi sembra sfocato, il mondo è come se fosse fermo e Thomas mi guarda, immobile.

Cado a terra, in ginocchio, ma purtroppo capisco ancora cosa succede.

Mi stringo sempre di più le mani sulle orecchie, e quell'urlo che ho represso prima si fa strada nella mia gola, fino ad uscire, furibondo e più cattivo che mai.

La paura mi assale, e mi sento preda di essa. Il mio cuore batte, come non ha mai fatto prima.

Una mano si poggia sulla mia spalla.

Thomas? Lo guardo meglio. No, non è Thomas.

È Lysandre.

Lysandre? – sussurro io.

Sono Thomas – dice la persona che ho davanti. L'unico nome che speravo di non sentire.

Perché mi ricorda Lysandre in questo momento? Ho sem­pre pensato che un po' ci assomigliasse.

Gli stessi capelli rosso-arancione, le stesse parole, gli stessi gesti, lo stesso modo di toccarmi, delicatamente, gentil­mente, lo stesso identico profumo. I modi di fare di un ami­co, di un fratello, di un amante, di uno sposo.

Per me Lysandre era tutti gli uomini della mia vita.

Sì, forse non proprio tutti, ma quando c'era lui non sentivo il bisogno di avere nessun altro.

Non sentivo il bisogno di avere un ragazzo, come tante del­le mie compagne di classe.

Lui era tutto per me, e quando è venuto a mancare, dopo un lungo anno di sofferenze, è arrivato lui: Thomas Flynn.

Ed è arrivato nel momento più sbagliato della mia orribile vita. È arrivato nel momento in cui sono cominciati gli Hunger Games, questi infernali giochi che distruggono ogni anno vite e desideri di milioni di ragazzi.

Ma ora basta. Non voglio più essere schiava di Capitol City.

Ma come si può non esserlo? Alla fine lo siamo tutti, che lo vogliamo o meno.

Che io vinca i giochi, o che venga uccisa, tutto rimarrà come prima.

Io non avrò più Thomas, in qualsiasi caso.

È come se fossi già morta.

È ora di tornare alla realtà, di affrontare le cose, non posso più tirarmi indietro.

Tiro via con violenza la mano che Thomas mi ha posto sul­la spalla.

Basta, è finita! – urlo. – Cosa aspettate ad annunciare la fine di questi maledettissimi giochi eh? –

Ophelia, non ci sarà nessun doppio vincitore – mi rispon­de lui.

E quindi cosa facciamo ora Tom? Cosa?! – sto facendo uscire tutta la rabbia che ho in corpo.

Ophelia calmati, ti prego.–

No che non mi calmo! –

Ophelia! – urla lui.

Smettila! Non potremo mai tornare a casa entrambi! Ti ho mentito! Ti ho mentito fino ad ora! Io non potrò riportarti al distretto con me, non ce n'è il modo! –

Lo so Oph, lo so, quindi ora calmati ti prego, voglio par­larti. –

Le lacrime cominciano a scendermi a fiotti dagli occhi. Mi inondano gli occhi, il viso, le guance... tutto.

'Sono morta' penso ' qualsiasi cosa accada io sono comun­que morta'.

Ophelia, ora 'sta bene a sentirmi: non possiamo tornare a casa insieme, e questo lo sai bene. –

Una lacrima gli riga il volto. A lui, proprio lui che fino ad ora si era dimostrato forte e coraggioso. Non aveva pianto durante la morte di Cedric. Perché?

In realtà sono sicura che anche lui piangeva, nel cuore della notte, quando nessuno poteva vederlo.

Quindi ora... – le lacrime lo hanno invaso completamente.

Io mi ucciderò. Per te. –

 

No. Non è vero ciò che ha detto. Non voglio sentire, né ve­dere nulla in questo istante.

Perché tutto questo a me? Perché?

Tesoro, so quanto sarebbe doloroso uccidermi per te, e io penso proverei lo stesso se mi chiedessi tu di ucciderti. –

È la prima volta che mi chiama “tesoro”. Non aveva mai utilizzato un nomignolo così dolce prima d'ora.

Si avvicina a me e appoggia la sua fronte contro la mia, e chiude gli occhi. Le sue mani mi sorreggono il viso.

Io ti amo.– mi dice aprendo gli occhi, e mantenendo il contatto visivo con i miei.

La prima volta che me lo ha detto io non sapevo cosa ri­spondere. Ma ora lo so.

Anche io... – rispondo con un sorriso.

Sorridimi. – aggiungo poi. – Io amo il tuo sorriso, più di ogni altra cosa. –

Sorride, come da mia richiesta. Ma sta piangendo.

Come vivrò senza il suo sorriso? E come posso permetter­gli di uccidersi? Davanti ai miei occhi per di più!

Ma è inevitabile. Come posso fermarlo? Come posso fer­mare la furia omicida di Capitol City?

Se anche ci opponessimo farebbero in modo di ucciderci, in un modo o nell'altro.

Io... vado.– dice Thomas.

I nostri occhi sono dei fiumi in piena. Ci abbracciamo an­cora, ci stringiamo forte.

Le nostre labbra si trovano per l'ultima volta. Si fondono in un unica e dolcissima effusione.

È un attimo che sembra non passare mai, o almeno è questo quello che vorrei. Rimanere così per sempre, tra le braccia di Thomas.

Ma tutto ha una fine, purtroppo. E anche la sua vita deve fi­nire.

Io non so come riuscirò a vivere senza di lui, ma ce la devo fare. Per mamma, papà, Gil, Daisy, Lysandre, Cedric. E Thomas.

Mi stringe forte la mano.

Quando tornerai al distretto parla con Philip. – dice ad un tratto.

Philip? Parli di Philip Keane? –

Sì. Ha una cotta per te, potrebbe essere un mio degno “successore” – dice azzardando una risatina.

Non dirlo nemmeno per scherzo Tom! Nessuno potrà mai sostituirti!–

E invece dovrai trovarlo qualcuno, un giorno. Io sto fa­cendo questo per te, perché voglio che tu viva una vita feli­ce, che tu torni dalla tua famiglia! Io non ho nessuno, non ho mai avuto nessuno da cui tornare, per cui lottare per so­pravvivere a questi maledettissimi giochi! L'unica ragione di vita che avevo eri tu.–

Thomas... – sussurro.

Ti prego, io voglio bene a Philip, se dovessi scegliere lui... sarai molto felice. E ne sarò felice anche io. –

Non posso credere a ciò che dice. Lo sta dicendo davvero?

Non so con cosa controbattere, in alcun modo. E in parte ha ragione, perché se lo fa per salvarmi io devo pur andare avanti, anche se sarà difficile.

Addio – mi dice piangendo, sciogliendo il legame tra le nostre mani e allontanandosi da me.

Addio, amore. – rispondo io singhiozzando.

 

Sale in cima alla cornucopia, e io lo seguo: non posso la­sciargli affrontare un momento del genere da solo.

Afferra il coltello con la mano ancora sana, io sono lì, ac­canto a lui e lo stringo per un fianco, come ad accompa­gnarlo in quell'ultimo, folle gesto.

Porta l'arma al cielo, che guarda con rabbia e intensità, ed esclama qualcosa che non mi sarei mai aspettata di sentire:

Vi odio! – urla. – Vi odio tutti, abitanti di Capitol City! Ti odio presidente Snow, e odio anche voi strateghi! Grazie di avermi fatto vivere questa avventura, ho imparato molto, da tutti voi! Ho trovato l'amore della ragazza che ho sempre amato, ma a cui non ho mai avuto il coraggio di dichiarar­mi, ho trovato un amico, e ho anche capito una cosa: che voi siete solo dei fottutissimi pezzi di merda che rovinano la vita ai ragazzi e alle loro famiglie! Voglio che un giorno, i figli della persona che amo, Ophelia, siano liberi di vivere la loro vita fino in fondo, senza che degli stupidi giochi pongano fine alla loro felicità. –

È probabile che taglieranno queste parti durante il montag­gio, ma intanto mentre le dice lui è in onda. È in diretta, e tutta Capitol, tutti i dodici distretti di Panem lo stanno guar­dando. Stanno sentendo le sue parole di ribellione.

Spero che un giorno le cose cambino – continua lui guar­dando direttamente all'interno dei miei occhi. Io vedo i suoi, splendidi, come sempre. – Spero che un giorno qualcuno sovverta questo paese, e tutte le sue regole, che uccida colui che ha creato tutto ciò! Spero che questo governo sporco e corrotto cambi. Davvero. – Mi sorride.

Il mio cuore batte, batte sempre di più.

Io...– continua a guardarmi con il suo meraviglioso sorri­so stampato in volto. –...confido in questa persona. Capitol City non mi ha mai avuto, e mai sarò di sua proprietà! Mo­rirò con le mie idee di ribellione, e nessuno potrà mai cam­biarle! – poi smette di parlare e mi guarda. – Ophelia, pro­mettimi che quando tornerai al distretto dirai queste mie esatte parole a tutti. E devi dirlo anche agli altri distretti, a tutti! – Io annuisco, e, con le lacrime agli occhi, sorrido.

Con te i giorni bui diventavano sereni: il tuo sguardo, il tuo bellissimo volto, i tuoi meravigliosi riccioli rossi... tutto di te mi è sempre piaciuto. Ti amo, grazie di tutto davvero. –

Si avvicina, e mi lascia con un ultimo, triste bacio, poi mi sussurra all'orecchio: – Ti amo, e ti amerò per sempre, mio dolce amore. –

E con queste parole abbassa il coltello, conficcandoselo dritto al centro del suo cuore.

 

Thomas! – urlo.

Ma tanto so che non c'è più nulla da fare, nulla.

Piango, china sul suo corpo, sul suo volto, che ancora pos­siede il suo dolce e caloroso sorriso. Si è spento con quel suo inimitabile sorriso stampato in viso. Il suo corpo però è freddo, gelido come la morte. Sembra che stia dormendo, anche se so che non è così.

Spara il cannone. Il suo volto appare in cielo, ma non assie­me al simbolo e all'inno di Capitol City.

Hanno afferrato il suo messaggio di ribellione, a quanto pare.

Urlo, furibonda, rabbiosa, triste, afflitta. Un sacco di emo­zioni mi frullano dentro, senza sosta. Vorrei morire, prende­re quello stesso coltello e uccidermi, ora.

Ma non posso permettermi una cosa del genere, non posso. L'ho promesso a Tom, al mio unico vero amore: andrò avanti, qualsiasi cosa accada.

Alzo lo sguardo, in attesa dell'annuncio della fine dei gio­chi, e ne approfitto per fare il segno a tre dita.

Grazie di tutto Thomas, ti amo! Ti amerò per sempre, sappilo! – urlo al vento.

Per ricordarlo intono una canzone:

 

C'è un sole caldo che aleggia nell'aria

la tua mano è nella mia

e insieme andiamo al prato.

Il prato dei fiori,

dove possiamo essere felici

 

Non riesco a cantarla tutta, perché le lacrime coprono le mie parole.

Ora so che mi risveglierò dal mio incubo, ma niente sarà più come prima. Perché tutto ciò che è successo non è stato un incubo, ma la triste, cruda, e fredda realtà. Mi metto a cavalcioni sopra di lui e lo stringo un'altra volta, l'ultima, qui, vicino al mio corpo, vicino al mio cuore. Non lo lasce­rò andare, solo quando me lo strapperanno via a forza.

Anche se molto debole sento ancora il suo profumo. Sa di pulito, nonostante lo sporco e il sangue rappreso. Sa di casa, nonostante siamo fuori, nell'ostile arena, nel terribile mondo esterno. Sa di amore, nonostante sia stato appena punto dal veleno dalla morte.

È finita. È finito tutto.

La ragazza dal cuore d'oro ha vinto.

Vaffanculo anche al mio soprannome, vaffanculo a tutto.

Sono finiti anche i giochi, e lo so perché Claudius, lo dice chiaro e tondo:

Siamo lieti di presentarvi la vincitrice dei sessantanove­simi Hunger Games! – 


---
Messaggio dall'autrice:
Ok basta, sono un autrice terribile, che si diverte  a far morire i propri personaggi D:
Comunque finalmente ho postato il capitolo! Questa volta sono stata cattiva e vi ho fatto attendere qualche giorno in più del solito (in realtà sono stata impegnata con l'altra Fan Fiction! Ahahah). Questo capitolo è un po' più lungo degli altri, ma avevo davvero tanto da scrivere (in realtà non è vero, sapete bene che mi viene tutto non appena mi metto davanti al pc lol) , spero solo di non avervi annoiato troppo (anche perché cosa pretendete da me, ormai sono quasi le undici di sera, ho sonno anche io ahahah!) Comunque eccoci arrivati al tanto atteso capitolo della morte di Thomas. Dite la verità, che ne pensate? Eravate convinti che Ophelia avrebbe salvato entrambi oppure ve lo aspettavate? Comunque in realtà non è ancora finita la storia, però i giochi sì. È stato tristissimo doverlo scrivere questo capitolo, e mi sembra di aver fatto un sacco di confusione, mettendo tutto a caso, che alla fine però è questo che prova Ophelia: un mix di sentimenti in contrapposizione tra loro, senza capo né coda.
Mi dispiace per Thomas, ma lo sappiamo tutti che negli Hunger Games solo uno può vincere D:
Comunque la storia non è ancora finita, quindi se siete curiosi continuate a seguirla, perché ci saranno altre sorprese ad aspettarvi!
Grazie a tutti quelli che hanno letto fino ad'ora, chi ha messo nelle preferite, seguite, o anche solo a chi ci ha dato uno sguardo
p.s: che titolo struggente questo capitolo, aho D: ahahah XD

Un bacio a tutti, spero di ritrovarvi nel prossimo captiolo!
Vostra Jecky

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX - La fine ***




- Capitolo IX -

La fine

 

Tutto si è concluso.

Dopo che Claudius ha annunciato la fine dei giochi io sono svenuta, inerme sul corpo del mio amato che ormai si è spento per sempre.

Quando mi sono svegliata ero in un letto di ospedale, in una stanza completamente bianca.

Non mi sembrava ci fossero finestre, e tutto ciò che vedevo erano strani tubi che partivano da una macchina e mi si col­legavano a tutto il corpo, su cui ora non è presente nemme­no una ferita.

Ma non sono sicura che tutto ciò sia vero, perché ho dormi­to per così tanto tempo che ora non riesco più a distinguere la realtà dai sogni.

Chissà quanti giorni ho passato a dormire...

L'unica cosa certa che ricordo è quando mi hanno portata via da questo posto, il giorno in cui ho ripreso conoscenza.

C'è tutto il mio staff di preparatori che mi fa i complimenti per la vittoria.

Maron, il mio stilista, si siede sul mio letto e mi guarda dritta negli occhi.

Sei stata bravissima tesoro, non è facile sopportare un do­lore così grande. Hai dato prova di grande coraggio. Siamo tutti molto fieri di te.– e mi abbraccia.

Io... è come se avessi ucciso Thomas...– dico ricambiando l'abbraccio e cominciando a piangere.

So che Maron mi capisce, so che su di lui posso contare. È diventato una persona importante per me prima dei giochi. E lo sarà sempre.

No, tu non lo hai fatto tesoro, tu non hai fatto un bel nien­te. È tutta colpa di Capitol City, lo sai bene. Lui non è mor­to invano, lui è morto per salvare te, e per salvare le sue idee. È stato un ragazzo coraggioso, e anche tu lo sei stata.– dice spostandomi una ciocca di capelli da davanti il viso.

Io non riesco a dire niente, solo a stringermi più forte a lui.

Ora da brava, vieni con noi. Ti dobbiamo preparare per la tua ultima apparizione in pubblico. –

Cerca di fare un sorriso, anche se molto forzato.

Dietro di lui c'è il resto della troupe: la parrucchiera, l'este­tista, il mio mentore, e la donna di Capitol che si occupa delle mietiture di ogni anno: Savannah, che oggi sfoggia un completino oro sgargiante.

Ho fatto fare questo vestito in tuo onore! – dice facendo una giravolta e brillando di luce. – Ti piace? –

Maron la sposta in parte e le sibila qualcosa a denti stretti: – Non è il momento Savannah...–.

Se cercava di non farsi sentire da me non ci è riuscito.

Usciamo da quella strana stanza d'ospedale, e ci avviamo nel mio appartamento.

Io non riesco a parlare, a fare niente, mi limito a seguire gli ordini che mi vengono impartiti.

Maron è zitto, mentre le altre due continuano a squittire inutilmente su ciò che accade nella loro vita privata, e altra roba che non sto a sentire, mentre si divertono a sistemare il mio aspetto.

Per l'ultima intervista e la premiazione, Maron mi ha prepa­rato il vestito più bello del mondo: è bianco, con due spalli­ne sottili, e si apre in un'ampia gonna che scende fino alle ginocchia, che va sfumata fino a diventare rossa. Una stri­scia di paiettes d'oro parte dalla mia spalla sinistra, e si con­clude sul fondo della gonna.

I miei capelli arancioni sono sciolti, e i miei riccioli perfet­tamente ordinati mi ricadono sulle spalle.

Mi hanno dipinto anche le unghie: sono di un color oro me­tallizzato.

Mi truccano così bene che non sembro nemmeno distrutta per via della morte di Thomas.

Andrà tutto bene – dice Maron abbracciandomi un'ultima volta prima di salire sul palco dove mi aspetta Caesar.

Mi allaccia al collo il medaglione dove è contenuto il volto di Cedric. Lo apro, e noto che si è aggiunta una nuova foto: raffigura Thomas.

Io guardo il mio stilista con sorpresa e lui per tutta risposta mi stringe il medaglione tra le mani e dice: – Per non di­menticare. –

Io lo guardo, e sorrido. Vorrei piangere di gioia, ma cosa penseranno quelli là fuori se mi vedessero con il trucco co­lato?

Mi preparo emotivamente per tornare sul palco. È come ri­tornare alle interviste pre-Hunger Games, ma so che non ci sarà nessuno prima o dopo di me. Non ci sarà Thomas a parlare e farmi ridere come era successo alla prima intervi­sta. Non ci sarà Cedric con il suo abito azzurro.

Il cuore comincia a battere, sempre più forte.

E ho finalmente l'onore di presentarvi la vincitrice di que­sti sessantanovesimi Hunger Games: Ophelia Winslet, la ra­gazza dal cuore d'oro del distretto numero 9! –

So che non dovrei sorridere, perché ciò che è successo fino ad ora non mi permetterebbe di farlo, ma sono obbligata.

Ophelia! Che piacere rivederti qui! – dice Caesar una vol­ta che sono sul palco.

Il piacere è tutto mio Caesar! – trillo io, tentando di sem­brare felice.

Sei stata molto coraggiosa ragazza, complimenti per i tuoi Hunger Games! Non ho mai visto un'edizione con così tanti colpi di scena e... l'arena! Spettacolare, non trovate anche voi? – Le urla salgono dal pubblico e Caesar ride, come solo lui sa fare.

Ma dimmi un po' Ophelia... ora tornerai dalla tua famiglia eh? Ne sarai felice immagino! –

Assolutamente! – rispondo io con un sorriso a trentadue denti.

E quel medaglione... è magnifico, davvero. –

Grazie, me lo hanno inviato quando...– non riesco a finire la frase. – è... un regalo.– mento, tentando di reprimere le lacrime.

Oh, immagino, deve contare molto per te. –

Più della mia stessa vita. – dico.

Addirittura? – risponde Caesar sorpreso.

è l'unico ricordo che mi è rimasto del mio migliore amico e del mio ragazzo. Prima che morissero entrambi. – dico abbassando lo sguardo.

Oh, che cosa commovente, ci dispiace molto per la tua storia. Abbiamo seguito tutti con interesse...–

Dice stringendomi la mano e accarezzandola lievemente. Io non rispondo.

Ma ora tornerai a casa, e andrà tutto bene – dice, capendo probabilmente il mio stato d'animo e facendomi il baciama­no.

Sì. – rispondo io con convinzione e un sorriso.

Mi fa alzare e porta il mio braccio sopra la testa, in segno di vittoria, come ha fatto con tutti i tributi prima dell'inizio.

Dal distretto 9, Ophelia Winslet, la ragazza dal cuore d'o­ro! –

Io guardo il pubblico, piena di odio e rancore.

Se tutti questi ragazzi sono morti è solo colpa loro. Sono loro che vogliono lo spettacolo, e per darglielo usano noi.

Panem et circenses. Pane e giochi del circo. È lo stesso principio.

Caesar mi fa fare un giro su me stessa per far ammirare il mio abito, e, una volta uscita di scena mi raggiunge anche lui, oltre al mio staff.

Sei stata bravissima Ophelia, nessuno, in nessuna edizio­ne sarebbe mai riuscito a sopportare il dolore come hai fatto tu. Sei stata una ragazza coraggiosa, davvero. E il tuo soprannome ti calza a pennello: avere un cuore d'oro non significa essere le persone più gentili del mondo, ma riuscire a sopportare il dolore, avere il coraggio di andare avanti quando non c'è più alcuna speranza.–

Mi abbraccia. Ne rimango piacevolmente colpita, perché mai avrei pensato che Caesar potesse dirmi una cosa del ge­nere.

Poi se ne ritorna sul palco, perché non può abbandonare il suo pubblico.

Maron mi abbraccia pure lui, e io comincio a piangere per l'ennesima volta.

Piangi finché vuoi tesoro, te lo sei meritata. –

Non ho mai parlato di Maron, ma posso dire che è la perso­na più bella del mondo. Non solo per quanto riguarda l'a­spetto esteriore, ma anche caratterialmente. È fantastico, e non è come tutti gli abitanti di Capitol. Certo, ha dei bellis­simi capelli blu cobalto, e si veste in una maniera piuttosto eccentrica, ma essendo uno stilista di una città come questa come biasimarlo? Però a differenza di tutti non è esagerato, non è truccato come invece lo sono tutti gli altri stilisti. E questo fatto già mi era piaciuto dall'inizio. E poi i suoi modi di fare, la sua dolcezza, la sua delicatezza nel dire le cose... tutto questo lo rendono un perfetto amico. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

 

Quando speravo che tutto fosse finito, di poter finalmente tornare al mio distretto, Savannah entra nella mia stanza tutta trafelata.

Zuccherino, fra poco ci sarà l'incoronazione, sei pronta vero? – dice sbattendo forte la porta.

Pronta? Non ha forse notato che sono in mutande? E io che speravo di poter tornare a mettere finalmente il mio vestito a fiori giallo.

Lei lancia un urlo e poi dice: – Che stai combinando? Svel­ta, svelta! Rimettiti quei vestiti che avevi prima e corri di là, che devono rifarti il trucco! –

Io obbedisco, e nemmeno dieci minuti dopo sono di fronte a una folla astante.

Non capisco più una parola di ciò che dicono: presentano, parlano, io non devo far altro che stare ferma. Ma non rido. Sto seria, perché fra poco mi troverò di fronte al presidente Snow, e voglio mostrargli tutta la rabbia che provo per lui. Tutta la rabbia che tengo dentro da quando Lysandre è mor­to.

E il fatidico momento arriva.

Prende la corona dal suo piedistallo, e si avvicina a me len­tamente.

Sento il suo respiro, così vicino a me. Sa di sangue, di dolo­re, e un intenso odore di rose lo accompagna.

L'odore delle rose è per via del fiore che porta nel taschino: una bellissima e delicata rosa bianca.

Dopo avermi incoronata mi guarda, e poi posa lo sguardo sul mio medaglione.

Che bel medaglione. – dice sfiorandolo.

Grazie, è un regalo importante per me. – rispondo quasi seccata io e fissandolo negli occhi con odio.

Lo guarda un'ultima volta con attenzione, e si accorge che la sua forma è quella di una Ghiandaia Imitatrice.

Non poteva immaginare che un'altra ragazza, con una spilla uguale alla mia collana, in futuro gli avrebbe causato un sacco di problemi.


---
Messaggio dall'autrice:
Allora, eccoci al penultimo capitolo! :) pensavate voi che fosse finito eh? XD e invece no, il prossimo però sarà l'ultimo, e veramente questa volta ç_ç
E poi ci sarà anche l'epilogo lol
Come avevo pensato dall'inizio (senza contare l'epilogo) i capitoli saranno 20, precisi precisi XD
Spero che questo vi sia piaciuto, anche se è molto di passaggio, ma mi serviva per raccontare la cosa della collana, che è una specie di collegamento alla storia originale :D
Il capitolo 18 lo avevo pubblicato qualche giorno fa, quindi mi sembrava giusto pubblicare questo ora, e ve lo dedico come regalo di buone feste ahahahah! XD
Ok, a parte tutte le scemenze che ho scritto sopra... Vi auguro a tutti voi un buon anno nuovo e un felice 2013, che possa essere per tutti voi un anno di felicità e ricco di ispirazione per le vostre storie (chissà che arrivi anche a me l'ispirazione decente per una storia originale ahahah!) :)
Un saluto a tuti voi e un abbraccio!

Jecky

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Capitolo 20
*** Capitolo XX - Ritorno ***




- Capitolo XX -

Ritorno

 

Sono finalmente a casa.

Dopo la fine dei giochi e la premiazione ho dovuto compie­re il tour della vittoria. Ho sempre pensato che fosse la par­te più tremenda di tutti i giochi. L'ho vissuta come spettatri­ce questa parte dei giochi l'anno scorso, quando il vincitore è venuto a trovarci. E io ero lì, a guardarlo, colui che aveva ucciso mio fratello. Ma ora è diverso. Sto vivendo in prima persona questo infernale momento.

Ho impressi nella mente tutti i volti delle famiglie dei ra­gazzi. Mi hanno chiesto di fare un discorso in ogni distret­to, ma mi sono rifiutata. L'unico momento in cui ho parlato è stato al distretto 5, quello di Cedric. Erano lì, in prima fila: la sua famiglia e i suoi fratelli.

Io... – comincio. – volevo ringraziarvi per Cedric. Era un ragazzino in gamba, il più intelligente che io abbia mai co­nosciuto. Non è facile sopravvivere al bagno di sangue pro­curandosi anche un'arma. –

Reprimo le mie lacrime e faccio il gesto a tre dita, alzando poi al cielo il medaglione che mi ha spedito il suo distretto. Loro ricambiano il mio gesto. – Grazie di tutto! – urlo, pri­ma di essere portata via.

Il tour si conclude con Capitol City, dove posso salutare Caesar per l'ultima volta prima di tornare finalmente e defi­nitivamente a casa mia.

 

Quando torno ci sono mamma e papà che mi corrono in­contro abbracciandomi forte.

Siamo così contenti tesoro! Grazie al cielo stai bene, sei stata bravissima! – mi dice mamma con le lacrime agli oc­chi.

No, io non ho fatto nulla. È merito di Thomas se sono an­cora viva –

Lei non risponde, e capisce che in me c'è qualcosa che non va. Mi lascia agli abbracci di Gil e Daisy.

Sono così felici di rivedermi. E io sono felice di rivedere loro.

Mi è venuto a trovare anche Philip, e ci lasciano soli a par­lare.

Ciao Ophelia.– mi dice lui

Ciao Philip. –

Io... mi dispiace per Thomas, davvero. Si vedeva come lo amavi. –

Non rispondo, mi limito ad abbassare lo sguardo sul mio vestito giallo con i fiori neri.

Senti, io so che non potrò mai prendere completamente il suo posto, però... ti prego, dammi almeno una possibilità. Io ti amo Ophelia, e vorrei davvero poterti aiutare a supera­re i tuoi problemi, rendendoti felice ogni singolo giorno. So che non sarà mai lo stesso per te, ma sarò capace ad accet­tarlo. Farò qualsiasi cosa per...–

Non conclude la frase perché io comincio a parlare

Basta! – gli urlo contro. – Non voglio più sentir parlare di questi stupidissimi giochi, né di Thomas o di Cedric o di mio fratello Lysandre! Basta, basta! – comincio a piangere.

Lui si avvicina e mi stringe forte.

Ti prego Ophelia, per me è terribile vederti in questo sta­to, e ti giuro che farò di tutto per renderti felice. L'ho pro­messo a Thomas prima che partisse. Sono andato a trovarlo alla mietitura, e mi ha fatto promettere che se non ce l'aves­se fatta io avrei preso il suo posto. Entrambi ti abbiamo sempre amato, e lui era il mio migliore amico. –

Quindi Thomas mentiva. Mi ha sempre mentito quando di­ceva che non aveva nessuno al distretto. Lo ha fatto per non farmi preoccupare ulteriormente.

Io...– cerco di rispondere, anche se le lacrime non mi per­mettono di farlo molto bene. – D'accordo, ti darò una possi­bilità. Lo faccio per Thomas, perché questa era la sua vo­lontà. –

Grazie Ophelia, grazie! – dice lui stringendomi ancora più forte. Poi mi guarda negli occhi. I suoi brillano, e sono dello stesso colore di Lysandre e Thomas.

Mi sciocca un sonoro bacio sulla guancia e poi se ne va.

Ti prometto che d'ora in poi le cose andranno per il verso giusto! – dice sorridendo prima di chiudere la porta.

 

Le mie notti, da quando si sono conclusi i giochi, passano insonni e ricche di incubi, nonostante ora io abbia un bel letto matrimoniale tutto per me.

La casa dove stiamo è immensa, e se mi viene fame posso mangiare in qualsiasi momento della giornata.

Mio padre ha finalmente smesso di bere, lo ha fatto per me, e mia madre ha riacquistato la sua serenità.

Ormai niente potrà più farci del male.

Tranne il passato.

Quando mi sveglio, a notte fonda, è perché faccio sogni or­rendi, dove ci sono le persone a me care che muoiono, o mostri spaventosi che non mi lasciano scappare.

E in ognuno di questi incubi riesco a percepire un acre odo­re di sangue e rose. 


---
Messaggio dall'autrice:
Siamo alla fineee, siamo alla fineeee parapapapaaaaaa! 
Un po' devo ammettere che mi dispiace concludere questa storia, dopo un mese che continuavo ad aggiornare e scrivere qui mi mancherete tutti D:
Ovvio che se vi va c'è l'altra fan fiction da recensire u.u
Vabbe', comunque manca ancora l'epilogo, quindi non è l'ultima volta che ci sentiamo :3
L'epilogo aspetterò a postarlo, perché vorrei farlo quando mi arriverà la mia copia ufficiale di "Solo un altro tributo".
Ebbene sì, ho corretto e sistemato tutta la fan fiction e l'ho fatta pubblicare (una copia solo per me eh, non pensate che abbia fatto le cose tanto in grande ahahah! XD). Non appena finiranno le vacanze provvederò al pagamento, e in pochi giorni dovrebbe arrivare! Non sto più nella pelle! *^*
Ah, vi anticipo che il prossimo capitolo (l'epilogo, ultimo e ufficiale), potrebbe contenere degli spoiler per chi non ha letto i libri o visto il primo film, quindi vi consiglio di vedervi almeno il film prima di leggerlo! 
Non vi anticipo nient'altro, ci vediamo al prossimo capitolo che (purtroppo) sarà l'ultimo e definitivo che conclude la storia! D:
Ringrazio chi segue la storia dall'inizio, e chi mi ha recensito tutti i capitoli (o quasi lol), e anche chi ha messo tra i preferiti/seguiti etc. :3
Mi mancherete tutti quando la storia finirà, sappiatelo ; _ ;
Un bacio a tutti

Jecky

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Capitolo 21
*** Epilogo ***




Epilogo

 

Attenzione: potrebbe contenere spoiler per chi non ha letto la storia originale.

 

Sono ormai passati cinque anni da quando ho vinto gli Hunger Games.

Dopo questi lunghi anni di corteggiamenti da parte di Phi­lip abbiamo deciso di sposarci, e ora viviamo felicemente in una delle case nel villaggio dei vincitori.

È stata dura accettare la morte di Thomas e il fatto di non averlo più accanto, ma alla fine ho capito che non potevo andare avanti in quella maniera, e così ho trovato l'amore per Philip.

Non avrei nemmeno mai immaginato che alla fine avremo persino potuto avere un bambino.

Io non volevo assolutamente averne, non volevo che pas­sassero, un giorno, quello che anche io ho vissuto. Però non c'è stato verso: Philip lo voleva tanto, e il mio amore per lui mi ha portata ad accettare. E alla fine eccola qui, che muo­ve i suoi primi passi sull'erba verde del giardino: Zelda, la bambina più bella del mondo.

I miei incubi sono sempre li stessi, costantemente, ma ora ho mio marito a farmi compagnia, e non ho più paura.

Il mio medaglione con la Ghiandaia è sempre con me, e al suo interno ci sono sempre le foto di due delle persone che amo di più al mondo.

In questo momento sto guardando la settantaquattresima edizione dei giochi nella televisione di casa mia.

I tributi di quest'anno mi sembrano quasi familiari, e una ragazza dal distretto 12, Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme, mi ricorda incredibilmente me.

Si è offerta volontaria alla mietitura al posto della sorella minore, e ora è nell'arena insieme al ragazzo che ama. Ha perso la sua amica Rue, una ragazzina di 12 anni del di­stretto 11, come io ho perso Cedric. E quel ragazzo, Peeta Mellark... lei è riuscita a salvarlo, e a tornare insieme al loro distretto. È riuscita a salvare la persona che ama, al contrario di me.

E i sensi di colpa mi pervadono. Però c'è sempre qui Philip, e con lui la piccola Zelda, che mi aiutano a superare i mo­menti di difficoltà.

La ragazza in fiamme del distretto 12 ha una cosa che mi lascia a dir poco stupita quando la vedo: è una spilla, a for­ma di Ghiandaia Imitatrice, proprio come quella della mia collana.

È dal momento in cui ho visto per la prima volta quell'og­getto, che ho capito che sarebbe stata lei.

Lei è la ragazza in cui Thomas, prima di morire, ha riposto le proprie speranze.

La Ghiandaia che porterà una nuova speranza a Panem.

La fiamma che alimenterà la rivolta.

Sarà lei, che darà un nuovo inizio a tutto.


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Messaggio dall'autrice:
Eccoci giunti alla fineee ç__ç nooooo, uffa, mi mancherete, tutti voi che recensite i miei capitoli D:
Ringrazio tutti quelli che hanno letto fin qui, spero che anche se è finita la storia di Ophelia continuerete a leggere le mie altre storie!
Non so cosa dirvi, grazie ancora a tutti, davvero!
Ho però da fare alcuni ringraziamenti, a tante persone senza la quale il loro supporto questa storia non sarebbe mai finita:
Tra i primi voglio ringraziare il gruppo delle FolliH, tutte grandiose ragazze (e quei pochi ragazzi che ci sono lol), che mi sopportano ogni giorno, e a cui voglio davvero molto bene: grazie mille ragazze!
Poi Ari, Reby, Ilaria, e Mito, le prime tre perché seguono la storia da quando è cominciata (e sopratutto senza la Ari e la Mito non avrei mai conosciuto le FolliH), e la Mito perché... be' perché è lei ahahah! No sul serio, mi ha davvero aiutato con l'idea dei banner, e molte cose le ho imparate guardando i suoi capolavori con la grafica, quindi un grazie anche a lei :)
Poi c'è la Jules, che ha letto la storia dopo che era già finita, ma lo ha fatto con grande interesse, e ringrazio per le numerose recensioni (non si è persa un solo capitolo, li ha recensiti proprio tutti!!), e che per questo (ma anche per altro, eh!) adoro tanto! Sono la sua fan numero uno, e quindi sono felice mi abbia recensito questa storia e anche tutte le altre sul mio account! :3
E poi Giada, che legge sempre le mie storie, e Nicola, senza la quale la pubblicazione di 'Solo un altro tributo' non sarebbe andata in porto.
Jodie, Nasty e Emily, perché è grazie a loro che ho scoperto il meraviglioso mondo di Hunger Games.
I miei compagni di classe Kleiton, Cristina e Giada, a cui voglio molto bene e mi meraviglio ogni giorno di come riescano a sopportarmi.
Rita e Valentina, che vorrebbero una copia autografata di questa storia (are you fucking kidding me?!)
E poi un sacco di altre persone come il mio vecchio prof di Italiano, i miei genitori e la mia famiglia, Marco ed Elle, i miei migliori amici, e un grazie anche a colui che ha reso possibile la creazione del personaggio di Thomas, perché mi ha ispirato davvero tantissimo con il suo comportamento e il suo aspetto.
Oh, e un grandissimo grazie anche a te lettore, che stai leggendo anche questa parte e che hai seguito le avventure di Ophelia fino alla fine.

 

Un bacio davvero grande,
Jecky

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