Penitenza

di paperchimes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Rimango immobile e rilassato, con gli arti distesi tra le lenzuola scivolose. “Seta”, le hanno definite quei due, il mentore scontroso e la mia stridula accompagnatrice dalla Capitale. Catturano l’illuminazione dall’alto in riflessi translucidi, piccole pozze di bianco formatesi nelle lenzuola verde foresta. Mi sento stupido per averle trovate scomode e invece rimpiangere il cotone grezzo e il materasso bitorzoluto della mia camera a casa. Nonostante le difficoltà e i cambiamenti che hanno tormentato il mio Distretto e le nuove vite a cui molti di noi sono stati obbligati ad adattarsi, i cuscini pruriginosi imbottiti di aghi di pino e il cotone morbidamente intessuto hanno sempre fornito una sicurezza familiare. Ma adesso, mentre sono seduto su un treno che viaggiava a velocità inimmaginabile, con frutti colorati tra cui alcuni di cui non ho mai sentito parlare prima e con il peso di migliaia di occhi ancora puntati sulle mie spalle, non c’è niente in questo posto sterile che evochi il profumo di casa.

Distrattamente, lo schermo nero incorporato in una delle cinque pareti della mia stanza lampeggia ed emette un lieve stridio elettrico. Mentre la sagoma dell’insegna della Capitale si mette a fuoco, con il familiare tema degli Hunger Games riprodotto ad alto volume da invisibili altoparlanti, non mi ci vuole molto per capire che è obbligatorio per me guardare questo video. Presto a malapena attenzione a Brennet Kanaky e Llowand Rocketdrift blaterare in modo eccitato sui “fantastici” e “promettenti” tributi di quest’anno, il programma occasionalmente inframmezzato con scene e frammenti memorabili delle mietiture di ogni Distretto. Sento una morsa stringente nascere sotto il mio diaframma mentre guardo gli adolescenti di uno dei Distretti dei Favoriti portare avanti una piccola lite per chi potesse offrirsi volontario quest’anno. Mi disgusta e mi ricorda soltanto quanto tutta Panem mi possa vedere come un’idiota per aver fatto quasi la stessa cosa.

Lascio andare un grugnito basso e uno dei pesanti cuscini imbottiti di piume colpisce lo schermo come un missile.

“Fai in modo di tornare,” risuona nelle mie orecchie la voce familiare di Liam, imperativa e carica della sua distintiva ostinazione. “Devi ancora insegnarmi come aggiustare la mia ascia.” Ha a malapena cominciato a lavorare nella foresta, con così tante domande e così tanti dubbi, e la Capitale gli porta via crudelmente uno dei suoi fratelli maggiori. Non posso permettermi il pensiero di perdere.

Con le mani rigidamente strette a pugno, a tal punto da sentire male ai palmi, guardo il resto del riepilogo con un atteggiamento rinnovato. Devo vincere, per il suo bene. Non gli farò pensare che ho semplicemente offerto la mia vita alla Capitale al posto della sua. Non gli farò pensare che sto meramente sacrificando me stesso come una bestia al macello, ad essere pubblicamente giustiziato per i capricci e l’intrattenimento della gente bizzara di una città deviata. No.

“Lo sto facendo perché la nostra famiglia possa restare intera,” ubriaco di ansia, queste erano le parole che ho mormorato con voce rassicurante nel suo orecchio. “Se vai, potresti non tornare indietro. Con me là, saremo di sicuro nuovamente insieme. E ti insegnerò tutto quello che so.”

Idiota. Idiota, idiota. Idiota.

Spingo i pensieri accondiscendenti fuori dalla mia mente, fuori dai piedi, riempiendo invece il vuoto con un fuoco così forte che potrebbe ridurre in cenere l’intera Capitale venti volte di seguito. Vincerò. Vincerò.

“Mi offro volontario!” L’eco crepitante della mia stessa voce riempie la stanza.

“Guarda qui, Brennet, guarda questo. La determinazione, il fuoco nei suoi occhi!” Esclama uno dei commentatori in estasi. “Non abbiamo ancora guardato tutte le mietiture e voglio già scommettere mia madre su questo qui!” Alzo lo sguardo per vedere la mietitura del Distretto 7 mostrata sullo schermo.

“Non posso non essere d’accordo con te, Llowand, eccetto la parte riguardante lo scommettere mia madre,” viene riprodotta la voce dell’uomo mentre le telecamere zoomano, sfuocando l’immagine e focalizzandosi sul mio viso. Non ero conscio della faccia che avevo assunto e guardandola adesso, manda dei brividi lungo la mia spina dorsale. La pioggia e il fango che mi appiattivano i capelli e indurivano il mio sguardo non hanno per nulla ridotto l’intensità. Sembra così surreale. L’unica cosa a cui stavo pensando in quel momento era proteggere Liam. Un ragazzo preoccupato che prendeva il posto del suo fratello minore. Ma le telecamere non mostrano nulla di questo, no; al contrario, mostrano la guizzante fierezza di un killer nato bruciare attraverso la pioggia e la nebbia. Sembro più io un Favorito dei tributi di quest’anno del 2 e del 4.

“Sembra che si stia facendo avanti al posto di suo fratello.”

“Probabilmente non vuole che si accaparri l’attenzione dei riflettori,” è il suggerimento semischerzoso.

“Già, suo fratello sembrava promettente, ma è completamente un’altra storia, questo qui.”

E proseguono con gli imbarazzanti commenti per un altro paio di scambi di battute prima di continuare con riluttanza con il Distretto 8. Sono esterrefatto e senza parole. Beh… posso anche scordare i miei piani di mantenere un profilo basso. Dopo quello che i presentatori hanno detto, gli sponsor si staranno probabilmente mettendo in fila per tenermi d’occhio d’ora in poi. È un po’ difficile per me sentirmi riconoscente, con la pressione di dover soddisfare le aspettative che si aggiunge al peso insopportabile della nostalgia di casa nelle mie viscere, ma resisto. Per il bene di Liam.



Quello che avevo presunto sugli sponsor sfortunatamente si è rivelato esatto.

“Wow, fireball*, non abbiamo ancora raggiunto la città e sto già ricevendo telefonate,” Linwood, il mio mentore, fa un mezzo sorriso quando esco dalla mia stanza per colazione il giorno seguente. Ride con un singolo “ha” roco. “Potresti avere una possibilità, dopotutto.”

“Grazie…” mormoro, rimangiandomi il “suppongo” che mi è rimasto sulla punta della lingua. Il perpetuo sarcasmo che sembra essere infuso in ogni frase che esce dalla sua bocca mi fa dubitare dell’autenticità del suo commento. Nyssa mi rivolge uno sguardo pensieroso mentre ricopre il suo pane all’uvetta con una crema spalmabile color toffee. La sua dolcezza mi aggredisce le narici quando mi siedo nel posto vuoto accanto a lei.

“Buon giorno” mi accoglie con quella sua voce delicata, la sua fragilità è ancora più evidente adesso, con gli occhi rivolti verso il basso mentre stacca piccoli morsi dal suo pane.

“Giorno,” replico. “Cos’è quello?” Gesticolo in direzione della ciotola d’argento che contiene la crema marrone.

“È chiamato Keyar,” è la risposta sussurrata. Una ciocca dei suoi lisci capelli castani scivola sopra il suo occhio sinistro. “È fatto di una cosa che si chiama kokoenut.” Senza che glielo abbia chiesto, stacca un pezzo del suo pane dal lato che non ha ancora morso e me lo porge. Senza esitare, accetto e lo metto in bocca, e storco un po’ il viso per quanto dolce, sebbene con un piacevole retrogusto di malto, ma dolce sia.

“Ti piace?” Non posso che domandare e lei risponde con una scrollata di spalle. Appare ossuta e gracile sotto lo strato sottile della sua vestaglia di pizzo.

È una tragedia che nessuno si sia offerto volontario al suo posto, il pensiero si insinua nella mia testa come il sussurro di un demone. Un contrasto completo con la maggior parte delle ragazze del Distretto 7, Nyssa è cresciuta lavorando con sua madre nelle baracche di fabbricazione della carta mentre alcune delle altre ragazze e tutti i ragazzi si avventuravano a tentare la sorte tagliando legna. Nonostante tutti sappiano quanto gentile e dolce sia, nessuno ha preso il suo posto quando è stato mietuto il suo nome. Peggio ancora, potevo praticamente ascoltare i loro pensieri velenosi mentre saliva sul palco: era fragile. Fabbricare la carta non era difficile, chiunque avrebbe potuto farlo. Non avrebbero sentito la sua mancanza quando sarebbe morta. Il suo contributo era minuscolo. Se fosse stato mietuto un taglialegna, la mole di lavoro sarebbe dovuta aumentare per compensare la sua morte.

Quando sollevo lo sguardo per versarmi una tazza di tè, posso vedere che Linwood sembra avere gli stessi esatti pensieri.

E questo mi fa arrabbiare; ricordandomi quanto insignificanti e sacrificabili siamo veramente.



“E questa sarà la vostra nuova casa durante il vostro soggiorno nella Capitale,” annuncia Brill, la nostra accompagnatrice, uscendo con andatura noncurante dall’ascensore, con gli zaffiri nella sua treccia che scintillano ad ogni passo che fa. Devo strizzare gli occhi per il luccichio, barcollando goffamente verso il centro dell’ampia stanza decorata con tavoli dalle superfici riflettenti e sgabelli circolari dai colori accesi. Da una parte, dietro un accesso squadrato, si può vedere l’estremità intagliata di un tavolo da pranzo argentato.

“È… grande.” Mi arriva all’orecchio la voce di Nyssa. Ho un sussulto nel trovarla così vicina; non ho sentito per nulla i suoi passi.

“Hai detto bene, willowtree*,” giunge da sinistra il roco brontolio di Linwood, facendogli guadagnare un’occhiataccia da parte mia. “Goditela finché puoi.”

Come se dietro segnale, vedo i suoi occhi dirigersi verso il basso e la sua testa chinarsi, con la cortina di lunghi capelli lisci a nasconderle la faccia dalla vista e capisco chiaramente l’origine del soprannome. “Andiamo,” le sussurro in modo che Linwood non possa sentire. “Penso che abbiano della carta laggiù.” E con questo, prendo il suo polso nella mia mano e la conduco verso quello che sembra uno studio. C’è un tavolo a forma di cubo con numerosi cassetti e li apro tutti scattosamente alla ricerca di un po’ di familiarità. Ma per tutto il tempo, la mia vista è offuscata e la mia mente distante, tutto ciò a cui riesco a pensare è quanto sottile e debole sia il suo polso.



Quando Brill dà dei leggeri colpetti alla porta aperta dello studio per chiamarci a pranzo, il tavolo è già ricoperto da una miriade di curiose forme di carta. Conigli rosa e pigne blu, fiori differenti di ogni colore immaginabile sono sparpagliati per tutta la scrivania. Un paio di ghiandaie imitatrici sono cadute per terra e uno dei cesti che precedentemente conteneva la carta non piegata è pieno fino all’orlo di stelle colorate. Sarebbe più semplice contare le cose che ho fatto io: quattro cervi approssimati e spiegazzati e una rana senza testa. Il resto è stato piegato in modo intricato e delicato da Nyssa, la cui testa è correntemente abbassata in concentrazione mentre apporta i tocchi finali alla sua orchidea selvatica.

Brill emette il suo caratteristico gridolino di gioia alla visione e procede ad immergere la sua mano nel cesto di stelle, prendendone una blu brillantinata ed esaminandola con venerazione. “È bellissima, Nyssa! È assolutamente fantastica!” La ricopre di complimenti, a cui Nyssa reagisce nascondendosi ancora di più dietro la sua capigliatura. Sebbene, attraverso il suo scudo di capelli, possa vedere il barlume di un sorriso nascere sulle sue labbra.



“Da oggi in poi, voi due vi allenerete con gli altri tributi,” ci spiega Brill, con stelle luccicanti che adesso le punteggiano il capo, parte della nuova acconciatura completata da un fermaglio di carta a forma di pavone fissato in cima alla sua testa. “Adesso, Flint e io,” fa un cenno verso Linwood – che sembra più interessato a coprire la sua bistecca di cervo con salsa al pepe nero – e verso sé stessa mentre lo dice. “Abbiamo pensato alla vostra strategia.”

“Nyssa, puoi rilassarti,” Linwood borbotta bruscamente. “Presta attenzione al tavolo della sopravvivenza e forse arriverai agli ultimi venti.”

“Ci sono ventiquattro tributi,” dico irruentemente, ricevendo come replica un “quindi?”. Il tavolo da pranzo sobbalza e i bicchieri tremano, avendo abbassato violentemente la mano che tiene la mia forchetta in frustrazione. “Anche lei ha una possibilità, sai!” Mi ritrovo infine a perdere la calma.

Certo, è quello che dicono tutti,” mi sibila contro, esacerbando il cipiglio sul suo viso ancora di più, se possibile. “Ma la sai una cosa? Procurare sponsor per un ragazzo è già abbastanza difficile. Non importa come deciderai di giocartela, fireball, ma è sempre la stessa cosa: solo un tributo ne esce come vincitore.” Si infila un pezzo di carne in bocca, che sembra ingoiare senza nemmeno masticare. “E a meno che la cosa non cambi nell’immediato futuro, ogni dono degli sponsor per cui lavoro sarà indirizzato a te, che ti piaccia o no.”

Sento il muscolo sotto il mio occhio destro contrarsi mentre lancio un’occhiataccia a quei suoi occhi verde sporco. Nyssa semplicemente si ritrae ancora di più nella sua sedia, raccogliendo singoli piselli con la sua forchetta e portandoseli uno ad uno alla bocca. Nonostante non l’avessi conosciuta prima di oggi, posso vedere chiaro come il giorno, che nessuno si è mai fatto avanti a proteggerla.

Ed è in questo momento che giuro che sarò la persona che la terrà al sicuro.

Che a Linwood piaccia o no.





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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*Dietro direttive dell'autrice ho mantenuto i soprannomi "willowtree" e "fireball" (che nella prima versione del capitolo avevo tradotto come "salice piangente" e "vulcano") in Inglese per motivi attinenti ai successivi sviluppi della storia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Non riesco a prendere sonno questa notte, il carburante di rancore e rabbia nei confronti di Linwood alimenta l’inferno che divampa nel mio petto. Non ho un orologio, ma so che sono passate ore da quando ho detto “buonanotte” a Nyssa.

Il soffitto ha esattamente lo stesso aspetto di quando l’ho fissato l’ultima volta; innaturalmente liscio, senza una singola crepa o punto scolorito. Non ci sono macchie tinte di verde da cui possa crescere della muffa in seguito a settimane di pioggia e non c’è alcuna impalcatura pericolante che scricchioli ogni volta che soffia il vento. La fragranza di pino che Brill ha spruzzato da una lattina precedentemente nel pomeriggio – così che io e Nyssa ci potessimo sentire più a nostro agio – è blanda, piatta e non ricorda minimamente l’odore del Distretto 7. Apprezzo il pensiero ma malgrado ciò, mi accorgo di desiderare ardentemente di trovarmi nella Radura a casa, tra gli alberi torreggianti e i soffici trifogli, dove il dolce odore di terra e veri pini è sempre sotto il tuo naso. Mi ricordo le violente vibrazioni mentre segavo i tronchi e la caratteristica fragranza di quando viene fatta la carta. Mi manca sentire tra le mani le venature della mia ascia, che mio fratello maggiore Luke mi aveva aiutato a costruire… prima del fatidico giorno in cui è stato mietuto.

Improvvisamente, eccolo lì, un insopportabile dolore acuto nel mio petto, il tipo di dolore che non se ne va per quanto tu possa tentare di lenirlo. Il bruciore che provo è vivido come il male che ha assalito la mia famiglia tutti quegli anni fa.

Guardo la mia visuale coprirsi di sangue e ho di nuovo 14 anni, sono ancora nella nostra casa sgangherata nel Distretto 7, stringendomi le ginocchia mentre la telecamera fa una panoramica sulla faccia terrorizzata di mio fratello. Poi, tutto diventa rosso. Mi ricordo che avevamo pensato che fosse la nostra vecchia televisione a fare i capricci e cominciammo a darci da fare frettolosamente attorno alla piccola capanna che faceva da soggiorno cercando di aggiustarla. Ma quando gli Strateghi cambiarono telecamera, ci ritrovammo a desiderare che fosse stato quello il motivo.

Tutto attorno a me era collassato; mia madre stava strillando, Liam era scioccato in silenzio e mio padre aveva abbassato il capo per nascondere le sue lacrime. Ma io, in tutta la mia ingenuità, continuavo a fissare lo schermo rotto, volendo, sperando che Luke si alzasse.

Posso ancora ricordare il secondo in cui la vita si prosciugò lentamente dai suoi occhi. La Capitale si era premurata che nessuno a Panem potesse perdersi gli ultimi momenti in fin di vita di uno dei cinque tributi rimasti. Mamma potrebbe sopportare il dolore se morissi allo stesso modo? Il pensiero velenoso scivola nella mia mente.

Poi mi ritrovo a sperare che Liam si volti dall’altra parte se dovesse succedere, così che non sia tormentato da incubi su me e Luke immersi nel sangue. Forse sarebbe meglio se gli Strateghi decidessero di annegarci quest’anno.

Guardo in alto verso il soffitto liscio per l’ennesima volta in questa notte.

Ecco, penso. Non dormirò nemmeno un po’.



Le porte dell’ascensore si aprono e quasi immediatamente, la familiare sensazione del forte vento sul tetto porta un sorriso alle mie labbra.

È asciutto, inodore e pieno di rumori, ma è deciso e incessante, proprio come la sensazione di essere in cima ad un vecchio pino. I ricordi dello scalare cortecce ruvide e deboli rami scivola nella mia mente, riempiti  dalla risata distante di Liam e il suono del mio stesso ansimare che mi riempie le orecchie. Nel corso degli anni, ha gradualmente cominciato a diventare più veloce di me nello scalare, cosa di cui ho dato una volta la colpa al suo essere il fratello minore “ossuto” e “leggero” che è. Poi mi aveva tirato una manciata di aghi di pino in faccia.

Non mi sono accorto di stare sorridendo finché un piccolo fruscio sul cemento mi risveglia dal mio stato sovrappensiero; i ricordi sbiadiscono, bagnandomi con una sensazione gelida di amara autocoscienza.

“Sai che non ti è permesso stare quassù,” mi giunge una voce dalla lontana destra.

Volto di scatto la testa in quella direzione per vedere una figura snella e allungata inclinata contro la ringhiera di ferro. Sulla difensiva, faccio un passo indietro, come aspettandomi che l’altra persona si scagli contro di me. “Perché tu sei qui allora?” Reagisco.

“È una gran bella domanda,” dice, un piccolo accenno di ilarità nella sua voce. Mantengo la mia posizione, osservando l’ombra cautamente. È un altro tributo, penso mentre campanelli di allarme risuonano nella mia testa. Dovrei girare i tacchi e andarmene. “Probabilmente per lo stesso motivo per cui sei venuto anche tu quassù,” riflette.

L’amara solitudine in cui mi sono crogiolato per le ultime ore probabilmente mi ha colpito perché mi ritrovo a domandare, “Non riesci a dormire nemmeno tu?”

“Se avessi l’incubo di mentore che ho, saresti sorpreso che la ragazza del mio distretto ci riesca,” replica e mi metto a ridere sotto i baffi, conoscendo questa sensazione fin troppo bene.

A questo punto la sagoma si raddrizza e si sposta dall’orlo. Mi irrigidisco ma i miei occhi si spostano su di lui, esaminandolo con curiosità. Per un momento, rimane semplicemente lì, la vicina luce del giardino sul tetto non abbastanza estesa per rivelare la sua faccia. Dal modo in cui entrambi stiamo immobili, studiandoci l’un l’altro, mi sembra che il tempo si sia fermato. La porta dell’ascensore è proprio dietro di me, ma l’istintiva ritrosia a parlare con un altro tributo sta cominciando a scemare. Guardo il vento sferzare i suoi vestiti ampi attorno alla sua figura esile, rivelandomi pericolosamente e imprudentemente quanto sia gracile. Immediatamente mi viene in mente Nyssa, alta e snella con un polso a malapena riscontrabile, e sento il fuoco abbandonare il mio corpo, lasciando prendere il suo posto alla compassione.

Sta camminando verso di me, consentendo gradualmente alla luce di toccarlo ad ogni passo che fa. Vedo i suoi capelli mossi castano chiaro, le pallide guance spigolose e gli acquosi occhi verdi, chiari come il cielo in un freddo pomeriggio. Mi ricordano la pioggia, allo stesso modo in cui Nyssa mi ricorda un salice, entrambi tristi ma nel loro proprio e unico modo. Mentre si avvicina, posso vedere che è solo un po’ più basso di me, che è una conquista a dir poco. È probabilmente la sua unica conquista. Ogni altra cosa di lui fino al luccichio infantile nei suoi occhi, è, per quanto riguarda i giochi, commuovente.

“Come ti chiami?” Lo interrogo, non vedendo alcun male nell’essere amichevole con lui adesso. È il tipo che muore nel bagno di sangue iniziale; essere alti e magri è praticamente l’equivalente di avere un cartello che dice ‘Uccidetemi. Uccidetemi ora.’.

“Tom,” risponde in modo cordiale, un po’ più amichevolmente di quanto sarebbe stato consentito dal suo mentore. C’è una piccola pausa e uno sguardo distante riempie quelle sue due pozze grigie, come se si stesse chiedendo se abbia senso rivelare il suo nome completo. Un momento dopo, guarda di nuovo verso di me. “Tom Hiddleston,” conclude.

Il suo nome non mi dice nulla. Mi rimprovero per non aver prestato alcuna attenzione al riepilogo delle mietiture. Tutto ciò che riesco a ricordare è che mi sono precipitato fuori recandomi in bagno nel momento in cui erano passati al Distretto 9, troppo impaziente di scottarmi con acqua bollente e sciacquare via le mie frustrazioni. La sua mietitura è probabilmente stata in quel frangente, 9, 11… forse 12? Faccio finta di averlo riconosciuto, annuendo deliberatamente, non volendo insultare qualcuno così presto. Non ho bisogno di farmi dei nemici prima che i giochi comincino e chi lo sa, forse potrebbe essere un alleato.

“Tu sei Chris, giusto?” La sua voce mi distoglie dal fantasticare. “Dal Distretto 7?”

Una ragione in più per cui dovrei sentirmi in colpa, mi rendo conto. Tutta Panem probabilmente mi conosce come il ragazzo rabbioso che ha rubato l’attenzione ad ogni mietitura che ha avuto la sfortuna di avvenire dopo la mia. Posso improvvisamente rivedere gli sguardi truci che erano puntati su di me durante la parata dei carri verso l’Anfiteatro cittadino. Non avevo prestato molta attenzione nemmeno a quello, essendo più impegnato a cercare di non apparire come un completo idiota nel mio ridicolo costume da albero.

“Uh, sì, sono io,” inciampo sulle mie parole, realizzando di aver preso troppo tempo per elaborare una risposta. “Scusa,” mormoro sottovoce.

“Figurati,” sminuisce la cosa con un sorriso. “Eri… fantastico come quercia.”

“Grazie,” la mia incertezza deve essere evidente perché si mette a ridere. È a dir poco insolito, come un sogghigno a voce troppo alta e una risata troppo emotiva, un allegro “ehehe” che mi fa sgranare gli occhi appena lo sento per la prima volta. Mi domando distrattamente se tutti ridono così nel suo Distretto. Comunque, ha un certo strano fascino.

Sono a corto di cose da dire, ma per fortuna, Tom sceglie questo esatto momento per guardare a est, dove i primi barlumi di luce arancione stanno cominciando a spuntare tra gli alti edifici della Capitale.

“Accidenti,” impreca sottovoce. “Felsic mi ucciderà se mi addormenterò durante gli allenamenti.”

“Anche Linwood probabilmente mi farà lo scalpo,” sbuffo, ricordandogli che siamo nella stessa barca quando si tratta di mentori mostruosi.

“Sì, beh, tu sei Chris, il fuoco dal Distretto 7, puoi permetterti un giorno o due di riposo,” scherza, senza un pizzico di malizia nella sua voce, dandomi un colpetto su un braccio. Mi ritrovo a sorridere come avrei fatto se l’avesse detto Liam. “Hai probabilmente fatto gettare la spugna ad alcuni degli altri tributi quando hanno guardato il riepilogo.” Sebbene lo intenda in senso buono, avverto un pizzico di senso di colpa germogliare nella mia gola.

“Riguardo quello… scusa…” mormoro in tono contrito, chiedendomi se si stia riferendo anche a sé stesso. È inevitabile che verrà un po’ maltrattato al Centro di Allenamento, avendo la costituzione che si ritrova. Mi mordo il labbro inferiore ricordando che Nyssa subirà probabilmente la stessa sorte. “Io… spero che tu non ti sia ancora arreso.”

“Non l’ho fatto,” sorride in modo rassicurante, dandomi un buffetto sulla spalla come si fa tra amici. Involontariamente, mi sento colmare da un piacevole calore a questo gesto. Ha proprio un certo fascino questo Tom Hiddleston. “Anzi, mi hai rassicurato ancora di più.” Con questo commento criptico, mi supera e si avvia verso l’ascensore.

Rassicurato? Si riferisce forse al fatto che i Favoriti fanno sempre piazza pulita dei Distretti inferiori? Rassicurato del fatto che un Distretto che non sia l’1, il 2 o il 4 vinca e dia speranza agli altri? Sento il peso schiacciante di un milione di occhi e un milione di speranze ricadere improvvisamente sulle mie spalle.

Non dovrebbe essere così sicuro che vincerò. I Favoriti sono probabilmente allenati a tagliare gole prima di imparare a parlare. Solo perché è accaduto che sembrassi arrabbiato quando la telecamera si è puntata sul mio viso non significa che ho quello che serve per vincere.

Ma quando vedo il luccichio ottimista nei suoi occhi e la genuina aura di rinnovata speranza nel suo sorriso, non riesco a non volerci credere anch’io.

“Non ti addormentare durante gli allenamenti,” mi dice da lontano mentre le porte cominciano a chiudersi.

“Parla per te,” replico e si mette a ridere con quella sua strana piccola risata.



Linwood non è per niente contento di vedere le borse sotto i miei occhi.

“Ascolta, fireball, è bello sapere che sei sicuro di te e via dicendo, ma non pensi che questo sia esagerare un po’?” Commenta seccamente mentre imburra il suo toast e procede a ricoprirlo di miele. Con la coda dell’occhio, posso vedere lo sguardo disgustato sul volto di Brill mentre fissa con disapprovazione le sue maniere a tavola. Trattengo un sogghigno. Linwood vede il gesto e sembra pensare che stia ridendo di lui, dal momento che procede a riempirsi la bocca con l’appiccicoso toast dolce.

Rimane in silenzio per il resto della colazione, il che è sia una benedizione che una maledizione. Non ho dovuto ascoltare i suoi commenti offensivi… ma non ho ottenuto alcun consiglio su come gestire gli allenamenti.

Quando finisco il mio porridge guardo di sfuggita Nyssa. Il mio cuore si contrae quando vedo l’espressione di terrore e incertezza nuotare nei suoi occhi.

Gemo interiormente. “Linwood…” borbotto a denti stretti, non gradendo affatto che la mia coscienza mi stia forzando a scusarmi.

Sembra afferrare il messaggio. “Avete oggi e domani per allenarvi con gli altri tributi,” sono colto di sorpresa dalla velocità con cui si è ripreso dalla sua arrabbiatura silenziosa. Deve desiderare davvero tanto che io sopravviva. No, penso. Deve desiderare davvero tanto che io vinca. “Conoscete i vostri concorrenti, osservateli attentamente. Poi, il terzo giorno, mostrerete agli Strateghi di che pasta siete fatti. Quello sarà il momento in cui dovrai cominciare a tirare asce e trascinare roba pesante, qualsiasi cosa che possa impressionarli, fireball.” Rimane in silenzio. Sposto i miei occhi di nuovo verso Nyssa, spingendolo a continuare. Linwood mi guarda male per un momento prima di afferrare sgraziatamente un rotolo di carne. “Willowtree, tu…” la sua voce si affievolisce, e le rivolge un lungo sguardo come alla ricerca di qualcosa in cui possa essere remotamente brava. “Prova tutto e continua con quello che preferisci.”

Nonostante il consiglio sia pessimo, posso vedere l’ombra di un sorriso guizzare sulle labbra di Nyssa, felice del fatto che per la prima volta dal suo arrivo qui, sia stata presa in considerazione.



Siamo tra gli ultimi ad arrivare al piano degli allenamenti, anche se sono solo le dieci meno un quarto. Veniamo spinti di fretta verso quelli che presumo essere gli spogliatoi, dove ci danno un set di vestiti di fredda stoffa elastica. Sono blu indaco con rifiniture arancione scuro, che mi ricordano l’alba che ho visto in precedenza. Li giro per vedere il numero 7 brillare sul retro come se fosse stato ricoperto con un strato di vetro flessibile sottile come un foglio di carta. Passo un dito lungo il profilo liscio e luccicante distrattamente. Gli Strateghi cercheranno il ragazzo dal 7, guardandomi avidamente per vedere se sono veramente degno delle lodi che ho ricevuto da Kanaky e Rocketdrift? Saranno disposti a vedere questo nessuno da un Distretto affamato uscire come vincitore quest’anno? Mi mordo il labbro inferiore al pensiero di loro che ridono di me per essere così ridicolmente fuori posto e impacciato con voluminose armi di metallo, molte delle quali mi saranno probabilmente sconosciute.

Il fruscio di Nyssa dal box accanto al mio mi riscuote dalle mie insicurezze.

Non importa, penso, sfilandomi la maglietta. Oggi l’aiuterò. Nonostante Linwood mi abbia detto di prendere confidenza con l’armamentario, ho deciso che seguirò Nyssa, offrendole rassicurazione e supporto e magari imparando una cosa o due a mia volta. Inoltre, lo sbrigativo consiglio di Linwood “limitati a tirargli carta, willowtree, magari ci sarà carta velenosa quest’anno” continua a infastidirmi come una spina nel fianco.

Quando siamo vestiti e pronti, ci conducono verso l’area di allenamento principale, dove la maggior parte dei tributi sono già riuniti. Sono affollati attorno a una donna longilinea che presumo essere il Capo Allenatore. Posso avvertire l’ansia irradiarsi da Nyssa mentre la maggior parte dei Favoriti sembra incline a mantenere una postura più minacciosa possibile, adocchiando i loro concorrenti con occhiate minacciose che potrebbero probabilmente spaccare sassi e tagliare gole. Prendo nota di alcuni di loro mentre ci avviciniamo al cerchio. Il ragazzo con il 4 sulla schiena ha gambe forti e braccia irrequiete e la ragazza dall’1 sembra più che desiderosa di strangolare uno dei tributi più giovani. Ce n’erano alcuni piccoli, tra l’età di dodici e quattordici anni, che si facevano minuscoli dietro i loro 11 e 3 attaccati sui vestiti. I più denutriti sono quelli dal 12, con gli occhi grandi e le braccia sottili, sembrando pronti a morire senza esitazioni.

Scivolando con lo sguardo sulla folla, riesco a vedere la testa ricoperta di ricci di Tom, confermando il mio sospetto che sarebbe stato uno dei più alti qui. Emerge come un pugno in un occhio. Nyssa può stare sicura del fatto che non è l’unica ad essere incapace, troppo alta e fuori posto.

Sto per sorridere, chiamarlo e condurla lì per presentargliela.

Ed è in questo momento che vedo il pericoloso numero 2 scintillare sulla sua schiena.





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Il mio primo istinto è di afferrarlo, spingerlo contro un muro ed esigere una spiegazione da quella scaltra serpe. Chi crede di essere? Pensa di poter usare la sporca vecchia tecnica del simulare debolezza, e poi mostrare la sua vera natura quando meno ce lo saremmo aspettati? Sarei potuto essere una delle sue prime vittime se non l’avessi incontrato la scorsa notte? L’immagine dei suoi freddi occhi grigi scintillare mentre mi taglia la gola è fin troppo vivida nella mia testa adesso. È come una capsula di acido che si sia aperta in fondo alla mia bocca. Sento la mia mano chiudersi in un pungo contratto e i miei occhi restringersi a due fessure, concentrando tutto il mio odio, rabbia e senso di tradimento a quella sua testa ridicolmente riccia. Non c’è persona decente dal Distretto 2, penso. Il Distretto dei Pacificatori. Sempre pronti ad eseguire gli ordini. Quali sono i suoi ordini? ‘Rendiamo quest’anno interessante, manderemo un tributo gracile per depistare tutti e poi rideremo quando verranno tutti uccisi!’.

Come se avesse sentito i coltelli invisibili che sto lanciando nella sua direzione, volta il capo verso di me. Sembra dapprima felice di vedermi, ma il sorriso gli muore sulle labbra quando i suoi occhi incrociano i miei. Se non sapessi nulla, direi che è confuso, ma probabilmente anche questo è uno dei suoi stratagemmi. Perciò scelgo questo momento per indurire il mio sguardo e dirgli con gli occhi soltanto:

Ho capito il tuo piano, patetica serpe, non mi prenderai in giro.

“Ci sono domande?” Chiede prontamente la donna al centro del cerchio. Sbatto le palpebre e volto di scatto la testa verso di lei, probabilmente sembrando smarrito come un cervo per essere stato colto alla sprovvista. “No? Bene,” continua, scuotendo via polvere immaginaria dal davanti della sua maglietta. Non si è accorta che non stavo prestando attenzione. Sono sollevato e preoccupato al tempo stesso. “Potete cominciare.”

Prima di poter fare un secondo respiro, un gruppo in allontanamento di Favoriti mi viene contro, spingendomi di lato con i loro corpi ben piazzati mentre corrono verso l’esteso armamentario dietro di me. Una ragazza dalla figura sottile mi da una gomitata nello stomaco, quasi togliendomi l’aria dai polmoni. Che sia stato intenzionale o no, non ne sono sicuro, ma vedendo Tom ancora fermo lì, indugiando di fronte a me, combatto l’impulso di fare una smorfia. No, morirei piuttosto che apparire debole ai tuoi occhi adesso, perciò puoi smettere di recitare, Distretto 2. Non sei mio amico.

“Chris, va tutto bene?” Ha il coraggio di apparire preoccupato mentre fa un passo verso di me, accorciando la distanza tra di noi. Nyssa arretra quando si avvicina, probabilmente per paura.

“Benissimo,” sbraito, colpendo il suo braccio per allontanarlo. “Muoviti, Distretto 2, vai ad allenarti con i tuoi amichetti laggiù.” Sposto bruscamente il capo in direzione dei Favoriti che adesso stanno ridendo e fischiando rumorosamente mentre uno di loro lancia una mazza ferrata ad un manichino ‘per divertirsi’. Trancia di netto la testa in legno all’istante.

Tom sta ancora continuando la sua recita, corrugando le sopracciglia in confusione. Impazientemente, lo aggiro, stringendo il più gentilmente possibile il polso di Nyssa e mi allontano infuriato, conducendola nella direzione opposta.

“Lo… conosci?” Mormora con incertezza e scuoto il capo solo per ripicca. C’è un sapore aspro sulla mia lingua, come se avessi buttato giù un intero fiasco di succo di melone amaro*.

“No.” Replico in modo brusco, prima di ricordarmi a chi sto parlando e addolcire il tono. “Mai incontrato nella mia vita.”



Passiamo la maggior parte della prima ora alla postazione delle piante commestibili, sebbene non sono molto sicuro su quanto possa esserci d’aiuto se fossimo mandati in un enorme deserto. Mi rassicuro pensando che la Capitale non potrebbe essere così crudele. Sicuramente potrebbero farlo, ma lasciarci morire di sete nei primi tre giorni sarebbe meschino nei confronti dei cittadini; vogliono un bello show dopotutto, non ragazzi agonizzanti e disidratati che muoiono come mosche.

Nyssa mi distoglie dai miei pensieri morbosi mentre lo schermo di fronte a noi lampeggia una, due, tre volte prima che la lettera “A” si materializzi in un acceso turchese. È con molta probabilità la valutazione per il test che ha fatto, presumo, e dal modo in cui ridacchia largamente e batte le mani – che è probabilmente l’equivalente di Nyssa per l’estasi – dev’essere un buon voto. Sorrido e le offro un piccolo “congratulazioni”, a cui annuisce quasi timidamente, ancora non completamente abituata alle lodi.

“Congratulazioni,” l’allenatore che presidia la postazione le alza i pollici. “Hai imparato queste cose prima?”

Vedo Nyssa irrigidirsi momentaneamente, fissando l’uomo con gli occhi spalancati, come se sospettasse che fosse obbligato a chiederglielo. Ma quando vede la genuina curiosità e il sorriso incoraggiante, guarda timidamente il pavimento, facendo cadere la cortina di capelli di nuovo sul suo viso. “Mi ha insegnato mia nonna,” dice quasi in un sussurro. “La mia famiglia mangia per lo più piante.”

“Le coltivate?” Domanda l’uomo, rimanendo paziente con lei, e posso vedere che adesso è più responsiva, la sua risposta arriva più velocemente di quella precedente.

“Solo un po’,” ammette. “Abbiamo un piccolo spiazzo di lattuga alle Baracche, dove facciamo la carta.”

“Raccogli il resto per conto tuo, allora?”

Annuisce, inclinando la testa lentamente verso l’alto. “Quando gli altri della mia età vanno nella foresta a tagliare la legna, li seguo e raccolgo piante lungo la strada.” Nel momento in cui finisce la frase, lo sta guardando dritto in faccia, mentre ciocche dei suoi capelli castani si separano spostandosi dal suo volto.

Sono stupefatto. È in questo momento che mi rendo conto di non aver mai sentito Nyssa dire più di cinque parole in una frase prima d’ora. La sua voce è lieve e delicata, come i piccoli campanelli che vendevano al vecchio negozio di giocattoli a casa.

“Beh, è un bene che tu l’abbia fatto,” l’allenatore annuisce col capo. “Potrebbe darti un vantaggio durante i giochi.”

Nyssa sembra troppo scioccata per parlare. Fino ad ora, questa è la prima persona che abbia creduto in lei e le abbia dato speranza di sopravvivere. Nemmeno Brill le ha detto che ha qualche possibilità rispetto agli altri, scegliendo invece di rimanere in silenzio ogni volta che Linwood lancia un qualche commento sprezzante nella sua direzione. Sorrido grato, guardando un po’ della preoccupazione affievolirsi nei suoi grandi occhi nocciola.



Passiamo le seguenti ore correndo, saltando, agitandoci, lottando e dibattendoci tra i vari percorsi a ostacoli allestiti nel Centro di Allenamento. Inutile a dirsi, per la fine dell’ultimo giro, Nyssa e io siamo ansanti, esausti e coperti di sudore; sono in realtà stupito del fatto di non aver dovuto rallentare troppo per farla rimanere al passo con me. Non ci siamo ancora arrischiati ad avvicinarci alla postazione delle armi; i Favoriti sembrano averla resa il loro personale posto di allenamento per il momento. Beh, la maggior parte dei Favoriti, alcuni di loro hanno cominciato a spostarsi tra i vari tavoli, stringendo nodi e imparando a costruire trappole. Noto che Tom sta spendendo una considerevole quantità di tempo alla cabina del camuffamento, non che gli stia prestando particolare attenzione, soltanto è difficile mancare la sua cospicua capigliatura riccia. E il fatto che l’amaro retrogusto dell’immenso disprezzo sia ancora forte sulla mia lingua non aiuta.

“Okay, Tributi, il pranzo è pronto, potete recarvi alla mensa,” annuncia l’Allenatore Capo – il cui nome ho scoperto essere Prestia –. “Ricordatevi che non vi è permesso ingaggiare alcuno scontro prima dei Giochi. Avrete tempo a sufficienza per questo dopo.” E con questo si allontana a lunghe falcate salendo una rampa di scale che immagino, portano al piano da cui gli Strateghi ci hanno guardati. Rivolgo uno sguardo in alto e verso di loro. Un uomo dagli occhi piccoli mi fissa di rimando dall’altro lato delle lastre di vetro, con un calice a forma di uovo nella sua mano carnosa.

“Hey, Distretto 7,” mi chiama una voce. Impiego un secondo per capire che la persona si sta riferendo a me; sbatto le palpebre e mi volto nella sua direzione, non ancora del tutto abituato a venire chiamato per il mio distretto. È quella ragazza dalla figura sottile che mi ha colpito nello stomaco prima. Adesso che è ferma di fronte a me, posso vedere chiaramente la curva dei muscoli allenati lungo le sue braccia e gambe, i freddi occhi grigi come pietra penetrare dentro di me e il numero 2 in rilievo sul fronte della sua maglietta. “Bella corsa,” dice semplicemente prima di sparire dietro la porta a due battenti.

Non capisco se fosse un vero complimento o se stesse cercando di innervosirmi, ma non mi piace per nulla. Specialmente perché viene dallo stesso Distretto di Tom. Si sono messi d’accordo su un bizzarro piano di gioco per confondermi e distrarmi? O questo è lo “shock culturale” di cui Brill mi ha parlato tempo prima? Qualsiasi cosa sia, lo so per certo, non ci si può fidare né di Tom, né di questa ragazza.



Mi aspettavo che Tom ci seguisse dopo pranzo, dal modo in cui continuava a lanciare occhiate nella nostra direzione. Mangiavo e parlavo con Nyssa di quanto fosse buono il pane della Capitale, o qualcosa del genere, e quando sollevavo lo sguardo, lui era lì, i suoi chiari occhi grigi fissi verso di me. Era snervante a dir poco e mi ritrovavo a prepararmi dozzine di frasi e risposte che pianificavo di urlargli contro se avesse osato farsi troppo vicino mentre ci fossimo allenati. Ma mi confonde ancora di più quando invece, mantiene la distanza. Quando Nyssa prova l’arco e le frecce, lui è alla piattaforma delle piante commestibili, dall’altro lato del Centro di Allenamento. Quando mi cimento a tirare lance, lui è al percorso a ostacoli, pendendo dalle corde, e a mio parere, in modo estremamente ridicolo. Per tutto il tempo, cerco di comprendere il suo punto di vista, il suo obiettivo, cosa esattamente cerchi di ottenere dandoci spazio. Fiducia? Farci abbassare la guardia? Non lo so, e verso la fine del pomeriggio mi sta facendo impazzire.

Nyssa decide di accennare al mio disagio quando siamo alla postazione delle trappole.

“A cosa pensi?” Domanda, sebbene probabilmente se ne sia fatta un’idea abbastanza precisa dal momento che segue il mio sguardo in direzione di Tom, che ha appena appiccato un fuoco con relativa facilità. Sembra infantilmente orgoglioso del suo lavoro, succhiandosi il labbro inferiore mentre sorride.

Mi volto, forzandomi di sembrare disgustato nonostante quanto mi abbia ricordato Nyssa dopo il suo test sulle piante commestibili. Mi schiarisco la gola. “Mi sto solo… chiedendo perché ci tenga a distanza.”

“Per la stessa ragione per cui lo stai facendo tu, forse?” Suggerisce Nyssa senza malizia.

Sto per chiederle cosa intendesse ma la domanda mi muore sulle labbra quando innesca la sua trappola con un ramoscello. La corda sottile vi si avvolge attorno velocemente, come un serpente che attacca la sua preda, strappandolo bruscamente dalle sue dita.



“Non pensavo che saresti stato quassù di nuovo.”

Sussulto mentre esco dall’ascensore, il mio sguardo cade immediatamente sul giardino sul tetto, dove la schiena di Tom è girata verso di me. È seduto su una delle altalene di metallo, le sue gambe lunghe distese di fronte a lui, dondolandosi lentamente avanti e indietro. Sembra distante, pensieroso, come se fosse stato immerso profondamente nei suoi pensieri prima che arrivassi. Mi sento immediatamente come un intruso, come se non mi fosse concesso essere qui. Forse è quello che intendeva quando l’ho incontrato per la prima volta la notte scorsa.

“Perché?” Domando con tono rabbioso il più minacciosamente possibile. “Perché ho capito il tuo piccolo piano?”

La sua risposta è veloce e insistente. “Chris, non ho idea di cosa tu stia parlando.”

“Non fare l’ingenuo con me, Distretto 2,” replico di scatto e lui gira bruscamente la metà superiore del suo corpo. Il lampione vicino getta un’ombra inquietante su un lato della sua faccia mentre l’altro è inondato di luce. Le sue sopracciglia sono aggrottate.

“Da quando ‘Tom’… è diventato ‘Distretto 2’?” Mormora, restringendo gli occhi mentre scandisce ogni parola.

“Da quando i Favoriti hanno cominciato ad allenarsi per gli Hunger Games,” mantengo la mia facciata di pietra, non arrendendomi di fronte alla sua scaltra tattica emotiva. “Da quando il Distretto 2 ha iniziato a svezzare Pacificatori. Non siete tutti nient’altro che i cagnolini della Capitale.”

Questo sembra avere un certo impatto. Uno sguardo acceso attraversa il suo volto mentre qualcosa scatta dentro di lui. I suo occhi grigi estremamente chiari sembrano turbinare attraverso un incoerente mulinello di emozioni, e l’unica che riesco a identificare è il dolore.

“Ebbene,” mormora, un accenno di singhiozzo nella sua voce. “Vedo che la reputazione del mio Distretto mi precede.”

Mi sento immediatamente colpito da una punta di senso di colpa, e per un momento sono forzato a fare un passo indietro e realizzare quanto sia prevenuto. Quanto ingiusto sia nei confronti di questo ragazzo il cui nome è l’unica cosa che conosco di lui. Non so quale sia la sua storia, se abbia un fratello più piccolo da proteggere o dei sogni che non vivrà per realizzare. Improvvisamente sono arrabbiato con me stesso per avergli riversato addosso tutte quelle accuse quando non ha fatto null’altro che avere un 2 sulla sua maglietta.

Poi mi sento ancora più arrabbiato perché sono quasi caduto nello stesso tranello per due volte.

“Stai lontano…” grugnisco, fissando quei suoi occhi ingannevoli. “Da me e Nyssa.” Sbatto il pugno contro i bottoni sul muro e le porte dell’ascensore si aprono.

Proprio mentre mi sto precipitando all’interno, ribollendo di disgusto, sento la sua voce, calma e sincera:

“Non ho fatto altro.”

Schiaccio con violenza il numero 7 consentendo alle porte di chiudersi prima di lasciare andare il mio grido represso di frustrazione.





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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*Melone amaro o in Inglese "bitter gourd": Momordica Charantia
Non so voi, ma io non avevo la più pallida idea di cosa fosse, quindi nel dubbio condivido il link. ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Mi sveglio il giorno seguente, nervoso, indolenzito e fradicio fino al collo di glaciale consapevolezza. Le mie labbra sono secche e screpolate e la mia gola è ruvida come rigida carta vetrata. Mi sento come se non bevessi da giorni, tutta l’idratazione, l’energia e l’entusiasmo strappati dal mio corpo. Le mie membra cedono come quelle di una bambola di pezza quando provo a mettermi seduto, mentre un dolore crepitante pulsa senza sosta attraverso le mie vene. Come viti abbarbicate a una recinzione, il dolore si piega e si contorce attorno alle mie braccia e gambe, conficcandosi con spesse radici in profondità nella mia carne, che brucia come brace ardente al vento ogni volta che muovo un muscolo. Luke mi aveva parlato di questo una volta, ricordo vagamente, significa che mi sono sforzato troppo.

Ma il dolore non è nulla a confronto dell’insopportabile morsa che tormenta il mio petto; l’affilata e tagliente punta di lancia conficcata a fondo nel mio cuore, proveniente dalla crudele comprensione di un fatto innegabile:

Non ci rimane molto tempo.

Lascio andare un lungo sospiro forzato, sentendo tutta l’aria abbandonare i miei polmoni tremanti.

Non ci rimane molto tempo.

Le punte delle mie dita si contraggono sulle lenzuola mentre conto i giorni, con uno spesso batuffolo di apprensione incastrato in gola. Domani ci saranno le sessioni private di allenamento con gli Strateghi, il giorno dopo sarà dedicato al fare le prove per le interviste e dopo un altro paio di giorni ci saranno i Giochi.

I Giochi.

Stringo la mano a pugno attorno ad uno dei cuscini imbottiti sul mio letto, nel disperato bisogno di qualcosa che mi tenga a terra e mi trascini fuori dalla nebbia dei pensieri morbosi. Ma il modo in cui il mio palmo affonda senza sforzo nel piumino leggero fa scendere rivoli di ghiaccio lungo la mia schiena. Nauseato, colpisco frustrato il cuscino flaccido mandandolo oltre il bordo del letto, premendo un lato della mia faccia sul materasso spesso. Per un momento, rimango completamente immobile, la mia testa e le mie giunture si irrigidiscono per l’assoluta mancanza di familiarità che la Capitale fornisce.

Ma mentre i pensieri cupi cominciano a invadere la mia mente ancora una volta, salto fuori dal letto per bagnarmi la testa con acqua calda bollente.



La pungente amarezza non si indebolisce per nulla, nemmeno ore dopo quando mi viene servita una abbondante colazione a base di uova e salsicce speziate. Faccio una smorfia.

I primi dieci minuti del nostro pasto sono riempiti dal silenzio, come al solito. Con la coda dell’occhio, posso vedere lo sguardo interrogativo di Brill rimproverarmi per il mio aspetto atroce. Ignorandola, spingo giù per la gola un sorso di latte. Ho una faccia orribile, lo so; ho visto le borse livide sotto i miei occhi e il disordine ribelle dei miei capelli ma in tutta onestà, non me ne potrebbe importare di meno. Quando Linwood decide di spostare la sua attenzione da me e verso una ciotola di porridge ai mirtilli rossi, sono colmo di sollievo. Almeno il mio mentore sa quando mantenere la distanza. Brill, invece, non è altrettanto allenata all’arte della sottigliezza.

“Dunque, ultimo giorno di allenamento di gruppo, eccitante vero?” Cerca di attaccare discorso con chiacchiere spicciole, la sua voce percorsa da qualcosa che non voglio pensare essere euforia. Il mio sguardo diventa ancora più corrucciato quando comincia a mormorare animatamente il motivo della Capitale nella sua tazza di succo d’arancia.

Devo dissentire; una giornata di pausa dal tagliare legna è eccitante, avere una cucchiaiata di miele nel proprio te di aghi di pino è eccitante, insegnare a Liam come costruirsi la sua ascia è eccitante.

Questo non è eccitante. Anzi, sono molto vicino al dare di stomaco.

“Nyssa!” Annoiata dalla mia mancanza di entusiasmo, adesso indirizza la sua inappropriata allegria verso la tenda di capelli alla mia destra. “Non ho avuto modo di chiedertelo ieri, come è stato il tuo allenamento?” Aggrotta le sopracciglia compassionevolmente; è dolorosamente ovvio che si stia preparando una serie di parole rassicuranti e incoraggianti, aspettandosi un fallimento ancora prima che Nyssa abbia detto qualcosa.

Mi torna in mente la giornata di ieri: la A nel test sulle piante commestibili, lo stile svelto e fluido con cui si è destreggiata nel percorso a ostacoli, l’iniziale goffaggine con il coltello ripiegabile e le lacrime formatesi nei suoi occhi quando la sua trappola era scattata all’indietro e le aveva colpito il collo. Dal modo in cui le dita di Nyssa sfregano la striscia rosea sulla sua nuca, presumo che gli stessi pensieri stiano scorrendo nella sua testa. “È andato bene,” mormora, richiudendosi nel suo guscio, come se non ci fosse stato alcun passo avanti ieri. Il barlume di pietà negli occhi di Brill mi innervosisce; sta fissando Nyssa come una creatura ferita, storpia e destinata a nient’altro che la morte. In realtà – lascio che il pensiero morboso scivoli nella mia mente – non sarei sorpreso se Brill sperasse in una morte rapida per Nyssa.

“È andata molto bene,” non posso che intervenire. “È andata veramente, veramente bene. Meglio di quanto mi aspettassi!” Non appena dico queste parole, la testa di Nyssa – e di tutti gli altri – scatta verso di me, e il silenzio che segue è ricco di schiacciante tensione. “È-è vero!” Insisto, sentendomi sempre più demente ogni secondo che passa. I miei occhi cadono su Nyssa, silenziosamente incitandola solo con lo sguardo, ‘diglielo! Sai che è la verità!’.

Quando rivolge la testa al pavimento di nuovo, mi mordo la guancia. Forte.

“Wow. Spero che tu non abbia sbattuto troppo la testa, fireball,” lo scherno di Linwood fa prendere fuoco all’amarezza dentro di me.

“Linwo–” esordisco, alzandomi a metà dalla sedia e più che pronto a recitare la lista delle sue conquiste quando sento il tocco lieve, implorante di una mano sul mio braccio. Il fuoco si estingue all’istante, come se gli fosse stata rubata la vita e mi trovo a ricadere sulla sedia, le braci morenti della mia rabbia che mi scottano la gola.

Giustificando non verbalmente il mio comportamento come stress, il tavolo presto ripiomba nella familiare tesa mancanza di parole, intermezzata dall’occasionale clangore del metallo contro la ceramica e il gorgoglio del succo versato. Rimango col respiro pesante e completamente perplesso, una fila di denti brutalmente serrata sul mio labbro inferiore. Il palmo di Nyssa rimane dov’era, un peso delicato e rassicurante che drena lentamente il piombo fuso dal mio petto.

Non posso trattenermi dal guardarla, desideroso di una spiegazione.

Ma la vista delle sue labbra tremolanti zittisce tutte le mie domande in un singolo, straziante momento.



“Ehi, Distretto 7!”

Mi intercetta proprio mentre sto per recarmi alla mensa per pranzo, rilasciando anche un paio di picchiettii decisi sulla mia spalla per sicurezza. È la ragazza del Distretto 2, mi rendo conto quando volto il capo, mentre mi offre un sorrisino amichevole. Incrocia le braccia e piega la testa di lato, facendomi cenno di seguirla. Lancio un’occhiata a Nyssa, che la ricambia semplicemente con un mezzo sorriso prima di scomparire nella mensa. Lo sguardo di consapevolezza nei suoi occhi verde foresta è come un pugno nello stomaco.

“Possiamo parlare… per un secondo?” Domanda la Favorita, più per obbligo che per effettiva educazione. In ogni caso, aspetta un mio cenno affermativo del capo prima di condurmi verso un angolo vicino, i suoi occhi grigi come la pietra brillano come se fosse al corrente di qualche segreto ben custodito.

“Che c’è?” Mormoro sovrappensiero, ancora disturbato dallo sguardo di Nyssa.

“Beh, io e i ragazzi ci stavamo chiedendo, visto che sembri abbastanza capace e tutto il resto,” esordisce casualmente. “Se ti andasse di formare un’alleanza con noi nei Giochi.”

Accenna con noncuranza al branco di Favoriti; hanno formato un gruppo chiuso attorno alla stazione delle armi come sempre. Prendo nota dei presenti: la ragazza e il ragazzo dal Distretto 1, la coppia dal 4 e un ragazzo che presumo abbiano reclutato abbastanza di recente, fermo e impacciato in mezzo a loro, con un 9 sulla sua maglietta. Come molti altri, non mi è familiare.

Sbatto le palpebre rendendomi conto di una cosa. “Tom non è con voi?” La frase mi sfugge prima che riesca a fermarla, nascendo principalmente per la sorpresa. Lo scintillio nei suoi occhi sembra attenuarsi mentre fa una smorfia a seguito delle mie parole. Mi pento immediatamente di aver parlato.

Perché? Vuoi anche lui?” Sputa la domanda più schiettamente di quanto mi sarebbe piaciuto. Lo svezzamento come Pacificatore è evidente nel modo in cui l’ha sbraitata, determinato e privo di tatto.

“Non ho detto questo,” le assicuro con una scrollata di spalle, facendo del mio meglio per nascondere il mio crescente disagio. “Me lo stavo solo domandando, tutto qui, visto che è dal tuo distretto e di solito…” la mia voce sfuma mentre lo sguardo freddo si insinua più a fondo nei miei occhi. È scettico e crudele, qualcosa che non dovrebbe mai essere presente negli occhi di una quindicenne.

Le sue labbra sono una linea sottile. Sospira. “Va bene, se includiamo Tom, ti unirai a noi?”

“Non intendevo… non è quello che… non…” tutte le mie risposte escono formate a metà e incerte, facendomi sentire sempre più un idiota ad ogni parola che pronuncio. Non è così per niente! Lo odio! È tutto quello che vorrei dire ma non riesco a formulare una frase senza fare l’errore di offenderla ancora di più.

“Non lo so…” ammetto con riluttanza.

“Ehi, ho capito,” taglia corto, il breve momento da Pacificatore dissipato in un’insolita indifferenza. “Dal modo in cui ti prendi cura di quella ragazza, ho immaginato che non saresti stato molto propenso a lasciarla completamente sola.” Non mi piace la sua scelta di parole, ma poteva andare peggio. Avrebbe potuto minacciare di uccidermi immediatamente dopo il conto alla rovescia dei Giochi. “Ascolta, ti darò un po’ di tempo,” faccio un sorriso forzato quando mi dà una pacca sulla clavicola. “Tom è dentro, perciò non preoccuparti troppo per lui.”

Sto per commentare che non sono in alcun modo preoccupato per lo spilungone dai capelli ricci e sono più che impaziente di vederlo ucciso nel bagno di sangue iniziale quando improvvisamente spinge in avanti la sua mano destra.

“Sono Marka, comunque,” si presenta in ritardo. “Marka Etch. Distretto 2.”

“Chris,” borbotto, accettando con esitazione la stretta di mano.

“Bhe, Chris,” Marka sogghigna, stringendomi fermamente la mano. “Spero che rifletterai attentamente sulla mia offerta.” I suoi occhi scintillano come marmo crudele sotto il sole del pomeriggio e l’indiscreta minaccia nella sua voce è inquietante.

“Sì… lo farò,” annuisco. Mi offre un ultimo sorriso falso prima di allontanarsi, lasciandomi combattuto, confuso e riluttantemente consapevole di quanto estremamente diversa sia da Tom.



Nyssa non accenna alla conversazione che ho avuto con Marka, il che mi fa preoccupare ancora di più che se mi avesse chiesto di spiegare tutto – come aveva fatto ieri. Invece, parla di cose banali come la salsa cremosa sulle sue patate, il sapore intenso del miele della Capitale e come fosse quasi inciampata nei suoi stessi piedi alla fine del percorso a ostacoli con le funi. In un qualche momento tra il suo piatto principale e il dessert di biscotti allo zenzero che ha messo da una parte, sto per dirle che è tutto ok e possiamo parlare dell’offerta che mi ha fatto Marka. Ma sembra che mi abbia letto nella mente perché all’improvviso si alza ed esce dalla sala con un frettoloso “Oh ho dimenticato qualcosa nel Centro di Allenamento”.

Non è tornata per i suoi biscotti.

Quando la maggior parte dei tributi ha finito i suoi pasti e la mensa ha cominciato a svuotarsi mi rendo conto che non aveva alcuna intenzione di tornare. Abbattuto, infilo i biscotti in un sacchetto di carta e mi unisco al piccolo mare di persone che rifluisce nel Centro di Allenamento.

La individuo al poligono di tiro con l’arco, la faccia colorita di rosa e un arco solitario stretto con forza nella sua mano. Prima che mi possa avvicinare, figurarsi parlarle, ha già riposto l’arma nella rastrelliera e si affretta velocemente di nuovo verso il percorso a ostacoli. Di primo acchitto, penso che avesse appena preso l’arco… ma poi vedo la singola freccia nel braccio del manichino bersaglio, e le altre venti circa sparse in disordine sul pavimento.





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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

C’è così silenzio, che ho paura che gli altri sentano il martellare del mio cuore; di certo io lo sento benissimo, ogni battito in preda al panico che si percuote come un uccello in gabbia prima di scontrarsi violentemente contro il mio timpano. I miei respiri sono deboli e tremanti e mi serve tutto il mio autocontrollo per mostrarmi calmo, trascinando ogni inspirazione e prolungando ogni espirazione, non volendo apparire debole di fronte agli altri tributi. È l’errore più grande, ho imparato. Di già, posso vedere la ragazza del Distretto 1 sorridere scaltramente ai tributi più piccoli, i loro esili profili scossi da tremolii nervosi. Non serve un sensitivo per intuire i suoi pensieri, è scritto chiaramente sulla sua faccia: Sono i primi. Saranno i primi una volta che entreremo nell’arena.

Spingo la schiena con più forza contro la scomoda sedia di plastica, allungando le gambe il più possibile, concentrandomi invece sulla trazione dei miei muscoli e tendini, strizzando fuori l’indolenzimento causato dallo sforzo eccessivo. Il dolore crepita ancora sotto la mia pelle, ma oggi di meno. Provo a prestare attenzione a questo, invece che alla crescente attesa della sessione di allenamento privata. In questo momento comincio ad avere ripensamenti su quello che dovrei fare, su quale abilità dovrei mostrargli. Dovrei fare il grosso bruto e lanciare dei pesi in giro? O dovrei fare il cacciatore e allestire complicate trappole? Sarebbe meglio giocare di strategia e mostrargli quanto promettenti siano le mie abilità di sopravvivenza?

So che non è il momento di cambiare la mia tattica di gioco, ma le alternative mi vengono in mente in ogni caso. Sospiro di nuovo espirando dal naso.

“Buona fortuna, Chris,” mi arriva la voce di Marka in un fruscio, chiara e squillante nel silenzio della sala d’attesa. Ventuno paia di occhi immediatamente ricadono su di me trattengo a forza ogni movimento involontario, rimanendo fermo come una roccia. Faccio un sorrisino forzato.

“Anche a te,” replico con tutta l’indifferenza che riesco a racimolare. Lei sorride semplicemente e si riappoggia allo schienale della sua sedia, un luccichio soddisfatto nei suoi occhi. Tom – seduto accanto a lei – non ha prestato attenzione, rivolgendomi il retro della sua testa riccioluta. Sollevo un sopracciglio.

Voleva farmi innervosire? Farmi distrarre? Beh, ha quasi funzionato, penso, infilandomi le mani nelle tasche.

Ma poi, un secondo dopo, capisco. L’ha fatto per marcarmi come una minaccia agli occhi degli altri tributi. Essere in rapporti amichevoli con i Favoriti di certo farà scattare dei campanelli d’allarme negli altri. Un rapido controllo visivo nei dintorni mi svela numerose reazioni, molte delle quali negative dai Distretti più poveri; occhiatacce, sguardi spiacevoli e uno di loro non può nemmeno sopportare la mia vista, distogliendo immediatamente i suoi occhi. Impreco internamente.

È astuta, glielo concedo.

Costringermi in un angolo, far scoraggiare ogni altro potenziale alleato e forzarmi ad unirmi a loro; è pericolosamente scaltra, estremamente. Mi ritrovo a mordermi l’interno della guancia.

Improvvisamente, le ampie porte doppie del Centro di Allenamento si spalancano, rivelando l’alta figura in uniforme di un uomo. I suoi baffi vibrano mentre parla. “Facet,” chiama puntualmente. Presumo sia un nome. “Facet Ormalline.”

Il ragazzo seduto accanto alla ragazza del Distretto 1 salta praticamente in piedi, assottigliando immediatamente gli occhi in uno sguardo penetrante. Proprio verso di me. Posso capire il perché però. Rispetto agli altri tributi di quest’anno, io sono uno dei pochi che riesce a rivaleggiare con la sua fisicità. Anni a spaccare querce e abbattere pini mi hanno dato il vantaggio di poter potenzialmente essere all’altezza di un Favorito che si è allenato per tutta la sua vita. È ovvio dal modo in cui mi guarda che mi vede come una minaccia.

Distoglie lo sguardo solo quando le porte si richiudono dietro la sua schiena.

Deglutisco. La pressione di unirmi a loro non ha fatto che diventare più grande.



“Chris,” viene chiamato il mio nome. “Chris Hemsworth.”

Sono teso come un tronco mentre mi alzo barcollando dalla mia sedia; le mie articolazioni sembrano essersi trasformate in pietra. Il peso degli occhi degli altri tributi minaccia di farmi crollare e senza guardarmi indietro una seconda volta, seguo l’uomo, camminando con quanta più sicurezza mi sia possibile attraverso la porta doppia.

Ma quando sono al centro della silenziosa sala per gli allenamenti mi rendo conto di quanto sgradevolmente rumorosi siano i miei passi o quanto la mia fronte stia sudando o quanto siano scoraggianti gli Strateghi ora che guardano tutti verso me. Guardo in alto. Sono nella loro stanza sopraelevata, i loro sguardi resi ancora più intimidatori dall’altezza. Inizio a sentirmi estremamente vulnerabile mentre sono esaminato minuziosamente dai loro occhi ristretti e labbra contratte. Per un momento, resto semplicemente qui impalato, muto e immobile.

“Puoi cominciare,” annuncia una donna con i capelli rosa chiaro e ne sono grato, perché questo sembra risvegliare il mio corpo dal suo stato catatonico.

“Sì, bene,” mormoro tra me e me, ma per quanto è silenziosa la stanza, la mosca sul muro l’ha probabilmente sentito altrettanto chiaramente di quanto l’abbia sentito io. Mi dirigo verso il tavolo delle armi e afferro la più familiare.

Le asce argentate che mi hanno fornito sono bizzarre; l’impugnatura è fredda e il manico inusualmente leggero. Come prova, ne scaglio una contro un bersaglio vicino, vedendola curvare lontano, mancandolo completamente.

Impiego altri tre tiri mancati prima di calibrare precisamente il modo in cui devo angolarle. Non permetto a questo fatto di scoraggiarmi e continuo, decapitando e colpendo i bersagli dalla forma umana nel petto facilmente. Si sente il secco rumore di un applauso dagli Strateghi, che mi fa trasalire. Non sono colpiti. Non suona tanto genuino e posso praticamente ascoltare i loro pensieri condiscendenti: Cosa? Questo è il ragazzo dal Distretto 7? Pensavo che sarebbe stato meglio di così. Che delusione. Rocketdrift e Kanaky lo stanno lodando troppo con le loro esagerazioni. Questo è mediocre gioco da ragazzi. Cosa è successo a quel fuoco, ragazzo? Che fine ha fatto?

Sbatto la mano sul bottone più rumorosamente di quanto avrei voluto.

I vecchi manichini scompaiono sotto botole prima di essere rimpiazzati dai nuovi. Faccio un respiro profondo prima di raggiungere un altro bottone, schiacciandolo prontamente. Ho visto Facet farlo in precedenza e sono stato sorpreso di quello che era seguito.

C’è uno scricchiolio profondo mentre macchinari nascosti e motori a rotazione prendono vita. I manichini hanno cominciato a muoversi rapidamente seguendo l’intricato motivo della griglia sul pavimento. Si spostano, si muovono e scattano come la schiuma di un rapido ruscello sulle rocce, mutevole e quasi imprevedibile.

Quasi.

Lancio un’ascia, uno di loro perde la testa.

Un altro lo segue e se avesse avuto un cuore, sarebbe stato troppo mutilato per continuare a funzionare. Sorrido trionfante mentre comincio a diventare sempre più familiare con le asce della Capitale, sentendo lo slancio aumentare nelle mie braccia. Comincio a sentirmi più a mio agio adesso.

Più ne lancio, più facile diventa, e quando i bersagli si fermano di scatto scricchiolando, ognuno di loro ha un’ascia argentata che gli scintilla nel petto. Nessuno di loro ha una testa.

Mi volto di nuovo verso gli Strateghi, pienamente soddisfatto, ansimante e sentendomi come se ogni fibra del mio corpo abbia preso fuoco, ma la punta di sorriso che avevo si dissolve quando vedo gli occhi disinteressati fermi su di me.

Passa un secondo e vedo uno di loro sollevare i pollici “per lo sforzo”.



Linwood sta ridendo maniacalmente a mie spese.

“È Impagabile!” Grugnisce tra le sue odiose risate. La poltrona su cui è seduto dondola avanti e indietro mentre scalcia; desidero mentalmente che cada a terra. “Impagabile. Impagabile! Avrei dato oro per vedere l’espressione della tua faccia!”

“Probabilmente avresti potuto farlo, conoscendoti,” mormoro sottovoce. “Vivendo al villaggio dei Vincitori e tutto il resto.”

“Ohohohohohoo! Ridicolo! Hahahahahaha!” Non sembra avermi sentito.

“Beh, da quello che ha raccontato Chris, sono sicura che sia andato abbastanza bene,” dice Brill schiettamente mentre versa del tè. La teiera dalla forma strana fa un suono curioso quando viene posata di nuovo sul tavolo, come un piccolo flauto che emetta una nota; inarco un sopracciglio ma lei sembra trovarlo il normale comportamento di una teiera. “Dopo tutto, gli Strateghi quest’anno sono abbastanza noti per il loro…” fa una pausa per trovare la parola giusta.

“Senso dell’umorismo?” Suggerisce Linwood.

“Stoicismo,” conclude Brill. I campanelli nei suoi capelli tintinnano mentre si muove agilmente tra di noi, offrendomi la tazza fumante sotto il naso. La prendo senza fare domande. “Li ho visti a delle feste, sapete. Una completa noia, alcuni di loro.”

“Davvero?” Mormoro attraverso l’orlo della tazza, bevendo piccoli sorsi del tè alla fragola.

“Davvero!” Insiste, adagiandosi di nuovo su uno dei divani. “Non una singola risata ad ognuna delle mie battute. Ognuna!”

Sono scoraggiato. In qualche modo non penso che quello fosse dovuto a stoicismo. Dalla smorfia di Linwood, credo che anche lui lo pensi.

“Oh! Ohh! Comincia!” Strepita all’improvviso Brill mentre l’insegna della Capitale appare sull’ampio schermo televisivo. Sopraffatta dall’eccitazione, armeggia maldestramente col telecomando, schiacciando una miriade di bottoni a caso per sbaglio – e facendo illuminare lo schermo di sette colori diversi – prima di riuscire ad alzare il volume. “Nyssa! Nyssa!!” chiama. “Vieni qui, cara, sta cominciando!”

Sollevo lo sguardo dal mio tè. Mentre Kanaky farnetica su quanto sia stato “eccitante vedere i frutti del progresso” dei tributi, Nyssa entra nel soggiorno. I suoi capelli sono tenuti lontano dal suo viso in una coda morbida. Non sono sicuro se dovrei fare un commento o no, non essendo certo del nostro corrente rapporto dopo ieri. Alla fine, opto per un piccolo sorriso. Per mio sollievo, lo ricambia sebbene timidamente. Beh, almeno siamo ancora amici… penso.

I punteggi sono annunciati animatamente quando le immagini di ogni tributo illuminano lo schermo. I presentatori non si tengono per sé i loro commenti come al solito, parlando senza sosta del significato di questo momento e di come le nostre vite dipendano da questo. Li ignoro e invece mi concentro sui punteggi, ansioso di scoprire contro cosa mi dovrò confrontare.

Vanno in ordine di distretto; Facet ha avuto un 11 e la ragazza tributo, Sheer, è ricompensata con un otto. A Marka è stato dato un “promettente” nove e inarco le sopracciglia vedendo il brillante otto accendersi sotto il nome di Tom. Alla faccia dell’essere debole, penso acidamente.

Il programma continua con meno entusiasmo dopo, con i distretti più poveri ottenenti punteggi nell’intervallo tra due e cinque; anche il Distretto 4 non è così promettente, con un sei e un sette ciascuno. Non sono sicuro se dovrei sospettare qualche favoritismo qui e dal modo in cui Linwood guarda lo schermo, sembra che stia pensando la stessa cosa.

“E adesso, per il focoso Chris Hemsworth dal Distretto 7,” Rocketdrift sorride compiaciuto verso il suo co-conduttore. Devo nascondere la faccia dietro una mano per ignorare la risata divertita di Linwood. “Dieci!”

Cado quasi dalla mia sedia.

“Visto? Visto? Stoicismo!” Annuncia Brill, alzandosi sui suoi tacchi alti e applaudendo allo schermo.

“Per Nyssa Langheran, il tributo femminile dal Distretto 7,” Kanaky apre la busta con un movimento rapido. “Sette!”

“COOOOOSA?” Anche Linwood si alza in piedi, non disturbandosi a nascondere il suo shock.

“Nyssa? Nyssa! È  meraviglioso! Meraviglioso!!” Mi urla praticamente nell’orecchio Brill mentre stringe immediatamente la presa su Nyssa stringendola in un fortissimo abbraccio. Emette un piccolo squittio mentre l’aria viene strizzata fuori dai suoi polmoni e non posso trattenermi dal sorridere.

“Eccezionale, Nyssa! Eccezionale!” Mi congratulo con lei quando viene rilasciata, battendo le mani. Le sue guance sono tinte di rosa e si sta mordendo l’interno delle labbra, il più piccolo dei sorrisi spunta agli angoli della sua bocca. Mormora un silenzioso ‘grazie’.

“Beh, willowtree,” il borbottio di Linwood distoglie la sua attenzione da me; anche il mio volto si sposta verso di lui, e mi preparo a un commento negativo di qualche sorta, ma lo sguardo allo stesso tempo soddisfatto e scioccato nei suoi occhi mi rassicura. “Sei andata bene,” dice con un piccolo cenno affermativo del capo. “Sei andata bene.”

Questa notte, abbiamo celebrato i nostri punteggi con infiniti toast e più scherzi e risate di quanto sarebbe stato appropriato. Ogni volta che lanciavo un’occhiata a Nyssa per controllare come se la stesse passando, mi rispondeva raggiante con il più ampio sorriso che abbia mai visto sul suo viso. Sollevava il suo bicchiere a ogni dedica che Brill ci rivolgeva e arrossiva per i complimenti di cui era sommersa. Sembrava brillare di genuino orgoglio ed euforia, lacrime appena visibili luccicanti agli angoli dei suoi occhi. Quello era probabilmente l’unico momento in cui abbia mai raggiunto qualcosa degno di lode e sono così felice per lei.

Alla fine della serata, quando la stanchezza inizia a farsi sentire, le parole ossessionanti che una volta ho letto in un libro continuano a costeggiare l’orlo di questa felicità. Sono come acqua gelida, la stessa sensazione che ho provato quando ho scoperto che Tom è del Distretto 2. Lo stesso inevitabile disappunto che continua a ripetersi ancora e ancora…

Mangiamo, beviamo e facciamo festa…

Perché domani moriremo.





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

“Promettilo,” il sospiro sdegnante di Liam mi scalfisce il cuore.

Sento un peso schiacciante sul mio petto e posso sentire le sue spalle tremare mentre stringe le sue braccia incerte attorno a me. “Prometti che tornerai.” Posso sentire la sofferenza, il dolore accecante e bruciante che gocciola da ogni sua parola. chiudo gli occhi e cerco di dimenticare l’ultima volta che io stesso ho pronunciato queste parole. Contro la mia volontà, il tenero sorriso di Luke emerge dall’amara oscurità dei miei ricordi, rassicurante, gentile e così pieno di bugie mentre mi mormorava in risposta…

“Lo prometto.”

Ed eccomi qui a bisbigliare le stesse esatte parole.



“Incubi, fireball?”

“Non ne voglio parlare,” rispondo stizzito mentre mi lascio cadere sul sottile rivestimento felpato della sedia in soggiorno. Precipitosamente, afferro una brocca di quello che spero sia tè e verso il contenuto in una tazza vicina. Storco immediatamente il naso al getto di fluido scuro. Caffè.

“Beh, farai meglio a pensare a qualcos’altro di cui parlare allora, per l’intervista e tutto il resto,” Linwood mi rimbecca, mascherando la sua insolenza con nonchalance. Sospiro. Perché tutto ciò che esce dalla sua bocca suona come una sfida?

Lancio un’occhiataccia al contenuto della mia tazza e mi mordo il labbro inferiore, puzza di carne bruciata e terra. Sfocate immagini di incendi nella foresta e cervi sfreccianti guizzano nella mia mente, i ricordi minacciano di ricacciarmi nelle pieghe oscure degli incubi di questa notte. La mia presa sul manico si indurisce. “Posso non farlo?” Borbotto cupamente.

“Non fare che--”

“Le prove per l’intervista,” lo interrompo. Mi serve una buona dose di autocontrollo per trattenere il ‘con te’ che stava nascendo sulle mie labbra.

Questo sembra catturare la sua attenzione. Almeno Linwood non è più occupato a imburrare il suo toast al miele ora. Mi lancia uno sguardo, né di disapprovazione né di incoraggiamento, ma sembra troppo vicino ad un’occhiataccia perché possa stare sinceramente considerando il mio suggerimento. Le mie spalle si contraggono e appoggio di nuovo la tazza sul tavolo. Non sono sicuro se sia stata una buona mossa o no.

“Ascolta, fireball,” parla finalmente dopo una lunga, rigida pausa. “Questo è abbastanza importante--”

“Sì, lo capisco--”

“Puoi lasciarmi finire?” Sovrasta la mia voce in modo irritato come farebbe un insegnante di scuola. C’è un altro momento di silenzio, presumibilmente perché sia chiaro quello che intende. Per una volta, non oppongo resistenza e trattengo la lingua; ma mi appoggio pesantemente allo schienale della sedia giusto per mostrare che non sono molto propenso a prenderlo seriamente.

Nonostante ciò, Linwood continua. “Le interviste di domani sono importanti,” dice con enfasi, posando il suo toast. “Devi fare una buona impressione agli sponsor. Loro sono quelli che ti terranno in vita, fireball.” Trasalendo al promemoria, lo fisso mentre si protende in avanti, i suoi occhi puntati su di me. “E perché accada--”

“Gli devo piacere?” Sollevo un sopracciglio. Come se Linwood tra tutte le persone possa insegnarmi come essere piacevole.

“No, non gli devi piacere,” non è così irritato per l’interruzione questa volta. “Diamine, sono sicuro che odiavano me,” Linwood ridacchia e io non trattengo il mio sbuffo divertito. Beh, almeno è consapevole di quanto sia irritante. Ma il sorriso muore sulle mie labbra nel momento in cui il suo sguardo diventa solenne e cupo. “Ma è proprio questo il fatto. Gli piaceva quanto fossi odioso,” mormora in modo perentorio.

“E?” Non capisco bene.

“Ascolta, hai viaggiato sulla scia di quella cosa del “fuoco” dalla tua mietitura,” pone l’accento sul ‘fuoco’ roteando gli occhi in modo sarcastico. Aggrotto le sopracciglia a sentir tirare fuori questa cosa, non piacendomi l’imbarazzo che sembra sempre seguire. Prima che possa rispondergli male, continua, “Ora dal viaggio in treno fin qui ad oggi, non ho visto una scintilla di quel cosiddetto fuoco.”

“Beh spiacente per non aver soddisfatto le tue aspettative…” borbotto con tono basso. A che serve dirmi questo? Non sapevo nemmeno che la mia faccia potesse assumere quell’aspetto prima della mietitura.

“Esattamente,” Linwood sibila come se avessi appena risposto ad una domanda estremamente semplice. La mia fronte si acciglia ancora di più. “Hai una reputazione da mantenere, ragazzo.” Sceglie questo momento per bere inappropriatamente un lungo sorso di latte dal suo bicchiere. “E se non sei pieno di fuoco per domani, significherà avere mezza dozzina di sponsor che ritireranno i loro soldi dal tuo conto.”

Sbatto la mia mano sul tavolo. “È ridicolo!” Replico con incredulità. “Quel ‘fuoco’ non ero nemmeno io. Sembravo un Favorito.” L’immagine del mio sguardo brutale lacerare la pioggia e il fango si accende come un lampo nella mia mente ancora una volta. Trattengo un brivido. “Non è chi sono veramente.”

“Fireball, pensi sul serio che gli interessi chi sei veramente?” Domanda Linwood sardonicamente, la sua voce abbassata ad un serio mormorio. È così sicuro di sé, così disgustosamente certo che gli sponsor siano a tal punto spietati.

“La stai facendo sembrare come…” faccio una pausa, incespicando e sforzandomi di trovare le parole giuste. “Come se stessimo solo interpretando dei personaggi! Come… come se sia tutto quello che vogliono, e tutto ciò di cui gli ‘importerà’ sia un buono spettacolo!” Maledico ogni parola uscita dalla mia bocca, desiderando che nessuna sia vera. Anche Luke ha affrontato questo? Anche lui è stato forzato a diventare qualcuno che non era?

Linwood si fa in avanti e non avrei mai pensato che una singola parole potesse colpirmi a questo modo.

“Esatto.”



Una musica quasi assordante viene emessa a tutto volume da casse invisibili e posso sentire l’applauso della folla diventare sempre più rumoroso mentre si sviluppa nel familiare crescendo. Proprio dopo il segnale, come è sempre stato per gli scorsi dieci anni, la sagoma bianca che è Alucio Preen salta sul palco, seguito dalle falde blu chiaro del frac. Guardo il televisore nella sala d’aspetto mentre le telecamere zoomano e si stringono sul suo viso, il suo sorriso punteggiato di diamanti più brillante che mai sotto le scintillanti luci dei riflettori. Faccio una smorfia e sono costretto a strizzare gli occhi per il resto dell’introduzione.

“Signore e signori!” La sua voce dall’accento della Capitale echeggia come se stesse parlando in un microfono. Non ne ho visto alcuno sul palco e presumo che ne sia stato fissato uno piccolo al suo smoking spigoloso. “Auguro a tutti voi felici Hunger Games!!!” La folla irrompe in esaltazioni eccitate quando lo dice, la maggior parte dei presenti saltando in piedi e sollevando le mani sopra le loro teste. Io, come il resto dei tributi nella stanza, mi sistemo a disagio sulla sedia. “Haha!” Sorride allegramente, mentre le telecamere si spostano di nuovo su di lui quando agita la mano destra. La musica si smorza. “Scommetto che stavate tutti aspettando questo dall’anno scorso!” La risposta a questo commento è un coro di fischi e battiti di mani, a cui lui sorride con fervore come fa sempre, gioendo nella luce della ribalta. “Adesso, prima di incontrare i promettenti tributi di quest’anno, facciamo un piccolo riepilogo dei punteggi.” Con la coda dell’occhio, vedo Sheer – la ragazza del Distretto 1 – alzarsi dalla sua sedia e camminare verso la porta.

Dopo il breve intervallo musicale durante il quale i nostri punteggi sono stati proiettati insieme ai nostri nomi, lo schermo ritorna sulla faccia raggiante di Alucio. “Fantastico, fantastico,” sorride, la sua pelle anormalmente pallida dall’aspetto sottile come sempre. “Adesso, chiamiamo lo stupendo tributo femminile del Distretto 1, Sheer Rovsky!”

Sebbene l’abbia vista appena una manciata di secondi fa, è quasi irriconoscibile sotto il bagliore dei riflettori sul palco e il mare di flash fotografici. Il suo vestito argentato brilla ad ogni passo che fa, come se ogni singolo centimetro sia stato intarsiato di diamanti scintillanti.

Affronta bene la sua intervista, ridacchiando e sorridendo dolcemente ad ogni complimento che Alucio le rivolge, proiettando l’angelica immagine di una ragazza graziosa dal Distretto delle pietre preziose. L’alone di luce riflesso dalla sua luccicante fascia per i capelli non fa che amplificare questo ‘celestiale’ effetto, e se non avessi assistito al modo cruento in cui ha mutilato innumerevoli manichini da allenamento con la sua spada, ci sarei cascato anch’io.

Quando i suoi tre minuti finiscono, Facet è chiamato sul palco.

È arrogante, sicuro di sé e ha un perenne sogghigno stampato in faccia. Si avvia verso il suo posto come se fosse il padrone del palco e si siede così improvvisamente e bruscamente, che ho temuto che la sedia si stesse per rompere sotto il suo peso. Il mio iniziale disprezzo nei suoi confronti cresce ancora più forte adesso.

Per rappresentare il suo distretto, il suo completo bianco emette il più impercettibile degli scintillii, probabilmente per via dei gioielli che ho visto il suo stilista appuntare nell’orlo della sua giacca durante il pomeriggio. Come abbiano fatto a farli brillare attraverso la stoffa, non lo so – e onestamente, non mi interessa.

“Facet, hai ricevuto un bell’11,” sottolinea Alucio annuendo col capo, profondamente impressionato. Il fatto viene ulteriormente rimarcato da un applauso del pubblico. “È un punteggio estremamente alto.”

“Sì, beh, ho dato tutto me stesso,” Facet sorride con una scrollata di spalle.

“Beh, beh, certamente è servito,” annuendo in approvazione, Preen enfatizza platealmente il gesto di inclinare il capo più vicino a lui. “Pensi che potresti rivelarci il tuo segreto?”

“È quello che sono addestrato a fare,” risponde Facet con supponenza; è così sicuro di sé, è ripugnante. Scavallando le gambe, si china il più possibile in avanti sulla sedia, le labbra arricciate all’insù. “sai cosa è una faccetta*, Alucio?” Il quesito è provocatore, di scherno, come se si stesse rivolgendo a tutti gli altri tributi. A me.

Il veloce sguardo nella direzione delle telecamere lo conferma. “È un taglio, su un diamante,” risponde alla sua stessa domanda, sussurrandolo come un segreto, ma ovviamente tutta Panem ha sentito. “Sai cosa fanno i tagli? Lo affilano, lo rendono un’arma.” Facet si riappoggia allo schienale della sedia, dichiarando trionfalmente mentre solleva le mani, i palmi verso l’alto, “E quello sono io.”

Non so cosa mi nausei di più, se quello che ha detto o l’applauso assordante dal pubblico.



Quando viene chiamato il nome di Tom, comincio a sentirmi in ansia. L’intervista di Marka è stata pressappoco perfetta per la sua sicurezza, possedendo la ragazza un’attitudine che può rivaleggiare perfino con il ridicolo fascino da ‘sono nato con questo nome’ di Facet. Dalle quattro ore di inferno che ho sopportato con Linwood ieri siamo entrambi giunti al riluttante accordo che avrei giocato di sicurezza. Ma dopo aver visto le scorse due interviste, sto iniziando ad avere dei ripensamenti…

“È un piacere averti qui, Tom,” la voce di Alucio, colma di eccitazione, viene riprodotta dagli altoparlanti, richiamando la mia attenzione allo schermo.

Guardo Tom scuotere la sua mano con quasi altrettanta allegria. “Il piacere è tutto mio,” sorride ampiamente e per un momento, vengo tirato fuori dai miei problemi, tutte le preoccupazioni lentamente cominciano a lasciare la mia mente.

Hiddleston sorride sinceramente, come se stesse vivendo l’esperienza più bella della sua vita; ride ad ogni battuta che Alucio gli rivolge e risponde ad ogni domanda con una specie di… eleganza che non avevo mai realizzato possedesse. Siede a suo agio sulla sedia e elargisce generosamente i suoi sorrisi. Non sono mai stato tipo da prestare molta attenzione quando vengono trasmesse le interviste ai tributi, ma non penso di aver mai visto nessuno comportarsi così prima d’ora. Tom è così… spontaneamente sereno.

“Adesso, Tom, parlaci di quel punteggio,” dice Alucio, raddrizzandosi sulla sedia. “Un otto! Ora, so che venendo dal Distretto 2, hai una lunga scia di vittorie da difendere, ma – perdonami se lo dico – non dai l’impressione di essere altrettanto fisicamente dotato dei tuoi predecessori.” Lo dice il più diplomaticamente possibile e il sorriso di Tom sfocia in un divertito “ehehehe” alla fine della sua osservazione, inclinando al contempo la testa all’indietro.

“Beh, non saprei, Alucio,” risponde, una sfumatura di riso nella sua voce. “L’aspetto può essere ingannevole.”

“Oh sono abbastanza portato per quello, Tom,” ammicca. “Non sembro più vecchio di cent’anni, non è vero?” Il conduttore si passa la mano in modo drammatico tra i capelli e Tom irrompe in un piccolo scoppio di risate. La telecamera adesso sta facendo una panoramica del pubblico, mostrando le loro reazioni e posso vedere alcuni dei cittadini della Capitale sorridergli radiosamente, affascinati dalla sua personalità unica.

“Cento? No! Non dimostri un giorno più di sessanta,” replica con un rassicurante buffetto sulla sua mano, in seguito al quale Alucio sgrana gli occhi platealmente portandosi le mani al viso.

“Oh cielo, deve aver funzionato troppo bene allora!” Esclama, e il pubblico sorride, Tom unendosi a loro a sua volta. Uno scroscio di applausi segue immediatamente e mi ritrovo a sentirmi un po’ geloso di come facilmente abbia conquistato i loro cuori.

“Adesso passiamo ad argomenti più seri, Tom, spero che non ti dispiaccia,” Alucio alza la voce improvvisamente, tenendo conto della limitata quantità di tempo rimanente. “Allora, ti sei offerto volontario per i Giochi di quest’anno e,” fa una pausa. “Le cose non sono andate proprio come speravi, o sbaglio?” Il sorriso di Tom si smorza ma l’allegria non lascia del tutto i suoi occhi. Lo guardo dare un riluttante cenno di assenso col capo, ammettendo il fatto quasi impacciatamente. Nella miriade di schermi luminosi dietro di loro, comincia a girare la registrazione della mietitura. Sgrano gli occhi riconoscendola immediatamente.

È il combattimento che ho visto durante la ricapitolazione sul treno.

Adesso presto più attenzione, la curiosità salita a livelli pericolosi. C’è il municipio di marmo bianco del Distretto 2. Un mare di ragazzi.

La telecamera si mette a fuoco.

Una manciata di persone stanno urlando mentre la maggior parte rimangono mortalmente silenziosi; è difficile distinguere cosa stiano dicendo ma poi vedo un ragazzo robusto, dai capelli rossi combattere contro un muro di Pacificatori. È furioso e sta facendo del suo meglio per liberarsi. Adesso, le telecamere zoomano sulla faccia solenne di Tom, lo sguardo rivolto verso il basso, proprio prima che un pugno faccia dolorosamente impatto con la sua mascella.

Le mie sopracciglia si corrugano mentre l’immagine si ferma e ritorna su Tom e Alucio, entrambi moderatamente disturbati dalla scena. C’è un primo piano del viso di Tom e guardandolo adesso più attentamente, posso vedere un lieve segno roseo dove la sua pelle si è probabilmente rotta per l’impatto. È stato coperto con il trucco ma è visibile se lo cerchi; ha quella caratteristica luce, quella lucentezza tipica delle cicatrici. Perché non me ne sono reso conto prima?

“Non penso che tu possa dirci cosa esattamente è successo, vero?” Alucio suona a metà speranzoso mentre lo dice e vedo Tom mordersi timidamente il labbro inferiore.

“Beh, non c’è molto da dire, in realtà,” si passa una mano tra i capelli ricci, appiattendoli solo per poi lasciarli riprendere il loro volume. Non sembra importargli. “Dopo che il tributo maschile è stato mietuto, l’escort della Capitale ha domandato se ci fosse qualcuno che volesse offrirsi volontario,” spiega pazientemente. “Io mi sono fatto avanti, insieme ad un altro ragazzo, Sinter. Comunque, secondo le attuali linee guida e regolamenti, è stato appurato che io avevo più diritto ad essere un tributo…” c’è una pausa e non posso non notare quanto tempo si sta prendendo per rispondere ad una domanda. “Sfortunatamente, non sembrava essere d’accordo e, inevitabilmente…” Tom lascia sfumare la frase, colpendo lievemente il palmo della sua mano.

C’è un coro di “ooh” rammaricati dalla folla, probabilmente di solidarietà per l’essere stato colpito. Lui abbassa gli occhi timidamente alla reazione.

Alucio sta parlando ancora ma non sto prestando alcuna attenzione, mentre il mio cervello cerca di incastrare insieme agli altri pezzi questa nuova informazione.

Niente di tutto ciò ha senso.

Tom vuole essere qui?





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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*Faccetta: in Inglese "facet".

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

È solo quando il nome di Nyssa viene chiamato che mi risveglio dalla specie di sogno ad occhi aperti in cui ero finito. Proprio come ieri, arriva all’ultimo minuto. L’ho sentita affrettarsi fuori dalla stanza appena prima dell’intervista del ragazzo del Distretto 6. Non si è unita a me, decidendo invece di aspettare fuori nel corridoio. Una punta di senso di colpa pesa fortemente sul mio petto; non posso che pensare che abbia preso le distanze apposta. Che stesse cercando di mettere in chiaro che non vuole avere nulla a che fare con me.

Così che sia più facile per me lasciarla andare.

“Che bella giovane donna abbiamo!” Sollevo lo sguardo mentre Alucio sorride al pubblico, facendo gesti animosi con la mano a qualcosa fuori dallo schermo. Immediatamente, le telecamere si spostano sulla destra, e in quel momento mi sento mancare il fiato.

Mi ricorda i libri di favole che mia madre mi aveva mostrato quando ero più piccolo. Con indosso un bellissimo vestito di foglie autunnali e seta, guardo rapito Nyssa dirigersi verso il centro del palco, con passi prudenti, come se stesse camminando sul giaccio. I suoi accesi occhi verdi brillano in contrasto al cremisi e arancione, illuminandosi con il suo sorriso quando guarda nella telecamera.

Non posso credere che sia così bella. Sin dai nostri orrendi costumi da albero per la parata dei carri, ho maturato un profondo risentimento nei confronti del nostro team di preparazione, ma adesso vedendo Nyssa così raggiante sotto le brillanti luci dei riflettori, tutto ciò si dissolve.

La loro intervista consiste prevalentemente in Alucio che le domanda della sua vita al Distretto 7, un casuale scambio di battute punteggiato da frequenti complimenti. Le viene chiesto di spiegare brevemente come fanno la carta e racconta di come abbia imparato per conto suo a piegare i fogli a forma di fiori durante il suo tempo libero. Il pubblico è un’abbondanza di ooh e aah, meravigliato dal suo “talento unico”, come Alucio lo definisce.

“Beh, Nyssa, è stato un assoluto piacere averti qui,” dichiara sinceramente dopo una breve occhiata al suo orologio. “E prima che finiamo il nostro tempo, c’è qualcosa che vorresti dire alla tua famiglia a casa?” La sua voce è diventata più dolce nel dire ciò e posso vedere lo sguardo di Nyssa ricadere sui suoi piedi.

“Ehm…” esordisce, non proprio sicura di come cominciare. “Non penso di avere molto altro da dire tranne..” c’è una pausa mentre solleva lo sguardo, i suoi occhi verde foresta spalancati e tristi; brillano di lacrime non versate. Deglutisce. “Ti voglio bene, mamma, ti voglio così tanto bene…” accenna un sorriso triste prima di aggiungere con irrevocabilità, “prenditi cura di te.”

Segue un silenzio pesante.

Nessuno dice nulla, nemmeno quando il cronometro suona. Lo stesso Alucio non pronuncia una parola, le sue labbra adesso serrate in una linea sottile. Anche i bisbigli nella sala di attesa si sono spenti.

Una veloce panoramica mostra gran parte del pubblico sopraffatta dall’emozione, mani tremanti mentre si aggrappano fermamente alle persone care accanto a loro. Faccio un profondo respiro. Quello che ha fatto Nyssa è qualcosa che molti tributi hanno preso in considerazione di fare, ma non hanno mai portato a termine. È un’idea che i mentori hanno sempre cercato di allontanare e  scoraggiare, qualcosa che semplicemente non potrebbe – non dovrebbe – essere fatta. Ma dal modo in cui si è comportata, fino alla fine dell’intervista, Nyssa sembrava pervasa da una ferma certezza che non ha mai accennato a vacillare. Una pacifica sicurezza di essere… pronta a morire. E l’ha abbracciata mentre ha pronunciato quelle ultime parole a sua madre.

Ha detto addio.



L’aura deprimente proveniente dal pubblico non è scemata per nulla, nemmeno quando vengo chiamato sul palco. In qualche modo, sono incredibilmente grato di ciò. Non mi sento tutta la pressione di dover interpretare la macchina da guerra sicura di sé adesso e non penso che il pubblico sia propenso a vedere qualcosa del genere dopo l’addio emozionante di Nyssa.

Nonostante tutto ciò, un motivo allegro irrompe dagli altoparlanti mentre faccio il mio ingresso, un gentile promemoria dagli Strateghi del fatto che non è ammesso il lutto. Che i Giochi sono qualcosa da celebrare. Che non siamo persone o bambini o esseri umani. Siamo tributi.

“Il focoso Chris Hemsworth, spettatori!” Esclama Alucio e circa la metà del pubblico si lancia in un applauso, strappando gli altri dai loro stati d’animo seri. Sono colpito da come la maggior parte di loro sia passata così facilmente dalla tristezza all’esaltazione.

“Adesso veniamo all’intervista che la maggior parte di voi stava aspettando!” Colgo a malapena l’osservazione, lanciando ad Alucio un’occhiata interrogativa. Lascia andare una risata gioviale e prende la mia mano nella sua, scuotendola fermamente. “Povero ragazzo, non si rende nemmeno conto di quanto sia diventato popolare.” Mi dà una decisa pacca sulla schiena e cerco di non caracollare in avanti. Di che sta parlando? Penso che faccia più danno che bene che i conduttori continuino a lodarmi esageratamente in questo modo.

“Chris!!!” Uno strillo acuto proviene da un membro del pubblico. “Ti amiamo!” Sollevo le sopracciglia nella direzione della proprietaria della voce, una giovane ragazza dai capelli blu chiaro.

“Haha, guardatelo, gente!” È il commento bonario mentre mi sistemo sulla mia sedia, completamente scioccato. “Come un cervo di fronte a dei fari.”

Beh, ogni possibilità di ritornare al pretendere confidenza è fuori discussione adesso, immagino; posso praticamente sentire Linwood imprecare.

“Lascia che ti aggiorni su alcune cose, Chris,” dice Alucio non appena le acclamazioni si spengono. “Con il tuo allenamento e tutto il resto, non penso che tu abbia avuto il tempo di venire in contatto con cose triviali come il tuo fanclub,” mi sorride con l’aria di chi la sa lunga e io ricambio, non avendo idea di cosa stia parlando. “Le ragazze sono letteralmente impazzite per te.”

Beh… questa è una novità per me.

“Davvero?” Domando, mostrando platealmente quanto sono sorpreso. C’è un piccolo strillo di approvazione da parte del pubblico e, reggendo il gioco, rivolgo un sorriso nella sua direzione.

“Davvero,” Alucio annuisce. Con l’angolo dell’occhio, vedo gli schermi dietro di noi prendere vita. “La Mietitura, La Parata dei Carri,” ricapitola mentre ogni video viene riprodotto sui grandi monitor. Eccolo di nuovo lì, il mio “focoso” sguardo agli occhi di tutti, aspro, tagliente e senza pietà, con ogni parte di me che mostra un killer. Non riesco bene a capire. È questo che attrae le ragazze in questi giorni? Rabbia?

“C’è stato un sondaggio ieri e abbiamo chiesto al pubblico di votare per chi pensassero fosse “il tributo più sexy dell’anno”,” mi fa notare. “E tu, ragazzo, hai ottenuto una vittoria schiacciante.” Sugli schermi si accende una classifica animata con la fotografia di ogni tributo posizionata accanto a punteggi gradualmente crescenti. Quando i numeri smettono di crescere, sollevo le sopracciglia. Sono in testa di circa qualche centinaio di voti.

“Oh wow…” non riesco a trattenere una piccola risata per l’imbarazzo. “Non avevo idea di poter piacere così.”

“Cosa?” È l’esclamazione scioccata di Alucio. Si posa una mano sul cuore come se avessi detto qualcosa di incredibilmente assurdo. “Stai dicendo che le ragazze nel tuo distretto non si gettano ai tuoi piedi a destra, manca e in centro?”

“Io…” a pensarci bene, non ho mai prestato molta attenzione alle ragazze, o a qualsiasi altra cosa tranne che prendermi cura di Liam; ma questo non posso certo dirlo. “Sono sempre stato occupato…” spiego prima di aggiungere velocemente come per un ripensamento, “con il lavoro.”

“Già lavori, Chris?” Sembra sorpreso di questo fatto.

“Sì, da quando avevo sedici anni. Lavoro con i boscaioli,” scrollo le spalle.

“Quindi abbatti alberi?” No, li acconcio con fiocchi e merletti. Mi rimangio la battuta sarcastica.

“Più o meno.”

“Che tipo di alberi?” Le sue domande stanno diventando leggermente ridicole adesso. Nonostante ciò, rispondo. Almeno abbiamo qualcosa di cui parlare.

“Non so… querce… pini… a volte sequoie,” li elenco. Ha almeno un significato nell’ottica dei Giochi?

L’eccitato “oooohhh” e l’applauso dal pubblico mi colgono di sorpresa.

Improvvisamente, capisco. Giusto… nessuno di loro ha mai lavorato un giorno nella sua vita. Sono il tipo di persone ignoranti e viziate che considererebbero allacciare più di sette bottoni di fila un “lavoro duro”. Mi trattengo dall’aggrottare il viso. Non è il momento di mostrare il mio disprezzo; devo essere un affascinante, ignaro rubacuori. Il tributo per cui gli sponsor spenderebbero grandi quantità di denaro. Un sorriso si allarga sul mio volto.

Posso battere Tom al suo stesso gioco.

“Adesso, Chris, correggimi se mi sbaglio, ma quattro anni fa, tuo fratello era seduto su quella stessa sedia,” dice Alucio e sento il sorriso spegnersi sulle mie labbra.

“Sì,” mormoro, non gradendo la direzione che sta prendendo il discorso. “È vero.”

Il chiacchiericcio del pubblico si spegne adesso, tutta l’attenzione rivolta sul palco. Mi mordo il labbro mentre il pavimento luccicante emana una miriade di colori brillanti, gli schermi dietro di noi di nuovo accesi. Anticipando quello che sta per seguire, chiudo gli occhi.

“Allora, Luke, come ti senti? Sicuro?”Sussulto quando la voce di Alucio, leggermente increspata, crepita dagli altoparlanti. I miei occhi si aprono ma non voglio girarmi verso gli schermi; so esattamente cosa il pubblico sta guardando. Mi si stringe la gola.

“Vorrei esserlo, Alucio,”la risata del mio fratello maggiore mi giunge alle orecchie, facendo stringere la mia mano attorno al rivestimento del bracciolo. Un sospiro di sdegno lascia le mie labbra. Sono passati quattro lunghi anni da quando ho sentito la sua voce per l’ultima volta.

“Quale consideri essere la tua motivazione per i Giochi?”Hanno saltato una parte dell’introduzione iniziale. Lo so anche se ho guardato quest’intervista una volta sola, quattro anni fa, nella stessa notte in cui è stata registrata.

“I miei fratelli,”mi ritrovo a mimare le parole con le labbra mentre le dice. “Liam e Chris. Significano tutto per me.”

Una pausa.

Presumo che la registrazione gracchiante sia finita perché adesso c’è di nuovo un silenzio mortale, pesante e appesantito da blocchi di piombo. Le luci del palco brillano accecanti come sempre, a tal punto che ho paura di diventare cieco. Non distolgo gli occhi però, riluttante per fronteggiare il mare di cittadini della Capitale, per vedere le loro facce truccate contorte in una preoccupazione che non hanno alcun diritto di provare.

Luke non era loro fratello. Non lo conoscevano nemmeno prima dei Giochi. Non hanno alcun diritto di credere di poter mai capire cosa ho passato.

“Chris.” La mia testa si gira di scatto verso Alucio quando pronuncia il mio nome. I suoi occhi pallidi sono tristi e colmi di comprensione. Lo odio ancora di più adesso, disgustato da quanto facilmente le mie emozioni siano state manipolate. Come osa. Come ha osato far vedere quel filmato. Ricordi di innumerevoli notti insonni a tenere stretto il piccolo Liam mi riempiono la mente, pungenti, venefici.

“Sei l’unico tributo – a parte quelli dall’1, il 2 e il 4 – che si è offerto volontario per i Giochi di quest’anno,” esordisce.

“Sì,” mormoro amaramente.

“Il ragazzo che è stato mietuto era Liam, giusto?” La sua voce è dolce, come se si stesse rivolgendo ad un animale ferito. Non mi esprimo a riguardo; ai loro occhi, probabilmente lo sono.

Deglutisco. “Sì.”

“Deve essere terribile,” commenta Alucio e rivolgo il mio sguardo al pavimento. “Il fatto che possa perdere un altro fratello.”

“Non succederà.” Sbraito, incapace di trattenere la rabbia ulteriormente. Traboccante di determinazione, lo guardo dritto negli occhi. “Gliel’ho promesso,” faccio un respiro profondo. “Gli ho promesso che sarei tornato.”

Vedo una telecamera spostarsi proprio mentre pronuncio con rabbia le poche parole successive.

“E manterrò quella promessa.”



“Guardate ragazzi, è Sputafuoco, pronto a bruciare un’altra foresta,” vengo accolto con un sogghigno isolato da uno dei tributi maschili mentre rientro nella sala d’attesa. L’adrenalina scorre ancora nelle mie vene, riverberandosi dal mio petto e sbattendo contro i miei timpani. Le mie mani sono serrate in stretti pugni e ignoro la pressione pungente delle unghie sui miei palmi.

La individuo nell’angolo più lontano, sporta provocantemente verso Facet, circondati dal gruppo dei Favoriti.

Precipitosamente, cammino alla svelta verso di loro, ribollendo di quella che può essere definita soltanto rabbia nero pece. Non ero molto sicuro di nulla questa mattina quando mi sono svegliato, ma dopo quegli infernali tre minuti sotto l’occhio scrutinatore della Capitale, so cosa deve andare fatto. Cosa gli devo dire.

Tom solleva lo sguardo dalle sue dita intrecciate mentre mi muovo, sorpreso di vedermi improvvisamente così vicino. Non gli presto alcuna attenzione e sposto lo sguardo su Marka. Le chiacchiere attorno a noi si spengono come un fuoco domato dalla neve. Per un momento, c’è il silenzio, nessuno di noi prende parola mentre ci fissiamo a vicenda. Esitanti, indagatori, attenti.

Finalmente, faccio un respiro e rompo l’immobilità, dando voce alle parole che ho messo insieme da quando sono sceso dal palco:

“Lo farò…”

Faccio una pausa prima di dichiarare con risolutezza,

“Mi unirò ai favoriti.”





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Capitolo originale: Tumblr - AO3

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Linwood è nell’ascensore con me, accompagnandomi al tetto da dove ha detto che l’hovercraft mi porterà all’arena. Il poco spazio tra di noi è riempito dal basso ronzio di macchinari e cavi che scorrono sulle nostre teste. I rumori non fanno nulla per attutire le mie crescenti insicurezze. Vorrei che dicesse qualcosa o almeno mi rivolgesse un commento pungente ma non fa nulla di tutto ciò, lasciandomi a rimuginare sui vaghi ricordi dell’ultima volta che sono stato nella cabina fredda come il ghiaccio di un ascensore. Proprio ieri notte.

“Non mi aspettavo di vederti quassù di nuovo.”

La voce è distante adesso, ovattata, come contenuta da una massa di acqua vorticosa. Nonostante il buio della notte e l’intensità del vento, la rabbia nelle mie vene e l’incertezza nel mio cuore, lo ricordo chiaramente. Le spalle fragili, la sua faccia sottile, la maglietta a strisce blu che svolazzava nella brezza e quei grandi occhi grigi che mi ricordano così tanto la pioggia.

“Non sono qui per fare amicizia con te,”ricordo la mia replica acida.

“Sinceramente, Chris, non so perché tu sia qui, ma se è per urlarmi contro di nuovo, faresti meglio a tornartene alla tua stanza.”Ovviamente l’ho presa come una sfida. È di un altro Distretto, un Favorito, un killer addestrato. E questo lo rende mio nemico.

“È una minaccia?”

“Beh, non lo so,” aveva risposto. “Sembri sapere tutto di me quindi perché non me lo dici tu?”

C’e stato silenzio dopo quella frase, per esasperazione, stanchezza, o solo piena rabbia, non ricordo. I miei ricordi sono sfocati, un mutevole miscuglio amorfo di parole e luci e reminiscenze musicali degli sgargianti colori delle interviste di mere ore prima. Agli occhi della mia mente, il tempo ha perso importanza, frammenti sparsi in giro senza alcun rispetto per l’ordine. Vedo la schiena di Tom girata verso di me, in contrasto con lo sfondo indaco del cielo. Poi, vedo la testa di Nyssa china sopra le sue mani giunte mentre prega accanto al letto. Il luccichio saccente negli occhi di Marka quando ha sorriso alla mia dichiarazione. Lo sguardo arrabbiato di Facet; l’ammiccare indiscreto di Sheer; Nyssa che lascia i suoi biscotti allo zenzero sul tavolo; le frecce sul pavimento; la mano protesa di Tom; la prima volta che ho sentito la sua risata. Anche Luke e Liam si fanno strada nel groviglio intangibile dei miei ricordi, resi incoerenti e sfocati dall’abbondante quantità di vino con cui Brill ci ha fatto brindare durante la nostra ultima cena.

Ma c’è uno scambio di parole che risuona chiaramente nella mia testa. In che circostanza siano state dette, non ne sono più sicuro; forse avevo chiesto a Tom perché fosse di nuovo sul tetto o magari aveva semplicemente ricominciato a parlare per conto suo. In ogni caso, echeggiano e si ripetono, riverberate e ampliate come un mormorio che sussurri in una caverna vuota. Non penso che celassero un’intenzione ostile, perciò gli consento di scorrere attraverso la mia mente.

“… conosco questo detto… se hai qualcosa da dire, dillo dai tetti.”

L’ascensore si ferma sobbalzando e devo fare un passo in avanti per non perdere l’equilibrio. Linwood mi rivolge uno sguardo indagatore ma non dice nulla, trattenendo i suoi occhi fangosi dritti davanti a sé e fissando qualcosa al di là delle lisce porte metalliche e l’edificio del Centro di Allenamento. Non so cosa sia e non lo domando. In qualche modo, i cinque giorni che abbiamo passato insieme sono risultati in una specie di… muta comprensione l’uno dell’altro. Non voglio ammetterlo, ma c’è un qualcosa di lui che ho cominciato ad apprezzare.

“Allora, fireball… grande giorno oggi,” è il suo burbero borbottio mentre le porte dell’ascensore si aprono scorrendo ai lati.

“Sì…” annuisco in accordo, anche se in modo esitante. “Grande giorno,” gli faccio eco.

Uscimmo nello spazio aperto del tetto, anche se so che pure questa è un’altra delle menzogne della Capitale. Brill una volta mi ha detto che l’intera metà superiore del palazzo è protetta da una barriera impenetrabile; uno dei “fatti divertenti” che elargisce a me e Nyssa frequentemente. Come sempre, Brill si sbaglia sul concetto di ‘divertente’. Quel pensiero è appena riuscito a colmarmi con un profondo senso di terrore. Non fa che dirmi che la Capitale è intenzionata a usare qualsiasi mezzo per mantenere gli altri fuori… e i tributi dentro allo stesso tempo.

“Beh, non ti incontrerò di persona per un po’ dopo questo,” dice Linwood. Sto per roteare gli occhi quando continua. “Faresti meglio ad assicurarti che lo farò.”

Rifletto sulle sue parole per un po’. Linwood mi sta… augurando buona fortuna?

“Sì, spero di tornare indietro anch’io,” rispondo incerto.

“Luke sperava di tornare indietro,” mormora. “Tu tornerai indietro.” E con questo, pone una mano pesantemente sulla mia spalla, le sue dita nodose strette sulla mia clavicola. Sento il calore abbandonare il mio viso per il modo in cui l’ha detto. Speranzoso, quasi, con una punta di tristezza. È in questo momento che considero il fatto che forse Linwood è stato il mentore di mio fratello…

Non so che effetto abbia saperlo adesso, ma non ha diminuito lo shock che è seguito. Avevo sempre presupposto che il suo mentore fosse stato uno degli altri vincitori. Ci sono stati altri Vincitori dal mio distretto, ovviamente. Li ho visti passare le loro giornate a sperperare denaro al mercato; ma ho raramente incontrato Linwood quando facevo i miei giri per comprare grano e latte… specialmente dopo le mietiture annuali. Mi fermo a riflettere. Era forse perché è stato quello che ha fatto il mentore per la maggior parte dei tributi recenti? L’ipotesi non è impossibile.

Sono senza parole. “Linwood, io--”

Come acqua che irrompe da una diga, l’aria è improvvisamente colmata dall’opprimente, stridulo ronzio di macchinari. Devo tapparmi le orecchie con le mani mentre l’hovercraft si avvicina, incombendo sopra di noi come una nube scura che annuncia una tempesta. Deglutisco e rivolgo lo sguardo al mio mentore… il mentore di Luke, all’improvviso sentendomi così perso e insicuro. Linwood mi stava guardando, un insondabile luccichio nei suoi occhi marrone-verdastro.

Ce la puoi fare, mima con le labbra.

Mi concedo un momento di esitazione ma lui sembra prenderla come debolezza.

Mi afferra le braccia e mi scuote fermamente, stringendomi come se rappresentassi ogni singola speranza abbia mai avuto. Ripete le parole a voce alta adesso; posso sentirlo al di sopra dello stridore acuto dei motori.

“Ce la PUOI fare!” Mi risuona nelle orecchie.

Con la coda dell’occhio, vedo un bagliore argentato provenire dal lato dell’hovercraft. Una scala di metallo esce e si srotola, la sua estremità si ferma tintinnando ai miei piedi.

Linwood urla qualcosa che non comprendo bene prima di darmi una vigorosa pacca. Disorientato, faccio un paio di passi barcollanti all’indietro, aggrappandomi alla scala per non cadere. Vorrei chiedergli di ripetere l’ultima parte ma mi ritrovo incapace di parlare… o muovermi… le mie dita sono irrigidite attorno al piolo di metallo.

Mentre vengo trascinato nell’hovercraft come una statua di pietra, lancio un ultimo sguardo al mio mentore, per nulla impressionato dai suoi metodi.

E attraverso il suo strafottente sorrisino divertito, potrei giurare di vedere delle lacrime.



La stanza in cui sono condotto sembra di gran lunga troppo grande per una singola persona.

Il soffitto si estende molto in alto sopra la mia testa, fino alla parte più alta dell’hovercraft, immagino, giudicando dalle luci lampeggianti che si riversano sul pavimento a griglia. Una fila di sedili delinea l’intera parete sinistra, ognuno vuoto e con le fibbie delle cinture di sicurezza tintinnanti lungo i lati. Sembra decisamente troppo stravagante che ogni tributo venga trasportato in questo modo. Il carburante usato per ciascun velivolo potrebbe essere destinato ad un uso migliore, penso aspramente mentre mi metto a sedere. La mia mano sinistra è premuta contro il rigonfiamento rigido e dolorante sul mio braccio destro, dove mi hanno iniettato il tracker. Nel Distretto 7, i Pacificatori appuntano le orecchie del bestiame con delle targhette e vi scrivono sopra i nomi dei loro rispettivi proprietari. Non posso che paragonarmi alle capre ossute e le pecore che vagano liberamente per il mercato.

“Vuoi qualcosa da bere?” Mi domanda il funzionario che mi ha fatto l’iniezione.

Mi freno dal ribattere con un aspro ‘no’, prendendomi un momento per calibrare me stesso, il mio corpo. Sto per mettere piede nell’arena dove combatterò per la mia vita; non ne uscirò per almeno due settimane… se sarò vivo, s’intende.

Faccio una smorfia al pensiero funesto.

“Acqua, per piacere,” rispondo rocamente, sperando che basti a placare l’ansia parassitica nel mio petto.  



Trenta minuti dopo, sono nella stanza di lancio e il senso di disagio non si è attenuato per niente.

Il cesto di frutta e le bottiglie di vetro chiaro con le bevande rimangono ignorate mentre cammino avanti e indietro, avanti e indietro, da un lato all’altro, occasionalmente passando la mano sul tubo trasparente che mi porterà su ai Giochi. Il tracker pulsante nel mio braccio e la claustrofobia per essere sotto terra mi fanno solo sentire ancora di più come un animale in trappola. Mi mordo il labbro. È quello che sono, non è vero? Un giocattolo, una bestiolina, uno spettacolo per il loro gradimento – mi fermo. Questo non è il momento di lasciare che il mio risentimento per la Capitale prenda il sopravvento su di me.

Concentrati sull’obiettivo,” mi sussurra il fantasma della voce di Luke dai miei ricordi.

Un brivido freddo mi corre lungo la schiena, come se qualcuno avesse rotto una fiala di liquido ghiacciato sulle mie spalle. Inspiro a fondo. “Se tieni in mente i tuoi obiettivi, penserai in maniera più chiara.” Il me stesso di tredici anni aveva ascoltato rapito le sue parole, aggrappandosi stretto a ciascuna di esse, imparandole tutte a memoria. Per me, Luke è stato un padre più di quanto il nostro vero padre fosse mai stato. Il suo ricordo è ciò che mi ha fatto andare avanti tutto questo tempo, a partire dal momento in cui mi sono offerto volontario al posto di Liam.

Lo renderò fiero. Vincerò per lui.

‘Attenzione tributi, i Giochi inizieranno a breve,’ una fredda voce femminile fuoriesce da altoparlanti invisibili. ‘Per piacere entrare nei rispettivi tubi di lancio per evitare qualsiasi inconveniente e ritardo.’

Ci siamo, mi dico. Ci siamo.

La base di metallo emette un suono meccanico quando faccio un passo dentro il tubo e guardo in basso incuriosito verso i miei stivali. Uso questo momento per ispezionare i vestiti che mi hanno fornito un’ultima volta, ancora incerto su ciò che sarà in serbo per noi più avanti. Le scarpe sono pesanti e riflettono la luce in modo bizzarro, né come pelle né come gomma. Cinghie e fibbie ricoprono ciascun lato, suggerendo che siano state costruite per essere sicure. Sicure contro cosa? Giro il tallone per esaminare l’altro lato. Non sembrano tanto fatte per correre, ma non lo sono nemmeno gli stivali da taglialegna del Distretto 7. Per me, il peso porta una certa stabilità che è familiare. Non sono sicuro riguardo gli altri tributi però.

I pantaloni e la giacca sono più pesanti del materiale delle nostre tute da allenamento, dandomi l’idea di un più rigido, e più duraturo tipo di pelle. Sorprendentemente, quando mi muovo fruscia solo lievemente, probabilmente per un fattore di discrezione aggiunto per i Giochi. La maglietta sotto sembra il più normale capo di vestiario, nonostante lo strano scintillio del rivestimento interno. Il mio insegnante di sopravvivenza mi aveva spiegato che questo luccichio è la caratteristica del materiale che riflette il calore. Sto andando in un posto freddo?

Tutto sommato, l’intera tenuta ricorda vagamente i vestiti che indosso a lavoro, eccetto la stravaganza dei tessuti altamente tecnologici. Stivali pesanti e duraturi e pantaloni e giacca pesanti per il freddo. Fa sempre uno strano effetto la prima volta, ma quando ci hai fatto l’abitudine, tagliare legna è un compito facile.

La familiarità di tutto questo è snervante.

Lo stanno facendo apposta.

 Il sollevarsi improvviso della piattaforma mi fa quasi cadere in ginocchio ma riesco a mantenere l’equilibrio, con la schiena e le gambe irrigidite da mero nervosismo. Infilo le mani nelle tasche della giacca per nascondere il loro tremore, facendo profondi respiri che risuonano sulle pareti di vetro e nelle mie orecchie. La luce del sole si riversa sulla mia testa dall’alto e faccio una smorfia per la sua luminosità, costretto a strizzare gli occhi mentre continuo a salire sempre più in alto. Nell’arena.

Per un momento, sono completamente accecato, facendo affidamento solo a suoni e odori per valutare i miei dintorni. Passa un secondo. Tutto è silenzioso e non c’è alcun odore. Mi trattengo dal farmi prendere dal panico e tossisco a forza.

Questo sembra aver ripulito il mio organismo perché vengo accolto dall’allegro cinguettio di uccelli e la soffice, caratteristica fragranza di… pini?

Mentre i miei occhi si adattano alla luce, i colori confusi si solidificano in forme più definite di alberi e foglie e montagne e nuvole. Me li devo strofinare una volta prima di poter coerentemente metabolizzare il tutto.

La Cornucopia risiede alta, orgogliosa e scintillante d’oro proprio vicino ad un grande albero di cui non saprei indicare la specie. Sembra un incrocio tra una quercia e qualcos’altro… probabilmente il risultato di un esperimento della Capitale. I rami si dipanano in lungo e in largo e la base è irregolare, some se ricoperta da grosse verruche dalle dimensioni di mele. Sposto la mia attenzione dall’albero, verso la bocca del corno, desideroso di esaminare i rifornimenti che ci hanno messo a disposizione quest’anno.

Non c’è nulla.

Comincio ad agitarmi di nuovo, non entusiasta di fronte alla prospettiva di una grande e sanguinosa lotta a mani nude. Passandomi una mano nei capelli, mi guardo velocemente attorno cercando di individuare nell’arena qualsiasi cosa possa servirmi come arma. Ci sono foreste di pini dietro di me e selve di altri alberi – ibridi non familiari, proprio come quello vicino alla Cornucopia – alla mia destra. Le cime rocciose delle montagne sembrano essere presenti in ogni direzione, fornendo una specie di perimetro ai Giochi. Sono lontane però, quindi non sono molto ansioso di correre per tutto quello spazio. Alcune di loro sono relativamente vicine comunque, l’ombra della mattina tocca quasi il margine del circolo dei tributi. In lontananza verso ovest, c’è una distesa sconnessa di rocce bianco-grigie e macigni.

Ma il problema adesso sono armi e cibo, non montagne e colline.

“Pssssssst,” un sibilo leggero. Volto il capo per vedere Sheer, a uno spazio di distanza, che guarda proprio me.

Infatti, sembra l’unica a guardarmi; l’attenzione di tutti gli altri è attivamente concentrata sull’albero. Solleva un dito e lo punta verso di esso.

Comprendendo il messaggio, riporto lo sguardo al centro del cerchio, domandandomi cosa accidenti stiano guardando tutti.

Poi lo vedo.

Le foglie luccicano.

Più perplesso che mai, le fisso semplicemente intontito. È normale per loro? Tutti gli altri Distretti hanno alberi come questo che brillano alla luce del sole? Sono completamente perso e la voce roboante di Kanaky che fa il conto alla rovescia non semplifica per nulla la mia situazione. Prossimo ad arrendermi, riporto gli occhi verso Sheer per dirle che non ho idea di quello che debba fare. Ma qualcosa di curioso cattura il mio sguardo… una teiera di metallo sull’orlo dei rami.

Mi prendo quasi a schiaffi quando me ne rendo conto.

I rifornimenti sono sui rami.

Poi la mia faccia impallidisce.

Dovremmo arrampicarci sull’albero mostruoso… con i nostri stivali pesanti… e sopravvivere al bagno di sangue… allo stesso tempo?

Cinque.

Questo non è bene, questo è decisamente molto più pericoloso. Una caduta da uno dei rami a metà altezza potrebbe rompere il collo a qualcuno.

Quattro.

Probabilmente è proprio questo il punto, però. Siamo solo bestiame dopotutto. Più sono interessanti le morti e meglio è.

Tre.

Vedo alcuni dei tributi sporgersi lontano dal centro, pronti a correre nella direzione opposta.

Due.

Hanno l’idea giusta. Dovrei correre via. No, un attimo, non posso. I Favoriti, si aspettano che io--

Uno.



In questo momento, il tempo si ferma.

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