Lezioni da druido

di leyda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vischio ***
Capitolo 2: *** Rune di Tasso ***



Capitolo 1
*** Vischio ***


Lezioni da druido

 

 

 

 

 

 

 

«Hai bisogno di cosa?» ululò Derek, rischiando di perdere il controllo di fronte a Stiles, e scaraventarlo contro il primo albero sulla sua linea di tiro.

Paziente, il ragazzo ripeté la sua richiesta, cercando di eliminare il tono scocciato in favore di uno più supplichevole. «Che mi aiuti a trovare una quercia. Beh, non una quercia qualsiasi… una quercia rovere su cui cresca del vischio. Possibilmente prima della sesta notte di luna nuova.» pigolò, aggiungendo al tono di voce anche uno sguardo da cucciolo, abbandonato sotto la pioggia.

Sperò che fosse sufficiente a smuovere Derek, perché altrimenti non avrebbe davvero saputo a chi altro chiedere. Beh, in realtà avrebbe potuto rivolgersi a Peter, ma il lupo continuava a mettergli i brividi ogni volta che ne incrociava lo sguardo, figurarsi sottoporgli una richiesta del genere. Fremente d’impazienza, fissò Derek negli occhi, torturandosi il labbro inferiore con i denti. Alla fine con un grosso sospiro sconfitto, il lupo annuì.

«Ti informerò io quando ne avrò trovata una.» ringhiò, scomparendo prima che Stiles potesse dirgli che in realtà, c’era un'altra parte di cui ancora non l’aveva ancora informato.

Soffiando piano l’aria fuori dai polmoni, si avvicinò alla sua sgangherata Jeep e mise in moto per tornare a casa. Oltre a questa nuova incombenza che era il suo “addestramento”, aveva una montagna di compiti di chimica da affrontare. Ovviamente per il giorno dopo. Un gentile regalo di Harris, che si era evidentemente stufato di trattenerlo a scuola a pomeriggi alterni.

Da quando aveva scoperto che Deaton e la Morrel erano due specie di sacerdoti druidi, ecco che zac! Saltava fuori che anche Harris lo era. E, come ciliegina sulla torta, perché già quello non era abbastanza, era proprio il professore di chimica che si occupava delle nuove leve da istruire. Ergo, non solo ora si ritrovava a dover sgobbare per star dietro alla chimica scolastica, nonostante in quella non avesse problemi; no, non era mica sufficiente: ora aveva anche questa nuova “materia di studio” che Harris si stava premurando di fargli apprendere con un sadismo che, ne era certo, non aveva mai avuto con nessuno di quelli addestrati prima di lui.

Ultimamente era portato a domandarsi se l’odio reciproco che correva tra lui e il professore/druido fosse dettato solo da antipatia a pelle, o magari scaturisse dall’insofferenza di quest’ultimo nel doversi accollare un tale –a parer suo, perché Stiles si giudicava un buono studente anche in questa nuova materia– indesiderato onere. Dio, si sentiva così tanto Harry Potter alle prese con le lezioni di Piton. Non solo per la sopraccitata antipatia, ma anche perché, pure in questo caso, alla fine Harris si era scoperto essere dalla loro parte, proprio come il professore di pozioni in punto di morte.

Chissà se lui si sarebbe rivelato come Harry –decisamente poco portato per queste cose– o come la madre di quest’ultimo, Lily –un talento naturale–. A questo punto era curioso.

Ciononostante, i compiti lo aspettavano sotto forma di libri minacciosamente aperti sulla sua scrivania. Con un suono a metà tra il ringhiò esasperato e il grugnito arrabbiato, si sedette e vi dedicò la propria attenzione, sperando di cavarsela in fretta.

 

Era notte fonda quando il cellulare di Stiles, abbandonato sul comodino, iniziò a vibrare e poi a suonare, spostandosi verso il bordo del mobiletto e finendo per sfracellarsi a terra, continuando con il trillo assordante e fastidioso che gli stava trapassando i timpani. Facendo sgusciare una mano da sotto il caldo e confortante peso del piumone, Stiles tastò il pavimento alla ricerca dell’arnese infernale, indeciso se staccare la chiamata e tornare seduta stante nel suo onirico mondo in cui, non sapeva bene perché, un secondo prima di baciare Lydia, questa assumeva improvvisamente sembianze mascoline, e Danny usciva da un armadietto degli spogliatoi di lacrosse, dicendogli che quel giorno la partita –la sua prima partita da titolare– era stata annullata per un attacco da parte di una gigantesca lucertola, e un attimo dopo arrivava Derek sulla sua Camaro a ordinargli di cambiare squadra e che gli avrebbe dato una mano. E anche nel sogno Stiles si chiedeva se questo pezzo non contenesse un doppio senso che lui non riusciva a cogliere. In ogni caso, pure i suoi sogni erano privi di logica.

Trovando finalmente a tentoni il diabolico suonatore, Stiles ritirò la mano e, con gli occhi incollati e annebbiati, colse il mittente della chiamata. Rispose con voce impastata di sonno e che sembrava provenire direttamente dall’oltretomba.

«Ho trovato quello che mi hai chiesto.» attaccò senza preamboli un’altra voce, altrettanto sepolcrale. Stiles riuscì a rispondere solo con un «Mmh» strascicato. «Ma stavi dormendo?» fu l’arguta domanda del lupo dall’altra parte della chiamata.

Data l’ora e la scarsa capacità di tenere a freno la lingua quando il cervello non era completamente in funzione –ma anche quando lo era, faceva un’enorme fatica– Stiles si ritrovò a rispondere. «No, mi stavo facendo una sega pensando a te nel bel mezzo della notte. Certo che dormivo. Non sono mica come te che vivi di luce lunare, sai? Buonanotte Derek.» e riattaccò, sprofondando nel cuscino e perdendo conoscenza in meno di un minuto, mentre all’altro capo del telefono, un Derek allibito e sulla buona strada per ucciderlo, alzava gli occhi rossi sulla quercia sopra di lui e poi sulla luna che brillava in cielo.

 

La mattina dopo, ai sogni di Stiles si aggiunse quel ricordo, ma giudicandolo troppo assurdo per essere realmente accaduto, relegò anch’esso alla sfera onirica. Buttando velocemente libri e quaderni nello zaino, recuperò giacca e chiavi e si avviò fuori di casa, salendo sulla Jeep. Senza neanche guardare lo specchietto, mise in moto e si diresse verso la scuola, troppo preso dalle sue riflessioni sui sogni e la loro possibile interpretazione.

Quasi perse il controllo della Jeep quando, spostando lo sguardo sul cambio, che non voleva saperne di entrare, una ginocchio fasciato di un paio di jeans scuri non entrò nel suo campo visivo. «Oh mio Dio! Ma che diamine?!» urlò, sbandando su una strada fortunatamente vuota. «Che ci fai nella mia macchina?» esclamò, fermandosi sul ciglio della strada e voltandosi per far entrare l’intera figura di Derek nel suo campo visivo.

Non solo era comparso all’improvviso, anzi, chissà da quanto tempo era lì dentro in attesa, ma il lupo aveva anche l’aria parecchio truce. Più del solito, s’intende. Ed erano solo le otto di mattina. E lui aveva dimenticato l’attrezzatura da lacrosse a casa. Fantastico! Forse una parte del sogno si riferiva a questo. Ma stava mentalmente andando alla deriva, come suo solito, e Derek era ancora nella sua macchina, sul sedile del passeggero e l’aria da se-non-ritorni-qui-con-la-mente-nei-prossimi-tre-secondi-sei-morto, incisa su ogni tratto del viso. E Stiles avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio di quel volto, invece di perdersi nei suoi vaneggi, che si stavano tutti concentrando sugli occhi e le labbra del suddetto lupo cattivo.

«Ok, questa situazione è inusuale, anzi, diciamo che è proprio da infarto, ma ancora non ho capito cosa ci fai nella mia macchina alle otto del mattino, se non stai morendo come l’ultima volta e non hai bisogno di aiuto.» esclamò, aspettando una risposta che non sembrava intenzionata ad arrivare. «Va bene, non vuoi parlare? Quindi… posso ipotizzare che non si tratti di qualcosa riguardante una possibile minaccia in arrivo? Magari neanche della prossima luna piena?» tentò, sperando di cogliere un qualsiasi segno che lo indirizzasse nella giusta direzione.

Neanche per un secondo il pensiero che la telefonata non fosse un sogno lo sfiorò.

«Ti prego Derek: sono in ritardo, ho dimenticato la mia roba di lacrosse a casa, ho avuto degli strani sogni per tutta la notte, e la mia capacità di leggere il pensiero al momento è ancora sopita, quindi se tu potessi aprire quella tua, ne sono certo, più che capace, bocca da lupo mannaro e dirmi, in nome del cielo, qual è il problema, io te ne sarei estremamente grato e riconoscente.» elencò, poggiando la testa sul volante e non vedendo l’effetto che le sue parole avevano avuto.

Quando rialzò il capo, il sedile accanto al suo era vuoto e lo sportello aperto. Allungandosi, lo richiuse borbottando un «Lupo psicotico» e ripartì verso la scuola, scordando quel breve incidente appena messo piede in classe.

 

A pranzo, dopo aver abbandonato Scott insieme ad Isaac, e aver avuto una edificante chiacchierata con Harris circa i suoi compiti supplementari –scolastici e non– era stato letteralmente rapito da un braccio apparso dal nulla, e trascinato nella prima aula vuota reperibile.

«Derek, sono serio: devi smetterla di comportarti così, perché prima o poi il cuore mi schizzerà fuori dalla bocca per la paura.» strepitò appena riconobbe il suo rapitore. «E comunque si può sapere che vuoi? Stamattina sei scomparso e ora ti presenti qui a scuola e mi rapisci quando io vorrei solo andare a mangiare? Spero che sia per un motivo valido, almeno.»

«Ho.trovato.quello.che.cercavi.» rispose lapidario, scandendo ogni parola.

Stiles rimase interdetto per un attimo, aprendo e chiudendo più volte la bocca. «Beh, è fantastico. E non bastava mandarmi un messaggio sul cellulare, invece di queste escursioni da Rambo in missione segreta?» domandò allargando le braccia e alzando le sopracciglia.

«Ti devo un pugno per come mi hai risposto stanotte.»

«Che… stanotte…? Aspetta allora… non era un sogno?» esclamò «Oh mio… ehm. Mi dispiace per quello che ti ho detto. Che ti ho detto poi? Nemmeno me lo ricordo! In ogni caso ti chiedo scusa, non ne avevo nessuna intenzione!» pigolò, incassando la testa tra le spalle, e sperando che il lupo desistesse dai suoi propositi violenti.

«Stasera ti porterò a quella maledetta pianta e poi TU non mi chiederai più di aiutarti in queste cose, che sono esclusivamente affar tuo. Chiaro?» sentenziò.

«Cristallino, direi.» rispose immediatamente Stiles, chiudendo un secondo gli occhi. Quando li riaprì Derek era sparito.

Sospirando sollevato e preoccupato, Stiles tornò da Harris per chiedergli se doveva fare qualcosa di particolare per raccogliere quel maledetto vischio. Con un sorriso mellifluo –davvero, sempre più simile a Piton…– l’insegnante gli rispose di passare all’ambulatorio veterinario dopo la scuola, e la sua punizione perché «Signor Stilinski, non avrebbe dovuto farsi aiutare. Da nessuno.»

Lo odiava profondamente. E a quanto pare era reciproco. Per tutta l’ora di detenzione, Stiles immaginò le torture più dolorose per il suo insegnante di chimica. E per la miseria, lui non voleva essere Harry Potter! Si considerava meno con il complesso dell’eroe e più bello di Potter.

 

La sera, puntuale, per quanto un appuntamento dato senza orario potesse esserlo, Derek era entrato dalla finestra di Stiles e l’aveva trovato seduto sulla sedia della scrivania a rigirarsi tra le mani un falcetto, apparentemente d’oro, con sguardo perso nel vuoto, ma fisso su un vestito bianco piegato sul letto.

«Stiles» lo chiamò, e lo vide saltare sulla sedia, rischiando di cadervi.

«Ma che accidenti… Oh mio Dio! Derek! Sei già qui? Bene andiamo, prima lo faccio, prima finisco e tu puoi tornare ai tuoi impegni da lupo come… non so, mordere i postini o qualcosa del genere.» sbottò acido, guardando la stoffa bianca sperando che prendesse fuoco, così da non doverla indossare. Maledetto Harris.

«Io non faccio queste cose» ringhiò indispettito Derek, ricevendo un’occhiata stupita e compassionevole.

«Lo spero bene. Era una battuta Derek. Dovresti riconoscerle ormai, sai?» spiegò afferrando tutto il necessario e stipandolo in un borsone, prima di salutare il padre e saltare sulla Jeep, guidando sotto le indicazioni del lupo.

Parcheggiarono all’inizio della riserva e proseguirono a piedi, Stiles sbuffando e inciampando ogni due o tre passi, per via dell’oscurità e del carico che si portava appresso. Alla fine, infastidito, Derek se lo caricò in spalla e iniziò a correre, cercando di ignorare le grida indignate di Stiles circa il suo non essere un sacco di patate o, ancor più umiliante, una fanciulla da rapire e portare in qualche posto sperduto.

«Mi hai sentito?! E poi tu non sei esattamente il prototipo del principe azzurro. Ne di qualsiasi altro colore a voler essere precisi. Al massimo puoi fare il cavaliere nero, ma quello è nobile e non credo che tu lo sia. In ogni caso mettimi giù, prometto di stare buono e seguirti senza perdermi in questo bosco, tutto uguale da qualsiasi parte mi giri. Ripensandoci, forse è meglio se continuiamo così. E poi sei abbastanza comodo, se non consideriamo lo stomaco che mi sta per uscire dal corpo e l’aria che non mi entra più nei polmoni…» rantolò Stiles, e finalmente Derek si decise a farlo tornare con i piedi per terra, e fermarlo per il colletto della camicia giusto prima che si andasse a fare un bagno nel fiume gelido sottostante, che non aveva neanche visto. «Non c’era un altro punto in cui rimettermi giù?» recriminò, ignaro del formicolio agli artigli, ma non dell’occhiataccia scintillante che gli fu rivolta.

Doveva proprio smetterla di impuntarsi a fissare gli occhi verdi di Derek. Che poi anche Lydia li aveva verdi, eppure non si sentiva così idiota quando guardava lei. Checché ne dicesse Scott, che avrebbe dovuto tacere vista la sua sfortunata esperienza. Magari Stiles aveva una fissa per gli occhi verdi? Eppure, anche quando quelli di Derek diventavano rosso fluo, rimaneva ugualmente incantato a guardarli. 

«L’albero è quello.» lo riscosse la voce profonda del lupo, e seguendo la direzione del suo braccio vide una grossa quercia, corrispondente in tutte le sue caratteristiche, esattamente a ciò che gli era stato richiesto di trovare. Sospirando si avviò dalla parte opposta, con lo sguardo di Derek puntato tra le scapole. «Dove accidenti vai?»

«Torno subito, devo… prepararmi…» borbottò contrariato, sparendo dietro un tronco con il borsone. Derek lo sentì armeggiare per qualche minuto imprecando, prima che ricomparisse indossando quella che pareva essere una tunica bianca, e con il falcetto d’oro in una mano e un sacco bianco nell’altra. «Ti prego, non iniziare a parlare ora.» lo supplicò, intuendo forse la sua voglia di commentare quel vestiario inusuale.

Dopo aver steso il telo a terra, Stiles iniziò a girare intorno al tronco, esaminandolo alla luce di una piccola torcia tascabile, cercando il punto migliore per arrampicarsi. In silenzio, Derek non si perdeva un solo movimento. Dopo il terzo giro, finalmente l’apprendista-druido posò a terra la torcia e si incastrò il falcetto in bocca, iniziando a salire, con non poche difficoltà e maledizioni morsicate. Con un po’ di fatica e imbarazzo per il vestiario, riuscì a ottenere quello che voleva, sperando che ne fosse valsa la pena, e si apprestò a scendere, salvo poi non trovare neanche un appiglio di quelli precedentemente usati.

«Non è che potresti darmi una mano?» chiese, seminascosto dalle fronde.

Derek si portò esattamente sotto di lui e alzò lo sguardo, incontrando le gambe snelle e muscolose di Stiles e i suoi boxer. «Dove?» domandò a bassa voce.

«Eh?»

«Ho detto: come? Che dovrei fare?» ripeté alzando il tono, lo sguardo ancora fisso in alto e uno strano formicolio al basso ventre.

Sporgendosi un po’ per rispondere, Stiles perse la presa e scivolò giù, afferrato al volo dal lupo. «Ok, questa in effetti fa molto principessa salvata dal principe, ma la considereremo una cosa mai accaduta, va bene?» propose, battendo i denti per il freddo di dicembre che sentiva mordergli ogni parte lasciata scoperta dalla tunica.

Derek lo mise giù con più gentilezza di quanto si fossero aspettati entrambi, e lo spinse via con una mano, pericolosamente vicina al fondoschiena di Stiles. Pochi minuti e il ragazzo aveva di nuovo indosso i comodi e caldi abiti con cui era arrivato. Raccolse il frutto del suo lavoro, infilandolo con cura nel borsone e si dondolò sulle punte dei piedi indeciso.

«Come facciamo per tornare? Mi porti di nuovo sulle spalle o…»

Senza parlare, e resistendo alla tentazione di buttarlo nel fiume solo per vederlo di nuovo indossare la tunica e farlo stare zitto, Derek s’incamminò afferrandolo per un polso. «Sai che parlare un po’ di più non ti farà cadere la lingua, ne tantomeno ci cresceranno sopra le verruche?» ironizzò, cercando di tenere il passo del mannaro e continuando a borbottare.

All’ennesima frase sarcastica, Derek mollò la presa e scomparve tra le ombre. Stiles mosse qualche passo esitante finché non si ritrovò pressato a terra con un peso respirante sulla schiena. «Sai che potrei ucciderti e tuo padre ci metterebbe un sacco a trovare il tuo corpo?» soffiò direttamente all’orecchio spaventato di Stiles, deliziato dal tambureggiare frenetico del suo cuore.

«Ma non avevamo appurato che ti sei comportato come un vero principe azzurro, poco fa?» boccheggiò Stiles, cercando di evitare che foglie e terra gli finissero in bocca, abbastanza sicuro di non essere un erbivoro, e sperando che Derek ritrovasse la ragione che sembrava aver dimenticato sotto la quercia. O forse non l’aveva mai avuta dall’inizio della giornata, visti gli strani comportamenti.

«E allora non manca qualcosa?» domandò, tirandogli indietro la testa per i capelli, ormai più lunghi.

«Cosa? E smettila, diventerò calvo!» esclamò, prima che la bocca di Derek lo zittisse con un bacio esigente. «Mi pareva di averti detto che non sono una principessa di alcun genere.» esalò quando si separarono, leccandosi le labbra.

«Eppure lo sembravi poco fa…» lo canzonò il lupo, con un ghigno ben visibile anche nella scarsa luce.

«Dimmi se lo sembro adesso…» ribatté Stiles, riuscendo miracolosamente a invertire le posizioni e ritrovarsi sopra, sorridendo soddisfatto e trionfante. «Potremmo evitare di passare la notte a rotolarci nelle foglie? Che ne… aspetta mi hai baciato. Perché mi hai baciato?» urlò, realizzando solo in quell’attimo cos’era appena accaduto.

«Sei a scoppio ritardato, Stiles?» domandò Derek, fissandolo con un sopracciglio alzato che lo mandò letteralmente fuori di testa. Alzandosi precipitosamente, Stiles iniziò a camminare e a parlare da solo, seguito a pochi passi di distanza dal lupo.

«Ecco perché ho fatto quel sogno stanotte! Oh mio Dio, non posso crederci! Che diavolo dovrei fare ora? A me è sempre piaciuta Lydia, però tu hai quegli stramaledetti occhi verdi che mi distraggono e poi io perdo il filo del discorso e tu catalizzi tutti i miei pensieri come una grossa antenna sexy e questo non va bene. Cosa dovrei fare in proposito? Ah ma io lo so, è tutta colpa di Harris e dei suoi compiti speciali. E dannazione lui sembra proprio Severus Piton, ma io ho già detto che non voglio essere Harry Potter, anche perché dove sono i miei Ron e Hermione? Sarebbero Scott e Allison? E tu chi dovresti rappresentare? Draco Malfoy? E di che diavolo sto parlando ora, e soprattutto dove accidenti siamo?! Derek, si può sapere in quale sperduta parte di Foresta Proibita siamo e come facciamo a tornare alla mia sco… Jeep? Alla mia Jeep.» sproloquiò Stiles, voltandosi infine verso il lupo e sperando che fosse ancora dietro di lui. Fortunatamente non l’aveva abbandonato, ma non sembrava neanche prestargli attenzione, troppo concentrato su altro. «E smettila di guardarmi il culo! Si può sapere che ti prende? Hai gli ormoni a mille?» sbraitò esasperato, coprendosi la faccia con le mani.

«La tua Jeep è dietro quegli alberi. E non ti stavo guardando…» s’interruppe per l’occhiata di puro scetticismo del ragazzo «Ah, ok. Ti stavo guardando quel culo fantastico che ti ritrovi, va bene?» sbottò aggrottando la fronte e arrossendo un po’. Fortunatamente era buio pesto e Stiles non se ne sarebbe accorto.

«Oh, bene.» bofonchiò avviandosi verso la macchina, lasciando Derek indietro. Lo raggiunse prima che mettesse in moto. «Davvero lo pensi?» domandò, facendo retromarcia evitando di guardarlo in faccia.

«Cosa?»

«Soffri di Alzhaimer? Di cosa stavamo parlando poco fa, di uccelli che nidificano?» sbottò, mordendosi poi le labbra per il pessimo paragone. Derek ridacchiò. «E piantala»

«In camera tua ti farò vedere che ne penso realmente.»

«Sai che sembrava tanto una minaccia più che una proposta a sfondo sessuale?» recriminò Stiles guidando senza particolare attenzione, grazie alle strade deserte, e a velocità ben sopra il consentito.

«Magari era entrambe.» rispose Derek, mentre parcheggiavano.

«Oh, è consolante» borbottò Stiles, recuperando la borsa. «Allora ti aspetto in camera mia e vediamo quale delle due è?»

Purtroppo, il piano a luci rosse sfumò a causa della presenza in casa dello sceriffo e dell’incombenza di altri compiti irrisolti che aspettavano Stiles. Nonostante ciò, trovarono comunque il tempo di verificare che quella di Derek era effettivamente una proposta, e Stiles andò a letto più che appagato, e con la sensazione che quella situazione si sarebbe ripetuta.

 

 

«Signor Stilinski, sono stupito dalla sua capacità, ma ancora non è sufficiente.» esordì Harris, quando Stiles gli consegnò vischio e vari compiti extra-curricolari, facendogli correre un brivido lungo la colonna vertebrale. Magari Derek gli avrebbe di nuovo dato una mano. Il sorriso smagliante, al pensiero che magari la mano sarebbe stata dentro i suoi pantaloni, gli procurò un nuovo pomeriggio di detenzione, e di studio extra, ma non offuscò la piega delle sue labbra.

 

 

 

 

 

 

 

Sclero:

Ok, chiedo ufficialmente perdono.

Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio di tutto cuore!

Non ho la più pallida idea del come e quando questa cosa si sia originata nella mia mente, ma posso dire che mi sono divertita un mondo a scriverla, e l’ho scritta tutta in una notte… follia pura. E mi sembra anche un po’ diversa dal mio solito stile… Ad ogni modo è tutta colpa dei sopraccitati Deaton e Morrel, e anche di Harris che ha questo immotivato odio per il piccolo Stiles, e che secondo me nasconde qualcosa. Spero tanto che sia così e si scopra nella terza serie… Oh, e anche di Harry Potter, ovviamente, ma immagino l’abbiate capito leggendo.

Ad ogni modo, spero che questa storia vi abbia almeno fatti sorridere, perché io ridacchiavo mentre scrivevo…

Fatemi sapere che ne pensate! Perché potrebbe scapparci un seguito… dopotutto Harris ha un sacco di frustrazione da sfogare su Stiles, che sarà più che lieto della mano che gli darà Derek… if you know what I mean… XP

Ci risentiamo presto con qualcosa di nuovo!^^

Baci a tutte/i

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Capitolo 2
*** Rune di Tasso ***


Lezioni da druido

 

 

 

«Stiles!»

La voce proveniente da dietro la sua schiena gli fece compiere un balzo in avanti, ingoiando l’urlo che premeva per uscire dalla gola, e trasformandolo invece in un uno stizzito «Ma sei scemo?!» sibilato quando si voltò per fronteggiare la voce, non trovando però nessuno da guardare in faccia.

«Ok, sto diventando pazzo. Me lo aspettavo dopotutto, con la vita che faccio e la gente che frequento. Ma speravo di non essere ancora arrivato al punto di immaginarmi un lupo esibizionista che mi chiamava. Va bene, è gestibile. Si, basterà una bella terapia dalla Morrel e tanti, tanti farmaci.» annuì a sé stesso, continuando a scrutare lo spazio tra gli alberi, alla ricerca di qualcosa, o meglio qualcuno che smentisse la sua affermazione.

«Di cosa stai parlando?»

«Dio santo, Derek! Vuoi uccidermi?!» urlò, girando su sé stesso per trovarsi di fronte il viso serio della persona chiamata in causa.

«Cosa ci fai qui?» chiesero contemporaneamente. «L’ho chiesto prima io.» continuarono. Trattenendo una risata, che gli sarebbe certamente costata cara, Stiles alzò le mani e con un gesto concesse al lupo la parola.

«Che ci fai qui a quest’ora? È pericoloso.»

«Oh, ti preoccupi per me? Sono commosso.» commentò Stiles, strofinandosi le braccia.

«Non vorrei che tuo padre mi accusasse nuovamente, se ti trova morto nella mia proprietà.» ribatté Derek, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.

«Sono doppiamente commosso.» ribadì piattamente Stiles, notando l’abbigliamento decisamente leggero del lupo. Possibile che anche con pochi gradi sopra lo zero, Derek si vestisse sempre allo stesso modo? Forse essere un lupo mannaro era come essere perennemente in menopausa? Almeno questo spiegava il carattere irascibile e tendente al bipolare dell’altro e le apparenti caldane. Ad ogni modo non aveva tempo né voglia di occuparsi delle crisi del lupo, quindi cercò di superarlo, con scarsi risultati.

«Dove pensi di andare?»

«Senti Derek, per quanto il tuo improvviso, e del tutto immotivato, attaccamento nei miei confronti mi lusinghi, e al contempo mi inquieti, adesso non ho proprio tempo e voglia di stare dietro alle tue paranoie da lupo Alpha. È tardi, fa un freddo pazzesco e ho da cercare qualcosa che Harris mi ha, oh, così gentilmente, imposto di trovare. Quindi scusa, ma proprio stasera passo.» esclamò, cercando di liberare il braccio dalla presa ferrea che lo teneva. «Ti spiacerebbe lasciarlo? Oltre al fatto che mi serve, non sento più il sangue circolare.» disse, inarcando le sopracciglia per dare più enfasi alle parole.

«Si può sapere perché vieni sempre di notte a fare le tue ricerche?» domandò, affiancandolo.

Stiles scrollò le spalle, cercando di non inciampare in qualche radice nascosta dalla neve. Il fascio di luce della torcia era davvero misero e iniziava anche a lampeggiare a intermittenza.

«Perché il pomeriggio lo passo agli allenamenti di lacrosse. O in detenzione. O a studiare per la scuola e per il mio nuovo addestramento. Ah già! Oppure a cercare di salvare le vostre chiappe lupesche con le mie ricerche.» spiegò continuando ad affondare i piedi nel sottile manto bianco, trasformandolo in fanghiglia. «E si può sapere perché mi stai seguendo, comunque?»

Derek alzò gli occhi, esasperato, rifiutandosi di rispondergli. «Cosa stai cercando stavolta?» sbuffò.

Stiles fece ancora qualche passo, rimuginando sul fatto se gli convenisse farsi di nuovo aiutare da Derek o meno, visto che l’altra volta Harris, non aveva ancora capito come, l’aveva saputo e gli aveva fatto scontare tre noiosissime ore di punizione, il tutto condito da una marea di compiti da fare a casa. Probabilmente le sue ipotesi erano fondate, e il suo insegnante aveva davvero frequentato Hogwarts, o magari era l’alter ego di Piton, e aveva la sua stessa capacità da legilimens. Perché non sapeva in che altro modo, che non includesse l’illegale attività di pedinamento, spiegare quella sua capacità di sapere sempre e comunque cosa aveva fatto e con chi.

Alla fine decise che una mano dal lupo, che senz’altro conosceva quei territori meglio di lui, non l’avrebbe affatto disdegnata. E almeno aveva qualcuno con cui parlare. Più o meno. Ma Derek si era rivelato un buon ascoltatore, bastava ignorare i ringhi di fastidio e le minacce per niente velate.

«Un albero per ricavarne delle rune. Ma non so quale di preciso. Harris è stato molto chiaro in proposito. “Quando lo troverà, signor Stilinski, se ne accorgerà. Non scelga a casaccio e si faccia guidare dall’istinto. E soprattutto, non cerchi aiuti esterni”» citò Stiles, scimmiottando l’insegnante con una smorfia. «Se avessi ricevuto un responso da un oracolo sarebbe stato meno enigmatico. Che accidenti vuol dire che devo farmi guidare dall’istinto? Non sono mica uno di voi, io. E con questo gelo, preferirei che il mio istinto si manifestasse sotto forma di una grande e luminosa insegna che dice: è qui! Fermati! Ma credo che purtroppo anche lui sia troppo congelato per fare qualcosa.» brontolò, muovendo la torcia sul terreno circostante.

«Quindi sei venuto nel bosco, pieno di animali selvatici e potenzialmente letali, oltreché di licantropi, nel cuore della notte, cercando un albero che non sai dove e come trovare?» ricapitolò il lupo, incrociando le braccia.

«La tua capacità di sintesi e di far sembrare la cosa peggio di quello che è, fa davvero venire i brividi sai? Comunque, si, il succo è quello. Quindi ora ti sarei grato se mi lasciassi passeggiare in questo oscuro bosco, sperando di non perdermi, a farmi guidare dal mio istinto. Qualsiasi cosa voglia dire.» gesticolò, invitandolo ad andarsene.

«Vengo con te.» dichiarò Derek, senza alcuna esitazione.

Stiles lo afferrò per un braccio, voltandolo verso di sé e sventolandogli un dito sotto al naso lo redarguì. «Poi glielo spieghi tu a Harris perché mi hai aiutato, vero? Perché se per colpa tua mi toccheranno compiti in più e detenzione forzata, sappi che ti avvelenerò con lo strozzalupo alla prima occasione buona.»

Spostando il braccio di Stiles, Derek avanzò lento, spingendolo a indietreggiare. «Non ho intenzione di spiegare allo sceriffo perché suo figlio girovagava nei boschi di notte alla ricerca di uno stupido albero sconosciuto. Chiaro?» minacciò, incombendo su di lui.

Facendosi piccolo contro il tronco alle sue spalle, Stiles annuì.

«Bene» sentenziò allontanandosi.

Stiles fece per seguirlo, ma si ritrovò impigliato nella corteccia dell’albero. Dimenandosi, sentì il rumore di uno strappo deciso e inorridì al pensiero di dover andarsene in giro con i vestiti strappati, unicamente perché avrebbe rischiato una polmonite con quel freddo, mica per paura che qualcuno lo vedesse. L’unico era Derek, che era proprio davanti a lui e sogghignava, certo di non essere visto.

Puntandogli il fascio di luce della torcia in viso, il liceale lo guardò con la sua miglior espressione torva. «Dammi una mano, invece di sorridere.» borbottò allungando il braccio verso di lui, per quanto la conca nel tronco che lo intrappolava, glielo permettesse. Che poi, che diavolo ci faceva quella fessura nella corteccia? Ci mancava solo che si trattasse di un albero simile al Platano Picchiatore e sarebbe stato a cavallo, oltre che in pericolo di morte violenta per essere finito nel raggio d’azione dei suoi rami. Però se era ancora vivo, poteva scartare quell’ipotesi. E poi,  chissà, magari c’era qualche cosa di nascosto lì in fondo, ponderò mentre lo strattone deciso di Derek, oltre a probabilmente lussargli una spalla, lo tirava fuori.

«Ah, fantastico! Guarda qua che buco.» si lamentò, contorcendosi per vedere l’entità del danno sui suoi abiti. «Stupido albero di… che diavolo di specie è? Ehi, e quello cos’è?» urlò accucciandosi per osservare qualcosa sulla corteccia, completamente dimentico del lupo alle sue spalle, che sbuffò infastidito.

«Ti muovi o no, Stiles?» borbottò.

«Oh, piantala! Se ti dà così fastidio stare qui puoi anche andartene, sai?» ribatté il liceale, indirizzando la luce sempre più flebile sul tronco scuro. «Beh, non so se sia istinto o solo sfortuna, ma immagino che questo sia l’albero che cercavo.» si disse. «Bene, ci tornerò domani. Magari quando c’è un po’ più di luce… uh, Derek, sai mica da che parte è la mia Jeep?» chiese voltandosi con un sorriso tirato, sperando di non essere rimasto solo.

Scuotendo la testa, il lupo si girò e si incamminò, tallonato dal ragazzo. «Perché ti aiuto non lo so.» bisbigliò.

Immediatamente, la voce di Stiles riecheggiò tra gli alberi. «Perché io sono un bravo ragazzo che vi aiuta sempre, quando può. Ed è giusto che tu, in quanto capobranco, ricambi il favore quando ce n’è la possibilità!» esclamò convinto.

 

«Signor Stilinski» la voce di Harris inchiodò Stiles, che stava per uscire dalla classe insieme a Scott.

Il lupo si voltò a guardarlo preoccupato. «Signor McCall, non è richiesta la sua assistenza. Vada pure.» lo congedò il docente con un occhiata eloquente. Con un ultimo scambio di sguardi tra i due, Scott si allontanò. Prima di voltarsi, Stiles chiuse gli occhi, raccogliendo tutta la pazienza che aveva a disposizione.

«Ha trovato quello che le ho chiesto?» domandò l’uomo, aggiustandosi gli occhiali squadrati.

Stiles annuì incerto, pensando che non era proprio stato lui a trovare l’albero, quanto piuttosto il contrario. Anche questo gli sembrava molto Potterverse, per quanto riguardava la storia delle bacchette magiche.

«E immagino che non si sia fatto aiutare da nessuno?» insinuò, inarcando un sopracciglio.

Supponendo, giustamente, che fosse inutile mentire –anche perché gli sembrava di aver già menzionato il perché e non si sarebbe stupito se gli fosse stato somministrato del veritaserum a sua insaputa– decise di raccontare come effettivamente si era svolta la sua ricerca. «Beh, non è stato proprio un aiuto nel senso stretto e comune del termine. È stato più un accompagnarmi contro la mia volontà, ecco. Ma l’albero l’ho trovato da solo. O meglio, lui ha trovato me. Ci siamo trovati vicendevolmente, ecco. Mi ci sono praticamente…»

La voce seccata di Harris lo interruppe a metà frase. «Mi sta dicendo che nonostante le avessi espressamente vietato qualsiasi aiuto, lei si è fatto aiutare comunque, signor Stilinski?»

«No, ho detto che Derek mi ha trovato in mezzo al bosco, in piena notte, e mi ha evitato una morte truculenta per via di qualche animale affamato. L’albero l’ho trovato da me.» ribatté Stiles, incrociando le braccia.

Il professore di chimica, e suo personale addestratore, lo fissò severamente, meditando probabilmente su quale punizione infliggergli, quando il suo cellulare squillò. Congedando il liceale con un gesto seccato, rispose alla chiamata. Uscendo dall’aula, grato a chiunque fosse la persona al telefono, Stiles si fermò vicino alla porta, cercando di ascoltare e capire l’oggetto della conversazione.

Riuscì solo a cogliere il nome del veterinario e qualche seccata negazione da parte di Harris, prima di sgattaiolare via silenziosamente, avvertendo dei passi dall’interno dell’aula.

«Accidenti, mi è andata proprio bene, stavolta. Devo riuscire a convincere Derek a smetterla di pedinarmi ogni volta che metto piede nel bosco. Non ho nessuna intenzione di passare tutti i pomeriggi della mia carriera scolastica in compagnia di Harris.» rimuginò fra sé e sé

 

Stava parcheggiando nel vialetto di casa, quando una chiamata da parte di Scott lo avvisò che il veterinario aveva urgenza di parlargli. Incuriosito e preoccupato, Stiles fece inversione velocemente, e guidò verso la clinica. Qui giunto, trovò ad attenderlo due sorprese: Derek e Harris. Di Scott neanche l’ombra. Probabilmente il suo amico si era saggiamente defilato, o era stato congedato dal suo datore di lavoro. In ogni caso, per un momento nella mente di Stiles campeggiò la parola “traditore”. In silenzio si avvicinò al trio, notando che l’unico bendisposto nei suoi confronti sembrava essere Deaton.

Toh guarda, Silente, Piton e un’aggiunta ancora da collocare, gli propose la sua mente, valutando che in questa circostanza, forse poteva accostare l’immagine di Derek a quella di Lupin. E ci sarebbe anche stata bene, considerata la comune natura dei due.

«Se il signor Stilinski si degna di tornare qui con la mente, potremmo iniziare.» disse Harris, ma Stiles non lo sentì neppure, troppo impegnato a seguire i suoi vaneggi potteriani.

«Stiles!» esclamò Derek, riportandolo immediatamente al presente.

«Uh?» disse intelligentemente, facendo sorridere il veterinario. «Che ci fai qui?» domandò confuso.

Divertito, Deaton si rivolse direttamente a Harris. «È come ti dicevo, Adrian. Non puoi punirlo per questo, dato che non l’ha deciso lui.»

«Che non l’abbia fatto è ininfluente. Specialmente per il compito che gli avevo assegnato, avrebbe dovuto seguire le istruzioni scrupolosamente.» ribatté il professore.

Ad ogni scambio di parole, Stiles e Derek si guardavano confusi, nonostante Stiles avesse una vaga idea del perché fossero entrambi stati convocati lì. Derek invece, sembrava solamente seccato e irritato dalla mancanza di considerazione, tanto che Stiles poteva avvertire nell’aria la tensione che si propagava.

Avvicinandosi inosservato, gli posò una mano sul braccio, scuotendo la testa. «Fidati, non è una buona idea. Piuttosto, ma come mai sei qui anche tu? Come accidenti hanno fatto a trovarti?»

Derek lo squadrò, facendolo sentire abbastanza stupido. Sensazione che aumentò esponenzialmente quando tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. A quel punto, siccome ultimamente aveva davvero una sfortuna sfacciata, Harris si ricordò della loro presenza.

«Signor Stilinski, vi scambierete i numeri in un altro momento. Per il momento sarà bene chiarire che la prossima volta che le dico di fare qualcosa, sarà bene che la faccia da solo. A meno che non le venga detto altrimenti. Sono stato chiaro?»

«Si ma…» tentò Stiles.

«Adrian» intervenne il veterinario «non è Stiles che dovresti sgridare.»

Harris gli dedicò a malapena un’occhiata, prima di rivolgersi ai due ancora in piedi e confusi. In quel momento Derek iniziava a condividere le teorie di Stiles su quanto riguardava quel tipo. E si, anche se non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, aveva almeno visto i film di Harry Potter, quindi aveva una certa cognizione di causa da poter sfruttare per esprimere il suo giudizio.

«Immagino di dovermi rivolgere anche a lei, dunque.» concordò il professore di chimica. «Se verrò di nuovo a sapere che ha aiutato il signor Stilinski, le conseguenze non vi piaceranno.»

Derek si limitò a inarcare un sopracciglio, per nulla intimidito. Ora comprendeva alla perfezione l’irritazione di Stiles per quell’uomo. E lui aveva a che farci praticamente ogni giorno. Avrebbe tanto voluto vederlo mettere in pratica le sue minacce, ma Stiles sembrava realmente intimidito. Afferrandolo per un braccio, pilotò fuori il liceale, ignorando la voce di protesta e quella che cercava di calmarlo.

«Oh perfetto! Ora Harris renderà la mia vita un vero inferno, grazie a te. Davvero Derek, grazie!» esclamò Stiles, gesticolando agitato, tentando di tornare dentro.

«Vai male in chimica?»

«No, non vado male in nessuna materia, ma non è di scuola che parlavo, lo sai. E non ho ancora capito che ci facciamo qui tutti e due. È solo perché ieri notte mi hai tirato fuori da quel tronco?» piagnucolò sedendosi scompostamente sul gradino del marciapiede. «Beh, immagino che tu qui abbia finito. Non vai a fare le tue cose da lupo misantropo?» domandò alzando uno sguardo sconsolato e supplichevole.

Sbuffando, anche Derek si abbassò, sedendogli affianco. In effetti, non capiva perché fosse rimasto lì tutto il tempo, quando era evidente che l’insegnante di Stiles avrebbe preferito che non ci fosse. «Vuoi che lo morda?» domandò con leggerezza.

Stiles lo guardò con gli occhi sgranati, cercando di capire se davvero Derek Hale aveva tentato di fare una battuta, prima di scoppiare in una fragorosa risata. «Si, certo. Come se non fosse già abbastanza così com’è.» ironizzò, dandogli una spinta leggera che non lo smosse minimamente. «Penso che mi terrò il mio professore di chimica e “magia” com’è adesso, grazie. Preferirei evitare altri lupi che attentano alla mia fragile vita.»

«Sono commosso dalla sua gentilezza, signor Stilinski. Ed è proprio per evitare queste situazioni che sto tentando di insegnarle.» insinuò una voce alle loro spalle, facendo trasalire il liceale, che balzò in piedi. «Dopo una controversa discussione, ho deciso che potrà ricevere l’aiuto del qui presente Derek Hale, Solo ed esclusivamente il suo, signor Stilinski.» decise «E ora vada a raccogliere la corteccia di quell’albero. La aspetto per domani.» sentenziò, consegnandogli un involucro morbido, di cui Stiles già sospettava il contenuto.

 

Infilandosi le mani nelle tasche, Derek si era allontanato in direzione del bosco. Stiles lo ritrovò pochi minuti dopo e gli si affiancò.

«Come mai tutto questo scrupolo a infilarti nella mia Jeep per farti dare un passaggio? Tanto sono di strada, hai sentito no?» esclamò sporgendosi e aprendo la portiera del passeggero. «E poi mi serve una mano per ritrovare quell’albero.»

«Allora ti conviene andare veloce. Sta per piovere.» disse Derek, una volta salito in macchina.

«Beh ma tu sai dov’è no?» chiese speranzoso Stiles. Alla risposta negativa, pigiò sull’acceleratore, facendosi sfuggire un lamento contrariato.

Parcheggiando all’incirca dove aveva lasciato la Jeep la notte prima, Stiles scese al volo, trascinandosi dietro il fagotto e tentando di tenere il passo con il lupo. «Se hai intenzione di usare la tua velocità lupesca, dovresti prendere in considerazione la mia umanità in primis, il fagotto che ho dietro poi, e ponderare la possibilità di portarmi in spalla, infine» arrancò Stiles.

Fortunatamente la notte precedente aveva vagato in tondo a lungo, e quando Derek l’aveva trovato, stava cercando di tornare indietro, quindi l’albero che cercavano era a una decina di minuti da dove aveva parcheggiato.

«Devi di nuovo infilarti quella cosa?» domandò il lupo, appoggiandosi al tronco a braccia incrociate.

Da dietro gli giunse la risposta, ovattata dalla stoffa. «Pensi che mi faccia piacere? Fa un freddo incredibile, solo con questa addosso, ma “finché è in apprendistato, signor Stilinski, dovrà indossarla”, quindi si. Devo mettermela.» esclamò, tornando visibile. Frugando nella sacca, si accorse che mancava un oggetto fondamentale per portare a termine l’incarico. «Oh mio Dio! Dov’è il coltello? Come accidenti dovrei recuperare la corteccia senza coltello? La gratto via? La rosicchio? E sta anche iniziando a piovere! Derek come faccio?» piagnucolò, portandosi le mani ai capelli, già umidi.

Guardando il lupo, ancora asciutto, gli venne un’idea. Rapido gli si avvicinò e gli prese un polso portandoselo davanti alla faccia. Annuendo a sé stesso, cercò di spostarlo. «Che pensi di fare?» domandò più incuriosito che infastidito.

«Tu sei un lupo mannaro!» esclamò Stiles, come se avesse avuto un epifania.

«Complimenti per l’acutezza.» fu il sarcastico commento.

«Tu sei un lupo mannaro, e sei l’Alpha! Di certo puoi staccarmi un pezzo di corteccia con i tuoi artigli, no?» rivelò strattonandolo. «Per favore?» tentò sorridendo supplice.

Sbuffando, Derek si lasciò spostare dal ragazzo, che lo portò davanti al tronco, continuando a tenere il suo polso. «Se non mi lasci andare, come pensi che possa aiutarti?»

«Non posso, devo essere io a tagliarla!» protestò «Tu dovresti essere il mio strumento, quindi dovresti farti guidare da me. Uhm… come potrei fa… woah!» esclamò Stiles, quando si sentì strattonare all’indietro dal braccio libero di Derek. «Cosa stai facendo?» domandò, cercando di capire per quale mistica ragione il lupo lo stesse praticamente abbracciando.

«Sbrigati» mugugnò, alzando il braccio e mostrando gli artigli.

«Oh!» esalò Stiles, comprendendo e muovendolo fino a fargli appoggiare la mano sul tronco. Immediatamente, con uno scrocchio secco, gli artigli trapassarono il legno, aspettando che il liceale li muovesse.

Qualche secondo dopo, un grosso e squadrato pezzo di corteccia cadde a terra. «Ok, ora la cosa sta diventando un po’ strana, Derek.»

«Sta zitto» soffiò al suo orecchio.

«Oh certo, sta zitto. Ti potrei far notare che siamo in inverno, che piove e che io ho indosso una misera tunica, per di più zuppa? Non è esattamente lo scenario ideale per qualcosa di diverso da un film dell’orrore di serie B, sai? Ah già. E tu sei anche un lupo mannaro! Vedi? Film horror di serie B.» protestò, ignorando i brividi che la punta del naso, poggiato sul suo collo, gli procuravano.

Senza pronunciarsi, Derek si allontanò, tornando però prima che il sollievo si impossessasse di Stiles, e buttandoselo su una spalla con malagrazia, corse in direzione dell’auto, le orecchie inondate dalle proteste risentite del liceale che, per fortuna, aveva avuto la prontezza di raccogliere la corteccia da terra, o avrebbe dovuto tornarci di notte, e per una volta gli sarebbe piaciuto passarla come una persona normale: nel suo letto e addormentato.

«Andiamo» ordinò Derek, scaricandolo sul sedile del guidatore e facendo il giro per salire dall’altra parte.

Stiles lo osservava perplesso e stupito, per una volta a corto di parole per commentare i fatti. «Quindi, uhm… ti lascio a casa tua?» domandò, appoggiato al volante e voltato verso il lupo. A dirla tutta, gli sembrava che il suo comportamento fosse del tutto anomalo, anche per uno come Derek, che sembrava affetto dalla sindrome di Dottor Jekill e Mr Hyde, per buona parte del tempo.

Senza aspettare risposta, accese il motore, guidando verso casa sua. Non vedeva l’ora di togliersi quei vestiti appiccicati e bagnati, di dosso. E magari nel frattempo il lupo sarebbe rinsavito, invece di continuare a guardarlo con quegli occhi quasi famelici.

«Guarda che se stai pensando di mangiarmi, puoi notare anche da te che non c’è carne a sufficienza su queste fragili ossa umane. Ti proporrei un bel cervo, o magari una bella pizza, che ne dici? Per una volta posso anche offrire io, purché eviti di assaggiarmi e mi fai prima cambiare.» propose, cercando di alleggerire il silenzio. Passando davanti a una pizzeria, Stiles si fermò e voltandosi, iniziò a frugare nella borsa sul sedile posteriore. «Ecco qui! Offro io, ho detto. Per me una con le olive e una coca.» esclamò, mettendogli il suo portafoglio in mano e facendogli cenno di scendere.

Appena Derek fu scomparso dietro la porta a vetri appannata dal calore, recuperò la borsa con i suoi vestiti e iniziò a spogliarsi per cambiarsi. Oltre a cercare di fare il più velocemente possibile, perché stava realmente iniziando a congelarsi, e ad ogni movimento gli venivano i brividi, stava anche tentando di non muoversi troppo per evitare che la sua vecchia e malandata Jeep cigolasse eccessivamente, certo che anche dall’interno del locale, il lupo potesse cogliere gli anomali cigolii.

Purtroppo, sfilarsi la tunica pregna d’acqua di dosso e che continuava ad aderirgli addosso, cercando inoltre di contorcersi come un maledetto serpente, gli aveva portato via più tempo del previsto. Quando Derek tornò con le due ordinazioni, Stiles stava ancora cercando di capire da quale lato dovesse infilarsi la maglia, borbottando tra sé e sé che, se davvero fosse stato Harry Potter, a quell’ora avrebbe già risolto tutto facendo evanescere la tunica.

«Stai ancora pensando a Harry Potter?» domandò risalendo e spaventandolo.

«Oh mio… oh mio Dio! Hai già fatto? E come fai a sapere che pensavo a Harry Potter?» chiese, annusando l’odore invitante che si spargeva nell’abitacolo e rinfilandosi la maglia.

«L’hai nominato circa una decina di volte mentre tentavi di spogliarti. Non pensi di essere un po’ fissato? E lui è un mago, tu no.»

Stupito, Stiles ripartì verso casa sua. «Tu conosci Harry Potter?»

«Non vivo mica in una caverna.» protestò risentito il lupo, riservandogli un’occhiata obliqua.

Nonostante l’evidente divertimento, Stiles preferì lasciar cadere il discorso. Guidò in silenzio, tentando di opporre resistenza alla fame che provava e finalmente svoltò nella sua via. Meno di cinque minuti ed entrambi erano seduti comodi sul divano a gustarsi quanto comprato, in quanto lo sceriffo era al lavoro fino a tardi.

«Mh, è buona! Devo ricordarmi di questo posto.» bofonchiò Stiles con la bocca piena, spargendo pezzi di impasto e mozzarella dappertutto. «Allora, si può sapere che ti è preso prima?» chiese, ormai sazio e soddisfatto, sistemandosi meglio tra i cuscini.

Ovviamente, come si aspettava, Derek eluse la domanda fingendo di non averla sentita. «Uhm… hai l’udito selettivo eh? Però prima quando ho detto che offrivo io, ci sentivi benissimo, lupo scroccone. Mi senti solo quando ti fa comodo.»

«Tu no, invece?» replicò sarcastico, inarcando un sopracciglio.

«Ma figurati! Sei tu che ti sei offerto di aiutarmi.»

«Non ricordo di averlo mai detto.»

«No, ma chi tace, acconsente.» concluse Stiles. «E comunque penso di aver pagato il mio debito offrendoti la cena.» aggiunse, indicando i due cartoni.

Sogghignando, Derek lo smentì. «Veramente sei ancora in debito. Ho pagato io.»

«Ma così non vale. Io… io ho capito cos’è che vuoi.» dichiarò intimidito, spingendosi più indietro sul divano, fin quasi sul bordo.

«So che l’hai intuito» confermò Derek, afferrandolo e portandolo seduto sulle sue ginocchia così velocemente, che Stiles non se n’era ancora reso conto «Ma non l’hai ancora capito.» gli assicurò, guardandolo fissamente da sotto in su, e facendogli venire i brividi.

«Oh, avanti. È la tua ricompensa per avermi di nuovo aiutato, suppongo.» annuì, abbassandosi sulla bocca del lupo. Stava diventando un’abitudine ormai, e non gli risultava che Harry avesse mai ringraziato così nessuno. E… ma che diavolo, stava di nuovo pensando a Harry Potter, quando c’era la lingua di Derek che stuzzicava la sua?

 

«Molto bene signor Stilinski, rune ricavate da un albero di tasso. Dopotutto si sta rivelando un allievo migliore di quel che mi aspettassi.»

Gongolando internamente, per evitare di dare a Harris motivo di punirlo nuovamente, Stiles si concentrò sui piccoli rettangoli incisi che aveva ricavato la sera precedente dalla corteccia, sempre con l’aiuto di Derek, che aveva preteso di essere ricompensato, nonostante anche questa volta non fossero andati fino in fondo, a causa di imprevisti. Come il fatto che a metà serata fosse collassato sul divano con la febbre, e fosse stato curato dal lupo. Accidenti alla sua salute totalmente umana.

Tuttavia poteva sperare che Harris gli avrebbe presto assegnato una altro compito di ricerca e come diceva il proverbio, non c’è due senza tre. Quindi poteva decisamente ben sperare che Derek lo aiutasse nuovamente, dietro ricompensa che era più che propenso a concedergli.

 

 

 

 

 

 

 

Sclero:

Ed ecco il secondo capitolo di questa mini (mah,) raccolta sull’apprendimento druidico di Stiles!^^

Spero che vi sia piaciuta come la prima, e aspettatevene ancora un paio!

Forse c’è un po’ meno Sterek rispetto alla precedente, ma non so ancora se farla evolvere in un raiting più alto o lasciarla così. Voi che preferite?^^ (anche se immagino già la risposta…)

 

Dunque, ora due parole sulla scelta dell’albero:

Il tasso è uno dei cinque alberi magici d’Irlanda, è posto a nord della Croce Celtica, lato dell’oscurità e dell’inverno (e ora sapete perché Stiles rischia il congelamento ogni volta: il tasso è simbolo dell’inverno e il vischio cresce prevalentemente d’inverno), indissolubilmente legato alla morte e alle sue forze arcane, perché ogni sua parte è impregnata di sostanze vegetali tossiche (ma non farò avvelenare Stiles, tranquilli).

È uno degli alberi preferiti dai druidi per le loro pratiche magiche. Anticamente si credeva che il legno di tasso guarisse le fratture tramite semplice contatto e le sostanze attive delle sue bacche venivano usate per provocare aborti, oltreché dai guerrieri che vi avvelenavano le frecce.

 

Bene, detto ciò, ringrazio chi ha recensito il precedente capitolo, chi l’ha messo tra le seguite, preferite e ricordate! A presto!

Ps. Ringrazio anche chi ha recensito le altre mie storie! Vi adoro tutti!^^

Baci

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