Destiny

di ShadowMoonLady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DESTINY
 



PROLOGO              
 
 
Quella era una giornata come le altre. Un’altra giornata a conquistare mondi e a uccidere innocenti. Quindi un’altra giornata che per il generale alieno Grinder sarebbe stata meravigliosa. Quella notte non aveva dormito molto bene, si era rigirato tutta la notte nel letto, per via di fastidiosissimi rumori. Se avesse almeno saputo da dove provenivano, avrebbe ucciso a sangue freddo i diretti interessati. Ma, purtroppo per lui, e fortunatamente per loro, sembravano invisibili. Odiava il pianeta Vegeta sei. Non vedeva l’ora di prendere le informazioni per re Cold e andare via il più in fretta possibile. Era già un miracolo non essere stati scoperti da quel pazzo di re Vegeta. Sbuffando, scese dalla sua branda e chiamò il servo, che prontamente gli portò la tuta. Era parecchio nervoso, aveva voglia di fare del male. Si preparò e andò nella sala centrale, dove lo attendevano i suoi combattenti nonché il suo bersaglio preferito. “Salute signore” lo salutarono inginocchiandosi. Adorava il suo lavoro. Il potere era qualcosa di meraviglioso. Stava per cominciare a parlare, quando dei passi affrettati lo interruppero.
 
Quella stessa mattina, Falck si era svegliata molto bene. Si era preparata ed era pronta per andare nella sala centrale dove l’attendeva il generale. Non l’era mai piaciuto quell’uomo. Ma che poteva farci? Si chiese. Lei era solo un Falciano, uno dei pochi rimasti, perlopiù femmina. Pensò alla sua terra, e al suo caro Loveno. Non sarebbero mai potuti stare insieme. La tristezza l’assalì, e per dei lunghi momenti rimase immobile, a pensare. Poi un suono la riscosse. Era in terribile ritardo! Molto probabilmente le sarebbe costata la vita.
 
Il generale diresse lo sguardo verso la fonte della sua interruzione. Un sottoposto. In ritardo. Fece un sorriso gelido. “In ginocchio” disse. L’altra non replicò e ubbidì subito. Cosa farle? Pensava ghignando. Torturarla fino allo spasimo? Ucciderla velocemente senza sporcarsi i guanti? Oppure… ma certo. Il ghigno si allargo sul volto dell’uomo. L’avrebbe mandata in ricognizione. Da sola. E sarebbe stata uccisa da quei terribili sayan. “Preparati. Vai in ricognizione. Ora” così dicendo le diede un calcio in faccia, spedendola all’uscita. Lei non si lamentò, si rialzò e andò via. Le era andata bene, tutto sommato
 
In quello stesso momento, un paio di galassie distanti, Loveno girava in tondo nella stanza dell’uovo, dentro al palazzo di re Cold. Quello era il suo ultimo giorno. Faceva da guardia all’uovo della regina, che maturava ogni venti careni (NdA vent'anni), segnando la sua fine. Sarebbe morto, a nessuno importava più di lui. Appena il re avesse avuto il suo erede, che usciva dal bozzo completamente formato e adulto dopo appena un giorno, si sarebbe sbarazzato di lui. Ne era consapevole. Ma non gli importava. Senza la sua Falck, cosa importava vivere?
 
Sul piante Vegeta sei, Falck camminava con circospezione. Aveva messo una tuta mimetizzante, e pregava che nessuno capisse che non era una sayan come appariva. Si guardava in torno, con la paura negli occhi. Quei sayan erano davvero enormi! Pensava con sbigottimento. Si nascosa in un vicolo, quando uno di essi la guardò troppo intensamente. Cosa voleva? L’aveva forse riconosciuta per aliena?. Stava per ricominciare la sua ricognizione, appurato che non ci fosse nessun pericolo, quando sentì un grido. Oh no, l’avevano scoperta! Credeva con orrore. Stava per tirare fuori l’arma, quando si rese conto che veniva dalla casa a cui era appoggiata. Curiosa, si affacciò alla finestrella. Dentro c’erano una donna distesa, forse la fonte del grido, un uomo e un’altra donna. L’uomo era appoggiato in un angolo, sembrava indifferente ma lo sguardo tradiva tensione. La donna distesa pareva in preda a dolori insopportabili, mentre l’altra era tranquilla e le teneva la mano, parlando concitata. Dopo un po’, Falck vide qualcosa che non dimenticò più. Dalla donna, uscì un altro essere vivente. Un altro sayan, con radi capelli neri e una lunga coda. L’aliena rimase a bocca aperta. L’esserino si mise a urlare, e la donna lo attacco a una membrana che sporgeva. L’uomo si era avvicinato e guardava con commozione il bambino, tenendo dolcemente la mano alla donna, dicendo qualcosa. Falck si allontanò. Perché distruggere un popolo, se non era cattivo? Se esisteva l’amore, dopotutto? Si ricordò del suo di amore e prese una scelta. Azionò il teletrasporto, che potevano usare una sola volta e andò nel palazzo di re Cold.
 
Loveno stava ancora camminando su e giù per la sala, quando si trovò davanti l’oggetto dei suoi pensieri. Falck era lì, per lui, per davvero. “Falck? Ma cosa…” chiese, confuso. Lei lo prese per il braccio. “Non c’è tempo. Scappiamo insieme. Voglio passare la mia vita con te. Non m’importa di dove. C’è una navicella fuori” lui la guardò un attimo, e poi la seguì, sorridendo “Andiamo via”.
 
Re Cold si vestì con tutta calma quel giorno. Mise la sua tonaca migliore e con lentezza scese fino alla sala dell’uovo. Finalmente avrebbe avuto un erede da plasmare a suo piacimento. Arrivato nella sala, non si curò che non c’era nessuno. Iniziò a rilasciare energia, per fecondare l’uovo, ordinando al sottoposto di chiudere tutte le porte e di andarsene. Dopo un paio di minuti, si sentì chiamare. “Mio signore…” disse un alieno. “Cosa vuoi?? Spero che sia importante!” disse stizzito. Cosa c’era di più importante del suo erede? “Si signore. Hanno rubato la sua navicella regale, due suoi sottoposti” ribatté  l’altro. Re Cold si girò infuriato “Cosa? Andiamo” e uscirono dalla sala.
 
Poco prima Loveno e Falck si stavano dirigendo verso la zona delle navicelle. Si fermarono davanti a un bivio. A destra o a sinistra? Quale navicella?. Poi sentirono un grido proveniente dalla loro destra: il custode, che per caso si era sporto per prendere la pistola che gli era caduta, li aveva visti. Corsero verso sinistra e presero la navicella, scappando velocissimi, giusto in tempo per sfuggire da re Cold, appena entrato in sala che li vedeva decollare, inorridito.
 
Con rabbia crescente si ridiresse nella sala dell’uovo, e ricominciò a rilasciare energia. La rabbia però era troppa e non riuscì a rilasciare la giusta energia, così l’uovo si afflosciò. Doveva aspettare altri venti careni.
 
Se il generale quella notte non avesse dormito male, se Falck non si fosse messa a pensare, arrivando in ritardo, se quel sayan non l’avesse guardata con insistenza, scambiandola per una prostituta del luogo, se l’aliena avesse già utilizzato una volta il teletrasporto, se al guardiano non fosse caduta la pistola, se i due innamorati fossero andati a destra, trovando la strada sbarrata, se avessero detto a re Cold più tardi dell’accaduto, se non si fosse arrabbiato, se Loveno non fosse stato il custode dell’uovo, spingendolo per voglia di vivere a quell’atto pazzo. Se li avessero presi, se in quel preciso istante non fosse nato quel bambino, sarebbe nato Freezer, che in soli tre anni avrebbe distrutto Vegeta sei. Ma non andò così, per questa volta. E per altri vent'anni il pianeta era salvo.
 
“è un maschio Bardack” disse l’ostetrica quella mattina. Il padre guardò la moglie e poi il figlio, commosso. Non l’avrebbe mai ammesso, però. Prese la mano stanca della compagna. “Come lo vuoi chiamare?” chiese. Lei ci pensò un attimo. Guardò il bambino, che succhiava con forza il latte. Si mise a ridere. “Kakaroth, il forte”
 
 


















IL MIO ANGOLINO
Ok, salve a tutti. Siate clementi, è la mia prima storia che parla di Dragon Ball. Saranno i deliri della febbre, ma mi è venuta in mente questa long, che parla di Goku e Vegeta, se non fosse esploso il pianeta. Poi naturalmente succederà qualcosa che gli farà diventare amici e qualcosa di più… Va bene, ciancio alle bande. Ditemi cosa ne pensate. Questo è solo un minuscolo insignificante inizio. Bacioniiiiii

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1


In un momento, ci fu silenzio. Radish guardò Kakaroth, Kakaroth guardò il padre, che guardò rassegnato entrambi. Poi scoppiò il finimondo. “KAKAROTH!!! VIENI QUI!” Radish si buttò con tutta la forza dei suoi 9 anni sul fratellino di appena 5. Il padre sospirò pesantemente. Cosa si faceva in questi casi? Nonostante capitasse più volte al giorno, non capiva come riappacificarli. Così, semplicemente, cercava di non far distruggere loro la casa. “Picchiatevi fuori. Non metteteci molto che dovete andare nella Palestra” disse monocorde. In questi casi avrebbe voluto con ancora più forza che la moglie non fosse morta. Era riusciti a crescerli bene, comunque. Sapevano combattere. E uccidere. Erano orgogliosi.  Bè, Radish lo era.
Da fuori si sentì un urlo. Radish aveva atterrato Kakaroth. Bè, era migliorato il piccolo. Era persino riuscito a tenere testa al fratello per 10 minuti. Sospirò di nuovo ed uscì. Trovò il maggiore seduto sul piccolino, che gli teneva le braccia schiacciandolo. Kakaroth non si lamentava però. Semplicemente lo guardava, aspettando che sbollisse. “Chiedi perdono moccioso” disse Radish “Giura che non entrerai MAI più in camera mia. MAI” continuò. Bardack semplicemente guardava quella scenetta quotidiana. Adesso Kakaroth avrebbe chiesto scusa, uccidendo come sempre il suo orgoglio, e finalmente avrebbero potuto uscire. Si stava già dirigendo verso i due, per spiccare insieme il volo, quando sentì qualcosa che non avrebbe mai immaginato. “No” disse semplicemente il più piccolo. Il padre si immobilizzò. Voleva dire che non aveva fallito completamente nell’insegnargli l’orgoglio?. “Cosa hai detto?” sibilò il maggiore, strizzando gli occhi e stringendo la presa. Kakaroth si dimenò, tentando di liberarsi. Era stanco del fatto che il suo fratellone per ogni singola cosa lo prendesse a botte e lui dovesse chiedergli scusa. Non aveva fatto niente questa volta!! Era andato in camera del fratello perché da quella si arrivava alla sua di camera!. “Non ho fatto niente di male” continuò un po’ più sicuro. Il fratello era sbigottito, forse più del padre. approfittando quel momento di debolezza, in cui aveva diminuito la presa, Kakaroth si liberò sotto lo sguardo atterrito dei due, tornando in piedi. Aveva un espressione incredibilmente seria. “Andiamo alla Palestra” disse, librandosi in aria, trascinandosi dietro due stravolti Bardack e Radish. Quest’ultimo non aveva neanche avuto la prontezza di ribattere, tanto era sorpreso. Sul volto del genitore comparve una sorta di sorriso. Finalmente il sayan dentro a suo figlio stava crescendo. Lo raggiunse e leggermente impacciato gli diede una pacca sulla spalla. Per chiunque poteva essere un gesto qualsiasi, ma non per Kakaroth. Era il massimo segno di affetto che il padre potesse dargli. Sorrise, grato. Poi Bardack riprese in mano la situazione, chiudendo questa imbarazzante e sbalorditiva parentesi, andando avanti e spartendo ordini. Kakaroth lo ascoltava  con attenzione, dimentico di poco prima, tornando a essere il piccolo sayan un po’ strano, per nulla obbediente e sempre allegro. Per il fratello non era certo lo stesso. Gli bruciava ancora il fatto che lo avesse battuto. Lo sguardo di ammirazione che il padre gli lanciava, poi, era oltremodo bruciante. Sentiva nel petto una sensazione che conosceva bene. Si era aperta una battaglia, e lui ne sarebbe uscito vincitore. Si fermarono davanti alla Palestra, e il padre volò via, forse per qualche missione. Il minore rivolse a Radish un sorrisone. Era sempre bello andare a combattere insieme, nella palestra, con tutti gli altri bambini. Kakaroth, nonostante fosse un bambino molto socievole, non aveva mai avuto un vero e proprio amico. Erano tutti troppo occupati a combattere, e nessuno voleva mai giocare. Almeno però si divertiva a combattere. Aprì la porta al fratello, che gli passò avanti senza rivolgergli uno sguardo. Il piccolo sayan rimase deluso. Non se l’era forse presa per prima? Si chiese in preda allo sconforto. Voleva tanto bene al suo fratellone. Lui però se ne andò dritto dai suoi amici, ondeggiando la lunga coda, e cominciando a fare lo sbruffone. Capendo che non si sarebbe girato per chiamarlo, chiuse la porta. La palestra era enorme, formata da 12 sale, 4 su ogni piano. Il primo piano era per quelli di 3 classe come Kakaroth e il fratello, il secondo per quelli di 2 classe e l’ultimo per quelli di prima. Una volta Radish e Kakaroth, non pensando alle conseguenze se li avessero visti, si erano inoltrati fino all’ultimo piano. Era molto più bello del primo. Il primo aveva le stanza tutte uguali, tanto per cominciare. Nonostante fosse ognuna per guerrieri di diverse fasce d’età, li strumenti e i macchinari erano pressoché identici, come l’arredamento, con lo stesso pavimento in pietra e le stesse spoglie pareti bianche e  con un finestrone in alto per cercare di rendere l’aria più respirabile.  Il secondo era uguale, tranne per qualche differenza praticamente nulla. Ma l’ultimo… l’ultimo era fantastico. Kakaroth e Radish avrebbero dato un tutti e due gli occhi per poterci andare. I pavimenti e i soffitti erano di un materiale plastificato, indistruttibili. Il soffitto era alto il doppio, finendo a cupola, per maggior spazio, a cui erano attaccati attrezzi mai visti prima e la gravità pareva pure un’altra. Sembrava quasi che stanza per stanza potesse essere modificata. Poi erano stati trovati da uno dei custodi, e se l’erano dovuta dare a gambe. Kakaroth si ricorda ancora il sorriso complice che gli aveva rivolto il fratello, ed era stato uno dei momenti più belli per lui. Sbuffando, era entrato. Si diresse verso la fine della sala, la sua era la prima camerata, essendo ancora molto piccolo. Gettò un rapido sguardo al fratello, che stava ridendo spensieratamente mentre tirava dei pugni a un amico e decise che quel giorno ci avrebbe dato dentro. Il fratello sentiva sulla pelle le occhiate del fratello, ma fece finta di niente. se lo meritava. Nonostante avesse una brutta sensazione alla bocca dello stomaco, si mise a ridere ancora più forte.
 
Dopo molte ore di allenamento, entrò nella palestra un sayan in divisa reale. Molto probabilmente una guardia. Andò dal Maestro della prima sala e gli consegnò un foglio. Dopo aver letto con attenzione, si diresse verso i figli di Bardack. “Kakaroth, Radish” li chiamò. Loro, intenti rispettivamente a tirare calci all’aria e a fare sollevamento pesi, si avvicinarono, incuriositi. “Siete convocati alla corte del Sua Altissima Maestà il Re Vegeta insieme a vostro padre Bardack” Kakaroth pensò che il re aveva tantissimi nomi. Radish  era solamente preoccupato. Solo chi commetteva un atto o grave o di alta onorificenza veniva chiamato a palazzo con tutta la famiglia. Guardò il fratello, d’istinto. Si ricordò di essere arrabbiato troppo tardi, e il piccolo sayan lo notò, facendogli un sorrisone stupido. Radish digrignò i denti. Se credeva di essere stato perdonato con così poco, si sbagliava di grosso. Distolse lo sguardo, sprezzante, dirigendosi dietro la guardia. Kakaroth li seguì amareggiato.
 
Bardack era preoccupato. Non era riuscito a conquistare quel pianeta in una settimana, nonostante fossero tornati a Vegeta sei per un giorno, perdendo pure tanti sayan. Sperava solo che non fossero stati convocati i figli, altrimenti era davvero nei guai.
Stava aspettando da diversi minuti nell’atrio maestoso del palazzo, quando purtroppo vide arrivare davanti a se due sagome famigliari. Radish con una scintilla di preoccupazione negli occhi e Kakaroth sorridente, come al solito, che guardava meravigliato il castello. “Guarda che bello Radish…” esclamò meravigliato. Il fratello gli lanciò un’occhiata di fuoco. “Sta zitto moccioso” gli disse, dandogli uno scappellotto sulla nuca. Il piccolo gonfiò le guance, indispettito. “Fate i bravi” disse loro il padre, lanciandogli uno sguardo di ammonimento. Si zittirono. La guardia rimase imperturbabile. “Seguitemi” disse, precedendoli in su verso una porta. Dopo il relativamente piccolo atrio –era quanto casa loro, pensò amaro Bardack- seguì un giardino interno, chiuso da una cupola di vetro,  da cui salivano due scale. Presero quella di destra e arrivarono in un lungo corridoio, pieno di finestre. Si poteva vedere tutto il giardino reale. Era qualcosa di meraviglioso. “è grande quanto il nostro paese” commentò entusiasta Kakaroth, ricevendosi un altro sonoro scappellotto da Radish. Era pieno di alberi enormi, con una fontana enorme al centro, da cui partivano tanti piccoli laghetti. Era un connubio di acqua e terra, davvero meraviglioso. Salirono altri piani, da cui partivano innumerevoli corridoi e innumerevole stanze. Alla fine arrivarono in cima, nella torre centrale, la più alta. La guardia spalancò il portone di legno massiccio e arrivarono nella stanza del trono. Era molto sfarzosa, tutto il contrario dell’elegante e maestosa sobrietà che caratterizzava il resto del castello. Era molto lunga, con tante finestra lungo il corridoio largo, drappeggiate di pesanti tende rosse. Il soffitto era stato affrescato con i disegni delle varie vittorie, mentre il pavimento era coperto da un unico tappeto dorato, con alcuni motivi rossi. Nel fondo della sala c’erano tre troni. Uno più grande e più in alto al centro, in cui era seduto in tutta la sua imperiosità il re Vegeta, in tenuta da battaglia. A destra e a sinistra c’erano due troni, uguali e alla stessa altezza. In uno c’era la regina dei sayan, bellissima nel suo lungo vestito d’oro con i capelli lunghi sciolti e gli occhi di pece. Mentre nell’altro era seduto il principe Vegeta. Era piccolo di corporatura, con i capelli curiosamente appuntiti e la fronte molto spaziosa. Sembrava molto annoiato e scocciato, anche se si vedeva che provava molto gusto in questa posizione si superiorità. Kakaroth notò che doveva avere più o meno l’età sua e di Radish, ma aveva uno sguardo triste. Gli sarebbe piaciuto giocare con lui.
Arrivati dinanzi ai troni,  la guarda reale fece un breve inchino, allontanandosi. Bardack lo fece automaticamente, era andata più di una volta davanti al re. Radish seguì subito l’esempio del padre, mentre il minore rimase in piedi a guardarsi intorno. “inginocchiati!” sussurrò concitato il padre. lui lo guardò inclinando la testa. Perché stava in quella posizione buffa? E cosa gli stava dicendo? Forse era un gioco! Pensò contento. Cercò quindi di mettersi in ginocchio, ma inciampò nei pantaloni e cadde dolorosamente a terra. Se non fossero stati in una situazione tanto importante, padre e figlio maggiore si sarebbero battuti con piacere una mano sulla fronte, cosa che fece al posto loro il principe Vegeta. Dopo che Kakaroth riuscì a sistemarsi, sotto lo sguardo impenetrabile del re, questi cominciò a parlare. “Bardack di Soniroy (NdA non ho la minima idea di dove vivessero, se qualcuno lo sa provvedo subito a cambiare) , non sei riuscito a  conquistare un pianeta insignificante in 5 giorni, disonorando la razza dei sayan. Nonostante sia stato buono e vi abbia concesso di tornare in patria per un giorno, dopo altri 2 di essi che avevi ripreso sotto attacco il pianeta, non sei riuscito a compiere la missione…” Bardack, in preda al panico, tentò di giustificarsi “Mio signore io…” iniziò ma venne interrotto da un’occhiata gelida. “…pertanto, ho deciso di essere buono. Non ti toglierò la carica e non ucciderò nessuno di voi. Anzi, vi farò un grande favore.” Disse con uno strano baluginio negli occhi. tutti in quella sala, compreso il figlio e la moglie, lo guardavano con confusi. Lui fece un ghigno sbilenco. “Ho deciso che prenderò con me tuo figlio Kakaroth, e gli insegnerò a combattere insieme a mio figlio Vegeta, visto che il tuo non sa nemmeno inginocchiarsi. Lo farò diventare un vero e spietatissimo sayan. Quando vi avrò rilasciati, potrete dirvi addio” concluse, lasciando sbigottita l’intera sala. La regina era colpita. Il marito era un re spietato, ma togliere un bambino al padre per non aver preso uno sciocco pianeta era un po’ troppo. Tuttavia decise di non commentare, a differenza del principe. “Ma padre…” iniziò infervorato. Com’era possibile che avesse detto una cosa del genere? Allenarsi con uno di terza classe? MAI! Pensava adirato. “Silenzio” gli rispose. Il perenne broncio del principe si allargò ancora di più. “Bardack di Soniroy, ringrazia il tuo re” disse rivolgendosi al comandante, con la cattiveria negli occhi. “Grazie Mio re” disse, anche se gli costò una fatica immane. Suo figlio!! Il suo piccolo combattente!!. Il re fece un sorriso cattivo. “Potete andare. Gli affetti di Kakaroth verranno presi questa sera da un mio servo” e li congedò.
Radish e il fratello erano congelati dallo stupore. Com’era possibile? No, non era possibile, continuava a ripetersi Radish come un mantra. Kakaroth semplicemente non pensava, ma sentiva pungere con forza gli occhi. Si salutarono con poche parole, di cui quelle non dette aleggiarono nel silenzio. Il piccolo sayan salutò il padre e il fratello con un abbraccio. Chissà tra quanto gli avrebbe rivisti, si chiedeva. Poi arrivarono due guardie, una per scortare Bardack e Radish all’uscita e l’altra per accompagnare nelle sue stanza Kakaroth. Mentre prendevano due strade diverse, si girarono per guardarsi. Speravano tutti che quello non sarebbe stato un addio.
 
 



IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti! Si entra finalmente nella storia vera e propria. Con questo capitolo inizia questo immane long, e non so se ne uscirò viva. Nel prossimo capitolo FINALMENTE *si ricorda che è passato solo un capitolo più il prologo ma non ci fa caso* si intreccerà una sorta di rapporto tra Goku (che dovrò trovare un modo per far diventare Goku altrimenti sclero) e Vegeta. Non ci saranno per il momento scene amorose, sono ancora troppo piccoli purtroppo. Ce la fate ad aspettare uno o due capitoli? Dai che siete bravi. Alloooooooora non so cosa dire se non “Per favore, commentate!! Ditemi cosa ne pensate!!”
Baciiii

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2


Kakaroth si svegliò di soprassalto quella mattina, sperando che fosse tutto un orribile e troppo realistico incubo. Purtroppo per lui, si rese conto che non era affatto così. Si alzò dalla branda in cui aveva dormito, capendo con orrore che quella non era affatto la sua camera. La sua camera era piena di giochi, di tute sparse per terra e disegni. Questa era austera e ordinatissima, con solo un baule attaccato al muro che gli ricordava casa propria. Si avvicinò, pensando che glielo avranno portato durante la notte. Lo aprì e notò che dentro c’erano tutte le sue cose, compresi i disegni. Li prese e li buttò tutti a terra. Si guardò intorno, ma non sembrava affatto la sua camera. Allora prese anche i vestiti e i giochi, buttando tutto a terra. Il risultato era sempre lo stesso: uno camera di qualcun altro con le sue cose sparse per terra. Deluso, prese tutto e ributtò senza troppa cura nel baule. Sentì bussare alla porta, e senza che nessuno gli desse il permesso entrò una sayan. “Il re ti vuole vedere nella sala di addestramento reale” disse senza neanche alzare lo sguardo, per poi andarsene. “Aspetta!” disse il piccolo. Lei tornò indietro subito dopo, alzando questa volta lo sguardo. Aveva gli occhi di un blu profondissimo. Senza pupilla ne bianco intorno, solo blu. Kakaroth rimase un attimo impressionato, per poi ridestarsi. “Tu sei…” chiese con titubanza. Lei sorrise, accendendo gli occhi blu. “Si sono un’aliena. Ma tutti mi chiamano Falck” gli disse sorridendo, spostando con una mano i lunghi capelli neri e tendendogli l’altra. Il bambino sorrise. “Io sono Kakaroth!” disse con entusiasmo. Aveva appena fatto amicizia! Che bello. Lei assunse uno sguardo materno, per quanto potessero essere materni i suoi occhi senza pupilla. Quel ragazzino le ricordava tanto il suo piccolo Cache. Bè tranne per gli occhi, naturalmente. Sorrise ancora più apertamente. “Ti accompagno io, vieni” gli disse, porgendogli la mano. Lui la prese, senza esitazioni.
 
Si incamminarono per gli interminabili corridoi, lui che si faceva scudo dietro a quell’aliena ogni volta che incrociavano qualcuno. Adesso che ci pensava, Kakaroth si rese conto che era la sua unica amica.  
Dopo diversi altri corridoi si trovarono fuori, in un balcone esterno che si affacciava sull’enorme giardino. Falck, che doveva tornare subito a lavorare, fece per staccare la presa della mano per poi esortare il piccolo sayan verso la giusta direzione, quando lui la prese in una morsa ancora più stretta, attorcigliando anche la coda alla sua gamba. Si inginocchiò davanti a lui, intenerita. “Cosa c’è piccolo Goku?” chiese. Lui sembrava sul punto di dar voce alle sue preoccupazioni, quando si fermò. “Come mi hai chiamato?” chiese con curiosità. Lei scoppiò a ridere, rendendosi conto solo adesso di aver utilizzato un’altra lingua. “Scusami, “Goku” è il modo di dire “Re delle scimmie” in un'altra lingua, in quella di uno degli ultimi posti dove sono stata” rispose sempre sorridendo “e con questa coda stritolante attorno alla mia gamba, mi sei sembrato il re delle scimmiette” continuò affettuosa, con una punta di sarcasmo, dandogli un buffetto sulla coda, che staccò subito, forse imbarazzato. “Mi piace Goku! Facciamo che è il mio soprannome?” disse con entusiasmo, gonfiando le guance, dimentico delle angosce di poco prima. Lei rise. Quel marmocchio le piaceva proprio. “Va bene Goku. Che dici ora di andare, è là infondo il maestro, e fra un po’ dovrebbe arrivare anche il principe. Se avessi bisogno di me, mi trovi nelle cucine. Sono capa cuoca” disse sempre sorridendo, con fare molto da mamma chioccia. Lui esitò un attimo, poi staccò la manina e la coda, che nel frattempo era tornata a stritolare la gamba, e si diresse nel luogo indicato.
Nello stesso momento, fece l’entrata il Principe Vegeta, con fare molto altezzoso, tenendo il mento all’insù. AGoku- che mentre si dirigeva verso il maestro stava facendo pratica per rispondere subito quando lo chiamavano così- venne un po’ da ridere. Con tutti i capelli che si ritrovava, e con la fronte immensa, avrebbe rischiato di sbilanciarsi e cadere. Squadrò un attimo il maestro. Era un sayan alto e muscoloso, non eccessivamente però, aveva corti capelli neri e uno sguardo severo. Davanti a lui c’erano due tappetini e Goku –che ci prendeva sempre più gusto con il suo nuovo soprannome, a forza di ripeterlo- si posizionò su uno di essi. Il maestro volgeva lo sguardo al giardino, che aveva di fronte, non considerandolo, mentre il piccolo non poteva ammirarlo, avendolo alle spalle, ma poteva spaziare lo sguardo su quell’enorme piazza bianca, senza nessun tipo di dettaglio se non le ringhiere in ferro battuto e il maestro a coprirgli parzialmente la visuale. Vegeta, che fino a quel momento era stato a fissarlo con sguardo assente, si era appena posizionato sul tappetino. Non gli piaceva per niente questa situazione. Per niente. non la sopportava. Suo padre non avrebbe mai dovuto osare un simile affronto alla sua persona. Questo era il suo castello, e quello era il suo maestro. Punto. Non il maestro suo e di Kakaroth. Che nome stupido poi. Niente a che fare con il fantastico nome che era Vegeta. Regale, elegante, perfetto. Ma dopotutto, pensò con un moto di orgoglio, lui era il Principe dei Sayan e quello lì uno stupido di terza classe, più piccolo di due anni per giunta. Non sarebbe resistito agli allenamenti estenuanti a cui si sottoponeva. Tempo 1 settimana e se ne sarebbe andato. Il soggetto in questione, sentendosi osservato, e vedendo che il maestro non aveva alcuna intenzione di reagire, pensò bene di fare amicizia. “Ciao io sono…” iniziò, sorridendogli, ma il Principe lo interruppe subito. “Lo so chi sei tu, ma anche se non lo sapessi non mi importerebbe. Tu sai chi sono io, perché tutti lo sanno, ma in caso tu, essendo un individuo di 3 classe troppo ignorante, non lo sappia sono il Principe dei Sayan, Vegeta” a Goku girava la testa per tutto quel giro di parole, ma decise di perseverare. Si grattò dietro la nuca. “bè, ma tu non sai qual è il mio soprannome” gli disse, cercando di salvare la situazione. Vegeta lo guardò con sufficienza, ma stava morendo dalla curiosità di saperlo. Perché doveva avere un soprannome e lui no? “Sentiamo, quale sarebbe questo soprannome?” chiese, con aria appena sufficiente, ma Goku capì che era interessato. Gonfiò il petto, orgoglioso. “Goku” disse, aspettandosi di creare chissà quali urla di felicità. L’altro sayan diede prima uno sguardo al maestro, che pareva ancora guardare il vuoto, e poi a… Goku? No, Kakaroth! “Goku? Ma è stupido!” disse con cattiveria. Lo voleva lui un soprannome! Quello stupido di terza classe non poteva avere qualcosa in più di lui. “Non è vero! Non è stupido! Vuol dire “re delle scimmie”” si difese il più piccolo. “Tu? Re? Ma fammi il favore… Sono io il re! Quindi Goku è mio!” contrattaccò Vegeta/Goku. “Non puoi prenderti il mio soprannome! È mio! E poi dici che è stupido!” queste ingiustizie Goku/Kakaroth non le tollerava. Vegeta/Goku per un attimo non seppe come contrattaccare senza smentire qualcosa detto da lui, insomma lui diceva solo cose vere e giuste, quando gli venne l’illuminazione “è stupido solo se lo hai tu perché tu sei stupido! Invece io sono intelligente! E quindi se io sono Goku, Goku è intelligente!” finì orgoglioso della sua inattaccabile tesi. Goku/Kakaroth gonfiò i polmoni pronto a urlare la brillantissima risposta che doveva ancora venirgli in mente, quando fu fermato dal maestro, che sembrava essersi svegliato, nonostante guardasse ancora dritto davanti a se e  avesse mosso solo le braccia. “Fermi. Chi di voi due vincerà il combattimento, avrà come soprannome Goku. Perde chi cade a terra. Via” disse senza particolare intonazione nel tono. i due allievi lo guardarono sbalorditi per un attimo, poi si alzarono in volo. “Vincerò io Kakaroth!” gridò Vegeta/Goku, sottolineando bene il suo nome. “Non contarci Vegeta!” disse l’altro, con la stessa intonazione dell’altro nel pronunciare il nome. Girarono per un attimo in tondo, poi Kakaroth/Goku si buttò sul maggiore, non attendendo altro tempo. Voleva il suo soprannome, e lo voleva subito. Iniziarono a prendersi a cazzotti, pugno, paro, pugno, paro, con velocità disarmante. Ognuno dei due prese qualche colpo dall’altro, ma quando presero il ritmo, la situazione era in una specie di stallo. Dopo parecchi minuti, Vegeta cominciava a stancarsi. Non si può andare avanti così, pensò. Alla fine nessuno dei due avrebbe vinto e si sarebbero solamente stancati. Così diede un calcio al basso ventre dell’altro e Kakaroth, preso di sorpresa, per un attimo scivolò nel vuoto. Gli aveva fatto davvero male. Riprese però subito quota, un calcio non l’avrebbe battuto. “ah si? Stai giocando a questo gioco? E allora giochiamo” gli disse in tono di scherno, per provocarlo ancora un po’. Le parole sortirono l’effetto desiderato e Vegeta riprese a prenderlo a pugni e calci, non riuscendo a reprimere un sorrisetto però. Entrambi si stavano divertendo. Nessuno dei due aveva mai combattuto con qualcuno allo stesso livello. E, anche se Vegeta era un po’ più grande, aveva solo avuto a disposizione uomini che pur di non essere inceneriti dal re, facevano finta di perdere. Kakaroth aveva avuto l’impietoso Radish e l’altrettanto duro padre, che non avrebbero fatto finta di perdere neanche se il piccolino si fosse messo in ginocchio con le lacrime agli occhi. Kakaroth parava e basta, mentre Vegeta voleva un po’ più di azione, così iniziò a colpirlo con tutta la forza che aveva, non soffermandosi troppo sulla velocità, per costringerlo a contrattaccare. “Ehi!” gridò l’altro, quando un pugno particolarmente feroce lo stava per prendere in faccia. Cosa gli era preso? “Vegeta mi stavi per far male sul serio!” lo rimproverò. L’altro grugnì, non accennando a diminuire la potenza dei colpi. “Stupido di terza classe! Non sai neanche combattere come si deve! Tuo padre non ti ha insegnato proprio niente!” lo istigò il principe. Il più piccolo si arrabbiò sul serio. “Nessuno può insultare mio padre!” e cominciò a prenderlo a pugni sempre più forte, spingendolo verso il basso, sempre di più. Vegeta non si aspettava che lo scontro avrebbe preso una piega del genere. il suo avversario stava rilasciando una quantità di energia enorme, e lo stava mettendo in seria difficoltà. Fu costretto a cominciare a contrattaccare, ma questo fu solo a suo svantaggio, perché lasciò scoperto molti punti. Ormai era vicinissimo a terra e, con un calcio ben assestato, si schiantò. Il principe rimase sbalordito. Il reietto di terza classe lo aveva battuto. Non ci poteva credere. Ancora scioccato, guardò verso il moccioso che aveva ripreso lo stesso livello energetico e sorrideva di nuovo, con quel sorrisone stupido. “Sono io Goku! Ho vinto il soprannome!” gridò entusiasta. Vegeta si alzò subito, tentando si darsi un contegno, e salvare l’orgoglio. “In fondo non lo volevo neanche quello stupido soprannome. Mi stavo annoiando e ti ho fatto vincere apposta” disse, alzando il mento con fare altezzoso. Il sorriso che Goku aveva in faccia si afflosciò subito. Vuol dire che non era così bravo? “Davvero?” chiese sconsolato. Guardandolo, all’altezza dello stomaco Vegeta provò qualcosa di strano. Sarà qualche livido, si giustificò. “Si, davvero. Ma puoi tenerti il tuo stupido soprannome Kakaroth” pronunciò con disprezzo, sentendo un’altra stranissima sensazione all’altezza del petto quando vide il sorrisone stupido espandersi sul volto di quel reietto. “Grazie Vegeta!! Ci vediamo domani allora! A domani maestro! Sto morendo di fame!” salutò la sagoma immobile del maestro che ancora fissava il vuoto davanti a se, e quella del piccolo principe che lo guardava stralunato. Cosa? Niente festeggiamenti per la vittoria? Non lo prendeva di scherno? Non lo insultava?. Poi Goku si girò di nuovo. “Ehm… qualcuno sa dirmi dove devo andare a mangiare?” chiese grattandosi la nuca. Ma cos’aveva, una pulce sul collo? Si chiese ancora più perplesso il principe dei sayan. Il giorno dopo avrebbe dovuto batterlo. Quindi, visto che il maestro non accennava a muoversi, e quel pivello sembrava sul punto di morire se avesse saltato il pasto, decise di accompagnarlo. Ma solo per batterlo il giorno dopo, sia chiaro. Mentre faceva tutte queste elucubrazioni, Vegeta si era incamminato, borbottando un “Seguimi”. Goku gli trotterellò dietro, contento. Quel bambino era simpatico, in fondo.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Hello! Eccomi qua con quest’altro titanico capitolo! Cosa ne pensate? Io sinceramente trovo troppo coccoloso Vegeta. Non so, lo prenderei e lo stritolerei fino a che non viene Goku a liberarlo. Così stritolo un po’ anche lui :3. Visto che sono riuscita a renderlo Goku? Non so neanche da dove mi è venuta l’idea. E neanche di una Falck mamma chioccia. L’avevo immaginata come una guerriera fortissima, e sarebbe entrata più tardi, ma una mamma per Goku era troppo allettante. Insomma, qualcuno che l’avrebbe reso meno sayan cattivo, con cui discutere dei problemi di cuore e a cui presentare il proprio fidanzato… non credo che Bardack, Radish e Goku si rivedranno tanto spesso. Nel prossimo capitolo ci sarà un salto nel tempo!  E si entra nel vivo della storia. Vi lascio andare. Commentate!
BACI

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


Caro papi padre,
Qua va tutto bene, gli allenamenti procedono bene a meraviglia. Il mio livello di potenza aumenta ogni giorno di più. Ti ricordi quel colpo che ti avevo detto aver imparato qualche tempo fa? L’onda energetica? Ho imparato a perfezionarla e riesco a usarla perfettamente. Io e Vegeta ci alleniamo molto, poi ogni tanto mi fa compagnia in mensa perché dice che “Sei solo un reietto di terza classe con lo stomaco senza fondo, e se non ti controllo io finirai per scoppiare e non potrò più distruggerti”, ma io so che lo fa perché molto infondo mi vuole bene.
Il cibo…


“Kakaroth che idiozie sono queste? Io volerti bene? Cosa si inventa il tuo cervello bacato?” disse un isterico e piuttosto imbarazzato principe dei sayan, con la penna ancora in mano. Goku si grattò la nuca “Dai tanto lo so che me ne vuoi” Vegeta storse il naso, alzando il mento. “Non so neanche come hai fatto stupido reietto di terza classe a convincermi anche questa volta a correggerti la lettera. Ma non vai a lezione anche tu, stupido idiota privo di encefalo?” sbraitò di nuovo, per cambiare discorso. Quel babbeo lo disorientava con questa dimostrazioni di “sentimento”. Tutta colpa di quell’aliena. Ha una brutta influenza sui suoi ultimi 2 neuroni rimasti, pensò “uff quanto fai il difficile… ti ho chiesto solo un favore da amico!” cercò di persuaderlo Goku. “Kakaroth noi non siamo amici. Siamo solo compagni di addestramento e di lezione…” lo corresse rabbioso il principe,“… e di posto a mensa, e di legione, e quando andiamo a fare la pausa tra gli allenamenti e le lezioni, e la sera quando il re ci da il permesso di uscire…”  continuò  Goku, contando sulla punta delle dita “… e alle gare di lotta, nelle risse di strada… devo continuare?” finì  ridendo “Ammetti che mi vuoi bene e che siamo amici?”  domandò a quel musone. Non avrebbe mai capito perché faceva tanto il duro. Facevano tutto insieme e più di una volta era lui a cercarlo, eppure continuava ad ostinarsi che lui era solo uno… “Stupido reietto di terza classe” borbottò “Io sono il principe dei sayan!” sbraitò come se fosse la soluzione a tutti gli enigmi. In effetti per lui era proprio così, adesso che l’altro ci pensava. “Vediamo quanti altri stupidi errori hai fatto in questa stupida lettera alla tua stupida famiglia di terza classe” chiuse il discorso. Goku si mise a ridere. Non sarebbe cambiato mai.

…è buonissimo, Falck cucina molto bene. Il figlio, Cache,  è molto simpatico, peccato che è così piccolo, ha quasi 5 anni meno di me, se no potrebbe allenarsi con Vegeta e me noi . Sono cresciuto molto negli ultimi tempi, sia di  corpo massa muscolare che altezza, ormai supero abbondantemente Vegeta, sono alto come te l’ultima volta che ci siamo visti…

“Non è vero che sei più alto di me!” ringhiò di nuovo Vegeta. Lui non era più basso di Kakaroth. Erano alti uguali. Lui era più grande. E poi era il principe dei sayan. Goku lo guardò alzando un sopracciglio, tattica che aveva imparato a fare benissimo quando si divertiva a copiare quello scorbutico, che puntualmente gli rifilava un cazzotto sul cranio. Ormai era diventato normale che ogni tanto lo facesse. Passando tanto tempo insieme era inevitabile che qualche caratteristica dell’uno passasse all’altro. Peccato che non fosse successo con l’ottimo carattere di Goku . “Vegeta, su questo non puoi obbiettare. Si vede a colpo d’occhio” vedendo che l’altro stava per aprire la bocca, lo precedette “Lo so che sei il principe dei sayan ed hai 21 anni e io 19. Non c’entra niente. e ora potresti farmi il grande piacere di finire di correggere quella lettera? Poi ci picchiamo” disse con un tono di voce accondiscendente, come se Vegeta fosse un bambino capriccioso. La vena sulla fronte del principe svettava come  una montagna in mezzo a km di pianura, pulsando dolorosamente. Dalla bocca del principe uscì un ringhio e una serie di imprecazioni molto poco principesche, poi continuò a leggere la lettera.

… Come va la vita a Soniroy? Come sta Radish? Da un po’ di tempo a questa parte Radish non risponde più alle mie lettere. Spero non sia arrabbiato per qualcosa che ho fatto. Salutamelo. Fammi sapere presto tue notizie,
Goku Kakaroth


“Ehi perché hai cancellato il mio nome?” chiese perplesso il più giovane. Vegeta si massaggiò le tempie, che rischiavano di scoppiare “Perché, idiota di un testone, tuo padre non sa chi accidenti sia questo “Goku”! non so se te ne sia dimenticato ma per la maggior parte delle persone normali, ti chiami col tuo vero nome, cioè Kakaroth!” e, detto questo, gli diede un pugno sul naso. “Ahi!” esclamò l’altro, massaggiandoselo. Quel giorno Vegeta era particolarmente nervoso. Di solito quando lo picchiava lo faceva sul braccio o nello stomaco, la faccia la teneva per i combattimenti, e poi mai così forte. Diceva: “Non voglio sfigurare avendoti accanto che piagnucoli per un po’ di sangue dal naso!” e poi malediceva qualche Dio vario per la sua triste sorte. Oggi invece era la terza volta che gli tirava un cazzotto in faccia, due sul naso e uno sullo zigomo. Ed erano le 8 del mattino. “Forza andiamo a colazione” disse allontanandosi, senza curarsi dell’altro che si lamentava. Non vedeva l’ora che quella giornata finisse. Avrebbe dovuto scegliere una compagna, la futura regina dei sayan, e non gli piaceva affatto. Sentiva un sapore amaro in bocca. “Vegeta aspettami!” disse Goku saltellandogli dietro “Perché sei così nervoso?” gli chiese, preoccupato “Non sono fatti tuoi.” Rispose atono “A me puoi dirlo! Non lo dico a nessuno! Giurin giurello…” un altro pugno sul naso. Di questo passo gliel’avrebbe rotto. Ma che gli importava? Se serviva a farlo stare zitto, ben venga, pensava il principe. Come aveva fatto a crescere così stupido nonostante avessero avuto praticamente la stessa educazione? Quei 5 anni da Bardack devono averlo rovinato irrimediabilmente. “Stai zitto” sibilò, e l’altro sembrò farsene una ragione, mugugnando qualcosa come “Ahia che male” per poi seguirlo senza dire una parola, con lo sguardo triste. Voleva solo aiutarlo, non farlo arrabbiare!. A Vegeta, che si era girato un attimo per guardarlo, tornò quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco. Diversamente da tutto quello a cui era abituato, più la sensazione si presentava, più per lui era difficile debellarla. E quella situazione si presentava da sempre, non aveva più memoria di quando fosse stata la prima volta. C’era una sola cosa, che la faceva cambiare. Sbuffò pesantemente. “Oggi faccio colazione con te, altrimenti ti ingozzi troppo e più tardi abbiamo il ricevimento di mio padre” soffiò, mettendo da parte un attimo l’orgoglio, come in quelle particolari situazioni aveva imparato a fare. A Goku si illuminarono gli occhi e tolse le mani dal naso, che aveva cominciato a sanguinare abbondantemente, facendo un gran sorrisone. Quello era il suo personale modo di scusarsi, e lui lo sapeva bene. “Che bello!” gridò entusiasta mentre un altro rivoletto di sangue scendeva. Doveva averglielo proprio rotto, pensò il principe. Come al solito, il dolore allo stomaco si spostò più su, al petto, facendolo finalmente respirare bene. Avrebbero dovuto studiarlo quel fenomeno. Era andato più volte dal medico regale ma nessuno gli aveva mai spiegato cos’era. Alzò gli occhi al cielo. “Kakaroth stai grondando sangue. Sei talmente debole. Passiamo dalla tua amica aliena” disse scocciato. Questo modo apparentemente disinteressato di dimostrargli che ci teneva a lui era l’unico che il Vegeta inconsciamente si concedeva. Il principe non avrebbe mai dimostrato che gli voleva bene, Goku lo sapeva benissimo. Come sapeva che non l’avrebbe mai chiamato Goku. Si diressero quindi verso le stanze di Falck e della sua famiglia.
 
Falck, suo marito Loveno e Cache abitavano nell’ala est del castello, quella riservata alla servitù. Anche Goku per un periodo era vissuto là, poi era entrato nelle simpatie del re, essendo un guerriero più che valido e, nonostante non lo ammettesse, del figlio. Ora abitava nell’ala centrale, un piano sotto la camera di Vegeta, nel posto degli ospiti d’onore. Al principe non era andato molto giù quel cambio di posti, ma aveva avuto accettarlo per forza.  I piani originari erano stati che quel piccolo sayan sarebbe rimasto un anno solo, per poi essere riportato dal padre, ma era stato così promettente che sia il maestro che il re in persona, avevano trovato sconveniente rilasciarlo, per continuare lì l’addestramento. L’avrebbero reso una fedelissima macchina da guerra. Di questo “cambio di programma” sapevano solo il re e il maestro.
Arrivarono dopo poco davanti alla porta, e Il più alto bussò, visto che il principe teneva le braccia ostentatamente incrociate. Aprì un uomo apparentemente uguale  a ogni sayan, con capelli neri lunghi scompigliati e una corporatura forte, ma era senza coda e con gli occhi completamente neri. “Goku! Cosa ci fai…” non fece in tempo a finire la frase che quello si tolse le mani dal naso, mostrandolo completamente sfracellato e pieno di sangue. “Ciao Loveno, un incidente di percorso” disse grattandosi la nuca. L’altro sospirò. Non sarebbe cambiato mai. “Dai entra. Falck! C’è Goku!” urlò all’interno della casa, aprendo ancora di più la porta per farlo entrare. Lui entrò, sgocciolando da tutte le parti. L’alieno fece per chiudere la porta quando il sayan lo fermò. “Aspetta c’è Vegeta!” poi guardò fuori e lo vide ancora in corridoio, attaccato al muro e con le braccia incrociate. “Entra forza!” lo esortò. Lui fece una smorfia “Non entro negli alloggi della servitù. Sbrigati che non ho tempo da perdere” Goku fece spallucce e chiuse la porta. Si sedette al tavolo, pronto a ricevere le cure e correre a mangiare. Stava morendo di fame! “Oh, Goku! Sei sempre il solito! È mai possibile che devi sempre andare a sbattere da qualche parte?” la materna voce di Falck sopraggiunse tra i suoi gorgoglii di stomaco. Si grattò la nuca “Ehm… veramente è stato Vegeta con un paio di cazzotti…” disse, come per scusarsi. L’aliena si sistemò la lunga treccia dietro la schiena e si mise le mani sui fianchi, con una smorfia di disappunto. Doveva smetterla di fare male alla sua scimmietta. Non capiva poi perché lui gliela facesse sempre passare, andandogli ancora dietro. Passi che era il principe, ma era un gran maleducato. Lo sguardo di lei mentre prendeva le pezze era eloquente, e il sayan capii cosa le stava passando per la testa “Vegeta non è cattivo! È solo che ogni tanto lo faccio innervosire un po’ troppo e mi prende a pugni...” vide l’occhiata che gli lanciò, pronta a ribattere, e continuò “di solito lo fa anche delicatamente! Le ferite si rimarginano da sole! E poi anch’io lo prendo a pugni! È solo che oggi era parecchio nervoso di suo… ma sono sicuro che è molto dispiaciuto!” lei lo guardò un'altra volta. Sempre a difenderlo, anche quando gli faceva male. Quel ragazzo aveva il cuore d’oro. “va bene, alza la testa ora. Brucerà un po’” e gli mise una pezza imbevuto di un liquido non identificabile su tutta la faccia. “Ahia!!” gridò lui, ricevendo un buffetto “Sta zitto! È colpa tua se stai così e ti fai maltrattare. Altri 2 minuti e poi sei come nuovo”.
Come promesso, dopo due minuti di “tortura atroce” il volto del giovane era completamente rigenerato. Ringraziò calorosamente Falck e salutò Loveno, per poi dirigersi trotterellando da Vegeta, che era rimasto ad aspettarlo immobile fuori dalla porta, per poi tirargli uno scapaccione per averlo fatto attendere troppo, ricevendo come risposta una risata. Falck pensò che avevano proprio uno strano rapporto, ma non aveva potuto fare a meno di notare la scintilla di preoccupazione baluginata negli occhi solitamente inespressivi del principe.
Dopo una sostanziosa colazione, in cui non erano mancati i delicatissimi pugni del principe, che stranamente però aveva avuto la premura di non dirigergli in faccia, andarono agli allenamenti. Il maestro era come al solito lì ad aspettarli, fissando il vuoto. Goku si chiedeva se si spostasse mai da quel tappeto, o se muovesse mai le pupille da quel punto indefinito davanti a se, o anche cambiasse intonazione della voce. Gli accolse con un caloroso silenzio e loro si sedettero davanti a lui, dopo aver litigato per chissà quale motivo per il tappeto alla destra del maestro, che alla fine aveva avuto Goku. Attesero con impazienza che il maestro dicesse loro qualcosa, e dopo parecchi minuti, degnò loro ascoltare il suono della sua voce “Oggi non si combatte” dichiarò, lasciando due allievi ben più che stupiti. Come non si combatte? Vegeta l’avrebbe sicuramente riferito al padre. “Oggi si fa la meditazione. Si sta in silenzio, a gambe incrociate, per trovare la risposta alle proprie domande, ascoltando solo il respiro” erano entrambi parecchio perplessi, e Goku si girò verso Vegeta per vedere se ci capiva qualcosa. Lui, stranamente, mostrava stupore e incomprensione. Il più giovane allora alzò la mano, come un bravo scolaretto, per attirare l’attenzione del maestro. Dopo averla sventolata per un po’, e non aver ricevuto risposta, si sedette a gambe incrociate. “bè, tanto vale fare come ha detto. Un pisolino non nuoce a nessuno. Buonanotte Vegeta!” detto ciò chiuse gli occhi. tempo 5 minuti e si potè sentire il suo allegro russare. Vegeta si batté una mano in faccia. Che caso disperato! Dormiva pure in piedi. Con tutta intenzione di mandare al diavolo i suoi buoni propositi di non tirargli più pugni in piena faccia e di svegliarlo in quella dolcissima maniera, si avvicinò e si mise in ginocchio davanti a lui, pronto a colpire, quando, a un tratto, la sua visuale cambiò. Guardò i capelli neri che si arruffavano leggermente al lieve passaggio del vento, le guance arrossate, la bocca morbida leggermente socchiusa, gli occhi chiusi contornate da ciglia incredibilmente lunghe, i muscoli rilassati che si vedevano perfettamente sotto la tuta attillata, e si vide arrossire. Kakaroth era davvero bello. Non l’aveva mai guardato sotto questa prospettiva e il terrore che lo potesse vedere inginocchiato davanti a lui che arrossiva come una ragazzina mentre lo fissava lo riempì, facendolo indietreggiare immediatamente verso il suo tappetino incrociando le gambe e chiudendo gli occhi. Aveva il fiatone. Cosa gli era successo? Sperò con tutto il cuore che il maestro fosse troppo intento a fissare il vuoto per averlo visto in quella condizione. Calma Vegeta. Sei il principe dei Sayan per la miseria! E questo cosa significa? Gli disse una vocina nella sua testa. Rimase spiazzato. Cosa significava? Lui… lui non lo sapeva. In quel momento non sapeva davvero niente. sarà stato lo stress. Ecco lo stress, si disse. Lo stress? Sei sicuro? Era sempre quella vocina in fondo alla sua testa. Avrebbe voluto zittirla a forza di dare craniate al pavimento. Poteva farlo. Sbuffò, chiudendo ostentatamente gli occhi. Si, lo stress. Forse.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Ladies and Gentleman, Signori e Signore, ecco a voi il 3 capitolo!! Spero vi sia piaciuto! Io lo trovo carinissimo. Specialmente la parte finale. Vegeta inizia a capire. Ma dopotutto le donne hanno un sesto senso per questo tipo di cosa. la mia piccola donnicciola mestruata ** ok basta. Avevo pensato di mettere in questo capitolo anche l’incontro con il padre, ma poi forse era un po’ troppo e quindi metterò tutto nel prossimo capitolo. Vediamo se si sveglia Goku. Bon, al prossimo capitolo! Ditemi cosa ne pensate. Ah, ringrazio tutte quelle splendide persone che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite e chi l’ha commentata! A chi ho detto che avrei pubblicato dopodomani chiedo perdono, ma non riuscivo a resistere!!!
Bacioniiiiii

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4


Finito di fare meditazione/sonnellino i due sayan si cambiarono e poi si diressero verso la sala da pranzo reale. Goku, sorprendentemente rilassato, Vegeta, ancora più nervoso e sul punto di scoppiare. Il primo non si capacitava proprio lo strano umore dell’amico. Insomma, era solo un pranzo con il re, come ne avevano fatti a centinaia! Avrebbe dovuto essere più nervoso lui, non essendo suo padre, ma semplicemente il re. Non parlarono molto, semplicemente perché Goku non aveva voglia di presentarsi con il completo buono imbrattato di sangue.
Arrivati davanti al massiccio portone, Vegeta esitò un attimo prima di farsi annunciare. Poi, preso un bel respiro, entrarono. “Il Principe dei Sayan Vegeta e Kakaroth figlio di Bardack di Soniroy, sua Altezza” esclamò una guardia, poi loro si accomodarono attorno all’enorme tavolo. La sala era grande e sfarzosa come la sala del Trono, grande quanto essa, e praticamente uguale se non per i diversi affreschi sul muro e l’enorme tavolata che occupava tutta la sala, senza troni in fondo. A capo tavola era seduto Re Vegeta, alla sua sinistra la moglie, in un evidente stato di gestazione. Sia Vegeta che Goku sussultarono appena alla sua vista. Era da molto che nessuno dei due la vedeva, sempre troppo occupati, e trovarla incinta nonostante fosse passato il periodo più consono per una gravidanza era una sorpresa. Dall’altra parte del tavolo erano sedute una vicino l’altra due fanciulle, vestite con innumerevoli veli, una di azzurro e l’altra di arancio, una più bella dell’altra. Il posto di Vegeta era dall’altro capo del tavolo rispetto al padre e quello di Goku nella parte della tavolata solitamente interamente riservata alla regina, al posto più vicino al principe.  Il re iniziò a parlare “Vegeta, Kakaroth, siete entrambi adulti ormai. È il momento di trovarvi una compagna. Kakaroth, so che non sarebbe mio pieno diritto scegliere quale sia il momento più opportuno per trovarti moglie ma ti considero ormai come un figlio, ed essendo arrivata l’ora della scelta per il mio biologico, ho pensato fosse appropriato dare anche a te questo onore. In questa sala ci sono le due sayan più belle di Vegeta sei. Soleil, figlia del vassallo delle terre Kadar, sarà tua moglie Kakaroth.” E così dicendo indicò la fanciulla vestita di azzurro. Aveva un viso sottile, grandi occhi scuri e altrettanto scuri capelli, vaporosi e all’apparenza soffici, che scendevano morbidamente sulle spalle. Aveva un seno prosperoso e dei fianchi larghi. Era bella pensò Goku. Non capiva però il pressante dolore al cuore. Quella si alzò e fece un breve inchino al futuro marito. “ E Moyana, figlia del vice re, sarà tua moglie Vegeta. La futura regina.” e la ragazza ancora seduta si alzò, facendo un inchino al principe e al re. Aveva uno sguardo fiero, capelli lunghissimi neri in una treccia contornata da fili d’oro, labbra piene, corporatura normale. “Ora mangiate e bevete” finito il discorso con tono gelido, incominciò a mangiare. Gli occhi di Goku erano grandi quanto un piatto, mentre quelli di Vegeta si erano ridotti a due fessure, tentando di reprimere quella disperazione che tanto lo stava opprimendo. Anche la regina incominciò a mangiare, seguita dalle sayan e da Goku, che nonostante lo sconforto, non poteva rinunciare a una tavolata così ben imbandita. Non si sentiva per niente pronto a una moglie. Lui non ci aveva mai neanche pensato, a mettere su famiglia. Certo era stato con più di una donna ma non aveva mai provato con nessuna quello che pensava avrebbe dovuto esserci per crescere dei piccoli sayan. Solo sesso. Insomma, un minimo di sintonia, come tra Loveno e Falck. Stranamente, si rese conto che la sensazione che avrebbe dovuto avere secondo lui con una compagna era la stessa placida solidità che aveva con Vegeta. Nonostante loro fossero tutto fuorché placidi, con lui si sentiva al sicuro e aveva una certa sintonia. Nei pochi campi di battaglia in cui erano stati, sembravano leggersi nel pensiero. Quando lui non capiva qualcosa nelle radi lezioni, l’altro lo aiutava. Se Vegeta non riusciva a fare un colpo, Goku senza che l’altro se ne accorgesse lo aiutava. Notò che Soleil lo fissava e restituì lo sguardo, leggermente imbarazzato. Infondo sarebbe stata sua moglie. Dall’altro capo del tavolo, Vegeta mangiucchiava svogliato la sua porzione. Non aveva per niente fame, ma se non mangiava il padre lo avrebbe ripreso e sinceramente non ne aveva voglia. Guardò la sua futura moglie, ma non provò niente. né un voglia morbosa del suo corpo né una curiosità più che lecita. Niente. Con la coda dell’occhio vide che l’altra ragazza fissava intensamente Kakaroth e quell’idiota ricambiava lo sguardo. Improvvisamente sentì un moto d’odio per lei, l’avrebbe volentieri incenerita, però avrebbe sporcato le tende e la madre si sarebbe alterata. Poi si ricordò che era la sua futura moglie e stranamente questo non lo rincuorò. Guardò la futura regina dei sayan, ma stranamente il suo sguardo veniva calamitato da quella impertinente che fissava Kakaroth con intensità. Insomma, non erano ancora sposati! Si costrinse a deviare lo sguardo, andando verso l’altra  per l’ennesima volta. Troppo gracile,  i capelli troppo comuni , i seni troppo grandi… avrebbe voluto trovarne qualcuna con i capelli particolari, forte, un sorriso ampio, dei bei pettorali… inorridito, si rizzò a sedere come se gli avessero dato una scossa elettrica. Cosa diamine stava blaterando? Scosse la testa e addentò con forza la coscia di pollo. Lanciò uno sguardo a Kakaroth, che aveva smesso di guardare la ragazza e aveva ricominciato a mangiare. Stranamente questo gli fece smettere di pulsare la testa, e  lo spaventò ancora di più. Dopo che ebbe finito faticosamente tutto il pollo che aveva nel piatto, uno sguardo andò al compagno, che in quel preciso istante  stava volgendo il capo verso Vegeta. Entrambi si sentirono scossi da una strana corrente elettrica e deviarono subito la loro attenzione.
 
Dopo molto tempo, né Goku né Vegeta avrebbero saputo dire quanto, il re si alzò e quel teso silenzio interrotto solo dal rumore delle posate o della bocca che masticava diventò un silenzio tombale, definitivo. Immediatamente tutti in quella sala si bloccarono “Bene, ora che vi siete potuti vedere è il momento della grande notizia: entro la fine di quest’anno sposerò Vegeta e fra due anni sposerò Kakaroth, sotto la mia benedizione. Siatene rallegrati, pochissimi hanno la benedizione del re al loro matrimonio. Fanciulle, potete andare” e con un gesto della mano le congedò. Loro fecero un breve inchino e se ne andarono. “Vegeta, Kakaroth, potete andare anche voi, altrimenti farete tardi agli allenamenti.” E congedò anche loro, che erano diventati due statue di ghiaccio. Si riscossero e con un cenno del capo se ne andarono. Il re ghignò. Il suo piano stava andando alla perfezione. Il ragazzo gli sarebbe stato eternamente grato per avergli dato la benedizione al suo matrimonio, e per di più avergli concesso una delle ragazze più belle. Non avrebbe mai potuto essergli disobbediente. Qualsiasi cosa gli avesse chiesto. Qualsiasi cosa.
 
I due sayan camminavano in silenzio verso l’ala centrale, dove sarebbero andati nelle loro stanze per cambiarsi e andare di nuovo alla lezione. Erano impietriti, entrambi. Sposarsi? Non entrava per nulla nei loro programmi. O almeno, il principe l’aveva messo in conto, ma non prima dei trent’anni, insomma avrebbe dovuto avere un erede. Ma Goku? Lui pensava solo a combattere. Aveva provato ad andare più di una volta con una donna ma non gli era piaciuto granché e sempre se non era ubriaco fradicio evitava. Preferiva di gran lunga combattere. Adorava quando lui e Vegeta capitavano in qualche rissa. Si sentiva in pace con se stesso. Ripensando all’amico, gli venne un colpo al cuore. Cosa poteva essere? Forse era solo scosso dal fatto che in così poco tempo avrebbe fatto un passo così importante. E avrebbe avuto molto meno tempo per allenarsi con lui, sempre più impegnato nelle missioni per imparare a dirigere come un vero re. Forse era quello. Gli diede un occhiata, nel suo abito buono, il mento meno altezzosamente alzato del solito e il busto leggermente chino, particolari che solo lui che ci passava così tanto tempo avrebbe potuto notare. Per il resto del mondo poteva sembrare il solito principe strafottente di sempre, con l’aria imbronciata e il passo sicuro. Ma lui era più che certo che c’era qualcosa che lo turbava. “Cosa c’è che non va?” gli chiese, non sapendo se si stava riferendo a come stava o alla sgradevole sensazione che provava lui stesso. Come se ci fosse qualcosa ad opprimerlo. Era da un po’ che nessuno parlava e quella frase decisa, apparentemente calcolata, aveva fatto leggermente sussultare il principe, involontariamente. Si diede dello stupido per essersi spaventato di Kakaroth, ma era con la testa tra le nuvole. Quelle sensazioni la mattina, il matrimonio imminente, la madre, nonostante l’età, incinta, il pressante bisogno di qualcosa che gli sfuggiva, il senso di oppressione.  “Niente” ringhiò di rimando, tentando di ripristinare quel religioso silenzio. L’altro gonfiò le guance. Vegeta chiuse gli occhi. Entrambi sapevano cosa sarebbe accaduto di lì a poco, ma l’altro o era troppo stupido o non aveva un minimo di istinto di autoconservazione. “Sicuro?” contrattaccò Goku, continuando a persistere. Il più grande strinse i pugni. Eccola stava arrivando. “Si Kakaroth più che sicuro” disse relativamente calmo, cercando di finire la questione prima di scoppiare sul serio. “Ma proprio sicuro? Perché a me non sembra! Sai che a me puoi dir…” non riuscì a terminare la frase che gli arrivò un cazzotto ben assestato sul naso, che riprese a sanguinare copiosamente. Ecco rovinato il completo nuovo. “Kakaroth te l’avevo detto di star…” e, sorprendentemente, all’altro arrivò un destro sullo zigomo, che lo fece andare leggermente indietro. “E adesso basta Vegeta! Non puoi prendertela sempre con me anche quando non faccio nulla! E io non faccio mai nulla!” gridò Goku, senza un motivo ben preciso. Poi si rese conto di quello che aveva realmente  fatto, e si mise a guardarlo a bocca aperta, attendendo una reazione. Lui non era inclito a picchiare qualcuno senza un motivo più che valido. Non era inclito a picchiare Vegeta, se non durante gli allenamenti, o per gioco. Mai per rabbia. Ma si sentiva talmente frustrato, ed era stato il modo più semplice di sfogarsi, istintivamente. Anche l’altro si meravigliò del pugno ricevuto. Non ci poteva credere. Kakaroth gli aveva davvero dato un pugno per rabbia. Come un verso sayan. La cosa avrebbe dovuto renderlo felice, o per lo meno sollevato, che tutto non fosse andato perduto, ma lo rese ancora più abbattuto. Il perché? un mistero. Sentiva solo uno strano pizzicore allo zigomo, mentre colava un rivolo di sangue, e… agli occhi. mentre si rendeva conto di quello che accadeva, una rabbia potente montò in lui. Non gliel’avrebbe fatta passare liscia. “V-Vegeta scusami… davvero io…” iniziò balbettante Goku, ma il principe si avvicinò repentinamente, iniziando a prenderlo a pugni. Andava velocissimo e il più giovane non riuscì a contrattaccare, prendendo un pugno dopo l’altro. L’aveva fatto davvero arrabbiare. “Stupido reietto di terza classe… io sono il principe dei sayan!! Come hai osato!” ringhiava furibondo l’altro. Goku dopo poco si era stancato di soccombere e aveva iniziato a contrattaccare, scaricando tutta l’ansia, il dolore, la confusione della giornata. “Io come ho osato? Volevo solo essere gentile, e tu come al solito mi prendi a pugni!” disse tra un colpo e l’altro. Con un calcio piuttosto potente, Vegeta spinse Goku fuori dalla finestra, lanciandolo nel vuoto. Quello, dopo un attimo di smarrimento, prese il volo, seguito a ruota dall’altro. “Te lo meriti Kakaroth! Io sono il principe dei sayan e merito rispetto!” sbraitò l’altro, mentre deviava con maestria ogni colpo. “Rispetto? Tu non sai cosa vuol dire rispetto! Non hai rispetto per nessuno, all’infuori di tuo padre, come puoi pretendere che gli altri te lo diano?” ringhiò sempre più arrabbiato Goku. Vegeta rimase un attimo immobile, quel tanto che basto all’altro combattente per spedirlo con una sfera di energia a terra, nel giardino reale, affrettandosi a seguirlo. L’altro, quando atterrò facendo un buco in mezzo alla vegetazione, si rialzò come se niente fosse, facendo solo un basso ringhio. “Il rispetto mi è dovuto per nascita! Io sono di sangue reale, la mia stirpe ha sempre dominato questo pianeta e ha dato onori e glorie, difendendolo con orgoglio! perché poi dovrei rispettare degli individui sotto di me? L’unico con più potere di me è mio padre! lui lo merita!” disse, mentre lanciava diversi ki blast all’altro, che puntualmente evitava, facendolo arrabbiare sempre di più. Poi gli si buttò addosso, ricominciando la lotta corpo a corpo. Vegeta non gli diede modo di controbattere, picchiando sempre più forte. Non voleva sentire niente. Non voleva sapere niente. Voleva solo sfogarsi.
Continuarono quel combattimento corpo a corpo per un lasso indefinito di tempo, fatto sta che il sole era tramontato, lasciandosi trasportare dai loro istinti, e scaricando tutto quello che avevano dentro. Poi, improvvisamente, il sayan giovane ricordò il discorso di prima. “Niente è dovuto a nessuno! Sono le azioni dei tuoi avi, non le tue! Devi dare agli altri un motivo per essere rispettato! Partendo dal rispettare gli altri! Tu non hai rispetto di tuo padre solo perché hai paura di lui! Il rispetto è ben altro! Vuoi che gli altri provino quello che provi tu per tuo padre?”  urlò tutto d’un fiato Goku, mentre il ritmo dei loro pugni e calci era sempre più calzante, ma meno preciso. Si stavano stancando, ma avrebbero continuato, fino a cadere a terra sfiniti. “Io non ho paura di mio padre!” ringhiò con tutto il fiato che aveva in corpo Vegeta, tirando una ginocchiata molto forte nel petto di Goku, facendogli perdere il respiro per un attimo, e cadendo lontano. Tossì del sangue, piegandosi in due, e per un attimo Vegeta temette di avergli fatto male sul serio. poi però l’altro si risollevò, guardandolo dritto negli occhi, seriamente. Il principe ne rimase incantato. “Guardami negli occhi e dimmi che non hai paura di tuo padre.” gli disse urlando, avvicinandosi di un passo “Guardami negli occhi e dimmi che se non fosse più forte lui, gli rimarresti ancora fedele.” due, tre passi, Vegeta fissava ammaliato i suoi occhi “Guardami negli occhi e dimmi che non hai paura di diventare come lui.” Quattro, cinque passi. Sempre più vicino. Le sue labbra si muovevano ed emettevano suoni, ma l’unica cosa che per il principe esistevano erano i suoi occhi “Guardami negli occhi e dimmi che non sai che c’è un'altra strada” occhi profondi, occhi neri, occhi sinceri, occhi amici, occhi che lo accompagnavano da sempre. “Guardami negli occhi e dimmi che non hai paura” disse sussurrando. Erano un passo uno dall’altro, i nasi così vicini che potevano sfiorarsi, lo sguardo puntato in quello dell’altro. Si avvicinarono ancora di più, fino a che i loro petti ormai nudi non si toccarono leggermente. A quel punto accadde qualcosa di incredibile. Il contatto tra i due corpi, sprigionò mille scintille, energia repressa tramutata in energia buona, che veniva fuori, schizzando in aria come lo scoppiettio del fuoco. I due non accennarono ad allontanarsi, presi solo dall’altro. Pieno di sangue, terra, graffi, escoriazioni della pelle, quasi senza vestiti, un occhio pesto. Goku si rese conto che per lui Vegeta era la cosa più bella mai vista, in qualsiasi modo stesse. L’importante era che fosse essenzialmente lui. Nei suoi modi sgarbati, nel suo fare altezzoso, nei suoi pugni sul naso, nel modo in cui camminava, nel perenne broncio. Erano tutte parti di lui, e non ne avrebbe voluta cambiare una sola. Le loro labbra si stavano per toccare, quando Vegeta girò improvvisamente la testa di lato. Cosa stavano facendo? Cosa gli era preso? Si chiese nel panico guardando Kakaroth. Lo allontanò con una spinta, non troppo forte, perché di forze non ne aveva più, guardandolo con un misto di paura nera e terrore profondo. Lo sbigottimento prese piano piano a prendere spazio anche negli occhi dell’altro sayan, insieme alla paura, a una paura folle. Vegeta indietreggiò, incespicando leggermente, poi spiccò il volo.
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Buongiorno a tutti! Ok iniziamo subito a sclerare. Ho letteralmente il terrore di sapere cosa pensato di questo capitolo. Non un po’ di paura. Il terrore. È il primo capitolo in assoluto che inizia a parlare di un Goku e Vegeta in questo modo e morirei (MORIREI) se fossi finita in quell’orrida bestia che è l’OOC. Io sono la mia critica più severa, ma sinceramente anche la mia piccola critica se la sta facendo sotto. Da questo capitolo dipende la storia. Se sono scivolata nell’OOC, dopo tanto (TANTO) impegno, e due momenti in croce Vegeta/Goku, vuol dire che non riuscirò a portarla avanti e la cancellerò seduta stante. Bene, spero che mi direte presto cosa devo fare!!  Quindi… COMMENTATE PLEASE!!
Bacioni

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5


La camera era completamente buia, non entrava un filo di luce. I mobili erano rotti, la cassapanca gettata a terra. Non sembrava esserci segno di vita, da molto tempo ormai. Senza neanche bussare, un’aliena entrò a passo di marcia dentro la camera, dirigendosi verso le tende e spalancandole. Un mugolio indistinto provenne da una massa informe tra le coperte. “Goku, non puoi andare avanti così!” disse lei, con le braccia sui fianchi. Dall’ammasso di lenzuola venne solo un borbottio, che se ascoltato con molta, ma molta attenzione, poteva assomigliare a un “Buongiorno, eh”. Falck assottigliò lo sguardo. Non poteva rimanere in quello stato vegetativo per molto. Non glielo avrebbe permesso. Se almeno avesse saputo quale fosse il problema! il sayan era venuto da lei per farsi curare, era mezzo nudo e pieno di graffi ed escoriazioni, con un occhio pesto. Lei l’aveva soccorso subito, facendogli un sacco di domande, ma lui non aveva risposto a nessuna , per poi andarsene senza una parola. Non si era visto in giro per tre giorni. Tre giorni! L’aliena aveva pensato fosse per il troppo allenamento, e i vari impegni, ma poi quella mattina aveva incrociato un principe dei sayan da solo per i corridoi che dire isterico e nervoso sarebbe stato un mero eufemismo, e si era diretta subito nella sua camera, trovando la sua scimmietta in quello stato. “Alzati subito da lì! Cosa credevi di fare? Ma, soprattutto, cosa diavolo è successo, si può sapere??” urlò una Falck piuttosto arrabbiata. Senza alcuna voglia, Goku uscì dal caldo bozzolo che lo aveva accolto in quei giorni, mettendosi a sedere. Era pallido e più scarmigliato del solito, notò l’altra. Addolcì lo sguardo, avvicinandosi con premura e preoccupazione. “Cosa è successo?” chiese avvolgendogli le spalle con un braccio, sedendosi accanto a lui. “Non ti sei mai ammalato, e ti conosco da quando avevi 5 anni, quindi posso dedurre che non è un disturbo fisico. Dev’esser qualcosa di più profondo. E dev’essere qualcosa di davvero importante, visto che hai saltato anche gli allenamenti. Dico bene? C’entra per caso Vegeta?” chiese dopo il suo ragionamento ad alta voce. Goku la guardava sbalordito. “Come hai fatto?” domandò con voce roca. Non parlava da tre giorni. Si era rintanato in quella camera e aveva rotto un po’ di mobili, per poi gettarsi nel letto e rimanere lì tutto il tempo, dormendo e pensando. Più dormendo che pensando, veramente. L’aliena sorrise. “Ti conosco troppo bene. Allora c’entra Vegeta. Avete litigato? Vi siete picchiati?” chiese ancora, cercando di cavargli le parole di bocca. Non sembrava molto loquace, quel giorno. Il sayan annuì “ma non è solo questo è…” iniziò lui, ancora indeciso se confidarsi o meno. Aveva detto sempre tutto a Falck, non aveva mai tralasciato nulla. Eppure non sapeva se dirle un particolare così importante. Insomma, non era sicuro neanche lui di cosa dire, di come tramutare quel miscuglio indistinto di emozioni in parole. “… complicato” finì in un flebile sussurro. “Tu provaci, forza” lo incoraggiò quella che per Goku era l’unica madre che avesse mai avuto. “Sono un insieme di sensazioni che… mi confondono. Degli avvenimenti che mi spaventano. Non so che fare!” vide lo sguardo confuso dell’altra, e si ricordò che lei non sapeva niente degli ultimi fatti accaduti. “quel giorno, sono andato dal re che mi ha presentato mia moglie, con la cui mi sposerò tra più o meno due anni, e ha presentato a Vegeta anche la sua, e io non mi sono sentito bene, per niente. sentivo come se avessi una spada sulla testa, che mi stava facendo impazzire, allora per uno sciocco motivo io e Vegeta abbiamo cominciato a combattere…” venne interrotto dall’aliena, che era leggermente scossa dalla rivelazione del ragazzo. Sapeva però che c’era qualcosa di più importante che doveva dirle, e aspettò ad approfondire l’argomento. “Ecco spiegati i tagli…” sussurrò allora. Lui annui, per poi continuare, a voce sempre più alta, sfogandosi. “ e ci picchiavamo con forza, con rabbia, come se non fossimo davvero noi, e abbiamo cominciato a litigare, poi a un certo punto ci siamo fermati e ci siamo avvicinati, e sono scoppiate un sacco di scintille al nostro contatto e…” si bloccò improvvisamente. E, cosa? Cosa era veramente successo tra loro? Falck lo guardò stralunata, esortandolo a continuare. “e…” “e… mi prenderai per pazzo forse, per anormale, ma quello che sto per dire è la verità. Lo stavo per baciare. E mi sembrava la cosa più bella del mondo. Vedevo qualcosa nei suoi occhi, qualcosa di diverso. Poi lui si è voltato, ed è volato via” sussurrò debolmente, come se non avesse più nessuna forza. La mora lo guardò sbigottita, gli occhi enormi. Non sapeva che potessero esistere dei sayan del genere. Neanche nella sua razza, per quanto ne sapeva, esistevano coppie dello stesso sesso. Solo nell’ultimo pianeta in cui era stata, 16 anni prima, quando ancora era un’eremita insieme a suo marito e al figlio piccolissimo, c’erano coppie del genere. Ma aveva pensato che essendo dispari il numero di uomini e donne era questione di necessità, non di personale desiderio. E ora arrivava il suo piccolo Goku, che le diceva di aver desiderato un sayan del suo stesso sesso. Per di più il principe. “Non è per niente normale questo… forse ero impazzito… ma io tuttora a ripensarci desidero quel bacio… ma non posso desiderare un maschio…” balbettò dondolando su e giù Goku, scioccato quanto Falck dalle parole che uscivano come un fiume in piena dalla sua bocca. Non sapeva neanche quello che diceva, semplicemente tentava di rendere quel marasma di sensazioni comprensibili. Adesso che c’era riuscito, si rese conto che avrebbe fatto meglio a rimanere in quello stato di semi coscienza i cui si era calato. L’aliena lo strinse più forte a se. “non so se è normale per la vostra razza…” “No che non lo è!! Non lo è per nessuno!!” la interruppe Goku, terrorizzato. “… lasciami finire. Non so se lo è per la vostra razza, per la mia non lo è, ma ho incontrato una razza in cui è perfettamente normale stare con l’altro sesso. Se quello che provi per lui è amore…” cercò ancora una volta di terminare il discorso, ma venne nuovamente fermata “ma io non amo Vegeta! Siamo solo amici, solamente amici! È stato lo stress di avere una moglie, ecco tutto!” si alzò di scatto, liberandosi dalla presa. Lui non era innamorato di Vegeta. Non poteva esserlo. “Ma l’amore non è mai un male…” tentò con insuccesso Falck di farsi ascoltare. “Ora vado agli allenamenti. Ero stanco e stressato per il mio matrimonio così vicino. Grazie Falck, mi hai fatto sentire meglio!” gridò mentre chiudeva la porta. Lui non era innamorato di Vegeta!
 
Lui non era innamorato di Kakaroth! Si ripeteva come un mantra in quegli ultimi tre giorni. Lui era il principe dei sayan! Il principe dei sayan, misericordia! E lui era uno stupido reietto di terza classe! E stavano per sposarsi, entrambi. E se anche non fossero stati entrambi fidanzati, porca puttana, erano due maschi. Vegeta aveva fatto, di nascosto naturalmente, diverse ricerche sull’argomento, e nessun sayan nella storia  era mai stato con qualcuno dello stesso sesso. O almeno dicevano così gli archivi reali. Lui adorava essere unico, ma essere l’unico sayan a provare qualcosa per un uomo era qualcosa di blasfemo. Inorridì quando si rese conto di cosa aveva pensato. Lui non provava assolutamente niente per quella sottospecie di idiota. Non erano neanche amici! Erano solo compagni di allenamento e lezione .“… e di posto a mensa, e di legione, e quando andiamo a fare la pausa tra gli allenamenti e le lezioni, e la sera quando il re ci da il permesso di uscire…”  gli tornò in mente la voce di Kakaroth, e tentò in tutti i modi di respingerla in un angolo della sua mente.“… e alle gare di lotta, nelle risse di strada… devo continuare? Ammetti che mi vuoi bene e che siamo amici?”. Nonostante gli sforzi, quella tornò prepotentemente a galla, facendogli venire in mente anche la sua risata contagiosa. Involontariamente, un brivido gli percorse la spina dorsale. Diede con forza un pugno al muro, creando diverse crepe tutto intorno e facendogli sanguinare le nocche. Non gli importava però. Voleva solo trovare un modo per sfogare quella terribile frustrazione che lo opprimeva, che lo faceva impazzire. Nella sua vita, se c’era qualcosa che non gli andava bene, bastava ucciderla o cambiarla. Tranne quel maledetto idiota e le sensazioni che derivavano da lui. Vegeta avrebbe voluto picchiarsi fino a scivolare nell’incoscienza, o a guarire quel qualcosa di malato che c’era in lui. Ci aveva provato. Aveva iniziato a sbattere la testa contro il muro della sua camera, che ormai era quasi completamente distrutta, ma erano arrivati i servi a vedere cosa succedeva, e dopo avergli mandati brutalmente via era dovuto rimanere fermo, per non far arrivare al padre voci spaventate del figlio impazzito che prendeva a testate il muro. Si era allenato, costantemente, con tutti i macchinari esistenti nella palestra reale, dall’alba a notte fonda, ma non riusciva a prendere sonno, mai. Non dormiva da tre giorni. Si dava dello stupido, per farsi turbare da quell’inetto, ma non poteva farne a meno. Il principe dei sayan aveva trovato qualcosa all’infuori del suo controllo, e questo lo spaventava ma soprattutto lo mandava in bestia. Ogni volta che stava per scivolare nell’oblio, gli tornava in mente quel momento, quando stava guardando negli occhi l’altro, i loro petti mezzo nudi a contatto e le scintille… e prontamente, schizzava in aria, rompendo qualcosa e tornando ad allenarsi con il maestro che non si muoveva mai da quella postazione. Vegeta strinse ancora di più il pugno, mettendo le unghia nella carne e accigliandosi ancora più del solito. Si buttò sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Perché? si chiedeva. Perché diavolo non riusciva a sbloccarsi da quell’orribile situazione di stallo? Era come se i suoi pensieri, per quanto si sforzasse, fossero tutti incentrati su una sola cosa. Su una stupida, maledetta, persona. Se fosse servito a farlo tornare come prima, Vegeta avrebbe ucciso Kakaroth all’istante. Ma, visto che aveva la sensazione che non sarebbe servito a nulla, evitava di macchiarsi le mani del sangue di quello stolto. Il problema erano le abominevoli sensazioni che provava. Doveva esserci un’altra spiegazione più che logica a tutto quello, ma non la trovava. Nella sua testa le immagini di quella sera si ripetevano all’infinito e rischiavano di farlo scoppiare. Il cuore e le tempie gli martellavano con forza. Digrignò i denti, e si diresse verso la sua unica fonte di minimo sollievo.
 
Appena chiuse la porta dietro di se, Goku potè togliersi quel sorriso forzatissimo dalla faccia. Non aveva mai fatto un sorriso forzato in vita sua, d’altronde era sempre felice. Sospirò, poggiandosi alla porta. Si incamminò per i corridoi che ormai conosceva a memoria, senza una mete precisa. Vagò per un numero di corridoi indefiniti, fino a trovarsi davanti alle cucine, dove per terra, sulla soglia del portone era seduto Cache. Stava giocando con un piccolo affare metallico, che premendo dei pulsanti si spostava a scatti, e sembrava molto concentrato. Gli occhioni arancio erano semichiusi per lo sforzo. Vedendolo, Goku si rallegrò un poco. Gli era sempre piaciuto. Con una mano, gli scombinò la zazzera di capelli neri. “Ehi ragazzino” lo salutò con affetto. Cache notò un’inflessione strana nella sua voce, ma non ci fece caso. “Ciao Goku! Mi aiuti a fare questo cubo?” gli chiese sorridendo, mostrandogli il complicato rompicapo. “Ehm… non è proprio giornata, facciamo un’altra volta, eh?” disse grattandosi la nuca. L’altro lo guardò imbronciato, per poi fare spallucce. “Va bene, come vuoi. Ma cosa hai fatto al principe?” chiese tutto a un tratto, come se lo avessero accennato in un loro discorso di poco prima. Goku era ormai abituato a queste piccole stranezza, ma non smetteva mai di sorprendersi. “E ora cosa c’entra Vegeta?” chiese, cercando di apparire noncurante, ma gli si erano rizzati i peli sul collo. Mentalmente, diede una testata contro al muro. Possibile che anche solo sentirlo nominare gli procurasse certe reazioni?. Il ragazzino alieno storse il naso, fiutando il mal riuscito tentativo di Goku di recitare una parte. “Rispondi, prego” disse semplicemente. Goku lo guardò un attimo, indeciso su cosa dire. La testa gli stava andando in ebollizione, non aveva mai pensato così tanto! “Io non ho fatto niente a Vegeta! È lui ad essersela presa!” sbottò dopo un po’. Cache lo guardò con un sopracciglio alzato, ma lasciò correre. “Bene” terminò, scrollando la testa. Goku si apprestò a salutarlo, quando il ragazzino sembrò illuminarsi “Qualsiasi cosa sia successa, fa male a entrambi covare tutto dentro. Parlatene e chiaritevi” e detto questo, se ne andò. “Io dovrei andare…” morì sulle labbra di Goku, mentre sconsolato gli crollavano le spalle. L’ universo ce l’aveva con lui, era assodato. Ma, tutto sommato, sapeva che aveva ragione. Tutti avevano ragione. Era venuto il momento di parlare di quello che era successo. Decise quindi di dirigersi alla sala dell’allenamento.
 
Il maestro guardava davanti a se, con tutta tranquillità, assorbendo quella meravigliosa giornata in cui il sole era coperto dalle nuvole, ma il mondo era ancora intatto, lui era ancora vivo e la vita continuava a inondare l’anima delle persone. Per lui non poteva esistere giornata più bella. Sentì avvicinarsi due presenze, entrambi molto forti, entrambi inquiete. Concentrandosi ancora di più, il maestro notò che la loro inquietudine era molto profonda, e che muoveva le radici del loro essere, disorientandoli. Potè però percepire che se avessero accettato il cambiamento, la loro vita sarebbe nettamente migliorata. Capì all’istante chi fossero, e capì anche che il cambiamento era legato l’uno all’altro. Nella sua mente, sorrise.
Vegeta si avvicinava velocemente al tappetino, con passi cadenzati ma leggermente barcollanti, stava per crollare in piedi. Goku correva letteralmente verso il maestro, come fosse stata la sua unica ancora di salvezza. Tutti e due troppo impegnati nelle varie elucubrazioni, non sentirono la presenza dell’altro finchè non si ritrovarono davanti, occhi negli occhi. Una fitta al cuore, percosse loro il petto, scuotendo le loro interiora. Vegeta cercò di reprimere con tutte le forze quella indesiderata reazione, convincendosi ancora di più di quanto fosse sbagliato, l’altro sayan invece lo prese come uno stimolo ad iniziare. Continuarono a guardarsi con intensità, sfidandosi in un certo senso con lo sguardo. A quale battaglia, non si sa. Forse entrambi cercavano di ristabilire un equilibrio. “Vegeta…” iniziò Goku, ma venne subito interrotto dall’altro. “Non è successo niente” sibilò, con forza. L’altro sayan lo guardò sbalordito. Vide l’occhiata che il principe gli lanciò, piena di rabbia. Si ricompose. “infatti” rispose neutro, tentando di non mettersi a gridare. Non era successo niente, ripeteva, mettendosi a sedere.
Non si era accorto che dietro tutta quella rabbia, Vegeta cercava di mascherare solo disperazione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Yaaaaaahw… Ragazze mie, sto morendo di sonno. Questo capitolo l’ho scritto tutto d’un fiato, a l’una di notte, spero sia stato di vostro gradimento, nonostante non riuscivo più a capire dov’ero per la stanchezza. Un piccolo capitolo di transito, un po’ disperato, un po’ tanto confuso e introspettivo. Non è niente di che. Ci voleva una piccola pausa. Nel prossimo vedremo il loro rapporto di “amicizia” cambiare radicalmente, stravolto dalla loro consapevolezza che gli divora, ma per qualche ragione sconosciuta (che io FORSE conosco) non vogliono ammettere. Bene, spero commenterete e mi direte cosa migliorare e cosa magari vi è piaciuto!!
Un ringraziamento a chi ha commentato i miei capitolo passati, (un ringraziamento speciale a Sitter che ha commentato tutti i capitoli) e chi ha messo la storia tra le seguite/preferite
Bacioni carissime

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6


Le giornate andavano avanti lente, profonde. Noiose, si può dire. Un senso costante di attesa permeava nell’aria, ma sia Goku che Vegeta erano più che bravi ad ignorarlo. E a continuare a fingere che fosse la solita giornata, con i soliti allenamenti e i soliti pasti. Ma tutti, meglio degli altri i sottoscritti, sapevano che c’era qualcosa che non andava. Il non-detto aleggiava troppo pesante per non farsi sentire. I sayan  recitavano bene il loro copione, e andavano avanti. I giorni però non avevano più lo stesso sapore. Se prima si cercavano, o magari mangiavano insieme, adesso in qualche modo si evitavano. Nessuno dei due faceva vedere all’altro che era turbato, che quella giornata aveva significato davvero qualcosa che li aveva cambiati profondamente, e preferivano andare avanti in questo modo che scivolare nell’ignoto. Goku era consapevole che non avrebbero potuto rimandare quella conversazione in eterno, ma proprio non sapeva come fare a intavolarla. Voleva riportare tutto come prima, solo questo. Vegeta, per quanto si sforzasse di sembrare normale, era più freddo, distaccato. Anche i suoi pugni erano più… svogliati. Non emanavano quella sensazione di sadico divertimento che di solito avevano. Erano solo freddi pugni, dati per forza, per recitare bene. E a Goku questo non piaceva per niente. Il principe non si elogiava quasi più, rispondeva solo con sbuffi e lo prendeva in giro solo borbottando. Lui certamente non era molto diverso. Rideva di meno, e diceva meno stupidaggini. Prima era più divertente dirle, almeno c’era una qualche reazione da parte del compagno. Dopo un paio di volte in cui c’erano stati solo uno sbuffo e un pugno tirato a casaccio il giovane sayan aveva perso tutto il gusto. Quel giorno, però, aveva deciso. Avrebbe fatto qualcosa per sbloccare la situazione. Qualsiasi cosa. Anche farlo arrabbiare a morte, era sicuramente meglio di quella corrente gelida che si era instaurata fra loro due. Goku non sapeva neanche perché gli importava tanto. Era solo che vedeva il principe abbattuto, e lo rendeva triste. E non sapeva neanche perché questo gli importasse. Specialmente non aveva idea del perché lo rendesse triste. È perché ti piace idiota! La solita vocina che parlava in fondo alla testa, che assomigliava molto a quella di Vegeta, si ripresentò quotidiana nella mente del ragazzo. Buongiorno vocina, siamo mattiniere oggi? Chiese rassegnato. Era davvero fastidiosa. Non lo lasciava un attimo in pace. Sì, sono mattiniera, anche perché la tua idiozia è presente a tutti gli orari! Schiamazzò nella sua calotta cranica. Mentre continuava a dirigersi verso l’aula della lezione, si chiese quando aveva cominciato a sentire un piccolo Vegeta che gli parlava nella testa. Perché non mi ascolti stupido che non sei altro? A te lui piace! E tanto! Vai da lui! Continuò quella. Ah sì, l’aveva sentita tre settimane prima, quando aveva fatto il primo tentativo di parlare del Fatto con l’altro sayan. Ma ci sei o ci fai? Ascoltami! Gridò ancora la vocina. Goku, al limite della sopportazione, fu costretto a risponderle. Che cosa devi dirmi ancora? Non ti è bastato per chiarire la faccenda il lunghissimo discorso di ieri? Domandò al piccolo Vegeta. No che non mi è bastato! Non abbiamo risolto niente! Non hai ancora capito che ti piace! Strillò l’isterica. Goku alzò gli occhi al cielo, e si batté una mano sulla nuca. Due guardie che passavano di lì lo fissarono con un sopracciglio alzato. Che fosse impazzito pure lui dopo il principe? Si chiese uno. No, sei tu a non aver capito! A me non piace Vegeta! Siamo solo amici, e ultimamente neanche. Sto andando a rimediare, come vedi.  Rispose un esasperato Goku alla voce dentro la sua testa. Ma davvero? E in una coppia di amici, uno di loro sogna tutta la notte l'altro amico mezzo nudo… “NO! ZITTA!” gridò Goku, sbiancando. I sayan di poco prima pregarono che non fosse contagioso, camminando a passo più svelto via da lui. Allora vedi che ho ragione brutto idiota che non sei altro! Ti piace Vegeta!  “No!” disse Goku. Le due guardie ormai stavano correndo via. Non era il momento di fare i coraggiosi. Si!  “No!”Si! “No!” Si!  “No!”Si! “No!”Si! “No!” Si!  “No!”Si! “BASTA! HO DETTO DI NO!” gridò un Goku isterico. Si accorse di essersi fermato e ricominciò a camminare. Hai sbagliato, a me lui non piace, siamo solo amici. Punto. Disse cercando di rimanere calmo. Potè sentire i denti del piccolo Vegeta che sfregavano MA BRUTTO ESSERE PRIVO DI ENCEFALO… Preso da un lampo di disperazione, il sayan prese la rincorsa e sbattè con forza la testa contro il muro. Miracolosamente, il piccolo principe dei sayan si era zittito, e gli si stampò un sorriso ebete sulla faccia. Ce l’aveva fatta! Finalmente un po’ di silenzio! Sentì qualcosa di caldo colargli sulla faccia. Mise una mano in testa e se la portò davanti agli occhi. Era piena di sangue. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, la vista gli si appannò e cadde a terra.
 
Vegeta stava camminando con fare altezzoso per i corridoi, cercando di arrivare a lezione senza deconcentrarsi e cadere nel solito silenzio meditabondo. Era diventato così difficile! Non riusciva a fare più niente che immediatamente perdeva la concentrazione. Forse erano le poche ore di sonno, o i troppi pensieri per la testa. O tutti e due. O la voce nella sua testa. Si, quella era una vera seccatura. Un piccolo Kakaroth che stava sempre a blaterare. Già era tanto averlo sempre intorno, poi averlo anche nella sua testa… comunque, riusciva a zittirlo. Bastava pensare con forza a qualcos’altro e quello scompariva. Delle volte, però era più potente di lui. E quelle volte, lui impazziva. Si rinchiudeva in camera e rompeva tutto. Rispose con un cenno del capo a un inchino di un servo passato accanto a lui. Tsk, incredibile. Non riusciva più neanche a godersi i segni di sottomissione dei suoi sudditi. La stanchezza gioca brutti scherzi, pensò. Sentii la vocina scuotersi nei meandri del suo cervelletto, e pensò con forza ai decimali della radice quadrata di 3. Dopo pochi minuti, potè tirare un sospiro di sollievo, sentendola acquietarsi e ricominciò a camminare. D’un tratto, si fermò. I suoi occhi vedevano qualcosa che il cervello non riusciva ad elaborare. Sbattè un attimo le palpebre, tentando di decifrare quello che vedeva, ma niente, il cervello era in black-out. “Cosa…?” iniziò per dire, quando riuscì a mettere a fuoco. Kakaroth era disteso a terra vicino a un muro completamente distrutto, la testa grondante di sangue, pallidissimo. Sbiancò anche lui, e per un secondo indietreggiò barcollando. Bestemmiò contro qualche Dio vario e Kakaroth specialmente, e si diresse a passo di marcia verso quello che sembrava una fontana di sangue. Gli pulsavano con forza le tempie. Impacciato, prese la testa del sayan tra le braccia, scuotendola. “Kakaroth?! Che hai combinato?!” urlò quasi, scuotendo la testa dell’altro, con l’unico risultato di farlo impallidire ancora di più e far scendere altro sangue. Toccò il collo. Il battito era più debole del normale. “Maledizione brutto stupido…” ringhiò, per poi con uno slancio caricarselo in spalla. Bestemmiando, senza pensare, si diresse verso casa dell’amica aliena di lui.
 
Falck era appena tornata dal suo turno di cuoca, portando con se gli avanzi da cucinare in famiglia. Loveno era intento ad apparecchiare la tavola e Cache stava ancora giocando con quel rompicapo che gli aveva regalato due mesi prima, per il suo compleanno. “è pronto!” gridò mentre si asciugava le mani. Senza dire una parola, Cache lasciò il suo gioco e si avviò al suo posto e il suo compagno posizionò le portate sul tavolo. Stava per sedersi, quando sentii con insistenza bussare la porta. Non smettevano più, di questo passo avrebbero sfondato la porta, pensò l’aliena con disapprovazione. “Arrivo!” gridò verso l’entrata, dirigendosi a passo svelto. Vedendo che il figlio si stava avventando sulla portata, gli rivolse uno sguardo di fuoco “Maleducato, aspetta che torno!” disse per poi affrettarsi ad aprire. Quello che vide, la sconvolse. Alla sua porta c’era il principe dei sayan, abbastanza pallido e leggermente sconvolto, con sulle spalle il suo Goku, che grondava sangue dalla testa e cadaverico. “Entra” disse perentoria, aggrottando le sopracciglia nel tentativo di ricordare tutte le procedure e prendendo i suoi strumenti. Era il momento di agire, non di fare domande. L’interrogatorio sarebbe arrivato dopo. “Stendilo sul letto” disse a Vegeta, non contando che era il principe dei sayan. Quello storse il naso, ma non commentò, stranamente. Lo visitò un attimo, con fare esperto ormai. Sembrava una dottoressa, più che una cuoca. “Commozione celebrale di terzo tipo. Ha perso molto sangue. Quindi ci vuole questo…” e prese una bottiglietta dal colore dubbioso “…questo” e prese un panno con una sostanza argentea “…e questo” finì, prendendo una benda arancio che sembrava molliccia. Sembrò accorgersi solo in quel momento che il principe era ancora nella stanza, intento a riprendere il controllo di sempre. “tu!” disse rivolgendosi accusatoria al principe. “o mi aiuti, o te ne vai” concluse perentoria. Vegeta la fissò sbalordito. Lui era il principe dei sayan! Come osava trattarlo così? Stava per ribattere, quando vide in che stato era Kakaroth. Lo fissò per un secondo, e come in stato di trans si defilò dalla stanza, mettendosi a braccia conserte dietro alla porta. Avrebbe aspettato che avesse finito l’operazione per chiedere spiegazioni a quello stolto di terza classe. Solo per questo? Ed ecco l’immancabile vocina. Sì, solo per questo. Rispose convinto…. No?
 
Goku si sentiva stordito. Come se avesse bevuto troppo, e ora si stesse risvegliando in qualche taverna dopo aver fatto disastri tutta notte. Stiracchiò le braccia, emettendo un mugolio. Fece per rigirarsi, quando sentì un pugno sul braccio. Aprì immediatamente gli occhi. Quanto gli era mancato un pugno del genere. “Brutto stupido che non sei altro! Stolto di un reietto di terza classe, si può sapere cosa diavolo combini? Maledizione, non posso starti lontano un secondo che ti sfracelli contro un muro senza apparente motivo! Te lo ripeto, poiché sei duro di comprendonio, io non sono la tua balia, io sono il principe dei sayan, capito?! E non spreco il mio tempo con certi inetti di terza classe che non sanno far altro che combinare disastri e auto nuocersi…” ringhiava un Vegeta molto nervoso e a quanto sembrava arrabbiato. Goku sorrise. L’altro sayan interruppe il monologo. “Cos’hai da ridere, sottospecie di ameba unicellulare priva di qualsiasi intelletto?” ruggì il principe, assottigliando lo sguardo. “Bentornato Vegeta! Mi sei mancato” gridò con affetto Goku, grattandosi la nuca. L’altro arrossì, e per non farsi notare, con scarsi risultati, girò la testa. “Sottoposta! Kakaroth ha perso i suoi ultimi due neuroni!” gridò in direzione della porta. Da lì provenne una Falck piuttosto scarmigliata, e con delle occhiaie profonde. “Cos’hai da blaterare… Oh Goku! Ben svegliato! Come ti senti?” chiese sedendosi sul letto dove era comodamente adagiato il suddetto sayan. Questi sbadigliò, grattandosi la nuca. “Bene. Perché, come mi dovrei sentire?” chiese innocentemente. “Ieri Vegeta ti ha portato qui pieno di sangue. Avevi una commozione celebrale, e diceva che ti aveva trovato vicino a un muro rotto. Che cosa è successo?” domandò apprensiva. Anche Vegeta spostò lo sguardo sull’altro sayan, curioso. Sentiva la tanto odiata sensazione al petto. Ti sei spaventato ieri pomeriggio vero? Sei contento che stia bene… sussurrò la vocina, trionfante. Lui semplicemente grugnì. Quel piccolo Kakaroth non capiva niente, esattamente come quello reale. Tu pensala come vuoi… tanto sappiamo entrambi chi ha ragione… disse ridacchiando. Cazzate. Soffiò Vegeta. “Che cosa è successo? ... Ah, ora ricordo! Mi sono lanciato contro il muro per la frustrazione!” disse trionfante. Sia Falck sia Vegeta caddero a terra. “Come puoi essere così stupido? La prima cosa che farò quando diventerò re sarà un trattato per rendere illegale tanta stupidità! I muri sono praticamente indistruttibili! Buttarti su uno di essi, senza motivo per giunta, con tanta forza da romperli, è un suicidio! E se vuoi morire, chiedi pure! Farai una fine più orgogliosa sotto la mia mano” disse un ghignante principe. Goku sorrise ancora più spaziosamente. Era tornato! Il suo Vegeta era tornato. Il tuo Vegeta? Qualche nuova verità ti è sopraggiunta mentre dormivi? La vocina onnipresente si fece sentire. Goku si rese conto del madornale errore e scosse la testa. Volevo dire il mio amico Vegeta. Il mio amico. Si corresse, forse autoconvincendosi. “Goku, ma cosa ti viene in mente? Sei impazzito?” chiese preoccupata Falck. Non era dalla sua scimmietta comportarsi così. Lanciò un’occhiata a Vegeta, che sembrava tornato quello di prima. Forse riguardava lui, il grande turbamento che l’aveva portato a fare quel gesto. Decise così di lasciarli soli. “Io devo andare a lavorare, è già tardi. A dopo Goku. Puoi andare anche adesso ad allentarti.” gli diede un bacio sulla fronte, con sommo disgusto di Vegeta- Disgusto Vegeta? O invidia?- per poi andarsene. “Allora, che dici, andiamo a combattere?” chiese felice il sayan più giovane. Non vedeva l’ora di combattere con il Vegeta di prima. Lui ghignò. “Vuoi dire, andiamo a firmare la tua sconfitta, forse. Tanto sai che vincerò sempre io. Sono il più forte” l’altro sorriso furbescamente “Non esserne tanto certo” provò ad alzarsi, quando una fitta di dolore gli percosse la testa. Il principe notò la smorfia di dolore sul volto dell’altro sayan, ma cercò di far finta di niente. Goku provò ad alzarsi, stavolta con successo. “Dai, andiamo” disse. Fece un passo, e perse l’equilibrio. Vegeta lo fece come uno scatto automatico, involontario, istintivo. Si sporse, e lo prese al volo, trovandosi a pochi centimetri dalla sua faccia. Goku stavolta non ebbe dubbi. Lo avrebbe baciato. Non per stress, non per disperazione, non per angoscia. Solo perché era lui lì. Gli piaceva Vegeta. Pensò con sgomento. La vocina nella sua testa strillava, suonando le campaneSia lodato! Grazie! Grazie! Chi devo ringraziare!? Ha capito! Miracolo!  ma lui non l’ascoltava. L’avrebbe baciato, ma sapeva che non era quello di cui l’altro aveva bisogno. E non avrebbe mai voluto turbare Vegeta. Così, semplicemente, si scostò. Anche se gli provocò un gran dolore al petto. “Grazie” disse. Negli occhi dell’altro baluginarono gratitudine, sollievo, paura e qualcos’altro. “Tsk, non riesci neanche a reggerti in piedi. Altro che allenamento, ti batto subito. Ti porto a colazione, visto che non ti reggi neanche in piedi, e poi magari potrai durare più di cinque minuti” disse altezzosamente il principe. “Ci conto” sorrise Goku, con il dolore della consapevolezza che da lui non avrebbe mai potuto avere altro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Ciao a tutti! Inizio lo sclero dicendo che Goku è un coglione. Ma proprio forte forte. Insomma, sbattere la testa contro un muro indistruttibile con una forza tale da distruggerlo? Che idiota. e poi, spostarsi da Vegeta? Scommetto che lo odierete xD (e odierete anche me perchè vi faccio prendere un colpo al cuore quasi ogni capitolo) Ed è pure pazzo. Insomma, sono entrambi pazzi.  Almeno hanno sempre l’altro a disposizione. Poi. Sarà pure idiota, ma è meno testardo di Vegeta. Lui l’ha ammesso. Vi dico che la vocina nelle loro teste in realtà sono io… Vediamo se gli aiutiamo un po’ xD. È successo qualcosina, ma niente di che. Anche se l’improvvisa maturazione di Goku non è propriamente qualcosa da poco. Insomma, quel sayan ha cinque neuroni in croce.  Vi prego di dirmi di nuovo se sono scaduta nell’OOC, che mi ammazzo! Anche se l’OOC che mi turba di più è quello di Vegeta. Vabbè, vi chiedo solo di dirmi cosa ne pensate! Spero non aver fatto tanti errori stavolta. Il capitolo è stato scritto come sempre all’una di notte, quindi abbiate pietà. Commentate please!
Bacioni enormi

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7


Vegeta aprì gli occhi. Si trovava in un immenso spazio bianco, inconsistente quasi. Non intravedeva ne un inizio, ne una fine. Una scossa alla schiena gli fece mancare il respiro. Si sentiva male. Sentiva come un masso gigante sul petto. Tranquillamente, incominciò a camminare in quella landa desolata. Non trovava però l’uscita. Accigliato, iniziò a dare calci e pugni ovunque, correndo da tutte le parti, ignorando la pressione al torace. Non c’erano muri o limiti. Questo lo fece imbestialire ancora di più. Quello spazio bianco si stava prendendo gioco di lui, del principe dei sayan!. Lanciò in giro delle onde di energia, ma quelle non tornarono più indietro. Il principe ringhiò, frustrato. Come si faceva ad uscire da quella maledetta trappola? Si sentiva un animale in gabbia. Improvvisamente, con la coda dell’occhio vide qualcosa. C’era un puntino nero, microscopico, da qualche parte alla sua destra. Richiamato da chissà quale forza, Vegeta si mise a correre. Molto probabilmente è l’uscita! Pensò trionfante, ghignando. Lui era il principe dei sayan, trovava sempre una soluzione. Man mano che si avvicinava, il puntino sembrava ingrandirsi per un po’, e poi allontanarsi. Stressato da quella situazione, il sayan cercò di volare ma senza successo. Com’era possibile? Si chiese, senza però smettere di correre. Forse era colpa del malore. Lui non era mai stato male, però. Aveva sempre avuto una salute di ferro, come tutti i sayan. Si fermò un attimo, per controllare che non avesse qualche ferita, ma era perfettamente sano. E completamente nudo. Il fatto di scoprirsi privo di vestiti non lo turbava più di tanto, non c’era nessuno in quello spazio fuorché lui. Era piuttosto curioso di sapere chi gliel’avesse tolti, chi aveva osato! Un’altra scarica al petto lo costrinse a fermarsi, ma questo fece allontanare ancora di più il puntino nero. Ricominciò a correre, cercando di volare con tutte le forze, ma si sentiva sorprendentemente stanco, il dolore al torace divenne sempre più acuto. In un attimo, il puntino nero si fece troppo vicino e il buio lo inghiottì.
 
Vegeta si svegliò sobbalzando, in un bagno di sudore. I nervi erano tesi fino allo spasimo e le vene pulsavano con forza il sangue. Aveva il respiro affannoso, e gli occhi sbarrati. “Che diavolo…?” chiese senza un preciso motivo, stupefatto dalla sua stessa reazione. Incredibile. Non aveva mai avuto un incubo, lui. Neanche dopo la sua prima missione su un altro pianeta, quando aveva ucciso il suo primo alieno. Neanche quando aveva visto morire davanti a sé, sotto la furia di suo padre, un altro sayan. Si rese conto di star artigliando le lenzuola, e le mollò di scatto. Si alzò in piedi, e senza esitazioni prese la sua vestaglia. “Servo!” chiamò allora, attendendo con nervosismo che il suo tirapiedi personale si facesse vivo. Dopo un paio di minuti, un alieno robusto, con la pelle simile a pietra piena di strani rigonfiamenti si prostrò davanti a lui. “Eccomi padrone” esordì questi. Vegeta lo guardò sprezzante. Odiava quell’essere, e ogni motivo era buono per mortificarlo “Ci hai messo troppo tempo, servo! Vuoi forse che ti spedisca di nuovo sul tuo pianeta?” gli disse con cattiveria. L’alieno si limitò a stare zitto, rimanendo in quell’ossequioso inchino. Non c’era gusto se l’altro non reagiva, pensò Vegeta. “Scusi signore” disse il servo, sinceramente pentito. “Riempimi la vasca reale con acqua fredda, e mettici tutti i Sali profumati che trovi. Subito!” e così dicendo, lo congedò. Il principe allora si diresse verso il bagno reale, a tre piani di distanza. Quando s’incamminò per il corridoio, la fredda pietra a contatto con i suoi piedi lo fece sobbalzare. Era un cambiamento di temperatura notevole, essendo una notte abbastanza fredda. Poteva giurare di aver sentito i piedi sfrigolare, al contatto. Stava letteralmente bruciando. Si sentiva un unico fascio di nervi teso. Una goccia di sudore cadde a terra. Il sayan poggiò la fronte su una colonna, per cercare di rinfrescarsi, ma quello che ottenne fu solo maggior senso di disagio. Il sudore raffreddato non era certo diminuito, e continuava a colare sul suo collo come tanti rivoli di ghiaccio. Si scostò subito, e fece tutti i piani a passo di marcia. Aveva urgentemente bisogno di un bagno.
“Padrone, la vasca è pronta” disse il servo, non appena il principe mise piede nel bagno reale. La sala era completamente rivestita di pietra liscia, come i corridoi e la maggior parte della stanza. Delle ampie finestre illuminavano con la luce delle stelle l’enorme piscina che si trovava al suo centro. Era scavata nelle pietre, rotonda, abbastanza profonda in alcuni punti per starci in piedi e in altri abbastanza bassa da potersi sedere. Da delle rientranze nel muro scendevano dieci cascatelle, che servivano a rigenerarla. Quattro di esse avevano sopra un filtro, che serviva a mettere i Sali e i saponi. “Vattene ora” lo mandò via Vegeta senza alcuna gentilezza. Aveva l’assoluto bisogno di rimanere in solitudine. L’alieno si limitò a inchinarsi, chiudendo la porta dietro di sé. Il principe tirò un sospiro e abbandonò la vestaglia a terra, dirigendosi completamente nudo nell’acqua. L’improvviso contatto con l’acqua fredda lo fece rabbrividire, e cominciò a nuotare fino alle cascate, per abituarsi. Quando arrivò sotto una di quelle che rilasciavano solo acqua, si pose sotto in modo che la schiena fosse a piena disposizione del potente getto e si lasciò massaggiare, chiudendo gli occhi. Aveva sempre amato l’acqua, quasi quanto la battaglia. Era qualcosa di magico, si può dire. Potente e meschina, distruttrice in alcuni casi ma calma e giudiziosa in altri. In un certo senso, poteva dire di assomigliarli. Un impercettibile sorriso gli increspò le labbra. Assomigliare all’acqua. Quello si che era un pensiero degno di Kakaroth. Se lo immaginò entrare in piscina e dirgli, con quel sorriso stupido “Sai Vegeta, tu assomigli all’acqua” e lui gli si sarebbe avventato contro, dandogli un cazzotto in piena faccia. In un attimo, chissà come, perse l’equilibrio, e sprofondò in acqua. Cosa gli era preso? Perché quella reazione spropositata? Borbottando si rimise dritto, per farsi stendere i nervi dal potente getto. Per caso ti turba avventarti sopra di lui, completamente nudi? O ti turba il fatto di desiderarlo? Sussurrò la vocina, quasi tentando di non farsi sentire. Vegeta la fulminò mentalmente, per poi concentrarsi su… sulle gocce. Una goccia, due gocce, tre gocce, quattro gocce… Adesso basta! Facciamo un discorso serio, Vegeta! Vuoi smetterla di evitarmi? …Nove gocce, dieci gocce, undici gocce, dodici gocce… Sei impossibile! Facciamo un passo alla volta allora. Ammetti che lo trovi bello, forza ... ventidue gocce, ventitré gocce… Ascoltami! Lo sai che fai male solo a te stesso così, vero? Poi… il principe, al limite della pazienza, affondò la testa in acqua, tentando di affogare il piccolo Kakaroth. Quello improvvisamente si zittì, e lui potè tornare a respirare. Quella stupida voce. Credeva di poterlo convincere. Di qualcosa assolutamente falsa, poi. Lui era il principe dei sayan! Era imbattibile! Una vocina infondo alla sua calotta cranica non poteva certo dissuaderlo dalla verità. A lui non importava di Kakaroth. Punto. Da dove veniva quella voce? Si chiese. Forse era veramente impazzito. Lui però non si sentiva pazzo. Forse era proprio il problema dei pazzi. E specialmente, chi le pensava certe cose? Forse era un modo del suo cervello di metterlo alla prova. Per vedere se riusciva a combattere e a vincere contro la parte di se stesso in torto. Già, forse era così. Percepì il piccolo Kakaroth che tornava all’attacco, e cambiò immediatamente la rotta dei suoi pensieri. Ne aveva fin troppi ultimamente. D’importanti e meno. Che cosa avrebbe fatto con il nuovo fratello? Se fosse stato un maschio, il suo trono sarebbe stato seriamente in pericolo. Se questi si fosse rivelato più forte di lui, cosa che reputava impossibile, avrebbe dovuto ucciderlo, cosa che non lo allettava molto, anche perché avrebbe dovuto combattere contro suo padre il quale era quasi certo, lo avrebbe ucciso. Non poteva contare sul fatto di essere l’unico erede, la vendetta era qualcosa di più importante. E non poteva contare sulla madre, che nonostante l’avesse sempre difeso come poteva, non era sicuro lo avrebbe perdonato dopo aver ucciso suo figlio. Decise che il giorno dopo sarebbe andato a parlarle, al diavolo la proibizione del padre. Era da tanto che non la vedeva. Si spostò dal getto, e si mise sotto uno di quelli con i saponi. Il profumo d’incenso lo avvolse subito, invadendolo. Strofinò il corpo e i capelli con quella sostanza balsamica, per poi spostarsi di nuovo sotto il getto pulito. I suoi problemi non erano neanche finiti. Il matrimonio, per esempio. Non sapeva perché, per quale assurda ragione ma sentiva che non avrebbe dovuto sposarsi. Maledizione, sapeva bene che era un suo dovere, ma non poteva semplicemente metterla incinta e poi avere il bambino? Non sapeva perché aveva questa convinzione, forse perché il suo destino era combattere tutta la vita, senza una donna al seguito. Sbuffò, era così frustrato. Se avesse avuto qualcuno cui chiedere consiglio, ma si sarebbe dimostrato maledettamente debole e preferiva morire. Sentiva anche che suo padre stava tramando qualcosa, ne era quasi certo. Lo poteva annusare nell’aria. Il re stava pianificando qualcosa, contro di lui probabilmente. Non avrebbe altrimenti messo incinta la regina. I suoi problemi però non finivano lì. Anzi, a Vegeta quelle sembravano delle cazzate in confronto a quello che riguardava Kakaroth. Era una cosa priva di controllo, e la situazione gli scivolava fuori dalle mani. Il principe si rese conto di non averla veramente in pugno come pensava. Si stava solamente convincendo di aver archiviato la cosa. E sapeva che era lì, latente. Al prossimo passo falso sarebbe tornata fuori, e doveva assolutamente rimediare. Uscì dalla vasca e si asciugò aumentando l’energia, per poi mettersi la vestaglia e tornare a dormire. I suoi problemi avrebbero aspettato domani.
 
Goku, forse per la prima volta in vita sua, non riusciva a dormire. Guardava la stanza e a ogni crepa si raccontava la storia che c’era dietro. Questa l’ho fatta quando non riuscivo a scrivere bene la “K”, pensò guardando un’ammaccatura sulla scrivania. E questa mentre tentavo di fare un’onda energetica decente, per la rabbia, ricordò fissando l’enorme crepa sul muro. Quella con Vegeta, pensò rammentando i ricordi di quella giornata e fissando nostalgicamente un buco accanto alla finestra. Era tutto così semplice solo due mesi prima. Quel buco l’aveva fatto per una circostanza molto particolare, sei anni prima…
Era una giornata tiepida, il sole risplendeva su tutto il castello rendendolo incredibilmente luminoso. Goku, con la scusa di andare ad allenarsi, aveva trascinato Vegeta nell’enorme giardino. Osservava con meraviglia ogni cosa, gli occhi che luccicanti. Il principe lo seguiva, con il solito cipiglio imbronciato e le braccia conserte. “Allora? Hai deciso dove allenarti?” chiese stizzito. Era da mezz’ora che giravano a vuoto. Goku in quel momento si era piegato, osservando un piccolo anfibio colorato che si asciugava al sole. “Guarda Vegeta, non è bellissimo?” domandò, fissando ogni dettaglio. Con un dito, iniziò a punzecchiarlo, e questi gli si attorcigliò intorno, non dando segno di voler mollare la presa. “Mi si è attaccato al dito!” si mise a ridere il giovane sayan, girando in tondo la mano. “Non si stacca!” gridò meravigliato “è fortissimo, non trovi?” chiese ancora a Vegeta, che nel frattempo si era messo a cercare un bastone abbastanza duro da colpirlo e fargli molto male. Sotto un albero, ne vide uno enorme e anche all’apparenza abbastanza pericoloso. Con un ghigno, lo prese e senza esitazioni si avvicinò all’altro, con la vena che pulsava sulla fronte. “Vegeta, ma che fai?” chiese abbastanza stupito Goku. “Se non molli subito quell’essere e non trovi un posto dove combattere, giuro che ti prendo a bastonate” concluse ringhiando. Il sayan più giovane continuava a guardarlo con la bocca semiaperta “Perché scusa? Non vedi com’è carino?” e così dicendo glielo mise sotto il naso. Lì il maggiore perse la pazienza e iniziò a prenderlo a bastonate. “Ahia!” si lamentò Goku, scappando via. “Adesso che ti prendo!” gridò Vegeta. L’altro sayan corse via, terrorizzato. Naturalmente non gli venne in mente di volare. Dopo un po’ di minuti, si girò indietro e quando tornò a guardare davanti a sé, vide Vegeta con il bastone in mano che ghignava. “Ti ho preso reietto di terza classe! Sei finito!” gridò. Non si era accorto, però del piccolo bruco peloso che gli stava salendo il braccio. “Ehm… Vegeta…” iniziò Goku ma Vegeta lo interruppe “Non provare a chiedere perdono, soffri in silenzio” disse di nuovo, avvicinandosi. “Vegeta… hai un bruco sulla spalla…” provò di nuovo la vittima. “Non tenta… cosa??!” strillò confuso il principe, per poi guardare alla sua destra e trovare il bruco a un millimetro da lui. “KAKAROTH!! TOGLIMELO SUBITO!!! UCCIDILO!” iniziò a gridare come un pazzo, sparando onde di energia da tutte le parti, facendo scappare un sacco di uccelli e bruciando degli alberi. Goku lo guardava allibito “Non avrai paura…?” stava per domandare, quando un altro urlo più mille imprecazioni a dei vari lo raggiunsero. “KAKAROTH PORCA PUTTANA MISERICORDIOSA LEVAMELO DI DOSSO!!!” l’altro sayan allora, si avvicinò al principe che si dimenava come un forsennato e prese l’esserino. “Ecco fatto!” disse con calma. Vegeta aveva ancora il fiatone “Mandalo via!” e così gridando, impugnò il bastone e gli diede una bella botta, facendolo volare via a velocità impressionante. “NO!” gridò Goku, inseguendo il piccolo animaletto al volo. Vegeta lo raggiunse poco dopo “Non provare a salvarlo Kakaroth!” lo redarguì quello, ma Goku prima che il povero bruco si sfracellasse, aveva perforato il muro del castello, in modo da farlo passare all’interno. Vegeta gli lanciava sguardi omicidi “Hai bucato il muro del MIO castello per quello stupido essere?!” chiese isterico. Goku lo fissò, poi sorrise “Si” asserì. “Vegeta…” il sayan gonfiò le guance. Il principe strinse i pugni “… hai per caso paura dei bruchi?”
 
Goku ricordava con nostalgia quelle giornate, perché gli sembravano lontane anni luce. Dopo quell’episodio il principe lo aveva preso a pugni per tutto il castello, lui si era riparato in camera ma sfortunatamente il principe aveva scardinato la porta. La guardò, e si rese conto che ormai ne cambiava una a settimana. Quando era entrato, il piccolo bruco si era gentilmente calato sulla sua spalla, facendolo impazzire. Quanto aveva riso! E quanto sangue versato per quelle risate. Il sayan si rigirò nel letto. Possibile che in un attimo fosse cambiato tutto? Ribaltando completamente la sua vita? Se fosse potuto tornare indietro, non avrebbe mai reagito al pugno del principe. Ripensò però alle sensazioni, quando si guardarono così intensamente negli occhi, quando si erano sfiorati, quando il viso di Vegeta era stato a pochissimo dal suo. Avrebbe fatto le stesse cose mille volte, pur di vivere quei momenti.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
GionBorno cari abitanti di Efp, qua una pazza sclerata che parla. Inizio dicendo che forse sono un po’ troppo puntuale. Dovrei farvi penare un po’ di più a tutti quanti. Non posso aggiornare un giorno sì e un giorno no tutte le volte. No, no, no. Non va bene. Vi vizio. Però… sono drogata di questa storia e di recensioni, quindi diciamo e che mi vizio un po’ da sola. E mi piace essere viziata. Quindi non so che fare.
Tornando alla storia, altro capitolo mooooolto  introspettivo. È ambientato in una nottata indefinita, una specie d’intermezzo pensoso. Mi serviva perallungare il brodo far capire meglio lo stato confusionale in cui adesso si trovano. Spero non avervi annoiati. Vi posso comunicare una notizia bomba, però. Credo proprio che fra due capitoli avremo il tanto voluto bacio. Anzi, ne sono quasi certa. Sempre che poi non mi viene in mente di far succedere ancora dell’altro oltre a quello che succederà e allora… vabbè sto divagando. Questo capitolo lo dedico alla cara Sitter, che mi aveva chiesto esplicitamente un po’ di vermi e un po’ di siringhe (che non ti preoccupare metterò da qualche altra parte xD.)
Ora, vi prego di commentare perché sono una povera disgraziata che vive per le recensioni e che sta ogni momento della sua esistenza su word e Efp per finire questa benedetta storia e vedere se qualche santo mi recensisce. Chi vuole diventare santo?
Ditemi cosa ne pensate, Bacioni!
 
P.S. qualcuno sa come si chiama la regina? URGENTE!
 
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8


Rosicheena guardava fuori dalla finestra, mentre una damigella le pettinava i lunghi capelli neri, rimasti bellissimi e immutati, al contrario della pelle, che aveva perso la sua elasticità e lucentezza, e degli occhi, che sembravano spenti. Era composta, come stabilito dal galateo. Quale galateo, non si sa, perché tutto si poteva definire la sua razza tranne che galante. Il re l’aveva chiamata a udienza, quasi nove mesi prima, e lei si era vestita di tutto punto come di consuetudine al suo cospetto. Non aveva la minima idea che avrebbe di nuovo sopportato il supplizio che aveva dovuto per forza accettare per rimanere incinta di Vegeta. Le guardie avevano chiuso tutte le porte, lasciandoli soli, e lì aveva già capito che sarebbe successo qualcosa di molto sgradevole. Il marito l’aveva presa di peso, senza dire una parola, un bacio o una carezza, le aveva allargato le gambe e si era tolto i pantaloni, sfogandosi su di lei. La regina non aveva detto niente, le lacrime le erano scese dopo, nel silenzio della sua camera. Era rimasta subito incinta, e sperava con tutto il cuore che fosse stato un maschio, per non dover più subire quella tortura, nonostante desiderasse ardentemente una figlia, da crescere lei, almeno questo. Non una macchina da guerra cui esportare tutti i sentimenti, come la sorte di ogni maschio sayan. Farle sviluppare una sfera emotiva, le ambizioni e magari il concetto di giusto e sbagliato. Rosicheena sapeva così di condannarla, ma sua figlia avrebbe avuto la possibilità di sapere la verità. Lei non l’aveva avuta, cresciuta nella bambagia di una famiglia ricca, allevata insieme alle altre sorelle come carne da macello e da scambio per essere un’ottima moglie, in altre parole produrre tanti bambini. E pensava sul serio che era stata fortunata a essere scelta dal re. O almeno, lo aveva pensato fino al primo stupro. Purtroppo, la felicità era durata poco. “Sua Altezza, io avrei finito” disse la serva, riscuotendola dai suoi pensieri “Vai allora” le disse in tono neutro, mettendosi le mani in grembo. Se fosse stata femmina, l’avrebbe chiamata Lyve (NdA si pronuncia Laivi), la giusta. Sarebbe stata solo sua figlia, di nessun altro. La serva le fece un breve inchino e se ne andò. Perse lo sguardo nel vuoto, accarezzando distrattamente la pancia. Sentii scalciare, si mozzò il respiro. Per dei brevi istanti il cuore rallentò, e pensò di morire. Poi tutto tornò alla normalità, con una velocità sorprendente. Bussarono alla porta. “Avanti” disse Rosicheena, incolore. Quello che però entrò nella sua camera la rese felice come non mai. Suo figlio. “Madre” proruppe lui, gelido. O il figlio di suo padre, pensò con disprezzo verso quell’uomo che distruggeva ogni cosa che aveva sul suo cammino. Non le permetteva quasi mai di incontrare il figlio, per paura di “indebolirlo”. Se s’incontravano, lo facevano di nascosto una volta ogni tanto, troppo tempo. “Figlio mio, come mai qui?” chiese sorpresa. Lui la squadrò per degli interminabili momenti. Era davvero cambiata. Non era più la forte donna che conosceva un tempo, quella che lo consigliava saggiamente ma con affetto. Questa era l’ombra di sua madre. Pallida, emaciata, gli occhi meno limpidi. Stava male. “Volevo sapere come stavi madre, è da molto che non ci vediamo” disse semplicemente. Rosicheena sorrise “Sto bene. Come vedi, presto avrai una sorella” disse con sicurezza. Una sorella? Questo voleva dire che aveva risolto i suoi problemi? “Come? Una sorella? Come fai a saperlo madre? Qualche nuova tecnologia?” domandò concitato. “No, possiamo dire la più vecchia tecnologia mai esistita. Intuito di madre” e sorrise ancora. Vegeta non aveva mai visto sorridere tanto sua madre. La gravidanza le faceva bene, allora? “Siediti, figlio mio. Tu come stai?” gli chiese cordiale, sempre sorridendo. In quel sorriso, Vegeta vide quello che avrebbe sempre voluto trovarci: qualcuno cui aggrapparsi, un appiglio sicuro “Si madre, va tutto bene. Solo…” iniziò, molto indeciso. La regina sapeva che stava valutando tutti i pro e i contro, per fare qualcosa che ripudiava da sempre: aprire il suo cuore “un po’ di confusione” confessò alla fine. “La vita è molto confusa Vegeta. Ma sono tutti pezzi di un quadro più grande. Magari, fra un po’ di tempo, quando avrai più pezzi, ti apparirà più chiaro il motivo di questi avvenimenti” disse seria, tornando la madre che il principe aveva sempre conosciuto “Madre… quando stai con una persona… e ti senti molto, ma molto confuso… però delle volte ti diverti, e anche quando ti arrabbi… insomma… ti senti male se questa persona sta male… e senti un dolore al petto… cosa diavolo è?” sbottò tutto a un tratto, dopo aver farfugliato un po’. Rosicheena sorrise ancora più apertamente. “Questo si chiama innamorarsi Vegeta”. Il sayan rimase scioccato, con gli occhi sbarrati. No… Non poteva essere… Lui? Il principe Vegeta? Innamorarsi? DI KAKAROTH?  “Ma… Ma non può essere!” sbraitò. La madre si sporse, e con dolcezza gli toccò la mano “L’amore non si può controllare Vegeta. E quando si trova, si deve cogliere al volo, perché è una perla unica e preziosa. E ti può rendere incredibilmente felice” rispose sognante la regina, con un velo di lacrime agli occhi. Vegeta stette in silenzio, colto alla sprovvista dalla piega che aveva preso la situazione. Non era possibile! Guardò di nuovo sua madre, distrutta nel dolore fisico, ma sempre fiera, sorridente e incredibilmente seria e regale nonostante tutto. Che cosa doveva pensare? “Io mi devo sposare!” gridò disperato allora. La madre lo guardò con tristezza “Lo so. Ma questo non vuol dire che non puoi stare comunque con la persona che ami, finchè puoi.” Sussurrò stancamente. Quella nuova rivelazione fece scattare in testa mille domande, ma stette zitto. Doveva trovare una risposta a questione ben più importanti. Si alzò di scatto, e la madre fece altrettanto, per poi emettere un gemito di dolore. “Madre?” chiese allarmato Vegeta “Sto bene, sto bene. Vegeta, promettimi che non ti arrenderai agli ordini di tuo padre” sussurrò, mettendosi dritta. Il principe la guardò, leggermente confuso dalla richiesta improvvisa. “Lo prometto” disse con decisione il sayan, per poi dirigersi verso la porta, turbato, e andarsene. “ti prego, non fare i miei stessi errori” sussurrò la regina, quando la porta si chiuse alle sue spalle.
 
Goku camminava tranquillamente verso la sala mensa. Non aveva trovato Vegeta in camera sua, e aveva pensato fosse andato a fare colazione nella sala reale. Nonostante gli facesse male non saperlo con lui, si rassegnava. Non poteva fare niente. Erano solo amici, dopotutto. A un tratto, un missile gli sbattè contro “Ehi, ma cosa…?” chiese leggermente sorpreso, mentre cadeva per un gioco di gambe incrociate, sopra questa persona, che era niente di meno che il suddetto principe. “Vegeta, ti sei fatto male?” chiese ingenuamente a uno stralunato principe dei sayan che lo guardava come se d’improvviso gli fossero cresciute le corna. Vegeta si alzò di scatto, lasciandolo a pancia in giù. “Ahia!” esclamò Goku, per poi rialzarsi. A un tratto, il principe divenne viola. L’altro sayan lo guardò con la testa inclinata, grattandosi la nuca. “Che cosa c’è?” domandò guardandosi il petto. Si rese conto di avere la maglietta quasi tutta alzata, e rosso dall’imbarazzo se la sistemò. “Oh già la maglietta… bè si…” balbettò senza sapere che dire. Si fissarono un attimo, poi Vegeta riacquisì la solita espressione corrucciata. Non si sarebbe fatto vedere debole! Doveva preservare almeno la dignità che gli rimaneva! “Ti stavo cercando idiota, dobbiamo andare a lezione” disse con il suo tono solito. Se prima era rosso pomodoro, ora Goku era sbiancato. “Come a lezione? E la colazione?? E lo spuntino di metà mattina? E il pre pranzo? E il pranzo? Coma faccio a fare lezione di mattina?? Il pomeriggio posso anche accettarlo, salto solo merenda e pre cena, ma qui stiamo saltando quattro pasti!! QUATTRO PASTI!!” gridò angosciato Goku. La solita mancanza di qualsiasi tipo d’intelligenza da parte di quello stomaco senza fondo fece stare un po’ meglio Vegeta. Almeno non era cambiato niente. O quasi niente. “Sei sempre il solito idiota Kakaroth!  L’ha una fine il tuo appetito? Non credo morirai a spostare il pranzo di DIECI MINUTI!” ringhiò Vegeta. L’altro fece il broncio. "Però in quei dieci minuti io ho fame” disse in tono lamentoso. Il principe si diede una sonora pacca sulla fronte. Il minore, senza un motivo apparente s’illuminò. Vegeta non era sicuro di essere pronto a sentire qualcun'altra delle sue cazzate. “Ho trovato! Se mi prendi, andiamo a lezione, altrimenti… bè cerchi di prendermi fino a pranzo!” disse gioioso. Gli era parsa un’ottima idea. Così avrai Vegeta tutto per te, sussurrò la cara vocina, che ormai era diventata una complice dei suoi pensieri. Goku arrossì leggermente, ma tentò di nasconderlo. Come darle torto? Le sopracciglia di Vegeta si aggrottarono ancora di più, e all’altro sayan non sembrò un’idea poi così geniale “Kakaroth, dimmi una cosa” disse in tono sorprendentemente calmo. “Per caso, giusto per sapere, curiosità sai…” continuò tranquillamente, e Goku abbassò la guardia. “Cosa?” chiese. Mai e poi mai si sarebbe aspettato un pugno in pieno petto. “IL RODITORE OBESO CHE CORREVA SULLA RUOTA CHE EVIDENTEMENTE FA ANDARE AVANTI IL TUO CERVELLO SI è PRESO UNA VACANZA?! O SI è DATO ALLO SCIOPERO PERMANENTE ESSENDO TU UN CASO DISPERATO?” strillò in direzione del minore che si stava ancora lamentando. “Ahia… ma Vegeta cosa dici? Non mi sembra che ci siano roditori nella mia testa, altrimenti sentirei degli squittii” rispose, esponendo la sua inattaccabile teoria. Capii troppo tardi di aver detto una cosa irrimediabilmente sbagliata quanto la povera vena sulla fronte del principe iniziò a pulsare. Questi, però, a differenza del solito, chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. È solo un brutto sogno, calma, non l’ha detto veramente. Se lo uccidi adesso poi starai malissimo, perché tu gli vuoi un bene dell’anima e… iniziò il suo illuminante discorso il mini Kakaroth, ma fu fermata subito. Senti, non è proprio il momento per attaccare col discorso, va bene? Altrimenti giuro su chi vuoi che inizio a prendere a testate Kakaroth così forte che entrambi ci rompiamo il cranio, e di conseguenza senza il mio regale cervello tu non esisti, sono stato chiaro? Nessuna risposta, e Vegeta ringraziò il cielo. Dopo un po’, aprì gli occhi. “Kakaroth, per il bene di questo pianeta farò finta di non aver sentito niente, altrimenti sarei costretto a ucciderti in maniera lenta a dolorosa, e questo sarebbe un gran favore che ti farei, ma la mia furia omicida distruggerebbe Vegeta sei. Quindi, adesso MUOVI IL CULO E FILA IN CLASSE!!” finì gridando il principe, avvicinandosi pericolosamente all’altro e prendendolo per un orecchio “Ahi mi fai male… lasciami…mi stacchi un orecchio…” si lamentava ripetutamente Goku mentre cercava di staccarsi dalla presa del principe con tutte le forze. “Come sei suscettibile… se te lo stacco, hai sempre l’altro” sbuffò l’altro sayan, tirando l’orecchio con ancora più forza. “Vegeta mi fai male!” con uno scattò, Goku riuscì a liberarsi, e cominciò a correre. “DOVE CREDI DI ANDARE, STUPIDO REIETTO DI TERZA CLASSE? CREDI SUL SERIO DI RIUSCIRE A SCAPPARE DA ME?! IO SONO…” gridava furibondo il principe, mentre lo inseguiva per il castello. Gli altri abitanti non ci facevano caso, era più che normale per loro vedere il principe che malediceva in tutte le lingue del mondo dei vari, lanciando sfere d’energia e inseguiva Kakaroth, che rideva. “IO SONO IL PRINCIPE DEI SAYAN!! Lo so!” lo scimmiottò Goku, facendo perdere ancora di più le staffe all’altro. Come osava? Lo avrebbe ucciso a morsi, poco ma sicuro. Il sayan più giovane fece una brusca sterzata, e si lanciò dalla finestra aperta, seguito senza esitazioni dall’altro. Se quell’idiota non fosse riuscito a prendere il volo, almeno avrebbe avuto lui la soddisfazione di ammazzarlo prima che si spiaccicasse. Fortunatamente –o sfortunatamente, dipende dai punti di vista- Goku schizzò subito via, volando velocissimo e ridendo come un matto, girandosi ogni tanto per fare delle linguacce a Vegeta, che nel frattempo prometteva morti sempre più violente. E Goku rideva, rideva perché era felice e spensierato, come non lo era da un po’, mentre volava, con il principe alle calcagna che spergiurava morti atroci, ma di cui sentiva l’aura potente, che brillava di felicità a divertimento. Quando si girava, vedeva il sorriso che tentava disperatamente di trattenere, e rideva. Non per prenderlo in giro. Forse un po’, ma era così tremendamente inebriato da quella situazione. Rallentò un po’, per vedere se Vegeta recuperava un po’ lo svantaggio. “Ti sei stancato Kakaroth? Ti sto per raggiungere!” gridò vittorioso il principe. Ti stai divertendo da matti, eh? Chiese felice la vocina, sapendo già la risposta. No! Cioè io sto solo… è per…. Insomma, al diavolo! Si mi sto divertendo! Dichiarò, aumentando la velocità e arrivando a pochi centimetri dal suo avversario, che nel frattempo aveva diminuito ancora un po’ la velocità per farsi raggiungere. “Preso!” gridò Vegeta, mentre gli stava per agguantare il braccio. Con uno slancio di velocità, Goku si sottrasse alla presa atterrando in picchiata nel giardino, accanto alla fontana principale. “Kakaroth maledetto!” ringhiò il sayan, inseguendolo. Quando atterrò, non lo vide. Era nella piazza con la fontana maggiore, e si avvicinò a essa per vedere se si era nascosto lì dietro. Che codardo, lo sbeffeggiò mentalmente. Non fece in tempo a controllare nulla, che un getto potentissimo di acqua lo raggiunse, bagnandolo da capo a piedi. Alzò lo sguardo, sconvolto e vide Kakaroth nella nicchia sotto il vaso più alto, coperto dal velo costante della cascata. “Ehi! Vegeta! Ti sei fatto il bagno?” ridacchiò. L’altro strinse i pugni. Gliel’avrebbe fatto pagare, oh si che lo avrebbe fatto! Un ghigno si dipinse sulle sue labbra, mentre si buttava a capofitto in mezzo ai vari getti d’acqua, fino all’altro. Goku rimase immobile, fissandolo. Era davvero… sexy, pensò con una punta di disagio. Lo sguardo fiero, orgoglioso di se stesso e completamente compiaciuto, che aveva solo nella vittoria. Il ghigno che increspava leggermente le labbra, bagnate da deliziose goccioline. I vestiti completamente bagnati, che risaltavano ogni muscolo ben scolpito. Scosse i capelli, e con un’ondata di energia gli asciugò, facendo evaporare mille gocce che gli si posarono sul volto, il respiro leggermente affannato. “Ho vinto” disse trionfante, mentre lo prendeva per la maglietta bagnata, sentendo tutti i muscoli sotto le sue dita. Divenne leggermente rosso, ma l’altro non notò niente “Eh, sì, hai vinto. Peccato che sia ora di pranzo” sorrise Goku, continuando a fissarlo. Quello sguardo fece sentire il sayan a disagio, e mollò la presa “Tsk, l’ho fatto a posta. Avrei potuto prenderti ore fa, ma in fin dei conti non avevo nemmeno io tanta voglia di fare quella stupida lezione” disse, alzando il mento. “Andiamo a mangiare!” gridò il più alto, spiccando il volo. “Ti accompagno in sala mensa testone, altrimenti finirai per esaurire le riserve di cibo” commentò il principe, seguendolo, con il cuore che batteva stranamente forte.
 
 
Dopo un tranquillo pranzo, in cui certo non erano mancati i battibecchi, e in cui Goku aveva inavvertitamente mangiato anche la porzione di dolce di Vegeta, il quale se ne era andato sdegnato, seguito a ruota dall’altro, che si era messo in ginocchio per farsi perdonare, i due si stavano dirigendo verso i loro allenamenti, com’era loro solito fare. “ è il tuo colore preferito?” chiese a un tratto Goku, interrompendo uno degli interminabili monologhi del principe. Lui gli lanciò un’occhiataccia, ma poi rispose. “Il nero, è ovvio”. L’altro strizzò gli occhi, forse nel vano tentativo di dire qualcosa d’intelligente. “Perché ovvio?” domandò, trovandola forse la cosa più furba da dire tra le tante domande che vedeva scritte a caratteri cubitali sulla sua fronte mentre pensava. Per Vegeta, Goku era un libro aperto. “Perché è il colore della notte, delle tenebre, dello stemma della mia famiglia, dello spazio e dei sayan in generale. Tutto chiaro?” chiese, anche se non gli importava poi molto. In un caso o nell’altro non avrebbe in alcun modo ripetuto. Goku fece per aprire bocca, quando un alieno si diresse concitato verso di loro “Principe Vegeta… vostro padre non si trova e… deve venire subito” balbettò questi. Se c’era una cosa che Vegeta non sopportava, era chi non era chiaro e diretto. “Spiegati bene, o ti ammazzo” disse semplicemente. Il servo impallidì “Sua altezza… la regina sta partorendo e… perde troppo sangue. Non ce la farà”.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Carissimi abitanti di questo forum! Se siete arrivati fin qui è perché mi volete tanto tanto bene ( o lo volete alla storia, ma un po’ anche a me per osmosi) e vi ringrazio, uno per uno! Chi ha commentato e chi non!
Tornando alla storia… bè ne sono successe un po’. E questo è l’altro colpo di grazia, che descriverò meglio nel prossimo capitolo, e che per inciso sarà quello con Il Bacio. Metto maiuscolo perché è importante, ecco. Mi serve un aiutino, però. Le caratteristiche di questa storia non mi convincono. Insomma, non mi sembra Triste, Romantico e Slice of Life. Chi mi dice con un po’ più di precisione quali potrebbero essere?
Finisco subito, altrimenti mi lascio sfuggire qualcosa. Ditemi cosa pensate di questo capitolo lunghissimo!! Bacioni
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
  

Il principe fissava il sottoposto a occhi sbarrati. Non accennava a rispondere, o a muoversi in alcun modo. Era divenuto una statua di ghiaccio, gli occhi enormi, privi di emozioni. Il mondo aveva perso qualsiasi attrattiva per lui. Si era chiuso a riccio, come faceva quando provava troppo dolore, e cercava di non esternarlo. Per un occhio esterno poteva sembrare intento in qualche profondissima riflessione, ma Goku lo conosceva, e sapeva che era profondamente turbato. Poiché il servo sembrava attendere una direttiva, il sayan decise di prendere in mano la situazione. Stava per aprire bocca, quando Vegeta lo precedette. “Che significa che non ce la farà?” sbottò tutto a un tratto. L’alieno che aveva portato il messaggio sussultò leggermente. “è c-che…” iniziò, ma vedendo lo sguardo del principe deglutì, per cercare sbloccare il nodo che aveva in gola. “La regina è già in un’età molto avanzata per avere figli, che sono troppo forti per il suo fisico segnato dall’età e da un altro parto difficile, per di più la famiglia regale, com’è giusto che sia, genera dei sayan molto potenti che sono in grado di distruggerla dall’interno, specialmente se maschi. Se sarà una femmina, avrà ancora circa un altro giorno di vita, non di più” terminò l’alieno, acquisendo man mano più sicurezza mentre parlava. Doveva essere un campo in cui era molto preparato, pensò Goku. “La regina è una donna forte, mio padre l’ha scelta per questo. Non può ucciderla uno stupido moccioso, pur essendo mio fratello” ringhiò Vegeta, cercando di convincersi. Sapevano tutti che non sarebbe servito a niente, la regina sarebbe morta comunque. Goku e il servo preferirono non ribattere, l’ultimo per un timore reverenziale, l’altro per lasciare a Vegeta quella bugia che si stava lentamente ma con precisione costruendo dentro la testa, molto probabilmente argomentandola, e questo gli avrebbe impedito di soffrire fino all’ultimo. “Accompagnami da lei, subito” sbraitò perentorio il principe. L’alieno percorse strada, senza fiatare, seguito a ruota da Goku e Vegeta. Non sarebbe morta sua madre, non poteva farlo, pensava con disperazione quest’ultimo. Era una donna forte, era la regina dei sayan, ed era riuscita a generarlo, quindi doveva avere una potenza straordinaria. Aveva diciannove anni quando sei nato tu, ed è stato anche in quello si è salvata per miracolo. La vocina nella sua testa era incredibilmente seria, dolce quasi. Vegeta non voleva ascoltarla, non poteva. Goku vedeva il turbamento del compagno, ma stava in silenzio. Non diceva una parola, né un commento. Sapeva che non sarebbe servito a nulla. Doveva affrontare quella cosa da solo. Gli dispiaceva immensamente non poter fare qualcosa per lui, e in qualche modo era arrabbiato, non gli piaceva essere impotente, però sapeva che stava facendo la cosa giusta.
Arrivarono dopo pochi minuti, in religioso silenzio. La porta era massiccia, e c’erano due lastre di vetro come finestrelle così spesse che non facevano vedere neanche l’interno. I sayan avevano visto quel luogo pochissime volte, essendo il reparto destinato ai malati terminali, a chi era già dato per spacciato. Questo fece imbestialire ancora di più Vegeta, ma stette zitto. Il servo bussò sei volte alla porta, si fermò un momento e fece altri due colpi. La porta fu aperta per un solo secondo, il tempo che serviva a una sayan di uscire, ma dall’interno provenivano urla micidiali. “Principe Vegeta” lo salutò inchinandosi leggermente. Era l’ostetrica regale, una dei pochi lavori che potevano rivestire le donne. “Prego, entri. Come ben sa è tradizione che ci sia il padre a fare il rituale, ma è in missione, deve essere lei a farlo al suo posto” disse pratica e sbrigativa. Era diversa dalle donne di quel pianeta, intente ad apparire più piacenti possibile finchè non erano maritate e ossequiose, silenziose e materne quando stavano in casa. Questa era orgogliosa, il tipico orgoglio che avevano i sayan e non era timorosa, la analizzò sul momento Vegeta. Il principe annuì. Goku, che era diventato la sua ombra, fece per seguirlo, ma fu bloccato. “Solo il principe” disse il servo. L’altro sayan stava già aprendo la porta, quando fu fulminato da quelle parole. Come? Si chiese stupito Vegeta. Improvvisamente l’idea di affrontare tutto quello dietro alla porta senza Kakaroth lo terrorizzava. Lui non aveva mai combattuto senza di lui, e quella era una delle battaglie più importanti. Si rese conto di quello che stava pensando, e s’irrigidì. “Fai quello che dicono Kakaroth” gli disse, per poi dirigersi senza esitazione all’interno della sala. Goku lo fissò per un altro attimo la soglia. Aveva potuto giurare di averlo visto barcollare per un momento, quando gli avevano detto che non sarebbe potuto entrare. Si sentiva terribilmente frustrato. Prese la rincorsa, e senza ascoltare le grida di rimprovero e le schegge che lo graffiavano, volò via dalla finestra.
 
Il principe era entrato, chiudendosi con forza la porta alle spalle. Nella stanza ora c’era silenzio. Era una camera bianca, asettica. L’aria che si respirava era diversa da quella di fuori, quasi troppo pulita. Non c’erano odori, e non si percepiva la temperatura. Era come se si fondesse con la propria. Non c’era molto all’interno. Diversi macchinari e una base dove poggiare degli attrezzi, accanto al letto, su cui era riversa sua madre. Alla sua vista, Vegeta sussultò leggermente, ma si diresse senza esitazione, per accertarsi che quella fosse davvero la sayan di poche ore prima. Il principe però sbattè contro a un’enorme lastra di vetro, e la porta che era situata all’interno era chiusa con diversi lucchetti. Provò a rompere il vetro, o la porta, ma era impossibile e non riuscì a proseguire. Si appoggiò quindi al vetro. La pelle della madre era cadaverica, priva di lucentezza, piena di sangue ovunque. I capelli erano annodati, e una mano era aggrovigliata all’interno, strappando alcune ciocche. L’altra mano si teneva al lettino, sanguinando per la forza che ci metteva nell’aggrapparsi. Il volto era travolto dal dolore, in una smorfia grottesca, la bocca era aperta e urlava, ma Vegeta non sentiva più niente. Gli occhi erano iniettati di sangue, e si rovesciavano. Sembrava lottare contro se stessa. Era nuda, tranne che per un lenzuolo che copriva parzialmente il petto. Il grembo era completamente dilaniato, pieno di capillari rotti e terribili macchie nere e viola, e con orrore il sayan potè notare che c’erano dei buchi profondi che zampillavano sangue. Dalla vagina uscivano copiosi getti di sangue scuro, rendendo la scena ancora più sinistra. La cosa che davvero spaventava Vegeta, era la calma apparente di tutto il resto. Mentre sua madre stava morendo dal dolore, l’ostetrica, che era entrata nel frattempo, le diceva con pacatezza qualcosa. Un’aiutante, con impresso il numero uno sul copricapo, le asciugava la fronte, e le faceva un’iniezione nella pancia, provocando un nuovo grido di dolore. L’altra aiutante, che aveva stampato il numero due sul grembiule, vedeva a che punto era il bambino, e diceva o no all’altra di iniettare dell’altro liquido incolore. Il principe capì che non stavano cercando di far partorire e sopravvivere la madre, ma solo di dar alla luce l’erede del re prima possibile, non curandosi del benessere della regina. “Un’altra siringa, metti il siero più forte, non ce la faremo per il banchetto altrimenti” disse senza espressione l’aiutante numero due. L’altra annuì, prendendo una sostanza densa e mettendola nella siringa. Spinse lo stantuffo senza alcuna cura, bucando il braccio di Rosicheena e facendo defluire quell’impasto. Lei urlò, un urlo animalesco. Nessuno batté ciglio. Vegeta guardava la scena sconvolto, come se non fosse lì. Si riscosse, e si mise a dare pugni e calci al muro. “Che cosa le state facendo? Cos’è questa storia?” urlò all’ostetrica. Quella si girò, e lo guardò con gli occhi pieni di dolore. “Sono gli ordini di vostro padre. Noi non possiamo disubbidire, o ucciderà noi e la nostra famiglia. Se ci ferma, ucciderà anche lei” disse con amarezza. Il sayan spalancò gli occhi, e smise di agitarsi. Suo padre…? “Altre quattro siringhe” disse l’aiutante numero due. “NO VI PREGO! UCCIDETEMI, VI SCONGIURO! BASTA CON LE SIRINGHE!” gridò Rosicheena, mentre delle lacrime cominciavano a solcarle il volto scomposto dal dolore. Pur di far finire le agonie della madre, Vegeta avrebbe voluto ucciderla. “Non possiamo farlo. Il re ci ucciderà, insieme al principe” le disse l’ostetrica, e la regina emise un verso strozzato, a metà tra l’orrore e il dolore puro. “Un’altra spinta, la prego. Poi la uccideremo, lo prometto” cercò di farla ragionare l’ostetrica. La sayan ricominciò a spingere, mentre altre due siringhe venivano iniettate, e uno squarcio profondo si aprì nella pancia. Lei continuò a piangere, e le lacrime diventarono rosse. Il sangue formava tanti disegni nel pavimento, e sgorgava come un fiume in piena. Un’altra siringa, e l’urlo si fece più forte. Si poteva intravedere qualcosa, dalla vagina. Lo sguardo della madre andò al figlio, appoggiato al muro. Sapeva di meritarsi tutto ciò. Lei sapeva benissimo perché il re le aveva fatto questo, ma non credeva che l’avrebbe mai scoperta sul serio. Non le importava che sarebbe morta, che stava penando l’inferno. Si chiedeva perché suo figlio dovesse assistere a tutto questo. Avrebbe voluto alzarsi, e andargli a coprire gli occhi, nonostante sapesse che era uno spietato sayan. Per lei era ancora il bambino che le mostrava i disegni che aveva fatto a lezione, e gonfiava il petto al suo sguardo ammirato. Era il bambino che tutte le volte che poteva, da quando aveva capito che il padre non poteva proibirgli di vederla, di nascosto veniva nella sua camera, anche solo per prenderle la mano. Era il bambino che aveva paura del buio, ma che preferiva non dormire che dirglielo. Era il bambino che adorava la torta di bacche selvatiche, ma che doveva essere pregato per mangiarla. Era il bambino che il giorno del suo compleanno le faceva trovare un fiore sul comodino, ma faceva finta di non saperne niente. Era il suo bambino. Urlò ancora, e non riuscì più a pensare. Voleva solo che tutto finisse.
Vegeta si appoggiò al muro. Non aveva mai provato tanto dolore e disperazione. Lo poteva ammettere, almeno a se stesso. Sua madre era l’unica persona che lo aveva mai davvero amato. E lui le voleva bene. Avrebbe tanto voluto qualcuno che lo consolasse, che lo stringesse al petto dicendogli che andava tutto bene. Che gli mentisse, solo per vederlo stare meglio. Forse non esisteva un’altra persona così oltre a sua madre. E a Kakaroth disse la voce. Non aveva la forza di ribattere e dire che non era vero. Non poteva credere che suo padre avesse fatto una cosa del genere. Al solo pensiero, Vegeta stringeva i pugni. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di alleviarle il dolore. Allora entra, e ferma tutto le suggerì la vocina. Cosa? Oppormi a mio padre? Chiese nella sua testa. Ferma tutto. Fallo per lei. Disse concitata la voce. Vegeta pensava furiosamente, quando l’ostetrica aprì la porta. “Principe, deve venire per l’ultima siringa. Suo padre ha esplicitato che dovrà essere lei e iniettarla” gli disse. Vegeta si staccò dal muro, e si avviò fino al letto di sua madre. Gridava ancora, ancora e ancora e il principe non ne poteva più. Vedere il sangue di sua madre, sentire le sue urla, non aveva niente a che fare con il piacere che provava ad annientare definitivamente un nemico. Questo lo nauseava. L’aiutante numero uno prese una provetta nera, che all’interno conteneva quello che non sembrava propriamente un siero. Era come del muschio, denso, dal colore nero. Lo prese direttamente con le mani e lo mise dentro la provetta. Il principe si rese conto che era solido. Gli passò la siringa. “Voi siete pazze! Come faccio a iniettare questo dentro mia madre? È solido! La ucciderà, le fermerà il sangue!” ringhiò, ormai in preda al panico. Sua madre, che continuava a gridare, facendogli perdere la ragione, non sarebbe sopravvissuta. Lo guardarono quasi con pietà, e questo fece imbestialire ancora di più Vegeta. “Ci dispiace. Non possiamo farci niente. Devi farlo, e fra cinque ore partorirà, in tempo per il banchetto” disse l’aiutante numero due, ma non sembrava seriamente dispiaciuta. L’unica che sembrava veramente capirlo era l’ostetrica, che era rimasta in silenzio, implorandolo con lo sguardo. Ferma tutto Vegeta. Butta quella siringa a terra, e dai tempo a tua madre di partorire. Forse sopravvivrà. O forse le darai modo di passare le sue ultime ore serena, con i suoi figli. Gridò la voce, disperata. Sì, avrebbe fatto così. Sua madre non meritava quella fine. Prese la siringa, e stava per buttarla a terra, quanto sua madre gridò “NON FARLO! UCCIDI ME!” lo implorò Rosicheena. Doveva morire lei, non il figlio. Di fronte alle preghiere della madre, Vegeta desistette. Si avvicinò ancora di più alla madre, e le prese la mano, mentre lei continuava a spingere, gridare e piangere. La strinse leggermente, e poi le perforò il braccio, cercando di fare più piano possibile. Lei si contorceva, strillava, ma non mollava la presa ne spostava il braccio. Non dimenticò mai quella scena. Gli occhi della madre che lo pregavano di continuare, le labbra che cercavano di sorridere e il corpo che si contorceva in preda agli spasmi. Nella sua vita, non aveva mai fatto niente di più difficile che trattenere le lacrime in quel momento.
Dopo cinque ore di sfinimento, in cui Vegeta si era sentito completamente svuotato, la bambina nacque. Al principe però non importava. Importava solo del corpo svuotato di sua madre, che era riuscita comunque a increspare le labbra quando le avevano detto che era femmina. Sussurrò qualcosa, e il figlio si avvicinò per sentire “A me” diceva, non riuscendo ad articolare molto altro per lo sfinimento. “Passatele la bambina” ordinò il principe. Si affrettarono a dargliela, infagottata nella sua copertina rossa. Aveva degli enormi occhioni neri, non si vedeva quasi la pupilla, e dei radi capelli scuri. Il nasino era a punta, e aveva delle belle guance rosse, le labbra a cuore. Rosicheena, vedendola, si mise a piangere. Vegeta provava solo una profonda repulsione per la sorella. “Nacque il giorno decimo del sesto mese, al tramonto del sole, la principessa dei sayan, figlia del re Vegeta MXI e della regina Rosicheena II, sorella del principe Vegeta MXII. Ella si chiamò…” recitò l’ostetrica, come a ogni nascita reale. Ora Vegeta doveva rispondere, come da rito. Si abbassò verso la madre, che stava sussurrando qualcosa. “Lyve” cantilenava, come una ninnananna per la figlia. “Lyve” pronunciò Vegeta. L’ostetrica continuò “Ella si chiamò Lyve VII, e con la benedizione del principe, avrà una vita piena di vittorie e fertilità” finì. Ora Vegeta doveva prenderla in braccio, e farle la benedizione della famiglia. Non voleva toccarla, però doveva farlo. La prese dalle braccia della madre, senza delicatezza, e pronunciò la benedizione “Io, principe Vegeta MXII ti benedico e ti rendo ufficialmente parte della nostra grande e potente famiglia sotto la mia protezione” disse ogni parola con difficoltà, dovendole tirare fuori a forza. L’aiutante gli mise il mantello sulle spalle, prendendolo da chissà dove, e gli porse una fiala di liquido profumato, che lui cosparse sul volto della sorella. “Benvenuta Lyve VII” disse, per poi ridarla alla madre. “Lasciateci” ordinò. Se ne andarono tutte senza discussioni. Vegeta si avvicinò alla madre, in modo da sentire cosa diceva “è b-bellissima” sussurrò “promettimi… c-che non la farai crescere a t-t-tuo padre.” prese un grande respiro “cr-crescila tu, con a-amo-amore, è il mio u-ultimo desiderio” riuscì infine ad articolare la regina, non distogliendo lo sguardo dalla figlia. Vegeta rimase in silenzio. “Ti... ti p-prego” balbettò, alzando lo sguardo sul figlio. I suoi occhi erano pieni di lacrime, ma non di paura, né di dolore. Di rimpianto, per lasciare i suoi figli. Vegeta non potè non acconsentire. “Grazie” esalò, sfinita. Smise di respirare, con gli occhi ancora traboccanti di amore verso i figli che l’avevano uccisa.
Goku aveva volato a lungo. Si sentiva inutile. Nel momento in cui Vegeta ne aveva più bisogno, non c’era. Lui non poteva esserci, e non poteva fare nulla per cambiarlo. Aveva volato, e aveva lasciato scivolare via ogni tipo di preoccupazione. Dopo diverse ore, non riusciva più a tenersi lontano da lì. Era così preoccupato per Vegeta che non aveva neanche fame. Incredibile, pensò. Dovevano essere passate circa cinque ore. Arrivò davanti alla porta, e vide Vegeta. Era distrutto. Non tentava neanche di mascherarlo. Le mani tra i capelli, lo sguardo fisso, scuoteva la testa, tentando di rifuggire al mondo. “Che cosa è…” cominciò, ma il principe alzò la testa di scatto e volò via. “Vegeta!” lo chiamò Goku, ma non si vedeva già più. L’ostetrica uscì dalla sala, con un fagottino in mano. “Cos’è successo?” chiese, troppo preoccupato per badare alla bambina “La regina è morta” disse semplicemente “L’ha dovuta uccidere il principe” finì, per poi dirigersi verso la sala del trono senza un’altra parola. “Cosa?? Aspetta…” tentò, ma se n’era già andata. Si mise una mano tra i capelli. Cos’aveva dovuto passare? Spiccò il volo, nel disperato tentativo di trovarlo. E… non sapeva neanche lui cosa. L’avrebbe trovato, a ogni costo, e avrebbe cercato di farlo stare meglio.
 
“Entri” disse il re, quando l’ostetrica gli chiese udienza. Si prospettava una visita molto gradevole. “Sua Altezza” s’inchinò leggermente, con un fagotto in mano. Il sorriso del principe si allargò ancora di più. “è nata sua figlia sire, il principe Vegeta l’ha chiamata Lyve” disse, sollevandosi. Il sorriso del re si spense. Non era nato un maschio? Era un’insulsa donna? Aveva sprecato il suo seme per niente. “La regina è morta, l’ha uccisa il principe come richiesto, maestà” disse ancora. Il sorriso si allargò di nuovo sul suo volto. La puttana era morta, e il principe era stato fedele a costo di uccidere la madre. Non era andato tutto storto, allora. “Signore, preparo la principessa per il banchetto?” chiese la serva. Lui arricciò il naso, ed esplose in una sonora risata. “Non c’è mai stato alcun banchetto” disse, per poi tornare serio. L’ostetrica rimase allibita. Che cosa aveva fatto? Aveva ucciso una persona per niente, alla fine “E adesso fai sparire quella mocciosa dalla mia vista, prima che vi ammazzi entrambe” disse sprezzante, facendo cenno di andarsene con la mano. L’ostetrica fece un altro inchino, e se ne andò. Il re, pensoso, si portò una mano al mento. Non era andato tutto come voleva lui, ma si poteva rimediare.
 
Goku cercava da ore, ma non si era ancora stancato. Aveva visto in ogni più insignificante anfratto del castello, e ora era il momento di cercare nel giardino. A quanto pareva, da dopo la morte della madre, nessuno aveva più visto il principe. Sembrava essere sparito. Aveva chiesto a chiunque avesse incontrato per l’enorme castello, ma nessuno sapeva dove fosse. E la parte peggiore non era ancora arrivata. Il giardino era ancora  più grande e con ancora più nascondigli a disposizione. Però non c’erano tutte quelle aure con cui quella di Vegeta si potesse confondere. La sua aura per Goku era inconfondibile, ma se voleva il principe sarebbe riuscito a portarla a livelli così bassi da sembrare quella di un insetto. Un impercettibile cambiamento di potenza lo fece riscuotere. Anche se di pochissimo, qualcuno vicino alla fontana grande aveva aumentato la sua forza, forse senza volerlo, perché l’aveva riabbassata subito. E Goku sapeva benissimo chi fosse. Scese con cautela, dirigendosi su un albero maestoso che si ergeva sopra la fontana. Su un ramo robusto, stava seduto Vegeta, appoggiato al tronco e con una gamba penzoloni, il mantello rosso che frusciava leggero nel vento. Gli si sedette accanto, e questi non disse assolutamente niente, limitandosi a guardare nel vuoto. Incoraggiato dal non essere ancora stato scacciato brutalmente, il sayan più giovane cominciò, arrovellandosi la testa per trovare le parole giuste. “Vegeta, io…” iniziò, ma quello lo fermò subito “Kakaroth, vattene” disse senza emozioni. Pareva svuotato, privo di forze. “Senti, se vuoi parlarne…” ci riprovò Goku, ma fu fermato di nuovo “io non voglio parlarne! Specialmente con te!” sbottò, però l’altro sayan sapeva che non aveva ancora finito, e lo lasciò continuare “Come poterti spiegare cosa vuol dire uccidere la propria madre? Che cosa vuol dire ammazzare la persona cui tieni più al mondo e vederla grata di ciò che hai fatto? Che cosa vuol dire essere così dannatamente debole e voler fare qualsiasi cosa per cambiarlo, ma non poterci fare niente? Che cosa vuol dire avere una sorella che odi con tutto te stesso? Che cosa vuol dire sentirsi confuso, la testa che va in fiamme? Come posso spiegarti tutto ciò, eh Kakaroth? Non posso, semplicemente non posso” si era girato verso di lui mentre diceva tutto ciò, e aveva alzato leggermente il tono della voce. Poi si era rigirato, abbandonandosi stancamente contro il tronco. Stettero in silenzio, poi Goku parlò. “Non odiare tua sorella. Lei non l’ha fatto apposta. So cosa vuol dire essere odiati perennemente per qualcosa che non hai fatto di tua volontà. Anch’io nascendo ho ucciso mia madre. E Radish non me l’ha mai veramente perdonato. E so anche cosa vuol dire sentirsi debole e dannatamente confuso. Lo provo ogni volta che ti sto vicino” gli disse, con lo sguardo fisso sulla fontana, facendo un timido sorriso. L’altro si girò, guardandolo sbalordito “Non so cosa vuol dire ammazzare la persona cui vuoi più bene al mondo. Ma io credo che se l’hai uccisa e l’hai resa felice, davvero felice, allora non è come ucciderla. Le hai fatto… un favore” terminò Goku. Il principe continuava a fissarlo. “Non credo ci possa essere persona in tutto l’universo a vedere il mondo come lo vedi tu Kakaroth. Hai una percezione completamente diversa di tutto quello che ti circonda. Non so se è un bene o un male” sussurrò Vegeta. Di nuovo silenzio. Ora si fissavano. “è così… frustrante! Tutto! Perché non può andare come voglio io? Perché per una singola volta non può essere tutto semplice? Dimmelo!” gridò il principe, interrompendo quel silenzio. Si alzò in piedi, iniziando a prenderlo a pugni, facendolo cadere a terra. Lui si rialzò subito. “Dimmelo Kakaroth!” urlava. Lo prendeva a calci, pugni, avvicinandosi sempre di più, Goku non reagiva, nonostante il dolore. La forza dei pugni diminuiva sempre di più, e Vegeta si ritrovò tra le braccia dell’altro sayan, che lo strinse forte. Il principe si alzò di scatto, spaventato dalla familiarità di quell’abbraccio, e si ritrovò a pochi millimetri di distanza dal volto dell’altro. Si guardarono, alla luce della luna. Goku fece per spostarsi, ma il principe gli prese il mento. All’altro sayan mancò il respiro. “Che si fotta tutto il resto” ringhiò il principe, per poi avventarsi sulle sue labbra.
 
 
 
 







IL MIO ANGOLINO

Salve a tutti!! Prima di iniziare in sproloqui inutili (che metterò dopo, non vi libererete tanto in fretta di me e.e) , visto che so già che non mi fermerò più, devo dire che è un miracolo essere riuscita a pubblicare. E di conseguenza devo ringraziare mia mamma che in qualche maniera a me sconosciuta (essendo lei negata con qualsiasi cosa elettronica. Quindi consideriamoci graziati dal divino) è riuscita a sistemare tutto. Mi si è rotta la chiavetta di internet, nel vero senso della parola. Spezzata in due. La mia faccia era un misto di questo: O.O, questo: T.T e questo: =O
Disperazione pura. Però mi sono consolata scrivendo questo bel capitolo *.* Inizia lo sclero
Goku e Vegeta *.* GOKU E VEGETA *____________*
Magnifici, meravigliosi, dolcissimi, e chi più ne ha più ne metta. Ho voluto far prendere in mano la situazione al principe perché Goku non voleva “turbarlo” e quindi come al solito se ne stava andando, anche se di solito è proprio lui a fare il primo passo. Nonostante sappia che le donne non dovrebbero fare la prima mossa, dovevo fare così, altrimenti non andava. Non chiedetemi perché ho messo in grassetto il bacio, non lo so neanche io. La felicità del momento per avergli fatto baciare dopo 10 sudatissimi capitoli (?). Non pensate che il momento romantico sia finito. Nel prossimo ci sarà un bel pezzo dedicato al bacio e magari gli viene voglia di qualcosina di più… ma non prometto niente. Ok, spero di essere riuscita a fare qualcosa di decente anche in questo capitolo, e di non essere andata nell’OOC in questo momento così delicato. Forse è uno dei capitoli più difficili da scrivere, con tutta la storia del turbamento. A proposito… Chi odia re Vegeta alzi la mano! *uno stormo di mani si alzano, anche la sottoscritta*
Un momento di silenzio per la regina Rosicheena, prego.
Ditemi tutto quello che vi passa per la testa mentre leggevate questo capitolo! Eventuali errori e appunti sono graditi! Magari qualcosa che vi ha piaciuto o colpito, o che vi ha fatto sorridere. Qualsiasi cosa! Bacioni


p.s. avevo trovato una splendida immagine con Goku e Vegeta che si baciavano, qualcuno sa come fare a metterla senza far uscire l'immagine vuota?

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10


La prima cosa che Goku pensò quando Vegeta si avventò su di lui, fu che volesse dargli un craniata. La seconda cosa che pensò, quando si rese conto che lo stava baciando, baciando sul serio, fu che era finito in paradiso. La terza cosa che pensò, era che sapeva di miele, del miele quello appena tirato fuori dagli alveari, quando proponeva di andare a rubarlo insieme all’altro sayan, che si opponeva strenuamente, ma che alla fine accettava dicendo che “è un ottimo allenamento per i piani tattici”. Quel gusto delicato seppur deciso, che sapeva di vittoria, dolcezza e intesa. Di qualcosa guadagnato dopo tanti sforzi, che sembrava ancora più buono. Dopodiché non pensò a nient’altro. Gli prese la nuca, avvolgendolo con le braccia, e rispose con foga al bacio.
La prima cosa che Vegeta pensò quando si avventò su Kakaroth, fu che era completamente impazzito. La seconda cosa, fu che quell’idiota baciava maledettamente bene per essere un reietto di terza classe. La terza cosa che pensò fu che non avrebbe mai voluto muoversi da quella posizione, tra le sue braccia, ma ovviamente non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Le loro lingue danzavano, si rincorrevano all’infinito, scappavano e si riprendevano, in un gioco di poteri che non aveva né vinti né vincitori, ma che lasciava a entrambi un adrenalinico sapore in bocca, e che gli rendeva felici, stranamente felici, e spaventava, ma erano troppo inebriati per accorgersene. Era qualcosa di completamente diverso, che li faceva impazzire. Era pura forza e irruenza. Tutta la rabbia, la frustrazione, la paura e la voglia di trovarsi, di perdersi in quel contatto erano spiegate in quel bacio, lasciandoli senza fiato. Improvvisamente il principe sbattè Goku contro un albero, mordendogli il collo, senza preoccuparsi se gli facesse o no male. Voleva solo sfogarsi, e quel contatto era dannatamente piacevole. Non si sopportava più. Avrebbe solo voluto che il mondo andasse a puttane, e lo lasciasse un attimo in pace. Non voleva più pensare, non voleva più un milione di motivi per dover interrompere l’unica cosa che lo facesse stare bene. Per una maledetta sera, voleva fare davvero quello che più gli pareva, senza alcun limite. Aveva sempre pensato di essere libero di fare tutto, ma quel giorno si era sentito impotente e insignificante più che mai, e questo lo destabilizzava. Il sayan più giovane strinse i denti per non emettere alcun suono e ribaltò la posizione. Prese possesso con foga delle labbra dell’altro, per poi dirigersi in basso fino al pomo d’Adamo. Vegeta represse un gemito con un ringhio. Non era possibile. Era stato con un sacco di puttane e non aveva mai provato qualcosa del genere, neanche durante l’amplesso. E Kakaroth lo stava solo baciando. Goku risalì di nuovo il collo, e gli prese la bocca. Era assuefatto. Sarebbe rimasto ore a baciarlo, a esplorare ogni recondito spazio di quella cavità meravigliosa. Il sapore poi era eccezionale. Quando pensava di averlo catalogato in qualche modo, trovava una nuova sfumatura, un nuovo retrogusto che lo faceva impazzire, e con voracità lo gustava.
Continuarono a baciarsi per minuti, ore, giorni. Nessuno dei due poteva dirlo con certezza. Sempre con la stessa forza, la stessa passionalità. I corpi vicinissimi, che combaciavano. Le lingue si cercavano, senza dare un attimo di tregua per un respiro. Le dita graffiavano, s’intrecciarono con potenza nei capelli, fin quasi a strapparli. Poi, si ruppe la magia. Goku, nella breve pausa che ci concedevano per prendere fiato, gli aveva accarezzato con un pollice le labbra, per poi ricominciare a baciarlo. Una potente scossa trafisse Vegeta, che aprì di scatto gli occhi, stravolto. Che cosa stava facendo? Che cosa gli era preso? Si domandò shockato. Si staccò di scatto dall’altro sayan, che lo guardò confuso. Che cosa gli era successo? Si chiese il più giovane. Che cosa lo aveva spinto a interrompere il bacio? A lui sembrava andasse tutto bene. Non riuscì a domandarglielo, che un cazzotto lo raggiunse in piena faccia. Una vena pulsava sulla fronte del principe, e lo guardò con un misto di rabbia, confusione e sconforto. “Vegeta ma che cosa…?” provò Goku, portandosi le mani al volto sanguinante. “Non ti avvicinare, stupido reietto di terza classe” sibilò in preda a brividi incontrollabili il principe. L’altro sayan davvero non capiva quella reazione. Cercò di fare un passo in avanti, con un braccio teso, in cerca di quel contatto così brutalmente spezzato. Fulmineo, Vegeta gli prese il braccio. Doveva salvare il salvabile. Che cosa gli era passato per la testa? “Ho detto, che non ti devi avvicinare a me” scandì bene le parole. Il cuore gli batteva all’impazzata, come se avesse lottato per ore. Lui non poteva assolutamente provare qualcosa per Kakaroth. Tutto quello cui teneva si rompeva, se ne andava, moriva e lo faceva soffrire terribilmente. Lui non sarebbe mai più stato debole. Non avrebbe più sofferto, avrebbe salvato il suo onore. E se questo voleva dire finire i suoi giorni da solo, senza neanche Kakaroth, ben venga.  Goku abbassò il braccio. “Bene, ci siamo capiti” ringhiò Vegeta, ghignando. Doveva farlo soffrire, impedirgli di avvicinarsi di nuovo. Sapeva che avrebbe fatto male a se stesso e a lui, ma sarebbe passato. Meglio soffrire adesso quando ancora poteva preservare il suo orgoglio, che dopo. “Non venirmi più a cercare, essere inferiore, tu non sei niente per me e non provare a farti illusioni. Sei stato uno sfogo in questo momento, niente di più. Non sei mai importato nulla. Io sono il tuo principe e tu il mio servo, ti ordino di non farti più vedere” sputò ogni parola, con rabbia, risentimento. Goku era allibito. Vegeta l’aveva sempre insultato, da quando avesse memoria, ma mai così. Non era mai stato così serio. Deglutì. Forse era solo sconvolto, e gli sarebbe passata. Lo guardò dritto negli occhi, cercando di trovare un qualche accenno di scherzo, debolezza, tristezza o qualcosa che dettasse quelle parole, ma vedeva solo una rabbia ceca e disgusto. Non disse nulla, semplicemente distese le mani lungo i fianchi, abbassò lo sguardo e prese il volo. “Va bene” mormorò, sicuro che anche se era a una certa altezza, l’altro lo avrebbe sentito comunque. Vegeta attese che non fosse più visibile, per poi smettere di ghignare, e stringere con forza i pugni, fino a farli sanguinare. Odiava sentirsi impotente. Odiava la morsa allo stomaco che gli faceva venire da vomitare. Odiava il suo cuore, che gli faceva solo male. Se lo sarebbe strappato volentieri se non avesse saputo che i sentimenti in verità non risiedevano lì ma in una parte del suo cervello, e che il cuore era solo una metafora. E per quanto odiasse i sentimenti, non poteva esportarsi una parte del cervello senza rischiare di danneggiare tutto il resto. Diede un calcio all’albero, dove si erano appoggiati fino a poco prima. E poi diede un pugno, un calcio, pugno, pugno. Odiava Kakaroth. Tu non lo odi. No, non lo odiava, ma avrebbe imparato. Ti farai solo male così, lo sai, vero? Mi starò facendo male adesso, ma poi mi ringrazierò. Non credo che ti ringrazierai mai per aver perso il tuo unico amico e l’unica persona che tu possa mai amare. Non dire cazzate. L’amore non esiste. L’unico amore è per la battaglia. E poi ho evitato di soffrire in futuro Forse hai evitato di soffrire in futuro, ma ti sei negato una vita davvero felice per cui alla fine penserai che sia valsa la pena di soffrire dopo “Tutte stronzate!” gridò Vegeta nel folto della foresta, ricominciando a prendere a pugni l’albero, che cedeva sotto la potenza dei suoi pugni. Avrebbe amputato i suoi sentimenti. Non avrebbe mai più sofferto come stava facendo per sua madre.
 
Goku volò per molto tempo, l’aria fredda dell’altezza lo faceva sentire meglio, anche se un po’ infreddolito. Non capiva il perché del comportamento di Vegeta. Era arrabbiato con lui da una parte, per essere sempre così scostante e per averlo trattato così male. Quella però era la parte minore, se fosse stato per lui sarebbe già tornato dal principe per vedere se aveva bisogno di qualcosa, ma era stato categorico. Più che altro si sentiva molto in colpa, per non essere stato un buon amico quando ne aveva più bisogno e averlo baciato quando gli serviva solo un abbraccio. Zuccone ti è per caso passata anche solo per l’anticamera del cervello il fatto che magari avesse bisogno proprio del tuo bacio? Rimase un attimo perplesso all’affermazione del suo cervello Bè, in effetti, mi era sembrato stesse meglio dopo i primi venti baci. Al ricordo della bocca dell’altro sayan sulla sua, Goku arrossì violentemente. Era stato… era stato come vincere contro il tuo acerrimo nemico, ecco. La sensazione era quella. Dopo anni e anni di piani e di piccoli scontri, alla fine riuscire a sconfiggerlo. Baciarlo era stato come, dopo aver dato il colpo mortale, alzare il volto al cielo, e scoprire che c’era il sole, ma tu eri troppo impegnato a combattere. Solo che la sensazione era quella ogni volta che le sue labbra avevano sfiorato anche per un secondo un qualsiasi punto di Vegeta. Si fermò in aria. Ormai volava da ore e il cielo stava albeggiando. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riprovare quella sensazione. E ci sarebbe riuscito. Costi quel che costi, avrebbe baciato ancora il principe. Non un bacio qualsiasi. Un bacio che anche l’altro doveva volere con intensità. Vegeta non pensava davvero quelle cose che gli aveva detto. Ne era certo. Lui… non poteva pensarle. Era solo sconvolto, spaventato e molto triste per la morte della regina. Aveva bisogno di tempo per pensare e di una spalla cui appoggiarsi. Goku ci sarebbe stato, e gli avrebbe fatto capire che non poteva scacciarlo dalla sua vita così, a cuor leggero. Gli serviva un piano, però. E conosceva la persona che poteva aiutarlo. Con rapidità, si diresse verso l’ala est del castello, verso una finestra del secondo piano.
 
Falck non riusciva a dormire quella notte. E se non riusciva a dormire, i motivi potevano essere tre. Numero uno: Loveno aveva bisogno di lei. Ma dormendo placidamente accanto a lei, ed essendosi fatti le coccole fino a poco tempo prima, dubitava seriamente. Numero due: Cache aveva bisogno di lei. Il suo bambino però aveva fatto finta di addormentarsi presto per stare fino all’una a completare il rompicapo, che poi aveva risolto e con un sorriso trionfante si era addormentato. Quindi poteva escludere la seconda possibilità. Numero tre: Goku aveva bisogno di lei. Ora, non si era potuta avventurare nel cuore della notte fino all’ala centrale, dove c’erano troppe guardie che avrebbero pensato volesse fare una qualche sorta di atto vandalico verso la famiglia reale, e quindi non aveva potuto accertarsi della sua ipotesi. Stava quindi in cucina a sfornare una prelibatezza dopo l’altra. Era l’alba, e finalmente avrebbe potuto spegnere quelle odiose luci al neon. Mentre sminuzzava delle erbe per farcire la carne, sentì la finestra rompersi, e qualcosa che si fiondava dentro la cucina. Non ebbe la minima esitazione sull’identità del “qualcosa”. “Goku! Per l’amor del cielo, è tutta notte che ti cerco!” disse un’ansiosa Falck. Il sayan non si stupì di trovarla sveglia a quell’ora. “Non sei riuscita a dormire?” chiese, ben sapendo che il suo radar non falliva mai. L’aliena scosse la testa. Goku sprofondò sulla sedia. “Ti conviene sederti, se non vuoi cadere” disse, tentando senza successo di non spaventarla. “Che cosa è successo?” domandò Falck, portandosi una mano al petto per stringersi meglio nella mantellina. Il sayan fece un bel respiro profondo.
Raccontò tutto, da quando avevano fatto la corsa fino alla fontana, con le relative sensazioni, al parto della regina al quale non aveva potuto assistere, alla frustrazione derivata da essa, alla ricerca estenuante allo strano discorso sull’albero, a quando si era messo a picchiarlo, ma lui non aveva reagito. Ora arrivava la parte più difficile. Come dire alla propria madre che hai baciato in pratica tuo fratello?  “E poi?” chiese Falck, intuitiva come sempre. A Goku si seccò la saliva in bocca. Ormai? Tanto, se le cose andavano come voleva lui, l’avrebbe scoperto comunque. Ed era meglio aspettare pochi mesi al massimo e dirglielo in quel momento che anni interi senza la sua competenza nel pianificare e non farlo. “E poi… ci siamo baciati” disse, intimorito dalla reazione che potesse avere. Si era già dimostrata abbastanza favorevole, ma questa era la concretizzazione di qualcosa apparentemente inesistente. Forse una strana malattia, chissà. L’aliena semplicemente sorrise. “E com’è stato?” chiese intenerita. Non l’era mai piaciuto quel Vegeta, ma se piaceva alla sua scimmietta, doveva avere per forza qualcosa di buono. Goku non potè trattenere un sospiro di sollievo, e un sorriso involontario gli increspò le labbra, mentre parlava. “è stato… fantastico. Non ho mai provato niente di più travolgente e dolce allo stesso tempo. Forse assomiglia a mangiare una torta buonissima. Sai, che la assaggi e non riesci a far a meno di volerne ancora e ancora” confessò sognante. “Quindi adesso state insieme” fece le conclusioni Falck. Il sorriso sul volto del sayan si spense. “… lui ha detto che non vuole più vedermi. Che non importo nulla. Secondo me non è vero. Secondo me lo diceva solo per qualche ragione strana e assolutamente logica unicamente per lui. Sai è fatto così.” E dicendo questo sorrise ancora. Era proprio innamorato, pensò Falck. “Mi serve il tuo aiuto per riuscire a fargli capire che sbaglia. Insomma Falck… voglio un altro bacio, uno solo, però così importante che gli faccia comprendere che non può stare senza di me!” sbottò, senza troppi giri di parole. L’aliena sembrò pensarci un attimo “Questo ti renderà felice?” gli chiese. Sapeva che era una domanda seria, e Goku con qualcosa di serio non andava mai d’accordo. Si arrovellò un attimo la testa. Lo avrebbe reso felice? “Assolutamente” disse convinto. Il sorriso di Falck sembrò illuminare la stanza “Allora diamoci da fare”.
 
Dopo aver passato una notte a distruggere mezzo parco, Vegeta si era diretto distrutto nelle sue stanze. Ormai era mattina, e tempo mezz’ora sarebbe dovuto scendere per colazione. Si buttò sul letto, esausto mentalmente e fisicamente. Aveva solo bisogno di riposo. Chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. Tempo due minuti, e stava dormendo profondamente.
Appena dieci minuti dopo, bussarono alla porta. Il principe fu tentato di ammazzare la persona che aveva osato svegliarlo, ma non ne aveva né la forza né tutto sommato la voglia. Si trascinò fino alla porta, e si limitò a rivolgere uno sguardo omicida alla guardia reale, che si affrettò a fargli un inchino. “Buongiorno sua maestà. Il re la aspetta fra quindici minuti nella sala da pranzo reale, insieme al suo compagno Kakaroth per la giornata insieme alle vostre future spose. Ha richiesto esplicitamente puntualità sul minuto. Spero di non averla disturbata, Buongiorno ancora” e così dicendo se ne andò via. Correndo, notò con un ghigno il principe. Sbattè la porta dietro di sé. Non potevano fargli questo. No, assolutamente. L’universo lo odiava, ne era certo. Perché? si domandava. Perché sei una testa dura e devi capire come stanno davvero le cose. L’unico con cui sei veramente felice è Kakaroth gli sussurrò la vocina. Non ti ci mettere anche tu sussurrò rabbioso, per poi dirigersi in bagno. Si guardò allo specchio, e rimase atterrito.  “UNIVERSO IMMONDO! KAKAROTH LURIDO BASTARDO!” gridò come un forsennato. La vocina ridacchiava nella sua testa Te l’avevo detto io! Quale segno più evidente di un bel succhiotto?
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Non ho molto tempo, quindi non mi dilungo. È un capitolo un po’ introspettivo, un po’ coccoloso. Non so come sia uscito, tra i sentimenti contrastanti di Vegeta e la determinazione mista a tanta confusione di Goku. Spero vi sia piaciuto questo capitolo un po’ particolare e non avervi delusi Jnon mi convince particolarmente, però credo sia accettabile (CREDO) ditemi tutto quello che pensate, i vostri dubbi, conclusioni fino a questo momento, eventuali errori… tutto. Bacioni, a dopo domani. A volevo informarvi che presto diventerò ShadowMoonLady!!

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11


“Allora… ripetimi un’altra volta quello che devo fare” disse Goku dopo un attimo di silenzio. Falck cadde giù dalla sedia. Era la quattordicesima volta che gli spiegava il piano, eppure sembrava non comprenderlo. “Com’è possibile che non hai capito!” sbraitò esasperata l’aliena, risedendosi sulla sedia e prendendo un altro pezzo di torta. Delle prelibatezze che aveva preparato con tanta parsimonia quella notte, non era rimasto praticamente niente se non quell’ultimo pezzo di dolce. Tutti quei ragionamenti avevano fatto venire a Goku molta fame, lasciando a lei due pezzi da una delle cinque torte, un bicchiere di Ambra reale* dei due litri preparati e neanche un minuscolo pezzo dell’enorme arrosto misto speziato, che nonostante non fosse completamente cotto aveva insistito per mangiare. Lo stomaco del sayan era senza limiti, ma ormai Falck era più che abituata. “è che…” iniziò Goku, ma venne interrotto da un brontolio di stomaco. Ridacchiò, leggermente imbarazzato, guardando con gola la fetta di torta che l’aliena si era concessa. Lei sospirò, e gliela cedette. Il sayan fece un enorme sorriso, come avesse vinto un premio ambito. Ingurgitò la torta senza masticarla, e dopo che Falck gli asciugò con uno straccio il rivolo di bava che gli stava colando vertiginosamente verso la maglietta, continuò a parlare. “… è un po’ complicato. E sembra una cosa cattiva. Non è che farà arrabbiare Vegeta?” chiese ingenuamente. L’aliena non sapeva se prenderlo a mazzate o lasciarsi andare ad un sospiro intenerito. “Goku… il principe deve arrabbiarsi” e sottolineò per bene il “deve”. “Se non si arrabbia, il piano non può funzionare. Devi pungolarlo…” vedendo lo sguardo leggermente vacuo di Goku, disperatamente Falck cercò un altro termine. Non sarebbe riuscita a ripetere tutto un’altra volta, nonostante la sua infinita pazienza. “Devi… smuovere il suo orgoglio. Il senso di possesso che ha ogni sayan” lo sguardo del moro si appannò sempre di più. “Insomma… con le altre sayan con cui sei stato” e dicendo questo, vide Goku arrossire violentemente “Oh per l’amor del cielo! Come pensi che abbiamo fatto Cache, io e Loveno? Ora, prestami attenzione. Con le altra sayan, non provavi quel senso di assoluta appartenenza? Che avresti ucciso chi le avesse toccate?” cercò di spiegargli l’aliena. Lui scosse la testa con foga “No! Certo che no!” si affrettò a rispondere. Falck si accasciò di nuovo sulla sedia. Come spiegargli? Il suo sguardo vagò un attimo per la stanza, fino ad arrivare al tavolo pieno di piatti e stoviglie. Ma certo! “Quando stai mangiando una coscia di pelon**, no? E quella sta lì, bella succosa e pronta, ma devi mangiare per forza prima il brodo, altrimenti mi arrabbio” gli disse concitata. Goku storse il naso “Che schifo il brodo! Io voglio la coscia di pelon!” gridò, mettendo il broncio. “Lo so che vuoi la coscia di pelon, ma seguimi. Ti sei convinto che la coscia di pelon non è buona, così puoi mangiare il brodo senza soffrire troppo” spiegò, scandendo lentamente le parole. Goku sembrò interessato “A un certo punto, vedi che un altro sayan si sta mangiando la tua coscia di pelon. La sta gustando, morso per morso, e il profumo invade la sala” il sayan aveva ricominciato a sbavare, e lei dovette affrettarsi per pulirlo. “Pelon…”  mormorava, ormai da tutt’altra parte. Falck si sbattè una mano in faccia. “Goku, altri cinque secondi di attenzione. Allora, si sta mangiando la coscia di pelon, quella che volevi tu, ma che hai dovuto lasciare perché ti avevo detto di mangiare il brodo, e ti sei convinto che non ti piaceva per provare ad accettare meglio la situazione. Cosa pensi, quando gorgoglia lo stomaco?” lo incitò, pregando tutti i dei che conosceva perché capisse. Lui ci pensò. Strizzò gli occhi, si  sfregò la testa. Dopo dieci minuti buoni, in cui l’aliena era rimasta in attesa, si alzò in piedi, con sguardo battagliero. “La coscia di pelon è mia! Non mi piace il brodo, voglio il pelon!!” gridò trionfante. Falck chiuse un attimo gli occhi. Ce l’aveva quasi fatta. “Bene, ora fai finta che tu sei Vegeta” lo sguardo di Goku si appannò all’istante. “Come faccio a essere Vegeta?” chiese, stralunato. “Calma Goku, seguimi. Tu della storia sei Vegeta. Tu di adesso sei la coscia di pelon. E quello che ha preso il pollo è una bella ragazza. Forza, io credo in te, ce la puoi fare!” cercò di spronarlo Falck, sapendo che più di così non poteva fare. Se non capiva quella volta, non sapeva proprio come avrebbe fatto. Il moro piombò pesantemente sulla sedia, le mani tra i capelli e un espressione che concentrata era dir poco. Per un attimo, l’aliena temette stesse per scoppiare. Passati altri dieci minuti, Goku alzò il volto. Aveva un sorriso trionfante stampato in volto, e occhi brillanti. “Ho capito!” esclamò eccitato. Falck quasi si mise a piangere per il sollievo. Dopo ore e ore di sfinimento, finalmente la sua scimmietta aveva afferrato il concetto. Non credeva ce l’avrebbe fatta, alla fine. “Quindi adesso manca solo una coscia di pelon!” disse, felicissimo di esserci arrivato. L’aliena cadde a terra, battendosi una mano sulla fronte. “Goku, mi sa che te lo devo rispiegare” concluse esausta. Il sayan la guardò confuso “Perché scusa? il piano è che poiché Vegeta si è convinto che non gli interesso per niente, per stare meglio, dobbiamo farglielo capire facendolo ingelosire, e per farlo dobbiamo trovare una bella ragazza. Ma non stiamo facendo del male perché alla fine lo renderà più felice. Ho sbagliato?” le chiese deluso. Falck lo guardò a bocca aperta. “è giustissimo!! Ma cosa c’entra il pelon?” domandò perplessa. Il moro si grattò la nuca, ridacchiando “Con tutto questo pensare mi è venuta una certa fame!” l’aliena lo fissò un secondo, poi scoppiò a ridere. “E va bene. Ti preparerò la coscia di pelon più buon che tu abbia mai assaporato. Ora però dobbiamo trovare la bella sayan per mettere a punto il piano!” mentre il sayan stava per rispondere, sentirono bussare alla porta. Falck si diresse senza esitazioni. “Buongiorno. Sono qui per Kakaroth. Non l’abbiamo trovato nelle sue stanze, e abbiamo pensato potesse essere qui” disse una voce profonda. Goku sbiancò. Era terrorizzato dal pensiero che avessero scoperto del giorno prima, ma si avvicinò titubante. “Eccomi, sono qui” disse il sayan, cercando di apparire normale. La guardia alzò il sopracciglio di fronte alla tuta sporca e strappata, ma non fece commenti “Si metta un abito più consono, si dia una ripulita e vada subito nella sala da pranzo reale, il re l’aspetta insieme al suo compagno il principe Vegeta per la colazione con le vostra future mogli. Buona giornata” sembrò dire ogni parola con difficoltà, come se stesse trattenendo a stento un ringhio rabbioso. Né Goku né Falck ci fecero caso però. Quando si fu allontanato, l’aliena chiuse la porta. “Ecco l’occasione che aspettavamo. Goku… tu non puoi sposarti” disse serissima. “Lo so che non posso sposarmi. E non può farlo neanche Vegeta. Dobbiamo fargli cambiare idea prima del matrimonio, in modo che si opponga. Non so se ci riusciremo, però” disse sconsolato e serissimo Goku. Lei gli mise una mano sulla spalla “Non ti preoccupare, si risolverà tutto. L’amore trova sempre un modo per spuntare. Dai, oggi devi far ingelosire Vegeta, e vedrai che entro domani te lo ritroverai tra le braccia” lo incoraggiò, cercando di assumere un tono più allegro. Al sayan si tinsero le guancia di rosso, e balbettò qualcosa di incomprensibile. “Forza! Vai a prepararti!” lo spinse fuori dalla porta, e se la chiuse alle spalle.
 
 
Il principe si mise una mano tra i capelli. Dannato Kakaroth… Dannata bocca di Kakaroth. Non poteva semplicemente baciarlo? Si rese conto del suo pensiero, e istantaneamente si corresse. Lui non avrebbe proprio dovuto rispondere al bacio. Avrebbe dovuto tirargli un cazzotto, o qualcosa del genere. Solo che lui era Kakaroth, ed era inspiegabilmente buono. Anche se non avesse voluto, lo avrebbe baciato per accontentarlo. L’idea che lo avesse baciato solo perché era il principe dei sayan, gli fece venire una leggera nausea. Digrignò i denti e si graffiò di nuovo il collo. Come unica soluzione, aveva trovato di graffiarsi il collo fino a farlo sanguinare, in modo che sembrasse una ferita di guerra, e non uno stupido succhiotto. Sarebbe stato più semplice morderselo, ma si sarebbe dovuto accontentare. Si ricordò dei baci di Kakaroth sul suo collo, e un brivido gli attraversò la spina dorsale. Con uno scatto rabbioso, si diede un altro graffio e rimirò la sua opera allo specchio. La parte sinistra del collo era completamente rossa, e la pelle in alcuni punti era spellata. Così poteva andare. Poteva facilmente giustificarla con il risultato di una brutta caduta durante un allenamento. Si sistemò meglio il mantello, e si diresse senza indugi verso la porta.
“Ma come ti sei messo quel mantello?” gli chiese non riuscendo a trattenere le risate Rosicheena. Lui  fece un broncio, e corrugò le sopracciglia “L’ho messo benissimo! Io sono il principe dei sayan, non sbaglio mai!” borbottò. La madre lo guardò ancora con sguardo divertito, per poi sistemargli il mantello che aveva messo come un grembiule. “Tutti sbagliano Vegeta. Anche il re sbaglia, e ha molta più esperienza di te. Certo, sei il principe dei sayan, ma hai comunque sei anni e fai parte del tutti” e, detto questo, sistemò il capo, lasciandolo ricadere sulla schiena. Lo prese per le spalle e lo girò verso lo specchio. “Molto meglio” disse soddisfatta.
 
Il principe si bloccò sul ciglio della porta. Una pugnalata al cuore lo trafisse, potente, e gli mancò il fiato. Non doveva pensare a lei. Lo rendeva solo debole. Si incamminò a passo spedito fuori dalla stanza, e negli interminabili corridoi, per raggiungere al più presto la sala da pranzo reale. Doveva distrarsi. Doveva impegnarsi in qualcosa. Quanto avrebbe voluto poter andare ad allenarsi! Sentiva ribollire l’anima, e voleva offuscare tutto tra il sangue e il sudore.
Arrivato davanti al portone, si fece annunciare, ed entrò, arrogante come al suo solito. Quello che però vide, lo lasciò basito. Quell’idiota di terza classe stava civettando con quella gallina, che ridacchiava timidamente, ma Vegeta sapeva che lo stava mangiando con gli occhi. Ma soprattutto si stava prendendo gioco di lui. Contrasse la mascella. La gallinella intrecciò la mano di Kakaroth, e strinse la presa. Sentì i denti scricchiolare. Oh, si, l’avrebbe uccisa. Lentamente e molto dolorosamente. E poi avrebbe ucciso il reietto di terza classe. Il re si alzò dal posto a capotavola alla sua vista. “Figlio mio, ben arrivato. Io me ne andrò subito, lasciandovi il tempo di conoscervi. Volevo solo darvi la mia benedizione, e augurarvi buon divertimento. Spero che sia tutto di vostro gradimento, e che passerete una meravigliosa colazione” e se ne andò, così com’era arrivato.
Vegeta non commentò, fece solo un cenno del capo e si sedette nel posto a lui assegnato, cioè accanto alla sua futura moglie, di cui ricordava vagamente il nome. La sua attenzione era tutta per quei due ignobili esseri inferiori che chiacchieravano così amabilmente. “Buongiorno sire. Sono Moyana, se non ricorda il mio nome” disse con voce seria la sayan, inchinando leggermente il capo. Vegeta non la degnò di un’occhiata. “Presto sarò sua moglie. Spero di essere di suo gradimento” riprovò la mora, ma lui annuì semplicemente, continuando a guardare rabbioso in tutt’altra direzione. La futura regina non commentò, e si mise a mangiare. Un po’ invidiava l’altra sayan. Era stata davvero fortunata a trovare un sayan talmente buono. Ma alla fine, era meglio così, pensò Moyana. Se non gli interessava, molto probabilmente l’avrebbe stuprata solo quando avrebbe avuto bisogno di un erede, e al resto ci avrebbero pensato le puttane.
 
Dopo due ore di colazione, il principe digrignava con sempre più forza i denti, non degnando di un occhiata la sayan, che forse aveva parlato, forse no. Non era importante. L’unica cosa importante era come i due esseri inferiori si stavano prendendo gioco di lui, gli stavano mancando di rispetto. E questo era inaccettabile. Specialmente la sayan. Oh, la sayan. Quella gallina depravata. Non vedeva l’ora di portarsi a letto quell’altro imbecille. (scusate l’interruzione, ma dovevo proprio scriverlo. Chi è che non vede l’ora di portarselo a letto?) E quello ci stava, ricambiando ogni mossa di lei, ma troppo stupido per capire davvero quello che faceva. Si lanciavano occhiatine maliziose, si stringevano la mano. Ridevano. Ma era lei la mente diabolica. Più ascoltava la loro conversazioni, più si convinceva. Lo faceva apposta. “Davvero? Stai scherzando?” chiese stupido Goku “No, non sto scherzando. Mia madre pensava facesse male” confessò, lanciandogli un’occhiata languida. Ma com’era intima, pensò sarcastico Vegeta. Già che ci sei, lanciati addosso. “Ma non è possibile!” balbettò il sayan, meravigliato, ricambiando l’occhiatina. Adesso anche lui faceva il suo gioco! Gliel’avrebbe fatta pagare. “Si, si è possibile! I miei genitori hanno delle strane idee!” e a quel punto si mise a ridere. Sfacciata. Non erano neppure sposati. Lui ridacchiò a sua volta. Mentre la ragazza rideva, gli mise una mano sulla gamba. A Vegeta andarono in corto i circuiti. Non ci vide più. Quella era roba sua. Voleva solo ucciderla, seduta stante, e poi uccidere Kakaroth, che non l’aveva fatta fuori. Gli occhi dei due futuri marito e moglie si incrociarono, e il principe sentì l’impellente bisogno di prendere quell’idiota per il bavero della divisa e portarlo via. Si alzò, senza sapere bene cosa fare. “Abbiamo mangiato abbastanza” esordì. Nella sala lo guardavano leggermente confusi, ma non fecero obbiezioni. “Vi congediamo” disse, non trattenendo affatto l’occhiata d’odio verso la puttana. Le due si alzarono, e se ne andarono. Goku era leggermente nel panico. E ora come faceva a ultimare il piano? Non si erano neanche sfiorati, il principe non si sarebbe ingelosito. “Vegeta ma perché…” iniziò, cercando di trovare una soluzione. Non diede tempo di finire, che l’altro sayan se ne andò ringhiando. “Vegeta! Aspettami!” gridò Goku, inseguendolo. Quando uscì dalla sala, però, non c’era già più. Guardò a destra e sinistra, per accertarsi che non fosse ancora nel corridoio, ma era sparito. Davanti a sé la finestra era rotta. Sospirò, e si lanciò nel vuoto.
 
Passarono ore senza nessuna traccia del principe. Goku si chiedeva se ci provava tanto gusto a scappare via, e nascondersi nei luoghi più remoti del castello. Quando fu sera, esasperato, andò da Falck. Entrò in casa senza neanche bussare, scardinò la porta, noncurante degli sguardi sbigottiti e delle esclamazioni della famiglia e prese Falck per un braccio, portandola nella sua camera. “è andato tutto male” le comunicò esasperato. L’aliena si sedette accanto a lui, che nel frattempo era sprofondato nel letto, cercando di abbracciarlo, nonostante l’enorme differenza di stazza. “Su Goku… Non dire così. Che cosa è successo?” gli chiese, materna. Con un enorme sospiro, il sayan le raccontò tutto. Lei ascoltava, annuendo ogni tanto con fare comprensivo. Era riuscita persino a peggiorare la situazione, e ora la sua scimmietta ci stava malissimo. Eppure era sicura di conoscere il principe abbastanza da sapere come scatenare qualcosa in un sayan del genere. Evidentemente si sbagliava. “Mi dispiace veramente tanto. Forza, si sistemerà tutto alla fine” lo incoraggiò, mentre lui le poggiava il capo sulla spalla. Gli accarezzò i capelli, cercando di sistemare i ciuffi ribelli. “Vuoi rimanere da noi oggi?” chiese dopo un po’ di silenzio. Lui annuì, abbandonandosi completamente all’abbraccio di Falck.
 
*bevanda totalmente inventata, pensatela come una specie di crema zuccherosa non molto densa, gialla, deliziosa.
**in pratico è pollo, solo che non credo su Vegeta sei ci sia quello terrestre né il nostro modo di chiamarlo, però è identico. Ecco qua che la mia mente diabolica tira fuori il pelon
 
IL MIO ANGOLINO
Lo so, lo so. Cosa so? Una beata minchia  so che mi odiate. E mi odio anche da sola. Questo capitolo doveva prendere tutt’altra piega. Anzi, ho già scritto una buona parte dell’altro. Poi però mi sono accorta che sarebbe andato tutto TROPPO velocemente, ed eccomi  con questa roba qui. Vegeta geloso è… *____* piccolo mio!! Cosa ti combina Goku? E cosa gli combini a Goku? Povero piccolo amore… ma al prossimo capitolo si consola. Oh, si se si consola. Starà molto meglio. Vedremo una bella scenata di gelosia. Indovinate di chi? *.* Spero vi sia piaciuto questo capitolo, nonostante mi odi da sola per averlo fatto finire così. Nella bozza si erano messi insieme a fine capitolo! Purtroppo non si può fare. Perché? Chiedetelo a quello lì e al suo meraviglioso caratterino *indica accusatrice Vegeta*
Bè, ditemi cosa ne pensate!!
Bacioni, Shadow
P.S. ho cambiato nome!!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12


Loveno guardava inquieto la porta di camera loro. Cosa poteva essere successo? Goku sembrava davvero fuori di sé quando era entrato. Era davvero curioso di sapere cosa gli fosse accaduto. Per ingannare l’attesa, si alzò dalla sedia, rinunciando al pranzo. Non aveva più fame, sentiva che c’era qualcosa che non andava. “Cache aiutami a sistemare la porta” disse al figlio, che nel frattempo stava cercando di origliare la conversazione. “Un attimo, mi è sembrato di sentire qualcosa, una sedia che si sposta” gli rispose, impegnato a captare altri movimenti. Sospirò. “Cache, le camere da letto sono insonorizzate. Ero io che mi alzavo. Ora vienimi ad aiutare” gli spiegò, leggermente divertito. Il figlio staccò istantaneamente l’orecchio dalla porta, piccato “E perché non me l’hai detto prima, invece di farmi fare i salti mortali per sentire qualcosa?” gli chiese. Il padre si mise a ridere apertamente, scompigliandogli i capelli. “Perché era troppo divertente vederti impazzire” rispose, ridacchiando ancora un po’. Cache lo guardò male per un secondo, poi scosse le spalle. Non era tipo da prendersela per certe cose. Si diresse con il padre all’entrata, dove giaceva la porta. Mentre la prendevano, uno da un lato uno dall’altro, il più giovane spalancò istantaneamente gli occhi. Loveno sapeva cosa significava. Suo figlio aveva la singolare capacità di avere delle intuizioni, dei consigli, che si rivelavano utili e più che veritieri. Era ancora giovane, ma col tempo sarebbe sempre andato migliorato. Se il loro popolo non fosse andato distrutto, sarebbe stato il capo spirituale. “Stanno parlando del principe Vegeta” disse, mentre sbatteva leggermente le palpebre. Il padre lo guardò perplesso, e vide la stessa domanda negli occhi del figlio. Che cosa c’entrava il principe dei sayan con il turbamento di Goku? Mentre stava per dar voce alle sua perplessità, la porta della camera matrimoniale si spalancò, sbattendo al muro. Per la sorpresa, i due falciani mollarono simultaneamente la presa. Falck era uscita, portandosi dietro Goku, che sembrava molto abbattuto. Senza dire una parola, lo trascinò per il polso dentro la camera di Cache. Padre e figlio li seguirono a ruota, fermandosi però sulla soglia. La donna stava rimboccando le coperte al figlioccio, che si era rannicchiato in posizione fetale dentro al letto di Cache. Gli diede un bacio sulla fronte e chiuse le tapparelle. Si diresse verso la porta, che chiuse delicatamente dietro di sé. Vedendo il marito e il figlio con la bocca aperta, pronti a farle l’interrogatorio, corse nella sua camera da letto. Si sentirono i sonori “Bip” di diverse serrature che si chiudevano, poi più nulla. Stralunato, Loveno cercò di aprire la porta della sua camera, ma era chiusa, così come quella del figlio, che ci stava ripetutamente sbattendo contro nel tentativo di aprirla. “Non può farlo! Che sta combinando?” chiese Cache, sbalordito. “Figliolo, fermati. I pannelli di controllo di tutte le serrature di questa casa sono dentro la nostra camera da letto, e se non vuoi rimanere anche senza bagno, non devi fare rumore. Ho impressione che si arrabbierebbe parecchio se qualcuno svegliasse Goku” diede lapidario le conclusioni Loveno, ben conoscendo la moglie. Quei due stavano architettando qualcosa, che evidentemente non volevano far sapere a nessuno. L’unica incognita era sapere che cosa. “Ma… Ma è camera mia!! E sono le due del pomeriggio! Non può dormire alle due del pomeriggio!” balbettò il ragazzo. Il padre lo guardò rassegnato. Sentirono un altro “bip” e andarono a vedere cosa si era aperto. Il rumore sembrava veniva dalla cucina, e difatti era così. Si era aperta la cassapanca di emergenza, quella con i sacchi a pelo, per dormire in terra. I due spalancarono gli occhi. “M-ma… non può…” balbettò ancora Cache. Loveno gli lanciò uno sguardo rassegnato. “Comanda lei. Quale sacco vuoi?” domandò.
 
*
 
Vegeta aprì gli occhi. Si trovava in un immenso spazio bianco, inconsistente quasi. Non intravedeva ne un inizio, ne una fine. Una scossa alla schiena gli fece mancare il respiro. Si sentiva male. Sentiva come un masso gigante sul petto. Stranamente, gli sembrava di aver già provato una sensazione del genere. Con leggero timore, ma ostentando comunque sicurezza, incominciò a camminare in quella landa desolata. Non trovava però l’uscita. Accigliato, iniziò a dare calci e pugni ovunque, ma prima di cominciare a correre, si fermò. In qualche modo sapeva che farlo non gli sarebbe servito. Ricominciò a camminare, e con sgomento, si rese conto di avere ragione. Non c’erano muri o limiti. Si girò in tondo, cercando un modo per scappare. La sensazione di oppressione, di essere ingabbiato era frustrante. Improvvisamente, con la coda dell’occhio vide qualcosa. Sentì una strana sensazione di dejà vu. C’era un puntino nero, microscopico, da qualche parte alla sua destra. Richiamato da chissà quale forza, Vegeta si mise a correre. Gli sembrava di aver già corso, di aver già visto quel posto. Cercò di fermarsi, per trovare una soluzione logica, ma non ci riusciva. Non riusciva a smettere di correre. L’uscita lo chiamava, ma lui voleva a tutti i costi fermarsi. Era sicuro che quella fosse l’uscita. Man mano che si avvicinava, il puntino sembrava ingrandirsi per un po’, e poi allontanarsi. Il dolore al petto si espandeva. Non era mai stato così male, ed era sicuro di non essere ferito. Il puntino nero sembrò delinearsi. Era una porta, sicuramente. Sarebbe uscito di lì, e avrebbe trovato una soluzione a tutto quello. Era così vicino, avrebbe potuto toccarla. Il dolore era sempre più forte, ma decise di proseguire, ignorandolo. Arrivò davanti alla porta, e la aprì. Con sommo orrore, il buio lo circondò del tutto, e lui cadde nel vuoto.
 
Vegeta si svegliò gridando. Quel maledetto sogno. Lo perseguitava. Tutte le notti la stessa storia, lo stesso finale, lo stesso atroce dolore, la stessa maledetta sensazione di trovare la felicità dietro quella porta. La maledetta convinzione di trovare qualcuno ad aspettarlo, là dietro. Non sapeva chi, o perché, ma poteva esserne quasi certo. Sbuffando, si liberò dal groviglio che erano diventate le sue coperte. Era sudato, come al solito. “Sottoposto” disse semplicemente, e quello ormai abituato gli arrivò davanti, inchinandosi leggermente “Sua maestà, il bagno è già pronto” disse, dileguandosi come un’ombra. Il principe vi si diresse, senza esitazioni. Aveva un serio bisogno di dormire. Ogni volta che chiudeva gli occhi, anche solo per riposarli un attimo, si addormentava profondamente, e si riproponeva lo stesso dannato incubo, e ogni volta che gli apriva, sentiva la forza di gravità che le faceva calare in basso. Non riusciva più a fare niente. Anche allenarsi era divenuta un’impresa. Doveva già combattere contro se stesso, come fare a combattere il maestro?  Se ci fosse stato Kakaroth sarebbe sicuramente riuscito a batterlo, anche in quello stato. La schiena si irrigidì, e i suoi occhi si spalancarono di botto. Pensare a Kakaroth era come un’iniezione di qualcosa di potentissimo, che lo risvegliava. Non sapeva perché, e non se ne curava. Era troppo, troppo stanco. Che i suoi pensieri fluissero liberi. Era un mese che lo evitava. Era diventato un radar potentissimo, riusciva a scorgere l’energia di quel reietto anche quando era in mezzo a una folla, persino a chilometri di distanza. Appena si avvicinava, scattava in tutt’altra direzione. Aveva affinato velocità e astuzia in questo modo. Le sue capacità di occultamento era migliorate esponenzialmente. Stranamente, per lui quelli erano solo dati di fatto. Cosa ancora più strana, aver migliorato queste capacità non lo rendeva affatto felice, come avrebbe dovuto. Ormai, però, era troppo stanco anche per curarsene. Aprì il portellone del bagno, e lasciò i vestiti a terra. Le sue giornate erano diventate un ritmo continuo, uno scadere incessante. Fare colazione, andare ad allenarsi col maestro, evitare Kakaroth, allenarsi da solo, evitare Kakaroth, pranzare, evitare Kakaroth, allenarsi col maestro, evitare Kakaroth, allenarsi da solo, evitare Kakaroth, cenare, evitare Kakaroth, stendersi sul letto e tenere gli occhi aperti fino a crollare, fare l’incubo, svegliarsi pochi minuti dopo, farsi il bagno, allenarsi da solo, evitare Kakaroth, e poi di nuovo, tutto daccapo. Il re non aveva programmato nessun attacco a pianeti, ma molto probabilmente ne stava organizzando uno grosso. Stava sempre chiuso nelle sue stanze. Vegeta lo vedeva di rado, ma come il resto, non gli importava. Stava male, ma anche questo non gli importava. Il male fisico era qualcosa che poteva controllare, al contrario del vuoto che sentiva nel petto. Era entrato in piscina, e il flusso di acqua svegliava le membri stanche. Devi fare qualcosa, non puoi continuare così. Devi chiedere aiuto gli sussurrò fiocamente la vocina. Attraverso la sua mente appannata dal sonno, Vegeta la sentiva, ma non l’ascoltava veramente. Il principe si immerse e cominciò a nuotare. Dopo aver fatto la piscina un paio di volte, uscì dalla vasca, e si diresse verso la sua camera. Si sarebbe vestito, e sarebbe andato ad allenarsi. Sperando di non crollare a terra.
 
Goku sentì bussare alla porta per l’ennesima volta. Non poteva permettersi di farsi buttare giù la porta. Doveva tenersi al porta settimanale di ricambio solo per lui. Svogliato, si alzò dal letto e andò ad aprire. “Buongiorno. Oggi il re ha organizzato una passeggiata nel parco con la sua futura moglie. Nella piazza della fontana tra dieci minuti,  il principe Vegeta, la futura regina e sua moglie aspettano” disse senza alcuna gentilezza la guardia, ma non gli diede il tempo di rispondere una qualsiasi cosa, che gli chiuse la porta in faccia. “Buongiorno” morì in bocca a Goku, che impallidì all’istante. Vegeta? Moglie? Re? VEGETA? “FALCK!!” gridò il sayan, scardinando la porta e volando scompostamente verso l’ala est.
Tempo pochi minuti, e la porta della casa di Loveno, Falck e Cache fu a terra. Per un istante la famiglia, che si stava preparando per andare ognuno a svolgere i propri compiti, lo guardò sbalordita. Goku non era così sconvolto da… un mese, comprese Falck. Si diresse verso di lui e lo prese per un braccio, dirigendosi in tutta fretta verso la camera da letto matrimoniale. “Non ancora!!” gli gridò dietro Cache. L’ultima volta, aveva dovuto dormire nel sacco a pelo per quattro giorni, e in più Goku era stato così depresso da far precipitare l’umore a tutti loro. Loveno gli mise una mano sulla spalla, comprensivo.
“Che cosa devo fare?” le chiese, dopo aver spiegato la situazione. Aveva disperato bisogno di un consiglio. Falck ci pensò un attimo. “Fallo ingelosire” disse allora. Goku cadde dal letto. “Come farlo ingelosire? Non ti ricordi forse com’è andata l’ultima volta?” le domandò esasperato. “Si, mi ricordo. Non avevo calcolato il suo orgoglio e la sua testardaggine smisurati. Gli serve un’altra piccola spinta. Che cos’hai da perdere tanto?” gli domandò. Se fino a un secondo prima il sayan stava scuotendo la testa disperato, ora si era congelato. Infondo, che cosa aveva da perdere? Lo aveva già perso. “Io vado a prepararmi. Devo essere presentabile per farlo ingelosire” disse, con il tono di uno che sta per andare in battaglia, e rischia di non tornare. Se ne andò senza dire una parola, senza fare caso agli sguardi estremamente sollevati di Loveno e Cache o a quello estremamente preoccupato di Falck.
 
Vegeta era estremamente attivo. Come non lo era da un sacco di tempo. Tutti i suoi sensi, ormai allenati, lo scongiuravano di non andare in quella direzione, ma lui non aveva scelta. Doveva andare in giardino, dove si trovava Kakaroth, e questa battaglia contro se stesso sapeva di delizioso sadismo. Non masochismo, perché il suo corpo non lo sentiva neanche più suo. Arrivato nella piazza della fontana, trovò la futura regina ad aspettarlo. Non vide né Kakaroth, né la futura moglie, però sapeva che erano lì vicino. I suoi sensi non lo tradivano mai. Atterrò delicatamente accanto alla futura regina. “Salute” disse la sayan, inchinando il capo. Lui le fece cenno, e in automatico le offrì il braccio. Davvero non capiva tutto questa gentilezza. Che cosa gliene poteva importare e lui o lei di tutte queste formalità? Entrambi sapevano che sposarsi era un rito di convenienza. In verità lei era solo un ventre dove depositare l’erede reale, nulla di più. Fecero per incamminarsi, quando Vegeta sentì ridacchiare, e si fermò istantaneamente. No, non poteva essere… con nonchalance, fecero il giro nella fontana, e si ritrovarono davanti Kakaroth e la puttana. Vegeta sentì un leone ringhiargli nel petto. “Soleil aspetta!” le gridò il sayan, mentre quella si buttava nella fontana, ridendo, e lui la seguiva. Soleil, ecco come si chiamava. Assottigliò lo sguardo. Che nome orrendo. O troppo bello per una puttana come lei, il principe doveva ancora decidere. Vedendo che il futuro marito non era intenzionato a proseguire, Moyana tolse il braccio dalla prese, che stava iniziando ad essere sempre più forte. Aveva forti sospetti che il principe provasse attrazione per l’altra ragazza, Soleil. Ed era invidiosa. Si, era invidiosa che Soleil potesse avere due sayan, e lei neanche uno. Ma non doveva pensarci. Si sedette su una panchina in fondo alla piazza.
Vegeta non poteva far a meno di fissarli, appoggiato ad un albero per non farsi notare. L’albero in cui si erano baciati, per l’appunto. Quella puttana era indecente. Gli saltava addosso, lo schizzava, rideva. E non erano neanche sposati. Se non fosse stata promessa sposa, e quindi proprietà del reietto di terza classe, avrebbe già avuto la testa in briciole. La cosa che sopportava di meno era che in quella fontana lui e Kakaroth avevano giocato, fin da bambini. Poco tempo prima si erano inseguiti, fino ad arrivare ansanti in quella fontana, con i volti a pochi centimetri. E ora c’era lei. La odiava. E non si era mai sentito pieno di energie come allora. Progettava mille modi per prenderla di nascosto, ucciderla silenziosamente e occultare il cadavere. Un miscuglio di sensazioni si accalcavano fastidiosamente nel petto. Il sorriso di Kakaroth gli faceva venire un allegro formicolio, che veniva ucciso brutalmente dal fatto che quel sorriso era solo ed esclusivamente per lei. L’idiota sorrideva in quel modo solamente a lui. Quel sorriso era suo. Kakaroth era suo, era venuto prima lui. Ringhiava rabbiosamente, affondando le unghie negli avambracci. Non sapeva perché, i suoi pensieri e sensazioni defluivano liberi, la rabbia offuscava tutto. Gli istinti dominavano, e lui era troppo provato per provare anche a dominarli, e in più aveva bisogno di sentirsi vivo. Vide che ridevano ancora, e che si avvicinavano sempre di più. Spalancò gli occhi, si staccò dal tronco, serrò i pugni. Non avrebbero osato. Goku sistemò una ciocca di capelli bagnati dietro l’orecchio di Soleil. Sapeva cosa sarebbe avvenuto di lì a pochissimo. Sperava che funzionasse. Soleil era carina, simpatica, solare. Ma era troppo dolce, troppo allegra, troppo femminile, troppo non Vegeta. Poteva essere una buona amica, certo. Cercò di concentrarsi, e pensare che fosse lui. Chiuse gli occhi, le loro labbra si sfiorarono appena, quando Kakaroth si sentì strattonare prepotentemente all’indietro. Non poteva credere ai propri occhi. Vegeta li aveva raggiunti, e gli puntava un dito contro, rabbioso. “TU!” esclamò, prima di cominciare a prenderlo a pugni. Goku si difendeva, senza contrattaccare, anche se era un po’ difficile. La potenza dei pugni dell’avversario era formidabile, non era mai stato così agguerrito. Si sollevarono in aria, ma Vegeta lo spingeva lontano, e in basso. “TU! PEZZO DI IDIOTA!” gridava, continuando a massacrarlo. Goku tentò di rispondere, ma senza successo. Si schiantò a terra, in una delle piazzette con le fontane minori, una di quelle più lontane del castello. “COME HAI OSATO!!” continuava a gridare isterico “A fare cosa?!” gli chiedeva Goku, ma senza ottenere risposta. Il sayan più giovane era in serie difficoltà, e non sapeva come fare. In un attimo di distrazione, Vegeta lo sbattè contro un albero. Lo prese per il bavero della maglietta. “Tu. Sei. Un. Idiota.!” Scandì parola per parola. Goku lo guardava confuso “Non provare mai più a fare una cosa del genere, mi sono spiegato? MI SONO SPIEGATO?!” strillò. L’altro sayan ancora non capiva. “Che cosa…” cercò ancora di parlare, ma venne di nuovo interrotto “Non farti MAI più nemmeno SFIORARE da quella puttana o giuro che ammazzo prima lei e poi te! TU. SEI. ROBA. MIA. HAI CAPITO?!” gli ringhiò in faccia, scandendo bene le parole e con certi picchi di voce non indifferenti. “Vegeta…” cercò di dire qualcosa, mentre un sorriso sbocciava sulla sua faccia. Falck ci aveva visto giusto. “RISPONDI, SI O NO? TI DEVO RINFRESCARE LA MEMORIA?” gli urlò di nuovo in faccia, sbattendolo con più forza alla corteccia. Non sapeva neanche quello che diceva. Semplicemente si sfogava. Dava voce alla sua rabbia, come gli avevano insegnato a fare fin da piccolo, e si prendeva ciò che sentiva suo. Goku sussultò leggermente, ma sorrise comunque. Un sorriso sincero, di quelli che possono permettersi le persone davvero felici. “No” sussurrò, per poi dargli un bacio leggero a fior di labbra. Vegeta gli diede un pugno in pieno petto, e Goku temette di aver sbagliato di nuovo “Chiedimi perdono” gli disse, guardandolo dritto negli occhi. L’altro sayan, leggermente confuso, chiese spiegazioni. “Chiedimi perdono per aver osato farmi questo affronto. Non provare a baciarmi con labbra non pentite” concluse, incrociando le braccia, senza però staccare gli occhi dai suoi. “Ti prego di perdonarmi per aver osato farti questo affronto. Non lo farò mai più” disse, cercando di rimanere serio nonostante la felicità che gli attanagliava il cuore. L’altro ghignò “Il tuo principe ti perdona”, disse con aria di sufficienza. Goku sorrise “Grazie maestà” per poi, prendendolo completamente alla sprovvista, prenderlo per il bavero della divisa, e baciarlo con passione. Era inutile prendersi in giro, pensò Vegeta, per qualche ragione a lui sconosciuta, provava una anomala e inappropriata attrazione per quell’idiota.
 
 
 
 
 
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 IL MIO ANGOLINO
Ecco a voi, ladies and gentlemen, in perfetto orario, il dodicesimo capitolo! Sono stata ore su ore per finirlo, ma alla fine credo (CREDO) sia uscito… abbastanza bene? Benino? Caruccio? Orrendo? Ditemi voi. Allora… Vegeta e Goku? Pucci picci teneroni amorosi! Non sono bellissimi? Da qui credo che inizi la loro vera e propria travagliata e assolutamente magnifica relazione, un passettino alla volta, però credo che l’inizio sia questo. Notate Vegeta all’inizio, e mettetelo a confronto con Vegeta alla fine, quando sta con Goku. Sembrano due persone diverse, vero? Spero di aver evidenziato bene questo profondo cambiamento. Com’è andata la sfuriata? Era decente? Speriamo!
Non mi convince molto la parte finale, ma ditemi voi. Ditemi se sono andata nell’OOC, che ho già la pistola pronta.
Bon, nel prossimo capitolo credo che delineerò la loro relazione, come inizia. Quindi si prospetta un capitolo interessante! E credo che i due coccolini saranno impegnati in una lotta… su diverso campo di battaglia. Capitemi!
Quindi…. COMMENTATEEEE! Mi fareste tanto tanto tanto tanto tanto tanto tanto *tre anni dopo* tanto felice J
Bacioni
Shadow

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13


Era una bellissima giornata. Il sole splendeva nel cielo privo di nuvole, e le temperature sembravano essersi alzate. La stagione calda stava arrivando, e tutti potevano esserne più che lieti. Il fitto bosco nel giardino reale era pieno di vita, e ogni esserino si stava svegliando. Un vento leggero scuoteva le chiome degli alberi, rendendo l’atmosfera ancora più spettacolare. Un raggio di sole arrivò negli occhi di Goku, che gli strizzò con forza, infastidito. Mugugnò qualcosa d’indistinto, e rotolò pancia sotto, allargando le braccia. Uno di essi si poggiò su un ostacolo. Sembrava una pietra, ma era inaspettatamente morbida a calda. Incuriosito, senza aprire gli occhi, ne saggiò la consistenza. Improvvisamente l’oggetto si spostò, facendolo sobbalzare. “Stupido Kakaroth…” borbottò il suddetto oggetto, girandosi. Goku aprì di scatto gli occhi, schizzando a sedere, ricordandosi dove si trovavano. Era seduto sulla morbida erba di uno degli spiazzi in cui era situata una delle fontane minori, completamente nudo e pieno di graffi e tagli. E accanto a lui c’era Vegeta, nudo, che stava dormendo placidamente pancia sotto, la testa mollemente appoggiata di lato, con un’espressione serena. Forse fu la cosa che sconvolse più il sayan. Da che ricordava, Vegeta non era mai stato felice, o anche minimamente compiaciuto di un qualcosa che non fosse di natura puramente sadica o che incrementasse il suo sproporzionato ego. Ed anche in quei casi, la massima espressione di gioia era un ghigno cattivo, la fronte costantemente aggrottata. In quel momento invece aveva l’enorme fronte completamente spianata, le sopracciglia finalmente rilassate, la bocca socchiusa. Dimentico della situazione anomala, Goku rimase incantato a guardarlo. La cosa più bella era quella simpaticissima rughetta tra le sopracciglia, che si era venuta a formare per il perenne broncio. Era quasi invisibile, e il giovane sayan era più che certo che nessuno avesse mai avuto l’onore di vederla, essendo il principe sempre corrucciato. Si sentì stranamente felice. Quella rughetta era solo sua. Forse neanche Vegeta sapeva di averla. Si distese pancia sotto, sollevandosi il volto con le mani, e si avvicinò ancora un po’ al volto dell’altro. Era proprio bello. Si chiese cosa sarebbe successo se lo avesse baciato. Molto probabilmente un pugno in pieno stomaco, si rispose da solo. Guardò ancora le labbra fini, sempre stoicamente tese, ora rilassate e notò un’altra piccola rughetta, sul labbro superiore. Non poteva resistere. Si avvicinò ancora un po’, e con cautela posò le labbra su quelle dell’altro. Le staccò subito, tornando a sedere, spaventato, ma non successe nulla. Solo un indistinto brontolio, e poi si girò supino. Goku sgranò gli occhi, e diventò rosso. Ridacchiò nervosamente. A quanto pareva, anche un solo bacio faceva un certo effetto sul principe. Il sayan maggiore borbottò di nuovo, rotolando nuovamente pancia sotto. Cos’era tutto quel chiasso? Si domandava nel dormiveglia. Goku si premette le mani sulla bocca. Non voleva assolutamente svegliare Vegeta. Sembrava aver bisogno di una bella dormita. Si ridistese sul prato, tentando goffamente di abbracciare il principe, che però si girò di schiena. Deluso, fece per dargli le spalle, quando un contatto inaspettato lo raggiunse. Non poteva crederci. Si girò di nuovo, e con suo immenso stupore, vide di non esserselo immaginato. Il principe aveva intrecciato la coda con la sua. Rimase un attimo incantato a guardarle. Era una cosa molto intima. Una specie di promessa. Nella vita di un sayan, solo il compagno di vita aveva il permesso di toccare la coda. A Goku incominciò a battere forte il cuore.  Vegeta la stringeva con forza, attorcigliandola completamente, e attirandola verso di sé. L’altro sayan rispose alla stretta, con dolcezza, sperando di non svegliarlo. Sarebbe voluto rimanere lì per sempre. Purtroppo, non durò molto. Vegeta aprì di scatto gli occhi, sciogliendo immediatamente la presa della coda. “Che cosa…?” si chiese agitato, girandosi in tondo. Si guardò, e guardò Goku. Arrossì vistosamente. “Kakaroth, vuoi spiegarmi cosa diamine è successo?” gli chiese, tentando di ostentare sicurezza. Lui si grattò la nuca. “Come, non ti ricordi di ieri?” gli domandò. Lui aggrottò le sopracciglia. “Ehm… ieri… siamo stati tutto il giorno… a… ehm…” balbettò, tingendosi di rosso. Vegeta aggrottò ancora di più le sopracciglia, poi sbiancò e divenne di nuovo completamente rosso. Ora ricordava.
 
Si erano baciati appassionatamente, all’inizio irruenza, poi, quando iniziò a guidare Goku, con più dolcezza. Era come una scusa, un ritrovarsi dopo essere mancati nelle loro vite per un mese. Dopo parecchi minuti, Vegeta si era staccato, producendo un mugolio di protesta da parte dell’altro. “Dobbiamo tornare dalle nostre future mogli” gli disse severo, rompendo tutta la magia. Goku mise il broncio “No. Io voglio rimanere qui. E rimani anche tu” s’intestardì. Il principe sbuffò. “Non fare il capriccioso Kakaroth. Tu adesso vieni di là con me, fai il bravo maritino, SENZA” accentuò bene il “senza” “toccare la puttana che avrai come moglie, e non fai storie, altrimenti mi dovrai costringere a usare la forza” spiegò in tutta calma. L’altro non accennò a muoversi di un millimetro. Vegeta incrociò le braccia, mettendosi davanti a lui. Sembravano uno la copia grottesca dell’altro. Vedendo che non accennava a muoversi, il principe sbuffò di nuovo. “Bene. L’hai voluto tu” asserì tranquillo, gettandosi addosso all’altro. Goku non si fece cogliere alla sprovvista, e deviò prontamente l’attacco dell’altro. “Noi rimaniamo qui” disse di nuovo. “Noi andiamo di là” ribattè l’altro, cercando di nuovo di prenderlo, ma lo schivò di nuovo. “Tanto non mi prendi!” gridò, correndo da una parte all’altra come una trottola. Dopo pochi minuti, il sayan più grande si era stancato, e decise di usare un approccio più intelligente. Dopotutto era lusingato che volesse rimanere lì con lui piuttosto che andare da quell’oca. “Va bene, facciamo così. Noi andiamo di là ADESSO e stiamo pochissimo. Facciamo una passeggiata con quelle due e poi torniamo qui. Siamo d’accordo?” chiese, anche se non era una vera e propria domanda. Se non accettava la sua infinita bontà e pazienza, gli avrebbe rotto l’osso del collo e l’avrebbe trascinato a peso morto fino alla fontana maggiore. Sapeva purtroppo che se iniziavano una lotta di testardaggine, non avrebbe mai vinto nessuno. Si massaggiò le tempie, tentando di non passare subito al piano B. Goku si fermò istantaneamente. “Promesso?” gli chiese sorridendo. Puntuale, il pizzicore allo stomaco non mancò. “Umpf… promesso”, mugugnò, per poi spiccare il volo e dirigersi senza indugi verso la fontana, certo che l’avrebbe seguito, come, in effetti, fece.
 
Soleil era seriamente preoccupata. Non capiva cosa avesse potuto scatenare una simile reazione nel principe. Possibile che…? No, non era possibile. Era un uomo quasi sposato, non avrebbe mai potuto avere interessi verso di lei. Al pensiero del bel principe, lo stomaco della sayan fece una capriola. E se invece… Non fece in tempo a finire di pensare, che il suo futuro marito e il principe Vegeta fecero ritorno. Erano abbastanza malconci, ma aveva temuto di peggio. Raggiunse subito Kakaroth, o come gli aveva chiesto di chiamarlo “Goku”, e si accertò che non fosse ferito gravemente. Lui rispose con dei “Non ti preoccupare” “Sì, sto bene” “Certo, certo” detti senza criterio alcuno. Sembrava preso in tutt’altri pensieri. Dopo l’ennesima domanda con una risposta non ben definita, Goku sembrò cadere dalle nuvole “Che ne dici di fare una passeggiata? Magari insieme a Vegeta e Moyana, se vogliono” chiese, come illuminato. Lo guardò, confusa. Non si erano appena picchiati a morte? Quel sayan aveva proprio un cuore immenso. “Va bene” gli sorrise. Gli chiamò, e il principe acconsentì per entrambi a unirsi alla loro passeggiata. Goku sentiva il cuore leggero. Mentre prendeva il braccio di Soleil, immaginava Vegeta al suo posto, e il fatto di averlo a distanza di pochi passi, lo faceva sentire a dir poco euforico. Specialmente percepire le loro auree che si sfioravano e intrecciavano. Non era così felice da mesi. Durante la passeggiata parlò poco, impegnato a cogliere le occhiate che ogni tanto Vegeta gli lanciava, e che repentinamente ricambiava, facendolo diventare rosso. Oppure a sfiorare un po’ troppo Soleil, sempre per i parametri alquanto ristretti del principe, e vedergli lanciare occhiate di avvertimento, con un pauroso aumento di energia. A Soleil faceva domande che riguardavano la sua vita, o argomenti in cui parlava molto, e con minimi segni di assenso riusciva a intavolare una discussione. Era tutto per Vegeta. Quella era la loro passeggiata. Con sguardi, occhiatine e leggeri sorrisi quello era il preludio del dopo. E Goku era sicuro ci sarebbe un dopo. Invece di essere spaventato, o aver paura di non sapere cosa fare come le altre volte, si sentiva abbastanza sicuro. Anzi, era stranamente eccitato. Vegeta non era da meno. Anche se cercava di ascoltare gli interminabili sproloqui della quasi moglie, non riusciva a non divagare con la mente. Aveva promesso a Kakaroth che sarebbero tornati dopo in quella piazzetta, e lui doveva mantenere le sue promesse, era il principe dei sayan. Ora, però, era leggermente spaventato su quello che sarebbe accaduto. Insomma, non era davvero spaventato, lui era il principe dei sayan, si disse. Era solo… titubante? Si chiese se quello fosse il termine giusto per quello strano miscuglio di emozioni, che gli faceva ronzare il petto, bruciare la bocca dello stomaco, venire un groppo alla gola, e, seppur con riluttanza, dovette ammettere che gli faceva dolere il basso ventre. “Stupido di terza classe che mi fa eccitare…” borbottò sconnessamente. Moyana lo guardò, fermando il racconto sulle sue vacanze nelle contee del sud. “Che cosa hai detto?” gli chiese, confusa. Il principe arrossì fino alla radice dei capelli, per poi diventare rosso per la rabbia quando sentì Kakaroth ridacchiare convulsamente. Aveva sentito tutto. Stava captando le loro conversazioni, e aveva sentito quel borbottio, che poteva sembrare un ringhio a bassa frequenza, ma lui era riuscito a tradurlo. “Niente” ringhiò il principe. La futura regina lo guardò interdetta, per poi ricominciare a parlare.
 
Verso il pomeriggio, dopo un lungo pranzo, per il quale Vegeta aveva dovuto combattere a denti stretti per convincere Goku a invitare la quasi moglie, come li aveva ordinato il re, finalmente le due sayan se ne andarono, lasciando Vegeta e Goku liberi fino all’ora di cena, quindi per ben quattro ore. La giustificazione del re era stata “Assimilare le nuove informazioni sulle future mogli”. Quindi, il sayan più giovane prese senza esitazioni per il polso l’altro, e lo trascinò verso la piccola radura lontana. Dopo un paio di cazzotti e di “Sono il principe dei sayan, faccio io strada”, con il principe davanti e Goku mezzo ridacchiante e mezzo malandato dietro, erano arrivati. “Che cosa vorresti fare adesso Kakaroth?” gli chiese, fingendo noncuranza. Lui sorrise malizioso. Lo prese di nuovo per un polso, e prima che potesse protestare, lo trascinò verso di sé, baciandolo con ardore. Era un bacio nuovo. Un bacio che sapeva di promessa per qualcosa di più. Un bacio che bramava di più. Le labbra di Goku erano impetuose, esploravano ogni pezzo di pelle libero senza pietà. Vegeta rimase per un attimo senza fiato, poi con un ghigno partecipò al gioco, ricambiando con una tale irruenza da fargli cadere a terra, lui sopra. Goku ribaltò la posizione, essendo consapevole da qualche parte che era quello il suo posto. Il principe borbottò qualcosa come “Non sto sotto...” o “io sono il principe dei sayan” ma ogni tentativo di ribellione era comunque debole rispetto alla passionale forza che con cui si cercavano. Senza pensarci, Vegeta gli strappò via la divisa davanti, mettendosi cavalcioni sopra di lui, mordendogli il pettorale con forza, lasciando enormi segni, e poi baciando con impazienza, smanioso di assaggiare ogni punto. Goku si tolse il resto parte superiore della divisa che rimaneva, restando a petto scoperto. Il principe assaggiava ogni punto del suo corpo, mordendo e succhiando, baciando, in un ritmo frenetico che lo stava facendo letteralmente impazzire. Quel misto di dolore, piacere, voglia, passionalità, era qualcosa di rude e primordiale, che gli scorreva nelle vene e gli annebbiava il cervello. Ripreso possesso delle sue labbra, catapultò nuovamente la posizione, baciandogli il collo, la mandibola, il mento, e sfilandogli via la parte superiore della divisa. Ammirò per un solo istante gli addominali ben scolpiti, per poi cominciare a succhiare avidamente i capezzoli inturgiditi. Vegeta ringhiò, preda delle sue emozioni. Dannata bocca… gli riprese la testa, e guardandolo negli occhi, portò la bocca sulle sue labbra, ricominciandolo a baciare, come se ogni bacio fosse vitale, essenziale, ossigeno per i polmoni. Una mano di Goku scese fino alla vita, e poi più giù, palpandolo. Vegeta chiuse gli occhi, mordendogli la spalla, e sentendo la sua eccitazione che s’ingrandiva, come quella di Kakaroth, che si sfregava contro il suo bacino. Continuando a baciarsi, Goku sfilò l’ultimo indumento che rimaneva a Vegeta, lasciandolo completamente nudo. Sentendosi vulnerabile, il principe fece lo stesso con l’altro. I due corpi nudi a contatto, i bacini che si sfregavano, il sangue dei morsi che si mescolava, le bocche che si cercavano smaniosamente, li fecero perdere la testa. Qualsiasi pensiero anche minimamente razionale potessero aver avuto, si perse nel vuoto. Tutto iniziava a finiva lì, nei loro corpi a contatto. Nelle loro mani che si toccavano, come se lo facessero da sempre. Nelle bocche che sembravano così esperte, che saggiavano la consistenza della virilità dell’altro. E negli sguardi, costantemente fissi l’uno nell’altro, che coglievano ogni sfumatura di desiderio, rabbia e passione. Continuarono a baciarsi, a mordersi, a marchiarsi, forse per ore, finchè non riuscirono più a resistere. L’eccitazione pulsava dolorosamente, il desiderio era al limite. Con un'unica, poderosa spinta, Goku penetrò l’altro, che ringhiò per il dolore, ma anche per il piacere. Si mosse dentro di lui, continuando a baciarlo, sbattendolo a terra, rotolando, e toccandolo con una mano. Tentò di resistere il più possibile, ma alla fine venne e dopo pochissimo anche Vegeta. Sfinito, dopo un leggero bacio si staccò, crollando a terra. Chiuse gli occhi, stremato. Non sapeva neanche cosa aveva fatto, semplicemente aveva agito. Vegeta era troppo stanco anche per pensare. Guardò il cielo, il sole era appena tramontato. Finalmente, dopo un mese d’insonnia, si addormentò profondamente.
 
Vegeta arrossì, cercando con lo sguardo i vestiti in giro. Erano ammucchiati vicino a un albero, che era completamente spezzato. Non avevano fatto molti danni, dopotutto. Un paio di alberi, un po’ di sassi, una piccola ammaccatura alla fontana. Non si sarebbero accorti di nulla. Si diresse a passo di marcia verso di loro, cercando di mantenere la poca dignità che gli rimaneva, borbottando frasi sconnesse. I danni ai suoi vestiti erano minimi, la manica leggermente rotta, i pantaloni bucati. Poteva essere presentabile. Iniziò a indossarli, e Goku lo imitò poco dopo. “Ehm… Vegeta… Ho la maglietta completamente strappata…” notò il sayan, facendo vedere la parte superiore della divisa completamente rovinata. Il principe alzò lo sguardo, notando i pettorali ben scolpiti in bella mostra. “Tsk… stwisn bdnej cisdni” borbottò, sistemandosi meglio la divisa. Goku lo guardò, corrugando la fronte, e osservò con dispiacere che le meravigliose rughette erano scomparse, nascoste dai soliti cipigli “Che cosa hai detto?” chiese. Il principe arrossì di nuovo. Maledizione sembrava una mocciosetta! “Ho detto, stai bene così” borbottò, in maniera leggermente più udibile. Goku arrossì ancora di più, dondolandosi avanti e indietro, indeciso sul da farsi. Mandando all’aria il buon senso, gli si avventò contro, dandogli un bacio a tradimento. “Ehi!” scattò il principe. Lui ridacchiò “Come hai osato?” gli ringhiò contro. Goku rise apertamente, spiccando il volo, con il principe alle calcagna.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO


Sono le OO.48, e io ho appena finito di scrivere. Naturalmente posterò domani (oggi, in pratica) alle 8, ma volevo segnare bene l’ora in cui ho finito questo capitolo lunghissimissimo, difficilissimo, ma coccolosissimo e tenero-pucciosissimo. In pratica, un sacco di issimissimo (?)
Alloooooooora che ve ne pare? Spero non aver combinato disastri con la parte a luci rosse, è la mia prima parte hot, quindi siate clementi!
Volevate Goku e Vegeta che si rotolavano nell’erba? Avete Goku e Veggie che si rotolano nell’erba. Ditemi: non sono ciccipuccicoccolinitenerinidududidihfbisfbefxjd?  AWWWWWW…. Ok, respiro. Purtroppo non sono riuscita a inserire molto altro, ma l’avevo detto che molto probabilmente sarebbe stato un capitolo su delle prime volte e sull’impostazione della loro relazione leggermente strana. Bè, spero non avervi delusi!
Posso fare pubblicità? Ho scritto una One-shot, sempre Goku/Vegeta, si chiama Too Late, se volete fare un salto la trovate nella mia pagina. Magari ditemi cosa ne pensate con un commentino!!
Nel prossimo capitolo si va avanti con la storia vera e propria e scoprirete che fine ha fatto la piccola Lyve!!
Bacioni,

Shadow <3
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


 
CAPITOLO 14


Si erano inseguiti fino al castello, per poi cadere rotolando nell’enorme balconata dove si allenavano. “Non osare farmi mai più un affronto del genere, capito?!” sbraitava minaccioso il principe dei sayan, tirandogli un cazzotto, che prontamente Goku schivò, ridacchiando. Si stava divertendo un mondo, era talmente felice! Anche essere picchiato con rabbia gli sembrava dolce. “Dai Vegeta non fare il musone! Ti ho solo dato un…” stava per terminare la frase, quando l’ennesimo cazzotto in faccia lo raggiunse. “Ahi! Questo ha fatto male!” si lamentò, per poi scattare in piedi e contrattaccare. Vegeta non aspettava altro. Finalmente un combattimento decente! Era da troppo che non si sentiva così bene. Iniziarono a colpirsi, ma era diverso. C’era una specie di armonia, di tranquillità in quella lotta. Poteva essere paragonata a una piacevole chiacchierata tra amici. Non c’era rabbia, né odio, né risentimento, per quanto il principe tentasse di ostentarle. C’era solo puro divertimento, il piacere di tornare alla normalità, ma con tanta dolcezza. I due corpi si sfioravano, si cercavano a vicenda, involontariamente. Tutto questo non sfuggì al maestro, che era come al solito sul suo tappetino, a guardare l’enorme giardino di fronte a sé. Era qualcosa di completamente diverso, e in qualche modo sembrava giusto, ma al contempo sbagliato. Sbagliato, perché solo quando si combatte con la propria compagna c’era tale intimità. Sbagliato, perché le loro code si erano sfiorate per un momento interminabile. E il maestro non poteva assolutamente tenere tutto ciò per sé. Doveva riferirlo al re.
 
Dopo una lunga sessione di combattimento, che aveva risanato completamente i due, si erano diretti in sala pranzo. Goku si sentiva in pace con se stesso, e avrebbe voluto gridarlo al mondo. Anche se c’era qualcosa a guastare tutto quel benessere. Nonostante tentasse in tutti i modi di ostacolare quei pensieri, per non rovinare quel meraviglioso momento, il sayan non poteva evitarli. Quella specie di… rapporto che si era instaurato tra loro due era qualcosa di mai visto, né mai sentito. Non sapevano neanche se fossero mai esistiti dei sayan come loro. Poi l’altro problema, ancora peggiore. Avrebbero dovuto sposarsi, di lì a qualche tempo. E lui non voleva assolutamente farlo. Perché avrebbe dovuto, se aveva trovato qualcuno con cui stare così bene? Infine l’ultimo problema, forse quello che gli interessava davvero. Vegeta avrebbe ammesso che provava qualcosa per lui? Il problema se provasse qualcosa non si poneva assolutamente, lo sapeva con certezza. Il vero ostacolo era farglielo capire a livello cosciente, e Goku non era davvero sicuro ci sarebbe riuscito. Se non si fosse accorto che provava qualcosa per lui, avrebbe finito con lo sposarsi. Goku si rese conto che non era davvero preoccupato che lo lasciasse da solo, ma che fosse infelice. Avrebbe potuto vivere bene anche se il principe avesse deciso non parlargli più, ma con la consapevolezza che era davvero felice. Doveva parlargli subito, e risolvere la situazione. Non sapeva però se avrebbe avuto il coraggio. Vegeta, come l’altro, si era immerso nei suoi pensieri. Quella situazione era totalmente sconosciuta. Come fare a gestirla? Non ne aveva idea. Non era neanche cosciente di quello che era quella cosa. Forse era malato, o forse no. Il pensiero di provare qualcosa per il reietto di terza classe gli faceva venire il voltastomaco, ma contemporaneamente gli faceva battere il cuore. Lui non era tipo per queste sciocchezze, era il principe dei sayan! Forse poteva tornare indietro, allontanando Kakaroth, ma ci aveva già provato, e non era servito a nulla. La confusione regnava sovrana nella sua testa, insieme alla rabbia. Le sensazioni si mescolavano, intrecciavano, quando finiva una iniziava l’altra, i dubbi erano molti e la frustrazione era troppa. Vegeta non era certo un codardo, e non si sarebbe tirato indietro. Di una cosa era sicuro: non sarebbe ricapitato. Doveva chiarire subito con Kakaroth, ne andava della sua sanità mentale. Quasi si fossero letti nel pensiero, entrambi girarono la testa di scatto, e dissero “Vegeta dobbiamo parlare” “Kakaroth dobbiamo parlare” all’unisono, ognuno con un tono differente. Il primo timoroso, il secondo autoritario. Entrambi però sapevano bene che l’argomento da chiarire era il medesimo. Senza aspettare altro, il principe riprese la parola. “Dobbiamo parlare immediatamente. Di questa… cosa.” spiegò, con la voce che tentennò impercettibilmente sull’ultima parola. Goku annuì vigorosamente. “Ehm… andiamo in un posto dove non ci possono sentire?” chiese titubante. Vegeta si diresse senza esitazioni in una delle stanze adiacenti al corridoio. Era un magazzino dove i servi tenevano gli attrezzi per la pulizia del castello. Una sala enorme, con un soffitto molto vasto. Si poteva raggiungere da due direzioni, il corridoio, oppure un canale sotterraneo che solo i servi conoscevano. Il principe inorridì, pensando che se il padre l’avesse visto l’avrebbe sicuramente frustrato.

“Madre… sento dei passi” disse il principe, guardandosi intorno allarmato. La regina stette ad ascoltare per un secondo, poi, certa che erano davvero dei passi, prese in mano la situazione. “Non ho alcuna intenzione di separarci così presto. È da tre mesi che non ci vediamo” asserì autoritaria. Guardò il corridoio in cui erano, e mentre i passi si avvicinavano, notò una porta. “Vieni Vegeta” lo chiamò. Lui storse il naso, non gli piacevano gli ordini, però la seguì. Entrarono in uno dei tanti ripostigli per gli stracci, in cui entravano a malapena. Rosicheena tirò fuori dalla lunga gonna un pacchetto. “Madre, non dovremmo stare qui. Mio padre mi picchierà quando lo verrà a sapere” disse il piccolo sayan, tentando di non far trasparire la paura. “Per le cose di cui vale davvero la pena, i rischi si corrono, a costo della morte” spiegò, decisa. “Vegeta, questo è per te. Buon ottavo compleanno” gli disse, con un tono più dolce e un leggero sorriso. Aprì la scatolina, dove si trovava una catenina, di un metallo finemente lavorato.

Il principe digrignò i denti. Sentiva ancora bruciore il polso, dove il padre gli aveva strappato con forza il bracciale. Sentiva ancora il sapore amaro del sangue in bocca, quando lo aveva severamente punito. E sentiva ancora l’orgoglio ferito, quando lo aveva sbattuto in una cella per due giorni. Senza volerlo, strinse i pugni. Se il re avesse provato a frustralo, lui avrebbe preso la frusta, e lo avrebbe ucciso. Lo avrebbe fatto per sua madre. Scacciò via quei pensieri, aveva altro al momento di cui preoccuparsi. “Vegeta…” iniziò Goku, prendendo molto coraggio, quando dei passi concitati li raggiunsero. Come riflesso incondizionato, il sayan più giovane prese per il polso l’altro, e lo trascinò dietro a una pila di sacchi. “Come hai osato toccarmi? Lurido idiota, se ci proverai un’altra volta…” ringhiò furioso il principe, ma l’altro sayan fece cenno di stare zitto. Vegeta si indignò ancora di più, deciso a prenderlo a pugni e come minimo slogargli la mascella, quando lo raggiunse un pianto soffocato. Che cosa…? Non fece in tempo a domandarlo che due figure si avvicinarono pericolosamente. Erano due sayan, una con corti e pratici capelli scuri, molto probabilmente una combattente, l’altra con dei lunghissimi capelli neri, racchiusi in una coda. Vegeta riconobbe quest’ultima come l’ostetrica che aveva assistito al parto di sua padre, e i pugni, già serrati, si chiusero fino a far sbiancare le nocche. In braccio aveva un fagotto, ed era la fonte del pianto. Lo cullava distrattamente, mentre parlava concitata con l’altra. “Che cosa dovrei fare? Se la lascio alla famiglia reale, la uccideranno! Il re è stato molto chiaro, e il principe sarà sicuramente a suo favore!” disse all’altra, che nel frattempo scuoteva la testa. “Anosia, non puoi farlo. Non puoi andare incontro al re per una stupida bambina, pur essendo la principessa. Saprà lui cosa fare” cercava di convincerla la combattente. “Tu non capisci! Il re sta architettando qualcosa di malvagio! Qualcosa che va ben oltre il compito del sovrano dei sayan! Se la lascio a lui, sarà come uccidere quello che rimane della regina, ne sono sicura! Forse dimentichi cos’ha fatto per noi Rosicheena?” le domandò Anosia. L’altra rabbrividì “Come potrei dimenticare? Ma la regina non morirà, sarà sempre in noi e non dimenticarti principe. Lascia quella bambina, renditi la vita più semplice” cercò di nuovo di dissuaderla, ma l’altra sayan stava già scuotendo la testa. “No, non posso. Questa bambina non andrà nelle mani di quel pazzo. So cosa sta facendo chiuso tutto il tempo nelle sue stanze. È… qualcosa di ripugnante. Tu non sai cos’ha fatto a sua moglie! E questa bambina… potrebbe vivere, e prendere il trono dalle mani del re e del fratello!” disse ancora. L’altra sayan sembrò svuotarsi improvvisamente. Non aveva scelta.

“è inaudito!!” gridò rabbioso il re, sbattendo il pugno contro il bracciolo del trono. La guerriera sobbalzò leggermente, ma tentò di dissimularlo. “Come ha potuto quella lurida sayan di seconda classe osare portare via una principessa? Un tale oltraggio al re! Verrà punita, con una morte lenta e dolorosa!” sbraitò, infilzando le unghie dentro la carne. Non gli importava niente di quella mocciosa, avrebbe fatto lo stesso se gli avessero rubato un mantello. L’importante era che chi era stato così impudente da mettersi contro di lui, avrebbe pagato. Cathay sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco. Avrebbe scelto chi uccidere se la missione non fosse andata a compimento, torturandolo per tutto il tempo che ci avrebbero messo. “Tu” gridò, indicando un giovane sayan dai lunghi capelli scuri. Sembrava abbastanza forte, sarebbe resistito a lungo. Fece un sorriso cattivo. “Se i tuoi compagni non tornano con la principessa, tu morirai” disse, mentre un ghigno cattivo gli si dipingeva sulla faccia. Cathay chiuse gli occhi, mentre sentiva lo sguardo disperato del suo amato darle addio. Era certo che fra lui e sua sorella avrebbe scelto lei.

“Mi dispiace. Non posso lasciartelo fare” sussurrò. Anosia si guardò intorno, sbalordita. Dal nulla erano comparsi sette combattenti della guardia sayan, in divisa di combattimento “Cathay…” sussurrò, incredula. L’aveva tradita. Strinse con più forza il fagotto, che se prima si era calmato, ora aveva ricominciato a piangere convulsamente. “Prendetela” disse atona e imperiosa Cathay, facendo cenno alla sayan. Lei tentò invano di fuggire dall’entrata secondaria, ma venne accerchiata, e la presero per le spalle. La bambina piangeva disperatamente, e la combattente sayan la prese dalle sue braccia imprigionate senza alcuna cura. “Uccidetela” sussurrò, tentando di mantenere lo stesso tono imperioso. Uno dei combattenti si avvicinò, e lei si dimenò con maggior forza, mormorando “No” come una cantilena. Un sonoro “crack” riecheggiò per la stanza, e  ci fu silenzio. Vegeta, totalmente assorbito nell’ascoltare, sentì Goku tendere i muscoli. Stava per andare all’attacco quell’idiota, lo sapeva. “Kakaroth stai fermo. O ti terrò fermo io, a te la scelta” sibilò il sayan, irritato dalla sindrome dell’eroe che caratterizzava l’altro. Doveva sapere di più di questi “piani” del padre. Avrebbe potuto utilizzarli a suo favore. Goku strinse ancora di più i pugni. Non sopportava la violenza gratuita.

“Stupida aliena” le alitò in faccia, tenendola stretta. Falck si ribellò alla stretta, tirandogli potenti calci nella pancia. “Non provare a sfiorarmi” soffiò, nonostante la presa al collo si facesse sempre più stretta e soffocante. La guardia fece un ringhio atroce, e la lasciò a terra, per poi metterle il piede sul cranio, e spingere con forza. “Fermo!” gridò Goku, uscendo dal nascondiglio. “Cosa vuoi moccioso?” gli chiese il sayan, divertito da quel piccolo sayan, che poteva avere più o meno sei anni. “Lasciala in pace!” gridò, avventandosi su di lui.

Era sempre stato qualcosa di primordiale, di irreversibile. Ora però sarebbe stato solamente stupido intervenire, così si accasciò a terra, continuando a guardare la scena. La testa della sayan pendeva da un lato, le orbite degli occhi erano vuote. La bambina continuava a piangere, disperata. Uno dei guerrieri prese il corpo, e imperturbabili, se ne andarono, portandosi la principessa con loro. Quando sentirono i loro passi allontanarsi, Vegeta si alzò, dirigendosi senza esitazioni all’uscita, seguito a ruota da Goku. “Cos’hai intenzione di fare?” gli chiese serio quest’ultimo. Il principe strabuzzò leggermente gli occhi, per poi controllarsi subito. Come aveva fatto a capire che aveva in mente qualcosa? “Non avrai intenzione di lasciare tua sorella al re, spero. Hai sentito cos’ha detto quella sayan” aggiunse Goku. Il principe, che stava per ribattere con un innocentissimo “Che cosa intendi?”, chiuse immediatamente la bocca. Quell’idiota non aveva capito un accidenti, fortunatamente. Sollevò ancora di più il mento, mentre solcava a grandi falcate i corridoi. “Che cosa dovrebbe importarmi di quella mocciosa? Può benissimo morire” disse con noncuranza. Goku si fermò in mezzo al corridoio, shockato. Vedendo che Vegeta si stava allontanando pericolosamente, si mise a correre per raggiungerlo. “M-ma come? È tua sorella Vegeta!” gli disse, cercando di fermarlo e prendendolo da una spalla. Lui si scostò bruscamente. “Ho detto, non mi toccare!” ringhiò rabbioso, rompendo l’ennesima finestra a volando fuori. Goku però era pronto, non se lo sarebbe lasciato scappare ancora. “Vegeta, aspetta! Che cosa ti prende? È tua sorella! Sangue del tuo sangue! E sta per fare un’orrenda fine da quello che ha detto l’aliena! È tutto ciò che ti rimane di tua madre!” gli gridò, mentre lo inseguiva. Il principe si bloccò di scatto. “Non provare mai più a paragonare quel mostro con mia madre! Lei l’ha uccisa! Ha deciso che la sua vita era più importante della donna che l’ha portata nel grembo, strappandole la vita. Strappandola a me!” gli gridò in faccia. Goku sapeva che quello era uno dei pochi momenti che il principe si concedeva per sfogarsi, e voleva sfruttare la situazione al meglio. “Lei non l’ha uccisa! Non lo ha fatto a posta! Era troppo forte per tua madre, persino più di te quando era bambino, ed è per questo che…” cercò di convincerlo il sayan, ma venne immediatamente bloccato da un cazzotto in piena faccia. “Lei non è più forte di me! Non è stata la sua forza ad uccidere mia madre! È stato il re! Con le sue maledette siringhe!” ringhiò, punto sull’orgoglio. Una femmina non poteva essere più forte di lui, era escluso. Non pensando al labbro rotto e alla mascella molto probabilmente frammentata in alcuni punti, e dimenticando anche che avrebbe dovuto essere arrabbiato, Goku aggrottò le sopracciglia, confuso. “Come tuo padre? Cosa ti ha fatto? E cosa c’entrano…” ebbe un leggero fremito “… le siringhe?” domandò. L’imperturbabilità del sayan più giovane ebbe uno strano effetto calmante su Vegeta. Immediatamente smise di stringere convulsamente i pugni, e perse immediatamente quota. La cosa che forse lo fece calmare di più fu lo sguardo… preoccupato. Scesero in mezzo alla vegetazione, nel giardino reale. “Il re ha ordinato che fossero somministrate delle fiale per velocizzare il parto. Il corpo però si è sforzato troppo e non ce l’ha fatta” disse senza espressione, guardando un punto imprecisato di fronte a sé. “Ho dovuto iniettare l’ultima fiala” abbozzò qualcosa di simile a un mezzo sorriso, ma era tutto fuorché felice “è come se l’avessi uccisa anch’io”. Goku era senza parole. Ecco perché era così sconvolto quando era uscito dalla sala parto. Non c’entrava solo la morte della madre. “Non l’hai uccisa tu… e non l’ha fatto neanche tua sorella… è stato tuo padre” disse, trattenendo a stento la rabbia. Come aveva potuto fare una cosa del genere? Il re era un essere ripugnante. Era lui il vero mostro, pensò con rabbia Goku. Vegeta era in serie difficoltà. Perché Kakaroth si stava preoccupando? Perché era arrabbiato con il re per quello che aveva fatto a lui? Che cosa gli importava? Erano tutte domande che non trovavano risposta nella mente del principe. Goku si avvicinò, esitante. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma era più che certo che lo avrebbe picchiato fino alla morte. Titubante, gli mise una mano sulla spalla, guardandolo negli occhi. Valse più di mille parole.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO

Goodmorning/afternoon/evening/night  (dipendeda quando leggete xD)
Allora, volevo chiedere scusa per il ritardo di un giorno ma una mia amica si è lasciata col fidanzato storico e urgeva un mio diretto controllo per non farle tentare il suicidio, e magari risollevarle il morale. Non è neanche riuscita a gustarsi Dragon Ball, e questa la dice lunga.
Non so cosa vi possa importare tutto ciò, ma dovevo trovare una giustificazione al mio ritardo. Però c’è una bella notizia. Sto male! Ho un mal di gola da paura, non riesco a spiccicare parola e ho la febbre! Quindi riuscirò a fare aggiornamenti lampo (se mi metto riuscirò ad aggiornare anche domani, ma dipende QUANTO sto male)
Passando al capitolo… Bè, che ve ne pare? È stato qualcosa di assolutamente insignificante, non è successo niente di che e sinceramente non mi convince molto. Non so se si è capito, ma le parti in corsivo erano dei flachback. Ora sapete che fine ha fatto la piccola Lyve! Che cosa deciderà Veggie bello? Lo scoprirete prossimamente!
E il re? Che cosa sta architettando? Non mi lascerò sfuggire mezza parola!
Allora… ditemi cosa ne pensate! Ogni cosa che vi viene in mente, ogni piccolo appunto o considerazione o idea su cosa potrebbe fare quel pazzo…
Bacioni,
Shadow <3

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15


Si scostò con malagrazia da quel tocco rassicurante. Non era il momento per provare certe sensazioni. Si insultò mentalmente. Lui non avrebbe mai dovuto provarle. Non avrebbe dovuto sentirsi protetto, al sicuro. Non avrebbe dovuto sentire il cuore che aumentava il suo battito e il sangue che gli coloriva le guance. Dannato Kakaroth, pensò con rabbia. Era tutta colpa sua. Goku sussultò al sentire con quanta rabbia il principe si era allontanato, sentendo una leggera stilettata al cuore, ma cercò di non pensarci. Era sconvolto e arrabbiato, non voleva davvero fargli del male. “Che cosa facciamo?” gli chiese agguerrito. “Che cosa faccio, non facciamo, Kakaroth. Sono questioni che non ti riguardano” gli rispose, alzando un sopracciglio. Non gli avrebbe permesso di aiutarlo. Lui era il principe dei sayan, e doveva riuscire a scontrarsi con suo padre da solo. “Non se ne parla! Io ti aiuterò qualsiasi cosa tu voglia fare! Mi dispiace Vegeta ma su questo non riuscirai a smuovermi!” puntò i piedi Goku. “Kakaroth, non costringermi a spezzarti le gambe. Non mi aiuterai, sono stato chiaro?” ringhiò. Lui non poteva immischiarsi in quella cosa. Gli sarebbe stato d’intralcio, sarebbe stato in ansia per lui. Il principe sgranò gli occhi. No… non poteva averlo pensato! Maledizione, stava diventando una fottuta femminuccia! Non l’aveva pensato davvero. Era inconcepibile. Lui era il principe dei sayan e Kakaroth era un insulso reietto di terza classe. Strinse i denti, imprecando a mezza voce. Vegeta, è inutile prendersi in giro, l’hai pensato sul serio. Tu lo… la vocina si fece sentire, con quel tono accondiscendente che si usa per parlare a un bambino particolarmente cocciuto. Si diede un pugno in testa, e questo fece fermare l’interminabile discorso di Goku, che si stava impegnando davvero tanto per trovare tutte le ragioni per il quale lui avrebbe dovuto aiutarlo, del quale Vegeta non aveva sentito nemmeno una parola. “… Tutto bene?” domandò preoccupato. Il principe gli lanciò un’occhiataccia, come se avesse appena fatto un peccato mortale, per poi rispondere con uno “Tsk” abbastanza seccato. Goku si grattò la nuca. Era un’impresa capirlo. “Uhm… va bene… allora stavo dicendo che io dovrei aiutarti perché è sempre comodo avere un qualcuno che ti copri le spalle, e non c’è nessuno che lo faccia meglio di me, poi perché potrei aiutarti in un eventuale combattimento, e…” continuò così per una buona mezz’ora, in cui la vena sulla fronte del principe pulsò pericolosamente. Si chiese perché non lo avesse ancora ucciso. “Va bene potrai aiutarmi” borbottò esasperato Vegeta. Goku fece un enorme sorriso, e gli si avventò contro. “Sarò un ottima spalla!” gridò felice, per poi dargli un bacio a tradimento. Il principe perse un paio di anni di vita. Il sayan più giovane non si rese contro di quello che aveva realmente fatto finchè non vide l’espressione dell’altro. Era rosso come non mai, le sopracciglia così aggrottate da non far vedere gli occhi, le vene sulla fronte che scoppiavano e stava tremando in maniera inquietante. “KAKAROTH!! COME HAI OSATO ESSERE IMMONDO??!” ringhiò furibondo. “COMINCIA A CORRERE!” aggiunse, mentre la sua aura aumentava vertiginosamente. Goku deglutì. Non aveva fatto qualcosa di particolarmente intelligente. “Dai è stato solo un bacetto…” tentò di farsi perdonare, ma ormai l’altro non ci vedeva più. Lo avrebbe ucciso. Oh, si. Lo avrebbe ucciso lentamente e dolorosamente, quello stupido reietto di terza classe. “HAI DIECI SECONDI” gridò ancora, dando sfoggio di grande magnanimità. Il più giovane ridacchiò nervosamente  “Vegeta non puoi davvero prendertela per un bacetto…” “dieci… nove… otto…” “… insomma, abbiamo fatto di peggio…” un ringhio degno di un animale feroce scaturì dalla bocca oltraggiata del maggiore. “sette… sei… cinque… quattro…” “… ehm… forse ho detto la cosa sbagliata, eh?...” Goku iniziava a sudare freddo. Forse era meglio che cominciava a scappare. “… tre… due… uno…” il più giovane spiccò il volo appena in tempo. Vegeta si abbatté nella sua direzione appena un secondo dopo che volasse via. Cadde a terra per un istante, poi si rialzò e con furia volò dietro a quell’idiota di terza classe.
 
Dopo il solito inseguimento, il solito combattimento all’ultimo sangue, i soliti “Ti ucciderò Kakaroth!”, i soliti “Scusa Vegeta!” supplicati, i soliti “Tsk” segno della fura omicida finita e il solito sorrisone stupido che ne derivava, mezzi doloranti e insanguinati, si diressero verso il castello. Goku si fermò improvvisamente. “Quindi cosa dobbiamo fare?” gli chiese, non sapendo quali fossero i progetti del principe. Vegeta sbuffò. “Mai sentito il termine “piano segreto”? Ti sembra il luogo adatto?” gli chiese con aria saccente, indicando il corridoio che avevano imboccato, pieno di guardie e servi che si affrettavano per terminare i loro compiti. Goku si grattò la nuca, un po’ imbarazzato “Ehm… no. E allora dove ne parliamo?” domandò, perplesso. Il maggiore sbuffò di nuovo. Perché doveva spiegargli sempre tutto? La risposta venne da sola: perché era un idiota. “Andiamo nella mia camera, che domande! È una delle poche stanze in tutto il castello completamente isolate, nessuno può né udire quello che dici né percepire l’aura delle persone all’interno” gli spiegò seccato. Il minore arrossì un po’. Nella camera di Vegeta? Da soli? “Che ti prende Kakaroth? Hai uno strano colorito…” domandò per poi bloccarsi. In camera da letto. Da soli. Senza nessuno che gli possa sentire. Non poteva averlo pensato sul serio. Kakaroth è un santarellino, non riuscirebbe a fare considerazione del genere. O no? pensò sgomento il principe, mentre sentiva il sangue colorargli le guance. “Tsk. Andiamo” borbottò, dirigendosi ai piani alti. Se avesse provato a toccarlo, gli avrebbe spezzato le mani, poco ma sicuro. Un’odiosa e alquanto inopportuna sensazione di calore lo raggiunse al basso ventre. Ringhiò, accelerando il passo. L’altro lo seguiva, in silenzio. In pochi minuti arrivarono davanti alla porta della camera del principe, il quale mise la mano su un monitor lì vicino, e la porta si aprì. Ogni volta Goku rimaneva abbagliato dalla bellezza della sua camera. Era enorme, forse grande quanto l’appartamento di Falck. Per terra c’erano dei tappeti decorati, con colori che passavano dal bronzo al rosso, e finemente disegnati. Si vedeva che ogni particolare era stato delineato con attenzione. Vicino all’entrata, sulla sinistra, c’era un muro interamente coperto da un enorme monitor, e vicino c’erano delle poltrone rosse e dall’apparenza molto comode. Accanto c’era un altro muro pieno di cartine dei mondi conquistati, con scritti appunti e considerazioni varie. Sulla destra, sempre vicino alla porta, c’era un enorme armadio, anch’esso finemente decorato, che prendeva un intero parete. Al centro c’era uno spazio vuoto, e alla fine, attaccato alla parete più distante, si trovava un enorme letto a baldacchino, pieno di drappeggi rossi e cuscini di ogni tipo. Accanto ad esso, sui due lati, c’erano due comodini e sulla sinistra una porta finestra. Goku paragonò la sua camera, un misero buco in cui c’entrava un normalissimo e neanche troppo comodo letto e un baule, a quella meraviglia. Sembravano due mondi differenti! Con noncuranza, Vegeta si sedette sulla poltrona accanto alla cartina. Goku lo seguì a ruota, sedendosi su quella vicina. “Ora puoi dirmi che cosa vuoi fare?” gli chiese, impaziente. Lo guardò con sufficienza, chiedendosi per quale oscuro motivo avesse accettato di farsi aiutare. A lui non serviva l’aiuto di nessuno. “Devo scoprire cos’ha intenzione di fare mio padre. Ho la sensazione che non è il solito omicidio colposo o la distruzione totale di un pianeta. Ho idea che sia qualcosa di più, di più grosso. Altrimenti quella sayan non sarebbe arrivata ad andare contro il re. E se non me l’ha ancora detto vuol dire che può essere qualcosa che io non accetti. Se non l’accetto io, non l’accetterà neanche la popolazione, e potrei scatenare una rivolta e prendere il trono di mio padre…” stava pensando ad alta voce, dando consistenza alle sue supposizioni. Goku lo fermò, corrucciato. “E tua sorella?” gli chiese. Vegeta si riscosse, come se fosse entrato in una specie di trans. “Che cosa c’entra la mocciosa?” domandò con amarezza. “Non puoi lasciarla in mano a tuo padre. Quella sayan è morta pur di difenderla al re, quindi vuol dire che la principessa non sopravvivrà se rimarrà con tuo padre. Devi salvarla!” lo pregò, infervorato. “Non m’importa niente di Lyve” disse tagliente. “Lyve? È così che si chiama? Gliel’ha dato tua madre il nome?” gli domandò, con in mente un piano ben preciso per tentare di fargli cambiare idea. Lui annuì, non capendo dove volesse arrivare. “Lyve vuol dire la giusta, non è così? Tua madre ha riposto in quella bambina le sue ultime speranze. Voleva per sua figlia la giustizia che a lei non è mai stata concessa. Non puoi non esaudire l’ultimo desiderio della regina” concluse il discorso Goku, guardandolo fisso negli occhi. Vegeta esitò, titubante. Promettimi… c-che non la farai crescere a t-t-tuo padre. cr-crescila tu, con a-amo-amore, è il mio u-ultimo desiderio, le parole della madre gli rimbombavano in testa da quando era morta, ma le aveva sempre rilegate in un angolo della sua mente. L’ultimo desiderio della madre era stato per la sorella. Per non farle vivere quello che aveva vissuto lui. “Ci serve un piano articolato per prendere mia sorella senza destare sospetti” disse con tono imperioso, facendo capire che era stata una sua idea, non aveva ascoltato il consiglio di Kakaroth. Goku trattenne un sorriso. Lo aveva convinto! Naturalmente voleva far sembrare fosse una sua idea, ma questo al giovane sayan non importava. L’importante era che avesse salvato una vita dalla sorte atroce che le aveva predetto quella donna. “Mettiamoci a lavoro!” disse Goku, pronto a mettere in gioco tutto, ricevendo come risposta uno sbuffo alquanto irritato.
 
“L’avevo detto io che mi saresti stato solo d’impaccio! Maledetto Kakaroth!” ringhiava un Vegeta abbastanza esasperato, mettendosi una mano tra i capelli. Ormai però non poteva più mandarlo via, sapeva il piano, e anche se non aveva capito una parola di quello che gli aveva detto, avrebbe comunque potuto riferirlo a qualcuno. Era ormai l’una di notte passata, e loro erano rimasti tutta la giornata in quella stanza, facendosi portare pranzo, cena e i vari spuntini, che equivalevano a un pasto completo, tutte le ore. Vegeta non sapeva quale santo gli avesse dato la bontà di uccidere quell’idiota sul colpo, dandogli la santità di rimanere un’intera giornata chiuso con lui in una stanza. La cosa peggiore erano quelle strane occhiate profonde che l’altro gli lanciava. Erano qualcosa di altamente snervante, che lo metteva in soggezione. Magari stava elencando delle opzioni, alzava lo sguardo e lo trovava lì a fissarlo con quell’espressione strana, e quando gli lanciava un’occhiataccia rispondendogli in malo modo, quello gli faceva un sorrisetto altrettanto strano, e lo esortava a continuare. Non capiva perché quell’atteggiamento. E non capiva assolutamente perché lo facesse arrossire. Era arrossito più negli ultimi mesi che nel resto della sua vita, maledizione! Ormai era un continuo su e giù, il sangue saliva e scendeva dalle guance a una velocità impressionante. Sospettava che non facesse troppo bene tutto quell’affluire di sangue alla testa, e forse era quello il motivo per cui si sentiva così diverso con Kakaroth. Il mistero delle guance, però, rimaneva tale. Goku si grattò la nuca, ridacchiando. “Dai Vegeta! Spiegami il piano un’altra volta sola, poi prometto che non te lo chiederò più! Devo capire bene tutti i dettagli…” cercò di persuaderlo, ma in verità lui non ci aveva capito un accidenti. Sapeva che se non fosse riuscito a capire tutto questa volta, il principe gli avrebbe sicuramente lanciato un’onda di energia particolarmente potente e dolorosa. “Te lo spiegherò quest’ultima volta, poi se non capisci ti ammazzo” disse con tono di voce tranquillo, rendendo ancora più inquietanti le parole pronunciate. Goku deglutì, aggrottando la fronte, pronto a carpire ogni informazione possibile. “Per prima cosa, dobbiamo portare via la principessa, perché sospetto la ucciderà presto” disse con calma, come se fosse un particolare di poca importanza un padre che uccide la figlia neonata, nonché propria sorella. “Quindi la mia mente geniale ha pensato che potremmo fingere la morte di Lyve. In che modo? Con l’erba con la quale si guariscono le ferite. Quell’erba in pratica ti addormenta la parte, rallentando le normali operazioni del corpo, per non farla sanguinare. Per avere l’erba basta che ti tiri un cazzotto sul naso. Se Lyve la ingerisse, in piccole dosi, potrebbero azzerarsi le funzioni vitali per qualche ora. Come fare per darle le erbe? In quel momento entri in gioco tu. La tua amica aliena è nelle cucine, giusto? Capa cuoca. Quindi è lei a preparare gli alimenti reali. Tu ti introdurrai in cucina, e mentre la distrai io metterò le erbe nel latte che in quel momento starà preparando. Quando la troveranno “morta” sicuramente la vorranno bruciare. E prima di bruciarla c’è la veglia di qualche ora. Prima che finisca la veglia, e di conseguenza si svegli, dobbiamo prenderla e mettere al suo posto un fantoccio. Roba da niente, che si può trovare in un qualsiasi anfratto del castello. Non se ne accorgerà nessuno, anche perché il corpo è ricoperto da un velo. Tutto chiaro la prima parte del piano?” domandò infine, dopo aver esposto con molto orgoglio il suo brillante piano. Goku lo guardò un attimo a bocca aperta. Dov’era lui mentre il principe metteva su tutto questo? Ah, già, lo stava fissando ammaliato. “… ehm… si tutto chiaro” aveva capito abbastanza. Era stato più semplice seguire il piano tutto d’una volta invece che a pezzi, insieme alle varie imprecazioni (di cui aveva potuto udirne alcune abbastanza colorite sul suo conto) e ai momenti in cui il principe parlava da solo. Quando spiegava sembrava un vero generale. “Questa è la parte più semplice, quella certa. Ora arriva quella più difficile, sotto alcuni punti di vista. Kakaroth, ascoltami non guardarmi con quell’espressione ebete!” ringhiò il principe, notando lo sguardo che si era fatto più vacuo. Con stupore notò che era puntato sulle sue labbra, e stranamente arrossì. “Ah, si, scusa, continua” disse, puntando gli occhi sul volto dell’altro, tentando di non pensare a quelle invitanti labbra che si muovevano in maniera sublime, schioccando, stendendosi, tendendosi, rilassandosi per poi ricominciare a muoversi… scosse la testa, arrossendo visibilmente. Vegeta si schiarì la voce “Non distrarti Kakaroth! Già sei stupido, se non stai attento non capirai niente!” borbottò, deviando il suo sguardo. “Allora… non sappiamo cosa vuole fare il re, quindi per prima cosa dobbiamo capirlo, per poi mettere su un piano più consistente. Per riuscire a sapere i suoi piani dobbiamo introdurci nella sua camera. Potremmo a quel punto sfruttare la presunta morte di Lyve. Il re dovrà per forza andare, anche solo per mezz’ora, alla veglia della figlia. uQuQuinddIo ho diverse ore per scandagliare bene le sue stanze, e tu dovrai controllare quando se ne va dalla veglia. Senza farti vedere, ovviamente. Non credo che il re si insospettirà della morte della figlia. Avrà già dato il compito a qualche guardia di ucciderla. Comunque, quando vedi che il re sta tornando, devi avvisarmi con un impercettibile cambiamento di aura. Aumentala di pochissimo, pochissimo, capito bene? Io starò concentrato costantemente nel percepirla, e mi accorgerò subito. Così tornerò subito indietro. Capito, ora?” domandò scocciato. Goku annuì. Calò il silenzio, e dopo un po’ fu il minore a romperlo. “Senti Vegeta…” chiese, gonfiando le guance. “… se io in questo momento ti bacio, tu mi romperai il cranio?” chiese innocentemente. Vegeta girò il volto di scatto, avvampando, di vergogna e rabbia. “Che razza di domande sono?! Certo che ti rompo il cranio decerebrato di terza classe! Non provare mai più a toccarmi, ci siamo capiti?!” ringhiò, con le parole che si sovrapponevano per l’imbarazzo. Il più giovane fece un’espressione triste. “Per favore…” lo implorò con tono cantilenante. “Non osare brut…” non riuscì a finire l’insulto, che Goku gli si gettò incontro, dandogli un bacio a stampo, per poi ritrarsi subito. “Idiot…” stava cercando di insultarlo, ma venne nuovamente interrotto da un altro bacio a stampo. Si alzò di scatto, pronto a spezzargli l’osso del collo, ma era sparito. “Dove diavo…” cominciò rabbioso, quando un altro bacio lo raggiunse. Il principe mise il broncio, incrociando le braccia al petto. “Abbi almeno il coraggio di darmi un bacio vero, stupido reietto di terza classe, non sai neanche ba…” sbottò, ma non terminò neanche quella frase, che una bocca morbida si stava unendo alla sua, dischiudendogli le labbra e buttandolo sul letto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Signori e signore! Con il freddo e il caldo, il sole e le intemperie, che stia male o sana come un pesce, la vostra Shadow è riuscita a postare il nuovo capitolo! Ho tutti i mali del mondo praticamente, tra febbre a 39, mal di gola, neanche un filo di voce, mal di testa, raffreddore… in pratica sto una pezza, non riesco neanche a reggermi in piedi. Fortunatamente, la mia testa, nonostante è alquanto acciaccata, è riuscita a produrre qualcosa! Anzi, ho pubblicato anche un’altra oneshot Goku x Vegeta, My heart has stopped beating with your, che  potete trovare cliccando il mio profilo! Posso fare anche dell’altra pubblicità? Ne ho pubblicata anche un’altra one shot su loro due, Too Late. Ok, dopo questa parentesi pubblicitaria, parliamo di cose serie (?)
Goku e Veggie? Non sono super pucciosi? Facevo dei versetti strani mentre scrivevo gli ultimi righi, e se poteva essere strani fatti da una persona con la voce, da me è stata un’esperienza abbastanza traumatizzante o.O
Poi… Non so che dire. Sto ancora strapazzando Veggie e Goku per la loro tenero-pucciosità. Insomma, AWWWWW
Ok, ho la febbre, perdonatemi!
Bè, ditemi le vostre considerazioni!!! Commenti positivi e negativi e naturalmente elencatemi i numerosi errori di grammatica che avrò SICURAMENTE fatto.
Bacioni!!
Shadow  

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16


Erano caduti a peso morto sul letto, entrambi già eccitati da quello che sarebbe avvenuto da lì a poco. Senza smettere un solo istante di torturargli con forza le labbra, Goku aveva strappato con foga la divisa, lasciandolo completamente nudo, noncurante se avesse fatto arrabbiare il principe. La cosa che forse lo rendeva più frenetico era il sapere già come comportarsi. Se la prima volta era stata un timido scoprirsi, ora poteva approfondire quello che avevano provato l’altra volta, spingersi a limiti diversi. E questo lo faceva impazzire. Goku non era mai stato un tipo abitudinario, amava le cose nuove e le scoperte, e Vegeta era un insieme di queste, per di più molto piacevole. Dalla bocca scese verso il mento, poi sul collo, sul petto, indugiò particolarmente sui potenti pettorali e sui capezzoli, leccando e baciando, mordendo, per poi scendere ancora e lambire con avidità i lembi di pelle sui fianchi. Vegeta teneva stoicamente chiusa la bocca, da cui uscivano, e sarebbero sempre e solo usciti, ringhi e sbuffi. Non si sarebbe mai fatto scappare un gemito. Quando la bocca di Goku si avvicinò pericolosamente al basso ventre, per un attimo dovette serrare gli occhi, stringendo le coperte, pronto a trattenersi fino allo sfinimento. Diede piccoli baci delicati, che facevano venire i brividi, e infine raggiunse il membro. Se lo pose in bocca, succhiando con forza. Vegeta, per tentare di fare ancora più resistenza, attorcigliò una mano attorno a una delle aste del baldacchino, ma lo fece con troppa forza, e si ruppe subito. Non riuscì più a trattenersi, e dopo diversi minuti venne. Goku risalì fino al suo volto e lo baciò, con la bocca che ancora sapeva di lui. Era stato un bacio più calmo, diverso dal solito. Vegeta rispose con forza al bacio, per poi tentare di ribaltare le posizioni, ma nuovamente tornò in basso. Cominciarono a rotolare per il letto, senza mai smettere un solo istante di baciarsi e toccarsi, fino a cadere a terra. Fortunatamente c’era il tappeto. L’eccitazione era messa a dura prova da questa specie di combattimento, in cui nessuno dei due voleva perdere. Un’ultima palpata troppo insistente, un altro bacio mozzafiato e Vegeta dovette desistere. Con forza Goku lo penetrò, facendolo ringhiare per il dolore misto a piacere. Gli diede un bacio e cominciò a spingere, mentre la mente si annebbiava dall’eccitazione. Venne per primo, seguito dopo poco dall’altro. Il principe si rialzò, leggermente barcollante, buttandosi sul letto e chiudendo gli occhi. Non si era nemmeno reso conto che si erano spente le luci. Sentì le molle cigolare, e un gemito soffocato. “Che diamine stai facendo nel mio letto Kakaroth?” gli chiese, con quello che doveva apparire un tono minaccioso ma che era solamente sfinito e ancora tremendamente eccitato. Nel buio, Goku fece un’espressione perplessa. “Che domande sono? Dormo!” rispose, ovvio. “Nel mio letto? Vai in camera tua idiota! Non so perché ho sprecato il mio prezioso tempo con te…” borbottò irritato. “Perché ti piaccio”, rispose con una semplicità disarmante. Stranamente, il principe non ribattè, borbottando qualcosa come “Non è vero che mi piaci stupida ameba di terza classe”, per poi girarsi dall’altra parte. Fortunatamente era buio, non avrebbe sopportato l’ennesima umiliazione di farsi vedere con le guance rosse dopo che aveva affermato una simile falsità.
 
 
 Il risveglio, per Goku, quella mattina, fu più piacevole degli altri. Forse per il fatto di avere una missione da compiere, fatto che lo elettrizzava sempre, o forse per il materasso molto più morbido del suo su cui era adagiato. O molto più probabilmente per i capelli di Vegeta che gli pungevano la guancia, e il peso della sua testa sulla spalla. O ancora più probabilmente per la completa atmosfera di serenità che avvolgeva il tutto, nessuna sensazione d’imbarazzo o disorientamento. Era semplicemente tutto perfetto. Si era svegliato prima dell’altro, e ne aveva approfittato per osservarlo un po’, mentre un largo sorriso si apriva sulla sua faccia. Quella notte, o meglio, quella mattina, verso le prime luci dell’alba, aveva sentito il principe girarsi come un forsennato nel letto, facendolo per poco cadere a terra. Sembrava stesse cercando disperatamente qualcosa. Non capiva che gli prendesse, ed era troppo stanco per svegliarlo e di conseguenza perdere tre o quattro denti. A un certo punto, aveva percepito la sua testa sulla spalla. Non ci aveva creduto davvero. Aveva aperto gli occhi, e sbalordito, aveva costatato che era vero. Vegeta, di sua spontanea volontà, si era appoggiato su di lui. Come un cuscino. E si era subito calmato. Aveva sbattuto un paio di volte le palpebre, ancora perplesso, poi aveva sorriso ed era tornato a dormire. Non aveva fatto in tempo a contemplarlo per un secondo che l’altro si era svegliato di soprassalto, buttandosi di lato e rizzando in piedi. “Buongiorno Vegeta” disse contento Goku. Lui lo guardava stralunato, con un’espressione che oscillava tra la furia cieca e la perplessità. No. Non potevano davvero averlo fatto di nuovo. Quello della sera prima era stato solo un incubo. Un incubo molto piacevole, vero Vegeta? Proruppe una ridacchiante vocina nella mente del principe. Tu non la smetterai mai di dire stronzate, giusto? Chiese esasperato, cercando di convincerla delle sue ragioni. Mentre il sayan maggiore continuava a guardare dritto davanti a sé non proferendo parola, l’altro si era alzato, alla ricerca dei suoi vestiti. Li aveva trovati ridotti piuttosto male, anzi, a dir la verità, praticamente inutilizzabili. “La prossima volta potresti non rompermi tutta la divisa? Lasciami almeno i pantaloni intatti altrimenti non posso andare in giro!” gli chiese, mentre cercava qualcos’altro da mettersi. Vegeta sembrò animarsi improvvisamente “La prossima volta? LA PROSSIMA VOLTA? KAKAROTH IL TUO ULTIMO NEURONE è DECEDUTO PER CASO?? Non ci sarà una prossima volta!!” ringhiò ferino. Goku si girò a guardarlo, notevolmente confuso. “Perché?” gli chiese innocentemente. Le povere e iper-sfruttare vene del principe iniziarono a pulsare, svettando sulla fronte. “Perché ti ucciderò prima!!” gridò, lanciandogli una sfera d’energia in faccia.
 
“Non è stato molto carino da parte tua tirarmi una sfera” lo rimproverò Goku, molti minuti dopo, quando riuscì a emergere dalle macerie. Era tagliato in alcuni punti, ma niente che non potesse sopportare. Vegeta lo guardò, digrignando i denti. “Non doveva essere carino. Doveva essere letale” ringhiò. Il più giovane sorrise “Bè, mi dispiace, ma sono ancora vivo! Magari proverai a uccidermi un’altra volta! Ah, quasi dimenticavo… mi servono ancora dei vestiti…” occhieggiò tra quello che rimaneva della camera qualcosa che potesse assomigliare a un indumento, grattandosi la nuca. Il principe, che nel frattempo si era vestito, si mise una mano in faccia. “Vado a recuperarteli io dei vestiti. Stupido idiota, non solo devo sopportarti, non solo devi oltraggiarmi e violentarmi l’udito ogni singolo istante, ma devo anche prenderti i tuoi stupidi e infimi vestiti come una schifosa balia di terza classe…” borbottando e ringhiando a mezza voce tutto ciò, si diresse verso la porta e uscì. Goku, ancora completamente nudo nel centro della stanza, fissava il punto dov’era sparito con un gran sorriso stampato in volto, non ne poteva fare a meno. “Che gentile! In fondo ci tiene a me!” esclamò nel vuoto, cosicché solo la vocina che aveva nella testa potesse sentirlo. “Chissà perché è arrossito” si chiese tra sé e sé, trotterellando verso il letto deciso a farsi un bel pisolino.
 
Vegeta ci mise circa un’ora a tornare, suddivisa così: dieci minuti a ricordarsi dove dormiva solitamente Kakaroth, cinque ad arrivarci, uno a buttare giù la porta, quattro minuti a pensare dove potessero trovarsi i vestiti di Kakaroth, venti minuti per bestemmiare contro Kakaroth e la sua triste sorte, cinque minuti per distruggere buona parte della camera e trovare il baule, dieci per capire quale fosse una divisa e quale una pezza. Infine, frustrato fino al midollo ma anche orgoglioso di aver vinto contro la camera di Kakaroth, ci aveva messo cinque minuti per tornare nella propria camera. Al ché aveva trovato il suddetto idiota addormentato beatamente nel suo letto quasi distrutto nella sua camera semi rovinata stringendo il suo cuscino in maniera abbastanza ossessiva. Stirate a dovere le labbra in una tiratissima smorfia si era diretto imperterrito verso il letto, quando aveva sentito qualcosa di strano. Lo stupido di terza classe stava parlando nel sonno. E stava parlando di lui. “Ve-Vegeta… sei così morbido…” balbettò, stringendo ancora più convulsamente il cuscino. “… perché non mi abbracci mai…” continuava, aggrottando leggermente le sopracciglia. Poi scoppiò a ridere. “… tu sei il principe dei sayan… è vero…” ridacchiò ancora, poi tornò serio. Roteò su un lato, portandosi con sé il cuscino Vegeta. “… testardo e o-orgoglioso… ma io ti amo lo stesso…” borbottò, stringendo forte quel povero ammasso di piume. Il vero principe dei sayan, quello fatto di carne e ossa, non piume e velluto, lo guardava attonito. Che cosa? Che cosa aveva detto? Aveva sentito male. Sicuramente. Sobbalzando, Goku si svegliò. “Ehi Vegeta! Hai portato i miei vestiti? Andiamo a fare colazione che sto morendo di fame!” disse solare, balzando in piedi e mettendosi i vestiti. Il maggiore era leggermente sotto shock, ma decise di chiudere quella questione in un angolo della sua testa. “Sbrigati. Oggi mettiamo in atto il piano. Con il mio colpo ti ho fatto già una ferita al petto che dovrebbe essere abbastanza grossa da farti dare quella roba” spiegò sbrigativo. L’altro era già pronto, e andò subito verso l’uscita. “Ferita? Quale? Non mi hai fatto niente di serio oggi” gli fece notare, indicando il corpo parzialmente sano. “Tsk. Sei anche cieco. Quella sul pettorale destro” disse sbrigativo. “Veramente quella me l’hai fatta questa notte. Ma va bene comunque, vero?” chiese. L’altro annuì, mentre prendevano il corridoio per l’infermeria, cercando di non arrossire con tutti i mezzi. Arrivarono davanti all’infermeria. “Ti ricordi tutto?” gli chiese Vegeta, sperando vivamente in una risposta affermativa, anche se non ne era molto convinto. L’altro annuì vivacemente. Poi si bloccò. “E la colazione?” domandò con il labbro inferiore che tremava. Vegeta, respira forza. Ormai è troppo dentro, non puoi ucciderlo, ti serve. “La colazione dopo Kakaroth, ora muoviti e fai il tuo dovere!”
 
 
La prima fase del piano era completata con successo: Goku era riuscito a prendere di nascosto le erbe e le aveva consegnate a Vegeta poco dopo, senza destare alcun sospetto.
La seconda fase del piano era andata abbastanza bene: Falck a quell’ora era in cucina per il pranzo regale e di conseguenza il latte di Lyve, e a quanto pareva abbastanza in vena di chiacchiere con Goku. Troppe, per i gusti di Vegeta, che nel frattempo metteva senza difficoltà le minuscole foglioline nel latte, che diventava leggermente più scuro. Peccato che Falck non volesse più rilasciare il figlioccio, che dovette inventarsi una scusa decisamente ridicola e degna di un bambino di cinque anni per riuscire ad andarsene, creando non pochi sospetti.
La fase tre del piano era ancora in atto e si stava rivelando complicata. Lyve aveva mangiato, e dopo pochi minuti, come da programma, era caduta in un sonno profondo. Sembrava veramente morta. A quel punto, iniziò la veglia. Presero la bambina e la coprirono con un lenzuolino bianco, mettendola in una culla cerimoniale nel centro della sala del trono, pronta per essere bruciata. Peccato che del re non ci fosse nessuna traccia, e se anche fossero riusciti a salvare la principessa, Vegeta non sarebbe riuscito in quello che considerava più importante: sapere i piani del padre. Nella sala non c’era nessuno. Solo Vegeta, che aspettava il ritorno di Kakaroth, spedito a cercare il fantoccio, e quella bambina che sembrava morta. Nessuno la amava, a nessuno sarebbe importato realmente della sua morte. Il principe si sentì sporco. Nonostante la stessero salvando, neanche a lui sarebbe importato davvero. Forse era da quello che voleva salvarla la madre. Dalla falsità. E se avesse sbagliato a fidarsi di lui, come tutti d’altronde?
Sentì dei passi e due auree che si avvicinavano. Una potente e l’altra che si azzerava. Non la percepiva più. Doveva essere Kakaroth. Distolse lo sguardo dal fagotto bianco e si diresse a passo felpato fuori dalla stanza. Si concentrò sull’aura del compagno e abbassò fino al minimo la propria. Pochi minuti ed era davanti alle stanze del padre. Le guardie non erano state un problema, lui era il principe e quella era la stessa ala della sua camera. Ora il problema era come aprirla. Il monitor era sempre lo stesso, e con un po’ d’impegno avrebbe potuto scassinarlo. Si mise all’opera.
 
 
Era un rompicapo. Decine e decine di microcodici da scannerizzare e interpretare. Era riuscito a farne settantotto, calcolava ne dovessero mancare appena due. Il penultimo era fatto. Vegeta poteva sentire una goccia di sudore che gli colava per il collo. Aveva sprecato mezz’ora per riuscire ad aprire unicamente la porta, non sapeva quanto poteva rimanergli. Ed ecco fatto! Trionfante, il principe alzò lo sguardo sulla porta che si apriva. Entrò senza esitazioni, chiudendosela bene dietro. La camera era identica alla sua, e questo fu un balsamo per il suo ego. Per i costruttori lui aveva la stessa importanza del re. Si chiese chi fossero i loro discendenti. Doveva dargli un premio. Iniziò a vagare nella stanza, non sapendo minimamente dove andare a cercare. Ispezionò con cura vicino al letto, sotto, cercò nei comodini, e nei posti più scontati, come la zona di riflessione strategica o il tavolo. Cercò anche sotto i tappeti, sotto le poltrone, dietro i drappeggi delle tende e del baldacchino. Niente. Poi gli venne l’idea. E se…arrivò davanti all’armadio, aprendolo. Dentro non c’era niente d’interessante, se non il vano per i vestiti. Lo scandagliò con occhio critico, sicuro di trovarci qualcosa di utile, e difatti, la trovò. A differenza degli altri pomelli dei numerosi cassetti, uno di essi aveva centralmente lo stemma di famiglia. Poteva sembrare un altro segno di megalomania ma Vegeta sapeva che non era così. Con un ghigno, lo toccò. Davanti a sé si aprì una porta, e un lungo corridoio illuminato da delle fiaccole. Vi s’immerse senza perdere altro tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 




IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti! Scusate per il ritardo, si sta rivelando più complicato del previsto aggiornare un giorno sì e un giorno no, quindi se faccio ritardo di un giorno, non vi spaventate, (dico a una certa Sitter specialmente, che mi va in arresto cardiaco sia che aggiorno sia che non aggiorno) sicuramente pubblicherò quello dopo. Detto questo, nell’eventualità che accada di nuovo, passiamo al capitolo.
La prima parte è stata un po’ hot… sono due porcellini… secondo voi dovrei alzare il rating a rosso? Perché mi sa che faranno certe cose abbastanza spesso… Bè, adesso hanno problemi più seri, però comunque...  Non è stato dolce Goku mentre parlava nel sonno? AWWWWW adesso il piccolo tenero coccoloso  Veggie avrà una bella gatta da pelare. Parlando dei problemi seri. Qualche idea? Vi ho messe un po’ in ansia con questa cosa del passaggio segreto? Cosa ci sarà mai dentro? Lo saprete nella prossima puntata! (ho sempre desiderato dirlo)
Uhm… Bè, io vado! Come al solito, commenti positivi, negativi e neutri ben accetti, ditemi tutto quello che pensate!!
Bacioni
Shadow <3

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17


Appena feci un passo dentro al corridoio, l’armadio si chiuse dietro di me, con un tonfo. Senza battere ciglio, incominciai a camminare. L’aria si faceva sempre più rarefatta man mano che avanzava, e il corridoio sembrava andare in discesa. In alcuni punti si allargava, in altri si stringeva. Sembrava essere un lavoro fatto con poca precisione e in molta fretta. Una tana, ecco cos’era. Spazientito, il principe incominciò a correre. Quel posto era interminabile. L’aura si Kakaroth si allontanava sempre di più, facendogliela percepire con meno chiarezza, cosa che lo faceva innervosire ancora di più. Se non sapeva con precisione quando il re sarebbe uscito dalla sala, sarebbe stato tutto perduto, e non ammetteva perdere. Improvvisamente, il terreno si fece meno ripido, fino a diventare completamente piano. Davanti a lui si stagliò una porta, con un semplice catenaccio. Lo deve aver messo solo come contromisura, non si sarebbe mai aspettato che qualcuno osasse davvero arrivare fino a quel punto, appurò con un ghigno Vegeta. La tolse cercando di fare il meno danno possibile, poi entrò. La stanza era piuttosto piccola, con il tetto a cupola, completamente rivestita d’acciaio. Aveva un tavolo rettangolare di metallo al centro, che sembrava fuso col terreno. Dalla metà del tavola sporgeva un monitor e tutt’intorno vi erano riversi documenti, cartacei e non, cartine e appunti di ogni tipo. Su di una parete vi era un buco a dimensione di scodella, da cui molto probabilmente il re riceveva le cibarie. Oltre questo, nella stanza non c’era nient’altro, e Vegeta doveva ammetterlo, provava un leggero senso di claustrofobia. Doveva mettersi all’opera. Si diresse a passo di marcia sul tavolo, pronto ad analizzare e memorizzare ogni minimo dettaglio.
 
Goku era tesissimo. Il re era venuto con fare imperioso nella sala circa venti minuti prima, posizionandosi con fare impaziente e per nulla interessato davanti alla culla, ma a quanto pareva bastava solo la presenza per fare un’ottima impressione sui servi e sulle guardie, che passavano lasciandosi andare in ossequiosi e ammirati inchini. Il sayan davvero non capiva cosa c’era da ammirare, ma soprattutto, non comprendeva l’utilità della cosa. Re Vegeta aveva già il potere assoluto, e alla popolazione doveva andare bene così che volesse o meno. A cosa gli serviva dimostrarsi rammaricato per la morte della figlia che pensava aver causato lui stesso, e se ne compiaceva? Questo proprio non lo capiva, mentre nella mente del re l’obbiettivo era chiarissimo. Sedare eventuali rivolte, evitare il malcontento. Per quanto lui fosse potente, un fornito gruppo di sayan arrabbiati e pronti alla vendetta era qualcosa che con molta probabilità non sarebbe riuscito a sedare. Goku aspettava, pronto all’azione, nascosto in quel minuscolo e buio anfratto della camera, pronto a correre se scoperto e ad aumentare l’aura in caso come da piano. Non sapeva però quanto tempo il re sarebbe resistito ancora, lo scalpiccio del piede era sempre più frenetico. In più, poteva giurare di aver visto un minuscolo movimento del fagotto, e bastava per metterlo sull’attenti. Forza Vegeta! Lo incitava mentalmente.
 
Il principe vagava come un nevrotico per il tavolo, con tanto di venetta pulsante sulla fronte e denti che si frantumavano vicendevolmente. Non riusciva a trovare niente, niente! Quella sayan doveva aver detto il falso, ecco qual era la verità! Però il dubbio rimaneva, forte. Su tutto poteva dubitare, tranne il motivo di ribellione di un sayan. Se uno qualsiasi si ribellava, al re, lo doveva fare per un motivo più che giusto. Quindi lui continuava a cercare. A un certo punto, vide qualcosa di interessante. Nascosto sotto una catasta di documenti, c’era un minuscolo laminato di un materiale che sembrava abbastanza resistente, ma che non era di sicuro originario di quel pianeta. Facendo attenzione, lo prese in mano.
 
VEGETA, RE DI TUTTI I SAYAN,
ACCETTO LA TUA RICHIESTA DI SIMBIOSI TATTICA. POTREMMO AIUTARCI A VICENDA. PRESTO RICEVEREMO ANCHE UN ALTRO AIUTO. CONTRATTERAI CON LUI. DEVO METTERLO ALLA PROVA.
P.15, V-6, 22.30, 23.4 C.A.

 
Che cosa significava? Si chiese con sbigottimento. Quella era una prova tangibile che stava realmente succedendo qualcosa. Un gemellaggio con qualcuno. Con un altro popolo, probabilmente. Questo era abbastanza capibile. Uno scambio di favori. Il restante però era un mistero. Chi era questo popolo? Qual era l’obbiettivo? Chi era l’aiuto “da mettere alla prova”? e, specialmente, cosa volevano dire i segni alla fine del messaggio? Si domandava in continuazione. Sembrava una lettera di risposta, quindi doveva esserci una copia della lettera che aveva mandato. Ancora con la lettera in mano, iniziò a cercare come un forsennato. Improvvisamente, un brivido alla spina dorsale lo fece drizzare. Un aumento di energia improvviso, sembrava abbastanza preoccupato e in ansia. Kakaroth lo stava avvisando. Scatto fuori dalla porta, chiudendola dietro di sé meglio che poteva, e cominciò a correre verso l’uscita. Imprecò tra i denti. Suo padre doveva essersene andato già da un po’, sentiva la sua aura troppo vicina. Quel maledetto stolto se ne  doveva essere accorto con alcuni minuti di ritardo. Arrivò in cima alla risalita, aprendo l’armadio e sbattendoselo alle spalle. Appena in tempo per vedere la porta aprirsi. Il re si guardò un secondo intorno, aveva percepito un movimento d’aria. Nella stanza però sembrava tutto a posto, e nessuno era stato ancora così stupido da aggredirlo. Aspettò qualche altre minuto, attendendo un qualche attacco. Poi, temendo per il suo segreto, si diresse senza esitazione all’armadio, trovando però tutto ordinato. Si voltò un’altra volta in direzione della porta, per poi appurare che se l’era solo immaginato. Premette il pomello e imboccò il cunicolo, facendo chiudere l’armadio. Vegeta rivolò a terra, scattando fulmineo verso la porta e scivolando fuori.
 
Goku non era terrorizzato, di più. Non aveva visto il re uscire dalla stanza, visto che era stato sommerso da una folla di guardie, ed era veramente sicuro di aver combinato l’irreparabile. Si guardava intorno girando con scatti nervosi il capo, aspettando Vegeta con ansia e guardando con altrettanto ansia la bambina, che si stava muovendo sempre più frequentemente. La bambola era pronta, era accanto a lui, però doveva aspettare l’altro, come da piano. In più nella stanza c’era ancora una guardia, e non aveva idea di come sarebbero riusciti a fare lo scambio senza tramortirlo. Sentì la porta sbattere e la rassicurante aura del principe prese posto nella stanza. “Fuori, devo rimanere da solo” ordinò alla guardia, che si congedò con un inchino. Rimase ad aspettare che se ne andasse in mezzo alla stanza, e Goku lo guardava sorridendo. Era andato tutto bene. Quando la porta si chiuse, il sayan minore uscì dal suo anfratto, dirigendosi tutto contento verso il principe, che come risposta gli diede un bel gancio destro in piena fronte. “Ahia!” si lamentò Goku, non aspettandosi una reazione del genere. “Taci idiota. Hai quasi mandato a monte il piano. Se mio padre mi avesse visto sarei stato costretto a ucciderlo, e la cosa non sarebbe andata per niente bene” sbraitò assottigliando lo sguardo in suo direzione. “Scusa, mi dispiace, è solo che un gruppo di guardie lo ha circondato e io…” altro colpo in testa. “insulso cretino di terza classe, dovevi tenere sotto controllo la sua aura! Devo dirti sempre tutto io… se non fossi stato così abile, ora sarebbe successo l’irreparabile e io TI AVREI UCCISO! Potrei sempre farlo…” sogghignò maligno, ma l’altro non ci credette per un solo istante, non smettendo appunto di sorridere. “Sono buono per oggi. Ti lascerò in vita. Ora, scambia i due fagotti e andiamo” disse con noncuranza. Goku annuì, dirigendosi verso la culletta. Tolse la copertina da Lyve, guardandola perplesso. Sembrava stesse dormendo, gli occhi socchiusi, i pochi capelli neri che le coprivano la fronte e le guance rosse. Si girò verso Vegeta, che batteva un piede spazientito. È incredibile quanto assomigli a suo padre, pensò il minore. “Ehm… Vegeta…” iniziò, a disagio. “Che cosa c’è di nuovo?” domandò esasperato. L’altro sayan si grattò la nuca, imbarazzato. “Ehm… come si prende un bambino?” chiese, non sapendo bene come fare. Il principe lo fissò, strabuzzando gli occhi. Non ne aveva la minima idea. “Prendila come capita… sono il principe dei sayan, non una balia, non so come si prendono i mocciosi!” sbottò, indignato dal fatto che quell’idiota gli avesse fatto notare una cosa che non sapeva fare alla perfezione. Goku annuì di nuovo, mettendo le braccia sotto al corpicino della bambina, la quale aveva ricominciato a respirare, piano. Incerto, la appoggiò sulla spalla, avvolgendola con un braccio. Osservò estasiato il grande progresso, ascoltando stupito il battito del minuscolo cuore affaticato. “Allora? Vuoi muoverti? Devo fare sempre tutto io” borbottò, vedendo Goku che rimaneva estasiato a fissare la bambina addormentata. Gli facevano venire lo sfarfallio allo stomaco, quei due, e questo era male. Prese il pupazzo e lo avvolse con la coperta, per poi depositarlo nella culla. Non sembrava essere cambiato nulla. “Ora devi volare così velocemente in camera tua che non devono neanche percepire il movimento dell’aria, hai capito? Usa strade secondarie. Ti raggiungerò lì” disse. Il sayan interessato annuì, volatilizzandosi via.
 
In pochi secondi era arrivato nella sua camera, con Lyve stretta ossessivamente tra le braccia. Rendendosi conto che avrebbe potuto farle male, lasciò subito la presa, facendola però quasi cadere. Spaventato, la depose semplicemente sul letto. Stava dormendo tranquillamente, il respiro lento, il cuore aveva ricominciato a battere con regolarità, anzi forse un po’ troppo velocemente. La coda si muoveva pacata, disegnando dei cerchi sul materasso. Ora che ci pensava, Goku non aveva mai visto un neonato. Insomma, mai così piccolo. Aveva visto Cache quando aveva pochi mesi, ma lo aveva degnato si e no di un’occhiata, ancora troppo alle prese con la conoscenza di Falck e Loveno per far veramente caso a quell’esserino che dormicchiava pacificamente in una culla a poca distanza da loro. Pensò che potesse aver freddo, quindi la mise sotto le coperte, posizionandole la testa sul suo cuscino, usando tutta la delicatezza di cui era capace. Soddisfatto, si sedette accanto a lei. Somigliava a Vegeta, in qualche modo. E questo, agli occhi innamorati del sayan, la rendeva ancora più bella. Forse era la fronte già leggermente aggrottata, le labbra a cuore imbronciate, le manine paffute tenute a pugno, sembrava intenta a fare una decisione molto importante, e questo lo fece sorridere. Se avesse detto le sue considerazioni a Vegeta, lui probabilmente lo avrebbe preso a pugni, e lui lo avrebbe baciato, pensiero che lo fece sorridere ancora di più. Dopo pochi secondi entrò il principe, chiudendo ostentatamente la porta dietro sé. “Che cosa ridi Kakaroth?” chiese scorbutico, avvicinandosi con fare sospettoso al letto. “Niente… Bei pensieri. Lo sai che ti assomiglia?” fece notare, indicandola. Lui la scrutò con un sopracciglio alzato. “Non dire stupidaggini” concluse, non percependo nulla che potesse richiamare la sua regale figura. “Ma si, ti assomiglia, e pure molto! Ecco perché è così bella” dichiarò, sorridendogli. Vegeta avvampò, e spostò la testa di lato, cercando di non farlo notare, borbottando qualcosa di sconnesso. “Chi se ne occuperà?” chiese Goku improvvisamente. Il principe lo guardò malissimo, lanciandogli uno sguardo che stava a significare un eloquente “Non ci pensare neanche lontanamente stupido idiota privo di encefalo”, con insulto incluso, perché in certe affermazioni ci stava sempre. “M-ma io non so accudire un bimbo… non so prendermi cura neanche di una pianta!” proruppe terrorizzato, indicando il vasetto accanto alla finestra, da cui spiccava un filo giallo e raggrinzito dall’aria tutt’altro che viva. L’altro sayan digrignò i denti “Dovevi pensarci prima di convincermi a salvare la mocciosa, arrangiati!” ringhiò. Goku stava per ribattere, sconvolto, pronto a buttarsi addosso a lui per pregarlo di aiutarlo, quando si accorse del bussare fin troppo insistente e della porta che veniva buttata giù in quel preciso istante. Una Falck fuori di sé aveva fatto la sua comparsa, con tanto di braccia sui fianchi in posizione battagliera. La scena che le si parò davanti, però, non era quella che si aspettava. Il principe Vegeta era la centro della stanza, le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate come suo solito, Goku sembrava sul punto di balzargli addosso, con un’espressione abbastanza disperata dipinta sul volto, e sul letto c’era la principessa, quella principessa che lei aveva considerato morta solo quattro ore prima, che stava sbattendo i suoi bei occhioni neri, prossima al pianto. “Falck… ti posso spiegare” disse allarmato Goku, mentre Lyve scoppiava a piangere. “Kakaroth… falla smettere!” sbraitò allarmato Vegeta, guardandosi intorno. L’aliena semplicemente assottigliò lo sguardo. “Spiegami tutto. Ti ascolterò una volta sola. Se non mi convince, non rivedrai più la luce del sole, mi hai capito bene?” esclamò. Goku deglutì. “Prima sistemiamo la porta, va bene?”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Ciao a tutti!! Eccomi con il nuovo capitolo!! Non ho niente da dire, sinceramente. Perché se inizio a parlare, spiattello tutto, dall’inizio alla fine, e non so quanto la cosa possa essere gradita U.u
Non ho messo tanto Goku/Veggie in questo capitolo, ma era necessario! Mica potevo fargli amoreggiare nel bel mezzo della sala del trono!
*autrice strabuzza gli occhi, rendendosi conto di quello che ha appena detto e si mette a ridere come una pazza isterica, contorcendosi le mani e prendendo appunti*
Ehm… Qualcuno ha un’idea per quanto riguarda la letterina? Cosa volevano dire i segni alla fine? Da chi verrà questo aiuto? Ditemi cosa pensate, vi dirò io se siete vicini o lontani dalla verità!
Ce la faranno i nostri eroi a sopravvivere alla piccola Lyve? Ma, SOPRATTUTTO, riusciranno a sopravvivere alla furia cieca di quella pettegola grande donna di Falck? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Come al solito, ditemi cosa pensate di tutto! Commenti positivi e negativi!
Bacioni!

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18


Falck abbandonò le mani sul grembo, sconsolata. “Vi aiuterò io con la bambina, non vorrei davvero che morisse dopo tutto questo” disse, sospirando. Goku sorrise, uno dei suoi sorrisi pieni di gratitudine ed amore che non puoi far altro che rispondere con un altro sorriso. Un sorriso stupido e da mentecatto, avrebbe detto Vegeta, se non fosse praticamente imbavagliato dalle mani dell’altro sayan, che lo tenevano fermo con forza, immobilizzandogli pure i piedi, essendosi seduto a cavalcioni su di lui. Naturalmente il gentilissimo e delicatissimo principe stava provvedendo a dimenarsi come un pazzo, sputando parole non proprio gentilissime e mordendogli le mani in un modo non proprio delicatissimo. “Ahi! Questo ha fatto abbastanza male. Se io ti libero, prometti di non picchiarmi?” chiese con tono accondiscendente Goku, ricevendo di risposta un’occhiataccia fulminante e un morso alla mano ancora più forte dell’altro. Con un sonoro “Ahia”, il sayan dovette lasciare la presa, tirandosi all’indietro. Diminuì per un solo istante la forza con cui lo teneva stretto, a Vegeta però bastò. Scattò in piedi facendo cadere a terra Goku. Il principe assunse un’aria oltremodo minacciosa, e Falck per un istante ebbe paura per l’incolumità del suo Goku. L’altro sayan non si preoccupava, guardandolo con rimprovero dal basso. “Non devi darmi morsi così forti!” gli disse, tendendogli una mano per farsi aiutare ad alzare. Vegeta si limitò a guardarla come se fosse qualcosa di assolutamente schifoso e nocivo per la sua persona, qualcosa che doveva essere eliminato al più presto. Goku sembrò cogliere il suo sguardo, balzando su due piedi senza aspettare alcun ausilio e deglutendo. “Non te la sarai presa! Non volevi dirlo a Falck e continuavi a riempirmi di colpi, era necessario che ti immobilizzassi, abbiamo bisogno di…” un calcio sopraggiunse puntualissimo nel suo stomaco, insieme a un gemito. L’aliena, che stava osservando a debita distanza la scena, si mise una mano davanti alla bocca. Se quella era la solita violenza con cui lo colpiva il principe, la sua scimmietta doveva essere indistruttibile. La piccola, che si era da poco riaddormentata, fece una smorfia nel sonno, mugolando. “Vegeta sveglieremo Lyve” esalò il minore dei sayan, cercando di riprendere fiato. Il principe strinse i pugni contrariato, ma non era affatto stupido. Se sua sorella si fosse svegliata, sarebbe stato decisamente controproducente. Era meglio picchiarlo fuori. “Va bene. Andiamo” disse aprendo la porta e sbattendolo fuori con diversi pugni nella gola. “Torneremo per cena!” sentì Falck esclamare Goku, prima che la sua voce venisse smorzata da un tonfo e un “Ahia! Adesso tocca a me!”. Scosse la testa, rassegnata. Non poteva fare niente, se non aspettarli e sperare vivamente che non si facessero troppo male. O almeno, pensò sedendosi sul letto e guardando con dolcezza la principessa, che Vegeta non facesse troppo male a Goku.
 
Come promesso, i due sayan si fecero rivedere solo per cena, entrambi con degli atteggiamenti molto diversi da come Falck gli aveva lasciati. Dopo molte moine da parte di Goku, il principe aveva acconsentito a far partecipare anche lei al loro piano, e di conseguenza, per discutere meglio dell’accaduto, avevano deciso, con sommo disgusto da parte di Vegeta, di cenare insieme nella camera di Goku, che aveva comunque la scrivania che poteva diventare a tempo debito un ottimo tavolo. Mentre Falck apparecchiava, osservava con interesse la strana simmetria che si era creata tra i due. La sua scimmietta era sicuramente molto rilassata, con un sorriso ebete stampato in faccia e tentava in tutti i modi di avvicinarsi al compagno, cercando il contatto e lanciandogli sguardi luminosi, concedendogli sorrisi smaglianti. Era felice e innamorato, di questo l’aliena era sicura. Che fosse anche… appagato? Falck arrossì leggermente a quel pensiero. Non sapeva bene come funzionava la dinamica in una coppia del genere, non sapeva neanche com’erano andate le cose dopo l’ultima volta che avevano parlato, ma l’atteggiamento di Goku era lo stesso identico che assumeva Loveno dopo essersi fatti “le coccole”, come le chiamava lui. Appiccicoso, sornione, immensamente dolce e felice. Eh si, i sintomi c’erano tutti. Ora però l’aliena aveva qualcuno di ben più difficile da analizzare. Il principe era un blocco di marmo, racchiudeva sempre le sue emozioni dietro una cortina di fumo, lo sguardo era sempre scuro, cupo. Non era facile capire cosa gli passasse per la testa. Falck però aveva sempre amato le sfide, e a questa non si poteva certo tirare indietro. Vegeta sembrava… confuso. Il suo corpo sembrava tradirlo, il quale era rilassato e tendeva ad essere dinamicamente attratto da quello di Goku. Aveva notato di sfuggita pure la sua coda che si sfiorava con quella dell’altro. Però, non era quello la cosa strana. La cosa strana, era che tentava a tutti i modi di tenersi sull’attenti. Non permetteva a se stesso di essere rilassato, felice, si rese conto Falck, strabuzzando gli occhi. Forse… si vergognava? Con sgomento, realizzò che non doveva essere facile per lui. Non aveva avuto nessuno con cui parlare dell’argomento, come Goku aveva avuto lei, in più doveva portare il peso di essere il principe dei sayan, e di regola avrebbe dovuto avere moglie e figli per portare avanti la stirpe. Falck provò un’immensa tenerezza per quello che fino a poco prima le pareva uno strafottente senza sentimenti, ma che ora capiva essere un ragazzo molto confuso e spaventato. Sapeva però che non si sarebbe mai confidato a lei. Doveva superare questo da solo, pensò con tristezza. “Venite a mangiare” disse ai due sayan, che in quel momento erano impegnati in tutt’altro. Vegeta vagava per la camera facendo finta di essere interessato a qualcosa e Goku fingeva di osservare Lyve, ma entrambi la usavano come scusa per fissarsi. Falck sorrise. La sua scimmietta doveva raccontarle assolutamente tutto. Aprì i contenitori con il cibo e lo distribuì ai famelici sayan. Il minore iniziò a mangiare senza dire niente, il maggiore, invece, guardò con diffidenza il suo piatto. Lo annusò, e lo guardò come se volesse perforarlo. Dopo aver appurato che non era avvelenato, iniziò a mangiare anche lui con foga, divorando porzione su porzione. L’aliena, nonostante avesse già mangiato con Goku innumerevoli volte, si stupì per la voracità con cui lavava via tutto. La portata non rimaneva per più di due secondi nel piatto, e veniva immediatamente sostituita con la nuova. Fatto sta che mentre loro avevano finito la terza porzione di carne, lei era ancora a metà del primo piatto. Non dissero una parola fino alla fine. Solo qualche ringhio da parte di Vegeta, quando l’altro tentava di rubargli qualcosa. Finito di mangiare, estremamente soddisfatto, Goku si appoggiò alla sedia. “Che mangiata… Come sei brava! Perché non possiamo mangiare tutti i giorni così?” chiese, rivolto alla cuoca. L’altro sayan rispose per lui, con aria saccente “Perché è capa cuoca, e lei cucina per noi reali. Per voialtri cucinano gli altri cuochi” Goku spalancò la bocca, in una smorfia risentita “E perché non mi hai mai portato qualcosa di buono da mangiare?” domandò, con le lacrime agli occhi. Vegeta stava per ribattere con qualcosa di evidentemente molto cattivo del suo vasto repertorio, visto che nei suoi occhi si era accesa una lucetta alquanto sadica, quando Falck lo interruppe. “Allora, che cosa hai scoperto dentro le stanza  del re?” domandò con un espressione concentrata. Il principe ponderò se risponderle seriamente o fare un commento velenoso. Scelse la prima, avrebbe potuto aver bisogno di un altro cervello pensante. Sicuramente Kakaroth gli sarebbe stato solo d’intralcio in questioni tattiche, e visto che ormai sapeva buona parte di quello che era successo, non trovò obiezioni per non informarla. Strinse le labbra, poi si decise a parlare. “Dentro le sue stanze c’è un passaggio segreto” disse, facendo una lunga pausa per assaporarsi l’attenzione su di sé, e l’espressione sbalordita dei due. “Sta all’interno dell’armadio. Si preme un pomello e si apre una porta. C’è un lungo corridoio in discesa e alla fine un’altra stanza con solo una scrivania. Ci sono molti documenti e un monitor. Evidentemente è lì che mio padre passa le sue giornate” dichiarò. Fece una piccola pausa, per far assorbire il tutto, ma non abbastanza lunga da dare il tempo di porre domande “Ho cercato delle prove, e alla fine ho trovato questo” tirò fuori il foglietto di materiale sconosciuto, che era rimasto tutto il tempo, anche durante il combattimento e il dopo combattimento, dentro una tasca della divisa senza rovinarsi o sgualcirsi minimamente. Falck lo prese in mano, leggendo. Arrivata alla fine del biglietto, impallidì visibilmente. “P.15, V-6, 22.30, 23.4 C.A., P.15, V-6, 22.30, 23.4 C.A., P.15, V-6, 22.30, 23.4 C.A…” mormorava senza sosta, quasi fosse posseduta. Goku la guardava stralunato e anche decisamente preoccupato. “Stai bene?” le chiese, mettendole una mano sul braccio con fare protettivo. In quel momento Lyve si svegliò, mettendosi a piangere. Falck si alzò automaticamente, prendendola in braccio e iniziando a dondolarla ritmicamente, avviandosi fino al tavolo dove aveva poggiato il latte. Prese il biberon, e sempre guardando vacuamente davanti a sé e mormorando senza sosta quelle parole e numeri, glielo diede, cullandola. La principessa si calmò subito, chiudendo gli occhi e succhiando avidamente. Ora Goku la guardava molto preoccupato, e cercò il sostegno di Vegeta con lo sguardo, che però la fissava aggrottando le sopracciglia. “Conosci queste parole? Sai il significato?” le domandò bruscamente. L’aliena volse lo sguardo verso il principe, e diede la bambina a Goku, che la prese con molta titubanza. Se la posizionò tra le braccia e mantenne il biberon con una mano, mentre con l’altra la reggeva. Era così piccola e delicata. Il sayan aveva l’orribile sensazione che l’avrebbe schiacciata da un momento all’altro. “Si, so cosa significa. Queste coordinate mi hanno tormentato per metà della mia vita” sussurrò, sembrando svuotata. L’attenzione dei sayan era tutta per lei. “P. 15 vuol dire “pianeta quindicesimo”, V-6 sta a indicare la galassia, “Vergon sei”, 22.30 è l’orario, 23.4 è il ventitreesimo giorno del quarto mese. C.A. sta per “corrente anno”. Tutti questi dati portano…” la voce di Falck si spense. Vegeta, presissimo, le scosse un braccio. “A cosa portano, serva?” la esortò, già sul piede di battaglia. Mormorò qualcosa, come se non volesse farsi sentire. Il principe stava perdendo la pazienza. “Dimmi a cosa portano, è un ordine!” gridò, scuotendola per una spalla. “Vegeta vacci piano” lo riammonì Goku, che era lì accanto con la principessa ancora in braccio, intento a darle il latte nonostante fosse finito. Lyve si lamentò mugolando. Esigeva essere messa a letto. Il sayan sembrò cadere dalle nuvole, preoccupato com’era dal mutismo della matrigna. La mise con delicatezza sotto le coperte, e sembrò addormentarsi subito. Si avvicinò quindi all’aliena, che non accennava a parlare. “Falck, fai uno sforzo. A cosa portano quei dati?” chiese nel modo più gentile possibile. L’aliena sospirò, rabbrividendo “Al pianeta Cold” disse con una voce proveniente dall’oltretomba. “Cosa? Chi sarebbe questo Cold?” domandò, infervorato dall’aver ricevuto una risposta, il principe. “è un tiranno. Un mostro. L’imperatore di una catena immensa di pianeti, un grande conquistatore. Vent’anni fa ha provato a conquistare anche Vegeta sei, ma qualcosa lo ha distolto dai suoi piani. Non so precisamente com’è andata” sussurrò. Sembrava priva di forze, scesa in un baratro più profondo di quanto si possa immaginare. “Che vuol dire che non sai com’è andata precisamente? Spiegati bene. Come fai a sapere che voleva conquistare questo pianeta?” chiese Vegeta, pronto a sfruttare al massimo quel momento di loquacità. Falck sembrò ponderare tutte le scelte che aveva, ma la più sensata le parve sempre la stessa: doveva rivivere quei terribili ricordi. “Re Cold era il mostro per cui lavoravamo io e Loveno prima di scappare e infine fermarci qui. È stato lui a sterminare la nostra popolazione, e ci ha proposto di lavorare per lui in cambio della nostra vita. Siamo sopravvissuti per miracolo” disse, sapendo di avere l’attenzione dei due sayan tutta per sé. “Racconta dall’inizio” ordinò Vegeta, non tentando minimamente di addolcire il tono, ma l’intenzione c’era, e fu forse questo che spronò Falck a raccontare tutto. “Nel nostro popolo, due sposi prima di andare all’altare per unirsi devono fare un viaggio sul pianeta vicino, Smeli, per imparare a convivere in completa solitudine. Devi allontanarti per un mese, poi si torna e se non hai riscontrato difficoltà puoi unirti. Purtroppo per noi, in quel mese il nostro pianeta era stato raso al suolo. L’imperatore ci catturò, e ci fece questa proposta. Noi accettammo. Io andai a far parte del suo esercito, mentre Loveno fece parte della guardia. Il suo era un compito semplice, ma essenziale: il protettore dell’uovo. L’uovo era l’erede di Cold, e ogni vent’anni esso, se fecondato, si dischiudeva nel suddetto erede. Passarono dieci anni, e i vent’anni della maturazione dell’uovo erano scaduti. Loveno, dopo la dischiusone dell’uovo sarebbe stato sicuramente ucciso. Io era in un’altra galassia, in missione per prendere informazioni su questo pianeta. Scappai, e andai da Loveno. Insieme rubammo la navicella reale e fuggimmo via. Da quello che so, l’imperatore non riuscì a fecondare l’uovo. Noi viaggiammo per anni, ci fermavamo per brevi periodi su dei pianeti, ma mai per più di pochi mesi. Finchè non rimasi incinta. Il pianeta più vicino abitato era questo, e chiedemmo asilo. Ci accettarono a corte, e da quel momento viviamo qui. Ora, quello che ci interessa è re Cold” Falck sembrava aver ripreso un po’ di colorito “i vent’anni dovrebbero scadere il ventuno del quarto mese. Adesso che ci penso…” “:.. il giorno del mio compleanno” finì Goku, strabiliato. Un pensiero fugace si formò in mente dell’aliena, che però lo scacciò subito. Non era possibile. “Si, il giorno del tuo compleanno. Quindi fra tre giorni. Ho idea che quello con cui tratterà il re Vegeta sarà il figlio del re. L’erede. In appena un giorno è completamente adulto. Due altri giorni per prendere completamente coscienza di ogni nozione, e sapere ogni parte del piano. Ci siamo, i tempi sono quelli” concluse concitata Falck. “Ma cosa potrà mai fare questo re Cold? Anche nel caso provasse a conquistarci, noi sayan siamo forti” asserì abbastanza sicuro Goku “Non vedo nessun piano diabolico del re. Semplicemente un gemellaggio. Io dico di aspettare e vedere che cosa succede” disse il sayan. Vegeta lo guardò abbastanza meravigliato. “Forse Kakaroth hai detto la prima e unica, forse ultima, cosa giusta in vita tua” disse, facendo sorridere Goku, orgoglioso di aver detto una cosa intelligente. Il sorriso durò poco “E Lyve? Lei dove dorme? Con chi starà?” domandò preoccupato. Il principe fece un gesto noncurante della mano “Da te. Mi sembra ovvio” e se ne andò, lasciando Goku con la mascella sul pavimento. “M-ma i-io… cioè… Falck n-non ho idea di c-come…” balbettava, accompagnando le parole con gesti plateali delle mani. Poi sospirò, abbandonando le braccia ai fianchi. “Non cambierà mai” borbottò. Falck sorrise, mettendogli una mano sul ginocchio. “Ti aiuterò io. Ora raccontami tutto tra te e Vegeta”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti! Ecco il nuovo capitolo! Il Capitolo 18! Vorrei precisare che è il C-18, e di conseguenza non poteva mancare Falck. Perché? Perché loro sono le mie donne preferite di Dragon Ball! Insomma, C-18 lo è in assoluto (insieme a Veggie, non fraintendetemi) e se fosse anche Falck nella serie lo sarebbe anche lei, ecco. Umpf. Va bene, andiamo avanti. Come vi è sembrato? Adesso avete capito con chi sta contrattando quel mostro del re! E ora, secondo voi, come andranno avanti le vicende? Con Freezer e Cold di mezzo, potete pensare solo male.
Non dico altro. Devo stare zitta. Non c’è stato molto Goku/Veggie neanche oggi, ma la loro bella “lotta” se la sono fatta comunque. Nel prossimo capitolo ci sarà “l’aggiornamento” sulle buone nuove di Falck e Goku e Vegeta nelle vesti di genitori alquanto disperati :3
Bene, alla prossima! I commenti, positivi e negativi, sono sempre immensamente graditi!
Bacioni!!

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19
 
 
“Falck? Di qualcosa, ti prego!” gridava disperato Goku, scuotendola leggermente per il braccio. Quella serata non le stava facendo proprio bene! Forse non avrebbe dovuto raccontarle tutto quello che avevano fatto lui e Vegeta… “Falck! Per favore, comincio a spaventarmi!” la supplicava il sayan. Era caduta in una specie di pausa contemplativa, molto simile al perenne stato di immobilità in cui stava il maestro. Come se solo in quel momento avesse sentito il suono della sua voce, l’aliena si riscosse. “Oh Goku!” mugugnò, con le lacrime che le scendevano copiosamente dagli occhioni azzurri, gettandogli le braccia al collo, e stringendolo forte. Il moro era decisamente interdetto. Che cosa le era preso? Un pensiero fulmineo e terrorizzante gli passò per la testa. Che avesse avuto un esaurimento nervoso? Era rimasta troppo traumatizzata dalla notizia? Il solo pensarlo lo fece sentire davvero male. Vedendo che non accennava a smettere di abbracciarlo e a bagnargli la maglietta, la strinse forte. Dopo diversi minuti si ridiede un contegno, sistemandosi i capelli e asciugandosi gli occhi. Forse si era lasciata un po’ troppo andare, pensò, notando lo sguardo spaesato e spaventato della sua scimmietta. Lo guardò con dolcezza. “Il tempo è passato così in fretta! Sei diventato così grande, mi sembra ieri che non riuscivi ad arrivare alla finestra! E ora? Ora… ora ami un altro, e saresti disposto a tutto per lui!” proruppe, lasciando Goku ancora più perplesso. Non si sarebbe mai aspettato una motivazione del genere. Ma, d’altronde, con Falck non si poteva mai sapere. “C-cosa?” riuscì solamente a dire, non riuscendo a formulare qualcosa di più intelligente. “L’amore… che cosa difficile! È un concetto che pochi capiscono veramente! Alcuni scambiano l’affetto per amore, altri l’ossessione, altri non lo trovano mai… ma tu, tu Goku, mi hai resa orgogliosa. Mi hai reso, davvero, davvero orgogliosa. Tu l’amore l’hai trovato, e ami con una semplicità… disarmante!” esordì, con gli occhi che luccicavano. Se prima il sayan poteva anche riuscire a trovare un filo del discorso, ora aveva completamente perso la trama. Di che cosa stava parlando? “Falck, ma di cosa…? Insomma, non sto capendo! Cosa stai dicendo?” le chiese, disperato. Negli occhi dell’aliena passarono diverse emozioni: l’orgoglio, la confusione, la comprensione, lo sbigottimento e infine tanta, tanta dolcezza. “Tu non sai…? Goku, tu lo sai che ami Vegeta, vero?” gli domandò, seria. Lui la fissò come se avesse parlato in una lingua sconosciuta e le fossero appena cresciute un paio d’ali. Lui. Amava. Vegeta. Impossibile. Strano. Giusto. Bello. Un misto indistinto di pensieri e concetti gli mulinarono in testa, facendogliela girare leggermente. Lui… non lo sapeva. Una parte del suo cervello gli gridava che, no, lui non doveva amare Vegeta. Doveva essere fedele alla sua futura moglie. Un’altra parte si sforzava di capire a pieno quella parola sconosciuta, affascinante. Amare qualcuno. Infondo, cosa voleva dire amare? Era la descrizione di quello che provava per quel musone? E poi, se davvero lo amava, cosa avrebbe fatto? Poteva accettare con facilità di essere innamorato, o che gli piaceva. Ma amare? Amare era un impegno. Era un qualcosa di… definitivo. Nella vita, si ama davvero una sola persona. Mentre il suo cervello era impegnato a lavorare sodo, facendogli venire l’emicrania, il cuore reclamava di essere ascoltato a gran voce. Lo ami, stupido! Lo ami da sempre, e lo amerai sempre! Lo hai amato quando ti picchiava, quando ti trattava male, quando era abbattuto! Lo hai amato nei suoi momenti peggiori, e hai apprezzato ogni lato, bello e brutto, del suo carattere! Lo ameresti anche se fosse lontano mille chilometri, lo ameresti anche se amasse un altro! Moriresti per vedere un suo sorriso! Diamine, Goku, ascoltami! Tu lo ami! Ascolta quel muscolo che ti pompa al centro del petto. Ti prego, fallo per me. Non farmi lavorare anche su questo. Ho fatto tanto lavoro. Fammi riposare, ti imploro, la vocetta saccente parlò nel limitare della sua scatola cranica. Era da tanto che non si faceva sentire, pensò Goku con l’unica parte del suo cervello che non era impegnata in considerazioni. Se avesse detto a Vegeta del suo mini sosia che dettava legge anche nella sua testa, avrebbe sicuramente ghignato esaltandosi, per poi dargli del pazzo ed eventualmente fargli un bel livido. Involontariamente, un sorriso gli increspò le labbra. Era ufficiale. Amava Vegeta. “Falck…” sussurrò, ancora sconvolto dalla verità appena sopraggiunta. Per effetto incondizionato, anche l’aliena abbassò la voce, protendendosi verso di lui. “Che cosa c’è?” chiese. Il sayan si avvicinò ancora di più, fino a sfiorarle l’orecchio con la bocca. “Falck… io lo amo” mormorò in un tono così basso lei che dovette faticare per udirlo anche a quella distanza.  Un sorriso enorme le si aprì in faccia. “Ora… devo dirglielo?” domandò, titubante. La mora ci pensò un attimo. “Io glielo direi. Aspetterei il momento giusto, quando anche lui sarà pronto” sussurrò al suo orecchio. Goku annuì, spostandosi indietro. Falck non riusciva a smettere di sorridere. Com’era grande il suo bambino. Si alzò in piedi, dirigendosi alla porta. “A domani Goku. Dormi bene. Se hai bisogno, vieni a chiamarmi” e così dicendo uscì, chiudendo la porta. Il giovane guardò davanti a sé, sconvolto dalla serata piena che aveva avuto. Per non parlare della giornata, certo. Ricordando gli eventi del giorno, lo sguardo si posò su Lyve, che dormiva placidamente in una culla improvvisata accanto a letto. Sbadigliò. Era davvero stanco. Si buttò sul suo letto, cadendo in un sonno profondo e senza sogni. Peccato non sarebbe durato molto.
 
Due ore dopo, Goku stava russando allegramente sul suo letto, ancora completamente vestito e fuori dalle coperte. Lyve guardava il soffitto. Si era svegliata da pochi minuti, ma non aveva avuto voglia di mettersi a piangere. Sicuramente qualcuno l’avrebbe soccorso in pochissimo tempo, questo l’aveva capito. Perciò, guardava il soffitto. La luce della luna rischiarava le pareti, e tanti granelli di polvere volavano nell’aria, formando dei piccoli cerchi concentrici. La bambina agitava le manine paffute in aria, cercando di prendere qualcuno di quei granelli scintillanti. Aveva visto una cosa luminosa particolarmente bella, che voleva assolutamente. Era bianca, sembrava morbida. Sventolò la mano, con il solo risultato di allontanarla. Corrugò la fronte. Lei voleva la cosa bianca che luccicava. Il labbro inferiore iniziò a tremare, e scoppiò a piangere. Goku si svegliò sobbalzando, e di conseguenza cadendo dal letto. Che cosa…? Guardo a destra, poi a sinistra, e notò la culletta che si muoveva in maniera pericolosa. La principessa si stava dimenando. Si alzò in piedi, barcollando leggermente. Con tutta la delicatezza e precisione con cui era capace alle tre del mattino, come aveva appurato guardando sconsolatamente l’orologio, la prese in braccio, dondolandola goffamente. Lyve però continuava a piangere come se la stessero scannando viva. Era possibile che non la capisse? Voleva l’oggetto bianco e morbido, lei! E nel frattempo continuava a piangere, perforando i timpani del povero sayan, che non sapeva davvero che cosa fare. Colto da un’illuminazione, si ricordò del latte avanzato dalla cena. Avanzò con passo incerto fino al tavolo e altrettanto incertamente prese il biberon e glielo mise in bocca. La bimba sembrò abbastanza soddisfatta, e iniziò a succhiare. Goku tirò un sospiro di sollievo. Meno male che aveva smesso! Sfortunatamente per lui, la principessa dei sayan aveva lo stesso caratterino pretenzioso e incontentabile del fratello. Disperato, cominciò a cullarla, girando nevroticamente per la stanza. Che cosa poteva volere? Le aveva dato da mangiare, la stava cullando… cosa volevano in più i bambini? Giocare! Si rispose da solo. Con che cosa, non sapeva. Iniziò a farle le smorfie più buffe che avesse nel suo repertorio, quelle cioè che gli facevano guadagnare i lividi che rimanevano per due settimane abbondanti da parte di Vegeta, ma con poco successo. “Oh, andiamo piccolina!” sbottò sconsolato. Forse voleva essere cambiata, constatò con orrore. L’aria però era ancora respirabile, e poteva con piacere toglierlo dalla lista. Quello che poteva fare era cullarla e farla divertire fino allo sfinimento. Iniziò così una guerra senza precedenti. Goku iniziò facendo smorfie buffe, facendola volare in aria e facendole il solletico, ottenendo in risposta un pianto ancora più disperato. Poi tentò con le marionette delle mani, cosa che la fece stare zitta per un secondo, tempo che nel teatrino entrasse il mostro ed era già troppo tardi per rimediare. Infine, sfinito, tentò la tattica del “cullarla finchè non le viene sonno”. Due ore e mezzo più tardi, Goku era ancora lì che tentava di farla zittire, crollando dal sonno. Aveva constatato che quella bambina aveva abilità canore sorprendenti. Non le serviva neanche un secondo per riprendere fiato. Alla fine, crollò sul letto, con Lyve ancora al petto. Miracolosamente, la principessa si zittì. Il sayan non poteva credere alle proprie orecchie, che ormai sanguinavano per il dolore. Alzò lo sguardo sulla bambina, che guardava con sguardo corrucciato una piuma, evidentemente volata dal cuscino quando si era buttato disperatamente sopra. Con la bocca semi spalancata, si appoggiò la bimba al petto, osservandola rigirarsi tra le mani l’oggetto, con un espressione decisamente concentrata. Tempo pochi minuti e le palpebre si erano chiuse, con le manine ancora strettamente ancorate attorno all’oggetto bianco e morbido tanto agognato. Sorrise, godendosi il silenzio e riaddormentandosi, sperando di riuscire a godersi i pochi momenti prima della sveglia. Erano le sei del mattino, e il sole era appena sorto.
 
Vegeta non aveva dormito molto quella notte. Si era svegliato verso le sei, ed aveva deciso che quel giorno sarebbe andato da Kakaroth prima, per aggiornarsi sul piano. La verità era che voleva vedere come era andata la prima notte con sua sorella, e che era semplicemente impaziente vederlo, ma questo non l’avrebbe ammesso mai. Aveva pensato molto, senza il suo volere, ovviamente, quella notte a Kakaroth e a loro due. Lui non sapeva cosa c’era tra loro due, e forse non voleva neanche saperlo. Era innegabile che erano andati a letto. E questo lo faceva rabbrividire, per il ribrezzo, non per il piacere, s’intende. Di conseguenza, non poteva negare che c’era un’attrazione. Se avesse saputo da dove partiva quel filo invisibile, e chi lo avesse intessuto, avrebbe ucciso prima il sarto e poi tagliato con sadica felicità quel filo. Purtroppo per lui, era resistente e invisibile. In più, lui non era un codardo. Doveva capire cosa c’era fra loro due, anche se non avrebbe certamente voluto. Non l’avrebbe mai chiesto, questo era certo. Il suo piano era l’analisi della situazione, carpire più dati possibili e dare la sua diagnosi, che naturalmente sarebbe stata uguale a quella prefissata. Altrimenti sarebbe stata una smentita alle sue parole, e questo non poteva permetterlo. Lui era il fiero, orgoglioso, maestoso principe dei sayan, il grande Vegeta, lui aveva sempre ragione! Tra lui e Kakaroth non c’era nulla di più che… qualcosa. Il principe corrugo la fronte. Qualcosa di assolutamente irrilevante, ecco. Soddisfatto del suo ben riuscito monologo, aprì la porta di camera dell’idiota centro dei suoi pensieri, senza curarsi di aver smontato la serratura, di nuovo. Quello che vide, gli provocò una strana sensazione. Era tentato di andare in bagno a vomitare, di sorridere e di mettersi anche lui accanto a loro. Un attimo. Che cosa aveva pensato?? Niente. Lui non aveva pensato niente. Voleva andare unicamente a vomitare. E ci sarebbe sicuramente andato, se Kakaroth non avesse aperto gli occhi in quel preciso istante. Ne era certo. “Vegeta...” mugolò Goku, stiracchiandosi. “Torna dopo…” borbottò ancora, poggiandosi al testa sulla spalla e stringendo il corpicino di Lyve, che era comodamente distesa a pancia in giù sul suo ampio petto. Vegeta sentì un moto di… gelosia? Tenerezza? I termini che potrebbero descrivere come ti senti sono molti, Vegeta, disse la cara vocina, dandogli il buongiorno nel suo particolare modo. Il principe digrignò i denti. Quella giornata era cominciata male, lo sapeva che sarebbe continuata in quel modo. “Forza Kakaroth non è il momento di dormire! Dobbiamo allenarci!” sbraitò, dirigendosi verso il letto e cercando di chiudere meglio che poteva la porta mezza rotta. La principessa, svegliata da tutto quel chiasso, fece dei versetti infastiditi, per poi mettersi a piangere disperatamente. Goku aprì di scatto gli occhi. “Oh no! Vegeta, tieni Lyve, non c’è latte, devo andare a prenderlo da Falck!” senza che il principe potesse ribattere in alcun modo, Goku gli posizionò in braccio quell’esserino minuscolo e petulante, scattando fuori dalla porta e lasciandolo solo e abbastanza sconvolto. Lui non ci sapeva fare con i bambini! Guardò sua sorella con sguardo corrucciato, tenendola per le ascelle come se fosse un animale pericoloso, pronto per la sfida. Avrebbe vinto anche stavolta. Mentre la fissava, Lyve stette un attimo in silenzio, ricambiando lo sguardo, per poi ricominciare a piangere. Combattivo, Vegeta se la portò al petto. Avrebbe vinto. In qualche modo.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti, ed ecco a voi… signore e signori… *parte il rullo di tamburi*… il capitolo! *parte applauso fragoroso* *autrice si inchina, mostrando il pc*

MA ANCHE NO. Va bene, lo so, sto sclerando come sempre. Passando al capitolo. Che ve ne pare? L’ho scritto stranamente a l’una di notte, quindi non so bene cosa sia uscito. La mia idea era qualcosa di fluffosa (vi avviso che userò spesso questo termine, nonostante non sono sicura esisti) e dolce. Goku ama Veggie ** ma questo noi lo sapevamo. Sinceramente, lo sapeva anche Veggie. Qua l’unico che non sapeva niente era Goku, quindi mi sembrava giusto questo momento di comprensione. Ora, parlando di Vegeta. Io sono terrorizzata. Sto entrando nella sfera “sentimenti” e con lui è tutto sul filo del rasoio. Ditemi voi se in questo capitolo sono riuscita a mantenere l’IC, e se nei prossimi capitoli sbaglio, cancello il capitolo e lo riscrivo. Non esitate a dirmelo, quindi. Cooooomunque. Lyve darà un bel po’ di rogne ai nostri prodi porcellini sayan. Siete curiosi di vedere come combatterà mamma Vegeta contro la sorellina/figlioletta? Chi la scamperà? Io ho già una mezza idea xD. Allora. Adesso basta con queste note di fine capitolo. Ditemi tutto quello che vi passa per la testa, belle e brutte.
Bacioni!
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20
 
 
Goku si chiuse la porta alle spalle, e non preoccupandosi degli sguardi stupiti che gli rivolgevano, volò in tutta fretta verso la propria camera. Non voleva pensare al terribile errore che aveva sicuramente commesso lasciando Lyve da sola con Vegeta. Con il caratterino che si ritrovava, molto simile a quello del fratello, la principessa rischiava di far perdere seriamente le staffe al principe, e Goku non osava immaginare quale sorte potesse toccarle. Aumentò ancora la velocità, fino ad arrivare davanti alla porta ed entrare senza alcun riguardo, rompendola definitivamente. Devo ricordare di cambiarla, si appuntò mentalmente. Quello che gli si presentò davanti, era ben diverso da quello che si immaginava. Vegeta aveva un’espressione esasperata, gli occhi strabordanti di stupore, rabbia e frustrazione, mentre con un braccio tentava di staccare Lyve, che nel frattempo teneva saldamente con tutte e due le mani una ciocca di capelli del fratello, ridacchiando. Mentre era in atto questo “tira e molla”, il principe girava per la camera come un pazzo, distruggendo tutto ciò che aveva tra i piedi. Era rimasto molto poco, a dir la verità. Il letto era spezzato a metà, il baule era sfondato, la scrivania era ammaccata in diversi punti, la sedia era completamente sfracellata. Più Vegeta la tirava via, più la sorella rideva e teneva forte, cosa che lo faceva imbestialire ancora di più e usare più forza, e così via, finché non lasciava per un attimo la presa, e a quel punto la bambina si metteva a giocare con i vari ciuffi, creando dei nodi che molto probabilmente non avrebbe mai più districato, cosa che faceva innervosire nuovamente il principe, ripartendo da capo. Il tutto era a una velocità sorprendente, sempre accompagnato da quel girovagare ossessivo, dai denti del sayan che scricchiolavano e da divere maledizioni irripetibili sibilate o ringhiate. Goku poteva giurare di averne sentite un paio sul suo conto, mentre gli osservava per diversi minuti imbambolato, fermo sulla soglia della camera. Non sapeva se scoppiare a ridere a crepapelle, gettandosi sul pavimento, con tanto di lacrime, oppure mettersi a piangere disperatamente per la camera distrutta, che con molta probabilità nessuno gli avrebbe riparato. Era già tanto che avesse una porta nuova, anzi sospettava non volessero più dargli una nuova. Optò per la terza opzione, quella cioè di provare a separarli cercando di fare meno danni possibili. Andò nel centro della stanza, ma il principe non dava segno di fermarsi. “Vegeta, vuoi fermarti un attimo per piacere?” chiese, tentando di seguire quel buffo teatrino. Lui si fermò all’istante, diminuendo la forza e concedendo a Lyve il piacere di giocare con la sua folta chioma. Ringhiò, avvicinandosi con fare alquanto minaccioso verso Goku, che doveva veramente sforzarsi per trattenere le risate. “KAKAROTH LEVAMELA SUBITO DI DOSSO! SONO IL PRINCIPE DEI SAYAN, IO E NON…” iniziò a sbraitare, coprendo parzialmente i gridolini estasiati della bimba. Quanto amava i capelli di suo fratello! Aveva capito fosse suo fratello quando le aveva detto qualcosa come “Sono il principe dei sayan, nonché tuo fratello, sangue del tuo sangue, ed esigo rispetto…” e poi dell’altro, che non aveva capito molto bene. Però sapeva che era un parente, forse molto stretto. Comunque, le stava molto simpatico e amava la sua folta chioma spinosa. “Tecnicamente lei è la principessa dei sayan, quindi una tua pari” disse con tono saccente Goku, godendosi un altro po’ quella scena irripetibile. Vegeta sbuffò come una belva inferocita, e l’altro sayan comprese fosse bene aiutarlo in qualche modo. “Ehm… Lyve… vieni qui Lyve… lascia i capelli del tuo fratellone… ho qui del latte…” avanzò la proposta, mostrando il biberon tiepido. La piccola non lo considerò minimamente, continuando a immergere le mani nella massa nera, per poi tirare fuori altre ciocche, facendo dei versetti meravigliati. “Kakaroth è una sayan, non un animale da compagnia!” sbraitò a denti stretti il sayan maggiore, resistendo per chissà quale ragione all’impulso di spezzare in due la bambina, che reggeva ancora con delicatezza. Impensabile. Da dove gli veniva tutta quella bontà, lui non lo sapeva. “Ah, si, giusto… adesso provo a staccarla, va bene?” domandò. Senza aspettare una risposta, si avvicinò ancora di più a Vegeta e alla bambina, prendendole le manine. “Piccolina… Dai staccati… ho una cosa più bella per te… guarda…” le mostrò il biberon tutto colorato, che non sortì nessun effetto. Guardandosi in torno, notò un cuscino colorato pieno di piume. Lo prese, e lo mise in testa a Vegeta che ringhiò, maledicendolo. “Lyve, guarda che bello! Il cuscino colorato e pieno di piume!” esclamò. La principessa, stupita, lasciò immediatamente i capelli del fratello, che esordì in uno sbuffo spazientito, come a dire “finalmente!”. Goku però stava ancora tirando la bimba, e quando lei lasciò la presa, si sbilanciò in avanti, cadendo rovinosamente a terra e trascinando con sé l’altro sayan. Lyve, fortunatamente, atterrò sul morbido cuscino, fiondandosi tra le piume e ridendo. “Togliti subito di dosso!” ringhiò il principe dei sayan, schiacciato dall’altro, che non sembrava intenzionato a muoversi. “Ah, si scusa!” balbettò Goku, grattandosi la nuca e schioccandogli un bacio a stampo, per poi tirarsi in piedi. Sapeva che avrebbe ricevuto in risposta una reazione altamente scandalizzata, ma non gli importava poi tanto. Alla fine gli passava, e sapeva che in realtà a Vegeta non dispiacevano poi tanto quei baci. Come previsto, il sayan si esibì in uno dei suoi migliori sguardi oltraggiati, per poi passare alla sua tipica espressione simbolo di furia cieca e di qualcosa di rotto imminente: pugni serrati, sopraccigli aggrottati fino allo spasimo, denti digrignati e vena che si gonfiava. “KAKAROTH!” gridò solamente, imprimendo in quel nome tutto lo sdegno e l’odio che riusciva a racimolare. “Non fare tanto il permaloso! Aspetta a vendicarti fino a dopo, dobbiamo portare tua sorella da Falck così possiamo andare ad allenarci” gli disse con fare ovvio, per poi mettersi in piedi, sempre con stampato in faccia un sorriso dolce. Vegeta si sentiva immensamente inutile e soprattutto preso in giro, cosa che lo fece uscire ancora più dai gangheri. Perché quello stupido non aveva paura di lui? Perché era sempre sorridente? Perché quel maledetto sorriso gli faceva tremare le ginocchia? Digrignò i denti, con uno scricchiolio per niente incoraggiante. “TU…” cominciò, pronto a dar voce a tutta la sua ira funesta, alimentata ancora di più dal fatto che quell’infimo reietto di terza classe non stava per nulla tremando al suo cospetto, anzi si era abbassato e aveva preso in braccio Lyve insieme al cuscino. Improvvisamente la bambina ricominciò a piangere. “No, buona… su piccola…” la iniziò a cullare Goku, decisamente allarmato. La rabbia di Vegeta crebbe ancora di più a quel rumore che gli perforava i timpani. “Falla smettere!” sbraitò, sull’orlo di una crisi isterica. Lo avrebbero fatto impazzire, di questo era certo. Al suo scoppio d’ira, la bambina si mise a piangere ancora più forte. “Vegeta, l’hai spaventata!” lo rimproverò il sayan più giovane, tentando in qualche modo di calmarla. “Su Lyve… Guarda, il tuo fratellone non è più arrabbiato… Vero Vegeta?” gli chiese, implorandolo con lo sguardo di stare al gioco. “Ma chi credi che sia Kakaroth?? Non sono una di quelle stupide badanti sayan che mettono su inutili teatrini per calmare odiosi mocciosi che non sanno altro che frignare!! Lei in più è la principessa dei sayan e…” non riuscì a terminare l’interminabile monologo, che la sua voce venne sovrastata dal pianto sempre più acuto della suddetta principessa, che non accennava a smettere di lamentarsi e stringendo convulsamente il braccio di Goku. Non le piacevano quelle grida. Voleva che tutti erano felici, erano arrabbiati con lei? Lei non voleva che suo fratello fosse arrabbiato con lei. “No, non è vero… stava scherzando… adesso di prende in braccio e te lo dimostra…” la consolò, piazzandola in braccia all’altro sayan e lasciandolo piuttosto basito. “Che cosa stai fa…?!” disse, per poi fermarsi a metà frase. Lyve si era zittita, fissandolo con gli occhioni neri ancora pieni di lacrime e tendendo una manina verso il suo volto. “N-non toccarmi mocciosa…” sbraito, cercando di apparire minaccioso ma con scarso successo. La bimba gli piazzò sulla guancia una mano, iniziando a dargli quelle che con un po’ di immaginazione potevano essere carezze. Il principe era allibito, nessuno aveva mai osato tanto. Tranne sua madre. E Kakaroth, si ricordò con rimostranza. “Leva la mano stupida mocciosa” borbottò scocciato e in imbarazzo, notando lo sguardo di Goku fisso su di loro. Uno sguardo strano, che lo rendeva ancora più in agitazione di quanto già non fosse. Le prese il polso cercando di sembrare sgraziato, ma in realtà con una gran delicatezza, e se la tolse dal volto. Guardò quella bambina, così docilmente abbandonata a lui, riducendo gli occhi a fessure. Lei si limitò a ridacchiare contenta. “Andiamo” proruppe l’altro sayan, nonostante non fosse troppo contento di interrompere quel momento di dolcezza tra fratello e sorella. “Sono io a dare gli ordini qui” disse altezzoso Vegeta, rialzando gli occhi sull’altro, che rise, sentitamente divertito. “Possiamo andare sua maestà?” chiese, con un tono che all’altro non piacque per niente. Le parole erano giuste, ma troppo sarcastiche per essere minimamente sentite. Lo guardò male, ma acconsentì. Partì per primo, e raggiunse più velocemente e nel modo più nascosto che poteva la casa dell’aliena. Entrò dentro senza aspettare inviti, stranamente senza rompere la porta. Falck si aspettava una visita ed aveva aperto la porta, conoscendo le abitudini. Infatti, non si stupì più di tanto quando un’enorme folata di vento invase la casa. “Buongiorno… Vegeta?” costatò, veramente stupita di vedere l’orgoglioso principe dei sayan con in braccio la sorella. Era un bene, infondo, che avessero cominciato una specie di rapporto, nonostante non fosse riuscita a nascondere la sorpresa iniziale. “Sottoposta, non ho tempo da perdere. Tenga la mocciosa, noi dobbiamo andare ad allenarci” ordinò il sayan, non dandole il tempo di ribattere niente che già era andato via, lasciandole Lyve in braccio.
 
L’allenamento andò bene. Avevano combattuto con foga, parando e ricevendo dei colpi a vicenda, sempre sotto lo sguardo spento ma comunque vigile del maestro. Che maestro, non era. Insomma, loro avevano imparato tutto da soli, lui aveva solamente supervisionato e dato qualche consiglio ogni tanto. Non aveva mai spiegato loro alcuna tattica o mossa speciale. Non se n’erano mai curato molto, però. L’importante era combattere. Quando lottava, Goku diventava un’altra persona. Si lasciava trasportare dagli istinti e più di una volta doveva bloccarsi per non rischiare di far del male all’altro, che fortunatamente rimaneva all’oscuro di tutto, altrimenti sarebbe stato sicuramente lui a farsi male. Vegeta aveva degli strani complessi, tra i quali c’era anche quello di inferiorità e di come appariva agli occhi degli altri, cose che l’altro sayan non comprendeva minimamente, ma sapeva bene cosa poteva urtare la sensibilità del compagno. “Che stanchezza!” gemette Goku, stiracchiandosi la schiena intorpidita dai vari colpi e stendendo le braccia. “Tsk. Tu forse ti sarai stancato, ma io potrei battermi ancora altre cento volte” disse presuntuoso come suo solito, ghignando. Si aspettava una minima reazione, anche un cenno infastidito del capo, ma si era dimenticato che quello era Kakaroth. “Beato te che hai tutta questa energia! Io sono distrutto! Senti, vado a lavarmi e poi ci vediamo a casa di Falck, va bene?” gli chiese, continuando quell’opera di stiramento, con sottofondo degli scricchiolii alquanto preoccupanti. Vegeta annuì, e senza dire una parola si diresse anche lui verso i bagni reali. Aveva veramente bisogno di un bagno, anche per calmare i bollenti spiriti. Con tremenda vergogna e frustrazione per non riuscire a controllarsi, doveva ammettere che l’incontro lo aveva lasciato in qualche modo eccitato. Cosa altamente sgradevole, inopportuna e irrealistica, ma inconfutabile. Si sentiva accaldato ed elettrico, e qualcosa di abbastanza grosso era schiacciato nella divisa. Fortunatamente, o sfortunatamente, quella tuta era fatta per aderire perfettamente alla pelle, ed era così stretta da non permettere in alcun modo di far vedere quel dettaglio imbarazzante. Anche se tutto ciò era tremendamente fastidioso. Arrivò prima possibile nei bagni, togliendosi velocemente le vesti che lo opprimevano. Se avesse potuto, si sarebbe picchiato. Perché il suo corpo doveva tradirlo in quel modo? Perché?. Stava per entrare nella vasca, quando dei rumori fuori dalla porta lo fecero girare. Una voce fin troppo conosciuta balbettava qualcosa di sconnesso alla guardia, che evidentemente gli stava negando qualcosa. Si mise un asciugamano intorno alla vita, ed uscì dalla porta. “Si può sapere cosa sta succedendo?! Nessuno può disturbare il principe dei sayan mentre si sta facendo un bagno!” ringhiò in direzione della guardia, che si affrettò ad inchinarsi. “Si sua maestà, chiedo scusa. Questo sayan di terza classe insisteva per entrare nel bagno con lei” disse, indicando Goku che si stava grattando la nuca, osservando da cima a fondo il corpo seminudo del principe. “Eh… il bagno non va… allora… mi chiedevo se potevo farlo con te…” domandò, incespicando sulle parole. Dall’espressione corrucciata, Vegeta passò a una sorpresa e poi in completo imbarazzo. Dai Vegeta… Perché no? Lo so che hai voglia di starci insieme… magari potresti mostrargli le tue abilità da nuotatore… disse conciliante la vocina, mostrando una certa abilità tattica che il vero Goku non avrebbe mai avuto neanche nei suoi sogni più rosei. Il principe ci pensò un attimo. Infondo… perché no? Avrebbe dimostrato a se stesso che non era poi così attratto dall’idiota e avrebbe mostrato qualcosa in cui era indiscutibilmente più bravo. “Va bene… può passare” disse, tentando di mantenere un tono distaccato. Goku, che fino a quel momento aveva lo sguardo abbassato, lo alzò di colpo, dedicandogli un bellissimo sorriso. “Visto? Te l’ho detto che potevo entrare!” disse gioioso alla guardia, che tratteneva a stento un ringhio. Il principe entrò nella sala, sbattendosi una mano sulla fronte, seguito a ruota dall’altro, che trotterellava allegramente. Sempre provando a dissimulare il tremendo imbarazzo, Vegeta si tolse l’asciugamano, per poi entrare in acqua. Il suo profilo nudo fece venire i brividi al compagno, che si affrettò a togliersi i vestiti e ad entrare nella vasca. “Che bello questo bagno! Come mai mi nascondi tutti questi tuoi privilegi? Avresti potuto portarmi almeno una volta!” esclamò pieno di meraviglia il giovane dai capelli scompigliati, mettendo le mani sotto i getti d’acqua e osservando tutta la stanza. “Tsk, tu sei solo un cretino di terza classe. Non sei degno di vedere i miei possedimenti, escluso il castello” disse usando il suo tono orgoglioso misto a del disprezzo, mentre s’immergeva e cominciava a nuotare. Goku rimanè veramente impressionato dalla sua incredibile velocità e grazia. Lui non sapeva neanche nuotare, tant’è che nessuno lo aveva mai portato al lago o in una piscina. “Sei stato bravissimo! Mi insegni a nuotare?” chiese ingenuamente il minore, avvicinandosi all’altro. Il maggiore si scansò per un pelo, evitando che gli saltasse addosso. “Non sai neanche nuotare! Sei completamente inutile Kakaroth, lasciatelo dire!” sbraitò, fingendosi seccato ma comunque pieno di sé per saper fare qualcosa che l’altro sayan non aveva la minima idea di dove iniziare. “Scordatelo! Sono il principe dei sayan, io, e non insegno a nuotare a…” provò a terminare le sue motivazioni, ma Goku gli era già aggrappato al collo “Per favooooore!!” schiamazzava. Improvvisamente, si ricordarono di essere nudi. Avvamparono, ma se il maggiore voleva schizzare via, il più alto era di tutt’altro avviso. Lo prese per la nuca, dandogli un bacio dolce. Era una domanda quella, non una richiesta. Voleva che per una volta fosse Vegeta a chiedere qualcosa, non lui a fare la prima mossa. Voleva che non avesse più l’impressione che fosse lui ad obbligarlo, ma una sua completa scelta. Il principe si rese disperatamente conto che non  sarebbe riuscito a lasciare tutto in sospeso, non con i loro corpi così vicini, non con il suo fiato sul collo, non con gli occhi inchiodati nei suoi. Con un piccolo sbuffo, lo baciò. Goku ricambiò il bacio, sorridendo trionfante. Per una volta, era davvero contento di aver vinto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Ciao a tutti! Allora, volevo scusarmi per il terribile ritardo ma ho avuto tanti casini. Troppi. Questa storia mi sta facendo male. I problemi amorosi si trasferiscono a me in chiave etero. Ugh. Sono fregata. Speriamo però che finisca bene. Lo so che c’è qualcuno lassù che si sta divertendo un mondo con me, ma, andiamo! Un pizzico di gentilezza no, eh?
Cooooomunque, passato il piccolo sclero, devo comunicarvi che ho deciso pubblicherò il Lunedì, il Mercoledì e il Sabato. Tabella di marcia fissa, perché mi sono resa conto che il venerdì è difficile pubblicare. Oggi ho fatto ritardo perchè sono caduta in depressione totale, ho ascoltato la canzone più triste che conoscevo almeno 30000000 di volte e mi leggevo tante Ff angst. Argh. Poi sono uscita e mi sono risollevata il morale. Quindi, mea culpa, mea maxima culpa. Va bene, tornando alla storia… spero vi sia piaciuto il capitolo! L’ho fatto un po’ spezzettato, quindi non so bene cos’è uscito. Ditemelo voi!! Come al solito, commenti positivi e negativi sono ben accetti!
Un bacione, a lunedì!

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


 
CAPITOLO 21
 
 
Quel bacio fu completamente diverso. Non era un bacio pieno di rabbia, furia, lussuria. Era un bacio più dolce, più silenzioso. Non sembrava un bacio in sé, ma più che altro una carezza sulla guancia. Qualcosa di intimo, ma allo stesso tempo immensamente semplice, che però acquisisce il significato del momento. Un bacio completamente voluto e accettato. Un bacio per arrendersi completamente all’evidenza, per Goku. Lo amava davvero, in ogni suo minuscolo ed insignificante dettagli, non c’era alcun dubbio. Un bacio per scoprire qualcosa di nuovo, e che faceva nascere pensieri contrastanti, per Vegeta. Il groviglio di parole ed emozioni che si era andato a formare in quell’interminabile e confusionario periodo andava sciogliendosi con una velocità inimmaginabile, allarmandolo, ma facendogli scorgere dietro quella nube nera il raggio di un sole abbagliante, che lo avrebbe travolto completamente. Stranamente, aveva voglia di luce. Aveva sempre vissuto nella completa oscurità, non sapeva neanche cos’era il sole, ma il vederlo da lontano lo invogliava ad esporsi. Cosa che lo turbava ancora di più, costringendolo a nascondersi in un buio anfratto della sua mente. L’orgoglio scalciava, indignato da quel tirarsi indietro così tremendamente vigliacco, la mente lo incitava a nascondersi ancora di più, il cuore si dibatteva per correre alla luce. Erano due contro uno, ma la mente era forte. Nonostante questo, non sapeva quanto sarebbe resistito. Molto presto tutto il suo corpo sarebbe stato travolto da quell’enorme sole che tanto lo spaventava e attirava, non concedendogli neanche più un angolo di oscurità. Era un sentimento potente, infinitamente forte. Di emozioni così Vegeta aveva provato solo l’odio, che lo distruggeva da dentro, annientando ogni parte di lui, ma in qualche modo spronandolo all’infinito. Questo, invece, era tutto il contrario. Ogni piccolo spazio che il raggio toccava sembrava rinvigorito, rinato. Il principe non sapeva cosa pensare, quindi semplicemente decise di non farlo. Avrebbe rimandato tutto a dopo, come anche molte altre cose, del resto. Si abbandonò completamente al bacio, seguendo i suoi istinti e sentendosi in qualche modo… rinfrancato da quel contatto. La mano di Goku, che fino a quel momento era sulla sua vita, scese più in basso, fino a palpargli una natica. Vegeta rispose a quel contatto aumentando la foga del bacio, facendo finire definitivamente quel momento –che non era stato un momento, bensì circa trenta minuti- idilliaco. Si mossero nella piscina, fino ad arrivare alla parte più vicina al bordo, dove c’erano solo pochi centimetri d’acqua. Il minore posò più delicatamente possibile l’altro sulla riva, senza mai interrompere il bacio, e stendendosi sopra. Continuavano a toccarsi, accarezzarsi, le mani sembravano moltiplicarsi per la velocità con cui si muovevano e l’infinita varietà di punti che toccavano. Le bocche, però, erano sempre incontrastabilmente unite. Come risvegliato da un comando nascosto, Vegeta si ricordò che lui non poteva stare ancora sotto, così ribaltò la posizione, non senza un mugolio di protesta da parte di Goku. Lo divorava, lasciando molti morsi e impegnandosi per lasciarli più succhiotti possibili. Aveva una malsana voglia di marchiarlo, di far capire bene che era solo suo. Immaginava la faccia della futura moglie, vedendo tutti quei segni, impallidire. Poi si ricordò che la futura moglie non avrebbe assolutamente dovuto scoprire che la tradiva. Poi si ricordò che non avrebbe assolutamente dovuto vederlo senza maglietta. Poi, mentre prendeva il membro eccitato di Kakaroth in bocca, si ricordò che anche nell’eventuale ipotesi che l’avesse visto senza maglietta, non sarebbe sopravvissuta tanto da riuscire a impallidire. Goku stava letteralmente impazzendo. Nonostante fosse assolutamente sicuro che Vegeta avesse fatto certi lavoretti solo due volte in tutta la sua vita, era innegabile che fosse terribilmente bravo. Sapeva toccare tutti i punti giusti, muovendo abilmente la lingua, e l’altro sayan non riusciva a ragionare lucidamente. Poco dopo venne con un ringhio terribilmente animale, cosa che fece eccitare ancora di più il principe, che rischiava seriamente di avere un orgasmo anche solo continuando a baciarlo e toccarlo. Inaccettabile. Vedendo l’eccitazione pulsante dell’altro, Goku si affrettò a ribaltare la posizione, per ricambiare il favore. Lo baciò ancora e ancora, mettendoci tutta la sua felicità. Aveva la mente annebbiata da quello che stava accadendo e dall’eccitazione che stava montando di nuovo, ma era inspiegabilmente felice. Forse era quella la vera felicità. Non sapere il vero perché, non avere un motivo preciso, ma esserlo unicamente. Lo masturbò, sapendo che da un momento all’altro sarebbe esploso. Prima che però venisse, si fermò. Vegeta ringhiò, chiedendosi perché diavolo lo avesse fatto. Goku, quasi avesse intuito il suo pensiero, fece un sorriso malizioso, per poi baciarlo languidamente. Mentre lo baciava, lo penetrò, lasciando scappare a un sorpreso principe un gemito di dolore. Sconvolto da ciò che gli aveva realmente fatto fare, Vegeta gli morse il labbro, per punizione. Stupido idiota che mi fa gemere come una qualsiasi femminuccia. Goku nel frattempo aveva cominciato a spingere, costringendo l’altro ad abbandonare i suoi piani vendicativi e a concentrarsi su ben altro. Vegeta venne quasi subito, non riuscendo a trattenersi, e l’altro sayan poco dopo. Si buttò di lato, godendosi per un attimo l’acqua fredda che lo raffreddava. Titubante, mise un braccio dietro al collo del compagno. Trattenne il fiato, ma non successe niente. Passarono un paio di minuti, quando Goku sentì un movimento improvviso. Si aspettava una testata, quindi si preparò a ricevere il colpo, quando invece non accadde nulla. Se non un miracolo. Vegeta aveva spostato il capo dal suo braccio, -che, adesso che ci pensava, non sentiva più- per spostarla sul suo petto. Sbalordito, il sayan si chiese se non stesse sognando. In uno di quei sogni meravigliosi che faceva ogni tanto, in cui Vegeta si avvicinava a lui, abbracciandolo, e sussurrandogli “ti amo” all’orecchio. Non successe niente, se non ché il respiro di Vegeta si fece più quieto. Forse si era addormentato. Goku non aveva né la forza, né il coraggio di spostarsi. Un’idea malsana gli balenò in mente, ma la scacciò subito. E se…?. Guardò per diversi minuti i suoi capelli spinosi, indeciso sul da farsi. Alla fine, cercando di essere temerario, decise di farlo. Alzò l’altro braccio, e avvolse la schiena del principe, che sembrava proprio essersi addormentato. Tesissimo, attese alcuni momenti, ma c’era solo calma. Sollevato, il sayan rilassò il collo, chiudendo gli occhi e beandosi di quel contatto. Avrebbe fatto anche lui un pisolino, pochi minuti e poi si sarebbe fatto una doccia e sarebbero andati a casa di Falck.
 
Passarono un paio d’ore. Vegeta si sentì attraversato da mille brividi di freddo, e si strinse ancora di più a quel corpo caldo a cui era appoggiato, sospirando. Un momento. Corpo caldo?! Sobbalzò, aprendo gli occhi di scatto e tirandosi seduto. Goku stava dormendo pacificamente con le braccia che ricadevano in una posizione strana dopo aver perso la base dove appoggiarsi. Per l’appunto, la sua regale entità. Non sapeva neanche da dove gli era venuto appoggiarsi al suo petto. Non sapeva da dove gli era venuto non tirargli un cazzotto quando aveva osato posargli il braccio dietro la testa. Se era per questo, non sapeva neanche da dove gli era venuto dormire nudo abbracciato con quel cretino per diverse ore durante il pomeriggio, per di più dentro alla sua piscina. Anche Goku, sentendo la mancanza di qualcuno di fianco, si svegliò. “Che dormita… m-ma che ore sono?” domandò, rendendosi conto della diversa luce che era scesa nella stanza. “Non lo so che ore sono, idiota! Stavo dormendo anch’io, se non ricordi” disse stizzito per chissà quale motivo. Goku si grattò la nuca. “Bè, allora è meglio farci una doccia e andare da Falck! Sarà in pensiero per questo nostro ritardo!” disse allegramente, andando verso il getto d’acqua con i saponi. Vegeta, preso dai suoi pensieri, non ribattè, andando all’altro fiotto d’acqua insaponata e lavandosi. Passò poi a quello d’acqua pulita, sciacquandosi. “Ehm… come spiegheremo che siamo usciti in questo momento dopo diverse ore dal bagno?” chiese Goku, quando uscirono dalla piscina avvolgendosi in degli asciugamani. “Io non devo spiegare assolutamente niente, e se mi dicessero che sono rimasto troppo a lungo nel bagno con te negherei e comunque ucciderei seduta stante l’impiccione che ha osato farsi i fatti del grande principe Vegeta” disse come niente fosse il suddetto principe, asciugandosi completamente aumentando l’energia e cominciando a vestirsi, così come fece l’altro. “Di te nessuno noterà l’assenza. Al massimo potrebbero accorgersi di me” finì Vegeta dirigendosi verso la porta e seguito dall’altro. “Wow… come fai a sapere tante cose?” chiese, ingenuamente stupito. “Usando il cervello Kakaroth. Quell’informe matassa grigia che ognuno di noi ha nella testa, escluso te, ovviamente” spiegò, con un tono di superiorità venato di arroganza. Era però tranquillo. Troppo tranquillo.  A quest’ora Goku si sarebbe già aspettato come minimo un pugno in faccia. Decise di non dire niente, correndo più veloce possibile a casa di Falck. Stava morendo di  fame e non vedeva l’ora di assaggiare le prelibatezze che l’aliena cucinava. Ma avrebbe continuato ad indagare su quell’improvvisa calma del principe.
 
Arrivarono a casa di Falck, dove la trovarono intenta a giocare tranquillamente con Lyve, che ridacchiava meravigliata. Era meravigliata ed entusiasta del mondo intero, pensava Vegeta. Presto si sarebbe accorta che non è poi tutta questa cosa, e questo lo sperò vivamente, mentre vedeva quell’idiota di Kakaroth strabuzzare gli occhi e rubare un giocattolino alieno a quella bambina. “Come funziona?” domandò estasiato, vedendo le varie forme e colori che si susseguivano premendo dei punti. La principessa dimenò le manine. Come aveva potuto rubarle il giocattolo? Era suo! Lyve avrebbe voluto ardentemente essere alta come il suo fratellone, che aveva visto più di una volta stendere a terra quello che aveva capito dai discorsi della signora chiamarsi Goku, e rubargli il giocattolino. Magari dandogli… uno spintone! Pensò la bambina. Nonostante i suoi sforzi, però, non riusciva a diventare alta. Così, seguendo la logicità dai fatti, si mise a piangere. O meglio, a gridare. Aveva capito che se gridava poteva avere tutto quello che voleva, e quello le sembrava proprio il caso. “Goku…” lo redarguì con dolcezza Falck, che non poteva fare a meno di sorridere alla vista di quel sayan grande e grosso che giocava. “Kakaroth, dai immediatamente quel pezzo di ferraglia a mia sorella o giuro che ti uccido. Non hai un minimo di orgoglio, sei lo scarto della nostra razza!” sbraitò il principe, che stava raccogliendo tutta la sua buona volontà per non picchiarlo. Goku mise il broncio, ma lo passò alla bambina, che mise immediatamente di piangere. “Contenti?” chiese, ancora imbronciato, forse nel tentativo di far sentire loro in colpa. Vano tentativo. Nessuno rispose, e il sayan perse in poco tempo il suo broncio. “Allora noi andiamo Falck!” disse, prendendo la neonata e dando un bacio sulla guancia alla madrina, per poi scappare via, seguito dall’altro.
 
Vegeta non sapeva che pensare. Sentiva qualcosa di strano. Come se… si stesse lasciando andare. Cosa che non sapeva neanche definire, ma gli pareva esattamente così. Tutto se stesso sembrava gridare pietà, e stava accettando quel qualcosa che lui non capiva, ma non aveva alcuna intenzione di lasciarsi vincere. Se da una parte tentava di ravvivarsi, di sentire di nuovo quello stato di perenne tensione, di costante odio, non ci riusciva davvero. E sapeva di chi era la colpa, come al solito d’altronde. Kakaroth. Quando lo aveva… baciato, nella piscina, era successo qualcosa di strano e incomprensibile. Ora, perciò, si sentiva in pace. Assolutamente inammissibile. Lui doveva combattere, allenarsi con furia, essere uno spietato sayan. Eppure… la sua vicinanza lo stava facendo letteralmente scombussolare. Si sentiva un’altra persona. Era come se Kakaroth emanasse ondate di qualche sostanza anestetizzante. In più, doveva essere anche una droga potente. Perché non c’era altra spiegazione per l’altro fatto. Quello che era davvero inspiegabile. Aveva sentito la tremenda voglia di… stargli vicino. Abbracciarlo, avere un contatto. Vegeta cercò di non pensare a quelle cose, ma non poteva rimandare. Doveva considerare tutto e subito, altrimenti non sarebbero riusciti a fronteggiare al meglio il padre e l’erede di re Cold. Infine, oltre all’immenso caos che regnava tra i suoi pensieri, si aggiungeva quelle orribili parole che Kakaroth gli aveva sussurrato nel sonno. Lo squadrò, mentre giocava allegramente con sua sorella, dalla sua solita postazione attaccata al muro, con le braccia incrociate. Tutto quel non sapere lo stava facendo andare di matto. Possibile che tutto d’un colpo tutte le incognite possibili si presentassero a lui? Aveva avuto una vita senza ostacoli mai così grandi da non potessero essere affrontati, e ora delle domande senza risposta si affacciavano nella sua mente, implacabili, rendendo secondario il resto. Quello stupido aveva detto sul serio. Lui lo… rabbrividì. Non riusciva neanche a dirlo. Insomma… non era per niente da sayan, non era normale. Nella mente del principe cominciò a farsi sempre più solida l’ipotesi che avesse qualche danno cerebrale inguaribile. Però… forse anche lui aveva subito qualche danno alla calotta cranica. Maledetto Kakaroth. Lui e le sue parole che mi danno certe sensazioni. Io sono il principe dei sayan! Si disse, ma le sue parole non presero il gusto veritiero e assolutamente soddisfacente che avevano di solito. Non gli dicevano nulla, erano solo parole vuote. Si prese la testa fra le mani, emettendo un ringhio frustrato. Maledetta confusione. Non riusciva più a controllare nulla, tutto era sfuggito al suo controllo. Goku, sentendo quel verso frustrato, si girò verso Vegeta. “Tutto bene?” gli chiese, preoccupato. Anche la bimba mise di ridere, percependo nell’aria una situazione nuova e più tesa. “è tutta colpa tua!” gli gridò, avvicinandosi minacciosamente. “Che cosa…?” provò a domandare, ma Vegeta lo interruppe subito. “Stupido reietto di terza classe! Rifiuto della società, scarto dell’universo! Ameba priva di encefalo! Tu e le tue stupide parole, la tua stupida bocca, i tuoi stupidi baci e le tue stupide emozioni. Tu, tu… è tutta colpa tua! Tu mi hai contagiato con queste idiozie!” gli urlò contro, sfogandosi. Lyve non piangeva, semplicemente ascoltava, e Goku non poteva esserle più grato. “Mi hai cambiato, con il tuo piano malefico! Perché io lo so che tu ce l’hai con me, lo so! Hai fatto… qualcosa… e poi quelle cose che hai detto…” ringhiava, abbassando però il tono di voce. Sembrava leggermente paranoico, e Goku cominciava ad essere seriamente spaventato per lui. “Che cosa stai dicendo Vegeta? Spiegati meglio” gli disse, tentando di rimanere più tranquillo possibile. “Non fare il finto tonto! Sai benissimo cosa intendo! Quelle due parole! Da lì è iniziato tutto!” sbraitò ancora, pensando di essere preso in giro. L’altro sayan lo guardò ancora, inclinando leggermente il capo. Vegeta si lasciò andare a uno sbuffo altamente irritato “Mi hai detto…” esitò impercettibilmente “… ti amo! Perché me l’hai detto? Tutto questo… stupido cambiamento è iniziato da lì. E poi quei baci… quelle emozioni che mi trasmettevi! È solo colpa tua se sto cambiando, ed esigo tornare come prima!” finì il suo discorso, deciso ad usare la forza pur di carpire il segreto per invertire quella formula. Goku lo guardava sbalordito, ma anche un po’ triste. “Vegeta…” incominciò, sussurrando. “Io ti amo davvero. Non mi ricordo di avertelo detto, mi dispiace di averti turbato, ma è così. Non è stata alcun piano il mio. Non è colpa mia se provi certe emozioni o se stai cambiando” ridacchiò, grattandosi la nuca, ma sembrava comunque triste. “Non posso e non voglio cambiarti. Sei tu che stai cambiando, stai facendo tutto da solo. Mi dispiace solo che consideri tutto questo un male, e che ti abbia fatto soffrire” mormorò, quasi impercettibilmente. Il principe lo guardava stralunato, non capendo cosa stesse succedendo. Si guardò in torno, come un pesce fuor d’acqua ed uscì, sbattendosi la porta alle spalle. Fu a quel punto che Lyve scoppiò a piangere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

  
IL MIO ANGOLINO

*avanza rimanendo costantemente riparata dal corpo di Goku* Salve a tutti! *le arriva un armadio* *Goku e l’autrice si smaterializzano metri più in là* Lo so, lo so che mi odiate. Era iniziato così bene questo capitolo, no? Ma il ghiaccio quando si scioglie crea un’onda anomala. Veggie non riesce ad accettare tutto ciò, ed è scoppiato. Povero piccolo Goku :’( Abbiate fede! Il vero amore trionfa sempre, e si risolverà tutto! Mannaggia a Vegeta e al suo carattere iper instabile. Uff, non vedo l’ora di scrivere il prossimo capitolo e vedere che succede *tutti i lettori la guardano straniti, e l’autrice si rende conto che sembra stia commentando la sua storia da un autore esterno*
Ehm… comunque, ribadisco, abbiate fede! Sono in vena di dolcezze HO BISOGNO DI DOLCEZZE (almeno loro) quindi non so quanto riuscirò a farlo rimanere arrabbiato. Se dura ancora molto, vado lì e gli perforo il braccio con una siringa di cioccolato, così si addolcisce. Uhm. Secondo voi anche Goku se la farebbe fare una puntura, se di cioccolato? I dubbi della vita.
Va bene, fatemi le vostre considerazioni e eventuali appunti!
Ah, volevo dirvi che comincerò l’orario definitivo (?) dalla settimana prossima. Quindi anche questa settimana aggiornamenti come vengono.
Bacioni 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22
 
 
Lyve continuava a piangere, e si chiedeva perché Goku non veniva da lei. Perché stava immobile, nel centro della stanza? E perché il suo fratellone se n’era andato? Che cos’era successo?. Tutte quelle domande si muovevano indistintamente nella testa della bambina, agitandola ancora di più e facendole scendere grossi lacrimoni sulle guance rosse. Dopo pochi minuti, che alla bambina sembrarono ore, il sayan si avvicinò a lei, prendendola in braccio e stringendola in un forte abbraccio. La principessa smise subito di piangere, abbandonandosi a quel tocco rassicurante, quando vide una cosa stranissima. Gli occhi del suo papà, perché non poteva trovare nessun’altra spiegazione su chi fosse, erano pieni d’acqua, e una gocciolina stava per scivolare dal bordo. Con la bocca dischiusa dallo stupore, Lyve alzò la sua mano, e la mise impacciatamente in faccia all’altro, col tentativo di prenderla. Goku scoppiò in una mezza risata, che sembrava più frutto di un’abitudine dura a morire che di vera felicità. Sentiva il cuore che batteva troppo velocemente, come se stesse combattendo da sette giorni senza mai fermarsi un momento, il respiro affannoso, gli occhi in fiamme. Non poteva credere di aver detto a Vegeta di amarlo e non esserne stato nemmeno consapevole. Aveva rovinato tutto senza volerlo, come suo solito. Certo, presto o tardi lo avrebbe fatto comunque, ma così… così era servito solo a confondere le idee al principe e a portarlo lontano da lui. Non sarebbe servito a nulla seguirlo, Goku lo sapeva bene. Doveva solo lasciarlo andare ed aspettare che lui capisse cosa realmente provasse senza alcuna forzatura, rispettando i suoi tempi. Se lui non avesse detto quelle due parole, sarebbe successo tutto con più gradualità, e nel frattempo loro avrebbero potuto continuare a stare insieme. Ora invece non si sarebbero visti per chissà quanto. Vegeta era un maledetto testone, e il sayan lo sapeva bene. Doveva solo attendere. Peccato che sentisse come se il suo cuore fosse stato gettato in mezzo a una battaglia per la conquista di un pianeta, e calpestato senza pietà. Aveva paura, davvero paura. Paura di perderlo, di aver rovinato ogni possibilità, di dover attendere anni per rivederlo. Già, perché lui aveva paura, “non sei un vero sayan!” lo avrebbe sgridato Vegeta. Ma senza di lui, poteva aver paura, giusto? Non c’era niente che gli desse sicurezza o che lo picchiasse per non essere abbastanza sayan. Poteva tranquillamente stendersi sul letto, come stava facendo, stringendo Lyve tra le braccia e guardare il vuoto. Stranamente, gli sembrava la cosa più logica da fare. Metà di se stesso lo aveva però abbandonato pochi minuti prima, e  non sapeva cosa realmente fosse giusto e cosa sbagliato. La tristezza lo stava travolgendo, e presto sarebbe sprofondato. Non devo abbattermi! Si ripeteva, ma un conto era dirlo, un conto metterlo in pratica. Così rimaneva lì, su quel divano, con la bimba tra le braccia. 
 
Vegeta aveva volato a lungo, uscendo dal limitare del castello e girando metà mondo, senza però avere un obbiettivo vero e proprio o una qualche missione. Semplicemente andava sempre più avanti, ascoltava il vento gelido che gli sferzava la faccia e pensava. Che cosa fare in quelle situazioni? Non era assolutamente preparato. Non poteva essere lui la colpa di quello che gli stava avvenendo. Gli avevano sempre insegnato che c’era qualcuno da punire, sempre, e che andava punito in modo da poter rimediare al danno. Ora però… che cosa avrebbe dovuto fare? Auto punirsi? Non gli sembrava una scelta intelligente. Aveva già considerato la possibilità che Kakaroth, come suo solito, avesse detto qualcosa di inconsistente e privo di fondamenti. Lo aveva pensato per le prime due ore, distruggendo le montagne che si trovava davanti per sfogare la sua rabbia. Poi, però, aveva visto qualcosa che aveva incrinato le sue sicurezze. Un tarfin*, un animaletto piccolo e peloso che volava da un albero all’altro. Vegeta non era mai stato un esperto in fatto di animali, ma la storia di quel piccoletto la sapevano tutti: si credeva il migliore in assoluto, e quando incontrava la compagna ideale, con cui decideva di passare il resto della sua vita, lentamente cambiava, rendendosi conto della bellezza longilinea e discreta dell’altra, facendosi cadere il suo pelo gonfio, per poi diventare altrettanto bello. Il principe aveva fermato la sua avanzata di scatto, allontanandosi a tutta fretta dal bosco che stava sorvolando, cercando di sfuggire a quel pensiero che gli era balenato in mente, ma ormai era troppo tardi. Aveva iniziato a tormentarlo senza sosta, e dopo altre due ore alternate tra distruggere montagne e volo ad alta quota, aveva accettato l’evidenza dei fatti. Non era stata colpa di Kakaroth se lui era cambiato, ma solo ed unicamente sua. Quindi aveva ricominciato a volare, ignorando i morsi della fame che cominciavano a farsi sentire. Voleva però capire perché era cambiato. Perché lui era cambiato, se lo sentiva dentro. Si sentiva più calmo, pacato. Come se qualcosa di irrimediabilmente rotto si fosse aggiustato per miracolo. E la cosa era altamente snervante, perché non era possibile. Lui non sapeva cosa fosse successo, né quando. Aveva una base dove lavorare le sue argomentazioni, Kakaroth, ma non riusciva a risolvere quella complicata equazione. Non puoi risolvere tutto con la razionalità, Vegeta! Specialmente queste situazioni! Lascia perdere tutto e ascolta i tuoi sentimenti! Ascolta… il tuo istinto! Ascolta lui, cosa ti dice di fare in questo momento? Gli disse con il solito fare accondiscendente la vocina. Nonostante la roccia che aveva appena sorvolato fosse molto allettante, Vegeta si trattenne dallo sbatterci sopra il cranio. Aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile per risolvere quel rompicapo e avrebbe fatto uno sforzo. Il suo istinto. Che cosa gli chiedeva il suo istinto? Di solito aveva sempre ragione, perché non ascoltarlo anche quella volta?. Si lasciò andare per un attimo, giusto quel poco che bastava per far andare a ruota libera le sensazioni ma non tanto da lasciar fluire le emozioni. Non era assolutamente pronto a far scivolare via la nuvola nera che copriva il sole. Sarebbe stato troppo scoperto. Che cosa voleva fare la sua parte più primordiale? Uccidere qualcuno. Tornare al castello. Andare dall’idiota. Sbatterlo per terra. Baciarlo. Vegeta si fermò, poco gli importava che quelli del villaggio sotto di lui avrebbero potuto percepirlo e venire a chiedere qualsiasi cosa –che poteva passare dal far loro l’onore di partecipare al gran banchetto preparato solo per lui a una nuova tenuta per gli animali da nutrimento-.  Anche il suo istinto lo stava tradendo. Non poteva fidarsi neanche di se stesso, ormai. Sentì delle auree in avvicinamento e volò via, verso un luogo più isolato dove ragionare. Era rimasta solo una parte della sua mente contro tutto il resto di se stesso che lottava per non andare da Kakaroth. Il principe però, per quanto si sforzasse di tenerlo solo come vacua riflessione, sapeva qual era il vero problema. Quello che lo preoccupava più degli altri. L’amore. Quello stupido si era innamorato di lui, e ora il quesito era il seguente: come comportarsi? Dagli un bel pugno, come al solito? Il ricordo di Goku che gli dichiarava di amarlo con quel sorriso un po’ triste gli fece strizzare le budella. Non sarebbe riuscito a tirargli un pugno neanche volendolo. E lui non voleva. Si sentiva bloccato, fermo in un limbo senza via d’uscita. Si fermò in una landa rocciosa, la terra era brulla e disidratata, delle enormi crepe si estendevano su tutta la distesa, dando l’impressione che si stesse per sgretolare. Come Vegeta, d’altronde. Non sembrava esserci niente a distanza di chilometri, se non enormi rocce e fili d’erba ingiallita. Si sedette su una pietra, lo sguardo fisso dritto davanti a sé. Era tutto così strano, surreale. Non era lui quello, non era il principe dei sayan. Come aveva fatto a non accorgersi in tempo che qualcosa dentro di lui stava cambiando? Magari sarebbe riuscito a fermarla, e tutto sarebbe rimasto come sempre. Avrebbe voluto lasciare quell’orrenda parte di sé in quel luogo, lasciarla stramazzare al suolo, e tornare il grande erede del trono sayan. Ma non lo desiderava neanche del tutto. Qualcosa in lui era felice di tutto ciò, felice del cambiamento, felice di quella cosa che stava succedendo con Kakaroth. Lui non era mai felice. Si sentiva terribilmente spaesato, e stanco. Avrebbe voluto lasciarsi andare, rompere tutte quelle stupide barriere e fare quel qualcosa che evidentemente lo avrebbe fatto sentire meglio. Solo non poteva. Unicamente non poteva, perché sapeva che qualsiasi cosa sarebbe stato contro i suoi principi, il suo orgoglio, le sue convenzioni e quelle di tutti i veri sayan. Forse poteva ancora guarire. Poteva… No, non ci sarebbe riuscito. La sconfitta lo trafisse nell’orgoglio e un altro pezzo di quella nuvola nera scivolò via, lasciandolo sempre più esposto. “Maledizione!” inveì contro chissà chi, tirando un pugno alla terra sotto di sé. Non se ne sarebbe andato da quel luogo finchè non avesse capito cosa fare.
 
Lyve era molto preoccupata. Perché il suo papà continuava a piangere? Aveva fame, sonno o si sentiva solo? Non credeva fosse una delle prime due cose, lui era grande, sarebbe riuscito a fare tutto. Che si sentisse solo? Così la bimba si districò dal suo forte abbraccio quel tanto che bastava per tirargli i capelli. Magari si sarebbe messo a saltare come il suo fratellone. Ma non successe niente, se non che le prese la manina e se la posò sul petto. Era tutto così strano, pensò la bambina. Non riusciva a capire quella situazione, e non si spiegava il motivo di quella tristezza. Per la frustrazione, si mise a piangere. Goku si rianimò improvvisamente da quello stato apatico in cui era crollato, rendendosi conto di aver le guance bagnate. Strano, non si ricordava di aver pianto. Non ricordava da quanto tempo non piangeva. Si alzò dal letto, e iniziò a cullare la principessa con fare meno impacciato del solito. Un po’ aveva imparato, questo glielo si doveva dar merito. Se con il corpo era attivo, però, con la mente non c’era. Era da tutt’altra parte. Era con il suo principe, che aveva azzerato l’aura per non farsi sentire da nessuno, neanche da lui. Non era più al castello, di questo era certo. Lo aveva percepito diverse ore prima dall’altra parte del pianeta, forse aveva abbassato la guardia in un momento di collera. Chissà dov’era in quel momento. Prese il biberon, che aveva sapientemente riempito quella stessa mattina dopo averla fatta mangiare, e glielo poggiò sulle labbra. Lyve non se lo fece ripetere due volte, e iniziò a ingurgitare il liquido, scoprendo solo in quel momento di avere molta fame. Goku rimase a fissarla, mentre ingoiava il latte con tanta foga da fare uscire dei rivoletti dai lati e piano piano i suoi occhi si socchiudevano sempre di più, fino a chiudersi completamente. Con delicatezza, la mise nella culletta improvvisata, rimboccandole le coperte. Era così serena, mentre dormiva. I pugnetti erano leggermente chiusi, come se fosse pronta a dare battaglia a tutto il mondo. Forse era davvero così, pensò il sayan. Sarebbe diventata una combattente, di questo ne era sicuro. L’avrebbe allenata personalmente, e magari con l’aiuto di Vegeta. Se mai avesse voluto di nuovo aver a che fare qualcosa con loro, pensò con amarezza. In alcuni momenti avrebbe voluto un Vegeta diverso, più dolce, comprensivo, premuroso, che sapeva esprimere i suoi sentimenti, meno orgoglioso. Poi però si rendeva conto dell’assurdità pensata, e si dava dello stupido da solo. A che cosa sarebbe servito un principe dei sayan del genere, se poi non sarebbe più stato il suo principe dei sayan? Quello burbero, scontroso, duro come una pietra, permaloso, quello che amava? Sarebbe stato tutto più semplice se fossero rimasti unicamente amici, ma non poteva tornare indietro. E, sinceramente, non voleva. Guardò fuori dalla finestra. Ormai era notte, forse era il caso di andare a dormire.
 
Goku quella notte dormì poco e male. Tra i troppi pensieri per la testa, la tristezza che lo spossava e Lyve che  non dormiva per più di un ora, riuscì ad addormentarsi per puro miracolo solo verso le cinque del mattino. Era comunque un record, considerando le attitudini della bambina. Era riuscito ad avere due ore di completo sonno, poi però si era svegliato di sobbalzo, temendo che fosse successo qualcosa a Lyve visto che non si era messa ancora a piangere. Si avvicinò alla culletta, il passo barcollante ancora appesantito dal sonno, la mano che si stropicciava gli occhi troppo stanchi. La principessa era sveglia, ma non stava gridando. Stava osservando il soffitto con gli occhi spalancati, sbattendo stupefatta le lunghe ciglia. Goku sollevò la testa per vedere l’oggetto di tanto interesse. Le inferiate socchiuse e il sole creavano uno strano gioco di luci sul muro, disegnando rombi, quadrati e triangoli dorati. Approfittando del fatto che Lyve non si fosse ancora agitata, il sayan si infilò il più rapidamente possibile una tuta. Già che era sveglio ne avrebbe approfittato per andare ad allenarsi, ieri aveva fatto solo poche ore di combattimento. Provò con tutte le forze a non pensare con chi avesse combattuto, ma lo trovò impossibile. La sua immagine tornò indelebile nella sua mente, ma sapeva che non l’avrebbe visto quel giorno. Non era al castello. Sentì bussare alla porta, e si affrettò a vedere chi era attraverso lo spioncino. Una guardia reale. Preso dal panico, prese in braccio Lyve e la rinchiuse nell’armadio, pregando non facesse rumore. Aprì la porta, tentando di sembrare disinvolto. “Il re la vuole vedere nelle sue stanze tra cinque minuti. Questioni importanti. Non ammette ritardi” e così dicendo se ne andò. Il sayan rimase allibito per un attimo, poi chiuse la porta e scattò verso la principessa, per poi volare il più velocemente possibile verso casa di Falck. Che cosa voleva da lui il re?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Animale assolutamente inventato dalla sottoscritta. Non credo proprio che su Vegeta sei ci fosse la stessa fauna di qui, perciò posso inventarmi tutti gli animali che voglio, non avendo fonti appropriate. Immaginatelo come più volete, comunque.
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Chiedo immenso perdono! Davvero, sono un caso disperato! Un mostro! Chiedo davvero venia per il mio ritardo sovrumano e per questo capitolo che lascia solo l’amaro in bocca! Dovevo però riuscire a scriverlo. Non sapete che disastro che è la mia vita in questi giorni. Cercherò di tenere gli aggiornamenti costanti come al solito, comunque!
Spero non sia uscito una schifezza, anche perché l’ho scritto tutto spezzato e avrò cancellato e riscritto la parte introspettiva di Vegeta almeno 200 volte!!
Bè, ditemi cosa ne pensate!
P.S. Spero che la medicina sia funzionata, Sitter! (lei sa cosa intendo)
Bacioni!  

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23
 
 
“Come vuoi. Kakaroth, vieni” disse con tono imperioso re Vegeta. Da dietro una porta apparve Goku, in tenuta da combattimento reale. Aveva un’espressione fredda, neutra. “Uccidilo” disse semplicemente. Il giovane sayan fece un cenno con il capo. Vegeta barcollò, e per un attimo non cadde a terra. Cosa? Che cosa stava succedendo? Goku camminò verso di lui, fino ad arrivargli davanti. Con un salto, gli si scagliò addosso.
 
*
 
Dopo aver lasciato Lyve da Falck, che come al solito non aveva detto nulla se non emettere sospiro rassegnato, Goku si precipitò verso le camerate reali più velocemente possibile. Due guardie armate di cannoni lo fermarono appena prima dell’entrata al corridoio dove si trovavano le stanze del re.  “Sono Go.. Kakaroth figlio di Bardack, il re ha chiesto di vedermi” disse, cercando di non far vedere che aveva il fiatone. Non tanto per la corsa, che per lui non poteva essere neanche considerata tale, ma per la preoccupazione. Non riusciva a riempirsi i polmoni d’aria. L’idea che il re potesse aver scoperto di Lyve gli attanagliava le viscere, anche se sapeva che era impossibile. O almeno, lo sperava vivamente. Le due guardie si scambiarono uno sguardo perplesso, ma il loro sensore parlava chiaro: il re esigeva vederlo. Così si diressero verso la porta, andando ad aprirla. Goku si trattenne dal ringraziarli. Sapeva qual era il giusto comportamento per un sayan, anche se non amava usarlo in privato. In pubblico era necessario, specialmente ora che nascondeva tanti segreti. Li seguì, con il nodo alla gola che s’ingrossava sempre di più. Per quanto riguardava se stesso era sempre stato coraggioso, non aveva paura né del dolore né della morte. Ma Lyve… Lyve era così piccola, innocente, inconsapevole. Non voleva pensare a cosa sarebbe accaduto se l’avessero scoperta. Una volta aperta la porta, Goku entrò dentro all’enorme stanza e le guardie chiusero le porte con un tonfo che al giovane sayan sapeva di definitivo. Il re era di spalle, guardava fuori dalla finestra, perso in chissà quali pensieri. Non sapendo cosa fare, il giovane rimase immobile. “Kakaroth, non rimanere lì immobile” disse a un tratto il re, facendolo sussultare. Goku s’inginocchio immediatamente quando lo vide dirigersi nella sua direzione. “Alzati” gli ordinò, e l’altro obbedì simultaneamente. “Ti conosco da molti anni, non è vero Kakaroth?” gli domandò, ma sembrò più una costatazione. L’altro annuì comunque. “Ti ho mai fatto mancare nulla? Hai sempre avuto una stanza tutta per te nell’ala centrale, ottimi pasti a tutte le ore, allenamento con il miglior maestro di corte, addirittura con mio figlio, ti ho infine concesso una moglie… dimmi se sbaglio” si fermò un attimo, come se stesse davvero attendendo di essere contraddetto. Goku ebbe la netta impressione che se avesse anche accennato a non essere d’accordo, l’avrebbe pagata cara. “Si maestà. Non mi sdebiterò mai abbastanza” rispose automaticamente, tentando di capire il vero senso di quel discorso, ma non era mai stato bravo in quelle cose. C’era sempre stato Vegeta, lì con lui. Gli occhi del re s’illuminarono di vittoria. Kakaroth aveva portato il discorso proprio dove voleva lui, non si sarebbe neanche dovuto sforzare di elaborare qualcosa di più complesso. “Forse un modo c’è” disse, facendo finta di essersene appena reso conto. “Potresti sdebitarti di tutto quello che ho fatto per te. In un modo semplice, un qualcosa che non ti costerà nulla” disse, con il tono più leggero potesse possedere nel suo repertorio. Goku lo seguiva, ma era sempre più confuso. Perché si stava comportando così… amichevolmente? Che cosa voleva facesse per lui?. Re Vegeta proseguì “Vedi Kakaroth, domani atterrerà sul nostro pianeta un essere molto potente, con cui ho intenzione fare una specie di… unione. Le nostre forze si fonderanno, e il nostro popolo diventerà imbattibile, nonostante lo sia già. Però… come ben sai, tutto ha un prezzo” il re si stava avvicinando sempre di più allo stesso enorme monitor che Goku aveva visto in camera di Vegeta. Lo accese, mostrando una cartina del loro pianeta chiazzato di enormi macchie rosse. Tutta la Terra dell’Est era colorata, metà della Terra del Sud e solo alcune parti della Terra del Nord. La Terra dell’Ovest era completamente pulita. “E il prezzo per  questo gemellaggio sono i sayan. Ma non temere, non quelli forti. Quelli inutili, terze classi senza alcun potere, seconde classi senza scopo. Il tuo compito, aiutato da una squadra ovviamente, sarà quello di catturarli e portarli nelle navicelle che sono qui” indicò un punto nero in mezzo all’enorme macchia scarlatta che era diventata la Terra dell’Est. “Basta che li fai salire, non importa se svenuti, martoriati o mezzi morti. L’importante è che batta ancora il cuore, seppur di pochissimo. Hanno specificato volerli vivi. Bene, inizierai da domani. Sei autorizzato ad infrangere ogni legge. E come premio, oltre ad esserti sdebitato, quando tornerai dalla missione ci saranno le tue nozze. In più, dovrai fare un qualcosa in più, ma solo in un caso estremo”, proseguì re Vegeta “Se mio figlio vorrà opporsi alla seconda parte del piano, tu dovrai ucciderlo. So per certo che sei più forte di lui e tra voi non è mai corso del buon sangue, dico bene? Perciò, nel caso Vegeta non accettasse, ti concederò questo onore” finì il re con sicurezza. Non avrebbe potuto rifiutare, nessun sayan sano di mente lo avrebbe fatto. Si stava sdebitando combattendo, si sarebbe potuto vendicare e in più avrebbe avuto il suo matrimonio, quindi una puttana assicurata tutte le notti. Cosa lo tratteneva dal decidere? Niente, assolutamente niente. “Quale sarebbe la seconda parte del piano?” riuscì a chiedere Goku, con la bocca impastata e chiusa come se avesse mangiato colla, il cuore trafitto da mille coltellate. Gli veniva da vomitare. Re Vegeta era leggermente stizzito dal fatto che non avesse accettato immediatamente, ma decise di accontentarlo. “Conoscono un segreto, qualcosa di assolutamente incomprensibile a noi, ma di vitale importanza per il compimento di qualcosa per cui io stesso morirei. Lo devo sapere e riuscire nel mio intento. Ma questi non sono affari tuoi. Adesso basta parlare. Accetti o no?” ringhiò il re, che stava perdendo la pazienza. Goku lo fissò, incapace di proferir parola. “Io non…” cominciò, ma il re lo interruppe, tirandogli un pugno sulla schiena e facendolo piegare in due dal dolore. “Devi obbedire agli ordini Kakaroth. È la prima regola. Comunque, nell’eventualità che tu non sia ancora convinto, ti basterà guardare questo” e così dicendo l’immagine sul monitor cambiò, mostrando Falck intenta a preparare qualcosa nelle cucine reali. “So che ci tieni molto alla capa cuoca. E se… dovesse avere un piccolo incidente? Se per caso dovessi premere questo bottone, che guarda caso darebbe l’ordine ai miei uomini di ucciderla? Cosa mi dici, adesso?”, lo sguardo del re era sadico, eccitato all’idea di vedere tanto dolore, sia fisico che mentale. L’altro sayan era ancora piegato in due, ma non per il dolore fisico in per sé, ma per quello che sentiva al petto, per la sorpresa e lo sconforto. Guardò ancora il monitor, dove la sua Falck tritava con energia delle verdure. Potè constatare con un sospiro di sollievo appena trattenuto che non c’era Lyve da nessuna parte, molto probabilmente stava con Loveno. Forse il re non l’aveva scoperta. Il sollievo fu subito sostituito dal dolore bruciante della consapevolezza, che lo colpì come un coltello. Sarebbe dovuto partire in missione, non avrebbe potuto far altro. Doveva salvarla a tutti i costi. Improvvisamente nell’inquadratura entrò Cache, che rubò allegramente un frutto. La madre gli diede un leggero schiaffetto sulla mano, forse rimproverandolo, ma il sorriso sereno non le abbandonava il volto. Poi c’era la questione di Vegeta. Il principe non si era mai ribellato al padre, e il giovane sayan sapeva che se questa volta re Vegeta ne aveva il timore, era più che fondato. Avrebbe dovuto ucciderlo. Avrebbe dovuto uccidere la persona che amava. Goku si mise diritto. Poteva fare una sola cosa. Girò il volto verso il re, che sorrise malignamente, assaporando con lentezza il gusto della vittoria.  
 
Vegeta fissava il cielo, cercando di leggerci qualche informazione nascosta. Non aveva dormito quella notte, e si sarebbe sorpreso se ci fosse riuscito. Era rimasto tutto il tempo su quella roccia, in quella landa inospitale a fissare ossessivamente un ciuffo d’erba che si muoveva pigramente in quei rari momenti nei quali soffiava il vento. Quelle poche volte in cui i suoi occhi avevano cominciato ad appesantirsi, e a vedere tutto appannato, delle immagini poco rassicuranti di spazi bianchi e puntini neri erano sopraggiunte, riscuotendolo subito da quel sonno che lo avrebbe sicuramente aiutato a ragionare più lucidamente. Ciononostante, aveva deciso che sarebbe rimasto lì finchè non fosse riuscito a risolvere quel rompicapo, e che cadesse il mondo, lui ci doveva riuscire. Doveva capire quella situazione, doveva… Il suo corpo si fece troppo pesante, gli occhi si chiusero automaticamente. Che male poteva fare se gli riposava un pochino? Solo pochi secondi…
 
Vegeta aprì gli occhi. Si trovava in un enorme landa bianca priva di pareti, inizio o fine. Non era un bel bianco, però. Era un bianco sporco, pesante. Sentiva dolore al petto, allo stomaco, al cuore. Sapeva che doveva trovare un’uscita, un modo per  andarsene da quel luogo. Lui però voleva solamente stare lì, rannicchiarsi per terra e aspettare che il dolore passasse. Una scosse lo trafisse appieno, scuotendolo. Si piegò in due, sicuro che da un momento all’altro avrebbe vomitato l’anima. Non uscì niente, e pregò che quegli orribili conati che lo scuotevano smettessero. Diede un pugno a terra, digrignando i denti per il dolore. Non era mai stato così male. Mai, in tutta la sua vita. Tremava convulsamente, stringeva i denti così forte da fargli scheggiare. Non riusciva a reggersi in piedi, cadde a terra. Gli mancò il respiro. Che diavolo stava succedendo? Perché stava così male? Il dolore cessò per un secondo, e girò la testa per prendere aria. La vista era appannata dal dolore, ma lontano riuscì a scorgere un punto nero. Un’altra convulsione lo costrinse a chiudere gli occhi. Cercò di gridare, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Così com’era venuta, la scossa se ne andò, lasciandolo spossato e privo di forze. Girò di nuovo il volto, tentando di respirare. Non c’era aria. Si sentiva schiacciato a terra. Trovò davanti a sé la porta nera, più vicina che mai. Annaspò per la sorpresa. Avrebbe potuto trascinarsi all’interno. Digrignando, Vegeta riuscì a sollevarsi parzialmente, quel tanto che bastava per riuscire ad entrare dentro. Il buio si chiuse attorno a lui, e tutto il dolore provato sembrò andarsene improvvisamente. Si tirò in piedi, respirando a pieni polmoni. Guardò intorno a lui. Non era un nero spaventoso, quello. Era un nero pulito, dolce, come una notte stellata. Sentì una calma inaspettata avvolgerlo, e non ebbe più voglia di chiedersi il perché. Come un colpo in pieno petto, sopraggiunse la consapevolezza di cosa aveva portato quella meravigliosa sensazione di benessere. O meglio, chi. Dal nero della notte, uscì una sagoma familiare. Goku era lì, in simbiosi con quel nero. Lo guardava, sorridendogli leggermente. Si avvicinava, passo per passo, lentamente. Stese un braccio nella sua direzione, fino a sfiorargli il petto. Vegeta non sapeva che fare. L’altro si avvicinò sempre di più, con quel sorriso sereno in volto. Si trovarono vicinissimi, le bocche che quasi si sfioravano. “Ti amo” sussurrò allora Goku, sempre sorridendo e guardandolo negli occhi. A quel punto, lo baciò. E il nero lo immerse, riempendolo interamente, e facendolo sentire bene come mai in vita sua.
 
Vegeta aprì gli occhi, scattando in piedi. Si era addormentato. E aveva sognato. Aveva fatto lo stesso sogno che faceva tutte le notti, ma diverso. Aveva sognato… aveva sognato Kakaroth. Aveva sognato di essere baciato da Kakaroth. Aveva sognato che gli diceva di amarlo. Era completamente ed inesorabilmente impazzito. Specialmente perché, prima che lo baciasse, aveva avuto tutte le intenzioni di rispondere… “Anch’io” sussurrò, strabuzzando gli occhi all’inverosimile. Come se le sue gambe avessero presa vita propria, schizzò in cielo, diretto verso una meta ignota. Inutile mentire, pensò il principe, stava volando da lui.
 
In appena un’ora Vegeta aveva fatto il giro del globo, fino a raggiungere le Terre del Nord, dove si trovava il castello. Atterrò accanto al cancello principale, e senza dire una parola si diresse all’interno. Le guardie non obbiettarono nulla, si esibirono solo in un inchino spropositato. Il principe percorreva velocemente i corridoi, tentando di riordinare le idee. Che cosa avrebbe detto o fatto? Proprio non lo sapeva. Stava seguendo semplicemente l’istinto, e in quel momento gli stava dicendo di trovarlo al più presto. Andò verso l’ala centrale, e mentre stava per imboccare il corridoio che l’avrebbe portato nella stanza di Goku, venne fermato da due guardie. “Toglietevi di torno! Non ho tempo per niente e nessuno, sparite se non volete fare una brutta fine!” ringhiò in direzione di quei due sayan il triplo di lui, che impallidirono. “Sua maestà, il re la vuole vedere con urgenza nella sala del trono. Ha detto che è una questione di importanza vitale” disse, cercando di apparire sicuro, uno dei due sayan. Vegeta assottigliò lo sguardo, ma trattandosi di suo padre non avrebbe potuto rimandare. “E così sia. Ditegli che arrivo fra pochi minuti”, detto questo si diresse verso le sue stanza per mettere un abbigliamento consono ad essere ricevuto dal re.
 
Re Vegeta era seduto sul suo trono, attendendo impazientemente l’arrivo del figlio. Da quell’incontro sarebbero dipese molte cose, e il re era ansioso di sapere come sarebbe andata ad evolversi la situazione. In tutti i casi, lui avrebbe vinto. Non avrebbe più avuto bisogno neanche di un altro erede maschio dopo quel particolare decisamente da non sottovalutare che gli avevano fatto sapere i suoi futuri alleati. Pochi minuti più tardi, nella sala entrò il principe Vegeta. “Padre, mi avete chiamato?” domandò, inginocchiandosi. Sembrava costargli un grande sforzo riconoscere che c’era qualcuno al di sopra di lui, notò soddisfatto il re. “Alzati” ordinò. Voleva vederlo in faccia quando glielo avrebbe detto. “Devi sapere Vegeta che domani faremo un gemellaggio con un popolo molto potente che ci renderà imbattibile. Re Cold e suo figlio Freezer hanno una potenza inimmaginabile e un numero quasi superiore al nostro di pianeti sotto il loro dominio. In più, conoscono un segreto. Un qualcosa che ci renderà superiori a tutti. Mai sentito parlare delle sfere del drago?” gli chiese, ghignando all’espressione meravigliata del figlio. “Si, ma ho sempre pensato fosse un mito” commentò sinceramente sbalordito Vegeta. “Invece non sono un mito. Esistono davvero. Sul nostro pianeta non ci sono, ma hanno parlato di alcuni pianeti che possono averle. Riunite le sette sfere sparse per il pianeta, si esprimono i desideri, che possono avere portata illimitata.” fece una pausa, vedendo il cambio d’espressione del figlio. Stava iniziando a capire che qualcosa non andava. “Noi troveremo grazie a loro quelle sfere, e io chiederò di diventare immortale. Diventerò il re dell’universo. E tu potrai aiutarmi, fino alla tua morte ovviamente. Sarai il mio braccio destro” finì il re, e la domanda era implicita, Vuoi aiutarmi, o sei così stupido da metterti contro di me? . Vegeta alzò lo sguardo che aveva abbassato per un solo momento. Era tracimante d’odio e rabbia. Non glielo avrebbe permesso. Non gli avrebbe permesso di addestrarlo come un animale, di tenerlo al suo fianco e di usarlo come carne per i combattimenti fino alla sua morte. Lui era un principe. Lui sarebbe diventato re e avrebbe governato sui sayan. Lui avrebbe vendicato sua madre. No, questo non lo accettava. La sua aura aumentò esponenzialmente, e l’ondata repentina di energia perforò il pavimento. “Puoi scordartelo. Non diventerai immortale, se ti ucciderò prima io”. Le guardie si mossero in sua direzione, ma il re non si spostò di un millimetro. Stirò le labbra in un sorriso sadico. “Come vuoi. Kakaroth, vieni” disse con tono imperioso re Vegeta. Da dietro una porta apparve Goku, in tenuta da combattimento reale. Aveva un’espressione fredda, neutra. “Uccidilo” disse semplicemente. Il giovane sayan fece un cenno con il capo. Vegeta barcollò, e per un attimo non cadde a terra. Cosa? Che cosa stava succedendo? Goku camminò verso di lui, fino ad arrivargli davanti. Con un salto, gli si scagliò addosso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Bene, e dopo questa, potete uccidermi. Si, me lo merito. Lo so dal profondo del cuore. Com’è andato il capitolo? Io ero in ansia mentre lo scrivevo. Giuro, dicevo “no, ti prego… no ti supplico… cambia la trama… TI PREGO!! Non vedi com’è carino e coccoloso Veggie?” (parlo da sola, se non volete più seguire la storia di una pazza vi compatisco)
Oddio! Mannaggia a me. Ve l’avevo detto che le cose si complicavano, no? Da qui in poi è tutto in salita, cari ragazzi miei!! Ditemi la verità, ve lo aspettavate? Sono 23 capitoli che cerco di sistemare tutto nei minimi dettagli per questo momento, ditemi, è andato bene??
Poi, per parlare di coccolosità… Vegeta? Alzi la mano chi vorrebbe strapazzarlo di coccole! Mi sono emozionata quando ho scritto quell’ “anch’io”, davvero. Aspettate, non è che ho scritto un pastrocchio?  Non so, come al solito ho troppi dubbi!!
Bè, a presto!!
Bacioni <3

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24
 
 
Iniziò a prenderlo a pugni nello stomaco, facendolo indietreggiare e cogliendolo completamente di sorpresa. Vegeta non aveva nemmeno il tempo di piegarsi in due, per quanto il ritmo era veloce. Goku colpiva abilmente ogni punto libero, e usava ogni spiraglio della sua scarsa difesa come base per i suoi ganci. Colpiva e affondava il colpo, con l’altra mano preparava un tiro laterale e mentre l’altro cercava di respingerlo gli tirava un calcio nel petto. Seguì questo schema per un po’, cambiandolo all’evenienza. Colpo, laterale, calcio, laterale, calcio, colpo, calcio, colpo, laterale. Vegeta era sfiancato. La sua mente non riusciva a connettere, a ragionare, tant’era forte il dolore che provava. In più, non comprendeva realmente cosa stesse accadendo. Gli sembrava assurdo, surreale. Si sarebbe aspettato la sua fine per molte mani, per quella di suo padre, di un gruppo di alieni in qualche punto sperduto nell’universo, per colpa di un’arma nuova e troppo potente, ma mai, mai si era aspettato di vedere la morte vicina per mano di Kakaroth. Sì, perché se non reagiva al più presto, avrebbe perso. Strano, pensò con amarezza mentre l’ennesimo pugno troppo veloce per pararlo lo colpiva al ventre, facendogli sputare del sangue, eppure aveva sempre sognato un combattimento come quello, all’ultimo sangue, senza esclusione di colpi, per riaffermare la sua superiorità. E adesso gli sembrava tremendamente sbagliato, la forza con cui l’altro lo colpiva, non si risparmiava. Solo ora si rendeva conto dei brevi momenti che gli aveva sempre concesso per respirare, della forza trattenuta, degli sguardi preoccupati per vedere se stava bene. Tutto ciò gli fece salire una tremenda rabbia. Non tanto perché lo avesse fatto, ma perché non c’erano più. Non ce n’era più traccia. Come sei stato stupido Vegeta, ti sei trasformato in una donnetta. Hai davvero creduto che ti avrebbe potuto amare? Ti ha solo usato, tutto qui. E tu, il fiero principe dei sayan, sei caduto nella sua trappola. Non vedi? Non vedi con che furia assassina si sta accanendo sul tuo corpo? Per lui eri solo un passatempo, non contavi niente e niente conterai mai, per nessuno. Sei solo. Un’altra voce, ben diversa dalla solita vocina benevola, gli rimbombò in testa, mentre senza successo tentava di difendersi. Questa era velenosa, terribile, spietata. Parlava come suo padre. Il principe pensò che avesse terribilmente ragione. Come aveva potuto essere così cieco? Non si sarebbe lasciato scalfire mai più, se fosse sopravvissuto. Nessuno avrebbe mai più potuto prenderlo in giro, illuderlo in quel modo e poi tradirlo. Sarebbe rimasto da solo, com’era d’altronde sempre stato. Abbandonando i pensieri, Vegeta si abbandonò completamente alla rabbia, alla frustrazione, al dolore, contrattaccando con un potente pugno sulla faccia dell’altro. Avrebbe vinto anche quella volta, doveva vincere. Il re intanto guardava la scenetta, più divertito che mai. Aveva visto bene il maestro. La loro non era un semplice rapporto di principe-suddito, neanche di nemico-nemico. Non era neanche un rapporto di amicizia. C’era attrazione fisica tra i due. Forse erano amanti, il re non lo sapeva, ma se anche lo fossero stati sarebbe stato tutto più eccitante. Non lo turbava per niente, molti dei sayan preferivano dei compagni a delle compagne. Ovviamente lui aveva provveduto ad eliminarli, sempre mantenendo il tutto in gran segreto, considerandoli indegni. Nonostante anche lui avesse avuto degli amanti, ma lui era il re. Doveva saper fare tutto, e sempre meglio degli altri. Aveva ben visto l’espressione sbalordita sul volto del figlio, la fredda maschera di cinismo incrinata, seppur per un secondo, da una smorfia di puro dolore e sbigottimento. Kakaroth aveva anteposto la sua fedeltà verso il re, o perlomeno ai ricatti del re, al suo amante, e questo dava riprova a al re Vegeta su quanto avesse fatto bene a volerlo tenere con sé. La sua potenza, poi, era incredibile. Sapeva per certo che si stava trattenendo, comunque. Era elettrizzato dall’idea di vederlo combattere con tutte le sue forze contro il figlio, ma di questo passo sarebbe morto prima. Improvvisamente il principe cominciò a contrattaccare, scagliando onde di energia a raffica e colpendolo con successo. Prese la rincorsa e mentre Goku era impegnato a deviare una sfera, gli si buttò contro, sfondando la finestra. L’altro sayan, nonostante la grande potenza sprigionata dall’altro, riprese subito il vantaggio, scagliandogli contro un’onda energetica di media potenza. Re Vegeta guardava dalla finestra rotta, aspettando il momento in cui sarebbe avvenuto l’inevitabile. Vegeta era stordito, i colpi era troppo forti e brutali, non riusciva a contrastarli. Appena si riprese dall’impatto con il terreno, a cui l’onda lo aveva schiacciato, venne subito ributtato a terra da un destro ben assestato allo stomaco, e mentre si piegava da un colpo sulla schiena. Sputò dell’altro sangue, che si andò a mischiare alla terra su cui era disteso. Si rialzò, barcollando leggermente, e l’altro gli fu subito addosso, lanciandolo contro un albero e facendogli sbattere con forza la testa. Tentò nuovamente di tirargli un pugno, ma gli fermò il braccio, spedendolo con un calcio a terra. “Basta così” si frappose calmo re Vegeta, arrivando nel piccolo spiazzo del giardino che era diventato desertico. “Guardie, portatelo nelle segrete. Ho in mente qualcosa di molto divertente per lui” disse, chiamando tre sayan che lo avevano seguito. Presero per le braccia il corpo semi svenuto del principe, trascinandolo. Il re guardò Kakaroth, che aveva lo sguardo fisso nel vuoto. “Per oggi hai finito qui. Puoi tornare nelle tue camerate” lo informò. L’altro fece un leggero cenno col capo, volando senza dire una parola verso il castello.
 
Appena atterrò in uno dei tanti corridoi, Goku si mise a correre, tentando di riuscire a riempire i polmoni. Non ce la faceva, non ci riusciva. Avrebbe voluto piangere, urlare, sbattere la testa contro al muro, distruggere il castello e andare nelle segrete, dove avrebbe preso il corpo di Vegeta tra le braccia e lo avrebbe stretto forte, dicendogli che andava tutto bene, che lo amava, che non lo avrebbe mai ucciso, che avrebbe preferito morire lui al suo posto. Ma non poteva. Se avesse fatto una sola di queste cose, lo avrebbero scoperto e quella specie di piano che era riuscito ad elaborare sarebbe andato completamente distrutto. Strinse gli occhi, tentando di riprendere il controllo, ma era impossibile. Tutta la sua mente, il suo corpo, il suo cuore dolevano al solo pensiero di non essere lì accanto a lui, e di averlo fatto soffrire terribilmente. Aveva visto la sua espressione quando gli era saltato addosso. Sapeva cos’era passato per la testa di Vegeta in quell’interminabile combattimento, in cui aveva sofferto tanto quanto l’altro, se non di più. Per la prima volta in vita sua, sentiva l’impellente bisogno di uccidere qualcuno. Voleva uccidere il re, a tutti i costi. Ma anche quello non sarebbe servito a nulla. Ora, come prima cosa doveva andare a casa di Falck. Volò tra i corridoi per raggiungere prima possibile l’ala est, dimenticandosi di essere in uno stato disastroso, pieno di tagli, escoriazioni e sporcizia, anche se aveva lottato per poco. Il vero combattimento però si era svolto dentro se stesso. Nessuno poteva sapere quanto aveva faticato per non sfiorargli la coda con la propria per rassicurarlo, o trattenere un mezzo sorriso, o anche abbracciarlo dalla felicità del saperlo lì, per lui. Sapeva che era tornato al castello per lui. Aveva lasciato che la sua energia fluisse libera e l’aveva percepito chiaramente dirigersi verso la sua camera. Arrivò nelle stanze dei falciani in pochissimi minuti, e aprì la porta senza aspettare. Trovò Falck intenta a cucinare come suo solito e Cache seduto su una sedia che giocava con qualche nuovo rompicapo. “Falck, fate le valigie. Dovete andarvene, subito. Non c’è tempo da perdere” disse, mentre le si avvicinava a grandi passi. L’aliena lo guardò sbalordita per un attimo, poi assunse la sua tipica espressione concreta da combattimento. “Cos’è successo?” chiese. Goku raccontò brevemente l’accaduto, tentando di non soffermarsi troppo sul dolore che tutto ciò gli aveva procurato, ma lei sembrò coglierlo comunque. “Quindi adesso il mio piano è che voi ve ne andate subito da questo pianeta usando una delle navicelle in riserva, quelle a disposizione di tutti. Dovete portare anche Lyve con voi” disse Goku, tentando di apparire deciso. Falck scosse la testa. “Noi non ce ne andiamo da questo pianeta, sarebbe troppo rischioso. Stanno sicuramente tenendo sotto controllo tutte le vie di fuga. È la prima cosa che si aspettano. Hai comunque ragione, non possiamo più rimanere nel castello. Dico di andarcene da qui e andare in qualche altra regione del pianeta. Le Terre dell’Est con tutti quei boschi e quei piccoli villaggi, potrebbe essere perfetta” come al solito la mente combattiva di Falck stava elaborando un piano a prova di bomba. “Direi di partire quando il re ti affida la prima missione. Mentre voi volate, noi ci dirigeremo verso le terre con i nostri mezzi d’emergenza. Arriverete prima voi, quindi dovrai cercare di rallentargli un po’. Magari porta la squadra in una taverna. Sì, ecco, fai così. Lasciali ubriacare, quando saranno collassati al suolo esci fuori e trova le nostre auree. Raggiungici dove ci troviamo. Nel frattempo che ti affidano la tua missione devi conoscere questo Freezer con cui il re sta facendo un gemellaggio, capisci quanto è forte, cerca dei punti deboli. Non mi piace per niente questa situazione” prima che potesse continuare, Goku la interruppe. “Falck… e Vegeta?” domandò titubante. Aveva come l’impressione che non gli sarebbe piaciuta la risposta. L’aliena sospirò. “Goku… non possiamo salvarlo. Darebbe troppo nell’occhio, e noi dobbiamo tentare di essere coperti il più a lungo possibile. Quando la squadra non ti vedrà tornare, non si preoccuperà. Quindi loro rimarranno dieci, quindici giorni nelle Terre dell’Est. Noi nel frattempo dovremo elaborare un piano più sostanzioso e capire bene che mossa fare. Se Vegeta scompare, capiranno subito tutto. Deve rimanere lì”. Goku rimase in silenzio, non sapendo come esprimere il dolore sordo che sentiva al petto. “Non c’è bisogno che tu dica niente. So che è la cosa più giusta. Vegeta… capirà” disse, tentando più che altro di convincersi.
 
Vegeta socchiuse gli occhi. Vedeva tutto sfocato, la testa gli doleva terribilmente, come il resto del suo corpo. Per non parlare delle varie emozioni che lo distruggevano internamente. L’orgoglio bruciava per la sconfitta, la tristezza e la rabbia si mescolavano e non avrebbe saputo dire dove iniziava una e finiva l’altra. Era steso su una superfice fredda, la schiena appoggiata a un muro. Tentò di alzarsi, ma la testa gli fece ancora più male. Se la prese tra le mani, e si rese conto di avere della catene dello stesso materiale con cui erano fatti i muri indistruttibili del castello. Con un ringhiò, tirò con tutta la forza che aveva, rendendosi conto di averne ben poca. La vista era appannata e sfocata, ma capì di essere in una cella, piccola e sporca. Nuovamente provò a liberarsi, con unico risultato di sentirsi ancora peggio. Lo avevano drogato, diagnosticò con sicurezza il principe. Luridi codardi. Non avevano neanche il coraggio di affrontarlo a pieni poteri, dovevano usare quegli sporchi trucchi per tenerlo a bada. Cominciò a dimenarsi, fregandosene che gli stava scoppiando la testa e che i polsi sanguinavano. Dopo un po’, sentì dei passi. “Vegeta, Vegeta… non serve a nulla ribellarti. Sei in trappola” disse maligno una voce nel buio. “Allora… come ci si sente ad aver perso? Ad aver miseramente perso contro un sayan di terza classe, per giunta più piccolo. Non essere neanche riusciti a difendersi, essere spezzato in due come un ramo. L’orgoglio scalpita, non è così? Sei un animale in gabbia” disse il re. Non aveva più intenzione di ucciderlo, anzi. Troppo comodo. Lo avrebbe ucciso lentamente, dall’interno, pezzo per pezzo, piegandolo al suo volere, con la tortura se necessario. Sapeva che non sarebbe servito a nulla, che sarebbe rimasto sulle sue posizioni, ma l’idea di quel gioco allettava re Vegeta in maniera quasi ossessiva. Come risposta ottenne solo un basso e vibrante ringhio. “Vedi, sei solo un animale da macello. Non sei più il principe dei sayan. Però, puoi ritornarlo. Basta che ti unisci a me” gli disse, con un tono disprezzante. Vegeta fece finta di pensarci un attimo, poi sputò a terra. “Preferisco morire” sibilò “il grande Vegeta non si piega di fronte a nulla e nessuno”, si esibì in un ghigno sbilenco. Il re fece una smorfia. “Ah no? E cosa mi dici di quando ti pieghi di fronte a Kakaroth?” domandò cattivo. Lo vide sussultare, seppe di aver centrato un punto dolente. “Credevi non lo sapessi, giusto? Illuso. Io so sempre tutto” e detto questo se ne andò, lasciandolo di nuovo solo con il suo dolore. Passarono delle ore, ma l’effetto non diminuiva. Anzi, sentiva un enorme bruciore al fianco destro, dove una ferita aperta sanguinava copiosamente e cominciava ad infettarsi, producendo del pus. Sentì di nuovo dei passi, ma l’energia stavolta era inconfondibile. Cercò di tirarsi a sedere, ma senza successo. “Vattene” sibilò, cercando di incutere timore, ma sembrò solo molto stanco. “No, io non me ne vado. Non puoi costringermi, e non lo farò. Non c’è nessun altro posto al mondo dove vorrei stare, mi hai capito?” disse, incredibilmente serio, accovacciandosi accanto alle sbarre. “Tu sei solo un bugiardo” soffiò di nuovo, cercando di muoversi nella sua direzione, ma le catene gli impedivano qualsiasi movimento. Goku infilò una mano tra le sbarre, e gli prese il mento, avvicinandolo a sé. “Come puoi pensare questo, dopo tutto quello che ti ho detto? Dopo tutto quello che ho fatto? Oggi ho sofferto più di te quando fingevo di stare dalla parte del re. Non ti avrei mai ucciso. Come avrei potuto uccidere la persona che amo più al mondo?” sussurrò. Vegeta cercò di guardarlo negli occhi, senza successo. La testa gli scoppiava. “Sei solo un traditore. Non ti credo”, ringhiò, girando la testa dall’altra parte. Goku si alzò, uscendo dalle segrete più velocemente possibile. Non piangere, si ripeteva, stringendo stoicamente gli occhi per non far scendere le lacrime.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Signori e signore!! Puntuale come non mai, la vostra Shadow è riuscita a scrivere questo capitolo in UN SOLO GIORNO!!! *partono le urla di felicità*
Allora, parto dal chiedervi: sono OOC? Perché forse lo possono sembrare leggermente, ma considerate che le esperienze che hanno avuto sono ben diverse da quelle dei nostri Goku e Vegeta. Poi il bipolarismo di Goku è conosciuto in tutto il mondo, un po’ sta ridendo come uno scemo e un po’ si immola per la patria. Ma io comunque ho il dubbio *tutti urlano: ”STRANOOOO!”*
Ditemi, com’è andata stavolta? Meno lacrime? Infondo tutti lo sapevano che Goku non avrebbe mai potuto uccidere il suo Veggie. Devo mettere una parte che ho tagliato. Goku era DAVVERO nel panico quando Vegeta era a terra, pensava che sarebbe resistito di più e non sapeva come fare. Va bene, a presto!! bacioni

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25
 

 
Quando uscì dalle segrete, Goku non piangeva. Aveva gli occhi asciutti, e camminava come un automa. Non gli importava della guardia che lo aveva minacciato di morte per quello che aveva fatto, non gli importava di aver chiesto scusa a un sayan che aveva per sbaglio scontrato, non gli importava di star attirando l’attenzione, con quel calare ed aumentare di energia. Non gli importava assolutamente di nulla. La vista era appannata, tutto gli appariva confuso davanti agli occhi, come se stesse vedendo attraverso una landa di ghiaccio, e non fosse veramente lui quello. Camminava, volava, incespicava, senza direzione, ma con una meta ben precisa. Non gli importava quanto tempo ci avrebbe messo, ma arrivarci. Si perse, si riperse, girò per ore. Quando passò davanti alla sua camera, Goku non piangeva. Sentiva il suo odore, da lontano, poteva percepire la sua essenza che trasudava da quelle quattro mura che aveva appena oltrepassato. Quelle mura, sapevano anche di loro, constatò con un distacco sorprendente, e del “Ti amo” che non si ricordava di aver detto. Quando arrivò alle scale, quelle per arrivare alla torre più alta, Goku non piangeva. Doveva trattenere le lacrime un altro po’, poi avrebbe potuto sfogarsi, finalmente. Forse però non doveva più piangere, si disse. Non sentiva gli occhi lucidi, ma solo un’estrema calma. Un acquietare dei sensi, come se tutto fosse stato spento. Arrivò in cima alla torre, facendo i gradini cinque per volta, volando sul tratto finale. Quando vide il tramonto vellutato che ricopriva ogni cosa, quella patina densa e colorata che impregnava ogni anfratto di quel castello, del giardino, rendendo tutto più bello e pittoresco, Goku pianse. Pianse, con lo sguardo fisso davanti a sé, facendo scendere deliberatamente le lacrime, perché non c’era niente di bello in tutto ciò, e quel tramonto che rendeva tutto perfetto era solo una finzione. Una bellissima finzione, ben congegnata, preparata nei minimi dettagli, ma pur sempre una finzione. In quello spettacolo non c’era niente di felice, di stupefacente, e le lacrime scesero ancora più copiosamente, perché lui non riusciva a trovare niente di tutto ciò. Sapeva come avrebbe fatto a trovare la meraviglia in quel momento della giornata. Con accanto Vegeta, magari nello stesso punto in cui si trovava. Goku sapeva come sarebbero andate le cose. Lui avrebbe sorriso, contemplando la meraviglia del paesaggio, prendendo l’altro per la mano e incitandolo a guardare. Il suo principe lo avrebbe sicuramente guardato malissimo, dicendo qualcosa come “Tsk, io sono il principe dei sayan”, e lui avrebbe riso, perché non c’entrava assolutamente niente. Allora lo avrebbe preso per le spalle, perché lui sarebbe stato sicuramente girato, per ostentare la sua completa noncuranza, e lo avrebbe abbracciato da dietro, magari mettendogli la testa sulla spalla, costringendolo a guardare. Vegeta sarebbe arrossito, e lui gli avrebbe dato un bacio sulla guancia. E a quel punto il tramonto non sarebbe stato più così magico, meraviglioso, avendolo tra le braccia. E Goku pianse ancora più forte, rendendosi conto che forse questo sarebbe stato sempre e solo una sua ipotesi, non la realtà, seppur così vicina, vicina da star male. Nonostante tutto, continuava a sperare. Doveva continuare a sperare, e avrebbe continuato a farlo. Andiamo Goku, non abbatterti, non è passato neanche un giorno, si diceva. Neanche un giorno? Per lui sembravano essere passati anni, se non secoli. Sentire l’anima di Vegeta che si spezzava, l’energia che si affievoliva e si riprendeva improvvisamente, ma sempre con meno intensità sotto le torture del re lo stava uccidendo. Poteva quasi sentire le sue grida, poteva percepirle su pelle. Oh, nessuno poteva sapere quanto avrebbe voluto correre da lui, nessuno. E invece doveva rimanere lì, lo sapeva. Avrebbe voluto fare… qualcosa. Qualsiasi cosa. Strinse il bordo del muretto –a cui non si ricordava di essersi avvicinato, ma poco importava- fino a far sbiancare le nocche, e sentì le guance umide e corrose dalle lacrime fredde. Aveva terminato le lacrime. Chiuse gli occhi per un secondo, per poi riaprirgli. Non avrebbe più pianto, era una promessa. Non era più il tempo delle lacrime, di piangersi addosso, della tristezza. Doveva agire, e subito. Doveva farlo per Vegeta, e per riuscire a vedere di nuovo un bel tramonto.
 
“Noto con piacere che resisti molto, Vegeta. Il maestro deve proprio averti allenato bene” nella nebbia della sua testa, tagliente come un coltello, s’insinuò la voce di quello che ormai non considerava né un padre, né un re, né un comandante. Solo un essere che doveva essere ucciso al più presto. Gli si avvicinò, tirandogli i capelli bagnati all’indietro. “Non hai emesso nemmeno un grido. E sono ore che ti torturiamo. Non sei stanco di trattenere tutto fino allo spasimo?” gli domandò, con il tono di uno che chiede l’orario. Vegeta racimolò quei rimasugli di saliva che gli rimanevano nella gola raschiata, e gli sputò in faccia. Il re assottiglio lo sguardo. “Molto bene. Forse un’altra sciacquata potrebbe farti bene” e così dicendo schiccò le dita, facendo cenno alle due guardie che gli tenevano di lato di calarlo nuovamente nella pozza di acqua rancida. Non disse niente, non fece niente, solo un brivido gli passò per la spina dorsale. Gli spinsero la testa dentro, tenendolo inchiodato alla parete della vasca. Il principe si dibatteva, scalciava, tirava pugni come poteva, mentre sentiva il sangue affluirgli alla testa, l’acqua melmosa salirgli su per la gola, soffocandolo, fino ad entrare nei polmoni. Quella volta sarebbe morto se non l’avessero tirato fuori al più presto. Tentò di dibattersi ancora, alla disperata ricerca d’aria, ma non riusciva più a ragionare, non capiva dov’era il sotto e dove il sopra. Se non fosse stato ferito, drogato, emotivamente distrutto e reduce di altri innumerevoli affogamenti, insieme alle cinghiate prodigate così amorevolmente da suo padre, Vegeta era più che sicuro che sarebbe riuscito a liberarsi da quella presa mortale, e sarebbe riuscito ad uccidere quei due luridi infami che lo tenevano stretto in meno di un secondo, seguiti subito dopo da quel mostro del re. I pensieri si fecero più confusi, indefiniti, senza senso, come prima di addormentarsi. Gli tornò in mente che avrebbe dovuto accompagnare Kakaroth a cenare, altrimenti si sarebbe mangiato tutto, fino a star male. Doveva sempre aiutarlo, quello stupido. Calò il buio, come un sipario sulla scena.
 
Goku si fermò in mezzo alla camera di Falck, trattenendo il respiro. “Stai bene?” gli domandò preoccupatissima l’aliena, che lo stava trattando con tutta la delicatezza possibile da quando lo aveva visto varcare la soglia di casa sua, con gli occhi tremendamente gonfi dal pianto e i palmi delle mani insanguinati. “Che cosa ti sei fatto alle mani?” gli aveva domandato, e lui sembrava essere caduto sulle nuvole, rispondendo qualcosa di vago come “Devo essere caduto” “Non ne ho la più pallida idea”. La cosa non la convinceva, ma neanche un po’. Comunque, decise di passare oltre. “N-non…” farfugliò, come in attesa di qualcos’altro. “Cosa non?” cercò di venirgli incontro. “Vegeta…” mugolò, a metà tra un lamento e un’invocazione. “Goku, per l’amor del cielo, rispondimi” lo pregò Falck, alzandosi dal letto e scuotendolo per il braccio. “La sua aura… la sua presenza…” sussurrò, con gli occhi sbarrati. La mora trattenne il fiato, sperando che non fosse successo quel che credeva. “Io vado da lui, basta” proruppe, dirigendosi verso la porta deciso più che mai. Se fosse… non riusciva neanche a pensare quella parola associata a lui, non se lo sarebbe mai perdonato. Era tutta colpa sua se si trovava in quella cella. Avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di non lasciarlo lì. Attraversò il soggiorno, dove Loveno e Cache parlavano piano, e Lyve dormiva tranquilla. “Goku! Goku fermati!” lo chiamava invano la falciana, cercando di fermarlo. No, no, no… non poteva farlo. Sarebbe andato tutto in rovina, sarebbero morti tutti. “Goku, ti prego! Kakaroth!” disperata, Falck usò la sua ultima carta. Non lo chiamava con il suo vero nome da… da sempre. Dal primo momento, era stato Goku. Il sayan si bloccò, girandosi verso di lei, stupefatto. “Goku, ascoltami. Non puoi andare a salvarlo. Vegeta è forte, non soccomberà alle torture a cui lo infliggono. Resisterà, è una promessa. Ma ora, ti scongiuro, rimani qua. Aspetta. Ci farai uccidere, tutti quanti, lui per primo”. Nella stanza era calato il silenzio, tutti fissavano Goku, in attesa del verdetto. Più di così, Falck non poteva fare. Lo vide rilassare le spalle e crollare su una sedia. “Scusate. Non so che cosa mi sia preso. Hai ragione, non posso fare niente” sussurrò, svuotato. Altri momenti di silenzio incolmabile, poi Goku alzò di scatto la testa. “Lo sento, lo sento di nuovo! È vivo, si sta riprendendo” il sollievo nella sua voce era palpabile, anche se c’era una nota di tristezza. Falck non volle assolutamente pensare a cosa avrebbe fatto lei in una situazione del genere, con il suo Loveno tra le sbarre e in punto di morte. Con un sorriso amaro, si ricordò che lei in una situazione del genere c’era stata. Ed era andata da lui, fregandosene di tutto e mettendo in repentaglio la loro vita. Con che coraggio ora impediva a Goku di raggiungerlo? Davvero non lo sapeva. “Posso sapere una cosa?” domandò ad un certo punto Cache, guardando fisso negli occhi Goku. Lui annuì, e l’altro continuò. “Che cosa c’è di preciso tra te e Vegeta? Perché ne parli come papà parla di mamma, e questo non mi è chiaro” disse candidamente, pronto ad avere una risposta più che lecita a quella domanda. Il sayan sussultò, colpito dalla potenza di quella domanda. Già, cosa c’era tra loro due? O meglio, cosa c’era stato? Lui lo aveva sicuramente amato, e lo amava tuttora. Però… non sapeva quali erano i sentimenti di Vegeta, e se c’erano stati, se c’erano ancora. Quanta confusione per una semplice domanda! “Che cosa c’è tra me e Vegeta? Non lo so. Diciamo che io lo amo, ma non so cosa prova lui per me” spiegò semplicemente, non sapendo in che altro modo dirlo. Loveno sembrò confuso, ma decise di non commentare. Cache sembrò folgorato. “Questo amore è ricambiato, ma porterà dolore” profetizzò, con sguardo vacuo, per poi scuotere la testa e tornare come se niente fosse. Goku strabuzzò gli occhi, la bocca dischiusa dallo stupore. Cache diceva sempre qualcosa di vero in quei momenti. Non sbagliava mai. E se avesse ragione anche in quel caso? Falck si affrettò a dire qualcosa, anche per far finire quel silenzio ricco di domande che si era venuto a creare. “Forza, andiamo a dormire, domani sarà una giornata sfiancante” disse e tutti si alzarono dai loro posti, per andare nei loro letti. Ognuno, chi per un motivo chi per un altro, aveva il disperato bisogno di fuggire da quel mondo per un po’.
 
Vegeta aprì gli occhi, sputando l’acqua che aveva ingurgitato. Aveva visto la fine davvero vicinissima, questa volta. Re bastardo. Perché non lo lasciava morire in pace? Almeno poteva concedergli questo favore. Farlo morire una volta e basta, non continuare a farlo tornare in quel mondo, per vederlo soffrire ancora e ancora. Tutti e due sapevano che il motivo era quello. Non gli importava realmente che il principe decidesse di stare al suo fianco, no. Lui voleva che lui venisse umiliato, depredato di tutto ciò che aveva, vederlo urlare e chiedere pietà, per non essersi schierato subito dalla sua parte. “Ah, vedo che ti sei svegliato. Pensavo che fossi morto sul serio questa volta. Sai, stanotte è luna piena. Non vorrei che succedessero degli inconvenienti alla mia stanza delle torture, ci tengo molto. Quindi ho deciso di fare una cosa” sorrideva, il re. Sorrideva malignamente, come chi ha finalmente trovato l’arma vincente. Un’altra guardia si avvicinò, porgendogli un coltello. Le due guardie lo misero in piedi, bloccandolo. Strabuzzò gli occhi, cercando di stringere più che poteva la coda alla vita. No. Non poteva farlo. Non poteva fargli questo, non sul serio. Mise il coltello alla base della coda, lo appoggiò delicatamente. Vegeta sussultò. Il re sorrise ancora di più. “Farà un po’ male” e con un colpo secco, la tagliò via.
 
Goku si sveglio presto quella mattina, alle cinque. Si svegliò per modo di dire. Un’enorme calo e poi rialzo altalenante di energia da parte di Vegeta non l’aveva fatto dormire, tenendolo sveglio tutto il tempo, con solo qualche rado momento di riposo. Si vestì velocemente, e sentì bussare alla porta. Sapeva chi era. Andò ad aprire. La guardia lo informò con poche e spicciole parole che il re lo avrebbe voluto vedere, per l’incontro con Freezer. Finalmente lo avrebbe visto, la causa di tutti i suoi mali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Buondì!! Bene, ecco il capitolo. Uhm. Che ve ne pare? L’ho scritto alle due del mattino col vento a favore, nascosta sotto le coperte poiché quando vado da mio padre condivido la camera con mio fratello, e la cosa non è che mi piaccia tanto. Anche perché russa. Non so cosa ve ne può fregare, ma vabbè. Spero di non aver combinato pasticci. A un certo punto mi stavo per arrendere, seriamente. E invece NO! Per voi, sono andata avanti. Che dire di questo capitolo? Essenzialmente inutile, decisamente triste. Al prossimo entrerà in scena Frizzy, così avremo un altro megalomane per cui desiderare la morte, non è giusto che il nostro odio ce l’abbia tutto Re Vegeta. Anche questa nota è essenzialmente inutile. Sono inutile ultimamente. Argh. Allora, ditemi voi quello che vi passa per la testa!
 
Bacioni <3

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


A helly, perchè è diventata una vecchietta xD Auguri tesoro <3
 


CAPITOLO 26


“Tra pochi secondi atterreremo sul pianeta Cold” informò un alieno, mentre la navicella perdeva rapidamente quota, entrando bruscamente in quella nuova atmosfera. Goku guardava fuori dall’oblo, e si chiedeva come aveva fatto a finire in quel posto. Sembrava che tutta la vita fosse concentrata nell’immensa fortezza su cui stavano atterrando, il resto del pianeta era arido, completamente svuotato. Tutto era ai fini di quell’enorme avamposto, molto probabilmente la dimora del re e di suo figlio. Stava entrando nella tana del lupo, eppure in lui procurava solo un leggero senso d’attesa, di voglia di mettersi alla prova. Voleva vedere a che punto si spingeva il nemico, e il suo corpo era pronto e scattante per qualsiasi evenienza, elettrizzato per una nuova missione. La sua mente, però, era altrove. Non riusciva a sentire l’energia di Vegeta già da molto tempo, ma sperava sempre di poterne coglierne almeno un baluginio, nonostante l’enorme distanza che gli divideva. Il fatto che il re fosse lì accanto a lui lo rendeva più tranquillo, almeno sapeva che non gli sarebbe potuto succedere niente di peggio di quello che gli era già accaduto, ma comunque era costantemente allerta. Temeva davvero il peggio. Anche perché re Vegeta era troppo tranquillo, rilassato, pacato, o almeno, nei suoi limiti, per non aver ottenuto esattamente quello che voleva, e non lasciava presagire niente di buono. Goku ancora si chiedeva perché si era ostinato a portarlo con lui, a farlo diventare comandante in seconda. Insomma, dopotutto c’erano sayan molto più potenti e valorosi che avrebbero accettato di buon grado quella situazione. Per quanto amava il brivido della battaglia, quella scossa potente che ti scuote le membra, per ricordarti che forse quella era l’ultima volta che avresti potuto sentirti vivo, avrebbe voluto rimanere in seconda, terza linea, magari essere l’ultima ruota del carro, essere utilizzato solo nelle estreme eventualità. Così sarebbe potuto rimanere nelle segrete, seduto contro la fredda parete adiacente alla cella del suo principe e parlargli, parlargli per ore, perché lui sicuramente non avrebbe voluto discutere, non gli avrebbe rivolto la parola, ma non avrebbe potuto fare a meno di ascoltarlo, e lui avrebbe continuato, fregandosene delle guardie e di tutto il resto del mondo. Avrebbe parlato fino a consumarsi le corde vocali, a riuscire unicamente a sussurrare, ma avrebbe continuato, finchè Vegeta non avesse capito. Purtroppo però non si poteva tornare indietro, o cambiare in qualche modo il corso degli eventi: la realtà era ben altra, e lui doveva riuscire a volgere la situazione a suo favore a tutti i costi. Con un leggero sussulto, la navicella toccò terra. “Destinazione raggiunta” esclamò l’alieno, aprendo i portelloni. Con eleganza, il re si alzò in piedi ed uscì fuori, mentre il servo si inchinava al suo passaggio. Poco distante lo seguì anche il giovane sayan, che non vedeva l’ora di muovere i muscoli dopo tre ore di viaggio costretti in quel sedile. Re Vegeta continuava la sua avanzata a testa alta, aumentando sempre di più il ritmo dei suoi passi, per arrivare prima possibile. Dalla sua espressione altera e incolore forse non si notava, ma sia il portamento che l’andatura parlavano chiaro: era decisamente impaziente. Non vedeva l’ora di concludere quel patto di gemellaggio, così avrebbe avuto l’assicurazione del potere, avrebbe donato loro i cento carri di sayan che esigevano e poi avrebbe saputo dove trovare le sfere del drago, e diventato immortale, si sarebbe sbarazzato di loro. La fortuna volgeva a suo favore, pensò, mentre un piccolo ghigno deformava quella maschera d’imperturbabilità. Durò solo un attimo, però. Nessuno doveva scoprire quali erano le sue vere intenzioni. Neanche Kakaroth. Soprattutto Kakaroth. L’aveva visto esitare troppo, e non si fidava completamente di lui. Doveva metterlo ancora alla prova, nonostante l’essere partito subito all’attacco contro suo figlio gli avesse fatto guadagnare molti punti d’approvazione. Non erano ancora abbastanza, però. Meglio stare in guardia. Goku seguiva il re, che a sua volta seguiva un minuscolo esserino, per i corridoi della fortezza, notando la differenza sostanziale che c’era fra le due strutture, quella di Vegeta sei e quella di pianeta Cold. Quella in cui si stava aggirando, silenzioso come un fantasma, era più quieta, buia, tetra forse. Neanche un brusio spezzava la monotonia di quella catasta di pietre nere accalcate una sull’altra, forse senza un ordine ben preciso, forse si. Comunque fosse, non gli dava una bella sensazione. Per quanto il re Vegeta fosse un re sbagliato e completamente immorale, anche per le leggi sayan, era innegabile che il castello fosse solare, allegro, emanava un senso di… protezione. Ma forse stava prendendo un abbaglio, e lui vedeva così il castello solo rispetto ai suoi ricordi lì. Mentre scendeva nelle viscere, Goku sentiva la pesantezza di quel posto schiacciarlo. O forse era il peso tremendo che sentiva al petto, o forse il nodo che gli serrava la gola, o forse tutti e tre insieme, fatto sta che il castello rilasciava un’energia negativa. Arrivarono davanti a un portone di pietra nera finemente intagliato, con degli intarsi placcati in pietre preziose. L’alieno l’aprì, dileguandosi immediatamente, correndo via al doppio della velocità usata per guidarli. “Salve, miei cari amici” disse una voce forte, seppur leggermente strascicata e con una piccola, impercettibile, nota di sarcasmo. “Ben trovati nella fortezza di re Cold. Spero sia stata di vostro gradimento” continuò re Cold. Era situato su un trono enorme, sopra a un piedistallo molto alto, quasi quanto Goku. Quella doveva essere la sala del trono, pensò il giovane sayan, mentre si guardava in torno e assimilava ogni dettaglio che sarebbe potuto essere utile. La sala era un enorme quadrato, privo di finestre o oggetti di decoro, se non per gli enormi troni. Intarsiati con le pietre più luminose e colorate che avesse mai visto, erano ricoperti di metalli colorati fino allo sfinimento, e in tutta quella parsimonia stonavano terribilmente. Erano situati sulla parete di fronte alla porte, ed erano due: uno grande, quello dove era seduto re Cold, e l’altro più piccolo, dove era seduto quello che probabilmente era il figlio. Freezer, nonostante quello che Goku avesse capito, aveva solo un giorno, li guardava divertito, come se fossero qualcosa di estremamente buffo e insignificante. Un leggero sorriso aleggiava sulle labbra nere, mentre sbatteva la lunga coda da tutte le parti, producendo un rumore sinistro, come di frusta che scoccava. Il re sorrise lascivo, sicuro anche lui di se stesso e pieno di sé fino al midollo. “è stato tutto di nostro gradimento re Cold. Ora, ho lasciato il mio popolo senza un comandante e non vorrai allontanarmi per troppo tempo. Firmiamo questi trattati?” chiese, con una voce dolce come il miele, che sinceramente faceva venire la nausea. Re Cold sorrise ancora di più, aveva fiutato la piccola bugia detta: a lui non importava del suo popolo, era sono ansioso di avere quello che voleva. Egoisti, questi sayan. Bene, molto bene, pensò Cold, sarebbe andato tutto a loro vantaggio. “Va bene, ora vi lascio soli, in modo da concludere” detto ciò, si alzò con un’agilità sorprendente e sorpassandoli uscì dalla sala. Goku rimase fermo per un attimo. Aveva sentito una potenza incredibile, davvero sorprendente. E si era solo mosso per arrivare alla porta. Il figlio si alzò a sua volta dal trono, arrivando a poca distanza da re Vegeta. “E lui? Chi sarebbe?” domandò con una voce leggermente infantile, fissando nella sua direzione. Goku rimase fermo, e sostenne lo sguardo. Anche lui era potente, molto potente. Se si fosse presentata la necessità, non sapeva se sarebbe riuscito a sconfiggerlo. “Lui è Kakaroth. È il comandante in seconda. Sarà lui a portarvi i cento carri di sayan. Ora vattene Kakaroth” ordinò il re, stizzito da quell’improvviso cambio d’attenzione. Goku fece un cenno del capo, dirigendosi verso la porta. Nonostante sembrasse molto pesante l’aprì con facilità, uscendo fuori. Non poteva perdersi la contrattazione. Doveva trovare un modo per riuscire a sentire, e magari, vedere quello che facevano. Si guardò intorno, fortunatamente non c'erano guardie. La porta sembra ermetica, ragionò, non sarebbe riuscito a creare un varco senza attirare l’attenzione. Annullò il suo livello energetico, per essere sicuro. Scandagliò il soffitto, quando trovò qualcosa che faceva per lui. Esattamente sopra di lui si trovava un bocchettone d’aria, ed era quasi sicuro di averne visto uno uguale all’interno della sala reale. “E adesso come faccio?” si chiese. Non avrebbe potuto volare, altrimenti lo avrebbero sentito. Doveva trovare un modo di arrivarci… magari arrampicandosi. La brillante e faticata soluzione che era riuscito a trovare si dimostrò subito inutile. Sconsolato, si guardò intorno, cercando un modo per arrivare alla grata. “Forza Goku… pensa… che cosa farebbe Vegeta?” la domanda gli sorse spontanea, dopo tanti anni in cui se la poneva, ma gli velò gli occhi di tristezza. Che cosa avrebbe fatto Vegeta in quella situazione? Gli avrebbe dato un pugno in testa per essere così stupido da non riuscire a trovare una buona idea, e lui avrebbe riso. A quel punto le sue vene avrebbero cominciato a pulsare, e gli avrebbe tirato un altro pugno, facendolo sbattere al muro. La mancanza di quel burbero principe al suo fianco si fece ancora più tangibile, dolorosa come un arto mancante. Tentò di non pensarci. Improvvisamente, strano ma vero, gli venne un’altra idea. Sbattere al muro. Prese la rincorsa, e dandosi la spinta al muro, si lanciò in altro, contando sulla dinamicità del suo corpo e non sulla sua capacità del suo corpo. Cadde rovinosamente a terra, ma non si diede per vinto. Ci riprovò per altre tre o quattro volte, sperando che le crepe non si vedessero troppo, fino a che non riuscì ad aggrapparsi. Fece per aprirla, ma ci mise un po’ troppa forza, rompendola. “Ops…” sperò che non se ne accorgesse nessuno. Si issò dentro al canale, cercando di sistemare alla belle e meglio la copertura. Dopo un paio di impacciati tentativi, potè dirsi soddisfatto. Iniziò ad avanzare a carponi per quel canale troppo stretto, fino a che non sentì le loro presenze sotto di sé. Si avvicinò come potè a quella grata, fino a che non riuscì a vedergli. Stavano uno davanti all’altro, sembravano calmi, ma entrambi erano pronti ad attaccare. C’era un monitor accanto a loro, che sembrava essere uscito da uno dei muri delimitanti, e re Vegeta lo guardava smaniando. Capì che forse doveva essere il contratto che ufficializzava il gemellaggio. “Veramente… c’è stato un piccolo cambiamento di programma. Ci servono duecento carri” disse Freezer, facendo frusciare la coda a terra. Goku fu scosso da un brivido involontario. Quella coda sembrava un animale fuori di controllo, pronta a colpire alle spalle nonostante il proprietario sembrasse tranquillo. “Come sarebbe a dire duecento carri? Sono pur sempre sayan, poi ne rimarrebbero troppo pochi. Mi servono” s’infervorò il re, stringendo i pugni. “Posso essere buono, e arrivare a centottanta carri. Neanche uno di meno” contrattaccò sempre tranquillo, ma la sua coda scattava nervosa, segno che non ammetteva altre obbiezioni. Il re assottigliò lo sguardo, stringendo ancora di più i pugni. Assottigliò le labbra, e il cuore di Goku perse un colpo. Assomigliava incredibilmente a Vegeta. “Posso accettarlo. Solo che posso darteli sia vivi che morti” disse il re, cercando di rendere più equa la situazione. Freezer sorrise apertamente “Affare fatto. Ora dobbiamo contrattare il dominio” disse, e si leccò le labbra. Era il punto focale, quello che aveva aspettato per tutto il tempo. “Il dominio?” chiese sospettoso il re. “Il dominio. Visto che faremo un gemellaggio mi sembra ovvio che ci dobbiamo aiutare a vicenda. Quindi nel malaugurato caso in cui all’altro dovesse succedere qualcosa, quello che rimane avrebbe il completo dominio dei possedimenti dell’altro” propose Freezer, arcuando la coda come una freccia pronta a scoccare. Il re evidentemente non lo notò, perso nei suoi pensieri. Gli scrutò un attimo il volto, poi sorrise. “Mi sembra giusto” che cosa gli sarebbe mai potuto succedere? Poteva andare tutto in suo vantaggio. “Ci vedremo il giorno decimo dell’ottavo mese. Verrò io sul vostro pianeta per ritirare i sayan” lo informò Freezer, mentre si avvicinavano al monitor “E nel contempo mi darete le informazioni che richiedo” disse re Vegeta, imprimendo le sue orme digitali al contratto. L’altro sorrise vittorioso. “Certo” disse, poggiando la sua mano sul contratto e sigillandolo. “Ci rivedremo fra quattro mesi, puntuale” intimò il re, dirigendosi senza esitazione verso la porta. Goku fece per gattonare più velocemente possibile vero la grata, per uscire. Non voleva immaginare che cosa sarebbe successo se fosse stato scoperto. Forse avrebbe dovuto combattere, e non credeva di riuscire a vincere. “Un ultima cosa” la voce di Freezer lo fece bloccare, e tornò indietro. Il re non fece in tempo a girare la testa, che la coda dell’altro lo trafisse in pieno petto. Era stato preso di sorpresa. Freezer affondò ancora, ridendo sentitamente divertito, e continuò ad affondare. Uno, due, dieci colpi. E il re veniva mutilato, mentre moriva lentamente, perdendo sempre più sangue, non vedendo più davanti a sé, l’espressione sorpresa perennemente dipinta sul volto si era congelata, per poi rilassarsi, fino a che il volto sembrò sgonfiarsi. Cadde a terra, le membra ricoperte di sangue. Il suo sangue reale, per cui tutta la vita si era vantato, uguale a tanti altri, che ricopriva ormai buona parte della sala, e di cui mille piccole gocce erano cadute addosso al suo assassino. Una si era posata sulle sue labbra, e pigramente la leccò, mentre si avvicinava all’ormai cadavere. “Credo che il nostro appuntamento si sposta all’inferno” disse, scoppiando a ridere, mentre gli staccava la coda. Prontamente il portone si aprì, facendo entrare tanti di quei piccoli alieni che gli avevano portati in quella sala. “Portatelo via, e date una ripulita a questo posto. Appendete questa coda nelle mie stanze. Se la rovinate, farete la sua stessa fine” disse tranquillamente, per poi andare fuori. Ora Goku aveva capito a cosa serviva quel piedistallo. In quella sala, i troni erano l’unica cosa che non fosse ricoperta di sangue.






















IL MIO ANGOLINO

Ok, prima di iniziare a sclerare sadicamente devo chiedere scusa per non aver aggiornato mercoledì ma mia mamma mi ha sequestrato il pc. Il motivo? Non ho sentito che era pronto visto che avevo le cuffie e ho continuato a scrivere, così ho saltato il pranzo e sono scesa solo quando mio fratello è venuto a chiamari per vedere Dragon Ball. Quindi io sono stata 3 giorni in crisi esistenziale, anche perchè (soprattutto perchè) non potevo pubblicare questa chicca!! Allora, io ridacchiavo come un'invasata mentre scrivevo, lo giuro!! Scommetto che nessuno se l'aspettava, eh? Sinceramente neanche io me l'aspettavo, ma ormai l'odio verso quell'essere era arrivato a livelli esponenziali e perciò... VAI FRIZZY!!! è l'unica cosa buona che farà, ve lo assicuro. Ehm.. ditemi la vostra reazione sadica e quello che pensate!!
Ah, volevo ringraziare di cuore tutte le persone le hanno commentato questa storia, è solo grazie a voi se Destiny continua ad esistere e io vado a letto alle 3 del mattino per scrivere e aggiornare in tempo!!
Grazie!
Bacioni <3

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27
 
 
Fissava il vuoto, davanti a sé. Mentre i piccoli alieni si davano da fare per ripulire minuziosamente ogni minuscolo anfratto della sala, e trasportavano faticosamente il cadavere del re fuori, Goku non poteva far altro che osservare, stupefatto. Questo, questo non se lo aspettava. Per quanto odiasse re Vegeta, e lui l’odiava da morire, di un odio che non pensava di poter provare, quello che aveva fatto Freezer l’aveva turbato terribilmente. Non avrebbe mai dovuto pugnalarlo alle spalle, senza dargli nemmeno il tempo di contrattaccare o difendersi in qualche modo. Non era stato per niente onesto, e l’onestà veniva prima di tutto. Poi la risata, quella risata generata completamente dalla morte di un essere vivente. Un essere vivente orribile, ma era pur sempre una vita gettata via. Goku era un po’ confuso, combattuto tra le due parti di se stesso. Una, quella più sayan, gli diceva di gioire, di andare da Freezer e congratularsi per l’omicidio ben congegnato, e per la prontezza delle mosse. L’altra, quella strana, quella per cui molti lo consideravano fuori dal normale, lo riscuoteva, lo riempiva di rabbia e d’indignazione. Nessuno meritava di morire così, in maniera così brutale e deriso, senza aver il tempo di reagire. Improvvisamente, si riscosse dai suoi contorti ragionamenti. Quanto tempo era passato da quando il figlio di re Cold era uscito dalla stanza per andare a conferire con il padre? Decisamente troppo, constatò il giovane sayan, sentendo le braccia e le gambe indolenzite dalla posizione decisamente scomoda. Cercando di fare meno rumore possibile, strisciò per il condotto fino ad arrivare alla grata di prima. Si buttò giù, piegando le ginocchia per frenare l’impatto. Percepì chiaramente l’energia di Freezer che si avvicinava, e finse di dirigersi verso la porta. “Sayan che cosa ci fai ancora qui?” domandò stizzito, forse leggermente colto alla sprovvista. Goku tentò di apparire disinvolto e più freddo possibile. “Stavo aspettando che il re uscisse per ricevere degli ordini” disse, fissandolo negli occhi. Freezer sembrò divertito dalla situazione. Povero sciocco, pensò maligno, non sa ancora che fine ha fatto il suo re. Il silenzio si fece carico di tensione, e il sorrisino che si era andato a formare sul volto della lucertola andò a trasformarsi in un ghigno. Il sayan sapeva che stava decidendo che fare di lui. Impercettibilmente, o almeno sperò non si notasse, si mise in posizione d’attacco. “Il re si tratterrà qui per i prossimi giorni. Dobbiamo rifinire delle cose. Prendi la tua navicella e vattene” ordinò, stupendo se stesso per la sua infinita misericordia. Ma si, si disse, perché sprecare un minuto della mia preziosa esistenza uccidendolo? Aveva già sprecato troppo con quella sottospecie di re. Goku continuò a fissarlo per diversi secondi, poi gli diede le spalle, cercando di trovare l’uscita.
 
Una, due, tre, quattro, cinque. Vegeta contava le gocce di sangue che sentiva colare dal suo corpo, da dove non sapeva dirlo, si sentiva troppo intorpidito. Da una qualsiasi della ferite sulla schiena, sul collo, sulle braccia o sulle gambe. Dalla coda era improbabile, l’enorme flusso di sangue si era placato prima che perdesse la percezione del suo corpo. Picchiettavano docilmente sul pavimento lurido della sua cella, formando delle piccole pozze. Il principe aveva notato con piacere che da trecento gocce a quella parte il flusso era diminuito, le gocce erano sempre più rade, segno che da un momento all’altro avrebbe perso completamente coscienza di sé. Perché, sinceramente, preferiva non essere consapevole dello stato di umiliante degradazione a cui era costretto, e l’impotenza, l’essere completamente inutile e non poter fare nulla per impedirlo, lo stava facendo impazzire. Si sentiva debole ed esposto, alla mercé di qualsiasi cosa. Non riusciva a tollerarlo. Si stavano facendo beffe di lui, del principe dei sayan, la razza più potente dell’universo. Lo avevano derubato dell’orgoglio, non dandogli la possibilità di difendersi. E ora lo lasciavano lì, a morire dissanguato, come un qualsiasi essere inferiore. Nonostante tutto quello che gli avevano fatto, poi, continuavano ad istigarlo. Nei radi momenti in cui riusciva a perdersi nel buio, in quei momenti in cui finalmente il dolore lancinante si placava, e la mente smetteva di torturarlo, le guardie lo facevano rinvenire, buttandogli una secchiata d’acqua in faccia. La sua rabbia era senza misura, la frustrazione ineguagliabile, la spossatezza pressante, il dolore lancinante. In più lo avevano derubato anche della possibilità di ragionare lucidamente, con quella droga che gli circolava in corpo e che gli iniettavano nuovamente ogni ora. Nella sua testa erano solo sprazzi confusi di emozioni, immagini e colori che si confondevano e che peggioravano ancora di più il mal di testa incessante. Oh, ma gliel’avrebbe fatta pagare. Quando sarebbe uscito di lì, perché lui sarebbe uscito di lì, ne era certo, avrebbe preso i loro nomi, e avrebbe fatto patire loro l’inferno. Non era una minaccia, né una promessa. Era una constatazione. Pura e semplice verità. Ovviamente avrebbe ucciso prima suo padre. E subito dopo avrebbe ucciso Kakaroth. Una fitta più dolorosa lo raggiunse, e diede una testata contro al muro. Un rivolo di sangue gli scese dal punto che aveva sbattuto. Forse si era procurato un’altra commozione cerebrale, chissà. Kakaroth, Kakaroth maledetto. Lui più di tutti lo aveva tradito. Lo aveva tradito due volte. Era il peggiore. Lo aveva ingannato, e nel momento in cui era stato più debole lo aveva attaccato alle spalle. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli. Lo aveva confuso, con tutti quei baci, con quelle parole senza senso, che pensava fosse riuscito a dar loro un significato, erano solo vuote, e i suoi sorrisi, sorrisi luminosi e pieni di vita, finti. Stupido lui che ci aveva creduto davvero. Ora lo sapeva, sapeva che era solo menzogna. Perché allora lo stomaco si contorceva quando la sua immagine, ormai indelebile, riaffacciava nella sua mente? Sentì un dolore sordo al petto, e gli venne da vomitare. Si piegò in due, ma uscì solo bava. Certo, che cosa poteva rigettare se non mangiava da quando era là dentro? Si riappoggiò al muro, cercando di prendere più aria possibile. Diede un altro strattone, per spezzare le manette, ma sapeva che era inutile. Sarebbe rimasto lì, finchè non fosse riuscito a pensare qualcosa. Sempre che non fosse morto prima, chiaramente.
 
Goku correva per il castello, dirigendosi sempre più in basso, verso le segrete. Dopo essere inciampato per la decima volta, decise che i piedi erano superflui. Volò fino alla porta sprangata e l’abbatte con un solo colpo. Scese la ripida scaletta, si fermò solo un secondo nella saletta circolare per ricordarsi quale delle sei porte fosse quella giusta, per poi buttarsi a capofitto in quei corridoi bui, guidato solo dalla sua aura. Troppo debole, troppo delicata, troppo fragile, troppo precaria. Sembrava essere sul punto di spegnersi, e questo gli faceva raddoppiare la velocità. Arrivò in meno di un secondo in quella minuscola saletta dove c’erano solo due sedie illuminate fiocamente da una candela su cui avrebbero dovuto essere sedute le guardie e la minuscola cella, completamente al buio. Non si domandò il perché di quell’assenza, tanto meglio. Prese la candela, e con passi meno decisi andò alla cella, dove sapeva fosse. Aveva però paura dello stato in cui lo avrebbe trovato. Avvicinandosi, la sagoma prendeva forma. Quando fu completamente visibile, Goku sussultò. Stava male, stava terribilmente male. Il volto era tumefatto e sporco, con una strana espressione, forse nel vano tentativo di reprimere in una smorfia di dolore. I vestiti erano completamente a brandelli, e aveva diverse ferite enormi e seghettate, abbastanza gravi, coperte di pus e croste preoccupanti. Poi c’erano dei tagli minori, che sarebbero comunque state motivo per un posto in una camera di rianimazione, che sanguinavano copiosamente, e ne era cosparso in ogni parte del corpo. Quando notò cosa mancava, per poco Goku non scivolò a terra. La coda. La sua coda. Gli avevano tagliato la coda. La parte più sayan di lui ruggì felice che quell’essere responsabile di quello scempio fosse morto atrocemente, ma la riscacciò subito. Non era il momento. Si avvicinò il più possibile alle sbarre, ammirando l’enorme forza di Vegeta per non essere nemmeno svenuto. “Vegeta…” sussurrò, senza però ottenere risposta. “Vegeta, so che mi senti” provò ancora. Nessuna risposta. Si alzò in piedi. “Ti tirerò fuori di qui, prima possibile. È una promessa, Vegeta. Adesso me ne vado, e quando tornerò sarai libero” disse risoluto, non avendo minimamente idea di come fare, sapendo di compromettere molto, ma deciso ad aiutarlo. “Non voglio il tuo aiuto. Vattene” un sussurro, praticamente inudibile, ma abbastanza per Goku, che si girò verso di lui. “So che mi odi, che non crederai a qualsiasi cosa ti dirò. Ma per quello che vale io ti amo, e non ti lascio lì. Che lo vuoi, o no” s’impuntò, ignorando che le parole dell’altro lo avevano trafitto al petto come un coltello.
 
Uscì dalle segrete, affrettando il passo. Che cosa stava facendo? Non lo sapeva, non lo sapeva, e non gli importava. Più si allontanava da Vegeta, più era ansioso. Per lui era inconcepibile saperlo in quelle condizioni e non aiutarlo. Non riusciva a pensare con razionalità, voleva solo farlo stare meglio. E per farlo, doveva liberarlo. Dovevano affrettare i tempi, e scappare. Ormai il re era morto, e ben presto si sarebbe scatenato il pandemonio. Con la testa che scoppiava, Goku macinava corridoi su corridoi dirigendosi senza esitazione alla mensa. A quell’ora le guardie stavano tutte mangiando. Una decina di svolte prima, sentì due guardie che ridevano sguaiatamente. Aumentò il passo, fino a correre, non aveva voglia di altre noie, quando un nome attirò la sua attenzione. Si fermò repentinamente, cercando di avvicinarsi senza farsi notare. Stavano parlando di Vegeta. Possibile che fosse così fortunato da aver trovato al primo colpo le guardie che gli facevano la guardia? Ottenne presto la risposta. “Certo che il re è davvero senza cuore… Torturare suo figlio fino a ridurlo a quello stato. Povero principino.” parlava la guardia più bassa, con corti capelli a spazzola e una barba a punta. Non sembrava per niente dispiaciuto, anzi. La sua voce era venata di sarcasmo e finta commiserazione. Goku dovette trattenersi dal saltargli addosso. “Eh già” continuò con lo stesso tono l’altro, più alto e calvo. “Si è fatto male, poverino” e scoppiarono a ridere. Dopo un po’ il più basso continuò, stavolta con voce cattiva. “Se l’è meritata quel bastardo. Quando mi hanno chiamato per questo compito, davvero non ci credevo. Aiutare a torturare l’infame che ha ucciso la mia famiglia. Nappa, non hai idea della soddisfazione…” ruggì questi, stringendo i pugni. Nappa sorrise, tirando fuori dalla cintura una chiave. “Oh, si che ne ho idea. La famiglia reale ci ha sempre trattato come delle pezze, avere la loro libertà nel palmo della mano è… inebriante” e scoppiò a ridere, dando una pacca all’altro. La loro risata s’interruppe presto. Con un colpo, Goku aveva fatto chiocciare le loro teste, facendoli cadere al suolo. Forse se ne sarebbe pentito più tardi, avrebbe rimpianto la sua impulsività, ma era stato troppo. Senza il minimo sforzo trascinò i due corpi in un angolo, prendendo la chiave. Presto Vegeta sarebbe stato libero. Corse verso l’ala est, con il cuore in gola.
Arrivato davanti alla sua seconda casa, notò che la porta era chiusa. Molto probabilmente erano ognuno a svolgere le proprie mansioni, si disse. Andò quindi verso le cucine, necessitava per prima cosa di parlare con Falck. Dopo pochi minuti, sfondò la porta delle cucine reali, accolto da una Falck leggermente sconvolta. Perché doveva fare sempre quelle entrate? Si chiese, ma evitò di esprimere il suo pensiero ad alta voce quando vide la sua espressione seria. Troppo seria. Perché doveva succedere sempre qualcosa? Lasciò sul bancone lo straccio, e vedendo lo sguardo ansioso di Goku che sfrecciava tra i banconi, si avvicinò, prendendogli un braccio e facendo segno verso una dispensa. Da una fessura, si poteva vedere una cesta coperta da un lenzuolo che si abbassava ed alzava curiosamente. Potè notare il sollievo dipingersi sul suo volto al sapere che Lyve stesse bene, per poi indurirsi di nuovo. I brusii dietro di loro s’infittirono di più. Sguatteri chiacchieroni, pensò stizzita l’aliena. “Gaji prendi tu il comando, devo risolvere una questione importante.” disse a un alieno con diverse paia di braccia e la pelle azzurra. Questo annuì, andando ai fornelli. “E voi, tornate a lavoro!” ordinò al resto della cucina, che non la smetteva di spettegolare. Spaventati, ognuno tornò alla propria mansione. Sistemato tutto, Falck si diresse nella dispensa e passò la cesta a Goku, che capendola con un’occhiata volò verso casa della falciana, sfondando l’entrata. L’aliena arrivò pochi minuti dopo, non considerando più di tanto la porta a terra, se non per piazzarla meglio che poteva davanti all’uscio, per non far sentire a orecchie indiscrete. “Allora? Vuoi dirmi che cosa…?” si ammutolì immediatamente, vedendo che cosa il sayan sventolava davanti ai suoi occhi. Un chiave grossa, arrugginita, appesa ad un cerchio di metallo. C’era una sola cosa in quel castello che si apriva con le chiavi. “Oh no… non dirmi che l’hai fatto davvero” sussurrò, allarmata più che mai. “No, non ancora. Ma ho tutte le intenzioni. Falck, il re è morto. Tempo pochi giorni e si scatenerà il panico al sapere che non sarà Vegeta a prendere il trono. Freezer sarà il prossimo regnante, e non è per niente una buona cosa. Dobbiamo andarcene, alla svelta anche. E Vegeta verrà con noi. Non…” la sua voce s’incrinò leggermente “… non hai idea in che condizioni si trova. Adesso lo vado a prendere, voi dovete essere pronti per andarcene. Prepara la navicella di emergenza” snocciolò, risoluto più che mai. L’aliena lo fissava, sconvolta da tutto quello che aveva assimilato. Ormai era inutile discutere, appurò. Goku aveva già deciso, e non l’aveva mai visto così convinto. “Ci vediamo tra quindici minuti nella piazza della fontana grande” lo informò, cominciando a organizzarsi. Goku fece un cenno col capo, per poi correre di nuovo verso le segrete.
 
Vegeta continuava a guardare davanti a sé, contando le mattonelle del muro, anche se la vista cominciava ad essere sempre più sfocata. Non sapeva neanche se si era immaginato l’arrivo di Kakaroth, oppure se era stato reale. Optava più per la prima, visto che era solo un traditore. Non si ricordava perché era un traditore, ma sapeva che era così. Si rese conto non ricordarsi neanche che forma avesse, tutto era sempre più indistinto e confuso. Improvvisamente, il dolore svanì, lasciando solo calma. Le palpebre erano sempre più pesanti, e lui si sentiva sempre più un estraneo nel suo corpo. Tutto cominciava a perdere d’importanza. Stava morendo? Probabilmente. Cercava di tenersi legato ai ricordi, ma tutto diventava sempre più impalpabile, e i pensieri scivolavano via come sabbia tra le sue dita. L’unica cosa, l’unico appiglio, l’unico punto fermo, era un sorriso, un sorriso luminoso, che lo faceva sentire bene. Era per quel sorriso che non aveva ancora chiuso gli occhi, era per quel sorriso che si aggrappava più che poteva a quel corpo che non sentiva più suo. Non si ricordava neanche di chi era, ma sentiva che per quello forse valeva la pena di non morire. Sarebbe stato così facile lasciar andare tutto. Era terribilmente stanco. Eppure, per qualche ragione che non comprendeva più, continuava ad aggrapparsi a quel sorriso. Lontano, troppo lontano perché potesse realmente essere vicino a lui, come attraverso uno spesso strato di ghiaccio, percepì un suono. Una voce. Poi un suono più forte, fastidioso. Com’era stanco. Perché non dormire un po’? Potè vagamente percepire di essere sollevato. Dalle palpebre socchiuse, vide una sagoma indistinta. Poi, finalmente, il buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
IL MIO ANGOLINO
 
Salve a tutti! Allora, prima che mi dimentichi, buona Pasqua e buona Pasquetta a tutti voi e alle vostre famiglie! E devo aggiungere una cosa importantissima: Mia mamma mi ha sequestrato la chiavetta finchè non scrivo tre racconti che non sono fan fiction. Quindi non so quando riuscirò ad aggiornare, ma mi prodigherò per farlo quando riesco! Oggi ho aggiornato perchè siamo da amici con l'ADSL. Comunque, l’aggiornamento è fissato per venerdì sera sicuramente.
Cooooomunque, passando al capitolo. L’ho fatto bello lungo questa volta, con tanto tempo a disposizione che avevo, e nello scriverlo mi sono mangiata tutte le unghie delle mani e mi si è formata una ruga tra le sopracciglia per quanto stavo corrucciata. In ansia, ecco come stavo. E non immagino voi, che non avevate la minima idea di quello che succedeva. Per concludere, altrimenti sospetto verrete a linciarmi, una sola parola e due faccine, ma dettagli: Vegeta *.* D:
Avete capito vero di chi era il sorriso? Scommetto che avete tutti una mezza idea… (ancora a parlare??)
O mamma. È una nota chilometrica. Va bene, vi lascio, con la solita supplica frase
Ditemi quello che vi passa per la testa!
Bacioni <3

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


A Sitter, sperando che il mio regalo le piaccia. Auguri cara <3
 

CAPITOLO 28


Si perse nel buio, sprofondando lentamente. Gli sembrava di affondare in un materasso morbido, e scendeva sempre più giù. Sopra di sé, vedeva una luce bianca, ma non riusciva a raggiungerla. La consapevolezza di non poter riuscire ad arrivare a quella luce fece velocizzare la caduta, e improvvisamente gli sembrò che il materasso lo soffocasse, spingendolo troppo in basso e facendogli provare un orrendo senso di claustrofobia. Tentava di dimenarsi, e raggiungere l’alto, ma delle braccia inconsistenti gli artigliarono le spalle, trascinandolo in basso. La prospettiva di lasciarsi andare al buio non gli sembrò più una buona idea, e ricominciò a lottare con sempre più forza. Un’immagine gli balenò davanti agli occhi, e con uno slancio di maggior vigore si strappò a quelle braccia. La luce lo sommerse.

Con un sussulto, si rese conto di essere tornato nel proprio corpo. Si sentiva pesante e decisamente dolorante. Provò a muovere uno qualsiasi dei suoi muscoli, ma senza alcun successo. Era tutto abbastanza confuso, ma notevolmente più limpido rispetto a prima. Nel proprio corpo scorreva un’energia diversa e si sentiva più forte. Questo voleva dire che era stato in punto di morte? Non si ricordava molto. Tentò nuovamente di muoversi, ma senza alcun successo. Quella situazione d’inconsapevolezza lo stava facendo innervosire, voleva sapere tutto, e subito. Una nuova stanchezza lo prese di sorpresa, facendo vacillare i suoi propositi. Quasi senza volerlo, si addormentò.

La luce gli ferì gli occhi, facendoglieli strizzare per tentare di conservare quella strana quiete in cui era immerso. Troppo tardi, ormai era sveglio e completamente vigile. Un attimo, ma dov’era? Corrugando la fronte, scandagliò il suo cervello in cerca di risposte. Improvvisamente, una valanga d’immagini lo travolse, portando nuove incognite. Quanto tempo era passato? Perché non sentiva dolore in corpo? Chi lo aveva salvato? Lui era il principe dei sayan, se la sapeva cavare da solo. Sentì delle voci, poco più che sussurri, e si dovette concentrare un po’ per riuscire a capire quello che dicevano. “Insomma Goku, come te lo devo dire? Non puoi vivere in camera. Ormai sta bene, lo senti anche tu” sembrava la voce di… no, non poteva essere… era quell’aliena amica di Kakaroth. “No, io non ho intenzione di muovermi. Quando si sveglia, sarò qui per lui” e quella… quella era la voce di Kakaroth. Vegeta aprì gli occhi, ma c’era troppa luce, e gli richiuse di scatto. “Vegeta?” lo chiamò Goku, sicuro di non essersi sbagliato. Si era svegliato! Trasse un enorme sospiro di sollievo. Anche se era da un paio di giorni che la sua energia si era stabilizzata, era sempre stato in ansia per lui. “Ehi Vegeta, mi senti?” domandò, avvicinandosi al suo letto. Lo sovrastò, avvicinandosi al suo volto. Con un dito, gli sfiorò la guancia. La reazione fu immediata e istintiva. Un dolcissimo pugno gli arrivò nella pancia, e nonostante l’emittente non muovesse i muscoli da giorni, la forza e la precisione non ne avevano risentito, anzi. Stavolta aprì gli occhi senza esitazione, incontrando quelli incredibilmente felici di Goku, che non poteva fare a meno di sorridere. “Lo sapevo che saresti sopravvissuto” disse, con la voce un po’ strozzata dal dolore allo stomaco. Vegeta scattò a sedere immediatamente, spingendolo via. “Sporco traditore! Allontanati da me! Come hai osato aiutarmi?” ruggì rabbioso in sua direzione. L’altro sayan sembrò confuso per un attimo, poi un’ombra di tristezza aleggiò nei suoi occhi. “Sei ancora convinto che…?” non terminò la frase, sopraffatto dalla consapevolezza e dalla diffidenza che leggeva nel suo sguardo. Occhi traditi. Occhi sospettosi. Ed era stato lui a causare tutto quello. Certo, non poteva immaginare che cosa aveva passato per portarlo in salvo. Pensava ancora a quella… incongruenza, quel piccolo intoppo, che era stato fingere di essere fedele al re. “Vi lascio soli” Falck, di cui entrambi si erano dimenticati, si allontanò con uno sguardo di ammonimento nei riguardi di Goku. Non combinate disastri, diceva quello sguardo. Era sicura che si sarebbero riappacificati, ma i loro metodi la preoccupavano ed erano alquanto discutibili. E poiché in quella navicella avrebbero dovuto viverci per chissà quanto, avrebbe preferito mantenerla intatta. Vegeta tentò di alzarsi, ma un forte capogiro lo colse alla sprovvista, facendolo precipitare sul letto. Ringhiò, odiando mostrarsi così debole. Sicuramente era stata la volta in cui aveva più rischiato di morire, ma perchè si sentiva ancora spossato? Si chiedeva. Un’ora, due al massimo, nella camera di rianimazione avrebbero messo in sesto qualsiasi ferita. Cercò di alzarsi una seconda volta, ma senza successo. “Sta fermo…” lo ammonì, con una dolcezza sorprendente, Goku. “Decido io cosa fare!” sbraitò, reggendosi al muro per mettersi in piedi, ma resistendo solo pochi secondi, per poi precipitare di nuovo sul letto. Ringhiò, frustrato. “Vegeta non ti sei rimesso ancora abbastanza da riuscire ad alzarti… senza coda il tuo equilibrio ne ha risentito molto, per non calcolare le ferite alle gambe” gli spiegò, rimanendo calmo e cercando di diffondere anche a lui il medesimo stato d’animo. Inutile dire che non servì a nulla. Gli si avvicinò, ma il principe, seduto sul bordo del letto, preparò una sfera di energia sul palmo della mano. “Stammi lontano lurido traditore. Non fare nemmeno un passo, o ti trapasso lo sterno e faccio esplodere tutto questo posto” lo sguardo era serissimo, notò con un nodo in gola Goku. Non tanto per la promessa di ucciderlo o di far esplodere tutto, quello era la norma. In più, nello stato di semi immobilità in cui si trovava, sarebbe riuscito a fermarlo in meno di un secondo. Ma per la serietà con cui era stata pronunciata quella promessa. “Rispondi alle mie domande, e non provare ad avvicinarti. Se collabori, potrai ritardare di dieci minuti la tua morte” ringhiò ancora, non accennando ad abbassare il braccio. Il giovane sayan rimase immobile, in attesa. “Dove ci troviamo?” chiese, osservando con circospezione la minuscola saletta. Era completamente bianca, con due oblò alle pareti opposte. C’erano due letti, quello in cui era seduto e l’altro dall’altra parte. Al muro tra i due letti era appoggiato un tavolo su cui c’erano diversi strumenti di cura tradizionali. “Siamo nella navicella di riserva di Falck e Loveno, al limitare tra la Terra dell’Est e quella dell’Ovest” rispose, guardandolo intensamente negli occhi e cercando di ammorbidirgli lo sguardo. Doveva fargli capire che non stava mentendo e che qualsiasi cosa gli avesse chiesto lui gli avrebbe sempre dichiarato la verità. Non per paura, non perché era un principe. Ma perché era Vegeta, e lui non avrebbe mai potuto mentirgli. “Come ci sono arrivato?” domandò ancora “Stavi per morire nelle segrete, io ti ho liberato appena in tempo e ti ho portato qui. Falck ti ha guarito con degli strumenti tradizionali, non c’è una camera di rianimazione, è per questo che ci hai messo una settimana a svegliarti e non sei ancora completamente in forze” spiegò brevemente, sempre mantenendo il contatto oculare e cercando di spiegargli attraverso il non detto tutta la preoccupazione e il dolore che aveva provato per lui. “Mi hai salvato dalla cella in cui tu stesso mi hai imprigionato… e per quale ragione? Non voglio la tua pietà” sputò con cattiveria. Non doveva cedere a quelle menzogne. “Vegeta… io ti amo, non è per pietà che ti ho salvato. È perché non riesco a immaginarmi una vita senza di te” lo disse con franchezza, usando tutta la sincerità di cui era disposto, aprendo il proprio cuore e donandoglielo l’ennesima volta. In realtà l’aveva sempre avuto lui, ma questo lo tenne per sé. Glielo avrebbe ripetuto fino alla nausea, finchè le parole non avrebbero perso senso, finchè non avesse più avuto voce. Il braccio del principe tremò, abbassandosi impercettibilmente. Perché doveva mentirgli così? Perché quello stupido non si limitava a dirgli la verità, a finire quella messa in scena? Perché il suo cuore si contorceva in maniera a dir poco vergognosa al sentire quelle parole? Erano false, erano false, si ripeteva ossessivamente. Erano tutte menzogne, voleva farlo solo cedere. Voleva far in modo che si fidasse di lui, per conto del re. Assottigliando ancora di più lo sguardo rialzò il braccio. I muscoli dolevano per lo stato di tremenda contrazione cui li stava sottoponendo, ma li ignorò. “Sei solo un bugiardo. Vuoi farmi abbassare la guardia per potermi uccidere, non è così? Fai tutto questo per il re, infimo traditore! Affrontami come si deve, se ne hai il coraggio!” ringhiò, più agguerrito che mai. “Il re è morto” il volto di Vegeta si aprì in un’espressione di puro stupore, e il braccio si abbassò quasi completamente. “Che cosa? Spiegati Kakaroth!” il solo fatto che non l’avesse chiamato “sporco traditore” fece sperare a Goku un miglioramento della situazione. “Sì, è morto. Freezer l’ha ucciso davanti ai miei occhi. Insomma, io ero nascosto però…” si grattò la nuca, ridacchiando leggermente. Rendendosi conto che l’altro aveva alzato di nuovo il braccio, si affrettò a finire. “… comunque, l’ha trafitto con la sua coda, dopo essersi accordati sul fatto che se uno dei due fosse morto, l’altro avrebbe preso il dominio dei suoi possedimenti. Indipendentemente da chi fosse destinato al trono” disse, cercando di avvicinarsi. La sorpresa si tramutò presto in rabbia, e Vegeta, quasi in automatico, strinse i pugni, voltandogli le spalle e guardando fuori dall’oblò. “Come ha osato…” sibilò, fissando l’orizzonte ma guardando qualcosa di molto più lontano “Questo Freezer, come ha osato! Solo io avrei dovuto uccidere mio padre, e come non bastasse, ha usurpato il mio trono! Quello che è mio di diritto!” gridò, dimenticandosi completamente di Goku, ma intento più che altro a esprimere il suo profondo disprezzo per quell’essere che neanche conosceva, ma già sentiva di odiare con tutto se stesso. “Gliela farò pagare, fosse l’ultima cosa che faccio!” poi si girò di scatto “E dopo averlo ucciso con le mie mani, la farò pagare anche te, bugiardo! Ma per il momento ho questioni più importanti che occuparmi di un piccolo mercenario senza padrone” soffiò con cattiveria, tentando nuovamente di alzarsi. Goku gli andò incontro, importandogliene ben poco di quello che aveva detto o della sua possibile reazione. “Fermo! Ce la faccio da solo, io sono il principe dei sayan, non dimenticarlo mai!” lo scostò con malagrazia, e ignorando il dolore alle gambe, e appoggiandosi al muro, uscì dalla stanza.
Goku lo seguì, stanco di stare sempre ad aspettare che capisse. Stanco di essere sempre trattato male. Stanco di dover attendere che lasciasse da parte il suo orgoglio, e si mettesse ad ascoltare il suo cuore. Stanco di vederlo auto distruggersi con quelle storie senza capo né coda che si raccontava da solo. Questa volta lo avrebbe aiutato lui, o almeno, ci avrebbe provato. Avrebbe provato a farsi ascoltare, per una volta. Lo raggiunse in due falcate, essendo la sala dei comandi molto piccola e fornita solo di un pannello di controllo e dalle due poltroncine dove solitamente si sedevano Falck e Loveno. Goku si domandò dove fossero. Forse erano usciti a perlustrare il territorio, si rispose da solo. Al momento comunque non era importante. Vegeta si era seduto con un po’ di fatica su una delle due poltrone e stava tentando di riavviare il motore. L’altro sayan si sedette accanto a lui. “Kakaroth, ti do due possibilità. O scendi dalla navicella in questo preciso istante di tua spontanea volontà, oppure ti butto fuori” disse senza neanche guardarlo, impegnato a preparare la partenza. Goku continuava a fissargli il volto, ancora provato dal dolore. Con una sola mossa, premette il pulsante di spegnimento, attirando l’attenzione dell’altro. “Come hai osato, essere inferiore? Non provare a metterti contro di me!” ringhiò il principe, guardandolo trucemente. Il più giovane non smise di fissarlo negli occhi. “Smettila di fissarmi!” sbraitò, surriscaldandosi. “Dobbiamo parlare, e dobbiamo farlo seriamente” disse, acquisendo un’aria matura che non gli era propria. “Io non ho niente da dirti” sibilò l’altro sayan, distogliendo però lo sguardo. “Invece sei tu quello che deve parlare. Ti ho detto quello che provo e te l’ho ripetuto più di una volta, dimostrandotelo pure. Vegeta, ti ho salvato la vita. Quale nemico lo avrebbe mai fatto, se non uno che ha finto di esserlo? Ora tocca a te. Dimmi cosa provi. Perché io so che provi qualcosa per me” concluse il suo discorso Goku. Vegeta alzò lo sguardo di scatto. Nuovi pensieri e nuove teorie si affacciavano nella sua mente, e prima che potesse impedirlo, si erano già radicati in profondità. E se avesse dichiarato la verità? E se l’unica bugia che gli avesse realmente detto fosse di essere fedele a re Vegeta? In fondo, aveva ragione. Quale nemico lo avrebbe mai salvato? Poteva esporsi, e donargli una piccola parte di sé? D’altra parte, la sua diffidenza innata e il suo orgoglio troppo ostinato erano restii e gli facevano fare marcia indietro. E se era solo una trappola? Avrebbe rischiato di mettersi in ridicolo, e lui non poteva sopportare di essere deriso. Quei… sentimenti, che credeva di provare. Che farne? Sopprimerli in un angolo della sua mente, come sempre aveva fatto, oppure dare fiducia a Kakaroth, e buttarsi nel vuoto? Le domande si accalcavano senza risposta nella sua mente, e c’era un’unica cosa da fare.



















IL MIO ANGOLINO

*schiva una barca* *schiva un furgone* *viene centrata in pieno da una sedia* *si rialza*
Fatemi scrivere il commentino di fine capitolo, poi giuro potrete fare di me quello che volete!! So di essere un mostro. So che non meritavate un fine capitolo del genere, ma… non ho resistito, insomma! Capitolo tutto incentrato sulla relazione travagliata dei due, e nel prossimo avremo dei risvolti… o forse no… positivi… o forse negativi… chi può saperlo? Io, ma non ve lo dico! *schiva un televisore* Ho detto che devo finire il commento! Va bene… non mi dilungo più di tanto, lascio a voi le considerazioni! Fatemi sapere ogni cosa! Ogni reazione isterica o eventuale oggetto che avete rotto quando avete scoperto dove finiva il capitolo! xD *si getta in mezzo alla folla di forconi* Ah, un’ultima cosa… scommetto che vi state chiedendo: “Che ci fa qui se è mercoledì?”, ebbene mia mamma ha letto tutte le mie storie e ha detto che sono brava e che sto migliorando, perciò mi ha ridato la chiavetta… però aspettatevi da un momento all’altro il mio avviso che me l’ha presa di nuovo, sia chiaro. Ormai ho capito che è così.
Bacioni :*

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


 
CAPITOLO 29
 
 
“Vegeta, per l’amor del cielo. Va bene che ti sei chiuso in camera, va bene che vuoi mangiare anche lì dentro, va bene che ti rifiuti di parlarci, ma per favore, per favore, fatti visitare, almeno! Non lo sto dicendo per me, ma per te!” Falck gridava da più o meno mezz’ora attaccata alla porta. Veramente lo stava facendo per Goku, e se doveva proprio dirla tutta, la considerava un’ottima scusante per provare a discutere sui suoi sentimenti, ma quelli erano dettagli inconsistenti. Quando quella mattina erano tornati dalla loro ronda nei dintorni, avevano trovato Goku che fissava come pietrificato la porta della camera che in quei giorni aveva condiviso con Vegeta, come sgonfiato sulla poltrona del vice-comandante. Nonostante i suoi tentativi di sapere quello che era accaduto, era rimasto immobile per circa altri dieci minuti, per poi fare come se niente fosse, più allegro che mai. Falck però non aveva potuto fare a meno di notare i momenti interminabili in cui rimaneva a fissare la porta, come in attesa che uscisse qualcuno. Si era resa subito conto della mancanza dello scorbutico principe, ed aveva associato immediatamente lo sguardo malinconico in direzione della porta a lui. Per un motivo che lei ignorava, Vegeta si era chiuso dentro, e non aveva alcuna intenzione di uscire. Poiché la testardaggine venata di leggero isterismo con cui Goku continuava a sostenere non fosse successo niente cominciava a farle temere il peggio, le era venuta in mente quell’ultimo gesto folle. Così, animata dalla disperazione, aveva pensato che forse sarebbe riuscita a convincere Vegeta a parlarle. Il che era tutto dire. “Se non ti curerò le ferite potrebbero riaprirsi. Scommetto che stai provando un insopportabile pizzicore in tutto il corpo, simile a delle punture. È segno che l’effetto del ricostituente sta svanendo. Potresti ricominciare a sanguinare da un momento all’altro” disse, contando sull’amor proprio. Non era una bugia vera e propria. Insomma, stava sicuramente avendo quei sintomi, ma solo perché la sua pelle si stava ricongiungendo. Il fine giustifica i mezzi, pensò l’aliena. Contro tutte le più rosee aspettative, dopo un paio di minuti sentì la porta scorrere e una figura leggermente pallida e alquanto stizzita arrivargli contro. “Stupida sottoposta…” borbottò forse come invito ad entrare, lanciandole un’occhiata di fuoco. Falck non se lo fece ripetere due volte, e sotto lo sguardo attonito dei presenti –tra cui quello di Goku, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per essere al suo posto-, entrò nella camera, chiudendosi la porta alle spalle. Non ci credeva che l’aveva fatta davvero entrare. La sua era una bugia talmente debole e priva di fondamenti! Il principe dei sayan aveva conquistato diversi pianeti ed aveva più volte riportato delle ferite dopo i combattimenti con la sua scimmietta, le sembrava quasi assurdo che non conoscesse a menadito la sensazione dei tessuti che si ricompongono cellula per cellula. Forse era talmente abituato alla camera di rianimazione e alle tecnologie mediche super avanzate che non si ricordava più com’era, pensò l’aliena, mentre imbeveva delle pezze sotto la supervisione di Vegeta, che nel frattempo si era seduto di nuovo sul letto. Anche con le occhiaie, il volto più pallido e scavato, seduto su un letto sfatto nella stiva di una minuscola navicella, Falck gli dovette riconoscere che emanava sempre una certa aura di regalità e poteva incutere un certo timore reverenziale. Ma lei sapeva che era solo un ragazzino spaventato cresciuto troppo in fretta e messo di fronte a ostacoli più grandi di lui. E il suo lato materno le faceva provare l’impellente bisogno di parlargli. Vegeta osservava l’aliena che preparava gli strumenti per la sua guarigione, fissando ossessivamente una ciotola con dell’acqua e una specie di pinza, che stringeva un tampone immerso di sangue… quasi certamente il suo sangue. Si domandava a quali altre torture lo avesse sottoposto mentre era privo di coscienza, e si ripromise che se una sola delle ferite che gli aveva guarito fosse tornata a dolere, gliel’avrebbe fatta pagare. Gli si avvicinò con delle pezze imbevute di un liquido verde, simile a quello delle camere di guarigione. “Devi distenderti” gli disse, tentando di non farlo sembrare un ordine. Altrimenti non l’avrebbe sicuramente ascoltata. Lui la scrutò, assottigliando gli occhi. Poi, stranamente senza commentare, fece come gli era stato detto. In silenzio, Falck cominciò a passare la pezza sulle varie ferite, che ormai si erano rimarginate completamente. Doveva trovare un modo per cominciare quel discorso, ma quelle sottigliezze non erano mai state il suo forte. Di solito tutti –che poteva passare da Goku al sayan che consegnava gli alimenti in cucina- se avevano un problema venivano a parlarle di loro spontanea volontà, non era mai stata lei ad incitarli a parlare. Così, prendendo un bel respiro, provò con tutta la delicatezza possibile a iniziare quello che sperava fosse un punto fermo sulla sua vita da burbero principe solitario e l’inizio di qualcosa di meglio, di una scuola di pensiero diverso, magari con il suo Goku. “Come ti senti?” gli domandò dolcemente. Vegeta, che fino a quel momento guardava fuori dall’oblò fingendo di non star sottostando a una specie di ordine di un sottoposto, spostò subito il suo sguardo tagliente su di lei. “Non sono affari tuoi, tu limitati a fare il tuo compito e poi sparisci” sbottò, continuando a guardarla e aspettando che lei annuisse spaventata. Falck invece non si lasciò piegare da quella reazione che si era aspettata. Era determinata più che mai. “Invece sono affari miei, perché se non so come ti senti non posso sapere in che modo terminare la tua guarigione e tu potresti rimanere in questo stato per il doppio del tempo” disse, non potendo evitare di usare il tono di quando Cache non voleva apparecchiare la tavola o voleva andare a dormire troppo tardi. “Sottoposta irriverente…” schiumò rabbioso, incuriosito da quella situazione diversa dal solito. Non aveva avuto molti modo di confrontarsi con qualcuno che lo ascoltasse veramente senza tremare dalla paura o senza nemmeno ascoltarlo sul serio. L’unica cosa che si era avvicinata a un discorso del genere era stato con… quello lì. Si diede del rammollito per non pronunciare il suo nome neanche nella sua mente, ma procurava in lui reazioni diverse e nettamente contrastanti, che in quel momento non aveva bisogno lo inondassero. Doveva concentrarsi sul momento e di come liberarsi da quell’aliena fastidiosa, riaffermando la sua supremazia. “Il mio equilibrio ne ha risentito, ma mi sto abituando. Invece le gambe rigide attraversate da fitte e non migliorano” aveva detto tutto quello a metà tra il ringhio di un animale e il borbottio quasi incomprensibile, umiliato nuovamente dal dover esprimere ad alta voce la sua debolezza. Falck annuì, soddisfatta di quel primo passo. “Per quanto riguarda l’equilibrio devi solamente camminare e per le gambe…” prese dal tavolo una boccetta. “Bevi questo, dovrà aiutarti. Devi stare immobile una giornata, e poi potrai tornare ad allenarti come prima” al sentire che avrebbe potuto ricominciare gli allenamenti tanto a lungo interrotti, gli occhi di Vegeta s’illuminarono per un secondo, per poi tornare a scrutarla minaccioso. Prese la bottiglietta e senza pensarci un attimo la ingerì tutta. Prima faceva effetto, meglio era. vedendo che l’aliena non aveva alcuna intenzione di andarsene, anzi si stava avvicinando al suo letto, il suo sguardo si fece ancora più sospettoso. “Che cosa vuoi ancora? Ti ordino di andartene e non provare a disturbarmi più!” gridò, ma Falck si sedette ugualmente accanto a lui, ignorandolo. “Come hai osato sederti sul mio letto! Sporca…” cominciò a sbraitare, alterato, non riuscì per a terminare. “Lo sai che Goku è molto triste, vero?” a quella domanda, che sembrava più un’affermazione, Vegeta ammutolì. No. No, no e no. Quell’aliena non voleva seriamente parlare di… non glielo avrebbe permesso. Fece per ricominciare ringhiare, serrando la mascella e serrando i pugni, nei suoi occhi Falck scorse… disperazione. “Ascolta Vegeta, ascolta. Vedrai che è più difficile di parlare, però è anche più utile. Chi riesce ad ascoltare e non a sentire, ne esce arricchito ed è infinitamente più saggio degli altri. Un buon re deve saper ascoltare” lo disse in tono conciliante ma fermo, per cercare di farglielo assimilare bene. Il sayan rimase in silenzio, colpito da quelle parole. Avevano aperto qualcosa, un ricordo che aveva rimosso, uno di quelli preziosi, quelli con sua madre.
 
“Io non…” “Vegeta, ascoltami!” Rosicheena si era alzata, imponendosi su di lui nella sua maestosità. Il principe ammutolì, una delle poche volte nella sua breve vita. “Non puoi pretendere di essere ascoltato e capito se non sei il primo ad ascoltare. Ascoltare, che non vuol dire sentire quel mormorio diffuso, e non considerarlo, no. Ascoltare vuol dire ponderare quello che l’altro sta dicendo e capire le sue ragioni, farne tesoro. Ascolta i miei consigli, Vegeta, e diventerai il miglior re nella storia di tutti i sayan”
 
Incoraggiata da quel silenzio, Falck continuò a parlare. “Qualsiasi cosa sia successa tra di voi, qualsiasi siano i motivi, non puoi rifuggirli, ti farai solo del male. Non puoi continuare ad erigere barriere su barriere ed evitare questa situazione come la peste, non puoi fuggire per sempre” improvvisamente si fermò, come colta da un’improvvisa ispirazione. “Voi sayan, non siete coraggiosi? Non superate sempre i vostri limiti, per essere più forti, imbattibili? Questo deve valere anche per i vostri sentimenti” vedendo che il principe aveva ripreso colore, ed era pronto a negare tutto fino alla morte –lo si poteva notare dalle vene che pulsavano incredibilmente, dalla mascella serrata e dalle dita contratte-, Falck si affrettò a fermarlo, con un cenno della mano. “Ah, no, non puoi dirmi che i sayan non provano sentimenti. Che tu non provi sentimenti. Ti conosco da quando sei in fasce, principe, non puoi dire che non posso comprendere cosa pensi. Anche perché conosco molto bene Goku, e so che cosa prova per te. In più sono una brava osservatrice” l’aliena ormai era partita a passo di marcia, non importandosene più se la faccia del sayan si stava facendo sempre più rossa e le nocche stavano sbiancando per la forza in cui erano stretti i pugni, segno di una rabbia incontenibile, e che probabilmente l’avrebbe uccisa. “Devi superare i limiti che ti sei imposto, per il tuo bene. Tenere tutta questa energia positiva repressa, la farà marcire, fino a renderla nociva. Ma non farai male solo a te, no. Farai del male anche a Goku. Hai idea di quanto lo stai facendo soffrire così? La tua è vigliaccheria Vegeta, solo vigliaccheria. Ora puoi anche uccidermi, sgozzarmi, fai quello che vuoi. Non cambierai i fatti” detto ciò si alzò, senza attendere una risposta. Il principe era rimasto immobile, continuando a digrignare i denti ma incapace di proferire parola. Maledetta aliena. Perché non le aveva impedito di parlare? Perché ha ragione e lo sai anche tu. Ormai, stai solo fingendo di non sapere. Una voce conosciuta in fondo alla testa, che gli parlava benevola. Vegeta chiuse un attimo gli occhi, per poi riaprirli di scatto. Tirò un pugno alla parete, con tutta la forza che aveva. Non gli importava di rompere il muro. Voleva sfogarsi. Sì, era stato un codardo. Il grande principe dei sayan, un codardo, che si tira indietro e non sa rispondere a una semplice domanda. Non sa rispondere. “Ora tocca a te. Dimmi cosa provi. Perché io so che provi qualcosa per me”. Quelle parole così sicure, incredibilmente serie. E lui, il principe Vegeta, si era sentito un moccioso spaurito, e si era chiuso nella sua stanza, senza dire una parola. Patetico, semplicemente patetico. Non era riuscito neanche a ribattere alle parole di quella stupida aliena. Sapeva cosa avrebbe voluto dirle. O meglio, cosa avrebbe voluto fare. Le avrebbe tirato un cazzotto in faccia, stendendola a terra, sanguinante. Si sarebbe accovacciato accanto a lei, un ghigno sulle labbra, e le avrebbe detto poche semplici parole. “Non provare mai più ad avere la presunzione di sapere qualcosa del tuo principe. Un’altra insinuazione di questo tipo, e sei morta”. Lei a quel punto sarebbe tremata di paura, e se ne sarebbe andata via, supplicando perdono. Si era bloccato, però. Qualcosa gli aveva impedito di far diventare quel pensiero realtà. Che cosa? Forse era l’incrollabile sicurezza che aveva visto nei suoi occhi, o la sua spavalderia. La forza d’animo di quella sottoposta era incredibile. Non si sarebbe mai piegata di fronte a lui, si rese conto amaramente. Forse era stata la sua condizione, ma quella scusa non reggeva. Sono tutte scuse Vegeta. Non vuoi affrontare la realtà, hai paura dei cambiamenti, non è così? Sii davvero un sayan degno del tuo nome e affronta la verità a pieno petto. Renditi felice, per una volta nella tua vita. Stupida voce, come poteva lei pretendere di sapere cosa lo avrebbe reso felice? Che cos’era poi, la felicità? Un qualcosa per i deboli, gli stolti. Qualcosa che non dura, e fa male perderla. Quindi, se dura così poco, e senza fa così male, perché cercarla? Inutile che continui così. La tua è una battaglia persa in partenza, completamente senza senso. Non puoi battere l’amore. Ti stai arrampicando sugli specchi. Vegeta si mise una mano tra i capelli, ringhiando, frustrato. Si rese conto di aver ancora il pugno appoggiato al muro, da cui partivano milioni di minuscole crepe. E se avesse perso, per una volta?
 
Dopo una giornata passata a girare a vuoto, sorvolare in maniera quasi ossessiva quello spazio di terra –e quasi tutta quella ad almeno tre chilometri di distanza-, per assicurarsi che era sicura, dopo aver badato a Lyve e averla messa persino a dormire senza riportare troppi danni, dopo aver finto di stare bene e di essere più felice che mai, e dopo aver fissato per lunghi, lunghissimi minuti la porta, Goku si era finalmente deciso. Sarebbe entrato là dentro, e… non sapeva che avrebbe fatto. Il suo era un disperato tentativo, ne era consapevole, però lui non si era mai scoraggiato di fronte a nulla. “Buonanotte Goku” Falck lo richiamò al presente. Era appoggiata allo stipite della porta, e lo guardava dolcemente. “Buonanotte” rispose, per poi ricominciare a fissare la porta. L’aliena sorrise, e si chiuse la porta alle spalle. La sua scimmietta non si dava mai per vinta. Si avvicinò al letto con passi lenti, per poi stendersi accanto al suo Loveno, accoccolandosi tra le sue braccia e inspirando il suo profumo. Solo là si sentiva veramente al sicuro, in pace, a casa. Sperava veramente che Goku e Vegeta trovassero quella sicurezza, perché non c’era niente di più bello.
 
Goku si era alzato, dirigendosi a passo di marcia verso la porta, deciso anche a svegliarlo. Fece per mettere la mano sulla maniglia, quando questa si aprì, rivelando la figura un po’ emaciata del principe. Entrambi, colsi alla sorpresa, rimasero a fissarsi, con i lunghi discorsi che si erano preparati che volavano al  vento, e sembravano aver perso d’importanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
IL MIO ANGOLINO
Ta-dààà. Ecco a voi il capitolo! Mi avevate chiesto un capitolo privo di suspense e colpi di scena? Ci sono quasi riuscita. Insomma, un capitolo molto introspettivo e basato più che altro sul discorso di Falck con Veggie e dei pensieri di quel testone  principe. Poi per quanto riguarda la fine… Oh, ma guardate. Vegeta è uscito dal suo rifugio. Chissà per fare cosa. Non credo proprio un bicchiere d’acqua. Ma per saperlo dovrete aspettare lunedì!! Nel frattempo… ditemi tutto quello che vi passa per la testa!! Ipotesi e… quanto mi odiate! Io però vi amo per i vostri splendidi commenti e il vostro sostegno!
Bacioni <3

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


CAPITOLO 30
 
 
Si guardavano, non sapendo esattamente cosa dire. Nell’aria la tensione era palpabile. Entrambi aspettavano che fosse l’altro a fare la prima mossa. A entrambi sembrava però di avere la lingua attaccata al palato e di aver perso ogni cognizione di tempo. Vegeta guardava Goku, uguale a come lo era sempre stato, ma anche diverso. Sembrava più… maturo? Possibile? Come se fosse invecchiato tutto d’un colpo. Goku guardava Vegeta,  più stanco e debole, ma con la solita luce combattiva e disprezzante negli occhi. Quello che trovò strano, però, fu che quella luce era più tenue, più morbida. Continuavano a guardarsi, in piedi, ai due lati della porta, che sembrava dividere due mondi. Quella soglia, in effetti, era un varco. Se Goku l’avesse oltrepassata, avrebbe in qualche modo distrutto l’equilibrio del principe, che aveva in mente di valutare la situazione per poi decidere cosa realmente fare, e sentendosi messo alle strette, come se la decisione fosse già stata presa, lo avrebbe cacciato via, facendo continuare quel gioco doloroso che s’imponevano. Se invece fosse stato Vegeta ad attraversare quella soglia, sperando che facendo lui la prima mossa quell’umiliante situazione sarebbe finita, attendendo poi che fosse Goku a rompere il silenzio, che però non avrebbe detto una parola, pronto a sentire quello che l’altro diceva, il principe dopo poco se ne sarebbe tornato nella sua camera, con una scusa qualsiasi. Ma nessuno dei due poteva saperlo, ed entrambi erano bloccati. Tutto dipendeva da quella soglia. Erano distanti appena mezzo metro, ma sembrava un oceano. Silenzio. Pesante e denso d’attesa. Si osservavano, senza dire una parola. Vegeta lo guardava negli occhi, non sapendo bene che fare. Diamine, non aveva la minima idea di che cosa gli era preso quando aveva deciso di uscire. Era stato un momento di debolezza, si diceva. Uno stupido momento di debolezza, un errore che non andava ripetuto. Adesso sarebbe dovuto tornare nella camera, sbattendogli la porta in faccia. Codardo! Non è stato un momento di debolezza, smettila di avere paura. Hai avuto finalmente il coraggio di affrontare il tuo malsano blocco. Non tirarti indietro! Mentre le due fazioni della sua testa combattevano una guerra senza esclusione di colpi, rimaneva immobile. Le gambe dolevano, come se mille spilli infuocati le stessero perforando, ma continuava a guardarlo, tentando di resistere e superare quel limite che il suo corpo aveva. Sarebbe stata un’ennesima sconfitta cedere a quel dolore. Goku notò il repentino cambio d’espressione, la sua pelle che diventava sempre più pallida e la mano che tremava leggermente. Vegeta però rimaneva immobile, senza considerare il dolore che evidentemente stava provando. Spinto dalla convinzione che prima avesse detto qualcosa, prima l’altro avrebbe potuto sedersi e stare meglio, si decise a parlare. “Mi odi ancora?” chiese quasi in un sussurro, senza neanche rendersene conto. Il principe s’irrigidì, preso alla sprovvista da quella domanda, impegnato com’era nelle sue lunghe elucubrazioni. Non rispose, a corto di parole. Dopo alcuni attimi di silenzio, Goku ricominciò a parlare, considerandola una risposta positiva. “Perché mi odi? Che cos’altro devo fare per convincerti? Me lo puoi dire? Non ho più idee. Ti ho confessato cosa provo per te, ti ho salvato la vita, ho tentato di parlarti a cuore aperto…” il giovane sayan era confuso, la frustrazione si sentiva a note sempre più alte nella sua voce. “Non capisco. Secondo te, che cosa potrei guadagnarci nello stare dalla parte di un re morto e salvarti? Espormi per te, donarti il mio cuore. Farti scappare con noi, mettendoci in pericolo? Sei più intelligente di me, lo so” disse, corrugando la fronte “Forse sono io che non capisco perché sono troppo stupido. Ma, per favore, potresti spiegarmelo tu? Giuro che se lo fai, e mi dai delle valide motivazioni, non ti parlerò mai più. Dopo che sarai guarito te ne andrai e non mi rivedrai” disse, con una scintilla disperata negli occhi “Lo sai che io le promesse le mantengo. So che mi consideri solo uno stupido reietto di terza classe, e tu sei il grande principe dei sayan, ma possiamo fare questo patto? Spiegami che cosa dovrei guadagnare in tutto ciò, e ti lascerò andare per sempre. Anche se ti amo da star male, se ti renderà felice per me va bene. Se però non li trovi, i motivi, devi spiegarmi un’altra cosa. È tanto difficile cercare di amarmi? Lo so che cose del genere sono disonorevoli per noi sayan, però… non credi potresti essere felice?” lo guardò intensamente, per dei brevi momenti che sembrarono ad entrambi ore. “Allora, affare fatto?” gli tese la mano, cercando di abbozzare un sorriso. Da quando era così difficile sorridere? Si chiese. Vegeta faceva scattare lo sguardo dal suo volto, rassegnato, ma che cercava di dimostrarsi sereno, alla sua mano, tesa verso di lui come se fossero due sconosciuti. Nella sua mente vorticarono milioni di idee e di concetti, un’infinità di parole, immagini, ricordi, profumi, lo travolsero. Kakaroth che rispondeva con un rigido cenno del capo all’ordine di suo padre. Kakaroth che si lanciava su di lui. Kakaroth che obbediva cecamente al re. Kakaroth che lo colpiva, senza alcuna pietà. A quei ricordi lugubri, però, senza alcuna ragione, si sovrapposero degli altri. Kakaroth che rideva, mentre lo inseguiva. Kakaroth che diceva qualcosa di terribilmente stupido, e lui che gli tirava un pugno. Kakaroth che mangiava tutto quello che trovava sulla tavola, le guance che quasi scoppiano. Kakaroth che gli sfiorava le labbra, guardandolo intensamente, come stava facendo in quel momento. Kakaroth che lo baciava, e il mondo che svaniva. Kakaroth che sorrideva, radioso, felice, con tenerezza, vittorioso, innamorato, di lui, triste, come lo vedeva fare adesso e poche altre volte nella sua vita. Quel sorriso che lo aveva incitato a non mollare, quando era in punto di morte, e che adesso lo stava lasciando andare, dimostrando una maturità che non avrebbe mai immaginato. Per la tua felicità, senza secondi scopi. Voleva solo una risposta. Che lui non riusciva a dargli. Né aveva avuti tanti, di motivi, fino a pochi secondi prima. E ora erano spariti nel nulla, sembrando troppo futili, come dei capricci di un bambino. Vegeta sapeva che forse si sarebbe pentito di quello che stava per fare. Si sarebbe dato dell’idiota, dello stupido, del mentecatto, del fuori di testa, del pazzo e si sarebbe domandato che diavolo gli era preso. Ma, forse, sapeva che cosa gli era preso. Di nuovo quel pensiero indefinito e spaventoso si fece largo tra i suoi pensieri, e un altro raggio di luce illuminò le tenebre del suo essere. Fece un passo avanti, cercando di trattenere il tremitio delle gambe. Goku lo guardava stranito, notando il suo sguardo determinato, come quando si stava per lanciare in un’impresa folle e molte probabilmente masochista, trascinando solitamente anche lui. Ora erano vicinissimi, l’unica cosa che gli separava era un sottilissimo filo d’aria. Il più giovane tratteneva il respiro, non volendo illudersi fino all’ultimo. Vegeta era pericolosamente vicino, che lo scrutava con attenzione, corrugando le sopracciglia. Sembrava essere in cerca di qualcosa. Poi puntò i suoi occhi in quelli dell’altro. Gli agganciò in una morsa ferrea, assottigliando lo sguardo. “Mi hai tradito, bastardo” sibilò. Goku sembrò smontarsi, e nonostante avesse tentato di non cadere in quella trappola, si rese conto di averci sperato davvero. Fece per ricominciare a parlare, ma una poderosa testata lo colpì sulla fronte. Non riuscì neanche a lamentarsi, o a mettersi una mano sulla fronte per misurare l’entità dei danni, che il principe gli mise una mano sulla bocca. “Stai zitto Kakaroth. Per una volta in vita tua, sta zitto” sibilò, continuando a mantenere il contatto visivo. Se una qualunque persona sana di mente avrebbe dovuto essere spaventata, o a dir poco terrorizzata, ma anche minimamente intimorita, il giovane sayan era decisamente elettrizzato. Sentiva provenire dall’altro energia positiva, come mai da quando lo conosceva. E questo prometteva del bene. “Mi hai tradito, bastardo” ribadì Vegeta “Hai avuto il coraggio di tradire il tuo principe. Non mi hai avvisato del tuo piano, infame” al sentire questo, Goku sgranò gli occhi. Voleva dire che…? “Hai avuto il coraggio di salvarmi la vita. Hai avuto il coraggio di esprimere dei sentimenti nei miei confronti. Sei un’idiota. Non sai in che guaio ti sei cacciato” disse, avvicinandosi ancora di più e togliendogli la mano dalla bocca. Goku aprì la bocca per parlare, ma delle labbra sottili impedirono a un qualsiasi suono di uscire. Vegeta lo aveva baciato. Dopo un momento di shock, si rese conto che lo aveva fatto davvero. Troppo felice per dire qualsiasi cosa, rispose al bacio, dischiudendo le labbra e permettendo alle lingue di entrare in contatto. Come dopo una lunga apnea, finalmente potè prendere ossigeno, e i suoi muscoli si rilassarono. Non si era neanche reso conto di essere in tensione. Aveva portato le mani sui fianchi dell’altro, sorreggendolo più che poteva da quella posizione. Con l’ultimo baluginio di lucidità che gli restava, perché, sì, non sapeva più neanche come si chiamava, si era ricordato del fatto che l’altro non riuscisse a reggersi in piedi. Si perse in quel dolce contatto, meravigliandosi ancora una volta di quanto gli erano mancati i suoi baci, e stupendosi per essere riuscito a resistere così a lungo. Come aveva fatto? Non lo sapeva, e sinceramente non gli importava. L’unica cosa che in quel momento aveva davvero importanza era la bocca di Vegeta a contatto con la sua, le loro lingue che s’intrecciavano, le sue labbra incredibilmente morbide che gli succhiavano il labbro inferiore. Non voleva respirare, da lì non si sarebbe più mosso. Aveva paura che tutto evaporasse, come il più bello dei sogni. E, di conseguenza, annullò ogni tipo di pensiero. A che cosa servivano i se, i forse, i però, se poteva godersi un momento di pura felicità? Il resto poteva aspettare. Vegeta si rese conto di desiderare in maniera morbosa e quasi dolorosa quel bacio solo nel momento in cui, essendo il suo cervello andato in blackout per chissà quale ragione, aveva fatto cozzare le loro bocche, e aveva intrecciato quasi automaticamente le braccia dietro al suo collo. Ti ha contagiato con la sua stupidità, si diceva. Si era dedicato l’intero repertorio di insulti, che aveva negli anni così diligentemente creato per Kakaroth, per i primi minuti di quel bacio, poi quell’altro idiota aveva cominciato a mordicchiargli delicatamente il lobo dell’orecchio e tutti i suoi pensieri erano andati a puttane. In quei momenti, quei momenti radi, unici, forse irripetibili, in cui non pensava, la sua mente si fermava e viveva solo il presente, il sentimento che tanto lo spaventava e cercava di sopprimere lo riempiva, traboccando da tutti i pori. Vegeta era sommerso da un insieme incredibile di sensazioni che lo facevano impazzire, e che lo rendevano felice, così, senza apparente motivo. Sapeva solo che non avrebbe mai voluto essere in nessun altro posto, con nessun altra. Se non fosse stato in quel contesto, con la mente più lucida e nessuna bocca molesta che tracciava piccoli baci infuocati sul suo collo, per poi tornare alla bocca, si sarebbe dato un pugno in testa, e avrebbe negato finchè non si fosse convinto di non averlo realmente pensato. Però… in quegli istanti, riusciva a confessarsi che aveva fatto bene a baciarlo. Mettere da parte il suo orgoglio, seppur per pochissimo, e poter avere la fortuna di vivere quello, ne valeva la pena. Le bocche continuavano a cercarsi, a dischiudersi senza alcuna resistenza e ad assaporarsi, cercando di memorizzare ogni piccola sfumatura. Poi, Vegeta si scostò. Goku, leggermente confuso, piegò la testa di lato. L’altro ghignò. “Non sai in che guaio ti sei cacciato” disse, come se avessero parlato fino a pochi secondi prima, mentre doveva essere passata un’ora buona. Si richiuse in camera, lasciando il cuore di Goku pieno di promesse, le labbra ancora gonfie dal bacio e nessuna voglia di andare a dormire. Si sentiva più vivo che mai.
 
Lyve guardava il soffitto, osservando come l’alba colorasse meravigliosamente ogni centimetro di quella stanza. Se fosse stata grande come il suo papà, o il suo fratellone, si sarebbe alzata dalla culla e sarebbe uscita, per vedere il cielo. Improvvisamente, le venne una gran fame. Se fino a pochi minuti prima non sembrava esserci alcun problema, ora la necessità divenne impellente e la bimba pensò che sarebbe potuta morire se la pappa fosse ritardata di un altro secondo. Scoppiò a piangere, dimenandosi. Cache, che dormiva beatamente nella cuccetta sopra di lei, si girò dall’altra parte, coprendosi le orecchie con il cuscino. Loveno, senza neanche aprire gli occhi, scosse la spalla della moglie, che stava dormendo ancora sul suo petto e non sembrava essersi accorta di nulla. “Falck…” grugnì, troppo stanco per aggiungere altro. L’aliena sospirò, rassegnata ad alzarsi per non dover sopportare ancora quel pianto disperato, quando si placò. Perplessa, aprì di scatto gli occhi, sollevandosi da quella comoda posizione. Goku, allegro più che mai e con un sorriso radioso, aveva preso in braccio la principessina, dandole il latte, che evidentemente aveva preparato con largo anticipo. Falck si stropicciò gli occhi, pensando fosse un sogno. Era davvero il suo Goku quello sveglio alle prime luci dell’alba, perché era sveglio, questo era sicuro, anzi, addirittura vispo, che aveva preparato un alimento senza far scoppiare la navicella e che si era affrettato per andare da Lyve? “Buongiorno Falck! Splendida giornata, non trovi? Se vuoi continuare a dormire la porto a fare una passeggiata! Poi preparo la colazione!” disse allegramente. L’aliena alzò un sopracciglio. Sì, quello era decisamente un sogno. Meglio tornare a dormire. Annuì, per poi ributtarsi sul letto.
 
 
 
 
 









 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Hello everybody!! Alloooooooora… forse, e dico forse, dopo questo capitolo mi sono fatta parzialmente perdonare. Parzialmente, perché non si sono rotolati ancora a terra nudi, ma credo sia un buon inizio per guarire dalla mia vena alquanto sadica nel far finire sempre i capitoli sul più bello! Stavolta il capitolo è finito con un episodio che non c’entrava molto con quello che era accaduto, ma ci tenevo a metterlo per sottolineare quanto è meravigliosamente contento Goku. Vogliamo parlare di Vegeta? No, io non ci riesco. Mi esce solamente un verso alquanto imbarazzante, ma che riassume tutto. Awww *.*
 Dopo questi momenti di quiete, ci sarà la tempesta, vi avviso in anticipo. Perciò… tenetevi forte alla sedia, lettori di Destiny! (?) Va beeeene… Ditemi che cose ne pensate!
Bacioni <3

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


 
CAPITOLO 31
 
 
La quiete regnava sovrana nella navicella d’emergenza. Gocce di pioggia battevano ritmicamente sui pannelli esterni, scandendo i secondi, e conciliando il sonno. Falck si stiracchiava in uno stato di semi incoscienza, godendosi appieno quei momenti, quando un tonfo assordante la fece svegliare di soprassalto. Possibile che dovesse succedere sempre qualcosa? Guardò il piccolo monitor accanto al letto, e vide che erano le sette del mattino. Un altro tonfo si aggiunse a quello precedente, seguito da un borbottio alquanto conosciuto e da una risata sguaiata di una bambina. Un dubbio atroce s’insinuò nella sua mente. E se non avesse sognato? Abbandonati tutti i rimasugli di sonno, si avviò velocemente dalla fonte del rumore, il pensiero che prendeva sempre più forma. Pregò che non fosse successo quello che pensava. Superò in un secondo il pannello di controllo fino ad arrivare al minuscolo cucinino con le dispense, in cui stava avvenendo il misfatto. “Ouch! Lyve! Adesso sveglierai tutti!” urlò Goku in direzione… del soffitto. Sconvolta, Falck ci mise un attimo a registrare la scena. Goku aveva in mano una pentola piena di uno strano miscuglio grumoso e bruciacchiato, la lastra usata per cuocere era incandescente e le numerose pentole poggiate su di esso si stavano letteralmente liquefacendo, Lyve era rannicchiata in quei pochi centimetri che separavano la parte superiore della dispensa e il muro, su cui erano appoggiate varie pentole e che stava scaraventando per terra. In più, sul tavolo erano ammucchiate diverse pietanze in stati disastrosi. “GOKU!” urlò l’aliena, cercando di mantenere la calma. Il sayan, che fino a quel momento era con le braccia tese verso l’alto, come se aspettasse che qualcosa cadesse dal cielo, si raddrizzò, rivolgendole un sorriso radioso. “Buongiorno Falck! Non ti aspettavo così presto!” le disse, come se nulla fosse. “Goku… mi vuoi spiegare perché la mia cucina è in queste barbare condizioni e perché la bambina è sulla dispensa?” gli domandò, contando mentalmente fino a dieci e appellando tutta la buona volontà di cui era disposta. Almeno sta mostrando un segno di vita, sembra essersi scrollato di dosso tutta l’apatia, si diceva. Anche se avrebbe preferito non distruggesse tutto, per scrollarsi l’apatia. Goku si grattò dietro la nuca, ridacchiando. “Ehm… è una storia abbastanza lunga e anche molto divertente…” non fece in tempo a finire che un coperchio lo raggiunse in testa, seguito da una risatina dispettosa. “Ahia Ly! Avevamo detto niente pentole se ero distratto!” la rimbrottò, come se stesse parlando a un compagno che non aveva rispettato le regole di un gioco. Come risvegliata da una specie di trans, Falck si affrettò a spegnere i fornelli, che avevano cominciato a scoppiettare pericolosamente. “Che stai aspettando? Valla a prendere!” gli disse, contando prima di recuperare la bambina e poi di farsi chiarire la situazione. Il sayan continuava a grattarsi la nuca “è proprio questo il bello… lei… ehm… non riesco a prenderla. Mi tira delle padellate addosso. Ha preso tutto da suo fratello” ridacchiò di nuovo, guardando la principessina con ammirazione. “Ti rendi conto che è solo una bambina di pochi mesi, vero? E che sei andato a conquistare dei pianeti, e ti stai facendo battere da lei?” gli disse, esterrefatta. “Va bene ci provo un’altra volta… Su Lyve vieni qui!” piano, cominciò a volare fino a lei, che rideva come se avesse trovato la cosa più divertente della galassia, gli enormi occhioni spalancati. Tirò uno, due, tre, quattro recipienti di metallo con la stessa facilità con cui si solleva una piuma, finchè con suo sommo disappunto non finirono. Il labbro inferiore iniziò a tremarle pericolosamente. Goku si affrettò a prenderla in braccio, dandole modo di scaricare la sua ira funesta sui suoi capelli. Quella bambina era un terremoto. “Eccola qui!” esordì vittorioso, quando poggiò i piedi a terra. “Ora mi vuoi spiegare che diavolo stavi combinando? Magari mentre mi aiuti a sistemare questo incredibile macello!” lo rimproverò Falck, cominciando a girare come una trottola per tentare di salvare il salvabile e di misurare l’entità dei danni. Un paio di tegami erano ormai inutilizzabili, ma altri erano ancora fortunatamente in buono stato. Il cibo era quasi interamente intatto, tranne qualche pasticcio innominabile. “Allora, stamattina, dopo aver fatto una passeggiata qua intorno avevo voglia di allenarmi, ma non sapevo dove portare Lyve così ho deciso che mi avrebbe aiutato. Le ho insegnato a lanciare le pietre, per tentare di colpirmi, così io le dovevo schivare…” “Che cosa?” Falck lo fermò, stranita. “Le hai davvero insegnato a lapidare?” domandò. “Bè, non sapevo dove portarla!” si difese, per poi ricominciare il discorso. “… ha cominciato a piovere e siamo tornati in casa così avrei potuto prepararvi la colazione, ma ho fatto un po’ di… disastri. E mentre cercavo di sistemare delle cose la ho persa di vista e… bè, era finita dove l’hai trovata tu, tirandomi tutto quello che trovava!” concluse, come se fosse un fatto normalissimo. L’aliena sospirò, massaggiandosi le tempie. Calma, sono ancora tutti vivi e nessuno è particolarmente leso. “Almeno non si è fatto male nessuno. Stai più attento la prossima volta, va bene? E non insegnare cose pericolose, come vedi ti si ritorcono contro”  gli disse, mentre ripuliva il tavolo con una pezza. In due secondi, la zona cibarie era tornata più pulita di prima, sotto lo sguardo colpito di Goku. “Ora la preparo io la colazione, che dici? Posso fare una torta” gli disse, sorridendo. Il sayan sorrise ancora più apertamente, dimenticandosi di avere un piccolo mostriciattolo che lo stava torturando. “Sto morendo di fame! Sei la migliore Falck!” gridò, portandosi una mano sulla pancia che brontolava. “Puoi cucinare una colazione speciale per Vegeta? Voglio fare bella figura quando gliela porto!” le disse, acquisendo un’aria un po’ seria, un po’ buffa. L’aliena, già presa con i vari ingredienti, lo guardò dolcemente. “Non credo che ti faccia entrare” disse, ponderano il tono per non guastare quel buon umore. Sorprendentemente, il suo viso s’illuminò di una luce nuova, cosa che le fece sperare in delle novità. “Io credo di sì!” Falck lo guardò un altro istante, socchiudendo gli occhi. “Devi dirmi qualcosa?” chiese, come se nulla fosse, ricominciando a sbattere l’impasto. Il sayan balbettò indistintamente qualcosa, arrossendo un po’ e cercando di staccare la principessina dalle sue ciocche. “Goku!” Falck si girò verso di lui, con un’espressione falsamente indignata. “Non ti starai forse vergognando di me?” disse, mettendosi le mani sui fianchi. Goku avvampò, grattandosi la nuca. “Va bene, ora ti racconto”
 
Un bussare insistente alla porta lo sveglio, trascinandolo fuori dal dolce mondo dei sogni. Aprì gli occhi, tentando di far riconnettere tutte le connessioni cerebrali. “Ti ho portato la colazione!” urlò una voce familiare da dietro la porta. Vegeta si mise a sedere, stropicciandosi gli occhi e riprendendo consapevolezza di quello che era successo. Di quello che era successo quella notte, o meglio, quella mattina. Animato da chissà quale forza, si mise in piedi, notando con piacere che le gambe non dolevano più, e aprì la porta. Goku, allegro e gioioso più che mai, lo accolse con un sorriso. “Buongiorno! Ti ho portato la colazione!” ribadì, e prima che lui potesse commentare con qualcosa di acido, entrò nella stanza, portando un vassoio pieno di leccornie. “Mangiamo insieme! Vieni!” disse, prendendolo per un braccio e trascinandolo via dalla porta. Il sonno lo abbandonò in quell’istante. “Idiota! Non toccarmi!” borbottò, storcendogli il braccio. “Ahia! Conserva le energie per dopo! Dobbiamo allenarci! E ora mangia” disse, per niente turbato da quel teatrino. Era la cara, vecchia, dolce quotidianità. “Non intendo mangiare il tuo cibo, stupido. Sono il principe dei sayan ed esigo un trattamento consono” sbraitò, sedendosi sul suo letto e incrociando le braccia, come un bimbo permaloso. “Per allenarci devi essere in forze! Quindi mangia! Non vorrai mica che ti batta?” lo stuzzicò, contando sul suo orgoglio. “…Tsk” disse solamente sua maestà, ingozzandosi senza alcun ritegno delle prelibatezze che c’erano per colazione. “Ehi, così non vale! Devi aspettarmi!” felice come una pasqua, Goku si avventò sul tavolino aspirando ogni cosa. Finirono di mangiare in pochissimi minuti, nonostante l’enorme quantità di cibo, e senza dire una parola. “Andiamo ad allenarci” disse il principe, che non vedeva l’ora di provare la meravigliosa sensazione che derivava dall’avere i muscoli sotto tensione, un qualcosa di abituale e in qualche modo rassicurante. Si sentiva… diverso. E come al solito non sapeva spiegarlo. In realtà, non gli importava molto. “Sei sporco” proruppe Goku, dando segno di non averlo ascoltato minimamente. Gli diede un casto bacetto sul labbro inferiore, lasciandolo atterrito. Come osava? Non poteva prendersi certe libertà con lui! Era pur sempre un principe, dannazione. Quello che era successo non cambiava assolutamente le cose. Lui aveva un nome e una dignità da difendere!. “Proprio lì” ridacchiò Goku, mentre seguiva con attenzioni i vari mutamenti d’espressione sul volto dell’altro. Sorpresa, sbigottimento, vergogna, rabbia. E un po’ di felicità, l’aveva vista. Ne era sicuro. “Decerebrato di terza classe!” ringhiò, come grido di battaglia, prima di scagliarglisi contro. “Vegeta andiamo fuori! Non vorrai distruggere tutto!” urlò il giovane sayan, mentre schivava per un pelo un destro abbastanza forte. “Non m’interessa questa stupida navicella!” gridò, tirando un altro pugno a vuoto. Goku rise, non sarebbe cambiato mai. Qualsiasi cosa sarebbe successa, lui sarebbe stato sempre lo stesso irascibile, burbero e allergico ai sentimenti principe dei sayan. Non poteva esserne più felice. Aveva temuto, in uno dei momenti di riflessione dopo l’accaduto, che in qualche modo si sentisse a disagio e in qualche modo diventasse meno… meno quello che era. Invece era sempre uguale. C’era qualcosa che lo turbava, lo percepiva, ma non era il momento di parlare. Era il momento di divertirsi. Si buttò in direzione della porta, per poi uscire fuori, contando che l’altro lo seguisse. Neanche un secondo, e Vegeta era di nuovo pronto a colpire, davanti a lui. Finalmente un po’ di sano combattimento, pensò.
 
“Basta, sono distrutto!” ansimò Goku, crollando a terra. “E poi ho una fame da lupi!” aggiunse, ascoltando il suo povero stomaco che borbottava. “Proprio quando il combattimento si fa più interessante, ti arrendi. Sei un caso senza speranza” disse Vegeta, tentando di non far percepire il fiatone. “Ma io ho fame! Sono ore che combattiamo! Torniamo alla navicella!” esclamò l’altro sayan, rimettendosi in piedi. Si guardò in torno. Dov’era la navicella? “Ehm… Vegeta? Quanto ci siamo allontanati?” chiese, allarmato dal non riuscire neanche a percepire l’aura dei falciani o di Lyve. “Abbastanza. Non avrai mica paura?” ghignò, mentre la pioggia cominciava a diventare più forte e un tuono squarciava il silenzio. Fece un passo avanti, ma un ginocchio cedette. “Stai bene?” domandò allarmato Goku. “Tsk, sto benissimo. Andiamo” provò a spiccare il volo, ma l’altra gamba si piegò leggermente, dando segni di stanchezza. “Forse è meglio che aspettiamo finisca la pioggia, non trovi faccia freddo?” disse l’altro, preoccupato dal suo stato di salute e tentando di non farlo capire. “Sei un rammollito. Ti fermano due gocce d’acqua! Sei una vergogna per noi sayan” lo sbeffeggiò, fingendo che le gambe non avessero ricominciato a pungere in maniera quasi insopportabile e che il suo equilibrio fosse di nuovo precario. “Dai andiamo in quella taverna! Magari mangiamo anche qualcosa” provò il più giovane a farlo ragionare, indicando quello che sembrava un locale per i soldati, unico edificio nel giro di molti chilometri, distante solo un centinaio di metri. Nessuno avrebbe fatto caso a loro, in locali del genere la gente strana era all’ordine del giorno. “Umpf” fu la risposta di Vegeta, mostrandosi più in buona salute che poteva. Odiava le sue debolezze, non riusciva a sopportarle. Goku sapeva che non avrebbe voluto essere aiutato, così lo lasciò fare, dandogli sempre un occhiata. Arrivarono dopo pochi minuti, nonostante la camminata un po’ zoppicante del principe. Quanto avrebbe voluto prenderlo in braccio! Pensava il giovane sayan. Ma sapeva che non glielo avrebbe permesso neanche se le gambe gliele avessero amputate. Entrarono, chiudendosi la porta alle spalle e sedendosi senza troppi complimenti al primo tavolo libero. Non c’era praticamente nessuno, se non un paio di sayan troppo ubriachi per spiccicare parola e un alieno che dava l’impressione di essere sul punto di sgretolarsi. Si avvicinò a loro, strisciando i tre piedi. “Che cosa vi posso portare?” chiese con voce rauca. “Doppia porzione di tutto quello che avete” disse Goku, rallegrandosi un po’ all’idea di avere qualcosa da mettere sotto i denti e ancora più felice che fosse tutto gratis. Quel posto infatti era pensato per i sayan che tornavano da lunghe spedizioni su altri pianeti, senza un soldo e molto stanchi. Quando il cameriere se ne andò, il moro si rabbuiò di nuovo, guardando ansiosamente Vegeta. Non gli piaceva vederlo così… fragile. Lui era sempre stato quello indistruttibile, qualsiasi cosa accadeva. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma l’unica che poteva era Falck. Adesso doveva pazientare e attendere che stesse meglio. “Sei un pozzo senza fondo” borbottò, stringendo i denti. Dannatissime gambe. “Quanto dobbiamo rimanere in questo posto?” sbraitò, costringendosi a non emettere un suono. “Finchè non starai meglio” il principe s’irrigidì. Se n’era accorto, maledizione. Stava per ribattere che lui stava benissimo, quando nella taverna entrò qualcun altro. “Abbiamo fatto bene ad andarcene, fidati... Da lontano potremo vedere tutto sotto un’ottica diversa”. Goku si girò, lentamente, verso l’entrata, e la fonte della voce. Due figure completamente bagnate avevano appena fatto la loro comparsa. Due figure che conosceva molto bene.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Gionborno abitanti di Efp! Non posso dire molto, sono già in ritardo, ma credo che questo capitolo si spieghi da solo. Si, lo so, la mia sindrome da re Vegeta sta raggiungendo livelli esponenziali. Chiedo perdono! Ma un po’ di suspanse ci vuole! Ditemi quello che pensate, e siete autorizzati a imitare Lyve!!
Bacioni!  

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


CAPITOLO 32
 
 
Una cortina silenziosa era scesa nella taverna. Tutto sembrava essersi fermato. Le risatine sconnesse dei due sayan ubriachi erano cessate dopo alcuni minuti, puntando il loro sguardo sui due sconosciuti. Anche l’oste si era immobilizzato, fissando ansiosamente i nuovi venuti. Vegeta guardava confusamente Goku, che si era raggelato, lo sguardo che passava incessantemente da un sayan all’altro. Non capiva che cosa era successo. Perché quello strano comportamento? Conosceva quei due sayan? Erano dei nemici? Quell’attesa snervante lo stava facendo innervosire, non sapeva come doveva comportarsi. Quando, uno dei due forestieri si decise a parlare. “Kakaroth?” domandò, sorpreso. Dopo alcuni momenti di esitazione, Goku sembrò animarsi. “Padre?” chiese, incerto. Il ghiaccio si ruppe, e simultaneamente, i due sayan si andarono incontro. I loro sguardi s’incrociarono, legandosi. Dipendeva tutto da Goku, Bardack lo sapeva. Da come avrebbe reagito, sarebbero dipese molte cose. Era… strano. Goku non riusciva a definire bene le emozioni che lo travolgevano. Come trovare il tuo passato nel presente, come se un tuo sogno che avevi considerato impossibile si fosse realizzato. Lui aveva realmente perso le speranze di rincontrare suo padre, da molti anni, ormai. Certo, aveva sempre continuato a sperarci, ma sempre con meno vigore, fino a farla diventare un tenue speranza. E ora, eccolo lì. Davanti a lui, dopo quindici anni che non si vedevano, solo sporadiche lettere, quando capitavano. Che fare in quei casi? Che cosa dire a un padre che ti aveva abbandonato in mano ad uno sconosciuto, solo per il capriccio di quest’ultimo? Senza controbattere, senza provare a trovare una soluzione. Che cosa dire alla persona che per lungo tempo, tutte le notti, avevi segretamente pregato ti venisse a prendere? Un padre etereo quasi, inconsistente, un mito da raggiungere, ma pur sempre un mito. Un ricordo che sbiadiva nel corso degli eventi. Che non sapeva niente di lui, se non il nome. Perché suo padre era stato Loveno, sua madre era stata Falck. Erano stati loro a curarlo, a farlo sentire amato, protetto. A insegnargli a vivere, ad amare. Non certo quel sayan che si trovava davanti, e per cui aveva provato per tutta la sua vita ammirazione, ma in quel momento si rendeva conto non aver fatto mai niente per meritarla, se non qualche evento che rammentava di quando era piccolo. Eppure, non riusciva a provare odio, astio o disprezzo. Non era da lui. Forse da Vegeta, che guardava la scena a occhi sgranati. No, lui provava solo commiserazione, dispiacere, per suo padre, che aveva perso un figlio per la boria di qualcuno sopra di lui e non aveva avuto il coraggio di andare a riprenderselo. Forse era arrivata l’ora delle spiegazioni e dei chiarimenti. Chissà, magari di una riappacificazione. Fece un mezzo sorriso, e gli tese la mano. L’altro, stupito, tese leggermente le labbra, stringendo con forza la presa, guardandosi negli occhi. Avevano tante cose da dire, Bardack lo sapeva. Sinceramente non aveva sperato in quello che sembrava un perdono, ma la realtà era che non conosceva suo figlio, quindi non sapeva che cosa aspettarsi. Quello era a tutti gli effetti uno sconosciuto, con il suo stesso sangue, ma pur sempre uno sconosciuto. L’altro sayan, rimasto sulla soglia, si avvicinò. “Chi è questo sayan? Perché ti ha chiamato padre?” domandò, non trattenendo al curiosità. Bardack lasciò la presa, girandosi verso l’altro sayan. “Toma, questo è mio figlio Kakaroth” disse, con una punta impercettibile di orgoglio. L’altro strabuzzò leggermente gli occhi, come se improvvisamente gli fosse tutto chiaro. Doveva avergli parlato di lui, capì Goku. “Che cosa ci fai qui? Non dovevi essere al castello?” chiese, tornando nuovamente serio. Il giovane sayan fece per parlare, quando venne bloccato dalla voce di Vegeta. Si era alzato, poggiandosi al tavolo. Solo Goku se n’era accorto, però, poiché gli altri due erano troppo impegnati a fissarlo, sorpresi. “Kakaroth, ho già perso abbastanza tempo. Spiegami immediatamente che cosa sta succedendo” ordinò, imperioso. Sentendo la sua voce, i due sayan capirono subito di chi si trattasse. Si inginocchiarono, per poi alzarsi nuovamente, sotto lo sguardo compiaciuto di Vegeta. Finalmente qualcuno che lo riconosceva come dovuto. “Principe, che cosa ci fa qui?” domandò Toma, alzandosi. “Hanno annunciato la vostra morte” disse Bardack, alzandosi a sua volta. Vegeta s’immobilizzò. “Che vuol dire che hanno annunciato la mia morte? Come ben vedi sono vivo. Chi ha detto quest’assurdità?” ringhiò rabbiosamente, mentre montava la rabbia. “E anche quella del re. È stato il nuovo re, Freezer. Non ne sa niente?” domandò Bardack, aggrottando le sopracciglia. Goku, felice di aver rimandato i chiarimenti con suo padre a dopo, s’intromise. “Siamo andati via dal castello da circa dieci giorni. Ci siamo spostati molto, per non farci trovare. È un paio di giorni che siamo fermi” spiegò, notando preoccupato che Vegeta aveva perso di nuovo colore. Una gocciolina di sudore scendeva dalla tempia, come se stesse facendo uno sforzo enorme. Anche gli altri sembrarono notarlo. “Forse è meglio andare alla base” sussurrò Toma “Non è furbo parlare di questi argomenti in luoghi pubblici” continuò, dando un’occhiata al cameriere, che vedendo l’occhiata torva del sayan si affrettò a ricominciare a pulire il bancone, sobbalzando. “Abbiamo anche delle camere di rianimazione che potrebbero esservi utili” disse rivolto al principe. “Portateci in questa base” ordinò lui, acconsentendo. Aveva un disperato bisogno di cure decenti e all’avanguardia. Quella sensazione di fragilità lo stava mandando in bestia. Fece un paio di passi verso la porta, mordendosi l’interno della guancia per non imprecare, quando un supporto inaspettato lo raggiunse. “Ti aiuto io” propose Goku, avvolgendosi il collo con il suo braccio. “Non ho bisogno d’aiuto” ringhiò, provando a staccarsi, con l’orgoglio scalpitava. “La base è abbastanza lontana, in quelle condizioni non ce la farebbe ad arrivare” osservò obbiettivamente Bardack, per poi spiccare il volo, seguendo Toma. Sopportando l’umiliazione in silenzio, smise di dimenarsi. Goku ringraziò mentalmente suo padre. La pioggia si era fortunatamente diradata, e c’era solo delle gocce che scendevano  sporadicamente dal cielo. L’aria era fredda, e in quel paesaggio di desolazione tutto sembrava più tetro e solitario. Goku però sentiva caldo. Caldo, caldo dappertutto. Avere il corpo di Vegeta accanto, praticamente abbracciati, scatenava in lui diverse reazioni chimiche. Il cuore iniziava a battere più velocemente, il sangue affluiva con più velocità, colorandogli leggermente le guance, le braccia andavano a stringere in maniera quasi ossessiva il corpo del principe. Sentiva come una calamita che lo spingeva sempre più vicino. Avrebbe voluto essere così vicini da potersi fondere. Stava così bene, quando era con lui. Tutte le preoccupazioni svanivano. Anche il fatto che fossero sull’orlo di un qualcosa più grande di loro, forse lontani più di mille chilometri dalla loro navicella*, ricercati, e stessero per andare nel “covo” del padre che non vedeva da quindici anni, sembravano avvenimenti di seconda importanza. Sorvolarono un tratto che pareva interminabile di pianura stepposa e priva di qualsiasi attrattiva: solo erba ingiallita e qualche masso ogni tanto, finchè, come se una linea invisibile delimitasse le due zone, improvvisamente non iniziarono delle collinette, e la vegetazione si fece più fitta. Iniziarono a perdere lentamente quota, fino a poggiare definitivamente i piedi a terra. Atterrarono nel valico tra due collinette piuttosto vicine, una fessura così stretta che le spalle quasi sfioravano le due parti opposte. Bardack ispezionò la parete davanti a sé per diversi secondi, finchè non sembrò trovare quello che cercava. Diede un forte pugno a quella che sembrava semplicemente terra, che al contrario di quello aspettato dalla forza del colpo non iniziò a discreparsi, ma anzi, con fluidità si aprì un varco. “Lasciami adesso” ordinò Vegeta, staccandosi imbarazzato. Goku, cadendo dalle nuvole, lasciò la presa. Stava talmente bene abbracciato a lui… Iniziarono la discesa in quel tunnel, completamente rivestito di metallo e che sembrava in tutto e per tutto il corridoio di una modernissima navicella, non certo un buco scavato nel terreno. Era abbastanza stretto, e perciò dovevano camminare in fila indiana. Vegeta sentiva lo sguardo dell’altro sulla nuca, ed era abbastanza certo che stesse valutando la sua salute fisica, ed era altrettanto certo che se non avesse dimostrato un livello abbastanza “adeguato” per quell’idiota che si stava dimostrando iperprotettivo, sarebbe venuto e in barba a qualsiasi cosa lo avrebbe preso in braccio. Cosa che non poteva assolutamente permettere. Perciò teneva le gambe più ferme che poteva, stringeva i denti e tentava di non far notare che sarebbe svenuto da un momento all’altro. Non riusciva più a fare due passi, dannate gambe. Arrivarono davanti a una porta scorrevole, e Toma, quello più avanti, mise una mano sul monitor. La porta si aprì, rivelando un’ampia sala dove intorno a un tavolo diversi sayan discutevano, battendo i pugni sul tavolo e alzando la voce. “NON ESISTE! NON HO ALCUNA INTENZIONE DI RIMANERE QUI!” gridò un sayan dai capelli strani, alzandosi e sbattendo i palmi. “INVECE TU RIMANI QUI. CEDI IL POSTO A SAYAN PIU’CAPACI DI TE” sbottò un altro dai lunghi capelli, alzandosi a sua volta. Alla loro entrata, una sayan emise un sospiro di sollievo. “Finalmente sei tornato, Bardack. Non la smettevano di battibeccare” disse, abbastanza seccata. “Turles, Radish, state zitti un attimo. Potrete combattere dopo. Ci sono novità” disse, indicando Goku e Vegeta, entrati in quel momento. Nella sala scese il silenzio, poi, come una catena, si alzarono e s’inchinarono. “Alzatevi” ordinò il principe, compiacendosi non poco. “Che cosa ci fa il principe qui?” domandò la stessa sayan di prima. “è una storia abbastanza lunga. Per il momento serve una camera di rianimazione, ha riportato gravi lesioni” disse, e due sayan si alzarono in piedi, facendo cenno a Vegeta di seguirgli. Con enorme sollievo per essere riuscito a resistere, andò dietro di loro, e tutti poterono notare la coda mancante. Alcuni rabbrividirono, altri trattennero il fiato. Avere la coda tagliata era… un abominio. Qualcosa per cui solo i più grandi traditori erano costretti. Una domanda aleggiava nell’aria: che cosa poteva aver fatto di tanto grave? Nessuno però osò porgerla, e rimasero in silenzio finchè non scomparve da dietro il pannello. “Kakaroth? Sei tu?” ruppe il silenzio il sayan dai capelli lunghi. “Radish!” esclamò il giovane sayan. “Incredibile” mormorò questi “allora non sei più tanto inutile come da bambino, eh? Sei riuscito a scappare. Come hai fatto?” chiese, avvicinandosi e dandogli una pacca sulla spalla. “E perché c’era il principe con te? Ma, specialmente, perché non è morto?” domandò il sayan dagli strani capelli. “Ah, piacere Kakaroth. Sono il tuo fratellastro, Turles. Comunque, spiegati” disse questi, presentandosi come se nulla fosse. “Come? Mio fratello?” chiese stranito Goku. Ora che ci pensava, si somigliavano davvero tanto. “Sì, il vecchio si è scopato mia madre e l’ha messa incinta. La troia mi ha lasciato sulla soglia di casa sua, e nessuno l’ha più vista. Perciò siamo fratellastri” spiegò con noncuranza. Il sayan annuì, assorbendo la notizia. “Prima di qualsiasi cosa, mi volete spiegare che posto è questo? Che cosa sareste voi, una sorta di resistenza? A Freezer?” parlò velocemente, cercando di esprimere i dubbi più importanti. “Sì, possiamo dirci una sorta di resistenza” disse un sayan seduto infondo al tavolo “Stiamo cercando di fermare il PSS e ri…” “PSS? Che cosa sarebbe?” lo interruppe Goku “Programma Stermina Sayan. È così che lo chiamiamo quaggiù. Freezer si è già messo in marcia. Molti dei suoi sono venuti su questo pianeta, e sta utilizzando anche delle guardie reali, per raccogliere sayan e mettergli su quei vagoni. Nessuno sa perché, si sa solo che non torna nessuno. Si è messo in moto da subito, e da tutte le regioni stanno scomparendo sayan indipendentemente dal ceto. E nel frattempo altri sono mandati a conquistare pianeti su pianeti. In pratica, nel giro di un anno di noi sayan non ce ne sarà più traccia” spiegò con tono amaro. “Fennel ha ragione. Noi dobbiamo trovare un modo per fermare tutto questo, costi quel che costi. Ora, però, c’è un problema in meno. Una volta spodestato Freezer, ci chiedevamo chi dovesse andare al trono. Rompere una tradizione vecchia quanto il pianeta è qualcosa di quasi impensabile. Fortunatamente, il principe è vivo, e potrà essere sicuramente d’aiuto” disse un altro sayan, seduto accanto alla donna. “Dobbiamo…” “Ehm, scusate” lo interruppe Goku. “Io starei morendo di fame! Non è che c’è una dispensa in questa navicella?” chiese, mettendo una mano sullo stomaco e grattandosi la nuca. Tutti lo guardarono stranito, poi Bardack scoppiò a ridere. “Continueremo a conversazione a tavola” e così dicendo si diresse verso un’altra porta, seguito a ruota da tutti gli altri. Era uno strano sayan, suo figlio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
*ovalica. Perdonate l’intrusione, so che molti non capiranno, ma chi capisce so che si metterà a ridere.
 
 
 
  
IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti! Prima di tutto chiedo scusa per il ritardo, ma mia madre mi toglieva il pc ogni sera e non ho potuto scrivere di notte come mio solito. In più, sono stata impegnata in un’altra Goku x Vegeta *STRANOOOO*, è un po’ particolare, “Oh shit, I’ m pregnant”, se volete darle un’occhiata basta cliccare il mio nome. Alloooooooora… bè, ecco chi erano le due losche figure! Che ve ne pare? Non vedevate l’ora che tornavano, scommetto. E scommetto anche che quasi quasi ci avevate perso la speranza! So che in questo capitolo c’è poca coccolosità tra i due scimmioni, ma era più incentrato sull’incontro in sé! Comunque degli accenni ci sono stati!
Sentite, mi chiedevo… Bardack, secondo voi, è OOC? Perché non ho visto abbastanza puntata con lui per averne la certezza! Mi affido a voi.
Finalmente Veggie ha la tanto agognata camera di rianimazione, così starà un po’ meglio! E magari si sentirà così meglio da venirgli un’assassina voglia di copulare.
Bene, spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile!
Bacioni <3

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


CAPITOLO 33
 
 
Fissava suo figlio, Bardack. Non il maggiore, Radish, quello che aveva avuto sempre con sé, che era stata la sua spalla per lunghi anni, che lo aveva tacitamente aiutato nei momenti peggiori, e che gli aveva sempre terribilmente ricordato la madre, e il periodo d’oro in cui era viva. Quel sayan cinico, calcolatore, freddo, ma sorprendentemente loquace e attaccato alla famiglia. Non il minore, Turles, un errore, lo avrebbero definito, e lui stesso si ostinava a definirlo ancora così davanti agli altri, ma nel profondo non sarebbe potuto essere più contento di quell’errore. Quel sayan impetuoso, passionale, irruento, distruttivo, impensabilmente intuitivo e sensibile. Fissava Kakaroth, Bardack. Il suo secondo figlio, quello che aveva stravolto la sua vita portandogli via la sua donna, quello che a sua volta gli era stato portato via, e non aveva mai avuto il coraggio di andare a riprendersi. Un codardo, ecco cos’era stato. Si era convinto che quegli sporadici messaggi sarebbero bastati come prova concreta che stava facendo la cosa giusta, rispettare un ordine e dare un’opportunità in più per avere un posto nel tanto ambito esercito reale. Una possibilità di vita migliore, per quel figlio così strano, di indole buona. Ora, però, guardandolo mangiare in maniera vorace, come se avesse il bisogno ineluttabile di avere sempre la bocca piena, rispondendo a monosillabi alle domande che gli venivano poste, e tentando di articolare un discorso senza farsi sfuggire niente dalle guance, si rese conto di aver sbagliato tutto. Tutto quello che aveva creduto in quegli anni, che gli aveva fatto continuare la sua vita così com’era sempre andata, in un precario equilibrio mentale, si stava sgretolando, lasciando solo il vuoto. Un vuoto che lo spaesava e avrebbe potuto gettare nel panico, ma lui era un sayan, era stato un comandante di legione, era il capo della rivolta, e non cedeva a simili sciocchezze. La verità che gli era sopraggiunta, però, continuava a risuonare nella sua mente. Lui non conosceva suo figlio. Quello che aveva davanti a lui, una sua copia più giovane, e una copia più grande di Turles, era solo un sayan, come avrebbero potuto esserlo tanti altri. Avevano solo il sangue, in comune. E si domandava perché tutto ciò gli desse così irrimediabilmente fastidio, come se avesse lasciato qualcosa di inconcluso. Non aveva mai dato peso, come tutti i sayan d’altronde, a sciocchezze del genere. Diede un altro morso al pezzo di carne che aveva nel piatto, cercando di concentrarsi sul discorso. Il ronzio che aveva infondo alla testa, però, non sembrava aver alcuna intenzione di desistere. Anzi, si faceva sempre più fastidioso e persistente. Forse avrebbe dovuto fare qualcosa. O meglio, dire qualcosa per… non lo sapeva neanche lui. Il solo pensiero di dover intrattenere una specie di discorso lo disabilitava. Lui e le parole non erano mai andati molto d’accordo. Si trovava meglio con le pacche, ma qualcosa gli diceva che stavolta non sarebbe riuscito a colmare il divarico di quindici anni di lontananza con un colpo sulla schiena. “… Bardack? Che ne pensi?” domandò, una sayan dai lunghi capelli chiusi in una coda tiratissima, che Goku aveva capito chiamarsi Seripa. Il sayan sembrò cadere dalle nuvole, ma solo per un attimo. Riacquisì subito la sua aria di chi sa tutto di tutti, e di chi regge nelle sue mani molte, troppe sorti. “Prima esprimere un’opinione, e fare una qualsiasi congettura, devo avere una certezza. Kakaroth, tu e il principe siete con noi, giusto? Lo potresti giurare sul tuo orgoglio?” nella sala cadde il silenzio. Nessuno sembrò fiatare, come in attesa della risposta di una domanda così ovvia, così semplice, da averla data per scontata. Quando ognuno di loro sapeva che era essenziale avere delle certezze concrete, ogni passo falso sarebbe potuto essere l’ultimo. I secondi sembrarono dilungarsi all’infinito, finchè Goku non ruppe il silenzio. “Certo che stiamo con voi! Mi avete fatto mangiare! A proposito, era tutto buonissimo! Complimenti al cuoco” rispose allegramente, con la bocca piena, non capendo il perché di quella domanda così strana. “Sono una cuoca! Questi esseri inutili non sanno neanche mettere insieme due pezzi di carne. Tsk, se non ci fossi io” borbottò una sayan con i capelli a caschetto, uscendo da dietro una porta. “Comunque, sono Cauliflower” si presentò, poggiando sul tavolo un’altra pentola stracolma di cibo. Tutti si buttarono sul cibo arrivato, come se non stessero macinando piatti su piatti da circa mezz’ora e stessero morendo di fame, così che la tensione si alleggerì all’istante. “Chard! Lasciami qualcosa!” ringhiò la sayan, in direzione di un sayan smodatamente alto e con un ciuffo di capelli verso l’alto. “Vieni a prendermi” la provocò questi, prendendola per la vita e mettendosela sulle gambe, baciandola a tradimento. “Animale!” sbraitò la sayan, dandogli un poderoso cazzotto e buttandolo a terra. “Ti ho fatto male tesoro?” gli domandò, dolcemente. “Mi dispiace, non volevo” disse ancora, dolce come il miele, ghignando sadicamente e donandogli un piccolo bacio casto sulle labbra. “Questa è la mia donna” ringhiò lui, per poi prenderla in braccio, caricandosela su una spalla. “Chard! Lasciami immediatamente!” si dimenava lei, inutilmente. “Ciao a tutti! E buonanotte anticipata, non credo torneremo tanto presto” salutò il sayan, chiudendosi la porta alle spalle. Goku guardava stupefatto quel teatrino, che non sembrava aver colpito minimamente nessuno dei presente. “Lo fanno sempre, dopo un po’ ti ci abitui. Sono in costante calore” lo informò Fennel, continuando a mangiare. “Ma non farmi ridere! Se avessi anche tu un bocconcino a tua disposizione, non dirmi che non staresti tutto il tempo a scopare! Purtroppo, le uniche sayan a disposizione sono fedeli..:” ridacchiò maliziosamente Turles, con una punta di disappunto, lanciando un’occhiata eloquente a Seripa, e ricevendo in risposta due ringhi, uno suo e uno di Toma. “Turles, se provi un’altra volta ad abbordare Seripa, non sarò di nuovo lì a difenderti. Toma, hai il mio permesso di picchiarlo a sangue” disse Radish, con fare noncurante. “Io non ho bisogno di essere difeso!” sbottarono contemporaneamente Turles e Seripa, gonfiando il petto. Goku sentì come se il suo stomaco si fosse bloccato per un attimo, e i suoi pensieri andarono a Vegeta. Chissà come stava, in quel momento. Magari ci sarebbe voluto più del previsto per guarire del tutto. Aveva bisogno di sapere che stesse bene, ma questo non poteva assolutamente dirlo. Cercò quindi di trovare il lato positivo di quella situazione: avrebbe potuto riallacciare una sorta di legame con la sua famiglia biologica. “Quindi, fai un breve riassunto di quello che hai scoperto, in modo da fare il punto della situazione” esordì Bardack, come se non avessero smesso un attimo di parlare. Lui annuì, cominciando a raccontare nel modo più sintetico possibile quello che gli era accaduto e che avevano scoperto dalla morte della regina, tralasciando i fatti personali, ovviamente, a quando erano scappati con la navicella di Falck. Non fu un racconto di breve durata, anche perché essendo stato fatto molto più chiaramente rispetto alla prima volta, nuovi dettagli emergevano e ci furono molte domande e perplessità. “Le incognite su Freezer però rimangono sempre le stesse. Non sappiamo la sua vera forza, né le sue potenzialità. Non abbiamo uno schema preciso del suo piano, né perché ce l’abbia con i sayan, ma almeno sappiamo dove vuole andare a parare. Vuole le cosiddette “sfere del drago”, che in teoria dovrebbero renderlo immortale. Quindi, per prima cosa dobbiamo avere nuove informazioni, e non possiamo fare niente prima del ritorno di Artichoke, Leek, Pepper e Celery. Propongo di aspettare e nel frattempo consultarci anche con il principe, che potrebbe avere delle informazioni più dettagliate e utili” detto ciò, si alzò in piedi, facendo cenno a Goku. “Vieni, dobbiamo parlare” disse, sintetico, dirigendosi verso la porta. Il giovane annuì, seguendolo fuori dalla sala, mentre gli altri sayan continuavano allegramente a dibattere e a mangiare i rimasugli del pasto. Percorsero un lungo corridoio, che dava a diverse stanze. Passando davanti a una, il sayan poté sentire diverse grida, e subito intuì fosse la stanza di Chard e Cauliflower. Arrivarono in una stanza abbastanza piccola e buia, contenente solo cinque sei camere di rianimazione. Le perforò con lo sguardo una ad una, smanioso di colmare quel vuoto che lo opprimeva e stare finalmente meglio, fino a trovare quello che cercava. Vegeta era completamente immerso nel liquido, i capelli che ondeggiavano placidamente, il volto leggermente più rilassato, coperto quasi interamente dalla maschera per l’ossigeno. Numerose cicatrici gli solcavano la pelle, rese ancora più evidenti alla luce lattea proveniente dall’interno della vasca. Sarebbe potuto rimanere a guardarlo in eterno, ne era consapevole. Non avrebbe mai potuto trovare niente di così imperfetto e allo stesso tempo perfetto nella sua imperfezione. Neanche lui riusciva a spiegarsi bene quel concetto, ma era semplicemente così. Aveva imparato a prendere le cose come venivano. “Che rapporti hai con il principe?” chiese il padre a bruciapelo. Goku sussultò leggermente, arrossendo, come se fosse stato colto in fragrante a fare qualcosa che non doveva. Fortunatamente il buio copriva ogni traccia di colore. “ Siamo praticamente cresciuti insieme. Credo si possa definire amicizia” e se Bardack pensò di trovare incertezza in quelle parole perché forse sembrava impossibile che il principe dei sayan fosse amico di un sayan di terza classe, o perché fosse rinomato per il suo carattere impossibile, Goku era incerto perché non ci aveva mai pensato davvero a quello che erano, e in quel momento si rendeva conto che non erano più amici. No, forse non lo erano mai stati. Forse erano sempre stati amanti, senza saperlo. Questi rompicapi gli facevano girare la testa, così decise che ci avrebbe pensato dopo. “Allora puoi avere la certezza che non è in combutta con la parte nemica?” il figlio annuì “perfetto. Era proprio quello che mi ci voleva. Certezza” sembrò infinitamente stanco, mentre girava una manopola e Vegeta venne scosso da una specie di singulto. Goku sussultò involontariamente con lui. “Io… io ti devo chiedere scusa Kakaroth” balbettò, insicuro su che cosa fare. Il sayan piegò la testa di lato, confuso. Scusa? E per che cosa? Gli porse la domanda, e lui sospirò. “Per non essere…. Venuto a prenderti” borbottò, sempre incerto. Silenzio. Si propagò come un ombra, l’unico suono era il sottofondo della camera di rianimazione, il motore che lavorava. “Sai… me lo sono sempre chiesto. Perché non hai mai cercato di opporti?” chiese, alzando lo sguardo dai suoi piedi e puntandolo in quello dell’altro. “Non… è… era il re. Non potevo disubbidire. E in più… credevo di fare il meglio per te. Per i tuoi allenamenti!! Miglioravi ogni volta, in ogni lettera leggevo che miglioravi, e miglioravi, e io mi stavo convincendo che sì, avevo fatto davvero la scelta giusta e che non ero in realtà un codardo spaventato… solo che stavo mentendo. Non sono stato un buon padre” finì di parlare, sorprendendo se stesso per la facilità con cui quelle parole erano uscite fuori. Mi perdonerai mai? Chiedeva, ma non l’avrebbe mai fatto a voce. Il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Si era già umiliato abbastanza. Goku continuò a guardarlo, senza sapere che fare. Spostò poi lo sguardo su Vegeta, sereno come poche volte lo era stato, in quel momento di pausa e silenzio interiore in cui l’unica realtà era quella del momento, niente ci più, niente di meno. Lo aveva sempre considerato fortunato, ad avere una madre ed un padre. Ma non aveva mai capito che non gli aveva mai realmente avuti. Suo padre lo aveva sempre maltrattato, reputato un corpo da combattimento, e basta. Qualcosa da forgiare a sua immagine e somiglianza. La madre gli era stata strappata via, e la aveva potuta vedere solo pochissime volte, rischiando sempre molto. Lui, un padre e una madre dopotutto li aveva avuti. Falck e Loveno erano stati, ed erano tuttora, i suoi genitori. E ora suo padre gli stava chiedendo tacitamente una seconda opportunità. Se non avesse accettato, molto probabilmente Vegeta lo avrebbe preso a pugni. In un certo senso, sentiva di doverglielo. Il suo principe di seconde possibilità non ne aveva mai avute, in nessun caso, figurarsi con i propri genitori. Si avvicinò pacatamente, scrutandolo, per poi sorridergli. Proviamo a essere padre e figlio. Diceva quel sorriso, e Bardack si sentì in qualche modo più leggero. Perché più leggero? Come se avesse davvero temuto  un “No”. Lui? Paura? Che buffoneria. Gli diede una pacca sulla spalla, quella che all’inizio doveva essere il suo discorso, per poi uscire senza un preciso perché da quella stanza, borbottando qualcosa come “La tua stanza è la terza porta a sinistra”. Goku era rimasta lì, da solo, cercando di metabolizzare la nuova situazione. Si appoggiò al vetro della vasca di rianimazione, scivolando fino a sedersi. Sarebbe stato fermo ad aspettare che uscisse. Aveva un bisogno vitale di sentirlo vicino, di abbracciarlo. Di sentirsi a casa, sicuro e protetto. Lentamente, gli occhi si chiusero, facendolo scivolare in un sonno beato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 








IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti!! Scusate per il ritardo, ma ultimamente sto un po’ incasinata. Ragazzi, ragazzi…
Comunque, volevo dire una cosa importantissimissima. Destiny è tra le storie scelte del sito. Capitan ovvio, direte voi, lo avevamo visto appena aperto il capitolo. Ma non c’entra. Non so, rendetevi conto. Helly (cara, mi hai reso felice come non mai *.*) l’ha davvero segnalata, e io non ci volevo credere. La mia piccolina è la prima GokuxVegeta di tutto il fandom ad essere stata messa fra le scelte *.* e nel contempo ha raggiunto le 150 recensioni!
Passando al capitolo… momenti sayan e tanto fluff padre/figlio. Secondo me, ci voleva. Dopo tanto tempo di distanza, un po’ di chiarimenti erano d’obbligo. Poi abbiamo avuto una specie di paragrafetto (?) con la presentazione dell’allegra ciurmaglia (?). Per i nomi ho preso delle verdure e le ho tradotte in inglese usando google traduttore, l’avevate capito? Mi sembrava giusto!
Anyway, nel prossimo capitolo Veggie si sveglia. Del resto, non so xD
Spero di riuscire ad aggiornare presto! Anche l’altra mini long, “Oh shit, I’m pregnant”, dovrei aggiornare presto!
Bacioni <3
p.s. serve che dica “Ditemi che ne pensate!”?
 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


CAPITOLO 34
 
 
Nel mondo ovattato dei suoi sogni, un rumore insistente interruppe quella quiete. Un suono penetrante e fastidioso, che perseverava. Infastidito, Goku socchiuse gli occhi, per cercare la fonte di quel disturbo. Una lucetta rossa lampeggiava, e dopo pochi secondi, in cui il sayan ricollegò dove si trovasse e perché, ne capì anche il significato. La vasca di rianimazione aveva fatto il suo lavoro. Intorpidito, si alzò da quella scomoda postazione, sentendosi tutto indolenzito. Si stiracchiò, cercando di riattivare la circolazione e di svegliarsi completamente. Quanto aveva dormito? Un paio d’ore, forse più. Eppure si sentiva ancora stanchissimo. Guardò verso la vasca, e il sonno passò completamente, rimpiazzato dal sollievo e dalla felicità. Vegeta aveva aperto gli occhi, e mentre il liquido in cui era immenso scivolava lentamente via, lui si toglieva la maschera. La capsula si aprì, dandogli modo di uscire. Fece alcuni piegamenti, per constatare lo stato del suo corpo, ghignando soddisfatto. Ora si ragionava. Non ne poteva più di sentirsi un impedito. Poi, alzò lo sguardo, incrociando quello raggiante dell’altro. “Come ti senti?” domandò Goku, notando lui stesso che la sua energia si era stabilizzata e che la sua prestanza fisica era migliorata. “Benissimo. Finalmente un trattamento degno del principe dei sayan” poi, rendendosi conto solo in quel momento dell’anomalia, si fermò a guardarlo veramente, corrugando le sopracciglia. “Che cosa ci fai qui Kakaroth??” chiese, non capendo il motivo della sua presenza. “Come che ci faccio qui? Ti aspettavo! Così non ti sentivi solo!” esclamò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Sei sempre il solito idiota! Ero nella vasca di rianimazione, non sentivo né percepivo niente! La tua ignoranza non ha limiti…” borbottò, tentando di nascondere l’imbarazzo. Perché quel decerebrato doveva dire sempre cose che lo mettevano in difficoltà? Sempre così gentile, così poco sayan. E perché se da una parte avrebbe voluto buttarlo fuori dalla finestra, dall’altra non poteva che sentirsi… Vegeta rabbrividì mentre la giusta definizione di come si sentiva prendeva inevitabilmente forma tra i suoi pensieri. Lusingato. Ecco come si sentiva. Perché sapeva che quelle attenzioni erano solo per lui, e nessun altro. Avrebbe potuto avere mille e più altre reazioni, molto più accettabili per il suo orgoglio, ma quella non sapeva spiegarsela. Ultimamente non sapeva spiegarsi un po’ troppe cose, e rischiava davvero di esplodere. Stizzito, fece un gesto con la mano, come per scacciare quei pensieri. “Comunque sia, portami immediatamente dai capi di questo posto. Non ho intenzione di aspettare un secondo di più, devo sapere tutto. In più, attendo un pasto degno dell’erede al trono” ordinò, adocchiando in un angolo della stanza la sua battle suit completamente ristrutturata, e prendendola per cambiarsi, godendo di ogni singolo movimento che non gli causava dolore. Nella stanza si sentì uno strano borbottio, poi Goku scoppiò a ridere, grattandosi la nuca. “Hai ragione! È da troppe ore che non mangio, sto morendo di fame anch’io!” esclamò, osservando quasi, quasi, senza volerlo il principe che si toglieva i pantaloni che aveva usato nella vasca per cambiarli con la divisa. Quando Vegeta girò la testa verso di lui, deviò lo sguardo. Sua maestà lo fissò per qualche secondo, sospettoso, per poi parlare. “Ingordo! Il cibo è per me, non per te! Ora guidami” sbottò, avviandosi fuori dalla camera, evidentemente contento di potersi muovere di nuovo alla perfezione. O almeno, per Goku era evidente. La postura più dritta, il viso meno contratto, i pettorali che si alzavano e abbassavano con più calma, segno che il cuore era di nuovo sottoposto a uno sforzo che poteva facilmente sopportare. Oppure era solo lui che notava certi dettagli, stando troppo tempo a guardarlo? Questo lui non lo sapeva, e non gli importava neanche. “Forza incapace, dove stanno gli altri guerrieri?? Fai qualcosa di utile, ogni tanto!” sbuffò Vegeta, aspettandolo spazientito sullo stipite della porta, il piede che batteva ritmicamente in fremente attesa. Goku scosse la testa, immerso in quei strani pensieri che lo avviluppavano e non lo lasciavano più. Non era mai stato un tipo che ragionava molto, e quella per lui era una novità. “Arrivo! Ehm… veramente io non saprei dove trovarli… a proposito, che ora è?” chiese, avvicinandosi a lui e guardando il lungo corridoio. “Come non sai dove trovarli? Che cosa hai fatto in tutte queste ore, si può sapere?” sbraitò, spazientito. “Ti ho fatto compagnia, te l’ho detto! Mi sono addormentato accanto alla vasca!” spiegò, sorridendogli. Se fosse stato un sorriso normale, Vegeta si sarebbe girato dall’altra parte, e alzando il mento si sarebbe incamminato lungo il corridoio con fare regale e incedere degno della sua stirpe, per trovare da solo quei sayan. Invece, quel sorriso era qualcosa di unico. Era il suo sorriso, e di questo ne era sicuro. Un sorriso dolce, che gli illuminava il volto e che sapeva anche di gratitudine, come di chi non potrebbe mai chiedere più di quello. A quel punto, il principe abbassò di botto lo sguardo, balbettando qualcosa di sconnesso, tipo “Stupido Kakaroth” o “Idiota di una terza classe”, nessuno avrebbe saputo dirlo, forse neanche lui. Quel sorriso gli aveva mandato in tilt il cervello, come se ci fosse stato un improvviso spegnimento di tutte le connessioni, e ora faticasse a riaccendersi. Maledetto sayan di terza classe. Colpa sua e del suo sorriso. Gli faceva qualcosa di strano, troppo in là perché la sua mente potesse realmente capirlo, e troppo vicino al suo cuore per non spaventarlo e respingerlo inesorabilmente. Ringhiando maledizioni a destra e manca, borbottandole sottovoce e lanciando occhiate perforanti a ogni oggetto si trovava davanti, Vegeta avanzò per il passaggio, andando alla cieca. L’altro sayan lo seguiva, trotterellando e continuando a sorridere. Aveva tanta voglia di stare un po’ con lui. Magari ora che stava bene avrebbero potuto combattere meglio, fare un combattimento come si deve. Poi avrebbero ricominciato a parlare come sapevano fare loro, che finiva sempre con una qualche sua costola rotta. E avrebbero potuto baciarsi, bene. Avrebbe potuto dargli un bacio come si doveva, senza paura di romperlo. Magari, poi, chissà, se il principino era di buon umore… il giovane sayan ridacchiò, guadagnandosi un’occhiata perplessa da parte dell’altro, che pareva dire “Sei impazzito definitivamente?”. Continuarono a vagare un po’ alla cieca, ma sembrava che nel rifugio non ci fosse nessuno. “Com’è possibile che non c’è neanche uno stramaledetto infimo sayan?? Dovreb…” non finì la frase, che sentirono come degli enormi boati, provenienti da fuori. Fermarono il loro giro, forse leggermente ossessivo, per la base, davanti all’entrata. Dalla porta, entrarono una decina di sayan, sporchi e pieni di tagli. Due di loro si reggevano a malapena in piedi, e venivano sorretti dai compagni. “Nelle camere di rianimazione, subito” ordinò Bardack, facendo cenno a loro. “Pepper, Celery, a rapporto” continuò lui, dirigendosi verso la sala da pranzo. Un sayan con un fisico perfetto e i capelli a spina, e una sayan sorprendentemente formosa per essere una combattente, i capelli cortissimi e un ciuffo che le ricadeva lateralmente sugli occhi lo seguirono senza fare storie. Bardack non sembrava essersi accorto di loro, ma appena gli passò davanti si fermò simultaneamente. “Principe, mi segua. Kakaroth, anche tu” fece un cenno ossequioso a Vegeta, per poi continuare la sua avanzata. Nella base sembrava essere scoppiata una bomba. Schiamazzi, sayan che correva da tutte le parti, alcuni che si affrettavano a correre nelle camere di rianimazione, altri che schizzavano in direzioni indistinte. “Che cosa diamine è successo?” domandò imperioso il principe, che non sopportava non avere la situazione completamente sotto controllo. “Ancora non lo sappiamo. Fatto sta che abbiamo trovato la nostra squadra di informazioni che caracollava cercando di arrivare alla base, due di loro gravemente feriti, inseguiti da degli alieni mai visti. Scagnozzi di Freezer probabilmente. Ora devono raccontarcelo loro” indicò Pepper e Celery, mentre si sedeva al tavolo, cedendo rispettosamente il capotavola al principe. “Voglio sapere come prima cosa quello che è successo fin qui” ordinò lui, acquisendo le vesti di generale comandante. Bardack gli spiegò brevemente chi erano, che cosa facevano, da quanto agivano e che cosa avevano scoperto fino a quel momento, praticamente niente, cioè. Spiegò anche che quella squadra era stata inviata quattro giorni prima nell’intento di capirci qualcosa, di avere qualche dettaglio in più. “Abbiamo novità, appunto” esordì Pepper, interrompendo il riassunto. “Abbiamo girato il pianeta per circa mezza giornata, poi ci siamo fermati per mangiare e riposarci in un villaggio così insignificante che non appare neanche sulle carte. Era completamente deserto. Non c’era assolutamente nessuno, se non gli edifici. Dopo averlo ispezionato da cima a fondo, abbiamo sentito arrivare qualcuno, e ci siamo nascosti. Erano due alieni, che abbiamo scoperto mentre parlavano si chiamavano Zarbon e Dodoria” “Che cosa hanno detto?” lo interruppe, spicciolo, Vegeta, che sembrava stesse facendo profonde ponderazioni riguardo a tutto. “Non hanno detto poi molto” rispose al posto dell’altro Celery, che, Goku notò, sembrava abbastanza scossa, nonostante non lo volesse dar a vedere. “Hanno solamente detto di sbrigarsi, che Freezer gli attendeva al vagone e che se avessero ritardato non l’avrebbero passata liscia” ricordò lei, per poi cadere di nuovo nel mutismo più assoluto. “Abbiamo fatto appena in tempo a scappare via, che loro cominciarono a bombardare il villaggio, come se volessero eliminarne le tracce, poi volarono via. Li seguimmo, e continuarono quell’opera di distruzione per altri otto o nove piccoli villaggi, ognuno mai visto né sentito. Alla fine sono arrivati sopra a un monte abbastanza nascosto, e lì abbiamo trovato un enorme vagone pieno di sayan. Di ogni età, di ogni sesso. Erano specialmente di terza classe, anche se potrei sbagliarmi. Fatto sta che erano rinchiusi là dentro, e… non saprei spiegarlo” si fermò a riflettere, come per trovare le parole. “E tu devi riuscirci” fece Vegeta, con tono imperioso. Non avevano tempo da perdere. Prima avessero avuto un piano, prima avrebbe avuto il suo trono e sconfitto quell’essere. “Nessuno si muoveva. Erano come drogati, ma peggio. Non sembravano consapevoli di nulla. Abbiamo sbirciato nelle grate, ed erano tutti seduti a terra, immobili. Erano vivi però, questo lo posso assicurare. Comunque, dopo poco arrivò Freezer” e qui la tensione si fece palpabile. “Ordinò a Zarbon e Dodoria di andarsene, e poi entrò nel furgone. Rimase in ascolto un attimo, poi si avvicinò ad ognuno di essi e gli strappò la coda. Poi uscì di nuovo, chiudendo lo sportellone. Noi pensavamo di non essere stati notati. Ci sbagliavamo” “Quel dannato mostro si avvicinò a noi, sorridendo” sibilò Celery “Noi ci preparammo a combattere. Quattro contro uno, chi l’avrebbe scampata? Artichoke fu il primo a gettarglisi addosso, ma venne scaraventato dall’altra parte dei monti. Come se nulla fosse, Freezer lo raggiunse, utilizzando una velocità mai vista. Noi provammo ad arrivare prima di lui, ma non c’era niente da fare. Gli strappò la coda. Leek corse da suo fratello” e qui la sua voce s’incrinò leggermente, ricordando quello che era successo al suo compagno. “E quell’ignobile lucertola bianca lo colpì alle spalle, mentre si accertava le sue condizioni. Una minuscola, insignificante sfera di energia. Poi, gli strappò la coda” parlava rabbiosamente, stringendo convulsamente le nocche. “Tornò da noi, invitandoci a scappare, finchè potevamo. Che cosa avreste fatto, voi? Io avrei combattuto fino alla morte. Ma Pepper no, Pepper mi fermò prima di riuscire a fare qualsiasi cosa, e scappammo, come dei codardi” la sayan puntò il suo sguardo sul tavolo, come persa in chissà quali elucubrazioni. Ci fu un attimo di silenzio, in cui ognuno pensava a qualcosa. Nella mente di Bardack e Vegeta, tattiche di battaglia e piani possibili si succedevano vertiginosamente, scartandosi ancora prima di essere stati pensati. “Questo Freezer è molto forte, a quanto sembra. Così forte da riuscire a mettere fuori gioco due sayan di seconda classe in meno di due minuti” disse il principe, forse più a se stesso che agli altri. “Ha due scagnozzi particolarmente potenti, ma se si riesce a uccidere il capo non ci saranno problemi per gli altri due” continuò il punto della situazione Bardack. “E sta puntando ai villaggi non conosciuti. Non vuole farsi scoprire. Ha paura della reazione dei sayan, quindi” continuò Vegeta. “Se contassimo su una rivolta, potremmo sconfiggerlo” propose il comandante. “Non se ne parla” ringhiò il principe, in sua direzione. “Sarò io a sconfiggerlo. Non sarà mai all’altezza del principe dei sayan” ghignò, estremamente sicuro di sé. “Principe, con tutto il rispetto. Abbiamo sentito la sua forza. Non ne sarebbe all’altezza, ancora” disse Pepper, obbiettivamente. “Io sono il principe, anzi il re dei sayan! Non sarà certo un alieno venuto da chissà dove a potermi battere” s’infervorò questi. “Vegeta, se ti dicono che non puoi ancora sconfiggerlo, non lo stanno dicendo per sottovalutarti. Lo stanno dicendo perché non sei ancora pronto. Dobbiamo allenarci” disse Goku, che fino a quel momento non aveva aperto bocca. Il principe ringhiò, senza però dire niente, per la sorpresa dei presenti. “Andiamo ad allenarci, ora” sbottò, alzandosi in piedi e chiudendo, per il momento, la riunione. “Apriteci le porte. Kakaroth, sta zitto e seguimi” ordinò, dirigendosi fuori. Goku lo seguì allegramente. Che bello, un combattimento come si doveva, da soli, in mezzo alle montagne.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
 
Ok, ok, lo so. Ormai non riesco a fare mezzo aggiornamento in orario! Sono un caso disperato. Chiedo scusa, ma mi stanno letteralmente sommergendo di cose da studiare, i professori ci stanno dando dentro con verifiche e interrogazioni. Credo di averlo passato a loro, il virus di re Vegeta senior. Ora, tornando a noi… abbiamo nuovi dettagli. Nuovi minuscoli e inconsistenti dettagli, ma sempre dettagli. E…. NON CE LA FACCIO A PARLARE DEL CAPITOLO QUANDO ALL’ORIZZONTE SI SCORGE QUALCOSA DI VERAMENTE JUCNSINWIUNVIW. Immaginate loro due, da soli, che combattono, in mezzo alle montagne. Che cosa succederà? *-* Solo il tempo saprà darci una risposta (?)
Me ne vado, va bene, va bene. Ditemi che ve ne pare!
Bacioni :**

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


CAPITOLO 35
 

 
“Dove stiamo andando?” chiese Goku, che non vedeva l’ora di cominciare a combattere. L’altro non rispose, limitandosi a continuare a volare e a scrutare le montagne, in cerca di un luogo adatto. Voleva sprigionare tutta la forza che aveva in corpo, la nuova potenza che sentiva di possedere reclamava di essere provata. Le montagne erano principalmente tutte uguali, brulle e grigie, senza nessuna particolare attrattiva se non qualche cumulo sporadico di neve su quelle più alte. Nessuna sembrava avere i requisiti che servivano al principe. Quando, finalmente, sembrò trovare quello che cercava. Iniziò lentamente a perdere quota, e l’altro sayan, capendo le sue intenzioni, si ritrovò ancora più impaziente. Atterrarono in uno spiazzo enorme, completamente circondato da montagne possenti e altissime. Non si sentiva un suono, né tirava una bava di vento. Era come se quei colossi li avessero isolati dal resto del mondo. Goku girò in tondo, osservando il paesaggio. Il grigio e la polvere regnavano sovrani. Solo un alberello aveva osato mettere radici, e sospettava che non avrebbe resistito a lungo. Un’apparentemente impenetrabile coltre di nubi, molto probabilmente dense di pioggia, aveva oscurato ogni cosa, rendendo l’atmosfera ancora più inquietante. “Smettila di guardarti in torno come se non avessi mai visto delle montagne in vita tua, idiota” lo richiamò Vegeta, mettendosi in posizione di combattimento. Goku comprese subito i suoi intenti e un’espressione di sfida prese posto a quella eternamente sorridente e ingenua. Si mise anche lui in posizione. “Preparati a perdere” ghignò il principe, e senza ulteriori esitazioni, gli si lanciò contro, colpendo però l’aria. Si girò istantaneamente, trovandosi un pugno a pochi centimetri dal volto, che schivò all’ultimo momento. “Non esserne così certo” ribattè il più giovane, tirando una scarica di pugni, prontamente parati dall’altro. Approfittando della sua concentrazione nel cercare di colpire ogni punto libero, Vegeta gli diede un calcio in pieno ventre, che lo allontanò di un paio di metri. Senza titubanze, Goku tornò all’attacco, optando per una sfera di energia di media potenza, giusto quel tanto che bastava per distrarlo un secondo, il tempo di deviarla con una mano, e colpire nuovamente con un colpo sul mento. L’altro indietreggiò di alcuni passi, pulendosi con la manica un rivolo di sangue. “Ancora con questi stupidi trucchetti?” ringhiò a denti stretti, chiaramente divertito. Il suo “avversario” conosceva troppo bene quell’espressione per lasciarsela sfuggire. Stava per sfoggiare una mossa nuova, che avrebbe, secondo lui, fatto pendere la bilancia in suo favore. Vegeta aumentò ancora un po’ la sua energia, e cominciò seppellirlo di sfere. Goku era preparato, e con maestria riuscì a schivarne una decina, pararne altrettante. Si sollevò un enorme polverone, ma Vegeta non si fece illudere. Ci voleva ben altro, per batterlo. Con sicurezza, si buttò in quella nuvola grigia, trovando l’altro pronto per parare i suoi attacchi. Diede un paio di calci, per tastare con precisione la sua prontezza di riflesso. Poi, iniziò il corpo a corpo vero e proprio. Pugni, parate, esplosioni di energia, calci, si susseguivano ad una velocità disarmante. Inutile dire che si stavano divertendo da matti. A un certo punto, si trovarono entrambi fermi, i due avambracci a contatto, i volti a pochi centimetri l’uno dall’altro, un dito d’aria che separava le loro bocche ansimanti. Bacialo, bacialo, bacialo, bacialo… La mente di Goku urlava, e lui sinceramente aveva ben poca voglia di disubbidire. Dai che siete così vicini… Manca poco… Fece per avvicinare la testa, ma Vegeta saltò all’indietro, ghignando maliziosamente. Il giovane sayan lo guardava con un’aria confusa, le labbra che bruciavano di voglia per il bacio non dato. “Non così in fretta. Abbiamo appena cominciato a fare sul serio” lo provocò il principe, avendo intuito il suo obbiettivo, e questo a Goku piacque molto. Voleva giocare? Avrebbero giocato. Si rimise in posizione e partì verso di lui, che schizzò a mezz’aria. Lo seguì immediatamente. Con un urlo, il più grande aumentò ancora di più la sua aura, che, l’altro notò, era aumentata notevolmente. Per non essere da meno, lo imitò. Ora erano tutti e due al cento per cento delle loro potenzialità, e Goku si rese conto che avrebbe dovuto combattere strenuamente per avere le sue labbra. Il gioco valeva la candela, pensò, i muscoli che fremevano dalla voglia di tornare a essere utilizzati. Come se si fossero letti nel pensiero, i due sayan scattarono uno verso l’altro, provocando un piccolo boato che risuonò tra le montagne, disperdendosi come un eco. Intrecciarono le loro mani, ognuno che spingeva per far cedere l’altro, occhi negli occhi, assoluta parità. Goku voleva assolutamente vincere, ambiva troppo al premio, e in più l’altro sembrava farlo apposta. Ogni mossa, ogni goccia di sudore, ogni occhiata sembrava fatta per farlo impazzire, risvegliando la parte più primordiale insita in lui. Vegeta voleva assolutamente vincere, voleva dimostrare all’altro che era lui il più forte, in più, doveva dimostrargli che non era la sua puttanella. No, lui era il suo premio, non poteva averlo quando più gli piaceva. Lui era il principe dei sayan, e non si sarebbe concesso così in fretta. Scosse la testa, stupito dai suoi stessi pensieri. Ma che diavolo…? Ormai, la sua mente andava dove voleva. Cosa che lo irritò ancora di più, facendogli mettere ancora più forza nella presa. Goku sentì la stretta aumentare, ma non demorse. Continuò a contrapporsi, le braccia che tremavano per la tensione. Chissà che cosa stava pensando, si chiese. Se una parte della sua mente era concentrata nel tenere la presa salda, l’altra divagava, perdendosi in mille elucubrazioni. Era certo che stesse pensando, lo vedeva dai suoi occhi. Se quando era completamente concentrato, erano limpidi, seppur sempre torbidi di quell’ombra che mai si allontanava, quando la sua testa era altrove erano più cupi, come se volesse oscurare tutto il suo corpo, e perdersi nel silenzio. Piccole cose, pensò il più giovane, che aveva sempre conosciuto, ma che capiva essere preziose solo da poco. Solo lui, lo conosceva così bene. Vacillò un solo istante, ma sembrò bastare. Ghignando ancora più apertamente, Vegeta scaraventò Goku a terra, creando una voragine nel suolo. “Ti arrendi, Kakaroth?” domandò, gonfio di sé come non mai. L’altro, seppur un po’ dolorante e con diverse escoriazioni, si alzò in piedi. “Neanche per sogno! Devo assolutamente baciarti!” disse, sorridendo, e rialzandosi in volo. Il principe ringhiò, stizzito da tanta sfacciataggine. Era un reale e anche se… non riuscì a formulare la fine della frase, che si sentì trascinare a terra. Un corpo abbastanza pesante e alquanto familiare lo sovrastava, bloccandogli le braccia al terreno. “Preso” sussurrò Goku al suo orecchio, dandogli un piccolo bacio sul lobo. Un brivido percorse la schiena dell’altro, ma non ci fece caso. Non poteva perdere, assolutamente. Facendo perno sulle scapole, gli tirò calcio nel basso ventre, ribaltando la posizione. “Io ho vinto. Hai perso” sibilò, a pochi centimetri dal suo volto, insufficienti per far formulare all’altro un pensiero coerente. “Va bene, hai vinto” soffiò il più giovane “ma voglio comunque il mio premio” continuò, sotto lo sguardo indignato dell’altro. “Non ci provare, idiota! Ho vinto e non puoi avere nessun premio!” sbraitò, facendo per mettersi in piedi. Non era però nei piani di Goku, che approfittando del fatto che aveva mollato leggermente la presa, ribaltò nuovamente i ruoli. “Lasciami immediatamente!” ringhiò Vegeta, intuendo già dove voleva andare a parare. “Sei un testone” ridacchiò Goku, baciandolo a fior di labbra. L’espressione rabbiosa e vagamente da assassino, unita alle guance deliziosamente arrossate lo fecero sorridere ancora di più. “Sfortunatamente per te, ti amo per questo” continuò, assaporando in maniera sorprendentemente delicata la pelle del collo con piccoli baci, mordicchiando i lembi di pelle. “Fermati subito, brutto depravato” sbraitò la “vittima” a denti stretti, evitando accuratamente di pensare al fatto che aveva troppo caldo, che quei baci erano maledettamente piacevoli e che la parte di sotto della divisa si era fatta improvvisamente troppo stretta. “Tu non vuoi che mi fermi, altrimenti lo avresti già fatto” rispose ovvio l’altro, come se stessero parlando del tempo seduti in una taverna, non distesi per terra mezzi nudi mentre uno torturava di piccoli baci e morsi prima il collo, poi la guancia, la nuca, e infine stuzzicava dispettosamente le labbra dell’altro. Vegeta si limitò a grugnire, ammettendo, in maniera definirla riluttante sarebbe stato un mero eufemismo, quanto avesse dannatamente ragione. La sua bocca, da dolce e lenta, era passata a vorace, come se volesse assorbire tutto, e subito. Senza che se ne accorgesse, la parte superiore era volata via, lasciandolo a petto nudo. Goku si perse un attimo a guardarlo, gli occhi appannati dalla frenesia. Dei, quanto era bello. Stanco di aspettare, gli prese la testa tra le mani, incollando le loro labbra. Così, come in un incanto, ci furono solo loro. Finalmente ogni cosa sembrava al posto giusto, e mille altre si scomposero, rompendosi come mille pezzetti di uno specchio che illudeva e copriva la verità, riflettendo quello che si voleva vedere. Le braccia di Vegeta si avvolsero intorno al collo dell’altro, mettendo le dita nei suoi capelli, in un gesto istintivo, mentre l’altro gli avvolse i fianchi. Si ritrovarono avvinghiati, come se volessero rifugiarsi uno nell’altro. Erano soli, in quella radura sperduta di quel minuscolo pianeta ai confini di una delle tante galassie, ma non si erano mai sentiti… meno soli. Sarebbero potuti morire lì, in quel momento, a nessuno dei due importava. Freezer, i sayan, il mondo intero non aveva più alcun valore, tutto per Goku iniziava e finiva in Vegeta, ma questo l’aveva capito da tempo ormai, e tutto per Vegeta iniziava e finiva… in Goku. Un solo bacio, due sole persone, due sole bocche, due soli cuori che battevano all’impazzata, e qualcosa era irrimediabilmente cambiato. Se la sua mente non stava pensando, qualcosa in lui stava lavorando febbrilmente, per elaborare quei nuovi dati che giungevano come stelle cadenti nelle notti più luminose. Forse… forse quello era la Parola. Quella Parola che aveva sentito nominare, ma mai aveva realmente compreso. Quella Parola proibita, quel tabù vergognoso. Quella Parola che in molti cercavano disperatamente. Era quello, l’amore? L’amore ti faceva battere il cuore, ti faceva sentire stupido, ti faceva fare cose che mai ti saresti immaginato, ti faceva desiderare la compagnia dell’altra persona? Un nuovo enigma, qualcosa di nuovo su cui ragionare. Ma dopo. Così com’era sparita la divisa superiore di Vegeta, anche quella di Goku fece la stessa fine, così come la parte inferiore di entrambi. Il più giovane fece scorrere le mani sul corpo dell’altro, riconoscendone ogni sfumatura, apprezzandone ogni difetto, indugiando sulle cicatrici, simboli unici di valore e dedizione alla lotta. Le mani del principe ora erano sulle sue spalle, usandolo come appoggio da stringere o graffiare all’occorrenza. Con fare sicuro Goku continuò la lenta discesa della sua mano, fino ad arrivare al membro duro ed eccitato. Cominciò a masturbarlo, con movimenti lenti che aumentavano sempre di più di velocità. Vegeta doveva fare un enorme sforzo per non emettere alcun suono, artigliando le spalle dell’altro. Proprio quando l’altro stava per venire, Goku si fermò. “Bastardo…” soffiò il principe, con il fiatone. Era consapevole che lo avrebbe torturato ancora un po’. Il giovane sayan non lo ascoltò, baciando con lentezza esasperante i pettorali e torturandogli i capezzoli, e di nuovo scendere, fermandosi sul basso ventre. Brividi di piacere scuotevano l’altro, che non poteva in alcun modo ignorare. “S-smettila di giocare Kakaroth… è un ordine” balbettò, la voce che s’impigliò a metà frase quando l’altro scese ancora di più. “Kakaroth…” emise, a metà tra un ringhio e quanto più vicino ci fosse a supplica per il principe dei sayan, quando la testa scese sempre più in basso. Glielo prese in bocca, succhiando e leccando con forza. Le mani strette con forza tra i capelli dell’altro, i denti che scricchiolavano tra di loro, ringhi sempre più costanti che uscivano dalla sue labbra, Vegeta era sicuro sarebbe venuto da un momento all’altro. E invece no. Un istante prima che potesse placare il dolore sordo che lo attanagliava nell’intimità, l’altro alzò la testa, baciandolo nuovamente. Goku era eccitato oltre ogni limite, sentiva che sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro. Mentre lo baciava, ardentemente, con la passione che cresceva sempre di più, i loro corpi così stretti che non si sarebbe potuto dire dove iniziava uno e dove l’altro, lo penetrò, cercando di fare più piano possibile. Vegeta gli morse un labbro, ma non disse niente. Lo baciò con più dolcezza, come a volerlo consolare. Non aveva mai pensato a quanto potesse stare male l’altro in quei momenti, e si sentiva egoista. Gli accarezzò il petto, continuando a baciarsi e dopo poco i baci tornarono passionali, e cominciò a spingere, sempre più forte. Ci volle poco, e il principe venne, seguito dopo un’ultima spinta da Goku, che, stanco, per alcuni minuti non ebbe neanche la forza di spostarsi. Donandogli un ultimo, casto, bacio sulla guancia, a cui Vegeta, stranamente, non si oppose, si lasciò cadere a terra. Girò la testa, e notò che l’altro lo stava fissando. “Che cosa c’è?” domandò, in un sussurro, per non spezzare quel bel momento. Il principe, sinceramente, non aveva idea di che rispondere. Che cosa c’era? C’erano un bel po’ di cose, nella sua mente, molte che non accettava, troppe che non avevano risposta. In quel momento, avrebbe potuto spiegarne di almeno una centinaia, ma non disse niente. Abbassò lo sguardo, borbottando un “Niente” assai poco convinto. Goku non insistette. “Se vuoi qui c’è una spalla libera. Mi sa che mi riposerò un po’…” biascicò, sbadigliando e chiudendo gli occhi. Dopo pochi minuti, sentì un peso confortevole gravargli sulla spalla.
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Lo so che mi odiate. Lo so, lo vedo dai vostri sguardi assassini e dai forconi. Ne sono consapevole, ne prendo atto e vi chiedo umilmente scusa. Sono un disastro! Non riesco più ad aggiornare decentemente! Questo è stato il ritardo peggiore della storia di Destiny! Ma ho avuto davvero da fare, lo giuro. Tra professori assassini, depressioni croniche e prove d’orchestra, ho avuto ben poco tempo per dedicarmi a un CAPITOLO DEL GENERE. Ho anche partecipato a un contest! Se voleste dare un’occhiata alla storiella che ho scritto… Quale, la differenza?àhttp://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1052586&i=1
Che poi, dai, fatemi un sorrisetto. Non vedete che cosa vi ha cucinato zia Shadow? C’è UN PO’ di GokuxVegeta. Ci voleva un capitolo così, non trovate? Molto probabilmente sarà l’ultimo di questo genere. O almeno, l’ultimo in programma. Il che vuol dire che questa storia è agli sgoccioli. Ovviamente poi accadrà che tra quindici capitoli starò ancora in alto mare e qualcuno mi dirà “Ma non eravamo agli sgoccioli quindici capitoli fa?” però… nella mia testa manca davvero poco. La mia testa però è tutto un programma xD
Bè, sperando di vederci presto! Ditemi quello che volete, sono pronta a tutto!
Bacioni (Io vi amo anche se voi mi odiate **)

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


CAPITOLO 36
 
 
“Goku! Vegeta! Dove diavolo siete finiti?!” Falck continuava a chiamare da più di due ore, senza sosta. Non voleva pensare che li fosse successo qualcosa. Erano due sayan grandi e grossi, no? Fortissimi, allenati per uccidere. Se la sua mente la rassicurava, ponendole dei ragionamenti più che logici, il suo povero cuore, unito all’istinto materno che la caratterizzava, le diceva che erano ancora due bambini, avevano appena vent’anni e un assoluto bisogno di lei. L’immagine fantasma della sua scimmietta in fin di vita aleggiava costantemente tra i suoi pensieri, facendola rabbrividire e aumentare il passo. “GOKU! VEGETA!” chiamò ancora, arrampicandosi su un masso. Si sistemò meglio Lyve nella cesta che portava dietro la schiena, ringraziando il cielo per averla fatta, con chissà quale miracolo, dormire placidamente per tutto il tempo. “Mamma, non ci sono! È inutile continuare a cercare!” la pregò Cache, mentre usciva da una caverna scavata dentro a una collina. L’aliena scese dal masso, scuotendo la testa. “Non se ne parla! Fosse l’ultima cosa che faccio, io li troverò e li darò una bella lavata di capo! Hanno bisogno di una madre!” con fare testardo, si girò da un altro lato e ricominciò a gridare. Cache scosse la testa, esasperato. “Si arrenderà mai al fatto che ormai sono degli adulti responsabili così forti da riuscire a far esplodere una galassia?” mugugnò, mentre il padre gli poggiava una mano sulla spalla. “Non credo. Per lei sarete sempre i suoi bambini. Tutti, indistintamente dall’età o dalla vera parentela. Tua madre accoglierebbe anche un essere crudele e senza cuore se lo reputasse privo di una vera figura genitoriale” i due ridacchiarono, seguendo quella donna pazza che erano costretti ad assecondare, volenti o non volenti. “Sono sicuro che mentre si allenavano si sono allontanati troppo e ora si stanno riposando da qualche parte” sbottò frustrato il ragazzino, prendendo a calci una pietra. Loveno rise di nuovo, intuendo la maniera in cui si stessero “riposando”. Cache lo guardò interrogativo, non capendo motivo di tanta ilarità, quando la sua domanda venne bloccata sul nascere dalla voce irritata della madre. “Su, scansafatiche! Che state aspettando? Impegnatevi per trovare la loro aura e chiamateli! Forza!” sbottò, riprendendo imperterrita la sua avanzata. “Dai, non ti preoccupare. Vedi? Lì c’è un villaggio. Guardiamo là intorno e poi metteremo in atto il piano B” rassicurò Loveno il figlio, facendogli l’occhiolino. “Piano B? E in che cosa dovrebbe consistere?” domandò, curioso. “Bè… diciamo che se il suo figlioletto dovesse cominciare a lamentarsi perché sta morendo di fame, e in più la piccola Lyve dovesse svegliarsi…” “Non ho intenzione di svegliarla! Sarebbe masochismo!” ribattè allarmato Cache. “E’ inevitabile. Dorme già da tre ore. Quando mai Lyve ha dormito più di due ore di fila? Da un momento all’altro si sveglierà in preda a tutti i mali del mondo. Resisti un altro po’!” e detto questo aumentò l’andatura, per ritrovarsi accanto alla moglie. “…geta! Trovato qualcosa?” chiese speranzosamente Falck, quando si trovò il marito di fianco. Lui scosse la testa, ma indicò un agglomerato di case vicino. “Però c’è un villaggio. Magari li hanno visti passare. Andiamo a chiedere, poi però torniamo alla navicella. Cache mi ha detto che è molto affamato. E Lyve si dovrebbe svegliare da un momento all’altro” le disse, mentre si dirigevano verso il paesino. La donna sembrò d’un tratto animarsi di fretta. “Hai ragione! Dobbiamo sbrigarci! Oh cielo non ho preparato neanche il biberon! Spero di riuscire a trovarli in fretta!” si mise a correre, lasciando indietro Loveno, che si scambiò un gesto di complicità con il figlio, improvvisamente più allegro, prima di correre al suo inseguimento.
 
Quando arrivarono di fronte al primo edificio, si accorsero subito che c’era qualcosa che non andava. Tutto taceva, non c’era niente che disturbasse quella quiete innaturale per un borgo di sayan, rinomati per il fracasso che si portavano sempre dietro. Né un grido di combattimento di qualche giovane, né il brusio delle chiacchiere, né il cigolare di qualche marchingegno. Solo silenzio. Titubante, la famiglia s’inoltrò nel labirinto di stradine, osservando tutto con circospezione. “Che cosa sta succedendo?” domandò inquieto Loveno, percependo che qualcosa non andava. “Non ne ho idea. Però fai silenzio. Ho l’impressione di essere osservati” sussurrò Falck. Si bloccò in mezzo alla via, provocando l’immobilizzazione istantanea degli altri due. “Andiamocene subito da qui. Credo di aver sentito qualcosa, e non prometteva nulla di buono” disse con un filo di voce, avvolgendo con un braccio Cache e facendo retro marcia. Le strade, però sembravano tutte sbagliate. Si erano addentrati più di quanto pensassero, e presi dal panico i viottoli sembravano tutti uguali. Uno scricchiolio ruppe quella calma spaventosa, facendoli sussultare. “Dentro” ordinò Loveno, aprendo la porta di una casa, ormai certo non ci fosse nessuno. Falck e Cache si affrettarono ad entrare, nascondendosi sotto a un tavolo e cercando il contatto più possibile. Cache era terrorizzato, i suoi occhi schizzavano da un punto all’altro, come se temesse che qualsiasi cosa li avesse costretti a nascondersi sarebbe spuntato da un momento all’altro dal buio. Falck invece era relativamente tranquilla, pronta a scattare in qualsiasi evenienza. Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere se avessero provato a toccare qualcuno della sua famiglia. Non si allenava da anni, ormai, ma era ancora abbastanza forte. Strinse ancora un po’ più a sé suo figlio, mentre con l’altra mano si accertava che Lyve fosse ancora lì e stesse bene, gli occhi fissi su Loveno, immobile accanto alla porta e le orecchie pronte a captare ogni singolo spostamento dell’aria. “Dodoria, la vuoi smettere di fare il cacciatore che insegue la sua preda? Se ci fosse qualcuno lo avremmo già trovato” una voce annoiata rimbombò fuori dalle pareti, e per poco Cache non urlò. “Ti ho detto che ho sentito un rumore, e questo vuol dire che c’è qualcuno. Ora sta zitto, me li spaventi” grugnì l’altro, e un tonfo ruppe di nuovo il ghiaccio che permeava ogni cosa. “Per colpa tua sanno che li stiamo seguendo! Mi hai rovinato tutto il divertimento!” ringhiò di nuovo, e si sentì un cigolio e di nuovo un tonfo. “Smettila di perdere tempo. Se c’è qualcuno qua dentro, lo bruceremo con il villaggio. Se fosse un sayan, si sarebbe già fatto vedere per combattere” la voce dell’altro era piccata, annoiata all’inverosimile, come se stesse parlando di un compito per casa da fare. “Mi sto stancando Zarbon! Voglio qualcosa di divertente da fare, e lo voglio ora!” tuonò arrabbiato Dodoria. “Fai come vuoi. Io me ne vado. Se Freezer mi chiede dove sei, gli racconterò della tua ricerca immaginaria” sibilò Zarbon. Si sentì un verso sordido, seguito da uno spostamento di una cosa evidentemente molto pesante. “Almeno qualcosa di intelligente la fai ogni tanto. Io a destra, tu a sinistra” ordinò l’alieno dalla voce curiosamente femminile, compiaciuto. Falck stava per emettere un sospiro di sollievo, quando si congelò. Stavano per far esplodere tutto quanto. Dovevano scappare, subito. “Loveno” lo chiamò, un sussurro praticamente impercettibile. Lui si girò di scatto, i nervi tesi fino allo spasimo nella consapevolezza che forse quella volta non ce l’avrebbero fatta. “Dobbiamo andarcene. Usciamo da una finestra, se sono impegnati non ci noteranno” lo mimò solo con le labbra, indicando con un cenno quasi invisibile del mento una piccola finestrella sul lavabo, ma gli innumerevoli anni passati insieme e la sintonia che li univa li rendeva costantemente partecipi del pensiero l’uno dell’altro. In sincronia, si mossero velocemente, fino ad arrivare alla finestrella. Fortunatamente era già aperta, evitando loro di doversi preoccupare anche di possibili cigolii o eventuali vetri che si frantumavano. Passò prima Loveno, poi un tremante Cache e infine Falck, premurandosi si far uscire prima la bambina. Il salto fu di appena mezzo metro, e si ritrovarono in mezzo a due casse enormi. Loveno si sporse appena, per vedere se la strada fosse libera, per poi affrettarsi in avanti, seguito simultaneamente dalla moglie e dal figlio. Correvano a perdifiato, cercando di muovere meno polvere possibile e di non pestare con troppa forza il terreno. Ogni movimento di troppo sarebbe stato fatale. Falck si sentiva staccata da quella situazione, come se non fosse realmente lì, come se fosse tutto un brutto sogno piuttosto realistico. Eppure si sentiva anche incredibilmente lucida e scattante. In lei era rinata la determinazione, la freddezza di una guerriera, che non le era propria da lunghi, lunghissimi anni. Aveva sperato di non dover più essere una combattente, ma solo moglie e madre. Per un certo momento ci aveva creduto davvero. Indubbiamente, era stata solo una pausa di quel circolo vizioso. Sentiva da qualche parte dentro di sé che erano arrivati a una svolta. Sarebbe successo qualcosa, qualcosa senza via di uscita.
 
 Cache, apparentemente senza ragione, si fermò in mezzo alla strada. Tutto sembrò bloccarsi, mentre si incominciavano a sentire botti lontani, e fiamme colorate lambivano le pareti. La madre lo tirò per la manica, in preda al panico. Perché stava lì immobile? Che cosa era successo? Il suo sguardo era vacuo, perso in chissà quali dimensioni spazio-temporali. Poi, le lacrime cominciarono a scorrere sul suo viso, rigandolo e arrossandogli le guance, e Falck ebbe la schiacciante certezza che aveva visto qualcosa di brutto, quel qualcosa che avrebbe cambiato tutto, che percepiva sulla pelle. Il ragazzino ricominciò a correre, sotto lo sguardo confuso di Loveno e quello spaventato della madre, che lo seguirono senza fiatare.
 
Un altro botto, un altro sussulto. Quei mostri si stavano divertendo a fare andare a fuoco la città pezzo per pezzo, casa per casa, assaporando il gusto della distruzione lentamente. Erano dei topi in trappola, sia Falck che Loveno, quanto Cache, se n’erano resi conto. Non c’era alcuna via d’uscita, ed era un miracolo non li avessero ancora presi. La polvere offuscava la vista, e dieci strade incrociate tra loro parevano infinite. La falciana abbracciava forte a sé Lyve, che molto probabilmente non si svegliava per lo stordimento provocato dal troppo rumore, che faceva sanguinare le orecchie. Con l’altra mano stringeva quella di Cache, davanti a lei, che a sua volta intrecciava le sue dita con quelle del padre. Quella stretta faceva sentire meglio, dava una speranza di salvezza. Quando, quella lunga corsa si fermò bruscamente. Il giovane alieno inciampò, provocando la caduta dei genitori, e poi una sfera di energia li prese in pieno. Loveno poteva già sentire la morte venire a prenderlo: è finita, ci hanno scoperti ed esploderemo con questo agglomero di case. E invece, l’aria pulita gli riempì le narici. Erano usciti, chissà come. Si trovavano a qualche metro di distanza dall’esplosione, scagliati su un masso. Feriti e sanguinanti, ma vivi. Falck alzò la testa, non volendo credere fosse vero, aspettandosi una mano aperta che puntava alla sua nuca. Nessuno nei paraggi. Salvi. Nessuno però aveva il coraggio di parlare, temendo nel peggio. Senza dire una parola, si alzarono in piedi, rifugiandosi in una rientranza della collina rocciosa su cui erano. “C-ce l’abbiamo fatta?” sussurrò Cache, buttandosi tra le braccia della madre. “Si” rispose, incredula e con il fiatone. Le forti braccia del compagno l’avvolsero, facendola sentire al sicuro, come sempre. Stava per dire qualcosa, ma dei passi le fecero morire le parole in gola. Passi molto vicini. E Lyve scoppiò a piangere. “Zarbon, te l’avevo detto che c’era qualcuno” ringhiò Dodoria, avvicinandosi. “Ah! Vi ho scovati, luridi sayan. Freezer sarà contento di vedervi” “N-noi n-non s-s-siamo sayan!” balbettò Cache, in preda al terrore più cieco, mentre la principessa continuava a piangere. “Sta zitto!” ringhiò, alzando una sfera di energia. Il falciano si strinse ancora di più in quell’abbraccio che se prima era stato di felicità, ora era una morsa ferrea per tentare di non scivolare in un baratro privo di via d’uscita. Dodoria si accostò a passi pesanti, fino a che non poterono sentire il suo fiato animale sul collo. “Ora voi verrete con me.”
 
Avevano provato a ribellarsi, ma senza successo. Loveno era stato tramortito con un colpo alla testa, che gli aveva fatto scendere molto sangue. Falck e Cache si erano arresi, temendo per la sua vita. Lyve, dimostrando più intelligenza di quanta dovrebbe avere una bambina della sua età, si ammutolì, limitandosi a mugolare piano, e Falck non avrebbe mai potuto benedirla a sufficienza. Dodoria prese in spalla madre e figlio, mentre uno stizzito Zarbon –forse per la smentita della sua parola- prese il padre, che continuava a sanguinare copiosamente. In volo, arrivarono dopo diversi minuti in uno spiazzo tra le montagne, con sopra dei vagoni dal contenuto per i falciani sconosciuto, ma intuitivamente lo considerarono promettere nulla di buono. Lì, al centro di quello spazio, si trovava Freezer. Ad un primo sguardo, Cache percepì cattiveria. Solo fredda cattiveria e derisione per tutto quello che lo circondava.
“Allora? Chi sono questi alieni?” domandò, annoiato. Dodoria sembrò tentennare. “Sono sayan, grande Freezer!” disse, ma non ne sembrava più tanto sicuro. Lui li squadrò, arricciando il naso. “Idiota! Non hanno neanche la coda, non vedi? Sono inutili! Non provare mai più a farmi perdere tempo!” disse a denti stretti, assottigliando lo sguardo. “Glielo avevo detto che stava perdendo tempo! Non ha voluto ascoltarmi” un sorrisetto di superiorità era spuntato sul volto di Zarbon, mentre depositava il corpo di Loveno a terra e si spostava la lunga treccia verde dalla spalla. “Me ne occuperò io a liberarmene” disse, puntando il palmo verso il falciano. “NO!” il grido di Falck rimbombò tra le rocce, e come se scottasse, Dodoria la fece cadere, insieme al figlio. “Taci aliena. Mi stai disturbando e facendo perdere tempo prezioso. Zarbon, Dodoria, liberatemi della loro presenza. A partire da quell’essere sanguinante” ordinò, accompagnando il tutto con un gesto plateale della mano. “Prendete me!! Uccidete me, vi prego! Solo me! Risparmiateli! Risparmiate il mio Loveno!” gridò di nuovo lei, mentre le lacrime minacciavano di uscirle dagli occhi. Doveva essere forte, si ripeteva, il panico che s’impossessava di tutto il suo corpo, facendola tremare. “Oh, ma che scena romantica” la scimmiottò la lucertola bianca “Vuoi difendere il tuo compagno? Sciocco essere. Sarai tu a condannarlo. E ti sei condannata. E io che volevo uccidervi tutti, per farvi stare felici insieme. Bene, passerai la tua vita con la consapevolezza di averlo ucciso” disse, sorridendo lascivo. “Zarbon, uccidilo” e con un colpo secco gli spezzò il collo, il rumore che riverberava nell’aria, insieme a dei gridi straziati di dolore, quasi animali, e un pianto di bambina. “LOVENO!” “PAPA’!” e Freezer sorrideva, davanti a tutto quel dolore, sentendo il potere scorrergli nelle vene e rinvigorirlo. “Portateli via” sibilò, girandosi di spalle.









 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Lo so che mi odiate tutti quanti, ma ho dei buoni motivi per aver ritardato di due settimane *piange*
La scuola è terribile. Mi prosciuga ogni momento libero che ho, per non parlare dell’orchestra che si sta preparando al concerto di fine anno e ad aggiungersi c’è stata anche la gita di tre giorni con tutti i miei compagni. Prendetevela coi prof, ecco!!
In questi due mesi (maggio e giugno) purtroppo non so se riuscirò ad aggiornare con regolarità. Dovrete pazientare un po’ di più.
Poi, penso mi odierete ancora di più per questo capitolo privo di scimmiette amorose. Però, serviva. Servirà molto per lo svilupparsi della storia e… POVERO LOVENO. Mi è morto Loveno. Dende, non ci posso ancora credere che è morto. Falck/Loveno era una coppia meravigliosa T.T
Ma la scelta era fra lui e Falck… quindi direi più Loveno.
Bè, che dire… fatemi le vostre considerazioni e ditemi che ne pensate!
Bacioni :*

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


CAPITOLO 37
 
 
Senza preavviso, un rumore sordido squarciò la calma. Goku socchiuse gli occhi, svegliandosi da quello stato di sereno dormiveglia in cui era caduto, né troppo sveglio da non riuscire a riposarsi, né troppo addormentato per non godersi l’erba che frusciava contro la sua pelle, il vento che accarezzava il suo corpo sudato, facendolo rabbrividire, e il netto contrasto con il corpo di Vegeta sopra di lui, che con il suo respiro caldo gli faceva il solletico al collo. Sapeva che per la maggior parte del tempo non aveva dormito, aveva fatto solo finta. Passando molto tempo a guardarlo, Goku aveva imparato che Vegeta aveva il vizio di contrarre appena i pugni, quando dormiva. E, ogni tanto, quando si appisolava su di lui, gli sfregava il naso contro il petto. Invece, era stato tutto il tempo immobile, come se volesse annullare la sua presenza, far dimenticare anche a se stesso che lui era realmente lì. Goku sapeva che spesso si doveva costruire delle scuse per perdonarsi quei momenti di “debolezza”. Ma andava bene così. L’importante era avere quel dolce contatto che troppo a lungo l’altro gli negava, per chissà quali motivi di principio ed orgoglio.
Una goccia d’acqua gli picchiettò in testa, seguita subito da un'altra. Stava cominciando a piovere, e con malincuore, Goku appurò che forse sarebbe stato meglio rivestirsi e tornare alla base. Però… si perse un altro attimo a guardarlo. Perché sprecare quel momento? Era così raro essere vicini in quel modo… forse poteva centellinare ancora pochi secondi, prima che una goccia raggiungesse anche il principe, che inevitabilmente si sarebbe svegliato. Non ebbe nemmeno il tempo di formulare quel pensiero, che una gocciolina dispettosa si poso sul labbro dell’altro, facendogli socchiudere gli occhi.
“Ciao” soffiò Goku, osservando inebetito il minuscolo sacchettino d’acqua ferma sul labbro superiore, così terribilmente invitante…
“Kakaroth. Non puoi essere di nuovo eccitato. Non ho alcuna intenzione di sottostare di nuovo alla tua perversione!” sbottò Vegeta, le guance che si tingevano inevitabilmente di rosso, mentre si metteva in piedi meglio che poteva.
Non l’aveva mai ammesso, né mai l’avrebbe fatto, ma non è che il dolore che derivava dalla penetrazione di quel bamboccio in calore gli fosse del tutto indifferente. Goku ridacchiò, grattandosi la nuca, un po’ imbarazzato.
“E’ la tua vicinanza che mi fa questo effetto. Non posso farci niente!” esclamò, alzandosi a sua volta.
“E poi non mi sembra che la mia perversione accentuò bene quella parola, trovandola abbastanza ridicola se accostata a lui, che non faceva altro che tentare di rispettare i tempi del burbero principe.
Anche se, doveva dire, qualche pensierino se l’era fatto, ma questi erano dettagli. Ora si stava concentrando sul nuovo gioco. Le guance rosse di Vegeta erano uno spettacolo che andava gustato tutto d’un fiato.
 “...ti disturbi tanto” lo stuzzicò, curioso di vedere come si sarebbe giustificato quella volta e a che gradazione di rosso sarebbe arrivato.
 A questa affermazione, il principe borbottò qualcosa di non molto definibile, tra il “Tsk, idiota” e il “Non dire stupidaggini Kakaroth” e tutta la faccia –non solo le guance- diventò di un bel rosso acceso, simile ad alcuni frutti succosi che si potevano trovare solo nelle stagioni calde. Goku gli si avvicinò da dietro, trovando quel paragone decisamente delizioso, il volto a pochi centimetri dal suo orecchio. Era strano vedere come tutte le sue sicurezze, tutta l’armatura di spavalderia che si portava addosso, cedessero così facilmente sotto sue poche parole, veritiere per giunta.
“Sei fantastico quando diventi rosso” gli sussurrò dolcemente, baciandogli la pelle scoperta del collo.
La pioggia, che scendeva con sempre più vigore, si impigliava sulla pelle, rendendo i piccoli baci insospettabilmente più incandescenti. Vegeta scattò, come se lo avessero bruciato, tirando automaticamente un pugno. Che finì con precisione millimetrica nello stomaco dell’altro, facendolo piegare in due per un attimo.
“Rimarco la mia tesi. Sei un pervertito, e non hai il permesso di approfittarti così di me. Solo io posso decidere quando e se. Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro. Odio ripetermi” disse, usando il suo miglior tono altezzoso, che lo fece sembrare realmente un re sul suo trono, anche essendo completamente nudo, con un principio di erezione e la faccia rossa, di rabbia ma principalmente imbarazzo.
“Uffa. Sei cattivo” mugugnò Goku, che già stava assaporando di passare un altro paio d’ore di fuoco.
Vegeta ghignò, adorando di aver ripreso in mano la situazione. Tsk, stupida terza classe. Era lui che decideva il ritmo del gioco, che l’altro lo volesse o meno.
“E’ più che logico che sono cattivo. Sono il re dei sayan” assaporò la parola “re” sulla punta della lingua, dandole una cadenza particolare, un misto tra orgoglio e amarezza.
Goku percepì questo suo cambiamento d’umore repentino, ma non fece domande.
“Non mi sembra un buona scusa” continuò a borbottare il sayan più giovane, per cercare di distrarlo. Non voleva venisse rovinato un momento sereno come quello. Vagò per la vallata –ormai sommersa dalla pioggia- trovando i loro vestiti sorprendentemente semi-intatti e per di più con tutti i capi abbastanza vicini. Erano migliorati, pensò orgoglioso.
“E invece sì, perché l’ho detta io. Ora smettila di ciarlare e dammi quei vestiti” ordinò, ricordandosi forse in quel momento di esserne privo e che una pioggia torrenziale si stava scaricando su di lui, inzuppandolo.
Infastidito, aumentò l’aura per asciugarsi almeno un minimo.
“Va bene, per questa volta te la do buona” acconsentì Goku, passandogli la divisa.
Dopo che ebbero indossato i loro capi, non senza qualche occhiatina viziosa da parte dell’uno all’altro, si alzarono in volo, pronti a tornare al mondo reale che gli aspettava fuori da quel paradiso circondato da montagne.
 
“Bardack!” un ululato si propagò per la base, arrivando anche nel salone dove si trovava il diretto interessato.
Il sayan sospirò, alzandosi dalla sedia e rinunciando a quei radi momenti di silenzio che cercava di ritagliarsi ogni giorno per mettere in atto un buon piano.
“Bardack!” un altro grido femminile si aggiunse al precedente.
Uscì dal salone, aspettando in corridoio Fennel e Cauliflower, che sicuramente lo avrebbero travolto nel giro di due minuti. Come previsto, due figure corsero nella sua direzione.
“Bardack! Diglielo che dobbiamo ucciderli! Diglielo tu!” incalzò Cauliflower, indicando accusatoria Fennel.
“No! Dicono che hanno incontrato Freezer, non possiamo ucciderli!” ribattè l’altro.
“Ma sono degli intrusi! Fallo ragionare, Bardack. Degli intrusi che si sono accidentalmente fermati davanti alla porta della base. Devono morire, subito”
“Taci, femmina. Potrebbero essere immensamente utili. In tutti i casi non rappresenterebbero un pericolo”
“Lo dici tu che non potrebbero rappresentarlo! Se fossero delle spie di Freezer, eh? Con dei rilevatori di posizione?”
“Non dir…” “BASTA”
Il ringhio interruppe i due sayan, facendoli ammutolire. Bardack si massaggio le tempie, stordito.
“Ora, spiegatemi con calma che cosa sta succedendo. Non ho tempo per battibecchi e sciocchezze simili” disse, scrutandoli con attenzione.
Dopo un attimo di esitazione, Fennel prese parola. “Io, Cauliflower e Chard stavamo uscendo per andare ad allenarci, quando abbiamo trovato quest’aliena che abbracciava quelli che molto probabilmente sono i suoi figli”
“Anche se la più piccola ha qualcosa di strano” lo interruppe l’altra.
 Lui non ci fece caso, continuando a spiegare. “Allora le abbiamo chiesto che ci faceva lì, e lei ha detto che gli aiutanti di Freezer li avevano portati in quel luogo dopo aver ucciso il suo compagno. Ovviamente né Chard né Cauliflower le hanno creduto, perché non hanno abbastanza capacità intellettive e, si sa, fra idioti ci si trova…”
“Non provare ad insultarci!” come un animale schiumante di rabbia, la sayan fece per attaccarlo, ma Bardack la bloccò.
“Fennel, non è il momento di fare dello spirito. Cauliflower, sta ferma” intimò loro il capo, per poi mollare la presa sulla donna. “Dove si trovano in questo momento?”
“Sono nella cella” rispose Cauliflower, sistemandosi stizzita la divisa.
“E che cosa stavate aspettando per dirmelo?” domandò Bardack, innervosito dall’ennesima perdita di tempo, dirigendosi verso le celle.
Avrebbe fatto un paio di domande a quest’aliena, poco ma sicuro.
 
“Ehi! C’è nessuno?”
Goku si domandava come mai non ci fosse anima viva.
Lui e Vegeta avevano cercato in ogni sala che potesse venir loro in mente, dalle varie camere da letto ai saloni, anche quelli mai esplorati. Erano stati mezz’ora fuori dalla porta per cercare di aprirla, e se Goku trovava solo strana la situazione, il principe iniziava a stancarsi di tutto quel menefreghismo nei suoi confronti. Esigeva come minimo di essere accolto con cibo e vivande, dopo un allenamento. Poteva rinunciare al bagno caldo che lo aveva sempre atteso, ma mai ad un’accoglienza degna del suo sangue reale.  
“Mostratevi, è un ordine! Il re dei sayan vi ordina di venire al mio cospetto, subito!” tuonò Vegeta, innervosito dall’aver trovato l’ennesima stanza vuota, piazzandosi al centro, come se attendesse veramente che dalle sue parole fuoriuscissero immediatamente dei sayan pronti a fare quello che voleva.
“Mi sa che non funziona così, Vegeta. Non credo vengano solo perché gliel’hai chiesto tu, se non ti sent…“
“Silenzio! La mia parola è legge. Non ammetto obbiezioni” disse il principe, incrociando le braccia al petto, con la faccia di un bambino a cui è stato fatto un dispetto e attende le scuse.
Goku dovette seriamente sforzarsi per non scoppiare a ridere, anche perché sospettava l’altro non ne sarebbe stato troppo contento. Quel broncio appena accennato però era irresistibile… doveva assolutamente assaggiarlo.
Con fare da ladro gli si avvicinò a piccoli passi, sotto il suo sguardo truce, parandoglisi davanti. Lui sembrò capire le sue intenzioni appena incrociò i suoi occhi.
“Prova a infilare la tua sporca lingua nella mia bocca e giuro che te la stacco a morsi” sibilò, assottigliando ancora di più lo sguardo.
Goku stava per accogliere la sfida, pronto a perdere la lingua, quando la porta si aprì. Si resero conto di essere più vicini di quanto immaginavano, e scattarono all’indietro, come folgorati.
“Principe Vegeta!” esclamò Celery, non accorgendosi di niente, simultaneamente ad un breve inchino, “Kakaroth! Fortuna che siete venuti, stavamo per venirvi a cercare. Nelle segrete sta succedendo un disastro”
La giovane sayan aveva gli occhi cerchiati di viola, notò Goku, e sembrava stanca di qualsiasi cosa. Per un attimo si chiese se non c’entrasse il suo compagno, aveva capito chiamarsi Leek, che non accennava a migliorare. Si domandò che cosa avrebbe fatto lui, al suo posto.
Venne riscosso dalla voce di Vegeta, che sgarbatamente le ordinava di fare loro strada fino alle segrete e di raccontare l’accaduto. Mentre la seguiva, apprese della strana divisione che si era venuta a creare nel gruppo. Chard, Cauliflower, Turles, Toma e Seripa erano dell’idea di ammazzare quest’aliena e i suoi figli, mentre Pepper, Fennel, Radish e Celery consideravano più ragionevole l’idea di sapere quello che aveva da dire, e poi nell’eventualità ammazzarla. Mancava solo Bardack, che doveva ponderare la situazione, ma che pendeva più dal lato della ragione, rendendo perciò entrambi i lati abbastanza validi, non avendo detto no neanche alla prima opzione.
“Io sono dell’idea di sapere che cos’ha da dire” affermò Goku, dopo aver ascoltato attentamente, mentre Celery apriva una porta barricata.
“Sciocchezze Kakaroth. È una spia di Freezer, deve essere soppressa subito” asserì Vegeta, entrando dentro la sala da cui proveniva un chiasso infernale.
Le cosiddette segrete erano una stanza normalissima, con tanto di tavolino e sedie, solamente priva di finestre e con metà della camera separata da delle sbarre in plasma. I sayan si stavano accapigliando davanti alle sbarre, gridando e dandosi alcuni spintoni, giusto per rendere più chiaro il concetto che sostenevano.
Quando però lo sguardo di Goku cadde nella cella, gli si mozzò il respiro. Quella era Falck. Con Cache e Lyve.
“Fateli uscire!” gridò, correndo accanto alla cella, allarmato. “Sono dei miei amici! Non farebbero male a nessuno!”
“Goku…” sussurrò Falck, che non sembrava più lei. I capelli scompigliati, la treccia sciolta, il volto incrostato di terra e fango, le lacrime che solcavano righe rosa in mezzo a quella sporcizia. Stringeva forte a sé Cache, che non alzava neanche per un secondo il volto dal suo petto, e Lyve, che dormiva.
“Che cosa?” “Che ha detto?” “Kakaroth, sei sicuro?”
Le domande si sparsero inevitabilmente per la sala, dove ognuno fermò la propria lotta personale.
“Ha detto di liberarli, stupidi! La bambina è mia sorella, la principessa dei sayan! Vale più di tutti voi messi insieme!” la voce di Vegeta risuonò imperatrice e quasi un ringhio, e se prima i sayan erano sorpresi, orano erano letteralmente sbigottiti.
Goku aveva alzato la sguardo da sua madre, poggiando i suoi occhi stupefatti su Vegeta, che nel frattempo avanzava regalmente verso dove si trovava lui, cercando di non incrociare il suo sguardo. Allora non era vero che non gli importava niente, pensò con dolcezza il sayan più giovane. C’era qualcosa sotto quella scorza dura, non si era mai immaginato nulla. Lo riconfermava il lampo di apprensione che aveva scorto nelle sue iridi tenebrose nel guardare la sorella. C’era più di quanto chiunque potesse credere, e il fatto di averlo capito prima di tutto e tutti, anche di lui stesso, lo riempiva di una felicità che non comprendeva appieno. Come chi si butta alla cieca, e scopre che alla fine c’è un morbido letto pronto ad attenderlo.
Subito si affrettarono a disattivare le sbarre, dando così modo a Goku di avvicinarsi ai falciani e di perdere tutta la felicità che quella nuova consapevolezza gli aveva procurato.
“Falck… Falck, ma che vi è successo?” domandò, avvicinandosi più che poteva, per dar loro un po’ di calore, fregandosene di quello che avrebbero pensato gli altri.
Delle lacrime le inondarono il volto, gli occhi appannati si fissarono nei suoi, abbracciando più forte Cache, che gemette. Non di dolore fisico,
“Non c’è più” gracchiò.
In che senso? Si chiedeva il sayan, quando la consapevolezza lo colse, più dura che mai.
“Dov’è Loveno?” le parole gli si strozzarono in gola, perché sapeva già la risposta.
“Non c’è più” ripetè in un sussurro sfinito, prima di crollargli tra le braccia. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Salve a tutti! Ecco il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto! Non ho detto niente di straordinario, diciamo che è un po’ un piccolo intermezzo per far arrivare a Goku la brutta notizia. E per mettere un pò di fluff tra quei due scimmioni, che non è mai abbastanza *-* .Già da qui si può capire che non la prenderà tanto bene.
Comunque, potete notare che ho utilizzato un nuovo modo di porre il testo. In un’altra mia storia un utente mi ha fatto notare che il testo risultava troppo pesante da leggere tutto unito, e mi ha suggerito di andare a capo nei dialoghi. Come va? Preferite adesso, è più facile da leggere, o prima? O uguale?
Detto questo, fatemi sapere che ne pensate!
Bacioni :*

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


CAPITOLO 38
 
 
“Sarebbe una mossa azzardata e priva di senso!”
“Non m’importa quello che pensi tu, terza classe! Decido io che fare!”
“Non le importerà, ma rischierebbe comunque la vita!”
“SONO IL RE DEI SAYAN. POTREI DISTRUGGERTI CON UN SOLO DITO DELLA MANO”
“…”
“NON DUBITO DELLA SUA FORZA, MA E’ COMUNQUE LUI PIU’ FORTE”
“Ehi!”
“SONO IO IL PIU’ FORTE DELL’UNIVERSO”
“SAYAN”
I due sayan, come ricordandosi solo in quel momento che nella sala non erano soli, si girarono in direzione della voce che aveva parlato. Anche lei, come loro, si era alzata in piedi, stringendo i lembi del tavolo come antistress.
Seripa si schiarì la gola, riprendendo contegno.
“Prin… Re Vegeta, per quanto sia indubbia la sua forza, Bardack ha ragione. Sarebbe solo un inutile spreco di energie e di vita. La potenza di Freezer è aldilà del suo livello”.
Vegeta ringhiò, innervosito. Come si permetteva, quell’infima suddita, a dimostrargli una tale disobbedienza? Come osava credere di essere al suo livello? Una donna, poi. Forse poteva accettare che quell’altro scarto di terza classe gli rivolgesse la parola, ma solo perché aveva i mezzi che gli erano necessari.
Ghignò, pronto a mettere fine all’inutile vita di quella sottoposta.
Senza che né Bardack, né Seripa se ne accorgesse, troppo veloce anche per essere fermato dai riflessi allenati dei due, Vegeta aveva sbattuto la sayan al muro, la mano stretta intorno al suo collo, assaporando già il sapore del sangue di chi aveva osato mettere in dubbio la sua potenza.
“R-re…”
Seripa tentava inutilmente di parlare, mentre sentiva il respiro venirle meno. Con le mani cercava di districarsi dalla presa fatale, mentre scalciava come una belva inferocita.
Il ghigno sul volto dell’ormai re dei sayan si trasformò in una smorfia.
“Vuoi ancora parlare, lurida donna? Sappi che sei stata ammessa a questa riunione solo perché il tuo compagno è fuori dalla base, ed essendo il vicecapo, dovevamo per forza ammetterlo. O lui, o un suo sostituto. Ma non è detto che importi a qualcuno quello che hai da dire.
Neanche per quanto riguarda la tua, di opinione, terza classe” ringhiò Vegeta, prima rivolto alla sayan, ormai livida, e poi in direzione di Bardack, ancora in piedi dietro di lui.
Sembrava tranquillo, ma chiunque non si fosse fermato oltre le apparenze avrebbe notato la tensione che permeava il suo volto.
Non poteva perdere altri combattenti. Aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile. 
“Re, ci servono guerrieri. Pochi sono rimasti fedeli alla corona. Non possi… può permettersi di perderne altri”.
La smorfia di Vegeta si accentuò ancora di più, poi, con un verso di disappunto, lasciò la presa.
Seripa si rialzò subito, portando le mani al collo, e pronta per iniziare un combattimento in cui avrebbe riscattato l’umiliazione subita. Bardack, con un cenno negativo del capo, però riuscì a dissuaderla.
“Non ho intenzione di ascoltarvi un secondo di più. Ho convocato questa riunione per dirvi solo l’ora e il giorno in cui dovete essere pronti per partire alla volta del castello. Lì, combatterò contro Freezer e lo sconfiggerò. Non c’è altro da aggiungere” disse imperiosamente il re, facendo già per andarsene.
“I registri degli scouter di Celery e Pepper parlano chiaro: 530.000 di potenza. E abbiamo la certezza che sia solo una parte. E’ un dato di fatto: non riuscireste a batterlo”.
Una voce femminile si levò dal fondo della stanza, quando Vegeta era già alla porta.
Si girò lentamente, dando un’opportunità alla donna di negare l’evidenza. Si congratulò anche per la propria magnanimità.
“Che cos’hai detto?” scandì, sibilando.
Seripa fece un passo avanti, e Bardack fu tentato di lasciarla lì al suo destino, considerandola una degna punizione per la sua stupidità e la sua sfrontatezza.
Purtroppo per lui, era un’abilissima combattente.
“Ha dichiarato la verità, Re. Nessuno dubita della sua forza. Neanche del suo potenziale. Ma, semplicemente, ora non potrebbe batterlo. E poiché non c’è tempo per farla allenare e riuscire a sconfiggerlo con le proprie forze, ci serve un piano alternativo”.
Vegeta non era contento della piega che stava prendendo la situazione. Affatto. Quei due infimi sayan lo stavano battendo, seppur oralmente. La cosa non gli andava per niente giù. Affermavano che c’era qualcuno più potente di lui. E forse avevano anche ragione. Inaccettabile.
“Se non ce la posso fare io, non ce la potrete fare neppure voi. Neanche contemporaneamente. Valgo in potenza molto più di tutti voi messi insieme” disse allora Vegeta, mentre la sua aura cominciava a crescere vorticosamente.
“Di fatti abbiamo scartato la possibilità. L’avevamo considerata all’inizio la strada più giusta, ma ora abbiamo la certezza sarebbe solo un grosso errore” spiegò Bardack.
“Forza per forza, vincerebbe lui” commentò Seripa, non senza un velo di amarezza.
Se si potesse morire con la forza dello sguardo, la sayan sarebbe morta già due volte.
Una, per mano del capo della rivolta, che la fulminò, intimandole di stare zitta se non voleva rischiare la vita.
L’altra, per mano del re dei sayan, che l’unica cosa che poteva desiderare in quel momento era ucciderla in maniera più cruenta possibile.
“Serve qualcosa d’insospettabile. Un piano preciso che lo colga di sprovvista. Fargli credere che eseguiamo esattamente quello che si aspetta da noi, e poi cambiare completamente” disse Bardack.
Scese il silenzio. Quando, la porta si aprì.
“Io dico di usare qualche invenzione scientifica. Ci crede stupidi, quella lucertola schifosa. Ma anche noi abbiamo delle menti intelligenti”.
“Turles! Che diamine stavi facendo dietro alla porta? Come hai osato ascoltare?!” ruggì Bardack, alzandosi in piedi, pronto a buttare fuori il figlio a calci.
“Non potete fare queste riunioni segrete e pretendere che io non intervenga. Forse potete fregare gli altri, con la scusa degli allenamenti, ma non me” ghignò, sicuro di sé.
“Turles, vattene subito!” Stava seriamente perdendo la pazienza.
Due dei suoi combattenti, tra cui un suo figlio, stavano rischiando pericolosamente la vita nello stesso momento, e per di più sotto i suoi occhi.
Era una questione di principio, fare qualunque cosa per salvarli.
Si avviò a grandi passi verso di lui, afferrandolo per un braccio e disposto anche a lasciarlo mezzo morto, pur di farlo andare via.
Almeno, era solo mezzo morto.
“Che cosa hai detto moccioso? Torna subito qui” ordinò Vegeta, improvvisamente interessato a quello che aveva da dire.
Turles accennò un sorrisino strafottente al padre, prima di liberarsi dalla sua presa e dirigersi al tavolo.
“Stavo dicendo, prima che mio padre m’interrompesse. Freezer ci considera capaci unicamente di combattere. Ed è vero, noi siamo potentissimi. Ma abbiamo anche altre qualità. Per esempio, gli scienziati. Ne inventano una al giorno. Sono andato a letto con una sci…”.
“Risparmiami le tue prodezze sessuali. Non ho intenzione di perdere tempo” fece Vegeta, con una smorfia annoiata.  
Il sayan non si mosse di un millimetro.                  
“Sono andato a letto con una scienziata che aveva appena costruito questo nuovo macchinario. Era un’arma distruttiva ai massimi livelli. Diceva che riusciva ad assorbire gli esseri viventi e a trasformarli in energia per renderti più potente. Devo dire che è stato eccitante farla mia sul…”
“Turles” uscì basso e roco dalla bocca di Bardack, mentre però ascoltava interessato.
Vegeta pensava. Sembrava la soluzione dei loro problemi. Tanta energia per lui, e meno lucertole bianche tra i piedi. Perfetto.
“Portami da questa donna” proferì atono, alzandosi in piedi.
Gli occhi del sayan baluginarono di vittoria per la sua idea apprezzata.
“Purtroppo, non è così semplice. L’ultima volta l’ho vista pochi giorni fa, e mi ha detto – tra un ansimo e l’altro…”.
Il re dei sayan fu rapidissimo. Nessuno si accorse che si era mosso. Un secondo prima era tutto normale, uno dopo Turles era piegato a terra, ansimante, l’impronta del pugno di Vegeta sulla guancia.
Il giovane sayan si chiese che razza di potenza dovesse avere Freezer per non poter essere battuto da una forza del genere.
“Mi sono stancato di tutte queste chiacchiere. Sono il tuo re, trattami con rispetto. Ti ordino seduta stante di dire quello che sai e renderti utile, nel caso” soffiò, rabbioso.
I due sayan si guardarono negli occhi, poi Turles si alzò in piedi.
“Vive su una navicella, e si sposta in fretta. Ho una mappa codificata ben precisa per i suoi spostamenti, così che chiunque con un po’ di forza di volontà e quindi ‘degno di arrivare a lei’ ” sembrò scimmiottare un qualcosa che gli avevano detto “possa riuscire a rintracciarla. La mappa è nella mia camera. Per trovarla l’ultima volta ci ho messo tre mesi” borbottò, umiliato dalla sconfitta.
Il principe ghignò. “Deve saperci proprio fare, allora, per far aggrovigliare il tuo cervello di terza classe.”
Tornò subito serio.
“Chiamate a raccolta gli altri. C’è bisogno di tutto l’aiuto possibile. Non c’è tempo da perdere. Sayan, dammi quella mappa. Troveremo quella scienziata”.
 
La stanza era semivuota. La luce leggera penetrava dalla piccola finestrella sopra il cassettone, donandole un’atmosfera di serenità e pacatezza. Sembrava pulita e ordinata, le tipiche stanze di emergenza, che non si usano quasi mai. Entrando, si poteva vedere attaccato al muro di sinistra un letto, a quello di destra un altro, e fra essi un cassettone di legno scuro. Accanto alla porta, si trovava un altro lettino, messo in orizzontale. Il colore delle pareti era bianco, e le lenzuola di un tenue giallo ocra.
Sopra di uno dei tre letti, quello vicino alla porta, si trovava appallottolata una bambina, che dormiva serenamente mordendosi un pollice. Il lettino era troppo grande per lei, e qualcuno le aveva messo dei cuscini intorno per non farla cadere.
Con le ginocchia strette al petto e la testa china, le spalle come incastonate nell’angolo del muro, si trovava sul letto a destra un ragazzino. Non sembrava voler dar segno di muoversi, e le sue lenzuola erano intatte, intoccate. Come se non si fosse mai mosso da lì e volesse occupare il minor spazio possibile. Come se volesse fingere di non esistere.
Sull’ultimo letto disponibile, invece, si trovavano due figure.
Una di esse era un bel ragazzo, sulla ventina. Era seduto sul letto, e la sua espressione era una maschera di finzione. Sul suo volto c’era un bel sorriso, che pareva solo forzato, artificioso e freddo, come tutto in quella camera.
“Falck, non vuoi mangiare? E’ buonissimo, te lo assicuro”
Nella sua voce c’era una vena di disperazione, che tentava malamente di nascondere. Si capiva, però, che era sull’orlo del baratro. Quel ragazzo, sì, quel ragazzo stava ponderando qualcosa di grosso. Qualcosa cui non si poteva più sottrarre, se lo avesse deciso. Stava per saltare.
Prese uno dei due piatti poggiati sul cassettone, accanto a un biberon mezzo vuoto, e glielo pose sotto gli occhi.
Quella cui il ragazzo stava parlando, doveva essere stata una donna.
Era seduta compostamente sul bordo del letto, le mani in grembo, gli occhi completamente blu che guizzavano per la stanza, moderatamente curiosi.
Poteva sembrare una persona normalissima. Sì, lo poteva sembrare davvero. Se non per piccoli dettagli.
Le mani, che fino a un secondo prima erano incrociate sulle gambe, ora erano guizzate sul materasso, e stendevano in maniera maniacale le lenzuola, già perfettamente lisce.
E poi di nuovo sul grembo, immobile.
E ancora a spiegazzare sistematicamente l’orlo del lenzuolo, che evidentemente non era abbastanza inamidato.
Mani che si muovevano, a scatti, e poi di nuovo immobili.
Mani graffiate, mani rosse, che dovevano essere state strette con forza per stare ferme.
Mani che avevano scorticato, fino a far sanguinare, le braccia, i polsi.
Mani che non asciugavano più lacrime da una settimana, da quando era iniziata quella calma invera, che stava sfociando nella pazzia.
“Ti prego, Falck. Ti sto supplicando. Mangia almeno un frutto”
Occhi che non vedono realmente, ma che passano il corpo come fosse aria.
Occhi che guardano tutto e niente.
Occhi che costruiscono un mondo che non esiste.
“Falck, guardami”
Non sente Falck, non sente.
Non vuole sentire.
Perché dovrebbe sentire cose che le farebbero solo male?
“Non ce la faccio più Falck. Dimmi che cosa posso fare”
E poi, si gira.
“Non voglio mangiare adesso. Voglio aspettare Loveno, mio marito, ho in mente per lui un pranzetto speciale. Sai, è il nostro primo anniversario.”
Pausa. Le prime parole che dice, da quando è successo.
“… scusami, non credo di ricordarmi il tuo nome. Tu saresti?”
Un sorriso, simile, troppo simile al sorriso che Goku ricordava come quello di sua madre.
Il ragazzo, si butta.
“Falck, ti faccio una promessa. Giuro sulla mia vita, che ti vendicherò. Vendicherò te, e vendicherò Loveno. Ucciderò Freezer con le mie stesse mani. Costi, quel che costi.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
Lo so che merito di essere uccisa brutalmente da Freezer, e che questo misero capitolo non ripagherà mai tutta la mia assenza. Ma non posso far altro che pubblicare, sperando che non mi odiate troppo. Sono stata davvero impegnata, e non ho avuto tempo per fare niente. Finalmente, però, è finito tutto. Sono ufficialmente libera da qualsiasi costrizione, e se il cielo mi assiste (cielo e ispirazione), ricomincerò con i miei aggiornamenti ogni due giorni.
Vorrei fare alcuni chiarimenti. Allora, vedendo l’OAV di Turles ho capito che non è l’ennesimo membro della famiglia di Goku a sopravvivere (No, aspettate. Non ditemi che non sono indistruttibili. Quante probabilità ci sono che padre, figlio e fratello sopravvivano all’esplosione del loro pianeta? Vabbè che Bardack finisce in una dimensione parallela, ma è pur sempre vivo [sì, se ve lo state chiedendo ho fatto incetta di OAV e puntate speciali][e sì, invece di scrivere sono stata al computer LOL]) ma un comunissimo sayan di terza classe. Però, essendo io molto ignorante ed avendo visto solo immagini, avendo fatto 2 + 2 = 3, ho commesso questo errorino. Ma visto che è una What if?, me lo perdonate, no?
Poi, chiarimenti sulla potenza di Goku e Vegeta. Vegeta, a parte la sua solita vanità, è davvero molto forte. Diciamo che essendosi allenato con Goku, a sua volta innatamente più forte di lui, il suo livello combattivo a quell’età è notevolmente aumentato. Quindi possiamo dire che possiamo paragonare le loro forze combattive anche a quelle nella saga di Freezer, dai.
Ancora, parlando del capitolo. Vegeta è leggermente esagitato, non trovate? Sta per esplodere, guys. Perché? Ve lo spiego nel prossimo capitolo! Vi dico solo che c’entra… chi? Se mi conoscete anche un minimo lo scoprirete!
Detto tutto ciò, che so la maggior parte di voi non leggerà perché ormai mi odiate e volete solamente sfruttarmi per sapere come va a finire e non volete più starmi a sentire (ne sono consapevole) volevo ringraziare ugualmente chi eventualmente commenterà per farmi sapere che cosa pensa anche di questo capitolo, e niente… SAPPIATE CHE VI AMO COMUNQUE.
E che ogni singola recensione cui non ho risposto, avrà come risposta la seguente “TU SEI TROPPO BUONO E IO TI AMO IMMENSAMENTE. QUALSIASI COSA BUONA HAI DETTO SU DI ME E’ UNA MENZOGNA, QUALSIASI INSULTO E’COSA BUONA E GIUSTA. NON SONO DEGNA DI COTANTO AMORE.”
… ho usato leggermente l’aggettivo buono, uh.
Anyway, sperando di sentirci presto ^^
Bacioni :*
 
P.S.
A chi interessa, la mappa dei sayan (esclusi Goku e Vegeta) presenti nella base (quelli sbarrati devono ancora riprendere i sensi, poi distanziate da barrette sono le coppie, prima le donne)
Pepper – Artichoke – Turles – Radish – Bardack - Fennel
Celery – Leek
Cauliflower – Chard
Seripa– Toma

 
 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


CAPITOLO 39 
 

 
Colpo di testa, destro, destro, sinistro, destro, sinistro, sinistro, calcio destro. L’albero si spezzò e crollò inesorabilmente al suolo.
Vegeta guardò con disprezzo quell’arbusto, come se fosse colpa sua se non riesce a reggere i suoi allenamenti che vanno avanti da troppo tempo per la salute di un qualsiasi essere vivente.
Ma Vegeta non è un qualsiasi essere vivente, continua a ripetersi, lui è il Principe, no –si corregge sempre mentalmente, con un ché di estenuante e forse un po’ ossessivo, probabilmente anche di compiaciuto-, il Re dei Sayan.
Anzi, no –continua ancora il suo mantra- lui ancora non è ufficialmente il Re dei Sayan. Perché?
E qui, qui generalmente l’eventuale albero, montagna o sayan, soccombe alla sua ira, sovrastato dalla sua furia, travolgente e inesorabile.
Lui, lui non era ancora Re per colpa di Freezer.
Si ripeteva il nome sulle labbra, il volto contratto in una smorfia che dire terribile sarebbe stato davvero poco.
Per colpa di quella viscida, insulsa, lucertolona bianca, -la sequela d’insulti variava a secondo del momento- lui non aveva ciò che gli spettava di diritto. Aveva un qualcosa di suo. Il fatto in sé era sicuramente intollerabile. Suo. Meriterebbe la morte solo per questo, e di questo il principe ne era assolutamente e inequivocabilmente sicuro. Ma il fatto che una cosa sua così importante fosse in mano a quell’essere non poteva che accrescere la sua rabbia tanto che qualsiasi cosa alla sua portata avrebbe fatto meglio a scappare.
Ne sapeva qualcosa Fennel, trovatosi disgraziatamente in volo sopra la piccola raduna riservata agli allenamenti del principe per richiamarlo alla base, rimasto in sala rianimazioni per una giornata intera. Da quel momento in poi, tutti preferivano lasciarlo solo. Bè, tutti tranne una persona.
Al pensiero di quella determinata persona, la rabbia diminuiva appena, sovrastata da una sensazione che non voleva assolutamente identificare. Quel tanto che bastava per farlo smettere di accanirsi contro l’aria, per poi scoppiare di nuovo giusto un secondo dopo, dirigendo la propria frustrazione contro uno dei tanti alberi giganteschi.
Frustrazione, sì, perché anche con quella determinata persona, con quell’idiota di un sayan, non sapeva più che cosa diamine doveva fare. Lui e le sue stranezze, lui e le inappropriate sensazioni contrastanti che gli faceva provare, lui e quel suo segreto che non voleva rivelargli.
.
Vegeta camminava per la base, chiedendosi perché mai quando Kakaroth serviva –e il fatto che servisse a un qualcosa di concreto, era di per sé un miraggio- non si trovasse da nessuna parte.
Lo cercava da ben venti minuti, sprecando tempo prezioso che avrebbe utilizzato indiscutibilmente per allenarsi e diventare forte abbastanza da distruggere Freezer. La rabbia e la consapevolezza di essere inferiore e lui gli bruciavano sottopelle, e aveva una necessità fisica di sfogarsi. Cosa meglio di un allenamento con la terza classe?
Peccato che la suddetta terza classe non ci fosse da nessuna parte. E Vegeta, all’ennesima stanza trovata vuota, si domandava sul serio perché non fosse già andato ad allenarsi da solo invece di perdere del suo tempo. Ormai, però, aveva imparato ad accettare certe cose senza fare domande. Era inutile continuare a lacerare il suo orgoglio, che supplicava pietà agonizzante, smembrato dagli avvenimenti recenti. Aveva bisogno di trovare Kakaroth, e ne aveva bisogno il primo possibile. Quando, finalmente, se lo trovò davanti.
“Kakaroth! Dove diamine sei stato per tutto questo tempo? Mi hai fatto sprecare minuti inestimabili per l’allenamento…” e stava per continuare, esprimendo tutto il suo disappunto e insultandolo nella maniera più fantasiosa che proponeva il repertorio, quando lo guardò in faccia. O meglio, negli occhi.
Il cambiamento era in sostanza impercettibile. Ma Vegeta, la differenza l’avrebbe potuta anche notare a occhi chiusi. Forse dopo avrebbe potuto punirsi e negare fino all’ultimo di aver pensato una cosa del genere, chiudendosi nel suo solito silenzio ostinato. Ora, però, non si capacitava del suo sguardo. Gli occhi erano gli stessi: color pece, grandi, contornati da folte sopracciglia. Quello che però c’era dentro, era cambiato. La scintilla sempre giocosa e allegra, che non l’aveva mai abbandonato nel corso di tutta la sua vita ~e, il principe poteva dirlo, avendo passato la sua vita con lui- si era come offuscata, velata da una tristezza e una spossatezza che mai avrebbe potuto leggere nel suo sguardo. Queste, però, erano a loro volta nascoste da un fuoco che ardeva nei suoi occhi: la determinazione cieca di un pazzo che sta per buttarsi.
Goku gli sorrise, quando i loro sguardi s’incrociarono, e la scintilla di un tempo baluginò appena. Si grattò la nuca.
“Scusami, ero andato da Falck…” la scintilla si spense “…se vuoi allenarti, sono pronto”.
Vegeta si riscosse e annuì, borbottando qualcosa come “Andiamo” e chiudendosi nel silenzio ostinato che si era ripromesso. Lo precedette verso l’uscita senza degnarlo di un altro sguardo, deviandolo ostentatamente quando s’incrociavano.
 
Arrivarono nella radura del loro ultimo incontro, e stranamente senza parlare, cominciarono a combattere. Il principe non riuscì a godersi completamente i movimenti liberatori dei muscoli, il sudore che gli colava tra le scapole, o il dolore rassicurante che gli diceva che stava migliorando, che stava diventando più forte, come avrebbe fatto normalmente. In quella situazione gli sembrava che niente fosse normale. C’era qualcosa di assolutamente sbagliato e innaturale nel modo in cui l’altro si poneva. Sembrava che ci fosse e non ci fosse. E Vegeta, sì, poteva dirsi preoccupato.
Non certo per lui, sia chiaro, rettificava immediatamente la sua mente. Era preoccupato per l’andamento degli allenam… Ma non ci credeva neanche lui. Era preoccupato per Kakaroth, dannazione. Non andava per niente bene, ma non poteva farne a meno.
Non puoi farci niente, pensò. Devi solamente fartene una ragione e far finta di nulla. Aver ammesso una cosa così umiliante basta e avanza.
Perché non gli chiedi che cosa c’è che non va? So che ne muori dalla voglia…
Perfetto, pensò, e fu tentato di alzare gli occhi al cielo. Ora ci si deve mettere anche questa stupida voce interiore.
Perse la concentrazione per un attimo, e non notò il calcio che lo fece capitombolare a terra.
Come accortosi solo in quel momento di essere davvero lì, Goku sgranò gli occhi.
“Vegeta?” lo chiamò, atterrando accanto a lui. “Tutto apposto?”
 Lui si alzò, berciando parole apparentemente senza senso, tra cui Goku riuscì a distinguere un “Che fai fermo lì impalato” e “Continuiamo a combattere”.
Quando perciò fece per saltargli di nuovo addosso, Goku parò fermamente il colpo, accorgendosi di avere il fiatone solo in quel momento.
“Lasciami subito!” ringhiò Vegeta, staccando la mano da quella morsa apparentemente ferrea.
L’altro sorrise, un sorriso un po’ triste, un po’ stanco. Un sorriso per niente da Kakaroth, pensò senza volerlo Vegeta. 
“Che dici se per oggi ci fermiamo? Io sono distrutto” e come per dar ancora più valore alla sua affermazione, crollò disteso a terra.
Vegeta lo scrutò, valutando la sua proposta. Il sole ormai scomparso, considerando che avevano cominciato ad allenarsi quando era ancora in tutta la sua bellezza, e i muscoli che imploravano pietà, lo persuasero dal continuare la sessione di allenamenti e di prorogarla alla mattina dopo.
Si distese a sua volta, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse stanco.
Il silenzio scese denso e vischioso tra loro due, e nessuno sembrava intenzionato ad aprire bocca.
Vegeta aveva sempre amato il silenzio. Anzi, ringraziava sempre qualsiasi cosa ci fosse lassù per quei brevi momenti pacifici che riusciva a regalarsi. Solo che, per la prima volta in vita sua, lo trovava scomodo e fastidioso. E la cosa, se possibile, lo irritava ancora di più.
Passarono i minuti, quando a un tratto quel cappio pesante si allentò.
“Ci ripensi mai, a tua madre?”
Per farlo scivolare in una trappola ancora più appiccicosa.
Il principe prese fiato, pronto per dirgli di tacere e troncare sul nascere quella discussione senza dubbio imbarazzante, quando incrociò di nuovo il suo sguardo. I loro volti erano a pochi centimetri di distanza, e Goku lo guardava fisso, gli occhi neri così diversi dal solito spalancati. Qualcosa, dentro quello sguardo, lo smosse. Forse il trovare la stessa ferita –una delle tante- che scorgeva nel proprio losco sguardo allo specchio, la ferita che si era aperta quando aveva perso sua madre.
“M’impongo di non farlo”
Era la verità, sussurrata appena, come se non la volesse sentire neanche lui. Goku gli fu così grato per essersi aperto che per un momento dimenticò tutte le sue preoccupazioni e fu tentato di baciarlo, e rimandare ancora un po’.
Ma erano degli attimi troppo preziosi per non essere colti al volo.
Nessuno dei due si mosse, per non distruggere quel sottile equilibrio che si era venuto a creare.
“Io, alla mia, ci penso sempre. Non posso fare a meno di pensarla. Come se pensarla sempre possa fermare che mi stia scivolando via”.
Silenzio.
Vegeta non sapeva cosa dire. Lui capiva. Lui capiva benissimo, e la cosa lo sconvolgeva. C’erano dei momenti, quando era bambino, che passava così tanto tempo senza vederla che quasi si dimenticava il suo volto. E allora la pensava, ci rimuginava sopra, stava ore intere solo per ricreare il guizzo che avevano i suoi occhi onice quando lo vedeva. Si era sempre dato dello stupido per questa sua debolezza. Come si era dato dello stupido quando l’aveva vista morire, inesorabilmente, e aveva creduto che il solo pensare che ce l’avrebbe fatta l’avrebbe riportata sana e salva.
Si alzò, nervoso e arrabbiato della fitta al petto che gli era crudelmente giunta.
“Non dire stronzate Kakaroth. Il pensiero non riporterà indietro dalla pazzia quell’aliena” sbraitò, forse più duro di quanto volesse.
  Si avviò a passi pesanti verso un punto dove potesse spiccare facilmente il volo.
Goku si alzò a sua volta, le braccia abbandonate a peso morto lungo i fianchi. Non aveva intenzione di tirare l’argomento fuori, non ora perlomeno. Non ne aveva la forza, e per un attimo si chiese se mai l’avesse avuta. Gli balenò in mente l’idea di non dovergliene per forza parlare, e gli sembrò al momento meravigliosa. Poi tornò con i piedi per terra. Doveva farlo, doveva farlo anche se avrebbe reagito male. Doveva farlo, anche se in quel momento avrebbe voluto solamente poterlo stringere al petto e dimenticare il mondo.
“Infatti io non ho intenzione di pensare e basta. Ho intenzione di agire” arrivò a Vegeta la voce dell’altro, calma e in qualche modo definitiva.
Si girò quel tanto che bastava per spiare il suo volto, trovando il fuoco nei suoi occhi più vivo che mai.
“E sentiamo, come vorresti fare?” chiese, ironico.
“Sconfiggendo Freezer e vendicando quello che è mio padre, così che lei possa avere pace”.
Vegeta si congelò. Poi si girò, repentino, fino a prendergli la divisa, con forza, e avvicinando i due volti.
“Continui a dire stronzate. Freezer è mio, Kakaroth. Mettitelo bene in testa. Lo ucciderò con le mie mani, e non esiterò a uccidere chi si metterà fra me e lui” ringhiò, pentendosi subito di essersi scoperto talmente tanto solo pochi minuti prima.
Goku represse una smorfia di dolore, anche se gli sembrava di essere stato pugnalato. Tranquillo, si disse, non ci crede neanche lui.
  Lo guardò fisso negli occhi mentre rispondeva.
“Io non ho intenzione di ostacolarti. Sai benissimo qual è il piano, quali sono le condizioni di Veryin.”.
“Infatti” sibilò Vegeta “e non ho intenzione di cedere a te il posto del combattente. Sarò io a gustarmi la sua faccia mentre si renderà conto che è finito”.
Goku rimase in silenzio, guardandolo fisso, una determinazione bruciante nelle iridi.
Lo vedeva più vividamente che mai. Il cipiglio infossato, gli occhi brillanti di vita e di mille emozioni, i muscoli tesi, le mani ad artigliargli la divisa, e tutto il corpo proteso verso di lui.
No. Non poteva sprecare quei momenti in cui potevano stare insieme. Considerando che lui, a quanto pareva, non sapeva tutto.
Prendendolo completamente e inesorabilmente alla sprovvista, Vegeta sentì le labbra dell’altro cozzare contro le sue.
Poteva essere uno dei suoi soliti tentavi assolutamente senza buon fine di portarselo a letto –o a terra, nel caso- ma il principe sapeva con dolorosa certezza che c’era di più.
Contro ogni previsione, prima di approfondire quel contatto, Goku si spostò, sorridendogli sbieco.
“Ci vediamo domani per l’allenamento”
Prima che Vegeta potesse commentare, aveva già spiccato il volo.  
 
Inutile negare, quella sera era andato a cercarlo. Non l’aveva trovato. Ma da quello che aveva potuto capire, era stato in camera dell’aliena. Come tutte le sere.
Il giorno dopo si erano allenati. E anche quello dopo e quello dopo ancora. Erano ormai due settimane che si allenavano, e il principe era più che orgoglioso di costatare che i miglioramenti c’erano. Solo che… dannazione, c’era qualcosa che non andava.
Dopo gli allenamenti, si stendevano semplicemente a terra, ed era lì che Vegeta cominciava a non capirci più niente. Il fatto strano era già per sé che Goku non diceva una parola. Rimaneva semplicemente lì, sdraiato accanto a lui, a guardare il cielo.
Cosa ancora più strana, che il principe considerava sull’orlo della follia? Goku, ogni sera, allungava un braccio, in un goffo tentativo di abbraccio. Lo guardava per un solo momento, prima di tornare a rivolgere lo sguardo al cielo.
Ma non era questo lo strano. Lo strano era che Vegeta, contro tutte le previsioni possibili, contro ogni logica, contro anche se stesso, vi si appoggiava appena. E questo il principe non riusciva proprio a capirlo. Cosa c’era nel suo sguardo che lo convinceva a tanto?
Mentre si allenava da solo, adesso dopo due settimane, Vegeta si tormentava. Si odiava, per essere diventato così. Era una vergogna per il popolo Sayan. Ma…Quello sguardo non gli quadrava. Era un qualcosa in sottofondo, che non riusciva a captare. Forse, forse era quel qualcosa a fargli commettere atti così vergognosi, come poggiarsi al suo braccio.
Nel momento in cui anche l’ennesimo albero crollava sotto la sua furia, sentì un’aura molto famigliare alle sue spalle.
“Sei in ritardo oggi” sbottò, girandosi.
Goku gli sorrise come suo solito, ma con un qualcosa di velato che gli diede i brividi. Non gli diede quel bacio strano –un’altra delle cose che Vegeta non si capacitava ancora del perché gliele lasciasse fare.
“Ho incontrato mio padre mentre venivo” disse, con una strana inflessione nel pronunciare ‘mio padre’, “QW10 è pronta”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO

Oh mio Dende. Sono così in ritardo che metà dell’universo credo si sia dimenticato della mia storia. Anzi, suppongo che abbiate pensato che diventasse un’Incompiuta. E INVECE NO. Sono ancora qui, ladies and gentleman, ad asfissiarmi con questo nuovo capitolo, più confuso del previsto. Perdonatemi per il ritardo, ma il mare, la spiaggia, gli amici e la vita sociale (QUELLA MALEDETTA [cit. Reby-chan]) mi hanno reclamato a gran voce. E nei momenti liberi, lo ammetto. Passavo il mio tempo su FeisBucchen *fugge via* (A proposito… saluto tutte le bimbe del GDR che ci sono in lettura (?) ) Perché vi racconto tutto questo? Non ne ho idea, ma ormai mi conoscete. Racconto i cazzi fatti miei a metà mondo.
Ora, passando al capitolo. Suppongo che vi state chiedendo alcune cosette. Tipo: Chi diamine è questa Veryin? O Quanto tempo in là rispetto all’altro capitolo si deve collocare questo? Che cosa nasconde Goku?
Oppure non ve lo stavate chiedendo, e vi ho messo io la pulce nell’orecchio in questo momento u.u
In tutti i casi, dovrete aspettare i prossimi capitoli!
Bacioni :*

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


CAPITOLO 40
 
 
Prima ancora di comprendere appieno la notizia e tutto ciò che comportava, Vegeta aveva già spiccato il volo, diretto a tutta velocità verso la Base. Con Goku alle calcagna, che non aveva alcuna intenzione di lasciarselo scappare.
“Quando hanno avuto la notizia? E’ già perfettamente funzionante? Si può mettere subito in atto il piano?” chiese il principe, l’urgenza di sapere tutto e subito nella voce.
“Ehm.” Goku ridacchiò nervosamente, grattandosi la nuca. “Non ho chiesto praticamente nulla” e percependo distintamente l’altro sul punto di andare in escandescenza, cercò di salvare il salvabile. “Però ho visto Bardack abbastanza agitato e febbricitante. Credo che lo abbiano saputo da poco. Ho anche percepito Veryin”.
Missione riuscita. Almeno in parte.
Vegeta borbottò qualcosa, molto probabilmente un insulto verso la sua scarsa utilità, ma era già perso in altri pensieri. Finalmente il momento stava per arrivare.
Nessuno pronunciò parola per dei lunghissimi momenti, quando infine videro la nicchia in cui si trovava l’entrata della Base. Iniziarono la discesa, e Goku non potè fare a meno di non trattenere la domanda che gli arrovellava il cervello da quella mattina.
“Vegeta ma… Sei sicuro di esserti allenato abbastanza? Sei sicuro di essere abbastanza forte per resistere così a lungo?” gli domandò, non cercando per nulla di nascondere l’apprensione nella sua voce.
Il principe, che stava già per aprire la porta della Base, si girò a guardarlo, il volto corrucciato. Gli occhi ridotti a due fessure, ardevano di rabbia. Verso le sue parole, e verso quella nota che aveva catturato nella sua voce, che gli ricordava sempre che c’era di più. E gli faceva balzare il cuore nel petto.
“Te lo dico e te lo ripeto, Kakaroth, visto che evidentemente sei più duro di comprendonio di quanto immaginassi. Non ho intenzione di cederti il mio posto. Il gusto di combattere con Freezer, lo avrò solo io” sibilò.
Goku sorrise. “Non ho intenzione di rubarti il posto” incespicò un attimo, in cerca delle parole giuste, che non lo avrebbero allontanato da lui e non lo avrebbero fatto chiudere in se stesso. Invano. “E’ solo che mi preoccupo per te. So che sei un guerriero forte e valoroso, ma Freezer è davvero, davvero potente”.
Potè vedere con chiarezza una porta sbattersi con violenza negli occhi di Vegeta, seguita da un leggero imporporarsi di guance e di emozioni confuse susseguirsi sul suo volto.
Alla fine, scelse quella più semplice per lui.
“Non sarà una fottuta lucertolona troppo cresciuta a battermi. Io sono il re dei sayan. Non ho bisogno delle tue inutili preoccupazioni” sbottò, quasi in un ringhio, prima di entrare dentro alla Base e percorrere il corridoio, senza guardarsi indietro.
Goku sospirò, scuotendo la testa. Che testone. Gli andò dietro.
 
Veryin camminava a grandi passi per la Sala delle Riunioni, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo perso del vuoto.
“Allora? Cosa ci devi dire?” fece un sayan dai capelli lunghi, una specie di fratello di Turles, se non sbagliava.
La sayan lo fulminò con lo sguardo, e Turles le tolse le parole di bocca.
“Quante diamine di volte deve dirlo, Radish? Dobbiamo esserci tutti prima che Veryin ci spieghi il tutto”.
Gli rivolse un mezzo sguardo d’intesa, che non riuscì proprio a trattenere, prima di ricominciare a camminare a grandi passi per la Sala.
Non sapeva neanche perché fosse lì. Davvero non ne aveva idea.
Lei era sempre stata per il buon senso; l’autoconservazione. Se un qualcosa era insensato o controproducente, lei semplicemente non lo faceva.
In guerra si poteva morire? Lei non combatteva. Il marito che le volevano affibbiare la ripugnava? Scappava di casa. Un contrabbandiere di armi le proponeva almeno una decina di richieste a settimana –ben pagate-, a patto che lei costruisse tutto quello che le proponeva? Affare fatto.
Un pazzo megalomane con una potenza inimmaginabile complottava per lo sterminio dei sayan? Ah no, lei doveva mettersi contro di lui, accettando di lavorare con quel gruppo di sbandati, rinunciando a tutti i soldi che avrebbe potuto fare nel frattempo.
Al solo pensarci, era indecisa se imprecare o alzare gli occhi al cielo.
Davvero un genio. Il genio dell’incoerenza verso se stessi.
Anzi. Avrebbe potuto fare qualcosa di molto più produttivo nei confronti del proprio corpo che reclamava di essere usato. Era pur sempre una sayan, non poteva stare ferma per troppo tempo.
Avrebbe picchiato con tutta la forza repressa quell’idiota di Turles che l’aveva costretta ad accettare.
Costretta, forse, non era la parola giusta, si disse.
Dannato sayan. Un paio di occhiate maliziose, un bacio e una toccatina l’avevano fatta gemere quel “Va bene, sono con voi”, e in maniera anche abbastanza vergognosa. Avrebbe dovuto farsi pregare –come, in effetti, il restante di quei strani sayan aveva praticamente fatto. Tranne il principe, ovviamente.
Invece alla fine era stata lei a pregarlo di prenderla. In tutti i sensi.
Si fermò un attimo. Non serviva a niente pensare agli errori fatti. Quindi, di conseguenza, lei avrebbe scacciato quei ridicoli arrovellamenti. Era lì, ed era un dato di fatto. Doveva solamente svolgere il suo compito nel modo migliore possibile, e pregare che andasse tutto per il meglio. QW10 doveva essere l’arma definitiva. Altrimenti sarebbe stato tutto perduto.
 
Entrarono altri tre sayan, di cui non aveva avuto né il tempo né la voglia di memorizzare i nomi. Sapeva però che mancava ancora il principe Vegeta.
Un brusio impaziente si levò per la sala, e alcuni di loro iniziarono a scalpitare o a cercare di fulminarla con lo sguardo, forse il suo antistress personalizzato dava fastidio. Peggio per loro, commentò mentalmente la sayan. Per ripicca aumentò il passo, sembrando probabilmente una trottola impazzita.
Quando, dopo altri dieci minuti di attesa, il principe e un altro sayan –l’altro sottospecie di fratello di Turles?- fecero la loro entrata. O almeno, il principe fece un entrata degna del nome che portava, con conseguente mezzo inchino da parte di tutti, l’altro si limitò ad entrare e a prenderlo per mano… Prenderlo per mano? Aveva visto bene?
Ma quando rialzò la testa dall’inchino, entrambi si erano già posizionati nella prima fila del piccolo raduno che si era raccolto intorno a lei. Forse se l’era solo immaginato.
“Allora, Veryin, non farci aspettare ancora. Parla.” La voce chiara e forte di Bardack la raggiunse dai suoi pensieri e la fece anche inchiodare al posto. Da dove iniziare?
Con la coda dell’occhio guardò il principe. Si era aspettata che lui le chiedesse di cominciare, e sospettava comunque in una qualche reazione da parte sua. Il suo volto, invece, era imperturbabile.
Se il volto di Vegeta era una maschera di ghiaccio, dentro era un turbinio di sensazioni. Sensazioni piacevoli. Un suo solo tocco lo sconvolgeva, e non poco. Continuava a domandarsi che cosa doveva fare con se stesso.
Goku doveva trattenersi dal sorridere. Quando gli aveva preso la mano, aveva visto il suo sguardo lampeggiare, ma vi aveva scorto dietro una punta dolce che poteva intravedere solo nei loro momenti più intimi. Ed era curioso vedere come in quegli occhi le emozioni contrastanti collidevano tra loro, in uno stridio famigliare come il mondo per Goku. Se da una parte lo odiava per ricordargli sempre che c’era di più, tra loro, e non sopportava quelle delicatezze che avrebbe definito ‘inopportune’ e ‘da voltastomaco’, dall’altra lo ringraziava di rammentargli quell’intesa unica che gli legava. Sapeva, sapeva bene che odiava se stesso anche per questo. Ma Goku era ottimista: un giorno lo avrebbe accettato. Si amavano, e questo era quanto. Anche il solo fatto che con un sorriso riusciva a farsi perdonare, lo riconfermava. E il sorriso nasceva spontaneo.
“Va bene. Credo che, visto che siete tutti, posso cominciare a parlare. Senza inutili giri di parole, la grande notizia è questa: GW10 è pronta. So che alcuni lo sapevano e ringrazio di aver assecondato la mia strana richiesta di segretezza”.
La voce della scienziata riscosse i due dai propri pensieri.
“Il problema è che GW10 è un’arma instabile e sperimentale, quindi non avevo ancora la certezza che fosse completamente pronta. Ora, però, le probabilità di riuscita di questa missione sono alte” Veryin evitò accuratamente di spiegare che il 91,2 % era una probabilità sì, alta, ma c’era sempre un margine di 8.8 % in cui poteva succedere di tutto. E in una missione di quell’importanza, con ormai tre quarti di mondo sfollate, poteva essere fatale.
Alcuni sayan rimasero semplicemente zitti, altri si esibirono in lunghi fischi, altri si misero istintivamente in posizione di combattimento, come per dimostrare che erano pronti.
“Dov’è, questa macchina?” proruppe Vegeta, mettendo fine ai fischi.
Lei lo guardò in volto, ma non osò fissarlo negli occhi.
“E’ qui” disse, sotto lo sguardo sbalordito di tutti, e tirandolo fuori dalla tasca dei pantaloni.
GW10 non era niente di così spettacolare. Molti per arma definitiva si aspettavano forse un ammasso di ferraglie, grande almeno la metà dell’importanza del suo nome, non un oggettino così apparentemente insignificante. Veryin sapeva che i giorni e le notti passati senza dormire né mangiare per lavorarci su, la rendevano tutto tranne che insignificante.
Era una piccola pallina argentata, che poteva benissimo essere stretta in un palmo, se non fosse stato per la punta acuminata –lunga più o meno come un dito- che fuoriusciva dal punto perfettamente parallelo dal bottone rosso incuneato in esso.
La sala trattenne il respiro, alla sua vista.
La guardavano con desiderio, paura, ammirazione, gioia. Tutti, però, in quel piccolo oggetto, vedevano la fine di Freezer.
“Funziona?” domandò una voce femminile dal fondo della sala.
“Non so, Cauliflower, vuoi provare?” domandò ironico Chard, ricevendo come tutta risposta un’occhiataccia.
“Come funziona, precisamente?” Vegeta si fece avanti tra tutti, avvicinandosi a Veryin e studiando l’arma con occhio critico, come se volesse carpirne i più insignificanti segreti con una sola occhiata.
“Per quanto sia stata complicata la macchinazione, è semplicissimo, in realtà. Come vedete tutti, ha una punta alla sua base” e fece una pausa, mostrando la parte acuminata in questione. “Basta conficcarla in un qualsiasi punto del corpo del soggetto da cui si vuole assorbire energia fino ad arrivare alla carne viva e al sangue. Quando si imbeve del sangue del soggetto, il tasto”, sfiorò appena lo sgargiante bottone rosso che svettava sul marchingegno. “S’illuminerà. A quel punto si deve premere, e l’energia verrà risucchiata automaticamente.”
Si fermò di nuovo, per far assimilare a tutti le istruzioni appena impartite. Anche se sapeva che l’unico a cui sarebbero realmente servite era il principe, che la scrutava con occhio critico e impaziente. Poteva scommetterci tutto quello che aveva che non vedeva l’ora di strapparle GW10 dalle mani e volare verso il Castello.
“Il procedimento di trasferimento di energia è pressoché identico. Tranne per il fatto che bisogna premere due volte il bottone, dopo aver inserito il congegno in un qualsiasi lembo di carne” finì, rigirandosi tra le mani l’oggetto.
Silenzio. Cadde nella sala, in attesa che succedesse qualcosa. Qualcosa che avrebbe ribaltato le sorti di tutto, le sorti di quel pianeta che stava andando inevitabilmente in rovine, le sorti della stirpe dei sayan, di cui ormai giorno dopo giorno andava diminuendo drasticamente. Tutti sembravano aspettare che, una volta rivelata l’arma vincente, la vittoria piombasse dal cielo. Oh, non c’era niente di più sbagliato, pensò Vegeta.
Prese posto al centro della sala, lasciando da parte Veryin, che si tirò indietro senza batter ciglio.
“Ora che abbiamo l’arma, non c’è tempo da perdere. Partiremo subito alla volta del Castello, mettendo in atto il piano. Vi do fino a domattina alle prime luci del sole per preparare tutto l’occorrente di cui avete bisogno. Non ammetto alcun tipo di contrordine. O ne pagherete con la vita.”
Finito il suo breve discorso – se così si può definire -, uscì a passo di marcia dalla sala, ben saldo in mano GW10, i pensieri già altrove e l’ultima frase che echeggiava come elettricità statica tra lui e a chi era chiaramente rivolto il messaggio: Bardack. Al quale, con quelle brevi e concise parole, erano state troncate sul nascere qualsiasi possibili idee contro l’ordine del Re. Sostituite da un conflitto interiore decisamente non indifferente: il suo orgoglio da comandante e la sua fedeltà come guerriero alla corona.
La Sala, nel frattempo, attorno a lui, si era improvvisamente rianimata. Concitati mormorii creavano un’intricata e indistinta matassa di eccitazione, prospettiva, attesa. Tutti i sayan erano pervasi da quel misto di voglia e repulsione antichi più di loro. La certezza s’infiltrava sotto pelle, dando al corpo segnali inconfutabili, che la loro razza riconosceva da sempre. Stava per succedere.
Stavano per entrare in battaglia.
 
Vegeta capì che era lui ancora prima di riuscire a percepire la sua aura, ancora prima che il proprio cervello comprendesse e assimilasse i dati utili emettendo una sentenza. Era lui, lo sapeva e basta.
Continuò comunque a fare flessioni, il masso che aveva in schiena che lo graffiava, il sudore che bruciava come acido e i muscoli del braccio che gemevano di piacere e dolore ad ogni movimento.
Passò al braccio sinistro con un piccolo saltello che minò per qualche istante il precario equilibrio in cui si trovava il masso. Senza aspettare che si ristabilizzasse, continuò a fare flessioni.
Però, per quanto provasse a concentrarsi sui piegamenti, sul corpo che pregava di lasciarlo morire lì a terra, sul numero di flessioni – duemilaseicentoquarantadue col destro; col sinistro duemilacinquecentotrentuno, duemilaseicentotrentadue… - non riusciva a non sentire indistintamente lo sguardo dell’altro sulla propria nuca, che lo perforava come uno spillo.
Lo percepì distintamente spostarsi alla sua sinistra, il terreno che scricchiolava appena al suo passaggio, per poi fermarsi. A questo punto, non riuscì più a trattenersi. Con un colpo di reni si rimise in piedi, lasciando cadere l’enorme masso, o meglio, la piccola montagna, per terra con un tonfo.
“Kakaroth, mi puoi gentilmente spiegare che diavolo stai facendo?” sbottò, guardandolo trucemente, le mani ancorate ai fianchi.
Lui gli sorrise, grattandosi appena la nuca. “Ehm, scusa, non volevo disturbarti… Stavo aspettando che finissi di fare le flessioni così magari potevamo fare un bel combattimento”
Vegeta gli offrì uno dei suoi migliori sguardi di sufficienza, come se stesse davvero pensando se accettare o no. Goku sapeva benissimo che non vedeva l’ora, e il solo pensarlo gli illuminò maggiormente le già brillanti iridi nere. Cosa che non sfuggì all’occhio attento dell’altro.
“Credo che bastino le flessioni. Vedi di dare il meglio di te, Kakaroth. Non ho intenzione di perdere tempo, soprattutto oggi. Abbiamo ancora…” guardò il cielo “… circa quattro ore.”
Goku sgranò gli occhi, sbalordito. Mancava così poco? Allora era il caso di darsi una mossa.
“Non c’è tempo da perdere!” esclamò.
Ovviamente, non intendeva il combattimento. Intendeva tutta quella sequela di azioni – dal combattimento in aria, a quello in terra, alla lotta per raggiungere le sue labbra e a quella per non farsi brutalmente strappare un arto per aver provato a spogliarlo – che costruivano uno dei momenti più belli che avrebbe mai potuto desiderare di passare nella propria vita.
Alla fine, insanguinati, pieni di terra e sudore, accasciati per terra e stretti ancora in un abbraccio, avevano visto sorgere l’alba, e l’inizio di quella che poteva essere la loro ultima giornata.
 
 
 
 
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
 
ECCO. IL. CAPITOLO. WAAAA.
Ce l’ho fatta ancora una volta. Per miracolo, ma ce l’ho fatta. Non ci credo. Sì, lo so che non ci credo mai, ma sono dettagli secondari. Concedetemi questo momento di gioia e appagamento assoluto (?).
Allora allora allora. Che cosa devo dire? Ah, già. Ho iniziato la ricorrezione dei capitoli precedenti, quindi coming soon (che poi tanto soon non proprio T_T) la versione corretta di Destiny! Yeeeee
*silenzio*
Ehm, comunque. Volevo farvi presente una cosa minuscola. Ma proprio, invisibile.
Sentite, miei cari ragazzi. Volete sapere quante visite ci sono state al capitolo precedente? No? Ve lo dico lo stesso: 286
E quante recensioni?3
Ok che non si ha tempo, ok che non si ha voglia, ok che fa caldo. Ma, ragazzi. 3 recensioni in un mese, con 286 visite? Vuol dire che solo tre anime sono state talmente impietosite dai miei lamenti che hanno voluto scrivermi qualcosina per farmi contenta.Io scrivo anche per sapere cosa ne pensate e migliorarmi.
E… basta. Anzi, NO.
Dedico questo capitolo a margio, Sitter e Reby chan che hanno recensito!
Ora, basta.
Shadow

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


CAPITOLO 41
 
 
Il piano era talmente semplice ed elementare, talmente scontato, che Vegeta era sicuro al cento per cento sarebbe andato a buon fine. Aveva anche stilato una scaletta in proposito, che si ripeteva più e più volte in testa per finire con l’auto compiacersi sempre di più per il proprio ingegno e la sua innata tecnica militare. Il piano non poteva fallire perché, primo punto: avevano dalla loro l’attacco a sorpresa. Non c’entrava con il suo piano elementare, ma doveva essere un dato che aveva elaborato inconsciamente. Sì, doveva essere assolutamente così.
Non saresti mai partito solo per la voglia di staccargli la testa dal cranio, con alte possibilità di rimetterci la testa, vero?
Sì che sarebbe partito, è scontato.
Vegeta scosse leggermente la testa, per togliersi il fastidioso sospiro con cui la sua vocina interiore l’aveva invasa.
Allora, stavamo dicendo. Punto due: era semplice. Nulla di troppo difficile da mettere in pratica. Anche un demente sottosviluppato come Kakaroth sarebbe riuscito a comprenderlo senza combinare troppi disastri. E, nel caso non ci fosse riuscito, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, Vegeta gli avrebbe staccato la testa.
Punto tre: non se lo sarebbero mai aspettato. Un piano così sciocco, così basilare, così da guerriero alle prime armi. Vegeta, in quella mezz’ora dalla creazione del piano, era stato tentato più e più volte dal cambiarlo con qualcosa di più consono alla sua mente regale. Poi però, mandando giù il disgusto, e arrivando al punto tre della sua scaletta, decideva che era sempre meglio così. Freezer sarebbe rimasto spiazzato. Avrebbe cercato i sotterfugi, la trappola, il doppiogioco che c’era sotto; e sarebbe rimasto fregato. Un mezzo ghigno compiaciuto si disegnò sul suo volto schiaffeggiato dal vento d’alta quota. Il piano era quello: mentre la viscida lucertolona si dimenava alla ricerca di una risoluzione ad un enigma che non c’era, veniva messo in trappola. E la vittoria sarebbe stata sua.
“Sei pronto?”
La voce di Kakaroth lo fece sobbalzare leggermente, ma evitò di inveirgli contro. Non poteva perdere energie per una questione di così poca importanza.
“Sono nato pronto, pensa piuttosto a te” si limitò quindi a rispondere, senza riuscire a evitarsi un’occhiatina verso la propria destra.
Goku gli sorrise, e per un secondo un’ombra particolarmente scura gli oscurò il volto. Vegeta non mancò di coglierla, ma passò così in fretta che preferì credere di essersela immaginata.
“Oh, tranquillo, so cosa fare, non devi mica preoccuparti per me” lo stuzzicò l’altro, con l’aria di chi la sapeva lunga. E, in effetti, aveva toccato un punto dolente.
Tutta l’imperturbabilità sul volto di Vegeta scomparse in un attimo. Addio concentrazione.
“Tsk, figurarsi, non mi preoccuperei mai per te!” berciò, anche se piuttosto istericamente.
Goku si limitò a ridacchiare un “Certo, certo”, prima che fra loro ritornasse il silenzio.
Oh, al diavolo. “Piuttosto, vedi di non morire. Ucciderti spetta solo a me, me lo devi, con tutte le idiozie che mi hai costretto a subire nel corso degli anni” borbottò, - nonostante avrebbe voluto essere un tono di voce serio e distaccato – le guance appena imporporate, gli occhi fissi davanti a sé, un paio di minuti dopo.
Ed eccola di nuovo quell’ombra. Vegeta non poteva negare di non averla vista, e non si meravigliò più di tanto di esserne rimasto turbato. Ormai non sapeva più che fare, con il proprio corpo.
“Va bene, ci conto” disse allora l’altro, dopo averlo fissato per un po’ ed essersi goduto le sue guance rosse – non sarebbe mai riuscito a camuffarle per intorpidimento da alta velocità -, sorridendo di nuovo.
Vegeta azzardò un altro sguardo verso di lui, poi prese del vantaggio. Aveva bisogno di pensare e di concentrazione, e Kakaroth non aiutava.
 
Si fermarono in una minuscola valle incastonata tra due colline. Se avessero raggiunto la cima della più alta delle due, avrebbero potuto vedere il castello, imponente e stranamente minaccioso secondo Goku, che lo aveva considerato per moltissimo tempo la propria casa.
“Dividetevi” Vegeta era distaccato dal resto del saiyan, e, lapidario, impartiva ordini.
Senza emettere un respiro, i saiyan si divisero nelle fazioni prima scelte, ognuna con un compito ben preciso. Ognuna con un compito vitale. Se una falliva, tutte fallivano.
“Ripetiamo ancora una volta il piano: arriveremo al castello utilizzando lo schermo naturale che le colline mettono a nostra disposizione, poi dovremo disporre una freccia per fare breccia nelle mura. In massa, colpiremo il punto debole dell’entrata, cioè le sbarre che fungono da parte superiore del portone. Distrutte quelle, potremo entrare senza alcun problema. Tranne le guardie. A quel punto, ci divideremo. Voi” fece un cenno alla squadra formata da Pepper, Artichoke, e Celery. “Attaccherete le guardie che verranno da ovest. Il vostro compito è assoggettare quella parte del castello. Voi” la squadra formata da Cauliflower, Chard, e Leek. “Avete la parte est. I restanti avanzeranno con me verso il centro. Voi” Fennel e Bardack, Radish e Turles. “Dovete cercare e distruggere i due scagnozzi di Freezer, quindi potrete disperdervi come volete. Voi” e lo sguardo di Vegeta indugiò appena qualche secondo in più su Seripa, Toma e Goku. “Verrete con me fino alla stanza del trono dove Freezer starà ancora cercando di capire cosa sta succedendo. Poi prenderete tutta la parte centrale. Quando avrò ucciso quel lurido verme...” e il suo sguardo non ammetteva repliche, non poteva ammettere nient’altro, se non odio profondo, nero e assordante. “...verrò a uccidere quei traditori che ancora saranno rimasti. Tutto chiaro?” Non aspettò nessun cenno di aver capito, da parte del proprio plotone. Tutti sapevano a memoria quello che dovevano fare, tutti sapevano a che cosa stavano andando in contro. La morte li aspettava dietro l’angolo; era una follia. Eppure l’unica cosa che provavano, tutti, indistintamente, era la quiete eccitazione prima della battaglia. Vegeta si rigirò in mano GW10, poi se lo mise in una tasca. “Andiamo”.
 
Non c’era nessuno.
Sottoposto Numero 3725 guardava pigramente la zona circostante, appoggiandosi sonnolento al muro. L’arma di cui l’avevano munito quel giorno lontano in cui, unico superstite del proprio pianeta, era stato reclutato nell’esercito di Freezer-sama, era abbandonata inerte a terra, ma non se ne preoccupava. Sapeva bene come andavano quelle cose. Il proprio pianeta era stato conquistato in un giorno, uno solo. Da un essere che era nato appena pochi giorni prima, da quello che aveva appreso poi. E il proprio era un popolo forte, di guerrieri. Aveva sempre creduto che fosse uno dei pianeti più forti, ma evidentemente si era sbagliato, e di molto anche. Freezer-sama era un autentico mostro, e se aveva battuto gli eserciti Cancilpers in poche ore, Sottoposto Numero 3725 non credeva possibile che dopo così tanto tempo potesse esserci ancora qualcuno di vivo su quel pianeta. E se ci fosse stato, Sottoposto Numero 3725 sperava che morisse presto, per mettere fine alle tremende agonie a cui il tiranno lo aveva sicuramente sottoposto.
Forte nelle sue certezze, Sottoposto Numero 3725 passava delle giornate abbastanza noiose, animate appena dalla ronda mattutina, pomeridiana e serale che doveva svolgere con Sottoposto Numero 2437 e Sottoposto Numero 4829, per il corridoio passante su tutto il muro di cinta. Dopo le prime dodici volte, la vista sempre uguale diventava anch’essa noiosa, ma aveva imparato a farselo bastare. Era pur sempre qualcosa, e Sottoposto Numero 3725 non era un tipo che si lamentava, anzi, trovava sempre il buono in ogni cosa. Non si era lamentato quando era rimasto l’ultimo esponente della propria razza, né quando, tentata la fuga, lo avevano catturato e sbattuto in una cella umida, né tantomeno quando gli avevano imposto un giuramento a vita nel servire Freezer-sama, e nel donargli tutto se stesso. Compreso il proprio nome. Ma, comunque, Sottoposto Numero 3725 era moderatamente contento: almeno era vivo.
Mentre un altro pigro sbadiglio gli fuoriusciva dalle due bocche e gli faceva strizzare i tre occhi sopra alle antenne, un rumore sordo scosse le fondamenta del castello. Si guardò intorno spaesato, osservando con crescente preoccupazione come la barriera invisibile che teneva lontani i nemici si rivelasse pericolosamente. C’era qualcosa che non andava. Gli era stato spiegato più volte come quella barriera tendesse a prendere consistenza quando qualcuno di indesiderato cercava di entrare o di uscire. Una delle più avanzate tecnologie saiyan, gli avevano detto. E Sottoposto Numero 3725 considerò che sperare che fosse un guasto sarebbe stata una perdita di tempo.
Prima ancora che potesse fare qualsiasi cosa, le grida cominciarono. Il castello tremò, ancora e ancora. Sottoposto Numero 3725 andò in panico, cadendo a terra. Nel suo pianeta non succedevano, quelle cose. Il suo pianeta era stabile, fossilizzato. Il suo organismo non era stato preparato a cose simili. Cercò di alzarsi, di prendere l’arma, inutilmente. Il corpo era invaso da mille tremiti, il cervello sembrava essere andato in tilt. Doveva dare l’avviso, subito. Il castello era lontano, il folto giardino attutiva i rumori, e non si sarebbero accorti di nulla prima di qualche decina di minuti. Doveva avvisare gli altri. Ma dov’erano gli altri? Un’altra scossa, vicino. No, non era una scossa, erano passi. Prima che potesse rendersene conto, Sottoposto Numero 3725 si ritrovò una sfera di energia a fargli esplodere il cranio.
 
Nel castello, tutto era caos. Ovunque Goku si girasse, c’era sangue, morte, distruzione, combattimenti, grida, gemiti. I suoi occhi, le sue orecchie, persino la sua bocca, in cui il sangue continuava ad inondarla copiosamente, ne erano saturi. Eppure non ne era disgustato, non provava rimorso, non provava nulla. Aveva solo quell’orribile sensazione, quella che lo accompagnava da giorni. Ma non aveva tempo per pensare. La battaglia lo chiamava, con quell’urlo potente e atavico che faceva vibrare ogni fibra del suo essere, del suo essere saiyan. Sentiva il proprio corpo che si muoveva, come un automa, senza fermarsi mai, mai. I muscoli si tendevano, gioiosi ad ogni sforzo, l’energia fluiva libera e allenata dalle sue mani, per finire con colpi chirurgici addosso ai nemici più lontani.
“Kakaroth!” vide Vegeta con la coda dell’occhio, visibilmente seccato, impegnato a schiacciare come formiche mille e più di quegli orrendi alieni che Freezer si era portato dietro. Sembravano sbucare da ogni dove, Goku iniziava a chiedersi se non si rigenerassero direttamente dai muri.
Senza che dicesse altro, Goku aveva già capito. Mandò al tappeto un paio di alieni che volevano intralciargli la strada facendo scontrare tra di loro le teste. In un attimo affiancò Vegeta, e mentre lui andava avanti verso la sala del trono, nella quale si percepiva l'energia di Freezer, Goku sterminava con facilità quei molesti inconvenienti. Era fin troppo facile ucciderli, ed entrambi conoscevano abbastanza le strategia di guerra da sapere che erano stati mandati verso di loro solo per infastidirli e far perdere loro tempo. Tempo di cui Freezer aveva bisogno per capire il loro gioco. Vegeta era molto soddisfatto del suo piano. Stava andando tutto a meraviglia, e quella schifosa lucertola stava facendo esattamente quello che si aspettava.
La sala del trono era vicina, e ormai Freezer doveva aver capito il loro piano, anche se non voleva abbassare la guardia. Sarà davvero questo? E’ una trappola? Vegeta se lo immaginava in preda ai dubbi, e non poté fare a meno di ghignare soddisfatto, mentre con un paio di colpi staccava la testa a un ammasso di bava e occhi con l’evidente intento di volerlo fermare.
“Un grazie no, eh?” Goku gli si affiancò in quella specie di volo per i corridoi.
“Grazie di cosa, idiota?” ringhiò Vegeta, atterrando quel mezzo secondo necessario per bucare di netto con un calcio lo stomaco di un alieno vagamente somigliante a un albero.
“Di averti aiutato con quegli alieni, antipatico!” Senza neanche prendersi la briga di abbassare la quota, con una piccola sfera ne buttò due fuori dalla finestra.
“Tsk, tu non mi hai aiutato! Io non avevo bisogno di aiuto! Mi stavo semplicemente scocciando a dar retta a quegli esseri di così basso livello” grugnì altezzoso, mentre con uno sbuffo annoiato scendeva a terra e, uno a destra e l’altro a sinistra i due saiyan tiravano un potente gancio a un alieno enorme, apparentemente fatto di pietra, che si sgretolò letteralmente sotto le loro mani. “Questo scarto era mio, terza classe!”
“Ma stava cercando di trascinare a terra me! Quindi tecnicamente era mio” fece Goku, gonfiando le guance.
“Non osare contraddirmi!” berciò Vegeta all’idiota dietro di sé, essendosi ormai ritrovati spalla a spalla, il corridoio ormai stracolmo di alieni che cercavano in tutti i modi di ucciderli. Che illusi.
“Io ti contraddico quanto mi pare e piace, perché ho ragione e tu sei il solito megalomane che vuole prendersi tutti gli alieni da uccidere” disse Goku, tirando fuori il suo miglior tono da bambino capriccioso e saputello, mentre spezzava la spina dorsale a tre esseri contemporaneamente.
Un ringhio strozzato uscì dal petto del principe, che fu veramente tentato di lasciar perdere quel ridicolo combattimento per iniziarne uno più interessante con l’insopportabile idiota che si trovava dietro di sé.
“Quando ucciderò tutti questi inutili vermi” abbaiò allora, preparando un’enorme sfera sul palmo della mano destra, “sarai il prossimo a morire, Kakaroth!” e lasciandola poi andare, spazzando via quell’inutile massa corporea che intralciava il suo cammino. Il corridoio tremò, ma rimase perfettamente intatto.
Uno strano silenzio si propagò per il corridoio per qualche minuto, i loro respiri appena più affannati erano l’unica fonte di rumore.
“Ecco, vedi cosa ti dicevo prima?” fece Goku, con tono appena lamentoso, mostrando con un gesto delle mani il corridoio circostante. “Sempre tutto tu! Mi devi un corridoio di alieni”
Il ghigno soddisfatto apparso sul volto di Vegeta cedette, trasformandosi in una smorfia, mentre una vena dispettosa si gonfiava e il pugno tornava prontamente chiuso. Goku scoppiò poi a ridere. Vegeta era il solito bisbetico.
Quella sensazione si insinuò di nuovo nel suo stomaco e, prima che potesse rovinargli la fiducia nuovamente acquistata, rischiando l’osso del collo, si sporse per un bacio a fior di labbra.
“TI SEMBRA IL MOMENTO PER CERTE COSE STUPI…” “Arrivano altri! Non distrarti Vegeta!”
Vegeta odiava Kakaroth.
 
Freezer era seduto sul trono, la coda che si muoveva lentamente a terra.
La fronte era appena corrucciata in un moto di fastidio, ma le labbra nere erano arcuate in un piccolo sorriso indisponente e derisorio.
Quindi, erano arrivati, finalmente. Li aspettava molto prima, se doveva essere sincero. Nella sua tabella di marcia erano molto, molto in ritardo, e Freezer odiava essere in ritardo.
Ma, aveva sentito da qualche parte, meglio tardi che mai.
Aveva deciso che gli avrebbe aspettati da subito. Cercarli sarebbe stata una vana perdita di tempo per gli allenamenti dei suoi uomini, e dato che il loro attacco era una certezza, Freezer aveva considerato l’attesa una mossa furba.
L’elemento sorpresa non l’aveva preoccupato più di tanto, dato che per quanto riguardava i fattori forza e numero erano in evidente vantaggio. E poi, si era detto, quanto ci avrebbe messo una mente brillante come la sua a prevedere la mossa di un paio di sciocchi e impulsivi scimmioni? Invece la sorpresa c’era stata, ma questo era il motivo minore per cui Freezer era infastidito, e quell’unica ruga solcava la fronte lattea.
Freezer era infastidito perché, effettivamente, non riusciva a capire il loro piano.
Certo, quella sottospecie di surrogato basilare di piano l’aveva afferrato più che bene, ovvio, ma… il vero piano? Quello per cui lo avevano fatto aspettare tanto? Quello per cui era in ritardo sulla definitiva e completa sconfitta di quella feccia saiyan? No, quello non riusciva a coglierlo.
Freezer, però, non era preoccupato.
Secondo per secondo, sentiva il principe avvicinarsi, e presto sarebbe arrivato. Avrebbe saputo tutto.
Prima di prendere la sua testa.
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                                                                                   
 
 
 
IL MIO ANGOLINO
 
Ebbene, non sono morta. Sono qui. Ad aggiornare. Con il nuovo capitolo. Che non mi piace.
Però fa nulla, l’importante è (come mi hanno detto in molti) aggiornare.
E CERCARE DI FARMI PERDONARE. VOI DOVETE PERDONARMI. *fa faccia da cucciolo*
Scusatemi, sul serio. So che avete il mio poster in camera, a cui tirate le freccette avvelenate quando siete stressati. Ma a mia discolpa dico che ho avuto talmente tante cose da fare in questi mesi, talmente tanti problemi che… non sono proprio riuscita. Ho dovuto anche fronteggiarmi con un blocco dello scrittore orribilerrimo. Comunque, ringrazio voi che, anche se mi odiate tanto, siete ancora qui a leggere questa schifezza. GRAZIE.
Non so che altro dire, se non che questo potrebbe essere il terz’ultimo capitolo. E che devo ringraziare mio fratello per avermi fatto decidere definitivamente la fine della storia (<3).
Io non vi chiedo di commentare, perché ho paura di ricevere scarpate in faccia. Se vi va, giuro che però non mi offendo. Anche perché non sono più molto allenata con questo fandom, e ho paura di fare macelli.
Speriamo di sentirci presto.
 
Shadow

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