Remember you aren't alone over this road...

di Zeepbels
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia vita in un biglietto ***
Capitolo 2: *** Viaggio di sola andata ***
Capitolo 3: *** Messa in mostra ***
Capitolo 4: *** Imparare a uccidere ***
Capitolo 5: *** Dal palco all'Arena ***
Capitolo 6: *** I Giochi della Fame ***
Capitolo 7: *** Fai in fretta ***
Capitolo 8: *** Alleati? ***
Capitolo 9: *** Paura ***
Capitolo 10: *** Nella foschia di un incubo ***
Capitolo 11: *** E' andato tutto storto ***
Capitolo 12: *** Inaspettato ***
Capitolo 13: *** Nel posto sbagliato ***
Capitolo 14: *** Terremoto ***
Capitolo 15: *** Maledetti rimpanti ***



Capitolo 1
*** La mia vita in un biglietto ***


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Capitolo 1 – La mia vita in un biglietto.
 
 
- Buon compleanno, tesoro.
Sono queste le parole di mia madre non appena entro in cucina per la colazione. Al piccolo tavolo posto al centro della stanza sono seduti lei, mio padre Joe e mio fratello Seth.
I miei genitori hanno entrambi quarantacinque anni, anche se ne dimostrano di più. E’ normale: qui nel 9 inizi ad invecchiare a trent’anni. Sempre se ci arrivi.
Mio fratello, invece, di anni ne ha 18. E’ un ragazzo alto e ben piazzato, con i capelli e gli occhi castano scuro, come i miei. Occhi grandi da Distretto 9.
Mi siedo e fisso il pavimento. Mia madre, Isabel, sia alza e mi dà un bacio sulla fronte. –Non sei contenta?- dice.
Certo, doveri esserlo. Finalmente ho tredici anni. C’è solo un piccolo problema.
Oggi è il giorno della mietitura.
    
                                                        ***
 
Sono le due del pomeriggio e  mi avvio con mio fratello verso la piazza del municipio.
Non abitiamo molto lontani dal centro. Per mia fortuna i miei genitori sono riusciti ad aprire un piccolo negozio in città, lontano dai forni dove si cuoce il pane e dalle baracche.
Sto tremando e Seth deve essersene accorto, perché mi passa un braccio attorno alle spalle, per tranquillizzarmi.
- Tutto bene?- chiede.
No, vorrei rispondergli. Non va tutto bene, niente va bene. Ho paura Seth, tanta paura.
- Si, si. Solo un po’ di freddo- mormoro. Non riesco a deglutire.
La scusa, comunque, è abbastanza plausibile. Oggi, infatti, nonostante sia estate, un vento freddo fa ondeggiare le spighe nei campi. E nel Distretto 9, il più caldo fra quelli di Panem, questo evento insolito è un cattivo segno.
Mi avvicino al tavolo dove ci devono censire. Quando mi pungono il dito per avere un po’ del mio sangue, ritiro involontariamente la mano.
Detesto la vista del sangue. Perciò volto la testa quando il Pacificatore preme sul mio polpastrello. Poi mi dirigo verso il recinto dei tredicenni.
Lì vedo la mia migliore amica, Hannah, una ragazzina minuta con i riccioli castano chiaro, e mi avvicino a lei, prendendole la mano. Nessuna delle due dice una parola.
Dopo poco salgono sul palco il sindaco e due dei tre vincitori del mio Distretto. Il terzo, Chris Delyve, che aveva vinto i non Hunger Games, è morto di vecchiaia l’anno scorso.
Solo tre volte, penso. In sessantotto edizioni il Distretto 9 ha vinto solo tre volte. Sospiro pensando che solo il 12 è andato peggio di noi, finora.
Cerco con lo sguardo Seth, tra le file dei diciottenni. Lo vedo mentre cerca di sorridermi.
Ed ecco Jessie Honey, la capitolina che ogni anno sorteggia i due disgraziati da mandare a morire.
Quest’anno i suoi capelli sono blu notte, con tanto di brillantini. Stessa tonalità di colore per le labbra e gli abiti. Ripugnate.
Mi accorgo che sto tremando ancora di più e che l’ansia si sta diffondendo nel mio corpo, a partire dallo stomaco.
L’inno, il solito stupido filmato e…
- Prima le signore!
Che frase originale, penso. Jessie inizia a frugare nell’ampolla che contiene i nomi delle ragazze.
Serro le labbra e mi mordo l’interno della guancia.
Sento la mano di Hannah stringere convulsamente la mia.
Dai, penso, non può estrarmi. Il mio nome è lì dentro solo sue volte. Io e mio fratello non ci siamo mai iscritti per le tessere, il negozio ci dava abbastanza sostentamento!
Solo due biglietti con il mio nome. Solo due tra mille.
Jessie tira fuori un pezzetto di carta.
Non sono io, non sono io. O si?
- Rosemary Halley!
No. No. NO! Non io, perché io?
Tra mille persone, perché proprio me?
Mentre lascio la mano di Hannah e mi avvio verso il palco sento le lacrime scivolarmi lungo le guance.
 
 

Bacheca dell'autrice!
Ragazzi questa è la prima fanfiction che scrivo su Hunger Games e, vi prego, non linciatemi se vi fa schifo!
Recensite! :)
 

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Capitolo 2
*** Viaggio di sola andata ***


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Capitolo 2 – Viaggio di sola andata 
 
Sento che le ginocchia stanno per cedere. Non riesco a pensare a niente, ho la mente completamente svuotata, voglio solo piangere.
 Poi mi rendo conto che la mietitura sarà trasmessa sulla tv nazionale e che tutta Panem la guarderà, perciò provo a ridarmi un contegno.  Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano e salgo gli scalini del palco cercando di stare più dritta che posso.
Jessie Honey mi mette una mano sulla spalla e cinguetta: -Complimenti! Quanti anni hai cara?
Pochi. O almeno, non abbastanza per sopravvivere ai Giochi.
- Tredici – sussurro al microfono. La piazza è così silenziosa che posso sentire il battito accelerato del mio cuore. 
- Oh tesoro, sembri molto più grande!
Probabilmente si aspetta una risposta, ma io sono troppo impegnata a fissare mia madre che piange disperata tra le braccia di papà. Non piangere mamma, io non lo sto facendo più, vedi?
La capitolina deve aver capito che non ho intenzione di parlare, perciò chiede: - Allora, volontari?
Non mi volto nemmeno, non ce ne saranno.  Ma la mamma alza lo sguardo, speranzosa. Nessuno si muove. Il vento freddo mi scompiglia i capelli. Come volevasi dimostrare, sembra dirmi. 
Eh già, il Distretto 9 non è Distretto da volontari, sospiro tra me e me. Ai margini del mio campo visivo vedo qualche ragazza abbassare lo sguardo, imbarazzata.
La Honey prende male questo silenzio. Forse si aspettava una mietitura più interessante, quest’anno.
- Beh, se le cose stanno così, passiamo ai giovanotti! 
Solo allora mi volto per fissare quella mano bianca che si stacca dalla mia spalla e inizia a frugare tra i biglietti dei ragazzi. Non deve prendere quello di Seth. Vado già a morire io, non è abbastanza? E infatti non è lui.
- Martin Fanney!
Dalla fila dei quindicenni spunta un ragazzino basso e un po’ sottoalimentato, i capelli neri gli coprono in parte l’occhio destro ed è pallidissimo. Cammina lentamente, quasi arrancando, verso il palco.
Da qualche parte sento una donna urlare, sua madre, probabilmente. Conosco quel ragazzo, vive in uno dei capannoni vicino ai forni, dove lavorano i suoi genitori. Sono una delle famiglie più povere che conosca.
Poi, vedo un movimento tra i diciottenni e volto la testa di scatto. Seth sta facendo un passo in avanti.
No. Lo fisso negli occhi e lui capisce. Non può farlo, deve pensare alla mamma.
Torna al suo posto, ma non smette di guardarmi.
Intanto Jessie sta accogliendo Martin, senza nascondere l’insoddisfazione.
- Signori e signore, ecco a voi i fortunati tributi che rappresenteranno il Distretto 9 ai sessantanovesimi Hunger Games!
Nessuno applaude, e non hanno torto. Chi esulterebbe con una tredicenne e un quindicenne denutrito come tributi?
                                                                                                      
                                                                                       ***
 
Sono in una stanza del Municipio, seduta su una delle poltroncine di velluto rosso e consunto. Non sto piangendo, a momenti verranno i miei genitori, devo sembrare il più calma possibile.
La porta si apre e un Pacificatore annuncia: - Avete tre minuti.
Alzo lo sguardo e subito la mamma mi abbraccia, bagnandomi il vestito di lacrime: -Oh tesoro, va tutto bene … tutto bene …
Sento papà sedersi al mio fianco e dire: - Ce la puoi fare Rose, sei una ragazza in gamba e …
Si interrompe vedendo il mio sguardo quando mi giro verso di lui. Come può dirlo? Lo sa benissimo che non posso farcela!  E se invece ci credesse davvero?
- Papà, devi solo abituarti all’idea che non tornerò a casa. Ce la farete anche senza di me, saprete sopportare tutto – So che è una cosa terribile da dire, ma è così. Se si abituano già da ora alla realtà sarà tutto più facile.
La mamma solleva la testa dalla mia spalla e urla, disperata: -Rose! Come puoi dirci una cosa del genere!
Le lacrime mi riempiono gli occhi, e stavolta sono io ad affondare il viso tra i suoi capelli lunghi e scuri.
Ad un tratto entra il Pacificatore: - Tempo!
La mamma mi allontana da sé, gridando il mio nome, ma mio padre ha il buon senso di portarla via.
I miei sono appena usciti, quando entrano Seth ed Hannah. Mi chiedo perché mio fratello non  sia venuto insieme a mamma e papà. Sarebbe stato troppo penoso, penso. 
Hannah mi abbraccia e dice soltanto: - Come portafortuna puoi portare il braccialetto che ti ho regalato io.
- Certo – rispondo. Tempo fa, infatti, mi aveva regalato un braccialetto fatto di fili di lana colorati, che per me aveva subito assunto un grande valore affettivo. 
Mentre la mia amica continua a tenermi la mano, seduta accanto a me, Seth mi si inginocchia davanti, sollevandomi il mento con una mano.
- E se morirò come Jack? – chiedo. Jack era mio cugino, morto tre anni prima, quando aveva quattordici anni, ucciso da una spada al bagno di sangue della Cornucopia.
- Non sei sola in questo cammino Rose, non sei sola – risponde fissando i suoi occhi nei miei.
E’ una frase di una canzone che mi aveva cantato proprio la sera della morte di Jack, quando mi ero chiusa in camera, sconvolta. E tanto basta a consolarmi, come allora.
La loro è l’ultima visita che ricevo. Ma a me va bene così.
Quando ci portano alla stazione vedo che, a differenza di me, Martin non ha versato nemmeno una lacrima.
Jessie ci fa salire sul treno che ci porterà a Capitol City. Rimango sbalordita, ferma sulla soglia del vagone. Tavoli, sedie, lampadari di cristallo e dolci di ogni tipo.
- Ti piace eh? – trilla Jessie, allegra. – Aspetta di vedere la tua camera!
Distolgo lo sguardo da tutto quel ben di Dio e mi lascio cadere su uno dei sedili, accanto al finestrino. Martin si siede accanto a me, sempre in silenzio. Guardo, per un tempo che mi sembra infinito, il mio Distretto passarmi davanti agli occhi. So che questa è probabilmente l’ultima volta che ho la possibilità di vederlo.
Entriamo in una galleria, e nello scompartimento irrompono due persone. So chi sono: Emelei Jess e Carl Tank, i nostri mentori. Emelei è alta, sulla quarantina, mentre Carl deve avere pochi anni di più; so per certo che sono sposati, ma che non hanno figli. Troppa paura che possano finire come noi, probabilmente.
Si siedono di fronte a noi e si presentano,provando a sorridere. Carl cerca di non guardarci negli occhi, come se si sentisse in colpa.
- Allora – esordisce Emelei – Come pensate di sopravvivere?
Martin si stringe nelle spalle, poi si alza di scatto e scappa nel suo scompartimento. Emelei sospira, abbassando la testa. Starà pensando che, comunque sia, per lui non si può fare molto. 
- E tu? – mi chiede Carl.
– Imparando il più possibile - rispondo. 
I due annuiscono, distratti. Guardo l’orologio, sono le quattro del pomeriggio. Sento che il labbro inferiore sta iniziando a tremare, perciò me lo mordo.
- Rose, ti chiami così, giusto? , devi essere sconvolta. Vai in camera, fatti una bella doccia e riposati, d’accordo?
Non rispondo, però ubbidisco. La camera è enorme e le docce fantastiche, tutto supertecnologico. Lascio il vestito bianco che indossavo alla mietitura sulla sedia e ne indosso un altro, celeste, morbidissimo. 
Mi siedo sul letto, ma non voglio piangere più, non ora. Stasera, una volta a letto, ne avrò tutto il tempo. Premendo dei tasti su un pannello, posso ordinare tutto ciò che voglio. Decido così di mangiare uno spuntino e, per distrarmi, mi metto a leggere un manuale su come trovare acqua e rifugio in qualsiasi luogo,un pensiero dei miei mentori. Penso che anche Martin, in questo momento, stia facendo la stessa cosa. 
Verso le sette di sera, accendo la televisione: le mietiture. E’ davvero deprimente vedere in faccia un tuo possibile futuro assassino attraverso uno schermo.
Solo alcuni volti mi rimangono impressi: una ragazza alta, bionda e bellissima, diciotto anni, volontaria del Distretto 1; un sedicenne dai capelli rosso scuro che guarda disperato la madre abbracciare una bambina in lacrime di non più di dieci anni, Distretto 6; un ragazzo enorme, volontario, del Distretto 7; due gemelli dai riccioli scuri che non si degnano di uno sguardo, anzi, si scrutano come se già dall’estrazione stiano progettando l’uno la morte dell’altra, Distretto 8. Poi ci siamo io e Martin.
Ecco, ecco chi dovrò affrontare durante i Giochi. Quante possibilità ho di tornare a casa viva e non in una cassa di legno?
Questo è un viaggio di sola andata, penso. Il ritorno devo guadagnarmelo da sola. 
 
Bacheca dell'autrice!
Ragazzuoli ecco in capitolo numero 2! 
Spero non sia eccessivamente da schifio (non schifo u.u) 
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Capitolo 3
*** Messa in mostra ***


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Capitolo 3 – Messa in mostra
 
Un altro strappo.
- Potete smetterla?!? – sbotto, seccata.
Sono nella sala di preparazione dei tributi, divisa in scompartimenti, uno per ognuno di noi, immagino. Ci hanno portati qui subito dopo essere scesi dal treno, acclamati dalla folla. La stessa folla che, tra qualche giorno, sarà altrettanto entusiasta nel vederci ucciderci l’un l’altro.
Questa notte non ho dormito per nulla. Appena chiudevo le palpebre vedevo la mia famiglia, affogando volontariamente in un mare di solitudine dal quale non riuscivo ad emergere. Ho pianto tutte le mie lacrime finché non sono rimasta con gli occhi gonfi e arrossati, desiderando di averne ancora da versare.
- Abbiamo quasi finito. Ricordati: se bella vuoi apparire, un po’ devi soffrire!
Che proverbio altamente cretino!
E allora eccomi qua, circondata da tipi loschi decisi a non lasciare sul mio corpo altra traccia di peli che non siano i miei capelli.
- Tesoro, hai delle unghie orrende! – piagnucola una tizia dai capelli viola, in evidente stato di disperazione alla vista delle mie unghie mangiucchiate. Sospiro, cercando di ignorare il bruciore diffuso per tutto il corpo.
Alla fine della tortura, mi portano dalla mia stilista.
E’ una donna dai capelli biondo platinato, con la pelle tutta tirata per sembrare più giovane e ricoperta da almeno tre strati di trucco.
Mi sfila l’accappatoio e inizia a gironzolarmi intorno, senza degnarmi nemmeno di un saluto. Ogni tanto si ferma, annuisce oppure mi solleva il mento con la mano. E’ una cosa snervante, stare qui impalata con una vecchietta che vuole sembrare giovane che mi scruta.
Alla fine, con un cenno della mano, mi tende l’accappatoio e mi fa sedere accanto a lei su un divanetto. Poi mi tende la mano, che non stringo, e si presenta: - Orthensia, la tua stilista.
- Rose, la ragazza che devi fare bella per mandare a morire – rispondo. Lei mi guarda stupita, ma poi annuisce.
- Si, Emelei mi aveva accennato alla scarsa fiducia in te stessa. Comunque, dovrei spettare le considerazioni sull’altro Tributo, che mi porterà il mio aiutante, ma per la sfilata di stasera avrei già qualche idea.
- Vestito da pagnotta? – accenno, pregando che non sia così. Sono anni che i tributi del 9 si presentano in questo modo pietoso alla sfilata.
- Sai Rose, questo è il mio ultimo anno da stilista e avrei in mente qualcosa di più originale per voi. – dice Orthensia grattandosi il mento distrattamente.
- Ovvero?
                                                                                                      ***
- Oh – è tutto quello che riesco a dire. Mi sarei aspettata di tutto  da quella donna, ma non avrei mai immaginato fosse capace di questo.
Sul letto della mia stanza è steso il più bel costume che i Tributi femmina del Distretto 9 abbiano mai indossato.
E’ un abito corto, senza spalline ma la cosa sconvolgente è che è fatto interamente di spighe di grano.
- S … sono vere? – chiedo alla mia stilista, indicandolo.
- Certo che lo sono, per chi mi hai presa?
- E’ … insolito.
- Smettila di blaterare e provatelo, tra poco più di un’ora devi essere pronta.
Il mio staff di preparatori mi infila il vestito e comincia a truccarmi e a sistemarmi i capelli. Non posso nemmeno guardarmi perché Jessie ha insistito nel “lasciare la sorpresa alla fine!”
Mi mettono degli stivali di camoscio color cioccolato, gli stessi che portano i contadini delle piantagioni di frumento. Mi volto perplessa verso Orthensia.
- Oh, sembra che non centrino nulla con il resto, ma io ho studiato tutto! – replica lei stizzita.
Visto che non posso vedermi, spero solamente che abbia studiato bene.
Alla fine mi portano davanti allo specchio e …
Cavolo! Il vestito mi sta davvero a pennello e, devo riconoscere, gli stivali non stonano. Il trucco non è pesante, solo un po’ di fondotinta e di ombretto beige sulle palpebre. I capelli sono raccolti e fermati da altre spighe.
Mi sento bella, e mi stupisco nel pensarlo. Ma non posso farne a meno, per la prima volta penso di avere qualche possibilità nell’accaparrarmi sponsor.
Scendiamo assieme a Martin e al suo stilista. Il mio compagno di Distretto indossa dei pantaloni marrone scuro e una casacca dello stesso colore, fermata da una cinta di immancabili spighe, e stivali identici ai miei.
Saliamo sul nostro carro, trainato da cavalli bai perfettamente addestrati.
- Stai bene – dice Martin timidamente, ma da suo sorriso capisco che è sincero.
- Faremo furore, stasera – gli rispondo ammiccandogli.
Siamo tra i primi ad arrivare, perciò mi guardo un po’ intorno. I Tributi dell’ 1 e del 2 ci guardano con fare di superiorità, specialmente la ragazza dell’1, che sono quasi sicura si chiami Cheryl.
Alla sua vista sprofondo. Penso di aver esagerato con l’ottimismo fino ad ora. Vedendo lei, bellissima, assieme al suo compagno di Distretto, capisco che almeno metà degli sponsor si concentrerà su di loro o sui Tributi del 2. Evviva la depressione, sospiro, voltandomi verso qualcun altro.
Dopo un po’, però, mi sento osservata. Mi giro e vedo il  ragazzo del 6, quello dai capelli rosso scuro. Deve essersi accorto dell’occhiata perplessa che gli sto lanciando, perché alza gli occhi e mi sorride, arrossendo lievemente. Distolgo lo sguardo, un po’ imbarazzata, mentre i carri si posizionano davanti alla porta, pronti per fare il loro ingresso.
Parte quello dell’1, accolto da un boato. Mi guardo per un attimo con Martin che, sorprendendomi, mi dice: - Senti, lo so che stai pensando che non abbiamo speranze, ma almeno proviamoci no? Tu stai benissimo e io … beh io sto meglio del solito quindi … sorridiamo e … e … vabbè hai capito.
E’ quel suo timido e impacciato incoraggiamento che fa ritornare l’ottimismo. In fondo, cosa abbiamo da perdere? Gli sponsor, sussurra una vocina maligna nella mia testa, ma la soffoco in un angolino del mio cervello.
Il nostro carro parte. Adesso tutti ci guardano. Ci saranno centomila persone su quegli spalti e tutti stanno guardando verso di noi.
Sento un sorriso enorme spuntarmi sul volto e inizio ad agitare la mano verso il pubblico. Vedo con la coda dell’occhio Martin fare lo stesso. Sembra sicuro di sé, e non nascondo che ne sono davvero felice, anche se forse non dovrei esserlo.
A metà della sfilata inizio a mandare baci verso la folla. Qualcuno mi lancia un garofano, che afferro miracolosamente al volo. Mi esibisco nella posa migliore che riesco a fare quando passo davanti a un gruppo di fotografi che impazziscono alla mia vista.
I carri si dispongono nell’anfiteatro cittadino. Dal balcone si affaccia il presidente Snow. A quella vista, tutti tacciono.
- Tributi! – esordisce – Benvenuti ai Sessantanovesimi Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore! Tra di voi uno solo sopravvivrà, ma ognuno di voi porterà, con il suo sacrificio onore al proprio Distretto!
Tutto qua. Ci sta mandando a morire e ci dice solo questo. Fantastico. Davvero.
Rientriamo nel centro di addestramento. E subito i nostri mentori ci vengono incontro.
- Ragazzi, siete stati fantastici! Nessuna delle altre coppie ha dato un’impressione migliore della vostra! – cinguetta Emelei applaudendo. Perfino Carl, solitamente taciturno, ci sorride alzando i pollici.
Entriamo nell’ascensore assieme a un altro tributo,un ragazzo biondo del 5, che mi sorride appena.
Una volta entrata nell’appartamento vorrei andare a riposarmi ma posso solo cambiarmi per poi andare a cenare con il resto della squadra. Qui il cibo è fantastico. Solo una cena ha almeno cinque portate. Su consiglio dei nostri mentori, io e Martin cerchiamo di mangiare il più possibile, per prendere peso.
Alla fine dell’abbuffata vengo letteralmente trascinata sul divano del salotto, davanti all’enorme televisore. Iniziano a trasmettere le sfilate. I Favoriti stanno sul carro il più lontano possibile l’uno dall’altra. Contro le mie previsioni, la bella dell’1 non sorride né saluta, ma ha comunque un aspetto letale, nell’indifferenza in cui si chiude. I Tributi dell’8 mi colpiscono particolarmente: sono completamente opposti. Il ragazzo manda baci a tutti, mentre la sorella se ne sta lì ferma , tutta imbronciata, a fissare i cavalli.
Ma vengo distratta quando appariamo io e Martin. Non mi riconosco nemmeno, e invece sono proprio io quella ragazza dal sorriso di sfida, che saluta il pubblico. Non ricordo il fatto che la gente cercasse di acchiappare i baci che inviavo, o che urlasse il mio nome. Per carità, neanche Martin ha fatto una brutta figura, però i primi piani sono solo miei. Mi sento un poco in colpa, egoista. Lui, come se avesse capito, mi sorride tranquillizzante.
Tutti si complimentano con me e io, per la prima volta, vado a letto soddisfatta, pensando a come devono essere felici, a casa, i miei genitori e Seth.
Mi infilo sotto le coperte, ma non riesco a prendere sonno, mi rigiro e mi rigiro, cercando una posizione comoda.
Alla fine chiudo gli occhi, e stavolta non appaiono i volti di chi ho lasciato nel 9, ma quello di qualcun altro.
Sorrido tra me e me pensando a come sono belli gli occhi verdi del ragazzo del Distretto 6.

 
Bacheca dell'autrice!
Salve bella gente! Ecco il capitolo 3 :) 
Spero tanto che vi piaccia, nel frattempo ringrazio chi aggiunto la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Un grazie speciale va a Mattia_BanfiLOL98 per il sostegno <3 

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Capitolo 4
*** Imparare a uccidere ***


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Capitolo 4 – Imparare a uccidere.
 
E’ buffo come una persona che sa di avere i giorni contati riesca comunque a non pensarci. Perché è questo che sto facendo in questo momento. Non penso a nulla, fisso il soffitto stesa sul letto.
Ad un tratto la voce di Jessie Honey mi riporta prepotentemente alla realtà: - Su su! In piedi, signorina bella! E’ il primo giorno di addestramento, non vorrai far tardi!
Mi alzo malvolentieri, faccio una doccia e poi infilo i vestiti che la mia stilista mi ha lasciato sulla sedia. Casacca bordeaux, pantaloni aderenti beige e stivali. Lascio i capelli sciolti sulla schiena e vado nella sala da pranzo. Martin non è ancora arrivato però ho troppa fame e così mi riempio il piatto di bacon e uova strapazzate. Sono alla terza porzione, quando il resto della squadra entra nella sala. Emelei si siede davanti a me, inzuppa un panino nella cioccolata calda e mi dice, decisa: - Allora, andiamo al punto. Cosa sai fare?
La domanda mi prende i  contropiede.
- Beh, so accendere un fuoco senza fiammiferi e qualche volta ho lanciato un coltello ma a parte questo …
Emelei sospira: - E’già qualcosa. Allora, io concentrerei la metà del tempo sulle tecniche di sopravvivenza e il resto sul combattimento. D’accordo?
Lancio uno sguardo a Carl e Martin che parlano nell’angolo opposto. La mia mentore deve averlo notato, e probabilmente deve aver interpretato male uno sguardo perché mi chiede prontamente se voglio essere allenata da sola. Rispondo di no, ovviamente. Non ho niente da nascondere agli altri Tributi, proprio perché non ho nulla che mi dia un vantaggio su di loro.
Scendiamo al piano terra del centro di addestramento, come al solito siamo sempre tra i primi. Una volta arrivati tutti veniamo riuniti in cerchio. Mentre un istruttore ci legge le varie postazioni, mi do un’occhiata in giro. Mi rendo conto che qui sono la più piccola, il che non mi fa certo un bell’effetto. I Tributi Favoriti sembrano a loro agio, così come il ragazzo del 7. Altri si guardano intorno nervosi. Altri ancora, come me, sono calmi, ma non vedono l’ora di iniziare.
Mi avvio sicura verso la postazione sui rifugi, raggiunta poco dopo dal ragazzo dell’8. Cerco di ignorarlo mentre l’istruttrice parla, ma alla fine, quando iniziamo a costruire, mi tende la mano, sorridendo: - Flinn.
La stringo, un po’ titubante: - Rose.
- Bello il vestito di ieri sera.
Evito di rispondergli, però gli sono grata quando mi aiuta  nella costruzione di un riparo abbastanza complesso.
Dopo un po’ sento delle risate provenire dalle postazioni di combattimento. Mi volto, incuriosita. I Tributi maschi dell’1 e del 2 si stanno esercitando con le spade, e sono nettamente più bravi degli allenatori. La ragazza del 2 lancia coltelli, quella dell’1 frecce. Non mancano mai un bersaglio.
Solo adesso mi rendo conto che aver fatto bella figura alla sfilata non mi salverà, una volta nell’Arena. Certo, forse mi farà ottenere degli sponsor, ma quando mi troverò faccia a faccia contro uno di loro non avrò speranze.
Distolgo lo sguardo e mi concentro sul rifugio. Alla fine mi alzo in piedi e ammiro i miei risultati: sono stata abbastanza brava, e abbastanza veloce. Penso che mostrerò anche questo agli Strateghi.
Dopo un’altra ora trascorsa nella postazione sui nodi, provo a lanciare coltelli. Ne prendo uno e vado verso i bersagli più semplici. Lancio e … colpisco il manichino sulla spalla. Ok, tenendo conto che è la prima volta …
Pancia, gamba e, alla fine, cuore. Centro pieno!
Passo ai bersagli mobili, un po’ più sicura di me. I primi tiri, ovviamente, vanno a vuoto. Poi, man mano, inizio a prenderci la mano. Qualche Tributo si è voltato a guardarmi e spero che stiano facendo la stessa cosa anche degli Sponsor.
Dopo quasi sue ore, smetto. Devo dare spazio anche alla sopravvivenza, dopotutto.  Ma, in realtà, la ragione vera è che ho paura che gli altri Tributi mi prendano di mira.
All’ora di pranzo i Favoriti e il ragazzo del 7 si mettono tutti intorno allo stesso tavolo, ridendo e scherzando. Io mi riempio il piatto di roba e mi siedo da sola. La malinconia mi assale di nuovo, perciò cerco di concentrarmi sull’ottimo sapore del pollo che sto mangiando. Per fortuna arriva Flinn a salvarmi.
- Posso? – chiede. Annuisco senza alzare lo sguardo e lui mi si siede di fronte. Stiamo in silenzio per  po’, mentre io sbircio di sottecchi i Favoriti.
- Fanno paura, eh? – commenta Flinn.
- Già – sospiro.
- Immaginateli in mutande, davvero, diventa tutto più semplice. Io faccio così.
Davo fare uno sforzo immenso per non sputare l’acqua che stavo bevendo. Una volta che riesco a deglutire, mi volto verso di lui, che mi guarda perplesso, stringendosi nelle spalle: -Che ho detto?
Inizio a ridere e tutti si voltano verso di noi. Non riesco a smettere, e non voglio, perché mi sento davvero bene in questo momento. Quando mi calmo, entra in sala il capo istruttore che ci dice di riprendere gli allenamenti.
Vorrei ringraziare Flinn, ma lui si è già allontanato.
Durante i tre giorni successivi, mi alleno da sola e cerco di isolarmi il più possibile. Emelei, però, continua a dirmi che dovrei allearmi con Flinn, ma io non voglio. Non per orgoglio o perché ho paura di potermi affezionare a lui, ma perché una voce, dentro di me, mi dice che, nonostante l’episodio del pranzo, non mi devo fidare.
La conferma a questi pensieri mi arriva il secondo giorno. Mi stavo allenando con la spada (e avevo appena scoperto di non cavarmela malissimo, in quanto ho buoni riflessi), quando mi sono accorta che tutti erano in silenzio. Mi sono girata e ho capito. Uno dei manichini mobili aveva il cuore trafitto da una lancia. E, a più di quindici metri di distanza c’èra Flinn, con un sorriso sadico stampato sul volto. I Favoriti mormoravano fra di loro.
Eh no, non conviene allearsi con lui. Il Tributo del Distretto 8, per quanto simpatico e gentile possa essere, ha le idee chiare: il vincitore è uno solo, e lui arriverebbe a uccidere la sua gemella per diventarlo.
 
***
 
- Sai già cosa far vedere agli Strateghi, oggi pomeriggio?
Sono nella mia camera, assieme a Emelei. Di sicuro, non l’arrampicata o il tiro con l’arco, penso. E nemmeno la scure; alcune di quelle che ho provato a roteare durante l’addestramento erano così pesanti che non riuscivo nemmeno a sollevarle.
- Coltelli, rifugi e spada – dico.
La mia mentore annuisce. – Si, sono le cose in cui te la cavi meglio. Senti, Rose, perdona la schiettezza. Tu sei brava, nonostante abbia solo tredici anni, ma sarà difficile prendere più di 8. Se, però, te la cavi con un 7, gli sponsor si interesseranno lo stesso, fidati. Al punteggio, infatti, si aggiunge anche con l’impressione di te che riesci a dare, e, fidati, la tua è stata la migliore. E poi, una volta nell’Arena, le cose potrebbero anche cambiare notevolmente.
Annuisco. Ha ragione.
Scendo nella sala di addestramento e aspetto il mio turno per dare la mia dimostrazione agli Strateghi.
Il tempo sembra scorrere lentissimo. Mi torco le mani e non riesco a stare ferma sulla sedia. Dopo un po’ mi alzo e inizio a gironzolare per la stanza. I Tributi rimasti alzano appena lo sguardo, sono tutti ansiosi come me.
Chiamano Martin. – Buona fortuna – gli dico quando mi passa accanto. Mi sorride malinconicamente.
- Rosemary Halley! – tocca a me. Cerco di stare il più calma possibile quando entro nella sala del centro di addestramento. Gli Strateghi sono abbastanza distratti. Questo vuol dire che Martin non deve aver fatto granché. Mi annuncio e recupero l’attenzione che prima non avevo ricevuto. Evidentemente devono considerarmi interessante, perchè mi stanno guardando tutti.
Vediamo di non deluderli allora, penso.
Inizio dai rifugi. Ne costruisco uno, più velocemente che posso. E il risultato è anche abbastanza positivo. Poi passo alla spada. Me la cavo piuttosto bene anche qui. Sospiro. Ho quasi finito.
Mentre mi avvio nella postazione di lancio dei coltelli, guardo con la coda dell’occhio verso la platea degli Strateghi. Tutti mi fissano.
Con calma, prendo in mano il primo coltello e lo faccio roteare. Poi lancio.
Pancia. Ok. Al secondo tentativo prendo il braccio. Ahi. Sento alcun risate. Gamba. E dai, non posso sbagliare ora!
Ho solo un altro tiro. Mi concentro e … cuore!
Mi volto sorridendo verso gli Strateghi e mi inchino, senza parlare.
A tavola, non ho molta fame, nonostante i miei mentori mi abbiano tranquillizzata più volte. Voglio solo andare in salotto e vedere quei maledetti punteggi.
Finalmente la cena finisce. Il presentatore inizia a leggere. Accanto al punteggio appare il volto del Tributo in questione e il numero di Distretto.
I Favoriti ottengono, ovviamente, 9 o 10. Punteggi medio-bassi per gli altri. Fanno eccezione la belva umana del 7, che prende un 10 e Flinn, che ottiene un 8. Accanto al volto del ragazzo del 6 appare un 9. Sto per esultare, ma mi rendo conto appena in tempo che non è una buona idea. Mi sa che sto diventando seriamente scema.
Distretto 9. Mi rizzo sulla sedia. Martin Fanney … 4. No! Povero Martin! Lo vedo che si stringe tristemente nelle spalle.
Rose Halley … 7. Sospiro di sollievo. 7. Sono contenta del punteggio che ho preso, mi sarei aspettata molto meno. La mia squadra si complimenta, dice che per una ragazza così giovane è un risultato ottimo. E, visto che meglio di me sono andate solo le ragazze Favorite, deve essere vero.
Vado a letto con i visi dei Tributi che ancora mi gironzolano nella mente. Il 10 di Cheryl; il 6 della gemella di Flinn; il 4 di Martin; il 2, punteggio più basso, della ragazza del 3.
Il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi è che tutti questi punteggi, in realtà, non sono altro che un giudizio sulla nostra capacità di uccidere.

Bacheca dell'autrice!
Capitolo 4!! :D Spero che vi piaccia, recensite! (accetto anche critiche) ;)
Ringrazio chi mi sostiente moralmente ( :3 ) e chi segue la mia storia o, addirittura la ha aggiuta alle preferite! (si vede che di letteratura proprio non ve ne intendete xD )  sto scherzando, ovvio!

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Capitolo 5
*** Dal palco all'Arena ***


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Capitolo 5 – Dal palco all’Arena
 
Oggi è l’ultimo giorno qui a Capitol City. Stasera ci saranno le interviste e domani … beh, domani saremo gettati nell’Arena.
Passo tutta la mattina con Jessie, per lavorare sul “portamento”. E’ una cosa terribile. Vengo costretta a camminare per ore con delle scarpe dai tacchi che sembrano trampoli. In più, il vestito che mi ha messo addosso ha uno spacco davvero eccessivo.
 -Per allenarti a star seduta per bene senza mostrare ciò che non si deve far vedere! – continua a cinguettare.
E’ esasperante. Le caviglie mi si torcono dolorosamente e l’abito mi fa morire di vergogna. Continuo a pregare dentro di me che Orthensia, la mia stilista, non abbia idee simili per stasera.
Il pomeriggio sono con Emelei, per i contenuti.
Non so di cosa parlare durante la mia intervista. Forse potrei riuscire a parlare di Capitol City senza insultare ad uno ad uno i suoi abitanti per ciò che stanno facendo. Forse riuscirei addirittura a fingere che per me partecipare agli  Hunger Games sia un onore e che non vedo l’ora di andare a combattere. Ma non posso parlare di casa. Non posso parlare della mia famiglia. Non posso.
Non hanno alcun diritto di sapere cosa prova, pensando ai suoi affetti, uno che tra meno di ventiquattro ore sarà catapultato all’inferno.
- Devi farlo, invece! Mostra la tua sensibilità! – urla la mia mentore sbattendo il pugno sulla scrivania, dopo il mio ennesimo rifiuto. Scuoto la testa.
- Vuoi morire allora, eh? E’ questo che vuoi? – Ahi, questa fa male.
- No … - mormoro.
- Allora abbandona il tuo risentimento, per una volta! Qui ne va della tua vita!
Annuisco e ci mettiamo al lavoro.
Un’ora prima dello show vado in camera per prepararmi. Il mio staff e la mia stilista mi stanno già aspettando.
Vedendo il vestito che dovrò indossare, sospiro do sollievo. Niente scollature provocanti, niente trampoli (dopotutto sono già alta di mio! ), niente semitrasparenze. E’ un abito semplice, ma bello. Per quanto detesti quella donna, devo ammettere che ancora una volta ha fatto la scelta giusta.
Il vestito è un monospalla, corto fino al ginocchio. E’ interamente fatto di tulle verde smeraldo, e, come unico decoro, ha un’arricciatura del tessuto sull’estremità della gonna. Le scarpe sono dello stesso colore, aperte e senza tacchi eccessivi, legate sul polpaccio da dei nastri.
Anche l’acconciatura non è elaborata, capelli sono solo raccolti su un lato della testa, fermati da un fermaglio di smeraldi, e poi lasciati cadere in boccoli scuri e ordinati sulla spalla sinistra. Il mio staff si lamenta di non potermi truccare molto. A quanto pare Orthensia dve essere stata particolarmente severa su questo punto.
Quando scendiamo al piano terra, sento lo stomaco chiudersi. Maledetto panico da palcoscenico! Respiro profondamente e cerco di calmarmi.
Quando arrivo miracolosamente indenne sulla mia poltroncina, sul palco, cerco di ricordarmi tutti i consigli di Jessie. Certo che stare seduti composti è complicato!
Quest’anno il conduttore storico delle interviste, Caesar Flickerman, ha i capelli e le labbra fucsia acceso. Oddio, che vista oscena.
Cominciamo. La ragazza dell’1, se potesse, descriverebbe passo passo come ci ucciderà, ne sono più che certa. Mi guardo i piedi quando intervistano il ragazzo del 6, da brava stupida che sono. La gemella di Flinn ignora deliberatamente la domanda “Cosa comporta il fatto che il tuo gemello sia qui con te?”. Alla stessa domanda, invece, lui risponde: - Nulla, mia sorella è un avversario come gli altri – Chissà come deve essere disperata sua madre, nell’8.
Poi, Caesar annuncia: - E dal Distretto 9, ho il piacere di presentarvi … ma che dico, la conoscete già tutti! Signore e signori, ecco a voi la splendente Rose Halley!
Splendente? Di sicuro …
Mi avvio verso di lui che dice: - Allora Rose, hai solo tredici anni, ma hai comunque ottenuto un’ inaspettato 7! Cosa dovremo aspettarci da te?
Questa è facile. – Sicuramente sorprese – rispondo ammiccando – Sono una ragazza intelligente e me la so cavare in ogni situazione! Perciò non pensate che sia una morta in partenza –
Convinta ...
- Assolutamente! – risponde Caesar come se avessi detto una bestemmia , poi aggiunge, con fare malizioso: -E cosa mi dici riguardo ai Tributi maschi? C’è qualcuno che ti ha, diciamo, colpita?
Cosa centra questo?! Arrossisco violentemente ma evito di guardare il ragazzo del 6.
- Oh oh! – esclama tutta la platea. Cavolo sto rovinando tutto! Mi ridò un contegno.
- Beh forse si, in effetti. Ma è difficile dirlo, quando so che domani potrei ritrovarmi con un coltello nella schiena lanciato proprio da lui! – Risate generali. Me la sono cavata anche qui.
Poi, quando tutti si calmano. Caesar mi fa un’ultima domanda: - Sappiamo bene che hai un fratello a cui sei molto affezionata.  Cosa ti ha detto, salutandoti?
- Mi ha cantato una canzone – mormoro.
- Sarebbe?
E poi, senza pensarci, inizio a cantare. La canto tutta, dall’inizio alla fine, nel silenzio più totale. La canto per la mamma, per papà, per Hannah, ma, soprattutto, per Seth.
 
“Remember, you aren’t alone over this road,                                     (Ricorda, non sei sola su questa strada,
Every time you turn around you have someone near you…        ogni volta che ti volterai avrai qualcuno vicino
And  don’t leave the hope,                                                                            E non perdere la speranza,
When the pain is breaking you …                                                             quando il dolore ti sta distruggendo …                                                
Don’t cry, my baby                                                                                         Non piangere, piccola mia …
I will stay forever with you.”                                                                    Io starò sempre con te)
 
Quando smetto, scatta il segnale acustico. Tuttavia, nessuno parla. Caesar mi bacia la mano; ho le lacrime agli occhi. Quando però mi siedo, tutti si alzano in piedi, applaudendo commossi.
 
***
 
Quando, una volta finito lo show, la mia squadra mi si avvicina. Io mi volto, entro nel primo ascensore che vuoto che vedo e colpisco il pulsante numero nove con il pugno. Mi fiondo in camera mia, mi tolgo il vestito di dosso e, tutta truccata e in biancheria, mi lascio cadere sul letto.
Passo la notte peggiore della mia vita. Piango lacrime su lacrime, soffoco i singhiozzi nel cuscino, chiamo i nomi dei miei cari, come se fossero qui per rispondermi.
Alterno queste scene pietose a dormiveglia popolati dalle immagini dei passati Giochi, soprattutto quelli di Jack. Non voglio morire, penso. Io voglio solo tornare a casa dalla mia famiglia. Perché devo morire? Perché?
Quando, la mattina dopo, di buon’ora, Emelei mi chiama, mi alzo meccanicamente, faccio la doccia e mi infilo il primo vestito che trovo nell’armadio. Mangio poco, senza parlare né alzare lo sguardo dal mio piatto. Quando lo faccio, trovo gli occhi arrossati di Martin che mi fissano.
Quando arriva il momento di andare saluto silenziosamente Jessie, che si scioglie in lacrime, e il mio staff. Dopotutto, penso, sono grata a tutti loro per l’aiuto. Quindi, assieme ai mentori e al mio compagno di Distretto, mi avvio verso la pista di lancio dell’ hovercraft che ci porterà nell’ Arena.
Una volta salita, una donna mi si avvicina con una siringa per piazzarmi il localizzatore nel braccio. Stringo i denti quando il grosso ago mi penetra nella pelle.
Ad un tratto, gli sportelli si chiudono e io e altri otto Tributi iniziamo il nostro viaggio.
Dopo un’ora circa scendiamo e, a uno a uno, veniamo condotti da Pacificatori verso la nostra camera di lancio. Sono stanze piccole, completamente rivestite di piastrelle bianche e l’arredamento consiste in un solo divanetto. Su quello della mia stanza, mi aspetta Emelei. La mia mentore mi abbraccia e, solo allora, mi accorgo di come sto tremando. Mi sento malissimo, come se dovessi vomitare da un momento all’altro.
Ci consegnano la divisa: pantaloni beige con molte tasche, stretti alla caviglia; maglietta nera; una giacca verde scuro il cui tessuto è progettato per trattenere il calore corporeo; anfibi neri dalla suola spessa.
Indosso tutto in silenzio, lego i capelli in una coda, poi mi siedo sul divanetto bevendo un po’ d’acqua e giocherellando con il mio braccialetto.
Dopo un po’ una voce annuncia: - Trenta secondi.
Mi alzo di scatto, nervosamente. Emelei mi stringe di nuovo a sé e mi dà un bacio sulla fronte. Sento le lacrime riempirmi gli occhi, ma lei me le asciuga con la mano.
- Venti secondi.
Mi stacco da lei e mi avvio verso il tubo che si trova al centro della stanza. Lo sfioro lentamente con punta delle dita.
-Dieci secondi.
Ci entro dentro e le pareti di vetro si chiudono silenziosamente intorno a me. Mi volto, terrorizzata, verso Emelei. Faccio appena in tempo a vedere le sue labbra piegarsi in un sorriso triste che il tubo inizia a salire.
Dopo alcuni secondi, una vengo accecata da una luce fortissima.
 Prima che i miei occhi si abituino alla luce, una voce amplificata annuncia: - Che i sessantanovesimi Hunger Games abbiano inizio!

 
Bacheca dell’autrice!
Siamo nell’Arena! Ovviamente l’ultima frase non è originalissima, ma mi sentivo in dovere di scriverla ;)
Ci tengo a precisare che il testo della canzone l’ho composto io (in inglese), ecco giustificato perché fa così schifo u.u
Comunque spero vi piaccia :D Vi prego, recensite!
 
 

 
 

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Capitolo 6
*** I Giochi della Fame ***


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Capitolo 6 – I Giochi della Fame
 
Sessanta.
Mi guardo intorno, sono su una piattaforma di metallo circolare, a circa tre metri da quelle dei Tributi che mi stanno accanto. Davanti a me c’è una montagna ricoperta di alberi. Alla mia sinistra, invece, vedo una valle ricoperta da un bosco, che si dirada verso destra, dove il paesaggio si trasforma in una steppa, nel mezzo della quale scintilla un fiumiciattolo che parte dal monte. Mi volto leggermente, giusto per vedere cosa c’è dietro: un pendio roccioso, che si estende verso sinistra fino a dove i miei occhi possono arrivare.
Cinquanta.
La Cornucopia brilla alla luce del sole, nel centro esatto della grande radura in cui ci troviamo. Al suo interno sono ammucchiate armi e provviste. Gli occhi mi brillano a questa vista: medicinali, armi, coperte, cibo! Se potessi, una volta suonato il gong mi fionderei verso quel ben di Dio. Ma non posso, non  ne uscirei viva.
Quaranta.
Devo cercare qualcosa più alla mia portata. Vedo uno zaino verde scuro a una ventina di metri alla mia sinistra. Ecco, quello sarà il mio obiettivo. Devo essere veloce, penso.
Vorrei anche un’arma, ma sono tutte troppo vicine alla Cornucopia.
Trenta.
Tutti gli altri Tributi sono pronti per lo scatto. Ma io no. Io non voglio che questi maledetti Giochi comincino!
A tutti noi rimane meno di mezzo minuto di vita assicurata, a meno che qualcuno non sia così stupido da suicidarsi prima, gettandosi sulle mine.
Venti.
Guardo il terreno. E’ ricoperto di una tenera erbetta verde. Manca poco prima che si macchi di rosso.
Dieci.
Alzo gli occhi al cielo. Mamma, papà, Seth … vi voglio bene. Una lacrima mi scivola lungo la guancia.
Cinque.
Mi metto in posizione. Sto tremando per la tensione e il cuore mi batte a mille. Batti, piccolo cuore, penso, potrebbe essere l’ultima volta.
Zero.
Tutti i Tributi scattano dalle loro piattaforme, me compresa. Afferro una scatolina accanto a me e corro verso lo zaino. Prima ancora che lo raggiunga, i Favoriti sono già alla Cornucopia. Sento urlare, sento il clangore delle armi, sento i corpi cadere.
Afferro lo zaino e me lo metto in spalla. Sto correndo verso il bosco, quando vedo qualcosa che mi costringe a fermarmi. Il ragazzo del 5 è a terra, a una quindicina di metri da me, con un coltello nella schiena. Senza pensarci, vado più veloce che posso verso di lui, mi inginocchio e glielo strappo via. Lo sento gemere, quindi era ancora vivo. Con le mani bagnate del suo sangue mi rialzo, ma troppo in fretta, per cui avverto una dolorosa contrazione alla coscia. Ignorandola, riprendo la mia corsa per il bosco, in direzione della montagna.
Mancano pochi metri. Ai limiti del mio campo visivo, vedo la ragazza dell’1 che, con un arco e un grosso zaino in spalla, si fa strada tra i Tributi. In quel momento, molto, troppo vicino a me, una ragazza cade a terra, trafitta da una lancia. Mi volto, terrorizzata, continuando a correre. E’ stato Flinn a lanciare quell’asta, e il suo prossimo bersaglio sono io.
Aumento la velocità, l’adrenalina mi scorre a fiumi per il corpo. Sono quasi arrivata agli alberi. La lancia del Tributo dell’8 non mi colpisce, si conficca in un tronco. E io posso proseguire la mia corsa.
Una corsa pazza, però, forsennata. Una corsa tra cespugli che mi fanno inciampare, una corsa tra ramoscelli che mi sferzano violentemente il viso, una corsa di chi ha paura di essere raggiunto.
Quando alle fitte alla gamba si aggiungono anche quelle al fianco, sono costretta a rallentare. Respiro profondamente, cercando di calmare anche il fiatone. Penso di essere abbastanza lontana dalla Cornucopia, perciò mi concedo per qualche minuto quest’andatura lenta. Vado verso l’altura, sperando di trovare l’inizio del fiume che ho visto scintillare nella pianura.
Quando sto un po’ meglio riesco a tenere per un bel po’ una certa velocità, senza mai fermarmi nemmeno per controllare il contenuto del mio zaino. Continuo a stringere convulsamente nelle mani il coltello, ancora sporco di sangue.
Dopo un paio d’ore, non posso fare a meno di chiedermi cosa ne sia stato degli altri Tributi. Il ragazzo del 5 è morto di sicuro. Ma gli altri? Martin? Cosa ne è stato di lui? Un pensiero orribile mi attraversa la mente, ma lo scaccio a forza dalla mia testa. Probabilmente sarà andato verso la montagna o verso le rovine che si trovano in mezzo alla steppa. Infatti, avevo visto più ragazzi correre verso quella direzione. Verso il fiume, penso.
Cavolo! Il fiume! E se non avesse la fonte nel bosco? Dopotutto gli Strateghi avrebbero potuto fare in modo che il fiume nascesse in pianura, per attirarci tutti nello stesso punto. E per fare in modo che il bosco fosse una vera trappola, in quanto l’acqua si troverebbe troppo sotto la superficie.
Dopo un’altra ora inizio davvero a spaventarmi. Sto camminando da un sacco di tempo, e ancora non c’è traccia di acqua. Né di animali. E io ho sete. Tanta sete. Se non trovo il fiume entro stasera, farò dietrofront e andrò verso la steppa. Deciso. Altrimenti, penso, non durerei molto.
Dopo un po’ mi fermo e raccolgo qualche radice, sto morendo di fame. Fanno un poco schifo, e faccio una bella fatica sia a masticarle che a non farle risalire. Il mio corpo non è abituato a questo tipo di cibo, specialmente dopo il soggiorno a Capitol City. Ma un rumore improvviso interrompe il corso dei miei pensieri. E’ un colpo di cannone. I combattimenti alla Cornucopia devono essere finalmente terminati.
Uno. Due. Tre. E così via. Fino a dieci. Dieci Tributi morti nelle prime cinque ore. Dieci vite spezzate. Ma per sapere di chi sono dovrò aspettare stasera, quando proietteranno i volti dei caduti nel cielo.
Ad un tratto sento un suono. Un suono che mi fa drizzare le orecchie. Uno scroscio. Acqua!
Comincio a correre verso la fonte del rumore, spostando i rami che mi bloccano il passaggio. Alle pendici della montagna, scorre un piccolo torrente. E’ la parte iniziale del fiume. Quindi sono stata fortunata, penso soddisfatta. Dopo aver controllato di avere la via libera, mi siedo sulla ghiaia della sponda, riparata da alcuni cespugli. Mi tolgo lo zaino dalle spalle e inizio a tirarne fuori il contenuto.
Borraccia, vuota ovviamente, e tintura di iodio per disinfettarla. La riempio subito e ne verso dentro la giusta quantità di disinfettante. Mentre aspetto la mezz’ora che serve per purificare l’acqua, continuo a controllare le provviste.
Un pacchetto di gallette e uno di carne essiccata. Una coperta impermeabile, adatta a trattenere il calore, che probabilmente sarà la mia salvezza. Un laccio per costruire trappole. Nella scatola che avevo raccolto, invece, ci sono tantissimi fiammiferi.
Avrei sperato anche di trovare degli occhiali per la visione notturna, ma no ho avuto fortuna. Comunque sono contenta; prima di accamparmi piazzerò delle trappole, e, almeno spero, avrò qualcosa da mangiare. Sempre se non mi prendono prima.
Lavo via il sangue dal coltello, che è lungo quasi quanto il mio avambraccio,  e dalle mie mani, poi mi sciacquo il viso e, finalmente, bevo. L’acqua fresca mi riempie piacevolmente la bocca, e, nel’ora successiva, ne bevo circa due litri. Ma ad un tratto vedo qualcosa che mi inorridisce.
Una delle spalline dello zaino, che per sbaglio era poggiata nell’acqua, si sta lentamente sciogliendo. Riesco a tirarla fuori appena prima che possa essere danneggiata irreparabilmente. Ci infilo frettolosamente dentro tutte le mie cose, eccetto l’arma, me lo metto in spalla, poi mi avvicino per osservare meglio cosa effettivamente sia successo.
Prendo un legnetto e lo immergo, in modo che la punta tocchi i ciottoli che formano il fondale del torrente. Faccio bene attenzione che i miei piedi non tocchino la parte di suolo coperta dall’acqua. Intanto, il legno si sta letteralmente disfacendo. Lo lancio via istintivamente, cercando di non mettermi a urlare di fronte alla micidiale e macabra trappola che ho davanti. Se ti immergi nel fiume, fondi vivo. A meno che non si sia sassi.
Terrorizzata, decido di allontanarmi il più possibile da questo posto maledetto. Però mi serve avere l’acqua a portata di mano, penso. Vorrei procedere lungo questa sponda, ma la vegetazione troppo fitta me lo impedisce. Di tornare indietro non se ne parla nemmeno. Devo attraversare il torrente.
Salgo su un sasso piatto e sporgente. Poi salto su un altro, simile. Sono quasi arrivata alla fine, quando perdo l’equilibrio. Istintivamente, afferro un ramo che pende verso di me, e riesco a non cadere. Poi, finalmente, i miei piedi toccano terra.
Sta facendo buio, perciò devo assolutamente trovare un riparo. I Favoriti non perderanno certo l’occasione di una bella caccia notturna. E nemmeno i predatori di altro genere. Come gli ibridi. Rabbrividisco al solo pensiero.
Sto camminando lungo la riva, in un punto un po’ sopraelevato, quando il terreno sotto di me frana improvvisamente. Mi aggrappo a un grosso tronco, lanciando un grido, che cerco subito di soffocare. Quando il mio respiro riprende il suo ritmo normale, mi accorgo che la frana ha lasciata scoperta una grotta. E’ piccola, ma una persona ci dovrebbe stare comodamente. Ci entro. E’ un posticino asciutto, nonostante la vicinanza all’acqua. Quindi, decido di passare la notte qui.
Prima, però, piazzo delle trappole a una ventina di metri dal nascondiglio. Sono dei semplici lacci a scatto, ma sono quelli che all’addestramento sapevo fare meglio. Poi ritorno nella grotticella, cercando di mimetizzarne meglio che posso l’entrata. Mangio alcune radici, stendo la coperta e mi ci avvolgo dentro.
Poi, lo sento. L’Inno, il tanto atteso inno.
Mi affaccio nervosamente all’entrata. Il sigillo della capitale brilla fluttuando nel cielo. Cielo? Mi correggo, nella cupola creata dagli Strateghi. E poi, i Tributi caduti in questo primo giorno dei Giochi della Fame.
La ragazza del 3, sì l’ha uccisa Flinn. Il ragazzo biondo del 5, quello a cui ho tolto il coltello, e la sua compagna. La ragazza del 6. Quella del 7. Quella dell’8; non è stato il gemello a ucciderla, ne sono sicura: per quanto possa essere smanioso di vittoria, non farebbe mai una cosa del genere. Poi, il mio cuore perde un battito: Martin. No. Non lui. Non il piccolo, dolce e malinconico ragazzo del Distretto 9, che non aveva alcuna colpa, se non quella, forse, di essere venuto al mondo in questo stramaledetto Paese.
Oltre a lui, i Tributi maschi del 10, dell' 11 e del 12. Riappare il sigillo, poi il silenzio.
Mi accuccio nella mia coperta, anche se so che stanotte non chiuderò occhio. E piango anche. Eh si, verso lacrime amare per Martin, per la sua morte ingiusta, per la nostalgia di casa …
Perciò, per consolarmi, inizio a cantare. Perché è l’unica cosa che non mi faccia pensare a dove mi trovo e a cosa mi aspetta domani.
 
Remember, you aren’t alone over this road …
 

Bacheca dell'autrice!!
Giuovani ecco a voi il capitolo 6!!! Ta-daaaa :) Spero tanto che vi soddisfi :D
Ringrazio di cuore chi recensisce e mi motiva a continuare ( vi voglio bene <3 ) e chi segue o preferisce le mie storie :D
Ciauz :*

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Capitolo 7
*** Fai in fretta ***


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Capitolo 7 – Fai in fretta.
 
Vengo svegliata da un raggio di sole che filtra dell’entrata della grotta. Sbadiglio. Quanto ho dormito? Mi affaccio fuori, devono essere le otto del mattino. Più o meno. Rifaccio lo zaino e mi lavo alla bell’e meglio, poi vado a controllare i lacci a scatto che avevo lasciato poco lontano dal rifugio, ieri sera. Sono riuscita a prendere due conigli. Questo significa che almeno fino a domani non rischierò di morire di fame. Accendo un piccolo fuoco in una radura, con la legna più secca e asciutta che trovo, e faccio degli spiedini con la carne. Riesco addirittura a trovare del rosmarino. Non appena il cibo è pronto, getto della terra sulle braci per nascondere le mie tracce e mi metto in cammino seguendo le sponde del torrente nel senso opposto alla corrente, cioè allontanandomi il più possibile dalla steppa. Mentre cammino, sbocconcello un po’ di coniglio. Dopo un po’ mi accorgo che sto cantando a voce alta.
 
Remember, you aren’t alone over this road,
Every time you turn around you have someone near you …
 
Non posso fare a meno di pensare alla mia famiglia. Chissà cosa stanno facendo adesso. Mi stanno guardando? Probabilmente adesso non sono sullo schermo, voglio dire, cosa c’è di interessante in una ragazzina che cammina nel bosco? Magari mi stanno trasmettendo a tratti, giusto per far vedere che sono ancora nel mondo dei vivi.
Seth, mi manchi tantissimo. Mi mancano le tue risate, le tue prese in giro, mi manchi tu. E l’unico modo per sentirti vicino è cantare questa stupida canzone.
 
And don’t leave the hope, when the pain is breakingyou …
Don’t cry baby … I will stay forever with you …
 
Mi impegnerò per tornare a casa, da te, dalla mamma, da papà … Sono riuscita a sopravvivere alla Cornucopia, si, ma riuscirò a fare altrettanto con gli altri Tributi?
Un’immagine mi balena nella mente. Flinn che sta per scagliare la lancia contro di me. Flinn … alla fine avevo ragione, non sarebbe stata una buona idea allearmi con lui. Però sono sicura che sta soffrendo anche lui. Secondo me, nonostante non lo desse a vedere, voleva bene a sua sorella. Erano così diversi, penso, nonostante fossero gemelli.
Senza che io lo voglia, i ricordi del bagno di sangue di ieri mattina mi si parano davanti prepotentemente. La ragazza del 3 che cade in una pozza di sangue, la lancia che la trapassa da parte a parte. Il gemito di dolore del ragazzo del 5, che ancora mi riecheggia violentemente, come amplificato, nella testa.
Prendo a cantare più forte. Così ti troveranno, sussurra una vocina nella mia testa. Ma, come un pugno allo stomaco, il dolore per la morte di Martin mi inonda nuovamente, costringendomi a ignorarla. Le lacrime riprendono a scendermi copiose lungo il viso. Perché? Cosa ci trovano di così bello i Capitolini nel vedere un ragazzo indifeso morire per mano di un suo coetaneo? Cosa ci trovano nel vederci soffrire, o trasformarci in veri e propri mostri? Perché sono così stupidi, perché non fanno altro che omologarsi formando una massa di imbecilli che della vita non sanno né sapranno mai nulla?
Inutile chiederselo, sospiro, tanto le cose non cambieranno. Sono sessantanove anni che va avanti così e Martin è solo una delle tante vittime di questa idiozia. Forse la prossima sarò io.
Il miei pensieri e il mio canto vengono interrotti da uno stano sciabordio. Mi guardo intorno, qui il torrente piega verso la montagna, ma non posso vedere cosa c’è dietro l’ansa a causa dei cespugli. Facendo il giro largo, arrivo alla causa del rumore. Una piccola cascata, la fonte del fiume. L’acqua sgorga tra le rocce, formando poi un piccolo laghetto di acqua trasparente, dove il sole crea dei bellissimi giochi di luce. Mi incanto per un po’ a guardarli.
Ho l’istinto di tuffarmi, ma il buonsenso mi dice che non è una buona idea: la ghiaia che forma il fondale potrebbe essere corrosiva come quella del fiume. Dopo averlo verificato usando di nuovo un bastoncino, mi limito a riempire la mia borraccia. Per ingannare il tempo, mi accovaccio sulla sponda, facendo attenzione a non toccare con i piedi la parte avvelenata. Tanti pesciolini nuotano nell’acqua. Se non avessi già una bella scorta, li pescherei. Prendo comunque un appunto mentale, tornerò qui quando l’avrò finita.
Deve essere mezzogiorno e io me ne sto qui, a non far nulla. Detesto i momenti di inattività, mi fanno risalire la malinconia. Mi stendo sul muschio soffice, a pancia in su, intrecciando le mani dietro la nuca.
Il sole è quasi accecante, perciò chiudo gli occhi e mi concentro sui rumori, pronta a scattare se sentissi qualcuno arrivare. Ma per ora, l’unica cosa che si sente è il cinguettio degli uccelli. Riprendo a canticchiare, stavolta sottovoce, e gli uccellini tacciono. Ghiandaie imitatrici! Passo un bel po’ di tempo ad ascoltare come modificano la mia melodia. Finché non sento qualcosa che mi fa saltare in piedi, con il coltello in mano.
I volatili si sono zittiti, probabilmente stanno ascoltando un’altra canzone. Il problema è che non è mia, ma di qualcun altro. Un qualcuno che si sta avvicinando. E in fretta anche. Mi volto e inizio a correre verso il limitare della radura, ma dei passi dietro di me mi costringono a girarmi.
Il ragazzo del 6 sta venendo verso di me, con una lancia in una mano e una spada nell’altra. La luce si riflette sui suoi capelli rosso scuro e gli occhi di un verde stupefacente brillano sadicamente. Mi immobilizzo, le gambe non rispondono. Ma che sto facendo? Gli guardo gli occhi?
Riprendo a correre, terrorizzata. Perché ti sforzi tanto? Tanto sei spacciata! Ecco cosa staranno pensando i Capitolini in questo momento. Ora sì che sono su tutti gli schermi. Ora sì che tutta Panem mi sta guardando. Sta guardando come il Tributo femmina del 9 sta per morire. Non ho neanche il coraggio di voltarmi e affrontarlo.
Presa dalla paura, non mi accorgo di una radice troppo sporgente e inciampo, finendo dritta distesa a terra. Mi giro sulla schiena, per rialzarmi, ma lui è troppo vicino e mi salta addosso in un attimo. Mi immobilizza un polso con la mano sinistra, stringendo così forte che per il dolore devo lasciare il coltello. Poi, con noncuranza, mi appoggia un piede sulla spalla sinistra. Sorride soddisfatto. Sono andata, penso. Lo fisso negli occhi, mentre sento inumidirsi i miei. Il cuore mi sta battendo a mille, ma lui non si decide a colpirmi.
- Allora 9, un ultimo desiderio prima di morire o vuoi cantare la tua canzoncina ancora una volta?
Senza pensarci, gli dico: - Se devi uccidermi, fai in fretta.
- Solo questo? Stai per morire e mi chiedi di fare in fretta? Sei strana come ragazza, mi aspettavo che cantassi. Va bene, allora lo farò io per te.
Alza il braccio che tiene la lancia, pronto ad infilarla dritta nel mio cuore. Intanto, sta canticchiando la mia melodia. Serro gli occhi, preparandomi al colpo. Seth, hai visto? Morirò sulle note della nostra canzone. La vita è proprio una fregatura. Quando hai qualcosa a cui aggrapparti per non soffrire, questa diventa l’ultima cosa che senti prima di morire.
Avanti colpisci, facciamola finita! Imploro urlando nella mia mente. Ma passa un secondo, ne passano due, e ancora quel maledetto non abbassa la lancia su di me. Non oso aprire gli occhi, forse sta solo pensando a come uccidermi. Poi, però, sento la presa al polso allentasi fino a scomparire, e il respiro del ragazzo allontanarsi dal mio collo.
- Avanti, alzati.
Apro un occhio, perplessa. Lui è in piedi, le armi a terra accanto al mio coltello, e mi tende la mano.
- Cosa?
Mi guarda sorpreso: - Alzati.
- Eh?
- Vuoi allearti con me si o no?
Allearmi? Ma cosa sta blaterando questo qui? Un attimo fa mi stava per ammazzare e adesso mi tende la mano come se niente fosse? Dato che non ho molte alternative, gliela stringo e lui mi tira su come se fossi una piuma.
- A … Allearmi con te?
- Sì, allearti – dice lui stringendosi nelle spalle, come se fosse la cosa più naturale di questo universo. A questo punto non mi trattengo più e sbotto: - Scusa ma tu non dovevi uccidermi?
Il ragazzo piega la testa da un lato, confuso.
 - Si ma ho deciso di risparmiarti, quindi dovresti dedurre che vorrei allearmi con te. Dopotutto non penso che tu abbia altre possibilità – dice ancora stringendomi la mano e accennando con la testa alle armi poco distanti. Cerco di liberarmi dalla sua presa, ma lui stringe più forte. –Ah ah, non ti lascio senza una risposta. Allora, alleati?
Annuisco, ancora stranita dalla situazione. Stavolta sul suo volto spruzzato di lentiggini compare un sorriso sincero. Mi lascia finalmente andare e mi lancia uno sguardo curioso mentre mi spazzolo via la terra dai vestiti. Quando alzo lo sguardo, la sua mano è di nuovo tesa verso di me.
- Dave Johnson, Distretto 6.
Dopo un attimo di esitazione la stringo: - Rosemary Halley.
Va a riprendersi le armi e si risistema lo zaino sulle spalle, poi mi tende il coltello. – Andiamo?

Bacheca dell'autrice!
Ecco, premetto col dire che questo capitolo non è uscito proprio bene, diciamo che è carino passabile, e poi mi scuso perchè è corto. Però era necessario .-. Se trovate cose da migliorare fatemelo sapere senza esitazione! :)
Ringrazio chi recensisce ( :3 lot of love) :D Alla prossimaaaaaa!!!

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Capitolo 8
*** Alleati? ***


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Capitolo 8 – Alleati?
 
- Ohiiii, svegliati, siamo ancora nel mondo dei vivi?
- No!
Sento la mano gelida di Dave scuotermi la testa e mi giro dall’altro lato, infuriata. Non è bastato aver condiviso la coperta con lui, deve anche rovinarmi quei pochi giorni (o ore, a seconda del punto di vista) che mi rimangono? Evidentemente no.
Mi tiro su, tutta arruffata e assonnata. Il mio “alleato” finalmente si decide ad alzarsi e va a controllare il pesce che sta cuocendo sulla brace. Da quanto tempo è sveglio? Probabilmente una o due ore. Mi ricompongo un po’, poi mi siedo accanto a lui.
- Buongiorno – sbadiglio.
- Wow! Hai deciso di parlarmi! Ti faccio presente che è da quando ti sei presentata che non mi dici una parola – dice lui ridendo.
Ma come fa? Come fa a sorridere nonostante sia qui, nell’Arena con altri dodici Tributi che potrebbero spuntare da un momento all’altro e ammazzarci? E’ strano, questo ragazzo, ma riesce a contagiarmi e, chissà come, sento spuntarmi sul viso il primo sorriso sincero dalla Mietitura. Dave mi passa un pesciolino che io divoro con avidità, nonostante sia bollente. E’ davvero buonissimo.
Ieri sera, una volta accampati, abbiamo fatto il punto delle provviste: i fiammiferi, la coperta, dei lacci, un po’ di manzo e di gallette, dal mio zaino; dell’antidolorifico, della frutta secca, tre mele e degli occhiali per la visione notturna, dal suo. In più abbiamo due borracce e due flaconcini per disinfettare l’acqua. Direi che ce la stiamo cavando abbastanza bene. Sorrido tra me e me pensando alla faccia sbalordita di Dave alla vista della mia coperta. Solo dopo ho capito: qui nell’Arena la temperatura durante la notte cala in un modo impressionante, solo che la prima notte, nella grotta, non ci avevo fatto caso.
Una volta terminato il pasto, ci alziamo e sistemiamo i bagagli. Abbiamo deciso di attraversare il fiume e passare sulla sponda destra, dove la vegetazione più fitta dovrebbe proteggerci. Mi metto lo zaino in spalla e cammino dietro al ragazzo del 6.  Dapprima sempre più piano, per non farmi sentire, poi più forte, inizio a cantare. La ghiandaie imitatrici ripetono la mia melodia e ciò mi fa sorridere e mi fa tornare con la mente alla mia casa.
Non ci sono molti di questi uccelli nel mio Distretto, ma, vicino ai campi di grano c’è un boschetto dove Seth mi portava sempre. Mi è sempre piaciuto questo giochetto. A volte facevamo a gara per chi riusciva a far cantare agli uccellini la melodia più complicata. Vincevo sempre io, ma lo sapevo che Seth si dimostrava mediocre apposta.  E adesso, in questo recinto mortale, è una consolazione sapere che c’è almeno qualcosa di familiare che mi rimane vicino.
Mi volto, senza accorgermene ho superato Dave, che ora cammina con gli occhi fissi su di me. Non dico nulla e riprendo il cammino. Forse pensa che sono matta.
Siamo finalmente arrivati al fiume. Avevo pensato di lavarmi un po’, ma il solo pensiero della trappola mortale che si nasconde mi fa rabbrividire. Nonostante ciò, cerco un sasso grosso e piatto che sporge dall’acqua. Quando lo trovo, poggio lo zaino sulla riva e inizio a togliermi la giacca. Poi mi rendo conto che c’è anche Dave, che mi sta guardando con aria perplessa. Arrossisco e gli chiedo timidamente:
- Po … potresti andare per … per un po’ dietro a quei cespugli? Mi dovrei … mi dovrei lavare …
Lui diventa rosso a sua volta e sorride: - Va bene, come vuoi. Anche se non ha molto senso, voglio dire, ci sono telecamere dappertutto.
In effetti … penso. Lui, comunque, prende la spada e si allontana di una decina di metri. – Così basta? – chiede ridendo. Non gli rispondo nemmeno, e mi sfilo la maglietta, i pantaloni e le scarpe, poi salto sul masso e inizio a lavarmi. Quando ho finito, mi siedo sulla sponda, al sole, e chiudo gli occhi aspettando di asciugarmi. Tento addirittura di pettinarmi i capelli con le mani. Una volta rivestita, chiamo il mio alleato.
- Finito il bagno, principessa? – chiede sorridendo.
- Piantala – mi inizia ad irritare un po’ questa sua costante allegria.
- Scusa … senti se non ti dispiace, vorrei lavarmi anche io, ma se vuoi tu puoi restare – dice ammiccando. Sbuffo e mi accovaccio su un sasso, in modo da non vederlo, e aspetto. Dopo un po’, però, non posso fare a meno di sbirciare tra le foglie, stupendo addirittura me stessa. E ringrazio il cielo per averlo fatto!
Solo adesso mi rendo conto di non averlo avvisato della trappola nel fiume, perché Dave si sta preparando a fare un bel tuffo. Senza riflettere, mi lancio su di lui appena prima del salto.
Lui mi guarda sconvolto: - Che diamine fai?! – grida rialzandosi.
- La … la ghiaia del fiume è corrosiva po … potevi morire … - ansimo, ancora scossa.
- Ah …
Guardiamo il terreno per un bel po’. Sono ancora lì ferma immobile quando lo sento sospirare e sedersi. Mi accuccio sulle gambe, accanto a lui, ma nessuno parla. Dopo un po’ sento la sua mano poggiarsi sulla mi spalla.
- Perché lo hai fatto? Cioè, siamo agli Hunger Games, potevi anche lasciarmi morire.
Lo guardo. Non so perché l’ho fatto, è stato istintivo, non lo avrei mai fatto morire in un modo così terribile. O almeno credo.
- Così non sono più in debito con te – rispondo.
Lui sorride e mi stampa un bacio sulla guancia: - Grazie.
Mi volto dall’altra parte, arrossendo. Poi, insieme, attraversiamo il fiume e, un po’ a fatica a causa dei cespugli spinosi che si trovano dappertutto, avanziamo sulla sponda destra del torrente per un bel po’. Facciamo solo una breve pausa per il pranzo, accontentadoci di radici e di una mela a testa.
- Ti manca casa?- chiede a un tratto Dave mentre mangiamo.
- Oh certo … specialmente mio fratello, Seth … - mormoro tenendo gli occhi bassi, è la prima volta che parlo di casa con qualcuno. Lui annuisce: - Sì, l’ho visto alla mietitura, è lui che ti ha insegnato quella canzone che canti sempre? – Annuisco.
- Deve essere importante per te, come una specie di appiglio per non cadere giù da un dirupo. Gli devi volere davvero tanto bene.
- Si, ma è più lui che ne vuole a me – sospiro – E tu? Chi hai lasciato nel tuo Distretto?
Lui sorride tristemente: - Mia mamma e la mia sorellina Lily, che ha solo nove anni. Mi dispiace averle lasciate da sole, specialmente per il fatto che non hanno più papà.
Fa una pausa. – Se non vuoi parlarne non fa niente – dico poggiandogli una mano sul braccio.
Ma lui continua: - Sai, mio padre è morto in un incidente avvenuto nella fabbrica dove producono i pezzi di metallo per i treni. Avevo tredici anni e ho dovuto iniziare a lavorare per mantenere la mamma e Lily. La vedi questa? – fa tirando su la manica della giacca. Sul suo braccio bianco spicca una lunga cicatrice, segno di un’ustione, che va dal gomito al polso. La tocco con la punta delle dita, rabbrividendo.
- Come te la sei fatta?
- Io piegavo con delle pinze le sbarre per le rotaie, un giorno ho sporto troppo il braccio e …
Riprendiamo il cammino, quando ad un tratto mi accorgo di non sentire più i passi di Dave dietro di me. Mi volto, preoccupata, e lo vedo a una decina di metri, immobile, come assorto nei suoi pensieri. Mi avvicino e lui dice: - E’ dal bagno di sangue che non muore nessuno.
Capisco al volo. Gli Strateghi si staranno certo inventando qualcosa, o il pubblico si annoierà. Dobbiamo stare attenti, da adesso in poi, potrebbero capitarci brutte cose. Tiro fuori il coltello e ne stringo forte l’impugnatura. Sono davvero contenta che Dave mi abbia risparmiata, altrimenti adesso sarei sola nelle mani di quei folli. Anche lui deve aver pensato la stessa cosa, perché, mentre camminiamo, prende ad affilare la lancia con una pietra.
Per fortuna, almeno fino a quando, al tramonto non ci accampiamo, non accade nulla. Prima che cali il buio, accendiamo un fuocherello, per scaldarci poi con le braci durante la notte. Mentre Dave accende il fuoco con i fiammiferi e io raccolgo delle bacche, sentiamo uno strano suono, come un tintinnio. Scatto in piedi con l’arma in mano, cercando la fonte di quel rumore. Niente.
Poi lo vedo. Un piccolo paracadute color argento si  è impigliato in un cespuglio. Con un sorriso enorme sulle labbra mi avvicino e lo prendo, per poi sventolarlo davanti al mio alleato, che mi guarda incredulo.
- Sponsor?
Esatto, penso. Sponsor. Apriamo insieme la scatoletta trasportata dal paracadute: due bei panini al formaggio e al prosciutto. Il profumo del pane appena sfornato mi invade le narici. Ovviamente, però, ne mangiamo solo uno, completando la cena con le bacche, e teniamo da parte l’altro. Quindi almeno qualcuno deve averci notati, dico soddisfatta tra me e me mentre il formaggio fuso mi si scioglie in bocca.
Poi, ci sediamo accanto alle braci, con la coperta sulle spalle, cercando di non congelare. Fa davvero freddo. Aspettiamo l’Inno, e, quando arriva, non vediamo nessun volto proiettato nel cielo. Sinceramente avevo sperato di vederne, magari qualcuno era morto durante la giornata e non avevamo sentito il cannone. Ma sbagliavo. Questo vuol dire due cose, e non certo positive.
Uno. Dobbiamo aspettarci sorprese dagli Strateghi. Due. I Favoriti devono essere molto, molto arrabbiati per non aver catturato prede.
- Chissà cosa stanno facendo gli altri … - dico ad alta voce.
- La ragazza dell’1 non si è unita ai Favoriti, l’avevano capito tutti che era una tipa strana. Il tuo amico, quello dell’8 – fa una smorfia nel pronunciare la parola “amico” – se n’è scappato per i fatti suoi. Il bestione del 7 sta battendo la zona della steppa. Tu pensa che solo alla Cornucopia ha ucciso cinque Tributi – mi informa Dave.
- E tu? – chiedo.
- Io cosa?
- Quanti ne hai uccisi?
- Uno … - abbassa lo sguardo.
- Dimmi chi.
- Non posso, Rose, mi odieresti.
Non dice altro ma io lo voglio assolutamente sapere. Gli scuoto la spalla e alla fine lui mormora: - Martin.
Ritiro la mano dal suo braccio. Non ci credo. Non può averlo ucciso. Non lui.
- Pe ... perché?
- Mi serviva uno zaino.
Mi alzo, inorridita e porto la coperta con me fino all’angolo opposto della radura. Lì, mi stendo e mi accuccio su me stessa.
Sei un mostro, Dave Johnson, penso. Hai ucciso un ragazzo innocente, Martin, nel modo più brutale possibile. Eppure hai risparmiato me. Perché non il contrario? Nella mente mi passano delle immagini sconvolgenti. Immagino il suo sguardo terrorizzato e le mani e la spada del ragazzo del Distretto 6 bagnate di sangue.
Dopo un tempo che pare infinito, sento Dave sdraiarsi a qualche metro da me. Lo ignoro deliberatamente. Domani ti ucciderò, sarà l’ultima cosa che faccio. Sempre che non muoia congelato, visto che non hai la coperta.
Ma qualcosa mi fa cambiare idea. Lo sento tremare, lì steso accanto a un albero. E lo sento piangere.
Tutto ciò mi colpisce il cuore profondamente. No, non posso ucciderlo, non sarò io a farlo. Dave è buono, ma, come me, vuole tornare a casa dalla sua famiglia. La differenza è che lui meriterebbe di farlo molto più di me, ha una sorellina e una madre che hanno un estremo bisogno di lui. E poi, nemmeno io esiterei a uccidere per tornare dai miei cari.
Ecco perché esistono gli Hunger Games, per lasciare ai Distretti la speranza che i loro ragazzi possano tornare, e ai Tributi il compito di farne fuori il più possibile per riabbracciare la propria famiglia.
Mi alzo e mi stendo accanto a lui, comprendo entrambi con la coperta. Lo sento voltarsi, stupito.
- Perché lo fai? Dovresti odiarmi.
Rimango in silenzio.
- Mi perdonerai mai per ciò che ho fatto?
- Sì.

Bacheca dell'autrice!
Salve giuovani d'oggi!! :) Ecco a voi un'altro capitolo della mia infinita purga!!! No dai, non fa così schifo (bugia .-.)
Vi chiedo umilmente perdono se non vi piace, se volete, però, ditemi se ve gusta o se c'è qualcosa da migliorare :D
Un grazie a chi recensisce ( vi amo tutti <3) 
Sciao :3 PS ho messo una testata perché mi sembrava una cosa carina e ci tengo a precisare che il ragazzo è Dave xD

 

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Capitolo 9
*** Paura ***


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Capitolo 9 – Paura
 
Un colpo di cannone rompe il silenzio e uno stormo di uccelli si alza in volo gracchiando. Mi sveglio di soprassalto. Sento Dave sobbalzare accanto a me  e tirarsi su, afferrando la lancia. Mi alzo a mia volta, stropicciandomi gli occhi con le mani. Deve essere appena l’alba, da dietro le fronde degli alberi spunta un lieve chiarore rosato. Sta cominciando il quarto giorno qui nell’Arena. L’eco del botto riecheggia rimbalzando contro la parete rocciosa, dal lato est. 
Poi, un rumore assordante riempie l’aria, e un hovercraft della Capitale spunta dal nulla e si ferma in punto, appena sopra gli alberi. Un punto molto vicino a noi, sarà meno di un chilometro. Vedo una specie di mano meccanica calare dalla parte posteriore del veicolo e raccogliere quello che dovrebbe essere il corpo di una ragazza. O comunque quello che ne rimane. Vorrei abbassare lo sguardo ma c’è qualcosa che mi costringe a fissare il cavo scendere nuovamente per raccogliere il resto.
C’è qualcosa lì, ed è molto, molto, pericoloso ma, soprattutto, molto, molto vicino a noi. E sento un vero e proprio terrore riempirmi, un terrore diverso da quello che si prova quando hai un Tributo dietro di te che ti ricorre con una lancia. Un terrore di morire come quella ragazza. Uccisa dalla stessa cosa.
L’hovercraft, dopo aver compiuto ben quattro viaggi, va via come è arrivato. Dave mi scuote forte, urlandomi di prendere le mie cose e andarcene da questo posto. O ci prenderanno. Ma lo sento come se stesse parlando attraverso un vetro, e io fossi dell’altro lato. Le mie gambe si muovono automaticamente , le mie braccia infilano la coperta nello zaino e se lo mettono in spalla, le mie mani afferrano il coltello. Dave mi prende per mano e iniziamo a correre. Piccole nuvolette di vapore si formano ogni volta che respiro. Sento solo il rumore dei rametti che si spezzano sotto i nostri piedi, unico segno di presenza umana in quest’Arena  troppo silenziosa. Sembra di essere gli unici Tributi rimasti.
Continuiamo a scappare, a scappare da qualcosa che, ne sono sicura, ci sta già inseguendo. I polmoni bruciano a causa dell’aria troppo fredda. E poi sento un altro rumore, dietro di noi, come degli schianti. Come se qualcuno, o qualcosa, si stesse aprendo il passaggio. Qualcosa di grosso. Corro ancora. Il rumore si fa sempre più vicino. E poi mi volto e li vedo.
Ecco cosa ha ucciso quella ragazza. Ecco cosa hanno preparato gli Strateghi. Ecco cosa amano vedere i Capitolini. Ecco cosa temo più di ogni Tributo. Ibridi.
Mostri dalla forma umana, ma che di umano hanno poco. Volto da lupi, con lunghe zanne sottili che scendono fino a sotto la mandibola; braccia sproporzionate e mani con artigli affilatissimi. Le zampe posteriori hanno una strana angolatura, piegano in avanti all’altezza del ginocchio e sono ricoperte da lunghi peli, così come il resto del corpo. Ma la cosa che mi fa fermare il cuore dalla paura sono gli occhi. Grosse orbite vuote in cui però  spunta una pupilla rosso sangue.
Sento il mio piede colpire qualcosa  e il mio corpo cadere per terra. Dave si ferma e mi tira su. Gli ibridi sono ancora più vicini, protendono le loro mani sanguinanti verso di me, ringhiando.
- DEVI CORRERE, ROSE!!! – grida Dave tirandomi per un braccio.  E io corro, corro con tutte la forza che ho in corpo, ma non  basta, non basta. Dopo poco i mostri ci hanno già raggiunti. Stringo forte il coltello, mentre sento la mano del mio alleato lasciare la mia e andare verso la lancia che porta sempre appesa allo zaino. Con un gesto fulmineo, la pianta nel cuore dell’ibrido più vicino, che cade a terra contorcendosi. Mi guardo intorno, presa dal terrore, mentre Dave infila di nuovo la lancia nella testa di un altro mostro. Poi, un altro scatta verso di me, fendendo l’aria con le braccia. Evito per un soffio le sue zanne e gli infilzo il coltello fino all’elsa nel collo. Il sangue caldo e nero della bestia mi schizza la faccia e mi inzuppa i vestiti. Mentre l’ibrido rantola per l’ultima volta, mi volto verso Dave. Ha un lungo graffio sulla guancia ma non sembra accorgersene, e continua a combattere sia con la lancia che con la spada.
Mi giro nuovamente, colpendo un altro mostro dritto nella pupilla. Rimango paralizzata dall’orrore quando la lama la trapassa come se fosse fatta di aria e sento il rumore del cranio rompersi sotto il mio colpo. E quella creatura mostruosa piega le labbra in una specie di sorriso sornione, ritiro la mano e questa si avventa su di me. Come in un incubo, guardo una delle zanne, sottili e letali, trapassarmi la mano dal palmo e uscirmi dal dorso, per poi ritirarsi.
Lascio cadere il coltello, mentre il sangue inizia a uscire a fiumi dalla ferita. Mi accascio sulle ginocchia tenendomi il polso con la mano sinistra, urlando di dolore. Poi, un mostro si lancia verso di me. Afferro con la sinistra il coltello, cercando disperatamente di difendermi. Ma l’ibrido cade a terra, trafitto dalla spada di Dave. Sento il ragazzo tirarmi su e la sua voce, come lontana, urlarmi di correre via. Quasi mi trascina per il bosco, mentre il branco, che sembra aumentare sempre di più, ci insegue travolgendo qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. La vista inizia ad annebbiarsi e la mano sta perdendo così tanto sangue che lascio dietro di me una scia rosso scuro. Ma continuiamo a scappare, le gambe mi fanno male e le lacrime non mi fanno vedere dove vado. L’unica cosa che mi fa continuare a correre è la voce di Dave che urla il mio nome.
- Non posso farcela … - sussurro disperata – Vai avanti, salvati almeno tu …
- NO! – urla lui tra le lacrime tirandomi più forte – Non ti farò morire così! 
Siamo arrivati al fiume, e gli occhi del mio compagno si illuminano. – ROSE! DOBBIAMO ATTRAVERSARE IL TORRENTE!
Salta su un sasso, aiutandomi poi a raggiungerlo. E poi su un altro e un altro ancora. Siamo quasi alla fine, quando i mostri spuntano dal bosco. Dave balza sull’altra riva e mi tende il braccio. – DEVI SALTARE!
- No … - mormoro. Il masso dove mi trovo è troppo lontano dalla terraferma. Non posso fare un salto così! Mi volto indietro, gli ibridi si sono fermati, indecisi se proseguire o no. Davanti a me, il torrente con la sua trappola. E tra morire sbranata o fusa, scelgo la seconda.
I miei piedi si staccano dalla pietra e atterrano sulla ghiaia. Faccio appena in tempo a saltare sulla riva, perché suola dei miei stivali stava già iniziando a sciogliersi. Cado in ginocchio accanto a Dave, e guardo verso l’altra sponda. Gli ibridi stanno tornando indietro. Probabilmente il pubblico si sarà divertito abbastanza. Per ora.
Il mio alleato tira un sospiro di sollievo e io mi lascio cadere a terra. Il dolore alla mano mi sta facendo impazzire. Lancio un piccolo gemito e lui mi si avvicina e mi prende delicatamente il polso.
- Oh mio Dio … - mormora vedendo la ferita lasciata dalla zanna. Serro gli occhi quando le sue dita fredde la toccano.
- Rose, dobbiamo trovare un riparo, qui siamo troppo esposti. Pensi di riuscire a camminare ancora un poco?
Annuisco e lui mi aiuta ad alzarmi. Ci muoviamo per un po’ all’interno della boscaglia, ma dopo una ventina di metri un conato di vomito mi assale. Perdo l’equilibrio e cado a terra, tremando.
- Va … va bene … restiamo qui – dice Dave sostenendomi e iniziando a preparare un riparo. Il sole deve essere già sorto da un pezzo, ma sul bosco è calata una fitta nebbia. Il cielo è coperto da nubi grigie che preannunciano un bel temporale. Mi trascino fino al giaciglio che ha costruito Dave. Poi, finalmente, mi decido a guardare la ferita. Per poco non vomito di nuovo. La mano ha un vero e proprio buco che perde sangue a fiotti, ed è completamente bianca.
- Dobbiamo disinfettarla – dice il mio compagno, pulendola un poco con dell’acqua.
- Ah si? E con cosa? – mormoro debolmente poggiandomi un braccio sulla fronte. Lui non risponde e io rimango così per un po’, finché non sento un rumore di fiammiferi che sfregano. Mi alzo di scatto e vedo Dave accendere un piccolo fuoco. – Che … che stai facendo?
- Lo accendo adesso, perché tra poco inizierà a piovere – risponde. Cosa? Perché dovrebbe accendere un fuoco? Poi capisco, c’è un solo modo per disinfettare la ferita. Con una lama rovente.
Dave sta iniziando a far arroventare la lama del coltello sulla fiamma. Quando si rende conto che è abbastanza bollente, si inginocchia accanto a me e mi prende il polso. Mi ritraggo immediatamente. Ma lui, irremovibile, lo tiene ben stretto.
- Dave … ti prego non farlo – mugolo, preparandomi già alla sofferenza che mi aspetta.
- Rose, si infetterà altrimenti – dice mentre serro gli occhi.
Così, piano appoggia il ferro sulla mia mano. Il dolore mi assale acuto e penetrante. Stringo i denti per non urlare, ma sento le lacrime riempirmi gli occhi. Quando allenta la pressione e versa di nuovo dell’acqua sulla mano, li riapro. Lancio un piccolo gemito di dolore.
- Prendi un po’ di questo … - dice Dave porgendomi la bottiglietta di antidolorifico – E’ un medicinale potentissimo di Capitol City, passerà tutto in un baleno.
Ne bevo un sorso e, poco dopo, ne avverto l’effetto. Più che un antidolorifico, è un vero e proprio anestetizzante. In quel momento, sentiamo un tuono scoppiare e la pioggia inizia a scendere fittissima. Per fortuna Dave ha costruito un buon riparo, usando la coperta, impermeabile, come copertura.
Mi si è appena steso accanto, quando un altro piccolo paracadute cade tintinnando proprio davanti all’entrata del rifugio. Subito esce a raccoglierlo e lo apre. Bende sterili. Sono per me. Subito Dave inizia a fasciarmi la mano, con una delicatezza assurda. Penso a come era stato caustico quando mi aveva premuto il coltello. Quando ha finito, prende dallo zaino uno dei panini di ieri sera e me lo dà. Faccio per dividerlo in due pezzi ma lui mi ferma con un gesto.
- No … mangialo tu, hai perso molto sangue e devi riprenderti.
Non me lo faccio ripetere due volte e lo divoro in pochi secondi. Poi appoggio la testa sulla spalla di Dave, con la mano ferita posata sull’addome e, cullata dal rumore della pioggia e dal respiro dolce del mio alleato, mi addormento.

Bacheca dell'autrice!
Gud morning guis!! xD Premetto: questo capitolo è corto, e lo so. Però ero ispirata solo quando scrivevo la prima parte e meglio di così non sono riuscita a fare .-. 
Grazie a tutti quelli che mi seguono e leggono le mie porcherie ( il capitolo 1 ha avuto 210 visualizzazioni O.o) a chi le recensisce ( grazie a Mattia_BanfiLOL98 perchè è stato il primo a mandarmi una recensione e ancora non si è stufato di farlo <3). Grazie ai lettori silenziosi e Nilsson, che anche se non fa mai un cavolo resta pur sempre la mia migliore amica :3

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Capitolo 10
*** Nella foschia di un incubo ***


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Capitolo 10 - Nella foschia di un incubo.

Cammino nell'Arena, avvolta in una nebbia fredda che non mi fa vedere cosa ci sia davanti a me. Da quanto va avanti così? Ore? Giorni? Non lo so, ho perso la nozione del tempo. A mano a mano che vado avanti, sento crescere dentro di me un panico insensato e assurdo, e nonostante ciò non accenno ad alzare al passo. Vorrei correre, ma le gambe non rispondono. Come se a guidare i miei passi non fossi io. I miei occhi si riempiono di lacrime, che iniziano a scivolare sul viso, lasciando dietro di loro una scia quasi scottante.
Sento degli scricchiolii dietro di me. Terrorizzata, mi volto. Niente. Assolutamente niente. Solo questa foschia cupa e opprimente, che continua ad avvolgermi con le sue braccia inconsistenti. Riprendo il mio cammino senza meta. Un passo davanti all'altro, sempre più velocemente. Senza riuscire a fermarmi. Fino a quando non sento chiaramente qualcosa passarmi accanto. Vorrei arrestarmi e iniziare a correre nella direzione opposta, ma la paura mi fa avanzare ancora e ancora.
Un altro fruscio, e un altro ancora. So che qualsiasi cosa mi stia inseguendo mi ha già raggiunta. E infatti quattro figure grigie avanzano silenziosamente verso di me. Sono dei Tributi, lo capisco dalle uniformi che indossano, anche se hanno i cappucci della giacche calcati sul volto. E sono tutti armati. Mi accascio a terra, presa da spasimi di terrore.
Una delle sagome mi prende dolcemente per le spalle e mi solleva. Quando sono in piedi, continua a stringermi. Poi mi parla sfiorandomi l'orecchio destro con la labbra.
- Un ultimo desiderio prima di morire 9? O preferisci cantare la tua stupida canzoncina?
Mi volto, sconvolta. Al ragazzo che mi tratteneva è scivolato il cappuccio all'indietro, rivelando una zazzera di capelli rosso scuro, un volto dalla carnagione chiarissima spruzzato di lentiggini e due occhi verdi e penetranti. Dave.
Cosa ci fa lui qui? Lo avevo abbandonato ieri, appena si era addormentato! Perché mi ha seguita? E' cosa ci fa con questi tre? Chi sono? La risposta non tarda ad arrivare. Tutti gli altri ragazzi scostano i cappucci, mostrandosi. Flinn. Cheryl. Alec, il ragazzo-belva del Distretto 7. Per poco non svengo.
Dave, per tutto questo tempo, cosa mi hai fatto? Mi hai usata per i tuoi sporchi scopi! Non aspettavi altro che l'occasione per tendermi una trappola con i tuoi alleati. Quanti altri Tributi dovranno passarla come me prima che vi decidiate a farvi fuori tra di voi?
Ma che stupida che sono, è sempre stato tutto così ovvio. Altrimenti, perché mi avresti risparmiata? E io che pensavo che ... pensavo che ci fosse qualcos'altro. Che bambina ingenua che sono. Siamo agli Hunger Games, bella, non fidarti. E invece io ... io mi sono fidata di Dave Johnson.  Perché lo credevo buono, perché non lo credevo un assassino , perché lo credevo... diverso.
I quattro ridono davanti al mio silenzio sbalordito, mentre io continuo a fissare incredula quello che credevo fosse amico. Ma il freddo premere di una lama sul mio collo mi costringe a girarmi. Flinn, sorridendo, mi ha appoggiato la punta della lancia dritto alla giugulare.
- Non sei contenta, Rose?  Stai morendo come il tuo amico Martin, da piccola ragazzina indifesa.
Gli lancio uno sguardo di odio misto a paura.
- Hai paura di me? Immaginami in mutande, diventa tutto più facile.
La stessa frase che mi aveva tranquillizzata durante l'allenamento, solo che stavolta suona inquietante come il rimbombo del metallo. Cheryl si avvicina al ragazzo dell'8 e lo bacia, appassionatamente. Tutto questo diventa più insensato ogni istante che passa.
Ad un tratto si sentono degli schianti molto vicini a noi, così forti che quasi mi fanno male ai timpani. Poi, dal nulla, spuntano gli ibridi, feroci e assetati di sangue come non mai. Vedo l'espressione beffarda di Flinn trasformarsi in orrore. Improvvisamente, Dave mi prende la mano e iniziamo a correre in questa nebbia, senza sapere se davanti a noi c'è un dirupo o la salvezza. La mano fasciata riprende a sanguinare copiosamente. Ho come un senso di ripetizione, che mi fa rallentare un po' l'andatura. Il ragazzo mi trascina di più e grida: - DEVI CORRERE, ROSE!
Sono frastornata, troppo, e non mi accorgo di essere caduta. I mostri mi saltano sopra per un po' non vedo altro che buio.
Quando i miei occhi riprendono a vedere, sono davanti alla porta di casa mia, nel Distretto 9. Cosa ci faccio qui? Non  dovrei essere nell'Arena? Mi affaccio alla vetrina negozio, che occupa tutto il piano terra. Deve essere domenica, perché il cartello sulla porta è girato verso il lato "Chiuso". Subito, presa da un'inaspettata felicità, varco la porticina blu accanto alla vetrata e salgo le ripide scale che portano all'appartamento.
- Seth! Mamma! Papà! Sono tornata, sono qui! - urlo catapultandomi in cucina.
Ma quello che vedo fa sparire il sorriso dalle labbra. La mia famiglia è seduta sulle vecchie sedie di paglia, assieme ad Hannah, accanto al nostro vecchio televisore. Sono tutti così accalcati accanto all'apparecchio che non riesco a vedere cosa stiano guardando. Mi avvicino ancora un po'. Sento mia madre singhiozzare e afferro al volo. Sullo schermo ci sono io, a terra, sanguinante, mentre un branco di ibridi si allontana. E sono morta.
- Strana la morte, vero Rose? - sussurra una voce malinconica alle mie spalle. Mi giro e vedo Martin, che si stringe nelle spalle con il suo solito sorriso triste. Ed è in questo momento che inizio a urlare. Con quanto fiato ho in gola.
Sento delle mani scuotermi e una voce chiamare il mio nome. Ma quella visione orribile non se ne va. Poi, ad un tratto, è come se mi avessero gettato una secchiata d'acqua gelida sulla faccia. O come se fossi appena caduta dal letto, non so bene. Sta di fatto che improvvisamente mi ritrovo nel rifugio, tra le braccia di Dave, piangendo a dirotto.
- Era solo un brutto sogno ... - sta sussurrando il ragazzo, accarezzandomi la testa.
- Non ... non siamo morti? - singhiozzo guardando la mia mano fasciata.
Lui sorride appena: - Oh no, Rose ... - poi aggiunge, così piano che quasi non lo sento - Non ancora almeno.
Deve essere appena calata la sera, ho dormito quasi otto ore. E non piove più, anzi il cielo è così terso che posso vedere addirittura la via lattea.
A rompere il nostro silenzio arriva l'Inno, seguito da un solo volto proiettato tra le stelle. La ragazza del 10. Ecco chi era la povera vittima di quelle belve. Sospiro, pensando a come deve aver sofferto. Una volta che il sigillo della capitale è di nuovo scomparso, mi stendo sul giaciglio accanto al mio alleato. Siamo entrambi persi nei nostri pensieri.
- Perché? - sbotto, improvvisamente.
- Cosa? - chiede Dave perplesso, sollevandosi sui gomiti.
- Perché li chiamano "Giochi"? Che cos'ha di gioco tutto questo?
- Perché sono cresciuti nella follia, Rose. Per loro questo è divertirsi.
- Ma questo non è un gioco!
- Lo so, nei giochi non si muore.


Bacheca dell'autrice! 
Scusate il ritardo, ma tra problemi di salute (sono rimasta due giorni a letto con un mal di schiena paralizzante >.<) di scuola (settimana delle pagelle!) e sentimentali (... no comment ...) ho avuto poco tempo. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento! :)
Recensite in tanti!!!! <3

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Capitolo 11
*** E' andato tutto storto ***


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Capitolo 11 – E’ andato tutto storto
 
- Come va la mano?
Devono essere la otto del mattino, dopo l’incubo di ieri sera ho passato tutta la notte senza riuscire a prendere sonno. Odio fare brutti sogni, è una delle cose peggiori in assoluto, perché mi segnano profondamente per interi giorni. E così, sono rimasta sveglia per tutto il tempo, con le immagini di quel sogno orribile che mi passavano davanti agli occhi ogni volta che chiudevo le palpebre. E aprendole, lo spettacolo non era tanto migliore. A meno che non si consideri tranquillizzante una foresta nera e buia. Poi, sono punti di vista …
Dave, invece, si era addormentato subito, senza lasciare mai la mano fasciata che avevo appoggiato sul suo petto. Mi accorgo di sorridere pensando a come è dolce quando dorme. Forse è l’unico momento in sembra davvero felice. Chissà cosa sogna …
Mi sto di legando troppo a lui. E non deve assolutamente succedere. O lui o io. E io voglio sopra ogni altra cosa tornare a casa mia.
Mi tiro su puntellandomi, sui gomiti. – Oh si … molto, molto meglio – rispondo sorridendo.
Per fortuna siamo riusciti a proteggere gli zaini dall’acquazzone di ieri, perché altrimenti avremmo perso quel poco di provviste che ci sono rimaste. Un pacco di gallette, uno di striscioline di manzo essiccato, poca frutta secca. Ma la fame è troppa, non mangiamo da quasi dodici ore e perciò decidiamo di prendere qualche galletta a testa. Finita la colazione, ci mettiamo in cammino verso la steppa, sperando di trovare qualche animale da cacciare nella zona. Non siamo tanto fortunati, però. Dopo due ore non abbiamo preso nulla e in più io sto morendo di sete. Perciò, siamo costretti a tornare al fiume per riempire le borracce.
Ed è lì che sentiamo delle urla venire dalla fitta vegetazione che ricopre l’altra sponda. Deve esserci un bel combattimento in corso, da quella parte. Dave mi fa segno con la mano di restare accovacciata e si poggia un dito sulle labbra. Tanto non avrei comunque parlato, sbuffo tra me e me.
Ritorno ad ascoltare. I Favoriti devono aver attaccato le due dell’11 e del 12, di sicuro. Troppe grida di ragazze. In quel momento, il volto del mio alleato si illumina di quel sorriso che gli avevo visto mentre mi inseguiva con la lancia. No, per favore, dimmi che non ha in mente quello che penso io. Mi aiuta a rialzarmi e ci dirigiamo nel modo più silenzioso possibile lontano dal fiume.
- Che cosa vuoi fare?! – sussurro preoccupata, fermandomi.
- Andiamo alla Cornucopia – risponde lui altrettanto piano, continuando imperterrito a camminare.
- Tu sei pazzo! Pensi che i Favoriti non abbiano lasciato qualcuno di guardia? – dico tentando di stargli dietro.
- Oh si … Liza probabilmente … - mormora lui come se stesse parlando a se stesso.
- Ah bene! Degnati di spiegarti anche con me, magari!
- La ragazza del 4, possiamo batterla facilmente.
- TU potresti batterla! Guarda me! – ribatto, arrestandomi con decisione. Lui si volta e si inginocchia davanti a me, poggiandomi le mani sulle spalle.
- Senti, Rose, noi abbiamo bisogno di provviste, soprattutto tu. Non troviamo selvaggina e continuando così entro due giorni non avremo più da mangiare.
Non rispondo, l’idea di un combattimento mi terrorizza. In un baleno, le immagini della Cornucopia di cinque giorni fa mi accecano la vista.
- Facciamo così, io combatto e tu cerchi di prendere più cose possibili, soprattutto cibo, Rose. Se gli altri Favoriti arrivano, tu scappi verso le rovine della steppa e ci resti. Finché non arrivo io, Rose, devi stare lì. Non devono assolutamente prenderti.
- E se tu non torni? – chiedo terrorizzata.
- Ehi, per chi mi hai preso? Io sono Dave Johnson! – risponde ridendo e tirandosi in piedi. Poi, a sorpresa, mi stampa un bacio sulla guancia. Mi sento arrossire violentemente, cosa che fa ridere ancora di più Dave. Ma quanto sono scema da uno a mille?, penso, riesco sempre a fare la figura dell’idiota!
Camminiamo in silenzio per un’altra mezz’ora, finché non arriviamo al limitare del bosco. Accucciati tra i cespugli, guardiamo verso la Cornucopia. I Favoriti hanno piantato le tende proprio lì davanti e, accanto ad una di esse, la ragazza del 4, con una spada in mano, fa da guardia. Nonostante sia una Favorita, non l’avevo mai notata. Certo, non ha la stessa aria letale di Cheryl o di Maya, la ragazza del 2.
Dave si alza e inizia a fare in giro della radura per cogliere la ragazza di sorpresa. Mentre, da sola tra le piante, aspetto il segnale di attacco, non posso fare a meno di pensare a cosa possa accadere se tutto andasse storto. Forse i miei incubi non sono del tutto infondati.
Tre fischi. Il segnale. Liza non deve aver notato nulla, perché se ne sta ancora lì ferma. Ad un tratto, vedo Dave spuntare dalla vegetazione e lanciarsi contro la ragazza. Scatto in avanti, verso l’accampamento. Devo prendere più cose che posso, prima che arrivino, gli altri. Intanto, Dave e Liza stanno combattendo furiosamente qualche metro più in là, ma nessuno riesce a ferire l’altro.
Mi fiondo verso uno zaino vuoto, lo riempio con frutta e pane, e con qualche punta di lancia di ricambio. Me lo metto in spalla, correndo poi verso un sacco a pelo, quando sento due cannoni esplodere. Le ragazze dell’ 11 e del 12 devono essere ormai passate all’altro mondo. E i Favoriti saranno qui in meno di dieci minuti. Lancio uno sguardo di preoccupazione mista a paura verso Dave, che però si sta ancora battendo con la ragazza del 4. Non so davvero cosa fare, perciò, mi lancio verso di lei impugnando il coltello.
Proprio in quel momento, gli altri ragazzi arrivano correndo verso di noi. Non riusciremo mai a batterli. Rimango letteralmente impietrita. Bene, sono scampata abbastanza dalla morte, direi che è arrivato il momento di considerarsi andata.
- ROSE! FAI COME TI HO DETTO!
La voce decisa di Dave fa scattare le mie gambe in direzione delle rovine, mentre i Favoriti sono solo a una decina di metri da me. Continuo correre più veloce che posso, sperando che non mi inseguano e che preferiscano venire a cercarmi dopo aver sistemato Dave.
Oh no, Dave! Mi volto, rendendomi conto solo adesso di quanto mi stia comportando da schifosa egoista. Ma ormai non posso fare più fare nulla. Quel pazzo sta attirando i Favoriti verso il bosco. Maledizione! Dovrei seguirlo e aiutarlo! E allora, perché me ne sto qui ferma all’inizio della steppa? Lacrime amare di rabbia mi riempiono gli occhi e iniziano a cadere scintillando alla luce del sole di mezzogiorno. Me le asciugo violentemente con una manica e riprendo a correre verso le  rovine.
Arrivata alla prima di queste, mi accuccio sotto un portico che sembra abbastanza solido e resto ad aspettare, senza riuscire a scacciare il senso di colpa per aver lasciato il mio alleato da solo. Mi sento un mostro, e non so quanto tempo resto lì ferma a rimuginare su quanto io  faccia schifo. E dovrei anche essere spaventata. Questo, dopotutto, è territorio di Alec. Ah, che mi trovi.
Me lo merito, dopotutto.
Passano ore, e ancora Dave non torna. Ma in fondo, che mi aspetto? Come può essere sopravvissuto a sei ragazzi che sanno come ammazzare la gente da quando avevano cinque anni? E anche vero che, però, non sento nessun cannone.
L’immagine del ragazzo a terra, esangue, mi fa finalmente capire che davo alzarmi e andare a cercarlo. Decido di portare solo uno degli zaini, perciò nascondo l’altro, sperando di tornare a riprenderlo con Dave. Mi dirigo verso la Cornucopia, ma una volta arrivata nelle vicinanze sono costretta a fermarmi. Delle voci. Mi addentro un po’ nel bosco e, protetta dai cespugli, mi guardo intorno. I Favoriti devono essere appena tornati dall’inseguimento, perché stanno accendendo un fuoco e ridacchiano soddisfatti. In quel preciso istante un colpo di cannone rimbomba per l’Arena. Sono arrivata tardi.
E’ come se il mondo mi crollasse addosso in un istante. Ho lasciato morire il ragazzo che mi aveva salvato la vita. E questa consapevolezza si fa strada troppo in fretta nel mio cuore e nella mia mente. Una parte di me mi dice di andare dritta da quei ragazzi che stanno ridendo alla luce del tramonto e andare a raggiungere Dave. Ma evidentemente il mio corpo non è d’accordo, perché prima che me ne renda conto sono  di nuovo tra le rovine e sto piagnucolando come una deficiente.
La notte arriva molto, troppo in fretta. Non voglio vedere il volto del mio amico in questo maledetto cielo. Non voglio rendermi definitivamente conto della realtà. Ma l’inno della Capitale, quel dannato inno che ormai da cinque giorni ci fa da ninnananna prima di addormentarci, arriva, puntuale come non mai. Ma, stranamente, non mi porta la notizia definitiva che mi aspettavo. Ma qualcosa di molto peggiore, qualcosa a cui non avrei mai pensato.
Oltre ai volti delle ragazze dell’11 e del 12 compare un altro volto. E non è quello di Dave, ma del ragazzo del Distretto 3.
All’inizio non capisco. Dave è morto, lo hanno ucciso i Favoriti no? No. Non l’hanno ucciso i Favoriti. Deve essere riuscito in qualche modo a fuggire. Il ragazzo del 3 deve essere morto in un altro combattimento, probabilmente Dave ha sfruttato il colpo di cannone a suo vantaggio, non mi stupirei se si fosse finto morto. Conoscendo le sue ottime qualità di attore …
E’ come un pugno allo stomaco … alla fine è andato tutto storto, Dave. Alla fine ti sei deciso ad abbandonarmi.
 
Remember, you aren’t alone over this road …
Everytime you turn around you have someone near you …
 
Che grande cavolata. Se riferita a te.


Bacheca dell'autrice! Completamente andata
Alloraaa ... perdonate se non aggiorno più così in fretta ma non so davvero come fare a trovare un po' di tempo!!! >.<  Si,perdonatemi, sto impazzendo ...
Comunqueeeen, spero vi piaccia, anche se non è il capitolo migliore che sia uscito dalla mia piccola mente .-.
Ringrazio di cuore (e non basterebbe lo stesso) quella persona strafantastica che ho conosciuto su questo fandom grazie a una gaffe terribile! Questo grazie va a 
Mattia_BanfiLOL98, e alle sue sorprese **
Un bacio immenso a chi mi segue!
Alla prossimaaaaaa <3


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Capitolo 12
*** Inaspettato ***


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Capitolo dedicato a Mockingjay Potter, perché è troppo simpatica (ogni volta che leggo una sua recensione mi crepo di risate) e perché ama Dave ;) Sei stata tu a darmi l'ispirazione per scriverlo <3

Capitolo 12 – Inaspettato
 
Da quanto tempo sono qui? Non ho proprio idea. Ho avuto paura a chiudere gli occhi, stanotte. Perché sentivo che se lo avessi fatto, il terrore mi avrebbe assalita di nuovo. Abbandonata, ecco come mi sento. Abbandonata da quello che credevo un amico. E adesso me ne sto qui, alle prime luci dell’alba, a cercare di non morire di freddo e di non farmi trovare da Alec. Mi rendo conto che fino ad adesso non avevo ancora capito come funziona qui, nell’Arena. Da qui, ne esce solo uno.
E un alleato non è per sempre. Mi sarei dovuta aspettare che prima o poi Dave mi avrebbe lasciata sola. E quale migliore occasione di un attacco ai Favoriti? Mi ha lasciata andare e poi ci siamo separati. Già è tanto che non mi ha uccisa con le sue mani. Ma, visto che mi sembra tutto così chiaro, adesso, perché non avevo mai calcolato questa possibilità? Semplice, perché ho sempre pensato di essere IO quella a spezzare le alleanze e a dare spettacolo. Stupida egocentrica e ingenua. Ha fatto bene Dave a mollarmi qui.
Mi alzo, dolorante più del solito, sospirando di sollievo per essere sopravvissuta a un’altra notte. Nel tirarmi su, mi rendo conto di quanto sia affamata. Il mio stomaco brontola, implorando cibo. Visto che non voglio restare tra queste rovine un istante di più, attraverso il fiume e mi incammino verso la montagna. C’è così tanto silenzio, intorno a me, che quasi mi fa paura. E’ diventato strano non sentire più i passi del ragazzo del Distretto 6 dietro di me, e la solitudine mi si abbatte nuovamente sopra, portando la mia mente a volare dove non dovrebbe.
Sesto giorno di Giochi. Siamo dieci Tributi in vita. Non mi va di contare chi sia rimasto, perché il solo pensiero che possa incontrare Flinn o Cheryl da un momento all’altro mi fa impazzire. E poi, sono il Tributo più debole ormai, e a Capitol City probabilmente stanno scommettendo su quando mi ammazzeranno. Tento di pensare ad altro.
Se riesco a sopravvivere per qualche altro giorno, rimarrei tra gli ultimi otto e intervisterebbero la mia famiglia e i miei amici. Mamma, papà, Seth, Hannah … cosa direbbero? Che sono orgogliosi? Immagino di sì, anche se non è vero. Dopotutto, le interviste ai parenti non sono altro che una messa in scena della Capitale.
Mi mancano tantissimo. Se penso che solo due settimane fa a quest’ora mi stavo alzando per andare ad aiutare i miei in negozio … Ah no, oggi è domenica.
Adoro la domenica. E’ l’unico giorno libero concesso ai lavoratori del Distretto 9. I campi di frumento sono vuoti e così anche i forni, e per una volta non si vede quel fumo grigio e opprimente uscire dalle ciminiere. Se fossi lì vedrei i bambini giocare nella piazza, anche quelli che di solito non vanno a scuola ma lavorano nelle piantagioni. Se fossi lì andrei con Seth nel boschetto dietro al villaggio dei Vincitori. La domenica è l’unico giorno in cui mi dimentico dove vivo, in cui mi dimentico che esistono gli Hunger Games, che la gente a Panem muore di fame, e del mio odio verso la Capitale. Del mio odio verso questo regime che mi fa diventare grande troppo in fretta e che manda i ragazzi a morire senza motivo.
Voglio tornare a casa, penso disperata. Senza dover uccidere. Certo, come se adesso gli altri Tributi iniziassero a farsi fuori l’un l’altro giusto per farmi felice. Ora che ci penso, però, io sono l’unica tra i ragazzi rimasti, a non aver torto un capello a nessuno. Oddio, se non si conta il coltello estratto dalla schiena del maschio del 5. Penso glielo avesse tirato Maya.
Non ho speranze, sospiro sedendomi sulla riva del fiume. Zero, anzi, di meno. Inizio a scavare tra le pianticelle intorno al corso d’acqua in cerca di radici, ne trovo un bel po’, per mia fortuna. Appena ne tiro fuori una, la sciacquo e me la infilo in bocca, tanta è la fame. Fanno davvero schifo e non sono nemmeno facili da masticare, ma almeno sono commestibili. Nello scavare, però, incappo involontariamente in un sasso appuntito, che mi colpisce la mano destra proprio dove ho la ferita che mi aveva procurato il morso dell’ibrido ieri all’alba. Con mio immenso orrore, una macchia scura inizia ad allargarsi sullo stretto bendaggio. Oh merda merda merda.
Srotolo in fretta la benda, scoprendo il buco rosso e ancora dolorante ma, per fortuna, non infettato. Solo che, da brava idiota che sono, l’ho fatto riprendere a sanguinare. Ora i servono nuove bende, direi. Cioè, l’ideale sarebbe ricucirlo in qualche modo, ma non penso che su una montagna ci sia del filo sterile un ago per la sutura. Quindi, non credo di avere altre alternative. Devo per forza andare a rubare, se di rubare si può parlare, dalle scorte dei Favoriti. Solo che stavolta non ci sarà nessun Dave Johnson a coprirmi le spalle. Fantastico, davvero.
Sciacquo le garze, lavandole alla meno peggio con l’acqua disinfettata che uso per bere e riempio la borraccia mentre cerco di ideare un piano decente. Non riesco a inventarmi nulla, non posso attaccare i Favoriti così, faccia a faccia. Tenendo conto che ho solo un coltello … perché, giustamente, ieri ho pensato solo al cibo e alla punte per la lancia di Dave, che quindi adesso sono praticamente inutili. A meno che non trovi dei rami della giusta misura. Ma non ho tutto questo tempo, la ferita potrebbe infettarsi. Opto per la soluzione più ovvia e cretina. Accendere un fuoco con della legna bagnata e verde per creare più fumo che posso e attirare i Favoriti.
In mancanza di altre idee, raccolgo i rami più umidi che riesco a trovare e li ammucchio in una radura. Poi, do fuoco alla pira e inizio a correre, facendo il giro dal lato della steppa, verso la Cornucopia. Sono costretta a portarmi tutti e due gli zaini, perché non avrei fatto in tempo a nasconderne uno. Arrivo nella radura dove sono accampati i Favoriti e mi nascondo tra le piante. Faccio quasi fatica a vedere cosa succede, perché il sole di mezzogiorno si riflette sul corno e mi acceca la vista.
Dopo pochi secondi, però, mi rendo conto di quanto il mio piano sia banale. E’ assolutamente ovvio che abbiano capito il mio intento. Nessuno dei sopravvissuti sarebbe così idiota da accendere un fuoco così! E di sicuro non ne avrebbero un motivo! Però, devono ritenermi davvero molto stupida, perché si alzano tutti, e sottolineo tutti, e corrono verso la fonte del fumo. Credono davvero che non abbia capito che non appena uscirò da qui loro sbucheranno dal bosco e mi faranno a pezzi?
Sta di fatto che, però, a me servono quelle bende. La ferita pulsa in maniera dolorosa e continua a perdere sangue. Sono indecisa se muovermi o no.
Oh, al diavolo! Lascio uno zaino e mi lancio di corsa verso la Cornucopia protetta dalla stessa. Quando la raggiungo, mi ci appoggio contro, ignorando il fatto che brucia da impazzire, trattenendo il respiro. Ok, penso, mi hanno vista. Aspetto qualche minuto, ma non arriva nessuno. Guardo verso il bosco, davanti a me. Sono ancora in  tempo per tornare indietro.
Ma, presa dalla disperazione nel vedere la mia mano lasciare una macchia rossa sull’oro del corno, decido di tentare il tutto per tutto. In fondo, meglio morire velocemente uccisa da un coltello che lentamente per colpa di un’infezione. Così, mi lascio scivolare all’interno della Cornucopia, ma inciampo su qualcosa e cado a terra, fortunatamente al suo interno.
Ma che …?
Mi rialzo piano e quello che vedo mi fa dimenticare che ci sono sei assassini a dieci metri da me che stanno per arrivare. Eh sì … perché a terra, proprio vicino alla bocca della struttura, c’è Dave.

Bacheca dell'autrice banana! (?)
Salve ciurma! Eccomi qui con un nuovo (corto) capitolo! :) Eh sì, ho fatto di meglio lo so ... ma questo è stato un vero parto. Ero indecisa se pubblicarlo o meno a dire il vero ...
L'importante è che abbiate letto fino all'ultima riga :) Recensite pure :D
Mando un bacio a chi mi segue, ai lettori silenziosi a cui non va di scrivere, a lottieverdeen e Allegra_ , per il supporto <3 
Baci e alla prossima! :3
 

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Capitolo 13
*** Nel posto sbagliato ***


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Capitolo 13 – Nel posto sbagliato.
 
Sono totalmente impietrita. Non riesco a pensare, a parlare, è quasi difficile immettere la giusta quantità di ossigeno nei polmoni, perché sono improvvisamente andata in iperventilazione senza sapere il motivo. Me ne sto qui in piedi, con ancora in mano la cassetta del pronto soccorso che ho afferrato nella caduta, come una perfetta idiota, senza reagire.
E lui, lì seduto, con le mani legate e un taglio di una spanna nella schiena che perde sangue macchiandogli di rosso la maglietta celeste, mi guarda con un misto di sorpresa e preoccupazione negli occhi verdi. Uno strano singhiozzo strozzato e sconvolto mi esce dalla bocca.
Non ho nemmeno il tempo di riflettere, che ho già infilato la cassetta nello zaino, ho preso una spada e un coltello e sto liberando un  Dave che mi implora con lo sguardo di lasciarlo lì. Ma io non ne ho nessuna intenzione, diamine!
Lo aiuto a tirarsi su, guardandolo davvero spaventata quando cerca di soffocare un gemito di dolore. Mi carico lo zaino in spalla e inizio a correre verso il bosco, quando mi accorgo che lui è ancora fermo davanti alle tende, con una lancia in mano e un’espressione indecifrabile. Mi arresto di colpo, sollevando una nuvola di terriccio che mi fa tossire.
Ma cosa fa? Non può restare qui, i Favoriti stanno arrivando! Non può farsi ammazzare! Non glielo lascerò fare!
Corro verso di lui, con le lacrime agli occhi e la voce alterata dalla paura. – Andiamo Dave! Corri, o resto qua con te! – urlo disperata tirandolo per una manica mentre i sei ragazzi dei Distretti 1,2 e 4 escono dalla vegetazione armati fino ai denti. In lontananza si vede ancora il fumo della pira, di quella stupida legna a cui ho dato fuoco quasi sia per creare un diversivo.
- Vattene! Ti rallenterei e basta!
- NO STUPIDO! IO NON TI ABBANDONO DI NUOVO!
Credo di averlo convinto e riprendiamo la nostra corsa, sperando di cuore che la fortuna sia davvero a nostro favore. Mi sembra di aver percorso miglia su miglia quando arriviamo al limitare del bosco. Afferro l’altro zaino che avevo lasciato lì, ignorando la fitta alla mano quando lo prendo. Sento i passi pesanti dei Favoriti dietro di noi, misti alle loro risate. Chissà se stanno già preparando il cannone, a Capitol City.
Mi costringo a voltarmi. Saranno a venti metri, ormai. D’istinto, il mio braccio si tende e il mio polso lascia andare il coltello. Quasi non mi fermo a prendere la mira che questo è già andato a conficcarsi nella coscia della ragazza del 2, Maya, che mi guarda con odio e se lo strappa via violentemente. Il sangue inizia a scorrere scuro dalla ferita, macchiando l’erba e costringendo la Favorita a rallentare notevolmente. Sento un sibilo provenire da dietro la mia spalla e la lancia di Dave sfrecciare verso il Tributo biondo dell’1, Anthony.
Riprendo a correre più veloce che posso. Il ragazzo del 6, al mio fianco, cerca di non restare indietro, ma il suo volto pallidissimo tradisce il fatto che non resisterà a lungo.
Arriviamo al fiume. Il fiume, quella maledetta trappola è la nostra unica speranza. Mi scambio uno sguardo con Dave, che, capendo al volo, annuisce e, correndo, attraversa il corso d’acqua nel punto in cui essa non arriva nemmeno alla caviglia. Gli va bene, riesce a raggiungere l’altra riva sano e salvo, ma con le scarpe  rovinate. Per fortuna questi anfibi hanno le suole spesse!, penso prima di lanciarmi anche io di corsa. I miei piedi quasi non toccano terra, e riesco, per l’ennesima volta, ad arrivare sana e salva oltre questa ghiaia che mi ha sempre causato solo e soltanto problemi.
Una volta al sicuro, mi volto a osservare la reazione dei Favoriti, che di sicuro sono a conoscenza dell’ inganno preparato degli Strateghi. Non posso fare a meno di sorridere nel vedere le loro espressioni spaesate e letali insieme, mentre si allontanano quasi ringhiando, consci del fatto che, con i loro corpi pesanti, si scioglierebbero nel pietrisco del fondale come il ghiaccio d’estate.
Anche se in fondo, non c’è proprio tanto di positivo in tutto ciò. Non appena arriveranno nel tratto di torrente attraversabile grazie ai massi grandi e piatti, ci raggiungeranno e ci faranno a pezzi. Ma almeno ho salvato Dave no?
Mi giro verso di lui, che se se sta seduto appena all’inizio della boscaglia, cercando di riprendere fiato. Mi avvicino trascinandomi dietro la spada, rendendomi conto solo adesso che anche io ho perso molto sangue. Vengo colta da un improvviso capogiro e mi butto nel muschio accanto a lui. Chiudo gli occhi e respiro profondamente, poi mi rimetto a sedere. Dave mi sta guardando, probabilmente indeciso se rompere il silenzio o meno.
Continuiamo a fissarci, aprendo la bocca ogni tanto per dire delle parole che alla fine non escono comunque, finché lui non mi poggia la mano su una guancia.
 - Te l’hanno mai detto quanto sei stupida? – sussurra guardandomi negli occhi  e poggiando le labbra sulla mia fronte sudata. Sorrido lievemente, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
- I Favoriti pensavano di usarmi come esca per attirarti e invece tu sei andata direttamente a buttarti nelle loro braccia senza nemmeno sapere della trappola … - continua a mormorare come se stesse parlando a se stesso – Nessuno sano di mente avrebbe avuto il coraggio di salvarmi! Tranne te …
Ok, adesso basta. Mi allontano da lui, forse un po’ troppo violentemente, e mi alzo.
- Fammi vedere quella ferita – dico.
Lui, piano, si sfila la giacca e la maglietta, mostrandomi il taglio che risalta sulla pelle chiarissima della schiena. E’ brutta, ma non credo sia profonda.
- Chi è stato? – chiedo .
- Maya, ma mi ha preso di striscio – risponde lui con un tono piatto e inespressivo.
Inizio a lavarla con dell’acqua, cercando di fargli il meno male possibile. Evidentemente non basta, perché il solo contatto con il liquido freddo gli provoca continuamente brividi e sussulti. Ma, nonostante ciò, non lo sento gemere nemmeno un poco quando inizio disinfettarla e fasciarla con ciò che ho trovato nella cassetta dei Favoriti.
Poi, prima di sistemare la mia mano, vado verso il fiume, controllando di avere la via libera, e lavo la sua maglia, perché non voglio più vedere altro sangue. Passo poi a risistemare le bende sulla mia di ferita, che mi provoca ancora un bruciore tremendo al minimo movimento delle dita. Ritorno poi nella radura, dove trovo Dave con le spalle appoggiate al tronco di un albero, mentre si tortura un laccio della giacca e guarda i raggi di sole che filtrano dal fogliame. Devono essere le tre del pomeriggio e io sto morendo di fame, ma anche stavolta dobbiamo accontentarci di bacche, che mangiamo senza dire una parola.
Ho il terrore che i Favoriti sbuchino da un momento all’altro per ammazzarci, perciò continuo a guardarmi intorno, alzando il volto di scatto ogni volta che sento un rumore. Per ingannare il tempo, perché probabilmente fino a domani mattina Dave non riuscirà a muoversi nonostante continui a negarlo e comunque non penso i Favoriti comincino la caccia prima che Maya si sia medicata, inizio a cercare un paio di bastoni per fabbricare delle lance. Mentre ne scorteccio uno della giusta misura per le punte, mi rendo conto di quanto tutto quello che sto facendo sia innaturalmente normale per me. Fabbricare armi. Per uccidere i Favoriti. Per uccidere dei ragazzi come me. Una ragazzina di tredici anni che si sta lentamente trasformando in un’assassina.
Scrollo le spalle, cercando di non pensare. Perché è questa l’unica cosa che mi mantiene a terra dal giorno della mietitura. Non pensare a nulla, svuotare completamente la mia mente concentrandomi su qualcosa di stupido e inutile. Come ora, che guardo con svariato interesse un filo d’erbetta. Passo ore in questo stato di vuoto, finché a riportarmi nella realtà non arriva il freddo della sera. Mi accorgo che sto battendo i denti quando sento la coperta poggiarsi sulle mie spalle. Mi volto. Dave deve aver acceso il fuoco prima del tramonto, perché un piccolo cerchio di pietre racchiude qualche tizzone che emana un lieve bagliore rossastro. Mi avvicino alle braci, e mi accovaccio accanto al ragazzo, coprendo entrambi con la coperta.
Oggi fa più freddo del solito, il tremito del mio copro è quasi incontrollato. Sento il corpo di  Dave stringersi ancora di più contro il mio a ogni mio sussulto. Cerco di fissare il rosso delle braci, come se potessi assorbirne il calore con gli occhi.
Dopo un po’ le palpebre iniziano a farsi pesanti, ma non voglio allontanarmi. Il capo mi ricade sulla spalla, e sono in una specie di dormiveglia quando Dave mi prende in braccio e mi adagia in un giaciglio di foglie tra le radici sporgenti di un albero. Sento le sue mani stringersi sulla mia spalla quando mi solleva.  Poi si stende accanto a me, appoggiando le spalle su una di esse in modo da non far aderire la ferita al terreno, immagino. Ripiombo in un sonno pesante e senza sogni, da cui mi risveglio nel pieno della notte, quando riesco a scorgere il disco argentato della luna attraverso le fronde.
L’alzarsi e l’abbassarsi del petto del mio alleato, troppo veloci perché sia addormentato, mi fanno voltare verso di lui. E infatti ha gli occhi spalancati verso il cielo, come quando sono tornata dal fiume. Chissà a cosa sta pensando oggi.
Quando avverte il mio movimento, si gira verso di me e mi sorride. – Non riesci a dormire nemmeno tu?
Scuoto la testa e mi volto nuovamente. Improvvisamente mi sento troppo sveglia, troppo cosciente di ciò che succede e nonostante ciò tutto questo mi sembra uno stano, stranissimo sogno.
- Dave?
- Sì?
- Posso farti una domanda?
- Tutto quello che vuoi, Rose.
- Per … perché non mi hai uccisa quel giorno, quando mi hai trovata nella radura della cascata?
Lo sento voltarsi e sospirare.
- Perché … non lo so nemmeno io il perché. Tu eri lì, abbassando il braccio avrei visto la vita scivolarti via dagli occhi. Avevo già visto morire per mano mia. E di nuovo mi ritrovavo con una vita nelle mani, la tua, e non avrei ripetuto per nulla al mondo l’errore che avevo commesso con Martin. Mai.
Mi giro verso di lui, incontrando i suoi occhi verdi che quasi emanano luce, tanto brillano. Siamo così vicini che, nonostante il buio, potrei contargli le lentiggini sul naso. Una frazione di secondo e sento il tocco leggero delle sue labbra calde sulle mie. Non ho neanche il tempo di pensare che lui si è già allontanato.
- Scusa.
Non rispondo. Il cuore mi rimbalza su e giù per il petto come una pallina. Mi sento improvvisamente piccola a e vulnerabile, e mi stringo ancora di più al suo petto.
Rimango così, confusa e non so con quanti altre emozioni mai provate, per minuti interi e interminabili.
- Dave? – chiedo per la seconda volta.
- Dimmi – sospira lui.
- Io non voglio spezzare l’alleanza.
C’è un secondo di silenzio, che a me pare una voragine aperta.
- Nemmeno io, Rose. 

Angolo dell'autrice!
Ragazzi, annuncio mai sentito! Sono soddisfatta di questo capitolo! Diamine, quanto ho aspettato per sciverlo! <3 Spero di essermi rifatta dal precedente ...
Vi faccio un piccolo elenco dei 10 Tributi rimasti, perchè io per prima me li dimentico >.<
Distretto 1: Anthony
Distretto 1: Cheryl
Distretto 2: Bryn
Distretto 2: Maya
Distretto 4: Dan
Distretto 4: Liza
Distretto 6: Dave 
Distretto 7: Alec
Distretto 8: Flinn
Distretto 9: Rose

Allora, alla prossima! Mi interessa ciò che pensate quindi recensite! <3 (so dove abitate ... no, questa me la potevo risparmiare!)

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Capitolo 14
*** Terremoto ***


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Capitolo 14 – Terremoto
 
Stiamo camminando da almeno due ore. I piedi mi fanno un male terribile, ma Dave continua a dire che dobbiamo arrivare per forza alla parete rocciosa. Ah, che faccia quello che vuole …
Per un bel tratto di strada ho insistito per portare entrambi gli zaini, ma dopo un po’ non ce l’ho fatta davvero più a reggere tutto quel peso. Ovviamente, lui ha voluto prenderne uno. Ero così spossata che non ho neanche insistito, tanto sapevo già che avrebbe vinto lui, come al solito. E come al solito non si è lamentato nemmeno una volta per la ferita.
Perciò adesso sono qua che lo seguo, sapendo la meta ma non lo scopo di questa scarpinata.
Non ci siamo scambiati nemmeno una parola su ciò che successo stanotte, ma io non ho smesso di pensarci nemmeno un istante. E nemmeno lui. Perché per quanto possa essere un ragazzo imprevedibile e sorprendente, io lo so che lo sta facendo. O magari lo spero e basta.
- Ehi, Rose, fermiamoci qui per un po’ – dice a un tratto voltandosi e riportandomi con un balzo del mio cuore al solo suono della sua voce, alla realtà. –Potresti piazzare qualche trappola nelle vicinanze? Siamo praticamente senza cibo. Io ti aspetto qui.
Certo, penso, girandomi e dirigendomi verso il fitto della foresta, stiamo il più lontano possibile da Rose Halley!
Sospiro, piegandomi per posizionare il primo laccio a scatto.
“Dave, io non voglio spezzare l’alleanza”
Ma. Che. Grande. Genio. Che. Sono.
Così rimaniamo solo noi due per il gran finale. Bene. Applausi. Quante altre stupidaggini farò prima che qualche assassino spunti dalla boscaglia e mi faccia fuori?
Sono così arrabbiata con me stessa che scaglio con violenza il mio coltello contro il tronco di un albero. Questo, con un sibilo acuto, vi si conficca nella corteccia. Mi alzo per andarlo  recuperare, per poi piazzare delle altre trappole e tornare dal mio compagno, quando mi sembra di sentire un tremito sotto i miei piedi. Mi arresto di scatto, perplessa, e mi guardo intorno. Non notando niente di strano, estraggo con forza l’arma dal fusto, quando avverto nuovamente una lieve scossa attraversarmi, partendo dal terreno. Stavolta seriamente preoccupata, mi accovaccio, tastandolo. Una pausa, poi i sassolini attorno alla pianta iniziano a vibrare, prima piano, poi sempre più forte, fino a saltellare letteralmente.
Mi sollevo, voltandomi di scatto verso la parete di roccia, che vedo chiaramente da sopra le fronde degli alberi, perché ormai siamo quasi arrivati. Mentre una scarica di adrenalina allo stato puro inizia a scorrermi violentemente per il corpo, vedo i massi rotolare giù per il pendio, a causa delle scosse.
Inizio a correre più veloce che posso verso la radura dove è rimasto Dave. Prima ancora che arrivi, il boato assordante che precede la frana riempie l’Arena, diffondendosi. Faccio fatica a muovermi, le scosse sempre più forti mi ostacolano a tal punto che non so più dove mettere i piedi per non ritrovarmi per l’ennesima volta a terra. Finalmente, dopo infiniti istanti di panico, vedo Dave venirmi incontro, e capisco che forse non è del tutto finita.
- ANDIAMO VIA DA QUI! – urlo, ormai senza fiato, afferrando lo zaino che mi sta passando e buttandomelo in spalla. Lui mi prende per mano e iniziamo a correre come dei forsennati verso l’altro lato dell’Arena, ma siamo costretti a deviare verso la Cornucopia, a est, perché gli alberi si spezzano al nostro passaggio come grissini, abbattendosi al terreno con dei rumori assordanti. Mi lascio scappare un grido quando un enorme pino si schianta a quasi due metri da me. Sono terrorizzata, non riesco a fare altro che andare avanti, facendomi letteralmente trascinare da Dave.
Mentre ci avviciniamo al corno d’oro,  vedo delle figure sfrecciare nella nostra stessa direzione. Gli Strateghi ci hanno preparato proprio una bella trappola. A Capitol City si saranno stufati di inseguimenti tra noi e i Favoriti, vorranno di sicuro mettere in evidenza anche gli altri Tributi. Tra le scosse, sento riecheggiare un grido, e subito dopo vediamo un albero abbattersi su un ragazzo dai riccioli castani. Flinn.
Mi blocco per qualche secondo, indecisa se avvicinarmi o no, ma la voce del mio compagno mi ricorda che siamo agli Hunger Games, e che tanto ormai per lui non c’è speranza.
Pochi altri minuti di corsa, e la parete di roccia crolla definitivamente su di noi. L’Arena è diventata l’anticamera dell’inferno. Mancano solo le fiamme. Schianti, continue scosse di una forza sovrannaturale, e quei massi enormi che rotolano velocemente, e inesorabilmente, verso la valle.
Come se tutto ciò non bastasse, appena arriviamo alla radura della Cornucopia, una lancia passa sibilando poco lontana dal mio volto, segno che a quei dannati dei Favoriti non va di morire senza aver fatto altre vittime.
Mentre formulo questi pensieri, un'altra asta viene rimandata al mittente, stavolta da Dave. E Anthony, il ragazzo dai capelli lunghi e biondi del Distretto 1, si accascia a terra, mentre la consapevolezza si dipinge lentamente negli occhi scuri e sbarrati. Un attimo dopo il cannone spara.
In quel secondo di distrazione in cui rimango attonita a guardare il corpo del ragazzo senza vita, vengo gettata a terra da un peso molto maggiore del mio. Maya, la Favorita del 2 a cui avevo tirato ieri un coltello, alza la spada, pregustando già la soddisfazione che le procurerà la mia morte. Con uno sforzo sovrannaturale, riesco a spostarla dal mio corpo e a sollevarmi. Non mi volto nemmeno a vedere dove sia Dave o cosa stia facendo, perché mi devo allontanare il più possibile dalla parete rocciosa.
Scappando per il bosco, e inciampando continuamente a causa dei tremiti del terreno, sento il rumore dei passi della Favorita dietro di me. Zoppica un po’ a causa della ferita, ma il desiderio di vendetta la fa andare avanti.
- SEI IN TRAPPOLA, RAGAZZINA!
Oh no guarda, non c’ero arrivata.
La sua spada quasi mi trancia un braccio, ma riesco a schivare il colpo, cavandomela con un taglio. Di riflesso, nell’istante che la ragazza impiega ad attaccarmi nuovamente, le affondo il pugnale fino all’elsa nello stomaco. Sento il sangue caldo scorrermi sulle mani come un fiume bollente.
Ritraggo la mano, con orrore, mentre Maya, i capelli castani e corti incollati alla fronte dal sudore, emette un rantolo e crolla su se stessa. La mente, all’improvviso, mi si annebbia. Un senso di nausea mi pervade, mentre guardo la ragazza contorcersi.
I rumori del sisma coprono l’ennesimo cannone e le convulsioni della ragazza diminuiscono sino a fermarsi.
Vuoto di mente, sono sconvolta, ma un nome inizia a lampeggiarmi nella mente. Quasi con violenza, come se mio subconscio mi volesse dare un pretesto per non lasciare andare il mio corpo alla debolezza, col rischio che venga uccisa dalla frana.
Dave.
E’ ancora al corno. Torno indietro e lo trovo, fortunatamente illeso, mentre corre verso di me. La frana si sta riversando su tutta la valle, travolgendo tutto ciò che il terremoto non abbia già distrutto.
- ALLA STEPPA, ROSE! LI’ SAREMO AL SICURO!
La steppa. Faccio fatica ad elaborare il concetto, ma sono ancora abbastanza lucida perché le mie gambe si muovano in direzione della distesa di erbe gialle bruciate dal sole cocente degli scorsi giorni, che oggi spicca su uno sfondo di nuvole grigie. Un passo avanti all’altro, il rombo si fa sempre più lontano. Quanti Tributi non hanno superato questa giornata ?
La mente va a Flinn, al botto che doveva annunciare la sua fine, e che ancora non ho sentito. Immagino la sua sofferenza, e prego perché la sua morte sia indolore.
Le scosse diminuiscono fino a fermarsi del tutto, e la frana si riduce alla caduta di qualche sporadico masso, e a me e Dave, non resta altro da fare che rintanarci in una delle poche rovine rimaste miracolosamente intatte. Così ci posizioniamo vicino all’uscita di quello che teoricamente dovrebbe essere un porticato, o ciò che ne rimane, sperando che il sisma si sia davvero fermato.
Un venticello freddo prende a soffiare in quest’Arena, in questo maledetto cimitero. Come se non fosse successo niente, la brezza muove le erbacce e le fronde degli alberi, ormai in numero più che dimezzato. Indifferente, e so che sta portando con sé un altro pezzo di Rose Halley, di quella ragazzina sorridente del Distretto 9 che pian piano si sta trasformando in qualcosa che nemmeno lei riesce a comprendere.
Sento Dave alzarsi puntellandosi con i gomiti. E’ pallido a causa della ferita alla schiena e sembra davvero spossato, ma non lo fermo quando esce dal nascondiglio per cercare da mangiare. Torna al tramonto con due pesciolini che non possiamo nemmeno cuocere e qualche tubero. Mangio in silenzio, mi sento svuotata e persa.
L’inno di Capitol City mi fa sussultare, e, di riflesso, mi precipito fuori per vedere i volti dei caduti.
Il primo è, ovviamente, Anthony. Il ragazzo biondo è seguito dal viso inespressivo di Maya, che fissa vacuamente l’Arena. Ma è un attimo, giusto il tempo di leggere il nome del distretto, e l’immagine viene sostituita dal volto di Liza, i capelli scuri e lunghi che le incorniciano il viso magro e pallido. Resto fuori finché il sigillo non smette di fluttuare nell’aria gelida della sera.
 
Bacheca dell’autrice!
Si lo so, non aggiorno mai!!! Avete ragione, ma ovviamente la vostra amatissima (?) autrice ha passato tutte le vacanze di pasqua con i suoi amici e ha dovuto studiare nella settimana successiva u.u
Spero mi abbiate perdonata t.t Questo capitolo, comunque non è un granché, lo dico anche perché doveva essere più lungo ma la mia piccola mente da gerbillo (?) non è riuscita a creare niente di meglio v.v
I sopravvissuti u.u
Distretto 1: Cheryl
Distretto 2: Bryn
Distretto 4: Dan
Distretto 6: Dave (<3)
Distretto 7: Alec
Distretto 8: Flinn
Distretto 9: Rose

Mando un bassscio a che mi segue e a chi recensisce <3
- Mary

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Capitolo 15
*** Maledetti rimpanti ***


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Capitolo 15 – Maledetti rimpianti
 
Sono nel bosco, corro come un animale braccato. E se lo fossi? Mi volto, quasi a dar conferma ai miei pensieri. Sì, Maya, l’assassina del 2, è ancora lì. Il volto contratto in un ghigno sadico, la spada stretta in pugno … la personificazione della morte, insomma. Solo che questo non è una delle mie tante macabre  fantasie sulla mia morte … questa è la realtà. Anche se, a tratti, mi sento cime
La cosa certa è che per una di noi i Giochi finiscono qui. Sento il sangue di Maya bagnarmi le mani, le braccia, sporcarmi dentro.  E capisco di avercela fatta, di essermi salvata di nuovo. Vedo il suo sguardo carico di stupore e odio, odio nei miei confronti. E capisco solo adesso che ora l’assassina sono io, che un piccolo movimento del braccio mi ha trasformata in un mostro.
Rivedo il mio coltello affondare nel corpo della ragazza ancora, ancora e ancora, in una sorta di replay. Vorrei urlare, svegliarmi da quest’incubo. Ma non è un incubo, questo. O forse si?
Sì, è solo un dannatissimo sogno, una rielaborazione fatta dal mio cervello degli avvenimenti della giornata appena trascorsa. Lo capisco perché improvvisamente sono seduta accanto a Dave, che sonnecchia accoccolato su se stesso. Mi prendo la testa tra le mani, disperata. Non capisco cosa mi sia succedendo. E questo mi fa impazzire. Inizio a singhiozzare sommessamente, sono davvero sconvolta.
Come ho potuto fare una cosa simile? Certo, Maya era un’assassina, una macchina creata appositamente per uccidere. Ma era pur sempre una persona. Aveva qualcuno che l’aspettava, nel suo Distretto … una famiglia, un ragazzo magari. Forse pensava sinceramente di tornare a casa.
Ma non lo farà. E la colpa sarà solo mia.
Sento delle braccia avvolgermi, e mi ritrovo a piangere contro il petto di Dave.
- Shhhhh, non piangere … era un incubo, un maledettissimo incubo – sussurra.
- S … sono un mostro, Dave … - cerco di articolare tra i singhiozzi.
- Benvenuta nel club, allora – mormora lui cupamente.
Passano alcuni minuti, ma non riesco a calmarmi. Ad un tratto, Dave mi prende per le spalle e, scuotendomi, esclama: - Rose, ma proprio non capisci? Se non l’avessi uccisa, ora non saresti qui!
- Si … ma non riesco a capacitarmi di aver fatto fuori qualcuno …
- Pensavi di poter arrivare alla fine senza combattere? – chiede lui freddamente piantando il suo sguardo verde su di me.
- Non pensavo di arrivarci proprio alla fine … - ribatto.
- Oh andiamo, Rose! – Dave sembra spazientito. Ma non capisce? Non ha forse avuto la mia stessa reazione dopo aver ucciso Martin?
- E se ti avesse uccisa? – continua lui, imperterrito. Forse crede che continuando a ripetere sempre le stesse frasi mi calmerà. Come al solito, ha ragione. Alla fine nemmeno sto ascoltando ciò che dice, ma almeno le lacrime hanno smesso di scendere.
Vorrei ringraziarlo, parlargli, cercare le sue labbra e lasciare che siano loro a calmare i singhiozzi. Ma non lo faccio. Ho già combinato abbastanza guai, e ho paura che con questo atteggiamento finirei solo per ritrovarmi Dave come prossima vittima. Perché resteremmo solo noi due.
Intanto lui, che deve aver capito cosa mi passa per la mente, si alza.
- Vado a prendere da mangiare – dice, ed esce dal nascondiglio. Sinceramente non mi importa molto di mangiare, perché ho lo stomaco totalmente chiuso, ma poi mi rendo conto che starmene qui, ferma e inattiva, farà tornare i rimorsi più forti di prima. Perciò lo seguo a ruota.
Il sole del mattino mi acceca, e devo coprirmi gli occhi con la mano per un bel po’ prima di abituarmi.
- Ehi, Dave! – esclamo nella direzione del mio alleato, che sta per attraversare il fiume – Vado io! Resta tu a guardia delle provviste.
Cercando di dimostrarmi non dico allegra, ma almeno non depressa, abbozzo un sorrisetto. Lui interpreta fin troppo bene i miei patetici tentativi, perché mi abbraccia e, come se niente fosse, mi bacia.
Le sue labbra morbide e calde poggiano dolcemente sulle mie. All’inizio penso di scostarmi, ma alla fine  rispondo al bacio. Se questo mi far stare bene, perché dovrei negarmelo?
Quando ci stacchiamo, lui dice solo: - Fa attenzione, Rose, non allontanarti troppo e, se sei in pericolo, urla.
- Lo so - rispondo un po’ irritata.
Dave mi trattiene ancora per un po’, scrutandomi con un’espressione indecifrabile sul volto. Forse pensa che sia impazzita e che voglia suicidarmi.
Attraverso il fiume e mi addentro nel bosco. O, meglio, in ciò che ne rimane. Il terremoto ha abbattuto buona parte degli alberi, e probabilmente avrà ucciso la maggior parte degli animali. Piazzo comunque un paio di lacci a scatto vicino al corso d’acqua, nel caso a qualche coniglio selvatico venisse improvvisamente sete. Con il coltello stretto in pugno, cammino per il bosco in cerca di una preda.
Lungo il tragitto prendo a canticchiare la melodia di Seth, e subito le ghiandaie imitatrici ripetono il mio canto, allegre. Facile essere allegri quando si hanno un paio di ali e si può scappare quando si vuole, penso. Se avessi io la fortuna di questi uccellini, ora sarei nel Distretto 9, accoccolata in un caldo nido. Magri con una famiglia accanto.
Torno al fiume dopo quasi un’ora, mangiucchiando alcuni dei mirtilli che ho raccolto, ma senza bottini più consistenti. Fortunatamente, una delle mie trappole è servita a qualcosa. Un bel coniglio grassoccio se ne sta lì appeso all’albero. Il mio stomaco brontola, e io già pregusto il pranzo che mi aspetta una volta tornata al rifugio.
Prima di tornare da Dave, però, decido di darmi una lavata. Fino ad oggi ho avuto la possibilità fare un bagno solo una volta, e oggi non credo che i Tributi si faranno vedere, saranno tutti nei loro rifugi a curare le ferite e a fare il conto dei danni provocati alle loro provviste dal terremoto.
Quando il mio volto si riflette sulla superficie cristallina dell’acqua, quasi salto in aria dallo spavento. Dov’è finita la tredicenne dal viso pulito e sorridente del Distretto 9? Ciò che vedo, infatti, va al di là dei termini “selvatico” e “malridotto”. Mi osservo meglio.
I capelli sono aggrovigliati e impiastricciati di fango, sono notevolmente dimagrita, ho le guance scavate e due profonde occhiaie violacee mi cerchiano gli occhi. Perfino questi ultimi sono diversi: hanno perso luce e colore, mostrano solo odio e tanto, tanto dolore. Le mani sono ancora impiastricciate di sangue, sia quello mio  della ferita alla mano che pian piano sta guarendo, sia quello del coniglio. E forse anche di Maya.
Distolgo lo sguardo e prendo a lavarmi più in fretta che posso. Dopo aspetto che gli abiti si asciughino seduta su un masso, nascosta dalle piante. Quando ritorno dal mio alleato i capelli sono quasi asciutti e stanno riprendendo la loro consistenza originale di boccoli crespi.
Appena prima di entrare nel rifugio, un colpo di cannone risuona nella valle distrutta, ma stavolta l’eco non rimbalza sulla parete rocciosa, che ormai non esiste più. Rimango impietrita per alcuni istanti, poi mi precipito tra le rovine. Non appena vedo Dave seduto nel punto dove avevamo dormito, la schiena dritta e le orecchie tese come se si aspettasse l’arrivo di un  Favorito da un momento all’altro, mi lascio scappare un sospiro di sollievo.
Cuociamo il nostro coniglio senza dire una parola, ma, mentre mangiamo, chiedo: - Secondo te chi era?
Dave mastica lentamente la carne soprappensiero, poi appoggia l’ossicino a terra e dice: - Bryn si sarà stufato del suo compare, Dan. Oppure Flinn, il tipo dell’8, è morto per colpa delle ferite che si è fatto ieri.
Mentre finisco la mia parte dell’animale, mi ritrovo a riflettere alla facilità con cui tutti i Tributi riescono ad uccidere. Come ha detto Dave, a Bryn, il bufalo del 2, sarà bastato il fatto che Dan stesse diventando un avversario insidioso per farlo fuori. In fondo non sono l’unico mostro qui. Questo pensiero mi fa sentire meglio, e mi stupisco di non essere arrivata prima a questa conclusione.
Passiamo un pomeriggio di totale inattività. Ce ne stiamo seduti accanto agli zaini, indecisi se uscire e trovarci un rifugio in ciò che rimane nel bosco o aspettare che gli altri Tributi riprendano a darsi la caccia a vicenda. Optiamo per la seconda opzione, anche perché io sono ancora abbastanza sconvolta e la ferita alla schiena di Dave pulsa ancora dolorosamente. Fino a sera siamo fortunati, nessuno ci trova.
Non ceniamo, nessuno di noi ha voglia di uscire a cercare da mangiare. E poi, sarebbe troppo rischioso. Ormai si saranno ripresi quasi tutti dal brutto tiro giocatoci dagli Strateghi.
Dopo il tramonto, la temperatura si abbassa bruscamente di molti gradi. Ci ritroviamo entrambi a tremare, nonostante la pesante coperta. Addirittura, dopo qualche ora, vedo formarsi dei piccoli cristalli di ghiaccio sui miei capelli. Guardo Dave, implorante.
- Non possiamo accendere un fuoco, Rose, lo sai – sospira. Non ci resta che aspettare fino all’alba. Cerco di muovermi, per quanto mi è consentito stando sotto la coperta, e mi scaldo un po’.
L’inno arriva con notevole ritardo. Si saranno dimenticati a Capitol City?
Usciamo per vedere il volto della vittima di questa mattina. Dan. Questo significa che ormai sono solo due i Favoriti in circolazione. Bryn, che non si allontanerà mai dalla Cornucopia, e Cheryl, che a dire il vero del gruppo dei Favoriti non ha mai fatto parte.
Mentre conto i Tributi rimasti, sento un fruscio provenire da un albero dietro di me. Mi volto di scatto, seguita subito da Dave, ma non vedo niente. Ad un tratto una freccia spunta sibilando dalle fronde, e io faccio appena in tempo a vedere il bel volto di Cheryl contratto in un ghigno e a scorgere lo scintillio del suo arco, che la ragazza è già scomparsa.
Mi giro verso il mio alleato, spaventata. Mi si parano davanti i suoi occhi verdi, scintillanti di lacrime e dolore.
Un istante dopo, Dave si accascia al suolo.
 
Angolo autrice che non aggiorna mai!
Zalve gente OuO non aggiorno, lo so. Ma ho i miei motivi. Ve li elenco:
1)      Per un certo periodo ho pensato seriamente di non continuare, ma poi ho cambiato idea.
2)      Mi sono dedicata ad una OS su Caesar (e ci terrei che la andaste a vedere c: )
3)      Ho avuto un sacco di compiti
4)      Non mi andava OuO
Quindi vi chiedo scusa per l’attesa, e spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio in anticipo per le recensioni <3 (semmai ce ne saranno). Ah, spero che MockingjayPotter  potrà mai perdonarmi per ciò che ho scritto *faccina colpevole* :c
- Mary

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