Inside of me

di Ily Briarroot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Inside Of Me

 

Prologo


C'era qualcosa di sbagliato in quel luogo.
Di colpo, aveva un presentimento strano. Era qualcosa che conosceva o che credeva di conoscere, perché le immagini comparivano e svanivano all'improvviso e si ritrovava di nuovo al buio per brevi istanti. Dopodiché, eccole di nuovo nitide.
Si voltava, vedeva i propri occhi sgranarsi, sentiva il respiro farsi più pesante.
La sua camera era arredata in un modo diverso, il letto spostato contro l'altra parete, un po' più piccolo di quelli delle sorelle.
Si affacciò allo specchio, stupita dal proprio riflesso. Era stata la ragazza di sedici anni ad avvicinarvisi, ma l'oggetto di vetro le restituiva quello di una bambina di cinque anni: una bambola logora di pezza che Violet aveva scartato tempo prima, due codini rossi all'insù, il pigiama azzurro che l'aveva accompagnata per qualche altro anno.
Cambiò tutto.
Il cielo scuro, senza stelle. Vedeva le persone, sentì le fredde gocce di pioggia sulla pelle. La sua mano stringeva quella di una donna dai lunghi capelli rossi, un uomo dai capelli scuri e sbarazzini le sorrideva sereno.
Percepì i lampi e, subito dopo, i tuoni in lontananza che si avvicinavano piano. Un urlo, degli uomini in fondo alla strada.
Una voce femminile urlava il suo nome, le ordinava di scappare. Occhi che non riusciva a intravedere, nascosti da un berretto nero. La pioggia che picchiettava forte, la confusione nella testa.
Il battito accelerato del proprio cuore. Due battiti che si univano in una sola persona, quello della piccola che era lì, in carne e ossa, e quello della ragazza che non poteva fare nulla, se non guardare.
La sua mano non aveva più un contatto, non toccava più nulla. Non c'era più la pelle calda di poco prima. Un uomo che le si avvicinava, un altro che le intimava di andarsene.
La donna con gli occhi così simili ai suoi le si era posizionata davanti, poi la vide in ginocchio.
Un tuono, una pistola. Colui che le aveva parlato dolcemente fino a qualche attimo prima, era disteso a terra. Tuono, sparo. Sparo, tuono. Non c'era differenza.
Qualcuno aveva urlato di nuovo il suo nome. Le gambe tremavano, il respiro sempre più corto. Non si ricordava come si facesse per prendere aria.
Un altro tocco, più deciso, pretenzioso, le fece staccare i piedi da terra. Una chioma di capelli biondi le sfiorò il viso, delle braccia la strinsero.
Si sentì trascinare, mentre l'immagine confusa di poco prima sbiadiva davanti ai suoi occhi. Urlò. Stavolta fu lei a farlo. Si opponeva, combatteva, doveva farlo, doveva tornare lì. Ma le braccia non smisero di premere contro la sua schiena per molto tempo.

“Misty. Ehi, Misty!”.
Aprì gli occhi di scatto, rendendosi conto di essere totalmente confusa. Le braccia erano completamente ancorate alla stoffa morbida del sacco a pelo sotto di se', quasi fosse rimasta in quella posizione da tempo. Mosse appena le dita, facendo fatica, e lasciò scivolare la mano lungo la fronte sudata.
“Cosa... cos'è successo?”.
Batté un paio di volte le palpebre, nel tentativo che ciò che avesse davanti tornasse nitido ai suoi occhi.
“Alla buon ora! Finalmente ti sei svegliata”.
Ash era chino su di lei, leggermente stupito. Si alzò in piedi subito dopo, poggiandosi le mani sui fianchi.
“Come fai a non ricordarti nulla? Non dirmi che il Caterpie di ieri ti ha terrorizzata così tanto da farti fare gli incubi” concluse, ridacchiando.
Misty drizzò la schiena di scatto innervosita, dimenticandosi tutto per un istante. Inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno. Dopodiché tornò con lo sguardo su di lui.
“Sei il solito scemo! Quando la smetterai di comportarti da bambino?”.
Lui le lanciò un'occhiataccia, sotto lo sguardo intimorito di Pikachu che guardava prima l'uno e poi l'altra senza sapere bene cosa fare per placare la conversazione. Ma, come diceva spesso Brock, sarebbe stato come fermare due treni: impossibile.
“Adesso basta, ragazzi. Se considerate che il buon giorno si vede dal mattino, poi... “.
Si voltarono entrambi verso la fonte della voce che ogni mattina faceva sempre piacere sentire a entrambi. Misty poggiò le mani sulla stoffa, aiutandosi ad alzarsi in piedi, e piegò con cura il sacco a pelo.
“Buongiorno, Brock” disse, senza riuscire a nascondere il lieve tremolio nella propria voce. L'amico sorrise, tornando poi a concentrarsi sulla colazione che non aveva ancora finito di preparare.
“Ciao, Misty. Non hai dormito un granché bene, eh?”.
Lei rimase senza parole, fissandolo mentre si affaccendava velocemente intorno al tavolo. Non seppe cosa rispondere per qualche istante, finché non vide Ash avvicinarsi a loro.
“Si nota così tanto?” rispose poi, stiracchiandosi. Cercò di non pensarci e di tornare a ragionare a mente lucida. Quella giornata, nonostante fosse appena cominciata, le sembrò così dannatamente strana. Per via di ciò che aveva sognato quella notte o per qualunque altro motivo, era turbata. Se ne rese conto quando tentò di riprendere a respirare in modo normale e, soprattutto, controllato.
“Scherzi?” Brock si piegò su un ginocchio, cercando qualcosa in una busta di plastica.
“Ti sei agitata tutta la notte. Urlavi e dicevi cose incomprensibili. A malapena sono riuscito a chiudere occhio” s'intromise Ash, sbadigliando. Aiutò il primo a preparare la tavola, lasciando Misty interdetta, in piedi, tesa. E il cuore non voleva diminuire la sua velocità. Nonostante il sogno fosse finito ormai da un pezzo.
Rimase incantata a osservare qualcosa davanti a se', incerta.
“Pikachu-pi?”.
Si riscosse soltanto quando il piccolo pokémon elettrico le si fermò davanti, guardandola con un'espressione interrogativa.
“Ah, tranquillo Pikachu... “.
Gli sorrise e si sedette tra i ciuffi d'erba senza neanche rendersene conto. La fitta allo stomaco c'era e faceva male. Non voleva più pensarci, non voleva che le tornasse alla mente. Per quanto cercasse di farlo, sapeva che non ci sarebbe mai riuscita. Osservò le proprie mani, così diverse da quelle della bambina del sogno, piccole e paffute.
Scosse la testa, bloccando il magone che aveva in gola. Allungò le braccia nel tentativo di afferrare lo zaino rosso a qualche centimetro da lei e, quando ci riuscì, lo avvicinò a se'.
Vi frugò all'interno per qualche minuto, finché non strinse tra le dita un foglietto di carta bianca, piegato nella tasca interna. Scansò leggermente le sfere di Psyduck e Starmie, estraendolo dallo zaino.
Lo lesse e le lacrime fecero un grande sforzo per non scivolarle lungo il viso.
Ash la guardò attento, in silenzio, senza capire. Soltanto quando lei si voltò verso di loro fece finta di niente, rispondendo a Brock quando questi gli chiese se avesse fame.

 

*******

 

Note dell'autrice: ed eccomi qui con una nuova fanfic! Okay, so benissimo che devo aggiornare l'altra e lo farò, prometto che lo farò! xD ma non potevo lasciarmi scappare l'ispirazione di una nuova trama che mi è saltata in mente di punto in bianco, dopo aver avuto per secoli il famoso "blocco"... infatti, nonostante questo sia solo un prologo, non mi soddisfa per niente il modo in cui l'ho scritto. Non sento che sia tornato lo stile che avevo prima... quindi ho bisogno di un po' di tempo per "decollare". E poi aggiornerò anche Living For. Beh, che dire? ^^ spero che l'inizio vi abbia incuriosito!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Stavolta riuscì a rendersi conto del sudore della propria fronte, mentre si rigirava nel sacco a pelo. La pelle delle braccia nude sfregare sul tessuto morbido, i denti digrignare, le palpebre sigillate che si muovevano appena, impercettibilmente, senza sollevarsi di un millimetro.
Non voleva perdere quel contatto con la realtà, nonostante lo sentisse poco. Ma c'era e lo sapeva nonostante quel dormiveglia agitato.
E poi, ancora.
Il cielo scuro, un tonfo sordo. L'immagine sfocata dell'uomo e della donna che aveva davanti oscurata di colpo. All'improvviso, non poteva più vedere niente.
Braccia estranee che la stringevano, con cura e, nello stesso momento, in modo così brutale. E poi, un ambiente illuminato, delle grida, dei pianti. Percepì di nuovo un altro tipo di braccia, calde e familiari, che le sembrava di conoscere da tanto tempo.

No... cosa succede?

Riconobbe la pelle bianca, i capelli biondi di qualcuno che le impediva di muoversi. L'odore amaro delle lacrime, un corpo più grande che sussultava contro il suo. Il viso premuto contro un'altra spalla.

Di nuovo... perché?

Rosso. Qualcosa di rosso che non riusciva a ricordare.
Scattò seduta di colpo, il cuore che sussultava a ogni battito, il respiro affannoso, i polmoni che reclamavano aria. Inspirò a lungo nel tentativo di concedere loro un po' di ossigeno e buttò fuori quel poco che le era rimasto in corpo.
Soltanto in quel momento notò il cielo scuro, sopra di se', illuminato appena dalle scarse stelle che riusciva a intravedere.
Abbozzò un sorriso, ancora leggermente confusa. Anzi, forse lo era del tutto.
Lei era lì, in carne e ossa. Non la bambina del sogno, nonostante avesse creduto di esserlo, per qualche attimo. Quello sguardo paffuto e le guance rosee era così simile al suo alla stessa età; le sembrava di essere stata risucchiata in una vecchia foto. Una di quelle che Daisy custodiva gelosamente in soffitta, al piano di sopra.
Già, la soffitta. Ricordò i divieti da parte della sorella maggiore quando lei, di appena cinque o sei anni, faceva di tutto pur di entrarvi. Glielo aveva permesso poche volte e il motivo lo aveva intuito da sola, crescendo.

Troppi ricordi che fanno male.

Il suo sguardo si posò sullo zaino rosso accanto a se'. Quel foglietto era stata l'unica cosa che era riuscita a recuperare, tra vecchie scatole coperte di polvere e cornici di quadri abbandonate su mobili antichi.
Appena un attimo dopo, Daisy l'aveva presa per mano e trascinata a forza al piano di sotto, arrabbiandosi come mai aveva fatto. Se lo ricordava benissimo.
Tuttavia, quella piccola parte della sua vita che era riuscita a scovare tra tutto il resto, quel pezzetto di carta fragile, stropicciato e ingiallito fu un fulmine a ciel sereno. Perché era come se dovesse essere trovato a tutti i costi. Da lei. Da Misty. E ora che ce l'aveva in mano da ben sette anni, non l'avrebbe lasciato andare così facilmente. Sapeva soltanto questo.
Ripensò al sogno, ancora una volta. Sensazioni che credeva di aver già visto, sentimenti provati allo stesso modo.
Notò le proprie mani strette a pugno sulla stoffa del piumone. Sollevò la destra, aprendola lentamente davanti agli occhi.
Nessuna traccia di rosso, di quel rosso nitido per niente sconosciuto.
“E' stato... soltanto un incubo”.
Lo disse sul serio, sussurrando, pur di autoconvincersene.

Posò il viso sul palmo della mano, tentando di riprendere a respirare.
Era tutto finto. Tutto. Allora si chiedeva il motivo per il quale quelle sagome avevano qualcosa di familiare.
I capelli biondi, un abbraccio che conosceva. La voce di una donna che le aveva risvegliato qualcosa in fondo al cuore.
“Perché... ?”.
Si guardò intorno, nel vano tentativo di tranquillizzarsi.
Brock dormiva profondamente, poco più in là, e Ash lo faceva ancora più pacificamente rispetto al normale, senza russare e in una posizione più consona del solito. Non c'erano braccia e gambe che spuntavano dal sacco a pelo blu. Era una serata strana. Decisamente strana.
Pensò di rimettersi a dormire e, soltanto quando si accovacciò di nuovo, Ash aprì gli occhi, certo che non avrebbe più corso il rischio di farsi scoprire sveglio da lei.
Rimase serio a osservarla mentre si sdraiava, insospettito. Restòche in attesa di qualche altro movimento, le orecchie tese e le sopracciglia inarcate, finché il sonno non lo costrinse a chiudere gli occhi.

“Lo sapevo, ci siamo persi di nuovo”.
Misty sbuffò, ma non si scompose più di tanto. Non poteva che essere abituata a certe cose, viaggiando con Ash. Si era arrabbiata così tante volte per lo stesso motivo, che si convinse a non farlo per l'ennesima volta, perché sapeva che sarebbe stato fiato sprecato.
Brock assistette impotente alla scena, senza fiatare, volgendo lo sguardo preoccupato prima sull'amico che li precedeva con la cartina in mano e poi sulla ragazza alla sua sinistra che, stranamente, era tranquilla.
“Non ci siamo persi! Non puoi dire di esserti persa se stiamo ancora seguendo il sentiero”.
Ash rigirò tra le dita il foglio che aveva in mano, riflettendo.
“Pikapi... “.
Pikachu sospirò, notando perplesso il modo in cui l'allenatore stesse cercando di trovare la direzione giusta.
“Ash, stiamo camminando da ore. Direi che ci siamo persi, ti pare?”.
Crollò esausta sulle ginocchia, mentre Brock aveva lo sguardo di qualcuno che non sa se sia meglio ridere o piangere. Oppure darsela a gambe levate, se avesse potuto.
“Ha ragione Misty. Prendiamoci una pausa, intanto vi preparo qualcosa di buono da mangiare”.
Ash lanciò un'occhiata eloquente alla ragazza seduta a terra, che posò lo zaino accanto a se'.
“Oh, insomma! Non manca tanto, non capisco come possiate-”.
La sua frase fu interrotta da un forte rumore di stomaco. Il ragazzo rise, imbarazzato, appoggiandosi una mano sulla pancia.
“- beh... non c'è niente di male a fermarsi qualche minuto per mettere qualcosa sotto ai denti. Dopotutto non abbiamo fatto colazione. Sei d'accordo, Pikachu?”.
Il piccolo pokémon saltò dalla sua spalla e si accovacciò tra le gambe di Misty.
“Ash, sei il solito”.
Non c'era rimprovero come le altre volte, nella sua voce. Era calma, come se non stesse assistendo sul serio alla scena. Come se le sue parole fossero automatiche, preparate, come se avesse dovuto pronunciarle, ma fosse per lei sarebbe rimasta zitta. Non vi era enfasi, né la voglia di inseguirlo riempiendolo di insulti. Le frecciatine erano vuote, quasi come fosse obbligata. Una catena di montaggio, monotona e apatica.
Lui se ne accorse.
La guardò per qualche attimo, finché lei era occupata a scrutare i sassolini dell'asfalto polveroso. Quando sollevò la testa, Ash si voltò prontamente, senza dire una parola.
“Era tutto buonissimo, Brock!”.
Ash si massaggiò lo stomaco, sdraiandosi sull'erba alta.
“Sì, hai proprio ragione”.
Misty sorrise, cedendo il proprio piatto vuoto all'amico più grande. Non erano lì neanche da venti minuti, ma il tempo cominciò a cambiare velocemente.
“Uhm?”.
Brock si accorse del venticello che gli fece venire la pelle d'oca. Sollevò lo sguardo, scrutando il cielo che pian piano si oscurava.
“Fa fresco, adesso. Credo che stia per arrivare il temporale”.
Ash si tirò a sedere, imitandolo.
“Ci conviene trovare un posto dove poterci riparare, allora”.
Misty si alzò in piedi e Pikachu salì di corsa sulla spalla del suo allenatore, attento. Qualche breve fulmine apparve dalle sue gote.
“Pikachu avverte che c'è qualcosa che non va” realizzò la ragazza, riflettendo a voce alta.
Scrutò ogni angolo intorno a loro: non c'era anima viva, a parte il sentiero che avevano appena percorso e gli alberi che aprivano la via.
“Andiamo, è pericoloso stare qui”.
Un attimo.
Fu un attimo.
Il tuono in lontananza. Il cielo buio. Un altro fragore più vicino.

No!

Mamma!

Mamma dove sei?!

Rimase immobile, paralizzata per parecchi istanti. Le gambe non si muovevano, la testa divenne un macigno difficile da sopportare.
Non era più con Ash e Brock. Non c'erano da nessuna parte. Si voltò sconvolta quando si rese conto che il buio inglobava ogni cosa.
Si ritrovò da sola. Un edificio grigio, tetro, oltre la strada. Le gocce sulla propria pelle.
Una mano che la lasciava andare controvoglia.

Non farlo!

Vattene! Corri!

Misty, vieni via!

L'enorme fragore del tuono. Un lampo squarciò il cielo.
“No, per favore... “.
Stavolta era stata lei a parlare. Era riuscita a percepire la propria voce.
“Non posso... NO!”.
“Misty!”
Quando riaprì gli occhi, era in piedi, le mani premute contro le orecchie, con Ash che le aveva afferrato il braccio cercando di trascinarla via.
La guardava incredulo, adesso, senza mai mollare la presa su di lei.
Le gocce di pioggia fredde c'erano sul serio, non era soltanto un'allucinazione o un sogno a occhi aperti.
Un altro tuono.
Misty sobbalzò, poggiando il fianco contro di lui. Si mise di nuovo le mani sulle orecchie istintivamente, senza capire.
“Misty, cosa... -”
“-Ash andiamo via, ti prego”.
Stava tremando impercettibilmente e non se ne rese neanche conto. Ash sì, perché il suo corpo era premuto contro il proprio. Fece scivolare la mano dal braccio di lei al polso, sgranando gli occhi.
“Sì, Brock è più avanti, ci sta aspettando... muoviamoci”.
E Misty iniziò a correre, nonostante percepisse appena le gambe, nonostante non riuscisse a capacitarsi di ciò che fosse appena accaduto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Fu quando videro Brock appena oltre le rocce che costeggiavano il confine della foresta, che si buttarono a capofitto in quella direzione.
Ash non lasciò neanche un secondo il braccio di Misty, percependone abbastanza il tremolio. Non si voltò a guardarla, puntava dritto alla meta, perché sapeva che avrebbe visto lo sguardo rigato sia dalle lacrime che dalle gocce di pioggia.
“Da questa parte!”.
Brock fece loro cenno e il ragazzo si lanciò in quella direzione, rallentando appena per far sì che l'amico più grande si scostasse dalla sua traiettoria.
Una volta sotto l'enorme masso, Misty si buttò a terra, riprendendo a respirare appena. Neanche si era resa conto del motivo per cui aveva reagito in quel modo, non ne aveva la minima idea. Si strinse le gambe al petto, accucciandosi ulteriormente nell'angolo coperto dalla roccia.
Ash guardò brevemente nella sua direzione, dopodiché si volse verso il lampo che aveva appena squarciato il cielo scuro.
Lei sussultò istintivamente, cercando di rendersi ancora più piccola.
“Chissà quanto smetterà... “ sussurrò Brock, osservando i nuvoloni che si stagliavano su di loro.
Il moro sospirò, arrendendosi.
“Non subito, credo”.
Si sedette vicino all'amica, tenendo lo sguardo fisso verso l'erba rigogliosa davanti a se'. Non si voltò verso Misty, non subito almeno.
“Mi vuoi spiegare che cos'hai?”.
Lei ebbe un fremito, tornando alla realtà soltanto in quel preciso istante. Le gocce di pioggia le scivolavano dai capelli sulla pelle e si sfregò una mano sotto gli occhi per cancellare il passaggio delle lacrime che non aveva avuto il coraggio di controllare.
“Niente, Ash. Non ho mai amato i temporali”.
Cercò di rispondere allo stesso modo di sempre, ma ci fu un lieve tremolio nella sua voce.
“Non mi riferisco solo a questo, lo sai bene”.
Il giovane allenatore alzò lo sguardo su Brock che non ascoltava la conversazione, intento a frugare nello zaino alla ricerca del cibo per pokémon preparato da lui qualche ora prima.
Misty si voltò automaticamente verso il ragazzo, sgranando leggermente gli occhi.
“Devo dedurre che tu sia preoccupato per me, Ash Ketchum?”.
Si strinse le braccia al corpo, chiudendo gli occhi alle immagini di flash dolorosi che ancora le confondevano la mente. Non si era ancora capacitata del fatto di essersi mostrata così vulnerabile, così debole, per uno sciocco temporale. Eppure, in quegli attimi non aveva capito più nulla di ciò che stesse accadendo. Non era stato il temporale in se' a farle paura, lo sapeva bene. Perché ciò di cui si era spaventata, era stata la situazione in cui si era catapultata all'improvviso. Dove quei rumori non erano tuoni e quelle luci non erano lampi. Si era lasciata trascinare da Ash, perché altrimenti non sarebbe stata in grado di muoversi da lì. Si sentiva una stupida: si era lasciata sopraffare da una situazione orribile, che non era riuscita ad affrontare da sola. Una situazione che si era presentata così, all'improvviso, senza senso, da qualche giorno. E che, soprattutto, la teneva inchiodata in quel qualcosa che, per qualche motivo, non voleva conoscere. Sentiva di trovarsi in un mondo, in una realtà, che aveva già vissuto.
Vide Ash acquisire lo sguardo tipico della persona che non vuole dare a vedere di essere imbarazzata. Prese aria, riprendendo poi a parlare.
 “Neanche per idea! Cos'hai capito?”.
Sbuffò paonazzo e tornò di nuovo a fissare Brock poco più in là, che adesso li guardava con un'aria interrogativa impressa sul volto.
“Ehi, ha smesso di piovere” esclamò Misty, notando le gocce sulla pelle diminuire pian piano e il cielo schiarire lievemente.
Ash seguì il suo sguardo e si stiracchiò, alzandosi in piedi.
“Direi che possiamo partire. Che ne dici, Brock?”.
Guardò l'amico e, dopo un segno d'intesa, riprese a camminare immediatamente.

Misty si sollevò poco dopo, quasi stupita nel vedere la nuova energia di Ash dopo la corsa in mezzo al diluvio.
“Non cambierà mai, eh?” si chiese, accorgendosi solo qualche istante dopo della presenza di Brock alle sue spalle.
“No, direi di no” rispose l'ultimo ridendo, mentre osservava l'espressione stupefatta dell'amica “Coraggio, andiamo”.

“Ehi, Ash! Finalmente ci siamo”.
Brock sorrise una volta varcata la soglia di Pallet Town, cancellando ogni traccia di stanchezza dal volto.
“Puoi dirlo forte! Era da tanto che non tornavo a casa, chissà mia madre quanto sarà in pensiero” disse Ash ridacchiando, poggiando entrambe le mani sulla nuca.
“Non dovresti farla preoccupare così, sei pur sempre suo figlio” s'intromise Misty, stupendosi di quanto Ash riuscisse a essere così superficiale, certe volte.
“Sì ma che posso farci? Mica le chiedo io di farlo”.
“Basterebbe farle una telefonata ogni tanto, Ash”.
Il moro non ebbe il coraggio di ribattere, sapeva che con Misty era comunque fiato sprecato. E sapeva anche che l'amica aveva ragione.
Giunsero nel giardino di casa Ketchum qualche minuto più tardi, trovandovi Mime che spazzava il viale impolverato.
“Ehi mamma, sono a casa!”.
Il ragazzo entrò a passo spedito nell'ingresso di casa, spalancando la porta come se non se ne fosse mai andato realmente.
Delia sbucò dalla cucina, affacciandosi appena a causa del timore di sapere chi fosse entrato senza bussare. Non appena vide Ash gli corse incontro, stringendolo a se'.
“Oh tesoro, sono così contenta che tu sia tornato!”.
“M-mamma... mi soffochi... “.
Quando fu finalmente libero, Ash retrocedette, nascondendosi quasi dietro le spalle di Brock nel tentativo di riprendere a respirare.
“Scusa, tesoro. Mi sei mancato così tanto... anche voi, come state?”.
Misty si perse nel sorriso della signora Ketchum, incapace di distoglierne lo sguardo. Un sorriso dolce, effettuoso. Il sorriso di chi si getterebbe nel fuoco pur di salvarti la vita, il sorriso di chi ti vuole bene.
Lei, che non lo aveva mai provato davvero sulla propria pelle, se non le poche volte in cui tornavano a Pallet e Delia era sempre lì, pronta ad accoglierli. Pronta ad accoglierla, come se fosse sua figlia.
Ed era in questo modo che si sentiva, ogni volta che la rivedeva.
Non le erano mai mancati i sorrisi, nella sua vita. Non le erano mai mancati gli abbracci e le carezze, quando era piccola. Ma il sorriso della donna che ti ha messo al mondo, di quella saggia che ti consiglia ciò che puoi fare e non fare perché ha esperienza, perché ha già vissuto ciò che tu stai passando. Il sorriso della donna più importante, che sappia guidarti e che ti vuole bene come nessun altro può volertene. Il suo affetto non è paragonabile a quello di nessun altro.
La sua mano che ti tocca, la sua pelle calda. Sono caratteristiche che possiede soltanto lei. E si fa di nuovo tutto scuro, in un susseguirsi di immagini mal accastonate tra di loro. La senti, adesso, la sua pelle. La sua mano che stringe il tuo braccio, è quella di Ash.

No, non è più la sua

Un sorriso bello, radioso. Che illumina lo sguardo, che rende più belli i suoi occhi cerulei.

S
vanisce
All'improvviso
Non c'è più

"Misty, tesoro?”
Delia corrucciò la fronte quando notò che ci fosse qualcosa di strano nella ragazza che le stava davanti.
Alle sue parole, gli altri due si voltarono senza pensarci, notando l'amica arretrare contro il muro.

L'acqua
Il nero, tutto nero

“Non mi lasciare”.
Misty poggiò una mano contro la parete accanto a se', portandosi l'altra sulla tempia. Gli occhi sgranati, fissi sul pavimento lucido, non vedevano niente. Era la sua mente a comandare, il suo cuore le faceva guardare altro.
“Misty!”.
Ash la prese per le spalle, scuotendola. Lei si riscosse di punto in bianco, sbattendo le palpebre un paio di volte.
Rimasero tutti in silenzio, senza il coraggio di dire niente.
“Ti senti bene, Misty? Non sarai stanca per il viaggio?”.
Delia la prese per mano, conducendola piano all'imbocco delle scale.
“Ti accompagno in camera, così potrai riprenderti un po', se ti va puoi fare la doccia. Riposati e poi se ne hai voglia vai con Ash al supermercato qui vicino a comprare qualcosa da mangiare, va bene?”.
“Io, veramente... “ sussurrò appena, cercando ancora di realizzare ciò che avesse visto nella propria mente.
“Su, non fare complimenti. Fai come se fosse casa tua, io intanto vado ad aiutare Mime in giardino”.
“Mamma, ma-”
“-Ash, metti pure le tue cose in camera tua e fai vedere a Brock la sua. Avete proprio bisogno di riposo”.
Delia accompagnò Misty al piano di sopra, lanciando un'occhiata eloquente ai due che rimasero stupiti e in silenzio nel soggiorno.

Misty scese qualche ora dopo, stiracchiandosi. Si sentiva in forma oltre il previsto.
“C'è nessuno?” chiese, percependo uno strano silenzio. Scrutò ogni angolo del soggiorno, ma degli altri nessuna traccia. Fu quando si diresse verso la cucina che la signora Ketchum entrò in casa, con il grembiule blu stretto attorno alla vita.

“Allora, cara, tutto bene?”.
Rimase incantata dal suo sorriso per l'ennesima volta. Glielo restituì, annuendo.
“Sì, grazie. Questa dormita deve avermi fatto bene”.
“Bene, quindi puoi accompagnare Ash al negozio. Sai, detto tra noi, mi fido molto più di te” scoppiò a ridere, contagiando la ragazza “Non dirlo ad Ash, ma è totalmente negato. Dimentica sempre qualcosa”.
“D'accordo. Allora ci vediamo dopo”.
La signora Ketchum annuì allegra.
“Lo trovi in giardino con Mime. Buona passeggiata”.

Meno di dieci minuti dopo, si trovava sulla strada principale di Pallet con Ash che non aveva ancora proferito parola e lei era troppo imbarazzata per farlo.
“Sei sicuro che la strada sia giusta?” gli chiese, nel tentativo di stuzzicarlo.
“Certo, perché me lo chiedi?!”
“Beh, sai... di solito sei tu quello che ci fa perdere, Ash Ketchum”.
Lo sentì irrigidirsi, segno che la provocazione stava funzionando.
“Non sono io che mi perdo, sei tu che dici sempre di prendere la strada opposta e chissà come sono le volte in cui succede!”.
Misty scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. Lo prese totalmente alla sprovvista, lasciandolo totalmente confuso.
“Sai benissimo che non hai un buon senso dell'orientamento” disse poi lei, asciugandosi le lacrime dagli occhi.
“Senti chi parla!”.
Ash sbuffò, incrociando le braccia. Persino Pikachu, sulla sua spalla, rideva contagiato da Misty.
“Traditore... “.
La ragazza aveva ripreso a camminare e lui la seguì titubante, cercando di ignorare quel qualcosa che avrebbe voluto chiederle, anche se sarebbe stato totalmente inutile.
Misty era strana. Stava succedendo qualcosa, lo vedeva. Ma non aveva il coraggio di ammettere, neanche a se stesso, che in certe occasioni le reazioni di lei lo preoccupavano. Brock aveva alzato le spalle,una volta che Delia la ebbe accompagnata in camera, senza sapere cosa dire.
“Forse è davvero soltanto stanca. In fondo in questi giorni non ci siamo fermati un attimo” aveva risposto, godendosi il panorama di Pallet illuminato dalla luce soffusa del tramonto dalla finestra del soggiorno.
“Muoviamoci, prima che inizi a piovere” disse poi Ash, raggiungendo la ragazza. I nuvoloni si stavano muovendo verso la loro direzione, il cielo cominciava a scurirsi di nuovo.
“Sei tu quello lento!” esclamò Misty, facendogli la linguaccia. Prese a correre e lui riuscì a stento a starle dietro, finché poi lei non si bloccò, alzando lo sguardo. Piccole gocce di pioggia ricominciarono a scivolarle sul viso e sui capelli, che pian piano le bagnarono le spalle. Si voltò indietro, verso Ash. C'era soltanto lui nelle vicinanze, la strada era completamente deserta. I negozi dall'altra parte della strada erano già chiusi, le saracinesche abbassate. Delle figure scure che non riusciva a intravedere a causa della poca luce, si erano fermate davanti a lei. Retrocedette di un passo, guardandosi attorno.
“Misty?”.
Ash la chiamò appena, aspettando. Non la lasciò perdere un secondo, notò ogni suo movimento, ogni suo respiro.
Pendeva da ogni suo gesto e percepì un macigno nel petto quando la vide voltarsi velocemente intorno e appoggiare la mano sulla fronte.
“Ash”.
Guardò dietro di se', ma lui non c'era. Non c'era più. La pioggia era aumentata, ora. Le figure non si muovevano. Rimanevano lì, immobili, e le parve la stessero fissando.
“Ash!”.
Non lo vedeva da nessuna parte, ma ben presto altre immagini si sostituirono nella sua testa.

Non di nuovo

Quando la sentì pronunciare il suo nome, non ci pensò più. Le si avvicinò nel momento stesso in cui la sentì pronunciare frasi sconnesse, implorare qualcuno.
Cercò di afferrarla per scuoterla come aveva già fatto poche ore prima, ma la raggiunse troppo tardi. Misty era caduta per terra in meno di pochi attimi e, in quel preciso momento, Ash aveva un peso in gola che non riusciva a mandare via.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


L'aveva raggiunta di corsa, chinandosi velocemente sul suo corpo inerme. 
Non si rese conto, per istanti che sembravano non trascorrere mai, di avere il respiro mozzato.
“Misty... “.
La scosse per una spalla, senza dare alcuna importanza alle gocce di pioggia che gli inzuppavano i vestiti.
Scostò la frangia bagnata dalla fronte di lei e le diede una pacca leggera sulle guance pallide nel vano tentativo di scrutare ogni sua più impercettibile reazione, sempre più in preda al panico.
“Misty!”.
Si voltò, cercando con lo sguardo qualcuno a cui poter chiedere aiuto. Non vi era anima viva, la strada era deserta sotto la pioggia scrosciante.
Osservò gli edifici che aveva intorno e non c'era niente che potesse assomigliare a un centro medico. Avrebbe fatto prima a tornare a casa.
Guardò la ragazza stesa a terra un ultimo istante prima di decidere di prenderla in braccio. Le mise una mano sotto le ginocchia e l'altra dietro la schiena, dopodiché si diede la spinta per alzarsi in piedi. Vacillò qualche attimo prima di cominciare a correre verso la direzione che aveva percorso qualche minuto prima.

Misty aprì gli occhi, lentamente.
Il soffitto bianco fu la prima cosa che vide, dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre per riuscire a mettere a fuoco ciò che le si presentava davanti.
Notò il silenzio che avvolgeva l'intero luogo, sentendosi stranamente confusa. Voltò la testa di lato, riconoscendo la stanza dove chissà quanto tempo prima aveva sistemato la sua roba.
Si sollevò sui gomiti nel tentativo di raddrizzare la schiena, ma la porta si schiuse cigolando.
La testa di una donna castana fece capolino e si lasciò scivolare di nuovo sul materasso.
“Oh, Misty, ti sei svegliata!”.
Le si avvicinò evidentemente entusiasta, sedendosi sul letto accanto alla ragazza.
“Come ti senti? Tutto bene?”.
Misty forzò un sorriso, ancora più confusa. Non riusciva a ricordare alcuni dettagli probabilmente fondamentali di ciò che potesse essere accaduto nelle ultime ore, o forse giorni.
“Sì, sto bene. Ma cos'è successo?”.
Si sedette per davvero, stavolta, ma non senza un po' di difficoltà.
Delia sospirò, poggiandole una mano sulla spalla.
“Forse è meglio se riposi ancora, cara. Sei svenuta all'improvviso”.
La ragazza sgranò gli occhi, presa del tutto alla sprovvista. Si sentì una stupida.
“Ma... come può essere accaduto? Non mi è mai successo prima”.
La signora Ketchum le sorrise dolcemente, guardandola con gli stessi occhi di una madre. Lo stesso sguardo, la stessa espressione piena d'affetto. Misty si perse in quegli attimi, avrebbe voluto non finissero mai. Era la prima volta che sperimentava una cosa del genere, la prima volta in cui sentiva sul serio la mancanza di una madre.
“Probabilmente hai bisogno di tanto riposo. Mi sembri strana da quando siete arrivati. Comunque non preoccuparti, sei a letto soltanto da pochi minuti. Prenditi il tempo che vuoi”.
Ancora una volta, Misty vide un altro sguardo riflesso in quello di Delia. Dei capelli rossi, lunghi. Due occhi cerulei.
Chiuse gli occhi e scosse la testa, cercando di riprendere a respirare normalmente.
“Riposati”.
La donna raggiunse la soglia della stanza e, dopo averle lanciato un'ultima occhiata rassicurante, uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro sé.

“Posso?”.
Una voce proveniente dalla porta chiusa la fece sussultare. Ash non aspettò una sua risposta, perché era già entrato nella stanza.
Il suo sguardo si soffermò immediatamente su Misty, ancora un po' pallida ma seduta con la schiena contro il cuscino, dopodiché lo abbassò senza sapere cosa dire.
“Ciao, Ash”.
Lo osservava senza capire, chiedendosi il motivo del disagio che percepiva dal ragazzo. Lo vide avvicinarsi a lei, ma non le si sedette accanto.
“Come stai?” le chiese soltanto, lasciando che il ciuffo corvino gli nascondesse gli occhi.
“Bene, anche se mi sento un po' confusa”.
Lui annuì, cominciando a fissare – ma senza vederle realmente – le lenzuola bianche del letto. Soltanto in quel momento, Misty ebbe l'impressione di ricordare qualcosa. Il tuono che fece quasi sobbalzare entrambi in quel preciso momento fu l'ennesima conferma.
Una strada, un cielo scuro. Le gocce di pioggia che cadevano, una voce lontana. La presenza di Ash, il sentirsi improvvisamente sola, in una dimensione che non era la realtà, seppur molto simile.
“Ash tu... eri con me quando è successo?”.
Cercò di intravedere il suo viso sotto il berretto, ma era tutto inutile. Aspettò mentre tentava di decifrare il suo comportamento.
Il ragazzo sollevò la testa, incrociando lo sguardo serio con i suoi occhi confusi. Si perse in quel colore così simile a quello del mare, mentre si impegnava a mettere insieme un pensiero, una frase sensata.
“Misty, voglio che tu mi dica cos'hai”.
Lei sgranò gli occhi, percependo i battiti del proprio cuore aumentare improvvisamente, quasi come a volerle sbucare dal petto.
Scosse la testa, stupita.
“Niente, sarà soltanto un po' di stanchezza. Non prenderla così sul serio”.
“No”.
Le si sedette accanto, senza distogliere lo sguardo da quello della ragazza.
“E' qualche giorno che sei strana. La notte non dormi, sembri sempre con la testa fra le nuvole. Voglio che tu mi dica cosa c'è che non va”.
Misty si ritrovò costretta a rimanere ferma negli occhi neri di lui, penetranti e profondi. Non sapeva cosa rispondere, la verità è che non aveva idea di cosa le stesse accadendo.
Se all'inizio le pareva di trovarsi in una sorta di brutto sogno, ora sapeva con certezza che questo sogno le stava occupando la mente, tentando di distorcerle la realtà. Forse non era un sogno. Anzi, era quasi sicura che fosse un'altra realtà, un qualcosa che aveva già vissuto.
“Non lo so, Ash. Forse... “.
Si alzò dal letto sotto lo sguardo ora titubante di Ash e raggiunse lo zaino rosso che Delia aveva appoggiato sulla sedia di legno accanto alla scrivania e si inginocchiò, frugando in una tasca interna.
Ne estrasse un pezzo di carta accartocciato e malandato, ingiallito dal tempo. Fece segno ad Ash di sedersi sul letto e lei fece altrettanto, srotolando il foglietto nella propria mano.
“... Forse questo c'entra qualcosa”.
Lo porse ad Ash, abbassando lo sguardo, e lesse per l'ennesima volta una calligrafia frettolosa che conosceva ormai a memoria.

 

Alla mia dolcissima Misty
Probabilmente quando leggerai noi non ci saremo più, ma voglio che tu sappia che sei il nostro bene più prezioso. Non avere mai paura, non ti arrendere mai e non smettere di cercare la verità.
Stai attenta e sii coraggiosa, riuscirai a sconfiggere ciò che non siamo stati in grado di affrontare.
Ti vogliamo bene,
mamma e papà”.

 

Ash lesse tutto d'un fiato e, alla fine, non seppe cosa dire.
“Ma... Misty, non ci hai mai parlato dei tuoi genitori”.
Lei si voltò, sorridendo a stento.
“Sì, perché non li ricordo bene. Le mie sorelle mi hanno detto che sono morti in un incidente quando ero molto piccola”.
Ash rimase a riflettere. Le parole impresse sul pezzo di carta sembravano voler dire altro. Un avvertimento, un sostegno, per qualcosa da affrontare.
“Misty, però... dal biglietto... voglio dire... “
“Lo penso anch'io. Non sembrerebbe che sia così, vero?”.
Il ragazzo annuì, attento a ogni reazione di lei. Era la prima volta che gli parlava del suo passato in quel modo e, prima di allora, lui non aveva mai posto domande.
Misty aveva sempre raccontato delle sue sorelle, del modo in cui la trattavano, dei regali di seconda mano che le lasciavano soltanto perché era la più piccola. Ma, che lui ricordasse, non aveva mai nominato i suoi genitori. Il motivo lo capì soltanto in quel momento, bastava guardarla per percepire la sofferenza che nascondeva.
“Ora mi spieghi cosa ti succede? Che cosa c'entrano i tuoi genitori?”.
Lei si voltò, dopodiché accartocciò di nuovo il foglietto tra le mani. Era l'unica cosa che la teneva legata a sua madre e che non voleva perdere per nessun motivo.
“Mi vengono in mente delle cose e... soltanto adesso comincio a capire. Daisy non mi ha mai fatto andare in soffitta dove ha nascosto tutto ciò che appartenesse a mia madre. Questo... “ aggiunse, indicando il biglietto “... L'ho trovato per caso, da piccola, quando mi sono nascosta giocando a nascondino. C'è un motivo per cui mi succedono queste cose... strane e devo scoprirlo”.
Ash si alzò in piedi, incrociando le braccia.
“Cosa vuoi fare?”.
“Non lo so, Ash. Ma sento che devo tornare a Cerulean”.
Lui sollevò un sopracciglio, senza riuscire a capirla fino in fondo.
“Credi di scoprire qualcosa che abbia a che fare con questa faccenda?”.
“Sì. Credo di sì”.
L'allenatore sospirò, guardandola dall'alto in basso. Non era per nulla sicuro delle intenzioni di lei.
“Non mi hai ancora detto che cosa ti sta succedendo. Sì, capisco che tu voglia sapere di più sulla tua famiglia, ma... che cos'hai? Intendo seriamente”.
La trafisse di nuovo con lo sguardo al quale lei non riuscì a sottrarsi.
“Non lo so, ma intendo scoprirlo”.
“Misty... “
“Fidati di me”.
Ash rimase qualche istante in più a scrutarla preoccupato, dopodiché annuì convinto.

 

* * * * * * * *

 

Note dell'autrice: Eh sì! Non ci crederete ma, alla fine, ce l'ho fatta ad aggiornare! Sono sempre Ile_w, ma ho cambiato nickname per cause di forza maggiore (per la serie, troppe persone che conosco si stanno iscrivendo su EFP e c'erano quasi dal beccarmi, cosa che preferirei evitare xD) e quindi eccomi qui. Mi scuso per l'enorme ritardo ma tra scelta dell'università (eh sì, giurisprudenza è alle porte) e mancanza d'ispirazione ho fatto passare tanto tempo.

Soltanto adesso penso che questa fic e “All that I'm living for” possano essere collegate. No ma sono un genio. Mamma mia quanto sono poco furba. E va beh, sorvoliamo va. Un bacio a tutti, scusate nel caso mi dimentichi di rispondervi ma sappiate che leggo tutte le recensioni e che mi fanno sempre davvero molto piacere, una per una! Senza di voi non potrei crescere e migliorare quindi diciamo che devo tutto a voi :D grazie, grazie e grazie!

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