The Wall

di giuliasvoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. New School ***
Capitolo 3: *** 2. Literature ***
Capitolo 4: *** 3. Liam ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



PROLOGO


“Karen! Karen, aspetta!” sento qualcuno urlare alla mie spalle e mi volto riconoscendo la voce di Nicole sbuffando poi alla vista dell'espressione stampata sul suo volto, l'espressione che Nicole di solito usa per chiedere qualcosa, gli occhi da cane bastonato e la bocca curvata all'ingiù.
“Che vuoi?” chiedo scocciata. Nicole mi lancia un’occhiata offesa e io sbuffo di nuovo.
Ho avuto una giornata davvero pesante e tutto quello che voglio è andare a casa a togliermi queste dannatissime scarpe alte che Nicole ha avuto la terribile idea di farmi indossare. Non sono proprio in vena di fare favori, nemmeno alla mia migliore amica.
“Senti," inizio irritata dal suo sguardo offeso, nonostante una parte di me si renda perfettamente conto che la mia precedente risposta non sia stata delle più gentili "oggi ho girato mezza New York per una stupida intervista ad un riccone troppo impegnato per stare fermo in un posto più di un minuto, sembrava un inseguimento più che un intervista! Al mio ritorno ho trovato il capo incazzato, indovina perché? Perché ci avevo messo troppo tempo. Ho dovuto scrivere il pezzo durante la pausa pranzo e oggi pomeriggio mentre cercavo di lavorare ho dovuto sorbirmi le chiacchiere di Aubrey che non faceva altro che ripetere quanto fosse alla moda con il suo nuovo taglio di capelli, quanto tutti si fossero girati a guardarla, precisando ovviamente che questa non è una novità, e continuando a parlare per ore, ore e ore su quelli che ci hanno provato con lei e questo mi ha ricordato l’inesistenza della mia vita sentimentale, che oggi più che mai si fa sentire perché oggi è quel giorno!” Concludo il mio sproloquio abbassando lo sguardo e il tono di voce.
Faccio un respiro profondo e rialzo lo sguardo. Nicole mi guarda con un espressione triste capendo al volo il problema.
“E’ il giorno in cui…” annuisco prima che concluda la frase. “Sì, è il nostro anniversario. O meglio, oggi sarebbe stato il nostro anniversario” abbasso lo sguardo prima che scoppi a piangere. Le lacrime non arrivano così faccio il sorriso più tranquillo che riesco a trovare e alzo di nuovo lo sguardo.
“Karen…” comincia Nicole. Io la interrompo cercando di allargare il sorriso sul mio volto ma che sospetto essere solo una smorfia storta. “Tutto a posto, sono passati anni, l’ho superata, è stato solo un attimo di tristezza, sai lo stress…” mento. “Allora, cosa dovevi chiedermi?” dico cercando di cambiare discorso.
Nicole sembra ricordarsi all’improvviso di qualcosa “Ah giusto. Dovevo chiederti un favore” dice. Non sono certa che mi abbia creduto ma credo che sappia che sia meglio cambiare discorso.
“Dimmi” rispondo. “Sai, non so se sia il caso a questo punto” dice titubante. “Chiedi pure, non c’è problema” dico pronta, dimenticando tutta la stanchezza di poco prima.
Il programma della serata comprende il divano del mio salotto, qualche film deprimente e perché no, anche una vaschetta di gelato, giusto per completare il quadretto da disperata. La tipica conclusione che davo alle mie giornate no. Ma una serata del genere non mi avrebbe sicuramente giovato perciò ora farei qualunque favore Nicole mi chieda, almeno finché il favore non è fare la spogliarellista in un night-club, ma non vedo perché dovrebbe chiedermi una cosa del genere perciò riconfermo l’affermazione precedente.
Mi rendo conto di essermi persa nei miei pensieri quando mi accorgo che Nicole mi sta agitando una mano davanti agli occhi.
“Scusa, mi ero distratta. Dicevi?” La vedo arricciare le labbra, come fa sempre quando non è convinta di qualcosa poi comincia a parlare lentamente.”Mi chiedevo se potessi sostituirmi per un intervista. Stasera ho un impegno”
“Che genere di impegno?”
“Niente di che” dice Nicole alzando le spalle che, tradotto vuol dire: “Non posso dirtelo” o anche “Fatti gli affari tuoi” inarco scettica un sopracciglio chiedendomi che cosa debba fare stasera ma evito di indagare oltre. “Va bene” dico “Chi devo intervistare?”
“Oh, accetti? Fantastico” dice Nicole allegra “Un giocatore di football, ci ha gentilmente concesso un’intervista, solo al nostro giornale, pensa che esclusiva” continua mettendomi in mano una cartellina azzurra. “Tieni, qui c’è tutto. Domande, informazioni, eccetera. Adesso vai perché sei in ritardo. Vi dovete incontrare fuori dal campo, appena finisce gli allenamenti, il campo è distante ma puoi ancora arrivare in orario se esci subito.” Dice cominciando a spingermi verso la porta. “So camminare da sola” dico infastidita “E poi non mi hai nemmeno detto come si chiama, non sono esperta di football, farò una figuraccia!” Nicole continua a spingermi “E’ tutto scritto sui fogli nella cartellina, adesso vai, ti ho già chiamato un taxi, è qui davanti”.
Sbuffo, infastidita da quello strano comportamento e inizio a camminare a passo svelto, per quanto consentito dai tacchi, verso l’uscita della redazione. Prima di varcare la soglia sento Nicole che urla “Grazie” alle mie spalle e sorrido scuotendo la testa. Mi dirigo verso il taxi e appena entrata apro la cartellina.
C’è un post-it attaccato ai fogli con su scritto l’indirizzo. Lo detto all’autista e poi mi appoggio al sedile.
La stanchezza di poco prima torna a farsi sentire e sento i piedi doloranti ma, nonostante tutto, sono contenta di avere accettato. Non ho intenzione di passare la serata a pensare a lui, perché nonostante io dica che è tutto passato e che l’ho superata non è affatto vero. Non che passi ogni istante della mia vita a piangere, certo, ma non sono riuscita a dimenticare il suo sguardo, la sua voce, il suo sorriso, il modo in cui mi stringeva. Non sono più riuscita ad avere un’altra storia seria, nonostante siano passati cinque anni, e ci sono ancora giornate in cui mi chiedo se possa provare a cercarlo, a parlarci ancora ma relego sempre l’idea nel punto più recondito della mia mente, mi manca il coraggio.
Lui in questo tempo potrebbe essersi rifatto una vita, con un’altra donna e non credo potrei sopportare una certezza del genere.
Sento le lacrime pungermi gli occhi. Le asciugo rapidamente e comincio a leggere i fogli nella cartellina nella speranza di distrarmi.
Sono poche domande, scritte con la calligrafia ordinata di Nicole. Quando arrivo all’ultimo foglio, dove sono scritte le informazioni che Nicole si era premurata di scrivere essendo io perfettamente ignorante in materia di football e relativi giocatori mi rendi conto manca un dato fondamentale.
C’è la squadra in cui gioca, i dati sulla sua carriera ma non c’è il suo nome. Sto per intervistare una persona di cui non conosco nemmeno il nome, bell’inizio!
Rileggo ogni foglio con più attenzione ma non trovo nulla. Compongo il numero di Nicole. Il telefono squilla per un po’ ma non risponde nessuno. Provo a richiamarla dopo qualche minuto maledicendo mentalmente la mia migliore amica per aver omesso un’informazione così importante.
Qualche minuto (e molte chiamate) più tardi il taxi si ferma.
“Siamo arrivati” mi dice il tassista. Pago la corsa e scendo dal taxi, mentre l’ansia sale a causa della figuraccia che sto per fare, mi sento come se stessi per dare un esame senza aver studiato neanche un rigo. Faccio un respiro profondo e mi impongo di calmarmi guardandomi intorno nella speranza di riuscire almeno a riconoscere il giocatore che devo intervistare.
Poco lontano vedo dei bambini avvicinarsi ad un uomo che non riesco a vedere in viso, poiché voltato di spalle. Li sento chiedergli un autografo e deduco che deve essere lui la persona che sto cercando.
Mi avvicino all’uomo ripromettendomi di non fare più favori Nicole.
“Salve” dico per attirare la sua attenzione. L’uomo si volta, mi si blocca per un attimo il respiro e vedo passare sul suo volto la stessa espressione che doveva esserci in quel momento sul mio mentre vengo trasportata indietro dai ricordi a qualche anno prima, al mio ultimo anno di liceo.



Ciao a tutti :)
Questa è la mia prima Fan Fiction spero che vi piaccia.
Grazie aver letto il primo capitolo :)

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Capitolo 2
*** 1. New School ***





CAPITOLO 1


Faccio un respiro profondo prima di avviarmi a grandi passi verso l’edificio. Primo giorno di scuola in una nuova scuola.
Mi sfugge uno sospiro infastidito al pensiero di essere la ragazza nuova e una sensazione spiacevole, opprimente, mi si diffonde per tutto il corpo rendendomi quasi difficile respirare, ansia.
Nella mia vecchia scuola quando arrivava qualche nuovo studente, veniva osservato per qualche giorno, quasi come un animale allo zoo, per poi essere lasciato in pace una volta esaurito l’entusiasmo per la novità. Forse era dovuto dal fatto che venendo da una piccola cittadina dove non succedeva nulla di interessante cose del genere destavano l’interesse di tutti. Spero che qui non succeda lo stesso.
Non che io sia persona troppo timida, di quelle che cercano di diventare tutt’uno con le pareti, ma ammetto che l’idea di essere studiata e osservata, neanche fossi chissà quale creatura mitologica, anche se solo per pochi giorni, non mi sembra granché allettante. Comunque qui non dovrebbe succedere essendo la città dove ci siamo trasferiti abbastanza viva e che quindi le novità sono quasi all’ordine del giorno.
L’idea non mi consola come avrei sperato. Faccio un altro respiro profondo e mi impongo di calmarmi. È solo una nuova scuola, con nuovi compagni, in una nuova città. Penso a tutti i libri che ho letto che cominciano con il trasferimento di qualcuno, un cliché.
Se fossi il personaggio di qualche libro sdolcinato per ragazzine probabilmente in questa scuola incontrerei la mia anima gemella che magari è un vampiro strafigo che si innamora della tipica sfigata, che in questo caso sarei io.
Non riesco a trattenermi dall’alzare gli occhi al cielo a causa della piega idiota che sta prendendo il corso dei miei pensieri e prima di entrare mi prendo un altro attimo per osservare l’edificio, solo per tergiversare un altro po’.
La Lincoln High School è abbastanza grande. Alla struttura principale se ne affiancano altre due e, nonostante non sia esattamente recente – i miei occhi si posano su un cartello vicino all’ingresso che, sotto il nome della scuola, riporta la data 1953- è molto ben tenuta.
Dopo aver esaminato ogni dettaglio della facciata decido di entrare prima di mettermi a contare anche i mattoni vedendo che ormai lo spiazzo davanti alla scuola si è quasi svuotato, non posso arrivare in ritardo già il primo giorno.
Mi rendo conto dopo qualche passo di sembrare una condannata che cammina verso il patibolo muovendomi in questo modo, con le spalle ricurve, il viso basso e lo sguardo rassegnato. Scaccio il pensiero infastidita e cerco di assumere un aspetto normale, è solo un giorno di scuola, dannazione!
Riprendo a camminare guardandomi intorno per trovare la segreteria, cercando di non sembrare troppo spaesata e camminando accanto al muro.
Vago un po’ per la scuola senza trovare niente. Il corridoio si è quasi svuotato poiché le lezioni stanno per cominciare mentre io sono ancora alla ricerca della segreteria per avere l’orario e perché mi assegnino l’armadietto, mi toccherà chiedere a qualcuno. Sbatto un piede a terra nervosa.
“Hai bisogno di aiuto?” sento chiedere da una voce alle mie spalle. Mi volto e sorrido, imbarazzata dal gesto infantile di poco prima, al ragazzo davanti a me. E’ abbastanza alto, ha i capelli corti e gli occhi scuri e mi sta fissando con uno sguardo interrogativo.
“Sì, grazie. Sto cercando la segreteria” rispondo continuando a sorridere improvvisamente di buon umore per la gentilezza di questo ragazzo. Lui mi sorride di rimando. È davvero carino, molto più che carino a dire il vero...
“Sei nuova?” chiede con tono gentile. Involontariamente faccio una smorfia e arriccio il naso “Sì, è per questo che cerco la segreteria”. Lui ride vedendo la mia espressione e io abbasso lo sguardo imbarazzata.”Non ti piace questo posto immagino” dice poi, tornando serio.
Sospiro: “Non è il posto, solo che non è esattamente il massimo del divertimento essere costretti a trasferirsi dal posto dove hai passato tutta la vita, lasciare tutti i tuoi amici e essere trasportata quasi con la forza in un posto nuovo. Non che pretenda di passare l’intera vita in un solo luogo, specie se quel luogo è una cittadina senza pretese, che non offre quasi nessuna opportunità, ma diciamo che questo trasferimento fuori programma all’ultimo anno di liceo non è stata la cosa più bella che potesse capitarmi. Solo che per il lavoro dei miei…” mi interrompo rendendomi conto di stare raccontando la mia vita ad un totale sconosciuto a cui probabilmente non interessa. “Scusa, immagino non ti interessi. Allora, io vado, scusa la perdita di tempo” dico voltandomi imbarazzata per la figuraccia.
“Aspetta” mi richiama lui dopo qualche passo con una nota divertita nella voce. “Sì?” dico girandomi di nuovo verso di lui. “Non stavi cercando la segreteria?”
“Oh, sì, giusto, la segreteria, grazie” biascico imbarazzata sentendo un lieve calore alle guancie, segno che stavo arrossendo.
“Alla fine del corridoio gira a destra, la porta in fondo a sinistra”
Arriccio il naso “Certo che l’hanno nascosta proprio bene” lui accenna una risata: “Sì, non è molto semplice da trovare se sei nuova. Adesso devo andare, sono in ritardo” dice facendo un gesto per indicare il corridoio deserto. Si avvia dalla pare opposta ma poi si volta di nuovo: “Ah, a proposito, benvenuta alla Lincoln”
“Grazie”dico prima che si volti di nuovo. Lo fisso per qualche secondo prima di ricominciare a camminare.
Ripenso infastidita alla nostra conversazione. Perché ero stata tanto impacciata? Non era da me un comportamento del genere. Non mi ero mai comportata in questo modo, generalmente sono una persona abbastanza disinvolta, non troppo timida né sfacciata anche con i ragazzi, per quanto carini fossero e nonostante il ragazzo di prima fosse niente male il suo aspetto non giustificava il mio comportamento.
Mi torna alla mente la sua immagine, il suo sorriso, i suoi occhi e il fisico scolpito che si intravedeva dalla maglietta a maniche corte e sbuffo. Va bene, forse “niente male” non è l’espressione adatta, dovrei dire che non ho mai visto un ragazzo così bello in vita mia. Per non parlare della sua voce così profonda, estremamente attraente…
Scaccio subito questi pensieri dalla mia mente e alzo gli occhi al cielo. “Sono appena arrivata e già questa scuola sta avendo su di me un effetto deleterio” borbotto poco prima di bussare alla porta della segreteria. Dopo qualche secondo sento una voce acuta ma piacevole provenire dalla stanza: “Avanti”
Apro la porta e la richiudo con delicatezza alle mie spalle per evitare di fare rumore. Rimango per un attimo sorpresa.
Per essere una scuola così grande questa stanza è davvero piccola. Ci sono mobiletti in metallo lungo tre delle quattro pareti e al centro della stanza c’è una scrivania sommersa di fogli. Seduta dietro alla scrivania c’è una signora bionda, sui cinquant’anni con il volto nascosto dietro un paio di grandi occhiali da vista che sorride gentilmente. “Buongiorno, posso aiutarla signorina?” dice appena ho chiuso la porta alle mie spalle.
“Salve, sono Karen Cole, una nuova studentessa” dico avvicinandomi alla scrivania, che raggiungo in due passi. Vedo la signora annuire mentre comincia a frugare tra le carte sparse sulla scrivania per passare poi ai cassetti.
“Trovato” esclama dopo qualche minuto estraendo un foglio da un cassetto. “Scusa, stavo riordinando, generalmente sono molto più organizzata di così. Prego cara” dice porgendomi dei fogli. “Questo è il tuo orario, qui invece c’è la lista dei libri, puoi trovarli in biblioteca, la struttura a destra dell’edificio principale. Questa invece è la combinazione del tuo armadietto che è il numero 113.”
“Va bene, la ringrazio. Arrivederci”
“Arrivederci Karen, buona giornata” risponde sorridendo “Benvenuta alla Lincoln High School”
“Grazie” rispondo con un sorriso uscendo dalla stanza. Comincio a leggere l’orario: Lunedì, prima ora: trigonometria. Sfilo il cellulare dalla tasca per vedere che ore sono. La prima lezione dovrebbe finire tra pochi minuti perciò credo che sia meglio cominciare a cercare l’aula per la seconda ora. Riguardo il foglio che ho in mano. Letteratura, bene. è la mia materia preferita. Un buon modo per cominciare, no?
Mi incammino lungo il corridoio e ripensando a come sono stati gentili il ragazzo di stamattina e le segretaria. Credo che stare qui non sarà poi così terribile come immaginavo.



Salve :)
Ecco il secondo capitolo di The Wall (a dir la verità sarebbe il primo se non contiamo il prologo :P), spero che vi sia piaciuto.
Vi ringrazio per aver letto e volevo ringraziare whiteoak per il banner che è davvero molto bello. Fatemi sapere cosa pensate del capitolo, mi farebbe molto piacere :)
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 3
*** 2. Literature ***





CAPITOLO 2

Dopo il tempo sprecato a cercare la segreteria decido che è meglio chiedere a qualche studente come trovare l’aula di letteratura.
Al suono della campanella che segna la fine della prima ora decine di studenti si riversano fuori dalle aule. E io comincio a scrutare ogni volto alla ricerca di qualcosa o meglio, qualcuno.
Ammetto che, stupidamente, una parte di me sta cercando il ragazzo di stamattina. Liquido il pensiero con fastidio, non sono il genere di ragazza il cui cervello è unicamente occupato dal genere maschile e il fatto che questo ragazzo, dopo un breve incontro senza importanza sia di nuovo nei miei pensieri mi infastidisce non poco.
Cerco di nuovo di scacciare il pensiero e quando, qualche istante dopo, lo vedo poco lontano, mi avvicino sorridendo, giustificandomi con l’idea che è bene che lo ringrazi. Non sono una maleducata, no?
“Ciao” dico impacciata cercando intanto un modo di cominciare la conversazione.
Lui mi fa un mezzo sorriso, alzando appena un angolo della bocca e non riesco a fare a meno di pensare di nuovo che è davvero carino. “Hey”
“Volevo soltanto ringraziarti per stamattina, insomma, per l’aiuto” dico sistemandomi gli occhiali, gesto che generalmente faccio quando sono nervosa.
“Non c’è problema” risponde alzando la mano e agitandola come a voler liquidare la faccenda come qualcosa di poca importanza.
Sto per chiedergli dove posso trovare l’aula di letteratura ma mi blocco, con la bocca semiaperta in procinto di pronunciare la domanda. È un ragazzo, non la piantina della scuola!
Lui sembra non accorgersi di nulla. “Beh, ora devo andare”dice dopo alcuni secondi di silenzio facendo qualche passo all’indietro “Ah, quasi dimenticavo” aggiunge mentre sta per voltarsi. “Non so il tuo nome”
“Karen” dico arrossendo, di nuovo senza una ragione.
“Allora ciao Karen” dice alzando una mano in segno di saluto.
Rimango qualche altro secondo a fissarlo poi scuoto la testa, irritata e comincio a guadarmi intorno per cercare qualcuno a cui chiedere informazioni.
Odio chiedere informazioni alle persone, per qualche strana ragione mi fa sentire mi fa sentire un’idiota, e poi andare in giro a chiedere informazioni a tutti gli studenti su come raggiungere questa o quell’aula è come stamparsi sulla fronte la scritta “studentessa nuova” a caratteri cubitali, che è quello che sto cercando di evitare.
Metto da parte questi pensieri perché chiedere a qualcuno è l’unica cosa che posso fare se non voglio vagare tutta la giornata per i corridoi e ricomincio a guardarmi intorno.
Vicino agli armadietti ci sono delle coppie che stanno tranquillamente pomiciando come se quello non fosse l’affollato corridoio di una scuola. Nella mia vecchia scuola probabilmente sarebbe arrivato qualche professore o qualche bidello (magari brandendo anche una scopa o qualche attrezzo del genere) a urlare che non era il luogo per fare cose del genere ma qui nessuno sembra farci caso.
Scarto quindi a priori quei ragazzi, sono troppo occupati come d’altronde sembrano tutti in quel corridoio.
C’è chi approfitta di quei pochi minuti per ripassare per l’ora successiva, chi parla con gli amici e chi corre per andare chissà dove.
Continuo a guardarmi in giro domandandomi a chi potrei chiedere finché non vedo un ragazzo da solo vicino ad un armadietto che non sembra stare facendo nulla di importante per quanto non riesca ad vederlo bene essendo parzialmente nascosto dall’anta dell’armadietto aperto.
Mi avvicino. “Scusami” dico toccandogli piano la spalla.
Lui si volta con un sobbalzo e vedo il suo viso, teso in una smorfia quasi spaventata appena si era girato, distendersi in un’espressione più rilassata per poi assumere uno sguardo interrogativo. “Ehm…ci conosciamo?” chiede squadrandomi discretamente con gli occhi castani che incorniciati da qualche ciocca di capelli neri che gli scendono sulla fronte.
“No. Volevo soltanto sapere dov’è l’aula di letteratura con la professoressa…” mi interrompo per guardare il foglio con l’orario delle lezioni, dove era scritto anche il nome dei rispettivi professori. “con la professoressa Hammer” concludo tornando a guardarlo.
“È al secondo piano” dice “Comunque sto andando lì, ho la sua lezione adesso. Se vuoi puoi venire con me” Conclude imbarazzato mentre un lieve rossore gli colora le guancie.
“Certo, grazie” rispondo sorridendo.
“Ok, aspetta un secondo” dice voltandosi verso l’armadietto e prendendo un grosso tomo: Letteratura inglese dal 1800 a oggi. Lo mette nello zaino che ha sulla spalla e da un colpo all’armadietto che si chiude con il tipico clangore del metallo.
“Comunque io sono Karen” dico porgendogli la mano. Lui la stinge con delicatezza. “Zayn”
“Così, ti sei appena trasferita”dice Zayn poco dopo. Non riesco a capire, dal tono, se la sua volesse essere una domanda di circostanza o una semplice affermazione così mi limito a rispondere “Già”.
Lui rimane silenzioso per il breve tragitto che ci separa dalla classe, tenendo lo sguardo basso e le mani nelle tasche dei jeans, è una delle persone più timide che abbia mai incontrato.
Arrivati in classe lo vedo prendere posto quasi in fondo all’aula che è già occupata da qualche studente e dalla professoressa seduta dietro la cattedra. Appena varco la soglia si volta e sorride “Buongiorno” dice “Mi avevano detto che sarebbe arrivata una nuova studentessa. Cole se non sbaglio, Karen Cole. È giusto?” chiede continuando a sorridere. Io annuisco. “Molto bene, può prendere posto…” si interrompe per guardare l’aula che oramai si era riempita quasi del tutto alla ricerca di un posto libero “Ecco, lì vicino al signor Malik” dice indicando Zayn. “Se alla fine della lezione volesse fermarsi qualche minuto con me, vorrei discutere del programma in modo che possa controllare se ci sono argomenti che ha già trattato o se qualcosa le manca”
“Certo” dico annuendo prima di andarmi a sedere nel posto vuoto accanto a Zayn. Sta scarabocchiando qualcosa sul quaderno ma appena giro lo sguardo verso di lui lo chiude di scatto e lo spinge via poi si volta verso di me con un sorriso imbarazzato e abbassa lo sguardo.
Inarco un sopracciglio, perplessa dallo strano comportamento di Zayn ma non indago oltre. Prendo un quaderno e una penna dalla borsa e comincio a fare qualche scarabocchio insensato nell’attesa che cominci la lezione.
La mia mente comincia a vagare e va inevitabilmente a…a…non so nemmeno il suo nome e penso di nuovo a lui!
Mi sento come la protagonista di qualche storiella per ragazzine, io non sono così! Mi sono sempre fregiata di essere una ragazza atipica dal  punto di vista sentimentale. Non sono il tipo da sogni rosa e sospiri perciò di nuovo penso a quanto il mio comportamento sia inspiegabile.
Il pensiero di quel ragazzo mi irrita ancora. Involontariamente stringo la penna e scarabocchio violentemente il foglio. Vedo con la coda dell’occhio Zayn lanciarmi un’occhiata perplessa e girare frettolosamente lo sguardo notando che mi ero accorta del suo sguardo.
Strappo dal quaderno la pagina, ormai inutilizzabile e comincio ad ascoltare la lezione che mi accorgo solo ora essere cominciata da qualche minuto.
La professoressa Hammer ha una voce molto acuta e, anche mentre spiega ha modi e toni gentili. Vedo la maggior parte degli studenti stranamente attenti alla lezione. Mi giro verso Zayn e vedo che non sta seguendo, ha di nuovo il quaderno davanti e sta disegnando. È solo uno schizzo fatto a penna di una città, e sullo sfondo si intravede una struttura appuntita, la Tour Eiffel a Parigi.
“È bellissimo” dico senza riuscire a trattenermi.
Lui si volta sobbalzando e chiude il quaderno con violenza. “Grazie” dice con un tono quasi arrabbiato. Mette il quaderno in cartella che sposta tra le sue gambe e il banco e per il resto della lezione rimane con lo sguardo fisso sulla professoressa. Sembra una statua di cera.
Alla fine della lezione chiude rapidamente la cartella ed esce dall’aula senza dirmi una parola.
Rimango basita per il suo comportamento ma ammetto anche un po’ dispiaciuta nonostante trovi assurdo che mi dispiaccia per il comportamento di una persona con cui ho scambiato poco più di una decina di parole.
Mi alzo sospirando, mi sembrava strano che stesse andando tutto bene.

 
 
Salve :)
Beh…ecco Zayn, questo capitolo serviva principalmente a presentare lui. Inizialmente il pezzo con la sua entrata in scena doveva essere più breve e dovevo inserire in questo capitolo altre cose ma alla fine è uscito così :P
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e non sia stato noioso (?). Recensite se vi va e fatemi sapere come vi è sembrato :D
P.S.: Scusate per il titolo del capitolo, mi rendo conto che non è un granchè ma sinceramente non avevo altre idee...

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Capitolo 4
*** 3. Liam ***


 



CAPITOLO 3


Quando tutti gli studenti sono usciti dall’aula la professoressa inizia ad espormi il programma e mi da una lista degli autori e delle opere che hanno già studiato.
Esco dall’aula scorro velocemente i nomi e i titoli, sono tutte cose che ho già affrontato nella mia vecchia scuola e perciò non avrò bisogno di mettermi in pari con il programma.
Il resto della giornata passa velocemente, riesco a trovare tutte le aule senza difficoltà grazie all’aiuto di una piantina che ho trovato in mezzo ai fogli che mi aveva dato la segretaria, non so come abbia fatto a non accorgermene prima.
Certo, camminare tutto il tempo con una piantina sotto al naso non è esattamente il massimo ma è sempre meglio che chiedere informazioni ad ogni persona che incontro.
Poco prima di arrivare in mensa sento la borsa vibrare. La apro e comincio a cercare a tentoni il cellulare, tra il numero infinito di cose (molte inutili) che mi ostino a portarmi dietro.
Dopo numerosi squilli riesco a trovare il cellulare e rispondo senza nemmeno leggere il nome sul display.
“Pron...” non riesco a finire di parlare che un urlo squillante e dal tono irritato mi perfora il timpano e allontano di qualche centimetro il cellulare dall’orecchio.
“Sentimi bene, ragazzina, il fatto che tu ti sia trasferita in un’altra scuola non ti autorizza a dimenticarti di me, della tua migliore amica rimasta in questo…in questo…” riesco quasi a vedere le sue labbra arricciarsi nella sua tipica smorfia di disappunto “SCHIFO!” urla più forte con voce piagnucolante.
“Nicole, calmati, mi stai rompendo un timpano, abbassa la voce” dico entrando nel bagno lì vicino per poter parlare più tranquillamente.
Abbozzo un sorriso educato, di saluto, alle due ragazze nel bagno che si girano appena entro. Mi squadrano dall’alto al basso, con uno sguardo altezzoso, prima di tornare alla loro occupazione, rifarsi il trucco.
Sono conciate come delle modelle in passerella. Vestite firmate dalla testa ai piedi, una ha i capelli biondi e lisci l’altra, con la pelle più scura, molto più ricci.
Sembra che abbia messo le dita in una presa elettrica penso istintivamente.
“Karen? Mi stai ascoltando?” chiede Nicole con una voce infastidita.
“Sì, Niky, datti una calmata però, sembri una fidanzata isterica”
“Non chiamarmi Niky, lo sai che lo odio” continua irritata.
“Sì, lo so” dico cercando di trattenere una risata al ricordo di Nicole che, un paio di anni fa, quando ci eravamo conosciute da poco, aveva cominciato ad urlare in mezzo al bar dove stavamo prendendo un caffè di non chiamarla Niky e il proprietario aveva quasi dovuto cacciarla.
“Bene, almeno non ti sei dimenticata di me” dice sospirando.
Inarco un sopracciglio, a volte (sempre) quella ragazza si comporta come una bambina di cinque anni. “Nicole, è passata una settimana da quando mi sono trasferita e oggi è solo il primo giorno di scuola” mi blocco vedendo che le due ragazze mi stanno guardando di nascosto, attraverso lo specchio, con un’espressione di disgusto.
“Qualche problema?” chiedo non riuscendo a trattenermi, irritata dai loro sguardi. Loro si voltano e mi lanciano un’occhiata di superiorità “No, nessuno” dice piano la bionda.
“Bene” dico con voce quasi incolore ma lanciandogli un’occhiata che speravo risultasse tagliente, poi mi volto per entrare in una delle cabine per mettere più spazio possibile tra me e quelle due.
Appena mi chiudo la porta alle spalle sento le due ragazze sghignazzare e sento una frase che non riesco a capire che suona molto come “Ha visto come si era vestita?”.
Quasi istintivamente abbasso gli occhi per guardarmi. Indosso un paio di jeans e un maglione bianco, non mi pare di essere vestita in modo così terribile.
Chiudo gli occhi e conto fino a dieci, lentamente. Mi ci vuole tutto il mio autocontrollo per non uscire a rovinare quei visini truccati.
Apro gli occhi e faccio un respiro profondo e solo allora mi accorgo del terribile tanfo che c’era in quell’ambiente. Non che mi aspettassi di trovarlo profumato ovviamente ma è comunque un colpo per le mie narici.
Sento Nicole blaterare qualcosa di insensato dall’altro capo del telefono, ha continuato a parlare nonostante non la stessi ascoltando, tipico.
“Scusa, non stavo ascoltando, che stavi dicendo?”la interrompo sperando che non si arrabbi come è solita quando smetto di seguire i suoi discorsi, alle volte quasi deliranti.
Sbuffa scocciata ma quando parla ha stranamente una voce tranquilla, devo mancarle molto se non si sforza nemmeno di sembrare arrabbiata. “Che è successo?” chiede.
“Niente, gente che non sopporto” dico alzando le spalle pur sapendo che non può vedermi.
“Fammi indovinare,” dice tranquilla “sono ragazze. Truccate, firmate, altezzose che guarderebbero te e un insetto più o meno allo stesso modo?”
“Già” confermo annuendo.
“Stile Janette, quindi”
Janette era una nostra compagna del corso di spagnolo. Era la tipica ragazza bella, ricca e oca. Capelli corvini, occhi color ghiaccio e naso alla francese. Credo di non averla mai vista con un capello fuori posto in tre anni di liceo o con un vestito che costasse meno di uno stipendio addosso.
Sarebbe stata comunque sopportabile se non avesse avuto la brutta abitudine di guardare tutti dall’alto in basso, come se non fossero degni di lei, come se tutte le cose che possedesse la facessero valere più degli altri. Probabilmente aveva più puzza sotto al naso lei di quella che ho io in questo momento. 
“Peggio di Janette” dico con fare melodrammatico “Perlomeno lei aveva la decenza di stare zitta la maggior parte delle volte”aggiungo aprendo la porta della cabina e andando davanti ai lavandini. Le due ragazze se ne sono andate.
“Dai, smettila di pensarci” mi dice Nicole “Ti rovinerai la giornata”. È davvero stano sentire un consiglio equilibrato da parte di Nicole. Mi limito ad emettere un mugugno poco convinto.
“Sul serio, lascia perdere, le hai appena incontrate, potresti esserti sbagliata. Piuttosto, a parte le due simpaticone, hai incontrato qualcun altro?”
Subito mi ritorna alla mente l’immagine del ragazzo di stamattina e vedo nello specchio che le mie guancie si sono colorate leggermente di rosso. “N-no, nessuno…” dico impacciata.
“Bugiarda” dice subito Nicole.
“E tu che ne sai scusa?” dico accigliandomi e  mettendomi una mano su un fianco nonostante sappia che non può vedermi. Per quella ragazza sono un libro aperto e non sempre la cosa mi pace.
“Innanzitutto è molto probabile che tu abbia parlato con qualcuno perché non essendo estremamente timida non credo che tu sia stata sola tutto il tempo e poi ti sei innervosita quando ti ho chiesto se avevi incontrato qualcuno…è un ragazzo?” sento che sta sorridendo pronunciando le ultime parole e avvampo.
“Sei la stessa Nicole che ho lasciato una settimana fa? Non ti avranno sostituito gli alieni? Dopo un consiglio sensato e dieci secondi di conversazione quasi seria mi fai preoccupare” dico sorridendo, cercando di cambiare discorso.
“Simpatica” bofonchia Nicole. Sento delle voci dall’altro capo del filo. “Adesso devo andare a mensa ma non credere che dimenticherò questo discorso, ne riparliamo più tardi” dice. Riattacca senza darmi il tempo di ribattere.
Alzo gli occhi al cielo, sorridendo e rimetto il telefono in borsa. La mia migliore amica è quello che più mi manca della mia vecchia città. Sospiro uscendo dal bagno.
Appena mi chiudo la porta alle spalle vedo, a qualche metro da me, Zayn che sta sfogliando il quaderno che aveva durante l’ora di letterature camminando in mezzo al corridoio. Probabilmente sta andando a mensa. Rimango ferma un attimo, indecisa se andare a salutarlo, a causa del suo comportamento durante l’ora di letteratura.
Faccio qualche passo titubante quando vedo un gruppo di ragazzi oltrepassarlo. Il ragazzo dalla parte più esterna del gruppo gli da un violento spintone mentre passa e Zayn cade in avanti facendo finire il quaderno quasi accanto a me.
Lo raccolgo e in pochi passi raggiungo Zayn. “Tutto a posto?” chiedo porgendogli il quaderno mentre mi chino per aiutarlo a rimettersi in piedi. Lui si alza massaggiandosi la spalla sinistra. “Sì, grazie. È colpa di quel bastardo di Liam” dice fra i denti.
Mi alzo di scatto per andare da quel Liam a dirgliene quattro poichè comportamenti del genere mi fanno andare fuori dai gangheri, quando lui e il suo gruppetto si girano ridendo di Zayn. Fisso gli occhi in quelli del ragazzo che lo aveva spinto a terra e mentre riconosco in lui il ragazzo di stamattina sento mi sento invasa da un’ondata di delusione.
“Liam” mormoro senza riuscire a dire altro.


Ciao a tutti :)
Ecco svelata l'identità del "ragazzo di stamattina" :P anche se immagino che si era capito fosse Liam. Così il ragazzo che sembrava tanto gentile è in realta un bulletto coglione, sorpresa! :D
Sinceramente non ero convintissima di questo capitolo, spero comunque che vi sia piaciuto. Recensite se vi va e ditemi che ne pensate :)
Al prossimo capitolo :)
P.S. Ho visto che due persone hanno inserito la mia storia tra le seguite asdfghjkl grazie! :D

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