Come crescere un piccolo genio egocentrico, saccente, e con spiccata tendenza ad agire nel lato sbagliato della legge

di Amberle_Dubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il test ***
Capitolo 3: *** L'importanza del vocabolario ***
Capitolo 4: *** Le insidie del parco ***
Capitolo 5: *** Scuola ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO



-Leale. Dove mamma?-

 L’interpellato si voltò lentamente verso l’ultimo rampollo dei Fowl, il signorino Artemis Junior. L’uomo ricorderà per sempre la prima volta che udì quella vocina acuta, perché fu una delle poche cose in grado di fargli rizzare i peli sul collo.

Questo perché il bambino aveva esattamente undici mesi e diciotto giorni.

Cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, Leale chiese –Come, Artemis? Puoi ripetere?-

Il piccolo lo fissò con enormi occhi azzurri dal suo lettino, poi disse lentamente –Mamma.-

Stavolta l’enorme guardia del corpo non poté convincersi di esserselo immaginato, perché vide con chiarezza la bocca del suo protetto aprirsi, articolare le parole, e perdere un filo di saliva.

-Fra poco arriva, Artemis, non ti preoccupare.-

Fortunatamente per la sua reputazione, nessuno seppe mai che  Domovoi Leale, massimo esperto di arti marziali, infallibile guardia del corpo, ultimo di un’illustre famiglia di coraggiosi combattenti aveva sudato freddo davanti a un neonato di nemmeno un anno.
 
 
 
 
 
ANGOLINO DELLE  PARANOIE DI AMBERLE

Salve salve salve! Purtroppo per i miei (pochi, sigh) lettori ho deciso di deliziarvi con una storiella di poche pretese: in sintesi, la mia idea è fare una storia di più capitoli, delle quale avete appena letto il prologo (molto lungo, né? xD tranquille, i prossimi capitoli saranno più lunghi u.u), che parli dell’infanzia del nostro piccolo genio preferito. Che ora molto piccolo non è, ma anzi è cresciuto assai bene u.u (almeno nella mia testa xD). Penso che scriverò dieci o undici capitoli oltre a questo, uno per ogni anno, in modo che cronologicamente finisca con l’inizio del primo libro.
Lo so che non ci sarà quasi niente da commentare vista la brevità del prologo, ma ci terrei taaaaanto a sentire le vostre opinioni :3

Amberle

PS: Io ho cercato su internet lo sviluppo dell’intelligenza in un bambino prodigio, per intenderci, a che età comincia a parlare, scrivere, ecc. ecc., ma non  ho trovato un tubo. Quindi dovrò andare abbastanza a caso intuito, cercherò di essere abbastanza sensata parlando dei suoi progressi.

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Capitolo 2
*** Il test ***


CAPITOLO UNO: IL TEST

 




Artemis puntò gli irresistibili occhi imploranti in quelli di Angeline, mormorando –Ho paura del dottore, mamma. Perché devo andare?-

-Stai tranquillo, Arty, non ti succederà nulla di male. Questo dottore ti deve solo fare delle domande molto facili, capito?-
Il bambino, che a soli diciassette mesi di età dimostrava l’intelligenza di uno di tre o quattro anni, tentò il tutto e per tutto appellandosi alla fedeltà di Leale, che praticamente faceva tutto quello che voleva.

-Leale… non voglio-

Purtroppo per lui, la guardia del corpo non si lasciò commuovere (o per lo meno non lo diede a vedere), ma sollevò il piccolo dal suo lettino e disse con voce ferma –Stai tranquillo, signorino Artemis. È mio  compito proteggerti, non lascerò che ti succeda niente.-

Ma Artemis se lo ricordava bene, dell’ultima volta che l’avevano portato da un dottore: gli aveva infilato un ago enorme nel braccio e gli aveva succhiato via del liquido rosso, spaventandolo a morte, e non ci teneva a ripetere l’esperienza.  Gli aveva anche fatto male, però non aveva pianto.

Durante il viaggio in auto rimase buono seduto in grembo a Leale, osservandogli invidioso il sobrio ed elegante completo scuro, confrontandolo con i proprio sgargianti abiti infilati a forza dalla madre.

Giunti davanti al grande edificio bianco, i tre scesero dalla macchina affidandola all’autista, ed entrarono dalle porte scorrevoli dell’ingresso. Il bambino, dalle braccia di sua madre, riconobbe sui cartelli alcune delle lettere dell’alfabeto che già conosceva, ma non  riuscì a comprenderne nemmeno una.
“Un giorno voglio imparare tutte le parole del mondo”

Distrattamente si accorse che la mamma lo stava portando attraverso lunghissimi corridoi bianchi, passando accanto gente vestita di bianco e a stanze tutte bianche. In effetti, c’era troppo bianco per i suoi gusti.
A un certo punto vide Leale che entrava in una di quelle stanze, dove trovarono un uomo (ancora quel camice bianco!) con un lieve sorriso sulle labbra.

-Lei deve essere la signora Fowl, giusto? E lui, il bambino speciale di cui mi ha parlato…?-

Artemis annuì, compiaciuto, la sua antipatia per i signori in camice bianco era lievemente diminuita.

-Io sono Artemis, Artemis Fowl. Lui è Leale, mi difende dai cattivi. Tu sei cattivo, signore?-

Se l’uomo rimase colpito dalla sua straordinaria precocità, non lo diede a vedere.

-Piacere di conoscerti, Artemis. Stai tranquillo, non sono un cattivo e non  ti farò del male. Voglio solo farti qualche domanda, ti va di rispondermi?-

-E va bene. Niente aghi, vero?-

Angeline sorrise e mise Artemis seduto sulla sedia davanti alla scrivania del neurologo*, sotto lo sguardo vigile di Leale.

-No, io non uso gli aghi. Signora Fowl, Signor Leale, vi dispiacerebbe aspettare fuori? Preferirei che non  ci fosse nessuno durante il test-

I tendini sul collo di Leale si gonfiarono in modo minaccioso, ma Angeline gli prese gentilmente il braccio e lo trascinò fuori con un sorriso.

-Ma certo, dottore. Artemis, staremo proprio fuori dalla porta, va bene?-

L’enorme guardia del corpo lanciò un ultimo sguardo di avvertimento al dottore e suo malgrado uscì dalla stanza.

Con una punta di preoccupazione, Artemis si rivolse all’uomo davanti a sé, in attesa. Il neurologo congiunse per un momento le mani con aria pensosa poi disse –Allora, vogliamo cominciare?  Ora ti darò questo pennarello, e voglio che tu mi scriva tutte le lettere che conosci. Non è necessario che le metta in ordine alfabetico-

-Non conosco la parola alfabetico-

L’uomo cominciò a prendere appunti, sistemandosi gli occhiali sul naso.

-Non importa, allora comincia a scrivere e basta-

Il piccolo impugnò con una certa difficoltà il pennarello nero nella mano sinistra e cercò di riprodurre alcune lettere del proprio nome. Il risultato fu abbastanza soddisfacente, poi scrisse tutte quelle che gli vennero in mente. Alla fine sul foglio bianco erano comparse una dozzina di lettere scarabocchiate in una calligrafia rozza, ma leggibile.
Il dottore gli sorrise ammirato, era davvero un risultato stupefacente.

-Complimenti, Artemis. Chi ti ha insegnato tutte queste lettere?-

-Le ho imparate da solo. C’era scritto il mio nome sulla bavaglia. Le altre le ho viste in giro…-

-Meraviglioso, meraviglioso. Sai anche contare?-

Artemis annuì, fiero.

-Sì. So i numeri fino al venti perché con la mamma facciamo il gioco delle dita. Tutte le mie dita sono venti, dieci sulle mani e dieci sui piedi. E poi cinque per ogni mano e piede- Snocciolò tutto d’un fiato, soddisfatto delle proprie conoscenze.

-Complimenti, davvero. E, dimmi, ti ricordi quando hai cominciato a parlare?-

Il piccolo rifletté un attimo, poi disse semplicemente –Ma io ho sempre parlato. Nella mia testa. All’inizio ripetevo tutte le parole che sentivo per impararle e per capire cosa dicevano la mia mamma e il mio papà. Poi ho provato a fare come loro, a fare uscire le parole dalla bocca per non farle rimanere chiuse nella mia testa, e ci sono riuscito.-

L’uomo strabuzzò gli occhi e sistemò gli occhiali sulla punta del naso, prendendo appunti con foga: l’intelligenza di quel bambino era assolutamente straordinaria, forse unica. Ma aveva bisogno di più informazioni, più dati per procedere con il test del quoziente intellettivo, le sue conoscenze erano ancora troppo acerbe, pur essendo strabilianti.

-Molto bene, Artemis. Per oggi abbiamo finito, vado a chiamare la mamma e il signor Leale, vieni?-

L’uomo si alzò di scatto dalla sedia poi si rese conto che il piccolo era ancora fermo al suo posto.

Artemis lo guardò in modo strano.

-Signore, ma io non so camminare. Vengo a quattro zampe?

***

Quando Angeline arrivò a casa, piuttosto turbata, mise Artemis a letto dopo che Leale gli aveva dato del latte dal biberon (compito che si assumeva con aria impassibile, ma che decisamente preferiva evitare).
Il neurologo era stato molto chiaro: il suo piccolo Arty aveva potenzialmente uno dei più alti quozienti intellettivi mai visti nella storia, benchè non  l’avesse  ancora misurato.
E lei non  aveva ancora deciso se la  notizia le piaceva o no.
Decise di rimuginarci su troppo, ma di aspettare l’arrivo di Artemis Fowl Senior, che sarebbe tornato a momenti di ritorno da un viaggio d’affari, purtroppo non troppo puliti, in Sudafrica.

Verso sera suo marito suonò al campanello di casa Fowl , non lo vedeva da cinque lunghi giorni.

-Timmy, amore, bentornato a casa- Gli disse con un dolce sorriso sulle labbra, venendogli incontro. I brillanti occhi azzurri dell’uomo s’illuminarono, poi prese la donna tra le braccia e le posò un lungo bacio sulla bocca.

-Mi sei mancata, Angeline-

-Allora cerca di stare a casa più a lungo, amore mio-

Artemis le accarezzò una guancia vellutata, a mo’ di scusa.                           

-Come è andata la giornata?- Chiese cambiando discorso.

-Oggi siamo andati in ospedale, dal neurologo. Te ne avevo parlato…-

-Oh, certo. E come è andata? Il nostro piccolo Arty è davvero un genio?-

-Il dottore ha detto che non ha mai incontrato un bambino come lui. Secondo lui, Arty potrebbe essere un genio che l’umanità non ha mai visto.-

Angeline parlò in fretta, ansiosa di conoscere i parere del marito.

-Beh, questo proprio non me l’aspettavo…-

Artemis Fowl Senior fissò nel vuoto per qualche secondo, poi i suoi occhi si accesero di entusiasmo.

-Ma dopotutto quel bambino è un Fowl. La notizia mi rende davvero felice, dobbiamo sfruttare questa sua straordinaria abilità il prima possibile. Contatterò i migliori insegnanti privati d’Irlanda, vedrai che prima che compia dieci anni sarà in grado di gestire l’impero dei Fowl anche senza il mio aiuto!-

Angeline arricciò il naso nell’udire la parola “sfruttare”, e ribatté irritata –Preferirei di no, sinceramente. Artemis sarà anche un genio, ma non voglio che perda l’infanzia perché diventi un piccolo uomo d’affari, non è giusto. Andrà a scuola come tutti gli altri bambini, e prima di questa giocherà nel nostro enorme giardino, non voglio che passi la vita dietro una scrivania.-

L’uomo avvertì la sfumatura gelida nella sua voce e cercò di correggersi.

-Scusami, tesoro, ho esagerato. In parte hai ragione, ma devi renderti conto che Artemis non può essere come gli altri bambini: vedrai, si annoierà fin dal primo giorno di scuola, quando dovrà imparare cose che conosce da quando aveva pochi anni. Una mente come la sua deve essere stimolata, non credi?-

Angeline soppesò le parole del marito, già più tranquilla.

-Facciamo così- Riprese lui –Non prendiamo decisioni quando è ancora così tutto incerto: aspettiamo che il neurologo finisca la sua analisi, poi chiediamo consiglio a lui. D’accordo?-

La donna sorrise serena e disse –Va bene, caro. Scusami per la mia reazione brusca, non volevo.-

Artemis la abbracciò stretta e la baciò a lungo sulle labbra.
-È stata una reazione legittima, amore mio. Non preoccuparti, adesso voglio solo andare ad abbracciare il mio geniale figlio.-
 



*Non so se sia vero questa cosa che se hai un figlio genio vai a farlo controllare da un neurologo, l’ho solo immaginato io, penso sia la cosa più sensata
 
 
 






ANGOLINO DI AMBERLE:
Eccomi di ritorno, miei cari lettori! Perdonatemi, il capitolo non è ancora molto lungo e io devo ancora chiarirmi le idee sul contenuto dei prossimi. Spero di non aver esagerato nel descrivere Artemis, ho cercato di renderlo il più verosimile possibile. Poi vorrei anche approfondire un po’ di più le figure di Angeline e Artemis Senior, visto che nei libri sono praticamente assenti u.u
Fatemi sapere cosa pensate! (Anche perché se no non vado più avanti, sono molto pigra xD)

A presto, Amberle.                                                                                                                                                                                  
 

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Capitolo 3
*** L'importanza del vocabolario ***


CAPITOLO DUE: L’IMPORTANZA DEL VOCABOLARIO

 








Artemis per diversi mesi continuò a frequentare lo studio del dottor Purcell, il neurologo. Avido di sapere, assorbiva come una spugna tutte le parole che uscivano dalla bocca dell’uomo, memorizzandole alla perfezione. Nel giro di qualche settimana imparò a riconoscere tutte le lettere dell’alfabeto, e poco tempo dopo riuscì a leggere la sua prima frase.

-La signora di prima si chiamava Katherine, l’ho letto sul foglietto che aveva sul petto-

-Oggi mi insegni i numeri? Cosa viene dopo il venti?-

-È giusta questa addizione?-

-Guarda, ho scritto il tuo nome!-

-Secondo te papà mi lascerà fargli da assistente? Adesso so fare le sottrazioni!-

L’errore del dottor Purcell fu quello di non nascondere l’ammirazione e lo sconcerto di fronte alla straordinaria intelligenza del bambino. Nel piccolo infatti cominciò a crescere a dismisura l’orgoglio e il compiacimento causato dalla consapevolezza della propria  bravura, cosa che fece germogliare in lui il complesso di superiorità che lo avrebbe accompagnato per gli anni seguenti della sua vita.

Accadde poi che un giorno d’estate, quando ormai aveva quasi tre anni, si recasse dal padre, che una volta tanto aveva passato una settimana intera a casa, e serissimo gli riferì che avrebbe preferito di gran lunga essere istruito da un vero maestro, e non da un dottore qualsiasi.

-Volentieri, Arty. Ma dimmi, il dottor x non  è bravo?-

Il piccolo negò con la testa, timoroso di irritare il padre.

-No, è che vorrei… vorrei un maestro vero…-

Sollevato, vide l’uomo stirare le labbra in un sorriso soddisfatto.

-Ora vado a parlarne con tua madre, vedrai che presto potrai imparare un sacco di nuove cose-

Artemis cominciò a saltellare, allegro, e corse ad abbracciare le ginocchia del genitore.

-Grazie, papà!-

Angeline dovette quindi cedere alle richieste congiunte di marito e figlio, e incaricarono Leale di contattare i migliori licei ed università della regione.
 

***


 
-Questo è un affronto, un insulto alla mia persona! Come vi siete permessi  di convocarmi per diventare l’insegnante di un marmocchio di tre anni?! Io sono un professore universitario, non un maestro d’asilo!-

Una vena cominciò a pulsare sulla fronte di Artemis Fowl Senior, che non era abituato né tantomeno tollerava atteggiamenti così sfrontati.

-Mi scusi, ma se non ricordo male, il mio maggiordomo, il signor Leale –e glielo indicò, giusto per fargli abbassare un po’ la cresta -le ha ampiamente spiegato che mio figlio non è un “marmocchio di tre anni” qualunque. Prima che lei giudichi il compito inadeguato per una persona colta come lei, preferirei che passasse almeno un’ora di tempo con Artemis, e che poi decida. Mi risulta che lei sia uno dei migliori insegnanti della nostra amata terra irlandese, ma se non accetta il lavoro dovrò per forza assumere qualcun’ altro. Ma non si preoccupi, sostituirla non sarà un problema complicato.-

Il professore si allentò il nodo della cravatta di seta, lanciando occhiate nervose a Leale.

-Na… Naturalmente. La sua mia sembra una proposta più che ragionevole. Prego, mi porti dal suo s-s-straordinario bambino.-

Angeline, che aveva assistito alla scena, soffocò una risata divertita e si offrì di fare da guida all’uomo spaventato.
-La prego, mi segua di sopra. Artemis la sta aspettando, non vede l’ora- Disse con un sorriso gentile.

“Come no… Il marmocchio sarà solo un piccoletto ultra-viziato e sopravvalutato ”

Non appena Angeline aprì la porta della cameretta del suddetto moccioso, però, l’ometto dovette rimangiarsi ogni cosa: Artemis infatti, non appena si accorse della loro presenza, alzò i vispi occhi azzurri dal libro (che si rivelò, in seguito, essere di geografia) che era intento a leggere e trotterellò verso i due adulti, impaziente di conoscere il suo nuovo maestro.

-Buongiorno, signore! Il mio nome è Artemis Fowl Junior, e sono-lieto-di-fare-la-sua-conoscenza.- Snocciolò in un fiato, era evidente che si era esercitato più volte a ripetere la sua presentazione.

Il professore si sistemò gli occhiali sul naso, impressionato.

-Il piacere è mio, signor- ehm, Artemis…-

Il piccolo gli porse la mano grassoccia per salutarlo (suo papà faceva sempre così!) e gliela strinse, afferrandogli a fatica l’indice e il medio.

-Bene, professore, non vi disturbo ulteriormente. Le lasciamo carta bianca con Artemis, e buona fortuna!-

Disse Angeline congedandosi con un lieve sorrise divertito, e si chiuse la porta alle spalle.

-E lei come si chiama, signore?-

-Io sono il professor Tanner, Artemis. Mi intendo principalmente di storia, letteratura e filosofia. Tuo padre mi ha detto che sei avido di sapere, quindi, cosa vuoi che t’insegni?-

Ad Artemis cominciarono a brillare gli occhi d’entusiasmo.

-Voglio imparare tante, tante parole nuove! Così posso leggere tanti libri e capire tutto quello che ci sta scritto! Voglio sapere come funzionano le cose, voglio sapere perché gli uccelli e gli aerei volano,  voglio sapere quello che è successo prima di quando sono nato, voglio conoscere tutte le cose che ci sono nel mondo! Sa che ho scoperto che viviamo su una palla enorme? Ma come fa a stare per aria? E il cielo che cos’è? E le nuvole? Io lo devo scoprire, signo-, professore! Devo sapere TUTTO! –

Tanner lo scrutò per qualche secondo con curiosità, in silenzio. Non aveva mai incontrato nessuno come quel bambino: e sì che lui, stando all’università, aveva insegnato a molti giovanotti animati dalla fame di sapere. Ma in nessuno, nessuno, aveva mai visto una passione così smisurata. In quei grandi occhi azzurri, così vispi ed espressivi, leggeva chiaramente il desiderio del bambino. Sebbene lo conoscesse da una decina di minuti, era difficile pensare a lui come un semplice “marmocchio di tre anni”: in qualche modo, era riuscito a persuaderlo che le sue parole non erano solo frutto di ingenuità infantile (certo, in parte nascevano anche da quella), poiché dietro vi era una ferrea determinazione.
Una volta giunto a queste conclusioni, inaspettatamente scoppiò a ridere. Artemis, offesissimo, spalancò la bocca indignato, convinto che lo stesse prendendo in giro.

-Ma perché ridi? Io ero serio! Guarda che lo vado a dire a Leale che ti prendi gioco di me!-

Il professore si levò gli occhiali e cercò di riprendere un contegno. 

-Oh, giovanotto, erano anni che non mi facevo una bella risata! Ma stai tranquillo, sto ridendo perché la situazione mi fa ridere: io, un esimio professore universitario, ho trovato il mio miglior studente di sempre, ovvero un bambino di tre anni! E questo lo trovo molto divertente-

Artemis arrossì, compiaciutissimo.

-Davvero? Ma non mi hai ancora visto se sono bravo o no…-

-Allora non  ci resta che cominciare a studiare insieme.-

Il piccolo annuì, serio, e trotterellò fino alla scrivania, dove erano già pronte due poltrone. Si arrampicò a fatica e si sedette in cima alla pila di cuscini impilati sulla sua poltrona, poi aspettò che l’altro iniziasse a parlare, eccitato.
-Allora, Artemis. Prima di tutto, hai mai sentito parlare di un libro chiamato “vocabolario”?-

Artemis corrugò le sopracciglia e negò con la testa. Preoccupato di aver già fatto una brutta figura, si affrettò a chiedere: -Perché, di cosa parla?-

-È semplice: si tratta di un libro molto grande, con pagine sottili sottili su cui si possono trovare tutte le parole del mondo. E non solo, accanto a ogni parola c’è scritta la sua definizione.-

A malincuore, Artemis si ritrovò costretto a chiedere: -C-cosa vuol dire “definizione”?-

Il professore sorrise, notando il suo imbarazzo.

-Adesso lo scoprirai. Gentilmente, puoi  chiedere al tuo maggiordomo di portarci il vocabolario di inglese?-

Circa due secondi dopo, la porta della camera si aprì, rivelando l’enorme eurasiatico.

-Ve lo porto subito, professore.-

Il poveretto, che per poco non era caduto dalla sedia per lo spavento, farfugliò: -M-ma- ma lei s-starà sempre lì fuori dalla porta?-

-Ovviamente, signore. La sicurezza del signorino Artemis è la mia priorità, non posso permettergli di rimanere da solo con uno sconosciuto. Purtroppo, la signora Fowl mi ha impedito di stare insieme a voi nella stanza come avrei preferito, perciò sono costretto a fare la guardia da qui. La avviso che ascolterò ogni singola parola pronunciata tra queste mura.-
Detto questo girò sui tacchi e si diresse verso la biblioteca, lasciandosi apparentemente soli. Quello che i due non sapevano, infatti, era che nella cameretta erano state installate una decina di mini-microcamere e svariati microfoni, così che Leale potesse sempre essere a conoscenza di ciò che avveniva nella stanza del suo protetto.

Compiaciuto, affrettò il passo e nel giro di cinque minuti tornò dalla biblioteca per depositare il pesante volume sulla scrivania di Artemis.

-Ecco fatto. Se avete bisogno di qualcosa, mi trovate qui fuori.- “E se succede qualcosa, lo saprò prima che ve ne rendiate conto voi stessi.”

Una volta che Leale fu uscito, Tanner riuscì a scacciare il nervosismo che l’uomo gli aveva messo addosso.

-Allora, Artemis, qual era la parola che non conoscevi? Definizione?-

-Sì. Vado subito a cercarla!-

Artemis lo aprì con non poca difficoltà e cominciò a sfogliarlo.

-Professore, ma qui ci sono solo le parole che cominciano per s…-

-Certo, il vocabolario è scritto in ordine alfabetico: A, B, C, e così via.-

-Ah. E dove sono  quelle che cominciano per d?-

Tanner gli si avvicinò e lo aiutò a trovare la sezione che cercava. –Tranquillo, ti insegnerò l’alfabeto, probabilmente lo imparerai in un baleno. Ecco, questa è la parola che cercavi: definizione.-

Artemis si chinò in avanti e lesse ad alta voce.

-Definizione: “determinazione precisa del significato di un vocabolo”. Oh, ho capito! È quando ti spiegano cosa vuol dire una parola che non conosci, giusto?-

-Esattamente. Ora,  per rendere più facile la ricerca, l’elenco di parole in un vocabolario è scritto in un certo ordine, l’ordine alfabetico: tutte le lingue hanno un loro alfabeto, cioè l’insieme delle lettere che si utilizzano per formare le parole. Ora ti detterò l’alfabeto della lingua inglese,-
-Dettare? Cosa vuol dire dettare?-

-Significa che io parlerò e tu scriverai quello che senti. Sai scrivere, no?-

-Aaah, ho capito! Sì, sì, me lo aveva insegnato il dottore.-

-Allora cominciamo. Hai un foglio e una… benissimo.  Comincia a scrivere: A… B… C…
 

***


 
-Papà, questa sera mi puoi leggere una storia? Poi non ti vedrò per tanto tempo…-

-Ma Artemis, ormai sei in grado di leggere qualsiasi cosa, no? Non ne vedo l’utilità.-
Artemis prese a strattonarsi l’orlo del pigiama, lo sguardo basso. Era vero, ormai erano passate diverse settimane dal suo primo incontro con il professor Tanner, e non aveva più problemi a leggere alcunché. Suo padre non aveva torto, ma non aveva capito il vero desiderio del bambino, quello di passare del tempo insieme, soli.

-Ma papà… questa sera sono stanco, il professore mi ha fatto studiare tanto questa mattina… mi ha parlato degli uomini-scimmia, quelli che vivevano sulla Terra tantissimo tempo fa, che sono arrivati dopo i Dinosauri… lo sapevi che alcuni di loro erano grandi come questa casa? A me sarebbe piaciuto vederli...-

Fowl Senior increspò le labbra, certo che quel bambino si faceva distrarre facilmente. Evidentemente aveva tanti pensieri in testa, ma non era ancora in grado di metterli in ordine, e spesso sfuggivano dalle sue labbra, facendogli perdere il filo del discorso.

-Ma sarebbe stato pericoloso avere a che fare con uno di loro, non pensi? Comunque, se sei così stanco, dovresti andare a letto a dormire, e pensare ai libri domani.-

-Ma papà, domani tu sarai di nuovo via... puoi leggere almeno qualche pagina? Poi ti prometto che dormo.-

-E va bene. Che ne dici di questo? S’intitola “Il vaso dell’oro”, sembra un titolo interessante.-

-Lo è! Il nostro motto è “Aurum potestas est”, l’oro è potere! Tutto quello che riguarda l’oro è interessante per noi e-

-Va bene, va bene. Non c’è bisogno che dimostri tanto entusiasmo, ti ho già detto che te lo leggo, per stasera.-

Detto questo il padre fece l’occhiolino al figlio, che arrossì, vedendosi scoperto.

-Bene, leggiamo questo benedetto libro. Eh-ehm: “C’era una volta un losco figuro che rispondeva al nome di Angus. Quest’uomo aveva un grande difetto: non era cattivo come le streghe che già conosciamo, non era un codardo, né era un abile tessitore d’inganni. Il nostro Angus aveva invece un debole per l’oro, e per tutto ciò che vi era di prezioso al mondo. Si dà il caso che un giorno una chiromante gli parlasse dei Lepricani, piccoli folletti dispettosi che nascondevano gelosamente grosse pentole colme del biondo metallo…  ”
 

***


 
Quella sarebbe diventata la favola preferita del giovane rampollo dei Fowl. Non la dimenticò mai, non solo perché rappresentava un momento importante del suo legame con i padre, ma anche perché in seguito si rivelò piuttosto… ispiratrice.

Per la precisione, Artemis aveva ben presente Angus e le sue avventure quando, all’età di dodici anni, decise di replicarle. Solo, con un pizzico di organizzazione in più. E molte, molte più armi.
 
 








ANGOLINO DI AMBERLE (che non è morta, ma spaccia la sua pigrizia per “calo dell’spirazione”)
Ma buongiorno! O meglio, dovrei dirvi buonasera, data l’ora. Come state? Volevo ringraziarvi per le recensioni carinissime che mi incoraggiano sempre a non abbandonare questa povera fanfiction al suo triste destino J tanti cuori per tutti!
Il capitolo è un po’ più lungo di quello precedente, non sono ancora soddisfatta ma per il momento preferisco chiuderlo così :S vi giuro che mi impegnerò per renderli ancora più lunghi! *faccia seria e motivata*
Su internet ultimamente vedo un sacco di gente parlare di esami/maturità, mi sta già venendo ansia anche se sono ancora in quarta superiore >.< se tra i miei lettori c’è qualcuno che sta vivendo un periodaccio del genere, gli faccio tanti auguri <3
Che dire? Ci tengo a ricordare che Artemis a volte parla in modo scorretto e un  po’ confuso, ma è tutto voluto, giuro u.u finalmente nei prossimi capitoli lo vedremo un po’ più grandicello e la pianterà di chiedere “cosa vuol dire questo? Cosa vuol dire quello?” Stava diventando palloso xD
“Il vaso dell’oro” viene citato nel prologo de “Il morbo di Atlantide”, ma l’inizio l’ho inventato io u.u
Vi saluto, cara gente! Tornerò presto, o almeno spero!
Amberle
 

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Capitolo 4
*** Le insidie del parco ***


Alla tenere età di soli quattro anni, Artemis Fowl Junior visse la prima esperienza traumatica della sue vita, un’esperienza che lo avrebbe segnato per diversi anni a venire, influenzando il suo carattere e le decisioni future.
Cosa accadde?, vi starete domandando voi. Ebbene, dovete sapere  che Artemis Fowl Junior venne portato in un parco giochi contro la sua volontà.
 




-Arty, tesoro! Oggi pomeriggio ho disdetto la tua lezione con professor Tanner,  perché noi due andremo a farci un giretto al parco giochi!
-P-parco? Ma oggi il professore mi aveva promesso una lezione interessante, mamma! Non  ho tempo di giocare!-
Angeline incrociò le braccia con un’espressione severa.
-Ma tu senti cosa mi tocca ascoltare! Il mio bambino non avrebbe tempo di giocare, dici? E invece io dico che non  ti fa bene passare così tanto tempo sui libri, guarda come sei pallido! Non ho ragione, Leale?-
L’eurasiatico annuì, serio.
-La signora Fowl ha ragione, signorino. Bisogna allenare anche il corpo, non solo la mente.-
Artemis , trovandosi in svantaggio, cercò di salarsi mettendo su il broncio, cosa che di solito gli faceva ottenere ciò che voleva. Per lo meno con sua madre.
-Ma io non voglio, mamma! Oggi sono stanco, forse non sto bene… non possiamo andarci un altro giorno?-
Dopodichè cercò di assumere un’espressione di estrema sofferenza. E per buona misura, finse un paio di colpi di tosse.
-Ecco, sento che mi cola il naso… Leale, mi dai un fazzoletto?-
Angeline ridacchiò, per nulla convinta da quella recita.
-Leale, che ne dici invece di preparare l’automobile? Niente limousine, non vogliamo essere notati. –
-Subito, signora. Vi aspetto all’ingresso.-
La donna si rivolse al figlio, guardandolo con aria critica.
-Sarà meglio che ti cambi, prima che andiamo. Finalmente, avrai l’occasione di metterti quell’adorabile tutina che non hai mai voluto indossare!-
Artemis rischiò un crollo nervoso, cercò di divincolarsi dalla presa della madre ma quella non gli lasciò scampo: nel giro di dieci minuti si ritrovò costretto dentro orribili pantaloni di cotone, cotone! , e una maglietta piena di disegni di un cartone animato sconosciuto.
-Ma mamma!-
-Niente “ma”, Arty. Stai benissimo, e oggi ti divertirai un mondo, vedrai!- Trillò Angeline, totalmente entusiasta.
Leale guidò l’automobile fuori dall’enorme tenuta dei Fowl,  poi puntò in direzione di Dublino, che distava meno di un’ora.
-Dove intendete andare, una volta in città?-
-Pensavo di portarlo al St Stephen Green. Non è esattamente un parco giochi, ma so che hanno installato una piccola area per bambini.*-
-Ricevuto.-
-Non ci voglio andare! Andiamo a visitare un museo, piuttosto!-
Purtroppo per  lui, le sue parole caddero nel vuoto.


***
 

-Signora Fowl, le ho già detto che non ho nessuna intenzione di abbandonare il mio protetto in posto così pericoloso, mi lasci fare il mio lavoro.-
-Suvvia, Leale, cosa vuoi che succeda? Voglio che Artemis sia libero di girare senza che qualcuno gli cammini a pochi passi di distanza, lo sai che terrorizzeresti tutti i bambini! Ti prometto che non lo perderò d’occhio un secondo.-
-Mi permette di rimanere  in un raggio di cinquanta metri, almeno?-
-Cento metri.-
-…Come preferisce. Sarò dietro quel gruppo di alberi, terrò d’occhio la situazione da lontano.-
-Ti ringrazio, ti chiamerò verso le undici e mezza per tornare a casa.-
Angeline gli sorrise incoraggiante, ma Leale era tutto meno che tranquillo. Fece come aveva detto, si posizionò dietro ad un albero ed estrasse un binocolo , dopodiché cominciò a scrutare la zona a 360°, in cerca di eventuali sospetti.
Artemis, nel frattempo, non se la stava passando meglio: portato, sotto costrizione, davanti alla scaletta dello scivolo, stava salendo incerto i gradini quando un bambino lo apostrofò da dietro.
-Ti muovi?! Voglio salire anch’io sullo scivolo!-
Scandalizzato dal tono arrogante nella sua voce, Artemis si voltò e lo fisso dall’alto in basso (letteralmente, dal momento che si trovava tre gradini più in alto).
-Io ci metto tutto il tempo che voglio, chiaro? Chi ti credi di es-
Purtroppo per lui, il ragazzino in questione era più grande di tre o quattro anni, ed aveva approfittato della sua superiorità spingendolo da parte e borbottando un –Ma non  rompere!-
Ora, Artemis era vissuto per quattro anni tra persone che ogni giorno lo lodavano, lo accontentavano, lo coccolavano, che spesso lo ammiravano  e che soprattutto lo viziavano. Tutto ciò aveva alimentato in lui un forte complesso di superiorità, per non  parlare di una buona dose di arroganza. In poche parole, si credeva invincibile e (probabilmente a causa di Leale) assolutamente intoccabile.
Il suddetto Leale, nel frattempo, osservava attentamente la scena teso come la corda di un violino e pronto ad intervenire. Accarezzò l’amata Sig Sauer nel tentativo di calmarsi, la signora Fowl non l’avrebbe mai perdonato se avesse osato sfoderare l’artiglieria pesante in un parco giochi. Benché, dal suo punto di vista, sarebbe stato assolutamente ragionevole.
Poi, inaspettatamente, il ragazzino che aveva visto spintonare il suo protetto lo afferrò per il bavero della felpa e lo strattonò fino a farlo rotolare indegnamente giù per la breve scaletta. L’omone, paralizzato dall’orrore, percepì la scena come al rallentatore: vide il piccolo crollare sui gradini più bassi prima atterrando sul sedere, poi sbilanciandosi all’indietro fino a picchiare la nuca sul terreno. La caduta purtroppo non si era ancora conclusa: Artemis, confuso com’era, cercò in qualche modo di rialzarsi, ma tutto quello che ottenne fu di eseguire una spericolata capriola all’indietro, e spiaccicarsi definitivamente per terra, a pelle d’orso.
E, simile all’orso appena citato, Leale ruggì saltando fuori da suo nascondiglio.
Lo sfortunato ragazzino (e no, non stiamo parlando di Arty) quando si vide venire incontro il gigantesco omone pensò che, dopotutto, sua madre aveva ragione quando  gli diceva che si comportava in modo troppo prepotente. Stava giusto valutando di darsela a gambe il più veloce possibile, quando ormai il rinoceronte in forma umana  raggiunse la base dello scivolo.
-Signorino, si sente bene?-
Leale , con più delicatezza di quanto ci si potrebbe aspettare, sollevò il corpicino di Artemis facendo attenzione a non  far compiere, soprattutto al collo, movimenti troppo bruschi. Nel frattempo si stava avvicinando di corsa anche la signora Fowl , tutta preoccupata.
-Arty! Mio Dio, Leale, sta bene?! Si è rotto qualcosa?  Non  potrei mai perdonarmelo, ho insistito io per portarlo qui…-
La voce le tremava per l’ansia, ma poi si voltò decisa verso il diretto responsabile, ancora bloccato a metà scala.
-E  tu, ti sembra questo il modo di comportarsi? Dove sono i tuoi genitori, adesso vo-
-Oh santo cielo, Francis, ma cosa hai fatto? Sei stato tu a far cadere questo bambino?!-
A quanto pare la madre del piccolo delinquente era arrivata, ma Angelina non  fece  nemmeno in tempo a rivolgerle la parola che questa prese  di peso il figlio e si allontanò da loro in tutta fretta, tenendolo per un  orecchio.
-Adesso andiamo subito a casa, ma guarda che brutte figure mi fai fare, vedrai tuo padre quando lo verrà a sapere… -
Solo  quando si trovarono a distanza di sicurezza da Leale, si voltò  e gridò un –Mi scusi tanto!- poi riprese a trotterellare  con il figlio dietro.
 
Nel frattempo Artemis  si muoveva  debolmente tra le braccia di Leale, sforzandosi di trattenere le lacrime: suo padre gli diceva sempre che gli uomini  come loro non piangono, e lui non  voleva deluderlo.
-Signorino, dove le fa male? Sulla testa? La dobbiamo portare in ospedale?-
Artemis mugugnò qualcosa di incomprensibile, poi borbottò qualcosa di molto simile a  -Voglio tornare a  casa, scoprire il nome di quello lì e fargliela pagare.-
Angeline emise un lieve sospiro. Forse, per fortuna, questo incidente non si sarebbe rivelato così grave.
-Andiamo a casa, Leale,  è meglio-


***


 Il piccolo genio si riprese in fretta, ma ancora gli bruciava di essere stato umiliato da un individuo palesemente meno intelligente di lui che l’aveva battuto solo grazie alla forza maggiore. Cominciò a provare fastidio nei confronti del suo corpicino, che ora gli appariva tremendamente debole. Lo innervosiva pensare che avrebbe dovuto attendere anni prima di raggiungere un’altezza quantomeno dignitosa e che, a discapito della sua intelligenza, sarebbe stato difficile farsi prendere sul serio dalle persone più grandi di lui, proprio a causa del suo fastidioso “contenitore”.
In fondo, avrebbe  potuto battere quel bamboccio in un qualsiasi confronto di tipo verbale. E allora perché era stato LUI  a rotolare indegnamente giù da quello scivolo?!
Aveva sottoposto il suo problema al padre, ma non aveva ottenuto risposte molto soddisfacenti: egli si era limitato a tranquillizzarlo, e a dirgli che stava rendendo la faccenda più grande di quella che era,  e poi lo aveva rimproverato per l’etichetta della maglietta fuori posto.
Allora si era rivolto a Leale, che gli aveva invece proposto di cominciare un allenamento insieme al lui, per irrobustirgli “quelle braccine, prima che si ritrovi sommerso dai libri ”. Ma l’idea non lo allettava particolarmente, già a quattro anni l’idea di muoversi e fare cose come saltare, correre e sudare gli faceva storcere il nasino.  Quindi declinò l’offerta, e decise di accantonare il problema, per il momento.
Alla fine, pensò, a lui bastava sviluppare il più possibile un solo muscolo: il cervello. Poteva sempre contare sulla protezione di Leale, dal quale, decise, non si sarebbe più allontanato.
E finchè poteva avere al suo fianco uno dei migliori combattenti del mondo (e anche uno dei più grossi), si disse, non aveva nulla da temere.           























ANGOLO DI AMBERLE

Salve, popolo! Come state? E' un po' che non ci si vede ^^" 
Non ho scuse, a parte il mio stupido pc e il mio stupido programma di scrittura che mi ha fatto impazzire ogni volta che tentavo di aprire un file -.- non vi dico la fatica che ho fatto per pubblicare!
Comunque, vi lascio questo capitoletto, e vi avviso che i prossimi, quando arriveranno, saranno leggermente più seri: per ora mi sono solo divertita a immaginare il piccolo Arty alle prese con il vaasto mondo ;)
E' un piacere scrivere per voi, alla prossima! <3
Amberle        
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

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Capitolo 5
*** Scuola ***


SCUOLA







-Mamma! Non riesco a trovare il mio maglione!- Strillò Artemis agitatissimo correndo per i corridoi e cercando sua madre.
-Signorino, torni qui!-
-Ma Leale! Devo andare a scuola, siamo già in ritardo!-
L'uomo alzò gli occhi al cielo e diede un'occhiata all'orologio: erano appena le sette e mezza, tutto era pronto a esclusione del maglione scomparso e la scuola non  sarebbe cominciata prima delle otto e mezza.
Il desiderio più grande di Artemis (se si escludeva l'ottenere il permesso di costruire un razzo, già progettato, per andare a esplorare Marte), ossia poter andare a scuola nonostante avesse ancora solo cinque anni, si era finalmente avverato: l'intelligentissimo e astutissimo infante, con gli occhi spalancati nell'espressione più carina che sua madre gli avesse mai visto fare, aveva furbescamente chiesto come regalo di compleanno l'iscrizione alla scuola primaria "Molly Malone". Angeline dapprima sospettò che il bambino avesse usato del collirio per dilatare le pupille e rendere i suoi occhioni    adorabili, poi decise di telefonare all'istituto e, dopo un colloquio con la preside e una serie di test superati brillantemente, Artemis aveva finalmente conquistato il desiderato regalo.
 

-Visti i risultati che suo figlio ha ottenuto, avremmo benissimo potuto iscriverlo direttamente all'ultimo anno...- aveva detto la preside ai coniugi Fowl -Ma il nostro consiglio è farlo avvicinare all'ambiente scolastico in modo "normale", se capite cosa intendo...-
Il padre aveva corrugato le sopracciglia, lievemente infastidito.
-Abbiamo ritardato già di molto l'iscrizione di nostro figlio a scuola. Ho paura che in questo modo la sua intelligenza non potrebbe essere sufficientemente stimolata, e lui potrebbe sentirsi denigrato e sottovalutato. E' certa che questa sia la giusta soluzione?-
-Caro... Potremmo, inizialmente, fargli frequentare il primo anno, insieme ai suoi coetanei. Se davvero dovesse trovarsi male, facciamo sempre in tempo a rimediare il prossimo anno, no?- Angeline puntò lo sguardo sulla donna al di là della scrivania -Lei intendeva dire che sarebbe meglio, almeno all'inizio, far studiare Artemis insieme a dei suoi coetanei, vero?-
-Vostro figlio è davvero giovane, e, nonostante la sua intelligenza, è un bambino, e deve stare in mezzo ad altri bambini. Avete detto che ha già iniziato a studiare con un insegnante privato, no? Cambiare ambiente, relazionarsi con persone della sua età e fare nuove esperienze può solo fargli bene.-
Artemis Senior emise un sospiro e annuì, anche se appariva ancora dubbioso. La moglie posò la mano sulla sua e fece un lieve sorriso, come per rassicurarlo.
-La signora Prince ha ragione, Tim. Voglio vedere il mio piccolo giocare, ridere e scherzare con altri bambini, non solo chinarsi sui libri a studiare; non è giusto, ha tutta la vita per essere adulto.-
Gli occhi dell'uomo si colmarono di affetto e amore, ormai conquistato.
-E va bene, amore mio. Non dovrei nemmeno provare a discutere con te, alla fine ne esci sempre vincitrice- 
 

E così Artemis Junior il primo di Settembre, il giorno del suo compleanno, varcò la soglia della piccola scuola gialla dedicata a Molly Malone con il cuoricino che batteva emozionato e la mano stretta a quella di sua madre, mentre con l'altra faceva ciao a Leale, rimasto fuori dal cancello per non spaventare i piccoli studenti.
-Mamma, posso arrivare da solo alla mia classe, non c'è bisogno che mi accompagni fino alla porta- Brontolò il bambino, cercando di liberarsi dalla sua presa salda.
-Arty, fai un favore alla tua mamma preoccupata e non fare il guastafeste, ti prometto che sarà solo per questo giorno- Ribattè Angeline, ilare. Artemis sbuffò e si sistemò la cartella sulle spalle, poi iniziò a lisciarsi il maglione e toccarsi i capelli perfettamente pettinati, chiaramente nervoso.
-Bambino mio, perchè sei preoccupato? Hai paura?-
Artemis la fulminò con i grandi occhi blu.
-Ma', cosa dici? La mia è solo f-fretta.-
Angeline si chinò per posargli un bacio sulla testolina nera, intenerita.
-Capisco. Allora allunga il passo, la tua classe è la penultima in fondo a questo corridoio!- Il bambino deglutì e trotterellò avanti, poi si voltò verso Angeline.
-A-adesso puoi davvero andare, mamma. Sono pronto, lasciami entrare da solo, per favore. Sono grande ormai, ce la devo fare.-
Angeline si inginocchiò per portare il viso alla stessa altezza di quello del figlio e lo fissò con sguardo dolce. -Va bene, Arty. So che sei coraggioso, e io e tuo padre siamo fieri di tge, ricordalo. Ma, dimmi, sei ancora abbastanza piccolo per accettare un bacio dalla tua mamma?-
Artemis distolse lo sguardo, imbarazzato. -E va bene...- e sporse la guancia paffuta verso le labbra della madre, che vi schioccò sopra un grande bacio, e gli pizzicò il naso.
-Ci vediamo dopo, pulcino. Io e Leale ti aspetteremo fuori dai cancelli.-
-A dopo, mamma.-
E si incamminò per i pochi metri che lo separavano dalla porta arancione con il cartello "1^B", risoluto. Varcò la soglia e si guardò intorno, emozionato, studiando i particolari della stanza: piccoli banchi accoppiati, una grande lavagna nera sulla parete, una cattedra altissima, un mappamondo, un crocefisso, alcune cartine geografiche.Poi di dedicò all'osservazione della "fauna": alcuni bambini si erano portati dietro i genitori, altri piangevano a dirotto per chissà quale motivo, altri si guardavano intorno spaesati, abbandonando distratti la propria cartella. Artemis di diresse con passo sicuro verso un posto vuoto, in seconda fila, si mise seduto e iniziò a sistemare le sue cose sul banco. Poi lanciò uno sguardo vagamente altezzoso ad una bambina con le trecce che singhiozzava disperata nelle braccia di suo padre, e controllò l'ora impaziente. Quando sentì la campanella trillare sobbalzò sulla sedia, e subito controllò che nessuno avesse notato la piccola gaffe, ma fortunatamente tutti i bambini erano troppo impegnati a frignare, aggrappati ai genitori, o a litigare per i posti a sedere. Poco dopo fece il suo ingresso una donna alta, mora, che congedò gli ultimi, premurosi, padri e madri e prese posto dietro la cattedra.
-Buongiorno, bambini. Io mi chiamo Agatha, e sono la vostra maestra. Vedo che siete tutti un po' spaventati, ma non avete nulla di cui preoccuparvi: questa sarà la vostra seconda casa, d'ora in poi, e avrete occasione di conoscere nuovi amici fra i vostri compagni; so che questi primi giorni saranno duri per voi piccoli, e se avete dei problemi non esitate a venire da me. Giuro che non vi mangerò.- Concluse con un sorriso, facendo scorrere i dolci occhi scuri sui visi tesi dei bambini. -Adesso farò l'appello, per imparare subito i vostri nomi; dopodichè vi aiuterò a scriverli su un foglio che terrete sempre sul banco, per aiutarmi a memorizzarli, ok?-
Si levò un vaghissimo mormorio d'assenso, così la donna aprì il registro e iniziò a elencare in ordine alfabetico i nomi dei suoi nuovi alunni; su ognuno si fermava e scambiava due parole, per metterlo a suo agio
-Oh, tu ti chiami Roger? Anche mio nipote ha questo nome, sai?-
-Che belle trecce che hai, Marie. Te le ha fatte la mamma?
-Cosa succede, piccolo? Ti serve un fazzolettino per soffiarti il naso?-
-Artemis... Artemis, tu sei...?- 
-Sono Artemis Fowl, ho avuto il permesso di iscrivermi con un anno di anticipo, perchè l'avevo chiesto a mia madre come regalo di compleanno. Mi piace imparare, e sono molto intelligente quindi imparo in fretta.-
Agatha lo scrutò, incuriosita; le avevano parlato di quel bambino, ed era molto curiosa di sondare le sue capacità.
-Sono contenta di sentirlo; sicuramente ti piacerà frequentare la nostra scuola-
Con una punta di sufficienza, il bambino commentò -Spero sia all'altezza delle mie aspettative, allora-
La donna alzò un sopracciglio ma non ribattè nulla, e riprese con l'appello. Dal momento che era solo il primo giorno, Aghata decise di rimandare le lezioni vere e proprie ai successivi, e li lasciò liberi di scegliere l'attività che preferivano. La maggioranza dei piccoli votò per il disegno, cosa che lasciò Artemis un po' perplesso e deluso: ma come, il suo insegnante privato lo aveva istruito fin dal primo giorno, e ora lo mettevano a fare un disegnino? Ben presto decise lasciar perdere il compito che era stato loro assegnato per
abbandonarsi al filo dei propri contorti persieri.
-Perchè non finisci il compito? E se la maestra si arrabbia?-
Sorpreso, Artemis si voltò verso il possessore dell'acuta vocetta che l'aveva distolto dalle sue peregrinazioni mentali. -Non mi va, lo trovo inutile-
-Ma la maestra ha detto di fare un disegno a piacere. Perchè non obbedisci?
Il giovane genio, poco paziente di natura, preferì ignorare quell'impertinente forma di vita chiacchierona.
-Come ti chiami?-
-La tua cara maestra ha fatto l'appello poco tempo fa, non ricordi il mio nome?- Sbuffò Artemis sempre più infastidito. 
-Perchè, tu lo sai come mi chiamo?- Chiese quello con aria scettica.
-Ovvio. Ti chiami Roger- 
-Ma come fai a saperlo?!-
Artemis strabuzzò gli occhi e per qualche secondo fu seriamente tentato di prendere la zucca, evidente mente vuote, del suddetto Roger e sbattergliela sul banco per vedere quale ddei due risultasse più dura. E pensare che non si era mai ritenuto un tipo violento. Maledisse quel bambinetto fastidioso, proprio vicino a lui si doveva sedere?! 
-Lascia perdere. In realtà io sono un mago- Tanto quello lì era talmente tonto che gli avrebbe creduto di sicuro.
-Sul serio?! E che poteri hai?- Come volevasi dimostrare.
-Ho il potere di far tacere le persone fastidiose. Basta che io pronunci la formula magica "Pu Tuhs"*! e colui che guarderò dritto negli occhi dovrà rimanere in silenzio fin quando non lo deciderò io.-
-Caaaaavoli ma come fai me li insegn-
-PU TUHS!-
-Nnnh-
-Ah, ci voleva un po' di pace per le mie orecchie-
Roger si portò inorridito le mani alla bocca, convintissimo di non poter più proferir parola. Con uno sguardo disperato, si rivolse ad Artemis, mugugnando una preghiera che probabilmente voleva implorarlo a sciogliere "l'incantesimo". 
-Non ci sperare, ti libererò alla fine della giornata-
Il bambino emise un sospiro sollevato: infatti per un attimo aveva temuto che quel potente stregone (era evidente che non fosse un bambino, in realtà, ma che stesse agendo sotto mentite spoglie) lo tenesse imprigionato nel sortilegio per l'eternità.
Artemis, soddisfatto, si decise a riprendere in mano la matita colorata e riprese a disegnare, ignorando completamente l'ormai zittito compagno di banco
 
***

Finalmente le orecchie di Artemis vennero deliziate dal suono della campanella: il primo giorno a scuola era stato un po' deludente, ma non intendeva rassegnarsi, probabilmente i giorni seguenti sarebbero andati meglio. Tra la folla vide la madre che agitava la mano sorridente, e ancora più distante il bambino potè scorgere la figura imponente della su a guardia del corpo. Pochi passi lo separavano da Angeline, quando una serie di grugniti lo fece voltare: era Roger, che correva verso di lui indicando freneticamente le proprie labbra contratte, rosso in viso e chiaramente in debito di ossigeno. 
-Mmmmh! Mmmhmmmhhh!-
-Arty, caro, chi è questo bambino? Non si sente bene?-
Artemis alzò gli occhi al cielo, sconfortato. 
-In realtà no, mamma, non sta bene, ma non per il motivo che pensi tu- 
Sconsolato di fronte a cotanta dimostrazione di stupidità, Artemis si rivolse al bambino
-Sei libero dall'incantesimo, Roger. Ora puoi parlare-
-Puuuffff, meno male, grazie signor stregone! Non è che puoi-
Il genio gli voltò le spalle e con lo sguardo cercò l'aiuto di Leale: l'esperienza gli aveva insegnato quanto gli altri bambini potessero temere la sua colossale figura. A quella vista implorante, l'uomo azzardò qualche passo in avanti, cercando di non farsi notare dai marmocchi per non spaventarli. 
-Artemis, ti sei preso gioco di questo bambino, per caso?-
Intanto Roger seguitava a borbottare sottovoce cercando di attirare l'attenzione di Artemis, senza grandi risultati.
-Ti sbagli, mamma, ha fatto tutto da solo, davvero, non è colpa mia!-
-Signor mago!-
-Signorino Artemis, ha bisogno del mio aiuto?-
-Arty, esigo una spiegazione! Cosa vuole questo bambino da te?-
Ormai circondato, il giovane genio cercò di dominare il nervosismo e fare appello al formidabile cervello per risolvere la questione in fretta, prima che gli saltassero i nervi.
-Roger, questo è il mio assistente: domani ti insegnerò la mia magia, ma ora devi sparire prima che mi arrabbi e te lo scateni contro, intesi?-
Il bambino deglutì più volte poi, con un'ultima occhiata ammirata, zampettò via senza dire una parola ("Miracolo").
-Scusami, mamma, ma quello li si è convinto che io sia uno stregone...-
-Non devi prendere in giro gli altri bambini solo perchè sei più bravo di loro, Arty, non è corretto! Promettimi che domani ti scuserai con lui-
-D'accordo, mamma, d'accordo! Ora, per piacere, possiamo tornare a casa? Gli strilli che ha scatenato Leale mi stanno innervosendo-
Sbottò Artemis, al limite della sopportazione. Decisamente, il primo giorno di scuola si era rivelato un disastro su tutta la linea, pensò, massaggiandosi le tempie e al contempo lanciando occhiate assassine ai piccoli compagni in lacrime
-Mamma, Mamma! Un orco! Con la cravatta!-
Ecco, appunto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLINO DI AMBERLE
 
Ma salve! Come state tutti quanti? :D ho concluso il capitolo, che miracolo nè? Spero che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di leggerlo ahah xD 
Che ne pensate di Artemis a scuola? Io penso che lui non resisterà a lungo, soprattutto con un compagno di banco del genere, ahah! 
Ah, la piccola nota*: è una cavolata, semplicemente la formula è "shut up" scritta al contrario xD è imbarazzante, ma dovevo inventarmi pur qualcosa no? 
A presto! 
Amberle <3

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