The born of Panem.

di Chutch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo tsunami. ***
Capitolo 3: *** Le Navi. ***



Capitolo 1
*** Lo tsunami. ***


Okey, ragazzuoli (?) spero che vi piaccia questo primo capitolo sulla nascita di Panem!! 

1° Capitolo.
Lo Tsunami.


«Nonna, nonna!!»
«Nonna, cosa sono questi rumori?»
Abbraccio il piccolo corpicino di Elisabeth, la mia nipotina di cinque anni. Mia figlia Aileen è stata presa dalle forze armate della capitale perché suo marito, il padre di Elisabeth è un ribelle.
«Bambina, non ti preoccupare, ora passeranno!» rispondo alla piccola tremante che intravedo nel buio della cantina.
«Nonna, ho paura. Mi racconti di nuovo la storia di Panem?» mi chiede con quella vocina così tenera e dolce che non posso  dirle di no.
«Certo piccola.» e così inizio a raccontarle la storia che ormai sa già a memoria.
 
Correva l’anno 2283 e io compivo 15 anni. Ricordo che alla tv comparve una scritta rossa che intimava tutti di recarsi in una delle 13 montagne segnalate: stava arrivando un meteorite e l’impatto sarebbe stato così forte che avrebbe creato uno tsunami così forte e potente da sommergere tutta la terra per almeno 5 anni.
La lista presentava montagne in tutto il mondo, fortunatamente la montagna su cui dovevamo recarci noi era nel nostro stesso stato, la California. Non avevamo molto tempo, in meno di 12 ore la terra sarebbe completamente stata sommersa e con lei tutti coloro che non riuscivano a raggiungere le montagne. Così ci preparammo in fretta. Presi cibo e abiti, tutto ciò che ci sarebbe potuto servire in questa occasione. Ma non sapevamo bene neanche noi che occasione fosse. In 7 ore circa arrivammo in cima al monte Withney e lì c’era ad aspettarci una nave gigantesca, poteva contenere milioni, ma che dico, miliardi di persone e in più c’erano ristoranti e luoghi di lavoro. Ci furono assegnate delle stanze, una per famiglia e noi ci stanziammo li. Quattro ore dopo il nostro imbraco il meteorite arrivò sulla terra e la scossa fu fortissima. Tutti quelli che non erano riusciti ad imbarcarsi morirono. Alle 13 navi si aggiunse una quattordicesima, detta Alfa, poiché a bordo c’erano tutte le persone importanti e tutte coloro che avevano abbastanza soldi da potersi comprare il biglietto. Tutti gli altri dovevano sperare di trovare posto su una delle altre tredici. Il giorno seguente ci dissero che l’80% della popolazione umana era morta, deceduta e che noi eravamo gli unici rimasti. Grazie a noi la terra si sarebbe ripopolata. Sarebbe tornato tutto come prima. Così iniziò un lungo viaggio in mare. Gli esperti dicevano che saremmo stati su per 5 anni, ma in realtà furono 11 gli anni passati a bordo di quella grande e gigantesca nave.
 
Caspita sono davvero stanca, ormai ho 88 anni e sono molto debole. Mentre riprendo fiato mi accorgo che Elisabeth si è addormentata e così, mi metto a riposare anche io. Sperando di poter rivedere ancora una volta, nei miei sogni, la mia casa in California. Era proprio bella. Una delle più belle case della città. In poco tempo mi addormento ripensando alla mia gioventù.

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Capitolo 3
*** Le Navi. ***


2° Capitolo.
Le navi.

 

Sento ancora forti spari fuori e la mia piccola Elisabeth si è svegliata.
«Nonna, continui la storia?» mi chiede e nonostante la mia stanchezza non riesco a resistere a quel faccino, così proseguo.
 
Io e la mia famiglia eravamo stati imbarcati sulla tredicesima nave. Poiché tutte le risorse erano irreperibili sulla terra, gli ingeneri avevano programmato le navi in modo tale che ogni imbarcazione producesse qualcosa di specifico che veniva poi scambiata con tutte le altre. Come sempre, l’unica a non produrre niente era la nave Alfa. La nostra nave si occupava di tenere le armi nucleari e, in caso di bisogno, di produrre energia  nucleare. La nostra nave era fatta in modo che le radiazione non arrivassero agli alloggi. La nave era stata costruiti per fronteggiare la possibile situazione in cui il carburante fosse finito, in questo caso si sarebbe utilizzata l’energia nucleare. La prima nave produceva oggetti  di lusso. La seconda nave si occupava principalmente della creazione di grafite grazie a particolari macchine di tecnologia avanzata che la producevano. La terza nave si occupava di meccanica e tecnologia, i suoi abitanti erano  coloro che riparavano le nostre macchine quando c’era un guasto. La quarta nave si occupava della pesca, ogni mese distribuiva pesce in grandi quantità. La nave numero cinque si occupava di fornire energia per far funzionare tutti i nostri elettrodomestici. La nave numero sei costruiva elicotteri che servivano per lo scambio di merci, le imbarcazioni e gli aerei prodotti servivano per la ricognizione e la ricerca di terre emerse. La settima nave, grazie a dei giardini che venivano coltivati ogni giorno, producevano legna, utile per la costruzione di mobili. L’ottava nave fabbricava vestiti che venivano distribuiti senza costi a tutti gli abitanti delle navi popolari. I vestiti erano piuttosto semplici e rozzi, in gran parte erano delle tenute da lavoro, mentre quelli distribuiti alla nave Alfa erano molto più sfarzosi ed eleganti. La nona si occupava della produzione di grano, infatti al suo interno erano presenti diversi campi di cereali. La nave numero dieci aveva degli spazi immensi dove venivano allevati buoi ed altri animali utilizzati per fornire alle persone cibo, anche se molto costoso per le altre navi. L’undicesima forniva alle frutta e verdura e qualsiasi altra cosa potesse essere coltivata, infatti come la nona nave aveva diversi campi coltivabili. Infine la dodicesima si occupava della creazione di carbone grazie a macchine simili a quelle presenti sulla mia nave. Agli abitanti era proibito spostarsi da una nave all’altra perché in alcune si viveva meglio che in altre. Ogni nave era costruita come se fosse una città vera e propria, infatti su ognuna di esse c’erano ristoranti, forni, e negozi vari. A capo do ogni nave c’era un sindaco. La vita sulla mia nave non era facile. Io lavoravo in un negozio di abiti. I miei genitori invece erano dei camerieri. Nonostante lavorassimo tutti e tre ricevevamo pochissimo denaro e non potevamo permetterci molte cose, come la carne o abiti lussuosi. Principalmente mangiavamo pane e spesso pesce perché avevamo scoperto di avere dei parenti sulla 4 che ce li mandavano. 
 
«BOOOM!» sento un’esplosione, doveva essere proprio vicino al nostro bunker perché la luce è saltata e delle scatole di cibo sottovuoto sono cadute dai pensili. Elisabeth nasconde il piccolo viso tra la mia gonna che diventa umida per le tante lacrime della bimba. Io le passo la mano sulla schiena per cercare di rassicurarla.
«BOOOM! BOOOM! BOOOM!» altre bombe cadono proprio vicino e il rumore è assordante. Elisabeth inizia a piangere e ad abbracciarmi forte. Stiamo insieme così fino a quando i botti non cessano di romperci i timpani e la terra smette di tremare.
Quando finalmente tutto torna normale continuo a parlare.
 
Sai bimba, io e la mia famiglia siamo sopravvissuti soltanto grazie ai miei nonni italiani che erano imbarcati sulla seconda nave. Infatti la grafite era molto richiesta in quanto serviva per scrivere ed era l’unica cosa. Ogni mese ci mandavano un pacco pieno di grafite che noi vendevamo e così potevamo sopravvivere per il mese e comprare ciò che ci serviva. Ogni sei mesi poi c’era l’“ISPEZIONE”. La nave Alfa mandava uno dei suoi tirapiedi a controllare che fosse tutto a posto. A caso prendevano due persone e ponevano loro delle domande. Se rispondevano correttamente lui e la sua famiglia potevano trasferirsi sulla nave che desideravano tra le 13 navi del “popolo”. Se invece la risposta era errata questi diventavano, insieme alla propria famiglia, come degli schiavi. Diventavano “Aberrazioni” e dovevano fare i lavori più duri e spesso non duravano più di sei mesi, giusto il tempo per un’altra Ispezione.
Era il periodo più brutto dell’anno perché chiunque poteva essere estratto e le domande potevano essere di qualsiasi genere. L’estrazione dei nomi era chiamata “mietitura” perché avveniva nel periodo in cui si mieteva il grano.
 
«Nonna, ora ho fame.. ti va di finire dopo la storia?» mi dice Elisabeth.
«Certo bimba, continuerò la storia domani!» dico mentre mi alzo per arrivare ad una di quelle scatole cadute prima e passarla alla piccola bambina che mi siede accanto.

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