Cinquantadue sorrisi per Severus

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorriso n. 1 - E' questo il suo posto ***
Capitolo 2: *** Sorriso n. 2 - L'orgoglio di una madre ***
Capitolo 3: *** Sorriso n. 3 - Pensieri amari ***
Capitolo 4: *** Sorriso n. 4: L'unica parte di te ***
Capitolo 5: *** Sorriso n. 5: L'uomo di Silente ***
Capitolo 6: *** Sorriso n. 6 - Raccolta - Una seconda possibilità (Nulla per cui sorridere) ***
Capitolo 7: *** Sorriso n. 7 - Raccolta: Una seconda possibilità (Hogwarts é la mia casa) ***
Capitolo 8: *** Sorriso n. 8 - Raccolta: Una seconda possibilità (Vivi una vita felice, Severus) ***
Capitolo 9: *** Sorriso n. 9 - Raccolta: Una seconda possibilità (Il nervosismo di un Mangiamorte impacciato) ***
Capitolo 10: *** Sorriso n. 10 - Raccolta: Una seconda possibilità (Sono ancora la tua ragazza?) ***
Capitolo 11: *** Sorriso n. 11 - Solo una copia ***
Capitolo 12: *** Sorriso n. 12 - Il tuo nome sarà Albus Severus ***
Capitolo 13: *** Sorriso n. 13 - Il sorriso di Severus Piton ***
Capitolo 14: *** Sorriso n. 14 - L'angelo nero che andò a prenderla ***
Capitolo 15: *** Sorriso n. 15 - Alla luce del sole ***
Capitolo 16: *** Sorriso n. 16 - Semplice normalità ***
Capitolo 17: *** Sempre e mai ***
Capitolo 18: *** Sorriso n. 20 - Porcospino ***
Capitolo 19: *** Sorriso n. 21 - Nuove paure ***
Capitolo 20: *** Sorriso n. 22 - L'ultimo canto della Fenice ***
Capitolo 21: *** Sorriso n. 24: Expecto Patronum ***
Capitolo 22: *** Sorriso n. 25: I colori dell'autunno ***
Capitolo 23: *** Sorriso n. 42 - L’ora della strega ***
Capitolo 24: *** Sorriso n. 43 - Qual'é la tua magia? ***
Capitolo 25: *** Sorriso n. 44 - Baffi d'inchiostro ***
Capitolo 26: *** Sorriso n. 45 - Sorridere per entrambi ***
Capitolo 27: *** Sorriso n. 46- Solo un piccolo, innocente, semplice bacio ***
Capitolo 28: *** Sorriso n. 47 - Sei prevedibile, Granger ***
Capitolo 29: *** Sorriso n. 48 - Perle di gioia ***
Capitolo 30: *** Sorriso n. 49 - Tre é un numero prfetto ***
Capitolo 31: *** Sorriso n. 50 - Il profumo dei ricordi ***
Capitolo 32: *** Sorriso n. 51 - L'ultimo sorriso ***
Capitolo 33: *** Sorriso n. - Casa ***



Capitolo 1
*** Sorriso n. 1 - E' questo il suo posto ***





Sorriso n. 1

Tipologia: Flash fic
Rating: Per tutti
Genere: Triste
Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Pairing: Severus / Lily
Epoca: 7 libro – post battaglia finale
Riassunto:
Le ultime parole al Preside Piton.
Parole: 496


E’ questo il suo posto.

Lily sorrideva nella foto strappata che il giovane mago teneva stretta in mano.
Attorno a lui il silenzio.
Il castello era stato riparato rapidamente; i giardini erano stati liberati dalle macerie. Ogni statua era al suo posto, ogni personaggio dei quadri appesi era tornato nella sua cornice. I fantasmi fluttuavano silenziosi e la Foresta Proibita era tornata una macchia scura ai confini della scuola, sorvegliata dai Centauri.
Era come se nulla fosse cambiato. Invece tutto era diverso.
L’infermeria era diventata una lunga e silenziosa camera mortuaria.
Ogni letto era occupato da un cadavere.
La famiglia Weasley si era stretta attorno a Fred.
Andromeda era con Teddy vicino ai letti di Remus e Tonks. Nonostante il bambino fosse troppo piccolo per capire, fissava i corpi dei genitori in religioso silenzio, con un’espressione troppo seria per la sua tenera età.
Aveva parlato con tutti, stretto le mani di chiunque si trovasse davanti, ricevuto abbracci e ringraziamenti che non sentiva di meritare. Aveva sorriso, pianto e riso ad ogni aneddoto che ricordava chi non era riuscito a superare la battaglia.
Poi si era allontanato silenzioso, quando nessuno lo stava guardando, e si era diretto in quell’unico letto solitario, con le tende tirate, nell’angolo più lontano della stanza.
Solo e distante come lo era sempre stato in vita.
Nessuno era al suo capezzale.
Nessuno lo ricordava con aneddoti spiritosi.
Nessuno gli stringeva la mano in suo nome.
Severus Piton giaceva freddo e immobile su quel letto. Aveva la pelle grigiastra e le mani congiunte sul petto. Gli occhi chiusi sul volto finalmente rilassato lo facevano sembrare addormentato invece che un rigido cadavere. Madama Chips e la professoressa McGranitt gli avevano bendato il collo e pulito i vestiti.
Stupidamente si era quasi aspettato di vederlo seduto a rimproverarlo.
La foto di Lily era stata appoggiata sul comodino accanto al letto insieme alla bacchetta nera del professore e alla seconda pagina della lettera inviata a Sirius.
L’aveva presa da lì, lanciando prima uno sguardo al professore come per chiedere un muto permesso.
Harry Potter passò due dita sul volto di carta di sua madre e lesse avidamente le ultime righe di quella lettera.
- Avrei molte domande da porle. – sollevò lo sguardo, posandolo poi sul volto immobile del mago – Ma forse é meglio non sapere sempre tutte le risposte.
Tornò a guardare la fotografia, l’altra metà era nella saccoccia che portava ancora appesa al collo.
Sua madre sorrideva e lo salutava felice.
- La professoressa McGranitt ha preferito che scegliessi io cosa farne di questa. – disse avvicinandosi al cadavere – Ci ho pensato e alla fine ho preso la mia decisione. – sollevò il mantello del mago ed infilò fotografia e lettera con l’amore di sua madre nella tasca interna, all’altezza del cuore, quel cuore che per anni aveva battuto solo per lei.
Il giovane mango sistemò il manto nero.
- E’ questo il suo posto.
Harry Potter sorrise tristemente, osservando l’uomo che gli aveva salvato la vita.
- Grazie di tutto, Preside Piton.

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Capitolo 2
*** Sorriso n. 2 - L'orgoglio di una madre ***


Titolo: L’orgoglio di una madre
Autore: Ellyson
Tipologia: Flash fic
Rating: Per tutti
Genere: non lo so...
Personaggi: Severus Piton, Eileen Price
Epoca: pre malandrini
Riassunto: Severus prova la divisa per Hogwarts
Parole: 379

L’orgoglio di una madre

Il giovane mago osservava con occhi lucidi e sgranati la nuova divisa scolastica che sua madre aveva fatto apparire con un colpo di bacchetta.
Non aveva mai avuto nulla di nuovo. I suoi vestiti erano quelli dismessi dei suoi genitori che sua madre aveva adattato per la sua esile figura. I suoi giocattoli, pochi e di scarso valore, erano delle vecchie gobbiglie, delle costruzioni in legno dai colori spenti e qualche furgoncino storto abbandonato nel vecchio baule con lo stemma di Hogwarts e le iniziali sbiadite della madre.
Quella divisa lucida, che profumava di nuovo e morbida al tatto era la cosa più bella che avesse mai visto.
Niente fili tirati, niente toppe, niente pizzi o fiori ambigui da nascondere in un cappotto più grande di almeno due taglie.
- Sono undici anni che risparmio per questa divisa, Severus. – fece sua madre inginocchiata sul pavimento mentre sistemava l’orlo del mantello – E’ un po’ grande, ma vedrai che quando l’avrò sistemata sarà perfetta.
Severus osservava il suo riflesso nell’alto specchio della camera dei genitori.
Per una volta sembrava uguale agli altri maghi della sua età. Perfino il suo pallore sembrava svanire quando indossava la divisa.
La lettera da Hogwarts era arrivata quella mattina, fortunatamente il gufo era entrato in cucina dopo che suo padre era andato in fabbrica per il turno di lavoro, altrimenti avrebbe sbraitato per tutta la casa.
Quando aveva visto il simbolo della scuola aveva quasi urlato dalla felicità, sua madre era saltata giù dalla sedia, l’aveva abbracciato, baciato e riempito di lodi mentre un sorriso felice faceva capitolino sui lineamenti spigolosi che aveva ereditato.
Non vedeva sua madre sorridere da molto tempo.
- Sarai un grande mago, Severus. – continuò Eileen finendo di appuntare l’ultimo spillo distogliendolo dal ricordo felice, uno dei rari a dire il vero – Sono certa che saprai fare molte più magie dei tuoi compagni.
Severus sorrise alla sua immagine nello specchio, la lettera era sul letto matrimoniale ancora aperta.
- Andrò ad Hogwarts, mamma. – disse felice – Andrò veramente ad Hogwarts! Ti renderò orgogliosa di me, mamma. Te lo prometto.
La strega alzò gli occhi incrociando lo sguardo riflesso del figlio.
Ricambiò il suo sorriso, una lacrima si era incastrata tra le lunghe ciglia nere.
- Io sono già orgogliosa di te, bambino mio.

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Capitolo 3
*** Sorriso n. 3 - Pensieri amari ***


Titolo: Pensieri amari
Autore: Ellyson
Tipologia: Flash fic
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: nessuno
Epoca: HP6
Riassunto:
I pensieri di Severus dopo aver promesso di uccidere Silente.
Segue “L’orgoglio di una madre”
Parole: 488

Pensieri amari


Il whisky incendiario gli bruciava la gola e scendeva nello stomaco mandandolo a fuoco. Per pochi secondi l’alcool gli offuscava la mente, ma poi la realtà tornava prepotente a tormentarlo, a ricordargli che nulla era finito… anzi era solo all’inizio.
Fece una smorfia e appoggiò con più forza del necessario il bicchiere sulla scrivania.
Avrebbe bevuto tutta la notte se fosse stata la soluzione al suo problema. A tutti i suoi problemi.
Afferrò la bottiglia e si versò un’altra generosa dosa di liquore. Respinse una smorfia al ricordo di suo padre. Anche lui depresso. Anche lui ad un tavolo. Anche lui a prendersi una sbronza per scappare dai suoi problemi.
Solo che i problemi di suo padre erano ben poca cosa rispetto ai suoi.
Devi uccidermi tu.
Erano passate poche ora da quando Albus gli aveva detto quelle parole ed ancora erano in grado di gelargli il sangue nelle vene.
Uccidere Silente. L’unica ancora di salvezza di quel mondo marcio.
- C’è anche Potter… - disse ironico con il bicchiere a pochi centimetri dalle labbra, più ubriaco di quello che credeva – lui e le sue riunioni segrete con Albus.
Mandò giù in un sorso il whisky.
L’anima di quel ragazzo non è ancora così guastata.
Fece una smorfia e si versò un altro bicchiere.
- La mia anima, Silente? – domandò al buio che lo circondava così come l’aveva domandato al Preside nello studio circolare – La mia anima è già così guasta? Il traditore. La spia. Il doppiogiochista. – buttò giù il liquore ambrato e scagliò il bicchiere nel buio con un muto urlo, lo sentì infrangersi contro un muro – L’assassino. – sospirò portandosi le mani alla testa, affondando le dita nei capelli.
Tu solo sai se evitare a un vecchio sofferenza e umiliazione sarà un danno per la tua anima.
- E’ facile per te vecchio. – mormorò – Sarai morto. Cosa ti interessa di quello che ti lasci alle spalle? Un mondo in rovina. Un ragazzo che non è capace di difendersi con gli incantesimi più basilari. Il tuo assassino con un peso in più sulla coscienza.
In un lampo di lucidità un ricordo che credeva perduto nell’oscurità della sua mente tornò prepotente a galla.
Lui da bambino. Sorridente davanti allo specchio di sua madre con addosso la nuova divisa scolastica.
Così emozionato di entrare ad Hogwarts. Così felice e spensierato.
Così ingenuo sul futuro che lo attendeva.
Così puro.
E una madre che lo guardava con orgoglio, anche lei sorridente. Una solitaria lacrima di gioia che le rigava il volto spigoloso che aveva ereditato.
Un amaro sorriso incurvò le labbra del professore.
Non più bambino ingenuo. Non più felice da anni.
Un uomo che non si emozionava di fronte a nulla.
Decisamente non più puro.
- Sei ancora così orgogliosa di me, mamma?
Il buio attorno a lui rimase immobile e silenzioso. Perfino la voce di Albus nella sua testa non rispose.
Il sorriso amaro si spense sulle labbra sottili.


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Capitolo 4
*** Sorriso n. 4: L'unica parte di te ***


Titolo: L’unica parte di te
Autore: Ellyson
Tipologia: Flash fic
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus / Lily
Epoca: 7 libro
Riassunto:
In quel periodo aveva un disperato bisogno di lei, un bisogno quasi fisico di possedere qualcosa di suo.
Si sentiva dannatamente solo.
Il solo ricordo non gli bastava per tirare avanti.

Parole: 1016

L’unica parte di te

- Severus Piton?
Il sussurro di Malocchio gli arrivò alle orecchie fermandolo sul posto.
Era morto. Di questo ne era certo. Aveva visto la maledizione colpirlo in pieno petto. E se avesse avuto dei dubbi il volo che aveva fatto dalla scopa aveva lasciato ben poche speranze. Aveva provato a lanciare un incantesimo temporaneo per mimetizzare il corpo, in modo da lasciare all’Ordine il compito di seppellirlo in modo dignitoso, ma era troppo distante, circondato dai suoi compagni e non poteva attirare l’attenzione.
Alla fine si era rassegnato ad avere anche il vecchio Moody sulla coscienza.
Un morto in più, ormai, non avrebbe fatto alcuna differenza.
Un soffio gelido gli solleticò il volto, i capelli neri si mossero come accarezzati da una leggera brezza invernale.
Sentì la lingua arricciarsi in bocca impedendogli di emettere alcun suono.
Qualcuno si era impegnato per rendergli l’ingresso a Grimmauld Place il più sgradevole del previsto.
Probabilmente era stato proprio il caro, vecchio, psicopatico Malocchio Moody.
La lingua tornò normale immediatamente. Illuminò la punta della bacchetta con un gesto veloce della mano e si guardò attorno.
La casa era vuota, silenziosa e tetra proprio come se l’aveva lasciata all’ultima riunione dell’Ordine.
L’ultima prima di diventare l’indesiderabile numero uno agli occhi degli uomini di Silente.
Fece un passo e un veloce movimento tra le ombre attirò la sua attenzione.
Un’alta figura polverosa emerse dal pavimento. Senza rendersene veramente conto indietreggiò di un passo mentre l’ombra grigia di Albus camminava verso di lui, rapida e silenziosa. Il volto di fumo era scavato, le orbite buie lo fissavano con rancore e odio. Il braccio putrefatto allungato nella sua direzione era un chiaro e maligno cenno di avvertimento.
Il Silente di polvere era furioso con lui.
- Mi hai chiesto tu di ucciderti, Silente! – le parole rimbombarono per tutta la casa, l’incantesimo si annullò di colpo e la figura polverosa esplose insudiciandolo.
Si tolse la polvere dalle spalle e allungò la bacchetta nel corridoio buio.
- Homenum revelio. - disse a voce bassa.
Nessuna reazione, nessun suono o segno.
Severus rimise a posto la bacchetta e si avvicinò alle scale che portavano al piano di sopra.
Salì gli scalini uno ad uno verso una stanza ben specifica. Non cercava nulla di preciso, ma era certo che avrebbe trovato qualcosa di lei nella stanza del cane.
Durante le riunioni dell’Ordine gli era stato impossibile entrarci con tutti quegl’occhi puntati addosso, ma ora poteva dare anche solo una sbirciatina, una piccola occhiata e vedere se trovava una foto, una lettera, perfino un appunto di scuola. In quel periodo aveva un disperato bisogno di lei, un bisogno quasi fisico di possedere qualcosa di suo.
Si sentiva dannatamente solo.
Il solo ricordo non gli bastava per tirare avanti.
Non riuscì a reprimere una smorfia disgustata quando entrò nella stanza di Sirius. I colori di Grifondoro, per quanto sbiaditi, spiccavano in modo ripugnante nella camera tappezzata di poster di dubbio gusto.
Severus notò i libri e gli oggetti sparsi sulla moquette polverosa.
- Mundungus deve esser passato di qui. – mormorò illuminando parte delle pareti dove statiche donne seminude sorridevano in modo ambiguo – Questa camera rappresenta appieno il tuo quoziente intellettivo, Black. – continuò osservando con scarso interesse le immagini delle motociclette - Non mi stupisco se sei finito tra i Grifondoro.
La bacchetta illuminò la fotografia appesa alla parete e si bloccò a mezz’aria. La smorfia deformò i lineamenti del mago quando incrociò lo sguardo e il sorriso strafottente del giovane James Potter.
Allontanò velocemente la mano e gli occhi mentre la fotografia che racchiudeva così tanti ricordi dolorosi venne di nuovo inglobata nella penombra della stanza.
Abbassò la bacchetta e illuminò il pavimento, riconobbe qualche pagina strappata di Storia della Magia e di qualche manuale babbano.
Non ci badò, il suo sguardo fu catturato da una pagina scritta a mano, dalla calligrafia elegante, perfettamente ordinata e da quei piccoli segni al posto dei puntini sulle i.
Conosceva quella calligrafia.
Era lei.
Si sentì immediatamente sollevato.
L’aveva trovata.
Restò immobile osservando la lettera, timoroso di sfiorarla, di vederla andare in briciole per il tempo trascorso. Spaventato di perdere anche quella piccola parte di lei.
Un lieve sorriso gli increspò le labbra sottili, sentì il corpo tremare dall’emozione, le gambe cedettero e si ritrovò in ginocchio, davanti a quella pagina fittamente scritta.
Il cuore sussultò quando sfiorò la pergamena ingiallita; constatò, mentre prendeva delicatamente il primo foglio, che la calligrafia di Lily non era immutata, era sempre la solita calligrafia di quando aveva undici anni. Avvicinò la lettera al volto come se potesse sentire il suo profumo attraverso la carta, o il suo calore attraverso le parole.
Cercò il resto della lettera tra le pagine strappate del libro. La trovò e con lei anche una fotografia.
Il sorriso gli tremò sulle labbra quando incontrò le iridi verdi della strega.
- Lily…- mormorò nella stanza in ombra – dolce Lily...
Sollevò lo sguardo sulla seconda pagina della lettera. Non badava alle parole, non gli interessava significato di quelle frasi.
Mai come in quel momento avvertiva la sua mancanza.
Aveva un vuoto nel cuore che nulla avrebbe potuto riempirlo, ma quello che aveva trovato era meglio che niente.
Due dita accarezzarono la firma di Lily.
Con tantissimo affetto,
Lily.

Sentì gli occhi pizzicargli.
Avvicinò la fotografia alle labbra e baciò quel volto di carta con il suo incerto sorriso.
Lily lo salutò con la mano e gli indicò il figlio che svolazzava sulla scopa.
Anche lei sorrideva, ma sapeva che quel sorriso e quell’affetto impresso sulla pergamena non sarebbero mai stati diretti a lui.
Il sorriso tremò di nuovo.
Senza che se ne rese conto una lacrima scese lungo il naso e bagnò il pezzo di carta che raffigurava la donna che amava. La lasciò andare perché sapeva che non avrebbe avuto altri momenti per piangere, non ci sarebbe stato tempo per pensare al passato e a tutto quello che aveva perso.
Un’altra lacrima scivolò lungo lo stesso percorso. E una terza… così come una quarta.
Severus Piton in silenzio pianse su quella foto, mentre il sorriso lasciò il posto al dolore della sua anima.

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Capitolo 5
*** Sorriso n. 5: L'uomo di Silente ***


Titolo: L’uomo di Silente
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Albus Silente
Pairing: nessuno
Epoca: 6 libro
Riassunto:
La mia mano non tremerà. La mia voce non vacillerà. La mia anima non si spezzerà. Sarò un perfetto assassino.
Parole: 1.158

L’uomo di Silente

Silente sedeva alla scrivania, alle sue spalle quel grigio pomeriggio stava lentamente lasciando il posto ad una sera scura, con nuvole cariche di fredda pioggia che avrebbe iniziato a sciogliere la neve scesa durante le vacanze di Natale.
I Presidi suoi predecessori dormivano come sempre nelle rispettive cornici. Anche lui, presto, avrebbe avuto un posto su quella parete, una sua copia che sonnecchiava nella cornice dorata. A quel pensiero non riusciva a reprimere una lieve fitta di malinconia.
Gli sarebbe mancata la sua cara Hogwarts.
Un leggero bussare alla porta lo riportò alla realtà, alle sue carte mischiate apparentemente a casaccio sulla scrivania, alle lezioni con Harry, a Draco e alle sue occhiaie sempre più profonde e alle occhiaie di Severus che, molto probabilmente, aveva notato solo lui.
- Avanti.
Come richiamato da un incantesimo appellante Severus entrò nell’ufficio. Aveva il volto tirato e pallido, sembrava dimagrito in sole poche settimane. Non aveva un bell’aspetto. Si sentiva tremendamente in colpa per l’enorme peso che gli lasciava sulle spalle, ma era l’unico di cui poteva fidarsi.
L’unico a cui avrebbe lasciato la scuola senza preoccupazioni, sapendo che sarebbe stata al sicuro.
L’unico a cui avrebbe affidato non solo la sua vita, ma anche la sua morte.
- Hai una pessima cera, Severus. – disse usando il solito tono paterno che, sapeva, lo avrebbe infastidito – Non dormi bene la notte? - sorvolò sull’occhiata sarcastica che il mago gli lanciò come risposta, arricciò le labbra in un sorriso e fece sparire i fogli sulla scrivania con un veloce colpo di bacchetta.
- Sono informazioni riservate solo al Prescelto? – sibilò irritato l’altro appoggiando un calice sul ripiano ormai sgombro – Altre informazioni che è meglio che io non conosca, perché troppo vicino all’Oscuro?
- Vuoi tornare sull’argomento, Severus? – gli rispose prendendo il calice, mentre il pozionista si affiancava e prendeva delicatamente la mano annerita. La lunga barba gli coprì la smorfia di dolore. – Ahi. Il dolore è aumentato in questi giorni.
- Devo rinforzare gli incantesimi. – disse il professore chinandosi osservando meglio le dita – Bevi il tonico. Ho modificato la preparazione originale, questo è più forte.
Il tonico era vischioso e ancora fumante nel calice. Lo bevve senza fare domande, in un unico sorso, era amaro e lasciava un pessimo sapore in bocca.
- Non mi hai detto com’è stata l’ultima festa di Horace. – gli chiese dopo aver fatto sparire il bicchiere.
- Un’inutile perdita di tempo. Come tutte le sue feste ridicole. E ti ho riferito tutto quello che è successo con Draco. – rispose Piton puntando la punta della bacchetta sulla mano – Ora stai fermo.
La lenta litania riempì il silenzio dello studio. Dalla punta della bacchetta si levò un lieve fumo azzurrognolo che avvolse la sua mano mentre il dolore che provava in quei giorni si attenuò senza però sparire del tutto. Fanny li guardava con interesse appollaiata sul trespolo d’oro.
- E’ il massimo che posso fare. – a Silente non sfuggì il tono di rammarico nella voce di Piton, una velata scusa alla sua incapacità di dargli il sollievo che meritava.
Gli sorrise comprensivo e sollevò la mano ferita - Va molto meglio, grazie. – disse muovendo piano le dita annerite – E comunque presto o tardi non mi farà più male.
Severus fece una smorfia e si voltò dirigendosi alla porta.
- Ho delle cose da sistemare. – disse sbrigativo - Buonanotte, Silente.
- Perché non mi hai detto del Voto Infrangibile?
Severus si bloccò davanti alla porta, la mano a mezz’aria a pochi centimetri dalla maniglia.
Silente lo vide voltarsi piano, aveva lo sguardo corrucciato. Sorrise ancora e lo osservò al di sopra delle lenti degli occhiali.
- Potter…- sibilò l’altro senza celare il fastidio – ha sentito la discussione con Draco nascosto da quel suo mantello. E’ così, Albus?
- Sì, ha ascoltato la tua discussione con il giovane Malfoy. – confermò il Preside.
- Ed è venuto qui a dirti tutto! Scommetto che avrà detto che non c’è da fidarsi di me! Che sto complottando qualcosa con lui!
- Non sono state le sue parole, ma sono certo che avrà pensato a qualcosa del genere. – rispose senza smettere di sorridere – Ma non hai risposto alla mia domanda, Severus.
- Non era importante. – rispose l’altro sbrigativo – Il Voto è stato sigillato quando ti avevo già promesso…- le parole gli morirono in gola. Fece un gesto con la mano come se volesse cacciare via un insetto – Non era importante. – ripeté.
- Tutto è importante, Severus. Ora c’è in gioco anche la tua vita.
- La mia vita è sempre stata in gioco, Albus. E, comunque, non conta nulla rispetto alla tua. Nessuno piangerà davanti alla mia tomba.
- Io piangerei davanti alla tua tomba.
Si scambiarono una lunga occhiata. Fanny ruppe il silenzio con lieve lamento.
- Perché non mi hai parlato del Voto Infrangibile? – chiese nuovamente il vecchio mago.
- Cosa importa? Il risultato è sempre lo stesso!
- Tu non puoi morire. – disse risoluto il Preside, il sorriso era sparito dietro la barba argentata.
- Invece tu si? – ribatté Severus lottando contro se stesso, contro l’impulso di urlare fino a perdere la voce - Lasci tutto sulle spalle di un ragazzino solo che non è capace di difendersi?
- Harry non è solo.
- E’ vero tutto il mondo magico si schiererà con Potter, con te e l’Ordine. Mentre io… - fece di nuovo quel gesto con la mano, non erano insetti fastidiosi quelli che scacciava Severus, ma pensieri fastidiosi – La mia vita non è importante come la tua, Albus. Io posso morire anche adesso… tu hai bisogno di più tempo.
Silente sgranò gli occhi e si alzò dalla sedia.
- Stai ancora cercando una soluzione, Severus? E’ per questo che passi tutto il tuo scarso tempo libero nella Sezione Proibita della biblioteca? Non c’è soluzione al mio problema, anche tu lo sai. E’ uno spreco di energie.
Severus lo fissò negl’occhi, il suo sguardo mandava scintille.
- E’ il mio tempo, Silente. – gli rispose risoluto – So bene qual è il mio compito e lo porterò a termine, ma questo non mi vieta di cercare un’altra via. Non preoccupati. La mia mano non tremerà. La mia voce non vacillerà. La mia anima non si spezzerà. Sarò un perfetto assassino. Puoi fidarti di me.
- Lo so, Severus. Te l’ho già detto: sono molto fortunato ad avere te.
Piton lo fissò ancora qualche istante poi si voltò verso la porta.
- Buonanotte, Preside.
Senza aspettare una risposta uscì dall’ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
Silente si risedette sulla poltrona e incrociò le dita in grembo.
- Credo che il Ministro si sia sbagliato, Silente. – disse Phineas Nigellus dal suo ritratto, come al solito aveva solo finto di dormire ascoltando l’intera conversazione.
- A che proposito, Phineas?
- Potter non è l’unico ad essere “l’uomo di Silente sempre e comunque.” - Silente sorrise continuando a fissare la porta, alcune lacrime brillarono dietro gli occhiali – Sarà un bravo Preside.
- Lo so, Phineas. Lo so.

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Capitolo 6
*** Sorriso n. 6 - Raccolta - Una seconda possibilità (Nulla per cui sorridere) ***


Titolo Raccolta: Una seconda possibilità
Titolo di questa storia: Niente per cui sorridere
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Minerva McGranitt
Pairing: accenno a Severus / Lily
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:

Non stava sognando. Non era un’illusione.
Era la vita.
La sua vita.
Maledizione.

Parole: 1398

Niente per cui sorridere

Era vivo.
Il mago chiuse gli occhi, il bianco accecante della stanza al San Mungo venne sostituito dall’oscurità, decisamente più accogliente e affine alla sua natura.
Sospirò rivivendo, di nuovo, quello che era successo nelle ultime settimane.
Si era risvegliato nell’infermeria di Hogwarts. All’inizio aveva creduto ad un’illusione creata dal suo cervello agonizzante. Si era aspettato di vedere Silente sbucare da qualche parte, non più vecchio e stanco, senza la mano annerita. Il solito vecchio mago con quel rassicurante sorriso paterno che aveva la capacità di farlo infuriare; e di farlo capitolare a qualsiasi idea - anche la più assurda come quella di ucciderlo - che gli proponeva.
Aveva provato a muoversi, ma il lancinante dolore alla gola l’aveva colpito quasi alla sprovvista. Non stava sognando. Non era un’illusione.
Era la vita.
La sua vita.
Maledizione.
Quando Madama Chips l’aveva visto sveglio per poco non aveva fatto cadere il vassoio d’argento con i calici delle pozioni. Era corsa al suo capezzale e l’aveva quasi immobilizzato sul materasso.
Gli avevano detto di non parlare. Di non affaticare la gola e le ferite al collo.
Gli avevano detto che era un miracolo, un qualcosa di inaspettato.
Per lui era solo uno scherzo del destino.
Uno scherzo di cattivo gusto a dire il vero.
Aveva passato qualche giorno intontito dalle pozioni, sapeva che erano venuti a fargli visita, ricordava delle voci indistinte, qualche singhiozzo, un abbraccio che odorava di Molly Weasley.
Gli era parso di sentire Potter e un suo delirante discorso di ringraziamento.
Ricordava nitidamente, invece, la mano di Minerva sulla sua guancia e la sua voce interrotta dai singhiozzi.
Quando i medimaghi avevano ritenuto che la sua situazione si fosse stabilizzata, l’avevano trasferito al San Mungo al Reparto Ferite da Creature Magiche.
Stanza privata.
Uno dei tanti benefici quando si è considerati un eroe.
Severus riaprì gli occhi tornando alla sua accecante camera bianca.
Nessuno era entrato nei particolari della sua miracolosa sopravvivenza e lui aveva posto poche domande, lasciando cadere poi la questione. Di quella notte ricordava solo il discorso con l’Oscuro, il suo disperato tentativo di convincerlo a fargli cercare il ragazzo per comunicargli la cosa più importante; l’ultimo tassello del puzzle che Silente gli aveva ordinato di custodire per poi rivelarlo a Potter al momento opportuno.
Aveva capito le intenzioni del suo Padrone non appena aveva iniziato a blaterare il suo sconclusionato discorso sulla bacchetta.
Doveva morire.
E Potter non avrebbe mai saputo il suo reale ruolo nella guerra.
Poi c’era solo dolore, le immagini del viscido serpente che gli veniva incontro per finirlo. Il sapore del suo sangue in gola. Il respiro mozzato nei polmoni.
E alla fine un mare color smeraldo in cui affogare, lo sguardo della donna che amava che lo fissava, i suoi occhi così belli e luminosi che gli avevano fatto desiderare la morte solo per poterli osservare per l’eternità.
Ricordava una voce che lo chiamava. Una voce di donna che invocava il suo nome.
Probabilmente era Lily che lo reclamava dall’aldilà.
Poi il buio, accogliente e desiderato nulla in cui profondare scivolando verso la morte.
Avrebbe sorriso se ne avesse avuto le forze.
Questi erano i suoi ultimi ricordi prima di trovarsi in infermeria. Questo era quello che riusciva a rammentare ogni volta che si sforzava di riconoscere la donna che invocava il suo nome – nella speranza che fosse Lily che gli concedeva il suo perdono -, prima che l’emicrania gli spaccasse in due la testa.
Ma alla fine neppure questo contava molto.
Era sopravvissuto.
Niente aldilà.
Niente Lily.
Niente perdono.
Niente di niente.
Dal lucernaio del soffitto arrivava la luce del sole che rendeva tutto quel bianco che lo circondava più doloroso ai suoi occhi.
Si alzò dal letto e fece qualche passo nella stanza. Non usciva quasi mai da quelle quattro mura candide.
Per i corridoi incontrava solo facce sorridenti. Gente che lo salutava, maghi e streghe che lo indicavano e parlottavano tra di loro.
Ebeti sorrisi che volevano rassicurarlo.
Fiduciosi sorrisi che volevano rasserenarlo.
Falsi sorrisi che volevano rabbonirlo.
Tristi sorrisi che volevano compatirlo.
Imbarazzati sorrisi… come quello che mostrava ora Minerva sulla porta della sua stanza.
Era l’unica a cui avesse dato il permesso di venirlo a trovare, nonostante il continuo inutile imbarazzo.
In fin dei conti la capiva. Aveva passato mesi ad accusarlo, mesi in cui aveva cercato di ostacolarlo, mesi di occhiate di sfida e smorfie di disgusto.
L’aveva chiamato codardo
- Buongiorno, Severus. – esordì la strega chiudendosi la porta alle spalle.
Non attese una sua risposta, né un suo cenno. La donna si sedette al tavolo attaccato alla parete e fece apparire una scacchiera con un colpo di bacchetta.
Passavano i pomeriggi a giocare a scacchi, lei parlava, lui si limitava ad ascoltare, a volte rispondeva con un debole grugnito.
Si sentiva un Troll. Lui che aveva fatto delle parole un’arma di difesa, si era ridotto a grugnire come un animale.
La prima volta che gli aveva fatto visita si era scusata, aveva pianto definendosi una stupida vecchia sopraffatta dall’odio. L’aveva interrotta, come aveva fatto con Narcissa nella sua casa a Spinner’s End, e le aveva detto con un lieve filo di voce che non voleva le scuse da nessuno, tanto meno da lei. Le disse che meritava tutto l’odio del mondo per aver ucciso Silente.
Il fatto che avesse ubbidito ad un suo ordine non rendeva il gesto meno orribile.
Minerva l’aveva guardato con affetto e gli aveva sorriso. Un sorriso imbarazzato e stanco, che l’accompagnava ad ogni visita.
Forse un giorno avrebbe smesso di provare vergogna per i suoi gesti passati.
Si sedette al tavolo e analizzò i pedoni neri per la sua prima mossa. Mentre la mano si chiudeva attorno ad una pedina e lo faceva avanzare di due caselle, la strega fece un altro gesto con la bacchetta e un cesto di dolciumi apparve ai piedi del letto.
- Vengono da parte del signor Potter, del signor Weasley e della signorina Granger. – spiegò notando lo sguardo accigliato dell’altro - Mi hanno detto che rimandi indietro i loro gufi e ti rifiuti di accettare le loro visite. – un altro pedone bianco di Minerva si mosse di una sola casella – Dovrebbe esserci anche un pacco da parte di Molly, è una sciarpa fatta a maglia per quest’inverno quando le tue ferite avranno bisogno di maggior protezione. Ti posso assicurare che non ha nessun disegno e per adattarsi ad ogni capo del tuo vasto guardaroba è nera. – sorrise divertita guardando la torre nera che si muoveva di cinque caselle. – La mia visita ha anche un secondo fine questa volta, Severus. – continuò – La scuola è stata riparata in fretta grazie all’aiuto del Ministero. Questo Settembre possiamo iniziare un nuovo anno.
Severus osservò intensamente la strega.
- Sei ancora tu il Preside. Ma so che i medimaghi hanno detto che la tua guarigione sarà lunga, dovrai delegare qualcuno…
Il mago non la fece finire, prese la bacchetta e con un veloce movimento del polso fece apparire un rotolo di pergamena che si appoggiò accanto alla mano della donna.
Tenne lo sguardo basso, fingendosi concentrato sulla prossima mossa, mentre lei apriva la missiva e leggeva le poche frasi che vi aveva scritto.
Sentì il suo tocco delicato sulla mano, sollevò lo sguardo e incrociò gli occhi della strega lucidi dalle lacrime che tratteneva.
- Grazie, Severus.
Rispose con un lieve cenno del capo e tornò a concentrarsi sulla partita. Il resto del pomeriggio trascorse silenzioso e placido al di fuori di quella stanza.
Quando la luce che filtrava dal lucernaio iniziò ad affievolirsi, Minerva si alzò dalla sedia e guardò il giovane mago.
Sembrava preoccupata.
- Severus,- disse dopo averci riflettuto per tutto il pomeriggio – i medimaghi mi hanno detto che non esci quasi mai, non vuoi vedere nessuno. Non vuoi ricevere i gufi. La vita va avanti, Severus. C’è un motivo se non sei morto, se quel giorno ti sei salvato. Se Silente fosse qui non ti vorrebbe fermo in una stanza a ripensare al passato. Devi sorridere, Severus.
Il mago la fissò a lungo e in silenzio, le braccia incrociate al petto e lo sguardo cupo.
Capendo che non avrebbe avuto una risposta la strega sospirò tristemente.
- Buona serata, Severus. Tornerò quanto prima.
Stava per chiudersi la porta alle spalle quando udì la voce di Piton resa roca dalle ferite e dal silenzio forzato.
- Non ho nulla per cui sorridere, Minerva.

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Capitolo 7
*** Sorriso n. 7 - Raccolta: Una seconda possibilità (Hogwarts é la mia casa) ***


Titolo Raccolta: Una seconda possibilità
Titolo di questa storia: Hogwarts é la mia casa
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Le ultime voci che mi sono arrivate, - disse mellifluo - era che stava per sposarsi con il giovane Wealsey ed iniziare una folgorante carriera nel campo dell'avvocatura magica.
Hermione abbassò per un attimo il capo osservandosi l'orlo della veste celeste che indossava.
- Sì, i piani erano quelli. - confermò alzando la testa fissandolo ancora negl'occhi.

Parole: 1563
Note: seguito di Nulla per cui sorridere

Hogwarts è la mia casa

Le stradine di polvere tremolavano sotto il sole battente di Luglio. Il mago stava lavorando nel suo studio personale, il calderone emanava un denso fumo grigiastro e uno lieve odore di uova marce e calzini bruciati, ma nonostante il calore e il sudore che gli imperlava la fronte non accennava a togliersi la sciarpa di seta nera che gli bendava il collo.
La scrivania era ingombra di libri e diverse pergamene con molti appunti e calcoli cancellati più e più volte.
Severus Piton lavorava a quella pozione da settimane.
Erano passati due anni dal suo ricovero al San Mungo, aveva passato diversi mesi in ospedale dove i guaritori gli avevano curato le ferite al collo, ma non erano riusciti a trovare una cura sufficientemente efficace per le corde vocali. Alla fine era uscito dall’ospedale fisicamente guarito, ma una voce più bassa e roca.
Gli avevano detto che avrebbe potuto andargli peggio.
Alla fine non gli importava poi molto, non aveva molte persone con cui parlare eccetto i colleghi ad Hogwarts.
La scuola, così come il mondo magico, l’avevano accolto alla sua nuova vita - alla sua seconda opportunità come diceva Minerva - con l'imbarazzo per non aver avuto fiducia in Silente e, quindi, in lui.
In molti si erano scusati, altri con una sfacciataggine che non credeva possibile, gli avevano confidato di non aver mai dubitato del suo ruolo, ma che non avevano potuto schierarsi apertamente durante la guerra per non metterlo in difficoltà.
Nonostante questo suo nuovo ruolo nella vita, era tornato ad Hogwarts come se nulla non fosse mai cambiato. Come se, invece di una guerra e di una lunga degenza in ospedale, si fosse assentato per un breve periodo di vacanza.
I suoi metodi di insegnamento non erano cambiati, neppure la gestione della scuola era cambiata, anche senza la minaccia dell’Oscuro Signore.
Minerva, nell’anno che lo aveva sostituito, aveva trovato validi insegnati di Babbanologia e Difesa Contro le Arti Oscure. Il lavoro di Preside occupava molto del suo tempo senza lasciargli lo spazio necessario per riflettere sul suo passato o quella vita priva ormai di scopo, ma che in qualche modo aveva deciso di affrontare.
Aveva accettato di revisionare le bozze della rivista Pozioni Moderne e di rivedere il Manuale di Pozioni avanzate per gli studenti degli ultimi due anni.
Si era immerso nel lavoro ignorando volutamente ogni protesta di Minerva e sorvolando sulle sue espressioni di disappunto ogni volta che le parlava delle sue attività.
- Non fare come me, Severus. – gli aveva detto una sera in sala professori – Non buttarti nel lavoro ignorando il mondo. Altrimenti arrivi alla mia età solo, vecchio e con più rimpianti che ricordi. Avrei dovuto spostare subito Elphinstone invece di aspettare così tanto e stare con lui solo pochi anni. Non smettere di vivere Severus, perché nessuno meglio di te merita una seconda opportunità per essere felice.
Aveva liquidato la questione con un cenno infastidito. Lui non voleva una seconda opportunità, non l'aveva mai voluta. Era stato salvato, ma non era intenzionato a vivere, solo sopravvivere.
Mentre mescolava in senso antiorario la pozione che stava diventando blu cobalto, sentì
qualcuno bussare alla porta. Mescolò ancora un paio di volte lasciano che la pozione arrivasse all’esatto punto di ebollizione, chiuse il calderone e abbassò il fuoco.
Quando aprì la porta di casa un sottile sopracciglio si incurvò all'insù.
- Cosa ci fa qui, signorina Granger?
Se la strega fosse intimorita dallo sguardo dell'altro non lo diede a vedere.
- Sono venuta a parlarle, Preside. - disse sostenendo lo sguardo indagatore – Posso entrare o devo esporre la mia richiesta sulla porta?
Severus si spostò quel tanto che bastava per farla entrare. Prima di chiudere la porta si guardò attorno, come se si aspettasse di vedere dietro un palo o dietro un angolo i suoi due amici del cuore.
- Sono sola. - disse Hermione alle sue spalle – Nessuno sa che sono qui.
Dopo la guerra si erano incrociati solo poche volte, dopo i M.A.G.O. non l'aveva più vista. Aveva sentito delle voci sul suo conto, ma nulla di più.
- A cosa devo il piacere della sua visita inaspettata?
Hermione non si guardò attorno, non si soffermò sul mobilio Babbano del salotto, neppure sulla cucina invasa dal sole cocente di quell'estate, dove lui sapeva che il linoleum del pavimento era scolorito nei punti in cui il sole batteva più forte e per più ore del giorno. Non staccò lo sguardo da lui, lo fissava negli occhi con una sicurezza che credeva non le appartenesse.
Era strano per Severus, nessuno lo fissava più negli occhi da quando si era svegliato nell'infermeria di Hogwarts.
Nessuno a parte Minerva.
Era cresciuta, constatò, sembrava molto più grande. Si ricordava di una petulante ragazzina dai cespugliosi capelli crespi; una stupida Grifondoro che cercava di liberare gli Elfi domestici di Hogwarts.
Ma non c’era più quella ragazzina in quello sguardo deciso. Era lo sguardo di chi sa e di chi ha visto molto più di quello che desiderava.
- Sono qui per vedere il Preside Piton, non il mago. - precisò la strega.
L'altro annuì solamente, incrociando le braccia al petto.
Quel momento rappresentava una rottura della sua routine.
Avrebbe dovuto esserne infastidito, invece era vagamente incuriosito.
- Ho bisogno di un lavoro. - disse Hermione tutto d'un fiato, come se stesse pronunciando qualcosa di sgradevole.
Se ne fosse stato capace Severus sarebbe scoppiato a ridere.
- Le ultime voci che mi sono arrivate, - disse mellifluo - era che stava per sposarsi con il giovane Wealsey ed iniziare una folgorante carriera nel campo dell'avvocatura magica.
Hermione abbassò per un attimo il capo osservandosi l'orlo della veste celeste che indossava.
- Sì, i piani erano quelli. - confermò alzando la testa fissandolo ancora negli occhi.
C'era una leggera stanchezza in quella voce, e ora che la vedeva bene, il suo sguardo non era solo quello di una ragazza che era dovuta crescere troppo in fretta. In quello sguardo c'era anche un dolore che Severus conosceva fin troppo bene.
Il dolore di un cuore spezzato.
Provare simpatia per quella ragazza era più fastidioso che avere Minus che ficcanasava nei suoi oggetti privati.
- A pochi mesi dal matrimonio Ronald mi ha fatto sapere che una vita con me sarebbe stata troppo difficile da gestire e che non voleva esser conosciuto come il marito di Hermione Granger. A quanto pare la mia intelligenza lo mette in imbarazzo cosa che, da quello che so, non succede con il cervello di Calì Patil.
Calò un pesante silenzio. Hermione iniziò a guardarsi attorno improvvisamente a disagio per la confessione appena fatta.
- Non vedo cosa c'entri l'imbecillità di Weasley con la ricerca di un nuovo lavoro. - disse lentamente, aveva quasi il terrore di trovarsi una donna in lacrime sulla soglia di casa.
- Non voglio lavorare al Ministero. Harry e Ron inizieranno l'addestramento per Auror... passeranno lì la maggior parte del loro tempo. Non voglio incrociarli. Ho bisogno di tempo per capire cosa fare nella mia vita. Ho pensato che Hogwarts fosse il posto migliore per pensare.
- Hogwarts é una scuola Granger, non un centro di riabilitazione cuori infranti.
- Lo so... ho pensato... - la sua sicurezza sembrava svanita nel nulla - mi va bene qualsiasi cosa, Preside Piton. – sembrava che calcasse volutamente quelle parole - Posso fare da assistente a Gazza... mi va bene anche fare la guardia a Pix.
Avrebbe voluto cacciarla. Chiuderle la porta in faccia e lasciarla con il suo cuore spezzato come era successo a lui vent'anni prima.
- Hogwarts é la mia casa. - continuò la strega – Mi ha sempre aiutato a trovare la soluzione ai miei problemi. Non faccio più parte del mondo dei Babbani, credevo di aver trovato la mia strada nel mondo magico, ma non ne sono più così certa. Forse volevo lavorare al Ministero per non staccarmi da... - si interruppe rendendosi conto che il suo discorso stava diventando più lungo del previsto, e molto probabilmente più penoso, del previsto - Non voglio farle pena, ma ho bisogno di un luogo sicuro. Di un luogo dove pensare.
Severus la capiva.
Hogwarts era sempre stata anche la sua di casa. Era ancora la sua casa. In passato, prima dell'arrivo del ragazzo, aveva avuto qualche possibilità di trovare altrove la sua strada, ma era sempre rimasto al castello.
Aveva sempre usato la scusa di Silente, oppure aveva usato Lily, la promessa di proteggere il giovane Potter, ma la realtà era che Hogwarts era uno dei pochi luoghi dove poteva essere se stesso. Dove si era sentito libero di piangere per un amore non corrisposto, doveva aveva urlato il suo odio in una stanza vuota o dove era rimasto ore a fissare il nulla cercando le soluzioni più improbabili ai suoi problemi.
- La professoressa McGranitt sta cercando un assistente. - dichiarò – Ha intenzione di andare in pensione nel giro di un paio di anni e non vuole che la sua cattedra vada in mano a qualche professore inetto.
Sul volto della donna comparve l'ombra di un sorriso.
- Non è una promessa di lavoro, Granger. - si affrettò a precisare – Può fare da assistente alla McGrannitt quest'anno.
Il sorriso si allargò sul volto della giovane, era un sorriso di gratitudine che Severus raramente aveva ricevuto.
- Grazie. - mormorò Hermione – Grazie mille.
- Aspetti a ringraziarmi. Nell'ultimo anno Minerva ha già fatto scappare tre assistenti.

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Capitolo 8
*** Sorriso n. 8 - Raccolta: Una seconda possibilità (Vivi una vita felice, Severus) ***


Sorriso n. 8
Titolo Raccolta: Una seconda possibilità
Titolo di questa storia: Vivi una vita felice, Severus

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Lily Evans
Pairing: Severus / Lily... lieve... lievissimo... anzi diciamo che non c'é pairing
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Non sei reale. Questo è solo frutto della mia fantasia.
- Può essere. – ammise la presenza – Oppure…- Lily fece uno dei suoi soliti sorrisi enigmatici – posso essere un fantasma che è venuto a recapitare un messaggio.


Parole: 1006
Note: seguito di Hogwarts é la mia casa
Tra il sorriso n. 7 e n. 8 é passato almeno un anno.

Vivi una vita felice, Severus

Era di nuovo nel parco giochi.
Ancora una volta su quella collina dove le altalene cigolavano sotto il soffio del vento.
Era un sogno. Lo sapeva.
Non era la prima volta che lo faceva.
Eppure era così reale da confonderlo.
Sentiva il vento tiepido sul volto, il calore del sole primaverile sulla pelle i profumi della natura che fioriva attorno a lui.
Tutto maledettamente reale.
Si incamminò verso l'altalena, la vernice era lucida così come le catene che reggevano i seggiolini di legno. Sembrava che nessun bambino le avesse mai utilizzate.
Si guardò attorno senza aspettarsi di vedere qualcuno. Era sempre solo in quel sogno.
Almeno all'inizio.
Si sedette sulla prima altalena, in attesa di qualcuno che presto sarebbe arrivato.
Era sempre così.
Restò in silenzio, godendosi quel sogno così reale, assaporando il profumo della stagione, la luce del sole e il calore sulla pelle.
E poi la sentì arrivare. Una presenza accanto a lui. Il suo profumo che meravigliosamente si amalgamava con la fragranza di primavera.
- E' da tanto che non vieni qui. - disse la presenza.
- Mi dispiace. - rispose abbassando lo sguardo sui mocassini che indossava – Avevo bisogno di tempo per pensare.
- Tu pensi troppo, Sev.
Il mago si voltò. Lily aveva preso possesso dell'altalena accanto e si stava dondolando lievemente.
Stava sorridendo.
Sorrideva sempre nei suoi sogni.
- E' vero. - ammise ricambiando appena il sorriso.
La strega si diede una spinta più forte, le catene cigolarono appena.
Severus osservò i capelli ramati volarle attorno al viso coperto di leggere lentiggini.
Era bella.
Era sempre bella nei suoi sogni così come lo era nella realtà
E proprio come nella realtà anche nei suoi sogni era irraggiungibile.
Quella volta si era presentata a lui come la Lily adulta. La Lily moglie e madre.
Solitamente prendeva vita la Lily bambina o adolescente.
Una Lily non ancora legata a Potter.
Una Lily che, forse, poteva ancora amarlo.
Ma questa volta era diverso.
E forse sapeva il perché.
La strega diede un’ultima forte spinta e si lasciò andare, spiccando un balzo e atterrando in perfetto equilibrio sull’erba morbida che li circondava.
Sollevò le braccia al cielo trionfante e lo guardò divertita.
- Molto maturo. – sentenziò il mago sollevando un sopracciglio fine.
- Sei sempre il solito, Sev! – rispose la donna con una smorfia divertita.
Era tutto troppo reale.
Serrò le mani in due pugni stretti.
- Tu sei morta. – aveva bisogno di dirlo ad alta voce.
Aveva bisogno di tornare alla realtà.
A quella realtà dove dell’altalena non era rimasto che un mucchio di ruggine e legno scheggiato. Dove la donna che aveva di fronte era stata sepolta sotto una coperta di marmo assieme al marito. Dove il sole non gli baciava la pelle e la natura non fioriva ai suoi piedi.
Dove il profumo di Lily era stato definitivamente portato via dal vento.
Dove lui era un mago che nessun osava guardare in faccia.
Quasi nessuno.
- Non è una cosa carina di dire, Sev. – lo sgridò la strega mettendo i pugni sui fianchi – Comunque... sì, sono morta.
- Non sei reale. Questo è solo frutto della mia fantasia.
- Può essere. – ammise la presenza – Oppure…- Lily fece uno dei suoi soliti sorrisi enigmatici – posso essere un fantasma che è venuto a recapitare un messaggio.
- Un messaggio? Quale messaggio?
- Devi vivere Severus.
Il mago sussultò colto alla sprovvista.
- Io non capisco.
- Invece sai bene di cosa parlo. – ribatté prontamente l’altra chinandosi per prendere una margherita – E, visto che potrei essere un parto della tua mente, so su cosa sono concentrati i tuoi pensieri. – sollevò gli occhi dal fiore e gli fece l’occhiolino – O forse dovrei dire su chi sono concentrati i tuoi pensieri, Sev.
Severus si sentì arrossire. Spostò lo sguardo altrove, anche la Lily della sua mente era in grado di metterlo in imbarazzo.
Sentì la sua risata cristallina esplodere per tutta la collina.
- Non preoccuparti. Ne sono felice!
- Ho giurato di amarti per tutta la vita. Sempre.
- Non tutto può durare per sempre, Severus. – rispose Lily avvicinandosi a lui – Ed è giusto che tu vada avanti.
- Ma tu sei morta.
- E tu sei quasi morto salvando Harry. Anzi possiamo anche dire che sei morto per qualche secondo in quella casa, Sev. Quindi tu mi hai amato per tutta la tua prima vita. Hai tenuto fede al tuo giuramento.
Severus sentì la mano della strega posarsi sulla sua guancia. La pelle di Lily era calda e profumata, sollevò lo sguardo incrociando le iridi color smeraldo di lei. Si era accucciata davanti a lui, sorrideva come solo Lily sapeva fare. Un sorriso dolce e delicato che gli aveva sempre fatto battere il cuore.
- Non sono l’unica che ti sorride, Severus. – disse la presenza – Lo sai.
- Lily…
Vide la strega avvicinarsi al suo viso lentamente unendo poi le loro labbra.
Un bacio delicato e leggero.
Severus sentiva il calore della bocca dell’altra, sentiva il suo sapore, la sua lingua che lentamente lambiva e cercava la sua.
Era il bacio che aveva sempre desiderato. Quello che aveva sempre sognato.
Eppure tutto ora era diverso.
Quando si separarono Lily sorrideva ancora.
Sorrideva sempre nei suoi sogni.
- E’ stato come lo avevi immaginato, Severus? – gli domandò con dolcezza accarezzandogli il volto.
- No…- sospirò il mago, nella voce c’era una vaga punta di delusione – cosa vorrà dire?
La strega sorrise ancora di più, appoggiò la fronte sulla sua e chiuse gli occhi.
- Vuol dire che sei pronto.
Severus sentì che stava per svegliarsi. Il calore sulla pelle stava diminuendo, il profumo si affievoliva, perfino Lily stava diventando sempre più impalpabile.
- Lily… io… ti amato per così tanto tempo… non so…
Nonostante il corpo di Lily fosse quasi del tutto sparito, Severus vide ancora il suo radioso sorriso.
- Vivi una vita felice, Severus. – echeggiò la voce della donna nell'ombra di quel sogno che per settimane, mesi aveva accompagnato le sue notti solitarie – Vivi come non hai mai vissuto in questi lunghi anni.

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Capitolo 9
*** Sorriso n. 9 - Raccolta: Una seconda possibilità (Il nervosismo di un Mangiamorte impacciato) ***


n. 9
Titolo Raccolta: Una seconda possibilità
Titolo di questa storia: Il nervosismo di un Mangiamorte impacciato

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Due anni in cui la sua compagnia aveva iniziato a piacergli.
Due anni in cui aveva iniziato a
desiderare la sua compagnia.
Parole: 1397
Note: seguito di Vivi una vita felice, Severus
E' passato un altro anno dal sorriso precedente.

Il nervosismo di un Mangiamorte impacciato

Con uno sbuffo contrariato il Preside firmò la pergamena appena arrivata dal Ministero.
Odiava le questioni burocratiche.
La giornata stava per giungere al termine e con lei anche l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
L'indomani il castello si sarebbe svuotato dagli studenti chiassosi lasciando un soave silenzio tra i corridoi.
Amava quel periodo dell'anno.
E il Natale non aveva nulla a che fare con quella sensazione di pace che gli quietava l'anima
Mentre siglava l'ultima pergamena del Ministero lanciò un'occhiata alla porta dell'ufficio.
- Aspetti qualcuno, Severus? - domandò Albus alle sue spalle.
- No. - ripose il mago arrotolando la pergamena per poi restituirla al gufo reale che attendeva sul trespolo un tempo appartenuto a Fanny.
- E' la terza volta che guardi la porta nel giro di pochi minuti.
Il mago lo ignorò come faceva spesso nell'ultimo periodo, annodò la pergamena alla zampa del gufo e lo fece uscire dalla finestra. Tornò alla scrivania e prese la Gazzetta del Profeta.
- E' la seconda volta che la leggi, oggi. - puntualizzò il mago nel ritratto senza nascondere un risolino divertito.
Severus aprì il giornale senza ribattere, la risatina irritante di Albus aumentò di volume.
Passarono pochi minuti prima che il vecchio Preside tornasse all'attacco.
- Tutto questo nervosismo è dovuto al tuo viaggio a Londra di qualche giorno fa?
Il mago voltò lentamente la pagina del giornale restando in silenzio.
- Andiamo Severus! Le giornate sono così noiose ultimamente. Abbiamo bisogno di nuovi pettegolezzi!
- Ti sto ignorando, Albus. - rispose pacato l'altro voltando di nuovo pagina.
Passò un'altra mezz'ora prima che qualcuno interrompesse le insistenti richieste del vecchio Preside e l’ostinato silenzio di Piton.
- Avanti.
La professoressa di Trasfigurazione si affacciò alla porta.
- Sei occupato? - domandò con un lieve sorriso.
- No, - rispose Severus ripiegando il giornale – entra pure. Ho finito da poco.
Albus continuava a ridacchiare alle sue spalle.
Severus maledisse mentalmente l'autore del dipinto.
- Ho finito l'ultima lezione. - disse la strega – Gli alunni del settimo anno non erano molto entusiasti della quantità di compiti che ho assegnato per le vacanze. Temo di ricevere qualche fattura per Natale.
- Minerva ti ha insegnato bene, Hermione. – disse Silente – Questo è il tuo primo M.A.G.O. come insegnante vedrai che gli studenti ti ringrazieranno quando prenderanno una E in Trasfigurazione.
- Lo spero, Silente. - rispose la donna sedendosi su una delle sedie accanto alla scrivania – Harry continua a dirmi di non essere troppo dura, altrimenti si ricorderanno di me come la professoressa più antipatica della scuola.
- Credo che quel ruolo sia già stato assegnato tempo fa. – ridacchiò il dipinto lanciando un’occhiata alle spalle di Severus.
Hermione spostò lo sguardo sul mago vestito di nero e trattenne un sorriso divertito.
Quella situazione stava diventando surreale. Severus avrebbe voluto prendere Hermione e portarla in un luogo più sicuro dove parlare, ma era certo che in qualcuno luogo andasse Silente avrebbe sempre saputo tutto.
Hermione.
Erano passati due anni da quel pomeriggio di Luglio. Due anni di riunioni scolastiche, esami, pattugliamenti dei corridoi, partite di Quidditch e vacanze.
Due anni dove aveva imparato a conoscerla meglio, dove aveva iniziato ad apprezzare le discussioni e i continui confronti sul metodo di insegnamento migliore. I pomeriggi uggiosi a parlare di magie antiche e incantesimi proibiti. O le mattine assolate dove passeggiavano sulle rive del lago lontano dagli sguardi degli studenti pronti a tutto per diffondere qualche pettegolezzo.
Due anni in cui la sua compagnia aveva iniziato a piacergli.
Due anni in cui aveva iniziato a desiderare la sua compagnia.
Quando, qualche mese prima, l'aveva vista ad Hogsmeade con un mago biondo conosciuto durante una conferenza sulla trasfigurazione umana multipla, aveva capito che gli piaceva - e che desiderava - qualcosa di più della sola compagnia.
E così aveva passato settimane in silenzio, escludendo il resto del mondo come faceva quando doveva riflettere su qualcosa di importante.
L'aveva osservata di nascosto utilizzando ogni trucco da spia-doppiogiochista che conosceva. Sentendosi spesso ridicolo.
Una mattina si era svegliato con una sola certezza: si era innamorato di Hermione Granger.
Da lì l'incubo.
Era vecchio.
Senza un futuro desiderabile.
Con un passato che era meglio dimenticare.
E poi c'era Lily.
E così si era chiuso in un silenzio ancora più silenzioso. Se la cosa era possibile.
E non aveva smesso di pensare.
Tu pensi troppo, Sev.
Quel sogno era stato la sua salvezza. Reale o no, al suo risveglio aveva deciso che, almeno, avrebbe provato a vivere.
Perché ora sentiva che anche lui meritava una seconda opportunità.
In fondo stava vivendo una seconda vita, come la sua Lily – reale o no – gli aveva ricordato.
Aveva iniziato a corteggiarla, in modo alquanto impacciato e maldestro.
Lui era un pozionista, un mago oscuro che per anni era vissuto sul ciglio del burrone che divideva la vita e la morte. Aveva saputo ingannare l'Oscuro Signore. Ma non sapeva nulla di corteggiamento, e, visti i risultati raggiunti fino a quel momento, non era certo che Hermione si fosse accorta di qualcosa.
Ma non avrebbe desistito. Non aveva più quattordici anni.
Era un uomo e si sarebbe comportato come tale.
O almeno ci avrebbe provato.
Non voleva più rimpianti.
- Ho una cosa per te. – le disse aprendo un cassetto della scrivania.
La strega prese la busta che il Preside le stava porgendo, l'apri e tirò fuori due rettangoli di carta.
Severus sentì il cuore scoppiargli in petto quando il sorriso di Hermione le illuminò tutto il viso.
- Severus...
- So che desideravi vedere quello spettacolo.
- Ma i biglietti erano esauriti da settimane. Come li hai avuti?
- Lo vuoi veramente sapere?
Vide nello sguardo di Hermione la scintilla della curiosità, mentre aveva iniziato a torturarsi l’angolo delle labbra con i denti, indecisa se chiedere di più.
Avrebbe voluto baciarla. In quel preciso momento. In quella precisa stanza.
Cosa poteva capitargli?
Al massimo l’avrebbe preso a schiaffi.
Poteva sempre farle un incantesimo della memoria.
- Forse è meglio di no. – rispose lei divertita osservando entrambi i biglietti.
- Ho letto sul programma la trama, - le disse celando con maestria l’imbarazzo – mi sembrava interessante. Pensavo di accompagnarti… se la cosa non ti disturba. – si affrettò ad aggiungere.
Hermione arrossì, il sorriso non aveva mai abbandonato le sue labbra.
Quelle meravigliose labbra.
- Mi farebbe piacere, Severus.
- So che è all’ultimo momento, ma c’erano solo questi posti disponibili.
La verità era che non aveva trovato il coraggio di invitarla prima.
Si sentiva un imbranato, ma la sua vita era stata un lunga e dolorosa – almeno la sua prima vita – e se c’era una cosa che aveva imparato era celare le emozioni.
Con disinvoltura prese l'articolo di Pozioni Moderne che doveva correggere per quel mese.
- Pensavo anche di cenare insieme. - buttò lì, allungando la mano per prendere la piuma d'oca.
Non sollevò lo sguardo, voleva essere il più disinvolto possibile.
Il silenzio che cadde nella stanza era il più opprimente che Severus avesse mai sentito. Improvvisamente desiderò di non aver parlato.
Hermione, probabilmente, stava trattenendo le risate oppure pensava il modo migliore per liquidarlo.
L'incantesimo della memoria gli sembrò ancora una buona, buonissima, ottima idea.
- Va bene. - disse invece lei rischiando di farlo sussultare – Sai già dove andare?
Certo che sapeva dove andare. Aveva cercato quel ristorante per ore, era un perfezionista e voleva che tutto fosse perfetto. Ma non poteva certo dirle che il ristorante era alla distanza giusta per fare una passeggiata fino al teatro senza però stancarsi troppo.
Oppure che l'atmosfera della sala era romantica, ma non melensa.
Che la musica che trasmettevano era perfetta per parlare, ma anche per riempire i silenzi della cena.
Oppure che aveva dovuto confondere il ragazzo che prendeva le prenotazioni perché per quella serata era già tutto prenotato.
- Sì, me l'ha consigliato Horace qualche tempo fa.
Grossa, enorme, madornale bugia.
Severus temette di aver esagerato.
Invece Hermione sembrava non essersene accorta.
- Alle sette ai cancelli? - gli domandò alzandosi dalla sedia.
Severus sentì qualcosa ruggire vittorioso in petto.
- Perfetto. - rispose iniziando a segnare frasi a caso sull'articolo, non poteva perdere la faccia ora. Proprio no! - A dopo allora.
La sentì allontanarsi.
- Era ora che mi chiedessi un appuntamento, Severus. Ci avevo quasi rinunciato.
Il mago sollevò il volto stupito, ma Hermione era già sparita oltre la porta.
Silente scoppiò a ridere.

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Capitolo 10
*** Sorriso n. 10 - Raccolta: Una seconda possibilità (Sono ancora la tua ragazza?) ***


Titolo Raccolta: Una seconda possibilità
Titolo di questa storia: Sono ancora la tua ragazza?

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: VM14 (diciamo che verso la fine il racconto diventa un po' color rosa porcellino)
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus / Hermione
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
- Sono ancora la tua ragazza, Severus?
- Non sono un po’
vecchio per avere la ragazza?
Parole: 1271
Note: seguito di Il nervosismo di un Mangiamorte impacciato
Questa è l’ultima storia della raccolta


Sono ancora la tua ragazza?

Tamburellava le dita sul bracciolo di legno della poltrona.
Era furioso.
Anzi no.
Era più che furioso.
Sentì il suono della campanella che annunciava la fine delle lezioni della mattina e il ciarlare degli studenti che si immettevano nei corridoi per poi spargersi nel parco a gustarsi il resto di quel primo Venerdì di primavera.
Tamburellò con più energia le dita sul bracciolo.
Se non fosse stato così impegnato ad essere furioso avrebbe sentito dolore ai polpastrelli.
Il sole filtrava dalla finestra della stanza. Su ordine dei medimaghi e della sua fastidiosa compagna, era stato costretto ad abbandonare l'umidità e la penombra dei suoi amati sotterranei per trasferirsi in una stanza ai piani più alti dove il sole la riscaldava ad ogni ora del giorno.
Sapeva che la sua espressione minacciosa non aveva lo stesso effetto in una stanza illuminata perennemente dal sole.
La ruga sulla fronte divenne più profonda quando sentì la risata della sua fastidiosa compagna dall'altra parte della porta.
La chioma leonina di Hermione fece capolino oltre la porta qualche istante dopo. Sussultò spaventata quando lo vide nella stanza.
Si immaginò come un punto nero in una stanza illuminata.
- Severus! - disse portandosi una mano al cuore – Mi hai spaventato a morte! - Hermione andò alla sua scrivania e con un colpo di bacchetta fece apparire una ventina di rotoli di pergamena che si impilarono in perfetto ordine sul tavolo di legno – Avevo capito che i tuoi impegni a Londra ti avrebbero trattenuto per tutto il giorno.
Il mago restò immobile, nonostante dentro stesse urlando dalla rabbia.
- Ho finito prima del previsto. - disse con una calma che non pensava più di avere.
Hermione si tolse il mantello scuro e lo lanciò con poca grazia sull'altra poltrona presente nella stanza.
- E' andato tutto bene?
- Ho incontrato Potter al Ministero, c'era anche la sua fidanzata.
- E' da un po' che non vedo Ginny, - disse togliendosi le scarpe, ponendole poi nell'armadio - sta bene?
Hermione si sedette alla toilette e iniziò a pettinarsi davanti allo specchio.
Non stava ferma quella donna!
Lui era lì, furioso e pronto ad esplodere e lei sembrava non vederlo.
Le dita sul bracciolo interruppero la noiosa melodia ripetitiva.
- Non lo so, é stata poco loquace. Sembrava quasi imbarazzata. – alla fastidiosa compagna sembrava una notizia poco interessante - Tu sai per quale motivo la giovane Ginevra Weasley, che se non ricordo male all'ultima cena alla Tana ha dato sfogo ad ogni battuta di dubbio gusto del suo repertorio, sia improvvisamente così cambiata?
Hermione abbandonò il tentativo di sistemare la chioma, appoggiò la spazzola sul ripiano della toilette e lo fissò attraverso lo specchio.
- Non posso sapere cosa passa per la testa di Ginny.
Il mago sollevò un sopracciglio fine.
- Io si.
Severus osservò la sua compagna – fastidiosa, fastidiosa compagna Severus!- sgranare gli occhi e voltare la testa nella sua direzione.
- Hai usato la legilimanzia su Ginny?
E finalmente vide la scintilla dello scontro che desiderava brillare negli occhi della sua fastidiosa compagna. Fece un sorriso, uno di quelli crudeli, uno di quelli che non usava più da diversi anni. Uno di quelli che si intonava perfettamente con il Marchio sbiadito sull'avambraccio e con la sua aria minacciosa.
Uno di quelli che, anche immerso nella stanza illuminata dal sole, aveva sempre lo stesso effetto.
Bastò quello come risposta.
- Severus!
- Ho scoperto, - disse ignorando il disappunto della donna – che tu e Ginny parlate molto, soprattutto di me.
Hermione si spostò di fronte a lui, battagliera e fiera come solo una Grifondoro irritante sapeva essere.
E lei sapeva essere una Grifondoro estremamente irritante.
E fastidiosa.
- Sono discussioni private!
- Se parlano di noi non sono private. Specialmente quando tocchi certi discorsi molto personali ed intimi.
Vide gli occhi di Hermione sgranarsi per la sorpresa.
- Oh...
Severus sapeva cosa voleva dire quel oh.
Non gli piaceva.
Hermione sorrise e sembrò rilassarsi.
Continuava a non piacergli.
- Ginny è la mia migliore amica. - spiegò - Parliamo di tutto. Anche di quello.
Non voleva essere così tollerante. Non voleva essere così facilmente manipolabile.
Era pur sempre una spia-doppioghichista!
Dov’era finito il Severus oscuro e cinico che aveva ucciso Silente sulla Torre di Astronimia?
Non avrebbe perso quella piccola battaglia personale.
- Perché devi parlare di certi argomenti delicati con lei? Non sa mantenere un segreto neppure sotto Imperius!
- Perché ci serviva un paragone.
E Severus vide cadere il suo mondo. Vide la sua più grande paura realizzarsi.
Hermione si era stancata.
Era annoiata dai suoi lunghi silenzi e delle sue occhiate maligne. Era stufa del suo corpo spigoloso, dell'intreccio di cicatrici che segnava la sua vita e il suo fisico non più giovane.
Si era infine decisa a porre fine a quella relazione che aveva fatto discutere tutti nella scuola e anche in gran pare del Ministero.
L'eroina della guerra, amante del Mangiamorte redento.
E la rabbia sparì di fronte all’eventualità di essere di nuovo solo.
Deglutì e mai quell'azione gli sembrò più dolorosa, neppure quando le ferite lasciate da Nagini erano ancora fresche.
- A Ginny serviva un paragone. - precisò Hermione con un sorriso avvicinandosi – Harry è stato il suo primo vero fidanzato. Voleva qualche informazione. - si sedette sulle sue ginocchia come una bambina piccola e si avvicinò al suo orecchio – Alla fine era anche piuttosto invidiosa.
L'anima di Severus tirò un sospiro di sollievo, si rilassò sulla poltrona accarezzando la schiena della fastidiosa compagna, cerando i lacci della fastidiosa veste.
- Sono ancora la tua ragazza, Severus? - alitò nel suo orecchio mentre una piccola mano esperta iniziava a slacciare i primi bottoncini della casacca nera.
- Non sono troppo vecchio per avere la ragazza?
La sentì ridacchiare contro la pelle del collo.
Quando gli aveva tolto la sciarpa di seta?
Quando passò la punta della lingua sulla prima cicatrice tonda, quella domanda si perse in un sospiro eccitato.
- Credevo che avessimo già superato lo scoglio della differenza d'età. - rispose lei che, ormai aveva slacciato abbastanza bottoncini da scoprire la candida camicia.
Severus trovò i lacci della veste, ne tirò uno scoprendo la pelle della schiena. Si avvicinò al suo orecchio mentre lei stava per slacciargli i primi bottoni della camicia.
- Io non voglio una ragazza. - le disse lentamente facendo risalire la mano lungo la spina dorsale – Io voglio una moglie.
Sentì la mano di Hermione bloccarsi e trattenere il respiro.
Restò qualche istante in silenzio ed immobile, godendosi quel raro momento in cui Hermione Jane Granger sembrava senza parole, poi si allontanò abbastanza da permettergli di vederla in volto.
Fortunatamente stava sorridendo.
- Questa è la proposta di matrimonio più strana che abbia mai sentito, Severus.
- Ogni proposta merita una risposta, Hermione.
Il sorriso sulle labbra della sua compagna – non importava quanto fosse fastidiosa in certi momenti, l'importante era che fosse la sua fastidiosa compagna – aumentò.
Non gli servirono altre risposte.
Si impossessò delle sue labbra in un bacio che sapeva di amore e di gioia per averlo accettato nella sua vita così com'era. Senza mai volerlo cambiare, accettando tutto della sua anima nera.
Quando si separarono lo sguardo di lei era velato dalle lacrime.
Si specchiò nelle iridi nocciola di lei e vide se stesso.
Un mago vestito di nero. Un mago che aveva avuto una prima vita segnata dalla morte e dal rimpianto.
Un mago che aveva avuto la fortuna di vivere una seconda vita. Un mago che aveva trovato la sua personale felicità.
E Severus sentì che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa con Hermione al suo fianco.
Qualsiasi.
Anche sorridere dalla felicità.

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Capitolo 11
*** Sorriso n. 11 - Solo una copia ***


Titolo: Solo una copia
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Albus Silente
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: missing moment
Riassunto:
Harry avrebbe voluto dire molto di più. Ma non poteva, quello che aveva di fronte non era il vero Severus Piton, era solo una copia. Una copia molto ben fatta, ma sempre e solo una copia.
Parole: 1010


Solo una copia

- Dove lo vuole signor Potter?
Non si era ancora abituato.
Non era mai stato il signor Potter, ma solo Harry. Sentirsi chiamare in modo tanto formale lo faceva sentire troppo adulto, troppo grande. E per uno che era stato costretto a crescere prima del dovuto avrebbe voluto essere Harry ancora per molti, molti anni.
Ma la vita non si può fermare.
- Lo appoggi pure al muro. - disse indicando una zona sgombra di mobili.
- E' sicuro? Se vuole posso appenderlo.
- No, grazie. Ci penserò da solo.
Il mago che l'aveva accompagnato nello studio circolare del nuovo Preside di Hogwarts gli lanciò un'ultima occhiata, senza tralasciare la cicatrice sulla fronte, ed uscì lasciandolo solo.
Poteva benissimo immaginare i commenti che avrebbe fatto quella sera al pub con gli amici davanti ad una birra.
Oh sì io e Harry Potter in persona nella stessa stanza!
Lasciò il pensiero del fattorino in un angolo della mente e si concentrò sull'oggetto che aveva fatto appoggiare al muro.
Era coperto dal telo, non lo aveva ancora guardato.
Forse per timore di quello che avrebbe scatenato nel suo animo.
Attorno a lui il silenzio. Si sentiva osservato da tutti i Presidi presenti, perfino da Silente, ma nessuno parlava. Forse sapevano che era una questione in sospeso tra lui e l'altro.
Restò fermo per parecchi minuti, indeciso su cosa dire, su come comportarsi.
Si era studiato un piccolo discorso, ma ora ogni parola gli sembrava stupida, inutile.
Sapeva come funzionava quella magia, ma non era certo che valesse anche in quel particolare caso. In fin dei conti l'artista si era accontentato di una fotografia presa dalla Gazzetta del Profeta e delle parole che un trio di maghi appena diplomati e una professoressa di Trasfigurazione avevano detto sul suo conto.
Non era certo la stessa cosa. Ma non si era stupito più di tanto quando si erano resi conto che Piton non aveva ordinato un ritratto dopo la nomina di Preside.
Finalmente dopo un sonoro sospiro si avvicinò al quadro e tolse il telo che lo copriva.
Severus Piton, il Preside Severus Piton si corresse mentalmente, stava dormendo. O, comunque, faceva finta di dormire.
A differenza dei suoi predecessori aveva optato per una semplice cornice d'argento.
Prese il quadro con entrambe le mani e si avvicinò al muro dove lo voleva appendere in accordo con l'attuale Preside.
Accanto a Silente.
Vicini nella morte. Nello stesso modo in cui erano stati vicini nella vita.
Ma, forse, Piton avrebbe preferito stare accanto a sua madre.
Avrebbe potuto farlo con la magia, ma, proprio come era stato per la tomba di Dobby, voleva farlo con lei sue mani.
In fondo anche quella era un po' una tomba ai suoi occhi.
Si spostò di lato per evitare di inciampare nella gamba di un tavolino e per poco non inciampò nel tappeto.
- Vuole stare più attento, Potter! - sbottò una voce nota all'altezza del suo orecchio.
Sorrise.
- Mi... mi scusi...- balbettò arrivando alla parete - è più pesante di quanto immaginassi.
- Nessuno le ha insegnato un semplice incantesimo di levitazione?
- Volevo farlo personalmente.
Udì un borbottio che assomigliava incredibilmente ad un imbecille.
L'artista aveva fatto un ottimo lavoro.
Quando riuscì ad appendere il quadro al muro indietreggiò di un passo osservando il lavoro finale.
Piton aveva sempre gli stessi abiti neri che indossava in vita; dietro di lui il pittore aveva dipinto una poltrona color verde scuro, lo sfondo era di un verde più chiaro molto simile a quello dello stemma di Serpeverde. Gli sembrò di intravedere il profilo di una libreria su un lato del dipinto.
Aveva la netta sensazione che la libreria fosse un'idea di Hermione.
Era decisamente realistico.
- Benvenuto, Severus. - fece Silente – Un ottimo dipinto, Potter.
- Che nessuno ha richiesto. - precisò Piton incrociando le braccia al petto – Perché sono qui?
- Lei è stato Preside. - rispose Harry che si aspettava una reazione del genere
- Non ho finito il mandato.
- Non importa. Io so che questo è il suo posto. Lei ha fatto in pochi mesi molto di più che alcuni suoi predecessori in svariati anni. - ignorò le proteste di alcuni presidi appesi – E poi se ho bisogno di essere insultato so dove venire.
- Sono sempre disponibile ad insultare una testa di legno come lei, Potter.
Harry avrebbe voluto dire molto di più. Ma non poteva, quello che aveva di fronte non era il vero Severus Piton, era solo una copia. Una copia molto ben fatta, ma sempre e solo una copia.
Il senso di colpa per tutto quello che aveva detto e pensato su di lui per sette anni tornò prepotente a scuotere il suo animo. Avrebbe potuto dire a quel Piton dipinto tutto quello che sentiva, ma non sarebbe stata la stessa cosa.
Incredibile... gli mancava il vero Severus Piton.
Forse era per questo che aveva insistito per tanto tempo per avere quel quadro.
- Grazie, Preside Piton. - cercò di metterci tutto se stesso in quel grazie, ma sapeva che non era sufficiente, non sarebbe mai stato sufficiente – Ho chiesto al professor Lumacorno se poteva appendere nel laboratorio di pozioni una tela gemella. Ha accettato con entusiasmo la mia proposta.
- Era il mio sogno poter stare qui in questo castello a sentire i pettegolezzi di quadri frivoli ed a vedere mandrie di teste di legno che vengono qui cercando di imparare qualcosa. O osservare branchi di alunni che mutilano gli ingredienti per le pozioni più semplici.
Harry scosse il capo e si tolse gli occhiali pulendo le lenti con un fazzoletto. Quando li rimise Piton era scomparso oltre la cornice d'argento.
Se lo aspettava a dire il vero.
- Non prendertela, Harry. - disse Silente visibilmente divertito – era il suo modo per dirti grazie.
- Allora è meglio non dirgli che c'è un’altra tela nel mio studio a Grimmauld Place, proprio accanto al suo ritratto, Silente.
L'Albus Silente dipinto ridacchiò.
- No, lasciamoglielo scoprire da solo.
Harry osservò lo sfondo verde del quadro di Piton e fece un sorriso divertito.

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Capitolo 12
*** Sorriso n. 12 - Il tuo nome sarà Albus Severus ***


Titolo: Il tuo nome sarà Albus Severus
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Harry Potter, Albus Severus potter
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: missing momet
Riassunto:
Dopo la sua nascita era stato tutta notte ad ammirarlo, chiedendosi che tipo di padre sarebbe stato. Lui che non aveva idea di cosa dovesse fare un padre.
In quei due anni James si era rivelato un vero piccolo Malandrino, degno dei nomi che portava.


Parole: 433

Il tuo nome sarà Albus Severus

Harry Potter ciondolava pigramente su una sedia a dondolo immerso nella penombra della camera del San Mungo. Teneva in braccio il suo secondo figlio.
Ginny dormiva nel letto accanto, esausta dopo il parto.
Credeva che l'emozione e la paura di essere un pessimo padre fossero emozioni legate solo alla nascita di James. Invece si era ritrovato a piangere mentre le infermiere lo pulivano, e ad avere le stesse paure di due anni prima quando tra le braccia stringeva quel piccolo monello di James Sirius Potter.
Il mago strinse meglio il piccolo e gli baciò delicatamente la fronte. Aveva un buon profumo, dolce e delicato.
Era così piccolo ed indifeso che aveva paura di romperlo se lo avesse stretto forte.
Il bambino si mosse piano, i pugnetti stretti stretti vicino al volto.
Aveva un ciuffo di capelli scuri in testa; Ginny aveva sbuffato leggermente contrariata quando si era resa conto che neppure lui aveva ereditato i capelli rosso fuoco della famiglia Weasley.
Harry lo guardava meravigliato, trovando ogni volta perfette le sue piccole dita paffute, o le piccole orecchie, o il nasino perfettamente al centro del volto paffuto. Lo avrebbe ammirato per giorni interi senza stancarsi. Era stato così anche per James.
Dopo la sua nascita era stato tutta notte ad ammirarlo, chiedendosi che tipo di padre sarebbe stato. Lui che non aveva idea di cosa dovesse fare un padre.
In quei due anni James si era rivelato un vero piccolo Malandrino, degno dei nomi che portava.
Ed era orgoglioso di lui nonostante tutti i disastri che combinava in casa.
- Sei ancora senza nome. - mormorò pianissimo per non svegliare mamma e piccolo – Tua madre era così certa che fossi una femmina e non voleva neppure parlare di nomi da maschietto.
Lo fissò attentamente. A differenza di James, che già al San Mungo aveva fatto impazzire le infermiere, lui sembrava più calmo e pacato.
Voleva che il suo futuro fosse grande, come per suo fratello.
Voleva che fosse un uomo saggio.
Un mago dalle grandi capacità.
Voleva che fosse coraggioso.
Che mettesse la felicità degli altri prima della sua.
Che sapesse sacrificare il suo bene per aiutare chi ne aveva più bisogno.
Che sapesse proteggere i più deboli.
Che sapesse amare.
E lui aveva conosciuto pochi maghi con queste caratteristiche.
Anzi forse solo un uomo.
L'uomo più coraggioso che avesse mai conosciuto.
- Il tuo nome sarà Albus Severus Potter. – disse piano, lasciando che il nome risuonasse nella piccola stanza in penombra come se fosse la formula di un incantesimo.
Il piccolo si mosse di nuovo, Harry era certo di averlo visto sorridere.

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Capitolo 13
*** Sorriso n. 13 - Il sorriso di Severus Piton ***


n. 13
Titolo: Il sorriso di Severus Piton
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: nessuno in particolare
Personaggi: Ron, Luna
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: post 7 anno, epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Ron non capiva.
Ce la stava mettendo tutta.
Ma non capiva.

Parole: 836

Il sorriso di Severus Piton

Ron non capiva.
Ce la stava mettendo tutta.
Ma non capiva.
Seduto ai margini della pista da ballo osservava le coppie che ballavano sul luccicante pavimento argentato che suo padre aveva fatto comparire dopo la cerimonia che aveva unito Ginny e Harry in matrimonio.
Aveva capito la rottura del fidanzamento con Hermione. Aveva sempre saputo che lei era veramente troppo per un tipo ordinario come lui. Aveva capito la scelta di Hermione di cercare la sua strada altrove iniziando a lavorare al San Mungo come medimaga. Aveva capito, perfino, l'inizio di quella strana amicizia nata proprio all'ospedale dove lui era stato ricoverato per quasi un anno.
Aveva capito tutto questo.
Eppure questa sua scelta proprio non riusciva a capirla.
E più la guardava ballare al centro della pista con il suo compagno meno la capiva.
Il mago inclinò la testa di lato per analizzarlo meglio.
Per prima cosa era vecchio.
Non serviva un'analisi accurata per capirlo.
Era più grande di lei di svariati – troppi - anni. Poteva essere suo padre.
Non era un bell'uomo, ma quando si parlava di Hermione Jane Grager la bellezza esteriore non contava poi molto. Insomma neppure Krum era bello! E lui non sarebbe mai entrato nella classifica dei maghi più belli del Settimanale delle Streghe.
Ma Severus Piton non aveva proprio nulla di bello.
Insomma aveva i soliti capelli lunghi e che molto probabilmente con gli anni erano ancora più unticci. Il naso troppo grande, la pelle era meno olivastra poiché non viveva più nei sotterranei, ma era comunque pallido come il fantasma che viveva nella soffitta della Tana. Vestiva sempre di nero...
Com'era quella favola Babbana? Ah sì, la Bella e la Bestia.
Come poteva Hermione vivere nella stessa casa con quell'uomo?
Socchiuse gli occhi.
Piton non era cambiato dopo la guerra, neppure dopo la sua miracolosa guarigione. Era sempre scorbutico e non aveva smesso di terrorizzare gli studenti a Hogwarts. Non aveva smesso di preferire i Serpeverde. E, nonostante fosse Preside, se poteva togliere punti a Grifondoro non se lo faceva ripetere due volte.
Hermione non aveva mai cercato di spiegare quella strana relazione.
Un pomeriggio assolato aveva lanciato la notizia bomba lasciando tutti di stucco alla Tana.
Anche il fantasma della soffitta.
Alla fine, vedendo che tra di loro le cose andavano bene, tutti avevano capito ed accettato la novità.
Lui, invece, non riusciva proprio a capire.
- Stai cercando di vedere i Nargilli? - domandò Luna sedendosi accanto a lui.
- Cosa? - sussultò guardandosi attorno improvvisamente distolto dai suoi pensieri – I Nargilli?
- Oh sì. - continuò Luna con i suoi occhioni sgranati e l'aria sognante – Amano i fiori dai colori accesi. Ho detto a Ginny che i fiori rossi non erano l'ideale per il matrimonio, ma non ha voluto ascoltarmi.
- No... stavo solo guardando...
- Oh... - fece Luna intercettando il suo sguardo – stai guardando loro. Credo che sia normale, tu e Hermione siete stati fidanzati per tanto tempo. Anche se ho sempre pensato che lei fosse troppo intelligente per te.
- Grazie, Luna – rispose il rosso non sapendo se sentirsi offeso o meno.
- Prego, non c'è di che. - fece lei prendendo una tortina al rabarbaro – Credo che lei e Piton abbiano molto in comune.
- Tu dici? - le domandò il mago.
- Guardali, sembrano così felici.
Ron tornò a guardare la pista da ballo.
Sua madre e suo padre ballavano stretti, sorridevano entrambi.
Anche Bill e Fleur stavano ballando, lui le accarezzava il pancione, sorridevano entrambi.
Harry e Ginny fecero un giro di pista, i loro sorrisi avrebbero potuto illuminare tutto il giardino della Tana.
Hermione e Piton non sorridevano.
O meglio.
Hermione sorrideva, mentre Piton si limitava a fissarla.
Non sembrava arrabbiato, ma neppure felice.
Indossava una fredda maschera di indifferenza.
- A me non sembrano felici. - dichiarò – Piton ha una faccia da funerale.
- Uh... - mormorò Luna ingoiando l'ultimo boccone di pasticcino – credevo che volessi fare l'Auror.
- Io sto facendo l'addestramento da Auror!
- Allora dovresti osservare meglio le persone. Oh... uno gnomo da giardino.
Ron la osservò allontanarsi con il suo solito passo saltellante. Il modo schietto di parlare di Luna era in grado di pietrificarlo, anche Harry restava senza parole con lei. Perfino Hermione faceva fatica a risponderle a volte e lasciare Hermione senza parole era difficile.
Tornò a guardare la pista da ballo.
La musica stava per finire. Si ritrovò ad osservarli di nuovo, soffermandosi sul Preside.
Effettivamente i lineamenti di Piton sembravano meno duri quel pomeriggio, perfino le sue labbra non erano piegate nel solito beffardo sorriso. La profonda ruga che gli solcava la fronte era appena accennata.
E poi lo vide.
Il suo sguardo.
Quegl'occhi neri e profondi, che gli avevano sempre ricordato gli occhi freddi ed inespressivi della bambola di pezza di Ginny, erano illuminati da una luce nuova. Sembravano vivi, intensi e fissi sulla sua compagna.
Severus Piton non stava sorridendo apertamente ad Hermione. Eppure le stava sorridendo a modo suo.
Ron sgranò gli occhi incredulo.
Ora capiva.

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Capitolo 14
*** Sorriso n. 14 - L'angelo nero che andò a prenderla ***


Titolo: L’angelo nero che andò a prenderla
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Triste
Personaggi: Minerva, Severus
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: missing moment
Riassunto:
Sembrava che stesse dormendo e, dal sorriso che aveva, sembrava che stesse facendo un bel sogno.
Parole: 1104
Note: Se la vostra è stata una giornata di cacca non leggetela.

L’angelo nero che andò a prenderla

Minerva McGranitt si considerava una donna fortunata.
Era una strega in gamba, sopravvissuta a due guerre magiche.
Era stata innamorata ed era stata amata.
Aveva conosciuto maghi di eccezionale valore.
La sua vita era stata piena, intensa sia con momenti brutti che con momenti belli.
Decisamente non poteva lamentarsi.
C’erano stati maghi che non avevano avuto altrettanta fortuna.
La strega appoggiò sulle gambe, coperte dal plaid di tessuto scozzese, il lavoro a maglia che aveva iniziato per la nuova pronipotina in arrivo e guardò fuori dalla finestra.
Il cottage che aveva acquistato dopo anni di sacrifici si affacciava sul mare.
In primavera ed in estate il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e l’odore di salsedine erano i suoi compagni della giornata.
In autunno ed inverno il vento cullava la casa come farebbe una madre col proprio figlio.
Era un bel posto dopo passare il resto della vita o quello che ne restava.
Dall’ultima battaglia erano passati anni, molti, molti anni. Era vecchia anche per il mondo magico.
Sapeva che se si guardava allo specchio avrebbe visto una donna anziana, con i capelli candidi, leggermente ingobbita dal tempo, il volto attraversato dalle rughe.
Era stanca.
Guardò il lavoro a maglia appena iniziato.
Il lavoro coi ferri l'aiutava a perdersi nei suoi ricordi e a tenere a bada il tremore alla mano che sovente l'accompagnava impedendole anche di reggere la bacchetta.
Non era certa che l'avrebbe finito. Era sempre così quando iniziava un nuovo lavoro, ed ogni volta lo finiva prima del tempo.
Ma questa volta c'era qualcosa di diverso... forse il suo vecchio cuore aveva deciso di abbandonarla.
Allungò la mano e prese la tazza di the appoggiata al tavolino accanto alla sedia.
La mano tremò, la strega fece un profondo respiro cercando di tenerla il più ferma possibile, poi la portò alle labbra.
Bevve un sorso e la riappoggiò con un lieve sospiro. Il vento ululava fuori dalla finestra e il mare in burrasca di scontrava con forza sugli scogli.
Riprese a lavorare mentre ripercorreva gli anni della sua gioventù e quelli di donna adulta troppo impegnata nel lavoro per pensare all'amore. Ripensò ai brevi anni passati con Elphinstone, alle risate che quel mago riusciva a strapparle la sera davanti al camino acceso. Al suo amore incondizionato, a quanto l'aveva resa felice anche se per poco, pochissimo, tempo.
Gli mancava.
Così come gli mancava Albus.
Il suo amico che aveva sempre un consiglio da darle, lui che l'aveva consolata in sala professori quando aveva saputo del matrimonio di Dougal.
Le mani quasi lavoravano da sole mentre ripercorreva ogni anno della sua lunga vita. Ogni punto era una persona amata.
Ogni punto era un'azione che aveva compiuto.
Ogni punto era un parola che non era riuscita a dire.
Ogni punto era una parola che avrebbe voluto rimangiarsi.
- Buonasera, Minerva.
Le mani si fermarono bruscamente e, dopo un attimo di stupore, le labbra si incurvarono in un sorriso.
Sollevò lo sguardo dal lavoro a maglia.
Davanti a lei c'era un uomo che non era invecchiato con il tempo.
Forse perché dove stava lui il tempo non aveva importanza.
Indossava gli stessi abiti con cui era stato sepolto, li riconosceva, li aveva scelti lei.
Un gesto insignificante, ma le sembrava il modo migliore per chiedere scusa. Era stata un'idea sciocca, il senso di colpa per come si era comportata l'aveva schiacciata per anni.
Appoggiò il lavoro a maglia sulle gambe.
- Sei venuto per vendicati?
Il mago sollevò un sopracciglio fine.
- Vendicarmi?
- Ti ho ostacolato in ogni modo in cui mi era stato possibile.
Il mago sorrise appena.
- Era giusto così.
- Ti ho lasciato solo.
- Io non ero mai solo.
- Avevi bisogno di un'amica.
- No, avevo bisogno di qualcuno che proteggesse gli studenti. – fece un sospiro e a Minerva sembrò si sentire il suo respiro sul volto. Ma i morti non respirano. - Anche da me.
- Ti ho chiamato codardo...
Una lacrima solcò la guancia della vecchia strega, la lasciò scendere lungo la mascella per poi perdersi nel plaid che le copriva la gambe.
- Non ho avuto fiducia in Albus e neppure in te, Severus. – continuò mentre un’altra lacrime percorreva lo stesso sentiero della prima.
- Nessuno poteva avere fiducia in un assassino.
- Tu non sei un assassino! - gridò, per quanto il suo vecchio corpo stanco glielo permettesse.
Per un attimo si sentì di nuovo la professoressa che sgridava uno studente scoperto nei corridoi dopo il coprifuoco.
Il mago vestito di nero davanti a lei sorrise ancora.
- Mi dispiace, Severus. - disse Minerva – Mi dispiace tanto.
- Lo so. - rispose l'altro – Ho visto... ho sentito... ma tu non devi scusarti. Non devi farlo mai più, Minerva.
- Ma... Severus io...
- Mi sei stata vicina per anni. Sei stata mia amica a volte anche una madre. Io ero quello da odiare. Quello era il mio compito. Dovevi focalizzare le tue forze su di me, su quello che rappresentavo. Ti ha permesso di non lasciarti andare, Minerva. Sei stata forte, hai combattuto.
- Ho combattuto contro di te.
- Era giusto così. - disse di nuovo la presenza.
Minerva sospirò e chiuse gli occhi un istante.
- Perché sei qui?
- Perché, ora, ho un altro compito.
- Sei venuto a prendermi?
- Sì.
La strega aprì gli occhi.
Severus le stava porgendo una mano invitandola ad alzarsi.
Abbassò lo sguardo sul lavoro a maglia che non avrebbe finito.
- Me lo sentivo questa volta…- sorrise allungando poi una vecchia mano.
Si era quasi convinta che la sua mano avrebbe trapassato quella di Severus. Era certa di afferrare l’aria. Invece la stretta del mago fu salda, forte e un brivido le attraversò il corpo.
Sentiva di nuovo le forze di un tempo, era quasi certa che se si fosse guardata allo specchio avrebbe visto la giovane Minerva di un tempo. Forte e in salute, con ancora il mondo e la vita davanti a sé.
Ma non era più la vita che stava guardando ora.
Severus le sorrideva, come non aveva mai fatto da vivo. Sembrava in pace, sereno. E si sentì serena e in pace anche lei.
Le strinse la mano.
- Dobbiamo andare, - le disse – ci stanno aspettando.
- Sì.
Il giorno dopo quando il nipote la andò a trovare, la trovò ancora seduta sulla sedia a dondolo.
Il capo reclinato con grazia di lato, il lavoro a maglia appoggiato sulle ginocchia.
Le mani abbandonate di lato.
Sembrava che stesse dormendo e, dal sorriso che aveva, sembrava che stesse facendo un bel sogno.

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Capitolo 15
*** Sorriso n. 15 - Alla luce del sole ***


Titolo: Alla luce del sole
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Generale
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus / Hermione
Epoca: Post 7 libro – Epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Sono stanca dei segreti e dovresti esserlo anche tu. Voglio che la gente sappia che sono la tua donna. Voglio palare con Ginny del mio uomo. Voglio poter guardarti con amore in mezzo ad altra gente e voglio poter andare al matrimonio di Harry con l'uomo che amo. Voglio questo Severus. Una relazione alla luce del sole.
Parole: 1867

Alla luce del sole

Hermione Granger sapeva di avere un carattere difficile. Sapeva che a volte risultava sgradevole parlare con lei perché voleva sempre avere l'ultima parola. Sapeva che la sua intelligenza metteva molto in soggezione. Che la sua fama da SoTutto, spesso, la precedeva.
Lo sapeva e, per questo, cercava di smorzare gli angoli aguzzi del suo carattere indurito, a volte troppo indurito, dalla guerra.
Solitamente si tratteneva dal precisare fatti non importanti, cercava di non avere sempre l'ultima parola, si mostrava più permissiva quando vedeva uno dei suoi colleghi infrangere il protocollo per cose insignificanti.
Si tratteneva e le cose andavano bene.
Ma nell'ultima settimana, però, era stata così di pessimo umore che non si era più controllata.
Sbottava quando trovava una carta fuori posto. Criticava tutti, continuamente, e per qualunque cosa. Correggeva chiunque dicesse qualcosa di sbagliato o incompleto. Voleva sempre avere l'ultima parola.
Era stata così insopportabile che un paio di colleghi più anziani, pensando di non essere sentiti, avevano detto che doveva togliersi la scopa da ogni pertugio oscuro del suo corpo.
Per questo quella mattina, appena sbucata da uno dei camini nell'atrio del Ministero della Magia con addosso il suo completo nero babbano, non si stupì quando vide la gente scostarsi al suo passaggio quasi fosse un drago infuriato.
E, pensandoci bene, si sentiva proprio così.
Madeline Onix Fireborn, detta Ruby per la sua predilezione per la bigiotteria con pietre rosse, l'assistente che aveva assunto dopo una lunga ricerca e solo perché la mole di lavoro era diventata ingestibile per una sola persona, si alzò in piedi di scatto quando la vide entrare nell'ufficio con il solito umore nero che l'accompagnava a braccetto in quegli ultimi giorni.
- Signorina Granger! - disse avvicinandosi con i messaggi del mattino, aveva già un'espressione abbattuta che le diede subito fastidio – C'é...
- Non ho intenzione di vedere nessuno, Ruby. - disse interrompendola leggendo distrattamente le missive – Tra un paio d'ore ho l'udienza per allargare il territorio di caccia dei centauri dello Yorkshire e voglio rivedere tutta la pratica. Non voglio nessun messaggio, nessuna visita. Non voglio essere disturbata neppure se l'Oscuro Signore in persona tornasse dall'oltretomba e iniziasse a camminare per le strade di Londra.
- Veramente signorina...
Hermione non l'ascoltò nemmeno, aprì la porta del suo ufficio e si bloccò di colpo costringendo Ruby ad una brusca frenata.
- Gli ho detto che avrebbe dovuto aspettare fuori. - sussurrò spaventata la strega alle sue spalle mortificata – Ma non ha voluto ascoltarmi.
Il mago seduto dietro alla sua scrivania gli lanciò un'occhiata di sfida.
- Ci penso io. - rispose Hermione liquidando la segreteria in modo sgarbato prima di chiudere la porta.
Sotto lo sguardo del mago, la strega appoggiò la borsa ventiquattr'ore sulla scrivania e si sedette.
- Gli elfi domestici hanno finalmente deciso di ribellarsi ad Hogwarts? - domandò appoggiandosi allo schienale – O le sirene non vogliono più stare in quella pozzanghera che chiamate Lago?
Il mago dall'altra parte sollevò un sopracciglio fine.
- E' passata una settimana. - disse incrociando le braccia al petto ignorando le sue domande – Una settimana di silenzio.
- Non abbiamo nulla da dirci. - tagliò corto l'altra prendendo il voluminoso fascicolo dalla borsa che, all'apparenza, sembrava contenere solo una misera pergamena. – Ho molto da lavorare, Severus. E, comunque, - disse dopo aver aperto il fascicolo – anche tu sei rimasto in silenzio per una settimana. Ora se vuoi scusarmi...
- Dobbiamo parlare di quello che è successo.
- Perché? Sei già stato abbastanza chiaro.
- Pix ha inventato una nuova canzoncina su Hermione Granger e il suo reggiseno.
Hermione si sentì arrossire come una scolaretta sorpresa nel ripostiglio delle scope ad amoreggiare con il fidanzatino.
Severus ghignò divertito.
- Potevi almeno rivestirti.
- Vai al diavolo, Piton!
Il mago si alzò dalla sedia e aggirò la scrivania, parandosi di fronte a lei.
Hermione sentì il cuore in gola, il suo corpo fremeva e si malediva per la sua totale dipendenza da quello sguardo caldo ed avvolgente.
Quello sguardo che apparteneva solo a lei.
Quello sguardo di luce celato dalle tenebre del suo passato.
E quel suo maledetto corpo che sentiva il richiamo dell'altro.
- Sei scappata in piena notte... non mi hai lasciato tempo di replicare.
La strega deglutì ritrovando lo spirito battagliero di pochi istanti prima.
- Io me ne sono andata quando ho capito che non ero più la benvenuta!
Severus si chinò su di lei. Una mano si avvicinò al suo viso, due dita afferrarono una ciocca di capelli attorcigliandone la punta sulle dita allungate, perfette per il calderone.
Perfette per far vibrare il suo corpo.
Scacciò quel pensiero molesto.
- Io non ho mai detto questo. - alitò Severus, vicino alla sua guancia, troppo vicino.
Poteva sentire il calore della sua pelle, il respiro sul collo...
- L'ho capito da sola... - quasi balbettò spingendo indietro la sedia, liberandosi da quella dolce presa che sapeva di possesso e che le annebbiava la mente – quando sei scappato da me.
- Io non scappo! - rispose Severus irritato, ritirando del tutto la mano.
- Severus, io ero nel tuo letto. Nuda. Avevamo appena finito di fare l'amore e ti ho detto che ti amavo. - gesticolava mentre parlava, si sentiva tradita, ferita nel profondo – Tu ti sei alzato e sei andato a controllare una pozione!
- Era una pozione importante.
Hermione sbuffò contrariata e tornò a fissare il fascicolo.
- Mi hai colto di sorpresa. - cercò di giustificarsi lui.
- Ci frequentiamo da quasi un anno. - rispose la strega – Era logico, anche se non posso definirla una vera e propria relazione, visto che non vuoi che qualcuno lo sappia.
- La situazione è delicata.
Si alzò, fiera e battagliera, come quando aveva combattuto per la sua vita a Hogwarts.
Anche se in quella stanza non si usavano incantesimi proibiti e bacchette, stava ancora lottando per la sua vita.
- Sai una cosa, Severus? Anch'io all''inizio l'avevo pensato. In fondo tu sei ancora visto come un ex Mangiamorte, anche se hai aiutato l'Ordine fino allo stremo. E io sono definita l'eroina del mondo magico, la mente del trio che ha salvato il mondo. Sì, era una situazione particolare, con molti anni di differenza d'età e mille pettegolezzi. E all'inizio era anche eccitate fare finta di nulla in tua presenza. Incontrarci per caso al Ministero scambiarci solo qualche occhiata piccante. Ma ora basta. Sono stanca dei segreti e dovresti esserlo anche tu. Voglio che la gente sappia che sono la tua donna. Voglio palare con Ginny del mio uomo. Voglio poter guardarti con amore in mezzo ad altra gente e voglio poter andare al matrimonio di Harry con l'uomo che amo. Voglio questo Severus. Una relazione alla luce del sole.
Il mago alle sue spalle restò in silenzio per quello che le sembrarono infiniti istanti.
- Non è il momento giusto, Hermione.
Sentì il cuore andare in pezzi, sgretolarsi sotto il peso di quel segreto che la stava consumando, sotto quell'amore così grande che la riempiva lasciandola senza fiato.
- Non sarà mai il momento giusto per te, Severus. E io sono stanca, questo gioco non mi eccita più.
Improvvisamente dal camino si alzarono delle fiamme verdi e il viso di un bel giovane apparve nella cornice di marmo.
- Oh scusa, Herm... - fece il giovane mago lanciando un'occhiata veloce all'uomo – pensavo fossi sola. Buongiorno, Preside Piton. - Severus fece solo un cenno con la testa – Volevo solo una conferma per il pranzo di oggi.
- Sì, Mark. Va bene. - rispose Hermione sotto lo sguardo infuocato del mago – Ci vediamo da Tom per l'una.
Il giovane mago annuì con un sorriso radioso e sparì con un pop.
- Da Tom per l'una? - domandò ironico – Un bel giovane... Herm.
Hermione vide la scintilla della gelosia in quello sguardo di fuoco e ne gioì.
Almeno contava qualcosa.
- Smettila, Severus. Non hai il diritto di essere geloso. E' solo un amico e, comunque, non devo a te nessuna spiegazione.
- Dici che mi ami e poi esci con un altro.
- Sì, se la persona che amo non mi ricambia.
- Io non ho mai detto questo.
- Allora accompagnami al matrimonio di Harry, come mio fidanzato.
- No.
Con uno sbuffo la donna riprese il fascicolo appena aperto e lo sistemò di nuovo nella valigetta.
- Ripeto: non abbiamo nulla da dirci. E io esco con chi voglio.
Con un gesto secco, che nella sua mente risultò molto teatrale, chiuse la valigetta e uscì dall'ufficio. Con la coda dell'occhio vide Ruby affrettarsi a trovare qualcosa da fare fingendo di non aver provato ad origliare la conversazione.
Con un umore ancora più nero si avviò all'aula per l'udienza, rischiando di travolgere un paio di addetti alla manutenzione.
L'atrio era ancora ingombro di persone. Ognuno con una meta, soli o in compagnia. Il rumore dei passi era superato solo dal chiacchiericcio e dal fruscio dei messaggi che volteggiavano da un ufficio all'altro. Alcuni gufi volarono sopra la loro testa.
La statua d'oro, ricostruita dopo la guerra, mostrava maghi, streghe, babbani e creature magiche sullo stesso piano, con uguali diritti e privilegi.
Con passo deciso iniziò ad attraversare l'affollato atrio maledicendo Severus.
Maledì il suo sguardo capace di farle tremare l'anima
Maledì il suo corpo e le sue mani che sembravano create per farle provare intensi brividi di piacere.
Maledì quel pomeriggio invernale quando si erano baciati la prima volta.
Maledì la sua voce velluta che sussurrava il suo nome in una stanza buia.
Maledì quella notte quando non era stata in grado di tenersi dentro quel ti amo che prepotente era affiorato sulle sue labbra.
Mentre iniziava a maledire se stessa sentì qualcuno afferrarle il braccio e voltarla di scatto.
Non ebbe il tempo di urlare, sentì le labbra di Severus premere contro le sue.
Non ebbe il tempo di riflettere che la sua lingua cercava di entrare per esplorarle la bocca.
Non ebbe il tempo di respirare che già il suo corpo stava rispondendo a quel bacio di cui sentiva il bisogno.
La valigetta le scivolò di mano e si ritrovò ad affondare le mani nei suoi capelli corvini, mentre lui l'afferrava in vita divorandola con la bocca, mostrando al mondo che era sua e di nessun altro che osava chiamarla Herm.
E quel bacio famelico che sapeva di amore e possesso era quello che voleva, quello che desiderava in quei giorni bui e aridi senza di lui.
E dov’é uno stanzino delle scope quando serve?
Quando si separarono Hermione aprì gli occhi immergendosi nel mare di ossidiana dei suoi. E le stava dicendo che l’amava.
A modo suo, ma l’amava.
- Non ti accompagnerò comunque al matrimonio di Potter. – sibilò Severus prima voltarsi per raggiungere il camino più vicino.
Hermione restò ferma nell’altrio osservandolo allontanarsi.
Lo osservò sentendo la gente che bisbigliava nella sua direzione.
Sentendo l’improvviso silenzio che aveva riempito l’atrio del Ministero.
Sentendo, perfino, la penna color verde acido di quella orribile Rita Steeker mentre scriveva velocemente il nuovo scoop della settimana.
Lo scoop su Severus Piton ed Hermione Granger.
Continuò ad osservarlo mentre camminava a testa alta tra la folla che lo fissava.
Si portò due dita alle labbra rosse e sorrise.

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Capitolo 16
*** Sorriso n. 16 - Semplice normalità ***


Titolo: Semplice normalità
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Generale
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus / Hermione
Epoca: Post 7 libro – Epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Lui, Severus Piton, ex Mangiamorte, ex spia, assassino di Silente, Preside di Hogwarts che aveva una discussione del tutto normale con Hermione Granger, ex studentessa, ex Grifondoro, ex di Weasley e avvocato delle Creature Magiche del Ministero.
Parole: 1459
Note: E’ il seguito di Alla luce del sole

Semplice normalità


Il mago stava ascoltando un vecchio disco appartenuto a sua madre; era seduto sul divano dalla stoffa consumata e leggeva distrattamente un libro.
Ogni mezz'ora sollevava lo sguardo scuro e fissava le lancette dell'orologio sulla mensola del camino. Più di una volta si era chiesto se quel maledetto aggeggio non fosse stato incantato per andare più lentamente. Le lancette si muovevano troppo piano per i suoi gusti.
Lei aveva promesso di andarlo a trovare finiti i festeggiamenti, ma, vedendo l'ora, era ormai tropo tardi. Probabilmente aveva cambiato idea.
Era umiliante per il suo orgoglio ammettere che gli mancava.
La solitudine era sempre stata una compagna fidata. Un'amica e complice con cui aveva trascorso la maggior parte della sua vita insignificante. La conosceva, si fidava di lei e dei segreti che sapeva portare.
Ma da quando quel ciclone riccioluto era entrato nella sua vita, tutto era diverso. E la solitudine era diventata una nemica, i suoi silenzi, che solitamente apprezzava, erano troppo pesanti da sopportare.
Chiuse il libro e si alzò piano. Prese la bacchetta dal tavolino e con un leggero colpo spense il grammofono.
Decise di andare a letto, convinto che non sarebbe più venuta.
Mentre si accingeva a salire le scale che portavano al piano superiore sentì la maniglia della porta d’ingresso tremare, si voltò stringendo la bacchetta - un riflesso ormai così automatico che non lo avrebbe mai lasciato – e osservò la maniglia abbassarsi leggermente.
Era già pronto a scagliare una potente fattura quando la porta si aprì quel tanto che bastava per fare entrare Hermione. Era ancora fasciata dal vestito color carta da zucchero che aveva comprato per il matrimonio di Potter, i capelli legati in un'alta coda, truccata in modo leggero e semplice.
Sussultò spaventata quando lo vide sulle scale.
- Sei ancora sveglio? - gli domandò chiudendo l'uscio.
- Avevo del lavoro da finire. - mentì, non poteva assolutamente ammettere che la stava aspettando – Com'é andato il matrimonio?
Hermione sorrise, come solo lei sapeva fare, scaldandogli quello che restava del suo cuore martoriato da due guerre e da un distruttivo amore mai corrisposto.
- Bene. Ginny era bellissima e Harry molto emozionato. Molly ha pianto per tutta la cerimonia, mentre Gerorge e Ron hanno fatto esplodere dei Fuochi d'Artificio con innesto ad acqua. Credo che Ron abbia un gran futuro in quel negozio, non sarà come Fred, ma ha delle buone idee.
A Severus quelle informazioni non interessavano minimamente, ma voleva esser gentile. E voleva, in qualche modo, entrare in quel mondo dove si sentiva sempre di troppo, dove la luminosità dello sguardo di lei era offuscato dall'oscurità del suo animo.
Hermione sollevò un pacchettino che aveva in mano e che prima non aveva notato.
- E' una fetta di torta nuziale. Ginny ha insistito di portartela, le ho detto che non ami i dolci, ma non ho saputo dirle di no. E' buona, al cioccolato.
Severus si rese improvvisamente conto di essere ancora sulle scale, scese gli scalini che lo separavano da lei e la seguì nella piccola cucina dove Hermione stava appoggiando la torta sul tavolo.
Le mise una mano sulla spalla, lei si voltò e gli circondò il collo con le braccia raggiungendo le sue labbra con un delicato bacio. Leggero e profumato di torta al cioccolato.
- Mi sei mancato. - gli sussurrò con un lieve sorriso sulle labbra – E sono distrutta. Tutti i parenti di Ginny volevano ballare con me. Non ho saputo dire di no a tutti, zio Reginald è un pessimo ballerino. Ho i piedi doloranti. - gli sfiorò le labbra con un altro delicato bacio - Avrei voluto ballare con te. Ma, forse, é stato meglio che tu non sia venuto.
Il mago sollevò un sopracciglio fine.
- Così potevi ballare con tutto il clan Wealsey?
Hermione lo sciolse dal suo morbido abbraccio con una risatina che a Severus sembrò un suono celestiale. Gli piaceva come risuonava la risata di Hermione in quella casa che per anni aveva solo raccolto urla di odio e lacrime di dolore.
- C'era la Sketeer. - gli disse appoggiandosi allo schienale di una sedia e iniziando ad armeggiare con i lacci delle scarpe col tacco alto. Severus fece una smorfia disgustato – Per tutta la cerimonia non mi ha tolto gli occhi di dosso e continuava a guardare il giardino della Tana come se si aspettasse di vederti comparire da un momento all'altro. E per quasi tutti i festeggiamenti è andata in giro a chiedere di noi due, ignorando Harry e Ginny. Alla fine Ron le ha sciolto nel vino una pasticca vomitosa. - ridacchiò divertita togliendosi la prima scarpa – Abbiamo scoperto che le pasticche vomitose non devono mai essere mischiate all'alcool.
Quando riuscì a togliersi anche la seconda scarpa, Hermione fece un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi.
- Oh ti ringrazio Morgana... - mormorò lasciandole cadere a terra – mi stavano uccidendo. Posso dormire qui? - gli chiese – Sono troppo stanca per smaterializzarmi fino a casa, non vorrei spaccarmi.
Annuì incantato dalla semplicità di quella scena.
Lui, Severus Piton, ex Mangiamorte, ex spia, assassino di Silente, Preside di Hogwarts che aveva una discussione del tutto normale con Hermione Granger, ex studentessa, ex Grifondoro, ex di Weasley e avvocato delle Creature Magiche del Ministero.
Se glielo avessero detto qualche anno fa sarebbe scoppiato a ridere, anzi avrebbe solo sollevato un sopracciglio scettico.
Invece stava proprio accadendo questo.
In fin dei conti erano una coppia come tutte le altre.
Più o meno.
Hermione sorrise di nuovo e accennò ad una doccia e ad un cambio d'abiti. La seguì con lo sguardo su per gli scalini fino a quando non voltò verso il corridoio. Tornò in salotto accompagnato dai tipici rumori della normalità, passi sul pavimento, una porta che viene aperta, lo scroscio delle doccia, il profumo del bagnoschiuma ai fiori di patchouli – fragranza che all’inizio trovava ridicola, ma che ora amava sentirle sulle pelle e nella sua casa – e la sensazione di calore che sapeva darti solo una famiglia.
Una famiglia felice.
Si ritrovò a sorridere mentre faceva scorrere un dito sui vecchi dischi di sua madre. Prese uno dei vinili e lo mise sul giradischi abbassando la puntina al punto giusto.
Dal grammofono uscì un lieve fruscio, poi la musica soave e lenta riempì la stanza.
Il mago sgranò gli occhi riconoscendo quella canzone. Era la preferita di sua madre.
Un pomeriggio, quando era ancora piccolo, prima di vedere Lily giocare con Petunia al parco giochi per la prima volta, sua madre stava ascoltando quello stesso disco in piedi nel salotto, mentre il sole di Giugno invadeva la casa.
Lui stava giocando sul pavimento.
Suo padre era rientrato prima dal lavoro, era felice. Forse l’unica volta che lo ricordava sul sorriso sulle labbra.
Aveva preso sua madre e avevano iniziato a ballare su quelle lente note, entrambi sorridenti.
Era un ricordo sbiadito nel tempo, vecchio di troppi anni per essere del tutto felice. Quei sorrisi erano stati sostituiti in fretta – troppo in fretta - dalle lacrime e dal dolore. Quelle note dalle urla. E l’immagine dei suoi genitori allegri era stata sostituita da due persone che litigavano per qualsiasi cosa.
- Che bella canzone.
La voce di Hermione lo destò da quel ricordo non del tutto felice, camminava scalza, indossava una sua camicia come faceva ogni volta che dormiva a Spinner’s End, i capelli erano umidi.
Bellissima in quella sua normale semplicità.
- Sì,- confermò – è una bella canzone.
Avrei voluto ballare con te.
Stirando le labbra in un sottile sorriso allungò una mano in un muto invito.
La strega si strinse a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Si muovevano piano, seguendo più il ritmo dei loro cuori e dei loro respiri piuttosto che la musica.
Severus le accarezzò i capelli, annusandone il profumo di pulito, sentendo il corpo di Hermione aderire al proprio.
Così semplice.
Così naturale.
Così normale.
- Sei felice con me, Hermione? - glielo domandò a bruciapelo, senza pensarci, come faceva ogni volta che la paura di non renderla felice come meritava lo assillava.
Lei sollevò la testa dalla sua spalla e lo fissò negl'occhi, amava quello sguardo innamorato. Amava che quello sguardo innamorato fosse rivolto a lui.
E, come ogni volta, attendeva con un sussulto al cuore quelle due parole che erano in grado di farlo sentire in pace con il mondo e con la sua anima oscura.
- Ogni giorno. - gli ripose con un sorriso.
Il mago ricambiò il sorriso e si chinò a baciarla.
Un bacio lungo, lento e profondo che aveva il sapore dell'amore dal retrogusto di cioccolato.
Hermione tornò ad appoggiare la nuca sulla sua spalla con un sospiro felice.
Restarono in silenzio a ballare in uno stretto abbraccio.
La musica riempiva il salotto.
L’amore i loro cuori.

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Capitolo 17
*** Sempre e mai ***


Titolo: Sempre e mai
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, malinconico, triste
Personaggi: Severus Piton, Lily Evans, James Potter
Pairing: Lily / James
Epoca: Post malandrini
Avvertimenti: nessuno
Riassunto:
Non la vedi dal diploma, ma ogni tanto qualche voce sul suo conto arriva alle tue orecchie e ti colpisce il cuore come una pugnalata.
E la gelosia ti avvelena come il morso di un serpente.

Parole: 563

Sempre e mai

Cammini per i vicoli bui di Nocturn Alley. Il é volto celato dal cappuccio scuro del mantello nero.
L'Oscuro di ti ha mandato da Magie Sinister a ritirare un pacco. Non ti interessa il suo contenuto. E' il tuo compito.
Lui è il Padrone. Tu il servo fidato.
Ti basta.
Per ora.
Il proprietario ti ha squadrato con diffidenza quando hai messo piede nel negozio, ma ti é bastato mostrare l'avambraccio sinistro per farlo zittire e tremare come un bambino.
Ghigni ancora divertito nel ricordare la faccia smorta e spaventata di quel mago mediocre.
Ti piace il potere che hai tra le mani, la possibilità di spaventare qualcuno solo sollevando una manica.
Tu, il Mocciosus che tutti prendevano in giro, rispettato e accettato dagli altri.
Attraversi Nocturn Alley con fare sicuro, a testa alta, osservando divertito e soddisfatto gli altri maghi che si spostano al tuo passaggio.
Esci dal vicolo buio e ti immetti nella chiassosa ed assolata Diagon Alley. E' una mattina come tutte le altre, ma il mondo sta per cambiare.
Nessuno presta attenzione a te e la cosa ti rassicura.
A differenza di prima resti nell'ombra, a margine della strada affollata dove si affacciano tutte le vetrine.
Non vuoi che qualcuno ti riconosca.
Non ancora, almeno.
Cammini per qualche metro poi ti blocchi all'improvviso.
La vedi.
Seduta ad uno dei tavolini esterni della Gelateria Florian, intenta a mangiarsi una coppa gelato dalle dimensioni imbarazzanti. Ricordi ancora il gusto che preferisce.
I capelli rossi brillano come rubini sotto il sole.
E' con lui.
Non ti stupisci. Non la vedi dal diploma, ma ogni tanto qualche voce sul suo conto arriva alle tue orecchie e ti colpisce il cuore come una pugnalata.
E la gelosia ti avvelena come il morso di un serpente.
Sai che si sta per sposare.
Con lui.
L'inetto Grifondoro che te l'ha portata via.
Stringi i pugni e vorresti colpirlo.
Lui e quel suo sorriso perfetto, con i suoi capelli perfettamente spettinati, la solita aria arrogante. Manca solo il boccino d'oro, ma sei quasi certo che ce l'abbia in tasca.
Lei ride e ti sembra di sentire quella risata cristallina che sovrasta il frastuono di Diagon Alley. La vedi allungarsi verso il suo fidanzato e pulirgli l'angolo delle labbra con un pollice.
Lui si avvicina e le ruba un bacio. E' veloce. Leggero. Probabilmente l'ennesimo della giornata.
Digrigni i denti così forte che li senti scricchiolare.
Dentro stai urlando. Il cuore batte furioso in petto, hai l'impressione che presto schizzerà fuori, ma non riesci a staccarle gli occhi di dosso.
Bella e felice.
Ormai donna.
Mai più tua.
Mai stata veramente tua.
Ti imponi di chiudere gli occhi, di cancellare quella scena dalla tua mente.
Di tornare a quando quei sorrisi luminosi erano solo tuoi. Quando ti guardava con innocente stupore.
Quando pendeva dalle tue labbra e desiderava ascoltare i racconti su Hogwarts.
Quei sorrisi erano per te. Per i tuoi occhi di tenebra. Per le tue labbra sottili e poco invitanti.
Solo per te.
Porti quei sorrisi nel cuore, sono i tuoi ricordi felici, gli unici che ti hanno permesso di sopravvivere agli ultimi due anni ad Hogwarts.
Ti aggrappi a quei sorrisi come un'ancora di salvezza.
Quei sorrisi che ti davano calore, affetto, felicità.
Quei sorrisi saranno sempre tuoi.
Apri gli occhi e lo vedi allungarsi per darle un altro bacio.
Sempre tuoi.
Sempre.
E mai.



Vi ricordo che il sorriso n. 18 e n. 19 sono: Il momento giusto per dire "Ti amo" e Posso avere un bacio?

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Capitolo 18
*** Sorriso n. 20 - Porcospino ***



Vi ricodo che il sorriso n. 18 é la storia "Il momento giusto per dire Ti amo", mentre il sorriso n. 19 é il seguito "Posso avere un bacio?"

n. 20

Titolo: Porcospino
Autore:
Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot Rating:Per tutti
Genere: Romantico
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: Epilogo alternativo
Avvertimenti: AU Riassunto:

- Prima di uscire come una furia dal mio ufficio mi hai paragonato ad un porcospino.
- Perché è quello che sei! – rispose Hermione gesticolando incontrollata - Ti chiudi a riccio e quando qualcuno vuole aiutarti lo pungi con le tue spine.


Nota 1:
Questa one shot si collega ad una raccolta che sto già scrivendo e che perfezionerò in vacanza.
Per voi sarà assurdo ma in questa storia praticamente vi svelo il finale della raccolta. Questo perché il finale di per sé è importante fino ad un certo punto. Non è la meta, ma il percorso quello su cui sto cercando di basare le storie.
E’ scritta in modo un po’ strano, con salti temporali dal presente al passato che, in effetti, potranno mandare in confusione fino alla fine.
Tutto è, comunque, voluto. XD
Nota 2:
Questa è l’ultima storia che posto prima delle ferie. L’ultimo mese tra i casini lavoro/famiglia e il caldo ho scritto poco, spero di rifarmi al mare.
Vi auguro, quindi, buone, buonissime vacanze!
E che Severus sia sempre nei vostri sogni e sorrisi!

Parole: 1378

Porcospino

Hermione camminava in cerchio nel salotto della sua casa.
Avevano litigato.
Di nuovo.
Ormai non facevano altro da giorni e la cosa iniziava ad infastidirla.
A volte i loro battibecchi erano solo un violento preliminare, fare l’amore dopo un litigio era sempre dannatamente eccitante. Lui era passionale, focoso e sfogava tutta la sua rabbia sul suo corpo, facendola sua in un modo tale che la sorprendeva ogni singola volta.
Un paio di volte lo aveva istigato di proposito.
Ma in quegli ultimi giorni era diverso.
Severus era nervoso e suscettibile. Lo capiva, a dire il vero, sapeva che nei giorni che precedevano l’anniversario della morte di Silente era sempre agitato e più terribile del solito, ma questa volta era diverso.
C’era qualcosa che lo turbava, che lo preoccupava e, nonostante tutto quello che era successo tra di loro, non voleva confidarsi. Così si limitava a mugugnare qualcosa, chiudersi nel suo guscio nero impedendole di entrare. Impedendo a chiunque di entrare.
L’aveva sopportato per giorni interi, poi era scoppiata.
Avevano urlato nella presidenza. I Presidi alle pareti si erano tappati le orecchie. Perfino Silente li aveva fissati stupito ed incredulo.
Non si sarebbe stupita se le loro grida si fossero sentite fino ad Hogsmeade.
Quell’ultima lite poteva essere la fine della loro relazione.
Sbuffò e percorse il salotto con più veemenza imprecando mentalmente.
L'apertura della porta di casa bloccò ogni sua maledizione. Si fermò osservando trucemente il suo compagno entrare in casa.
- Non si usa più bussare? - domandò irritata incrociando le braccia al petto.
Il mago chiuse la porta lanciandole un’occhiataccia.
- Vuoi lanciarmi addosso degli uccelli? - chiese ironico ignorando la domanda.
- Stai attento Severu Piton, - lo minacciò lei puntandogli un dito – potrei lanciarti qualcosa di più pesante di uno stormo di canarini.
- Dobbiamo parlare. - disse lui fermo davanti alla porta di casa.
- Io non voglio parlare.
- Prima di uscire come una furia dal mio ufficio mi hai paragonato ad un porcospino.
- Perché è quello che sei! – rispose Hermione gesticolando incontrollata - Ti chiudi a riccio e quando qualcuno vuole aiutarti lo pungi con le tue spine.
Il mago si limitò a sollevare un sopracciglio sottile.
- Vattene, Severus! Vai a sfogare il tuo malumore e il tuo cinismo da qualche altra parte.
- Vuoi consumare il pavimento del salotto e lanciarmi silenziosi insulti?
- Sì!
- Non te lo permetterò.
- Tu non me lo permetterai? - urlò la strega furiosa. Un paio di libri tremarono pericolosamente sulla libreria – Tu non puoi darmi ordini. Non sono più una tua studentessa. Non lo sono più da anni.
Per un attimo le sembrò che Severus avesse fatto un passo indietro, come se fosse spaventato dalla sua rabbia. Ma Severus Piton non si faceva spaventare da nulla, neppure dalla sua donna furiosa.
Come a dare conferma dei suoi pensieri, si avvicinò al divano. Hermione lo seguì, ma non si sedette. Sapeva che la vicinanza a lui poteva essere pericolosa.
- Non ho usato le parole giuste, né qui né nel mio ufficio. - fece lui sedendosi sul cuscino nel centro – Mi dispiace.
Una scusa da Severus poteva valere oro, ma non bastava per chetare la sua rabbia.
- Non basta. - gli disse fissandolo, tenendo sempre le braccia incrociate.
- Lo so. - rispose l’altro appoggiando la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi.
Sembrava vulnerabile, come se stesse combattendo una battaglia interiore.
Battaglia a lei preclusa.
- So come sei e ti accetto per questo, ho accettato il tuo carattere testardo il giorno in cui ho ammesso di amarti e non ti vorrei diverso, ma ti stai isolando da giorni. Non mi dici quello che hai, non mi permetti di aiutarti. So che si avvicina quella data, ma…
- Non c'entra Albus. - ammise il mago – E, questa volta, non puoi aiutarmi.
- Vuoi lasciarmi, Severus? - gli domandò a bruciapelo con un groppo in gola.
Piton sollevò la testa di scatto e la fissò.
- No. - disse quell'unica sillaba con decisione e seriamente. L'anima e il cuore di Hermione tirarono un sospiro di sollievo.
- Allora dimmi cosa c'è.
- Non sono bravo con le parole. Specialmente quando c'è di mezzo una donna. Le cose si complicano se amo quella donna.
Severus non le diceva mai che l'amava, glielo dimostrava tutti i giorni questo sì, ma non c'era mai stata una dichiarazione vera e propria. Ogni volta che vedeva Harry e Ginny scambiarsi delicate effusioni davanti a tutti – compreso un Severus sempre più schifato – sentiva una lieve invidia. Avrebbe voluto anche solo sfiorargli una mano davanti a tutti, ma lui non glielo permetteva. Era sempre rigido, in disparte e bisbetico quando era circondato dalle teste rosse Weasley.
In fin dei conti le andava bene così, quando quelle lunghe e chiassose serate finivano Severus la sorprendeva con baci mozzafiato nel momento in cui erano soli, una volta l’aveva spinta nel capanno degli attrezzi di Arthur incapace di aspettare fino a Hogsmeade.
Hermione non poté reprimere un lieve sorriso felice.
- Non uso le parole giuste. - continuò lui, nella sua voce c’era ancora un lieve senso di colpa per il passato. Un passato così distante da sembrare un’altra vita. La vita di qualcun altro.
Sporca mezzosangue.
La strega strinse i pugni, con il passare degli anni aveva imparato ad amare Severus in ogni sfumatura e più lo amava, più si era ritrovata a portare rancore per la madre di Harry. Lily l'aveva reso insicuro del proprio cuore e della propria anima.
Proprio come in quel momento.
- Io non sono Lily, Severus.
Vide le labbra sottili di lui – quelle labbra sottili che amava anche più dei suoi occhi scuri e profondi e delle sue perfette mani – incurvarsi in un sorriso.
- Questo lo so, Hermione. - la fissò di nuovo e la donna si sentì tremare dentro – Tu mi hai salvato.
- Ti sei salvato da solo.
- Ma tu mi hai dato una scelta.
- A quanto pare non basta per avere la tua fiducia. – non avrebbe voluto dirlo, ma era troppo in collera. E quando era arrabbiata diceva sempre cose superflue.
- La fiducia non c'entra.
La strega sbuffò.
- Non pensare alle parole. – gli disse – Dimmelo e basta.
Il mago non le aveva tolto gli occhi di dosso per un momento, era rimasto seduto sul suo divano. Una macchia nera sul sofà color crema.
Si fissarono negli occhi per lunghi minuti silenziosi.
Fu Piton il primo a parlare.
- Sposami.
Hermione sgranò gli occhi, sentì le gambe cedergli e il corpo formicolare dalla testa ai piedi.
Sposami.
Le stava chiedendo di sposarlo? Lui. Severus Piton.
Non poteva essere vero.
- Non puoi parlare sul serio. – balbettò incredula.
Senza più dire nulla Severus prese una scatoletta dalla tasca interna del mantello, l’aprì e l’appoggiò sul tavolino basso davanti al divano.
Hermione spostò diverse volte lo sguardo dall’oggetto sul tavolo al volto del suo uomo.
- Oh Godric, Helena, Tosca e Salazar…- mormorò sedendosi, anzi forse era meglio dire sprofondando pesantemente, accanto al suo compagno – parli sul serio.
Allungò tremante una mano verso la scatoletta.
- E’ bellissimo, Severus.
Restò in silenzio fissando l’anello nella sua custodia, intimorita anche al solo pensiero di sfiorarlo con le dita. Non aveva mai pensato a loro due come a marito e moglie, non c’era un motivo specifico, semplicemente non ci aveva mai pensato. Non era mai stata una di quelle donne che programmano la loro vita sul matrimonio. Lei aveva sempre avuto dei sogni tutti suoi, sogni che erano andati a farsi benedire un pomeriggio nella Stamberga Strillante.
Ma quel pomeriggio le aveva portato Severus e, tutto sommato, le cose erano andate meglio del previsto.
Certo c’erano state lacrime. Amarezza. Litigi e altre lacrime. Ma, decisamente, ne era valsa la pena.
Sentì la mano di Severus spostarle un boccolo dietro l’orecchio, sentì il suo calore sulla pelle e, ancora prima che parlasse, il suo alito caldo sul collo.
- Allora… - le sussurrò piano facendola rabbrividire – vuoi diventare la signora porcospino?
Hermione ridacchiò continuando ad osservare l’anello, sentendo la punta della lingua di lui tracciare una leggera scia sulla sua pelle.
- Sì. – sospirò spostando la testa di lato dandogli più spazio e più pelle da assaporare – io amo i porcospini.

Fine

Nota 3:
Non ho scritto la descrizione dell’anello perché voglio lasciare a voi la libertà di immaginarlo. D’oro, d’argento, di platino, con i diamanti, gli smeraldi, pietre nere… libertà di fantasia!
Personalmente vado molto sul semplice: montatura di platino con un diamante solitario. Semplice e delicato, lo trovo perfetto per una donna come Hermione.

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Capitolo 19
*** Sorriso n. 21 - Nuove paure ***



Titolo: Nuove paure
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Romantico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: Post 7 libro – epilogo altenativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Perché la vita ti riserva sempre delle sorprese.
Parole: 1323

Nuove paure

La Sala Grande era gremita di studenti per l'ultima colazione prima delle vacanze natalizie.
Il Preside sedeva al centro del tavolo dei professori come di consueto. Beveva caffè nero amaro e nel piatto aveva un paio di piccole salsicce toccate appena.
La sedia alla sua destra era vuota.
Vide Minerva entrare nella Sala Grande e passare accanto al tavolo della sua Casa salutando qualche studente in partenza.
La sala era stata già addobbata con gli alberi grandi quasi come Hagrid e ghirlande di agrifoglio; nel pomeriggio Vitius e Pomona avrebbero completato gli addobbi con le fatine e le luci incantate.
Il Natale non era mai stato una delle sue feste preferite. Troppa finta bontà che aleggiava in aria, troppe canzoni zuccherate e troppo cibo.
No, decisamente non era la sua festa preferita.
Ma, da qualche anno, aveva imparato ad apprezzarla nonostante i colori sgargianti, il troppo cibo e le canzoni idiote.
Aveva iniziato ad apprezzare molte più cose da quando era sopravvissuto al morso di Nagini.
Amava la vita, la sua vita.
Lui. Il mago che aveva fatto del sacrificio e della constante rinuncia il suo mantra di sopravvivenza. Lui che era sempre sopravvissuto nell'ombra di una vita gestita da altri. Lui che aveva le mani macchiate di sangue e una cicatrice sull'avambraccio sinistro dove un tempo c'era un teschio che sputava un serpente.
Ora era tutto diverso, aveva in mano le redini della sua esistenza. Non aveva più promesse o giuramenti a cui tenere fede. Viveva alla luce del sole.
Certo molte cose non erano cambiate, apprezzava il suo laboratorio nei sotterranei piuttosto della stanza al terzo piano dove era stato costretto a trasferirsi. Toglieva a punti alle case e tifava per Serpeverde durante le partite di Quidditch. Amava i libri della Sezione Proibita e bere due bicchieri di troppo la notte dell'anniversario della morte di Silente.
A volte si chiudeva in se stesso.
Ma, nonostante tutto, si sentiva un Severus diverso. Era un Severus diverso.
Aveva una vita piena. Felice.
Era innamorato.
E la sua donna era la strega più cocciuta, ma brillante, della terra. E l'ultima persona con la quale si sarebbe visto sposato un giorno.
Tagliò una delle due salsicce e cercò di ingoiarne un pezzetto. Non aveva molta fame a dire il vero. Era preoccupato, da qualche giorno.
Minerva prese posto alla sua sinistra.
- Hermione sta ancora male? - domandò lanciando un'occhiata alla sedia vuota.
Il mago annuì silenziosamente masticando svogliatamente un boccone.
La Vicepreside sospirò e si versò una generosa dose di succo di zucca.
- Non doveva fare da baby sitter quando sia James che Albus avevano l'influenza.
Severus fece una smorfia disgustata al ricordo di quei due mocciosi Potter febbricitanti e gocciolanti da naso e bocca che piagnucolavano nella loro stanza alla ricerca di attenzioni e cure.
Maledì di nuovo Ginevra Potter e la facilità con cui restava incinta anche solo fissandola più del necessario e maledì anche Molly per aver deciso di prendersi una vacanza proprio in quei giorni lasciando il compito di accudire quei due piccoli untori in erba ad Hermione.
Ma ricordava con un sorriso innamorato Hermione che li cullava cantando una dolce ninna nanna. Così dolce e protettiva.
Mangiò in silenzio sperando di vedere sua moglie entrare dalla porta. Le aveva fatto recapitare un vassoio di cibo nella loro stanza e sperò che avesse mangiato qualcosa.
Si costrinse a mangiare almeno un'intera salsiccia, finì il suo caffè e si alzò.
Augurò una buona giornata ai suoi colleghi e uscì dalla Sala Grande.
Voleva controllare che Hermione stesse bene prima di iniziare una frenetica giornata lavorativa. Nonostante le vacanze, il lavoro del Preside non finiva mai.
Prima di salire al terzo piano scese nei sotterranei ed entrò nel suo laboratorio privato.
Si era alzato molto presto quella mattina, Hermione stava ancora dormendo e, per fortuna, sembrava avesse ripreso un po’ di colore in volto.
Entrò nello studio dove, prima di recarsi in Sala Grande, aveva messo a bollire una semplice pozione. La girò un paio di volte con il mestolo in legno e ne constatò la consistenza. Quando fu soddisfatto del risultato ne versò una generosa quantità in un calice e coprì il resto con un coperchio. Gli sarebbe servita ancora.
Non usò le scale per arrivare alla loro camera, afferrò un pugnetto di metropolvere e la lanciò nel camino acceso.
Quando riapparve nella camera da letto subito capì tre cose: Hermione si era alzata, ed era un buon segno; aveva mangiato qualcosa dal vassoio che aveva fatto recapitare, altro buon segno, ma ora stava vomitando in bagno.
Sospirando e mormorando qualcosa che assomigliava ad un piccolo moccioso appoggiò la pozione sul tavolo accanto al vassoio di cibo e si sedette sulla sedia ancora tiepida. Hermione non voleva che entrasse quando stava male, odiava farsi vedere ammalata, la capiva e rispettava. In fondo anche lui era così.
Aspettò per svariati minuti sentendola rimettere tutto quello che aveva mangiato e poi lavarsi.
Quando la vide uscire dal bagno era pallida e tremava leggermente, indossava solo l’intimo. Sussultò quando lo vide seduto.
- Non ti ho sentito entrare. – disse debolmente andando verso l’armadio – Perché sei uscito presto questa mattina?
- Ti ho preparato una pozione.
- Non mi serve. – ribatté prontamente lei aprendo le ante per scegliere i vestiti – Non ho più la febbre e stamattina mi sento meglio. Sono state quelle stupide uova…
Severus sorrise alle sue spalle mentre la fissava chinarsi per prendere un paio di scarpe. Era bella sua moglie con addosso solo quell’intimo delicato.
Era sempre bella, anche quando tornava dal lavoro la sera distrutta e con i capelli più cespugliosi del solito e le occhiaie. Era bella quando dormiva infagottata in un pigiama di lana di due taglie più grande. Era bella quando voleva stuzzicarlo per fare l’amore.
Era bella e basta.
E lo sarebbe stata sempre, anche con le rughe e i capelli bianchi.
- Hermione…
- E’ solo un po’ di influenza, Severus. – continuò lei imperterrita cercando di tranquillizzarlo, indossando un completo babbano blu scuro – Deve fare il suo corso. Non ho bisogno di nessuna pozione. Ti posso garantire che tra qualche giorno non avrò più nulla.
- E’ per le nausee mattutine.
Allargò il sorriso quando la vide bloccarsi, vestita solo a metà. Lei sgranò gli occhi e sollevò lo sguardo.
- Da quanto lo sai?
- Probabilmente da quando lo sai tu. – le rispose alzandosi.
- Mi dispiace. – fece Hermione – Io… io… non sapevo come dirtelo. Non è stato programmato.
La accarezzò il volto e la costrinse a guardarlo negli occhi.
- Neppure tu eri in programma, eppure sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.
Hermione sorrise e gli allacciò le braccia al collo. Aveva ancora la camicetta aperta e lui non si lasciò sfuggire l'occasione accarezzandole le pelle morbida.
- Chi sei tu? E dov'é mio marito? Non è da te essere così romantico.
- Sarà colpa del Natale.
La strega si allungò per sfiorargli le labbra con un delicato bacio.
- Ho paura, Severus. – sussurrò sulla sua bocca.
Severus chiuse gli occhi la strinse a sè, avvolto nel suo profumo dolce, stringendo quel corpo che nei prossimi mesi sarebbe cambiato per accogliere suo figlio.
Suo figlio.
- Anch'io.- le sussurrò nell'orecchio. Ed era vero. Non aveva figure paterne di riferimento. Non sapeva cosa faceva un padre normale.
E lui non sarebbe mai stato un padre come gli altri. Aveva una storia alle spalle, un passato difficile da gestire, una serie di scelte da spiegare.
Ma, al momento, non era lui quello da rassicurare, era Hermione. La sua piccola, saccente, irritante Hermione che stava tremando tra le sue braccia. Doveva essere la sua roccia, come lo era stata lei all’inizio della loro relazione quando gli incubi erano così intensi e spaventosi da svegliarlo nel cuore della notte in preda al terrore, a volte anche urlando.
- Andrà tutto bene, Hermione. – le sussurrò con amore baciandole i capelli.
- Lo so, Severus.

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Capitolo 20
*** Sorriso n. 22 - L'ultimo canto della Fenice ***


n. 23

Titolo:L’ultimo canto della Fenice
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Malinconico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Lord Voldemort, Fanny
Pairing: Nessuno
Epoca: Tra il 6 e il 7 Libro
Avvertimenti: Missing Moment Riassunto:
Severus va da Lord Voldemort dopo aver ucciso Silente.
Parole: 1543

L’ultimo canto della Fenice

Il Signore Oscuro ghigna nella tua direzione.
E' un sorriso compiaciuto, soddisfatto. Ma Lui non sa sorridere e quello che vedono i tuoi occhi è solo un ghigno malefico che ti fa rizzare i peli delle braccia.
Draco trema al tuo fianco. Bella ridacchia come un'invasata. Fenrir si lecca via il sangue dal mento. Gli altri Mangiamorte presenti sulla torre restano in disparte. Nessuno è così pazzo da voler stare davanti all'Oscuro Signore, anche se è allegro.
- Severus... - sibila il tuo nome avvicinandosi. Vorresti arretrare. Voltargli le spalle e scappare. Vorresti gridare, piangere, sbraitare, lanciare incantesimi fino allo sfinimento, ubriacarti fino a morire in una pozza di vomito e lacrime. Ma resti fermo immobile. Resti fermo con la mente sigillata, con il cuore gonfio di odio e disgusto verso di Lui e verso te stesso. Resti fermo mentre quello che chiami Padrone si avvicina con quel ghigno che finge di essere un sorriso. Senti le sue mani scheletriche e gelide sulle spalle, il suo sguardo di freddo ghiaccio rosso sul tuo corpo, l'odore della morte che lo circonda ti invade i polmoni e potresti stare male, ma non lo fai. Tu resti fermo. - Il mio fidato Mangiamorte.
Quella parola ti fa più ribrezzo dell'Oscuro. Questa notte tu sei stato il perfetto Mangiamorte.
Ricevi un freddo abbraccio. Ti senti tremare dentro, la tua anima é già morta, non importa di quello che resterà del tuo cuore nero e corrotto.
- Mio Signore... - sussurri con il solito tono servizievole mentre Lui ti libera dal suo abbraccio che puzza di morte; ti chini e sfiori l'orlo della veste nera con le labbra sottili.
- Verrai ricompensato, caro Severus. - promette l'Oscuro con quel ghigno mascherato da sorriso – Mentre tu, Draco...
Il ragazzo trema e abbassa il capo, in un angolo della sala senti un singhiozzo e sai che è Narcissa che trema terrorizzata per il figlio.
- Sei stato un debole. Come lo è stato tuo padre. - sussurra il mago oscuro – Non hai portato a termine il tuo compito. E' dovuto intervenire Severus. - vedi con la coda dell'occhio la mano scheletrica afferrare la bacchetta – Crucio.
Il ragazzo cade a terra, Narcissa piange e lo supplica, scusandosi per l'inadeguatezza di suo figlio. Finalmente Bellatrix ha smesso di ridere, ci sono volute le grida di dolore del nipote per azzittirla.
Tu non dici nulla, Narcissa ti chiama, invoca il tuo nome, ti supplica come quel pomeriggio piovoso a Spinner's End, ma non cedi. Non abbassi lo sguardo sul ragazzo che ti starà odiando. Non puoi. Non é questo il tuo compito ora. Hai una missione importante, hai un compito e vuoi portarlo a termine fino alla fine.
Sono fortunato, molto fortunato, ad avere te, Severus. *
La punizione di Draco dura troppo per le tue orecchie. Quando l'Oscuro spezza la maledizione e il ragazzo sviene sul tappeto il tuo cuore tira un sospiro di sollievo.
Sei così stanco...
Quanti uomini e donne hai visto morire?*
Il Padrone si volta di nuovo verso di te. Sorride, ancora, ma nei suoi occhi di fuoco brilla ancora il luccichio divertito per aver torturato un povero ragazzo indifeso.
- Chiedimi quello che vuoi, Severus. - sibila con un tono fintamente dolce – Esaudirò qualunque tuo desiderio.
La morte.
Sei tentato di dirglielo, di porre fine a quella inutile vita, ma non hai ancora finito il tuo lavoro.
La tua morte dovrà aspettare.
- Mio Signore, - sussurri con devozione – ora che il vecchio è morto.- dici le ultime parole con tutto l'odio di cui sei capace, tuoi i compagni fanno un lieve gridio di gioia, Bella é tornata a ridere come un'invasata - La scuola potrà essere sotto il nostro controllo.
- Non vorrai chiedermi una cattedra, Profesor Piton? - domanda ironico l'Oscuro facendo scatenare l'ilarità dei tuoi fratelli.
Ho la tua parola che farai tutto ciò che è in tuo potere per proteggere gli studenti di Hogwarts? *
- No, mio Signore. Io chiedo la presidenza.
Lui ti guarda perplesso. Potresti chiedere molto in questo momento. Un potere a te sconosciuto. Ricchezze. Donne. Una carica politica.
Ma tu hai un compito ben preciso. Hai un lavoro da portare a termine.
Hai sempre un lavoro da portare a termine.
- Sei sempre lo stesso giovane assetato di conoscenza che si è presentato a me vent'anni fa. - sibila l'Oscuro con quel finto sorriso – Va bene, Severus. Se è questo che desideri sarai accontentato.
- Grazie mio Signore. - baci ancora la sua veste, hai un pessimo sapore in bocca, ti fa venire la nausea, ma resisti. Resisti sempre.
Vuoi la mia parola, Severus, che non rivelerò mai la parte migliore di te?

Sarà una notte di festeggiamenti nel castello dei Malfoy. Un pericoloso nemico è caduto, una tra le più influenti scuole di stregoneria dell’Europa se non del mondo e il Ministero della Magia britannico sono nelle vostre mani. Partecipi con finto entusiasmo, dentro senti che il disgusto aumenta fino a consumare quell'unica parte di cuore che ti é rimasta.
Quando sei rimasto il tempo necessario per non destare troppo sospetti prendi il mantello ed esci dal castello. Nessuno ti ferma, nessuno ha notato la tua assenza. O forse non gliene frega niente a nessuno. Sei appena diventato uno dei pochi, se non l'unico, Mangiamorte nelle grazie dell'Oscuro. In molti avrebbero voluto vedere contorcersi sul pavimento te invece del povero Draco.
E, forse, anche tu l'avresti preferito.
Sai, a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto… *
Non puoi smaterializzarti nella tua casa, è troppo pericoloso. I pochi Auror rimasti non verranno a cercarti, ma i membri dell'Ordine sì.
Ma hai un'alternativa. Hai sempre un'alternativa.
Godric's Hallow ti sembra più squallida e buia del solito. Forse è solo un'illusione.
Attraversi la piazza senza alzare gli occhi sulla statua che la raffigura. Continui a camminare veloce, fino alla villetta di due piani malconcia accanto alla salita che porta alla casa distrutta di Potter. Il cancello si apre silenzioso, quando avverte la tua presenza.
E' stato Albus ad offrirti la sua vecchia casa. Sapeva che avresti avuto bisogno di un posto tutto tuo dove pensare, dove quietare l'urlo di dolore della tua anima.
Hai già portato qualche effetto personale, non ci starai molto in fin dei conti.
Hai lasciato le scolorite assi delle persiane inchiodate, non vuoi che qualcuno intraveda la luce della tua bacchetta.
Ti togli il mantello, lo pieghi con cura e lo abbandoni su una delle sedie della cucina.
Apri l'armadietto sopra il lavello e prendi l'unica bottiglia che vi hai riposto qualche tempo fa.
Guardi l'etichetta e un sorriso ironico incurva le tue labbra. Nell'unico negozio presente a Spinner's End hai trovato quell'unica marca di Scotch , la stessa che beveva tuo padre.
Non te n'eri accordo quando l'hai acquistata.
Lasci perdere quel ricordo insignificante e la stappi lanciando il tappo nel lavello. Non dovrai richiuderla quella bottiglia. Hai solo questa notte.
Vai nel salotto buio e ti siedi sulla poltrona polverosa.
Osservi il collo della bottiglia che ti chiama, come una sirena chiama un marinaio disperso nell'oceano.
Butti giù la prima lunga sorsata. Il liquore ti brucia la gola, lo stomaco e le viscere. Il tuo vecchio si è ammazzato con del pessimo liquore.
Il dolore dura poco, troppo poco. Per quella notte vuoi dimenticare tutto, vuoi che il dolore del liquore cancelli il dolore che senti dentro, la tua anima lacerata, il tuo cuore infranto.
Butti giù un'altra sorsata e chiudi gli occhi, ci vorrà del tempo, il tuo corpo e la tua mente sempre troppo razionale e pronta a tutto hanno la fastidiosa abitudine di reggere fin troppo bene l'alcool.
Bevi ancora, ancora e ancora. Ma la supplica di Silente ti riempie ancora le orecchie.
Apri gli occhi e vedi qualcosa di dorato accanto a te. Per un frangente di secondo pensi che sia Albus, ma poi noti le piume.
Fanny.
Non sai com'è entrata e non ti importa.
La fenice ti guarda, sembra che nel suo sguardo ci sia compassione.
Essere compatito da un uccello ti mancava.
- Non guardarmi così. - le dici con voce stanca, affaticata, addolorata -E' stato lui a volerlo.
Fanny fischia. Un fischio caldo, dolce in grado di scaldarti il corpo molto più del liquore.
Sollevi una mano per accarezzarla, ma la fermi a metà strada. Non si è mai voluta far toccare da te né da nessun altro.
Tranne che da Potter. Certo lui è il Prescelto. Tu solo l'ennesima pedina sacrificabile della scacchiera di un vecchio pazzo.
Tu solo sai se evitare a un vecchio sofferenza e umiliazione sarà un danno per la tua anima.*
I tuoi pensieri vengono interrotti da qualcosa di morbido, Fanny ha annullato la distanza che separava la sua testa dalla tua mano. Fai un mezzo sorriso e le accarezzi le piume della piccola nuca.
Sembra gradire.
Emette un debole canto. Nonostante il suono sia basso lo senti dentro, senti che rimbomba nella tua testa. E' un canto addolorato.
Una lacrima tonda come una perla ti bagna la mano, scende lungo il tuo palmo e viene assorbita dal polsino della camicia candida.
- Lo so Fanny, - le dici continuando ad accarezzarla mentre permetti ad un'unica lacrima solitaria di scalfire la tua guancia pallida – mancherà molto anche a me.


* Frasi di Silente in Harry Potter e i Doni della Morte

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Capitolo 21
*** Sorriso n. 24: Expecto Patronum ***


Vi ricordo che il sorriso n. 23 é la one shot: Rialzarsi.

n. 24

Titolo: Expecto Patronum
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Malinconico, Introspettivo
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus / Lily
Epoca: 6 anno di Severus
Avvertimenti: Missing Moment Riassunto:
La nascita della cerva d’argento
Parole: 703

Expecto Patronum

La bacchetta tremò nello stretto pugno del giovane mago. La punta si illuminò di azzurro mentre un debole filo di fumo uscì avvolgendogli mano e polso.
Il ragazzo sorrise vittorioso, mentre osservava l’incantesimo prendere forma davanti a lui. Era difficile, di livello avanzato, oltre la portata di molti maghi ben più grandi e potenti di lui e questo non faceva che gonfiare il suo orgoglio e il desiderio di riuscire dove altri avevano fallito.
Si passò la punta della lingua sulle labbra sottili, pregustandosi il successo, la gioia di vedere un patronus, il suo patronus, prendere forma. Una forma vera, corporea e non semplice fumo insignificante.
Ma invece di prendere forma il fumo argento iniziò a dissiparsi fino a lasciare solo un debole bagliore.
Il giovane mago con il serpente cucito sul maglione grigio, si lasciò sfuggire un'imprecazione colorita mentre allentava la presa sulla bacchetta.
Era esausto. Ci stava provando da tutto il pomeriggio, avvolto dalla pietra del sotterraneo, mentre i suoi compagni esultavano al campo di Quidditch per l’ultima partita di campionato.
L'ultimo ricordo felice che aveva usato non era abbastanza forte. Eppure era certo che fosse quello giusto.
Nulla poteva essere più felice del ricordo di sua madre che gli diceva – solo l'estate prima – che suo padre li aveva abbandonati.
Rilesse per la millesima volta la formula, la pronuncia era esatta, la postura pure, perfino la sua concentrazione. Ma il ricordo non era abbastanza potente.
Si sedette su una sedia, pensieroso.
Aveva un altro ricordo da utilizzare e dentro di lui sapeva che quello avrebbe funzionato, ma non voleva usarlo.
Si rifiutava di darle così tanta importanza. Lei che lo aveva abbandonato per un'inezia, per una parola sibilata con stupidità, in una situazione per lui difficile e umiliante.
Lei si era aggrappata a quell'unico errore per mandarlo via, cacciarlo, lasciarlo indietro, vivendo la sua vita con l'odioso Potter.
A dire il vero si era sentito studiato da lei da diverso tempo, era come se fosse alla ricerca di una scusa plausibile per sbarazzarsi dall'amico imbarazzante.
Bene le aveva dato un motivo più che valido.
Aveva deciso di andare avanti, di dimenticarla come Lily aveva fatto con lui.
Se per lei era stato così semplice, perché per lui doveva essere così difficile?
Severus sapeva bene perché era tanto difficile dimenticarla, sradicarla dal suo cuore e dalla sua anima. Fingere che non fosse mai esistita.
Sapeva perché non poteva far a meno di cercala in Sala Grande o in aula quando avevano lezione insieme. O perché il suo cuore mancava un battito quando la sentiva ridere in corridoio, o il dolore che avvertiva in petto quando quella stessa risata aveva origine da Potter.
Era un mago intelligente Severus e sapeva bene cosa legava Lily al suo cuore.
Sospirò e chiuse gli occhi concentrandosi su quell'unico ricordo veramente felice che gli era rimasto. Si alzò e impugnò meglio la bacchetta, mettendosi nella posizione giusta.
Lasciò che il ricordo entrasse in lui.
La piccola spensierata bambina che giocava con lui.
Ricordò i suoi morbidi capelli profumati e il modo in cui brillavano sotto la luce del sole.
Il suo sguardo sempre allegro e solare, quegl’occhi di smeraldo che aveva imparato ad amare ancora prima di capire cosa volesse veramente dire.
Il suo sorriso luminoso capace di dargli pace.
La sua risata spensierata e la sua gioia di vivere.
La morbidezza della sua mano, la sua voce melodiosa.
Si lasciò andare al ricordo, si lasciò andare a lei.
Si lasciò invadere dal ricordo di Lily, della sua Lily, quella stessa bambina che aveva incontrato nel parco giochi.
Lily era il suo ricordo felice.
Non si accorse neppure di sorridere mentre la pensava.
Pronunciò piano l’incantesimo, sussurrando quasi la formula, come se solo una sua parola potesse sporcare l’immacolato ricordo di quella bambina che pendeva dalle sue labbra.
Sentì che c’era riuscito.
Quando aprì gli occhi e vide la cerva fissarlo aumentò il sorriso, vittorioso, felice ed entusiasta.
E mentre fissava l’opalescente animale si rese conto che per quanti sforzi avesse fatto Lily non se ne sarebbe mai andata dal suo cuore.
Era destinato ad amarla per sempre.
E quella triste consapevolezza, quella crudele condanna all’infelicità fece scivolare il sorriso dalle sue labbra.
E la cerva scomparve.

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Capitolo 22
*** Sorriso n. 25: I colori dell'autunno ***


n. 25

Titolo: I colori dell'autunno
Autore: ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: Romantico
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Sevierus / Hermione
Epoca: Post II guerra, Epilogo alternativo
Avvertimenti: AU
Riassunto:

Per anni sei rimasto aggrappato ai prati verdi di Lily. Hai pensato che non esistesse colore più bello ed intenso. Quando la primavera faceva fiorire Hogwarts per te era un’agonia perenne, il verde del parco era così simile ai suoi occhi per ti sentivi osservato da lei ogni volta che uscivi.

Parole: 1.109

I colori dell'autunno

Ti sei svegliato nervoso questa mattina. Anzi a dire il vero non hai dormito molto, ma sei abituato alle notti insonni.
Hai passato una vita a non dormire, braccato da incubi di sangue spaventosi e malevoli sguardi dal colore dei prati in primavera.
Hai passato intere nottate sveglio a pensare a tutti quelli che non sei stato in grado di salvare.
Hai passato notti chino su tomi impolverati cercando soluzioni inesistenti per chetare l'urlo di dolore della tua anima. Per convincerti che avevi fatto tutto quello che era in tuo potere.
Ma questa notte é stato diverso.
Ti sei rigirato nel letto alla ricerca di qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
Quando sei sceso dal letto, il sole stava appena sorgendo, ma, ormai, il sonno era andato del tutto e ti sembrava stupido perdere altro tempo a rigirati in un letto per metà freddo.
Ti sei messo a leggere, o, almeno, ci hai provato. Sbuffando hai riletto la stessa pagina almeno tre volte senza capirne il senso, nonostante tu avessi già letto quello stesso libro almeno un paio di volte.
Dopo un paio di ore del tutto infruttuose ti sei preparato per quel nuovo giorno e il nervosismo ha iniziato a galopparti in petto.
E per te, che non eri nervoso neppure mentre il Signore Oscuro scrutava attentamente la tua mente alla ricerca di una debolezza, sentirti così agitato è più fastidioso di uno studente del settimo anno incapace di preparare la pozione della Pace.
A metà mattina sei uscito dalla tua stanza e tutti gli sguardi che gli studenti ti hanno lanciato, completi di sorrisetto ammiccante, ti hanno indispettito più di qualunque altra cosa. Così sei arrivato nel parco del castello nervoso e arrabbiato, già di prima mattina. Questa giornata si preannunciava più lunga del previsto.
Non lasci trasparire le tue emozioni, non lo fai mai e sai benissimo che non serve. Le poche persone che ti circondano ti conoscono meglio di quanto vuoi ammettere, sanno interpretare i tuoi gesti e i tuoi impercettibili cambi di espressione.
La cosa non ti piace, ma, negli anni, hai imparato ad accettarlo.
Non hai salutato nessuno di quelli che hai incrociato; tutti che si sono rivolti a te con finti sorrisi e battute idiote sulle scelte importanti che un uomo si ritrova a compiere. Non hai detto nulla, ti sei limitato a stare in piedi fissando tutti, cercando di non mostrare il tumulto di emozioni che si stavano infrangendo sul tuo cuore come un'onda si infrange sugli scogli.
Poi arriva lei.
Lei con i colori dell'autunno nello sguardo.
Lei che porta pace, serenità, calma.
Lei che, da sola, ti ha preso per mano, costringendoti ad uscire dal tunnel nero che era la tua anima e che si rifletteva nel tuo sguardo.
Lei che ha saputo accettarti, amarti, sostenerti, accompagnarti in questi ultimi anni dopo la guerra.
Lei che ha sopportato il tuo lungo silenzio obbligato dagli squarci che avevi sul collo.
Lei che ti ha chiamato insopportabile SoTuttoEremita facendoti ridere per la prima volta dopo anni di rancore e odio.
Lei che ora ti tende una mano. Tu la prendi sicuro, sentendo il nodo del nervosismo sciogliersi in un calore che solo lei ha saputo donarti.
Senti qualcuno che ti parla accanto.
Non ci dai peso. Contano solo i suoi occhi.
Per anni sei rimasto aggrappato ai prati verdi di Lily. Hai pensato che non esistesse colore più bello ed intenso. Quando la primavera faceva fiorire Hogwarts per te era un’agonia perenne, il verde del parco era così simile ai suoi occhi per ti sentivi osservato da lei ogni volta che uscivi.
Per questo avevi sempre preferito l’inverno che con la sua morsa gelida e il suo manto candido che ti nascondeva quel verde amato e odiato donandoti mesi di quiete, lasciandoti solo con il dolore della tua anima corrotta.
Poi lei ti ha fatto scoprire la gioia e il calore dei colori dell'autunno.
Ti ha fatto conoscere il rosso della passione. L'arancione del calore che può donare un abbraccio sincero. E l'oro del grano maturo. Lo stesso oro che vedi ora riflesso nei suoi occhi luminosi.
Ti pongono una domanda, ma quella voce è distante, lontana dal mondo autunnale che ti circonda.
Rispondi senza farci caso.
Continui a fissarla stringendole la mano, perso in quel mare ramato che sono i suoi occhi luminosi.
Senti che stai parlando, ma non dai peso alle parole. Non sono importanti.
Solo lei conta in questo momento.
Lei che ti sorrise con gli occhi e con il cuore.
Qualcuno ti chiama. Lo ignori. Nessuno deve disturbarti adesso.
Severus...
La sua voce è caldo miele dorato sulla tua pelle.
Melodiosa come il vento tra le foglie.
Severus...
Solo dalle sue labbra il tuo nome non ti sembra troppo ingombrante e lugubre.
Severus...
E il tuo nome non ti é mai sembrato più bello sussurrato in quel modo, con amore e passione.
- Severus!
Sgrani gli occhi tornando alla realtà che ti circonda e il volto della tua donna appare dietro l'autunno dei suoi occhi.
Ed é bellissima come mai l'avevi vista. E' come vederla la prima volta.
Sorride. Come solo lei potrebbe sorriderti. Come solo a lei dai il permesso di sorriderti.
Ti rendi conto che non siete soli, che attorno a voi ci sono più persone di quelle che avevi visto quando sei arrivato. Le vostre mani sono intrecciate, un nastro dorato le lega strette.
Potrebbe ricordati un giuramento fatto anni addietro. Un nastro di magia nera, un giuramento che ti ha tormentato per mesi, anni. Potrebbe, ma non lo fa.
Non ci sono più promesse di uccidere.
Ci sono solo promesse d’amore.
Un amore che durerà una vita intera.
- Hermione... - sussurri piano, facendoti udire solo da lei.
Lei continua a sorridere, l'oro dei suoi occhi è ancora più luminoso.
- Hai sentito quello che ti ha detto?
- Chi?
Ti eri perso nel suo sguardo. Così immerso nell'autunno dei suoi occhi che ti sei isolato dal resto del mondo.
Il sorriso di Hermione aumenta, rispende come l'oro nel suo sguardo. L’oro del grano e del sole che tramonta.
- Ha appena detto che puoi baciare la sposa. - mormora dolcemente.
Il nastro che lega le vostre mani svanisce lasciandovi liberi.
L'afferri in vita, accarezzando il delicato vestito di pizzo bianco che indossa, ignorando i presenti.
Hermione si aggrappa alle tue spalle e ricambia il bacio senza imbarazzo, con la tua stessa passione come ha sempre fatto e come farà sempre.
Senti un fischio di approvazione in lontananza e sei quasi certo che sia stato George Weasley ad aprire la sua boccaccia.
Te ne occuperai dopo.
Ora vuoi solo assaporare i frutti dell'autunno.

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Capitolo 23
*** Sorriso n. 42 - L’ora della strega ***


Vi ricordo che i sorrisi dal numero 22 al numero 41 sono stati inseriti in una raccolta a parte Eligis tuum iter (Scegli ciò che desideri) Quindi riprendiamo dal sorriso n. 42!


n. 42

Titolo: L’ora della strega

Autore: ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Malinconico, triste,
Personaggi: Severus Piton. Lily Evans
Pairing: Severus/ Lily
Epoca: Settimo anno
Avvertimenti: missing momet Riassunto:
- Avevo sempre immaginato che se ti avessi visto almeno una volta avrei avuto molto da dirti e raccontarti, ma ora... - il mago fece un sorriso imbarazzato e si passò una mano trai capelli neri con un sospiro rassegnato – non mi ricordo più nulla.
Parole: 2.493

L’ora della strega

Quella notte il cielo era terso, limpido e blu come i fondali più profondi del mare. Le stelle brillavano nel cielo. La luna, una sottile striscia pallida, sembrava un ghigno malefico che dall'alto fissava la scuola.
O, forse, fissava solo il Preside e le sue orride colpe.
Faceva freddo, quella notte di Ottobre, la neve avrebbe imbiancato il paesaggio nel giro di poche settimane, la rugiada ghiacciata brillava sotto la pallida luce lunare facendo apparire la natura delicata e fragile come vetro soffiato.
Il mago osservava il parco dalla finestra dell'ufficio circolare. Quell’ufficio che era diventato il suo palcoscenico privato, dove interpretava il suo ruolo alla perfezione. Il traditore. Il Mangiamorte. L’assassino.
Tutti ruoli in cui, ormai, si calava con sconcertante facilità mentre la sua anima andava in pezzi sotto lo schiacciante senso di colpa.
La tomba bianca brillava sotto la luna; gli occhi scuri del Preside non la perdevano di vista, era il suo punto fisso. Quando la fissava, poteva ancora sentirlo vicino, poteva ancora contare su di lui.
Gli mancava.
Enormemente.
Aveva perso un padre oltre che un amico, quella terribile notte.
- Sembra che ci sia una festa in Sala Grande. - disse allegro Silente dal dipinto, rompendo il sacro silenzio dell'ufficio.
- Non ho cancellato la festa di Halloween. - spiegò il Preside senza distogliere gli occhi dalla candida tomba come a voler sottolineare che la voce che udiva era solo un artefatto – Ho pensato che un po' di normalità avrebbe fatto bene agli studenti.
- Un'ottima idea, Severus. - approvò il mago dipinto.
Severus sentiva che Albus stava sorridendo, ma non si voltò a guardarlo. Era difficile fissare quella tela ed era ancora più difficile ricordare cosa significava. Ricordare quello che lui aveva fatto.
- Perché tu non sei giù a festeggiare?
- La mia presenza non é molto gradita. - spiegò lentamente – Non voglio rovinare anche questa serata.
- Tu stai salvaguardando la sicurezza di questi studenti, Severus. Non dimenticarlo.
- L'occhio nero di Paciock non sarebbe d'accordo con te, Albus.
Sentì il vecchio mago sospirare. Severus chiuse gli occhi e cercò di non urlare, di non lasciarsi prendere dallo sconforto.
O di non piangere.
Da quando aveva ucciso Albus non si era concesso neppure una lacrima. Non ne aveva avuto il tempo, e la maschera che stava portando diventava giorno dopo giorno più pesante, più difficile. Sentiva che gli soffocava lo spirito.
Ma non era che l'inizio, lui lo sapeva bene.
Si massaggiò la radice del naso pensando a tutto quello che aveva da fare, pensando a dove fosse Potter in quel momento. Sperando che fosse in un luogo sicuro.
Era frustrante aspettare le mosse di quel ragazzino.
- Sai che ci sono parecchie leggende sulla notte di Halloween, Severus? - domandò Silente divertito, cercando di distrarlo.
- Sì, Albus.- rispose laconico – Ma non credo che ci siano cavalieri senza testa in cerca di vendetta in giro per Londra. O fantomatici elfi oscuri che tagliano le orecchie ai Babbani. O altre stupidaggini del genere.
Tornò a regnare il silenzio nell'ufficio circolare. Severus passò a massaggiarsi le tempie nel tentativo di fermare l'emicrania in arrivo. Sperò che, per quella serata, nessuno lo disturbasse.
C'erano troppi fantasmi che si aggiravano nella sua mente quella notte. Troppi orridi ricordi che non volevano lasciarlo in pace. Pensò seriamente di andarsene a letto, ma prima voleva assicurarsi che i Carrow fossero il più lontano possibile dagli studenti.
Non aveva potuto ribellarsi alla scelta dell'Oscuro di affiancarlo a quegli inetti, ma almeno Minerva riusciva a tener loro testa per il momento.
Cercò di non pensare a Minerva e alle sue occhiate cariche di odio.
Si concentrò solo sulla tomba bianca che brillava nel parco.
Non sentì nessuno entrare nell'ufficio circolare, non avvertì nessuna presenza fino a quando non si accorse di un delicato tocco sulla spalla e un alito caldo che gli sfiorava l'orecchio.
- Dolcetto a scherzetto, Preside Piton?
Sgranò gli occhi mentre il cuore prima perse un colpo, poi aumentò i battiti al suono di quella voce.
Si voltò e il poco colore che aveva in volto scivolò via lasciandolo pallido come un cadavere. O come la tomba di Albus.
La persona al suo fianco sorrise divertita.
- Sembra che tu abbia visto un fantasma.
Il mago non rispose continuando a fissarla incredulo.
- So che non sei mai stato molto loquace, ma potresti almeno salutarmi, Sev!
A sentire quel nomignolo, quell'odiato e amato nomignolo, Severus sussultò e si allontanò di un passo.
- Alla fine sono impazzito... - sibilò – quello che ho fatto ad Albus deve avermi fatto uscire di senno!
La strega nella stanza rise, ed era una risata cristallina, vera. Sembrava così reale che al mago venne la pelle d'oca.
- Non sei pazzo. - lo rassicurò la strega.
- Ma tu... sei... tu sei...
- Morta. Sì, Severus, sono morta. Puoi anche dirlo ad alta voce, non morirò una seconda volta.
- NO! - gridò l'altro chiudendo gli occhi e arretrando ancora di un passo.
- Non ho molto tempo, Sev. - sbuffò lei incrociando le braccia al petto - Mi é stata concessa solo un'ora. Ammetto che pensavo che fossi più felice di vedermi.
Il mago si fermò e aprì gli occhi.
- Non puoi essere reale!
- Lo sono invece. - protestò la strega avvicinandosi di un passo – Questa é una notte particolare, dovresti saperlo. La linea che divide il mondo dei vivi da quello dei morti é più sottile e ci é permesso di varcarla se ne sentiamo la
Severus sembrò pensaci un poco, poi un sopracciglio nero si inclinò verso l'alto.
- Se fossi veramente lei, - ragionò – tu… saresti andata da tuo figlio. Non dal tuo assassino.
La strega sospirò sollevandola frangia ramata.
Severus fu colpito da una fitta di malinconia.
- Vedrò Harry in altre circostanze. - si avvicinò di un altro passo - Non é ancora arrivato il momento, deve capire ancora molte cose. Non è pronto.
- Come fai a saperlo?
- Uno dei tanti vantaggi dell'essere morta é che puoi vedere quello che accadrà. - sorrise e si avvicinò ancora. Ormai erano estremamente vicini – Sirius direbbe che il vantaggio più grande e poter vedere tutte le ragazze che vuole sotto la doccia.
Severus non riuscì a soffocare un sorriso.
- Finalmente sorridi. - sussurrò lei allungando una mano e sfiorandogli una guancia – Sembri più giovane quando sorridi. Sei sempre così serio e rigido.
- Lily... - sussurrò il mago allungando una mano per sfiorarle quella che gli stava accarezzando una guancia.
- Sì. - sorrise la strega dolcemente.
- Lily... - la chiamò ancora, quasi la invocò con un dolce sussurro innamorato.
- Sì, Severus.
Severus le prese la mano e quando si rese conto che poteva toccarla sgranò gli occhi.
- Oh… Lily…- sospirò afferrandola in vita e stringendola a sé, trattenendo le lacrime.
Sentì le delicate dita della strega sfiorargli i capelli, mentre il suo sorriso gli baciava una guancia dove iniziava ad intravedersi un filo di barba.
Severus respirò a lungo il suo profumo, chiuse gli occhi e sentì il suo calore, i capelli che gli solleticavano il volto, il battito del suo cuore attraverso il vestito leggero che indossava. Sentiva la morbidezza del suo corpo.
Se era un sogno non voleva più svegliarsi. Ma neppure nei suoi sogni Lily gli era sembrata così reale. Così viva.
Si scostò da lei trovando gli occhi verdi che tanto amava e che rivedeva nel ragazzo che aveva segretamente protetto per tutti quegli anni.
Quegli smeraldi erano pieni di vita.
- Ma come… come…- cercò di domandare.
Lily sorrise e gli accarezzò ancora una guancia.
- Te l’ho detto, testone. – lo prese bonariamente in giro – In questa notte noi possiamo varcare il confine. Ci viene ridato il corpo e possiamo venire nel mondo dei vivi. Non è così semplice, Sev. Bisogna volerlo veramente e ci è concessa solo un’occasione per tutta l’eternità.
Severus si sentì speciale, il suo cuore mancò un battito quando lei si sistemò una ciocca di capelli neri.
- E perché proprio adesso? – le domandò prendendo quella delicata mano che continuava ad accarezzarlo.
- Perché in questo momento hai un disperato bisogno di un’amica.
Severus chiuse gli occhi e le lasciò la mano.
- Non merito la tua amicizia. Non merito niente da te. Io ti ho ucciso… sono il tuo assassino... Lily mi dispi…
La strega gli posò un dito sulle labbra per azzittirlo. Al contatto con quella pelle morbida Severus aprì gli occhi.
- Basta, - gli disse – noi sappiamo tutto Severus. Quello che hai fatto. Quello che hai detto e come ti sei punito per tutti questi anni. Basta così, Sev. Non serve che ti scusi. Tu non devi scusarti.
Il dito scivolò dalle labbra.
Severus rimase in silenzio.
Lily sollevò entrambe le sopracciglia rosse.
- Ora non dici nulla? - chiese ironica.
- Avevo sempre immaginato che se ti avessi visto almeno una volta avrei avuto molto da dirti e raccontarti, ma ora... - il mago fece un sorriso imbarazzato e si passò una mano trai capelli neri con un sospiro rassegnato – non mi ricordo più nulla.
Lily rise forte.
- Dovremmo festeggiare. - gli disse con un luccichio biricchino negl'occhi – Non hai una bottiglia nascosta da qualche parte?
Severus incrociò le braccia e assunse l'espressione più seria del suo repertorio.
- Non siamo più adolescenti, Lily. Non tutti nascondono le bottiglie di Whisky Incendiario nel baule come la tua amica Josephine.
La strega fece una smorfia disgustata.
- L'unica volta che l'ha bevuto ha vomitato per tutto il dormitorio.
Si guardarono in silenzio per qualche istante poi scoppiarono entrambi a ridere.
Severus si sentiva felice, vivo come non gli capitava da anni.
Era bello lasciarsi andare per una sera e sapere che c'era Lily con lui.
Solo per lui.
Mentre Lily si asciugava gli occhi dalle lacrime si avvicinò alla scrivania e aprì il primo cassetto. Ne estrasse una scatola rettangolare con un esagerato fiocco color zucca. Tolse velocemente la carta da regalo, il fiocco e aprì la scatola. Lily si era avvicinata e gli sorrideva.
- Cioccocalderoni ripieni al liquore. - disse osservando l'interno – Dove li hai presi?
- Sequestrati questa mattina ad uno studente del quinto anno. - spiegò lui porgendole la scatola – Prima le signore...

* * * *


Nell'ufficio circolare le risate di Lily e Severus si fondevano tra di loro. Seduti a terra, l'uno accanto all'altra, con la schiena appoggiata al muro ricordavano i vecchi tempi quando erano solo adolescenti. Quando non c'erano problemi.
Quando l'amicizia li univa più di ogni altra cosa.
Lily si era tolta le scarpe mentre Severus aveva abbandonato sulla sedia il mantello nero.
Avevano quasi finito i cioccolatini ripieni. Erano brilli.
Severus era a stomaco vuoto dal pranzo, il liquore gli era andato alla testa in poco tempo.
Gli faceva male la mascella da quanto aveva riso, in più di un'occasione aveva avuto il dubbio che fosse tutto un sogno, un'illusione, un parto della sua mente sull'orlo della follia, ma quando veniva sopraffatto da questi orribili pensieri Lily lo sfiorava, gli sorrideva, o gli arrivata il suo profumo e tutto veniva spazzato via e c'era solo lei. Con i suoi occhi di smeraldo, con quel sorriso sincero, con il suo calore.
Il mago chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro il muro respirando a pieni polmoni il suo profumo. Avevano appena finito di ricordare un calderone esploso nell'aula di pozioni durante il terzo anno e le lacrime avevano offuscato la vista di entrambi. Lily, ancora scossa dai singhiozzi, appoggiò la testa sulla sua spalla. Quel dolce peso fece sorridere Severus.
Alla cieca cercò una sua mano. Quando la trovò intrecciò le loro dita e la strinse.
- Questa guerra mi ucciderà, vero? - domandò improvvisamente serio aprendo gli occhi.
La vide portarsi un cioccocalderone alle labbra, ma non addentarlo.
- Non posso dirtelo Severus. - rispose lei osservando il cioccolato che lentamente si scioglieva sui polpastrelli.
- Sono pronto se é questo che ti preoccupa. - le disse – Non ho paura di morire.
- Sev... non posso rivelarti informazioni sul futuro.
- Dov'é finito lo spirito Grifondoro che, puntualmente, ignora le regole? - la punzecchiò divertito, continuava a sorridere nonostante la discussione seria.
Lily addentò il cioccolatino, poi gli passò l'altra metà.
- E' l'ultimo.
Il mago prese il dolce, ma non lo portò alle labbra. Tornò ad appoggiare la testa al muro e chiuse gli occhi, gli girava la testa.
- Sì, - sussurrò infine la strega – morirai.
Severus non rispose, stranamente la notizia non lo sconvolse. Si aspettava una risposta del genere, era certo che sarebbe morto in quella guerra.
Sentiva che la sua vita era quasi giunta al termine.
- Farà male? - le domandò.
- Un po'. Ma ti prometto che durerà poco.
L'orologio sulla torre iniziò a battere i dodici colpi.
- Il mio tempo é quasi finito, Sev. - disse Lily sciogliendo l'intreccio delle loro dita – Mi dispiace.
Severus si portò il cioccolatino in bocca restando in silenzio. Non voleva dirle addio, perché non era un vero e proprio addio.
Sentì il cioccolato sciogliersi sulla lingua mentre il liquore gli bruciava la gola. Aveva anche il sapore di Lily.
I rintocchi stavano per giungere al termine. La sentì avvicinarsi e posargli un delicato bacio dal sapore di cioccolato sulla guancia.
- Io sarò lì, Sev. - gli sussurrò all'orecchio – Non avere paura.
Quando l'ultimo rintocco si perse nella notte Severus aprì gli occhi. Come si era aspettato era solo, seduto a terra con una scatola di cioccolatini vuota vicino.
Le testa leggera per via del liquore.
Il suo calore sulla guancia.
Il suo sapore nella bocca.

* * * *


- Guar...da...mi – sussurrò. *
C'erano due Severus in quella vecchia casa quel giorno. Uno stava agonizzando sul pavimento alla ricerca di quei prati verdi che riuscivano a calmarlo e che lo riportavano a quella notte di Halloween, l'ultima notte felice della sua misera vita.
L'altro era in piedi nella stanza, spirito ancora legato al corpo.
Più il corpo si indeboliva, più lui si rafforzava. Sapeva che quando non si sarebbe più mosso sarebbe stato libero di andare da lei.
Da lei che, ne era certo, lo aspettava.
Lo spirito di Severus osservò se stesso afferrare la giacca del ragazzo per perdersi un'ultima volta nei suoi occhi. Fece una debole smorfia di disappunto.
Mentre la signorina Granger si stringeva al giovane Weasley e piangeva per la sua infelice sorte, sentì qualcuno sfiorargli la mano. Si voltò di scatto.
Si ritrovò a fissare gli stessi occhi verdi che il suo corpo aveva cercato nel volto del ragazzo.
- E' ora, Sev. - gli disse Lily dolcemente.
Severus le sorrise.
- Andiamo.
Gli occhi verdi incontrarono i neri, ma dopo un attimo qualcosa nel profondo di questi ultimi svanì, lasciandoli fissi e vuoti. La mano che stringeva Harry crollò a terra e Piton non si mosse più. *
______________________________________

Note:
* frasi prese direttamente da Harry Potter e i Doni della Morte

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Capitolo 24
*** Sorriso n. 43 - Qual'é la tua magia? ***


n. 43

Titolo: Qual'è la tua magia?

Autore: ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo, romantico
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus/ Hermione
Epoca: Post settimo anno
Avvertimenti: AU Riassunto:
- Qual'é la tua magia?
E' una domanda che le poni sempre quando ti fermi a contemplarla, quando lei riesce con pochi e semplici gesti ad allontanare il tuo passato, ogni ombra e ogni cattivo pensiero. E' il tuo patronus contro i brutti ricordi.
Il tuo luminoso, riccioluto Patronus.

Parole: 1.417

Qual'è la tua magia?

E' una giornata calda, con un sole splendente e un leggero venticello che porta frescura e quiete.
Ti sei alzato presto questa mattina di Giugno inoltrato.
Ti sei alzato e ti sei preparato con calma. E' una giornata importante, speciale e vuoi essere perfetto, impeccabile, degno della tua compagna.
Hai fatto un lungo bagno ristoratore che ha rinfrescato le tue membra ancora intorpidite dal sonno e dalla notte di passione appena trascorsa.
La tua compagna si è svegliata prima ed è andata a prepararsi con sua madre nel suo vecchio appartamento vicino a Diagon Alley. Svegliarti con il letto vuoto non ti piace, nonostante tu abbia passato anni in un letto freddo, ma l'hai lasciata fare: questa giornata è speciale anche per lei. Soprattutto per lei.
Quando sei uscito dalla vasca ti sei guardato allo specchio, ti sei rasato e pettinato fermando i capelli con un nastro di seta nero che si mimetizza perfettamente con la tua chioma.
Finalmente, dopo anni di doppi giochi, spionaggi degni di un libro giallo e due guerre, dimostri gli anni che hai realmente. Non sembri più un vecchio pipistrello.
Il tuo corpo porterà per sempre i segni della guerra, ma non hai più quelle brutte occhiaie che sottolineavano le tue notti trascorse sveglio, ossessionato dalle tue colpe.
Hai lasciato i vestiti sulla poltrona ai piedi del letto per evitare che si sgualcissero, odi sembrare sciatto, specialmente quando devi stare in mezzo alla gente.
Ti vesti velocemente, ogni tanto lanci veloci occhiate al letto sfatto e le immagini di voi due che vi amate con passione ti tornano alla mente facendoti sorridere.
Un sorriso innamorato.
Apri l'anta dell'armadio e cerchi di sistemare il cravattino guardandoti nell’alto specchio.
Un tempo la tua immagine ti avrebbe suscitato un senso di repulsione. Hai sempre odiato il tuo riflesso, quello che rappresentava, quello che eri diventato per un errore di gioventù.
Hai sempre rivisto i visi di chi avevi ucciso in quello specchio, e dopo la tua miracolosa sopravvivenza al morso di Nagini avevi odiato ancora di più la tua sporca immagine di eroe sopravvissuto.
Per mesi, anni, avevi pensato che era ingiusta la tua sopravvivenza. Tu che avevi portato morte e dolore. Tu, che non eri stato in grado di salvare delle vite, eri sopravvissuto mentre altri più meritevoli di essere salvati erano morti in modi orribili.
Ti fissi allo specchio e quel passato torna a tormentarti con le sue urla di dolore e i suoi volti sofferenti. E lei ti é sempre accanto, sente il tuo dolore, lo condivide, lo sopporta con te, per te. E' bellissimo che qualcuno ti ami così intensamente da dividere l'eterno dolore della tua anima.
E mentre ti fissi allo specchio con il cravattino ancora in mano, mentre il passato fa capolino nel tua vita ora felice lei, entra nella stanza.
Passato e presente si fondono sulla superficie dello specchio.
E' bellissima, avvolta da quel vestito bianco e nero, con i capelli sciolti sulle spalle nude, sistemati in morbidi boccoli che le incorniciano il viso truccato, le labbra rosso fuoco che attirano immediatamente la tua attenzione.
Vi fissate attraverso lo specchio. Le sorridi debolmente come a dirle che quei fantasmi hanno deciso di farti una visita proprio questo giorno in cui sei sereno. Lei non dice nulla, appoggia la minuscola borsetta sul comò e si avvicina. I tacchi risuonano nella stanza silenziosa.
Ti fa voltare e ti sorride prendendo il cravattino dalle tue mani.
Ti ordina con un lieve cenno di sollevare il mento e tu le ubbidisci, sorridendole, senza dire nulla.
- Guarda solo me, Severus. - sussurra dolcemente, sollevandoti il colletto della camicia bianca come il suo vestito.
Lasci che ti sistemi il cravattino così come ha sistemato e messo ordine nella tua vita. Unendo i lembi strappati della tua anima, usando le parole che spesso tu hai dovuto trattenere per le ferite alla gola che ti hanno reso muto per parecchi mesi.
Ancora ricordi il giorno che te le sei ritrovata in camera subito dopo il tuo risveglio al San Mungo. Era seduta su una poltrona accanto al letto, stava leggendo un romanzo babbano di cui hai dimenticato il titolo. Il libro le era caduto di mano quando si era accorta che ti eri svegliato ed era corsa fuori urlando cercando aiuto.
Muto e impotente ti eri limitato a fissarla con astio, domandandole silenziosamente cosa stesse facendo nella tua camera. E lei parlava... parlava... parlava... senza sosta, senza tregua, ignorando ogni tua occhiataccia. Hai desiderato che tacesse per settimane, spesso fingendo di dormire per evitare di sentire i suoi sproloqui.
Ti sei anche dovuto sorbire l'ultimo litigio con l'ex fidanzato rosso che l'accusava di tenere più a te, odiato professore bastardo di un tempo, che a lui, neo fidanzatino che aveva appena perso un fratello.
Sempre dormendo hai sentito le sue lacrime, le sue scuse e la porta che Weasley aveva sbattuto alle sue spalle troncando la loro relazione. Lei si era appoggiata al letto e aveva continuato a piangere fino a quando non aveva avvertito la tua mano tra i suoi riccioli indomabili in un muto sostegno.
Conoscevi fin troppo bene il dolore di un cuore spezzato.
Nonostante tutto aveva continuato a parlare e ogni giornata era accompagnata da un sorriso. E presto quei sorrisi sono diventati quasi indispensabili per te.
- Stai zitta. - le avevi detto quanto avevi ripreso l'uso della parola, libero dal veleno di Nagini – Ora lascia parlare me petulante, irritate SoTutto.
Ma non le hai detto più nulla, ti sei limitato solo a baciarla.
Da quel giorno sono passati tre anni.
Sempre insieme, sempre uniti, innamorati, felici.
Ed ora sei vestito con uno smoking nero, pronto per presenziare al rinnovo delle promesse nuziali dei suoi genitori come suo fidanzato.
Il tocco delicato delle sue dita contro la pelle del collo ti desta dal passato, da quella vita che non ti sembra più tua. La osservi ed ogni giorno ti sembra più bella, più desiderabile e tu ti senti sempre più fortunato.
A volte pensi che non sia possibile che ad un uomo come te sia stata donata una seconda possibilità tanto dolce e sensuale.
Mentre lei ti sfiora il collo con gli occhi fissi sul cravattino, concentrata su quel semplice lavoro, appoggi delicato le mani sui suoi fianchi morbidi e lasci che le tue dita giochino un po’ con la stoffa leggera del vestito.
La vedi sorridere mentre le sue esperte dita intrecciano il tessuto del cravattino, così come ha intrecciato i vostri cammini.
- Mi distrai, professore. - sussurra divertita iniziando a fare il nodo.
Le sorridi continuando le tue lente carezze attraverso la stoffa, la sua pelle è calda e il suo profumo annebbia i tuoi sensi come una dolce droga.
- Qual'è la tua magia?
E' una domanda che le poni sempre quando ti fermi a contemplarla, quando lei riesce con pochi e semplici gesti ad allontanare il tuo passato, ogni ombra e ogni cattivo pensiero. E' il tuo patronus contro i brutti ricordi.
Il tuo luminoso, riccioluto Patronus.
Lei sistema il fiocco del papillon e solleva lo sguardo su di te.
- Qual'è la tua magia? - le chiedi di nuovo le tue mani salgono sulle sue guance accarezzandola piano, come se fosse di porcellana.
- Amarti... - ti sussurra accarezzando il collo della giacca.
Sempre la stessa domanda. Sempre la stessa risposta. Sempre le stesse intense emozioni.
- Quel rossetto è una terribile tentazione. - le dici osservandole improvvisamente le labbra rosse – Passerò tutta la giornata a bramare le tue labbra rosse ed invitanti.
Lei sorride maliziosa ti allaccia le braccia al collo.
- Lo so.
Ti chini sul suo viso, ti vedi riflesso nei suoi occhi e quell'immagine non ti fa ribrezzo o paura, i fantasmi del passato, per oggi, sono andati via.
- Piccola serpe. - sussurri divertito con un filo di voce prima di baciarla.
Un bacio lento, profondo, carico di passione e già senti il tuo corpo rispondere, vorresti avere un po' più di tempo per amarla come la notte appena trascorsa.
Vi separate lentamente, lei sorride; ha gli occhi luminosi, pieni d'amore, pieni di vita e le sue labbra sono sempre rosse, luminose, piene.
Hai imparato ad apprezzare molte cose da quando è nella tua vita, compreso il rossetto magico.
- Puoi baciarmi anche davanti ai miei genitori.
Con riluttanza vi separate, lei prende la sua minuscola borsetta e tu chiudi l'anta dell'armadio con un tocco di bacchetta.
- Non come vorrei io.- le sussurri all'orecchio facendola arrossire.
Ti piace quando arrossisce in quel modo.
- E’ meglio se andiamo. - le dici posandole una mano sulla schiena – O i tuoi genitori si ritroveranno senza testimoni.
Lei ridacchia e si sbriga ad uscire con un sorriso malizioso sulle labbra e negli occhi nocciola.

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Capitolo 25
*** Sorriso n. 44 - Baffi d'inchiostro ***


Titolo: Baffi d'inchiostro
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Malinconico
Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton. LilY Evans
Pairing: Hermione / Ron, Sverus / Lily
Epoca: 6 anno
Riassunto:
Vide entrambi arrossire e, nonostante tutto, invidiò il ragazzo che riusciva a superare il confine della timidezza. Che la sfiorava nonostante l'imbarazzo e il sentirsi perennemente inadeguato per una come lei.
Parole: 884

Baffi d'inchiostro

Severus Piton entrò nella grande biblioteca della scuola dopo la cena in Sala Grande dove aveva consumato un veloce pasto.
In quel periodo aveva decisamente poco appetito. Alla sua destra Silente con la mano annerita dalla maledizione, davanti a lui Draco sempre più pallido, sempre più isolato.
Prima la collana maledetta, poi il vino avvelenato.
Gli si chiudeva lo stomaco, non sapeva come salvare Albus, e salvare Draco richiedeva un gesto che la sua anima si rifiutava di accettare.
Cercare di riparare i gesti maldestri del ragazzo gli portava via anche quel poco di energie che gli erano rimate.
Appoggiò la forchetta sul piatto, l'arrosto e le patate ad occupare ancora almeno la metà del piatto, e si alzò sotto lo sguardo preoccupato del Preside e della vicepreside.
Mentire a Minerva era la parte più dura del suo lavoro, negli anni aveva imparato a considerarla un'amica e l'idea di farsi odiare da lei era uno spillone in più nel suo cuore martoriato.
Avrebbe sopportato l'odio di tutti, ma non il suo.
Sospirò nella silenziosa biblioteca, era un sospiro di sollievo e calma. A quell'ora non c'era praticamente nessuno e poteva, per qualche minuto, essere un po' più se stesso.
Si incamminò verso uno dei suoi reparti preferiti e iniziò a far vagare lo sguardo alla ricerca di una lettura per la serata, possibilmente leggera. Aveva un disperato bisogno di far vagare la mente altrove, di pensare ad altro almeno per qualche ora. Sapeva che, presto, non avrebbe più potuto concedersi quel lusso.
Passò alla sezione di trasfigurazione avanzata e si bloccò quando vide un lume acceso su uno dei tavoli da studio. Si avvicinò lentamente, era ora di cena, nessuno studente avrebbe messo piede in biblioteca a quell'ora. Se c'era qualcuno stava certamente pensando di infrangere qualche regola.
Restando nell'ombra dello scaffale intravide la sagoma di una studentessa china sui libri. Non stava scrivendo, non stava leggendo, si era addormentata sul tavolo.
Il pozionista fece una smorfia di disappunto per l'utilizzo poco consono dei preziosi libri della biblioteca e si stupì ancora di più quando riconobbe la chioma riccia della studentessa del sesto anno.
Con un ghigno divertito si voltò verso lo scaffale cercando il libro più grosso e pesante da sbattere su quello stesso tavolo.
Quando trovò un libro sui mille utilizzi della trasformazione dei fiammiferi in scarafaggi e bottoni, un libro del tutto inutile troppo voluminoso e decisamente noioso, lo fece scivolare lentamente e silenziosamente nella mano.
- Hermione... - un sussurro appena udibile arrivò dai tavoli.
Severus si voltò trovando Weasley che toccava delicatamente la spalla della compagna.
- Hermione... svegliati... ti stai perdendo la cena.
Con il pesante libro in mano il mago si appoggiò alla libreria con la schiena, quella scena gli era famigliare.
Durante il suo quinto anno, quando l'ansia preesame era forte e lo stress faceva decisamente fare a tutti cose insensate, lui si era ritrovato in più di un'occasione in biblioteca a dover svegliare Lily. Erano gli ultimi ricordi felici che aveva con lei.
Prima che il suo orgoglio ferito avesse il sopravvento.
Si addormentava sui libri di testo e sulle pergamene con la chioma ramata che brillava come rubini sotto la luce fioca del lume.
A volte restava a guardarla qualche minuto, senza osare sfiorarla.

- Lily... Lily sveglia! Questo non è né il momento né il luogo per fare un riposino.


- Oh no! - il piccolo urlo della Granger lo riportò alla realtà – Come ho fatto ad addormentarmi in biblioteca?

- Sev! Perché non mi hai chiamato prima? Ho rovinato tutto il tema!


Il sedicenne ridacchiò e anche le labbra di Severus si incurvarono in lieve sorriso. Non di scherno, non ironico, ma un sorriso malinconico, perché anche quella scena lo riportava indietro nel passato.
- Cos'hai da ridere Ronald Weasley? - domandò evidentemente seccata la strega mentre si affrettava a mettere a posto libri e pergamene.

- Perché stai ridendo, Sev?


Con un sorriso lieve ed innamorato il giovane Weasley accarezzò la guancia della strega.
Vide entrambi arrossire e, nonostante tutto, invidiò il ragazzo che riusciva a superare il confine della timidezza. Che la sfiorava nonostante l'imbarazzo e il sentirsi perennemente inadeguato per una come lei.
Erano sensazioni che Severus conosceva molto bene. Aveva desiderato molte volte accarezzare Lily proprio come stava facendo ora Weasley con la Granger, ma la timidezza, l'imbarazzo e quel sentirsi sempre troppo poco di fronte a lei lo avevano frenato per tutta la vita.
E l'aveva persa per sempre.
- Ti sei addormentata su un tema, Hermione. - spiegò il rosso prendendo un fazzoletto – Hai delle macchie di inchiostro sulla guancia.

- Perché non mi hai detto che ho dei baffi di inchiostro Severus? Sei crudele!


La strega avvampò mentre cercava di pulirsi con il fazzoletto che Ron le aveva prestato.
- Gr... grazie Ron.
Uscirono dalla biblioteca e Severus rimise a posto il grosso tomo.
Si voltò bruscamente quando con la coda dell'occhio vide un ragazzino del secondo anno fissarlo e si rese conto che aveva ancora quel sorriso malinconico sulle labbra. Quel sorriso che gli era naturale quando pensava a lei.
- Cos'hai da guadare Jones? - sbottò irritato, il sorriso scomparso velocemente dalle labbra, rimesso nel cuore dove l'amore di Lily regnava sovrano da vent'anni – Cinque punti in meno a Tassorosso.

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Capitolo 26
*** Sorriso n. 45 - Sorridere per entrambi ***


n. 45

Titolo: Sorridere per entrambi

Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Albus Silente e Severus Piton.
Pairing: nessuno
Epoca: l'anno dopo la fine della I guerra
Riassunto:
Gli sfiori il braccio, lui si volta a guardati, probabilmente sei l'unico a cui è concessa la possibilità di vedere così in profondità nell'animo di questo giovane professore.
Gli sorridi. Gli offri quello spiraglio di luce che deve bucare le sue tenebre.

Parole: 1.403

Sorridere per entrambi

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Questa domanda te l'ha posta Ariana in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità.
Non le hai risposto, ti sei limitato a sorriderle e ad accarezzarle la testa in attesa che i suoi occhi si appannassero e tornasse nel suo mondo.
Non avevi aspettato poi molto.
Ma quella domanda ti torna in mente ogni volta che vedi un'amicizia rompersi o una giovane coppia litigare e in una scuola piena di adolescenti queste cose sono all’ordine del giorno. La voce di Ariana ti rimbomba nelle orecchie ogni volta causandoti una fitta di dolore, malinconia e rimorso.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Cammini per il giardino del castello, ti piace passeggiare, ti aiuta a pensare più lucidamente.
La vecchiaia avanza inesorabile, non sei più il mago di una volta e le tue passeggiate diventano sempre più lunghe e i tuoi pensieri sempre più aggrovigliati.
Il mondo sta vivendo un periodo di pace e speri che le cose restino così, ma non sei più il giovane illuso di un tempo.
Sai che questa pace è solo provvisoria, effimera come il fumo di una candela.
Percorri il sentiero lungo le sponde del lago nero, fa abbastanza freddo da far desistere gli studenti a bighellonare sotto gli alberi e per questo giorno pieno del ricordo di Ariana ti va bene così. Ti piace la solitudine dell'inverno.
Ti blocchi non appena vedi una figura nera seduta sotto un albero spoglio, i neri rami gelati sembrano dita annerite di una mano morente.
Resti fermo ad osservare il giovane professore di pozioni mentre legge un libro, uno dei tanti della biblioteca. Qualcosa ti dice che prima o poi li leggerà tutti.
La guerra appena conclusa ha lasciato cicatrici molto profonde nell'animo di tutti, ma quel giovane mago ha pagato i suoi errori nel modo più doloroso che possa esistere.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


Ti avvicini lentamente, non vorresti distrarlo dalla sua lettura, ma senti che se non darai uno spiraglio di luce a quell'anima tormentata, quel giovane mago resterà sempre solo con il suo immenso dolore. E la vita non è fatta solo di dolore e sofferenza.
Tu lo sai bene.
Lui non ti ha notato o ha fatto finta di non notarti, non importa, sai che è solo in questo mondo che non ha considerazione del suo immenso lavoro svolto durante l'ultimo anno di battaglia. Sai che sulla pelle ha ancora segni della guerra, inevitabili marchi che si poterà per tutta la vita, così come le dicerie sul suo conto.
Sorridi, vuoi che lui veda il tuo sorriso, che sappia che non è solo. Che tu, che l'hai così ingiustamente giudicato su quella collina in una ventosa notte, gli starai sempre vicino. Che l'oscurità del suo sguardo non deve arrivare al suo cuore. E se mai ci arriverà il tuo sorriso sarà la lamina di luce per uscire delle tenebre.
Se tu fossi ancora il giovane mago di un tempo, il giovane rampollo che voleva portare il mondo al Bene Superiore, forse, ti saresti innamorato di lui. Dei suoi occhi di tenebra e del suo animo tormentato.
Il fascino del cattivo ragazzo ti sussurra irriverente la voce del giovane Gellert. Ma ora sei solo un vecchio mago che ha visto troppo nella sua vita, ma che sa che il peggio, probabilmente, deve ancora venire.
E nel vedere quel giovane mago che legge in solitudine sotto quell'albero morto ti si stringe il cuore.
E' solo un ragazzo, uno dei tanti che ha preso una decisione e che ha pagato un prezzo troppo alto.
Ormai sei a pochi passi da lui.
- Lettura interessante? - gli domandi.
- Dipende dai punti di vista. - risponde il professore.
Lo vedi mettere un segnalibro tra le pagine. Per un istante pensi che sia troppo femminile come segnalibro per un tipo come lui, ma accantoni quel pensiero.
Il giovane si alza e si spazzola i pantaloni neri.
- Voleva vedermi Preside?
- Oh no, Seveurs. Stavo solo passeggiando e ti ho visto leggere. Non volevo disturbarti, ma ormai alla mia età si tende ad essere più impiccioni del solito.
Severus fa una leggera smorfia, infastidita probabilmente.
- Non importa. - sussurra estraendo la bacchetta e facendo evanescere il tomo – Iniziavo a sentire freddo.
- Allora cammina con me, ragazzo. - continui a sorridere e gli indichi il percorso che costeggia il lago – Non c'é niente di meglio di una passeggiata per riscaldarsi e pensare lucidamente.
- Fuggo dai miei pensieri, Preside. - sussurra lui avvicinandosi, fingi non di sentire quello che ha detto – Cammino volentieri con lei.
- Ti ho già detto di chiamarmi Albus, Severus. Altrimenti mi fai sentire più vecchio di quello che già sono.
Lui non ti risponde. Camminate in silenzio, vedi i suoi lineamenti tirati, é solo un giovane ragazzo, eppure sembra più vecchio.
- Com'é iniziato questo nuovo anno? - gli domandi con un sorriso divertito, tentando di distrarlo dai suoi pensieri che lo turbano così profondamente – Ho sentito che hai preparato un discorso interessante per gli studenti del primo anno. Spero che tu non li abbia spaventati troppo.
- Voglio che siano preparati.
- A cosa?
- A tutto.
Gli metti una mano sulla spalla, un gesto di affetto che Severus ha raramente ricevuto nella sua giovane vita. Tu lo conosci meglio di quanto vuoi ammettere, forse perché ti rispecchi in alcuni suoi atteggiamenti o in alcune sue scelte. In fondo anche tu sei stato soggiogato dal potere e hai perso le persone che amavi. Sei rimasto solo con tanti rimorsi, con la solitudine di una mente brillante e un cuore spezzato.

Che rumore fa un cuore che si spezza?


E Ariana torna con la sua dolce voce a porti quella stessa domanda a cui non sai dare risposta.
Sei riuscito in qualche modo ad andare avanti, ma non sai se per Severus sarà così facile.
Tu sei riuscito a sorridere dopo le urla di dolore e le lacrime amare.
Temi che per il tuo giovane professore di Pozioni non sarà così.
E decidi di sorridere tu per entrambi, tu sorriderai e cercherai di farlo sorridere, perché merita di avere una vita felice e non solo una vita vissuta negli obblighi e nei rimorsi. Perché Severus sa amare come pochi ne sono capaci e non merita di stare solo.
Tornate indietro, passando dalle serre e dal capanno di Hagrid dove delle zucche grandi quanto Thor stanno maturando per Halloween.
Mentre vi avvicinate all'entrata sentite due giovani studenti litigare.
- Ti ho detto che mi dispiace! - esclama un ragazzo di Tassorosso, probabilmente del quinto anno.
Vedi Severus accanto a te irrigidirsi.
- E' troppo tardi, Igor. - risponde la ragazza piccata – Ormai è tardi. Dovevi pensarci prima. E’ finita.
La studentessa torna dentro trattenendo le lacrime, il ragazzo sospira mettendosi le mani in tasca e si volta nella direzione opposta. Nessuno dei due vi ha visto.
- Che rumore fa un cuore che si spezza? - sussurri quella domanda senza neppure rendertene conto, anticipando il ricordo di Ariana e il suo dolore.
- Non fa rumore. - risponde Severus accanto a te – Fa solo male.
Ti volti verso di lui, Severus sta ancora fissando il punto in cui i due ragazzi hanno litigato. Ha lo sguardo cupo, scuro come solo in altre rare occasioni avevi visto.
Ha quello sguardo quando pensa a Lily.
Gli sfiori il braccio, lui si volta a guardati, probabilmente sei l'unico a cui è concessa la possibilità di vedere così in profondità nell'animo di questo giovane professore.
Gli sorridi. Gli offri quello spiraglio di luce che deve bucare le sue tenebre.
- Sai giocare a scacchi, Severus?
La domanda lo coglie di sorpresa, lo vedi nel suo sguardo. Annuisce solamente.
- Bene. – continui a sorridere – Io sono bravo ma non come Minerva, ho bisogno di nuovi sfidanti che non mi battano ogni volta.
Entrate nel castello, l’aria è più calda e il rumore degli studenti ti fa rimpiangere il silenzio del parco.
- Verrò a patto che la smetta di sorridermi, Preside.
- Ti ho detto di chiamarmi Albus. E io continuerò a sorriderti fino a quando non vedrò un sorriso su quelle labbra tirate, ragazzo mio. Sei troppo giovane per quell’aria sempre imbronciata.
- Allora potrebbe volerci una vita intera, Albus.
- Non ti preoccupare. Io sono un uomo paziente, Severus.

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Capitolo 27
*** Sorriso n. 46- Solo un piccolo, innocente, semplice bacio ***



Titolo: Solo un piccolo, innocente, semplice bacio
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: generale, romantico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton.
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: post guerra
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Aveva passato del tempo con lui, anime sole in un castello affollato. Avevano parlato, lui l'aveva fatta ridere e quando l'aveva raccontato a Ginny lei si era quasi strozzata con la Burrobirra.
Se ne era innamorata.

Parole: 2.256

Solo un piccolo, innocente, semplice bacio

C'erano poche cose che interferivano con la concentrazione di Hermione Granger. Il suo amore per i libri e per la conoscenza non aveva limiti.
Era stata capace di concentrarsi in una tenda in mezzo ai boschi, al freddo, affamata e con la concreta possibilità di trovarsi circondata dai Mangiamorte da un momento all'alto.
Dopo la guerra era quasi impossibile distrarla dallo studio se non in casi estremi.
Aveva passato gli ultimi due anni a rimettere in sesto il Ministero, aveva aiutato a ricostruire Hogwarts ed era tornata in Australia a riprendere i suoi genitori. Aveva passato alcune settimane divisa tra la Tana e il San Mungo dove i suoi genitori erano stati sotto osservazione.
La sua vita era stata di nuovo sconvolta alla fine dell'anno scorso quando Ron e Harry avevano deciso di intraprendere la carriera di Auror senza prendere i M.A.G.O.. A seguito di quella decisione Ron l'aveva lasciata con la scusa dell'addestramento, che non voleva distrazione e che voleva uscire dall'ombra di Harry.
Non c'era poi voluto molto a capire che aveva un'altra ragazza.
Quando l'aveva scoperto e l'aveva affrontato lui aveva confermato a testa bassa, accusandola di essere troppo presa da altro per accorgersi di lui e dei suoi sentimenti. Le aveva detto che era fredda, distaccata e sempre troppo attaccata ai libri.
L'aveva paragonata ad un iceberg.
Con il cuore spezzato si era ritirata in un piccolo appartamento a Diagon Alley dove aveva vissuto quasi un anno pensando al suo futuro. E senza mai smettere di studiare.
I libri, suoi amici e confidenti, non la giudicavano, non la guardavano con astio, non le spezzavano il cuore.
Quando aveva ricevuto il gufo da Hogwarts con la possibilità di finire la scuola, l'aveva colta al volo.
Era più grande degli studenti dell'ultimo anno di almeno due anni, la divisa era un po' ridicola sul suo corpo di donna, ma la indossava con orgoglio e a testa alta.
Era sola in quell’enorme castello.
Troppo grande per gli altri studenti, in molti la collegavano alla guerra, al passato e non volevano ricordare i tempi bui. Passava dei pomeriggi con Hagrid, a volte con la professoressa McGranitt, ma era in imbarazzo a frequentare i professori al di fuori delle ore di lezione.
I libri continuavano ad essere i suoi migliori amici. La biblioteca il suo personale rifugio sicuro.
Fino al suo arrivo.
Ombra tra le ombre del castello.
Lui con la sua voce di velluto e i suoi occhi di tenebra.
Severus Piton era stato salvato da un intervento miracoloso della professoressa McGranitt che l'aveva trovato ancorato alla vita nella Stamberga.
Era stato ricoverato per mesi, senza voler vedere nessuno se non la professoressa di trasfigurazione.
Aveva rifiutato le visite sue e di Harry, aveva rimandato indietro ogni lettera che aveva provato a scrivergli fino a quando non gli aveva scritto più.
E, con tutto quello che le era successo, non ci aveva neppure più pensato fino a quando non l'aveva ritrovato a Hogwarts, al posto di Preside.
Non era cambiato dalla guerra.
Era sempre lo stesso professore di un tempo. Vestito di nero, sarcastico, pungente, velenoso come le sue pozioni. Era il solito Severus Piton.
Aveva passato del tempo con lui, anime sole in un castello affollato. Avevano parlato, lui l'aveva fatta ridere e quando l'aveva raccontato a Ginny lei si era quasi strozzata con la Burrobirra.
Se ne era innamorata.
Ed era accaduto così velocemente che se n'era resa conto quando, ormai, era troppo tardi.
E, questa volta, i suoi amati libri non potevano aiutarla.
Così quando quella mattina era entrato nell'aula di difesa aveva sentito lo stomaco aggrovigliarsi su se stesso.
- Il professor Plum ha l'influenza. - spiegò alla classe muta e spaventata dalla sua presenza – Visto che siete le uniche classi della giornata e siete dell'ultimo anno ho deciso di sostituirlo. Affronterete i M.A.G.O. tra pochi mesi e non potete concedervi il lusso di perdere delle preziose ore di lezione.
Nessuno aveva osato anche solo fiatare in classe. Hermione lo fissava dall'ultimo banco in fondo all'aula, non aveva perso la sua natura di brava studentessa, ma non alzava più la mano come un tempo, le sembrava di fare un torto ai compagni più giovani.
Lo sguardo nero del professore vagò per tutta la classe.
- Bene. Vi dividerete in coppie, voglio testare le vostre conoscenze in queste due ore. Non ci saranno voti, ma ho intenzione di parlare al professor Plum di eventuali carenze che riscontrerò. E so che ci saranno delle carenze.
La strega sorrise appena mentre, insieme ai suoi compagni, metteva a posto i libri e spostava la borsa vicino al muro.
I banchi sparirono con un semplice colpo di bacchetta del professore.
- Dividetevi in coppie!
Hermione rimase ferma mentre i suoi compagni sceglievano, escludendola come, ormai, era abituata. Si ritrovò da sola, senza compagno con cui sfidarsi.
Sentì lo sguardo di Piton addosso, si voltò verso di lui e gli fece un debole, impercettibile sorriso e alzò appena le spalle.
Severus alzò un sopracciglio.
- Mi deludete. - sentenziò camminando per l'aula sgombra – Soprattutto voi Corvonero, pensavo che tutti avreste fatto carte false per duellare con la signorina Granger che, oltre a me, ha molto da insegnarvi sulla difesa contro le arti oscure.
Tutti si voltarono a guardarla; Hermione sentì le guance andare in fiamme.
- Signorina Granger. - la chiamò il mago – Prego, al centro dell'aula.
Hermione camminò a testa alta, imbarazzata, ma decisa a dimostrarlo il meno possibile.
- Cosa devo fare, Signore?
- Duellare. - le labbra sottili del mago si incurvarono in un lieve sorriso tirato – Con me.
La strega temette di aver capito male. La sua voce era capace di confonderla, di incantarla e farle dimenticare tutto il resto.
- Mi... mi scusi... temo di non aver capito. - balbettò ormai incapace di celare il rossore sulle gote.
- Hai capito bene, Granger. - fece il mago leggermente infastidito togliendosi il mantello nero e appoggiandolo sulla cattedra – Visto che i tuoi compagni non sanno sfruttare le occasioni, tu duellerei con me.
Era inutile fare altre domande. Hermione seguì l'esempio del professore, si tolse il mantello e lo appoggiò sulla borsa per terra. Si posizionò davanti a lui.
Si sentiva a disagio con quella divisa addosso, la faceva sembrare più piccola di quello che in realtà era. Voleva farsi vedere donna, ma non c'erano molte occasioni per dimostrarglielo.
Impugnò bene la bacchetta, con la coda dell'occhio vide due compagni di Grifondoro scambiarsi delle monete, le ricordò Fred e George durante il Torneo Tre Maghi.
Attorno a lei e Piton comparve un cerchio rosso.
- Bene Granger. - fece il mago stringendo la bacchetta – Il primo che fa uscire l'altro dal cerchio ha vinto il duello. Le regole sono semplici, nessun incantesimo per ferire e l'utilizzo solo di incantesimi non verbali.
Annuì solamente cercando di concentrarsi il più possibile, trovandolo difficile mentre si perdeva nei suoi occhi neri e la sua voce le accarezzava la pelle.
Il primo incantesimo che le lanciò la colse preparata, ma era solo all'inizio. Mentre mentalmente ripassava tutti gli incantesimi del suo repertorio, Piton lanciò un'altra fattura, questa volta prendendola di sorpresa. La schivò all'ultimo, spostando la testa di lato e sentendo l'incantesimo a pochi millimetri dall'orecchio.
- Pensa meno, Granger. - la corresse lui – Il duello é istintivo, sono certo che nella Foresta di Dean non sei stata lì a pensare agli incantesimi che potevano esserti utili. Hai agito e basta.
Il riferimento al passato, a quella guerra che non faceva parte della vita di quei giovani studenti, ma della loro vita la fece sorridere, non rispose e lanciò l'incantesimo intenzionata a colpirlo. Piton lo deviò facilmente, ma c'era un luccichio nei suoi occhi di ossidiana che le fece tremare le gambe.
Continuarono per una decina di minuti a ritmo incalzante, senza parlare, senza guardarsi attorno. Gli studenti del settimo anno di Grifondoro e Corvonero seguivano lo scontro con interesse e partecipazione. Hermione sentì due compagni fare il tifo per lei.
L'ultimo incantesimo che parò fu troppo forte, ruppe la sua barriera e la spinse fuori dal cerchio.
Aveva perso ma nonostante tutto stava sorridendo.
- Bene. – fece il professore facendo sparire il cerchio dal pavimento e fissando gli altri studenti – Mettetevi a qualche metro di distanza e iniziate a duellare. Non voglio feriti. Granger, tu hai già duellato, aiutami ad controllare la classe.
Aiutarlo come assistente alla lezione era bello e le permetteva di fantasticare un po’ su di lui. Passava tra i compagni e cercava di dare una mano quando vedeva qualcuno in difficoltà. Nell’aula non volava una mosca, molti erano concentrati sugli incantesimi da lanciare, alcuni borbottavano la formula cercando di non farsi scoprire.
Gli passò accanto un paio di volte, lui era concentrato sulla lezione, lei ci provava, ma anche solo sfiorarlo le faceva dimenticare tutto il resto. Quando uno studente di Corvonero rischiò di rompersi il naso con una fattura venuta male Hermione riprese coscienza di sé. Si concentrò e non guardò più Piton per tutta la lezione.
La campanella le sembrò suonare troppo presto. Tutti si affrettarono a prendere le rispettive borse per la lezione successiva. Lei aveva un'ora di buco, ci mise più tempo del necessario a prendere la borsa.
- Granger, - la chiamò Piton iniziando a far ricomparire i banchi – ho bisogno di parlarti.
Con un sorriso appoggiò la borsa sul banco che era comparso e aspettò che l'ultimo compagno uscisse dall'aula.
La porta si richiuse magicamente da sola.
Quando furono soli, Severus si appoggiò alla cattedra e incrociò le braccia al petto, il mantello era ancora abbandonato sulla scrivania, il suo era ammucchiato sulla borsa.
Si avvicinò con il cuore che batteva così forte in petto che aveva paura che le spaccasse qualche costola.
- Granger...- fece lui fissandola intensamente – sei distratta oggi.
- Mi dispiace, signore. - rispose mortificata.
Il Preside fece un mezzo sorriso ironico.
- Posso comprendere che la dichiarazione fatta questa mattina in Sala Grande di Eric O'Brian l'abbia presa di sorpresa, ma...
Hermione fece una smorfia. Quella mattina un ragazzo del sesto anno di Grifondoro aveva urlato in tutta la Sala Grande di essersi innamorato di lei facendola vergognare come mai prima d'ora.
- Eric è stato poco delicato, - rispose – ho già avuto a che fare con un ragazzo così. E credo che non vorrò ripetere l'esperienza. Non é lui che mi fa perdere la concentrazione.
Piton sorrise, questa volta un sorriso vero, autentico, probabilmente uno di quelli che riservava solo a lei.
Era stato quel sorriso a farla innamorare.
Hermione sentì che stava per esplodere dall'emozione.
Severus si staccò dalla cattedra e annullò la distanza che li separava, Hermione si ritrovò a trattenere il respiro mentre lui le accarezzava un ciocca di capelli. Il suo profumo le invase i polmoni, sentiva il calore del suo corpo, la grande mano dalle affusolate dita si spostò sulla sua guancia in fiamme.
Chiuse gli occhi per non cedere alla tentazione di fare qualcosa di estremamente stupido in un’aula vuota, con la porta chiusa, con gli studenti che passeggiavano fuori da quella stanza.
- Severus…- balbettò non riuscì a capire se il suo era solo un debole bisbiglio o un urlo.
Forse un urlo del suo cuore.
Avvertì la sua presenza a pochi millimetri dal suo volto.
- Mi piace quando sussurri il mio nome. – le alitò nell’orecchio facendola gemere debolmente.
Alla cieca afferrò la sua casacca nera. Non poté evitarlo, aveva le gambe molli e rischiava di cadere se non si aggrappava a lui.
Sentì l’altra mano aprirsi sulla sua schiena.
Erano abbracciati. In un’aula vuota. Dopo una lezione. Con la porta chiusa e il mondo esterno che andava avanti ignorandoli.
- Severus… - balbettò – abbiamo… deciso di… attendere Giugno… dopo gli es…
Le labbra sottili del mago si posarono sulla sua guancia e la frase le morì in gola. Strinse di più la sua giacca nera e serrò ancora di più gli occhi, se li avesse aperti si sarebbe persa nel suo sguardo, nella sua anima, nella sua ombra.
Si sarebbe persa in lui.
- Non ti bacio da Capodanno…- sussurrò Severus, Hermione avvertì la sua bocca vicina, troppo vicina – sono passati quasi quattro mesi. Ho bisogno delle tue labbra. Ora. Subito. O non arriverò mai a Giugno.
La strega sorrise nell’udire l’urgenza di baciarla in quel preciso momento.
Aprì gli occhi immergendosi nel mare in tempesta dei suoi. Nei suoi occhi di tenebra brillava la fiamma della passione sopita e del desiderio di avere anche solo un pezzetto di lei per poter mantenere quella promessa che si erano scambiati quella notte di Capodanno.
- E’ solo un bacio…- continuò il mago baciandole ancora una volta la guancia – un piccolo…- e le sue labbra si avvicinarono ancora un poco alla sua bocca – innocente…- e questa volta fu l’angolo delle labbra ad essere baciate – semplice bacio.
Hermione sapeva bene che i baci di Severus non erano piccoli, innocenti, semplici baci. Sapevano di perdizione, lussuria e proibito.
Hermione sorrise, poteva sentire il calore delle labbra di Severus sulle sue eppure non si stavano ancora baciando.
Lui la stava provocando, voleva che fosse lei ad annullare quella misera distanza.
Era il suo personale angelo tentatore.
- E' pericoloso, professore. - mormorò ad un soffio da quelle labbra sottili.
- Non ti preoccupare. Metterò una buona parola per te al Preside.
Era un gioco di seduzione che Hermione voleva perdere, era passato così tanto da quel loro primo ed unico bacio che voleva assaporare ancora le sue labbra.
Annullò la distanza e si perse in lui, con lui.

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Capitolo 28
*** Sorriso n. 47 - Sei prevedibile, Granger ***


Titolo: Sei prevedibile, Granger
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: generale, romantico
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton.
Pairing: Hermione / Severus (Sai che novità...)
Epoca: post guerra
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Hermione passava più tempo nei sotterranei di Hogwarts che al Ministero. Era portata per fare la ricercatrice, aveva una mente aperta e trovava sempre nuove strade da sperimentare. Parlare con lei era risanante per lo spirito e la mente.
Parole: 2.033



Sei prevedibile, Granger

- Sei sparito per sei mesi!
Un ragazzino del terzo anno di Serpeverde si bloccò in mezzo al corridoio e si voltò verso la porta che conduceva al laboratorio privato del Preside Piton.
Qualcuno stava urlando contro Piton. Qualcuno con istinti suicidi, probabilmente.
- Mi vuoi rispondere, Severus?
Lo studente riprese a camminare velocemente verso la Sala Grande; aveva la netta impressione che tra poco il Preside sarebbe uscito come una furia dal laboratorio e non voleva intralciare il suo cammino. Se era fortunato sarebbe riuscito a non incrociarlo per tutto il giorno.
Il Preside Piton appoggiò la borsa di pelle nera sulla scrivania con un tonfo e osservò la donna che, incurante del pericolo, era piombata nel suo ufficio ad urlargli contro.
Sollevò un sopracciglio sottile e aprì con uno scatto la borsa.
- Non sono affari tuoi, Granger. - sibilò iniziando ad estrarre barattoli e radici.
- Non sono affari miei? - gridò l'altra paonazza in volto. La vide infilarsi una mano in tasca e, di riflesso, la sua mano sfiorò l'impugnatura della bacchetta nera nascosta nella tasca interna del mantello; invece Hermione estrasse un biglietto ripiegato in quattro parti – Mi hai inviato questo stupido messaggio con un gufo spelacchiato e sei sparito per sei mesi!
- Mi era sembrato di essere stato abbastanza chiaro in quel biglietto.
La strega sbuffò e aprì il messaggio.
- Parto. - lesse Hermione – Ho una tesi nuova da provare. - alzò lo sguardo sul mago – Questa… - disse sventolando il biglietto con forza, tanto che un angolino si spezzò e cadde a terra dolcemente - non è una spiegazione. Non sapevo nulla di una nuova tesi, avresti dovuto dirmelo, avremmo studiato insieme la sua preparazione e i suoi effetti.
- Avevi cose ben più importanti a cui pensare.
Il mago finì di estrarre tutti gli ingredienti che aveva raccolto nel suo lungo viaggio e iniziò con le pergamene contenenti i suoi appunti. La sua collaborazione con Hermione Granger era stata, all'inizio, prettamente simbolica e fastidiosa. Il Ministero gli aveva chiesto di studiare una nuova formula per la pozione antilupo; aveva accettato dopo un po' di tempo, avendo trovando il suo lavoro di Preside noioso e ripetitivo. In quanto pozione sperimentale andava testata nelle sue varie fasi, compresa la trasformazione nelle notti di luna piena.
Qui entrava la petulante SoTutto; in quanto avvocato delle creature magiche la sua presenza era necessaria per assicurare al Ministero che i suoi metodi non lenissero la liberà dell'individuo, né la sua sicurezza e che, cosa più importante in una società che garantiva l'uguaglianza tra razze magiche e non, non avessero ripercussioni sulla comunità dei Lupi Mannari.
La prima volta che avevano somministrato la pozione ad un giovane mago rimasto vittima della maledizione durante la guerra i risultati erano stati pessimi. Il giovane si era trasformato, era stato doloroso, violento ed inaspettato. Il giovane si era fatto accecare dal suo lato animale e stava quasi per attaccare Hermione se un suo intervento non l'avesse salvata in tempo.
Dopo quello spiacevole episodio aveva cercato una soluzione al problema sull'instabilità della pozione, aveva fatto vari tentativi per mesi, con calcoli sempre più complessi e selezioni accurate degli ingredienti e della loro provenienza. Anche il più insignificante dettaglio era fondamentale.
Il secondo tentativo era andato meglio. La trasformazione c'era stata, ma il lupo sembrava avere coscienza del suo lato umano. Era stato un passo avanti, ma da quel punto non aveva poi fatto molti progressi.
Non era ancora riuscito a bloccare del tutto la trasformazione né a sopprimere completamente l'istinto animale.
Era frustante per il suo orgoglio.
Dopo più di un anno di stretta collaborazione con la Grifondoro si era deciso ad aprirle il suo laboratorio e i suoi appunti. Più che altro per farla stare zitta e perché due cervelli erano sempre meglio che uno solo.
Hermione passava più tempo nei sotterranei di Hogwarts che al Ministero. Era portata per fare la ricercatrice, aveva una mente aperta e trovava sempre nuove strade da sperimentare. Parlare con lei era risanante per lo spirito e la mente.
A volte portava anche del lavoro extra e si trovano a parlare per tutta la serata di legge e conseguenze dei comportamenti umani sulle altre razze.
- Cose più importanti? - domandò la strega disorientata interrompendo il filo dei suoi pensieri e i suoi ricordi – In che senso?
- Torna a casa, Hermione. - le rispose duramente il mago senza guardarla – Non hai un marito che ti aspetta?
Non sentì nessuna risposta da parte sua e lasciare Hermione Jean Granger senza parole non era affatto facile.
Sollevò la testa dalle carte e la vide in mezzo alla stanza, con il suo bigliettino ancora in mano e lo sguardo basso.
- Non l'hai saputo? - gli chiese con un filo di voce – Nessuno ti ha avvisto?
- Sono partito quasi all'improvviso, ho chiesto a Minerva di sostituirmi questi mesi e non ho detto a nessuno dov'ero diretto. Quindi no, Granger, - spiegò utilizzando il tono più scocciato del suo repertorio - nessuno mi ha avvisato di nulla.
Hermione sospirò.
- Il matrimonio è stato annullato. - disse tutto d'un fiato a voce bassa.
La frase echeggiò nella stanza come se fosse stata urlata. Severus sgranò gli occhi, sentì improvvisamente il corpo tremare.
- Perché?
Hermione sollevò lo sguardo e lo fissò come se non si aspettasse quella domanda.
- Non lo amavo. - rispose con una sincerità disarmante – Lo amavo come fratello, ma nient'altro. Ho pensato che avrei preferito vivere sola piuttosto con condannare entrambi all'infelicità. Sono una di quelle ragazze che vuole sposarsi una volta sola nella vita e voglio che sia per amore non perché credo che sia amore.
- Eppure quando Weasley veniva qui a trovarti mi sembravate fin troppo appiccicosi e melensi.
- Ron era appiccicoso e melenso. - precisò lei – E' un bravo ragazzo, Severus. - ci tenne a precisare quando vide una sua smorfia disgustata - Non è colpa sua. E' colpa mia. L'ho lasciato due giorni prima delle nozze. Credevo che in qualche modo l'avessi saputo.
- Ero già partito.
- Eri già partito. - annuì lei - Ti ho cercato, ma nessuno sapeva dove ti fossi nascosto.
- Non mi sono nascosto. - puntualizzò irritato.
Calò un silenzio pesante tra di loro. Hermione lesse ancora le due righe che le aveva scritto prima di partire.
- Non mi sembri sollevato all’idea che non mi sia sposata. – lo mormorò appena come se stessa parlando a se stessa.
Severus sollevò un sopracciglio.
- Perché dovrei essere sollevato?
La labbra di Hermione si incurvarono un in sorriso amaro, ma non rispose alla sua domanda.
Il mago sospirò e tornò a sistemare le pergamene scritte durante il viaggio. Ogni tanto lanciava occhiate silenziose alla donna. Era stranamente taciturna, la rabbia di poco fa sembrava svanita e non ne capiva il perché.
Hermione era sempre in grado di disorientarlo.
- Come ti senti? – le domandò per rompere quell’opprimente silenzio.
Ci volle qualche lungo secondo prima che Hermione si decidesse a rispondere.
- Come mi sento... - sorrise la strega tristemente - Mi sento stupida... - accartocciò il biglietto in mano - io... io credevo di aver visto qualcosa nel tuo sguardo negli ultimi mesi... - Hermione non se ne accorse, fissava la palla di carta stretta nel pugno, ma Severus era sbiancato - io... - fece una piccola risata isterica e si passò la mano libera tra i ricci – se tu mi fai queste domande è perché non… - sospirò chiudendo gli occhi, sembrava esausta - Scusa se sono piombata qui urlando. - il cambio repentino di discorso e del tono di voce lo disorientò nuovamente – Sarai stanco per il viaggio e tutto il resto. Quando vorrai spiegarmi la tua nuova teoria sai dove trovarmi. Ora scusami me ne vado a casa a mangiare un chilo di gelato, guardare un film d'amore strappalacrime e a maledirmi per la mia innata capacità di innamorarmi dell’uomo sbagliato. – fece scivolare la pallina di carta in tasca poi sollevò lo sguardo su di lui, tratteneva con fierezza le lacrime - Ciao Severus.
Uscì così di fretta che non gli diede il tempo di rispondere o capire bene cosa lei gli stesse dicendo.
Si ritrovò in piedi nel suo ufficio, con addosso ancora l’odore del luogo dove era stato negl’ultimi sei mesi e la consapevolezza che Hermione Granger gli aveva appena confessato di essersi innamorata di lui.

* * * *



Quando andò ad aprire la porta del suo appartamento aveva ancora il cucchiaio del gelato in bocca.
Severus era dall'altra parte dalla porta.
Si fissarono in silenzio per alcuni minuti.
- Avevi ragione. - disse infine lui – C'era qualcosa nel mio sguardo.
La strega lo fece entrare. Severus si guardò attorno: il televisore era in pausa, l'immagine in bianco e nero era fissa su una donna che rideva. Sul basso tavolino c'era un barattolo di gelato al cioccolato e vaniglia aperto, una confezione di fazzolettini di carta monouso. Molti erano accartocciati sul tavolo, usati.
Si sentì un po' in colpa.
Hermione si affrettò a mettere in fresco il gelato e appoggiò il cucchiaino nel lavello. Fece sparire i fazzoletti usati con un colpo di bacchetta. Poi si concentrò su di lui.
Severus fece un lieve sospiro.
- Mi dispiace. - le disse – Io... ho iniziato a provare qualcosa per te da quando hai cominciato a lavorare in laboratorio, ma...
- Ero fidanzata. - rispose lei.
- Eri fidanzata. - confermò lui – Mi piaceva lavorare con te e non volevo rovinare il rapporto che avevamo. La vecchiaia non mi rende più saggio, - un sorriso amaro e triste increspò le sue labbra sottili - nelle questioni di cuore faccio sempre gli stessi errori. Ma…
Si bloccò nervoso, timido ed impaurito, emozioni che Severus non provava da quando aveva quindici anni. Odiava sentirsi così vulnerabile davanti a qualcuno.
- Ma? - lo incoraggiò lei, si stava torturando le mani.
- Hermione, - disse Severus chiudendo gli occhi – l’amore per Lily mi ha ucciso. Ha ucciso la mia anima, il mio cuore, il mio stesso essere. Sono morto perché amavo Lily e lei viveva senza di me. Era felice senza di me. Ci sono voluti oltre vent’anni per capire che era un amore sbagliato, malato e distruttivo. E quando ho capito che stavo per provare per te lo stesso amore di Lily mi sono rifiutato di accettarlo. Non potevo sopportare tutto quel dolore di nuovo. Sono partito prima del matrimonio perché non potevo più sopportare di vederti felice senza di me. Avevi ragione: mi sono nascosto dal mondo e da te.
- Ma io non ero felice.
- Devi cercare di capirmi... non ho mai neppure lontanamente immaginato che tu potessi ricambiare i miei sentimenti. Ogni volta che ti vedevo con Weasley per me eri una donna innamorata del suo giovane fidanzato. Ero così concentrato sul mio dolore che non ho visto il tuo.
- Così sei partito per dimenticarmi.
Il mago aprì gli occhi e la fissò intensamente.
- Sì.
Hermione si avvicinò a lui egli accarezzò una guancia. Severus si beò di quel contatto.
- Mi dispiace di averti fatto soffrire così tanto, Severus. - sussurrò Hermione.
- Non è stata colpa tua.
- Mi dispiace lo stesso.
Il mago sollevò una mano e le sistemò un riccio dietro l'orecchio; la strega sorrise. Un sorriso innamorato che scaldò l'animo di Severus.
- Ha funzionato? - domandò lei timidamente – Ti sei dimenticato di me?
Con il pollice delineò le sue labbra carnose ed invitanti.
- Credevo di sì. - le rispose con un sussurro roco.
Si chinò sul suo viso per baciarla, ma Hermione gli mise le mani sul petto e lo fermò.
- Aspetta. - disse – Voglio dirti una cosa prima.
- La so già. - mormorò sollevando un sopracciglio sottile.
La donna sorrise maliziosa.
- Davvero?
- Sei prevedibile, Granger.
Lei ridacchiò e giocò un poco con i primi bottoni della casacca nera.
- Ti amo, Severus Piton.
Severus ricambiò il sorriso e l'avvicinò di più al suo corpo.
- Sei estremamente prevedibile.
Non ci fu più bisogno di parlare.

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Capitolo 29
*** Sorriso n. 48 - Perle di gioia ***



Titolo: Perle di gioia
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: generale, romantico, in questa ci ho messo anche un po' di melassa XD
Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton.
Pairing: Hermione / Severus
Epoca: post guerra
Avvertimenti: AU
Riassunto:
La scuola era tornata nella sua routine, non c'erano più minacce, guerre e dolore.
Era il momento perfetto per essere felice.
E il mago che, ora, sedeva dietro la sua vecchia scrivania meritava più di chiunque altro la felicità.

Parole: 1.079


Perle di gioia

Era una serata calda di Maggio.
Il Preside Piton stava finendo di leggere una missiva ricevuta dalla scuola di Drumstang; l'atmosfera nell'ufficio era calma, rilassata. Alcuni presidi dipinti sonnecchiavano tranquillamente nelle cornici, alcuni erano andati in altri quadri a spettegolare; Silente fissava la schiena dell'attuale Preside e sorrideva felice. Era un periodo di pace, serenità, calma.
La scuola era tornata nella sua routine, non c'erano più minacce, guerre e dolore.
Era il momento perfetto per essere felice.
E il mago che, ora, sedeva dietro la sua vecchia scrivania meritava più di chiunque altro la felicità.
Un leggero suono ruppe il silenzio dell'ufficio circolare.
Albus sollevò lo sguardo sulla parete che aveva di fronte dove un grande orologio a pendolo era stato posizionato qualche anno prima. Un regalo speciale della famiglia Weasley.
Una delle lancette si spostò velocemente.
Destinazione casa.
- Sta tornando, Severus. - disse il mago dipinto.
Il mago vestito di nero sollevò lo sguardo e guardò l'orologio.
- Grazie, Albus.
Ripiegò la pergamena e si alzò.
- Per oggi basta. – mormorò, fissando la scrivania.
Uscì dall'ufficio e si diresse nei suoi alloggi, spostati da qualche anno dai rassicuranti sotterranei al luminoso quarto piano. Aprì la porta giusto il tempo di vedere sua moglie uscire dal camino.
Hermione stava togliendo la cenere dal mantello con l'aiuto della bacchetta. Solo dalla sua espressione si capiva che era esausta.
- Ciao. - lo salutò lei con un sorriso stanco.
- Ciao. - rispose il mago togliendosi l'ingombrante mantello nero e appoggiandolo ad una delle poltrone davanti al camino – Ti senti bene?
Hermione sbuffò e iniziò a spogliarsi dirigendosi nella camera da letto.
Severus la seguì fino in camera e la fissò mentre si spogliava abbandonando i vestiti per terra.
- Fa caldo oggi! - si lamentò lei togliendosi i pantaloni – E siamo solo a Maggio!
La camicia bianca raggiunse in fretta i pantaloni sul pavimento. Severus sorrise osservando con sguardo innamorato e colmo di gioia il corpo di sua moglie coperto solo da un intimo delicato e quel piccolo pancino di alcuni mesi che custodiva il suo dono più grande.
- Sono esausta. - esclamò Hermione sdraiandosi sul letto.
- Lavori troppo. - la rimproverò dolcemente lui raggiungendola sul letto – Non ti fa bene e neppure al bambino.
Hermione gli lanciò un'occhiataccia.
- Non è il lavoro!- fece – E' tuo figlio! Oggi non mi ha dato un attimo di pace. E' tutto il giorno che gira e tira colpi.
Severus riuscì a trattenere una risata, Hermione era molto suscettibile in quel periodo. Era alla venticinquesima settimana di gravidanza, il suo corpo aveva iniziato a cambiare nell'ultimo mese e lui la trovava sempre più bella e desiderabile. Da qualche settimana aveva iniziato a sentire i primi colpetti. Prima leggeri, quasi indistinguibili, man a mano che i giorni passavano erano diventati più nitidi e più forti, ma a lui ancora preclusi.
Gli aveva detto che era ancora troppo presto, che il bambino non aveva ancora le forze necessarie per farsi sentire anche dall'esterno, ma non poteva non provare un po' di invidia ogni volta che Hermione sorrideva accarezzandosi la pancia nel punto dove aveva sentito un calcetto o una piccola capriola. A volte si sentiva escluso da quel mondo femminile che lui poteva solo tentare di capire.
- Mio figlio? - disse sollevando un sopracciglio – Perché quando ti fa vomitare o quando ti fa stancare è solo mio figlio?
Hermione sorrise e lo tirò verso di sé per un delicato bacio a fior di labbra.
- Io sono la donna incinta e il tuo dovere è sopportarmi.
- Sono quasi certo che il cerimoniere non abbia detto questo quando ci siamo sposati. - rispose lui a pochi millimetri dalle sue labbra.
- Era scritto nelle carte che abbiamo firmato al Ministero.- rispose lei divertita.
- Erano quelle scritte minuscole che non ho letto?
- Esatto. - ridacchiò lei – Ora ci parli, per favore?
Da quando Hermione era rimasta incinta lui si era sentito impotente di fronte alle sue nausee, agli ormoni impazziti che la facevano piangere anche di fronte ad una boccetta di inchiostro finita, alla spaventosa idea che la loro vita sarebbe cambiata in pochi mesi che, come per magia, sembravano passare più velocemente del solito. Ma da quando lei aveva avvertito il primo colpetto si era resa conto che la sua voce era in grado di calmare il bambino. Come una ninna nanna.
La sua voce. Lui che spaventata gli studenti solo con un'alzata di sopracciglio.
Il mago le diede un altro bacio a fior di labbra e scese verso il ventre della moglie, lo accarezzò piano e lo baciò delicato.
Hermione gli guidò la mano dove sentiva i colpi e chiuse gli occhi.
- Ciao anche a te. - sussurrò il mago sulla pancia rotonda – Non devi far affaticare così tanto la mamma, lo sai vero?
La strega sospirò di sollievo e iniziò ad accarezzargli i capelli.
- Sia lodato Godric. - mormorò – Si sta calmando.
Severus sorrise sulla pelle lattea della moglie.
- Cosa stai facendo lì dentro? – gli domandò.
- Probabilmente sta giocando a Quiddicth. – rispose Hermione - Continua a parlare, ti prego… ho bisogno di cinque minuti di tregua.
Severus ci pensò un attimo poi prese a spiegare la preparazione della pozione della pace. Elencò ogni ingrediente, la loro provenienza, il modo migliore per prepararli, di tagliarli e sminuzzarli, descrisse ogni passaggio e ogni variante da lui inventata.
Parlò fino a quando non sentì la mano di Hermione tra i suoi capelli scivolare verso il letto, sollevò la testa e vide che si era addormentata cullata dalla sua voce.
Sorrise di nuovo e tornò a concentrare le sue attenzioni al pancino rotondo.
- Devi lasciar riposare un po’ la mamma.- sussurrò sulla pelle di Hermione – L’hai fatta stancare con tutti i tuoi calcetti.
E per la prima volta Severus sentì qualcosa sotto quella pelle che lui amava. Un colpo, piccolo, delicato, dolce, proprio all’altezza delle sue labbra.
Baciò quel punto.
- Sei stato tu? – domandò con un sussurro sentendosi un po’ sciocco.
Un altro colpo, sempre delicato, piccolo, ma inconfondibile.
Severus non era un uomo dalla lacrima facile. Aveva pianto poche volte nella sua vita e le sue lacrime erano sempre di dolore e rimpianto, di perdita e sensi di colpa.
Ma in quella calda sera di Maggio la delicata lacrima che bagnò la pancia di Hermione era una piccola perla di gioia.

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Capitolo 30
*** Sorriso n. 49 - Tre é un numero prfetto ***


n. 49 Titolo: Tre è un numero perfetto
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger
Pairing: Severus/Hermione
Avvertimenti: AU
Riassunto: Lui e la sua compagna erano sdraiati nel letto dopo aver fatto l'amore, coperti dalle lenzuola scure che per anni avevano accompagnato i suoi sogni agitati.
Parole: 1.108

Tre è un numero perfetto

La stanza era in penombra, le candele che aveva acceso per creare un'atmosfera romantica si erano quasi del tutto consumate attorno a loro. Sul tavolo rotondo davanti al camino c'erano i resti della cena che aveva organizzato con precisione e fino all'ultimo dettaglio.
Lui e la sua compagna erano sdraiati nel letto dopo aver fatto l'amore, coperti dalle lenzuola scure che per anni avevano accompagnato i suoi sogni agitati.
Era stanco, ma non riusciva a prendere sonno. Non con lei che si era accucciata vicino al suo corpo in cerca di calore. Non con la sua pelle così vicina, con il suo dolce profumo che gli riempiva i polmoni e il suo delicato respiro che gli solleticava il petto.
Era una continua tentazione.
Fece un profondo respiro e cercò di dominare il desiderio di svegliarla per poterla fare sua di nuovo, per tutta la notte e per tutta la vita.
Le accarezzò il braccio nudo che gli cingeva la vita e tornò a pensare a quella serata.
Era stato un primo appuntamento semplicemente perfetto. Avrebbe voluto portarla fuori, ma lei aveva insistito per restare ad Hogwarts, dicendo che non c'era posto migliore per le loro anime e i loro cuori.
Gli aveva chiesto di condurla nel suo posto preferito. L'aveva portata in biblioteca, nella sezione dove si nascondeva quando voleva un po' di calma e le aveva aperto il suo cuore. Il suo piccolo, oscuro cuore nero che per anni era stato imprigionato dalle catene di un amore mai corrisposto.
Aveva parlato come non lo faceva da anni, aveva raccontato la sua vita come aveva fatto solo con Silente.
E il loro primo bacio era avvenuto tra quegli scaffali, circondati da loro mondo di inchiostro e pergamene, avvolti dalla magia antica racchiusa tra i tomi.
Il mago ghignò nella stanza silenziosa chiedendosi da quando fosse così romantico, da quando il suo cuore prendeva il sopravvento sulla mente.
Ma aveva combattuto due guerre nella sua vita, una gli aveva portato via quello che credeva fosse l'amore della sua vita. Gli aveva strappato la felicità e ogni speranza.
La seconda gli aveva quasi strappato la vita se lui non si fosse preparato in tempo, se non avesse visto quel serpente sempre più vicino all'Oscuro ricordando le parole di Albus. Se non avesse ingerito per un intero anno piccole dosi dell'antidoto al veleno di Nagini per assicurarsi di non morire dissanguato in caso di morsi non desiderati. Se, in quella casa polverosa, non avesse combattuto contro il desiderio di morire e non avesse lottato contro il delirio dovuto al dissanguamento e non avesse bevuto una pozione rimpolpasangue che teneva nel mantello in casi estremi.
Sarebbe morto se una strega, la stessa che ora stringeva tra le braccia, non fosse tornata in quella casa trovandolo vivo sul pavimento e non l'avesse curato là, sulle travi marce della Stamberga, cercando nella borsetta di perline qualunque cosa per curarlo o, almeno, renderlo stabile fino all'infermeria.
La saccente strega che aveva messo le mani sulla sua ferita al collo sporcandosi di sangue senza esitazioni, senza perdersi d'animo continuando a parlare per tenerlo sveglio.
C'erano voluti anni prima di rivedersi, anni in cui lui aveva ripreso in mano la sua vita, anni in cui aveva imparato a guardare la cicatrice sull'avambraccio sinistro senza provare disgusto per se stesso. Anni in cui lei era cresciuta, maturata ed aveva intrapreso la carriera della medicina al San Mungo.
E quando l'aveva rivista ad una commemorazione ai caduti della guerra si era reso conto che la strega irritante aveva lasciato il posto ad una donna attraente. Fin troppo attraente.
Avevano parlato quasi tutta la sera, mentre l'infantile fidanzato mangiava ogni cosa gli capitasse sotto mano, mentre il ragazzo sopravvissuto parlava con tutti i funzionari del Ministero lasciandola sola. Mentre lei veniva messa in un angolo sola con il suo cervello, come se non avesse mai combattuto, come se non avesse salvato loro la vita in più di un'occasione.
Era stato bello parlare con lei, scambiarsi battute acide sui presenti e i loro fin troppo stucchevoli ringraziamenti, specialmente a lui che, fino a qualche anno prima, in molti avrebbero voluto sbatterlo ad Azkaban o, meglio, in qualche profonda fossa. E dopo qualche settimana l’infantile fidanzato era diventato ex fidanzato e l’attraente strega era andata da lui chiedendo aiuto per una tesina sulle pozioni cicatrizzanti che doveva preparare per il corso di medicina.
Gli aveva fatto riscrivere quella maledetta tesina tre volte per prolungare le giornate passate con lei.
Sorrise nella penombra della camera, mentre la prima candela si spegneva del tutto consumata.
Sorrise ripensando al modo impacciato con cui l’aveva inviata a cena, quasi come se fosse un ordine.
Lei si mosse nel sonno, avvicinandosi ancora di più al suo corpo, le loro pelli si accarezzavano.
Così morbida lei.
Così ruvido lui.
Sentiva che poteva finalmente essere felice. Poteva assaporare quella felicità di cui aveva solo uno sbiadito ricordo infantile. Poteva sorridere come mai aveva fatto fino ad allora.
- Mi piacerebbe acquistare una casa per noi...- mormorò piano senza volerla svegliare, ma volendo dire quel suo desiderio ad alta voce perché aveva paura che se lo avesse solo pensato non si sarebbe mai avverato – magari ad Hogsmeade o in un quartiere Babbano vicino a Diagon Alley. Una di quelle villette su due piani con la staccionata bianca e il giardino. Ai bambini serve un giardino per giocare. - si voltò a guardare la sua compagna che continuava a dormire, dire quelle cose ad alta voce gli procurò un brivido lungo la schiena – Non dobbiamo avere subito dei bambini, siamo da poco una coppia, ma mi piace l'idea di una famiglia numerosa. Non come la famiglia Weasley, sette figli sono veramente troppi. Tre, - continuò piano, pianissimo ma senza riuscire a fermarsi – tre mi sembra il numero giusto di figli. Uno, - fece un sospiro fin troppo teatrale che nascose un sorriso divertito - inevitabilmente finirà a Grifondoro. - sospirò assaporando ancora il suo profumo e si sdraiò meglio cercando di non svegliarla – Forse è troppo presto per intraprendere certi discorsi. Le diede un delicato bacio sulla fronte e chiuse gli occhi lasciando che le candele si consumassero da sole.
Si lasciò cullare dalla stanchezza sentendosi scivolare verso il sonno, dopo qualche minuto la sentì muoversi, avvicinandosi ancora di più nel suo corpo. - Tre è un numero perfetto. – bisbigliò lei.
Severus aprì gli occhi trovandola sveglia mentre lo fissava. Anche lei sorrideva. - Tre è perfetto. - ripeté lei.
Il mago cercò la sua bocca per un bacio profondo.
La stanchezza era improvvisamente sparita.
Quando anche l'ultima candela si spense, l'oscurità della notte li trovò ancora intrecciati a fare l'amore.

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Capitolo 31
*** Sorriso n. 50 - Il profumo dei ricordi ***


Titolo: Il profumo dei ricordi
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: one shot Rating: Per tutti
Genere: Triste, introspettivo, Malinconico,
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus / Lily
Epoca: HP 7
Avvertimenti: Missing Moment
Riassunto:
Socchiudi gli occhi, aggrotti la fronte pensieroso, analizzando ogni dettaglio, ogni informazione a tua disposizione.
Poi li sgrani, conscio di quell’ovvia verità che hai davanti al naso adunco.

Sei morto.
Parole: 1.149

Il profumo dei ricordi

Apri gli occhi di scatto, la bocca aperta in un muto urlo di terrore.
Scatti a sedere.
Ti guardi attorno disorientato.
Polvere. Mobili vecchi e lerci. Ragnatele che riempiono ogni angolo.
Riconosci il posto.
E' la Stamberga Strillante.
Rivedi Nagini che scivola veloce verso di te.
Senti le zanne penetrare la tua carne, il sangue in gola, il dolore che ti annebbia la mente.
E dalla bocca ancora semiaperta esce un gemito strozzato.
Istintivamente porti una mano alla gola.
Cerchi la ferita, il sangue che pulsa, la vita che ti abbandona.
Invece le pelle è intatta. Liscia. Perfetta.
Fredda.
Ti guardi le mani. Sono sempre le stesse. Lunghe dita. Polsi sottili. Sul palmo destro c’è quella vecchia cicatrice che ti sei procurato il sesto anno di scuola mentre cercavi di tagliare un Fagiolo Sopoforoso, prima di capire che dovevi schiacciarlo con il coltello d’argento.
Anche loro sono fredde.
Ti alzi dal pavimento polveroso.
Per terra non c’è sangue. Non ci sono neppure i segni delle spire del serpente o l’impronta delle tue scarpe o di quelle di Potter e i suoi onnipresenti amici. E’ come se nessuno fosse passato in quella casa da anni.
Neppure tu.
Socchiudi gli occhi, aggrotti la fronte pensieroso, analizzando ogni dettaglio, ogni informazione a tua disposizione.
Poi li sgrani, conscio di quell’ovvia verità che hai davanti al naso adunco.
Sei morto.
Ti guardi ancora attorno. La casa è senz’altro quella dove hai tirato l’ultimo sospiro. Dove hai detto le ultime parole.
Guar…da… mi…
Dove l’hai vista l’ultima volta.
Fai una smorfia disgustato. E’ senz’altro diverso dal paradiso di cui avevi sentito parlare. Ed è decisamente differente dall’inferno in cui molti ti avrebbero volentieri visto sprofondare.
Quindi questo cos'é? Un limbo?
O forse è solo un parto della tua mente morente.
Poi lo avverti. Un profumo a te noto. Un profumo che ti porta indietro nel tempo.
Prima di Hogwarts.
Prima dell’Oscuro Signore. Del marchio che brucia – anzi forse è meglio dire bruciava - la tua pelle.
Prima del sangue che sporca le tue mani.
Prima di Silente.
Prima dell’omicidio.
Anche prima di Lily.
E’ il profumo di tua madre. Un profumo buono, di pulito. Il profumo della tua infanzia. Di quel periodo di cui ricordi poco, ma dove tuo padre era ancora papà e la pelle di tua madre era ancora rosea senza segni viola da mascherare con del pessimo trucco o con vestiti troppo larghi. Un tempo dove il sorriso e le risate riempivano la tua casa.
Un tempo troppo breve perché tu possa ricordarlo con chiarezza.
E’ un profumo che non dovrebbe esserci in quel posto. In quella casa. Tra quei mobili ricoperti di polvere.
Ti avvicini ad una delle finestre sprangate.
Vuoi vedere cosa c’è fuori, ma sei spaventato.
Cerchi di intravedere qualcosa da un piccolo spiraglio, ma non vedi nulla. Solo luce, un’accecante luce che sembra avvolgere la casa.
Torni a guardare il salotto malandato della Stamberga. Per qualche istante, sempre che il tempo scorra realmente in quel posto, pensi di restare lì, tra quelle quattro mura dismesse.
Solo con la tua solitudine.
Immerso nel profumo della tua infanzia.
Ma senti il freddo della tua pelle addosso. Vedi ancora il serpente in quella gabbia magica sopra la testa dell’Oscuro. Lo vedi strisciare verso di te. Senti ancora il sangue scivolare giù per la gola squarciata.
Scuoti il capo cacciando quell’immagine e decidi di uscire.
Se là fuori ti aspetta l’inferno lo affronterai a testa alta.
Come hai sempre affrontato tutto nella tua vita.
Per un momento osservi il punto in cui dovrebbe esserci il passaggio segreto che porta ad Hogwarts, senza stupirti di non vederlo.
Se ci fosse stato non avresti comunque preso quella strada. Ormai più nulla ti lega a Hogwarts, neppure la morte.
Scendi le scale e il freddo sembra affievolirsi, le immagini legate a quella stanza, ora, sono lontane ed indistinte. Vedi la luce filtrare dalle fessure delle assi che bloccano le finestre e il profumo cambia.
Diventa più fruttato, più intenso.
Anche questo lo consoci.
È il profumo della tua adolescenza.
Il profumo dei pomeriggi passati sotto gli alberi a ripassare. Delle serate fredde in biblioteca a fare i compiti. Dei pomeriggi spensierati a giocare con le Gobbiglie o dei fine settima a Hogsmeade.
E’ il profumo dei sorrisi nei corridoi. Dello sfiorarsi involontariamente le mani durante la lezione di pozioni.
E’ il profumo di lei.
Di Lily.
Della tua Lily. Prima che fosse di un altro.
Della Lily amica e complice. Di quell'amore segreto che per anni hai trattenuto fino a quando non si è trasformato in rimpianto e dolore.
Ti blocchi sulle scale e respiri a pieni polmoni – sempre che si possa dire che stai respirando in quel luogo – sentendo gli occhi pizzicare.
Forse questo è veramente l'inferno. Solo immerso negli profumi della tua vita, ricordandoti per l'eternità cos'hai perso per il tuo stupido, inutile, orgoglio.
Serri con forza la mascella e ti imponi di scendere gli ultimi gradini che ti separano dalla porta. E mentre scendi il profumo cambia di nuovo.
Non è fruttato e gradevole come gli altri, ma è comunque un profumo che richiama ricordi piacevoli.
E' l'odore delle pozioni, del wiskhy incendiario bevuto di notte, nell'ufficio circolare con Fanny che dormiva con la testa nascosta sotto un'ala. E' il profumo dell'unico amico che ti era rimasto e che hai ucciso. Silente aveva un odore particolare, sapeva di saggezza e vecchia pergamena, anche verso la fine aveva lo stesso profumo. Alcuni dicono che quando ci si avvicina alla morte si ha un odore più dolciastro, invece Albus aveva sempre quel profumo che associava alla saggezza e alla vecchia pergamena.
Stringi con più forza il corrimano e scendi gli ultimi gradini.
Ti avvicini alla porta, pronto a tutto. Accettando ogni condanna a te riservava per quello che hai fatto in vita.
Meriti tutto.
Il dolore. Il rimpianto. Il senso di colpa. La solitudine.
Tutto.
Afferri con decisione il pomello arrugginito della porta, non sei un vile, non scappi, non ti nascondi.
Affronti la morte. Così come hai affrontato la vita.
Con un movimento secco e veloce apri l'uscio della casa. La luce che avvolge quel posto di acceca, chiudi gli occhi e senti calore attorno a te. Forse sono le fiamme dell'inferno che ti reclamano.
Quando ti sei abituato alla luce, sembra volerci un infinito istante, apri gli occhi e, per poco, non ti cedono le gambe.
Sono tutti lì.
Tua madre.
Tuo padre.
Silente.
Tutti ti sorridono. Tutti ti guardano.
Poi un ciclone ti travolge. Un ciclone dagli occhi di smeraldo e i capelli rossi. Un ciclone che ha il dolce profumo della vita addosso.
La fissi, anche lei sorride. Lei che dovrebbe odiarti più di chiunque altro.
- Lily...
Le tue prime parole in quel posto che, ora, sai è il paradiso. Un luminoso profumato paradiso.
Fai l'unica cosa che volevi fare da anni.
La stringi e scoppi a piangere.

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Capitolo 32
*** Sorriso n. 51 - L'ultimo sorriso ***


n. 51

Titolo: L’ultimo sorriso
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot Rating: Per tutti
Genere: Malinconico, triste
Personaggi: Severus Piton, HarryPotter, Hermione Granger
Pairing: Severus / Lily
Epoca: post battaglia finale
Riassunto:
Quando qualcuno uscì dalla stanza al giovane mago sembrò passata un'eternità. Si avvicinarono tutti al medico che non aveva uno sguardo rassicurante. Orribili e macabre macchie rosse sporcavano il suo bel camice.
Il dottore li fissò uno per uno soffermandosi qualche istante in più sulla cicatrice di Potter. Poi scosse lievemente il capo.

Parole: 1.415

L’ultimo sorriso

L'infermeria di Hogwarts era rimasta integra durante lo scontro finale. I feriti più lievi venivano curati direttamente in Sala Grande mentre quelli più gravi venivano portati in infermeria dove una squadra di medimaghi, smaterializzati ai confini della scuola qualche ora dopo la fine della battaglia, stavano lavorando senza sosta.
Harry aveva passato abbastanza tempo in infermeria e pensava di conoscerla bene invece ignorava molto di quella parte del castello.
Oltre agli innumerevoli letti c'erano anche delle piccole stanze. Per lo più camere singole dove venivano ricoverati i professori colpiti dall’influenza ed in qualche modo immobilizzati a letto da un’apprensiva Madama Chips; aveva scoperto che Remus vi passava le giornate dopo la luna piena.
Il ricordo di Remus gli procurò una fitta dolorosa allo stomaco. Non avrebbe più dovuto preoccuparsi della luna piena, della pozione Antilupo, delle maldicenze sul suo conto. Non avrebbe visto suo figlio crescere, diventare un buon mago e un brav'uomo. Non avrebbe più baciato Tonks, abbracciata ed amata.
Chiuse per un attimo gli occhi e si appoggiò al muro del castello. Era esausto, aveva un disperato bisogno di dormire, di non pensare, di non vedere i morti che aveva causato quella lunga guerra, ma non era ancora arrivato il momento del riposo.
Lui, insieme a Hermione, Ron, Ginny e la professoressa McGranitt, stavano fissando una di quelle porte chiuse in attesa di notizie.
In quella piccola stanza c'era un mago che combatteva tra la vita e morte.
Un mago che aveva odiato con tutto se stesso.
Un eroe solitario che lui non aveva mai compreso.
Severus Piton non era morto in quella casa.
Era certo di averlo visto spirare, ma quando erano andati a recuperare il suo corpo si erano accorti che respirava ancora.
L'avevano portato subito in infermeria e i medimaghi si erano chiusi dietro una di quelle piccole porte dal colore spento senza dar loro nessuna notizia.
Quando qualcuno uscì dalla stanza al giovane mago sembrò passata un'eternità. Si avvicinarono tutti al medico che non aveva uno sguardo rassicurante. Orribili e macabre macchie rosse sporcavano il suo bel camice.
Il dottore li fissò uno per uno soffermandosi qualche istante in più sulla cicatrice di Potter. Poi scosse lievemente il capo.
La professoressa di trasfigurazione estrasse un fazzoletto verde dalla manica della veste e si soffiò il naso. Hermione appoggiò la testa sulla spalla di Ron mentre Ginny prese la mano del fidanzato.
- Utilizzando la stessa cura del signor Weasley, - iniziò a spiegare il madimago – abbiamo fermato l'emorragia. Abbiamo somministrato pozioni rimpolpasangue, ma il veleno del serpente è stato modificato ed è più potente. Se l'avessimo preso in tempo forse potevamo avere più tempo per studiare un antidoto, ma in questo caso siamo arrivati tardi. Sta morendo, ha la febbre molto alta, delira. Forse non sa neppure dove si trova. Il veleno è arrivato al cervello, probabilmente non ci vede più; quando gli abbiamo fatto delle domande non era lucido e rispondeva in modo incomprensibile. C'è una famiglia da avvisare? Una moglie? Una compagna?
- No, - riferì la vecchia maga con gli occhi lucidi – Albus era la sua famiglia. Ora ci siamo solo noi. Se fossimo stati la sua famiglia, - sussurrò la strega, ma sembrava che stesse parlando più a se stessa che al medico – gli avremmo dato più fiducia.
Il dottore sembrò sorpreso dalla risposta.
- E' strano. - disse – Continua a chiamare una certa Lily.
Harry sentì un macigno posarsi sul suo cuore. Chiuse gli occhi, impedendo alle lacrime di scendere.

* * * *


Il suo corpo e la sua mente andavano a fuoco.
Vedeva solo nebbia attorno a lui, spessa nebbia che gli impediva di vedere distintamente oggetti e persone.
Ma, in fondo, non era importante.
Vedeva solo i suoi occhi verdi, che come fari di speranza lo chiamavano, invocando il suo nome.
E lui la chiamava. Voleva averla vicino in quella nebbia che lo spaventava, mentre sentiva il fuoco consumarlo da dentro.
Voleva la sua migliore amica, la donna che amava.
Voleva Lily.
Sentì un delicato tocco sulla mano e una macchia rossa comparve nella nebbia illuminata dagli occhi verdi nella sua mente.
Severus...
Un sussurro appena udibile, un lieve mormorio tra le fiamme che lambivano il suo corpo.
Severus...
Avvertì più chiaramente il tocco sulla sua mano e un profumo fruttato che gli sembrò di riconoscere.
- Lily... - non seppe mai se il nome l'avesse sussurrato, urlato o solo pensato
Sono qui.
Ancora quella dolce voce che lo chiamava. Ancora quel tocco, ora più deciso, sulla mano.
Ora sono qui.
- Lily... Lily...
Va tutto bene.
Era come cercarla in una nebbia infuocata. Sapeva di avere gli occhi aperti eppure non vedeva nulla, non scorgeva il suo sguardo di smeraldo, il suo dolce volto, solo quell’indistinta macchia rossa.
Era spaventato come un bambino perso nel bosco di notte.
- Non... non ti vedo...
Sentì qualcuno alzargli la mano e qualcosa di morbido e caldo sotto le lunghe dita.
Pelle.
Calda, morbida, profumata pelle femminile.
Mi senti?
- Sì.
Allora non c'é bisogno di vedermi.
- Non... non è possibile...
Tutto è possibile. Noi siamo maghi.
Avrebbe sorriso se ne fosse stato ancora in grado. Era una frase che la sua piccola Lily, così affamata di notizie sul mondo magico, gli diceva spesso.
Andrà tutto bene, Severus.
Chiuse gli occhi, incapace di vedere ancora quell’orribile nebbia che gli portava via il volto di Lily, perso nel fuoco del suo corpo e della sua mente. Non sapendo se quello che sentiva, se quello che provava fosse vero o irreale. E se anche fosse stato solo un sogno, l'ultimo sogno di un morente, andava bene lo stesso. Perché non c'era modo migliore di morire se non con lei vicino.
Con uno sforzo immane ordinò alla sua mano di accarezzarle la guancia. Così soffice e delicata. Umida di lacrime.
- Perché piangi?
E'... così... ingiusto...
Singhiozzava la sua Lily immaginaria che gli stava stringendo la mano. Singhiozzava sul suo corpo morente.
- Non voglio che tu pianga per me. Non... lo... merito...
No, non è vero. Tu... sei un eroe...
- No. Sono solo... un... uomo innamorato.
Era così difficile parlare, ma per lei avrebbe fatto qualunque cosa.
Aveva fatto qualunque cosa per lei, solo e soltanto per lei.
La sentì strofinare la guancia sul palmo della sua mano, avvertì le lacrime bagnargli il polso. In confronto al fuoco che stava bruciando il suo corpo, quelle calde lacrime salate erano come acqua fresca.
Severus…
- Perdonami... – sussurrò quella parola che per anni aveva singhiozzato solo nella sua stanza o in ginocchio sulla terra umida di un cimitero – Lily… perdonami…
Basta Severus. Basta, non devo perdonarti.
- Ma tu sei… morta… a causa…
Non è vero.
- Ti prego… Lily… ho bisogno del tuo perdono… ti prego.
Non rispose il suo sogno che sembrava così reale, restò in silenzio lasciandolo solo con quel fuoco che lo stava consumando.
Severus pensò di impazzire, avrebbe voluto urlare, piangere, disperarsi. Ma era così stanco.
Così maledettamente stanco.
- Lily… chiamami ancora una volta Sev.
Poi la sentì vicino. Sentì il suo profumo. Il suo calore. I capelli solleticargli il volto e un dolce bacio sulle labbra.
Un bacio dolce come lei e salto come le sue lacrime.
Ti perdono Sev.
Severus questa volta sorrise veramente. Sorrise mentre la sentiva vicino, mentre sentiva quel macigno che per anni aveva schiacciato il suo cuore e la sua anima sgretolarsi sotto quelle dolci parole che aveva sempre desiderato sentire.
- Grazie. – sussurrò nella piccola stanza, mentre tutto attorno a lui bruciava e si perdeva in quella nebbia – Grazie.
Poi non si mosse più.

* * * *


La strega scoppiò a piangere china sul materasso.
Gli stringeva ancora la mano, quella calda mano che poco fa le stava accarezzando il viso pensando che fosse un’altra.
Sentì un delicato tocco sulla guancia e sollevò il volto rigato dalle lacrime trovandosi davanti la professoressa McGranitt con lo sguardo velato.
- Il tuo è stato un gesto molto dolce, Hermione. – sussurrò la strega accarezzandole i capelli che aveva tinto di rosso con un incantesimo. Sapeva che non poteva vederla, ma se solo riusciva a scorgere la sua ombra voleva che il sogno che gli aveva donato fosse il più reale possibile – Non ho mai visto Severus felice come in questo momento.
La giovane donna sollevò lo sguardo sul corpo del professore.
Severus Piton giaceva immobile sul letto. Aveva gli occhi chiusi, l’espressione pacifica e un tenero sorriso felice che gli increspava le labbra sottili.

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Capitolo 33
*** Sorriso n. - Casa ***


Titolo: Casa
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One shot Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Lastand
Pairing: accenno a Severus / Lily
Epoca: post 7 libro
Avvertimenti: AU Riassunto:
Lui non voleva essere compreso. Voleva solo esser lasciato in pace.
Incapace di accettare quella vita era caduto in quella che anche il più inetto degli psicologi babbani avrebbe definito
depressione.
Parole: 2.197

Casa

La vita, a volte, prende una piega inaspettata.
Soprattutto la sua di vita.
Una vita vissuta sempre nella menzogna per salvare gli altri. Una vita passata sul sottile confine tra la vita e la morte. Spia e doppiogiochista. Odiato da tutti. Compatito fin da troppi.
Severus Piton aveva capito che la sua vita era esilarante - mettendoci tutto il suo cinismo - quando si era svegliato al San Mungo dopo il morso di Nagini che, a differenza di quanto si era aspettato, non l’aveva portato al riposo eterno.
E le cose erano peggiorate dopo la sua guarigione.
Dal giorno in cui era uscito dall'ospedale non c’era stato un attimo di pace.
Assillato dai giornalisti avvoltoi della Gazzetta del Profeta, circondato da gente fin troppo servizievole, elogiato da persone ipocrite che, fino a qualche mese prima, l’avrebbero gettato dalla Torre di Astronomia. Gente sorridente che lo vedeva come l’eroe incompreso della guerra.
Lui non voleva essere compreso. Voleva solo esser lasciato in pace.
Incapace di accettare quella vita era caduto in quella che anche il più inetto degli psicologi babbani avrebbe definito depressione.
Si era trasferito in un cottage nel Galles. Isolato dal mondo sia magico che babbano, aveva passato lunghe giornate in silenzio e solitudine. Cercando solo la compagnia dei libri e del calderone. Accettando solo le rare visite di Minerva.
Viveva le sue giornate nella calma e nella routine, si recava al paese più vicino solo una volta a settimana per rifornire la dispensa. Aveva trasformato la cantina in un piccolo laboratorio dove distillava pozioni per una selezionata cerchia di clienti che gli chiedeva dei rimedi tramite gufo. Il giardino sul retro era destinato alla coltivazioni delle piante per le pozioni, mentre quello accanto al basso muricciolo che delineava la sua proprietà era destinato a qualche ortaggio.
Era una vita semplice, pacifica, così diversa da quella che aveva avuto fino a qualche tempo prima.
La sera, comunque, gli incubi tornavano a tormentarlo.
I suoi occhi verdi lo guardavano con astio e fastidio. La vedeva in quella casa, a terra in mezzo ai detriti e giocattoli rotti, con lo sguardo vacuo fisso al soffitto squarciato.
Sentiva le risate di scherno della sua adolescenza e la solitudine schiacciarlo come un macigno.
Dormiva poco la notte e quelle poche ore che riusciva a concedersi erano un’agonia per lo spirito.
Ma era questa la vita che si era scelto. E, tutto sommato, iniziava ad abituarsi a quella nuova esistenza, nonostante gli incubi a cui era, ormai, avvezzo da tempo.
La sua routine cambiò di nuovo un pomeriggio autunnale quando una leggera pioggerella l’aveva colto di sorpresa sulla strada del ritorno dal paese vicino. Era una di quelle pioggerelle sottili, ma così fitte da entrare nelle ossa. Nonostante quel fastidio non aveva smesso di camminare, gli piaceva il paesaggio che lo circondava e non sarebbe stata la pioggia a rovinare quel momento di quiete.
Già stava pregustando il tepore del fuoco sotto il calderone e il vapore di qualche complicata pozione quando, vicino alla soglia di casa, aveva intravisto una grossa sagoma nera.
Sempre con i nervi all’erta e pronto a qualsiasi evenienza aveva estratto la bacchetta e si era disilluso per sorprendere il malvivente.
Quasi nessuno conosceva l’esatta ubicazione della sua casa.
Si avvicinò furtivo, facendo meno rumore possibile. Si bloccò quando mise a fuoco l'intruso.
Era un grande cane nero. Evidentemente aveva cercato riparo dalla pioggia. Quando sciolse l'incantesimo, l'animale sollevò solo il muso e non fece altro.
Restarono fermi ad osservarsi per alcuni minuti, sotto la pioggia, infreddoliti.
Decise di avvicinarsi al cane quando vide del sangue raggrumato sporcargli il corto pelo nero come la notte.
L'animale emise un lamento quando si avvicinò.
- Non voglio farti del male. - aveva sibilato cercando di tranquillizzarlo – Sei ferito. Voglio solo vedere se posso curarti.
Il cane sembrò capire perché non si mosse mentre allungava una mano per vedere meglio le sue condizioni.
Era palesemente un incrocio di varie razze.
Probabilmente un cane utilizzato per le lotte illegali tra cani, aveva evidenti segni di maltrattamento. Severus gli accarezzò il muso.
- Sei nato e cresciuto per combattere. - gli disse – Proprio come me.
L'animale sollevò il muso e solo allora il mago notò una ferita al collo dell'animale. Era il morso di un altro cane.
Era possibile che i padroni l'avessero abbandonato dopo una sconfitta credendolo inutile.
Il mago avvertì, per qualche secondo, prudere le sue cicatrici sul collo.
- Devo curati quelle ferite. - gli disse con dolcezza – Credo che tu sia troppo pesante da portare in braccio e non so quante forze tu abbia per camminare fino al camino. Non devi aver paura, non voglio farti del male.
Non devi aver paura, non voglio farti del male.
Quando era un giovane Mangiamorte pentito, aveva detto quella stessa frase ad una ragazza nata babbana. I suoi compagni l'avevano catturata in un bosco dove aveva tentato di nascondersi, le loro intenzioni erano state chiare fin da subito. Era disgustato da loro e da se stesso.
Era entrato nella piccola cella per portarle qualcosa da magiare.
La giovane strega era in un angolo, piangeva in silenzio senza staccargli gli occhi di dosso, evidentemente terrorizzata.
Le aveva portato il pasto anche il giorno dopo. Non piangeva più, sembrava più calma e determinata.
Gli aveva chiesto di ucciderla prima che i suoi compagni mettessero in atto i loro scopi.
Il giorno dopo le aveva portato ancora una volta il pasto.
Era morta quella stessa notte nel sonno. L'aveva trovata lui e, prima di chiamare gli altri, aveva fatto sparire la fiala di veleno che le aveva passato il giorno prima.
Non poteva fare altro per lei se non evitarle inutili violenze e una morte dolorosa.
Scacciò quel pensiero e prese la bacchetta. Sollevò il cane con un incantesimo e lo portò in casa. L'animale non mosse neppure un muscolo, aveva solo sollevato il muso, più incuriosito che spaventato.
Curargli le ferite era stato abbastanza facile.
Aveva dei graffi su tutto il corpo, una costola incrinata e la ferita al collo.
- Non sono un medimago né un veterinario. - mormorò quando, con un unguento che aveva in dispensa, gli cicatrizzava le ferite – In alcuni punti ti resterà la cicatrice, specialmente sul collo. - si perse un attimo nel suo calmo sguardo nero e, con un dito, spostò il colletto della candida camicia mostrandogli le tonde cicatrici che spiccavano sulla pelle – Ma, come vedi, si può vivere ugualmente.
Curate le ferite andò si concesse una lunga doccia calda. Mentre di dirigeva alla cucina lanciò uno sguardo al camino, il cane era ancora sdraiato davanti alla fiamme. L'unico segno di vita era la coda che si muoveva pigra.
Si preparò la cena e diede all'animale gli avanzi di un arrosto che aveva cucinato qualche giorno prima.
Il cane sembrò gradire la sua cucina, mangiò tutto con voracità, poi si addormentò davanti al camino.
Severus si mise a leggere sulla poltrona, ogni tanto lo fissava indeciso cosa fare, come comportarsi con lui.
Quello che gli avevano fatto era mostruoso, l'avevano usato per poi gettarlo via come un fazzoletto usato.
Un po' come lui.
Chiuse il libro quando si rese conto che era inutile continuare a leggere quando la sua attenzione era rivolta altrove.
Si alzò dalla poltrona, si accucciò davanti al cane pesantemente addormentato, gli accarezzò la testa poi andò a dormire.
C’erano volute due settimane prima che il cane riuscisse a muoversi per tutta casa senza stancarsi troppo. Passava quasi tutta la giornata davanti al camino acceso dormendo; a volte restava fermo ad osservare il fuoco come se stesse elaborando profondi pensieri.
Severus si rendeva conto dell'assurdità dei suoi ragionamenti, ma quella povera bestia era decisamente più intelligente di quanto avesse mai immaginato.
Un pomeriggio assolato, con una temperatura ancora gradevole, aveva aperto la porta di casa e l'aveva guardato.
- Ora sei guarito completamente. Se vuoi puoi andare. – gli aveva detto serio – Non ti costringerò a sopportare la mia silenziosa compagnia.
In risposta il cane si era accucciato vicino alla sua poltrona e l’aveva fissato con i vispi occhi neri, così simili ai suoi.
- Bene. - aveva detto lui chiudendo la porta – A questo punto ritengo necessario che tu abbia un nome. - si sedette sulla poltrona e gli diede una carezza dietro le orecchie – Non sono esperto di nomi di cane. L'unico cane che conoscevo era chiamato da tutti Felpato ma io lo chiamavo Idiota. E tu mi sembri decisamente più intelligente di Sirius.
Il cane lo fissava attento, aveva appoggiato il muso alla sua gamba.
- Siamo due combattenti in fin dei conti e nessuno dei due ha mai mollato, anche quando la morte sembrava la via più semplice. - un'altra grattatina dietro le orecchie e la coda frustò l'aria soddisfatta – Direi che Lastand è un nome che ti si addice.
Il cane abbaiò per la prima volta da quando era in quella casa.
Era iniziata così quella strana convivenza fatta di sguardi silenziosi e lunghe passeggiate.
Il mago di rese conto con il passare dei giorni che Lastand era un cane che amava molto la solitudine. Specialmente la notte.
- Puoi uscire senza graffiarmi la porta. - gli aveva detto una mattina quando, al suo risveglio, aveva trovato quasi metà porta graffiata.
Lastand l'aveva guardato come se fosse impazzito. Riservandogli la più sprezzante occhiata del suo repertorio gli aveva fatto notare come il suo piede potesse attraversare la porta senza aprirla.
- L'ho incantata in modo che possa usarla solo tu e io ovviamente, ma non intendo accucciarmi a terra per entrare in casa.
Il cane aveva annusato la porta e poi aveva provato ad appoggiarci il muso. Aveva passato tutta la giornata ad entrare e uscire di casa.
Una delle visite di Minerva coincise con il primo anniversario di quella inusuale convivenza. Ormai cane e padrone avevano trovato il loro giusto equilibrio.
Severus apprezzava la sua compagnia, era discreto, ma attento, quando avvertiva che i suoi incubi erano più presenti voleva giocare per distrarlo.
Quando era arrabbiato restava davanti al camino e non lo disturbava per evitare di infastidirlo.
Pure lui aveva il suo carattere scorbutico, a volte spariva per giorni per poi tornare sporco di fango, affamato, a volte anche ferito.
La strega lanciò all’animale uno sguardo storto.
- Da quando hai un cane? – gli domandò.
- Da un anno, si chiama Lastand.
- Lastand?
- Sì, come avrei dovuto chiamarlo? Albus?
La donna scosse il capo e si sedette sul divano, Severus prese posto sulla poltrona e Lastand, come di consueto, appoggiò il muso sulla sua gamba.
- E’ un cane intelligente. – disse accarezzandogli un punto preciso dietro l’orecchio destro – Un paio di settimane fa è venuto qui Potter. – un sorriso ironico si formò sulle sue labbra - Ha tentato di morderlo. Tu sai come mi ha trovato Potter, Minerva?
- E’ un Auror ora. – spiegò come se fosse una spiegazione plausibile.
- E sai cosa voleva da me l’Auror Potter?
- Probabilmente voleva darti questo. – risposte agitando la bacchetta e facendo apparire un rotolo di pergamena chiuso da un nastro giallo – L’invito al suo matrimonio.
- Mi chiedo cosa può avergli fatto credere che avrei accettato quell’invito. – mormorò alzandosi dalla poltrona e dirigendosi in cucina a preparare del the.
Lastand seguì Severus con lo sguardo poi si accucciò davanti al fuoco scoppiettante.
Minerva sospirò e lo seguì nella piccola cucina, Severus era restio a parlare del mondo da cui era scappato. Era restio a parlare di tutto a dire il vero.
- Severus, - lo chiamò entrando nella stanza – la mia visita ha un secondo fine a dire il vero. Non sono il messaggero di Potter.
- Perdonami se non sono sorpreso, Minerva. – rispose lui dandole le spalle mentre preparava il the – So quello che vuoi.
- Sono vecchia.
- Anche Albus lo era.
- Non ho la tempra di Albus.
La teiera fu sul fuoco e il mago si voltò.
- No.
- E lasci Hogwarts in mano a qualche burocrate mandato dal Ministero?
- Dalle poche notizie che mi sono arrivate so che Kingsley è un ottimo Ministro.
- Hogwarts non è stata la sua casa. Ma per noi è diverso.
- Hogwarts non è più la mia casa, Minerva. Non lo è più da qualche tempo ormai.
La vecchia strega si avvicinò a Severus e gli mise una mano sulla spalla.
- Hogwarts sarà sempre la nostra casa, Severus. E tu lo sai anche meglio di me.

* * * *


Percorse la strada che separava Hogsmeade da Hogwarts con Lastand accanto che trotterellava allegro, ogni tanto voltando il muso e osservando l’ambiente che lo circondava attirato da un uccellino o da un mago che camminava nella direzione opposta.
Arrivato in cima alla collina si fermò ad osservare il castello in lontananza.
Lo trovava bellissimo anche dopo quasi quattro anni dalla sua partenza verso il Galles.
Era immutato nel tempo, maestoso ed imponente che spiccava all’orizzonte. Baciato dai raggi di sole che lo facevano brillare come un castello delle favole.
Minerva aveva ragione.
Sorrise mentre una mano si posava sulla nuca del cane accarezzandolo dietro l’orecchio destro.
- Siamo a casa Lastand.
Lastand abbaiò e iniziò a correre verso il castello.


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