Quello che i libri non pensano

di tindina
(/viewuser.php?uid=29337)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quelli che tutti chiamano vita, io la chiamo morte ***
Capitolo 2: *** Cosa vide un Guardiacaccia ***



Capitolo 1
*** Quelli che tutti chiamano vita, io la chiamo morte ***


Questa ff è leggermente insolita, e diciamo che l’idea mi è venuta abbastanza difficilmente

Questa ff è leggermente insolita, e diciamo che l’idea mi è venuta abbastanza difficilmente.

Il personaggio potrà sembrare un po’ strano, ma mi ero stufata dei soliti personaggi di cui si parlava nelle ff.

Ed ora… buona lettura…

Cara Pomona,

ti sorprenderai a leggere questa lettera, soprattutto scritta da uno come me, uno che non si è mai fatto notare troppo, ma che si è fatto detestare troppo.

Lo so, sono stato sempre un po’ troppo cattivo con i tuoi adorati ragazzi, ma, come sono certo che avrai capito, il mio cuore non si è mai dato pace.

Si, lo so, loro non hanno colpa, non hanno voluto questo destino per me; ma come fare, sapendo che sono inferiore a tutti quanti.

Secondo i criteri del Ministero, non faccio parte nemmeno del mondo magico; non sono nulla, semplicemente niente.

Vorrei tanto vedere il tuo sorriso ancora una volta, vorrei tanto sentire quelle parole di conforto che mi sussurravi, mentre eri in preda con le tue piante stranissime.

Vorrei ancora averti qui con me, anche se, in realtà, non ti ho mai avuta.

No, il nostro amore non è mai stato normale, e non lo poteva essere: tu una professoressa, stimata, sempre gentile con tutti gli alunni di Hogwarts; io, solamente lo spazzino di quell’enorme castello, disprezzato e sempre evitato da tutti i ragazzi, a cui la facevo pagare cara, la loro insolenza.

Insolenza per sottolineare quello che non sono e che non potrò mai essere; il mio sogno nel cassetto, si è infranto nel momento in cui sono nato, qualcosa è andato storto.

Ho subito deluso i miei genitori, tutti quelli che mi stavano intorno.

“Allora, piccolo maghetto! Ha già fatto le prime piccole magie?” dicevano contenti ai miei genitori.

E loro, da bravi genitori: “Si, certo…”; loro si vergognavano di me, come ero nato, e di come sarei cresciuto.

Non erano orgogliosi di me, e, quando un bimbo non ha l’orgoglio dei propri genitori, è un bimbo incompleto, e questo lo so per esperienza.

L’infanzia che ho vissuto, l’ho passata tra le derisioni dei miei compagni e di quelli che mi ostinavo a chiamare amici.

Come ho potuto illudermi di continuare la mia vita in modo normale, senza soffrire, senza sentirmi debole?

Povero me, quando tutti andavano ad Hogwarts, e io rimanevo a casa, con i miei genitori, che tentavano in tutti i modi di nascondermi dagli altri maghi e streghe, di farmi sembrare “normale”, come dicevano sempre loro.

Mi volevano bene, ma il loro amore per me era diverso, c’era una pecca in tutto ciò… e quel ciò ero io.

“Mamma, ma perché Teddy Robinson se ne è andato, e torna a giugno? Non posso andare anch’io nella sua stessa scuola?” mi ricordo ancora, come se fosse adesso, che le feci questa domanda quando avevo undici anni, cioè l’età per andare alla scuola di magia e stregoneria.

“Non lo so…”rispondeva sempre lei, con aria molto vaga.

Ed ora, pensa Pomona, dopo quarant’anni, mi ritrovo dove avrei sempre voluto essere, qui, al famosissimo castello.

Ma ormai non fa la differenza, ormai non posso tornare indietro e potermi migliorare.

Mi ricordo anche che, quando avevo diciassette anni, il mio migliore amico John mi si avvicinò, tenendo la bacchetta in mano (non credo di averti mai raccontato questo avvenimento, ma credo che ora ne abbia proprio bisogno).

“La vedi questa, Gazza? Dimmi, la vedi?”disse, puntandomi in faccia la sua bacchetta, e schiacciandomela contro il naso “ecco, questa è la sottile linea di differenza, che ci distingue. Il mago, dal magonò. Ed io vado fiero di questa bacchetta”.

E detto questo, fece un leggero movimento, e mi ritrovai sopra l’albero che ci stava facendo ombra.

Rimasi lì per un’intera giornata, scalpitando e urlando, ma nessuno mi sentiva.

Ma non potevo scendere? Mi chiederesti tu; no, non potevo, soffrivo terribilmente di vertigini, e non riuscivo nemmeno a guardare in basso.

Urlavo, urlavo con tutta la mia voce, con tutta l’anima; mi disperavo, ma continuavo a ripetermi ‘vedrai che in un modo scendi… forse, prova a fare una magia’, ma mi illudevo solamente.

Così, quando le forze mi abbandonarono, svenni, e rimasi su quel ramo, braccia a penzoloni.

Non mi ricordo come, ma dopo quella che mi era sembrata un’eternità, aprì gli occhi, e mi ritrovai nella mia camera, la camera in cui avevo passato tutte quelle notti chiuso a piangere sul mio dannato essere.

Rimasi nel letto per una settimana, nonostante tutte le cure magiche a cui mi avevano sottoposto.

Quando finalmente mi riuscì ad alzare in piedi, mio padre mi chiese: “Come stai?”, la prima volta che si preoccupava per me.

‘Sto male, padre, sto molto male. Saranno anche guarite le ossa, ma il mio cuore è ferito, e continua ancora a sanguinare con insistenza, e ancora, sempre di più. Ho anche esaurito le lacrime, e se provassi a piangere, piangerei sangue. Sangue sporco, sangue impuro, sangue non magico’.

Ma dissi semplicemente, che si, stavo bene, con tutta la menzogna che avevo in me.

Mi vergogno per aver raccontato una cosa del genere proprio a te, Pomona, ma il pensiero di tenermelo dentro fino alla morte, mi sarebbe costato troppo; troppe emozioni ho tenuto dentro, e adesso è arrivato il momento di liberarmene.

Come mi libererò del mio corpo, quando avrò finito di intingere la piuma nell’inchiostro.

Senza te, io non vivo, se quella si poteva chiamare vita: sempre deriso, sempre insultato.

Tutti credevano che io non volessi bene a questa scuola, e alle persone che essa ospitava.

Ma non è così: infondo, ho sempre amato Hogwarts, come ho sempre amato te.

Quando, quella notte, ti ho visto perdere la vita, tra le mani di uno sconosciuto, il mio cuore, ferito e lanciato dal tempo, si è infranto, in modo irreversibile.

Come saprai, il cuore è indispensabile per vivere, e senza quello, nemmeno io vivo.

Nemmeno io, l’uomo più senza cuore di tutta Hogwarts.

È così che ti saluto.

È così che lascio un ricordo su questi muri.

Sembrerà un po’ infantile, ma dovevo farlo.

L’ho inciso per te.

Per te.

Per te vivevo.

Per te ora muoio.

Spero che quando la mia anima salirà in cielo, tu mi verrai incontro, e mi sorriderai, come hai sempre fatto, come la prima volta che ci siamo visti.

Ed ora mi ritrovo qui, a leggere alla luce fioca di queste torce, la stessa frase, che si ripete dentro di me come una preghiera, che non ha mai fine.

Respiro, quello che non potrò più fare.

Leggo.

Ti amo, Pomona.

Per sempre tuo,

Gazza

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cosa vide un Guardiacaccia ***


Morto

Morto.

La luce verde, quel lampo morale scaturito dalla bacchetta del mago più crudele, l’essere più orrido di tutta la terra.

Quando quel fascio luminoso lo ha sfiorato, l’ho visto andare, piegarsi su se stesso e lasciarsi cadere, dopo quella che mi era sembrata un’eternità.

Non aveva opposto resistenza, non aveva combattuto; paura, si, di quella ne ebbe tanta.

Ma non lo ha dimostrato, è stato coraggioso, e ha donato la vita per tutti noi.

Il suo corpo rimase inerte, fermo, adagiato sul morbido muschio di quella foresta.

Avevamo perso, era tutto finito.

Harry Potter era morto.

Una parte del mio cuore si spense.

Buio, buio totale; nel mio cuore, sui miei occhi si calò una coltre, un velo, e per un momento non vidi più nulla.

Tutti quei Mangiamorte, che prima sghignazzavano contenti, erano spariti.

Vedevo solamente il suo corpo, privo di anima.

Ho sofferto troppo per poter piangere, per poter anche solo dire una parola.

E ripenso.

Ripenso a quando lo avevo salvato dalle macerie, e lo avevo lasciato, in quel fagotto di coperte, davanti a casa Dursley.

‘Questo bimbo diventerà un grandissimo mago… ne sono certo!’ m’ero ripetuto mentre lo guardavo.

E più cresceva, più tutto questo si confermava.

Non doveva morire, no.

Diciassette anni erano troppo pochi per un mago come lui: per un ragazzo pieno di cuore e di talento, sempre pronto ad aiutare gli altri.

Vedevo in lui, tutto quello che io non ero stato: famoso, un grande studente, circondato da amici che gli volevano bene.

Ma ora, il suo futuro era andato in frantumi.

Per il bambino che era sopravvissuto, niente era più possibile.

Sentivo degli echi lontani, come delle esclamazioni di felicità.

La mia mente era offuscata, e non mi accorsi nemmeno di Narcissa Malfoy che si avvicinava al corpo per costatare se fosse davvero morto.

Quando le esclamazioni si fecero urla, mi ridestai dalla mia riflessione, ma il dolore che provavo era sempre più gravante.

Anche Colui Che Non Deve Essere Nominato soffriva, ma chi se ne importava.

Lui l’aveva ucciso.

Era tutta colpa sua.

Ma non potevo fare niente; mi aveva stregato, e non riuscivo più a muovere un muscolo.

Non ho potuto fare niente nemmeno quando quello bastardo lo sbatteva a terra… e ancora e ancora.

Come mi sento in colpa.

Perché sono stato così idiota da farmi vedere.

Potevo proteggerlo.

Potevo farlo vivere.

Ma non ci sono riuscito.

Codardo, vile traditore.

Avrei voluto morire, ma sfortunatamente non potevo farlo.

Dopo poco, ho sentito come un ordine nella mia testa, che mi costringeva a prendere in braccio Harry e a portarlo dentro il castello.

Mi avranno impedito di scappare.

Mi avranno impedito di urlare.

Ma non mi hanno impedito di piangere.

Fresche lacrime cadevano dai miei occhi, e si andavano a nascondere nella mia folta barba.

Anche se piangere non serviva a niente.

Piangevo perché era la sola cosa che io potessi fare.

Harry morto tra le mie braccia… impossibile credere ad una cosa simile, perché non doveva accadere.

Finalmente l’incanto Imperius che mi controllava, si sciolse.

Urlai, urlai più che potei.

“Ed ora sei contento, no? Sei contento che non hai combattuto, brutto pezzo di un codardo che non sei altro? Sei contento che Harry Potter sia… sia…m…morto..?” tutta la voce che avevo in gola, scomparve in un attimo, come quel briciolo di ragione che avevo mantenuto fino a quel momento.

Le lacrime continuavano a scendere velocemente, e percorrevano le mie guance, bagnandomi il viso.

Tentavo di risvegliare l’attenzione dei centauri, perché anche loro sapessero quello che era successo ad Harry Potter.

Dovevo trovare un modo, un modo per risolvere la cosa.

Dovevo vendicarmi per quello che era stato fatto a colui che consideravo come figlio mio.

“Fermati” mi disse una voce fredda, probabilmente quella di Voi Sapete Chi.

Non riuscivo a distinguere niente… non volevo distinguere niente, avrei solo sofferto…di più.

Eravamo nella Sala Grande, e Lui stava parlando.

Di quanto fosse grande e potente, e di quanto, a suo confronto, Harry Potter fosse solamente un eroe senza un briciolo di eroicità.

Come era volubile, come era morto.

Lo descriveva come se Harry avesse tentato di sottrarsi.

Bugie.

Solamente bugie.

E lui, l’emerito bugiardo.

Passarono alcuni attimi, ma qualcosa accadde, subito dopo: gli elfi domestici erano stati avvisati della battaglia di Hogwarts, e ora si stavano ribellando come ne avevano il diritto.

C’erano venuti a dare una mano, ed ora stavano salvando la situazione.

Nel trambusto generale, avevo perso di vista Harry; ma quando guardai dove poco prima era adagiato il suo corpo, ora non ne vidi neanche l’ombra.

Persi un battito del mio cuore: dove era andato.

Ma non ebbi il tempo di pensare ulteriormente, che venni attaccato da Mcnair.

Quando lo stesi con un pugno, continuai a guardarmi intorno: tutti stavano combattendo contro tutti, ma di Harry neanche l’ombra.

Poi il mio occhio venne colpito da uno strano particolare: un Mangiamorte veniva attaccato dal vuoto.

Così capì tutto: Harry era vivo e vegeto sotto il suo caro mantello dell’invisibilità.

Si era salvato (Grazie mille Santo Merlino).

Mi sentivo come se fossi nuovo, rinato, e la parte del mio cuore che mi era venuta a mancare, ora si illuminò.

Niente mi preoccupava più.

Sapevo che avevamo vinto, ma, cosa più importante: sapevo che era vivo.

Ringrazio moltissimo Sakyjune che ha commentato il primo capitolo e mi ha spronata a continuare.

Questo capitolo descrive il momento in cui sembra che Harry muoia, dal punto di vista di Hagrid.

Spero vi piaccia.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=162853