Ten Minutes

di LaMicheCoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** # 1 – Tidings :. ***
Capitolo 2: *** # 2 – Cake :. ***
Capitolo 3: *** # 3 – Voyage :. ***
Capitolo 4: *** # 4 – Battle :. ***
Capitolo 5: *** # 5 – Destination :. ***
Capitolo 6: *** # 6 – Hold On :. ***
Capitolo 7: *** # 7 – I’m Here :. ***
Capitolo 8: *** # 8 – Lifestyles :. ***
Capitolo 9: *** # 9 – Cleaning :. ***
Capitolo 10: *** # 10 – Light :. ***



Capitolo 1
*** # 1 – Tidings :. ***


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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
Ma sono di proprietà della Marvel ©

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Ten Minutes :.

 

 

# 1 – Tidings :.

 

Dovrei essere, non lo so..sorpreso? Eccitato? Ci sono!- schiocca le dita, un ghigno irriverente che gli solleva le labbra -Dovrei cominciare a piagnucolare inneggiando alle peripezie scientifiche di mio padre! Questa volta ci ho preso, vero?-
Nick Fury non gli dà alcuna soddisfazione, al solito: se ne rimane lì, fermo, a squadrarlo con indifferenza.
-Puoi anche guardarlo e basta, purché tu lo faccia in silenzio- e detto questo con un ringhiare conciliante, Nick Fury se ne va. Il  soprabito nero sbatacchia ritmicamente contro le caviglie, accompagnandosi ai passi che lentamente vanno a perdersi in lontananza.  
Un’ottima uscita di scena, gliele scrivono gli stagisti dello S.H.I.E.L.D. ?
Tony Stark rotea gli occhi altrove.
E quell’altrove è un corpo semi-congelato, visibilmente redivivo, visibilmente pompato.
Cosa diavolo ci fosse nel siero del Supersoldato nessuno lo sa, il vecchio Erskine si è portato il segreto nella tomba insieme ad un bel proiettile di metallo. Per quanto poi suo padre Howard abbia continuato sulla falsariga di quei pochi documenti a disposizione, non è riuscito in alcun modo a replicare il tutto.
Il che è un vero peccato, considera Tony piegando la testa di lato. Anche se la mia armatura è alla moda.
Incrocia le braccia al petto e  si piega in avanti, verso la superficie traslucida.
La teca di contenimento che sta sciogliendo il sonno criogenico ronza e crepita; una luce soffusa, bluastra, gocciola dai neon perfettamente allineati sul soffitto e rimbalza silenziosa da una parete all’altra. Fury lo ha lasciato solo  -O meglio, solo oltre i due agenti dietro la porta, e non c’è altro rumore se non quello delle macchine e del proprio respiro.
Cosa spera, Fury, un contatto emotivo con una non-poi-così-incartapecorita leggenda del passato?
Andiamo. Per assolvere ad una simile “missione” sarebbe bastato l’intervento dell’agente Coulson. Perché disturbare lui? Solo perché Howard Stark aveva partecipato attivamente al progetto e aveva passato gli anni successivi ad assillarlo con giornalini e borse pranzo e altra chincaglieria a tema? Per l’amor del cielo. A lui interessa poco o nulla del tizio ibernato lì dentro. E’ il passato, Tony Stark pensa al futuro.
Non gli importa niente.
…Che poi, perché ha quell’espressione corrucciata?
Si suppone che un pompato incastrato nel ghiaccio abbia un volto meno serio, meno amareggiato: insomma, ragazzo, sei uno steroide umano refrattario alle rughe, cosa vuoi di più dalla vita? Non ti verrà nemmeno il colpo della strega. Continua a sorridere da una figurina plastificata e ritieniti fortunato ad avere ancora bambini che le collezionano.
Invece no.
Quel particolare caso umano ha la fronte corrugata, la mascella contratta, le labbra tanto strette da formare un’unica linea, dura e livida. La tensione delle palpebre traspare rabbiosa dalle mani chiuse a pugno, il tessuto dei guanti è slabbrato in più punti, gocce marroni chiazzano le nocche pallide. Un reticolo di vene spicca violaceo sul dorso, a segnare il claudicante cammino del sangue.  Non fosse per l’evidente stato di ibernazione, lo si direbbe sul punto di balzare in avanti.
-Ma chi vuoi salvare tu?- sbotta Tony, raddrizzando d’improvviso la schiena.
I neon tessono nuove occhiaie sulla pelle del soggetto, la luce infanga le ciocche biondo sporco e crea zone d’ombra sotto gli zigomi. Sembra più magro, ora. Più soldato e meno super.
-Sei soltanto un ghiacciolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali.
Saranno dieci fan fiction Steve/Tony (Non escludo anche la presenza di Peter Parker in alcune), basate sui 10 prompt alla tabella 2 di questo sito -> http://10-prompts.livejournal.com/1635.html
Tidings, “notizie”, qui si riferisce, ovviamente, alla scoperta del corpo di Cap. Credo che sul loro primo incontro siano stati scritti milioni di caratteri, ma volevo provare anche io XD Anche perché il mio tentativo è tenere legate queste storie da un filo conduttore evolutivo del rapporto tra Iron Man e Capitan America.
Ci riuscirò?
Mah!
Speriamo!

Alla Prossima!

 

 

 

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Capitolo 2
*** # 2 – Cake :. ***


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# 2 – Cake :.

 

E quella sarebbe…?-
Rogers, decisamente colto alla sprovvista dalla domanda, alza il pacchetto a strisce rosa e bianche; Tony inarca un sopracciglio e sistema il rolex al polso.
-Una torta-
Stark non può fare a meno di notare come la frase, dapprima affermativa, abbia assunto una deliziosa nota interrogativa. Pur tuttavia, non fa nulla per aiutare Steve nella sua santa crociata giornaliera: aggiusta i polsini della camicia, tira un po’ l’orlo della giacca perché non faccia difetto, si assicura che il nodo della cravatta non sia allentato, insomma, una bella sistemata prima della grande serata.
Il tutto, ovviamente, con Rogers che lo fissa, immobile, dalla soglia.
-Mi hanno detto che oggi è il tuo compleanno- spiega allora il Capitano, roteando appena appena gli occhi per dare una sbirciata all’interno dell’androne di ingresso –In questo secolo non si usa più festeggiare il compleanno con una torta?-
Un ghigno divertito solleva le labbra di Tony.
-Fury non ti ha informato su come ho festeggiato l’ultimo compleanno vero, Rogers?-
E da come questi corruga la fronte, Stark capisce che, no, il prode anziano a stelle e strisce non sa nulla dell’exploit non proprio moralmente accettabile. Forse è anche meglio, in realtà. Non che gli interessi la stima o meno di Capitan Scimmietta Ammaestrata, ci mancherebbe, ma non ha alcuna intenzione di rovinarsi la serata con una soverchiante e noiosissima ramanzina da parte del nonno dello S.H.I.E.L.D.
Per cui, glissa amabilmente sulla questione, getta un’occhiata all’orologio e sorride, conciliante.
-Capitano Rogers, solo il cielo sa quanto io muoia dalla voglia di passare la serata a parlare con te di film in bianco e nero e pillole per la pressione, ma ho una splendida Virginia Potts che mi attende alla festa, senza contare la quantità esorbitante di ragazze che mi sarà permesso guardare, ma non toccare- ci pensa su un attimo, le sopracciglia schizzano all’attaccatura dei capelli –In realtà non potrei nemmeno guardarle, ma sai, occhio di Pepper non vede, setto nasale di Stark non duole-
Lascia in sospeso la frase, quasi speranzoso di cogliere una scintilla di comprensione da parte di Steve. Nulla. Rogers lo sta fissando con la stessa espressione di un cagnetto che guarda spaesato il padrone quando si nasconde la pallina dietro la schiena.
Solleva gli occhi al soffitto e prende un respiro profondo per calmarsi.
-Come non detto. Inviterei anche te, guarda, ma sono preoccupato per le tue coronarie- e gli dà una sonora pacca sullo sterno -Oh, le falangi hanno appena fatto un brutto, bruttissimo rumore.
Il Capitano storce le labbra, socchiude gli occhi; si scosta un poco dalla porta e, oh Dio sì, Tony è lì lì complimentarsi con se stesso, perché sì, Rogers ha receduto dai suoi artritici intenti e lui ha vinto, oh yeah, lo porteranno in parata per la città, champagne e coriandoli, signorine promiscue che gli lanciano baci e rose…
-…Nemmeno una fetta, Stark?-
…O forse no.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






Tony, dov’eri finito? Due ore di ritardo, ti sembra..è panna
Quella che hai sulla guancia?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali.

Se non dico una cavolata, se, dovrebbe essere passato circa un anno tra l’arrivo di Thor e The Avengers, indi un anno tra Iron Man 2 e the Avengers. SE.
Allora…!
Vorrei ringraziare:

F E D E per aver recensito;
Iceathena e Jaqueline per aver messo la storia tra le preferite;
F E D E, Bedhness, Black Air, FelpataMalandrina94 e Nuit per aver messo la storia tra le seguite.
Cioè. Io vi adoro *A*

Alla Prossima!

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Capitolo 3
*** # 3 – Voyage :. ***


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# 3 – Voyage :.

 

Dimmi che ne pensi di..Venezia!-
Pepper conosceva Tony Stark da…bhè, un numero considerevole di anni.
-Tony..-
Di lui poteva tradurre e capire ogni cosa, dalla minima inflessione nella voce alle mille facce del suo sogghigno irriverente.
Non sarebbe stato possibile, altrimenti, dapprima lavorare e in seguito vivere con il genio miliardario playboy filantropo: il sapersi muovere attraverso le sfumature della sua personalità era una condizione necessaria alla sopravvivenza.
Così, Pepper poteva capire cosa passasse nella testa di Tony ben prima che la questione fosse recepita, elaborata e infine espressa dallo stesso Stark. Un vantaggio non esagerato, ma che le permetteva di portarsi avanti con le piccole cose -Di ambito lavorativo o privato non era importante. Non era nemmeno un peso. Se era per Tony, non lo sarebbe mai stato.
Eppure, in quel momento non avrebbe esitato a stringere un patto col Diavolo e tornare indietro, a quando per la prima volta aveva varcato la soglia dell’ufficio di Stark e aveva posato gli occhi sulla scrivania, sulle nocche mollemente poggiate contro il legno, sulle braccia piegate, sulla linea dolce delle spalle fino alla piega del collo, al mento punteggiato dalla barba scura e allo sguardo ghignante, colmo di sagace divertimento.
A quell’epoca ancora non sapeva cosa volesse dire il gesto svogliato di Tony, se fosse la richiesta per un caffè o per i tabulati dell’andamento delle Stark Industries, né se stesse ammiccando all’orribile cravatta a pallini del militare inglese oppure a come la gonna le si arricciolava attorno alle ginocchia.
Era una situazione che la metteva a disagio, ma guardandosi indietro non poteva negare quanto fosse una solida sicurezza.
Ora poteva solo tentare di convincersi che gli occhi di Stark fossero ancora per lei e per lei soltanto. Dirsi che per Stark non esistevano altre persone con cui passare un pomeriggio a Malibu o sullo yacht, a parlare di un progetto e del progetto sul progetto e poi di un altro progetto e di un altro ancora, fino a che il sole non sfumava nell’orizzonte e le parole nel silenzio.
Doveva illudersi ancora una volta.
Zittire quel piccolo, insignificante sospetto che aveva cominciato a serpeggiarle nella testa, sibilando e strisciando, costruendo per lei nuove angolazioni e visioni d’insieme, bisbigliandole cose nascoste all’occhio, ma, ahimè, ben visibili al cuore.
Pepper aveva convissuto per troppo tempo con quel viscido colubro, serrato le labbra mentre le affondava i denti nelle vene e mescolava sangue caldo e freddo veleno. Ma presto, troppo, troppo presto, il mormorio delle scaglie lucide aveva cominciato a fare rumore, sempre più rumore, clang clang clang, come tante catene sbattute ritmicamente l’una contro l’altra. Si era liberato con uno strattone dalla prigionia senza voce dell’animo, aveva assunto un nome ed una forma, aveva occhi e mani, respirava e camminava accanto a loro. Sorrideva, persino.
Sorrideva a Tony e Tony rideva in risposta, lo punzecchiava, lo chiamava anche quando non c’era, il silenzio tintinnava di un nome che non era più quello di Pepper.
E se era Tony, Tony in persona, la voce di Tony, le parole di Tony, il corpo di Tony, gli occhi di Tony a modellare l’immagine fino a battezzare il sospetto di realtà e non più di apparenza, chi era lei per ingannarsi ancora? Come avrebbe potuto ingannarsi ancora?
-Che c’è, non ti piace Venezia?- Tony si voltò nella sua direzione, una ruga disegnata tra le sopracciglia –Possiamo scegliere un’altra meta, se vuoi. Mi andrebbe bene il Tibet- batté fra loro i palmi delle mani e li sfregò ben bene –Che ne dici? Un bel ritiro accanto ad un monastero, di sicuro i vicini non ci disturberanno e..-
-Tony- Pepper lo interruppe, deglutendo perché il tono di voce tornasse saldo.
Posò il flute di champagne sul tavolino basso e congiunse le mani in grembo; abbassò gli occhi sul pavimento solo per darsi coraggio, forza, un motivo per non rimettere sulle piastrelle a specchio.
Quando rialzò lo sguardo si sentì abbastanza coraggiosa da tentare un piccolo sorriso.
-Tony- ripetè -Non è con me che vuoi partire-
E quando lui non negò, Virginia Potts si maledì per averlo sempre capito troppo bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La porta si apre.
La fronte si corruga.
-Stark? Non dovevi partire con Pepper?-
-Divergenza di opinioni sulla meta.
Di’, Rogers, hai impegni per questo sabato?
Potremmo andare a Coney Islands.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Povera Pepper. Cioè, per lei un po’ mi dispiace. Mi sta simpatica come personaggio, se riesce a reggere un tipo come Tony Stark merita tutto il rispetto di questo mondo XD
Comunque!
Ancora una volta ringrazio F e d e perché è tanto cara e gentile e le sue recensioni mi mandano sempre un brodo di giuggiole, ecco.
Aggiungo ai ringraziamenti a iceathena per aver messo la storia tra le preferite e Shaila, sirith88 e Sundance per averla messa tra le seguite!

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Capitolo 4
*** # 4 – Battle :. ***


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# 4 – Battle :.

 

 

 

Si poteva ben dire che Capitan America fosse abituato alla guerra.
I volti contratti dei nemici, il sorriso stanco di un alleato, l’occhiata gelida dell’avversario, la pioggia che infanga di rigagnoli rossi il terreno, nessuna di quelle immagini si era mai dissolta nella memoria di Steve. Il ghiaccio le aveva conservate, compattate, conficcate una ad una nel cervello e nel cuore, tra le vertebre e le costole, le aveva sbriciolate solo perché potessero sciogliersi e scorrere meglio entro le vene.
La guerra faceva parte di Capitan America e Capitan America faceva parte della guerra: era lo strumento di offesa per la pace e la vittoria, con lo scudo decimava truppe nemiche e proteggeva le stelle e le strisce del popolo americano. Con lo scudo e sopra la testa del nemico proteggeva il popolo americano.
Tutt’altra storia se si guardava sotto la maschera e si veniva a contatto con lo sguardo limpido di Steve Rogers. La piega dolce delle labbra e gli occhi divertiti erano un contrasto netto con la linea dura delle spalle o l’ampio torace.
Quella tra Capitan America e Steve Rogers era una dicotomia intima, più che pubblica, un qualcosa  di indefinito che lo stesso Steve avvertiva vibrare nello stomaco e lungo la colonna vertebrale; una sensazione che disegnava nuove ombre nel proprio riflesso allo specchio e induriva lo sguardo di entrambi.
Non era sempre stato così.
Prima dell’impatto, prima del sonno e soprattutto prima del risveglio, Steve Rogers aveva convissuto con Capitan America, erano stati un’unica entità: non era il braccio di un eroe quello che dava lo slancio allo scudo, erano i muscoli del soldato a gonfiarsi, tendersi, a calcare lo sforzo sul vibranio –E Steve Rogers era un soldato, il soldato era Capitan America, Steve Rogers era il soldato frutto del siero e, proprio malgrado, degli spettacoli musicali su un palco di legno scricchiolante. Steve Rogers era dunque Capitan America.
Tony Stark non era così. Tony Stark era Iron Man e Iron Man era Tony Stark ovunque il figlio di Howard andasse, qualsiasi cosa facesse, qualunque cosa pensasse; con o senza l’armatura, non cambiava nulla.
Steve lo aveva capito quando aveva iniziato a non trovare più nessuna linea di confine tra Tony Stark e Iron Man, tra il Vendicatore e l’uomo d’affari, tra il compagno di squadra e il compagno di…
No. Se solo Tony Stark avesse fatto della doppia identità un’ulteriore sfaccettatura del suo essere, non sarebbe stato così, Steve non si sarebbe trovato in quella situazione. Perché Capitan America apprezzava le doti di Iron Man allo stesso modo in cui Steve Rogers aborriva la complicata e assurda morale di Tony Stark. Considerava vitali alcune intuizioni dell’uomo in armatura, non poteva soffrire il sarcasmo irriverente del genio miliardario playboy filantropo.
Era riuscito a scindere le due entità, per un po’ di tempo.
Poi aveva notato come la propria doppia identità avesse cominciato a fondersi, a confondersi, e allora Capitan America si ritrovava a temere il momento in cui il fisico di Tony Stark avrebbe chiesto il prezzo per l’alcool che il magnate ingurgitava senza requie, e di conseguenza Steve Rogers non poteva fare a meno di pensare se e quanto i drink e gli shots avrebbero compromesso Iron Man in battaglia. La mancanza di sonno era un male che Steve Rogers vedeva riflettersi negli scontri di Iron Man e a cui Capitan America era costretto ad assistere senza poter intervenire in aiuto, non richiesto, di Tony Stark.
Preoccupazione, apprezzamento, rabbia, affetto, tutto, tutto era andato a scomporsi e ricomporsi in una girandola senza confini dove l’unico capo saldo era Tony Iron Man Stark, il punto focale, l’obiettivo verso cui Steve Rogers e Capitan America puntavano con la medesima tenacia e testardaggine.
Era difficile pensare uno Stark diviso dall’armatura cromata ed era anche più difficile separare ciò che questo comportava.
Il cameratismo tra Vendicatori, che c’era di male? Se Capitan America metteva una mano sulla spalla di Iron Man prima o dopo una battaglia, se Iron Man cingeva la vita di Capitan America per sollevarlo in aria, c’era forse qualcosa da ridire? Erano soldati, erano compagni e l’aiutarsi, il toccarsi e lo sfiorarsi più o meno accidentale faceva parte del loro mestiere.
Ma quando svestivano i panni degli eroi, che significato poteva assumere una pacca sulla spalla od un sorriso? L’occhiata che Tony gli lanciava da sopra l’orlo del bicchiere cosa nascondeva? E la risposta che lui dava –Perché non riusciva, no, non riusciva fisicamente a non accordarsi ai movimenti e alle intuizioni e ai pensieri di Stark, che fosse in disaccordo con lui o meno-, la risposta, dunque, il quieto arcuarsi del sopracciglio e l’arricciarsi dell’angolo delle labbra, quali parole lasciavano mute?
Non poteva ammettere con se stesso che la propria ossessione –Come altro definirla?- per Tony andasse oltre ciò che Capitan America vedeva in Iron Man.
Ammetterlo avrebbe significato svelare troppe cose. Avrebbe significato fare i conti con la memoria di Peggy, coi suoi occhi scuri e con l’eco della sua voce lontana. Con ciò in cui credeva e ciò che gli era stato insegnato su se stessi e sulla normalità, su ciò che è giusto e cosa è sbagliato nell’equilibrio naturale del mondo.
Significava che c’era un terzo altro nell’essenza di Steve Rogers e quell’altro collimava alla perfezione ad ogni piega della propria esistenza. Non nuova esistenza, perché non c’era nulla di nuovo in realtà, erano solo dovuti passare settant’anni prima che l’altro arrivasse.
La parola che risponde al sorriso, il gesto che si allinea al movimento, l’occhio che riflette l’espressione, se si estraniava da sé, da Rogers e da Capitan America, se guardava quello scambio inconsueto da una prospettiva che lo stesso Stark avrebbe definito oggettivo-analitica, allora Steve non riusciva a trovare armonia migliore.
Da qualunque angolazione lo si osservasse, l’equilibrio rimaneva perfetto, nonostante le incrinature. E Steve, sollevato, se ne sentiva morire.
Perché Capitan America era abituato alla guerra e Steve Rogers lo invidiava.
Dell’eroe avrebbe voluto tenere lo scudo ed il volto coperto anche a Manhattan, anche nelle stanze della Stark Tower o dentro un bar. Voleva chiamare cameratismo lo sfiorarsi delle dita o lo scontrarsi dei polsi, lo sguardo saputo da dietro gli occhiali da sole e il calore alla bocca della stomaco.
Avrebbe voluto, come lui, vincere ogni battaglia.
Soprattutto quella contro se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Questo capitolo, signore e signori, può tranquillamente essere definito come convulso rigurgito di pippe mentali. Perché via, il nostro granitico Rogers è uomo dei suoi tempi, non credo possa accettare l’attrazione per Stark come qualcosa di semplice con cui fare i conti.
Bien!
Ringrazio: Glitter Princess e sayonara per aver inserito la storia tra le preferite e ginnyx per averla messa tra le seguite!

 

 

 

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Capitolo 5
*** # 5 – Destination :. ***


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# 5 – Destination :.

 

 

 

Guarda il lato positivo: non hai vomitato-
-Ringrazia il siero per questo-
Se non ci si trovasse fisicamente in mezzo, Tony farebbe fatica ad immaginare una scena simile: Steven Rogers, alias Capitan America, alias Mister Granitico Modello Uno, sta mostrando al mondo la sua, a questi punti, dubbia resistenza, quasi del tutto collassato su una sgangherata panchina di Coney Island.
-Andiamo, Rogers! Sei anziano e super-vaccinato, come puoi star male sulle montagne russe?-
In tutta risposta, Steve gli lancia un’occhiata omicida.
Stark sospira divertito e si china su di lui, scuotendo la testa.
-Forza, ragazzone, ti do una mano ad alzarti! Poi non dire che lo spirito di carità fugge via urlando se mi vede per strada-
-Non te lo assicuro- borbotta Rogers, un colorito verdognolo sparso a chiazze sul volto indurito dalla nausea; gli circonda il collo con un braccio e poi si leva in piedi.
Tony tenta addirittura un passo in avanti, ma ecco che Steve ha un sussulto e si sbilancia in avanti; Stark, veloce e reattivo come solo un genio come lui può essere, gli posa una mano sul torace e lo spinge all’indietro, smozzicando tra i denti qualcosa circa il supposto e mai dimostrato peso piuma degli eroi nazionali.
È lì, inoltre, sul punto di inveire nella più garbata e fantasiosa maniera possibile ed immaginabile, che si accorge di qualcosa. Non è una scoperta graduale, non ha la possibilità di aggirarla, studiarla e infine comprenderla: è un fiotto di rivelazione che gli si rovescia nella gola, lo sormonta, lo assale, per un istante gli spezza anche il fiato.
Sotto il palmo della mano, il petto di Steve è sorprendentemente caldo.
Cioè, non sorprendentemente, ci sono delle cose chiamate arterie e flusso sanguigno, globuli rossi che giocano a torello e capillari che si dilatano per lasciarli passare, cellule che tremolano tutte per l’emozione della futura mitosi , organelli che bruciano e schioppettano…Biologia, insomma.
Tuttavia, è la prima volta che Tony avverte il cuore di Rogers palpitare contro le costole e contro la pelle, non si è mai soffermato –Cosa ne avrebbe ricavato?- ad ascoltare il sangue mentre circola frettoloso e bollente nelle vene, i ventricoli che si aprono, si chiudono, tump, tump, tump, tump, ad un ritmo cadenzato, costante, sempiterno.
Steve inghiotte un respiro rantolante -Per la nausea o per quel contatto terribilmente onnicomprensivo?- e Stark può quasi sfiorarlo nel tempo che impiega a scendere attraverso i bronchi ; quando poi i polmoni si sollevano, la spinta è tale da piegargli le nocche.
La macchina pulsante, viva di Steven Rogers si muove, si scompone e si ricompone, brucia e raffredda, scorre, si blocca, s’attorciglia e si distende là, sotto le sue dita.
E’ Steve Rogers quello che sta toccando. Fisicamente, totalmente Steve Rogers
E’ una presa di coscienza tanto stupida nella propria ovvietà, da essere destabilizzante.
-Tony…?- lo chiama Rogers e la voce vibra dentro il costato, il diaframma ha uno scossone improvviso, si contrae, si restringe, si cosparge di rughe, le corde vocali intessono diagrammi definiti, perfetti, quadri d’insieme che vagliano ogni possibilità esistente d’intonazione  -Qual è la nostra prossima destinazione?-
Il cuore di Steve ha un battito più forte a quella domanda e subito il brusco palpitare sgretola l’ordine precedente, mette a soqquadro, in subbuglio l’intero sistema, la temperatura si alza, i vasi sanguigni si allargano, la pupilla si dilata, il respiro accelera, gli alveoli raggrinziscono, i polmoni ristagnano, l’aria calda, marcia, si appende e cola e penzola inutile dalle costole.
Tony solleva lo sguardo ad incontrare gli occhi vividi dell’altro; un sorriso sottile si disegna agli angoli delle labbra.
-Questa, Capitano, è una decisione che sarebbe opportuno prendere insieme-
E a chi passa loro accanto sembra stiano soltanto parlando della prossima giostra da provare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Voi, sì, dico voi, mi avete fatto commuovere. ASDFGHJKL---Cioè, io poi perdo troppi liquidi e mi disidrato (?) Va bene, d’accordo, lasciamo da parte queste idiozie. Siamo a metà della raccolta, contenti? Oh, finalmente i due iniziano a capire che, diamine, c’è una certa intesa fra loro e che forse, forse, sarebbe meglio parlarne.
Niente come le montagne russe di Coney Island per questo genere di rivelazione (?)
Orbene!
Ringrazio: Sundance, F E D E e Thiliol (Dillo che sono una persona malvagia, DILLO) per aver recensito!
Poi, ringrazio MonMon per aver messo la storia tra le preferite, sayonara, Melipedia e Thiliol per averla aggiunta alle seguite!
Eeeeeeee—Ringrazio anche la Rei, ossia quella santa donna cui scasso sempre le balle quando ruoliamo Stony, Cap Steven Rogers e Natasha Tony Stark perché , quella genia di Mattie Leland perché merita, ecco, e la Prof, perché la Prof mi guarda sempre Steve con occhioni cuorosi.
E sì che certi ringraziamenti magari si fanno alla fine, ma oggi mi sento orsetta coccolosa e quindi vi ringrazio già adesso, oh!

 

 

 

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Capitolo 6
*** # 6 – Hold On :. ***


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# 6 – Hold On :.

 

Resisti, Anthony Edward Stark.
Resisti. Forza.
Resistenza, è solo questione di resistenza.

Resistenza
. È anche facile farne lo spelling, non l’avrei mai detto. E quando la e si allunga sulla punta della lingua? Uno spasso, mi sento già più rilassato.
Re-e-sisten-n-za. La n dà una splendida sensazione di potere quando si conficca dentro il palato e spinge contro i denti. Sembra un piccolo, glottologico Gandalf. Re-e-siste-n-nza. Tu non puoi…passare. Sì, l’effetto è allo stesso, anzi, è meglio: nemmeno sir Ian McKellen saprebbe pronunciare la parola resistenza con tanta enfasi.
Oh, e che dire della z? La z è la mia preferita. Un bel sibilo che, bam, chiude la questione con un colpo secco. Cala il sipario, si chiudono le inferriate e tutti a casa, felici, contenti e pronti ad iniziare un’altra splendida giornata all’insegna del Chi si accontenta gode, ma se fossi Anthony Edward Stark godrei anche e certamente di più.
…Alle volte mi ritengo fortunato ad essere me. Quando non lo faccio è perché non mi considero fortunato..Diciamo direttamente Unto del Signore –Possibilmente non Asgardiano.
Andiamo, Stark. Stai divagando.
Concentrati.
Ce la puoi fare.
Sei un genio, miliardario, playboy, filantropo, se non sai fare qualcosa è perché probabilmente non l’hai ancora inventata –Ma lo farai presto. Le agende esistono per un motivo, almeno dice Pepper.
Pepper usava la mia agenda divinamente, a proposito, tranne quando arrivavo in ritardo a qualche consiglio della Stark Industries. Ma, ehi, povera Pepper, non mettiamola troppo sotto pressione, ha sempre svolto i suoi compiti in maniera egregia.
Dovrei portarle delle fragole per ringraziarla.
…E alle fragole che non è allergica, giusto? Giusto.
Okay. Focalizza, ora. Inspira. Espira.
Resistere.
Uno.
Resistenza.
Due.
Resisti.

-Oh, al diavolo!- sbotta, afferrando la cartella che Steven Ti rimetto seduta stante nel ghiaccio Rogers gli sta gentilmente, cortesemente, diligentemente porgendo.
-Andiamo, Stark, era davvero così difficile?- l’occhiata di Steve è complice, divertita, resa ancor più intensa da quel sorrisetto che gli solleva l’angolo destro delle labbra.
Tony rotea annoiato lo sguardo verso di lui, si gira a dargli le spalle, lancia la cartella –ovviamente vuota perché, sì, sembra quasi che quel maledetto ultranovantenne si stia divertendo ad addestrarlo- sulla scrivania e torna a dedicarsi al nuovo progetto per l’ulteriore ampliamento della Stark Tower.
Rogers non dice nulla, non gli si avvicina, Stark è pronto a scommettere che lo sta ancora fissando con espressione di imbarazzante, imbecille, assurda soddisfazione da addestratore cinofilo, con tutina luccicante come divisa regolamentare.
-Non gongolare troppo, Rogers- lo riprende, allora, aprendo alcune schermate di lavoro –Sai che è solo perché sei tu-
-Lo so. Mi piace l’effetto che fa-
E Anthony Edward Stark, fortunato genio, miliardario, playboy filantropo, Unto del Signore possibilmente non Asgardiano, fallisce miseramente nella strenua resistenza di non concedersi il lusso di un sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Oh my Loki, ho scritto questa tre volte prima di ritenermi soddisfatta. E non tre volte la stessa situazione, tre volte una cosa diversa! XD
Bene, spero ne valga la pena, mi sembra carino mettere qualcosa di un po’ più leggero rispetto e meno contorto, ecco. E la prossima, uh! La prossima…! *Sfrega zampette*
Orbene!
Ringrazio Sundance, la collega Iceathena e F E D E per aver recensito!
Ringrazio poi L_Desu (*A*) e crissya per aver messo la storia tra le preferite!
E continuiamo nel ringraziare nakimire, zampetta, crissiya, Misako90, A n o n y m o u s Rei e Haibara Stark per averla inserita tra le seguite!
Grazie mille *A*

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Capitolo 7
*** # 7 – I’m Here :. ***


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# 7 – I’m Here :.

 

Ne ha sentite tante, di storie, su Tony Stark.
Ha sentito di morsi e dita artigliate alla carne, vestiti strappati e fughe prima dell’alba. Ha sentito di monte e altri termini poco ripetibili, che gli hanno guastato l’appetito e hanno reso impossibili i pomeriggi al bar all’angolo. Ha sentito troppo di uno Stark con cui, alla fine, ha persino avuto timore di avere a che fare.
Ma ora si chiede di quali dita stessero parlando le signorine in tailleur color crema, perché quelle che gli stanno sfilando la camicia tutto hanno, tranne che la voglia di lacerare e lanciare via. Le mani scivolano sul petto e si colmano ai fianchi, risalgono a disegnare il profilo dei bottoni e delle asole; i polpastrelli, sulla pelle nuda, sono ruvidi, scheggiati di vecchie cicatrici e nuovi tagli e lasciano dietro di sé una scia sfrigolante di brividi.
Durante le interviste, alcune donne dagli occhi maliziosi raccontavano di baci animali, violenti e Steve non capisce davvero di cosa stessero parlando, adesso che l’asprigno sapore del whiskey sulla lingua di Tony gli scivola piano in bocca e le labbra sfiorano la piega della mandibola, la linea del collo, si sollevano a bisbigliare un bacio all’orecchio.
La barba pizzica appena sulle guance, grattando di rosso gli zigomi.
Stark non le guardava mai, mormoravano con afflizione, ma non c’è un istante in cui gli occhi di Tony non siano per lui, che seguano il respiro dalla gola al torace o che s’inabissino fino al ventre, nell’incavarsi nero dei fianchi.
Non un momento in cui il suo fiato non lambisca la linea delle spalle o lo sterno, non un attimo che le mani non gli accarezzino il volto o che i polpastrelli non abbozzino e tratteggino i muscoli delle braccia, risalendo fino al palmo ed intrecciando le dita fra loro.
Il fiato cerca il respiro, petto contro petto, la labbra sulla bocca, sul petto, sul ventre teso, ma non una voce che richiami a sé il silenzio rotto dagli ansimi –Non pronunciava il nome di nessuna di loro, non parlava, stava zitto e poi sgattaiolava via non appena vedeva le lamelle di luce baluginare sul pavimento.
-Tony- sussurra a bocca schiusa, le palpebre abbassate, il collo inarcato, la nuca affondata nel cuscino -Tony-
Perché non hanno importanza le mani o le dita, non il fiato o le labbra se la voce non le accompagna, se Tony non è con e dentro di loro, pienamente loro in ogni movimento e in ogni respiro.
Sarebbe il vuoto.
Un momento di stasi, la notte si cristallizza nell’istante in cui Steve coglie il volto di Tony avvicinarsi a lui nella penombra, il profilo che lentamente s’inchina a sfiorare il lobo dell’orecchio.
-Sono qui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

…Io e il rating rosso non andremo mai d’accordo. Faccio come Prassitele e mi dedico allo sfumato (?)
Orbene!
Ringrazio Sundance, e F E D E per aver recensito!
Ringrazio  Lady Elric92, pandasgrin e sasuchan7 per averla inserita tra le seguite!
Grazie mille *A*

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Capitolo 8
*** # 8 – Lifestyles :. ***


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# 8 – Lifestyles :.

 

Tony sapeva che far entrare Steve nella propria vita significava sconquassare completamente quelli che erano stati i propri bioritmi fino a quel momento: Rogers era un elemento inconsueto, appena ipotizzabile, inseritosi praticamente da solo in un’equazione perfetta e armonica, dove caffè, invenzioni, caffè, oh guarda come si è rimessa bene la modella di Vogue, caffè, cromature e caffè avevano un posto di assoluto rilievo.
Semplicemente, Rogers non aveva capito che anche sopravvivere per tre giorni a caffeina era una stile di vita.
Non uno dei più gettonati, ma allora non sarebbe stato uno stile di vita griffato Stark.
Fosse arrivato al punto di iniettarsela direttamente in vena per lavorare al progetto di un..cos’era l’ultimo? Un potenziamento dei reattori o il microonde che quando lo attivavi faceva risuonare That’s Amore per tutta la cucina? Oh, comunque, finché non arrivava al punto di iniettarsi il caffè in vena per bruciarsi le sopracciglia o resettare alcune modulazioni sonore perché seguissero le tonalità di Dean Martin, quel particolare stile di vita andava più che bene.
Ma non a Capitan Sette Ore di Sonno Sono Salutari Tony, Per Dio America, che la mattina voleva fare colazione con lui e cascasse il mondo ci dovevano essere sempre due tazze, due piattini, due cucchiaini, due biscottini, santo cielo, sembrava la casetta dei Sette Nani, solo meno zeppa di fauna locale.
Non che a Tony dispiacesse alzarsi accompagnato dal sommesso fischiettare di Steve che preparava i pancakes, né discutere davanti ad una spremuta di quanti giorni ci avrebbe messo l’Agente Barton a portare a cena fuori l’Agente Romanoff senza che una catastrofe mondiale piombasse loro addosso, o se il dottor Banner si fosse accorto degli sguardi…interessati che l’Agente Hill gli rivolgeva al di sopra del computer, quando credeva che nessuno la stesse osservando.
Non sarebbe stato male pranzare con un doppio cheeseburger sulla terrazza della Stark Tower, con Rogers appollaiato sulla ringhiera e lo sguardo perso solo lui sapeva dove, il sole ridotto ad un puntolino lucente nel fondo degli occhi azzurri -Gli stessi che poi si alzavano a cercare quelli Tony e sorridevano, seguendo la linea tranquilla delle labbra sollevate e delle fossette che si formavano sulle guance.
Insomma, poteva essere bellissimo e romanticissimo e tutti quegli –issimo che nella loro storia-rapporto-relazione ci stavano come i cavoli a merenda, ma ehi! Tony Stark era Tony Stark e apparteneva al laboratorio, all’olio e al grasso di motore, ai dati, ai pannelli e alle sacrosante cromature dell’armatura. Era un circolo beatamente vizioso che con gli anni aveva assunto una perfezione innegabile: Steve era pian piano scivolato dentro quel moto perpetuo di notti insonni e toast che si ammassavano tra le colonne allineate e impilate di fogli e calcoli, e Tony aveva sempre e comunque spazio e attenzione e tutto per lui.  Ma non poteva negare quanto i loro stili di vita fossero agli antipodi: non era un’accusa o un ripensamento, era una constatazione amichevole tra coinquilini che spesso, molto spesso s’intrattenevano volentieri tra loro per conoscersi in maniera decisamente biblica. E, Dio –era proprio il caso di dirlo- Tony non desiderava altri che Steve per sostenere una concreta, stimolante conferenza di teologia.
Però..Davvero, non riusciva a capire come potesse funzionare una convivenza come la loro, dove uno degli elementi della formula scandiva la giornata ad ore e non a bulloniaddizionisistemare, e scendeva nel laboratorio, bussava, lo chiamava, Tony, è ora di cena.. e gli faceva capire che i giorni, i mesi, gli anni passavano e lui ancora non se n’era andato, c’era ogni mattina tra il caffè e il latte, c’era a pranzo e rideva da sopra l’agrodolce take away cinese, c’era la sera in attesa che la cena fosse pronta e c’era la notte, quando non importava null’altro che la sua presenza accanto alla propria.
Come ancora non fossero esplosi era un mistero per cui Tony  non smetteva di lambiccarsi il cervello, perché proprio non gli riusciva di trovare un punto di collegamento tra le due esistenze, il punto focale da cui si dipanava e diramava il filo conduttore di ogni loro giornata.
Smetteva di pensarci solo quando, due sere a settimana, lasciava il laboratorio e trabiccoli  intenti a lanciarsi insulti in codice binario, e saliva al piano superiore; lì, sul divano, Rogers leggeva, la gamba destra accavallata, il braccio sinistro allungato sullo schienale e il Grande Gatsby o Addio alle Armi placidamente poggiato sul palmo.
Tony lo raggiungeva in silenzio e senza chiedere si stravaccava sui cuscini, poggiava la nuca sul ginocchio di Steve e armeggiava col telecomando –Una televisione col telecomando, avevano comprato una fottuta televisione dotata di telecomando perché Rogers gli aveva chiesto qualcosa che non portasse avanti una dissertazione sulla scissione degli atomi mentre lui cercava solo di scaldare il latte- schiacciava qualche tasto, brontolava un po’ sui comandi vocali e infine impostava il canale su Discovery Channel per guardarsi Top Gear.  
Non che ascoltasse troppo il ronzio del programma, a dire il vero.
Dopo solo qualche minuto, infatti, l’attenzione di Tony veniva inesorabilmente catturata dalle dita di Steve che andavano a disegnare piccoli, rilassanti cerchi tra i capelli.
E nulla, allora, poteva essere più equilibrato. Armonico.
Perfetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

Wheeen theee moooon hiiits yooourr eeeeyeee, likeee a biiig pizzaaaaa pieeeeee, thaaat’s ammmmmmoooooreeeeeee----!!
Cioè. Siamo all’ottavo capitolo. Due prompt ancora e questa raccolta è finita. No. No. NO! *Si aggrappa ad uno Steve selvatico che passava di lì (?)*
Top Gear. Non so perché, ma mi ce lo vedo Tony a guardarsi Top Gear. E magari Steve che lancia qualche occhiata quando si tratta di moto. Babbè.
Ringrazio Sundance e F E D E per le loro recensioni e perché, ohmmmioddio, siete la causa della mia constante disidratazione. AI LOV IU
Ringrazio poi la frizzantissima ArtemisiaAssenzi per aver inserito la storia tra le preferite e Lightcross per averla messa tra le seguite!
E ringrazio anche Harinezumi perchè sì ùù
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** # 9 – Cleaning :. ***


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# 9 – Cleaning :.

 

Erano solamente due le occasioni in cui Steve dormiva sul divano.
Tony lavorava fino a tardi nel laboratorio, scambiando il normale ciclo giorno-notte per un’opinabile notizia di qualche giornale scandalistico, si scordava di mangiare –Ma non di bere il caffè, e dimenticava di avere una camera da letto cui fare ritorno quando aveva un ovvio bisogno di riposare. Steve rimaneva alzato anche ben oltre la mezzanotte solo per aspettarlo, telecomando alla mano o un libro di Hemingway aperto sulle ginocchia. Ogni tanto occhieggiava alla porta del laboratorio, in attesa che un miracolato Tony Stark emergesse dal ventre bluastro della caverna e tornasse consapevole dell’esistenza del mondo esterno.
Non che Steve riuscisse spesso a godersi quello spettacolo al limite dell’epifania divina, visto che tendeva ad addormentarsi verso le quattro del mattino.
Il brontolio di una corsa sfumava nella coscienza, la voce di qualche storico della Seconda Guerra Mondiale si liquefaceva sottoforma di grosse, penzolanti lacrime in bianco e nero, e la campana suonava per lui un’infinita eco dietro le palpebre chiuse.
Frustrante, in effetti.
Ma quando si svegliava c’era sempre Tony accoccolato ai piedi del divano, con la testa dolcemente abbandonata sul proprio ventre, i pugni a sostenere la guancia macchiata d’olio. Steve, allora, allungava la mano e posava le dita sulla tempia di Stark; gli accarezzava i capelli, lo guardava, sorrideva e restava in silenzio.
Poi c’erano le volte in cui Steve si esiliava volontariamente per non vedere il ciondolare biascicante del figlio di Howard o i suoi occhi lucidi e vacui. Si isolava per non sentire la parlata gonfia di whiskey e la lingua che impastava insensati grovigli di parole contro il palato.
Gli ricordava suo padre Joseph e lo strascinarsi delle suole consunte sulle assi del pavimento e lo sbattere della porta e la bocca grigia da cui pendevano filamenti giallastri di saliva, liquore e Dio sa cos’altro. Steve ricordava con spietata chiarezza le nocche chiazzate di rosso strette al collo della bottiglia, i denti che sbocconcellavano grossolani bozzoli di pensieri mentre sgranava un rosario d’odio e bestemmie; macchie appiccicose sul vestito buono della domenica e sulla camicia sbrindellata di tutti i giorni, la sclera un reticolo arzigogolato di vene sul punto di esplodere, la voce un rovesciarsi improvviso di vomito e insulti e lacrime ambrate di rhum.
Non poteva sopportare la vista di Tony ridotto così, non ancora, non di nuovo. Non poteva sostenerne lo sguardo folle o i goffi baci impregnati di polvere untuosa da pub. Odiava vederlo così, detestava con ogni fibra del proprio essere il modo in cui si trascinava lungo l’androne e lo cercava con gli occhi annebbiati, ridendo di cose che solo lui capiva, che solo lui inventava.
Odiava la sensazione di impotenza, la delusione, il non essere ancora abbastanza per Tony, il capire che no, non sarebbe mai stato per lui la motivazione adatta a smettere di bere una volta per tutte.
Si ritirava sul divano e annegava in un sonno osceno di buio e colla.

Tling tling tling tintinnavano quella notte le catene del sogno tling tling tling si scuotevano tling tling tling ridacchiavano fra loro tling tling tling cantavano di un passato che l’alcool aveva di nuovo reso presente tling tling tling osannavano, brindavano.
Steve socchiuse un occhio, accorgendosi che il tling tling tling non apparteneva al sogno, bensì al ritaglio di luce che dalla cucina si allungava sulle piastrelle candide. Aggrottò la fronte e, con la coperta ancora sulle spalle, mosse qualche passo in avanti. Non capiva a cosa appartenesse quel rumore, né il cozzare di qualcosa contro qualcos’altro e nemmeno gli sbuffi rauchi che lo accompagnavano.
Gettò uno sguardo nel sottile di rigagnolo di luce tra cucina e corridoio: deglutì, la mascella serrata. Livida.

Tling tling tling
bottiglie che cozzavano tra loro.
Ah, bene. Perfetto. Stark aveva appena deciso di brindare ai brindisi. Ottimo. Quella nottata aveva il sapore amaro del disfacimento.
Un morso allo stomaco, brividi di gelida delusione che sgocciolavano lungo la schiena.
-Tony, per l’amor del…cielo- Steve si bloccò sulla soglia e al gesto improvviso la coperta cadde, afflosciandosi sul pavimento.
Stark singhiozzò, roteò gli occhi, alzò la bottiglia e la sventolò a mo’ di saluto: sotto di lui, accanto a lui, ovunque attorno a lui bottiglie di alcolici vuote e dentro al lavandino ondeggianti e schiumosi resti di whiskey, rhum, vodka, Martini..e Signore, non immaginava che in casa ci fosse tutta quella roba.
-Rogie!- cinguettò il figlio di Howard, agitando il Jack Daniel’s sopra la testa -Rogie, ti sei svegliato! Buonanotte, bell’addormentato! Guarda che bella giornata!- un sorriso storto, alticcio, barcollante -Cioè, non è ancora giorno, ma lo sarà presto e con JARVIS, sai no? JARVIS, ecco lui..egli..quello ho fatto qualche calcolo che gli ho chiesto e mi ha detto che sarà una bella giornata e io mi fido perché, mh, sai i calcoli glieli ho dati io e allora..- dimenticò il continuo della frase, occhieggiò  al whiskey come fosse sul punto di ingollarsi una bella sorsata, storse la bocca e si decise a buttarla via.
-Tony- esalò nuovamente Steve -Cosa…cosa stai facendo?-
Stark lo guardò: non disse nulla sulle prime, il viso una maschera verde di ebbrezza. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma fece un gesto di diniego con la mano, sbuffò e ridacchiò e si appoggiò al lavandino, sbiascicò, si asciugò le labbra, serrò le palpebre e diede una piccola spinta per rimettersi in piedi.
Traballò, sogghignando, e allargò le braccia ad accogliere il cimitero scintillante di bottiglie.
-Sto facendo pulizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Finali

*Labbro tremulo* Siamo alla penultimaaaaah ;A;
Oddio, no ;A; La penultima no! *Si attacca gnaulando ad un Tony che passava di là (?)*
Che Tony abbia problemi di alcolismo non è nuova, credo. Né che grazie a Steve abbia smesso coi cicchetti per un bel po’ di tempo. Joseph, secondo Wiki, è il padre di Steve ed era un alcolista anche lui.
Detto questo…Alla…alla prossima ;A;
Ringrazio Sundance, Harinezumi e F E D E per aver recensito!
Ringrazio Betelgeuse17 per aver messo la storia tra le preferite, Lady_Jadjye per averla inserita nelle ricordate e The_best_who_sing nelle seguite!

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Capitolo 10
*** # 10 – Light :. ***


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# 10 – Light :.

 

“Allucinazioni ipnagogiche”, ecco come le avevano chiamate i medici dello S.H.I.E.L.D.
Passeranno, così gli aveva lentamente sorriso l’Agente Leland Come la mancanza di sonno e agli incubi. Presto scompariranno del tutto.
Abituarsi alla mancanza di sonno era stato facile, a confronto: psicologicamente frustrante, vero, ma Steve era comunque riuscito a superare indenne le lunghe notti spese tra un sacco di sabbia e le passeggiate infinite sotto lo sguardo cisposo delle stelle. Aveva sopportato illusori mal di testa alle tre del mattino, idee inutili di antidolorifici e morfina, un soffitto sempre uguale sopra la testa, le stesse ombre che si allungavano e si attorcigliavano senza requie tra le gocce solidificate di pittura biancastra. Aveva tenuto duro fino a quando non era arrivato il primo sonno ristoratore dopo mesi: venti minuti, nulla di più, ma Steve si sentiva rinato. E a quei venti minuti erano seguite mezz’ore e ore intere dove l’unico suono che a stento percepiva era il proprio respiro, denso e caldo nel petto.
L’Agente Leland, il medico dello S.H.I.E.L.D. che si occupava del suo recupero psicologico, si era dichiarata piuttosto soddisfatta, per poi metterlo in guardia circa gli incubi di cui sarebbe stato quasi certamente vittima di lì in poi.
La diagnosi era stata esatta, ma per fortuna di Steve parlarne aveva reso il tutto più semplice.
Che fosse in studio o davanti ad una tazza di caffè, l’Agente Leland lo ascoltava con pazienza e annuiva, sorrideva, lo confortava, le sopracciglia si piegavano a disegnare una linea aggrottata sulla fronte, la penna tracciava pochi, ma significativi appunti sul blocchetto.
Passeranno, signor Rogers. gli aveva sorriso Scompariranno del tutto, non tema. Mi vorrebbe parlare del suo ultimo sogno: parlava di un teschio, dico bene?
Aveva affrontato gli incubi, fronteggiato occhi incavati in orbite scarlatte e sangue e fuoco e lo schianto e lamiere ritorte conficcate tra le costole, attraverso lo sterno, dentro la carne. Li aveva combattuti e ne era uscito vincitore.
Ma quello..I muscoli rigidi, un formicolio grondante di bava lungo le braccia, i nervi, le gambe, la mascella contratta e la lingua molle, spilloni incandescenti in mezzo alle vertebre e giù, sempre più giù, ad arroventare le corde vocali, la gola, il fiato marcio avvinghiato ai bronchi dilatati, brontolii roboanti di risate come un’eco inarrestabile che schiuma e ribolle agli angoli della coscienza, la voce gonfia contro il palato, i denti incollati, l’occhio rivoltato nel cranio, il corpo denso di fango, d’argilla.
Non aveva, non poteva avere memoria del periodo di ibernazione, ma se cercava di guardare attorno a sé vedeva unicamente e distintamente pareti livide e bluastre, ed era chiuso lì e non riusciva a muoversi, non riusciva a pensare, non riusciva a liberarsi, catene e ghiaccio e ghiaccio e catene e nessuno l’avrebbe sentito, perché non lì non c’era nessuno, solo freddi speroni e artigli e non serviva urlare, la voce avrebbe rimbalzato, si sarebbe infranta in parole che non sarebbero mai state udite e avrebbero cominciato a raccogliersi una dopo l’altra, bisbiglio su bisbiglio, mormorio su mormorio, torri di sussurri e frane di grida che l’avrebbero soffocato, gli avrebbero tolto il respiro, riempito il petto, e nessuno l’avrebbe aiutato, nessuno, nessuno, ingabbiato e incarcerato e il tempo che scorre e passa e nessuno arrivava, nessuno, nessuno.
Rantolò a bocca aperta, mugghiò e ingoiò un respiro rancido, bollente; il braccio ringhiò quando fece il tentativo di sollevarlo, i muscoli bestemmiarono, le dita si piegarono, arrotolandosi a seguire il profilo delle falangi, e le unghie si ritrassero nelle nocche. Vomitò un boccheggiare convulso dalle labbra spaccate e i polpastrelli caddero, cozzando pesantemente contro una superficie metallica.
La mano s’imperlò di luce azzurra. Il palmo si colmò di un secondo respiro.
Un soffio tranquillizzante, quieto di parole appena sussurrate.
-Steve, va tutto bene. Respira. Sono qui con te-
Una sensazione di calore sulla pelle, dita dalla stretta famigliare chiuse dolcemente sopra le proprie.
Il sorriso si sciolse sulle labbra, colorandole di rosso: Steve abbandonò la tempia sul cuscino, gli occhi si socchiusero piano, ammiccando un’ultima volta alla luce che ancora tratteneva dentro il palmo.
Quando si svegliò, il mattino dopo, Tony gli stava ancora stringendo la mano poggiata sul reattore Arc –Il ghiaccio e le catene erano un ricordo, erano il passato: la mano di Tony, la voce di Tony, il respiro di Tony, Tony erano il futuro.
E non lo avrebbero lasciato andare –Steve non li  avrebbe lasciati andare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Fine Capitolo

Diiio, le allucinazioni ipnagogiche sono fastidiose e orribili. Brr.
Domanda: sono l’unica a pensare che Steve abbia soffermato di insonnia-incubi-allucinazioni ipnagogiche nei periodi successivi al suo risveglio? (Insonnia e incubi soprattutto nei primissimi tempi?)
Ringrazio: Sundance, Harinezumi, F E D E e ArtemisiaAssenzi per aver recensito.
Ringrazio: Amaerise per aver messo la storia tra le seguite.
Sì, sto facendo la gnorri.
…Ma non posso farlo troppo a lungo, è giunto il momento delle Note Finali.
Ahimè, i prompt sono finiti e con essi anche questa raccolta. Ero partita così traballante, all’inizio. Insomma, come riuscire a tenere a bada queste due teste di cocco senza evitare che mi sfuggissero di mano? Bhè, forse un po’ è successo in realtà, ma non mi è dispiaciuto. E’ stato piacevole vedere come, capitolo dopo capitolo, mi venisse più facile immaginare le loro azioni e reazioni, situazioni e pensieri..Chissà, magari un lavoro accettabile l’ho persino fatto!
Certo, non sarebbe stato lo stesso non avessi avuto tutti voi a seguirmi.
Non sarei arrivata a questo senza Sundance, F E D E, Harinezumi, iceathena, L_Desu, Rei, Mattie Leland, Thiliol, ArtemisiaAssenzi, Monmon, Jaqueline, GlitterPrincess, crissya, Betelgeuse17, Bedhness, zampetta, the_best_who_sing, sirith88, sayonara, sasuchan7, S h a i l a, pandasgrin, nuit, nakimire, Misako90, Melipedia, LightCross, LadyElric92, HaibaraStark, ginnyx, FelpataMalandrina94, Black Air, Amaerise, A n o n y m o u s R e i e Lady_Jadjye.
Grazie. Grazie a chi ha letto, a chi ha recensito, a chi a messo “Mi Piace”, a chi ha apprezzato, a chi è passato e si è fermato a leggere anche solo una frase, anche solo una parola. Grazie a tutti voi. Grazie anchi a chi ha schifato :)
Grazie a tutti voi.
Ci vediamo.
Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

Ps: dai, non facciamola così tragica…Mi trovate anche qui ;D Our Furious, Curious, Fantasist Code :.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fin.

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