Valentine's Day

di SilviAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Parte prima ***


So di essere in ritardo e che San Valentino è passato da tempo, ma questa ff ha iniziato a girarmi in mente il giorno stesso della festa e a breve seguirà la seconda parte.
Questa storia fa parte dell'universo Kitty Cass.
Spero piaccia.


Prima Parte
 
Erano passati mesi dalla nostra prima notte insieme, cioè insieme-insieme intendo.
Dalla prima volta in cui avevamo fatto sesso – tanto per essere chiari ed evitare fraintendimenti di ogni genere – e io e il pennuto andavamo d’amore e d’accordo.
Certo continuavo a fare il macho della situazione, almeno in pubblico dovevo pur salvare le apparenze con mio fratello, ma poi diventavo tutto coccole e carezze, non appena mi chiudevo alle spalle la porta della camera dell’ennesimo squallido motel.
Cass andava in visibilio ogni volta che lo sfioravo e poi avevo in modo del tutto fortuito scoperto che si arruffava tutto se gli dicevo le porcherie sussurrandogliele all’orecchio mentre gli sfioravo la parte bassa della schiena, costringendolo a inarcarsi verso di me.
La prima volta in cui descrissi accuratamente tutte le cose che avrei voluto fargli, senza sapere ciò a cui stavo andando incontro, lo vidi diventare rosso rosso e sgranare all’inverosimile gli occhi. Per un attimo ebbi il terrore che esplodesse dalla vergogna o l’ansia di aver appena innescato la proceduta per l’autodistruzione.
Chi diavolo sapeva come erano fatti gli angeli?
Nulla di tutto ciò era però accaduto e quando le sue gote e le orecchie avevano iniziato a ridiscendere la scala del cremisi, la sua voce incerta mi svelò l’arcano, facendomi capitolare definitivamente.
“Dean, per favore fallo”
“Cosa?” domandai incredulo, non del tutto sicuro di aver compreso che cosa mi stesse precisamente invitando a  compiere.
“Ciò che mi hai appena comunicato, sarei grato lo mettessi in atto. Molto grato e se è possibile potresti compierlo subito per favore?”
Sorrisi, tutto lentiggini e occhi vispi, e imboccando una stretta via laterale, mi fermai poco più avanti, ma fuori dalla vista dell’interstatale, benedicendo di aver lasciato Sam in biblioteca “Allora al mio piccolo angelo sporcaccione piace l’idea di”
“Sì, sì, mi piace. Ti prego adesso” e senza attendere l’oltre e facendo sparire gran parte dei nostri vestiti, si avvicinò fino a finirmi in grembo, in una posizione che chissà poi perché vista nei film sembrava essere accattivante e da strappamutande, ma al momento risultava essere solo dannatamente scomoda.
“Cass” cercai di catturare la sua attenzione, ma vedendo che non mi dava retta, perso nel martoriarmi di baci e morsi il collo, alzai il tono “CASS! Spostati, possiamo a-andare” dannati denti e dannato me per avergli insegnato come usarli a dovere “d-dietro”
Il moro alzò il capo dalla sua occupazione e lo osservai mentre cercava invano di ritornare alla posizione precedente.
“Reputo assai probabile che io sia rimasto incastrato tra te e il cruscotto”
“Oh per la miseria!” sbottai con l’eccitazione che drammaticamente scemava.
“Resta fermo” mi consigliò e un attimo dopo la pressione che sentivo sulle cosce e sul bacino, dovuto all’angusto spazio in cui i nostri corpi si erano bloccati, sparì misteriosamente.
“Che hai combinato?” mi ritrovai a chiedere incuriosito, distendendo i muscoli e notando che ci fosse ancora sufficiente gioco per una serie accattivante di possibili manovre.
“Ho dilatato l’automobile” ammise con candore, dirottando il sangue – che aveva di nuovo ripreso la via che lo avrebbe portato inesorabilmente verso sud – dritto al cervello.
“Cosa cazzo hai fatto? Dimmi che ho capito male o che tu ti sei spiegato male”
“Ho semplicemente influito sulle reali dimensioni dell’abitacolo dell’auto, così che fosse possibile per il volume dei nostri corpi mantenere comodamente tale posizione”
“Hai deformato la mia Bambina” mormorai con voce triste.
“Tranquillo Dean, dopo la rimetterò a posto. Sarà come nuova e riparerò anche i graffi che ho lasciato sul rivestimento…” la voce non perfettamente sotto controllo, segno tangibile della difficoltò di mantenere il controllo, riportò la mia mente a pensieri più piacevoli.
“No, lascia le tue unghiate esattamente dove sono. Mi piacciono” lo contraddissi avvicinandomi poi alla sua pelle.
“Ok, possiamo pensarci dopo” convenne.
“Dopo?” ripetei come perso tra le nuvole.
“Sì, dopo” e senza che me ne accorgessi prese a divorarmi le labbra facendo finire in secondo piano qualunque cosa che non comprendesse lui e me insieme.
Fu sesso grandioso quel pomeriggio, diedi il meglio di me e anche la mia piccola non fu da meno.
Ciò che mi faceva, però, letteralmente impazzire era il Cass post sesso – o post coitale, come si era autodefinito una volta – mi si accoccolava contro e non c’era verso, non che lo volessi davvero, di allontanarmi da lui e questo durava per un lasso di tempo che avrebbe potuto diventare infinito.
E così avvenne anche quel giorno, infatti fui costretto a guidare per l’intero viaggio di ritorno con un angelo raggomitolato al mio fianco, che aveva deciso di lasciare vuoto più di metà sedile anteriore e che si ostinava in modo rilassante a carezzarmi i capelli.
 
Mesi di sesso, coccole e sentimenti dopo, mi svegliai una mattina, con pungente disappunto, da solo e con lo scroscio della doccia di sottofondo che indicava la presenza di Sam nella camera. Quella volta eravamo stati sfortunati, avevamo trovato una sola camera libera e così avevo dovuto rinunciare alla mia sana e corroborante dose di sesso angelico.
Cercando di svegliarmi completamente, voltai il capo e lentamente misi a fuoco il letto accanto al mio: era completamente ricoperto da cuoricini di carta rossa e rosa, al centro spiccava un enorme cuscino della medesima forma, tutto di peluche, con scritto a lettere cubitali Gabe loves you e qui e là si intravedeva il luccichio tipico dell’involucro di un arcobaleno di cioccolatini.
Quell’arcangelo da strapazzo ancora non si era arreso e continuava, a intervalli regolari, a tentare di assaltare la diligenza Sammy, con risultati che io al momento non volevo sapere e neppure immaginare.
Vigeva questa regola non scritta tra me e mio fratello: uno non chiedeva e l’altro non diceva.
Tutto questo dispiegamento di forze da parte di Gabriel mi fece sorgere un dubbio, balzai in piedi e coprii la distanza tra il letto e il muro dove, accanto alla porta, era appeso un dozzinale calendario che avevamo già abbondantemente scarabocchiato per poter conteggiare i giorni che si intervallavano tra un omicidio ed un altro.
“Dannazione” dissi tra i denti, era il giorno di San Valentino e il mio pennuto ancora non si era fatto vedere e, ammettendo la possibilità che non conoscesse la festa, capii fosse mio dovere erudirlo a riguardo.
Proprio in quel momento, Sam decise di aver consumato la giusta quantità di acqua calda e mi voltai veloce. Per nulla al mondo mi sarei perso la sua espressione nell’istante in cui gli occhi avrebbero individuato il macello apparso sul proprio letto e così incrociando le braccia attesi.
Non appena varcata la soglia della camera e posati i suoi occhioni dolci sul letto che aveva usato, un gemito di frustrazione e nervosismo lasciò la sua gola.
“Suvvia fratellino! Non sei contento che il tuo Valentino sia così affettuoso e premuroso?”
“Non una parola di più. Non voglio sentire una parola di più” ringhiò puntandomi contro un minaccioso indice.
“Ma smettila! Ti conosco bene, il tuo cuoricino starà battendo all’impazzata e sarà tutto intento a fare le capriole. Hai sempre adorato l’idea di San Valentino. Mi ricordo che a scuola io usavo quel giorno per pomiciare con il maggior numero di ragazze possibile, tu al contrario speravi di collezionare i bigliettini”
“Stronzo”
“So che non lo vuoi, ma io ti darò lo stesso un consiglio: vestiti, esci da quella porta, chiamalo e passa una felice giornata”
“Ma come? E la caccia?”
“È San Valentino e io ho da fare, quindi ti saluto e ci vediamo questa sera o forse domani, ancora non lo so” senza attendere risposta, mi chiusi in bagno e dopo essermi dato una rinfrescata e aver indossato la mia camicia migliore – e anche un paio di pantaloni, mi pare ovvio – recuperai le chiavi della mia piccola e lasciai la camera.
 
Guidai per alcuni minuti con la musica nelle orecchie, cercando un posto dove poter lasciare la macchina in santa pace, ma al sicuro, per tutto il giorno.
Perché sì, io, Dean Winchester avevo appena avuto una favolosa idea per il regalo di San Valentino, idea che mi avrebbe portato ad ottenere, come successiva ricompensa, tanto tanto buon sesso. 
Arrivato sul retro di un capannone in una zona industriale ancora in uso, con quindi un andirivieni sufficiente e dopo aver recuperato una cosa dal cruscotto che provvidi a nascondere nella mia tasca, spensi il motore, chiusi l’auto e poggiandomi poi al centro del cofano, lo chiamai.
Avvertii un frullo inconsistente d’ali e istintivamente aprii gli occhi ritrovandolo a un palmo dal mio naso.
“Dean, mi hai chiamato” constatazione e non domanda, era nonostante tutto sempre il solito pennuto celeste.
“È così che si saluta? Mi sembrava di averti insegnato” ma non potei terminare il mio sensualissimo rimbrotto perché le sue labbra calde e perennemente screpolate furono sulle mie per reclamare con insistenza il primo bacio della giornata.
Strinsi le braccia attorno alla vita, al di sotto del trench, mentre le sue mani, come se conoscessero da sempre la via, si adagiarono lievi sul mio petto.
Lo baciai fino a che i polmoni me lo permisero e quando mi staccai da quella bocca favolosa, sorridendo ripresi il discorso “Bene, così va decisamente meglio” sul finire delle mie parole, Cass si era chinato su me, seppellendo il viso nell’incavo tra collo e spalla e se ne stava semplicemente lì, cullato dal mio abbraccio che non lo aveva ancora mollato.
“Sai oggi è festa” lo informai, ben felice del fatto che lui, senza spostarsi di un millimetro, si fosse limitato a un mero mugugno di assenso, aggiungendo poi un’unica parola “Festa?”
“Sì, è San Valentino” dissi tentando di instradarlo su quelle che sarebbero state a breve le mie intenzioni, cioè passare l’intera giornata insieme, fregandocene di Inferno, Paradiso e tutto quando ci fosse nel mezzo.
“Il martire?”
“Non lo so” risposi stranito dalla sua richiesta.
“Il patrono protettore dei malati di epilessia?”
“No, zuccone! Oggi è il giorno degli” santo cielo quanta pazienza mi ci voleva con quell’angelo.
Mentre mi stavo infervorando, lui mi spiazzò, alzando il viso e mostrando un sorriso sornione “Lo so, volevo prendermi gioco di te” ammise tranquillamente.
“Oh, buono a sapersi e ora come pensi di farti perdonare?” sussurrai sfiorando le sue labbra, non concedendo loro il contatto profondo che desideravano.
“Dimmi perché mi hai chiamato e poi potrei farti quella cosa che ti piace tanto” aveva bisbigliato al mio orecchio.
“Stai giocando con il fuoco angioletto, potresti bruciarti le piume” e senza perdere tempo aggiunsi “Che ne dici se oggi stiamo insieme tutto il giorno?”
“Davvero?” e i suoi occhioni blu si illuminarono, esattamente comi mi aspettavo.
“Sì, però prima dobbiamo andare in un posto tranquillo”
“Dove vuoi andare?”
“Non so fai tu. Conoscerai un posticino in tutto il mondo dove potremo starcene tranquilli, magari in mezzo al verde e con il sole caldo, non questo grigiume invernale?”
“Posso portare entrambi nel mio paradiso”
“No! Cioè, non fraintendermi, ma preferirei rimanere su questo piano astrale se è possibile”
“Va bene, allora conosco il posto perfetto. Chiudi gli occhi, so che non ti piace, però è l’unico modo”
“Ok, intanto prova a baciami. Potrei scoprire che in questo modo non subisco gli effetti collaterali del teletrasporto”
 
Ancora con gli occhi chiusi e intento a baciare con tanta lingua il mio Cass, avvertii l’aria attorno a me cambiare, divenire più calda, e sulla pelle la sensazione dei raggi del sole, mi convinsero a dare un’occhiata al posto in cui ero finito.
Era favoloso.
Eravamo in un prato, l’erba verde come avevo visto solo alla TV o in alcune immagini – forse ritoccate – al computer e lo stesso valeva per il cielo, dove di tanto in tanto faceva capolino qualche piccola nuvola bianca. Alla nostra destra alcuni alberi segnavano l’inizio di un bosco e riportando lo sguardo negli occhi di Cass, domandai “Non ci sono pericoli qui in torno vero?”
“No, ci siamo solo noi, perché?”
“Non ci sono grossi animali o” e mi fermai, non volendo rivelargli subito la mia sorpresa.
L’angelo socchiuse gli occhi e dopo alcuni secondi, mi rassicurò “Nulla di pericoloso, qualche uccellino e una miriade di insetti”
“Benissimo, allora ti spiace far apparire una coperta?”
Cass sorrise e un attimo dopo quanto da me chiesto divenne realtà e intrecciate le mie dita alle sue, lo portai accanto al quadrato di stoffa rossa e blu.
“Perfetto. Come ti ho già detto voglio passare tutta la giornata con te e questa mattina, pensando a un regalo per te, mi è tornato in mente la punizione di Gabriel e il tempo che abbiamo passato bighellonando a zonzo per la casa di Bobby e così… oh per la miseria io non sono bravo con le parole! Cass puoi trasformare entrambi in gatti?”
“Cosa? Non puoi essere serio” il moro non si capacitava della mia richiesta e così per convincerlo misi in tasca la mano che non era legata alla sua ed estraendo una piccola pallina colorata, tentai di convincerlo.
“Su Cass, non farti pregare, come vedi ho anche portato da giocare” lo punzecchiai, lasciando cadere la sfera al centro della coperta e vedendo che prese a seguirla con gli occhi sbarrati, capii di avere vinto.
“Ma, se poi”
“Shh” lo zittii avvicinandomi ancora di più a lui e iniziando a parlare direttamente sulle sue labbra “Hai detto che non ci sono pericoli e anche succedesse un imprevisto, ora sei fornito di superpoteri, potrai ritrasformarci in un attimo. Lo so che l’idea ti tenta… in memoria dei vecchi tempi”
“Va bene” soffiò sulla mia bocca e mentre mi baciava sentii il mio corpo e quello che stavo stringendo a me cambiare forma.

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda Parte
 
Tutto divenne d’un tratto buio e soffocante, nella mia smania di trasformarmi in un adorabile micetto, non avevo pensato a levarmi di dosso almeno parte dei vestiti che quindi mi erano crollati addosso, rendendo difficile ogni movimento.
Miagolii attutiti e scatti frenetici giungevano dallo spazio di fronte a me e pensai che anche  Cass si trovasse nella mia identica situazione.
“Ehi angioletto, dove sei finito? Tirami fuori”
Pochi attimi dopo, una lama di luce si infilò in uno spiraglio tra la stoffa e quando si allargò, spuntò il musetto marrone chiaro di Cass.
Riuscii a fatica ad avere la meglio su quel groviglio di pantaloni e camicia per poi saltellare spensierato verso il confine della coperta “Forza, andiamo in avanscoperta, seguimi”
Dette quelle poche parole, mi inoltrai nell’erba che in alcuni punti era così alta da superare quasi la mia testa.
“Dean” la voce del moro provenne da dietro di me con un tono in parte allarmato “non dovremmo allontanarci troppo”
“Tranquillo Cass”
“Ti prego rallenta, non ti vedo più”
Che mammoletta! Pensai, ora ha i superpoteri angelici e si preoccupa se mi allontano per qualche decina di centimetri di troppo “Calmati. Se non vedi me, guarda un po’ più in alto, forse puoi seguire la mia coda” e per rendere questa possibilità reale, rizzai la mia dorabile estremità dritta come un fuso.
Attirato da tutto ciò che mi circondava, presi a osservare i dettagli di qualunque cosa vi fosse accanto a me. Rabbrividii a causa del solletico che i fili d’erba procuravano lungo il corpo e urlai di dolore quando i miei morbidi e favolosi cuscinetti si poggiarono senza attenzione su piccole pietruzze acuminate.
Al mio grido, Cass accorse e strusciando il muso sul mio collo domandò cosa fosse accaduto, io mi limitai a calciare lontano quel dannato sasso e nel farlo, osservai il terreno. Appena davanti alla mia zampetta, che come ricordavo era bellissima e soffice, stava camminando un lungo verme rosa carne e lo guardai disgustato.
“Che schifo”
“È un semplice lombrico” mi fece notare l’angelo, ma la mia opinione non mutò.
“Non mi importa è viscido e bleah… non posso guardarlo” e sorpassandolo, stando bene attento a non sfiorarlo neppure per sbaglio, cercai qualcosa di più interessante e lo trovai esattamente davanti a me.
L’erba si diradava leggermente ed era anche meno alta, cosicché poteri scorgere in lontananza gli steli corposi di alcuni fiori colorati e incamminandomi mi ricordai che eravamo a febbraio e non avrebbero dovuto esserci fiori nei campi.
“Cass, si può sapere dove diavolo siamo? Fa caldo, è tutto verde e fiorito”
“Qui è fine estate, siamo in Sud America”
Cercando di non prestare troppa attenzione a tale scoperta, lo incoraggiai “Andiamo da quei fiori laggiù” e lui docilmente mi seguì.
Arrivati in prossimità di uno di questi, con fare saputo, mi posizionai accanto al gambo e quando l’angelo fu abbastanza vicino, alzai lesto una zampa e picchiettai più volte la corolla, cosi da far volare via tutti i piccoli ombrellini bianchi del soffione.
Castiel sollevò il capo, con gli occhioni blu spalancati, godendosi lo spettacolo e guardandoli muoversi leggeri nell’aria sopra le nostre teste, fino a quando uno di quei semini planò leggero sul suo naso ancora puntato all’insù verso il cielo.
L’angelo incrociò le proprie iridi per guardarsi il muso e, cercando di toglierselo di dosso, questo scivolò lentamente verso il basso solleticandogli la punta rosea del nasino e costringendolo a un potente starnuto che lo fece indietreggiare.
 
Risi a crepapelle, lasciandomi cadere a terra e rotolando addirittura sulla schiena, incurante del terriccio che si insinuava nella mia pelliccia.
“Smettila” piagnucolò Cass dandomi lievi buffetti sul petto e sulla testa, ma era più forte di me, quel micetto era uno spasso.
I suoi tocchi cessarono di colpo e mi riscossi cercando di comprendere il motivo di quel cambio repentino e mi resi conto che l’interesse dell’angelo era stato catturato da un piccolo cespuglio ricoperto di minuscoli fiori gialli verso il quale si stava incamminando.
Rimettendomi in piedi e affiancandolo immediatamente, mi accorsi che in realtà ciò che aveva suscitato la sua curiosità era ben altro e più ci facevamo prossimi, più diveniva palese.
Un ronzio sordo e fastidioso si levava da quell’arbusto e guardando meglio vidi parecchie api spostarsi di fiore in fiore.
Forse Cass non sapeva quanto potessero essere pericolose se disturbate e così cercai di fermarlo, accelerando il passo e portandomi davanti a lui “Frena angioletto. Quelle sono api, se vai a rompergli le palle mentre stanno lavorando, si incazzano e ci pungono”
“Lo so cosa sono Dean” puntualizzo il pignolo “ma voglio solo stare a guardarle un poco. Sono così belle e hanno un sistema sociale così sviluppato che”
“Ciò non cambia le cose, se gli gira male ci fanno a brandelli e io non voglio. Forza allontaniamoci” e a malincuore mi diede ascolto, anche se si voltò indietro fino a che fu possibile per osservarle ancora.
Rientrando nella nostra giungla di fili d’erba e, a logica, nella direzione dalla quale eravamo venuti, venni distratto da un rumore che non avevo sentito in precedenza.
Era acqua.
“C’è un ruscello da queste parti?” e il moro dopo aver chiuso per un attimo gli occhi annuì.
“Sì. Si trova da quella parte” indicando con il muso alla nostra destra “pochi metri più in là”
“Ok, allora andiamo in gita al ruscello” e senza attendere presi la direzione indicatami pochi prima.
Sbucammo su una minuscola insenatura, ricoperta da erba molto più rada punteggiata da moltissimi sassolini bianchi e poco oltre l’acqua limpida scorreva veloce.
“Vieni” avanzai verso la riva in cui il prato dolcemente scendeva per accogliere una tranquilla polla dove la corrente era praticamente inesistente.
Pochi attimi dopo avevamo entrambi le zampe in ammollo ed era fottutamente piacevole schizzare Cass che cercava di sottrarsi e di non bagnarsi del tutto, ma non ebbi pietà e fingendo di aver ceduto alle sue richieste, presi la rincorsa e mi buttai a peso morto su di lui, facendo cadere tutti e due nell’acqua.
 
Pochi minuti dopo eravamo entrambi stesi al sole, cercando di asciugare le nostre morbide pellicce e lì, con i musetti rivolti al cielo e completamente rilassati, Cass si fece sentire “Grazie Dean, è stato un bellissimo regalo” aprendo un occhio lo guardai “io non ho niente per te”
“Allora, ora sto per dirti una cosa sdolcinata, ma se mai ne farai parola a Sam, io negherò, negherò fino alla morte. Con tutti i casini che abbiamo sempre, passare una giornata con te è il migliore dei regali che potessi sperare di avere”
“Va bene”
“Che ne dici di tornare alla coperta?” proposi, ma pigramente continuai “Non ho voglia di camminare, puoi usare il tuo mojo?”
Una sua zampa calò tra la fronte e il naso e subito dopo mi ritrovai con la schiena poggiata sul plaid.
“Bene, ora possiamo passare alla seconda parte del regalo” e rotolando rapido su una fianco, prima che potesse anche solo cercare di capire cosa avessi in mente, gli fui sopra completamente.
Cass era in gabbia, le mie zampe erano ai lati del suo capo e il mio corpicino rossiccio aderiva al suo, ma non pago, mi piegai in avanti, arrivando a sfiorare il suo muso con il mio, prendendo a strusciarmi ovunque fossi capace di arrivare.
Ed eccole lì, pronte a farsi sentire e a farmi gongolare compiaciuto, le fusa del mio angelo mi riempirono le orecchie.
Il moro si riscosse immediatamente e rincorrendo il mio mosse il capo, cercando di aumentare il vigore e la passione delle carezze. Subito dopo però sentii qualcosa di umidiccio e ruvido, ma in modo familiare, lambire i lati della mia bocca e poi il naso.
“Cass che fai?” ma imperterrito quello continuò, impiastricciandomi per bene di saliva.
“Voglio fare l’amore con te” soffiò e dandosi una forte spinta ribaltò le nostre posizioni.
“Allora penso sia meglio tornare umani non credi?” non avevo ancora terminato la mia frase che essa era già stata tramutata in realtà e mi ritrovai schiena a terra con Cass nudo piacevolmente spalmato su di me.
“E ora che pensi di fare?” domandai suadente baciando le sue labbra, ma senza approfondire il contatto.
“Io vorrei, vorrei” il mio micetto era diventato tutto rosso e fuggendo il mio sguardo cercava di trovare il coraggio di dare voce alla richiesta che premeva sulla punta della sua lingua e che io sarei stato ora felice di cogliere.
“Sì, Cass” e circondandogli il viso con le mani, così da guardarlo negli occhi, specificai “Voglio averti dentro di me, solo fai piano. Io non ho mai, beh, lo sai e poi non è che tu sia proprio senza forza”
“Non potrei mai farti del male”
“Lo so, però nella foga del momento… cerca solo di non ridurmi in mille pezzi” e sorridendo cercai di trovare la forza di spingerlo a muoversi “Sai cosa ci serve?”
L’angelo annuì e nel suo palmo apparve un tubetto di lubrificante che per il momento venne dimenticato, dato che Cass si avventò sulle mie labbra mozzandomi il respiro.
Senza interrompere il bacio, sollevai il bacino, scontrandomi con la sua erezione e acchiappando il tubetto, allontanai il moro e mi versai una dose generosa di gel sulle dita.
Quel liquido viscoso colò un poco lungo le falangi e muovendole, lo aiutai fino a che non raggiunse il centro e riuscii a spargerlo per bene.
Il mio compagno, in ginocchio in mezzo alle mie cosce, mi osservava compiere per l’ennesima volta quel gesto, conscio però che quel giorno avesse un significato nuovo e diverso. La mano infatti non si diresse al mio membro, ma al suo e a causa delle mie dita fresche sulla sua carne dura e già bagnata, un innocente gemito attraversò l’aria.
 
“Oh per la miseria cosa sono costretto a vedere, avrò gli incubi per millenni!” la voce fintamente sconvolta di Gabriel ci costrinse a voltare lo sguardo a sinistra dove a pochi passi da noi era appena apparso quell’impiastro di arcangelo.
“Gabriel, dannazione” urlai, agguantando un indumento a caso e cercando di coprire entrambi.
“Fratello” la voce di Cass tradiva una certa dose – assai poco angelica – di fastidio e collera “cosa ci fai qui?”
“Mi serve il suo aiuto” disse indicando me “Noto con piacere Cassy che stai facendo passi da gigante, stavi addirittura per deflorare un Winchester, che fortuna sfacciata! Ma veniamo a noi: dove diavolo si è nascosto tuo fratello?”
“Sei qui per chiedermi dove Sam? Che cazzo vuoi che ne sappia. Questa mattina dopo aver trovato il tuo sobrio regalino, l’ho mollato al motel e sono andato in cerca di Cass” vedendo che però il castano non voleva andarsene, mi convinsi che aiutarlo sarebbe stato il modo migliore per levarselo dalle palle e così dopo essermi ripulito le dita, cercai tra i miei vestiti il cellulare e composi il numero di mio fratello.
“Ehi, Sammy, dove sei? Come perché… semplice ho finito, ti passo a prendere”
Chiusa la conversazione, mi rivolsi a Gabriel “È davanti al cinema, voleva vedere cosa proiettassero, non penso che faticherai a trovarlo e ora vattene e guai a te se torni”
“Volo e buon divertimento” ma prima di sparire, facendo l’occhiolino all’angelo gridò “Fatti valere stallone”
“Mi dispiace” mormorò quel pezzo d’angelo che avevo la fortuna di trovarmi di fronte “Ha interrotto tutto e”
“Non preoccuparti micetto, mi ricordo perfettamente a che punto eravamo arrivati” e avvolgendo un braccio attorno alla sua vita me lo tirai contro, riprendendo a massaggiare la sua erezione che in un lampo riprese turgore e facendolo mugolare nel bacio che gli strappai.
Oh sì, quello sarebbe stato un San Valentino memorabile.

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