Fantasia su di un cosmo feudale.

di Mattimeus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordo I ***
Capitolo 2: *** Ricordo II ***
Capitolo 3: *** Lettera I ***
Capitolo 4: *** Ricordo III ***



Capitolo 1
*** Ricordo I ***


Fantasia su di un cosmo feudale



I


Nella galassia a spirale chiamata Via Lattea, in una zona piuttosto periferica di uno dei suoi bracci, nel sistema di una stella di medie dimensioni, sul terzo pianeta, in un continente non ben precisato, nei pressi di una non tanto alta catena montuosa, c'è una piccola valle riparata, rimasta fuori dallo sguardo di chiunque nell'universo. In quella piccola valle c'è un gradevolissimo bosco vicino al quale, ombreggiato dalla rocciosa parete della montagna, è costruita una piccola casa. È già un fatto notevolissimo che esista sulla terra ancora una costruzione così ben tenuta – la maggior parte di esse è andata persa durante le giostre – eppure, per quanto possa sembrare assurdo, è anche abitata.



La donna era vistosamente incinta e rimaneva praticamente sempre in casa, accanto al fuoco che l'uomo era attentissimo a mantenere vivo. Non era una casa particolarmente comoda, ma aveva un ottimo camino.

L'uomo passava quasi tutte le ore di luce fuori di casa: coltivava l'orto, allevava qualche bestia, lavorava il legno. Tra il ruscello, il laghetto e il bosco, riusciva a trovare di che vivere per lui e per lei. E anche per quello che sarebbe arrivato, sperava.

Un giorno la donna si sentì un po' male. Nulla di serio, ebbe solamente male alle ossa. L'uomo le chiese cosa potesse essere, ma lei lo tranquillizzò.

-Per il bambino è ancora presto- disse.

-E allora cosa può essere?- rispose lui preoccupato.

-È solo... un presentimento. Non uscire, oggi.-

L'uomo era sorpreso che le chiedesse questo. Le disse:

-Ma abbiamo bisogno di legna e di cibo e di acqua!-

-La legnaia è già piena, l'acqua è nel secchio vicino alla stufa e nella dispensa c'è della carne salata. Ti prego, oggi resta con me.-

-Resterò. Ma cosa faremo?-

-Festeggiamo!-

-Che cosa festeggiamo?-

La donna lo guardò intensamente e lo baciò, poi gli disse:

-Festeggiamo noi. Festeggiamo la nostra famiglia.-


Così quel giorno l'uomo fece compagnia alla donna. Si amavano come un uomo può amare una donna e come una donna può amare un uomo. Nulla di più, nulla di meno. Ma cosa può interessare all'universo di questo?


Il giorno successivo l'uomo fece per uscire, ma la donna lo fermò. Non stava ancora bene, ma non era nulla di serio. Solo un dolore alle ossa. Disse all'uomo:

-Oggi non uscire. Rimani ancora a farmi compagnia.-

-Ma abbiamo bisogno di legna e di cibo e di acqua!- ribatté lui.

-Nella legnaia non è ancora vuota, così come la dispensa e il secchio. Rimani con me.-

-Resterò. Ma cosa faremo?-

-Festeggiamo!-

-Che cosa festeggiamo?-

La donna lo guardò intensamente e lo baciò, poi gli disse:

-Festeggiamo noi. Festeggiamo la nostra famiglia.-


Il giorno successivo l'uomo fece ancora per uscire di casa, ma la donna lo fermò. Il dolore alle ossa no le era ancora passato e lo disse all'uomo.

-È un presentimento, c'è qualcosa che non va là fuori. Ti prego, resta con me.-

-Ma abbiamo bisogno di legna e di cibo e di acqua!- ribatté lui -guarda tu stessa: la legnaia e la dispensa e il secchio sono vuoti. Hai bisogno di mangiare di bere e di stare al caldo, e io devo andare.-

La donna sapeva che non avrebbe potuto fermarlo, quel giorno, perché la amava come un uomo può amare una donna e non avrebbe permesso che lei avesse sofferto fame sete o freddo. Ma temeva che non l'avrebbe più rivisto se fosse uscito da quella porta, e glie lo disse. Lui sorrise, la baciò ed uscì.

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Capitolo 2
*** Ricordo II ***


Fantasia su di un cosmo feudale


II


Un Portento quel giorno era giunto nella galassia a spirale chiamata Via Lattea, in una zona piuttosto periferica di uno dei suoi bracci. Senza un motivo particolare, aveva deciso di fermarsi in un sistema di una stella di medie dimensioni, sul terzo pianeta, in un continente non ben precisato, nei pressi di una non tanto alta catena montuosa. Vangando in modo più o meno casuale era arrivato una piccola valle riparata, rimasta fuori dallo sguardo di chiunque nell'universo.


Era un Portento senza fama né gloria, sconosciuto quanto la valle che stava attraversando. Ma, nelle sue intenzioni, questa situazione di infimo anonimato sarebbe terminata presto: voleva vincere le giostre.

Era insomma un Portento come ce ne sono infiniti nell'universo, desideroso di gloria e potere.

Quel giorno aveva deciso di trovare sul terzo pianeta di quel sistema uno scudiero degno della propria grandezza, ma fino ad allora non aveva capito cosa potesse avere di speciale quel luogo: c'erano rocce come ce ne sono in tutto l'universo, c'erano piante come ce ne sono in molte altre galassie e c'era l'acqua come ce n'è in qualche altro pianeta. Fra tutto questo, non c'era nulla degno di diventare il suo scudiero: non la roccia, non la pianta, non l'acqua.

Spazientito, il Portento stava per lasciare il pianeta quando udì un rumore ritmico. Cosa poteva essere? Qualcosa che producesse un segnale di quel tipo poteva essere degno di essere il suo scudiero.

Mostrando la sua immane potenza, andò a controllare. Vicino alle rocce, nascosto tra le piante, trovò un uomo intento ad abbattere un albero. Oh, fu grande la sua gioia! Gli uomini erano molto rari e qualcuno diceva che fossero addirittura scomparsi. Sì, quello era lo scudiero perfetto.

Il Portento si mostrò a lui grande e magnifico e dimostrò il suo potere abbattendo la cima di una montagna. Godendo del suo stesso potere, il Portento parlò all'uomo con voce grande:

-Uomo! Un grande onore ti è concesso! Ti ho scelto per diventare il mio scudiero. Sappi che conquisterò l'universo!-

L'uomo lasciò quel che stava facendo e si disse pronto a seguire il Portento.

-Uomo! Vivevi forse da solo, il questa landa sperduta?-

L'uomo disse di sì.

-Dunque gioisci, perché la tua sorte è mutata! Farai parte della mia gloria!-

Detto ciò, il Portento prese con sé il suo scudiero e lasciò il pianeta.

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Capitolo 3
*** Lettera I ***


Fantasia su di un cosmo feudale


III


Lettera alla mia vita, che aspetta invano in una casa.


Cara,

ti sto scrivendo questa lettera dalla Luna. Il Portento che mi ha preso con sé mi mostra molte cose a suo dire mirabili e maestose. Io lo accontento, ma la sua lotta mi è estranea. Tra poco qui si terrà la giostra per il vassallaggio della Terra, ma lui non si accontenterà. Qui nessuno lo fa e per questo i vassalli cambiano continuamente. Ma il titolo di Valvassino della Terra è il primo torneo che deve affrontare il Portento.

Non gli ho detto di voi. I portenti ci considerano delle rarità e non esiterebbero a portare via anche voi. Per questo non potrò chiedere al Portento di farvi avere questa lettera, che quindi non vi arriverà mai. Ma io la scrivo ugualmente, nella speranza che la distanza di tempo e spazio tra noi possa essere nulla al confronto dell'amore che vi porto.

Sappiate che mai cederò alla tentazione di disperare, mai mi lascerò sorprendere dall'enormità violenta dell'universo. Perché non crederò mai che tutta la nostra vita sia nulla. La nostra casa, l'orto, il caminetto. Tu. Tutto questo non può essere niente, e non lo è.

Ti amo.

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Capitolo 4
*** Ricordo III ***


Fantasia su di un cosmo feudale



IV


Il Portento era pronto alla battaglia, con il suo scudiero al fianco. Era tradizione che il vincitore del confronto decidesse della sorte dello scudiero del rivale: se ucciderlo o prenderlo con sé. Il Portento era molto geloso del suo uomo e non avrebbe permesso ad altri di averlo. Piuttosto l'avrebbe ucciso lui stesso.

Il suo avversario era molto più alto di lui, ma molto più fragile. Sembrava che quelle gambe sottili reggessero a stento il peso del suo corpo. Lo scudiero parlò:

-Mio signore, ho avuto modo di osservare il tuo avversario. È molto veloce e tenterà di perforare il tuo corpo con le sue dita sottili. Non permettere che ti tocchi.-

Il portento fu compiaciuto.

-Hai svolto bene il tuo compito. Hai altri consigli da darmi?-

-Mio signore, utilizzate quella montagna come quando mi avete trovato sul pianeta.-

C'era infatti una montagna presso il luogo dello scontro. Quando la giostra ebbe inizio, l'avversario si dimostrò davvero molto veloce. Il Portento decise così di abbattere la montagna e scagliarla contro il suo avversario. Lo scudiero aveva parlato bene: l'altro così esile non riusci a resistere a tale forza e fu sconfitto. Il portento gioì: aveva davvero un magnifico scudiero! Per mostrare a tutti che il suo uomo era lo scudiero migliore, schiacciò quello dello sconfitto.

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