Il cacciatore nell'oscurità

di Pqzqzy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Prima Missione ***
Capitolo 2: *** La partenza ***
Capitolo 3: *** Il pozzo maledetto ***
Capitolo 4: *** Urla di morte ***
Capitolo 5: *** Prigionieri ***
Capitolo 6: *** L'amuleto ***
Capitolo 7: *** Il Boia ***



Capitolo 1
*** La Prima Missione ***


La giornata volgeva al termine. Il sole si accingeva a tramontare al di là delle distese innevate che si estendevano tutte intorno alla città. Sulle mure le guardie accendevano i fuochi che le avrebbero protette dal rigore dell'inverno. Per le strade i rumori andavano spegnendosi. Si sentivano in lontananza rimbombare i colpi del garzone del fabbro, che doveva completare il lavoro per il suo maestro entro il giorno seguente. I cittadini serravano le porte e le finestre, sapendo che quella notte la loro vita sarebbe stata in pericolo. Nessuno sapeva a chi sarebbe toccato o quando, ma in quella notte di luna nuova tutti provavano una terribile paura. Molti di loro avrebbero potuto non vedere sorgere il sole del giorno seguente.

Questa è la mia notte, sono stato addestrato fin da quando ho memoria per momenti come questi. Sorrisi guardando le guardie nelle loro luccicanti armature con le loro armi pronte ad essere sguainate ad infondere loro coraggio. Stolti. Ciò che si aggirava tra quelle case non può essere ucciso con del semplice acciaio.

Ero stato mandato per la mia prima missione sul campo in seguito ad alcuni resoconti di misteriose sparizioni all'interno della cittadella. Alcuni uomini erano stati strappati dai loro letti, senza che nessuno vedesse o sentisse niente. Gli altri membri della famiglia non venivano nemmeno svegliati e nè porte nè finestre sembravano arrecare alcun segno di effrazione. Era la mia prima missione, ma ero stato ben addestrato e sapevo come agire.

Mi avvicinai all'ultima delle case nelle quali era sparito un uomo, sulla trentina, padre di due figli. Porte e finestre erano state sprangate. Sul davanzale di una delle finestre era stata accesa una candela come simbolo della speranza che i suoi familiari riponevano nel ritorno a casa del disperso. Illusi. Dovevo entrare in quella casa per scoprire se vi erano alcuni indizi che ad occhi inesperti potevano essere sfuggiti.

Poggiai la mano sulla serratura che scattò senza fare alcun rumore. Per dare la caccia alle creature che si celavano nell'oscurità avevo bisogno di attingere a quelle stesse tenebre che li rendevano così potenti. Presi dal mio zaino due sacchetti perfettamente identici, il primo contenente un potente concentrato di achillea, primula e melissa, il secondo con un estratto di sali giallastro, estremamente difficile da preparare. Presi una manciata della polvere soporifera che per un breve istante si illuminò nella mia mano. Poi la soffiai verso l'interno dell'abitazione, dandole la facoltà di cercare e addormentare chiunque vi si trovasse all'interno. Con buone probabilità chi era stato qui la notte precedente non aveva avuto bisogno di ridicoli giochi di prestigio per rapire una persona. E chiunque fosse stato andava fermato.

Presi la candela dal davanzale, la tenni per qualche secondo tra le mani. Odiavo questo incantesimo perchè mi scottavo sempre. Raccolsi la fiammella dallo stoppino su cui era adagiata e la mantenni sul palmo per il tempo sufficiente a caricarla dell'energia necessaria a passare da rossa a viola. Poi la lanciai in aria dove rimase sospesa. Presi la polvere dall'altro sacchetto e inizia a spargerne un po' in giro per le tre stanze di cui era composta la casa. Quando giunsi nella camera da letto, sempre seguito dalla fiammella violacea, trovai i due bambini abbracciati sotto le coperte alla loro madre. L'incantesimo soporifero che avevo usato su di loro probabilmente era stato un sollievo per quella donna. A giudicare dal suo volto stanco e segnato non sembrava che stesse dormendo prima del mio arrivo. Sparsi della polvere anche su di loro e, nel momento in cui furono illuminati, finalemente ottenni le prove che tanto desideravo. Sui loro corpi comparvero delle macchie fluorescenti di un colore bluastro, segno che in quei punti erano state malamente ripulite delle macchie di sangue.

A turno mi misi in bocca l'indice, il medio e l'anulare per intingerli di saliva. Poi passai ogni dito su un familiare diverso. Non si sarebbe svegliate nemmeno se li avessi presi a martellate, ma comunque mi sentivo a disagio. Assaggiai i tre campioni di sangue che avevo raccolto. Ognuno di essi aveva un sapore leggermente diverso, questo significava che appartenevano alle persone sulle quali li avevo trovati, o comunque non erano tutti e tre appartenenti allo stesso soggetto. Non trovai però nessuna ferita su di loro. Non mi restava che un modo per accertarmi che esso fosse effettivamente il loro sangue: estrassi da sotto il mantello un coltello con il quale incisi un piccolo taglio sul dito della donna. Assaggiai il liquido che ne fuoriuscì ed ebbi la conferma di quanto sospettavo. Queste tre persone erano state ferite e poi guarite. Chiunque avesse rapito quell'uomo aveva anche torturato la sua famiglia, poi l'aveva guarita e le aveva fatto dimenticare completamente l'accaduto.

Rimisi la fiammella al suo posto sullo stoppino ed essa ritornò del suo colore naturale. In tutta la casa non trovai alcun segno di lotta nè altre tracce di sangue. Continuai la mia ronda per il villaggio sperando di imbattermi per caso nelle creature a cui davo la caccia. Brancolavo nel buio e non avevo alcun indizio. Speravo soltanto che un ragazzino da solo per le vie della città potesse attirare l'attenzione di qualche malintenzionato ma così non fu.

Al sorgere del sole ritornai nella locanda nella quale avevo affitato una camera. Puzzava, era infestata da ratti ed insetti, ma era meglio della mia stanza all'Abbazia. Almeno qui non dovevo condividere il mio spazio vitale con altri quindici apprendisti cacciatori adolescenti dalla scarsa igiene personale. Almeno qui potevo utilizzare tranquillamente ciò che avevo imparato, con l'evidente limitazione imposta dal fatto che se i cittadini mi avessero visto utilizzare la magia probabilmente mi avrebbero messo al rogo. Di certo non gliel'avrei resa un'impresa facile, ma ero lì per salvare quelle persone, non per combatterle per evitare che mi uccidessero. E comunque la maggior parte delle personi comuni fatica a riconoscere la magia anche quando ci sbattono la fronte.

Mi chiusi nella mia stanza per evitare che qualcuno mi vedesse in giro così presto. Una delle cose più importanti che avevo imparato era di dover sempre restare nell'ombra, mimetizzarmi in mezzo al branco di bifolchi e pezzenti che il Sacro Ordine di cui facevo parte mi imponeva di proteggere.

Dovettero passare diverse ore prima che il vociare proveniente dalla taverna adiacente potesse essere ritenuto tale da giustificare un discreto movimento. In quella città la maggior parte delle persone si levava molto presto per occuparsi del bestiame. Ma coloro che non dovevano lavorare i campi e le guardie tendevano a riunirsi per sperperare un po' di risparmi alla taverna sin da metà della giornata. In quei giorni però, non molti erano dell'umore di gozzovigliare attorno ad un tavolo. Le sparizione aumentavano e il terrore tra la gente si diffondeva come un morbo incurabile. I vicini non si rivolgevano più la parola, gli amici si guardavano con diffidenza, ognuno dubitava dell'onestà dell'altro. In tutto ciò i forestieri erano visti peggio che cani randagi, e io non facevo eccezione.

Scesi le scale producendo più rumore del necessario. Avevo già sentito il proprietario lamentarsi dei miei passi felpati e non avevo motivo di insospettirlo ulteriormente. Giunsi al bancone dove pagai per il giorno seguente. La politica della locanda richiedeva che ogni giorno venisse versato il contributo richiest la mattina stessa o comunque nel momento dell'arrivo in modo da evitare che circolassero troppi soldi per le mani del locandiere. Inoltre se una persona non si ripresentava più al momento di saldare il debito veniva considerato morto o scomparso e la sua camera veniva riassegnata immediatamente. Per questo veniva richiesto di non conservare più che qualche oggetto personale o di particolare valore nei locali privati. Il resto dei bagagli, per chi ne aveva, veniva depositato in una stanza comune.

-Non posso accettare i tuoi soldi, ragazzino. Ordine delle guardie, dovrai lasciare la tua stanza entro il tramonto. Questa notte ci sono state altre tre sparizioni e non posso ospitare forestieri dall'aria sospetta in periodi come questi.- Non sapevo se mi desse più fastidio l'essere chiamato ragazzino o l'essere definito "un tipo sospetto". Con queste ultime tre il conto dei dispersi reso noto era salito a dodici. Non potevo ancora andarmene quindi non mi rimase altra scelta.

-Ma io non sono un estraneo.- Dissi guardandolo dritto negli occhi. -Sono il... figlio del carpentiere. Lo sai bene, sono stato io ad aiutare mio padre a sistemare la tua insegna l'anno scorso, ricordi?- In un primo momento l'uomo rimase totalmente immobile, poi, quando schioccai le dita, si rianimò e disse.

-Mi dispiace molto per tuo padre, sono certo che lo ritroveranno sano e salvo.- Disse lui con aria sognante. L'effetto dell'ipnosi non avrebbe funzionato se avessi inventato una bugia spropositata, ma così poteva reggere per un po'. Inoltre avevo scelto il carpentiere perchè era tra le persone scomparse, il che avrebbe giustificato la mia presenza come cittadino nella locanda. Era infatti impensabile che un ragazzo della mia età potesse gestire una casa e procurarsi da mangiare da solo durante l'inverno.

-Ora che hai ricordato chi sono- aggiunsi sempre senza distogliere lo sguardo da lui -sapresti dirmi di più delle persone scomparse stanotte?- Come era possibile che fossero avvenute delle aggressioni mentre ero di ronda? La città era grande, ma mi sarei accorto di movimenti sospetti o di eventi fuori dall'ordinario.

-Tre guardie sono state attaccate durante la notte poco fuori dalle mura. Si erano dirette nei boschi perchè avevano scorto il fumo di un fuoco da campo. I loro compagni li hanno sentiti urlare, ma quando sono arrivati non c'era traccia di loro nè nessun altro.- Che stupido che ero stato, dovevo immaginare che si sarebbe accampati lontano dai trambusti ora che i cittadini erano all'erta. Li avevo sopravvalutati: immaginavo che non si sarebbero lasciati intimorire da un paio di sentinelle. Invece come scarafaggi spaventati da una fiammella erano corsi a rintanarsi nei boschi, da dove avevano teso la loro trappola. In effetti non avevano bisogno di arrischiarsi ad entrare in città quando potevano far sì che la loro preda giungesse comodamente a loro.

Dovevo vedere il luogo della sparizione con i miei occhi.

Corsi verso i cancelli della città dove le guardie provarono ad impedirmi di uscire. Non impiegai molto a convincerli di essere il figlio di un qualche fattore che aveva perso la cognizione del tempo la notte precedente nel bordello cittadino. Fui così bravo che una delle due guardie confermò addirittura di avermi visto sul posto. Fu un po' più complicato riuscire a farmi indicare con precisione il luogo dove era stato avvistato il fuoco, ma alla fine si convinsero che ero il fratello minore di una delle guardie scomparse e che volevo provare a cercarlo per conto mio.

Giunsi nella radura come mi era stato spiegato senza alcuna difficoltà.

Tastai le ceneri del focolare che erano ancora calde. Il fuoco non doveva essersi spento da molto. Nella neve erano impresse solo le impronte delle guardie che erano accorse in soccorso dei loro compagni, distinguibili poichè tutte arrivavano dalla stessa direzione ed affondavano pesantemente nella neve, chiaro segno che chi le aveva lasciate indossava pesanti armature. Non vi erano segni di trascinamenti o di persone che si fossero sedute accanto a quel fuoco. Le impronte dei soldati proseguivano per qualche metro in direzioni casuali e poi ritornavano sui loro passi, evidentemente delusi dalla mancanza di tracce da seguire.

Le orme sulla neve erano state evidentemente coperte dalla magia.

Mi avvicinai al centro della radura e mi inginocchiai. Chiusi la mano, mi concentrai e tirai un pugno al suolo che superò la neve e si incastrò nel terreno di una decina di centimetri. Il colpo produsse un'onda d'urto magica che rese la neve nel raggio di cento metri luminosa per un paio di secondi. Poi, quando tornò normale, nuove impronte erano comparse che puntavano in direzione nord. A giudicare dal loro numero dovevano essere state lasciate da quattro uomini. Nessuna delle quattro piste sembrava indicare un trascinamento o che le persone che le avevano lasciate avessero provato a opporre resistenza o a scappare. Le seguii per circa quattro chilometri, ripetendo di tanto in tanto l'incantesimo che annullava il camuffamento per assicurarmi di star seguendo il percorso corretto.

Verso il tramonto raggiunsi l'ingresso di una caverna nascosta dal tronco imponente di una pianta di sambuco. Non sarei riuscito a scorgerla se non fosse stato per le impronte che vi ci conducevano direttamente dentro. Non sapevo cosa aspettarmi all'interno quindi mi limitai ad appostarmi nel bosco, a cancellare le mie tracce e quelle che avevo fatto riafforare con la magia e ad attandere che il responsabile delle sparizioni tornasse in città per cacciare nuove prede.

Attesi che si fece completamente buio, esattamente come avevo previsto, una figura incappucciata uscì allo scoperto e si diresse senza esitazioni a sud, verso la città. Attesi che sparisse completamente tra gli alberi prima di arrischiarmi ad uscire dal mio nascondiglio per entrare nel suo. Anche se fuori la temperatura era gelida e aveva persino rincominciato a nevicare, appena superai la soglia della caverna fui investito da una ventata d'aria calda. All'interno piccoli cristalli dalla fosforescenza tutt'altro che naturale proiettavano abbastanza luce da permettere di scendere le scale scavate nella roccia. Chiunque fosse la figura misteriosa doveva essere sufficientemente sicura di se stessa e della segretezza del suo covo perchè non incontrai nessun tipo di trappola. Procedetti comunque con molta cautela tenendo all'erta tutti i sensi per evitare di attivare qualche trabocchetto.

Giunto alla fine della rampa di scale mi ritrovai in un labirinto di stanze, in alcune delle quali erano stipati oggetti di uso comune, in altre erbe e utensili per effettuare rituali, pozione e incantesimi. Finalemente trovai ciò che stavo cercando: in un salone completamente illuminato si trovavano gli uomini scomparsi dalla città. Nessuno di loro sembrò notarmi nè si mosse di un millimetro o si voltò nella mia direzione. Dovevano essere stati privati completamente della volontà con la magia nera. Purtroppo dei dodici scomparsi solo sei si trovarono in quelle grotte. Non trovai altre persone in nessuna delle altre stanze, ma purtroppo trovai le loro ossa completamente scarnificate. Gli scheletri erano più di quanti me ne aspettassi, alcuni più vecchi e sbiancati degli altri, ma nessuno era stato seppellito e tutti recavano diversi segni di graffi, probabilmente causati da morsi.

Gli uomini sopravvissuti erano stati completamente privati dei vestiti, oltre che della loro volontà. Molti di loro presentavano diversi lividi e ferite varie su tutto il corpo.

Impiegai una buona mezz'ora per liberare uno di quei poverini dall'incantesimo che intorpidiva la sua mente. Una volta riacquistato il libero arbitrio crollò in ginocchio in lacrime. Le sue ferite erano superficiali e non avevo tempo di guarirlo. Lui mi guardò dritto neglio occhi e tra i singhiozzi mi chiese di ucciderlo. Doveva aver assistito a cose terribili.

-Posso fare di meglio, se me lo consentirai. Posso privarti dei ricordi che hanno seguito il giorno del tuo rapimento.- Egli mi guardò con un'intensità che mi commosse mentre la sul suo volto la speranza prendeva il posto della paura.

-Ma prima ho bisogno che tu faccia qualcosa per me, ma solo se te ne sentirai in grado.- Fui costretto ad aggiungere quest'ultima parte in risposta alla sua espressione terrorizzata. Non potevo convincerlo con la magia a collaborare poichè la sua mente aveva già subito fin troppi danni e non sapevo che effetti avrei potuto causare tentando di incantarlo ulteriormente.

-Vorrei che mi raccontassi quello che ti è successo per l'ultima volta. Se lo farai domani ti risveglierai nel tuo letto, senza alcun ricordo di quanto successo negli ultimi giorni.- Mi guardò con occhi dubbiosi. Sembrava indeciso se potersi fidare o meno di me ma non aveva molta scelta.

-È stato terribile... Ricordo ogni momento, ma non ero io a controllare il mio corpo. Sembra di essere all'interno di un sogno.- Affondò il volto nelle mani. Attesi qualche minuto che ricominciasse a raccontare. Mi sedetti di fronte a lui e gli porsi dei vestiti. Una volta terminato di coprirsi riprese.

-Mi trovavo nel mio letto quando fui svegliato da una donna orrenda, il cui volto assomigliava più ad uno scheletro che ad una figura umana. Ai suoi piedi giaceva la mia famiglia sanguinante. La donna disse che li avrebbe guariti se le avessi giurato fedeltà e così feci. Da quel momento non potei più sottrarmi agli ordini che mi impartiva. Mi portò in questo luogo nel bosco dove mi costrinse a combattere fino alla morte contro persone che conoscevo fin dall'infanzia e a cibarmi dei loro resti. Ma la cosa peggiore erano i continui abusi e gli stupri ai quali ci sottoponeva. Non puoi nemmeno immaginare cosa passi per la mente di quella donna. Ci costringeva alle pratiche più perverse con lei o tra di noi e chi non la soddisfava veniva torturato o ucciso. Ti prego, cancellami la memoria o uccidimi, non posso vivere con i ricordi delle azioni terribili che ho commesso o a cui ho assistito.- L'uomo tremava. Il solo ripercorrere quegli avvenimenti lo aveva scosso terribilmente.

-Onorerò la mia promessa, ma prima dobbiamo liberare i tuoi compagni dal giogo della strega.- Egli mi guardò con timore, ma poi annuì. Aveva detto che durante tutta la durata della sua prigionia era rimasto cosciente, quindi supposi che lo fossero anche gli altri e mi rivolsi direttamente a loro.

-Non posso immaginare cosa abbiate patito in questa caverna per mano di questa terribile strega. Libererò ognuno di voi da questi orrendi ricordi, ma prima vi chiedo di aiutarmi a porre fine alla vita di questa creatura malvagia. Appena riaquisterete il controllo del vostro corpo vestitevi, ma vi prego di non andarvene ancora, avrò bisogno del vostro aiuto.- Nessuno di loro reagì al mio discorso ma sapevo che avevano compreso ogni parola.

Ad uno ad uno li liberai dal controllo mentale impiegando quello che a me e a loro parve un'eternità. Poi, una volta che tutti furono in pieno possesso della propria capacità di raziocinio, presi dal mio zaino una pietra di quarzo bianca che tenni sopra la testa. Chiusi gli occhi e me la poggiai sulla fronte. Poi la passai a tutti i presenti che a turno ripeterono il gesto, come avevo chiesto loro di fare. Poi li condussi fuori dalla caverna e gli dissi di nascondersi. Se non fossi andato a riprenderli dovevano tornare alla città e avvertirne gli abitanti. Poi rientrai nella caverna e attesi da solo che la strega ritornasse. Dovetti attendere altre due ore prima che un rumore catturasse la mia attenzione.

Sentii dei passi lungo le scale. Dovevano essere almeno due persone. A quanto pare la caccia non era stata particolarmente produttiva quella notte. Quando la donna entrò nella stanza non si aspettava di trovare me al posto dei suoi schiavetti. Prima che si riprendesse dalla sorpresa presi il cristallo e lo infransi sul pavimento. Da esso fuoriuscirono dei lampi di luce che si diressero contro la strega. In quella pietra avevo raccolto l'odio e il desiderio di vendetta che avevano provato quegli uomini nella loro prigionia. Appena infranto il cristallo quei sentimenti colpirono la strega come lingue di fuoco che la stordirono a tal punto da impedirle di pensare lucidamente. In un lampo estrassi il mio pugnale e con un gesto la decapitai.

Tutti i cristalli dai quali proveniva la luce che illuminava la caverna si spensero all'istante e la temperatura calò vertiginosamente. Ogni incantesimo che la strega aveva lanciato si spezzò, compreso quello che controllava la mente dell'uomo appena catturato.

Il mattino seguente come promesso le persone scomparse si risvegliarono nei propri letti, accanto alle mogli sbalordite di aver ritrovato i propri amati senza nemmeno un graffio. Nessuno di loro potè comprendere perchè le donne fossero così contente di trovarseli accanto, visto che loro ricordavano soltanto di essersi coricati come ogni sera il giorno precedente. Purtroppo non potei far nulla per gli scheletri ammassati nelle grotte, se non concedere loro una degna sepoltura, con la promessa che quanto era capitato loro non sarebbe più successo ad anima viva.

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Capitolo 2
*** La partenza ***


***Angolo dell'autore***
Cronologicamente questa storia avviene prima del primo capitolo che ho pubblicato. Non avevo intenzione di proseguirla ma avevo un po' di idee per la testa che volevo mettere per iscritto. Spero di riuscire a continuarla come si deve e che possa piacere a qualcuno.
Buona lettura.




Quella notte non riuscii a chiudere occhio.

Sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me, solo che non pensavo sarebbe stato così presto.

Sarebbe stato meglio riposare ma l'agitazione mi rendeva nervoso, quasi quanto le lezioni di combattimento con Fratello Aklor.

L'indomani mi addendeva il rito di iniziazione. Sarei passato dai corsi base a quelli avanzati. Avrei finalmente smesso di preparare infusi o stupide brodaglie per passare finalmente alle pozioni e ai rituali. Sarei passato dal combattimento con asce, spade e frecce a quello con incantesimi e sortilegi.

Tutto ciò ammesso che fossi riuscito a superare il mio esame.

Molti di noi non vengono nemmeno giudicati idonei a provarlo.

Tutti noi veniamo scelti e portati all'abbazia prima dei due anni. Alcuni di noi vengono semplicemente raccolti dai membri dell'ordine dei Cacciatori delle Tenebre durante missioni o viaggi.

Spesso capita che un veterano parta per una missione e ritorni con un piccolo fagotto urlante e sparafeci, magari raccolto da un orfanotrofio e persino dalle macerie di una casa in fiamme.

A volte invece siamo noi la missione principale. Non mi hanno ancora spiegato in che modo ma a volte i veterani vengono a conoscenza della nascita di un bambino o una bambina con particolari capacità o con un'innata predispozione ad alcune arti magiche.

Fino a che non superiamo la nostra prova non ci dicono se siamo stati trovati o scelti.

Quella notte l'ansia mi logorava. Non potevo neanche alzarmi perchè temevo di svegliare gli altri ragazzi del dormitorio. Allora eravamo in quindici.

Ripassavo mentalmente gli insegnamenti dei monaci che mi avevano accudito e istruito sin dall'infanzia, continuando a immaginare alcuni dei possibili scenari che avrei potuto affrontare all'alba del giorno seguente.

La prova, nel suo complesso, è abbastanza semplice. Consiste nel trovare la sede principale dell'ordine, ovviamente senza morire. Non c'è limite di tempo e non ci vengono date indicazioni precise. Nessuno di noi sa davvero cosa si troverà davanti.

Quando vennero a svegliarmi non si stupirono nel trovarmi già perfettamente preparato e pronto a partire.

Ai novizi è concesso portare soltanto uno zaino quando lasciano l'abbazia, con dentro tutto ciò che riescono a trasportarvi.

Io mi ero tenuto sul leggero: avevo legato in vita un paio coltelli dalla lama corta ma affilata nascosti tra le pieghe dei miei indumenti e avevo infilato nello zaino un impasto di erbe che avevo preparato io stesso che impediva alle ferite di fare infezione, una tunica di scorta, una borraccia, una pietra focaia e una per affilare. Avevo deciso di non portare del cibo. Non sapevo in che luogo sarei stato mandato e l'odore delle pietanze avrebbe potuto attirare l'attenzione di animali predatori. Inoltre se non fossi riuscito a procurarmi qualcosa da mangiare, tanto valeva rinunciare al tentativo di diventare un membro dell'ordine.

Venni scortato fino al salone principale, dove solitamente erano disposti i tavoli per i pranzi.

Quella mattina invece, al centro della sala era posta una pietra piatta con delle rune incise sopra.

Tutti gli altri novizi e i membri anziani bisbigliavano tra loro, alcuni parlavano con orgoglio, altri con timore, altri ancora con invidia.

Io ero al contempo spaventato da ciò che mi attendeva e orgoglioso di essere stato scelto.

Al mio ingresso tutti piombarono nel più completo silenzio, come tante candele spente da un improvviso sbuffo di vento.

Di tutti i presenti solo due si avvicinarono a me, Kol e Ludor, rispettivamente di undici e tredici anni. Erano come fratelli per me.

Gli occhi arrossati dal pianto del più piccolo si soffermarono un secondo sui miei prima di abbracciarmi.

-Buona fortuna Alan. Tieni questo.- Disse infilandomi una boccetta di vetro chiusa da un tappo di sughero in una mano. Era molto piccola. Probabilmente poteva contenere al massimo un'oncia.

-Bevine un sorso per lenire i morsi della fame. Dovrebbe funzionare per poche ore, ma è meglio di niente.- Aggiunse, tentando un sorriso che non gli riuscì molto bene. Conoscendo l'abilità di prepare infusi di Kol quello probabilmente mi avrebbe causato nausea e febbre, se non peggio, ma accettai comunque commosso dal gesto dell'amico.

Ludor invece mi diede semplicemente una pacca sulla spalla, niente abbracci. Era geloso che fossi stato scelto prima di lui malgrado fossi di un anno più piccolo.

-Ti aspetterò alla sede principale. Non vedo l'ora di rivederti. Abbi cura di Kol.-

Lui si rilassò un po' e sorrise con affetto. -A proposito... Aggiungi a quella roba dello zenzero se ci tieni a conservare la vista.- Mi sussurò facendomi l'occhiolino, ben attento che Kol non sentisse. Poi mi legò al polso un bracciale con un ciondolo di legno su cui era incisa una runa. Appena chiuse il nodo sentii una vampata di calore propagarsi all'interno del mio corpo.

-Dove hai imparato a fare un talismano?- Chiesi, fissando il regalo incredulo.

-Ho convinto fratello Lakio a insegnarmi come fare... Non è stato semplice.- Aggiunse arrossendo e abbassando nuovamente il tono di voce.

-Ti aiuterà a sopportare il freddo. Attento che non entri mai in contatto con del fuoco, mi raccomando.-

-Grazie mille.- Strinsi il ragazzo più grande.

-Sono certo che a breve mi raggiungerai alla sede centrale. Ti ho lasciato un po' di unguento per le scottature. Avrebbe dovuto essere il mio regalo per la tua partenza. Non immaginavo che...-

-Grazie.- Mi zittì lui, sciogliendosi imbarazzato dall'abbraccio.

-Ora vai, prima che decida di prendere il tuo posto.- Concluse, con gli occhi un tantino lucidi.

Era preoccupato perchè non era la prima volta che salutava un confratello il giorno della sua partenza e non sempre essi avevano fatto ritorno.

Mi diressi al centro della sala e salii sulla pietra. Ne avvertivo il potere e il lieve ronzio.

Percepire la magia è un'abilità che non molti possiedono ed era il motivo per cui allora fui scelto per sostenere la mia prova. La settimana precedente, infatti, avevo accusato fratello Aklor di aver utilizzato un incantesimo durante un duello di spade per sopraffarmi. Temevo mi avrebbero sgridato per insubordinazione, invece si congratularono.

Comunque non era necessario possedere particolari abilità percettive per capire che pietra su cui poggiavo i piedi fosse incantata. Anche se non mi era ancora stata insegnata l'arte di leggere le rune disposte a cerchio lungo la superficie di quell'oggetto sapevo che non erano segni casuali o insensati.

I veterani si disposero intorno alla pietra e iniziarono ad intonare all'unisono la cantilena che avrebbe attivato quei simboli.

Fui avvolto da un fascio di luce abbagliante che mi costrinse a chiudere gli occhi. Quando li riaprii il paesaggio intorno a me era cambiato. Non mi trovavo più nella sala principale in pietra dell'abbazia ma in una radura innevata circondata da alberi di conifere.

La neve non era molto alta, probabilmente aveva nevicato per qualche ora durante la notte. I miei sandali non erano esattamente le calzature adatte per quell'ambiente.

Alcuni dicono che i membri dell'ordine ti mandano in un luogo che abbia a che fare con il tuo percorso, altri che è la pietra a scegliere dove mandarti. Io invece sono convinto che i novizi vengano spediti a caso, nel punto più stupido e pericoloso possibile.

Comunque poteva andarmi peggio. Fratello Aklor mi aveva raccontato che, ai suoi tempi, era stato spedito direttamente nella tana di un branco di lupi. Avevo deciso di prestare ascolto ai suoi consigli e non portarmi una sacca di carne essiccata e succulenta che potesse stuzzicare il loro appetito.

Iniziai a camminare nella direzione in cui ero voltato, sperano che almeno essa non fosse casuale.

Non sapendo dove mi trovassi nè l'ubicazione della mia destinazione una via o l'altra non avrebbe fatto differenza.

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Capitolo 3
*** Il pozzo maledetto ***


Verso sera raggiunsi un piccolo villaggio di contadini costruito nei pressi dell'argine di un fiume. A giudicare dal suo letto probabilmente durante l'estate vi avrei trovato acqua a sufficienza, ma durante l'inverno con la sorgente probabilmente ghiacciata si era ridotto ad un rigagnolo fangoso.

Non vi erano guardie, nè muri di cinta, nè edifici particolarmente imponenti. Si trattava di uno sparuto gruppo di casupole circondate da piccoli orti che probabilmente servivano a sfamare a malapena i membri della famiglia che li possedeva.

Sicuramente la sede centrale dell'ordine non poteva trovarsi in quel luogo.

L'unica cosa che ero riuscito a scoprire su di essa era che si trattava di un edificio protetto da ogni genere di attacco, umano e non, e quindi sarebbe stato sicuramente fortificato e intarsiato di rune. Le capanne che mi trovavo di fronte non si avvicinavano nemmeno lontanamente alla descrizione che mi era stata fatta. D'altronde non mi aspettavo di riuscire a raggiungere la mia meta il primo giorno di viaggio.

Ero solo contento di essere sopravvissuto ai due cinghiali che avevo incontrato lungo il tragitto. Ho sempre adorato la loro carne succulenta e mi era dispiaciuto avanzarne così tanta.

Continuai a camminare aggirandomi intorno alle abitazioni dei contadini, imprecando per aver scelto delle calzature così poco pratiche in un terreno fangoso.

Dopo pochi minuti persi nel fango uno dei sandali e decisi di continuare a piedi nudi.

Raggiunsi il centro del paese, contrassegnato dalla presenza di un misero pozzo al centro di quella che poteva essere descritta con un particolare eufemismo una "piazza".

Lasciai cadere il secchio lì presente nell'oscurità, sperando che non fosse asciutto o congelato.

Lo sentì urtare la superficie e frantumare una lieve lastra di ghiaccio.

Sapevo di essere osservato ma non vi diedi particolare peso, considerando che probabilmente non ricevevano spesso visite da forestieri.

Appena estratto il recipiente lo avvicinai alle labbra spaccate dal freddo per berne un sorso.

-Fermo!- Urlò la voce di una bambina alle mie spalle. -Non bere quella roba! Il pozzo è maledetto.-

Appoggiai il secchio al bordo, più incuriosito che spaventato.

La persona che aveva appena urlato mi si avvicinò timidamente. Avrà avuto nove, al massimo dieci anni. Era la prima volta che mi trovavo così vicino ad una ragazzina. All'abbazia non avevo avuto mai occasione di incontrarne.

-L'acqua fa ammalare le persone. La mamma dice che non devo berla. Non dovresti nemmeno toccarla.- Io non le risposi. Fissavo le punte dei miei piedi nudi e infangati in totale imbarazzo.

-Chi sei?- Io alzai lo sguardo ma continuai a non rispondere. Non sapevo cosa avrei potuto dirle.

-Sai parlare?- Accennai ad un sì con la testa.

-Hai freddo?-

-S-sì.- Risposi finalmente io. L'amuleto che mi aveva dato Ludor aveva perso efficacia da circa un'ora e andava ricaricato, solo che non sapevo esattamente come.

-Si vede. Stai tremando. Ma come ti è venuto in mente di andare in giro in questo periodo conciato in questo modo?-

Io tornai al mio imbarazzato mutismo e abbassai nuovamente lo sguardo. Non potevo dirle che provenivo da un luogo in cui il clima era decisamente più temperato. Non mi aspettavo che mi avrebbero mandato così a nord i veterani e non ero preparato a questo.

Seguì la ragazza lungo una stradina battuta e segnata dalle ruote dei carri, da qualche zoccolo animale e da qualche zampata canina.

Raggiungemmo la sua casetta dopo meno di dieci minuti.

-Mamma!- Urlò lei prima ancora di bussare. -Sono tornata!-

I battenti alle finestre si aprirono e il volto di una donna preoccupata si affacciò al richiamo della figlia.

-Dove diavolo sei stata! Ti ho detto un'infinità di volte non devi andare in giro a quest'ora da sola!-

-Ma io non sono sola. Guarda.- Disse indicandomi. La donna strizzò gli occhi per mettermi a fuoco nella luce del sole calante. Probabilmente non ci vedeva molto bene da una certa distanza.

Aprì la porta con un'espressione a metà tra il preoccupato e l'incuriosito.

-O mio dio, ma tu sei un pezzo di ghiaccio!- Affermò la donna afferrandomi la mano. Le sue dita erano callose e segnate, probabilmente si occupava sia dei lavori nei campi che in quelli di casa.

-Siediti di fronte al camino figliolo.- Mi disse con un sorriso. Non ero abituato a tanta gentilezza da parte di sconosciuti, ma non la rifiutai.

-Chi sei, ragazzo?-

-Ehm... Sono Alan.-

-Non è molto saggio andare in giro di questi tempi vestito in questo modo, Alan.- Mi rimproverò lei con fare materno.

-Avevo dei vestiti più pesanti, ma mi sono stati sottratti da un brigante nel bosco.- Mentii io.

-Oh cielo, che cosa terribile. Siediti pure sulla sedia.- Disse lei, notando che avevo preso posto sul pavimento.

-No grazie... Qui starò più comodo.-

-Mamma, mamma, guarda cosa ho trovato!- Disse la bambina prima che la donna potesse controbattere. Estrasse da una tasca nel grembiule due grossi cachi che porse orgogliosa alla madre.

Lei la guardò preoccupata.

-Sei andata di nuovo nella foresta, vero?-

-Solo un pochino. Non mi sono allontanata molto. Ho trovato una pianta di cachi con ancora diversi frutti succosi. Ne ho mangiati un paio prima di tornare a casa.-

-Emma! Ma cosa ti ho ripetuto migliaia di volte?- Urlò la madre.

-Di non addentrarmi nei boschi da sola.- Cantilenò lei annoiata.

-Appunto. Ora fila in camera tua.-

La bambina obbedì e si allontanò con la coda tra le gambe. Mi salutò con un cenno della testa.

Io assistetti in silenzio alla scena, cercando di ostentare la mia presenza il meno possibile, fingendomi invisibile.

Guardai la donna indeciso, senza idea di cosa dovessi fare o cosa fosse giusto dire.

Lei si accorse del mio sguardo e mi rispose immediatamente con un sorriso, cambiando totalmente espressione.

-Non ti preoccupare. Mi spiace che tu abbia dovuto sentire tutto.-

Mi alzai in piedi subito, ma un po' troppo velocemente e mi girò la testa.

-Forse sarebbe meglio se me ne andassi... Vi ringrazio molto per...-

-Non ci provare neanche! Dove pensi di andare con questo freddo? Tu stanotte resti a dormire qui.-

-Io non...-

-Non ti azzardare a rispordermi giovanotto!- Mi interruppe lei di nuovo, questa volta con più durezza nella voce e con un tono che non ammetteva repliche, appoggiandomi una mano sulla spalla.

Balbettai un grazie e mi risedetti di fronte al fuoco, iniziando subito a pensare ad un modo per potermi sdebitare con loro.

Ero sfinito e mi addormentai dopo poco. Non avevo nè fame nè le forze per cenare.

Riaprì gli occhi in un letto non molto morbido, ma decisamente migliore di quello che avevo lasciato all'abbazia.

Dovevo essere davvero esausto per non essermi accorto di essere stato spostato.

Ai piedi del letto trovai degli abiti puliti e un paio di scarpe pesanti.

Ebbi un momento di panico quando mi resi conto che i miei pugnali mi erano stati sfilati dalla cintura.

Mi vestii velocemente e corsi nell'altra stanza.

Trovai la donna in cucina intenta ad usare uno dei miei coltelli per pelare un tubero.

-I bambini non dovrebbero andare in giro con queste armi.-

Disse lei, senza alzare lo sguardo dalla patata che stava preparando.

Non sapevo esattamente cosa risponderle, ma mi sentivo perso disarmato.

-Sono miei... Me li ridia.-

-E gli abiti che indossi erano di mio figlio. Direi che siamo pari, giusto?-

Presi a sfilarmi subito gli abiti ma lei mi interruppe.

-Non fare lo stupido, non era quello che intendevo. Puoi tenerli. Tanto mio figlio non li userà più. Tranquillo, ti ridarò i tuoi coltelli appena finito di preparare il minestrone.- Disse, distendendo i lineamenti del volto e alzando gli occhi dal suo lavoro.

-Hai voglia di darmi una mano?-

-Certamente!- Risposi, contento di potermi rendere utile.

Afferrai un'altra patata e il mio coltello e iniziai a lavorare. Tra il tempo trascorso di turno nelle cucine e quello passato ad imparare a preparare tisane e unguenti avevo una certa esperienza per quanto riguardava la preparazione del cibo.

-Grazie ancora di tutto... Non so come avrei fatto altrimenti.-

Probabilmente avrei dovuto cercare la carcassa dei cinghiali che avevo ucciso precedentemente e vedere se non erano state distrutte le loro pelli da altri animali e mi sarei dovuto arrangiare in qualche modo per rimanere al caldo. Il giorno precedente non pensavo avrei avuto bisogno di pelli visto che il talismano che avevo funzionava alla perfezione. Dovrò trovare un modo per ricaricarlo quanto prima.

-Non ti preoccupare... Non potevo non aiutarti. Mi ricordi molto mio figlio maggiore, sai?-

Non sapendo cosa risponderle abbassai lo sguardo e continuai il mio lavoro meccanico.

Vedendo però che non proseguiva a parlare interruppi il silenzio.

-Posso chiedere cosa gli è successo?-

-La stessa cosa che è successa a suo padre e a molte altre povere anime di questa città. Hanno bevuto l'acqua del pozzo maledetto. È iniziato con qualche giramento di testa, poi la febbre e nel giro di una giornata...-

Si interruppe, affondando il viso nelle mani. Sapevo che avrei dovuto dire qualcosa ma non mi venne in mente niente di utile. Provai quindi a cambiare argomento, maledicendomi per averla costretta a rivivere quei momenti.

-Adesso cosa posso fare?- Chiesi indicando la pila di patate pelate al lato del tavolo.

Lei sgranò gli occhi, asciugandosi una lacrima.

-Hai già finito? Ma come...?-

-Sono abituato a lavorare in cucina.- Tagliai corto io. In effetti probabilmente avevo esagerato.

Senza riflettere feci scivolare il coltello tra le dita, lo lanciai in aria facendolo roteare e lo ripresi al volo, praticamente senza guardarlo.

Lei mi fissò sbigottita con la bocca spalancata.

Io presi una manciata di ortica essiccata e iniziai a tritarla in polvere finissima, attendendo ulteriori istruzioni.

-Potresti andare a svegliare Emma? Mi servirebbe altra legna per il fuoco e mi farebbe piacere se la accompagnassi a prenderne un po'. Mi sentirei più sicura sapendola con te.-

-Certamente. Vado subito.- Dissi alzandomi e pulendo il mio coltello in un canovaccio sul tavolo.

-Aspetta. Prendi qualcosa per fare colazione.-

Disse lei, lanciandomi uno dei cachi raccolti dalla figlia. Invece di afferrarlo lo trafissi con il coltello dove rimase infilato.

Prima che la donna potesse dire qualcosa uscii velocemente dalla stanza, mordendo il frutto succoso usando l'arma come uno spiedino.

Finii in fretta la mia colazione ed entrai nella camera della bambina.

La stanza non aveva una porta ed era separata dal resto degli spazi da una parete a cui era appoggiato un piccolo armadio.

Feci qualche passo in avanti per poi fermarmi. Non avevo idea di come svegliare una bambina. Il metodo che usavano spesso all'abbazia di lanciarci una secchiata di acqua fredda non mi sembrava molto delicato.

-Emma?- Chiesi incerto a voce bassa.

-Emma!- Ripetei un po' più forte, facendo un passo verso di lei.

-Alan? È già ora di alzarsi?-

-Sì... Tua madre vuole che andiamo a prendere della legna. Alzati.-

-Uffa... Dammi un paio di minuti. Arrivo subito.- Disse lei, rigirandosi nel letto per uscire dalle coperte.

Aspettai appoggiato al lato esterno della porta d'ingresso che fosse pronta. Quando mi raggiunse ci incamminammo verso il bosco, dopo aver promesso per la milionesima volta che non ci saremmo addentrati troppo.

Povera donna, dover vedere la figlia uscire con uno sconosciuto alla volta del bosco non doveva essere il massimo per lei.

Promisi alla madre che avrei riportato a casa sua figlia a casa sana e salva entro l'ora di pranzo, in tempo per la zuppa. Allora non immaginavo che mantenere quella promessa sarebbe stato tanto difficile.
 


****Angolo dell'autore****
Io pensavo che avrei scritto solo uno o due altri capitoli. Invece ho già scritto il prossimo e non intravedo nemmeno lontanamente la fine. Mi piacerebbe leggere qualche recensione, almeno potrei correggermi in itinere. Spero vi piaccia

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Capitolo 4
*** Urla di morte ***


Durante tutto il tragitto Emma sembrava un vulcano eruttante di parole. Era riuscita a descrivermi nei minimi dettagli la volta in cui aveva trovato un cervo enorme nell'orto dietro casa, la volta in cui era quasi affogata nel fiume per raccogliere dei fiori violacei che crescevano sulle sue sponde per regalarli alla madre e le sue strade preferite per raggiungere alberi da frutto che crescevano qua e là nella foresta.

Io rimasi in silenzio per la maggior parte del tempo, lasciandomi sfuggire ogni tanto qualche parola monosillaba per rispondere alle sue domande, rimanendo comunque sul vago. Non potevo dirle nè da dove provenivo nè quale fosse la mia destinazione.

Impiegammo pochissimo a raccogliere la legna necessaria. La neve si era sciolta quasi del tutto durante la mattina, riscaldata da un sole ormai più primaverile che invernale, lasciando un lieve strato brillante e candido sul paesaggio.

-Direi che ne abbiamo presa a sufficienza.- Dichiarò la bambina lasciando cadere il cumulo di bastoni che teneva tra le mani nella legnaia dietro casa.

-Ti piacerebbe fare un giro con me per il paese? Non ci sono molti bambini con cui giocare qui.-

-Ehm... Come vuoi. Però prima volevo chiederti una cosa... Potresti riaccompagnarmi al pozzo?-

-Perchè? Ti ho detto che l'acqua fa stare male le persone.- Rispose lei, abbassando lo sguardo rattristata da oscuri pensieri.

-Non ho intenzione di berla. È solo che me ne intendo un pochino di queste cose, magari riesco a fare qualcosa per renderla di nuovo sicura.- Non ero molto convinto della cosa, ma ero comunque curioso e scettico riguardo questa maledizione. Se l'acqua fosse stata davvero maledetta avrei percepito l'energia che era stata usata per incantarla. E poi dubitavo che qualcuno potesse essersi dato tanto da fare per uccidere un manipolo di contadini indifesi che non possedevano altro che le loro case.

Lei mi condusse al pozzo come richiesto, anche se un po' riluttante. Stranamente non disse una parola per tutto il tragitto.

Raccolsi di nuovo un secchio del liquido letale e mi sedetti per terra con le gambe incrociate di fronte ad esso.

-So che ti sto chiedendo una cosa abbastanza stupida, ma lasciami concentrare per qualche minuto. Non fare rumore per favore.-

-D'accordo. Ma tu non toccare l'acqua, ok?-

-Va bene, starò attento.-

Chiusi gli occhi e appoggiai le mani ai bordi del secchio, rilassando i muscoli e rallentando la respirazione.

Malgrado non fossi tanto sicuro di cosa stessi facendo esattamente, sapevo che stava funzionando perchè riuscivo a percepire distintamente i residui di energia dal bracciale sul mio polso.

-Non credo che l'acqua sia maledetta. Non chiedermi come lo so, ma sono sicuro che non ci sia alcuna forma di magia coinvolta.- Però c'era qualcosa di strano, anche se non riuscivo a percepire cosa. Non proveniva dall'acqua, ma da qualcos'altro intorno a me.

Lei mi guardò incuriosita, ma non replicò.

-Da quanto tempo l'acqua ha smesso di essere sicura?-

-Da meno di un mese. È stato verso la fine di gennaio.- Rispose lei, scossa da un brivido che non aveva niente a che vedere con il freddo.

-È possibile che fosse il giorno successivo ad una notte di luna piena?- Le chiesi.

-Sì! Me lo ricordo. C'era la luna piena la notte precedente. Come fai a saperlo?-

-Ho tirato a indovinare.- Mentii io.

Lentamente iniziavo a capire. Ancora non ero stato preparato per questo genere di cose ma avevo capito che cosa era successo al pozzo.

-Vai avanti, io ti raggiungo. Ci vediamo a casa.-

-Perchè?-

-Vorrei fare una cosa prima.-

Lei ci rimuginò su, perplessa, ma poi annuì e si incamminò.

Dovevo assolutamente lasciare quel villaggio al più presto.

Ma prima dovevo essere davvero sicuro della mia ipotesi. Abbastanza da rischiare la vita per provarla. E così feci. Immersi la mano nell'acqua fino al polso e attesi, tremando per il contatto con il liquido gelido.

Sentivo prurito alla pelle, una sensazione fastidiosa, ma certamente non letale.

-Che stai facendo!- Urlò la bambina.

-Credevo te ne fossi andata.-

-Non potevo. La mamma mi ha detto di non allontarmi troppo da te.-

-Per tenermi d'occhio, non è vero?-

Lei non rispose ma si limitò ad abbassare lo sguardo. Mi ero preoccupato tanto di essere sembrato sospetto ai loro occhi da non essermi preoccupato di quanto loro lo fossero ai miei.

Lei fece un paio di passi verso di me. Io afferrai il secchio e lo tenni ben stretto tra le mani.

-Siete così in tutto il paese, vero?-

-Che cosa intendi?-

-Non mentire, altrimenti ti getto addosso il secchio con tutto il suo contenuto.-

Lei sbarrò gli occhi spaventata e fece un paio di passi indietro. Avrei dovuto capirlo il giorno precedente, andando a casa della bambina. Lungo la strada c'erano diverse impronte di cani, ma non ne avevo visto nemmeno uno in tutto il villaggio, nè ne avevo sentito mai uno abbaiare. Non erano impronte di cane, ma di lupo.

-L'acqua contiene aconito, anche detta strozzalupo. In questa quantità ad un umano farebbe venire solo un po' di mal di stomaco ma è in grado di uccidere quelli della tua razza. Mi sbaglio?-

-No, non ti sbagli.- Non fu la bambina a rispondere. Fu un uomo calvo, molto alto, sulla quarantina che uscì da una casa brandendo una falce.

Non era l'unico ad essere uscito dalla propria abitazione. Una quindicina di persone tra uomini e donne stavano dirigendosi verso la piazza principale. Alcuni erano disarmati, altri brandivano forconi, zappe e altre utensili per la coltivazione con fare minaccioso.

Anche la madre di Emma si era unita alla folla che si stava ammassando con in mano il coltello che le avevo lasciato per cucinare. Tutti tenevano le distanze per via dell'arma che tenevo in mano. Non avrei potuto ucciderli tutti con un paio di litri d'acqua, ma la minaccia di essere colpiti con quel liquido bastava a tenerli lontati. Il tempo era dalla loro parte. Sapevano che prima o poi avrei fatto qualcosa di stupido.

-Tranquillo. Non vogliamo farti del male. È vero, siamo un branco, ma non vuol dire che vogliamo ferirti. Se avessimo voluto non pensi che ti avrei ucciso io stessa mentre dormivi nel letto di mio figlio?-

-Sarebbe stato stupido. Tra due giorni c'è la luna piena. Vi sarebbe bastato farmi rimanere un altro po' qui con qualche scusa e poi avreste potuto sacrificarmi per completare la trasformazione di Emma. Non è ancora un lupo completo, vero?-

Lupi mannari non si diventa, si nasce. Esistono moltissime persone che nascono con quella maledizione ma non ne sono nemmeno consapevoli e trascorrono tutta la vita ignari di ciò che possono fare durante la luna piena. L'unico modo per attivare le trasformazioni è quello di uccidere un umano sotto la luce del plenilunio. Da quel momento tutti i tuoi sensi si sviluppano, i riflessi, le abilità, la forza diventano superiori a quelli delle persone normali. Tutti i lupi mannari adorano la notte della trasformazione, quell'unica sera del mese in cui possono davvero essere se stessi, correre liberi, cacciare in completa armonia con la natura. E tutti i lupi adorano uccidere. Il momento in cui assaggiano la carne umana non solo è una specie di rito di passaggio, ma ha anche qualcosa di mistico. Li rende più forti, li inebria di potere ed è come una droga per loro.

-Ne sai parecchio sull'argomento, ragazzino.- Rispose la donna con arroganza.

-Di che cosa parli, mamma?-

-Tesoro, non ti preoccupare. Diventerà tutto più chiaro tra qualche giorno.- Disse con un tono smielato.

-Chi di voi è il capobranco?- Chiesi, interrompendoli.

-Sono io.- Ripose l'uomo pelato, ghignando.

-Ti sfido.-

Lui scoppiò a ridere.

-Non mi sembri nella posizione di lanciare una sfida, moccioso.-

-Hai paura di batterti con un bambino?-

Il suo volto si irrigidì e tra la folla calò il silenzio. Forse stavo esagerando, ma non mi restava altra scelta.

-Se ti batto voglio la completà immunità. E il tuo branco risponderà onestamente alle domande che gli farò.-

-Perchè dovrei scendere a patti con te?-

Io sorrisi e mi rivolsi al suo branco.

-Questo è il leader che vi siete scelti? Che riufiuta di combattere contro un bambino per paura di perdere?-

Appoggiai a terra il secchio.

-Forse ora che sono disarmato ti faccio meno paura?-

Continuai io, con tono di superiorità.

Lui ringhiò sommessamente.

-D'accordo.- Decretò in fine. Fece roteare la falce tra le mani. Io estrassi il mio coltello da sotto le vesti.

Lui rise di nuovo.

In tre balzi coprì tutta la distanza della piazza e mi fu addosso. Parai e schivai i colpi di quell'arma così poco convenzionale che non ero abituato a fronteggiare in combattimento.

Un'arma a manico corto mi era totalmente inefficace contro la sua, senza contare la differenza di statura che verteva a suo favore.

Forse se avessi avuto alemeno l'altro coltello sarei stato in una situazione migliore, ma di questo passo avrei perso presto.

Mi passai il coltello dalla mano destra a quella sinistra e provai un altro paio di affondi che lui schivò con facilità. Parai un suo fendente dall'alto verso il basso, usando la mia arma con entrambe le mani per contrastare la forza del lupo. Lui però mi colpì al basso ventre con un calcio, facendomi mancare l'aria ai polmoni per un periodo di tempo indefinito.

Mi colpì con il manico della sua arma sulla testa e io finii lungo disteso a terra, cercando di non perdere i sensi e con la vista che si appannava.

Sentivo un ronzio nelle orecchie che sovrastava la sua risata sardonica, ma non potevo arrendermi.

Afferrai la caviglia dell'uomo con la mano destra ancora umida. Lui prese ad urlare imprecando mentre delle scie di fumo si levavano dalla sua pelle ustionata dal contatto con l'aconito.

Approfittai dello stupore dell'uomo per rialzarmi e gli tirai una spallata con tutte le mie forze, facendolo cadere nel pozzo alle sue spalle.

Dall'oscurità si sentirono provenire delle urla che raggelavano il sangue nelle vene.

Mi appoggiai per cercare di riprendere l'equilibrio.

-Ho vinto.- Urlai sovrastando le urla agonizzanti del loro capo.

Poi le gambe cedettero e l'ultima cosa che vidi prima di perdere i sensi furono le persone del suo branco che si avvicinavano sempre di più.

 



Spero che vi piaccia. Recensite :D

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Capitolo 5
*** Prigionieri ***


Questo capitolo è abbastanza breve ma mi ha fatto molto piacere scriverlo... Spero vi piaccia
Buona lettura :)





Riaprii gli occhi lentamente, mettendo a fuoco la stanza intorno a me. Mi trovavo sul pavimento, davanti al camino della cucina di Emma. La madre era seduta su una sedia a dondolo e sferruzzava a maglia qualcosa che aveva tutta l'aria di essere una sciarpa.

Appena mi vide muovermi sospirò.

-Speravo cadessi nel fuoco nel sonno.- Disse lei, con un accenno di disappunto nella voce.

-Grazie per non avermi ucciso.- Farfugliai io, ancora un po' intontito.

-Non avevo molta scelta. Le promesse fatte da un capobranco sono vincolanti.-

-Non volevo che morisse, mi spiace.-

-Stai mentendo, te lo si legge in faccia.-

-Forse è vero, ma dipende solo dal fatto che mi ha attaccato con una falce in mano. E comunque nessuno merita di morire in quel modo.-

-Qualcuno che lo merita ci sarebbe.- Aggiunse lei, guardandomi di traverso.

Io deglutii.

-Quanto tempo sono rimasto svenuto?-

-Non abbastanza. Domani ci sarà la luna piena ed eleggeremo un nuovo capo. Se fossi rimasto ancora un po' avremmo potuto sbranarti con calma.-

-Mi dispiace di aver rovinato il vostro... banchetto.-

-Ci saranno altre lune piene.- Rispose lei, facendo spallucce.

-Non credo... Siete bloccati qui, non è vero?-

-Cosa?- Chiese agitata, lasciandosi sfuggire il ferro dalle mani.

-Sono convinto che non possiate lasciare il villaggio. È per quello che continuavi a ripetere ad Emma di non inoltrarsi troppo nel bosco, vero? Hai paura che decida di non tornare e che tu non possa far niente per impedirlo.-

-Sì.- Confessò lei. -Emma è l'unica che può lasciare il villaggio, non essendosi ancora trasformata.-

-Perchè?-

Lei sbuffò, ma fu costretta a rispondermi sinceramente per colpa dell'accordo che avevo con il suo defunto leader.

-Durante l'ultima luna piena è giunto un uomo al villaggio... Egli contaminò l'acqua del pozzo e poi sparì. Da quel giorno nessuno di noi riesce più ad allontanarsi più di tanto dal centro del paese.-

-Capisco... Mi dispiace.-

-Non è vero.-

-Mi dispiace per Emma. Lei è ancora innocente.-

La donna non rispose. Riprese i suoi arnesi e ricominciò a lavorare a maglia.

-Posso portarla con me, se vuoi. La accompagnerò fino al prossimo villaggio che incontro. Lì qualcuno si occuperà sicuramente di lei.-

-No.- Non si prese nemmeno la briga di rifletterci.

-Per...?-

-Non chiedermelo, ti prego. Non voglio essere costretta a dirti la verità.-

Povera donna... Non la biasimai per voler restare con la figlia negli ultimi giorni della sua vita. Presto le risorse del villaggio si sarebbero esaurite e i membri del branco si sarebbero estinti. Probabilmente erano sopravvissuti alla mancanza d'acqua sciogliendo e bevendo della neve, ma non sarebbero comunque durati molto a lungo senz'acqua nè cibo.

-Ho un'ultima domanda... Sapete dirmi in che direzione è andato il forestiero?-

Lei mi fissò molto intensamente.

-È partito da molto tempo... Il suo odore è molto debole. Seguimi.-

Camminai dietro di lei, fuori dalla casa.

Lei procedette spedita fino al limitare del villaggio, annusando l'aria concentrata.

-In quella direzione.- Concluse lei, indicando un punto a caso verso sud.

-Grazie... Cosa c'è in quella direzione?-

-Avevi detto che quella sarebbe stata la tua ultima domanda.-

-Per favore. Ho bisogno di sapere.-

Lei sbuffò.

-Non sono sicurissima... Dovrebbe esserci una città fortificata che si affaccia sul mare a cinque giorni di cammino. Ma non sono mai stata in quella direzione. A volte il vento spinge fino a qui l'odore salmastro e quello di una moltitudine di persone. Se devo essere sincera non sono mai stata fuori dal villaggio, a parte nella foresta circostante.-

-Anch'io sono cresciuto in una comunità piuttosto chiusa. Non vedo l'ora di vedere cosa mi attende là fuori.-

-Non sprecare questo dono, ragazzino. Ed evita di farti squartare dai prossimi lupi mannari che trovi.-

-Ci proverò.-

-Non ti dimenticare di questo.- Disse la donna, lanciandomi uno dei coltelli che afferrai al volo a meno di due centimetri dal mio occhio destro.

Lei sbuffò, un tantino delusa.

-Sai ragazzo, noi non possiamo uscire, ma da quando l'incantesimo è stato lanciato nessuno, a parte te è riuscito ad entrare nel villaggio... Perchè tu ci sì?-

-Non ne sono sicurissimo... Forse l'incantesimo si sta indebolendo. Magari ancora qualche mese e sarà sparito.-

-Forse, ma noi non abbiamo qualche mese.-

-Qualcuno di voi potrebbe averlo.- Dissi, riferito principalmente ad Emma.

Lei mi rivolse uno sguardo di intesa.

-Se riuscirà a sopravvivere la manderò a cercarti per ringraziarti nella maniera più corretta.-

-Vuol dire che...-

-Sì. Le farò promettere di non compiere il rito sacrificale se il sacrificio non sarai tu.-

-Ne sono felice. Se non altro potrò rivederla di nuovo.- Dissi sorridendo.

Lei mi guardò stupefatta. Aprì la bocca per replicare ma poi la richiuse.

-Fai buon viaggio.- Si limitò a dire, prima di voltarsi verso casa.

-Salutami Emma.- Le gridai di rimando. Ma lei non rispose nemmeno.

Cominciai a camminare, cercando di non perdere di vista il punto che mi era stato indicato.

Chissà se il motivo per cui ero riuscito a entrare nel villaggio era davvero quello che avevo detto alla donna. Magari l'uomo che l'aveva sigillato voleva che entrassi e che lo seguissi.

Sicuramente era un membro dei cacciatori delle tenebre.

Mentre la mia mente era attraversata da quei pensieri il mio corpo fu scosso da un brivido di eccitazione. Ancora cinque giorni di marcia e avrei trovato una grande città. La prima in cui avrei potuto mettere piede.

Tutto ciò che sapevo su ciò che si trovava al di fuori delle mura dell'abbazia in cui ero cresciuto l'avevo letto nei libri o sentito raccontare da qualche profugo o pellegrino.

Ripensai al motivo per cui la donna ci tenesse così tanto che la figlia diventasse come lei... Probabilmente aveva paura che la abbandonasse come avevano fatto suo figlio e suo marito, anche se in una maniera diversa. Se fosse diventata un licantropo avrebbe avuto la certezza che sarebbe rimasta con lei per il resto della sua vita, seppur breve.

Non sono sicuro di poter giudicare una madre e una moglie ancora in lutto, ma una parte di me la comprendeva e sperava che Emma riuscisse ad estraniarsi dal quel mondo al quale non era costretta ad appartenere per forza.

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Capitolo 6
*** L'amuleto ***


-Fatemi entrare!- Urlai da lontano alle guardie, senza smettere di correre.

-Vi prego aprite le porte! Aiuto!-

Vidi una delle guardie che si affacciava assonnata da una delle guardiole. Stropicciò gli occhi e osservò nuovamente la scena allibita.

Probabilmente non gli capitava spesso di vedere un ragazzino inseguito da dodici cinghiali correre verso le porte della città.

-Cazzo! Muovetevi, fatelo entrare!- Urlò la guardia. Il pesante portone fu alzato di poco meno di mezzo metro quando vi rotolai sotto, finendo in una pozza di fango dall'altro lato. Lo sentii poi chiudersi alle mie spalle, accompagnato dal rumore degli schianti degli animali contro la superficie di legno.

-Grazie.- Ansimai rivolto agli uomini ancora appoggiati alla ruota dentata che aveva permesso all'ingresso di aprirsi, anche loro rossi in volto per lo sforzo appena compiuto.

-Sei ferito?- Chiese quello che mi aveva avvistato.

-No, sto bene, grazie.- Dissi cercando di ripulirmi dal fango e dalla polvere sui vestiti.

-Adesso mi spieghi cosa diavolo ci facevi là fuori a quest'ora da solo, ragazzino? Non sai che è pericoloso?-

-Me ne sono accorto... Ero uscito ieri pomeriggio per raccogliere un po' di legna e mi sono addormentato in una radura. Poi al ritorno mi sono perso e ho finito per vagare nel bosco per tutta la notte. Poi il resto lo sapete.- Mentii io.

La madre di Emma aveva detto che avrei impiegato cinque giorni a piedi. Io ce ne avevo messi quattro, specialmente grazie al fatto che essere inseguiti da dei cigniali fosse un ottimo incentivo ad accellerare il passo.

Probabilmente puzzavo di lupo mannaro, o qualcosa del genere, perchè durante tutto il tragitto tutti gli animali che avevo incontrato o mi avevano attaccato o erano scappati. Speravo soltanto che non fosse una maledizione lanciatami da quei lupi, altrimenti avrei avuto parecchi problemi a viaggiare da quel momento in poi.

-Mi sembra abbastanza sospetto...- Disse una delle guardie.

-A te sembra tutto sospetto, John. Non vedi com'è conciato questo ragazzo? E poi, non sarebbe riuscito ad arrivare fino a qui da solo. La città più vicina è ad almeno sei giorni di cammino. Credi che possa aver attraversato i boschi da solo? Lascialo andare a casa.-

-Ma se dovesse succedere qualcosa...-

-Cosa vuoi che faccia, è un ragazzino.-

Io assistetti con aria innocente a tutta la conversazione tra le due guardie.

-Posso passare? Mia madre sarà preoccupata a morte...-

-Certo, muoviti ragazzo. Ma non metterti nei guai, mi raccomando.-

-Lo prometto. Grazie signore.- Dissi, accompagnando con un inchino un'altra stupida promessa che non sarei riuscito a mantenere.

Procedetti verso il centro della città prima che potessero cambiare idea. Ogni edificio sembrava costruito addosso a quello precedente, come se dovessero reggersi a vicenda. Più di una volta dovetti tapparmi il naso per resistere all'impulso di vomitare per colpa di uno dei milioni di nuovi odori che mi raggiungevano tra cui l'inconfondibile olezzo dei vasi da notte svuotati ai margini delle strade.

Mi fermai un paio di volte a chiedere indicazioni a dei passanti particolarmente mattinieri in direzione della piazza principale. Non sapevo dove andare e quel posto mi sembrava valido esattamente come tutti gli altri.

Una volta arrivato mi sedetti su una panca, al fianco ad una vecchiettina che lavorava a maglia, per attirare meno l'attenzione, osservando i mercanti che disponevano le loro bancarelle per la giornata. Chissà se era giorno di mercato o fosse una consuetudine da quelle parti allestirle.

Chiusi gli occhi, stanco per il viaggio. Mi stavo quasi per addormentare su quella panchina quando percepii qualcosa che non riuscivo a distinguere... Una fonte di energia magica o qualcosa del genere.

Mi alzai subito e corsi nella direzione che avevo percepito. Raggiunsi una delle bancarelle ancora in allestimento e mi fermai sorpreso. L'oggetto che aveva attirato la mia attenzione era una semplice collana con una pietra come pendente.

-Hai visto qualcosa di interessante, ragazzino?-

Odiavo essere chiamato in quel modo.

-Sì, signore, quella collana.- Risposi comunque, educatamente.

-Hai buon occhio allora. Ma non credo che tu te la possa permettere...-

Non sembrava rendersi conto di cosa stesse mostrando sul suo bancone. Chissà come c'era finito quell'amuleto lì. Sicuramente quell'uomo non poteva conoscerne il vero valore, altrimenti non l'avrebbe certo esposto in mezzo a tutta quella paccottiglia.

-Quanto costa?-

-Otto monete d'argente.-

-Cosa?! Sta scherzando vero?-

-No. È un pezzo molto raro.-

Sicuramente l'avrà sottratto a qualche cadavere lasciato a marcire da qualche parte. Lurido infame. Comunque si può essere in due a mentire. E io ero parecchio bravo in quello.

-La prego signore, oggi è il compleanno di mia madre. Se si sveglia e si accorge che mi sono dimenticato di prenderle un regalo mi farà sicuramente lavorare nella fattoria di mio zio a spalare letame per un mese.-

-D'accordo... Facciamo cinque monete. Ma non una di meno.-

Rimaneva comunque un prezzo molto alto per un semplice gioiello. Comunque non potevo lasciare che finisse nelle mani di uno sconosciuto, poteva anche essere pericoloso.

-Grazie... Vado a casa a prendere i soldi e arrivo. Torno subito. La prego, non lo venda fino a che non sono tornato.-

-D'accordo... Ma tu sbrigati.- Sbuffò l'uomo. Con la coda dell'occhio mentre mi allontanavo lo vidi mettere la pietra sotto il bancone.

"E adesso dove le trovo cinque monete d'argento?" Pensai tra me e me.

La soluzione giunse da sola quando avvistai un uomo grassoccio e ben vestito con un sacchetto appeso alla cintura che sembrava abbastanza capiente. Era distratto a guardare una bancarella quindi ne approfittai per avvicinarmi di soppiatto e tagliare con un coltello la corda che teneva il suo borsello legato. Mi allontanai velocemente, prima che qualcuno potesse vedermi.

Esaminai il bottino raccolto, decisamente superiore al necessario.

Corsi di nuovo alla bancarella e ultimai l'acquisto. Il negoziante mi guardò di traverso ma non rifiutò il denaro.

Mi allontanai dalla piazza per sedermi in un vicolo, non particolarmente profumato ma comunque lontano da occhi indescreti.

-E tu a cosa servi?- Dissi, esternando ad alta voce i miei pensieri esaminando la pietra bianca più da vicino. Non avevo dubbi che l'energia provenisse da lì. Non era molta, probabilmente era scarica come il mio bracciale.

Non avevo visto niente di simile prima d'ora. All'abbazia non ci lasciavano usare oggetti magici e i soli che avevo visto adoperavano la magia delle rune.

Percepivo l'energia all'interno del mio corpo e quella dentro la collana. Non sapevo esattamente come ma lasciai che la mia fluisse attraverso le mani verso la pietra. Era come scaldare un oggetto freddo a contatto con il proprio corpo, solo che questo gesto era totalmente cosciente e volevo che accadesse.

Una volta terminato di ricaricarlo mi alzai in piedi ma dovetti appoggiarmi alla parete perchè mi girava la testa e mi sentivo stanchissimo.

Ciondolai fino a raggiungere la via principale: se fossi svenuto in quel vicolo difficilmente mi sarei risvegliato con tutti i miei averi.

Un uomo mi vide in quello stato e mi corse incontro, seguito da un certo numero di persone. Appena fu abbastanza vicino smisi di combattere la forza di gravità e mi lasciai cadere di peso tra le sue braccia.



Probabilmente il prossimo sarà l'ultimo capitolo... Mi sarebbe piaciuto continuare ancora e le idee c'erano anche, solo che è un po' triste scrivere senza ricevere recensioni... Alla prossima.

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Capitolo 7
*** Il Boia ***


Questo capitolo è un filino splatter... Niente di che, solo l'ho scritto mentre ero incazzato nero e tutto di getto. Spero vi piaccia. Buona lettura.




Di certo avevo avuto risvegli migliori.

Provai a liberarmi inutilmente dalla gogna che mi teneva saldamente immobilizzato al patibolo della piazza mentre un uomo alto e avvolto in un mantello nero parlava ad una folla non particolarmente numerosa mostrandomi le spalle. Al suo fianco riconobbi l'uomo che avevo borseggiato poco prima

Mi sentivo davvero esausto e non riuscivo ad afferrare il significato di ogni parola pronunciata dal banditore.

Fui drasticamente riportato alla realtà da qualcosa che colpì il pezzo di legno a pochi centimetri dal mio volto che sperai ardentemente fosse fango. Anche i due uomini si voltarono all'unisono verso di me, ignorando totalmente chiunque avesse compiuto quel gesto nei miei confronti.

-Molto bene, vedo che ti sei svegliato, piccolo ladruncolo.- Disse l'uomo nel mantello, strofinandosi le mani ossute e grinzose mentre sul suo volto si distendeva un sorriso sinistro.

-Sappi che in questa città non tolleriamo gli scippatori. Quest'uomo ti ha riconosciuto ed è stata trovata su di te la refurtiva. Ora che sei cosciente possiamo applicare la punizione che meriti.-

L'uomo grassottello sudava e sembrava turbato.

-Suvvia, è solo un ragazzo... Non possiamo limitarci a tenerlo alla gogna per qualche giorno? Alla fine dal mio borsello non mancava nulla.-

Strano che quell'uomo stesse mentendo per me. Non prometteva nulla di buono.

-Non se ne parla. Ha rubato e la legge è legge.-

-Io... Mi...- Balbettai io, ma fui subito interrotto da un sonoro schiaffo in viso che fece pulsare il mio zigomo di dolore.

Avvertii un aumento di temperatura all'altezza del ciondolo, ma non ci feci molto caso, impegnato com'ero a memorizzare il volto dell'uomo per poterlo riconoscere una volta liberatomi.

-Fallo stare zitto.- Disse l'uomo con il mantello ad una persona al di fuori della mia visuale.

Qualcuno da dietro mi diede uno strattone ai capelli, costringendomi ad aprire la bocca per poi imbavagliarmi con uno straccio che sapeva di sangue e qualcos'altro che non riuscivo a decifrare.

-Bene.- Proseguì l'uomo soddisfatto. -Ora osservate bene ciò che succede ai ladri!-

Detto questo estrasse una spada corta e affilata da sotto il mantello. Io provai ad urlare mentre l'uomo al suo fianco tratteneva il fiato.

Si avvicinò, accerezzando la lama come se fosse il corpo caldo di una donna.

Di tutti i modi in cui mi ero immaginato la mia morte... Sapevo che sarebbe finita per colpa di una lama, ma speravo che sarebbe stata durante un combattimento, non mentre mi trovavo legato e imbavagliato come un comune criminale.

Recuperai quel poco di dignità che mi rimaneva e sostenni lo sguardo del boia con aria di sfida.

Lui però mi ignorò del tutto e agguantò la mia mano destra con un ghigno, tenendola per il dorso per evitare che si muovesse.

-Sta fermo.- Mi sussurrò a bassa voce con tono tutt'altro che rassicurante.

Con un gesto preciso e netto conficco la lama nel mio polso, che rimase incastrata all'altezza dell'osso. Chiusi gli occhi un secondo prima che vi finissero gli schizzi di sangue. Sentivo il liquido caldo colarmi sul volto e sul polso.

L'uomo ghignò allegro, come se aspettasse questo momento da tutta la vita, godendo della mia espressione contratta in una maschera di dolore silenzioso. Anche se non avessi avuto quella pezza in bocca non gli avrei dato la soddisfazione di sentirmi urlare.

Ero abituato al dolore. All'abbazia ci avevano addestrato sin dalla prima infanzia a sopportare le torture per evitare che rivelassimo i segreti dell'ordine.

Gli ci vollero altri tre colpi, volutamente rozzi e privi di forza, per recidermi completamente l'osso e tagliarmi del tutto la mano che poi sollevò, ancora grondante di sangue.

Un altro uomo estrasse una placca di metallo molto larga da un recipiente pieno di carboni ardenti che poi impresse sulla ferita per cauterizzarla.

Sentii l'odore della carne bruciata, pungente e terribile, colpirmi come un ondata di fuoco. Ma la mia mente era accecata dall'odio e il dolore passò in secondo piano. Persino il calore che proveniva dal ciondolo al mio collo che ormai era diventato quasi ustionante come l'oggetto contro il mio polso non aveva alcuna importanza. Qualunque cosa mi sarebbe successo, sapevo che mi sarei vendicato di quell'uomo.

Poi successe tutto talmente in fretta che persino io ebbi difficoltà a rendermi conto dell'accaduto.

Il talismano che mi aveva lasciato Ludor sfiorò il metallo incandescente e si illuminò, scoppiando in un lampo di luce. L'onda d'urto che produsse ridusse in pezzi la gogna che mi teneva immobilizzato, scaraventando me e gli altri uomini sul palco a una considerevole distenza. Sentii il lato destro del volto bruciare. Non riuscivo più ad aprire un occhio e il mio braccio era carbonizzato fino al gomito. Ludor non scherzava quando diceva di tenere quell'oggetto lontano dal fuoco.

Sentii l'energia del ciondolo appeso al collo pulsare e scottarmi il petto. Mi ripresi dallo shock prima di chiunque altro e iniziai a correre in direzione opposta alle mura. Sapevo che la città si affacciava sul mare e speravo di riuscire in qualche modo a scappare a nuoto.

Corsi a perdifiato fino ad infilarmi in un vicolo nel quale riuscii ad arrampicarmi fino a raggiungere il tetto della casa lì vicino, sfruttando una pila di casse accatastate alla fine della strada.

Sperai che nessuno mi avesse visto salire, e mi sdraiai sul tetto per riprendere fiato.

Il dolore era accecante e non riuscivo a pensare lucidamente. Mi sfilai l'amuleto dal collo e lo tenni per qualche secondo di fronte al viso. Quello iniziò a brillare, di una luce bianca e intensa che pulsava in perfetta sincronia con i battiti del mio cuore. Lascia la corda di quell'oggetto che, invece di cadere, si limitò a restare immobile a mezz'aria, come se mi stesse fissando.

Mi sentivo avvolto dalla sua luce come in un abbraccio caldo, piacevole, che oscurava quasi il dolore che avevo provato. Non sapevo se quel bagliore poteva essere avvistato o meno, ma non mi importava.

Chiusi gli occhi per un istante e lasciai che il suo potere mi cingesse completamente. Sentivo tutto il corpo prudere dall'interno, come se ci fosse qualcosa dentro che spingesse per uscirne.

Osservai stupefatto le schegge di legno uscire dal mio corpo, espulse dal tessuto di pelle che si rimarginava. Anche il mio braccio, lentamente, subì lo stesso trattamento. Sotto il mio sguardo stupito vidi le ossa, i nervi e i tessuti riformarsi.

Poi il gioiello si spense e inziò a cadere lentamente. Lo afferrai al volo con la mano appena ricostruita e me lo rimisi al collo, ancora meravigliato da quell'oggetto che era stato la causa di tante sofferenze, ma che le era valse tutte.

Strofinai le mani tra loro, come per saggiarne la consistenza. Mettendole a contatto si vedeva chiaramente che la destra era molto più pallida della sinistra, ma a parte quello era perfetta.

Sbattei entrambe le palpebre per testare anche l'efficacia di quell'incantesimo sul mio occhio completamente guarito.

Alzai lo sguardo e lo rivolsi verso il mare. Ora potevo vederla. Era lì, era sempre stata lì. Riuscivo a vedere quell'edificio in lontananza su un'isola e anche ciò che avrebbe dovuto coprire alla vista.

Vedevo sia la roccaforte che la linea dell'orizzonte alle sue spalle.

Tremai di eccitazione percependone il potere che emanava. Sapevo che quella sarebbe stata la mia destinazione.

Corsi da un tetto all'altro in quella direzione fino a che non giunsi al limitare della città. Per fortuna le case erano costruite sufficientemente vicine da potermelo permettere. Sotto di me vedevo i soldati agitati correre qua e là cercandomi mentre la notizia dell'accaduto si spargeva a macchia d'olio per la città seminando il panico tra la gente.

Rimasi per qualche secondo sul bordo di un tetto, esitante. A strapiombo sotto di me potevo scorgere a una quarantina di metri le onde infrangersi contro gli scogli. Pregai silenziosamente di evitare le rocce, trattenni il fiato e saltai verso l'ignoto.

 



Quest'ultimo capitolo è stato molto sbrigativo semplicemente perchè volevo finire questa storia, visto che tanto non la leggeva nessuno. Le idee per continuarla c'erano ma è stato un totale fiasco. Magari la riprenderò in seguito. Se sei arrivato a leggere fino a qui, comunque, grazie :)
Spero in una tua recensione.

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