Micizia

di chi_lamed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Insieme ***
Capitolo 2: *** Routine ***
Capitolo 3: *** Ombre ***
Capitolo 4: *** Con occhi diversi - prima parte ***



Capitolo 1
*** Insieme ***


Titolo: Micizia - Insieme
Data: febbraio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia :one-shot
Rating: per tutti
Tipologia: Introspettivo, Fluff, Slice of life
Personaggi: Severus Piton, Minerva McGranitt, Sorpresa
Pairing :nessuno
Epoca: post HP7
Avvertimenti: What if
Riassunto: Una nuova vita per Severus Piton. Ed un sorriso tutto per lui. Anzi, un vero e proprio Smile. Prove per una vita insieme.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Nota: Questa storia fa parte della serie “Micizia”, la quale vuole essere il seguito ideale della ff “Smile”. Ogni storia può essere letta come storia a sé stante, tuttavia è mia intenzione mantenere un filo cronologico che leghi gli eventi. Per questo motivo indicherò man mano in un indice l’esatta cronologia in cui leggere le varie fanfiction.

Cronologia storie:
1. Smile (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1318897&i=1)
2. Micizia – Quando tutto ebbe inizio (in fase di stesura)
3. Micizia – Insieme
4. Micizia – Routine
5. Micizia – Ombre  
 
*** Micizia ***
 

 
Insieme
 
 
 
Leggere per tre volte consecutive una medesima pagina e non riuscire a comprenderne il significato è un chiaro segnale d'allarme che non può essere ignorato, soprattutto quando al terzo tentativo le lettere cominciano ad imbizzarrirsi come Ippogrifi permalosi, diventando sfocate ed illeggibili. Chiudi il libro e ti rassegni a riporlo sul bracciolo della poltrona, segnandoti mentalmente il punto in cui ti sei fermato. Lo riprenderai l'indomani, non c'è alcuna fretta.
La stanchezza è giunta puntuale anche questa sera, come sempre in punta di piedi, come sempre senza alcun preavviso che ti possa preparare ad accoglierla. Arriva, ti abbraccia con il suo manto intessuto d'oblio, ti sfiora le palpebre per renderle pesanti e poi se ne va, compiaciuta del lavoro fatto. Non che tu ti sia sforzato di combatterla in qualche modo, ormai non ha più senso: puoi permetterti senza timore una notte di sonno che ti ripaghi di una lunga giornata lavorativa in cui a dettare il ritmo sei solo tu e nessun altro.
D'accordo, e ora?
Beh, alzarti devi alzarti, se vuoi raggiungere il letto al piano di sopra.
Il problema è come.
Simile, il nuovo inquilino che questa mattina ti è piombato in casa per colpa di Minerva, dorme beatamente sulle tue gambe. È così minuscolo da essere tranquillamente tenuto in una mano ed avere ancora spazio per altro. Lo osservi per qualche istante, perdendoti in una contemplazione attenta e silenziosa: svegliarlo per andare a dormire adesso ti sembra quasi un crimine. Però non puoi nemmeno rimanertene lì tutta la notte solo per non infastidirlo. Tra i due il padrone sei tu, questo è un concetto che dovrai mettere in chiaro fin da subito.
Lo prendi con la maggior delicatezza possibile, come se tra le tue mani fosse adagiato un fragile tesoro dal valore inestimabile. Ti accorgi solo quando sei in piedi di aver praticamente trattenuto il respiro per non turbare questo piccolo idillio. E ti rendi conto che avresti anche potuto usare la magia. Perché diamine non ci hai pensato prima?
Ti rispondi da solo, quando realizzi che le tue dita stanno accarezzando il piccolo animale, un gesto quasi inconsapevole dettato dalla voglia spasmodica di donare vero calore.
Nessuno ha mai voluto una carezza da Severus Piton, nessuno. Chi sei tu, poi, per poterne donare? Ma soprattutto, chi sei anche per sperare di riceverne?
Niente, solo un essere nero e marchiato, immeritevole di qualsiasi forma di affetto da offrire o accogliere.
Chiudi gli occhi, scuotendo piano la testa, come a scacciare via questi brutti pensieri che d'improvviso sono arrivati come uno sciame molesto di ombre che non vede l'ora di cibarsi dei tuoi attimi di tristezza.
È tutto passato, Severus. È tutto andato via, lontano, lavato dalle lacrime di una Fenice prima e dalle tue poi, piante sommessamente davanti ad una lapide bianca, finalmente libero di toglierti quella maschera odiosa con cui hai celato a tutti il vero te stesso. Fino a quando ad asciugarle con gesto materno non è intervenuto il tocco inaspettato di Minerva, arrivata accanto a te senza farsi sentire.
Visto che una carezza l'hai ricevuta?
Da Minerva, poi…
Minerva, grande e fortissima donna.
Tenera e austera come lei sola sa essere. Anche in forma felina, con una zampa sul braccio pronta a liberare gli artigli nel malaugurato caso tu avessi lasciato una minima briciola della tua cena forzata. È accaduto meno di ventiquattr’ore fa ed ancora stenti a crederci, ma il batuffolo di pelo nero come la notte tra le tue mani non è certo un sogno ad occhi aperti.
Smile muove un orecchio, infastidito. Perso nei tuoi pensieri stillanti malinconia hai smesso di accarezzarlo e lui se n’è accorto ugualmente. Incredibile quanto un’assenza possa turbare più di una presenza indesiderata, tu lo sai bene, vero? Lo sfiori un paio di volte, lasciandoti cullare tu stesso da questo gesto che ti dona una pace senza nome, ma che ti fa stare bene. E quando lo deponi nel cesto non puoi che farlo a malincuore. Minerva ha fatto proprio le cose per bene, aggiungendo al regalo una morbida coperta verde smeraldo che viene adagiata con solerte delicatezza sul piccolo felino.
Merlino, Severus Piton che rimbocca una coperta.
Peggio, Severus Piton che rimbocca una coperta ad un gattino.
Sei diventato matto?
Ti rialzi di scatto, improvvisamente allarmato, guardandoti attorno quasi con frenesia, come se da qualche parte ci fosse qualcuno che abbia potuto assistere all'evento per spifferarlo ai quattro venti.
Ti concedi un fremito d'orrore che percorre tutta la colonna vertebrale da cima a fondo, hai pur sempre una reputazione da difendere.
Riduci le fiamme al minimo con un veloce colpo di bacchetta e nella stanza scende una penombra debolmente illuminata. Meglio lasciare in fretta il luogo del crimine.
La notte dispensatrice di riposo da qualche tempo ha deciso di diventare tua amica, chi sei tu per impedirlo? Gli incubi degli anni passati stanno diventando sempre più sbiaditi, quanto la pallida ombra del Marchio Nero sull'avambraccio. Con questa certezza puoi dirigerti senza indugio verso le scale.
 
«Meow.»
 
Il piede si muove dal secondo gradino per salire il terzo, ma il quarto non viene raggiunto.
La speranza di aver sentito male prova a proporsi come alternativa, ma già vacilla incerta come un funambolo ubriaco.
 
«Meow.»
 
No, non può essere.
Forse proviene dall'esterno, forse è un gatto randagio davanti alla porta di casa, forse…
 
«Meow!»
 
Macché gatto randagio!
Il tuo felino in salotto basta ed avanza.
Un quarto richiamo è ancora più accorato dei primi tre, risuona come un disperato grido d'aiuto che non può essere ignorato, straziante da stringere il cuore.
Torni indietro, giusto in tempo per vedere Smile scendere goffamente dalla cesta tirandosi dietro la coperta. Sul pavimento atterra un vivace fagottino verde, da cui spunta un orecchio. Il resto del muso arriva qualche istante dopo. Alzi gli occhi al cielo, un gesto di finta disperazione mitigata da un sorriso che giunge più rapido del previsto. Riponi coperta e felino dov’erano prima senza proferire parola, ma con un sospiro che ne vale cento.
Forse una carezza sul capo avrà il potere di calmarlo, non credi?
Magari anche due… o tre.
Dopo molte altre, così tante da averne perso il conto, Smile si è finalmente addormentato e tu sei libero di riprendere il tuo cammino verso il letto.
 
«Meow.»
 
Come non detto.
Stavolta di gradini ne hai fatti sette.
Non puoi andare a ricontrollare, no, ne va del tuo orgoglio di mago.
 
«Meow!»
 
Per la barba di Merlino, non puoi ridurti a fare da balia, nemmeno per sogno!
Forse è il caso di fare un po' la voce grossa con il nuovo inquilino, non credi? Adesso torni indietro, lo rimproveri a dovere e gli reciti la regola fondamentale che vige in questa casa: io sono il padrone, mentre tu
Ma non fai a tempo, perché d’improvviso il cuore ti si stringe in una morsa di commozione quasi dolorosa.
Questa volta Smile ti è letteralmente corso dietro, puoi vederlo dall'alto dei tuoi sette scalini. Con le zampe ancora troppo corte e deboli cerca di affrontare la scalata, ma riesce a malapena a mettere quelle anteriori sul primo gradino, in un vano tentativo di seguire i tuoi passi. Non le puoi vedere, ma le immagini eccome, le zampe posteriori che scalciano l’aria e non riescono a dargli l’aiuto per salire. Il miagolio di desolazione che risuona nel silenzio ha il potere di trasfigurarti in una gelatina dal cuore tenero.
Impossibile restare indifferenti.
Impossibile non sorridere di fronte a questo morbido esserino di pelo che ti fissa speranzoso, miagolando con insistenza la sua richiesta di non essere lasciato solo.
Scendi le poche scale con aria rassegnata, sai già cosa devi fare, vero?
Ma solo per questa notte, che sia ben chiaro.
Severus, conosci fin troppo bene cosa sia la solitudine. Nessuno dovrebbe mai provare un simile vuoto, il gelo che porta con sé, il buio che circonda l'anima in un abbraccio che mozza il respiro.
Prendi cesto, coperta e gattino. È solo così che riesci a salire le scale in santissima pace.
«Solamente per questa notte, sei avvisato.» esclami sottovoce, adagiando il tutto sulla sedia vicino alla finestra. Sotto il verde, gli occhi gialli sembrarono ammiccare in risposta e seguono ogni tuo gesto.
Il cuscino accoglie la tua testa piena di pensieri, di punti interrogativi ed esclamativi che fanno a gara su chi abbia la precedenza per essere analizzato, la mano sulla fronte intenta in un massaggio che dovrebbe avere il compito di schiarire le idee.
Non vivi più da solo, forse qualche abitudine potresti adattarti a cambiarla.
Il problema sono quali e come.
Non puoi certo metterti a dormire tutte le notti con un gatto acciambellato in camera, non sei mica un bambino, no?
Ti giri su un fianco, osservando la cesta nella penombra della notte illuminata dalla luna che filtra dalle tende. È come se un pezzetto della tua solitudine fosse appena stato spazzato via, lasciando al suo posto una placida sensazione di benessere che s’adagia in fondo al cuore. Ci sono stati momenti in cui questa pace l’hai vagamente sognata, pentendoti subito dopo per aver osato credere che un giorno ti sarebbe stata concessa.
Ora puoi coglierla.
Ma che sia ben chiaro, reciti subito a te stesso con tono imperioso, bisogna che il nuovo inquilino rispetti le regole di questa casa.
Domani mattina, però.
Per questa sera puoi anche fare un'eccezione, Smile non parlerà, la tua reputazione è ancora al sicuro.
Non lo sai nemmeno tu il perché, forse è il desiderio di condividere questo minuscolo ed insignificante attimo così privato. Fatto sta, che non puoi fare a meno di dirlo.
«Buonanotte.» sussurri chiudendo gli occhi stanchi, pronto a lasciarti andare tra le braccia di Morfeo.
«Meow.» è l’immediata risposta, minuta quanto il suo padrone.
La tua sommessa risata divertita riempie la stanza e si spegne lentamente, andando incontro al sonno che avanza.


***

Ehm... se non v'è venuta la carie una volta arrivati alla fine, vi dico solo che le recensioni sono sempre gradite, soprattutto le critiche costruttive riguardo trama e stile narrativo.
Chiara

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Capitolo 2
*** Routine ***


Titolo: Micizia - Routine
Data: marzo 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Tipologia: Introspettivo, Fluff, Slice of life
Personaggi: Severus Piton, Sopresa
Pairing: nessuno
Epoca: post HP7
Avvertimenti: What if
Riassunto: Una nuova vita per Severus Piton. Ed un sorriso tutto per lui. Anzi, un vero e proprio Smile. E la routine quotidiana avrà una nota di carattere in più.
 
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. 
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 
Nota: Questa storia fa parte della serie “Micizia”, la quale vuole essere il seguito ideale della ff “Smile”. Ogni storia può essere letta come storia a sé stante, tuttavia è mia intenzione mantenere un filo cronologico che leghi gli eventi. Per questo motivo indicherò man mano in un indice l’esatta cronologia in cui leggere le varie fanfiction.
 
Cronologia storie:
1. Smile
2. Micizia – Quando tutto ebbe inizio (in fase di stesura)
3. Micizia – Insieme
4. Micizia - Routine
5. Micizia – Ombre



 
*** Micizia ***
 


 
Routine


 
      
Tagliare, sminuzzare, tritare, ridurre in polvere sottile.
Azioni consuete, che hanno il pregio di chiuderti in una bolla nella quale sei il re indiscusso. Azioni che per te sono comuni quanto il respirare.
Quanto il vivere – potresti aggiungere – e non è un gioco di parole, non ora che alzarti al mattino, lavorare, leggere ed andare a dormire la sera sono appuntamenti con cui hai finalmente fatto pace, nessun dovere assoluto a cui aggrapparti per andare avanti.
Tu basti ed avanzi per camminare senza più incertezze o angosce lungo il percorso della vita.
L’incantesimo di Appello fa volare il barattolo di vetro direttamente nella tua mano. Con calma e perizia vi poni la corteccia di salice tagliata grossolanamente in pezzi disuguali. Richiudi tutto ermeticamente ed il barattolo torna lentamente a posarsi da dov’era venuto, sul ripiano della cucina, ma questa volta accanto ai suoi simili già colmi di altri ingredienti.
Prima abitudine cambiata, Severus, è inutile che ti ripeti il contrario.
La preparazione di ogni sostanza per le tue pozioni l’hai sempre fatta in cantina, alla luce delle due fiaccole sul soffitto e della piccola finestra a bocca di lupo che dà sul fazzoletto di giardino sul retro. Non è vero che ora hai bisogno di più illuminazione, sapresti suddividere qualsiasi cosa anche bendato.
Neghi l’evidenza con tutto te stesso, tentando di non guardare altrove, di non alzare gli occhi per incontrarne altri due, gialli, che non perdono di vista nemmeno un tuo movimento, un tuo sospiro.
Non è vero che hai portato la cesta sul tavolo della cucina per avere compagnia, non è assolutamente vero. Semplicemente vuoi evitare altri episodi come quello di questa mattina, quando hai cercato questo batuffolo dal pelo nero per mezza casa. Non ti ha preoccupato la dote di esploratore curioso che appartiene a tutti i cuccioli, ma piuttosto il fatto che potesse cacciarsi in qualche guaio senza che tu potessi intervenire.
È pur sempre una piccola vita che ti è stata affidata. Con quattro zampe, baffi e coda, ma a te spetta averne cura. E sei deciso a farlo più che mai, soprattutto adesso che è ancora piccolo ed ha bisogno di te.
No, no ed ancora no, non sei tu che hai bisogno di lui. È entrato nella tua vita solo ieri mattina, per Merlino, non facciamo i sentimentali!
Però lo hai cercato, qualche ora fa. Prima in silenzio, osservando accuratamente ogni angolo della casa. Sotto i mobili, nella camera da letto, sotto la poltrona. Niente, Smile sembrava scomparso nel nulla. Poi ti sei rassegnato a chiamare il suo nome, sottovoce, quasi vergognandoti di quella preoccupazione così insolita, sperando in un miagolio che t’indicasse dove guardare.
È stato in quel momento che l’hai rivisto. È passato davanti a te, come in un ricordo in un Pensatoio o in un film Babbano che scorre sul televisore.
Un bambino piccolo e gracile, dai profondi occhi neri ed i capelli corvini, l’aria triste di chi non sa trovare un suo posto nel mondo. Un bambino in cerca di un cantuccio remoto tra queste pareti, in cerca di un nascondiglio per non sentire, non vedere.
Non esistere.
Con un disperato bisogno di amare ed essere amato, di essere accettato per quello che è, anche se malvestito, anche se strano.
Hai scosso la testa, lasciando che il ricordo tornasse ad essere solo immagine sbiadita nelle pieghe del tempo. Difficile – anzi impossibile – posare gli occhi su qualsiasi punto di questa casa e non lasciarsi andare a memorie che appartengono ad un lontano passato, ad un’altra vita che talvolta sembra così distante e che a tratti, invece, irrompe nei tuoi pensieri con la delicatezza di un Troll in un negozio di cristalli.
Fino a quando il dondolio del mantello appeso in entrata non ti ha insospettito e ti ha riportato al presente. Quel che è stato un tempo non ti spaventa più, ma ha ancora il potere di donarti una goccia di tristezza che si mescola inesorabile alla pace che si sta costruendo attorno a te, riuscendo per qualche istante ad offuscarla come nebbia sottile.
Intanto hai ritrovato il tuo gatto, perfettamente mimetizzato tra l’altro, aggrappato alla stoffa con tutte e quattro le zampe come un alpinista disperato che cerca di conquistare la vetta più ambita. Ancora qualche centimetro e sarebbe finito inevitabilmente in una delle tasche… ma non c’erano proprio altri posti da esplorare, eh?
L’appunto mentale di un collarino colorato – verde, magari – balza in cima alla lista delle cose che devi comprare l’indomani a Diagon Alley e già immagini la faccia sbalordita del commesso che se lo vedrà chiedere da parte di Severus Piton.
Gli hai riservato la tua occhiata dei tempi migliori, quella con cui eri solito intimorire Potter colto in flagrante dopo aver combinato qualche guaio. Ma nel frattempo una parte di te ha respirato di sollievo e deciso di non lasciarsi andare ad alcun tipo di rimprovero, limitandosi ad un controllo a vista nella cucina illuminata da un pallido sole autunnale.
Bene, è venuto il momento di ridurre in polvere la corteccia.
Il pestello macina senza sosta, il movimento e la rotazione del polso che imprimono forza e frantumano sono da manuale, come sempre.
Il tempo scorre veloce, ci sei solo tu ed il tuo lavoro di pozionista, sempre perfetto, sempre accurato. I lunghi capelli corvini ti ricadono in avanti coprendoti il volto, ma non hai bisogno di vedere per sapere a che punto fermare la macinatura, ti basta sentirne la consistenza sotto l’utensile di marmo.
Nell’altra stanza il pendolo batte dodici rintocchi.
Per l’ennesima volta in poche ore un altro barattolo di vetro vola nella tua mano.
 
***
 
Abitudinarie operazioni di riordino.
I recipienti vengono portati in cantina, allineati con cura sugli scaffali, aggiunti ad una fornita collezione che supera di gran lunga molti altri maestri di pozioni del mondo magico. Sul tavolo della cucina resta solo la corteccia non trattata, da richiudere accuratamente in un sacchetto di tela grezza e poi…
No!
Smile non sembra essere del tuo stesso parere e balza fuori dalla cesta. Il cordino che dovrebbe legare il sacchetto diventa in un attimo al centro di un tiro alla fune improvvisato, artigli felini contro mano umana. Era stato troppo buono fino ad ora, è logico che adesso voglia giocare.
Tu però devi finire di mettere in ordine!
Non cedi e nemmeno lui, in una lotta che sembra quella tra uno gnomo ed un gigante.
In un angolo di te, da qualche parte imprecisata, un bambino dal viso smunto e gli occhi d’ossidiana esce dal suo nascondiglio nel buio e si lascia andare ad una piccola risata allegra e sorpresa. Forse sta succedendo sul serio: qualcuno vuole giocare con lui e non guarda se ha brutti vestiti, se è povero e malmesso, se è “strano”, forse… no, non è possibile, è troppo bello per essere vero.
Ti arrendi ed abbandoni la battaglia, questa non è l’unica cordicella che possiedi per chiudere un sacchetto di tela. L’oggetto della contesa è lasciato al tuo avversario, per questa volta siete pari.
Smile ti fissa stupito, la testa reclinata di lato. Sdraiato sulla schiena e con il cordino tra le zampe smette di dimenarsi, osservandoti con occhi curiosi e con un’espressione simile ad un broncio.
O almeno così ti pare.
Beh, umano, non vuoi più giocare con me?
Ciò che aveva scatenato la lotta perde ogni interesse e viene lentamente lasciato andare, mentre quello sguardo impossibile da fraintendere non sembra intenzionato a sparire e continua a fissarti.
Lui non vuole nessun cordino.
Vuole te.
Il bambino dagli occhi neri aspetta trepidante la tua risposta, gli occhi che implorano una richiesta importante più della sua stessa vita, fame d’amore mai stata saziata. Allo stesso modo fa la tua palletta di pelo su questo tavolo vecchio e un po’ malmesso, le zampine che annaspano all’aria alla ricerca di una carezza, di un contatto, di un gioco di cucciolo.
La corteccia di salice può attendere, Severus, il mondo non finisce domani se tardi a chiudere questo benedetto sacchetto.
Torni a stendere la mano e la lotta riprende.
Il bambino dai vestiti sempre troppo grandi per lui ricomincia a sorridere felice.


***

Angolino autrice: troppo sdolcinata? Dite pure.
Non ho gatti, quindi se notate comportamenti che ho descritto in modo errato sarei lieta se me lo faceste sapere, tutto quel che descrivo si basa sull'osservazione dei felini altrui e sulla mia personale fantasia.
      

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Capitolo 3
*** Ombre ***


Titolo: Micizia - Ombre
Data: marzo-aprile 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, fluff, slice of life
Personaggi: Severus Piton, sorpresa
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: what if
Riassunto: Questo posto è intriso di ombre e ricordi, sì.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. 
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 
NotaQuesta storia fa parte della serie “Micizia”, la quale vuole essere il seguito ideale della ff “Smile”. Ogni storia può essere letta come storia a sé stante, tuttavia è mia intenzione mantenere un filo cronologico che leghi gli eventi. Per questo motivo indicherò man mano in un indice l’esatta cronologia in cui leggere le varie fanfiction.
 
Cronologia storie:
1. Smile
2. Micizia – Quando tutto ebbe inizio (in fase di stesura)
3. Micizia – Insieme
4. Micizia - Routine
5. Micizia - Ombre



 
*** Micizia ***

 
 
Ombre
 

Il soffitto non più bianco è attraversato da un angolo all’altro da una profonda crepa irregolare che si snoda a zig-zag sull’intonaco. Vi siete visti crescere a vicenda, tu e lei. Tu diventavi ogni giorno più alto – mentre l’orlo dei vecchi pantaloni smessi rimaneva invece sempre lo stesso – lei, partita prima dalla parte più interna della stanza, camminava pian piano in direzione opposta, verso la finestra.
A ben guardarla sembra quasi una ruga d’espressione, una di quelle che attraversano la fronte dei meditabondi quando sono immersi in un pensiero profondo quanto l’oceano. Una ruga, sì, come se l’intera casa si fosse mostrata perplessa per quel che avveniva tra le sue pareti progettate per proteggere, dare riparo ed accogliere, non per assistere ad anni di pianti, silenzi accusatori ed immane sofferenza.
Un respiro profondo e adesso passa tutto, Severus.
Bugiardo.
E ti viene da chiederti perché il passato si chiama così se invece torna puntualmente presente ad infastidirti peggio di un moscone molesto.
Abbassi lo sguardo sul resto della camera. Di alzarti dal letto ancora non se ne parla, prima devi rituffarti in ogni singolo ricordo per poterlo cacciare a sonore pedate dal nuovo giorno che inizia, non puoi sfuggire al passato semplicemente aggirando l’ostacolo, lo sai.
E questa casa è impregnata di memorie.
Dell’armadio in legno scuro di fronte a te sapresti distinguere e ricostruire ogni particolare anche ad occhi chiusi. L’anta sinistra sulla quale un nodo del legno ha lasciato una vistosa e circolare macchia scura, la scheggiatura proprio alla sommità dello specchio al centro, uno dei due pomelli di destra più ruvido ed opaco del suo gemello.
E poi c’è quel minuscolo anfratto tra il mobile e la parete, così piccolo che solo un bambino ci potrebbe passare. Un bambino che vi si nasconde di corsa, con il cuore in gola ed il respiro affannato, gli occhi che bruciano per lacrime che egli non vuole far scendere per non sembrare a se stesso ancora più debole. Quel bambino gracile e malvestito ha solamente sette anni. Ha le mani sulle orecchie per non sentire le urla che provengono dal piano di sotto; negli occhi sbarrati un’immagine ferma, giorno dopo giorno, si fissa a fuoco vivo sulla memoria, una sorta di marchio indelebile quasi peggiore di quello che anni dopo si ritroverà sull’avambraccio poiché destinata a non sbiadire mai: le venature chiare che sul pannello di legno si snodano flessuose, s’intrecciano e si rincorrono.
L’unica cosa visibile dal suo rifugio improvvisato.
E nel tempo futuro ogni volta che s’affaccerà il ricordo di quegli istanti giungerà subitanea anche quell’insolita immagine, una straziante associazione di idee, sentimenti e reminiscenze.
Stringi i pugni sotto le coperte.
Hai finito, Severus? C’è dell’altro amaro che ti vuoi sorbire di prima mattina? Altre ombre vogliono venire a darti il buongiorno?
Maleducate, sanno benissimo di non essere invitate, non più.
Il primo raggio di un pallido sole novembrino s’insinua timido nella stanza, attraversando la finestra dalle imposte aperte.
Ecco il primo pensiero positivo della giornata. Lo accogli come un naufrago stremato che si vede arrivare all’improvviso una zattera di salvataggio.
Ti permetti di rilassarti un po’ ed è con un bel respiro profondo ed il raggio di sole negli occhi che le ombre si diradano fino a scomparire, inghiottite dal giorno che avanza lentamente in questa casa e nella tua esistenza.
Il segno tangibile di una pagina voltata nel libro della vita è tutto in una finestra spalancata sul mondo e non importa se ad incorniciarla ci sono delle vecchie tende color panna ingrigita.
Basta oscurità, basta ombre della notte che t’assalgono senza pietà ricordandoti la tua colpa, basta risvegli al buio per mantenere l’ambiente circostante in assonanza con la tua anima.
Di rimorsi e rimpianti non ce ne sono quasi più – e a che servirebbero, poi, in questo momento? –  ma l’amarezza è rimasta sul fondo del calice della quotidianità ed il suo retrogusto ogni tanto si fa più persistente ed insopportabile al palato.
Un altro raggio di sole fa capolino. Manca poco più di un mese al solstizio e presto vedrai sorgere l’astro direttamente dalla finestra della stanza, un piccolo lusso che il caso ti ha concesso forse per addolcire gli inverni della tua solitudine. Va a finire direttamente sulla poltrona accanto alla porta, accarezzando la stoffa verde scuro che sui braccioli s’è fatta consunta e la casacca nera rigorosamente piegata ed adagiata sullo schienale.
Un altro respiro profondo, l’ennesimo da quando ti sei svegliato.
Se il buongiorno si vede dal mattino…
Se fossi un po’ più pigro prenderesti in seria considerazione l’idea di non alzarti nemmeno, di chiudere gli occhi e far evanescere per sempre le ombre che ora se ne sono momentaneamente andate, ma che rimangono comunque là fuori in attesa di un tuo minimo atto di debolezza.
Devi ancora stare in guardia da te stesso, il giudice più inflessibile che tu abbia mai incontrato.
Se fossi un po’ più pigro… e se lo diventassi sul serio, solo per una volta?
In fondo, che male ci sarebbe?
Ma a quanto pare hai fatto i conti senza l’oste.
C’è chi sembra averti letto nel pensiero e vuole esprimere tutto il proprio disaccordo.
A modo suo, ovviamente.
D’improvviso il lenzuolo ai piedi del letto viene strattonato energicamente, tanto che sei costretto a metterti immediatamente a sedere e a trattenere la stoffa con entrambe le mani per non farla scivolare via del tutto.
Ma che…?
Oh.
Non ti rimane che aspettare paziente, una smorfia divertita ti compare sul volto prima che tu abbia il tempo di rendertene conto. Lo specchio dell’armadio davanti a te riflette la tua espressione inconcepibilmente assurda e colui che ne è la causa. Vorresti affrettarti a farla scomparire, ma le orecchie che spuntano dal fondo riescono solo ad accentuarla.
Merlino, quanto sei diventato smielato, Severus.
Il tuo sopracciglio destro vola velocemente verso l’alto nel tentativo di rimproverarti tramite un riflesso, invece l’unica cosa sensata che riesci a pensare è “al diavolo le lenzuola graffiate”.
Sei perduto, Severus, inesorabilmente perduto.
Il musetto nero adesso è tutto visibile, assieme alle zampe anteriori che artigliano stoffa e materasso senza troppi problemi. La tua mano già protesa in avanti diventa promessa di una calda carezza come premio per l’ambita scalata.
E mandi al diavolo pure il tuo gemello riflesso.
Questo buongiorno è tutto per te.
Smile non si fa attendere ancora a lungo e con un ultimo balzo conquista il letto. Zompetta sicuro, strusciando con letizia felina la testa sul tuo palmo, i gialli occhi socchiusi in segno di apprezzamento.
Chiodo scaccia chiodo, recita un proverbio Babbano.
Ecco un nero che manda via tutte le ombre oscure. Una macchietta giocherellona e dispensatrice di fusa più luminosa del sole che adesso entra completamente nella stanza con il suo alone giallo pallido.
Il sorriso che ti fa spuntare questa palletta di pelo è qualcosa che non riesci a controllare e che ti fa benedire il giorno in cui hai categoricamente rifiutato ogni ritratto per tenerti compagnia tra queste pareti.
Qualcuno lo chiama ritrosia, altri pudore. Che lo definiscano come vogliono. Ma come hai desiderato con tutto te stesso celare al mondo la sofferenza che aleggiava in quest’abitazione, ora sei altrettanto restio a mostrare a chiunque altro il sorriso che troppo spesso ti affiora sul volto non appena Smile entra nel tuo campo visivo. Celarlo a chiunque, a volte perfino a te stesso.
Smile miagola con insistenza, costringendoti a prestare attenzione a lui e non alla tua autocommiserazione. Anche in questo è un campione, non c’è che dire. Ti distrae da te stesso, ti regala un’altra ragione per alzarti ogni giorno.
Ha fame. Viva la praticità che trionfa sulle tue veleggianti riflessioni sul senso della vita.
Un’ultima carezza e finalmente ti alzi, lasciandolo sul letto. Quando ritorni lui ti attende con aria sorniona comodamente acciambellato sul tuo cuscino. Sembra la statua di una di quelle divinità egizie, stesso portamento altero e completamente indifferente al resto del mondo.
 
Ripeti un po’, che cosa vorresti, umano?
 
Più che al resto del mondo è del tutto indifferente al tuo rimprovero, accolto con un semplice sventolio della coda e delle fusa ancora più rumorose, gli occhi gialli che ti sfidano fissandoti intensamente.
Monello, e adesso?
Indifferenza per indifferenza. Smetti di borbottare e fingi noncuranza, avviandoti deciso verso la porta senza rivolgergli più alcuna parola. È un sistema che vince sempre.
Infatti.
Con una mossa fulminea Smile scende dal letto – anzi no, dal tuo cuscino – e quasi ti fa inciampare nel sorpassarti per dirigersi verso le scale. La prima schermaglia della giornata si è conclusa. In serata farai il conteggio serenamente seduto in poltrona.
Caffè bollente, senza latte né zucchero. Lo sorseggi con calma appoggiato al mobile della cucina, osservando il tuo coinquilino che poco distante si tuffa ingordo sul piattino colmo di latte agitando sinuosamente la coda.
Ecco un nero che caccia tutte le ombre, pensi nuovamente.
Socchiudi gli occhi nel fissare il tuo piccolo amico, la tazza tra le mani ormai vuota ma ancora calda, l’aroma di caffè che continua ad aleggiare nell’aria. Lui ti restituisce uno sguardo tranquillo accompagnato da gocce di latte sul naso e sulle vibrisse.
Scuoti la testa, rassegnato a questo sodalizio che ogni giorno ti piace sempre di più.
E sorridi, questa volta apertamente e senza farti rimproveri.
Questo posto è intriso di ombre e ricordi, sì.
Ma nulla e nessuno ti vietano di raccontare a queste mura anche di un’ombra felina perennemente curiosa e vogliosa di giocare. E forse, poco alla volta, i nuovi ricordi avranno l’emblema di due occhi gialli che ti scrutano amichevoli.

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Capitolo 4
*** Con occhi diversi - prima parte ***


Titolo: Micizia - Con occhi diversi-prima parte
Data: luglio 2013
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, fluff, slice of life
Personaggi: Severus Piton, sorpresa
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: what if
Riassunto: Hai desiderato per tutta la vita di essere guardato con occhi diversi, Severus.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. 
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 
Nota: Questa storia fa parte della serie “Micizia”, la quale vuole essere il seguito ideale della ff “Smile”. Ogni storia può essere letta come storia a sé stante, tuttavia è mia intenzione mantenere un filo cronologico che leghi gli eventi. Per questo motivo indicherò man mano in un indice l’esatta cronologia in cui leggere le varie fanfiction.
 
Cronologia storie:
1. Smile
2. Micizia – Quando tutto ebbe inizio (in fase di stesura)
3. Micizia – Insieme
4. Micizia - Routine
5. Micizia - Ombre
6. Micizia - Con occhi diversi-prima parte





Con occhi diversi – prima parte

 


Buio e dolore.
Oscurità e risate.
Notte di luna nuova, notte in cui l’astro notturno assiste alla malvagità umana senza essere visto. Chissà, forse vorrebbe addirittura non vedere, non gli si può dare torto.
Ti manca ogni cosa.
Fiato per respirare, voce per gridare, forze per muoverti.
Puoi solo strisciare.
Sotto la mano sinistra che artiglia la terra, l’erba è umida e fredda.
Il braccio destro è stretto in una morsa letale. Fa male. Fa troppo male da sopportare perfino per te, che da sempre sei stato abituato a resistere fin oltre ogni limite.
E l’Oscuro ride.
Ride di te, della tua debolezza, del tuo strazio.
Ride del tuo essere così chinato, quasi prostrato, suddito a tutti gli effetti che non ha dignità propria, che non possiede più nemmeno se stesso.
Ride e ti fissa con quegli orridi occhi dai bagliori rossastri su un volto serpentino ancora più orrido. In te vede solo una misera pedina e nulla più, un trastullo da gettare via senza rimpianti quando non ci sarà più bisogno, un numero tra i suoi seguaci da considerare sempre e solo inferiori.
Ombre oscure ed immobili stanno all’intorno ma nessuna di esse fiata, il cerchio dei Mangiamorte è al completo e tu per questa notte sei lo spettacolo principale.
Non può essere vero tutto questo, lo senti con ogni fibra del tuo essere. Questa realtà te la sei lasciata alle spalle da un pezzo, Voldemort – oh, sì, vedi che riesci anche a pensare al suo nome senza chiamarlo “Oscuro Signore”? – è morto e sepolto, sconfitto per sempre.
L’amore lo ha vinto, anche il tuo.
Non è vero tutto questo, non è vero, non può essere vero.
Svegliati, Severus, svegliati dannazione!
Il braccio destro continua a dolere e lacrime di frustrazione scendono incontrollate dagli occhi, mischiandosi alla rugiada del terreno.
Se tutto questo non è vero, perché allora fa così tanto male?
Quanto manca per il biglietto di sola andata per la pazzia?
La risata dell’Oscuro Signore si alza di tono, diventando ancora più stridula ed insopportabile.
Con un ultimo barlume di lucidità ti aggrappi ad una speranza sempre più flebile, la mano sinistra affonda nella terra, le unghie scavano alla ricerca di un fondo da cui risalire.
Con un sussulto di forza che non sai da dove provenga, non ti rimane altro che aprire gli occhi di scatto e scalciare con foga il terreno sotto di te.
 
 
La sensazione di vuoto ha il potere straordinario di svegliarti del tutto.
In un instante realizzi dove ti trovi.
E comprendi perché i comodini si chiamano proprio così: perché sono comodissimi come appiglio improvvisato. Specie quando si è così tanto in bilico sulla sponda del letto che è impossibile non cadere giù.
Tonfo evitato per un pelo.
Gran bel risveglio, Severus, non c’è che dire.
Un ricciolo di polvere si mostra placido sul pavimento nello spazio tra il piccolo mobile ed il giaciglio.
Sbatti le palpebre, aggrottando la fronte come per studiarlo meglio.
E quello da dove salta fuori?
Ma soprattutto, perché diamine te ne stai ancora così?
Alzati da questa posizione assurda in cui ti sei ritrovato, su!
Ahi!
Il perché è presto detto, così come il gemito incontrollato che ti sfugge tra i denti.
Non puoi fare leva sul braccio destro, non riesci nemmeno a muoverlo, è il sinistro che deve fare tutto ed usare il comodino come punto d’appoggio.
Com’era quel proverbio Babbano?
Chi ben comincia, eh?
Riacquisti una posizione seduta che arrivi almeno alla decenza solo dopo parecchi sforzi e con più di qualche sbuffo di sottile impazienza mista ad indignazione. L’arto informicolato intanto poco alla volta riprende la sensibilità perduta e lo fa con una sgradevole sensazione di mille aghi conficcati al suo interno e che si spostano continuamente senza darti pace, come minuscoli insetti.
Massaggiare dalla spalla in giù, aprire e chiudere la mano più volte per tornare a far circolare il sangue, sono gesti che compi ancora ed ancora.
La vista è un po’ annebbiata per le lacrime piante durante il sonno.
Ti tocchi il viso e non ti stupisci di trovarne le guance bagnate.
Con un sospiro amaro cancelli ogni traccia di quel pianto che ti fa solo rabbia e stringere i denti.
La stanza è ben illuminata – troppo – e fuori il sole è già sorto da un pezzo. Le otto del mattino devono già essere abbondantemente passate.
Non è da te svegliarti a quest’ora. Tu sei amico dell’alba, che sia inverno, estate o qualsiasi altra stagione o giorno della settimana. Hai sempre amato i raggi del primo sole, tenui e quasi timidi, ma così caparbi nel cacciare le tenebre. Ti hanno sempre dato la speranza che la più forte oscurità fosse vincibile anche grazie solo ad un piccolo spicchio di luce impalpabile, che non sarebbe comunque mai stata per te, ma almeno per le persone che negli anni avevi giurato di proteggere.
Un ultimo movimento del braccio finalmente tornato se stesso.
Lui è a posto, ora tocca a te.
No, decisamente non ti piace dormire fino a tardi, ti dà la sensazione di esserti perso qualcosa di importante.
Così come non è da te avere ancora incubi. Quanto tempo è passato dall’ultimo? Giorni… no, settimane, sicuramente più di un mese.
A suo modo anche questa è una vittoria.
Non puoi cancellare il passato con un semplice colpo di spugna, ti devi accontentare di subirlo a piccole dosi.
Indubbiamente è pur sempre meglio di prima.
Però quell’incubo era così vivido, reale e doloroso che nella mano sinistra ti sembra ancora di sentire la consistenza dell’erba.
Inorridisci al solo ricordo.
Ed in bocca il sapore salato delle lacrime che non sei riuscito a nascondere ha un retrogusto amaro, amarissimo, perché no, nel sogno tu quel passato non lo volevi più rivivere.
Così come non lo vuoi adesso.
La pietra tombale del “mai più” è ancora lontana dall’essere posta, l’inconscio trova sempre modi incredibili per aggirare anche la volontà più ferrea.
Anche se questa volta non devi incolpare lui, ma le incredibili associazioni che può fare il cervello umano perfino in stato di sonno.
E, guarda guarda, puoi incolpare anche qualcun altro…
Oh sì, puoi, ora che hai ripreso finalmente il totale controllo di te: respiro normale, battiti del cuore più calmi ed in arrivo una solenne arrabbiatura degna dei tempi che furono.
Lo dimostri con un sopracciglio alzato – anzi no, due – perché è per colpa sua se sei ancora confinato nella parte più estrema del letto, in bilico meglio di un equilibrista.
E che Merlino ti assista se questa volta non ti scappa un rimprovero da manuale.
Smile dorme beatamente al centro del tuo letto.
Completamente disteso, in barba alla proverbiale dote dei gatti di raggomitolarsi fino all’inverosimile.
Al centro.
Disteso.
E di traverso.
Ed il suo stupido padrone nel sonno si è spostato fino al limitare dello spazio ed oltre.
La decisione di non farlo più entrare nella tua stanza è presa in un baleno. La punta di afflizione che senti nascere nel petto la cataloghi velocemente come smanceria inutile a cui ti rifiuti di sottostare, la imbavagli senza pietà e la spedisci lontano senza troppe cerimonie.
Ci sono limiti da non oltrepassare.
Per giunta non l’hai nemmeno sentito salire sul letto… dove sono finiti i tuoi riflessi da ex-spia che dormiva con un occhio solo, perennemente vigile in qualsiasi momento? Ah già, i traditori si sono concentrati per farti spostare senza svegliarti e per farti venire gli incubi.
Altro che spia arrugginita, ti sei proprio mummificato ben bene, Severus!
E per giunta ti stai mettendo a parlare a te stesso come un perfetto idiota.
Perfetto.
Chiudi gli occhi, ti imponi di riordinare le idee e torni ad arrabbiarti con il tuo inquilino.
Certo che…
Inclini la testa, come per studiarlo meglio.
I gatti dormono proprio in posizioni assurde.
Pancia all’aria e zampe posteriori ben stese. Quelle davanti, poi, non sono da meno. Coda dritta e leggermente arricciata sulla punta, simile ad un morbido punto di domanda.
La posizione della resa, pensi subito. La posizione della fiducia, di chi sa che non gli accadrà nulla di male e che si espone così, senza indugio.
Sa che con te può fidarsi.
Sa che di te può fidarsi.
La voglia di fargli una carezza adesso c’è, è una vocina che sussurra impertinente… ammettilo.
Nemmeno per sogno, rispondi in modo rude a te e a lei. Non ora che sei completamente di malumore, colpito e affondato nella tua autorità di padrone di casa.
Ti alzi di scatto e spalanchi la finestra per arieggiare la stanza. Poco t’importa dell’aria fresca che costringe il tuo felino a raggomitolarsi in tutta fretta.
Ti ci vuole infine ogni briciola di autocontrollo che possiedi per non uscire a grandi passi sbattendo la porta.
Quando poco dopo ritorni – hai dimenticato il foulard sullo schienale della poltrona, colpa sua anche questa – tutti i tuoi propositi di rivendicare i tuoi diritti da umano si squagliano come un misero cubetto di ghiaccio in pieno deserto. Sul letto è comparso uno strano bozzolo verde ricamato a motivi geometrici stilizzati. Spalancare gli occhi per l’incredulità, chinarti, osservare tra le pieghe della tua coperta un musetto nero ed un paio di occhi gialli che ti fissano tranquilli è la cosa più naturale del mondo.
«Sono ancora solennemente arrabbiato con te.» borbotti guardandolo bieco, ma il tono di voce che ti esce è più dolce di come vorresti.
Così intabarrato – ma come diamine ha fatto? – Smile scuote energicamente il capo e tira fuori del tutto il muso da quel riparo improvvisato.
Sembra un vermicolo con la nera testolina di un gatto.
Se lo vedesse Hagrid…
Non batte ciglio.
Riesce ad alzarsi e mettersi seduto, come ancora non lo sai, e si allunga verso di te fino a quasi sfiorarti il naso con le vibrisse.
È il suo modo di scusarsi, lo conosci.
Ti osserva, ricambiato e non miagola nulla.
Attende.
Attende la tua mano che scende lenta a posarsi su di lui e che sorprende anche te.
Solamente te.
Lui no, socchiude gli occhi ed inizia a fare le fusa.
L’arrabbiatura va a farsi benedire con tanto di saluti ed arrivederci alla prossima occasione.
Merlino, Severus, come ti sei ridotto…
 
*
 
Odi andare a Diagon Alley.
Con tutto te stesso.
Ma il tuo lavoro da pozionista ogni tanto richiede questo doveroso sacrificio, l’idea di perderti poi per delle ore tra distillati e vapori dei più svariati colori val bene la pena.
Odi camminare tra la gente e sentire ogni sguardo sondarti l’anima al tuo passaggio, come se il tuo privato non fosse già stato reso abbastanza pubblico grazie alla lingua lunga di Potter e ai fiumi d’inchiostro sprecato sulla Gazzetta del Profeta.
Odi le occhiate incredule e le bocche spalancate dei bambini, le cui mamme non hanno nemmeno la buona creanza di insegnare loro che non si indicano le persone e che non si parla di esse a voce alta.
Il tuo mantello svolazzante, fido alleato per incutere rispetto, serve a ben poco.
C’è stato un tempo lontano – un’altra vita – in cui hai desiderato con tutto il tuo essere possedere l’incedere elegante che hai ora per attirare sguardi ammirati e colmi di deferenza. Lo hai desiderato così tanto che hai accettato di cadere nel fango fino a rimanerci invischiato, tossico mortale che ha avvelenato la tua vita ed ucciso quella delle persone che amavi.
Ora di questi sguardi non sai più che fartene.
Non li vuoi.
Non li meriti.
Non hai ancora fatto abbastanza progressi da pensare addirittura di meritare più della vita che possiedi adesso – ed è già tanto – figurarsi l’ammirazione che vedi scintillare negli occhi dei piccoli. Non hai alcun diritto di riceverla.
Gli eroi sono ben altri.
Ti è sufficiente vivere ed andare avanti, vivere e respirare la serenità che ti attende una volta varcata la soglia di casa.
Avresti mai creduto che un giorno avresti pensato con sincerità ad una frase del genere?
No, in tutte le lingue del mondo.
Merlino solo sa quante notti insonni hai fantasticato nella tua fiducia di bimbo ancora intatta, coltivando una speranza che ora è realtà.
Però intanto desideri vivere senza essere sempre osservato con occhi lucidi di commozione o brillanti di maliziosa curiosità.
Hai solamente voglia di essere guardato per quello che sei veramente e nient’altro.
Ma sai che è impossibile.
La maschera che ti nasconde a tutti a volte la indossi anche davanti a te stesso.

*

Qualcosa non va.
Lo comprendi subito, appena entri.
È un sesto senso che raramente ha fallito in passato.
Anzi, mai.
La porta si chiude con uno scatto secco dietro di te, la chiudi a chiave con un veloce incantesimo non verbale.
La stranezza è lì, davanti a te, vicina.
In agguato.
Sorridi.
Anche se non dovresti, vero?
Osi pure darle le spalle per toglierti con tutta tranquillità il mantello. Lo riponi sull’appendiabiti, la mano destra corre alla tasca esterna a prendere la scatolina di ingredienti debitamente rimpicciolita per essere meno ingombrante.
Quando ti volti hai tra le mani un involto di considerevoli dimensioni tornato al suo aspetto normale, ma intanto con la coda dell’occhio non hai smesso di tenere la situazione sotto controllo.
È ancora lì.
Si decide o no?
Non è la prima volta che capita, non sarà di certo l’ultima.
Fai finta di nulla, ma intanto il sorriso non se ne vuole andare. Della scatola poggiata sulla tavola ora t’importa poco, non la apri nemmeno come il tuo solito, proprio tu, perennemente impaziente di osservare con maggior cura gli ingredienti che porti a casa, peggio di un bambino che non vede l’ora di scartare il suo pacco di caramelle preferite.
Con lentezza studiata torni ad assumere la tua espressione truce dei tempi migliori.
Non è lui lo specialista della finzione.
Ti volti, adagio e maestoso.
A braccia conserte ti appoggi allo stipite della cucina, occhieggiando arcignamente un punto imprecisato in basso, poco lontano dai tuoi piedi.
L’essere considerevolmente più alto gioca tutto a tuo favore.
Due occhietti gialli ti fissano curiosi da sotto in su, forse chiedendosi come hai fatto ad accorgerti di loro. Erano così ben nascosti sotto il tappeto del corridoio!
L’agguato non serve più, inutile starsene ancora lì, vero?
Smile smette di stare acquattato. Si siede composto continuando a guardarti con la testa un po’ inclinata, ma sotto quel tappeto a mo’ di cappuccio sembra ancora più piccolo e indifeso.
E buffo, di’ la verità.
 
Dai, umano… sorridimi un po’. Facciamo la pace?
 
Il miagolio è basso e lamentoso.
Di quelli che usa quando vuole farsi perdonare qualcosa.
E lui da questa mattina ne ha di cose da farsi perdonare.
Il letto occupato, la caduta mancata per un soffio, la ciotola del latte rovesciata nel bel mezzo della cucina e… cosa ancora? Ah sì, come dimenticarlo? Il gufo del Ministro rincorso per mezzo salotto, con gran spargimento di piume e… beh, ci siamo capiti.
Per non parlare del baccano infernale che ne è venuto fuori.
Hai dovuto rispondere a Kingsley dall’ufficio postale di Diagon Alley, assicurandogli che gli avresti rispedito il suo animale solo dopo esserti accertato delle condizioni più che ottime del suo pennuto.
Però gli hai taciuto che è stato il tuo gatto.
Ovvio, per il quieto vivere non è sempre necessario raccontare tutto.
Avresti ancora parecchi motivi per essere arrabbiato con questo batuffolo di pelo… ma a che scopo, poi?
Non servirebbe a nulla.
Lui tornerà a fare quel che gli pare e tu finirai per diventare ancora una volta più morbido di un budino.
È una legge non scritta che ti è stata imposta non appena hai accettato la sua presenza in questa casa.
Le braccia incrociate sono ancora al loro posto.
Le labbra no, non riescono più a rimanere serrate in un cipiglio di rimprovero sotto quello sguardo supplichevole che persevera.
Smile esce dal suo nascondiglio e ti zampetta vicino, miagolando altre scuse.
Di sicuro non conduci una vita monotona, da quando è arrivato qui, questo è poco ma sicuro.
Ti struscia la testa sui pantaloni, fa il girotondo attorno alle gambe attorcigliandovi la coda. Non smette di guardare in su, verso di te.
Non puoi più rimanere arrabbiato con lui, ora comprendi.
E d’improvviso vorresti piangere di sollievo.
 
I suoi occhi non vedono il bambino che aveva tanta fame di affetto.
Non vedono il ragazzo deriso da tutti e deluso da una vita ingiusta.
Non vedono nemmeno l’uomo che ha ucciso e che si è straziato di lacrime mai mostrate al mondo, la perfetta pedina da far scendere in campo, per il male od il bene che fosse.
 
Vedono solo l’umano, quello che tra un rimprovero borbottato e l’altro si china a fargli una carezza sulla testa, che alla sera si siede sul divano e si lascia cullare dal suono delle fusa, da un buon libro e dal caminetto acceso, ogni tanto anche da un buon calice di vino elfico. Vedono l’umano che nel sonno si sposta per fargli spazio sul letto, anche se poi rischia di cadere giù.
Vedono il suo umano.
 
Lui è l’unico che ti guarda come vorresti, anche quando miagola con insistenza e ti fa certe furbe espressioni da gatto disperato degne di un vero attore consumato.
 
Sorridi, e niente più braccia incrociate.
Sorridi e t’inchini.
Sospiri.
Quasi t’inginocchi.
Ma questa volta, ora, la tua dignità è più in piedi che mai.
 
Tra i tetti delle case, dall’altra parte della strada, il sole s’avvia verso il tramonto.
Raggi pallidi, dai riverberi freddi come l’inverno che è quasi alle porte, entrano dalla finestra della cucina, illuminano il tavolo e l’asola di corda con cui è chiusa una scatola completamente ignorata a favore di un gatto.
 
Hai desiderato per tutta la vita di essere guardato con occhi diversi, Severus.
 
Smile s’alza sulle zampe e s’appoggia alle tue ginocchia, come per osservarti più da vicino.
Le unghie graffiano un po’ per aggrapparsi meglio, ma non le senti nemmeno.
 
Gli unici che hanno saputo accontentarti sono due simpatici occhi gialli felini.




***

Angolino autrice: la storia non è finita, siamo al tramonto ma la giornata non è ancora del tutto terminata per Severus. Avrei voluto fare un capitolo unico, ma mi sono accorta che con questo arrivo già a tremila parole e mi basta. La seconda parte sarà comunque un'altra storia a sè che verrà aggiunta alla raccolta.

Non ho gatti, purtroppo, mi devo accontentare dei video e delle foto che trovo sul web. Se aveste consigli e se soprattutto notate incongruenze nei comportamenti felini descritti, ve ne sarei grata se me lo diceste, così mi correggo.
Per critiche costruttive riguardo trama e metodo narrativo - o anche solo per recensire - sapete come fare, no? ;-)
Chiara

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