Secret, lies and chocolate

di dontneedmakeup
(/viewuser.php?uid=230480)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


A cena da Sheala
La vita ha il brutto vizio di sbatterti in faccia i conti in sospeso più incasinati proprio quando meno te lo aspetti. Lo sanno tutti e lo so io. E’ una legge non scritta: proprio quando stai navigando in acque felici, la vita ti tira un pugno allo stomaco, lasciandoti senza fiato. Eppure quell’umido sabato sera di inizio giugno, quando aprii la porta di casa per accogliere gli ospiti che avevo invitato a cena, mai mi sarei immaginata di trovare il mio incasinato conto in sospeso di un metro e novanta in piedi sulla soglia di casa, con una bottiglia di Chablis appannata e un mazzo di papaveri rossi tra le mani. “Santo cielo!”, esordì lui, rimanendo quasi senza fiato, mentre si piegava leggermente all’indietro e urtava i rami aggrovigliati del glicine ch penzolavano dal pergolato con i loro soffici boccioli viola. ‘’Sheala?”. Mi portai la mano alla bocca. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Sbattei le palpebre, con la bocca spalancata. Era il mio ex, Zayn Malik. Mi guardò, lo guardai. Fece una risata strozzata mentre io mi sforzavo di non scoppiare a piangere. Ero rimasta letteralmente senza parole. Mi limitai a fissarlo con un’espressione da pesce lesso, sentendomi come si mi avessero risucchiato via tutta l’aria dai polmoni. Ma chi avrebbe potuto biasimarmi? Erano passati tre anni da quando Zayn aveva preso e se n’era andato senza dire nulla, scomparendo dalla mia vita per finire chissà dove, come una stella cadente nel cielo notturno. In quel momento era lì, e sembrava che le lancette dell’orologio stessero sfrecciando all’indietro, riavvolgendo tutti i giorni, mesi, anni trascorsi da quando era andato via. Mi ricomposi e cercai di chiudere la porta, ma lui me lo impedì infilando il suo mocassino Patrick Cox numero quarantacinque nella fessura. Lo ammetto, non opposi molta resistenza. Feci un respiro profondo e spalancai la porta, aggrappandomi così saldamente alla maniglia che le mie nocche diventarono bianche. “Santo cielo!”, ripetè, con gli occhi spalancati. “Non ci posso credere. Sono passati quasi tre anni”. Sono passati quasi tre anni? Aggrottai la fronte e confusa mi resi conto di essere davvero disorientata. A quanto pareva eravamo entrambi rimasti scioccati da quell’incontro inaspettato. Sentivo le mie guance bruciare. Scossi la testa, senza riuscire a dire nulla. Alle mie spalle avvertii il gorgoglio dell’acqua che bolliva in una pentola dimenticata sul fuoco e l’odore acre del cioccolato fondente che si bruciava. “IL mio dolcee!”, pensai velocemente, “si starà sicuramente carbonizzando”.
“Sheala”,disse.
“Zayn”,dissi.
“Non sapevo..”. si schiarì la voce. ”non sapevo vivessi qui. Mi sento…mi sento come se stessi per avere un attacco di cuore. Forse dovrei andarmene.”
Indicò la strada con il suo triste mazzo di papaveri. I petali scarlatti penzolavano, ammosciati dalla coltura estiva. Un taxi nero rallentò, con il motore disel che ronzava rumorosamente, ma Zayn tornò a voltarsi. Tese i fiori verso di me, abbozzando un timidissimo sorriso, come se stesse ricordando qualcosa di bello che c’era stato, tanto tempo prima, tra di noi.
“No” dissi “Non andare”
E nonostante i campanelli d’allarme mi suonavano in testa, feci ciò che dovevo fare: lo lasciai entrare. Quel sabato iniziò in maniera bizzarra. Trovai una foto di me e Zayn, che pensavo di aver perso, tra le pagine di un quaderno. Ero in piedi accanto ad una stupenda bancarella di frutta e verdura al Borough Market, avvolta dal profumo inebriante delle fragole e dei lamponi, e stavo sfogliando il quaderno alla ricerca della lista per controllare di non aver dimenticato di comprare niente. Ero di malumore, poiché avevo accettato controvoglia, e con un preavviso di sole 24ore, di preparare una cena di tre portate per gente che neanche conoscevo. Tutto questo con lo scopo di partecipare al Saturday Supper Club, un concorso molto popolare organizzato dal London Daily.

“Sto per chiederti un favore enorme” mi disse al telefono il mio ragazzo, chiamandomi dalla sua postazione di lavoro, consapevole che qualsiasi cosa fosse, avrei dovuto soddisfare la sua richiesta. Niall era un vero tesoro e quando mi domandava di fare qualcosa lo facevo, che non includesse ovviamente guanti in latex e cinture zincate. “Okay. Hai letto sul giornale del concorso del Saturday Supper Club? Vero?” mi interrogò “Quello in cui un gruppo di sconosciuti si invitano a cena a vicenda per poi darsi un voto da uno a dieci? E il vincitore si becca mille sterline? Be’, il concorrente di domani sera si è ritirato..” Niall si interruppe, come se si sentisse in colpa. Socchiusi gli occhi  e ascoltai il suo delizioso accento irlandese farsi più marcato per il crescere del nervosismo. Riuscivo a immaginarlo con il corpo snello ricurvo sulla scrivania, mentre faceva quella telefonata privata strofinandosi la mascella con la mano libera; “Bene”, dissi “Mi stai chiedendo per caso di prendere il suo posto?”. Avevo cercato di essere delicata, anche se ero un po’ seccata. Niall sapeva che stavo attraversando un brutto periodo. Non trovavo il tempo per invitare i miei amici a casa, e avrei dovuto invitare dei perfetti sconosciuti? Di cui, per di più, li avrei dovuti cucinare e quella serata sarebbe andata su un giornale letto da quasi tutta Londra? Avvertendo il mio malumore, Niall si schiarì la voce un paio di volte e abbassò la voce. Costringendomi a premere il telefono vicino all’orecchio per sentirlo. “A te piace cucinare, no?” domandò tutto di un soffio, come se fosse quello il punto. “Sei una cuoca fantastica, e a dirla tutta, se riuscissi a trovare qualcuno, tipo te, farei una bella figura e potrei trovarmi un posto fisso qui, Sheala. Avrei un ufficio tutto mio”. Fece una pausa per riprendere fiato, poi riprese quasi bisbigliando. “Prova ad immaginartelo. Il mio nome scritto in oro sulla porta, i piedi sulla scrivania, mentre fumo un sigaro e abbaio ordini ai miei sottoposti..”. stava cercando di farmi ridere, ma c’era anche una vena di serietà. Niall aveva lavorato per anni come freelance per cercare un posto fisso a tempo pieno. Voleva dimostrare di essere in gamba come lo era suo padre. Dovetti accettare. “E la redattrice ha detto che sarà felice di lasciarti parlare della tua caffetteria e persino di citarla nel tuo articolo?”, aggiunse “Una pubblicità del genere non guasta di certo. Questo giornale è letto da quasi tutta Londra e più e di sicuro qualcuno verrebbe a prendersi una fetta di torta o un cappuccino da te. Pensaci, diventeresti milionaria!”. Mi lasciai sfuggire un sospiro. La caffetteria era il mio tasto dolente. Avrei dovuto aprirla da lì a otto settimane e, non avevo abbastanza soldi per farlo. Ciononostante, l’idea di avere a cena gente sconosciuta mi sembrava troppo impegnativa. Pensai a tutta quella biancheria etutti quei vestiti lasciati sul termosifone, per non parlare poi della cucina, “e tutto quel casino a casa?”, chiesi “mi ci vorrebbe un anno a sistemarlo”.
“Ma non ti preoccupare. Fa tutto parte del tuo incredibile fascino” rispose con disinvoltura. “Allora?Affare fatto?”…



ciao ragazze, presto metterò anche io il trailer della FF, seguitemi su tumblr ( http://likeabigirl.tumblr.com/ ) che lo posterò qui. Grazie mille, spero che la mia FF vi piacerà e se recensite ne sarò contentissima :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


…“Allora?Affare fatto?” sentii le voci dei colleghi di Niall in sottofondo, uno scoscio di risa, poi un suono ovattato della sua mano appoggiata alla cornetta mentre parlava con loro. ‘’cosa cavolo cucino?”, domandai esasperata, non sapendo se mi stesse ascoltando o meno. “ti verrà in mente qualcosa”, mi rassicurò. “ora scusa, ma devo andare. Ho una riunione. Grazie di tutto. Te ne sono.. davvero grato. Penso sia una buona idea, sul serio. Sono sicuro che alla fine ne sarai contenta anche tu!”. Sembrava così riconoscente, che mi addolcii.

Non avrei potuto vederlo deluso, non potevo deluderlo. Forse sarebbe stato persino divertente. Magari avrei anche vinto. In ogni caso, non avrebbe di certo cambiato la mia vita, e se poteva essere d’aiuto a Joe, non volevo dire di no. “Ti amo Sheala”, disse lui, tornando improvvisamente serio. “più di quanto immagini, davvero..grazie” c’era stato un leggero ronzio mentre riagganciava. Ero rimasta un attimo in silenzio, indecisa su cosa cucinare. “anch’io”, replicai, quando ormai aveva già riattaccato. E quindi, dopo aver sfogliato innumerevoli libri di cucina e aver stilato un menu – asparagi freschi come antipasto, guazzetto del pescatore con pane fatto in casa come piatto principale e per dessert meringata al cioccolato e fragole- affrontai la folla del sabato mattina al Borough Market e spesi una piccola fortuna -che non avevo- per acquistare prodotti freschi.
Ma trovare quella foto di me e Zayn mi paralizzò. Era stata scattata un paio di giorni rima che lui sparisse e mi sembrava appartenente ad un’altra vita. Avevo i capelli più lunghi e castani allora, non il caschetto rosso che ho ora. Sembravo così incredibilmente felice. Eravamo al Festival di Reading, seduti nella nostra tenda, entrambi sorridenti, io avevo il suo braccio sulle spalle ed ero girata verso di lui. Tipico.

Non riuscivo mai a distogliere lo sguardo da lui: era così dannatamente carino. Attore a tempo perso, avrebbe potuto benissimo essere il personaggio di un film noir hollywoodiano anni quaranta. Aveva interpretato un trafficante di droga nella serie televisiva The Bill e un cadavere in Silent Witness. Alto, fisico scolpito, capelli scuri, occhi impenetrabili, Zayn sembrava uscito da uno di quei quadri di Jack Vettriano che emanano una palpitante virilità. Anche quando rimaneva sveglio tutta la notte e aveva quelle mezzelune scure sotto gli occhi avrebbe potuto partecipare a un servizio fotografico per Vogue. Ma non era solo una questione di aspetto fisico. Mi piaceva guardarlo perché nei due anni in cui eravamo stati insieme lo avevo amato con ogni cellula di me stessa.
E mi ero illusa che anche lui mi amasse. Scossi la testa, mordendomi il labbro e contraendo le dita dei piedi fasciate dai sandali. “Non pensare nemmeno di metterti a piangere”, ordinai a me stessa, facendo un respiro profondo e allontanandomi dalle fragole, con le borse della spesa che mi sbattevano contro le gambe mentre mi dirigevo verso la fermata dell’autobus. “maledetto Zayn”, mi lamentai. “Mi fai ancora questo effetto dopo tre maledettissimi anni”..e il suo ricordo non avrebbe dovuto più turbarmi. Ma la verità era tutt’altra. Perderlo aveva originato un grande vuoto nella mia vita, e aveva avuto un impatto a dir poco devastante sul mio cuore ancora dolorante per la morte di mia mamma. Persino in quel momento, nel ricordare il modo in cui se n’era andato mi faceva sentir male fisicamente. Ero stata certa, assolutamente certa, che io e Zayn saremmo rimasti insieme per sempre.

Ma avevo commesso un terribile errore. Sospirai. Avevo pensato di aver già avuto la mia dose di tristezza quando mia madre se n’era andata, ma la vita non funziona così. Mentre alcune persone vivono senza preoccupazioni, c’è chi attira la sfortuna come una calamita. Salii sull’autobus e mi sedetti dando un’altra sbirciatina alla foto cercando un indizio sul volto di Zayn di ciò che avrebbe fatto di lì a poco. Ma.. teneva sollevato il bicchiere di plastica pieno di birra come se stessimo festeggiando. “Zain Malik”, mormorai.. “Zayn Jawadd Malik, che fine hai fatto?” Mentre l’autobus sfrecciava io ero intenta ad immaginare Zayn intento a cantare con la sua adorabile voce che nessun’altro apparte me aveva sentito! Strinsi le dita sulla foto e per poco pensai di strapparla.avevo amato Zayn con tutta me stessa, ma dovevo assolutamente dimenticarlo e regalarlo al passato, il mio passato. Cinque minuti dopo, guardando fuori al finestrino, mi accorsi di dover scendere. Con la foto ancora in mano, premetti il pulsante e l’autista frenò bruscamente “Mi scusi”, dissi all’uomo che mi era accanto mentre con delle gomitatemi facevo spazio verso l’uscita ma all’improvviso…




ciao ragazze, presto metterò anche io il trailer della FF, seguitemi su tumblr ( http://likeabigirl.tumblr.com/ ) che lo posterò qui. Grazie mille, spero che la mia FF vi piacerà e se recensite ne sarò contentissima :D 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


..ma all'improvviso la foto mi scivolò dalle dit e finì a terra. ''No, merda, mi è caduta..''.
Neanche il tempo di atterrare sul marciapiede che le porte dell'autobus si richiusero. battei contro il vetro con il almo della mano, ma l'autista sembrò non accorgersene. Depositai le borse sull'asfalto e respirai a fondo. Avevo perso la foto di Zayn. Mi dissi che non me ne importava nulla. Zayn faceva parte del mio passato ormai. Avevo Niall adesso, ed era l'unica cosa che importava. Potrei sembrare sdolinata,ma Niall era entrato nella mia vita galoppando e mi aveva caricato sul suo cavallo bianco quando stavo attraversando il periodo più brutto in assoluto.
Si meritava la mia più totale e sincera devozione. Che me ne importava se quella foto sarebbe stata calpestata e rovinata? Il mio cuore aveva subito la stessa sorte per mano di Zayn. Guardai l'autobus allontanarsi e sparire dietro la collina lasciandosi dietro una scia di fumo nero.

''Lascia perdere'', mi feci forza. ''Okay, ora devo proprio darmi una mossa''. Controllai il cellulare. Erano le quattro del pomeriggio, il che significava che erano rimaste solo tre ore prima che i miei ospiti arrivassero. Avevo ancora un mucchio di cose da fare. Il sudore mi imperlava la fronte. Il pensiero di dover preparare la cena per degli sconosciuti, in tutta fretta, mi faceva rabbrividire.
''Sei in debito con me, Niall'',brontolai. Camminando, ogni tanto ritornavo con la mente alla fotografia di me e Zayn. Avevo fatto a pezzettini la maggior parte delle nostre foto in un attacco di rabbia, alimentato dall'alcol, subito dopo che se n'era andato, per poi pentirmene immediatamente e cercare di ricomporle. Ma c'era di peggio. Rabbrividii al ricordo delle pagine di poesie che avevo scritto sul mio diario, così cariche di angoscia e rabbia nera. Grazie al cielo non avevo mai avuto il coraggio di spedirgliele nè di farle leggere ad anima viva. Le conservavo ancora per ricordarmi, la prossima volta, di stare più attenta con il mio cuore.

Sollevai le borse da terra e mi incamminai lungo Elsie Road, dove vivevo in un piccolo appartamento con giardino, in un palazzo vittoriano ristrutturato, che ricordava molto una casa di bambole, perchèil precedente proprietario aveva dipinto i muri di un'affascinante sfumatura di azzurro e gli infissi di bianco. Dico giardino, anche se in realtà era più simile a un francobollo con due vasi di lavanda e un piccolo albero di mele. Ma mi piaceva vivere lì, con la mia gatta Tea.
Negli ultimi due anni l'avevo fatta diventare la mia casa, piantando nelle fioriere sotto le finestre delle piantine di menta, erba cipollina e timo, per dare freschezza all'area.

Arrivata a casa, accaldata, con le braccia nude. Aprii la porta d'ingresso. ''C'è nessuno?'', gridai per vedere se Niall era in casa. Mi sfilai con un calcio i sandali, spalancai le finestre per far passare uno strano tanfo di chiuso e successivamente entrai in cucina per posare le buste della spesa sulla mensa. ''Niall, dove seeeei?''.
Mi guardai intorno e mi sentii risollevata. La cucina era lastanza che preferivo. Era davvero piccola, ma perfettamente arredata e fornita di tutte le cose che mi piacevano di più. ''Niall?'', chiamai, mentre entravo in corridoio, inciampando su una scatola di stoviglie e un enorme mazzo di gigli bianchi che occupavano tutto il tavolino del telefono. Doveva esser costato una fortuna. Corrugai la fronte. Non mi erano mai piaciuti i gigli bianchi. Il loro odore nauseante mi ricordava il funerale di mia madre. Allora non sapevo che cosa rappresentassero i gigli, e non riuscivo a capire come mai la gente avesse scelto quei fiori bianchi per una persona così vivace.''Niall?'', urlai di nuovo visto che molto spesso quando si faceva la doccia non mi sentiva. 
C'erano molti vestiti di Niall sparsi per il pavimento,da quando avevo inziato ad uscire con lui, il mio pavimento non era mai privo di vestiti. Lui aveva una casa a Kentish Town, ma la sua chitarra era entrata a far parte del mio appartamento, così come le sue t.shirt Jack Wills, i jeans, le vans e la sua spieder MG d'epoca color verde smeraldo,parcheggiata in strada ad attirare i ragazzi come il miele con le api. ''Sono qui fuori'', sentii Niall gridare dal giardino. Uscii e sorrisi nel vedere Niall, biondo, magro e alto un metro e novanta, in piedi su una scala a adecorare i rami dell'albero di mele con le lucine colorate. Si tolse gli occhiali dalla montatura scura.



ciao ragazze, presto metterò anche io il trailer della FF, seguitemi su tumblr ( http://likeabigirl.tumblr.com/ ) che lo posterò qui. Grazie mille, spero che la mia FF vi piacerà e se recensite ne sarò contentissima :D 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1648411