L'Amore porta i dread

di youaremydream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** MerryChristmasdread! ***
Capitolo 2: *** Dread su due ruote ***
Capitolo 3: *** Cicerone with dread ***
Capitolo 4: *** A spasso con i dread ***
Capitolo 5: *** It ends tonight for dread... ***



Capitolo 1
*** MerryChristmasdread! ***


Non posso credere di aver convinto i miei. E pensare che ho diciassette anni e ancora non mi permettono di viaggiare da sola. Se ripenso alle sceneggiate che ho messo su per farmi arrivare qua! Ma adesso, nulla ha più importanza: finalmente sono a Torino.

E’ da più di mezz’ora che sono a Piazza Castello, il cuore della città, a osservare il Presepe: sagome di legno dai colori più vivaci che raffigurano in pieno la nascita di Gesù. Certo, quegli alberi in fiore stonano un po’ con l’atmosfera natalizia, ma ognuno ha il suo modo di esprimersi. Ma non solo questo, tutta Torino, durante il periodo natalizio, è davvero magica: le luci che ti sovrastano mentre cammini per le vie principali, i negozi decorati a festa dalla quale escono le tipiche canzoni natalizie e l’invitante odore di panettoni vicino alle panetterie. Ma cosa più importante, la neve. L’unico elemento che rende Natale... davvero Natale. L’unica cosa che non ti stancherai mai di guardare, mentre scende dolcemente dal cielo e ti ricorda che oggi è un giorno di festa. L’unica cosa che rende questo Natale davvero unico.

-Ehi Serena muoviti! E’ la quarta volta che ti fermi a osservare quel presepe! A casa ne abbiamo uno uguale, perché non guardi quello?

-Non dire stupidaggini Candida! Vuoi paragonare il tuo presepe di plastica a questo capolavoro? Ma, come sempre, hai ragione: devo ancora comprare un
sacco di cose e domani è la vigilia.

Mia cugina Candida: l’unica persona sana di mente che accetta di fare shopping con me. Nonostante io la superi in altezza di circa dieci centimetri, lei è più grande di me di ben quattro anni. Per il resto, siamo molto simili: stessi capelli ricci ribelli, stesse forme scarse (forse lei ha una taglia in più di reggiseno), e stessa mania per lo shopping.

Beh, forse una cosa diversa c’è. Lei è una di quelle persone tutte serie e perfettine, che prima di fare o dire qualcosa ci devono riflettere come minimo trenta volte, e per dare confidenza a qualcuno deve conoscere per intero il suo albero genealogico. Io, al contrario, sono... beh, pazza: prendo decisione affrettate, raramente ragiono su ciò che faccio e sarei capace di stringere involontariamente amicizia con uno spacciatore. Questa forse non è una cosa proprio positiva...

-Allora, hai deciso cosa comprare a tuo fratello Ser?

-Mmmm, fammi pensare... C’è una Chicco nei paraggi?

-Una Chicco? Per quale motivo vuoi sapere se...

-Voglio comprare a Francesco un bellissimo ciuccio, con il quale farà dei bellissimi sogni in un mondo di caramelle e zucchero filato.

-Ser, Francesco ha trent’anni, è un avvocato e sta anche per sposarsi...

-Non si è mai troppo cresciuti per abbandonare il ciuccio...

Ci guardiamo entrambe negli occhi e poi scoppiammo a ridere come delle forsennate. E’ bello avere affinità con la propria cugina perché, anche se ci allontanano quattro anni e le nostre menti viaggiano su binari completamente diversi, quando si tratta di prendere in giro mio fratello non c’è età che tenga.
Non che Francesco sia antipatico, anzi! Il problema è che è l’unico maschio in una famiglia di dodici donne, tra madri e cugine, lasciando stare gli altri quattro poveri disgraziati che possiedono più cromosoma x di quanto fanno credere. Insomma, è un gallo in mezzo alle galline, è ovvio che sia più “apprezzato” del solito.

Mentre pensavamo ancora a un uomo di trent’anni in giacca, cravatta e ciuccio, un’insegna colorata attira la mia attenzione. E’ arancione fluo, come il giubbotto catarifrangente delle auto. Come attirare i clienti: lo stai facendo nel modo giusto. Il nome, tuttavia, non mi dice nulla: che tipo di negozio può chiamarsi Motyl?

Mi avvicino incuriosita, sempre con lo sguardo fisso sull’insegna e per poco non mi accorgo di andare a finire contro la vetrina, se si può chiamare ancora così: sembra invece la parete della mia camera, quella ricoperta dai poster dei miei cantanti e artisti preferiti, e anche da qualche mio disegno.
Anche qui ci sono migliaia di foto e disegni di ragazzi con dei tatuaggi... Ovvio, è un tattoo store!

Devo dire che sonodavvero belli. Certo, se sorvoliamo sul fatto che un tizio si è fatto tatuare una caffettiera su un fianco e un altro la bottiglia dell’acqua Lete sul ventre, sono tutti dei capolavori.

Sono lì ferma a osservare quelle foto, quando una mano si posa sulla mia spalla, facendomi sobbalzare.

-Sai che i tuoi non ti farebbero neanche entrare in casa...

-Tranquilla, non ho intenzione di farmene uno. Sono stata attratta dall’insegna. Devi ammettere però che sono davvero belli...

-Ah sì, hai ragione. Ehi, guarda questo...

Un foglio giallo fluo (ma esiste un colore normale in questo negozio?) con caratteri cubitali neri, copre gran parte il vetro della porta, rimasto incolume da quel bombardamento di fotografie. Tra tanti annunci e informazioni, leggo anche questo:

“QUI, IL MIGLIOR DREAD MAKER DELLA CITTA’! AFFIDA I TUOI CAPELLI A MANI ESPERTE!”

No, non posso crederci. Qualcuno lassù mi ama più del dovuto! Finalmente ne ho trovato uno.

-Guarda Candida, ho trovato un dread maker! Potrò coronare il mio sogno!

Quasi urlo per l’eccitazione.

-Vieni, entriamo. Su, sbrigati!

-Ma Ser, non abbiamo tempo, noi...

Non le do neanche il tempo di parlare, poverina! Questi sono i rischi che si corre quando si va a fare shopping con me.

-Salve, avete un appuntamento?

Una bambolina di porcellana, con lunghi capelli biondi, enormi occhi azzurri circondati da folte ciglia nerissime, è seduta dietro un enorme scrivania in legno
scuro, coperta di cartacce, penne e.. quello non è un panino mezzo mangiucchiato?

-No, in realtà no. Volevo sapere se è possibile fare dei dread... - Chiesi, quasi titubante. Un appuntamento? Ci vuole un appuntamento?

-Mi dispiace, ma bisogno prenotare.

Oh no, oh no no no! Non può farmi questo! Non ho altre possibilità! Per Natale e Santo Stefano saranno di sicuro chiusi, ed io partirò subito dopo per passare il Capodanno con i miei. No, non può farmi assolutamente questo. Non sotto Natale.

-La prego! Non devo farmi tutti i capelli, ma solo un paio di ciocche! Ci vorrà come minimo dieci minuti. Per favore!
Chiedo, quasi supplicando. In realtà, lo sto proprio facendo: mani congiunte, ginocchia semi-flesse e sguardo da cagnolino bastonato. Ci mancano solo le fusa e siamo a posto.

Da quando ho visto quell’insegna pubblicitaria ad Agrigento, la mia città, non desidero altro che farmi un dread: l’ho detto che sono pazza, no? A causa di vari impegni, non sono riuscita a trovare un dread maker e, adesso, non mi lascio di certo scappare quest’occasione!

Con la coda dell’occhio vedo mia cugina mettersi una mano davanti agli occhi e scuotere la testa, imbarazzata: mi odia quando mi comporto così! Dice che le ricordo il suo gatto quando vuole altro cibo. Se devo dirla tutta, è proprio a lui che mi sono ispirata.
La segretaria guarda con aria divertita la scena: si sofferma su di me, scrutandomi dalla testa ai piedi, e poi su mia cugina, lanciandole uno sguardo si compassione.

-Vedo che ci tieni davvero, eh? Poiché siamo nel periodo natalizio, chiederò al dread maker se può inserirti negli appuntamenti di oggi. Lo faccio solo per questo. E anche per evitare alla tua amica un’altra situazione come questa... - esclama divertita, facendo un cenno verso mia cugina che solo adesso sembra essersi ripresa.

La ragazza scompare dietro una tenda rossa, ed io Candida ci sediamo, in attesa.

-Sai che ti odio, Ser? Come hai potuto coinvolgermi in una situazione del genere? Giuro che non uscirò più con te.

-Oh andiamo Candida, stai tranquilla! E poi, siamo sotto Natale, sii buona... Sai quanto ci tengo: non me ne sarei andata neanche se fosse venuto l’esercito!

-Ah, di questo non ho alcun dubbio...

Restiamo in silenzio e mi perdo a osservare quella sorta di reception: a differenza di fuori, che è tutto fluorescente, i muri sono di un tenue azzurro, in netto contrasto con le sedie e la scrivania che, appunto, sono di legno scuro. Sulle pareti sono appesi qualche quadro espressionista, varie foto e gli attestati che indicano la validità del negozio. Una piccola felce sta accanto all’ingresso, ma credo che stia tirando la cuoia da un momento all’altro: la maggior parte delle foglie sono gialle e così piegate da raggiungere quasi terra.

Mi guardo ancora intorno, annoiata e impaziente, soffermandomi su una piccola crepa del pavimento che è impossibile da notare senza l’aiuto di una lente d’ingrandimento.

-Eccoci. Sembra che oggi sia la tua giornata fortunata...

La ragazza ricompare all’improvviso, come teletrasportata, facendomi sobbalzare sulla sedia. La segue un ragazzo di circa ventiquattro anni, alto il doppio di lei (in realtà non è che ci voglia molto ad essere più alto di 1,45 cm), con le spalle larghe e un corpo che deve essere stato sottoposto a ore e ore di palestra.
Dopo essermi prolungata a lungo sul quel corpo che farebbe invidia al David di Michelangelo, mi decido ad alzare lo sguardo: dei magnifici dread sono raccolti in uno chignon al centro della testa da un enorme elastico fucsia fluo (poteva essere altrimenti?). Alcuni ribelli, però, scappano via da quella prigione e ricadono liberi su due occhi comuni castani, resi speciali da delle folte ciglia, che predominano al centro di un viso dalla carnagione olivastra e dai lineamenti tipicamente mediterranei. Ad accompagnarli, due labbra carnose rese troppo rosse dal caldo e un labret nero.

-Mirko! Oh mio Dio, da quanto tempo che non ci vediamo, come stai?

Esclama all’improvviso mia cugina. Quei due si conoscono? Oh no, non prevedo nulla di buono...

-Candida! Wow, ti trovo in gran forma! Certo, sei sempre rimasta una gnoma, ma ti trovo davvero cambiata, lo sai?

-Tu invece, sei rimasto il vecchio cafone di un tempo. Vedo che finalmente sei riuscito a farti il labret: come l’ha presa tuo padre? Ti da davvero mandato da tuo zio in Ghana?

-No, fortunatamente ha capito che non poteva fare niente contro questo grand’uomo di 1,80 m! Ma dai, fatti abbracciare! E’ dal mio diploma che non ci vediamo. Stai tranquilla, cercherò di non soffocarti.

Candida, per tutta risposta, gli da un pugno sul petto che, neanche se avesse utilizzato tutta la sua forza, avrebbe fatto effetto.

Un momento: se quei due si conoscono, vuol dire che... i miei dread sono assicurati! Iuppi! Ok Serena, calma, non metterti a fare il ballo della vittoria. Sei sempre in un luogo pubblico e hai già dato abbastanza con la figuraccia di poco prima. Che fortuna però che la mia adorata cuginetta conosca un tipo del genere!

-Allora Candida, sei venuta a fare un tatuaggio? Ma non eri tu quella che era contro queste cose?

-E lo sono tuttora! Sono venuta tutt’oratutt’oraSono insieme a mia cugina, Serena... E neanche lei vuole farsi un tatuaggio! Vuole solo farsi dei driad, drad o come si chiamano...

Mirko rivolge lo sguardo verso di me, mi osserva per un po’ e poi esclama:

-Serena? Quella Serena che a dieci anni è caduta di faccia a Parco Colletta perché inseguita da quel chihuaua che voleva rubargli il pranzo? E’ proprio lei?

Un momento. Fermi tutti. Come fa a sapere di questa cosa che anche il mio subconscio ha cercato in tutti i modi di estirpare dalla mia mente? E come fa a ricordarsi anche di che razza era il cane se neanche io riesco a farlo?

-Candida!- sbotto- Vai a raccontare le mie cose a degli sconosciuti? Come hai potuto? Quella è stata una giornata terribile: non solo quel demonio si è preso il mio adorato fagottino al salame, ma ho rovinato anche quel bellissimo cappotto di pelle blu. E per essere sinceri- quasi urlai, rivolta a Mirko- quel cane era terribile! Aveva dei canini appuntiti e correva più veloce di un leopardo!

-Oh sì, immagino! Aveva anche una lingua biforcuta e lanciava fiamme dagli occhi, non è vero?-Ridacchia il ragazzo. Si stava proprio divertendo il carino. Oh, ma questo Candida l’avrebbe pagata cara e amara!

Così, infuriata e rossa fino alle punte dei capelli, incrocio le braccia e faccio finta di prestare attenzione a un quadro appeso al muro. Sono troppo arrabbiata e in imbarazzo per contenermi, e comincio a sbattere il piede nervosamente. Poi all’improvviso sbotto:

-Hai ragione Candida, è proprio un cafone. E credo che tu lo sia più di lui!

Mia cugina rimane a bocca aperta, sorpresa dalle parole che le ho appena rivolto. Lo stesso non vale per Mirko, che ha accentuato quel suo sorrisino furbo e mi guarda sempre più divertito. All’improvviso, mi prende una mano e, con una galanteria mai vista prima, me la bacia:

-Mi dispiace molto Serena, per essere stato così cafone. Potrai mai perdonarmi per un così grande errore, mon amour?

Lo guardo allibita, sbattendo ripetutamente gli occhi, mentre mia cugina inizia a ridere a crepapelle. Vuoi giocare mio caro Mirko? Beh, sono capace anch’io.
Ritiro con grazia la mano e la strofino sul cappotto, disgustata, sotto lo sguardo divertito del dread maker, e rispondo con grande enfasi:

-Oh, mio caro Mirko. Mi dispiace, ma non sono sicura se posso essere in grado di perdonarla.

-Ehi Serena, puoi darmi del tu...

-Oh, ma certo che no! Mi hanno insegnato che alle persone più grandi bisogna sempre dare del lei, soprattutto se iniziano ad avere i capelli bianchi. Come questi: guardi, ne ha uno proprio qui, e qui, e qui...

A quelle parole, Candida comincia a ridere più forte, piegandosi quasi in due, seguito dalla bambolina che fino a quel momento era stata in disparte a osservare quel fantomatico teatrino.

C’è l’ho fatta: questa volta ho fatto sparire il sorriso da quello stupido viso!

-Oh Mirko, la ragazzina ti ha messo a tacere, eh? Effettivamente, qualche capello bianco qua e là inizia a spuntare...

-Smettila Erika!- dice Mirko rivolto alla ragazza- se continui te la farò pagare! E va bene Serena, per questa volta hai vinto tu, ma stai tranquilla che la prossima volta sarò io ad avere l’ultima parola...

-Ne dubito... nonnetto.

A quell’ultima scoccata, scoppiamo tutte e tre a ridere fino alle lacrime, lasciando il povero Mirko a borbottare tra sé qualcosa di incomprensibile. Di sicuro qualche malocchio nei miei confronti.

-Bene ragazzina, hai finito? Sai, ora che ci penso non dovresti comportarti così: ti ricordo che sono io che dovrò sistemarti i capelli...

-Davvero? Puoi farlo? Oh, grazie tante Mirko, non sai come te ne sono grata!

All’improvviso, il risentimento e l’imbarazzo scompaiono, lasciando posto alla felicità. Mi getto tra le sue braccia e lo stringo il più forte possibile. Il suo petto è caldo e m’imbambolo ad ascoltare il ritmo del suo respiro. E il suo profumo poi... non so bene come definirlo. Non è un profumo dolce, e neanche troppo forte: è semplicemente Mirko.

Come mi piacerebbe... restare tra le sue braccia? Oh mio Dio, non l’ho pensato davvero!

Mi allontano in fretta, ma senza farlo sembrare una fuga, come se avessi paura della sua reazione, mormorando qualche scusa.

-Ehi ragazzina, non credevo che i nonnetti avessero un tal effetto su di te!
Ed ecco che ricompare quel suo odioso sorrisetto. Che rabbia!

-Non farti strane idee, ero solo felice per la notizia...

-D’accordo come vuoi. - risponde serafico- Andiamo di là o vuoi che ti porti in braccio? Ma dubito di poter sollevare un così gran peso. - Un momento, mi ha dato della cicciona? - Inoltre, non ho tempo da perdere e, se devo dirla tutta, lo sto facendo perché sei la cugina della gnoma, altrimenti ti avrei buttato fuori, soprattutto dopo il “nonnetto”!

Lo guardo un po’ imbarazzata: forse ho davvero esagerato questa volta. Dopotutto, non è neanche un mio amico ed è sempre una persona più grande di me. Sto per porgergli le mie sentite scuse, quando mi afferra il polso e mi trascina oltre la tenda rossa.

-Stai tranquilla ragazzina, non me la sono affatto presa,- sussurra, vedendo che tengo gli occhi bassi e non ho il coraggio di posarli su di lui- era solo per giocare un po’ con te...-

Rimango sbigottita, senza parole.
Non riesco a elaborare nessuna risposta adeguata, mentre lui mi fa accomodare ed io compio tutto in automatico, come un robot.
Giocare? Quindi è questo che ha fatto con me per tutto il tempo? Ed io che mi sono sentita in colpa per essere stata ineducata! Brutto... brutto sbruffone che non sei altro!

-Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua, ragazzina? E’ da più di dieci secondi che non parli- esclama Mirko interrompendo i miei pensieri.

Devo sotterrare l’ascia di guerra, altrimenti non andremo avanti di un passo e uscirò da questo maledetto negozio dopo Natale.

-No, tranquillo – sorrisi - e solo che stavo pensando dove potermi fare i dread. Ecco, ci sono: uno qui, sulla nuca, e un altro qui, al centro della testa che ricade sul lato destro. Che ne dici, dread maker?

Guardo il suo riflesso nello specchio di fronte e attendo, impaziente, una sua risposta. Lui, dopo pochi secondi (di certo si aspettava qualche altra frecciatina), sorride: -Ehi, sei tu la cliente, giusto? Aspettami qui, prendo l’uncinetto e arrivo.

E scompare dietro una porta di legno. Sospiro, come liberata da un peso che mi opprimeva il torace. Che diavolo ha quel ragazzo per farmi sentire così... bipolare?

-Ehi Ser, dov’è Mirko?- Candida compare da dietro la tenda, con ancora quel sorriso divertito stampato in faccia e qualche spasmo che si ha quando si ride troppo. La guardo truce e sbotto:

-E’ andato di là a prendere l’uncinetto. E finiscila di ridere!
A quella mia nuova sfuriata, Candida riprende ancora più forte. Sono davvero sul punto di mollarle un pugno, ma viene salvata dal cellulare. Ha avuto fortuna, solo quello.
Da come sorride al display c’è solo una spiegazione: è Riccardo, il suo ragazzo. Mi fa un cenno di scuse ed esce velocemente: ah, l’amore!
Così, rimango lì, su quella sedia di plastica nera, picchiettando ansiosa il dito sul bracciolo al ritmo di “ We are never ever getting back together” di Taylor Swift.

Devo ammettere che anche il negozio vero e proprio è molto carino: nulla di particolare, s’intende, ma sa metterti a tuo agio, soprattutto se hai la consapevolezza che un ago ti perforerà la carne.

La stanza è molto grande, di forma rettangolare, divisa quasi a metà da una vetrata: da un lato c’è appunto una sorta di parrucchieria per fare i dread, mentre dall’altro lato un lettino e i vari strumenti per fare i tatuaggi. Le pareti sono di un giallo pallido molto rilassante, interrotto qua e la da qualche foto e disegno, ad eccezione della parete più lunga di fronte a me. Un enorme murales la ricopre totalmente,eliminando quel senso di tranquillità che si ha osservando le altre pareti. Non si capisce bene cosa rappresenti in realtà, o almeno, io non ci riesco: e dire che in arte sono abbastanza brava.
Rimango però colpita da una riproduzione della Gioconda, in abiti piuttosto succinti che cerca di sedurre un fantomatico Leonardo con un cappello di baseball e i dread nella barba, con accanto ad un pinguino che prendo il sole sotto una palma. Ma non sente caldo quel povero animaletto?
Adesso che ci penso, sono io quella che si sta letteralmente squagliando: ho ancora indosso il cappello di lana, la sciarpa e il cappotto, e dentro il negozio ci sono come minimo trenta gradi.

Rassegnata ad alzarmi, inizio a svestirmi, rimanendo con una semplice maglietta di cotone viola a maniche lunghe e la scollatura a barca. Ma quando diavolo ci sta Mirko a trovare un semplice uncinetto?

Come si dice, parli del diavolo...

-Ecco, l’ho trovato! Scusa per l’attesa...

-Ma non dovresti avere tutto a portata di mano? Non è carino fare aspettare così i clienti... - rispondo con aria da so-tutto-io.

Lui mi guarda, corrucciato:- In teoria, oggi non avevo nessuna prenotazione di questo genere, perciò l’ho conservato per evitare che si perdesse o altro...

Oh cavolo! Quante figura di merda ho fatto nel giro di dieci minuti? Possibile che il mio DNA abbia ereditato anche una cosa del genere? Non mi da neanche il tempo di controbattere che si mette subito ad armeggiare con i miei capelli. Credo di avergli fatto perdere troppo tempo.

Imbarazzata, e con i sensi di colpa che inizio ad affiorare copiosi, mi concentro nuovamente sul murales che ho di fronte, soffermandomi sui particolari. Oh guarda, non solo ha i dread nella barba, ma Leonardo ha anche una consolle da dj. Scommetto che se fosse ancora vivo, sarebbe oltraggiato nel vedere ciò e andrebbe su tutte le furie: dopo tutto, rimane un grande artista. Inavvertitamente, mi scappa un sorriso. Insomma, non avrei mai immaginato un uomo di grande talento nelle spoglie di un semplice dj.

-Che c’è di così divertente? – Esclama improvvisamente Mirko, cogliendomi alla sprovvista.

-Oh, nulla... Stavo solo osservando la Gioconda che cerca di abbordare Leonardo: non è di certo una cosa che si vede tutti i giorni, non ti pare?

- Capisco... Beh, effettivamente non riesco proprio a capire come mi sia venuta un’idea del genere. Tra tante cose che potevo disegnare...

-L’hai fatto tu? Tutto il murales? Oh... beh, complimenti davvero, sei molto bravo. Non credevo che ne fossi capace.

-Ehi, lavoro in un tattoo store, è ovvio che sappia disegnare almeno un po’, non credi? – risponde Mirko seccato. In realtà, credo che stia andando un po’ su di giri per il complimento che gli ho fatto: ah i maschi, tutti uguali.

-Hai ragione. Quindi sei un dread maker, un tatuatore e un muralista: c’è qualcosa che non sai fare?

-Fammi pensare... non saper creare una bomba atomica da una patata vale?

Ridacchio per la risposta piuttosto “matura”. –Beh, credo di sì...

-Allora questo. Mi dispiace, se dovessi dichiarare guerra a qualcuno non chiamarmi. Se invece dovessi fare qualche atto di vandalismo, sono sempre
disponibile...

-Anche se abito a migliaia di chilometri di distanza?- chiedo divertita.

-Anche se abiti a migliaia di chilometri di distanza... Dopo tutto, ho sempre voluto visitare la Sicilia...

-Un momento, come fai a sapere che... Ah, lascia perdere. E’ stata Candida vero? Non posso dirle niente che quella spiffera tutto al primo che capita. Ti ha
anche detto per caso a che età ho tolto il pannolino?- sbotto.

-Beh, adesso che mi ci fai pensare... - ci sta davvero riflettendo?- no, questo non lo so, ma sono davvero curioso di saperlo, adesso che abbiamo accennato all’argomento...

Sorride. Si sta davvero divertendo il ragazzo, eh? Gli mollo uno scappellotto sul braccio, con l’intenzione di fargli male, ma lui intercetta il mio gesto e lo sposta velocemente, e mi colpisco la spalla.

-Ahia! Sei un idiota Mirko!

-Ahah! Ehi, ragazzina, se sei troppo lenta non è affar mio...

-Smettila di chiamarmi così! Ho un nome sai, ed è anche molto bello...

-Oh certo, un nome e una garanzia...

Beh, effettivamente, non sono proprio sempre così... serena.

Durante la nostra tranquilla conversazione, Mirko ha uncinettato così velocemente che ha subito finito. Se devo dirla tutta, mi ricordava parecchio mia nonna: sta sempre lì, su quel maledettissimo divano floreale, a creare stupende sciarpe e maglioni per le sue amabili nipotine. E anche per Francesco, ovvio. 
Mi avvicino allo specchio e li guardo attentamente, come se fossero un tesoro importantissimo da custodire. Un sorriso ebete mi si stampa in faccia: finalmente li ho fatti! Adesso potrò morire tranquilla.

Con la coda dell’occhio vedo Mirko un po’ troppo concentrato a osservare un punto di fronte a lui. Guardo anch’io, ma non c’è niente di particolare e sono sicura di non essermi macchiata la maglia... un momento!

-Mirko, sei davvero un cafone! – sbotto isterica, voltandomi di scatto e osservandolo con uno sguardo da assassina negli occhi.

-E adesso che ho combinato? Non ti piacciono forse i dread?

-No, non è questo. Hai approfittato di un mio momento di distrazione per guardarmi il sedere! Sei un maniaco lo sai?! E non dire che non è vero perché ti ho
colto in fragrante!

Mirko alza le mani, come per difendersi: -Non è colpa mia! Sono pur sempre un uomo ed è ovvio che l’occhio mi cada qua e là... E poi se una persona non si mettesse in posizioni così fraintendibili...

-Fraintendibili? Mi sono solo avvicinata di più allo specchio per osservarmi meglio i capelli!

-Dai su, non farne un dramma. Anzi, dovresti esserne lusingata: se ti guardo il fondoschiena vuol dire che è davvero bello. Inoltre, quelle fossette di Venere ti si addicono, lo sia? – e indica la mia maglia leggermente alzata.

Subito la tiro giù, rischiando di farla arrivare quasi alle ginocchia. Possibile che sia così, così... cafone? Mi passo una mano tra i capelli per cercare di ritrovare quella serenità che sembra avermi abbandonata nel momento in cui ho messo piede in questo negozio. Se sapevo che farsi fare i dread era così complicato, avrei rinunciato fin dall’inizio.

-D’accordo, sorvoliamo su quanto è accaduto... Allora, quanto ti devo così me ne vado per sempre?- dico, quasi tremando per il nervosismo.

-Ehi, mi dispiace, non credevo che te la prendessi così tanto. Sono davvero così insopportabile?- risponde Mirko. Sembra davvero dispiaciuto: non osa guardami e si gratta la testa, imbarazzato. Oh, com’è dolce!
Sbuffo.

-Stai tranquillo Mirko, non sono poi così arrabbiata. Certo, se evitassi di guardare il sedere altrui, saresti più simpatico. Ma... ehi, nessuno è perfetto!- e inavvertitamente mi avvicino, posandogli una mano sul braccio e rivolgendogli uno dei migliori sorrisi che sono capace di fare.
Lui finalmente mi guarda, e sorride titubante. In quel momento, mi accorgo di come mi sia mancato non avere il suo sguardo su di me: brutto segno Serena, brutto segno davvero. E rimaniamo così, a scrutarci e a capire l’uno i pensieri dell’altro per un po’ di tempo. Poi, accortami di quello che stavo succedendo, faccio scivolare la mano sul suo braccio e mi allontano lentamente: quel leggero contatto e quello scambio di sguardi mi ha scombussolato totalmente.

-Quindi. – mormoro – quanto ti devo? Sai, ho un po’ di fretta e devo andare via...

-Oh certo... - risponde Mirko, come se si fosse appena ripreso da un sogno – Facciamo che te li regalo, ok? Dopo tutto, sono solo un paio di ciocche e non ho perso neanche molto tempo. E poi, sei la cuginetta della gnoma: diciamo che glielo devo.

-Sei sicuro? Insomma, hai scombussolato le prenotazioni per me...

-Sicurissimo ragazzina, stai tranquilla. Tra qualche settimana dovresti farti riprendere i dread, perché tenderanno a sfilacciarsi... Magari, vai da qualche dread maker della tua città...

-Oh no, sei tu il mio dread maker/tatutore/muralista/tizio-per-fare-vandalismi-notturni personale. Al massimo t’invito a scendere da me e me li riprendi tu. Così, avrai anche l’occasione di visitare la Sicilia, no?- dico, più onesta che divertita.

-Ti prendo in parola, ragazzina.- Sorride Mirko, scompigliandomi i capelli. Oh no, non l’ha fatto davvero!
Sto per controbattere (ho anche il dito puntato contro il suo petto), quando spunta improvvisamente Candida.

-Ehi Ser, hai finito? Sbrigati, dobbiamo andare. Ha chiamato mio padre e dobbiamo tornare subito a casa.

-Ah... sì. Scusa Candida, sto arrivando...
Mia cugina ci guarda attentamente, come se stesse analizzando qualcosa mai visto prima, e scompare così com’è apparsa.

Raccatto le mie cose e mi rivesto, sollevata per uscire finalmente da quel negozio degli orrori, ma anche un po’ dispiaciuta perché mi rendo conto che non vedrò più Mirko. E dire che, in fondo, ma molto in fondo, il ragazzo mi sta simpatico. Mi sarebbe piaciuto avere altri battibecchi con lui.

-Beh, allora grazie Mirko... - esclamo timidamente.

-Figurati ragazzina.- risponde lui. Apre la bocca per aggiungere qualcosa, ma viene interrotto dalle urla di Candida dall’altro lato della tenda, che mi incitano a uscire immediatamente.

-Devo andare... Beh, ci si vede..- Saluto con la mano ed esco velocemente, rivolgendo un “arrivederci” piuttosto titubante ad Erika, che è ritornata al suo
posto dietro la scrivania. Sono così distratta che quasi non mi accorgo di urtare una ragazza che sta entrando proprio in quel momento. Non le chiedo neanche scusa, da quanto sono scossa.
Ma poi, per quale motivo dovrei esserlo? Al contrario, non dovrei essere felice? Mi incammino spedita verso non so dove e vengo subito raggiunta da
Candida.

-Ehi Ser, tutto bene? Non ti piacciono i dread?- mi chiede incuriosita e ansiosa.

Alzo lo sguardo che fino a quel momento avevo tenuto basso e sorrido tristemente:

-No, è tutto ok. E’ davvero tutto ok.


NOTA: Eccomi qui, dopo mesi di incertezze finalmente ho pubblicato. Siate clementi, questa è la mia prima vera storia e ho dovuto sudare parecchio per renderla leggibile. Rigrazio la mia beta Breathe_Me che ha corretto i miei obbrobri e con le sue minaccie di morte mi ha convinto a pubblicare. Cercherò di aggiornare ogni quindici giorni, salvo impedimenti e complicazioni. Spero che leggendola, riusciate a divertirvi e a emozionarvi almeno un po'. A presto! =)

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Capitolo 2
*** Dread su due ruote ***


-Serena... Ehi Serena, ci sei?

Due enormi occhi verdi mi sovrastano e mi guardano incuriositi. Sbatto ripetutamente le palpebre, per cercare di mettere a fuoco la situazione che mi si presenta davanti e far tornare la mia mente alla realtà. 

-Ehi... Scusa Giorgia, ero persa nei miei pensieri....

-Che novità! Da quanto sei tolnata da Tolino non sei più la stessa, lo sai? E sono passati sette mesi!- esclama, con il suo italiano ancora poco perfetto, Etciù.

Già, sette mesi: sono passati sette mesi da quel Natale così stupendo... Insomma, era la prima volta che lo passavo in una grande città, con la neve, le mie cugine. Sbuffo. Ma chi voglio prendere in giro? Non mi importa nulla di quel Natale, la cosa più bella è stata...

-Oh no, è partita di nuovo! Ti decidi ad ordinare? Vuoi la brioche o il cono?- quasi urla Giorgia per farsi spazio tra le mie riflessioni e impedirmi di cadere di nuovo in trance. 

Alzo gli occhi su di lei, soffermandomi sulla sua chioma rossa, con sguardo interrogativo e sbotto:

-Possibile che dopo dieci anni ancora non sai che prendo sempre la crèpe con il gelato al pistacchio? Che amica che sei!-

Lei strabuzza gli occhi e fa una smorfia strana con la bocca: il suo modo di fingersi arrabbiata. La guardo con aria interrogativa, immaginando la sua prossima mossa. Offesa, si alza e cambia di posto, lasciandomi con Etciù e altri miei amici. Poi ci ripensa e ritorna, con tutta l’aria di chi deve fare una sfuriata:- Per questa volta ti perdono, a patto che tu mi dia un pezzo della tua crépe!- sbotta, seria e rossa, come i suoi capelli.

Io ed Etciù ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere, seguite a ruota da Giorgia e da altri miei amici che hanno partecipato come spettatori a quella fantomatica scenetta.

-Ehi Ser, vedi che il tuo cellulare è da più di dieci minuti che squilla- esclama Marco, il nanetto biondo che mi conosce da quando ho due anni. 
In effetti, avevo intercettato un rumore estraneo al chiacchiericcio della gelateria, ma non avevo prestato molta attenzione. 

Cerco velocemente il mio apparecchio nella borsa, tra la tovaglia del mare e la crema solare, ma non riesco per un pelo a prendere la chiamata. Numero sconosciuto. Chi sarà mai? E non è la prima volta che mi cerca: ho ben quattro chiamate perse.
Beh, se avranno bisogno, richiameranno, no? 

-Chi ela, Selena?- chiede incuriosita Etciù. Sorrido alla sua erre ancora non matura:- Non lo so, è un numero sconosciuto. Forse dovrei richiamare...
Ma non ho neanche il tempo di terminare la frase che il cellulare squilla nuovamente, facendomi sobbalzare sulla sedia, diffondendo la suoneria per tutto il terrazzo. Perché diavolo metto il volume così alto se poi non lo sento lo stesso?

-Pronto?- rispondo, cercando di sovrastare il chiacchiericcio.

-Ehi ragazzina, finalmente hai risposto!- Una voce calda, maschile mi canzona dall’altro capo del telefono. Ma che diavolo...

-Pronto, ma chi parla?- chiedo quasi isterica. Eppure, è una voce così familiare. Quel "ragazzina"... Sì, non mi è nuova. Possibile? No, no... Non mi ha cercata per tutto questo tempo, per quale motivo dovrebbe farlo adesso? Tuttavia, tutti gli indizi riportano a lui: quell'epiteto che odio così tanto, quella voce così calda e rassicurante ma allo stesso tempo così fastidiosa da farti uscire di senno, la rinascita della mia bipolarità che fino ad allora era rimasta assopita. 

Già, tutto riporta a lui, a quel nonnetto che mi è mancato così tanto. E credo di essermene accorta solo ora.

-Mi...Mirko? Sei tu?- chiedo titubante, sperando dentro di me che il ragazzo dall’altro capo del telefono mi dia una risposta positiva. Istintivamente mi alzo, sotto lo sguardo incuriosito di tutti, e scendo le scale della gelateria, incrociando le dita. 

Una risata. 

Una risata così sconosciuta ma anche così familiare. 

Una risata così contagiosa da metterti subito di buon umore.

-Ehi, ce ne hai messo di tempo ragazzina! E smettila di incrociare le dita, ti si fermerà la circolazione!

-Ah sì, hai ragione...

Un momento, come diavolo fa a sapere che tengo le dita incrociate? Non ha dei super poteri, di questo sono sicura, e non ci sono telecamere nascoste. Credo.

-Ehi, ma... come fai a saperlo?- gli chiedo incuriosita e un po’ scettica. 

-Voltati un po’ verso destra...- Mi giro, ma non vedo nulla.

-Dall’altro lato...- sbotta annoiato. Mi volto nuovamente. Eccolo, dall’altro lato della strada, appoggiato alla palma, con un paio di bermuda blu e una canottiera bianca. Ha ancora il telefono poggiato all’orecchio e non appena incrocia il mio sguardo, credo che il suo sorriso si sia fatto più ampio e i suoi occhi più luminosi. 

Lo guardo e non riesco a credere ai miei occhi: è davvero lui, più bello di come ricordassi. Rimaniamo così, a fissarci e a scrutarci per un bel po’ di tempo: lui, sempre più divertito, con il telefono già disperso in una tasca dei suoi bermuda, io, con la bocca aperta, lo sguardo stravolto e il cellulare ancora all’orecchio.

Mi riprendo soltanto quando lui si indica la bocca e invita a chiudere la mia: oh mamma, che figuraccia! Gli sarò sembrata una vera idiota. Cerco di recuperare quel poco di dignità che mi è rimasta e mi dirigo a passo spedito verso di lui: ma non serve a nulla: anche quella scompare con l’automobile che per poco non mi investe.

Perfetto, due figuracce nel giro di quanto... dieci secondi? Ma più mi avvicino, più una strana gioia mi pervade, iniziando dal centro del petto e propagandosi per tutto il corpo. Oh, mi è davvero mancato. 

Per gli ultimi cinque metri che ci separano, accelero il passo e mi fiondo, letteralmente, tra le sue braccia. Fortunatamente Mirko intercetta tempestivamente il mio gesto, altrimenti saremmo finiti sicuramente per terra. 

Ho già fatto abbastanza brutte figure per oggi. 

Mi aggrappo a lui come un koala, allacciando le braccia al suo collo e le gambe ai suoi fianchi, stringendo così forte da soffocarlo. La mia testa si incastra perfettamente all’incavo del suo collo, permettendomi di drogarmi del suo profumo per un po’.

Adesso, quella voce che fino al quel momento mi mormorava che lui mi era mancato, adesso si fa un grido insopportabile, che dal cuore riesce a giungere il cervello e a rimbombarmi nelle orecchie. Sì, tutto di lui mi è mancato maledettamente: la sua voce, la sua risata, il suo odore... il suo labret nero.

Dopo essersi ripreso dal mio improvviso gesto, mi cinge dolcemente i fianchi, come se avesse paura di farmi del male.

-Ehi ragazzina, piano! Vuoi forse uccidere un povero nonnetto?- risponde divertito.

Quella risata cristallina mi stravolge completamente.

Stretta ancora al suo corpo, sento le guance imporporarsi e le lacrime cercare di uscire prepotenti. Perché mi sento così? In fondo io lo odio, giusto? Giusto?
Emetto un gemito soffocato contro il suo collo quando il suo abbraccio si fa più stretto, provocandogli brividi che invidio dolorosamente. Sento la sua mano staccarsi dai miei fianchi risalire lentamente, lungo la mia spina dorsale e intrufolarsi tra i miei capelli, sulla nuca, accarezzandola lievemente, come se fossi un gattino ferito.

Rimaniamo così, stretti l’uno all’altro, come due pezzi di un puzzle che terminano un quadro perfetto. Vorrei, anche se non so perché, che il tempo si fermasse il più possibile.

-Ragazzina, stai bene?- La sua voce mi riporta alla realtà e mi rendo conto della situazione imbarazzante in cui mi trovo. 

Molto lentamente e di malavoglia mi distacco da lui, che accompagna i miei movimenti con una tale dolcezza da farlo apparire una persona completamente diversa: dove è finito quel Mirko cafone e pervertito di Torino? Ma soprattutto, dove è finita quella Serena che a stento ne sopportava la vista?

Tengo lo sguardo fisso sulle mie scarpe, non osando alzare gli occhi su di lui. 

Come diavolo mi è venuto in mente di fare una cosa del genere? E dove diavolo è il mio buon senso quando serve?

Nervosa, inizio a mordicchiarmi il labbro inferiore, desiderando di poter prendere una pala e sotterrare me e la mia bipolarità. All’improvviso, Mirko mi mette una mano sotto il mento, costringendomi ad alzare il volto e fissarlo negli occhi.
Da quando in qua ha quelle stupende sfumature dorate?

-Ciao...-sussurra dolcemente, ampliando un sorriso che ho sognato per molte notti.

-Ciao- rispondo, con una faccia da pesce lesso (ne sono sicura). 

Fantastico, passo da "adolescente arrapata" a "adolescente arrapata con paralisi facciale". 

Bene, adesso che l’ho salutato civilmente, che si fa? Oh, avrei tante cose da chiedergli, tante cose che vorrei sapere... ma rimango lì, immobile, ad osservarlo. Non che lui sia un grande oratore, dopo tutto. 

Rendendosi conto di avere ancora la mano sotto il mio mento, la leva immediatamente. Una strana espressione si dipinge sul suo volto...imbarazzo? Impossibile: è Mirko! 

Quel Mirko che alla prima occasione si è fatto una mappa del mio didietro. Ma allora...

-Sai, non dovresti uscire così, attiri troppo l’attenzione...- dice improvvisamente indicando il mio vestiario. Un momento: dove è finita la dolcezza di due secondi fa? Che sia bipolare anche lui?

-Cosa c’è che non va?- esamino con lo sguardo i miei indumenti, ma mi sembra tutto a posto.

-Che vuoi dire? Non puoi uscire con quei... quei... ma che sono, slip di jeans? E poi quella maglia: lascia scoperto tutto!- esclama, quasi isterico, indicando il mio vestiario come per rafforzare il concetto. 

Lo guardo stralunata: che-cosa-ha-detto? Non è che il viaggio gli ha dato alla testa? 

-Non sono jeans inguinali, mio caro: se questi ti sembrano corti, non hai visto nulla in vita tua! Ci sono ragazze che escono davvero in slip, come dici tu. E poi- incrocio automaticamente le braccia sul petto- sei rimasto il maniaco di un tempo, vedo. Per quale motivo ti sei soffermato sulla mia scollatura? Anch'io ho una faccia che gradirebbe di essere presa in considerazione!-
Sono davvero infuriata!- E se sei venuto fin qui per darmi della prostituta, potevi anche restartene a Torino!- Lo sapevo, ho finito per urlare, e io lo odio, soprattutto in pubblico: mi fa apparire una pazza isterica. 

Ecco dove era finito il Mirko torinese: era solo nascosto dietro una maschera pronto a tendermi un vero e proprio agguato, come un leone a caccia. 
Gli volto le spalle e mi dirigo spedita verso la gelateria: non mi importa che è venuto fin qui, può anche andarsene a... una mano mi afferra il polso e mi costringe a voltarmi: due occhi supplichevoli mi si parano davanti, impedendomi di vedere oltre. Imporvvisamente, tutta la rabbia e la frustrazione scompaiono, di fronte a quel color nocciola in cui è così piacevole perdersi.

-Non volevo assolutamente darti della prostituta e non penso neanche lontanamente una cosa del genere. E non voglio assolutamente passare questi tre giorni in cui resterò qui senza di te. Quindi, o mi perdoni... o ti pedinerò per tutto il tempo.-

Il suo sorriso è scomparso, non ve ne è più traccia da nessuna parte. Al suo posto compare un'espressione seria, di quelle che non ti lasciano possibilità di replica. E adesso, cosa gli dico? E per quale motivo...

-Oh mio Dio, Mirko! I tuoi dread! Che cosa hai fatto?- Non mi ero accorta che al posto di quelle fantastiche opere d’arte aveva dei banalissimi capelli castani, rasati ai lati e con il ciuffo lungo, come si usa adesso.

Istintivamente, immergo una mano in quella stupida chioma, come per accertarmi che sia vera, provocandogli un gemito di sorpresa e mi accorgo che, forse, li preferisco così: sono così morbidi che viene voglia di toccarli in eterno e vorrei tenerli così, tra le mie dita, per tutta la vita.
Dopo essersi ripreso nuovamente dal mio sbalzo ormonale e dai miei gesti indecifrabili, delicatamente mi allontana da lui, tenendo comunque le sue mani tra le mie.

-Beh, diciamo che sono stato costretto, più o meno...-

Gli rivolgo un’aria interrogativa: che vuol dire "costretto"? Cos’è, lo hanno rapito e gli hanno detto “o i dread o la vita”?

-Non farti strane idee, ragazzina- continua, vedendo già la mia fantasia galoppare lontana- avevo fatto una scommessa con i miei amici: se fossi riuscito a laurearmi con il massimo dei voti, avrei dovuto dire addio a ciò che mi era più caro al mondo. Ma, dopo tutto, un medico con i dread è piuttosto inusuale, non trovi?- Laureato? Massimo dei voti? Medico?- Ma sono riuscito a convincerli di farmi tenere almeno questo, così avremo qualcosa in comune, no?- e afferra un dread sulla nuca, che non avevo notato fino ad ora.

-Quindi sei un medico, eh? E pensare che ti avevo preso per uno scansafatiche.- rispondo divertita. Se tutti i dottori fossero come Mirko, chiederei l’asilo all’ospedale. 
L’ho pensato davvero?

-In effetti, non lo sono ancora a tutti gli effetti, ma mi sto avvicinando. Comunque, non sono venuto fin qui per parlare di me: devo chiederti un favore.- e si fa serio in volto.
Un favore, da me? Mirko? Dalla faccia sembra qualcosa di preoccupante. Ah, che stupida, credevo davvero che fosse venuto fin qui solo per farmi un saluto. Idiota. Cerco di nascondere il mio disappunto e lo invito a continuare con un cenno della testa:- Come hai capito, resterò qui solo per tre giorni. Mi chiedevo... sì, insomma... se potevi farmi da guida turistica e mostrarmi un po’ di cose della città...-

Oh mio Dio, è diventato tutto rosso e tiene gli occhi fissi a terra: sembra un bimbo che è stato appena scoperto con la mano nel barattolo di nutella. Dove diavolo è finita tutta la sua spavalderia? Non sembra neanche lui. La scena è davvero esilarante. 
Ok Serena, non ridere. Non ridere. Fai la persona seria.

-Che diavolo hai da ridere, ragazzina? La mia proposta è davvero così sciocca?- sbotta Mirko irritato. 

Oh no, da piccola peste si è trasformato in toro pronto alla carica, con le narici dilatate e l'espressione furiosa.
Cerco di calmarmi, ma non ci riesco: tutta colpa della mi immaginazione, che fa paragoni così stupidi in momenti inopportuni. Mi volto, cercando di ritrovare un po’ di contegno e rimediare a questa situazione già disastrosa. Faccio respiri profondi e dopo aver rischiato di andare in iperventilazione, sono davvero ritornata in me. 

Mi volto, e incontro gli occhi infuriati di Mirko: ohi ohi, sembra davvero offeso. Non volevo ridere della sua proposta, anzi ne sono così felice che ballerei la macarena in mezzo alla strada. 

-Scusa, io non volevo... comportarmi così. Mi dispiace, davvero, non so cosa mi sia preso- rispondo con sguardo supplichevole e occhi da cucciolo. Sì, insomma, in versione gatto-di-Candida.

Lui continua a guardarmi e non accenna a rispondermi: è ancora arrabbiato e si vede dai suoi occhi che, grandi e pieni di vita, sono diventati due fessure cupe. Titubante, cerco di andare avanti: possibile che sia riuscita a rovinare tutto? Brava Serena, complimenti davvero, sei sempre la solita!

-Scusami Mirko, davvero! Mi piacerebbe molto fare da guida turistica al mio dread maker/ tatuatore/muralista/ tizio-per-fare-vandalismi-notturni personale. Davvero, non volevo ridere così... è che il mio cervello... sai.. i neuroni e roba del genere... hanno...- ok, cosa diavolo sto dicendo?

Gli metto una mano sul braccio, cercando di trasmettergli il mio profondo dispiacere, ma vengo distratta da quei bicipiti marmorei. I miei ormoni mi costringono a dargli una rapida occhiata, solo per ricordarmi come sono fatti. Ma quell’essere strano e fuori dal comune intercetta il mio movimento e scoppia in una grassa risata, così forte da propagarsi per tutto il viale.
Sento improvvisamente più caldo del previsto, il cuore inizia a battere freneticamente e le mie guance diventano rosse come pomodori: è ufficiale, lo odio!
Rompo, anzi no, distruggo qualsiasi legame con lui e indietreggio un paio di passi. La mia fuga però viene interrotta dall’albero: perfetto, mi sono rinchiusa con le mie stesse mani.
Mirko smette di ridere non appena intuisce il mio tentativo di darmela a gambe e si avvicina fino a essere distanti l’uno dall’altro soltanto un paio di centimetri. Sento il suo respiro caldo tra i miei capelli e il suo corpo bloccarmi lì all’istante,impedendo qualsiasi tipo di movimento.

Per sottolineare che ormai sono come un topo in trappola, punta le mani all’altezza delle mie spalle. Il caldo che sentivo prima si quadruplica e credo che il cuore mi scoppierà in petto da un momento all’altro: se la morte è questa, voglio subito provarla.

Mirko si avvicina al mio orecchio e dopo avermi spostato delicatamente i capelli, inizia una dolce tortura che, da un lato, agogno ardentemente, dall’altro ne farei volentieri a meno.
-Per questa volta ti perdono ragazzina, ma alla prossima non sarò così magnanimo- e, mentre dice queste parole, si avvicina sempre di più, arrivando a soffiare le parole direttamente sul mio collo e a far aderire il suo petto perfettamente con il mio. 

Brividi di non so cosa mi percorrono tutta la schiena e non riesco a muovere le braccia per allontanarlo da me, rimangono stese e immobili lungo i fianchi. Non ho nemmeno il coraggio di alzare gli occhi su di lui, continuando a fissare un punto indistinto sulla sua canottiera.

Ok, questa situazione si sta facendo troppo imbarazzante.

-Per quanto riguarda domani, ti vengo a prendere alle otto e mezza a casa tua: mi raccomando, puntuale, odio terribilmente i ritardatari.-

Detto ciò, si allontana bruscamente, lasciandomi come uno stoccafisso contro l’albero. Sul suo viso non c’è più rabbia né risentimento, ma un sorrisino strano, mai visto. I suoi occhi brillano di luce nuova e tutto di lui sembra essere cambiato. Lo scruto ancora, cercando di capire cosa ci sia di diverso e per quale motivo non ho più il coraggio di guardarlo negli occhi.
Ma non mi da il tempo di capire cosa sia effettivamente successo: sale su una Ducati Superbike 848 rossa e solo allora mi riprendo dal mio stato catatonico, consapevole che quello sarà il nostro mezzo per la “gita turistica”.

-Mirko, un momento, come fai a sapere dove abito? E che ero qui?- Vorrei aver pronunciato delle parole sicure e ferme, ma tutto ciò che mi è uscito sembra più un lamento di un moribondo. Sì perché, da quando non sono più incatenata in quella gabbia tra le sue braccia, sento uno strano dolore al centro del petto.

Alza la visiera del suo casco omologato e risponde divertito:- Non ci arrivi proprio? Ho dovuto corrompere una piccola gnoma. Ci si vede domani, ragazzina.-

Così, mette in mto e va via, senza lasciarmi il tempo di replicare. Una gnoma? Ma certo, dovevo immaginare che dietro tutto questo c’era mia cugina Candida! Di certo, si giustificherà dicendo che Mirko le faceva pena, che è un bravo ragazzo e roba del genere. Oh, ma questa me la pagherà. Eccome, se me la pagherà.

-Mi chiamo Serena, CAFONE!- urlo con tutta la forza che ho in corpo, ma ormai la moto è già lontana e non mi avrà sicuramente sentita. In compenso, lo hanno fatto tutti i clienti della gelateria di fronte e le tranquille persone che passeggiano per il viale. 

Di bene in meglio.

Stringo i pugni amareggiata, fino a farmi diventare le nocche bianche e a grandi falcate mi dirigo verso il bar. Con uno scatto rabbioso, sposto la sedia e mi lancio frustrata su di essa, rischiando di rovesciare tutto. Sbuffo, e sbatto un pugno sul tavolo, segno che in questo momento posso uccidere qualcuno a mani nude.

E saprei perfettamente su chi riversare la mia furia omicida.

Giorgia ed Etciù mi guardano preoccupate forse più per se stesse che per me, mentre Marco si allontana divertito :- La fase premestruo questa volta non c’entra, eh?- Lo guardo con gli occhi fiammeggianti, pronta a saltargli addosso da un momento all’altro e staccargli la testa dal resto del corpo. Ma sono sicura che poi me ne pentirei: in fondo, è il mio migliore amico. 

Ritrovata un po’ di calma, scruto tutti lentamente: mi porgono domande silenziose su cosa è appena caduto. D’altro canto, non avevo parlato a nessuno di Mirko, perché lo reputavo soltanto una comparsa nella mia vita. E invece, ecco che si ripresenta, costringendomi ad affidargli una parte più importante.

-Era Mirko, il tizio che mi ha fatto i dread a Torino.- Sbuffo, iniziando a mangiucchiare la crèpe che ormai si stava sciogliendo. Fantastico, mi è anche passata la fame!

Etciù e Giorgia si guardano negli occhi. Mi sembra già di sentirle: perché è venuto qui? Gli piaci? Ti piace? State insieme? Insomma, un interrogatorio a cui non potrò sottrarmi facilmente.

Sospiro, cercando di calmarmi ulteriormente e inizio a raccontare di come un dread maker/tatuatore/muralista/ tizio-per-fare-vandalismi-notturni sta iniziando a sconvolgermi la vita.

NOTA: Rieccomi con il nuovo capitolo! mmm... per la povera Serena le cose iniziano a complicarsi, eh? Chissà cosa succederà nel prossimo capitolo! Pertanto, vi aspetto al nuovo aggiornamento tra 15 giorni... o forse anche prima, chissà! Ringrazio tutti coloro che hanno letto la mia storia: se avete suggerimenti o consigli da darmi, sarò felice di ascoltarli. A presto!

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Capitolo 3
*** Cicerone with dread ***


Help, I need somebody,
Help, not just anybody,
Help, you know I need someone, help.


Cerco, a tentoni e con gli occhi ancora chiusi, il cellulare, per far smettere quella dannatissima sveglia. Ma non lo avevo lasciato sul comodino?

When I was younger, so much younger than today,
I never needed anybody's help in any way.


Riluttante, decido di aprirli, ma un flebile raggio di luce mi acceca, costringendomi a richiuderli. Cazzo.

But now these days are gone, I'm not so self assured,
Now I find I've changed my mind and opened up the doors
.

Dopo mille congiure e macchinazioni per restare a letto, mi alzo alla ricerca di quel dannatissimo apparecchio. Ed eccolo lì, dove l'avevo lasciato ieri sera, che continua a cantare beato una canzone che da ora in poi odierò con tutto il cuore.

Ancora assonnata, guardo l’orologio: le otto del mattino. Come di fa a svegliarsi a quest’ora, durante l’estate? Insomma, è un vero sacrilegio! Oh, ma Mirko mi sentirà, eccome...

Mi dirigo verso il bagno, e il silenzio più assoluto regna sovrano, ad eccezione dei cinguettii degli uccelli che provengono da fuori. Ci credo: solo gli animali si svegliano a quest’ora.

Mi infilo sotto il getto d’acqua fredda per svegliarmi un po’ e per rinfrescarmi: oggi, come minimo, ci saranno 35°. Cerco di fare il meno rumore possibile mentre mi preparo: pantaloncini (e se oggi Mirko contesta, lo uccido!), una maglietta leggera per sfuggire alle insidie dell’afa e, sotto, il mio costume preferito, a fascia, blu notte. Chissà se avremo il tempo di fare una capatina in spiaggia?

Preparo la borsa e lascio un biglietto per i miei: sanno che devo uscire presto, ma non vorrei che, poi, se ne escano con “tu non ci hai detto niente”.

Chiudo la porta di casa e attraverso il giardino: non sono più abituata a svegliarmi così presto e l’aria mattutina mi sembra molto frizzante. Tutto intorno, l’aroma dei fiori d’arancio e dei gelsomini crea un atmosfera quasi surreale, capace di calmare i miei sensi già piuttosto alterati. Ora i cinguettii sono più forti e ben udibili e sembrano creare una sinfonia del tutto nuova e particolare. Il sole non è ancora alto nel cielo, ma tutto è già illuminato, rendendo ben visibile ogni dettaglio: il bruco che cammina tra l’erba, la farfalla che salta da un fiore all’altro e le sfumature gialle delle rose.

Guardo l’orologio, preoccupata, ma per fortuna sono solo le otto e venti. Metto gli auricolari e via con la musica a tutto volume: non c’è niente di meglio per darsi la carica.
Oh, Bella di Jovanotti: canzone stupenda. Inizio a canticchiarla e improvviso anche un balletto mentre apro il cancello. 

-Bella, come una mattina, d’acqua cristallina, come una finestra che ti illumina il cuscin...- mi interrompo bruscamente, con la mano alzata a formare un cerchio in aria e la bocca aperta. Di fronte a me, Mirko, in bermuda bianche e t-shirt di Topolino, è appoggiato alla sua Ducati con le braccia incrociate. Gli enormi occhiali da sole mi impediscono di vedere i suoi occhi, ma dal suo sorriso deduco che si stia divertendo un mondo per avermi sorpresa in un momento imbarazzante come quello.

-Ciao ragazzina, sei in ritardo.-

-Non sono in ritardo, sei tu che sei in anticipo nonnetto!- sbraito. Per quale motivo deve farmi arrabbiare di prima mattina?

Già che mi sono alzata presto, solo per accompagnarlo, dovrebbe ringraziarmi in ginocchio! Ma no, lui deve sempre comportarsi come... come... come un cafone, ecco!

-Da quanto non sentivo quel soprannome... forza, sali e non far tante storie.-

-C-cosa? Neanche un buon giorno? Sei proprio impossibile!- sbotto, afferrando il casco nero che mi porge. Lo indosso in fretta e furia e con la mano faccio cenno di muoversi: prima inizia questa giornata, prima finisce, no?

Senza ribattere, anche lui indossa finalmente il casco e avvia il motore. Ieri non lo avevo notato, ma sta davvero bene sulla moto... No, Serena, ragiona, tu a malapena lo sopporti. 
Con un po’ di fatica, tra il divertimento di quell’essere e la mia pazienza già terminata, riesco a salire anch’io su quella stupenda Ducati.

-Tieniti forte ragazzina, non vorrai per caso finire a terra, vero? O vuoi che andiamo a due km orari, come i nonnetti del lunedì mattina?- Si sta proprio divertendo un sacco.

-Non preoccuparti per me, starò bene.- Mirko scuote la testa noncurante e, mentre abbassa la visiera, bisbiglia un “te lo avevo detto” poco rassicurante. Ma che razza di idee ha in mente, quel folle?

Deglutisco preoccupata e mi preparo a quella che si presenta come una lunga, interminabile, giornata.

Per dimostrare che lui ha “La” moto, da gas un paio di volte e poi parte a tutta velocità. Come se si sentisse il Valentino Rossi della situazione, percorre le strade, per fortuna poco affollate, a tutta velocità, ma con una tale destrezza e capacità da farmi sentire al sicuro.

Sono costretta comunque a tenermi a lui, altrimenti rischio davvero di finire per strada. Non appena gli cingo la vita, sento un mormorio strano, sovrastato dal rombo del motore e dai rumori della città che si sta svegliando: era forse una risata?

Improvvisamente, Mirko rallenta: finalmente ha capito di stare attentando alla mia vita! Ma qualcosa mi dice che non finisce lì: infatti, solleva la moto e restiamo così, in posizione verticale, per un paio di metri. Sa fare anche le impennate? 

Urlo, con tutta la forza che possiedo, e mi stringo a lui convulsamente. Chiudo gli occhi: non voglio assolutamente vedere la morte in faccia. Neanche quando ritorniamo in una posizione più consona, ho il coraggio di aprirli. 
Resto così per tutto il viaggio e, solo quando ci fermiamo alla Valle dei Templi, prima nostra tappa, allento la morsa in cui lo avevo intrappolato e apro lentamente gli occhi, come se avessi paura di ritrovarmi in un incubo. Quando sono certa di essere completamente ferma, scendo di scatto da quell’aggeggio infernale.

-Ma sei impazzito? Ho rischiato di morire! Non solo sei un cafone, ma sei anche uno spericolato! Mi è quasi venuto un infarto!- urlo, iniziando a picchiarlo, ma senza procurargli neanche un graffietto.

Mirko, dopo aver subito quel pestaggio in silenzio e aver parcheggiato la moto, mi sorride dolcemente, mi toglie il casco e mi aggiusta quei maledetti ricci che sicuramente avranno un aspetto pietoso. Bene, adesso si scuserà, dicendo che ha sbagliato e non lo far...

-Peggio per te che mi hai provocato, ragazzina. E ora, muoviti.-

Mi da le spalle e si dirige verso la biglietteria, ignorandomi totalmente: lo odio, è ufficiale!
Lo seguo a passo spedito e ci mettiamo in fila per entrare: non gli rivolgo la parola solo per evitare ulteriori diverbi e per far passare questa maledetta giornata nella tranquillità più assoluta.

-Bene ragazzina, vuoi iniziare a spiegarmi un po’ di cose o vuoi restare muta per tutto il giorno?- esclama lui, non appena iniziamo ad avvicinarci al tempio di Ercole: al diavolo la tranquillità, io questo qui lo ammazzo!

 
-Allora nonnetto, ti è piaciuto il giro?

Abbiamo passato più di un ora a visitare i templi. Tra quelle rovine si respira davvero un'aria che ti riporta indietro nel tempo, dove migliaia di uomini e donne portavano sacrifici a degli dei egocentrici e molto vulnerabili. E le colonne di tufo, è come se parlassero, raccontando cose che possiamo solo lontanamente immaginare: vicende di eroi e sovrani che hanno combattuto per secoli solo per poter avere tra le loro mani una meraviglia del genere.

Subito dopo siamo andati al Museo Archeologico Regionale: vasi, statue e utensili vari mantengono sempre in vita gli uomini che hanno calpestato queste strade prima di me, e che hanno fatto della loro città, una tra le più belle di tutta la Magna Grecia. 
Ovviamente, ciò che colpisce maggiormente è la riproduzione dei telamoni del Tempio di Giove: giganti di roccia, alti più di sette metri, che sembrano fare da guardia a tutto il museo, osservandolo con i loro occhi carichi di saggezza e storia. 

Mirko è rimasto a bacca aperta quando li ha visti e, quando si è avvicinato, aveva pura che gli crollassero addosso: magari fosse successo, una scocciatura in meno!

-Devo dire, ragazzina, che è tutto davvero bello.- dice soddisfatto. 

-Bello?- sbotto sorpresa- è tutto stupendo! Ti ricordo che stai camminando nella città “più bella tra i mortali”!-

Lui mi guarda incuriosito, con un sopracciglio sollevato. - E chi lo dice? Tu?-

-No- esclamo con aria da saputella- Johann Wolfgang Von Goethe, drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e...- 

-Ok, ok ho capito!- esclama ad un certo punto, interrompendo il mio flusso di parole. Gli lancio un occhiata e incrocio le braccia indispettita: odio essere interrotta durante le mie arringhe. Lui sorride serafico e mi cinge le spalle in un forte abbraccio.

-Beh, adesso che si fa, mio caro cicerone?

-Innanzitutto, togli quel braccio sudaticcio dalle mie spalle- esclamo, fingendomi schifata, mentre allontano Mirko -e poi avrei intenzione di andare in spiaggia: sai, siamo in piena estate, ci sono 35°... A proposito, lo hai portato il costume vero?-

-Per fortuna mi è venuto in mente, perché, se avessi aspettato che me lo dicesse una certa persona, sarei dovuto restare nudo.- A quelle parole, le guance mi si colorano di un rosso accesso e le mani iniziano a sudarmi terribilmente.

Mirko sembra accorgersi di tutto ciò (con quei maledetti occhiali non riesco a decifrarlo!), ma non dice nulla e mi invita a sbrigarmi perché vuole farsi un bagno per “togliersi quell’aria sudaticcia”.

-Ehi, io non parlo così e smettila di farmi il verso!-                                                

Sono già in moto quando riaffiorano in me l’ansia e la paura che ho provato prima. 

-Mirko, non guidare come poco fa, altrimenti rischio di morire!- urlo, con la voce ovattata a causa del casco. 
Lui si gira con nonchalanche e, come se non gli avessi detto nulla, parte in quarta, diffondendo il rombo del motore per tutta la valle, rischiando di far venire giù tutto. 

Era ovvio: non mi ha minimamente ascoltata. Chissà se mi stava a sentire quando gli ho parlato di come le future spose si recano al tempio di Giunone per favorire la nascita dei figli o di come è stato ritrovato l’Efebo... Eh, chi lo capisce davvero?

Mi stringo a lui per evitare di cadere e chiudo gli occhi, immaginandomi già in spiaggia a farmi una lunga nuotata. 

Dopo esserci fermati a pranzo e percorso dieci minuti abbondanti sotto il sole cocente, su quella strada che è peggio delle montagne russe, arriviamo finalmente a destinazione. 

L’aria salmastra mi investe non appena scendo la scalinata di legno e mi fermo qualche minuto a contemplare quel paesaggio che conosco a memoria, ma in cui ogni volta riesco a scorgere un particolare nuovo. Il mare, piatto come una tavola, risplende sotto il sole di mezzo giorno ed il suo azzurro inteso e limpido quasi mi acceca.

Non si sente alcun rumore: la pace più totale regna sovrana. Volgo lo sguardo a destra e riesco a distinguere a malapena l’enorme montagna di argilla, mentre al lato opposto il porto con le navi che entrano ed escono.

C’è poco da aggiungere: adoro il mare, resterei qui per tutta la vita, se potessi.

Improvvisamente, dietro di me, sento una presenza incombere: alzo gli occhi e vedo Mirko alle mie spalle, anche lui intento ad osservare il paesaggio. Finalmente, ha tolto gli occhiali da sole e mi perdo ad osservarlo, dopo tanto tempo. Oggi, tra un battibecco e l’altro, non ho potuto guardarlo a sufficienza. 

Anche in lui riesco a scorgere nuovi particolari: la barba che sta già crescendo, una cicatrice quasi invisibile all’altezza del pomo d’Adamo e la mascella distesa e rilassata. 

Vorrei poterlo guardare ancora, ma il caldo mi impedisce di restare ancora sotto il sole; delicatamente, gli afferro il polso e lo conduco in spiaggia. Solo in quel momento sembra accorgersi di dove si trova realmente.

-Allora, ti piace?- gli chiedo, continuando a camminare spedita e a trascinarmelo dietro come un cane al guinzaglio, senza mai guardarlo in viso.

-E’ davvero bellissimo. Era da un paio di anni che non andavo al mare e devo ammettere che la piscina non regge affatto il confronto.- Ride. Rido anch’io, perché dopo una mattina ricca di incontri di box, abbiamo finalmente trovato una sorta di equilibrio. Speriamo che duri per il resto della giornata.

-Perfetto, qui va benissimo!- esclamo ad un certo punto, lanciando in malo modo la borsa sulla sabbia: dopo averla portata per tutta la mattinata,  per poco non mi cade la spalla.
Anche Mirko posa le sue cose, ma con più delicatezza e calma. Come fa ad essere così? Io mi sto letteralmente squagliando! Rapida, mi sfilo la maglia, gli shorts e le scarpe, li appallottolo e infilo tutto nella borsa.

Guardo Mirko impaziente: è troppo lento per i miei gusti.

-Scusa, ma io corro a farmi un bagno, sento troppo caldo.- Non gli do neanche il tempo di ribattere, che mi fiondo in mare a tutta velocità.

Ma proprio sul bagnasciuga mi fermo, per testare l’acqua con i piedi: non è troppo fredda. E’ fresca e perfetta per togliermi di dosso la calura insopportabile del sole estivo. Molto lentamente, inizio a immergermi: non appena l’acqua mi arriva ai fianchi, un brivido di freddo mi percorre la spina dorsale. Rimango lì, indecisa se buttarmi o meno: tutta la foga di poco fa si è dissolta. 

Ok Serena, al tre. Uno. Due. Due e mezzo. E andiamo! Tre. Chiudo gli occhi, trattengo il respiro e... giù. Una bella nuotata sott’acqua è proprio quello che ci vuole. Riemergo, soddisfatta e perfettamente rinfrescata. Mi volto verso la riva e mi accorgo di essermi allontanata parecchio. 

Dopo aver ripreso fiato, mi immergo e ripercorro il tragitto al contrario. Ma dopo pochi secondi, sbatto la testa contro qualcosa di duro: sono sicura che gli scogli siano dal lato opposto. Ciò vuol dire che... quello che ho davanti è una persona!
Maledizione! Riemergo all’istante, con i capelli davanti il viso che mi bloccano la visuale.

-Scusi...mi dispiace...- balbetto mortificata. Ma non appena riesco a liberarmi da quel groviglio di ricci, mi accorgo che è solo Mirko. La parte superiore del corpo è ancora asciutta, quindi vuol dire che è entrato solo adesso. Il divertimento gli si legge in volto e, dopo avermi portato indietro gli ultimi capelli ribelli, esclama sornione:

-Sai, mi è venuto un accidenti! Sembravi la bambina di “The Ring”!- Mi ha appena paragonata a Samara? Adesso ti faccio vedere io!

Invece di ribattere, avendo ormai capito che è tutto inutile, inizio a schizzarlo furiosamente. So bene cosa si prova ad essere bagnati a tradimento e non c’è cosa peggiore.

Infatti, Mirko si allontana tra uno “smettila ragazzina!” e altre ingiurie irripetibili e si immerge rapido, scomparendo alla mia vista.

Serena 1- Mirko...dopotutto, Roma non fu costruita in un giorno, no?

Esco velocemente dall’acqua, per evitare ulteriori vendette da parte del nemico.
Salva.
 Mi volto e vedo la testa di Mirko a largo, che compare e scompare nell’acqua. Finalmente, l’ho spuntata.

Sistemo il telo da spiaggia e mi stendo: non c’è niente di meglio di una buona dose di vitamina D per ritrovare il buon umore. Chissà cosa starà facendo quel poveretto...
Prendo l’mp-3 dalla borsa, Summer Paradise dei Coldplay: calza a pennello. 

Ma non ho il tempo di sentire la prima strofa, che un energumeno mi toglie gli auricolari e mi prende in braccio come un sacco di patate. Mi ritrovo così, penzoloni sulla spalla di Mirko, come Fiona quando viene portata da Shrek al cospetto di Lord Farquaad: ci manca solo Ciucchino!

-Mollami pervertito!- sbraito con tutto il fiato che ho in gola, iniziando ad agitare braccia e gambe.
Ma lui, da vero macho, con una mano stringe la presa sui fianchi, mentre con l’altra mi blocca le caviglie impedendomi qualsiasi movimento. 

Ma non è di certo questo a farmi perdere d’animo. Inizio a dargli pugni più assestati sulla schiena, che lui non sembra neanche percepire.

-Finiscila, stai attirando l’attenzione- esclama lui, con una tale tranquillità da mandarmi ancora di più in bestia. Non mi resta altro da fare: affondo i canini nella sua carne, stringendo il più forte possibile. Un “ahi” strozzato raggiunge le mie orecchie come la più dolce melodia al mondo.

Così impari a metterti contro la sottoscritta. 

Ma non ho il tempo di esultare, che il nonnetto mi prende di peso e mi lancia, letteralmente, in acqua, non lasciandomi neanche il tempo di capire cosa sta succedendo.

Maledetto.

Possibile che ogni volta che io faccio un passo avanti, lui ne fa due? Che rabbia!

Riemergo trafelata, sputacchiando l’acqua salmastra e cercando di far riprendere sensibilità al mio povero naso.

-Sei un idiota! Adesso, per colpa tua, mi brucia la gola!- urlo furiosa.

Lui si avvicina minaccioso, e dopo essersi abbassato alla mia altezza, mi indica la sua spalla: un’enorme chiazza rossa, con la forma dei miei denti, spicca come un’abbagliante sulla sua pelle olivastra. 

-Te lo meriti, guarda cosa mi hai fatto! Per non parlare del fatto che mi hai schizzato a tradimento!-

-Peggio per te, che mi hai paragonato a Samara!-

-E’ la verità ragazzina. Anzi, sono sicuro che si sentirebbe offesa per essere stata paragonata ad una come te.- esclama divertito.

-Che cavolo hai detto, nonnetto?- Mi lancio a capofitto su di lui, cercando di ficcare quella sua bellissima testa vuota sott’acqua, ma ogni mio sforzo si rivela inutile.

Passiamo tutto il pomeriggio così, ad attentare l’uno alla vita dell’altro, ritagliandoci anche un momento di pausa in cui prenderci in giro e scoprirci di più.

Ad esempio, potevo mai immaginare che il mio dread maker/ tatuatore/muralista/ tizio-per-fare-vandalismi-notturni personale avesse una fobia per gli aghi?

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Capitolo 4
*** A spasso con i dread ***


-Mirko, ma dove diavolo sei? E’ da più di mezz’ora che ti aspettiamo a Porta di Ponte!- sbraito al telefono.

Già, perché il nonnetto voleva assolutamente venire con me, Giorgia ed Etciù a fare shopping. Nulla di male, certo, se non fosse che è in forte ritardo. Proprio lui, che insisteva tanto sull'essere puntuale.
Ah, ma chi lo capisce! So solo che, prima che vada a Lampedusa, lo uccido!

-Scusa, sono quasi arrivato...- risponde con il fiatone. Fa bene a correre se non vuole assistere alla mia furia.
Gli chiudo il telefono in faccia, aspettando impaziente l’arrivo di quell’idiota patentato. Mi guardo attorno infastidita, sbuffando come una vecchia locomotiva a vapore: sì, forse sto esagerando un po’, ma odio aspettare e fare aspettare. E' da maleducati.

-Dai Ser, calmati, non è poi la fine del mondo...- mormora Giorgia. 

Le lancio un occhiataccia, intimandole con lo sguardo di non aprire più bocca. Lei risponde con una linguaccia ed entrambe scoppiamo a ridere. Sì, siamo un po’ strane, lo ammetto.

-Eccomi ragazze, scusate per il ritardo...- Un energumeno curvo, tutto sudato e con il fiatone fa capolino da dietro una palma. Bene, adesso mi aspetto che, come minimo, si prostri ai miei piedi, chiedendomi perdono. Ma, al contrario delle mie aspettative, Mirko mi rivolge un semplice cenno del capo, mentre di presenta calorosamente a Giorgia ed Etciù. 

Non posso crederci: è davvero un idiota! Ricambio il “saluto” con un’occhiata altezzosa e un “andiamo” velenoso. E siamo insieme soltanto da dieci secondi!

Per un po’ cammino da sola, come una pazza, per tutta la via Atenea, seguita da un trio comico. Adesso vuole anche rubarmi le amiche? Mi volto, con le braccia incrociate, incenerendoli con lo sguardo: se avessero voluto paragonarmi a un’assassina, quello sarebbe stato il momento adatto. 
Un atteggiamento simile me lo sarei aspettato da Mirko, ma da coloro che si spacciano per mie migliori amiche, no!

-Ehi, Ser... tutto bene?- persa nei miei pensieri, non mi accorgo che Giorgia si è avvicinata a me e continua a chiamarmi. Strabuzzo gli occhi. 

-Sì... sì, tutto ok...- mormoro titubante. La rossa mi guarda con aria interrogativa: non crede nemmeno a una parola di ciò che ho detto. Devo ammetterlo, non sono una brava attrice.

-Bene allora, che ne dici se entriamo qui? Avevo visto una camicetta bellissima...-e inizia così il suo soliloquio. Perché, quando si parla di abiti, Giorgia non capisce più nulla.

Entro, anzi, vengo trascinata dentro il negozio. Mirko ci segue divertito: ehi, non ho ancora finito con te nonno!

-Wow, che bella questa maglia! E questi pantaloni! Guarda Etciù...- quelle due sono completamente impazzite. In genere, mi unisco anch’io alla loro “shopping mania”, ma oggi un'enorme nuvola nera incombe sulla mia testa.

-Ehi ragazzina, sono forse troppo casti quei vestiti per te?- La nuvola rigetta un acquazzone, con fulmini e saette: neanche il povero Fantozzi era messo così male.
Fuggo nell’altro reparto, ignorando completamente quel tizio insopportabile. Non ho voglia di parlare con lui, tanto meno di ascoltare le sue battutacce.

Ma, come legati da un filo invisibile, Mirko mi segue, divertito dalla mia fuga.

-Cosa c’è? Il gatto ti ha forse mangiato la lingua?- In risposta, borbotto.

-Sai che è maleducazione borbottare?- Adesso basta. Se solo fossi alta qualche centimetro in più, gli darei un pugno in pieno viso. Peccato che a malapena gli arrivo al collo.

-Forse mi avrà anche mangiato la lingua, ma in compenso ho ancora tutti i denti. Vuoi forse riprovare l’esperienza di ieri?- urlo, attirando l’attenzione di una commessa distratta e di Giorgia ed Etciù. 

Lui indietreggia come spaventato, anche se la minaccia che incombe su di lui consiste in una ragazzina alta un metro e una Vigorsol, ponendo le mani avanti, con quel sorriso strafottente ancora su quel dannatissimo volto. 

Non lo sopporto.  

Esco dal negozio, cercando di riprendere fiato. Ma invece del’aria fresca, la calura estiva si abbatte su di me come un grosso macigno, costringendomi e boccheggiare in cerca di refrigerio. 
Perché non è solo il caldo a farmi sentire male: è qualcos’altro che non riesco a decifrare, che si è insinuato in me lentamente.

-Selena, stai bene?- un' Etciù preoccupata fa capolino dalla porta del negozio. La guardo in silenzio per un momento, e mi rendo conto che ho solo voglia di piangere, per sfogare quel magone senza significato che mi opprime il petto. Ma, da buona amica, per evitare di rovinare quel pomeriggio, indosso un sorriso di cortesia, aggirando la domanda con non chalanche. 
Perché in realtà non sto bene per niente. E non conosco il motivo.


-Volete ordinare?- Una cameriera dai lunghi capelli corvini, raccolti in una coda di cavallo, mi risveglia dallo stato di trance in cui ero sprofondata. Per qualche motivo, perfino in un bar affollato, la mia fantasia galoppa libera e senza sosta, portandomi in un mondo tutto mio.

-Allora, due Aperol Spritz e una granita al limone. Tu cosa vuoi?- Gli occhi di Mirko sono puntati su di me. Non abbiamo parlato molto oggi.

A dirla tutta, ero io che l’ho evitato ogni qual volta lui voleva intavolare una conversazione. E la cosa che mi fa più male è che non capisco il perché.

Perché sei gelosa.

Io, gelosa? E di chi?

Di Mirko. Sei arrabbiata con lui perché poco fa ti ha ignorata.

Non è vero.

E invece sì.

E invece no.

E invec...

-Allora, ti decidi?- sbotta esasperato l’oggetto della mia discussione con la mia coscienza. I suoi occhi, adesso che mi sono decisa a guardarli, sono cupi, velati da una patina scura che li priva di quella luminosità che li caratterizza. I suoi lineamenti sono contratti, come se fosse sul punto di esplodere per vomitare migliaia di ingiurie capaci di ucciderti al solo sentirle. I pugni sono stretti,
le nocche quasi bianche.

-Un thé alla pesca con ghiaccio, per favore.- esclamo, senza distogliere gli occhi dai suoi. 

La cameriera, dopo aver annotato tutto sul suo block notes, si allontana per andare a prendere le nostre ordinazioni.
Nessuno dei due vuole per primo distogliere lo sguardo. Uno scambio muto di emozioni: rabbia e frustrazione da parte mia, delusione dalla sua.

Un colpo di tosse. Un unico, piccolo e insignificante rumore capace si costringere il mio cervello a interrompere quella agonia e di prestare attenzione su qualcos’altro. Mi concentro su due imbarazzatissime Giorgia ed Etciù, capaci di farmi ritrovare il buon umore davvero con poco. E sento già tutte le domande che si stanno ponendo in questo momento su ciò che è appena accaduto. 

Quesiti a cui neanche io so dare una risposta.

-Allora- inizia improvvisamente Mirko- da quanto conoscete questa ragazzina?-

Ehi, ma che modi sono? Le dirette interessate mi guardano e scoppiano a ridere quasi all’unisono, meritandosi uno dei miei sguardi più truci che, però, sembra aumentare il loro divertimento.

-Beh, io da quando avevo nove anni, mentre con Etciù ci conosciamo dalla seconda media.-

-Ma davvero? E non siete ancora scappate via per la disperazione?- Guardo Mirko con aria stravolta, gli occhi quasi fuori dalle orbite e la bocca a formare una o perfetta, mentre lui non mi degna di uno sguardo.

Un’espressione seria, quasi da vecchio infastidito, gli si è appiccicata in volto. Non c’è ilarità nella sua voce, ma nessuno, a parte me, sembra essersene accorto.

-Beh, a volte sì- esclama divertita Etciù- soplattutto quando è nella fase “fate come dico io o vi ammazzo”-

-Ah, quindi la fase pre-mestruale?- 

A quelle parole, rischio di affogarmi con la mia stessa saliva. Ma che discorsi sono? Stavo per ribattere e porre fine a quel discorso senza capo ne coda, quando i condannati a morte vengono salvati in corner dalla cameriera.

Fortuna, solo fortuna sfacciata.

Cominciamo a bere i nostri drink tranquillamente, cambiando, per mio grande sollievo, discorso.

-Ehi Ser...-

-Sì, che c’è Giò?-

-Il cellulare... Squilla....- 

-Eh già ragazzina, non senti mai il cellulare- esclama Mirko, ancora con quell’espressione truce sul volto. 

Lo guardo e quella brutta sensazione ritorna prepotente, costringendomi a distogliere lo sguardo. Afferro il cellulare e, con un cenno di scuse, esco dal bar.
Valeria. Che vorrà?

-Pronto Vale, dimmi.-

-Ciao Ser, ce ne hai messo di tempo per rispondere, eh?- adesso mi rimprovera anche lei?- Bando alle ciance, domani spaghettata a casa mia. Verrai, non è vero?-

Domani? Ma domani non posso! Ho già promesso a Mirko di passare l’ultima sera con lui. Ma solo perché, altrimenti, sarebbe rimasto solo, nient’altro.
I suoi amici hanno trovato delle ragazze con cui divertirsi, mentre lui, stando dietro ad una mocciosa come me, non ne ha avuto il tempo. E dire che, quando passa lui, migliaia di ragazze sospirano sognanti.

-Vedi Val, ho già un impegno con Mirko, non vorrei...-

-Oh, ma è ovvio che lui è incluso nell’invito! Vogliamo tutti conoscere il ragazzo che ha rubato il cuore a quel pezzo di granito di Serena... Anche Marco è curioso, sai?-

-Non mi ha rubato il cuore, siamo solo amici ok? E dì a Marco che appena lo vedo lo uccido!- sbraito furiosa. 
Siamo solo amici.

Solo amici.

-Certo come no. Dai, ora devo andare, continuiamo il discorso domani. A casa mia. Alle nove.-

Silenzio. Ha interrotto la chiamata senza neanche darmi il tempo di rispondere. Beh, tipico di Valeria, dopo tutto.
Ritorno sconsolata al locale: cosa ne penserà Mirko? Sicuramente non verrà, già me lo immagino. Sarà meglio che ne parliamo quando siamo soli, così non si sentirà condizionato da Giorgia ed Etciù.

-Ehi Ser, Valeria ti ha detto della spaghettata di domani?- chiede Giorgia, sorridendo. Perfetto, non mi sono neanche seduta, e lei ha già mandato in fumo il mio piano.

-Sì, era proprio lei. A proposito, Mirko: sei invitato anche tu... Se vuoi venire, mi farebbe piacere...-
Perfetto, al bomba è sganciata. Adesso aspetto il “boom” finale.

-Certo, perché no, sarà divertente...- risponde serio, continuando a sorseggiare il suo Aperol. 

Ho sentito bene? Verrà sul serio! Gli rivolgo uno dei miei sorrisi migliori, mormorando un “fantastico” e trasmettendogli la mia felicità. Adesso, devo solo pensare a cosa mettermi, ricordando di indossare il costume perché l’ultima volta ho fatto il bagno in intimo... Oh mio Dio, l’intimo! Dovevo prendere il completino che avevo ordinato qualche settimana fa e l’ho completamente dimenticato!

Mi alzo di scatto, rischiando di rovesciare tutto, come se avessi preso la scossa.

-Scusate- dico in fretta e furia, mentre raccatto le mie cose- devo andare a prendere una cosa al Girasole. Faccio in fretta, aspettatemi qui.- Non do loro il tempo di rispondere che mi dirigo a passo spedito verso il negozio.


-Salve, ho ordinato un completino a nome di Serena Agrò...- 

Una commessa bassina e grassottella, con cortissimi capelli castani, alterna uno sguardo divertito da me al computer. E’ ovvio che sia così: dalla vetrina del negozio vedo una Serena accaldata, con il fiatone, i capelli arruffati e la borsa sbilenca su una spalla. 

-Ah sì, eccolo- esclama ad un certo punto, puntando gli occhi sullo schermo del pc. Scompare per un po’ sotto il bancone, ritornando con il mio amatissimo completino intimo. 

Dal primo momento che l’ho visto me ne sono innamorata, anche se ho dovuto aspettare un bel po’ di tempo prima di averlo tutto per me. La commessa mi consegna il mio “tessoro”, che prendo con delicatezza quasi maniacale. 

E’ proprio come me lo ricordavo: un reggiseno push-up (sia ringraziato il suo inventore!) di colore blu elettrico con cuoricini e decorato con pizzi celesti e bianchi, abbinato con una brasiliana dello stesso colore, bordato da due strisce in merletto bianco.

-Prego, i camerini sono di qua- Entro emozionata, come se dovessi provarmi qualcosa di davvero inestimabile. Dopo aver trafficato parecchio per togliermi quegli abiti sudaticci, finalmente riesco a indossarlo: mi sta davvero a pennello, non vedo l’ora di vedermi allo specchio.
Apro la tendina del camerino e...- Mirko! Che diavolo ci fai qui?- Uno spilungone di un metro e ottanta è di fronte all’uscita, impedendomi di andare oltre.

-Ehi, calma ragazzina, sono solo venuto a...- quando il fessacchiotto capisce cosa ho indosso, sbatte ripetutamente le palpebre e spalanca la bocca, come un affamato che vede un pezzo di pane dopo tanto tempo. Fantastico, gli mancano solo la ciambella e la bava alla bocca e  potrei quasi scambiarlo per Homer Simposon. 

Mi squadra dalla testa ai piedi, come se dovesse farmi una radiografia, soffermandosi, gentilmente, sugli unici punti coperti dal tessuto. Schiocco le dita davanti ai suoi occhi. Niente, è caduto in coma. Possibile che si comporti così? Insomma,ieri mi ha vista in costume e non ha fatto tutta questa scenata. Certo, forse questo completino è un poco trasparente...

-Oh, Mirko, ci sei?- Lo scuoto leggermente per un braccio, cercando di attirare la sua attenzione. Solo allora sembra riprendersi dal suo stato catatonico.

-Sì, beh... Ma che diavolo fai conciata così? Entra subito in camerino prima che qualche pervertito ti veda!- sbotta nervoso, spingendomi nel camerino. Anche lui si infila con me, diminuendo così il poco spazio che avevo a disposizione.

-Ma che fai? Volevo solo vedermi allo specchio!- sbotto innervosita. Non sono più libera di fare ciò che voglio?

-Non c’è bisogno che tu ti veda allo specchio. Ti guarderai a casa. Non puoi andare in giro così!- ok, la cosa sta degenerando, si capisce dal modo in cui lui muove le mani e tiene lo sguardo fisso in un punto sopra la mia testa. Che c’è, solo adesso ha smesso di fare il maniaco?

Gli do uno spintone e, barcollante com’è, lo scaravento fuori dal camerino, rischiando di farlo sbattere contro lo specchio di fronte. 

-Bene, visto che già mi hai fatto la radiografia- esclamo divertita- cosa ne pensi? Sto bene così?- Faccio una giravolta, in modo da mostrargli tutto il quadro della situazione. Ah caro Mirko, non sei l’unico a saper giocare con il fuoco!

Rivolge lo sguardo su di me, assumendo nuovamente quello sguardo da pesce lesso. Per la prima volta, lo vedo veramente in imbarazzo: la sua faccia è rossa come un peperone e deglutisce nervosamente. Finalmente sono riuscita a metterlo KO! 

-Allora?- esclamo, visto che lui non da segni di vita.

-Stai... sì, stai benissimo...- mormora, dopo un po’- Il tuo ragazzo ne sarà davvero contento...- e mentre pronuncia le ultime parole, distoglie lentamente lo sguardo e la sua voce diventa poco più di un sussurro.

-Bene allora, sarà la prima cosa che indosserò.- detto ciò, chiudo velocemente la tenda del camerino, impedendomi di vedere il repentino cambio di umore di Mirko, e concentrarmi sul mio cuore che batte frenetico nel petto.

Respiro a pieni polmoni quell’aria che mi è mancata così tanto e inizio lentamente a svestirmi. Ma sapere che c’è Mirko dietro la tenda mi mette a disagio. Come diavolo mi è venuto in mente di fare una cosa del genere? Io non sono così. E’ quel tizio che mi fa fare cose strane.
Finalmente esco dal camerino e mi ritrovo nuovamente Mirko di fronte, questa volta appoggiato allo specchio, con le braccia incrociate e gli occhi bassi. Quel rossore che gli aveva imporporato il viso è più tenue, ma ancora ben visibile. A quella vista, il cuore mi si stringe per la tenerezza: sembra indifeso e dolce.

-Ehi...- sussurro delicatamente, come se avessi paura di spaventarlo. Lui solleva un attimo lo sguardo su di me, e poi esce dal negozio senza dire una parola. Perché adesso si comporta così? 
Infastidita, pago il tutto ed esco anch’io. 

-Mirko, dove sono Giorgia ed Etciù?- chiedo, non vedendole da nessuna parte.

-Ah, già, dimenticavo: sono dovute andar via, hanno ricevuto una chiamata da un certo Marco...-

-Marco? Cosa avrà combinato questa volta il mio piccolo elfo malefico?- esclamo, senza neanche accorgermi di cosa stia dicendo. Mirko tiene gli occhi bassi e non sembra avere la minima intenzione di alzarli e ho come l’impressione che abbia sussultato sentendo le mie parole. Mi avvicino titubante e gli metto una mano sulla spalla.

Le sue guance sono ancora rosee e se continua a mordicchiarsi il labbro inferiore si ferirà. Spinta da non so cosa, accarezzo quei petali di rosa, in un invito muto a smettere di torturarli. Lui sobbalza a quel tocco improvviso, ma segue il mio consiglio, rivolgendomi un accenno di quello che dovrebbe essere un sorriso. Cerco ancora il suo sguardo: ne ho bisogno in questo momento. Ho bisogno di quei pozzi color nocciola in cui è così bello perdersi senza più tornare a galla. Ma lui mi nega quella vista, rendendomi fragile e scoperta.

-Ehi, stai bene?- mormoro dolcemente, accarezzandogli la guancia con i polpastrelli.
La rabbia e la frustrazione di prima sono ormai passate in secondo piano, di fronte a quel nuovo Mirko spento e dolorante. Ma lui non mi risponde, continua a fissare un punto lontano alle mie spalle, senza neanche vedermi. Sconfitta, mi allontano da lui, ma con lo sguardo sempre vigile, in attesa di qualche cambiamento d'umore.

-Io dovrei andare, adesso... ci si vede domani?- esclama all’improvviso, lasciandomi sbigottita. Solo allora sembra accorgersi di me. Per un momento, riesco così ad incatenare il suo sguardo con il mio, ma nuovamente sfugge come se volesse nascondermi qualcosa.

-Ok, allora, a domani...- mormoro tristemente.  

Mirko mi da le spalle e se ne va, lasciandomi da sola in mezzo alla via. Aspetto da un momento all’altro che mi chiami e mi spieghi cosa sia successo, ma non accade nulla di tutto ciò. Decido così di andarmene anch’io, ma sempre con la speranza di poter risentire la sua voce. 

Dopo un po’ mi giro, ma lui non c’è più. 

Se n’è andato.

Quelle parole mi rimbombano pesanti nella testa.

Se n’è andato.

Se mi sento male adesso, cosa accadrà quando se ne andrà per sempre?


NOTA:Rieccomi, sono tornata! Scusate per il ritardo, ma ho avuto davvero molte cose da fare, tra la scuola e roba varia. C
omunque, spero che la mia storia vi stia piacendo: per scriverla ho fatto esaurire un po' di persone! =) Visto che siete arrivati fin qui, che ne dite di lasciare un commentino per aiutarmi a a migliorare? Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate. Detto ciò, ci si vede al più presto. Baci!

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Capitolo 5
*** It ends tonight for dread... ***


-Mamma! Mamma, dove hai messo la maglietta a fiori?- sbraito dalla porta della mia camera. Possibile che debba sempre mettere mani ovunque? Calma, Serena, calma. Oggi devi assolutamente divertirti.

-E’ a lavare, tesoro.- Cosa? A lavare? Ma ero sicura che... Oh, al diavolo. E adesso che mi metto?
Guardo l’orologio, preoccupata: sono quasi le otto, tra meno di un ora Mirko sarà qui e io sono ancora in accappatoio! Non potrebbe andare peggio di così!
Mi butto sul letto, affranta, coprendomi il viso con il cuscino, in attesa di qualche miracolo che mi tiri fuori da questa situazione. Ed ecco...

-Serena, perché non ti metti il vestito blu che hai comprato la scorsa settimana?- Sbircio incuriosita la figura di mia madre, restando al sicuro sotto il mio cuscino. Vestito blu? Non ho un vestito blu...

-Ma sì, quello che hai comprato con Giorgia al centro commerciale, non ricordi?- sbuffa esasperata. Al centro commerciale? Io? Ma se è da più di un mese che non ci vado. Continuo a guardare mia madre con un enorme punto interrogativo in faccia, aspettando che mi illumini con la sua immensa saggezza.

Sconfitta dalla mia ignoranza, inizia a trafficare nella mia enorme cabina armadio. Ogni tanto mi lancia qualche imprecazione: devo ammetterlo, non sono molto ordinata.
Dopo alcuni secondi, riappare con un sacchetto rosso vermiglio: adesso ricordo! Il vestitino blu che avevo comprato la scorsa settimana con Giorgia al centro commerciale!

-Ecco, tieni smemorata. Possibile che ogni volta compri un sacco di vestiti e poi te ne dimentichi?- mi rimprovera mia madre. Imbarazzata, riemergo dalla mia fortezza e afferro il vestito: è più bello di come ricordassi. Non è affatto elegante, ma adatto a una serata con gli amici: di un bellissimo blu elettrico, con la scollatura a cuore e una fascia nera sotto il seno, si apre a campana fino alle ginocchia. Ma il pezzo forte è nella parte posteriore: dalla base del collo fin, quasi, al fondoschiena, una profonda scollatura lascia scoperta la schiena, eccetto per qualche catenina qui e là.
Scocco un bacio sulla guancia a mia madre, accennando un “grazie”: meno male che c’è lei, altrimenti mi sarei gettata da un ponte, per disperazione. La caccio così fuori dalla mia stanza, e inizio a prepararmi: penso che in meno di un’ora potrei farcela.

-Serena, hai finito? Devo andare in bagno!- sbotta Francesco dall’altro lato della porta. Ma una non ha neanche la possibilità di prepararsi in santa pace? Sbuffo, mentre finisco di truccarmi. Ma i continui pugni di mio fratello mi distraggono al punto che sbavo tutto il rossetto. Furiosa, mi ripulisco.

-La vuoi finire? Sono quasi pronta!- urlo, aprendo di scatto la porta, trovando Francesco con un pugno alzato pronto a un'altra sessione di tamburi. Lo guardo con aria truce, in attesa di una delle sue solite battutine sarcastiche.

-Stai per caso andando a un matrimonio?- sorride serafico, indicandomi per rafforzare il concetto. Appunto. Gli do un pizzicotto sul braccio e me ne vado, senza neanche rispondere alla sua domanda. Non capisce mai niente, lui. Dopotutto, è solo un maschio.

-Comunque, di’ a Mirko di stare attento: potrebbe capitare che, involontariamente, potrei passarci sopra con la mia auto.-

- Francesco, sei un idiota! Smettila!- urlo dalla rampa delle scale. Una risata ovattata mi arriva alle orecchie, facendomi sorridere a mia volta: ho già detto che amo mio fratello?

Mando un saluto in generale a tutti, scappando prima che anche mio padre diventi un comico fallito. Sì, perché, nella mia famiglia, è obbligatorio fare commenti “simparici” su tutto ciò che
faccio.

Infilo le cuffie e accendo l’mp3: “It ends tonight” dei “The all american rejects”. Cavolo.

Your subtleties 
They strangle me 
I can’t explain myself at all. 
And all that wants 
And all that needs 
All I don’t want to need at all

 
 
Inizio a canticchiare, mentre attraverso il giardino: la luna crescente è oscurata qua e là da qualche nuvola di passaggio, mentre le poche stelle brillano più che mai. L’aria è fresca, per una sera d’agosto, e sa di mare e leggerezza. I fiori non sono mai stati così belli: dopo una giornata sotto la calura estiva, anche loro rinascono al calar della sera, rilasciando un aroma davvero stupendo. Mi avvicino e raccolgo un rametto di lavanda: quanto adoro questo profumo!
Guardo attentamente la strada: nessuna Ducati rossa in vista, per ora. Mi appoggio, sognate, al muro di recinzione, rigirandomi il fiore tra le dita e continuando a canticchiare.

The walls start breathing 
My minds unweaving 
Maybe it’s best you leave me alone.

Sono così euforica! Non è la prima volta che vado a casa di Valeria, solo che...
Ammettilo.
Ammettere cosa?
Il motivo per cui sei così euforica.
Non lo so.
Sì che lo sai.
No che non lo so... O forse sì.

Ma dove diavolo è Mirko? Guardo il cellulare: le nove meno un quarto. Doveva essere qui già cinque minuti fa! E’ sempre il solito: parla per gli altri e poi lui fa sempre ciò che gli pare e piace. Sbuffo. Appena arriva, gli faccio vedere io. Deve ancora pagarmela per ieri. Se penso al modo in cui ci siamo lasciati, mi viene un nodo alla gola: era così... strano, come se qualcosa lo avesse turbato. Odio vederlo giù di corda: lui è Mirko, il maniaco che al nostro primo incontro mi ha fissato il sedere e lo ha anche ammesso tranquillamente! Già, il nostro primo incontro... E’ passato così tanto tempo, e adesso siamo arrivati all’ultimo. Sì, perché dopo oggi, non lo rivedrò più.

A weight is lifted 
On this evening 
I give the final blow.

A quel pensiero, un dolore acuto si propaga dal centro del petto e le lacrime iniziano a pizzicare gli occhi. No, io non voglio che lui se ne vada. Mi abbraccio, come per cercare di calmare quest’ansia che mi cresce dentro: fortunatamente sono appoggiata al muro, altrimenti sarei sicuramente caduta per terra. Il solo pensiero che Mirko se ne andrà per sempre...

-Ehi ragazzina, ci sei?- sobbalzo, quando mi sento tirar via la cuffia dell’mp-3. Alzo lo sguardo, e due pozzi nocciola mi scrutano attentamente. Mirko mi accarezza dolcemente il viso con le nocche, come se stesse cercando di attirare la mia attenzione e mi porta dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che mi era ricaduto sul viso.

When darkness turns to light, 
It ends tonight 
It ends tonight.

-Tutto ok?- la voce smorzata dalla preoccupazione di vedermi in quello stato. Non riesco a dire una parola: ho la gola completamente secca e il mio cervello non riesce a far altro che rispecchiare quegli occhi che mi osservano in ansia. Poi, come colpita da una scarica elettrica, mi butto tra le sue braccia, facendo cadere rovinosamente a terra l’mp-3 e la borsa. Affondo il viso nel suo petto per cercare rifugio da quei pensieri molesti che continuano a ronzarmi in testa, come se lui avesse la facoltà di farli scomparire per sempre. Respiro beata il suo profumo e lo stringo forte, desiderando soltanto che lui faccia lo stesso.

Come se avesse ascoltato quella supplica, Mirko mi intrappola tra le sue braccia. Mi lascio sfuggire un gemito, quando mi tocca la schiena: nonostante siamo in piena estate,ha le mani fredde.
Lui sorride, e mi bacia delicatamente i capelli:- Ehi ragazzina, sei in vena di coccole, eh?-
Faccio un cenno col capo, restando attaccata a lui e senza alzare lo sguardo. Sicuramente, si aspettava una delle mie solite battutine, perché rimane un bel po’ in silenzio prima di parlare. Non sono in vena di scherzare oggi, anche se avevo tutt’altra intenzione.

-Perché?- mormora, serio, come se quell’unica e insignificante parole gli fosse costata un enorme fatica. Mi stringo più forte a lui. Cosa posso dirgli? –Perché da domani tu non ci sarai più.-

Prima che il filtro cervello-bocca mi permetta di dire altro, sputo quelle orribili parole senza nemmeno rendermene conto. Oh cavolo.
Sento Mirko trattenere il respiro per qualche secondo, e poi espirare rumorosamente.

-Credevo che saresti stata felice di liberarti di me... Io non vedo l’ora di andarmene...- esclama.

Your finding things that you didn’t know 
I look at you with such disdain

A quelle parole, trattengo il fiato e le lacrime che fin ad allora mi avevano soltanto pizzicato gli occhi, che adesso iniziano a farmi davvero male. È così, dunque? Lui non vede l’ora di liberarsi di me? E io che credevo... Oh, che stupida che sono!
Cerco di ritrovare un po' di dignità prima di staccarmi da lui, e indosso un sorrisino tirato.

Least I fall alone.

-Anche io, nonnetto! Volevo abbracciarti solo per ricordarmi, in futuro, di quanto la tua... presenza fosse insopportabile. E... al diavolo! Sei in ritardo! Muoviti, o Valeria mi ucciderà!- Cerco di sembrare convinta in quello che dico, ma la voce mi tradisce, rivelando la tristezza che mi affligge dentro.

Senza dargli la possibilità di replicare, afferro l’mp-3 e la borsa e mi dirigo verso la moto parcheggiata di fronte: prendo il casco e me lo infilo, abbassando la visiera per impedire anche al mio sguardo di tradirmi. E io che avevo indossato anche questo stupido vestito! Ho quasi la tentazione di andare a cambiarmi e mettermi il pigiama. Mirko apre la bocca come per dire qualcosa, ma poi la richiude, scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli. Non ho voglia di sentire altro in questo momento. Voglio solo arrivare da Valeria e bere più sangria possibile.


-Eccoci, siamo arrivati- mormoro, indicando il familiare cancello rosso di casa Volpe. Per tutta la durata del viaggio non ho detto una parola: tenevo gli occhi fissi sull’asfalto che passava rapido sotto di noi, permettendo ai miei pensieri di vagare liberi oltre ogni immaginazione, arrivando in luoghi fantastici. Ho anche cercato di toccare Mirko il meno possibile, come se la sua presenza mi fosse stata fatale, ma l’idiota continuava a correre come un forsennato. Dovresti farti un applauso Mirko: hai rovinato la nostra ultima sera con una sola parola. Credo che nessuno avrebbe potuto fare di peggio.
Scendo velocemente dalla moto, barcollando a causa delle gambe molli che mi ritrovo. Ma, prima che possa cadere rovinosamente per terra, una mano mi afferra il gomito, riportandomi in posizione verticale. Alzo gli occhi su Mirko ma distolgo dubito lo sguardo, mormorando un “grazie” così flebile che dubito lo abbia sentito. Ma non ho tempo di rimuginarci troppo, ché il gigolio
del cancello mi fa sussultare, mostrandomi una padrona di casa perfettamente vestita e truccata. E, a giudicare dalla sua faccia, anche molto arrabbiata.

-Finalmente, ma dove eri andata a finire?- quasi urla, incrociando le braccia sul petto e guardandomi con aria truce. Non ho neanche il tempo di rispondere, ché vengo subito interrotta da Mirko.

-Scusa... Valeria,giusto? E’ stata colpa mia: ho fatto tardi, mi dispiace.- e le rivolge uno dei suoi miglior sorrisi. Valeria rimane a guardarlo con la bocca aperta, come un baccalà: lo so, sorella, fa questo effetto a tutte. Dopo un po’ sembra riprendersi dal suo stato catatonico:- Oh, tranquillo, stavo solo scherzando. Beh, entrate, sono già tutti dentro.-

Io e Mirko la seguiamo silenziosi, e ogni tanto lancio un’occhiata al mio vicino: ha lo sguardo fisso di fronte a se e i lineamenti contratti, gli occhi sono privi della loro luminosità e la bocca ridotta a una linea dritta. Provo un moto di compassione, ma cerco di ricacciarlo giù: perché dovrei provare pena per chi non riesce a sopportarmi?

Svoltiamo l’angolo della casa e rimango affascinata dal giardino sul retro: questa volta Valeria si è proprio superata. Gli alberi d’arancio e di ulivo, che creano una sorta di cupola profumata, sono abbelliti da lanterne, alternate in modo da creare un perfetto gioco di colori. Al centro del giardino è posizionato un lungo tavolo, colmo di stuzzichini e bibite, con dei graziosissimi segnaposti fatti con le conchiglie. Più in là, vi è, invece, la consolle del dj, dove un ragazzo che non ho mai visto armeggia con pulsanti e cuffie, alternando vari tipi di musica.

-Valeria, ma non era una semplice spaghettata?- chiedo, continuando ad ammirare quel piccolo Eden. Lei si volta verso di me e fa spallucce: -Sai che ogni volta mi faccio prendere la mano. Ma non restate lì impalati: andate a prendere qualcosa da bere, io vado in cucina a vedere cosa succede, prima che Giorgia e le altre mi mandino a fuoco la casa. - e scompare dietro l’angolo. Prima che possa fare un passo, la sua chioma bionda fa nuovamente capolino:- Ehi Ser, c’è qualcuno che ti sta aspettando...- e indica il tavolo da buffet, per poi sparire definitivamente.

Seguo con gli occhi il luogo che mi ha indicato, e tra le innumerevoli teste che affollano il tavolo vedo i suoi inconfondibili ricci biondi. Mi catapulto alle sue spalle, salendogli in groppa come un koala, rischiando di farlo cadere. Ma ormai è abituato alle mie imboscate.

-Finalmente sei arrivata! Mi hai ignorato per tre giorni, lo sai?- credo che Marco voglia fare l’offeso con me, ma è ovvio che non è capace: ha un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, e dal modo in cui mi stringe non credo che stia cercando di soffocarmi.

-Lo so, mio piccolo elfo, ma ho avuto da fare: prometto però che mi farò perdonare- dico, portandomi una mano sul cuore.

-Non chiamarmi così: sai che lo odio!- esclama, coprendosi le orecchie con le mani. Ehi, non è mica colpa mia sei hai le orecchie un po’ a punta! Scoppio in una risata fragorosa, seguita a ruota da Marco, che mi stringe ancora più forte.

Un colpo di tosse. Mi volto, e vedo Mirko che mi guarda con aria truce: ops, forse mi sono dimenticata un pochino della sua presenza. Ma giusto un po’.

-Mirko, questo è Marco. Marco, ti presento Mirko.- Oh mamma, è peggio di uno scioglilingua!

-Piacere...- esclamano quasi all’unisono, stringendosi la mano. Ma credo proprio che non ci sia nessun piacere in questo incontro: due paia di occhi che si scrutano a vicenda come farebbero due nemici mortali. Sembra che da un momento all’altro tireranno fuori la spada e inizieranno a duellare. Che fantasia: dovrei evitare di vedere certi film.

-Bene ragazzi, la cena è pronta! Se volete prendere posto, iniziamo.- urla Valeria dalla soglia della veranda. Alle sue parole, tutti obbediscono come cagnolini addestrati: sappiamo bene quanto è autoritaria la ragazza.

Scorro il lungo tavolo in cerca del mio nome. A quanto pare, mi ritrovo alla destra del capotavola (poteva essere altrimenti?), con Mirko accanto a me e Marco di fronte. Oh no, non vedo nulla di buono in tutto questo. Mi siedo titubante, seguito a ruota dal dread maker, che mi guarda con aria circospetta. Gli lancio un occhiata interrogativa: che diavolo vuole adesso? Non gli è bastato dirmi quelle orribili cose? Non ha idea di come mi sento... Cercherò di concentrarmi su Marco, il mio migliore amico di sempre, l'unica ancora di salvezza in questa serata infernale. Speriamo che almeno lui non mi tradisca.

-Grazie per avermi abbandonato all’entrata come un idiota...- mi mormora Mirko all’orecchio.

-Ognuno va trattato come si merita...- esclamo acida, chiudendogli definitivamente la bocca. Quello scambio di battute mi ha sfiancata, come se avessi corso la maratona di New York: adesso, più che mai, vorrei trovarmi lontano da lui per potermi sfogare. Ma che dico? Vorrei non essere mai entrata, quello stupido giorno di dicembre, nel negozio in cui lavora. Mi sarei risparmiata molte sofferenze e avrei evitato di innamorarmi di un perfetto citrullo.

Sconsolata, mi rigiro tra le mani i dread e una lacrima solitaria scende, rigandomi il volto. Mi giro velocemente, impedendo a chiunque di vederla, e mi risistemo. Ma due forti mani mi stringono le spalle, facendomi sussultare: alzo lo sguardo, e incontro gli sfavillanti occhi azzurri di Marco che mi guardano con tenerezza.

-Andrà tutto bene, vedrai...- mormora dolcemente, prima di prendere posto di fronte a me. Ricambio con un sorrisino tirato: non mi hai mai mentito, Marco, non farlo proprio oggi.


La serata passa piacevolmente, tra risate e qualche bicchierino di sangria: credo di aver esagerato un pochino, perché mi sento accaldata e non faccio che ridere per ogni minima cosa. In compenso, ho la testa leggera, lontana da ogni tipo di preoccupazione.
All’inizio, l’elfo maligno e il nonnetto hanno dato vita a un vera e propria guerra fredda, peggio di quella tra Russia e USA. Si scambiavano convenevoli, ma dietro ogni parola era nascosta una velata minaccia. Io restavo lì, ad assistere a quello scambio di battute, e intervenivo soltanto quando vedevo che la situazione si stava scaldando troppo. In genere, correvo sempre in aiuto di Marco, ignorando “quell’altro” il più possibile, desiderando di poterlo picchiare a sangue.

Ma, a un certo punto, tra gli ultimi pronostici calcistici e la velina più carina della tv, quei due hanno cominciato a divertirsi seriamente, a ridere e a scherzare, come se si conoscessero da sempre, lasciando me, povera donna che non capisce per nulla cosa sia il fuorigioco, ad annoiarmi e a sbadigliare come non ho mai fatto in vita mia.

Mi sono così avvicinata alla cara e vecchia amica sangria, colei che non mi delude mai, non come questi due, che mi hanno mollato da sola per quasi tutta la serata. Parlare con Valeria è pressoché inutile, perché continua a fare vai e vieni dalla cucina, con pietanze di vario genere, o saltella qua e là, intrattenendo gli invitati.

-Oh mamma mia, sono piena! Non credo di aver altro spazio...- mormoro sfinita dopo il dessert, appoggiando la testa sul tavolo con aria afflitta.

-Hai ragione, manca poco e mi salta il bottone dei jeans!- esclama Marco divertito, massaggiandosi teatralmente la pancia. Alzo di scatto la testa e lo fulmino con lo sguardo:- Stai zitto, piccolo elfo malefico! Che ti lamenti a fare, sei hai un fisico da far invidia a un modello? Quella che dovrebbe disperarsi sono io: come minimo ho preso 10 Kg! Valli a smaltire adesso...-
Marco mi guarda con aria esasperata:- La vuoi finire? Non sei grassa, sei perfetta così come sei. Come devo fartelo capire?-

-Beh, in realtà un po’ di ciccia ce l’hai... Guarda qui...- esclama divertito Mirko. Mi volto verso di lui con aria sbigottita: chi ti ha interpellato, brutto essere inferiore?
Mi alzo velocemente dal tavolo, con aria offesa e altezzosa: -Beh, adesso scusate, ma la botte con i piedi deve andare in bagno. Con permesso...- e mi dirigo rapida verso la casa, accompagnata dalle risate fragorose di quei poveri sciocchi. Riesco a malapena a sentirmi chiamare per nome da non so chi, prima di infilarmi rapida in bagno. Questa me la pagheranno, tutti e due.
Quando esco, non trovo più nessuno in giardino: capisco che passo molto tempo in bagno, ma non credo si esserci stata così tanto!

-Finalmente sei uscita...- Mirko sbuca improvvisamente alle mie spalle, facendomi sobbalzare, impaurita. E lui, come al solito, scoppia a ridere: vorrei vedere lui, al mio posto!

-Ma sei scemo? Mi hai fatto prendere un colpo!- sbraito nervosa, colpendolo ripetutamente con la borsetta. Cerca di ripararsi dai miei attacchi, ma invano: non ho pietà per i nemici.

-Andiamo, smettila, stavo solo scherzando! Non credevo che te la saresti presa così tanto...- mormora divertito. Gli mollo un ultimo colpo, prima di allentare la presa: neanche con una arma in mano riesco a scalfirlo. Ma chi diavolo è, l’uomo bionico? Lo guardo con aria truce, in attesa che riprenda fiato e mi dica dove siano finiti tutti. Non posso, anzi, non voglio stare un altro minuto sola con lui. Non se voglio evitare di commettere un omicidio.

-Sono andati tutti in spiaggia, a farsi un bagno. Visto che non tornavi più, ho pensato di aspettarti... Ma forse non dovevo farlo, se questo è il ringraziamento che mi merito...-

-Se tu non fossi sbucato dal nulla come un fantasma, forse non ti avrei colpito, idiota! Bene, adesso andiamo.. o vuoi restare qui da solo?
Mirko mi risponde con un sorrisino divertito, mi prende la mano e si incammina verso la spiaggia. Ma non gli permetto di fare neanche un passo che lo strattono, cercando di fargli mollare la presa. Senza neanche opporre un minimo di resistenza, mi lascia, guardandomi con aria interrogativa e ferita.

-Perché lo hai fatto?- una semplice frase, colma di dolore e speranza.

My minds unweaving 
Maybe it’s best you leave me alone.

Non gli rispondo, ma inizio a correre verso la spiaggia, cercando di mettere tra di noi più distanza possibile. Perché? Ha il coraggio di chiedermi il motivo? Dopo tutto quello che mi ha fatto. Tutte le lacrime che fino ad ora ho trattenuto scendono copiose, appannandomi la vista.
Arrivata in spiaggia, mi getto in ginocchio e mi copro il volto con le mani, sfogando definitivamente quel magone che mi ha oppresso per questi tre giorni. Tutta l’angoscia e la disperazione che ho sentito sembrano affievolirsi con ogni lacrima che verso, lasciando spazio al vuoto più totale.

-Ehi, ehi, calmati...- Mirko mi abbraccia forte a se, cercando di recuperare il fiato per la corsa. Faccio forza con le braccia e mi libero dalla sua morsa: non voglio stare con lui, mi ha già illuso abbastanza.

A falling star 
Least I fall alone.

-Vattene Mirko, per favore. Non voglio vederti mai più- mormoro tra un singhiozzo e l’altro, dandogli le spalle. Cerco di calmarmi, ma gli spasmi continuano a colpirmi violenti, impedendomelo. Voglio stare da sola in questo momento, per chiarirmi le idee. Non posso permettere che lui mi stia accanto, non dopo quello che mi ha costretto a provare.
E’ per questo che non mi affeziono mai a nessuno.
E’ per questo che ho cercato in tutti i modi di togliermelo dalla mente.
E’ per questo che ho cercato di reprimere fin da subito i miei sentimenti. Sapevo che sarebbe andata a finire così.

-Cosa? Perché dici questo Serena? Io... non... io non capisco...- sussurra afflitto. Io non capisco? Cosa vuol dire che non capisce? Tzè. Guarda qua, è la prima volta che mi chiama per nome. Ho sempre desiderato sapere come suonasse pronunciato da lui. E’ proprio come lo avevo immaginato: bellissimo. Peccato che questo non è il contesto in cui me lo ero immaginato.

Now I’m on my own side 
It’s better than being on your side 
It’s my fault when your blind 
It’s better that I see it through your eyes

-Non capisci? Come puoi dire una cosa del genere! Sei arrivato, mi hai trattato come ti pare e piace senza neanche fermarti un attimo a pensare a quel che provo. Mi hai derisa e umiliata fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati. Sei piombato così, all’improvviso, nella mia vita, senza chiedermi il permesso. Mi hai obbligato a volerti bene anche se sapevi che, passati questi tre giorni, non ci saremmo più rivisti. Ti odio,per questo, non hai proprio idea...-

I can’t explain what you can’t explain. 
Your finding things that you didn’t know 
I look at you with such disdain

Senza neanche rendermene conto, gli vomito addosso tutto quello che ho provato in questi giorni. Riprendo a piangere più forte di prima e improvvisamente vengo percorsa da brividi di freddo. Cerco di riscaldarmi con le braccia, ma inutilmente: sembra che tutto il calore del mio corpo sia scivolato via, insieme alle lacrime. Continuo a sfogarmi per un altro po’, accompagnata solo dal rumore dei miei singhiozzi e delle onde del mare che si infrangono sulla sabbia. Ma anche in questo modo, la mia rabbia e la mia frustrazione non vengono meno.

-Quindi è questo che provi per me? Mi odi?- esclama Mirko frustato , passandosi una mano tra i capelli -Mi dispiace... io non credevo di averti fatto provare tutto questo... Mi dispiace... io... io non volevo... Credevo che...Lascia perdere... Tu mi odi...-
Faccio un cenno con la testa alla sua costatazione. Ma è davvero questo ciò che provo? Sì, è così. Non posso perdonarlo per tutto quello che mi ha fatto passare. Ha reso la mia vita un inferno, portandomi a provare cose che ho sempre cercato di escludere dalla mia vita. Continuo a guardami le scarpe, stringendo le ginocchia al petto, per cercare un po’ di conforto.

-D’accordo allora, è meglio che vada. Addio... Serena.- Mirko si alza e si avvicina con la mano protesa, ma poi ci ripensa e se ne va, senza voltarsi indietro. Lo guardo mentre rientra in casa, e dopo un po’ sento il rombo della moto che si allontana.
Se n’è andato. E questa volta è per sempre.

A weight is lifted 
On this evening 
I give the final blow.

Scoppio di nuovo a piangere e nascondo il volto tra le ginocchia. Che cosa ho fatto?

Due braccia forti e muscolose mi cingono, improvvisamente, le spalle e mi cullano dolcemente, cercando di farmi ritrovare la serenità. Ma non sono queste le braccia tra cui vorrei trovarmi in questo momento.

-Oh Marco, che cosa ho combinato? Sono una perfetta idiota!- mormoro tra uno spasmo e un altro, lasciandomi trasportare dai suoi abbracci.

-Oh Serena, Serena.. cosa devo combinare con te? Non riesci a farne una giusta...- mi rimprovera esasperato. E’sempre stato così, fin da bambini, Marco è più saggio di me e mi ha aiutato in ogni momento di difficoltà.

-Lo so, non c’è bisogno che rincari la dose!- sbotto esasperata. Alzo lo sguardo su di lui, incatenando i miei occhi con i suoi.

-Marco, lui se n’è andato, capisci?-

-E allora? E’ solo un amico... no?- mi chiede con aria maliziosa, nascosta dietro a innocente curiosità.

-No, no, che non lo è! Come puoi dire una cosa del genere? Guardami... guarda come mi ha ridotta! Non ho mai sofferto così tanto in vita mia...- invece di confortarmi, mi fa andare di più in bestia! Gli mollo un pugno in pieno petto, prima di scoppiare di nuovo in singhiozzi. Ma non ho più lacrime da versare: anche quelle se ne sono andate.

-Serena, lui non ha fatto proprio niente. Come pensi si stia sentendo lui, adesso?-

-Credo che sia felice: ha detto che non vedeva l’ora di sbarazzarsi di me...- sussurro distrutta.

Marco mi abbraccia ancora più forte e affonda il viso tra i miei capelli, strofinando il naso sul mio collo.

- Sei proprio imbecille, lo sai?- soffia afflitto. Alza lo sguardo su di me e mi aggiusta i capelli che ho sul viso:- Si vede lontano un miglio che quel ragazzo stravede per te e farebbe di tutto per renderti felice. Non sai quanto ha insistito affinché restasse solo con te, poco fa. Gli avevo detto che non ce n’era bisogno, che avremmo potuto benissimo mandarti un messaggio, ma lui non ha voluto sentire ragioni. E poi, non vedi come gli si illumina lo sguardo quando di vede? O quando parla di te? Se non hai visto tutto questo, sei assolutamente cieca...-

Rimango a fissarlo sbigottita: sì, sono completamente cieca. Perché devo essere così stupida? Perché non l’ho capito prima? Stringo convulsamente la maglia di Marco: -Ormai è tardi, che posso fare?-

-Non è troppo tardi, Serena: se ci tieni davvero a lui, muoviti e vai a cercarlo...-

-Tu dici? E se non mi perdona?- esclamo titubante. Marco sbuffa esasperato e alza gli occhi al cielo, come per chiedere un aiuto divino:- Fidati, lo farà. Di sicuro, lo ha già fatto. Ecco tieni...- si fruga nelle tasche dei jeans e mi da un mazzo di chiavi- prendi la mia auto e sbrigati: non la graffiare, però!-

Lo stringo forte a me e gli scocco un bacio sulla guancia, mormorando un "grazie", con un sorriso a trentadue denti. Afferro le chiavi e inizio a correre verso casa.

Aspettami Mirko, sto arrivando.


Niente, al cellulare risponde sempre la segreteria. Andiamo, Mirko, rispondi! Chiudo la chiamata e tiro il cellulare verso i sedili posteriori: perché li incontro tutti io, i semafori rossi? Non appena scatta il verde parto a tutta velocità. Devo solo svoltare un angolo, poi arriverò al porto.

Guardo l’orologio nel display della radio: merda, è mezzanotte meno cinque. Tra pochissimi minuti la nave salperà per Lampedusa. Devo farcela a tutti i costi.

When darkness turns to light 
It ends tonight, 
It ends tonight.

Con una sgommata degna di un guidatore di rally, entro nel parcheggio del porto: se mi vedesse Marco, mi ucciderebbe. Esco velocemente dall’auto: e adesso? Mi guardo intorno, spaurita: ci sono decine di navi pronte a salpare, quale sarà quella per Lampedusa? Andiamo, Serena, datti una mossa!

Scorgo un operaio intento a scaricare degli enormi scatoloni poco lontano da me:- Mi scusi, saprebbe dirmi dove posso trovare la nave per Lampedusa?- esclamo con il fiatone, per la corsa e l’ansia. Mi indica un’enorme nave bianca con due delfini azzurri disegnati sul fianco. Mormoro distrattamente un “grazie” e inizio a correre più veloce che posso.
Maledette ballerine, perché diavolo le ho messe? Me le sfilo velocemente, rischiando di cadere, per poi riprendere la mia corsa.

A weight is lifted 
On this evening 
I give the final blow.

Un fischio della nave.

Oh no, non ancora. Devo ancora riprendermi il ragazzo di cui mi sono innamorata. Aspetta un altro po’, ti prego!

Un altro.

No! Aspettami.

Un altro ancora.

Mirko, no!

Arrivo trafelata al molo, ma la nave ha già lasciato il porto.

When darkness turns to light

Soltanto pochissimi metri ci distanziano, ma ai miei occhi appaiono chilometri interi. Non è possibile...Provo a cercare Mirko tra le persone sul castello di prua, tra i saluti e gli schiamazzi generali.

It ends tonight, 
It ends tonight.

Sarei capace di riconoscerlo tra mille, ma non riesco a vederlo. Esamino ancora quelle teste con lo sguardo, in cerca del mio nonnetto idiota. Nulla. Forse è sotto coperta.
Quando sto per abbandonare la speranza... eccolo! Sì, è proprio lui, ne sono certa!

-Mirko!- inizio a urlare con tutto il fiato che ho in gola. Fa' che mi senta, fa' che mi senta.

-Mirko! Ehi, Mirko!- agito freneticamente le braccia per attirare la sua attenzione.

-Mirko! Mirko, mi dispiace...-urlo esasperata, mentre le lacrime iniziano nuovamente a rigarmi il volto. Ma lui non mi sente: è troppo lontano ormai.

-Mi dispiace...-mormoro rassegnata, stringendomi per cercare di riempire quella voragine che mi si è formata nel petto.

Ho fatto tardi. Ho sempre fatto tardi, e questa volta lui non mi ha aspettata, ma è andato avanti.

Just a little insight will make this right 
It’s too late to fight

Crollo in ginocchio e guardo la nave che lentamente si allontana da me, portandosi via anche la mia felicità. Le lacrime ormai mi appannano la vista, e sento che la testa potrebbe scoppiare da un momento all’altro.

It ends tonight

Mi dispiace, Mirko. Ho fatto tardi.

It ends tonight

 
 
 
NOTA: Chiedo scusa per il ritardo! La scuola mi sta portando via un sacco di tempo e non riesco a pubblicare in tempo #si genuflette #! Beh, siamo quasi alla fine della storia: tra un po’ Mirko e Serena ci saluteranno. Spero però che la storia vi stia piacendo... fatemelo sapere tramite un commentino, mi sarebbe molto utile. A presto! =D

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