Non solo destino

di _Jaya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


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Non solo destino
 

Dedico questa storia a chi voglio bene:
grazie Antys, Ester, Ely.
E ovviamente alla mia meravigliosa
beta e socia di scrittura, Sara.


Capitolo 1.
 
Un giorno come tanti altri a Camelot: l’autunno si stava facendo sentire e i primi venti freddi cominciavano a spirare. Gli alberi erano già pieni di foglie gialle e arancioni che cadevano al suolo in spirali, accasciandosi una sopra all’altra e formando così un quadro perfetto di colori caldi e malinconici. L’aria profumava degli odori delle cucine di tutte le case e le taverne della città: era l’ora di pranzo e poca gente non era davanti ad un piatto pieno di manicaretti o meno.
Un giovane alto e moro era tra i pochi sfortunati: stava correndo verso il castello del regno passando per vicoletti nascosti e piccoli spazi. Molti pensieri gli passavano per la testa, ma il più assillante aveva una folta chioma di capelli biondi e due occhi azzurri come lapislazzuli: il suo padrone era il principe ereditario di Camelot e non aveva un buon carattere, ma non per questo Merlin evitava di farlo arrabbiare. Solo che arrivare in ritardo non era esattamente nei suoi piani, per farlo infuriare bastava solo la sua presenza. Era stato nel bosco a raccogliere delle piante per Gaius e aveva cominciato a esercitarsi con la magia, lì, senza essere visto da nessuno. Era rimasto preso dalla sua abilità e dai suoi poteri troppo a lungo, e quando la campana del pranzo era suonata, si era come risvegliato da un lungo sogno. Aveva cominciato a correre verso le cucine del castello, perdendo ben presto il fiato.
La cuoca che lo vide arrivare così conciato non gli risparmiò i rimproveri, come al solito. Merlin nemmeno la sentì: prese il vassoio del pranzo del principe e si precipitò nelle sue stanze, cercando, nel frattempo, di riprendere fiato. Aprì la porta con un colpo secco, senza bussare, ed irruppe nella stanza. Il viso era rosso per corsa, ma l’espressione era tra le più ricercate del suo repertorio: cercava, senza alcun risultato, di mascherare la consapevolezza di aver passato l’orario stabilito per il pranzo da almeno dieci minuti.
« Sei in ritardo, Merlin » la voce del principe arrivò e colpì Merlin, che abbassò lo sguardo a terra prima di rispondere. Arthur era seduto al tavolo e lo stava fissando con espressione seccata.
« Scusatemi sire, ehm… stavo raccogliendo delle erbe rare per Gaius, nella foresta e, ehm… ho perso la cognizione del tempo » si scusò Merlin, avvicinandosi per mettere il piatto di fronte al principe « Pollo con contorno di patate arrosto, sire »
Arthur studiò il piatto davanti a lui e solo dopo aver scoccato un’altra occhiataccia al giovane, cominciò a mangiare. Merlin approfittò di quel momento per riordinare un minimo la camera del reale.
« Non fingere, so benissimo dove eri fino a qualche minuto fa...»
Merlin si sentì agghiacciò a quelle parole, ma continuò a guardare Arthur senza capire. Cosa voleva dire con quella frase? Aveva forse carpito il segreto che conservava con tanta cura?
« Ero a raccogliere le erbe per... »
« Non mentirmi Merlin, conosco quel sorriso ebete: ce l'hai ogni volta che facciamo qualcosa di proibito... » Se per la prima parte della frase il mago avrebbe voluto ridergli addosso, per la seconda lo fissò sdegnato e indeciso su cosa dire. Per fortuna fu proprio Arthur a toglierlo dall'impiccio, anche se non sapeva se esserne felice o ancora più sdegnato. Il principe si avvicinò a lui e gli diede una gomitata, con uno sguardo complice e ammiccante. L'espressione di Merlin divenne ancora più sospettosa e lo guardò di sottecchi.
« Dai, credi davvero che non mi sia accorto di Lilian, la figlia del panettiere che ti fa gli occhi dolci?»
Merlin continuò a guardare il principe per qualche secondo senza riuscire a capire veramente che cosa stava dicendo, per poi darsi dell’idiota da solo e mettersi a ridere.
« Credetemi, state prendendo un bel granchio, sire » gli confessò con un sorriso. Arthur alzò lo sguardo dal suo pranzo per puntarlo sul suo servitore. Lo osservò per qualche istante e poi scosse la testa, apparentemente rinunciando a comprendere l’enigma che aveva davanti.
« Io non credo invece. E’ carina sai… molto più di quello che meriterebbe un semplice servitore » disse il principe con un sorriso arrogante.
« Non credo sia il mio tipo » rispose Merlin, rifacendo il letto dell’erede al trono e senza dare troppo peso alle sue parole. Era sollevato all’idea di non dover dare eccessive scuse ad Arthur: già doveva celare la sua natura, condire questa grande bugia (o omissione, come preferiva chiamarla il mago) con tante altre piccole scuse per riparare alle sue mancanze gli sembrava un comportamento ancora più meschino da parte sua. Preferiva subire le punizioni che continuare a infestare la sua nascente amicizia con il principe con piccole o grandi bugie.
Arthur lo fissò prima di risedersi al tavolo, davanti al piatto fumante. Infilzò una patata arrostita, ma non la portò subito alle labbra, fissandola per qualche secondo. Merlin lo guardò di sfuggita, domandandosi come mai non avesse replicato niente. Lo trovò intento ad osservare la patata al forno infilzata sulla forchetta, prima di portarla alle labbra e continuare a fissare il vuoto.
« Se non serve altro io andrei » disse con un lieve sorriso sul volto. Arthur fece un gesto con la mano per farlo andare via, ma quando la mano di Merlin fu sulla maniglia della porta cambiò idea.
« No, Merlin, resta qui » gli ordinò. Il mago si voltò meravigliato. La sua espressione lasciava traspirare la sua sorpresa a quella richiesta « Siediti » gli ingiunse di nuovo.
« Cosa devo fare? » domandò poi, dopo essersi accomodato sulla sedia alla sinistra del principe, quella più vicino alla porta.
« Dobbiamo trovare un piano per far capitolare Lilian ai tuoi piedi, mi sembra ovvio » fu la risposta.
Merlin portò gli occhi al cielo prima di rispondere: « Veramente Sire, non c’è bisogno che impegnate i vostri preziosi pensieri in questo modo! »
Come al solito Arthur non ascoltò neppure le rimostranze del suo servitore « Invece sì! Così forse riusciresti ad essere un po' meno svanito e… io saprei dove trovarti ogni volta! »
Il mago arrossì leggermente all'ultima frase e continuò a negare. Dopo qualche minuto di continuo tira e molla il principe lo congedò, “sperando che lavare tutti i suoi regali abiti lo rendesse più bendisposto verso i suoi piani”.
Merlin sbuffò, ma non rispose niente, ben contento di poter finalmente filare da quella stanza e da quei discorsi senza né capo né coda. Come poteva conoscere i suoi sentimenti per Lilian? E come poteva sapere che si incrociavano spesso, andando su e giù per la cittadella? Merlin non riusciva a spiegarsi tutto quell’interesse nei confronti del suo versante amoroso. Poteva aver preso a cuore la fanciulla e quindi cercare di farla “accasare” in maniera adeguata? O era semplicemente l’ennesima presa di giro del principale nei confronti del povero servo? Strofinando e strusciando i panni Merlin ripensò alla conversazione appena avuta e arrivò a questa conclusione: forse la noia in quel periodo era talmente forte che anche quel passatempo era gradito. Con un colpo di spugna più forte Merlin scosse la testa e smise di cercare di capire i meccanismi del comportamento del principe, perché sapeva benissimo che ne avrebbe ricavato solo un gran mal di testa.
 
Quella sera, quando Merlin portò al principe la sua cena lo trovò seduto sul letto, pensieroso. Il principe guardò velocemente il proprio servitore annunciare la cena e poi distolse lo sguardo. Si alzò dal suo letto a baldacchino e prese una maglia bianca posata sul paravento per indossarla.
Finalmente si sedette a tavola, ma non cominciò a mangiare:
« Se dici che Lilian non è il tuo tipo… allora chi lo è? » domandò dal nulla. Merlin lo guardò con tanto d’occhi prima di comprendere che l’argomento della loro conversazione era sempre lui e la sua situazione sentimentale. Si sorprendeva ancora che Arthur non avesse fatto commenti su quanto fosse disastrata o inesistente, ma Merlin pensò che non fosse saggio cantare vittoria troppo presto.
« Non… non lo so » rispose leggermente impacciato. Arthur fece una smorfia per fargli capire che non gli credeva minimamente e allungò il bicchiere verso di lui. Merlin prese la caraffa e versò il liquido completamente fuori dal bicchiere.
« Ma che ti prende? Stai attento Merlin! » lo sgridò l’altro con un’occhiataccia, prima di portarsi il bicchiere alle labbra. Merlin borbottò qualcosa di simile ad una scusa e si voltò per prendere la cesta dei panni sporchi.
« Un momento… » la voce di Arthur echeggiò improvvisa e potente nel silenzio della sera. Merlin si girò verso di lui e lo esortò a parlare con un muto movimento delle sopracciglia.
« Sei distratto, non ti si trova mai, non vuoi che ti organizzi qualcosa con Lilian… non è che hai già trovato qualcuno e non me l’hai detto? » il principe fece una pausa senza badare alla faccia basita del suo servitore « Merlin, tu devi dirmi tutto, lo sai vero? »
Merlin deglutì a vuoto un paio di volte, terrorizzato più dalla non molto velata minaccia finale che dalle supposizioni precedenti.
« Perché dovrei dirvi tutto? » domandò cercando di non fare una faccia sospetta, pur senza riuscirci. Arrossì quel che bastò per farlo segretamente maledire il principe.
« Perché… sono il tuo principe, dovresti dirmi tutto, è ovvio » rispose senza alcun tentennamento Arthur, abbassando poi lo sguardo sul piatto che aveva davanti « Cos’è questa roba? »
« Ravioli » rispose Merlin felice di non essere più oggetto della discussione.
« Hanno un odore orrendo » commentò l’erede al trono prima di immergere il cucchiaio nel piatto e assaggiare « Però non sono così male »
Merlin annuì e prese tra le braccia la cesta strabordante di panni sporchi. Fece qualche passo verso la porta prima di venir fermato dalla voce del principe.
« Mi devi sempre una risposta, Merlin » gli ricordò.
« Non ho niente da rispondere, Arthur » ribatté il servitore aprendo la porta e chiudendola dietro di sé cercando di non perdere tutta la sua dignità.
Dopo qualche passo dalla stanza del principe si fermò e appoggiò il cesto al suolo. Si passò una mano sulla fronte per scacciare i capelli ribelli e si accorse di essere piuttosto accaldato. Era arrossito? C’erano poche domande da fare a proposito, anche il riflesso nel vetro della finestra glielo provava. Ma perché? Forse per i discorsi un po’ strani di Arthur?
Sembrava che volesse controllare tutta la sua vita, ma non sapeva quanto Merlin gli stesse nascondendo, in realtà. Scosse la testa e, imponendosi di non pensare più alla discussione appena avuta con Arthur, si avviò verso la lavanderia del castello.

Ormai la pulce era entrata nell'orecchio di Merlin e non se ne voleva andare. Continuò a pensarci anche durante la notte, tanto che i suoi sogni furono punteggiati dagli interrogatori del principe, che ricordavano molto quelli vissuti qualche tempo prima nelle segrete con Aredian, il cacciatore di streghe: l’argomento della discussione era però sempre la sua situazione amorosa e i suoi sentimenti nei confronti di ogni ragazza di sua conoscenza. Si svegliò piuttosto agitato e faticò a riprendere sonno, continuando a vedere davanti agli occhi le immagini terrificanti dell’incubo appena avuto.
La mattina arrivò con troppa fretta e Merlin maledì ancora una volta il principe per avergli messo in testa quelle idee così senza senso e strane. Ma non poteva di certo immaginare quello che lo stava aspettando nella stanza di Arthur. Appena varcò la soglia si sorprese di vederlo già alzato e seduto al tavolo, intento a scrivere qualcosa su un foglio di pergamena.
« Oh Merlin… » lo salutò il principe « ho pensato a qualche nome da proporti, pronto? »
Il mago fissò il principe per qualche istante prima di riuscire a capire appieno quello che volesse dire. Era stata la prima idea, ovvero che il principe stesse continuando il discorso del giorno prima, quella corretta.
Non trovandone altre adeguate Merlin deglutì e domandò innocentemente « Ma perché vi siete impuntato proprio con me? »
La domanda non parve però così innocente al principe, perché l’osservò per un po’ prima di rispondere con un tono infastidito. Merlin dovette abbassare gli occhi al terreno sotto quello sguardo penetrante e a lui incomprensibile.
« Sei o non sei tu il mio servitore? » chiese in risposta prima di recuperare la sua naturale baldanza e alzarsi dalla sedia. Merlin appoggiò il vassoio con la colazione sul tavolo e con un sospiro si arrese « Sentiamo questi nomi »
Arthur non sembrava aspettare altro e si avvicinò portando il foglio di pergamena all’altezza degli occhi. « Faith, l’aiutante cuoca »
« Leonard, lo stalliere, le fa la corte » rispose prontamente il moretto ricordando di averli visti scambiarsi sorrisi e biglietti segreti di tanto in tanto. Il principe fece un leggero sbuffo e bofonchiò qualcosa come “era troppo carina” e continuò nel suo elenco.
« Corinne, la lavandaia »
« Ma l’avete vista? Quella è capace di uccidere qualcuno solo provando ad abbracciarlo! » squittì Merlin lanciando uno sguardo sdegnato ad Arthur, che non commentò quell’uscita e si umettò le labbra per non ridere.
« Paula, quella della taverna » elencò.
« Ha come minimo il doppio della mia età » rispose lapidario Merlin.
« L’amore non ha età » commentò Arthur prima di proseguire l’elenco, con sommo sollievo del servitore « Art… Anthis »
Merlin sollevò un sopracciglio e si voltò verso il principe « E chi sarebbe? »
« Anthis » ripeté Arthur senza esitazioni « non la conosci? »
Merlin negò con la testa e si concesse un sorriso.
« Beatha? » appena finì di pronunciare quel nome Merlin si voltò verso di lui e lo guardò, fissandolo negli occhi ed avvicinandosi di qualche passo.
« La cuoca? State davvero dicendo che mi vedreste bene con Beatha, la cuoca? A parte il fatto che mi vuole morto… vi siete bevuto il cervello? »
Arthur scoppiò a ridere e si apprestò a nascondere il foglio su cui aveva appuntato i nomi. Merlin intravide un occhio disegnato, ma non disse niente.
« Finito? » domandò con un sospiro, prima di recuperare una casacca che si era perso la sera prima.
« Umh… per ora sì, ma non te ne andare » Merlin fissò il principe per qualche secondo prima di buttare di nuovo la camicia dove l’aveva trovata.
« Avete bisogno di qualcosa? » domandò.
« Niente in particolare… solo resta qui » quella richiesta sembrava più strana dell’infinito elenco di nomi che gli aveva appena fatto, ma solo per il tono usato e l’esitazione con cui aveva pronunciato le prime parole. Merlin si sentì enormemente a disagio e abbassò lo sguardo. Perché sentire quelle parole lo facevano sentire così confuso e… strano?
« Veramente dovrei ancora finire di lucidare la gorgiera… » confessò Merlin mordendosi un labbro. Non era una bugia, doveva mettere a posto l’armatura del principe veramente, ma Merlin si sentiva un bugiardo ugualmente. Non aveva mai voluto fuggire così dal principe, ma non capiva la situazione e lui odiava non capire.
Arthur non rispose immediatamente, aspettò di ingollare il boccone « Allora cosa aspetti? Fila! »
Merlin non si fece ripetere due volte quel comando e, prendendo la casacca del principe, lasciò la stanza sperando di non doverci mettere più piede fino alla sera. Nella fretta di lasciare la stanza non si accorse dello sguardo penetrante del principe che non lo aveva lasciato nemmeno per un istante da quando si era voltato. Non appena la porta si chiuse, Arthur stese il foglio davanti a sé e osservò quell’occhio disegnato, contornato da delle ciglia lunghe e nere. Conosceva bene quell’occhio, era il primo che vedeva ogni mattina, da almeno tre anni. E aveva imparato a carpire i più piccoli cambiamenti di quell’iride azzurra: le aveva viste attraversate da tutte i sentimenti possibili, e credeva che non gli nascondessero niente, come il sorriso del proprio servitore.
Non sapeva però quanto si sbagliasse: ciò che credeva di conoscere mascherava una verità molto più profonda e pericolosa.
 
 
 
 
 
 Note: Benvenuti nella mia prima fanfiction Merthur! Spero che qualcuno sia arrivato fino a qui, sarebbe già un buon segno! Non ho molto da aggiungere se non che siamo durante la seconda serie, in un momento non ben definito, ma sicuramente prima dell'"incattivimento" di Morgana. La ff è composta in totale da cinque capitoli, già tutti scritti, e partecipa al concorso “All you need is love ~ Sesto girone,"Everyone says I love you", indetto da KikiWhiteFly. (click!) Se ci sono domande/correzioni da apportare non esitate a contattarmi :)
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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


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Non solo destino

Dedico questa storia a chi voglio bene:
grazie Antys, Ester, Ely.
E ovviamente alla mia meravigliosa
beta e socia di scrittura, Sara.


Capitolo 2.

Per fortuna di Merlin non dovette davvero tornare più nella camera del principe per quel giorno. La corte era stata convocata nella tarda mattinata per ascoltare le notizie di Lord Gadtis, un vecchio amico di Uther che faceva da ambasciatore per un sovrano troppo anziano per andare a firmare gli accordi e i trattati con i suoi alleati.
Il gentiluomo entrò nella sala e strinse la mano a Uther sotto gli occhi di tutta la corte reale. Si scambiarono qualche banale battuta e presto si accomodarono sulle loro poltrone, pronti ad iniziare la riunione per stabilire i particolari dell’accordo tra i due regni alleati. Merlin e Gaius lasciarono la sala del trono per dirigersi verso l’infermeria, dove abitavano.
« Credo che ne avranno per un bel po’… » commentò il vecchio cerusico « i loro incontri sono stati molto lunghi gli anni passati, per definire delle vecchie scaramucce di confine; non voglio immaginare cosa succederà con un contratto così grosso in gioco »
Merlin guardò il suo mentore e fece una smorfia « Beh… meglio per me! Non dovrò sopportare gli ordini di Arthur per un po’! »
Merlin non era sicuro che fosse una buona cosa stare sempre a contatto con il principe ereditario, non dopo gli strani discorsi del giorno prima e di quella mattina. Non sapeva ancora spiegarsi quell’attorcigliamento alla bocca dello stomaco e la conseguente assoluta mancanza di appetito. Non riusciva a capire perché l’espressione crucciata di Arthur e i suoi atteggiamenti protettivi nei suoi confronti lo facessero stare così bene, ma al contempo in ansia per la stranezza di tutto ciò.
Merlin scosse la testa, cercando di far andar via questi strani e infelici pensieri per recarsi nel bosco: era appena passato il plenilunio e quella era la migliore occasione per raccogliere le erbe medicinali tanto care a Gaius, tanto più che sembrava che avesse tutta la giornata libera per passare il tempo come gli pareva.
Merlin prese quindi il cestino di vimini e un bastone e si avviò fuori dal castello, fuori dalla città, per inoltrarsi nella foresta. L’erba era ancora bagnata dalla rugiada, segno che nessuno era ancora passato per quel giorno calpestando il giovane prato. Nonostante il mago fosse ben concentrato sul tipo di piante da prendere per non sbagliarsi e rischiare di avvelenare qualcuno, i suoi pensieri continuavano ad andare al giorno prima. Cosa aveva voluto dire Arthur con quelle occhiate? Perché si era sentito arrossire come una pudica fanciulla? Conosceva bene Arthur, ormai poteva dirlo, e lo aveva visto milioni di volte anche in deshabillé, quindi Merlin non riusciva a concepire come potesse essere cambiato qualcosa. Perché non poteva dire che il principe lo avesse sempre trattato in maniera così… possessiva e arrogante, in un certo senso. No, era stato un passaggio graduale, ma lui, distratto come al suo solito, ci aveva fatto caso solo il giorno prima.
Merlin tornò per mezzogiorno e consumò un veloce pranzo con Gaius, prima di dileguarsi velocemente. Voleva avere il pomeriggio tutto per sé e passarlo nell’ultimo posto in cui lo avrebbero cercato: la biblioteca.
Tutti i discorsi del principe gli ronzavano ancora nel cervello e pensava di trovare lì la risposta ai suoi dubbi. Aveva sentito dire che esistevano dei libri capaci di dare qualunque risposta agli uomini. Quello che cercava non era una risposta ai dubbi esistenziali del mondo; voleva solo sapere cosa significassero tutte quelle domande e le sensazioni che lo attanagliavano.
Si infilò tra due file di libri segnati come “filosofia”. Prese un libro che gli sembrava di aver visto nella camera di Morgana tempo prima e lo sfogliò. Parlava di una principessa che doveva essere tratta in salvo dal suo principe, ma che moriva nell’impresa e lei, straziata dal dolore, si uccideva a sua volta. Con un gesto di stizza rimise a posto quel libro e prese quello accanto: sicuramente era da molto tempo che nessuno metteva ordine lì, perché nemmeno un libro sulle piante medicinali gli sembrava avesse a che fare con la filosofia. Prendendo un volume rilegato di blu Merlin fu più fortunato: era un insieme di aforismi, presi dai più grandi filosofi e scrittori mai esistiti. Il libro sembrava ben conservato, tanto bene che le pagine ingiallite erano completamente staccate come se venisse consultato e messo a prendere aria molto spesso.
Merlin si sedette per terra e cominciò a sfogliarlo, stregato dalle sagge parole che si susseguivano sotto ai suoi occhi.
Trovò diverse frasi che sembravano scritte da persone nella sua stessa situazione, che parlavano di segreti nascosti nell’ombra, di sorrisi e di sguardi felici. Di quanto fosse importante la verità, sempre, che era l’unica cosa che riusciva a scacciare ogni ombra: ogni parola non detta aumentava il buio della propria ombra, che segue ciascuno passo passo.
Il giovane mago continuò a girare le pagine, abbagliato da quelle piccole perle di saggezza. Rimase così per qualche ora, consumando tutte le pagine del libro. Stava quasi per chiudere il volume quando notò una citazione che lo colse impreparato: “Tutti dicono ti amo, ma pochi sanno provarlo. Solo chi è pronto ad offrire la propria vita, ama davvero.”
Il pesante tomo quasi gli cascò dalle mani leggendo quella citazione: le sensazioni di vuoto e di confusione dentro di sé potevano forse essere ricondotte all’amore? Merlin ripercorse tutte le figure femminili di sua conoscenza, ma non si sentiva attratto da nessuna di loro, come aveva detto la sera prima al principe. Arthur… “solo chi è pronto ad offrire la propria vita, ama davvero.” Lo sguardo del mago vagò senza sosta sui libri intorno a lui, ma i suoi occhi vedevano ben altro. Già dai loro primi incontri Merlin aveva salvato la vita al principe, comprendendo poi che fosse il proprio destino quello di tenere al sicuro Arthur.
“Siete come due facce della stessa medaglia” le parole del drago gli risuonavano in testa, più profetiche e più veritiere di quanto avesse mai potuto pensare. Merlin scosse la testa, scacciando quegli assurdi pensieri: era solo il destino che voleva così, no?
“Non solo” sembrava rispondere la coscienza (o forse era la magia?). Ogni volta che gli aveva salvato la vita non aveva mai riflettuto sul fatto che fosse o meno il suo destino salvare quell’asino. L’aveva fatto perché il suo cuore lo riteneva giusto, aveva seguito l’istinto, come quasi sempre faceva.
La magia dello stregone sembrava aver preso vita all’interno del gracile corpo da servitore. Tutto sembrava essere tornato al suo giusto posto, ora.
 
Quella sera Merlin entrò nella stanza del principe senza sapere bene cosa fare e, con sua grande sorpresa, non lo trovò presente. Aggrottò la fronte incredulo. Aveva impiegato così tanto tempo per decidersi ad entrare nella stanza per niente? Il mago sbatté con poca grazia la cena sul tavolo prima di darsi una manata in testa. Era completamente uscito fuori di testa. Non provò nemmeno a domandarsi cosa avesse di tanto speciale il principe da causargli quel disagio, non dopo aver passato buona parte del pomeriggio in biblioteca imbambolato su una pagina. Precisamente su due righe precise, che ormai erano entrate nella sua mente e Merlin dubitava potessero più uscire.
“Tutti dicono ti amo, ma pochi sanno provarlo. Solo chi è pronto ad offrire la propria vita, ama davvero.”
Erano lì, rimbombavano nella sua mente a ritmo col suo cuore.
« Merlin? » il mago si voltò di scatto arrossendo tanto da fare invidia al mantello del principe, appena apparso davanti a lui. Arthur lo fissò per qualche secondo cercando di capire il motivo del suo imbarazzo, prima di lasciar perdere. Lo sguardo cadde sul tavolo, dove Merlin aveva appoggiato la cena.
« Ho fatto tardi perché è stata organizzata una cena per lord Gadtis. Per fortuna non ho dovuto sorbirmi quei discorsi anche a cena, il nostro lord Gadtis era più impegnato a fare la corte a Morgana che a discutere con mio padre »
Merlin abbassò lo sguardo e non rispose. Arricciò le labbra in una smorfia strana e annuì. Fece per riprendere il piatto lasciato intonso per riportarlo nelle cucine, ma Arthur lo fermò, toccandogli il braccio. Gli occhi del servitore guizzarono al volto del principe senza scansarsi. Trovò gli occhi di Arthur che lo fissavano dritto in volto. Merlin si sentì di nuovo fare caldo nella zona vicina alle orecchie. Stava diventando un’abitudine quella di arrossire?
« Hai già mangiato? » domandò il principe senza badare allo strano colorito del suo servitore. Merlin scosse la testa in risposta.
« No sire, non ancora » disse senza lasciare lo sguardo del principe. Era impossibile che riuscisse a leggere i suoi pensieri con una sola occhiata, vero? Era lui il mago dopo tutto… e non avrebbe mai capito come funzionava il cervello di Arthur. Sempre che ne avesse uno.
« Allora mangia questo » rispose semplicemente il principe togliendo la mano dal braccio del servitore ed esortandolo a sedersi.
« Ma Gaius… » provò a protestare debolmente il mago.
« Gaius potrà mangiare di più così! Anche se non credo » disse Arthur squadrando la figura magra di Merlin. Come scottato da quella visione il principe gli si allontanò e, stringendo le labbra, gli fece cenno di sedersi. Merlin era combattuto: voleva sedersi, voleva condividere con il principe quella sera, ma non era sicuro che fosse giusto, che andasse bene. La consapevolezza dei suoi sentimenti sarebbe stato un ostacolo nuovo, e Merlin non aveva intenzione di cambiare l’atteggiamento che teneva con il principe. Non avrebbe sopportato di allontanarsi da lui definitivamente: il destino che li legava era rafforzato da un sentimento nato segretamente, e cresciuto ancora più nascosto.
« State scherzando, lo so » rispose Merlin con un sorriso. Prese il vassoio dal tavolo e lasciò il principe con un semplice « Buonanotte sire »
Arthur rimase immobile dal tavolo, la mano ancora sullo schienale della sedia: cosa era successo esattamente nell’ultimo minuto? Perché Merlin era uscito dalla stanza così? Lui non stava scherzando, voleva davvero che mangiasse lì, davanti a lui.
« Ah, Arthur? Domani a che ora vi devo svegliare? » la testa di Merlin fece capolino dalla porta con un espressione preoccupata in volto.
« Alla solita ora, perché? » rispose il principe senza capire il motivo della domanda.
« Niente, era per essere sicuro, buonanotte Arthur » detto questo il valletto chiuse la porta della stanza definitivamente.
Arthur fissò ancora per qualche secondo il legno chiuso e poi si buttò sul letto, completamente vestito. Un’espressione ebete si fece spazio sul suo viso, correlata anche di un magnifico sorriso, destinato solo al baldacchino rosso del letto.
Un’espressione del tutto diversa era sul volto di Merlin: il mago si stava domandando come potesse essergli venuto in mente di chiedere al principe l’ora della sveglia. Era sempre stata la stessa da quando era arrivato a Camelot, perché avrebbe dovuto cambiare?
“Forse volevi dire quelle ultime due paroline Merlin…” una voce si fece largo nella sua mente, misteriosamente simile a quella del drago. Ma non era possibile che fosse lui. No… il drago era nelle segrete del castello e non poteva infilarsi nella sua mente a piacimento, non poteva.
Come una molla ricordò le prime parole della frase letta quel pomeriggio. Tutti dicono ti amo. Anche lui l’avrebbe fatto? Il servo pasticcione e ingenuo del principe avrebbe potuto mai pronunciare quelle parole tanto ambite?
Scuotendo la testa, Merlin si allontanò dalle stanze del principe spiluccando del cibo dal piatto che teneva in mano.
Doveva smettere di pensarci… o non sarebbe riuscito a dormire bene, per la seconda notte di fila. Forse avrebbe potuto chiedere a Gaius un sonnifero per non sognare, uno di quelli che dava a Morgana.
 
 
Al contrario delle predizioni di Gaius il consiglio finì in fretta: dopo appena due giorni il sovrano di Camelot e l’ambasciatore avevano trovato un accordo soddisfacente per entrambi. La cosa più strana di quell’accordo era stata l’assenza di combattività che aveva caratterizzato da sempre gli incontri tra i due uomini. Lo stesso principe Arthur era rimasto stupito, ma non si era lamentato più di tanto del cambiamento: meno tempo rimaneva Lord Gadtis a Camelot, prima avrebbe potuto abbandonare quella vita di segregato nella stanza del consiglio.
La mattina del terzo giorno fu infatti lo stesso principe a ordinare al proprio servitore di presenziare con Gaius alle prime luci dell’alba. Merlin non capiva il motivo di tanta fretta, e specialmente perché Arthur fosse già alzato e vestito prima che lui potesse andare a svegliarlo.
«Vi devo portare la colazione? » domandò infatti stropicciandosi gli occhi.
« No, non c’è tempo… Lord Gadtis vuole partire presto, bisogna andare immediatamente nella sala del consiglio. Tutta la corte deve essere presente » disse Arthur, con un sospiro finale « e, Merlin cerca di svegliarti, per favore »  con quelle parole si dileguò dall’infermeria del castello.
« Deve avere una discreta fretta Lord Gadtis, di solito si trattiene per parecchio tempo a Camelot » commentò Gaius, non appena la porta si fu chiusa dietro al ragazzo.
« Forse ha ricevuto qualche brutta notizia dal suo regno»
« O forse Morgana gli ha dato una bella batosta » commentò Merlin ricordando quello che gli aveva raccontato la sera prima Arthur.
A Merlin e a Gaius non restò che vestirsi e presentarsi nella sala del consiglio, così come aveva detto Arthur. Si avviarono e incontrarono Morgana lungo la strada, accompagnata da Gwen. Merlin salutò con sorriso entrambe le dame e si soffermò sull’espressione spaventata della nobile. Morgana non appena vide il medico e il suo aiutante piombò su di loro, senza nascondere il suo terrore.
« Gaius, ho fatto un altro incubo stanotte ed era così reale… » Gaius prese le mani della ragazza tra le sue e, dopo aver scambiato un’occhiata con Merlin, cominciò a rassicurarla sussurrandole parole gentili e promettendole una nuova cura. Morgana sorrise leggermente rincuorata e ringraziò il medico con parole gentili.
Arrivarono in breve tempo davanti alla porta della sala del consiglio e Morgana salutò con un sorriso i suoi amici prima di avvicinarsi al trono lasciato vuoto in attesa dell’ingresso del sovrano affianco all’ospite. Dall’altra parte c’era il principe: indossava la corona e il mantello rosso delle occasioni speciali. Al suo fianco Leon gli stava sussurrando concitatamente qualche cosa, forse sui turni delle guardie o su qualche problema che gli era arrivato all’orecchio.
« Re Uther Pendragon e Lord Gadtis, ambasciatore del regno di Dorset » annunciò la voce di una guardia vicino alla porta. Il brusio presente nella sala sciamò fino a che non rimase silenzio, rotto soltanto dai pesanti passi dei due nobili. Entrarono nella grande sala e si sistemarono dietro al tavolo, pronti a firmare l’accordo a cui avevano lavorato negli ultimi giorni. Era un bel traguardo per Camelot, e l’espressione distesa del re faceva capire quanto fosse stato difficile arrivare fino a quel punto.
I due nobili firmarono la pergamena e tutti i presenti applaudirono, inneggiando al re. Uther sorrise pigramente e fece cenno ai suoi sudditi di voler parlare. Presto il silenzio ricadde sulla sala, in attesa delle parole del sovrano.
« Questo giorno è molto importante per il futuro del regno. Camelot e il regno di Dorset hanno finalmente trovato un’alleanza stabile, che porterà pace e prosperità in entrambi i reami. Per festeggiare questa buona notizia Lord Gadtis si è offerto di cantare in onore dell’accordo. Alcuni di voi avranno già avuto il piacere di ascoltarlo nelle sue passate visite, e ritengo che non ci sia niente di più indicato per festeggiare questo nuovo inizio »
Merlin guardò l’uomo fare un passo in avanti e gonfiarsi come un pavone: il mago lanciò un’occhiata al proprio mentore e notò un’espressione a metà tra l’esasperato e lo sconfitto. Con sua sorpresa anche Morgana e Arthur stavano guardando un punto indefinito della sala con la stessa espressione in viso. Merlin sospettò che ascoltare le canzoni di Lord Gadtis non fosse poi quel grande piacere decantato da re. Non ebbe il tempo di prepararsi psicologicamente che la voce poderosa dell’ambasciatore cominciò a risuonare nella sala, cominciando a recitare una lunga litania in una lingua strana, sconosciuta ai più. C’era qualcosa però che non convinceva Merlin. Riusciva a capire le parole della canzone nonostante non avesse mai sentito quella lingua sconosciuta, e c’era un’unica spiegazione a questo.
Una stregoneria era in atto.

Continua...



Note: Buonaseraaaaa C: Per prima cosa ringrazio chi ha recensito (LunaticaLove; Hope_mybrandnewname; xlovejhutch; Antys: voi due, scusate se non ho ancora risposto,lo farò al più presto, credetemi!), a chi ha messo questa storia tra le preferite (xlovejhutch; Gonetoosoon) e a chi l'ha messa tra le seguite (anita92; Antys; Chiby Rie_chan; DoraInPoi; Echo85; Hope_mybrandnewname; LunaticaLove; Martolilla96; MileyVero; SARAHPOXY; _Lins). Grazie mille a tutti, veramente dal profondo del cuore.

Ho qualche nota da fare, anche sullo scorso capitolo che mi ero scordata di fare la settimana scorsa! Ma cominciamo da questo xD
Qui si vede la frase che ho usato per il contest, "Tutti dicono ti amo". L'idea del proseguo, ovvero "ma pochi sanno provarlo. Solo chi è pronto ad offrire la propria vita, ama davvero”, me lo sono inventata, ma non completamente. Ora vi spiego meglio. Merlin ha sempre sacrificato più che volentieri la sua vita per quella del principe a causa del suo destino. E io metto il dito nella piaga facendo pensare al maghetto "e se non fosse solo destino?". Ovviamente il titolo viene da qui xD
Per il senso vero e proprio della frase dovete ringraziare (o maledire, a scelta) i miei studi di inglese dello scorso anno, in particolare una particolare storia di Joyce contenuta nel libro "Dubliners", The dead. In pratica, la nostra prof si era soffermata molto sul fatto che morire, sacrificare la propria vita, fosse il gesto più segnato d'amore che si può fare per una persona. Harry Potter ne è l'esempio più famoso. Spero non troviate troppo "estremista" questa prospettiva.

Per quanto riguarda il primo capitolo: allora, quando voi nelle recensioni dite "volevi farmi pensare male?" la risposta è sempre e comunque sì, anche se non c'avevo nemmeno pensato. Adoro far pensare male le persone! La capacità del disegno di Arthur è effettivamente presa da un video dello scorso dicembre in cui veniva svelata la bravura come disegnatore di Bradley. E il nome della cuoca... beh me lo sono inventata di sana pianta dato che né io né le mie fedeli consigliere lo sapevano.

Okay, dovrei aver finito con le note xD Spero vi piaccia questo capitolo come a me è più piaciuto scriverlo, e spero vogliate lasciare un segno del vostro passaggio, con una recensioncina.
Ah, sì, l'immagine l'ho fatta io xD Alla prossima settimana!
Jaya


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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


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Non solo destino

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Capitolo 3.

Merlin sbarrò gli occhi, riconoscendo nella lunga cantilena una maledizione. Il significato gli fu chiaro solo dopo qualche secondo. Ripeteva a intervalli regolari il nome Uther Pendragon, ed ogni volta lo accompagnava da condanne diverse, accusandolo di diverse malefatte. Riconobbe il crimine di uccidere innocenti, di perseguitare la magia… e alla fine sembrava invocare aiuto per uccidere il re. Merlin non riusciva davvero credere che il vecchio amico di Uther stesse provando a ucciderlo.
Non pensò nemmeno alle conseguenze del suo gesto. Già una volta aveva avuto l’occasione di salvare Uther Pendragon e aveva scelto di farlo, ora il dubbio non si presentava nemmeno. La sua vita sarebbe stata in pericolo, ma era meglio che fosse così, piuttosto che vedere Arthur perdere l’unico genitore che gli rimaneva, di nuovo a causa di una stregoneria. In quel caso il principe non avrebbe mai accettato la magia come una cosa buona, Merlin ne era certo. Arthur aveva un animo gentile e nobile, ma sapeva provare sentimenti molto forti, quali l’amore e l’odio.
Facendo qualche passo in avanti, Merlin alzò una mano e i suoi occhi diventarono dorati per qualche secondo. Lord Gadtis volò all’indietro e picchiò violentemente contro una colonna. Per qualche secondo il suo viso venne sostituito da quello di un uomo calvo, con due occhi piccoli e ravvicinati, di un verde scuro simile al sottobosco di una foresta. Subito però il viso conosciuto ritornò davanti agli occhi di tutti.
« Tu… » sussurrò il falso diplomatico senza perdere di vista il mago. Alzò una mano e la stese in avanti pronunciando qualche parola nell’antica religione. Una forza invisibile spinse Merlin sul pavimento, senza respiro.
La stanza cominciò a muoversi, agli occhi del giovane mago. Niente sembrava più fermo, allo stesso posto. Le colonne cadevano, la gente gridava senza sapere cosa fare. La voce di Uther tuonava chiaramente ordinando alle guardie di imprigionare gli stregoni. Sembrava tutto fuori fuoco intorno di lui, ma Merlin alzò ugualmente la testa in tempo per vedere il falso Lord Gadtis attaccare nuovamente il re, questa volta armato con una spada. Due guardie sollevarono di peso il giovane mago, che così ebbe una visuale migliore della situazione.
Il falso amico era vicinissimo al re, la lama stava per calare su di lui. Arthur si frappose tra lo stregone malvagio e il padre, colpendo senza pietà l’assassino. Ma i colpi di Arthur non riuscivano a farlo desistere dai continui contrattacchi, e mancò poco che il re venisse colpito. Arthur fu ferito al braccio che teneva la spada e rischiò di cadere in terra un paio di volte: col braccio ferito non riusciva a destreggiarsi come prima. I cavalieri non riuscivano ad aiutare il principe in quella danza di spade: il mago, il falso Lord Gadtis, per proteggersi le spalle, aveva evocato un cerchio di fuoco intorno a sé e ai Pendragon.
Un fendente stava per calare su Arthur quando il falso lord Gadtis fu sospinto indietro da una forza potentissima. Venne scaraventato contro il muro e riprese i suoi veri connotati. La testa ciondolò sul petto e il fuoco magico fu assorbito come per incanto dal pavimento stesso. Ora un uomo dai lineamenti tozzi completamente differenti da quelli nobili del Lord indossava le sue vesti.
Merlin sospirò pesantemente e si lasciò andare completamente a terra, senza forze. Le guardie stavano per farlo rialzare con qualche spintone, ma il re fece un cenno di lasciarlo lì.
« Tu hai la magia » disse Uther « e la magia è male, come avete visto tutti »
Merlin non riusciva a rialzarsi dal pavimento di pietra, ma si sforzò di alzare almeno lo sguardo. Il re era in piedi, davanti a lui, la veste un po’ bruciacchiata vicino all’orlo. Gli occhi apparivano furenti, carichi di rabbia. Accanto a lui, appoggiato ad una colonna c’era Arthur, i cui occhi azzurri erano spalancati e increduli. Non badava ai tentativi di Gaius di controllare la ferita riportata, continuava a fissare il proprio servitore senza riuscire a capire se il ragazzo che aveva davanti fosse lo stesso che aveva imparato a conoscere nel corso di tutti quegli anni e di tutte le avventure passate insieme.
Era lo stesso con cui aveva parlato quella mattina e con cui aveva scherzato? Era lo stesso cui si stava accorgendo di tenere più di ogni cosa? Lo stesso di cui si era… innamorato? Ora riusciva a capire quando profondo fosse l’affetto che lo legava all’altro, solo in questo momento, quando le carte in tavola erano cambiate e non riusciva più a riconoscere l’altro.
Arthur dubitava che fosse sempre lui. Quello non era il suo Merlin, quello che arrossiva come una ragazzina e che inciampava in ogni dove. Non era quel ragazzo che lo aveva sfidato il giorno del suo arrivo a Camelot chiamandolo babbeo e asino. Il servitore che non ne combinava una giusta, che odiava la caccia e riusciva sempre a contraddirlo e a disubbidire, che gli avesse detto lui di bussare ad una porta o di buttarsi da una torre.
Non era più lui. Il mondo semplice in cui si rinchiudeva con Merlin, fatto di amicizia, battute e qualcosa in più, gli apparve come una grande bugia.
Quello che aveva davanti era uno sconosciuto, uno stregone, un uomo del male. Il fatto che avesse gli stessi occhi e lo stesso sguardo del suo servitore lo destabilizzava un po’, ma era sicuro di ciò. C’era sempre stato qualcosa su cui non era riuscito a mettere mano nel suo rapporto con Merlin, qualcosa che gli sfuggiva ogni volta, che lo attirava terribilmente di lui. Ma ora questo segreto era uscito allo scoperto, e l’attrazione era svanita di colpo. L’amore per lui c’era sempre, ma Arthur non riconosceva più Merlin come oggetto del suo desiderio. Quell’attrazione che era sempre esistita tra loro ora sia era trasformata in astio.
Merlin non riuscì più a sopportare quello sguardo doloroso e abbassò il proprio, prima di rialzarlo, richiamato da qualcuno che aveva pronunciato il suo nome. Aveva sentito un debole sussurro, ma alle sue orecchie di mago era apparso chiaro e distinto. Morgana lo fissava spaventata, incredula. Il suo sguardo era forse ancora più terrorizzato di quello del principe. Lei sapeva di avere poteri magici, e venire a sapere solo in quel momento di non essere l’unica a Camelot la fece sentire ancora più sola. Merlin era stato un amico per lei, eppure non le aveva mai confessato i propri poteri: Morgana poteva passare sopra al fatto che non si fosse fidato di lei, non poteva biasimarlo. Lei stessa non aveva confidato il suo segreto ad Arthur, impaurita dal suo possibile odio. Ora però Merlin era condannato a morte per aver usato la magia: era colpevole quanto lei in quella situazione e Morgana non poteva non sentirsi responsabile.
« Uther, voleva aiutarti, ha provato a fermare Lord Gadtis! » provò a intervenire Morgana, ma venne zittita da un gesto secco del braccio del re.
« Ha poteri magici, è un nemico di Camelot. Ha libero accesso al castello e alle camere di mio figlio. Credi davvero che non potrebbe provare ad uccidere lui e tutti noi? » Morgana tacque a quelle parole. Le sentiva battere, fredde e dure, nella sua carne. Poteva essere lei al posto di Merlin in quel momento, in ginocchio davanti al re.
Merlin abbassò di nuovo lo sguardo, silenzioso. Si morse le labbra con forza, facendole sanguinare. Solo quando sentì il sapore del sangue si accorse di quello che aveva fatto. Parole si susseguivano nella sua mente, provenienti dal drago. Lo sgridava di essersi fatto scoprire così, per salvare la vita al re. Doveva far uccidere il re che lo voleva morto, non salvargli la vita. Merlin chiuse gli occhi, troppo debole per riuscire a escludere dalla sua mente la voce tonante della vecchia creatura intrappolata da troppo tempo nelle viscere del castello.
Solo quando le guardie presero i polsi del ragazzo con forza, lui si riscosse. Spostò lo sguardo dal pavimento al re, ma non capì le parole che stava pronunciando. Carpì solo un “segrete” e “rogo”, ma furono sufficienti: il re aveva intenzione di ringraziare molto calorosamente il servo della sua gentilezza e di avergli salvato la vita, e gli pareva che metterlo al rogo fosse una buona idea. Merlin cominciò a protestare nonostante la stanchezza, facendo sentire la sua voce, ma nessuno lo ascoltò.
« Non volevo fare del male! Perché fate questo a chi vi salva la vita? » le parole riecheggiarono nella sala del consiglio anche quando il ragazzo uscì dalla stanza, trascinato da due guardie. Lo sguardo di Gaius seguì il corpo inerme del proprio figlioccio uscire dalla sala. Le sue mani stringevano con forza un lembo della veste, i suoi occhi trattenevano lacrime. Abbassò lo sguardo per un momento, prima di avanzare davanti a tutta la corte e andare davanti al proprio re.
« Sire, vi imploro di perdonare il ragazzo, lui non voleva fare del male » lo sguardo glaciale di Uther trapassò il medico.
« Ha la magia, è una creatura del male. Tu sai quanto dolore può provocare la stregoneria » gli rispose senza alcuna pietà il re.
« Sire, è solo un ragazzo, ha salvato la vostra vita e quella di vostro figlio innumerevoli volte » la mascella del re, se possibile, si indurì ancora di più.
« Vai a curare mio figlio o penserò che la tua insolenza sia segno della tua stessa colpevolezza » tutta la corte trattenne il fiato a questa frase: era noto a tutti il forte rapporto che c’era tra Uther e Gaius, e mai ci si aspettava di sentire una minaccia così diretta da parte del primo.
« Vieni Gaius » lo esortò Arthur, spingendo il vecchio medico indietro con la mano sana, prima che potesse ribattere qualunque cosa. Sembrava essere tornato il solito principe: lo sguardo stralunato lo aveva abbandonato per ritornare gentile e arrogante. Il cerusico fissò quegli occhi e abbassò la testa prima di farsi trascinare dal principe nel proprio laboratorio. Non pronunciarono una sola parola lungo tutto il tragitto, e Gaius forse non sarebbe nemmeno stato in grado di farlo. Le lacrime che prima erano solo annidate dentro i suoi occhi ora scendevano lungo le sue guance. Prima di entrare e guardare in viso il principe, Gaius riuscì ad asciugarsi il viso con una manica della tunica. Arrivati lì, le mani esperte e abituate del medico trovarono con movimenti meccanici l’occorrente per curare la ferita riportata dal principe.
« Non devi difenderlo, ha ingannato tutti » disse Arthur ad un certo punto, cercando di trovare gli occhi e lo sguardo del medico. Gaius chiuse i propri per qualche secondo prima di alzare la testa e rispondere al principe, sempre senza guardarlo negli occhi.
« No sire » disse il cerusico continuando il suo lavoro « io sapevo del suo dono »
« Te lo aveva detto lui? » le parole uscirono dalla bocca di Arthur involontariamente.
« L’ho sempre saputo » rispose il medico. Come poteva spiegare al principe che la prima volta che lo aveva visto quel ragazzetto gli aveva salvato la vita? Come poteva spiegare che la magia faceva parte dell’essenza più profonda di Merlin, come una mano o una gamba?
« Perché a me non l’ha mai detto? Credevo fossimo diventati amici dopo tutti questi anni » Arthur scosse la testa e portò la mano sinistra alle tempie « Credevo… non lo siamo mai stati in verità. Come posso essere amico di qualcuno che non mi dice una cosa così importante dopo… quanti anni sono che ci conosciamo ormai? Siamo stati insieme ogni giorno di questi tre anni, ogni dannatissimo giorno! E la cosa più incredibile è che… è Merlin! Come può aver tenuto un segreto del genere? Non sa tenere la bocca chiusa mai, nemmeno quando dovrebbe. »
Il monologo di Arthur si interruppe per un attimo. Sembrava aver messo qualcosa a fuoco nella memoria.
« Il bello è che l’ha detto! L’ha detto davanti a me, a mio padre, a tutta la corte di essere uno stregone, ma non l’ho preso sul serio, perché è Merlin! Come può Merlin essere uno stregone? È inconcepibile… Merlin… stregone… »
« E anche potente sire, credetemi » confermò il medico continuando a medicare la ferita. Arthur sembrò non sentirlo nemmeno.
« Non è possibile! Eppure… i suoi occhi sono diventati dorati. E’ quello che contraddistingue le magie, vero? » il principe non dette a Gaius nemmeno il tempo di rispondere « Non posso crederci… è impossibile, inimmaginabile. »
Arthur si azzittì per una seconda volta continuando a ripetere sottovoce quanto fosse incredibile tutta la situazione.
« Devo parlare con lui » decise « mi deve rispondere »
« Sire, non credo sia il caso» cercò di intercedere il medico per il figlioccio.
« Non importa. Mi deve delle risposte, prima che mio padre lo bruci sul rogo per tradimento » aggiunse dopo qualche secondo.
Gaius lo guardò tristemente. « Credete davvero che meriti di morire? »
« Ha la magia Gaius. Non posso andare contro le leggi » il medico lo guardò, evidentemente deluso dal suo comportamento.
« Credevo foste amici » rispose semplicemente, senza guardare più Arthur in viso.
“Lo credevo anch’io” sembravano dire i suoi occhi, ma non aprì bocca, troppo ferito per continuare quella conversazione con il medico. Non credeva che Gaius potesse capire la sua situazione: lui non si ritrovava ad essere innamorato di una persona di cui credeva di aver capito tutto e che invece si è rivelata un essere infido, che non ha mai parlato di una cosa così importante come la magia.
Il tempo di curare la ferita come si devee Arthur era già fuori dalla porta, diretto alle prigioni. Il principe non badò neppure a Gwen che piangeva, appoggiata al muro, vicino ad una finestra. Il primo pensiero che lo colpì fu quello che nemmeno Gwen fosse a conoscenza della magia del loro comune amico, ma poi un sentimento più meschino ed egoista come la gelosia lo colse. Possibile che Gwen e Merlin… ? Arthur sapeva che i due erano amici, ma ora ogni cosa aveva un senso. Ecco perché Merlin non aveva confessato ad Arthur l’identità della sua dama né aveva mostrato il benché minimo interesse per l’elenco delle belle ragazze che gli aveva fatto.
Con il respiro spezzato Arthur arrivò vicino alle celle, ma scoprì di non essere il primo visitatore. Una veste lunga e purpurea era seduta accanto al corpo magro del mago. I capelli neri si muovevano a ritmo con i singhiozzi che rompevano il silenzio. Morgana. Morgana era lì e piangeva accanto a Merlin.
Arthur raggelò improvvisamente e si ritrovò incapace di muoversi.
 
Continua...



Note: Buon pomeriggio bella gente C: Eccoci al terzo appuntamento! Per prima cosa ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo (Ryta Holmes; Antys), quello prima, a chi ha messo questa storia tra le preferite e a chi l'ha messa tra le seguite. Grazie mille a tutti, veramente dal profondo del cuore.
Non ho niente da aggiungere al capitolo, se non che per lo sguardo incredulo di Arthur ho preso spunto dal momento in cui nella 4x13 guarda Gwen nella sala del trono: a terra ci sono Isotta e Tristano abbracciati (per intenderci questo video click!).
Spero che siano credibili le reazioni di tutti i personaggi, in particolare di Morgana e Gaius. Arthur... beh lui è un asino u.u Credo di aver ripetuto la frase "How can be Merlin a socerer?" diverse volte nella mia mente tanto mi suona bene xD
Spero vi piaccia e che vogliate lasciare un segno del vostro passaggio con una recensione. Spero di non sembrare petulante, ma questo e i prossimi capitoli sono il culmine della storia, e avendoci ragionato tanto, vorrei sapere se la mia visione vi pare realistica oppure no.
Alla prossima settimana!
Jaya


Non possiedo nessuno dei personaggi di cui ho scritto.



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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


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Capitolo 4.

Nella cella sotto il castello di Camelot si stava verificando una strana scena: la pupilla di re Uther piangeva sulla spalla di un servo condannato a morte.
« Merlin, non lasciarmi, non puoi lasciarmi » diceva la voce rotta dal pianto di Lady Morgana. I suoi luminosi occhi verdi erano arrossati dalle lacrime.
Merlin, stremato, aprì un poco gli occhi e portò una mano sui capelli della ragazza. La lasciò lì, senza parlare. Voleva dire un mucchio di cose a Morgana, ma non riusciva a far venire fuori niente. Merlin non riusciva a concentrarsi sul suo immediato futuro, sulla presenza di Morgana. Non ci sarebbe mai riuscito, l’immagine dell’espressione ferita di Arthur era troppo vivida nella sua mente. Sentiva la ragazza piangere, sussurrare parole. Era sotto shock, era evidente. Solo pronunciando il nome del principe, Arthur, acquisì tutta l’attenzione del mago. Con un enorme sforzo allontanò il viso della ragazza dalla sua casacca e cercò i suoi occhi. Erano inermi, completamente spersi.
Merlin ebbe pietà di lei e, seppur a fatica, cominciò a parlarle, a rassicurarla.
« Lady Morgana, dovete essere forte. Non abbattetevi » disse la voce tremula del ragazzo « non preoccupatevi, non dirò niente di voi. Siete al sicuro, il vostro segreto morirà con me »
La ragazza guardò il mago ancora più spaurita. « Ma tu non puoi morire Merlin! Non puoi essere condannato per essere quello che sei! Non è giusto! »
« Un giorno non sarà più così. I maghi e le streghe potranno vivere in pace con la loro magia senza temere di essere accusati da qualcuno. Vivrete in pace e senza paura. Dovete avere fiducia » le parole di Merlin parvero come una profezia agli occhi della strega.
« Ma come può essere così? Uther odia la magia e chiunque ne abbia a che fare, e Arthur è come lui » ribadì Morgana non convinta dalle parole del mago. La situazione appariva veramente strana dall’esterno: era il mago, il condannato a morte, a confortare la pupilla del re.
« Arthur è la nostra speranza, Morgana. Dovete avere fiducia in lui, così come faccio io » il tono di Merlin sembrava non consentire repliche. La sua fiducia nel principe era incrollabile, Morgana riusciva a capirlo nonostante la profonda stanchezza. « Capirà, prima o poi, di non aver mai compreso la magia e di averla giudicata solo superficialmente basandosi sui pregiudizi di Uther »
Morgana rimase in silenzio e si passò una mano sul viso per cancellare le lacrime.
« A questo si penserà dopo » disse prendendo un’aria risoluta come al suo solito « ora dobbiamo pensare a come farti uscire di qui »
« Non potete! » Merlin riacquisì energia per sconsigliare Morgana di attuare piani di fuga « Se anche avessi la forza di usare la magia per fuggire non potrei mai farlo »
« E perché mai? Avresti salva la vita! Potrei preparare un cavallo appena fuori dalle prigioni, nei pressi del bosco e tu potresti andare via, nel tuo villaggio! » Morgana era infervorata e i suoi occhi si riaccesero di speranza. Forse Merlin poteva non morire sul rogo, lei poteva salvarlo. E se ci fosse stata una sola possibilità di salvargli la vita, Morgana avrebbe intrapreso quella strada. Aveva sempre odiato le ingiustizie e l’odio incondizionato di Uther verso la magia. Da quando aveva scoperto il suo dono aveva cominciato a vedere in maniera più chiara le sue posizioni. Non poteva sopportare di vedere un mago essere ucciso solo perché possessore di magia. Merlin non aveva di certo scelto i suoi poteri, come del resto non l’aveva fatto lei.
Merlin scosse forte le testa e cercò di far ragionare la ragazza. « Se provassi a fuggire, non sarebbe più chiara la mia colpevolezza? Uther non sarebbe ancora più motivato nella sua lotta alla magia? No Morgana. Domani dovrò salire su quella pira. »
All’espressione sgomenta di Morgana, Merlin abbozzò un sorriso « Non sono felice all’idea di morire, ma spero che potrete proteggere voi Arthur e guidarlo nella giusta via »
« No Merlin. Sarai tu a continuare a proteggerlo e fargli comprendere la magia. Lo giuro »
« Morgana, non provate a fare niente di avventato. Non voglio morire, ma non voglio nemmeno che siate voi a pagare le conseguenze di una mia azione sconsiderata » le rispose con saggezza il mago. Morgana sembrava stupita di come Merlin fosse riuscito a prendere in giro tutti: in realtà era una persona saggia, ma era riuscito a farsi prendere da tutti come un sempliciotto, e sapeva che Uther sospettava l’esistenza di problemi mentali.
« Ma io sono al sicuro! Sei tu che devi essere protetto, per favore Merlin ripensaci... » Morgana si alzò dal giaciglio di Merlin e gli gettò un’ultima occhiata.
« Ho deciso  » concluse Merlin. Non sarebbe mai riuscita a fargli cambiare idea. Se c’era una cosa che accomunava Merlin e Morgana, oltre il dono della magia, era la testardaggine. Entrambi non avrebbero mai cambiato opinione.
 
Contrariamente a poco prima Merlin non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo. I suoi occhi stanchi cercavano quelli del principe. Non dicevano nulla, lo guardavano e basta. Non voleva assolutamente abbandonarli: poteva essere l’ultima volta che incontrava il suo sguardo. Non voleva che il suo ultimo ricordo fosse lo sguardo deluso e amareggiato di quella mattina.
Fu Arthur ad abbassarlo per primo, solo per aprire la porta della cella ed entrare all’interno. In questo piccolo lasso di tempo una nuova decisione riempì la mente e lo spirito. Quando rialzò lo sguardo Merlin dovette abbassare il proprio. Non riusciva a sostenerlo.
« Come… come puoi essere un mago? » domandò Arthur.
Merlin sollevò un poco gli occhi, non sorpreso dalla domanda, ma dal tono. Si aspettava urla e strepiti, ma forse era peggio così. Nessun urlo o grido, solo uno sguardo ferito e deluso.
« Lo sono sempre stato Ar… » rispose Merlin senza pensare eccessivamente alla sua risposta.
« Non chiamarmi per nome, solo “sire” » gli ordinò il principe senza alcuna inflessione nella voce.
« Come volete, sire » Merlin abbassò lo sguardo sul pagliericcio che copriva il pavimento della cella.
« Mi devi una risposta » lo incalzò lui, lo sguardo glaciale sempre puntato sul servo. Questi alzò per qualche secondo lo sguardo, prima di riabbassarlo per parlare. Le sue mani cominciarono a torturare convulsamente il bordo della manica.
« Sire, sono nato con i miei poteri, non ho mai imparato la stregoneria. E’ in me, fa parte della mia vita da sempre » la voce di Merlin si incrinò all’improvviso, ma si schiarì la gola, e continuò a parlare « Non ho scelto di essere così, è stata la magia a scegliermi »
« Ma tu hai scelto di non dirmelo » la voce del principe risuonò secca nella cella di nuda pietra. Merlin continuò a torturarsi l’orlo delle maniche senza rispondere alla domanda.
« Scusa, ma non riesco a capire come… » improvvisamente la maschera seria e composta che fino ad ora aveva preso posto sul viso del principe sparì e Merlin poté vedere di nuovo la sua rabbia e la sua delusione « Credevo fossimo amici, credevo ti importasse qualcosa della fiducia… Credevo di potermi fidare di te! E invece tu cosa hai fatto, eh? » Arthur si avvicinò minacciosamente al ragazzo seduto sulla branda. Merlin non riusciva a lasciare gli occhi del principe nonostante soffrisse tantissimo a leggere quelle espressioni. Il mago non rispose niente e Arthur continuò a sfogarsi, prendendolo per le spalle e alzandolo di peso, scuotendolo come un panno.
« Mi hai tenuta nascosta la tua magia!  Ti sembra una cosa da poco? Ti sembra una cosa da poco? » la voce di Arthur rimbombava nella cella, e nonostante attirasse molto l’attenzione, nessuna guardia osò intromettersi nel dialogo. Merlin abbassò lo sguardo dagli occhi dell’altro, e si passò una mano sulle tempie cancellando così le lacrime che stavano per sgorgare. Da questo gesto Arthur si accorse di quello che stava facendo e lasciò la presa. Merlin si sostenne per qualche secondo in piedi prima di ricadere di peso sul lettino spartano.
« E rispondimi! Pensavo ti piacesse tanto chiacchierare, cos’era, una copertura anche quella? » disse con voce maligna il principe. Non riusciva più a trattenersi e ogni minima cosa che gli passasse per la mente doveva essere trasformata in parole.
« No sire, so di aver sbagliato, ma… »
« Niente “ma”, non c’è nessun ma! Mi hai imbrogliato e ingannato! » lo interruppe Arthur. Merlin continuò a parlare come se non avesse aperto bocca.
« Ma pensateci: potevo una mattina venire da voi e dirvi “Oh, sire volevo comunicarvi che il vostro servitore ha dei poteri magici”. Non potevate saperlo. »
« Non potevo? » Arthur alzò di nuovo le braccia verso il servitore, ma le fece ricadere pesantemente senza toccare il mago.
« Non potevate, no. » disse risoluto Merlin rialzando lo sguardo verso il principe. Arthur poté leggerci una nuova determinazione e forse una sfida « Credete che sia stato facile non dirvi nulla? Sentirmi dire che voi vi fidate di me e non dirvi che sono uno stregone? »
« Io mi fidavo di te, ma evidentemente tu no! » ribatté il principe infervorato.
« Io mi fido di voi! Siete diventato un uomo molto migliore dalla prima volta in cui vi ho incontrato, e ho fiducia nel re che sarete » il tono di voce di Merlin calò nell’ultima parte della frase. Lui non avrebbe mai potuto vederlo re.
« Ma nonostante tutto questo, non mi hai mai detto di essere uno stregone! » Arthur non colse il turbamento del servitore e continuò a rispondere a tono.
« Voi odiate chi ha il dono della magia e io non avrei potuto proteggervi se non vi fossi stato sempre vicino »
« Proteggermi? Vuoi dire che hai usato la tua… magia per proteggere me? » il tono di Arthur era tra l’incredulo e l’arrogante.
« Cosa credevate? Di riuscire a sconfiggere sempre tutto e tutti da solo? » Merlin eruppe in una triste risata « No, ero io. Vi ho salvato la pelle talmente tante volte che ho perso il conto. E voi cosa pensavate di me? Solo che fossi uno sciocco! »
« Io ti consideravo più di un amico, Merlin » dopo tante urla quella verità sussurrata fece ancora più male.
« Io… » il moro fissò negli occhi il principe. Con quelle ultime parole il principe si girò e uscì dalla cella.
« Addio »
Merlin fissò la figura dell’altro uscire dall’angusta stanzetta e chiudersi le sbarre dietro di lui. Arthur fece qualche passo prima di essere travolto da un sussurro. Mai parole fecero più male e bene insieme. Male perché era irrealizzabile, bene perché era un sollievo.
« Ti amo »
Il principe si immobilizzò e le parole del mago cominciarono a vorticare nel suo cervello. Merlin lo amava. Il suo servitore, quello di cui era innamorato, lo ricambiava.
Arthur si voltò brevemente e fissò di rimando la sagoma del prigioniero in piedi dietro le sbarre. I capelli neri erano tutti disordinati e il viso era sporco. Gli occhi erano lucidi di lacrime.
Per la prima volta da quando aveva scoperto della magia di Merlin, Arthur cominciò a dubitare veramente della decisione del padre. Era giusto mandare a morte Merlin? Prima ne era sicuro, aveva la magia, lo aveva tradito con il suo silenzio. Parlando con lui la rabbia era cresciuta sempre di più, venendo a conoscenza dei retroscena di tutte le sue vittorie negli ultimi anni, ma Arthur aveva cominciato a vedere di nuovo il suo Merlin in quella nuova persona.
Non aveva più soltanto gli stessi occhi, così azzurri ed espressivi che possono destabilizzarti solo con un’occhiata. No, ora era di nuovo Merlin.
Con fatica uscì dai sotterranei e si rinchiuse nelle sue stanze. Il letto era ancora disfatto e i vestiti giacevano inermi appesi al paravento.
Doveva scegliere cosa fare. Se prima il dubbio non si era nemmeno insinuato nel cervello di Arthur, ora l’idea di vedere il corpo senza vita di Merlin provocava solo sgomento. Il principe non poteva immaginare gli occhi del servo vuoti, senza la luminosità e la vita che li caratterizzava ogni giorno: non sembrava una figura possibile, realizzabile.
La scelta sembrava essere già presa. Se fino a qualche momento prima era convinto che fosse un gesto di giustizia l’uccidere un mago, un traditore di Camelot, ora quel generico mago aveva preso l’aspetto di Merlin e non poteva essere una cosa giusta uccidere Merlin. Era impossibile che quel ragazzo tramasse contro Camelot o volesse uccidere lui o il re. Lo aveva salvato poche ore prima, non poteva volerlo morto.
Ma quindi la magia poteva veramente essere buona?
Si accasciò sul letto, in attesa di qualche segno, forse una grande idea, che lo avrebbe aiutato a comprendere cosa fare. Perdonare Merlin oppure no?
Nel momento in cui la sua testa toccò il cuscino, comprese che non avrebbe chiuso occhio per tutta la notte, quindi lasciò libero il flusso di pensieri. Aveva realizzato che l’uso che Merlin aveva fatto della magia era stato a fin di bene, e che quello che più gli rodeva fosse il silenzio da parte del servo.
Poteva fermare la condanna a morte di Merlin, compiendo un’azione giusta?
Passò l’intera notte con gli occhi spalancati, girandosi nel letto, nella speranza che una nuova posizione gli fornisse la risposta che cercava. Se voleva davvero salvare Merlin, doveva agire prima dell’alba.
Improvvisamente Arthur si alzò in piedi, lo sguardo pieno di una nuova determinazione.
Doveva decidere come salvare Merlin. La scelta non c’era nemmeno più, era stata fatta in maniera inconscia: Arthur non poteva vivere senza il proprio servitore, non poteva nemmeno pensare di riuscirci. Prima della confessione di Merlin non aveva riflettuto a fondo su cosa volesse dire vivere senza di lui. Ora non riusciva nemmeno ad immaginare come potesse essere un’alternativa del genere.
 
Ma Arthur non era stato l’unico a passare tutta la notte sveglio, a pensare e a riflettere. Merlin, solo nella sua cella, si era accasciato a terra e aveva pianto, distruggendo finalmente quella maschera indossata durante gli incontri con Morgana e Arthur. La mattina dopo sarebbe morto, ormai l’aveva capito e nonostante fosse difficile accettare una cosa così, aveva scelto di non fare niente per modificare la situazione. Ora doveva fare in modo che la sua morte non avvenisse invano.
I pensieri del mago non rimasero a lungo su quella lunghezza d’onda e la sua memoria ripercorse il dialogo avuto poco prima con Arthur. Non riusciva a credere di aver davvero pronunciato quelle parole alla fine.
Merlin aveva detto ti amo. C'era riuscito alla fine, nonostante avesse dubitato molto in precedenza, in una situazione che non si sarebbe mai e poi mai aspettato e che sicuramente non avrebbe mai sperato. Com'è che diceva la citazione che aveva letto qualche giorno prima, quella che gli aveva aperto gli occhi sul suo sentimento?
“Tutti dicono ti amo, ma pochi sanno provarlo. Solo chi è pronto ad offrire la propria vita, ama davvero.”
Offrire la propria vita per salvare chi ami. Come poteva Merlin, condannato a morte, a salvare la vita di Arthur, principe vivente?
La domanda sorse spontanea, ma la risposta era già lì, pronta per essere pronunciata. Con la magia. Se fosse riuscito ad inventare un incantesimo abbastanza potente per proteggere Arthur da possibili e future disgrazie usando come sacrificio la propria morte? Questo era un buon compromesso per morire, Merlin era disposto ad accettare quelle condizioni. Sarebbe morto per proteggere la vita e il futuro regno di Albion. Sarebbe morto per realizzare il suo destino, così in un modo o nell’altro sarebbe riuscito a far diventare Arthur il re che tutti aspettavano. Sarebbe morto per Arthur, l’uomo che amava.
Improvvisamente Merlin si alzò in piedi, lo sguardo pieno di una nuova determinazione.
Doveva decidere come salvare Arthur. La scelta non c’era nemmeno più, era stata fatta in maniera inconscia. Doveva proteggere quel principe incosciente o lo avrebbe seguito troppo presto nel regno da cui non si torna. Prima della sua stessa confessione non aveva riflettuto a fondo su cosa volesse dire non poter più proteggere Arthur, ma ora forse aveva trovato una soluzione.

Continua...



Note: Buonaseraaaa C:
Ecco il quarto e penultimo capitolo! Finalmente il confronto con Arthur e... ve la aspettavate quella confessione? Merlin è famoso per dire le cose al momento sbagliato, e questa poteva essere l'ultima occasione di vedere il principe a tu per tu.
Non so se lo avevo già detto nelle note, ma questa ff è stata scritta prima dell'ultima puntata... non ricordo se addirittura prima della penultima, ma è probabile.
Nella parte finale ho ricostruito un confronto molto stretto tra Arthur e Merlin, se ci fate caso la costruzione delle frasi è la medesima :) Il compromesso a cui scende Merlin mi pare verosimile, lui ha sempre messo davanti la vita di Arthur alla sua, quindi mi sembrava necessario che il suo cervellino la pensasse così anche ora.
Spero vi sia piaciuto, se lasciate una recensione (sia positiva che negativa) ne sarò contentissima :D
Alla prossima settimana!
Jaya


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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


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Non solo destino

Dedico questa storia a chi voglio bene:
grazie Antys, Ester, Ely.
E ovviamente alla mia meravigliosa
beta e socia di scrittura, Sara.


Capitolo 5.

La mattina dell’esecuzione molte persone si erano accalcate nella piazza del castello, dove era stato eretto il rogo. Molti abitanti di Camelot conoscevano il giovane mago condannato e si erano riuniti per dargli un ultimo saluto. Erano tutti molto sorpresi della scoperta dei poteri di Merlin, ma non pensavano che potesse fare del male a chicchessia: in città la semplicità e il buon cuore di Merlin erano molto conosciuti, come la sua goffaggine.
La figura di Gaius appariva solitaria, come se tutti gli altri abitanti di Camelot avessero deciso di fare un vuoto intorno al vecchio medico. La sua espressione affranta riusciva a smuovere i cuori più duri, ma nessuno sapeva come riuscire a consolarlo.
Dopo qualche minuto di attesa, il condannato uscì dal castello circondato da alcune guardie: Merlin aveva i polsi legati e la testa bassa, ciondoloni sul petto. Gaius si mosse immediatamente verso la figura del ragazzo, ma venne intralciato dai cavalieri che assistevano all’esecuzione. Il medico continuò a fissare da lontano il ragazzo cui voleva bene come un figlio. Merlin venne condotto davanti alla pira di legno senza alzare la testa di un solo pollice.
« Merlin! Fuggi, vattene! » la voce roca del medico risuonò piano nella piazza fremente. Riconoscendo la voce del proprio mentore, Merlin si voltò verso di lui. Gli occhi chiari erano pieni di lacrime ma nessuna goccia salata solcò il viso del mago. Per qualche secondo le iridi divennero dorate e Gaius si sentì improvvisamente invaso da una strana calma, dolce e del tutto fuori luogo.
« Ragazzo mio… » riuscì a dire il medico prima di scoppiare in lacrime.
“Addio Gaius, è stato un onore conoscervi” le parole risuonarono dentro la mente del cerusico con la voce di Merlin. Il mago incrociò un’ultima volta lo sguardo di Gaius prima di voltarsi nella direzione della legna accatastata: il re di Camelot aveva fatto il suo ingresso al cospetto della sua gente.
« Popolo di Camelot. State per assistere ad un atto di giustizia. Questo ragazzo è accusato di aver usato stregoneria e magia, andando contro le leggi di Camelot. Pertanto lo condanno a morte per mezzo del fuoco » la voce di Uther Pendragon risuonò in tutta la piazza. La sua figura si stagliava solitaria dal balcone della sala del trono: né Arthur né Morgana si erano presentati ad assistere alla morte del servitore, e le guardie stavano a debita distanza dal sovrano.
Merlin fissò dritto davanti a sé, senza nemmeno degnare di un’occhiata Uther. Non aveva alcuna intenzione di guardare la persona a cui aveva salvato la vita senza nemmeno pensarci. La sua incapacità di vedere del buono nella magia lo induceva continuamente ad additare e riconoscere nemici ovunque, persino nelle persone più fedeli a Camelot.
Con un gesto ordinò alle guardie di legare Merlin al palo centrale della pira. Il mago fece un po’ di resistenza, ma poi i polsi e il corpo vennero circondati da una corda robusta.
Merlin alzò gli occhi al cielo per non far scendere alcuna lacrima, ma non fu una mossa felice. Alla finestra davanti a sé vide Morgana e Gwen: le ragazze si reggevano forti al parapetto, angosciate. Nessuna delle due riusciva a trattenere le lacrime. La lady non voleva che si compisse un’ingiustizia, Merlin era come lei, non era colpevole di aver fatto niente. Gwen piangeva, devastata dall’idea di perdere un amico così caro come lui. Merlin sentì l’angoscia crescergli dentro, ancora di più. Non aveva il coraggio di vedere in faccia nessuno, da quel momento, o non sarebbe riuscito in quello che doveva ancora compiere. Chiuse gli occhi e cominciò a pronunciare parole magiche. Una litania lenta cominciò a far battere a ritmo i cuori delle persone presenti: tutti si sentirono affascinati dalle parole, anche se non riuscivano a capire quello che Merlin stesse dicendo. Era la lingua più antica del mondo, più antica addirittura del tempo degli uomini: la lingua dell’Antica Religione.
Il re non poteva sopportare un affronto del genere e fece cenno alle guardie di accendere il fuoco, sperando di far tacere così lo stregone. Lentamente le fiamme cominciarono a lambire la pedana dove il mago era costretto. Con il fuoco ai suoi piedi e il fumo intorno, Merlin rischiò di non riuscire a completare l’incantesimo che aveva inventato quella stessa notte. Era un tentativo di sacrificare la propria vita in cambio di un futuro generoso verso Camelot e il suo futuro sovrano.
Improvvisamente Merlin aprì gli occhi: l’oro che risplendeva al loro interno rischiò di accecare tutta la piazza.
Con un verso strozzato il mago si lasciò andare conto il palo che lo teneva in piedi, privo di forze a causa della magia appena portata a termine. Il fumo cominciò levarsi copioso intorno a lui e il mago iniziò a tossire, chiudendo di nuovo gli occhi, perdendosi così la vista di una furia uscire dal castello. Questa nuova figura si diresse a passi decisi verso di lui.
Con un sospiro rauco il mago lasciò che il proprio peso lo tirasse completamente giù verso la base del rogo già infiammata. Con un ultimo colpo di tosse e un sospiro che assomigliava tanto ad un “Ho fiducia in voi Arthur”, il mago perse conoscenza.
Nella piazza si levò un forte brusio non appena il principe Arthur si mise davanti alle guardie. Queste cercarono di ostacolare il principe, ma bastò che estraesse la spada dal fodero per passare senza essere toccato. « Arthur! Cosa stai facendo? Ti ordino di allontanarti! Guardie, prendetelo! » urlò il re dal balcone guardando lo spettacolo nella piazza sottostante. I suoi occhi irati riflettevano le fiamme, tanto che sembravano prendere fuoco.
Le fiamme si levavano alte intorno al rogo, ma Arthur non ci pensò due volte ad oltrepassarle ed entrare di corsa all’interno del cerchio di fuoco. Il corpo di Merlin giaceva senza forze, sostenuto solo dalle corde che lo legavano stretto al palo centrale, come se fosse senza vita.
« Maledizione » mormorò. Aveva riflettuto troppo a lungo quella notte e ora si era presentato troppo tardi. Non appena quel pensiero si formò nella sua mente Merlin fu scosso da diversi colpi di tosse che rassicurarono Arthur sulle possibilità della sua sopravvivenza. Non era ancora morto, poteva sempre salvarlo. Con un paio di passi il principe salì gli scalini di legno e percorse il breve spazio sulla piattaforma che lo separava da Merlin. Gli si avvicinò e gli spense una fiammella sui pantaloni. Cominciò a scuoterlo per le spalle e lo chiamò per nome, tossendo. Era strano sentire finalmente quel nome uscire da quelle labbra che lo avevano maledetto fino a qualche ora prima.
« Merlin? Merlin rispondimi, dannazione! » il crepitio del fuoco aumentò sempre di più e il principe notò che il legno della pedana stava per cedere.
Arthur strinse a sé il corpo magro del servitore che era scosso da tremiti e dalla tosse. Il fumo stava intossicando entrambi, e nella poca lucidità rimastagli, il principe prese la spada e cercò di slegare Merlin dal palo. Dopo qualche colpo andato a vuoto la spada riuscì a lambire la corda e liberare completamente il corpo di Merlin. Lui continuava a tossire, e aveva perso conoscenza già da tempo, quindi la loro unica speranza era l’abilità di Arthur. Questi si caricò sulle spalle il gracile corpo del servitore e uscì con difficoltà dall’anello di fuoco che circondava il rogo. Stava per cedere, sotto il peso di Merlin, sotto lo sguardo di tutta Camelot che lo guardava attonita, ma incontrò gli occhi fieri e sorpresi di Gaius, quell’uomo che aveva sempre visto Merlin come un figlio. Sembrava che avesse smesso di piangere e avesse cominciato a sperare di nuovo. Alzando lo sguardo, Arthur trovò Morgana affacciata a una finestra del palazzo, le mani chiuse intorno alla maniglia del vetro. Lo sguardo di Morgana era, adesso, pieno di speranza. Aveva sempre difeso Merlin, anche di fronte all’evidenza, senza mai dubitare della sua buona fede e del suo cuore innocente. Arthur chiuse gli occhi e si caricò meglio il peso del ragazzo sulle spalle. Doveva farcela, per Gaius, per Morgana, per Merlin.
Da queste due speranze così diverse, ma ugualmente così simili, Arthur prese la forza di alzare la propria spada per minacciare chiunque osasse frapporsi fra loro e il suo cavallo.
Nella breve distanza tra il rogo e questo, la stanchezza di una notte passata in bianco rischiò di fargli perdere la decisione necessaria a portare a compimento il suo gesto.
Issò il corpo a cavallo e lo seguì brevemente. Con un movimento fluido prese le briglie e fece partire l’animale ad un’andatura sostenuta. Non si voltò indietro nemmeno una volta, provocando un brusio tra la folla di Camelot, venuta lì per assistere all’uccisione del mago infiltrato nel castello. Uther prese questo atteggiamento del figlio come un’ulteriore sfida nei suoi confronti, e fece un gesto con un braccio per richiamare i suoi cavalieri.
Morgana incrociò per un solo momento lo sguardo infuriato del re, ma ben presto si voltò, accogliendo tra le sue braccia Gwen, che piangeva calde lacrime, questa volta d’incredulità. Non aveva mai dubitato di Merlin, suo amico da molto tempo, e sfogò così la sua felicità improvvisa: ormai aveva perso le speranze di incontrare nuovamente il mago l’indomani.
« Inseguitelo! Lo stregone deve averlo incantato! » urlò impietosamente il re ai suoi cavalieri, richiamati all’ordine subito dopo la fuga del principe. Sir Leon tentennò qualche istante torturandosi il fermaglio del mantello prima di eseguire l’ordine. Fece un cenno con la testa ai cavalieri che aveva più vicino e si diresse verso le stalle.
Non una parola fu scambiata tra loro: i cavalieri di Camelot non avevano alcun dubbio sulla correttezza dell’azione svolta dal loro comandate, il principe Arthur. Tutti loro conoscevano, chi più chi meno, il suo servitore, e avevano ascoltato almeno una volta le lamentele del principe sulla sua idiozia, scorgendo però in ogni parola il forte affetto che Arthur provava per lui. Salirono a cavallo e attraversarono la piazza seguendo la strada tracciata dal principe.
 
Arthur percorse un tragitto piuttosto lungo a cavallo, facendo molta attenzione a non far cadere Merlin. Dopo quasi un’ora decise di aver messo abbastanza strada tra loro e Camelot e cominciò a rallentare. Conosceva quella zona della foresta: era abbastanza tranquilla e non era tra le strade più battute dai viaggiatori e dai briganti. Sentendo il suono di un ruscello Arthur fermò il cavallo e scese dalla sella. Guardandosi intorno, scorse un grosso tronco d’albero che sembrava avere un’aria comoda. Si caricò il corpo di Merlin sulle spalle e lo fece scendere piano dal cavallo. Da circa metà viaggio aveva smesso di tossire, e Arthur era piuttosto spaventato. In quanto cavaliere sapeva come curare le piccole ferite, ma non aveva idea di come trattare le ustioni. Nell’appoggiare il corpo del mago a terra, questo si fece sfuggire un sussurro, qualcosa simile ad un verso strozzato prima di rimanere in silenzio. Arthur rimase immobile in piedi accanto al tronco dell’albero.
« Merlin? »
Il principe si chinò spaventato sul corpo del giovane mago. Avvicinò due dita al suo collo, ma esitò qualche istante prima di riuscire a toccarlo. La pelle del servitore era morbida, c'era solo un piccolo accenno di barba, talmente corta che era impossibile da riconoscere. La mano del principe trovò la vena sul collo e sentì il debole battito cardiaco, simbolo di vita. Il tocco delicato di Arthur sembrò risvegliare il mago, che mosse le palpebre. Come se si fosse ustionato, Arthur tolse la mano dal collo del ragazzo, non poteva farsi trovare così vicino e vulnerabile. Ne andava della sua reputazione. Ciononostante non allontanò il viso da quello del servitore.
« Merlin? » La voce del principe suonò nuovamente nel silenzio della foresta, questa volta con un tono un po' più sicuro.
« Mmm... » Fu la sola risposta che ricevette: un mugolio indistinto, che fomentò la sua crescente agitazione.
Ora che la salute del mago non era più a rischio, Arthur temeva molto il momento in cui il ragazzo si fosse svegliato e l'avesse riconosciuto, magari ricordando o ricostruendo il gesto compiuto. I pensieri di quest'ultimo furono distratti dal movimento di una mano del suo servitore che cominciò a vagare accanto al suo corpo, toccando la terra e l'erba umida. Forse il freddo o forse la stranezza della situazione indusse Merlin ad aprire gli occhi. Dopo qualche secondo li richiuse e aggrottò le sopracciglia, per riaprirle subito dopo. Il suo sguardo era confuso e dimostrava di non riuscire a capire la situazione: perché aveva il viso di Arthur, del suo principe, così vicino? Perché riusciva a percepire il respiro dell'altro sulla sua guancia?
Merlin sbattè le palpebre una seconda volta, ma niente era cambiato: non era un sogno e nemmeno una sua illusione.
« Art… Arthur? » La voce gli uscì stentata, come un roco sussurro. Gli occhi dell'altro lampeggiarono nei suoi ma Arthur non allontanò il viso dal suo.
« Cosa avete? »
« Volevo vedere se ti ricordavi chi fossi... » La voce del principe era un sussurro completamente in sintonia con l'ambiente intorno a loro.
« Sì » tentennò Merlin nella risposta, ma poi aggiunse « è impossibile scordarsi di te… » Arthur non diede al mago nemmeno il tempo di correggere la mancata forma di rispetto, che aggredì le sue labbra con le proprie.
Irruenza, desiderio e salvezza, questo riuscì a percepire Merlin in quegli attimi. Poi la coscienza che era tornata da poco tempo lo lasciò di nuovo e si ritrovò a rispondere al bacio con la stessa passione e necessità dell'altro.
Ad entrambi sembrò di aver trovato solo ora, dopo più di vent'anni di vita, il significato del respiro.
Ben presto si ritrovarono col fiatone e le labbra si staccarono. Merlin tenne gli occhi chiusi ed Arthur tenne la propria fronte su quella dell'altro.
« Dormi ora... Devi riprenderti completamente. Sei stato così vicino al non tornare più da me » Sussurrò sulle labbra dell'altro senza riuscire a trattenere un sorriso.
Passarono così la notte: uno a dormire con un lieve sorriso sulle labbra e l’altro a vegliarlo per tutto il tempo, cercando di riscaldarlo. Per Arthur quella giornata era stata davvero stancante, ma non riuscì a chiudere occhio nel timore dell’arrivo di una pattuglia da Camelot o di qualche persona decisa a rovinare quel momento, il loro momento.
L’alba giunse e illuminò i due corpi abbracciati: la sua luce birichina si posò sulle palpebre chiuse del moro e le stuzzicò ad aprirsi.
Merlin credette di sognare, oppure di essere davvero morto. Non poteva essere altro che una sua immaginazione, quella: steso sull’erba, in un bosco fresco e rigoglioso, con un braccio ricoperto dall’armatura intorno alla spalle e l’altro sopra al suo petto. Sentiva il respiro di qualcuno contro la sua schiena, segno di essere praticamente sdraiato addosso ad un altro corpo vivente.
Merlin girò la testa quel tanto che bastò per vedere i capelli biondi e gli occhi azzurri dell’altro. Erano stanchi e arrossati, come se non avesse dormito.
«Buongiorno Merlin » disse a voce roca, il tono di chi non ha parlato per un lungo periodo.
« Cosa è successo? Perché sono vivo? Perché siete con me, Arthur? » domandò il mago alzando di scatto la schiena dal petto del principe e guardandolo dritto negli occhi. Arthur fissò per qualche istante il servitore prima di umettarsi le labbra e posare il suo sguardo sull’erba. Merlin seguì il suo sguardo brevemente prima di tornare a cercare gli occhi del principe.
« Merlin non potevo pensare di perderti. Sei entrato improvvisamente nella mia vita e ora non ho intenzione di farti uscire così facilmente. » Arthur pronunciò quelle parole continuando a guardare dritto davanti a sé la vegetazione verde e rigogliosa. Solo quando finì di parlare si voltò verso il suo servitore, seduto lì accanto a lui.
Merlin guardò il principe dritto negli occhi con un’espressione sorpresa. Non si aspettava una confessione del genere: già quello che era accaduto in precedenza rasentava il suo massimo livello d’incredulità, ma quella frase era il coronamento perfetto della giornata. I suoi profondi pozzi blu erano pieni di lacrime che non sarebbero mai scese, il suo petto si muoveva velocemente al ritmo del suo respiro accelerato non solo dal troppo fumo inspirato. Non poteva credere alle parole pronunciate con tanta sincerità e così impreviste. Non riusciva a credere che quelli fossero i sentimenti di Arthur, così simili a quelli che gli aveva confessato il giorno precedente. Quando aveva pronunciato quelle parole non avrebbe mai creduto che potessero portare ad un evento del genere.
« Non ho intenzione di farlo, sire. » disse Merlin. Poi voltò lo sguardo dalla parte opposta e si sfregò con una mano gli occhi per togliere ogni residuo di lacrima.
« Solo devo dirvi... Grazie. » Pronunciando quest'ultima parola il servo si voltò nuovamente verso Arthur e lo guardo dritto in viso. Tanti significati si celavano dietro a quella parola: grazie per avergli creduto, grazie per averlo perdonato, grazie per averlo salvato.
Sul volto del principe si aprì uno dei più bei sorrisi che Merlin gli avesse mai visto.
« Grazie a te. » Queste ultime parole rimasero nell'aria per qualche secondo prima che Merlin le recepisse nel loro significato pieno. Poi si voltò verso di lui e lo guardò ancora più sorpreso
« Il mio babbeo reale non è più così babbeo. » Le risate dei due ragazzi risuonarono nella foresta spensierate, senza più pensare a quello che era dietro di loro a Camelot.
 

Fine



Note: Eccoci qui!
E si mette la parola fine anche a questa avventura. Grazie tantissimo a chi ha deciso di seguire questa storia, a chi ha commentato dandomi un suo parere, a chi mi ha sopportato mentre parlavo di questa merthur senza saperne niente... Grazie <3
Spero vivamente di non aver deluso nessuno con questa storia che, ripeto, è il mio primo esperimento Merthur. In futuro... chissà! Mai dire mai!
L'ultima parte, l'ultima scena è stata in assoluto quella che ho scritto per prima. E per fonte immensa di ispirazione per tutta la fic è stata questa immagine (click), di cui non conosco l'autore purtroppo! EDIT: ecco il link (click!) dell'immagine su Deviantart. E' di ~ObsidianSerpent.
Non voglio concludere queste note c.c sarebbe un addio definitivo... ma non posso rimanere qui a chincischiare all'infinito, no?
Alla prossima
Jaya


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