Nota
dell’autrice:
ringrazio molto SakiJune e FireAngel
per le recensioni positive, ne sono davvero molto onorata. La storia prosegue
con la seconda parte. Buona lettura.
Solo dopo
diversi secondi i tuoi piedi toccano di nuovo terra.
Buio,
intorno a te, buio e nebbia.
Non
capisci dove ti trovi.
La
pioggia scroscia insistente sopra la tua testa, ti guardi intorno voltandoti
freneticamente da una parte all’altra. Intravedi delle sagome immobili intorno
a te, luci di candela, cipressi neri poco lontano.
Un
cimitero.
Sei in un
cimitero.
I tuoi
occhi si spalancano per l’orrore, mentre osservi una ad una le lapidi che ti
stanno intorno.
Nomi
sconosciuti, ceri accesi, fiori fradici d’acqua.
Siepi che
circondano i viali.
È notte,
e lì dentro non c’è nessuno.
Dove sei
finito, Regulus?
Ansimi,
mentre ti scosti i capelli bagnati dalla fronte. Impazzirai, ormai ne sei
certo. Cosa ti sta succedendo, perché proprio a te? Perché quella Passaporta ti ha catapultato in un cimitero? Che vuole
quella donna da te?
Getti via
la fotografia. Nel fango. Non ti interessa. Che vada al diavolo.
Ne
osservi i resti scomposti sparsi sulla ghiaia.
Sembra
che ci sia qualcosa di strano.
Ti chini a
terra, le tue ciglia grondano acqua, raccatti quel pezzo di pergamena che stava
incastrato nella cornice, dietro la fotografia, e quella specie di ciondolo a
forma di croce argentata. Fai luce con la bacchetta mentre ti rialzi, le
ginocchia quasi ti cedono, quello che leggi sul foglio di pergamena è piuttosto
chiaro. La calligrafia è giovanile, stretta e ordinata.
Ti
proteggi con il mantello per evitare che l’acqua lavi via l’inchiostro.
Anno
scolastico 1944/45
Da
sinistra a destra:
Wilelmina
Davies, io, Laura Burke, Rabastan
Lestrange, Antonin Dolohov, Tom Riddle, Marcus Avery, Simon Pucey.
Tom Riddle.
Il
ragazzo con il sorriso ammaliante, sinistro, quello che ti sembrava familiare.
Sai che
quello era il vero nome dell’Oscuro Signore.
Probabilmente
lui si sarebbe infuriato molto se avesse saputo che tu ne eri a conoscenza, ma
non eri stato tu a compiere ricerche di tua iniziativa o ad intrometterti in
affari che non ti riguardano.
Te
l’aveva detto Albus Silente, una volta.
Quando
ancora eri a Hogwarts, ti aveva convocato nel suo
ufficio. Quel periodo lo ricordi bene, ti stavi preparando per il tuo imminente
ingresso nella cerchia dei Mangiamorte. Tua madre e
tuo padre ti avevano spronato a farlo, ad unirti all’Oscuro Signore, perché
solo così la vostra famiglia avrebbe potuto conservare intatti i suoi antichi
privilegi di sangue. Tu eri la loro unica speranza, dopo che Sirius vi aveva
così vergognosamente abbandonati.
In
realtà, altre motivazioni ti hanno spinto ad abbracciare la causa di Lord Voldemort in maniera molto più influente rispetto alle
preoccupazioni per la tua Casata. Sirius si era definitivamente allontanato da
voi e aveva trascorso un’altra estate a casa dei Potter, per poi tornare a
scuola e vantarsi continuamente in tua presenza del fatto di aver
trovato una famiglia normale che gli voleva bene per ciò che era; tu hai
cominciato ad odiarlo, a giurare e spergiurare che mai saresti diventato come
lui; alcuni dei tuoi compagni di Casa, come Severus
Piton, Adam Wilkes, Evan Rosier, John Mulciber,
avevano iniziato ad avvicinarsi a te, a smettere di storcere sottilmente la
bocca quando ti parlavano perché eri il fratello di un reietto, a proporti un
efficace metodo di riscatto della tua persona.
Poi, Albus Silente ti aveva convocato nel suo ufficio.
Apparentemente senza nessun motivo.
Ti
raccontò la storia dell’Oscuro Signore.
Tom Riddle.
Di come
si fosse lasciato pervadere dall’odio e si fosse votato ad una causa di morte,
di come non avesse mai amato né fosse riuscito a farsi amare.
Ricordi
di essere rimasto piuttosto confuso nel sentire Silente parlare di Lord Voldemort in quei termini così umani, quando tutti lo
temevano e nemmeno osavano pronunciare il suo nome, ma anche allora avevi
capito di non avere scelta. Ascoltavi di continuo le fredde discussioni dei
tuoi genitori riguardo a Sirius, quando eri a casa, il modo bieco e privo di
pietà con cui parlavano di lui. Tu volevi essere il loro orgoglio. Il loro
motivo di vanto. Segretamente hai sempre saputo di essere più debole di Sirius;
meno coraggioso, meno pronto a rischiare. Ma poi è arrivata la tua opportunità.
Quella di essere il figlio prediletto. Proprio dove Sirius aveva fallito.
Dunque, Dorcas Meadowes era una Serpeverde.
Ti sembra
assurdo, o quantomeno anomalo; Serpeverde era la Casa
dell’Oscuro Signore, e lei si era schierata contro di lui, morendo di sua mano.
Infili
quel pezzo di pergamena e quel ciondolo nella tasca del mantello, poi ti
rimetti in piedi e ti guardi intorno.
Sei
costretto a non far mai smettere di vagare lo sguardo; hai paura, Regulus. Paura che qualcosa salti fuori da quelle tombe. Ti
vergogni ad ammetterlo, ma è così. Non ami i morti, non ami nemmeno i cimiteri.
Hai visto alcuni tuoi compagni Mangiamorte
resuscitare dei cadaveri, ed è stato orribile. E ora, quella stramaledetta Passaporta di cui non avevi certo previsto l’esistenza ti
ha condotto direttamente lì.
In mezzo
a file di lapidi. Tremante per il freddo e grondante d’acqua.
Ci dev’essere un motivo se sei lì, Regulus.
Sicuramente
ci dev’essere.
Finora,
tutto ciò con cui sei venuto a contatto in quella casa aveva una
consequenzialità, se non un senso. Dovevi scoprire degli Horcrux.
Dovevi sapere che Dorcas Meadowes
aveva conosciuto Tom Riddle.
Dev’essere
stata lei stessa a predisporre tutto quanto. Prima di morire, evidentemente.
Forse si aspettava che fosse qualcun altro ad entrare in casa sua, non un Mangiamorte, ad ogni modo. Tutto deve essere connesso, in
qualche maniera. E ormai sta a te rimettere insieme i pezzi, Regulus. Non hai la forza di mollare tutto e andartene.
Rifletti.
C’è qualcosa, lì dentro, che devi cercare. Il pezzo mancante che ti può essere
d’aiuto per comprendere. Si tratta soltanto di…
Eccola.
La cosa
che cercavi.
Proprio
lì, davanti a te.
Un tuono
squassa improvvisamente il cielo illuminando momentaneamente di una luce
spettrale il cimitero, e in tutta la chiarezza del lampo leggi il nome scolpito
sulla parete di quella cripta.
Meadowes.
La tomba
di famiglia, in cui troverai le risposte.
Stringendo
il pugno sulla bacchetta recuperi la calma in un sospiro, sussurri Alohomora di fronte al pesante portone
ritrovando la sicurezza nella tua voce e a testa alta ti avvii verso le scale
che portano al sotterraneo. Ti fai avanti con circospezione, ogni tuo passo
rimbomba. Non è come il pavimento della casa; questo è in pietra, fredda,
scivolosa per l’acqua che i tuoi stivali vi hanno trascinato dentro. Intravedi
la luce dei ceri, in fondo. Il silenzio dell’interno ti fa rabbrividire, in
confronto al rumore dell’acqua che scroscia alle tue spalle. Ti guardi
indietro, soltanto una volta, per vedere il cielo squassato da un lampo che
scompare dietro di te.
Ti fai
ancora luce con la bacchetta, ma per te non sarà mai abbastanza. Hai bisogno di
vedere con chiarezza ciò che ti sta intorno, mentre quelle scale sono soltanto
buie.
La porta
sbatte violentemente, dietro di te.
Ti fa
sobbalzare.
Scendi le
scale aderendo con la schiena alla parete, pronto a lanciare un incantesimo
contro chi si parerà sull’ingresso della cripta.
Ma
evidentemente era soltanto il vento che senti fischiare là fuori.
Allontani
di nuovo una ciocca di capelli bagnati dagli occhi. Scendi gli ultimi gradini,
ormai la porta è fuori dalla tua visuale. Qualcosa in meno di cui preoccuparsi.
Fai luce sui loculi all’interno, diverse generazioni sono sepolte lì. L’odore
di chiuso ti dà la nausea, ma ormai ci sei. Devi avere le risposte. È lì che
tutti gli indizi conducono.
La tomba
di Dorcas Meadowes è
l’ultima sul fondo. Ti guardi intorno, cercando un suggerimento per la prossima
mossa, ma lì non c’è assolutamente nulla. Solo quella dannata nicchia
contenente le ceneri del fantasma che ha deciso di perseguitarti. E se ci fosse
andato Rosier o Travers, a
perquisire casa sua, che accidenti sarebbe successo? Non avresti mai saputo
nulla di tutto questo, lo sai per certo. Loro si sarebbero limitati ad
incendiare la casa e ad osservarla bruciare. Tu invece hai voluto scavare nei
segreti di una morta, perché, Regulus?
Oh, lo
sai. Perché è lei che l’ha voluto.
Hai
sempre fatto ciò che gli altri ti hanno ordinato di fare, Regulus.
Ti sei unito ai Mangiamorte come i tuoi genitori
hanno voluto, sei andato in quella casa come Lord Voldemort
ti ha comandato. Sei stato cresciuto così. È una reazione automatica, per te,
per l’educazione a cui sei stato sottoposto. Quando qualcuno più potente di te
ti affida un compito, tu lo porti a termine. E ora, Regulus?
Stai prendendo ordini da una donna che combatteva dalla parte opposta, te ne
rendi conto?
Ma è più
forte di te.
L’hai
capito sin dall’inizio.
È lei che
ti comanda.
Ti senti
segretamente in colpa per quello che stai per fare, senti ancora il rumore
della pioggia e puoi soltanto pregare che nessuno ti scopra, ma alla fine lo
fai.
“Diffindo!”
La
copertura del loculo esplode in mille pezzi.
Ti proteggi
il volto con un braccio, per evitare di essere colpito.
Poi ti
avvicini, lentamente, e osservi con il volto contratto il contenuto della
nicchia.
Una delle
due urne contiene le ceneri di Dorcas Meadowes, com’è inciso sul coperchio. L’altra non reca
alcuna iscrizione. La estrai lentamente, con attenzione, poi con un colpo di
bacchetta risistemi la tomba violata. Non è colpa tua, del resto. È stata lei
ad architettare tutto questo. Puoi solo immaginare come sarà sembrato strano, a
chi ha ritrovato il suo testamento, leggere che voleva essere sepolta insieme a
quel vaso d’argento.
Anche ora
che tremi dal freddo e senti l’umidità colarti sotto i vestiti, si tratta
soltanto di rimettere insieme i pezzi mancanti.
Ed è ora
che tiri fuori dalla tasca il ciondolo a forma di croce.
Horcrux. Tutto è collegato.
Ti basta
rigirare il vaso tra le mani mentre tieni ancora la bacchetta puntata a farti
luce per trovare ciò che stai cercando.
È
un’incisione scavata nella superficie, esattamente la forma giusta.
Inserisci
il ciondolo, come se fosse la chiave di una serratura.
Mormori “Horcrux” a bassa voce.
È
sufficiente.
Il vaso
si apre.
Il suo
contenuto è argenteo come il materiale di cui è fatto. Liquido, denso, non hai bisogno
d’altro per capire di che cosa si tratta.
Lei vuole che tu veda.
È questa
la chiave.
Ti chini
sulla superficie del vaso e ti sembra di intravedere la Sala Grande, laggiù.
Gli studenti ne affollano i tavoli, alcuni attendono in piedi, titubanti…
Ti chini
maggiormente e vieni risucchiato all’interno di quei ricordi.
***
I
ragazzi al centro della Sala sono in attesa di essere Smistati. È il primo di
settembre di molti anni fa, una sera buia e grigia, ingannata dal finto cielo
del soffitto. È un professore che non conosci a svolgere il compito che al tuo
primo anno a Hogwarts era affidato alla McGranitt, quello di reggere il Cappello Parlante di fianco
al famigerato sgabello con un foglio di pergamena nell’altra mano.
Dorcas Meadowes è in disparte, avvolta
nel suo mantello. Fissa la Sala Grande con uno sguardo da adulta, che non si
addice per nulla alla sua giovane età. Prima di lei sono in tanti ad essere
chiamati. Poi viene il suo turno, subito dopo Lestrange,
Rabastan. Il Cappello Parlante rimane sulla sua testa
per diversi minuti.
“Serpeverde!” è il grido finale.
Dorcas Meadowes raggiunge il tavolo,
ed è solo poco dopo che a loro si aggiunge un giovane di bell’aspetto.
“Riddle, Tom” aveva appena chiamato il professore.
Non aveva dovuto attendere troppo per trovare il suo posto.
***
L’ambientazione
cambia. Dorcas ora è seduta intorno ad un tavolino
rotondo insieme ad altre cinque o sei persone, direttamente posta sotto lo
sguardo penetrante di un professor Slughorn ancora
biondo. Si lascia scrutare come se niente fosse, fissando il bordo della
tovaglia, attendendo in paziente e rispettoso silenzio.
“Meadowes, giusto? Tua madre è per caso Miranda
Yaxley? Avevo sentito dire che si fosse sposata con un
certo Meadowes, sì, me n’era giunta notizia… diversi
anni fa, già…”
Dorcas attende pazientemente che il professore finisca di
parlare. Poi riunisce le mani in grembo e annuisce.
“La
notizia era esatta. Miranda Yaxley
è mia madre”.
“Oh, bene,
bene. Ho frequentato Hogwarts con lei. Molto dotata.
È ancora iscritta al circolo dei Pozionisti di
Manchester? Io ho dovuto abbandonare da quando mi hanno chiamato ad insegnare,
troppo poco tempo libero, eh, sì…”
Dorcas non risponde, lascia parlare il professor Slughorn e lo osserva perdersi nei suoi ricordi di
gioventù. Si guarda intorno e sospira, quasi impercettibilmente.
Gli
altri ragazzi che le stanno intorno continuano a sorridere.
***
Ora è
la sala comune di Serpeverde. Il gruppo di ragazzi
dello Smistamento sembra più grande, devono essere al terzo o quarto anno.
Tutti seduti in semicerchio attorno al fuoco, su poltrone e divani verdi con
rifiniture argentate.
È Tom Riddle che conduce la conversazione. Molti dei ragazzi lo
osservano con sguardi carichi di stima e di lode.
“Oh,
io credo che Grindelwald sia un gran mago. Uno dei
più grandi mai visti. È stato dotato di poteri assai grandi, e di idee
illuminate. Ha tutta la mia più sincera… ammirazione”.
Dorcas guarda Tom Riddle con un disprezzo
malcelato negli occhi, il volto contratto in una smorfia di rabbia. Si sforza
di mantenere il controllo e di non dare nell’occhio, ma a Tom Riddle sembra non sfuggire nulla di ciò che gli succede
attorno.
“Qualcosa
non va, Dorcas?”
Suona
gentile, comprensivo, quasi accorato. Dorcas recupera
la sua espressione muta e solleva lo sguardo su Riddle,
sfoggiando un lieve sorriso gelido.
“Assolutamente
nulla, Tom. Solo, non sono certa di poter condividere
la tua ammirazione per Grindelwald”.
La
guardi, attentamente. Conosci bene quel modo di fare. Il manuale del perfetto Serpeverde, esattamente come te l’hanno insegnato. Se non
sei d’accordo con qualcuno dei tuoi compagni di Casa, esprimiti in toni
misurati e sottili. È l’etichetta. Le buone maniere.
Tom
Riddle lascia svanire a poco a poco il sorriso
mellifluo.
“Accetto
la tua diversità di vedute, ma ti sarei grato se tu mi chiamassi come abbiamo
concordato, Dorcas. Lo preferisco di gran lunga. È un
nome dal suono molto più originale”.
Sulla
sala comune cala il silenzio. Dorcas contrae
lievemente un muscolo sulla guancia. Tiene le mani strette in grembo, mentre
distoglie lo sguardo da Tom Riddle; fissa con
intensità l’orlo del tappeto come per ammirarne le decorazioni e poi sospira
leggermente, tornando a fissare il suo interlocutore.
“Se la
cosa è di tuo gradimento… Voldemort” risponde,
scandendo attentamente le parole. Sorride, ma è solo apparenza. Le mani sono
sempre più strette.
Tom Riddle non dice nulla. Annuisce, abbozza un sorriso
compiaciuto e si volge verso Rabastan Lestrange, domandandogli qualcosa a proposito dei suoi
cimeli di famiglia.
“Vogliate
scusarmi” dice Dorcas con voce sottile, ricevendo in
cambio il tacito assenso delle sue compagne. Si alza dalla poltrona con grazia
e si dirige verso il dormitorio femminile.
Sai che
devi seguirla, Regulus. Non sei altro che una
presenza nei suoi ricordi, nessuno si accorgerà di te.
Dorcas è entrata nella sua stanza. È sola, ma se ne accerta
gettandosi un paio di occhiate furtive alle spalle prima di inginocchiarsi di
fianco a quello che dev’essere il suo letto. Tira
fuori il baule, lo apre e corre con mani tremanti a svolgere un ritaglio della
Gazzetta del Profeta conservato dentro un vecchio libro di scuola.
Una lacrima
le scende sulla guancia, silenziosamente.
Ti senti
terribilmente inopportuno, ma lo fai. Ti inginocchi di fianco a lei e sbirci
sopra la sua spalla, per leggere la testata di quella pagina di giornale.
Thelonius Meadowes e sua moglie
Josephine assassinati da Grindelwald
Trovati morti ieri notte, erano
emigrati in Romania vent’anni fa
Dunque è
questa la ragione per cui Dorcas Meadowes
non è certa di poter provare ammirazione per Grindelwald.
Questo è il
motivo per cui non entrò mai a far parte della stretta cerchia di Lord Voldemort.
***
Di
nuovo, un cambio di scenario. Ora c’è l’ufficio di Slughorn
a fare da contorno alla scena d’altri tempi. Intorno a lui sono seduti una
dozzina di ragazzi, prevalentemente con i colori di Serpeverde
indosso. È senza dubbio una delle sue riunioni. Il professore ridacchia sotto i
baffi divertito dalle battute sofisticate del giovane Tom Riddle
e tutti gli altri accompagnano la scena con sorrisi di partecipazione. Perfino Dorcas finge di farlo.
Osservi
la scena con un’espressione accigliata. Non sei mai stato uno dei favoriti di Slughorn, nonostante ti sembrasse di non dispiacergli.
Sempre per colpa di Sirius, immagini. Severus invece,
lui sì che rientrava nelle sue grazie. Ti aveva introdotto ad uno di quei
patetici festini, una volta. Da uno dei ricordi precedenti ti è chiaro il
motivo per cui Dorcas Meadowes
si trova lì, e non fai fatica ad immaginare le ragioni per cui il professore
abbia richiesto anche la presenza di Tom Riddle.
Quando
la riunione finisce, tutti sciamano verso l’uscita discutendo tra loro riguardo
ad una relazione da consegnare. Dorcas è l’unica che
se ne sta in disparte, senza parlare con nessuno.
Si
chiude la porta alle spalle, lentamente, è stata l’ultima ad uscire. Non le dà
un colpo abbastanza forte, però. Fa per rimettere mano alla maniglia quando
trattiene il respiro e si ferma un attimo ad ascoltare, sentendo una voce
giovanile provenire dall’interno.
“Signore,
volevo chiederle una cosa”.
Dorcas si ferma, il freddo ottone della maniglia a contatto con
la pelle. Rimane lì immobile senza respirare, per diversi istanti.
“Signore,
mi chiedevo cosa sa degli… degli Horcrux”.
Si
sente soltanto Slughorn borbottare qualcosa a
proposito di “roba molto Oscura”, prima che Dorcas si
decida a lasciar andare la maniglia e allontanarsi dall’ufficio del professore.
***
L’ufficio
del Preside. È Silente che siede dietro alla cattedra.
“Voglio
entrarci” sta dicendo Dorcas, lasciandosi sfuggire
una certa trepidazione dalla voce. Silente la osserva con attenzione da dietro
gli occhiali a mezzaluna.
“Signore…
lei lo sa che non stavo dalla sua parte” mormora poi, in tono più composto,
tentando di recuperare il contegno e di farsi valere su un piano più razionale.
“Questo
lo so, Dorcas” le risponde il Preside.
“E
allora perché non vuole dirmi di sì?”
Silente
si porta una mano alla tempia, pensieroso.
“Non
credo possa essere la migliore delle opzioni per te in questo momento. Tuo
padre è appena morto, e…”
“È
stato ucciso! Ucciso dai suoi sgherri, solo perché ha mandato al diavolo il
fratello di mia madre… so che lui sta con loro, so che sono stati loro…”
Silente
sospira. Dorcas ha il volto contratto dalla rabbia,
come quando Riddle ha nominato Grindelwald.
“Ti
sei mai domandata perché il Cappello Parlante ti abbia smistata a Serpeverde, Dorcas?”
Lei
alza lo sguardo recuperando rapidamente il sangue freddo, non più alterata
dalle emozioni.
“Sì, e
credo anche di saperlo. Ho sempre ambito alla soddisfazione di una vendetta
personale più di qualsiasi altra cosa”.
Silente
continua a massaggiarsi la tempia. Il silenzio scandisce i secondi come un
invisibile pendolo.
“Mio
padre non meritava di morire. E nemmeno i miei nonni”.
“Lo so
perfettamente, Dorcas, credimi. Ma anche tu non
meriti di morire”.
“Lo
farò, se è necessario. Non ho più paura di lui”.
Silente
solleva lentamente il suo sguardo penetrante, fissandola diritto negli occhi.
Per un attimo, sembra intuire qualcosa che prima non era nell’aria.
“C’è
qualcosa che desideri dirmi, Dorcas?”
La
donna esita per diversi istanti, stringendosi le mani. Poi sembra smettere di
respirare.
“L’ho
sentito, una volta, parlare con il professor Slughorn,
quando eravamo a scuola. A proposito di qualcosa chiamato Horcrux”.
Il
volto di Silente s’incupisce all’istante.
“Sa di
che cosa si tratta, signore?”
“Sì,
ma è ben lungi da me il divulgare ai miei ex studenti la sostanza di una simile
mostruosità”.
“Ritenevo
di avere il diritto di saperlo, signore, considerato che sono stata io a…”
“Lo
escludo categoricamente, Dorcas”.
Ora
comprendi perché si sia dovuta recare alla Biblioteca di Magia e Stregoneria di
Londra per attingere informazioni a riguardo.
Tutti i tasselli
cominciano ad andare al loro posto.
“Mi
faccia entrare, signore. Vi fornirò tutte le informazioni utili che potrò
ricordare. Gliel’ho detto, non ho più paura di lui”.
S’instaura
ancora un muto scambio di sguardi della durata di diversi secondi, prima che
Silente annuisca di fronte all’espressione determinata della donna.
“Va
bene” sospira. “Dorcas Meadowes,
da questo giorno fai ufficialmente parte dell’Ordine della Fenice. Ti
presenterai stasera al quartier generale per la
cerimonia d’iniziazione. L’ubicazione ti sarà comunicata segretamente quando
sarai tornata diritto a casa”.
Dorcas esce dall’ufficio del Preside con un silenzioso sorriso
sul volto.
***
Tutto
sembra essere avvolto da un denso fumo, in quel luogo.
Si
sentono volare incantesimi e maledizioni, e sagome in rapido movimento
attraversano il campo visivo. Ogni tanto il tonfo di un corpo che cade a terra.
Dorcas Meadowes avanza, la bacchetta
levata, con l’espressione ferocemente concentrata di chi sta cercando la sua
preda in mezzo al branco.
Eccolo
là, Lord Voldemort.
Sta
combattendo spietatamente contro i Potter, ed è James che viene colpito
all’improvviso dalla Maledizione Cruciatus. Lily
getta un grido e corre in suo soccorso. Voldemort
ride freddamente e avanza con la bacchetta levata, ma Dorcas
non gli impedisce di fare quel passo decisivo che lo porterà a sovrastare i
Potter per infliggere loro il colpo di grazia.
Si
para nel mezzo e fronteggia il suo avversario senza battere ciglio, quel
muscolo sempre contratto sulla guancia.
È
faccia a faccia con l’Oscuro Signore, ora.
“Che
sorpresa vederti qui… Dorcas” sussurra Voldemort, con un’intonazione sinistra. Lei sorride allo
stesso modo.
“Ho
sempre pensato che mi sarebbe piaciuto rivederti… morto”.
Tra i
due ha inizio un duello senza esclusione di colpi. C’è violenza e freddezza,
c’è precisione e rapidità. Dorcas colpisce con la
rabbia negli occhi, anche se Voldemort è più veloce.
Con un colpo particolarmente abile la colpisce alla spalla, facendole schizzare
sangue dal braccio e volare via la bacchetta.
Dorcas lo guarda con odio, mantenendo fieramente la sua postura
eretta.
“Tu
credi che il tuo segreto sia al sicuro… Tom. Fossi in
te, starei attento a guardarmi le spalle”.
Il
sorriso di Voldemort diventa una smorfia. Alza la
bacchetta e fa per colpire, ma l’incantesimo viene improvvisamente deviato da
un Sortilegio Scudo eseguito alle spalle di Dorcas
contemporaneamente da Lily e James Potter. Nel momento in cui si
Smaterializzano, tutto intorno diventa bianco.
***
Stai ansimando,
Regulus.
Cerca di
calmarti.
La serie
di ricordi contenuti nel Pensatoio ha avuto fine, e tu sei tornato da dove sei
venuto, dalla cripta nel cimitero. Hai visto ciò che dovevi vedere, appreso ciò
che dovevi conoscere. Ora il quadro della situazione ti è molto più chiaro di
quanto non fosse quando sei entrato qui dentro.
Ora hai
tutti gli elementi per giudicare.
Eppure,
ti sembra di impazzire. Ti porti le mani alla bocca, la nausea di quel luogo ti
dà alla testa. Improvvisamente, il buio della cripta ti avvolge da capo a
piedi, e tu non sei in grado di tollerarlo, è troppo per te. Vedi ombre
ovunque, vuoi soltanto fuggire. Respirando forte corri su per le scale,
raggiungi il portone e scappi via, sotto la pioggia, per trovarti nuovamente
circondato da lapidi e siepi e tumuli e ceri.
L’ululato
del vento è diventato terribile.
Non ci
pensi su una volta di più. Afferri la bacchetta, la agiti e ti Smaterializzi.
Via, vuoi
soltanto andartene via.
***
Ci vuole un
attimo perché tu ricompaia di fronte a quella villa maledetta. Quella dove
tutto ha avuto inizio, dove l’angoscia di quell’inspiegabile mistero ha
iniziato a pervaderti fino a farti perdere il senno a tal punto. Ti sei messo a
scavare nel passato di quella donna quando avresti dovuto soltanto distruggere
tutto ciò che il suo cadavere si è lasciato alle spalle, non importava di cosa
si trattasse. I tuoi ordini non erano questi.
Il buio
del bosco e della strada deserta sono insopportabili. Il rumore della pioggia
attutisce ogni cosa, per quanto ne sai l’Oscuro Signore potrebbe già aver
mandato qualcuno a disfarsi di te perché non sei riuscito a portare a termine
un compito così banale, in qualunque momento potresti essere attaccato nel
cuore di una notte tempestosa e del tuo cadavere non resterebbe traccia alcuna.
Non vuoi morire, sai soltanto questo. Tu non sei un fallito, Regulus.
Stringi
forte la bacchetta mentre corri verso la casa.
I tuoi
stivali scivolano pericolosamente sul selciato.
Il mantello
grondante d’acqua ti si appiccica addosso.
Raggiungi
i gradini del portico e infine l’ingresso, la porta è chiusa come l’avevi
lasciata. Te la spranghi violentemente alle spalle con un gesto dettato dal
terrore e dalla disperazione.
Ora
sembra che le pareti ti si chiudano addosso.
Non
dovevi essere tu a scoprire tutte quelle cose orribili, Regulus.
Non eri tu che dovevi lasciarti toccare il cuore dalla storia di Dorcas Meadowes. Tu sei un Mangiamorte fedele agli ordini del tuo padrone, e tutto
questo non ha alcun senso. Eppure, lo sai, hai provato pietà per quella donna.
Pietà per il suo dolore. Per il suo desiderio di vendetta. Per il suo coraggio,
il coraggio che tu non hai mai avuto.
Le
lacrime iniziano a mischiarsi alla pioggia che ti bagna il volto.
“Che cosa
vuoi?” mormori, sgomento, accasciandoti sotto un peso invisibile.
“Che cosa
vuoi da me?”
È mentre
ansimi così, che il pianoforte ricomincia a suonare.
Non vuoi
andarci. Non vuoi sapere altro, basta. Con te ha chiuso. Non ti lascerai
gabbare un’altra volta dalle sue bieche stregonerie, tu sei un suo nemico e la
tua presenza qui non ha alcun senso. Sei tornato per distruggere tutto quanto,
per fare sì che nessun altro possa scoprire quanto tu hai scoperto. Voldemort ha creato degli Horcrux,
bene, e allora? È stato più furbo di quanto nessuno possa immaginare, ha fatto
in modo di preservarsi dalla morte e ora ascenderà al potere senza che nessuno
possa essere in grado di fermarlo, non dovresti essere felice per questo? Non
dovresti smetterla di tremare, di farti invadere le orecchie dalla melodia
fioca che ti giunge all’orecchio dal piano di sopra? Non dovresti gioire e
sentire che non avrai mai più paura, perché sotto la sua protezione neppure a
te potrà essere fatto del male?
Non era
questo che volevano per te?
Cerchi di
rallentare il respiro, mentre ti stringi spasmodicamente fra le tue stesse
braccia.
L’unica
soluzione che hai è scappare. Ma non ce la fai, Regulus,
hai troppa paura di quello che c’è là fuori. Per quanto questa casa ti
terrorizzi, lì dentro sei solo. Nessuno verrà a farti del male. Il buio che ti
avvolge è soltanto una suggestione.
Tuo
fratello Sirius ti prenderebbe in giro, se ti vedesse così.
Lui ha
sempre saputo qual era la cosa giusta da fare.
E l’ha fatta,
abbandonando te e la tua famiglia.
Ha fatto
ciò che voleva.
“E va
bene” mormori. “Va bene”. Le labbra ti tremano. Andrai di sopra.
Cammini
lentamente. Il fascio di luce della tua bacchetta ti illumina scarsamente il percorso.
Sali le scale con il volto contratto, guardandoti continuamente ai lati e alle
spalle, sopraffatto dalla paura. Che cosa succederà, ora, dopo tutto ciò che è
già successo prima? Dove andrai a finire, Regulus?
Come puoi saperlo?
Di nuovo,
intravedi la stanza del pianoforte. La parete spoglia, il pavimento. Rimbombano
soltanto i tuoi passi nel vuoto di quel buio pesto.
Per caso,
entrando e facendo cessare la musica e illuminando ogni angolo della stanza il più
in fretta possibile per accertarti che lì dentro non ci sia nessuno, ti accorgi
di una cosa che la prima volta non avevi notato.
Un gancio
appeso alla parete sinistra, poco oltre il pianoforte.
Sopra c’è
un panno bianco che sembra coprire qualcosa di molto simile a un quadro.
Ti ci
porti di fronte con passi incerti.
Sollevi
la bacchetta con mano tremante e lo scopri di colpo, rivelando il volto
spigoloso e severo di Dorcas Meadowes.
Lo
osservi per qualche secondo in silenzio, scrutando di nuovo nel suo sguardo
terribile, che è stato capace di perforarti. Ansimi e poi decidi che sia meglio
andare a controllare le stanze mancanti, per poter recuperare la calma e
decidere sul da farsi.
Hai fatto
in tempo ad abbassare lo sguardo per qualche secondo prima di riportarlo sul
dipinto e notare che ti sta fissando con un ghigno sul volto.
Nota: giusto per fornire i credits, le battute pronunciate da Ridde nel quarto
flashback di Dorcas Meadowes
sono riprese dal capitolo del Principe Mezzosangue, in cui si vede il ricordo
di Slughorn (mi rifiuto di chiamarlo Lumacorno, ne aborrisco la traduzione). A tra poco con la
conclusione.