Wherever You Will Go

di flors99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Truth ***
Capitolo 3: *** Blood Will Out (Buon Sangue Non Mente) ***
Capitolo 4: *** Bet ***
Capitolo 5: *** The Beginning of The End ***
Capitolo 6: *** I'll Thank You ***
Capitolo 7: *** Anyone Could Love Someone Like You! ***
Capitolo 8: *** Proximity ***
Capitolo 9: *** My Life Is Finished! ***
Capitolo 10: *** It Can Not Be A Coincidence ***
Capitolo 11: *** Something New ***
Capitolo 12: *** Something Strange ***
Capitolo 13: *** She's my sister! ***
Capitolo 14: *** Mother (First Part) ***
Capitolo 15: *** Mother (Second Part) ***
Capitolo 16: *** Awakenings ***
Capitolo 17: *** Home ***
Capitolo 18: *** Father (First Part) ***
Capitolo 19: *** Father (Second Part) ***
Capitolo 20: *** It's Never Started ***
Capitolo 21: *** Lies, all Lies ***
Capitolo 22: *** What Can Make a Simple Kiss... ***
Capitolo 23: *** The Truth Can Hurt ***



Capitolo 1
*** Prologue ***



La pioggia incessante continuava a cadere sull’asfalto, implacabile.
I vestiti inzuppati.
I capelli bagnati.
Il viso gocciolante, pieno di lacrime mischiate alla pioggia.
Una donna attraversò la strada, mentre un lampo si stagliava nel cielo. Emise un singulto, mentre la paura di essere scoperta aumentava a dismisura. Cominciò a correre, controllando che il mantello e il cappuccio nascondessero il suo viso il più possibile. Respirò affannosamente, costringendosi a mettere un piede dopo l’altro, anche se il suo unico desiderio in realtà era quello di tornare indietro.
 
Ma non aveva altra scelta. Lui gliela avrebbe fatta pagare cara, se l’avesse scoperta.
 
Le strade erano avvolte dal buio e dal silenzio, l’unico rumore udibile era quello delle fronde degli alberi percosse incessantemente dal vento.
La donna strinse a sé la piccola creatura che aveva tra le braccia, mentre il battito del suo cuore accelerava. Guardare la sua bambina riuscì a tranquillizzarla per un istante, ma fu una magra consolazione, consapevole di quello che avrebbe dovuto fare di lì poco. Accarezzò la guancia della bambina, paffuta e rosea, sfiorandola appena. Non voleva. Non poteva allontanarsi da lei. L’idea di doverla abbandonare era inconcepibile.
 
Ma doveva.
 
Dopo qualche minuto la donna raggiunse la sua meta.
 
La sua salvezza e allo stesso tempo il suo incubo.
 
Era sicura che lì, Lui non l’avrebbe mai trovata.
Si avvicinò alla porta della casa, mentre la tenue luce di un lampione le rischiarava il viso e i lunghi capelli biondi. Chinò il volto e fissò la sua bambina, soffermandosi sui suoi occhi.
 
Argento liquido rinchiuso nelle iridi.
 
Quegli occhi, ne era sicura, non li avrebbe mai dimenticati.
Un singhiozzo le risalì in gola, mentre il respiro cominciava a mancarle. Si morse le labbra violentemente, cercando di attenuare quel vago senso di nausea che aveva cominciato a risalirle lungo il corpo.
- Mi dispiace… perdonami… – le sue parole si mischiarono alle lacrime che ricominciarono a scendere copiose sul viso. Il cuore le batteva così forte che era sicura le avrebbe sfondato la gabbia toracica e quella sensazione di terrore mischiata a tristezza non faceva altro che amplificarsi. Se non se ne fosse andata il più presto possibile non avrebbe mai più avuto il coraggio di fare ciò che si era prefissata.
La donna cullò stretta la piccola creatura ancora per qualche secondo, prima di costringere le sue braccia a distendersi per poggiare la figlia sul portico della casa. La bambina cominciò immediatamente a piangere, non sentendo più il calore della sua mamma.
- Sssh… – sussurrò la donna, con un tremolo. Le sfiorò il viso, mentre una fitta di dolore le toglieva il respiro. 
 
Vai via.
 
Vai via, vai via, vai via, si ripeteva come una mantra, incapace di muoversi.
 
Ti scoprirà. Vai via.
 
Si strinse al petto le mani che avevano preso a tremarle violentemente, per poi voltarsi di scatto, mentre il pianto della sua bambina le perforava le orecchie.

Vorrei vederti crescere, bambina mia.

Vorrei vederti sorridere.

Vorrei sentirti dire “mamma” come tua prima parola ed emozionarmi per questo.

Ma non posso.

Quando l’ennesimo fulmine squarciò il cielo, la donna si decise ad andarsene, lasciandosi dietro una parte di sé.
Dopo pochi secondi Narcissa Malfoy scomparve nel buio della notte.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Sono nuova su efp e questa è la mia primissima fan fiction su Harry Potter.
Ho letto qualche storia di questo sito e mi sono emozionata tantissimo, perché alcune sono veramente bellissime :D ho deciso di condividere questa mia “storia”, se si può definire tale, con voi lettori, e spero che vi piaccia.
So che non è un granché, anzi probabilmente deve essere migliorata sotto molti punti di vista, ma ringrazio comunque in anticipo tutti coloro che saranno così coraggiosi da sorbirsi quello che la mia mente bacata ha prodotto xD
È una storia senza pretese, nata soltanto per strapparvi un sorriso, un emozione, e magari….anche una lacrima =D
Vi ringrazio già in anticipo se avrete voglia di lasciare una piccola recensione, sia negativa che positiva :D
Beh, credo di aver parlato anche troppo. Al prossimo capitolo,
flors99 

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Capitolo 2
*** Truth ***



Non stava esattamente cercando qualcosa. Anzi, non sapeva neppure lei cosa stesse esattamente facendo. Non aveva idea di cosa le fosse venuto in mente quella mattina, quando aveva deciso di mettere piede nello studio di sua madre.
Allyson prese un profondo respiro, scrutando con attenzione ogni singolo angolo di quella stanza. Non era solita entrarvi molto spesso, né rimanervi a lungo: quel posto era troppo malinconico e nostalgico per potervi restare per più di qualche minuto.
Tutto in quello stanza le ricordava sua madre. Ogni libro, ogni mobile, qualunque oggetto portava l’impronta della sua mamma che se ne era andata tragicamente sei anni prima.
Suo padre non aveva avuto il coraggio di cambiare niente e lei neppure; persino mutare la disposizione dei mobili le sembrava, in qualche modo, un affronto a sua madre.
La luce filtrante dalla finestra illuminò la figura snella della ragazza, la quale sbuffando si spostò un ricciolo dietro l'orecchio, non gradendo per niente l'invadente luce del sole.
Si sciolse i lunghi capelli castani che scesero arricciolati fino alla schiena, leggermente più chiari sulle punte. I capelli scuri contrastavano con i suoi occhi.
 
Due lame affilate pronte ad uccidere.
 
Quegli occhi di un insolito color argento, che potevano essere ipnotici se fissati troppo a lungo.
La ragazza osservò gli innumerevoli volumi presenti nella libreria; raccolse con un dito il grosso strato di polvere di cui erano ricoperti, facendo una smorfia. Prima o poi avrebbe dovuto convincere suo padre ad aiutarla a svuotare la libreria e a ripurirla per bene.
Prese un libro a caso, distrattamente: erano quasi tutti di letteratura classica. Sua madre l’adorava e le aveva trasmesso questa passione. Ricordava che, da bambina, invece di leggerle una favola della buonanotte le leggeva quei grossi tomi, narrandole le imprese di Ettore e Achille. Ripensare a quei momenti felici con la sua mamma, rischiò di far vacillare il suo autocontrollo per un attimo. S’impose poi di frenare i suoi sentimenti, di rinchiuderli e incatenarli.
 
Indossare una maschera era più semplice.
 
Ad un certo punto l’attenzione della ragazza fu catturata da un libro particolare. Lo prese tra le mani soffiando via la polvere dalla copertina rosso fuoco. Aprendolo, un suono metallico risuonò per la stanza.
La ragazza si chinò, prendendo il piccolo oggetto caduto sul pavimento. Si rigirò la chiave tra le dita, chiedendosi a cosa servisse e perché non l’avesse mai trovata prima. Poi come un flash apparve nella sua mente.
 
La donna si tolse gli occhiali, prese i fogli e li richiuse accuratamente nel cassetto.
- Mamma, cosa c’è lì dentro? – chiese la figlia, trotterellando fino alla sua scrivania.
La madre la guardò, allarmata, poi recuperò l’autocontrollo.
- Niente d’importante. – sussurrò la donna. – Puoi andare a chiamare tuo padre, per favore? – le chiese, carezzevole.
- Ok!
La bambina sorrise, scomparendo oltre la porta, non senza prima aver visto sua mamma chiudere a chiave il cassetto. Si chiese nuovamente cosa ci fosse di tanto importante tra quei documenti, ma quando trovò il suo papà, dimenticò l’episodio e il fatto che sua madre non le avesse risposto.
 
La ragazza tornò con la mente alla realtà. La sua mano, quasi automaticamente, si mosse verso il cassetto che ricordava di aver visto anni prima e di cui aveva completamente dimenticato l’esistenza.
Percepì una strana sensazione che per un attimo le impedì di muoversi, poi scuotendo la testa e dandosi della sciocca aprì il cassetto incriminato.
Insomma, lei era Allyson Starr e niente o nessuno poteva intimidirla! Era sempre stata testarda, fin troppo probabilmente, e quando si prefiggeva un obiettivo doveva assolutamente arrivare fino in fondo.
Il cassetto era gremito di fogli. Sembravano privi di valore, ma due in particolare attirarono la sua attenzione.
Prese una busta con uno strano sigillo, rigirandosela tra le dita. Quando si decise ad aprirla si rese conto che le sue mani stavano tremando.
 
Scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts
 
Allyson richiuse immediatamente la busta, lanciandola lontano come se fosse rimasta scottata.
 
Magia? Ma che diavolo?
 
Se c’era una cosa che detestava e che odiava con tutta se stessa era essere presa in giro.
Ma se la prima busta l’aveva sorpresa, o quantomeno attirato la sua attenzione, lo stupore che provò nel leggere il contenuto della cartelletta azzurra, la stravolse letteralmente.
Rilesse più e più volte il foglio, mentre le mani, prima attraversate da un leggero tremolio, adesso avevano preso a tremarle così forte che per poco non le cadde la cartelletta di mano.
Con gli occhi leggermente lucidi, afferrò tutto quello che aveva trovato e con i nervi a fior di pelle si precipitò dal padre.
 
Certificato di adozione
 

 

 
Harrison Starr aveva appena terminato il suo libro, quando vide sua figlia precipitarsi nella stanza come una furia e pararsi davanti a lui, minacciosa. Una cosa chiaramente interessante di sua figlia era la sua totale e inquietante impassibilità persino nei momenti di totale rabbia. Non urlava, non gesticolava e non diventava rossa. No, Allyson rimaneva a fissarti per un tempo tanto lungo da farti impazzire. E quando guardava una persona come in quel momento stava guardando lui, incuteva timore e terrore.
 
I suoi occhi erano più taglienti delle sue parole.
 
- Papà… potresti spiegarmi questo cosa significa? – sbottò Allyson, mentre Harrison prendeva i fogli che sua figlia gli porgeva, leggermente preoccupato per il suo tono di voce. 
Nel prendere quei documenti riconobbe quella familiare cartelletta azzurra. La ricordava alla perfezione. Per un attimo, per un solo, singolo attimo sperò di sbagliarsi.
Quella fu una di quelle poche volte in cui non avrebbe voluto avere ragione.
Sbiancò.

 


 
Le nuvole si diradarono, lasciando spazio al sole e ai suoi timidi raggi. Un uomo dalla lunghissima barba osservava il paesaggio dietro ad un vetro, con espressione assorta.
- Mi hai fatto chiamare? – una voce profonda dietro di lui lo riscosse.
- Sì, Piton. – rispose, prendendosi le mani dietro la schiena.
- Se non sbaglio voleva vedermi d’urgenza.
- Esattamente. – confermò l’uomo dalla lunga barba, girandosi finalmente a guardarlo.
- Sembra particolarmente felice. – osservò Piton.
- Lo sono.
Piton, infastidito dalle risposte enigmatiche dell’uomo, sbuffò.
- E posso sapere perché?
Silente abbozzò un leggero sorriso, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Presto avremo una nuova alunna e, probabilmente, avrà bisogno del nostro aiuto. – spiegò, con voce calma.
Piton lo osservò attentamente, prendendosi qualche secondo prima di rispondergli.
- E per quanto riguarda Narcissa?
- Narcissa sa che un mago non può essere tenuto lontano da ciò che è e ciò a cui è destinato. Ho ritardato la sua iscrizione a Hogwarts come mi era stato pregato di fare, ma adesso è giunto il momento di farle conoscere il mondo di cui lei ha la fortuna di far parte. Narcissa capirà.


 

 
Allyson strinse i pugni, sforzandosi di non perdere la calma.
- Come hai potuto fare una cosa simile? – fissò il padre, con occhi velati di tristezza, feriti, delusi.
Ad Harrison si strinse il cuore. Sua figlia non mostrava mai ciò che provava. Mai. Ma in quel momento la tristezza e la delusione sgorgavano dai suoi occhi come un oceano.
- Come avete potuto non dirmi niente? – sbottò quasi senza fiato, il respiro bloccato in gola di fronte alla totale incapacità di reagire di suo padre.
Tante reazioni si era immaginata: aveva sperato che lui le scoppiasse a ridere in faccia, dicendole quanto tutto quello fosse assurdo; aveva sperato che lui smentisse ogni singola parola impressa su quei pezzi di carta, rassicurandole che nulla di quello che aveva appena letto fosse vero.  Ma quell’espressione colpevole, in quella, davvero non ci aveva sperato.
- Tesoro… – sussurrò Harrison, prendendole le mani tra le sue e facendola sedere accanto a lui. – Ascoltami, ti prego… Non è stato facile neanche per noi, volevamo dirtelo, ma… – le parole gli morirono in bocca.
- Ma?
- Volevamo aspettare il momento giusto. – soffiò Harrison, chiudendo gli occhi per un momento. – Volevamo aspettare che tu crescessi, ma poi quello che è successo a tua madre… – l’uomo s’interruppe, il ricordo della moglie a stringergli il cuore. Mai come in quel momento avrebbe voluto averla accanto. – La verità, tesoro, è che dopo la morte di tua madre volevo aspettare che tu fossi pronta. Avevi perso così tanto, non volevo sconvolgerti ancora di più. Ma ora capisco che ero io a non essere pronto e mai lo sarei stato probabilmente.
- Avresti dovuto dirmelo comunque. – mormorò Allyson, gli occhi leggermente lucidi per le parole del padre. – Avevo il diritto di sapere.
- Lo so e hai tutte le ragioni del mondo, ma per quello che vale… – Harrison le prese il viso tra le mani, accarezzandole le gote. – …tu sei mia figlia, Allyson. Sei diventata mia figlia quel giorno che ti hanno lasciato davanti casa nostra e non smetterai mai di esserlo. C’ero quando hai fatto i tuoi primi passi, quando ti sono spuntati i denti e quando hai detto le tue prime parole. Ho sorriso ogni giorno da quando sei entrata nella nostra vita e ho pianto la prima volta che mi hai chiamato papà. E non c’è legame di sangue sia più forte di tutto questo. Sei mia figlia, Allyson ed io sono tuo padre. – concluse sfregando i pollici contro le sue guance.
La ragazza sussultò incapace di rispondere. Strinse le labbra, cercando di trattenere quel groppo che le era risalito in gola, nell’udire quelle parole.
- Io non… – sussurrò, per poi bloccarsi, senza sapere cosa dire. La voce si affievolì e un pesante silenzio scese nella stanza.
Harrison sorrise amaramente.
 
Tesoro mi dispiace, non sai quando mi faccia star male vederti in questo stato. Ti prego, non guardarmi così, in questo modo mi uccidi. Ti voglio bene, bambina mia, te ne ho sempre voluto e sempre te ne vorrò.
 
Allyson si schiarì la voce, sentendosi estremamente piccola e vulnerabile. Suo padre era sempre stata l’unica persona in grado di farla sentire così; forse perché era la persona a cui teneva di più.
- Scusa se ti ho aggredito. – disse infine. – Anche io ti voglio bene. – borbottò poi velocemente. Non era solita esternare il suo affetto, meno che mai a parole, quindi distolse velocemente lo sguardo incapace di sostenere quello del padre.
Harrison abbozzò un sorriso appena più sincero. Era consapevole del fatto che la questione non fosse per niente risolta, che non sarebbe bastato un semplice ti voglio bene per sistemare le cose e per far sì che sua figlia tornasse ad essere serena, ma quello poteva considerarsi un buon inizio.
Allyson si schiarì la voce, allontanandosi da lui, l’aria improvvisamente fattasi irrespirabile. Prese quindi la seconda busta, quella con il sigillo.
- E questa? Cos’è?
L’uomo sbattè le palpebre.
- Questa… non è niente d’importante, probabilmente uno scherzo. – tentennò il padre.
- E allora perché l’avete conservata? Cosa significa questa scritta?
 
Scuola di magia e Stregoneria di Hogwarts.
 
- È arrivata circa cinque o forse sei anni fa. – mormorò. – All’inizio ho pensato fosse uno scherzo, credevo che qualche bambino l’avesse messa nella nostra buca delle lettere.
- E invece? – domandò Allyson, con una certa impazienza.
- E invece ogni giorno queste lettere continuavano ad arrivare. Non sapevo più cosa pensare, nella lettera diceva che eri stata ammessa ad una scuola per magia e io non avevo idea di cosa significasse… – le parole si affievolirono. – Ti prego, Allyson, non giudicarmi per quello che ho fatto. Tua madre se ne era appena andata e l’unica cosa di cui ero certo era che non potevo perderti. Ho preso le buste e le ho bruciate, una per una. – confessò.
Per un attimo Allyson avvertì uno strappo nel petto, avvertendo come la dolorosa sensazione che suo padre le avesse tolto qualcosa di vitale, indispensabile. Allo stesso tempo, capì alla perfezione il suo dolore. Ricordava che dopo la morte della madre, le era capitato di vedere suo padre piangere, in momenti in cui non credeva di essere visto, ed era stato straziante. Neanche lei sarebbe stata capace di lasciarlo in un momento simile.
- Non importa, papà. – lo rassicurò la ragazza, sfiorandogli il dorso della mano.
Harrison strinse le dita tra le sue, guardandosi per qualche secondo.
- Tranne una. – aggiunse poi la ragazza.
- Cosa?
- Hai detto di averle bruciate tutte. – spiegò la figlia, sventolando la busta. – Beh, tutte tranne questa.
Harrison osservò perplesso quel pezzo di carta, le labbra strette in una linea ermetica, non tanto sicuro se parlare oppure no.
- In realtà ero sicuro di non averne conservate neppure una. – confessò. – Ma dopo averne viste arrivare a decine per giorni e giorni non mi stupisco più di niente.
La ragazza sbatté le palpebre, confusa.
In quello stesso istante il pavimento prese a tremare violentemente, accompagnato da uno schioccante rumore, come se qualcuno stesse cercando di perforare il muro della loro casa. Non fecero nemmeno in tempo a rendersi conto di cosa stesse succedendo che la parete di fronte a loro crollò come se fosse carta pesta ed un uomo gigantesco, con tanto di barba folta e crespa, fece il suo ingresso nella stanza guardandosi intorno.
- Ops, scusate, sono un po’ maldestro. – mormorò, inciampando nei suoi stessi piedi.
- E lei chi è? – domandò Harrison, alzandosi in piedi di scatto e guardandolo allucinato. – Che cosa ci fa in casa mia?
- Mi chiamo Hagrid. – si presentò, schiarendosi la voce. Poi senza più rivolgere attenzione all’uomo, guardò la ragazza. – È ora di andare piccola. Sei già in ritardo di parecchi anni!

 
 
 
 


 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Sono così contenta, la mia storia ha raggiunto un numero di visite  inaspettato e desidero ringraziare tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le ricordate e (mi vengono le lacrime di gioia) le preferite :D
Ringrazio tantissimo SWAMPY per aver recensito lo scorso capitolo, mi ha rallegrato la giornata. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, forse può sembrare un po’ lento, ma mi serviva per inquadrare la situazione.
Grazie a tutti e al prossimo capitolo!
flors99

 
 

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Capitolo 3
*** Blood Will Out (Buon Sangue Non Mente) ***



Hermione Granger si stiracchiò, emettendo un sonoro sbadiglio. Si sentiva stranamente riposata quella mattina, cosa alquanto strana dato che aveva studiato fino a notte fonda. Si stropicciò gli occhi, mentre pigramente osservava l’orario.
 
Le 11.
 
Sbiancò.
- Ma porco Merlino! – esclamò la ragazza, balzando giù dal letto con velocità impressionante, inciampando nei suoi stessi piedi.
Scappò in bagno imprecando contro qualsiasi mago vivente e rimproverandosi mentalmente. Ecco perché si sentiva così riposata, aveva dormito per gran parte della mattina! Tornò nella sua camera e si vestì in fretta e furia, senza far troppo caso a cosa stesse indossando. I capelli non provò nemmeno a toccarli e li legò in una coda alta.
Quando assunse un aspetto più o meno umano, si precipitò fuori dal dormitorio prima di ricordarsi che si era dimenticata la bacchetta. Con un grugnito ben poco femminile tornò indietro per recuperarla, perdendo così altro tempo.
 
Mi daranno per dispersa!
 
Hermione sbuffò, leggermente affannata, mentre correva per i corridoi e tentava nel frattempo di riporre la sua bacchetta nel mantello.
Era quasi arrivata alla sua aula, quando si scontrò con qualcuno, cadendo malamente per terra.
- Per Merlino, ma fai attenzione! – sbottò.
Si preparò a trafiggere il povero malcapitato che aveva avuto la sfortuna di trovarsi sul suo cammino, ma quando alzò lo sguardo si bloccò, sorpresa.
- Mi d-dispiace. – borbottò il ragazzino di fronte a lei, che non poteva avere più di dodici anni. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
Hermione si sentì in colpa per aver anche solo pensato di trattare male quel povero malcapitato, il cui unico sbaglio era stato quello di incrociare la sua strada nel giorno sbagliato. D’altronde non era certo colpa di quel bimbo se si era alzata tardi e aveva perso le lezioni.
- Oh, ehm, non fa niente. – lo rassicurò dolcemente, rialzandosi in piedi e scuotendosi la divisa.
- S-scusa. – sussurrò di nuovo il bambino mentre il labbro gli tremava e non smetteva di torturarsi la divisa gialla, testimonianza della sua appartenenza a Tassorosso.
La Grifondoro aggrottò le sopracciglia, perplessa.
- Hei, tranquillo, non è successo niente. – lo rassicurò, aiutandolo ad alzarsi, cercando di capire perché fosse così assurdamente spaventato da lei. Che si fosse fatto male durante la caduta?
A quel punto il ragazzino scoppiò definitivamente a piangere, lasciando Hermione completamente attonita e sconcertata da quella reazione.
- No, no, non è successo niente, davvero... – sussurrò, non sapendo bene cosa dire.
- Oh, ma guarda, avrei dovuto immaginarlo che ti saresti messo a frignare come una femminuccia.
Quella voce le fece raggelare il sangue nelle vene; non ebbe bisogno di alzare gli occhi per capire a chi appartenesse. E non ne ebbe bisogno neanche il piccolo Tassorosso, che si rifugiò dietro di lei tremando convulsamente.
Con uno sbuffo esasperato alzò lo sguardo, pronta all’ennesima e inutile discussione con quello spocchioso, borioso e arrogante di un Serpeverde.
I suoi occhi s’incatenarono a quelli freddi e inespressivi di Draco Malfoy. Probabilmente un’altra ragazza al suo posto sarebbe stata più che felice di incontrarlo così casualmente, ma lei piuttosto che intavolare una conversazione civile con quel principino altezzoso avrebbe preferito ingoiare lumache crude.
- Malfoy. – sbottò. – Avrei dovuto immaginare che ci fossi di mezzo tu.
Il Serpeverde si avvicinò, con un sorrisetto sghembo, osservandola con lo stesse interesse con cui avrebbe guardato un piatto di patate bollite.
Nessuno aveva gli occhi come i suoi. Questo poteva concederglielo. Erano molto chiari e avevano una minuscola nota di colore, talmente minima che non si capiva se tendessero di più al grigio o all’azzurro. Hermione era più propensa per la prima, anche se quando Malfoy era arrabbiato i suoi occhi erano in grado di assumere ogni gradazione di colore.
Draco spostò gli occhi sul ragazzino che non faceva altro che tremare dalla paura.
- Sparisci. – gli ordinò.
- Malfoy, smettila immediatam… – Hermione non fece in tempo a terminare la frase che il bimbo si era già dileguato, con una fuga ben poco grifondoresca.
- Gioventù smidollata. – sentenziò Draco, in modo teatrale.
- Devi smetterla di andare in giro a minacciare i più piccoli! – lo aggredì la ragazza.
- Minacciarlo?! Non posso neanche chiedere un favore a qualcuno, senza che venga subito accusato! È forse colpa mia? – sbottò il ragazzo.
- Sì, immagino come tu glielo abbia chiesto quel favore! L’hai terrorizzato!
- È un Tassorosso, sono facilmente impressionabili. – le rispose tranquillamente, arrivando ad un palmo dal suo naso.
Hermione inarcò un sopracciglio, pronta a replicare per le rime, per poi mordersi la lingua un attimo dopo. Non aveva senso continuare quell’inutile conversazione, aveva già perso fin troppo tempo.
- Per quanto mi affascinino le tue filosofie razziste, adesso devo andare. Togliti di mezzo, Malfoy.
- Non mi parlare così, Mezzos…
- Io parlo come mi pare! – sbottò. – E tu non azzardarti a chiamarmi in quel modo! – esclamò poi, innervosendosi immediatamente. Malfoy aveva la straordinaria capacità di mandarla in bestia in meno di cinque minuti, tanto da farle dimenticare che in quel momento era in un colossale ritardo con le lezioni.
Draco ghignò vedendo la faccia furiosa della Grifondoro.
- In quale modo? Mezzosangue forse? Non è quello che sei?
Hermione per tutta risposta sfoderò la bacchetta, decisamente innervosita.
- Credi davvero di farmi paura?
- Nel caso tu non te ne fossi accorto, la bacchetta è puntata al cuore. – replicò la Grifondoro.
- È la parte meno sensibile che ho. – fu la sua raggelante e inquietante risposta.
Hermione si sentì rabbrividire.
Draco continuò a guardarla con quei suoi occhi crudeli e impassibili.
 
Due lame d’argento affilate come pugnali.
 
Com’era possibile che Malfoy le infondesse una simile paura soltanto guardandola?
- Sei solo uno stupido furetto. – sibilò la ragazza, cercando di apparire impassibile.
- Ha parlato Miss So-Tutto-Io!
- Razzista!
- Sporca Mezzosan…
Draco non riuscì a finire la frase perché la mano di Hermione si mosse nella sua direzione, con l’intento di dargli uno schiaffo; ma il ragazzo fu più veloce di lei e con uno scatto velocissimo le afferrò il polso, bloccandola.
- Non ti azzardare mai più. – disse Draco, con un tono che avrebbe spaventato anche il più temibile dei Mangiamorte.
La Grifondoro s’irrigidì, ma non abbassò lo sguardo e coraggiosamente continuò a fissare il Serpeverde con il cipiglio alzato.
- Lasciami subito! – esclamò la ragazza, strattonando via il polso dalla sua presa.
Il ragazzo stava per dire qualcosa, quando un urlo sovrastò la sua voce:
- GRANGER! MALFOY! SONO ORE CHE VI CERCO!
A quella voce, persino Malfoy sbiancò leggermente e si affrettò a lasciarla andare.
La McGranitt, gli occhi pieni di rabbia, la palpebra dell’occhio destro che le tremava e la bocca piegata in una smorfia, incuteva un timore non indifferente.
- Salve professoressa! – l’accolse Hermione con tono stridulo, ben sapendo per quale motivo fosse così arrabbiata.
- Ascoltatemi bene, ragazzi… – disse la McGranitt, ignorando il suo saluto. – Ormai ho perso il conto di tutte le volte che ho provato a farvi andare d’accordo, di tutte le punizioni che vi ho dato e di tutte le parole che ho sprecato per stare appresso ai vostri inutili litigi!
- Professoressa Mcgranitt, se dipendesse da me…
- Non m’interrompa, signorina Granger! – la freddò. – Ancora una volta… – mormorò. – …non m’importa né dove né quando, né per quale motivo, ma se vi trovo ancora una volta a litigare e a urlare per i corridoi, giuro che vi darò una punizione che ricorderete per tutto il resto della vostra vita. Ci siamo intesi?
- Sì, professoressa McGranitt. Ci scusi. – rispose Hermione prontamente, non potendosi però impedire di arrossire per essere stata rimproverata in quel modo dalla sua professoressa preferita. Draco, per tutta risposta, accennò un sorrisetto angelico.
- Professoressa non stavamo litigando. Io e la Granger ci stavamo soltanto intrattenendo in un’amabile e civile conversazione.
La McGranitt alzò gli occhi al soffitto, guardandolo poi in maniera così trucida che Draco si schiarì la voce, a disagio.
- Si sta prendendo gioco di me, Malfoy? – domandò, con un tono di voce che fece ben intendere al Serpeverde che, se avesse detto la cosa sbagliata, quella vecchia megera avrebbe tolto chissà quanti punti alla sua casa.
- Uhm, no, certo che no. Mi… scusi, sì ecco. Mi scusi. – borbottò, con una smorfia.
- Bene, spero per voi che abbiate capito. – sentenziò la professoressa. – E ora andate in Sala Grande, c’è la cerimonia di smistamento! – ordinò.
- La cerimonia di smistamento?
- Sì, vi abbiamo avvisato ieri che ci sarebbe stato questo cambio di programma e che per questa mattina non ci sarebbero state lezioni.
Hermione la fissò, confusa. Non ricordava di aver sentito una notizia di tal genere e, se da parte la lasciò perplessa, dall’altra si sentì sollevata per non aver perso le lezioni di quella mattina.
- Abbiamo un nuovo alunno, anzi, alunna a dir la verità. Ha un anno meno di voi, ma per problemi… pratici… è entrata solo adesso nella nostra scuola.
La faccia di Hermione era sempre più perplessa.
- E adesso andate, prima che cambi idea e chiami qualcuno per scortarvi! – ordinò la McGranitt, andando nella loro opposta direzione, per accettarsi che non ci fosse nessun’altro in giro per i corridoi.
I ragazzi s’incamminarono in silenzio verso la Sala Grande.
- Cosa avrà voluto dire con problemi pratici? – rifletté la ragazza ad alta voce.
- Granger, non ho alcuna intenzione di sentire la tua orrenda voce, quindi fammi un favore e sta zitta! Anzi, non parlare mai più, così fai un favore a tutti.
- Non stavo parlando con te, furetto, ero sovrappensiero! Scusa tanto se io m’interesso a qualcosa che riguarda la scuola, mentre a te non importa niente di nessuno! – sbottò, inviperita.
- Il tuo non è interesse, la tua è curiosità morbosa, sei una ficcanaso!
Hermione emise uno sbuffo, imponendosi di rimanere calma.
 
Non lo uccidere, non lo uccidere, non lo uccidere.
 
- Meglio essere curiosi che indifferenti come te!
- E chi ha detto che sono indifferente? Sono più che curioso di vedere com’è fatta la ragazza.
- Perché? Ti sei già stancato di tutte quelle che ti vengono dietro?
- Gelosa? – ghignò il biondino.
- Oh sì, Malfoy, non hai idea di quanto la mia anima si tormenti al pensiero di saperti con altre ragazze. – replicò, con un sospiro teatrale.
Troppo presi a litigare non si accorsero delle due figure presenti davanti a loro. Il primo a notarle fu Draco, che fece una smorfia nel vedere Hagrid che gesticolava e si dondolava sui piedi come un bambino.
Quando Hermione si accorse della sua presenza, gli corse incontro.
- Hagrid! Che ci fai qui? – esclamò felice.
- Sono qui per una nuova iscritta. – rispose il gigante, spostandosi, in modo da mostrare la ragazza nascosta dietro la sua grossa stazza.
Per qualche secondo, Hermione s’immobilizzò.
Davanti a lei non vedeva una ragazza. No, assomigliava più ad una statua greca, fredda, dura e intoccabile. La Grifondoro continuò a scrutarla, chiedendosi se fosse il caso di presentarsi, oppure no. Aveva l’impressione che qualunque cosa le avesse detto le avrebbe dato fastidio.
Draco fissò la ragazza a sua volta, con molta meno discrezione.
Era bella, di una bellezza quasi fin troppo perfetta, ma non fu quello a incuriosirlo maggiormente: era sicuro di non conoscerla, eppure sentiva di averla già vista da qualche parte.
- Sangue? – chiese poi il Serpeverde, riscuotendosi dai suoi pensieri. La ragazza nuova non diede segno di aver sentito la domanda e continuò a fissare un punto indefinito, senza prestare loro attenzione.
- Ti sembra una domanda da fare? – lo rimproverò Hermione, scattando come una molla, ma prima che Draco potesse risponderle a tono, Hagrid rispose.
- I suoi genitori sono babbani.
Hermione sbatté le palpebre a quell’affermazione. Quindi… quella ragazza era come lei?
Draco sbuffò.
- Oh, fantastico! Un’altra Mezzosangue! Come se una non bastasse…
- Mi dispiace così tanto che tu soffra, furetto!
Prima che i due potessero ricominciare a litigare, furono ammoniti da un’occhiata furiosa della McGranitt, che li aveva raggiunti. I due ragazzi si affrettarono ad entrare nella Sala Grande, ognuno verso la propria casa.
Hermione si voltò verso la ragazza e in quel momento i loro sguardi s’incrociarono.
Rimase di sasso.
 
Due lame d’argento, affilate come pugnali.
 

 

 
- Benvenuta a Diagon Alley! – annunciò Hagrid, usando il suo miglior tono entusiasta. Per tutto il pomeriggio il gigante aveva cercato di essere allegro e spontaneo, ma la verità era che non si era mai sentito tanto a disagio come in quel momento. Quella ragazza lo metteva in soggezione senza fare alcunché. Già solo guardarla gli risultava difficile, gli dava l’impressione di guardare qualcosa di irreale, di intoccabile.
Aveva anche scoperto che non bisognava farla arrabbiare.
Le aveva raccontato tutto quello che sapeva sul loro mondo, su Hogwarts e sul percorso di studi che avrebbe intrapreso; ma quando poi aveva accennato al fatto che fosse una strega dotata di poteri magici era cascato il mondo. La ragazza aveva drizzato la testa di scatto e i suoi occhi avevano cominciato a lampeggiare, dandogli la spiacevole impressione di essere in pericolo. Le guance le si erano leggermente arrossate, le mani erano state strette in un pugno.
La sua rabbia si era dissolta dopo poco e Hagrid aveva sospirato di sollievo, mentre la ragazza si rinchiudeva di nuovo nella sua maschera d’inespressività.
A quanto pareva, tendeva a tenersi tutto dentro, per poi scoppiare all’improvviso. Hagrid si raccomandò di ricordarselo.
In ogni caso, aveva impiegato quasi due ore per convincerla che non la stava prendendo in giro e che quella era l’assoluta e innegabile verità.
- E adesso dove dobbiamo andare? – chiese Allyson, distogliendolo dai suoi pensieri.
- Allora, ti serve una bacchetta, un animale, i libri, le pergamene, le piume… – rispose Hagrid, cominciando ad elencare tutti gli oggetti e cercando di allentare la tensione.
Allyson, dal canto suo, non aveva capito neanche a cosa si stesse riferendo.
- Hai capito?
- Più o meno…
- Non preoccuparti! Penso io a tutto! – disse, assestandole una pacca sulla spalla. La ragazza perse l’equilibrio per un momento, per poi rimettersi in piedi. Non si fidava ancora di quel gigante, non perché non le ispirasse fiducia, ma perché le aveva praticamente imposto di seguirla sulla sua moto sgangherata e per portarla a questa fantomatica “Hogwarts”. E fin qui comunque la faccenda era stata tollerabile. Quando poi il gigante le aveva rivelato di essere una strega e di possedere dei poteri magici, aveva letteralmente perso il controllo.
 
Una strega! Sono una strega!
 
Ancora faticava a crederci!
 
 
Un’ora dopo tardi Hagrid aveva acquistato tutto ciò che potesse servire alla ragazza, forse esagerando un po’. Le mancavano solo l’animaletto e la bacchetta.
- Devi scegliere il tuo primo amico. – le disse, fermandosi davanti alla vetrina. – Sempre che tu lo voglia. – si affrettò a correggersi, vedendo uno strano sguardo in Allyson e temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.
Solo dopo qualche secondo si accorse che i suoi occhi erano accesi di vivo interesse e luccicavano mentre osservava la vetrina. Li adorava. Adorava gli animali, quasi quanto amava la letteratura classica. Allyson osservò tutti gli animali in esposizione con il sorriso che le illuminava il volto, quando poi vide quello che era sicura avrebbe preso.
Era un animale spesso non molto apprezzato. Ogni volta che le chiedevano quale fosse il suo animale preferito, tutti restavano a bocca aperta guardandola straniti.
- Vorrei quello. – disse, rivolta ad Hagrid. Il gigante seguì il suo sguardo e impallidì.
- M-ma… sei proprio sicura?
- Assolutamente sì!
- Non è proprio un animale comune… – l’occhiataccia della ragazza lo convinse che era meglio tacere.
Allyson sbuffò. Cosa c’era di tanto strano se il suo animale preferito era il serpente?! Erano dei piccoli animaletti così carini e discriminati da tutti!
Hagrid entrò, non propriamente convinto, ma rassegnato e dopo pochi minuti ritornò con un piccolo serpentello nell’apposita gabbia.
- Tienilo tu, io non voglio toccarlo.
- Hai paura dei serpenti? – lo schernì la ragazza con un ghigno.
- Posso rispondere di sì? – borbottò Hagrid. Non che non amasse qualunque animale esistente su quel pianeta, ma i serpenti proprio non riusciva ad apprezzarli.
- Fifone. – rispose la ragazza, accennando un piccolo sorriso.
Come ultima tappa andarono da Olivander.
Quando Allyson entrò nel suo negozio, immediatamente se ne innamorò. Gli scaffali erano pieni di scatole impilate le une sulle altre, il tavolo da lavoro era sommerso di fogli e una buona quantità di polvere. Non c’era niente in quella stanza che avesse una parvenza di ordine, ma tutto in quel luogo gridava serenità.
Olivander non fu da meno e un sorriso le nacque spontaneo non appena lo vide. Fu il primo, tra tutte le nuove persone che aveva incontrato o con cui aveva parlato durante la giornata, che la guardò dritta negli occhi.
- Benvenuta, cara. – l’accolse, affabile, senza accennare a distogliere lo sguardo. La scrutava con attenzione, come a voler scoprire i suoi più reconditi segreti, di cui nemmeno lei stessa era a conoscenza.
Le fece provare numerose bacchette e dopo un quarto d’ora aveva rovesciato la scrivania, rotto gran parte delle finestre, rischiato di uccidere Hagrid e provocato una crepa nel pavimento.
- No, no, no! Questa decisamente no! – esclamò Olivander, strappandole per l’ennesima volta la bacchetta di mano.
- Sei difficile ragazza mia! – borbottò Hagrid, mentre di tanto in tanto lanciava occhiate guardinghe al serpente che Allyson gli aveva affidato.
- È la bacchetta a scegliere il mago. – rispose Olivander, con voce bassa, mentre si affannava per trovare la bacchetta giusta.
- Forse… questa oppure questa… – rifletté ad alta voce. Tacque per un secondo, come se un’illuminazione lo avesse colto all’improvviso e si voltò a fissare la ragazza, scandagliandola con lo sguardo.
Schiuse le labbra, riponendo entrambe le bacchette e dirigendosi dalla parte opposta della stanza, per prenderne un’altra.
- Prova questa. – sentenziò.
Allyson la prese in mano, agitandola con delicatezza e sperando di non combinare l’ennesimo disastro. Si aspettava che qualche mobile si rompesse, ma inaspettatamente nessun oggetto si mosse all’interno della stanza, nessuna scatola cadde e nessun vetro s’infranse.
Fu lei a rompersi. Avvertì chiaramente la percezione di qualcosa che le squarciava il petto, risaliva fino al cuore e lo imprigionava. Fu una sensazione così forte che le mani le tremarono e per qualche secondo fu incapace di dire o pensare qualunque cosa.
Olivander la scrutò e le tolse la bacchetta di mano.
- Non credevo potesse servirti una bacchetta del genere. – disse. – Eppure, come ho già detto, è la bacchetta a scegliere il mago. Quindi…
- Che… che sta dicendo? – chiese la ragazza, schiarendosi la voce.
Olivander non rispose, si limitò a riporre la bacchetta nella sua custodia, prima di porgergliela.
- Buon sangue non mente.
La ragazza si chiese cosa significassero quelle parole.
 
 
Ok, forse si sarebbe dovuta ricredere. Non era esattamente brutta come scuola, si ritrovò Allyson a pensare.
Erano da poco arrivati e Hagrid le aveva fatto fare un giro veloce di quella che sarebbe stata la sua casa per i prossimi mesi. Dire che era rimasta impressionata sarebbe stato un eufemismo. Era rimasta a bocca aperta di fronte alla maestosità di quel meraviglioso castello ed aveva quasi fatto un salto all’indietro quando per i corridoi aveva incrociato Nick quasi senza testa.
In quel momento lei e Hagrid si trovavano davanti ad un grosso portone, dietro al quel sembrava esserci parecchio trambusto.
- Adesso verrai smistata.
- Cioè?
- Te l’ho spiegato prima! – replicò Hagrid. – Non mi stavi ascoltando? – si finse indignato.
- Posso rispondere di no? – chiese la ragazza, usando le stesse parole che Hagrid aveva pronunciato poco prima.
- Io e te andremo molto d’accordo! – disse, assestandole un‘altra pacca sulle spalle. La ragazza si ripromise di chiedergli di non darle più dei colpi così forti, altrimenti la sua povera spalla non sarebbe vissuta ancora a lungo.
- Probabilmente finirai a Grifondoro o a Corvonero, o a Tassorosso… no, Tassorosso decisamente no. – commentò, dopo averle rispiegato il tutto.
- E perché non a Serpeverde?
- Beh… ecco… A meno che tu non chieda espressivamente al Cappello Parlante di finire a Serpeverde, non credo che ti metterà lì… c’è tutta una faccenda di Purosangue e Babban, insomma lascia perdere.
Allyson, curiosa come non mai, stava per chiedere cosa fossero i Purosangue e i Babbani, quando vide due figure avvicinarsi: precisamente erano un ragazzo e una ragazza, anche se ad Allyson ricordarono più che altro due bambini dell’asilo per come stavano battibeccando. Allyson cercò di non guardarli, probabilmente erano studenti della scuola e le avrebbero potuto fare un mucchio di domande. Non aveva la minima intenzione di dare spiegazioni a nessuno, spiegazioni che poi non aveva nemmeno lei.
Sentiva su di sé gli sguardi di entrambi gli studenti, ma evitò di incrociare i loro occhi.
Dopo aver fatto qualche domanda ad Hagrid, i due ragazzi entrarono nella Sala Grande, ma la ragazza si girò all’ultimo momento e l’incrocio dei loro sguardi fu inevitabile.
Allyson vide gli occhi scuri della ragazza rimanere di sasso.
- Bene, credo ci siano tutti, possiamo iniziare. – li informò la professoressa McGranitt che li aveva appena raggiunti. – A proposito, è un piacere averla qui con noi, signorina Starr.
Allyson la guardò incerta su cosa dire. Un anche per me sarebbe risuonato falso persino alle sue stesse orecchie, quindi preferì tacere, mentre le porte della Sala Grande si aprivano e Hagrid la invitava ad entrare.
I suoi passi risuonarono nel silenzio. Nello stesso momento in cui mise piede in quella stanza immensa ebbe la chiara percezione di avere tutti gli occhi puntati addosso. Aveva sperato di passare inosservata, ma evidentemente la novità attirava più attenzione di quanto credesse. Probabilmente un’altra persona al suo posto si sarebbe fatta prendere dal panico, ma Allyson non si lasciava impressionare né mettere in soggezione da niente e nessuno.
Tutte le case guardavano la ragazza, speranzosi.
Tutte… tranne una. Proprio quella che Hagrid aveva omesso quando aveva elencato in quale casa sarebbe potuta finire.
Il tavolo dei Serpeverde sembrava infastidito e piuttosto annoiato, desideroso che quell’inutile cerimonia finisse.
Allyson percepì molti mormorii, mentre attraversava la Sala Grande per andare dal Cappello Parlante. Ancora si chiedeva come fosse possibile che un cappello potesse parlare, ma aveva smesso di stupirsi per ogni cosa ormai.
“Un’altra Mezzosangue… Dove finiremo…”
Allyson drizzò le orecchie nel sentire tale appellativo; non sapeva cosa significasse, ma intuì che non fosse proprio un complimento. Ma neanche quei sussurri riuscirono a infastidirla o a farle perdere il controllo.
Si sedette senza alcuna fretta sulla sedia che era stata predisposta per la cerimonia e le misero il Cappello Parlante sulla testa.
 
Oh, ma qui abbiamo qui!
 
Allyson per poco non cadde dalla sedia, nell’udire quella voce nella sua testa. Ok, Hagrid l’aveva avvisata su come si sarebbe svolta la cerimonia, ma non pensava certo che un cappello le avrebbe parlato dentro la sua testa!
 
Come osi? Io non sono solo un cappello!
 
Allyson sbatté le palpebre, decisamente impressionata.
 
Ciao, ehm, signor cappello, scusami, non volevo essere scortese.
 
Signor cappello? Oh, tu mi piaci!
 
Allyson ridacchiò per la situazione ridicola, mentre un lieve rumoreggiare, proveniente dalla tavolata dei Serpeverde, disturbava il silenzio della Sala Grande.
 
Bene, bene dove ti metto? Hai buon cuore, ma sei troppo sicura di te, non ti troveresti bene tra i Tassorosso! Coraggiosa sì, ma troppo riflessiva per una Grifondoro. Oh, ma che mente brillante, saresti una perfetta Corvonero, sai? Intelligente e arguta, saresti perfetta! Oh, ma quella che cos’è?
 
Allyson si agitò sulla sedia, leggermente nervosa. Aveva la strana sensazione che quel cappello le stesse scavando nella mente, tra i pensieri più reconditi e nascosti, e non era esattamente felice della cosa.  
 
Cappello?
 
Ehm, signor cappello!
 
Ecco, così mi piaci! Comunque stavo dicendo, quella cos’è? Ambizione? Astuzia? Ah sì, sei molto furba, mia cara! E quella? Arroganza, eh? Hai un caratterino niente male, bel temperamento.
 
E quindi?
 
Come osi mettermi fretta? Lasciami pensare, sono confuso. 
 
Nel frattempo le risatine e le sussurri si fecero sempre più rumorosi, tanto che neanche i richiami dei professori riuscirono a zittirle. Eppure quando il Cappello Parlante pronunciò il suo verdetto, tutti ammutolirono.
- Serpeverde!
Allyson sorrise, felice che finalmente il cappello fosse arrivato a una conclusione e, con sua grande sorpresa, si ritrovò a fissare tutte facce sbigottite e allucinate.
Prima che potesse togliersi il cappello dalla testa, questi le sussurrò nella sua mente.
 
Buon sangue non mente, mia cara.
 
Allyson per la seconda volta si chiese cosa significasse quella frase.

 
 
 
 
 
 





 
 
 
 
Angolo Autrice
Salve a tutti!! Anche lo scorso capitolo (inaspettatamente) ha ricevuto molte visite e io non posso far altro che ringraziare tutti voi lettori silenziosi! Ma soprattutto ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le ricordate/seguite e (ancora non ci credo) le preferite :) Ma un GRAZIE veramente speciale a SWAMPY e a Juliet Andrea Black che hanno recensito lo scorso capitolo. Mi ha fatto davvero molto piacere leggere i vostri commenti e le vostri dolci critiche, grazie, grazie, grazie :D :D :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che lascerete una piccola recensione, anche negativa. Le critiche sono ben accette, così posso migliorarmi e trovare i miei punti deboli. Bene, vi ho rotto le scatole anche troppo, al prossimo capitolo! :)
flors99

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Capitolo 4
*** Bet ***


Una Mezzosangue! Una lurida e sporca Mezzosangue nella loro nobile casata. La casa dei Serpeverde, la migliore tra tutte, che da anni era stata caratterizzata da soggetti esclusivamente purosangue, nessuno escluso…
 
Draco Malfoy fece una smorfia, chiedendosi per l’ennesima volta come fosse possibile. Sicuramente il Cappello Parlante aveva commesso un mastodontico errore, magari era stato drogato con qualche pozione, perché in nessun caso, se non per sbaglio, una Mezzosangue di umili origini sarebbe mai potuta finire lì.
- Draco, smettila, finirai per fare un solco nel pavimento. – disse Theodore, inarcando un sopracciglio.
- Non posso crederci. – berciò Draco per tutta risposta.
Il Serpeverde continuò a fare su e giù per il suo dormitorio, assorto nei suoi pensieri, almeno finché Blaise Zabini, suo migliore amico, non entrò nella stanza. Stava per tirare un sospiro di sollievo, pronto a sfogarsi con qualcuno, finché non vide che dietro di lui c’era anche la Mezzosangue.
Gli si rizzarono i peli sulle braccia.
- Grazie. – disse la ragazza, mentre si sporgeva per prendere i pacchi che Blaise aveva in mano.
- Aspetta, ti aiuto a portarli fino in camera. – rispose quello, sotto lo sguardo allucinato di Draco, che non sapeva se credere o meno alla scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi.
La ragazza accennò un piccolo sorriso, mentre lanciava un’occhiata sfuggente al biondino che stava incenerendo con lo sguardo il suo ex-migliore amico.
Appena Blaise ritornò, Draco lo guardò stralunato, immobile come una statua.
- Ti ha dato di volta il cervello? – lo aggredìimmediatamente.
- Come? – borbottò Blaise, confuso.
- Hanno messo una lurida Mezzosangue nella nostra casa, e tu… la stavi aiutando?! – gli gridò contro Draco, persa ogni parvenza di calma.
- E quindi?
- E quindi?! È una Mezzosangue! – spiegò, allargando le braccia come a voler evidenziare l’ovvio.
- E allora? Considerando il fatto che dovrò passare un intero anno con lei, non ha senso farle la guerra! Non pensi anche tu?
- Ma è una Mezzosangue! – starnazzò Draco, chiedendosi se Blaise si fosse bevuto qualcosa.
- Ed è anche molto carina. – fu la semplice replica dell’amico.
- Beh, resta comunque una col sangue sporco. – prese la parola Theodore, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
- Oh, andiamo, Theo, non mettertici anche tu! È pur sempre una nostra compagna di casa.
- Non è una nostra compagnia di casa. – lo freddò Draco. – Io non ho niente da spartire con quella.
- Draco ha ragione. Lei non c’entra niente con noi, la sua presenza qui è un insulto. – sibilò Nott.
Blaise sbuffò. Era sempre stato il più pacifico e tollerante tra i tre; pur provenendo da un altrettanto nobile famiglia non aveva mai dato troppo peso al fatto della discendenza e del sangue puro. Ovviamente questo era un pensiero che non era minimamente condiviso tra i loro compagni di casa.
- Ma fatela finita. – sbottò Blaise. – È inutile che vi lamentiate, non potete cambiare le cose. Se l’hanno messa tra i Serpeverde poi un motivo ci sarà, no?
- Potresti evitare di ricordarmelo? – supplicò Draco, passandosi una mano tra i capelli come se la cosa lo turbasse profondamente.
- E voi tre potreste smetterla di parlare di me? – la voce di Allyson
proruppe nella stanza.
Blaise, Theo e Draco si voltarono, colti di sorpresa.
- Non hai il diritto di parlare Mezzosangue. Chiudi quella boccaccia. – rispose crudelmente Draco.
Al contrario di come tutti si aspettavano Allyson non fece piega, non si arrabbiò, né tantomeno diede l’idea di esserci rimasta male. Rimase semplicemente impassibile ad osservarlo, come se le sue parole le fossero scivolate addosso.
Occhi negli occhi.
Forse fu quella la prima volta che, guardandosi, avvertirono qualcosa di strano, familiare, che non avrebbe dovuto esserci.
Un filo, un legame. Una specie di scossa che risalì lungo i loro corpi, percorrendo ogni singola porzione di pelle.
Draco, per un momento, fu sul punto di sussultare per quella strana sensazione che gli fece bloccare il respiro in gola. Non si era mai sentito legato a nessuno. Figuriamoci con una Mezzosangue.
Continuarono a fissarsi e il silenzio si protrasse.
Ma per entrambi era un battaglia che non potevano vincere.
 
Quello sguardo era troppo bruciante per lui.
 
Gli occhi della ragazza lo stavano lentamente bruciando per la loro intensità.
 
Quello sguardo era troppo gelido per lei.
 
Gli occhi del ragazzo la stavano congelando per la loro freddezza. Lei che era cresciuta in un luogo dove non esisteva il ghiaccio, il freddo, il disprezzo.
Erano destinati a perdere entrambi, perché nessuno dei due avrebbe abbassato lo sguardo: erano troppo orgogliosi per farlo. Avrebbero perso bruciandosi e congelandosi nei loro sguardi.
Fu Blaise a spezzare quella lotta silenziosa.
- Andiamo a mangiare, Draco?
Draco lo guardò, leggermente confuso dalla situazione e da quel brivido inusuale da cui era stato colto, e annuì.
- Allyson, perché non vieni con noi?
A quella domanda Blaise ricevette due occhiatacce, rispettivamente da Theo e Draco, ma non se ne preoccupò minimamente.
- No, grazie. Non vorrei farvi andare di traverso il cibo con la mia compagnia, che, a quanto pare, non è affatto gradita. – rispose lentamente, senza distogliere lo sguardo da quello di Draco.
Una sfida.
Nessuno era in grado di tenergli testa, come si permetteva quell’inutile ragazzina?
Per un attimo gli ricordò la Granger.
 
Per Salazar! Possibile che tutte le Mezzosangue siano così acide?
 
Solo quando Blaise rispose si rese conto di averlo detto ad alta voce.
- Beh amico… devi ammettere che per una buona parte è soprattutto colpa tua. Insomma… se tu le trattassi in un altro modo… – Draco lo fulminò con lo sguardo.
- Ok, ho capito, Blaise. Andiamo a mangiare?
- Spero che tu ti strozzi col cibo. – fu il gentile augurio di Allyson a cui Draco non fece in tempo a rispondere, poiché la ragazza si dileguò subito dopo.
La conversazione si chiuse così, senza vincitori né vinti, con una porta sbattuta e due cuori che battevano furiosamente all’unisono.
 
 

 
 
- Voi non trovate che sia strano? – ripeté Hermione per l’ennesima volta, senza riuscire a darsi pace.
- Dai, Hermione! Quanto ancora vuoi parlarne? – le chiese Harry, roteando gli occhi.
- È solo che… non lo so… Se davvero non è una Purosangue… perché il Cappello Parlante l’ha smistata a Serpeverde?
- Herm, non lo so, magari ha un carattere che rientra perfettamente nei canoni di Serpeverde. – rispose Harry con tono tranquillo. – E in ogni caso non puoi farci niente. Si può sapere perché ti preoccupi tanto?
Perché si preoccupava tanto? Hermione sapeva la risposta, ma rimase in silenzio. Mezzosangue, babbana, sangue sporco… orgogliosa com’era non avrebbe mai ammesso di fronte all’amico quanto quegli insulti la facessero star male. Sapeva di non doversi curare del parere degli altri, quanto quelle idee fossero profondamente sbagliate e quanto fosse inutile rimuginarci sopra, ma ogni volta che sentiva un simile insulto era come una pugnalata al petto. Non importava quanto il mondo fosse cambiato, ci sarebbe sempre stato qualcuno pronta ad additarla per il suo sangue e non per quello che valeva davvero.
Tuttavia preferì tacere e non rivelare tutto quello che le stava passando per la testa in quel momento. Harry però dovette aver capito lo stesso, perché le regalò una carezza sulla guancia e le sorrise dolcemente.
- Riesco a sentirti ragionare fin da qui. – le disse, ridacchiando. – Non farti venire strani pensieri, tu vali più di loro.
Hermione, suo malgrado, sorrise, anche se non riusciva a non pensare a quello che quella povera ragazza sarebbe stata costretta a sopportare con quelle serpi.
- Hermione, hei!
La Grifondoro si girò, sentendo la voce di Ginny e si affrettò a bloccare Harry che si stava già inventando una scusa per scappare da lì.
- Ciao, Ginny. – la salutò, quando gli ebbe raggiunti, stritolando nel frattempo la divisa di Harry che cercava in tutti i modi di liberarsi.
- Va tutto bene? Sembravi nervosa stamattina… – chiese la giovane Weasley, prima di spostare lo sguardo su Harry e arrossire. Il ragazzo per tutta risposta arrossì a sua volta, cercando di sorridere; non ebbe molto successo, perché quello che venne fuori fu una specie di smorfia.
- Certo che sto bene, è solo che stamattina mi sono alzata tardi e avevo paura di essermi persa le lezioni. Dormire così tanto mi ha scombussolato. – rispose.
Tuttavia era ben consapevole che né Ginny, né Harry le stessero più prestando attenzione, troppo presi a guardarsi e a far finta che così non fosse per non farsi scoprire dall’altro. Hermione sospirò teatralmente: non aveva chissà quale esperienza in amore e non poteva certo vantare una conoscenza così ampia nel settore, ma davvero non credeva esistessero due persone più assurdamente cieche di quei due.
- Io devo andare ragazzi, ho dimenticato un libro in biblioteca. – mormorò accampando una scusa qualsiasi, un pretesto per lasciarli soli.
Harry la guardò terrorizzato e Hermione sbuffò sonoramente.
- Oh, avanti Harry, sii uomo. – borbottò, senza che Ginny la sentisse.
Un secondo dopo si volatilizzò.
 
 


 
Forse Hermione quel giorno non sarebbe dovuta andare in biblioteca. Se si fosse fermata o se fosse tornata indietro, le cose sarebbero andate diversamente. Ma Hermione non si fermò, non cambiò strada e varcò la soglia della biblioteca, cercando un po’ di pace tra i suoi amati libri.
Meno di un secondo e si ritrovò per terra.
- Scusa, mi dispiace.
Hermione alzò lo sguardo, leggermente intontita dalla botta che aveva preso e accettò di buon grado la mano che le veniva offerta. Era gelida, fredda come il marmo.
La Grifondoro rimase interdetta a fissare quegli occhi di ghiaccio.
- Grazie. – rispose Hermione, leggermente scossa.
 
E con questa siamo a due cadute in un giorno solo.
 
- Grazie? E di cosa? Di averti buttata a terra? – fu l’ironica risposta della ragazza che le sorrise, mentre a Hermione scappava una risata. No… decisamente il Cappello non doveva smistarla a Serpeverde. Un altro suo compagno di casa non si sarebbe mai scusato o non avrebbe mai neanche cercato di fare una battuta.
- Tu sei Allyson, vero?
- Sì. Credo che a questo punto lo sappiano praticamente tutti. – rispose la ragazza alzando le spalle.
Hermione socchiuse le labbra, piacevolmente sorpresa. Quando l’aveva vista nella Sala Grande le era sembrato di avere di fronte una ragazza fredda, impassibile e, si dispiacque per averlo pensato, con la puzza sotto il
naso. E invece…
- Io sono Hermione Granger. E, beh, in effetti sei sulla bocca di tutti.
- Ah bene, dato che sei l’unica persona che è riuscita a rivolgermi la parola senza insultarmi mi potresti spiegare perché? – le chiese, passandosi una mano tra i capelli e piegando la testa di lato.
Allyson non era mai stata una persona amichevole, né tanto meno socievole, o perlomeno non a primo impatto, ma quella ragazza dagli occhioni scuri e i ricci increspati le ispirava fiducia. Di sicuro molto di più di quella che le avevano ispirato i suoi compagni di casa.
- Davvero non ne sai niente? – Hermione era incredula.
 
Beh, considerando che ho trovato ieri una busta che mi era stata nascosta per sei anni, sono stata braccata e scortata fino a qui da un gigante che mi ha rivelato cose che non ritenevo possibili e che ho scoperto circa due ore fa di possedere dei poteri magici… uhm, no, direi di no, non ho idea di che cosa stiano parlando. Ah, e in tutto questo ho appena scoperto di essere stata adottata.
 
- Uhm, no. – fu la secca risposta di Allyson.
Hermione la scrutò, incuriosita; quella situazione era assurda, così come era assurdo che qualcuno iniziasse la scuola a sedici anni e quella ragazza le sembrava che fosse capitata così per caso, da un giorno all’altro.
- Beh, ascolta. – spiegò Hermione, ignorando i suoi dubbi. – Esistono due tipi principali di maghi: quelli che discendono da una stirpe di maghi e quelli nati dagli umani, che qui vengono chiamati babbani.
Allyson, tutt’altro che stupida, intuì al volo.
- I purosangue sono coloro che discendono dalla stirpe di maghi, giusto?
- Esatto. E detestano tutti quelli che non sono come loro, li ritengono inferiori per una questione di sangue. Il termine Mezzosangue è un’offesa molto pesante e crudele, ma loro non si fanno problemi a umiliare qualcuno.
- Già, me ne sono accorta… – rifletté Allyson.
- Per questo sei sulla bocca di tutti. Tutti i membri dei Serpeverde sono Purosangue e non è mai successo che… che… – Hermione cercò le parole giuste per non offenderla.
- Che una Mezzosangue come me vi fosse smistata. – concluse Allyson per lei. – Tranquilla, non mi sono offesa, capisco la situazione, per quanto ritenga che queste teorie siano preistoriche e fondamentalmente razziste.
Hermione s’illuminò alle sue parole.
- Ma guarda… entrambi le Mezzosangue nella stessa stanza. Avete fatto amicizia? Beh, tra perdenti ci s’intende d’altronde. – una voce alle loro spalle, le infastidì.
- Peccato. Speravo che ti ci strozzassi davvero con il cibo. – sibilò Allyson. Hermione notò subito il repentino cambiamento di umore. Osservò Malfoy e la sua nuova amica scambiarsi uno sguardo profondamente infastidito.
Il respiro le si mozzò in gola quando si rese conto di quanto  quegli occhi fossero terribilmente, inquietantemente e sorprendentemente identici. Non avrebbe saputo dire quale dei due in quel momento la mettesse più in
soggezione.
Come Merlino era possibile che fossero tanto uguali?
Hermione forse per la prima volta nella sua vita rimase senza parole.
Non erano solo gli occhi, ma anche il modo di fare. Quella freddezza che aveva notato in lei la prima che l’aveva vista.
- Perché non te ne vai, Malfoy? – replicò Hermione, cercando di scacciare il più in fretta possibile quegli strani pensieri.
- Oh, ma guarda, hai trovato una nuova amica. – fu la sarcastica risposta di Draco. Non la degnò poi di alcuna attenzione avvicinandosi a Allyson e guardandola dritta negli occhi. – Come ci si sente ad essere l’unica persona indegna della nostra casa?
Se Hermione s’innervosì a quella domanda, anche se non la riguardava personalmente, Allyson si limitò a piegare la testa di lato, completamente indifferente.
- Noi non ti accetteremo mai, sei come spazzatura. – continuò il Serpeverde, impietoso.
Allyson di nuovo non rispose e Draco, forse per la prima volta nella sua vita, non avvertì nessuna sensazione di trionfo nell’averla offesa in quel modo. Quella ragazza non gli dava nessuna soddisfazione: aveva sperato di farla arrabbiare o, ancora meglio, farla scoppiare a piangere, ma niente di tutto questo era avvenuto e si chiese come fosse possibile.
- Hai sentito o sei sorda?
- Ti ho sentito, Malfoy. – fu la sua placida risposta. – Puoi dire quello che vuoi, non m’interessa. Tu non sei nulla per me.
Draco sbatté le palpebre, sorpreso da tutta quella freddezza e impassibilità. Ma come si permetteva?
- Bene, adesso che hai fatto il tuo solito teatrino, puoi anche andartene! – sputò Hermione, che al contrario di Allyson, era rossa di rabbia.
- Io faccio quello che voglio, Mezzosangue! – sibilò minaccioso.
Nel frattempo, Theodore e Blaise come sempre stavano scommettendo su chi avrebbe avuto l’ultima parola in quello scontro verbale all’ultimo sangue.
- Secondo te chi vince? – chiese Blaise.
- Vincerà Draco, come al solito.
- Pff… Io ho qualche dubbio…
- Quella Mezzosangue ti sta troppo simpatica…– replicò Theo.
- Si chiama Allyson.
- Non m’importa come si chiama, secondo me ti piace troppo. – sbottò, mentre cercava i cinque galeoni che era sicuro di aver messo in tasca.
- Sei solo invidioso.
- Invidioso? – rispose, perplesso. – E di cosa?
Theodore si voltò verso l’amico, cogliendo al volo la provocazione.
- Sai che lei è troppo in alto per te.
- Prego? Stai forse insinuando che io non sia in grado di conquistare una ragazza?
- Dai Theo, guardala! È troppo anche per te.
- Se solo volessi quella cadrebbe ai miei piedi in cinque minuti! – replicò l’amico, offeso nell’orgoglio.
- Ma davvero? – replicò Blaise, furbamente. – Scommettiamo?
Theo guardò la mano dell’amico per qualche secondo, non capendo l’esatto motivo per cui Blaise lo stesse spingendo a fare una tale scommessa, quando sapeva benissimo che avrebbe perso.
Intanto, ignari di tutto Hermione e Draco stavano facendo fulmini e saette.
- Zannuta!
- Furetto!
- Sapientona!
- Idiota!
- Babbana!
- Stronzo!
- Sangue Sporco!
- Biondo ossigenato!
- Ma come ti permetti…? – chiese Draco, allibito.
Allyson per poco non si strozzò dalle risate.
Il Serpeverde non fece in tempo a replicare, perché in quell’esatto momento la sua vita cambiò in modo irreversibile.
La McGranitt, dall’altra parte della stanza, li osservava in silenzio, un ghigno sadico dipinto sul suo volto.
Hermione avrebbe preferito ricevere cento, mille punizioni, piuttosto che vedere un sorriso di tal genere sulle sue labbra.
- Ma bene, mi sembrava di aver sentito gridare. C’è anche lei, signorina Starr, molto bene.
Hermione deglutì, quel tono non prometteva niente di buono.
- Seguitemi, tutti e tre! Non vi avevo forse promesso che vi avrei dato una bella punizione? A me piace mantenerle, le mie promesse.
Blaise e Theodore che avevano seguito tutta la scena osservarono il loro migliore amico andare via con le due Mezzosangue.
Theo, in particolare modo, osservò la Serpeverde. Era carina, molti l’avrebbero definita bella addirittura, ma l’idea che fosse una Mezzosangue lo ripugnava e gli faceva storcere la bocca. In ogni caso in nessun universo parallelo sarebbe mai potuto succedere che una ragazza del genere rifiutasse lui.
Con un ghigno strinse la mano dell’amico.
- Scommettiamo. – rispose. – Entro un mese sarà innamorata di me.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice

Ciao a tutti!
Allora, innanzitutto comincio con lo scusarmi per il mio imperdonabile ritardo. Fortunatamente ora ci sono le vacanze, così avrò più tempo per scrivere :)
Secondo voi come finirà? Ce la farà Theodore a vincere la scommessa? E che cosa riguarderà la punizione della McGranitt? Vi anticipo da subito che non sarà piacevole per Hermione, Allyson e Draco ma… non vi svelerò il resto! Restate con me e scopritelo!
Infine ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/le seguite/le ricordate. Davvero non avete idea di quanto mi faccia piacere. Ma soprattutto ringrazio SWAMPY e Juliet Andrea Black per aver recensito lo scorso capitolo. Grazie per le vostre dolci critiche!!! :D
Spero che il capitolo non vi abbia deluso! Al prossimo aggiornamento!!
flors99


 

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Capitolo 5
*** The Beginning of The End ***


- Vi avevo avvertito, ragazzi. – mormorò la professoressa McGranitt, scandendo le parole una ad una.
Allyson, Hermione e Draco la fissavano in attesa che lei continuasse.
La McGranitt si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie, chiedendosi dove trovasse la forza di fare sempre lo stesso discorso ogni volta. Quei ragazzi erano la sua sfida personale: erano anni che continuavano a litigare e niente, nessuna punizione era servita con loro. Ma stavolta li avrebbe puniti per bene, eccome se lo avrebbe fatto. Le dispiaceva soltanto per la nuova alunna, che si era trovata in mezzo alle loro litigate, ma in fondo la punizione che stava per dar loro sarebbe stata fruttuosa anche per lei.
- Tutte le sere voi tre dovrete pulire la Sala dei Trofei. – sentenziò la McGranitt.
Allyson non fece piega.
Draco fece una smorfia.
Hermione fu sollevata. Dover lavorare tutte le sere con quell’inutile e borioso furetto non la entusiasmava di certo, ma dopo il discorso della professoressa dell’ultima volta, si sarebbe aspettata di molto peggio.
- Non ho finito. – disse la McGranitt. – Ed ogni giorno, dopo pranzo, finite le lezioni, voi tre vi riunirete in biblioteca e studierete insieme. Avete sentito bene, insieme. D’ora in poi vivrete così: mangiare, dormire, seguire le lezioni e passare tutte le giornate insieme. Non un’ora di più, né di meno. Adesso potete andare.
Per un secondo nessuno dei tre fu in grado di dire niente.
- Assolutamente no! – tre voci si sovrapposero l’una sull’altra.
La McGranitt li osservò sorridente.
- Visto? Parlate già all’unisono. Sono sicura che andrete d’accordo. E ora sparite!
- Non può costringerci a fare una cosa simile!
- Posso eccome, Draco Malfoy. – tuonò la McGranitt, scandendo il suo intero nome, sillaba per sillaba. Il suo tono fu abbastanza minaccioso da rimettere a sedere il Serpeverde.
- Ma… non possiamo passare tutto il tempo insieme, io non voglio passare le mie giornate con questo essere immondo… – si lamentò Hermione, atterrita alla sola idea.
- Ma come osi, Granger? L’essere immondo sarai tu semmai!
- Stai zitto furetto!
- Secchiona!
- Stronzo!
- Grazie, questo lo sapevo.
- Basta! Finché non vedrò con i miei occhi che sarete in grado di convivere civilmente, voi starete in punizione. – li interruppe la professoressa, al limite dello sconforto.
- Non andremo mai d’accordo! – grugnì Draco, per tutta risposta.
- Peggio per voi. – rispose la McGranitt, senza battere ciglio. – Più continuerete a litigare, più durerà la vostra convivenza forzata.
Draco sbuffò. Tanto non avrebbe seguito in ogni caso gli ordini della McGranitt. Non aveva intenzione di sprecare il suo preziosissimo tempo con quelle due ed era sicuro che neanche loro volessero passarlo con lui, quindi avrebbero di sicuro raggiunto un accordo per evitare quella convivenza forzata. Il tutto all’insaputa della McGranitt, ovviamente.
- Un’ultima cosa. – li fermò la professoressa, prima che se ne andassero. – Se state pensando di disubbidire ai miei ordini, vi sconsiglio vivamente di farlo. Dubito che vogliate che vi faccia un incantesimo di prossimità, giusto?
Hermione spalancò gli occhi.
- No, no, no va bene così. – rispose spaventata.
Draco alzò un sopracciglio incuriosito.
- Cosa sarebbe un incantesimo di prossimità?
- È molto semplice, signor Malfoy. Un incantesimo di prossimità è un incantesimo che vi costringerà a stare vicini per tutto il tempo, non potrete stare lontani per più di tre, quattro metri. Sarete costretti a stare insieme, mangiare insieme e anche dormire insieme.
- Cosa?! – esclamò Draco, sconcertato.
- Non ho detto che vi farò un incantesimo simile, ma se non rispetterete gli ordini potrei anche pensarci…
 
Per Salazar! Ma questa non è la McGranitt! Questo è Piton travestito!
 
- Scusi, ma la punizione vale anche per me? – chiese Allyson, prendendo per la prima volta la parola. Aveva capito alla perfezione che quella della McGranitt era solo una vendetta nei confronti di Hermione e Draco e non voleva certo andarci di mezzo.
- Effettivamente. – rifletté la McGranitt. – Non ti meriti una punizione simile, quindi… non dovrai pulire ogni sera la Sala dei Trofei, solo trascorrere i pomeriggi in loro compagnia. In fondo devi recuperare molte cose, anche se sei arrivata adesso non puoi permetterti di cominciare dal primo anno, sei troppo grande. Quindi recupererai tutto lo studio perduto e loro ti daranno una mano. – sentenziò. – A proposito, Silente vuole vederti, dovresti recarti nel suo ufficio il prima possibile. – aggiunse poi scoccandole un’occhiata.
Allyson annuì, anche se leggermente confusa.
Se Draco non fece piega a quell’affermazione, Hermione per poco non si mise le mani nei capelli. Avrebbe dovuto sopportare quella serpe ogni sera! Da sola! Non era mentalmente in grado di sopportarlo!
- Scusi professoressa, non potrebbe darci un’ultima possibilità? La prego, non mi faccia questo! Io non posso sopportare questo… questo coso!
- A chi hai dato del coso, mocciosa?!
- Io non sono una mocciosa! Forse ti stai confondendo con te stesso!
- Bene, anche se avevate una minima speranza di farmi cambiare idea sulla punizione, adesso sono più che mai convinta che non potrà che farvi bene! Fuori di qui, non voglio più vedermi almeno per le prossime ventiquattro ore!
- Da quando comincia la punizione? – chiese Hermione, sconfortata oltre ogni limite.
- Da adesso!
E ottenuta quest’ultima risposta i tre si defilarono, prima che la McGranitt cominciasse a lanciare saette.
- Non può fare una cosa simile. – borbottò Hermione, quando furono usciti.
- L’ha appena fatto, nel caso tu non te ne fossi accorta, Mezzosangue!
- Non stavo parlando con te!
- Cristo, ma siete davvero insopportabili! – scoppiò Allyson, alzando il tono di voce. – Non ci posso credere, siete capaci di mettervi a litigare anche per la più piccola stupidaggine! La McGranitt vi ha dato questa punizione perché non vi sopporta più e ora capisco il perché! Visto che dovremo convivere per le prossime settimane, mi fareste un favore se steste in silenzio! Ah, mi avete fatto venire il mal di testa e io non ho mai il mal di testa! – esclamò, innervosita riprendendo finalmente fiato. La sua rabbia poi si esaurì velocemente com’era venuta, il suo volto recuperò l’impassibilità e la freddezza che lo caratterizzavano.
Hermione arrossì, rendendosi conto di quanto avesse ragione e di quanto il loro comportamento potesse sembrare immaturo agli occhi altrui.
- A proposito, Hermione…
- Sì?
- Chi è Silente? – domandò Allyson, con un’ingenuità tale che anche il Serpeverde ne rimase sorpreso.
- Il preside della nostra scuola. – rispose la Grifondoro, perplessa. Più stava insieme ad Allyson più aveva la sensazione che quella ragazza non avesse la minima idea di dove fosse finita e nuovamente si chiese come fosse possibile. C’era qualcosa in quella situazione che non le quadrava.
- Ah ok, ci vediamo dopo allora. – li salutò, dileguandosi velocemente e lasciandoli soli.
Draco stava per andare via, ma Hermione lo fermò prontamente.
- Dove credi di andare?
- Dove vado io, non sono fatti tuoi!
- Forse è vero, ma stasera noi due dobbiamo pulire la Sala dei Trofei e scordati il fatto che lo faccia da sola. Tu mi aiuterai!
- Ma quanto rompi, Mezzosangue! E ci credo che San Potty e la Donnola sembrano eternamente rincoglioniti!
Hermione si morse la lingua per non replicare, anche se le labbra le tremarono per lo sforzo. Sarebbero dovuti stare a stretto contatto per chissà quanti giorni, quindi era meglio non peggiorare la situazione.
Con un tacito silenzio da parte di entrambi la conversazione si chiuse e presero direzioni diverse.
 
 

 
 
- Allora, Hermione? Cosa ti ha detto la McGranitt? – le chiese Ron, leggermente preoccupato. Hermione, dal canto suo, in un primo momento non riuscì nemmeno a rispondere, ancora troppo sconvolta. Per fortuna la punizione non prevedeva anche l’orario del pranzo, altrimenti sarebbe stata una vera tragedia.
- È così terribile? – le chiese l’amico.
Hermione si riscosse.
- Come fai a sapere che mi ha dato una punizione terribile?
- Non hai toccato cibo. – le fece notare il giovane Weasley. – E non mi hai rimproverato come fai di solito quando mi abbuffo senza ritegno.
Hermione rise di cuore, sentendo tutto il peso della giornata scivolarle addosso. Ron aveva lo straordinario talento di farla sentire ogni volta più leggera, senza preoccupazioni.
- Nah, niente di che, Ron. In ogni caso me la caverò, come sempre. – rispose fiera.
Ron e Harry le sorrisero. Hermione era la persona più affidabile che conoscessero ed erano entrambi consapevoli che quando si metteva in testa qualcosa era impossibile farla distogliere dal suo intento. Qualunque fosse stata la sua punizione lei l’avrebbe superata a testa alta.
- Hei, Ron! Pronto per la partita di domani? – Seamus s’intromise nella conversazione e Hermione approfittò di quel momento per avvicinarsi a Harry.
- Harry, hai risolto con Ginny? – sussurrò.
Hermione osservò il suo migliore amico grattarsi il capo in imbarazzo, per poi scuotere la testa.
- Sei peggio di un bambino! – lo rimproverò la Grifondoro. – Quand’è che ti deciderai a parlarle?
- Herm, non è così facile, ok? – borbottò il ragazzo, stringendosi nelle spalle. – Non saprei nemmeno da dove cominciare.
- Potresti dirle che la ami, sarebbe un buon inizio.
Harry la guardò storto.
- Come se fosse facile.
- È facile, Harry! – lo corresse Hermione. Ok, questo forse non era propriamente vero, non era mai facile esprimere i propri sentimenti per qualcuno, ma non era nemmeno l’insormontabile scoglio che Harry non ne voleva sapere di valicare. 
- No, che non lo è. – replicò Harry per l’appunto. – E poi lo sai anche tu come sono andate le cose! Prima dell’estate lei è venuta da me per dirmi quello che provava ed io le ho risposto che la vedevo come una sorella! Cosa dovrei fare adesso? Dovrei andare da lei e dirle “scusami Ginny, sono stato un cretino, ma in questi mesi ho capito che quello che provo per te non c’entra niente con l’affetto fraterno?”
- Sì! – esclamò Hermione, per poi tapparsi la bocca rendendosi conto di aver usato un tono troppo alto. – Certo che potresti dirle così!
- E poi è la sorella di Ron, lui mi odierebbe. – continuò il Grifondoro, sempre meno convinto delle sue parole.
- Harry Potter, smettila di cercare scuse, se non vuoi che ti arrivi una fattura!
Harry s’imbronciò.
Hermione scosse la testa. Merlino, il suo migliore amico non aveva avuto alcuna esitazione ad affrontare il mago oscuro più potente di tutti i tempi, ma al solo sentir nominare Ginny si trasformava in un colabrodo.
- Harry, ascoltami… – sussurrò Hermione, prendendogli le mani tra le sue e cercando di usare un tono di voce più dolce possibile. – Se non glielo dici, la perderai. E no! – interruppe immediatamente Harry pronto a replicare. – Non mi venire a raccontare scuse come “ma tanto l’ho già persa, non posso fare niente” perché non accetto da parte tua questo comportamento da fifone smidollato!
Il Grifondoro cercò nuovamente di replicare qualcosa, ma la ragazza lo interruppe ancora.
- Tu puoi raccontarti tutte le scuse del mondo per stare meglio con te stesso, ma la verità è che non starai bene finché non avrai detto a Ginny quello che provi per lei. Magari tra qualche mese la vedrai accanto a un ragazzo, che a differenza tua non ha avuto paura di confessarle i suoi sentimenti e allora , in quel caso sarà davvero troppo tardi. E tu passerai la vita a piangerti addosso per non averci nemmeno provato, per non averle dato l’occasione di scegliere te. – concluse tutto d’un fiato.
 Harry la fissò, finalmente ammutolito.
- Hai ragione. – disse, dopo quello che le parve un tempo infinito. – Le parlerò.
- Ora.
- Domani.
- Ora.
- Magari dopo.
- Ora, Harry!
Il Grifondoro sussultò, balzando in piedi come una molla.
- Ci vado o-ora, ok. – rispose infine, cercando di racimolare un po’ di coraggio.
 

 

 
I libri caddero a terra, accompagnati dal sonoro sbuffo di Ginny che si chinò per raccoglierli spazientita; sapeva che non avrebbe dovuto portarne così tanti tutti insieme, ma era troppo pigra per trasportarli in due volte.
- Hei, Ginny!
Un sorriso le nacque spontaneo sul volto, quando riconobbe quella voce.
- Ciao, Dean. – rispose, sistemando i libri con la mano libera.
- Aspetta, ti aiuto.
Le tolse tre o quattro libri di mano e Ginny lo ringraziò, mentre si massaggiava il polso dolorante.
- Ma figurati. Dove stavi andando?
- In biblioteca. Sono rimasta indietro con i compiti. Non che me ne importi, ma l’ultima volta mamma mi ha fatto una scenata…
Dean ridacchiò.
Quando Ginny si decise a posare lo sguardo sul ragazzo ebbe la chiara percezione che, in tutto quel tempo, lui non le avesse mai staccato gli occhi di dosso. Sulle sue labbra era disegnato un accenno di sorriso e la fissava in modo talmente enigmatico che la Grifondoro si sentì irrequieta.
- Ah, come ti capisco! Sai che mia mamma…
Dean prese a raccontarle un fatto divertente accaduto l’estate prima e Ginny cominciò a ridere senza sosta. Dean aveva sempre avuto la straordinaria capacità di raccontare ogni scena in un modo talmente tragicomico che nessuno riusciva a rimanere serio per più di due secondi.
La risata poi si trasformò in un sorriso luminoso che rivolse al ragazzo.
Il sorriso morì sulle labbra Dean, sostituito da un’espressione rapita, ma Ginny non se ne accorse: si limitò ad entrare in biblioteca e a cercare con lo sguardo un tavolo libero. Quando lo ebbe individuato, vi si diresse a passo svelto, una strana sensazione ad albergarle nel petto.
Quando dopo qualche secondo tornò a guardare Dean, insospettita da quel silenzio, non poté però ignorare lo sguardo profondo che aleggiava sul suo volto: anche a lei il sorriso si spense.
Non riuscì più a muoversi.
Non si mosse quando lui fece un passo nella sua direzione, togliendole gli ultimi libri dalle braccia e poggiandoli sul tavolo. Non si mosse neppure quando lui si chinò per far combaciare le loro labbra.
Fu un bacio casto: lei rimase immobile mentre il ragazzo si limitò a carezzarle teneramente la guancia.
Era gentile.
 
Ma nessun battito scalfiva il suo petto.
 
Era Dean.
 
Non era lui.
 
Il ragazzo si staccò e le sorrise, ma il sorriso incerto che gli arrivò per risposta, evidentemente non convinse neppure lui.
- Non voglio una risposta ora… pensaci, ok?
La ragazza annuì, senza dire una sola parola e Dean si allontanò, salutandola poi con un gesto della mano.
Istintivamente gli aveva detto che ci avrebbe pensato, ma Ginny lo sapeva.
 
Il suo cuore non avrebbe mai più battuto per qualcuno che non fosse lui. 
 
Aveva amato Harry con l’ingenuità e la purezza di una bambina e lo amava tutt’ora con un’intensità e una forza che non aveva mai riservato a nessun altro. Era prepotente l’amore che provava per Harry, era uno di quegli amori che ti strappa il cuore e ti lascia senza fiato. Ed era terribile quanto forte e veemente fosse quell’immenso amore di cui non riusciva proprio a liberarsi.
Gli aveva confessato i suoi sentimenti mesi prima e non vi era stata cosa più orrenda che vedere Harry abbassare lo sguardo e risponderle che per lui non era altro che una sorella. Aveva sentito il cuore creparsi, incrinarsi e infine cadere a pezzi come un castello di carte e Ginny ancora non si spiegava come avesse fatto a non scoppiare a piangere in quel momento, di fronte a lui.
Aveva sperato che le sarebbe passata, che, dopo averglielo detto, pur avendo ricevuto un sonoro due di picche, si sarebbe messa il cuore in pace e sarebbe stata libera di innamorarsi di qualcun altro. Ma il suo cuore, di mettersi in pace, non ne voleva proprio sapere. Ancora non si spiegava come fosse possibile che dopo tutto quel tempo Harry fosse in grado di farle tremare le ginocchia, soltanto guardandola.
Un groppo le risalì in gola, bloccandole il respiro.
 
Smettila, ti fai solo del male.
 
Con questi pensieri ad affollarle la mente aprì il libro, senza alcuna voglia di studiare.
 

 

 
Quando Harry aveva avvertito quel dolore sordo risuonare nel petto, aveva creduto di essere sul punto di avere un infarto. In un primo momento non era riuscito proprio a muoversi, il corpo paralizzato come una statua di sale, poi il dolore era arrivato tutto in una volta, prepotente quanto la forza di una cascata. Mai si era sentito tanto spossato, indifeso e vulnerabile.
 
Magari tra qualche mese la vedrai accanto a un ragazzo, che a differenza tua non ha avuto paura di confessarle i suoi sentimenti.
 
Le parole di Hermione, che quel giorno lo avevano turbato a tal punto da convincerlo una volta per tutte a prendere in mano la situazione, risuonarono nella sua testa quasi in modo derisorio a farsi beffe del suo dolore.
 
E allora sì, in quel caso sarà davvero troppo tardi.
 
Mai le parole di Hermione si erano rivelate tanto profetiche come in quel momento.
 
È troppo tardi.
 
Era stato un puro caso che fosse passato di lì. E Merlino solo sapeva quanto desiderasse tornare indietro nel tempo per evitare di rivedere quella scena, che in quel momento continuava a ripetersi nella sua testa.
 
È troppo tardi.
 
Harry deglutì, senza respiro. Era più che certo che se non se ne fosse andato via immediatamente, sarebbe cascato a terra come un burattino senza fili. 
 
È troppo tardi.
 
Aveva aspettato troppo e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
 
E tu passerai la vita a piangerti addosso per non averci nemmeno provato, per non averle dato l’occasione di scegliere te.
 
Le mani presero a tremargli di rabbia, il bacio che Ginny e Dean si erano scambiati a tormentarlo con una crudeltà disumana.
Perché tra tutte proprio lei? Perché Dean doveva portarsi via l’unica ragazza che amava?
Forse fu questo improvviso moto di rancore e malessere che lo portò a raggiungere Ginny, anche se non pienamente stabile sulle sue gambe.
- Hei, Ginny. – borbottò, con un saluto impacciato, sedendole accanto.
Le spalle della ragazza furono attraversate da un fremito, non appena riconobbe la sua voce.
- Harry. – squittì, sorpresa. – Ciao.
- Uhm, ciao. – ripeté Harry, sentendosi un idiota. Non aveva idea di cosa gli fosse venuto in mente di avvicinarsi a lei, men che meno sapeva cosa dire. Ma cosa gli era preso? Non aveva il diritto di farle alcuna scenata, Ginny era libera di stare con chiunque volesse; era stata sincera con lui fin dall’inizio, era lui a non essersi comportato bene né nei suoi né nei propri confronti.
- Tu e Dean state insieme? – sbottò, improvvisamente, prima che la ragazza potesse dire qualunque cosa.
Harry spalancò gli occhi alle sue stesse parole, indeciso se sbattere la testa contro il muro. Era forse impazzito?
Alla sua domanda, Ginny arrossì immobilizzandosi. Schiuse la bocca, senza sapere cosa rispondere. Trovarsi Harry davanti così all’improvviso non aiutava di certo il suo povero cuore malandato.
Il suddetto Harry dal canto suo era prossimo ad avere il primo infarto della sua vita.
- Noi, uhm, no. – sussurrò infine, dopo quello che parve un tempo infinito.
Harry abbassò lo sguardo.
- Ma vi ho visti… ecco, baciarvi, . – sbottò, per poi mordersi la lingua.
- Ah. – fu la laconica risposta della Grifondoro. – Non… cioè, lui mi ha detto di pensarci. – balbettò a disagio.
- E ci hai pensato? – chiese Harry, non potendo fare a meno di chiederglielo, guardandola con due occhi talmente disperati che Ginny non s’infastidì nemmeno per l’invadenza di quelle domande.
- Veramente non…
- Merlino, Ginny scusa! – esclamò Harry, riprendendosi. – Non… Non volevo aggredirti, questi non sono affari miei. È che… – cercò le parole ma non le trovò.
Harry alzò gli occhi e incontrò i suoi. 
Come poteva odiare Dean per amarla? Come poteva biasimare il fatto che volesse portargliela via? Anche lui lo avrebbe fatto. L’unica differenza tra loro era stata il coraggio, quello che Harry non aveva avuto.
- Credo che dovresti dargli una possibilità.
 
Ma cosa Merlino sto dicendo???
 
Cosa aveva appena detto? Oh, Merlino, ma che aveva detto? Cosa gli era venuto in mente? Perché nessuno gli aveva ancora tirato una botta in testa, per metterlo a tacere una volta per tutte?
Dall’espressione di Ginny capì che lei era rimasta ancora più sorpresa di lui per quell’uscita.
- Ah. – fu nuovamente la risposta della ragazza, che non sapeva se essere più delusa o triste dal fatto che Harry la stesse spingendo tra le braccia di un altro ragazzo. – Beh, può darsi che decida di dargli una possibilità allora. – rispose poi, il rancore e la malinconia a raschiarle la voce.
- Ecco, sì, giusto, uhm… bene. – borbottò Harry, il respiro bloccato in gola. – Devo… devo andare. Ci vediamo. – mormorò poi, alzandosi in piedi come un razzo. Lo disse talmente in fretta che non fu nemmeno tanto sicuro che Ginny lo avesse sentito, ma in quel momento non gli importava. Voleva soltanto scappare il più lontano possibile.
La Grifondoro rimase a fissarlo, finché non scomparve dalla sua visuale. Soltanto quando fu sicura che se ne fosse andato, permise a una lacrima di percorrere il suo viso.
 

 

 
- Sei in ritardo. – esclamò Hermione, quando vide Draco avvicinarsi.
- Io non sono mai in ritardo, Mezzosangue, sono gli altri ad essere in anticipo.
- Ma certo, non è mai colpa tua, vero?
- Vedo che cominci a imparare, Granger. – la stuzzicò, con un sorrisetto antipatico.
Hermione dovette far forza su tutta a sua volontà per non ribattere. Cos’è che si era ripetuta per tutto il giorno?
 
Calma, devo stare calma.
 
E, per quanto sembrasse impossibile, dovevano almeno tentare di andare d’accordo.
Quando entrarono nella Sala dei Trofei fu percossa da un gelido brivido. Tutta la scuola dormiva a quell’ora; i corridoi erano completamente avvolti dal buio e in giro non c’era nessuno, a parte loro due. Essere lì da sola con quel Serpeverde non la confortò per niente.
- Paura? – la schernì Draco, come se le avesse letto nel pensiero.
- Ma proprio per niente. – replicò sicura.
Draco, suo malgrado, si ritrovò a ridacchiare. Si vedeva lontano un miglio che aveva una fifa blu solo all’idea di trovarsi in quel posto con lui.
- Ok, io pulisco a destra e tu a sinistra, va bene? – propose Hermione, nonostante essere gentile con quella serpe le costasse più del dovuto.
- Perché io a sinistra?
- Ok, allora io pulisco a sinistra e tu a destra, va bene?
- La mia o la tua destra?
- La tua! – esclamò esasperata. – Anzi no, la mia.
- Perché la tua?!
Hermione fu a tanto così dal lanciargli una fattura.
- Ok, Malfoy, parliamoci chiaro e tondo, una volta per tutte! Io non ti sopporto, così come tu non sopporti me, ma sai anche tu che dobbiamo trovare un modo per andare d’accordo, almeno fino a quando la McGranitt non ci toglierà la punizione! Quindi, smettila di innervosirmi. – disse tutto d’un fiato. – Tregua, ok?
- Tsè! Io non scendo a patti con i plebei come te. – sibilò per tutta risposta con un sorriso da schiaffi.
Hermione sentì il sangue ribollirle nelle vene, certa che prima o poi avrebbe avuto un esaurimento nervoso.
 
Stronzo, stronzo, stronzo!
 
E lei aveva anche cercato di essere gentile!
- Potresti almeno fare uno sforzo?! – chiese scandendo bene le parole, sull’orlo di una crisi di nervi.
- E perché dovrei? – domandò Draco, sinceramente sorpreso. – Non ho niente da condividere con quelli come te.
 
Quelli come te.
 
Quelli come te.
 
Quelli come te.
 
Fu talmente forte il moto di rabbia che la colse che, incapace di trattenersi, gli tirò uno schiaffo; nuovamente Draco non glielo permise, bloccandole il polso.
Fu stupita da tanta agilità.
Il ragazzo le afferrò anche l’altro polso, bloccandola.
- Ti avevo detto che non avresti dovuto riprovarci mai più. – sibilò.
Rimasero fermi in quella posizione per pochi secondi, ma ad entrambi sembrarono ore. Lei coraggiosamente a testa alta nonostante il tono minaccioso, lui che la fissava come se volesse incenerirla.
Improvvisamente insorse in lui il desiderio di fargliela pagare: voleva punirla, fare qualcosa che sapeva non avrebbe sopportato, qualcosa che le avrebbe fatto capire di stare al suo posto. Spostò lo sguardo sulla bocca, mentre un’idea gli balenava in testa. Quella bocca… non si era mai accorto di quanto fosse invitante, con quelle labbra morbide e più rosse di un petalo di rosa. Con un ghigno diabolico si avvicinò ancora di più, cancellando i pochi centimetri che li separavano. Hermione quando intuì le sue intenzioni, cominciò a sudare freddo, sconcertata e incredula per quello che stava per succedere.
 
Non può farlo veramente! Non può!
 
- L-lasciami! – balbettò, inutilmente.
Hermione indietreggiò, ma ben presto si ritrovò con le spalle al muro. Draco la bloccò col suo corpo, per impedirle di fuggire.
La ragazza prese a tremare, quando capì che ogni sua via di fuga era stata bloccata. Era completamente atterrita e confusa dalla piega che aveva preso la situazione, cosa Merlino gli era venuto in mente?
Continuò a strattonare i polsi e a scalpitare almeno fino a che il Serpeverde non le sfiorò il naso col proprio. In quello stesso istante smise di agitarsi e spalancò gli occhi, rendendosi conto di quanto fosse infinitesimale la distanza tra i loro corpi. Ma la cosa che più la sconvolse fu l’assurda corsa che intraprese il suo cuore, così all’improvviso.
Per paura probabilmente.
Certo che era paura, cos’altro poteva essere? Quello stupido Serpeverde l’aveva letteralmente braccata contro il muro e lei era terrorizzata, assolutamente terrorizzata!, da quella situazione.
Il fatto che fosse palesemente arrossita e che non riuscisse a distogliere lo sguardo dalle labbra di Draco era un dettaglio irrilevante. Totalmente, completamente irrilevante.
 
Ma che cosa sto pensando? Ho appena guardato le sue labbra? Oh, Merlino, che qualcuno mi salvi.
 
Un rumore che rimbombò tra le pareti della stanza le venne in aiuto.
Quel tonfo fece riscuotere entrambi e il ragazzo si bloccò improvvisamente.
Hermione tentò di riprendere fiato, mentre Draco si allontanava con estrema lentezza da lei, liberandole i polsi che teneva ancora stretti tra le sue mani.
 
Cosa Merlino è appena successo?
 
La Grifondoro arrossì ancora di più di fronte alla sua espressione altrettanto sbigottita.
 
Stava per baciarlo.
 
Era pazza! Sì, stava impazzendo e doveva farsi curare il prima possibile! Oh Merlino, stava per baciarlo! Lui! Draco Malfoy! Quel Draco Malfoy! La stessa persona che l’aveva offesa per anni, che l’aveva sempre fatta sentire inadeguata, non all’altezza, uno sbaglio della natura.
Draco, dal canto suo, era anche più scosso di lei.
Ci era mancano pochissimo che baciasse la Granger.
 
Ma porco paiolo che mi è preso?
 
Ok, era piuttosto nervoso quella sera e voleva assolutamente fargliela pagare ma… aveva forse perso il lume della ragione?
Quella ragazza aveva il potere di fargli perdere veramente le staffe, constatò, riassumendo il suo solito cipiglio arrogante e impassibile. Nessuno poteva riuscirci. Lui era Draco Malfoy, freddo e insensibile, sia di fatto che per definizione. Ed era un grossissimo problema il fatto che lei riuscisse a farlo arrabbiare tanto.
Si scambiarono uno sguardo, uno più sbigottito dell’altro, e non si rivolsero la parola per tutto il resto della sera, lasciando che il silenzio li avvolgesse insieme all’oscurità.

 
 
  








 
 
Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Allora innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma questo capitolo è abbastanza lungo e spero di essermi fatta perdonare ;)
Poi vorrei fare alcune precisazioni sulla storia: Voldemort è già morto, avete presente al Ministero lo scontro tra il nostro Voldy e Silente? Ecco, diciamo che ci ha rimesso le penne lì… inoltre Silente è ancora vivo, pieno di forze e senza mani bruciacchiate xD
Se avete qualche dubbio, non esitate a chiedere, mi raccomando!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, la situazione comincia ad evolversi!  
Ringrazio tutti i lettori silenziosi che hanno avuto il coraggio di leggere la mia storia, tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate, ma soprattutto ringrazio SWAMPY e Mayasun per aver recensito lo scorso capitolo.
Bene, dopo avervi annoiato con le mie chiacchiere mi ritiro! Al prossimo capitolo!
flors99

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Capitolo 6
*** I'll Thank You ***


Per Allyson, trovare la stanza di Silente era stata una vera impresa. Si era persa tre o quattro volte e aveva chiesto informazione a fantasmi e quadri di dubbia provenienza prima di riuscire a percorrere la giusta strada.
Quando poi vi era entrata era rimasta totalmente a bocca aperta: non tanto per la particolarità e la bellezza del posto, ma per la magia che vi sentì scorrere. Era come se il cuore pulsante di Hogwarts fosse racchiuso in quei muri, in ogni singolo oggetto presente nella stanza e, soprattutto, in lui, quell’anziano signore che mostrava una regalità e un’eleganza fuori dal comune.
- Voleva vedermi? – chiese, leggermente in soggezione.
- Sì, cara, benvenuta.
La ragazza si perse nuovamente a scrutare la bellissima stanza. In gran parte era piena di libri, magari ne avrebbe potuto trovare qualcuno di letteratura classica!
- Frequenterai il quarto anno, Allyson. Sei troppo grande per frequentare il primo e troppo indietro per frequentare il sesto, quindi il quarto anno mi sembra un giusto compromesso. Ovviamente dovrai recuperare tutto il tempo perso.
La ragazza accennò un sorriso.
- Sì, me lo ha detto oggi la McGranitt.
- Hai già tutti i libri?
- Sì, li ho presi con Hagrid. O almeno credo. – mormorò, cercando di fare mente locale su cosa avesse comprato.
- Tieni. – Silente le porse un foglio. – È l’orario delle lezioni settimanali.
- Grazie. – soffiò, una sorta di riverenza a graffiarle la voce.
- Devi dirmi qualcosa, cara? – le chiese Silente, come se fosse a conoscenza dei suoi pensieri.
Accidenti! Ma come faceva quel vecchietto barba lunga a capire che c’era qualcosa che si stava arrovellando nella sua testa fin da quando era entrata?
- Quando posso vedere mio padre? – chiese, senza troppi giri di parole.
- È possibile scrivere ai propri genitori un giorno a settimana, se lo desideri.
La ragazza non sembrò essere soddisfatta dalla risposta.
- E quando potrò vederlo?
- Durante le vacanze di Natale, ad esempio.
La Serpeverde non prese bene la notizia, ma non lo diede a vedere.
- Allyson… – la richiamò Silente. – A proposito di tuo padre… Vorrei parlarti della tua famiglia.
- Preferirei di no. – fu la secca risposta di Allyson.
La storia dell’adozione era un argomento che non aveva ancora digerito e non aveva nessuna intenzione di farlo.
- Volevo solo dirti che… – mormorò Silente, scegliendo le giuste parole con cura. – …conosco la tua situazione. So che sei stata adottata.
- E come fa a saperlo? – domandò Allyson, guardinga.
- Sono un mago, no?
- E lei sa chi sono i miei veri genitori? – chiese, senza discrezione. Perché lei era così: diretta, schietta, fredda.
- No.
Allyson s’irrigidì. Strinse gli occhi, finché non diventarono due fessure, tanto che Silente non poté fare a meno di notare l’innaturale glacialità del suo sguardo.
Decisamente non ci sono dubbi, constatò il vecchio preside.
Non gli piaceva mentire, ma aveva promesso che non le avrebbe rivelato niente e non poteva certo venir meno al giuramento. Se Allyson fiutò la bugia, non lo diede a vedere.
- Non avere fretta di conoscere ciò a cui non sei preparata. – mormorò. – Li troverai presto in ogni caso.
- E lei come fa a saperlo?
- Sono un mago, no?
Il sorriso impercettibile che si dipinse sulle labbra di lei chiuse la conversazione.
Quando dopo qualche minuto Allyson uscì dall’ufficio, si riscoprì più confusa di quanto già non fosse prima.
Aveva il sospetto che il vecchio preside sapesse chi fossero i suoi genitori, ma aveva preferito non insistere e lasciar cadere la conversazione. Non voleva aver niente a che fare con loro, provava soltanto una rabbia cieca verso quelle due anonime persone che l’avevano abbandonata.
La ragazza scosse la testa per scacciare quei brutti pensieri, guardandosi intorno per capire dove fosse esattamente.
Era molto buio e doveva ancora raggiungere i sotterranei, dove si trovava il suo dormitorio. Inutile dire che non aveva la minima idea di come arrivarci. Non poté rifletterci a lungo perché le scale sotto di lei si mossero, Allyson perse l’equilibrio e cadde a terra. Si morse una guancia, per evitare di lanciare improperi. Dannate scale, era lì da neanche un giorno e già pensava ad un modo per distruggerle. Quando recuperò l’equilibrio si ritrovò davanti a un lungo e stretto corridoio.
Allyson sinceramente non sapeva cosa fosse peggio: l’essere totalmente immersa nel buio o la consapevolezza di essersi persa nel castello. Dato che le scale non accennavano a muoversi ancora, ad Allyson non rimase altra possibilità che camminare e cercare di orientarsi.
Non aveva paura del buio. Quella parola era stata omessa dal suo dizionario ancor prima di nascere.
 
Ma dei ricordi, oh, di quelli sì che aveva paura.
 
Il respiro di Allyson si fece pesante nel notare quanto quel corridoio assomigliasse a un gigantesco buco nero.
 
Nero come il passato che, impietoso, bussò alla sua mente.
 
Nessuno spiraglio di luce.
 
Nessuna speranza.
 
Il corridoio mutò fino a trasformarsi in una stanza buia che Allyson conosceva fin troppo bene.
  
 
- Mamma, mamma, sono tornata! – gridò la bambina, raggiante. Si precipitò nello studio, sicura che l’avrebbe trovata. Fu sorpresa di non vederla lì e le parve ancora più strano il fatto che non le fosse venuta incontro e non l’avesse salutata con un bacio sulla guancia, come sempre. La bambina continuò a chiamarla, cercandola in tutte le stanze e chiedendosi dove potesse essere la sua mamma.
Quando anche la cucina si rivelò essere deserta, non le rimase altro che provare in soffitta; probabilmente la sua mamma doveva prendere degli scatoloni e questo spiegava anche perché non l’avesse sentita. Corse su per le scale, percorrendo poi il corridoio buio come la notte. L’ansia l’assalì all’improvviso, ebbe la chiara percezione che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in quel momento. Si precipitò dentro la stanza, col cuore in gola.
La porta cigolò.
Per un attimo Allyson non vide niente.
I suoi occhi scrutarono ogni singolo angolo della stanza, senza posarsi realmente su nulla. Soffermarsi fu il loro più grande errore.
Non seppe per quanti minuti rimase lì, immobile, con gli occhi pieni di terrore, paura e sconcerto.  
 - M-mamma… – sussurrò, avvicinandosi e appoggiando la mano tremante sul petto della donna e provando a scuoterla.
Quando la scostò la ritrovò coperta di sangue.
La bambina sentì gli occhi pizzicare e le guance bruciare per il fiotto di lacrime che, incontrollato, scese lungo il suo viso.
- Mamma, apri gli occhi!
Allyson non ricorda con esattezza cosa successe da quel momento in poi, i dettagli si confusero nella sua mente. Ricorda soltanto che fece di tutto per cercare di svegliare sua madre da quello che non sapeva essere un sonno senza vita. La scosse, la spinse, cominciò anche a tirarle dei deboli schiaffi a un certo punto, ma ogni tentativo fu inutile.
- Mamma, perché non ti svegli? – singhiozzò, rivolgendosi a tutti e a nessuno. Rivolgendosi solo al silenzio che la cullava senza abbandonarla.
Quando alla fine si arrese alla realtà dei fatti appoggiò la testa sul petto della madre, piangendo e versando tutte le lacrime di cui era capace. Continuò a piangere anche quando qualcuno la trascinò via, probabilmente suo padre. Pianse quando arrivò l’ambulanza, per tutto il tempo in cui i medici provarono a rianimarla e quando tornò a casa con il vuoto nel cuore. Pianse quando suo padre la prese in braccio, stringendola come se fosse un pezzo di cristallo e le sussurrò traballanti rassicurazioni all’orecchio.
Pianse fino ad addormentarsi, il corpo sanguinante di sua madre a tormentarla nei suoi incubi.
Da quel giorno in poi, Allyson non pianse più. 
 
 
La Serpeverde fu costretta ad aggrapparsi al muro, quando si rese conto di aver trattenuto il respiro per un tempo infinito. Allyson tossì, i polmoni che bruciavano per lo sforzo. Cercò di regolarizzare il respiro, senza troppo successo, mentre intorno a lei i contorni tornavano ad essere definiti e assumevano le loro vere sembianze.
Fu a quel punto che cominciò a correre.
Non sapeva neppure lei dove stava andando esattamente, sapeva soltanto che doveva uscire da lì il prima possibile, il ricordo di sua madre a farla tremare dalla paura.
 
E solo Dio sa quanto Allyson odiasse, più di tutto, avere paura.
 
I passi cadenzati risuonarono nel corridoio, come il più chiassoso dei tamburi.
 
Voleva soltanto allontanarsi da quei ricordi.
 
Avvertì un leggero pizzicore agli occhi e capì che se non avesse recuperato il controllo, sarebbe scoppiata a piangere da lì a poco.
 
E lei aveva giurato che non si sarebbe più permessa di piangere, non da quel giorno.
 
Per quanto fosse immenso quell’indicibile dolore, sembrava inutile contro la barriera del suo orgoglio, che lei aveva innalzato per proteggersi.
 
Un argine inespugnabile che feriva più di quanto non curasse.
 
Mai avrebbe permesso alle lacrime di uscire.
Stava ancora correndo quando un ostacolo si parò sulla sua strada, facendola sussultare. Rischiò di cadere, ma due braccia forti l’afferrarono tenendola stretta.
Si divincolò immediatamente, l’orgoglio e la diffidenza a impregnarle il cuore.
- Che ci fai qui a quest’ora? – si sentì chiedere.
Per un secondo Allyson non rispose. Si limitò a fissare lo sconosciuto, respirando affannosamente, incapace di dire alcunché; quando poi lo riconobbe una smorfia le si disegnò sulle labbra. La luce lunare illuminò la figura Theodore Nott, suo compagno di casa.
Inizialmente, quando lo aveva visto quella mattina, ad Allyson era sembrato un ragazzo piuttosto mingherlino e allampanato, ma probabilmente doveva averlo confuso con qualcun altro perché quando prima l’aveva afferrata aveva potuto percepire due braccia abbastanza muscolose, segno di un fisico asciutto e tonico.
Si soffermò forse per qualche secondo di troppo sulle sue larghe spalle, prima di spostare gli occhi sul suo viso; ebbe la netta sensazione che Theodore non le avesse staccato gli occhi di dosso nemmeno per un istante, analizzandola come se fosse un succulento pezzo di carne.
- Non sono affari tuoi. – si decise finalmente a rispondere, in tono piuttosto acido. Ricordava bene cosa le avesse detto quella mattina e lei di certo non era una persona compassionevole, né tantomeno caritatevole.
Il sorriso del ragazzo si allargò senza interrompere quel gioco di sguardi. Notò che la ragazza indossava la divisa verde-argento dei Serpeverde che le era stata consegnata quel giorno, con lo stemma appuntato sull’abito.
Un moto di repulsione gli risalì in gola. Una lurida Mezzosangue che indossava la divisa di Serpeverde: soltanto l’idea gli parve un vero e proprio oltraggio. Per Salazar, doveva dire a Blaise che quella scommessa poteva scordarsela, non esisteva proprio che uno come lui dovesse abbassarsi a una come… oh.
Quando spostò gli occhi sul suo viso, rimase immobile e i pensieri smisero di arrovellarsi nella mente.
Gli occhi erano due pozze d’argento liquido.
 
Innocenti e tentatori.
 
Le ciglia lunghissime sembravano sfiorare il sopracciglio.
Le guance leggermente rosee e il respiro più veloce del solito. Le labbra rosse e piene.
 
Il serpente è tentato invece di tentare.
 
- Guarda che così mi consumi… – mormorò sarcastica la ragazza, un ghigno a disegnarle le labbra.
Theodore deglutì, preso alla sprovvista, e continuò a ripetersi la parola Mezzosangue in testa per impedirsi di raggiungerla e baciarla all’istante. Si diede uno schiaffo mentale, un secondo dopo; non era certo un bel visino che avrebbe smosso le sue convinzioni e i suoi ideali sul sangue puro.
Allyson lo fissò, sfidandolo con lo sguardo e aspettandosi una qualsiasi rispostaccia o insulto; ma Theodore continuò semplicemente ad osservarla silenziosamente, quasi a volerle scavare l’anima.
 
Un abbraccio, probabilmente, sarebbe stato meno intimo.
 
- Stai bene? – le chiese poco dopo, stupendola e non poco.
Allyson assunse l’espressione più impassibile e fredda che aveva e rispose con un’alzata di spalle.
- Non vedo come la cosa possa riguardarti. – fu la placida risposta.
Theodore inarcò il sopracciglio, un moto di stizza a risalirgli lungo il corpo. Ma come si permetteva? Merlino, quella ragazza avrebbe dovuto baciare per terra soltanto per il fatto che lui le avesse rivolto la parola e lei osava addirittura trattarlo come l’ultimo degli stupidi?
- Chissà cosa direbbero i professori a saperti in giro a quest’ora della notte. Non lo sai che esiste un coprifuoco, Mezzosangue? – non riuscì a trattenersi dal chiederle, un’insopportabile ironia nel tono di voce.
- Ma da che pulpito mi arriva la predica. Io posso sempre appellarmi alla scusa di essere arrivata soltanto oggi e non essere stata messa al corrente. – osservò la ragazza. – Tu che scusa hai, invece? – aggiunse poi, col chiaro intento di fargli capire che se avesse provato a mettere nei guai lei, si sarebbe messo nei guai da solo.
- Non vedo come la cosa possa riguardarti. – la scimmiottò Theodore, facendole salire i nervi. – Mezzosangue. – aggiunse, a presa di giro.
A quell’ennesimo appellativo, Allyson sentì una rabbia inaspettata montare nel petto. Alzò poi gli occhi al soffitto, cercando di calmarsi, ripetendosi come una mantra che non ne valesse davvero la pena perdere tempo con un idiota del genere.
- Non ho tempo da perdere con te. – sbuffò, incamminandosi dalla parte opposta dalla quale era venuta.
- Se stai cercando di andare ai dormitori, hai sbagliato strada. – le disse il ragazzo, per tutta risposta.
Allyson si fermò, tristemente consapevole di non avere la minima idea di come arrivare ai dormitori.
- Non sai come arrivarci, vero? – le chiese Theodore, leggendole nel pensiero, già pregustando il momento in cui lei si sarebbe scusata con lui e gli avrebbe chiesto aiuto.
- Non chiederò certo a te di aiutarmi. – rispose la ragazza, alterata.
- E come pensi di arrivarci? Da sola?
- Esattamente. Preferisco girare per tutto il castello, piuttosto che chiedere aiuto a uno come te.
- A uno come me?! – esclamò Theodore, completamente preso alla sprovvista. La fissò sconcertato, indeciso se mettersi a ridere o no. – Mezzosangue, forse c’è una cosa che non ti è chiara in tutto questo: tra me e te sei tu che sei in difetto. Sei tu che dovresti soltanto ringraziarmi per averti rivolto la parola. – sputò, incapace di trattenersi.
Quando Allyson si girò nella sua direzione e lo fissò, gli lanciò un’occhiata talmente gelida che il ghiaccio sarebbe diventato caldo al confronto.
- Mi dispiace. – fu l’inaspettata uscita della Serpeverde.
Theodore spalancò gli occhi chiari, non aspettandosi una simile reazione. Forse aveva davvero capito quale fosse il suo posto, che davanti a lui l’unica cosa sensata da fare sarebbe stato abbassare la testa e…
- Per te. – si affrettò ad aggiungere Allyson. – Le persone come te mi mettono tristezza. La tua vita è talmente misera e vuota che per riempirla non sai far altro che far star male gli altri, forse sperando di ottenere una sorta di gratificazione personale. E credimi, ricevere gratificazione da questo, dal dolore altrui, è una delle cose più misere che esistano a questo mondo. Quindi, secondo questo ragionamento, sei tu che dovresti soltanto ringraziarmi per averti rivolto la parola.
Theodore sussultò, colto alla sprovvista, e cominciò a tremare, non seppe se per la rabbia o lo sconcerto. Boccheggiò poi, incapace di rispondere, e quando Allyson sparì dalla sua visuale si accorse di aver trattenuto il respiro fino ad allora.
Ma come si era permessa? Come aveva osato dirgli quelle cose? Piegò le labbra in una smorfia, ferito nell’orgoglio e più che mai deciso a fargliela pagare in qualche modo.
Improvvisamente la scommessa stipulata con Blaise non gli parve più un’idea tanto malvagia; niente era più doloroso di un cuore spezzato.
C’era soltanto un minuscolo problema: probabilmente con il suo comportamento del tutto lecito, di quella sera, riuscire a conquistare Allyson o anche solo la sua fiducia sarebbe stata un’impresa piuttosto ardua, ma Theodore non era certo il tipo di persona che si lasciava scoraggiare così facilmente, non quando l’obiettivo si prospettava così succulento.
 
Devo soltanto cambiare strategia, niente di più semplice.
 
Io dovrei ringraziare te per avermi rivolto la parola, eh?
 
Ti ringrazierò, Allyson, stai pur certa che lo farò. E ti assicuro che non ti piacerà.
 
 


 
- Hermione! Hermione, svegliati! – la voce squillante di Ginny risuonò per le pareti, richiamandola senza sosta. Quest’ultima, ancora in dormiveglia, si mosse contro il cuscino.
- Ancora 5 minuti, mamma…
- Come mi hai chiamato?! – l’urlo della rossa fece destare completamente la Grifondoro, che si tirò su a sedere con uno scatto degno di un felino.
- Che è successo? – rispose, isterica. – Un terremoto? Un incendio? Qualcuno si è schiantato? Harry e Ron sono in salvo? – cominciò a scrollare Ginny, preoccupatissima che fosse successo qualcosa d’irreparabile.
- Hei, lasciami! – esclamò la giovane Weasley, cercando di districarsi dalla presa.
- Ginny, cosa è successo, si può sapere?
- Mi hai chiamato mamma.
Hermione si bloccò improvvisamente, la scarica di adrenalina che pian piano scemava.
- Fammi capire se ho capito… – borbottò, massaggiandosi le tempie. - Tu hai urlato in quel modo solo perché ti ho chiamato mamma?
- Solo? – la rimbrottò la più piccola delle due ragazze. – Col tutto il rispetto per tua madre, ma hai detto che sono vecchia!
- Non l’ho detto!
- Ma mi hai chiamato mamma!
- Mia madre non è vecchia!
- Di sicuro lo è più di me. – chiarì Ginny, fingendosi offesa.
Le due amiche si guardarono per un istante e, rendendosi conto della piega ridicola che aveva preso la conversazione, scoppiarono a ridere senza sosta.
- Comunque è ora di alzarsi Hermione e, strano a dirsi, ma sei in ritardo.
Bastarono quelle parole per far saltare su come una molla Hermione, che scomparve nel bagno in meno di un secondo.
Quando entrambe furono pronte, scesero in Sala Comune, dove incontrarono Harry e Ron.
Hermione soffermò lo sguardo su Ron. L’anno prima avevano provato a stare insieme, ma dopo qualche mese avevano capito che la loro storia non poteva continuare. Si erano confessati, non senza un certo imbarazzo, di non provare più nessuna attrazione nei confronti l’uno dell’altro e che quello che rimaneva a legarli non era altro che una profonda amicizia. Bellissima, sincera, ma pur sempre amicizia.
Lo guardò con affetto, per poi spostare lo sguardo su Harry. Erano i suoi fratelli, i suoi compagni di avventure, che le erano stati accanto durante le avversità e che in quel momento stavano scopiazzando qualcosa dal…
Hermione lanciò loro un’occhiata terrificante.
- Cosa state facendo? – chiese a denti stretti, ben conoscendo la risposta.
Non appena sentirono la sua voce, i due ragazzi sussultarono, cercando inutilmente di far sparire quello che avevano tra le mani.
- Oh, niente, noi, ehm, schemi di Quidditch.
- Ah, sì? Perché non mi fate vedere?
- N-no! – esclamò Ron, terrorizzato. – Tu non ne capisci nulla di Quidditch!
- No, infatti, Hermione, grazie, ma non è necessario. – mormorò Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Harry, Ron… – li richiamò la Grifondoro, mentre Ginny si stava letteralmente soffocando dalle risate. – …credete che io sia stupida?
- No, certo che no, ma ti pare…
- Ma cosa dici, Hermione, è solo che le ragazze e il Quidditch non vanno d’accordo…
- Hei! – protestò Ginny. – Cos’è questa generalizzazione?
- VOI STATAVE COPIANDO IL MIO COMPITO! – urlò, strappando dalle mani di Ron il suo preziossissimo e intoccabile tema di Pozioni.
- Ma no, Hermione, cosa dici, sembra il tuo tema, ma non lo è!
- Infatti, ma ti pare, noi non prenderemmo mai il tuo tema per copiarlo…
La Grifondoro sbuffò, di fronte a quelle patetiche scuse e alzò gli occhi al soffitto.
- Siete davvero pessimi! – li rimproverò. – Se voi studiaste un po’ di più invece di pensare solo al Quidditch, non avreste bisogno di copiare il mio tema come due ladruncoli e poi venirmi a raccontare certe frottole!
- Sì, ma… – pigolò Harry, arrossendo.
- Sì, ma cosa Harry?
- È stato un caso, non lo faremo più. – intervenne Ron.
- Ma se lo avete fatto anche ieri. – lo corresse Ginny, prendendo la parola.
Hermione spalancò gli occhi, scandalizzata.
- Cosa avreste fatto voi ieri?!
- Niente, niente. – borbottò Harry, con una risata nervosa.
Hermione era a tanto così dal lanciarsi in un’arringa degna di un avvocato su quanto fosse importante studiare e portare a termine quei semplici e pochi compiti che erano loro assegnati, quando si rese conto del pesante imbarazzo che era sceso nella stanza. C’era una sorta di tensione che aleggiava nell’aria e, Hermione avrebbe potuto giurarci, riguardava Harry e Ginny. Si ripromise di chiedere alla giovane Weasley se fosse successo qualcosa il giorno prima, sperando che Harry si fosse finalmente deciso a farsi avanti.
Hermione sospirò e decise di rimandare la sua ramanzina a un momento più opportuno.
- Ron, andiamo. – esordì.
- Cosa? – il rosso la guardò, stralunato.
- A fare quella cosa.
- Quale cosa?
- Quella cosa, quella di cui mi parlavi. – disse, sperando che capisse.
- Ma io non ho detto niente. – rispose Ron, passandosi una mano tra i capelli.
- Ti scordi sempre tutto! – lo rimproverò Hermione, prendendolo per un braccio e trascinandoselo dietro. – A dopo ragazzi, noi dobbiamo andare! – aggiunse poi, mentre Harry e Ginny le lanciavano rispettivamente un’occhiata terrorizzata e una perplessa.
- Possibile che tu non capisca mai niente? – sibilò Hermione, quando furono usciti dal dormitorio.
- Cosa dovrei capire, scusa? – borbottò Ron, confuso.
La ragazza scosse la testa, mentre tentava di sistemare i libri nella cartella. Forse dopotutto era un bene che Ron non avesse compreso del tutto la situazione; era ormai risaputa la sua gelosia nei confronti di Ginny e non sapeva come avrebbe preso la notizia. 
- Ah Hermione, ma perché ieri sera hai fatto così tardi?
La ragazza arrossì come un peperone a quella domanda. Aveva fatto di tutto per dimenticare quello che era successo la sera prima e, inutile a dirsi, non ci era riuscita.
Stava per baciare quel maledetto Serpeverde! Ma che le era preso? Sicuramente un colpo di sole, oppure la stanchezza, sì giusto, la stanchezza gioca brutti scherzi, bruttissimi, orribili scherzi. Ma poi come si era permesso quello stupido furetto di spingerla contro il muro? Come si era permesso di toccarla? E soprattutto come aveva potuto lei desiderare baciare un simile essere, borioso e arrogante fino al midollo??
Sentì il sangue ribollirle nelle vene, i nervi a fior di pelle, mentre continuava a litigare con quel libro che ancora non ne voleva saperne di sistemarsi nella sua cartella.
Ron osservò preoccupato l’amica, che aveva preso a girare furiosamente intorno a uno stesso punto.
- Hermione?
La ragazza sollevò lo sguardo.
- Sì, Ronald?
Il rosso si pentì immediatamente di aver aperto bocca; lo sguardo che li aveva lanciato avrebbe fatto invidia al peggiore dei Mangiamorte. Inoltre sentirsi chiamare con il suo nome intero gli aveva fatto intendere che quelle erano le avvisaglie di un uragano.
- Uhm…beh….ecco, no, cioè, sì, insomma… sei per caso… arrabbiata?
La ragazza sollevò un sopracciglio.
- Arrabbiata? Ti sembro forse arrabbiata?
- Ehm, beh… ecco, sì.
- Arrabbiata? Io non sono affatto arrabbiata! Io sono calmissima! Nessuno e ripeto nessuno può anche solo sperare di farmi arrabbiare! Sicuramente non uno stronzo arrogante che pensa di avere tutto il mondo ai suoi piedi, chiaro?! – dopo questa sfuriata gettò il libro per terra e andò in fretta e furia verso la Sala Grande per la colazione.
Ron rimase a bocca aperta, completamente sconcertato: era la prima volta che Hermione Granger maltrattatava un qualsiasi libro.
 
Oh, Godric, è impazzita, sapevo che sarebbe arrivato questo momento.
 
- Harry, Ginny! – esclamò, tornando verso la Sala Comune dei Grifondoro. – Sono piuttosto sicuro che Hermione abbia avuto un collasso cerebrale!   
 

 
 
 
Quando quel pomeriggio Hermione entrò in biblioteca era già pronta alla sequela di insulti che avrebbe ricevuto e si preparò mentalmente all’ardua battaglia che l’attendeva.
 
Farò l’indifferente. Calma e sangue freddo, devo solo ignorarlo.
 
Dopo neanche cinque minuti i suoi propositi erano già svaniti.
- Sposta i tuoi libri!
- Togli di mezzo i tuoi!
- Aaah! Non toccarmi! M’insudiceresti con il tuo sangue sporco!
- Ah, bene! Mi sembrava che però questa cosa non valesse ieri sera, vero? – domandò sprezzante.
- Non fare la Santarellina, Granger! Anche tu volevi baciarmi. E d’altronde come posso darti torto? Sono una calamita, le ragazze impazziscono per me.
- Evidentemente non hanno un minimo di cervello.
 
Granger 1 - Malfoy 0
 
- Vuoi forse negare che io sia bello? – ribatté Draco, gonfiandosi come un pavone .
Hermione fece una smorfia, ritrovandosi a constatare che era impossibile considerare Malfoy brutto. Non era tanto per la bellezza, quei tratti spigolosi d’altronde potevano piacere o meno a seconda dei gusti, ma aveva proprio un fascino particolare che sembrava calamitare l’attenzione su di lui.
 
Inspiegabilmente.
 
- Sì, finché stai zitto! Poi appena apri bocca, rovini tutto!
La ragazza non si rese conto della gaffe che aveva appena commesso, se non quando Draco sghignazzò.
- Non hai negato che io sia bello, dunque.
 
Granger 1 – Malfoy 1
 
- Il fatto che tu sia b… ehm, passabile non vuol dire che tu possa usare le ragazze in quel modo! – esclamò, rossa in viso.
- In quale modo?
- Hai capito benissimo, Malfoy, non farmelo dire!
- A essere sinceri non ho capito proprio un bel niente.
- Tu usi le ragazze! – si costrinse infine a dire. – Le usi come se fossero oggetti! Solo per divertimento!
Draco sollevò elegantemente un sopracciglio.
- Ti riferisci al sesso?
Hermione diventò, se possibile, ancora più rossa nell’udire quella parola e si voltò dall’altra parte.
- Oh, ma guarda, la nostra orgogliosa Grifondoro che s’imbarazza anche solo a sentir pronunciare la parola sesso
 
Granger 1 – Malfoy 2
 
- Smettila, Malfoy!
- Beh, in effetti, con la Donnola, c’è proprio da essere imbarazzati…
 
Granger 1 – Malfoy 3
 
- M’immagino di come tu abbia dovuto spiegargli cosa ci fosse sotto la tua biancheria!
 
Granger 1 – Malfoy 4
 
A quell’ultima affermazione Hermione sentì il sangue colorare le gote ancora di più. Quello che avevano condiviso lei e Ron non era certo affar suo!
- Stai zitto, Malfoy!
- Non darmi ordini, Mezzosangue!
- Certo che ti do ordini!
Prima che la discussione potesse degenerare Allyson li interruppe. La Serpeverde capì che non doveva essere proprio un bel momento, dato i loro toni di due ottave più alti del normale e la faccia color rosso fuoco di Hermione.
- Ciao, ragazzi. – disse facendo finta di nulla, appoggiando tutti i libri sul tavolo.
- Oh, capiti proprio giusto in tempo, stavamo parlando della Granger e della sua verginità. – se ne uscì Draco, col chiaro intento di metterla in imbarazzo.
La Grifondoro spalancò la bocca, le guance completamente in fiamme. Ma come si permetteva?!
- Ma cosa stai dicendo?! Queste sono questioni private!
- Beh, non c’è mica niente di male se sei vergine. – intervenne Allyson, sbattendo gli occhi.
- Merlino, Allyson, non mettertici anche tu! La mia situazione sentimentale non è affar vostro!
La Serpeverde ridacchiò, un sorrisetto furbo a disegnarle le labbra.
- Quale situazione sentimentale, Granger? Tu non ne hai, a parte con i tuoi libri.
Lo sguardo che Hermione gli lanciò fece ben intendere a Draco che se lo sarebbe mangiato vivo, se non avesse smesso di fare commenti indecenti.
- Se non la smettete immediatamente, io…
- Stavo scherzando, Hermione, non te la prendere. – la tranquillizzò Allyson. 
- Mmn. – grugnì la Grifondoro, non molto convinta. – Comunque sei in ritardo. – la rimbrottò poi. Ma lo disse in modo dolce, in modo così diverso da come si era rivolta a Draco la sera prima. Il Serpeverde non poté far a meno di notare il cambiamento di tono che la Grifondoro aveva assunto in presenza dell’amica e sapere che con lui non era mai stata così gentile, lo infastidì. E tanto anche. Il perché, però, non lo seppe nemmeno lui.
- Io non sono mai in ritardo. – rispose Allyson con un sorriso furbo. – Sono gli altri a essere in anticipo.
 
Io non sono mai in ritardo Mezzosangue, sono gli altri ad essere in anticipo.
 
A Hermione per poco non cadde la piume di mano.

 
 
  









 
 
 
 
Angolo Autrice
Ciao a tutti! Come va, cari lettori? Come è stato il ritorno a scuola? Per me abbastanza traumatico, per tutta la mattinata non ho fatto altro che pensare a mille modi per lanciarmi dalla finestra senza attirare l’attenzione xD
Mi dispiace per il ritardo con cui posto questo capitolo ma il rientro, oltre a essere traumatico è stato anche molto pesante, ci hanno già riempito di compiti e interrogazioni e sinceramente non so più dove sbattere la testa!
Ma non perdiamo tempo con le mie inutili chiacchiere…
Allora? Che ne dite di questo capitolo? Commenti? Critiche? L’ho scritto tra un capitolo di filosofia e una versione di greco, abbiate pietà!
Voglio ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia e l’hanno aggiunta alle preferite/seguite/ricordate, davvero ogni volta che vedo che il numero è salito mi si riempie il cuore di felicità! Ma soprattutto ringrazio quelle ragazze che spendono un po’ del loro tempo per lasciarmi una piccola recensione, in particolare SWAMPY e Harry Potterish che hanno recensito lo scorso capitolo :D Grazie, grazie di cuore, davvero!!!
Prima che m’intimiate di andarmene mi ritiro silenziosamente!
Al prossimo capitolo!
flors99

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Capitolo 7
*** Anyone Could Love Someone Like You! ***


 Io non sono mai in ritardo Mezzosangue, sono gli altri a essere in anticipo.
 
Aveva usato le stesse parole di Draco. Lo stesso ghigno, la stessa arroganza, addirittura lo stesso sguardo. Addirittura in qualche modo aveva avvertito lo stesso identico fastidio della sera prima; se Hermione non avesse visto Allyson con i propri occhi, avrebbe giurato che fosse stato Draco a pronunciare quelle parole.
Possibile che fosse solo una coincidenza? . Solo una coincidenza, si disse Hermione. Solo una stupida, incomprensibile e stranissima coincidenza.
- Hai perso l’uso della parola, Granger?
Hermione non si prese neanche la briga di rispondere alla provocazione del furetto, tanto lo sconcerto l’aveva scossa.
Draco la osservò, incuriosito. Non sapeva se ridere per l’espressione a pesce lesso che le si era disegnata sul viso o se preoccuparsi per la sua mancata risposta acida.
- Hermione, ci sei? – la richiamò Allyson, osservandola con un sopracciglio alzato, poggiando i libri sul tavolo.
- S-sì, tutto a posto.
- Beh? Allora cominciamo? – chiese Allyson, impaziente di iniziare.
- Certo. – mormorò Hermione, evitando accuratamente i loro sguardi.
 
Il pomeriggio passò in fretta.
Spesso s’interruppero per battute velenose e punzecchiamenti vari, ma tutto sommato Hermione era addirittura riuscita a studiare senza troppi intoppi.
Allyson era stata una vera e propria rivelazione.
Aveva imparato in pochi minuti quello che Harry e Ron messi insieme avrebbero imparato in un mese. Aveva una memoria eccezionale, una mente rapidissima a fare i calcoli più difficili e, Hermione fu costretta ad ammetterlo, se la Serpeverde non fosse stata così indietro con gli studi probabilmente avrebbe preso voti alti quanto i suoi, senza impegnarsi più di tanto.
Tutto sommato, si era divertita quel pomeriggio. Non che il furetto avesse smesso di essere odioso, ma aveva fatto una cosa che l’aveva stupita e non poco. Mentre spiegava ad Allyson l’Aritmanzia, la piuma le era scivolata di mano, e rotolando si era andata a incastrare sotto un mobile della biblioteca. Purtroppo non ne aveva altre con sé e lo aveva chiesto all’amica.
- Allyson, non è che hai un’altra piuma? – si era ritrovata a chiedere.
La Serpeverde dal canto suo non ne aveva portata neanche una. Le riteneva piuttosto scomode rispetto alle penne a inchiostro.
La Grifondoro si era sentita gelare, piuttosto che chiedere aiuto al Serpeverde avrebbe preferito scrivere con il sangue. Ma era stato proprio lui a stupirla. Draco le aveva allungato la sua piuma, e quando Hermione l’aveva presa, era rimasta così sconvolta dalla sua inaspettata gentilezza, che era rimasta a fissarlo per un tempo indefinito. Draco dal canto suo era più stupito di lei.
- Chiudi la bocca Mezzosangue, ti ci entrano le mosche.
- Ehm… ah, uhm… grazie. – aveva balbettato la Grifondoro.
- Hei, non l’ho fatto per aiutarti! Non avevo più voglia di sentire la tua voce starnazzante! – aveva risposto Draco con veemenza.
Hermione sorrise, ripensando al suo comportamento.
- Bene, per oggi possiamo dire di aver finito. Abbiamo fatto tutte le materie. – esordì poi la Grifondoro, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
- Non tutte.
- Oh, hai recuperato la voce? – domandò Allyson, piegando la testa di lato. Dopo quello strano gesto della piuma, Draco si era rinchiuso in un silenzio morboso e le aveva guardate a malapena, lanciando di tanto in tanto uno sguardo carico di superiorità.
- A differenza di qualcun altro… – scandì Draco lentamente, alludendo chiaramente all’unica Grifondoro presente nella stanza. – … io non ho l’esigenza di imporre la mia voce agli altri, preferisco il silenzio.
Ecco. Se Hermione aveva anche solo pensato che quel borioso furetto non si fosse comportato poi così male quel pomeriggio, si pentì immediatamente dei suoi stessi pensieri e si diede della stupida.
- Quale sarebbe la materia che non abbiamo ripassato? – chiese Allyson, curiosa.
- Pozioni.
Il ghigno che si dipinse sulle labbra del Serpeverde le fece intuire che con quest’affermazione sarebbe cominciata un’altra lunga ed estenuante discussione tra i due.
- Sai credo che la Granger non te l’abbia detto perché sono molto più bravo di lei in questa materia.
- Non è affatto vero! – scattò la Grifondoro. – Me ne sono semplicemente dimenticata!
 
Ecco fatto.
 
- Toh! Guarda caso ti sei proprio scordata quella materia… Che coincidenza eh?
- Non sto mentendo! Non mi piace mentire, mi sembra di rubare la verità a qualcuno!
- Sì, sì e il mondo è pieno di rose, fiori e unicorni…
- Stai zitto, Malfoy!
- Stai zitta tu, Mezzosangue! È mezz’ora che strepiti, mi hai fatto venire il mal di testa!
- Meglio!
Il battibecco continuò ad andare per le lunghe, mentre Allyson li osservava leggermente divertita.
- Merlino, ma perché invece di litigare non trovate un altro modo per sfogare tutta questa tensione sessuale che c’è tra di voi? Davvero, siete imbarazzati!
Per qualche secondo il silenzio fu l’unico protagonista nella stanza.
Non una parola uscì più dalle bocche di nessuno dei due ragazzi, che
si voltarono con estrema lentezza verso Allyson, guardandola come se fosse una foca volante.
- E-eh?! – fu Hermione la prima a riprendersi, lanciando un urlo isterico e arrossendo come una bambina.
Ma non fu tanto l’espressione di Hermione a colpire Allyson; non era certo una novità il fatto che la Grifondoro non cercasse mai di nascondere ciò che provava, e Allyson, per quel poco che la conosceva, aveva visto il suo viso cambiare umore di continuo. Fu Draco, piuttosto, a stupirla. Sia per le chiazze rosse sulle sue guance, che gli fecero assumere un colorito quasi umano, sia per la sua espressione sbigottita. Sembrava completamente, totalmente e assolutamente… senza parole.
 
Wow, sono riuscita a far rimanere Draco Malfoy senza parole.
 
La Serpeverde piegò la testa di lato, cercando di capire cosa aveva detto di tanto male.
Hermione seguì lo sguardo di Allyson e si voltò verso Draco, notando il leggero rossore che gli imporporava le guance e la rabbia che sfigurava il suo viso come una maschera. Hermione dovette far violenza su se stessa per non rimanere a bocca aperta. In tutti quegli anni, tutte quelle ore passate a insultarsi e a schiantarsi lei non aveva mai visto niente che assomigliasse a un’emozione sul volto del Serpeverde. Mai.
- Perché fate quelle facce? Che ho detto di male?
- Vuoi davvero che te lo spieghi?
Draco sembrava livido di rabbia.
- No, non è necessario. Sarà per un’altra volta. – rispose Allyson, con tutta la tranquillità del mondo, mentre cominciava a raccogliere le sue cose. – Faremo Pozioni domani, ok? Scusate, ora devo andare.
Prima che Hermione e Draco potessero dire qualunque cosa la Serpeverde si era già dileguata lasciandoli soli. Bastò uno sguardo da parte di entrambi e cominciarono anche loro a mettere a posto piume e pergamene, senza più accennare alla loro discussione.
 

 

 
Allyson sorrise tra sé o, per meglio dire, ghignò. Era stato interessante osservare quella reazione e soprattutto del tutto inaspettato. Aveva già una mezza idea su come…
- Ciao, Ally!
Ally? Ally?! Chi Merlino si permetteva di affibbiarle un nomignolo così, così… sdolcinato?
Si voltò, pronta a incenerire il suo interlocutore, ma trovò una brutta sorpresa ad accoglierla.
- Nott?! – esclamò, non sapendo se essere più sorpresa o innervosita. Dopo quello che si erano detti la sera prima era più che mai certa che non si sarebbero più rivolti la parola, se non per insultarsi perlomeno.
- Il solo e unico. – rispose il Serpeverde, con uno strano sorriso.
- Sparisci! – sibilò Allyson, senza nemmeno farlo parlare. Non aveva idea di cosa avesse in mente e nemmeno le interessava in tutta sincerità.
- Dai, Ally, aspetta!
- Non chiamarmi così! Vattene!
Merlino, ma che gli era preso? La sera prima l’aveva trattata come pezza per i piedi e adesso la cercava?
- Ascoltami! – esclamò il ragazzo, afferrandola per una spalla e costringendola a voltarsi. Allyson, per tutta risposta, lo fulminò con uno sguardo da cui Theodore non si lasciò neanche lontanamente intimidire.
- Volevo scusarmi per ieri sera. – disse infine, tirando fuori a forza quelle parole che aveva ripetuto per una buona mezz’ora davanti allo specchio.
- Non m’interessano le tue scuse, ora lasciami in pace.
Allyson si divincolò dalla sua presa, incamminandosi nella direzione opposta. Il Serpeverde non diede segno di aver recepito il messaggio.
- A dir la verità volevo sapere se ti andava di uscire. – chiese, tentando di tenere il suo passo.
Allyson sollevò un sopracciglio fermandosi di botto.
- Stai scherzando, spero.
- Perché dovrei scherzare?
Per un secondo Allyson non riuscì a nascondere l’espressione sconcertata che le si dipinse sul viso. Quel ragazzo era senz’altro bipolare, la sera prima aveva fatto lo stronzo e ora le chiedeva una cosa simile?
- No.
- Dai, solo per una volta.
- No.
- Possiamo andare insieme da qualche parte, quando vuoi tu.
- Ho detto di no!
- Sei sicura?
- No! Cioè, sì!
 

 

 
- Parola d’ordine?
Hermione schiuse le labbra per pronunciare la parola d’ordine, quando intravide una chioma rossa dall’altra parte del corridoio.
- Hei, Ginny! – la richiamò, sventolando la mano nella sua direzione. Soltanto dopo un esame più attento si rese conto che la rossa non era sola. Per un attimo sorrise trepidante, sicura che fosse Harry quello accanto a lei, ma quando i due ragazzi si avvicinarono riconobbe nel ragazzo la figura di Dean e le sue labbra si piegarono all’ingiù.
- Ciao, Hermione. – la salutò il Grifondoro, gentilmente.
- Oh, ciao, ehm, Dean? – rispose incerta, lanciando a Ginny un’occhiata interrogativa che la rossa fece finta di non vedere.
- Allora ci sentiamo dopo, ok?
- Sì, a dopo.
Dean guardò Hermione leggermente incerto, poi lasciò un bacio sulla guancia della giovane Weasley, per poi defilarsi nel modo più velocemente possibile.
La più grande delle due ragazze osservò le guance di Ginny imporporarsi e seguì tutta la fuga di Dean con uno sguardo indagatore, chiedendosi cosa stesse succedendo.
- Ginny, ma…
- Dai, Hermione, entriamo, sono talmente stanca! – la interruppe la giovane Weasley, in un vano tentativo di fuga.
Presa alla sprovvista la ragazza non fu in grado di controbattere, limitandosi a seguirla nel dormitorio.
- Hermione, finalmente sei tornata! Com’è andata?
Il sorriso sincero di Ronald ebbe il potere di farla sentire più leggera, come se il peso di quella giornata fosse scivolato via.
- Sono distrutta, ma è andata abbastanza bene.
- Il furetto è un osso duro, eh?
- Puoi ben dirlo, Harry. È la persona più insopportabile che abbia mai conosciuto.
- Allora? Domani vieni con noi a Hogsmeade?
Hermione guardò i suoi amici, scoccando loro un’occhiata dispiaciuta.
- Mi dispiace Harry, ma devo passare ogni pomeriggio in compagnia di quell’idiota.
- Beh, potreste sempre venire insieme. – propose Ginny.
Sei paia di occhi fissarono la piccola Weasley sconcertati.
- Io? Con lui? Ginny, ma sei fuori di testa?
- Beh, tanto prima o poi dovrete cominciare a…
Le stesse sei paia di occhi le lanciarono un’occhiata di fuoco.
- Ad andare d’accordo! Hei! Ma che avete capito? E non guardatemi in quel modo!
- Potresti chiedere alla McGranitt di lasciarti libera, almeno il sabato e la domenica.
- Credo che se la McGranitt mi vedesse ancora mi trasfigurerebbe in un bicchiere. – ironizzò, ben sapendo fino a che punto fosse arrivata l’esasperazione della sua professoressa. – Dai ragazzi, non preoccupatevi per me. – Piuttosto, Ginny! Tu e Harry andrete a Hogsmeade insieme? – chiese, con uno sguardo indagatore. Ok, forse non fu la migliore delle sue uscite, ma dopo il discorso che aveva fatto ad Harry era sicura che lui le avesse parlato e che avessero chiarito, ma quando vide Ginny abbassare lo sguardo e Harry irrigidirsi, capì che avrebbe fatto meglio a non aprire bocca.
- Io, uhm, andrò con Dean. – borbottò la giovane Weasley, evitando accuratamente il suo sguardo.  
Hermione non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca, che Ron intervenne.
- Che cosa? Tu non ci esci con quello! – Il suo lato protettivo nei confronti della sorellina minore non poteva venir fuori in un momento peggiore.
- Io esco con chi mi pare! Non sono affari tuoi, Ron!
- Sei mia sorella! Certo che sono affari miei!
Il battibecco tra i due fratelli andò avanti per almeno mezz’ora, il tutto sotto lo sguardo perplesso di Hermione e quello taciturno di Harry.
- Harry, potrei sapere che cosa hai combinato? – gli sussurrò, dopo qualche secondo
- Un disastro, come mio solito.
- Spiegati meglio.
- Non c’è niente da spiegare, Hermione. – disse dopo qualche minuto, la voce incrinata. – Ci ho provato, ti giuro che ci ho provato. Quando poi me la sono ritrovata davanti, tutto quello che sono stato capace di fare è stato spingerla tra le braccia di qualcun altro.
Hermione scosse la testa, non sapendo se essere più delusa o triste per la piega che avevano preso gli eventi.
- Se tutti fossero come te Harry… – soppesò con cura le parole. – …mi spieghi come farebbero gli esseri umani a riprodursi?
Soltanto allora vide spuntare un flebile sorriso sulle labbra dell’amico.
 
Come al solito, devo pensare a tutto io.
 
- Ron! – tuonò, la voce più alta di due ottave.
- Uh?
- Smettila di fare questa scenata da fratello geloso, non ti porterà da nessuna parte. Ginny, tu vieni con me! – disse, con un tono di voce che non ammetteva repliche. Senza aspettare una risposta prese la Grifondoro per un braccio e la trascinò per la sua stanza, ignorando i deboli tentativi di Ginny di allontanarsi.
Quando furono completamente sole, si sedette sul suo letto e incitò la sua amica a fare altrettanto.
- Bene, adesso spiegami cosa Merlino sta succedendo. – le intimò, non appena si fu seduta.
Ginny la fissò dapprima in modo impassibile, poi fu come se una maschera si sgretolasse sul suo viso, per lasciare il posto a un’espressione amareggiata e delusa.
- Niente, Hermione, ed è proprio questo il problema. Niente.
La più grande delle due ragazze sbatté le palpebre, per la prima volta insicura su cosa dire. Ginny le parve così fragile in quel momento ed era più che certa che qualsiasi cosa avesse detto l’avrebbe ferita ancora di più.
- Ginny, ti prego, non fare così. – mormorò la più grande delle due ragazze, cercando di infonderle un po’ di serenità.
- Tu non hai idea… – sussurrò la giovane Weasley. – …di come mi senta in questo momento. Di quanto sia difficile per me avere davanti, ogni santo giorno, tutto quello che vorrei e non poterlo prendere. Non hai idea di quanto sia stato orribile sentirmi dire quelle cose da Harry quando gli ho confessato i miei sentimenti, quanto mi sia sentita inutile e così… piccola. Non ce la faccio più, Hermione, vorrei soltanto sbarazzarmi di Harry, ma è qui, è ovunque, nella mia testa, nel mio cuore, qualunque cosa io faccia Harry c’è! E non lo sopporto! – scoppiò infine, un singhiozzo a scuoterle il petto.
Hermione sussultò, presa alla sprovvista, e le circondò le spalle con un braccio.
- E credi che uscire con Dean ti possa aiutare?
- No. – ammise Ginny, tirando su col naso. – Infatti gli ho detto la verità, che non provo niente per lui e che per me è solo un amico.
Hermione sorrise, comprensiva, e le strofinò affettuosamente la mano sulla spalla.
- E lui?
- E lui mi ha detto che già lo sapeva, ma non gli interessa. Che per il momento gli basta questo, poi se anche io vorrò qualcosa di più… – Ginny s’interruppe, lo sguardo assorto.
- Lui sarà ben felice di accontentarti. – concluse per lei Hermione.
- Più o meno.
- È stato molto dolce. – sussurrò la riccia. – Ma sei sicura che è quello che vuoi?
Ginny proruppe in una risata isterica.
- Certo che non è quello che voglio, Hermione, ma cos’altro posso fare? – le chiese, con due occhioni disperati. – È davvero così sbagliato cercare di dimenticare Harry?
 
Sì che è sbagliato, Ginny, sì che lo è. Perché tu non hai idea del modo in cui Harry ti guardi, dell’attenzione che mette in ogni suo più piccolo gesto nei tuoi confronti, di quanto i suoi sorrisi dipendano dal tuo umore. Tu non sai che il cuore lui ti fa tanto tremare, trema anche a lui ogni volta che ti vede.
Ma non sarò io a dirti questo. Meriti di più. Meriti di sentirlo da lui. 
 
La riccia non rispose, si limitò a stringerla rassicurandole che sarebbe andato tutto bene.
- Comunque, Hermione… – borbottò Ginny, asciugandosi le lacrime. - …Credo che tu sia in ritardo per pulire la Sala dei Trofei.
Lanciando un gridolino allarmato, la Grifondoro balzò giù dal letto con uno scatto, completamente dimentica dei suoi compiti. Si affrettò ad uscire dalla stanza, non prima però di averle scoccato un’occhiata affettuosa sperando di riuscire a tranquillizzarla.
Quando Ginny accennò un debole sorriso in risposta, si convinse che in un modo o nell’altro sarebbe andato tutto bene.
 
 

 
 
- Sei in ritardo, Mezzosangue.
Hermione s’impose di respirare regolarmente, prendendo un grosso respiro e mettendosi teatralmente una mano sul cuore.
- Non è che te lo eri dimenticato, eh?
- Assolutamente no! – mentì l’orgogliosa Grifondoro.
Draco per poco non si mise a ridere, nell’osservare quella moltitudine di capelli svolazzare ovunque e le sue guance rosse quanto la buccia di una mela.
Cominciarono a pulire in silenzio, tenendosi a debita distanza l’uno dall’altra.
La stanza come al solito era deserta e particolarmente fredda, quella sera in modo particolare, tanto che dopo un po’ Hermione cominciò a battere i denti.
- Potresti fare silenzio, Granger?
- Scusa tanto se ho freddo, Malfoy!
- Beh, fai troppo rumore!
- Sono un essere vivente! Respiro, cammino, e sì, qualche volta ho freddo se permetti! – sbottò. – Inoltre dovresti portarmi un po’ più di rispetto! Sono una donna, ho freddo e l’unica cosa che ti viene in mente è di dirmi di stare zitta?
Draco la osservò, perplesso.
- Beh sì, tutte le donne meritano rispetto. – ammise dopo qualche secondo. – Tutte le donne tranne te, ovviamente. – aggiunse poi, un sorrisetto ironico a disegnargli le labbra.
Per Hermione fu come ricevere una secchiata d’acqua gelida.
 
Tutte le donne tranne te, ovviamente.
 
Lei ai suoi occhi non era niente. Solo una Mezzosangue. E non importava quanto lei s’impegnasse negli studi, quanto eccezionali fossero i suoi incantesimi, né che avesse rischiato la vita, più e più volte per salvare tutti quanti. Non importava quanti sacrifici fosse stata costretta a fare, rinunciando alla sua volontà per quella degli altri. Lei per lui sarebbe sempre rimasta l’inutile, sudicia e fastidiosa Mezzosangue. Fu stranamente forte il dolore che Hermione percepì all’altezza dello stomaco, fu una morsa attanagliante che costrinse ogni singolo organo del suo corpo in una presa ferrea e dolorosa. Perché poteva sopportare che Draco non la stimasse come studentessa, né tantomeno come persona, poteva sopportare tutte le prese in giro sulla sua famiglia, sulle sue origini e sul suo sangue, ma, Merlino, questo non poteva sopportarlo. Addirittura non avere nemmeno il diritto di essere considerata una donna la fece infuriare come non mai. Sentì gli occhi inondarsi di lacrime di frustrazione, ma le trattenne; non gli avrebbe mai dato questa soddisfazione.
Non doveva importarle quello che il Serpeverde pensava di lei, ma in quel momento non riuscì a tacere, complice quella rabbia sovrumana che le risalì lungo il corpo.
- Mezzosangue? Avanti, non dirmi che ti sei offesa. Se avessi saputo che sarebbe bastato offendere la tua femminilità per farti tacere…
L’uragano arrivò, in tutto il suo fragore.
- Ti odio, Malfoy! – sbraitò. – Io ti odio, ti detesto! Sei solo un bastardo, un degno figlio di un Mangiamorte! Sai solo offendere le persone e quando non sei impegnato a ferirle dai loro degli ordini come se tutti fossero al tuo servizio! Credi di essere superiore agli altri, ma non è così! Tu sei solo, Malfoy! E lo sarai sempre, perché nessuno e ti ripeto, nessuno, potrebbe stare accanto a un essere vuoto come te! 
Hermione gli allungò un ceffone che stavolta lui non bloccò.
Ma Draco quello schiaffo non lo sentì nemmeno.
Il bruciore di quel contatto non era niente in confronto a quello che stava sentendo dentro. Perché, Merlino, quelle parole furono come schegge di vetro che impietosamente lacerarono ogni singolo centimetro della sua pelle. Come fece a restare impassibile e freddo non lo seppe neanche lui.
Si diresse verso la porta, senza dire niente.
Quando fu scomparso dalla sua visuale, Hermione portò una mano al petto.
 
Il cuore batteva all’impazzata.
 

 

 
- Hermione, svegliati! Possibile che tu sia sempre in ritardo?
Quando la ragazza aprì gli occhi, Ginny si ritrovò ad osservare, non senza un certo sconcerto, due paia di occhi marroni rossi e lucidi.
- Hei, va tutto bene?
- Sì, Ginny. – gracchiò.
- Sono preoccupata, Hermione. – le confessò. – Ultimamente hai la testa fra le nuvole, ti svegli sempre tardi e adesso scopro che probabilmente hai passato la notte a piangere!
- Sto bene, non preoccuparti per me. – le rispose sforzandosi di sorridere. – Allora oggi vai a Hogsmeade? – chiese, per cambiare discorso.
- È inutile che provi a sviare la conversazione. Che sta succedendo? 
Hermione scrollò le spalle.
- Niente, Ginny, sono solo stanca. Ti prego, non farmi domande. – borbottò, una strana sensazione ad albergarle nel cuore. Il senso di colpa la stava lentamente divorando.
 

 
 
 
- È bellissimo! 
Gli occhi di Ginny luccicarono di gioia e di orgoglio vedendo il negozio che Fred e George avevano aperto. I suoi due fratelloni la accolsero con un sorriso smagliante, mostrandole minuziosamente ogni singolo reparto. Ginny non riuscì a smettere di sorridere neanche per un secondo, gonfia d’orgoglio. Non perse il sorriso nemmeno quando Lavanda Brown incrociò il suo sguardo e, tirandola per un braccio, la trascinò lontana da Dean e prese a spettegolare sugli ultimi gossip di Hogwarts. Non le era mai stata troppo simpatica quella ragazza, fosse per il suo essere troppo esuberante, troppo chiacchierona, troppo bionda, troppo tutto; ma alla fin fine non era una persona cattiva e se non fosse stato per quei difetti non sarebbe nemmeno stata tanto male come amica.
- E lo sai che Seamus è statobeccato dal professor Piton con quella sciacquetta di Corvonero di cui ti ho parlato la volta scorsa?
- Uhm, cosa?
- Lisa è venuta a saperlo, perché la sorella della sua compagnia di stanza sta con il cugino dell’amico di Roger, che ha visto Seamus…
Ginny smise di ascoltarla, rigirandosi tra le dita l’oggetto che le era capitato per le mani. Soltanto quando le sue orecchie captarono un nome familiare si agitò e prestò finalmente attenzione.
- Come?
- Eh?
- Puoi ripetere quello che hai detto?
- Quale delle tante cose? – chiese Lavanda, ridacchiando.
- L’ultima, quella su Harry.
- Aaah, furbacchiona! – le disse, lanciandole un’occhiata complice. – Ti piace ancora, vero? Eh, i primi amori sono sempre quelli…
- Lavanda!
- Oh, sì, scusami! Stavo dicendo che ho sentito dire da Panama, che l’ha sentito da sua cugina, che Katie vorrebbe rifilare una pozione d’amore a Harry.
Ginny inorridì, mentre uno strano malessere si faceva strada tra le sue ossa. Alzò lo sguardo, scorgendo da lontano Harry e Ron e avvertì la nausea risalirle in gola.
- Ovviamente non dirle che te l’ho detto, è un segreto!
- Sì, sì, ho capito. – borbottò, senza più prestarle ascolto.
Storse le labbra in una smorfia, il buon umore finito chissà dove. Si ripromise di avvertire Harry, anche se forse quello era esattamente ciò che le serviva. Forse vederlo innamorato perso di un'altra sarebbe servito a farle finalmente capire che sarebbe dovuta andare avanti.
 
Ma chi voglio prendere in giro? Servirebbe soltanto a spezzarmi il cuore.
 
- Ginny, ti va di uscire a fare due passi?
La ragazza sussultò, presa alla sprovvista, e annuì, voltandosi verso Dean. Quando furono usciti, lo guardò sospettosa.
- Volevi dirmi qualcosa? – chiese la ragazza curiosa.
Dean le sorrise affettuosamente.
- No. Volevo solo stare un po’ qui fuori.
Ginny lasciò cadere il discorso e osservò il paesaggio intorno a sé.
L’inverno stava per arrivare e quella consapevolezza portò a Ginny dei piacevoli ricordi.
- Sai che quando eravamo piccoli io e Ron passavamo ore attaccati alla finestra sperando di vedere la neve? – rivelò, scostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso. – Nostra madre continuava a ripeterci che era autunno ed era troppo presto, ma a noi non importava. Restavamo lì, con il viso schiacciato contro il vetro, finché non scendevano i primi fiocchi di neve.
La ragazza ridacchiò a quel bel ricordo.
Dean le regalò una carezza sulla guancia, invitandola a guardarlo negli occhi. Quando furono a un centimetro l’uno dall’altro, per Ginny non fu difficile capire le sue intenzioni.
Scostò il viso dall’altra parte e il bacio di Dean le finì sulla guancia. Il Grifondoro si allontanò da lei lentamente, non riuscendo a nascondere la delusione sul suo volto.
- Io… scusami. – borbottò il ragazzo dopo qualche secondo.
- Non scusarti con me, Dean. – mormorò Ginny. – Scusami tu, invece.
- No, tu sei stata chiara con me, sono io a non essere stato sincero. Non voglio essere soltanto un tuo amico.
La Grifondoro lo guardò di sottecchi, già immaginando quello che le avrebbe detto di lì a poco.
- Credevo di riuscirci, ma…
- Ma non è facile stare accanto a qualcuno che vorresti solo per te. – concluse per lui la frase, senza troppi fronzoli.
- Già, esatto.
Ginny prese un profondo respiro, lasciando che il freddo s’incamerasse nel suo corpo.
- Io torno a Hogwarts.
Dean la guardò, confuso, tentando di fermarla.
- Hei, se è per qualcosa che ho detto, non volevo assolutamente…
- Tranquillo, Dean. – mormorò, dandogli un bacio sulla guancia. – Non hai fatto niente.
 
Sono io che non vado bene. Non funziono più.
 
Senza aggiungere altro si diresse verso il negozio dei gemelli Weasley, per avvisare suo fratello che sarebbe tornata prima. Come previsto Ron prese a tartassarla di domande, ma bastò nominare la parola ciclo che il rosso si acquietò immediatamente, come se fosse sotto incantesimo.
- Ah, già che ci sei Ginny, controlla che Harry stia bene, mi sembrava piuttosto strano poco fa. Anche lui è andato via prima.
Le parole di Ron la gelarono.
D’improvviso le tornò in mente la conversazione che aveva tenuto prima con Lavanda e la nausea le risalì in gola. Con gli occhi sbarrati prese a correre, cercando di raggiungere il castello il prima possibile.
 
Mi sembrava piuttosto strano poco fa.
 
No, no. Forse aveva già bevuto la pozione, forse aveva già incontrato Katie, forse aveva… forse, forse, forse.
D’un tratto l’idea di Harry con un’altra ragazza le parve talmente inconcepibile, che per un momento fu costretta a fermarsi per poter riprendere fiato. Cominciò a tremare convulsamente, mentre il respiro si affannava sempre di più e avvertiva le forze scivolarle via come sabbia tra le dita.
Riprese a correre senza sosta, completamente atterrita e stordita dalle sensazione che stava provando. Merlino, non avrebbe dovuto reagire così, non per uno stupido scherzo, organizzato da una stupida ragazzina. Eppure perché, perché, tutto ciò che riguardava Harry si trasformava ogni volta in qualcosa di vitale importanza?
Si concesse di fermarsi soltanto quando raggiunse Hogwarts e le sue confortevoli mura l’accolsero come l’ultimo dei naufraghi. Si sentì appena più tranquilla e cercò di regolarizzare il battito del cuore, decisamente impazzito.
Era quasi arrivata alla sala comune dei Grifondoro quando si scontrò con qualcuno e per poco non finì a gambe all’aria.
- Oddio, scusami! – mormorò una voce femminile che le fece ghiacciare il sangue nelle vene. Non rispose nemmeno, il fiato bloccato in gola per la sorpresa. – Non ti avevo proprio visto, scusami ancora! – ripetè la ragazza fuggendo via e lasciandosi sfuggire una leggera risatina.
Il cuore di Ginny si fermò nel riconoscere la figura di Katie Bell.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice

Ciao a tutti cari lettori! Mi scuso subito per il ritardo, ma vi ho lasciato un bel capitolo lungo per farmi perdonare!
Ehm… Non siete mica arrabbiati con me per il finale lasciato così in sospeso, vero? Ho deciso di tenervi ancora un po’ sulle spine, ma state tranquilli nel prossimo capitolo, tutto si chiarirà! Lo so sono stata un po’ perfida a lasciarvi così xD Questo capitolo è un po’ movimentato, aspetto i vostri commenti per sapere se vi è piaciuto!
A proposito vorrei chiedervi una piccola precisazione: Il secondo nome di Hermione è Jean o Jane? Io ero più propensa per la seconda opzione, ma poi in alcune storie ho letto l’altra alternativa, quindi… potreste chiarire questo mio piccolo dubbio?
Ringrazio tutti in anticipo!
Come sempre ringrazio tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/le seguite/ le ricordate, ma un GRAZIE davvero speciale a Black_Yumi, SWAMPY e Harry Potterish!
Grazie per le vostre dolci critiche, è grazie a voi che riesco a continuare la storia ^_^
Al prossimo capitolo!
flors99

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Capitolo 8
*** Proximity ***


Ginny avvertì il sapore della bile in gola.
Fu incapace di distogliere lo sguardo dalla figura di Katie Bell che si stava allontanando allegramente, come se non le avesse appena strappato via una parte del suo cuore con il suo insensibile scherzo.
Avvertì le lacrime premere ai lati dei suoi occhi, il corpo tremante, mentre un unico pensiero perpetrava nella sua testa.
 
Harry è innamorato di un’altra.
 
E non importava se fosse solo per una stupida pozione, non avrebbe sopportato vedere i suoi occhi verdi illuminarsi nel pensare ad un’altra.
Decise comunque di farsi forza ed entrare nella Sala Comune dei Grifondoro, forse era ancora in tempo per rimediare le cose e impedire ad Harry di ingurgitare quella pozione. Doveva essere ancora in tempo.
Quando lo trovò seduto sul divano, liberò un sospiro di sollievo. Non era nemmeno sicura che lo avrebbe trovato lì, ma, una volta tanto, la fortuna era dalla sua parte.
- Harry!
- G-Ginny?! – borbottò il Grifondoro, sorpreso. – Che ci fai qui?
- Ehm, io… – bene e adesso?
 
Sono qui per impedirti di bere una stramaledettissima pozione che ti farà innamorare di una stronza, dato che tu puoi amare solo me.
 
  - Io, ecco, ho perso una scommessa con Ron e… – inventò di sana pianta. – …sono venuta a prendere dei galeoni per ripagarlo.
Harry corrugò la fronte, dando segno di non aver creduto a una singola parola.
- E tu sei venuta via prima da Hogsmeade solo per ripagare Ron? E non potevi farlo dopo? – borbottò, confuso. – Ma soprattutto, quando mai tu hai perso una scommessa con Ron?
 
Merlino, ma perché soltanto quando gli fa comodo deve essere così perspicace? E poi cos’è quella strana roba che sta bevend…
 
- No, non berla! – esclamò, avventandosi su di lui con una sfrontatezza che non pensava di avere. Gli rubò la bottiglia di mano e la strinse al petto, gli occhi spalancati dalla paura.
- Ma p-perché? – domandò Harry, sconcertato. – Ginny, va tutto bene?
- Sì, è che… – Ginny prese un bel respiro. – Ho sentito dire che Katie Bell vuole rifilarti una pozione d’amore.
Harry spalancò gli occhi, preso alla sprovvista.
- A me?
- No, a Ron! – ironizzò. Se non fosse stato lui l’oggetto d’interesse di Katie non si sarebbe mai comportata come una tale pazza. – Sì, a te Harry!
I suoi occhi si spalancarono e qualcosa di simile all’inquietudine vi aleggiò sul fondo.
- L-l’hai già bevuta? – domandò Ginny, con voce incrinata. Strinse la bottiglia incriminata, come se volesse romperla con la sola forza delle sue dita. No, non poteva essere, doveva essere arrivata in tempo, Harry le sembrava così tranquillo, non pareva affatto essere sotto l’effetto di una pozione!
- Sì, l’ho bevuta, ma non mi è stata data da Katie.
Ginny sbatté le palpebre.
- Ah. – rispose laconica.
D’un tratto, con la bottiglia stretta al petto e lo sguardo confuso di Harry su di lei, Ginny si sentì tremendamente stupida.
- Scusami, ho visto Katie uscire dalla Sala Comune e ho pensato…
- Katie mi ha dato questi. – confessò Harry, interrompendola. Quando la giovane Weasley scorse un sacchetto di biscotti per metà consumato le si gelò il sangue nelle vene.
Li aveva mangiati. Li aveva mangiati e adesso era innamorato di lei. Ginny si sedette sul divano come un automa, sicura che le gambe non avrebbero retto; sentiva il corpo molle come una gelatina e probabilmente sarebbe svenuta sotto gli occhi di Harry se non si fosse appoggiata da qualche parte.
Harry sospirò, prima di continuare.
- Ma non mi hanno fatto alcun effetto.
Fu come tornare a respirare dopo ore di apnea.
- Come?
- Non sento niente, Ginny. – le spiegò il ragazzo. – Mi sento esattamente come un’ora fa, come ieri e l’altro ieri.
- Ron… – la Grifondoro si schiarì la voce. – …ha detto che ti ha visto strano quando sei andato via da Hogsmeade. E ho pensato che…
 
Che fosse troppo tardi.
 
Contro ogni previsione, Harry arrossì.
- Oh, beh, sì, ma era perché ti avevo visto con… – s’interruppe, schiarendosi la voce, improvvisamente a disagio. – Niente, lascia perdere.
Ginny abbassò lo sguardo, delusa. Continuò a stringersi la bottiglia al petto, come se quell’inutile pezzo di vetro potesse proteggerla da tutto quello, da Harry. Merlino solo sapeva quanto le facesse male il suo silenzio, quanto avrebbe voluto sentire le sue braccia avvolgerla e le sue labbra sulle proprie, come nei suoi sogni più nascosti.
- Beh, allora io vado. – borbottò.
- Non vuoi sapere perché credo che non abbia funzionato? – soffiò Harry, in un’ondata di coraggio.
Ginny lo fissò, confusa, e annuì distrattamente.
C’era qualcosa nello sguardo di Harry che ebbe il potere di farla tremare come la più fragile delle foglie; qualcosa d’indefinito che aleggiava dietro quel verde così intenso, talmente grande che le fece quasi paura. Avvertì ogni singola cellula del suo corpo accendersi sotto i suoi occhi e giurò di aver percepito una scarica di emozioni riverberarle nel petto, all’improvviso.
In quel momento i suoni si ovattarono e tutto quello che la ragazza riuscì a percepire fu il battito accelerato del suo cuore.
Merlino, che stava succedendo? Ok che la vicinanza di Harry era in grado di farla rammollire come il burro, ma quello sguardo… non l’aveva mai guardata in quel modo prima d’ora.
- Non ha funzionato perché… – Harry si schiarì la voce, deglutendo, il terrore a fargli tremolare la voce. La paura e il timore di un rifiuto gli bloccarono il respiro, ma gli occhi di Ginny, così grandi e confusi, gli diedero la forza di terminare la frase, senza scappare via. – …non c’è spazio per nessun’altra qui. – confessò, prendendole la mano e poggiandola sul proprio cuore.
Ginny sussultò, sentendo il cuore schizzarle in gola e gli occhi farsi lucidi.
- E qui ci sei tu, Ginny, solo tu. 
 

 

 
- Perché il signor sono-perfetto-solo-io non è qui con noi?
- Chi? Il furetto?
- Sì, Hermione. – sbuffò Allyson, innervosita. – Secondo te a chi mi riferisco?
- E io che ne so. – borbottò Hermione. – Comunque, perché sei così nervosa?
Allyson si passò una mano tra i lunghi capelli, scuotendo poi la testa.
- Quel cretino di Nott mi manda al manicomio!
Hermione sbatté le palpebre, per poi scoppiare in una risata.
- Poverino, non è certo colpa sua se è rimasto vittima del tuo fascino!
Allyson la fulminò con un’occhiataccia.
- Ma quale fascino e fascino, sta soltanto cercando un modo per prendermi in giro, tutto qui.
- E tu cosa ne sai, scusa?
- Beh, è abbastanza ovvio, in realtà. – rispose Allyson. – Non cercare di cambiare discorso comunque. Dov’è finito Malfoy?
Hermione scrollò le spalle, improvvisamente a disagio. Sapeva di averlo ferito, in qualche modo, la sera precedente, ma addirittura sapere che non si era presentato per colpa sua, la ferì.
- Non so. – borbottò.
- Che cos’hai combinato?
La Grifondoro sussultò.
- Niente! Assolutamente niente!
- Certo, come no. Hai il senso di colpa stampato in faccia.
Hermione percepì una fitta allo stomaco. Eppure non avrebbe dovuto sentirsi in colpa, dato che lui le aveva riservato lo stesso trattamento per anni, l’aveva offesa, umiliata e derisa. Ma allora perché si sentiva così male per quello che gli aveva urlato la sera prima? Perché quando aveva visto un lampo di tristezza negli occhi del Draco, aveva desiderato rimangiarsi tutto quanto?
In fondo il Serpeverde non aveva fatto nulla di male, o, più precisamente, nulla di diverso dal solito. L’aveva derisa, ma era una cosa che faceva quotidianamente e di sicuro non si aspettava una simile reazione da lei. Quel tutte le donne, tranne te ovviamente era stato detto in modo divertito, quasi senza cattiveria. Era stata una presa in giro e nulla di più.
Magari una rispostaccia ci sarebbe stata. Lo schiaffo anche. Ma quelle parole… sapeva che non avrebbe potuto dirgli di peggio. E nonostante avesse riacquistato immediatamente il suo sguardo freddo e distaccato, lei aveva visto chiaramente un veloce lampo di dolore in quei bellissimi occhi chiari. Veloce, breve, ma pur sempre dolore.
Era stata ingiusta, aveva detto delle cose non vere.
Gli aveva detto di essere vuoto. Ma, in fondo, per quanto freddo e scostante, delle emozioni le provava anche lui. Perché se fosse stato davvero un essere gelido e senza cuore, non le avrebbe prestato quella piuma, non l’avrebbe visto sorridere di sfuggita quando era arrivata tutta trafelata con i capelli all’aria, nella Sala dei Trofei. Ma soprattutto non avrebbe visto il dolore che gli aveva causato con quelle dannate parole.
Lui non si era mai minimamente preoccupato per tutte le cattiverie che le aveva detto negli ultimi sette anni. Beh, lei non avrebbe fatto lo stesso. Si vantava tanto di essere diversa da lui, di essere una Grifondoro fino al midollo, leale e sincera con tutti. Bene, ora avrebbe dovuto dimostrarlo.
Gli avrebbe chiesto scusa il prima possibile.
Magari domani.
Oppure poi.
O mai.
 
Oh, al diavolo! Gli chiederò scusa, io sono migliore di lui!
 
E con questo pensiero si diresse verso l’uscita della biblioteca, sotto lo sguardo sconcertato di Allyson che aveva assistito a tutto il suo monologo interiore.
- Hermione, aspetta!
- No, Allyson! – l’anticipò, già immaginando cosa le avrebbe detto. – Non provare a fermarmi! Lo so anche io che Malfoy non si merita niente, meno che mai delle scuse. Ma no, io sono migliore di lui e…
- Quando si possono spedire le lettere?
La Grifondoro cascò dalle nuvole.
- Eh?
- Che?
Si scambiarono un’occhiata perplessa, prima che Allyson sventolasse un foglio per aria.
- Quindi? Queste lettere?
- Oh, ehm, sì, il giovedì è giorno di posta. – rispose Hermione, schiarendosi la voce e guardandola comprensiva. – Devi scrivere ai tuoi genitori?
- Sì. – sussurrò Allyson. – Qualcosa del genere.
Hermione la scrutò, guardinga, accortasi del cambiamento d’umore, ma gli occhi improvvisamente freddi della Serpeverde la fecero desistere dal fare domande.
- Dove stavi andando prima che ti richiamassi? – chiese Allyson.
Hermione, che per qualche secondo si era dimenticata della sua missione suicida, drizzò le spalle e tirò il mento per aria, pronta alla sua carneficina.
- Gli chiederò scusa! Io sono migliore di lui! – esclamò, marciando fuori dalla biblioteca.
Allyson inarcò un sopracciglio, confusa, ma decise di non indagare oltre.
- Ally!
Oh Merlino, no, no, no, ti prego fa che non sia…
- Nott. – ringhiò a denti stretti.
- Sai che sei ancora più simpatica quando mi chiami per cognome?
- …… -
- Ecco, un po’ meno quando mi guardi con quell’espressione da pazza omicida, ma devo dire che anche così hai il tuo fascino.
- Sparisci dalla mia vista, sei peggio di uno stalker!
- Di un che?
Allyson chiuse per un secondo gli occhi, cercando di calmarsi. Scosse poi la testa, constatando che il Serpeverde non potesse certo conoscere le parole babbane. Certo, perché lui era un Purosangue, mica un Mezzosangue. Come lei.
- Io non capisco Nott... – disse, schiarendosi la voce e cercando di mantenere un tono tranquillo. – …non ero solo una Mezzosangue? Non ero io ad essere in difetto, tra noi due?
Allyson gli lanciò un’occhiata velenosa e Theodore si sentì a disagio sotto il suo sguardo. Improvvisamente quegli occhi così innaturalmente chiari gli fecero mancare il respiro per qualche secondo, togliendogli la prontezza di riflessi nell’elaborare una giusta risposta.
Certo che era solo una Mezzosangue! E questo di certo non sarebbe cambiato, così come non sarebbe cambiato il proprio disgusto nei suoi confronti. Anche se lo guardava con quegli occhi. Soprattutto se lo guardava con quegli occhi.
Il Serpeverde si grattò il collo, distogliendo lo sguardo, incapace di sopportare ulteriormente quella sensazione di gelo che Allyson gli stava facendo provare.
- Diciamo che sono pronto a soprassedere. – rispose, infine.
- Oh, grazie, quale magnanimità!
Nuovamente, Theodore fu incapace di replicare, nell’immediato. Aveva una strana sensazione.
- E dai Ally, ti chiedo solo di uscire. – disse dopo un minuto buono. – Voglio dimostrarti che non sono il ragazzo che hai conosciuto la prima sera.
- No, non m’interessa! E non chiamarmi così!
- Signorina Starr, posso chiederle come mai è qui da sola, senza i suoi compagni? – li interruppe una voce alle sue spalle.
- Uhm, professoressa McGranitt, che… che piacere vederla! – improvvisò riconoscendola immediatamente.
- Anche per me lo è. Sa dirmi perché la signorina Granger e il signor Malfoy non sono qui, come invece dovrebbero?
- Draco è…
- Sono in bagno! – Allyson interruppe Theodore, tirandogli un calcio da sotto il tavolo.
- Ahia, ma sei impazzita?!
La ragazza fu a tanto così dallo schiaffarsi una mano sul viso.
In tutto questo la McGranitt la stava osservando con un sopracciglio alzato, alquanto scettica.
- Ma davvero? Nello stesso momento?
- Sì, sì sono andati in bagno insieme.
Allyson si rese conto di quanto potesse suonare equivoca quella frase, quando Theodore per poco non si strozzò con la saliva.
- Cioè, non nello stesso bagno, ovviamente. – si spiegò. – In bagni diversi.
- E come mai i loro libri non sono qui? Se li sono portati dietro?
- Sì, ecco, Hermione è molto gelosa dei propri oggetti e anche l’idiot… cioè Malfoy.
- Bene, la ringrazio moltissimo signorina Starr per le informazioni. Provvederò. – chiosò la McGranitt con un tono che non prometteva nulla di buono.
Quando finalmente furono lasciati soli, Theodore sghignazzò, un’idea a balenargli in testa.
- In bagno? Non potevi trovare una scusa migliore?
- Stai zitto, Nott.
- Oh certo, io starò zitto. – acconsentì, placidamente. – Ma tu, Allyson… – le afferrò il mento, sfiorandole le labbra con il pollice e fissandola dritta negli occhi, un sorriso malizioso a curvargli le labbra. – … tu hai un debito con me.
Allyson lo osservò, sconcertata, incapace di sottrarsi alla sua presa.
- E cioè? – lo sfidò, alzando la testa, tanto che quasi i loro nasi si sfiorarono.
- Hai mentito alla McGranitt e a meno che tu non voglia che le riveli tutto…
- È un ricatto, Nott?
- Certo che sì.  


 

 
Non sapeva bene dove stava andando, non aveva idea di dove quel furetto potesse essere a quell’ora. Sperava soltanto di non dover scendere nei sotterranei, in quel caso sarebbe tornata indietro e avrebbe chiesto ad Allyson di farle strada.
Hermione aveva appena svoltato l’angolo, quando, presa dal discorso che continuava a ripetersi nella mente, per poco non ruzzolò a terra ricevendo un colpo sul naso.
- Merlino! Ma che male, chi è, per Godric, che corre…
Hermione si bloccò, fissando con incredulità una Ginny Weasley in preda a quella che sembrava una sorta di crisi isterica.
- Hermione!
- Ginny?!
- Hermione! – ripeté la rossa, afferrandola per un braccio e scuotendola con inaspettata forza.
- Eh?
- Hermione!
- Ginny, per Godric, che è successo?
- Io… lui… io non…
Fu a quel punto che Hermione si accorse che gli occhi della giovane Weasley erano prossimi al pianto. Per un attimo storse le labbra in una smorfia, pronta a uccidere Harry, nel caso avesse combinato qualcosa.
- Ehi, ehi, va tutto bene? Che è successo?
Ginny tirò sul col naso, asciugandosi gli occhi lucidi, con la manica della maglia.
- Sì, è solo che… – si bloccò, il respiro in gola. – Sono una stupida, Hermione. – disse poi.
- Ginny, no, non pensare di essere stupida per quello che provi per Harry! Lo so che è dura, ma non devi arrenderti, mai! Vedrai…
- Harry mi ha detto che è innamorato di me.
Il cuore di Hermione perse un battito a quelle parole, presa in contropiede. Un sorriso spontaneo nacque sul suo viso, mentre gli occhi per poco non si fecero lucidi per la felicità.
 
Finalmente, finalmente, finalmente!
 
- Ginny, è meraviglioso! È incredibile, stupendo, bellissimo…
- E quando me lo ha detto, io sono scappata. – sussurrò velocemente.

……
………
- Cosa?!
Ginny distolse lo sguardo, per poi mettersi le mani sul viso.
- Non mi guardare così!
- Ginny, non… non credo di capire.
- Lo so che è difficile da capire e mi sento stupida a dirlo ad voce, ma… – la voce di Ginny tremò. – Ho aspettato così tanto di sentire Harry dirmi quelle cose, così tanto Hermione, che quando me lo ha detto credevo che sarei morta lì davanti a lui. Un attimo prima stavo correndo per salvarlo da quella stronza di Katie e il secondo dopo mi stava dicendo che è innamorato di me. Io… non me lo aspettavo, capisci? Ed è stato tutto troppo in quel momento, se non me ne fossi andata, probabilmente gli sarei scoppiata a piangere tra le braccia. – confessò, con tenerezza infinita.
Hermione sorrise, commossa.
- E allora torna da lui, Ginny, e digli ciò che hai detto a me.
L’abbracciò, dandole un tenero buffetto sulla guancia.
- Vallo a prendere. – le ordinò.
Ginny sorrise ed Hermione, per tutta risposta, le scompigliò i capelli, mentre con la coda dell’occhio una testa bionda entrò nella sua visuale.
- Scusa Ginny, devo scappare! – esclamò improvvisamente, correndo dalla parte opposta del corridoio.
La giovane Weasley, per un attimo, credette di avere avuto un’allucinazione o di essere finita in un mondo parallelo. Perché mai, mai pensava che avrebbe mai visto la sua migliore amica correre incontro a Draco Malfoy.
 

 

 
- Malfoy! E che diamine, non far finta di non sentirmi!
Quando lui si voltò a guardarla, Hermione non poté fare a meno di piegarsi sulle ginocchia nella speranza di recuperare almeno un po’ di fiato.
- Vattene.
Una sola parola. Sette lettere. Tre sillabe.
 
Perché mi sento così in colpa?
 
- Ascoltami, io volevo dirti…
- Non me ne frega niente di quello che volevi dirmi, sparisci!
- Ti volevo soltanto dire che…
Un’occhiata raggelante la fece rabbrividire.
- Granger, te lo dico per l’ultima volta: levati. Dalle. Palle!
- MI DISPIACE, OK? – gridò, parlandogli sopra. – Non volevo dirti quelle cose, non le pensavo!
Draco la guardò come se volesse incenerirla.
- Non chi le vuole le tue scuse! A me non importa quello che pensi tu!
Hermione indietreggiò, spaventata.
A volte lo aveva visto arrabbiato, spesso arrogante, con il suo solito ghigno, a volte superbo e vanitoso, ma mai, mai, lo aveva visto in quello stato.
Era semplicemente furioso.
Una rabbia talmente forte che Hermione la sentiva ripercuotersi sulla sua pelle come una frusta.
- Vattene. – stavolta non sembrava un ordine, ma aveva la parvenza di una supplica. 
Draco non riusciva a sopportarlo, doveva allontanarsi da lì.
 
Da lei.
 
- Ma io… – borbottò la Grifondoro, alla ricerca di qualcosa d’intelligente da dire.
- Granger, Malfoy!
La McGranitt interruppe quel litigio che stava ferendo entrambi più di quanto potessero immaginare.
- Non dovreste essere in biblioteca adesso?
- S-sì, noi, io… lui…
- Non ho bisogno di spiegazioni, signorina Granger, non sono affatto stupida. Avete violato le mie regole. Converrete con me che non posso certo lasciar impunita questa vostra mancanza di rispetto nei miei confronti. Siete d’accordo? Certo che sì.
 
Per Godric, ti prego, dimmi che non farà quello che penso che invece voglia fare.
 
- Non vi avevo forse avvertito ragazzi? – domandò, con un veloce movimento del polso.
- Sì, ma noi…
- Bene, ora potete andare.
I ragazzi spalancarono gli occhi.
Beh, se li lasciava andare così, Draco avrebbe sicuramente sfruttato l’occasione. Dopo aver lanciato un’altra occhiata velenosa a Hermione, s’incamminò verso i Sotterranei, ma la Grifondoro stranamente si sentì strattonata nella sua direzione. Fu talmente violenta la spinta che non riuscì ad evitare di cadergli addosso rovinosamente.
- Mezzosangue, spostati! – esclamò il Serpeverde, chiaramente innervosito.
- Oh, calmati, Malfoy, ma che modi!
- Stai uccidendo i miei gioielli di famiglia!
- Ah già! Dimenticavo che tu ragioni soltanto con quelli!
- Gelosa, Granger?
- Quando nevicherà a giugno, Malfoy!
I due ragazzi ci misero ancora un po’ prima di capire cosa li avesse fatti cadere. Appena Hermione comprese cos’era successo si alzò di scatto, spaventata, e il Serpeverde, senza avere il controllo sul proprio corpo, si alzò a sua volta.
- Ma per Salazar…
- Può imprecare quanto vuole signor Malfoy, ma l’avviso che questo non servirà a togliervi l’incantesimo di prossimità.
Hermione sperò con tutto il cuore di aver capito male.
- M-mi scusi, ci ha fatto un incantesimo d-di… prossimità-à? – balbettò.
- Esatto, signorina Granger. Più o meno di… un metro.
- Un metro?!
- Non proprio un metro. – concesse la McGranitt. – Due, tre al massimo.
- Ma, ma… ma… professoressa aspetti! – strepitò la ragazza. – Lei non si rende conto! Se non possiamo allontanarci l’uno dall’altro per più di due metri, dovremmo… mangiare, vestirci, studiare e, e… dormire insieme?!
- Vedo che ha capito tutto alla perfezione, come sempre d’altronde.
- Ma non può fare una cosa simile!
La McGranitt alzò un sopracciglio, lanciando un’occhiata raggelante ad entrambi.
- Certo che posso, l’ho appena fatto. Comunque potete stare tranquilli, non durerà molto, soltanto un giorno.
Dopo qualche secondo, la professoressa si sistemò il cappello con un sorriso compiaciuto e li lasciò soli e completamente sconvolti.
- Ok, ok, ok… va tutto bene… tutto… tutto bene. – mormorò Hermione, ripetendosi quelle parole come una mantra, quasi ipnotizzata. Portò una mano sul cuore, scoprendolo impazzito e serrò le mani in un pugno sperando che smettessero di tremare incontrollate.
Si voltò verso Draco, preoccupata da morire per la sua reazione, ma quello che vide la sorprese e non poco: il Serpeverde stava fissando il punto in cui era sparita la McGranitt, con sguardo vacuo.
- M-Malfoy? Tutto bene? – chiese.
Vedendo che non accennava a proferir parola, lo scosse per la spalla, ma anche questa volta non ottenne risposta.
Alla fine dopo vari secondi si voltò verso di lei per guardarla negli occhi.
E fu a quel punto che esplose.
Non ci fu una singola persona a Hogwarts che non sentì le sue imprecazioni e le sue minacce di morte.
 

 

 
Harry mi ama.
 
Ginny percorse le scale con più foga del normale, rischiando di inciampare e di rompersi l’osso del collo.
 
Harry mi ama.
 
Recitò velocemente la parola d’ordine, tossicchiando e respirando affannosamente.
 
Harry mi ama.
 
Merlino, non credeva che avrebbe mai avuto la fortuna di concepire anche il solo pensiero. E stavolta non era frutto della sua mente o delle sue stupide fantasie, stavolta era tutto vero, così vero da far male.
 
Harry mi ama.
 
Sentì nuovamente le lacrime agli occhi per l’intensa emozione che si fece strada nel suo cuore, offuscandole la mente. Era talmente felice che non riusciva nemmeno a capire dove stesse mettendo i piedi o le mani.
 
Harry mi ama.
 
Non trovandolo nella Sala Comune, un moto di terrore l’assalì, ma senza perdersi d’animo si precipitò alla porta della sua stanza, sperando che fosse lì.
Quando Harry fece capolino al di là della porta, Ginny percepì l’ormai familiare sensazione alla bocca dello stomaco.
- Tu mi ami. – soffiò, senza quasi più fiato.
Il Grifondoro arrossì, gli occhi verdi spalancati e il cuore in gola, incapace di dire alcunché.
- Tu mi ami. – ripeté Ginny, entrando nella sua stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Harry tossicchiò, senza voce, e annuì. – Non mi stai prendendo in giro, vero? – chiese poi, afferrandogli il maglione e guardandolo con occhi talmente limpidi e sinceri che Harry non sarebbe stato in grado di mentirle neanche se avesse voluto. – Perché se è così, Harry Potter, se stai anche solo pensando di giocare con i miei sentimenti, giuro che…
Harry le accarezzò una guancia, stroncando le sue proteste sul nascere. Poggiò la fronte sulla sua, inspirando l’odore dei suoi capelli, ad occhi chiusi.
- Io voglio te, Ginny. – confessò, con un’inaspettata audacia. Avvertì Ginny tremare sotto le sue mani e, improvvisamente, la consapevolezza che lei fosse lì tra le sue braccia, fece scomparire ogni suo più stupido timore. Si ritrovò a desiderare di ripetere ancora quanto infinitamente l’amasse e fosse incapace di stare senza di lei. – Ti voglio oggi, così come ti vorrò domani e dopodomani e il giorno dopo ancora. – sussurrò, sfiorandole il naso col proprio. – Se solo tu potessi perdonarmi…
Non terminò la frase, perché Ginny si aggrappò alla sua maglia e lo baciò con forza. Fu un bacio disperato quello che si scambiarono, pieno di rancore, dolore, felicità, attesa, aspettativa. Tutte le emozioni di cui erano stati schiavi in quei mesi si riversarono in quel bacio come il più efficace dei paradisiaci.
 
Alla ricerca di quel contatto che bramavano, da tempo ormai immemore.
 
- Ma certo che ti voglio, certo che ti perdono. – sussurrò Ginny, quasi singhiozzando dalla gioia.
Harry la baciò di nuovo, più a fondo stavolta. Le loro lingue s’incontrarono, cercandosi, esplorandosi, desiderandosi. Dolcemente le strinse un fianco, avvicinandola a lui e la ragazza s’inarcò sotto il suo tocco. 
- Da quanto… – mormorò la giovane Weasley, staccandosi da lui un secondo per riprendere fiato.
- Da mesi. – rispose, Harry, nascondendo il viso contro il suo collo e rendendosi conto di quanto tempo avesse sprecato. – Credevo di non avere più nessuna possibilità, dopo che ti avevo rifiutato la prima volta.
Ginny strinse i suoi capelli, alzandogli la testa e guardandolo dritto negli occhi, con determinazione.
- Sei un’idiota, Harry Potter. – proferì a un centimetro dalle sue labbra. – Un’idiota! – ripetè, colpendolo sul petto e spingendolo indietro.
Harry sbatté le palpebre, sorpreso da quello sfogo, ma accettò passivamente quel trattamento, consapevole di cosa le avesse fatto passare in quel periodo.
- Lo so, Ginny, non sai quante volte me lo sono detto anche da solo. – ammise, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Ma hai idea di come mi sia sentita? – lo aggredì, spingendolo ancora e facendolo ruzzolare sul letto. Prima che il ragazzo potesse protestare o recuperare l’equilibrio, Ginny si fiondò su di lui, mettendoglisi a cavalcioni e bloccandolo contro il materasso. Harry avrebbe potuto liberarsi tranquillamente e senza troppo sforzo, ma non riuscì a muoversi, troppo sorpreso e in imbarazzo per la situazione.
- Come hai potuto pensare, anche solo per un secondo, che io non ti volessi più? – chiese arrabbiata, rendendosi conto, col senno di poi, della posizione equivoca che avevano assunto.
- N-non lo so. – balbettò Harry. – Te l’ho detto, sono stato un’idiota.
Rimasero a guardarsi per qualche altro secondo, prima che entrambi si avventassero sulle labbra l’uno dell’altro come alla ricerca di ossigeno. Con grande sorpresa di Ginny, Harry ribaltò le posizioni con uno scatto di reni, portandola sotto di lui e guardandola come se fosse la cosa più splendida che avesse mai visto.
La ragazza arrossì violentemente, sentendosi sciogliere sotto il suo sguardo. Quasi inconsciamente gli accarezzò una guancia, incredula di poterlo fare, di poterselo permettere.
Harry le prese la mano e con uno slanciò di coraggio gliela baciò, con una delicatezza che le fece girare la testa. Risalì poi lungo il braccio, lentamente e dolcemente, regalandole soffici baci che la fecero quasi ansimare, nonostante non ci fosse niente di malizioso in quel tocco così reverenziale. Quando arrivò a baciarle la spalla, tracciando poi una linea immaginaria dalla base del collo all’orecchio, Ginny fu costretta a mordersi la lingua per non gemere di piacere.
- Harry… – sussurrò, sfiorandogli il bacino. 
A quel punto, il ragazzo s’irrigidì alzando di scatto gli occhi su di lei e quasi facendo un balzo indietro.
- Ginny, non… – balbettò, a corto di fiato. – … cioè, io non… tu… tu metti decisamente alla prova… il… il mio autocontrollo. – concluse, con voce affannata.
La giovane Weasley schiuse le labbra, prima di scoppiare a ridere sonoramente. Fu talmente presa dalle risate che il suo corpo tremò come in preda alle convulsioni, mentre Harry la fissava perplesso.
- Ho detto qualcosa di divertente? – chiese Harry, chiaramente confuso.
Ginny ridacchiò ancora, avvolgendo le braccia intorno al suo collo e avvicinandolo a sé.
- Harry Potter… – lo richiamò, quasi con voce solenne, mordendogli le labbra giocosamente. – …ti aspetto da sette anni. Lo sai dove te lo puoi mettere il tuo autocontrollo?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Ciao a tutti!! Stavolta ho aggiornato più in fretta! ^_^ Devo ringraziare madre terra che tra terremoti, nevicate e febbre mi ha fatto restare a casa una settimana! Spero che questo capitolo vi piaccia, l’ho ricontrollato più volte perché non mi convinceva, ma aspetto i vostri pareri per correggere gli eventuali errori! Oppure più probabili Orrori ^_^
Ah, a proposito della prima parte, quella della pozione, dove Harry dice che con lui non ha funzionato ecc. ecc. Diciamo che la storia che la pozione non ha funzionato perché lui è totalmente innamorato di Ginny è una chiara licenza poetica! Non so se in realtà sia davvero così, ma mi piaceva come idea e ho deciso di scriverla XD
Finalmente Harry e Ginny si sono messi insiemeeee! Spero di non aver reso troppo banale o scontato il tutto, anche se in queste cose è difficile non cadere nei soliti cliché. Fatemi sapere! :)
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate, e anche a chi ha solo dato una sbirciata! Ma soprattutto ringrazio infinitamente SWAMPY, Black_Yumi e Harry Potterish che mi sostengono sempre con le loro recensioni e le loro dolci critiche! Grazie, grazie, grazie!
Al prossimo capitolo!
flors99
 

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Capitolo 9
*** My Life Is Finished! ***


- Visto cos’hai combinato? È tutta colpa tua!
- Mia? Ma ti ha dato di volta il cervello, Mezzosangue? Io non ho fatto niente!
- Certo che è colpa tua! Se tu ti fossi presentato in biblioteca, come avresti dovuto fare, io non sarei venuta a cercarti! E non chiamarmi così!
- E perché mai sei venuta a cercarmi, eh?
A quella domanda Hermione deglutì, senza però abbassare lo sguardo.
- Perché non c’eri!
- Beh, nessuno te l’ha chiesto.
- Accidenti a te, Malfoy, ma perché devi essere sempre così insopportabile? Scusa tanto se mi sono preoccupata per te!
A quelle parole il Serpeverde sfoderò il suo solito ghigno impertinente.
- Ti sei preoccupata per me, Mezzosangue?
Hermione arrossì come un peperone.
- Per me, Malfoy, volevo dire per me! Sapevo che se la McGranitt non ci avesse trovato insieme, ci avrebbe dato una punizione e così è stato. – replicò, salvandosi all’ultimo secondo.
Senza attendere la sua risposta si voltò per andarsene, dimenticandosi per un secondo che non fosse possibile. E, infatti, poco dopo Draco le corse dietro, mentre tentava di non perdere l’equilibrio.
- Stai attenta, Mezzosangue! Per poco non cadevo!
- Non sai quanto mi sarebbe dispiaciuto se il tuo bel faccino si fosse spiaccicato sul pavimento!
- Granger, sei insopportabile lo sai?
- E tu lo sai che per me è lo stesso?
- E voi due lo sapete che per colpa vostra sarò costretta a sopportare quell’idiota?
Hermione e Draco si scambiarono uno sguardo prima di capire che quella voce non proveniva da nessuno dei due.
Allyson si parò minacciosa di fronte ai due ragazzi, le braccia incrociate al petto. Sinceramente Hermione, per qualche secondo, ebbe sul serio paura. La Serpeverde aveva gli occhi ridotti a due fessure, le labbra piegate in una smorfia e uno sguardo talmente duro e ghiacciato che la Grifondoro sentì freddo sulla pelle.
- Eh?
- Se tu fossi andata via un secondo più tardi, Hermione, Nott e la McGranitt non sarebbero venuti a cercarmi!
- Cosa c’entra Theo? – chiese Draco, assottigliando lo sguardo nel sentir nominare il suo migliore amico.
- Cosa c’entra? – sibilò Allyson, lanciandogli un’occhiata di fuoco. – C’entra eccome! Il tuo amico è uno sporco ricattatore, doppiogiochista, egocentrico, borioso, arrogante… – sarebbe potuta andare avanti per ore, se non avesse scorto la figura di Theodore avanzare verso di loro.
- Ecco, ci risiamo. È colpa vostra, dannazione!
- Allyson, ma mi vuoi spiegare…?
- Non ora, Hermione, scusa ma devo andare. – la interruppe bruscamente.
- Hei, Ally non scappare!
La Serpeverde fu a tanto così dallo sbattere la testa contro il muro.
- Nott, giuro che se ti avvicini ancora ti denuncio!
- Adesso non fare troppo la melodrammatica!
Allyson ruotò il busto, allontanandosi, facendo svolazzare i lunghi capelli, con Theodore al seguito.
Draco seguì la scena con occhi pieni di sconcerto e incredulità: da quando il suo migliore amico si comportava da idiota?
Hermione, invece, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
Il Serpeverde si voltò di scatto. Lei non facendo caso al suo sguardo, continuò a ridere a crepapelle per la situazione troppo comica. Draco piegò la testa di lato, incuriosito da quella risata spontanea e sincera.
Era incredibile come quella bocca, sempre pronta a rimbeccarlo e a rispondere agli insulti, fosse in grado di emettere un suono tanto bello. Si diede uno schiaffo mentale quando realizzò quello che aveva appena pensato. 
 

 

  
Si dice che il tempo passi in fretta. A volte sembra che siano trascorsi soltanto pochi minuti, quando invece un’intera ora è volata via, senza neanche accorgersene.
Eppure quel pomeriggio per due studenti di Hogwarts, il tempo giocò loro un brutto scherzo e sembrò andare a rallentatore.
Hermione non seppe dire quando effettivamente capì che non sarebbe stata in grado di superare quell’ennesima punizione. Certo, era una cosa che ammetteva con non poco difficoltà, quando mai lei si era tirata indietro a un qualsiasi compito o dovere, per quanto ostico fosse? Mai. Eppure si ritrovava costretta ad ammettere, almeno a se stessa, di non essere capace di fare qualcosa. E quel qualcosa era condividere ogni singolo minuto del suo tempo con Draco Malfoy.
Quel pomeriggio era stato un inferno. Nel senso letterale del termine; dopo aver tentato invano di convincere la McGranitt a ritirare la punizione, e dopo aver ottenuto soltanto un prolungamento della punizione esattamente da un giorno a una settimana (evidentemente insultarsi e lanciarsi schiantesimi davanti alla McGranitt non era stata una buona idea), avevano passato il pomeriggio a esaurire la voce e in quell’istante entrambi si ritrovavano con un terribile mal di gola, che non accennava ad andarsene.
Ma non era finita lì.
Il problema “cena” si prospettava davanti ai loro occhi e aveva dato inizio a una nuova discussione.
- Dove mangiamo?
- Al tavolo dei Serpeverde, mi sembra ovvio!
- Scordatelo, andiamo a quello dei Grifondoro!
- Perché me l’hai chiesto se già avevi le idee chiare? E comunque te lo puoi scordare, io a sedere con Potty e Lenticchia non ci vengo neanche morto.
- Ed io piuttosto che sedermi con le vostre brutte facce, mi siedo per terra e resto qui!
- Accomodati, Mezzosangue!
Detto, fatto.
Hermione, senza un briciolo di vergogna, si sedette per terra al centro della Sala Grande, senza voler dar segni di cedimento. Draco fu a sua volta spinto giù.
- Mezzosangue, alzati! Ci fissano tutti!
- Che c’è? Ti vergogni per caso?
Draco non rispose e fu costretto a sedersi davanti a lei, mentre si scambiavano occhiate di fuoco.
- Scusa? Mi passi quella fetta di torta? – chiese gentilmente Hermione a una ragazza del terzo anno, vicino a lei. La ragazza la fissò perplessa e dopo una breve esitazione le porse il dolce. Fu sul punto di dire qualcosa ma quando incontrò lo sguardo raggelante del Serpeverde quasi scappò via.
Hermione mangiucchiò la torta, senza far caso a tutti quegli sguardi sbalorditi che li fissavano stralunati: gli studenti di Hogwarts non sapevano se essere più stupiti del fatto che quei due fossero a sedere sul pavimento, oppure che quelle due persone seduta l’una accanto all’altra fossero veramente Hermione Granger e Draco Malfoy.
Draco, osservando la ragazza, non poté fare a meno di ammirare quella tranquillità che aleggiava sul suo viso e sembrava non lasciarla mai. Quegli occhi scuri che erano sempre pieni di ogni emozioni e dolci con tutti. Tranne che con lui.
Si stupì di quello strano sentimento che sentì nel petto, di quel senso di freddezza che provò quando lei smise di guardarlo, per porgere gli occhi altrove.
- Malfoy? Tutto bene? Sei pallido, insomma, sei sempre pallido, ma sembri ancora più…
- Stai zitta! – rispose malamente. D’altronde era colpa sua se si sentiva così e doveva pur prendersela con qualcuno!
- Ma è possibile che non si possa fare una conversazione civile con te? Sei sempre pronto a rispondermi nel peggiore dei modi! Ti ho solo chiesto come stai!
- Una lurida Mezzosangue come te è fortunata anche solo se le rivolgo la parola.
Il silenzio cadde a quella frase e si protrasse così a lungo che il Serpeverde alzò gli occhi su Hermione, incuriosito dal suo mutismo.
La ragazza sentì qualcosa spezzarsi dentro di lei, non tanto per il tono che aveva usato, né per l’offesa in sé per sé, ci era abituata, ma per i suoi occhi. Quegli occhi di ghiaccio erano sinceri. Lui pensava davvero quello che aveva detto.
Questa consapevolezza la portò sull’orlo delle lacrime e voltò lo sguardo da un’altra parte.
Eppure non avrebbe dovuto importarle di quelle parole, piene di pregiudizi, specialmente se dette da lui.
 
Perché? Perché qualunque cosa io faccia, tu rispondi così? Perché ogni volta che provo ad aprirmi con te, tu trovi il modo per farmi fare marcia indietro? Ma, soprattutto, da quando me ne importa qualcosa?!
 
Draco, da parte sua, non capì cosa l’avesse davvero offesa, dato che in quei sette anni le aveva rivolto insulti ben peggiori, ma quando vide il suo sguardo, rancoroso e deluso, non poté fare a meno di sentirsi in colpa per la prima volta nella sua vita.
 

 

 
- È fatta.
Theodore Nott, con un sorriso largo due chilometri entrò nel dormitorio e si lasciò cadere malamente sul divano, accanto a Blaise.
- Ma non mi dire. Dopo giorni e giorni di dura lotta, il nostro eroe ha finalmente compiuto la sua impresa?
- Sta zitto Blaise, non hai idea della fatica che ho fatto.
- Allora? È caduta finalmente ai tuoi piedi? – ridacchiò Blaise, evitando lo sguardo di Theo.
L’amico per qualche secondo non rispose.
- Beh? Theo?
- Uhm, beh, più o meno.
- Che stai borbottando?
- Diciamo che sono riuscito ad avere un appuntamento con lei… dopo, insomma, dopo che l’ho ricattata.
Blaise scoppiò a ridere.
- Non ci posso credere!
- Blaise, stai zitto!
Il Serpeverde continuò a ridere, incurante dei lampi che gli occhi del suo amico gli stavano lanciando.
- Col ricatto!
- Blaise, stai zitto!
- Allora c’è ancora qualcuna che riesce a resisterti!
- Blaise, apri di nuovo la bocca e giuro che sarà l’ultima cosa che farai!
 
 


 
- È così comodo il pavimento?
Hermione sorrise impercettibilmente riconoscendo la voce e si sentì leggermente meglio.
- Comodissimo Ally, vuoi provarlo anche tu?
Allyson sbuffò, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso.
- Non mettertici anche tu con quel ridicolo soprannome. – ringhiò quasi. – Comunque, come mai oggi siete così… appiccicati?
- Ah, chiedilo a lui!
La Grifondoro voltò la testa nell’altra direzione. Allyson li osservò incuriosita: sapeva che Hermione, orgogliosa fino alla nausea, non avrebbe mai voltato lo sguardo, e se lo aveva fatto significava che Draco le aveva detto qualcosa che l’aveva seriamente ferita.
- Nulla che ti riguardi. – rispose Draco. – E comunque, Granger, smettila di fare quella faccia, non m’interessano le tue crisi da femminuccia isterica, anzi, non le sopporto proprio.
A quelle parole, Allyson vide gli occhi di Hermione velarsi leggermente. Si piegò sulle ginocchia in modo da trovarsi all’altezza del viso di Draco.
 
Ghiaccio contro ghiaccio.
 
- Se c’è una cosa che invece io non sopporto sono le persone boriose, arroganti e superficiali come te! Ti diverti così tanto a far soffrire tutti?
Quelle parole dure rimbombarono nella sala, zittendo di colpo tutti i presenti.
Draco voltò di scattò la testa, colto di sorpresa. Il suo primo istinto fu quello di farle del male, malissimo, affinché ritirasse tutto quello che aveva detto. Avvertì una rabbia incandescente irradiarsi in ogni singola cellula del suo corpo e si riscoprì a provare un odio che non aveva mai provato per nessuno. Eccetto che per un’altra persona.
Quelle parole, quella frase non avrebbe dovuto pronunciarla. Non in quel momento. Non in sua presenza. Non in quello stesso modo in cui le aveva pronunciate lui, tanti anni prima.
 
- Ti diverti così tanto a far soffrire tutti quanti?
Un bambino, di circa sei anni, si asciugò una lacrima che gli era sfuggita. Occhi chiari e capelli ancora più chiari lo distinguevano da tutti gli altri suoi coetanei.
Un uomo dai capelli altrettanto chiari, ma dagli occhi molto più freddi abbassò la temperatura della stanza, servendosi soltanto del suo tono raggelante.
- Vuoi seriamente che ti risponda?
 
- Beh? Perché non le rispondi, eh? Sono curiosa anch’io Malfoy!
Il Serpeverde, per un secondo, fu grato alla starnazzante voce della Granger per averlo strappato a quel brutale ricordo.
Draco non rispose, non guardò neppure Allyson negli occhi. Aveva la spiacevole sensazione che se avesse alzato lo sguardo su di lei, avrebbe rivissuto quel giorno di dieci anni prima e avrebbe rivisto gli occhi freddi di suo padre e la loro crudeltà, mentre rispondeva alla domanda.
 
Dopo minuti che parvero interminabili Draco si alzò, incurante degli sguardi altrui, e si diresse a passo spedito verso i Sotterranei. Ovviamente non calcolò il fatto che una certa Grifondoro gli piombasse praticamente addosso, essendo stata strattonata violentemente.
Ancora una volta si ritrovarono uno sopra l’altro, con l’imbarazzante inconveniente che stavolta non c’era soltanto la McGranitt a guardarli.
- Mi stai sulle palle, Granger. – proferì Draco, con una strana calma.
- Ah, non preoccuparti furetto, anche io non è che straveda per te! – asserì Hermione infastidita.
- No, non hai capito, mi stai veramente sulle palle!
- Appunto! È quello che ho detto io! So che sei stupido, ma…
- Ok, Mezzosangue, tutto questo odio nei miei confronti mi lusinga veramente tanto, ma ora ti pregherei di alzarti, perché mi stai letteralmente schiacciando! E non farmi ripetere dove!
Quando Hermione capì a cosa si riferisse, divenne rossa fino alla punta delle orecchie e scattò all’indietro immediatamente.
- Non potevi dirmelo prima?!
- Te l’ho detto, ma non capisci mai quando ce n’è bisogno! – sbraitò, riprendendo la strada per i Sotterranei.
- Furetto, dove pensi di andare?
- Nella mia stanza, Granger.
Hermione s’irrigidì come una statua di sale, presa improvvisamente dal panico.
- Che cosa? – strillò. – Io non ci vengo nel vostro subdolo covo!
- E invece ci verrai, Granger, e non certo perché ti ci voglio, sia chiaro.
- Stai tranquilla, Hermione. – le disse Allyson, raggiungendoli. – Passo io al tuo dormitorio a prenderti i vestiti.
- Eh? Ma non se ne parla nemmeno! Io non mi muovo da qui!
- Ascolta Mezzosangue, per quanto il pavimento sia comodo, come hai voluto constatare stasera, non mi sembra un buon posto dove dormire. Quindi, adesso chiudi quella bocca e vieni con me.
- Scordatelo, Malfoy!
Hermione puntò i piedi e lo guardò malissimo. Era ancora arrabbiata a morte con lui, anche se non sapeva bene il perché, e non aveva la minima intenzione di dargli retta. E soprattutto non aveva la minima intenzione di entrare nella sua stanza e dormire con lui, pur essendo consapevole di non avere molta scelta.
Draco, stranamente non troppo in vena di litigare, di fronte all’espressione ostinata della Mezzosangue, alzò le spalle e, con una mossa degna di un felino, se la caricò sulle spalle come un sacco di patate.
Hermione non fece in tempo a rendersi conto della situazione che si ritrovò senza la terra sotto i piedi. Divenne più rossa di quanto non fosse già prima, poi quando recuperò la lucidità affrontò la cosa con tutta la dignità e la calma possibile.
- METTIMI SUBITO GIU’!!!
Draco fece finta di non sentirla e con un ghigno diabolico continuò a camminare, totalmente incurante delle sue urla.
- LASCIAMI!!! – gridò, dimenandosi. Il Serpeverde evitò per un soffio un calcio, che rischiò seriamente di compromettere il suo bellissimo viso e le bloccò le gambe.
- Mezzosangue, non gridare così, qualcuno potrebbe avere la malsana idea che ti sto violentando!
- Questo è sequestro di persona!
- Sì, sì certo, certo…
Draco aprì la porta del dormitorio e in meno di un secondo si ritrovò gli occhi di tutti i suoi compagni di casa addosso.
- SE NON MI METTI SUBITO GIU’ GIURO CHE…
Furono tutti fulminati da un’occhiata gelida.
- Il primo che dice qualcosa farà una brutta fine, chiaro?
 
 


 
Ronald Weasley addentò il pane croccante e appena sfornato.
- Ciao.
Una voce melodica sopraggiunse alle sue spalle, facendolo quasi strozzare. Voltandosi si ritrovò davanti due occhi chiarissimi che lo fissavano incuriositi.
- Sei di Grifondoro, vero?
Ron annuì, tentando di ingoiare quel pezzo di pane che ancora non era andato giù.
- Potresti accompagnarmi ai vostri dormitori?
- P-perché?
- Me l’ha chiesto Hermione.
A quel nome il ragazzo sembrò tranquillizzarsi e le rivolse un sorriso sincero.
 
Camminarono in silenzio per tutto il tragitto. Allyson non era mai stata di molte parole e Ron semplicemente si sentiva in soggezione, anche se non sarebbe riuscito a spiegarne il motivo. Non sapeva cosa fosse quella strana sensazione che risaliva lungo la schiena e gli faceva accapponare la pelle ogni volta che i suoi occhi incrociavano quelli della ragazza.
- Siamo arrivati. – borbottò, Ron, infilandosi le mani nelle tasche. – Quindi, come ti trovi? – chiese, pur di interrompere quel silenzio assordante.
- Come?
- Beh… – Ron si passò una mano tra i capelli, leggermente in imbarazzo. – … sei nuova qui. Ti piace la scuola?
Allyson schiuse le labbra, soppesando con calma la sua domanda. Da quando era arrivata in quel posto, mai si era fermata a pensare a come realmente si sentisse, non se ne era concessa il tempo. Nessuno aveva pensato di chiederle come stesse, nemmeno Hermione, e lei era stata troppo occupata ad adattarsi a quella nuova situazione per potersi preoccupare di se stessa.
Avvertì le sue labbra aprirsi inconsciamente in un sorriso spontaneo, mentre osservava quel ragazzo tutto lentiggini e capelli rossi.
- Sì. – rispose, dopo qualche secondo. – Sei gentile a chiedermelo.
Prima che il giovane Weasley potesse replicare qualcosa, un piccolo tornado rosso gli si fiondò letteralmente addosso.
- Ron, fratellone! Te l’ho mai detto che ti voglio bene?
Ginny lo strinse con tutta la forza che aveva in corpo, seppellendo il capo nell’incavo della sua spalla.
Ron sussultò per la sorpresa, non sapendo se essere più stupito dall’abbraccio di Ginny o dalle sue parole. L’ultima volta che lo aveva fatto era stato quando avevano quattro anni e lui l’aveva aiutata a rubare i biscotti.
- Ehm. – balbettò, arrossendo.
A quel punto anche Harry entrò nel suo campo visivo, con lo stesso sorriso ebete in faccia. Ok, che Ginny fosse strana poteva essere, ma anche Harry nello stesso momento era troppo!
- Tu sei la Serpeverde! – esclamò Ginny, occhieggiando la nuova arrivata.
Allyson s’irrigidì a quell’appellativo.
- Allyson. – la corresse, bruscamente. – Conosci Hermione, vero?
- Certo, perché?
- Devi portarmi in camera sua.
 
Dopo aver spiegato con calma la situazione e dopo aver visto tre mascelle spalancarsi e toccare terra quando aveva detto loro che Draco si era caricato Hermione sulle spalle, Allyson fu accompagnata da Ginny nella camera di Hermione.
- Quindi deve passare per una settimana la notte con Malfoy? – chiese Ginny, trovando il tutto assurdo. Era stata quella che aveva accolto nel modo migliore la notizia, mettendosi a ridere e dicendo che Malfoy era un bel ragazzo e Hermione doveva ritenersi fortunata. In questo modo si era beccata uno sguardo stralunato da parte di Ron e uno imbronciato da parte di Harry.
- A quanto pare.
- Vediamo un po’, le faremo una bella sorpresa. – mormorò, pensierosa. – Ok, ci mettiamo questo, quello, quell’altro…
In pochi secondi i vestiti furono ammucchiati e messi tutti in una piccola valigia.
- Basteranno per una settimana?
Allyson la guardò in modo strano.
- Basterebbero anche per un mese. – commentò, guardando quella pila di roba.
- Scusa ma… sei sicura che Hermione indossi questa roba? – chiese poi, occhieggiando i vestiti.
- Certo che sono sicura.
Allyson captò all’istante la bugia, ma non disse niente, lasciando che le sue labbra si piegassero in un ghigno.
Ginny la scrutò, incuriosita, e non poté fare a meno di pensare quanto quel ghigno fosse identico a quello di…
Scosse la testa, togliendosi dalla testa strani pensieri.
- Comunque quando darai la valigia a Hermione, dille che io non c’entro nulla! – si raccomandò. – E, soprattutto, scappa prima che la apri!
- Tranquilla, sono un’artista della fuga.
Ginny non perse il suo sorriso, nemmeno quando Allyson sparì dalla sua visuale. Ok, probabilmente Hermione l’avrebbe uccisa, ma era per una buona causa d’altronde.
Quando raggiunse Harry al piano di sotto, gli si sedette accanto, stampandogli un bacio sulla guancia.
- Dov’è Ron?
- È tornato in Sala Grande, credo cercasse Seamus. – mormorò pensieroso. – Dovremmo parlargli comunque. – aggiunse poi, stringendosi leggermente nelle spalle.
Ginny ridacchiò.
- Tranquillo, non lascerò che ti uccida. – lo rassicurò, intuendo i suoi timori.
Harry scoppiò a ridere e le accarezzò una guancia.
- Ci conto. – soffiò sulle sue labbra. – E quindi Hermione sarebbe fortunata perché per una settimana può dormire insieme a Malfoy? – chiese poi, con una voce strana.
Ginny lo scrutò perplessa, prima che le sue labbra si piegassero in un sorrisetto. Decise di stare al gioco.
- Direi di sì, insomma, Malfoy è pur sempre Malfoy.
- C-cosa?
- Beh, sì! – esclamò Ginny, tirandogli un pugnetto sul braccio. – Se potessi anch’io dormirei una settimana con lui.
Harry boccheggiò, non riuscendo a capire se essere più mortificato o innervosito.
- Non ci pensare nemmeno! – replicò, dopo qualche secondo. – Se prova a sfiorarti…
Non finì la frase, perché Ginny lo abbracciò.
- Non credevo che avrei vissuto abbastanza per vederti così geloso.
 
Geloso di me.
 
Harry s’immobilizzò per un attimo, prima di rilassarsi tra le sue braccia. In vita sua, non era mai stato geloso di niente. Né dei suoi giocattoli da bambino, non che ne avesse mai avuti, né di una persona in particolare durante la sua adolescenza. Eppure, per Ginny, avvertiva un senso di protezione tale da renderlo geloso in un modo che non avrebbe mai creduto possibile. Aveva la chiara sensazione per lei sarebbe stato disposto a fare qualunque cosa.
E no, non se la sarebbe mai più fatta scappare.
Mai più, si ripeté, mentre le posava un dolce bacio tra i capelli.
 
 


 
Mentre Draco si dirigeva verso la sua camera, Hermione ringraziò Godric che Malfoy fosse un prefetto (anche se non se lo meritava, ovviamente!), altrimenti avrebbe dovuto condividere la stanza anche con gli altri ragazzi e sarebbe stato davvero imbarazzante.
- Malfoy, lasciami subit…
Prima che potesse terminare la frase, il ragazzo la lasciò e la poggiò a terra, tenendola per i fianchi, come se fosse una bambola.
Per un secondo non si mossero.
Lei con le mani sulle sue spalle, completamente scombussolata, lui con le dita che ancora le accarezzavano i fianchi, tenendola ben stretta e vicina a lui.
Ad un tratto Draco, come se si fosse riscosso, si allontanò da lei di un passo.
- Uhm, sì. Bene, io devo fare la doccia. – proferì, chiudendosi dentro il bagno.
Hermione fu strattonata e sbatté contro la porta chiusa.
- Ahia! Malfoy!
- Mezzosangue, non urlare, mi fai venire il mal di testa! – le gridò da oltre la porta.
- Ma io cosa dovrei fare, eh?
Hermione serrò le dita per impedirsi di prendere a pugni la porta.
- Fai come ti pare, basta che tu non mi disturbi!
- Io non ho alcuna intenzione di star qui ad aspettare i tuoi comodi!
- E invece lo farai.
- Scordatelo! – Hermione aprì di scatto la porta ed entrò furibonda, pronta a fargli una ramanzina sulla buona educazione.
Draco la guardò, sorpreso, a petto nudo davanti a lei.
Hermione evidentemente non si rese conto della situazione, perché gli puntò il dito contro e cominciò a sbraitare in tutte le lingue che conosceva.
- Ma chi ti credi di essere?! Credi che io possa rimanere fuori dalla porta ad aspettare i tuoi comodi?! Beh, te lo puoi scordare, Malfoy!
Il ragazzo alzò un sopracciglio sempre più sconcertato. Hermione non capì cosa avesse da guardarla in quel modo e proseguì con la sua ramanzina.
- Non ti permetto di trattarmi così! Non ne hai alcun diritto! E poi… e poi… O, PER GODRIC, MA TU SEI NUDO!
La Grifondoro si accorse solo in quel momento che Draco le aveva detto la verità: doveva fare la doccia. Ed era completamente senza vestiti, piccolo particolare che le era sfuggito.
- Ma bene, non credevo che tu volessi condividere questo momento con me. – disse, maliziosamente. – Ah, Granger, che audacia!
Hermione diventò totalmente rossa. Poi gialla. Infine verde. In pratica, assunse le sembianze di un semaforo.
- METTITI QUALCOSA ADDOSSO IDIOTA! Ma sei impazzito? Non ti vergogni? – sbraitò.
Gli lanciò il primo asciugamano che trovò, dandogli poi le spalle e uscendo il più in fretta possibile da quel bagno. Ma per quanto velocemente fosse fuggita, aveva visto chiaramente il ghigno disegnato sul volto di Draco.
 
Maledetto!
 
Una volta fuori cercò di regolarizzare il respiro.
- Calma, calma, calma, oddio… oddio…
Scivolò lungo il muro e cercò di frenare il tremolio delle sue mani. L’aveva visto nudo! Completamente nudo! Così, come mamma l’ha fatto.
 
Fatto bene in ogni caso.
 
- Oh, Merlino! Adesso mi metto anche a pensare a Malfoy in quei termini…! – esclamò Hermione, prendendosi il viso tra le mani. No, decisamente non avrebbe resistito a questa punizione.
Lasciò vagare lo sguardo per la stanza, soffermandosi sul letto. Non si poteva certo dire che fosse grande. Come avrebbe fatto a dormire con lui? Dopo che l’aveva visto nudo, per giunta!
 
Finita! La mia vita è finita!
 
- Hermione? Sei lì? Posso entrare?
Senza neanche attendere una risposta, Allyson entrò nella stanza non chiusa a chiave e posizionò la valigia davanti a Hermione.
- Ally! Luce della mia salvezza! Meno male che ci sei!
- Hermione, stai bene?
- No! Non hai idea di cosa sia successo, dammi la valigia, che intanto ti racconto.
- Ehm… io devo andare veramente.
- Cosa? No, Allyson, non puoi abbandonarmi, resta qui! Aspetta almeno che abbia sfatto la valigia, così mi fai compagnia.
- Mi dispiace, ma… ma devo…
Allyson disse il primo nome che le venne in mente.
- … Nott mi sta cercando, ciao!
Veloce come era arrivata, se ne andò. A quella fuga repentina, nella testa di Hermione suonò un campanello di allarme. Afferrò la valigia in fretta, percorsa da uno strano brivido.
L’aprì e…
Sospirò di sollievo. Erano gli abiti che portava sempre. La sua divisa ovviamente, maglioncini, camicie… abbigliamento normale. Cercò più a fondo, tentando di trovare il pigiama. Svuotò tutta la valigia, ma non lo trovò. Poi uno strano coso attirò la sua attenzione. Un coso che aveva le sembianze più di un fazzoletto, piuttosto che di un indumento.

……
………
…………
 
- GINNY!
 
Finita! La mia vita per la seconda volta è finita!

 
 

 
 
 



 





 
 
 
Angolo Autrice
Ciao a tutti cari lettori! Mi scuso per il ritardo con cui posto, ma questa settimana è stata veramente piena e non ho quasi mai avuto un attimo per scrivere. Ho scritto questo capitolo tra una versione di latino e l’altra, quindi non so cosa sia uscito fuori xD
Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le preferite/le ricordate o anche a chi ha solo dato una sbirciata. Ma soprattutto ringrazio quelle cinque dolcissime ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo: SWAMPY, Harry Potterish, Black_Yumi, new malandrina e DemetraVPrice. Grazie, grazie, grazie di cuore, davvero!!! :D
Aggiornerò il prima possibile! (cercando di non farvi più aspettare così tanto ^_^)
Al prossimo capitolo!!!
flors99

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Capitolo 10
*** It Can Not Be A Coincidence ***


Ciaooooooo!!!!! Parto subito con lo scusarmi per la mia assenza, ma mia madre mi aveva sequestrato il computer! Infatti ora lo sto usando senza il suo permesso, quindi non fate la spia xD
Lascio tutto il resto dei commenti a fine capitolo e vi lascio leggere in pace! Ci vediamo giù! ^_^

 
 
 
 
 
 
Tutta la scuola era avvolta in un silenzio tale da sembrare essere stata inghiottita nel vuoto: il vento soffiava lieve e gelido sulle pareti esterne e i deboli raggi solari svanivano assorbiti da spesse nuvole rigonfie di pioggia, dalle strane forme irregolari. Il frusciare delle fronde proveniente dall’esterno era l'unico rumore che la brezza riuscisse a trascinare fin dentro l’edificio.
Per questo quando l’urlo di Hermione squarciò il silenzio che la circondava, Allyson per poco non cascò dal davanzale della finestra sul quale si era appollaiata. Increspò le labbra in un ghigno, pensando alla Grifondoro. 
La suddetta Grifondoro in quell’istante, con la schiena attaccata al muro, tentava inutilmente di calmare la sua rabbia e di reprimere il suo istinto omicida che si stava risvegliando dentro di lei.
 
Stupida, stupida, stupida Ginny! Accidenti a te e alla tua mente bacata! Cosa ti è saltato in mente?! E accidenti anche a te, Allyson, di sicuro ne sapevi qualcosa!
 
La porta accanto a sé si aprì e una nuvola di vapore la invase.
- Che hai da urlare tanto, Mezzosangue? – chiese un parecchio scocciato Draco Malfoy con gli occhi spalancati.
Hermione non rispose, ma chiese a stento:
- Hai finito lì dentro?
- S… – non aveva fatto in tempo a terminare la frase che la Grifondoro, afferrando alla svelta tutti i suoi vestiti, si era fiondata in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Draco non gradì affatto quel gesto, così poco degno di considerazione.
- Mezzosangue! Come ti sei permessa di sbattermi la porta in faccia?! – gridò dall’altra parte.
Hermione non lo ascoltò neppure.
 

Accidenti! Accidenti a Ginny e ad Allyson! Ma cosa hanno al posto del cervello?!
 Segatura? In quale universo parallelo pensavano che avrei avuto bisogno di quella roba?!
 
Aveva scandagliato più volte ogni singolo capo d’abbigliamento, ma... niente! La ragazza non aveva niente da mettere per dormire a parte quell’oscena cosa che aveva trovato sul fondo della sua valigia e che stava pensando di fare a pezzi, in quel preciso istante.
L’orrenda cosa era una camicia da notte di seta color caramello che la stava facendo rabbrividire da capo a piedi, soltanto a guardarla. 
Prese un bel respiro, imponendosi una calma che non aveva e con le mani tremanti afferrò la bacchetta che fortunatamente aveva a portata di mano. Provò a trasfigurare quel coso osceno in un normale pigiama, ma non accadde nulla. Ci riprovò nuovamente, digrignando i denti, e imprecando nuovamente contro Ginny che probabilmente aveva incantato il vestito di modo che non potesse essere cambiato. La giovane Weasley doveva aver immaginato questa sua mossa e si era preparata per l’evenienza.
Avrebbe potuto prendere un altro dei suoi capi e trasfigurare quello in un pigiama, ma sospettava che la mente diabolica di Ginny l’avesse anticipata anche su quello.
- Granger, quanto hai intenzione di metterci ancora?
- Che c’è, furetto? Sei preoccupato? – le chiese, più scocciata di quanto avesse voluto. D’altronde aveva una furia omicida da dover scagliare contro qualcuno e lui era il soggetto più adatto.
- Per niente, castoro. Soltanto che mi sono rotto a restare qui fuori, quindi se non esci subito, vengo dentro a prenderti!
Al solo pensiero che Malfoy la vedesse in quello stato, andò in ebollizione.
- NO! Ora esco, un… un attimo! – strillò isterica.
Draco sbuffò da oltre la porta. 
- Muoviti… – borbottò.
Hermione prese un bel respiro e, serrando gli occhi per il disgusto, prese quel coso orrendo e lo indossò. Fece il gravissimo errore di guardarsi allo specchio, davanti al quale rimase imbambolata per qualche minuto. Per Merlino! Neanche in estate era stata così… così svestita!
Prese un bel respiro, tentando di reprimere la sua rabbia omicida verso Ginny e moderò il tono di voce, per non far trasparire il suo stato d’animo.
- Ehm, Malfoy, sei ancora lì?
- E dove dovrei essere, secondo te? – rispose, con voce arrabbiata. – Ma si può sapere che Merlino combini in quel bagno?!
Hermione, rossa in viso più che mai, si costrinse a fare la cosa più umiliante della sua vita.
- Uhm… io, ecco… potresti farmi un favore?
- Oh, ma certo, sono al tuo servizio!
- Malfoy, sul serio… p-puoi spegnere la luce? – sussurrò, mordendosi la lingua. Chiedere aiuto al suo peggior nemico, che umiliazione. Se glielo avessero detto una settimana prima non ci avrebbe creduto.
- Che cosa?!
- Malfoy, non scherzo, spegni la luce!
- Ma non ci penso nemmeno!
- Malfoy!
- Granger!
Hermione sospirò, esasperata al massimo. Odiava il furetto ancora di più quando faceva lo spiritoso.
- Spegni la luce, per favore.
Draco spalancò gli occhi. Doveva essere davvero traumatizzata per arrivare a pregarlo. Per qualche secondo Hermione non udì più alcun rumore, finché un sussurro le arrivò alle orecchie.
Nox.
Il sollievo fu tale che Hermione riprese a respirare quasi normalmente.
- Grazie. – mormorò, in maniera impercettibile.
Hermione fu certa che Draco avesse sentito.
 

 

 
Degli occhi argentati scorrevano veloci su fiumi e fiumi di parole, senza mai stancarsi. Occhi che scrutavano ogni singola lettera, sillaba con una brama sconfinata. Un desiderio di sapere talmente forte che aveva portato Allyson a rimanere alzata fino a tardi, senza staccare gli occhi dal libro.
La Serpeverde voltò un’altra pagina, pronta a divorarla come aveva fatto con tutte le altre 160.
- Ti piace leggere?
Quando Allyson alzò lo sguardo dal libro, trovò due occhi gentili ad osservarla.
- Sì. – rispose sinceramente. Leggere era una delle passioni che le aveva trasmesso sua madre. Non riusciva a dormire la sera, senza aver prima letto almeno una riga di un qualsiasi libro.
- Lo hai preso in biblioteca?
Blaise si sedette accanto a lei, scrutandola con interesse.
- Uhm… più o meno…
Blaise notò il grosso strato di polvere e la carta antica e sciupata del volume; non poté fare a meno di chiedersi dove avesse trovato un libro tanto vecchio.
- Sei sicura che lo hai preso in biblioteca?
- Sì… era una grossa stanza con sopra scritto “sezione proibita”, o qualcosa del genere…
Blaise spalancò gli occhi.
- Sei entrata nella sezione proibita?! – sibilò incredulo.
- Perché? Non ci si può andare? – Allyson gli scoccò un’occhiata fintamente innocente.
- Certo che no! Se c’è scritto proibita, vuol dire che noi non abbiamo il permesso di entrarci!
- Beh, potrebbero spiegarlo meglio.
- Cos…?
Prima che aggiungesse qualcos’altro, la ragazza scoppiò a ridere.
- Blaise, respira! Stavo scherzando!
Allyson lo guardò per rassicurarlo, ma la sua espressione non fece altro che farla ridere ancora di più. Non era da lei lasciarsi andare in quel modo davanti a un ragazzo, che a malapena conosceva, ma le venne quasi spontaneo. Sentiva di potersi fidare.
- Certo che ho preso il libro in biblioteca!
- Ma… sembra così… malridotto. – borbottò il moro, leggermente offeso per essere stato deriso.
- Era incastrato sotto la libreria. – spiegò.
- Ah… bene.
Per un minuto scese un silenzio imbarazzante, che portò Allyson a immergersi nuovamente nella lettura. Blaise non disse niente, si limitò ad osservarla con un’espressione indecifrabile.
Aveva una strana sensazione. Più osservava quella ragazza e più capiva che c’era qualcosa gli sfuggiva. Un dettaglio, un’immagine, un ricordo che svolazzava nella sua mente e non riusciva ad afferrarlo. Gli sembrava… familiare.
Le sue lunghe dita bianche che giravano le pagine, il suo sguardo concentrato, l’espressione corrucciata; tutti indizi, tutti punti di un insieme che Blaise non riusciva a definire. Gli ricordava qualcosa.
Allyson ad un certo punto si stropicciò gli occhi, leggermente stanchi. Chiuse il libro e si avviò alla sua stanza.
- Buonanotte, Blaise. – disse un secondo prima di sparire oltre la porta.
- Buonanotte. – rispose in un sussurro il ragazzo.
Continuò a fissare il punto in cui era sparita, come se potesse trovarvi l’indizio che cercava. Invano. Il ragazzo alzò gli angoli della bocca, per nulla scoraggiato. Avrebbe scoperto cosa aveva di strano quella ragazza.
Era un Serpeverde dopotutto.
E i Serpeverde ottengono sempre ciò che vogliono.
 

 

 
La porta cigolò e una flebile luce filtrò dal bagno. La testa di Hermione fece capolino dalla porta.
- Malfoy?
- Per Salazar, Granger! Ma quanto ci hai messo?
Draco finalmente riuscì ad allontanarsi e ad avvicinarsi al letto, anche se non fu in grado di entrarci perché la Grifondoro si era bloccata sulla porta del bagno e non sembrava intenzionata a schiodarsi di lì.
Hermione colse il fremito delle sue spalle, segno che si stava arrabbiando.
- Mezzosangue, se non esci da quel…
- Malfoy, non è che… che puoi chiudere gli occhi?
- Ma che palle Granger, si può sapere cosa… – ma il Serpeverde non finì la frase, perché rimase imbambolato vedendola. Infatti, il suo scatto brusco verso il letto aveva fatto definitivamente uscire la Grifondoro dal bagno, e voltatosi a fronteggiarla, era rimasto allibito osservandola. E purtroppo per la Grifondoro, anche senza luce, la sua figura era visibile lo stesso.
Hermione deglutì, desiderando sprofondare nelle assi di legno del pavimento.

- Non è che io d-di solito indosso questa roba… è… è che…
 
Per Godric! Perché mi sto giustificando con lui?!
 
- Oh sì, capisco… – rispose il Serpeverde, continuando a fissarla.
Hermione spostò lo sguardo ovunque tranne che su di lui, per poi concentrarsi su quel cratere che non voleva saperne di inghiottirla. E aspettò.
Serrò gli occhi in attesa della stoccata che le sarebbe arrivata.
Aspettò che Draco, da brava serpe, la mettesse in imbarazzo più di quanto già non fosse. Ma a sorpresa di entrambi il ragazzo si schiarì la voce, con una strana esitazione.
Sembrava più a disagio lui di quanto non fosse lei e se Hermione fosse stata in una situazione diversa avrebbe gongolato di gioia, nel sapere di essere riuscita a far imbarazzare Draco Malfoy.
- Uhm, bene. B-buonanotte Malfoy.
Senza aggiungere altro la Grifondoro raggiunse il letto, accucciandosi nell’angolo più stretto che riuscì a trovare, cercando di seppellirsi insieme alla vergogna.
Dopo un breve minuto sentì il letto inclinarsi sotto un altro peso.
Il cuore di Hermione prese a battere velocissimo, se avesse potuto sarebbe schizzato via dal petto e avrebbe vinto la più lunga delle maratone.
 
Possibile che Malfoy mi metta così paura?
 
Si davano le spalle, cercando di occupare il minor spazio possibile.

 
Ma era davvero paura….
 
Nonostante tutto, le loro schiene quasi si toccavano.
Sentiva il calore del suo corpo trasmettersi al proprio, centimetro per centimetro.

 
…oppure qualcos’altro?
 
Hermione deglutendo provò a concentrarsi sui rumori intorno a lei, ma neanche questo sembrò aiutarla.
E ad ogni secondo che passava sentiva l’ansia crescere sempre di più.
 
Per Godric, che succede?
 
Insomma non era la prima volta che dormiva con un ragazzo! Aveva dormito con Harry e Ron quando erano piccoli. Probabilmente incideva il fatto che in quell’occasione non fosse vestita come adesso, e, anche se lo fosse stata, non avrebbe dovuto preoccuparsi dei giudizi dei suoi due amici, poiché sapeva che non l’avrebbero mai presa in giro.
Hermione però dovette riconoscere che il furetto era stato fin troppo gentile a non dire assolutamente niente sul suo aspetto e questo la meravigliò non poco. Era sicura che l’avrebbe umiliata e che le avrebbe fatto abbassare lo sguardo, invece era rimasto in silenzio rispettando il suo spazio e non aggredendola come suo solito.
Non aveva mai pensato a Malfoy come una persona, come dire… gentile.
La Grifondoro si ritrovò a pensare che, forse, Draco nascondeva molto più di ciò che lei si aspettava in lui.
Hermione, confusa dai suoi stessi pensieri, sospirò e si mosse inquieta. Sbuffò infastidita da quel piccolo spazio ed allungò un braccio che doleva per quella posizione scomoda. Nonostante l’accortezza nel muoversi la sua mano sfiorò la spalla del Serpeverde e sussultò. Sentì Draco irrigidirsi a quel contatto inaspettato.
 
Chissà come doveva essere difficile e disgustoso per lui che una Mezzosangue, come me, lo abbia sfiorato.
 
Quel pensiero la intristì così tanto che sentì gli occhi pizzicare.
- S-scusa. – mormorò a voce bassissima.
- Stai zitta, Granger. – rispose, in modo talmente secco, che quasi la spaventò. Sembrava… arrabbiato.
Offesa, Hermione cercò di farsi ancora più piccola nel letto e di non sfiorarlo più, neanche per sbaglio. Aspettò il sonno, invano. Sentì una fitta dolorosa, come qualcosa che s’incrinava. Una parte di lei che piangeva, un dolore che non lasciò per tutta la notte, neanche quando dopo ore di insonnia si addormentò.
 

 

 
È la fine. Questa è la fine.
 
Questo era stato il primo pensiero di Draco quando l’aveva vista davanti a lui. In effetti, c’era andato molto vicino: lo sconcerto lo aveva paralizzato tanto, che per un attimo aveva pensato di dover andare in Infermeria per recuperare l’uso delle mani e dei piedi.

È la fine! Continuò a ripetersi il Serpeverde mentre l’osservava avanzare nella piccola stanza, con passo incerto.
Hermione fece guizzare lo sguardo ovunque, quasi come se non si fosse accorta di lui, pietrificato accanto all’armadio.

 
Per Salazar! Lei è... cioè... non è nuda... peggio!
 Quella COSA, quel pezzo di stoffa ...
Se fosse nuda almeno non starei immaginandomi il suo corpo in ogni più piccolo dettaglio!
 
Hermione deglutì, ridestandolo dai miei pensieri deliranti, per i quali si sarebbe voluto prendere a schiaffi da solo.
E che diamine! Non era mica la prima volta che vedeva una ragazza con quei vestiti! Eppure le guance arrossate e gli occhi scuri della Grifondoro gli stavano facendo perdere lucidità.
- Non è che io d-di solito indosso questa roba… è… è che…
La sua voce calda e piena di vergogna gli giunse da lontano.
- Oh sì, capisco… – rispose assente.
 
Ecco perché è stata tanto in bagno!
 
Draco sapeva di avere il coltello dalla parte del manico. Anzi, cento, mille coltelli. Avrebbe potuto umiliarla nel modo peggiore, rinfacciarglielo per tutta la sua esistenza. Eppure vedere quella ragazza così piena di vergogna, così…così…
 
Innocente.
 
Non disse niente, anche perché gli sarebbero usciti dalla bocca commenti poco opportuni. Si limitò a schiarirsi la voce, cercando di allontanare quei pensieri.
- Uhm….bene. B-buonanotte Malfoy. – senza neanche finire di pronunciare queste parole, la vide correre verso il letto e nascondersi nell’angolo più piccolo, sotto la finestra.
Dopo una breve esitazione si stese anche Draco. Il letto barcollò sotto il suo peso.
Il ragazzo non potè fare a meno di sentire il calore di quel corpo accanto al suo, che, per quanto cercasse di rimanergli distante, era comunque percepibile. Sentiva il fresco sollievo della sua pelle trasmettersi alla propria, centimetro per centimetro.
 Per un po’ rimase ad ascoltare il respiro della ragazza. Faceva respiri brevi e irregolari, quasi concitati. Ma se ne stava immobile, immobile e tranquilla.

Lei non è di certo in preda ai bollori come lui!
 
Non si era mai sentito così caldo. E agitato.
Brividi. Sottili brividi lo percorsero da capo a piedi.
Era rigido come una statua, sentiva che se avesse detto o fatto qualcosa avrebbe perso il controllo. Per qualche minuto cercò di calmare quello stupido battito accelerato che si muoveva nel petto, e proprio quando sembrava essersi regolarizzato, sentì la sua piccola mano sfiorargli la spalla.
Il calore che gli provocò, lo fece irrigidire.
 
Dannata Mezzosangue, perché combini sempre casini?!
 
E quella sensazione che credeva di aver placato, ritornò prepotente come un fulmine: desiderio.
- S-scusa. – un altro errore. La sua voce non fece altro che peggiorare le cose.
- Stai zitta, Granger. – sibilò in modo secco.
La sentì trattenere il respiro, poi nessuno dei due si mosse più.
Draco per tutta la notte cercò inutilmente di scacciare dalla sua mente la visione di Hermione né casta, né pura.
 

 

 
Draco odiava essere svegliato la mattina. Anzi, odiava semplicemente svegliarsi. Poi il fatto che fosse qualcuno a destarlo dal sonno… beh, era un’idea decisamente odiabile.
Per questo quando udì un suono tremendo trapanargli le orecchie si svegliò con un nervosismo tale da ammansire un Mangiamorte.
 
Chi osava disturbarlo?!
 
Poi si accorse di un piccolo oggetto che trillava impazzito.
- Ma che diavolo è? – borbottò, afferrando una sottospecie di quadrato animato che emetteva un suono talmente acuto da ricordare una forchetta che strideva su un piatto.
Poi un mugolio assonnato lo fece voltare.
La Mezzosangue accanto a lui si stropicciò gli occhi, emettendo un piccolo lamento. Si rigirò, con gli occhi chiusi, prendendo la bacchetta e cercando la fonte del suono, alla rinfusa. Quando arrivò all’oggetto che aveva in mano, vi poggiò la bacchetta e mormorò un silencio appena udibile.
Draco la guardò stupefatto, schiudendo le labbra. Si rigirò l’oggetto tra le sue mani, constatando che non fosse altro che una semplice scatola quadrata che probabilmente era stata incantata la sera prima per farli svegliare. Scrutò la Grifondoro, con malcelata ammirazione, poi sbuffò. 
- Sveglia, Granger! – esclamò, lanciandole l’oggetto in testa.
La Grifondoro sussultò, tirandosi su di scatto, come se fosse stata scottata.
- Ahia, Malfoy, ma cosa…
- Che cos’è questa diavoleria, Mezzosangue? – chiese, indicando la scatola, innervosito.
Hermione sbatté le palpebre, ancora intontita e si massaggiò la testa.
- La versione magica di una svegl... – s’interruppe, improvvisamente consapevole, e lo guardò in modo truce. – Perché me l’hai tirata in testa?!
- Mi sembrava un modo abbastanza consono per svegliarti.
La ragazza lo guardò storto, innervosendosi.
- Non sopporto l’ironia di prima mattina, Malfoy.
- Non sono affatto ironico, Granger. – fece Draco per tutta risposta. – In ogni caso, dovresti vestirti così più spesso. – aggiunse poi, con un ghigno, sapendo esattamente dove colpirla.
Hermione spalancò gli occhi e sembrò ricordarsi solo in quel momento del suo inappropriato abbigliamento e, dopo aver maledetto Ginny un’altra volta, scappò in bagno il più velocemente possibile.
Solo i suoi riflessi pronti, permisero a Draco di non sbattere il naso contro la porta come aveva fatto la Grifondoro la sera prima.
- Granger, giuro che se riprovi a sfracellare il mio naso aristocratico…
- Sì, sì, Malfoy lo so, le tue minacce non mi spaventano. – sbuffò Hermione, togliendosi quel ridicolo pigiama di dosso e fiondandosi sotto la doccia all’istante. Lo scrosciare caldo dell’acqua riuscì leggermente a calmarla, ma il suo corpo continuò a tremare, scombussolato.
Si sentiva… Per Merlino! Non sapeva neanche lei come si sentiva!
Quella avrebbe dovuto essere la notte più brutta della sua vita, e in parte lo era stata, ma la presenza del furetto accanto a lei, dopo l’agitazione iniziale non le aveva più dato fastidio.
E questo non era assolutamente normale.
 
Che mi sta succedendo?
 
La Grifondoro tentò di scacciare quei pensieri confusi, mentre s’insaponava le spalle. Canticchiò qualcosa, un’abitudine che aveva sempre avuto quando era sotto la doccia, sperando di riuscire a distendere i nervi e la mente.
- Sei stonata, lo sai? 
La voce che le era giunta era vicina.
Troppo vicina.
Hermione s’immobilizzò, intuendo che Draco non fosse dietro la porta; ma lì accanto a lei.
E con solo una doccia a separarli.
- Esci subito di qui, stupido! – strillò.
- Perché mi offendi? Questo tuo comportamento mi ferisce!
L’acqua smise di scorrere e Hermione si morse una mano per non imprecare.
- Malfoy, mi passeresti l’asciugamano? – cercò di usare il tono più conciliante possibile, ma le uscì solo un mormorio scocciato.
- Perché?
- Perché mi serve!
- Perché?
- Malfoy, passami l’asciugamano e basta!
- Che c’è, Mezzosangue? Ti vergogni a uscire nuda dalla doccia?
- Sì Malfoy! Io, al contrario di te, ho un po’ di pudore! – replicò. Alla sua stessa affermazione Hermione diventò rossa, ripensando alla sera prima quando lo aveva visto completamente nudo.
- Oh, insomma, Granger… tu mi hai visto nudo, mi sembra che sia giusto ricambiare…
- PASSAMI L’ASCIUGAMANO, STUPIDO FURETTO!
- Non ti conviene urlare, inoltre offendendomi non otterrai proprio nulla da me.
- Oh, scusa Malfoy… ho ferito i tuoi sentimenti? – gli chiese, irritata. Hermione non poté vederlo, ma fu certa che sul viso del ragazzo in quell’istante si fosse disegnata una smorfia. Si schiarì la voce, cercando di assumere un tono più docile. – Ok, Malfoy, per favore, mi passi l’asciugamano? – aggiunse poi, vedendo che non rispondeva.
- No!
Hermione chiuse gli occhi, invocando Godric di non farle perdere la pazienza.
- Faremo tardi a lezione! – disse a denti stretti, sperando che almeno questo riuscisse a convincerlo a passargli quello stramaledettissimo asciugamano.
- Problemi tuoi.
Hermione si mordicchiò il labbro per trovare una soluzione. Era escluso il fatto che uscisse dalla doccia, così come era escluso perdere una mattina di lezioni per colpa di quell’idiota.
Draco sghignazzò soddisfatto per averla messa con le spalle al muro. Sapeva per certo che la Grifondoro non sarebbe mai uscita dalla doccia, ma voleva aspettare per capire fino a quando lo avrebbe pregato.
Poi un colpo alla porta destò i pensieri di entrambi.
- Hei, Draco, ma che casino fai? – sentì la voce di Blaise al di là della porta, seguito da un lieve bussare.
Non era certo la prima volta che Blaise entrava in camera sua, la mattina. Conoscendo il sonno profondo di Draco, fin da quando erano piccoli, era sempre stato Blaise a svegliarlo e a buttarlo giù dal letto. E da quando era diventato Prefetto, Blaise aveva comunque preso l’abitudine di passare dalla sua camera la mattina, per svegliarlo nel caso in cui ci fosse stato bisogno.
Ad ogni modo, conoscendo l’attuale situazione, prima di entrare Blaise bussò, per non incappare in qualche episodio compromettente. E anche per non rimanere ucciso in uno dei loro molteplici litigi.
Allyson, però, non fu altrettanto gentile.
Sorpassò Blaise e si precipitò nel bagno come un fulmine, senza alcuna vergogna.
- Tu! – ringhiò la ragazza, al limite dell’isteria. – Passale quel maledetto asciugamano o giuro che ti schianto!
Draco suo malgrado, prima di rendersene conto, obbedì e gettò al di là della doccia l’asciugamano, che Hermione afferrò prontamente. Una volta sistematolo in modo che la coprisse il più possibile, uscì. Lo spettacolo che le si parò davanti non era dei migliori.
- Allyson, cos’hai? – chiese incuriosita, osservando la sua amica su tutte le furie, con uno sguardo che avrebbe fatto rabbrividire un Mangiamorte.
- Io detesto… – sibilò, assottigliando gli occhi. – …detesto che qualcuno mi svegli la mattina e le vostre urla sono peggio della sveglia! Il che è tutto da dire, perché quell’aggeggio infernale lo spaccherei volentieri!
Il silenzio calò nella stanza.
Allyson doveva aver detto qualcosa di particolarmente curioso, perché Draco le puntò addosso uno sguardo sorpreso e Blaise uno indecifrabile. I suoi occhi blu la perforavano come se cercasse qualcosa, ma non riuscissero a trovarlo. Il Serpeverde alternò lo sguardo tra Draco e Allyson per qualche secondo.
 
Lasciami in pace, Blaise! Detesto che qualcuno mi svegli la mattina!
 
Blaise assottigliò ancora di più lo sguardo.
No. Non poteva essere una coincidenza.

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 




 
Angolo Autrice
 
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino in fondo e che non hanno abbandonato la pagina dopo che hanno letto quello che la mia mente bacata ha prodotto xD
Lo so, sono imperdonabile, questo capitolo non è molto lungo, ma sono veramente di frettissima! Sono molto insicura su questo capitolo, non posso dire che mi piaccia più di tanto. Com’è stata la prima notte di Draco e Hermione secondo voi? Ho deluso le vostre aspettative? Probabilmente sì, ma sono già preparata per i commenti negativi e le bandierine arancioni ^_^
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/le seguite/le ricordate, siete davvero tanti e io non posso fare a meno di sorridere come una scema quando vedo che il numero delle visite aumenta ^_____^ Ma soprattutto un GRAZIE  davvero speciale a quei dolci raggi di sole che spendono un po’ del loro tempo, per recensire :D scusate se faccio i ringraziamenti così in generale, ma davvero non ho tempo. Mia madre sta per tornare e se mi pesca qui al computer mi uccide  -.-”
Detto questo passo e chiudo! Cercherò di aggiornare il prima possibile! A presto!!!
flors99

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Capitolo 11
*** Something New ***


Ciao a tutti!!! Io… io non ho parole per scusarmi! Sono in un ritardo pazzesco mi dispiace! Il fatto è che… sono… ehm… caduta… aehm… dalle scale…
Hei non ridete! Mi sono fatta male! ù.ù Per una settimana e mezzo ho avuto una piccola fascia alla mano e non ho potuto scrivere un tubo. Ok, ora vi chiederete come ho fatto a cadere dalle scale come una vecchietta, ma se mi conosceste non vi stupireste così tanto. Ho la grazia di un elefante, me lo dicono tutti.
Comunque anche se impedita, sono riuscita ad aggiornare! In ritardo, ma meglio di niente. Spero che possiate perdonarmi! Vi lascio al capitolo, senza farvi attendere oltre!

 
 
 
 
 

Inizialmente Ronald Weasley aveva maledetto il giorno in cui era nata la sua sorellina. Con la sua nascita, Ginny aveva catalizzato tutta l’attenzione su di lei, sia quella dei genitori, orgogliosi della loro tanto agognata bambina, sia quella di tutti i fratelli, che non perdevano occasione di darle dei teneri buffetti sulla guancia appena la vedevano o che le scompigliavano i capelli in maniera giocosa. Ron all’inizio si era sentito non considerato e per un breve periodo era arrivato anche a credere di odiarla, ma alla fine anche lui non era riuscito a resistere a quel piccolo sole rosso che sfrecciava per casa. Si era avvicinato a Ginny in un modo diverso dagli altri fratelli, forse in modo più profondo, più intimo, anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.
Se gli avessero chiesto chi della sua famiglia preferisse, avrebbe risposto sua sorella. Era un’affermazione che ammetteva con non poca difficoltà, ovviamente teneva moltissimo ad ogni membro della sua famiglia, ma Ginny era la più vicina a lui. Forse per il fatto che fossero cresciuti praticamente in simbiosi e che avessero condiviso ogni singolo momento, marachella o gioia fin dalla più tenera età.
Per questo motivo Ron non accolse molto bene la notizia che Ginny aveva un ragazzo. E Ginny non accolse molto bene la reazione di Ron. E tutto questo ovviamente contribuì a creare un grande putiferio nel dormitorio dei Grifondoro quel giorno.
- CHE COSA?
Forse, soltanto, forse, Ron aveva un tantino alzato la voce e quando se ne accorse, abbassò leggermente i toni, nonostante ormai avesse attirato l’attenzione di tutti.
- Ginny, cosa hai detto? – disse, a denti stretti. – Spero che tu stia scherzando!
La piccola di casa Weasley a quel tono perentorio s’irritò e non esitò a rispondergli per le rime.
- Hai sentito benissimo Ron! E non sto scherzando!
- Non puoi avere un ragazzo! Hai solo sedici anni! Dovresti aspettare tipo, che ne so, altri tre, quattro anni! – esclamò, allargando le braccia come se stesse mostrando una cosa ovvia.
Ginny per poco non si schiaffò una mano sul viso.
- Io mica ti ho detto niente quando l’anno scorso tu ti sei messo con Hermione!
Ron la guardò, stralunato.
- E questo cosa c’entra?
- Cosa c’entra? Anche tu avevi sedici anni!
- Ma io sono un ragazzo!
Ginny roteò gli occhi.
- Anche Hermione aveva sedici anni! E lei è una ragazza, direi!
Ron sbatté le palpebre, preso in contropiede.
- Non puoi fare un paragone simile! – sbottò poi, sventolando una mano per aria, come a voler scacciare una mosca fastidiosa.
- Ron…
- E poi, con Hermione era diverso!
- Ah, sì, m’immagino quanto fosse diverso.
- E poi… insomma, tu sei troppo piccola!
- Ron…
- Tu dovresti ancora leggere le favole….
- Ron…
- ….giocare con le bambole, rubare i biscotti… non… non avere un ragazzo, miseriaccia!
- Ronald Weasley! Vuoi ascoltarmi?!
Al tono leggermente elevato della sorella Ron si acquietò, anche se sulle sue labbra rimase una smorfia poco convinta.
- Ron, ho sedici anni, non sono più una bambina! Non ho bisogno che tu mi protegga! E soprattutto… – disse, abbassando il tono di voce e scandendo bene le parole. – …non ti sto chiedendo il permesso.
Il ragazzo sussultò, punto sul vivo.
- Certo che devo proteggerti! Non sai quanti mascalzoni ci sono in giro!
Ginny scosse la testa, esasperata. Da una parte era felice che si preoccupasse per lei, ma dall’altra il suo orgoglio ribolliva, suo fratello non poteva dirle cosa fare!
- Ron, è inutile che ci rimugini sopra. Come ti ho già detto, non ti sto chiedendo il permesso. Quindi, prima accetti la cosa, meglio è.
- Avanti, dimmi chi è! È Dean, vero? Ah, appena lo vedo, giuro che…
- Ron…
- Anzi, no, guarda! Non voglio nemmeno saperlo, altrimenti lo picchio.
- Ron…
- E invece sì, dimmelo! Almeno ci faccio due chiacchiere!
- Ron, tutte queste preoccupazioni solo inutili!
- Infatti, sono inutili, perché oggi stesso voi vi lascerete!
- Basta! – urlò Ginny a voce talmente alta che nessuno degli studenti di Hogwarts poté non sentirla. – Punto primo: non sono più una bambina! Punto secondo: non darmi ordini, sai che non lo sopporto! Punto terzo: non rinuncerò certo ad Harry per la tua insensata gelosia!
A quelle parole cadde il silenzio.
Ron, che non aveva ben compreso tutto quanto, dato la velocità inaudita con cui Ginny aveva sciorinato le sue spiegazioni, si fermò ad analizzare punto per punto.
 
Non è più una bambina… certo che lo è! Ok, forse non fisicamente o psicologicamente, ma è la mia sorellina!
 
Poi si fermò ad analizzare il punto due.
 
Effettivamente Ginny odia ricevere ordini da qualcuno, ma è per il suo bene, miseriaccia! Non può avere un ragazzo!
 
Fu così, che sempre più nervoso, arrivò al punto tre.
 
Mmm… non ricordo bene… ha detto che non avrebbe rinunciato a Harry…
 
Harry…
 
Harry.
 
Harry?!?
 
- Eh? – fu tutto quello che riuscì a dire prima che la mascella gli cascasse a terra.
Ginny non rispose, ma gli lanciò uno sguardo eloquente che gli fece formicolare le mani.
- Harry? – soffiò, completamente sconcertato. – Harry? Quell’Harry? Il nostro Harry?!
- Sì, Ron! Quanti Harry conosci?
- Ma lui è come un fratello! – strillò, spalancando gli occhi. – Ginny, ma… ma… è praticamente un incesto!
La ragazza fu a tanto così dallo schiaffarsi una mano sul viso.
- Ron…
- Ma… non potete… siete fratelli in pratica!
- Ron…
- È una cosa illegale!
- Ron…
- Lui è il fratello che non ho mai avuto!
- Ma se hai altri cinque fratelli!
- E questo cosa c’entra? E non cercare di cambiare discorso!
- Ron…
- Merlino, Ginny!
 

 

 
Non era facile seguire la lezione di Trasfigurazione. Non era facile seguirla specialmente se era alle prime ore del mattino. Non era facile seguirla soprattutto perché la presenza al suo fianco di un biondo ossigenato la ossessionava. Hermione sbuffò sonoramente per la terza o quarta volta della mattinata, passandosi una mano tra i capelli scarmigliati.
- Puoi smetterla di agitarti così, Granger?
- No, Malfoy. Scusa, ma non credo di riuscirci.
- Quando dormi sei molto più tranquilla, lo sai? – ironizzò Draco, scoccandole un’occhiata maliziosa che la fece arrossire di botto. Brutto… brutto… stava sicuramente ripensando al suo pigiama! Non poteva, dannazione, non doveva fare certe battute mentre erano in classe!
- Smettila, furetto. – mormorò imbarazzata.
- Sei cattiva nei miei confronti.
- Ok, allora te lo dirò in modo più gentile. – disse, gonfiando le guance. – Malfoy, fammi il sacrosanto favore di tacere, perché stai disturbando la mia persona.
- Ecco, così va meglio, grazie. – le rispose tranquillo riprendendo a scrivere appunti.
 
Come diamine fa a essere così tranquillo?
 
Quell’elettricità che percepiva tra loro, quelle vibrazioni che sembravano esserci nell’aria, erano soltanto una sua sensazione? Possibile che lui non provasse niente?
Evidentemente doveva essere così, perché il Serpeverde sembrava la calma fatta persona. Il suo sguardo era stranamente sereno e il suo volto era privo del suo solito ghigno. Per chi conosceva Draco sapeva che era una cosa abbastanza rara.
Hermione sbuffò per la quinta volta, facendo scivolare per sbaglio la piuma dal suo banco a quello del ragazzo. Mosse le dita per recuperarla, non accorgendosi che il ragazzo stava facendo la stessa cosa. Le loro mani si sfiorarono impercettibilmente e Hermione ritrasse la mano come scottata, mentre Draco imperturbabile come sempre non batteva ciglio e con noncuranza le restituiva la piuma.
Hermione scosse la testa, quasi per risvegliarsi. Cos’era tutta quell’agitazione, miseriaccia? Ecco, a stare con Ron aveva pure preso il suo modo di parlare.
 
Come fa a stare così… tranquillo?!
 
Per quanto sembrasse strano, Draco era immobile… immobile e tranquillo!
 
Lui non era certo in preda ai bollori come lei!
 
Hermione sbuffò per la sesta volta.
- Mezzosangue, vuoi smetterla?
La sua voce, sussurrata al suo orecchio, la spaventò talmente tanto che dovette soffocare un urlo. Non poté però evitarsi di sobbalzare sulla sedia e di deglutire rumorosamente quando incrociò i suoi occhi ghiacciati.
Da quando in qua si spaventava per così poco?
- Ti sei spaventata? Se avessi saputo prima che era così facile farti paura, ne avrei approfittato!
- Stupido. – sibilò.
- Granger! Malfoy! C’è qualcosa che volete condividere con il resto della classe? – la voce della McGranitt rimbombò tra i banchi. Hermione sarebbe voluta sprofondare nella sua sedia, tutto il contrario di Draco che sembrava particolarmente divertito dalla situazione. – Potrei sapere cosa avete così tanta voglia di parlare?
- No, professoressa, ma grazie per avercelo chiesto. – rispose Draco con un sorrisetto. Nonostante l’ostentata arroganza, Hermione non riuscì a trattenere un risolino che le sfuggì dalla labbra prima che lei potesse fermarlo.
Dall’altra parte dell’aula Ron osservò la scena completamente allibito. Aveva appena chiuso la discussione con Ginny, evitato di parlare con Harry, anche se ci avrebbe fatto due chiacchiere più tardi per “avvisarlo”, era arrivato a lezione con un ritardo colossale completamente distrutto e sconvolto, ed erano solo le prime ore della mattina. Era stato quasi contento di andare a lezione, almeno non avrebbe ricevuto altre notizie sconvolgenti. Non poteva certo immaginarsi che avrebbe visto Hermione, la sua migliore amica, che sorrideva guardando Draco Malfoy. Quel Draco Malfoy.
 
Miseriaccia, ma che cos’hanno tutti in questo periodo?
 

 

 
Passeggiare per i corridoi era una cosa che Hermione aveva sempre fatto senza alcun problema. Adesso, era decisamente diventato un problema. Non solo riceveva occhiate assassine da quasi tutte le ragazze (cosa ci trovassero in Malfoy non riusciva proprio a capirlo), ma doveva anche sorbirsi tutte le occhiate languide che sempre le suddette ragazze gli mandavano e che lui ricambiava senza problemi.
- Potresti farmi il favore di non guardare il sedere a ogni essere femminile di questa scuola? – scattò all’improvviso, stufa di quella situazione.
- Gelosa, Granger?
- Quando nevicherà a giugno, Malfoy!
Nonostante non passasse giorno in cui i due non smettessero un minuto di battibeccare, entrambi sapevano che qualcosa era cambiato. I loro sguardi non era più pieni di disprezzo l’uno per l’altro, le loro frecciatine non erano più mirate a far del male, ma semplicemente allo scherzo, al gioco. C'era qualcosa di nuovo.
Hermione percepiva questo piacevole cambiamento e in qualche modo ne era felice. Draco continuava a chiamarla Mezzosangue, ma quel nome non sembrava più essere sputato come un insulto o perlomeno non sembrava più avere lo stesso valore di un tempo.
Erano passati quattro giorni dalla punizione e Hermione si stava sempre più abituando alla sua presenza. Era convita che sarebbe stato un problema per studiare, ma fu costretta ad ammettere che il Serpeverde era un compagno di studi eccezionale. Era puntiglioso almeno quanto lei e, soprattutto, capace di restare in religioso silenzio per un tempo indefinito, cosa che faceva molto piacere a Hermione, abituata ad essere continuamente disturbata da Harry e Ron per fornire spiegazioni. 
- Che lezione abbiamo ora?
- Non ne ho idea.
Con l’incantesimo di prossimità, tutto il loro precedente programma di lezioni era stato sballato e la McGranitt ne aveva creato per loro uno nuovo, che Hermione stranamente non aveva ancora imparato.
- Storia della Magia. – ripose infine la ragazza, una volta che ebbe tirato fuori il foglio sul quale si era appuntata gli orari delle lezione.
- Stai scherzando, spero.
- No, Malfoy, non scherzo affatto.
- Ma tu me le dai così le notizie? Sono completamente distrutto e mi vieni a dire che abbiamo Storia della Magia?
- Ma perché ti lamenti sempre? – borbottò Hermione, alzando gli occhi al soffitto. – Tanto non possiamo farci nulla.
- Mmm…
- Comunque, non per metterti pressione, ma stasera ceniamo al tavolo dei Grifondoro.
- Cos… neanche per idea!
- Poche storie, Malfoy! Non sono mai stata con i miei amici in questi giorni, quindi non azzardarti a protestare!
- Scordatelo!
- Abbiamo sempre mangiato al tuo tavolo in queste sere, adesso è il mio turno!
- Ma non ci pensare nemmen…
- Vuoi mangiare per terra?
Hermione assunse un sorriso angelico e una voce fintamente innocente. Draco fece una smorfia, consapevole che lei non avrebbe cambiato idea e se voleva evitare di risedersi per terra come già era successo era meglio accontentarla.
- Dovrò mischiarmi con voi tutti… babbanofili plebei. – sospirò, portandosi teatralmente una mano al cuore.
Hermione gli rifilò una gomitata nelle costole.
 
 


 
Si allungò per prendere un pezzo di pane e addentarlo con sollievo. Non aveva mangiato quasi niente in tutto il giorno ed era contento di poter mettere finalmente qualcosa sotto i denti.
- Harry?
Il moro riconobbe la voce dell’amico e sorrise. Non poté dire non esserne rimasto stupito, dato che per tutto il giorno Ron non aveva fatto altro che evitarlo.
- Ron? – domandò a sua volta. Non lo aveva mai visto così; scorgeva nei suoi occhi una scintilla di rabbia che mai era stata rivolta contro di lui.
- Credo che io e te dovremmo parlare. – chiarì il giovane Weasley, il nervosismo a raschiargli la voce.
- Ah, uhm, sì. E di cosa esattamente?
- Di Ginny.
- Oh… sta bene? Le è successo qualcosa?
- Sì, sì sta bene. – sbuffò Ron, lanciandogli un’occhiataccia. – Dobbiamo parlare di te e Ginny. – spiegò Ron, calcando particolarmente sulle ultime parole e Harry per poco non si strozzò con il pane che aveva appena addentato.
- A-adesso?
- Già. Proprio adesso, Harry.
 

 

 
Nascosta nella penombra sfiorò il foglio bianco che teneva tra le mani e lo esaminò, per quello che la scarsa luce permetteva.
Sospirò frustrata e sbatté la mano sul foglio.
Niente. Nulla.
Aveva guardato tutti i documenti presenti nella cartella. Aveva osservato ogni singolo foglio relativo alla sua adozione, ma niente, niente! Non c’era nessun dato, nessun dettaglio su da dove provenisse o su chi fossero i suoi genitori naturali. Neppure la firma della sua vera madre era presente tra i documenti, cosa che sapeva essere indispensabile per adottare un bambino.
Sospirò di nuovo piena di tristezza.
Sembrava che fosse comparsa dal nulla, come per magia.
Allyson si lasciò ricadere sul letto, sconsolata, decisa più che mai a saltare la cena, tanto aveva lo stomaco chiuso. Strinse convulsamente tra le dita quel foglio spiegazzato che l’aveva delusa per l’ennesima volta. Niente. Non aveva trovato niente. Una rabbia quasi cieca s’impossessò di lei. Possibile che i suoi genitori desiderassero sbarazzarsi di lei a tal punto da far sparire ogni possibile traccia?
Si rigirò nel letto per trovare una posizione comoda.
Chi l’aveva depositata sulla soglia di quella casa sedici anni fa?
Chi l’aveva abbandonata quella notte?
Chi aveva scelto di lasciarla, piuttosto che di tenerla con sé?
Il sonno sopraggiunse dopo molto tempo. Neanche i sogni riuscirono a darle tranquillità, tormentata e desiderosa di sapere cosa fosse esattamente successo quella notte di sedici anni fa.

 
 











 
 
 
Angolo Autrice
Mi scuso per questo capitolo cortissimo e orribile, ma proprio non sono riuscita a tirar fuori di meglio, abbiate pietà!
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite/le seguite/le ricordate o anche a chi ha solo dato una sbirciata. Ma in modo particolare ringrazio quelle dolci meraviglie che hanno recensito lo scorso capitollo: Harry Potterish, Black_Yumi, Tarya46 e SWAMPY. Grazie, grazie, grazie non trovo parola migliore di questa!
Al prossimo capitolo!
flors99 

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Capitolo 12
*** Something Strange ***


Ciao a tutti!! mi scuso per il mio ritardo imperdonabile :’( Credevo che con le vacanze di Pasqua avrei avuto più tempo per scrivere, ma non è stato così, sono stata impegnatissima e ho potuto postare solo oggi, mi dispiace tanto :(
Spero riuscirete a perdonarmi, lascio il resto dei commenti in fondo, ma prima di lasciarvi al capitolo metto una piccola dedica per una persona speciale.
 
A Harry Potterish,
perché hai deciso di non scrivere più
e io sentirò da morire la mancanza delle tue storie.
Ho provato più volte a premere il tasto “contatta”,
ma poiché venivano fuori solo cavolate,
preferisco dedicarti questo capitolo,
per ringraziarti di tutto.
Mi mancheranno le tue bellissime storie,
mi mancheranno le tue recensioni pazze,
ma soprattutto mi mancherai tu.
Anche se non ti conosco di persona,
ti voglio bene.
Magari un giorno ricomincerai a scrivere,
beh sappi che io ci sono e ci sarò sempre.
A presto! Perché questo non è un addio, ma un arrivederci.

 
 
 
- Malfoy andiamo! – il suo tono perentorio non ammetteva alcuna replica.
- …. –
- Non far finta di non aver sentito!
- …. –
Il ragazzo non accennava a muoversi, anzi restava nella sua bolla privata d’ indifferenza, come se fosse in chissà quale altro mondo.
Solo dopo qualche minuto la ragazza si accorse che il ragazzo non solo non la stava ascoltando, ma probabilmente non si era neanche accorto che lei tentava di parlargli. Così, esaurita la poca pazienza, e completamente arrabbiata per la mancanza di attenzione, puntò la bacchetta verso la chioma del ragazzo, che costantemente si ostinava a darle le spalle.
Distrattamente agitò il piccolo bastoncino e una formula fuoriuscì dalle sue labbra.
- Aguamenti.
Acqua fredda e gelata si generò dalla bacchetta e andò a riversarsi sopra il ragazzo che, ignaro di quanto stava succedendo, fu colto alla sprovvista e bagnato da capo a piedi prima che potesse innalzare uno scudo di protezione.
Hermione attese un secondo.
Due…
Tre….
- MEZZOSANGUE! MA SEI COMPLETAMENTE DEFICIENTE?!? SONO BAGNATO FRADICIO!! BRUTTA…. – inutile dire che delle simili urla fecero accorrere tutto il dormitorio, nei quali i due ragazzi si erano diretti prima di dirigersi in Sala Grande per la cena.
Tra tutti i presenti un paio di occhi catturarono l’attenzione di Draco Malfoy.
Allyson Starr, ferma sulla porta della sua camera (dalla quale non sembrava intenzionata a muoversi), lo guardava con il sopracciglio inarcato con due iridi gelate identiche alle proprie. Lo sguardo seccato e freddo, completamente identico al suo. Spesso gli avevano detto che il suo sguardo metteva in soggezione, ma Draco non ci aveva mai badato più di tanto. Fu in quel momento che capì che doveva essere vero; lo sguardo di Allyson, identico al proprio, rilasciava un’aurea cupa e sinistra contagiando tutti i presenti con il proprio malumore. Sotto tutta quella freddezza notò un pizzico di dolore, ma che lei si premuniva bene di non dare a vedere in nessuna occasione.
Draco si chiese da cosa fosse scaturita quella tristezza, prima di darsi un pizzicotto, chiedendosi come mai gliene importasse qualcosa.
Vide Theodore avvicinarsi a lei e passarle un braccio intorno alle spalle, mentre Allyson si scuoteva di dosso la sua mano, infastidita, ma con una luce di divertimento negli occhi. Draco non riuscì a capire quel fastidio che lo percorse per tutto il corpo. Non comprese questa sua reazione anche perché non gli importava poi tanto del rapporto che avevano Allyson e Theodore, soltanto sentiva un innato istinto di protezione verso quella ragazza, che, ad essere del tutto sinceri, era l’ultima persona a dover essere protetta.
- Bah… - borbottò tra sé.
A quel punto un urlo si propagò per tutto il dormitorio.
- Un…un….un serpente! – gridò Hermione nuovamente quando lo vide strisciare verso di sé.
Appena nominate queste parole si scatenò il putiferio.
Letteralmente.
Pansy saltò addosso a Daphne, che, perdendo l’equilibrio cadde quasi sopra Blaise, che intanto si stava rifugiando dietro di lei.
- Che fai Blaise? Proteggimi! Sii uomo! – lo rimproverò duramente.
- Sì….magari un’altra volta, eh? – rispose il moro, tenendo d’occhio quel serpentello che strisciava velocemente sul pavimento. Se l’avesse toccato gli avrebbe rovinato i vestiti! E insomma! Li aveva pagati fior di soldi!
Hermione, che odiava i serpenti più o meno quanto Ron odiava i ragni (la ragazza aveva sempre detestato le cose viscide e molli), si avvicinò a Draco e con un riflesso involontario strinse il suo braccio, spiegazzandogli tutta la camicia.
Se la prima reazione da parte di Draco e Hermione fu lo stupore per quel gesto inaspettato, la seconda reazione fu quella di staccarsi immediatamente. Infatti entrambi aveva avvertito una forte scarica elettrica quando le loro pelli erano venute a contatto.
Hermione deglutì, rossa come un pomodoro. Per fortuna nessuno dei presenti se ne era accorto, troppo presi a sfuggire a quel serpente che vagava indisturbato per la stanza.
Proprio mentre il dormitorio cominciava a scivolare nel panico più totale (tutte le ragazze si erano fiondate sul divano per cercare riparo, e l’arrivo di Blaise, desideroso di seguire il loro esempio, aveva fatto cedere le ormai deboli gambe del sofà, facendo precipitare quei poveri ragazzi col viso per terra), una voce forte e chiara risuonò e mise a tacere tutti quanti.
- Salazar!
Allyson si precipitò verso il piccolo animaletto e allungò la mano verso di lui. Il serpentello sembrò studiarla con i suoi intensi occhioni, poi di buon grado si attorcigliò attorno al braccio della sua padrona.
Nessuno osò dire niente per parecchio tempo, neanche quando la ragazza si allungò per accarezzare la testa al piccolo serpente, che sembrava tutt’altro che infastidito da quelle attenzioni; ma infine Blaise si schiarì la voce, lanciando un’occhiata a Allyson.
- Ehm….quel coso….è tuo?
- Che hai detto?
Osservando il cipiglio severo della ragazza, Blaise si affrettò a cambiare la sua frase.
- Cioè…uhm…quell’adorabilissimo serpente…è tuo?
- Cert…
- Tu hai un serpente come animale?!
La faccia completamente rossa di Hermione attirò l’attenzione di tutti i presenti, che raramente l’avevano mai vista così sconvolta.
- È molto intelligente, sai! Guarda…
- NON AVVICINARTI A ME! – gridò la Grifondoro in preda a un attacco isterico.
- Povero piccolo… - mormorò Allyson. - …nessuno ti capisce…
Draco Malfoy divertito da tutta quella situazione assurda, scoppiò a ridere.
Quasi nessuno aveva mai visto Draco ridere. Non ghignare, ma ridere. Ridere per davvero. Tutti rimasero imbambolati a fissarlo, specialmente Hermione che per la prima volta della sua vita sentiva uscire qualcosa di bello dalle sue labbra.
Ben presto l’ilarità del biondo si placò e dopo aver scoccato un’occhiata complice a Blaise, che ridacchiava insieme a lui, si diresse verso la Sala Grande per poter riempire finalmente lo stomaco. 
- Malfoy aspetta! Rallenta!
Dopo qualche secondo la ragazza riuscì a prendere l’andatura del suo passo, e cominciò a scrutarlo con interesse.
Notava dettagli a cui prima non aveva mai fatto caso. Era un ragazzo alto e anche se non eccessivamente muscoloso, aveva un corpo tonico, le spalle larghe e forti.
- Che hai da guardare?
- Sei bello…
Hermione non fece in tempo a tapparsi la bocca, e dalle sue labbra uscì il suo pensiero, che invece avrebbe fatto meglio a tacere.
Il viso del ragazzo assunse il solito ghigno, e la guardò in modo così intenso che Hermione non riuscì a respirare per almeno tre minuti.
- Lo sapevo già Mezzosangue, non avevo bisogno che tu me lo ricordassi.
- Tu…tu! Sei…sei…un egocentrico! – esclamò quando finalmente ebbe recuperato l’uso della parola. – Tu sei un arrogante, borioso, insopportabile ragazzino…. – insultarlo era l’unica cosa che le impediva di perdere il controllo, così continuò con la sua sfilza di insulti per almeno un quarto d’ora.
- Granger ti dai una calmata? – le afferrò la mano, con la quale lei lo stava “minacciando”, e la fece voltare verso di lui. Hermione sentì il proprio cervello andare completamente in pappa, doveva assolutamente concentrarsi su qualcosa, su qualunque cosa, tranne che su di lui.
Fu per questo che i suoi occhi si posarono su una busta bianca che fuoriusciva dal mantello del ragazzo. Curiosa come non mai, in un riflesso involontario allungò la mano nel tentativo di afferrarla, ma ovviamente fu bloccata prima che potesse anche solo avvicinarsi.
- Granger, capisco la tua morbosa curiosità, ma non si prendono gli oggetti altrui. – il tono che aveva usato Draco era quello tipico che si utilizzava con i bambini e questo la fece stizzire, ma tentò comunque di mantenere il controllo, pur di non arrabbiarsi.
- Cosa dice la lettera? – gli chiese, prendendole alla sprovvista.
Hermione stessa si stupì della sua domanda, chiedendosi cosa le fosse venuto in mente di impicciarsi e si rese conto di essere stata parecchio inopportuna. Anche Draco doveva condividere il suo pensiero perché la guardò infastidito.
- Non sono affari tuoi Mezzosangue!
Sebbene la Grifondoro si aspettasse una simile risposta, ci rimase malissimo nel sentirla uscire dalle sue labbra. Credeva di aver costruito qualcosa con Draco, se non una vera e propria amicizia, almeno il rispetto reciproco l’uno per l’altro e forse anche di più.
Il fatto che il ragazzo la escludesse così, la feriva, anche se la cosa era più che normale; loro non erano amici e mai lo sarebbero stati. Doveva farsene una ragione.
Camminarono in silenzio per tutti i sotterranei. La ragazza col morale a terra, e il ragazzo che di tanto in tanto le lanciava occhiate sfuggevoli.
Ma che le è venuto in mente di chiedermi una cosa simile? – si chiese Draco.
Chiedere a lui una cosa così personale! Ma come si permetteva?
Quando poi vide la fronte aggrottata della ragazza, sentì un formicolio lungo il corpo. Senso si colpa? Nahh, impossibile.
- È mia madre. Viene a Hogwarts. – rispose infine, quasi con un sospiro rassegnato. Ci mise un po’ per capire che era la sua stessa voce a pronunciare quelle parole e quando se ne accorse avrebbe voluto rimangiarsele immediatamente, ma le sue labbra si erano mosse involontariamente, senza che lui potesse controllarle.
Non seppe mai quale fu quella strana forza che gli aveva strappato le parole di bocca, ma quando vide il sorriso impercettibile di Hermione, seppe di aver fatto la cosa giusta.
 
 ________________________________________________________________________________________________________________
 
 
- Luna, hai visto Ron?
- No, mi dispiace…Tu invece hai visto per caso un gorgosprizzo?
- Un…
- Un gorgosprizzo! Sono delle piccole creature, simili agli insetti, che infettano il cervello e…
- Ok, ok! – Ginny si affrettò a bloccare la sua amica, prima di scivolare in una conversazione in cui probabilmente lei non avrebbe capito niente.
- Se vedi Ron…gli dici che lo sto cercando?
- Certo…e se tu vedi un gorgosprizzo…
- Ok, ti avviso. Non preoccuparti.
La rossa vide la chioma bionda di Luna sparire in direzione del tavolo dei Corvonero, e si guardò intorno alla ricerca di Harry e Ron, ma quando non vide nessuno dei due, entrò nella Sala Grande da sola.
Fu solo allora che vide i due ragazzi discutere animatamente al tavolo dei Grifondoro. Spalancò gli occhi, sperando che non stesse succedendo ciò che temeva.
- Ron! – chiamò il fratello da lontano, con voce letteralmente esitante.
- Ciao ragazzi. – li salutò poi entrambi, quando li raggiunse.
- Hei. – sorrise dolcemente Harry. Stava per farle una carezza, ma il suo gesto venne bloccato da Ron.
- Fermo, fermo, fermo. Regola numero 29, Harry. Nessuna e dico nessuna effusione in pubblico!
- Ron! Non posso crederci! Ma che regola è? – protestò la sorella, completamente indignata.
- E non hai sentito le altre 28…. – borbottò il Bambino Sopravvissuto, evidentemente sfinito da quella conversazione.
- Ragazzi! – un uragano munito di riccioli scuri corse verso di loro, con un sorriso enorme stampato in faccia. Ginny alzò gli angoli della bocca, vedendo la sua migliore amica avvicinarsi, mentre si trascinava dietro un biondino alquanto irritato dalla destinazione.
Hermione abbracciò Harry e Ron come se non li vedesse da parecchi giorni, e in un certo senso era così. Erano sempre stati inseparabili, abituati a vedersi ogni minuto del giorno e quel distacco inaspettato tra loro era stato un po’ sofferto da parte di tutti, anche se si trattava solo di pochi giorni.
Per la seconda volta Draco avvertì una sorta di fastidio alla bocca dello stomaco. Ma stavolta era diverso. Stavolta era una vera e propria fitta di gelosia.
Scosse la testa infastidito.
 
Ma che diamine mi prende?
 
- Herm! – la salutarono in coro i due ragazzi.
- Ehm…Ciao. – Ginny alzò lo sguardo esitante su di lei, sperando che avesse dimenticato quel piccolo incidente dei vestiti.
- Ciao Ginny! – la abbracciò di slancio, dimenticatasi completamente del piccolo problema notturno che le aveva causato, ma ricordandosene poi all’istante quando si allontanò.
- Tu! Hai la minima idea di cosa hai combinato? – sibilò, cercando di non farsi sentire dai ragazzi.
- Herm! Era per una buona causa! Ricordi tutte le volte che lui ti chiamava “castoro”? dovevi avere la tua rivincita, ouch…. – Ginny si massaggiò la testa, laddove la mano dell’amica l’aveva colpita, sia per farle abbassare la voce, sia per fargliela pagare per la situazione in cui l’aveva messa.
- Hai idea di quanto mi sia sentita in imbarazzo?!?
- Ragazze…cosa state dicendo?
- Niente Harry! Niente! – si affrettò a mentire spudoratamente, Hermione.
Purtroppo per lei, Draco aveva un udito parecchio sviluppato e anche se non avesse ascoltato la loro conversazione, non era difficile immaginare l’argomento della questione.
- Probabilmente parlano di “pigiami”…. – soffiò visibilmente annoiato.
Ron saltò sulla sedia, come se fosse stato scottato.
- E tu che ci fai qui?
- Ron…hai dimenticato la mia punizione? - Lo rabbonì dolcemente Hermione.
- Oh… - mormorò, rimettendosi seduto.
- Merlino Weasley, come sei idiota!
- Hei! – gridarono all’unisono Harry e Ron.
- Smettetela! – Hermione interruppe la loro conversazione prima che potesse degenerare in toni e gesti decisamente poco civili. – Vi chiedo solo di passare la cena in pace, ok? Per una volta cercate di non azzannarvi a vicenda! Potete farlo per me?
- Herm, ma…
- ‘Mione io….
- Ok, ho capito. – li bloccò la ragazza. – Visto che non siamo graditi, ce ne andiamo. Forza Malfoy, andiamo al tuo tavolo.
- Cos…No! Non vogliamo che vada via anche tu!
- Beh scusami tanto Ronald, ma non ho voluto io l’incantesimo di prossimità! – si allontanò a passo svelto, cercando di trattenere le lacrime.
 
Sì, lacrime di coccodrillo!
 
- Che fai Mezzosangue? Credevo volessi cenare con loro.
Hermione senza rispondergli cominciò a contare.
- 3…2….1….
- Herm! Dai tornate qui!
La Grifondoro si voltò soddisfatta, guardando Draco con un ghigno serpentesco. Il ragazzo si stupì di quel gesto; evidentemente stare a contatto con lui le aveva fatto male.
- Al primo litigio me ne vado, chiaro? – li ammonì Hermione, quando ritornò al loro tavolo.
- Scusaci, ma non è colpa nostra se….
- Ovviamente anche Malfoy si impegnerà a non disturbare, giusto? – lanciò un’occhiata intimidatoria al biondino, che la osservava divertito, limitandosi ad annuire.
- Bene. Dato che siamo tutti d’accordo buon appetito!
Hermione e Draco si sedettero, e per quanto potesse essere umiliante per il ragazzo sedersi al tavolo dei Grifoni, non protestò e non emise alcun suono, limitandosi a riempire lo stomaco.
- Ron, ti prego, continuiamo dopo!
- Nient’affatto Harry! Ho intenzione di finire al più presto questa conversazione! Si tratta di mia sorella, capito? Dunque…dove ero rimasto…ah sì! Regola numero 32…
- Ron! Non puoi darmi delle regole!
- Posso eccome! Sei mia sorella!
- E allora?
- E allora devo proteggerti!
- Proteggermi da Harry? Ma se non farebbe male a nessuno, meno che mai a me!
- Questo non centra niente!
- Ron! – stavolta fu Hermione a riprenderlo. Sebbene fosse stata assente in quei giorni e non sapeva come fossero andate esattamente le cose, aveva capito al volo la situazione ed era pronta più che mai a sostenere la sua migliore amica.
- Ginny ha sedici anni! E’ grande abbastanza per decidere da sola!
- Hermione non ti impicciare! Questi sono discorsi tra maschi!
- Ma io sono una ragazza! – intervenne Ginny.
- Dettagli….
- Ron, dai, lo so che vuoi bene a Ginny, ma io non le farei mai del male!
- Harry, zitto tu, che non centri nulla!
- Cosa..?
Ecco, a questo punto forse voi vi chiederete cosa possa aver messo fine a questa conversazione strampalata, che aveva attirato l’attenzione di parecchi altri studenti e anche di qualche professore.
Ebbene la risposta è: Draco Malfoy.
Il ragazzo, che non aveva aperto bocca durante tutta la conversazione, ma preferendo ascoltare,
con l’ombra di un sorriso sulle labbra, decise di porre fine a quell’inutile disputa che non aveva né capo né coda.
- Suvvia Weasley! Manco ci fosse andato a letto!
Harry per poco non si strozzò con il pezzo di mela che stava mordicchiando, cominciò a tossire convulsamente, rischiando di strozzarsi, e soltanto quando sentì le vie respiratorie completamente libere, riuscì a smettere di tossire.
Sulle guance di Ginny si diffuse un lieve rossore, che fece intendere a Hermione che Draco avrebbe fatto molto meglio a starsene zitto.
- Harry?
- S-sì Ron?

 
 
 
________________________________________________________________________________________________________________
 
Ed eccoci arrivati in fondo!!!! Lo so, vi ho lasciato così, maaaaaa….non ci siete mica rimasti male, vero? :) eheh….secondo voi come reagirà Ron ora che ha scoperto che Ginny non è più così piccola? xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Forse non un granché, ma l’ho scritto tra una versione di greco e gli esercizi di chimica, abbiate pietà!
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le preferite/le ricordate, ma soprattutto ringrazio infinitamente quei dolci raggi di sole che hanno recensito lo scorso capitolo: SWAMPY, Harry Potterish, Black_Yumi e Vale17_ Grazie, grazie, grazie!! :D
Aggiornerò il prima possibile!
La vostra ritardatrice,
flors99
PsAnnuncio importante: per tutti coloro che stanno leggendo anche la mia altra storia
Never Let Me Go”, volevo avvertirvi che aggiornerò quanto prima. Avevo scritto tutto il capitolo, quando sciaguratamente (non so neanche io come ho fatto), non ho salvato il documento e ho perso tutte le modifiche. Lo so, sono un caso disperato xD Ma non preoccupatevi, anche se in ritardo, continuerò ad aggiornare ^^

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Capitolo 13
*** She's my sister! ***


 
- Harry?
- …-
- Harry?
- … -
Quella simpatica scenetta andava avanti da parecchi minuti. Ron, con uno sguardo vuoto e fisso su un punto non identificabile, continuava a chiamare il suo migliore amico, che da parte sua gli rispondeva con cenni affermativi del capo, senza capire cosa avrebbe dovuto fare o perlomeno come comportarsi.
- Harry? – Gli occhi azzurri di Ron si spostarono su Harry, e lo fissarono così insistentemente che il Bambino Sopravvissuto si sentì quasi a disagio. Non era da Ron osservare qualcuno in quel modo, ma, ad essere sinceri, non era da Ron neppure quella strana reazione e quella voce  incolore in un modo che avrebbe osato definire inquietante.
- Harry? – Stavolta il suo sguardo si posò su Ginny, che, impietrita di fronte a lui, lo fissava preoccupata e nervosa. Un tenero rossore le colorava le guance, dandole un aspetto dolce, e Hermione non poté fare a meno di sorridere comprendendo la situazione.
- Harry? – Gli occhi di Ron cominciarono a intervallare lo sguardo tra Harry e Ginny per un po’ di tempo. Era strana la sua espressione; sembrava che tentasse di afferrare qualcosa, ma che quel qualcosa non si facesse prendere e sfuggisse alla sua logica.
Evidentemente il minore dei sei fratelli Weasley non doveva aver afferrato neanche il fatto che quasi tutti gli studenti presenti nella Sala Grande lo stavano fissando, in attesa della sua mossa, con trepidazione e ansia.
Eppure nessuno, nonostante l’agitazione, sembrava voler interrompere la reazione di Ron, nessuno si azzardava a proferir parola come a non voler rompere la cosiddetta “quiete prima della tempesta”.
Altri sguardi invece erano fissi sul Bambino Sopravvissuto. Erano sguardi di compatimento quasi, come se sapessero che di lì a poco Harry, sarebbe diventato il-Bambino-non-più-Sopravvissuto.
- Ti ho voluto bene, Harry. – mormorò Neville alle sue spalle, guardandolo con tristezza. – Sei stato un vero amico. – concluse mogio mogio.
Harry deglutì, un po’ a disagio da tutti quegli sguardi, ma preoccupato anche per la reazione di Ron e per la sua inespressività che cominciava a farlo diventare nervoso.
- Harry? – l’ennesimo richiamo dell’amico contribuì a mettergli ancora più ansia, e poiché quell’attesa lo stava facendo impazzire, decise di prendere in mano la situazione e di risolverla.
- Dimmi Ron. – spronò l’amico a reagire, anche se il rosso non diede segno di aver udito le sue parole, continuando a fissarlo con sguardo vacuo e incolore.
L’aria era tesa come una corda di violino, perfino Hermione, sempre pronta a trovare una soluzione soddisfacente, non aveva la minima idea di cosa poter dire e rimaneva in silenzio, intervallando lo sguardo tra Harry e Ron.
Forse vi chiederete chi ha spezzato questo silenzio ostinato e qual è stata la voce e soprattutto la frase che ha fatto risvegliare Ron.
Ebbene ancora una volta la risposta è: Draco Malfoy. Di nuovo.
Il ragazzo, probabilmente l’unico essere umano presente nella Sala Grande che non si era lasciato impressionare da quel clima di tensione, aveva osservato tutta la scena con un sopracciglio alzato. In fondo aveva sempre saputo che Weasley era un idiota; beh…non immaginava che però potesse avere altrettanta reazione…da idiota!
Divertito da tutta quella situazione, gli sfuggì una risata lieve e un piccolissimo commento che forse avrebbe fatto meglio a tenere per sé.
- Beh…D’ora in poi dovrò cambiarti soprannome, eh Sfregiato? Non posso più chiamarti San Potty, visto che non sei poi così tanto santo…
Avete presente quando nei film una persona che si crede morta apre gli occhi di scatto, prendendovi del tutto alla sprovvista e facendovi venire un infarto?
Più o meno fu quella la reazione di Ron.
Il rosso, che continuava a guardare ora Harry, ora Ginny, ora Harry, ora Ginny, ad un certo punto, bloccandosi, spalancò gli occhi come se avesse finalmente preso quel qualcosa che non riusciva ad afferrare e si voltò di scatto verso la sorella, che all’affermazione del Serpeverde era diventata color bordeaux.
Passò un secondo in cui accaddero un mucchio di cose.
Ginny, ormai color porpora lanciò un’occhiata omicida in direzione di Draco, sul viso di Harry un rosso vivo si espanse su tutte le guance, mentre Neville terrorizzato lo rassicurava, dicendogli che gli avrebbe portato fiori freschi sulla tomba tutti i giorni.
Hermione tirò una gomitata a Draco, e al poverino, quella botta non fu per niente piacevole, dato che era a stomaco pieno. Quello che Draco non aveva calcolato era la forza inaspettata di quel colpo che Hermione gli aveva dato, e poiché stava bevendo il succo di zucca, preso alla sprovvista, senza neanche rendersene conto sputò tutto il liquido in faccia alla persona che aveva di fronte. Ovvero: Ronald Weasley.
Hermione spalancò la bocca e si mise una mano davanti subito dopo, per cercare di non dire nulla.
- Cazzo, Mezzosangue. Ma che ti viene in mente di…
- Shhh! – lo ammonì la ragazza, tornando a fissare il suo migliore amico, tutto bagnato, che sembrava tremare leggermente.
In meno di un secondo Ronald Weasley, era passato dal suo stato di trance e i suoi occhi vacui, a uno sguardo omicida e il viso completamente rosso (e bagnato).
- HARRY JAMES POTTER! – Harry non aveva mai udito la voce di Ron tanto alta, tranne quando urlava per la vista di un ragno. Improvvisamente la faccia paonazza del suo migliore amico (ricoperto interamente di succo di zucca), i suoi occhi furenti e il suo corpo fremente, gli misero leggermente paura. Solo leggermente, eh! Non sia mai detto che il Bambino Sopravvissuto abbia paura del suo migliore amico.
- Ron, io…
- HARRY JAMES POTTER! – Se prima quasi tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di loro, adesso di poteva benissimo escludere il quasi. E non solo gli studenti sembravano interessati alla loro conversazione, ma persino i professori avevano smesso di occuparsi delle loro faccende, per volgere lo sguardo verso il tavolo dei Grifondoro.
- Ron, ascolta…
- HARRY JAMES POTTER!
- Preferivo quando lo chiamava per nome con voce incolore. Almeno non faceva casino…
- Malfoy! Non peggiorare la situazione! Sta zitto, per Merlino! – Hermione stava per tirargli un altro colpo, ma stavolta il ragazzo non si fece prendere di sorpresa e le afferrò il gomito prima che lei riuscisse a colpirlo.
- Mi fai male, lo sai?
- Mollami subito! – esclamò la ragazza, rossa d’imbarazzo, col cuore che martellava impazzito per quel contatto insignificante, ma allo stesso tempo così sconvolgente.
- HARRY JAMES POTTER!
- Secondo te finirà prima o poi?
- Shh!
- Non zittirmi, Mezzosangue!
- Mi stai distraendo! Ron sta per uccidere Harry!
Intanto Ron, che era sul punto di scoppiare, aveva un’espressione talmente nera che anche le lentiggini spiccavano in maniera alquanto inquietante e sinistra sul colorito malsano che aveva assunto il suo viso.
Harry piuttosto che vederlo in quello stato avrebbe voluto litigare con il professor Piton. Il che era tutto da dire.
- E’ mia sorella! – più o meno fu questa la prima e l’ultima frase di senso compiuto che uscì dalla labbra di Ron, prima che Harry venisse schiantato dalla parte opposta della Sala Grande, in volo.
Ron successivamente, sempre in volo, si lanciò a pesce su di lui, inciampando all’ultimo momento nella buccia di banana che era stata buttata per terra da qualcuno.
Perso l’effetto sorpresa e dolorante per la caduta, Ron si rialzò con un dolorino al suo didietro mettendoci più tempo del previsto e dando tempo a Harry di rialzarsi e di mettersi in guardia.
- Non muoverti da lì, Harry! Sto arrivando! – con un nuovo slancio si buttò di nuovo a capofitto su di lui, mancando però la presa, dato lo spostamento all’ultimo secondo di Harry.
- Ma tu non dovevi spostarti! – si lamentò il rosso, massaggiandosi la schiena dolorante per la nuova caduta.
- R-ron…cerchiamo di ragionare…
Harry non terminò la frase perché si ritrovò spiaccicato per terra, sovrastato dal corpo del suo migliore amico.
- Miseriaccia Harry! È mia sorella!
- Ron! Santo Cielo!
Ginny corse verso di loro, seriamente spaventata.
- Smettila immediatamente!
Anche Hermione accorse, tirandosi dietro Draco, che da parte sua sembrava ben più che lieto di assistere a una scena del genere.
- Lascia perdere Granger. Se si uccidono fanno un favore a tutti.
- Malfoy!
- Granger…
- Oh, sta zitto!
- Ron! Per Merlino, mollalo subito!
Le urla della sorella non servirono a nulla, anzi si guadagnò un’occhiata omicida da parte del fratello.
- Ginny ti odierò per questo! Per colpa tua sono costretto a uccidere il mio migliore amico! – esclamò, premendo una mano sul viso di Harry.
- Ron, per la miseria! Non devi uccidere nessuno!
- Dagliele Ron!
- State zitti, idioti! – gridò Hermione in direzione di un gruppo di Corvonero, che non avevano nulla di meglio da fare che assistere alla scena.
- Basta! – Le due ragazze tentarono di separare i rispettivi ragazzi, ma rimasero soltanto coinvolte nella rissa. Hermione evitò per un soffio una gomitata e Ginny schivò all’ultimo momento un colpo dritto contro il suo naso.
- BASTA! – una voce molto più profonda, più autoritaria e decisamente più tenebrosa e sinistra rispetto a quella di Ginny, rimbalzò sulle pareti della stanza e penetrò nelle orecchie di tutti gli studenti.
La calca che si era riunita intorno al luogo di scontro si diradò allarmata, non appena vide l’espressione furente della Professoressa McGranitt e del Professor Piton.
Severus Piton incuteva timore anche con un semplice sguardo. Vederlo arrabbiato, seriamente arrabbiato, fece scendere il silenzio tra gli studenti.
- Potter! Weasley! Smettetela! – tentò di porre fine alla colluttazione tra i due ragazzi che non sembravano essersi accorti del suo arrivo, ma tutto quello che ricevette fu un pugno sul naso.
Se prima era arrabbiato, adesso era veramente furioso.
- POTTER! WEASLEY! – tirò fuori la bacchetta con uno scatto felino e dopo averli separati con un incantesimo non verbale, li schiantò uno alla volta contro il muro.
- Severus! – lo rimproverò la McGranitt con sguardo allibito.
Il Professor Piton, con freddezza e controllo si raddrizzò.
- Hanno disturbato la mia persona. – proferì indignato. Con un passo inquietante arrivò davanti ai due ragazzi che giacevano sul pavimento a testa in giù.
- Ahia… - Harry fu il primo a riprendersi, e dopo essersi raddrizzato si tastò la guancia dove Ron gli aveva tirato un pugno, sicuro che gli sarebbe venuto un livido a breve.
- Harry! – Ginny gli corse incontro preoccupata, e si inginocchiò fino ad arrivare alla sua altezza, scrutandolo negli occhi verdi con attenzione.
- Come va?
- Al…la grande. – incespicò Harry, prendendo la sua mano per alzarsi.
- Harry! Regola numero 29! Nessuna effusione in pubblico!  – gridò Ron, nuovamente rosso in volto, raddrizzatosi anche lui. Stava per ri-lanciarsi contro il suo migliore amico, quando si sentì preso per il colletto del maglione e sentirsi tirare su. Difatti il Professor Piton aveva afferrato entrambi i ragazzi, come se fossero due gatti, tenendoli a debita distanza.
- Sei fortunato che non riesco a prenderti Harry! – Sbuffò Ron con il fiatone. Tentò di liberarsi, ma l’occhiata da pazzo omicida disegnata sul volto del professore lo costrinse a lasciar perdere.
- Non un’altra parola Weasley!
- Ma…ma professore! Non può farmi questo! Io devo…devo… -
- Parla ancora e ti ri-schianto contro il muro! Finiscila!
Dopo l’ennesimo rimprovero Ron sembrò acquietarsi e dopo l’ultimo invano tentativo di liberarsi, smise di combattere con un sonoro sbuffo.
- Come mai Weasley è così geloso? – mormorò Draco di fronte alla sua reazione eccessiva.
- Ron esagera sempre. Adesso si chiuderà nel mutismo assoluto per qualche settimana, poi quando avrà capito che Harry è il male minore, se così possiamo dire, per Ginny, si rassegnerà e tornerà ad essere il solito Ron.
- Bah…
- Le vuole bene… - mormorò Hermione.
- Secondo me è esagerato…
- Vuole bene a sua sorella, cosa c’è di sbagliato? Magari è un po’ troppo protettivo, ma lui è fatto così. E poi si sa che i fratelli maggiori sono sempre gelosissimi delle loro sorelline! – si riprese Hermione, accalorandosi immediatamente. – Vorrei vedere te! Mi chiedo come ti comporteresti se tu avessi una sorella!
- Io non mi comporterei come lui! Poco ma sicuro! – replicò il Serpeverde sicuro di sé, ma stranamente inquieto per quello strano argomento.
- Tsk! Cosa ne sai Malfoy, di cosa faresti? – Hermione si fece un attimo pensierosa e poi ritornò alla carica. – Ecco! Immagina che Daphne sia tua sorella e si mettesse con Blaise! 
Draco fece una smorfia, tentando di immaginare una coppia così stramba fino all’inverosimile. Poi scosse la testa come risvegliatosi, e decise di non dare ascolto alle parole di Hermione.
- Ma…niente! Daphne potrebbe stare con chi le pare! Io, come ti ho già detto, non farei niente! E poi…Daphne mia sorella? Merlino, Mezzosangue, non mi assomiglia nulla!
- Mmm... – Hermione si mordicchiò le labbra, concentrata al massimo. Poi d’un tratto la figura di Allyson entrò nella sua visuale.
La Serpeverde, infatti, nonostante i suoi buoni propositi di saltare la cena, era stata trascinata a forza da un molto persuasivo Blaise, e stava entrando di malavoglia nella Sala Grande. Gli occhi freddi e ghiacciati della ragazza per un attimo incontrarono quelli di Hermione, che ancora una volta si chiese come fosse possibile una simile somiglianza con quelli del furetto.
Hermione si concentrò su Draco, poi mormorò con voce distratta.
- Allyson. – fece una pausa prima di continuare, abbassando lo sguardo. – Immagina che sia Allyson tua sorella, Malfoy! – alzò gli occhi di scatto per vedere la sua reazione.
Un silenzio innaturale si frappose tra loro con violenza a quelle parole.
Normalmente Draco non avrebbe prestato la minima attenzione alle parole della ragazza, d’altronde, in quei pochi giorni, aveva imparato a non ascoltare almeno la metà delle cose che Hermione diceva, parlava di talmente tanti argomenti, se li avesse ascoltati tutti sarebbe morto!
E, a regola, anche stavolta l’avrebbe liquidata con un “Sì sì, certo”, ma stavolta ci fu qualcosa nelle sue parole che lo fece inquietare.
Immaginarsi Allyson con un ragazzo era qualcosa di…fastidioso; e Draco provava un’innata voglia di stringere i pugni, per contenere quello strano fastidio.
Scosse nuovamente la testa, stupendosi della sua reazione, e voltò lo sguardo da un’altra parte.
- Piantala con questi giochetti, Mezzosangue. – il tono era eccessivamente seccato e duro e ciò portò Hermione a ribattere, stizzita.
- Ma io non…
- Zitta! – Quello che Hermione non aveva ancora capito di Draco Malfoy, era che quando il ragazzo aveva intenzione di chiudersi nel mutismo più assoluto, allora gli doveva essere lasciato la possibilità di fare ciò che voleva. Il fatto che qualcuno lo stuzzicasse in quel modo e replicasse ad ogni sua battuta, quando invece non aveva voglia di parlare, lo faceva imbestialire come non mai.
Fu per questo che gettò un’occhiata gelida a Hermione, stringendo i pugni.
Quello che invece Draco non aveva capito di Hermione Granger era che lei, da brava Grifondoro qual’era, non si fermava davanti a un muro innalzato, o di fronte a un tono seccato e freddo. Anzi, più la scorza si induriva più la ragazza grattava la superficie per poter raggiungere la profondità.
Ed entrambi non avevano capito che in questo modo nessuno dei due avrebbe mai ottenuto niente dall’altro.
- RONALD WEASLEY! – l’urlo spaventoso di Ginny fece cessare la loro ostilità, fatta di occhiatacce, e fece voltare entrambi i ragazzi nella direzione del suono.
Dicevano che Ginny Weasley assomigliasse a sua madre quando si arrabbiava. Qualcuno potrebbe obbiettare questa cosa: se Molly Weasley poteva essere spaventosa quando si incavolava, a tutti era noto il suo immenso amore per i figli, ai quali non avrebbe mai e poi mai torto un singolo capello.
Questo non si poteva dire di Ginny.
Perché proprio in quel momento la rossa sembrava più che mai propensa a tirare un bel pugno a suo fratello, che si rifugiò prudentemente dietro il Professor Piton.
Hermione non capì esattamente quello che era successo, ma evidentemente il Professor Piton doveva aver lasciato andare Harry e Ron, e quest’ultimo si stava nascondendo dietro la sua schiena.
- Signorina Weasley, credo che dovrebbe calmarsi…
- NO, IO NON MI CALMO PROFESSOR PITON! – Hermione comprese che la reazione di Ginny doveva essere dovuta a un segno rosso che si scuriva sempre di più, presente sul viso di Harry.
- Signorina Weasley, sia ragionevole…
- Voglio solo ammazzarlo, poi mi calmo! No! Mi lasci subito! – Severus, decisamente furioso per quella situazione assurda, non aveva esitato ad afferrare la ragazza e a tenerla lontana dal fratello.
- Ma io dico! Si può essere più idioti, eh Ron? Sei….completamente….pazzo?! – Pronunciò quelle parole mentre intanto tentava di divincolarsi.
- SIGNORINA WEASLEY! – ormai anche il Professor Piton aveva perso la sua (poca) pazienza.
- Mi dica una cosa Professor Piton! Se lei vuole stare con la sua ragazza, pensa che sia giusto che un idiota glielo impedisca?
Ginny, non rendendosi conto di quello che diceva, con le sue parole ebbe l’incredibile risultato di far quasi arrossire il Professor Piton.
- Ma che sta dicendo? - mormorò, incespicandosi con il suo stesso respiro.
- Lei vorrebbe che qualcuno si immischiasse nella sua vita amorosa? – continuò imperterrita la piccola Weasley, mentre scoccava occhiate di fuoco al fratello maggiore.
- Vita amorosa? Merlino, Weasley, è fuori di testa?
Nel frattempo quasi tutti i presenti scoppiarono a ridere alla domanda di Ginny.
- Lei ha una ragazza Professor Piton? – gli chiese Blaise, affascinato dalla piega che aveva preso la conversazione.
- Che domande sono queste, Zabini?!
- RAGAZZI! BASTA!
La voce perentoria del preside, intervenuto per porre fine a quel litigio, bloccò tutti i presenti.
- La vita amorosa del Professor Piton non è affar vostro e….Non interrompetemi! – esclamò appena vide numerosi studenti che tentavano di replicare. – Signor Weasley! Signor Potter! Mi meraviglio di voi! Un po’ di contegno! Vi ordino di rimandare le vostre dispute a più tardi e a discuterne con calma nei vostri dormitori!
Silente smise di parlare e guardò gli studenti uno a uno per assicurarsi che tutti avessero ben compreso la situazione.
- Bene… - ricominciò con tono più calmo e sereno. - …adesso nel caso non ve ne siate accorti, abbiamo un ospite!
Il suo sguardo si spostò sulla figura che sostava all’entrata della Sala Grande.
Hermione sentì Draco irrigidirsi leggermente accanto a sé, quando poi si voltò verso la suddetta persona i suoi occhi si tinsero di sorpresa e di sincero stupore.
In piedi, all’entrata della Sala Grande, Narcissa Malfoy guardava tutti e non guardava nessuno.
I suoi occhi scrutavano ogni singolo studente, si soffermarono su Draco, al quale sorrise dolcemente, per poi esaminare la ragazza di fianco a lui. Hermione si sentì quasi sotto esame e senza poter farci nulla arrossì come un peperone.
Infine gli occhi di Narcissa incontrarono quelli di Allyson.

Dopo sedici anni.



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Ciao a tutti! Visto che stavolta ho aggiornato più in fretta? Sì, lo so sono sempre di qualche giorno di ritardo, ma rispetto all’altra volta ho fatto progressi ^__^ Vedrete prima o poi riuscirò ad aggiornare almeno una volta a settimana!
Non so cosa dire sul capitolo: sinceramente non mi convince molto, non so….ho qualche dubbio… Spero comunque che vi piaccia almeno un pochino e che lascerete una piccola recensione, anche negativa.
La scoperta del segreto si avvicina!!! Sono sicura che qualcuna sta gioendo! (vero, Harry Potterish?)

Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le preferite/le ricordate e grazie anche a chi ha solo dato una sbirciata! Ma un grazie speciale va a quelle sei dolci ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry Potterish, SWAMPY, Black_Yumi, UraniaSloanus, Vale17_ e holly715. Grazie, grazie, grazie! Sono così felice che abbiate speso un po’ del vostro tempo per me ^__________^
Detto questo passo e chiudo.
Aggiornerò presto (almeno spero),
la vostra pazza,
flors99

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Capitolo 14
*** Mother (First Part) ***


- Benvenuta Narcissa. – esclamò il preside con voce profonda, sebbene sapesse che la donna non stava rivolgendo a lui la propria attenzione.
Infatti Narcissa, pur lottando contro la sua stessa volontà, non riuscì a distogliere lo sguardo da quella ragazza di fronte a lei nemmeno per un secondo, continuandola a fissare come se fosse un miracolo divino.

E forse, un miracolo, lo era davvero.

Non ebbe bisogno di parole. Non le servivano chiarimenti o spiegazioni.

Non aveva bisogno di niente.

Aveva capito.
Sentì un innato calore propagarsi in tutte le parti del suo corpo, fino alla punta delle dita. Era qualcosa di primitivo, di forte, una sensazione talmente intensa da confonderla e farle venire una fitta allo stomaco.
Con uno sforzo immane, distolse lo sguardo e lo puntò verso il preside, che la stava guardando in modo comprensivo e felice quasi.
- Grazie, Signor Preside. – Narcissa non riconobbe la sua voce, sembrava un’eco lontano, quasi privo di vita, ma allo stesso tempo pieno e intenso.
- Madre… - la chiamò un Draco, leggermente esitante, mentre si avvicinava a lei, portandosi dietro una certa Grifona.
Narcissa alzò un sopracciglio, incuriosita da quella vicinanza, e guardò il figlio eloquentemente.
Draco si limitò a scrollare le spalle.
- È una lunga storia. – borbottò, senza troppa convinzione.
- Piacere. – mormorò Hermione, cercando di essere gentile, anche se quella donna la metteva in soggezione.
La donna la fissò guardinga, senza dare alcuna risposta o alcun cenno, per poi distogliere l’attenzione e i suoi occhi, come se fossero stati calamitati, si soffermarono un’altra volta su Allyson.
Dicono che gli sguardi non facciano rumore, ma in quel momento lo scontro con le loro iridi, sembrò quasi provocare un suono. Narcissa sobbalzò quasi, nel riscontrare la freddezza di quello sguardo, che, se prima era solo indifferente, adesso sembrava studiarla con una tale intensità da farla rabbrividire.

Per Salazar, come gli assomiglia…

Le vennero le lacrime agli occhi a quel pensiero, bruciavano agli angoli delle sue iridi, e pur con tutta la sua forza di volontà non riuscì a fermarle.
Non riuscì a fermarle perché non voleva.
Non riuscì a fermarle perché non ci riusciva.
Per sedici anni aveva impedito agli occhi di conoscere quel sollievo.
Adesso non ci riusciva più.
Perché ora, dopo sedici anni, aveva l’occasione di rimediare.
Dopo sedici anni, aveva l’opportunità di guardare ancora quelle iridi argentate così uguali a quelle del fratello…

Fratello.

Come avrebbe reagito Draco?
Non riuscì neanche a pensarci, perché la voce del preside si fece strada tra le sue orecchie.
- Lei è la nuova studentessa, Narcissa. – probabilmente Silente glielo aveva detto non per cattiveria, ma per giustificare lo sguardo della donna nei suoi confronti e non far insospettire nessuno.
- Si chiama Allyson. Allyson Starr. – continuò con voce profonda e gentile.
Ma non ricevette risposta.
Tutto quello che ricevette fu un singhiozzo strozzato sul nascere, ma non abbastanza in fretta per non poterlo udire.

Allyson…

Non credeva che l’avrebbero chiamata così. Quando Narcissa aveva abbandonato la sua bambina, aveva lasciato il nome, Allyson appunto, su un foglietto di carta, nella culla.
Eppure era sicura che non avrebbero mai accolto la sua richiesta e i genitori babbani avrebbero scelto un altro nome.
Le lacrime, ormai inarrestabili, si fecero strada sul suo viso, e Narcissa vide gli occhi di Allyson aggrottarsi, mentre la guardavano leggermente confusi.

Sua figlia.

- Lily… - sussurrò Narcissa.
Forse non avrebbe dovuto dirlo. Forse non avrebbe dovuto chiamare sua figlia in quel modo. Eppure fu come un impulso. Fu come una sete improvvisa, come l’acqua ghiacciata in un giorno afoso d’estate.
Fu qualcosa che neppure oggi potrebbe riuscire a descrivere.
Come una pietra che rotola via, quella parola, quel soprannome, scivolò fuori dalle sue labbra.

Lily…

La chiamava sempre così. Per quel poco che l’aveva tenuta con sé, aveva preso la tendenza ad abbreviare il suo nome. Come se in questo modo potesse avere qualcosa di lei, da tenere solo per sé.
- Lily… - Gli occhi di Allyson si spalancarono nell’udire quella parola, ma Narcissa non ne fu neanche tanto sicura perché ormai le lacrime le offuscavano interamente la vista.

No.

Scosse la testa e frenò le lacrime.

Una Malfoy non piange.

Non davanti a tutti perlomeno.
- Madre. – Sentì il figlio poggiarle una mano sulla spalla e dalla sua presa si rese conto che era preoccupato.

Ma non le importava.

Si scostò immediatamente, con l’intenzione di uscire dalla Sala Grande, senza guardare nessuno, cercando di non guardare lei, nemmeno per un attimo.
Ma nel farlo, urtò Hermione che era così stranamente appiccicata al figlio, che prima o poi avrebbe dovuto spiegarle il significato di “è una lunga storia”; la Grifondoro spalancò le iride dorate nel notare il rossore che contornava le pupille di Narcissa, ma non disse niente, perché la donna con un’occhiata gelida si scostò da lei e se ne andò definitivamente, lasciando Hermione con la domanda pressante nella sua testa che si chiedeva da cosa fossero scaturite quelle lacrime.
Se in quel momento avesse guardato il volto di Allyson, sempre così freddo e controllato, ora invece contratto in una smorfia di dolore, probabilmente avrebbe trovato risposta alla sua domanda.
 
___________________________________________________________________________________________________________________________
 
 
Sono strani gli scherzi della vita.
Strani e incomprensibili.
Aveva fatto di tutto per dimenticare quella stupida parola, e adesso il mormorio della donna le aveva riportato in mente tutto.

Lily.

I suoi genitori non abbreviavano mai il suo nome. Le avevano detto che un nome così bello non aveva bisogno di un soprannome; anche tutti i suoi amici la chiamavano per nome intero, ma forse questo era dovuto al fatto che Allyson li avrebbe letteralmente uccisi se avessero provato ad affibbiarle un nomignolo.

Lily.

Nonostante questo, quella piccola parola a volte faceva spesso capolino nella sua mente, quel soprannome affettivo che costantemente si era chiesta perchè qualcuno avrebbe dovuto chiamarla così.
Ma non aveva mai sentito quello che invece adesso le attorcigliava lo stomaco.
Si sentiva bruciare; sentiva qualcosa del suo corpo che cedeva e non si rendeva conto di cosa. 
Solitamente riusciva sempre a controllare le sue emozioni e a essere indifferente a tutti i turbamenti che le si presentavano davanti.
Ma adesso…adesso sentiva il cervello scollegarsi dal corpo e andare in stan-by.
Per un istante non vide niente.
Se non i contorni scuriti e poi, senza neanche volerlo, ricordò.
 
La donna se ne stava seduta su una piccola sedia a dondolo artigianale, avvolta in un morbido vestito color pesca mentre con delicatezza ed estrema raffinatezza coglieva dei piccoli fiorellini azzurri come i suoi occhi. Al suo fianco, una neonata si svegliò improvvisamente cominciando a piangere. Un sorriso di piena e totale felicità incurvò le labbra della donna che divenne ancora più bella, contagiando in qualche modo anche la piccolina che smise immediatamente di piangere e le sue lacrime scivolarono via dagli occhi, che si rivelarono essere vispi e acuti. L’elegante signora si alzò mostrando un fisico perfetto e la presa in braccio con dolcezza, cullandola come solo una madre sa fare.
- Dormi, Lily. – un sussurro, mormorato con serenità, una voce calda e confortante, di una melodia unica, una favola raccontata con dolcezza.
La piccolina chiuse gli occhi nuovamente, lasciandosi addormentare da quella donna così dolce e bella.
 
 
Lily…

Boccheggiò in cerca di aria, come se fosse riemersa da un incubo.
Gli occhi guizzavano in ogni parte della stanza, come per assicurarsi di essere davvero lì, al sicuro.
Si strinse le braccia, accorgendosi di tremare, una delle poche volte della sua vita.
Improvvisamente sentì dentro di lei un impulso, qualcosa addirittura più grande della sua testa, più grande della sua mente e del suo corpo. Un impulso intenso e micidiale che chiedeva, che supplicava:

Mamma.
 
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- Dove diavolo è andata?
Un Draco Malfoy preoccupato Hermione non era sicura di averlo mai visto.
- Magari potremmo andare… - cominciò con voce incerta, tentando di dargli una mano.
- E’ mia madre Mezzosangue! Non ho bisogno dei tuoi consigli!
- Scusa tanto se cercavo di aiutarti, viscida serpe! – Quello probabilmente era la prima vera discussione che facevano dopo vari giorni.
Draco appena aveva visto la madre scomparire dal suo campo visivo si era deciso a seguirla, portandosi dietro la ragazza, che era ancora confusa per gli occhi arrossati di Narcissa.
Non aveva fatto neanche in tempo a voltarsi verso i suoi amici, perchè Draco l’aveva trascinata via senza troppi complimenti.
- Ci sarà mai un modo per zittirti?
- Senti chi parla! Io volevo solo aiutarti.
- Beh…non voglio il tuo aiuto!
- Sei…sei…non ho neanche più parole per definirti! Non ascolti mai!
- Senti Mezzosangue, vedi di offenderti in un altro momento…
Troppo presi a battibeccare non si accorsero che una figura camminava frettolosamente verso di loro.
Se ne accorsero soltanto quando Hermione si ritrovò bagnata dalla testa ai piedi.
- Oh, scusa Hermione!
Luna, con una bacinella d’acqua ormai vuota, la guardava con un’espressione dispiaciuta sul volto.
- Mi dispiace, Hermione. Il rospo di Neville sta male e ho sentito dire che i rospi hanno bisogno dell’acqua fredda, così io e Neville lo abbiamo messo in una bacinella, per vedere se ristabiliva la salute.
Nonostante fosse la più grande cavolata che avesse mai sentito, la Grifondoro si costrinse a sorridere, anche se indispettita, e agitò la mano, come a far segno che era tutto a posto.
- Tranquilla, non è niente. Però posso sapere perché ti sei portata il rospo dietro?
- Non potevo lasciarlo da solo coi Nargilli! – esclamò spaventata la bionda.
- Uhm…beh, immagino che siano pericolosi e…
- Pericolosissimi!
Le mani di Luna si serrarono intorno alla bacinella, come a voler proteggere il piccolo animaletto.
- Guarda Hermione. – senza esitare un minuto, Luna prese la mano di Hermione e la trascinò in un angolo della scuola, leggermente nascosto alla visuale di chiunque passasse di lì.
Draco fu costretto a seguirle. Cominciava già a perdere la pazienza anche se la vista della Mezzosangue conciata in quel modo non gli dispiaceva affatto. Sarebbe scoppiato a ridere, se questo non avesse compromesso la sua immagine; ultimamente sorrideva sempre troppo in sua presenza, avrebbe dovuto darsi una regolata, altrimenti avrebbero pensato che lui e la Mezzosangue fossero amici. Amici! Che assurdità…
- Li vedi, Hermione?
- Luna, io non vedo nulla.
- Sono lì, Hermione. Guarda, i nargilli!
- Ma certo, Mezzosangue! Quei cosi, lassù! Non li vedi?
Hermione si voltò verso Draco che con lo sguardo le stava praticamente dicendo: “Reggimi il gioco e liberiamoci di questa matta!”
- Oh…è vero! Li…li vedo. – mentì Hermione.
- Visto? – esclamò Luna entusiasta.
- Già, che creature…affascinanti… - mormorò la Grifondoro a disagio.
- Beh, io devo andare. Porto il rospo a Neville!
Hermione non fece in tempo a salutare, che uno starnuto bloccò le sue parole sul nascere.
- Etciù! – La ragazza tirò sul col naso, tossicchiando.
- Hei! Non farti venire l’influenza, Mezzosangue!
- Come se io potessi farci qualcosa, Mal…Mal – Non finì la frase che un nuovo starnuto la colse impreparata. Cominciò a tremare infreddolita, cercò la sua bacchetta per asciugarsi, ricordandosi solo in quel momento che non l’aveva portata con sé.
- Mezzosangue, asciugati, sennò mi attacchi i germi!
- Non ho la bacchetta. – gracchiò. Sotto quella affermazione si celava una richiesta, ma Hermione si sarebbe masticata la lingua, piuttosto che chiedere a Draco di aiutarla.
- Neanch’io. – replicò Draco, che sembrava parecchio infastidito.
- Andiamo nei sotterranei a prenderle. – propose Hermione, mentre stava per starnutire di nuovo.
- No.
- E allora che diavolo vuoi far..MALFOY!
Il Serpeverde in questione si era appena tolto il maglione, rivelando di indossare solo una camicia candida e leggera.
Gliela porse non tanto gentilmente, mentre cercava di evitare il suo sguardo.
- Prima che arriviamo ai Sotterranei, sarai già malata. Prendi la mia maglia e basta, anche se questo va contro i miei principi.
- Oh.
La studentessa più brillante di tutta Hogwarts davanti a quel gesto di gentilezza non riuscì a pronunciare altro.
- Ma tu avrai freddo… - tentò di protestare, nonostante stesse tremando.
- Sono abituato al freddo. – fu il suo unico commento.
- Grazie. – Hermione afferrò la maglia e mentre sentiva il sangue affluire sulle guance, un nuovo starnuto la colse, stavolta più potente.
- Merlino, sbrigati! Di questo passo ti ammali veramente!
- Preoccupato, Malfoy?
- Sì, per me. Hai la minima idea di cosa succederebbe se tu prendessi la febbre e io stasera dovessi dormire nel letto con te? Sarebbe…orribile!
Hermione spalancò le iridi, indignata. Era solo per questo che le aveva prestato il suo maglione…
 
Brutto…Brutto…E io che mi lascio fregare!
Ma poi cosa me ne importa?!?
 
- Ti metti la maglia sopra i vestiti bagnati?
La Grifondoro, infatti, troppo arrabbiata per riflettere, non aveva considerato il fatto che avrebbe dovuto togliersi gli altri indumenti.
- Oh…Beh..io… - alternò lo sguardo da Malfoy alla maglia, poi decise. – Voltati. – ordinò.
Il Serpeverde sbuffò, sapendo che avrebbe detto una cosa simile, e pur contro la sua volontà si girò, senza protestare. Cominciava già a pentirsi del suo gesto, che neanche lui aveva la minima idea di come gli fosse venuto in mente. L’aveva fatto solo perché non voleva ritrovarsi con la febbre, mica per gentilezza…
Passò 1 minuto, 1 minuto e mezzo, 2....E a quel punto la pazienza, la poca pazienza, che Draco aveva, si esaurì del tutto.
- Mezzosangue, hai fat… - Draco Malfoy quando si stufava di aspettare, aveva la pessima abitudine di interrompere la sua attesa, spesso nei modi più inopportuni.
In quel caso aveva voltato lo sguardo proprio quando Hermione aveva sfilato l’ultimo vestito, rimanendo in reggiseno e si stava infilando la maglia di Draco in quell’istante.
Non è che vide un granché, ma quello che vide bastò per far diventare Hermione un pomodoro e a lui fischiarono le orecchie, piccola cosa che gli succedeva sempre quando era a disagio.
Il petto della ragazza si gonfiò di rabbia e di vergogna, sbuffò come per trattenersi, ma all’ultimo momento sembrò cambiare idea, a giudicare dal suo grido.
- GIRATI IMMEDIATAMENTE, MALFOY! IMMEDIATAMENTE! – il suo urlo si propagò per le mura di Hogwarts e Draco si chiese come potessero le sue orecchie funzionare ancora.
- Su, Mezzosangue. – replicò Draco voltandosi di nuovo. – Che bisogno hai di nasconderti? Tanto ho già visto tutto ogni volta che sei stata nel mio letto.
Ok, a questo punto una parentesi è d’obbligo.
Una frase del genere poteva sicuramente essere equivocata, ma sia Draco che Hermione sapevano alla perfezione che la ragazza non era stata nel suo letto “in quel senso”, bensì per la punizione che era stata loro inferta dalla McGranitt.
Peccato che una frase del genere fosse equivocabile per chiunque l’ascoltasse.
E ovviamente anche per il Professor Piton.
Ora è necessario porre una domanda.
Cosa penserebbero tutti gli essere umani, vedendo due adolescenti (che, come si dice, hanno gli ormoni impazziti), semi-nascosti dietro una colonna, uno con solo una camicia bianca e l’altra semi-nuda, mentre si infila un maglione alla svelta (tra l’altro NON suo), con i capelli scompigliati e le guance arrossate? E soprattutto cosa penserebbe chiunque dopo aver sentito la frase di Draco, che alludeva a un Hermione che era stata nel suo letto?
- Non…non è quello che sembra! – trillò Hermione, con voce acuta, mentre finì di mettersi la maglia (alla rovescia, tra l'altro).
- Professore, davvero, non è quello che sembra. – le diede man forte Draco.
Lo sguardo impassibile di Piton probabilmente era il frutto di una paralisi facciale, oppure era il risultato di un adeguato allenamento per non perdere il controllo di fronte a certe situazioni, che, chissà come mai, capitavano sempre a lui.
- Non voglio saperne niente.
- No! Non è quello che può sembrare! Io…Lui…Il rospo mi ha bagnata e Draco mi ha dato la sua maglia, ma non potevo metterla sopra i vestiti bagnati, no? – strillò isterica, Hermione.
- Le vostre…ehm…macchinazioni sessuali non mi interessano e nemmeno i vostri … accessori a forma di rospo. E ora andatevene prima che decida di togliere 100 punti a Grifondoro, invece di 50!
- Cosa? Ma noi…
Le parole di Hermione furono completamente ignorate dal professore che se ne andò borbottando.
- I giovani…chissà che hanno inventato con i rospi…sono proprio degli svergognati! – A quella frase Hermione andò in ebollizione.
- Ma…ma…ma…
- Ma…ma…ma…
- Mezzosangue, cambia disco. Che vuoi che sia? Figuriamoci se Piton lo va a dire a qualcuno…
- Ma… - Lo sguardo lucido che Hermione gli lanciò lo destabilizzò un po’.
- Ma… - lo afferrò per la camicia, come se volesse sballottarlo ma non avesse la forza per farlo.
- Ehm…Granger? Tutto bene?
- Voglio morire! – fu con quell’urlo isterico che lo allontanò con violenza e corse a rinchiudersi nella porta più vicina, lasciando fuori Draco, che stavolta si guadagnò una bella capocciata.
 
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Non era stato difficile trovarla.
Le era bastato seguire l’istinto, strumento infallibile che l’aveva sempre accompagnata per tutta la sua adolescenza.
Per questo quando Allyson aprì una vecchia aula non fu sorpresa di trovarci Narcissa. Si avvicinò lentamente senza il minimo rumore, non aveva intenzione di farsi scoprire, eppure nonostante il suo passo da gatto, la donna parve accorgersi comunque della sua presenza.
- Lo so che sei qui. – mormorò con voce asciutta.
Allyson aggrottò le sopracciglia, nessuno si accorgeva mai della sua presenza, se non era lei la prima a rivelarsi.
- Chi sei? – la voce glaciale e dura le uscì involontariamente e un po’ se ne pentì, anche se non lo diede a vedere.
Narcissa piantò gli occhi blu nei suoi.
 
Poteva fare  così male uno sguardo?

Quando parlò la sua voce era stanca, lontana, come se provenisse da un’altra stanza.
Era intrisa di una malinconia e di una profonda tristezza, che forse non avrebbe trovato mai pace.
- Vuoi davvero saperlo?

 
 
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Saaalve!
Ehm….Uhm….Ok, mettete giù quelle mazze da baseball…E anche quei coltelli, mi state spaventando…No! No, dove volete andare voi con quei forconi?!?!?
No, no, noooooooo!!!!!!!!!!!!!
 
Ok, riproviamoci….Salve a tutti! (Non ho ancora visto nessuna mazza, forse è un buon segno), ecco io…Ah! Un imboscata!
NOOOOOOO!
 
PERDONO!!!!!
Davvero, mi sento un vero schifo, io…non ho parole per scusarmi! :( Sappiate solo che appena questa cavolo di scuola finirà vi PROMETTO che sarò molto più regolare con gli aggiornamenti, davvero.
Passiamo alla storia, comunque.
 
Punto 1: Non ho molto da dire su questo capitolo….direi….che parla da sé.
Ci stiamo avvicinando al momento della rivelazione!
Ok, sento già che qualcuno tra di voi mi sta mandando maledizioni Cruciatus, perché vi ho lasciato così in sospeso…Ma no…Di sicuro mi sbaglio…La situazione di Allyson si sbloccherà a breve, ormai manca davvero poco…
 
Punto 2: Draco e Hermione come al solito combinano disastri e il Professor Piton si ritrova sempre in mezzo, come suo solito xD Vi è piaciuta la scena?
 
Punto 3: Mi dispiace dare questo avviso, ma non so se entro una settimana riuscirò ad aggiornare. Per i prossimi 7 giorni avrò 8 interrogazioni, e credo che non avrò il tempo di scrivere nulla. Quindi vi avverto già da subito che, purtroppo, anche per il prossimo capitolo potrebbero esserci ritardi.
Mi dispiace tanto, davvero :(
 
Comunque spero che questo capitolo vi piaccia e che non abbia deluso nessuno :) Spero che lascerete un piccolo commento, anche negativo.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le preferite/le ricordate ma soprattutto quelle 6 dolcissime ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: SWAMPY, Harry Potterish, Black_Yumi, holly715, UraniaSloanus, _Crizia_ e Serpe_
Davvero, grazie, grazie, grazie, di cuore per le vostre recensioni, mi hanno fatto molto piacere! ^_^ Scrivere per voi è un onore :D
Al prossimo capitolo cari lettori!
Al prima possibile,
flors99

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Capitolo 15
*** Mother (Second Part) ***


- Dai…Granger, per favore, esci da quella stanza! – inutilmente Draco richiamò la Grifondoro, ma quest’ultima non sembrava molto propensa a esaudire la sua richiesta. Chiusa nell’aula da più di venti minuti per uno strano motivo che Draco non comprendeva, continuava a rimanere seduta sul pavimento freddo e duro, rimuginando su chissà cosa.
- Cazzo! – esclamò ad un certo punto il biondino, in preda alla frustrazione. – Se non apri subito questa porta, Mezzosangue, giuro che la sfondo.
Non ricevendo risposta il Serpeverde si irritò ancora di più. Non poteva infatti sfondare la porta, come invece aveva minacciato di fare, per il semplice fatto che non aveva con sé la bacchetta.
L’unica soluzione era ricorrere ai metodi babbani, ovvero, tirare una spallata alla porta, ma desisteva dall’intento, avendo notato lo spessore del legno della porta e soprattutto non aveva alcuna voglia di assecondare quei rozzi metodi babbani, anche se la tentazione era forte.
Dopo numerose imprecazioni, il ragazzo sentì la serratura della porta scattare, dalla quale uscì fuori un’Hermione ancora rossa in viso e gli occhi leggermente lucidi.
- Merlino, Mezzosangue! Perché cavolo sei rimasta chiusa lì dentro tutto questo tempo?! – cominciò a urlare, nonostante Hermione non sembrasse prestargli ascolto. – Ti ho detto che Piton non lo dirà a nessuno, figuriamoci se ne fa parola con qualcuno…E poi sono io che dovrei sentirmi offeso se una simile voce girasse, tu puoi solo ritenerti fortunata se tutti credono che tu sia stata con me… - continuò a blaterare altre cose senza una minima logica, troppo arrabbiato per riflettere su quello che stava dicendo. In fondo doveva pur sfogarsi in qualche modo, no? Prendere a pugni una ragazza non se ne parlava nemmeno, nonostante tutta la sua aria da ribelle e arrogante, Draco non avrebbe mai alzato un dito su qualcuno di sesso femminile. L’unica cosa da fare era sfogarsi a parole, ma anche questa soluzione non era adeguata perché Hermione non sembrava volergli prestare attenzione.
La Grifondoro tirò su col naso e forse fu per quello che il ragazzo smise di parlare e la guardò.
Indossava il suo maglione verde, le andava parecchio largo e la faceva sembrare ancora più minuta di quanto già non fosse. Assomigliava proprio a una bambina con quei capelli crespi e scompigliati, le guance leggermente rosse e gli occhi lucidi.
- Perché sei rimasta lì dentro per ventitré minuti?
- Ventidue minuti e sette secondi a dire il vero. – lo corresse la ragazza, puntigliosa come sempre.
- Fa lo stesso! Per quale astruso motivo ti è venuto in mente di farmi stare qui fuori ad aspettarti?!
La ragazza alzò le spalle, come se fosse in imbarazzo, e rimase in silenzio.
- Non…non stavo molto bene… - dichiarò infine e non sembrava propensa ad aggiungere altro.
Draco aggrottò le sopracciglia, confuso e allo stesso tempo arrabbiato per quell’attesa snervante.
- Etciù! – lo starnutò di Hermione interruppe il silenzio che era calato tra loro. Tirò nuovamente su col naso e guardò Draco in maniera strana. – Credo che tu mi abbia dato il maglione troppo tardi… - mormorò un po’ stordita.
- Cosa?
- Non mi sento molto bene. – sussurrò a voce ancora più bassa.
- Scherzi, vero? No, insomma, non si può prendere la febbre così in fretta, non è mica normale!
- Malfoy, sta zitto, ho mal di testa!
- Anch’io, me lo hai fato venire tu, mentre ti aspettavo!
Hermione gli lanciò un’occhiataccia, poi si guardò in giro come per controllare che non ci fosse nessuno.
- Non dovevi cercare tua madre? – chiese.
Il Serpeverde la guardò storto per qualche secondo, poi distolse lo sguardo e scosse la testa.
- E’ tardi…La cercherò domani. Tanto rimane qui per una settimana…
Le parole del ragazzo sembravano tristi e Hermione se ne chiese il motivo, senza però trovare una risposta soddisfacente.
 
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- Sono la signora Malfoy, la madre di Draco. – disse con più dolcezza rispetto a prima.
- Non è questo che voglio sapere. – Allyson incrociò le braccia, sicura più che mai che quella donna nascondesse un segreto che per lei era importante. – So chi sei. – replicò Allyson. – Io voglio sapere chi sei per me. – concluse con durezza.
Per molti minuti tra loro due si instaurò una battaglia silenziosa, fatta si sguardi e di gesti; ma dopo poco Narcissa fu costretta a distogliere gli occhi.
 
Nessuno riusciva a sconfiggere la freddezza di quegli occhi grigi.
Neanche lei.
 
- Mi dispiace. - fu tutto quello che Narcissa riuscì a pronunciare in quel momento.
Allyson alzò un sopracciglio, stupita di quella strana parola.
- Per cosa?
La donna scosse la testa, mentre la sua chioma bionda riluceva al chiarore della luna.
- E’ tardi, non dovresti dormire?
- Non cambiare discorso! – replicò Allyson, diventando più aggressiva e assottigliando gli occhi. Era sicura di essere vicina a qualcosa, che neanche lei sapeva definire, per questo voleva andare fino in fondo e scoprire cosa nascondeva quella donna di tanto strano.
Ma Narcissa non sembrava dello stesso avviso. Distolse lo sguardo, con una strana luce negli occhi e evitò di guardarla per parecchi minuti.
- Chi è Lily? – Chiese Allyson vedendo che non otteneva risposta.
A quel soprannome Narcissa fremette, ma fece finta di niente.
Se anche Allyson provò la stessa cosa, finsero in due.
 
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Il dormitorio dei Serpeverde non le era mai sembrato così vuoto e desolato.
Frustata per non essere riuscita a venire a capo di nulla, per poco Allyson non aveva schiantato la porta della sua stanza. Quella donna era quasi più testarda di lei! Non aveva voluto rivelarle niente, sennonché il giorno dopo le aveva promesso che avrebbero parlato.
E non si poteva certo dire che Allyson avesse pazienza…Anzi...
- Maledizione! – gettò un libro per terra, non sapendo bene come sfogare la sua rabbia.
Il piccolo Salazar, spaventato da tanta irruenza, si mosse inquieto nella sua piccola cuccia.
Il serpentello strisciò verso la padrona fino ad arrivare ai suoi piedi, fissandola con i suoi grandi occhioni. Dopo qualche secondo e accennando un piccolo sorriso, Allyson tese la mano verso di lui che immediatamente vi si attorcigliò.
- Come va, Salazar? – Appena aveva saputo chi era stato il fondatore della casa dei Serpeverde, la ragazza aveva voluto dare quello stesso nome al suo serpente non trovandone uno migliore.
Il serpentello in tutta risposta sibilò, come a voler dire “va tutto bene”.
- Che schifo. – commentò acidamente Daphne quando entrò nella camera, che Allyson aveva la sfortuna di condividere con lei e Pansy. Normalmente Allyson non avrebbe dovuto averle come compagne di stanza, dal momento che frequentava il sesto anno, al contrario di loro che frequentavano il settimo. Eppure la McGranitt le aveva detto di sistemare le cose lì, blaterando sul fatto che non ci fossero altri posti.
 – Come può piacerti un simile animale? – sbottò la bionda.
Allyson le scoccò un’occhiataccia, senza neanche rispondere e uscendo dalla camera, in cui l’aria si era fatta irrespirabile.
Aveva i nervi a fior di pelle, ci mancava soltanto che si mettesse a discutere con qualcuno…
- Hei!
No, no, no, no, no…
- Ally!
- Nott…
- Oh insomma, ci conosciamo da secoli e ancora mi chiami per cognome?
- A dir la verità ci conosciamo da poche settimane, Nott. – lo corresse la ragazza, assottigliando lo sguardo.
- Sì, sì va beh…Dettagli... – agitò la mano come a voler scacciare un insetto.
- E comunque non chiamarmi così! – replicò acida Allyson. Finalmente aveva trovato qualcuno con cui sfogarsi…
- Ma è un soprannome bellissimo!
- E’ un soprannome idiota!
- Allora preferisci che ti chiami Lily? – chiese ingenuamente.
L’aria si cristallizzò in quel preciso istante.
Gli occhi grigi della ragazza si allargarono e se non fosse stato per l’aria piena di tensione, Theo sarebbe scoppiato a ridere per la sua espressione buffa.
La mano con cui Allyson giocava con Salazar, si bloccò e ricadde inerme lungo il suo fianco, come se fosse stata un robot.

Lily.

Sbatté gli occhi come se non ci vedesse bene e continuò a fissare un punto indefinito, finché la vista non le si sfocò.
- Hei…se non ti piace neanche Lily come soprannome basta dirlo…Ne posso sempre inventare un altro… - Theo non sapeva se essere preoccupato o meno. Aveva capito da tempo che quella ragazza aveva qualcosa di strano, ma rimanere fermi senza neanche respirare per parecchi secondi era eccessivamente strano.
- Tutto bene? – la domanda di Theo, Allyson non la udì nemmeno.
Gli occhi della Serpeverde si fecero lucidi per la prima volta dopo tanto tempo. La ragazza alzò il mento, come risvegliatasi da quello stato di trance e deglutì la saliva o quel che ne rimaneva. Aveva la gola completamente asciutta.
 
“Chi è Lily?”
 
Quando aveva posto a Narcissa la sua domanda, lo aveva fatto perché credeva che quella Lily fosse qualcuno legato a lei, che avesse a che fare col suo passato e con la sua vita.
Non aveva capito.
Non aveva capito che Lily era proprio lei stessa.
 
Lily.

Mamma.
 
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L'ennesimo fulmine squarciò la notte portandosi dietro il rumore di un tuono.
La stanza nel dormitorio di Serpeverde era immersa nella più completa oscurità e nel fitto silenzio indisturbato si sentiva solo un affannoso respiro.
Hermione, rannicchiata in posizione fetale con le coperte fin sopra i capelli, si strinse il busto con le braccia cercando di controllare il fiato ed i tremori che gli trapassavano i muscoli.
Chiuse gli occhi quando un altro tuono trafisse l'aria con violenza: era terrorizzata.
Era sempre stato così fin da bambina; brontofobica a livello medico, così avevano decretato gli specialisti, una vera e propria malattia per certi versi. Soltanto i suoi parenti ne erano al corrente e ovviamente Harry e Ron, che ogni volta che un temporale era in arrivo tentavano di starle accanto il più possibile, per farla stare meglio: per quanto avesse cercato di nascondere loro il suo segreto, passando insieme la maggior parte del tempo avevano finito per scoprirlo.
Lato positivo era che i suoi migliori amici si erano rivelati essere l'unica cura funzionante alle crisi di panico, specialmente Ron: abituato com’era a prendersi cura di Ginny, quando anche lei da bambina aveva paura dei fulmini, sapeva come calmare Hermione in un modo impressionante. Alla ragazza bastava averlo accanto per sentirsi subito meglio, certo la paura rimaneva, ma la sua presenza la alleviava di molto.
Ma adesso non c’erano né Ron né Harry con lei.
Strinse più forte le braccia contro al petto sperando che quella tempesta si placasse presto; non riusciva a sopportare di sentirsi così debole e spaventata, ma non poteva farci nulla.
Oltre ai fulmini Hermione era scossa anche dai brividi di freddo.
Si era presa un bel raffreddore e rischiava anche un febbrone da cavallo. E l’unica cosa che poteva fare era tremare in quel letto non suo, cercando di non sfiorare, neanche per sbaglio, la pelle del ragazzo accanto a sé. Sentì gli occhi pizzicare al ricordo di quello che era successo mentre percorrevano i sotterranei.
Quella sera, mentre andavano nei dormitori, Draco e Hermione avevano litigato.
Inizialmente per un futile motivo, ma poi gli insulti si erano intensificati e l’ombra di quell’amicizia che sembrava poter nascere tra loro era stata spazzata via dalle pesanti cattiverie che si erano lanciati.
Non sapeva neanche lei il perché, ma la ragazza ci soffriva. Sentiva una stretta allo stomaco, qualcosa di doloroso che non sapeva se attribuire alla febbre che le stava venendo o al litigio con il ragazzo.
Tossì leggermente tentando di sciogliere quel nodo che sentiva in gola.
Quando l’ennesimo lampo imbiancò la stanza, Hermione non riuscì a fare a meno di sussultare. Strinse il lenzuolo fino a far diventare le nocche bianche, nel tentativo di non piangere.
Il suo corpo, già scosso da fremiti, cominciò a tremare convulsamente e a quel punto le lacrime sfuggirono al suo controllo e scivolarono sulle sue guance in modo incontrollato.
Sentiva la febbre salire, intorpidirle i sensi e renderle debole il corpo, togliendole le forze.
Aveva freddo e aveva paura.        
L’ennesimo lampo illuminò il letto e stavolta Hermione, totalmente terrorizzata, fece uno scatto indietro andando a sbattere contro la schiena del ragazzo.
La ragazza lo sentì irrigidirsi, ma non si azzardò a chiedere scusa, né niente, se avesse parlato in quel momento, Malfoy avrebbe capito che stava morendo di paura e non le sembrava proprio il caso di renderlo partecipe del suo timore. Si voltò verso di lui per vedere la sua reazione, nello stesso istante in cui Draco si era voltato verso di lei. Si trovarono a pochi centimetri di distanza ma nessuno dei due sembrava volersi allontanare. Rimasero in quella posizione per un tempo che a Hermione sembrò un’eternità mentre il ragazzo manteneva lo sguardo fisso su di lei. La guardava come se fosse un animale di una specie strana che non aveva mai visto prima, la guardava come se stesse vedendo un topolino sconfiggere un elefante, o un gatto mordere un leone, o un cane sollevare un mammut.
Era uno sguardo strano, pieno di stupore, ma anche di qualcos’altro che Hermione non seppe definire.
La Grifondoro deglutì a vuoto, avvertendo un altro lampo e si rannicchiò ancora di più su se stessa, tentando di sfuggire allo sguardo indagatore di Draco.
- Hai paura del temporale?
Hermione rabbrividì a quelle parole e non rispose, tentando di regolarizzare il respiro che si era fatto più veloce.
Scosse la testa, tirando su col naso, sentendo la sua pelle scottare per la febbre. Tentò di coprirsi col lenzuolo ancora di più, ma la coperta non poteva fare miracoli; la temperatura nei sotterranei era bassissima e avrebbe avuto freddo anche con 20 coperte. Adesso comprendeva il significato delle parole di Draco: "Sono abituato al freddo."  
Quasi le dispiacque per Draco che aveva dovuto passare sei anni della sua vita in un luogo così freddo e gelido.
Immersa nei suoi pensieri non si rese conto di quello che stava facendo il ragazzo di fronte a lei. Se ne rese conto solo quando sentì una carezza fresca sul viso e, nonostante tutto, le ci vollero parecchi secondi per capire che Draco le stava asciugando le lacrime. Scariche elettriche partirono dal suo viso lungo tutto il corpo, sembrava tanto aghi di pino che la perforavano, ma non era una sensazione spiacevole. Per un attimo il suo corpo smise di tremare per il freddo, ma fremeva sotto quella carezza gentile che percorreva la sua pelle, come se fosse stata porcellana.
Assunse ogni gradazione di colore e si scostò leggermente, imbarazzata da quel gesto di inaspettata gentilezza. Il ragazzo non sembrò scomporsi, anzi un sorrisetto si affacciò sul suo volto, consapevole di quanto lei dovesse essere in imbarazzo.
- Sei buffa… - le soffiò a un centimetro dal suo viso. Hermione, che non sapeva se stesse tremando per la febbre, per il temporale o per quella vicinanza, non si rese neanche conto della sfumatura tenera nella voce di Draco.
- Io non sono buffa! – si finse indignata, cosa che le veniva particolarmente bene, data che il suo viso era rosso, proprio come quando si arrabbiava.
- Sei broncofobica? – Stavolta nella domanda di Draco c’era un accenno di derisione, che la ragazza colse subito e non gradì per niente.
Si voltò dalla parte opposta, dandosi della stupida per essersi mostrata così debole davanti a lui.
Il freddo tornò a farsi sentire e il tremore che prima si era acquietato si riappropriò del suo corpo, facendola fremere.
Poi non si rese conto più di niente.
Soltanto di un braccio, che con forza e delicatezza insieme, l’aveva fatta voltare e spinta in un abbraccio caldo e confortante. Hermione spalancò gli occhi quando si rese conto dove, come e soprattutto con chi era.
Avrebbe potuto scostarsi, ma non lo fece.
Avrebbe potuto dirgli qualunque cosa, ma non disse niente.
Avrebbe potuto tenersi a distanza, ma il suo corpo, come se fosse dotato di vita propria, si avvicinò ancora di più a quello di Draco, rannicchiandosi sul suo petto. I brividi di freddo si trasformarono nuovamente in aghi di pino, che scuotevano il suo corpo e le provocavano delle strane scariche elettriche. Incurante dei segni che il suo corpo lanciava, la Grifondoro strofinò il viso contro il petto di Draco, chiedendosi se fosse sempre stato così caldo…
Il Serpeverde strinse la presa, come per rassicurarla e riscaldarla. La ragazza dimenticò ogni cosa.
 Dimenticò dove si trovasse, dimenticò il temporale, dimenticò persino di avere la febbre, dimenticò tutto quello che non era il tocco della pelle di Draco sulla propria. Dimenticò tutto ciò che non era il calore di quelle braccia forti e confortanti.
Quella fu la prima notte in cui Hermione riuscì ad addormentarsi nonostante ci fosse un temporale.
Quella fu la prima notte in cui Hermione si addormentò tra le braccia di Draco Malfoy.

 
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Salve carissimi lettori! Lo so, sono in ritardo, infatti mi scuso (anzi, mi frusto) perché non riesco mai ad essere in orario -.-“
Maaaaa….La scuola ora è finita, finita, finita, finita!!!!!!!!!!!!! Yuppi!!!!!!!!!!!!! Si vede (anzi, si legge) che sono felicissima? Credo proprio di sì! xD Da adesso sarò molto più in orario, promesso! ù.ù
Beh? Che dire? Questo capitolo è stato difficile da scrivere. Finalmente tra Draco e Hermione c’è una svolta e nel prossimo capitolo vedrete cosa succederà! Eheh…Non vedo l’ora che lo sappiate! ^___^ Vi è piaciuta la scena tra loro due? Spero di sì! Inoltre anche le cose tra Allyson e Narcissa si stanno chiarendo, nel prossimo capitolo di risolverà (almeno in parte) tutto quell’ingarbuglio di cose….:)
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/le preferite/le ricordate e soprattutto ringrazio quelle 5 dolcissime ragazze che hanno speso un po’ del loro tempo per me e hanno recensito lo scorso capitolo: Black_Yumi, SWAMPY, Harry Potterish, _Crizia_ e FedePluck93. Davvero grazie, grazie, grazie! Queste parole mi sembrano così poco per esprimervi la mia gratitudine, ma non ne trovo di migliori. Come potrò mai ringraziarvi per essere così meravigliose con me?!? *.*
Scusate se sono così di fretta, ma mia madre mi sta intimando di lasciare il computer -.-"
Spero che il capitolo vi piaccia, nonostante sia un po' breve, vi assicuro che il prossimo sarà più lungo!!!! :D

Alla prossima,
flors99
Ps. Se trovate qualche Orrore grammaticale ditemelo pure, purtroppo sono di corsa e non posso ricontrollare ^__^

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Capitolo 16
*** Awakenings ***


 
Esistono tanti modi di svegliarsi. I risvegli peggiori possono classificarsi in tre categorie. La prima riguarda il risveglio traumatico, quando una persona ha passato la notte tormentata dagli incubi o da vecchi ricordi. Un risveglio che non si vorrebbe vivere, ma si preferirebbe di gran lunga dormire per sempre, in modo da trovare la strada più facile e non affrontare la dura realtà.
Quello fu il caso di Allyson.
Avrebbe dato tutto ciò che aveva per non risvegliarsi più. La sera prima si era trascinata a letto, senza neanche rendersi conto dei propri movimenti; Theodore, poverino, aveva creduto che le fosse venuto un attacco di paralisi e se non fosse stato per il braccio di Allyson che lo aveva afferrato di scatto, il ragazzo probabilmente sarebbe corso da Madama Chips. Aveva provato a chiederle cosa le fosse preso, ma aveva rinunciato al suo intento quando Allyson lo aveva fissato come se volesse ridurlo in cenere.
A dir la verità avrebbe dovuto ringraziarlo: se non fosse stato per lui e la sua stupida mania di affibbiarle soprannomi probabilmente non avrebbe mai capito.
Si alzò a fatica dal letto e si rinchiuse in bagno, decisa a restare lì per sempre e a scontare gli ultimi anni della sua vita lì. Purtroppo dopo circa 20 minuti il suo progetto andò in fumo perché Pansy minacciò di far saltare in aria la porta se non l’avesse aperta entro 3 secondi. Allyson, a malincuore, rinunciò alla sua vita bagnesca e fu costretta a uscire fuori per ritrovarsi davanti una Pansy parecchio alterata.
- Avevi intenzione di rimanere lì per sempre?! – sbraitò furiosa.
- Sì. – rispose Allyson, sinceramente sorpresa che avesse capito alla perfezione le sue intenzioni. Pansy, sentendosi presa in giro la scansò malamente e chiuse la porta del bagno sbattendola.
Qualcuno che non conosceva Allyson avrebbe potuto affermare che quella mattina la ragazza era parecchio strana, ma per chi la conosceva bene poteva dire che le era successo qualcosa. La sua aria spesata era frutto di un tormento interiore, o di una notte passata a rigirarsi nel letto. Era talmente concentrata sui suoi pensieri che non si era neanche accorta dei gesti che stava compiendo; aveva preparato la borsa con le sue cose: pergamene, libri, piume. Si stava dirigendo verso la Sala Grande per la colazione, ma erano azioni involontarie, dettate dall’abitudine e non dalla consapevolezza; il suo corpo si muoveva in automatico e i suoi occhi non si accorgevano neanche delle persone intorno a sé.
Per questo quando qualcuno le pose una domanda, lei rispose senza neanche pensarci troppo e senza guardare negli occhi il suo interlocutore.
- Sì, sì… - Solitamente quella risposta funzionava sempre. Serviva a toglierle le persone di torno, per poter essere lasciata in pace almeno per qualche ora.
- Davvero?…Alleluia! – Quando però udì quella risposta piena di sorpresa, ma anche di compiacimento si portò a chiedersi cosa cavolo avesse combinato.
Ruotò il busto in direzione della figura e fece di tutto per concentrarsi e mettere a fuoco il suo interlocutore, cosa che le risultò parecchio difficile.
Sbatté le palpebre più volte e alla fine il volto di Theodore entrò nella sua visuale.
- Beh…ne sono contento! - Il ragazzo le sorrise, felice come una Pasqua, e Allyson si ritrovò a pensare che avesse un bel sorriso. Theo sembrava molto più grande di lei, tranne quando sorrideva; i suoi lineamenti diventavano meno spigolosi e la sua espressione più rilassata.
Scosse poi la testa, come per ricorreggere i suoi pensieri  e ripensò alle sue parole di poco prima. Che diamine aveva detto?
Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse non sapendo cosa dire senza sembrare idiota.
- Dopo ci sentiamo, ok? Così ci mettiamo d’accordo. A dopo!
D’accordo? D’accordo per cosa?
Theo se ne andò lanciandole un ultimo sorriso, dirigendosi in Sala Grande più velocemente di lei.
- Ma io… - si ritrovò a mormorare la ragazza.
Ma io non so di cosa parli!
 
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La seconda categoria dei risvegli è la più comune; il fatto che sia il più comune ovviamente non significa che sia in qualche modo meno traumatico.
Quante volte i nostri genitori (soprattutto le mamme) ci hanno svegliato con un urlo tanto forte da farci cascare giù dal letto per poi rialzarci immediatamente, completamente rincotti e intontiti, temendo che sia successo qualcosa di grave?
Quello fu il caso di Harry.
- HARRY JAMES POTTER, GIURO CHE TI UCCIDO!
Dire che Ron non aveva preso molto bene la relazione che avevano Harry e Ginny era come dire che Hermione era abbastanza intelligente, ovvero: un eufemismo. Ronald non poteva sperare che Ginny scegliesse un ragazzo migliore; in fondo era pur sempre Harry, il bambino di undici anni che gli era stato subito amico dal loro primo incontro sul treno e con cui aveva condiviso le più svariate (dis)avventure per sette lunghi anni. Il migliore amico che potesse mai trovare, leale e sincero e soprattutto una persona nella quale si poteva riporre fiducia.
Nonostante tutto questo però il minore dei fratelli Weasley aveva l’unica pecca di essere troppo apprensivo nei confronti di sua sorella. Per tutto il resto della serata (dopo aver ricevuto una serie di imprecazioni da parte di Ginny e dal professor Piton e una punizione da scontare per un mese intero) era tornato in camera immerso nel mutismo più assoluto e non aveva rivolto la parola a Harry per tutto il tempo. Aveva tentato di capacitarsi della possibile relazione che potesse esserci tra lui e sua sorella, ma più si sforzava, più la cosa gli risultava strana e inaccettabile. E per quanto volesse bene a Harry, in quell’istante aveva perso le staffe e si era precipitato in camera del suo migliore amico, per tirarlo giù dal letto con un urlo degno di sua madre. D’altronde doveva aver preso qualcosa da Molly Weasley, no?
- DOVE DIAVOLO E’ MIA SORELLA?
Al secondo urlo Harry si destò completamente e dopo essere inciampato nei suoi stessi piedi, si rialzò immediatamente, tentando di mettersi gli occhiali correttamente.
- Eh?
- NON FARE IL FINTO TONTO!
L’espressione indiavolata di Ron gli sfrecciò davanti, mentre il rosso correva a controllare sotto il letto nel quale aveva dormito Harry.
- Ron? Posso sapere cosa stai cercan..
- Cerco Ginny, è ovvio! – replicò, come se fosse una cosa del tutto normale.
- E la cerchi sotto al mio letto? – Harry si stropicciò gli occhi, convincendosi che quello era tutto un sogno, perché nella vita reale sicuramente Ron non lo avrebbe mai svegliato urlando, per cercare sua sorella sotto al letto.
Dopo aver visto che la sua ricerca non aveva dato buoni frutti, Ron si rialzò come se non avesse detto nulla.
- Non c’è! – esclamò oltraggiato, guardando verso Harry.
- Ron… - lo chiamò, sbadigliando e stiracchiandosi. – …Perché cerchi Ginny sotto al mio letto? – Nonostante Harry fosse convinto che quello fosse tutto un sogno non ci trovava nulla di male a far ragionare il suo migliore amico, anche se solo per finta.
- Come perché? Perché non è nel suo!
Il volto di Ronald, già rosso di rabbia divenne ancora più paonazzo, forse per imbarazzo.
Harry sbatté gli occhi e si chiese quando quel sogno sarebbe giunto al termine, dato che non riusciva a svegliarsi.
- Ginny non è…
- No! Ho chiesto a una sua compagna di stanza se Ginny fosse già scesa per la colazione e lei mi ha detto che non aveva dormito nella sua stanza!
- Ah… - mormorò Harry, cominciando a capire che probabilmente il Ronald che aveva davanti era quello vero.
- Sai cosa significa questo, Harry? – Ron gli si avvicinò minaccioso, sovrastandolo in altezza.
- …Sinceramente no.
- Come no? Significa che mia sorella non era nella sua stanza perché era con te! – esclamò, livido di rabbia. – Dov’è adesso?
Harry a quel punto si svegliò completamente e lo guardò stralunato.
- Ron, ma che dici?
Senza rispondergli, il rosso cominciò a rovistare tra i cassetti e Harry si chiese quale fosse il pensiero che spingeva Ron a credere che Ginny potesse entrare e nascondersi in un cassetto. Probabilmente lo stesso pensiero che lo aveva spinto a cercare sotto il letto.
- Ron…Ascolta…Ginny non è qui!
Il minore tra i fratelli Weasley fece finta di non averlo sentito, o evidentemente non lo aveva sentito davvero, impegnato com’era nella sua ricerca.
Una maglia volò in faccia a Harry, prendendolo in pieno, seguita poi da altri indumenti che Ron stava lanciando a caso.
- Ron! Ma secondo te Ginny potrebbe nascondersi in un cassetto? – chiese con evidente ovvietà, togliendosi i vestiti che gli erano piombati addosso. – E poi visto che tu dormi con me, non ti saresti dovuto accorgere che era arrivata?
La cascata d’indumenti si interruppe e Ron si fermò in quel preciso istante: scrutò Harry assottigliando lo sguardo, tentando di coglierne tutte le possibili espressioni.
- E’ inutile che tenti di raggirarmi, Harry! Ginny ha dormito con te stanotte, è evidente! – incrociò le braccia come a voler dare conferma alla sua teoria e lo guardò malissimo.
Harry si grattò la testa, preoccupato per il suo migliore amico.
- Ginny non è qui. Non è venuta da me stanotte. – replicò con calma, ma arrossendo a malapena al solo pensiero.
- Sei arrossito! Visto? Tutto questo conferma la mia ipotesi! Comunque ora basta: voglio sapere dov’è mia sorella! – Prima che Harry potesse rispondere, Ron continuò a blaterare. - Ha sedici anni, Harry! È…piccola! Insomma…Io…Io non lo so…mi sembra che…insomma…sia troppo presto…- Man mano che si sfogava Ron sembrava calmarsi sempre di più, per cui Harry preferì rimanere in silenzio, finché non avesse terminato il suo monologo. – Lo so che forse esagero e che dovrei lasciarle vivere le esperienze che vuole, ma io…io non riesco a non preoccuparmi. – con uno sbuffo ricadde sul letto, con un’espressione a metà tra l’imbronciato e il preoccupato.
Harry si sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla.
- A tua sorella ci tengo davvero, Ron.
- Lo so, Harry. Però… - Ron prese un bel respiro e lo fissò per un minuto buono prima di riprendere a parlare. Respirò ancora profondamente, come a dover confessare qualcosa. – Quando è nata Ginny ho creduto di odiarla…- Emise una risata imbarazzata, passandosi una mano tra i capelli. - …Ma poi ho capito quanto era bello avere una sorella minore, qualcuno che avrebbe potuto avere bisogno di me, capisci? Io…io mi sento un leone se si tratta di difenderla da qualsiasi pericolo....…ma quando si tratta di...vederla crescere o di…di dover dividere il suo affetto… - Ron smise di parlare e sospirò.
Harry gli rivolse un sorriso fraterno, dandogli qualche pacca sulla spalla.
- Scusa Harry. Sono un cretino. – mormorò infine a voce bassa.
- No. Sei solo un fratello iperprotettivo. – sdrammatizzò l’amico.
Ron sorrise a malapena prima di aggrottare le sopracciglia, confuso.
- Scusa…ma…hai detto che Ginny non ha dormito qui, giusto? – al cenno affermativo di Harry, si accigliò ancora di più. – Ma allora dov’è?
- Magari la sua compagna di stanza si è sbagliata.
- No! – esclamò Ron, improvvisamente inquieto. – Le è successo qualcosa! Andiamo a cercarla! – senza neanche attendere la risposta di Harry, il rosso si precipitò fuori dalla stanza e sfrecciò per tutte le altre camere, senza neanche sapere dove stava andando.
Solo quando arrivò nella Sala Comune riuscì ad acquietarsi, vedendo una chioma rossa familiare.
- Ginny! – si precipitò verso di lei, stritolandole le spalle e per poco non la soffocò.
- R-ron? Non…non respiro… - mormorò la sorella confusa.
- Si può sapere dove eri? – le chiese furioso, quando smise di stritolarla.
Ginny lo guardò aggrottando le sopracciglia, spaesata, e con lo sguardo notò la figura di Harry dietro al fratello.
- Ron dice che non eri nel tuo letto stanotte. – le disse sorridendole divertito.
- Ah…Lo so.
- Come lo sai? – sbottò Ron, non capendo più niente.
- Da quando Herm dorme nel dormitorio dei Serpeverde, ho pensato di prendere la sua stanza finché non torna, dato che lei ha una camera singola, almeno io non devo stare con quelle pettegole delle mie compagne di stanza. – spiegò con naturalezza.
Ron sembrò cascare dalle nuvole.
- E perché non me lo hai detto?
- Te l’ho detto, Ron. Probabilmente te lo sarai dimenticato, anche perché dopo c’è stata tutta la questione di Harry…e…e insomma, hai capito.
- Ah… - mormorò. – Comunque, Ginny…Io lo so…ho sbagliato, non è giusto che io ti impedisca di frequentare dei ragazzi, quindi… - si allentò la cravatta della divisa, come se non riuscisse a parlare. - …quindi se tu vuoi stare insieme a Harry…anche in quel senso, per quanto secondo me dovresti aspettare almeno il matrimonio, oppure se proprio non vuoi sposarti aspettare almeno fino ai trent’anni, dato che le statistiche…
- Ron!
- Ok, ok…Va bene…dicevo…se vuoi stare insieme a Harry…Ok, n-non c’è problema. – concluse sfinito. Tenere quella conversazione con Ginny era stata più dura del previsto.
- Grazie! – un secondo dopo Ron si ritrovò travolto dall’abbraccio di un piccolo sole rosso.
 
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La Sala grande, gremita come al solito di studenti, non le era mai sembrata luogo più confortevole e familiare. Sempre in automatico Allyson si sedette al suo tavolo, fissando tutto e niente; allungò una mano per prendere del succo di zucca, ma invece che berlo, cominciò a guardare il bicchiere come se fosse una scultura e se lo rigirò tra le mani finché la vista non le si sfocò. Abbassò lo sguardo e poggiò la testa sulla sua mano, di colpo non sembrava aver neanche più la forza per sorreggerla.
- Tutto bene? – le chiese Blaise, sedendosi accanto a lei.
La ragazza non diede segno di averlo udito, ma con le dita cominciò a tamburellare sul tavolo, innervosendosi.
Il Serpeverde aggrottò le sopracciglia, comprendendo che la sua compagna di casa non doveva essere proprio di buonumore quella mattina.
- E’ successo qualcosa? – chiese gentilmente.
Vide la ragazza scuotere la testa, mentre i suoi riccioli ondeggiavano e ricadevano sulla sua schiena con delicatezza. Lo sguardo sembrava essere perso nel vuoto o più precisamente nel nulla, sembrava spaesata e smarrita.
- Riguarda…l’arrivo di Narcissa? – Aveva notato che da quando la madre di Draco era entrata nella Sala Grande, Allyson aveva avuto una reazione strana e sospetta, anche se non aveva idea del perché.
La Serpeverde a quel nome sobbalzò, come se fosse stata pungolata da qualcosa; assottigliò lo sguardo, degnando finalmente d’attenzione Blaise.
- Non so di cosa parli. – sibilò.
Blaise non si fece ingannare dal suo tono freddo, tono che aveva imparato a riconoscere anche con Draco, ma invece sorrise come se avesse ottenuto una grande vittoria.
- Sembravi turbata… - insistette, ben attento a usare le parole giuste.
Allyson si irrigidì ancora di più, diventato quasi una statua di granito, tanto era ferma. Una profonda maschera di indifferenza circondò il suo sguardo, nascondendo tutto quello che stava provando.
- Ho detto che non so di cosa parli. – ripeté a voce più alta di prima.
- Io credo di sì. – Probabilmente un altro Serpeverde avrebbe smesso di insistere, ma Blaise Zabini non era propriamente noto per il farsi gli affari suoi; inoltre quella ragazza lo incuriosiva, per cui era ancora più propenso a cercare di scoprire qualcosa in più su di lei.
- Piantala, Zabini! – esclamò furiosa, chiamandolo per cognome, come a voler sottolineare la distanza che avrebbe dovuto esserci tra loro e che lui non poteva permettersi di accorciare.
Si alzò, decisa ad andarsene alla svelta, e partì a passo di marcia per andare a lezione.
La voce di Blaise però la fermò.
- Narcissa è la madre di Draco.
I suoi piedi smisero di muoversi.
Le mani anche.
Il cervello smise di funzionare.
Il corpo non obbediva più ai suoi movimenti: riuscì solo a muovere il busto per poter guardare negli occhi il Serpeverde.
- Non so… - disse Blaise, alzando le spalle. - …Magari ti interessava. – concluse con un sorriso beffardo sul volto.
Voltandosi come in trance, Allyson riprese la borsa che le era caduta a terra e uscì dalla Sala Grande.
Quel giorno saltò la lezione.
 
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La terza categoria riguarda quei risvegli tranquilli e sereni, la cui però tranquillità viene immediatamente spazzata via da un shock profondamente emotivo. Si possono definire i risvegli peggiori o migliori, a seconda se lo shock sia positivo o negativo.
Quello fu il caso di Hermione.
Un caldissimo tepore l’avvolgeva come se fosse una coperta, il che era una vera e propria novità nei sotterranei, dato che la temperatura era bassissima; Hermione avrebbe potuto giurare che ci fossero 5 gradi o giù di lì. Invece stranamente quella mattina, ancora prima di aprire gli occhi percepiva un calore strano, intenso ma dolce.
Mentre si crogiolava nel calduccio, Hermione cominciò a stiracchiare le dita dei piedi e delle mani. Mosse a malapena la testa, sbattendo però contro qualcosa.
Aggrottò confusa le sopracciglia, constatando che non riusciva a muoversi come invece desiderava: le sembrava di essere in gabbia. Ancora in quello stato tra il dormiveglia e la sgradevole sensazione di risveglio della coscienza, Hermione si contorse tra le coperte mentre sensazioni alle quali non era abituata la avviluppavano. Solo dopo qualche secondo si rese conto che la gabbia in cui era rinchiusa era un vero e proprio abbraccio.
Ma la cosa che forse la affannò di più fu il fatto di con chi fosse abbracciata.
Spalancò gli occhi e deglutì rumorosamente, nonostante avesse la gola secca; il viso addormentato di Draco si trovava a pochi millimetri dai suoi occhi e non riusciva ad allontanarsi a causa delle braccia forti che la avviluppavano come un mantello. Con un pizzico di nostalgia ricordò quando qualche tempo prima si era svegliata tra le braccia di Ron, quando ancora stavano insieme; avevano solo dormito, ma Hermione avrebbe potuto affermare che quella fosse stata la notte più bella della sua vita: si era sentita protetta e al sicuro.
Ma Draco non era Ron.
Draco era un insopportabile furetto a cui contro la sua volontà si stava affezionando troppo.
Non riusciva a capacitarsi di come potesse ritrovarsi in una simile situazione e per qualche minuto rimase immobile, smettendo di compiere qualunque movimento. Non riusciva nemmeno a spiegare quella sensazione di vertigine che avvertiva e quel calore che stavolta cominciava a diventare spiacevole, da tanto che era intenso. Prese dei respiri profondi per calmare il battito che inspiegabilmente era accelerato e si chiese perché il suo corpo stesse reagendo in quel modo.
Agitandosi sempre di più Hermione ricominciò a muoversi inquieta, quando si accorse che non riusciva a spostare nemmeno le gambe che erano intrecciate a quelle di Draco.
Merda,pensò.
Merda, merda, merda, merda.
Sentì il calore diffondersi lungo tutto il suo corpo e la sua pelle farsi bollente; si poteva paragonare a una stufa.
Fortunatamente per chissà quale spirito divino Draco aveva un sonno profondissimo. Se ne era accorta durante quei giorni di convivenza: svegliare Draco Malfoy era un’impresa davvero ardua, forse arrivava addirittura ai livelli di Ron.
Ringraziò Godric, Merlino e anche Salazar per quell’immensa fortuna e tentò di districarsi dal suo abbraccio. Il risultato però fu l’esatto opposto.
Draco la strinse ancora di più, stritolandola come un cuscino; se non fosse stato per la situazione decisamente imbarazzante Hermione si sarebbe messa a ridere.
Per il rotto della cuffia la sua fronte quasi non sbatté contro quella di Draco, ma Hermione riuscì a ritirarsi in tempo, anche se ora i loro visi erano vicinissimi.
Molto…Troppo vicini.
Hermione deglutì per l’ennesima volta, tentando di darsi un contegno.
Draco si lamentò nel sonno e si mosse leggermente. Le sue mani sfiorarono la pelle lasciata scoperta dal pigiama di Hermione; il contatto delle mani di Draco con la sua pelle fece assumere alla ragazza ogni gradazione di colore. Con il respiro sempre più corto, fissò quella mano sul suo fianco, che sembrava accogliere le forme di quelle dita affusolate alla perfezione.
Sentì lo stomaco attorcigliarsi, mentre percepiva sul suo viso e sulle sue labbra il respiro profondo e regolare di Draco, che le provocava brividi lungo tutta la spina dorsale. Guardò il viso di Draco addormentato come per trovare una soluzione, ma peggiorò soltanto le cose. I loro nasi si sfiorarono e la ragazza si perse nel fissare quei lineamenti dolci di fronte a sé: era la prima volta che vedeva Draco Malfoy con un’espressione rilassata e soprattutto era la prima volta che vedeva il suo viso privo di qualsiasi smorfia o ghigno, degno di un perfetto erede di Salazar.
Senza neanche sapere come ci fosse arrivata, la mano della ragazza accarezzò quel bel viso rilassato e ignaro di tutto quello che succedeva. Con un dito sfiorò la sua pelle pallida, partendo dagli zigomi e percorrendo le palpebre in una carezza leggerissima per non rischiare di svegliarlo o dargli fastidio. Continuò il suo percorso, sempre più rapita, quasi ipnotizzata da quel viso d’angelo che si trovava di fronte; gli sfiorò le guance e il mento, senza riuscire a fermarsi. Nonostante la sua ragione le urlasse di fermarsi, Hermione la mise a tacere e con l’indice percorse il profilo della sua bocca, immaginando come sarebbe stato sentire quelle labbra su di sé, sulla sua pelle…
Con uno scatto allontanò la mano, rossa come un pomodoro, vergognandosi per quei pensieri poco pudici che la sua mente aveva appena prodotto.
È Draco Malfoy. È Draco Malfoy. È Draco Malfoy.
Si impresse quel pensiero nella mente tentando di non dimenticarselo.
Capendo che non sarebbe riuscita a reggere ancora per molto quella situazione senza che la sua mente ricominciasse a girovagare per sentieri poco convenienti, decise di svegliare Draco.
- Malfoy…. – lo chiamò, ma il ragazzo non diede segni di vita.
- Malfoy, svegliati! – sbottò allora con più veemenza, divincolandosi con forza.
Hermione allungò una mano per scrollargli una spalla, ma in quello stesso istante il ragazzo le afferrò il braccio con uno scatto velocissimo, mostrando due occhi grigi vispi e divertiti.
Hermione cacciò un urlo, spaventata dalla sua reazione e si tirò su a sedere, ma con il braccio ancora intrappolato nella mano di Draco.
- Credo che tu mi abbia toccato fin troppo, Mezzosangue… - il ragazzo si mise di fronte a lei, seduto sul letto.
Hermione diventò paonazza.
- Tu…eri sveglio? – mormorò sperando che stesse scherzando.
- Più o meno…
- PERCHE’ NON ME LO HAI DETTO?! – urlò isterica. Il respiro accelerò ancora di più se possibile e l’imbarazzo e la vergogna impregnarono i suoi occhi.
- Non è colpa tua d’altronde… - ragionò Draco ad alta voce. – Sono io che faccio questo effetto alle ragazze, tu sei solo un’altra vittima del…
Hermione furiosa più con se stessa che con lui, assecondò l’istinto di picchiarlo e con la mano libera gli allungò uno schiaffo, che però non arrivò a destinazione.
Il Serpeverde le bloccò anche l’altra mano e le imprigionò entrambi i polsi; assunse un ghigno serpentesco e mentre Hermione tentava invano di sciogliere la presa, il ragazzo la spinse giù contro il letto, distendendo sopra di lei, ma cercando di non pesarle per non farle male.
Ora sì che sono in gabbia,pensò Hermione, più imbarazzata che mai per la posizione. Sentì nuovamente quel calore impregnare la sua pelle e lo stomaco torcersi. Percepiva la pelle bollente e dovette reprimere l’inspiegabile istinto di andare incontro a lui.
- Malfoy…C-che stai facendo?! – chiese in preda al panico, quando percepì nuovamente il respiro di Draco sul suo viso, segno che il loro volti dovevano essere molto vicini.
Dato che il ragazzo non le rispondeva, a Hermione parve giusto sfogare la tensione nell’unico modo che conosceva, ovvero: litigando con lui.
- Sei solo uno stupido furetto! – lo insultò, tentando di divincolarsi.
Draco la bloccò ancora di più, guardandola con i suoi occhi che sembravano argento fuso e più chiari del solito.
- Questo stupido furetto ieri sera ti ha aiutata. – le sussurrò a un centimetro dal viso, con una nota di incredulità nella voce, come se neanche lui si capacitasse della cosa.
- Non… - Hermione respirò ancora più velocemente. – Non…Vuol dire…niente! Rimarrai sempre…u-un….furetto! – concluse infine con il respiro in gola.
Senza battere ciglio, come se non l’avesse nemmeno sentita, Draco imprigionò i polsi di Hermione in una sola mano sopra la testa, e con l’altra scese fino a sfiorarle il viso.
- Ma-malfoy c-che f-f-fai? – balbettò mentre Draco le accarezzava gli zigomi con una lentezza esasperante. Il ragazzo la guardò negli occhi per poi fare un sorrisetto beffardo.
- Quello che hai fatto tu. – Solo quando le dita di Draco le accarezzarono la fronte e le sue palpebre semichiuse, capì il significato di quella frase.
Draco stava facendo esattamente ciò che lei aveva fatto prima; stava compiendo persino lo stesso percorso. Sentì la sua pelle farsi incandescente sotto il suo tocco e si morse le labbra con forza per impedirsi di emettere qualunque suono.
Era un gioco: un dannato gioco, fatto di lussuria e tentazioni.
Ma Hermione non era brava quanto lui a giocare; aveva già perso in partenza.
Represse il messaggio che le lanciava il suo corpo, represse l’istinto di andare incontro a quella carezza leggera, represse il desiderio che quelle dita si facessero più audaci sulla sua pelle e nuovamente si tormentò il labbro inferiore per rimanere in silenzio.
O almeno lo fece finché le dita di Draco, quasi con gentilezza, non le accarezzarono la bocca, per impedire che i suoi denti martoriassero le labbra.
Fu in quel momento che Hermione mise a tacere totalmente la ragione, spazzando via anche l’ultimo neurone rimasto.
Fu in quel momento che per la prima volta nella sua vita diede ascoltò agli istinti che il suo corpo le lanciava piuttosto che assecondare il cervello; si sarebbe potuta pentire più tardi del suo gesto.
Chiuse gli occhi e poggiò le sue labbra su quelle di Draco.

 
 

 
 
 
Saaaalve! Eccomi qui! Sono stata molto assente, ma alla fine sono riuscita a finire questo capitolo che, credetemi, non voleva saperne di uscire fuori! :)
Purtroppo sono in punizione, ho avuto una litigata bruttissima con mia madre e lei mi ha sequestrato il computer; io posso usarlo solo quando lei non c’è…Mondo crudele, proprio ora che era estate e potevo usarlo a mio piacimento, senza preoccuparmi della scuola! .......Bah….Le mamme…
Però la notizia che mi ha risollevato decisamente il morale è che……L’Italia è in FINALE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Abbiamo stracciato la Germania 2 a 0! Lo so che tecnicamente sarebbe 2 a 1, ma il goal della Germania su rigore non è da considerare! Insomma! E’ facile segnare un rigore, per cui io non lo tengo in considerazione ù.ù
Cooomunque…Vi è piaciuto il capitolo? Le cose tra Harry e Ron si sono chiarite, le cose tra Allyson e Narcissa si chiariranno e le cose tra Draco e Hermione si sono ingarbugliate. Premetto che non avevo in testa di far sì che tra loro due succedesse una cosa simile, ma mi è venuta fuori così! Forse il gesto finale di Hermione vi avrà stupito, ma io che posso farci? Herm si è stufata di fare la principessa sul pisello ed è passata all’azione! xD
Spero che il capitolo vi piaccia!!!!!!!!!!
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/le seguite/ le ricordate o anche a chi ha solo letto, ma soprattutto ringrazio quelle dolcissime 8 ragazze (8,8,8,8,8!!!!! Sto collassando di gioia!) che hanno recensito lo scorso capitolo:
Lily102, Black_Yumi, luchi, Vale17_, SWAMPY, Roby_Aladimpa, Skyline_StayStronge titty79.
Grazie, grazie, grazie!!! ^____^
Spero di aggiornare presto! (appena mia madre esce di casa mi metto a scrivere xD)
Alla prossima,
flors99

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Capitolo 17
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Salve a tutti! Sono tornata, anche se mi sento una vera melma! Scusatemi per il ritardo, vi prego!
Comunque ora vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia :) Ci vediamo giù!!!
Ps. Tra le note troverete un piccolo spoiler =)




Non importa quanto una persona sia buona o generosa.
 
Prima o poi ti ferirà.
 
Forse per questo dovremmo sempre essere pronti a perdonare.
Ma il perdono si allontana tanto quanto è profonda la cicatrice che ci è stata inferta; spesso arriva addirittura ad essere seppellito nelle parti più recondite di noi, fino a che non diventa un’ombra sfumata che non ha più un significato.
 
E per lei quel significato era svanito tanti anni prima.
 
I passi cadenzati risuonavano nel corridoio.
Allyson continuò a fissare la strada davanti a sé, tenendo bene a mente la sua meta e cercando di ricordarsi la strada.
Quando entrò nell’ufficio di Silente, per poco non schiantò la porta.
Le mani formicolavano in attesa di colpire qualcosa, ma riuscì a trattenersi stringendole in modo ferreo.
- Perché non me lo ha detto? – quasi urlò, non appena la figura anziana di Silente entrò nella sua visuale.
 
 
- Perché non me lo hai detto, dannazione?
Forse Narcissa non si aspettava di vederla così presto, dato che erano ancora le prime ore della mattina. Non le ci volle molto per intuire che la ragazza doveva aver saltato le lezioni e la cosa non le faceva affatto piacere. Con un’occhiata veloce si accorse delle sue guance rosse e il respiro veloce, come se avesse corso a lungo.
- Non dovresti essere in aula?
Forse Narcissa non si rendeva conto neanche di cosa avrebbe scatenato quella frase.
 
 
- Ragazza mia! Che cosa ha scatenato in te questa rabbia? – il tono di Silente era gentile e pacato, ma non riuscì in alcun modo a placare tutto ciò che si agitava nell’animo di Allyson, anzi riuscì soltanto ad aumentarlo.
- E me lo chiede pure? – ormai la ragazza era al limite del suo autocontrollo.
Le mani cominciarono nuovamente a vibrare e stavolta fu costretta a prendere un bel respiro, per riuscire a calmarsi.
- Mi dispiace, ma continuo a non capire di cosa stai parlando. – il timbro era sempre dolce, ma ad Allyson questo non provocava altro che irritazione.
- Perché, cazzo? Perché non mi ha mai detto che Narcissa era mia madre?!
 
 
 
Allyson sentì il sangue ghiacciarsi nelle sue vene.
- Cosa? – sibilò. – Non me ne frega niente di dove dovrei essere adesso!
- Non credo che sia una buona cosa saltare le lezioni. – continuò Narcissa, avvertendo però un uragano in arrivo.
- Non mi importa niente di quello che pensi! Ma chi ti credi di essere? MIA MADRE? – entrambe trasalirono a quelle parole, ma fecero finta di nulla.
Allyson emise una risata amara.
- Ah già…Dimenticavo…Tu sei mia madre.
Narcissa alzò gli occhi di scatto, scottata dalla cattiveria, dal disprezzo e dalla rabbia contenute in quelle poche parole.
- I-io non…
- E almeno smettila di prendermi in giro! – esclamò Allyson, con le lacrime che quasi uscivano dai suoi occhi.
- Mi dispiace. – bisbigliò la donna, sentendo qualcosa frantumarsi dentro di lei.
 
 
- Mi dispiace, Allyson. – rispose con tristezza e compassione.
- Lei lo sapeva! E non ha detto niente! Perché, maledizione? Perché? – la rabbia impregnava ogni parte di lei, la sentiva scorrere sulla pelle, la sentiva intrisa nei suoi occhi, la percepiva persino nelle sue parole.
Silente si avvicinò a lei, in modo da non dover gridare per farsi sentire.
- Capisco che tu sia arrabbiata…è normale che tu reagisca così…
- Capisce? Davvero? – chiese con la rabbia che ormai fuoriusciva da ogni parte di sé. – E allora se capisce, mi spieghi perché non ha impedito che succedesse! Se davvero sapeva che questa sarebbe stata la mia reazione, perché non me lo ha detto lei, invece che dover scoprire tutto da sola?
- Non è facile, Allyson. – tentò di avvicinarsi di più, ma la ragazza si allontanò da lui.
- Non è facile? Crede che la mia vita sia stata facile?! Mia madre è morta quando avevo undici anni, cavolo!
Forse per la prima volta nella sua vita a Silente mancarono le parole, di fronte alla furia della ragazza.
- Tua madre è ancora viva, Allyson.
- Mia madre è morta sei anni fa. E nessun’altra prenderà il suo posto!
 
 
- Non mi aspetto nulla da te. Per quanto mi riguarda, la mia VERA madre è morta anni fa.
Quelle parole furono una stilettata al cuore.
Narcissa trasalì, in preda a un tremore incontrollato che si stava propagando in ogni parte del corpo.
- Sono io tua madre, Allyson. – nonostante sapesse di essere nel torto, non c’è niente di peggio che togliere a una madre il suo diritto di esserlo. Forse fu questo che la spinse a rispondere in modo tanto deciso e determinato.
- Ah! Adesso te ne ricordi, eh? Solo ora ti è venuto in mente? – sibilò con crudeltà.
- Se davvero sei mia madre, allora dimmi: dove sei stata per sedici anni? Dov’eri quando ho avuto davvero bisogno di te?
- Lily, lasciami spiegare, io…
- Non chiamarmi così! Non chiamarmi così, cavolo!
Quel soprannome faceva male.
Era la prova.
Era il segno che confermava il loro legame. Un legame che era sempre stato lì, nascosto dalle ragnatele, ma pronto a venire in superficie non appena si fosse manifestato.
- Tu non mi chiamerai più in nessun modo. Per me sei morta.
Quattro parole.
Tredici lettere.
Occhi duri, freddi, crudeli.
Una combinazione letale, capace di uccidere chiunque.
Incapace di restare lì un minuto di più la ragazza ritornò da dove era venuta, chiudendo bene la porta. L’ultima cosa che udì fu un sussurro proveniente dalla donna.
- Non dirlo a Draco, ti prego…
Soltanto quando Narcissa fu completamente sola, crollò in ginocchio, lasciando che i singhiozzi le riempissero la gola, e che le lacrime le solcassero il viso.
Dall’altra parte della stanza, Allyson si lasciò scivolare contro il muro, prendendosi le ginocchia tra le braccia.
Per la prima volta, dopo sei anni, le lacrime colmarono nuovamente i suoi occhi, e ormai troppo gonfi per poter resistere ancora, dettero sfogo a quel dolore, che da tanto tempo era sepolto dentro di lei.
Le lacrime prosciugarono tutto: la sua rabbia, il suo orgoglio, le sue forze, finché arrivarono ad un punto da non poter neanche più essere versate, tanto che erano poche le sue energie.
Fu solo quando i suoi occhi furono del tutto vuoti e il suo sguardo completamente spento e incolore, che con una forza di volontà immensa, la ragazza si alzò e si diresse da Silente.
 
 
- Perché? Perché tutte le persone di cui mi fido prima o poi mi mentono? – Dare sfogo a quella frase fu quasi una liberazione per lei. L’aveva tenuta nascosta dentro di sé da tanto tempo ed ora non vedeva l’ora di liberarsene.
Per anni il suo orgoglio le aveva impedito di mostrare la sua vera fragilità, facendola crogiolare nell’illusione che lei fosse forte.
Ma lei non era forte: altrimenti non sarebbe stata lì, con le lacrime agli occhi chiedersi perché dovesse meritarsi tutto questo.
- Tu sei forte, Allyson. Sei forte e lo sai. Piangere non significa essere deboli, significa amare.
- Non dica stronzate.
Ormai l’autocontrollo che si era imposta era crollato.
- Perché tutti devono sempre mentirmi, maledizione?
- Perché ti vogliono bene, piccola mia. Ed è difficile dire la verità a chi si vuole bene.
 

Quando tempo dopo, quando Allyson uscì dalla stanza del preside, si sentì strana forse in qualche modo….più leggera.
Ma se da una parte in lei aleggiava quell’’inaspettato sollievo, dall’altra il dolore tornava prepotentemente a tormentarla e a schiacciarla nella sua morsa, tanto che sentì la testa vorticare. Gli occhi cominciarono a pizzicare incoscientemente e si ritrovò a sperare di non dover stare sola in quel momento.
Lei aveva sempre amato la solitudine, eppure in quel momento le sembrava solo un altro fardello in più da portare.
La compagnia di chiunque le sarebbe bastata, anche quella di un gatto.

Merlino, come sono caduta in basso!

- Ally! Ti ho cercato tutta la mattina! Non avevo idea di dove fossi, anzi nessuno aveva idea di dove fossi! Anche se Blaise era un po’ enigmatico e diceva qualcosa riguardo a Narcissa….Non ho capito nulla a dir la verità, però mi sembrava che…
La raffica di parole di Theo venne interrotta ben presto.
Ripensando a quel momento ancora oggi Allyson non sa spiegare cosa portò la sua mente, il suo corpo, a muovere le gambe, e a lanciarsi contro Theo stringendolo a sé, come se fosse l’unico rifugio che avesse a disposizione.
- Allyson, ma cosa… - lo sentì mormorare, sorpreso.
- Lily… - bisbigliò appena la ragazza, con tono lieve. – Chiamami Lily, per favore.
 
 
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Non era facile sorprendere Draco Malfoy.
Raramente il ragazzo si stupiva di qualcosa, caratteristica che evidentemente aveva ereditato da entrambi i suoi genitori.
Il Serpeverde era rimasto come sospeso nel tempo, scioccato, colpito e sconvolto dal contatto con le labbra calde della ragazza, che ancora lo tenevano bloccato in quel bacio languido e carico di attesa, in quel profumo di foglie autunnali e dolci alle mele.
Ebbe un attimo di sbigottimento iniziale, in cui sentì uno strano brivido su tutto il corpo, che non aveva mai provato prima. Quando poi percepì la pelle di Hermione contro la sua, decise che non gli importava.
Inutile continuare a negare l’attrazione che provava per lei in quel momento, o forse fin dalla prima volta che l’aveva vista con quel dannato pigiama.
Se Draco era rimasto stupito dalla reazione della ragazza, Hermione stessa ne era alquanto scioccata. Non aveva la minima idea di cosa le fosse passato per la testa, l’unica cosa che sentiva e che voleva era che quel contatto non si interrompesse, per nulla al mondo.
E gli sembrò la cosa più naturale del mondo schiudere le labbra per permettere alla lingua di Draco di intrufolarsi nella bocca.
E gli sembrò ancora più naturale intrecciare le dita tra i suoi crini biondi, per mettergli un accesso più approfondito.
Non credeva che baciare Draco Malfoy sarebbe stato così…così…spontaneo.
Sembrava che le mani del ragazzo fossero state fatte apposta per accarezzare la sua pelle, la sua e di nessun’altra. Era qualcosa di incredibilmente naturale sentire le sue labbra sulle proprie, che pian piano le stavano facendo provare emozioni a lei in parte sconosciute.
Fin da quando era arrivata nel dormitorio dei Serpeverde si era sempre sentita a disagio: percepiva il cambiamento, percepiva il fatto che quello non fosse il suo posto, che quelli non fossero i suoi colori…
Ma in quel momento le sembrò di essere a casa, come quando da bambina si metteva davanti al fuoco completamente infreddolita, e sentiva il tepore familiare del calduccio avvolgerla. Una casa bellissima, protetta…spontanea.
Quando Draco fece scivolare una mano sul suo fianco, Hermione temette seriamente di prendere fuoco da un momento all’altro; per un attimo si sfregò le dita, seriamente preoccupata che potesse bruciarsi. La presa della mano di Draco si fece più salda e proprio quando credeva di rimanerci secca, sentì le sue labbra separarsi da quelle del ragazzo, per permettere a entrambi di riprendere aria, anche se in quel momento l’ossigeno era l’ultima cosa a cui pensava. Anzi…Considerando il fatto che il bisogno di ossigeno aveva allontanato le loro labbra, la ragazza lo prese pure in antipatia.
Ma un attimo dopo, Draco tracciava già con la lingua il percorso delle sue labbra sottili, come a voler chiedere l’accesso, che Hermione non si sarebbe mai neanche sognata di negargli. Le loro lingue ricominciarono a giocare tra loro, mentre entrambi sentivano l'intensità del momento aumentare e la tensione che c'era tra loro volatilizzarsi come se non fosse mai esistita.
Quando però con la mano Draco scese ad accarezzarle una coscia, Hermione interruppe il bacio di colpo, martoriandosi le labbra per impedire che dalla sua bocca uscisse alcun gemito.
Strizzò gli occhi, vedendo ancora il viso del ragazzo vicinissimo al suo e osservando i suoi occhi grigi che per la prima volta sembravano totalmente limpidi e aperti.
Ripensando a quel momento Hermione non saprebbe dire per quanto tempo rimase a fissarlo in silenzio, in quegli occhi così chiari da non poterne definire il colore.
Ripensando a quel momento Draco non saprebbe dire cosa provò nell’attimo in cui si rese conto che il pensiero di quel bacio non si sarebbe mai cancellato dalla sua mente.

E ripensando a quell'istante nessuno dei due saprebbe ricordare quando capirono di essere completamente, totalmente, irrimediabilmente…fregati.
 

 
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Quando Ginny quella mattina scese per la colazione, lanciò uno sguardo al tavolo dei Serpeverde, sperando di vedere Hermione, ma con somma sorpresa non intravide né lei, né il “biondo platinato”, come diceva Harry.
Da quando Ginny aveva fatto quel piccolo apprezzamento su Malfoy, il Bambino Sopravvissuto sembrava ancora più ostile nei confronti del Serpeverde; la piccola di casa Weasley aveva provato a fargli capire quanto la sua gelosia fosse immotivata, ma non c’era stato verso. E ovviamente Ron dava man forte all’amico, ritenendo Malfoy una “viscida serpe”.
Ginny si stiracchiò, poggiando una testa sulla spalla di Harry, socchiudendo appena gli occhi, mentre il sonno cominciava a prendere il sopravvento su di lei.
- Ginny, come mai sei così stanca? – a pronunciare quella domanda era stato Ron, che era diventato stranamente più attento a sua sorella.
Ginny si stropicciò le palpebre colta di sorpresa e lo fissò per un istante.
- Sono solo stanca, tutto qua. – rispose poi con una lieve esitazione.
- Ah sì?
- Sì.
- Sicura?
- Sì.
- Sicura sicura?
- Ron, dai…Adesso non ricominciare! – Stavolta era intervenuto Harry, sperando di salvare la situazione, leggermente assonnato anche lui.
- E come mai tu hai sonno, Harry?- indagò Ron, notando le occhiaie.
- Boh…Sono stanco anch’io…Non lo so…Forse il Quidditch…
- Ginny…la camera di Hermione è una singola, vero? – chiese enigmatico il fratello, continuando a pensare a chissà cosa.
- Sì… - rispose Ginny, senza neanche rifletterci più di tanto.
- Quindi… - il silenzio si protrasse per tre lunghi minuti, in cui li cervello di Ron fece le più svariate e insensate congetture.
- HARRY POTTER!
Evidentemente il rosso si era già completamente dimenticato del “permesso” che aveva dato alla coppia, giusto pochi minuti prima…
- Oddio, no… - mormorò Harry.
- Ron, ma…stai facendo delle supposizioni sbagliate! E poi…e poi non sarebbero comunque affari tuoi! – replicò Ginny, rossa in viso, avendo compreso a cosa si riferisse il fratello.
- Allora è vero! – ululò Ron.
- Ron, a dir la verità…
- Ginny, insomma, io capisco…ma…che bisogno c’è di affrettarsi così tanto?
- Ron, ma noi…
- No! Non dite niente! Non dite nulla, nulla, assolutamente nulla! Io vado a lezione. – si alzò di scatto dalla sedia, lasciando Harry e Ginny imbambolati e confusi a guardarlo.
Arrivato sulla porta Ronald per poco non si scontrò con una massa di capelli crespi.
- Hermione! – esclamò, non appena riconobbe il volto della sua migliore amica.
Le guance della ragazza vedendolo si tinsero di un rosso accesso e dopo un’occhiata più approfondita si accorse dei suoi capelli scompigliati e dei vestiti messi in fretta e tutti spiegazzati.
- Va tutto bene…?
- Tutto benissimo! – rispose la ragazza, trafelata, mentre correva verso il tavolo dei Grifoni e afferrava Ginny per un braccio, strattonandola via, senza che avesse neanche il tempo di fare colazione.
Con sorpresa, Ron notò che Malfoy non era con lei.
 
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Le uniche parole che Ginny era riuscita a cogliere dalle spiegazioni insensate della sua migliore amica erano state: “spezzato”, “letto”, “incantesimo” e poi qualche monosillabo.
- Herm, ti prego….rallenta.
- Capisci Ginny? L’incantesimo si è spezzato! – riprese scrollandola per le spalle.
- H-ho ca-capito, ma-ma non se-sei con-tenta? – riuscì a chiedere, mentre Hermione la scuoteva.
- Eh? Contenta? Contentissima! Felicissima! Gioiosissima! Io…io… - un istante dopo, come priva di forze, Hermione si accasciò al suolo.
- Oddio… - mormorò la più grande delle due ragazze, prendendosi la testa tra le mani.
- Ehm…Uhm… Herm ma…cioè, non sembri proprio contenta, se non conoscessi direi che…
- Cosa? – chiese l’amica alzando gli occhi di scatto.
- No, insomma…che forse, per caso, ma solo per caso, eh!, …cioè…non è che forse Malfoy ti piace un … pochino?
Hermione la guardò con sguardo vacuo per alcuni secondi.
- Merda. – mormorò infine, a occhi bassi.
- Cioè no…aspetta, ma ti piace sul serio?!
- NO! Cioè…boh..io…
A quel punto un campanello d’allarme risuonò nella mente di Ginny, ricordandole un dettaglio che le era sfuggito.
- Come hai fatto a rompere l’incantesimo?
La reazione di Hermione fu incredibile.
Diventò paonazza all’improvviso e sembrava che desiderasse con tutta se stessa che la parete dietro a lei la inghiottisse.
- Cisamociati. – bisbigliò.
Ginny inarcò un sopracciglio.
- Herm, scusa ma…non ho capito.
- Cisiamobaciati.
- Herm…
La Grifona prese un bel respiro, prima di ripetere a voce forte e chiara quella frase che suonava così strana eppure cosìbene alle sue orecchie.
 
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Quando Allyson, nel pomeriggio, ritornò da Narcissa sorprese sia se stessa che la donna.
Ingoiò il groppo in gola, che le era venuto, e deglutì per tentare di scacciare quella sensazione di panico e rabbia mescolata insieme.
Piuttosto che incontrare di nuovo Narcissa avrebbe preferito tagliarsi le vene, ma se da una parte sentiva questa rabbia omicida impregnare la sua pelle, dall’altra c’era anche un vero e proprio dolore acuto che non voleva saperne di andarsene via. Tutto nella sua mente le faceva venire in mente un'unica parola: abbandono.
Voleva sapere. Almeno quello era un suo diritto. Cosa aveva fatto per meritarsi di essere abbandonata senza lasciare traccia, addirittura in un mondo che non era il suo?
- Perché? – fu la prima domanda che fece quando si ritrovarono di nuovo occhi negli occhi.
Rivederla fece ad Allyson uno strano effetto: la pozza di dolore sembrava crescere dentro di lei ad ogni secondo, mentre la rabbia aumentava a dismisura. Infine avvertiva una minuscola macchia di sollievo, di serenità, che la ragazza fece di tutto per respingere. Si massaggiò le tempie, leggermente preoccupata.
Sarebbe scoppiata, prima o poi. Il suo corpo non era fatto per contenere così tante emozioni.
Quando quella domanda le fu rivolta, Narcissa capì alla perfezione cosa intendesse dire. Eppure per parecchi minuti non fu in grado di rispondere; adesso che sua figlia, ormai a conoscenza di essere tale, era lì davanti a lei, tutti i motivi che le potevano sembrare validi, sfumarono come una nuvola di fumo; ricercando nella sua mente non trovò una spiegazione plausibile con cui le potesse spiegare il motivo dell’abbandono.
Decise di cominciare dall’inizio. Sperava solo che Allyson l’ascoltasse.
- E’ stato a causa di tuo padre.
Udire la parola “padre” fece irrigidire la ragazza.
Harrison Starr era suo padre.
Non avrebbe mai accettato, né voluto, nessun altro.
Ma nonostante ciò, la curiosità vinse sul suo orgoglio e sulla sua rabbia.
- Chi è mio padre?

 
 

Ok, mi sento un vero schifo. Vi devo un mondo, una cascata, una valanga di scuse e tutto quello che vi viene in mente. Mi meriterei tutte le maledizioni del mondo e forse anche qualche bell’Avada Kedavra, quindi se vorrete farmi fuori…No, non sono pronta per la morte, mi dispiace xD
Il computer…aihmè! È ancora sotto sequestro, cosa posso farci?
Dopo una dura lotta sono riuscita a strappare a mia madre una piccola concessione: una mezz’oretta al giorno al computer, ma nonostante ciò ho avuto un calo d’ispirazione, mi sentivo bloccata…Mi dispiace, davvero :(
Sono pronta alle bandierine arancioni che sicuramente invaderrano il mio account.
Bene, ora passiamo al capitolo!
Vi è piaciuto?
So che qualcuno mi starà mandando maledizioni per averlo interrotto così…Vero Harry Potterish? XD So che stavi aspettando tanto questo momento e…Eheh, come sono perfida!
Maaaaa….per farmi perdonare vi darò uno spoiler sul prossimo capitolo e anche il titolo.

 
 
 
- Tu hai detto a tuo padre di essere fidanzata?
- Ci senti, Hermione? NON E’ MIO PADRE! Gli ho detto quelle cose perché quel bastardo voleva farmi sposare uno sconosciuto! Ma ti rendi conto? Mi conosce da due giorni e voleva…aaaargh! Io lo ammazzo, giuro che…
- Scusa ma…dove lo trovi un fidanzato?
- Non lo so, Hermione! Non. Lo. So! Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente!
La Grifondoro aggrottò le sopracciglia pensierosa.
- Beh…a dire il vero qualcuno potrebbe esserci. – rispose enigmatica. […]
- Cosa? Assolutamente no! No, no, no, no, no e ancora no!

 

Dai, in fondo sono stata buona, no?
Il prossimo capitolo si intitolerà: “Father”. E….sì Harry Potterish, è quello il capitolo giusto.
Avete capito qualcosa dallo spoiler? Se sì, acqua in bocca, se no, scoprirete tutto presto!!!!!!!!
E prima di lasciarvi faccio i solito meritatissimi ringraziamenti. Grazie a tutti cloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e grazie anche a chi a solo letto il capitolo. Anche solo vedere il numero delle visite aumentare, mi fa guadagnare un po’ di autostima, sempre perennemente bassa :D
Ma un GRAZIE speciale a quelle 6 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Black_Yumi, Roby_Aladimpa, fede17, SWAMPY, Slitherin_Ss, Harry Potterish e Stewlovee.
Vi assicuro che il prossimo capitolo sarà molto divertente!
A presto (sempre che qualcuno sia disposto a seguirmi)
flors99

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Capitolo 18
*** Father (First Part) ***


- E’ una persona crudele. – rispose semplicemente Narcissa, con sguardo triste e assente, evitando i suoi occhi di ghiaccio, troppo pieni di rabbia, di disprezzo, troppo pieni di lui in quel momento, per poter essere affrontati.
La ragazza aggrottò la fronte, stringendo le nocche.
- Chi è mio padre?
Nonostante quella domanda fosse stata posta con tono più alto rispetto al normale, la donna non diede segno di averla udita. Si limitò ad avvicinarsi a lei, o perlomeno a tentare di avvicinarsi, poiché la ragazza indietreggiava, desiderando mettere più distanza possibile tra loro due. Allyson distolse lo sguardo, fissando il tavolo dietro di lei, al quale appoggiò il peso del corpo. Così facendo non vide mai il lampo di sofferenza che, velocissimo, attraversò gli occhi di Narcissa, come una meteora.
- Lui lo sa della mia esistenza?  - chiese la ragazza con voce incolore.
La donna la fissò con i suoi occhi blu, mentre un velo di puro dolore li rendeva vacui e completamente vuoti. Non c’era niente dietro quel blu così intenso, solo una landa desolata, che aveva patito le peggiori sofferenze.
- No.
Com’è possibile che una parola possa sconvolgerti tanto?
Com’è possibile che due semplici sillabe siano la causa di una simile sofferenza?
Le dita si contrassero, il respiro si bloccò e per vari minuti Allyson non fu più in grado di incamerare aria: si dimenticò perfino di come si potesse compiere un simile gesto.
- Chi. È. Mio. Padre? – sillabò infine, quando il respiro le tornò in gola, con sommo sollievo dei suoi polmoni.
- Mio marito. – bisbigliò Narcissa. – Il padre di Draco. Tuo padre. Lucius Malfoy.
Gli occhi di Allyson saettarono immediatamente verso di lei, come se fossero stati calamitati; oltre alla rabbia e al disprezzo, in quel grigio adesso era presente anche una nota di incredulità.
- Cosa? – furono le uniche parole che la sua voce strozzata, riuscì a cavar fuori dalle sue labbra. – Cosa? – ripeté, con sguardo sempre più furioso, mentre sentiva un pugnale nel petto che la trafiggeva, andando sempre più a fondo.
- Tu… - le puntò un dito accusatore contro. Non trovava neppure le parole per esprimere quello che stava provando; avrebbe voluto dirle tutto ciò che percepiva, avrebbe voluto riversare su quella donna tutto il male che aveva dentro di sé, ma si sentiva così svuotata, così annullata, che per poco le gambe non le cedettero.
- Io l’ho fatto per te. – concluse al suo posto Narcissa, anche se sapeva che quelle non erano affatto le parole che stava pensando la Serpeverde.
- Per me? PER ME?! – scoppiò infine. – Mio padre non sa neanche di avere una figlia, tu mi abbandoni per sedici anni nel mondo degli umani e mio fratello non sa assolutamente nulla di questa storia e hai il coraggio di dirmi che l’hai FATTO PER ME?
- Io volevo solo proteggerti, Allyson. – Il fatto che Narcissa fosse così calma, non faceva altro che aumentare la furia della ragazza.
- Proteggermi? E per proteggermi mi hai lasciato davanti alla porta di casa di due sconosciuti, e te ne sei andata? Per proteggermi non hai detto niente alla tua famiglia, ma hai tenuta la mia esistenza segreta, come se fossi un animale?!
- Allyson, stai parlando di cose che non puoi capire. – replicò la donna, con una strana luce negli occhi e uno strano timbro di voce.
- Non le posso capire perché la persona che sarebbe dovuta essere mia madre mi ha abbandonata! – urlò Allyson, senza pietà e senza aver paura di ferire i sentimenti della persona che si trovava davanti a lei.
Appena pronunciate quelle parole, la Serpeverde capì che non avrebbe dovuto dirle. Se fosse stata una persona meno orgogliosa e probabilmente più lucida, avrebbe fatto marcia indietro e si sarebbe rimangiata quella crudeltà sputata con cattiveria; purtroppo la ragazza, non solo non era completamente in grado di ragionare razionalmente in quell’istante, ma era una delle persone più orgogliose del pianeta. Piuttosto che chiedere scusa avrebbe preferito masticarsi la lingua.
- Io non ho parole. – sibilò infine la Serpeverde, mentre rilasciava uno sbuffo, testimone della sua rabbia appena sfogata. Fissò ancora Narcissa per un tempo che le parve infinito, ma poiché quella non accennava né a parlare, né a muoversi, ruotò il busto, intenzionata ad andarsene.
Una mano ghiacciata e freddissima la afferrò con una tale forza da farla voltare di scatto.
- Io invece sì. Io invece ho le parole, Allyson, e adesso le ascolterai. Che tu lo voglia o no. – normalmente una qualsiasi persona che avesse detto quelle parole alla Serpeverde, si sarebbe ritrovata schiantata contro il muro entro pochi secondi, ma gli occhi iniettati di sangue della donna, le fecero serrare la bocca nel modo più assoluto. Il blu così intenso di quegli occhi ebbe il potere di farla rabbrividire, mentre scorgeva una luce di esasperazione, di sofferenza, di dolore, di colpa, di sollievo e di tantissime altre emozioni lì dentro.
Come può un essere umano provare così tante cose contemporaneamente?, si chiese Allyson, mentre scivolava via dalla stretta di Narcissa, ma rimaneva comunque davanti a lei, più propensa ad ascoltare stavolta.
- Io volevo proteggerti, Allyson! E che tu ci creda o no, questa è la verità! Tu…tu non sai com’è tuo padre! Tu non puoi capire cosa ho passato in questi anni! Cosa ha passato tuo fratello! – quelle parole, dette con così tanta veemenza, la destabilizzarono, soprattutto quando la parola “fratello” si insinuò nella sua mente. – Io volevo che tu avessi un destino diverso, volevo che tu potessi vivere un’infanzia felice, che tu potessi avere dei ricordi felici! – esclamò, mentre delle lacrime birichine facevano capolino ai lati dei suoi occhi blu. – In quei nove mesi che ti ho portato dentro di me, tuo padre non si è accorto di niente, niente! Era troppo impegnato a distruggere tutto ciò che lo circondava perché voleva essere superiore a tutti, senza rendersi conto che in questo modo stava distruggendo se stesso! – Stavolta le parole non erano intrise solo di dolore, ma anche di qualcosa simile al disprezzo, al rancore, a una giovinezza strappata via troppo presto.
Allyson ascoltava in silenzio, ma mano a mano che Narcissa parlava, sentiva qualcosa dentro di sé rompersi per sempre. E cosa ancor peggiore sentiva la consapevolezza farsi strada nella sua mente come un missile lanciato a piena velocità.
- Non volevo che tu crescessi in una casa così fredda, non volevo che tu avessi come padre un uomo così…così spietato! Credimi Allyson, quando ti dico che l’inferno sarebbe stato migliore per me!
Il tono era leggermente più basso, ma tutte le sensazioni che nascondeva erano inconfondibili.
- Per tutti questi anni, sono riuscita ad andare avanti per Draco, per mio figlio, l’unica cosa che mi dava una ragione di vivere…e per te! La speranza di poterti rivedere un giorno è stata il mio nutrimento per ogni minuto della mia esistenza! – solo quando anche quelle parole fuoriuscirono dalle sue labbra, Narcissa si concesse di lasciar scivolare quelle due singole lacrime sul suo volto. E ad Allyson, quelle lacrime, fecero male.
Le fecero così male da indurre il suo corpo ad andarsene, le fecero così male da portare la sua mente a piangere insieme a lei.

Le fecero così male da distogliere lo sguardo.

Perché in quel momento, Narcissa le aveva mostrato tutto il suo dolore.

E lei di quel dolore, aveva paura.

Ne ebbe una paura così intensa da non riconoscersi neppure.

Perché il suo dolore era uguale al proprio.

Si ricordò di respirare solo quando i polmoni cominciarono a bruciarle per la troppa assenza di ossigeno.
- So di averti ferito, Lily, ma non mi pento di quello che ho fatto. – nel fervore di quella conversazione, non si accorse neppure di averla chiamata col soprannome che le aveva dato quando era poco più di una neonata.
La ragazza rialzò gli occhi di scattò.
- Lo rifarei altre dieci, cento volte. Non mi pento di averti abbandonato, perché so che la nella tua vita hai avuto persone che ti hanno amato, che ti hanno dato l’affetto che meritavi. E se io fossi stata tanto egoista da tenerti con me, avresti maledetto il giorno in cui sei nata!
Per la prima volta nella sua vita, la ragazza si ritrovò senza parole.
Si sentiva così vuota, così…priva di tutto, che non era neanche in grado di articolare un discorso, o di mettere insieme delle semplici parole.
- Ti ho portato nel mondo dei babbani, perché ero sicura che, se mai Lucius un giorno fosse venuto a conoscenza di te e avesse provato a cercarti, quello era senz’altro l’unico posto in cui non ti avrebbe mai trovata!
Ogni tassello del puzzle nella mente di Allyson lentamente tornava al suo posto, ma così lentamente che le faceva quasi del male.
- Ma è stato inutile. Ho fatto di tutto per nasconderti, ma la tua venuta qui ad Hogwarts ha… - si fermò prima di pronunciare quelle parole.
- Cosa? – finalmente la voce le ritornò. – Cosa? Il mio arrivo qui ad Hogwarts ha rovinato tutta la tua opera? – gridò. Ma la sua voce era debole, le sue parole erano intrise di lacrime che non voleva far uscire.
Nonostante le parole di Narcissa, Allyson non poteva fare a meno di sentirsi un’estranea quasi, un’intrusa, qualcuno che non sarebbe dovuto esistere, qualcuno che non avrebbe mai dovuto rivelarsi, ma restare sempre nascosto nell’ombra.
La donna sospirò, mentre gli occhi pizzicavano.
- Tuo padre è molto potente Allyson. Dopo la caduta di Tu-Sai-Chi la nostra famiglia ha perso prestigio, ma non più di tanto. Lui…è capace di fare cose che…che… - le sue labbra tremarono, ma lei se le morse per impedire di mostrare quella debolezza.
Allyson non capì quasi nulla, quel “Tu-Sai-Chi” l’aveva confusa alla grande, non capendo chi avrebbe dovuto sapere di cosa, ma il tono della donna era pieno di qualcosa di così cupo, che la ragazza capì che era un argomento che andava affrontato con calma e soprattutto non in un momento del genere.
- Ha saputo della tua esistenza, Lily! – esclamò infine disperata, rivelando quel segreto che si portava dentro da troppo tempo.
- Avevi detto che non… - rifletté confusa, anche se non era quella la questione che più la premeva.
- Infatti tuo padre non sa di te, Allyson; ma di sicuro lo sta scoprendo. – rispose in modo enigmatico. - Sapevo che l’arrivo di un nuovo studente ad Hogwarts lo aveva incuriosito, sapevo anche che rischiavo a venire qui, e che così si sarebbe insospettito ancora di più, ma…Ma non credevo che sarebbe mai riuscito a rimettere insieme tutti i pezzi!
- E allora qual è il problema?
Quando Narcissa rispose, Allyson non riconobbe la sua voce.
- Avevo una foto. Un'unica foto che ti avevo scattato quando eri ancora in fasce. Merlino, lo so che non avrei dovuto! Ma…volevo avere qualcosa di te da portare indietro…
La ragazza sentì un groppo in gola, che tentò di nascondere deglutendo la saliva.
- La foto è sparita. – chiarì Narcissa, massaggiandosi le tempie. – Me ne sono accorta solo qualche ora fa.
Sembrava avere un’aria così distrutta che Allyson per poco non provò pena per lei.
Avrebbe voluto darle forza, ma era lei la prima ad aver bisogno di forza. Sentiva il peso di quella distruzione pendere sopra di lei come una spada, pronta a colpire al minimo cedimento. Eppure una parte di lei finalmente capiva il motivo per cui Narcissa l’aveva abbandonata, o perlomeno si sforzava di capirlo. Pian piano le cose si chiarivano, tranne la figura di suo padre che rimaneva un punto interrogativo nella sua mente.
- Voglio incontrarlo. – proferì infine, con calma.
- NO! – esclamò Narcissa, immediatamente. – Non puoi! Devi essere messa al sicuro, non andargli incontro, non capisci che…
- Non voglio nascondermi per tutta la vita. Non lo farò. Voglio vederlo e basta, nient’altro.
- Non te lo permetterò, Lily. Anche se non vorresti, sono tua madre e ti impedirò di commettere il più grande errore della tua vita!
- Non puoi dirmi cosa fare. – ringhiò la ragazza, riacquistando il suo fervore.
- Perché? Perché vuoi incontrarlo? – chiese, alzando la voce di due o tre ottave.
- Perché non voglio vivere nella convinzione di avere paura di lui. Io non voglio avere paura, né di lui, né di nessun’altro.
Si fronteggiarono per qualche secondo, occhi negli occhi e non appena Allyson scorse una luce di cedimento nello sguardo della donna, riprese a parlare.
- Lui non può farmi niente. – disse sicura. Una sicurezza che non aveva, ma che nascondeva tutto il tumulto dentro di lei. – Lui…lui non ha potere su di me! – esclamò con più veemenza, mentre Narcissa la fissava come se la stesse compatendo.
- Anche Draco la pensava così… - bisbigliò.
- E’ diverso. – replicò, stavolta davvero sicura. – Tu e Draco avete vissuto con lui la maggior parte della vostra vita, che lo vogliate o no siete legati a quell’uomo. Io no. Sono cresciuta altrove, in un altro mondo, lui è mio padre solo per l’anagrafe.
- Non è come credi. Lui sa come far del male.
- Anch’io. – sibilò Allyson. Con voce così sicura e diretta che per un istante Narcissa credette di avere davanti a sé suo marito.
 
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- Ginny, zitta! – all’ennessimo ammonimento di Hermione, l’amica sembrò acquietarsi leggermente. Eppure qualche bisbiglio leggero sfuggiva alle sue labbra, senza che lei potesse impedirlo. Hermione per poco non le ficcò in bocca un pezzo di pane per metterla a tacere definitivamente.
- Shhh! Di questo passo lo sapranno tutti!
- Ma…ma…Hermione, come puoi dirmi…
- Abbassa la voce!
- Sì, sì, ok, ma come puoi dirmi di stare zitta dopo che tu mi hai dato una notizia così sconvolgente? A malapena sono riuscita a frenare la lingua durante le lezioni!
- Ginny, ci fissano tutti! – mentì Hermione.
- Ti rendi conto Hermione? Malfoy, cioè proprio proprio MALFOY! – a quell’esclamazione parecchie teste si voltarono interrogative verso le due ragazze che stavano mangiando. O perlomento Hermione si stava stranamente abbuffando di cibo, mentre Ginny continuava a parlare senza sosta.
- Ginevra Molly Weasley, chiudi il becco immediatamente!          
La rossa, a malincuore, serrò le labbra iniziando il suo pranzo, ma più che mai propensa a non lasciarsi sfuggire la conversazione e a riprenderla il prima possibile.
Dopo qualche minuto di silenzio, Hermione credeva davvero che avrebbe avuto pace, ma dopo aver finito di bere l’ultimo bicchiere di succo di zucca, la voce di Ginny fece capolino tra i suoi pensieri.
- E’ davvero così bravo a letto come dicono?
- GINNY! – diventò rossa all’istante, più rossa dei capelli dell’amica, sembrava che potesse scoppiare da un momento all’altro.
- Hei! È una domanda innocente!
- Io e Malfoy non abbiamo fatto proprio nulla! E non lo so se…se…se è bravo a fare quello che hai detto che sa fare. – incrociò le braccia al petto con un espressione solenne, anche il rossore non voleva sapersene di andare via dalle sue guance. – E comunque cosa ne pensa Harry delle tue domande innocenti? – le chiese Hermione con un’espressione vendicativa sul volto.
- Ma nulla…Forse è un tantino…infastidito…forse. – disse guardando in un’altra direzione.
- Mmm…ok…Farò finta di crederci... – rispose la riccia, osservandola in un modo leggermente inquietante. – Anch’io ho una domanda innocente da farti Ginny…Com’è Harry a letto? – sfoderò un ghigno made in Slytherin, tramutando il suo viso in un’espressione da cucciolo abbandonato. Hermione credeva che così avrebbe avuto la sua rivincita, ma non aveva tenuto conto che Ginny potesse prendere sul serio quella domanda e lanciarsi in una sfilza di dettagli su dettagli che avrebbe preferito non sapere mai.
 
 
Quando le due ragazze si alzarono dal tavolo (Harry e Ron erano stranamente assenti), si diressero entrambe verso il proprio dormitorio.
Per Hermione fu qualcosa di strano: da qualche giorno ormai era abituata a percorrere le strade dei sotterranei in compagnia di un certo furetto platinato, e anche se non lo avrebbe mai ammesso…ne sentiva la sua mancanza.
Appena formulato questo pensiero avrebbe voluto sbattere la testa contro il muro.
La rossa, che evidentemente si era accorta della sua espressione al limite della disperazione, si fermò a guardarla.
- Stai bene?
- Sì! – rispose prontamente la più grande delle due ragazze. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che qualcuno si accorgesse del suo stato d’animo e capisse i suoi sentimenti. Specialmente Ginny: era particolarmente brava a capire gli stati d’animo altrui.
Un minuto dopo la più grande delle due Grifondoro si ritrovò per terra, travolta da un groviglio di riccioli scuri.
- Ahi… - mormorò Hermione, massaggiandosi la testa.
- Scusa.
- Allyson! – esclamò, non appena riconobbe la voce dell’amica. – Dove stavi andando? – Subito dopo aver pronunciato la domanda, Hermione capì che avrebbe fatto meglio a stare zitta. Gli occhi della Serpeverde avevano assunto un stranissima tonalità tra il nero e il blu scuro, uno sguardo talmente cupo da metterle paura.
- All’appuntamento con Nott. – rispose Ginny, in direzione di Hermione.
- Eh? – chiese la Grifondoro, leggermente confusa.
- Eh? – chiese la Serpeverde, non capendo a cosa si riferisse.
Ginny strinse le spalle.
- Ho sentito dire in giro che Theodore Nott uscirà con te.
- E chi mai avrebbe detto un’idiozia simile? – sibilò Allyson, al limite dell’esasperazione.
- Non so. Ho detto solo quello che ho sentito…
Allyson fissò ancora la rossa, per capire se fosse sincera o no, quando poi si rese conto che c’era soltanto onestà e gentilezza nei suoi occhi, capì la situazione.
Sicuramente Nott le aveva fatto la stessa domanda che le poneva ogni santo giorno anche quella mattina quando si trovava in quello stato confusionale e lei, da brava idiota, aveva fatto bene a rispondere di sì, anche se non aveva la minima idea di cosa stesse parlando.
- Sì. – rispose molto lentamente. – Devo uscire con lui… - mentì, non avendo né la forza, né la volontà di spiegare dove realmente stava andando.
- Sono contenta che tu gli abbia dato una possibilità! – esclamò la strega dagli occhi dorati, guardandola affettuosamente.
- Già, anch’io. – rispose Allyson frettolosamente.
Hermione parve accorgersi di qualcosa che non andava e provò a carpire le emozioni della Serpeverde, non riuscendoci del tutto.
- E’ successo qualcosa?
Allyson la trafisse con il suo sguardo spaventoso. Quello che le rispose le fece paura. Non tanto per l’intensità del tono o per gli occhi vitrei; ma per le parole.
Perché erano parole vere.
- Ho scoperto cose che…avrei preferito non sapere. Cose che avrei dovuto sapere tanto tempo fa, e che ora non valgono più. Ora devo andare, non so quando torno. – senza più degnarla di un’occhiata, superò entrambe le ragazze, senza neanche guardarsi indietro.
Hermione aggrottò le sopracciglia e proprio quando stava per lasciar perdere con un’alzata di spalle, vide Narcissa che aveva uno sguardo che definirlo disperato sarebbe stato poco.
Fu allora che i pezzi cominciarono a riordinarsi nella sua testa.
Fu quando Narcissa la sorpassò, seguendo la Serpeverde che una,cento, mille lampadine si illuminarono nella sua testa. E fu quando la donna scomparve dalla sua vista, che cominciò a correre per cercare Draco, lasciando Ginny da sola.
 
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La strada che portava alla Biblioteca non le era mai sembrata tanto lunga; pareva che mano a mano che la percorreva si allungasse di fronte a lei, anziché accorciarsi. Aveva cercato Malfoy in Sala Grande, ma non era riuscita a trovarlo; ovviamente tutti i Serpeverde l’avevano presa per pazza quando aveva chiesto dove si trovava, ma poi Blaise le aveva riferito che era in biblioteca.
Continuò a correre nonostante sentisse i polmoni che le bruciavano e i muscoli che chiedevano pietà; ma a Hermione non importava.
Mille pensieri vorticavano nella sua testa e l’unica cosa logica che riusciva a identificare nella sua mente era questa.

Come ho fatto a non capire?

Tutti gli indizi erano sempre stati lì, davanti a lei. Ma non aveva voluto afferrarli.
 
Io non sono mai in ritardo, sono gli altri ad essere in anticipo.
 
Il rumore dei passi risuonava sulle nude pareti del corridoio.
 
Gli occhi identici, freddi, crudeli, ma dolci in profondità.
 
La strada sfrecciava sotto di lei.
 
Le lacrime di Narcissa.
 
La sua mèta si avvicinava sempre di più, ma ancora non l’aveva raggiunta.
 
Lo stesso ghigno, la stessa arroganza, lo stesso sguardo.
 
La biblioteca era di fronte a lei e con un ultimo scatto entrò.
 
Come ho fatto a non capire?
 
- Draco! – esclamò, ignorando la regola che vigeva sul “non alzare la voce”. La bibliotecaria l’ammonì immediatamente, ma la ragazza non la degnò della minima attenzione; era talmente presa dalla foga che non si era neanche accorta di aver chiamato il ragazzo per nome.
- Draco! – lo richiamò nuovamente, mentre respirava a fatica.
Arrivata nell’angolo più recondito della biblioteca finalmente trovò la persona che cercava.
- Draco. – mormorò appena, col fiato sempre più corto. Sentendosi chiamare, il Serpeverde si voltò e appena la vide, la guardò in modo strano. La ragazza non poté impedirsi di arrossire, di fronte al suo sguardo, ripensando a ciò che era successo quella mattina.
- Per Merlino, Mezzosangue! Ti ha investito un gufo?

Delicato come al solito…

Hermione, sebbene sapesse che il suo aspetto non fosse dei migliori (aveva attraversato a corsa tutta la scuola, prima di trovarlo), a quella battuta reagì come suo solito.
- Mai sentito parlare di tatto, Malfoy? – la voce non le uscì particolarmente acida e piena di scherno, ma piuttosto stanca e ansante.
- Beh…
- No! Non rispondermi! Non sono qui per litigare con te, anzi devo parlarti. È molto importante. – lo riprese immediatamente, sapendo alla perfezione che se si fossero lanciati nei loro soliti battibecchi, si sarebbe completamente dimenticata della questione per cui lo aveva cercato.
- Non sei venuta a parlarmi di quello che è successo stamattina, vero? – le chiese, con voce quasi timorosa.
- No, io… - si bloccò improvvisamente. – Perché, scusa, che male ci sarebbe se io volessi parlare di quello che è successo stamattina?
- Non vorrei che tu fossi una di quelle ragazze che dopo una cosa del genere credono di aver trovato l’amore della loro vita. – disse, ghignando come suo solito.
- Co…Assolutamente no! Credi di essere tanto importante, Malfoy? – sperò con tutte le sue forze che la voce le fosse uscita sicura e non tremolante. - E poi…e poi…
- E poi nulla, Granger. Ci siamo baciati, punto. Anzi, a dir la verità sei stata tu a baciarmi, devo dedurre che anche tu sei vittima del mio fascino…
- Ti piacerebbe, Malfoy! – incrociò le braccia al petto. – Si dà il caso che io ti abbia baciato solo per….per….per innervosirti! – mentì. – Anche se non ho ottenuto l’effetto che desideravo…
Un lampo di stupore attraversò quegli occhi grigi, prima di scomparire e lasciare il posto a un ghigno indifferente.
- Ho avuto slinguazzate migliori.
Merlino! Che…che modo schifoso di definire un bacio!, pensò Hermione, colpita da quelle parole.
Una tristezza profonda si fece strada nei suoi occhi, ma mai e poi mai avrebbe ammesso davanti a lui i suoi sentimenti.
- Idiota. – proferì infine.
- Zannuta.
- Furetto!
- Mezzosangue!
- Stronzo!
Quella serie d’insulti ebbe il potere di allentare la tensione che si era venuta a creare tra loro e di far dimenticare ad entrambi il luogo, la situazione e soprattutto il perché si trovavano lì, così quando Hermione aveva aperto le labbra per pronunciare l’ennesimo insulto, si sorprese di trovare Draco a pochi passi da lei.
- Piccola, riccia, scorbutica. – concluse Draco infine, avvicinandosi.
La ragazza, sentendo quei tre aggettivi, spalancò gli occhi, indignata.
- COSA? Non è assolutamente ve…
Draco non le fece finire il discorso, ma anzi la sovrastò in altezza, facendola indietreggiare.
- Perché? – mormorò, in modo appena udibile, poggiando una mano sul suo braccio, per fermarla e non farla sfuggire da lui. – Non sei piccola? – con le dita cominciò a disegnare piccoli disegni immaginari sulla stoffa del maglione della ragazza, mentre scendeva lentamente lungo tutto il braccio, facendola rabbrividire. Con l’altra mano, velocissimo le afferò un fianco e Hermione sussultò.
- M-Malfoy…
- Allora? Non sei piccola, Mezzosangue? – Sembrava che con le sue mani stesse memorizzando il suo corpo, ma solo dopo qualche minuto la ragazza capì. Stava percorrendo la sua pelle come per definire quanto fosse minuta, ma soprattutto adesso comprendeva il perché l’avesse sovrastata con la sua altezza. In quel modo appariva ancora più piccola di quanto non fosse.
Hermione mosse la testa come per dire sì, non trovando la forza per parlare.
Ma il ragazzo, anziché allontanarsi, intrecciò una mano tra i suoi riccioli scarmigliati e strinse con forza. La fitta di dolore che sentì Hermione fu insignificante di fronte a quella scarica che percorse il suo corpo, come se fosse stata su una sedia elettrica.
- E non sei riccia? – continuò il Serpeverde, apparentemente ignaro delle emozioni della Grifondoro, attorvigliandosi intorno al dito un ricciolo castano.
- Malfoy i-io… - avrebbe voluto dirgli di allontanarsi, ma in quel momento il volto di Draco si avvicinò al suo, zittendo ogni parola e ogni pensiero.
- Non sei riccia, Mezzosangue? – le mormorò all’orecchio, mentre la presa sui suoi capelli si rafforzava e le faceva spostare la testa all’indietro.
- S-sì. – soffiò, respirando velocemente.
Era come creta nelle sue mani, si sentiva sul punto di sciogliersi da un momento all’altro e qualunque cosa avesse in mente di dire, quando Draco la strinse ancora più saldamente, se la dimenticò.
- E non sei scorbutica? – soffiò sulle sue labbra. – Anzi, questo non te lo chiedo neanche. La risposta è abbastanza ovvia.
Hermione avrebbe anche replicato se non fosse stata così concentrata sul suo viso e soprattutto sulle sue mani che ancora stringevano una i suoi capelli e l’altra il suo fianco, mandandola a fuoco.
- S-sì, n-no, cioè… - le parole uscirono sconnesse, così come il suo respiro. Il suo viso ormai era irrimediabilmente rosso e non era per la corsa che aveva fatto poco prima.
- Sta zitta, Mezzosangue. – furono le ultime parole che disse prima di annullare tutte le distanze tra loro. La baciò, prendendola completamente alla sprovvista, con le labbra ancora socchiuse nel tentativo di articolare le parole, e Hermione sentì il respiro traditore di Draco entrare nella sua bocca, caldo e piacevole.
Spalancò gli occhi, mentre il suo corpo, senza che potesse fermarlo, aderiva a quello di Draco, e le sue mani, dotate del tutto di vita propria, si stringevano alle sue spalle.
Con il cervello completamente in pappa, la ragazza chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quelle labbra esperte che le facevano perdere completamente la ragione.
Un calore urticante impregnò completamente la sua pelle, la attraversò, la sorprese, la immobilizzò. Hermione sentì il sangue bruciare, i polmoni espandersi e ardere come fuoco. Quasi non riusciva a restare lucida, mentre sentiva la lingua di Draco che lambiva il suo palato, come se volesse risucchiarle l’anima. La mano del ragazzo allentò la presa sui suoi riccioli, per sfiorare la guancia: a contatto con la pelle bollente di Hermione, quella di Draco sembrava gelata.
- Sei calda… - sussurrò sulle sue labbra il Serpeverde. Non sembrava rendersi conto neanche lui delle parole che diceva. Hermione lo sentì a malapena, e quando Draco si riavvicinò alla sua bocca, le sembrò quasi di bere lui, la sua anima, le sue parole, il contatto fisico e gemette per il suo sapore e per quell’improvvisa attrazione che sentiva bruciare sulla pelle.
- La tua pelle è caldissima e morbida… - stavolta quelle parole risuonarono chiare nella mente della ragazza e le provocarono una sferzata di piacere, ma anche di paura per quello che stava provando. Le sue mani scivolarono dalle spalle, fino al suo petto duro come una roccia.
E lo sentì.
Lo percepì chiaramente sotto le sue dita, nelle sue orecchie, dentro di sé.
Il suo cuore.
Il cuore di Draco che batteva furioso nel petto.
Correva e batteva sempre più veloce, sotto le sue dita.
Il respiro le si mozzò in gola e allontanò il suo viso da quello del Serpeverde.
Lo guardò con gli occhi lucidi, con gli occhi così grandi e aperti che da intenerire anche una pietra.
Lo fissò con lo sguardo di una bambina che si sveglia la mattina di Natale e scopre che Babbo è arrivato.
- Ma…cosa state facendo?! – esclamò una voce alle loro spalle.
 
 
_______________________________________________________________________________________________________________
 
 
Ore dopo.
 
 
 
 
CRASH!

- Ehm…Allyson, forse dovresti…

CRASH!

- …Uhm…Ok, forse no, ma…

CRASH!

- No, ferma, aspetta!

CRASH!

- Forse dovresti calmart…

CRASH!

L’ennesimo oggetto che sfortunatamente si era ritrovato tra le mani della bella Serpeverde, finì contro il muro, andando a fare compagnia agli altri. Non stava mirando a qualcuno in particolare, cercava solo di sfogare la sua rabbia, anche perché se non l’avesse fatto, avrebbe sicuramente ucciso qualcuno.
- Calmarmi, Hermione?! CALMARMI?!? Se era una battuta non mi ha fatto per niente ridere!

CRASH!

- Allyson, non ci capisco più null…

CRASH!

Per un soffio Hermione schivò un libro che si andò a infrangere contro il vetro dietro di lei. Probabilmente Allyson non aveva davvero intenzione di colpire l’amica, ma la rabbia la rendeva totalmente cieca, talmente tanto da non riuscire a preoccuparsi di non far del male alla Grifondoro.
Hermione, più confusa che mai, si abbassò per schivare l’ennesimo oggetto che volava dall’altra parte della stanza.

CRASH!

La Grifondoro era tornata al suo dormitorio, con l’intento di seppellire la testa sotto il cuscino e di non farsi più vedere in giro fino alla fine dei suoi giorni. La “voce” che aveva colto lei e Draco in un momento che si potrebbe definire inopportuno, ad altri non apparteneva che alla professoressa McGranitt. Alla povera donna era quasi venuto un infarto, quando li aveva scoperti nella loro attività decisamente fuori dal normale e stavolta anche le guance di Draco si erano imporporate di un leggero rossore, che gli aveva dato un colorito umano. Hermione si era sistemata alla bell’è meglio, tirandosi giù il maglione (che non si era accorta essersi alzato) e tentando di non svenire, mentre la sua professoressa preferita li guardava spaventati come se fossero due alieni che avevano preso il posto dei due veri ragazzi.
Alla fine la Professoressa McGranitt aveva recuperato il contegno e riferito che avrebbe voluto vederli il giorno dopo nel suo ufficio. Appena se ne era andata, Hermione si era immobilizzata e dopo qualche minuto di trance aveva preso a gridare cose senza senso e se non fosse stato per l’intervento di Draco che l’aveva trattenuta, avrebbe sbattuto più che volentieri la testa contro il muro.
Tornata nel suo dormitorio, ignorando le parole di Harry, Ron e Ginny, si era rifugiata nella sua stanza, maledicendo in tutte le lingue che conosceva quel maledetto furetto che le aveva fatto perdere di lucidità. L’aveva baciata a tradimento! E la professoressa, cavolo! Poteva almeno farli finire di baciarsi…
Poteva sembrare un controsenso, ma a Hermione la sua logica parve impeccabile.
Purtroppo non era potuta stare tranquilla per tutta la giornata, perché, sebbene avesse detto ai suoi migliori amici che voleva stare da sola, circa due ore dopo, Allyson era entrata nella sua stanza (Harry, Ron e Ginny erano rimasti terrorizzati dalla sua espressione e l’avevano lasciata passare) con uno sguardo così calmo da parere inquietante. La Serpeverde non aveva detto una parola, ma si era limitata a fissarla, mentre ruotava in tondo facendo quasi un solco sul pavimento su cui stava camminando.
Appena Hermione aveva aperto bocca, Allyson sembrava aver riacquistato l’uso della parola e come se fosse stata una bomba a orologeria, si era messa a gridare e a maledire chiunque in tutte le lingue che conosceva. Hermione aveva afferrato poco o nulla. Non contenta della sua voce più alta di tre ottave, la Serpeverde poi aveva preso a lanciare contro il muro tutto ciò che le capitasse a tiro.

CRASH!

Le uniche parole che la Grifondoro aveva compreso erano state “bastardo”, “imbecille”, “matrimonio”, “fuori di testa”, “figlio di…(meglio non continuare).

CRASH!

- Se lo avessi tra le mani lo ammazzerei, lo farei a fette! Anzi, prima gli toglierei tutta la pelle, poi lo farei a fette e lo cucinerei vivo!

CRASH!

- Allyson, uhm…mi stai distruggendo la stanza… - Hermione stessa non era molto convinta di quelle parole, sia perché poi con un incantesimo “reparo” avrebbe risolto tutto, sia perché non le sembrava una buona idea parlare con la Serpeverde in quel momento.
- Ma come può? Dico, COME ANCHE SOLO PUO’ PENSARE UNA COSA DEL GENERE?!? Quello…quello stronzo, io…io…argh!

CRASH!

- Allyson, mi spieghi cosa è succ…

CRASH!

- E poi ha avuto pure il coraggio di chiedermi il “perché”! Ti rendi conto Hermione, mi ha chiesto PERCHE’! Come se per lui sposarmi a sedici anni fosse una cosa del NORMALE, no? HA AVUTO ANCHE IL CORAGGIO DI DIRMI CHE NON GLI INTERESSAVA LA MIA OPINIONE!! Ah, ma io lo ammazzo, anzi lo Crucio per bene e poi TU… – puntò un dito contro Hermione. - …Mi insegnerai la maledizione dell’Avada Kedavra.

CRASH!

- Allyson, per l’amor del cielo! Cosa diamine…

CRASH!

- E io allora che potevo fare? L’avrei dovuto uccidere subito?!? Sì, forse era la soluzione migliore! Quel BASTARDO! Ma siccome sono troppo BUONA di cuore, ho deciso di farlo vivere per i POCHISSIMI ANNI che gli restano e gli ho detto che sono già impegnata e ho sbattuto la porta prima che dicesse qualcos’altro e mi facesse andare FUORI DI TESTA, più di quanto non lo fossi già!

CRASH!

- Tu gli hai detto di essere impegnata? Ma…a chi? – Hermione, per quanto fosse intelligente non riusciva ad afferrare la logica della Serpeverde.

CRASH!

- Non me lo nominare, Hermione! NON NOMINARLO!
- Ma io non ho nominato nessuno!

CRASH!

Hermione cercò di collegare i pezzi tutti insieme.
Aveva capito che Draco e Allyson probabilmente erano parenti se non addirittura qualcosa di più stretto e aveva compreso che Narcissa doveva essere il loro punto in comune, ma… Il comportamento di Allyson non riusciva a capirlo!
- Cioè, io vado lì per conoscerlo, per capire che persona è e quello stronzo che OSA DIRMI CHE PER AVERE RICCHEZZE PIU’ INGENTI MI FARA’ SPOSARE UN PERFETTO SCONOSCIUTO CON CHISSA’ QUANTI ANNI PIU’ DI ME!

CRASH!

Purtroppo per Allyson gli oggetti da rompere erano finiti e dopo uno sbuffo degno di un rinoceronte, lascio cadere le braccia e fissò Hermione rossa in viso con gli occhi spalancati di rabbia. Solo in quel momento probabilmente si rese conto che la Grifondoro non sapeva di cosa stesse parlando.
Prendendo un lungo respiro per calmarsi, Allyson si sedette a gambe incrociate sul pavimento, fissando per terra.
- Uhm…Allora…Tu hai detto a chi che sei già impegnata?
- A un uomo che non si può definire con la parola padre e nemmeno con la parola genitore.
- Ok, quindi tu hai detto a tuo padre che sei fidanzata? – nonostante Hermione non avesse compreso granché bene la situazione, cercava ugualmente di mettere insieme i pezzi.
- Ci senti, Hermione? NON E’ MIO PADRE! Gli ho detto quelle cose perché quel bastardo voleva farmi sposare uno sconosciuto! Ma ti rendi conto? Mi conosce da due giorni e voleva…aaaargh! Io lo ammazzo, giuro che…
Hermione, confusa come mai in vita sua, la interruppe.
- Scusa ma…dove lo trovi un fidanzato?
- Non lo so, Hermione! Non. Lo. So! Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente!
La Grifondoro aggrottò le sopracciglia, pensierosa.
- A dire il vero qualcuno potrebbe esserci. – rispose enigmatica.
- Dove?
- Forse qualcuno c’è!
- Qualcuno è dove?
Hermione sbuffò.
- Forse so chi può far finta di essere il tuo fidanzato! – esclamò.
Allyson la fissò come se fosse una specie strana, qualcosa a metà tra un ibrido e un umano.
- Dimmi che non pensi chi io pensi che tu stia pensando.
- Ehm…Tu a chi pensi?
- Cosa? Assolutamente no! No, no, no, no, no e ancora no!
- Ma…
- No, no, no, no, no!
- Ok, forse…Che ne dici di raccontarmi tutto dall’inizio, Allyson? – chiese nel modo più pacato possibile.
La Serpeverde continuò a guardarla, anche se stavolta nel suo sguardo c’era qualcosa di diverso.
- D’accordo. – mormorò a voce bassa, prima di iniziare a parlare.
 

 
 
 

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Salve a tutti stupendi lettori!
Sono appena tornata dalle vacanze, e posso aggiornare soltanto adesso. In Puglia la connessione facendo a dir poco schifo, motivo per cui posto così tardi.
Maaa ho aggiornato oggi per un motivo!
Ebbene udite udite, signori e signore……E’ IL MIO COMPLEANNO!        
Oggi compio ufficialmente 17 anni! Sono entrata nell’anno della sfiga! XD
Mi lasciate una piccola recensione per regalo? (Vi prego, ditemi di sì…)
Comunque passiamo al capitolo.
1. Finalmente si è scoperto chi è il padre di Allyson! Non so se siete rimasti delusi o no, però avevo già deciso che fosse così fin dall’inizio e non potevo cambiarlo…So che qualcuno finalmente sta gongolando per la scoperta e spero che non mi uccida per il ritardo :)
2. Il capitolo è diviso in due parti, nel prossimo leggerete l’incontro tra Allyson e Lucius. Vi assicuro che sarà un vero e proprio putiferio xD
3. Avrei voluto aggiornare oggi anche “
Never Let Me Go, ma ho perso tutto il capitolo! Non ho idea di come abbia fatto, mi mangerei le mani da sola, se non mi servissero per scrivere! Ho sbattuto almeno un migliaio la testa contro il muro, mi sono punita da sola (meglio di Dobby…) ù.ù
4. La scena tra Draco e Hermione NON era premeditata, ma ormai quei due fanno tutto di testa loro e io non riesco più a controllarli! Spero che sia stata gradita dai fan della coppia!!! :D
5. Ringraziamenti: Grazie a tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate o anche a chi legge in silenzio. Ma un GRAZIE enorme  a quelle 7 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: _Crizia_, Black_Yumi, Harry Potterish, Slytehrin_Ss, april93, Roby_Aladimpa e True Love. Non avete idea di quanto mi faccia piacere leggere i vostri commenti. Grazie ragazze, grazie di cuore ^___^
A presto,
flors99 (che finalmente ha compiuto 17 anni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!)

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Capitolo 19
*** Father (Second Part) ***


- Sì, Hermione, sì! – nonostante tutta la convinzione della sua voce, di fronte alla faccia sconvolta della Grifondoro, Allyson perse un po’ della sua sicurezza.
- …… -
- Hermione, che diamine, non fissarmi così! Sono sempre io!
- …… -
- Posso capire che la notizia ti abbia un po’ sorpreso, ma non capisco il perché di una reazione tanto esagerata!
- …… -
- Anzi, non capisco il perché di questa tua non-reazione! Mi guardi con la faccia di un pesce lesso!
- …… -
- Insomma, non sei per nulla d’aiuto! Sono io quella che dovrebbe essere sconvolta, no? Ma si può sapere che ti è preso? Ma…mi ascolti? Hermione? Hermione?!
Allyson, ormai sull’orlo di una crisi di nervi prese a scuoterla, per farla riprendere; difatti la Grifondoro era rimasta a bocca aperta e ad occhi spalancati per un’infinità di tempo, così sconvolta da non riuscire neppure ad articolare le parole in un discorso logico.
- Tu dovresti aiutare me! Non il contrario! – sbottò la Serpeverde, chiedendosi se avrebbe dovuto trascinare di peso la ragazza fino in Infermeria oppure farla rinvenire in modo poco ortodosso.
A quelle parole Hermione sembrò riscuotersi, e dopo un ripetuto sbattimento di ciglia, tornò ad assumere un’espressione quasi del tutto normale.
- Quindi…Narcissa e Lucius sono i tuoi genitori?
Ma perché continua a chiedermelo?– si domandò Allyson, sconfortata, ormai del tutto certa dell’insanità mentale della Grifondoro.
- Si può sapere cosa c’è che ti sconvolge tanto? Forse il fatto che non te l’aspettavi? Beh…neanche io se è per questo! O forse il fatto che il furetto che tu odi con tutto il cuore sia mio fratello?!
Il viso di Hermione assunse chiazze rossastre a quell’affermazione. Sia per la piccola imprecisione nella frase di Allyson, non è che odiasse Draco Malfoy, anzi…Non aveva proprio la più pallida idea di cosa provasse in sua presenza, ma decise di tenere la bocca chiusa e di non convolgere Allyson nel putiferio che era scoppiato nella sua mente da parecchi giorni; sia perché era arrabbiata con se stessa per non essere riuscita prima a capire il legame che c’era tra Allyson e Draco.

Merlino, hanno gli stessi occhi!

Hermione sapeva bene che quando due persone hanno due occhi così rari e unici, o sono padre e figlio, oppure sono fratelli. Nonostante ne fosse a conoscenza, non le era mai passata per la testa quell’eventualità e non poteva fare a meno di crucciarsi per tutta quella sua distrazione.
- Uhm…No, no, io non sono sconvolta… - all’occhiataccia che le rivolse la Serpeverde, si corresse. - ….Cioè…Forse un po’…No, insomma…è che sono sorpresa! Non…non avevo mai pensato all’eventualità che tu e Draco foste fratelli! Mi fa…strano! – almeno quello era vero.
- E LO DICI A ME?! – persa ormai la pochissima pazienza (appena ritrovata tra l’altro), Allyson era già sul punto di alzarsi in piedi e di riprendere a lanciare oggetti contro il muro, ma Hermione la trattenne per un braccio.
- NO! Non distruggermi la stanza un’altra volta! Non…Non arrabbiarti, su! – le diede un’impacciata pacca sulla schiena che ebbe soltanto il risultato di far innervosire ancora di più la Serpeverde. – Ehm…Perché…non finisci di raccontarmi quello che stavi dicendo? – tentò di sviare il discorso, avendo notato l’occhiata leggermente folle e alquanto arrabbiata dell’amica.
- Mh. – borbottò semplicemente Allyson, storgendo le labbra, per poi socchiuderle e riprendere il suo racconto.
 
 
 
 
Quando Allyson si ritrovò materializzata davanti al cancello di Malfoy Manor, credette che avrebbe buttato fuori tutto quello che aveva mangiato quel giorno, ovvero poco e nulla, da tanto che era la nausea che le attorcigliava lo stomaco.
Deglutì tre o quattro volte, portandosi una mano sulla bocca, evitando persino di respirare, finché la vertigine non passò, lasciandole però lo stesso un senso di malessere sulla pelle. Storse il naso, confusa.
- Le prime volte è normale. – la informò Narcissa, come se quelle parole potessero farla sentire meglio.
Allyson non rispose, un po’ perché non aveva intenzione di rivolgerle la parola, un po’ perché avvertiva ancora la nausea e non sapeva se sarebbe riuscita a contenerla se avesse cominciato a parlare.
- Sei sicura? – con quella semplice domanda, Narcissa riuscì a farla vacillare. La giovane Serpeverde lesse una muta supplica, all’interno di quello sguardo blu e se per un attimo la ragione le suggerì di darle ascolto, un secondo dopo scosse la testa per quello stupido pensiero, e annuì convinta.
La donna sospirò rassegnata, con uno sguardo addolorato: se fino a quel momento aveva nutrito la piccola speranza che la ragazza si tirasse indietro, adesso era più che certa che non lo avrebbe fatto. D’altronde avrebbe dovuto aspettarselo. Non appena l’aveva vista aveva compreso quanto quella ragazza potesse essere testarda e determinata, carattere che, a malincuore, dovette ammettere somigliare molto di più a quello di Lucius piuttosto che al suo.
Nessuna delle due disse più niente, fino a che, una volta varcati i cancelli del Manor, non si ritrovarono di fronte alla gigantesca dimora. Allyson non potè trattenersi dallo schiudere le labbra in un’espressione di muto stupore, dopo aver osservato l’immensità e l’estensione del castello.
- Chissà quanti soldi hanno scucito… - mormorò, sovrappensiero.
Narcissa la guardò confusa.
- Non abbiamo cucito o scucito nulla. – ribatté, con un’espressione accigliata.
Allyson piegò leggermente le labbra.
- E’ solo un modo di dire… - chiarì, alzando le spalle, indifferente alla sua replica. Ma la sua espressione un attimo dopo si era già indurita, lo sguardo si era fatto più freddo. – Che si usa tra noi… - aggiunse con una punta di veleno tra le parole.
Non disse “tra i babbani”. Non disse neppure “tra loro”.
Tra noi.
Un mondo dal quale Narcissa era esclusa, una distanza insormontabile, troppo lunga e difficile per poter essere accorciata o anche solo percorsa. E di questo, Narcissa, non poteva fare a meno di incolpare lei stessa e di rendersi conto di quanto male le avesse causato, che quella freddezza, quella riluttanza nei suoi confronti non erano altro che una naturale conseguenza per la sua azione avventata. 16 anni fa non aveva avuto dubbi ad abbandonarla, e probabilmente non ne avrebbe avuti neanche adesso: le sue motivazioni le erano parse giuste, comprensibili.
Le sue motivazioni le parevano giuste anche in quel momento.
Ma non lo erano. Non lo erano state mai.
 
 
- Ma sei impazzita? – esclamò Hermione, con incollerita.
- Ch…
- Narcissa per tutto questo tempo ti ha protetto e tu sei andata a casa della persona da cui volutamente eri stata proprio allontanata? Tua madre ha fatto di tutto per te e tu … - le puntò un dito accusatore contro, pur sapendo che non era affatto una buona idea attaccarla in quel modo. - …non hai avuto la forza per perdonarla, per stupido orgoglio?! E poi sei stata avventata ad uscire dalla scuola! – parlò, senza neanche dare il tempo ad Allyson di replicare. - Se ti fosse successo qualcosa? Se tuo padre avesse davvero voluto farti del mal…
- Ascolta Hermione. – sibilò la Serpeverde con un tono così freddo da abbassare la temperatura della stanza. I suoi occhi si fecero neri. Così neri da riuscire a bloccarle il respiro per tutto quello che dentro vi era celato e che per la prima volta ne assaporava la portata. – Ascolta bene perché lo dirò l’ultima volta: Non. È. Mio. Padre.
- Sì, ma… - replicò, poco convinta di fronte al suo sguardo.
- Sì niente, un cavolo! – soffiò crudelmente, con una rabbia e un disprezzo senza pari fuoriuscito insieme alle parole. - Non voglio mai più sentirti pronunciare una cosa simile, chiaro?
Da degna e orgogliosa Grifondoro per la quale era rinomata, di fronte ad un tono tanto maleducato e un timbro così alto, Hermione era sul punto di rispondere per le rime, nonostante la persona di fronte a lei fosse qualcuno a cui teneva e che considerava amica; ma un secondo primo di aprire la bocca per parlare si accorse del tremolio delle mani affusolate di Allyson, si accorse di come il suo corpo fosse rigido e tutt’altro che rilassato. Sembrava si stesse sforzando, cercando di trattenere quella forza che scalciava per uscire e che probabilmente, se fosse davvero uscita, avrebbe causato gravissimi danni.
- Seconda cosa: Narcissa può anche avermi protetto o cercato di farlo a modo suo, ma io….non posso perdonarla. E non si tratta di orgoglio! Non c’entra niente, NIENTE! – gridò con le tempie che martellavano e il respiro corto. Si impose di calmarsi e alzandosi in piedi, prese a girare in tondo, in un punto indefinito della stanza, sfogando così una piccola parte del suo malumore e del suo malessere.
- Non ce la faccio! Non ci riesco, ok? – riprese dopo qualche secondo. - La persona che avrebbe dovuto essere mia madre, la persona che avrebbe dovuto abbracciarmi quando ne avevo bisogno, quella che avrebbe dovuto consolarmi durante i miei pianti, quella persona mi ha abbandonato! E … se io non fossi venuta qui a Hogwarts, probabilmente non mi avrebbe mai cercato. Mai.
Hermione la guardò apprensiva, di fronte al suo sfogo, rendendosi conto di aver usato delle parole completamente sbagliate e che avrebbe fatto meglio a non aggiungere altro.
- Mi sento un’estranea Hermione. – confessò infine. – Guardo quella donna e…e non sento niente. Niente che si possa associare a qualcosa di positivo: non sento il bisogno di starle accanto, non sento il conforto che lo sguardo di una madre dovrebbe dare, non…non c’è nulla. Nulla. – mormorò infine, fissando il pavimento sul quale si risedette.
- Allyson, io credo che…che sia normale. Avrete…avrete tutto il tempo per…recuperare ciò che non c’è stato tra voi, penso che…
- Hermione, non credo che tu possa capire. – la interruppe. – Il tempo che ci rimane non basta, non basterà mai.
- Allyson perché… - con un’occhiata secca, la Serpeverde la interruppe nuovamente. Quello che lesse nel suo sguardo spaventò Hermione: sembrava che dovesse confessare qualcosa e che nella sua testa si agitassero due opposti pensieri.
- Quando ero piccola e facevo un incubo… - cominciò Allyson a raccontare, quasi sovrappensiero. - …i miei genitori per farmi stare meglio mi raccontavano le favole finché non chiudevo gli occhi. Era bellissimo ascoltare la loro voce…A volte facevo anche finta di spaventarmi, solo per sentirli parlare…Quelle favole, Hermione, quelle emozioni felici, gli occhi di mio padre e di mia madre mentre leggevano le pagine…sono qui. Sono nel mio cuore. Sono ricordi che conservo come una delle cose più preziose che ho. Capisci cosa voglio dire, Hermione? È tardi per quelle emozioni, è tardi per avere dei nuovi ricordi. Non c’è più tempo per me e Narcissa, l’ho capito quando…quando mi ha detto di volermi tenere lontana nonostante sapesse tutto quello che ho passato, l’ho capito quando mi ha guardato e mi ha detto che sarei dovuta rimanere al sicuro, lontana da lei, lontana dal mio vero mondo, che non ho mai avuto la possibilità di vivere appieno. Lontana, Hermione, fuori dalla sua vita… - sussurrò.
 
Passiamo tutta la vita a cercare qualcosa, a desiderare qualcosa. Passiamo gran parte della nostra esistenza rivogendo i pensieri in sentieri proibiti, in segreti nascosti nel cuore, in emozioni seppellite sotto maschere e polvere ormai dimenticate. E spesso quando troviamo quel qualcosa da noi tanto agognato siamo portati a chiederci il motivo di tanto affanno per raggiungere quello scopo, che sembra vanificare i nostri sforzi di fronte alla sua insignificanza.
Siamo portati a chiederci perché a volte, spendi la tua vita per qualcosa per cui alla fine scopri che non vale la pena di lottare.
 
- Credevo…che…quando avessi incontrato la mia vera famiglia, la mia vera madre…credevo…che avrei sentito qualcosa, che…sarei stata felice, completa… - gli occhi vacui, incolori, spenti. Hermione avrebbe dato qualunque cosa per non dover vedere quella sofferenza malcelata. - Non ho provato nulla, Hermione, solo il sollievo per quella bugia rimasta sepolta troppo a lungo, solo la temporanea speranza che potessimo ricominciare, ma che quella donna ha spezzato dicendomi di stare lontana….E poi…e poi ho sentito solo…dolore. – concluse con gli occhi velati. – Un fottutissimo dolore che mi ha fatto credere di morire in quell’esatto momento.
 
 
Il cigolio della porta non lo udì nemmeno. Sentiva solo un ghiaccio urticante impregnare la sua pelle, brividi freddi che la percorrevano mentre con una mano spingeva quel grande portone, un’attanagliante paura che l’aveva colta all’improvviso dopo che si era davvero resa conto del luogo in cui si trovava e del perché fosse lì. Poteva percepire la stessa identica sensazione provenire da Narcissa, che, nonostante non dicesse niente e non azzardasse nemmeno a respirare, emanava una tale paura da passargliela. Una fredda, cieca, temuta, paura.
All’improvviso anche l’ansia bussò alla porta della mente di Allyson.
- Come…mi presento? Lui…che…Lui non sa che… - odiava sentire le parole che uscivano sconnesse dalle sue labbra, detestava il suo respiro accelerato da quella fredda paura, si stava odiando per quelle sensazioni gelide che non volevano saperne di abbandonarla.
- Non preoccuparti di questo. Ormai ha scoperto tutto. – chiarì Narcissa, scuotendo la testa.
- Come fai a saperlo?
La donna la fissò in modo indecifrabile.
- Credimi: non vuoi che davvero ti risponda.
Allyson non ebbe nulla da ridire.
Con uno sforzo di coraggio entrò, con la figura di Narcissa che la seguiva. Una presenza che stranamente non la infastidì.
 
 
Con una mano incerta, Hermione tentò di accarezzarle una spalla, dandole qualche colpetto per riuscire a farla stare meglio. A dir la verità quelle impacciate pacche sarebbe state più utile a far fare un ruttino alla Serpeverde, piuttosto che a consolarla. Hermione non aveva idea di come si potesse consolare una persona: meno che mai qualcuno come Allyson, per niente incline a gesti d’affetto e il cui sguardo marmoreo la faceva rabbrividire.
- Mi dispiace…per quello che hai passato. – ed entrambe sapevano che la Grifondoro non si riferiva solo alla storia di Narcissa, ma anche al suo passato; nonostante Allyson non avesse accennato alla morte di sua madre, Hermione aveva compreso quello sguardo di perdita mentre ricordava i suoi genitori adottivi e anche se non poteva sapere alla perfezione tutto ciò che era successo, poteva immaginarlo e non passava istante in cui non si chiedesse come potesse Allyson portare dentro di sé tanto dolore, senza parlarne mai con nessuno.
- Sfogati, Allyson. Credo che…che ti farà bene.
Senza guardarla negli occhi, la Serpeverde riprese a parlare.
 

Era difficile trovare un nome unico per tutte quelle sensazioni che intingevano la sua pelle, era quasi doloroso cercare di dar loro un senso o qualcosa che si avvicinasse alla concretezza. Faceva male persino guardare: ovunque posasse gli occhi, restituiva lo sguardo solo una casa spoglia, fredda, crudele. Un meraviglioso castello, ma che era più portatore di paura piuttosto che di bellezza. Non una sola parte di quella dimora poteva essere considerata insignificante: anche i più piccoli dettagli conferivano prestigio all’ambiente, ogni più piccola cosa sembrava essere di valore e assumere una regalità senza pari. Nonostante questo Allyson non poteva fare a meno di pensare che avrebbe preferito mille volte vivere in una quallida stanza, sporca e piccola, ma confortevole, presente, vissuta. Ovunque si soffermasse notava qualcosa che le faceva venire i brividi su tutta la colonna vertebrale; perfino sentire i suoi passi era qualcosa d’inquietante, i suoni echeggiavano in quel luogo tetro, silenzioso, che nascondeva anni e anni di segreti e bugie.
Deglutendo si soffermò sulla figura di Narcissa che le stava facendo strada: per un attimo si chiese come avesse potuto passare la sua vita in un posto del genere, come avesse fatto a sopportare quella sensazione viscerale di paura che la intrappolava e non le lasciava via di scampo.
- Sei ancora in tempo. – bisbigliò Narcissa, a voce bassissima, fermatasi davanti alla porta di una stanza, dalla quale filtrava una lieve luce dorata.
Entrambe sapevano che mentiva: ormai era tardi per fare marcia indietro, ma il solo fatto che la donna ancora una volta avesse tentato di dissuaderla dal suo intento le scatenò emozioni diverse. Se da una parte provò gratitudine per quella tenacia e solerzia con cui cercava di impedirle di farsi del male, dall’altra provò l’esatto opposto. Una sorta di repulsione verso quell’affetto che le stava donando, per quello sguardo damadrecon cui la fissava, come non aveva il diritto di fare.
- È tardi ormai. – rispose inflessibile.
Ed era vero.
Era tardi per tornare indietro.
Era tardi per loro.
Era tardi e il tempo non sarebbe mai stato recuperato con niente.
Il tempo passa e non si volta mai indietro.
 
 
- E…com’era?
- Cosa?
- Tuo p…Insomma…Lucius. Ci hai parlato? Che ti ha detto? Aveva ragione Narcissa? Oppure…
Allyson strinse le mani in un pugno.
- Te l’ho detto prima, Hermione. Non mi stavi ascoltando?
- No……cioè, sì…ti ascoltavo, ma……non ho afferrato granché, ero troppo impegnata a non farmi colpire dai miei oggetti che tu lanciavi per la mia stanza e che sono stati fracassati contro il muro.
- Mh. – borbottò la Serpeverde consapevole che prima o poi avrebbe dovuto scusarsi per essere irrotta la camera come una furia e averla ridotta in uno stato a dir poco pietoso.
- Mihadettochemiavrebbefattosposareunosconosciutoperaverericchezzepiùingenti. – mormorò, mentre la rabbia cominciava a farle di nuovo formicolare le mani.
- Oh…comprendo.... – rispose la Grifondoro. – Non ho capito nulla. – aggiunse qualche secondo più tardi.
- Mh…
 
 
 
- Sei sicura che vuoi parlare con lui da sola? – Allyson non aveva avuto dubbi sulla questione. Se davvero quell’uomo era la causa del suo allontanamento, voleva affrontarlo senza barriere, senza aiuti, senza dover ringraziare qualcuno per il sostegno. Voleva affrontarlo da sola, come se fosse una sfida: liberarsi di quella bugia sepolta tra i sospiri del silenzio, con le sue sole forze. Sfidarlo ad occhi aperti, da sola. Per questo si avvicinò alla porta, senza la precedente insicurezza, con uno sguardo determinato e forte, anche se vi si poteva scorgere una patina di timore.
“Ti voglio bene”
Narcissa non lo disse ad alta voce. Non disse niente finché Allyson non l’affiancò per poterla superare ed entrare nell’ufficio, dove, dopo che le era stato riferito da Narcissa, sapeva trovarsi Lucius.
Quando furono ad un passo di distanza, la donna si allontanò da lei, consapevole della volontà di Allyson di starle lontana e di non volerla sfiorare minimamente; ma lo fece con uno sguardo così addolorato che la giovane Serpeverde spostò lo sguardo, a disagio per la prima volta nella sua vita.
“Ti voglio bene” Glielo disse così. A mezza voce. Con le labbra strette, ma piene di quella stessa verità che non voleva saperne di uscire fuori.
Glielo disse così. Con gli occhi vuoti. Vacui, ma in fondo con una patina di forza racimolata, così debole da poter essere spazzata via in un misero istante.
Glielo disse così.
Come solo una madre può fare.
Allyson entrò.
Chiudendosi il passato e il tempo alle proprie spalle.
 
La prima cosa che notò furono i numerosi pregiati libri posti nella libreria di fronte a sé, una visione che da una parte la rassicurò, rendendole l’ambiente leggermente più tollerabile e meno pesante di quanto già non fosse. Riuscì a scorgere qualche titolo dei tomi più importanti e che occupavano maggiore spazio negli scompartimenti e si riscoprì piacevolmente sorpresa nell’accorgersi che molti di quei titoli le suonavano familiari. Probabilmente li aveva letti a scuola e il fatto che ci fosse qualcosa che lei conosceva e che poteva comprendere, riuscì a restituirle un po’ di quella forza che le era stata sottratta mentre percorreva i corridoi del castello.
 
La seconda cosa che Allyson notò fu come quella stanza fosse diversa da tutte le altre che aveva intravisto in quella dimora: forse la luce chiara e invadente che scorgeva dalle finestre aperte, forse la lussuosità degli oggetti, ancora più raffinati di quelli visti in precedenza, forse la maledetta sensazione di paura che sentiva nelle viscere, anche se leggermente smorzata, forse la consapevolezza di trovarsi in un luogo riservato, a cui a quasi nessuno era concesso di entrare, un luogo in cui non sarebbe mai dovuta entrare; oppure il semplice fatto di trovarsi di fronte alla ragione per cui era stata allontanata: forse per tutte queste cose insieme, fatto sta che Allyson in quell’istante si sentì più vulnerabile che mai. Vulnerabile e debole come non era mai stata e come non credeva potesse mai essere: si sentiva come una matrioska, come se avessero scoperchiato a forza tutte quante le statuine, fino a lasciare soltanto l’ultima, la più piccola, la più indifesa, la più vulnerabile. Fino a lasciarla sola di fronte alla sua paura.
 
La terza cosa che notò fu lo riscoprirsi incapace di parlare o di spostare gli occhi sulla figura, che, sapeva, la stava squadrando facendole una radiografia. O magari anche due.
Il respiro ansante nel petto si fermò completamente, lasciando i polmoni vuoti e privi di ossigeno: le labbra non accennavano a schiudersi e il suo sguardo perennemente fisso ad osservare le più piccole sfaccettature della stanza, senza mai azzardare a fermarsi su diò che le interessava davvero. La sensazione di malessere crebbe a dismisura nel giro di pochissimi secondi e l’autocontrollo che Allyson si era imposta andò letteralmentee a farsi friggere: la sua barriera vacillò, l’ultima matrioska rischiò di autodistruggersi, mostrando così la sua completa vulnerabilità e la sua paura di fronte a quell’uomo che anche senza dirle una singola sillaba le faceva contorcere le membra di malessere.
 
La quarta cosa, fu l’ultima che Allyson notò, prima di farsi coraggio e affrontare occhi negli occhi ciò che temeva. Notò proprio mentre alzava lo sguardo una vecchia fotografia, stropicciata, come se fosse stata osseravata più e più volte. La carta era ridotta male, seccata, probabilmente era finita sotto l’acqua o qualche altro liquido. Un volto minuscolo e sdentato la osservava, con un’espressione dolce nei tratti infantili e tenera nelle guance paffutelle e tese in un sorriso. Fu strano riconoscersi in una simile foto. Fu così strano che per un attimo non ci credette neppure. La fotografia si muoveva e se da una parte la mente le urlava quanto la cosa fosse impossibile, dall’altra il suo cuore sanguinò. Una lacrima fu imbrigliata nelle ciglia, che la ragazza non ebbe neanche la forza di asciugare.
Alzò lo sguardo così: con gli occhi leggermente lucidi.
Sperava soltanto che non si sarebbero trasformati in pozze piene di lacrime.
 
 
- Sei entrata da sola?  Ma non potevi…
- Hermione, smettila di interrompermi! – esclamò Allyson adirata. Le era difficile raccontare ad alta voce quello che le era successo e sapeva che se la Grifondoro l’avesse interrotta ulteriormente non sarebbe più riuscita a proseguire nell’erticolare un discorso logico.
- No, Allyson! È giusto che tu capisca quanto tu sia stata avventata in quello che hai fatto! E se davvero Lucius ti avesse fatto qualcosa? – replicò Hermione, sempre con la battuta pronta.
- Non me ne ha fatto. – ribattè impassibile la Serpeverde con un tono che non ammetteva ulteriori discussioni sull’argomento. – O almeno non direttamente…
 
 
La cosa che più la sconvolse quando alzò gli occhi non fu il viso di Lucius, colui che per l’anagrafe era suo padre. Non furono nemmeno i suoi occhi freddi, identici ai suoi, puntati sulla sua figura, scandagliandola in ogni più piccolo particolare, come se volesse visezionarla. Non fu neanche la postura del suo corpo: le mani intrecciate sotto il mento, il busto rigido come una statua di marmo, il tutto contornato da un’espressione severa e truce. Non fu neache il fatto che lui la stesse guardando come avrebbe fatto un giudice con un prigioniero, come se dovesse decidere la sua punizione, oppure condannarlo senza neanche un processo. No.
Quello che la sconvolse completamente fu il senso di familiarità che provò non appena i loro occhi si incontrarono: fu la sensazione di aver ritrovato il tassello mancante, il pezzo del puzzle dimenticato, il filo della ragnatela senza il quale non era possibile completarla. Fu quell’emozione che la travolse come un’onda, che non aveva provato neanche quando aveva visto Narcissa, e che non riusciva a spiegarsi o a sedare. Fu qualcosa di più grande persino della sua stessa mente, una sensazione che la spinse fuori dal suo stesso corpo, le sembrò di non essere più neanche lì, sotto quello sguardo duro e severo, ma in un universo parallelo, nero come l’oblio.
- Allyson, giusto?
La ragazza non rispose, troppo sconvolta interiormente per poter spiccicare parola. Mai si era sentita tanto debole, di fronte a qualcuno. Mai si era sentita in soggezione. Non così. Non in quel modo.
- Lo prendo per un sì. – Allyson non poté fare a meno di chiedersi come potesse un uomo mantenere una voce così fredda e distaccata come se tutta quella storia non lo riguardasse, come se ne fosse totalmente estraneo. Dopo la descrizione di Lucius da parte di Narcissa, non si aspettava niente da quell’uomo, ma non riusciva a credere che neanche una singola emozione attraversasse il suo viso, che nessuna luce ci fosse nei suoi occhi. Non credeva che esistesse qualcuno che non trasmettesse neanche un minimo di calore umano.
La ragazza ancora impietrita, s’immobilizzò ancora di più, quando Lucius si alzò e si parò di fronte a lei. Ingoiò un sussulto imponendosi la calma e chiedendosi perché la sua mente e il suo corpo stessero reagendo il quel modo. Era sempre stata capace di controllarsi e di nascondere le sue emozioni, com’era possibile che in quell’istante si sentisse solo un guscio vuoto, pronto a essere distrutto?
- Sei a posto, credo che non ci saranno problemi.
Quella frase, uscita con quella freddezza e inespressività, la riscosse leggermente. Senza aggiungere altro, Lucius ritornò alla propria postazione, senza neanche un cenno o qualunque altra cosa. Cominciò a scribacchiare parole che Allyson non riuscì a cogliere su vari fogli, per poi mettere tutto in una busta.
- Cosa? – si stupì di sentire la sua voce e ringraziò tutti i santi del cielo che le sue corde vocali si fossero riattivate.
Non rispose.
Quell’esclusione, quel muro, tutto quel gelo faceva un male cane, e Allyson si chiese nuovamente come fosse possibile che una persona che non conosceva e che non aveva mai visto prima potesse ferirla così tanto e così in profondità.
- Sei una bella ragazza, non ci saranno problemi per il matrimonio, ti accetterà di sicuro. – parlò poco dopo, quando ebbe chiuso la busta.
Quello che disse fu talmente sconvolgente che per un attimo Allyson si rifiutò di accettarlo.
Quell’uomo, che era suo padre, che le aveva dato la vita, la vedeva per la prima volta dopo 16 anni, dopo che era venuto a conoscenza della sua esistenza. E le aveva appena detto…
Allyson di nuovo rifiutò di accettarlo.
Quell’uomo freddo e misterioso…le aveva appena detto…senza una minima spiegazione… come se fosse un oggetto…un animale da macello da vendere e scambiare per poter fare un buon affare.
Allyson ancora una volta si rifiutò di accettarlo.
Non poteva esistere qualcuno di così…disumano. Narcissa le aveva detto che era un uomo crudele, motivo per cui l’aveva abbandonata, le aveva ripetuto più volte che non avrebbe dovuto incontrarlo perché in questo modo avrebbe solo peggiorato le cose…Ma nonostante tutto…lui non poteva davvero averle detto che…
Allyson si rifiutò di accettarlo.
- Sei sorpresa? – domandò Lucius di fronte alla sua espressione, probabilmente, scioccata. – E cosa ti aspettavi? Che ti avrei accolto come se non fosse successo nulla? Non stento a credere quanto la tua educazione sia labile e quanta rozzezza ci sia nel tuo carattere. Avresti potuto ricevere una cultura degna del cognome che dovresti portare, degna della tua casa a cui appartieni, ma mia moglie ha osato fare ciò che ha fatto. Ma poiché tu non hai colpa di questo, ho deciso comunque di accasarti, anche se sono certo che dovremo rivedere la tua educazione, non oso immaginare gli insegnamenti che ti sono stati impartiti da quella rozza gente babbana.
La mente di Allyson stavolta non rifiutò.
 
 
Il respiro si blocca…
Le mani cominciano a tremare…
Gli occhi rischiano di cedere…
Lo strappo seppellito nel cuore si riapre e sanguina…
 
 
 
- Lucius…Ti ha detto queste…cose?
La Serpeverde arricciò le labbra, mentre sentiva che lo stesso dolore che aveva percepito alle parole che aveva pronunciato quell’uomo, ritornava prepotente a farsi sentire. Esattamente come aveva fatto qualche ora prima, imbrigliò ciò che nel suo petto dilagava come una furia, e impedì ai suoi occhi di versare una singola lacrima.
- Allyson, mi dispiace…sul serio…io, non so che dire. Faccio schifo a consolare le persone, lo so…mi dispiace tantissimo…
- Non è colpa tua, Hermione.
Lo disse con un tono così serio che la Grifondoro tappò la bocca all’istante.
Lo disse con un tono così triste che Hermione capì che non aveva ancora finito di parlare.
 
 
- Non è divertente.
 
Il respiro ritorna…
Le mani si chiudono…
Gli occhi si circondano di una maschera inespressiva…
Lo strappo riaperto nel cuore non fa più così male…
 
- Ti sembra che io stia scherzando? – le rispose Lucius con voce cattiva.
Così cattiva che Allyson si sentì impregnare del suo disprezzo.
 
Il respiro si spezza di nuovo…
Le mani stringono sempre di più la presa…
Gli occhi si riempiono…ma stavolta non di dolore…di rabbia…
Lo strappo nel cuore si ricuce, impregnandosi di odio…
 
- No.
La sua voce non la riconobbe neppure.
Assomigliava a quella di Lucius.
- Hai detto?
- No. – ripeté Allyson con una voce che di nuovo non riconobbe.
Quello che accadde dopo Allyson saprebbe descriverlo con una sola parola: caos.
Caos dentro.
Se prima si era sentita vulnerabile, debole, assoggettata da quella stanza fredda e soprattutto da quell’uomo, in quell’istante una profonda rabbia, prese il posto del vuoto. Un odio così puro, così avvelenato da infrangere addirittura la barriera dell’autoncontrollo e da far sgorgare fuori da sé quello che lui le aveva provocato. Era stata solo una frase a provocare quel repentino cambiamento di emozione: un'unica frase in quel discorso crudele che le era stato rivolto, ma che l’aveva ferita più di tutto quanto.
“Non oso immaginare gli insegnamenti che ti sono stati impartiti da quella rozza gente babbana.”
- Insulta me, ma non parlare della mia famiglia.
Caos fuori.
Alle sue parole la temperatura della stanza si abbassò ancora di più: se prima lo sguardo di Lucius le era sembrato freddo e indifferente adesso era…spaventoso. E se avesse potuto ridurla in cenere con lo sguardo, probabilmente ci sarebbe riuscito. Istintivamente la mano di Allyson corse alla bacchetta che teneva nascosta nella tasca dei pantaloni, non credeva che Lucius l’avrebbe attaccata, ma il clima che percepiva non le piaceva per niente e come le era sempre stato ripetuto: “meglio prevenire certe situazioni”.
Caos intorno.
Tutto divenne fonte di odio in quella stanza. Ogni singolo dettaglio non faceva altro che aumentare la sua rabbia, ogni più piccola sfaccettatura le dava fastidio e se avesse potuto avrebbe preso a pugni qualcosa fino a ridurlo a brandelli. Persino i libri che aveva visto appena entrata nella stanza non le davano più quella familiarità che aveva percepito, ma anzi, sentiva soltanto quel fiume in piena ingrossarsi sempre di più, fino a scoppiare.
Caos ovunque.
- Tu definisci “famiglia” quegli essere inutili?
- Tu, sei un essere inutile. – replicò senza neanche rendersene conto, con una cattiveria che non credeva le potesse mai essere attribuita.
- Non ti azzardare a rivolgerti a me così. Non osare paragonarmi a quei bastardi!
- Hai ragione: sarebbe un insulto per coloro che lo sono davvero. Tu sei molto peggio.
 
 
- Santo cielo…Come ha potuto dirti quelle cose? Non ha un minimo di umanità?
- Narcissa mi aveva avvertito…ma non credevo fino a questo punto… - disse, soppesando le parole sovrappensiero.
- E’…disumano! Non può trattarti così! È spietato…lui non…
Si bloccò quando scorse sul viso di Allyson quello che non aveva mai visto.
Quella lacrima, quella maledetta lacrima che non voleva scendere, attraversò il viso candido della Serpeverde, inumidendo l’angolo delle labbra e cadendo a terra qualche attimo dopo.
Seppur Hermione non potesse dire di conoscere Allyson da così tanto, riuscì a comprendere comunque quanto quell’evento fosse unico e raro. Evitò di pronunciare quello che già era pronto ad uscire dalla sua bocca, striando le labbra in una linea eremtica, con gli occhi che non perdevano di vista la Serpeverde nemmeno per un secondo.
Non disse niente.
Non disse niente perché sapeva che quello era il momento di Allyson di parlare e se avesse pronunciato anche una singola sillaba tutto sarebbe andato in frantumi.
Non disse niente, perché capì che ancora non era arrivata la parte peggiore.
 
 
- Non ho alcun tempo da perdere con te, ho questioni che più mi premono e che devo risolvere al più presto e non posso trattenermi: inoltre credo che una discussione sia controproducente, non con l’educazione che ti è stata impartita, e con la mente “deviata” da quegli schifosi babbani che…
Quello che disse dopo, Allyson non lo sentì più.

Ho questioni che più mi premono.

Come poteva un uomo che aveva appena scoperto di avere una figlia, poter dire una tale crudeltà e restare impassibile nel pronunciare quelle parole?

Con la mente deviata da quegli schifosi babbani.

- I miei genitori sono state persone molto migliori di quanto tu non sarai mai!
- Ho detto che non ho tempo da perdere con te.
- E invece dovrai perderne, perché io non accetto che tu giudichi qualcuno che non conosci e di cui, sei di gran lunga peggiore! – replicò con il respiro corto per l’alzamento di voce.
- La mia pazienza ha un limite, ragazzina. Un’altra parola e non mi farò scrupoli a riservarti il trattamento a cui sono stati sottoposti mia moglie e mio figlio per questi anni. E credimi… - soppesò con cura le parole, avvicinandosi di nuovo. -…non me ne pentirò. Dovresti solo essermi grata per il fatto che, oltrettutto, ti faccio sposare un purosangue di buona famiglia e per il fatto di assicurarti una vita sicura e agievole. – lo disse in un modo talmente brutale, che Allyson non riuscì a parlare finché non si allontanò. Solo quando fu a parecchi passi di distanza da lei, riuscì a tirar fuori la sua voce e il suo spirito combattivo.
- Io non mi sposerò. Non per te. Non per un uomo che conosco appena, piuttosto preferisco tagliarmi le vene!
- Tu ti sposerai, che tu lo voglia o no. Ho già firmato il contratto.
Quello che Allyson fece dopo se lo ricordò per sempre. Alzò la mano, con uno scatto fulmineo. L’abbassò. Colpì.
Lucius rimase immobile, troppo incredulo per quello che la ragazza aveva osato fare, talmente incredulo che per un attimo lo ritenette impossibile: ma quando poi intravide lo sguardo furioso della Serpeverde e percepì la propria guancia pizzicare, non poté che accettare quel fatto senza precedenti. Il suo volto divenne disumano.
- Tu… - sibilò. - …come hai osato…
Non finì mai ciò che stava per dire.
Il volto di sua figlia lo bloccò. Perché lo riconobbe. Era il suo.
Una maschera di disprezzo e di odio avvelenato, che avrebbe ucciso chiunque con la sola forza dello sguardo.
- Il contratto? – fremette Allyson di rabbia. – IL CONTRATTO? Io NON sono un oggetto che puoi scambiare, un animale da macello di cui liberarti e da spedire a chi vuoi! Io non mi sposerò, né ora, né mai e TU non puoi obbligarmi a fare NIENTE! Non sei mio padre, non lo sei mai stato, e se di questo non posso fartene una colpa perché Narcissa non ti aveva mai rivelato la mia esistenza, ora posso affermare con certezza che sei una persona di gran lunga peggiore di quanto avessi mai immaginato e che io non voglio avere nulla, NULLA, a che fare con te! Ho creduto per un attimo che forse Narcissa si era sbagliata, che forse aveva esagerato descrivendo, ma…non sei come mi aspettavo. Sei molto peggio. La persona più orribile e crudele che abbia mai conosciuto!
Un secondo dopo la ragazza si ritrovò la bacchetta puntata alla gola.
- Potrei ucciderti in questo istante, Narcissa non riuscirebbe a fermarmi.  – sibilò, in un soffio gelido.
- Allora fallo. – lo sfidò Allyson, con un coraggio che non credeva di avere e con il cuore stranamente sgombro da ogni paura o timore. – Preferisco morire ora, piuttosto che continuare a vivere con la consapevolezza della tua presenza nella mia vita.
 

- Allyson! Ma se ti avesse fatto qualcosa? Se davvero lui…
- Sono qui, Hermione. Non mi ha fatto niente. – ribattè secca.
La lacrima scesa in precedenza sul suo viso lasciava ancora una striscia luminosa sulla sua guancia che pian piano si stava seccando sulla pelle.
Hermione di nuovo non disse niente, attendendo con pazienza il momento in cui il peso della confessione sarebbe sparito e l’istante in cui lei avrebbe potuto abbracciarla, proteggendola da quell’orrore che c’era nel suo cuore.

 
- Il contratto è firmato, non puoi fare niente.
- Strappalo. Io non mi sposerò MAI!
Con uno sguardo astioso, Allyson si chiese se lo avesse picchiato di nuovo cosa sarebbe successo quella volta. Prima non era riuscita a trattenersi, aveva sentita la propria rabbia esplodere e anche in quel momento le mani formicolavano dalla tentazione di voler colpire qualcosa. Strizzò gli occhi, cercando di trattenersi: sentiva che il controllo che si era imposta si stava lentamente distruggendo, e probabilmente avrebbe dato fuoco a Lucius se avesse detto una qualsiasi altra cosa su un futuro matrimonio o qualcosa di offensivo sui suoi genitori. La consapevolezza di non riuscire a controllare la sua rabbia, la spaventò non poco.
La possibilità di compiere una pazzia.
Fu quello che la fece allontanare, distanziare da lui fino a raggiungere la porta e dire la prima cosa che le venne in mente, per non ucciderlo seduta stante.
- E poi…E poi sono già fidanzata! – gridò isterica, prima di chiudersi la porta alle spalle e giusto un attimo prima che i suoi nervi cedessero, andando completamente a pezzi.
 
Le parole si affievolirono...
Gli occhi si chiusero...
Le mani si rilassarono per la fine di quel ricordo tremendo...
Non ci fu bisogno di parole, non ci fu bisogno di niente.
Solo un caldo, tenero abbraccio, di cui Allyson non avrebbe più voluto fare a meno.
 
_____________________________________________________________________________________________________________
      
Ci vollero almeno due o tre ore per convincere Allyson ad alzarsi dal pavimento e farle capire che stando lì non avrebbe risolto le cose.
E ci volle altrettanto tempo, che, per quanto rifiutasse l’idea, la soluzione al suo problema era una e una soltanto.
- No, Hermione, ho detto NO!
- Non hai molte alternative!
- No! Non voglio! – replicò testarda la Serpeverde, ignorando il fatto che la Grifondoro avesse pienamente ragione.
- Allyson, tu hai bisogno di qualcuno che faccia finta di essere il tuo ragazzo per un po’ e chi meglio di No…
- No, cavolo! No!
- Ma non è neanche brutto! E poi è un Purosangue, una famiglia conosciuta, insomma…è perfetto! Devi solo chiedergli di aiutarti.
- No. – ribattè secca. – Non ho intenzione di chiedergli aiuto e poi non accetterebbe mai.
- Non puoi saperlo.
- Secondo te sarebbe disposto ad aiutarmi dopo tutte le volte che l’ho trattato male?
- Uh…Scorgo una nota di pentimento nella tua voce…
- Io ti faccio pentire di essere nata, Hermione, se non tappi quella bocca!
- Allyson, senti… - la bloccò la Grifondoro. – Puoi pensare quello che vuoi, ma...non hai scelta, ok? E poi…so che Nott forse non accetterebbe, ma…
- Sì, lo so, devo provarci lo stesso, perché la speranza è l’ultima a morire, bla, bla, bla.
- No…non volevo dire questo… - Hermione arricciò le labbra confusa.
La Serpeverde alzò un sopracciglio in un chiaro invito a darle una spiegazione, che non tardò ad arrivare.
- Fai finta di stare con lui…Anche se…a te non …interessa. – bisbigliò la ragazza, leggermente arrossita. Sapeva quanto fosse scorretto e crudele fare una cosa simile, ma davvero non riusciva a trovare un’altra soluzione e pur di far star meglio Allyson avrebbe optato per qualunque opzione, anche se quella non andava nemmeno presa in considerazione.
- Hermione, tu…mi stai dicendo…che dovrei usarlo?
- …Beh…
- Dovrei prendermi gioco dei suoi sentimenti? – esclamò Allyson, rossa di rabbia.
- Lo so, è sbagliato! Lo so, ok? Ma non trovo altre soluzioni! Voglio solo aiutarti, io…
- Io so essere cattiva, Hermione. So essere cattiva e se voglio riesco a ferire qualcuno in modo così profondo non se lo dimenticherà molto facilmente; ma se c'è una cosa che non sopporto è proprio questa. Io non ho mai, e dico MAI, approfittato dei sentimenti delle persone e per quanto mi riguarda non ho intenzione di usare Nott, anche se è un essere cerebroleso senza un minimo di cervello!
Di fronte all’espressione indignata della Serpeverde, Hermione si vergognò dei suoi stessi pensieri. Proprio lei, la Grifondoro per eccellenza le aveva proposto un’alternativa troppo subdola e crudele per poter essere presa anche solo in considerazione.
- Lo so che è una cosa orribile, Allyson! So che giocare con i sentimenti altrui è una cosa bruttissima! Ma…non trovo un’alternativa! E…se…questa è l’unica strada da percorrere…allora…
- Smettila Blaise! – una voce purtroppo familiare le fece bloccare nel mezzo davanti alla Sala Comune dei Serpeverde. Hermione aveva acconsentito alla richiesta di Allyson di accompagnarla al suo dormitorio, non avendo il cuore di rifiutare dopo il suo racconto; nonostante non avesse la minima intenzione di abbandonare la sua amica, non aveva neanche la minima intenzione di rivedere quello stupido biondo platinato dopo tutto ciò che era successo Anche perché non era sicura di cosa avrebbe potuto fare o non…Sperava solo che, una volta, accompagnata Allyson nella sua stanza, sarebbe riuscita a defilarsi il pià velocemente possibile, senza incontrare Serpi o più precisamente furetti…
- Il tempo è scaduto ormai da un bel po’, amico. – lo canzonò il moro.
Entrambe le ragazze si avvicinarono per udire meglio i loro discors, senza farsi vedere e se Hermione si sentì in colpa per quello spionaggio, Allyson lo considerò un risarcimento per tutte le volte che Theo l’aveva pedinata.
- Non è affatto vero, sto solo facendo le cose con calma. – replicò Nott, alzando le spalle, come se le parole di Blaise non lo avessero scalfito minimamente.
- Con un bel po’ di calma… - insinuò il moro. Allyson si avvicinò di più, non riuscendo a capire di cosa stessero parlando, mentre Hermione, con un’espressione sempre più sconsolata la seguiva e la fermava prima che quei due la vedessero.
- Andiamo via, non mi piace spiare!
- Solo un secondo. – mormorò la Serpevedre, scrollandosi dalla sua presa e rivolgendo la sua attenzione ai due ragazzi.
- Questo sabato uscirà con me. – chiarì infine Theo, con un ghigno.
- Davvero? Oh… - l’espressione di Blaise mutò da un sincero stupore fino a un insinuato sospetto. – Con il ricatto?
- Oh no, stavolta è tutto regolare. Te l’avevo detto, no? Che anche lei sarebbe caduta tra le mie braccia!  - Theo non poteva certo affermare una cosa simile e lo sapeva bene, ma vedere la faccia di Blaise completamente sorpresa e arrabbiata per la scommessa persa lo divertiva da morire.
- Mh… - borbottò.
- Allyson, ti prego, andiamocene! – ad Hermione non piaceva quel clima, snetiva che stava per succedere qualcosa, qualcosa che avrebbe ferito la sua amica ancora una volta e non voleva che accedesse ancora. Per questo cercò di strattonarla via senza successo.
- Non vedo l’ora che sia questo sabato. – mormorò Theodore quasi sovrappensiero. Un’affermazione che ad una persona acuta come Zabini non poteva certo sfuggire.
- Per favore, Allyson…
- Non è che cominci a provare qualcosa per lei, eh Theo? – insinuò Blaise sorridendo malizioso.
- …Andiamocene via, prima che… - mormorò la Grifondoro.
Il ragazzo si accigliò, guardandolo con un’espressione assolutamente scettica.
- Allyson è solo una scommessa, Blaise, non cominciare a sparare cazzate. – ripose Theo.
- …ci scoprano. – concluse Hermione.
Completamente in sincrono con il Serpeverde.
Se per un primo momento rimase spiazzata da quello che credeva di aver udito, il secondo dopo Hermione sentì la mano di Allyson, che aveva afferrato per trascinarla via, diventare di ghiaccio. Così fredda da farle venire la pelle d’oca. Così fredda che le sembrò di bruciare.
Quando la Serpeverde si voltò non la guardò negli occhi, ma anzi la oltrepassò, dirigendosi dalla parte opposta della Sala Comune, lasciando i due Serpeverdi ignari che qualcuno avesse ascoltato la loro conversazione. Hermione maledisse la loro insensibilità e la crudeltà: neanche un’ora prima Allyson aveva detto che non si sarebbe mai presa gioco dei sentimenti di qualcuno, mentre Theo e Blaise lo avevano fatto, senza preoccuparsi delle conseguenze.
- Allyson, mi dispiace per quello che hai sentito.
Come risposta ricevette solo il silenzio.
- Hanno sbagliato, sono stati…cattivi. – mormorò ancora la Grifondoro, sperando di farla sentire un po’ meglio, ma capendo alla perfezione che non ci stava riuscendo.
- Non devi scusarti per loro, Hermione. – le rispose con una voce strana; poi con uno sguardo che mai prima d’ora le aveva visto, aggiunse. – Hai presente quello che ti ho detto prima, sul fatto che non volevo prendermi gioco dei sentimenti di una persona o cose del genere?
- Sì-ì. – balbettò di fronte al suo sguardo disarmante.
- Dimenticalo. – sibilò Allyson. – Nott è rovinato.

 
 
 
Salve a tutti! Prima che mi fuciliate per il ritardo vorrei esporre le mie giustificazioni.
1. La scuola è ricominciata.
2. La scuola è ricominciata.
3. La scuola è ricominciata.
E ho detto tutto ù.ù
Scherzi a parte, credo che l’unica salvezza a cui posso appellarmi è il fatto che se mi uccidete non posso scrivere i prossimi capitoli, no? xD
Mi dispiace per il mio ritardo: questo capitolo è stato un vero e proprio inferno. L’ho scritto, riscritto, cancellato e ricancellato mille volte; mano a mano che andavo avanti non mi convinceva, finché un giorno non ho cancellato tutto quello che avevo scritto e l’ho ricominciato da capo…Inoltre…. La scuola è ricominciata! (ormai si è capito xD) e riprendere il ritmo è durissimo, non ho mai tempo! Pensate che per 10 giorni, precisamente dal 10 al 20 settembre, non ho aperto il computer, né Internet né nulla. Gli ultimi giorni di libertà sono stati una corsa per finire i compiti delle vacanze, mentre i primi giorni di scuola sono stati una vera e propra tortura. Cioè, è ILLEGALE interrogare durante la prima settimana! Comunque a parte questo mio rientro traumatico e una crisi depressiva per la fine dell’estate, sto abbastanza bene! Voi come stati cari lettori? Tutto a posto? Il rientro com’è stato? Orribile? Orrendo? Felice? Stupendo? (Queste ultime due opzioni mi sembrano un po’ improbabili…xD)
Passiamo al commento del capitolo:
1. Tralasciando che sono in un ritardo mostruoso, mi sono resa conto che in alcuni punti sia un po’ triste e anche se non era questo il mio intento iniziale, ho pensato che un fatto del genere non potesse non aver lasciato un segno, per cui piuttosto che la mia solita sfumatura comica alla quale siete abituate, ho preferito dare al capitolo un taglio più malinconico e introspettivo.
2. Allyson ha scoperto della scommesa di Theo e Blaise e oserei dire che ha scleto proprio il momento peggiore. Nel prossimo capitolo vedrete cosa succederà ^___^
La Tally è in arrivo!!! :D
3. So che non ho messo Draco e Hermione in questo capitolo, ma dopo aver scritto 15 pagine di word, ho capito che avevo esagerato un po’ e ho tolto la piccola parte che avevo messo su di loro e l’ho collocata nel prossimo cap.
4. Cosa ne dite dle dialogo tra Lucius e Allyson? È stato all’altezza delle vostre aspettative? Ci ho lavorato un casino, spero di non aver fatto un disastro -.-“
5. Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate e anche chi legge in silenzio. Ma soprattutto ringrazio di cuore chiunque abbia recensito almeno una volta questa storia e quelle 10 dolcissime ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo: piumetta, Harry Potterish, True Love, Black_Yumi, Slytherin_Ss, SWAMPY, Roby_Aladimpa, DarkViolet92, titty79 e Simi462. Grazie ragazze, grazie di cuore, sia per la recensione che per gli auguri di compleanno :D
Grazie a chiunque abbia mai lasciato un commento, perché con le vostre parole mi avete reso felice.
Al prossimo capitolo! (Sempre che qualcuno sia disposto a seguirmi)
flors99

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Capitolo 20
*** It's Never Started ***


- Bene ragazzi, vi aspettavo. – la McGranitt rivolse una strana occhiata ai due giovani appena entrati nel suo ufficio e poi riabbassò lo sguardo, leggermente a disagio.
- Buongiorno, professoressa. – Hermione le rivolse un sorriso imbarazzato, cercando di non arrossire al ricordo del modo in cui la professoressa li aveva trovati il giorno prima, anche se all’occhiata della McGranitt non aveva potuto fare a meno di abbassare lo sguardo.
- ‘giorno. – mormorò Draco, un po’ assonnato. Il fatto che la professoressa li avesse convocati di sabato mattina, voleva dire che la situazione era davvero parecchio grave. Non appena i due ragazzi si sedettero la McGranitt riprese a parlare:
- Ho visto che avete sciolto l’incantesimo.
- Noi non l’abbiamo sciolto, professoressa. È successo all’impr…
- Lo so, signorina Granger. Quando vi ho fatto l’incantesimo di prossimità, c’è una cosa che non vi ho detto. – si interruppe per un attimo, per avere l’attenzione di tutti e due. - E cioè… - riprese dopo qualche secondo. -… che pian piano la magia sarebbe sparita da sola, più voi due vi foste avvicinati e diventati amici…
- Ma noi non siamo amici! – protestò Draco.
- Me ne sono accorta che non siete solo amici. – La McGranitt si schiarì la voce, mentre Hermione arrossiva fino alla punta delle orecchie e un colorito roseo si diffondeva sulle guance di Draco, conferendogli un colorito quasi umano.
- Ma…ma non è vero! Quello che ha…visto non…non era n-niente! – esclamò la ragazza.
- Certo.
- È la v-verità!
- Non lo metto in dubbio.
- E io…io…
- Signorina Granger, vorrei finire di parlare.
- S-sì. – bisbigliò, con il fumo che sentiva uscirle dalle orecchie e il rossore propagatosi a chiazze su tutto il viso. Draco per poco non scoppiò a ridere vedendola in quello stato. 
- Stavo dicendo…Più voi vi foste avvicinati e diventati amici, il legame si sarebbe sciolto pian piano, nel giro di una settimana, appunto. Il fatto che si sia interrotto prima è perché avete raggiunto un livello molto alto di…intimità…ecco. – La professoressa faticò non poco a trovare un termine adatto alla loro questione. – E probabilmente quando…quando…insomma…nel quando….avete rotto l’incantesimo. – concluse leggermente a disagio.
- Ma noi non abbiamo fatto niente! – saltò su la ragazza, squittendo.
- Signorina Granger, si calmi, non sto insinuando niente.
- Non ha capito! Io…Drac…Malfoy…noi….lui….insomma non….non siamo intimi!
La McGranitt alzò un sopracciglio, guardinga.
- Vuole farmi credere che l’incantesimo si sia annullato da solo?
- No, ma…
- O forse vuole insinuare che io abbia sbagliato qualcosa? – chiese la professoressa stavolta in modo più severo, colpita nell’orgoglio.
- Assolutamente no! No, no, no! Però…ecco…
Draco, dal canto suo, sembrava godersi la scena particolarmente ilare, nel vedere la giovane Grifondoro con il rossore che sembrava filtrarle anche la sua chioma leonina.
Alla fine decise di intervenire, non tanto per Hermione, quanto per smentire una simile menzogna, che sperava non facesse il giro del Castello.
- La Granger ha ragione, professoressa! Noi…non abbiamo nessun rapporto! – Se Hermione fu stupita per la prima parte della frase (Draco Malfoy che le dava ragione era davvero un evento), quando sentì la sua conclusione non poté fare a meno di infuriarsi. Come osava dire che tra loro non c’era niente quando l’aveva baciata a tradimento (scombinandole il cervello, tra l’altro), e l’aveva fatta sentire come un budino completamente sciolto? Il fatto che anche lei fino a quel momento avesse ripetuto che tra loro non c’era niente, non le sfiorò neppure la mente.
- Signor Malfoy, non dove convincermi di niente. So cosa ho visto con i miei occhi; inoltre, non mi permetto di giudicare, anzi! Sono davvero felice per voi…di questo vostro…passo avanti.
- Ma noi…
- Insomma, ragazzi! – li riprese infine la McGranitt. – Non dovete certo giustificarvi con me! Capisco che…insomma…siete giovani…molto giovani, non c’è niente di male a provare nuove esperienze e rendersi conto che non vi odiate poi così tanto, cosa di cui invece siete stati particolarmente convinti per quasi sette anni. È una cosa naturale dell’adolescenza, tranquilli. – concluse la McGranitt, assuemendo un cipiglio da psicologa.
- Comunque vi avevo chiamato qui per dirvi che siete liberi dall’incatesimo. Dato che siete riusciti a romperlo, presumo che abbiate un buon grado di intimità…e non interrompetemi! – li bloccò, non appena vide che entrambi stavano per contestare l’utilizzo di quella parola. – Quindi…mi fido di voi e voglio sperare che abbiate imparato a convivere più civilmente, ma non siete esonerati dal dover pulire tutte le sere la Sala dei Trofei, dovrete finire di scontare quella piccola punizione. Per il resto…è a vostro scapito la scelta.
- Grazie professoressa. – mormorò Hermione, improvvisamente a corto di parole. Il discorso della McGranitt, se da una parte le aveva fatto un piacere immenso, dall’altra l’aveva resa irrimediabilmente triste. Non voleva che tutto tornasse come prima, che quello che lei e Draco avevano costruito si sfracellasse in mille pezzi. Anche se, a pensarci bene, Hermione si rese conto che lei e il Serpeverde non avevano costruito proprio un bel niente. Si erano baciati, sì…ma era sempre stato in momenti in cui il fine era quello di provocare e i loro sguardi sempre pieni di sfida…quanto poteva essere vero l’atto in sé per sé, se era stato solo un gioco?
- Potete andare ragazzi. – chiosò la McGranitt con un sorriso.
Draco si alzò dalla sedia, sfiorando la spalla di Hermione mentre se ne andava.
Non disse una parola.
E fu lì che Hermione capì di essere in un bel guaio. Perché si rese conto, che, per quanto Draco potesse aver giocato con lei, i suoi sentimenti e ciò che aveva provato quando era con lui, erano stati tutti veri.
Quando entrambi furono fuori dall’ufficio della McGranitt si guardarono per un attimo: Hermione arrossì, Draco distolse lo sguardo.
- Ehm… - si ritrovò a mormorare la ragazza. - …allora…
Il Serpeverde la guardò interessato alle sue parole, senza venirle in aiuto.
- Granger, non ho tutta la mattina…
La Grifondoro arrossì ancora di più per la rabbia.
- Stavo dicendo che… - riprese con più enfasi, con uno sguardo irritato. - …Insomma…allora…è finita. – sentenziò con uno strappo al petto.
Il ragazzo ghignò vedendola in difficoltà, poi si costrinse ad assumere un’espressione indifferente, un vero e proprio muro. Quando parlò le sue parole furono fredde, ghiacciate.
- Granger……non è mai iniziata. – sibilò con una voce terrificante.
 
_____________________________________________________________________________________________________________  
 
 
- Capisci, Ginny? Capisci? Comprendi?!
- Hermione, calmati! – la riprese la sua migliore amica, leggermente spaventata dalla sua espressione di fuoco.
- Come può dire una cosa simile? Io ero tranquillissima, capito? Tranquillissima, prima che arrivasse quell’idiota e mi scombinasse l’esistenza, stavo benissimo e sottolineo BENISSIMO, senza quel biondo ossigenato o platinato,mi sconvolgesse l’esistenza! – sbottò isterica.
- Hermione…
- Con che coraggio…con che coraggio! PRIMA osa avvicinarsi a me, cosa che io OVVIAMENTE non avrei MAI permesso se fossi stata nel pieno delle mie facoltà mentali, POI mi fa perdere completamente il senno, ovviamente rimarrò comunque sempre molto più intelligente di lui, perché ha un cervello più piccolo di quello di un furetto, e già il fatto di paragonarlo ad un furetto è un complimento che non si merita per niente…e INFINE mi viene a dire che…che NON E’ MAI INIZIATA! Quel…quel…Ah!
- Hermione, forse…dovresti abbassare la voce. – propose Ginny, con un sorrisetto alquanto divertito.
La riccia si guardò intorno, notanto parecchie teste intente a fissarla come se fosse una malata mentale. Sperò soltanto che non avessero udito le sue parole, anche se, se qualcuno l’avesse sentita, probabilmente non avrebbe capito assolutamente niente del suo discorso sconclusionato.
- E’ un idiota, Ginny! Un emerito idiota! – mormorò, sbuffando sonoramente.
- Hermione…
- Non provare a giustificarlo, non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto! Io credevo, capisci CREDEVO addirittura, che fosse CAMBIATO, che avesse smesso di comportarsi da emerito stronzo, ma lui non ha fatto altro che prendermi in giro per tutto questo tempo!
- Hermione, io non lo sto giustificando. – la corresse la rossa, senza però essere ascoltata.
- E’ possibile che io ieri avessi spento il cervello o miei neuroni avessero momentaneamente smesso di funzionare, perché altrimenti non lo avrei mai, e ribadisco MAI, baciato! – con un’espressione che avrebbe ucciso un basilisco, fissò Ginny. – Comprendi il problema?
- Oh sì…Ti piace!
- Assolutamente no! – ribatté la Grifondoro, mentre l’imbarazzo prendeva il posto della rabbia. Incrociò le braccia al petto, ostinata a non cedere dalla sua posizione per nessun motivo al mondo.
- E allora perché ti dà così fastidio il fatto che non ti abbia minimamente considerata?
- Non mi ha dato fastidio! – replicò Hermione. Ginny le lanciò un occhiata così scettica che fu costretta a correggersi. - …Mi ha…solo…disturbato, ecco tutto.
- E se la cosa ti ha disturbato, non vuol dire che…
- Oh Ginny, smettila di fare la psicologa! Io non provo assolutamente niente, chiaro? – non voleva prendersela con la rossa, sia chiaro; aveva semplicemente esaurito la pazienza.
- Hermione, io credo che…che…tu ci tenga a lui, per questo sei così arrabbiata.
- Io NON sono arrabbiata! Sono…sono… - nonostante cercasse di negarlo con tutte le due forze, perfino a se stessa, non riuscì a mentire di fronte allo sguardo della sua migliore amica. – Sono furiosa, per Merlino!
- Ah! – esclamò Ginny, sorpresa da quel repentino cambio di umore.
- Sì, sono incazzata nera! Quello stupido, idiota, cretino, stronzo di un furetto fuori di testa….
- Hermione, calmati!
- Sono calmissima!
- Hai detto un secondo fa che sei incazzata nera!
- …E non posso essere tutte e due le cose? – chiese con espressione solenne.
- …No, Hermione. Direi di no…
- Comunque, Draco è un idiota.
- Draco?
- Malfoy! Ho detto Malfoy!
- Bugiarda. Hai detto Draco.
- No.
- Sì.
- No.
- Sì!
- No!
- Hermione, perché non la smetti e non ammetti che ti piace? Ormai l’ho capito! – esclamò Ginny esasperata. Hermione a quelle parole si sentì soffocare dall’imbarazzo e percepì il sangue fluirle sulle guance, in segno di rossore.
- Ma non è vero!
- Sì che lo è! Hermione, basta! Sono la tua migliore amica, ti conosco! – ribatté Ginny. Hermione afflosciò le spalle, sconfitta.
- E’ così evidente? – mormorò dopo qualche secondo di silenzio.
Ginny fece un piccolo sorrisetto, cercando forse di consolarla o di fare in modo che non si abbattesse.
- Sono sicura che anche lui prova qualcosa. Per…
- No, Ginny! – esclmaò improvvisamente Hermione. – Non dirmi che anche lui prova qualcosa solo per consolarmi! Non dire niente, ok? Io mi sento…mi sento…mi sento inutile, ecco l’ho detto. – disse, con la voce che pian piano si affievoliva. – Usata… delusa…e un’illusa. Ecco come mi sento.
- Le prime pene d’amore sono dure. – sussurrò Ginny dolcemente. – Ma poi passano. – aggiunse abbracciandola.
- Ma non capisci, Ginny? Forse….non sono pene d’amore! – Hermione tentò di giocarsi l’ultima carta. - Io non provo niente per lui! Non so cosa sia questo malessere! Forse ho mangiato qualcosa che…
- Sì, certo Hermione. Certo… - ridacchiò, tentando di calmarla.
Hermione sospirò, un po’ affranta, con occhi tristi.
- Non so cosa fare. Davvero…stavolta…non so cosa fare. – bisbigliò.
- Non posso dirti quale sia la scelta più giusta, Hermione. Prova…prova ad ascoltarti, a capire quello che vuoi, forse…allora ti sembrerà più facile.
- E’ così che hai capito che volevi Harry? – le chiese la riccia, prendendola in contropiede.
- No. – rispose Ginny, dopo parecchio tempo. – E’ così che ho capito che non avrei rinunciato a lui, anche se avessi dovuto aspettare.
 
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L’incontro con Narcissa non era stato assolutamente premeditato. Eppure, come condotte entrambe da un filo invisibile, alla stessa ora si erano recate in quella medesima stanza, che era stata testimone del loro segreto. Non si guardarono neppure: Allyson si accucciò in un cantuccio, tentando di dimenticare tutto quanto; Narcissa, si limitò a restare in silenzio, con la mente persa in chissà quali pensieri.
Non dissero una parola. Così vicine, quel tanto che bastava per abbracciarsi e chiarirsi, eppure allo stesso tempo così lontane, allontanate da quel muro invisibile fatto di silenzio e risentimento.
Allyson aveva le labbra serrate in una linea rigida. Forse sarebbe stato più saggio dire qualcosa, ma non riusciva a schiudere le labbra e, a dir la verità, non sapeva neanche cosa dire. L’unica cosa che sentiva in quel momento era quella ferita creatasi dentro di lei, che non voleva assolutamente saperne di chiudersi. Era il sapere di quell’abbandono, sapere che Narcissa, se avesse potuto, l’avrebbe abbandonata di nuovo, senza o con i rimorsi. E come aveva potuto Narcissa dirle che le sarebbe dovuta stare lontana, dopo tutti quegli anni? Come aveva potuto Narcissa guardarla negli occhi e cercare di allontanarla, ancora una volta, di nuovo, per sempre?
Strinse i pugni, strizzando gli occhi.
Percepiva un muro. Un muro così spesso da poterlo addirittura toccare. E’ questo che si prova ad avere una madre? La propria vera famiglia? Possibile che fosse tutto così…triste? Così spento e grigio?
Spostò la testa, cercando di visualizzare Narcissa come una madre, ma al suo posto subentrò il volto della sua mamma morta anni prima, per la cui morte aveva sofferto in un modo che non si potrebbe neanche descrivere.

Nessun’altra avrebbe preso il suo posto.

Lo capì in quel momento.
Forse troppo tardi, forse se avesse prima tagliato tutti i ponti con Narcissa, senza voler per forza parlare con Lucius e andare a improblemarsi con lui, sarebbe stato più semplice. Ma ormai la frittata era fatta.
Solo dopo parecchio tempo la ragazza si decise a parlare.
- Mi dispiace. – disse alla fine Allyson, non capendo da dove le uscissero le parole. – Mi dispiace di non averti creduto quando mi hai parlato di Lucius. – sottolineò il suo nome come se fosse un insulto. – Ma questa… - mormorò Allyson, alzandosi in piedi con uno scatto, al quale Narcissa sussultò. - …è l’unica cosa di cui mi scuso.
- Non…
Allyson la interruppe.
- Per quanto possano essere valide le tue motivazioni, Narcissa…non riesco a perdonarti. E probabilmente non lo farò mai.

Uno schiaffo avrebbe fatto meno male.

- Non m’interessa se il tuo gesto è stato giusto o sbagliato in base alla situazione dei fatti. È stato sbagliato per me.

Un colpo al cuore sarebbe stato più veloce.

- E quando mi hai detto che, nonostante tutto, dopo sedici anni, avrei dovuto continuare a star lontana da questo mondo, da un mondo che anche mio oltre che tuo, ho capito che…non c’è più tempo. Per noi o per un possibile perdono.

Un coltello non sarebbe riuscito ad arrivare così in profondità.

- Non voglio che finisca così, Allyson. – la voce di Narcissa era debole, roca. Di una debolezza che non aveva mai mostrato, neanche in tempi passati.
- Narcissa…non è mai iniziata. – sibilò con voce terrificante.
 
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Quando Hermione, rintanata in biblioteca, in seguito alla discussione con Ginny, aveva visto Allyson sedersi di fronte a lei, non ci aveva fatto poi più di tanto caso. La Serpeverde era capace di restare in un silenzio sconcertante, dando l’impressione di non respirare neppure, tanto era immobile e rigida; la Grifondoro, nonostante la sua presenza, riusciva ugualmente a concentrarsi sui suoi libri e appunti, per cui non disse una parola continuando a leggere, pensando semplicemente che Allyson avesse bisogno di compagnia. Inoltre sapeva che, se Allyson avesse voluto dirle qualcosa, sarebbe stata lei a prendere la parola per prima, per cui preferì aspettare.
E infatti così fu.
- Devi farmi un favore. – Allyson scandì pian piano quelle parole.
- Cosa?
I suoi occhi grigi la trapassarono.
- Voglio che tu venga con me.
- Adesso?
- Sì.
- Dove? – Hermione aggrottò le sopracciglia confusa, con la piuma bloccata a mezz’aria.
- Voglio dire a Draco la verità.
- D-d-draco?! – sbottò la Grifondoro.
- Beh…è mio fratello. Dovrò cominciare a chiamarlo per nome, no? – domandò Allyson, fraintendendo il motivo dello sconcerto di Hermione.
- Fratello…già…fratello. – replicò tutta rossa.
- Allora? Vieni con me?
- Ma…sei sicura che sia una buona idea, Allyson? Credo…che dovrebbe essere Narcissa a dirgli…
- Narcissa non gli dirà niente. – la interruppe la Serpeverde. – Dovrebbe essere lei a dirglielo, ma so che non lo farà e anche se decidesse di dirglielo, quando lo farà sarà comunque troppo tardi.
- Ma…
- Io non voglio dover mentire a mio fratello, ora che so chi sono.
- Non…
- Non commetterò l’errore di Narcissa. – chiosò infine convinta, senza che Hermione potesse minimamente replicare. – Vieni con me o no?
La Grifondoro, messa alle strette, non aveva la minima idea di cosa fare. Rifiutare sarebbe stato molto meglio, ma non poteva abbandonare Allyson in un momento simile. Accettare sarebbe stato autodistruttivo per lei, rivedere Draco l’avrebbe distrutta proprio come era successo quella mattina. Non era sicura di volerlo rivedere tanto presto…anzi, il più tardi possibile. A dirla tutta anche mai, le sarebbe andato bene.
- D’accordo. – sfiatò alla fine Hermione. Il suo cuore buono di Grifondoro, alle volte, era davvero scomodo.
Ma il sorriso che fece Allyson, la convinse della sua scelta.
 
 
Quello che però Hermione non aveva previsto era il fatto di doversi incontrare con Draco proprio nella sua camera. Anche se ci era stata solo pochi giorni…era un luogo che le era divenuto…familiare…o forse era solo la presenza di Draco a renderla tale. Hermione si diede uno schiaffetto sul viso, quando si rese conto di cosa stava pensando.
Le parole che Allyson aveva usato “Devo parlarti ora e assolutamente, Malfoy”, avrebbe fatto indignare chiunque, soprattutto Draco, ma il tono della ragazza era così freddo e terrificante che il biondo non aveva obbiettato. Nessuno aveva fatto un commento quando avevano visto che Hermione l’accompagnava, forse troppo spaventati dall’espressione della Serpeverde. Draco era stato l’unico a fare una piccola smorfia alzando gli occhi al cielo, una piccola smorfia che aveva ferito Hermione più di qualunque altra cosa.
In privato”, aveva chiarito la Serpeverde. Se qualcuno avesse potuto individuarci un qualche doppio senso, non aveva fiatato e fatto battutine, e sinceramente ad Allyson non le era importato più di tanto di ciò che pensavano i suoi compagni di casa.
Ed ora erano entrambe lì, dentro quella camera. Allyson rigida e forse un po’ tesa, Hermione talmente nervosa che si guardava intorno terrorizzata; la Grifondoro spostava gli occhi freneticamente individuando il letto sul quale aveva dormito, sul quale avevano dormito, e subito distolse lo sguardo, arrosendo come un pomodoro maturo.

Merlino, controllati!, si rimproverò.

- Fai in fretta, Mezzosangue. – sbottò Draco, malamente, forse infastidito della presenza delle due ragazze.
- Non chiamarmi così! – replicò Hermione, scattando come una molla.
- Per quanto io abbia tutto il diritto di chiamarti così, non mi riferivo a te.
La Grifondoro arrossì fino alla punta delle orecchie. Allyson alzò gli occhi al soffiro, sbuffando.
- A-a-allora non chiamare A-Allyson così! – chiarì Hermione, in imbarazzo.
- Non rompere, Granger. Già è una fatica sopportarti, se poi…
- Per me è una fatica! Sono io che ti ho sopportato per una settimana, tu e tuoi dannati comportamenti lunatici! – si tappò la bocca un attimo dopo che concluse la frase. Perché si scaldava così tanto? Non era certo la prima volta che Draco utilizzava quel sostantivo offensivo. Cosa le prendeva?
- Basta! Hermione….- Allyson rifletté un’attimo nel modo in cui chiamare il Serpeverde. “Fratello” le sembrava decisamente troppo precoce e “Draco” completamente fuori luogo. – e….Malfoy! Insomma, smettetela!
- Bene, ora che vi siete calmati… - riprese la Serpeverde. - …ho un annuncio da fare. Malfoy, penso che dovresti sederti.
- Perché?
- Fidati, non ti farà piacere saperlo.
- Oh insomma, cosa volete, per Salazar? – sbottò il ragazzo.
- Prima siediti. – ordinò Allyson.
- Sto bene in piedi.
- Nessuno sta bene in piedi, Malfoy! – berciò Hermione.
- Soffri di qualche disturbo, Mezzosangue? Devi per forza esprimere sempre la tua opinione? Nessuno ti ha chiesto nulla, se non erro.
- Ho soltanto corretto la tua affermazione! – mano a mano che quel botta e risposta si susseguivano i due ragazzi non si accorgevano di essersi avvicinati.
- Sei una so-tutto-io.
- E tu un idiota!
- Basta! – rpeté Allyson, senza essere ascoltata.
- Dovresti imparare a stare zitta, Granger! – un passo.
- Almeno quello che io dico ha un senso! Io almeno ho un cervello! – un altro passo.
- Ma ti piace così tanto parlare, porco Merlino? – sbraitò Malfoy. – Ti piace così tanto ascoltare la tua orrida voce?
- Se copre la tua sì! – l’ennesimo passo.
Ad un certo punto si ritrovarono vicinissimi, occhi negli occhi.
- Spocchioso.
- Arrogante.        
- Arrogante IO? – gridò Hermione indignata.
- Ma si può sapere che problema avete?! – esclamò Allyson al limite dell’esasperazione. Aveva perso tutta la sua pazienza nel dialogo con Lucius, quindi non c’è da meravigliarsi se in quel momento, stanca delle loro discussioni, confessò tutto quanto di getto, fregandosene delle conseguenze. – Insomma, Malfoy, tua madre è anche mia madre e tuo padre è anche mio padre. Narcissa mi ha abbandonato quando ero poco più che una neonata nel mondo babbano, perché, a detta sua, era l’unico posto in cui Lucius, mio padre e tuo padre, non mi avrebbe trovato. In questo modo può dire di aver fatto la scelta giusta per lei e per me, per quanto possa essere giusto abbandonare un figlio e lasciarlo al proprio destino, per cui in seguito al mio abbandono io e te abbiamo vissuto due vite diverse, senza mai sapere l’uno dell’esistenza dell’altro. Ebbene sì! Io e te siamo fratelli, Malfoy. Punto e basta. Non ho altro da aggiungere. – e tanti saluti al discorso che si era preparata.
Dopo il suo discorso Allyson, irritata fino all’esasperazione, non attese neanche la reazione del ragazzo e uscì in fretta e furia dalla stanza per sbollire il suo malumore. Non fece neanche in tempo a notare lo sguardo di Draco tramutarsi in un’espressione piena di sconcerto che aveva già sbattuto la porta della camera.
Ad Hermione, con la bocca spalancata dallo stupore e gli occhi giganti, non rimase altro che guardare il viso di Draco.

 
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Angolo Autrice *Corre a nascondersi, per evitare il lancio di pomodori*


Ma saaaaaaaaalve!
Ok…Vi prego di mantenere la calma, perché….perché niente. Non ho giustificazioni, sono in ritardissimissimissimo e NON ho giustificazioni. Semmai come attenuante posso dire che sono stata davvero impegnata con la scuola e non ho un briciolo di tempo libero. Ma non mi perdonerò mai di avervi lasciato così senza neanche un avviso. La prossima volta che ritarderò così tanto prometto che scriverò qualcosa, insomma due parole per farvi capire che sono in ritardo, ma che la storia NON  sarà assolutamente cancellata.
Spero davvero tanto che il capitolo vi sia piaciuto: forse è un po’ corto, ma i prossimi saranno più lunghi. Draco e Hermione sono ancora in alto mare, anche se la situazione adesso si sbloccherà decisamente ;)
Allyson e Theodore mi dispiace tantissimo non averli messi in questo capitolo, ma saranno moooolto presenti nel prossimo, è sicuro!
So che non dovrei avere pretese, ma….vorrei tanto che mi diceste cosa ne pensate di questo capitolo.
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, o anche a chi ha solo dato una sbirciata. Siete in tantissimo, grazie davvero di cuore! Ma un grazie speciale per quelle dolcissime ragazze che hanno recensito lo scordo capitolo: Black_Yumi, Roby_Aladimpa, Slytherin_Ss, titty79, True Love e DarkViolet92. Grazie, grazie, grazie! E grazie anche a chiunque abbia mai lasciato una recensione a questa storia perché mi avete reso davvero felice :)
Un abbraccio stritolatore,
flors99

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Capitolo 21
*** Lies, all Lies ***


- Dr…Malfoy
- …… -
- Furetto?
- …… -
- Tutto bene?
- …… -
- Malfoy? – lo richiamò infine la ragazza, con una strana inquietudine addosso.
Silenzio.
Un gigante, enorme, silenzio.
Hermione si schiarì la voce a disagio. Non aveva la minima idea di cosa dire, cosa alquanto strano per una come lei, che trovava da ridire su tutto quanto. Per questo, se in un primo momento cominciò a dondolarsi sui talloni, non avendo il coraggio di seguire Allyson, ma nemmeno tanto sicura di voler restare lì ad osservare tutti i cambiamenti di espressione sul viso del Serpeverde, in un secondo momento decise che doveva dire qualcosa. Sia perché non riusciva proprio a restare zitta, sia perché riteneva giusto che Malfoy avesse le dovute spiegazioni, che Allyson, come aveva ben pensato di fare, gli aveva lanciato alla rinfusa, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Hermione si schiarì nuovamente la voce, facendosi coraggio. Decise di partire dall’inizio. Ma, nonostante tutte le sue buone intenzioni, quando la Grifondoro si trovava in situazioni del genere (cioè quando si sentiva così impacciata), la sua mente partiva per la tangente e cominciava a sproloquiare.

E fu quello che successe.

- Uhm…ecco…non so cosa tu stia pensando Malfoy, sempre che tu sia capace di farlo, e con questo non intendo dire che non hai cervello, ma semplicemente che le tue facoltà sono un pochino ridotte rispetto alla norma e anche questa tua reazione lo conferma in modo particolare…Il fatto che tu non dica niente vuol dire che sei preda di uno shock emotivo, dovuto alla poca concentrazione di neuroni nel tuo cervello…
- …… -
Ok, forse non così dall’inizio.
- Comunque…stavo dicendo che…non so cosa tu stia pensando, ma posso immaginarlo. So che la cosa può sembrarti sconvolgente, credimi, quando io l’ho saputo ho assunto la tua stessa espressione! Certo, non avevo sicuramente quella faccia da pesce lesso o un’aria così bastonata, ma comunque posso dire di esserne rimasta sconvolta anch’io. Anche se, a dirla tutta, era da un po’ che lo sospettavo…insomma, è anche merito del mio intuito che, non è cosa di poco conto, ma oltre a questo…certe volte siete così…così…uguali!
……. –
- Ma non siamo qui per parlare di me. Parliamo di te. Forse è stato un tantino…sconvolgente saperlo in questo modo, ma non si può ottenere tutto dalla vita, no? Certo, se tu non avessi iniziato a insultarmi, quando ti abbiamo consigliato di sederti, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente e adesso saresti lì tranquillo ad assimilare con calma tutte le informazioni che ti abbiamo fornito. Invece, tu non hai potuto fare a meno di parlare con quella tua lingua biforcuta e….puf! La situazione si è rovesciata! Tutto è andato a rotoli. E per cosa? Per colpa tua, come sempre del resto.
- …… -
- Ma non siamo qui per parlare di quanto tu sia stupido, o dei tuoi sbagli. La questione è un’altra ed è molto seria. A dir la verità io avevo già provato a parlartene ieri, quando ti ho cercato in biblioteca, ma tu, da grande idiota quale sei, mi hai fatto dimenticare tutto quello che volevo dirti, b-b-baciandomi a tradimento e…appunto, come ho già detto ma che voglio ribadire a scanso di equivoci, tu mi hai fatto completamente dimenticare.
- …… -
- Ma non siamo qui per parlare di quello che è successo ieri. Anzi, è stato un errore e…non si ripeterà più, mai, mai più! Non riuscirai a raggirarmi con…con quella stupida faccia da furetto/pesce lesso, chiaro? Quindi mettiti l’anima in pace, Malfoy. Non mi sfrutterai più. E con più, intendo proprio mai, mai, mai più!
- …… -
- Ma non sono qui per parlare delle tue azioni malvagie. Stiamo parlando di cose davvero serie. Ok, può darsi che lo shock ti impedisca di parlare, ma io credo che potresti almeno guardarmi, no? Almeno batti un colpo, dai un segno di vita! ……
Nessun colpo.
Nessun segno.
- Ma non siamo qui per parlare delle tue reazioni. Siamo qui per parlare delle cause che le hanno scatenate. Visto che avresti fatto molto meglio a sederti? Se tu mi avessi ascoltato adesso non saresti immobile come una statua di marmo. Comunque…stavo dicendo che, se anche la cosa può sembrarti impossibile, Allyson ha detto la pura e semplice verità. Innegabile. Inconfutabile verità. A dir la verità io, come ho già detto, l’avevo sempre sospettato. L’arrivo di Narcissa, le sue lacrime nascoste, le somiglianze tra te e Allyson, il colore degli occhi identico. Insomma, era ovvio che tra voi ci fosse qualcosa, un legame di parentela, il mio unico rammarico è non essere riuscita a capirlo prima.
- …… -
- Sai, nonostante io trovi affascinante parlare da sola, nel monologo infinito, nonostante io sia una ferrea sostenitrice del fatto che qualcuno talvolta abbia bisogno di stare da solo con se stesso, una risposta da parte tua sarebbe gradita. Non per dare chissà quale importanza alle mie parole, che, a dirla tutta, sono parecchio importanti, semplicemente vorrei discutere con te di questa cosa davvero seria; invece devo parlarne da sola, perché tu sei caduto in trance. Hai un viso che, onestamente parlando e senza offesa eh!, dà un po’ i brividi. Non che tu non sia mai stato inquietante Malfoy, ma decisamente stavolta hai passato il limite.
- …… -
- Uff….che fatica! Insomma, ora basta! Capisco che forse Allyson è stata un po’ avventata nella sua confessione, ma non credo che ci sia bisogno di tutta questa messinscena della paralisa facciale! Merlino, non è mica un troll, è semplicemente tua sorella!
Non appena Hermione pronunciò la parola “sorella”, ottenne il colpo tanto atteso.
Draco sbatté le ciglia (il primo segno di vita da quando Allyson aveva sbattuto la porta) e lentamente, molto lentamente, si voltò per guardare la Grifondoro. Nel mentre, la ragazza riprese fiato, chiedendosi cosa avesse detto qualche istante prima.
Poi finalmente il Serpeverde parlò.
- Credo…di non aver sentito…bene.
 
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Nella fretta di lasciare la stanza di Draco, Allyson, non solo si rese conto di quello che aveva appena rivelato e che invece avrebbe fatto meglio a tacere, ma, oltre a questo, essendo troppo concentrata a rimuginare sui suoi pensieri, andò proprio a finire contro Theo, l’ultima persona con cui desiderava parlare.
- Lily…!
Lì per lì, la ragazza si sentì colta da un vero e proprio istinto omicida. Era leggermente indecisa se prenderlo a schiaffo alla maniera “babbana” o se fare ricorso alla magia. Si rammaricò pensando che non aveva ancora imparato a scagliare un Avada Kedavra decente, lamentandosi mentalmente del fatto che avrebbe potuto usare contro di lui solo la maledizione Cruciatus.
Un instante dopo, si rese conto che Theo le era utile. E nonostante usarlo andasse contro i suoi principi morali, non si pentì neppure per un attimo di quello che fece. Per lui, lei era solo una scommessa. Lo avrebbe ripagato con la stessa moneta.
- Ciao N…N…Theodore. – la Serpeverde ebbe non poca difficoltà a chiamarlo per nome, tutto considerando che in quel momento avrebbe soltanto voluto torturarlo fino allo stremo, per aver osato giocare con i suoi sentimenti per una stupida scommessa.
Il ragazzo probabilmente apprezzò il fatto che per la prima volta Allyson lo chiamasse per nome, perché le elargì un grosso sorriso, talmente aperto che, se la Serpeverde non avesse saputo della scommessa, lo avrebbe giudicato vero.

È proprio un grande attore…

- Allora oggi andiamo a Hogsmeade!
- Oggi? – chiese guardinga la ragazza, inarcando un sopracciglio, mentre tratteneva le mani per non strozzarlo. Quanto avrebbe voluto togliergli quel dannato sorrisetto dalla faccia…
- È sabato, giusto? – chiese retoricamente il Serpeverde.
- Sì…oggi è sabato. – mormorò sovrappensiero Allyson.
- …Uhm…e va bene, quindi?
- …Certo! Come no! – esclamò, sul punto di fare qualcosa d’irreparabile. Come diamine faceva a guardarla negli occhi e prenderla in giro in quel modo?

Che rabbia…

Theo probabilmente non doveva essere molto convinto né del suo tono, né del suo sguardo a dir poco…inquietante.
- Lily, ma…tutto…ok? Tu…vuoi uscire…con me?
- Che domanda è? – sbottò la ragazza irritata.
- Non…sembri molto …contenta, ecco.
- E che cosa… - cominciò Allyson.

Che cosa t’importa di quello che voglio, quando tu hai osato scommettere su di me?

Grazie al cielo la fine della frase rimase rinchiusa tra le sue labbra, a rimbombare nella sua testa. Si ricorresse all’ultimo secondo. - …te lo fa credere? Io… - assunse l’espressione più sbattuta che avesse. - …sono solo stanca, tutto qua. Ma va bene, per oggi.
- Sicura? Se vuoi rimandiamo…
- No! Assolutamente no! Prima usciamo, prima …

Prima usciamo, prima finiamo.

- …prima….cioè, volevo dire…Prima usciamo, meglio è! Così…così… - La ragazza, leggermente incastrata nelle sue stesse parole, si schiarì la voce con fare solenne. – Sì, sai…almeno…stiamo un po’ da soli… - concluse mordendosi la lingua, reprimendo l’istinto di sbattere la testa contro il muro.

Ma cosa mi tocca dire…, pensò umiliata nell’orgoglio.

- Oh…! Ehm…Wow…cioè…sì, no…insomma…bene! – replicò Theo. Dire che lo aveva sconvolto era un eufemismo.
- Quindi…
- Dopo pranzo…partiamo?
- Non è una Mission Impossibile, Theodore! Non c’è bisogno che tu sia così agitato! – e tanti saluti alla sua decisione di non fare battutacce.
- Mission…Impossibleble? – chiese, un po’ confuso.

Ma perché non mi mordo la lingua e sto zitta?

Niente…una cosa…babbana. Lascia perdere.
-  Beh, allora ci sentiamo dopo. Ciao, Lily! – la salutò in fretta con un bacio sulla guancia, con una mossa talmente veloce che la ragazza non fece neppure in tempo ad allontanarlo. Se fosse riuscita ad anticipare la sua mossa probabilmente lo avrebbe scansato; ma non avendo potuto fare niente, a lei non restò altro da fare che guardarlo andare via, mentre con una mano si sfiorava il punto in cui le labbra del ragazzo l’avevano toccata.
 
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- Malfoy, su! Non puoi farti venire un attacco di nausea proprio adesso. Hai un metabolismo che fa schifo, sai? Come puoi sentirti male, mentre ti sto spiegando una cosa di vitale importanza? Non puoi uscirtene con queste frasi mentre siamo al punto cruciale della conversazione, è scandaloso! – sbottò Hermione, mentre gesticolava furiosamente. – Io credo che…
Quello che voleva dire, non lo pronunciò mai.
Con uno scatto, Draco sembrò risvegliarsi dal torpore nel quale era caduto e la sbattè contro il muro, facendo leva sulle braccia della ragazza.
Hermione trattenne un gemito di protesta quando la nuda parete entrò in contatto con la sua schiena e a malapena riuscì a non emettere un singulto di dolore, sotto la presa ferrea della mani di Draco.
- Zitta, Mezzosangue. – sibilò minaccioso.
- La…sciami. – biascicò la Grifondoro, impietrita di fronte a quel repentino cambiamento d’umore.
Draco la liberò dalla sua presa, capendo di averle fatto male, ma non si allontanò.
- Non ci credo, Granger.
Hermione lo guardò a occhi sgranati.
- Io non…
- Capisco che tu e quell’altra tua amichetta mi odiate, questo lo accetto; ma non si scehrza mai sulla famiglia, menchemeno sulla mia!
- Malfoy, noi non…
- Ringrazia che sei una donna Granger, perché se non fosse così, ti avrei già tappato la bocca in modi poco piacevoli, per l’eresia che hai osato dire. - aveva una voce così terrificante che Hermione si spaventò. I suoi occhi sembravano due proiettili.

Due lame, affilate come rasoi, che uccidevano.

- Io non dico bugie. – la ragazza ringraziò che la sua voce le fosse uscita sicura e non incerta.
- Bugiarda! Mia madre non avrebbe mai osato mentirmi su una cosa simile!
Le parole di Allyson furono come un fulmine a ciel sereno.

Narcissa non gli dirà niente. 

Non credevo che poteste arrivare a tal punto di disprezzo. – sputò il ragazzo. – Quello che mi chiedo è quanti giorni vi ci siano voluti per organizzare tutta questa messinscena! – sibilò. – Per un attimo mi avete pure fatto credere che foste sincere, maledizione!

Io non voglio dover mentire a mio fratello, ora che so chi sono.

- Questo è il più grosso sbaglio della vostra vita. Te ne pentirai, Granger e anche quell’altra.

Non commetterò l’errore di Narcissa.

- Non ti abbiamo mentito, Malfoy! – gridò quasi, Hermione.
Il ragazzo fu quasi sul punto di strozzarla a quell’affermazione, ma contrariamente a quanto era impresso nei suoi occhi, fece finta di restare indifferente.
- Tua madre non è la persona che credi. – disse la ragazza, con più calma.
- Che ne sai tu di mia madre, eh? – stavolta Draco non tentò di fermarsi. La riagguantò per le braccia, esponendola al suo sguardo duro come il ghiaccio. – Non nominarla, Mezzosangue. Non dire cose di cui poi ti pentiresti. - Hermione si morse le labbra per il dolore di quella stretta troppo forte, ma non emise nessuna protesta, consapevole che stavolta Draco non l’avrebbe lasciata.
- Io non sono una bugiarda, Malfoy. – affermò con voce ferma. – E neanche Allyson. Se tu ti fermassi un attimo a riflettere capiresti che abbiamo detto la verità! Non lo vedi quanto tu…. le assomigli, o meglio quanto lei …assomigli a… te? – biascicò mentre tentava di divincolarsi. Invano. – Quando la vedi, non percepisci qualcosa tra voi due, eh? – Draco non rispose. Hermione continuò. – Allora, Malfoy? Non senti niente? Non ti sei mai accorto di nulla?
- L’unica cosa che capisco è che sei davvero una grande attrice, Mezzosangue. – lo sibilò con un tale disprezzo che Hermione si sentì male. – Ma stai recitando con la persona sbagliata. – la lasciò andare scrollandole il braccio in malo modo e allontanandola.
- Vattene.
Forse fu il tono di voce, forse fu la sua figura che emanava quella sensazione di pericolo, forse furono semplicemente i suoi occhi furenti, ma Hermione indietreggiò terrorizzata, fino ad uscire dalla sua stanza. Forse, per il momento, era meglio lasciarlo da solo e lasciarlo sfogare.
Una volta fuori, la Grifondoro cominciò a correre con gli occhi lucidi e le palpebre che sbattevano ripetutamente. Soltanto quando fu completamente sola concesse a una piccola lacrima di percorrere il suo viso.
 
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Il malumore era salito alle stelle. Probabilmente di questo se ne erano resi conto anche i suoi compagni di casa, perché nessuno osò rivolgerle la parola per parecchio tempo. Tanto che il suo malumore era presente, sembrava che Allyson facesse fuoriuscire fumo dalle orecchie e la sua espressione non aiutava di certo a migliorare le cose. Aveva due occhi così freddi da raggelare l’ambiente.
La Serpeverde, in Sala Grande, mangiò distrattamente una fetta di torta, notando la mancanza di Malfoy, al suo tavolo, e di Hermione a quello dei Grifondoro. Ingoiò il dolce a forza, innervosendosi ancora di più per quello che era successo poco prima. Sapeva di aver sbagliato ad aver parlato così a Draco e di aver sbagliato ancora di più per non essere rimasta lì ad ascoltare cosa avesse di dire e a mitigare la sua reazione. Nonostante tutto non trovava davvero la forza di alzarsi da quel tavolo per dirigersi nei dormitori e spiegare le cose con calma. Si disse che lo faceva soltanto perché era stanca; anche se la verità era un’altra.
Aveva discusso con tutti i membri della sua famiglia e li aveva persi uno ad uno pian piano: Lucius, Narcissa…e adesso Draco. Non avrebbe sopportato che anche lui reagisse in malo modo e le rivolgesse parole cattive, come aveva fatto Lucius. Per quanto non conoscesse suo fratello e non ci tenesse neanche tanto ad avere un qualsiasi legame con lui, non ne poteva più di quel malessere che sarebbe scaturito da una nuova discussione.

Codarda, si sussurrò mentalmente.

Da quando aveva paura di ciò che le avrebbero potuto dire? Da quando permetteva agli altri di farle del male, di colpirla nella sua parte più profonda?

Da quando sono qui.

Allyson assottigliò lo sguardo, più irritata di prima. Strinse tra le mani un bicchiere, rischiando di romperlo, ma che s’incrinò solamente.

Io non sono così. Non sono mai stata così, rifletté in preda alla rabbia.

Con uno scatto si alzò dalla sedia, dirigendosi fuori dalla Sala Grande e correndo di fretta verso i sotterranei col chiaro intento di chiarire con l’ultimo membro della sua famiglia e chiudere quella storia una volta per tutte. Esitò per un secondo, quando, trafelata, giunse davanti al ritratto del suo dormitorio; poi, prendendo un bel respiro, mormorò la parola d’ordine e entrò silenziosamente.
Si guardò intorno girovagando in Sala Comune alla ricerca del ragazzo, ma non sembrava esserci anima viva. Si diresse verso i dormitori maschili, tentando di ricordarsi quale fosse la stanza di Draco, e una volta trovatasi di fronte, si chiese se avrebbe dovuto bussare oppure no.
Dopo vari tentennamenti accennò a un picchiettare leggero con le nocche, che non avrebbe udito neanche un pipistrello con l’udito supersonico. Sbuffò nervosa e infine entrò senza troppi preamboli, dopo aver sussurrato un “Alhomora” per aprire la stanza. Leggermente agitata vi s’introdusse dentro, preparandosi mentalmente a quello che avrebbe dovuto sentire. Una sensazione alla bocca dello stomaco si impossessò di lei, tanto che, per un attimo, fu tentata di tornare indietro: era una sensazione strana, primitiva, non ricordava di averne provate mai di così...strane. Lei voleva entrare nella stanza. E allo stesso tempo voleva allontanarsi il più possibile. Quello strano malessere passò immediatemente, quando si accorse di un piccolo dettaglio.
Vuota.
La camera di Draco Malfoy era completamente vuota.
Allyson diventò stranamente rossa di rabbia. Tutta quell’agitazione…per trovare una stanza VUOTA?
Con i nervi a fior di pelle, la Serpeverde gettò ancora un’occhiata alla stanza prima di andarsene e lesse l’orario su uno strano oggetto magico. Strumento magico o no che fosse, l’ora che vi era sopra scritta la scombussolò: si rese conto di essere in ritardo per l’appuntamento con Theodore. Saper di dover uscire con quell’idiota, ebbe il potere di uccidere anche l’ultimo briciolo di razionalità rimastole.
Per poco Allyson non fracassò la porta della camera, quando se la richiuse alle spalle.
 
 
 
Quello che aveva pensato Theodore per quel pomeriggio era andato completamente, totalmente, pienamente…in fumo. Non che avesse fatto chissà quale progetto per l’uscita con Allyson, ma prevedeva perlomeno che, una volta proposto qualcosa, si sarebbero incamminati per le vie di Hogsmeade, chiacchierando su argomenti convenzionali. Invece in quel momento non riusciva minimamente a spiccicare parola; Allyson sembrava restia a qualsiasi tipo di conversazione e le sue occhiate gelide erano talmente rabbiose che, per un attimo, Theodore si chiese se non avesse fatto qualcosa di male.
Più che un appuntamento, sembrava un incontro con le camicie di forza e Thedore, nonostante la sua spigliatezza, si sentiva a disagio. A disagio! Lui che era la più gran faccia tosta che esistesse al mondo! Aveva la netta sensazione che qualunque cosa avesse detto, sarebbe stata sbagliata e che quel giorno Allyson avesse un vero e proprio diavolo per capello, senza sapere di esserne la causa stessa.
Si schiarì la voce per l’ennesima volta nella giornata.
- Allora…
La ragazza, che stava osservando con occhio critico alcune vetrine dei pochi negozi che c’erano a Hogsmeade, non si accorse neppure dell’attenzione che Theo cercava di richiamare su di sé.
- Forse potremmo… - riprovò Theodore, pur sapendo che quel tentativo, come anche quelli precedenti del resto, non sarebbe andato a buon fine.
Allyson scrutò con attenzione la strada davanti a sé, osservando distrattamente il via vai di persone. Non poteva fare a meno di invidiare quel sorriso sincero che vedeva aleggiare sui loro volti, consapevole che ci sarebbe voluto chissà quanto tempo prima che un sorriso spuntasse sul suo viso. Prima che potesse di nuovo sentirsi serena.
- Merlino, Allyson! – sbottò il Serpeverde alla fine, stanco di quella situazione.
Finalmente l’attenzione alla quale Theo aveva tanto agognato, gli fu data, non tanto per il suo tono di voce leggermente più alto, ma perché la ragazza si era sentita chiamare con il suo nome intero, e non con uno dei tanti nomignoli che il ragazzo le aveva spesso affibbiato. Inutile dire che ne era rimasta…sorpresa.
- Sì?
- Se non avevi voglia di uscire con me, potevi dirlo sai?
- Io volevo uscire con te. – brontolò Allyson, consapevole di aver detto la più grande bugia del secolo.
- Credi che sia stupido, Allyson? Lo capisco quando una ragazza vuole davvero passare la giornata con un ragazzo! E so per certo che non adotta un comportamento come il tuo, così…così…
- Così? – ribatté la ragazza, seccata per il fatto di non riuscire a nascondere la sua voglia di strangolarlo con le sue stesse mai.
- …Lo sai cosa intendo! Non hai aperto quasi mai bocca per tutto il tempo! Mai!
La ragazza prese un bel respiro.

Non fare idiozie, Allyson. Lui ti serve, ti serve, ti serve.

Il suo orgoglio, alle volte, era scomodo. E la ragazza non riusciva proprio a digerire che in tutto quel tempo Theodore si fosse preso gioco di lei per una stupida scommessa! Una dannata, maledetta scommessa! Il suo orgoglio non riusciva a perdonare una cosa del genere.
Ma la verità era che Allyson non lo sopportava. Non sopportava il fatto che anche Theodore le avesse mentito: non sopportava che anche lui, come Narcissa, come Silente e altri le avesse nascosto qualcosa. Sapeva che non poteva assolutamente paragonare il segreto che le aveva nascosto sua madre alle bugie che le aveva detto Theodore. La bugia del ragazzo, in un certo senso, era di minore importanza; ma, stranamente, la faceva soffrire ugualmente. E Allyson non accetava quel dolore, quella sensazione di malessere, perché Theodore non si meritava niente, neppure una sua più piccola emozione.
Guardò il viso esasperato del Serpeverde, chiedendosi per un attimo, se non fosse stato meglio non udire mai quella conversazione tra lui e Blaise. Scosse la testa subito dopo, come a voler scacciare quel pensiero.
- Insomma, Allyson, forse è anche colpa mia, perché con la mia insistenza, ti ho costretta alla fine ad accettare, ma non avresti dovuto venire se non volevi. Io non volevo obbligarti, ma…
Allyson non lo stava già più ascoltando. Non voleva ascoltare nessuno. Voleva solo evadere da quell’inferno che si trovava nella sua testa, da tutte quelle bugie a cui aveva ingenuamente creduto e che le facevano più male della verità stessa.
Fu un gesto esasperato il suo, inizialmente. Voleva solo che Theodore tacesse una buona volta.
Fu un gesto impulsivo. Non le passarono neanche per l’anticamera del cervello le possibili conseguenze che quella sua azione avrebbe portato.
Fu un gesto dettato dall’irrazionalità, ma allo stesso tempo basato su un qualche ragionamento.
L’unica cosa che Allyson ha bisogno di sapere, è che di ciò che fece, non si pentì neppure un secondo.
Non si pentì quando, per arrivare all’altezza del suo viso, si alzò sulle punte.
Non si pentì quando, con rabbia, con la volontà di scaricare quel fardello di dolore che sentiva, su qualcun altro, poggiò le sue labbra su quelle di Theo.

 
 
 
 




 
Angolo Autrice

Salve a tutti! Non ho molto tempo per scrivere queste ultime note, anzi solo pochissimi minuti, quindi farò in fretta. So che questo capitolo fa davvero schifo e mi dispiace tanto, probabilmente se non fossi in un ritardo mostruoso lo avrei già cancellato. ù.ù
L’unica parte che forse mi è piaciuta un pochino di più è stata la reazione di Draco, perché io me la sono sempre immaginata così e spero che sia piaciuta anche a voi, e non sia deludente come tutto il resto del capitolo. La Tally finalmente è arrivata! Avete visto? Vi aspettavate ciò che è successo? La scena, OVVIAMENTE, non è assolutamente finita, continuerà nel prossimo capitolo ;)
Scusate la fretta e la trascuratezza di queste note, ma devo andare a studiare fisica (domani mi interroga e non so niente, sono un’incosciente!!!!!!!!!!).
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate, ma un grazie davvero speciale a quelle 8 persone  (8,8,8,8,8!!!!!) che hanno recensito lo scorso capitollo: Harry Potterish, Black_Yumi, Roby_Aladimpa, True Love, piumetta, Slytherin_Ss, Fletus Chattongue e DarkViolet92. Grazie, grazie, grazie di cuore per le vostre recensioni, i vostri commenti sono stati preziosi!
Un abbraccio stritolatore!
flors99
 


 

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Capitolo 22
*** What Can Make a Simple Kiss... ***


A Harry Potterish,
perché ama Allyson e Theodore quanto me,
e a tutte quelle lettrici e autrici
che hanno aspettato questo momento :))

 
 
 
 
Non che ci avesse riflettuto sopra chissà quanto, ma Allyson sapeva che se si fosse servita di Theodore per non doversi sposare e avesse dovuto rendere veritiera tutta quella finzione, prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui…si sarebbero scambiati effusioni. Ci aveva pensato la bellezza di cinque minuti e si era convinta che baciarlo sarebbe stato come stare con un’iguana; non sapeva perché avesse associato un simile animale al Serpeverde, era soltanto convinta della sua idea. Senza offesa. Per l’iguana, ovviamente. – più o meno questa era stata la conversazione che era avvenuta nella sua testa, nel più muto dei silenzi.
Allyson in quel momento si dovette ricredere un po’. Un bel po’. Perché Theo non baciava affatto come un’iguana, anche se il fatto di essersi sbagliata la infastidiva.

Comunque no, Theo non baciava come un’iguana.

Aveva potuto capire, dalla sua immobilità, che inizialmente era rimasto sconcertato – come lei stessa d’altronde -, anche se dopo pochissimi secondi aveva avvertito un’altra sensazione, qualcosa di più caldo, come il tenero tepore che si percepisce accanto a un fuocherello. Aveva capito: Theo aveva risposto al bacio. Non che avesse pensato che avrebbe potuto respingerla, ma il modo in cui le aveva preso il viso tra le mani e la dolcezza, con cui le sue labbra avevano giocato con le proprie, era stata un po’ destabilizzante. Si era sorpresa di quella strana tenerezza.
Esistono persone che sanno mentire molto bene grazie alle parole; Theo sapeva mentire anche con il corpo, perché nella calma dei suoi gesti, nella dolcezza di quel bacio non sembrava esserci alcuna finzione, alcuna fretta di concludere una scommessa. Sembrava davvero che volesse baciarla e che fosse tutto quello di cui avesse bisogno.

No, Theo non baciava affatto come un’iguana.

Se ne rese particolarmente conto quando, andando incontro a un istinto primordiale, schiuse le proprie labbra per permettere a Theo di accedervi con la lingua. La bocca del ragazzo si fece più impudente, la dolcezza in parte si eclissò, ma rimase sempre, semplicemente un po’ più nascosta da qualcos’altro che bruciava. Il bacio divenne più irruento, il tenero tepore che aveva percepito si accentuò. Si sentì andare a fuoco quando le mani di Theo le strinsero i fianchi con forza e la trascinò qualche passo indietro fino a farla appoggiare contro il muro. In quel momento non si rese neanche conto che qualcuno – o forse tutti – probabilmente li stavano guardando e, sempre molto probabilmente, stavano facendo chissà quali commenti su di loro.
Allyson strinse una mano libera sui suoi capelli, attirando con forza il viso di Theo ancora più vicino al suo.
Pazza. Sono completamente pazza. – constatò la ragazza. Avrebbe potuto allontanarsi, in fondo doveva semplicemente baciarlo per fargli credere che provasse qualcosa per lui, senza però…farsi coinvolgere così!

Pazza. Sono pazza.

Eppure baciare Theodore la faceva sentire sicura, quasi come se tutte le bugie che le erano state raccontate fino ad allora fossero magicamente scomparse; si sentiva…tranquilla. Anche se onestamente oltre alla tranquillità avvertiva anche un’altra sensazione, alla quale non era sicura di voler dare un nome. Le faceva sentire le gambe molli, i brividi lungo tutta la spina dorsale, e un calore all’altezza dello stomaco. Cavolo, se bruciava quella sensazione. E le mani di Theodore che la stringevano non facevano altro che farla bruciare ancora di più.

Per Salazar, Theo non bacia affatto come un’iguana!
E io sono pazza. Sono fuori di testa.
 
Troppo concentrata sui suoi ragionamenti mentali, sulle mani di Theo che stringevano possessivamente la sua vita, e sì, doveva ammetterlo, anche sulle sue labbra che inconcepibilmente le stavano mandando in tilt il cervello, dimenticò persino un bisogno essenziale come l’aria. Ma prima che potesse svenire per mancanze di ossigeno – e non solo per quello - fu il Serpeverde a staccarsi per primo da lei; e fu sconvolgente quel vuoto inaspettato che Allyson sentì dopo che si furono separati.
Vide il viso di Theo a pochi millimetri dal suo, leggermente arrossito, e con i capelli tutti scarmigliati, diventati così grazie alla presa quasi spasmodica della ragazza. E vide i suoi occhi verdi che – Allyson ne era sicura – erano lo specchio dei propri. Occhi più scuri del solito, occhi confusi, parecchio confusi, ma eccitati.
E questo era un grosso, gigante, immenso……problema.
 
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- Sninf…Etciù! Sdo balissibo… - borbottò la ragazza.
- Ginny, io te lo avevo detto di saltare l’allenamento di Quidditch!
- Mh. Dì, Herbione, hai radione.
- Bah…Sei sempre così testarda…dovresti pensare alla salute prima. – mormorò Hermione, mentre agitava la bacchetta e una fascia bagnata si poggiava sulla fronte di Ginny e la rinfrescava.
- ‘Azie…
- ‘Ego. – la prese in giro la riccia, con un piccolo sorriso; ma io suoi occhi non si illuminavano, stranamente.
- Babba bia, Herbione, sebbra che tu sia sdada a un fuderale! Hai un’esbressiode…
- Ginny, non sforzarti di parlare, altrimenti il raffreddore non ti passerà mai.
- Dod cabbiare discordo!
Hermione fece un sorrisetto obliquo: era impossibile nasconderle qualcosa, anche da malata. Con un sospiro, la più grande delle due ragazze si sedette sul bordo del letto, con un’espressione indecifrabile. Raccontò tutto quanto: non che avesse poi così tante cose da dire alla fine. Il tutto poteva essere riassunto in quattro semplicissime parole…
- Balfoy è ud idioda!

Appunto…

- Vero…
- Ba tu stai bale per lui, anche se è ud idioda.
- Vero anche questo…
- Quiddi, sei trisde berché non bodrai corodare il duo sogno d’abore.
- Ve….hei! Non…non è vero!
- Herbione! Ne abbiado già parlado del faddo che sei innaborada di lui, adesso non dibe bugie, eh!
- M-m-ma a-assolutamente n-no! Forse ho una specie di strana simpatia per lui, ma non c’entra niente l’essere innamorati! E’…diverso!
- Derdo, derdo…
- Ginny! Ioi ti do una simile notizia, della parentela che c’è tra Allyson e Malfoy e tu pensi a queste cose?!
- Deh…Scuda, ba a te piade Balfoy, mica Allydon?
- Smettila di dire che mi piace!
- Ba è vedo!
- Lo so che è vero! Per questo non voglio che tu lo dica. – borbottò Hermione. – Non voglio pensarci, lui non prova per me quello che provo io…
- Herbiode…
- Sono una stupida! – scattò la riccia. - Mi ero ripromessa di non cascarci mai, avevo giurato che…che non mi sarei mai fatta abbindolare da uno come lui. – la sua voce si spezzò piena di rammarico. – E invece…che stupida, che stupida che sono!
- Herbiode, smeddila! Credo che anche Balfoy provi qualcoda per de, anche se mi fa ribreddo pensarci, e do!, dod lo dico sodo per consodarti, sodo quadi sicura.
- Ma…
- Niente ba! Non buoi biangerdi addosso, abri gli occhi bedda addormeddada!
- ….Bella addormentata? Come fai a conoscere quella favola babbana? – chiese Hermione, seriamente curiosa.
- Oh… - Ginny arrossì. – Deh…A volde… - la rossa si schiarì la voce, cercando di parlare un po’ meglio. - …Harry mi chiaba così, quaddo mi sveglio, ba dod so coda voglia esaddamente dire.
- Già…Harry… - Hermione sorrise pensando al suo migliore amico. – Sei felice vero, Ginny?
- Dì! – La giovane Weasley sapeva che poteva essere crudele sbatterle così in faccia la propria felicità, specialmente in un momento così triste per Hermione, ma l’amica non sembrò prendersela, anzi, il suo sorriso si allargò.
- Sono felicissima per voi, Ginny, dico davvero. Non hai idea di quanto tempo ho aspettato per vedervi insieme! Tu e Harry eravate una cosa allucinante, nessuno dei due voleva farsi avanti.
- Gome te e Balfoy!
- Uff…quello che c’è tra e Harry e quello che c’è tra me e Malfoy, non hanno nulla a che vedere. – borbottò, sconfortata per essere tornata ancora una volta all’argomento Malfoy/Balfoy.
- Berché?
- Perché…perché…è diverso! Voi siete innamorati, siete uno la felicità dell’altro!
- E Balfoy non ti redde felice? – chiese ingenuamente la giovane Weasley, piegando la testa di lato. Una domanda così spontanea e semplice che Hermione non trovò risposta per parecchi secondi.
- Beh…quando non fa lo stronzo – cioè sempre – quando non si comporta da perfetto idiota – cioè sempre – quando non insulta qualcuno – cioè mai - …forse sì…la sua presenza è gradevole e sono quasi felice.
Ginny scoppiò a ridere.
- Herbione…guande bugie che raccotti anghe a te stedda…
- M-ma… - balbettò la più grande delle due ragazze.
- Il faddo che Balfoy sia un idioda e uno stroddo sono le code che ti piacciono di più!
- Ginny, il raffreddore ti ha dato alla testa.
- Herbione… - la reguardì la giovane Weasley con sguardo molto serio. - …Ci si innabora sempre dei difeddi, non dei pregi. In foddo sai che se Balfoy non fodde così strozzo e idioda non ti piacerebbe più di tanto.
- Non credo che sia vero…e comunque…Ginny, puoi smetterla di chiamarlo Balfoy? Mi fa pensare a un cane! – si guardarono un secondo negli occhi, per poi scoppiare a ridere. Una risata semplice come quella di una bambino: buona, onesta, sincera.
Una risata in cui era racchiusa tutta la bellezza del mondo, ma che poteva essere spazzata via nel più breve degli istanti.
 
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Una volta che Ginny si fu addormenta e Hermione le ebbe cambiato la fascia sulla testa (la febbre era scesa notevolmente, ma non ancora del tutto), la ragazza decise che l’avrebbe lasciata riposare, almeno finché non si fosse ripresa un altro po’.
Aver parlato con Ginny, l’aveva fatta sentire molto meglio. Era incredibile come quella pesantezza, tristezza e malinconia che aveva provato in seguito al litigio con Draco fossero passate in secondo piano in quel momento; erano sempre presenti, certo, ma non facevano più male come prima.
O almeno non fecero male, finché non si ritrovo davanti l’ultima persona che si aspettava di vedere.

Cosa cavolo ci fa lui qui?!

Per un attimo fu tentata di fare marcia indietro e rifugiarsi in camera, ma un secondo dopo l’orgoglio le fece puntare i piedi.

Io non torno indietro. Non per questo. Non per te.

Hermione si schiarì la voce quando si trovò sufficientemente vicina a lui.
- A cosa devo l’onore della tua presenza nella mia Sala Comune? – chiese puramente ironica e col chiaro intento di esserlo; non aveva dimenticato l’umiliazione di poco prima.
- Addirittura tua? Un po’ egoistico, non credi, Granger?
- Cioè…volevo dire…nostra. – farfugliò la ragazza, presa in contropiede da quella domanda. Di tutto quello che si aspettava di sentirsi dire, non pensava certo che Draco Malfoy le avrebbe chiesto una simile cosa.
- Nostra? Sei in vena di romanticismi adesso?
La Grifondoro arrossì, intuendo il doppio senso.
- Nostra…nel senso di…di Grifondoro, accidenti a te! – borbottò Hermione, non capendo perché Draco non venisse subito al punto, invece di correggerle ogni più piccola parola. – Comunque, che vuoi?
- Ti aspettavo. – rispose il ragazzo, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Per poco Hermione non andò fuori di testa per la confusione. Non riconosceva affatto quel Draco Malfoy che le si presentava davanti, sereno e tranquillo, quando poche ore prima l’aveva insultata nel peggiore dei modi. La sua serenità, inoltre, era puramente fuori luogo: la ragazza aveva potuto vedere che, alla rivelazione che Allyson fosse sua sorella, Draco era rimasto parecchio sconvolto, anche se non aveva creduto a ciò che gli aveva detto.
Quale diritto aveva di venire lì, nell’unico posto dove potesse stare in pace, a scombinarle nuovamente i pensieri e a confonderla?
- Da quanto sei qui?
- Da un bel po’.
- Chi ti ha fatto entrare? – sbottò allora, con più veemenza, dato che non riusciva a cogliere nessuna emozione sul viso del Serpeverde.
- Un bambino del primo anno.
- Lo hai minacciato? – domandò Hermione sospettosa.
- Granger! Ma per chi mi hai preso?
- Uhmpf. – Hermione emise un verso a metà tra uno sbuffo e un “uhm”. – Beh, che vuoi allora?
- Devi venire con me.
- Dove?
- Tu vieni e non chiedere altro.
- Assolutamente no! – rispose incrociando le braccia al petto. Non si sarebbe smossa di lì, finché non avesse saputo la sua futura destinazione.
- Ok, la McGranitt vuole parlarci. – chiarì Draco.
- Ah… - borbottò la ragazza, segretamente delusa.
- Io avrei fretta, Mezzosangue.
- Non chiamarmi così! E poi se avevi davvero tanta fretta potevi venire a cercarmi prima!
- Sono arrivato qui un bel po’ di tempo fa e ho provato a salire nelle vostre stanze, ma le scale mi hanno respinto... – mormorò, mentre si toccava un punto del collo parecchio arrossato. – …e sono caduto per terra. – chiarì non più intenzionato a dare la benché minima spiegazione.
Hermione dal canto suo, si limitò a seguirlo, chiedendosi se stesse sognando. Appena qualche ora prima, Draco era sconvolto, sconvolto! Aveva uno sguardo talmente gelido che si era sentita raggelare sotto i suoi occhi! Com’era possibile che adesso fosse così…tranquillo? Sembrava che avesse rimosso tutto, che né lei né Allyson fossero mai venute nella sua stanza a parlargli, che lui non l’avesse mai spinta contro il muro, facendole venire i lividi sulle braccia.

Come se nulla fosse accaduto.

Forse cercava semplicemente di mantenersi calmo e non aveva voglia di parlare di quello che era successo. Oppure…oppure era impazzito, molto più semplicemente.
Fu quando si rese conto di essere in un corridoio che non conduceva affatto all’ufficio della McGranitt, che Hermione cominciò a farsi più domande di prima, tra cui una spiccava più delle altre.
- Dove stiamo andando? – chiese, dando voce ai suoi pensieri.
Il ragazzo non rispose, ma continuò a camminare come se non l’avesse sentita.
- Malfoy! Dove diavolo sia… - Draco le tappò la bocca con la mano.
- Zitta, Mezzosangue. – la gelò.
- Ch-che vuoi fare? Dov… - domandò non appena la ebbe liberata.
- Non fare domande. – fu a quel tono spaventoso che Hermione si accorse di alcuni particolari che prima non aveva notato. La vena impazzita del collo, la pallidezza del viso, il corpo rigido, le mani troppo ferme, per essere spontanee.
E quel Draco Malfoy che prima le era apparso così tranquillo, non aveva nulla a che fare con l’immagine che ora le si parava di fronte.

Aveva fatto finta.

 E quella certezza le fece attorcigliare lo stomaco.
- Perché mi hai mentito? – continuò imperterrita, non lasciandosi spaventare.
- Non volevo che tu opponessi troppa resistenza nel seguirmi. – Draco aveva mal interpretato la sua domanda.
- Non ti ho chiesto perché tu mi abbia mentito sulla McGranitt. Volevo sapere perché mi hai fatto credere di essere tranquillo, quando, invece, non lo sei affatto.
- Stesso motivo. Non mi avresti seguito se ti avessi fatto paura.
Per Hermione fu come ricevere una pugnalata.
Allora se ne era accorto: si era reso conto di averla davvero spaventata e di averle fatto del male e la ragazza piuttosto che apparire tanto debole ai suoi occhi avrebbe preferito scomparire.
Hermione cominciò a preoccuparsi seriamente. Possibile che avesse davvero paura di lui?
Quando Draco si voltò a guardarla, trovò impressa negli occhi della Grifondoro una muta domanda.
Posso fidarmi di te?
- Non ti ucciderò, Granger, se è questo che stai pensando. – chiarì burbero, forse pentendosi un po’ per come l’aveva trattata in precedenza. – Voglio solo…chiarire una…cosa.
- Una cosa? Riguarda il fatto che Allyson sia tua so…
- Non dire un’altra parola di più. – scattò Draco, quasi sul punto di imbavagliarla.
- Non puoi costringermi a seguirti, voglio sapere dove siamo e perché hai portato proprio me qui!
- Anch’io vorrei tante cose, Granger. Ad esempio che tu smettessi di parlare e comunque ora siamo arrivati… – Il ragazzo si bloccò un attimo. – …e ho portato te con me perché non riuscivo a trovare quell’altra Mezzosangue.
- L’altra Mezzosang…? – borbottò la ragazza, prima di rendersi conto che si riferiva ad Allyson.
Hermione non completò la frase, perché Draco, in quell’esatto istante, aprì una stanza. Una stanza che era stata usata per ospitare un membro esterno che non apparteneva a Hogwarts. Una stanza in cui lei non sarebbe mai e poi mai voluta entrare, pur di non doversi confrontare con la stessa persona che aveva definito bugiarda. Hermione pensò che quella volta avrebbe potuto fare a meno del suo orgoglio e scappare via sul serio, pur di non doversi confrontare con Narcissa Malfoy.
 
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Il respiro era irregolare, l’aria non riesciva a entrare e uscire regolarmente dalle sue labbra, i polmoni si dilatavano e contraevano più velocemente del normale.

Merda.

Gli occhi di Allyson saettavano in qua e là, soffermandosi talvolta sui suoi piedi, talvolta sul paesaggio che stava percorrendo. La strada da Hogsmeade al castello non le era sembrata così lunga. Le sue mani tremavano, incapaci di stare ferme, proprio come i suoi occhi chiari; le labbra si mordevano con forza, cercando di respirare più normalmente e per non emettere alcun suono.

Merda.

Il corpo era rigido, compire un singolo passo richiedeva uno sforzo immane. Non capiva quei segnali che la sua mente cercava di ignorare costantemente, o forse li comprendeva, ma non voleva assolutamente prenderli in considerazione.

Merda.

Allyson era agitata. Molto agitata. Cosa alquanto strana per una come lei. Ed era strano il motivo per cui si sentiva strana. La presenza del Serpeverde non l’aveva mai messa così a disagio. A dir la verità la presenza di nessuno l’aveva mai fatta sentire così.
Si azzardò a guardare Theodore accanto a lei e lo scoprì a fissarla insistentemente. Non potendolo impedire, le sue guance si colorarono di un leggero rossore, ma non distolse lo sguardo; non era lei ad essere stata colta in flagrante.
Contro ogni aspettativa, neanche il Serpeverde distolse lo sguardo ed Allyson non seppe se giudicarla una buona cosa o no. Il fatto che continuasse a guadarla in parte le piaceva, ma in parte le faceva salire l’ansia nello stomaco.
- A cosa pensi? – domandò Theodore improvvisamente, fermandosi proprio quando mancava pochissimo per arrivare al castello.
- A niente. – rispose prontamente la ragazza.
- Bugiarda. – rispose lui altrettanto prontamente.
- Bugiarda, io? – replicò stizzita, puntando i piedi per terra.
- Sì. – chiarì Theo. – Una gran bugiarda.
- E perché mai? – Allyson era davvero curiosa di sentire la sua risposta, dato che lui le aveva mentito fin dal primo giorno in cui si erano incontrati e continuava a farlo anche adesso. Non si aspettava però le parole che Theo le disse.
- Stavi pensando a qualcosa, ne sono sicuro. – aveva uno strano sorrisetto sulle labbra. – Forse a prima, quando mi sei saltata addosso.
Allyson ringraziò Salazar di non essere arrossita alle sue parole.
- Uhmpf. Semmai sei tu… - lo accusò quasi. - …che mi hai baciato. – replicò impassibile, con uno sguardo che non ammetteva repliche, anche se sapeva di non aver propriamente ragione, ma nemmeno torto. Sì, era stata lei a baciarlo…ma non gli era mica saltata addosso!
- Ah sì?
- Sì.
- Magari ti ho pure costretta. – disse il ragazzo con uno strano tono.
- Certo che lo hai fatto. Io non volevo baciarti, mi sembrava così ovvio. – gli rispose Allyson, divertendosi per la piega che aveva preso la conversazione.
Il Serpeverde la guardò per alcuni istanti interminabili, prima di scoppiare a ridere.
Aveva una bella risata.
Lo faceva sembrare più piccolo, più bambino.
- Ma smettila… - disse il ragazzo, avvicinandola per una tasca del suo giacchetto. - …bugiarda. – soffiò quella parola a due centimetri dal suo viso.
Allyson sapeva che avrebbe dovuto allontanarsi, ma non ci riuscì. I suoi piedi rimasero piantati al suolo, il suo corpo non voleva saperne di spostarsi, neppure di un millimetro e neanche la sua mente era tanto lucida. Il suo sguardo, orgoglioso come sempre, sfidò impunemente quello di Theodore, sentendosi al tempo stesso vulnerabile.
- Non sono una bugiarda.
- Allora hai la lingua velenosa. – replicò Theo, come se non avesse sentito il commento di Allyson. – E comunque, sei bugiarda. – Allyson non ebbe neanche una frazione di tempo per rispondere, perché le labbra di Theo si poggiarono sulle sue, zittendola.

Merda.

Fu come sentire un bracere prendere fuoco, una colata di lava bollente percorrerle la schiena. Quel bacio fu diverso: le loro bocche già si conoscevano, i loro respiri si erano già fusi, i loro corpi sapevano da soli che cosa fare.
Cavolo, forse sì, il suo corpo sapeva anche troppo cosa fare, perché nonostante Allyson gli urlasse di allontanarsi, non riusciva a farlo muovere. Anzi, ottenne l’effetto opposto. Si avvicinò di più.
Avrebbe voluto picchiare Theo.
Lo avrebbe picchiato, se solo fosse riuscita a recuperare lucidità e a non lasciarsi baciare.
Lo avrebbe picchiato se fosse riuscita ad allontanarsi, invece che lasciarsi stringere dalle braccia forti di Theo e sopraffare da quel calore urticante.
Sì, lo avrebbe picchiato se quello che stava provando non fosse stato così ipnotico.

Merda.

- Non…sono…bugiarda. – fu tutto quello che la ragazza era riuscita a dire, quando Theo la lasciava respirare. Percepì una risata soffocata contro le proprie labbra, che le provovò brividi in tutto il corpo.

Merda.

Theo non era il primo ragazzo che baciava, ma era il primo che le lasciava uno strano senso di fame, come se non riuscisse mai ad essere sazia di quei baci.
Una fame che non capiva da cosa era scaturita, né da cosa potesse essere soppiantata.

Devo allontanarlo, devo allontanarlo, devo allontanarlo.

Più facile a dirsi che a farsi.
Sì, perché non riuscendo a muovere le gambe, che sentiva molli come non mai, provò a staccarsi facendo forza con le braccia, motivo per cui poggiò le mani sul petto del ragazzo cercando di respingerlo.

Madornale errore.

Percepì chiaramente il petto di Theo contrarsi sotto le sue dita, alzarsi ed abbassarsi più frequentemente di prima. Sapere di riuscire a scatenare una simile reazione al Serpeverde, stranamente le rese più difficile portare a termine ciò che si era prefissata.
- T-Theo! – riuscì finalmente ad esclamare Allyson, quando con una forza di volontà immane, riuscì a staccarsi da lui. Beh…staccarsi per modo di dire, perché erano ancora appiccicati. La ragazza lo guardò negli occhi, mentre cercava ossigeno.

Madornale errore.

Theodore non poteva guardarla così, non poteva! Non l’aveva mai fatto, ma cosa gli era preso? Perché la fissava come…come…se lei fosse la cosa più bella che avesse mai visto? Di fronte a quegli occhi così…intrisi e pieni di qualcosa a cui lei non voleva dare un nome, si sentì un vero e proprio schifo. Sì, perché lo aveva baciato e lei lo stava solo usando.

Lui ha scommesso su di me!

Nonostante tutto si sentì uno schifo totale lo stesso. Cosa aveva combinato?
- Theodore, io…volevo dirti che…che… - forse sarebbe anche quasi riuscita a finire la frase, se il ragazzo non l’avesse guardata il quel modo.
- Che?
- Io non…non…
- Neanch’io credevo che ti avrei mai baciato, sai? Di sicuro non oggi. – concluse per lei, fraintendendo però le sue parole.

Una bugia per una bugia.

Era uno scambio in fondo, no? Theo l’aveva usata come scommessa e lei lo usava per non doversi sposare. Un patto, quasi.

O almeno questo era quello di cui Allyson tentava di convincersi, per non doversi sentire così male.

Era un semplice scambio di bugie.

Sperava solo di non rimanerne bruciata.
 
 
 

 
 
Angolo Autrice
 
Drtyuikjnbvftyuioplkmnbvgfrtiuyjkjhyutfvbnjiuyghj! Porchissima puzzola puzzolenteeeeee! Sono in ritardo. Parecchio, parecchio in ritardo. E io che volevo farvi gli auguri di Natale! Bah…sono un caso irrecuperabile.
Riuscirò mai a postare un capitolo dopo una settimana? O perlomeno con un ritardo che non supera i dieci giorni? Comunque nonostante tutto, sono ancora qui. Spero che abbiate ancora la forza di sopportarmi :)) Comunque ho capito una cosa: IO AMO ALLYSON E THEO! Me ne sono resa conto ora, sì! XD
Non ho molte cose da dire sul capitolo, se non che è uno dei miei preferiti. Sì, avete capito bene: questo capitolo mi piace. Incredibile, vero? Sarà perché ci sono Allyson e Theodore e io li adoro quando sono insieme….non so, so solo che è uno dei miei preferiti, quindi non smontatemi! ù.ù 
Solo una domanda: la scena (anzi, le scene) tra Allyson e Theo vi sono piaciute? Il fatto che a me piacciano non significa che anche per voi sia così. Mi piacerebbe sentire i vostri pareri al riguardo, se quello che ho scritto corrisponde a ciò che vi eravate immaginate. Spero di sì :D
L’intricatissima situazione Narcissa/Draco/Hermione/Allyson si risolverà tutta nel prossimo capitolo (e sarebbe anche ora XD), in cui avremo un bel testa a testa tra Hermione e Narcissa. Scontro tra titani ;)
L’intricatissimo rapporto tra Draco/Hermione nel prossimo capitolo avrà una svolta che spero vi piacerà….Ho già in mente come impostarlo.
L’intricatissimo rapporto d’amore d’odio tra Allyson/Theodore è molto presente in questo capitolo e nel prossimo…non vi anticipo proprio nulla! *Me malefica*
Insomma tutto quello che c’è di supermegaiperintricatissimo in questa storia troverà fine tra pochissimo! ^.^
Detto questo (parlo sempre troppo), passo ai ringraziamenti! Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate e a chi legge in silenzio, siete davvero tantissimi per me ;)
Un grazie GIGANTE va a chi ha lasciato almeno una volta una recensione a questa storia e a tutte quelle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: chiara_1997, Jocker157, UraniaSloanus, FedePluck93, Michelle_31, DarkViolet92, Roby_Aladimpa e Black_Yumi. Grazie di cuore, davvero.
Un abbraccio stritolatore dalla vostra autrice ritardatrice e incostante, ma che vi vuole un mondo di bene,
flors99
 

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Capitolo 23
*** The Truth Can Hurt ***


- Draco! – questa fu l’esclamazione di Narcissa quando si ritrovò il figlio davanti. La donna ringraziò Salazar di essere riuscita a contenere il tono e di non far trapelare tutto il tormento che la attanagliava in quell’istante. Fissandolo negli occhi grigi ebbe la fugace visione della sua bambina, ormai non tanto più bambina, ma la scacciò immediatamente, mentre lo sguardo le si appannava di nuovo.
- Madre. – rispose il figlio sorridendole leggermente.
Dopo un esame più accurato, Narcissa si accorse di una piccola testa cespugliosa che spuntava al di là del braccio di Draco, come se si stesse nascondendo. Rimase sconcertata – e non poco – quando si rese conto di chi era.
- Voglio andarmene. – bisbigliò la giovane Grifondoro, con uno sguardo smarrito. Draco non le diede retta, ma anzi la spinse avanti, in modo da avere una perfetta visuale dello sguardo disgustato di Narcissa. – Io non c’entro con questa storia, Malfoy! E’ un problema tra te e tua madre, non devi mettermi in mezzo! – aggiunse, dato che non aveva ricevuto risposta, con tono più alto.
- Tu hai dato a mia madre della bugiarda e io devo chiarire questa cosa il prima possibile. – rispose impassibile, fissandola con sguardo freddo.
- Non voglio entrare in questa storia. – soffiò la ragazza, come un gatto arrabbiato.
- Ci sei già dentro fino al collo, Granger.
- Sei un…un…
- Mi insulterai dopo, Mezzosangue.
- Non chiamarm…
- Draco, perché siete qui? – la voce sorpresa di Narcissa Malfoy, li fece voltare entrambi. La donna era rimasta sconcertata, non tanto dal mezzo litigio che stavano avendo (anzi, lo riteneva normale), quanto piuttosto della facilità con cui parlavano e della complicità, che brillava nelle loro iridi. Stavano litigando, ma c’era qualcosa tra loro, qualcosa di innegabile a cui Narcissa non sapeva dare un nome.
- Devo…devo…parlarti. – rispose, stranamente esitante.
- Lei cosa ci fa qui? E perché le stai così vicino? – alla domanda della madre, il ragazzo si allontanò impercettibilmente da Hermione e di questo la ragazza, non poté che rimanerne ferita. Soprattutto per gli occhi pieni di disgusto con cui la donna l’aveva guardata e che non l’avevano persa di vista un momento.
- La Granger è uno dei motivi per cui io sono qui. – spiegò il ragazzo.
La donna alzò un sopracciglio.
- Non so di cosa tu voglia parlarmi, Draco, ma, di qualunque cosa si tratti, non voglio che quella ascolti la nostra conversazione. – chiosò Narcissa con tono impassibile, che non ammetteva repliche. Soltanto una persona più attenta avrebbe potuto notare una sfumatura di dolcezza nelle parole che rivolse al figlio, nonostante fossero state dette con durezza. Per questo, se a Draco, il tono della madre non diede fastidio, avendo trovato quella sfumatura di tenerezza che solo lui era in grado di riconoscere, a Hermione fece ribollire il sangue nelle vene.
- Quella… - sottolineò la ragazza, incapace di trattenersi. - …ha un nome e un cognome, come tutti quanti.
Lo sguardo di Narcissa s’indurì, mentre Draco sospirava, alzando gli occhi in alto.
- Granger, mia madre sa come ti chiami, non c’è bisogno di fare queste precisazioni.
- Mi ha offeso! – replicò la Grifondoro.
- Non era un’offesa, per Merlino! Ma ti sembra il momento di discutere su una cosa del genere?
Hermione arrossì leggermente, rendendosi conto che aveva ragione. Nonostante tutto non frenò la lingua, anche se sapeva di essere dalla parte del torto.
- Tu mi hai portato qui con l’inganno e io dico quello che voglio. – incrociò le braccia al petto e fissò Narcissa freddamente, pensando a come quella donna avesse ferito la sua amica. Non aveva dimenticato gli occhi di Allyson: occhi duri, occhi freddi, ma sotto ai quali si nascondeva una quantità enorme di sofferenza, che ancora Hermione non riusciva a capire come potesse sopportarla. Non aveva dimenticato quelle lacrime imbrigliate nelle ciglia scure, che non erano volute scendere lungo il viso della Serpeverde, ma avevano preferito conservare il proprio dolore e nasconderlo dallo sguardo altrui.
- La Granger resta qui, madre. Ho bisogno di parlarti e lei mi è indispensabile. – proruppe Draco, cercando di interrompere quella lotta di sguardi che la donna e la Grifondoro avevano intrapreso.
- Non comprendo la necessità della sua presenza.
- Se riuscirò a parlare, forse lo dirò. – sbuffò il ragazzo, pensando che alle volte sua madre sapeva essere davvero testarda.
- Non la voglio qui. – concluse Narcissa.
Hermione, che fino a quel punto, aveva cercato di trattenere la repulsione e il risentimento che provava per quella donna, come un uragano in piena, puntò i piedi, profondamente oltraggiata.
- Neanche io vorrei essere qui, signora Malfoy. Tuttavia la mia presenza è dovuta a una sua colpa. – disse, freddamente.
Narcissa aggrottò lo sguardo.
- Di cosa sta parlando, Draco? – chiese sinceramente confusa, rivolta al figlio.
- Granger, non azzardarti a dire una parola di più. – sibilò Draco, avendo notato il cipiglio furioso della ragazza.
- Credo che lei sappia di cosa sto parlando. – sbottò la Grifondoro, facendo finta di non aver udito il Serpeverde.
- Senti ragazzina, non ho voglia di giocare. Non so perché mio figlio ti abbia portato qui, ma non…
- Diglielo, Draco! – esclamò Hermione, presa da una rabbia che andava oltre i limiti. – Perché non le chiedi di dirti la verità? Hai paura che io possa avere ragione? – chiese ancora più furiosa. Immagini della Serpeverde si susseguivano nella sua testa, immagini che avrebbe preferito dimenticare.

Gli occhi di Allyson, occhi impenetrabili, ma che poche ore fa le aveva fatto vedere una vera e propria voragine. Un burrone nero, enorme, creatosi dalla sofferenza che aveva corroso tutto quanto.

Dolore.

Le sue labbra che tremano, i denti che le mordono per bloccare quel tremolio e non far vedere la sua debolezza.

Dolore.

Il suo sorriso incrinato, la sua voce stentata, la sua fiducia fatta a pezzi.

Dolore.

Narcissa neanche si rendeva conto del male che le aveva fatto.

- Cosa…cosa sta dicendo? – ripeté Narcissa.
Il figlio la guardò per un attimo, poi parlò.
- Una questione che non abbiamo risolto. Riguarda la nuova studentessa che è venuta a scuola…Allyson Starr. – appena pronunciate quelle parole, il Serpeverde fissò la madre intensamente, pronto a coglierle qualunque possibile espressione sfrecciasse sul suo viso.
Ma sul volto di Narcissa non ci fu niente. La donna rimase ferma, come se fosse una statua di granito; non permise che nessuna emozione scalfisse il suo petto, anche se sentire il nome della figlia uscire dalla labbra di Draco l’aveva profondamente turbata.
- Qualche ora fa la Granger e la Starr sono venute a parlarmi, sproloquiando su un mucchio di scemenze che…
- Non sono scemenze! – lo corresse Hermione. Draco le lanciò un’occhiataccia, ma la ragazza non si scompose.
- Comunque, stavo dicendo, che sono venute a parlarmi, riferendomi una cosa che ho ritenuto falsa.
- Quanto la fai lunga, Malfoy.
- Cosa?
- Abbrevia! Non c’è bisogno che tu descriva ogni singolo momento della tua vita! – bofonchiò Hermione.
- Avrò il diritto di parlare quanto mi pare e piace? – chiese Draco, altrettanto irritato.
- Non adesso! Perché non dici le cose come stanno senza troppi giri di parole? Hai paura della verità, vero? – sibilò velenosa.
- Smettila, Granger. – sussurrò a denti stretti.
- Smettetela entrambi. – disse Narcissa in tono autoritario. – Draco, non devi abbassarti al suo livello. – l’offesa non tanto velata, né tanto implicita, non fece altro che aumentare il malumore di Hermione, ormai sul punto di scoppiare.
- Ho bisogno di sapere una cosa, madre, e voglio una risposta sincera. – si costrinse infine a dire Draco, percependo anche la lui la tensione che si stava espandendo nella stanza. – Chi è Allyson Starr?
Narcissa s’irrigidì visibilmente, ma i suoi occhi rimasero impassibili.
- Per quale motivo mi fai questa domanda?
- Perché lei gli sta nascondendo qualcosa, e lui se ne è accorto, ecco perché! – scattò la Grifondoro come una molla, anche se, a pensarci bene, Draco non si era accorto proprio di un bel nulla. Era stata lei ad andare da lui per dirgli la verità, era stata lei ad ascoltare Allyson e a consolarla, incapace di far niente, era stata lei a ricollegare i segni, mentre il Serpeverde, da bravo asino qual era, non ci aveva minimamente fatto caso.
- Granger… - l’ammonì Draco.
- Non usare quel tono, ragazzina! – replicò Narcissa per l’appunto. Il ragazzo si massaggiò le tempie; voleva davvero andare dritto al punto, chiedendo a sua madre la verità, sicuro di ricevere una smentita. Eppure c’era qualcosa che lo bloccava prima di pronunciare quelle parole, aveva un cattivo presentimento e non era poi così sicuro di voler continuare quella conversazione.
- Io…
- Allyson Starr è mia sorella. – proruppe Draco, interrompendo Hermione e guardando negli occhi la madre, che, a quelle parole, era diventata una statua di sale. – Questo mi hanno detto le due ragazze e, in particolar modo, la Granger non fa altro che ripetermelo. – aggiunse modulando la voce e accorgendosi dell’immobilità di Narcissa. – E sono venuto qui per far capire a chi crede che tu sia bugiarda, che si sbaglia sul tuo conto.
- Io non mi sbaglio, Draco. Sono sicura, sei tu che non vuoi affrontare la verità.
- Granger, tappati quella boccaccia, non voglio ascoltarti.
- Oh certo! – scoppiò la ragazza. – Fai sempre così! Fuggi dai problemi ogni volta che si presentano! Se tu ti fermassi a riflettere per un minuto, per un singolo attimo, sulle parole mie e di Allyson, senza pregiudizi, ti renderesti conto che abbiamo ragione!
- Tu… - un mormorio strozzato fuoriuscì flebile dalle labbra di Narcissa che fino a quel momento era rimasta in silenzio, incapace di parlare. – Tu… - ripeté, guardando Hermione, come se fosse una persona orribile. – Hai…hai detto…a mio figlio…una cosa simile? – riuscì a mettere insieme la donna.
- Sì. – rispose la Grifondoro, senza esitare.
Narcissa sembrò perdere leggermente il contegno. Sentì una rabbia pazzesca risalirle lungo la spina dorsale: non accettava che quella stupida ragazzina avesse osato immischiarsi in quel modo nella sua vita, rivelando a Draco un segreto tanto grande. Non accettava la sua impudenza, il suo sguardo fiero e orgoglioso, il comportamento quasi sprezzante nei suoi confronti. Non accettava il tono con cui aveva risposto, come se la stesse accusando. Ma chi era quella ragazzina per rinfacciarle il suo più grande errore, in modo così aperto? Cosa ne sapeva di cosa lei aveva passato in quegli anni, lontana dalla sua bambina? Cosa ne sapeva quella Grifondoro, delle lacrime che avevano rigato il suo viso, per tante notti? Cosa diavolo ne sapeva quella Mezzosangue di lei? Di quello che aveva passato?
- Non… - Narcissa non riuscì neanche a parlare, da tanto che la rabbia la imprigionava. – …osare ma più. – ogni parola usciva dalle sue labbra come il sibilo velenoso di un serpente.
- Ho detto solo la verità.
- Non so di cosa stia parlando, Draco. – disse Narcissa, recuperando il fiato per parlare, imprigionando la sua rabbia e voltandosi a guardare il figlio. Quella bugia le era rotolata fuori dalle labbra prima che potesse fermarla e per quanto si sentisse male per la facilità con cui mentiva a Draco, si sarebbe sentita peggio se lui avesse saputo la verità. Non voleva pensare a quando avrebbe dovuto sapere tutto, non voleva neanche immaginarselo; sperava solo che fosse il più tardi possibile, di sicuro non in quel momento. Non lì. Non nello stesso luogo che era stato testimone del suo segreto nascosto per anni.
Draco stava per dire qualcosa, ma Hermione lo precedette, colta dall’ira e pronta a scattare verso di lei, senza neanche sapere cosa volesse fare.
- Bugiarda! – a quelle parole, Draco, la fulminò con lo sguardo e la agguantò, bloccandola e costringendola dov’era. – Lei è una bugiarda! – gridò la Grifondoro, mentre la stretta della mano di Draco sul suo polso si rafforzava e lei percepiva un dolore lancinante, laddove le dita del ragazzo stringevano sui suoi lividi.

Gli occhi di Allyson, occhi impenetrabili, ma che poche ore fa le aveva fatto vedere una vera e propria voragine. Un burrone nero, enorme, creatosi dalla sofferenza che aveva corroso tutto quanto.

Dolore.

Le sue labbra che tremano, i denti che le mordono per bloccare quel tremolio e non far vedere la sua debolezza.

Dolore.

Il suo sorriso incrinato, la sua voce stentata, la sua fiducia fatta a pezzi.

Dolore.
 
- Basta, Mezzosangue! – esclamò il ragazzo strattonandola. La fitta di dolore che colpì Hermione fu talmente forte che la ragazza si morse le labbra, senza poter però impedire che gli occhi le si facessero lucidi. – Smettila con questa messinscena, non ne hai più bisogno.
- Sei uno stupido, Malfoy. – mormorò, guardandolo negli occhi. – Come puoi credere che io possa mentire su una cosa simile? Che razza di persona credi che io sia? – sussurrò ancora, con tono triste. Il ragazzo sembrò vacillare un momento di fronte ai suoi occhi, ma lanciando poi un’occhiata alla madre, riacquistò una maschera impassibile sul viso.
- Madre…siete sicura di non saperne niente? – chiese poi dopo qualche secondo, come se volesse credere anche lui alle parole della ragazza, ma non riuscisse a farlo.
- Io non so di cosa stia parlando, Draco. Sono tua madre, che razza di persona credi che io sia? – domandò, usando volutamente le stesse parole della ragazza, mettendo così il figlio di fronte ad una scelta.
Ogni parola rivolta a Draco, per Narcissa, era una pugnalata. Era una bugia. L’avrebbe odiata quando avrebbe scoperto tutto, forse sarebbe davvero stato meglio dirgli la verità immediatamente, raccontargli come erano andate le cose, le sue motivazioni, ma sapeva di non potersi riuscire in quel momento. Quel giorno aveva già perso una figlia e il cuore le si stava spezzando a metà dal dolore. Non poteva permettersi di perdere anche suo figlio. Non ora, non in quel momento in cui vedeva tutto nero. Aveva bisogno di Draco, di un po’ di luce, non poteva perderlo adesso.
- Dovrebbe vergognarsi. – sibilò la ragazza, guardandola con disprezzo. – Dovrebbe vergognarsi di se stessa, signora Malfoy. Sta usando il suo affetto contro le mie parole. E’ una cosa davvero orribile, anche per una come lei. – concluse, con le buone maniere che ormai erano andate a quel paese.
- Non ho tempo da perdere con le tue fandonie, ragazzina. – Narcissa voleva chiudere la discussione, il pià presto possibile.
Nell’udire quelle parole, una lacrima scese dal viso di Hermione senza che lo potesse impedire; si liberò con uno strattone violento dalla presa di Draco e osservò il suo polso arrossato, mordendosi le labbra per il dolore. Ma quando si voltò a guardare Narcissa, non c’era nessuna traccia di debolezza nei suoi occhi, soltanto rabbia.
- Fandonie? Allyson sarebbe una fandonia?! Allyson è sua figlia e lei non si rende nemmeno conto del male che le ha fatto! Della voragine che ha creato nei suoi occhi!
- Smettila, ragazzina. – riuscì a malapena a soffiare Narcissa a quelle parole crudeli, ma vere.
- Dopo che ha parlato con lei è venuta da me! Stava piangendo! Piangeva e per colpa tsua! L’ha trattata come un oggetto, come se fosse un pacco postale da rispedire al mittente e persino ora nega la sua esistenza e il valore che ha per lei! – esclamò, con le parole piene di rammarico. – E mi chiedo come lei possa guardarti allo specchio ogni mattina, e non provare disgusto per ciò che è.
- Granger, basta. – stavolta fu Draco a parlare. Aveva notato uno strano singulto nel corpo della madre quando la ragazza aveva parlato e un lampo di dolore passare attraverso i suoi occhi blu; ed era stato orribile vedere sua madre così debole, anche solo per un secondo.
- Non ha neanche il coraggio di dire a Draco la verità. – riprese Hermione senza ascoltare il Serpeverde. – Non ha neanche il coraggio di affrontare i propri errori. E quello che mi chiedo, signora Malfoy, è che cosa avrebbe detto se al posto mio fosse venuta Allyson. Come l’avrebbe guardata negli occhi, nella sua voragine, e negato la vostra parentela davanti a Draco. Mi chiedo cosa, chi, avrebbe scelto.
E fu nello strano silenzio che seguì a quelle parole dure, che Draco, guardando sua madre, cominciò a sentirsi male. Narcissa era stata il suo modello e guida alla crescita fin dall’infanzia: forse non una madre perfetta, ma era un’ottima madre, che lo aveva amato e gli aveva dato tutto quello di cui aveva bisogno. Ma adesso, specchiandosi nello sguardo blu della donna, non si riconosceva. Non la riconosceva. Vedeva i suoi occhi pieni di un dolore indicibile che si sforzavano di non confessare; vedeva il suo viso contratto in una smorfia di sofferenza; osservava le sue mani, rigide lungo i fianchi, colte da un insolito tremolio.
- Madre…? – la richiamò incerto.
E a quel sussurro, Narcissa cedette. Forse erano state le parole della ragazza,“non ha neanche il coraggio di dire a Draco la verità”; forseera stato quel sussulto che aveva squassato il petto; forse era stato Draco, che col suo mormorio le aveva fatto capire quanto fosse smarrito della piega che aveva preso la conversazione. Forse fu tutto questo insieme, ma Narcissa si ritrovò con gli occhi lucidi, il cuore che batteva all’impazzata, la gola che bruciava mandandola a fuoco, e il peso di una bugia, troppo grande da sopportare.
- Mi dispiace, Draco. – sussurrò, con la forza di un flebile soffio di vento. – Mi dispiace tanto. – ripeté, guardandolo attraverso gli occhi velati, con lo strappo nel cuore che si allargava.
Narcissa fu certa che Draco avesse capito quando vide una serie di emozioni passare attraverso il suo viso: sorpresa, incredulità, confusione, e tanta, tantissima delusione. Sembrava lo sguado di Allyson. Fece appena in tempo a capire quanto a fondo lo avesse ferito, quanto fosse sul punto di crollare, prima che il Serpeverde, con uno sguardo che non gli aveva mai visto prima, se ne andasse dalla stanza, allontanandosi il più velocemente possibile.
 
 
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Quando Harry entrò nella camera, avvolta nella penombra, per poco non inciampò.
- Ahia. – borbottò, mentre si riaggiustava gli occhiali sul naso.
- Haddy! – esclamò Ginny, non appena lo vide. Lo sguardo della giovane Weasley era ancora un po’ lucido, segno che aveva ancora alcune linee di febbre, ma anche curioso e sorpreso. – Che ci fai buì?
- Volevi sapere come stavi. – rispose sorridendo.
- Ba tu non buoi entrade nel dorbitorio delle ragadde! – rifletté Ginny, confusa.
- Hermione mi ha insegnato un incantesimo da usare sulle scale, per impedire che si trasformino in uno scivolo. – spiegò con naturalezza.
- Ah…Per cado hai bisto Herbione adesso?
- Ad essere sinceri, no. Poco fa ho visto che si allontanava con Malfoy, credo che li volesse la McGranitt…
- Balfoy?! – Ginny scattò come una molla a quel nome e i suoi occhi s’illuminarono. – Alloba l’ho convinba! – esclamò felicemente.
- Convinta di cosa? – Harry aggrottò lo sguardo. Stavolta era il suo turno di essere confuso.
- Niende, niende…Code tra donne… - bofonchiò la ragazza, sapendo che con quella frase, “Cose tra donne”, avrebbe impedito ad Harry di fare qualunque domanda indiscreta. Infatti, il ragazzo sorrise, lasciando cadere il discorso.
- Non dovresti sforzarti di parlare, Ginny. La febbre non ti passerà mai, in questo modo.
- Herbione mi ha deddo la stedda cosa un’oda fa. Berché tutti vi preoccupade codì tanto? Io sto bedissimo!
Il Grifondoro rise, accarenzandole una guancia e, come per reazione chimica, il viso di Ginny divenne più rosso di quanto già non fosse.
- Ci preoccupiamo per te perché ti vogliamo bene. Soprattutto Ron: voleva portarti al San Mungo quando Hermione gli ha detto che non avresti fatto l’allenamento di Quidditch…
Ginny bofonchiò qualcosa d’incomprensibile sul fratello, stringendosi le ginocchia al petto. Harry la osservò ancora qualche secondo, scoppiando poi a ridere.
- Carino il tuo pigiama con le mucche, Ginny. – la prese in giro sorridendo e senza cattiveria.
La giovane Weasley ebbe un singulto. Arrossì fino alla punta delle orecchie, rendendosi conto solo in quell'istante in quale stato dovesse essere: il viso rosso, gli occhi arrossati e le lucidi per la febbre, i capelli completamente all’aria, il tutto contornato dal suo splendido pigiama con le mucchette.
- Dod guardarbi! – eclamò, tirando su la coperta per coprirsi il viso. – Sodo orridile!
Harry ridacchiò, prendendo la stoffa del piumone tra le mani.
- Ginny, non essere ridicola… - mormorò, scostando la coperta. – Stavo solo scherzando…
- Ma io do! Sono orridile! – ripeté la piccola Weasley rifugiandosi nuovamente sotto il tessuto, fuori dalla portata dei suoi occhi.
- Non dirlo neanche. – chiarì Harry, con voce seria. – Ginny, guardami. – ordinò.
La chioma rossa fece timidamente capolino dal piumone e lo fissò con due occhioni, aspettando chissà quale giudizio.
Harry afferrò la coperta e la scostò completamente, senza troppi preamboli. Le prese il viso tra le mani, sorridendo con dolcezza e poggiando la fronte sulla sua.
- Per me potresti indossare qualunque cosa…Rimarrai sempre la mia bella addormentata. – il cuore della ragazza fece una capriola e il suo corpo si accaldò ancora di più, mentre il respiro si faceva irregolare. - Uhm…credo che ti sia salita ancora la febbre…scotti, Ginny. – aggiunse Harry successivamente, dopo aver sentito la fronte della Grifondoro.
- Dod è la feddre che bi fa queddo effeddo. – chiarì la ragazza, con semplicità, dandogli un bacio sulla guancia. Harry si girò facendo incontrare le loro labbra, facendo andare a fuoco la Grifondoro per quel contatto improvviso.
- …Di verrà la feddre, Haddy. – mugolò Ginny, per quel che ci riuscì.
- Non mi verrà. – rispose il ragazzo, baciandola di nuovo e troncando le sue deboli proteste sul nascere. – E comunque…potresti non chiamarmi Haddy? …Non mi piace come nome.
La ragazza scoppiò a ridere sonoramente.
- Dei gelodo?
- Uhm…Non sai quanto. – borbottò il ragazzo, mentre gli prendeva il viso tra le mani e lo baciava con più convinzione, con meno delicatezza rispetto a un istante prima.
- Stupido. – mormorò la Grifondoro. - Dod hai mo-divo di eddere gelodo. E comunque ti veddà la fe-feddre! – riuscì a malapena a soffiare, quando si staccò da lui; come sempre, i baci di Harry la mandavano nel pallone. Difatti, non ricordava neanche il momento in cui si era stesa sul letto, trascinando Harry con sé.
- No…sono immune al raffreddore. – dichiarò il ragazzo.
- E coda ne sai? – domandò confusa, facendo in modo che Harry la guardasse negli occhi.
- Intuito maschile.
- Non esisde l’induido maschide. – lo corresse Ginny. - Voi ragaddi non avede induido, siete degli idiodi. – l’offesa leggermente esplicita fece aggrottare le sopracciglia a Harry, che si ritrovò a fissare il sorrisetto sarcastico che si era creato sulle labbra della ragazza.
- Ah sì? – domandò il ragazzo, sorridendo.
- Assoludamente dì!
- Questo lo dici tu.
- Dod lo credo sodo io! È scendificamende provado che… - non completò la frase, perché Harry prese a mordicchiarle il collo, bloccandole il respiro. E per quanto Ginny avesse voglia di ribadire che era scientificamente provato che i maschi avessero un cervello piccolo quanto una nocciolina, in quel momento non si dispiacque poi così tanto delle sue mancate parole.
- Ok, Ginny…Dato che, come dici tu, non ho ragione io e mi verrà la febbre…Non ti bacerò sulle labbra. - La Grifondoro aggrottò le sopracciglia, confusa, a quelle parole. - …Anche perché scommetto che sarai tu a baciarmi. – Harry soffiò quelle sillabe sul suo viso, facendola rabbrividire.
- E’ uda scommedda? – borbottò Ginny, studiandolo.
- Sì. Scommetto che mi bacerai e che non ti interesserà più della febbre.
- Ma… - Ginny cominciò a protestare, ma le sue proteste si spensero in un gemito, quando il ragazzo riprese a torturarle il collo, sfiorandolo con le labbra in tutta la sua lunghezza.
- Non…non vale codì, però! – esclamò la giovane Weasley, avvampando e mordendosi le labbra. Harry ridacchiò, sentendo le sue gambe serrarsi intorno al suo bacino e la sua mano stringere la stoffa della maglia.
- Perderai… - borbottò solamente, facendo fare una capriola al cuore di Ginny con quella semplice parola.
- H-harry… - sfiatò con un sussurro.
- Hai detto qualcosa, Ginny? – le mormorò sulle labbra.
La ragazza commise l’errore di guardarlo negli occhi, perdendo completamente le proprie capacità cognitive.
- D-d-do! – esclamò, più che mai decisa a non lasciarlo vincere e stringendo le mani in un pugno per impedire loro di prendergli il viso tra le mani e baciarlo finché non avesse avuto bisogno d’aria.
- Sicura? – domandò Harry, con un’espressione canzonatoria. In modo lento e esasperato, sfiorò la pelle calda sotto il pigiama della ragazza, sentendola tremare forte. – Proprio niente? – chiese mentre le sue dita le facevano girare la testa.
Ginny riusciva solo a pensare a quel gran caldo che sentiva. Il cervello le si stava annebbiando e aveva brividi ovunque.
Forse mi sta tornando la febbre. – riflettè la ragazza, in uno sprazzo di lucidità.
O forse no. – rifletté ancora meno lucida, quando Harry sostuituì le labbra alle mani e le baciò la pancia, mandandole una forte scarica elettrica.
- Haddy… - mugolò, al limite della sopportazione - …di veddà la feddre. – ripeté per l’ennesima volta, nonostante in quel momento le sembrasse essere una cosa di importanza irrisoria.
- E che mi venga…che mi venga la febbre, il raffreddore e tutte le malattie del mondo. – le sussurrò Harry tornando nuovamente sopra sulle sue labbra, a un millimetro dalle proprie, e facendola rabbrividire come non mai.
- Dei….dei…
- Sono?
- Dei uno stroddo! – sbottò Ginny, prendendogli il viso tra le mani e cedendo al desiderio che la corrodeva. La ragazza percepì la dolce risata di Harry infrangersi contro le sue labbra e il suo cuore cominciò a battere furiosamente. Schiuse le labbra in modo naturale, senza che il Grifondoro potesse incoraggiarla a farlo. La lingua del ragazzo s’insinuò lentamente nella sua bocca e Ginny ricordò solo in maniera vaga che sì, per Merlino aveva la febbre!, anche se questo pensiero sparì totalmente, quando Harry la ribaciò. Inizialmente con delicatezza, ma, quando la sentì tremare sotto le sue mani, prese a divorarle le labbra. Le mani sui suoi fianchi si spostarono con urgenza sulle spalle, la schiena, il collo…Ginny cominciò a sentirsi piacevolmente svenire, tremando come una foglia.
- Co-codì… - borbottò Ginny col respiro spezzato, quando si staccò da Harry in cerca di ossigeno. - …eda queddo il duo intento quando dei venudo buì…
- Mmm… - mormorò il ragazzo, fingendo di pensarci. – Sì, mi hai scoperto. – rispose infine con fare cospiratorio. – E comunque…hai perso la scommessa.
- Poi dod lamendardi quaddo avrai la fe… - la frase di Ginny rimase sospesa nell’aria, perché la ragazza si morse le labbra, bloccando un gemito che le era risalito lungo la gola. Le sembrò di essere sotto una doccia fredda, che però le procurava intensi brividi di calore, alternandosi a folate di ghiaccio, mentre Harry la toccava dappertutto e con urgenza, e la ragazza sperò solo che continuasse così in eterno. E al diavolo la febbre…
Ginny si spinse contro di lui, togliendogli quella maledetta maglia, frustata da quegli inutili strati di pelle. Harry emise un verso rauco, quando i palmi delle mani di Ginny gli andarono ad accarezzare l’addome. La maglietta leggera del suo adorato pigiama con le mucche fece la stessa fine della felpa di Harry, svolazzando sul pavimento.
Ma proprio quando Ginny era mezza morta dal desiderio ed era più che sicura che anche per lui fosse lo stesso, una voce proruppe fuori dalla stanza e avvertì chiaramente dei passi salire le scale in fretta.
- Ha-harry….hai rimeddo l’incantedimo alle scale, vero? – domandò, con un dubbio tremendo che si stava facendo strana nella sua mente.
- …No. – borbottò nel panico, quando si rese conto di cosa stesse per succedere.
- Ginny, sono venuto a vedere come stavi e se ti era passata la febb… - disse Ron, tirando giù la maniglia. Con una velocità impressionante, prima che il fratello finisse di parlare, la ragazza afferrò la bacchetta sul comodino e serrò la porta. Ron sollevò le sopracciglia confuso, quando trovò la porta chiusa a chiave.
I due ragazzi si allontanarono di scattò, entrambi presi dalla frenesia per poter sfruttare quei pochi secondi che avevano guadagnato.
- Vestidi Haddy! – sibilò Ginny, nel panico, lanciando a Harry la felpa che ricadde per terra. Il ragazzo aveva, infatti, un’espressione letteralmente terrorizzata sul viso e non riusciva a muoversi di un millimetro.
- Haddy! – al richiamo di Ginny, il Grifondoro si riprese leggermente mettendosi la felpa al contrario.
La ragazza fece a malapena in tempo a rimettersi il pigiama e a rintanarsi sotto le coperte, serrando gli occhi prima che udisse il fratello sussurrare un “Alohmora” al di là della porta.
- Ginny, sono venuto a vedere come stavi, dato che le scale stranamente non scivolavano e…Harry? – chiese sorpreso il fratello, quando lo scorse nella stanza con un’espressione strana.
- Ciao, Ron! – rispose con enfasi l’amico.
- Ma non avevi detto che studiavi erbologia con Neville? – domandò sospettoso il rosso.
- Infatti, ma…ma…abbiamo finito prima.
- Ah… - borbottò per nulla convinto di quella spiegazione. – Come sta, Ginny? – chiese poi, dato che si era accorto che la sorella dormiva. O almeno credeva che dormisse.
- Non so. – rispose Harry. – Dormiva già, quando sono venuto a trovarla. – farfugliò, arrossendo.
La ragazza emise un mugolio, per poi aprire gli occhi e simulare un grosso sbadiglio. Stiracchiò le braccia e si voltò verso il fratello.
- Dao Ron… - mormorò debolmente, in una perfetta imitazione di una persona appena sveglia e con la febbre.
- Hei, Ginny… Come stai? – si sedette sul letto e le accarezzò una guancia teneramente.
- Meglio. Non beniddimo, ma meglio. – rispose, vergognandosi un po’ a mentire così spudoratamente al fratello.
Ron la guardò leggermente dubbioso, ma poi sorrise.
- Allora ti lascio riposare. – disse alzandosi.
- Vai già via? – chiese Harry leggermente sorpreso.
- Sì, ho da fare. – chiosò, senza dare ulteriori spiegazioni. Si diresse verso la porta, anche se prima di uscire del tutto, parlò nuovamente. – Comunque, Harry…prima ho incontrato Neville e ha detto che non ne sapeva nulla delle vostre lezioni di erbologia…e poi hai la maglia al contrario.
Il ragazzo arrossì.
- Oh, ehm…sai…sono sempre distratto, pr-probabilmente è da stamattina che è al c-contrario…e…Neville si sarà sicuramente dimenticato delle le-lezioni di…
- E tu, Ginny, devi avere qualche allergia.
- A-allergia? – domandò la sorella, confusa.
- Hai il collo completamente rosso. Sempre che sia allergia… – rispose Ron, semplicemente, prima di uscire definitivamente dalla stanza.
Harry e Ginny spalancarono la bocca, rossi come due pomodori, mentre il giovane Weasley, al di là della porta, non poté fare a meno di ridacchiare per le loro espressioni sbalordite.
 
 
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Quando Allyson, dopo aver salutato Theo, si rifugiò nella sua stanza, non poté fare a meno di buttarsi sul letto e soffocare il viso contro il cuscino.
 
Maledizione!
 
Sentì delle lacrime di frustrazione salirle agli occhi e questo la fece arrabbiare ancora di più. Non era il tipo di ragazza che piangeva per una sciocchezza del genere, anzi lei non piangeva affatto, di solito. Solo che…si sentiva così maledettamente confusa! Non poteva sentirsi così bene dopo aver passato la giornata con Theo, non poteva, non doveva. Soffocò nuovamente la testa contro il cuscino, tentando di non pensare a niente.
Rimase in quella posizione finché non decise di alzarsi, nervosa. Uscì dalla sua stanza velocemente come era entrata, sbattendo la porta. Aveva una gran voglia di prendere a pugni qualcosa, o più in particolare Theo. Era colpa sua se si sentiva così.
 
 
Se Allyson era in quello stato di isteria/nervosismo, Theo era il ritratto della tranquillità. O almeno questo è quello che sembrò a Blaise, quando l’amico si sedette sul letto, senza guardarlo.
- Allora? – chiese Blaise, spezzando il silenzio e sinceramente curioso. – Com’è andata con Allyson?
Theodore non rispose, continuando a fissare la parete di fronte a lui, decisamente molto interessante.
- Theo? Allora?
L’amico si riscosse, ma non rispose. Rimase semplicemente in silenzio con un sorriso che gli increspava le labbra.
- Niente. – chiarì infine.
- Niente? – domandò Blaise, confuso.
- Niente. – affermò Theo continuando a sorridere, con espressione serena. – Non c’è niente da dire, Blaise.
- Ah…ma è successo qualcosa? Cioè… - borbottò. - …sei riuscito a…
- Certo. – mormorò Theo, quasi annoiato. – Ma non è certo una novità. Te l’avevo detto che anche lei sarebbe caduta ai miei piedi. – concluse sdraiandosi sul letto e portandosi le mani dietro la testa, osservando il soffitto.
Blaise lo fissò sospettoso.
- Quindi…l’hai baciata?
- Sì… - borbottò Theo. – Cioè no…insomma…sì…
- Oh…bene…immagino che tu quindi abbia quasi vinto la scommessa… - disse Blaise, con una strana espressione negli occhi.
L’amico lo sguardò confuso, sbattendo le palpebre.
- Ah…la scommessa…sì, sì, ho vinto la scommessa. – mormorò, con voce distratta.
- Theo, ma ti piace Allyson?
- Cosa? Assolutamente no! – affermò con vigore il ragazzo, come se si fosse risvegliato in quel momento dalla trance temporanea. – Perché mi fai una domanda simile, Blaise?
- No…boh…era solo domanda, mi sembri piuttosto…
- Piuttosto? – domandò Theodore, in modo guardingo.
- Niente, mi sarò sbagliato.
- Allyson è una scommessa, Blaise. Credo di avertelo già detto più volte. – chiarì, come a voler rafforzare il concetto.
- Sei stato molto chiaro su questo punto, Theo. – rispose l’amico, con una punta di nervosismo ben evidente nella sua voce. – Comunque non hai vinto del tutto la scommessa. Il patto era che avresti avuto un mese di tempo per farla innamorare. Per quanto io mi fidi di te e creda a quello che mi hai detto, il fatto che vi siate baciati non è proprio una dimostrazione sufficiente del fatto che sia innamorata.
- E vabbè…Ci vuole tempo per queste cose… - borbottò Theodore.
- Mi sembri distratto, Theo.
- Mh-mh…
- Anzi, sei distratto.
- Mh-mh…
- Ti dispiacerebbe se ci provassi io con Allyson, dato che a te non interessa?
Le orecchie di Theodore a quelle parole sembrarono avere un guizzo, e una smorfia di rabbia si disegnò sulla sua bocca.
- Che hai detto? – scattò su a sedere come una molla, fulminando l’amico con uno sguardo.
- Ti ho semplicemente chiesto, dato che a te non importa, se ti dispiace il fatto che ci provi io con Allyson.
- Devo ancora concludere la scommessa, Blaise – rispose a denti stretti, con gli occhi che continuavano a mandare lampi.
- Ah sì? – domandò Blaise, inarcando un sopracciglio. – Hai detto che ci vuole tempo per queste cose e dubito che tu ce la faccia entro la fine del mese, per cui…
- Per cui nulla. – lo interruppe Theodore, nervoso. – Il tempo non è ancora scaduto, per cui non ti azzardare ad avvicinarti a lei, chiaro?
- Chiarissimo. – rispose Blaise con una strana luce negli occhi.
Improvvisamente un gran trambusto fece voltare entrambi i ragazzi in direzione della porta; si fissarono poi perplessi e decisero di scendere in Sala Comune.
La prima cosa che Theodore notò, una volta arrivato, fu la presenza di Allyson davanti alle scale che conduceva ai dormitori femminili; seguì il suo sguardo, arrivando ad osservare un Draco Malfoy che camminava per tutta la Sala Comune. Aggrottò le sopracciglia non riuscendo a cogliere la sua espressione: sembrava un misto di rabbia e malinconia, qualcosa che Theo non riuscì a comprendere. La seconda cosa che notò fu un’altra presenza, meno plausibile della prima, che stava seguendo Draco, probabilmente con l’intento di farlo calmare. Non seppe se essere più sconcertato del fatto che fosse la Granger, o del fatto che la Granger cercasse di calmarlo. Entrambi i fatti erano abbastanza surreali.
La terza cosa che notò, e probabilmente lo notarono tutti quelli che erano accorsi a quel trambusto che si era creato, fu il momento in cui Draco guardò Allyson. E cavolo, forse un’esplosione non avrebbe fatto così tanto rumore, come quello che fecero quegli occhi freddi non appena cozzarono l’uno con l’altro.
Theodore vide Draco trattenere il respiro, non più capace di muoversi, come se il tempo si fosse fermato. Per un attimo il moro credette di aver visto un lampo di tristezza passare attraverso gli occhi di Allyson, ma fu talmente breve e veloce che credette di esserselo immaginato.
- Cos’avete da guardare? Andavene da qui. – sbottò all’improvviso Draco, rivolgendosi ai Serpeverde presenti nella stanza. Con uno scatto si defilarono tutti quanti, senza batter ciglio, a parte Blaise e Theodore. Draco li guardò per un attimo prima di sibilare un “Anche voi”.
Se Blaise ritenne più saggio andarsene, dato che conosceva il carattere scontroso dell’amico e che sapeva che ne avrebbe parlato con loro quando se la fosse sentita, Theodore non riuscì a muoversi di un millimetro. Vedeva le mani pallide di Allyson strette in un pugno e il corpo tremare leggermente e l’unica cosa che voleva fare era stringere quella ragazza e rassicurarla.
Draco e Allyson non dissero una parola. Comunicarono semplicemente guardandosi negli occhi. Un’altra prova di quel legame di sangue che li unirai modo indissolubile.
- Devo…devo stare da solo. – disse infine Draco, distogliendo lo sguardo da sua sorella (solo la parola lo scoinvolgeva) e dirigendosi in fretta e furia verso la sua stanza. Hermione rimase a fissarlo, indecisa sul da farsi. Lo aveva seguito per tutta la scuola, sperando che riuscisse a dirgli qualcosa per rassicurarlo, ma non era riuscita in niente, dato che aveva dovuto correre per poter stare al passo del Serpeverde e non perderlo di vista.
Theo dal canto suo, non esitò un attimo e si avvicinò ad Allyson, dopo aver scoccatto un’occhiata alla Granger, che lo stava trafiggendo con lo sguardo. Quando però Hermione vide Allyson calmarsi impercettibilmente grazie alla vicinanza del ragazzo, fece una smorfia di disapprovazione, ma si convinse che fosse meglio seguire Draco.
Rimasti soli in quella Sala Comune che non era mai stata tanto vuota, Theo non aveva la minima idea di cosa fare. Forse perché non aveva neanche la minima idea di cosa fosse successo. In ogni caso, si trovava a corto di parole, cosa che ultimamente gli succedeva abbastanza spesso con quella strana ragazza.
Ma fu Allyson a spezzare il silenzio.
- Che ci fai qui? – brontolò.
- Beh…quello che fanno tutti…studio per diventare un abile mago e… - l’occhiataccia della ragazza lo interruppe.
- Cosa ci fai qui con me! Non cosa ci fai qui a Hogwarts… - sbottò.
- Pensavo che volessi compagnia. – azzardò cautamente Theo, avendo percepito la tensione.
- Invece no. Vattene.
- E’ successo qualcosa?
- Assolutamente no. – chiosò Allyson, in fretta, irritata dal suo comportamento. Non riusciva proprio a capirlo, quel ragazzo. Che diavolo voleva da lei? Senza accorgersene, diedi voce ai suoi pensieri. – Che diavolo vuoi da me, Nott?
Il ritorno al cognome e il tono sputato con veemenza, fecero aggrottare a Theodore le sopracciglia.
- Scusa se mi sono preoccupato per te. – sbottò, sulla difensiva.
- Nessuno te lo ha chiesto. – rispose, la ragazza con un accenno di rabbia.
- Sei impossibile!
- E tu sei insopportabile!
Si fissarono negli occhi per istanti interminabili, nessuno dei due era disposto a perdere e ad abbassare lo sguardo. Pian piano la tensione scemò, lasciando lo spazio a un vuoto assoluto che entrambi sentivano il bisogno di colmare con qualcosa. E proprio quando Allyson era sicura che la sua maschera d’indifferenza si sarebbe sgretolata in mille pezzettini, percepì la mano calda di Theo sfiorarle una guancia.
- Ma cosa devo fare con te? Non so mai come comportarmi. – le mormorò a pochi centimetri dal viso.
Ah…lui non sa come comportarsi? E io?– pensò Allyson in un angolo della sua mente. 
- Senti chi parla. Non è che tu sia un libro aperto, eh… - diede voce ai suoi pensieri prima di riuscire a fermarli.
Theo sbatté gli occhi, sorpreso.
- Eh? Tu cos’hai di me da capire? – domandò sconcertato. Quando la ragazza lo guardò in modo strano, aggiunse: - Allyson…mi sembra di essere stato chiaro fin dall’inizio su cosa io volessi da te.
- Insomma…
- Ma…davvero non hai capito che…mi piaci? – domandò il ragazzo, non sapendo bene se quella fosse la verità o se lo stesse facendo per la scommessa.

Sì, se non fosse per il fatto che poi ho anche capito che lo fai solo per una scommessa. – brontolò Allyson nella sua mente, tenendo quel pensiero per te.

- ….Sei strano, Theodore. – disse infine, incapace di trovare altre parole. – Non riesco a capirti.
- Beh…allora va bene. Io non capisco te e tu non capisci me, cosa potremmo chiedere di più dalla vita?
La Serpeverde sorrise incoscientemente a quelle parole e, prima anche solo di averlo pensato, si ritrovò avvolta nell’abbraccio di quel ragazzo così strano e ambiguo, e la risata di Theo persa tra i suoi capelli.
 
 
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Quando si ritrovò di fronte la porta chiusa, Hermione esitò ad entrare. Non sapeva bene cosa aspettarsi: durante lil tragitto fino ai sotterranei il Serpeverde aveva assunto tutte le sfumature possibili di umore. Era diventato isterico, lanciando imprecazioni, poi pallido, incapace di parlare, in seguito rosso, preso dalla rabbia, e infine si era chiuso nel più profondo dei religiosi silenzi. Motivo per cui, ancora esitava con la mano alzata in direzione della maniglia, prima di racimolare il suo coraggio, ed entrare nella stanza.
Quello che vide la lasciò senza parole: Draco Malfoy, seduto sul proprio letto che si teneva la testa tra le mani, riflettendo su chissà cosa.
Con un groppo in gola la Grifondoro gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui, sentendo l’improvviso desiderio di andarsene immediatamente e allo stesso tempo di rimanere lì.
 Dopo minuti che le parvero interminabili, il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, guardandola con un’espressione che non gli aveva mai visto.
- Sei ancora qui, Granger?
La ragazza non rispose, incerta su cosa fosse stato meglio dire e sicura che ogni cosa detta sarebbe stata sbagliata. L’impellente desiderio di andarsene ritornò prepotente e gli occhi di Draco la mandavano talmente in confusione che decise che sarebbe stato meglio lasciarlo solo. La Grifondoro si alzò, con le gambe molli, ma prima che compisse qualunque passo, la mano del Serpeverde le afferrò il polso per fermarla.
Hermione, sebbene piacevolmente sorpresa dal suo gesto, non poté impedirsi dall’emettere un gemito di dolore. Draco l’aveva stretta proprio nel punto in cui le era venuto il livido.
Il Serpeverde la guardò perplesso, per poi posare i suoi occhi sulla mano della ragazza che teneva tra le sue. Con le dita ghiacciate alzò la manica del maglione, rivelando un grosso ematoma che aveva la forma delle dita di una mano. Le sue dita. Ricordò in un flash quel pomeriggio, quando l’aveva addossata al muro e le aveva bloccato i polsi, facendole del male e quando, qualche momento prima, aveva più o meno fatto la stessa cosa, mentre parlavano con Narcissa.
- Mi dispiace. – borbottò a malapena, chiedendo scusa forse per la prima volta nella sua vita. La sua voce si ruppe rendendosi conto di come fosse riuscito a far del male all’unica persona che aveva avuto la forza e il coraggio di dirgli la verità, nonostante le conseguenze.
- Non è niente. – rispose frettolosamente Hermione.
Il Serpeverde la fissò scettico.
- Non è niente? Hai un livido gigantesco sul polso che io ti ho procurato e dici che non è niente?
- Eri arrabbiato. – soffiò la ragazza, bene sapendo che ciò non giustificava il suo comportamento.
- E nonostante tutto… - proseguì il ragazzo come se non l’avesse sentita. - …sei ancora qui, Granger. Mi hai detto la verità e io ti ho fatto del male. Hai continuato a ripetermela e io non ti ho creduto, dandoti della bugiarda. Ma nonostante tutto, tu sei ancora qua. – si alzò dal letto fino ad arrivarle a poche spanne dal viso. – Perché? Cos’è che ti spinge?
- Non lo so. – rispose sinceramente Hermione.
Draco sbuffò, ma fu un sospiro triste, pieno di rammarico. Si risedette sul letto con la testa persa nei propri pensieri.
- Come ti senti? – gli chiese la Grifondoro, improvvisamente.
- Come dovrei sentirmi, secondo te? – il Serpeverde la guardò come se avesse detto una stupidaggine. Il tono brusco fece adombrare gli occhi di Hermione.
- So che non deve essere facile accettarlo. – insistette la ragazza, sendendosi accanto a lui. Nonostante sapesse che non fosse una buona idea quella di insistere, Hermione sentiva il bisogno che lui si aprisse con lei, aveva bisogno di sapere che stava bene, era qualcosa di vitale, essenziale, per lei.
- Non…non riesco a credere che mia madre mi abbia nascosto una cosa simile. – sussurrò, senza neanche rendersene conto.
- Forse…voleva solo proteggerti. – Hermione si morse la lingua un attimo dopo aver pronunciato quelle parole, consapevole di quanto fossero sbagliate; Draco però non ci diede peso, probabilmente perso nei suoi pensieri.
- Mi dispiace, Malfoy. – disse infine, consapevole di come dovesse sentirsi. Il ragazzo continuò a non badarle, e lei sentì il suo cuore spezzarsi, quando si rese conto di come fosse inutile in quel momento e non riuscisse ad aiutarlo di più. – Forse…è meglio che vada. – mormorò infine, dato che il ragazzo era caduto in un assoluto mutismo e non accennava minimamente a parlare.
- Granger. – fu il richiamo di Draco, un secondo prima che lei si alzasse. – Non andare via.
Hermione strabuzzò gli occhi, guardandolo come se fosse un alieno.
- Resta qui.
- O-ok. – sussurrò. - …pensavo…pensavo che…che tu volsse rimanere da solo. – farfugliò gesticolando. – Oppure parlare con qualcuno che ti è più vicino di me, io…
- Non ho bisogno di nessuno, Granger, ok? Mi basti tu.
Il povero cuore di Hermione, che quel giorno aveva subito molte pressioni, cominciò a rimbombare nella sua cassa toracica, talmente forte che la ragazza era sicura che anche Draco potesse sentirlo.
- Da quanto, Granger? – le chiese qualche secondo dopo lui, con voce rabbiosa, ma non sembrava avercela con lei, ignaro dell’effetto che le sue parole avevano avuto sulla ragazza – Da quanto lo sapevi?
- Da…da pochissimo. Quando…quando sono venuta a cercarti in biblioteca, volevo appunto dirti che…che…avevo capito che c’era un legame tra te e Allyson, solo che…poi…poi… - la Grifondoro si morse la lingua, arrossendo. Non poteva davvero dirlo ad alta voce, era troppo imbarazzante.
- Oh… - mormorò Draco, che sembrava aver capito. – era Hermione ad avere le allucinazioni o anche il Serpeverde era arrossito leggermente? – …Abbiamo trovato altro di cui discutere. – concluse, mentre la Grifondoro diventava rossa come un peperone e mentalmente pensava che sì, aveva avuto un’allucinazione. Draco non stava affatto arrossendo.
- Poi, poi….non te l’ho più detto, perché…perché…dopo aver parlato con la McGranitt sembrava…sembrava…che…che fossi arrabbiato con me o…non lo so… - farfugliò la ragazza, mentre gesticolava nervosamente.
Draco si sdraiò sul letto, mettendo le mani dietro la testa e fissando il soffitto, come se fosse indifferente: talmente indifferente che la Grifondoro non capiva se la stesse ascoltando o no.
- Tu sei strana, Granger, lo sai? – le chiese con uno strano tono, interrompendola.
- Strana?
- Sì, sei la ragazza più strana che abbia mai conosciuto.
- Devo considerarlo un complimento?
Draco alzò le sopracciglia, apparentemente pensieroso.
- Immagino di sì. – rispose infine, non pienamente convinto della sua stessa affermazione.
Hermione continuò a fissarlo, corrugando la fronte.
- O-ora devo proprio andare! – si alzò di scatto, così velocemente che la testa le girò. Draco stavolta non fece nulla per fermarla e stranamente la cosa la intristì.
Proprio mentre ruotava la maniglia della porta, la voce di Draco la bloccò nuovamente.
- Grazie, Granger.– fu un sussurro così tenue che Hermione stentò a sentirlo.
- Di niente. – rispose, mormorando a voce altrettanto bassa, come se quelle parole fossero un segreto. Non si voltò, sapeva che Draco era girato dall’altra parte e guardava il muro: non l’avrebbe mai ringraziata, guardandola negli occhi.
Quando Hermione uscì dalla stanza di Draco, stavolta, sulle sue labbra aleggiava un sorriso.

 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Salve a tutti carissimi! Beh? Che dire? Sono in un ritardo pazzesco, ma sono comunque contenta di non aver ritardato di due mesi come la volta scorsa. A dir la verità sono quasi due settimane che ho il capitolo pronto, ma Internet faceva capricci di continuo e non ho mai potuto postare.
Ammetto che era partita con un idea che invece poi, mentre scrivevo, è scemata pian piano lasciando il posto a tutt’altra cosa. Non so quanto la cosa possa aver migliorato o peggiorato il capitolo. E’ parecchio lungo, magari così mi farò un po’ perdonare per il ritardo ;)
Sono abbastanza di fretta, ma devo comunque fare alcune precisazioni:
1. Il dialogo Narcissa/Hermione/Draco è la parte che mi ha impegnato di più del capitolo, spero che abbia soddisfatto le vostre aspettative! A me, onestamente, non dispiace più di tanto – cosa abbastanza strana -, ma prima di ritenermi soddisfatta aspetto i vostri giudizi ^.^
2. La reazione di Ron, quando…uhm….ha sopreso Harry e Ginny…uhm….in quell’attività particolare, può sembrarvi strana e infatti lo è; ma nel prossimo capitolo si capirà perché non si sia incazzato e non abbia fatto fuoco e fiamme e messo al rogo Harry xD
3. La situazione tra Draco e Hermione è un po’ migliorata dall’ultima volta, no? So che forse li sto facendo avvicinare troppo lentamente, ma insomma! Loro sono Draco e Hermione, si sono odiati per sette anni, hanno bisogno di tempo, soprattutto con questa storia della sorella di mezzo…Comunque arriveranno presto degli sviluppi che sono sicura vi piaceranno ^______^
4. Com’è questo capitolo? Troll? Desolante? Accettabile? Oltre Ogni Previsione? Alcune parti sono state scritte di fretta, quindi se trovate qualche errore non esitate a segnalarmelo! :))
5. Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti quelli che hanno anche solo dato una sbirciata. Ma una GRAZIE gigante a quelle dolci ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: Harry Potterish, True love, Jocker157, Roby_Aladimpa, chiara_1997, DarkViolet92 e Streghetta_31. Davvero ragazze, grazie, grazie di cuore! *w*
Un abbraccio stritolatore!
flors99

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